Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: I PROCEDIMENTI DI REVISIONE COSTITUZIONALE IN FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA
Serie: Materiali di legislazione comparata    Numero: 5
Data: 10/09/2013
Descrittori:
FRANCIA   GERMANIA
REVISIONE DELLA COSTITUZIONE   SPAGNA
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Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 
LEGISLAZIONE STRANIERA

 

Materiali di legislazione comparata

 

 

 

I PROCEDIMENTI DI REVISIONE COSTITUZIONALE

IN FRANCIA, GERMANIA E SPAGNA

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 5 - Settembre 2013


 

 

 

 

Servizio responsabile:

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Indice

 

 

Schede di sintesi. 1

FRANCIA.. 3

La procedura di revisione costituzionale. 3

Il referendum popolare nella procedura di revisione costituzionale. 7

GERMANIA.. 9

La Legge fondamentale. 9

L’articolo 79 e i limiti alle modifiche costituzionali 11

SPAGNA.. 15

La procedura di revisione costituzionale. 15

Le riforme costituzionali del 1992 e del 2011. 22

Dottrina.. 25

Lavroff Dmitri Georges, De l'abus des réformes: réflexions sur le révisionnisme constitutionnel

(in "Revue française de droit constitutionnel ", 2008, n. 5, pp. 55-71)……………………………..  27

 

Levade Anne, La révision du 23 juillet 2008

(in "Revue française de droit constitutionnel", 2009, n. 2, pp. 299-316)………………………….  45

 

Pierré-Caps Stephane, La questione della revisione costituzionale in Francia: la sovranità del potere costituente alla prova del metodo

 (dal vol. "La revisione costituzionale e i suoi limiti",

a cura di Silvio Gambino e Guerino D'Ignazio, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 309-327) ………..61

 

Mezzetti Luca, La revisione costituzionale e i suoi limiti: l'esperienza tedesca (dal vol. "La revisione costituzionale e i suoi limiti",

a cura di Silvio Gambino e Guerino D'Ignazio, Milano, Giuffrè, 2007, pp. 259-269) ………… 81

 

Woelk Jens, La Germania: tra numerose revisioni e nucleo essenziale protetto (dal vol. "La manutenzione costituzionale", a cura di Francesco Palermo, Padova, CEDAM, 2007, pp. 141-179) ……………………………………………………………………………  93

 

Corona Giovanna, I problemi della revisione costituzionale in Spagna

(in "Quaderni costituzionali", 1998, n. 1, pp. 73-99)………………………………………………….….… 133

 

Punset Ramón, Aporías de la reforma constitucional en España

(in "federalismi.it", Anno XI, n. 1, 9 gennaio 2013)………………………………………………….……..  161

 


Schede di sintesi

 

 

 

 

 

 


FRANCIA

La procedura di revisione costituzionale

Il procedimento di revisione costituzionale è disciplinato dall’art. 89 della Costituzione francese del 4 ottobre 1958.

Il primo comma dell’art. 89 Cost. stabilisce che il potere di iniziativa in materia spetta sia al Presidente della Repubblica, su proposta del Primo ministro, sia ai membri del Parlamento.

Con riferimento al primo caso, si evidenzia che, qualora il Capo dello Stato e il Primo ministro appartengano alla stessa area politica, l’iniziativa della revisione si configura sostanzialmente nelle mani del primo, per la preminenza politica che questi assume nella forma di governo. Qualora si verifichi una regime di “coabitazione” (maggioranza presidenziale e maggioranza parlamentare di diverso colore politico), il Primo ministro può agire per impedire una riforma costituzionale voluta dal Capo dello Stato.

Il progetto di revisione costituzionale promosso dal Presidente della Repubblica assume la forma del projet de loi constitutionnelle. Il progetto di revisione costituzionale presentato da un parlamentare assume la forma della proposition de loi constitutionnelle.

Dal 1958 ad oggi sono state realizzate 24 revisioni costituzionali. Ad eccezione delle prime due (legge costituzionale n. 60-525 del 4 giugno 1960 e legge n. 62-1292 del 6 novembre 1962), in cui è stata applicata una procedura particolare di revisione della Legge fondamentale, le altre 22 riforme costituzionali sono state compiute applicando la procedura prevista dall’art. 89 Cost. e hanno tutte preso origine da un progetto promosso dal Presidente della Repubblica. L’ultima legge di revisione è stata la Loi constitutionnelle n. 2008-724 du 23 juillet 2008 de modernisation des institutions de la Ve République, che ha apportato ampie modifiche al testo costituzionale.

La Costituzione dispone che in tre casi non sia possibile procedere alla revisione costituzionale. I primi due casi sono disciplinati dall’art. 89 Cost.: il suo quarto comma stabilisce infatti che la revisione non possa costituire un attentato all’integrità territoriale della Francia; il suo quinto comma dispone che la forma repubblicana del Governo non possa essere oggetto di revisione. Il terzo caso è previsto dall’art. 7 Cost. L’ultimo comma di tale articolo dispone infatti che “non può darsi applicazione né degli articoli 49 e 50, né dell’articolo 89 della Costituzione durante la vacanza della Presidenza della Repubblica, o durante il periodo che intercorre tra la dichiarazione di carattere definitivo dell’impedimento del Presidente della Repubblica e l’elezione del suo successore”.

L’esame dei progetti e delle proposte di revisione costituzionale prevede un iter procedurale speciale e aggravato.

Con riferimento ai soli progetti di legge di revisione costituzionale di iniziativa presidenziale è innanzitutto previsto un regime particolare per il loro esame in Aula.

Mentre infatti la discussione in Aula dei progetti o delle proposte di legge avviene di norma, nel procedimento legislativo ordinario, sul testo approvato presso la commissione parlamentare competente per materia, cui tali progetti sono inviati per la prima fase dell'esame, per la discussione dei disegni di legge di revisione costituzionale, così come di altri progetti di legge di origine governativa, è prevista una soluzione differente. Ai sensi dell’art. 42 Cost., secondo comma, il testo di tali disegni di legge, posto all’esame dell'Aula della prima assemblea interessata, in prima lettura, deve essere infatti quello originariamente presentato dal Governo. Per le successive letture in Aula, presso la seconda assemblea interessata, o nuovamente presso la prima assemblea interessata, la discussione avviene sul testo trasmesso dall’altra Camera.

Ai sensi del secondo comma dell’art. 89 Cost., i progetti e le proposte di revisione costituzionale sono poi esaminati nei tempi stabiliti per il procedimento legislativo ordinario, indicati al terzo comma dell’art. 42 Cost. e devono essere poi approvati “in termini identici” dalle due assemblee parlamentari.

In particolare, l’art. 42, terzo comma, dispone che la discussione in Aula, in prima lettura, di un progetto o di una proposta di legge non possa iniziare, se non dopo un termine di sei settimane dalla sua presentazione presso la prima assemblea interessata e che la discussione in Aula, presso la seconda assemblea interessata, non possa iniziare prima di un termine di quattro settimane dalla sua trasmissione.

La previsione di un’approvazione del progetto o della proposta di revisione in “termini identici” presso le due Camere determina poi, in particolare, un impedimento per il Governo di conferire alla sola Assemblea nazionale il diritto di decidere in via definitiva sull’approvazione di un testo, dopo che sia stata attivata una procedura di conciliazione per velocizzare l’esame e l’approvazione finale dello stesso, definita all’art. 45 Cost.

L’art. 45 Cost. stabilisce infatti che nei casi in cui, per via di un disaccordo tra le due camere, non si pervenga all’adozione di un testo legislativo, dopo due letture in ciascuna di esse, il Governo, o i due Presidenti delle assemblee parlamentari - questi ultimi con riferimento alle sole proposte di legge - hanno la facoltà di ricorrere alla convocazione di una “Commissione mista paritetica” (organo composto da 7 deputati e 7 senatori) per l’elaborazione di un testo di compromesso sulle disposizioni rimaste in discussione. L’articolo dispone inoltre che il Governo, qualora la commissione non sia riuscita ad adottare un testo di compromesso, o qualora le due assemblee parlamentari non abbiano approvato tale testo, possa procedere, dopo che sia avvenuta una nuova lettura dello stesso presso le due Camere, nel richiedere alla sola Assemblea nazionale di pronunciarsi, in via definitiva, sull’approvazione del provvedimento. Tale facoltà di conferire all'Assemblea nazionale “l’ultima parola” su un testo legislativo non è però consentita nel caso di un progetto o di una proposta di revisione costituzionale perché in tal caso non avrebbe luogo un’approvazione “in termini identici” del testo legislativo.

La procedura di revisione costituzionale pone dunque il Senato e l’Assemblea nazionale in condizioni di assoluta parità.

Dopo l’approvazione del provvedimento di riforma costituzionale da parte delle due assemblee parlamentari, nel caso in cui questo derivi da un’iniziativa parlamentare, si apre poi la fase del referendum popolare. L’art. 89, secondo comma, dispone infatti che “la revisione è definitiva dopo che sia stata approvata mediante referendum”.

Diversamente, nel caso in cui il progetto di revisione costituzionale sia di origine presidenziale possono aprirsi due strade per l’approvazione definitiva della riforma della Costituzione: o la strada del referendum popolare o quella dell’approvazione del testo da parte del Parlamento in seduta comune (le Congrès du Parlement). L’art. 89, terzo comma, stabilisce infatti che “il progetto di revisione non è sottoposto a referendum qualora il Presidente della Repubblica decida di sottoporlo al Parlamento convocato in Congresso; in questo caso, il progetto di revisione non è approvato se non raggiunge la maggioranza dei tre quinti dei suffragi espressi”.

L’art. 89, terzo comma, dispone inoltre che l’Ufficio di presidenza del Congresso è quello dell’Assemblea nazionale.

Il Regolamento del Congresso è adottato dallo stesso e deve essere sottoposto al vaglio di costituzionalità da parte del Consiglio costituzionale.

Nella sua prima riunione del 20 dicembre 1963 il Congresso ha approvato all’unanimità il proprio Regolamento, che presenta diversi articoli mutuati dal Regolamento dell’Assemblea nazionale.

Il Congresso ha la sola facoltà di approvare o respingere un progetto di revisione costituzionale che è stato precedentemente discusso e approvato separatamente ed in termini identici dalle due assemblee parlamentari. Non può dunque aver luogo al suo interno alcun dibattito sul testo legislativo. L’articolo 10 del Regolamento dispone in particolare che il Presidente “può autorizzare delle dichiarazioni di voto di cinque minuti ciascuna in ragione di un oratore per gruppo di ciascuna delle due assemblee” e che i membri del Congresso che desiderino intervenire possono iscriversi presso la Presidenza e il Presidente determina l’ordine nel quale essi sono chiamati a prendere la parola. È inoltre precisato che l’oratore non possa uscire dall’ambito della questione in esame.

 

Il referendum popolare nella procedura di revisione costituzionale

Dal 1958 ad oggi, solo in due casi si sono svolti referendum popolari confermativi con esito positivo per l’adozione di progetti di revisione costituzionale.

Nell’ottobre 1962 è stato indetto un referendum per l’approvazione del progetto di legge relativo all’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale (Loi n. 62-1292 du 6 novembre 1962 relative à l'élection du Président de la République au suffrage universel). In questo caso, come già accennato, la revisione costituzionale non è avvenuta attuando la procedura prevista dall’art. 89 Cost., bensì in applicazione dell’art. 11 della Costituzione. Tale articolo dispone in particolare che il Presidente della Repubblica, su proposta del Governo o su proposta congiunta delle due assemblee parlamentari, possa sottoporre a referendum un progetto di legge riguardante l’organizzazione dei poteri pubblici, così come altre specifiche questioni.

Nel settembre 2000 è stato organizzato un nuovo referendum, in applicazione dell’art. 89 Cost., per l’approvazione definitiva del progetto di revisione costituzionale relativo alla durata del mandato del Presidente della Repubblica, volto a ridurre tale durata da 7 a 5 anni (loi constitutionnelle n. 2000-964 del 2 ottobre 2000).

Si segnala inoltre che nell’aprile 1969 si è svolto un referendum, per iniziativa dell’allora Presidente della Repubblica Charles de Gaulle, per l’approvazione di un progetto di legge relativo alla creazione delle regioni e al rinnovamento del Senato (cfr. Décret n° 69.296 du 2 avril 1969 décidant de soumettre un projet de loi au référendum), che ha avuto tuttavia esito negativo. Il mancato successo del referendum, attuato in applicazione dell’art. 11 Cost., oltre a non comportare modifiche costituzionali negli ambiti trattati dal testo legislativo, ha anche prodotto come conseguenza le dimissioni del Presidente de Gaulle. Questi aveva infatti annunciato, prima dello svolgimento del referendum, che in caso di esito negativo avrebbe rassegnato le dimessioni.

Per una presentazione sintetica delle diverse revisioni costituzionali attuate in Francia dal 1958 ad oggi, è consultabile la scheda informativa “La révision de la Constitution”, pubblicata sul sito dell’Assemblea nazionale.

 

 

 

 

 


GERMANIA

La Legge fondamentale

Nel sistema delle fonti normative dell’ordinamento giuridico tedesco si colloca al vertice il Grundgesetz, ovvero la Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania, il cui testo fu elaborato da un Consiglio parlamentare provvisorio (Parlamentarischer Rat), presieduto da Konrad Adenauer, dopo una fase preparatoria affidata ad una Commissione dei Governatori dei Länder situati nella zona di occupazione delle Potenze alleate (c.d. Verfassungskonvent). Il testo predisposto dalla Commissione, che si riunì dal 10 al 23 agosto 1948 nell’antico castello di Herrenchiemsee in Baviera, rappresentò quindi la base di lavoro del progetto costituzionale approvato poi definitivamente dal Consiglio parlamentare l’8 maggio 1949 con 53 voti favorevoli e 12 voti contrari (questi ultimi espressi da entrambi i rappresentanti del Partito comunista, del Zentrum e della DP; nonché da sei degli otto rappresentanti della CSU). Ottenuto il consenso dei Governatori militari delle forze di occupazione, la Legge fondamentale fu promulgata il 23 maggio 1949 dopo la ratifica da parte degli organi legislativi di due terzi dei Länder, cosi come prescrive l’articolo 144, comma 1[1] del Grundgesetz (in realtà soltanto il Parlamento bavarese respinse il progetto costituzionale ritenendolo poco federalista). Alcune disposizioni particolari (Sonderregelungen) erano previste per Berlino Ovest.

Al momento della promulgazione, la Legge fondamentale venne considerata provvisoria in attesa della futura riunificazione tedesca, da realizzare riscrivendo un nuovo testo costituzionale. Per questa ragione non venne chiamata “Costituzione” (Verfassung), ma fu scelto il termine, tuttora in uso, di Grundgesetz. La capitale provvisoria era Bonn e, pertanto, divenne nota anche come “Costituzione di Bonn”. Con la riunificazione delle due Germanie dopo la caduta del muro di Berlino, si decise di mantenere la costituzione della parte occidentale che si proponeva come unico Stato erede del Reich tedesco. La riunificazione della Germania sancita dalla cessazione dei poteri alleati con il c.d. Trattato 2+4 (Vertrag über die abschließende Regelung in bezug auf Deutschland) del 12 settembre 1990 non ha tuttavia comportato una riattivazione del potere costitutente, anche perché nel corso del tempo la Legge fondamentale era stata già oggetto di numerose revisioni parziali.

Dal punto di vista tecnico-giuridico l'unificazione venne quindi realizzata modificando la lista dei Länder previsti nel Preambolo al testo costituzionale, aggiungendovi semplicemente i cinque della Germania orientale e abrogando l’articolo 23, il quale prevedeva la futura adesione (Beitritt) di altre parti della Germania non appartenenti alla Repubblica federale. Prima della riunificazione tale articolo (c.d. Beitrittsartikel) trovò applicazione nel 1957 con l’adesione del Saarland.

Il carattere di provvisorietà continua a caratterizzare in un certo senso l’ultimo articolo del Grundgesetz, che resta tuttora parte integrante del testo costituzionale. Pur non prevedendo la specifica competenza di un organo né una particolare procedura l’articolo 146[2], anche nella sua nuova formulazione conseguente alla riunificazione, stabilisce espressamente che la Legge fondamentale, valida per l’intero popolo tedesco dopo il compimento dell’unità e della libertà della Germania, cessa di esistere nel giorno in cui entri in vigore una costituzione (Verfassung) liberamente decisa dal popolo tedesco.

L’articolo 79 e i limiti alle modifiche costituzionali

In 64 anni di vigenza la Legge fondamentale è stata modificata ben 58 volte. Le leggi che hanno inciso sul maggior numero di articoli del testo costituzionale sono state le modifiche del 1968 e quelle della prima fase della riforma federalista del 2006 con le quali sono stati emendati, rispettivamente, 28 e 25 articoli del Grundgesetz. Contenutisticamente la maggior parte delle modifiche introdotte nel corso degli anni hanno riguardato in modo particolare l’ordinamento statale federale e la ripartizione delle competenze legislative.

L’elevata frequenza con la quale è stato possibile emendare la Legge fondamentale si può spiegare, così come ritiene parte della dottrina, con la stessa norma che disciplina la possibilità di revisione costituzionale. L’articolo 79[3] della Legge fondamentale stabilisce come principio generale che quest’ultima possa essere modificata soltanto da una legge che ne modifichi o ne integri espressamente il testo letterale. Questa disposizione così precisa è giustificata dalla necessità di evitare la possibilità, come invece era accaduto ai tempi della Repubblica di Weimar, di approvare leggi con un’elevata maggioranza che di fatto, anche se non letteralmente, modificavano il tenore del testo costituzionale determinandone incertezza e scarsa chiarezza normativa (c.d. Verfassungsverbrechungen). L’articolo 76 della Costituzione di Weimar (11 agosto 1919) prevedeva semplicemente che la costituzione potesse essere modificata in via legislativa e che le modifiche fossero possibili solo se, stante il quorum di due terzi dei membri del Reichstag, vi avessero acconsentito i due terzi dei membri presenti. Anche le decisioni del Reichsrat dirette al mutamento della costituzione necessitavano della maggioranza dei due terzi dei voti. Era inoltre possibile l’iniziativa popolare, ma in tal caso il mutamento costituzionale richiedeva lo svolgimento di un referendum e il raggiungimento del consenso della maggioranza degli elettori.

Nel 1954 il primo comma dell’articolo 79 è stato integrato dalla disposizione parzialmente derogatoria in base alla quale, in caso di trattati internazionali aventi ad oggetto un accordo di pace o la preparazione di un accordo di pace o l'abolizione di un regime di occupazione, o finalizzati alla difesa della Repubblica Federale, è sufficiente, per precisare che le disposizioni della Legge fondamentale non ostano alla stipulazione e all'entrata in vigore dei trattati, una integrazione del testo della Legge fondamentale che si limiti a tale precisazione.

A prescindere dalla delimitazione testuale (comma 1) e contenutistica (comma 3) imposta dallo stesso articolo 79, l’approvazione di modifiche costituzionali prevede gli stessi attori (Bundestag e Bundesrat) e la medesima procedura richiesta per le leggi federali ordinarie “bicamerali” (c.d. zustimmungsbedürftige Gesetze o, semplicemente, Zustimmungsgesetze), per le quali è cioè necessario il consenso di entrambi i rami del Parlamento. L’unica differenza è determinata dalla previsione del comma 2, in base al quale la legge di modifica costituzionale deve essere approvata da entrambe le Camere con una maggioranza qualificata: è infatti necessario l’assenso dei due terzi dei membri del Bundestag e dei due terzi dei voti del Bundesrat. Ciò significa che è richiesto un ampio consenso a livello politico ovvero una sorta di collaborazione tra maggioranza di Governo e forze di opposizione, che risulta tanto più evidente quanto più alterata è, a scapito della stessa maggioranza governativa, la composizione del Bundesrat in cui sono rappresentati gli esecutivi dei Länder.

Il terzo ed ultimo comma dell’articolo 79 riguarda i limiti al potere di revisione costituzionale: non sono infatti consentite modifiche che intacchino l’articolazione dello Stato federale in Länder, la partecipazione in via di principio dei Länder all’attività legislativa o i principi sanciti dagli articoli 1 e 20 della Legge fondamentale. Tale disposizione contiene quella che è stata definita in dottrina come la c.d. “clausola di eternità” (Ewigkeitsklausel) o “garanzia di eternità” (Ewigkeitsgarantie), cioè i principi basilari di struttura dello Stato tedesco che il potere costituente ha voluto espressamente sottrarre a qualsivoglia revisione costituzionale. All’epoca dell’approvazione del Grundgesetz l’intenzione del Consiglio parlamentare era in primo luogo quella di superare una volta per tutte le esperienze negative del regime nazionalsocialista dotando di una garanzia supplementare i principi di diritto naturale nella forma dei diritti umani sanciti dall’articolo 1 e i principi strutturali di cui all’articolo 20 (repubblica, democrazia, Stato federale, Sato di diritto e Stato sociale). In base al comma 3 dell’articolo 79 si determina all’interno della stessa Legge fondamentale una sorta di gerarchia normativa: fintantoché il Grundgesetz non venga sostituito in toto da una nuova costituzione in base alle previsioni dell’articolo 146, la clausola di eternità non può, secondo l’opinione prevalente della dottrina, essere abrogata risultando così, di fatto, una “norma intangibile” finalizzata a garantire una tutela efficace dei principi basilari dello Stato. Nello specifico non possono essere oggetto di modifica costituzionale: la tutela della dignità umana (articolo 1, comma 1); il riconoscimento dei diritti umani quale fondamento di ogni comunità umana (articolo 1, comma 2); il vincolo del potere statale al rispetto dei diritti umani (articolo 1, comma 3); il principio dello Stato federale (articolo 20, comma 1); la forma di Stato repubblicana ovvero il principio repubblicano (articolo 20, comma 1); il principio dello Stato sociale (articolo 20, comma 1); il pricipio di democrazia (articolo 20, comma 1); il principio della sovranità popolare (articolo 20, comma 2, primo periodo); la separazione dei poteri (articolo 20, comma 2, secondo periodo); il vincolo del potere legislativo al rispetto dell’ordinamento costituzionale (articolo 20, comma 3); il vincolo del potere esecutivo e di quello giudiziario al rispetto della legge e del diritto (articolo 20, comma 3).

Al comma 3 dell’articolo 79 del Grundgesetz ha fatto, infine, particolare riferimento la Corte costituzionale federale nella sentenza sul Trattato di Lisbona del 30 giugno 2009, considerando la “clausola di eternità” come la “clausola di identità” della costituzione tedesca, con la quale la Legge fondamentale non solo presuppone, ma garantisce anche la sovranità dello Stato tedesco. Secondo la Corte, quindi, i supremi principi, proprio perché immodificabili e limite invalicabile ad ogni futuro sviluppo dell’ordinamento delineato dal Grundgesetz, costituiscono l’identità dell’ordine costituzionale liberale. La conclusione cui giungono i giudici costituzionali tedeschi è, pertanto, quella dell’intangibilità della “clausola di identità” anche nel processo di integrazione europea.

 

 

 

 


SPAGNA

La procedura di revisione costituzionale

Il titolo X della Costituzione spagnola del 1978 è intitolato “Della revisione costituzionale” (artt. 166-169)[4].

Ai sensi dell’art. 166, l’iniziativa per la revisione costituzionale deve svolgersi alle condizioni previste dai commi 1 e 2 dell’art. 87 della Costituzione, vale a dire che anche in questo caso l’iniziativa legislativa spetta al Governo, al Congresso dei Deputati e al Senato in conformità al testo costituzionale e ai regolamenti delle due Camere (art. 87, comma 1)[5]. Inoltre le Assemblee delle Comunità autonome possono sollecitare al Governo l’adozione di un progetto di legge o rimettere all’Ufficio di Presidenza del Congresso una proposta di legge, formando una delegazione di non oltre tre membri dell’Assemblea incaricata della perorazione di una tale proposta di fronte alla Camera (art. 87, comma 2).

I progetti di revisione costituzionale devono essere approvati a maggioranza dei tre quinti di ogni Camera. Ove non si raggiunga un’intesa fra queste, si cercherà di conseguirla mediante la costituzione di una Commissione di conciliazione paritetica formata da deputati e senatori, che presenta un testo sottoposto a votazione da parte di entrambe le Camere (art. 167, comma 1).

Ove non si ottenga l’approvazione mediante tale procedimento, e qualora il testo abbia ottenuto il voto favorevole della maggioranza assoluta del Senato, il Congresso dei Deputati può approvare la revisione a maggioranza dei due terzi (art. 167, comma 2).

La revisione costituzionale approvata dalle Cortes Generales è sottoposta a referendum per ratifica quando lo richiedano, entro quindici giorni dalla sua approvazione, un decimo dei membri di una delle due Camere (art. 167, comma 3)[6].

Ove venga proposta la revisione totale della Costituzione o quella parziale riferita al titolo preliminare[7], al capitolo secondo, sezione prima[8], del titolo I o al titolo II[9], deve procedersi all’approvazione in via di principio con maggioranza dei due terzi di ogni Camera e quindi all’immediato scioglimento delle Cortes (art. 168, comma 1).

Le Camere elette dovranno approvare quanto deciso e procedere allo studio del nuovo testo costituzionale, che dovrà essere approvato con la maggioranza dei due terzi di ciascuna Camera (art. 168, comma 2).

La riforma approvata dalle Cortes Generales sarà poi sottoposta a referendum per ratifica (art. 168, comma 3).

L’art. 169 prevede che non possa iniziarsi la riforma costituzionale in tempo di guerra o durante la vigenza di uno degli stati previsti all’articolo 116, vale a dire gli stati di allarme, di eccezione e di assedio[10].

Nella Costituzione spagnola sono pertanto individuabili due diversi procedimenti di riforma costituzionale, con finalità e conseguenze differenti. Il testo costituzionale fa dapprima riferimento alla “reforma constitucional” (artt. 166-167) e quindi alla possibilità di una “revisión total” della Costituzione (art. 168). Con la prima espressione si intende una revisione del testo costituzionale limitata a uno o più punti determinati, la seconda espressione indica invece la possibilità di una revisione integrale della Costituzione. Da ciò si deduce che il testo costituzionale non pone limiti espliciti alla procedura di revisione costituzionale, come invece accade ad esempio nella Costituzione italiana (art. 139), è però richiesto un aggravamento procedurale per la revisione totale della Costituzione spagnola o per la modifica di alcune sue parti ritenute fondamentali.

Il dettato costituzionale è quindi integrato dalle previsioni contenute nei Regolamenti parlamentari delle due Camere.

Il Regolamento del Congresso dei Deputati contiene una disciplina del procedimento di revisione costituzionale agli artt. 146 e 147. I progetti e le proposte di riforma costituzionale a cui si riferiscono gli articoli 166 e 167 della Costituzione sono esaminati conformemente alle norme stabilite nel Regolamento del Congresso per i progetti e per le proposte di legge, sebbene queste debbano essere sottoscritte da due Gruppi parlamentari o da un quinto dei deputati (art. 146, comma 1)[11].

Il testo approvato dall’Assemblea deve essere sottoposto a una votazione finale in cui, affinché possa essere approvato, è richiesto il voto favorevole dei tre quinti dei membri della Camera (art. 146, comma 2).

Qualora non vi sia accordo fra il Congresso dei Deputati e il Senato, si tenterà di conseguirlo per mezzo di una Commissione mista paritetica. Se quest’ultima perviene a un accordo, il testo risultante è sottoposto a votazione, ma, per essere approvato, deve ottenere la maggioranza indicata al comma 2, ossia i tre quinti dei membri della Camera (art. 146, comma 3).

Nel caso di mancata approvazione mediante il procedimento di cui al comma 3, e a condizione che il testo abbia ottenuto il voto favorevole della maggioranza assoluta del Senato, il Congresso, a maggioranza dei due terzi, può approvare la riforma costituzionale (art. 146, comma 4).

I progetti e le proposte di legge di revisione totale della Costituzione o di revisione parziale riguardante il titolo preliminare, il capitolo II, sezione I, del titolo I o il titolo II della Costituzione, sono sottoposti a una discussione in Assemblea, che si conforma alle norme previste per quelle sulle linee generali[12] (art. 147, comma 1).

Conclusa la discussione, si procede alla votazione. Qualora votino a favore del principio di revisione i due terzi dei membri della Camera, il Presidente del Congresso lo comunica a quello del Senato (art. 147, comma 2).

Se al Senato si ottiene ugualmente la maggioranza dei due terzi dei Senatori, il Presidente del Congresso lo comunica a quello del Governo affinché sottoponga alla sanzione del Re il regio decreto di scioglimento delle Cortes Generales (art. 147, comma 3).

Costituite le nuove Cortes, la decisione presa da quelle sciolte è sottoposta a ratifica. Qualora la decisione del Congresso fosse favorevole, lo si comunicherà al Presidente del Senato (art. 147, comma 4).

Una volta presa la decisione da parte di entrambe le Camere, il Congresso, con il procedimento legislativo ordinario, esamina il nuovo testo costituzionale che per essere approvato richiederà la votazione favorevole dei due terzi dei membri del Congresso. Ottenuta tale approvazione, sarà inviato al Senato (art. 147, comma 5).

Subito dopo l’approvazione della riforma costituzionale da parte delle Cortes Generales, il Presidente del Congresso dei Deputati ne dà comunicazione al Capo del Governo affinché il testo, secondo quanto disposto dall’articolo 168, comma 3, della Costituzione, possa essere sottoposto a referendum confermativo (art. 147, comma 6).

Le corrispondenti norme in materia del Regolamento del Senato sono contenute negli artt. 152-159, che costituiscono il titolo quinto del Regolamento (“Del procedimiento de revisión constitucional”), suddiviso in tre capitoli: “De la revisión constitucional iniciada en el Senado” (artt. 152-153), “De la revisión constitucional iniciada por el Congreso de los Diputados” (artt. 154-157), “De la reforma constitucional prevista en el artículo 168 de la Constitución” (artt. 158-159).

Ai sensi dell’art. 152 del Regolamento, le proposte articolate di riforma costituzionale possono essere presentate da cinquanta Senatori non appartenenti al medesimo Gruppo parlamentare[13].

Una volta presentata, la proposta di legge di riforma costituzionale è sottoposta al procedimento di presa in considerazione, conformemente all’art. 108, che disciplina le proposte di legge di iniziativa senatoriale[14]. In ogni caso, i termini, il numero e la durata dei turni di intervento sono determinati dal Presidente, in accordo con l’Ufficio di presidenza e udita la Giunta dei portavoce (art. 153).

Quando il Senato riceve un progetto di riforma costituzionale, presentato ed approvato presso il Congresso dei Deputati, l’Ufficio di presidenza dispone la sua immediata pubblicazione e fissa il termine per la presentazione degli emendamenti (art. 154, comma 1). La Commissione per la Costituzione (Comisión de Constitución) può designare un Comitato (Ponencia) incaricato di studiare il progetto e gli emendamenti presentati e di elaborare la corrispondente relazione che sarà presentata all’Assemblea della Camera per il dibattito e la votazione. La Commissione, ed eventualmente il Comitato, osservano i termini fissati dalla Presidenza, in accordo con l’Ufficio di presidenza e udita la Giunta dei portavoce (art. 154, comma 2).

Il dibattito in Assemblea inizia con una discussione sul complesso della relazione della Commissione, con due interventi in favore e due contrari, alternativamente, e con gli interventi dei Presidenti dei Gruppi parlamentari (art. 155, comma 1). Successivamente sono discussi gli emendamenti presentati a ciascun articolo, mediante due interventi in favore e due contrari e con l’intervento dei Presidenti dei Gruppi (art. 155, comma 2). La durata degli interventi è fissata in anticipo dal Presidente, in accordo con l’Ufficio di presidenza (art 155, comma 3).

L’approvazione della riforma costituzionale richiede il conseguimento di una maggioranza favorevole dei tre quinti dei senatori in una votazione finale sull’insieme del testo (art. 156, comma 1). Se il Senato approva la riforma costituzionale nel medesimo testo ricevuto dal Congresso dei Deputati, si procede a comunicarlo a questa Camera (art. 156, comma 2). Se il testo approvato dal Senato differisce da quello approvato dal Congresso, la Camera elegge i Senatori incaricati di rappresentarla nella Commissione mista paritaria alla quale è attribuito il compito di elaborare un testo comune, successivamente votato da entrambe le Camere (art. 156, comma 3). Il testo elaborato da tale Commissione deve essere approvato dalla maggioranza dei tre quinti dei Senatori; se l’approvazione avviene con una maggioranza minore di quella prescritta, comunque superiore alla maggioranza assoluta, il Presidente del Senato ne dà comunicazione al Presidente del Congresso, ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 167 della Costituzione (in tal caso, il Congresso dei Deputati può approvare la revisione costituzionale con una maggioranza dei due terzi) (art. 156, comma 4).

Approvata una riforma costituzionale dalle Cortes Generales, entro i quindici giorni successivi, un decimo dei membri del Senato può richiedere al Presidente, in forma scritta, la celebrazione di un referendum per la sua ratifica. In tal caso il Presidente trasmetterà tale richiesta al Presidente del Governo affinché si proceda all’opportuna convocazione (art. 157).

Nel caso di revisione totale della Costituzione, o di una parziale che riguardi il titolo preliminare, il capitolo secondo, sezione prima, del titolo I o il titolo II, il progetto ricevuto dal Congresso dei Deputati o la proposta presentata al Senato sono sottoposti direttamente all’Assemblea (art. 158, comma 1). Il dibattito prevederà due interventi in favore e due contrari, di trenta minuti ciascuno, svolti in alternanza, e con l’intervento dei Presidenti dei Gruppi parlamentari che lo desiderino, per il medesimo tempo (art. 158, comma 2). L’approvazione del principio di riforma costituzionale richiede il voto favorevole dei due terzi del numero dei Senatori. Ottenuta tale maggioranza, il Presidente del Senato ne dà comunicazione al Presidente del Congresso, affinché, se anche in questa Camera sarà conseguito il medesimo risultato, si proceda allo scioglimento delle Cortes Generales. Una volta sciolte le Camere, il Presidente del Congresso lo comunica al Presidente del Governo per la convocazione delle elezioni delle nuove Camere (art. 158, comma 3).

La nuova Camera che risulti eletta dovrà ratificare, con la maggioranza assoluta dei suoi membri, la riforma proposta. Viene quindi aperto il termine di presentazione degli emendamenti e si seguirà la procedura già indicata. L’approvazione della riforma richiede il voto favorevole dei due terzi del numero dei Senatori in una votazione finale sull’insieme del testo (art. 159).

 

Le riforme costituzionali del 1992 e del 2011[15]

La Costituzione spagnola del 1978 è stata finora modificata solo due volte[16], in entrambe le occasioni non vi è stata la necessità di ricorrere allo scioglimento delle Camere né è stato richiesto l’intervento referendario.

La prima riforma costituzionale risale al 1992, allorquando fu modificato l’art. 13 della Costituzione, in materia di diritto elettorale degli stranieri, aggiungendo al testo del comma 2 di tale articolo le parole “e passivo” (“Solamente gli spagnoli saranno titolari dei diritti riconosciuti nell’art. 23[17], salvo che, attenendosi a criteri di reciprocità, si possa stabilire per trattato o per legge il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni municipali”).

Il 7 luglio 1992 fu infatti presentata da parte di più Gruppi parlamentari una proposta di riforma dell’art. 13, votata all’unanimità dal Congresso dei Deputati il 22 luglio[18]. Trasmesso alla Camera alta, il testo fu approvato, senza modificazioni, dall’Assemblea del Senato il 30 luglio, con la prescritta maggioranza. Essendo decorsi quindici giorni dalla sua approvazione, ed in assenza di richiesta di un referendum per ratifica da parte di un decimo dei membri di una delle due Camere (art. 167, comma 3, della Costituzione), la riforma dell’art. 13 fu pubblicata sul Bollettino ufficiale dello Stato il 28 agosto 1992, entrando in vigore il medesimo giorno (Reforma del artículo 13, apartado 2, de la Constitución Española, de 27 de agosto de 1992).

La seconda riforma costituzionale è stata attuata nel 2011. Il 26 agosto 2011 fu presentata al Congresso dei Deputati una proposta di modifica dell’art. 135 della Costituzione, al fine di inserirvi il principio della stabilità di bilancio. La riforma fu approvata in meno di due settimane, il 2 settembre dal Congresso e il 7 settembre dal Senato. Essendo decorsi quindici giorni dalla sua approvazione, ed in assenza di richiesta di un referendum per ratifica da parte di un decimo dei membri di una delle due Camere (art. 167, comma 3, della Costituzione), la riforma dell’art. 135 è stata pubblicata ed è entrata in vigore il 27 settembre 2011 (Reforma del artículo 135 de la Constitución Española, de 27 de septiembre de 2011).

 

 



 



[1] Art. 144:

(1) Questa Legge fondamentale dev'essere approvata dalle assemblee rappresentative di due terzi di quei Länder tedeschi, nei quali essa dovrà entrare in vigore inizialmente.

[2] Art. 146:

Questa Legge fondamentale, che dopo il compimento dell'unità e della libertà della Germania vale per l'intero popolo tedesco, perde validità nel giorno in cui entra in vigore una Costituzione approvata con libera decisione dal popolo tedesco.

 

[3] Art. 79:

(1) La Legge fondamentale può essere modificata solo mediante una legge che ne modifichi o integri espressamente il testo. In caso di trattati internazionali che hanno ad oggetto un accordo di pace, la preparazione di un accordo di pace o l'abolizione di un regime di occupazione, o che sono finalizzati alla difesa della Repubblica Federale, è sufficiente un’integrazione al testo della Legge fondamentale che si limiti a chiarire che le disposizioni della Legge fondamentale non ostano alla stipulazione e all’entrata in vigore dei trattati medesimi.

(2) Tale legge richiede l'approvazione di due terzi dei componenti del Bundestag e di due terzi dei voti del Bundesrat.

(3) Non è ammissibile una revisione di questa Legge fondamentale che riguardi l'articolazione della Stato federale in Länder, il principio della partecipazione dei Länder alla legislazione o i princìpi sanciti dagli articoli 1 e 20.

[4] Si tenga peraltro presente che l’ordinamento spagnolo conosce, tra il livello costituzionale e quello della legislazione ordinaria, un livello intermedio costituito dalla legge organica (Ley Orgánica), disciplinata dall’art. 81 della Costituzione. “Sono leggi organiche quelle relative all’attuazione dei diritti fondamentali e delle libertà pubbliche, quelle che approvano gli Statuti di autonomia e il regime elettorale generale e le altre previste dalla Costituzione” (art. 81, comma 1). “L’approvazione, modifica o deroga delle leggi organiche comporterà la maggioranza assoluta del Congresso con una votazione finale del progetto nel suo complesso” (art. 81, comma 2).

[5] È pertanto esclusa la possibilità di procedere a una riforma costituzionale attraverso l’iniziativa legislativa popolare.

[6] Su tale referendum si veda anche l’art. 7 della Ley Orgánica 2/1980, de 18 de enero, sobre regulación de las distintas modalidades de referéndum.

[7] Il titolo preliminare della Costituzione (artt. 1-9) sancisce alcuni principi fondamentali riguardanti: la sovranità nazionale, l’unità della Nazione e il diritto all’autonomia, il riconoscimento del castigliano e delle altre lingue della Spagna, la bandiera spagnola e quella delle Comunità autonome, il riconoscimento di Madrid come capitale, i partiti politici, i sindacati e le associazioni imprenditoriali, le Forze armate, il rispetto della legge, la libertà e l’eguaglianza e le garanzie giuridiche.

[8] Tale sezione (artt. 15-29) concerne i diritti fondamentali e le libertà pubbliche: il diritto alla vita, la libertà ideologica e religiosa, il diritto alla libertà personale, il diritto all’intimità e all’inviolabilità del domicilio, la libertà di residenza e di circolazione, la libertà d’espressione, il diritto di riunione, il diritto di associazione, il diritto di partecipazione, la protezione giudiziale dei diritti, il principio di legalità penale e il lavoro remunerato per i reclusi, la proibizione dei giurì d’onore, la libertà d’insegnamento, il diritto all’istruzione e l’autonomia delle Università, la libertà d’associazione e il diritto allo sciopero, il diritto di petizione.

[9] Il titolo II (artt. 56-65) è dedicato alla Corona e disciplina: il Re, la successione al trono, il Principe delle Asturie, la Regina, la reggenza, la tutela del Re, le funzioni del Re, la controfirma degli atti del Re, la Casa del Re.

[10] Cfr. anche la Legge organica 4/1981, del 1° giugno 1981, sugli stati di allarme, emergenza e assedio.

[11] Le proposte di legge ordinaria possono essere invece adottate su iniziativa di un deputato con la firma di altri quattordici membri della Camera o di un Gruppo parlamentare con la sola firma del suo portavoce (art. 126, comma 1, del Regolamento del Congresso dei Deputati).

[12] Si veda l’art. 112 del Regolamento del Congresso. Tra l’altro la “discussione sulle linee generali dei progetti di legge in Assemblea si terrà quando siano stati presentati, entro il termine regolamentare, emendamenti all’intero testo. Il Presidente della commissione, in questo caso, trasmetterà al Presidente del Congresso gli emendamenti all’intero testo che siano stati presentati ai fini del loro inserimento all’ordine del giorno della seduta plenaria in cui debbano essere discussi” (art. 112, comma 1, del Regolamento del Congresso dei Deputati).

[13] Una proposta di legge ordinaria può invece essere presentata da un Gruppo parlamentare o da venticinque senatori (art. 108, comma 1, del Regolamento del Senato).

[14] Le proposte di legge senatoriali devono essere formulate in un testo redatto in articoli, accompagnato da un’esposizione illustrativa e da una relazione che ne valuti il costo economico. Il Presidente ne dà immediata comunicazione all’Assemblea consentendo, nei quindici giorni seguenti, la presentazione di proposte di legge con medesimi oggetto o materia. La proposta è inserita nell’ordine del giorno di una delle sessioni plenarie del Senato (art. 108 del Regolamento del Senato); è fatta salva la possibilità per i presentatori di ritirare la proposta prima della sua presa in considerazione (art. 109 del Regolamento del Senato).

[15] Sul sito del Congresso dei Deputati sono consultabili due pagine, dedicate rispettivamente alla Primera Reforma Constitucional (1992) e alla Segunda Reforma Constitucional (2011).

[16] Nella legislatura in corso, iniziata nel dicembre 2011, risulta presentata una sola proposta di riforma costituzionale presso il Congresso dei Deputati: Proposición de reforma constitucional para reforzar la participación política y el pluralismo en el régimen electoral (13 maggio 2013).

[17] L’art. 23 della Costituzione sancisce il diritto dei cittadini di partecipare alla gestione pubblica direttamente e per mezzo di rappresentanti liberamente eletti in elezioni periodiche a suffragio universale (comma 1), nonché il diritto di accedere in condizioni di uguaglianza a funzioni e incarichi pubblici con i requisiti indicati dalle leggi (comma 2).

[18] Vi furono 332 voti favorevoli su 332 votanti.