Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Lavoro
Titolo: Legge di Bilancio 2018 - Profili di interesse della XI Commissione Lavoro
Riferimenti: AC N.4768/XVII
Serie: Progetti di legge   Numero: 642/3/0/XI
Data: 04/12/2017

LEGGE DI BILANCIO 2018

 

 

 

 

dicembre 2017A.C. 4768Profili di interesse della XI Commissione Lavoro


 

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Dossier n. 560/3/0/11

 

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Progetti di legge n. 642/3/0/XI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati

 

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NOTA

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è articolato in due parti:

§  la prima parte contiene le schede di lettura delle disposizioni della prima sezione, di competenza di ciascuna Commissione, estratte dal dossier generale sul disegno di legge di bilancio in esame;

§  la seconda parte contiene l’analisi della seconda sezione del disegno di legge, recante il bilancio integrato per il 2018-2020 di competenza di ciascuna Commissione.

 

 

 

 


I N D I C E

 

 

Il disegno di legge di bilancio............................................. 5

Sezione I.................................................................................................. 7

§  Articolo 1, commi 25-35 (Credito d'imposta per le spese di formazione nel settore delle tecnologie 4.0) 7

§  Articolo 1, commi 50-58 e 62-64 (Incentivo strutturale all'occupazione giovanile stabile)   9

§  Articolo 1, commi 59-61 (Finanziamenti per la formazione e l’apprendistato) 13

§  Articolo 1, comma 65 (Deducibilità IRAP lavoratori stagionali)................. 15

§  Articolo 1, commi 66-67 (Esonero contributivo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali)................................................................................................ 16

§  Articolo 1, commi 68 e 69 (Affiancamento in agricoltura)........................... 19

§  Articolo 1, commi 70 e 71 (Sostegno al reddito lavoratori settore pesca).... 23

§  Articolo 1, comma 75 (Incremento soglie reddituali bonus 80 euro)........... 25

§  Articolo 1, comma 76 (Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale)     28

§  Articolo 1, comma 77 (Indennità giornaliera settore pesca per periodi  di fermo non obbligatorio)  30

§  Articolo 1, commi 78-79 (Misure a sostegno della ricollocazione dei lavoratori di imprese in crisi)  31

§  Articolo 1, comma 80 (Finanziamento all'ANPAL Servizi Spa per l'assegno di ricollocazione)    35

§  Articolo 1, comma 81 (Prosecuzione CIGS e mobilità in deroga nell'anno 2018 nelle aree di crisi complessa).................................................................................................... 36

§  Articolo 1, commi 82-89 (Modifica del meccanismo dell'adeguamento all’incremento della speranza di vita per l’accesso al pensionamento ed esclusione dall’adeguamento di specifiche categorie di lavoratori)..................................................................................................... 37

§  Articolo 1, comma 90 (Commissione tecnica occupazioni gravose)............ 47

§  Articolo 1, commi 91 e 92 (Previdenza complementare dipendenti pubblici) 48

§  Articolo 1, comma 93 (Commissione tecnica di studio sulla comparazione della spesa previdenziale e assistenziale)................................................................................................. 51

§  Articolo 1, comma 94 (Fondo di integrazione salariale).............................. 52

§  Articolo 1, comma 95 (Esodo anticipato per lavoratori anziani - Isopensione) 54

§  Articolo 1, comma 96 (Plusvalenze derivanti da vendita di azioni in sostituzione di premi di produttività).................................................................................................. 55

§  Articolo 1, comma 97 (APE)........................................................................ 57

§  Articolo 1, commi 98-99 (Stabilizzazione e semplificazione della rendita integrativa temporanea anticipata (RITA))......................................................................................... 60

§  Articolo 1, commi 100-101 (Adesioni alle forme di previdenza complementare)   64

§  Articolo 1, commi 102 (Adesioni a fondi integrativi sanitari nelle Province di Trento e di Bolzano)  66

§  Articolo 1, commi 103-104 (Rapporti finanziari tra Stato e I.N.P.S.).......... 68

§  Articolo 1, comma 120 (Estensione alle lavoratrici domestiche del congedo per le donne vittime di violenza di genere)........................................................................................ 69

§  Articolo 1, comma 121 (Cofinanziamento del Programma Erasmus+)....... 70

§  Articolo 1, commi 122-123 (Spese di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative) 71

§  Articolo 1, comma 163 (Assunzioni nel MAECI).......................................... 73

§  Articolo 1, commi 171, 172, 174, 176-177 (Assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)....................................................................... 74

§  Articolo 1, comma 179 (Assunzioni presso il Ministero dell'interno)............ 79

§  Articolo 1, commi 182 e 183 (Assunzioni a tempo indeterminato e a tempo determinato da parte del MIBACT)...................................................................................................... 81

§  Articolo 1, comma 184 (Incarichi di natura occasionale o coordinata e continuativa in alcuni istituti e luoghi della cultura)...................................................................................... 84

§  Articolo 1, commi 189-190 (Prestazioni accessorie svolte dal personale del MIBACT)  86

§  Articolo 1, comma 220 (Rapporti di collaborazione con società sportive dilettantistiche aventi scopo di lucro)............................................................................................................ 88

§  Articolo 1, comma 228 (Aumento esenzione compensi per attività musicali e attività sportive dilettantistiche).............................................................................................. 89

§  Articolo 1, comma 229 (Assunzioni assistenti stadio)................................... 91

§  Articolo 1, commi 266-270 (Assunzioni e funzionamento dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali)...................................................................................................... 93

§  Articolo 1, commi 325-327 (Assunzioni nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti)    96

§  Articolo 1, comma 333 (Retribuzione dei dirigenti scolastici).................... 100

§  Articolo 1, comma 334 (Supplenze brevi di personale ATA nelle scuole).. 103

§  Articolo 1, comma 335 (Concorso per Direttore dei servizi generali e amministrativi nelle scuole )  105

§  Articolo 1, comma 336 (Comandi di docenti e dirigenti scolastici)............ 107

§  Articolo 1, comma 337 (Incarichi di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle di assistenti amministrativi e tecnici) 108

§  Articolo 1, commi 338-343 (Proroga di termini e avvio di una procedura di stabilizzazione dei lavoratori che svolgono funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico in provincia di Palermo)..................................................................................................... 110

§  Articolo 1, commi 344-346 (Scatti stipendiali dei professori universitari e del personale di ricerca non contrattualizzato dell’Istituto nazionale di astrofisica)................................ 113

§  Articolo 1, comma 347 (Assunzione di nuovi ricercatori nelle università e negli enti di ricerca)   118

§  Articolo 1, commi 364-367 e 455 (Stabilizzazione del personale degli enti pubblici di ricerca, del CREA e dell’INAPP).................................................................................. 121

§  Articolo 1, commi 370-374 (Pubblico impiego: risorse per la contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici)........................................................................... 125

§  Articolo 1, comma 378 (Lavoratori socialmente utili)................................ 128

§  Articolo 1, comma 381 (Riduzione sgravio contributivo per le imprese armatrici)     130

§  Articolo 1, comma 441-448 e 451-452 (Personale dei centri per l'impiego e dell'ANPAL e norme in materia di mercato del lavoro)................................................................... 132

§  Articolo 1, commi 496-497 (Proroga delle agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato nel Mezzogiorno).............................................................................................. 135

§  Articolo 1, commi 627 e 628 (Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali e copertura oneri per la costituzione dei fondi di previdenza complementare per i dipendenti pubblici) 139

§  Articolo 1, comma 666, lettera f) (Proroga graduatorie del personale dei Corpi di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)..................................................................... 143

§  Articolo 1, comma 666, lettera g) (Proroga della graduatoria di uno specifico concorso nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)..................................................................... 144

§  Articolo 1, comma 676, lettere a) – g) (Proroga di graduatorie assunzioni presso le pubbliche amministrazioni)......................................................................................... 145

§  Articolo 1, comma 676, lett. f) (Proroga della sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia)........................................................................................... 151

Sezione II............................................................................................. 155

La disciplina contabile della sezione II...................................................... 155

Articolo 106 (Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Tabella n. 4). 162

Le spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali autorizzate per gli anni 2018-2020  163

Le spese del Ministero dell’economia e delle finanze................................ 170

 

 

 


Il disegno di legge di bilancio

Con la recente riforma operata dalla legge n.163 del 2016 sulla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, a decorrere dalla scorsa legge di bilancio (legge 11 dicembre 2016, n.232) i contenuti delle previgenti leggi di bilancio e di stabilità sono stati ricompresi in un unico provvedimento, costituito dalla nuova legge di bilancio, riferita ad un periodo triennale ed articolata in due sezioni. La prima sezione svolge essenzialmente le funzioni dell’ex disegno di legge di stabilità; la seconda sezione assolve, nella sostanza, quelle del disegno di legge di bilancio.

L’integrazione in un unico documento dei contenuti degli ex disegni di legge di bilancio e di stabilità persegue la finalità di incentrare la decisione di bilancio sull’insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine come avveniva finora, portando al centro del dibattito parlamentare le priorità dell’intervento pubblico, considerato nella sua interezza.

La prima sezione - disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell’articolo 21 della legge n. 196/2009 - contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio. Tra le novità più rilevanti rispetto all’ex disegno di legge di stabilità va in primo luogo segnalato come tale sezione potrà contenere anche norme di carattere espansivo, ossia di minore entrata o di maggiore spesa, in quanto non è stata riproposta la disposizione della legge n. 196 del 2009, in cui si prevedeva che la legge di stabilità dovesse indicare le sole norme che comportassero aumenti di entrata o riduzioni di spesa.

La mancata indicazione di un vincolo di carattere restrittivo in termini di effetto della prima parte della legge di bilancio deriva dalla circostanza che ai sensi dell’articolo 14 delle legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012, il nuovo disegno di legge di bilancio soggiace ora ad una regola di “equilibrio” del bilancio dello Stato che consiste in un valore del saldo netto da finanziare coerente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica: obiettivi che com’è noto possono ricomprendere anche situazioni di disavanzo nell’ambito del percorso di raggiungimento dell’ obiettivo di medio termine (Medium Term Objective, MTO). Di conseguenza il disegno di legge di bilancio ora non reca più (a differenza della ex ddl. di stabilità) un autonomo prospetto di copertura.

Altra significativa novità può ravvisarsi nella circostanza che alla conferma del divieto già previsto in passato di inserire norme di delega, di carattere ordinamentale o organizzatorio o interventi di natura localistica o microsettoriale, si accompagna ora all’ulteriore divieto di inserire norme che dispongono la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa contenute nella seconda sezione. Le disposizioni della prima sezione non possono, cioè, apportare variazioni alle previsioni di bilancio contenute nella seconda sezione attraverso una modifica diretta dell’ammontare degli stanziamenti iscritti nella seconda sezione: tale modifica è possibile solo incidendo sulle norme o sui parametri stabiliti per legge che determinano l’evoluzione dei suddetti stanziamenti di bilancio.

Nel contenuto proprio della prima sezione sono poi previste:

§  la determinazione del livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare;

§  la determinazione degli importi dei fondi speciali;

§  la previsione di norme volte a rafforzare il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale e contributiva;

§  la determinazione dell'importo complessivo massimo destinato, in ciascun anno del triennio di riferimento, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego;

§  la previsione di eventuali norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi;

§  la previsione delle norme eventualmente necessarie a garantire il concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica.

Da segnalare inoltre come non sono riproposte, quale contenuto della prima sezione, le disposizioni che prevedevano la determinazione degli importi delle leggi di spesa permanente, la riduzione di autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente nonché le variazioni delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, di cui rispettivamente alle tabelle C, D ed E della legge di stabilità: ciò in quanto tali determinazioni sono trasferite nell’ambito della seconda sezione.

Nella riallocazione tra le due sezioni delle informazioni prima recate dai due distinti disegni di legge di stabilità e di bilancio, va infine tenuto presente che la seconda sezione, nel riportare il contenuto del bilancio di previsione dello stato -vale a dire gli stati di previsione dei Ministeri ed il quadro generale riassuntivo, come meglio si precisa più avanti, nella parte del dossier dedicato alla sezione medesima- viene ad assumere un contenuto sostanziale, potendo incidere direttamente (a differenza dell’ex legge di bilancio) attraverso rimodulazioni ovvero rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni - sugli stanziamenti sia di parte corrente che di parte capitale previsti a legislazione vigente, ed integrando nelle sue poste contabili gli effetti delle disposizioni della prima sezione.


 

Sezione I

Articolo 1, commi 25-35
(Credito d'imposta per le spese di formazione
nel settore delle tecnologie 4.0)

 

 

I commi 25-35 introducono, per il 2018, un credito d'imposta per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0. Il credito è ammesso fino ad un importo massimo annuo pari a 300.000 euro per ciascun beneficiario. Entro tale limite, la misura del beneficio è pari al 40 per cento delle spese effettuate nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e relative al costo aziendale dei lavoratori dipendenti, per il periodo in cui essi siano occupati nelle attività di formazione suddette. Ai fini del beneficio in esame, è posta un'autorizzazione di spesa pari a 250 milioni di euro per il 2019 (l'effetto finanziario è ritardato di un anno rispetto alla maturazione del credito).

 

Il credito di imposta è riconosciuto - in favore di ogni tipo e forma di impresa (comma 25) - qualora le attività di formazione siano pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali (comma 26) e siano svolte per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal Piano Nazionale Impresa 4.0, tecnologie delle quali il comma 27 fa un'esemplificazione; queste ultime devono, ai fini in oggetto, essere applicate negli ambiti di cui all'allegato A.

Sono in ogni caso escluse dal beneficio le attività di formazione, ordinaria o periodica, organizzata dall’impresa per conformarsi alle norme in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e di protezione dell’ambiente o ad altre norme obbligatorie in materia di formazione (comma 28).

Il credito di imposta (comma 29) deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di spettanza e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta successivi in cui il credito sia impiegato, e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione (ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni). Il credito di imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini fiscali.

Al beneficio in esame non si applicano (comma 30) né il limite annuale di 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti di imposta (di cui all'art. 1, comma 53, della L. 24 dicembre 2007, n. 244) né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi, pari a 700.000 euro (di cui all'art. 34 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni).

Il beneficio è concesso (comma 31) nel rispetto delle norme europee ivi richiamate sulla compatibilità degli aiuti con il mercato interno. Agli adempimenti in àmbito europeo, nonché a quelli relativi al Registro nazionale degli aiuti di Stato, provvede il Ministero dello sviluppo economico.

 

Si ricorda, in particolare, che l'art. 31 del regolamento n. 651/2014/UE della Commissione, del 17 giugno 2014, e successive modificazioni, consente gli aiuti alla formazione a determinate condizioni, tra cui quella che l'intensità di aiuto non superi il 50% dei costi ammissibili (percentuale che può essere più elevata in determinate ipotesi); nell'àmbito di questi ultimi rientrano le spese di personale relative ai partecipanti alla formazione, per le ore durante le quali i lavoratori siano stati impegnati nell'attività in oggetto.

 

Il comma 32 disciplina i requisiti di certificazione dei costi ai fini del beneficio in esame, anche con riferimento alle imprese non soggette alla revisione legale dei conti. Per queste ultime, le spese sostenute per l'apposita attività di certificazione contabile sono ammesse al credito d'imposta in oggetto entro il limite massimo di 5.000 euro.

Nei confronti del revisore legale dei conti o del professionista responsabile della revisione legale dei conti che incorra in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli siano richiesti per il rilascio della certificazione di cui al comma 32 si applicano le sanzioni penali richiamate dal comma 33 (sanzioni relative al consulente tecnico nel processo civile).

Il comma 34 demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la definizione delle disposizioni applicative, con particolare riguardo all'individuazione delle procedure di concessione e di impiego del beneficio nonché alla documentazione richiesta, all'effettuazione dei controlli e alle cause di decadenza e revoca del beneficio.

Il Ministero dell'economia e delle finanze effettua il monitoraggio degli effetti finanziari, anche ai fini dell'adozione delle iniziative legislative eventualmente necessarie (comma 35).

 


 

Articolo 1, commi 50-58 e 62-64
(Incentivo strutturale all'occupazione giovanile stabile)

 

 

I commi da 50 a 58 e da 60 a 62 introducono una riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2018, di soggetti aventi i requisiti anagrafici ivi stabiliti e che non abbiano avuto (neanche con altri datori) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato. La riduzione è applicata su base mensile, per un periodo massimo di 36 mesi; la misura massima della riduzione è pari a 3.000 euro su base annua. Per la fattispecie di prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto dopo il periodo di apprendistato professionalizzante, lo sgravio è disciplinato in termini specifici dal comma 56.

 

I commi da 50 a 52 prevedono una riduzione dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, dovuti con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2018, di soggetti aventi meno di 35 anni di età, ovvero meno di 30 anni di età per le assunzioni effettuate dal 2019. Lo sgravio è subordinato alla condizione che i soggetti assunti non abbiano avuto (neanche con altri datori) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato, fatta salva l'ipotesi di cui al successivo comma 53; i periodi di apprendistato svolti presso altri datori di lavoro - qualora non siano proseguiti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato - non costituiscono una causa ostativa.

Il beneficio concerne tutti i datori di lavoro privati, ad eccezione di quelli domestici (comma 63). Dall'àmbito di applicazione sono escluse le assunzioni di dirigenti, in base al richiamo del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, operato dal comma 50.

L'applicazione dello sgravio non modifica l'aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dei lavoratori interessati (comma 50).

La riduzione è pari al 50 per cento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per il medesimo rapporto, con esclusione dei premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, ovvero al 100 per cento della medesima base contributiva nelle fattispecie di cui al successivo comma 58. La riduzione è applicata su base mensile, per un periodo massimo di 36 mesi; la misura massima della riduzione è pari a 3.000 euro su base annua. Qualora la riduzione relativa ad un determinato lavoratore sia stata applicata per un periodo inferiore a 36 mesi, un altro datore può usufruire dello sgravio per il periodo residuo, nell'ipotesi di assunzione a tempo indeterminato del medesimo soggetto, indipendentemente dall'età anagrafica di quest'ultimo al momento della nuova assunzione (comma 53).

Lo sgravio trova applicazione per i contratti di apprendistato professionalizzante solo con riferimento all'eventuale fase (successiva all'apprendistato) di prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto, sempre che quest'ultima inizi dopo il 31 dicembre 2017 e a condizione che il lavoratore non abbia compiuto il trentesimo anno di età alla data di inizio della prosecuzione (commi 56 e 61). In tale fattispecie, la riduzione è riconosciuta per un periodo massimo di 12 mesi, a decorrere dal primo mese successivo a quello di scadenza degli sgravi contributivi previsti, per il primo anno di prosecuzione del rapporto dopo il periodo di apprendistato, dall'art. 47, comma 7, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e non si applicano i criteri e le esclusioni di cui ai precedenti commi 53-55.

Si segnala che il comma 56 non reca un'esplicita limitazione del proprio àmbito di applicazione all'apprendistato professionalizzante, ma che essa sembra desumersi in base alla circostanza che le altre tipologie di apprendistato sono compiutamente disciplinate, ai fini in esame, dal successivo comma 58.

 

Nei casi in cui il contratto di lavoro a tempo indeterminato derivi dalla conversione di un contratto a termine, il requisito anagrafico, ai fini del beneficio in esame, deve essere posseduto al momento della conversione (comma 57). Quest'ultima non deve essere anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge; restano ferme le altre condizioni ai fini dello sgravio in oggetto.

Dal beneficio sono esclusi (comma 54) i datori di lavoro che, nei sei mesi precedenti l'assunzione, abbiano proceduto, nella medesima unità produttiva, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi[1] nonché i datori che rientrino nelle fattispecie di esclusione dagli incentivi in materia di lavoro contemplate, in via generale, dall'art. 31 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150. Ai fini in oggetto, in base a tale richiamo sono esclusi i casi in cui l'assunzione: costituisca attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva; violi il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore, licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; riguardi un'unità produttiva in cui vi siano in atto sospensioni dal lavoro, connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale e relative a lavoratori inquadrati nel medesimo livello (del lavoratore assunto); concerna un lavoratore che sia stato licenziato nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del nuovo datore di lavoro, ovvero risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo.

Si prevedono, inoltre, la revoca del beneficio ed il recupero delle relative somme (comma 55) per: i casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore interessato, effettuato nei sei mesi successivi all'assunzione; i casi in cui, nella stessa unità produttiva, nei sei mesi successivi all'assunzione in oggetto, vi sia un licenziamento per giustificato motivo oggettivo di un dipendente inquadrato con la stessa qualifica del lavoratore assunto; sembrerebbe opportuno valutare se sussista l'esigenza di un'estensione di tale fattispecie ai licenziamenti collettivi. Le suddette revoche del beneficio non rilevano ai fini del computo dell'eventuale residuo periodo utile di applicazione del beneficio per altri datori (periodo di cui al citato comma 53).

Sembrerebbe opportuno chiarire se, in base al suddetto richiamo (di cui al comma 54) alle norme di cui all'art. 31 del D.Lgs. n. 150 del 2015, il beneficio si applichi, nell'àmbito della somministrazione di lavoro e per i periodi di utilizzo del lavoratore, in favore dei soggetti utilizzatori, anziché in favore del somministratore[2].

 

La riduzione della contribuzione nella suddetta misura più elevata del 100 per cento spetta, ai sensi del comma 58, per le medesime fattispecie di assunzione per le quali una norma transitoria - oggetto di abrogazione da parte del comma 60 per le assunzioni successive al 31 dicembre 2017 - prevede un analogo sgravio per le assunzioni intervenute entro il 31 dicembre 2018; le differenze rispetto alla norma transitoria oggetto di abrogazione consistono: nella riduzione del limite annuo del beneficio da 3.250 a 3.000 euro; nell'introduzione, per i contratti di apprendistato, della condizione della previa prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto, successiva al periodo di apprendistato medesimo (cfr. altresì il comma 61); nell'introduzione dei requisiti anagrafici (che sono richiamati nell'alinea del comma 58 e che consistono nell'aver meno di 30 anni, ovvero, per le assunzioni effettuate nel 2018, meno di 35 anni); nella soppressione dei limiti di spesa annua ai fini del riconoscimento del beneficio[3]. Le fattispecie interessate dalla percentuale specifica di riduzione in esame sono costituite dai casi di assunzione a tempo indeterminato, entro sei mesi dall'acquisizione del titolo: di studenti che abbiano svolto, presso il medesimo datore di lavoro, attività di alternanza scuola-lavoro per il periodo minimo di ore ivi stabilito; di studenti che abbiano svolto, presso il medesimo datore di lavoro, periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione.

Sembrerebbe opportuno chiarire se per tali fattispecie si applichino i criteri e le esclusioni di cui ai commi 53-55.

 

In particolare, per le attività di alternanza scuola-lavoro, si richiede un monte ore corrispondente ad una delle seguenti fattispecie: almeno il 30 per cento delle ore di alternanza previste ai sensi dell’art. 1, comma 33, della L. 13 luglio 2015, n. 107 (secondo cui i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio); almeno il 30 per cento del monte orario previsto per le attività di alternanza all’interno dei percorsi di istruzione e formazione professionale; almeno il 30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza nell’àmbito dei percorsi realizzati dagli Istituti tecnici superiori; almeno il 30 per cento del monte ore previsto dai rispettivi ordinamenti per le attività di alternanza nei percorsi universitari.

 

Le riduzioni contributive non sono cumulabili con altri sgravi contributivi nello stesso periodo di applicazione (comma 61).

L'INPS provvede, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, al monitoraggio del numero di rapporti di lavoro attivati e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 62).

 

Per un quadro dei recenti interventi normativi volti a incentivare assunzioni a tempo indeterminato si rinvia alla scheda relativa ai commi 496-497 del disegno di legge in esame.

 


 

Articolo 1, commi 59-61
(Finanziamenti per la formazione e l’apprendistato)

 

 

I commi da 59 a 61, introdotti al Senato, prevedono finanziamenti nel settore della formazione e dell'apprendistato.

 

In particolare, si prevedono stanziamenti, a decorrere dal 2018, nelle seguenti misure annue, a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione:

 

a)   189.109.570,46 euro per l'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione nei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP);

b)  75 milioni (incrementati a 125 milioni per il solo anno 2018) per il finanziamento dei percorsi formativi relativi ai contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, nonché dei percorsi formativi relativi all'alternanza tra scuola e lavoro[4]. Tale somma è comprensiva dello stanziamento di 25 milioni di euro a decorrere dal 2018 già previsto dalla normativa vigente (articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n.61/2017, che viene conseguentemente abrogato)

c)   15 milioni per il finanziamento delle attività di formazione relative ai contratti di apprendistato professionalizzante (di cui all’articolo 44 del decreto legislativo n.81/2015);

d)  5 milioni per l'estensione degli incentivi (già previsti fino al 31 dicembre 2017) per le assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

 

Si tratta degli incentivi di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto legislativo n.150 del 2015, che in relazione alle assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, ha introdotto, a titolo sperimentale, specifici incentivi fino al 31 dicembre 2016[5]. Gli incentivi consistono in:

a) disapplicazione del contributo di licenziamento[6];

b) riduzione della specifica aliquota contributiva[7] dal 10% al 5%;

c) sgravio totale dei contributi a carico dei datore di lavoro, inclusi il contributo di finanziamento dell'ASpI[8] ed il contributo integrativo dello 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo, dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria[9].

Gli incentivi, inizialmente previsti fino al 31 dicembre 2016, sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2017 dall'articolo 1, comma 240, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017).

 

e)   5 milioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali degli allievi iscritti ai corsi ordinamentali di istruzione e formazione professionale curati dalle istituzioni formative e dagli istituti scolastici paritari, accreditati dalle Regioni per l'erogazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale (di cui all’articolo 32, comma 8, del decreto legislativo n.150 del 2015).

 


 

Articolo 1, comma 65
(Deducibilità IRAP lavoratori stagionali)

 

 

Il comma 65, introdotto al Senato, innalza per il 2018 la quota deducibile da IRAP del costo dei lavoratori stagionali, che viene resa nel medesimo anno integralmente deducibile, in luogo della ordinaria deducibilità del 70 per cento.

 

Il comma 65 - inserito al Senato - modifica, limitatamente all'anno 2018, la disciplina sulla deducibilità dall'imponibile IRAP del costo dei lavoratori stagionali, consentendone per il 2018 la deduzione integrale, in luogo del 70 per cento.

Si ricorda che la norma generale consente la deduzione, nel limite del 70 per cento del costo dei lavoratori stagionali, limitatamente a quelli impiegati per almeno 120 giorni per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco di due anni a partire dalla cessazione del precedente contratto. Il comma 65 in esame consente, per l'anno 2018, per la medesima fattispecie, la deduzione integrale, anziché limitata al 70 per cento.

 

Si rammenta che, in via generale, l'art. 11, comma 4-octies, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, consente di dedurre integralmente dall’IRAP il costo sostenuto dall’impresa in relazione al personale dipendente con contratto a tempo indeterminato.

 


 

Articolo 1, commi 66-67
(Esonero contributivo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali)

 

 

I commi 66 e 67 dettano norme volte a promuovere forme di imprenditoria in agricoltura, riconoscendo anche per il 2018 un esonero contributivo triennale, nonché una riduzione contributiva per un ulteriore biennio (nel limite massimo delle norme europee sugli aiuti de minimis), per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di età inferiore a 40 anni, con riferimento alle nuove iscrizioni  nella previdenza agricola effettuate nel 2018

 

In particolare, si riconosce un esonero contributivo complessivamente quinquennale (nel limite massimo delle norme europee sugli aiuti de minimis) per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, di età inferiore a 40 anni, con riferimento alle nuove iscrizioni[10] nella previdenza agricola effettuate nel 2018[11].

La norma ripropone, pur con significative differenze, l’analogo sgravio contributivo introdotto, per il 2017, dall’articolo 1, commi 344-345, della L. 232/2016 (legge di stabilità per il 2017).

L’esonero (che consiste nella dispensa dal versamento del 100% dell'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti) è riconosciuto, ferma restando l'aliquota di computo[12] delle prestazioni pensionistiche, per un periodo massimo di 36 mesi, decorsi i quali viene riconosciuto in una percentuale minore per ulteriori complessivi 24 mesi (per la precisione nel limite del 66% per i successivi 12 mesi e nel limite del 50% per un periodo massimo di ulteriori 12 mesi) (comma 66).

 

Si ricorda, in proposito, che l’analogo sgravio contributivo previsto dal richiamato articolo 1, commi 344-345, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) opera nei confronti di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, di età inferiore a 40 anni, che abbiano effettuato una nuova iscrizione nella previdenza agricola nel 2017 o nel 2016 (in quest’ultimo caso solo se iscritti con aziende ubicate nei territori montani o nelle aree agricole svantaggiate)

Le indicazioni operative e le istruzioni contabili relative a tale esonero contributivo sono state fornite con la circolare INPS n. 85 dell’11 maggio 2017.

 

L’esonero non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

Si prevede, inoltre, il monitoraggio dell’I.N.P.S. del numero delle nuove iscrizioni e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Per coltivatore diretto s’intende il piccolo imprenditore agricolo che si dedica direttamente e abitualmente alla manuale coltivazione dei terreni, in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, e/o all’allevamento del bestiame ed attività connesse (articoli 1 e 2 della L. 1047/57). Le attività devono essere svolte con abitualità e prevalenza per impegno lavorativo e reddito ricavato. Il requisito della abitualità sussiste quando l'attività sia svolta in modo esclusivo o prevalente (cioè quella che, ai sensi dell’articolo 2 della L. 9/63, occupi il lavoratore per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca la maggior fonte di reddito).

È imprenditore agricolo professionale (IAP) colui che (ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 99/2004), in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all' articolo 2135 c.c. (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse), direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro[13].

Si ricorda, inoltre, che possono acquisire la qualifica di imprenditore agricolo professionale i soci delle società di persone e cooperative (comprese quelle di lavoro) e gli amministratori delle società di capitali nel caso in cui l'attività svolta sia contraddistinta dalla presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito richiamati.

Inoltre, le società di persone, cooperative e di capitali (anche a scopo consortile) sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle richiamate attività agricole e siano in possesso di specifici requisiti.

Sono infine riconosciute all'imprenditore agricolo professionale, persona fisica (se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale), le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

 

Il comma 67 prevede che le richiamate disposizioni si applichino nei limiti previsti dai regolamenti (UE) 1407/2013 e 1408/2013, concernenti i cosiddetti aiuti de minimis da parte degli Stati membri.

 

Gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo sono regolati, in particolare, dal reg. (UE) 18 dicembre 2013, n. 1408.

Si tratta di quegli aiuti di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari che, per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e, dunque, non suscettibili di provocare un'alterazione della concorrenza tra gli operatori economici. Tale importo è di gran lunga inferiore a quello fissato (200.000 euro) nel regolamento UE n. 1407/2013, sugli aiuti de minimis (nel periodo di programmazione 2014-2020) alla generalità delle imprese esercenti attività diverse da:

·      pesca e acquacoltura;

·      produzione primaria dei prodotti agricoli;

·      trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:

·      qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate;

·      qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;

·      aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

·      aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.

 

 


 

Articolo 1, commi 68 e 69
(Affiancamento in agricoltura)

 

 

Al fine di favorire lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura e agevolare il passaggio generazionale nella gestione dell'attività d'impresa per il triennio 2018-2020, le disposizioni in commento prevedono il contratto di affiancamento, collegandovi l'accesso ai mutui agevolati di cui al decreto legislativo n. 185/2000.

 

Le norme in commento, introdotte al Senato, prevedono un contratto di affiancamento per i giovani di età compresa tra i diciotto e i quarant'anni, anche organizzati in forma associata, che non siano titolari del diritto di proprietà o di diritti reali di godimento su terreni agricoli, da stipularsi con imprenditori agricoli o coltivatori diretti, di età superiore a sessantacinque anni o pensionati: dalla stipula discenderà l'accesso prioritario alle agevolazioni di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo n. 185 del 2000 (si tratta degli articoli da 9 a 10-ter, che recano misure in favore dello sviluppo dell’imprenditoria in agricoltura e del ricambio generazionale e che, in particolare, prevedono mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni comprensiva del periodo di preammortamento, e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile).

 

Il contratto di affiancamento, da allegare al piano aziendale presentato all’ISMEA che può prevedere un regime di miglioramenti fondiari anche in deroga alla legislazione vigente, impegna da un lato l'imprenditore agricolo o il coltivatore diretto a trasferire al giovane affiancato le proprie competenze nell'ambito delle attività agricole, così come descritte dall’art. 2135 del codice civile; dall'altro lato, il giovane imprenditore agricolo si impegna a contribuire direttamente alla gestione, anche manuale, dell'impresa, d'intesa con il titolare, e ad apportare le innovazioni tecniche e gestionali necessarie alla crescita d'impresa. L'affiancamento non può avere durata superiore ai tre anni e comporta in ogni caso la ripartizione degli utili di impresa tra giovane e imprenditore agricolo, in percentuali comprese tra il 30 ed il 50 per cento a favore del giovane imprenditore. Il contratto può stabilire il subentro del giovane imprenditore agricolo nella gestione dell'azienda, ed in ogni caso prevede le forme di compensazione del giovane imprenditore in caso di conclusione anticipata del contratto.

 

 

 

Si osserva che la disposizione non prevede alcuna conseguenza – quale ad esempio la nullità – della mancata previsione nel contratto delle “forme di compensazione” né precisa se tali forme abbiano natura risarcitoria. Si valuti infine se la “conclusione anticipata del contratto” coincida con le diverse ipotesi contenute nel codice civile (nullità, annullabilità, rescissione, risoluzione).

 

Al giovane imprenditore è garantito in caso di vendita, per i sei mesi successivi alla conclusione del contratto, il diritto di prelazione con le modalità di cui all'articolo 8 della legge n. 590 del 1965 (purché, quindi, in particolare – ai sensi del primo comma del predetto art. 8 - coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della, superficie corrispondente alla capacità lavorativa della, sua famiglia).

Nel periodo di affiancamento il giovane imprenditore è equiparato all'imprenditore agricolo professionale, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, recante “Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura”.

 

Si ricorda che l’art. 6 della legge n. 154 del 2016 (cosiddetto collegato agricolo), aveva conferito al Governo una delega (non esercitata) ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge (avvenuta il 25 agosto 2016), nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, un decreto legislativo per la disciplina delle forme di affiancamento tra agricoltori ultra-sessantacinquenni o pensionati e giovani, non proprietari di terreni agricoli, di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni, anche organizzati in forma associata, allo scopo del graduale passaggio della gestione dell'attività d'impresa agricola ai giovani, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) stabilire la durata del processo di affiancamento, per un periodo massimo di tre anni;

b) prevedere criteri di assegnazione prioritaria delle agevolazioni e degli sgravi fiscali già previsti a legislazione vigente, a favore dell'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato e del giovane imprenditore agricolo;

c) definire le modalità di conclusione dell'attività di affiancamento, prevedendo le seguenti alternative:

1) la trasformazione del rapporto tra l'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato e il giovane imprenditore agricolo in forme di subentro;

2) la trasformazione del rapporto in un contratto di conduzione da parte del giovane imprenditore agricolo;

3) le forme di compensazione a favore del giovane imprenditore agricolo nei casi diversi da quelli contemplati ai numeri 1) e 2);

d) definire le modalità di presentazione da parte del giovane imprenditore agricolo di un progetto imprenditoriale posto a base del rapporto di affiancamento, che deve essere sottoscritto da parte dell'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato, definendone i reciproci obblighi;

e) stabilire le forme di compartecipazione agli utili dell'impresa agricola;

f) definire il regime dei miglioramenti fondiari, anche in deroga alla legislazione vigente qualora apportati sulla base del progetto imprenditoriale presentato;

g) prevedere forme di garanzia per l'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato e il giovane imprenditore agricolo, anche attraverso le necessarie coperture infortunistiche;

h) stabilire il riconoscimento del diritto di prelazione in caso di vendita dei terreni oggetto del rapporto di affiancamento;

i) prevedere forme di compensazione a favore del giovane imprenditore agricolo nei casi di recesso anticipato dal rapporto di affiancamento;

l) definire le forme di agevolazione a favore del giovane imprenditore agricolo per la gestione e l'utilizzo dei mezzi agricoli.

 

 

Di seguito, alcuni dati storici sul numero delle imprese agricole condotte da giovani imprenditori e quelli relativi ai conduttori di imprese agricole per classi di età.

 

 

 

http://www.freshplaza.it/images/2016/0229/tabella_Giovani_Confagricoltura.GIF

Articolo 1, commi 70 e 71
(Sostegno al reddito lavoratori settore pesca)

 

 

I commi 70 e 71, introdotti nel corso dell’esame al Senato, riconosce, anche per il 2018, l’indennità giornaliera per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo obbligatorio e prevede un incremento della dotazione del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019.

 

Il comma 70 riconosce anche per il 2018, nel limite di spesa di 11 milioni di euro, un’indennità giornaliera onnicomprensiva di 30 euro (già riconosciuta per il 2017 dall’art. 1, c. 346, della L. 232/2016) per ciascun lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci delle cooperative della piccola pesca (di cui alla legge n. 250/1958[14]), quale forma di sostegno al reddito nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio.

La disciplina delle modalità di pagamento dell’indennità è rimessa a un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze).

Il comma 71 integra di 12 milioni di euro la dotazione finanziaria del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2017-2019[15][16].

Agli oneri derivanti dalle disposizioni suddette (rispettivamente 11 e 12 milioni di euro) si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (istituito dall’art. 1, c. 200, della L. 190/2014), come rifinanziato dal comma 624 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 

Quanto all’arresto obbligatorio dell’attività di pesca, si ricorda che il regolamento (UE) n. 1380 del 2013, relativo alla politica comune della pesca, ha ribadito che, tra i principali obiettivi di tale politica, rientra la conservazione delle risorse biologiche marine; a tal fine viene adottato un approccio precauzionale volto a garantire che lo sfruttamento delle risorse biologiche marine vive ricostituisca e mantenga le popolazioni delle specie pescate al di sopra di livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile.

Tra le misure utili per il raggiungimento di tali scopi, l’articolo 7 del suddetto regolamento annovera le misure tecniche consistenti nell’interruzione delle attività di pesca dei pescherecci in una zona determinata per un periodo minimo definito al fine di proteggere aggregazioni temporanee di specie in via di estinzione, stock ittici in riproduzione, pesci di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione ed altre risorse marine vulnerabili.

Il regolamento (UE) n. 508/2014 ha disciplinato il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca prevedendo, all’articolo 17, che ciascuno Stato membro elabori un programma operativo unico per l'attuazione di tali priorità da cofinanziare tramite il FEAMP. Il programma operativo italiano è stato approvato con decisione della Commissione europea del 25 novembre 2015.

Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 7 luglio 2016 si è ritenuto necessario, in considerazione dei dati inerenti lo sfruttamento ittico, autorizzare il fermo obbligatorio dell’attività di pesca per le unità autorizzate allo strascico, attraverso la previsione di un periodo di arresto temporaneo, diversamente articolato per aree, in conformità con quanto previsto dai piani di gestione.

Da ultimo, si ricorda che l’art. 1, comma 307, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) e l’art. 13, c. 6-undecies, del D.L. 244/2016 (cd. proroga termini), nell'ambito delle risorse del Fondo Sociale per l’Occupazione e la Formazione finalizzate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, hanno destinato, rispettivamente, fino a 18 milioni di euro per il 2016 e fino a 17 milioni di euro per il 2017 per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca.

 

 


 

Articolo 1, comma 75
(Incremento soglie reddituali bonus 80 euro)

 

 

Il comma 75 eleva le soglie reddituali per l’accesso al cd. bonus 80 euro, allargando così la platea dei destinatari. Resta ferma la misura del credito, pari a 960 euro annui. A fronte della vigente soglia di 24.000 euro, con le modifiche in esame il bonus spetta per un reddito complessivo non superiore a 24.600 euro. Analogamente, le norme in commento dispongono che il bonus decresca, fino ad annullarsi, in presenza di un reddito complessivo pari o superiore a 26.600 euro (a fronte dei vigenti 26.000 euro).

 

Le disposizioni in esame intervengono sull’istituto del cd. bonus 80 euro, originariamente introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014 per il solo anno 2014 e poi reso permanente dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 12-15 della legge n. 190 del 2014).

Più in dettaglio, si apportano modifiche all’articolo 13, comma 1-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, che disciplina tale agevolazione.

Il predetto bonus fiscale spetta ai lavoratori dipendenti e taluni assimilati. Esso ammonta a 960 euro e viene attribuito, a legislazione vigente, ai possessori di reddito complessivo non superiore a 24.000 euro. Le disposizioni in commento elevano tale soglia da 24.000 a 24.600 euro e aumentano così il numero dei beneficiari dell’agevolazione.

In caso di superamento del predetto limite le disposizioni in vigore prevedono che il credito decresce progressivamente, fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito complessivo pari a 26.000 euro. Coerentemente alla modifica già commentata, per effetto delle norme in esame l’azzeramento avviene al raggiungimento di un livello di reddito pari o superiore a 26.600 euro.

 

Il credito è riconosciuto automaticamente da parte dei sostituti d'imposta, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei beneficiari.

 

Beneficiari

 

L'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti sull'applicazione del citato credito con le circolari n. 8/E del 24 aprile 2014 (individuando, tra l'altro, con precisione i soggetti beneficiari dell'agevolazione) e n. 9/E del 14 maggio 2014 (che ha affrontato questioni concernenti gli ulteriori soggetti beneficiari). Anche l'INPS con la circolare 67 del 29 maggio 2014 ha chiarito l'applicazione del bonus per il 2014 ai titolari di prestazioni a sostegno del reddito legate al verificarsi di eventi, temporanei e imprevedibili nella durata, che possono insorgere durante il rapporto di lavoro oppure alla cessazione dello stesso.

 

Le norme attribuiscono tale credito ai titolari di redditi da lavoro dipendente (articolo 49 del Testo Unico delle Imposte sui redditi – TUIR di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) escluso il reddito da pensione e gli assegni equiparati (indicati al comma 2, lettera a) dell'articolo 49 TUIR), nonché ai titolari delle seguenti tipologie di somme, assimilate ai redditi da lavoro dipendente (redditi di cui all'articolo 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l) Tuir):

§  compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lettera a));

§  indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lettera b));

§  somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lettera c));

§  redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lettera c-bis));

§  remunerazioni dei sacerdoti (lettera d));

§  prestazioni pensionistiche complementari, di cui al d.lgs. n. 124 del 1993 comunque erogate (lettera h-bis));

§  compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l)).

 

Come rilevato dall'Agenzia delle entrate, il bonus è stato attribuito anche ai soggetti non residenti, al ricorrere dei presupposti di legge; non è spettato, comunque, nell'ipotesi in cui il reddito di lavoro non fosse imponibile in Italia per effetto dell'applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri accordi internazionali. Inoltre, il credito è stato attribuito anche ai percettori di somme a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione, in quanto essi costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell'articolo 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti.

Di conseguenza l'Agenzia delle entrate ha chiarito che sono esclusi dal credito:

- i contribuenti il cui reddito complessivo non è formato dai redditi sopra indicati;

§  i contribuenti "incapienti";

§  i contribuenti che, pur avendo un'imposta lorda "capiente", sono titolari di un reddito complessivo superiore a euro 26.000.

 

Soggetti che ne hanno usufruito; ricalcolo e restituzione

 

Il Dipartimento delle Finanze del MEF, con una nota esplicativa del 28 febbraio 2017 (che accompagna la pubblicazione delle statistiche relative alle dichiarazioni dei redditi 2016, relative ai redditi percepiti nel 2015), ha fornito chiarimenti sul numero dei beneficiari del bonus 80 euro e sul relativo ricalcolo delle quote non spettanti.

Dalle dichiarazioni 2016 (relative al 2015) risulta che il numero dei soggetti aventi diritto al bonus è stato di circa 11,2 milioni, per un ammontare totale di circa 9 miliardi di euro e una cifra media di 800 euro.

Il MEF ha rammentato che il credito, come è noto, viene attribuito dal datore di lavoro in busta paga esclusivamente sulla base del reddito da egli stesso erogato. In sede di dichiarazione, invece, è necessario procedere al ricalcolo del credito spettante tenendo conto di tutti i redditi dichiarati, non solo del reddito erogato dal datore di lavoro: se il bonus spettante risulta maggiore di quello calcolato dal sostituto d'imposta, è possibile far valere in dichiarazione la quota non ancora erogata. Al contrario, se la quota spettante del bonus risulta inferiore all'importo già erogato, l'eccedenza deve essere recuperata in dichiarazione.

Dall'analisi delle dichiarazioni fiscali, i soggetti che hanno fruito del bonus in sede di dichiarazione per l'intero ammontare risultano 514.000, mentre 1.009.000 soggetti ne hanno recuperato in dichiarazione una quota, a integrazione dell'importo già in parte erogato dal sostituto d'imposta.

Di converso, tra gli 11,9 milioni di soggetti che avevano ottenuto il bonus dal datore di lavoro, circa 966.000 hanno dovuto restituire integralmente il bonus in sede di dichiarazione, mentre 765.000 soggetti hanno dovuto restituire solo una parte del bonus ricevuto.

Si tratta di contribuenti titolari di ulteriori redditi rispetto a quelli presi in considerazione dal sostituto d'imposta, che li hanno portati a superare la soglia fissata per avere diritto al beneficio, oppure di contribuenti non aventi diritto al bonus, in quanto l'imposta dovuta è risultata inferiore alle detrazioni per lavoro dipendente. In quest'ultimo caso, i soggetti hanno ottenuto la restituzione delle ritenute Irpef indebitamente versate (pari complessivamente a 697 milioni di euro rispetto ai 508 milioni di euro di bonus restituito).

 


 

Articolo 1, comma 76
(Proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale)

 

Il comma 76 consente, per gli anni 2018 e 2019, con riferimento alle imprese con organico superiore a 100 unità lavorative, una deroga ai limiti massimi di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale.

La deroga è ammessa per le imprese suddette che presentino una rilevanza economica strategica anche a livello regionale e notevoli problematiche occupazionali, con esuberi significativi nel contesto territoriale.

In tale àmbito, la deroga è subordinata (capoversi 1 e 2) sia alla stipulazione in sede governativa di un accordo - presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate -, sia alla presentazione, da parte dell'impresa, di piani di gestione intesi alla salvaguardia occupazionale - che contemplino specifiche azioni di politiche attive - concordati con la regione o le regioni interessate, sia alla sussistenza di una delle seguenti ipotesi: il programma di riorganizzazione aziendale comprenda investimenti complessi, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento straordinario; il medesimo programma contenga piani di recupero occupazionale (mediante la ricollocazione delle risorse umane) e azioni di riqualificazione non attuabili nel suddetto limite temporale; il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi, intesi a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata del trattamento.

Per le prime due ipotesi, il capoverso 1 prevede che la proroga possa essere concessa fino ad un limite di 12 mesi, mentre per la terza ipotesi si ammette un limite massimo di 6 mesi. Per il complesso delle proroghe in esame è fissato un limite massimo di spesa pari a 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Al relativo onere finanziario si provvede a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione (capoverso 3).

Si ricorda che i limiti di durata del trattamento straordinario di integrazione salariale (in base alla disciplina dell'istituto ridefinita dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148[17]) sono, per ogni unità produttiva, pari a: 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la fattispecie di programma di riorganizzazione aziendale; 12 mesi, anche continuativi, per la fattispecie di crisi aziendale (e connesso piano di risanamento), con divieto di nuova concessione prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione e fatto salvo il rispetto del limite di 24 mesi in un quinquennio mobile (ovvero di 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo)[18]. Ai fini del computo dei limiti relativi al quinquennio mobile, non si tiene conto dei ratei di trattamenti di integrazione salariale inerenti al periodo precedente il 24 settembre 2015[19].

 

 


 

Articolo 1, comma 77
(Indennità giornaliera settore pesca per periodi
di fermo non obbligatorio)

 

Il comma 77, introdotto nel corso dell’esame al Senato, rende permanente l’indennità giornaliera onnicomprensiva riconosciuta ai lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di fermo non obbligatorio.

 

La suddetta indennità giornaliera onnicomprensiva è riconosciuta, a decorrere dal 2018 e nel limite di 5 milioni di euro annui, ad ogni lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca, in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo non obbligatorio, fino ad un massimo di 30 euro e per un periodo non superiore a 40 giorni in corso d’anno.

 

Sul tema si ricorda che l’art. 10, c. 1-bis, del D.L. 91/2017 ha esteso ai periodi interessati da misure di arresto temporaneo non obbligatorio l'indennità giornaliera onnicomprensiva, pari a 30 euro, già prevista per i suddetti lavoratori in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio (cfr. scheda di lettura relativa ai commi 70 e 71); l'estensione è disposta per il 2017 e fino ad un periodo complessivo (per ciascun lavoratore) di 40 giorni (di sospensione per arresto temporaneo non obbligatorio), nonché nel rispetto di un limite di spesa pari a 7 milioni di euro.

 

 


 

Articolo 1, commi 78-79
(Misure a sostegno della ricollocazione dei lavoratori
di imprese in crisi)

 

 

Il comma 78 estende l'istituto dell'assegno individuale di ricollocazione ai lavoratori titolari di un trattamento straordinario di integrazione salariale, prevedendo, in merito, particolari criteri e benefìci. Il comma 79 incrementa, per alcune fattispecie, l'aliquota della contribuzione dovuta dal datore di lavoro per il caso di ricorso a licenziamenti.

 

Il comma 78 opera un'estensione dell'àmbito di applicazione dell'assegno individuale di ricollocazione ai lavoratori titolari di un trattamento straordinario di integrazione salariale; l'estensione è prevista con esclusivo riferimento ai casi di conclusione (al termine della procedura di consultazione sindacale, successiva alla richiesta di accesso al trattamento straordinario suddetto) di accordi contenenti un piano di ricollocazione, con l'indicazione degli àmbiti aziendali e dei profili professionali a rischio di esubero.

Si ricorda che, nella normativa fino ad ora vigente, l'istituto dell'assegno individuale di ricollocazione - introdotto dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150 - può essere richiesto dai soggetti disoccupati da almeno 4 mesi e beneficiari di trattamento di disoccupazione. L'assegno consiste in un importo che può essere "speso" dal soggetto presso un centro per l'impiego o un soggetto accreditato, al fine di ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. L'assegno non viene erogato all’utente, ma all'operatore suddetto.

 

Le modalità operative dell'istituto e la misura dell'assegno sono definite con delibera del consiglio di amministrazione dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), secondo i princìpi di cui all'art. 23 del citato D.Lgs. n. 150, e successive modificazioni. Questi ultimi prevedono, tra l'altro, che la parte prevalente dell'importo sia attribuita solo qualora venga firmato un contratto di lavoro e che l'importo sia graduato in funzione della maggiore o minore difficoltà - derivante dal profilo personale di occupabilità - del reinserimento lavorativo del disoccupato.

Sul tema, si ricorda che il 27 febbraio 2017 l’ANPAL ha pubblicato l’avviso pubblico per l’avvio della relativa sperimentazione, in seguito all’accordo raggiunto tra il Ministero del lavoro e le politiche sociali, l’ANPAL stessa e le regioni. La suddetta sperimentazione è stata inizialmente avviata su un campione di soggetti (circa 29.000) disoccupati aventi le caratteristiche richieste dalla normativa (percettori di NASpI la cui durata di disoccupazione eccede i 4 mesi), selezionato mediante procedura di estrazione casuale dallo stock di potenziali destinatari individuato dall’INPS. A tal fine, sono stati destinati 32 milioni di euro a valere sul “Fondo per le politiche attive del lavoro”.

La fase di sperimentazione è ora conclusa e si è aperta una fase di consultazione con regioni e parti sociali per l’implementazione su scala nazionale dell’assegno di ricollocazione

 

Secondo la novella di cui al capoverso 1, entro trenta giorni dalla sottoscrizione degli accordi, i lavoratori rientranti nei suddetti àmbiti o profili possono richiedere all'ANPAL l'attribuzione dell'assegno di ricollocazione; in ogni caso, il numero delle richieste non può superare i limiti di contingente, contemplati, per ciascun àmbito o profilo, dal programma di riorganizzazione  ovvero di crisi aziendale, predisposto ai fini della richiesta di accesso al trattamento straordinario di integrazione salariale.

Il suddetto servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro ha, per i lavoratori in esame, ai sensi del capoverso 2, una durata pari a quella del trattamento straordinario di integrazione salariale e, in ogni caso, non inferiore a 6 mesi; il servizio è prorogabile di ulteriori 12 mesi (sempre che non sia stato consumato l'intero importo dell'assegno). Ai lavoratori in oggetto non si applica l'obbligo di accettazione di un'offerta di lavoro congrua[20].

I centri per l'impiego e i soggetti privati accreditati possono partecipare, qualora sia previsto dagli accordi summenzionati, alle attività di mantenimento e sviluppo delle competenze, da svolgersi con l’eventuale concorso dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua (capoverso 3).

Ai sensi dei capoversi 4 e 5, al lavoratore titolare di trattamento straordinario di integrazione salariale che sia in carico al servizio di assistenza intensiva in esame, nel caso di stipulazione di un contratto di lavoro dipendente con un altro datore, sono riconosciuti i seguenti benefìci: l'esclusione dal reddito imponibile ai fini IRPEF delle somme corrisposte in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, entro il limite massimo di 9 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto; il riconoscimento di un contributo mensile pari al 50 per cento del trattamento straordinario di integrazione salariale che sarebbe stato corrisposto al lavoratore. I benefìci suddetti sono esclusi qualora l'impresa del nuovo datore presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa precedente. Sembrerebbe opportuno chiarire se i benefìci siano riconosciuti solo nell'ipotesi in cui il nuovo contratto di lavoro sia stipulato tramite il servizio di assistenza intensiva e se il limite delle 9 mensilità sia da calcolare in base all'ultima retribuzione di riferimento che sarebbe spettata al dipendente. Occorrerebbe valutare se sussista l'esigenza, al fine di evitare comportamenti elusivi (sotto il profilo fiscale), del requisito di un livello minimo di orario di lavoro o di durata minima del nuovo rapporto, con particolare riferimento ai casi in cui il trattamento straordinario sia terminato o stia per terminare.

Il capoverso 6 attribuisce, in favore del datore di lavoro che assuma un soggetto titolare di trattamento straordinario di integrazione salariale ed in carico al servizio di assistenza intensiva in esame, il benefìcio di una riduzione temporanea, nella misura del 50 per cento, dei contributi previdenziali a carico del datore per il medesimo rapporto, con esclusione dei premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. La misura della riduzione non può superare un determinato limite, stabilito dal capoverso 6 in 4.030 euro su base annua e annualmente rivalutato sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. La durata massima della riduzione è pari a 18 mesi in caso di assunzione con contratto a tempo indeterminato e a 12 mesi in caso di assunzione con contratto a tempo determinato; qualora, nel corso del suo svolgimento, il contratto a termine venga trasformato in contratto a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori 6 mesi. L'applicazione dello sgravio non modifica l'aliquota di computo dei trattamenti pensionistici dei lavoratori interessati.

Il comma 79 eleva, per alcune fattispecie, dal 41 per cento all'82 per cento l'aliquota della contribuzione dovuta dal datore di lavoro per il caso di ricorso a licenziamenti[21]. L'elevamento concerne i casi di licenziamenti collettivi[22], effettuati, a decorrere dal 1° gennaio 2018, dai datori di lavoro rientranti nell'àmbito di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale. Sono escluse dall'elevamento le procedure di licenziamento collettivo avviate entro il 20 ottobre 2017 da datori di lavoro ai sensi dell'art. 4 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni (procedura relativa ad unità produttive già ammesse al trattamento straordinario di integrazione salariale e con riferimento alle quali il datore di lavoro ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi né di ricorrere a misure alternative).

Si ricorda che l'aliquota in esame si commisura su una base di calcolo costituita dal massimale mensile dell'indennità di disoccupazione NASpI[23] per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni[24].

 


 

Articolo 1, comma 80
(Finanziamento all'ANPAL Servizi Spa per
l'assegno di ricollocazione)

 

Il comma 80, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca uno stanziamento in favore dell'ANPAL Servizi Spa (ex società Italia Lavoro Spa), ai fini del concorso al finanziamento delle spese per l'implementazione dell'assegno individuale di ricollocazione.

 

Il suddetto stanziamento è pari a 5 milioni di euro per il 2018 e a 15 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020 (escluse le spese per il personale). Ai fini della copertura finanziaria dello stanziamento, si dispone una corrispondente riduzione del Fondo per le politiche attive del lavoro.

Riguardo alla normativa vigente sull'assegno individuale di ricollocazione, cfr. i precedenti commi 78 e 79.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 81
(Prosecuzione CIGS e mobilità in deroga nell'anno 2018 nelle aree di crisi complessa)

 

 

Il comma 81 consente l'impiego nel 2018, per la concessione, in alcune aree, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga, delle residue risorse finanziarie, stanziate per i medesimi fini per il 2016 ed il 2017.

Le aree interessate sono quelle di crisi industriale complessa, come riconosciute dal Ministero dello sviluppo economico[25].

I trattamenti di integrazione salariale straordinaria in esame possono essere concessi fino al limite di 12 mesi per ciascun anno di riferimento, in deroga ai limiti di durata generali stabiliti per la suddetta tipologia di intervento. Tali trattamenti sono subordinati: alla conclusione di un accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione interessata; alla presentazione da parte dell'impresa (oltre che della dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria in base alla normativa vigente) di un piano di recupero occupazionale, che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro, concordati con la regione ed intesi alla rioccupazione dei lavoratori.

Riguardo ai trattamenti di mobilità in esame, essi riguardano i lavoratori (operanti nelle suddette aree) titolari al 1° gennaio 2017 di un trattamento di mobilità ordinaria o in deroga. La corresponsione - ammessa fino ad un massimo di 12 mesi e senza soluzione di continuità con il trattamento precedente - è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate le misure di politica attiva individuate in un apposito piano regionale (da comunicare all’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Si segnala che, per il trattamento di mobilità in oggetto, il limite di 12 mesi appare stabilito in via complessiva e non per ciascun anno di riferimento (come invece consentito per il trattamento suddetto di integrazione salariale straordinaria in deroga).

L'impiego delle risorse finanziarie residue per il 2018 è ammesso dal presente comma nel rispetto del riparto tra le regioni già operato dai decreti ivi richiamati.


 

 

Articolo 1, commi 82-89
(Modifica del meccanismo dell'adeguamento all’incremento della speranza di vita per l’accesso al pensionamento ed esclusione dall’adeguamento di specifiche categorie di lavoratori)

 

 

I commi da 82 a 89, introdotti nel corso dell’esame al Senato, intervengono sull’adeguamento dei requisiti pensionistici agli incrementi della speranza di vita rilevati dall’ISTAT.

In primo luogo si modifica il meccanismo di adeguamento, prevedendo che si dovrà fare riferimento alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento rispetto alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente; che gli adeguamenti (a decorrere da quello operante dal 2021) non possono essere superiori a 3 mesi (con recupero dell'eventuale misura eccedente in occasione dell'adeguamento o degli adeguamenti successivi); e, infine, che eventuali variazioni negative devono essere recuperate in occasione degli adeguamenti successivi (mediante compensazione con gli incrementi che deriverebbero da tali adeguamenti).

In secondo luogo si dispone l’esclusione dall'adeguamento all'incremento della speranza di vita (pari a 5 mesi e decorrere dal 2019) per specifiche categorie di lavoratori (individuate dall’allegato B) e per i lavoratori impegnati nelle cd. attività usuranti. A tali categorie di lavoratori non si applica, inoltre, l'elevamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia a 67 anni (che la normativa vigente prevede, comunque, dal 2021). Anche per tali categorie di lavoratori, tuttavia, l’adeguamento opera in relazione al requisito contributivo ridotto per la pensione anticipata per i cd. lavoratori precoci e per i soggetti che godano, al momento del pensionamento, dell’APE sociale.

Infine, si prevede che per i dipendenti pubblici contrattualizzati e per il personale degli enti pubblici di ricerca in possesso dei requisiti per l’esclusione dall’adeguamento dei requisiti pensionistici, i trattamenti di fine servizio vengano comunque erogati al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla loro corresponsione.

 

Il comma 82 modifica, in primo luogo, il criterio di calcolo della variazione della speranza di vita, per la quale si fa attualmente riferimento alla differenza di valore tra l'ultimo anno del biennio (o del triennio di riferimento) e l'ultimo anno del periodo precedente. Tale criterio continua ad operare per l'adeguamento decorrente dal 2019. Per l’adeguamento successivo (decorrente dal 2021 e per il quale, quindi, il biennio di riferimento è costituito dagli anni 2017-2018) si dovrà fare riferimento alla differenza tra la media dei valori registrati nei singoli anni del suddetto biennio 2017-2018 ed il valore registrato nell'anno 2016. Per gli adeguamenti ancora successivi, si dovrà fare riferimento alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio di riferimento rispetto alla media dei valori registrati nei singoli anni del biennio precedente.

In secondo luogo, si dispone che gli adeguamenti agli incrementi della speranza di vita, a decorrere da quello operante dal 2021, non possono essere superiori a 3 mesi, con recupero dell'eventuale misura eccedente in occasione dell'adeguamento o degli adeguamenti successivi. Si specifica, altresì, che gli adeguamenti non avranno luogo qualora la variazione risulti di segno negativo, salvo, anche in tal caso, il recupero della variazione negativa in sede degli adeguamenti successivi (mediante compensazione con gli incrementi che deriverebbero da tali adeguamenti).

 

I commi 83 e 84 prevedono l’esclusione dall'adeguamento all'incremento della speranza di vita (pari a 5 mesi e decorrere dal 2019) dei requisiti generali di accesso al pensionato di vecchiaia e al pensionamento anticipato per specifiche categorie di lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria (A.G.O.), alle forme sostitutive ed esclusive[26] della medesima e alla Gestione separata INPS ex articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, e precisamente:

§  ai lavoratori dipendenti che svolgano da almeno 7 anni - nell'ambito dei 10 anni precedenti il pensionamento - le professioni di cui al relativo allegato B[27] e che siano in possesso di un'anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni[28] (lettera a));

§  ai lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (cosiddette “usuranti”), di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 67/2011, a condizione che le attività usuranti vengano svolte al momento dell'accesso al pensionamento, che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa e che i lavoratori siano in possesso di un'anzianità contributiva pari a 30 anni[29] (lettera b)).

 

Ai sensi del comma 88, a tali categorie di lavoratori  non si applica (si suppone in maniera permanente) l'elevamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia a 67 anni - elevamento previsto, come norma di chiusura, in via generale (a prescindere dagli effetti del meccanismo degli adeguamenti automatici), a decorrere dal 2021, ai sensi dell’articolo 24, comma 9, secondo periodo, del D.L. 201/2011[30].

 

I benefici previdenziali per i lavori usuranti

In attuazione della delega legislativa conferita dell'articolo 1 della L. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro), con il D.Lgs. 67/2011 è stata introdotta una disciplina normativa relativa al pensionamento dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti.

Il D.Lgs. 67/2011 era volto, in particolare, a consentire ai lavoratori dipendenti impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress psico-fisico, di maturare il diritto al trattamento pensionistico con un anticipo di 3 anni, mentre dal 1° gennaio 2013 il pensionamento sarebbe dovuto avvenire secondo il sistema delle "quote".

Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari, il decreto dispone che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti, ossia:

§  i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (di cui all'articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999);

§  i lavoratori subordinati notturni (come definiti dal D.Lgs. 66/2003);

§  i lavoratori addetti alla cd. "linea catena" che, nell'ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale;

§  i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.

Le condizioni per l'accesso al beneficio pensionistico sono che le attività usuranti vengano svolte al momento dell'accesso al pensionamento e che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa (secondo il testo originario del decreto legislativo, nella fase transitoria, ossia fino al 2017, per un minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; a regime, ossia dal 2018, per un arco di tempo almeno pari alla metà dell'intera vita lavorativa).

Specifiche norme concernono gli obblighi dei datori di lavoro in ordine alla produzione della documentazione volta a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti per l'accesso al beneficio pensionistico.

Una apposita clausola di salvaguardia è volta a garantire il rispetto dei limiti di spesa fissati, prevedendo il differimento della decorrenza dei trattamenti (con criteri di priorità basati sulla data di maturazione dei requisiti) qualora emergano scostamenti tra il numero delle domande presentate e la copertura finanziaria a disposizione.

L'articolo 24, comma 17, del D.L. 201/2011 è intervenuto sul D.Lgs. 67/2011, operando una significativa modifica delle condizioni di accesso al pensionamento anticipato, con l'effetto di attenuare la portata dei benefici previdenziali in precedenza previsti.

La nuova disciplina pensionistica ha, in particolare, previsto:

§  la limitazione agli anni 2008-2011 (anziché 2008-2012) del periodo transitorio;

§  per quanto concerne la disciplina a regime (che decorre dal 1° gennaio 2012, e non più dal 1° gennaio 2013), la previsione che il pensionamento per i lavoratori che svolgono attività usuranti, che abbiano almeno 35 anni di anzianità contributiva, avvenga non più con il riconoscimento dell'anticipo di 3 anni, ma secondo il sistema delle "quote" previste dalla Tabella B di cui all'Allegato 1 della L. 247/2007 ("quota 97", quale somma tra età anagrafica e contributiva, dal 2013 requisito soggetto all'adeguamento alla speranza di vita), con almeno 35 anni di anzianità contributiva, ferma restando, comunque, la possibilità di pensionamento anticipato secondo i nuovi criteri previsti dallo stesso D.L. 201/2011);

§  per quanto concerne, specificamente, i lavoratori turnisti che hanno prestato lavoro notturno, la disciplina previgente (sulla riduzione massima dell'età anagrafica di uno o due anni, rispettivamente per i lavoratori che abbiano svolto turni da 64 a 71 giorni all'anno, ovvero da 72 a 78 giorni all'anno) viene limitata al periodo 2009-2011; a regime, ossia dal 1° gennaio 2012, per questi lavoratori il pensionamento avviene secondo il sistema delle "quote" previste dalla Tabella B di cui all'Allegato 1 della L. 247/2007 (incrementate di due anni e due unità per i lavoratori che abbiano svolto turni notturni da 64 a 71 giorni all'anno, e di un anno ed una unità per i lavoratori che abbiano svolto turni da 72 a 78 giorni all'anno).

In ogni caso, tali modifiche non scontavano il fatto che per i lavoratori in questione si sarebbe dovuto continuare ad applicare il regime delle decorrenze (c.d. finestre), introdotto dall'articolo 12, comma 2 del D.L. 78/2010.

Da ultimo, l'articolo 1, commi da 206 a 208, della L. 232/2016) contiene alcune misure volte ad agevolare ulteriormente l'accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori che svolgono lavori usuranti.

In particolare si prevede:

§  che non vengano più applicate le disposizioni in materia di decorrenze annuali per il godimento del trattamento pensionistico (c.d. finestre);

§  una attenuazione delle condizioni legislativamente previste per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato, anticipando al 2017 (in luogo del 2018) la messa a regime della disciplina relativa ai requisiti che devono essere presenti nel corso della carriera lavorativa. Infatti, per l'accesso al suddetto trattamento pensionistico anticipato, si richiede che le attività usuranti siano state svolte per un periodo di tempo pari, alternativamente:

-       ad almeno 7 anni negli ultimi 10 anni (rispetto alla normativa vigente si prevede che ai fini della suddetta durata non venga più compreso l'anno di maturazione dei requisiti e che il limite non venga più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017);

-       ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva (rispetto alla normativa vigente tale limite non viene più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018);

§  che in via transitoria, per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025, non si proceda all'adeguamento alla speranza di vita dei requisiti richiesti per l'accesso alla pensione anticipata (adeguamento che proprio dal 2019 si avrà ogni biennio anziché ogni triennio);

§  una modifica dei termini attualmente previsti per la trasmissione, da parte del lavoratore che svolge attività usuranti, della domanda e della relativa documentazione per l'accesso al trattamento pensionistico anticipato previsto per tali lavoratori. Si dispone che la domanda e la relativa documentazione devono essere trasmesse:

-        entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati entro il 31 dicembre 2016 (non a decorrere dal 1° gennaio 2012, come attualmente previsto);

-        entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati nel corso del 2017;

-        entro il 1° maggio dell'anno precedente a quello di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

In attuazione delle richiamate disposizioni è stato emanato il D.M. 20 settembre 2017, che ha modificato il D.M. 20 settembre 2011 (concernente l'accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti).

 

 

Ai sensi dei commi 85 e 86, l’esclusione dell’adeguamento dei requisiti pensionistici all’incremento della speranza di vita non si applica:

§  al requisito contributivo ridotto per la pensione anticipata, previsto dall'articolo 1, commi 199-205, della L. 232/2016, per i cd. lavoratori precoci (ai quali continuano ad applicarsi gli adeguamenti previsti dal successivo comma 200) (comma 85);

§  ai soggetti che godano, al momento del pensionamento, dell’APE sociale (comma 86).

Si ricorda che ulteriori disposizioni in materia di APE sociale sono contenute nel successivo comma 97, alla cui scheda si rimanda.

 

Requisiti contributivi per i cd. lavoratori precoci

L’articolo 1, comma 199, della L. 232/2016 ha previsto, in favore di alcune categorie di soggetti, una riduzione (a decorrere dal 1° maggio 2017) a 41 anni del requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica (requisito attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne).

I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, si trovino in specifiche fattispecie e siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996[31]. Le richiamate fattispecie sono:

§  stato di disoccupazione, a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o (nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'articolo 7 della L. 604/1966) risoluzione consensuale, sempre che la relativa prestazione per la disoccupazione sia cessata integralmente da almeno tre mesi;

§  svolgimento di assistenza, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, in favore del coniuge o di un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità;

§  riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, pari o superiore al 74%;

§  svolgimento, al momento del pensionamento, da almeno 6 anni in via continuativa, in qualità di lavoratore dipendente, nell'àmbito delle professioni indicate nell’allegato E, di attività lavorative per le quali sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltosa e rischiosa la loro effettuazione in modo continuativo (la determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative è demandata al decreto di cui al comma 202);

§  soddisfacimento delle nozioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, poste, ai fini pensionistici, dall’articolo 1, commi da 1 a 3, del D.Lgs. 67/2011.

Il requisito ridotto è soggetto ad adeguamento in base agli incrementi della speranza di vita, secondo il meccanismo generale di adeguamento dei requisiti anagrafici per i trattamenti pensionistici (comma 200). Di conseguenza, il requisito è soggetto ad adeguamento - con decorrenza dal 2019 e, successivamente, con cadenza biennale - mediante decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (mentre l'adeguamento per il triennio 2016-2018 e quelli ancora precedenti sono esclusi).

 

APE sociale

L’APE sociale (introdotta dall’articolo 1, commi 179-186 della L. 232/2016) consiste in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni. L’APE sociale è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione

Possono accedere all'APE sociale i soggetti in possesso di un'età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; lavoratori dipendenti che svolgono, da almeno sei anni in via continuativa, specifiche professioni per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

L'erogazione dell'APE sociale è esclusa nei casi di mancata cessazione dell'attività lavorativa; titolarità di un trattamento pensionistico diretto; soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria; soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI); soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale; raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato. L'indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro nei limiti di 8.000 euro annui.

L'indennità è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro, non è soggetta a rivalutazione ed è erogata mensilmente su dodici mensilità all'anno.

Il beneficio dell'indennità è riconosciuto, a domanda, entro limiti annuali di spesa (300 milioni di euro per l'anno 2017; 609 milioni di euro per l'anno 2018; 647 milioni di euro per l'anno 2019; 462 milioni di euro per l'anno 2020; 280 milioni di euro per l'anno 2021; 83 milioni di euro per l'anno 2022; 8 milioni di euro per l'anno 2023). Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza della indennità è differita, con criteri di priorità (da definire con successivo DPCM) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all'indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie. Infine, con il D.P.C.M. 88/2017 sono stati definiti i requisiti e le modalità per accedere all'APE sociale.

 

Per i dipendenti pubblici contrattualizzati[32] e per il personale degli enti pubblici di ricerca aventi i requisiti indicati nei precedenti commi 2 e 3 ai fini dell’esclusione dall’adeguamento all’incremento della speranza di vita, si prevede che la corresponsione dei trattamenti di fine servizio e delle indennità di servizio comunque denominate inizi a decorrere al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione delle stesse, secondo la normativa vigente in materia (comma 87).

 

I trattamenti di fine servizio nel pubblico impiego

Nel settore pubblico, fino all’emanazione del D.P.C.M. 20 dicembre 1999, che ha introdotto per i nuovi assunti il trattamento di fine rapporto, veniva liquidata l’indennità premio di fine servizio ai dipendenti degli enti locali e l’indennità di buonuscita ai dipendenti statali. I trattamenti di fine servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il suo finanziamento che è caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale.

L’articolo 3, comma 2, del D.L. n. 79/1997, ha stabilito che alla liquidazione dei TFS, comunque denominati per i dipendenti pubblici, loro superstiti o aventi causa, che ne abbiano titolo, l'ente erogatore provvede decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione, decorsi 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Alla corresponsione agli aventi diritto l'ente provvede entro i successivi 3 mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi. Il successivo comma 5 del richiamato articolo 3 ha inoltre disposto la liquidazione del TFS entro il termine di 105 giorni in caso di cessazione dal servizio per decesso o sopravvenuta inabilità del dipendente.

Inoltre, l’articolo 12, commi 7 e 8, del D.L. 78/2010, ha disposto che dal 31 maggio 2010, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche specificamente individuate, il riconoscimento dell’indennità premio di fine servizio, dell’indennità di buonuscita, del TFR e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una tantum comunque denominata, spettante in seguito a cessazione di servizio, venga erogata:

§  in un unico importo annuale, qualora l'ammontare complessivo, al lordo delle trattenute fiscali, sia complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro;

§  in due importi annuali, qualora l'ammontare sia complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato sarà pari a 50.000 euro, il secondo sarà pari all'ammontare residuo;

§  in tre importi annuali, qualora l'ammontare sia pari o superiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato rata sarà pari a 50.000 euro, il secondo a 50.000 euro ed il terzo all'ammontare residuo.

Resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in relazione alla determinazione della prima scadenza utile per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio di cui al precedente comma, ovvero del primo importo annuale, con conseguente riconoscimento del secondo e del terzo importo dopo, rispettivamente, 12 e 24 mesi dal riconoscimento del primo importo.

Infine, l’articolo 24, comma 31, del D.L. 201/2011 ha sottratto allo speciale regime di tassazione separata parte dell’indennità di fine rapporto (TFR) e delle indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per l’importo eccedente 1.000.000 di euro. L’importo eccedente tale soglia concorre alla formazione del reddito complessivo imponibile secondo le regole ordinarie (applicando dunque a tali somme l’aliquota relativa all’anno di percezione dell’indennità). Inoltre, le richiamate disposizioni si applicano in ogni caso a tutti i compensi e indennità a qualsiasi titolo erogati agli amministratori delle società di capitali. Infine, in deroga al principio di irretroattività delle norme che impongono un prelievo fiscale (articolo 3 della L. 23 luglio 2000, n. 212 - statuto del contribuente), tali disposizioni si applicano con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto alla percezione è sorto a decorrere dal 1° gennaio 2011.

 

Il comma 89, infine, demanda ad un decreto interministeriale, da emanarsi entro il 31 gennaio 2018, la definizione delle modalità attuative delle nuove norme, con particolare riguardo alle ulteriori specificazioni delle professioni di cui al suddetto allegato B ed alle procedure di presentazione della domanda di accesso al beneficio e di verifica della sussistenza dei requisiti da parte dell'ente previdenziale.

 

Si segnala che parte della copertura degli oneri finanziari derivanti dalle disposizioni in esame è contenuta nel fondo per il finanziamento degli ammortizzatori sociali e nell’autorizzazione di spesa per la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione di fondi pensione per i pubblici dipendenti, di cui, rispettivamente, ai successivi commi 627 e 628, alle cui schede si rimanda.

 


 

Articolo 1, comma 90
(Commissione tecnica occupazioni gravose)

Il comma 90, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede l'istituzione di una Commissione tecnica, incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni, ai fini della valutazione delle politiche in materia previdenziale ed assistenziale.

 

Il comma 90 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi (su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della salute) entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, l'istituzione di una Commissione tecnica incaricata di studiare la gravosità delle occupazioni, anche in relazione all'età anagrafica ed alle condizioni soggettive dei lavoratori, al fine di acquisire elementi conoscitivi e metodologie scientifiche a supporto della valutazione delle politiche statali in materia previdenziale ed assistenziale. Il medesimo DPCM definisce anche le modalità di funzionamento della Commissione, nonché la possibilità di richiedere contributi ad esperti e ad accademici appartenenti a Istituzioni nazionali, europee ed internazionali competenti nelle materie oggetto di studio

La Commissione:

§  è presieduta dal Presidente dell'ISTAT;

§  è composta:

-          da rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, del Dipartimento della funzione pubblica, dell'ISTAT, dell'INPS, dell'INAIL, del Consiglio superiore degli attuari;

-          da esperti in materie economiche, statistiche e attuariali (designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori).

§  conclude i lavori entro il 30 settembre 2018 (ed entro i 10 giorni successivi il Governo presenta al Parlamento una relazione sugli esiti dei lavori)

Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o altro emolumento comunque denominato.

Infine, all'attuazione delle suddette disposizioni si provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Articolo 1, commi 91 e 92
(Previdenza complementare dipendenti pubblici)

 

I commi 91 e 92, introdotti nel corso dell’esame al Senato, dettano norme volte ad ampliare l’accesso dei dipendenti pubblici alla previdenza complementare.

 

Più nel dettaglio, il comma 91 prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2018, l’applicazione ai dipendenti pubblici del regime tributario vigente per i lavoratori dipendenti privati, con riferimento alla deducibilità dei premi e contributi versati in forme di previdenza complementare e alle relative prestazioni. Tale equiparazione opera, con la medesima decorrenza, anche nei confronti dei dipendenti pubblici già iscritti a forme pensionistiche complementari alla data di entrata in vigore della presente legge.

Dalla suddetta equiparazione sono esclusi i premi ed i contributi inerenti gli anni precedenti il 2018 e i montanti delle prestazioni accumulate fino al 31 dicembre 2017; per tali fattispecie continua ad operare la disciplina fino ad ora vigente.

Il D.Lgs. 252/2005 reca la disciplina delle forme pensionistiche complementari. I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, sono deducibili annualmente dal reddito complessivo del lavoratore nella misura massima di 5.164,57 euro (articolo 8). Tale norma è richiamata dall’articolo 10, comma 1, lett. e-bis), del TUIR (oneri deducibili).

Per i fondi pensione di natura negoziale che hanno come destinatari dipendenti delle pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001), l’articolo 23, comma 6, del D.Lgs. n. 252 del 2005 dispone l’applicazione della previgente disciplina (D.Lgs. n. 124 del 1993 e D.Lgs. n. 47 del 2000). I lavoratori pubblici godono pertanto di un diverso e meno favorevole regime fiscale dei contributi versati al fondo pensione. Per tali soggetti l’importo deducibile non può essere superiore al 12 per cento del reddito complessivo (compreso anche il reddito dei fabbricati assoggettato a cedolare secca) e comunque nel limite di 5.164,57 euro. Inoltre, con riferimento ai soli redditi di lavoro dipendente, la deduzione non può essere superiore al doppio della quota di TFR destinata ai fondi pensione.

La legge n. 190 del 2014 (articolo 1, comma 621) ha aumentato dall’11,50 al 20 per cento la misura dell’imposta sostitutiva da applicare sul risultato di gestione maturato nel periodo di imposta dalle forme di previdenza complementare con effetto dal 1° gennaio 2014.

Come chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 2/E del 2015, l’aumento della tassazione riguarda tutte le tipologie di forme di previdenza complementare, inclusi i fondi pensione di natura negoziale che hanno come destinatari dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche complementari, quelle dei dipendenti del settore privato sono assoggettate a tassazione a titolo di imposta del 15 per cento. È riconosciuta una riduzione del 0,30% dell’aliquota base per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione del 6 per cento.

Il regime fiscale delle prestazioni previdenziali derivanti da fondi pensione di natura negoziale che hanno come destinatari dipendenti delle pubbliche amministrazioni prevede invece la tassazione progressiva: la prestazione pensionistica erogata in forma di rendita concorre a formare il reddito imponibile complessivo e sarà quindi assoggettata alla tassazione ordinaria Irpef; la prestazione pensionistica erogata in forma di capitale è soggetta a tassazione separata con aliquota media degli ultimi 5 anni.

 

Il comma 92 demanda alle parti istitutive dei fondi di previdenza complementare la regolamentazione delle modalità di adesione agli stessi, anche mediante forme di silenzio-assenso, da parte dei dipendenti pubblici assunti dal 1° gennaio 2019 (nonché la relativa disciplina di recesso).

Le predette modalità devono garantire la piena e diffusa informazione dei lavoratori nonché la libera espressione di volontà dei lavoratori medesimi, sulla base di direttive COVIP.

 

Preliminarmente, si ricorda che, in seguito all’emanazione del DPCM 20 dicembre 1999 (così come modificato dal DPCM 2 marzo 2001), i dipendenti pubblici assunti a tempo indeterminato dal 1° gennaio 2001 (o a tempo determinato dal 30 maggio 2000) sono in regime di TFR, per cui agli stessi si applica, con alcune limitazioni, la disciplina prevista in materia per il settore privato (ex art. 2120 c.c.).

Ai dipendenti pubblici assunti entro il 31 dicembre 2000 (nonché al personale non contrattualizzato, a prescindere dalla data di assunzione) continua invece ad applicarsi la disciplina relativa al Trattamento di fine servizio[33], a meno che essi non esercitino il diritto di opzione previsto dall’art.59, c. 56, della L. 449/1997, per il TFR presso Fondi di previdenza integrativa o complementare.

Per quanto concerne la previdenza complementare, attualmente le modalità di adesione e di conferimento del TFR a forme di previdenza complementare sono disciplinate dal D.Lgs. 252/2005 che però, per espressa previsione (art. 23, c. 6), non si applica al settore pubblico, nei confronti del quale (come chiarito anche dalla nota INPDAP del 1° febbraio 2006, n. 123/M) opera ancora quanto previsto dalla previgente disciplina, ossia il D.Lgs. 124/1993, secondo cui il lavoratore non può aderire ad una forma pensionistica complementare individuale se è operante un fondo pensione negoziale di categoria (con la possibilità, una volta costituito il fondo negoziale di categoria, di trasferirvi la posizione di previdenza complementare maturata). Inoltre, l’adesione ad una forma pensionistica complementare è libera e può avvenire solo in modo esplicito.

Sulla base di quanto previsto dal richiamato art. 2 del DPCM 20 dicembre 1999, per i dipendenti in servizio al 31 dicembre 2000 la quota di TFR destinata ai fondi pensione non può superare il 2% della retribuzione utile ai fini dello stesso TFR, mentre per i dipendenti assunti dopo la suddetta data è prevista la integrale destinazione al fondo stesso degli accantonamenti al trattamento di fine rapporto.

Il riparto tra i vari fondi delle risorse complessivamente disponibili è operato dall’INPDAP, tenendo conto di criteri proporzionali.

A favore del personale che ha transitato dal pregresso regime di trattamento di fine servizio (comunque denominato) al regime di trattamento di fine rapporto viene destinata una quota pari all'1,5% della base contributiva di riferimento ai fini dei vigenti trattamenti di fine servizio. Questa contribuzione, avente carattere figurativo, viene considerata neutra rispetto ai conferimenti dei lavoratori e a quelli di pertinenza delle amministrazioni e riguarda solo i lavoratori optanti nei confronti dei quali è necessaria una sterilizzazione della trattenuta del 2,5% in busta paga che essi sono tenuti a versare. Quindi, l'accantonamento aggiuntivo dell'1,5%, è previsto per i lavoratori pubblici di enti che non sono iscritti alle gestioni del TFR dell'ex INPDAP in quanto provvedono direttamente all'erogazione delle indennità di fine servizio.

 

 


 

Articolo 1, comma 93
(Commissione tecnica di studio sulla comparazione della spesa previdenziale e assistenziale)

 

Il comma 93, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede l'istituzione di una Commissione tecnica di studio sulla classificazione e comparazione, a livello internazionale, della spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziali.

 

Il comma 93 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi (su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, l'istituzione di una Commissione tecnica di studio sulla classificazione e comparazione, a livello europeo ed internazionale, della spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziali, la definizione delle modalità di funzionamento, nonché della possibile richiesta di contributi ad esperti e ad accademici appartenenti a Istituzioni nazionali, europee ed internazionali competenti nelle materie oggetto di studio

La Commissione:

§  è presieduta dal Presidente dell'ISTAT;

§  è composta:

-          da rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, dell'ISTAT, dell'INPS) e dell'INAIL;

-          da esperti in materie economiche, statistiche e attuariali (designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori).

§  conclude i lavori entro il 30 settembre 2018 (ed entro i 10 giorni successivi il Governo presenta al Parlamento una relazione sugli esiti dei lavori)

Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o altro emolumento comunque denominato.

Infine, all'attuazione delle suddette disposizioni si provvede con le risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 1, comma 94
(Fondo di integrazione salariale)

 

Il comma 94, introdotto nel corso dell’esame al Senato, innalza il limite massimo delle prestazioni a carico del FIS (Fondo di integrazione salariale).

 

Più nel dettaglio, modificando l’art. 29, c. 4, del D.Lgs. 148/2015, viene aumentato il limite massimo delle prestazioni erogabili dal Fondo di integrazione salariale (FIS) (gestito dall'INPS), relativo agli ammortizzatori sociali in favore di lavoratori dipendenti da datori di lavoro non rientranti nella disciplina generale in materia di trattamenti di integrazione salariale né in fondi bilaterali, portandolo (da quattro) a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro.

Resta fermo che le prestazioni sono erogate nei limiti delle risorse finanziarie del fondo.

Conseguentemente, il comma in esame dispone l’abrogazione dell’art. 44, c. 5, del richiamato D.Lgs. 148/2015, il quale attualmente fissa il suddetto limite, in via transitoria, a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro nel 2017, otto volte nel 2018, sette volte nel 2019, sei volte nel 2020 e cinque volte nel 2021.

Il Fondo di integrazione salariale (F.I.S.) è disciplinato dall’art. 29 del D.Lgs. 148/2015 (che ha previsto anche l’attuale denominazione al posto della precedente “Fondo di solidarietà residuale).

Sono soggetti alla disciplina del fondo di integrazione salariale i datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti, appartenenti a settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali che non rientrano nell'ambito di applicazione della normativa in materia di cassa integrazione guadagni, per i quali non siano stati stipulati accordi volti all'attivazione di un fondo di solidarietà bilaterale[34] o di fondi di solidarietà bilaterali alternativi[35].

.Per quanto riguarda le prestazioni erogate dal fondo, è previsto:

§  l'assegno di solidarietà per i datori di lavoro che occupano mediamente da 5 a 15 dipendenti;

§  l’assegno di solidarietà e l’assegno ordinario per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti; in tal caso l’assegno ordinario è garantito per una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie (ad esclusione delle intemperie stagionali) e straordinarie (limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale).

Alle prestazioni erogate dal fondo di integrazione salariale si provvede nei limiti delle risorse finanziarie acquisite al fondo medesimo, al fine di garantirne l'equilibrio di bilancio. In ogni caso, tali prestazioni sono determinate in misura non superiore a quattro volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal medesimo datore di lavoro, tenuto conto delle prestazioni già deliberate a qualunque titolo a favore dello stesso.

A decorrere dal 1° gennaio 2016, l'aliquota di finanziamento del fondo è fissata:

§  allo 0,65 per cento, per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti;

§  allo 0,45 per cento, per i datori di lavoro che occupano mediamente sino a 15 dipendenti.

Il datore di lavoro deve un contributo addizionale, pari al 4 per cento della retribuzione persa, per l’accesso alle prestazioni di assegno ordinario o di solidarietà.

Inoltre, si prevede che l'INPS proceda all'analisi dell'utilizzo delle prestazioni del fondo da parte dei datori di lavoro distinti per classi dimensionali e settori produttivi e che sulla base di tali analisi e del bilancio di previsione il comitato amministratore del fondo possa proporre modifiche in relazione all'importo delle prestazioni o alla misura delle aliquote di contribuzione.

Infine, si ricorda che l’art. 44, c. 5, del richiamato D.Lgs. 148/2015, il quale fissa il suddetto limite, in via transitoria, a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro nel 2017, otto volte nel 2018, sette volte nel 2019, sei volte nel 2020 e cinque volte nel 2021.

 


 

 

Articolo 1, comma 95
(Esodo anticipato per lavoratori anziani - Isopensione)

 

Il comma 95, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica la disciplina dell’istituto dell’esodo anticipato per i lavoratori maggiormente anziani (cd. isopensione), al fine di ampliarne le possibilità di accesso.

 

Il comma 95 modifica la disciplina dell’istituto dell’esodo anticipato per i lavoratori maggiormente anziani (cd. isopensione), di cui all’articolo 4, commi 1-7, della L. 92/2012 (fruibile per i lavoratori interessati da eccedenze di personale i quali raggiungano i requisiti minimi per il pensionamento nei 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro) elevando il limite temporale richiesto, limitatamente al triennio 2018-2020, da 4 a 7 anni.

 

L’articolo 4, commi 1-7, della L. 92/2012, ha introdotto l’esodo anticipato per i lavoratori maggiormente anziani (cd. isopensione), utilizzato nei casi di eccedenza di personale, con specifici accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. In base a tali accordi, che devono essere validati dall’INPS, il lavoratore può ricevere, a condizione che raggiunga i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) entro i 4 anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, una prestazione, a carico del datore di lavoro, di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, fino a che non si siano perfezionati i requisiti per il pensionamento.

 

 


 

Articolo 1, comma 96
(Plusvalenze derivanti da vendita di azioni in sostituzione di premi di produttività)

 

 

Il comma 96, introdotto al Senato, specifica la disciplina tributaria applicabile alle plusvalenze derivanti dalla vendita delle azioni conferite ai dipendenti in luogo, in tutto o in parte, della retribuzione di risultato.

 

Più in dettaglio, il comma 96 reca una specifica disciplina tributaria delle plusvalenze derivanti dalla vendita delle azioni conferite ai dipendenti  in luogo, in tutto o in parte, di premi di risultato di ammontare variabile.

In particolare le norme dispongono l’applicazione dell’aliquota del 26 per cento, anziché sull'intero importo del prezzo della vendita, solo sulla differenza tra il prezzo della vendita e l'importo delle somme (premi di risultato) oggetto della sostituzione con le azioni.

Si ricorda che l'importo delle azioni conferite nell'àmbito della fattispecie in oggetto è escluso dall'imponibile IRPEF del dipendente.

 

A tal fine è modificato l’articolo 1, comma 184-bis, lettera c) della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), introdotto dall’articolo 1, comma 160 della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016).

La predetta norma esclude da imposizione il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti, anche in deroga ai limiti di legge, se tali azioni sono state percepite dal dipendente privato - per sua scelta - in sostituzione, totale o parziale, degli emolumenti variabili la cui corresponsione è legata ad incrementi di produttività ed ipotesi affini, nonché delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa (sottoposti a imposta sostitutiva con aliquota agevolata al 10 per cento).

L’esclusione da imposizione opera anche se le azioni sono state offerte per un importo complessivo superiore (nel periodo d'imposta) a quello escluso dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF (lire 4 milioni, 2.066 euro).

Si ricorda che l’esclusione da IRPEF di tali somme opera a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l'importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell'acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d'imposta in cui avviene la cessione.

 

La disposizione in commento, aggiungendo un periodo al comma 184-bis, lettera c), chiarisce il regime di tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di tali azioni e, in particolare, le modalità di calcolo del quantum imponibile.

L’articolo 68, comma 6 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) stabilisce che le plusvalenze sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa l'imposta di successione e donazione e con esclusione degli interessi passivi.

In particolare, per determinare l’importo tassabile delle plusvalenze derivanti, al lavoratore, dalla vendita delle azioni assegnate dal datore di lavoro in luogo dei premi di produttività (ai fini dunque dell’articolo 68, comma 6 del TUIR), il “costo o valore di acquisto” è pari al valore delle azioni ricevute, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, degli emolumenti di produttività o degli utili di impresa.

In tal modo, la tassazione al 26 per cento si applica - anziché sull'intero importo del prezzo della vendita - esclusivamente sulla differenza tra il prezzo della vendita e l'importo delle somme oggetto di sostituzione con le azioni.

 


 

 

Articolo 1, comma 97
(APE)

 

Il comma 97 proroga di una anno la disciplina dell’APE volontaria e modifica i requisiti per l’accesso all’APE sociale, al fine di ampliarne la possibilità di accesso.

 

La disposizione, in particolare:

§  proroga di un anno (dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019) l’istituto sperimentale dell’APE volontaria (lettera a));

§  interviene sul requisito dello “stato di disoccupazione” richiesto per l’accesso all’APE sociale, prevedendo che esso si configuri (oltre che nel caso di licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, come attualmente previsto) anche nel caso di scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato, a condizione che il soggetto abbia avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi (lettera b));

§  interviene sui requisiti contributivi richiesti per l’accesso all’APE sociale, prevedendo una riduzione per le donne di 6 mesi per ciascun figlio, nel limite massimo di 2 anni (cd. APE sociale donna) (lettera c));

§  rimodula le risorse per la copertura finanziaria (modificata nel corso dell’esame al Senato) derivante dalle disposizioni in esame che ampliano le possibilità di accesso all’APE sociale, che risultano quindi essere pari a 300 milioni di euro per il 2017, 609 milioni di euro per il 2018, 647 milioni di euro per il 2019, 462 milioni di euro per il 2020, 336,6 milioni di euro per il 2021, 103,9 milioni di euro per il 2022 e 9,4 milioni di euro per il 2023 (lettera d)).

 

Si ricorda che ulteriori disposizioni in materia di APE sociale sono contenute nel precedente comma 86, alla cui scheda si rimanda.

 

Ape sociale: normativa vigente

L'APE sociale è un istituto sperimentale (fino al 31 dicembre 2018) introdotto dall’articolo 1, commi 179-186, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), consistente in una indennità corrisposta, fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

Possono accedere all'APE sociale i soggetti in possesso di un'età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti: stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni; lavoratori dipendenti che svolgono, da almeno sei anni in via continuativa, specifiche professioni per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

L'erogazione dell'APE sociale è esclusa nei casi di mancata cessazione dell'attività lavorativa; titolarità di un trattamento pensionistico diretto; soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria; soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI); soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale; raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato. L'indennità è comunque compatibile con la percezione di redditi da lavoro nei limiti di 8.000 euro annui.

L'indennità è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla prestazione, non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.500 euro, non è soggetta a rivalutazione ed è erogata mensilmente su dodici mensilità all'anno.

Il beneficio dell'indennità è riconosciuto, a domanda, entro limiti annuali di spesa (300 milioni di euro per l'anno 2017; 609 milioni di euro per l'anno 2018; 647 milioni di euro per l'anno 2019; 462 milioni di euro per l'anno 2020; 280 milioni di euro per l'anno 2021; 83 milioni di euro per l'anno 2022; 8 milioni di euro per l'anno 2023). Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza della indennità è differita, con criteri di priorità (da definire con DPCM) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all'indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

Con il D.P.C.M. 88/2017 sono stati definiti i requisiti e le modalità per accedere all'APE sociale.

 

L’APE volontaria: normativa vigente

L'APE volontaria è un istituto sperimentale (fino al 31 dicembre 2018) introdotto dall’articolo 1, commi 166-178, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), consistente in un prestito concesso da un soggetto finanziatore e coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza corrisposto, a quote mensili per dodici mensilità, a un soggetto in possesso di specifici requisiti, da restituire a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni.

Possono accedere all'APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: iscrizione all'Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata; età anagrafica minima di 63 anni; maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi; anzianità contributiva di 20 anni; pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell'APE); non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

L'entità minima e massima dell'Ape richiedibile sono demandate a un successivo D.P.C.M., mentre la durata minima è di 6 mesi.

È prevista l'istituzione di un Fondo di garanzia, a copertura dell'80% del finanziamento e degli interessi erogati, la cui gestione è affidata all'INPS sulla base di apposita convenzione. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza.

Con D.P.C.M. 150/2017 sono state definite le modalità di attuazione della disciplina dell'Ape volontaria.

 


 

Articolo 1, commi 98-99
(Stabilizzazione e semplificazione della rendita integrativa temporanea anticipata (RITA))

 

 

I commi 98-99 introducono una disciplina a regime della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (di seguito RITA), prevista in via sperimentale per il periodo 1° maggio 2017 - 31 dicembre 2018, dalla L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017).

Contestualmente, si provvede a coordinare la nuova disciplina con le disposizioni attualmente in vigore, intervenendo sullo stesso D.Lgs. 252/2005 e sulle disposizioni contenute nella L. 232/2016.

 

I commi 98-99 introducono una disciplina a regime della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (di seguito RITA), prevista dalla L. 232/2016 in via sperimentale per il periodo 1° maggio 2017 - 31 dicembre 2018. La nuova disciplina a regime della RITA viene introdotta all’interno del D.Lgs. 252/2005, che regola le forme pensionistiche complementari. In particolare, all’articolo 11 vengono modificati il comma 4 e inseriti altri 4 commi (dal 4-bis al 4-quinquies); inoltre, si sopprime l’ultimo periodo della lettera c) del comma 2 dell’articolo 14 del medesimo D.Lgs. 252/2005, che attualmente vieta di richiedere la capitalizzazione della rendita in particolari situazioni. Infine, si interviene sulle disposizioni della L. 232/2016, per esigenze di coordinamento con la nuova disciplina a regime.

 

La RITA, introdotta in via sperimentale dall’articolo 1, commi 188-192, della L. 232/2016 per il periodo 1° maggio 2017 – 31 dicembre 2018, consiste nella possibilità di erogazione anticipata delle prestazioni della previdenza complementare (con esclusione di quelle in regime di prestazione definita) in relazione al montante accumulato richiesto e fino al conseguimento dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio.

La possibilità di richiedere la RITA è riservata ai soggetti, cessati dal lavoro, in possesso dei requisiti per l'accesso all'APE, certificati dall'INPS. La prestazione consiste nell'erogazione frazionata, in forma di rendita temporanea fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, del montante accumulato richiesto (comma 188).

La parte imponibile della rendita, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di maturazione della prestazione pensionistica complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15%, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1° gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15 (comma 189).

Le somme erogate a titolo di rendita integrativa temporanea anticipata sono imputate, ai fini della determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e, successivamente, a quelli maturati dal 1° gennaio 2007 (comma 190).

Le disposizioni richiamate trovano applicazione anche nei confronti dei dipendenti pubblici che hanno aderito alla forme pensionistiche complementari loro destinate (comma 191). Al riguardo, per i lavoratori pubblici (ad esclusione di quelli in regime di diritto pubblico) e per il personale degli enti di ricerca, che cessano l’attività lavorativa e richiedono la RITA, si prevede che i termini di pagamento del trattamento di fine rapporto e di fine servizio iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia (comma 192)

 

L’articolo 11 del D.Lgs. 252/2005 contiene disposizioni in merito alle prestazioni delle forme pensionistiche complementari. In particolare, oltre a precisare che spetta alle forme pensionistiche complementari definire i requisiti e le modalità di accesso alle prestazioni, la norma dispone che il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, fermo restando il possesso di almeno 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari. In particolare, il comma 4 ha disposto che le forme pensionistiche complementari debbano consentire, in caso di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 24 mesi, l’anticipo delle prestazioni pensionistiche (o parti di esse), su richiesta dell'aderente, per un periodo di 5 anni rispetto ai requisiti per l'accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza. In tal caso, le richiamate prestazioni possono essere erogate, su richiesta dell'aderente, in forma di rendita temporanea, fino al conseguimento dei requisiti di accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio. E’ altresì previsto che gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari possano innalzare i richiamato anticipo fino a un massimo di 10 anni

 

Più specificamente, modificando ed integrando il richiamato articolo 11 del D.Lgs. 252/2005 (in particolare modificandone il comma 4 ed introducendo 4 nuovi commi, dal 4-bis al 4-quinquies), la lettera a) del comma in esame:

§  prevede la possibilità che le prestazioni delle forme pensionistiche (ad esclusione di quelle a prestazione definita[36]) siano erogate (totalmente o parzialmente) sotto forma di RITA ai lavoratori che cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 5 anni successivi, nonché abbiano maturato alla data di presentazione della domanda di accesso alla RITA un requisito contributivo complessivo di almeno 20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza. L’erogazione avviene, su richiesta dell'aderente, dal momento dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia. La RITA consiste nell’erogazione frazionata di un capitale, per il periodo considerato, del montante accumulato richiesto (nuova formulazione del comma 4);

§  riconosce la RITA anche ai lavoratori che risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a 24 mesi e che maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 10 anni successivi (nuovo comma 4-bis);

§  prevede (ribadendo quanto già previsto dalla L. 232/2016) che la parte imponibile della RITA, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di maturazione della prestazione pensionistica complementare, venga assoggettata alla ritenuta a titolo d'imposta con l’aliquota del 15%, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1º gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15. Inoltre, è riconosciuta la facoltà, al percettore della rendita, di non avvalersi della tassazione sostitutiva richiamata in precedenza, mediante evidenziazione di tale scelta nella dichiarazione dei redditi, nel qual caso la RITA è assoggettata a tassazione ordinaria (nuovo comma 4-ter);

§  stabilisce che le somme erogate a titolo di RITA siano imputate, ai fini della determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1º gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e successivamente a quelli maturati dal 1º gennaio 2007 (nuovo comma 4-quater);

§  dispone che le precedenti disposizioni trovino applicazione (anche in questo caso ribadendo quanto già previsto dalla L. 232/2016) anche nei confronti dei dipendenti pubblici che aderiscano alle forme pensionistiche complementari loro destinate (nuovo comma 4-quinquies).

 

La successiva lettera b) provvede a sopprimere (in virtù delle modifiche apportate all’articolo 11 del D.Lgs. 252/2005, di cui si è detto) l’ultimo periodo della lettera c) del comma 2 dell’articolo 14 del medesimo D.Lgs. 252/2005 che, nel testo attualmente vigente, vieta di richiedere il riscatto totale nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari per coloro che rimangono inoccupati per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.

 

L’articolo 14, comma 2, del D.Lgs. 252/2005, prevede che gli statuti ed i regolamenti delle forme pensionistiche complementari, stabiliscano quali scelta abbia l’iscritto nel caso in cui vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare in specifici casi (nuova attività del lavoratore, riscatto parziale in caso di cessazione dell’attività lavorativa, riscatto totale in caso di invalidità permanente).

In particolare, la lettera c) del richiamato comma 2 dispone la possibilità di riscattare totalmente la posizione individuale maturata:

per i casi di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo;

a seguito di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi.

In particolare, l’ultimo periodo della richiamata lettera c) (di cui si propone l’abrogazione) stabilisce che tale facoltà non possa essere esercitata nel quinquennio precedente la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari o nel maggior periodo eventualmente fissato dalle forme pensionistiche complementari ai sensi del secondo periodo del comma 4 dell'articolo 11. In tali casi, in ogni modo, si applicano le previsioni del medesimo comma 4 dell'articolo 11.

 

Infine, per esigenze di coordinamento normativo, il comma 99, interviene sulle disposizioni della L. 232/2016, che attualmente disciplinano l’istituto sperimentale della RITA (abrogando i commi da 188 a 191 e integrando il comma 192).


 

Articolo 1, commi 100-101
(Adesioni alle forme di previdenza complementare)

 

 

I commi 100 e 101, introdotti al Senato, disciplina la destinazione di eventuali contributi aggiuntivi alle ordinarie modalità di finanziamento della previdenza complementare, previsti da specifiche disposizioni normative o da contratti collettivi.

 

Il comma 100 prevede, in primo luogo, che salva diversa volontà del lavoratore, quando la contrattazione collettiva o specifiche disposizioni normative disciplinano il versamento a fondi pensione negoziali di categoria operanti su base nazionale di contributi aggiuntivi alle ordinarie modalità di finanziamento (di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252), tale versamento è effettuato nei confronti dei fondi pensione negoziali territoriali di riferimento (ove esistenti alla data di entrata in vigore della legge) anche in caso di lavoratori che non abbiano destinato il proprio trattamento di fine rapporto (TFR) alla previdenza complementare.

Inoltre si prevede che qualora il lavoratore sia chiamato, dalla disposizione normativa o contrattuale, ad esprimere una scelta sulla destinazione del contributo aggiuntivo e non manifesti alcuna volontà, per l'individuazione del fondo si applicano i criteri sulle modalità tacite di adesione alle forme di previdenza complementare (di cui all'art. 8, comma 7, lettera b), del D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252[37]), salvo che il lavoratore sia già iscritto ad un fondo pensione negoziale (sia esso nazionale o territoriale), nel qual caso il contributo aggiuntivo affluisce automaticamente alla posizione già in essere.

Il comma 101 stabilisce che entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, i fondi pensione negoziali territoriali devono adeguare il proprio ordinamento per dare attuazione alle disposizioni stabilite dal comma 1. Dopo tale data, i versamenti aggiuntivi sono in ogni caso effettuati secondo quanto stabilito dal medesimo comma 1. Entro la predetta data, i fondi pensione negoziali nazionali assicurano la portabilità automatica dei flussi contributivi aggiuntivi accantonati, con riferimento alle posizioni di lavoratori che già destinano a fondi pensione negoziali territoriali gli accantonamenti corrispondenti al trattamento di fine rapporto o i contributi ordinari a carico del lavoratore o del datore di lavoro.

 


 

Articolo 1, commi 102
(Adesioni a fondi integrativi sanitari nelle
Province di Trento e di Bolzano)

 

 

Il comma 102, introdotto al Senato, disciplina l'adesione a fondi integrativi sanitari nelle Province di Trento e di Bolzano.

La disposizione, in particolare, ammette che, qualora i contratti e gli accordi collettivi di livello nazionale prevedano l'adesione dei lavoratori ad uno specifico fondo integrativo nazionale del Servizio sanitario nazionale, nelle Province di Trento e di Bolzano possa essere prevista, con accordi territoriali o aziendali, la possibilità per i lavoratori di aderire ad un altro fondo integrativo, individuato dagli accordi medesimi, purché avente prestazioni non inferiori a quelle contemplate dal fondo integrativo nazionale suddetto.

Si fa presente che attualmente risultano costituiti 3 Fondi pensione territoriali, uno in Trentino Alto-Adige (Laborfonds)[38], uno in Valle d’Aosta (Fopadiva)[39] e uno inVeneto (Solidarietà Veneto)[40].

 


 

Articolo 1, commi 103-104
(Rapporti finanziari tra Stato e I.N.P.S.)

 

 

I commi 103 e 104 intervengono sui rapporti finanziari tra Stato e INPS, disponendo la compensazione dei debiti verso lo Stato per le anticipazioni di bilancio con i crediti verso lo Stato risultanti dal bilancio consultivo dell’I.N.P.S. per il 2015.

 

Il comma 103 dispone che le anticipazioni di bilancio concesse all’I.N.P.S. ai sensi dell’articolo 35, comma 3, della L. 448/1998 (che prevede l’autorizzazione, con effetto dall'esercizio finanziario 1999, dei trasferimenti pubblici in favore dell'I.N.P.S. e dell'I.N.P.D.A.P.[41] a carico del bilancio dello Stato, a titolo di anticipazione sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali nel loro complesso) negli esercizi antecedenti al 1° gennaio 2018 ed iscritte quali debiti verso lo Stato nel rendiconto 2015 dell’Istituto (per un totale di 88.878 milioni di euro), vengano compensate con i crediti verso lo Stato, risultanti dal medesimo rendiconto, fino a concorrenza dell’importo di 29.423 milioni di euro, e per l’eccedenza si intendano effettuate a titolo definitivo.

Ai sensi del successivo comma 104, con la procedura di cui all’articolo 14 della L. 241/1990 (conferenza dei servizi) sono definiti i capitoli del bilancio dell’I.N.P.S. per i quali viene effettuata la compensazione, nonché i criteri e le gestioni previdenziali a cui attribuire i trasferimenti definitivi.

 

La relazione tecnica afferma che “L’intervento non produce effetti negativi per la finanza pubblica poiché le anticipazioni in argomento sono annualmente iscritte tra le uscite correnti del bilancio dello Stato e risultano scontate per pari importo nei saldi di finanza pubblica degli esercizi in cui sono state concesse”.

 

 


 

Articolo 1, comma 120
(Estensione alle lavoratrici domestiche del congedo per le donne vittime di violenza di genere)

 

Il comma 120, introdotto nel corso dell’esame al Senato, estende alle lavoratrici domestiche il diritto al congedo per motivi connessi al percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere.

 

Il decreto legislativo 80/2015 (attuativo del D.Lgs. 183/2014, cd. Jobs act) ha introdotto il congedo per le donne vittime di violenza di genere, riconoscendo alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e private (con esclusione del lavoro domestico) e alle lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, inserite in percorsi certificati di protezione relativi alla violenza di genere, la possibilità di astenersi dal lavoro (per motivi legati al suddetto percorso) per un periodo massimo di tre mesi (coperto da contribuzione figurativa), con diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione (con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento). Il suddetto congedo può essere usufruito su base oraria o giornaliera nell'arco temporale di tre anni.

Successivamente, l'articolo 1, commi 241 e 242, della L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) ha esteso il diritto di usufruire del predetto congedo anche alle lavoratrici autonome vittime di violenza di genere, sempre per un periodo massimo di tre mesi, con diritto a percepire una indennità giornaliera dell'80 per cento del salario minimo giornaliero (stabilito dall’art. 1 del D.L. 402/1981).

La lavoratrice che usufruisce del predetto congedo ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale, verticale od orizzontale, ove disponibili in organico. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Si ricorda, infine, che l’art. 30, c. 1-ter, del D.Lgs. 165/2001 (introdotto dall’art. 14, c. 6, della L. 124/2015 (legge delega di riforma della P.A.) ha disposto che la dipendente vittima di violenza di genere, inserita in specifici percorsi di protezione debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

 


 

Articolo 1, comma 121
(Cofinanziamento del Programma Erasmus+)

 

 

Il comma 121 incrementa il Fondo sociale per occupazione e formazione[42] di 2 milioni di euro dal 2018 per la promozione e coordinamento delle politiche per la formazione, nonché per il cofinanziamento del Programma Erasmus+ per l’ambito di istruzione e formazione professionale, ai sensi dell’articolo 27, comma 9, del Regolamento (UE) 1288/2013.

 

L’articolo 27 del Regolamento (UE) 1288/2013 che ha istituito il Programma Erasmus+, dispone in merito alle prerogative dell’Autorità nazionale deputata a gestire il Programma. In particolare, il comma 9 prevede che l'Autorità nazionale fornisca adeguati cofinanziamenti per le operazioni della rispettiva Agenzia nazionale al fine di garantire una gestione del Programma conforme alle norme dell'Unione europea applicabili.

Al riguardo si fa presente che le funzioni di Autorità nazionale competente per il Programma sono attualmente assegnate all’Agenzia nazionale per le politiche attive e passive del lavoro (ANPAL), istituita dal decreto legislativo n.150 del 2017 (attuativo del cd. Jobs act)[43]

 


 

Articolo 1, commi 122-123
(Spese di amministrazione degli enti privati gestori
di attività formative)

 

 

I commi 122-123 modificano le modalità di copertura degli oneri a carico del bilancio statale per le spese generali di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative, di cui alla legge n.40/1987.

 

La legge n. 40/1987 ha previsto la concessione, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, agli enti privati gestori di attività formative che svolgono specifiche attività, di specifici contributi per le spese generali di amministrazione relative al coordinamento operativo a livello nazionale degli enti medesimi, non coperte da contributo regionale[44].

 

In particolare, attraverso l’introduzione di un nuovo articolo 4-bis alla richiamata legge n.40/1987, si prevede che agli oneri derivanti dal suo finanziamento, pari a 13 milioni di euro annui dal 2018, si provveda a valere sulle risorse finanziarie del Fondo sociale occupazione e formazione, mediante una corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, commi da 1 a 10, del D.L. 68/2006[45], iscritta sul medesimo Fondo (comma 122).

 

Conseguentemente, si abroga l’articolo 2, comma 511, della L. 244/2007, il quale attualmente garantisce la copertura dei suddetti oneri a valere sulle risorse (preordinate allo scopo) del Fondo di rotazione per la formazione professionale[46] per le finalità di cui alla L. 40/1987, mediante un’autorizzazione di spesa pari a 13 milioni di euro a decorrere dal 2009 (comma 123)[47].

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica al provvedimento in esame, “con la disposizione proposta, si intende promuovere, senza maggiori oneri per le finanze dello Stato, un utilizzo di risorse già iscritte in bilancio, più rispondente alle effettive necessità”.

 


 

Articolo 1, comma 163
(Assunzioni nel MAECI)

 

 

Il comma 163, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, autorizza il MAECI ad assumere 75 dipendenti a tempo indeterminato per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

 

 

Più specificamente, si autorizza il MAECI a bandire concorsi per titoli ed esami e conseguentemente ad assumere a tempo indeterminato un numero massimo di dipendenti pari a 75 appartenenti alla terza area funzionale, posizione economica F1, inclusa l’area della promozione culturale, per ciascuno degli anni 2018 e 2019. A tale scopo è autorizzata la spesa di euro 1.462.500 per il 2018 ed euro 5.850.000 a decorrere dal 2019.

 

Al riguardo, nella relazione tecnica dell’intervento da cui è scaturita la modifica si precisa che la quantificazione si fonda sull’ipotesi che le prime 75 unità di personale, in considerazione dei tempi necessari all’espletamento delle relative procedure, saranno assunte nel secondo semestre 2018 e le altre 75 unità (per un totale di 150) saranno assunte nel gennaio 2019.

 


 

Articolo 1, commi 171, 172, 174, 176-177
(Assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

I commi 171, 172, 174, 176 e 177, autorizzano assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, fino a complessive 7.394 unità nel quinquennio 2018-2022. A tal fine è istituito un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. È previsto che l’1 per cento dei posti messi a concorso per Forze di polizia sia riservato a personale dotato di adeguata conoscenza sia della lingua italiana, sia di quella tedesca.

Per le assunzioni straordinarie relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è stabilita una riserva, fino al 30 per cento dei contingenti annuali, in favore del personale volontario con almeno 120 giorni di servizio iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo. È altresì elevato a 40 anni il limite di età per l'assunzione del personale volontario ai fini delle suddette assunzioni straordinarie nonché per le assunzioni delle unità cinofile dei vigili del fuoco disposte dal decreto-legge 8/2017.

 

Il comma 171 autorizza l'assunzione straordinaria (in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente) di un contingente massimo fino a 7.394 unità nei ruoli iniziali delle Forze di polizia e nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco nell’arco del quinquennio 2018-2022 e comunque entro il limite della dotazione organica.

 

Le assunzioni sono finalizzate, come indicato nella disposizione in esame, all’incremento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale) e dei servizi di soccorso pubblico, di prevenzione incendi e di lotta agli incendi.

 

La tabella che segue illustra in dettaglio le unità di personale di cui è autorizzata l’assunzione.

 

 

 

 

 

 

 

2018

2019

2020

2021

2022

Totale

Polizia di stato

100

200

550

551

552

1.953

Arma dei carabinieri

100

200

618

618

619

2.155

Guardia di finanza

50

100

325

325

325

1.125

Polizia penitenziaria

50

100

236

237

238

861

Vigili del fuoco

50

100

383

383

384

1.300

Totale per anno

350

700

2.112

2.114

2.118

7.394

 

La relazione tecnica del d.d.l. originario (A.S. 2960) riporta un riepilogo degli stanziamenti necessari per la copertura degli oneri a regime come illustrati nella tabella che segue (valori in euro, con arrotondamenti):

 


 

2018

2019

2020

2021

2022

Polizia di stato

4.266.393

8.532.786

23.465.161

23.507.825

23.550.489

Arma dei carabinieri

4.173.848

8.347.695

25.794.380

25.794.380

25.836.119

Guardia di finanza

2.158.374

4.316.749

14.029.434

14.029.434

14.029.434

Polizia penitenziaria

2.060.642

4.121.285

9.726.232

9.767.445

9.808.658

Vigili del fuoco

2.007.865

4.015.731

15.380.249

15.380.249

15.420.407

TOTALE PER ANNO

14.667.123

29.334.247

88.395.458

88.395.458

88.645.106

 

Le unità di personale così assunte entrano nei ruoli iniziali, dal 1° ottobre di ciascun anno.

Le assunzioni sono autorizzate con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri oppure con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (in tal caso con la procedura di copertura dei posti per turn-over, secondo il procedimento previsto dall'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008).

Rimane salva la disciplina posta dal Codice dell'ordinamento militare per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (decreto legislativo n. 66 del 2010, articoli 703 e 2199).

 

L’art. 703 del codice militare riserva una determinata percentuale di posti nei concorsi nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per i volontari in ferma prefissata cosi determinata:

§  Arma dei carabinieri: 70 per cento;

§  Corpo della Guardia di Finanza: 70 per cento;

§  Polizia di Stato: 45 per cento;

§  Corpo di polizia penitenziaria: 60 per cento.

L’art. 2199 del codice militare prevede che, in deroga alle percentuali fissate dall’art. 703, fino al 31 dicembre 2015per il reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, i posti messi annualmente a concorso sono riservati ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, in possesso dei requisiti previsti dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alle predette carriere.

 

Il comma 172 riserva l'1 per cento (con arrotondamento all'unità superiore) del totale dei posti messi a concorso (per ciascun ruolo) ai sensi del comma 1, a personale bilingue, dotato di adeguata conoscenza sia della lingua italiana sia di quella tedesca.

 

L'articolo 33 del D.P.R. 574/1988, recante le norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Trentino Alto-Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari, prevede il principio - nel reclutamento del personale delle Forze di polizia - della riserva di posti per i candidati che abbiano una adeguata conoscenza dell'italiano e del tedesco (certificata dall'attestato di conoscenza delle due lingue, di livello almeno corrispondente al titolo di studio richiesto per l'accesso alla qualifica o profilo professione cui si aspira).

Gli aspiranti ad assunzioni ad uffici situati nella provincia di Bolzano o aventi competenza regionale hanno facoltà di sostenere le prove di esame sia nella lingua italiana sia nella lingua tedesca (secondo l'indicazione resa nella domanda di ammissione). Non è richiesto loro il requisito prescritto dall'articolo 2199 del codice militare per l'ordinario reclutamento nelle carriere delle Forze di polizia (vedi sopra). Gli arruolati vengono destinati ai comandi e uffici situati nella provincia di Bolzano o aventi competenza regionale, e non possono essere trasferiti ad altra sede se non a domanda o per motivate esigenza di servizio.

 

 

Ai sensi del comma 174, per le assunzioni straordinarie relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è prevista una riserva, fino al 30 per cento dei contingenti annuali, in favore del personale volontario con almeno 120 giorni di servizio iscritto da almeno tre anni nell'apposito elenco per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo.

Si tratta di uno dei due elenchi (l'altro è l'elenco per le necessità dei distaccamenti volontari) in cui è iscritto il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi del decreto legislativo 139/2006, recante il riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (articolo 6).

 

L’articolo 6 del D.Lgs.139/2006 (come modificato dal D.lgs. 97/2017) distingue il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in personale di ruolo e personale volontario. Solo il rapporto d'impiego del personale di ruolo è disciplinato in regime di diritto pubblico. Il personale volontario è iscritto in due elenchi: il primo per le necessità dei distaccamenti volontari del Corpo e il secondo per le necessità delle strutture centrali e periferiche. Il solo personale volontario iscritto nel secondo elenco può essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga, con conseguente trasformazione del rapporto di servizio in rapporto di impiego con l'amministrazione.

 

Inoltre, il medesimo comma eleva a 40 anni il limite di età per l'assunzione del personale volontario ai fini delle assunzioni straordinarie di cui sopra.

 

In via ordinaria, per ammissione del personale volontario ai concorsi pubblici e alle procedure selettive di accesso al ruolo iniziale del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è previsto il limite massimo di 30 anni di età (decreto del Ministro dell’interno 8 ottobre 2012, n. 197). Tale limite massimo è elevato a 37 anni per i vigili volontari discontinui con una anzianità di servizio di almeno un anno (L. 246/2000, art. 12).

 

La disposizione eleva a 40 anni anche il limite massimo per le assunzioni delle unità cinofile dei vigili del fuoco disposte dal decreto-legge 8/2017.

 

L’articolo 19-bis del D.L. 8/2017, recante nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, ha autorizzato il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ad assumere a tempo indeterminato personale da destinare alle unità cinofile mediante avvio di procedure speciali di reclutamento. Le nuove assunzioni sono effettuate nel limite massimo del 50% delle facoltà di assunzione previste dalla normativa vigente per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

Le procedure di reclutamento sono riservate al personale volontario già utilizzato nella Sezione cinofila del Corpo che risponda ai seguenti requisiti: iscrizione da almeno 3 anni, negli appositi elenchi del personale volontario istituiti presso i comandi provinciali dei vigili del fuoco (art. 6, D.Lgs. 139/2006); effettuazione di almeno 120 giorni di servizio; conseguimento, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, della prescritta certificazione operativa.

 

Viene demandato ad un decreto del Ministro dell'interno la definizione dei criteri di verifica dell'idoneità per le assunzioni straordinarie di cui sopra, nonché modalità abbreviate per l'eventuale corso di formazione.

 

Il comma 176 istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai fini delle assunzioni straordinarie sopra indicate. La dotazione così prevista costituisce limite di spesa complessiva per le medesime assunzioni.

Gli stanziamenti del fondo sono allocati al capitolo 3057 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La tabella che segue illustra la ripartizione del Fondo nelle diverse annualità (valori in euro):

 

Anno

Stanziamenti (in euro)

2018

1.729.659

2019

16.165.500

2020

50.622.455

2021

130.399.030

2022

216.151.028

2023

291.118.527

2024

300.599.231

2025

301.977.895

2026

304.717.770

2027

307.461.018

2028

309.524.488

2029

309.540.559

a regime

309.855.555

 

Infine, il comma 177 autorizza il Ministro dell’economia ad apportare, con decreto, le occorrenti variazioni di bilancio in termini di residui, competenza e cassa.

 

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 179
(Assunzioni presso il Ministero dell'interno)

 

 

Il comma 179 reca autorizzazione ad alcune nuove assunzioni di personale non dirigenziale da parte del Ministero dell'interno.

 

L'autorizzazione qui posta ha ad oggetto l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale, che sia già in servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, e che insieme sia in possesso di alcuni requisiti.

Tali requisiti (determinati nell'articolo 20, comma 1, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 75 del 2017) sono:

a)     risultare in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione;

b)     essere stati reclutati a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione;

c)     aver maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione.

 

Le assunzioni sono per un numero di unità nel limite del 50 per cento del totale delle unità in servizio per ciascuna annualità del 2018 e 2019.

La relazione tecnica specifica il contingente di personale da stabilizzare è, per ciascun anno considerato, di 220 unità (per un totale di 440 unità).

La più gran parte di tali unità (420) sono in servizio presso gli sportelli unici per l'immigrazione, costituiti presso le Prefetture, o presso gli uffici immigrazioni delle Questure. Le rimanenti unità (20) provengono dall'ex Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei Segretari comunali e provinciali (AGES) e dall'ex Scuola superiore pubblica amministrazione locale (SSPAL).

Gli oneri sono quantificati in: 7.244.662 euro nel 2018; 7.396.214 a decorrere dal 2019.

Vi si fa fronte a valere sulla facoltà assunzionali del Ministero - salvo che per una quota per il 2018 (pari a 5.444.662 euro), per la quale si attinge alle risorse del Fondo costituito presso il Ministero a seguito della re-iscrizione nel suo stato di previsione dell'ammontare dei residui passivi eliminati (secondo quanto previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 93 del 2016: è l'atto primario recante riordino della disciplina per la gestione del bilancio ed il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, con novellazione della legge n. 196 del 2009 circa la conservazione dei residui passivi).

 

 


 

Articolo 1, commi 182 e 183
(Assunzioni a tempo indeterminato e a tempo determinato da parte del MIBACT)

 

 

I commi 182 e 183 autorizzano, rispettivamente, assunzioni a tempo indeterminato e il mantenimento in servizio per il 2018 di personale già assunto a tempo determinato, da parte del MIBACT.

 

 

Assunzioni a tempo indeterminato

 

Il comma 182 autorizza il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ad alcune nuove assunzioni a tempo indeterminato, fino ad un massimo di 200 unità.

Tali assunzioni sono previste avvenire mediante scorrimento delle graduatorie del concorso espletato - ai sensi dell'articolo 1, commi 328-330 della legge n. 208 del 2015, legge di stabilità 2016 - per l'assunzione a tempo indeterminato (originariamente) di 500 funzionari, da inquadrare nella III area del personale non dirigenziale (nei profili professionali di antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore e storico dell'arte).

Può annotarsi come con le nuove assunzioni previste, si perverrà, complessivamente, a 1000 assunzioni derivanti dalle procedure concorsuali autorizzate dalla legge di stabilità 2016.

 

Si ricorda, infatti, che il 28 settembre 2017, rispondendo nella VII Commissione della Camera all’interrogazione a risposta immediata 5-12301, il rappresentante del Governo ha fatto presente che con DPCM 4 aprile 2017 il Mibact era stato autorizzato allo scorrimento delle graduatorie degli idonei per 200 unità e che il 28 aprile 2017 era stato richiesto un ulteriore scorrimento per 100 unità.

 

La disciplina della procedura di selezione pubblica è stata adottata con D.I. 15 aprile 2016 che, per quanto qui più interessa, ha disposto che siano dichiarati vincitori, i candidati utilmente collocati in graduatoria nel limite dei posti messi a concorso per ciascun concorso, come previsto nei rispettivi bandi e che ciascuna graduatoria degli idonei è valida per un numero di posizioni pari al 100% dei posti messi a concorso per il rispettivo profilo professionale. Ha, altresì, disposto che la validità delle graduatorie si esaurisca entro tre anni dalla data di pubblicazione di ognuna.

Nella Gazzetta ufficiale, IV serie speciale, del 24 maggio 2016 è stato dato avviso della pubblicazione dei 9 bandi sul sito http://ripam.formez.it, nei seguenti profili professionali: funzionario antropologo: 5 posti; funzionario archeologo: 90 posti; funzionario architetto: 130 posti; funzionario archivista: 95 posti; funzionario bibliotecario: 25 posti; funzionario demoetnoantropologo: 5 posti; funzionario della promozione e comunicazione: 30 posti; funzionario restauratore: 80 posti; funzionario storico dell'arte: 40 posti.

Qui la pagina dedicata sul sito del Mibact, che riporta anche le informazioni sulle graduatorie approvate con riferimento ai vari profili professionali.

 

Tanto le assunzioni di allora quanto quelle autorizzate dalla disposizione in esame debbono avvenire all'interno della dotazione organica recata dalla tabella B allegata al d.P.C.m. n. 171 del 2014 (recante il regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo). Tale tabella riporta5.457 unità per la III area (oltre che 700 unità di personale per la I area; 12.893 unità per la II area; per un totale di 19.050 unità).

Delle nuove assunzioni or previste, il Ministero deve comunicare l'effettuazione e gli oneri, al Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio nonché al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato presso il Ministero dell'economia e delle finanze.

Per la copertura degli oneri, il Ministero provvede a valere sulle facoltà assunzionali disponibili.

 

 

Mantenimento in servizio a tempo determinato

 

Il comma 183 autorizza il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al mantenimento in servizio anche per l'anno 2018 del personale già assunto a tempo determinato dal medesimo Ministero in attuazione dell'articolo 8 del decreto-legge n. 83 del 2014.

Quest'ultimo ha autorizzato gli istituti e i luoghi della cultura (secondo la definizione recata dall'articolo 101 del codice dei beni culturali e paesaggistici) dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali (al fine di fare fronte a esigenze temporanee di rafforzamento dei servizi di accoglienza e di assistenza al pubblico, di miglioramento e di potenziamento degli interventi di tutela, vigilanza e ispezione, protezione e conservazione nonché valorizzazione dei beni culturali in gestione) ad impiegare, mediante contratti di lavoro a tempo determinato (anche in deroga ai limiti previsti dalla normativa vigente per siffatti rapporti di lavoro) professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali, di età non superiore a quaranta anni, individuati mediante apposita procedura selettiva. Nonché ha previsto che in nessun caso i rapporti così instaurati possano costituire titolo idoneo a instaurare rapporti di lavoro a tempo indeterminato con l'amministrazione.

 

La procedura selettiva per titoli e colloquio è stata avviata, per 60 esperti con contratti di lavoro a tempo determinato della durata di 9 mesi, con bando del 22 dicembre 2015, rettificato con avviso del 18 gennaio 2016 e con avviso dell’8 febbraio 2016.

Come ricapitolato nella nota Mibact Rep. 205 del 16 marzo 2017, le graduatorie di merito sono state approvate il 23 novembre 2016. Con decreto direttoriale 2 dicembre 2016 sono stati dichiarati i vincitori. Sono, poi, seguite alcune rinunce e sostituzioni.

 

Per il mantenimento in servizio nell'anno 2018, è ora autorizzata una spesa nel limite di 1 milione di euro (per quel medesimo anno).

Insieme è posta la condizione che la proroga per il 2018 non debba comportare uno 'sforamento' della durata complessiva del rapporto di lavoro di 36 mesi - anche discontinui.

Tale limite triennale è sancito in via generale per il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato dal decreto legislativo n. 81 del 2015 (articolo 19, comma 1); vale anche per il pubblico impiego, per effetto del rinvio disposto dal decreto legislativo n. 75 del 2017 (articolo 9, comma 1, lettera b)) - adottato nell'esercizio della delega recata dagli articoli 16, comma 1 e 17, comma 1 della legge n. 124 del 2015, con conseguenti plurime modificazioni del decreto legislativo n. 165 del 2001, cd. Testo unico del pubblico impiego. 

 


 

Articolo 1, comma 184
(Incarichi di natura occasionale o coordinata e continuativa in alcuni istituti e luoghi della cultura)

 

 

Il comma 184 rende permanente la possibilità per gli istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale di conferire ad esperti incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, estendendone inoltre la durata massima a 24 mesi, ma confermando il limite di spesa di € 200.000 annui.

 

In base all’all. 1 del DM 23 dicembre 2014, recante organizzazione e funzionamento dei musei statali – come modificato dall’art. 2, co. 1, del DM 14 ottobre 2015, dall’art. 1, co. 1, lett. f), del DM 23 gennaio 2016, dall’art. 10, co. 1, del DM 9 aprile 2016 e, da ultimo, dagli artt. 3, co. 2, lett. a) e 4, co. 1, lett. a), n. 1), del DM 12 gennaio 2017 i musei e parchi archeologici di rilevante interesse nazionale dotati di autonomia speciale sono 32.

Si tratta dei seguenti: Galleria Borghese; Gallerie degli Uffizi; Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma; Gallerie dell'Accademia di Venezia; Museo di Capodimonte; Museo Nazionale Romano; Parco archeologico del Colosseo; Parco archeologico di Pompei; Pinacoteca di Brera; Reggia di Caserta; Complesso monumentale della Pilotta; Galleria dell'Accademia di Firenze; Galleria Nazionale delle Marche; Galleria Nazionale dell'Umbria; Gallerie Estensi di Modena; Gallerie azionali d'arte antica di Roma; Musei reali di Torino; Museo delle Civiltà; Museo archeologico Nazionale di Napoli; Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria; Museo Archeologico Nazionale di Taranto; Museo Nazionale del Bargello; Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia; Museo storico e Parco del Castello di Miramare; Parco archeologico dei Campi Flegrei; Parco archeologico dell'Appia antica; Parco archeologico di Ercolano; Parco archeologico di Ostia antica; Parco archeologico di Paestum; Palazzo Ducale di Mantova; Palazzo Reale di Genova; Villa Adriana e Villa d'Este.

 

A tal fine, novella l’art. 22, co. 6, primo periodo, del D.L. 50/2017 (L. 96/2017), che, al fine di sostenere il buon andamento degli stessi istituti o luoghi della cultura, ha consentito tale possibilità fino al 31 dicembre 2018, per una durata non superiore a 9 mesi, entro i limiti di spesa di 200.000 euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.

Gli incarichi continuano ad essere conferiti ai sensi dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001[48] e l’istituto o luogo della cultura che li conferisce vi provvede con le risorse disponibili nei propri bilanci, assicurando il rispetto degli obblighi in materia di pubblicità e trasparenza nelle diverse fasi della procedura.

 

La relazione illustrativa al ddl di conversione del D.L. 50/2017 precisava che la previsione era finalizzata alla costituzione di segreterie tecniche che consentano di far fronte alla specifica carenza di personale, specialmente quello con competenze amministrative e gestionali, che non permette di sviluppare appieno l’offerta culturale e di servizi al pubblico.

Al riguardo, richiamava il precedente costituito dalla segreteria tecnica di progettazione costituita, ai sensi dell’art. 2, co. 5, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014), presso la (allora) Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, al fine di accelerare la progettazione degli interventi previsti nell'ambito del Grande Progetto Pompei.

 

La disposizione in commento non apporta invece modifiche al terzo periodo del medesimo co. 6 dell’art. 22 del D.L. 50/2017, che, pertanto, continua a prevedere la compensazione degli effetti finanziari derivanti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto per il periodo 2017-2019 (€ 0,7 mln nel 2017, € 1,5 mln nel 2018 e € 0,75 mln nel 2019), mediante riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (art. 6, co. 2, del D.L. 154/2008-L. 189/2008).

 

 


 

Articolo 1, commi 189-190
(Prestazioni accessorie svolte dal personale del MIBACT)

I commi 189 e 190 dispongono circa il carattere non di straordinario, di alcune prestazioni accessorie del personale del MIBACT.

 

Il comma 189 prevede che si considerino prestazioni accessorie non riconducibili allo straordinario le prestazioni svolte dal personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per garantire la tutela del patrimonio culturale e la sicurezza dei luoghi e degli utenti, in occasione di manifestazioni culturali o altri eventi gestiti o attuati da terzi concessionari o autorizzati, nei luoghi della cultura appartenenti allo Stato.

Siffatta gestione o attuazione di iniziative da parte di terzi trova la sua disciplina nell’articolo 115 del codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), per il quale si veda infra la scheda relativa all'articolo. 39, comma 8.

 

I terzi concessionari o autorizzati - ancor prevede la disposizione ora introdotta dal comma in esame - sono tenuti a versare per ciascuna attività di valorizzazione, manifestazione o evento e prima del loro inizio, le somme destinate alle retribuzioni del personale.

Tali somme sono acquisite all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnate, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, allo stato di previsione della spesa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con imputazione ad apposito piano gestionale del pertinente capitolo e assegnazione ai soggetti interessati secondo criteri stabiliti mediante contrattazione collettiva integrativa.

 

In sintesi, queste previsioni mirano a rendere omogenea (mediante il sistema del cedolino unico) una retribuzione per siffatte prestazioni lavorative, per l'innanzi affidata a trattative 'caso per caso'; e tengono fuori tale retribuzione dalla disciplina del lavoro straordinario (la quale è improntata a misure di contenimento), in tal modo agevolando la realizzazione di progetti intesi ad una maggiore e più flessibile fruizione del patrimonio culturale.

 

Il comma 190 prevede che - nel limite di spesa di 5 milioni annui - si considerino prestazioni accessorie non riconducibili allo straordinario altresì le operazioni e i servizi svolti dal personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in attuazione del "piano nazionale straordinario di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura". Al riguardo, si segnala che non si rinvengono disposizioni istitutive di un piano così denominato né nel disegno di legge in esame, né nella legislazione vigente.

Il limite di spesa qui previsto è di 5 milioni annui, a decorrere dal 2018.

Quanto ai criteri di utilizzo di tali risorse, essi sono stabiliti annualmente - prevede il comma in esame - mediante contrattazione collettiva integrativa.

 

Le risorse cui si attinge sono quelle previste a valere sull'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1, comma 1142, della legge n. 296 del 2006 e dall'articolo 1, comma 321, della legge n. 208 del 2015.

La disposizione del 2006 citata pose un'autorizzazione di spesa perché il Ministero facesse fronte con interventi urgenti al verificarsi di emergenze che potessero pregiudicare la salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici e procedesse alla realizzazione di progetti di gestione di modelli museali, archivistici e librari, nonché di progetti di tutela paesaggistica e archeologico-monumentale e di progetti per la manutenzione, il restauro e la valorizzazione di beni culturali e paesaggistici.

 

La disposizione del 2015 citata ha posto un'autorizzazione di spesa integrativa (con un incremento di 5 milioni a decorrere dal 2017) per quelle medesime finalità[49].

 

 


 

Articolo 1, comma 220
(Rapporti di collaborazione con società sportive
dilettantistiche aventi scopo di lucro)

Il comma 220 specifica che i contratti di collaborazione lavorativa, resa, a fini istituzionali, con società sportive dilettantistiche, sono ammessi anche per le società suddette che, secondo la categoria introdotta dai precedenti commi da 217 a 219, abbiano scopo di lucro.

 

Si ricorda che le fattispecie di collaborazioni con tali società rientrano tra quelle per le quali la disciplina generale (di cui all'art. 2 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni) consente - anche qualora le collaborazioni consistano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e con modalità di esecuzione organizzate dal committente - la stipulazione di contratti di lavoro diversi dalla tipologia del lavoro subordinato.

 


 

Articolo 1, comma 228
(Aumento esenzione compensi per attività musicali e attività sportive dilettantistiche)

 

Il comma 228 eleva da 7.500 a 10.000 euro l’importo che non concorre a formare il reddito imponibile delle indennità, dei rimborsi forfettari, dei premi e dei compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale, nonché di quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche.

 

In particolare, le norme in esame (lettera b) del comma 228) innalzano da 7.500 a 10.000 euro l’ammontare che non concorre a formare il reddito imponibile a fini IRPEF delle indennità, dei rimborsi forfettari, dei premi e dei compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale (da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche aventi finalità dilettantistiche) nonché dei compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, individuati dall’articolo 67, comma 1, lettera m) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (DPR n. 917 de 1986).

A tal fine viene modificato l’articolo 69, comma 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (DPR n. 917 de 1986).

 

Viene poi sostituito (lettera a) del comma 228), per ragioni di coordinamento con la nuova numerazione del TUIR, il riferimento contenuto nel comma 2 dell’articolo 69 del TUIR.

 

Si ricorda che l'articolo 69, comma 2 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) stabilisce che le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi sopra illustrati non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 7.500 euro.

La legislazione vigente dispone che, per tali indennità, la parte eccedente tale franchigia sia assoggettata:

•   fino a 28.158 euro, ad una ritenuta a titolo di imposta pari all’aliquota del primo scaglione (attualmente il 23%);

•   per la parte eccedente i 28.158 euro ad una ritenuta a titolo di acconto pari all’aliquota del primo scaglione (attualmente il 23%), per poi essere assoggetta ad IRPEF in sede dichiarativa.

L'articolo 67, comma 1, lettera m) del TUIR qualifica come redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.

 


 

Articolo 1, comma 229
(Assunzioni assistenti stadio)

 

Il comma 229, introdotto nel corso dell’esame al Senato, autorizza, per lo svolgimento di determinati servizi, l’assunzione di assistenti di stadio (cd steward) con contratti di lavoro intermittente stipulati in deroga a specifiche disposizioni della normativa vigente.

 

Il comma 229 riconosce alle società organizzatrici di competizioni sportive la possibilità di assumere assistenti di stadio (in possesso dei prescritti requisiti[50]) - per lo svolgimento di servizi finalizzati al controllo dei titoli di accesso, all'instradamento degli spettatori e alla verifica dei regolamenti d'uso degli impianti - con contratti di lavoro intermittente stipulati in deroga:

§  ai limiti di età previsti dalla normativa vigente (meno di 25 anni o più di 55 anni);

§  alla disposizione che, in assenza di contratto collettivo, demanda ad apposito decreto ministeriale l’individuazione dei casi in cui si può ricorrere al lavoro intermittente (art. 13, comma 1, secondo periodo, e comma 2, del D.Lgs. 81/2015 - vedi infra).

 

Fermo restando quanto previsto dalle vigenti disposizioni in materia di personale addetto agli impianti sportivi, viene demandato ad un decreto del Ministro dell’interno (da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame) la definizione delle modalità semplificate di comunicazione alle prefetture dei dati identificativi del personale addetto alle suddette attività.

Con il contratto di lavoro intermittente (disciplinato dagli artt. 13-18 del D.Lgs. 81/2015), che può essere stipulato anche a tempo determinato, un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro (privato, in quanto le disposizioni in materia non si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.

Caratteristica principale del lavoro intermittente è l'alternarsi di fasi in cui vi è effettiva prestazione di lavoro e fasi in cui questa attività manca ed è sostituita dall’attesa della chiamata da parte del datore di lavoro (la c.d. disponibilità, che può essere espressamente pattuita o meno). Il datore di lavoro, nel richiedere la prestazione lavorativa, dovrà rispettare comunque il preavviso formalizzato nel contratto di lavoro, il quale, in ogni caso, non può essere inferiore ad un giorno. Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l'indennità di disponibilità.

Il richiamato art. 13, c. 1, secondo periodo dispone che, in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con apposito DM[51].

Per quanto concerne i limiti di età, il richiamato comma 2 del medesimo articolo 13 dispone che il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età (purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno) e con più di 55 anni.

 

 


 

Articolo 1, commi 266-270
(Assunzioni e funzionamento dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali)

 

I commi da 266 a 270, introdotti nel corso dell’esame presso il Senato, detta disposizioni in merito alla dotazione organica dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), autorizzando, per il biennio 2018-2019, lo svolgimento di procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato di 100 unità di personale.

 

Più nel dettaglio, il comma 266 eleva la dotazione organica dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (da 46) a 146 unità di personale, di cui 17 con qualifica dirigenziale, allo scopo di consentire il corretto svolgimento delle funzioni che la normativa vigente attribuisce all'Agenzia stessa[52].

Per il biennio 2018-2019 e nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno, il comma 267 riconosce all'Agenzia la facoltà di bandire procedure concorsuali, per esami, per assunzioni a tempo indeterminato di 100 unità di personale (di cui 10 dirigenti di Area III, 80 categoria D a posizione economica base, 7 categoria C posizione economica base e 3 categoria B posizione economica base).

Le suddette procedure concorsuali avvengono:

§  in deroga alle procedure di mobilità previste dalla normativa vigente[53], nonché di ogni altra procedura per l'assorbimento del personale in esubero dalle amministrazioni pubbliche;

§  nel limite dei posti disponibili nella propria dotazione organica;

§  con una riserva di posti non superiore al 50 per cento per il personale non di ruolo, di qualifica non dirigenziale, che, alla data di entrata in vigore della presente legge, presti servizio, con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di lavoro flessibile, ivi compresi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa da almeno tre anni, presso l'Agenzia stessa.

 

Il comma 268 riconosce all’Agenzia la possibilità di prorogare (senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato e fino al completamento delle suddette procedure concorsuali), in relazione al proprio effettivo fabbisogno, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa di cui al precedente comma 267 in essere alla data di entrata in vigore della legge in esame.

Ai sensi dell’articolo 52 del D.Lgs. 81/2015, dal 25 giugno 2015 non è più possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto e i contratti di tale fattispecie già stipulati a tale data, continueranno ad essere normati in base alla disciplina previgente. Inoltre, dal 1° gennaio 2016, le collaborazioni di tipo parasubordinato o nella forma del lavoro autonomo sono considerate (tranne determinati casi) come lavoro subordinato, qualora si concretizzino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative ed organizzate dal committente rispetto al luogo ed all’orario di lavoro.

Nelle pubbliche amministrazioni il divieto di stipulare collaborazioni coordinate e continuative con le caratteristiche suddette scatterà il 1° gennaio 2018, come previsto dall’art. 22, c. 8, del D.Lgs. 75/2017, secondo cui da tale data troverà applicazione il divieto[54] per le amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

Si ricorda, infine, che non trova applicazione, per le pubbliche amministrazioni, la disposizione che prevede l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato in caso di collaborazioni che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro .

 

Il comma 269 dispone che all'onere derivante dall’espletamento delle procedure concorsuali (pari a euro 2.372.168 per il 2018 e a euro 4.740.379 a decorrere dal 2019), si provvede utilizzando l'integrazione al finanziamento relativo alle spese di funzionamento dell'Agenzia, a cui si fa fronte con un contributo annuo a carico dello Stato (ex art. 5, c. 5, del D.Lgs. 266/1993.

Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dal presente articolo (pari a euro 1.186.000 per il 2018 e 2.370.000 a decorrere dal 2019) si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.

 

Il comma 270 prevede l'adeguamento alle norme in esame dello statuto  e del regolamento amministrativo interno dell'Agenzia (regolamento sul funzionamento degli organi, sull'organizzazione dei servizi, sull'ordinamento del personale e sulla gestione amministrativo-contabile).

 


 

Articolo 1, commi 325-327
(Assunzioni nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti)

 

 

I commi 325-327 autorizzano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad assumere a tempo indeterminato, in deroga alla normativa vigente, 100 unità di personale nel triennio 2018-2020 (40 unità nel 2018, 30 nel 2019 e 30 nel 2020) presso il Dipartimento per i trasporti terrestri, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rimodulando contestualmente la dotazione organica delle aree.

 

In particolare, al fine di svolgere le necessarie ed indifferibili attività in materia di sicurezza stradale di valutazione dei requisiti tecnici dei conducenti, di controlli sui veicoli e sulle attività di autotrasporto, e di fornire adeguati livelli di servizio ai cittadini e alle imprese, autorizza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in deroga alla normativa vigente, ad assumere a tempo indeterminato 100 unità di personale (precisamente 40 unità nel 2018, 30 nel 2019 e 30 nel 2020) da inquadrare nel livello iniziale della Terza Area, nel triennio 2018-2020, presso il Dipartimento per i trasporti terrestri, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 325).

 

In relazione alle richiamate assunzioni, si dispone altresì la rimodulazione della dotazione organica relativa al personale delle aree del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione, con apposito D.P.C.M. (di cui peraltro non viene individuato un termine di emanazione) (comma 326).

 

Per l’attuazione delle richiamate disposizioni, si autorizza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad avviare appositi concorsi pubblici (comma 327), a condizione che gli stessi tengano conto di quanto previsto all’articolo 4, comma 3, del D.L. 101/2013 (che condiziona la possibilità da parte delle pubbliche amministrazioni di bandire concorsi a determinate condizioni).

Allo stesso tempo, i richiamati concorsi sono effettuati in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001 (in materia di mobilità volontaria) e all’articolo 4, comma 3-quinquies del D.L.101/2013 (che disciplina il concorso pubblico unico per dirigenti e figure professionali comuni a tutte le amministrazioni).

 

Resta, infine, ferma la facoltà di avvalersi della previsione di cui all’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della L. 350/2003, che prevede che le amministrazioni pubbliche possano effettuare assunzioni (nel rispetto di specifiche limitazioni e procedure), anche utilizzando le graduatorie di concorsi pubblici approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate.

 

L’articolo 4, comma 3, del D.L. 101/2013 ha disposto che l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (nonché per le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca), sia subordinata alla verifica[55]:

·      dell'avvenuta immissione in servizio (nella stessa amministrazione) di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;

·      dell'assenza (nella stessa amministrazione) di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza.

 

Il successivo comma 3-quinquies disciplina il concorso pubblico unico per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche (ai sensi dell’articolo 35 del D.Lgs. 165/2001). Al fine di consentire una programmazione complessiva degli accessi alla pubblica amministrazione coerente con le politiche di contenimento delle assunzioni e delle spese di personale, infatti, l’articolo 4, commi da 3-quater a 3-septies, ha introdotto, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'istituto del concorso pubblico unico per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni a tutte le amministrazioni pubbliche (con esclusione di regioni ed enti locali), la cui organizzazione spetta al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri. Il Dipartimento, nella ricognizione del fabbisogno, verifica le vacanze riguardanti le sedi delle amministrazioni ricadenti nella medesima regione; ove le vacanze risultino riferite ad una singola regione, il concorso unico si svolge in ambito regionale. Le amministrazioni pubbliche possono assumere personale solo attingendo alle nuove graduatorie di concorso, fino al loro esaurimento, provvedendo a programmare le quote annuali di assunzioni e possono essere autorizzate a svolgere direttamente i concorsi pubblici solo per specifiche professionalità.

Può essere utile ricordare, altresì, che, a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. 75/2017, le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione sulla base non più della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata dal Consiglio dei ministri (ai sensi dell’articolo 39 della L. 449/1997), ma del piano triennale dei fabbisogni adottato annualmente dall'organo di vertice e approvato con decreto del Presidente del consiglio dei ministri (su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze). In sostanza, non è più la dotazione organica a definire il fabbisogno di personale, ma è quest’ultimo a determinare la dotazione organica.

 

L’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001 (come modificato dal D.L. 90/2014) prevede che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza (cd. mobilità volontaria).

Si prevede, inoltre, in via sperimentale, la possibilità di dar luogo a trasferimenti anche in mancanza dell'assenso dell'amministrazione di appartenenza, a condizione che l'amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell'amministrazione di provenienza. Oltre a ciò, le sedi delle pubbliche amministrazioni ubicate nel territorio dello stesso comune (o a una distanza inferiore a 50 chilometri dalla sede di prima assegnazione) sono considerate come medesima unità produttiva, con la conseguenza che all'interno di tale area i dipendenti sono comunque tenuti a prestare la loro attività lavorativa, previo accordo tra le amministrazioni interessate o anche in assenza di accordo, quando sia necessario sopperire a carenze di organico. Tale previsione si applica anche ai dipendenti con figli di età inferiore a tre anni, che hanno diritto al congedo parentale, e ai soggetti che usufruiscono dei permessi per assistere un familiare con handicap, ma con il consenso degli stessi alla prestazione della propria attività lavorativa in un'altra sede.

Si ricorda che è stato anche istituito il portale per l'incontro tra domanda e offerta di mobilità, nonché l'obbligo, per le amministrazioni che intendano avvalersi della mobilità, della pubblicazione sul proprio sito istituzionale, per un periodo minimo di 30 giorni, del bando che indica i posti che si intendano coprire.

Inoltre, il medesimo articolo 30, come modificato dal D.Lgs. 75/2017, dispone che, ferma restando la nullità di accordi o clausole contrattuali in contrasto con la disciplina legislativa, i contratti collettivi nazionali possono integrare le procedure e i criteri generali per l’attuazione della disciplina legislativa medesima.

Infine, si prevede che la dipendente vittima di violenza di genere inserita in specifici percorsi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza, può presentare domanda di trasferimento ad altra amministrazione pubblica ubicata in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza. Entro quindici giorni dalla suddetta comunicazione l'amministrazione di appartenenza dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale.

 


 

Articolo 1, comma 333
(Retribuzione dei dirigenti scolastici)

 

Il comma 333 prevede l’istituzione di una specifica sezione del fondo per l’attuazione dei contratti del personale delle amministrazioni statali – iscritto nello stato di previsione del MEF –, le cui risorse sono finalizzate alla progressiva armonizzazione della retribuzione di posizione, per la parte fissa, dei dirigenti scolastici con quella prevista per le altre figure dirigenziali del comparto Istruzione e ricerca[56].

 

Il Fondo da ripartire per l'attuazione dei contratti del personale delle Amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo, ivi compreso il personale militare e quello dei Corpi di polizia e delle università, è stato istituito dall’art. 1, co. 365, della L. 232/2016, ed è allocato sul cap. 3027 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La relazione tecnica all’A.S. 2960 evidenziava, in particolare che la nuova sezione è istituita allo scopo di tener conto delle nuove competenze  attribuite ai dirigenti scolastici dalla L. 107/2015 ed eliminare in sede contrattuale le differenze esistenti ai sensi dei vigenti contratti collettivi nazionali tra la retribuzione di posizione di parte fissa dei dirigenti scolastici e quella dei restanti dirigenti di seconda fascia del medesimo comparto Istruzione e Ricerca.

 

La dotazione della nuova sezione è di € 37 mln per il 2018, € 41 mln per il 2019, ed € 96 mln annui dal 2020, da destinare alla contrattazione collettiva nazionale in applicazione dell’art. 48, co. 1, primo periodo, del d.lgs. 165/2001[57].

 

Si tratta di uno degli obiettivi indicati nell’Atto di indirizzo per il comparto Istruzione e Ricerca e per la relativa area dirigenziale, adottato il 19 ottobre 2017 dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, che indica all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) le linee generali e gli obiettivi prioritari cui dovrà conformarsi il rinnovo contrattuale relativo al triennio 2016-2018.

In particolare, l’Atto di indirizzo citato ha previsto tra gli obiettivi una armonizzazione progressiva dell’indennità di posizione di parte fissa dei dirigenti scolastici con il valore della corrispondente voce retributiva prevista per gli altri dirigenti dell’area.

 

Si stabilisce, infine, che le risorse ante indicate sono integrate da quelle previste dall’art. 1, co. 86, della L. 107/2015, prevedendo, al contempo, che queste ultime sono destinate prioritariamente alla progressiva armonizzazione di cui al comma in esame.

 

L’art. 1, co. 86, della L. 107/2015 ha disposto, a decorrere dall'a.s. 2015/2016, un incremento del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato (v. infra) in misura pari a € 12 mln per l'anno 2015 e a € 35 mln annui a decorrere dall'anno 2016, al lordo degli oneri a carico dello Stato[58].

 

La relazione tecnica all’A.S. 2960 faceva presente che le risorse complessivamente disponibili consentono di armonizzare interamente, dal 2020, le retribuzioni di parte fissa dei dirigenti scolastici con quelle dei restanti dirigenti del medesimo comparto.

Al riguardo, ricordava che la retribuzione di posizione parte fissa dei dirigenti scolastici ammonta a € 3.556,68 annui lordi[59], comprensivi del rateo di tredicesima mensilità, a fronte di € 12.155,61 annui lordi previsti per i dirigenti di seconda fascia dell’ex Area VII, relativa a Ricerca e Università[60].

 

Il trattamento economico dei dirigenti scolastici è formato da tre componenti: lo stipendio tabellare, la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato. In particolare, la retribuzione di posizione e quella di risultato vengono erogate a carico del Fondo unico nazionale costituito ai sensi dell’art. 25 del CCNL relativo al personale dell’Area V della Dirigenza per il quadriennio normativo 2006-2009 ed il primo biennio economico 2006-2007, sottoscritto il 15 luglio 2010.

Ai sensi dell’art. 25, co. 3, del citato CCNL, entro il 31 luglio di ciascun anno il MIUR ripartisce tra gli USR le risorse destinate alla retribuzione di posizione e risultato in relazione al numero dei posti dei dirigenti scolastici. Tale ripartizione è oggetto di informazione preventiva alle organizzazioni sindacali[61].

Con nota MIUR prot. n. 9936 del 10 maggio 2017 si è dato conto della ripartizione fra gli Uffici scolastici regionali del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e risultato per l'a.s. 2016-2017 (€ 150.749.560,10), adottata con Decreto del direttore generale delle risorse umane e finanziarie 31 gennaio 2017, n. 106.

 

 


 

Articolo 1, comma 334
(Supplenze brevi di personale ATA nelle scuole)

 

Il comma 334 reintroduce la possibilità di sostituire gli assistenti amministrativi e gli assistenti tecnici nelle scuole, a decorrere dal trentesimo giorno di assenza, incrementando, a tal fine, dal 2018, il limite di spesa vigente.

 

La disposizione opera in deroga all’art. 1, co. 332, lett. a) e b), della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) che ha disposto, a decorrere dal 1° settembre 2015, il divieto di conferimento di supplenze brevi[62] a:

·        personale appartenente al profilo professionale di assistente amministrativo, salvo che presso le istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di 3 posti;

·        personale appartenente al profilo di assistente tecnico (in ogni caso).

 

Rimane, invece, fermo il divieto di conferimento di supplenze brevi al personale appartenente al profilo di collaboratore scolastico, per i primi 7 giorni di assenza (art. 1, co. 332, lett. c), L. 190/2014).

 

Dal punto di vista della formulazione del testo, dopo la locuzione “in deroga all’articolo 1, comma 332”, occorrerebbe aggiungere la locuzione “, lettere a) e b)”.

 

La possibilità è consentita nell’ambito del limite di spesa previsto per le supplenze brevi del personale docente e ATA dall’art. 1, co. 129, della L. 311/2004[63], a tal fine incrementato di € 19,65 mln annui a decorrere dal 2018.

 

In materia, rispondendo, nella VII Commissione della Camera, il 6 aprile 2017, all’interrogazione 5-08143, il rappresentante del Governo – ricordato che il regolamento relativo alle supplenze del personale ATA[64] definisce come supplenze temporanee le sostituzioni di personale temporaneamente assente su posti che per qualsiasi causa si rendano disponibili dopo il 31 dicembre, per i quali le supplenze sono conferite dal dirigente scolastico utilizzando le graduatorie di istituto – ha evidenziato che l’eliminazione della possibilità di sostituzione degli assistenti amministrativi, tranne che per le piccole scuole, ha esteso al personale amministrativo della scuola il regime in essere per i restanti comparti del pubblico impiego, in materia di sostituzioni per assenza.

Con riferimento agli assistenti tecnici, ha evidenziato che gli stessi “saranno sostituiti nelle loro funzioni, per il periodo dell'assenza, dai colleghi rimasti in servizio. In caso di effettiva indisponibilità di colleghi che possano supplire all'assenza, le funzioni potranno essere, per il periodo strettamente necessario, assicurate dall'insegnante tecnico-pratico o, in assenza anche di questi, dal docente di teoria”[65].

Ha, poi, ricordato che il MIUR è tuttavia intervenuto al fine di mitigare gli effetti restrittivi di tali misure. In particolare, dopo una prima nota (Prot. 2116 del 30 settembre 2015) riferita, per il personale ATA, (solo) ai collaboratori scolastici, è intervenuta la nota dirigenziale prot. n. 10073 del 14 aprile 2016, con la quale è stato previsto il superamento del divieto di nominare supplenti ATA per i casi di pensionamento in corso d'anno del titolare. “Anche in questa fattispecie i dirigenti scolastici devono valutare caso per caso la possibilità di ricorrere alla nomina del supplente, motivando dettagliatamente le cause oggettive dell'impossibilità di garantire il pubblico servizio”.

 


 

Articolo 1, comma 335
(Concorso per Direttore dei servizi generali e
amministrativi nelle scuole )

Il comma 335 prevede, a seguito delle modifiche apportate dal Senato, che entro il 2018 è bandito un concorso per l’assunzione di Direttori dei servizi generali e amministrativi nelle scuole (DSGA), al quale possono partecipare anche gli assistenti amministrativi che, pur in mancanza dello specifico titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo professionale di DSGA, hanno maturato, alla data di entrata in vigore della legge, almeno 3 interi anni di servizio negli ultimi 8 anni, esercitando le mansioni di DSGA.

 

Si declina così, con maggiori specifiche, uno degli obiettivi indicati nell’Atto di indirizzo per il comparto Istruzione e Ricerca e per la relativa area dirigenziale, adottato il 19 ottobre 2017 dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, che indica all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) le linee generali e gli obiettivi prioritari cui dovrà conformarsi il rinnovo contrattuale relativo al triennio 2016-2018 (più ampiamente, v. scheda relativa al comma 333).

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 14 dell’ipotesi di Contratto collettivo nazionale integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed A.T.A. per l'a.s. 2017/18 ha stabilito che i posti del profilo professionale di DSGA non assegnati a mezzo di contratti di lavoro a tempo determinato fino al termine dell'anno scolastico, a causa dell'esaurimento della graduatoria permanente di cui all'art. 7 del DM 146/2000, sono ricoperti, a determinate condizioni, dagli assistenti amministrativi titolari e/o in servizio nella medesima istituzione scolastica.

 

Il concorso è bandito, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, nei limiti delle facoltà assunzionali autorizzate annualmente, ai sensi dell’art. 39, co. 3 e 3-bis, della L. 449/1997, dal Consiglio dei Ministri.

 

In materia, si ricorda che l’art. 16 del DPR 275/1999 – che ha disciplinato l’autonomia delle istituzioni scolastiche – aveva disposto, per quanto qui interessa, che il responsabile amministrativo assumeva funzioni di direzione dei servizi di segreteria, nel quadro dell'unità di conduzione affidata al Dirigente scolastico.

Il CCNL 3 maggio 1999 ha dunque definito, contestualmente con la piena attuazione dell’autonomia scolastica e con la ridefinizione delle funzioni dei dirigenti scolastici, dal 1 settembre 2000, il profilo professionale di Direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) nelle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, disponendo che per l’accesso allo stesso, in base alla tabella B, è richiesto il possesso di un diploma di laurea (vecchio ordinamento) in giurisprudenza, scienze politiche sociali e amministrative, economia e commercio.

Ha, altresì, previsto che, in prima applicazione, era consentito l’accesso di personale con contratto a tempo indeterminato del profilo professionale di responsabile amministrativo in servizio nell'a.s.1999-2000, previa frequenza di apposito corso modulare di formazione con valutazione finale. Il percorso formativo poteva essere abbreviato per il personale in possesso di esperienza professionale almeno decennale in particolari realtà e per determinate funzioni.

Successivamente, la tabella B del CCNL 29 novembre 2007 ha adeguato il titolo di studio richiesto per l’accesso al profilo di DSGA alle novità relative all’assetto dei titoli di studio derivanti dal DM 509/1999 (ma non anche a quelle derivanti dal DM 270/2004), facendo riferimento a laurea specialistica in giurisprudenza, scienze politiche, sociali e amministrative, economia e commercio, o titoli equipollenti.

Per l’accesso al profilo di assistente amministrativo la medesima tabella ha previsto il possesso del diploma di maturità.

Le previsioni della tabella B del CCNL 29 novembre 2007 non sono state modificate successivamente.

Tuttavia, come ricapitolato sul sito del MIUR, attualmente per l’accesso al profilo di DSGA si fa riferimento alla tabella di equiparazione tra lauree del vecchio ordinamento, lauree specialistiche (di cui al DM 509/1999) e lauree magistrali  (di cui al DM 270/2004) allegata al DI 9 luglio 2009.

 

Dunque, occorre sopprimere le parole “e successive modificazioni”, perché l’adeguamento alle modifiche relative ai titoli di studio non è stato operato con modifiche contrattuali.

 

Per completezza si ricorda, infine, che l’art. 4, co. 70, della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012), aggiungendo il co. 5-bis nell’art. 19 del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2012-2013, alle istituzioni scolastiche con meno di 600 alunni – ridotti a 400 per le istituzioni site in piccole isole, comuni montani, aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche – non può essere assegnato, in via esclusiva, un posto di DSGA e che con decreto del Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale il posto è assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche.

Al riguardo, l’Atto di indirizzo per il rinnovo contrattuale 2016-2018, di cui prima si è detto, include fra gli obiettivi la ricerca di una soluzione organica per la disciplina del rapporto di lavoro dei DSGA su posti assegnati in comune ad una seconda istituzione scolastica, ferma restando la determinazione dei posti coerente con gli specifici interventi normativi in materia di dimensionamento della rete scolastica.

 

 

Articolo 1, comma 336
(Comandi di docenti e dirigenti scolastici)

 

Il comma 336 posticipa ulteriormente (dall’a.s. 2019/2020) all’a.s. 2020/2021 la soppressione delle disposizioni (art. 26, co. 8, secondo e terzo periodo, L. 448/1998) che prevedono la possibilità di collocare fuori ruolo docenti e dirigenti scolastici per assegnazioni presso enti che operano nel campo delle tossicodipendenze, della formazione e della ricerca educativa e didattica, nonché associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi.

 

A tal fine, novella l’art. 1, co. 330, della L. 190/2014.

 

L’art. 1, co. 330, della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015) aveva originariamente previsto la soppressione, a decorrere dall’a.s. 2016/2017, del secondo e del terzo periodo dell’art. 26, co. 8, della L. 448/1998, i quali – in base alle modifiche apportate, da ultimo, dall’art. 1, co. 57, lett. a) e b), della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) – dispongono che possono essere assegnati docenti e dirigenti scolastici:

§  fino a 100 unità presso gli enti e le associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti, iscritti negli albi regionali e provinciali di cui all’art. 116 del D.P.R. 309/1990;

§  fino a 50 unità presso associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi, nonché presso enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica.

Successivamente, l’art. 1, co. 223, della L. 208/2015, e in seguito l’art. 1, co. 618, della L. 232/2016, – novellando l’art. 1, co. 330, della L. 190/2014 – hanno posticipato, da ultimo all’a.s.  2019/2020, la soppressione delle disposizioni citate.

 

Per completezza, si ricorda che le assegnazioni in questione comportano il collocamento in posizione di fuori ruolo. Il periodo trascorso in tale posizione è valido a tutti gli effetti come servizio di istituto nella scuola. All'atto del rientro in ruolo i docenti e i dirigenti scolastici riacquistano la sede nella quale erano titolari al momento del collocamento fuori ruolo se il periodo di servizio prestato nella predetta posizione non è durato oltre un quinquennio. In caso di durata superiore, essi sono assegnati con priorità ad una sede disponibile da loro scelta.

Si rammenta, altresì, che il co. 9 dello stesso art. 26 dispone che le associazioni professionali del personale direttivo e docente e gli enti cooperativi da esse promossi, nonché gli enti e le istituzioni che svolgono, per loro finalità istituzionale, impegni nel campo della formazione possono chiedere contributi in sostituzione del personale assegnato, nel limite massimo delle economie di spesa realizzate per effetto della riduzione delle assegnazioni stesse. Le modalità attuative di tale disposto sono state definite con D.M. 100 del 31 marzo 2000.

Articolo 1, comma 337
(Incarichi di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle di assistenti amministrativi e tecnici)

 

Il comma 337 consente la prosecuzione fino al 31 agosto 2018 dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa già stipulati per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle degli assistenti amministrativi e tecnici (personale ATA).

 

La relazione tecnica al maxiemendamento presentato dal Governo al Senato evidenziava che si tratta di 772 unità ex LSU (addetti a lavori socialmente utili) – titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati all’inizio dell’a.s. 2017/2018 ai sensi del D.I. 20 aprile 2001, n. 66 – che operano presso le segreterie didattiche e amministrative delle scuole a fronte di 465,5 posti di personale ATA attualmente accantonati in organico di diritto[66].

Sottolineava, inoltre, che la disposizione si rende necessaria tenuto conto che, a seguito dell’art. 5, co. 1, lett. a), del d.lgs. 75/2017 – che ha introdotto il co. 5-bis nell’art. 7 del d.lgs. 165/2001 – è fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Ai sensi dell’art. 22, co. 8, del medesimo d.lgs. 75/2017, tale divieto si applica dal 1° gennaio 2018.

In base al medesimo art. 5, co. 1, lett. a), del d.lgs. 75/2017, i contratti posti in essere in violazione del divieto sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione dello stesso sono, altresì, responsabili ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. 165/2001 e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato.

 

Con riferimento ai lavoratori considerati dalla disposizione in commento, si ricorda che l’art. 78, co. 31, della L. 388/2000 (legge finanziaria 2001) aveva previsto che, ai fini della stabilizzazione dell’occupazione dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dovevano essere definite procedure di terziarizzazione.

È, pertanto, intervenuto il citato D.I. 20 aprile 2001, n. 66 che – visto anche quanto disposto dall’art. 8 della L. 124/1999 e dal D.I. 23 luglio 1999 (v. infra, scheda commi 338-343) – ha disposto che dal 1° luglio 2001 i Dirigenti scolastici che utilizzavano soggetti impegnati in attività socialmente utili riconducibili in parte a funzioni di assistente amministrativo o tecnico avrebbero affidato agli interessati, in possesso dei requisiti richiesti, incarichi di collaborazione coordinata e continuativa nell’ambito delle medesime funzioni, secondo le modalità indicate dall’art. 6, co. 2, del d.lgs. 81/2000 che, in particolare, prevede – rinviando al co. 3 dell'art. 10, del d.lgs. 468/1997 – il termine massimo di durata di 60 mesi.

 


 

Articolo 1, commi 338-343
(Proroga di termini e avvio di una procedura di stabilizzazione dei lavoratori che svolgono funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico in provincia di Palermo)

 

 

I commi 338-343 prevedono l’avvio di una procedura di stabilizzazione per i lavoratori in servizio titolari di contratti attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex art. 8 della L. 124/1999), e prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico.

Nelle more dell’espletamento della procedura, i rapporti convenzionali in essere sono prorogati (dal 31 dicembre 2017) al 30 agosto 2018.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 8 della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) già dipendente degli enti locali in servizio negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado.

Alla disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999.

In particolare, la premessa del D.I considerava:

§  che gli enti locali provvedevano al reclutamento di personale a tempo determinato (supplenti) che, pur non transitando nei ruoli statali, costituiva uno degli elementi necessari ad assicurare il servizio, il cui onere andava dunque assunto dallo Stato per effetto dell’art. 8 della L. 124/1999;

§  che in alcune realtà gli enti locali avevano assunto l'onere di fornitura di personale ATA alle scuole mediante la stipula di contratti di appalto;

§  che, conseguentemente, lo Stato, al fine di assicurare il servizio nelle scuole, doveva subentrare anche nelle funzioni precedentemente indicate (supplenti e contratti).

Per quanto qui maggiormente interessa, l’art. 9 del D.I. ha disposto il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli enti locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale erano state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell'assunzione di personale dipendente.

Ha, altresì, disposto che, ferma restando la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU e LPU in corso ai sensi delle leggi vigenti, lo Stato subentrava nelle convenzioni stipulate dagli enti locali con i soggetti imprenditoriali, comprese le cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti per lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA demandate per legge all'ente locale in sostituzione dello Stato.

 

Con riferimento ai lavoratori operanti nelle scuole della provincia di Palermo, l’art. 1, co. 745, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) ha, poi, autorizzato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a prorogare per l’anno 2014 i rapporti convenzionali in essere attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo. Ulteriori proroghe sono state previste dall’art. 6, co. 6-bis, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015 - fino al 31 dicembre 2015), dall’art. 1, co. 215, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016 - fino al 31 dicembre 2016) e, da ultimo, dall’art. 4, co. 5, del D.L. 244/2016  (L. 19/2017 - fino al 31 dicembre 2017). Quest’ultimo aveva, inoltre, prorogato al 31 dicembre 2017 anche il termine, previsto dall’art. 6, co. 6-ter, del D.L. 192/2014, per l’individuazione di soluzioni (solo) normative[67] ai problemi occupazionali connessi ai medesimi rapporti.

 

In particolare, si prevede ora che, per la stabilizzazione del personale attualmente in servizio nelle scuole a seguito dell’art. 8 della L. 124/1999 e dell’art. 9 del D.I. 23 luglio 1999, titolare di contratti di lavoro attivati dall’Ufficio scolastico di Palermo e prorogati ininterrottamente per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca avvia una apposita procedura selettiva per titoli e colloquio.

A tal fine, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, è pubblicato un bando – emanato con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo assenso del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministero dell’economia e delle finanze –, che definisce il numero di posti, nonché le modalità e i termini per la partecipazione alla selezione.

All’esito  della procedura selettiva, le assunzioni avvengono – anche a tempo parziale –, nel limite di spesa di € 3,5 mln per il 2018 e di € 8,7 mln annui dal 2019, e comunque nei limiti corrispondenti ai posti di organico di diritto accantonati[68].

 

I rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati a tempo pieno o incrementati nel numero delle ore, se non ove sussistano (evidentemente) “risorse certe e stabili”.

 

Conseguentemente, si prevede che il personale incluso negli elenchi allegati alla convenzione tra l’Ufficio scolastico regionale per la Sicilia e le cooperative sociali alla data del 24 febbraio 2014 che non rientri nelle assunzioni è iscritto in un apposito Albo dal quale gli enti locali possono attingere per nuove assunzioni di personale, nel rispetto dell’analisi del fabbisogno e della sostenibilità finanziaria.

 

Nelle more dell’espletamento della procedura di selezione, i rapporti convenzionali in essere sono prorogati (dal 31 dicembre 2017) al 30 agosto 2018. A tal fine, è autorizzata la spesa di € 12 mln per il 2018.

 

Si segnala che al comma 343 la locuzione corretta è “è prorogato” (e non “è differito”), in quanto presumibilmente il termine sul quale si interviene non sarà scaduto alla data di entrata in vigore della legge di bilancio.

 


 

Articolo 1, commi 344-346
(Scatti stipendiali dei professori universitari e del personale di ricerca non contrattualizzato dell’Istituto nazionale di astrofisica)

 

 

I commi 344-346 prevedono, a seguito delle modifiche apportate dal Senato, che, con decorrenza dalla classe stipendiale successiva a quella triennale in corso di maturazione al 31 dicembre 2017 – e, dunque, con effetto economico a decorrere dal 2020 –, il regime di progressione stipendiale per classi dei professori universitari, nonché del personale di ricerca non contrattualizzato in servizio presso l’Istituto nazionale di astrofisica (INAF), è trasformato da triennale in biennale.

Conseguentemente, dispongono un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) e del Fondo ordinario per gli enti di ricerca (FOE), a decorrere dal 2020.

 

Per i professori universitari – cui si riferisce il comma 344 – si ritornerà, così, alla cadenza previgente a quella introdotta con l’art. 8 della L. 240/2010 e conseguentemente disciplinata con il DPR 232/2011.

 

La relazione tecnica all’A.S. 2960 evidenziava che la disposizione interessa i circa 48.000 tra professori di I fascia, professori di II fascia e ricercatori a tempo indeterminato assunti secondo il regime previgente alla L. 240/2010 (v. scheda relativa al comma 347) e ancora in servizio presso le università statali.

 

In particolare, con riferimento ai professori e ricercatori già in servizio alla data di entrata in vigore della L. 240/2010, nonché ai vincitori di concorsi indetti fino alla medesima data, l’art. 2 del DPR 232/2011 ha trasformato la progressione biennale per classi e scatti di stipendio (di cui agli artt. 36, 38 e 39 del DPR 382/1980) in progressione triennale articolata per classi, secondo la tabella di corrispondenza di cui all’all. 1.

In base all’art. 3, il trattamento economico dei nuovi professori è stato articolato in una progressione triennale per classi secondo le tabelle di cui all’all. 2.

 

Si conferma, comunque – attraverso l’utilizzo dell’espressione “su base premiale” –, il meccanismo previsto dall’art. 6, co. 14, della L. 240/2010, secondo il quale lo scatto è attribuito a seguito di valutazione dell’impegno didattico, di ricerca e gestionale complessiva.

 

Sulla base di quanto disposto dal citato art. 8 della L. 240/2010, i medesimi artt. 2 e 3 del DPR 232/2011 hanno stabilito che l'attribuzione delle classi stipendiali successive (sia per i professori e ricercatori già in servizio, sia per i nuovi professori) è subordinata ad apposita richiesta e all'esito positivo della valutazione dell’impegno didattico, di ricerca e gestionale complessiva, da effettuarsi ai sensi di quanto previsto dall'art. 6, co. 14, della stessa L. 240/2010.

Nello specifico, l’art. 6, co. 14, della L. 240/2010 dispone che i professori e i ricercatori – unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale – devono presentare una relazione triennale sul complesso delle attività svolte (didattiche, di ricerca e gestionali). La valutazione dell’impegno didattico, di ricerca e gestionale complessiva ai fini dell’attribuzione dello scatto è di competenza delle università, secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto può essere rinnovata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico. In caso di mancata attribuzione dello scatto, la somma corrispondente è conferita al Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori di cui all’art. 9.

 

Inoltre, la disposizione in esame prevede che si utilizzano gli stessi importi definiti per ciascuna classe stipendiale dal DPR 232/2011.

Dispone, altresì, che, nel caso di mancata attribuzione della classe, la somma corrispondente resta nelle disponibilità dell’ateneo.

 

Al fine di evitare dubbi interpretativi, occorrerebbe chiarire se le somme non corrisposte devono comunque essere conferite al Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori, come prevede attualmente l'art. 6, co. 14, della L. 240/2010.

Inoltre, si segnala l’opportunità di disporre l’abrogazione esplicita delle disposizioni superate dalla nuova disciplina e, al contempo, di integrare il testo con una nuova tabella di articolazione delle classi biennali di progressione economica .

 

Conseguentemente, il comma 345 dispone che il FFO è incrementato di € 80 mln per il 2020, € 120 mln per il 2021, ed € 150 mln annui dal 2022.

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 9, co. 21, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010) ha disposto il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo (previsti dall’art. 24 della L. 448/1998[69]) nei confronti del personale non contrattualizzato in regime di diritto pubblico (professori e ricercatori universitari, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, dirigenti dei corpi di polizia e delle forze armate).

In particolare, per il richiamato personale tali meccanismi sono stati sospesi per il triennio 2011-2013, ancorché a titolo di acconto ed escludendo successivi recuperi. Inoltre, per il medesimo personale che fruisse di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, il triennio 2011-2013 non è stato considerato utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Infine, è stato previsto che le progressioni di carriera (comunque denominate) eventualmente disposte nello stesso lasso temporale avessero effetto ai soli fini giuridici.

Successivamente, l'art. 16, co. 1, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha rimesso a un regolamento di delegificazione la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni limitative della crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni.

In attuazione, è stato emanato il DPR 122/2013, con il quale sono state prorogate a tutto il 2014 varie misure di contenimento delle spese di personale previste dall'art. 9 del D.L. 78/2010, fra le quali quelle relative al blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo, delle classi e degli scatti di stipendio, nonché alle progressioni di carriera, comunque denominate, del personale non contrattualizzato e in regime di diritto pubblico (ad esclusione dei magistrati).

Infine, l’art. 1, co. 256, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) ha stabilito la proroga fino al 31 dicembre 2015 del blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e della previsione per cui l’anno in questione non era utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio, per il personale non contrattualizzato in regime di diritto pubblico (sempre ad esclusione dei magistrati).

 

In materia, rispondendo nell’Assemblea della Camera, il 10 giugno 2016, all’interpellanza urgente 2-01374, il rappresentante del Governo ha ricordato che “i docenti universitari, a differenza dei dipendenti pubblici contrattualizzati, i cui trattamenti, nel triennio 2011-2013, sono rimasti totalmente bloccati, sono stati destinatari nel medesimo periodo degli incentivi una tantum, da attribuirsi secondo criteri di merito accademico e scientifico, previsti dai decreti ministeriali adottati in attuazione dell'articolo 29, comma 19, della legge n. 240 del 2010[70]”.

 

Il comma 346 dispone, sostanzialmente confermando quanto già possibile in base alla legislazione vigente, che le disposizioni del comma 344 si applicano anche al personale di ricerca non contrattualizzato in servizio presso l’Istituto nazionale di astrofisica (INAF), in virtù dell’equiparazione del relativo stato giuridico (ed economico) a quello dei professori universitari.

 

Al riguardo, si ricorda preliminarmente che l’art. 39, primo comma, del DPR 163/1982, recante riordino degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, ha disposto che al personale di ricerca ordinario, straordinario e associato degli osservatori sono attribuiti il trattamento e la progressione economica e il trattamento di quiescenza e previdenza previsti per il regime a tempo pieno rispettivamente dei professori universitari straordinari e ordinari e dei professori associati. Ai ricercatori astronomi e geofisici sono attribuiti il trattamento e la progressione economica e il trattamento di quiescenza e previdenza dei ricercatori universitari.

A sua volta, l’art. 40, primo comma, ha disposto che agli astronomi e ai geofisici ordinari ed associati degli osservatori si applicano le corrispondenti norme di stato giuridico previste per i professori universitari ordinari ed associati; ai ricercatori astronomi e geofisici si applicano le norme di stato giuridico previste per i ricercatori universitari.

Successivamente, l’art. 11, co. 2[71], del d.lgs. 296/1999, recante istituzione dell'Istituto nazionale di astrofisica – INAF, ha disposto che la dotazione iniziale dell’INAF è costituita dall’insieme degli organici degli osservatori astronomici e astrofisici. A sua volta, il co. 4 ha confermato che lo stato giuridico e il trattamento economico del personale di ricerca dell’Istituto restava disciplinato dal DPR 163/1982.

Da ultimo, l’art. 19, co. 1, del d.lgs. 138/2003, con il quale si è proceduto al riordino dello stesso INAF, ha disposto che il personale di ricerca in servizio alla data della sua entrata in vigore manteneva il vigente stato giuridico ed economico (salva la facoltà di optare per l’applicazione del contratto nazionale degli enti di ricerca). Il co. 3 dello stesso art. 19 ha invece disposto che il trattamento giuridico ed economico del personale dell’INAF assunto successivamente è disciplinato secondo la normativa prevista per gli enti di ricerca (e, dunque, secondo il relativo CCNL)[72].

 

Sembrerebbe opportuno richiamare nel testo anche l’equiparazione del trattamento e della progressione economica, facendo riferimento, dunque, anche all’art. 39 del DPR 163/1982. Al contempo, si segnala che il riferimento corretto è all’art. 11, co. 4 (e non 1) del D.lgs. 296/1999.

 

Conseguentemente, lo stesso comma 346 prevede che il Fondo ordinario per gli enti di ricerca (FOE) (art. 7, d.lgs. 204/1998) è incrementato di € 350.000 annui dal 2020.

Nell’ambito dei decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca con i quali annualmente si procede al riparto del FOE, tale incremento è assegnato interamente alla dotazione ordinaria dell’INAF.

Al riguardo, si ricorda che i contributi ai 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR sono determinati come somma di assegnazioni ordinarie e contributi straordinari.

 


 

Articolo 1, comma 347
(Assunzione di nuovi ricercatori nelle università e negli enti di ricerca)

 

 

Il comma 347 reca un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) di € 12 mln per il 2018 e di € 76,5 mln annui dal 2019, nonché del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE) di € 2 mln per il 2018 e di € 13,5 mln annui dal 2019, finalizzato all’assunzione di ricercatori, rispettivamente, nelle università e negli enti di ricerca vigilati dal MIUR.

 

Si ripropone, così, un intervento disposto con la legge di stabilità 2016, ma non presente, invece, nella legge di bilancio 2017.

 

In particolare, disposizioni analoghe, finalizzate all’assunzione di ricercatori nelle università e negli enti di ricerca, erano contenute nell’art. 1, co. 247 e ss., della L. 208/2015, che aveva disposto un incremento del FFO di € 47 mln per il 2016 e di € 50,5 mln dal 2017, e del FOE di € 8 mln per il 2016 e di € 9,5 mln dal 2017.

Sono conseguentemente intervenuti, per le università, il DM 18 febbraio 2016, n. 78 – che ha previsto 861 assunzioni – e, per gli enti di ricerca, il DM 26 febbraio 2016, n. 105, che ha previsto 251 assunzioni.

 

La relazione tecnica all’A.S. 2960 evidenziava che con le risorse ora stanziate si prevede il reclutamento di circa 1.600 ricercatori, di cui circa 1.300 presso le università e circa 300 presso gli enti di ricerca vigilati dal MIUR.

 

Con riferimento alle università, l’incremento del FFO è finalizzato - come già per il 2016 – all’assunzione di ricercatori a tempo determinato di tipo B (art. 24, co. 3, lett. b), L. 240/2010) e al loro, eventuale, consolidamento nella posizione di professore associato.

 

L’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato[73].

La prima (lett. a) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A).

La seconda (lett. b) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla legge di bilancio 2017 , riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, o sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

 

Come già previsto nella legge di stabilità 2016, l’assegnazione delle risorse alle singole università e agli enti di ricerca vigilati dal MIUR sarà effettuata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, tenendo conto, per le università, dei risultati della valutazione della qualità della ricerca (VQR) e, per gli enti di ricerca, degli stessi criteri con i quali viene ripartito il FOE.

La finalità dichiarata è quella di valorizzare la qualità dei livelli di ricerca delle diverse aree disciplinari e di individuare specifiche aree strategiche della ricerca scientifica e tecnologica.

 

La VQR alla quale si farà riferimento per l’assegnazione delle risorse alle università è quella relativa al periodo 2011-2014, il cui rapporto finale è stato presentato dall'ANVUR nel febbraio 2017.

 

I criteri per la ripartizione del FOE ai quali si farà riferimento per l’assegnazione delle risorse agli enti di ricerca sono quelli definiti, da ultimo, dal d.lgs. 218/2016, che – abrogando le disposizioni previgenti recate dall’art. 4 del d.lgs. 213/2009 – ha dettato la nuova disciplina, applicabile a decorrere dal riparto 2017.

In particolare, l’art. 5 del d.lgs. 218/2016 ha previsto che la ripartizione del FOE è effettuata sulla base della programmazione strategica preventiva di cui all’art. 5 del d.lgs. 213/2009[74], nonché tenendo conto della VQR.

Il riparto del FOE per il 2017 è stato operato con DM 8 agosto 2017, n. 608.

 

La quota delle risorse eventualmente non utilizzata per le finalità previste rimane a disposizione, nel medesimo esercizio finanziario, per le altre finalità del FFO e del FOE.

 

 

 


 

Articolo 1, commi 364-367 e 455
(Stabilizzazione del personale degli enti pubblici di ricerca,
del CREA e dell’INAPP)

 

I commi 364-367 e 455, introdotti nel corso dell’esame al Senato, istituiscono un apposito fondo per la stabilizzazione dei ricercatori e dei tecnologi in servizio presso gli enti pubblici di ricerca. Allo stesso tempo, autorizzano specifiche spese per la stabilizzazione del personale precario del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA) e dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP).

 

In particolare, per la stabilizzazione dei ricercatori e dei tecnologi in servizio presso gli enti pubblici di ricerca elencati all'articolo 1 del D.Lgs. 218/2016[75], fatta eccezione per il CREA e per l’INAPP (per i quali si applicano, rispettivamente, le disposizioni dei successivi commi 372 e 460), viene costituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo, al quale sono destinati 10 milioni di euro per il 2018 e 50 milioni di euro a decorrere dal 2019 (comma 364).

A copertura di tali somme, viene ridotta l'autorizzazione di spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato nelle amministrazioni dello Stato, di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della L. 232/2016[76].

Il percorso di stabilizzazione del personale in servizio presso gli enti pubblici di ricerca deve essere graduale e rispettare le norme per il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 20 del D.Lgs. 75/2017.

 

Ad uno specifico D.P.C.M. (da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame) è demandata la determinazione dei criteri per la ripartizione delle risorse assegnate al richiamato fondo, nonché l’individuazione degli enti beneficiari (comma 365).

Gli enti beneficiari del finanziamento sono inoltre tenuti a destinare alla stabilizzazione dei loro ricercatori e tecnologi risorse proprie, aventi carattere di certezza e stabilità, in misura pari ad almeno il 50% del contributo ricevuto (comma 366).

 

Il successivo comma 367 reca specifiche disposizioni per il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA)[77], al quale si applicano le misure per il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni dettate dall'articolo 20 del D.Lgs. 75/2017.

Per la realizzazione del Piano di stabilizzazione del personale precario del CREA si provvede quindi con le seguenti autorizzazioni di spesa: 10 milioni di euro per l'anno 2018; 15 milioni di euro per l'anno 2019 e 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2020.

 

Infine, il comma 455 prevede un incremento dei trasferimenti statali in favore dell'INAPP (ex ISFOL)[78] per il superamento del precariato. La disposizione, in particolare, prevede uno stanziamento a favore dell’INAPP pari a 3 milioni di euro per il 2018, 6 milioni per il 2019 e 9 milioni annui a decorrere dal 2020, al fine di superare il precariato e di valorizzare la professionalità acquisita dal personale a tempo determinato dell’Istituto, impiegato in funzioni connesse con l'analisi, il monitoraggio e la valutazione delle politiche pubbliche. A tal fine, la norma fa riferimento ai criteri ed alle procedure di stabilizzazione di dipendenti a termine da parte di pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 20, comma 1, del D.Lgs. 75/2017.

 

La stabilizzazione dei cd. precari della P.A.

Il D.Lgs. 75/2017, nel quadro della più ampia delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche di cui alla L. 124/2015 all'articolo 20, al fine di ridurre il precariato nella P.A., contiene disposizioni per la stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni, sia attraverso una specifica procedura di stabilizzazione, sia attraverso il bando di specifici concorsi riservati.

Per quanto riguarda l'articolo 20, esso consente alle amministrazioni pubbliche, nel triennio 2018-2020, di assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale con specifici requisiti, al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato.

Più specificamente, si prevede, nel triennio 2018-2020, la facoltà, per le amministrazioni, di procedere alla stabilizzazione (in accordo con il nuovo piano triennale dei fabbisogni individuato dal precedente articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria) del personale non dirigenziale che al 22 giugno 2017 possegga tutti i seguenti requisiti:

·      sia in servizio con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione;

·      sia stato già selezionato dalla stessa amministrazione con procedure concorsuali;

·      abbia maturato alle dipendenze dell'amministrazione che assume almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni.

Allo stesso tempo, le amministrazioni interessate possono bandire (nello stesso triennio 2018-2020) specifiche procedure concorsuali (nel rispetto del nuovo piano triennale dei fabbisogni individuato dal precedente articolo 6, comma 2, e con l'indicazione della relativa copertura finanziaria), riservati, in misura non superiore al 50% dei posti disponibili, per l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale che alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame possegga tutti i seguenti requisiti:

·      sia in servizio con contratti di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

·      abbia maturato alle dipendenze dell'amministrazione che assume almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 8 anni.

Non possono essere stabilizzate e non rientrano nei concorsi riservati le attività attinenti ai servizi prestati negli uffici di diretta collaborazione né quelli prestati in virtù di contratti (stipulati negli enti locali) a tempo determinato relativi agli uffici di supporto degli organi politici e degli incarichi a contratto.

Infine, le amministrazioni interessate dalla stabilizzazione e dai concorsi riservati non possono instaurare ulteriori rapporti di lavoro flessibile (di cui all'articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010), per le professionalità interessate, fino al termine delle richiamate procedure, mentre hanno facoltà di prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro flessibile con i partecipanti alle procedure richiamate fino alla loro conclusione, nei limiti delle risorse disponibili (sempre ai sensi dell'articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010).

 


 

Articolo 1, commi 370-374
(Pubblico impiego: risorse per la contrattazione collettiva nazionale e per i miglioramenti economici)

 

I commi da 370 a 374 determinano gli oneri complessivi a carico del bilancio dello Stato, derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2016-2018 per il pubblico impiego.

In breve, approntano le misure finanziarie per rendere operativo uno 'sblocco' della contrattazione e retributivo. 

Confermano che, per le pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato, gli oneri in oggetto sono a carico dei bilanci delle medesime

 

Il comma 370 destina alla copertura degli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale nelle amministrazioni pubbliche ed ai miglioramenti economici del personale dipendente delle amministrazioni pubbliche in regime di diritto pubblico[79], le seguenti risorse:

§   300 milioni per il 2016;

§   900 milioni per il 2017;  

§   2.850 milioni dal 2018.

Tali complessive somme annuali corrispondono - si legge nella relazione tecnica - ad incrementi retributivi rispettivamente pari a: 0,36 per cento per il 2016; 1,09 per cento per il 2017; 3,48 per cento per il 2018 (assumendo come termine di raffronto l'ammontare retributivo dato dal trattamento economico principale ed accessorio per il 2015, al netto dell'indennità di vacanza contrattuale).

Nella percentuale sopra ricordata per il 2018, ricade pertanto l'attribuzione di aumenti medi mensili di 85 euro lordi, secondo l'accordo stipulato dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione con le Organizzazioni sindacali il 30 novembre 2016.

 

Il comma 371 specifica che gli importi complessivi sopra indicati per ciascun anno del triennio 2016-2018 siano da intendersi comprensivi degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

Quei medesimi importi complessivi concorrono a costituire l'importo complessivo massimo destinato al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico.

 

Il comma 372 dispone che siano posti a carico dei bilanci delle amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018 per il personale loro dipendente nonché gli oneri per la corresponsione dei miglioramenti economici a professori e ricercatori universitari.

Tale previsione vale anche per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, aggiunge il comma 373.

 

Il comma 374 reca previsione contabile, ai fini del trasferimento dei residui passivi destinati alla contrattazione collettiva nazionale nelle pubbliche amministrazioni a carico del bilancio dello Stato nonché destinati ai miglioramenti economici del personale dipendenti pubblico non 'contrattualizzato'.

Tali residui sono acquisiti - onde utilizzarli ai fini della stipula definitiva del contratto collettivo nazionale di comparto - all'entrata di bilancio nell'anno in cui ne è prevista l'erogazione.

Sono indi iscritti allo stato di previsione del ministero interessato, "per il pagamento degli arretrati contrattuali".

 

Un 'blocco' economico della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti fu disposto dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" (come convertito dalla legge n. 122 del 2010).

Esso previde che non si desse luogo (senza possibilità di recupero delle componenti retributive) alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012. E 'congelò' (per il triennio 2011-13) al trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti pubblici (compreso il trattamento accessorio, fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale), con inapplicabilità dei meccanismi di progressione stipendiale.

Proroga al 31 dicembre 2014 fu indi disposta dal d.P.R. n. 122 del 2013 (era un regolamento governativo, per effetto dell'autorizzazione posta dall'articolo 16, comma 1 del decreto-legge n. 98 del 2011 - come convertito dalla legge n. 111 del 2011 - recante "Misure urgenti per la stabilizzazione della finanza pubblica").

Una ulteriore proroga al 31 dicembre 2015 del blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego si ebbe con l'articolo 1, commi 254-256 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015).

La prospettiva di rinnovi contrattuali nel pubblico impiego riemerse - dietro 'impulso' della sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015 - con l'articolo 1, comma 466 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), che a tal fine quantificava in 300 milioni annui dal 2016 (per il triennio 2016-2018) gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio statale pluriennale.

La successiva legge di bilancio 2017 (ossia la legge n. 232 del 2016, all'articolo 1, comma 368) ha istituito un Fondo (con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro a decorrere dal 2018) con alcune finalità, tra cui il finanziamento della contrattazione collettiva nel pubblico impiego relativa al triennio 2016-2018 ed il miglioramento economico del personale non 'contrattualizzato'.

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 378
(Lavoratori socialmente utili)

 

Il comma 378 dispone un incremento di 50 milioni di euro annui per il biennio 2018-2019 della dotazione del Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili, da destinarsi interamente ai lavori socialmente utili ulteriori rispetto a quelli già compresi tra le finalità cui il suddetto Fondo è destinato.

 

Il comma 378, dispone un incremento di 50 milioni di euro annui per il biennio 2018-2019 della dotazione del Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili (istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze dalla legge di stabilità 2015), da destinarsi interamente ai lavori socialmente utili ulteriori rispetto a quelli già compresi tra le finalità cui il suddetto Fondo è destinato, lasciando inalterata la dotazione, pari a 100 milioni di euro, prevista a decorrere dal 2020 (non più dal 2018).

Conseguentemente, all’elenco allegato alla richiamata legge di stabilità 2015, contenente le finalità cui il Fondo è destinato, viene aggiunta la voce “Altri lavori socialmente utili” con un importo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019.

Il richiamato Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili è stato istituito dall’art. 1, c. 199, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (cap. 3073), con una dotazione di 110 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e di 100 milioni di euro a decorrere dal 2018. Il fondo è diretto a finanziare determinate finalità (elencate in un allegato alla legge[80]) e la quantificazione dell'importo destinato a ciascuna finalità è determinato con D.P.C.M.[81], adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Quanto alle risorse per il 2017, si ricorda che il D.P.C.M. 8 giugno 2017 ha destinato 80 milioni di euro per l'erogazione di contributi straordinari alla Città metropolitana di Napoli e al Comune di Napoli e al Comune di Palermo, per l'attuazione di politiche attive finalizzate alla stabilizzazione occupazionale dei lavoratori impiegati in attività socialmente utili; nell'ambito della suddetta assegnazione complessiva, è destinata alla città metropolitana di Napoli e al comune di Napoli la somma complessiva di 55 milioni di euro e al comune di Palermo la somma di 25 milioni di euro.

Il Fondo è stato oggetto di successive rimodulazioni; da ultimo, l’art. 10, c. 1-bis, del D.L. 91/17 ne ha disposto una riduzione di 7 milioni di euro per il 2017 ai fini della copertura dell’onere finanziario derivante dall'estensione dell’indennità giornaliera per i lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima in relazione ai periodi di sospensione dell'attività.

 

 


 

Articolo 1, comma 381
(Riduzione sgravio contributivo per le imprese armatrici)

 

 

Il comma 381 prevede, dal 2018, la riduzione dello sgravio contributivo per le imprese armatrici con riferimento al personale componente gli equipaggi.

 

Più precisamente, si prevede una riduzione dal 2018 dello sgravio contributivo totale previsto per le imprese armatoriali e per il loro personale dipendente imbarcato (di cui all’articolo 6 del D.L. n. 457/1997), stabilendo che, a decorrere dal 2018, venga corrisposto nel limite del 45,07%.

Si fa presente che un’analoga disposizione è contenuta nell’articolo 1, comma 431, della L. 232/2016, che, ultima di una serie di interventi in materia, ha disposto la riduzione del richiamato sgravio, per il 2017, nella misura 48,7%.

 

L’articolo 6 del D.L. 457/1997 ha stabilito la concessione, alle imprese armatoriali, per le navi iscritte al Registro internazionale, di un esonero totale dagli oneri contributivi (sia gli oneri previdenziali ed assistenziali direttamente a carico dell'impresa, sia la parte che le stesse imprese versano per conto del lavoratore dipendente) per il personale italiano o comunitario imbarcato a decorrere dal 1° gennaio 1998. L’esonero opera anche nei confronti del richiamato personale. Allo stesso tempo, è stata disposta la concessione (a determinate condizioni), alle stesse imprese, di un contributo pari all'importo complessivo delle ritenute a titolo di acconto operate nel 1997 nei confronti della gente di mare, nel rispetto di specifici limiti.

Merita ricordare che negli ultimi anni una serie di provvedimenti hanno rideterminato, riducendolo progressivamente, il richiamato sgravio, ampliandone contestualmente l’ambito oggettivo di applicazione.

In particolare, l’articolo 2, comma 2, della L. 203/2008 aveva esteso, dal 2009 (e comunque nel limite dell’80%) il beneficio richiamato alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari (estendendo alle stesse anche il credito d’imposta in misura corrispondente all'I.R.P.E.F. dovuta sui redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo corrisposti al personale di bordo imbarcato sulle navi iscritte nel Registro internazionale, da valere ai fini del versamento delle ritenute alla fonte relative a tali redditi, di cui all’articolo 4 dello stesso D.L. 457/1997). Successivamente, l’articolo 4, comma 55, della L. 183/2011 aveva ulteriormente diminuito lo sgravio (nella misura del 60% per il 2012 e del 70% dal 2013). Con l’articolo 1, comma 74, della L. 228/2012, era stata disposta la corresponsione dello sgravio nel limite del 63,2% per il biennio 2013-2014, del 57,5% per il 2015 e del 50,3% a decorrere dal 2016. Da ultimo, l’articolo 1, comma 431, della L. 232/2016 ha – come detto - ulteriormente ridotto lo sgravio al 48,7% per il 2017.

 

 


 

Articolo 1, comma 441-448 e 451-452
(Personale dei centri per l'impiego e dell'ANPAL
e norme in materia di mercato del lavoro)

 

 

I commi 441, 443 e 451 prevedono il trasferimento alla regione - o all'agenzia o ente regionale costituito per la gestione dei servizi per l'impiego - di alcuni dipendenti o collaboratori già in servizio presso i centri per l'impiego. Il comma 444 disciplina la possibilità di stabilizzazione, presso la regione o agenzia o ente regionale suddetto, ai fini dello svolgimento delle funzioni in materia di politiche attive del lavoro, o presso l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), dei lavoratori dipendenti a termine operanti nel medesimo settore. I commi 442, 445 e 452 recano gli stanziamenti per l'attuazione dei commi summenzionati e disciplinano la procedura per i trasferimenti delle risorse finanziarie alle regioni. Con l'inserimento, nel corso dell’esame al Senato, dei commi da 446 a 448 vengono introdotte alcune norme in materia di comunicazione di dati tra soggetti pubblici e privati operanti nel settore del mercato del lavoro.

 

 

Il comma 441 prevede che il personale delle città metropolitane e delle province, già collocato in soprannumero (rispetto alla dotazione organica delle stesse[82]), con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed in servizio presso i centri per l'impiego, sia trasferito alla regione - o all'agenzia o ente regionale costituito per la gestione dei servizi per l'impiego - (con esclusione dei dipendenti già collocati a riposo alla data di entrata in vigore della presente legge). A tal fine, i trasferimenti alle regioni a statuto ordinario sono incrementati di 235 milioni di euro annui, a decorrere dal 2018 (comma 442), con la corrispondente riduzione, nella misura di 15 milioni annui, delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione preordinate per agevolazioni contributive inerenti a progetti di riduzione dell'orario di lavoro. Il suddetto importo di 235 milioni non viene computato nella spesa per il personale, nell'àmbito della verifica del rispetto delle norme sul patto di stabilità interno (comma 441).

Il trasferimento del personale in esame è disposto in deroga ai limiti sulle assunzioni contemplati dalla normativa e non è considerato ai fini del calcolo dei medesimi limiti (commi 441 e 451).

Il comma 442 prevede che la regione, ovvero l'agenzia o ente regionale costituito per la gestione dei servizi per l'impiego, succeda alla città metropolitana o alla provincia nei rapporti di lavoro a tempo determinato o di collaborazione coordinata e continuativa in essere (alla data di entrata in vigore della presente legge) per lo svolgimento dei medesimi servizi. Anche tale subentro è disposto in deroga ai limiti sulle assunzioni contemplati dalla normativa e non è considerato ai fini del calcolo dei medesimi limiti (comma 451).

Ai sensi del comma 444, la regione, ovvero l'agenzia o ente regionale suddetto, e l'ANPAL possono stabilizzare, ai fini dello svolgimento delle funzioni in materia di politiche attive del lavoro, i lavoratori dipendenti a termine operanti nel medesimo settore, in deroga ai limiti sulle assunzioni contemplati dalla normativa. La stabilizzazione è operata secondo la disciplina di cui all'art. 20 del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 (relativo alle procedure di stabilizzazione presso pubbliche amministrazioni nel triennio 2018-2020).

Ai fini di cui ai commi 443 e 444, a decorrere dal 2018, i trasferimenti alle regioni a statuto ordinario sono incrementati di 16 milioni di euro annui, mentre i trasferimenti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'ANPAL sono incrementati di 2,81 milioni annui (comma 445). Il suddetto incremento relativo alle regioni a statuto ordinario non viene computato nella spesa per il personale, nell'àmbito della verifica del rispetto delle norme sul patto di stabilità interno (comma 444).

Il comma 452 prevede che i trasferimenti alle regioni alle regioni a statuto ordinario di cui ai commi 442 e 445 siano determinati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

I commi da 446 a 448 introducono alcune norme in materia di comunicazione di dati tra soggetti pubblici e privati operanti nel settore del mercato del lavoro. In particolare, si prevede che:

§  l'ANPAL comunichi, secondo le modalità di cui al comma 448, alle agenzie per il lavoro i dati relativi alle persone in stato di disoccupazione o a rischio di disoccupazione[83], al fine di favorirne la ricollocazione nel mercato del lavoro e di garantire una maggiore efficacia dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro;

§  l'INPS comunichi all'ANPAL i dati delle persone appartenenti a nuclei familiari in condizione di povertà beneficiari del Reddito di inclusione (ReI), di cui al D.Lgs. 15 settembre 2017, n. 147, al fine di consentire l'avvio di iniziative per la ricollocazione in percorsi lavorativi o di istruzione e formazione.

Riguardo al ReI, cfr. sub commi 107-114.

 

 


 

Articolo 1, commi 496-497
(Proroga delle agevolazioni per le assunzioni
a tempo indeterminato nel Mezzogiorno)

 

I commi 496-497, modificati nel corso dell’esame al Senato, prevedono la possibilità, per specifiche regioni, di introdurre misure complementari volte all’assunzione di giovani entro i 35 anni di età (o con più di 35 anni a condizione che non abbiano un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi), in particolare estendendo nel 2018 l’esonero contributivo disposto per la generalità dei neo assunti dal precedente comma 50, sia riguardo alla percentuale dello sgravio contributivo, sia riguardo alla sua entità economica (comunque entro il limite massimo di 8.060 euro annui). 

 

Più specificamente, si prevede la possibilità, per i programmi operativi nazionali cofinanziati dal Fondo sociale europeo ed i Programmi Operativi Complementari, di introdurre (nell’ambito specifici obiettivi previsti dalla relativa programmazione) misure complementari volte all’assunzione di giovani entro i 35 anni di età, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, o con più di 35 anni a condizione che non abbiano un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi (comma 496).

 

In particolare, si dispone l’estensione (oltre alla decontribuzione per i neo assunti prevista dal precedente comma 50, alla cui scheda si rimanda) fino al 100% dell'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nell'anno 2018, nel limiti annuali di importo previsti dalle richiamate misure per ogni neo assunto nelle richiamate regioni.

L’esonero contributivo di cui al periodo precedente si applica anche ai neo assunti con età superiore a 35 anni privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.

In ogni caso, secondo quanto specificato con una modifica apportata al Senato, l’importo dell’esonero non deve comunque superare il limite massimo di 8.060 euro annui, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 118, della L. 190/2014[84].

Inoltre, tali assunzioni operando in deroga a quanto previsto dal precedente comma 63, possono riguardare anche assunzioni per lavoro domestico e in apprendistato.

Per i richiamati fini sono adottate, con le rispettive procedure previste dalla normativa vigente, le occorrenti azioni di rimodulazione dei programmi interessati (comma 497).

 

Gli sgravi contributivi per nuove assunzioni nella L. 190/2014 (Stabilità 2015), L. 208/2015 (Stabilità 2016) e L. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017).

L'articolo 1, comma 118, della L. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) ha introdotto uno sgravio contributivo per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato.

Lo sgravio riguarda i contratti a tempo indeterminato relativi a nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015 e consiste nell'esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, per un periodo massimo di trentasei mesi.

Il beneficio non è riconosciuto:

·      nel settore agricolo, per i contratti di apprendistato e nel settore del lavoro domestico;

·      per le assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;

·      con riferimento a lavoratori per i quali il beneficio sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato;

·      in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro (considerando anche le società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto) hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della disposizione in oggetto.

Il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente.

 

Successivamente, l'articolo 1, commi da 178 a 181, della L. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016) ha previsto, per il settore privato, la proroga dello sgravio contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato relativi alle assunzioni effettuate nel corso del 2016 consistente nell'esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su base annua, per un massimo di 24 mesi. Particolari disposizioni concernono il settore agricolo (commi 179 e 180).

Il beneficio per le assunzioni effettuate nel 2016 (così come già previsto per quelle effettuate nel 2015) non è riconosciuto per i contratti di apprendistato e di lavoro domestico; per le assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro; ai lavoratori per i quali il beneficio (ovvero quello per le assunzioni relative al 2015) sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato; per i lavoratori con i quali i datori di lavoro (considerando anche le società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto) abbiano comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei 3 mesi precedenti il 1° gennaio 2016.

Il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previsti dalla normativa vigente. Ai fini della misura del trattamento pensionistico si applicano gli ordinari criteri di calcolo. Il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le assunzioni nel 2015) non è subordinato ad un meccanismo di ordine cronologico di presentazione delle domande e di connessa verifica di sussistenza di risorse residue.

Inoltre, si prevede che, nel caso di subentro nella fornitura di servizi in appalto, il datore di lavoro subentrante che assuma, ancorché in attuazione di un obbligo stabilito da disposizioni di legge o della contrattazione collettiva, un lavoratore per il quale il datore di lavoro cessante fruisca dello sgravio contributivo, preserva il diritto alla fruizione dello sgravio medesimo, nei limiti della durata e della misura che residui (considerando, a tal fine, anche il rapporto di lavoro con il datore cessante).

Nell'ambito delle misure riferite al Mezzogiorno, i commi 109 e 110 dell’articolo della medesima L. 208/2015 hanno esteso alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 il richiamato esonero contributivo ai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L'estensione dell'incentivo è tuttavia condizionata alla ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione (PAC), non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, da effettuarsi (con decreto interministeriale) entro il 31 marzo 2016. È prevista una maggiorazione della percentuale di decontribuzione per l'assunzione di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.

 

Da ultimo in materia è intervenuta la L. 232/2016.

In particolare, l'articolo 1, commi da 308 a 313, ha disposto, per il solo settore privato, uno sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, anche in apprendistato, effettuate dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018.

Il beneficio contributivo spetta, a domanda ed entro specifici limiti di spesa, entro 6 mesi dall'acquisizione del titolo di studio, per l'assunzione di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore di lavoro attività di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato. Lo sgravio contributivo consiste nell'esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL), nel limite massimo di 3.250 euro su base annua e per un periodo massimo di 36 mesi.

Sempre in materia di apprendistato, sono stati previsti ulteriori finanziamenti per la proroga (fino al 31 dicembre 2017) dei benefici contributivi per le assunzioni e per i percorsi formativi in alternanza scuola-lavoro (27 milioni di euro) (articolo1, comma 240 lettera b), della L. 232/2016).

Infine, il successivo comma 344, ha riconosciuto un esonero contributivo ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali, con età inferiore a 40 anni, le cui aziende siano ubicate nei territori montani e nelle aree agricole svantaggiate. L'esonero è riconosciuto (nei limiti delle norme europee sugli aiuti de minimis) per un periodo massimo di 36 mesi, decorsi i quali viene riconosciuto in una percentuale minore per ulteriori complessivi 24 mesi (nel limite del 66% per i successivi 12 mesi e nel limite del 50% per ulteriori 12 mesi.

 

 


 

Articolo 1, commi 627 e 628
(Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali e copertura oneri per la costituzione dei fondi di previdenza complementare per i dipendenti pubblici)

 

I commi 627 e 628, introdotti nel corso dell’esame al Senato, forniscono parte della copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai commi da 82 a 89 (concernenti l’adeguamento dei requisiti pensionistici agli incrementi della speranza di vita) intervenendo sul Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive e sull'autorizzazione di spesa destinata alla copertura degli oneri per la costituzione dei fondi di previdenza complementare per i dipendenti pubblici.

 

Il comma 627 ridetermina il Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive (di cui all'articolo 1, comma 107, della L. 190/2014), riducendolo di 2,4 milioni di curo per il 2018, di 65 milioni di euro per i 2019, di 48,6 milioni di curo per il 2020, di 66,5 milioni di curo per i 2021, di 88,1 milioni di curo per il 2022, di 82 milioni di euro per il 2023 e di 75,5 milioni di curo annui a decorrere dal 2024.

 

L’articolo 1, comma 107, della L. 190/2014, ha stanziato risorse per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183 (di riforma del mercato del lavoro, cd. jobs act), istituendo a tal fine il richiamato Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione di 2,2 miliardi di euro annui per il biennio 2015-2016 e 2 miliardi di euro a decorrere dal 2017. Più specificamente, tale Fondo è stato istituito per fare fronte agli oneri derivanti dall’attuazione dei provvedimenti normativi di riforma degli ammortizzatori sociali (compresi gli ammortizzatori sociali in deroga), dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di quelli in materia di riordino dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, nonché per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, al fine di consentire la relativa riduzione di oneri diretti e indiretti.

Il successivo comma 108 ha disposto che a quota parte degli oneri derivanti dal precedente comma si provveda: quanto a 67,4 milioni per il 2015 mediante l’utilizzo dei fondi di parte corrente iscritti nei singoli stati di previsione dei Ministeri (ad esclusione del Ministero dell’economia e delle finanze e del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali); quanto a 90 milioni per 2015 mediante l'utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera d), del D.L. 66/2014.

 

Il comma 628 ridetermina l'autorizzazione di spesa - di cui all'articolo 74, comma 1, della L. 388/2000 – destinata alla copertura degli oneri gravanti sui datori di lavoro pubblici per la costituzione dei fondi di previdenza complementare per i dipendenti pubblici, riducendola di 7 milioni per il 2018, 18,2 milioni di curo per il 2019, di 30 milioni di euro per il 2020, di 28 milioni di curo per il 2021, di 26 milioni di curo per il 2022, di 24 milioni di euro per il 2023, di 22 milioni di curo per il 2024, di 20 milioni di curo per il 2025, di 18 milioni di curo per il 2026 e di 16 milioni di curo annui a decorrere dal 2027.

 

L'articolo 74 della L. 388/2000 ha recato disposizioni volte a garantire l'erogazione degli apporti finanziari necessari per l'avvio delle forme di previdenza complementare per i dipendenti pubblici, agendo sia sul versante dei contributi dovuti dalle amministrazioni pubbliche, quali datori di lavoro (commi 1 e 2), sia su quello dei contributi dovuti dai dipendenti che abbiano esercitato l'opzione per l'applicazione del regime privatistico in materia di trattamento di fine rapporto (comma 3).

In particolare, il comma 1 ha definito il quadro delle risorse destinate alla copertura degli oneri gravanti sui datori di lavoro pubblici per la costituzione dei fondi di previdenza complementare per i dipendenti pubblici. Tali risorse (la cui concreta utilizzazione appare peraltro condizionata alla destinazione delle corrispondenti risorse da parte dei lavoratori, sulla base delle intese contrattuali) sono costituite:     dalle somme (103.291.379,82 milioni di euro per ciascuno degli anni 1999 e 2000) già stanziate dall'articolo 26, comma 18, della L. 448/1998[85]; da ulteriori 51.645.689,91 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003. Per gli anni successivi al 2003 si è provveduto con stanziamenti disposti sulla tabella C della legge finanziaria.

Infine, si ricorda che l’articolo 1, comma 10-quinquies, del D.L. 210/2015, ha previsto che le richiamate risorse nel 2016 possano essere utilizzate, per un importo massimo di 214.000 euro, anche ai fini del finanziamento delle spese di avvio dei Fondi di previdenza complementare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Articolo 1, comma 645
(Agibilità teatrale, cinematografica e circense)

 

 

I commi 645, introdotto al Senato, disciplinano l’obbligo di richiesta del certificato di agibilità dei lavoratori dello spettacolo da parte delle imprese dello spettacolo.

 

La disposizione, in particolare, disciplina l’obbligo di richiesta del certificato di agibilità[86] da parte delle imprese dello spettacolo[87] in relazione a talune categorie di lavoratori dello spettacolo[88], distinguendo tra lavoratori subordinati e autonomi.

A tal fine la disposizione sostituisce l’articolo 6 del D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947, che attualmente prevede un obbligo generale (senza distinzioni tra categorie di lavoratori subordinati e autonomi).

Per quanto riguarda i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, l’impresa è esentata dall’obbligo di richiesta del certificato qualora i lavoratori, per i quali le imprese effettuano regolari versamenti contributivi presso l'INPS, siano utilizzati nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento;

Per quanto riguarda i lavoratori autonomi, l’impresa ha l’obbligo di richiedere il rilascio del certificato di agibilità:

§  per lavoratori con contratto di prestazione d'opera di durata superiore a 30 giorni e contrattualizzati per specifici eventi, di durata limitata nell'arco di tempo della complessiva programmazione dell'impresa, singolari e non ripetuti rispetto alle stagioni o cicli produttivi;

§  per lavoratori autonomi la cui prestazione venga resa nei locali di proprietà delle imprese committenti, o di cui esse abbiano un diritto personale di godimento.

 

Infine si prevede, confermando peraltro quanto già previsto al riguardo dalla normativa vigente:

§  che in alternativa il certificato di agibilità potrà essere richiesto dai lavoratori autonomi esercenti attività musicali, salvo l'obbligo di custodia dello stesso che è posto a carico del committente;

§  che in caso di violazioni dell’obbligo di richiesta del certificato le imprese sono soggette alla sanzione amministrativa di euro 129 per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro da ciascuno prestata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Articolo 1, comma 666, lettera f)
(Proroga graduatorie del personale dei Corpi di Polizia e
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
)

 

La lettera f) del comma 667, introdotta nel corso dell’esame al Senato, proroga fino al 31 dicembre 2018 le graduatorie vigenti del personale dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008)[89].

 

Si segnala, al riguardo, che la lettera g) del medesimo comma 667, anch’essa introdotta nel corso dell’esame al Senato, ha prorogato al 31 dicembre 2018 il termine per la graduatoria di uno specifico concorso per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 


 

Articolo 1, comma 666, lettera g)
(Proroga della graduatoria di uno specifico concorso
nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco
)

La lettera g) del comma 666, introdotta nel corso dell’esame al Senato, prevede (integrando l’articolo 1, comma 368, della L. 232/2016) la proroga della graduatoria di uno specifico concorso pubblico a vigile del fuoco.

 

Più specificamente, si prevede un’ulteriore proroga della graduatoria vigente del concorso a 814 posti di vigile del fuoco, bandito con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 2008, n. 5140; tale graduatoria è prorogata fino all'approvazione della graduatoria del concorso a 250 posti bandito con decreto ministeriale 18 ottobre 2016, n. 676, e comunque non oltre il 31 dicembre 2018.

 

L’articolo 1, comma 368, della L. 232/2016, modificando l’articolo 4, comma 4, del D.L. 101/2013, ha prorogato fino al 31 dicembre 2017 l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti al 31 agosto 2013, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, nonché delle graduatorie vigenti del personale dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Si segnala, al riguardo, che la lettera f), anch’essa introdotta nel corso dell’esame al Senato, ha prorogato al 31 dicembre 2018 il termine per tutte le graduatorie di tutti i Corpi di polizia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

 


 

Articolo 1, comma 676, lettere a) – g)
(Proroga di graduatorie assunzioni presso
le pubbliche amministrazioni
)

 

Il comma 677, lettere da a) a g), introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispongono la proroga – al 31 dicembre 2018 – di validità dei termini di specifiche assunzioni, nonché di graduatorie concorsuali, di determinate amministrazioni pubbliche

 

     Più specificamente, si posticipa al 31 dicembre 2018:

 

·      l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti al 1° gennaio 2018, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni (ferma restando la vigenza delle stesse fino alla completa assunzione dei vincitori e, per gli idonei, l'eventuale termine di maggior durata della graduatoria ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. 165/2001[90]) (lettera a));

 

·      il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi negli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, e il termine per le relative autorizzazioni alle assunzioni ove previste, in specifiche amministrazioni pubbliche. Si tratta, in particolare, delle assunzioni relative ad amministrazioni dello Stato, enti pubblici non economici, comprese le agenzie, enti di ricerca, Corpi di polizia e Corpo nazionale di vigili del fuoco, Università. (cioè le amministrazioni richiamate all’articolo 1, comma 2, del D.L. 216/2011[91]) (lettera b), n. 1);

·      il termine per l’utilizzo temporaneo di segretari comunali da parte del Dipartimento della funzione pubblica per specifiche esigenze funzionali, di cui all’articolo 1, comma 6-quater, del D.L. 216/2011[92] (lettera b), n. 2);

 

·      le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2013, adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in deroga alle limitazioni assunzionali previste per le pubbliche amministrazioni dalla normativa vigente (di cui all’articolo 1, comma 5, della L. 150/2013[93]) (lettera c));

 

·      il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi nel triennio 2013-2015, di cui all’articolo 1, comma 2, del D.L. 192/2014[94]. Contestualmente, si prevede che le richiamate assunzioni possano essere effettuate anche in relazione alle cessazioni verificatesi nel 2016 (lettera d)), n. 1);

 

·      il termine per le relative autorizzazioni alle assunzioni aggiuntive nel Comparto Sicurezza e del Comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico, di cui all’articolo 1, comma 4, del D.L. 192/2014[95] (lettera d), n. 2);

In ogni caso restano ferme le previsioni contenute nell'articolo 1, comma 227, della L. 208/2015, le quali hanno definito le limitazioni al turn over per le amministrazioni di cui all'articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 90/2014. Le amministrazioni interessate, pertanto, hanno facoltà, per il triennio 2016-2018, di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente. Per il personale dirigenziale, il turn over per il 2016 è assicurato (al netto delle posizioni rese indisponibili) nei limiti delle capacità assunzionali. Si ricorda, in proposito, che la disciplina recata dal richiamato articolo 1, comma 227, non si applica al personale in regime di diritto pubblico di cui all'articolo 3 del D.Lgs. 165/2001.

 

·      il termine per procedere alle assunzioni finanziate con l’apposito Fondo (di cui all’articolo 1, comma 365, della L. 232/2016[96], istituito per sovvenzionare vicende contrattuali e nuove assunzioni presso talune amministrazioni pubbliche) presso le amministrazioni dello Stato (inclusi i Corpi di polizia, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, anche fiscali, gli enti pubblici non economici, gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del D.Lgs. 165/2001 e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, e autorizzate con lo specifico interministeriale previsto dalla lettera b) dello stesso comma 365) (lettera e));

 

·      la previsione (di cui all'articolo 2, comma 15, del D.L. 95/2012) che ha disposto la sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia disciplinate dall'articolo 28-bis del D.Lgs. 165/2001 (concorso pubblico per titoli ed esami per il 50%), fino alla conclusione dei processi di riorganizzazione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e, comunque, non oltre un certo termine - quello appunto qui posticipato di un anno (lettera f));

Per una completa disamina della lettera f) si rimanda all’apposita scheda.

 

·      il termine entro cui le Province possono prorogare, ai sensi dell’articolo 4, comma 9, terzo periodo, del D.L. 101/2013[97], i contratti di lavoro a tempo determinato, nonché i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi e nel rispetto dei vincoli finanziari vigenti (lettera g)).

 

Le Amministrazioni interessate dalla proroga del termine per le assunzioni di personale a tempo indeterminato disposta dall’articolo 1, comma 2, del D.L. 216/2011.

Le richiamate amministrazioni sono le seguenti:

·      ai sensi dell'articolo 3, comma 102, della L. 244/2007, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 523, della L. 296/2006, ad eccezione dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si tratta delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi comprese le agenzie, incluse le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (questi ultimi sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC). In particolare l'art. 3, comma 102, ha previsto che, per il quadriennio 2010-2013, le predette amministrazioni possano procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20% delle unità cessate nell'anno precedente;

·      ai sensi dell'art. 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008, è stato previsto un regime speciale in materia di turn over a favore dei Corpi di Polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, i quali, per gli anni 2010 e 2011, possono procedere all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20% per il triennio 2012-2014, del 50% nell'anno 2015 e del 100% a decorrere dall'anno 2016. Si ricorda che l’articolo 2, comma 1, del D.P.C.M. 4 dicembre 2015, prevede che - ai sensi dello stesso comma 9-bis - le amministrazioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (indicate nella Tabella B del provvedimento) possano procedere, "a valere sulle risorse per le assunzioni relative all'anno 2015, cessazioni 2014, ad assumere a tempo indeterminato le unità di personale per ciascuna indicate e per un onere a regime corrispondente all'importo accanto specificato. Le stesse amministrazioni sono contestualmente autorizzate ad avviare le procedure concorsuali secondo quanto specificato nella stessa tabella B allegata". Si rammenta, infine, che l'art. 1, comma 368, secondo periodo, della L. 232/2016 ha prorogato fino al 31 dicembre 2017 le graduatorie vigenti del personale dei corpi di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008;

·      ai sensi dell'art. 66, comma 13, del D.L. 112/2008, è stato previsto, tra l'altro, che - fermi restando i limiti in materia di programmazione triennale di cui all’art. 1, comma 105, della L. 311/2004 - per il triennio 2009-2011 le università possano procedere, per ogni anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente;

·      ai sensi dell'art. 66, comma 13-bis, D.L. 112/2008, è stato previsto che per il biennio 2012-2013 il sistema delle università statali possa procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La predetta facoltà è fissata nella misura del 50% per il biennio 2014-2015, del 60% per l'anno 2016, dell'80% per l'anno 2017 e del 100% a decorrere dall'anno 2018;

·      il comma 14 dello stesso art. 66, il quale disponeva un regime speciale per le assunzioni a tempo indeterminato presso gli enti di ricerca - anch'esso richiamato nell'art. 1, comma 2, del D.L. 216/2011, oggetto di modificazione da parte della disposizione in commento - è stato recentemente abrogato dall'art. 20, comma 3, del D.Lgs. 218/2016.

 

Articolo 1, comma 676, lett. f)
(Proroga della sospensione delle modalità di reclutamento
dei dirigenti di prima fascia)

 

 

Il comma 677, lett. f), proroga al 31 dicembre 2018 la sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia per concorso, disciplinate dall'articolo 28-bis del decreto legislativo 165/2001 (concorso pubblico per titoli ed esami per il 50 per cento dei posti) fino alla conclusione dei processi di riorganizzazione degli uffici dirigenziali e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni.

 

L’articolo 2, comma 15, del D.L. 95/2012 – oggetto di proroga da parte del comma in esame – ha sospeso le modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia disciplinate dall'articolo 28-bis del D.Lgs. 165/2001 (concorso pubblico per titoli ed esami per il 50 per cento dei posti) fino alla conclusione dei processi di riorganizzazione derivanti dalla riduzione degli uffici e delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni dello Stato, di cui al medesimo articolo 2 e comunque, in base al testo originario, non oltre il 31 dicembre 2015, termine prorogato una prima volta al 31 dicembre 2016 dal D.L. 210/2015 (art. 1, comma 4) e, successivamente, al 31 dicembre 2017 dal D.L. 244/2016 (art. 1, comma 4).

 

Si ricorda che l’articolo 2 del D.L. 95/2012 ha disposto una generale riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

Per quanto riguarda gli uffici dirigenziali - di livello generale e di livello non generale - e le relative dotazioni organiche, l’entità della riduzione è stabilita in misura non inferiore al 20 per cento di quelli esistenti, (art. 2, comma 1, lett. a), D.L. 95/2012).

Entro sei mesi dall’adozione del provvedimento di riduzione (da attuare con l’adozione di uno o più D.P.C.M.) le amministrazioni interessate adottano regolamenti di organizzazione, secondo i rispettivi ordinamenti, applicando misure volte al raggiungimento dei seguenti obiettivi: concentrazione dell'esercizio delle funzioni istituzionali, attraverso il riordino delle competenze degli uffici eliminando eventuali duplicazioni; riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo; rideterminazione della rete periferica su base regionale o interregionale; unificazione, anche in sede periferica, delle strutture che svolgono funzioni logistiche e strumentali, compresa la gestione del personale e dei servizi comuni; conclusione di appositi accordi tra amministrazioni per l'esercizio unitario delle sopradette funzioni, ricorrendo anche a strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica e all'utilizzo congiunto delle risorse umane; tendenziale eliminazione degli incarichi di consulenza per i dirigenti di cui all'art. 19, comma 10, D.Lgs. 165/2001, ossia di quelli non titolari di uffici dirigenziali (art. 2, comma 10, D.L. 95/2012).

 

La disposizione oggetto di proroga dispone dunque la sospensione delle modalità di reclutamento dei dirigenti di prima fascia disciplinate dall'articolo 28-bis del testo unico del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001).

Ai sensi dell’art. 28-bis TU (introdotto dal D.Lgs. 150/2009), l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia avviene, per il 50 per cento dei posti, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni, sulla base di criteri generali stabiliti con D.P.C.M., previo parere della Scuola nazionale della amministrazione. Al concorso sono ammessi i dirigenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, che hanno maturato almeno cinque anni di servizio nei ruoli dirigenziali e gli altri soggetti in possesso di titoli di studio e professionali individuati nei bandi di concorso. I vincitori del concorso sono assunti dall'amministrazione e, anteriormente al conferimento dell'incarico, sono tenuti all'espletamento di un periodo di formazione presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale.

In base all’art. 23 del D.Lgs. 165/2001 l’accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia può avvenire altresì a seguito del transito dei dirigenti della seconda fascia, qualora questi ultimi abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei cinque anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale.

L'art. 1, comma 4, del decreto-legge n. 210 del 2015 - nel disporre la predetta proroga al 31 dicembre 2016 - faceva espresso riferimento al fatto che la disposizione interveniva "nelle more dell'adozione dei decreti legislativi attuativi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n. 124" da adottare, sulla base dei principi e criteri direttivi ivi indicati, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi, entro il 28 agosto 2016), al fine di evitare che - come specificato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione - mentre il Governo stava dando attuazione alla legge di delega n. 124 del 2015, tra l'altro in materia di riforma della dirigenza, venissero introdotte figure dirigenziali di prima fascia secondo un regime che sarebbe risultato a breve superato con la piena attuazione della medesima legge.

Infatti, si ricorda che tra i criteri e principi di delega recati dal citato art. 11 della legge 124/2015, di riforma della dirigenza pubblica, erano previsti in particolare: l’istituzione di un sistema unico della dirigenza pubblica che si articola in tre ruoli (dirigenza statale, regionale e locale); il superamento della distinzione dei dirigenti di prima e di seconda fascia; disposizioni che contemplano - per il conferimento degli incarichi relativi ad uffici di vertice e per gli incarichi corrispondenti ad uffici di livello dirigenziale generale - la previsione di una preselezione da parte delle commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale, di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti. Riguardo alla citata delega, è intervenuta la Corte costituzionale, con sentenza n. 251 del 25 novembre 2016, dichiarando, tra l'altro, l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettere a), b), numero 2), c), numeri 1) e 2), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p) e q), e comma 2, della legge n. 124 del 2015, nella parte in cui prevede che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. La Corte ha osservato che "la dettagliata enunciazione di principi e criteri direttivi" in tema di riorganizzazione di tutta la dirigenza pubblica "nella legge di delegazione, pur riconducibile a apprezzabili esigenze di unitarietà, incide profondamente sulle competenze regionali e postula, per questo motivo, l’avvio di procedure collaborative nella fase di attuazione della delega".

 

 


 

 

 


 

Sezione II

La disciplina contabile della sezione II

Con la riforma operata dalla legge n.163 del 2016 sulla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, i contenuti della legge di bilancio e della legge di stabilità sono stati ricompresi in un unico provvedimento, articolato in due sezioni. La riforma ha apportato significative innovazioni alla normativa che disciplina i contenuti della parte contabile della legge di bilancio, recata dalla Sezione II del provvedimento, contenente il bilancio a legislazione vigente e le variazioni non determinate da innovazioni normative.

In particolare - rispetto alla passata concezione del bilancio come legge meramente formale (o comunque funzionalmente limitata) che si limitava ad esporre i fattori legislativi di spesa senza poterli modificare[98] - la Sezione II è venuta ad assumere un contenuto sostanziale, potendo incidere direttamente - attraverso rimodulazioni, rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni - sugli stanziamenti previsti a legislazione vigente, ed integrando nelle sue poste contabili gli effetti delle disposizioni della prima sezione.

Nella nuova articolazione della legge di bilancio, la modifica dei parametri sottostanti l’andamento delle entrate e delle spese, ed in particolare della spesa obbligatoria, è riservata alla sezione normativa, cioè la prima sezione, mentre tutta la restante funzione di rideterminazione degli stanziamenti a legislazione vigente è affidata alle possibilità di intervento nella seconda sezione.

 

Il disegno di legge di bilancio è disciplinato, nel suo complesso, dall’articolo 21 della legge n. 196/2009.

Il comma 1-sexies dell’articolo 21 individua la Sezione II, stabilendo che le previsioni di entrata e di spesa in essa contenute:

1)      sono formate sulla base della legislazione vigente, tenuto conto:

-  dell'aggiornamento delle previsioni relative alle spese per oneri inderogabili e di fabbisogno;

-  delle rimodulazioni che interessano anche i fattori legislativi;

2)     evidenziano, per ciascuna unità di voto, gli effetti delle variazioni derivanti dalle disposizioni contenute nella prima sezione. In tal modo, la Sezione II fornisce, per ciascuna unità di voto, previsioni c.d. “integrate” riguardo alle scelte allocative contenute nei programmi di spesa, che costituiscono l’unità di voto.

1. Le unità di voto parlamentare

In base alla disciplina contabile, le unità di voto sono individuate:

a)  per le entrate, con riferimento alla tipologia;

b) per le spese, con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati di spesa con finalità omogenea diretti al perseguimento di risultati, definiti in termini di beni e di servizi finali, allo scopo di conseguire gli obiettivi stabiliti nell'ambito delle missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa.

La classificazione del bilancio per missioni e programmi consente una strutturazione in senso funzionale delle voci di bilancio, volta a mettere in evidenza la relazione tra risorse disponibili e finalità delle politiche pubbliche, anche al fine di rendere più agevole l’attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica. La riforma ha reso più stringente il collegamento tra le risorse stanziate e le funzioni perseguite, stabilendo anche una piena corrispondenza tra le risorse e il livello amministrativo/responsabile con la previsione dell’affidamento di ciascun programma a un unico centro di responsabilità amministrativa.

Per quanto concerne i contenuti dell’unità di voto, ogni singola unità di voto parlamentare deve indicare:

§  l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

§  l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare (competenza) nonché l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare (cassa), nell'anno cui il bilancio si riferisce;

§  le previsioni delle entrate e delle spese relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.

Soltanto le previsioni del primo anno costituiscono, tuttavia, limite alle autorizzazioni di impegno e pagamento.

Le spese del bilancio dello Stato sono classificate – superata la precedente ripartizione in "rimodulabili" e "non rimodulabili" - a seconda della natura dell'autorizzazione di spesa sottostante cui si collega il grado di flessibilità e di manovrabilità della spesa stessa, e precisamente in:

§  oneri inderogabili, ossia spese vincolate a particolari meccanismi o parametri che ne regolano l'evoluzione, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi, tra cui rientrano le cosiddette spese obbligatorie (vale a dire, le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa);

§  fattori legislativi, ossia spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l'importo, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione in bilancio;

§  spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese diverse dagli oneri inderogabili e dai fattori legislativi, quantificate tenendo conto delle esigenze delle amministrazioni.

La quota delle spese per oneri inderogabili, fattore legislativo e adeguamento al fabbisogno è indicata, per ciascun programma, in appositi allegati agli stati di previsione della spesa.

La distinzione della spesa nelle tre categorie consente di individuare, come detto, il livello di manovrabilità della spesa stessa, ai fini dell’applicazione della disciplina della flessibilità del bilancio.

2. La flessibilità degli stanziamenti di bilancio

La riforma ha ampliato la flessibilità di bilancio rispetto a quanto previsto in passato, con la possibilità di incidere sulle dotazioni finanziarie di spesa relative ai fattori legislativi anche in via non compensativa, purché all’interno di ciascuno stato di previsione per motivate esigenze e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, per consentire alle amministrazioni di modulare le risorse loro assegnate secondo le necessità connesse al raggiungimento degli obiettivi di spesa (vedi § successivo). Il nuovo testo dell’articolo 23, comma 3, consente, con la Sezione II, in ciascuno stato di previsione:

a)    la rimodulazione in via compensativa:

-  delle dotazioni finanziarie relative a fattori legislativi anche tra missioni diverse (laddove la normativa  previgente limitava tale facoltà all’interno di un singolo programma o fra programmi della stessa missione di spesa), fermo restando la preclusione dell'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti (c.d. rimodulazione verticale);

-  delle dotazioni finanziarie relative alle autorizzazioni di spesa per l’adeguamento delle dotazioni di competenza e di cassa a quanto previsto nel Cronoprogramma dei pagamenti: si tratta delle rimodulazioni c.d. orizzontali che coinvolgono una singola autorizzazione di spesa (fattore legislativo o altra autorizzazione) e trovano compensazione nell’ambito del periodo pluriennale di riferimento;

b)    il rifinanziamento, definanziamento e riprogrammazione delle dotazioni finanziarie di spesa di parte corrente e in conto capitale previste a legislazione vigente relative ai fattori legislativi, per un periodo temporale anche pluriennale[99].

 

È prevista esplicita evidenza contabile delle variazioni relative ai fattori legislativi di spesa, in appositi allegati conoscitivi al disegno di legge di bilancio, per ciascun Ministero e per ciascun programma, con i corrispondenti importi, che vengono aggiornati all'atto del passaggio dell'esame del provvedimento tra i due rami del Parlamento.

 

Specifiche disposizioni di flessibilità riguardano leggi pluriennali di spesa in conto capitale, ai fini dell’adeguamento dei relativi stanziamenti al c.d. Cronoprogramma (articolo 30). Per tali leggi è consentita:

§  la rimodulazione delle quote annuali in relazione a quanto previsto nel piano finanziario dei pagamenti, per  adeguare gli stanziamenti di competenza alla previsione degli effettivi pagamenti (stanziamenti di cassa) che si prevede di effettuare.

Si tratta di una rimodulazione “orizzontale” degli stanziamenti di competenza nei diversi anni, che può essere effettuata in sede di formulazione delle previsioni, nel rispetto del limite di spesa complessivo autorizzato dalla legge.

§  la reiscrizione delle somme stanziate annualmente e non impegnate alla chiusura dell'esercizio nella competenza degli esercizi finanziari successivi, in relazione a quanto previsto nel piano finanziario dei pagamenti. Tale possibilità è prevista per le sole autorizzazioni pluriennali in conto capitale non permanenti.

La medesima facoltà di reiscrizione è esercitabile dall’Amministrazione anche per i residui di stanziamento provenienti dagli esercizi precedenti a quello consuntivato, così come previsto dall’art. 34-ter, comma 1, secondo periodo, della legge di contabilità.

In apposito allegato al ddl di bilancio viene data esplicita evidenza delle rimodulazioni delle leggi pluriennali di spesa in conto capitale e delle reiscrizioni nella competenza degli esercizi successivi delle somme stanziate e non impegnate risultanti dall’ultimo Rendiconto.

 

 

3. La programmazione della spesa

Una delle novità più rilevanti della riforma della legge di contabilità è rappresentata dal rafforzamento del processo di programmazione economico-finanziaria delle risorse, attraverso l’integrazione del processo di revisione della spesa nel ciclo di bilancio.

In base al nuovo articolo 22-bis, comma 1, della legge n. 196/2009, entro il 31 maggio di ciascun anno, con D.P.C.M. (previa deliberazione del CdM) sono definiti gli obiettivi di spesa di ciascun Dicastero riferiti al successivo triennio - definiti in termini di limiti di spesa e di risparmi da conseguire - in relazione ai quali i Ministri definiscono la propria programmazione finanziaria, indicando gli interventi da adottare con il disegno di legge di bilancio.

Tale nuova procedura ha trovato attuazione per la prima volta nell’anno in corso, con riferimento al triennio di programmazione 2018-2020: l’obiettivo di risparmio complessivamente stabilito dal Documento di Economia e Finanza a carico delle Amministrazioni centrali dello Stato è stato determinato in 1 miliardo per ciascun anno. Con il D.P.C.M. 28 giugno 2017 il suddetto obiettivo è stato ripartito tra i vari Ministeri.

Su tale base, i Ministri, tenuto conto delle istruzioni fornite con apposita circolare dal Ministero dell'economia (Cfr. la Circolare 16 giugno 2017, n. 23), in sede di formulazione degli schemi degli stati di previsione della Sezione II indicano le risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi, anche mediante proposte di rimodulazione delle risorse, nei margini della flessibilità di bilancio illustrati nel paragrafo precedente.

Inoltre, con la predisposizione - ormai obbligatoria già in fase di formazione delle previsioni di spesa - del piano finanziario dei pagamenti, le amministrazioni possono garantire in relazione alla migliore allocazione delle risorse, anche una maggiore tempestività nei pagamenti.

 

Entro il 1°marzo di ciascun anno, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono poi, in appositi accordi, le modalità per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa.

Tale nuova disciplina, affiancata dalle numerose altre modifiche di ordine contabile adottate con la riforma, è volta a consentire una revisione sistematica e strutturale della spesa.

4. Classificazione delle entrate e delle spese

Ai sensi dell’articolo 25 della legge di contabilità, la classificazione delle voci di spesa si articola su tre livelli:

a)   missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici della spesa;

b)   programmi, ossia le unità di voto parlamentare, quali aggregati finalizzati al perseguimento degli obiettivi indicati nell’ambito delle missioni.

c)    unità elementari di bilancio, che rappresentano le unità di gestione e rendicontazione – attualmente i capitoli -, eventualmente ripartite in articoli (i quali, in analogia con quanto ora previsto per i capitoli, corrisponderebbero agli attuali piani di gestione).

Con il D.Lgs. n. 90/2016 - che ha completato la riforma della struttura del bilancio - sono state introdotte nel bilancio dello Stato le azioni, quali ulteriore articolazione dei programmi, volte a specificare ulteriormente la finalità della spesa.

Le azioni[100] - adottate a partire dall’esercizio finanziario 2017 in via sperimentale per valutarne l'efficacia e per consentire l'adeguamento dei sistemi informativi - sono destinate, in prospettiva, a costituire le unità elementari del bilancio dello Stato anche ai fini gestionali e di rendicontazione, in sostituzione degli attuali capitoli di bilancio[101].

Fino ad allora, le unità elementari di bilancio continueranno ad essere rappresentate dai capitoli, secondo l’oggetto della spesa; ed i programmi di spesa manterranno la suddivisione in macroaggregati per spese di funzionamento (interventi, trattamenti di quiescenza, oneri del debito pubblico, oneri comuni di parte corrente o in conto capitale).

Al momento, dunque, la ripartizione dei programmi in azioni riveste carattere meramente conoscitivo, ad integrazione di quella per capitoli.

Le spese del bilancio dello Stato sono inoltre esposte secondo le tradizionali classificazioni economica e funzionale.

5. La struttura del bilancio di previsione

La Sezione II del disegno di legge di bilancio è costituita da:

§  lo stato di previsione dell’entrata;

§  gli stati di previsione della spesa relativi ai singoli Ministeri;

§  il quadro generale riassuntivo, con riferimento al triennio.

Ciascuno stato di previsione della spesa è corredato dei seguenti elementi informativi:

§  la nota integrativa, che contiene gli elementi informativi riferiti alle entrate e alle spese, il contenuto di ciascun programma di spesa con riferimento alle unità elementari di bilancio sottostanti, il piano degli obiettivi, intesi come risultati che le amministrazioni intendono conseguire, e i relativi indicatori di risultato in termini di livello dei servizi e di interventi;

§  l'elenco delle unità elementari di bilancio e dei relativi stanziamenti;

§  il riepilogo delle dotazioni di ogni programma;

§  il budget dei costi della relativa amministrazione, che riporta i costi previsti dai centri di costo dell’amministrazione e il prospetto di riconciliazione al fine di collegare le previsioni economiche a quelle finanziarie di bilancio.

 

L’articolo 21 dispone l'approvazione, con distinti articoli, dello stato di previsione dell'entrata, di ciascuno stato di previsione della spesa e dei totali generali della spesa nonché del quadro generale riassuntivo.

L’articolo 21 dispone inoltre la predisposizione della nota di variazioni in caso di variazioni apportate al disegno di legge di bilancio (I e II sezione) nel corso della discussione parlamentare.

Si ricorda, infine, che alla data di entrata in vigore della legge di bilancio, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le unità di voto parlamentare sono ripartite in unità elementari di bilancio (capitoli) ai fini della gestione e della rendicontazione.


 

Articolo 106
(Ministero del lavoro e delle politiche sociali - Tabella n. 4)

 

 

Il comma 1 autorizza l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per l'anno finanziario 2018, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 4).

Ai sensi del successivo comma 2, si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con propri decreti, per l'anno finanziario 2018, variazioni compensative in termini di residui, di competenza e di cassa tra i capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche tra missioni e programmi diversi, connesse con l'attuazione dei D.Lgs. 149/2015 e D.Lgs. 150/2015.

 

Il D.Lgs. 149/2015, in materia di attività ispettiva, reca norme volte alla razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva, attraverso l'adozione di misure di coordinamento ovvero l'istituzione (senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente) dell'Ispettorato nazionale del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale.

Il D.Lgs. 150/2015, in materia di servizi per il lavoro e politiche attive, contiene norme volte alla individuazione dei soggetti che costituiscono la rete dei servizi per le politiche del lavoro, affidandone il coordinamento alla nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), alla definizione dei principi comuni alle politiche attive (che prevedono, tra l'altro, l'introduzione dell'assegno di ricollocazione) e al riordino degli incentivi all'occupazione.


 

Le spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali autorizzate per gli anni 2018-2020

Per quanto riguarda il settore del lavoro, lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il ddl di bilancio 2018-2020 (A.C. 4768), come modificato nel corso dell’esame al Senato, autorizza spese finali, in termini di competenza, per 125.695,5 milioni di euro nel 2018, 125.592,1 milioni di euro per il 2019 e 128.520,6 milioni di euro per il 2020, come si evince dalla tabella che segue:

 

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

Legge di Bilancio 2017

Previsioni

Ddl di bilancio 2018

Diff.
bil 2018/
BIL 2017

Ddl di bilancio 2019

Ddl di bilancio 2020

Spese correnti

123.407,1

125.639,8

+2.232,7

125.538,4

128.463,9

Spese in c/capitale

29,6

55,8

+26,2

53,7

56,7

SPESE FINALI

123.436,6

125.695,5

+2.258,9

125.592,1

128.520,6

Spese MINISTERO in % spese finali STATO

20%

20,1%

-

20,2%

20,5%

 

In termini di cassa, le spese finali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (come modificate nel corso dell’esame al Senato), sono pari a 126.969,3 milioni di euro per il 2018, 126.874,4 milioni di euro per il 2019 e 128.617,1 milioni di euro per il 2020, come si evince dalla tabella che segue:

 

 

Legge di Bilancio 2017

Previsioni

Ddl di bilancio 2018

Diff.
bil 2018/
BIL 2017

Ddl di bilancio 2019

Ddl di bilancio 2020

Spese correnti

126.860,7

126.913,5

+52.8

126.820,7

128.560,4

Spese in c/capitale

29,6

55,8

+26,2

53,7

56,7

SPESE FINALI

126.890,2

126.969,3

+79,1

126.874,4

128.617,1

 

 

Rispetto alla legge di bilancio per il 2017, il disegno di legge di bilancio 2018-2020 espone per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel triennio di riferimento un andamento crescente, in termini di competenza, di circa 2.258,9 milioni di euro per il 2018, 2.155,5 milioni di euro per il 2019 e 5.084,0 milioni di euro per il 2020

Con riferimento specifico alle previsioni di spesa per il 2018, il ddl di bilancio espone spese finali in aumento rispetto al 2017 che, in termini assoluti, è pari a 2.258,9 milioni di euro (1,02. Tale aumento deriva dagli effetti congiunti di un aumento di 2.232,7 milioni di spese correnti e di un aumento di 26,2 milioni delle spese in conto capitale.

 

Gli stanziamenti di spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali  autorizzati per il 2018 dal ddl di bilancio rappresentano, in termini di competenza, poco più del 20% della spesa finale del bilancio statale, mantenendosi nella medesima percentuale anche per la restante parte del triennio di programmazione.

Le previsioni di spesa per il 2018

Con riferimento al 2018, lo stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Tabella 4 del DDL), espone, a legislazione vigente (BLV), una dotazione complessiva di competenza per l'anno 2018 di 125.096,9 milioni di euro.

Rispetto alla legislazione vigente, la manovra finanziaria per il 2018 attuata con le Sezioni I e II del ddl di bilancio, come modificata al Senato, determina un aumento delle spese finali di 205,8 milioni di euro, derivanti da aumenti di spesa corrente e di spesa in conto capitale, come evidenziato nella tabella che segue:

 

 

2017

2018

Legge di Bilancio

BLV *

Manovra Ddl originario

Modifiche Senato

Sez II

Sez I

Bil  integrato

AS 2960

Sez II

Sez I

Bil  integrato

AC 4768

Spese correnti

123.407,1

125.044,1

124.507,2

929,8

125.436,9

124.507,4

1.132,4

125.639,8

Spese c/capitale

29,6

52,8

52,8

-

52,8

      52,8

        3

       55,8

SPESE FINALI

123.436,6

125.096,9

124.559,9

929,8

125.489,7

124.560,1

1.135,4

125.695,5

* La colonna BLV è tratta dal Ddl di bilancio originario e rappresenta la legislazione vigente nel periodo precedente all’entrata in vigore della manovra in esame.

 

Analisi per Missione/Programmi

La tabella seguente espone le previsioni di bilancio integrate per il 2018 per ciascuna Missione e Programma di spesa del Ministero a raffronto con i dati dell’esercizio 2017.

La tabella evidenzia altresì le modifiche che il ddl di bilancio apporta alla legislazione vigente 2018, con interventi sia di Sezione I che di Sezione II, ai fini della determinazione delle previsioni di spesa relative a ciascuna missione e programma. Con riferimento alle modifiche della seconda sezione, si segnala che gli importi relativi ai rifinanziamenti, ai definanziamenti e alle riprogrammazioni delle dotazioni finanziarie previste a legislazione vigente (colonna “Variazioni a. 23 c. 3, lett b)) includono anche gli effetti del D.L. n. 148/2017, nonché gli effetti del D.P.C.M. 28 giugno 2017, che ha definito gli obiettivi di spending review 2018-2020 per ciascun ministero (ai sensi dell’articolo 22-bis della legge di contabilità n. 196/2009). Per alcuni ministeri, tali obiettivi di riduzione della spesa sono stati attuati anche con modifiche di prima sezione.

 

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI


 

Missione/Programma

2017

2018

Legge di Bilancio.

BLV

Modifiche sez. II

DDL bilancio

 Sez. II

Effetti Sez. I

Dlb integrato sez I+Sez II

Rimodul.
a.23 c. 3 lett a); a. 30 c. 1-2

Variazioni
a.23 c. 3 lett b)

1

Politiche per il lavoro (26)

9.939,4

10.832,7

-

-326,0

10.506,7

249,8

10.756,5

1.1

Politiche passive del lavoro e incentivi all'occupazione (26.6)

9.203,6

10.183,2

-

-249,0

9.934,2

5,6

9.939,8

1.2

integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, innovazione e coordinamento amministrativo (26.7)

92,9

141,2

-

-60,0

81,2

-

81,2

1.3

Politiche di regolamentazione in materia di rapporti di lavoro (26.8)

12,4

47,5

-

-

47,5

-

47,5

1.4

Contrasto al lavoro nero e irregolare, prevenzione e osservanza delle norme di legislazione sociale e del lavoro (26.9)

303,3

314,9

-

-

314,9

-

314,9

1.5

Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione (26.10)

315,2

125,1

-

-17,0

108,1

244,2[102]

352,3

1.6

Sistemi informativi per il monitoraggio e lo sviluppo delle politiche sociali e del lavoro e servizi di comunicazione istituzionale (26.12)

12,0

20,9

-

-

20,9

-

20,9

2

Politiche previdenziali (25)

82.250,9

81.897,3

-

-198,5

81.698,9

380,2

82.079,0

2.1

Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali (25.3)

82.250,9

81.897,3

-

-198.5

81.698,9

380,2

82.079,0

3

Diritti sociali, politiche sociali e famiglia (24)

31.191,1

32.312,5

-

-12,5

32.300,0,

300,0

32.600,0

3.1

Terzo settore (associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni (24.2)

27,2

94,0

-

2,5

96,5

-

96,5

3.2

Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva (24.12)

31.163,9

32.218,5

-

-15,0

32.203,5

300,0

32.503,5

4

Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti (27)

1,7

1,9

-

-

1,9

-

1,9

4.1

Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate (27.6)

1,7

1,9

-

-

1,9

-

1,9

5

Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche (32)

53,5

52,5

-

-

52,5

-

52,5

5.1

Indirizzo politico (32.2)

9,9

16,3

-

-

16,3

-

16,3

5.2

Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza (32.3)

43,6

36,2

-

-

36,2

-

36,2

 

SPESE FINALI MINISTERO

117.836,4

118.190,4

-

-537,0

124.560,0

930,0

125.489,9

- tra parentesi la numerazione generale della Missione/programma.

 

La spesa complessiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è allocata su 5 missioni, di cui quelle di maggior rilievo per il lavoro sono la Missione 1 (Politiche per il lavoro) e la Missione 2 (Politiche previdenziali) che rappresentano, rispettivamente, circa l’8,6% e il 65,4% del valore della spesa finale complessiva del ministero medesimo.

Rispetto alla dotazione a legislazione vigente (10.832,7 milioni) la Missione 1 registra un decremento di 76,4 milioni di euro, determinato:

§   da un aumento riguardante i Programmi “Politiche passive del lavoro e incentivi all'occupazione” e “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione”, incrementati, per interventi di Sezione I, rispettivamente di 5,6 milioni di euro (a favore del Fondo sociale per occupazione e formazione, cap. 2230) e circa 244 milioni di euro (per la maggior parte, circa 236 milioni, a favore delle regioni per le spese relative ai centri per l’impiego, cap. 1232, come previsto dall’art. 20, c. 18-19, della Sezione I);

§   da una diminuzione in Sezione II riguardante i Programmi “Politiche passive del lavoro e incentivi all'occupazione” (-249 milioni di euro, di cui 200 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, cap. 2230, e 49 a valere sul contributo a carico del datore di lavoro destinato al fondo di solidarietà, cap. 2405), “Integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, innovazione e coordinamento amministrativo” (-60 milioni di euro, a valere sul Fondo per le politiche attive, cap. 1250) e “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione” (-17 milioni di euro a valere sulle somme da trasferire all’ANPAL, cap. 1230).

 

Nel corso dell’esame al Senato, sono state apportate alcune variazioni alla Missione 1.

In particolare:

·      per il 2018, si segnala un incremento di 0,21 mln di euro nella Sezione II (ascrivibile interamente al Programma “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione” (26.10), Azione “Contributo alle regioni per il concorso alle spese di funzionamento dei centri per l'impiego – cap. 1232), e 0,6 mln di euro per quanto attiene la Sezione I (ascrivibile interamente al Programma “Coordinamento e integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche e sociali, innovazione e coordinamento amministrativo (26.7); in questo ambito, inoltre, si segnala un decremento di 2,4 mln di euro nell’Azione “Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, cap. 1250, un incremento di 3 mln di euro dell’Azione “Somme da trasferire all’INAPP” cap. 7682). E’ inoltre presente un decremento di 15 mln di euro (per ogni anno del triennio 2018-2020) nel Programma “Politiche passive del lavoro e incentivi all'occupazione (26.6)”interamente ascrivibile al decremento per l’Azione “Fondo sociale per occupazione e formazione” (cap. 2230); nonché (nel Programma 26.10) un incremento nella Sezione I di 15 mln di euro per l’Azione “Contributo alle regioni per il concorso alle spese di funzionamento dei centri per l'impiego” (cap. 1232);

·      per il 2019 si segnala un decremento di 59 mln di euro nella Sezione I (ascrivibile al Programma “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione” (26.10) per 15 mln di euro[103] e al Programma “Coordinamento e integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche e sociali, innovazione e coordinamento amministrativo (26.7) per 59 mln di euro (si segnala, in questo ambito, un decremento di 65 mln dell’Azione Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, cap. 1250, un incremento di 6 mln di euro dell’Azione “Somme da trasferire all’INAPP” cap. 7682), a fronte di un incremento del Programma “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione” (26.10), pari a 15 mln di euro;

·      per il 2020 si segnala un decremento di 39,6 mln di euro nella Sezione I (ascrivibile al Programma “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione” (26.10) per 15 mln di euro[104] e al Programma “Coordinamento e integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche e sociali, innovazione e coordinamento amministrativo (26.7) per 39,6 mln di euro (si segnala, in questo ambito, un decremento di 48,6 mln dell’Azione Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, cap. 1250, un incremento di 9 mln di euro dell’Azione “Somme da trasferire all’INAPP” cap. 7682), a fronte di un incremento del Programma “Politiche attive del lavoro, rete dei servizi per il lavoro e la formazione” (26.10), pari a 15 mln di euro);

 

Rispetto alla dotazione a legislazione vigente (81.897,3 milioni) la Missione 2 registra un incremento di 181,7 milioni di euro determinato da un aumento riguardante il Programma “Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali” pari a 380,2 milioni di euro per interventi di Sezione I (426,7 milioni per le agevolazioni contributive, cap. 4364, e 79,7 milioni per l’APE sociale, cap. 4328; quest’ultimo incremento è dovuto a quanto previsto dall’art. 22 della richiamata Sezione I) e da una diminuzione in Sezione II del medesimo Programma pari a -198,5 milioni di euro (di cui -137,6 milioni a valere sulle somme a tutela dei lavoratori salvaguardati, cap. 4236).

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state apportate alcune variazioni alla Missione 2.

In particolare, nella Sezione I si segnala un incremento di 100 mln di euro per il 2019 (e 141 mln di euro per il 2020) nel Programma “Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali” (25.3), interamente ascrivibile all’Azione “Oneri derivanti da pensionamenti anticipati” (cap. 4354).

 

Per quanto riguarda il settore delle politiche sociali, la Missione di maggior rilievo è la Missione 3 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia) che rappresenta quasi il 26% della spesa finale complessiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Rispetto alla dotazione a legislazione vigente (32.312,5 milioni) la Missione 3 registra un incremento di 287,5 milioni di euro determinato:

§   da un aumento del Programma “Terzo settore (associazionismo, volontariato, ONLUS e formazioni sociali) e responsabilità sociale delle imprese e delle organizzazioni”, pari a 2,5 milioni di euro in Sezione II a favore delle istituzioni pro-ciechi (cap. 3524). Si rileva che, rispetto al 2017, il Programma è notevolmente cresciuto (da 27,2 a 96,5 milioni) in conseguenza degli impegni di spesa  discendenti dell’approvazione dei decreti attuativi (primo fra tutti il D. Lgs. 117/2017 recante Codice del Terzo settore) della legge delega 106/2016 di riforma del Terzo settore e del Servizio civile;

§   da un aumento, pari a 300 milioni di euro, del Programma “Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva”. Tale incremento è l’effetto finanziario di quanto disposto dall’articolo 25 della Sezione I relativamente all’aumento della dotazione del Fondo Povertà (cap. 3550);

§   da un definanziamento in Sezione II riguardante il Programma “Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva”, pari a 15 milioni di euro, di cui 10 milioni a valere sul Fondo nazionale politiche sociale (cap. 3671) e 5 milioni a valere sul  Fondo per l'assistenza alle persone con disabilita'' grave prive del sostegno familiare (Fondo Dopo di noi, cap. 3553).

 

Nel corso dell’esame al Senato, sono state apportate alcune variazioni alla Missione 3.

Più specificamente, si segnala un incremento nella Sezione I, per il 2018, di 205,1 mln di euro (255,1 mln di euro per il 2019 e 221,6 mln di euro per il 2020), interamente ascrivibile al Programma “Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva” (24.12).


 

Le spese del Ministero dell’economia e delle finanze

Analisi per Missione/Programmi

 

La Missione 23 (Fondi da ripartire) evidenzia, rispetto alla dotazione a legislazione vigente, un incremento pari a 1.979,1 milioni di euro.

All’interno della Missione 23, si segnala il Programma 23.1 “Fondi da assegnare che registra, rispetto alla dotazione a legislazione vigente (4.619,1 milioni) un incremento pari a 1.999,4 milioni di euro.

 

(valori in milioni di euro)

 

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE


 

Missione/Programma

2017

2018

Legge di Bilancio.

BLV

Modifiche sez. II

DDL bilancio

 Sez. II

Effetti Sez. I

Dlb integrato sez I+Sez II

Rimodul.
a.23 c. 3 lett a); a. 30 c. 1-2

Variazioni
a.23 c. 3 lett b)

23

Fondi da ripartire (33)

12.247,1

10.020,5

-

-151,7

9.868,8

2.130,8

11.999,6

23.1

Fondi da assegnare (33.1)

7.031,3

4.619,1

-

-51,4

4.567,6

2.050,8

6.618,5

 

 

All’interno del suddetto Programma si segnalano, in materia di lavoro:

§   l’Azione “Fondi da assegnare per il personale delle Amministrazioni pubbliche”, con un incremento:

-         per interventi di Sezione I, di 1,7 milioni di euro (a favore del Fondo per assunzioni straordinarie nelle Forze armate e nei Vigili del fuoco, cap. 3057, come conseguenza di quanto disposto dall’art. 36 della Sezione I);

-         in Sezione II, di 18,1 milioni (di cui 15 milioni a favore del Fondo per assunzioni nella P.A., cap. 3056);

 

§   l’Azione “Fondi da assegnare per l’attuazione dei contratti del personale”, con un incremento di 1.687 milioni di euro per interventi di Sezione I, interamente a favore del Fondo per l’attuazione dei contratti del personale delle amministrazioni statali, cap. 3027.

 

Nel corso dell’esame al Senato, sono state apportate alcune variazioni.

Più specificamente, è presente un decremento nella Sezione I di 338,5 mln nel 2018 (377,2 mln di euro nel 2019 e 295,2 mln di euro nel 2020) nel Programma 23.1 “Fondi da assegnare”, all’interno del quale si segnala:

 

§   un decremento di 10 mln nel 2018 (50 mln annui per il biennio 2019-2020) nell’Azione “Fondo da ripartire per fronteggiare le spese derivanti dalle assunzioni di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni dello stato” (cap. 3056), di cui a una serie di commi nel DDL in esame;

§   un incremento di 10 mln di euro (e 50 mln di euro annui per il biennio 2019-2020) nell’Azione “Fondo da ripartire per fronteggiare le spese derivanti dalla stabilizzazione dei ricercatori e dei tecnologi in servizio presso gli enti pubblici di ricerca, ad esclusione del CREA e dell'INAPP” (cap. 3058), di cui all’articolo 1, commi 367 e 455 del DDL in esame.

 



[1]     Per la nozione di licenziamenti collettivi, cfr. gli artt. 4 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni.

[2]     Riguardo all'applicazione degli incentivi alla fattispecie della somministrazione di lavoro, cfr. altresì il citato 31 del D.Lgs. n. 150 del 2015.

[3]     Limiti di cui all'art. 1, comma 309, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.

[4]     La legge n.107/2015 (c.d. Buona scuola) ha previsto il rafforzamento del collegamento fra scuola e lavoro, attraverso l'introduzione di una durata minima dei percorsi di alternanza negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei) e l'adozione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, riconoscendo allo studente, tra l'altro, la possibilità di esprimere una valutazione sull'efficacia e sulla coerenza dell'esperienza in azienda con il proprio indirizzo di studio. Ha, altresì, previsto la costituzione presso le Camere di commercio, del registro nazionale per l'alternanza scuola- lavoro (art. 1, co. 33-44). Inoltre, è stata prevista la possibilità, per le scuole, di dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità (art. 1, co. 60). L’alternanza si attua sulla base di convezioni stipulate dalle scuole con le imprese e può svolgersi sia all’interno della scuola (con corsi di orientamento, incontri formativi) sia fuori (stage presso le strutture ospitanti). Al termine del percorso di alternanza vengono rilasciati attestati di frequenza, certificati di competenze e crediti formativi, questi ultimi utili sia per la prosecuzione del percorso scolastico o formativo per il conseguimento del diploma o della qualifica, sia per l'eventuale passaggio nei percorsi di apprendistato.

[5]     Si ricorda che per gli incentivi in oggetto non si applica la norma in base alla quale i benefici contributivi relativi all’apprendistato sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.

[6]     Di cui agli articolo 2, commi 31 e32, della L. 92/2012.

[7]     Di cui all’articolo 1, comma 773, della L. 296/2006.

[8]     Di cui all'articolo 42, comma 6, lettera f), del D.Lgs. 81/2015, in relazione alla quale, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1º gennaio 2013, è dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani una contribuzione pari all'1,31% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

[9]     Di cui all’articolo 25 della L. 845/1978.

[10]    Restano pertanto escluse dall’esonero (in quanto non “nuove”) le iscrizioni alla previdenza agricola relative a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali che nell’anno 2017 siano risultati già iscritti nella previdenza agricola.

[11]    Si ricorda, come anche evidenziato nella relazione tecnica al provvedimento, che la contribuzione dovuta dai soggetti richiamati si determina applicando l’aliquota contributiva vigente (dal 2018 pari al 24%) al prodotto tra numero di giornate corrispondenti alla fascia di reddito convenzionale in cui è inserita l’azienda e reddito medio convenzionale (pari, ai sensi del Decreto Direttoriale 18 maggio 2017, a 56,83 euro), stabilito annualmente con specifico D.M., sulla base della media delle retribuzioni medie giornaliere degli operai agricoli. E’ inoltre dovuto, ai sensi della L. 160/1975, un contributo IVS addizionale giornaliero nel limite massimo di 1456 giornate lavorate annue (con importo per il 2017 pari a 0,66 euro). La stessa relazione tecnica ha stimato per il 2018 una platea di 9.000 neo iscritti, di cui 7.200 coltivatori diretti e 1.800 imprenditori agricoli professionali.

[12]    Nel sistema contributivo di calcolo della pensione l’aliquota di computo è la quota della retribuzione pensionabile che è considerata accantonata ai fini della determinazione dell'ammontare della pensione. In generale, per i lavoratori dipendenti è stata fissata al 33%, per i lavoratori autonomi al 27%.

[13]    Sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo.

[14]    Per quanto concerne il trattamento previdenziale dei lavoratori della pesca, l’inquadramento dei marittimi imbarcati quali membri dell’equipaggio, sulle navi adibite alla pesca marittima, nei regimi previdenziali vigenti nel settore, è determinato, prevalentemente, dalle caratteristiche della nave a bordo della quale i marittimi stessi operano. Di conseguenza, nel nostro ordinamento, per i marittimi esistono i seguenti regimi previdenziali: quello dei pescatori della piccola pesca marittima, di cui alla legge n. 250/1958 e il regime previdenziale marittimo, di cui alla legge n. 413/1984.

      Il primo trova applicazione nell’ambito dell’attività lavorativa della pesca esclusiva o prevalente, sia in via autonoma sia in forma associata (cooperativa o compagnia di pesca) ed esercitata, quale attività professionale, con “natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda”. L’inquadramento in tale regime dà diritto al lavoratore alla pensione di vecchiaia, invalidità e anzianità, nonché all’indennità contro gli infortuni. Ai lavoratori inquadrati nel predetto regime non compete l’indennità di disoccupazione, malattia, maternità e assegno per il nucleo familiare.

      I marittimi inquadrati ai sensi della L. 413/1984 attualmente sono iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) dell’Inps e possono accedere a tutte le prestazioni dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO).

[15]    Adottato con decreto MiPAAF 28 dicembre 2016.

[16]    Si tratta di una misura che fu già richiesta, al fine di sostenere il settore, con l'ordine del giorno n. 162 approvato dalla Camera dei deputati nella scorsa sessione di bilancio.

[17]    Cfr. l'art. 4 e l'art. 22, commi 1 e 2, del citato D.Lgs. n. 148.

[18]    Per i casi in cui il trattamento straordinario di integrazione salariale sia invece riconosciuto sulla base di un contratto di solidarietà, i limiti di durata sono disciplinati in termini diversi dall'art. 22, commi 3, 5 e 6, del citato D.Lgs. n. 148.

[19]    Ai sensi dell'art. 44, comma 2, del citato D.Lgs. n. 148.

[20]    Cfr., al riguardo, l'art. 23, comma 5, lettera d), e l'art. 25 del citato D.Lgs. n. 150, e successive modificazioni.

[21]    Si ricorda che la contribuzione in esame è dovuta anche nei casi di dimissioni per giusta causa del dipendente o di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell'àmbito della procedura di cui all'art. 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni.

[22]    Per la nozione di licenziamenti collettivi, cfr. gli artt. 4 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni.

[23]    Ai fini in oggetto, si fa riferimento al limite mensile più basso, pari, nel 2017, a 1.195 euro.

[24]    Riguardo ai criteri di computo dell'anzianità aziendale, cfr. l'art. 2, comma 31, della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni.

[25]    Ai sensi dell'art. 27 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni. La crisi può riguardare anche una sola impresa, se di grande o media dimensione e con effetti sull'indotto.

[26]    Le forme sostitutive sono gestite da alcuni Fondi operanti nell'ambito dell'INPS e da altri con propria autonomia gestionale (Es. Fondo per il personale della telefonia e delle aziende elettriche private); le Forme sostitutive sono riferite essenzialmente al trattamento di quiescenza dei pubblici dipendenti e dei dipendenti di alcuni Enti pubblici che hanno optato per esso.

[27]    Operai dell'industria estrattiva, dell'edilizia e della manutenzione degli edifici; Conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni; Conciatori di pelli e di pellicce; Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante; Conduttori di mezzi pesanti e camion; Personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche-ospedaliere con lavoro organizzato in turni; Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza; Insegnanti della scuola dell'infanzia e educato' i degli asili nido; Facchini, addetti allo-spostamento merci e assimilati; Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia; Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti; Operai dell'agricoltura, della zootecnia e pesca; Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative; Lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricomprese nella normativa del D.Lgs. 67/2011

[28]    Riguardo alla categoria degli educatori degli asili nido, presente nel suddetto Allegato A, si ricorda che il regolamento di attuazione dell'APE sociale, di cui al D.P.C.M. 23 maggio 2017, n. 88, ha interpretato tale categoria come relativa a tutti i tipi di servizi educativi per l'infanzia, come articolati dall'articolo 2 del D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 65 (nidi e micronidi, sezioni primavera, servizi integrativi).

[29]    Si segnala, al riguardo, che i lavoratori impegnati nei cd. lavori usuranti già beneficiano (ai sensi dell’articolo 1, comma 206, lettera c), della L. 232/2016), dell'esclusione dagli adeguamenti automatici decorrenti dagli anni 2019, 2021, 2023 e 2025, a condizione della sussistenza di un'anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni. La norma in esame, quindi, modifica, per i richiamati lavoratori e  con esclusivo riferimento all'adeguamento decorrente dal 2019, la misura di anzianità contributiva necessaria per il beneficio.

[30]    Il richiamato comma 9 ha stabilito, infatti, un limite anagrafico minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché della gestione separata INPS. In particolare (primo periodo), i requisiti anagrafici devono essere tali da garantire un'età minima di accesso al trattamento pensionistico non inferiore a 67 anni per i soggetti, in possesso dei predetti requisiti, che maturino il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dall'anno 2021. Qualora, per effetto degli adeguamenti dei predetti requisiti agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del D.L. 78/2010, la richiamata età minima di accesso non fosse assicurata, è disposto (secondo periodo) un ulteriore incremento degli stessi, con lo stesso decreto direttoriale di cui al citato articolo 12, comma 12-bis, del D.L. 78/2010, da emanare entro il 31 dicembre 2019, al fine di garantire, per i richiamati soggetti in possesso dei predetti requisiti, che maturino il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dall'anno 2021, un'età minima di accesso al trattamento pensionistico comunque non inferiore a 67 anni.

[31]    Quest'ultima condizione deriva dal richiamo ai soli soggetti di cui all'articolo 1, commi 12 e 13, della L. 335/1995.

[32]    Cioè quelli di cui all’articolo 1, comma 2, e 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001.

[33]    Che si differenzia dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il loro finanziamento, caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale.

[34]    La cui costituzione è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti.

[35]    Ossia i fondi operanti nell’ambito di consolidati sistemi di bilateralità (in riferimento ai settori dell'artigianato e della somministrazione di lavoro) che alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 148/2015 hanno adeguato le proprie fonti istitutive e normative alla previsione di misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro, in caso di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa

[36]    I fondi pensione a prestazione definiti sono caratterizzati dal fatto che i versamenti dei lavoratori vengono periodicamente adeguati, tenendo conto anche del rendimento del fondo, al fine di costituire una rendita di ammontare predeterminato.

[37] L’articolo 8, comma 7, lettera b), del decreto legislativo n.252/2005 disciplina le modalità tacite per il conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, prevedendo che nel caso in cui il lavoratore non esprima la propria scelta entro 6 mesi dalla prima assunzione:

1)  il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando dei dipendenti alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo sia intervenuto un diverso accordo aziendale che preveda la destinazione del TFR a una diversa forma collettiva (tra quelle previste all'articolo 1, comma 2, lettera e), n. 2), della legge 23 agosto 2004, n. 243); tale accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore, in modo diretto e personale;

2)  in caso di presenza di più forme pensionistiche di cui al n. 1), il TFR maturando è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell'azienda;

3)  qualora non siano applicabili le disposizioni di cui ai numeri 1) e 2), il datore di lavoro trasferisce il TFR maturando alla forma pensionistica complementare istituita presso l'INPS;

[38]    Laborfonds è il Fondo pensione complementare negoziale a capitalizzazione individuale e contribuzione definita  per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro che operano nel territorio del Trentino-Alto Adige. Possono aderire al Fondo anche i soggetti fiscalmente a carico degli aderenti. Il Fondo, istituito dalle parti sociali sotto forma di associazione senza scopo di lucro, è operativo dal 2000, avendo ottenuto l'autorizzazione all'esercizio dell'attività con deliberazione COVIP del 19 aprile 2000. Successivamente, è stata riconosciuta personalità giuridica con D.M. 1 4 giugno 2000. Dal 10 dicembre 2001 il Fondo è pienamente operativo, a seguito dell’affidamento del patrimonio ai gestori finanziari prescelti. Il Fondo è di proprietà dei suoi aderenti e viene governato da rappresentanti eletti dagli stessi soci lavoratori e datori di lavoro.

[39]    Fopadiva è il Fondo pensione complementare per tutti i lavoratori dipendenti della Valle d’Aosta. Possono iscriversi al Fondo anche i soggetti fiscalmente a carico dei lavoratori dipendenti aderenti, nonché - purché svolgano attività nel territorio della Regione Autonoma Valle d'Aosta -  i lavoratori parasubordinati e i liberi professionisti titolari di Partita IVA sprovvisti di specifica cassa previdenziale iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS. È un Fondo pensione negoziale di natura territoriale ed intercategoriale, sotto forma di associazione senza scopo di lucro. La contribuzione a Fopadiva prevede il versamento periodico di alcune somme, rappresentate dal Tfr, dalla contribuzione individuale da parte del lavoratore e del datore di lavoro. Più precisamente, l’adesione di un lavoratore dipendente privato comporta obbligatoriamente il versamento del TFR e, in via opzionale, quello della contribuzione a carico del lavoratore, mentre l’adesione di un lavoratore dipendente pubblico comporta obbligatoriamente sia il versamento del TFR che quello della contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro.

[40]    Costituito nel 1990 ed autorizzato dalla COVIP nel 1999, Solidarietà Veneto è il Fondo di previdenza complementare del Veneto, a cui posso aderire (a condizione che svolgano attività nel territorio del Veneto) i lavoratori dipendenti di tutti i settori del mondo industriale ed artigianale, i lavoratori in somministrazione, i lavoratori autonomi (li imprenditori artigiani, i liberi professionisti senza cassa previdenziale, gli associati in partecipazione, i coltivatori diretti e i lavoratori che operano con contratti di collaborazione), i lavoratori agricoli e forestali nonché i soggetti fiscalmente a carico dei richiamati soggetti. Sono elementi del versamento al Fondo il TFR, il versamento volontario da parte del lavoratore e la quota a carico del datore di lavoro. Gli aderenti partecipano direttamente al governo del fondo; i delegati sono eletti direttamente dai lavoratori e dalle aziende associate al Fondo.

[41]    Si ricorda che ai sensi dell’articolo 21, comma 1, del D.L. 201/2011, l’I.N.P.D.A.P. e l’E.N.P.A.L.S. sono stati soppressi dal 1° gennaio 2012e le relative funzioni sono state attribuite all’I.N.P.S. dal 1° gennaio 2012.

[42]    L’articolo 18, comma 1, del D.L. 185/2008, ha disposto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi. Alla lettera a) del comma 1 viene indicato il Fondo sociale per occupazione e formazione, che viene appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Attualmente, le risorse del richiamato Fondo sono destinate a specifici interventi di polita attiva del lavoro, o (nel caso di risorse non destinate a determinati interventi previsti dalla normativa) al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

[43]    In precedenza le competenze in questione facevano capo alla Direzione generale degli ammortizzatori sociali e della formazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, mentre  il cofinanziamento nazionale del Programma veniva garantito attraverso un impegno di spesa sul Fondo di rotazione per la formazione professionale (di cui all’articolo 25 della legge n.845 del 1978), mediante uno specifico decreto adottato a seguito della sottoscrizione di una Convenzione tra Autorità nazionale (nella persona del Direttore generale competente del Ministero del lavoro) e Agenzia nazionale (nella persona del direttore generale dell’ISFOL/INAPP).

[44]    I criteri e le modalità per la determinazione dei contributi sono stati fissati dal D.M. 125/1987. Con il D.M. 24 marzo 2003 è stata disciplinata l'applicazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio come documentazione probatoria dell'attività formativa svolta dagli enti di formazione professionale ai fini del calcolo del contributo da erogare.

[45]    L’articolo 1 della L. 68/2006 ha disposto un Programma sperimentale per il sostegno al reddito, promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in collaborazione con l’agenzia strumentale Italia Lavoro, finalizzato a garantire l’occupabilità dei lavoratori che compivano 50 anni entro il 31 dicembre 2006.

      In particolare, il Programma sperimentale è indirizzato al reimpiego di un contingente di 3.000 lavoratori, individuati con specifici accordi sottoscritti entro il 31 maggio 2006 tra le imprese (ove non avessero cessato l’attività) e le organizzazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e lo stesso Ministero. Il Programma si articolava in specifici periodi (che decorrevano dalla fine del periodo di mobilità); inoltre, i richiamati accordi individuavano i lavoratori che, previa cessazione del rapporto di lavoro, passavano al Programma di reimpiego e le modalità di partecipazione al Programma stesso delle aziende interessate, nonché gli obiettivi di reimpiego da conseguire. Il piano di riparto tra le imprese interessate del contingente numerico doveva essere approvato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro il 15 giugno 2006.

      Le attività finalizzate al reimpiego dei soggetti richiamati dovevano essere svolte dai soggetti autorizzati o accreditati in intermediazione di lavoro.

      La misura del sostegno al reddito per i lavoratori interessati dal Programma era pari, per il triennio successivo ai periodi di erogazione, all’ultima mensilità di mobilità erogata al lavoratore interessato, fino al perfezionamento dei processi di fuoriuscita dal Programma, e comunque non oltre il raggiungimento dei limiti del collocamento a riposo stabiliti dalla L. 243/2003.

      Gli oneri relativi al sostegno al reddito dei lavoratori interessati, ricomprendenti anche la contribuzione figurativa, erano posti a carico delle imprese (alle quali erano riservati 1.300 posti), ad esclusione delle imprese sottoposte a procedure concorsuali di cui all’articolo 3 della L. 223/1991 e alle grandi imprese commerciali in stato di insolvenza sottoposte ad amministrazione straordinaria, ai sensi del D.Lgs. 270/1999 e del D.L. 347/2003.

      Era inoltre possibile, per i lavoratori partecipanti al Programma, cumulare il trattamento di sostegno al reddito con la retribuzione o il compenso percepito per “attività lavorativa temporanea ed occasionale”.

      Infine, a copertura    dell’onere derivante dalle misure richiamate, si provvedeva a valere sulle somme a carico del Fondo per l’occupazione per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione. Tali risorse affluivano al bilancio dell’INPS, in un’apposita evidenza contabile.     

[46]    Istituito dall’articolo 25 della L. 845/1978.

[47]    Le modalità, i termini e le condizioni per il finanziamento dei richiamati enti sono state definite dai D.M. 22 gennaio 2010, 22 ottobre 2010 e 28 giugno 2011.

[48]    L’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico; d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

      Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica, nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al d.lgs. 276/2003, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.

[49]    Un ulteriore incremento dell’autorizzazione di spesa citata, pari a 1,5 milioni di euro, è stato previsto, per il 2017, dall’articolo 22, comma 7-ter, del decreto-legge n. 50 del 2017 (legge n. 96 del 2017).

[50]    Di cui alla Tabella A del DM 8 agosto 2007, che elenca i requisiti personali e professionali degli steward

[51]    Come specificato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell’interpello n. 10 del 21 marzo 2016, “il Decreto in questione, emanato in forza della previgente normativa, è il D.M. 23 ottobre 2004, ai sensi del quale “è ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657””.

[52]    Tra le funzioni esplicitamente richiamate vi sono il supporto tecnico-operativo offerto dall’Agenzia al Ministero della salute (art. 1, c. 573 e 587, della L. 190/2014 e art. 1, c. 579, della L. 208/2015), nonché quelle derivanti dall’istituzione dell'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità istituito presso l’Agenzia stessa (art. 3, L. 24/2017).

[53]    Il richiamato art. 30 del D.Lgs. 165/2001 disciplina la mobilità volontaria tramite passaggio diretto di personale tra amministrazioni pubbliche, istituto che permette di ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, dietro domanda di trasferimento e con assenso dell'amministrazione di appartenenza. In seguito alle modifiche introdotte dal D.L. 90/2014 è stata prevista  la possibilità (in via sperimentale) di trasferimenti anche in mancanza dell’assenso dell’amministrazione di appartenenza, a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell’amministrazione di provenienza. Oltre a ciò, le sedi delle pubbliche amministrazione ubicate nel territorio dello stesso comune o a una distanza inferiore a 50 chilometri dalla sede di prima assegnazione sono considerate come medesima unità produttiva, con la conseguenza che all’interno di tale area i dipendenti sono tenuti a prestare la loro attività lavorativa, previo accordo tra le amministrazioni interessate o anche in assenza di accordo, quando sia necessario sopperire a carenze di organico. E’ stato inoltre istituito il portale per l’incontro tra domanda e offerta di mobilità, nonché l’obbligo, per le amministrazioni che intendano avvalersi della mobilità, della pubblicazione sul proprio sito istituzionale, per un periodo minimo di 30 giorni, del bando che indica i posti che si intendano coprire.

 

[54] Di cui all’art. 7, c. 5-bis, del D.Lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 5 del D.Lgs. 75/2017.

[55]    Specifiche deroghe sono previste da parte di determinate norme (ad es. per i funzionari del Ministero dei beni e delle attività culturali ai sensi dell’articolo 1, comma 329, della L. 208/2015; per il personale amministrativo non dirigenziale del Ministero della giustizia ai sensi dell’articolo 1, comma 2-septies, del D.L. 117/2016).

[56]    Il Contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale relativo al periodo 2016-2018, sottoscritto il 13 luglio 2016, modificando profondamente l'impianto dei precedenti comparti ed aree di contrattazione, ha istituito il Comparto dell'istruzione e della ricerca che, con riferimento ai dirigenti, comprende, ai sensi dell’art. 7, quelli di scuole statali ed istituzioni educative, Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), università ed Aziende ospedaliero-universitarie, enti di ricerca (inclusi INDIRE e INVALSI).

L’art. 8 del Contratto ha fatto salva la finalità di armonizzare ed integrare le discipline contrattuali all'interno di ciascun comparto.

[57]    La disposizione citata prevede che il MEF quantifica, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge (ora) di bilancio.

[58]    Il Fondo è stato altresì incrementato di ulteriori € 46 mln per l'anno 2016 e di € 14 mln per l'anno 2017 da corrispondere a titolo di retribuzione di risultato una tantum.

[59]    V. art. 2 del CCNL biennio economico 2008 – 2009, sottoscritto il 15 luglio 2010.

[60]    V. art. 5 del corrispondente CCNL biennio economico 2008-2009.

[61]    In base ad un ulteriore obiettivo dell’Atto di indirizzo citato nel testo, devono essere chiariti i criteri di riparto del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato, anche con riguardo alle indennità di reggenza.

[62]    La disposizione citata richiama il primo periodo del co. 78 dell’art. 1 della L. 662/1996 che – riferendosi alle assenze dei docenti (e non del personale ATA) – dispone, in particolare, che i capi di istituto sono autorizzati a ricorrere alle supplenze brevi e saltuarie solo per i tempi strettamente necessari ad assicurare il servizio scolastico e dopo aver provveduto, eventualmente utilizzando spazi di flessibilità dell'organizzazione dell'orario didattico, alla sostituzione del personale assente con docenti già in servizio nella medesima istituzione scolastica.

[63]    Pari a € 565 mln a decorrere dall'anno 2006.

[64]    DM 430/2000.

[65]    Ha, altresì, evidenziato che i collaboratori scolastici devono essere sostituiti mediante ore straordinarie in capo ai colleghi rimasti in servizio, da remunerare a carico del fondo del miglioramento dell'offerta formativa assegnato alla relativa istituzione scolastica.

[66]    L’art. 4, co. 5, del DPR 119/2009 dispone che, nel caso di utilizzo del personale già addetto ai lavori socialmente utili, attualmente impegnato nelle istituzioni scolastiche in compiti di carattere amministrativo e tecnico, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, si accantona un numero di posti della dotazione organica del profilo di appartenenza, corrispondente al 50% degli stessi soggetti.

[67]    A fronte del riferimento, presente nel co. 6-ter citato, anche a soluzioni amministrative.

[68]    La relazione illustrativa riferita all’emendamento del Governo 58.1100 (poi ritirato), riguardante, in termini diversi, la questione, evidenziava che attualmente operano 459 dipendenti da cooperative attive nella provincia di Palermo (a fronte dei 479 di cui alla relazione illustrativa riferita al D.L. 244/2016), che sostituiscono 350 collaboratori scolastici.  Evidenziava, inoltre, che i 459 lavoratori sono parte delle circa 16.000 unità di lavoratori di ditte esterne che si occupano dei servizi di pulizie nelle scuole in tutto il territorio nazionale.

[69]    Il quale stabilisce l’adeguamento annuale di diritto, dal 1° gennaio 1998, delle voci retributive in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive.

[70]    La disposizione citata ha autorizzato la spesa di € 18 mln per il 2011 e di € 50 mln per ciascuno degli anni 2012 e 2013, da ripartire fra gli atenei secondo criteri e modalità definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze , che doveva anche indicare criteri e modalità per la selezione dei destinatari dell'intervento secondo criteri di merito accademico e scientifico. I criteri e le modalità sono stati stabiliti, per l'anno 2011, con DM 21 luglio 2011, n. 314 e, per gli anni 2012 e 2013, con DM 26 luglio 2013, n. 665.

[71]    Poi abrogato dall’art. 22 del d.lgs. 138/2003.

[72]    Nel corso dell’audizione presso la 7^ Commissione del Senato del 27 febbraio 2014, il presidente dell’INAF aveva rappresentato i problemi amministrativo-gestionali derivanti dalla coesistenza all’interno dell’INAF di due diverse categorie di ricercatori: quelli “contrattualizzati”, appartenenti al comparto ricerca, con una progressione di carriera articolata nelle tre fasce di “ricercatore”, “primo ricercatore” e “dirigente di ricerca”, e quelli non “contrattualizzati” appartenenti al ruolo ad esaurimento degli “astronomi”, articolati nelle tre fasce di “ricercatore astronomo”, “astronomo associato” e “astronomo ordinario”. Aveva pertanto auspicato l’unificazione del personale di ricerca.

[73]    E’ utile ricordare che, sulla base delle previsioni recate dalla stessa L. 240/2010, la figura del ricercatore a tempo indeterminato è diventata ad esaurimento.

[74]    L’art. 5 del d.lgs. 213/2009 dispone che, in conformità alle linee guida enunciate nel PNR, i consigli di amministrazione dei singoli enti, previo parere dei rispettivi consigli scientifici, adottano un piano triennale di attività (PTA), aggiornato annualmente, ed elaborano un documento di visione strategica decennale. Il piano è valutato e approvato dal MIUR, anche ai fini della identificazione e dello sviluppo degli obiettivi generali di sistema, del coordinamento dei PTA dei diversi enti di ricerca, nonché del riparto del fondo ordinario.

[75]    Ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 218/2016, sono interessati i seguenti enti di ricerca: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia Spaziale Italiana - ASI; Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR; Istituto Italiano di Studi Germanici; Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF; Istituto Nazionale di Alta Matematica "Francesco Severi" - INDAM; Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - INFN; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV; Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS; Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica - INRIM; Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi"; Stazione Zoologica "Anton Dohrn"; Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - INVALSI; Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa - INDIRE; Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'energia e lo Sviluppo Sostenibile - ENEA; Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori - ISFOL (a decorrere dal 1° dicembre 2016 denominato Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche - INAPP); Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT; Istituto Superiore di Sanità - ISS; Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA (ferme restando le disposizioni di cui alla L. 132/2016).

[76]    L’articolo 1, comma 365, della L. 232/2016 ha istituito uno specifico Fondo per finanziare vicende contrattuali e nuove assunzioni presso talune amministrazioni pubbliche. Il Fondo è ripartito con uno (o più) D.P.C.M., e presenta tre finalità (individuate nelle lettere a), b) e c) del medesimo comma 365). In particolare, la lettera b) del comma 365 definisce il finanziamento - per il 2017 e dal 2018 - di assunzioni a tempo indeterminato presso le richiamate amministrazioni ed enti. Per le assunzioni sono tenute in conto le specifiche richieste volte a fronteggiare "indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni". Le assunzioni sono autorizzate con specifico decreto interministeriale, entro le vacanze di organico, al netto della copertura di posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di personale appartenente ad altra amministrazione, e nel rispetto delle previsioni poste dall’articolo 4 del D.L. 101/2013

[77]    Il CREA, avente natura di ente nazionale di ricerca e sperimentazione, è stato costituito - ai sensi dell'art. 1, comma 381, della legge n. 190 del 2014, per incorporazione dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA). Lo statuto del CREA è stato adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 27 gennaio 2017, n. 39.

[78]    L’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) è un ente pubblico di ricerca, che svolge analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e di tutte quelle politiche pubbliche che hanno effetti sul mercato del lavoro. INAPP è nato il 1° dicembre 2016 come trasformazione dell’ISFOL (attivo dal 1973), in seguito a quanto disposto dall’ art. 4, comma 1, lett. f), D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185. Come ente pubblico di ricerca, vigilato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ad INAPP si applicano le disposizioni del Decreto Legislativo 25 novembre 2016, n. 218. Attualmente INAPP conta circa 450 dipendenti, tra personale di ricerca e personale tecnico-amministrativo. L’INAPP fa parte del Sistema statistico nazionale (SISTAN).

[79]    Il personale in regime di diritto pubblico - di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001 - è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d’Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[80] L’elenco n. 1 allegato alla legge stanzia: 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e un pari importo a decorrere dal 2018 per gli interventi di carattere sociale volti alla stipulazione di convenzioni con i comuni interessati alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con oneri a carico del bilancio comunale nonché alla prosecuzione del finanziamento di progetti per servizi socialmente utili; 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 per la prosecuzione del concorso delle Forze armate alle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale nelle province della regione Campania.

[81] In attuazione di quanto previsto, si vedano: per il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il D.P.C.M. 12 febbraio 2015; per il Ministero dell'interno, il D.P.C.M. 27 febbraio 2015, il D.P.C.M. 11 aprile 2016 e il D.P.C.M. 8 giugno 2017.

[82]    Riguardo a quest'ultima, cfr. l'art. 1, comma 421, della L. 23 dicembre 2014, n. 190.

[83]    Per le nozioni delle due categorie, la norma fa rinvio all'art. 19, commi 1 e 4, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e successive modificazioni. In base a tali norme: sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarino, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego; i lavoratori dipendenti che effettuino la registrazione suddetta dopo la ricezione della comunicazione di licenziamento ed in pendenza del periodo di preavviso sono considerati, in tale fase, "a rischio di disoccupazione".

[84]    Si ricorda, al riguardo, che il richiamato articolo 1, comma 118, della L. 190/2014,ha introdotto uno sgravio contributivo per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato. Lo sgravio riguarda i contratti a tempo indeterminato relativi a nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015 e consiste nell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, per un periodo massimo di 36 mesi.

[85]    I commi 18 e 19 dell'articolo 26 della L. 448/1998 dettano norme integrative rispetto a quanto disposto dall'articolo 59, comma 56, L. 449/1997, concernente la possibilità per i pubblici dipendenti di richiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto. In particolare, il comma 18 ha specificato che la somma complessivamente attribuita alle forme di previdenza complementare in base alla quota contributiva di 1,5 punti percentuali, (di cui al richiamato articolo 59, comma 56, della L. 449/1997), non potesse superare i 103.291.379,82 milioni di euro annui.

[86]    Il certificato di agibilità è uno strumento volto ad assicurare una tutela rafforzata per i lavoratori appartenenti a determinate categorie artistiche e tecniche dello spettacolo, considerate le specificità che caratterizzano lo svolgimento delle prestazioni lavorative in tale settore. Il certificato di agibilità deve essere richiesto dalle imprese dello spettacolo all’INPS ai sensi degli artt. 6, 9 e 10 del D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947. L’obbligo di richiesta è volto a consentire il preventivo controllo della regolarità contributiva dell’impresa richiedente che, in caso di esito negativo, preclude il rilascio del certificato. La richiesta del certificato di agibilità deve essere effettuata entro cinque giorni dalla stipulazione dei relativi contratti di lavoro (art. 9, comma 3, D.Lgs.C.P.S. n. 708/1947) e, comunque, prima dello svolgimento della prestazione lavorativa. Alle imprese di nuova costituzione/operatività, all’atto del rilascio della prima agibilità, viene richiesto il versamento di una somma a titolo di deposito cauzionale pari al 10% del carico contributivo stimato per un periodo di tre mesi. In alternativa l’impresa può produrre una fidejussione bancaria o assicurativa per lo stesso importo.

[87]    Ossia le imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense, i teatri tenda, gli enti, le associazioni, le imprese del pubblico esercizio, gli alberghi, le emittenti radiotelevisive e gli impianti sportivi.

[88]    La disposizione fa riferimento ai lavoratori dello spettacolo di cui ai nn. 1-14 dell’articolo 3 del decreto legislativo C.P.S. n.708 del 1947, ossia: 1) artisti lirici; 2) attori di prosa, operetta, rivista, varietà ed attrazioni, cantanti di musica leggera, presentatori, disc-jockey ed animatori in strutture ricettive connesse all'attività turistica; 3) attori e generici cinematografici, attori di doppiaggio cinematografico; 4) registi teatrali e cinematografici, aiuto registi; 5) organizzatori generali, direttori, ispettori, segretari di produzione cinematografica, cassieri, segretari di edizione; 6) direttori di scena e di doppiaggio; 7) direttori d'orchestre e sostituti; 8) concertisti e professori d'orchestra orchestrali e bandisti; 9) tersicorei, coristi, ballerini, figuranti, indossatori e tecnici addetti alle manifestazioni di moda; 10) amministratori di formazioni artistiche; 11) tecnici del montaggio, del suono, dello sviluppo e stampa; 12) operatori di ripresa cinematografica e televisiva, aiuto operatori e maestranze cinematografiche, teatrali e radio televisive; 13) arredatori, architetti, scenografi, figurinisti teatrali e cinematografici; 14) truccatori e parrucchieri.

[89]    Si ricorda che le il regime speciale per le assunzioni stabilito per i richiamati Corpi, originariamente previsto per il biennio 2010-2011, è stato prorogato più volte: da ultimo, l’articolo 1, comma 7, del D.L. 244/2016, ha prorogato al 31 dicembre 2017 i termini per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato previsti, tra gli altri, anche per i Corpi di Polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Allo stesso tempo, l’articolo 1, comma 1, dello stesso D.L. 244/2016, con riferimento alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, ha esteso il termine (prorogandolo contestualmente fino al 31 dicembre 2017) dell’efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato vigenti alla data di entrata in vigore del D.L. 101/2013 (1° settembre 2013) alle graduatorie approvate successivamente alla richiamata data. Resta ferma la vigenza delle stesse graduatorie fino alla completa assunzione dei vincitori, nonché, per gli idonei, l'eventuale termine di maggior durata della graduatoria stabilito dall'articolo 35, comma 5-ter, del D.L. 165/2001, corrispondente a tre anni dalla data di pubblicazione.

      Inoltre, l’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008 ha previsto un regime speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per cui, per gli anni 2010 e 2011, tali amministrazioni possono procedere, secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 20% per il triennio 2012-2014, del 50% nel 2015 e del 100% a decorrere dal 2016. Si ricorda, inoltre, che l’articolo 2, comma 1, del DPCM 8 settembre 2014, derogando a quanto disposto dal citato comma 9-bis dell’articolo 66 del D.L. 112/2008 in tema di percentuali del turn-over, prevede che le amministrazioni del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (indicate nella Tabella B del provvedimento) possano procedere per l'anno 2014 all'assunzione di un contingente di personale a tempo indeterminato

[90]    Il richiamato articolo 35, comma 5-ter, del D.Lgs. 165/2001, dispone che le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangano vigenti per un termine di 3 anni dalla data di pubblicazione. Sono comunque fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali.

[91]    L’articolo 1, comma 2, del D.L. 216/2011, prorogava, nel testo originario, al 31 dicembre 2012 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, da parte di specifiche amministrazioni relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2009 e nell’anno 2010, di cui all'articolo 3, comma 102, della legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007) e all'articolo 66, commi 9-bis, 13 e 14, del D.L. 112/2008. Le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, potevano essere concesse entro il 31 luglio 2012. Successivamente, tali disposizioni sono state prorogate da una serie di interventi (da ultimo l’articolo 1, comma 5, lettera a), del D.L. 244/2016 ha prorogato al 31 dicembre 2017 il termine    per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato (e le relative autorizzazioni ad assumere) relative alle cessazioni verificatesi negli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, nelle amministrazioni individuate nel box alla fine della presente scheda.

[92]    L'articolo 1, comma 6-quater, del D.L. 216/2011 aveva disposto, nel testo originario, fino al 31 dicembre 2015la possibilità di utilizzo temporaneo del contingente di 30 unità di personale in servizio presso il Dipartimento della funzione pubblica alla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso D.L. 216/2011. Tale contingente di personale è costituito (art. 10-bis, comma 3, del D.L. 203/2005) dai segretari comunali e provinciali che, rimasti privi di incarico, sono posti a disposizione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali sino al passaggio in mobilità, nella piena salvaguardia della loro posizione giuridica ed economica, e fatta salva la cessazione dell'utilizzo temporaneo nel caso di conferimento di incarico da parte di un Comune o di una Provincia. L'utilizzo temporaneo previsto dal richiamato comma 6-quater è finalizzato a soddisfare le esigenze funzionali di cui all'articolo 10-bis, comma 2, del D.L. 203/2005, vale a dire l'esigenza di garantire il rafforzamento delle attività di semplificazione delle norme e delle procedure amministrative e di monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini, nonché delle attività connesse alla gestione del personale in eccedenza di cui agli articoli 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001. Tale disposizione è stata successivamente prorogato da una serie di norme, da ultimo l’articolo 1, comma 5, lettera b), del D.L. 244/2016 ha posticipato il richiamato termine al 31 dicembre 2017.

[93]    Tali autorizzazioni sono disciplinate dall'art. 1, commi 90 e 91, della L. 228/2012.      In particolare, il comma 90 prevede che - per le finalità di incremento di efficienza nell'impiego delle risorse, nonché tenuto conto della specificità e peculiari esigenze del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - i Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, della giustizia e delle politiche agricole alimentari e forestali possono procedere ad assunzioni di personale a valere sull’apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

      Il successivo comma 91 dispone che le assunzioni di cui al comma 90 sono autorizzate, anche in deroga alle percentuali del turn over indicate dalla legislazione vigente (articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008), che possono essere incrementate fino al 50% (in luogo del 20%) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70% (in luogo del 50%) per l'anno 2015, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nonché del Ministro responsabile dell'amministrazione che intende procedere alle assunzioni.     Le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2013, adottate ai sensi del richiamato comma 91, sono state successivamente prorogate da una serie di interventi, da ultimo l’articolo 1, comma 6, del D.L. 244/2016, ha posticipato il richiamato termine al 31 dicembre 2017.

[94]    L’articolo 1, comma 2, del D.L. 192/2014 aveva prorogato, nel testo originario, al 31 dicembre 2015 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, riferite al budget del 2014,  per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, e gli enti di ricerca in relazione alle cessazioni verificatesi nel 2013, previste dall'articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 90/2014 e dall'articolo 66, commi 9-bis e 13-bis del D.L. 112/2008 (per una disamina sulle amministrazioni interessate v. supra alla lettera b)) . Si trattava di una proroga che interveniva per la prima volta sulle risorse di riferimento. Laddove previste, le relative autorizzazioni ad assumere potevano essere concesse entro il medesimo termine del 31 dicembre 2015. Anche il termine per le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, veniva prorogato al 31 dicembre 2015. Successivamente, tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, comma 3, lettera a), del D.L. 210/2015 e al 31 dicembre 2017 dall’articolo 1, comma 7, lettera a), del D.L. 244/2016.

[95]    L’articolo 1, comma 4, del D.L. 192/2014, aveva prorogato, nel testo originario, al 31 dicembre 2015 le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2014 relative agli stessi comparti, in attuazione dell'articolo 1, comma 464, della L. 147/2013. Successivamente, tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, comma 3, lettera b), del D.L. 210/2015 e al 31 dicembre 2017 dall’articolo 1, comma 7, lettera b), del D.L. 244/2016. L’articolo 1, comma 464, della L. 147/2013 ha previsto l’effettuazione, nel 2014, di assunzioni aggiuntive nel Comparto Sicurezza e del Comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente (art. 66, c. 9-bis, del D.L. 112/2008 e art. 1, c. 91, della L. 228/2012 ) al fine di incrementare l'efficienza dell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze del Comparto stesso. Tali assunzioni possono essere effettuate a condizione che il turn over complessivo relativo allo stesso anno non sia superiore al 55% (con un incremento quindi pari al 5% rispetto a quanto previsto dall’art. 1, c. 91, della L. 228/2012), e che il contingente complessivo di assunzioni sia corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 51,5 milioni di euro per il 2014 e a 126 milioni a decorrere dal 2015, con riserva di assunzione di 1.000 unità per la Polizia di Stato, 1.000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della Guardia di Finanza . A tal fine è istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze con una dotazione pari a 51,5 milioni di euro per il 2014 e a 126 milioni di euro a decorrere dal 2015.

[96]    L’articolo 1, comma 365, della L. 232/2016 ha istituito uno specifico Fondo per finanziare vicende contrattuali e nuove assunzioni presso talune amministrazioni pubbliche. Il Fondo è ripartito con uno (o più) D.P.C.M., e presenta tre finalità (individuate nelle lettere a), b) e c) del medesimo comma 365). In particolare, la lettera b) del comma 365 definisce il finanziamento - per il 2017 e dal 2018 - di assunzioni a tempo indeterminato presso le richiamate amministrazioni ed enti. Per le assunzioni sono tenute in conto le specifiche richieste volte a fronteggiare "indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni". Le assunzioni sono autorizzate con specifico decreto interministeriale (che alla data di redazione della presente scheda non risulta ancora essere stato emanato), entro le vacanze di organico, al netto della copertura di posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di personale appartenente ad altra amministrazione, e nel rispetto delle previsioni poste dall’articolo 4 del D.L. 101/2013.

      Tra le previsioni poste dall'articolo 4 del D.L. 101/2013, si ricorda quella secondo cui per tali amministrazioni l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata: all'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; all'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza; al previo svolgimento di una ricognizione circa situazioni di soprannumero o comunque eccedenze di personale.

[97]    L'articolo 4, comma 9, terzo periodo, del D.L. 101/2013, ha disposto la facoltà per le Province, fermo restando il divieto previsto dall'articolo 16, comma 9, del D.L. 95/2012 (cioè il divieto, per le Province, di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nelle more dell'attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione delle Province stesse), di prorogare fino ad certo termine (originariamente stabilito al 31 dicembre 2014 e successivamente prorogato al 31 dicembre 2015 dall’articolo 1, comma 6, del D.L. 192/2014, al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, commi 9 e 9-quater del D.L. 201/2015 e al 31 dicembre 2017 dall’articolo 1, comma 3, del D.L. 244/2016) i contratti di lavoro a tempo determinato, nonché i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi e nel rispetto dei vincoli finanziari vigenti. Si ricorda che successivamente al D.L. 101/2013 è intervenuta la L. 56/2014, la quale ha fissato al 1° gennaio 2015 la data di subentro delle Città metropolitane alle Province omonime (art. 1, comma 16), attribuendo alle Città metropolitane il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della Provincia a cui ciascuna Città metropolitana è successa a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi (art. 1, comma 47). La disposizione di proroga in esame deve, conseguentemente, ritenersi applicabile anche alle Città metropolitane ad esse subentrate.

[98]    Compito spettante alla legge di stabilità, che si ripercuoteva sul bilancio attraverso la Nota di variazioni.

[99]    Si tratta delle variazioni di autorizzazioni legislative di spesa prima effettuate con le tabelle C, D ed E della legge di stabilità, ai sensi dell’ex art. 11, co. 3, lett. d), e) ed f) della legge n. 196, che ora possono essere effettuate nell’ambito della Sezione II e che, insieme alle innovazioni legislative introdotte con la Sezione I, compongono il complesso della manovra di finanza pubblica.

[100]  Le azioni del bilancio dello Stato sono state individuate con DPCM del 14 ottobre 2016.

[101]  Il definitivo passaggio all'adozione delle azioni sarà valutato in base agli esiti di una Relazione predisposta annualmente dalla Ragioneria generale dello Stato, sentita la Corte dei Conti, che sarà presentata per la prima volta al Parlamento in sede di rendiconto 2017 (giugno 2018). Con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sarà individuato l'esercizio finanziario a partire dal quale le azioni costituiranno le unità elementari del bilancio.

[102]      Tale importo è conseguente a quanto disposto nel corso dell’esame al Senato durante il quale si è previsto un incremento del Programma 26.10 di 210.000 euro, sia in conto competenza sia in cassa, per ciascuno degli anni del triennio 2018-2020.

[103] Interamente ascrivibile all’Azione “Contributo alle regioni per il concorso alle spese di funzionamento dei centri per l'impiego” (cap. 1232).

[104] Interamente ascrivibile all’Azione “Contributo alle regioni per il concorso alle spese di funzionamento dei centri per l'impiego” (cap. 1232).