Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||
Titolo: | Tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo - A.C. 4388 | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Appunti del Comitato per la legislazione Numero: 576 | ||
Data: | 10/05/2017 | ||
Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato |
Tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo
10 maggio 2017
|
Indice |
Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|La normativa vigente| |
ContenutoLa proposta di legge C. 4388 detta norma in materia di tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo, attraverso la modifica della legge n.300 del 1970, della legge n.604 del 1966 e della legge n.223 del 1991.
Si fa presente che la proposta di legge in esame riproduce il contenuto degli articoli 83-87 della proposta di legge di iniziativa popolare C.4064 ("Carta dei diritti universali del lavoro. Nuovo statuto di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori"), di cui la XI Commissione (Lavoro) della Camera ha avviato l'esame il 9 marzo 2017.
La proposta di legge si compone di 5 articoli. L'articolo 1 detta una nuova disciplina delle conseguenze del licenziamento individuale illegittimo, sostituendo integralmente l'articolo 18 della legge n.300 del 1970 (Statuto dei lavoratori).
Si segnala che la disposizione in esame non interviene sulla disciplina dei licenziamenti illegittimi applicabile ai lavoratori assunti a decorrere dal 7 marzo 2015, introdotta dal decreto legislativo n.23 del 2015 (che in attuazione del cd. Jobs Act ha introdotto il "contratto a tutele crescenti").
La nuova disciplina prevede, in particolare:
Si prevede, inoltre:
L'articolo 2 modifica la procedura obbligatoria che i datori di lavoro devono seguire per procedere a licenziamenti individuali per motivi economici (di cui all'articolo 7 della L. 604/1966, come modificato dall'articolo 1, comma 40, della L. 92/2012 - cd. legge Fornero).
Il nuovo testo dell'articolo 7 della L. 604/1966 ha introdotto una procedura di conciliazione davanti alla Commissione provinciale di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro, che il datore di lavoro, avente i requisiti dimensionali previsti dall'articolo 18, comma 8, della L. 300/1970 (sopra 15 dipendenti, ridotti a 5 nel settore agricolo), deve obbligatoriamente esperire prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (ossia il licenziamento determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) e si configura, quindi, come condizione di procedibilità. È previsto che nel corso della procedura le parti possano farsi assistere da rappresentanti sindacali, avvocati o consulenti del lavoro. Il comportamento complessivo delle parti in tale sede è valutato dal giudice ai fini della determinazione dell'indennità risarcitoria e della condanna alle spese (o della compensazione, anche parziale, delle stesse). Tale procedura non si applica in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui all'articolo 2110 c.c., nonché per i licenziamenti e le interruzioni del rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui all'articolo 2, comma 34, della L. 92/2012 (si tratta dei licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; e dell'interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere).
In particolare, rispetto alla normativa vigente si prevedono le seguenti modifiche:
Gli articoli da 3 a 5 dettano una nuova disciplina del licenziamento collettivo illegittimo, modificando gli articoli 4, 5 e 24, della L. 223/1991.
L'articolo 3 sostituisce i commi da 1 a 10 e introduce i commi 15-ter e 15-quater all'articolo 4 della L. 223/1991, relativo alla procedura per la dichiarazione di mobilità. In particolare, rispetto alla disciplina vigente si prevede:
L'articolo 4 modifica l'articolo 5 della L. 223/1991, inerente ai criteri di scelta dei lavoratori ed agli oneri a carico delle imprese. In particolare, rispetto alla disciplina vigente si prevede:
L'articolo 5, infine, modifica il comma 1 dell'articolo 24 della L. 223/1991, relativo all'applicazione di specifiche norme per i licenziamenti collettivi (relativi alla messa in mobilità ed ai criteri di scelta dei lavoratori). In particolare, rispetto al testo vigente si prevede:
|
Relazioni allegate o richiesteAl progetto di legge, di iniziativa parlamentare, è allegata la relazione illustrativa. |
Necessità dell'intervento con leggeL'intervento con legge si rende necessario in quanto la materia oggetto della proposta di legge è attualmente disciplinata da fonti normative di rango legislativo. |
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definiteIl contenuto della proposta di legge è riconducibile alla materia di potestà esclusiva statale "ordinamento civile", ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione. |
La normativa vigenteLicenziamenti individuali illegittimi: la normativa vigente In linea generale, si distinguono tre tipologie di licenziamento illegittimo: il licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o per mancanza di giustificato motivo "soggettivo" (c.d. licenziamento disciplinare) e per mancanza di giustificato motivo "oggettivo" (c.d. licenziamento per motivi economici). In materia, tuttavia, bisogna distinguere tra la disciplina vigente per le assunzioni decorrenti dal 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. 23/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act) conseguente all'introduzione del contratto a tutele crescenti, e quella applicabile ai lavoratori assunti prima di tale data. Lavoratori già assunti al 6 marzo 2015
Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo "soggettivo", la legge 92/2012 (legge Fornero) ha introdotto una distinzione tra:
Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo "oggettivo", per effetto della legge n.92/2012 (legge Fornero) non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (e il giudice riconosce un'indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale; tuttavia, il giudice, nel caso in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo, può disporre la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) e riconoscere un'indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Lavoratori assunti dal 7 marzo 2015
Il richiamato D.Lgs. 23/2015 disciplina le conseguenze dei licenziamenti illegittimi, individuali e collettivi, per i lavoratori assunti a tempo indeterminato successivamente alla sua entrata in vigore (7 marzo 2015), eliminando ogni possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamenti economici e circoscrivendola nel caso di licenziamenti disciplinari. In quest'ultimo caso la reintegrazione del lavoratore sarà possibile solo nel caso di insussistenza del fatto materiale, direttamente dimostrata in giudizio.
Licenziamento discriminatorio Il D.Lgs. 23/2015 non modifica sostanzialmente la disciplina recata dall'articolo 18, commi 1-3, della legge 300/1970, che prevede la tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) del lavoratore illegittimamente licenziato, il risarcimento del danno (minimo 5 mensilità della retribuzione globale di fatto) e, fermo restando il diritto al risarcimento del danno, la facoltà (cd opting out) del lavoratore di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa (cd licenziamento disciplinare) La tutela reale (reintegrazione nel posto di lavoro) viene limitata alle sole ipotesi in cui sia dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore (rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento) e il datore di lavoro è condannato al pagamento di un'indennità risarcitoria che non può essere superiore a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Nei casi in cui non si applica la tutela reale, al lavoratore viene corrisposta un'indennità crescente con l'anzianità da minimo 4 a massimo 24 mensilità (tutela obbligatoria). Anche nel licenziamento disciplinare è riconosciuta al lavoratore la cd opting out (vedi supra).
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo (cd. licenziamento economico) Non è prevista la tutela reale e, in caso di licenziamento illegittimo, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità. Licenziamento collettivo illegittimo: normativa vigente
L'istituto del licenziamento collettivo è disciplinato principalmente dall'articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell'attività o del lavoro e nella cessazione dell'attività. L'ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell'arco temporale di 120 giorni nell'unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell'articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall'impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma - che l'impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale - ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. sindacale e in una fase cd. amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento. La disciplina delle conseguenze del licenziamento collettivo illegittimo è stata sostanzialmente modificata dall'articolo 10 del D.Lgs. 23/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act), il quale ha ridotto l'area della tutela reale (ossia della reintegrazione nel posto di lavoro) e, contemporaneamente, amplia quella della tutela obbligatoria (indennità). In particolare, la disposizione prevede l'applicazione della tutela reale nel solo caso in cui il licenziamento sia stato intimato senza l'osservanza della forma scritta e l'applicazione della tutela obbligatoria nel caso di violazione delle disposizioni relative alla procedura sindacale e ai criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Si ricorda che la suddetta disciplina si applica ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del richiamato D.Lgs. 23/2015 che ha introdotto il cd. contratto a tutele crescenti. |