Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||
Titolo: | Schema di decreto legislativo recante modifiche ai decreti legislativi nn. 81, 148, 149, 150 e 151 del 2015 (cd. Jobs act) - A.G. 311 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 309 | ||
Data: | 24/06/2016 | ||
Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato |
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Studi
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Dossier n. 343
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Atti del Governo n. 309
La documentazione dei Servizi e degli
Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale
utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti
originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.
INDICE
§ Articolo
1 – Modificazioni al decreto legislativo n. 81/2015
§ Articolo
2 – Modificazioni al decreto legislativo
n. 148/2015
§ Articolo
3 – Modificazioni al decreto legislativo
n. 149/2015
§ Articolo
4 – Istituto nazionale per l’analisi
delle politiche pubbliche
§ Articolo
5 – Modificazioni al decreto legislativo
n. 150/2015
§ Articolo
6 – Modificazioni al decreto legislativo n. 151/2015
§ Articolo
7 – Entrata in vigore
Lo schema di
decreto legislativo in esame (n.311) introduce disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi nn. 81, 148, 149, 150 e 151 del 2015, emanati in
attuazione delle deleghe conferite con la legge n.183 del 2014 (cd. Jobs act).
Per
un raffronto puntuale tra il testo vigente dei decreti legislativi nn. 81, 148, 149, 150 e 151 del 2015 e il testo che risulterebbe dalle modifiche previste dal
provvedimento in esame, si rinvia all’apposita sezione (v. § “Testi a fronte”) del presente dossier.
Il
provvedimento è adottato in attuazione
dell’articolo 1, commi 10, 11 e 13 della legge n.183 del 2014.
Il
comma 13 prevede che entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore dei decreti legislativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi
fissati dalla legge, il Governo può adottare, con la medesima procedura di cui
ai commi 10 e 11, disposizioni
integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze
attuative nel frattempo emerse.
Il
comma 10 prevede che i decreti
legislativi vengano adottati nel rispetto della procedura di cui all’articolo
14 della legge n.400 del 1988[1].
Il
comma 11 dispone che gli schemi dei
decreti legislativi devono essere corredati di relazione tecnica (che dia conto della neutralità finanziaria dei
medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei
corrispondenti mezzi di copertura). Gli schemi dei decreti, a seguito di
deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla
Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi siano
espressi, entro trenta giorni dalla
data di trasmissione, i pareri delle
Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri.
Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta
giorni che precedono o seguono la scadenza del termine previsto al comma 13,
quest’ultimo è prorogato di tre mesi.
Il
termine per l’espressione dei pareri parlamentari è quindi fissato al 21 luglio 2016.
Per
quanto concerne, invece, il termine per l’esercizio
della delega (ossia l’entrata in vigore del provvedimento in esame), trova
applicazione la clausola di proroga
prevista all’articolo 1, comma 13, della legge n.183/2014, in quanto il termine
per l’adozione di disposizioni correttive e integrative del primo dei decreti
legislativi oggetto di modifiche (ossia il n.81 del 2015, entrato in vigore il
25 giugno 2015) risultava fissato al 25 giugno 2016 (il suddetto termine deve
quindi intendersi prorogato di tre mesi, ossia al 25 settembre 2016).
L’articolo 1 modifica gli articoli 48 e 49 del decreto legislativo n.
81/2015 in materia di lavoro
accessorio.
Le norme sono
volte a dare attuazione all’articolo 1,
comma 7, lettera h), della legge
delega, il quale prevede - tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 70
del D.Lgs. 276/2003 in materia di definizione della nozione di lavoro accessorio e del
relativo campo di applicazione - la possibilità di estendere il ricorso a
prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e
occasionali nei diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilità
dei buoni lavoro acquistati, con contestuale rideterminazione contributiva
connessa alle prestazioni di lavoro accessorio (articolo 72, comma 4, ultimo
periodo, del D.Lgs. 276/2003).
Le modifiche all’articolo 48 sono
finalizzate a escludere il settore
agricolo dall’ambito applicativo della disposizione in base alla quale il
soggetto che svolge prestazioni di lavoro accessorio non può superare il limite
di compensi pari a 2.020 euro annui[2] per ciascun
committente[3].
L’esclusione è
motivata dal fatto che l’utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già
soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro annui per lavoratore, anche
agli specifici limiti di cui al comma 3 dello stesso articolo 48, i quali
prevedono che in agricoltura il lavoro accessorio sia utilizzabile unicamente
per le attività lavorative: a) rese nell'ambito delle attività agricole di
carattere stagionale, effettuate da pensionati e da giovani con meno di
venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un
istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado o in qualunque periodo
dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università; b)
svolte a favore di produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno
realizzato (o, in caso di inizio di attività, prevedano di realizzare) un
volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da
cessioni di prodotti agricoli e ittici soggetti ad aliquota ridotta (ai sensi
all'articolo 34, comma 6,
del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633),
a condizione che non siano svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli
elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli
Le modifiche all’articolo 49 sono volte a
garantire la piena tracciabilità dei
buoni lavoro utilizzati per compensare le prestazioni di lavoro accessorio,
modificando l’attuale sistema, secondo cui la comunicazione di inizio della
prestazione viene fatta con riferimento ad un arco temporale non superiore ai
trenta giorni successivi.
In particolare, si
prevede che i committenti imprenditori
(non agricoli) o professionisti i quali
ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti a comunicare
alla sede territoriale competente dell’Ispettorato nazionale del lavoro,
mediante sms o posta elettronica, almeno 60
minuti prima dell'inizio della prestazione lavorativa, i dati anagrafici o
il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione.
Inoltre, si prevede che, con le medesime modalità ed entro gli stessi termini,
per i committenti imprenditori agricoli
le medesime comunicazioni vadano effettuate con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni.
La disposizione
innova in più parti la normativa vigente[4],
la quale prevede:
· un unico sistema di comunicazione per tutti i committenti (senza cioè distinguere tra committenti agricoli e non agricoli);
· che la comunicazione venga effettuata “prima dell’inizio della prestazione” (senza ulteriori specificazioni);
· che la comunicazione debba essere fatta ”con riferimento ad un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi”
Con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali possono essere individuate le
modalità attuative di tale obbligo di comunicazione e ulteriori modalità di
assolvimento in funzione dello sviluppo delle tecnologie.
In caso di violazione degli obblighi di comunicazione
si applica la medesima sanzione prevista per la violazione dell’analogo obbligo
previsto per il lavoro intermittente, ovvero la sanzione amministrativa da euro 400 a 2.400 euro in relazione a
ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Si specifica,
inoltre, che, trattandosi di violazione non sanabile a posteriori, non si
applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13
del decreto legislativo
23 aprile 2004, n. 124[5].
Per quanto
concerne le dimensioni del lavoro accessorio, si segnala che la banca dati
dell’I.N.P.S. sul lavoro accessorio ha rilevato come nel 2015 siano stati venduti 115.079.713
voucher (di cui 78.139.845 presso i tabaccai, 11.366.442 presso gli uffici
postali, 10.529.842 attraverso la procedura telematica, 8.237.617 presso le
banche e 6.805.967 mediante le sedi INPS), rispetto ai 69.181.075 del 2014
(+66,35%) e 40.787.817 del 2013 (+182,14%), e ne siano stai riscossi 87.981.801 (63.878.306 nel 2014 e 36.337.978 nel 2013). Allo stesso
tempo, i lavoratori che hanno effettuato
prestazioni di lavoro accessorio nel 2015 sono risultati pari a 1.380.030 (1.017.220 nel 2014 e 617.615
nel 2013), con una media annua di 303.210 (218.726 nel 2014 e 120.275 nel
2013).
Per un quadro
aggiornato sull’utilizzo dei voucher si rimanda al Report del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali del 22 marzo
2016.
Al riguardo, la relazione tecnica allegata al
provvedimento in esame osserva che tale Report rende evidente che l’aumento del
ricorso al lavoro accessorio è stato registrato in seguito all’eliminazione dei
limiti soggettivi e oggettivi all’istituto ad opera della legge n. 92 del 2012,
che ha prodotto i suoi effetti a partire dal mese di luglio 2012. L’importo lordo riscosso mediamente da ciascun lavoratore ha raggiunto
il valore massimo nel 2011 (677,12 euro), mentre nel 2015 si è attestato sui
633 euro annui medi. Sotto questo profilo, il rapporto evidenzia che «non
sembra avere avuto effetto significativo l'aumento a 7.000 euro del compenso
complessivo per singolo lavoratore introdotto a giugno del 2015 con il D.Lgs. 81. Il 64,8% dei prestatori ha riscosso nel 2015
meno di 500 € di valore complessivo. Il 20% ha superato i 1.000 €.». Il
rapporto evidenzia, inoltre, che i settori in cui l’uso dei voucher risulta più
significativo sono stati nel 2015 il commercio, il turismo e i servizi, e che
il settore agricolo si colloca all’ultimo posto. Per quanto concerne, poi,
l’effetto di sostituzione di precedenti rapporti di lavoro, il Report mette in
luce che nel 2015 solo il 7,9% dei
lavoratori retribuiti con voucher avevano avuto nei tre mesi precedenti un
rapporto di lavoro (la percentuale sale al 10,0% se si prende a riferimento
un periodo di sei mesi) e che i settori nei quali il fenomeno è più
significativo sono, ancora una volta, il turismo, il commercio e i servizi,
mentre nel settore agricolo le percentuali sono molto più contenute.
Dall’analisi dei dati, il rapporto trae la conclusione che «i dati relativi al 2015 non mostrano,
comunque, una crescita del dato successiva al riordino dei contratti operato a
giugno col D.Lgs. 81/2015: le percentuali di
sostituzione, anzi, da luglio decrescono.». È dunque difficile ipotizzare
che il lavoro accessorio abbia rappresentato un’alternativa rispetto ad altre
forme di rapporto di lavoro, se non eventualmente per il settore turistico, con
l’avvertenza che le prestazioni lavorative compensate con i voucher potrebbero
essere state precedentemente rese nell’ambito di un contratto di lavoro
intermittente o addirittura in modo irregolare. A conferma della difficoltà di
instaurare una relazione certa tra l’utilizzo dei voucher e il ricorso ad altre
forme di lavoro più stabili, si evidenzia che i percettori di voucher non sono in genere lavoratori esclusivi.
Un’analisi effettuata dall’INPS riferita al 2014, incrociando i dati
provenienti da archivi diversi, ha evidenziato come su circa un milione di
percettori, 400 mila erano privi di altra posizione (categoria che include gli
studenti impiegati nell’agricoltura), 281 mila erano attivi anche come
lavoratori dipendenti, 168 mila erano nello stesso anno percettori di indennità
di disoccupazione o mobilità e 97 mila risultavano percettori di una pensione.
Infine,
si ricorda che la XI Commissione (Lavoro) della Camera dei deputati, il 28
aprile 2016, ha avviato l’esame (in sede referente) di tre proposte di legge (A.C. 584, A.C. 1681 e A.C. 3601) volte a
limitare l’ambito applicativo del lavoro accessorio
Lavoro
accessorio: quadro della normativa vigente ed evoluzione normativa
1. La normativa
vigente
La disciplina del lavoro accessorio,
introdotta dal D.Lgs. 276/2003 (articolo 70-73), ha
subito nel tempo sostanziali modifiche da parte di una serie di norme (v.
paragrafo successivo), aventi soprattutto lo scopo di ampliare la possibilità
di ricorrere a tale forma contrattuale, intervenendo sui requisiti per
l'accesso, sulla previsione di nuove tipologie contrattuali, sulla possibilità
del ricorso a tale tipologia di lavoro per coloro che percepiscono prestazioni
integrative del salario o di sostegno del reddito e sul ricorso al lavoro
accessorio da parte di pubbliche amministrazioni.
Attualmente
l’istituto è disciplinato dal decreto
legislativo n.81/2015 (articoli 48-50) (cd. Jobs act),
che ha abrogato e sostituito integralmente gli articoli del D.Lgs.
276/2003.
In base a tali
norme, le prestazioni di lavoro accessorio non possono dar luogo, con
riferimento alla totalità dei
committenti, a compensi superiori a 7.000
euro[6]
nel corso di un anno civile, rivalutati annualmente[7]
(articolo 48).
L'occasionalità
delle prestazioni non assume alcuna valenza ai fini dell'attivazione
dell'istituto ed è dunque possibile attivare sempre e comunque lavoro
accessorio tenendo conto esclusivamente di un limite di carattere economico.
Tale limite, pari a 7.000 euro (originariamente quantificato in relazione
all'attività prestata nei confronti del singolo committente) va riferito al
compenso massimo che il lavoratore accessorio può percepire, nel corso
dell'anno civile, indipendentemente dal numero dei committenti. Fermo restando
il limite complessivo di 7.000 euro, la normativa vigente prevede, tuttavia,
che, nei confronti dei "committenti
imprenditori commerciali o professionisti", le attività lavorative
possono essere svolte a favore di ciascun
singolo committente per compensi non
superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente[8].
L'espressione “imprenditore commerciale” vuole in realtà intendere qualsiasi
soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato,
senza che l'aggettivo "commerciale" possa in qualche modo circoscrivere
l'attività di impresa (ML circ. n. 4/2013; INPS circ. n. 49/2013).
I percettori di prestazioni integrative del
salario o di sostegno al reddito possono effettuare prestazioni di lavoro
accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, per un
limite massimo di 3.000 euro (lordo
4.000 euro) di corrispettivo per anno civile (annualmente rivalutati sulla base
della variazione dell'indice ISTAT), senza che ciò pregiudichi il diritto e la
misura della prestazione integrativa del salario. L'INPS provvede a sottrarre
dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del
salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle
prestazioni di lavoro accessorio.
Una disciplina speciale è prevista per il settore agricolo, ove si stabilisce
che le prestazioni occasionali di lavoro accessorio possano essere rese
unicamente:
· nell'ambito delle attività di carattere stagionale, da parte di pensionati e giovani con meno di 25 anni (se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università);
· da parte di soggetti non iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli, a favore di produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato (o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare) un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici soggetti ad aliquota ridotta (ai sensi all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).
Inoltre,
con circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4/2013 del
18/01/2013 è stato previsto, in ragione della specialità del settore agricolo,
che (fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro annui) il limite dei 2.000 euro annui per singolo
committente non è applicabile alle prestazioni rese nei confronti di
imprenditori agricoli.
Per il pagamento del corrispettivo è prevista
una particolare procedura (articolo 49 del D.Lgs.
81/2015), attraverso l’acquisto, da parte dei beneficiari, esclusivamente
attraverso modalità telematiche[9],
di uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente
e datati, il cui valore nominale è fissato con decreto ministeriale.
Il valore nominale del buono è fissato in 10 euro (importo stabilito inizialmente
con D.M. 30 settembre 2005 e confermato dal D.M. 12 marzo 2008), mentre nel settore agricolo è pari all'importo
della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata
dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Per i
committenti imprenditori o professionisti è previsto l’obbligo di comunicare alla Direzione territoriale del lavoro
competente (sempre attraverso modalità telematiche) i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore indicando
altresì il luogo della prestazione
con riferimento ad un arco temporale non
superiore ai 30 giorni successivi.
Spetta al
concessionario provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che
presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, nonché
effettuare il versamento per suo conto dei contributi
previdenziali alla Gestione separata INPS (in misura pari al 13% del valore nominale del buono, e per fini assicurativi
contro gli infortuni all'INAIL (in misura pari al 7% del valore nominale del
buono), trattenendo l'importo autorizzato dal decreto a titolo di rimborso
spese.
La percentuale
relativa al versamento dei contributi previdenziali è rideterminata con decreto
ministeriale in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli
iscritti alla Gestione separata dell'INPS.
Si ricorda che
(nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 5425 del 2011) al
lavoro accessorio non è applicabile il criterio generale di ripartizione del
carico previdenziale tra committente e prestatore di lavoro, previsto
dall'articolo 2, comma 30, della L. 335/1995, con la conseguenza che i
contributi previdenziali, compresi nel valore nominale del voucher, sono a totale
carico del committente.
Inoltre, si
prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto,
possa stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari, in
"considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di
specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di
detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i
quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell’ambito di
progetti promossi da amministrazioni pubbliche (articolo 72, comma 4-bis).
Come specificato
nella circolare INPS n. 88/2009 (e successivamente confermato dalla circolare
INPS n. 17/2010 e dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali n. 4 del 18 gennaio 2013), le
prestazioni accessorie devono essere svolte direttamente a favore
dell'utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari.
Pertanto, è da ritenersi escluso che un'impresa possa utilizzare lavoratori per
svolgere prestazioni a favore di terzi, come nel caso dell'appalto o della
somministrazione di lavoro.
Il compenso del
lavoratore che ha svolto attività occasionale accessoria è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato
di disoccupazione o inoccupazione del lavoratore. Lo stesso compenso è invece
computato ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o
il rinnovo del permesso di soggiorno.
I compensi
percepiti dal lavoratore sono computati ai fini della determinazione del
reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Inoltre, è vietato ricorrere al lavoro
accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte
salve specifiche ipotesi individuate con apposito decreto del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali (tale decreto, da adottare entro 6 mesi dalla
data di entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015, non
risulta essere stato emanato).
E' interamente
cumulabile con i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio, nel
limite complessivo di 3.000 per anno civile, l'indennità NASpI. Per i compensi che
superano detto limite e fino a 7.000 euro per anno civile, la prestazione NASpI sarà ridotta di un importo pari all'80% del compenso
rapportato al periodo intercorrente tra la data di inizio dell'attività e la
data in cui termina il periodo di godimento dell'indennità o, se antecedente,
la fine dell'anno. Il beneficiario dell'indennità NASpI
è tenuto a comunicare all'INPS, entro un mese (rispettivamente dall'inizio
dell'attività di lavoro accessorio o, se questa era preesistente, dalla data di
presentazione della domanda di NASpI) il compenso
derivante dalla predetta attività.
Il committente pubblico può ricorrere a
prestazioni di lavoro accessorio, nel rispetto dei vincoli previsti dalla
vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove
previsto, dal patto di stabilità interno.
2. Evoluzione normativa
Può essere
utile, infine, ricordare i vari interventi del legislatore che si sono
succeduti dall’introduzione di tale istituto nel nostro ordinamento.
L’impianto
originario del D.Lgs. 276/2003 disciplinava le
prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti, In
particolare, l’articolo 70 del D.Lgs. 276/2003 definiva come prestazioni di lavoro
accessorio le attività lavorative di natura occasionale rese da soggetti a
rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del
lavoro, ovvero in procinto di uscirne. Erano considerati tali, ai sensi del
successivo articolo 71, comma 1, i disoccupati da oltre un anno; le casalinghe,
gli studenti e i pensionati; i disabili e i soggetti in comunità di recupero; i
lavoratori extracomunitari, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nei
sei mesi successivi alla perdita del lavoro. Rientravano nell’applicazione di
tale istituto, inoltre, i piccoli lavori domestici a carattere straordinario,
compresa l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate
con handicap, l’insegnamento privato supplementare, i piccoli lavori di
giardinaggio, di pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti,
la realizzazione di manifestazioni sportive, culturali o caritatevoli, la
collaborazione con associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di
emergenza (quali quelli dovuti in occasione di calamità) o di solidarietà.
Tali attività
configuravano, anche se svolte a favore di più beneficiari, rapporti di natura
occasionale e accessoria, a condizione che avessero una durata complessiva non
superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare e che, in ogni caso, la
retribuzione complessivamente percepita dal singolo committente non superasse i
3.000 euro nell’arco di un anno solare. Oltre tale limite l’eventuale attività
ulteriore avrebbe dovuto rispettare la disciplina civilistica, fiscale e
previdenziale prevista per il lavoro subordinato, per il lavoro autonomo o il
lavoro a progetto, a seconda dei casi.
Successivamente,
l’istituto è stato interessato dai seguenti provvedimenti, che ne hanno
progressivamente ampliato (almeno fino al 2012) l’ambito applicativo:
· l’articolo 16
del D.Lgs. 251/2004, che ha elevato il limite
economico da 3.000 a 5.000 euro, abrogando contestualmente l’articolo 71 del D.Lgs. 276/2003, che individuava i prestatori di lavoro
accessorio;
· l’articolo 1-bis del D.L. 35/2005, che ha esteso
l’applicazione dell’istituto all’impresa familiare (limitatamente al commercio,
al turismo e ai servizi). Oltre a ciò, è stato eliminato ogni riferimento al
limite temporale di 30 giorni, per anno solare, ai fini della classificazione
dell'attività prestata come lavoro accessorio, prevedendo inoltre che il limite
massimo di 5.000 euro di compenso, nel corso di un anno solare, dovesse essere
riferito a ciascun singolo committente e non all'attività complessiva del
prestatore di lavoro accessorio;
· l’articolo 11-quaterdecies, comma 6, del D.L.
203/2005, che ha esteso l’applicazione dell’istituto all'esecuzione di
vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e
pensionati ;
· articolo 22,
comma 1, del D.L. 112/2008, che ha esteso l’applicazione dell’istituto all'agricoltura e al lavori domestici, nonché alle attività lavorative
rese nei periodi di vacanza da parte di
giovani con meno di 25 anni di età, regolarmente iscritti a un ciclo di
studi presso l'università o un istituto scolastico di ogni ordine e grado,
secondo l'idea dei tirocini estivi, nonché alle attività lavorative rese
nell'ambito della consegna porta a
porta e della vendita ambulante
di stampa quotidiana e periodica;
· l’articolo 7-ter del D.L.
5/2009, che ha ulteriormente
ampliato l'ambito oggettivo di riferimento del lavoro accessorio, includendovi
le manifestazioni fieristiche e l'ipotesi di un committente pubblico nei casi
di lavori di emergenza e solidarietà. Tra le prestazioni occasionali svolte da
giovani con meno di 25 anni di età, inoltre, sono stati inseriti anche i
periodi coincidenti con il sabato e la domenica, specificando che tali
prestazioni riguardano qualsiasi settore produttivo. La norma ha anche ampliato
l'ambito soggettivo di riferimento
con l'inserimento di nuove figure, come le casalinghe che effettuano
attività agricole di carattere stagionale e le prestazioni svolte in qualsiasi
settore produttivo da parte dei pensionati. Infine, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2012, è stato previsto che le
prestazioni di lavoro accessorio, in tutti i settori produttivi, potessero
essere svolte anche dai percettori di prestazioni integrative del salario o
sostegno al reddito, entro il limite
massimo di 3.000 euro per anno solare;
· l'articolo 17,
comma 26, del D.L. 78/2009, che ha introdotto il lavoro accessorio tra le
tipologie contrattuali utilizzabili da parte delle amministrazioni pubbliche in
caso di esigenze temporanee ed
eccezionali;
· l'articolo 2, commi 148-149, della L. 191/2009,
che da un lato ha ulteriormente ampliato la possibilità di ricorrere al
lavoro accessorio, anche comprendendovi settori in precedenza esclusi;
dall'altro ha precisato che il ricorso al lavoro accessorio nel settore
pubblico è consentito unicamente nel rispetto dei vincoli previsti dalla
disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e ove previsto
dal patto di stabilità interno;
· l’articolo 1,
commi 32-33, della L. 92/2012, che, nel quadro di un intervento
complessivo volto a limitare l'abuso delle forme contrattuali flessibili, ha
ristretto l'ambito di operatività dell'istituto del lavoro accessorio. La
norma, quindi, ha ridefinito i limiti di applicazione dell'istituto sulla base
del solo criterio dei compensi (e non già, come previsto dalla normativa
previgente, anche con riferimento a specifici settori economici), prevedendo
che il loro importo complessivo non potesse essere superiore a 5.000 euro
nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti; per
quanto concerne le prestazioni rese nei confronti di imprenditori
commerciali o professionisti, fermo restando il richiamato limite
economico, è stato stabilito che le attività svolte a favore di ciascun
committente non potessero comunque superare i 2.000 euro annui. Inoltre, è
stata soppressa la norma che consentiva alle imprese familiari di
ricorrere al lavoro accessorio per un importo complessivo, in ciascun anno
fiscale, fino a 10.000 euro, nonché le discipline sperimentali che
consentivano prestazioni di lavoro accessorio da parte di titolari di
contratti di lavoro a tempo parziale
e di percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito;
· l’articolo
46-bis del D.L. 83/2012, che, per il solo 2013 (poi prorogato al 2014
dall’articolo 8, comma 2-ter, del D.L. 150/2013), ha disposto che i percettori di prestazioni integrative del
salario o di sostegno al reddito potessero svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori
produttivi (compresi gli enti locali, fermi restando i vincoli vigenti
in materia di contenimento delle spese di personale) nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno
solare;
· l’articolo 7,
comma 2, lettere e) ed f), e l’articolo 9, comma 2, del D.L.
76/2013, che hanno ampliato l'ambito applicativo dell'istituto, escludendo che
le prestazioni debbano avere "natura meramente occasionale"; hanno
soppresso la previsione che, nell'ambito dell'impresa familiare, trovasse
applicazione la normale disciplina contributiva del lavoro subordinato e hanno
previsto che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto,
potesse stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari, in
"considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di
specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di
detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i
quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell'ambito di
progetti promossi da amministrazioni pubbliche";
· gli articoli 48-50 del decreto legislativo
n.81/2015 (cd. Jobs act) che hanno, in
particolare, previsto:
o l’innalzamento, da 5.000 a 7.000 euro nel
corso di un anno civile (non più solare) , del limite massimo entro cui
deve rientrare la retribuzione perché la prestazione possa configurarsi come
lavoro accessorio;
o la messa a
regime della previsione (in precedenza disposta in via sperimentale per il 2013
e il 2014) che consente ai percettori di prestazioni integrative del salario o
di sostegno al reddito di rendere prestazioni di lavoro accessorio, rese
nell’ambito di qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, entro il
limite complessivo di 3000 euro di compenso per anno civile;
o l’introduzione
del divieto di ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio per l’esecuzione di
appalti di opere o servizi (ad eccezione di specifiche ipotesi individuate con
DM da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto);
o la
specificazione dei soggetti legittimati ad acquistare i buoni orari necessari
per ricorrere a prestazioni di tipo accessorio, disponendo che questi possono
essere acquistati da committenti imprenditori o professionisti, esclusivamente
attraverso modalità telematiche, e da committenti non imprenditori o non
professionisti, anche presso le rivendite autorizzate;
o l’adozione di un
DM per la determinazione del valore nominale dei buoni orari, in attesa del
quale esso resta fissato in 10 euro;
o che il valore del buono nel settore agricolo è
pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura
subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni
sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
o la previsione,
per gli imprenditori e i professionisti, dell’obbligo di comunicare, prima dell'inizio della prestazione, alla
Direzione territoriale del lavoro competente, con modalità telematiche (anche
attraverso sms o posta elettronica), i dati anagrafici e il codice fiscale del
lavoratore (attualmente registrati dal concessionario tenuto al pagamento delle
spettanze), nonché il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta
giorni successivi.
Il Capo II (articolo 2) dello schema di decreto in esame reca, in primo luogo,
alcune modifiche alla disciplina dei contratti
di solidarietà espansivi (attualmente disciplinati dall’articolo 41 del D.Lgs. 148/2015). Inoltre, si ammette una reiterazione
della riduzione contributiva per i
datori di lavoro che abbiano stipulato contratti di solidarietà e si consente l’accesso, da parte dell’I.S.F.O.L. (nella sua nuova
denominazione di I.N.A.P.P., Istituto per l’analisi delle politiche
pubbliche, ai cui al successivo articolo 4 dello schema di decreto in
esame) ai dati elementari detenuti da specifici Enti ed Amministrazioni.
Contratti di solidarietà espansivi
L’articolo 2, comma 1, lettera a), aggiungendo il comma 3-bis all’articolo 41 del D.Lgs. 148/2015 rende possibile la trasformazione dei contratti di solidarietà difensivi in contratti
di solidarietà espansivi. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa
allegata al provvedimento, con la richiamata trasformazione si favorisce
l’incremento degli organici e l’inserimento di nuove e più aggiornate
competenze.
La possibilità
di trasformazione concerne i contratti di solidarietà difensivi in corso da almeno 12 mesi nonché
quelli stipulati prima del 1° gennaio
2016, a condizione che la
riduzione complessiva dell’orario di lavoro non sia superiore a quella già
concordata.
Ai lavoratori
spetta un trattamento di integrazione
salariale pari al 50% della
misura dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del
contratto, e, a carico del datore di lavoro, un’integrazione che assicuri
almeno il raggiungimento della misura dell’integrazione salariale originaria.
L’integrazione a
carico del datore di lavoro non è
imponibile ai fini previdenziali ed i lavoratori beneficiano della
contribuzione figurativa riconosciuta per i periodi di sospensione o riduzione
dell'orario di lavoro per i quali è ammessa l'integrazione salariale (i quali,
ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. 148/2015, sono
riconosciuti utili ai fini del diritto e della misura alla pensione anticipata
o di vecchiaia).
Oltre a ciò si
dispone, per la fattispecie di trasformazione in oggetto, che:
·
Resti
fermo (come previsto nella disciplina di contratti di solidarietà difensivi)
che le quote di accantonamento del T.F.R. relative alla retribuzione persa a
seguito della riduzione dell'orario di lavoro siano a carico della gestione di
afferenza (ad eccezione di quelle relative a lavoratori licenziati per motivo
oggettivo o nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo, entro 90
giorni dal termine del periodo di fruizione del trattamento di integrazione
salariale, ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un
ulteriore trattamento straordinario di integrazione salariale concesso entro
120 giorni dal termine del trattamento precedente);
·
la
contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro per le imprese che
presentano domanda di integrazione salariale sia ridotta del 50%[10];
·
il
contributo e le agevolazioni previste dalla disciplina per i contratti di
solidarietà espansiva trovino applicazione per il solo periodo compreso tra la
data di trasformazione del contratto e la sua data di scadenza, periodo che va
computato ai fini degli articoli 4 (il quale prevede che il limite massimo
trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale sia di
24 mesi in un quinquennio mobile per ciascuna unità produttiva, limite elevato
a 30 mesi in un quinquennio mobile per le imprese industriali e artigiane
dell'edilizia e affini, imprese industriali
ed artigiane esercenti l'attività di escavazione e/o lavorazione di
materiale lapideo) e 22, comma 5 (il quale stabilisce che ai fini del calcolo
della durata massima complessiva dei trattamenti di integrazione salariale
richiamati, la durata degli stessi per la causale di contratto di solidarietà
viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e
per intero per la parte eccedente) dello stesso D.Lgs.
148/2015;
·
per
i lavoratori interessati dalla trasformazione non trovi applicazione l’articolo
41, comma 5, del D.Lgs. 148/2015 (vedi infra).
Si ricorda che
per contratti di solidarietà si intendono gli accordi collettivi aziendali stipulati
con i sindacati maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, aventi ad
oggetto una diminuzione dell'orario di lavoro finalizzata o ad evitare o
limitare in parte la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale
(cd. contratti di solidarietà difensivi), oppure per favorire nuove assunzioni
(cd. contratti di solidarietà espansivi). Attualmente, i contratti di solidarietà espansivi sono disciplinati dall’articolo 41 del D.Lgs.
148/2015 (la previgente normativa, contenuta nell’articolo 2 del D.L.
726/1984, è stata contestualmente abrogata dall’articolo 46 del medesimo D.Lgs. 148/2015).
Il richiamato
articolo 41 riconosce la concessione,
ai datori di lavoro, nel caso in cui per incrementare gli organici, i contratti
collettivi aziendali[11]
(stipulati ai sensi dell'articolo 51 del D.Lgs.
81/2015) prevedano una riduzione stabile dell'orario di lavoro[12]
(con riduzione della retribuzione e la contestuale assunzione a tempo
indeterminato di nuovo personale), di un contributo
(per ogni lavoratore assunto sulla base dei predetti contratti collettivi e per
ogni mensilità di retribuzione) a carico della G.I.A.S.[13],
per una durata di 3 anni, pari, per
i primi 12 mesi, al 15% della retribuzione lorda prevista
dal contratto collettivo applicabile (con successiva riduzione della
percentuale, nei 2 anni successivi, al 10% e al 5%)[14].
Per i lavoratori
di età compresa tra i 15 e i 29 anni (sempre assunti in forza dei contratti
collettivi aziendali indicati in precedenza) è prevista, in sostituzione del
citato contributo (per i primi 3 anni e comunque non oltre il compimento di 29
anni da parte del lavoratore assunto), uno sgravio contributivo per il datore
di lavoro in misura corrispondente a quella prevista per gli apprendisti[15],
ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nella misura prevista
per la generalità dei lavoratori.
Inoltre, si
prevede la possibilità di versamento - da parte del datore di lavoro, dell'ente
bilaterale o del fondo di solidarietà - della contribuzione pensionistica
relativa alla quota di retribuzione perduta (per i casi in cui tale
contribuzione non venga già riconosciuta dall’INPS). Su queste somme, ad ogni
modo, non sono riconosciute le agevolazioni contributive previste per i
contratti di solidarietà espansivi.
Non beneficiano
delle agevolazioni contributive richiamate in precedenza i datori di lavoro
che, nei 12 mesi antecedenti le assunzioni, abbiano proceduto a riduzioni di
personale ovvero a sospensioni di lavoro in regime di C.I.G.S..
È inoltre
riconosciuto il trattamento di pensione
ai lavoratori delle imprese nelle quali siano stati stipulati i contratti
collettivi ex articolo 51 del D.Lgs. 81/2015 (nel caso in cui essi abbiano accettato di
svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà
dell'orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto
collettivo), a condizione che abbiano una età inferiore a quella prevista per
la pensione di vecchiaia di non più di 24 mesi e abbiano maturato i requisiti
minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia (articolo 41, comma 5). Il trattamento pensionistico[16]
opera a domanda e con decorrenza dal mese successivo a quello della
presentazione. Tale trattamento spetta a condizione che la trasformazione del
rapporto avvenga entro un anno dalla
data di stipulazione del predetto contratto collettivo e in forza di clausole
che prevedano, in corrispondenza alla maggiore riduzione di orario, un
ulteriore incremento dell'occupazione. Limitatamente al richiamato periodo di
anticipazione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel
limite massimo della somma corrispondente al trattamento retributivo perso al
momento della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale,
ferma restando negli altri casi la disciplina vigente in materia di cumulo di
pensioni e reddito da lavoro.
Infine, i
lavoratori assunti in forza del contratto di solidarietà espansivo sono esclusi dal computo dei limiti
numerici previsti da leggi e contratti collettivi ai soli fini
dell'applicazione di norme e istituti che prevedano l'accesso ad agevolazioni
di carattere finanziario e creditizio.
Possibilità di reiterazione
della riduzione contributiva per i datori di lavoro che abbiano stipulato
contratti di solidarietà
L’articolo 2, comma 1, lettera b), n.
1, modificando la disciplina transitoria di cui all’articolo 42, comma 3,
del D.Lgs. 148/2015, precisa che il limite di spesa –
pari a 90 milioni di euro per il 2017 e a 100 milioni di euro per il 2018 – per
la prosecuzione, ivi prevista, dei trattamenti di integrazione salariale
(prosecuzione definita sulla base di specifici accordi conclusi e sottoscritti
in sede governativa entro il 31 luglio 2015 e riguardanti casi di rilevante
interesse strategico per l'economia nazionale, con notevoli ricadute occupazionali
di entità tale da condizionare le possibilità di sviluppo economico
territoriale, e il cui piano industriale abbia previsto l'utilizzo di C.I.G.S.
oltre i limiti previsti dalla nuova normativa vigente), è in ogni caso comprensivo della quota di risorse che
vengano destinate ad altro fine ai sensi delle novelle di cui ai successivi nn. 2 e 3.
La novella di cui al n. 2, introducendo il comma 4-bis
nell’articolo 42 del D.Lgs. 148/2015 prevede la
possibilità di reiterare la riduzione
della contribuzione previdenziale ed assistenziale già riconosciuta, in una
percentuale pari al 35% e per un
periodo massimo di 24 mesi, con
riferimento ai datori di lavoro che stipulino contratti di solidarietà (di cui
all’articolo 6, comma 4, del D.L. 510/1996), per i lavoratori interessati dalla
riduzione dell'orario di lavoro in misura superiore al 20%, in favore dei
datori di lavoro che abbiano stipulato contratti di solidarietà secondo la
disciplina previgente (di cui all’articolo 6, comma 4, del D.L. 510/1996). La
possibilità di reiterazione viene ammessa per gli accordi conclusi e
sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015 e riguardanti casi di
rilevante interesse strategico per l'economia nazionale, a condizione che i richiamati accordi comportino notevoli ricadute
occupazionali (tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico
territoriale) e che il piano industriale di riferimento abbia previsto
l’utilizzo del contratto di solidarietà.
La reiterazione
è concessa, su domanda, con decreto ministeriale (emanato secondo la procedura
ivi posta), per la durata stabilita dalla commissione istituita presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri[17]
e comunque entro il limite di 24 mesi (i quali, quindi, si aggiungo al suddetto
limite di base, pari anch’esso a 24 mesi). Il richiamato beneficio è concesso entro i
limiti di spesa previsto dal successivo comma 5 dell’articolo 42
(consistenti nell’incremento della dotazione del Fondo sociale per occupazione
e formazione di 90 milioni di euro per il 2017 e di 100 milioni di euro per il
2018). Inoltre i decreti di concessione sono soggetti al monitoraggio
finalizzato al rispetto del limite di spesa di cui allo stesso comma 5. Infine,
non trova applicazione il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
14 settembre 2015, n. 17981.
Si ricorda che
il D.M. 17981/2015 ha definito le riduzioni contributive per i contratti di
solidarietà stipulati ai sensi degli articoli 1 e 2 del D.L. 726/1984, nonché
le relative modalità di attuazione. In particolare, la riduzione contributiva
di cui all’articolo 6, comma 4, del D.L. 510/1996 è riconosciuta in favore
delle imprese che stipulino o abbiano in corso contratti di solidarietà (sempre
ai sensi degli articoli 1 e 2 del D.L. 726/1984) per le quali risultino individuati
strumenti intesi a realizzare un miglioramento della produttività di entità
analoga allo sgravio contributivo spettante sulla base dell’accordo ovvero di
un piano di investimenti finalizzato a superare le inefficienze gestionali o
del processo produttivo. Lo sgravio contributivo è riconosciuto nella misura
del 35% della contribuzione a carico del datore di lavoro dovuta per i
lavoratori interessati alla riduzione dell’orario di lavoro in misura superiore
al 20%.
Per esigenze di
coordinamento, in seguito all’introduzione del comma 4-bis, vengono apportate (articolo
2, comma 1, lettera b), n. 3)
alcune modifiche al successivo comma 5 del richiamato articolo 42, relativo al
monitoraggio della spesa effettuata con i decreti richiamati nello stesso articolo
42. In particolare, la novella specifica che le risorse volte all’incremento
del Fondo sociale per occupazione e formazione (90 milioni di euro per il 2017
e 100 milioni di euro per il 2018) costituiscono il limite di spesa complessivo
per ciascuno degli anni considerati ai fini del riconoscimento dei benefici
richiamati (di cui ai commi 3 e 4-bis)
e si demanda ad un decreto ministeriale (emanato secondo la procedura ivi
posta) la definizione dei criteri per l’applicazione dei benefici stessi.
Possibilità per l’I.N.A.P.P. di accedere ai dati
elementari di specifici Enti ed Amministrazioni
Infine, l’articolo 2, comma 1, lettera c), modificando l’articolo 45, comma
1, del D.Lgs. 148/2015, consente, per fini di
programmazione, analisi e valutazione degli interventi di politica
previdenziale, assistenziale e del lavoro introdotti con i decreti legislativi
di attuazione della L. 183/2014 (cd. jobs act), anche all’I.S.F.O.L., nella sua denominazione di
I.N.A.P.P. (Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche, di cui al
successivo articolo 4 dello schema di decreto in esame) (oltre che al Nucleo
tecnico per il coordinamento della politica economica di cui al D.P.C.M. 21
maggio 2013 ed al Comitato scientifico per l'indirizzo dei metodi e delle
procedure per il monitoraggio della riforma del mercato del lavoro, istituito
in attuazione dell'articolo 1, comma 2, della L. 92/2012) di accedere
direttamente ai dati elementari detenuti dall’I.S.T.A.T., dall’I.N.P.S.,
dall’I.N.A.I.L., dall’Agenzia delle Entrate e da altri Enti ed amministrazioni.
L’articolo 3 reca disposizioni relative
all’Ispettorato nazionale del lavoro,
di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 149/2015.
In particolare
(modificando il comma 4 del richiamato articolo 1), nel confermare che
l'Ispettorato ha una sede centrale in Roma e che lo stesso non possa avere più
di 80 sedi territoriali, si limita ad una fase temporanea “di avvio” la norma
che richiede l’ubicazione della sede
centrale presso un immobile demaniale o un immobile del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, oppure presso un immobile dell'I.N.P.S.,
dell'I.N.A.I.L. o di altri Istituti previdenziali, e si consente che (in tale
fase) la scelta ricada su un immobile in uso al suddetto Dicastero anche
qualora non sia di proprietà del
medesimo.
Secondo quanto
riportato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, la modifica
consente all’Ispettorato “di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla
allocazione della propria sede centrale”.
Si ricorda che
con l’entrata in vigore del D.Lgs. 149/2015 (24
settembre 2015), al fine di razionalizzare e semplificare l'attività di
vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale (e per evitare la
sovrapposizione di interventi ispettivi), senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 8 del D.Lgs.
300/1999, una Agenzia unica per le
ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato
nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L. e svolge le
attività ispettive già esercitate da tali organismi. A tal fine, ai funzionari
ispettivi dell'I.N.P.S. e dell'l.N.A.I.L. sono
attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, compresa la qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria[18].
L'Ispettorato,
che è sottoposto al controllo della Corte dei conti[19],
ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotato di autonomia
organizzativa e contabile ed è posto sotto la vigilanza del Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la
corretta gestione delle risorse finanziarie.
L'Ispettorato ha
una sede centrale in Roma, presso un immobile demaniale ovvero presso un
immobile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'I.N.P.S.,
dell'l.N.A.I.L. o di altri Istituti previdenziali e
un massimo di 80 sedi territoriali.
Tra le funzioni
e attribuzioni svolte dall’Ispettorato si ricordano: l’esercizio e
coordinamento (sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle
politiche sociali) della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e
assicurazione obbligatoria, nonché legislazione sociale (compresa la vigilanza
in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), nei
limiti delle competenze già attribuite al personale ispettivo del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali; l’accertamento in materia di riconoscimento
del diritto a prestazioni per infortuni su lavoro e malattie professionali,
della esposizione al rischio nelle malattie professionali, delle
caratteristiche dei vari cicli produttivi ai fini della applicazione della
tariffa dei premi; la prevenzione e promozione della legalità presso enti,
datori di lavoro e associazioni finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e
irregolare; l’esercizio e coordinamento delle attività di vigilanza sui
rapporti di lavoro nel settore dei trasporti su strada, sui controlli previsti
dalle norme di recepimento delle direttive di prodotto e cura e sulla gestione
delle vigilanze speciali effettuate sul territorio nazionale; l’attività di
studio e analisi relative ai fenomeni del lavoro sommerso e irregolare e alla
mappatura dei rischi, al fine di orientare l'attività di vigilanza; la gestione
delle risorse finanziarie assegnate, anche al fine di garantire l'uniformità
dell'attività di vigilanza, delle competenze professionali e delle dotazioni
strumentali in uso al personale ispettivo.
L'Ispettorato
non risulta tuttavia ancora pienamente operativo, dal momento che pur essendo
stato pubblicato il regolamento relativi allo Statuto (D.P.R. 26 maggio 2016,
n. 109) non è ancora operativo il regolamento sull’organizzazione e
funzionamento (lo schema di D.P.C.M. in materia è stato registrato dalla Corte
dei conti ed è in attesa di pubblicazione sulla G.U.).
L’articolo 4 modifica la denominazione
dell’IS.F.O.L:, che diventa Istituto nazionale per l’analisi delle politiche
pubbliche (I.N.A.P.P.); (contestualmente il successivo articolo 5, comma 1, lettere a),
b) ed f) apporta alcune modifiche
formali volte all’introduzione della nuova denominazione nella normativa
vigente).
Riguardo alla nuova denominazione dell'Istituto, si
segnala che la rubrica dell'articolo 4 reca
anche l'aggettivo "nazionale", il quale sembra compreso altresì
nell'acronimo, mentre nella denominazione enunciata nel testo dell'articolo 4
il medesimo aggettivo è assente, così come nella nuova rubrica dell’articolo 10
del D.Lgs. 150/2015.
L’articolo 5 reca una serie di modifiche
al decreto legislativo n.150 del 2015.
L’articolo 5, comma 1, lettera c) (modificando l’articolo 4, comma
9, del D.Lgs. 150/2015) sopprime il ruolo ad esaurimento previsto per i dipendenti
I.S.F.O.L. transitanti nei ruoli Agenzia nazionale per le politiche attive del
lavoro (A.N.P.A.L.) (confermando, in ogni caso, il principio del contratto
collettivo nazionale dell’ente di provenienza[20]).
L’articolo 5, comma 1, lettera d) (aggiungendo il comma 4-bis
all’articolo 5 del D.Lgs. 150/2015) integra le risorse attribuite all’A.N.P.A.L..
Più specificamente, dispone che l’Agenzia effettui la verifica dei residui
passivi a valere sul Fondo di rotazione (di cui all'articolo 9, comma 5, del
D.L. 148/1993), relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di
entrata in vigore del provvedimento in esame. L’individuazione delle risorse da
disimpegnare a seguito della verifica effettuata dall’A.N.P.A.L. è demandata ad
uno specifico decreto ministeriale. E’ altresì previsto che il 50% delle
risorse disimpegnate confluiscano in una gestione a stralcio separata
(istituita nell’ambito dello stesso fondo di rotazione), per essere utilizzate
dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai fini del finanziamento
di iniziative dello stesso Dicastero. Quest’ulti dispone delle risorse
confluite nella gestione a stralcio separata delegando l’A.N.P.A.L. ad
effettuare i relativi pagamenti.
Si segnala, al riguardo, che il testo non individua
il termine entro il quale debba essere emanato il richiamato decreto ministeriale.
All’articolo 5, il comma 1, lettera e), e il comma 2 intervengono sulle funzioni attribuite all’A.N.P.A.L..
Più
specificamente:
·
il
comma 1, lettera e), modificando l’articolo 9, comma 1, del D.Lgs.
150/2015:
·
chiarisce
che all’A.N.P.A.L. spettano funzioni di coordinamento non solo in materia di
servizi per il lavoro, ma anche in materia di misure di politica attiva del
lavoro e fa rinvio, per entrambe le nozioni, ai servizi e alle misure elencati
nell’articolo 18 dello stesso D.Lgs. 150/2015 (numero 1);
·
aggiunge
alle competenze dell’A.N.P.A.L. il coordinamento
dei programmi formativi destinati alle persone disoccupate, ai fini della
qualificazione e riqualificazione professionale, dell'autoimpiego e
dell'immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite
alle regioni e province autonome (numero
2, mediante l’introduzione della nuova lettera q-bis) nel richiamato comma 1);
·
il
comma 2 (modificando l’articolo 118,
comma 2, della L. 388/2000) integra la disciplina delle funzioni di vigilanza dell’A.N.P.A.L. sui fondi paritetici interprofessionali
nazionali per la formazione continua, specificando che il compito di
riferire gli esiti della medesima vigilanza al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali è volto anche ai fini della revoca dell’autorizzazione e del
commissariamento nel caso in cui vengano meno i requisiti e le condizioni per
il rilascio dell’autorizzazione.
L’articolo 5, comma 1, lettera g), n 1 (modificando l’articolo 13,
comma 1, del D.Lgs. 150/2015), inserisce il Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca tra i soggetti che cooperano
con l’A.N.P.A.L. alla realizzazione del sistema informativo unitario delle
politiche del lavoro.
Contestualmente,
inserendo il comma 2-bis all’articolo
13 del D.Lgs. 150/2015, l’articolo 5, comma 1, lettera g),
n. 2, allo scopo di integrare i
dati afferenti il sistema informativo
unitario delle politiche del lavoro, stabilisce che a tale sistema
affluiscano anche (sulla base di specifiche convenzioni e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica) i dati contenuti nella banca dati
reddituale, nelle banche dati catastali e di pubblicità immobiliare e nelle
banche dati del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
contenenti l’Anagrafe nazionale degli
studenti ed il Sistema nazionale
delle anagrafi degli studenti (di cui al D.Lgs.
76/2005), nonché l’Anagrafe nazionale
degli studenti universitari e dei laureati (di cui al D.L. 105/2003).
Si segnala che nel sito ufficiale dell’Anagrafe
nazionale degli studenti e dei laureati delle università, la stessa Anagrafe è
denominata ANS, sigla usata, invece, nel testo in commento per identificare
l’Anagrafe nazionale degli studenti (non universitari).
Al riguardo, si
ricorda che, da ultimo, l’art. 13 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) ha
previsto l'integrazione nel Sistema nazionale delle anagrafi degli
studenti, entro l'a.s. 2013/2014, dell'Anagrafe nazionale degli studenti (che
raccoglie i dati sui percorsi scolastici, formativi e in apprendistato dei
singoli studenti e quelli relativi alla valutazione degli studenti, a partire
dagli iscritti alla scuola dell’infanzia – come disposto dell’art. 10, co. 8,
del D.L. 179/2012 (L. 221/2012) - e fino al completamento del secondo ciclo di
istruzione) e delle Anagrafi regionali
degli studenti (che contengono i dati sui percorsi scolastici, formativi e
in apprendistato dei singoli studenti a partire dal primo anno della scuola
primaria).
Ha stabilito,
inoltre, che le modalità di integrazione
delle anagrafi e di accesso alle stesse sono definite, prevedendo la funzione di coordinamento del MIUR,
sentito il parere del Garante per la protezione dei dati personali.
Tale intervento,
come emergeva dalla relazione illustrativa dell’A.C. 1574 (ddl
di conversione del D.L. 104/2013) è derivato dalla circostanza che
l’integrazione nel Sistema delle anagrafi degli studenti – istituito dall’art. 3 del d.lgs. 76/2005 e composto da anagrafe nazionale degli studenti,
anagrafi regionali degli studenti e anagrafi comunali della popolazione - non
era stata ancora realizzata anche per via di incertezze relative al ruolo del
MIUR, nonché ai profili di tutela dei dati personali. In base allo stesso art.
3, l’integrazione doveva avvenire mediante apposito accordo tra il MIUR e il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in sede di Conferenza
unificata.
Ad oggi, il
Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti non risulterebbe, comunque,
essere ancora operativo, come sostanzialmente risultante dalla nota
del MIUR prot. n. 3362 del 25 settembre 2015,
concernente l’aggiornamento dell’Anagrafe nazionale degli studenti in occasione
dell’avvio dell’a.s. 2015/2016.
L’istituzione
presso il MIUR dell'Anagrafe
nazionale degli studenti e dei laureati delle università
- già prevista, in attuazione dell’art. 11, co. 9, del DM 509/1999, con nota
ministeriale del 28 luglio 2000, prot. n. 62/V
- è stata disposta a livello legislativo dall’art. 1-bis del D.L. 105/2003 (L. 170/2003), che ne ha
stabilito al contempo gli obiettivi (indicati, poi, in maniera tassativa dalla
novella operata con l’art. 27 della L. 240/2010).
Secondo quanto
riportato nella relazione illustrativa,
“con riferimento ai dati reddituali, la disposizione è strettamente connessa
con il ripristino” (operato dalla novella di cui alla lettera i) del presente
articolo 5, comma 1) “dell’istituto della conservazione dello stato di
disoccupazione in caso di svolgimento di attività lavorativa, dipendente o
autonoma, tale da comportare redditi non superiori alla soglia minima esente da
imposizione fiscale”, mentre “riguardo ai dati contenuti nelle banche dati che
fanno capo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, la
disposizione è connessa con la necessità di assicurare la conoscenza di dati
relativi al livello di istruzione degli utenti dei servizi per l’impiego, ai
fini della valutazione del profilo professionale di occupabilità
e conseguentemente alla individuazione del possibile percorso di ingresso o
reingresso nel mercato del lavoro, nonché ai fini dell’incontro tra domanda e
offerta di lavoro”.
L’articolo 5, comma 1, lettera h) (introducendo la lettera d-bis all’articolo 14, comma 4, del D.Lgs. 150/2015), prevede che nel comitato (istituto presso il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali) avente la funzione di garantire la interconnessione sistematica delle
banche dati in possesso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
dell'A.N.P.A.L., dell'I.N.P.S., dell'I.N.A.I.L. e dell'I.N.A.P.P. in tema di
lavoro e la piena accessibilità reciproca delle stesse, sia presente anche il Presidente dell’I.S.T.A.T. o un suo delegato.
L’articolo 5, comma 1, lettera i), introducendo il comma 1-bis) nell’articolo 19 del D.Lgs. 150/2015, precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di
rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, a condizione che da tali rapporti si ricavino redditi di lavoro corrispondenti ad un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi
dell'articolo 13 del T.U.I.R. (D.P.R. 917/1986).
Con tale norma,
in sostanza, si intende rendere possibile l'estensione dello stato di
disoccupazione ai lavoratori, dipendenti o autonomi, che si trovino nella c.d. no tax area in
quanto incapienti.
Al riguardo si osserva che le detrazioni per lavoro
dipendente o autonomo che assorbono l’imposta lorda sono quelle previste dal
comma 1, lettera a), e dal comma 5, lettera a), dell’articolo 13 del T.U.I.R..
Al fine di
rendere la disposizione più chiara si potrebbe utilizzare la formulazione
utilizzata dall’articolo 4, comma 1, lettera a), del D.Lgs.
181/2000 (abrogato dall’articolo 34, comma 1, lettera g), del D.Lgs. 150/2015, a decorrere dal
24 settembre 2015), secondo il quale lo stato di disoccupazione può essere
conservato a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare
un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da
imposizione.
Il Capo IV dello schema di decreto in
esame, costituito dal solo articolo 6, dispone una serie di modifiche al D.Lgs. 151/2015 (attuativo della legge delega in materia di
lavoro 183/2014, cd. Jobs act).
Più
precisamente, l’articolo 6 interviene
sulla normativa in tema di:
· diritto al lavoro dei disabili,
contenuta nella L. 68/1999 (così come modificata, da ultimo, dal D.Lgs. 151/2015) (articolo
6, comma 1, lettere a) e b));
· controllo a distanza dei lavoratori
(articolo 6, comma 2);
·
dimissioni
volontarie e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro
(articolo 6, comma 3).
Le
norme sono volte a dare attuazione ai seguenti criteri di delega:
· il criterio di
delega volto alla razionalizzazione e alla revisione delle procedure e degli
adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità al
fine di favorirne l’inclusione sociale, l'inserimento e l'integrazione nel
mercato del lavoro (art. 1, c. 4, lett. g), della L. 183/2014);
· il criterio di
delega volto alla revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli
impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica
e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la
tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore (art. 1, c. 7, lett. f), della
L. 183/2014);
· il criterio di
delega volto a garantire la certezza della data, nonché l’autenticità della
manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle
dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (art. 1, c. 6,
lett. g),
della L. 183/2014).
Diritto al lavoro dei disabili
In
tema di diritto al lavoro dei disabili, l’articolo
6, comma 1, dispone:
·
che
la computabilità nelle quote di riserva dei lavoratori non assunti tramite il
collocamento obbligatorio riguardi (purché siano già disabili prima della
costituzione del rapporto di lavoro) i lavoratori che abbiano una riduzione della capacità lavorativa pari o
superiore al 60% (attualmente è
previsto che la suddetta riduzione sia superiore
al 60%) (lettera a));
Si
ricorda che in base all’art. 4, c. 3-bis,
della L. 68/1999, come modificato dall’art. 4 del D.Lgs.
151/2015, nella quota di riserva devono essere computati non solo i suddetti
lavoratori con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60%, ma
anche quelli affetti da minorazioni ascritte dalla prima alla sesta categoria
di cui alle tabelle annesse al D.P.R. 915/1978 (T.U. delle norme in materia di
pensioni di guerra), o con disabilità intellettiva e psichica, con riduzione
della capacità lavorativa superiore al 45%.
·
un
elevamento delle sanzioni amministrative
relative alla mancata copertura della quota di riserva entro i termini previsti
dalla legge (60 giorni dall'insorgenza dell'obbligo), con la determinazione
dell’importo in un multiplo della misura del contributo esonerativo di cui
all’art. 5, c. 3-bis, della L.
68/1999: più precisamente, il datore di lavoro, in base alla novella, è tenuto
a versare (al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili) una somma pari a
cinque volte la misura del contributo esonerativo, la quale è pari a 30,64 euro
al giorno per ciascun lavoratore con disabilità non occupato (in luogo della
sanzione di 62,77 euro al giorno attualmente prevista - vedi infra) (lettera b), n. 1);
Il
contributo esonerativo è previsto dall’art. 5, c. 3-bis, della L. 68/1999 (introdotto dal D.Lgs.
151/2015) che dispone l’esonero totale (mediante autocertificazione)
dall’obbligo di assunzioni obbligatorie per i datori di lavoro privati e gli
enti pubblici economici che occupano addetti impegnati in lavorazioni che
comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al
60 per mille. L’esonero è condizionato al versamento al Fondo per il diritto al
lavoro dei disabili di un contributo
esonerativo pari a 30,64 euro per ogni giorno lavorativo per ciascun
lavoratore con disabilità non occupato[21].
·
l’applicazione, attualmente non prevista, della procedura di diffida (di cui
all’art. 13 del D.Lgs. 124/2004[22])
ai casi suddetti di violazioni relative alla mancata copertura della quota
d’obbligo; in questo caso, la diffida concerne, in relazione alla quota di
riserva non coperta, la presentazione agli uffici competenti della richiesta di
assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro con la persona con
disabilità avviata dagli uffici competenti (lettera
b), n. 2);
· l’adeguamento ogni 5 anni, con decreto
ministeriale, solo degli importi delle
sanzioni amministrative previste in caso di violazione (da parte delle
imprese private e degli enti pubblici economici) dell’obbligo di invio del
prospetto informativo annuale relativo al numero complessivo di lavoratori
dipendenti e ai dati sulla quota di riserva, e non anche, come attualmente
previsto (vedi infra), degli importi
delle sanzioni comminate per le violazioni relative alla mancata copertura
della quota d’obbligo (lettera b), n. 3).
Violazione
obblighi assunzione soggetti disabili: il vigente sistema sanzionatorio
Il
sistema sanzionatorio per la violazione degli obblighi previsti in materia di
assunzione di soggetti disabili è disciplinato dall’art. 15 della L. 68/1999,
che prevede sanzioni diverse a seconda del soggetto che ha posto in essere la
violazione.
Per
quanto concerne le aziende private e gli enti pubblici economici, questi sono
soggetti a sanzione amministrativa per il ritardato invio del prospetto
informativo annuale dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori
dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota
riservata all’assunzione di soggetti disabili, nonché i posti di lavoro e le
mansioni disponibili per i lavoratori disabili di cui all'articolo 1 della
legge richiamata. La suddetta sanzione consiste nel pagamento di una somma di
euro 635,11 per ritardato invio del prospetto, maggiorata di euro 30,76 per
ogni giorno di ulteriore ritardo[23]
(comma 1).
Il
datore di lavoro che, per cause a lui imputabili, non ha ottemperato agli
obblighi di assunzione di soggetti disabili entro i termini previsti dalla
legge (60 giorni dall'insorgenza dell'obbligo) è tenuto a versare una somma
pari a 62,77 euro al giorno per ciascun lavoratore con disabilità non occupato
nella medesima giornata[24]
(comma 4). Le sanzioni sono versate al Fondo regionale per l'occupazione dei
disabili e i relativi importi sono aggiornati ogni 5 anni con apposito DM
(commi 2 e 5).
Le
pubbliche amministrazioni non sono invece soggette a sanzioni amministrative
per violazioni di quanto disposto dalla L. 68/1999; ai responsabili si
applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle
norme sul pubblico impiego (comma 3).
Controllo a distanza dei lavoratori
L’articolo 6, comma 2, modifica la
disciplina in materia di controlli a distanza dei lavoratori, in conseguenza
dell’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro[25],
le cui sedi territoriali subentrano nelle funzioni precedentemente esercitate
dalle Direzioni territoriali del lavoro.
In particolare,
si chiarisce che, in mancanza di accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e
gli altri strumenti, dai quali derivi anche la possibilità di controllo a
distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati previa
autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o,
in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti
di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale
del lavoro (mentre l'attuale formulazione letterale della norma fa riferimento
alle direzioni territoriali del lavoro e, per i casi di unità produttive
dislocate in diversi ambiti territoriali, al Ministero del lavoro e delle
politiche sociali). Si specifica, infine, che i suddetti provvedimenti autorizzatori sono definitivi (quindi contro gli stessi non
sarebbe possibile proporre ricorso).
Il D.Lgs. 149/2015 (attuativo della legge delega in materia di
lavoro 183/2014), attraverso una modifica dell’art. 4 della L. 300/1970, è
intervenuto in materia di controllo a distanza dei lavoratori, estendendo i
presupposti per l’utilizzo di strumenti dai quali derivi anche la possibilità
di un controllo a distanza dei lavoratori, al fine di consentirlo non solo per
esigenze organizzative e produttive o per la sicurezza del lavoro, ma anche per
la tutela del patrimonio aziendale. In caso di imprese con unità produttive
collocate in diverse province della stessa regione o in più regioni, l’accordo
per l’installazione degli impianti può essere stipulato non solo con le RSA e
RSU, ma anche con le associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale. Qualora non intervenga un accordo con le
organizzazioni sindacali, l’installazione può avvenire previa autorizzazione
della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese
con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni
territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per
l’utilizzo degli strumenti che servono al lavoratore per rendere la prestazione
lavorativa e di quelli di registrazione degli accessi e delle presenze non è
richiesto che il controllo a distanza sia motivato da ragioni connesse alle
“esigenze organizzative e produttive”, alla “sicurezza del lavoro” e alla
“tutela del patrimonio aziendale”. Sono state, inoltre, introdotte nuove norme
a garanzia dei lavoratori volte a stabilire che tutte le informazioni raccolte
dal datore di lavoro sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di
lavoro a determinate condizioni.
Dimissioni volontarie
L’articolo 6, comma 3, con l’aggiunta del
comma 8-bis nell’art. 26 del D.Lgs. 151/2015, chiarisce che la procedura ivi prevista
per le dimissioni e la risoluzione consensuale
del rapporto di lavoro non si applica ai rapporti di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001.
La
norma è volta a risolvere un problema interpretativo circa l’applicabilità o
meno al pubblico impiego della nuova procedura obbligatoria per le dimissioni
volontarie e la risoluzione consensuale introdotta dall’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015.
La
Relazione illustrativa specifica che tale esclusione deriva dal fatto che la
suddetta procedura è volta a contrastare il fenomeno delle cosiddette
dimissioni in bianco[26],
pratica che non si rintraccia nell’ambito dei rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Il richiamato
art. 26 del D.Lgs. 151/2015 ha modificato la disciplina
delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale del rapporto di
lavoro, disponendo che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto
di lavoro siano fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità
telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e
delle politiche sociali e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione
territoriale del lavoro competente con le modalità individuate con apposito
decreto[27].
Il lavoratore ha la facoltà di revocare, con le medesime modalità, le
dimissioni e la risoluzione consensuale entro sette giorni dalla data di
trasmissione del modulo. Salvo che il fatto costituisca reato, il datore di
lavoro che alteri i moduli è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000
ad euro 30.000.
Si ricorda che
la suddetta procedura non trova applicazione per il lavoro domestico e qualora
le dimissioni o la risoluzione consensuale intervengano nelle sedi c.d.
protette, (di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, come, ad
esempio, le direzioni territoriali del lavoro e le sedi individuate dai
contratti collettivi) o avanti alle commissioni di certificazione di cui
all'articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003.
Il Capo V, costituito dall’articolo 7, dispone che il decreto in
esame entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
D.Lgs. 81/2015 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
|
|
(omissis) |
(omissis) |
Capo VI Lavoro accessorio |
Capo VI Lavoro accessorio |
Art. 48 Definizione e campo di applicazione |
Art. 48 Definizione e campo di applicazione |
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si
intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla
totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un
anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice
ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei
committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono
essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non
superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma. |
1. Per prestazioni di lavoro accessorio si
intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla
totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un
anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice
ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei
committenti imprenditori non agricoli
o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di
ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro,
rivalutati annualmente ai sensi del presente comma. |
2. Prestazioni di lavoro accessorio possono essere
altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel
limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile, rivalutati ai
sensi del comma 1, da percettori di prestazioni integrative del salario o di
sostegno al reddito. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione
figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al
reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro
accessorio. |
Identico |
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano
in agricoltura: |
3. Prestazioni
di lavoro accessorio possono essere rese in agricoltura nei limiti di cui
al comma 1, primo periodo, con
riferimento: |
a) alle attività lavorative di natura occasionale
rese nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate
da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se
regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di
qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero
in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi
presso l'università; |
identica |
b) alle attività agricole svolte a favore di
soggetti di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte
da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei
lavoratori agricoli. |
identica |
4. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio
da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli
previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di
personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno. |
Identico |
5. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le
modalità di cui all'articolo 49 sono computati ai fini della determinazione
del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di
soggiorno. |
Identico |
6. È vietato il ricorso a prestazioni di lavoro
accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte
salve le specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro
e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottare entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. |
Identico |
7. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36
del decreto legislativo n. 165 del 2001. |
Identico |
|
|
Art. 49 Disciplina del lavoro accessorio |
Art. 49 Disciplina del lavoro accessorio |
1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro
accessorio, i committenti imprenditori o professionisti acquistano
esclusivamente attraverso modalità telematiche uno o più carnet di buoni
orari, numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro
accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle
retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze
istruttorie del confronto con le parti sociali. I committenti non
imprenditori o professionisti possono acquistare i buoni anche presso le
rivendite autorizzate. |
Identico |
2. In attesa della emanazione del decreto di cui
al comma 1, e fatte salve le prestazioni rese nel settore agricolo, il valore
nominale del buono orario è fissato in 10 euro e nel settore agricolo è pari
all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata
individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. |
Identico |
3. I committenti imprenditori o professionisti che
ricorrono a prestazioni occasionali
di tipo accessorio sono tenuti,
prima dell'inizio della prestazione, a comunicare alla direzione territoriale del
lavoro competente, attraverso
modalità telematiche, ivi compresi sms o posta elettronica, i dati
anagrafici e il codice fiscale del
lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non
superiore ai trenta giorni successivi. |
3. I committenti imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, almeno 60 minuti prima dell'inizio
della prestazione, a comunicare alla sede
territoriale competente dell’Ispettorato
nazionale del lavoro, mediante
sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo e la durata della prestazione. I committenti imprenditori agricoli sono
tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui al
primo periodo, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo
e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non
superiore a 7 giorni. Con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali possono essere individuate
modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo nonché
ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle
tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si
applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a
ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la
procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile
2004, n. 124. |
4. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce
il proprio compenso dal concessionario di cui al comma 7, successivamente
all'accreditamento dei buoni da parte del beneficiario della prestazione di
lavoro accessorio. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e
non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro
accessorio. |
Identico |
5. Fermo restando quanto disposto dal comma 6, il
concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che
presenta i buoni, effettuando altresì il versamento per suo conto dei contributi
previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma
26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del
valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni
all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e
trattiene l'importo autorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di
rimborso spese. La percentuale relativa al versamento dei contributi
previdenziali può essere rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli
iscritti alla gestione separata dell'INPS. |
Identico |
6. In considerazione delle particolari e oggettive
condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato
di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di
ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa,
utilizzati nell'ambito di progetti promossi da pubbliche amministrazioni, il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto, può stabilire
specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari. |
Identico |
7. Il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali individua con decreto il concessionario del servizio e regolamenta i
criteri e le modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 5 e
delle relative coperture assicurative e previdenziali. In attesa del decreto
ministeriale i concessionari del servizio sono individuati nell'INPS e nelle
agenzie per il lavoro di cui agli articoli 4, comma 1, lettere a) e c) e 6,
commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003. |
Identico |
8. Fino al 31 dicembre 2015 resta ferma la
previgente disciplina per l'utilizzo dei buoni per prestazioni di lavoro
accessorio già richiesti alla data di entrata in vigore del presente decreto. |
Identico |
D. Lgs. 14
settembre 2015, n. 149 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
|
|
Art. 1. Ispettorato nazionale del lavoro |
Art. 1. Ispettorato nazionale del lavoro |
1. Al fine di
razionalizzare e semplificare l'attività di vigilanza in materia di lavoro e
legislazione sociale, nonché al fine di evitare la sovrapposizione di
interventi ispettivi, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 300, una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata
«Ispettorato nazionale del lavoro», di seguito «Ispettorato», che integra i
servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
dell'INPS e dell'INAIL |
1. Identico |
2. L'Ispettorato svolge le attività ispettive già
esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall'INPS e
dall'INAIL. Al fine di assicurare omogeneità operative di tutto il personale
che svolge vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione
obbligatoria, nonché legislazione sociale, ai funzionari ispettivi dell'INPS
e dell'INAIL sono attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica
di ufficiale di polizia giudiziaria secondo quanto previsto dall'articolo 6,
comma 2, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 e alle medesime
condizioni di legge |
2. Identico |
3. L'Ispettorato ha personalità giuridica di
diritto pubblico, è dotato di autonomia organizzativa e contabile ed è posto
sotto la vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che ne
monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risorse
finanziarie |
3. Identico |
4. L'Ispettorato ha una sede centrale in Roma,
presso un immobile demaniale ovvero presso un immobile del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS, dell'INAIL o di altri Istituti
previdenziali e un massimo di 80 sedi
territoriali. |
4. L'Ispettorato ha una
sede centrale in Roma e un massimo di
80 sedi territoriali. In fase di avvio, la sede centrale dell’Ispettorato è
ubicata presso un immobile demaniale o un immobile già in uso al Ministero
del lavoro e delle politiche sociali o
un immobile dell'INPS, dell'INAIL o di altri Istituti previdenziali |
5. L'Ispettorato è sottoposto al controllo della
Corte dei conti ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio
1994, n. 20, e successive modificazioni |
5. Identico |
D. Lgs. 14
settembre 2015, n. 150 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
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Art. 1. Rete Nazionale dei servizi per le politiche del
lavoro |
Art. 1. Rete Nazionale dei servizi per le politiche del
lavoro |
1. Il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali e le regioni e province autonome, per le parti di rispettiva
competenza, esercitano il ruolo di indirizzo politico in materia di politiche
attive per il lavoro, mediante l'individuazione di strategie, obiettivi e
priorità che identificano la politica nazionale in materia, ivi comprese le
attività relative al collocamento dei disabili di cui alla legge 12 marzo
1999, n. 68 |
1. Identico |
2. La rete dei servizi per le politiche del lavoro
è costituita dai seguenti soggetti, pubblici o privati: a) l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del
Lavoro, di cui all'articolo 4 del presente decreto, di seguito denominata
«ANPAL»; b) le strutture regionali per le Politiche Attive
del Lavoro di cui all'articolo 11 del presente decreto; c) l'INPS, in relazione alle competenze in materia
di incentivi e strumenti a sostegno del reddito; d) l'INAIL, in relazione alle competenze in
materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con
disabilità da lavoro; e) le Agenzie per il lavoro, di cui all'articolo 4
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e gli altri soggetti
autorizzati all'attività di intermediazione ai sensi dell'articolo 12 del
presente decreto; f) i fondi interprofessionali per la formazione
continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388; g) i fondi bilaterali di cui all'articolo 12,
comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003; h) l'Istituto per lo sviluppo della formazione
professionale dei lavoratori (ISFOL) e Italia Lavoro S.p.A.; i) il sistema delle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di scuola
secondaria di secondo grado |
2. La rete dei servizi per le politiche del lavoro è
costituita dai seguenti soggetti, pubblici o privati: a) l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del
Lavoro, di cui all'articolo 4 del presente decreto, di seguito denominata
«ANPAL»; b) le strutture regionali per le Politiche Attive
del Lavoro di cui all'articolo 11 del presente decreto; c) l'INPS, in relazione alle competenze in materia
di incentivi e strumenti a sostegno del reddito; d) l'INAIL, in relazione alle competenze in
materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con
disabilità da lavoro; e) le Agenzie per il lavoro, di cui all'articolo 4
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e gli altri soggetti
autorizzati all'attività di intermediazione ai sensi dell'articolo 12 del
presente decreto; f) i fondi interprofessionali per la formazione
continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388; g) i fondi bilaterali di cui all'articolo 12,
comma 4, del decreto legislativo n. 276 del 2003; h) Istituto
nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (INAPP) e Italia Lavoro
S.p.A.; i) il sistema delle Camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di scuola
secondaria di secondo grado |
(Omissis) |
(Omissis) |
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4. |
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Art. 4. Istituzione dell'Agenzia Nazionale per le Politiche
Attive del Lavoro |
Art. 4. Istituzione dell'Agenzia Nazionale per le
Politiche Attive del Lavoro |
1. E' istituita, a decorrere dal 1° gennaio 2016,
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, l'ANPAL, al cui
funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali già
disponibili a legislazione vigente. Per quanto non specificamente previsto
dal presente decreto, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. |
1. Identico |
2. L'ANPAL è dotata di personalità giuridica,
autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di
bilancio ed è posta sotto la vigilanza del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta
gestione delle risorse finanziarie |
2. Identico |
3. L'ANPAL è sottoposta al controllo della Corte
dei conti ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n.
20, e successive modificazioni |
3. Identico |
4. La dotazione organica dell'ANPAL, non superiore
a 395 unità ripartite tra le diverse qualifiche, incluse le qualifiche
dirigenziali, è definita con i decreti di cui al comma 9. Nell'ambito della
predetta dotazione organica è prevista una posizione dirigenziale di livello
generale, con funzioni di direttore generale, e sette posizioni dirigenziali
di livello non generale, corrispondenti a quelle trasferite ai sensi del
comma 5. Al personale dirigenziale e non dirigenziale di ruolo dell'ANPAL si
applica, rispettivamente, la contrattazione collettiva dell'Area I e la
contrattazione collettiva del comparto Ministeri. |
4. Identico |
5. In relazione al trasferimento di funzioni
all'ANPAL la direzione generale per le politiche attive, i servizi per il
lavoro e la formazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è
soppressa e i relativi posti funzione di un dirigente di livello generale e
cinque dirigenti di livello non generale sono trasferiti all'ANPAL. Sono
altresì trasferiti all'ANPAL ulteriori due uffici dirigenziali di livello non
generale dalla direzione generale dei sistemi informativi, innovazione
tecnologica e comunicazione nonché dalla direzione generale per le politiche
del personale, l'innovazione organizzativa, il bilancio - ufficio
procedimenti disciplinari. |
5. Identico |
6. L'ISFOL, negli anni 2016 e 2017, non può
procedere ad assunzioni in relazione alle cessazioni di personale, avvenute
negli anni 2015 e 2016, presso il medesimo Istituto e i risparmi derivanti da
tali mancate assunzioni affluiscono al bilancio dell'ANPAL, a copertura degli
oneri di funzionamento. Conseguentemente, il contributo istituzionale per
l'ISFOL è ridotto per un importo pari ai risparmi conseguiti a decorrere
dall'anno 2016 ed è trasferito all'ANPAL. Concorrono alla copertura di tali
oneri di funzionamento anche le risorse derivanti dalle economie per le
cessazioni del personale delle aree funzionali, già in servizio presso la
Direzione generale per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la
formazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, soppressa ai
sensi del comma 5, avvenute nell'anno 2015, in relazione alle quali l'ANPAL,
nell'anno 2016, non può procedere a nuove assunzioni |
6. L'INAPP, negli anni 2016 e 2017, non
può procedere ad assunzioni in relazione alle cessazioni di personale,
avvenute negli anni 2015 e 2016, presso il medesimo Istituto e i risparmi
derivanti da tali mancate assunzioni affluiscono al bilancio dell'ANPAL, a
copertura degli oneri di funzionamento. Conseguentemente, il contributo istituzionale
per l'INAPP è ridotto per un
importo pari ai risparmi conseguiti a decorrere dall'anno 2016 ed è
trasferito all'ANPAL. Concorrono alla copertura di tali oneri di
funzionamento anche le risorse derivanti dalle economie per le cessazioni del
personale delle aree funzionali, già in servizio presso la Direzione generale
per le politiche attive, i servizi per il lavoro e la formazione del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, soppressa ai sensi del comma
5, avvenute nell'anno 2015, in relazione alle quali l'ANPAL, nell'anno 2016,
non può procedere a nuove assunzioni |
7. In relazione ai trasferimenti di personale dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall'ISFOL, con i decreti di
cui al comma 9 sono trasferite al bilancio dell'ANPAL le somme relative alla
copertura degli oneri di funzionamento e di personale, ivi inclusa le
componenti accessorie della retribuzione. |
7. In relazione ai trasferimenti di personale dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall'INAPP, con i decreti di cui al comma 9 sono trasferite al
bilancio dell'ANPAL le somme relative alla copertura degli oneri di
funzionamento e di personale, ivi inclusa le componenti accessorie della
retribuzione. |
8. L'ANPAL ha sede in Roma e, in fase di prima
applicazione e fino alla definizione di un piano logistico generale relativo
agli enti coinvolti nella riorganizzazione utilizza le sedi già in uso al
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e all'ISFOL. |
8. L'ANPAL ha sede in Roma e, in fase di prima
applicazione e fino alla definizione di un piano logistico generale relativo
agli enti coinvolti nella riorganizzazione utilizza le sedi già in uso al
Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e all'INAPP. |
9. Entro il termine di quarantacinque giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, con decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il
Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione si provvede
alla individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali
da trasferire dal Ministero del lavoro e dalle politiche sociali e dell'ISFOL
all'ANPAL, ivi compresa la cessione dei contratti ancora in corso, nonché
delle modalità e procedure di trasferimento. Gli schemi di decreto, corredati
da relazione tecnica, sono trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato
della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla
data di assegnazione i pareri delle Commissioni competenti per materia e per
i profili finanziari. Ai dipendenti transitati nei ruoli dell'ANPAL è
riconosciuto il diritto di opzione per il regime previdenziale dell'ente di
provenienza. I dipendenti trasferiti ad ANPAL da enti che applicano un
differente contratto collettivo nazionale sono inseriti in ruoli ad
esaurimento con applicazione del contratto collettivo nazionale di
provenienza. |
9. Entro il termine di quarantacinque giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, con decreti del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze
e il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione si
provvede alla individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane e
strumentali da trasferire dal Ministero del lavoro e dalle politiche sociali
e dell'INAPP all'ANPAL, ivi
compresa la cessione dei contratti ancora in corso, nonché delle modalità e
procedure di trasferimento. Gli schemi di decreto, corredati da relazione
tecnica, sono trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della
Repubblica perché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data
di assegnazione i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i
profili finanziari. Ai dipendenti transitati nei ruoli dell'ANPAL è
riconosciuto il diritto di opzione per il regime previdenziale dell'ente di
provenienza. Al personale dell’INAPP
trasferito all’ANPAL continua ad applicarsi il contratto collettivo nazionale
applicato dall’ente di provenienza. |
10. Con i decreti ed entro il termine di cui al
successivo comma 11 sono determinate le conseguenti riduzioni delle dotazioni
organiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'ISFOL |
10. Con i decreti ed entro il termine di cui al
successivo comma 11 sono determinate le conseguenti riduzioni delle dotazioni
organiche del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell'INAPP |
11. Fatto salvo quanto previsto dal decreto di cui
all'articolo 1, comma 7, lettera l), della legge n. 183 del 2014, in
applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo sono
apportate, entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, le conseguenti modifiche al decreto di organizzazione del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in relazione alla
individuazione della struttura dello stesso Ministero del lavoro e delle
politiche sociali assegnataria dei compiti di cui al comma 2. Per i medesimi
scopi si provvede per l'ISFOL ai sensi dell'articolo 10. I provvedimenti di
cui al presente comma sono adottati in modo da garantire l'invarianza di
spesa della finanza pubblica. |
11. Fatto salvo quanto previsto dal decreto di cui
all'articolo 1, comma 7, lettera l), della legge n. 183 del 2014, in
applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo sono
apportate, entro il termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, le conseguenti modifiche al decreto di organizzazione
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in relazione alla
individuazione della struttura dello stesso Ministero del lavoro e delle
politiche sociali assegnataria dei compiti di cui al comma 2. Per i medesimi
scopi si provvede per l'INAPP ai
sensi dell'articolo 10. I provvedimenti di cui al presente comma sono
adottati in modo da garantire l'invarianza di spesa della finanza pubblica. |
(Omissis) |
(Omissis) |
17. L'ANPAL, al fine di promuovere possibili
sinergie logistiche, stipula apposite convenzioni a titolo gratuito con: a) l'Ispettorato nazionale del lavoro, in
relazione allo svolgimento di funzioni e compiti di vigilanza e controllo; b) l'INPS, allo scopo di realizzare la necessaria
collaborazione con l'Istituto, in relazione allo svolgimento di funzioni e
compiti di gestione coordinata dei sistemi informativi; c) l'INAIL, allo scopo di raccordare le attività
in materia di collocamento e reinserimento lavorativo delle persone con
disabilità da lavoro; d) l'ISFOL, al fine di coordinare le attività istituzionali
fra i due enti e il Ministero vigilante. |
L'ANPAL, al fine di promuovere possibili sinergie
logistiche, stipula apposite convenzioni a titolo gratuito con: a) l'Ispettorato nazionale del lavoro, in
relazione allo svolgimento di funzioni e compiti di vigilanza e controllo; b) l'INPS, allo scopo di realizzare la necessaria
collaborazione con l'Istituto, in relazione allo svolgimento di funzioni e
compiti di gestione coordinata dei sistemi informativi; c) l'INAIL, allo scopo di raccordare le attività
in materia di collocamento e reinserimento lavorativo delle persone con
disabilità da lavoro; d) l'INAPP,
al fine di coordinare le attività istituzionali fra i due enti e il Ministero
vigilante. |
(Omissis) |
(Omissis) |
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Art. 5. Risorse finanziarie dell'Agenzia Nazionale per le
Politiche Attive del Lavoro |
Art. 5. Risorse finanziarie dell'Agenzia Nazionale per le
Politiche Attive del Lavoro |
1. Le risorse complessive attribuite all'ANPAL a
decorrere dall'anno 2016 sono costituite: a) dal finanziamento annuale, per il funzionamento
dell'Agenzia, iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali; b) dal Fondo per le politiche attive del lavoro di
cui all'articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147; c) dal Fondo di rotazione di cui all'articolo 9,
comma 5, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236; d) dalle risorse finanziarie trasferite da altre amministrazioni
secondo quanto disposto dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n.
300 del 1999 |
1. Identico |
2. A decorrere dal 2016 le entrate del contributo
integrativo, di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e
successive modificazioni, relativo ai datori di lavoro non aderenti ai fondi
interprofessionali per la formazione continua, sono versate per il 50 per
cento al predetto Fondo di rotazione e per il restante 50 per cento al Fondo
sociale per l'occupazione e la formazione, di cui all'articolo 18 del
decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni, in
legge 28 gennaio 2009, n. 2. |
2. Identico |
3. Con il decreto di cui al successivo comma 4 può
essere individuata una quota non superiore al 20 per cento delle entrate
annue del Fondo di rotazione di cui all'articolo 9, comma 5, del
decreto-legge n. 148 del 1993, destinata a far fronte ad esigenze gestionali
e operative, ivi incluso l'incremento della dotazione organica. |
3. Identico |
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
da emanarsi entro il 31 gennaio di ogni anno, possono essere assegnate
all'ANPAL quote di risorse relative agli anni decorrenti dal 2016: a) alla quota parte del Fondo per l'occupazione
alimentata secondo i criteri stabiliti con il comma 2; b) all'articolo 68, comma 4, lettera a), della
legge 17 maggio 1999, n. 144; c) alle somme già destinate al piano gestionale di
cui all'articolo 29, comma 2, del presente decreto. |
4. Identico |
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4-bis. l’ANPAL effettua la verifica dei
residui passivi a valere sul Fondo di rotazione di cui all'articolo 9, comma
5, del decreto-legge n. 148 del 1993, relativi a impegni assunti prima della
data di entrata in vigore della presente disposizione. Con decreto del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze, sono individuate le risorse da disimpegnare a
seguito della verifica di cui al primo periodo. Il 50 per cento delle risorse
disimpegnate confluisce in una gestione a stralcio separata istituita
nell’ambito dello stesso fondo di rotazione per essere destinate al
finanziamento di iniziative del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali, il quale dispone delle risorse confluite nella gestione a stralcio
separata delegando l’ANPAL ad effettuare i relativi pagamenti. |
(Omissis) |
(Omissis) |
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Art. 9. Funzioni e compiti dell'Agenzia Nazionale per le
Politiche Attive del Lavoro |
Art. 9. Funzioni e compiti dell'Agenzia Nazionale per le
Politiche Attive del Lavoro |
1. All'ANPAL sono conferite le seguenti funzioni: a) coordinamento della gestione dell'Assicurazione
Sociale per l'Impiego, dei servizi per il lavoro, del collocamento dei
disabili di cui alla legge n. 68 del 1999, nonché delle politiche di
attivazione dei lavoratori disoccupati, con particolare riferimento ai
beneficiari di prestazioni di sostegno del reddito collegate alla cessazione
del rapporto di lavoro; b) definizione degli standard di servizio in
relazione alle misure di cui all'articolo 18 del presente decreto; c) determinazione delle modalità operative e
dell'ammontare dell'assegno di ricollocazione e di altre forme di
coinvolgimento dei privati accreditati ai sensi dell'articolo 12; d) coordinamento dell'attività della rete Eures, di cui alla decisione di esecuzione della
Commissione del 26 novembre 2012 che attua il regolamento (UE) n. 492/2011
del Parlamento europeo e del consiglio del 5 aprile 2011; e) definizione delle metodologie di profilazione degli utenti, allo scopo di determinarne il
profilo personale di occupabilità, in linea con i
migliori standard internazionali, nonché dei costi standard applicabili ai
servizi e alle misure di cui all'articolo 18 del presente decreto; f) promozione e coordinamento, in raccordo con
l'Agenzia per la coesione territoriale, dei programmi cofinanziati dal Fondo
Sociale Europeo, nonché di programmi cofinanziati con fondi nazionali negli
ambiti di intervento del Fondo Sociale Europeo; g) sviluppo e gestione integrata del sistema
informativo unitario delle politiche del lavoro, di cui all'articolo 13 del
presente decreto, ivi compresa la predisposizione di strumenti tecnologici
per il supporto all'attività di intermediazione tra domanda e offerta di
lavoro e l'interconnessione con gli altri soggetti pubblici e privati; h) gestione dell'albo nazionale di cui
all'articolo 4 del decreto legislativo n. 276 del 2003; i) gestione dei programmi operativi nazionali
nelle materie di competenza, nonché di progetti cofinanziati dai Fondi
comunitari; l) definizione e gestione di programmi per il
riallineamento delle aree per le quali non siano rispettati i livelli
essenziali delle prestazioni in materia di politiche attive del lavoro o vi
sia un rischio di mancato rispetto dei medesimi livelli essenziali e supporto
alle regioni, ove i livelli essenziali delle prestazioni non siano stati
assicurati, mediante interventi di gestione diretta dei servizi per il lavoro
e delle politiche attive del lavoro; m) definizione di metodologie di incentivazione
alla mobilità territoriale; n) vigilanza sui fondi interprofessionali per la
formazione continua di cui all'articolo 118 della legge n. 388 del 2000,
nonché dei fondi bilaterali di cui all'articolo 12, comma 4, del decreto
legislativo n. 276 del 2003; o) assistenza e consulenza nella gestione delle
crisi di aziende aventi unità produttive ubicate in diverse province della
stessa regione o in più regioni e, a richiesta del gruppo di coordinamento e
controllo del progetto di riconversione e riqualificazione industriale,
assistenza e consulenza nella gestione delle crisi aziendali complesse di cui
all'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134; p) gestione di programmi di reimpiego e ricollocazione
in relazione a crisi di aziende aventi unità produttive ubicate in diverse
province della stessa regione o in più regioni, di programmi per
l'adeguamento alla globalizzazione cofinanziati con il Fondo Europeo di
adeguamento alla globalizzazione (FEG), nonché di programmi sperimentali di
politica attiva del lavoro; q) gestione del Repertorio nazionale degli
incentivi all'occupazione, di cui all'articolo 30 |
1. All'ANPAL sono conferite le seguenti funzioni: a) coordinamento della gestione dell'Assicurazione
Sociale per l'Impiego, dei servizi e
delle misure di politica attiva del lavoro di cui all’articolo 18, del
collocamento dei disabili di cui alla legge n. 68 del 1999, nonché delle
politiche di attivazione dei lavoratori disoccupati, con particolare
riferimento ai beneficiari di prestazioni di sostegno del reddito collegate
alla cessazione del rapporto di lavoro; b) identica;
c) identica;
d) identica;
e) identica; f) identica;
g) identica;
h) identica;
i) identica;
l) identica;
m) identica;
n) identica;
o) identica;
p) identica;
q) identica; |
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q-bis) coordinamento dei programmi
formativi destinati alle persone disoccupate, ai fini della qualificazione e riqualificazione
professionale, dell'autoimpiego e dell'immediato inserimento lavorativo, nel
rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e
di Bolzano. |
2. In aggiunta ai compiti di cui al comma 1,
all'ANPAL possono essere attribuiti ulteriori compiti e funzioni, mediante la
stipula di apposite convenzioni con le regioni e le province autonome, in
materia di gestione diretta dei servizi per il lavoro e delle politiche
attive del lavoro |
2. Identico |
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Art. 10. Funzioni e compiti dell'Istituto per lo sviluppo
della formazione professionale dei lavoratori |
Art. 10. Funzioni e compiti dell'Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche |
1. Entro quarantacinque giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali provvede al rinnovo degli organi dell'ISFOL, con riduzione
del consiglio di amministrazione a tre membri, di cui due designati dal
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tra cui il presidente, e uno
dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, individuati nell'ambito degli
assessorati regionali competenti nelle materie oggetto di attività
dell'Istituto. In relazione a tale riduzione, il contributo istituzionale per
l'ISFOL è ridotto di euro centomila a decorrere dall'anno 2016 e trasferito
all'ANPAL |
1. Entro quarantacinque giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali provvede al rinnovo degli organi dell'INAPP, con riduzione del consiglio di amministrazione a tre
membri, di cui due designati dal Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, tra cui il presidente, e uno dalla Conferenza dei presidenti delle
regioni, individuati nell'ambito degli assessorati regionali competenti nelle
materie oggetto di attività dell'Istituto. In relazione a tale riduzione, il
contributo istituzionale per l'INAPP
è ridotto di euro centomila a decorrere dall'anno 2016 e trasferito all'ANPAL |
2. Entro i sessanta giorni successivi al rinnovo
degli organi dell'ISFOL di cui al comma 1, si provvede alla modifica dello
statuto e del regolamento dell'ISFOL cui sono assegnate le seguenti funzioni: a) studio, ricerca, monitoraggio e valutazione,
coerentemente con gli indirizzi strategici stabiliti dal Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, degli esiti delle politiche statali e regionali in
materia di istruzione e formazione professionale, formazione in apprendistato
e percorsi formativi in alternanza, formazione continua, integrazione dei
disabili nel mondo del lavoro, inclusione sociale dei soggetti che presentano
maggiori difficoltà e misure di contrasto alla povertà, servizi per il lavoro
e politiche attive del lavoro, anche avvalendosi dei dati di cui all'articolo
13; b) studio, ricerca, monitoraggio e valutazione
delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, ivi inclusa la
verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte dell'ANPAL, nonché delle
spese per prestazioni connesse allo stato di disoccupazione, studio,
monitoraggio e valutazione delle altre politiche pubbliche che direttamente o
indirettamente producono effetti sul mercato del lavoro; c) studio, ricerca, monitoraggio e valutazione in
materia di terzo settore; d) gestione di progetti comunitari, anche in
collaborazione, con enti, istituzioni pubbliche, università o soggetti
privati operanti nel campo della istruzione, formazione e della ricerca |
Entro i sessanta giorni successivi al rinnovo
degli organi dell'INAPP di cui al
comma 1, si provvede alla modifica dello statuto e del regolamento dell'INAPP cui sono assegnate le seguenti
funzioni: a) studio, ricerca, monitoraggio e valutazione,
coerentemente con gli indirizzi strategici stabiliti dal Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, degli esiti delle politiche statali e regionali in
materia di istruzione e formazione professionale, formazione in apprendistato
e percorsi formativi in alternanza, formazione continua, integrazione dei
disabili nel mondo del lavoro, inclusione sociale dei soggetti che presentano
maggiori difficoltà e misure di contrasto alla povertà, servizi per il lavoro
e politiche attive del lavoro, anche avvalendosi dei dati di cui all'articolo
13; b) studio, ricerca, monitoraggio e valutazione
delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, ivi inclusa la
verifica del raggiungimento degli obiettivi da parte dell'ANPAL, nonché delle
spese per prestazioni connesse allo stato di disoccupazione, studio,
monitoraggio e valutazione delle altre politiche pubbliche che direttamente o
indirettamente producono effetti sul mercato del lavoro; c) studio, ricerca, monitoraggio e valutazione in
materia di terzo settore; d) gestione di progetti comunitari, anche in
collaborazione, con enti, istituzioni pubbliche, università o soggetti
privati operanti nel campo della istruzione, formazione e della ricerca |
3. Per il monitoraggio e la valutazione delle
politiche pubbliche di rispettiva competenza, l'INPS garantisce al Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, all'ANPAL e all'ISFOL il pieno accesso
ai dati contenuti nei propri archivi gestionali. |
3. Per il monitoraggio e la valutazione delle
politiche pubbliche di rispettiva competenza, l'INPS garantisce al Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, all'ANPAL e all'INAPP il pieno accesso ai dati contenuti nei propri archivi
gestionali. |
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(Omissis) |
(Omissis) |
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Art. 13. Sistema informativo unitario delle politiche del
lavoro |
Art. 13. Sistema informativo unitario delle politiche del
lavoro |
1. In attesa della realizzazione di un sistema
informativo unico, l'ANPAL realizza, in cooperazione con il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento
e Bolzano, l'INPS e l'ISFOL, valorizzando e riutilizzando le componenti
informatizzate realizzate dalle predette amministrazioni, il sistema
informativo unitario delle politiche del lavoro, che si compone del nodo di
coordinamento nazionale e dei nodi di coordinamento regionali, nonché il
portale unico per la registrazione alla Rete nazionale dei servizi per le
politiche del lavoro |
1. In attesa della realizzazione di un sistema
informativo unico, l'ANPAL realizza, in cooperazione con il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, il
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le regioni,
le province autonome di Trento e Bolzano, l'INPS e l'INAPP, valorizzando e riutilizzando le componenti informatizzate
realizzate dalle predette amministrazioni, il sistema informativo unitario
delle politiche del lavoro, che si compone del nodo di coordinamento
nazionale e dei nodi di coordinamento regionali, nonché il portale unico per
la registrazione alla Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro |
2. Costituiscono elementi del sistema informativo
unitario dei servizi per il lavoro: a) il sistema informativo dei percettori di
ammortizzatori sociali, di cui all'articolo 4, comma 35, della legge 28
giugno 2012, n. 92; b) l'archivio informatizzato delle comunicazioni
obbligatorie, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 dicembre 2002,
n. 297; c) i dati relativi alla gestione dei servizi per
il lavoro e delle politiche attive del lavoro, ivi incluse la scheda
anagrafica e professionale di cui al comma 3; d) il sistema informativo della formazione
professionale, di cui all'articolo 15 del presente decreto. |
2. Identico |
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2-bis Al sistema informativo unitario delle
politiche del lavoro affluiscono, inoltre, sulla base di specifiche
convenzioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, i dati
contenuti nella banca dati reddituale, con riferimento alle dichiarazioni dei
redditi con modello 730 o modello unico PF presentate dalle persone fisiche e
alle dichiarazioni con modello 770 semplificato e alle certificazioni uniche
presentate dai sostituti d’imposta, gli esiti delle consultazioni delle
banche dati catastali e di pubblicità immobiliare e i dati contenuti nelle
banche dati del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca,
contenenti l’Anagrafe nazionale degli studenti (ANS) di cui al decreto
legislativo 15 aprile 2005, n. 76, il Sistema nazionale delle anagrafi degli
studenti di cui al decreto legislativo n. 76 del 2005 nonché l’Anagrafe
nazionale degli studenti universitari e dei laureati (ANSUL) di cui al decreto-legge
9 maggio 2003, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio
2003, n. 170. |
(Omissis) |
(Omissis) |
Art. 14. Fascicolo elettronico del lavoratore e
coordinamento dei sistemi informativi |
Art. 14. Fascicolo elettronico del lavoratore e
coordinamento dei sistemi informativi |
1. Le informazioni del sistema informativo
unitario delle politiche del lavoro costituiscono il patrimonio informativo
comune del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS,
dell'INAIL, dell'ISFOL, delle regioni e province autonome, nonché dei centri
per l'impiego, per lo svolgimento dei rispettivi compiti istituzionali. Esse
costituiscono, inoltre, la base informativa per la formazione e il rilascio
del fascicolo elettronico del lavoratore, contenente le informazioni relative
ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di
provvidenze pubbliche e ai versamenti contributivi ai fini della fruizione di
ammortizzatori sociali. Il fascicolo è liberamente accessibile, a titolo gratuito,
mediante metodi di lettura telematica, da parte dei singoli soggetti
interessati |
1. Le informazioni del sistema informativo
unitario delle politiche del lavoro costituiscono il patrimonio informativo
comune del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS,
dell'INAIL, dell'INAPP, delle
regioni e province autonome, nonché dei centri per l'impiego, per lo
svolgimento dei rispettivi compiti istituzionali. Esse costituiscono,
inoltre, la base informativa per la formazione e il rilascio del fascicolo
elettronico del lavoratore, contenente le informazioni relative ai percorsi
educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze
pubbliche e ai versamenti contributivi ai fini della fruizione di
ammortizzatori sociali. Il fascicolo è liberamente accessibile, a titolo
gratuito, mediante metodi di lettura telematica, da parte dei singoli
soggetti interessati. |
(Omissis) |
(Omissis) |
4. Al fine di garantire la interconnessione
sistematica delle banche dati in possesso del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, dell'ANPAL, dell'INPS, dell'INAIL e dell'ISFOL in tema di
lavoro e la piena accessibilità reciproca delle stesse, è istituto un
comitato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, così
costituito: a) il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali o un suo delegato, che lo presiede; b) il Direttore generale dell'ANPAL o un suo
delegato; c) il Direttore generale dell'INPS o un suo
delegato; d) il Direttore generale dell'INAIL o un suo
delegato; e) il Presidente dell'ISFOL; f) un rappresentante dell'AGID; g) tre rappresentanti delle regioni e province
autonome, designati dalla Conferenza delle regioni e province autonome. |
4. Al fine di garantire la interconnessione
sistematica delle banche dati in possesso del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, dell'ANPAL, dell'INPS, dell'INAIL e dell'INAPP in tema di lavoro e la piena
accessibilità reciproca delle stesse, è istituto un comitato presso il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, così costituito: a) il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali o un suo delegato, che lo presiede; b) il Direttore generale dell'ANPAL o un suo
delegato; c) il Direttore generale dell'INPS o un suo
delegato; d) il Direttore generale dell'INAIL o un suo
delegato; d-bis) il Presidente dell’Istat o un suo
delegato; e) il Presidente dell'INAPP; f) un rappresentante dell'AGID; g) tre rappresentanti delle regioni e province
autonome, designati dalla Conferenza delle regioni e province autonome. |
(Omissis) |
(Omissis) |
Art. 15. Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere
attività di formazione professionale e sistema informativo della formazione
professionale |
Art. 15. Albo nazionale degli enti accreditati a svolgere
attività di formazione professionale e sistema informativo della formazione
professionale |
1. Allo scopo di realizzare il fascicolo
elettronico del lavoratore di cui all'articolo 14, l'ANPAL gestisce l'albo
nazionale degli enti di formazione accreditati dalle regioni e province autonome,
definendo le procedure per il conferimento dei dati da parte delle regioni e
province autonome e realizza, in cooperazione con il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento e
Bolzano, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca,
l'ISFOL ed i fondi interprofessionali per la formazione continua, un sistema
informativo della formazione professionale, ove siano registrati i percorsi
formativi svolti dai soggetti residenti in Italia, finanziati in tutto o in
parte con risorse pubbliche. |
1. Allo scopo di realizzare il fascicolo
elettronico del lavoratore di cui all'articolo 14, l'ANPAL gestisce l'albo
nazionale degli enti di formazione accreditati dalle regioni e province
autonome, definendo le procedure per il conferimento dei dati da parte delle
regioni e province autonome e realizza, in cooperazione con il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento
e Bolzano, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, l'INAPP ed i fondi interprofessionali
per la formazione continua, un sistema informativo della formazione
professionale, ove siano registrati i percorsi formativi svolti dai soggetti
residenti in Italia, finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche. |
(Omissis) |
(Omissis) |
Art. 16. Monitoraggio e valutazione |
Art. 16. Monitoraggio e valutazione |
(Omissis) |
(Omissis) |
2. A fini di monitoraggio e valutazione il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha accesso a tutti i dati
gestionali trattati dall'ANPAL. Per le medesime finalità l'ANPAL mette a
disposizione dell'ISFOL i dati di cui al comma 1, nonché l'intera base dati
di cui all'articolo 13. |
2. A fini di monitoraggio e valutazione il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha accesso a tutti i dati
gestionali trattati dall'ANPAL. Per le medesime finalità l'ANPAL mette a
disposizione dell'INAPP i dati di cui
al comma 1, nonché l'intera base dati di cui all'articolo 13. |
(Omissis) |
(Omissis) |
Art. 19. Stato di disoccupazione |
Art. 19. Stato di disoccupazione |
1. Sono considerati disoccupati i lavoratori privi
di impiego che dichiarano, in forma telematica, al portale nazionale delle
politiche del lavoro di cui all'articolo 13, la propria immediata
disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione
alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per
l'impiego |
1. Identico |
|
1-bis: Ai fini del comma 1 si
considerano disoccupati i lavoratori il cui reddito da lavoro dipendente o
autonomo corrisponde ad un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni
spettanti ai sensi dell'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 |
2. I riferimenti normativi allo stato di
disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto
legislativo n. 181 del 2000, si intendono riferiti alla definizione di cui al
presente articolo. |
2. Identico |
3. Lo stato
di disoccupazione è sospeso in caso di rapporto di lavoro subordinato di
durata fino a sei mesi. |
3. Identico |
4. Allo
scopo di accelerare la presa in carico, i lavoratori dipendenti possono
effettuare la registrazione di cui al comma 1 dal momento della ricezione
della comunicazione di licenziamento, anche in pendenza del periodo di
preavviso. Nei casi di cui al presente comma i lavoratori sono considerati “a
rischio di disoccupazione”. |
4. Identico |
5. Sulla
base delle informazioni fornite in sede di registrazione, gli utenti dei
servizi per l'impiego vengono assegnati ad una classe di profilazione,
allo scopo di valutarne il livello di occupabilità,
secondo una procedura automatizzata di elaborazione dei dati in linea con i
migliori standard internazionali. |
5. Identico |
6. La
classe di profilazione è aggiornata automaticamente
ogni novanta giorni, tenendo conto della durata della disoccupazione e delle
altre informazioni raccolte mediante le attività di servizio. |
6. Identico |
7. Allo
scopo di evitare l'ingiustificata registrazione come disoccupato da parte di
soggetti non disponibili allo svolgimento dell'attività lavorativa, a
decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le norme
nazionali o regionali ed i regolamenti comunali che condizionano prestazioni
di carattere sociale allo stato di disoccupazione si intendono riferite alla
condizione di non occupazione. Sulla base di specifiche convenzioni l'ANPAL
consente alle amministrazioni pubbliche interessate l'accesso ai dati
essenziali per la verifica telematica della condizione di non occupazione. |
7. Identico |
D.Lgs. 151/2015 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
|
|
(omissis) |
(omissis) |
Art. 26 Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale |
Art. 26 Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale |
1. Al di fuori delle ipotesi di cui all'articolo
55, comma 4, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni,
le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte,
a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi
moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali
attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi al datore di lavoro e alla
Direzione territoriale del lavoro competente con le modalità individuate con
il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma
3. |
Identico |
2. Entro sette giorni dalla data di trasmissione
del modulo di cui al comma 1 il lavoratore ha la facoltà di revocare le
dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità. |
Identico |
3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto legislativo, sono stabiliti i dati di identificazione
del rapporto di lavoro da cui si intende recedere o che si intende risolvere,
i dati di identificazione del datore di lavoro e del lavoratore, le modalità
di trasmissione nonché gli standard tecnici atti a definire la data certa di
trasmissione. |
Identico |
4. La trasmissione dei moduli di cui al comma 1
può avvenire anche per il tramite dei patronati, delle organizzazioni
sindacali nonché degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione
di cui agli articoli 2, comma 1, lettera h), e articolo 76 del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276. |
Identico |
5. Salvo che il fatto costituisca reato, il datore
di lavoro che alteri i moduli di cui al comma 1 è punito con la sanzione
amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L'accertamento e l'irrogazione
della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 24
novembre 1981, n. 689. |
Identico |
6. All'attuazione del presente articolo si
provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a
legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato. |
Identico |
7. I commi da 1 a 4 non sono applicabili al lavoro
domestico e nel caso in cui le dimissioni o la risoluzione consensuale
intervengono nelle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, del codice
civile o avanti alle commissioni di certificazione di cui all'articolo 76 del
decreto legislativo n. 276 del 2003. |
Identico |
8. Le disposizioni di cui al presente articolo
trovano applicazione a far data dal sessantesimo giorno successivo alla data
di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3 e dalla medesima data sono
abrogati i commi da 17 a 23-bis dell'articolo 4 della legge 28 giugno 2012,
n. 92. |
Identico |
|
8-bis. Le disposizioni di cui al
presente articolo non si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165. |
|
|
L. 23 dicembre 2000, n. 388 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
|
|
Art. 118. Interventi in materia di formazione professionale nonché
disposizioni in materia di attività svolte in fondi comunitari e di Fondo
sociale europeo |
Art. 118. Interventi in materia di formazione professionale
nonché disposizioni in materia di attività svolte in fondi comunitari e di
Fondo sociale europeo |
1. Al fine di promuovere, in coerenza con la
programmazione regionale e con le funzioni di indirizzo attribuite in materia
al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo sviluppo della
formazione professionale continua, in un'ottica di competitività delle
imprese e di garanzia di occupabilità dei
lavoratori, possono essere istituiti, per ciascuno dei settori economici
dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e dell'artigianato, nelle
forme di cui al comma 6, fondi paritetici interprofessionali nazionali per la
formazione continua, nel presente articolo denominati "fondi". Gli
accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale
possono prevedere l'istituzione di fondi anche per settori diversi, nonché,
all'interno degli stessi, la costituzione di un'apposita sezione relativa ai
dirigenti. I fondi relativi ai dirigenti possono essere costituiti mediante
accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
dirigenti comparativamente più rappresentative, oppure come apposita sezione
all'interno dei fondi interprofessionali nazionali. I fondi, previo accordo
tra le parti, si possono articolare regionalmente o territorialmente e possono
altresì utilizzare parte delle risorse a essi destinati per misure di
formazione a favore di apprendisti e collaboratori a progetto. I fondi possono finanziare in tutto o in parte
piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali concordati
tra le parti sociali, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e
comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti. I piani
aziendali, territoriali o settoriali sono stabiliti sentite le regioni e le
province autonome territorialmente interessate. I progetti relativi ai piani
individuali ed alle iniziative propedeutiche e connesse ai medesimi sono
trasmessi alle regioni ed alle province autonome territorialmente
interessate, affinché ne possano tenere conto nell'ambito delle rispettive
programmazioni. Ai fondi afferiscono, secondo le disposizioni di
cui al presente articolo, le risorse derivanti dal gettito del contributo
integrativo stabilito dall'articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre
1978, n. 845, e successive modificazioni, relative ai datori di lavoro che
aderiscono a ciascun fondo. Nel finanziare i piani formativi di cui al
presente comma, i fondi si attengono al criterio della redistribuzione delle
risorse versate dalle aziende aderenti a ciascuno di essi, ai sensi del comma
3 |
1. Identico |
2. L'attivazione dei fondi è subordinata al
rilascio di autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, previa verifica della conformità alle finalità di cui al
comma 1 dei criteri di gestione delle strutture di funzionamento dei fondi
medesimi, della professionalità dei gestori, nonché dell'adozione di criteri
di gestione improntati al principio di trasparenza. La vigilanza sulla
gestione dei fondi è esercitata dall'ANPAL, istituita ai sensi dell'articolo
1, comma 4, lettera c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183, che ne
riferisce gli esiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Entro
tre anni dall'entrata a regime dei fondi, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali effettuerà una valutazione dei risultati conseguiti dagli
stessi. Il presidente del collegio dei sindaci è nominato dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali. Presso lo stesso Ministero è istituito, con
decreto ministeriale, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello
Stato, l'"Osservatorio per la formazione continua" con il compito
di elaborare proposte di indirizzo attraverso la predisposizione di
linee-guida e di esprimere pareri e valutazioni in ordine alle attività
svolte dai fondi, anche in relazione all'applicazione delle suddette
linee-guida. Tale Osservatorio è composto da due rappresentanti del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, dal consigliere di parità componente la
Commissione centrale per l'impiego, da quattro rappresentanti delle regioni
designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da un rappresentante di
ciascuna delle confederazioni delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro
e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative
sul piano nazionale. Tale Osservatorio si avvale dell'assistenza
tecnica dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei
lavoratori (ISFOL). Ai componenti dell'Osservatorio non compete alcun
compenso né rimborso spese per l'attività espletata |
2. L'attivazione dei
fondi è subordinata al rilascio di autorizzazione da parte del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, previa verifica della conformità alle
finalità di cui al comma 1 dei criteri di gestione delle strutture di
funzionamento dei fondi medesimi, della professionalità dei gestori, nonché
dell'adozione di criteri di gestione improntati al principio di trasparenza.
La vigilanza sulla gestione dei fondi è esercitata dall'ANPAL, istituita dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, che ne
riferisce gli esiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali anche ai fini della revoca
dell’autorizzazione e del commissariamento dei fondi nel caso in cui vengano
meno le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione. Entro tre anni
dall'entrata a regime dei fondi, il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali effettuerà una valutazione dei risultati conseguiti dagli stessi. Il
presidente del collegio dei sindaci è nominato dal Ministero del lavoro e
delle politiche sociali. Presso lo stesso Ministero è istituito, con decreto
ministeriale, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato,
l'"Osservatorio per la formazione continua" con il compito di
elaborare proposte di indirizzo attraverso la predisposizione di linee-guida
e di esprimere pareri e valutazioni in ordine alle attività svolte dai fondi,
anche in relazione all'applicazione delle suddette linee-guida. Tale
Osservatorio è composto da due rappresentanti del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, dal consigliere di parità componente la Commissione
centrale per l'impiego, da quattro rappresentanti delle regioni designati
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da un rappresentante di
ciascuna delle confederazioni delle organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente
rappresentative sul piano nazionale. Tale Osservatorio si
avvale dell'assistenza tecnica dell'Istituto per lo sviluppo della formazione
professionale dei lavoratori (ISFOL). Ai componenti dell'Osservatorio non
compete alcun compenso né rimborso spese per l'attività espletata |
(Omissis) |
(Omissis) |
|
|
L. 68/1999 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
|
|
(omissis) |
(omissis) |
Art. 4 Criteri di computo della quota di riserva |
Art. 4 Criteri di computo della quota di riserva |
1. Agli effetti della determinazione del numero di
soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti
i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi
effetti, non sono computabili: i lavoratori occupati ai sensi della presente
legge, i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino
a sei mesi, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i
lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con
contratto di somministrazione presso l'utilizzatore, i lavoratori assunti per
attività da svolgersi all'estero per la durata di tale attività, i soggetti
impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell'articolo 7 del
decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, i lavoratori a domicilio, i
lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell'articolo
1, comma 4-bis, della legge 18 ottobre 2001, n. 383, e successive
modificazioni. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline
di settore. Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato
parziale si applicano le norme contenute nell'articolo 18, comma secondo,
della legge 20 maggio 1970, n. 300 , come sostituito dall'articolo 1 della
legge 11 maggio 1990, n. 108. |
Identico |
2. Nel computo le frazioni percentuali superiori
allo 0,50 sono considerate unità. |
Identico |
3. I lavoratori disabili dipendenti occupati a
domicilio o con modalità di tele-lavoro, ai quali l'imprenditore affida una
quantità di lavoro, anche mediante la predisposizione di accomodamenti
ragionevoli ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 1, lettera (i), della
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
adottata dall'Assemblea generale il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva
dalla legge 3 marzo 2009, n. 18 atta a procurare loro una prestazione
continuativa corrispondente all'orario normale di lavoro in conformità alla
disciplina di cui all'articolo 11, secondo comma, della legge 18 dicembre
1973, n. 877 , e a quella stabilita dal contratto collettivo nazionale
applicato ai lavoratori dell'azienda che occupa il disabile a domicilio o
attraverso il tele-lavoro, sono computati ai fini della copertura della quota
di riserva |
Identico |
3-bis. I
lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro,
anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, sono computati
nella quota di riserva di cui all'articolo 3 nel caso in cui abbiano una
riduzione della capacità lavorativa superiore al 60 per cento o minorazioni
ascritte dalla prima alla sesta categoria di cui alle tabelle annesse al
testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, o con
disabilità intellettiva e psichica, con riduzione della capacità lavorativa
superiore al 45 per cento, accertata dagli organi competenti |
3-bis. I
lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro,
anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, sono computati
nella quota di riserva di cui all'articolo 3 nel caso in cui abbiano una
riduzione della capacità lavorativa pari
o superiore al 60 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla sesta
categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia
di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica
23 dicembre 1978, n. 915, o con disabilità intellettiva e psichica, con
riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata
dagli organi competenti |
4. I lavoratori che divengono inabili allo
svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia
non possono essere computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 se
hanno subìto una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60 per
cento o, comunque, se sono divenuti inabili a causa dell'inadempimento da
parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in
materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Per i predetti lavoratori
l'infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di
licenziamento nel caso in cui essi possano essere adibiti a mansioni
equivalenti ovvero, in mancanza, a mansioni inferiori. Nel caso di
destinazione a mansioni inferiori essi hanno diritto alla conservazione del
più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
Qualora per i predetti lavoratori non sia possibile l'assegnazione a mansioni
equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti
di cui all'articolo 6, comma 1, presso altra azienda, in attività compatibili
con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di
cui all'articolo 8. |
Identico |
5. Le disposizioni di cui all'articolo 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738 , si
applicano anche al personale militare e della protezione civile. |
Identico |
6. Qualora si renda necessaria, ai fini
dell'inserimento mirato, una adeguata riqualificazione professionale, le
regioni possono autorizzare, con oneri a proprio carico, lo svolgimento delle
relative attività presso la stessa azienda che effettua l'assunzione oppure
affidarne lo svolgimento, mediante convenzioni, alle associazioni nazionali
di promozione, tutela e rappresentanza, di cui all'articolo 115 del decreto
del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 , e successive
modificazioni, che abbiano le adeguate competenze tecniche, risorse e
disponibilità, agli istituti di formazione che di tali associazioni siano
emanazione, purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge 21 dicembre
1978, n. 845 , nonché ai soggetti di cui all'articolo 18 della legge 5
febbraio 1992, n. 104 . Ai fini del finanziamento delle attività di
riqualificazione professionale e della corrispondente assistenza economica ai
mutilati ed invalidi del lavoro, l'addizionale di cui al primo comma
dell'articolo 181 del testo unico approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 , detratte le spese per l'assegno di
incollocabilità previsto dall'articolo 180 dello stesso testo unico, per
l'assegno speciale di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 248 , e per il fondo
per l'addestramento professionale dei lavoratori, di cui all'articolo 62
della legge 29 aprile 1949, n. 264 , è attribuita alle regioni, secondo parametri
predisposti dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , di seguito denominata «Conferenza
unificata». |
Identico |
(omissis) |
(omissis) |
Art. 15 Sanzioni |
Art. 15 Sanzioni |
1. Le imprese private e gli enti pubblici
economici che non adempiano agli obblighi di cui all'articolo 9, comma 6,
sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di euro
635,11 per ritardato invio del prospetto, maggiorata di euro 30,76 (59) per
ogni giorno di ulteriore ritardo. |
Identico |
2. Le sanzioni amministrative previste dalla
presente legge sono disposte dalle direzioni provinciali del lavoro e i
relativi introiti sono destinati al Fondo di cui all'articolo 14. |
Identico |
3. Ai responsabili, ai sensi della legge 7 agosto
1990, n. 241, di inadempienze di pubbliche amministrazioni alle disposizioni
della presente legge si applicano le sanzioni penali, amministrative e
disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego. |
Identico |
4. Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui
insorge l'obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui
all'articolo 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non
coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota dell'obbligo di
cui all'articolo 3, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a
titolo di sanzione amministrativa, al Fondo di cui all'articolo 14, di una
somma pari a euro 62,77 al giorno
per ciascun lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima
giornata. |
4. Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui
insorge l'obbligo di assumere soggetti appartenenti alle categorie di cui
all'articolo 1, per ogni giorno lavorativo durante il quale risulti non
coperta, per cause imputabili al datore di lavoro, la quota dell'obbligo di
cui all'articolo 3, il datore di lavoro stesso è tenuto al versamento, a
titolo di sanzione amministrativa, al Fondo di cui all'articolo 14, di una
somma pari a cinque volte la misura
del contributo esonerativo di cui all’articolo 5, comma 3-bis al giorno per ciascun
lavoratore disabile che risulta non occupato nella medesima giornata. |
|
4-bis. Per la violazione di cui al comma
4, trova applicazione la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del
decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e successive modificazioni. La
diffida prevede, in relazione alla quota d’obbligo non coperta, la
presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione o la
stipulazione del contratto di lavoro con la persona con disabilità avviata
dagli uffici |
5. Le somme di cui ai commi 1 e 4 sono adeguate ogni cinque anni con
decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale. |
5. Gli
importi delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 sono adeguate
ogni cinque anni con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali |
L. 300/1970 |
Testo risultante dalle modifiche
apportate dal provvedimento |
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(omissis) |
(omissis) |
Art. 4 Impianti audiovisivi e altri strumenti di
controllo |
Art. 4 Impianti audiovisivi e altri strumenti di
controllo |
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti
dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività
dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze
organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del
patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo
stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze
sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive
ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale
accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti
e gli strumenti di cui al periodo precedente
possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di
imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali. |
1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti
dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività
dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative
e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio
aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato
dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali
aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate
in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo
può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e
gli strumenti di cui al primo
periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato
nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità
produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della
sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui
al terzo periodo sono definitivi. |
2. La disposizione di cui al comma 1 non si
applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione
lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. |
Identico |
3. Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e
2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a
condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità
d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di
quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. |
Identico |
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[1] L’articolo 14 della legge n.400 del 1988
prevede i decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la
denominazione di «decreto legislativo» e con l'indicazione, nel preambolo,
della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e
degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione.
L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato
dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal
Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno
venti giorni prima della scadenza. Se la delega legislativa si riferisce ad una
pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo
può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti
predetti.
[2] Il limite è annualmente rivalutato sulla
base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie
degli operai e degli impiegati (per effetto della rivalutazione è passato da
2.000 a 2.020 euro).
[3] Esclusione peraltro già prevista dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4 del 18 gennaio 2013.
[4] Per un puntuale raffronto tra la normativa vigente e il testo che risulterebbe dalle modifiche previste dal provvedimento in esame, si rinvia all’apposita sezione (v. § “Testi a fronte”) del presente dossier.
[5] L’art. 13 del D.Lgs.
124/2004 disciplina la procedura relativa alle ispezioni sui luoghi di lavoro e
all’atto di diffida conseguente all'accertamento di violazioni in materia di
lavoro e legislazione sociale. Più precisamente, viene disposto che, in caso di
inosservanza di norme di legge o della contrattazione collettiva in materia di
lavoro e legislazione sociale dalle quali derivi l’applicazione di sanzioni
amministrative, il personale ispettivo procede alla diffida del trasgressore (e
dell’eventuale obbligato in solido) alla regolarizzazione delle inosservanze
sanabili, entro il termine di 30 giorni dalla notificazione del verbale. In
caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore è ammesso al pagamento di
una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto
dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in
misura fissa, entro il termine di 15 giorni dalla scadenza del suddetto termine
di 30 giorni, che estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle
inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla
diffida stessa.
[6] Pari a 9.333 euro lordi.
[7] La rivalutazione annua avviene “sulla base
della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli
operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente”.
[8] La rivalutazione annua avviene “sulla base
della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli
operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente” Per effetto
dell’ultima rivalutazione annuale (disposta con Circolare INPS n.77 del 16
aprile 2015, il limite è stato elevato a 2.020 euro netti, pari a 2.693 euro
lordi).
[9]
I committenti non imprenditori o
professionisti possono invece acquistare i buoni anche presso le rivendite
autorizzate.
[10] Tale contribuzione è pari al 9% della
retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro
non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o
straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un
limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; 12% oltre il
limite di 52 settimane e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile; 15%
oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.
[11] Che ai sensi dello stesso articolo 41 devono
essere depositati presso la direzione territoriale del lavoro.
[12] Si precisa che lo stesso articolo 41
stabilisce che le assunzioni operate dal datore di lavoro in forza dei
contratti collettivi aziendali non debbano determinare, nelle unità produttive
interessate dalla riduzione dell'orario di lavoro, una riduzione della
percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile, ovvero di
quest'ultima quando risulti inferiore (salvo che ciò sia espressamente previsto
dai contratti collettivi in ragione della carenza di manodopera femminile,
ovvero maschile, in possesso delle qualifiche con riferimento alle quali è
programmata l'assunzione).
[13] La G.I.A.S. (gestione degli interventi
assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita,
presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88 , per la progressiva
separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico
dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della
gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.
Ai sensi della lettera c) del comma 3
dell’articolo 37 della L. n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte
delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla
gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e
dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge
finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale -
dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai
e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.
L’articolo 59, comma 34, della L. n.
449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha
previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato
alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento
è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione
esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in
base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).
L’articolo 2, comma 4, della L. n.
183/2011 al fine del riordino del trasferimento dal bilancio dello Stato
all’INPDAP, istituisce nel bilancio INPDAP un’apposita “Gestione degli
interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale”, in
analogia con quanto previsto per l’INPS.
In particolare, nell’ambito del bilancio
INPDAP, attualmente confluito nel bilancio INPS a seguito della soppressione
dell’INPDAP dall’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011, vengono istituite
apposite evidenze contabili, relative alla gestione di cui al primo periodo del
presente comma, nonché alle gestioni che erogano trattamenti pensionistici e di
fine servizio.
Sono a carico della Gestione richiamata:
·
una
quota-parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dall’INPDAP. Tale somma è
annualmente adeguata, con la legge di stabilità, in base alle variazioni
dell’indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai
ed impiegati calcolato dall’ISTAT incrementato di un punto percentuale ed è
ripartita tra le evidenze contabili interessate con il procedimento di cui
all’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241;
·
tutti
gli oneri relativi agli altri interventi a carico dello Stato previsti da
specifiche disposizioni di legge.
[14] L'attribuzione del richiamato contributo è
subordinata all'accertamento, da parte della direzione territoriale del lavoro
(alla quale è anche demandata la vigilanza in ordine alla corretta applicazione
dei contratti, disponendo la sospensione del contributo nei casi di accertata
violazione), della corrispondenza tra la riduzione concordata dell'orario di
lavoro e assunzioni effettuate.
[15] Si ricorda che le aliquote contributive per i
datori di lavoro proprietari di aziende fino a 9 dipendenti sono pari all’1,50%
(per il primo anno di contratto), al 3% (per il secondo anno di contratto) e al
10% (per gli anni successivi). Per le aziende con oltre 9 dipendenti l’aliquota
a carico del datore di lavoro è pari al 10% (per l’apprendista è sempre pari al
5,84%). Merita inoltre ricordare che l’articolo 22, comma 1, della L. 183/20011
ha previsto l’azzeramento, per i primi 3 anni, della quota di contribuzione a
carico del datore di lavoro che occupi fino a 9 addetti, per i contratti di
apprendistato stipulati nel quinquennio 2012-2016.
[16] Lo stesso articolo 41, inoltre, stabilisce
che, ai fini dell'individuazione della retribuzione da assumere quale base di
calcolo per la determinazione delle quote retributive della pensione dei
lavoratori che abbiano prestato lavoro a tempo parziale, il numero delle
settimane di lavoro prestate a tempo parziale viene neutralizzato, nel caso in
cui ciò comporti un trattamento pensionistico più favorevole.
[17] Di cui all’articolo 42, comma 4, dello stesso
D.Lgs. 148/2015.
[18] Ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. 124/2004.
[19] Ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della L.
20/1994. Tale comma stabilisce che la Corte dei conti svolge, anche in corso di
esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio
delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi
di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle
gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna
amministrazione. Inoltre, accerta la rispondenza dei risultati dell'attività
amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente
costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa e definisce
annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo sulla base
delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari
a norma dei rispettivi regolamenti, anche tenendo conto, ai fini di referto per
il coordinamento del sistema di finanza pubblica, delle relazioni redatte dagli
organi, collegiali o monocratici, che esercitano funzioni di controllo o
vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative
indipendenti o società a prevalente capitale pubblico.
[20] Secondo la relazione illustrativa allegata al
provvedimento, la modifica “è finalizzata ad evitare che questi possano vedere pregiudicate
le loro aspettative di carriera, in particolare per non poter partecipare alle
procedure per ottenere un superiore inquadramento”.
[21] Il DM 10 marzo 2016 ha stabilito le modalità
di versamento dei suddetti contributi.
[22] L’art. 13 del D.Lgs.
124/2004 disciplina la procedura relativa alle ispezioni sui luoghi di lavoro e
all’atto di diffida conseguente all'accertamento di violazioni in materia di
lavoro e legislazione sociale. Più precisamente, viene disposto che, in caso di
inosservanza di norme di legge o della contrattazione collettiva in materia di
lavoro e legislazione sociale dalle quali derivi l’applicazione di sanzioni
amministrative, il personale ispettivo procede alla diffida del trasgressore (e
dell’eventuale obbligato in solido) alla regolarizzazione delle inosservanze
sanabili, entro il termine di 30 giorni dalla notificazione del verbale. In
caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore è ammesso al pagamento di
una somma pari all'importo della sanzione nella misura del minimo previsto
dalla legge ovvero nella misura pari ad un quarto della sanzione stabilita in
misura fissa, entro il termine di 15 giorni dalla scadenza del suddetto termine
di 30 giorni, che estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle
inosservanze oggetto di diffida e a condizione dell'effettiva ottemperanza alla
diffida stessa.
[23] Importi fissati, da ultimo, dal DM 15
dicembre 2010.
[24] Importi fissati, da ultimo, dal DM 15
dicembre 2010.
[25] L’Ispettorato nazionale del lavoro, istituito
dal D.Lgs. 149/2015 (attuativo della legge delega in
materia di lavoro 183/2014), integra i servizi ispettivi del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L. e svolge le
attività ispettive già esercitate da tali organismi. L'Ispettorato è sottoposto
al controllo della Corte dei conti ed è posto sotto la vigilanza del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, che ne monitora periodicamente gli
obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie.
[26] Pratica che consiste nel far firmare le
dimissioni al lavoratore al momento dell'assunzione (in bianco, appunto) e
quindi nel momento in cui la posizione dello stesso lavoratore è più debole.
[27] DM 15 dicembre 2015