Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Legge di stabilità e legge di bilancio 2016 - A.C. 3444 e A.C. 3445 Profili di competenza della XI Commissione Lavoro
Riferimenti:
AC N. 3444/XVII   AC N. 3445/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 360    Progressivo: 2
Data: 23/11/2015
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO   LAVORO
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

Casella di testo: LEGGE DI STABILITÀ E
LEGGE DI BILANCIO 2016
Casella di testo: A.C. 3444
A.C. 3445
Casella di testo: Novembre 2015

 

 

 

 

Casella di testo: Profili di competenza della XI Commissione Lavoro


 

Servizio Studi

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Dossier n. 240/1

 

Servizio del Bilancio

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Servizio Studi

Dipartimento Lavoro

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Progetti di legge n. 360/2/0/11

 

 

Il presente dossier è articolato in due sezioni:

§  schede di lettura delle disposizioni del Disegno di legge di stabilità per il 2016, di competenza di ciascuna Commissione, estratto dal dossier generale, curato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e dai Servizi Studi e Bilancio del Senato della Repubblica;

§  analisi delle missioni del Bilancio di previsione dello Stato per il 2016-2018 di competenza di ciascuna Commissione, redatta dal Servizio Studi della Camera dei deputati.

 

 

 

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I N D I C E

 

Stabilità 2016

§  Articolo 1, commi 2 e 3 (Gestioni previdenziali) 5

§  Articolo 1, comma 7 (Personale dell’amministrazione finanziaria) 7

§  Articolo 1, commi 53-55 (Regime fiscale di professionisti e imprese di piccole dimensioni) 9

§  Articolo 1, commi 83-86 (Proroga dell'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato) 15

§  Articolo 1, commi 87-95 (Regime fiscale di somme, valori e servizi in favore dei lavoratori dipendenti) 18

§  Articolo 1, comma 107 (Aliquota contributiva lavoratori autonomi) 21

§  Articolo 1, comma 108 (Fondo per lavoratori autonomi e articolazione flessibile lavoro subordinato) 22

§  Articolo 1, comma 109 (Congedo di paternità) 23

§  Articolo 1, comma 124 (Vincoli finanziari per la contrattazione integrativa degli enti territoriali) 24

§  Articolo 1, commi 125 e126 (Turn over nella P.A.) 25

§  Articolo 1, comma 128 (Trattamento accessorio nella P.A.) 30

§  Articolo 1, commi 145-154 (Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici) 32

§  Articolo 1, commi 155-163 (Misure in materia pensionistica, di cure parentali, di invecchiamento attivo, di detrazioni IRPEF per i titolari di trattamento pensionistico e di cure termali) 41

§  Articolo 1, commi 164-165 (Rifinanziamento ammortizzatori sociali in deroga) 49

§  Articolo 1, comma 166 (Contributo società Italia Lavoro S.p.A.) 55

§  Articolo 1, commi 167-171 (Copertura assicurativa dei soggetti coinvolti in attività di volontariato a fini di utilità sociale) 56

§  Articolo 1, commi 175-177 (Assunzioni presso il MIBACT) 57

§  Articolo 1, commi 237-242 (Misure per il completamento della ricostruzione nei territori colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo) 62

§  Articolo 1, commi 246-249 (Rinnovi contrattuali) 66

§  Articolo 1, comma 250 (Parco nazionale dello Stelvio) 69

§  Articolo 1, comma 344  (Norme sul finanziamento statale degli istituti di patronato e di assistenza sociale) 72

§  Articolo 1, comma 345 (Riduzione delle spese di funzionamento degli enti pubblici previdenziali) 74

§  Articolo 1, comma 365 (Contratto di lavoro del trasporto pubblico locale) 75

§  Articolo 1, commi 375-380 (Incorporazione della Società Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- Isa- e della Società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L.- SGFA- nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare- ISMEA) 76

§  Articolo 1, comma 381 (FORMEZ PA) 83

§  Articolo 1, commi 413 e 414 (Scuole innovative) 85

§  Articolo 1, commi 440-448 (Personale e funzioni delle Province) 88

§  Tabelle allegate al disegno di Legge. 95

Bilancio 2016

§  1 La disciplina contabile del disegno di legge di bilancio. 99

§  2 Il disegno di legge di bilancio per il 2016 – Profili di competenza della XI Commissione. 101

 

 


SIWEB

Stabilità 2016


 

Articolo 1, commi 2 e 3
(Gestioni previdenziali)

 

I commi 2 e 3, non modificati al Senato, recano disposizioni in merito all'adeguamento degli importi dei trasferimenti dovuti dallo Stato alle gestioni previdenziali, nonché agli importi complessivi dovuti alla gestione per i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, alla gestione speciale minatori e alla gestione speciale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo già iscritti al soppresso ENPALS, per il 2016.

In particolare, il comma 2 determina l'adeguamento, per l'anno 2016, dei trasferimenti dovuti dallo Stato verso la “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali” (GIAS) presso l’INPS, a favore di alcune specifiche gestioni pensionistiche (Fondo pensioni lavoratori dipendenti, Gestione dei lavoratori autonomi, Gestione speciale minatori e il soppresso ENPALS[1]).

La ripartizione tra le gestioni interessate avviene ai sensi del procedimento di cui all’articolo 14 della L. 241/1990, ossia mediante la convocazione di una Conferenza di servizi.

 

La GIAS (gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) è stata istituita, presso l’INPS, dall’articolo 37 della L. 9 marzo 1989, n. 88[2], per la progressiva separazione tra previdenza e assistenza e la correlativa assunzione a carico dello Stato delle spese relative a quest'ultima. Il finanziamento della gestione è posto progressivamente a carico del bilancio dello Stato.

Ai sensi della lettera c) del comma 3 dell’articolo 37 della L. n. 88/1989, è a carico della GIAS una quota parte delle pensioni erogate dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), dalla gestione dei lavoratori autonomi, dalla gestione speciale minatori e dall'ENPALS. La somma a ciò destinata è incrementata annualmente, con la legge finanziaria, in base alla variazione - maggiorata di un punto percentuale - dell'indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato dall'ISTAT.

L’articolo 59, comma 34, della L. n. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) ha previsto un ulteriore incremento dell’importo dei trasferimenti dallo Stato alle gestioni pensionistiche, di cui alla predetta lettera c). Tale incremento è assegnato esclusivamente al FPLD, alla gestione artigiani e alla gestione esercenti attività commerciali ed è a sua volta incrementato annualmente in base ai criteri previsti dalla medesima lettera c).

L’articolo 2, comma 4, della L. n. 183/2011, al fine del riordino del trasferimento dal bilancio dello Stato all’INPDAP, istituisce nel bilancio INPDAP un’apposita “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale”, in analogia con quanto previsto per l’INPS.

In particolare, nell’ambito del bilancio INPDAP, attualmente confluito nel bilancio INPS a seguito della soppressione dell’INPDAP con l’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011, vengono istituite apposite evidenze contabili, relative alla gestione di cui al primo periodo del presente comma, nonché alle gestioni che erogano trattamenti pensionistici e di fine servizio.

Sono a carico della Gestione richiamata:

§  una quota-parte di ciascuna mensilità di pensione erogata dall’INPDAP. Tale somma è annualmente adeguata, con la legge di stabilità, in base alle variazioni dell’indice nazionale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT incrementato di un punto percentuale ed è ripartita tra le evidenze contabili interessate con il procedimento di cui all’articolo 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241;

§  tutti gli oneri relativi agli altri interventi a carico dello Stato previsti da specifiche disposizioni di legge.

 

Gli incrementi dei trasferimenti disposti per il 2016, nell’ambito della Missione 025 (Politiche previdenziali, Programma 003 – Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali), ai sensi di quanto contenuto nell’Allegato 2, pari complessivamente a 281,94 milioni di euro, sono determinati:

a)   nella misura di 207,28 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), delle gestioni dei lavoratori autonomi, della gestione speciale minatori e dell’ENPALS (v. punto 2.a1) dell’Allegato 2);

b)   nella misura di 51,22 milioni di euro, in favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (ad integrazione) e delle gestioni artigiani ed esercenti attività commerciali (v. punto 2.a2) dell’Allegato 2);

c)   nella misura di 23,44 milioni di euro ai fini dell’adeguamento dei trasferimenti alla gestione ex-INPDAP (v. punto 2.a3) dell’Allegato 2);

d)   nello stesso Allegato 2, inoltre, viene previsto un trasferimento in misura complessivamente pari a 2.366,35 milioni di euro per il 2016, relativa alla quota-parte di mensilità delle pensioni erogate dal soppresso INPDAP e posta a carico dello Stato (v. punto 2.b2) dell’Allegato 2).

 

Pertanto, come previsto dal successivo comma 3, gli importi complessivamente dovuti dallo Stato per l’anno 2016, sempre come evidenziato dall’Allegato 2, per il FPLD, le gestioni dei lavoratori autonomi, la gestione speciale minatori e l’ENPALS sono determinati (v. punto 2.b1) dell’Allegato 2):

§  in 3,14 milioni di euro, per la gestione previdenziale speciale minatori (lettera a));

§  in 72,82 milioni di euro per il soppresso ENPALS (lettera b));

§  in 551,40 milioni per l’integrazione annuale degli oneri di pensione per i coltivatori diretti, i mezzadri e i coloni prima del 1° gennaio 1989 (lettera c)).


Articolo 1, comma 7
(Personale dell’amministrazione finanziaria)

 

Il comma 7, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riconosce ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria (incluse le agenzie fiscali) ai quali siano state affidate le mansioni della Terza Area del CCNL di comparto a seguito di un concorso interno (e retrocessi alla Seconda Area a seguito di una sentenza del TAR del Lazio) sia il relativo trattamento economico (a titolo individuale e in via provvisoria) sia lo svolgimento delle funzioni espletate.

 

In particolare, la norma, “al fine di evitare un pregiudizio alla continuità dell'azione amministrativa”, conferma, per via legislativa e sino ad una specifica disciplina contrattuale, ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria (incluse le agenzie fiscali) ai quali siano state affidate le mansioni della terza area (in relazione ai contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato stipulato in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del C.C.N.L. di comparto quadriennio 1998-2001), lo svolgimento delle funzioni espletate, con conferma del relativo trattamento economico (comunque a titolo individuale e in via provvisoria). Tale riconoscimento opera, ad ogni modo, nei limiti delle facoltà assunzionali a tempo indeterminato e delle vacanze di organico previste per le strutture interessate.

In sostanza la norma avrebbe lo scopo di risolvere il caso dei circa 700 funzionari dell’Agenzia delle Entrate che, vincitori del concorso interno bandito il 26 luglio del 2001, appartenenti alla ex posizione economica B3 (attuale F3 della Seconda Area) ed inquadrati il 1° febbraio del 2007 in soprannumero nell’ex posizione C1 (attuale F1 della Terza Area), sono stati retrocessi dalla terza alla seconda area (e inquadrati nella stessa posizione economica che ricoprivano nel 2007) in seguito alla sentenza del TAR del Lazio n. 12321/2008.

 

In base a tale sentenza, alcuni funzionari, vincitori del richiamato concorso interno sono stati retrocessi nella seconda area ed inquadrati  nella stessa posizione economica che ricoprivano nel 2007. Questi lavoratori, che nella graduatoria di merito avevano un punteggio inferiore ad alcuni B2 e B1, erano stati considerati vincitori secondo il principio affermato in sede giurisprudenziale a seguito di due sentenze della Corte Costituzionale espresse contro le riqualificazioni previste dalla L.549/1995, che vietavano la possibilità del cd. "doppio salto" (cioè una qualificazione superiore per più di una posizione o livello, sentenze n. 1/1999 e n. 194/2002). Tra l’altro, i richiamati funzionari essendo già inquadrati in terza area, non hanno potuto partecipare all'ultimo concorso bandito nel 2010[3], nonostante la loro posizione fosse sub judice.

Si ricorda, inoltre, che in risposta all’interrogazione a risposta immediata in VI Commissione Finanze della Camera dei deputati 5-06330 (Sottanelli, Galgano) il 10 settembre 2015, su quali iniziative intendesse adottare il Governo per risolvere la questione in oggetto, è stato evidenziato che L'Agenzia delle Entrate, allo scopo di assicurare continuità all'azione amministrativa, si è fatta più volte promotrice di norme di legge che consentissero di sanare la situazione. In sintesi, riporta la risposta, le norme proposte prevedevano che agli interessati («dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria cui sono state affidate le mansioni della terza area sulla base di contratti individuali stipulati in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del CCNL di comparto del quadriennio contrattuale 1998-2001) venisse attribuito il relativo inquadramento giuridico e il corrispondente trattamento economico, tenendo conto delle mansioni effettivamente svolte e della professionalità conseguita, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della norma. In questa direzione, era stata proposta una modifica nel corso della conversione del D.L. 126/2013 (articolo 1, comma 8-bis) ma il decreto decadde, e la norma venne successivamente ripresentata. Peraltro, la stessa Agenzia ha sottolineato come in passato (articolo 1, comma 4, del D.L. 209/2002, concernente alcuni atti di riqualificazione del personale del Ministero delle finanze, sui cui si era pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza 194/2002) in analoga fattispecie la legge avesse stabilito che al personale interessato continuasse ad essere corrisposto, a titolo individuale ed in via provvisoria, sino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico in godimento.

Si ricorda, infine, che la specifica disciplina contrattuale si è concretizzata nell'articolo 102, comma 3, del CCNL del comparto agenzie fiscali, che di fatto ha sanato la situazione del personale interessato prevedendone la conferma nella nuova posizione. Successivamente, ad aprile 2015 l'Agenzia ha sottoscritto un verbale d'intesa con le OO.SS., nel quale si ipotizza un'interpretazione autentica del predetto articolo 102 che consenta di estenderne l'applicazione al caso dei B3 retrocessi. Il richiamato verbale è stato sottoposto al Dipartimento della funzione pubblica, per i necessari approfondimenti tecnici e le conseguenti valutazioni.

 


 

 

Articolo 1, commi 53-55
(Regime fiscale di professionisti e imprese di piccole dimensioni)

 

I commi da 53 a 55 modificano il regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva con l'aliquota del 15 per cento introdotto dalla legge di stabilità 2015 per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale.

In linea generale è allargato il perimetro di applicabilità: sono aumentate le soglie dei ricavi per accedere al regime ed è estesa a cinque anni la disciplina di vantaggio con aliquota forfetaria al 5 per cento (anziché al 15). Si modifica, poi, il calcolo per la contribuzione dovuta a fini previdenziali: in luogo dell'esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), si prevede l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali.

 

 

Il regime forfetario agevolato

Si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 54-89) ha istituito il nuovo regime forfetario di determinazione del reddito per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale, con un'unica imposta sostitutiva dell'Irpef, delle addizionali regionali e comunali e dell'Irap con l'aliquota del 15 per cento. Per accedere al regime agevolato, che costituisce il regime “naturale” per chi possiede i requisiti, sono previste delle soglie di ricavi ovvero di compensi diverse a seconda del tipo di attività esercitata.

Sono previsti inoltre dei vantaggi sul versante degli adempimenti, che sono fortemente semplificati (es. esonero dalle comunicazioni per lo spesometro, black list e dichiarazioni d’intento), nonché per il regime contributivo: chi esercita attività d’impresa può, infatti, scegliere di non essere assoggettato alla contribuzione previdenziale minima, calcolando i contributi sulla base del reddito dichiarato. Si evidenzia che la disciplina contributiva è stata modificata dall’articolo in esame (si veda oltre il comma 1, lett. d)).

Il regime fiscale agevolato ha sostituito i regimi "di favore" previgenti, ovvero il regime agevolato per le nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (con aliquota al 10 per cento), il regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (i previgenti "minimi" con aliquota al 5 per cento), il regime contabile agevolato (per gli "ex minimi").

Tra gli elementi distintivi del regime forfetario rispetto ai previgenti minimi si segnala che possono accedervi anche coloro che sostengono spese per il personale, per un massimo di 5 mila euro, e coloro che effettuano cessioni all'esportazione; tra i requisiti per l'accesso il limite degli investimenti in beni strumentali non è più calcolato sugli acquisti effettuati nel triennio precedente ma sul valore degli stessi alla fine dell'esercizio precedente (stock) che non deve superare i 20 mila euro.

Dagli ultimi dati dell’Osservatorio delle partite IVA del MEF si evince che nello scorso mese di luglio 1.249 soggetti hanno aderito al nuovo regime forfetario, mentre 4.016 soggetti hanno aderito al regime fiscale di vantaggio. Complessivamente, tali adesioni rappresentano il 32,4 per cento del totale delle nuove aperture.

Si ricorda, infine, che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014, articolo 11, comma 1, lett. b)) prevedeva una riforma complessiva del regime dei minimi, con l’istituzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni, nonché, per i contribuenti di dimensioni minime, di regimi che prevedano il pagamento forfetario di un'unica imposta in sostituzione di quelle dovute; la delega contemplava eventuali agevolazioni in favore dei soggetti che sostengono costi od oneri per il ricorso a mezzi di pagamento tracciabili. Sul punto sono intervenuti successivamente, come detto, la legge di stabilità 2015 e il D.L. n. 192 del 2014. In ogni caso, per tali aspetti la delega, che scadeva il 27 giugno 2015, non ha trovato attuazione.

 

 

Il comma 53 modifica alcuni aspetti della disciplina introdotta dalla legge n. 190 del 2014 (articolo 1, commi 54-89) che ha istituito il regime forfettario.

In particolare, la lettera a) del comma 1 abroga la lettera d) del comma 54 la quale prevede, quale condizione per accedere al regime forfetario, che in caso di redditi di natura mista i redditi conseguiti nell’attività di impresa, arti e professioni siano stati nell’anno precedente prevalenti rispetto a quelli percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati; la verifica della suddetta prevalenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la somma dei redditi d'impresa, dell'arte o professione e di lavoro dipendente o assimilato non eccede l'importo di 20.000 euro.

La lettera b) del comma 1, inserendo la lettera d-bis) al comma 57, introduce un’ulteriore ipotesi in cui non è possibile avvalersi del regime forfettario. Si tratta dei soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.

Dalle due modifiche in esame si evince che possono accedere al regime forfettario i lavoratori dipendenti e i pensionati con una attività in proprio, nel rispetto dei valori soglia dei ricavi e dei compensi stabiliti per ciascun settore, a condizione che il loro reddito da lavoro dipendente o assimilato ovvero da pensione non abbia superato nell’anno precedente i 30.000 euro.

 

Il comma 53, lett. c) estende temporalmente la disciplina di vantaggio prevista per le nuove attività: per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi (in luogo degli attuali due) l’aliquota forfetaria è stabilita nella misura del 5 per cento (il comma 65 dell’articolo unico della legge n. 190 del 2014 qui modificato prevede invece la riduzione di un terzo del reddito imponibile). Tale estensione temporale, con la riduzione dell’aliquota al 5 per cento, si applica anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015 (comma 55).

Ai sensi del comma citato, per poter beneficiare del regime di vantaggio è necessario che:

§  il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti, un’attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;

§  l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;

§  qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 1.

 

La lettera d) interviene sul regime agevolato ai fini contributivi (delineato dalla legge di stabilità per il 2015) per i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa.

 

In sostanza la norma (riscrivendo totalmente l’articolo 1, comma 77, della L. 190/2014, vedi box), prevede, per i contribuenti forfetari, in luogo dell'esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), l'applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione Separata INPS (di cui all’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995).

 

Al riguardo, la relazione tecnica stima le maggiori entrate contributive derivanti dalla disposizione in esame in 329,8 milioni di euro per il 2016, 273,7 milioni di euro per il 2017, 274,8 milioni di euro per il 2018, 302,7 milioni di euro per il 2019, 309,6 milioni di euro per il 2020, 279,5 milioni di euro per il 2021, 246,1 milioni di euro per il 2002, 235,7 milioni di euro per 2023 e 198,8 milioni di euro a decorrere dal 2024.

 

Si ricorda che l’articolo 1, commi da 76 a 84, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto uno specifico regime agevolato ai fini contributivi di cui possono usufruire i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa (comma 76). In particolare, i contribuenti esercenti attività d’impresa che rientrino nel regime fiscale forfetario introdotto possono fruire anche di un regime agevolato ai fini contributivi nel quale è esclusa l’applicazione della contribuzione previdenziale minima, e adottando una modalità di calcolo dei contributi basati su una percentuale del reddito dichiarato. Si prevede, infatti, l’applicazione, per l’accredito della contribuzione, della procedura disposta dall’articolo 2, comma 29, della L. 335/1995, di fatto parificando la disciplina per il calcolo e versamento dei contributi per i richiamati soggetti a quella prevista per gli iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. (per i quali l’importo contributivo va rapportato in dichiarazione dei redditi sulla base dell’imponibile dichiarato nell’esercizio) (comma 77).

 

Il comma 54 dell’articolo in esame, sostituendo l’allegato n. 4 annesso alla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (riprodotto di seguito), ha elevato il valore delle soglie di ricavi o di compensi, diverse a seconda del tipo di attività esercitata, per accedere al regime forfetario:

 


 

 

GRUPPO DI SETTORE

CODICI ATTIVITÀ ATECO 2007

VALORE SOGLIA

COEFFICIENTE DI REDDITIVITÀ

DEI RICAVI/COMPENSI

Vigente

STABILITÀ
2016

Industrie alimentari e delle bevande

(10 - 11)

35.000

45.000

40%

Commercio all'ingrosso e al dettaglio

45 - (da 46.2 a 46.9) - (da 47.1 a 47.7) - 47.9

40.000

50.000

40%

Commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande

47.81

30.000

40.000

40%

Commercio ambulante di altri prodotti

47.82 - 47.89

20.000

30.000

54%

Costruzioni e attività immobiliari

(41 - 42 - 43) - (68)

15.000

25.000

86%

Intermediari del commercio

46.1

15.000

25.000

62%

Attività dei Servizi di alloggio e di ristorazione

(55 - 56)

40.000

50.000

40%

Attività Professionali, Scientifiche, Tecniche, Sanitarie, di Istruzione, Servizi Finanziari ed Assicurativi

(64 - 65 - 66) - (69 - 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75) - (85) - (86 - 87 - 88)

15.000

30.000

78%

Altre attività economiche

(01 - 02 - 03) - (05- 06 - 07 - 08 - 09) - (12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 32 - 33) - (35) - (36 - 37 - 38 - 39) - (49 - 50 - 51 - 52 - 53) - (58 - 59 - 60 - 61 - 62 - 63) - (77 - 78 - 79 - 80 - 81 - 82) -(84) - (90 - 91 - 92 - 93) - (94 - 95 - 96) - (97 - 98) - (99)

20.000

30.000

67%

 

Si ricorda che le spese sostenute nell'esercizio dell'attività non sono analiticamente deducibili, ad eccezione dei contributi previdenziali, ma sono previsti dei forfait da applicare ai ricavi (coefficienti di redditività) che variano a seconda dei diversi tipi di attività. Tali coefficienti non sono stati modificati dall’articolo in esame.

 

Il comma 55 dell’articolo in esame prevede che l’estensione a cinque anni complessivi della disciplina di vantaggio per le nuove attività, con la riduzione dell’aliquota al 5 per cento, si applichi, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015, avvalendosi delle disposizioni di cui al comma 65 vigente anteriormente alle modifiche in esame.

 

Si ricorda, infine, che la legge n. 190 del 2014 (articolo 1, comma 88) consente ai contribuenti che, al 31 dicembre 2014, si avvalgono del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 (“minimi al 5 per cento”), di continuare ad avvalersene fino alla scadenza naturale. Il regime fiscale di vantaggio dei “minimi”, conseguentemente, si applica limitatamente ai contribuenti che già se ne avvalevano alla data del 31 dicembre 2014, fino alla sua scadenza naturale, ovvero un quinquennio o il compimento del trentacinquesimo anno di età.

 

Successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, comma 12-undecies) ha previsto che i soggetti che iniziano una nuova attività in possesso dei requisiti possono avvalersi per l'anno 2015 del regime agevolato per i contribuenti "minimi" (articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011), in deroga a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2015.

 

Si tratta del regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, che prevede un unico limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 5 per cento (articolo 27 del D.L. n. 98 del 2011, che ha modificato il previgente regime dei minimi che prevedeva un limite dei ricavi di 30 mila euro e l'aliquota sostitutiva del 20 per cento: articolo 1, commi da 96 a 115 e comma 117 della legge n. 244 del 2007).

 

Si ritiene opportuno chiarire il regime applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2016 ai contribuenti che hanno avviato la propria attività nel 2015 aderendo al regime dei “minimi”, utilizzando la facoltà prevista dal citato articolo 10, comma 12-undecies, del decreto-legge n. 192 del 2014.

 


 

Articolo 1, commi 83-86
(Proroga dell'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato)

 

I commi 83-86, non modificati al Senato, prevedono per il settore privato, uno sgravio contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato relativi ad assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2016 e stipulati entro il 31 dicembre 2016. Per il settore agricolo, il beneficio si applica secondo la disciplina specifica di cui ai commi 84 e 85.

 

Lo sgravio contributivo consiste nell’esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su base annua e per un periodo massimo di 24 mesi.

Si ricorda che per le assunzioni a tempo indeterminato intercorrenti nel 2015, i datori di lavoro hanno diritto (ai sensi dell'art. 1, comma 118, della L. 23 dicembre 2014, n. 190) ad uno sgravio contributivo nel limite di 8.060 euro su base annua e per un periodo massimo di 36 mesi (anche in tal caso, il beneficio si applica con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche nel settore agricolo, ai sensi dei commi 119 e 120 del citato art. 1 della L. n. 190).

 

Il beneficio per le assunzioni effettuate nel 2016 (così come già previsto per quelle decorrenti nel 2015) non è riconosciuto:

§  per i contratti di apprendistato e per quelli di lavoro domestico;

§  per le assunzioni relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;

§  con riferimento ai lavoratori per i quali il presente beneficio (ovvero quello suddetto per le assunzioni intercorrenti nel 2015) sia già stato usufruito in relazione a precedente assunzione a tempo indeterminato. Sembra opportuno chiarire se tale esclusione operi anche qualora lo sgravio riconosciuto per la precedente assunzione concernesse il settore agricolo;

§  per i lavoratori con i quali i datori di lavoro (considerando anche le società controllate o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto) abbiano comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi precedenti la data di entrata in vigore della presente disposizione.

Resta fermo (così come già stabilito per le assunzioni decorrenti nel 2015) che: il beneficio non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previsti dalla normativa vigente; si applicano gli ordinari criteri di calcolo ai fini della misura del trattamento pensionistico.

Il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le assunzioni intercorrenti nel 2015 e ad esclusione, come accennato, del settore agricolo) non è subordinato ad un meccanismo di ordine cronologico di presentazione delle domande e di connessa verifica di sussistenza di risorse residue.

L'INPS provvede al monitoraggio del numero di contratti beneficiari dell'incentivo di cui al comma 83 e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il comma 84 dispone che lo sgravio di cui al precedente comma si applichi in favore dei datori di lavoro del settore agricolo nel rispetto dei limiti finanziari ivi indicati, i quali sono distinti per le assunzioni come impiegati e dirigenti e, rispettivamente, come operai agricoli. Per questi ultimi, si esclude il beneficio (in conformità alla disciplina dello sgravio per le assunzioni di operai agricoli decorrenti nel 2015) qualora nel corso del 2015 i soggetti risultassero occupati a tempo indeterminato o risultassero iscritti negli elenchi nominativi dell’anno 2015 per un numero di giornate di lavoro pari o superiore a 250 (in qualità di lavoratori a tempo determinato presso qualsiasi datore di lavoro agricolo). Riguardo alla prima fattispecie di esclusione, si rileva che la circolare n. 17 del 29 gennaio 2015 dell'INPS fa riferimento ai rapporti a tempo indeterminato ricorrenti nell'anno precedente presso i soli datori di lavoro agricolo. Sembra opportuno che tale specificazione sia posta direttamente dalla norma legislativa.

Lo sgravio nel settore agricolo è riconosciuto, secondo le modalità, il monitoraggio e le relazioni di cui al comma 85 fino al raggiungimento dei limiti finanziari summenzionati ed in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande.

Ai sensi del comma 86, il datore di lavoro che subentri nella fornitura di servizi in appalto e che assuma, ancorché in attuazione di un obbligo stabilito da disposizioni di legge o della contrattazione collettiva, un lavoratore per il quale il datore di lavoro cessante fruisca dello sgravio contributivo di cui ai commi 83 e 84 preserva il diritto alla fruizione dello sgravio medesimo, nei limiti della durata e della misura che residui (considerando, a tal fine, anche il rapporto di lavoro con il datore cessante). La norma di cui al comma 86 costituisce, quindi, anche una deroga ai principi summenzionati di esclusione del beneficio. Sembrerebbe opportuno specificare: se si intenda far riferimento anche ai casi in cui il subentro riguardi un contratto rientrante nella nozione civilistica di somministrazione[4], anziché di appalto; se la norma di cui al comma 86 (dal momento che esso si limita a richiamare i precedenti commi 83 e 84) riguardi anche i casi in cui lo sgravio contributivo sia stato riconosciuto (al primo datore di lavoro) in relazione ad un'assunzione decorrente nel 2015.

 

 


 

Articolo 1, commi 87-95
(Regime fiscale di somme, valori e servizi
in favore dei lavoratori dipendenti)

 

I commi da 87 a 93 introducono, in via permanente, una disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. Il comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi. Il comma 95 azzera le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello e ridefinisce l'ammontare delle risorse finanziarie destinate alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.

 

Il nuovo regime tributario di cui ai commi da 87 a 93 concerne: sotto il profilo oggettivo, le somme ed i valori corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria (comma 91); sotto il profilo soggettivo, i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro (comma 90).

Il regime tributario specifico consiste - salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore (comma 87) - in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, entro il limite di importo complessivo del relativo imponibile pari a 2.000 euro lordi, ovvero a 2.500 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro (commi 87 e 93).

Si demanda (comma 92) ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la definizione: dei criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione; delle modalità attuative del nuovo regime tributario, anche con riferimento alla suddetta partecipazione paritetica all’organizzazione del lavoro; delle modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali summenzionati.

Ulteriori norme di carattere finale sono poste nei commi 88, 89 e 90.

La lettera a) del comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi dell'art. 51, comma 2 e comma 3, ultimo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, mentre la successiva lettera b) specifica, in generale, che (ai fini dell'esenzione in oggetto) l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale.

In particolare, mentre la novella di cui alla lettera a), numero 1), opera una modifica esclusivamente formale[5] - nella quale il Senato ha apportato un'ulteriore modifica, anch'essa formale -, quella di cui al successivo numero 2) estende l'esenzione IRPEF per le somme, i servizi e le prestazioni (erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti) per: la fruizione, da parte dei familiari[6], dei servizi di educazione e istruzione - compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi - anche se non inerenti alla frequenza degli asili nido (alla quale fa riferimento il testo vigente); per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali (a quest'ultimo riguardo, il testo vigente fa invece riferimento alle colonie climatiche). La novella di cui al numero 3) introduce l'esenzione per le somme e le prestazioni (erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti) per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti[7].

Sotto il profilo redazionale, sembra necessario che nei commi 91 e 92 il riferimento ai commi da 87 a 95 venga circoscritto ai soli commi da 87 a 93, anche al fine di chiarire che le esclusioni dall'IRPEF - oggetto delle novelle di cui al comma 94 - continuano ad essere riconosciute a prescindere dalla circostanza che le somme, i valori ed i servizi siano contemplati o meno dai contratti collettivi aziendali o territoriali.

Il comma 95 azzera le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello e ridefinisce l'ammontare delle risorse finanziarie destinate, in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, ai sensi dell'art. 25 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata. Nella disciplina vigente, queste ultime risorse sono stabilite mediante l'impiego, per ciascun anno del triennio, di una quota pari al 10% della dotazione del Fondo suddetto (il quale viene ora azzerato). Il comma 95 in esame prevede che le risorse per la promozione della conciliazione siano pari a 38,3 milioni di euro per il 2016, 36,2 milioni per il 2017 e 35,6 milioni per il 2018.

 

Si ricorda che la promozione dei contratti aziendali è stata perseguita attraverso specifici sgravi fiscali e contributivi. In particolare, uno specifico filone normativo ha riguardato la tassazione agevolata dei contratti di produttività, introdotta dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del D.L. 93/2008. Il beneficio fiscale (limitato al settore privato) consiste nell'applicazione, sulle remunerazioni oggetto di agevolazione, di una imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali fissata in misura pari al 10%.

La tabella sottostante indica, anno per anno, misura e limiti della tassazione agevolata dei premi di produttività a partire dalla sua introduzione.

 

La detassazione dei premi di produttività

 

2008 – II semestre

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 3.000 euro.

2009

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 6.000 euro.

2010

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 6.000 euro.

2011

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 6.000 euro.

2012

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 30.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 2.500 euro.

2013

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 2.500 euro.

2014

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 40.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 3.000 euro.

Dal 2016

Reddito di lavoro dipendente non superiore a 50.000 euro nell’anno precedente, sulle somme non superiori a 2.000 euro (2.500 se l’accordo prevede commissioni paritetiche).

 

 


 

Articolo 1, comma 107
(Aliquota contributiva lavoratori autonomi)

 

Il comma 107, non modificato al Senato, conferma al 27%, anche per il 2016, l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata I.N.P.S., non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati.

 

Più specificamente, il comma in esame riduce di un punto percentuale (al 27% in luogo del 28% previsto dalla normativa vigente), per l’anno 2016, l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'Imposta sul Valore Aggiunto) iscritti alla gestione separata INPS.

 

Attualmente, infatti, ai sensi dell’articolo 10-bis del D.L. 192/2014, l’aliquota contributiva (prevista dall'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007) per i lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'I.V.A.) iscritti alla gestione separata I.N.P.S. (di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995), non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati, è pari al 27% per il biennio 2014-2015, al 28% per il 2016 e al 29% per il 2017. Precedentemente, l’articolo 1, comma 744, della L. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) aveva fissato tale aliquota al 27% per il 2014.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007 ha disposto l’adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, disponendo, in particolare:

§  l’incremento al 24% per il 2008, al 25% per il 2009, al 26% per gli anni 2010-2011, al 27% per gli anni 2012-2013, al 28% per l'anno 2014, al 30% per l'anno 2015, al 31% per l'anno 2016, al 32% per l'anno 2017 e al 33% a decorrere dall'anno 2018 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dagli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie;

§  a decorrere dal 1° gennaio 2008, l’incremento al 17% per gli anni 2008-2011, al 18% per l'anno 2012, al 20% per l'anno 2013, al 21% per l'anno 2014, al 22% per l'anno 2015 e al 24% a decorrere dall'anno 2016 dell’aliquota contributiva pensionistica corrisposta alla gestione separata INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 dai rimanenti iscritti rispetto a quelli di cui sopra (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie).


§   

Articolo 1, comma 108
(Fondo per lavoratori autonomi e articolazione flessibile lavoro subordinato)

 

Il comma 108, non modificato dal Senato, istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e l’articolazione flessibile, con riferimento ai tempi e ai luoghi, del lavoro subordinato a tempo indeterminato, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2016 e di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2017.

 

Quanto al lavoro autonomo, l’art. 2222 del Codice civile definisce lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. La natura non imprenditoriale del lavoro autonomo, a cui fa riferimento l’articolo in esame, è data dall’assenza di una organizzazione sotto forma di impresa delle risorse economiche e di personale. Per l’inizio dell’attività di lavoro autonomo, dunque, non è richiesta l’iscrizione al Registro delle imprese, mentre invece è generalmente richiesta l’iscrizione alla Gestione separata dell’INPS (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995).

 

Quanto al lavoro subordinato, il testo sembrerebbe far riferimento sia al lavoro a tempo parziale (part time) (attualmente disciplinato dagli articoli da 4 a 12 del D.Lgs. 81/2015, attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, cd Jobs Act), sia a fattispecie che non costituiscono autonome tipologie contrattuali, quanto, piuttosto, una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che viene svolta al di fuori dei locali dell’impresa o ente, come il telelavoro o lo smart working.

 

Per il settore pubblico, si ricorda che l’articolo 14 della L. 124/2015 (legge delega di riforma della Pubblica amministrazione, cd. Legge Madia), detta norme volte a favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche. In particolare, si dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali.

 

 


 

Articolo 1, comma 109
(Congedo di paternità)

 

Il comma 109, introdotto nel corso dell’esame al Senato, proroga sperimentalmente per il 2016 alcune disposizioni, già previste in via sperimentale per gli anni 2013-2015, in materia di congedo obbligatorio e facoltativo del padre lavoratore dipendente, elevando altresì da uno a due giorni quello obbligatorio.

Più nel dettaglio, la norma oggetto di proroga (art. 4, c. 24, lett. a), L. 92/2012) prevede:

§  l'obbligo, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, di astenersi dal lavoro per un giorno, in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria della madre, elevato a due giorni, anche non continuativi, dalla presente proroga per il 2016;

§  la facoltà di usufruire di ulteriori due giorni di congedo, anche non continuativi, mediante scomputo dei medesimi dal periodo di astensione obbligatoria della madre ed in base ad un accordo con quest'ultima.

Resta fermo che, per i suddetti congedi obbligatori e facoltativi, sono riconosciuti un'indennità giornaliera a carico dell'INPS, pari al 100 per cento della retribuzione, e l'accredito figurativo della relativa contribuzione pensionistica.

Ai congedi, obbligatorio e facoltativo, così prorogati si applica la disciplina dettata dal D.M. 22 ottobre 2012 che ha definito i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle suddette misure sperimentali per gli anni 2013-2015[8].

Gli oneri derivanti dalla proroga contenuta nella disposizione in esame sono valutati in 24 milioni di euro, a cui si provvede, quanto a 14 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per l’occupazione e formazione.

 


 

Articolo 1, comma 124
(Vincoli finanziari per la contrattazione integrativa degli enti territoriali)

 

Il comma 124, non modificato dal Senato, prevede la possibilità, per regioni e enti locali che abbiano raggiunto gli obiettivi di finanza pubblica, di compensare le somme da recuperare per effetto dell'indebita erogazione di risorse finanziarie in sede di contrattazione integrativa con i risparmi derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa.

 

Più specificamente, si prevede la possibilità, per regioni e enti locali che abbiano raggiunto gli obiettivi di finanza pubblica, di compensare le somme da recuperare per effetto dell'indebita erogazione di risorse finanziarie in sede di contrattazione integrativa (ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del D.L. 66/2014) con i risparmi effettivamente derivanti dalle misure di razionalizzazione organizzativa adottate ai sensi del precedente comma 4 (ottenuti a seguito di una ricognizione delle relative dotazioni organiche dirigenziali, nonché attraverso il riordino delle competenze degli uffici dirigenziali, eliminando eventuali duplicazioni), a condizione che siano certificati dall'organo di revisione. I richiamati risparmi comprendono anche le economie derivanti dall'applicazione della limitazione alle facoltà assunzionali di cui al successivo comma 126 (alla cui scheda si rimanda).

 

L’articolo 4, comma 1, del D.L. 66/2014 ha disposto, in seguito alla manifestazione di numerose situazioni di illegittimità relative alla costituzione e alla utilizzazione del fondo per la contrattazione decentrata (con riguardo all’appostamento di risorse in misura superiore a quella consentita e all’attribuzione di indennità accessorie non in linea con il vigente quadro regolativo), una specifica procedura di riassorbimento graduale delle somme attribuite al personale delle regioni e degli enti locali in violazione dei vincoli finanziari imposti alla contrattazione collettiva integrativa. Più specificamente, il primo periodo del richiamato comma 1 ha disposto l’obbligo, per le regioni e gli enti locali che non abbiano rispettato i vincoli finanziari posti alla contrattazione collettiva integrativa, di recuperare integralmente, a valere sulle risorse finanziarie destinate alla stessa contrattazione (rispettivamente al personale dirigenziale e non dirigenziale), le somme indebitamente erogate, attraverso il loro graduale riassorbimento, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli.

 

 


 

Articolo 1, commi 125 e126
(Turn over nella P.A.)

 

I commi 125 (modificato al Senato) e 126 intervengono sulla disciplina concernente le limitazioni delle facoltà assunzionali delle pubbliche amministrazioni.

Il comma 125 incrementa le limitazioni al turn over per determinate amministrazioni (le quali, nel triennio 2016-2018, potranno procedere ad assunzioni di personale nel limite di una spesa pari al 25% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente). Nel corso dell’esame al Senato, è stata introdotta la possibilità, per gli Istituti e gli Enti di Ricerca, di continuare ad avvalersi del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (in essere al 31 dicembre 2015) mediante l'attivazione di contratti a tempo determinato. Infine, il comma 126 stabilisce, per il medesimo triennio e nella medesima percentuale, il limite al turn over per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno; inoltre, vengono confermate le limitazioni attualmente vigenti al solo fine di definire i processi di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali e, per il biennio 2017-2018, viene esclusa la possibilità, per gli enti “virtuosi”, di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente.

Più specificamente, il comma 125 rimodula (aumentandole) le limitazioni al turn over per le amministrazioni di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 90/2014, le quali, per il triennio 2016-2018, possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente.

Le amministrazioni interessate sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie e gli enti pubblici non economici (compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[9]) e gli enti di ricerca la cui spesa per il personale di ruolo del singolo ente non superi l'80% delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente (ad esclusione dei ricercatori e tecnologi, per i quali restano invariate le percentuali fissate dal D.L. 90/2014).

Allo stesso tempo, per il personale dirigenziale il turn over per il 2016 è assicurato (al netto delle posizioni rese indisponibili ai sensi del precedente comma 118, alla cui scheda si rimanda) nei limiti delle capacità assunzionali.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stata prevista la possibilità, per gli Istituti e gli Enti di Ricerca, di continuare ad avvalersi del personale con contratto di collaborazione coordinata e continuativa - in essere al 31 dicembre 2015 - mediante l'attivazione (previa verifica di idoneità) di contratti a tempo determinato, a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 188, della L. 266/2005.

Si fa presente, al riguardo, che il richiamato comma 188 della legge n.266/2005 fa salve le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica effettuate dagli enti di ricerca e da altri istituti[10], i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o di specifici Fondi, ad eccezione di quelli finanziati con le risorse premiali di cui all'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 213/2015[11].

 

La possibilità risponde alla necessità di garantire la continuità nell'attuazione delle attività di ricerca, tenuto conto di quanto disposto dalla normativa vigente, che ha posto limiti per il 2016 all’utilizzo da parte delle P.A. dei rapporti di collaborazione, vietandola definitivamente dal 2017[12], nonché nelle more del riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, di cui all’articolo 17, comma 1, della L. 124/2015[13].

 

Resta escluso da tale previsione il personale in regime di diritto pubblico[14].

In relazione a tali disposizioni, infine, sono conseguentemente ridotti gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni centrali.

Secondo quanto evidenziato nella relazione tecnica allegata, la stima delle economie derivanti dalla predetta disposizione, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni (la stessa relazione precisa che ai comparti scuola e università continua ad applicarsi la normativa di settore) è riportata nella seguente tabella.

 

 

Economie 2016

Economie 2017

Economie 2018

   Econ. da 2019

Ministeri e PCM

24.967.950

89.009.550

181365.450

234.647.700

Agenzie

8.631.000

30.763.125

62.674.875

81.085.500

EPNE e Enti art. 70 co. 4

8.618.750

30.726.250

62.608.750

81.002.500

Enti di ricerca

1.740.375

6.203.250

12.638.250

16.350.750

TOTALE

43.958.075

156.702,175

319.287.325

413.086.450

 

Le seguenti tabelle evidenziano le diverse percentuali di assunzioni a tempo indeterminato ammesse confrontando la normativa vigente (contenuta nell’articolo 3 del D.L. 90/2014) e l’articolo 1, comma 125, del provvedimento in esame.

 

Anno

Percentuale di turn over ammessa per amministrazioni dello Stato ed altri enti

 

DL 90/2014, art. 3, co. 1

Stabilità 2016

2014

20%

-

2015

40%

-

2016

60%

25%

2017

80%

25%

2018

100%

25%

 

Il successivo comma 126 dispone che le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 5 del D.L. 90/2014 (si tratta delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno) possano procedere, per il triennio 2016-2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25% di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente, di fatto allineando tale percentuale a quella prevista per il personale delle amministrazioni pubbliche individuate dal comma precedente.

In relazione a quanto previsto, lo stesso comma conferma le percentuali stabilite dall'articolo 3, comma 5, del D.L. 90/2014, al solo fine di definire il processo di mobilità del personale degli enti di area vasta destinato a funzioni non fondamentali, come individuato dall'articolo 1, comma 421[15], della L. 190/2014.

 

Lo stesso comma, per il biennio 2017-2018, disapplica altresì la possibilità (prevista dall’articolo 3, comma 5-quater del D.L. 90/2014) per regioni ed enti locali “virtuosi” (ossia con un’incidenza delle spese di personale sulla spesa corrente pari o inferiore al 25%), di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite dell'80% (dal 2014) e nel limite del 100% (dal 2015) della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell'anno precedente. Sono conseguentemente ridotti gli stanziamenti di bilancio delle amministrazioni centrali.

 

Secondo la relazione tecnica allegata, i conseguenti risparmi per spesa per redditi (stimabili in circa 107 milioni di euro per il 2017, 360 milioni di euro per il 2018 e 506 milioni dal 2019) rimangono nelle disponibilità delle singole amministrazioni a miglioramento dei saldi di bilancio, ferma restando la possibile destinazione in relazione alle finalità previste dal precedente comma 7 (alla cui scheda si rimanda).

 

Anno

Percentuale di turn over ammessa per gli enti territoriali

 

D.L. 90/2014, art. 3, co. 5

DDL Stabilità 2016

2014

60%

-

2015

60%

-

2016

80%

25%

2017

80%

25%

2018

100%

25%

 

La normativa sulle limitazioni alle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni è stata caratterizzata negli ultimi anni da molteplici interventi. Per quanto attiene alle amministrazioni dello Stato (ed altri enti ed organismi individuati di volta in volta) la disciplina della limitazione del turn over appare alquanto articolata e stratificata, basandosi su un impianto che in sostanza ha individuato percentuali minime di reintegrazione dei cessati e posticipato (di volta in volta) l’anno di superamento del regime limitativo delle assunzioni (prevedendo altresì un rafforzamento del principio del previo esperimento della mobilità).

 

 


 

Articolo 1, comma 128
(Trattamento accessorio nella P.A.)

 

Il comma 128 limita, a decorrere dal 2016, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[16].

 

Tali risorse, in particolare, non possono superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2015 (ai sensi dell’articolo 9, comma 2-bis, secondo periodo, del D.L. 78/2010), ed allo stesso tempo sono automaticamente ridotte in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente.

Al riguardo, la relazione tecnica allegata evidenzia che, per le amministrazioni dello Stato, le economie derivanti dal dettato del richiamato articolo 9, comma 2-bis, del D.L. 78/2010, sono quantificabili, a decorrere dal 2016, in complessivi 69,9 milioni di euro al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni (pari alla differenza tra le somme stanziate in bilancio, dal 2016, a legislazione vigente, ed il corrispondente importo riferito all'anno 2015). Per quanto attiene ai risparmi di spesa derivanti dalla riduzione del personale in servizio, invece, in considerazione delle facoltà assunzionali inespresse in relazione alla normativa vigente, la relazione tecnica ritiene prudenziale stimare i risparmi a consuntivo. Infine, per le restanti amministrazioni pubbliche, i risparmi derivanti dalla disposizione in esame sono destinati al miglioramento dei rispettivi saldi di bilancio.

 

Si ricorda che il comma 2-bis dell’articolo 9 del D.L. 78/2010 ha stabilito, per il quadriennio 2011-2014, che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni in precedenza richiamate non potesse superare il corrispondente importo dell’anno 2010, ed in ogni caso fosse automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. La stessa norma, inoltre (al secondo periodo, introdotto dall’articolo 1, comma 456, della L. 147/2013), ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio fossero decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto della limitazione effettuata per il precedente quadriennio.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di inserire espressamente nel testo il riferimento all’articolo 9, comma 2-bis, del D.L. 78/2010 ai fini dell’individuazione dell’importo delle risorse annue destinate al trattamento accessorio.

 

 


 

Articolo 1, commi 145-154
(Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici)

 

I commi da 145 a 154, non modificati dal Senato, prevedono il settimo intervento di salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma pensionistica (D.L. n. 201/2011, art. 24 - c.d. Riforma Fornero), garantendo l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti a un massimo di ulteriori 26.300 soggetti, sia individuando nuove categorie di soggetti beneficiari, sia incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie, attraverso il prolungamento del termine (da 36 a 60 mesi successivi all’entrata in vigore della riforma pensionistica) entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti. Per effetto di tali disposizioni il limite massimo numerico di soggetti salvaguardati viene stabilito a 172.466.

 

Si fa presente che sulla medesima materia sono all’esame della Camera dei deputati tre proposte di legge di iniziativa parlamentare (AA. C.2514, C.2958 e C.3002).

 

Il comma 146 definisce le categorie dei nuovi soggetti salvaguardati, prevedendo che i requisiti per l’accesso al sistema previdenziale vigenti prima della riforma pensionistica (D.L. n. 201/211, art.24 - c.d. Riforma Fornero) continuino ad applicarsi:

§  nel limite di 6.300 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, o nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall’attivazione delle vigenti procedure concorsuali quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o l’amministrazione straordinaria speciale, anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2012 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro 12 mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore della riforma pensionistica. Per quanto concerne, specificamente, i versamenti volontari, questi possono riguardare (anche in deroga alle disposizioni dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 184/1997) anche periodi eccedenti i sei mesi precedenti la domanda di autorizzazione stessa; il versamento può comunque essere effettuato solo con riferimento ai dodici mesi successivi al termine di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile (in tal caso, ai sensi del successivo comma 147, per i lavoratori già autorizzati ai versamenti volontari, è prevista la riapertura, a domanda, dei termini per i versamenti relativi ai 12 mesi successivi alla fine della fruizione dell’indennità di mobilità); eventuali periodi di sospensione dell’indennità di mobilità per svolgere attività di lavoro subordinato, a tempo parziale, a tempo determinato, ovvero di lavoro parasubordinato, mantenendo l’iscrizione nella lista, si considerano rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di fruizione dell’indennità stessa e non comportano l’esclusione dall’accesso alle salvaguardie (lettera a));

§  nel limite di 9.000 soggetti, ai lavoratori (prosecutori volontari) di cui all’articolo 1, comma 194, lettere e) ed f), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), che maturano i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera b));

Ai sensi dell’articolo 1, comma 194, lettera e) ed f), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), si tratta dei prosecutori volontari autorizzati al 4 dicembre 2011 con un contributo accreditato o accreditabile che, dopo il 4 dicembre 2011, abbiano svolto attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, nonché dei soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data. Sono stati considerati i soggetti che hanno almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra 1'1 gennaio 2007 ed il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

§  nel limite di 6.000 soggetti, ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 194, lettera b), c) e d), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), che maturano i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera c));

Ai sensi dell’articolo 1, comma 194, lettera b), c) e d), della legge n.147/2013 (legge di stabilità per il 2014), si tratta, rispettivamente, dei seguenti soggetti:

§  lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa entro il 30 giugno 2012 e che abbiano svolto, dopo tale data, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

§  lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa dopo il 30 giugno 2012 e fino al 31 dicembre 2012 e che abbiano svolto, dopo la data di cessazione, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato;

§  lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Si includono anche i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 che hanno svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo complessivo superiore a euro 7500.

§  nel limite di 2.000 soggetti, ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave nel corso del 2011, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera d));

§  nel limite di 3.000 soggetti, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato (con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori stagionali), cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 60 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera e)).

 

Il comma 148 prevede che il trattamento pensionistico non può comunque avere decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge di stabilità in esame.

 

Il comma149 prevede che i soggetti interessati presentino le istanze, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità in esame, secondo le procedure previste, per ciascuna categoria di soggetti, dai precedenti provvedimenti di salvaguardia[17]. Dispone, inoltre, che l’INPS provveda al monitoraggio delle domande (pubblicando, sul proprio sito internet, i dati raccolti), non prendendo in considerazione ulteriori domande di pensionamento nel caso di raggiungimento dei limiti numerici e dei limiti di spesa stabiliti.

 

Il comma150 interviene sulla relazione annuale al Parlamento relativa all'attuazione delle disposizioni di salvaguardia, prevedendo che venga predisposta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che venga presentata entro il 30 settembre di ogni anno e che i dati rilevati dall’INPS nell’ambito del monitoraggio vengano utilizzati ai fini della predisposizione della suddetta relazione.

 

L’articolo 2, comma 5, della legge n. 147/2014, attualmente prevede che la relazione annuale venga predisposta dal solo Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che venga trasmessa alla Camere entro il 30 giugno.

 

Per quanto concerne i profili finanziari dell’intervento (definiti dai commi 145 e 151-153), gli oneri programmati per le prime sei salvaguardie, pari (in termini cumulati) a 11,66 miliardi di euro, per un limite massimo di 170.230 soggetti, passerebbero quindi (in termini cumulati) a 11,43 miliardi, per un limite massimo di 172.466 soggetti.

 

In particolare, ai fini della quantificazione degli oneri dell’intervento e della relativa copertura finanziaria, si prevede quanto segue.

 

Il comma 145 quantifica in 485,8 milioni di euro l’importo complessivo delle economie di spesa, per gli anni 2013-2014, relative ai precedenti interventi di salvaguardia[18], rideterminando conseguentemente il limite numerico massimo di soggetti salvaguardati in 146.166 (rispetto ai 170.230 attualmente previsti); in relazione a ciò, il comma 152 incrementa di un importo corrispondente (100 milioni per ciascuno degli anni dal 2018 al 2021 e di 85,8 milioni per l’anno 2022) l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n.228/2012 (attraverso la corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali).

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n.228/2012, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo nel quale confluiscono eventuali economie aventi carattere pluriennale rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente; ai sensi del comma 235, quarto periodo, della legge n. 228/2012, le economie vengono accertate (mediante conferenza di servizi) a seguito dell’attività di monitoraggio sull’effettivo utilizzo delle risorse relative ai vari interventi di salvaguardia.

 

Il comma 151, nel prevedere che i nuovi benefici sono riconosciuti nel limite di 26.300 soggetti (cui corrisponde, come detto, la rideterminazione del limite numerico massimo complessivo in 172.466 soggetti) e nel limite massimo di 213 milioni per il 2016, 387 milioni per il 2017, 336 milioni per il 2018, 258 milioni per il 2019, 171 milioni per il 2020, 107 milioni per il 2021, 41 milioni per il 2022 e 3 milioni per il 2023, provvede al corrispondente incremento degli importi previsti all’articolo 1, comma 235, quarto periodo, della legge n.228/2012 (ossia delle economie aventi carattere pluriennale destinate ad alimentare l’apposito fondo), mentre il comma 153 provvede alla copertura degli oneri a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n. 228/2012 (ossia riducendo la dotazione dell’apposito fondo).

 

Infine, sulla medesima autorizzazione di spesa opera anche il comma 154, che ne prevede una riduzione di 124 milioni di euro per il 2016 ai fini del concorso alla copertura dei maggiori oneri conseguenti al potenziamento delle misure di sostegno al reddito per le situazioni di disagio previste dalla presente legge.

 

Si segnala che le residue risorse dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n.228/2012 (Fondo esodati), sono utilizzate (oltre che ai sensi del comma 154 in esame) per la copertura degli oneri (160 milioni per il 2016 e 49 milioni per il 2017) di cui al comma 155 (c.d. opzione donna) e per la copertura degli oneri (58 milioni per il 2018) di cui ai commi 160-161 (riduzione della pressione fiscale per i pensionati), del disegno di legge in esame.

 

 

La questione degli esodati: evoluzione normativa

 

La questione degli “esodati” trae origine dalla riforma pensionistica realizzata del Governo Monti (articolo 24 del D.L. 201/2011, c.d. riforma Fornero), che a decorrere dal 2012 ha sensibilmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento. La riforma, in particolare, ha portato a 66 anni il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia; velocizzato il processo di adeguamento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato (66 anni dal 2018); per quanto concerne il pensionamento anticipato, abolito il previgente sistema delle quote, con un considerevole aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l'introduzione di penalizzazioni economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni.

Al fine di salvaguardare le aspettative dei soggetti prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, la riforma ha dettato una disciplina transitoria, individuando alcune categorie di lavoratori ai quali continua ad applicarsi la normativa previgente, preordinando allo scopo specifiche risorse finanziarie. Tale platea comprende, in particolare, i lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011; i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma) e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 4 dicembre 2011, nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la data del 4 dicembre 2011 il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione; i lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 si trovino in esonero dal servizio; i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 sono in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni.

L'insufficienza delle norme transitorie contenute nella legge di riforma, resasi evidente nei mesi successivi alla sua entrata in vigore (mesi che hanno visto crescere la protesta dei lavoratori che si sarebbero venuti a trovare senza stipendio e senza pensione), ha indotto il Governo e il Parlamento a rivedere la platea dei soggetti ammessi al pensionamento secondo la normativa previgente, estendendola a più riprese.

Dapprima, l'articolo 6, comma 2-ter, del D.L. 216/2011 (c.d. decreto proroga termini - c.d. prima salvaguardia) vi ha ricompreso anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto, in base ad accordi individuali, sottoscritti in data antecedente a quella di entrata in vigore della legge di riforma o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, purché in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma. Allo stesso tempo, l'articolo 6, comma 2-septies, (inserendo la lettera e-bis) all'articolo 24, comma 14, del D.L. 201/2011), ha stabilito che la normativa previgente continuasse ad applicarsi anche ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultassero essere in congedo per assistere figli con disabilità grave ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del D.Lgs. 151/2001, a condizione che maturassero, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito contributivo per l'accesso al pensionamento indipendentemente dall'età anagrafica di cui all'articolo 1, comma 6, lettera a), della L. 243/2004, e cioè in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni.

Successivamente è intervenuto l'articolo 22 del D.L. 95/2012 (c.d. "spending review" - c.d. seconda salvaguardia), che ha ulteriormente incrementato la platea dei soggetti salvaguardati, rientranti in alcune categorie, ricomprendendovi altri 55.000 lavoratori.

Sulla materia è intervenuto, quindi, l'articolo 1, commi 231-237, della L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013 – c.d. terza salvaguardia), prevedendo che le disposizioni previgenti alla legge di riforma continuino a trovare applicazione anche nei confronti: dei lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità (ordinaria o in deroga) a seguito di accordi (governativi o non governativi) stipulati entro il 31 dicembre 2011 e che abbiano perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità in deroga, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014; dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 (con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui; oppure collocati in mobilità ordinaria alla data del 4 dicembre 2011, i quali avvieranno la contribuzione volontaria al termine della fruizione della mobilità ordinaria); dei lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché abbiano svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (a condizione che abbiano conseguito un reddito annuo lordo complessivo riferito a tali attività non superiore a euro 7.500 e perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2014); dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità ordinaria alla predetta data, i quali, in quanto fruitori della relativa indennità, debbano attendere il termine della fruizione stessa per poter effettuare il versamento volontario (a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, e cioè entro il 6 dicembre 2014). Le modalità di attuazione sono contenute nel D.M. 22 aprile 2013 pubblicato sulla G.U. del 28 maggio 2013. Le relative istruzioni operative sono contenute nella C.M. 5 giugno 2013, n. 19. Il comma 235, in particolare, ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo nel quale confluiscono eventuali economie (derivanti dal non totale utilizzo delle risorse stanziate per le precedenti salvaguardie) aventi carattere pluriennale rispetto agli oneri programmati a legislazione vigente, accertati (mediante conferenza di servizi) a seguito dell’attività di monitoraggio degli interventi di salvaguardia.

 

Ulteriori interventi in materia sono stati effettuati nella XVII Legislatura, in primo luogo con gli articoli 11 e 11-bis del D.L. 102/2013 (c.d. quarta salvaguardia). In particolare, l'articolo 11 prevede che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero), trovino applicazione anche nei confronti dei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato entro il 31 dicembre 2011 a seguito di risoluzione unilaterale. Il beneficio è riconosciuto nel limite di 6.500 soggetti e nel limite massimo delle risorse appositamente stanziate (pari a 151 milioni di euro per il 2014, 164 milioni di euro per il 2015, 124 milioni di euro per il 2016, 85 milioni di euro per il 2017, 47 milioni di euro per il 2018 e 12 milioni di euro per il 2019). Il successivo articolo 11-bis, che ha ampliato ulteriormente la platea dei cd. esodati, ricomprendendovi anche 2.500 lavoratori i quali nel 2011 erano in congedo per assistere familiari con handicap grave o fruivano di permessi giornalieri retribuiti per assistenza a coniuge parente o affine con handicap grave, i quali maturino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero). Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di 23 milioni di euro per il 2014, 17 milioni per il 2015, 9 milioni per il 2016, 6 milioni per il 2017 e 2 milioni per il 2018.

In materia è quindi intervenuta la L. 147/2013 (legge di stabilità 2014). In particolare, l'articolo 1, comma 191, della L. 147/2013 (c.d. quinta salvaguardia) ha previsto un ulteriore contingente di soggetti, pari a 6.000 unità (già interessato da provvedimenti precedenti), per i quali trova applicazione la disciplina pensionistica previgente il D.L. 201/2011. Si tratta dei lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui.

Allo stesso tempo, l'articolo 1, comma 194, della L. 147/2013 ha ulteriormente esteso la platea di tali lavoratori, includendovi un massimo di ulteriori 17.000 lavoratori, esclusi dai precedenti interventi di salvaguardia, a condizione che perfezionino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore del D.L. 201/2011 (c.d. riforma Fornero), ossia entro il 7 dicembre 2014, appartenenti alle seguenti categorie: prosecutori volontari autorizzati al 4 dicembre 2011 con un contributo accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011 e che, dopo il 4 dicembre 2011, abbiano svolto attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa entro il 30 giugno 2012 e che abbiano svolto, dopo tale data, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa dopo il 30 giugno 2012 e fino al 31 dicembre 2012 e che abbiano svolto, dopo la data di cessazione, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (si includono anche i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo complessivo superiore a euro 7.500); lavoratori in mobilità ordinaria che maturino il requisito pensionistico ante L. 214/2011 dopo la data di fine mobilità e entro sei mesi dalla stessa (è data la possibilità al beneficiario di coprire i periodi contributivi successivi alla fine della mobilità con versamenti volontari, ove necessari); soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data (sono stati considerati i soggetti che hanno almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato).

Da ultimo, con la legge n.147/2014 è stato effettuato il sesto intervento di salvaguardia predisposto dall'entrata in vigore della riforma pensionistica. Il provvedimento consente di assicurare l'accesso al sistema previdenziale, secondo la disciplina antecedente alla riforma, di un contingente di 32.100 lavoratori, prolungando di un anno (da 36 a 48 mesi successivi all'entrata in vigore delle riforma) il termine entro il quale le categorie di lavoratori già individuate nelle precedenti salvaguardie (prosecutori volontari; lavoratori cessati sulla base di accordi individuali o collettivi; lavoratori in mobilità; lavoratori il cui rapporto di lavoro sia stato risolto unilateralmente) devono maturare i requisiti pensionistici al fine di accedere al sistema previdenziale con i requisiti antecedenti alla legge Fornero. A tali categorie si aggiunge, inoltre, quella dei lavoratori cessati che erano titolari di un contratto a tempo determinato. Per la copertura degli oneri il provvedimento attinge, in buona misura, alle risorse stanziate per le precedenti salvaguardie e in parte non utilizzate (in quanto le effettive richieste di pensionamento si sono rivelate inferiori alle attese), con conseguente riduzione delle platee ivi previste. In particolare, la riduzione delle precedenti platee è pari a 24.000 lavoratori, con un saldo attivo di 8.100 lavoratori (32.100 previsti complessivamente a cui vanno sottratti 24.000 lavoratori derivanti dalla riduzione delle platee previste da precedenti salvaguardie).

Per effetto dei ripetuti interventi del legislatore, quindi, la copertura previdenziale riguarda una platea complessiva di 170.230 lavoratori, con uno stanziamento complessivo di 11,657 miliardi di euro[19].

 

 


 

Articolo 1, commi 155-163
(Misure in materia pensionistica, di cure parentali, di invecchiamento attivo, di detrazioni IRPEF per i titolari di trattamento pensionistico e di cure termali)

 

I commi in esame recano misure in materia pensionistica, di cure parentali, di invecchiamento attivo, di detrazioni IRPEF per i titolari di trattamento pensionistico e di cure termali.

Il comma 155 ridefinisce l'àmbito temporale di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi e a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale (cosiddetta opzione donna).

Il comma 156 - inserito dal Senato - dispone la proroga per il 2016 delle norme già stabilite, in via sperimentale, per gli anni 2013-2015, relative alla possibilità, per la madre lavoratrice dipendente o titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, di richiedere, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia.

Il comma 157 introduce, per il settore privato, una specifica disciplina transitoria, relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata).

Il comma 158 - ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri di cui al precedente comma 155 e di quelli derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati, di cui ai successivi commi 160 e 161 - estende agli anni 2017 e 2018 la disciplina transitoria in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici, già posta per gli anni 2014-2016 e diversa da quella generale. Ulteriori misure di copertura sono previste al comma 159.

I commi 160 e 161 modificano, a decorrere dal 2017, la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione.

I commi 162 e 163 - inseriti dal Senato - riguardano le prestazioni economiche accessorie (come quelle inerenti al soggiorno presso le strutture alberghiere), a carico dell'INPS e dell'INAIL, e relative agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 155 concerne l'àmbito temporale di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un'età pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e a 58 anni e 3 mesi per le autonome, a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale. La nuova norma consente l'accesso all'istituto anche qualora la decorrenza del trattamento così liquidato non sia possibile entro il 31 dicembre 2015, ferma restando la maturazione dei requisiti entro tale data.

 

Si ricorda che, per i trattamenti liquidati in base all'istituto in esame, la decorrenza può avere luogo solo dopo 12 mesi dalla maturazione dei suddetti requisiti, ovvero dopo 18 mesi per le lavoratrici autonome. In base alla formulazione finora vigente, l'INPS ha ritenuto[20] che il termine del 31 dicembre 2015 riguardi anche la decorrenza[21], mentre il presente comma 155 richiede che la sola maturazione dei requisiti intervenga entro tale data.

 

In base al medesimo comma 155, ai fini del concorso alla copertura degli oneri finanziari derivanti dall'estensione temporale dell'istituto, si riduce, in misura pari a 160 milioni di euro per il 2016 e a 49 milioni per il 2017, la dotazione del fondo relativo al finanziamento di interventi in favore delle varie categorie di soggetti all'interno delle quali sono stati operati i contingenti per le deroghe ai requisiti per il trattamento pensionistico (cosiddetto fondo esodati).

Il comma 156 - inserito dal Senato - dispone la proroga per il 2016 delle norme (di rango legislativo e secondario) già stabilite, in via sperimentale, per gli anni 2013-2015, relative alla possibilità, per la madre lavoratrice dipendente o titolare di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, di richiedere, in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati). Il medesimo comma 156 riduce, per il 2016, nella misura di 10 milioni di euro il Fondo sociale per occupazione e formazione.

Il contributo è corrisposto nell'àmbito di un limite di spesa, pari, per l'anno 2016 (oggetto della presente proroga), a 20 milioni di euro; tale misura è identica a quella stabilita per ciascuno degli anni 2014 e 2015 dalle disposizioni attuative di cui al D.M. 28 ottobre 2014. Queste ultime prevedono che l'importo massimo del contributo sia pari a 600 euro mensili, attribuito, per una durata non superiore a sei mesi, sulla base di una graduatoria nazionale redatta dall'INPS mediante il criterio dell'ordine cronologico di presentazione delle domande (ovvero, in ipotesi, anche mediante gli altri criteri di cui all'art. 3 del citato D.M. 28 ottobre 2014).

Resta fermo che ad ogni quota mensile di contributo consegue la riduzione di un mese della durata massima del congedo parentale.

Il comma 157 introduce, per il settore privato, una specifica disciplina transitoria, relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato. Si consente che il datore di lavoro ed il dipendente, avente determinati requisiti anagrafici e contributivi, concordino la suddetta trasformazione del rapporto, con il riconoscimento della copertura pensionistica figurativa (a carico della finanza pubblica) per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata). Tale importo non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato a contribuzione previdenziale.

Le condizioni poste dalla disciplina in oggetto sono le seguenti:

·       il dipendente (iscritto ad una delle gestioni pensionistiche proprie del settore privato), titolare di un rapporto a tempo pieno e indeterminato, deve maturare entro il 31 dicembre 2018 il requisito anagrafico per il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia ed aver già maturato (al momento della trasformazione del rapporto) i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al medesimo trattamento.

 

Si ricorda che, per il periodo 2016-2018, per i lavoratori dipendenti di sesso maschile, il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia è pari a 66 anni e 7 mesi; per le lavoratrici del settore privato, il limite minimo è pari a 65 anni e 7 mesi per il biennio 2016-2017 e a 66 anni e 7 mesi per il 2018[22]. Il requisito minimo di contribuzione è pari a 20 anni; per i soggetti il cui primo accredito contributivo decorra successivamente al 31 dicembre 1995; è richiesto altresì, ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, che l'importo maturato del trattamento non sia inferiore ad un determinato limite[23].

 

Si osserva che, almeno letteralmente, la condizione relativa al requisito minimo di contribuzione deve essere soddisfatta già al momento della trasformazione del rapporto (senza tener conto del periodo mancante al raggiungimento del requisito anagrafico). Potrebbe inoltre essere ritenuto opportuno chiarire se le condizioni in esame (per la trasformazione del rapporto) riguardino anche il raggiungimento del suddetto importo minimo di pensione;

·       l'accordo per la trasformazione del rapporto deve riguardare un periodo di tempo non superiore a quello intercorrente tra la data di accesso al beneficio in esame e la data di maturazione del suddetto requisito anagrafico;

·       la riduzione dell'orario di lavoro deve essere pari ad una misura compresa tra il 40 per cento e il 60 per cento;

·       il riconoscimento del beneficio da parte dell'INPS, nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018, secondo le modalità stabilite dal comma in esame nonché dal decreto ministeriale a cui esso fa rinvio. Al riguardo, oltre al riconoscimento da parte dell'INPS, si richiede altresì la previa autorizzazione da parte della Direzione territoriale del lavoro. Non appare chiara la ragione di quest'ultima fase del procedimento, in quanto il rispetto del limite di spesa è, in ogni caso, demandato all'INPS.

Mediante il richiamo dell'art. 41, comma 6, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, si esclude che la trasformazione a tempo parziale possa determinare un incremento della base di calcolo della quota di trattamento pensionistico liquidata secondo il cosiddetto metodo retributivo.

Alla copertura degli oneri a carico della finanza pubblica (pari, come detto, a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018) il comma 157 in esame provvede mediante ricorso alle entrate contributive dell'INPS destinate in via ordinaria, per il 50 per cento, al finanziamento delle attività dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e, per il restante 50 per cento, al finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione[24]. Si prevede, inoltre, in deroga al riparto in base all'aliquota del 50 per cento, che le entrate contributive residue (disponibili dopo la deduzione degli importi impiegati per la presente copertura finanziaria) siano destinate in via prioritaria al finanziamento delle attività dell'ANPAL, fino a concorrenza di un importo pari al 50 per cento delle entrate (calcolate al lordo della suddetta deduzione).

Il comma 158 - ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri di cui al precedente comma 155 e di quelli derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati (di cui ai successivi commi 160 e 161) -  estende agli anni 2017 e 2018 la disciplina transitoria in materia di perequazione automatica dei trattamenti pensionistici, già posta per gli anni 2014-2016 e diversa da quella generale[25].

 

Tale disciplina transitoria, posta dall'art. 1, comma 483, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, riconosce la perequazione secondo le seguenti misure percentuali:

-   100% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS;

-   95% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 3 volte e pari o inferiore a 4 volte il predetto trattamento;

-   75% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il trattamento minimo;

-   50% per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 5 volte e pari o inferiore a 6 volte il trattamento minimo;

-   45% (40% nel 2014) per i trattamenti pensionistici il cui importo complessivo sia superiore a 6 volte il trattamento minimo.

Le misure percentuali si applicano, in base alle norme di cui al suddetto comma 483, sull'importo complessivo del trattamento pensionistico (o dei trattamenti) del soggetto - anziché alle singole fasce di importo -, con una clausola di chiusura, consistente nella garanzia che la perequazione non possa essere inferiore a quella che si applicherebbe qualora l'importo complessivo del trattamento (o dei trattamenti) fosse pari al limite sottostante l'importo complessivo concreto del soggetto[26].

Invece, la disciplina a regime in materia di perequazione automatica, posta dall'art. 69, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388, prevede: l'applicazione della perequazione nella misura del 100% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici fino a 3 volte il minimo INPS; nella misura del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 3 e 5 volte il predetto minimo; nella misura del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo.

 

Il comma 159 - ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati (di cui ai commi 160 e 161) - dispone: una riduzione pari a 58 milioni di euro per il 2018 del fondo relativo al finanziamento di interventi in favore delle varie categorie di soggetti all'interno delle quali sono stati operati i contingenti per le deroghe ai requisiti per il trattamento pensionistico; una riduzione delle risorse finanziarie per il pensionamento anticipato[27] in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, in misura pari a 140 milioni di euro per il 2017, 110 milioni per il 2018, 76 milioni per il 2019 e 30 milioni per il 2020.

 In merito, la relazione tecnica allegata al presente disegno di legge[28] afferma che, nel breve periodo, gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati per questi ultimi lavoratori sono previsti in misura inferiore rispetto agli stanziamenti disponibili e che, di conseguenza, la riduzione delle risorse "non compromette l'erogazione dei benefici".

 

I commi 160 e 161 modificano, a decorrere dal 2017, la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione[29] (cosiddetta no tax area per i pensionati).

In base alla novella, a decorrere dal 2017, la detrazione risulta pari, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, a:

·       1.783 euro (1.725 euro nella normativa vigente), se il reddito complessivo non supera 7.750 euro (7.500 euro nella normativa vigente); resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;

·       1.255 euro (così come nella disciplina vigente), aumentata del prodotto tra 528 euro (470 euro nella normativa vigente) e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente), diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro (7.500 euro nella disciplina vigente), qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro (7.500  euro nella normativa vigente) e pari o inferiore a 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente).

Resta immutata la disciplina per i casi in cui il soggetto abbia un reddito complessivo superiore a 15.000 euro.

Sempre in base alla novella, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, a decorrere dal 2017, la detrazione risulta pari a:

·       1.880 euro (1.783 euro nella disciplina vigente), se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (7.750 euro nella normativa vigente); resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;

·       1.297 euro (così come nella disciplina vigente), aumentata del prodotto tra 583 euro (486 euro nella normativa vigente) e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente), diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro (7.250 euro nella disciplina vigente), qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro (7.750 euro nella normativa vigente) e pari o inferiore a 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente).

Anche per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, resta immutata la disciplina per i casi di reddito complessivo superiore a 15.000 euro.

I commi 162 e 163 - inseriti dal Senato - differiscono la soppressione delle prestazioni economiche accessorie (come quelle inerenti al soggiorno presso le strutture alberghiere), a carico dell'INPS e dell'INAIL, e relative agli aventi diritto ai regimi speciali di cure termali garantite dal Servizio sanitario nazionale, e prevedono la definizione, da parte dell'INPS e dell'INAIL, di un nuovo regime di riconoscimento delle medesime prestazioni accessorie. Il differimento è disposto in attesa della definizione del nuovo regime; in ogni caso, la soppressione opera a decorrere da una data non successiva al 1° gennaio 2019.

Il nuovo regime è definito da protocolli adottati dall'INPS e dall'INAIL. Esso deve far riferimento alla prevenzione delle patologie che possano dar luogo a invalidità nonché alla prevenzione dell'aggravamento di invalidità dovute alle medesime patologie, da individuarsi mediante accordo stipulato, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni, le province autonome e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali e recepito mediante intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

 

La norma di cui si differisce la soppressione è l’ultimo periodo dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 323 del 2000. Il citato ultimo periodo prevede che le prestazioni economiche accessorie in oggetto siano erogate dall'INPS e dall'INAIL, con oneri a carico delle rispettive gestioni previdenziali.

Si ricorda che la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (L. 833/1978) disciplina, all’articolo 36, il termalismo terapeutico, garantendo le prestazioni agli aventi diritto nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale; pertanto, le prestazioni di assistenza termale, vale a dire i cicli di cure idrotermali per soggetti affetti da determinate patologie, rientrano tra quelle incluse nei LEA (livelli essenziali di assistenza) di cui al DPCM 29 novembre 2001, nell’ambito della macroarea dell’assistenza distrettuale. L’erogazione delle cure termali è, quindi, a carico del SSN, mentre l’assicurato è tenuto al pagamento del ticket nella misura prevista con riferimento ai LEA.

L’art. 6 del DL. 390/1995 (L. 490/1995) distingue i regimi speciali INPS e INAIL, che comunque sono inclusi tra le prestazioni idrotermali rientranti nel Piano sanitario nazionale approvato dal Ministero della salute. Questi istituti, in particolare, garantiscono ai propri assicurati la concessione di cure termali e le prestazioni economiche accessorie summenzionate.

 


 

Articolo 1, commi 164-165
(Rifinanziamento ammortizzatori sociali in deroga)

 

I commi 164 e 165 (quest’ultimo introdotto nel corso dell’esame al Senato)  dispongono un incremento, per l’anno 2016, di 250 milioni di euro del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga (comma 164), specificando che, nell'ambito delle risorse per il 2016 relative agli ammortizzatori sociali in deroga, una quota non superiore a 18 milioni di euro è destinata al riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca (comma 165).

 

Il comma 164 prevede che all’onere derivante dall’intervento (disposto per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga previsti dall’articolo 2, commi 64-66, della L. n. 92/2012, al fine di favorire il passaggio verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro delineato dal D.Lgs. 148/2015[30]) si provvede:

§  per 100 milioni di euro mediante corrispondente riduzione del Fondo per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della legge delega di riforma del mercato del lavoro n. 183/2014 (cd. Jobs act), istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’articolo 1, comma 107 della L. 190/2014;

§  per 150 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per la concessione di benefici previdenziali per i lavoratori impegnati in attività usuranti, con conseguente riduzione corrispondente degli importi di cui all’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 67/2011 (così come rideterminati dall’articolo 1, comma 721, della L. 190/2014)[31].

 

La seconda parte del comma 164 detta, poi, disposizioni per la concessione e la proroga degli ammortizzatori sociali in deroga. A decorrere dal 1° gennaio 2016 e sino al 31 dicembre 2016:

§  il trattamento di integrazione salariale in deroga, fermo restando quanto disposto dal decreto interministeriale 1° agosto 2014, n. 83473[32] (il cui articolo 2 detta le condizioni in presenza delle quali può essere concessa la CIG in deroga), può essere concesso o prorogato per un periodo non superiore a tre mesi nell’arco di un anno;

§  il trattamento di mobilità in deroga[33], a parziale modifica di quanto stabilito dall’articolo 3, comma 5, del citato decreto 1° agosto 2014, n. 83473, continua  a non poter essere concesso ai lavoratori che alla data di decorrenza del trattamento hanno già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi. Per i restanti lavoratori viene invece ridotto da sei a quattro mesi (non ulteriormente prorogabili) il tempo massimo di godimento del trattamento, a cui si aggiungono ulteriori due mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree di cui al D.P.R. 218/1978 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno)[34], per i quali il limite massimo di fruizione rimane fissato a tre anni e quattro mesi.

 

Infine, la disposizione riconosce alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano la possibilità di concedere trattamenti di integrazione salariale e di mobilità (anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del citato decreto interministeriale 1° agosto 2014, n. 83473) – i cui effetti non possono prodursi oltre il 31 dicembre 2016 - in misura non superiore al 5 per cento delle risorse ad esse attribuite, ovvero in eccedenza a tale quota con integrale copertura degli oneri connessi a carico delle finanze regionali ovvero delle risorse assegnate alla regione nell’ambito dei piani o programmi coerenti con la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013, oggetto del Piano di azione e coesione, collegati a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione (ai sensi dell’art. 1, c. 253, della L. 228/2012).

 

Il comma 165, introdotto nel corso dell’esame al Senato, specifica che, nell'ambito delle risorse per il 2016 relative agli ammortizzatori sociali in deroga, una quota non superiore a 18 milioni di euro è destinata al riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il settore della pesca.

Si ricorda che la cassa integrazione in deroga per il settore della pesca è stata oggetto di numerosi finanziamenti destinati alla medesima finalità, da ultimo quello disposto dall’articolo 1, comma 109, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) che ha destinato, per l'anno 2015, una somma fino a 30 milioni di euro nell'ambito delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione già destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

 

Gli ammortizzatori sociali in deroga

Per quanto concerne gli ammortizzatori sociali in deroga, si ricorda che l'articolo 2, commi 64-66, della L. n. 92/2012, al fine di garantire la transizione verso il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, consente, per il periodo transitorio 2013-2016, la concessione di ammortizzatori sociali in deroga. In particolare, si prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possa disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità.

Tali trattamenti sono concessi, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e formazione (di seguito Fondo) di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185/2008[35], incrementato di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016 (comma 65), mentre l'articolo 1, comma 253, della L. n. 228/2012, nel prevedere la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione, ha incrementato il Fondo, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga.

Successivamente, l'articolo 1, commi 253-255, della L. n. 228/2012 ha disposto il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, in relazione a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell'occupazione, attraverso specifici incrementi del Fondo. Più specificamente, il comma 253 ha previsto la possibilità di finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga nelle Regioni, attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione. A tal fine il Fondo viene incrementato, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga. La parte di risorse relative alle misure di politica attiva è gestita dalle Regioni interessate.

Si ricorda che gli ammortizzatori sociali in deroga sono stati oggetto di successivi interventi normativi volti al loro rifinanziamento.

Con un primo rifinanziamento (articolo 4, commi 1 e 2, del D.L. 54/2013), sono state stanziate, complessivamente, risorse pari a 2 miliardi di euro per il 2013, così articolate:

·      conferma delle risorse già destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga ai sensi dell'articolo 2, comma 65, della L. 92/2012 (1 miliardo di euro annui per il biennio 2013-2014, 700 milioni per il 2015 e 400 milioni per il 2016) e dell'articolo 1, comma 253, della L. 228/2012 (incremento del Fondo, per il 2013, della parte di risorse relative al finanziamento, nelle medesime Regioni da cui i fondi provengono, degli ammortizzatori sociali in deroga);

·      incremento di 250 milioni per il 2013 del Fondo, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per lo sgravio contributivo dei contratti di produttività;

·      versamento all'INPS delle risorse derivanti dall'aumento del contributo integrativo dovuto per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (ex articolo 25 della L. 845/1978), per un importo di 246 milioni di euro per il 2013, con successiva riassegnazione al Fondo;

·      ulteriore incremento delle risorse del Fondo, pari a 219 milioni di euro per il 2013, attraverso specifiche operazioni.

Per quanto attiene agli aspetti procedurali, la norma ha altresì demandato ad uno specifico decreto interministeriale l'introduzione di criteri più puntuali per la concessione degli ammortizzatori in deroga con l'obiettivo di contenere abusi e sprechi di risorse, con particolare riguardo: ai termini di presentazione (a pena di decadenza) delle relative domande, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni (anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito), alle tipologie di datori di lavoro e di lavoratori beneficiari. Inoltre, è stato introdotto un più puntuale monitoraggio, da parte dell'INPS, degli andamenti di spesa. Le richiamate disposizioni sono state attuate con il D.I. 1° agosto 2014, n. 83473.

Ulteriori rifinanziamenti degli ammortizzatori sociali in deroga sono stati successivamente disposti, sempre attraverso un incremento del Fondo:

§  dall'articolo 21, comma 1, del D.L. 63/2013, che ha incrementato il Fondo in misura di 47,8 milioni di euro per il 2013 e di 121,5 milioni di euro per il 2014;

§  dall'articolo 10, comma 1, del D.L. 102/2013, che ha incrementato il Fondo di 500 milioni di euro per il 2013. Tale somma deve ripartirsi tra le regioni tenendo conto delle risorse che devono essere destinate, per le medesime finalità, alle regioni che possono procedere al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga attraverso la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007/2013 oggetto del Piano di Azione e Coesione.

Successivamente, l'articolo 1, comma 183, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), nell'ambito di un intervento più generale sugli strumenti di tutela del reddito, ha disposto un ulteriore rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, attraverso un incremento di 600 milioni di euro della dotazione finanziaria statale per il 2014 (portando così il limite annuo a 1.721,5 milioni di euro).

L'articolo 40 del D.L. 133/2014 ha disposto un ulteriore incremento del Fondo sociale per l'occupazione e formazione per un importo pari (per il 2014) a 728 milioni di euro. Con tale intervento, la dotazione finanziaria per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2014 risulta quindi essere pari a 2.449,5 milioni di euro.

Da ultimo, l'articolo 2, comma 1, del D.L. 65/2015 ha disposto l'incremento di 1.020 milioni di euro del Fondo sociale per l'occupazione e formazione ai fini del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

A legislazione vigente, il finanziamento per gli ammortizzatori sociali in deroga ammonta, per il 2016, a 400 milioni di euro (cui andrebbero ad aggiungersi i 250 milioni previsti dall’articolo 20, comma 1, in esame).

 

 


 

Articolo 1, comma 166
(Contributo società Italia Lavoro S.p.A.)

 

Il comma 166, non modificato dal Senato, proroga per il 2016 il contributo (già previsto per il 2015) per il funzionamento di Italia Lavoro Spa da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel limite di 12 milioni di euro.

Più nel dettaglio, la disposizione in esame proroga per il 2016 quanto previsto per il 2015 dall’articolo 1, comma 315, della L. 190/2014 (Stabilità 2015), secondo cui il Ministero del lavoro concorre agli oneri di funzionamento e ai costi generali di struttura della società Italia Lavoro S.p.A.[36] con un contributo pari a 12 milioni di euro.

 

 


 

Articolo 1, commi 167-171
(Copertura assicurativa dei soggetti coinvolti in attività di volontariato a fini di utilità sociale)

 

I commi da 167 a 171 - inseriti dal Senato - recano alcune norme in materia di attività di volontariato.

Le modifiche rispetto alla disciplina vigente concernono sostanzialmente l’onere derivante dall'obbligo assicurativo contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

 

Si dispone il rinnovo, sempre in via sperimentale, per il biennio 2016-2017, del finanziamento pubblico per l’onere suddetto e si amplia - rispetto alla disciplina per il biennio 2014-2015, di cui all'art. 12 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 - l'àmbito dei soggetti, coinvolti in attività di volontariato, con riferimento ai quali viene attribuito il beneficio finanziario in esame.

Il nuovo intervento finanziario, stabilito (in conformità all'importo annuo per il precedente periodo 2014-2015) nella misura di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, riguarda: 1) i soggetti beneficiari di ammortizzatori e di altre forme di integrazione e sostegno del reddito (previste dalla normativa vigente), coinvolti in attività di volontariato, a fini di utilità sociale, in favore di comuni o altri enti locali; 2) gli aderenti alle organizzazioni di volontariato le quali esercitino attività di utilità sociale nei territori montani e siano già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge; resta confermato che le risorse destinate a quest'ultima finalità non possono essere superiori a 100.000 euro annui; 3) i detenuti e gli internati impegnati nelle attività volontarie e gratuite (contemplate dalla legislazione inerente a tali soggetti); 4) gli stranieri richiedenti asilo, a decorrere dall'eventuale fase temporale del relativo procedimento per la quale la disciplina legislativa consente lo svolgimento di attività lavorativa.

I soggetti di cui ai precedenti numeri 3) e 4) non erano contemplati nell'intervento finanziario relativo al biennio 2014-2015. Riguardo ai soggetti di cui al numero 1), la nuova normativa ammette che la sussistenza della titolarità del trattamento (ammortizzatore sociale o altra forma di integrazione e sostegno del reddito) sia verificata anche direttamente dall'ente locale erogatore, mentre, per l'intervento finanziario relativo al biennio 2014-2015, si prevedeva esclusivamente la verifica da parte dell'INPS.

Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal presente intervento si provvede mediante corrispondente riduzione (nella misura di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017) del Fondo sociale per occupazione e formazione.

Articolo 1, commi 175-177
(Assunzioni presso il MIBACT)

 

I commi 175-177 autorizzano l'assunzione a tempo indeterminato presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di 500 funzionari nei profili professionali di antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore, storico dell'arte. Con modifica (riferita al comma 175) approvata dal Senato in prima lettura, è stato specificato che i funzionari da assumere siano selezionati "anche" tra i laureati nella classe delle lauree (si tratta di lauree triennali) in beni culturali (indicate con la sigla  L-01).

Il personale è assunto in deroga ai limiti fissati dalle disposizioni vigenti in materia di ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, condizioni per l'indizione di nuovi concorsi e turn-over nelle pubbliche amministrazioni.

Le assunzioni sono effettuate a seguito di procedure di selezione pubblica disciplinate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 175 autorizza l'assunzione a tempo indeterminato di 500 funzionari presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nella Area III del personale non dirigenziale. Le assunzioni sono effettuate nel rispetto di quanto previsto dalla Tabella B del D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171, recante il regolamento di organizzazione del Ministero medesimo. La citata Tabella B fissa la dotazione organica delle Aree, attribuendo in particolare alla Area III complessivamente 5.457 unità di personale. Come sopra ricordato, i profili professionali previsti per questa Area sono i seguenti: antropologo, archeologo, architetto, archivista, bibliotecario, demoetnoantropologo, promozione e comunicazione, restauratore, storico dell'arte.

Si è sopra ricordato come modifica approvata dal Senato preveda che l'assunzione a tempo indeterminato dei 500 funzionari avvenga con selezione anche tra i laureati nelle classi di lauree L-01.

 

Le classi delle lauree (triennale o di primo livello) in beni culturali indicate con la sigla L-01 sono le seguenti:

-   Archeologia (Università degli Studi di Padova);

-   Archeologia e cultura dell'Oriente e dell'Occidente (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-   Beni archeologici (Università degli Studi del Salento, di Bologna, della Tuscia);

-   Beni archivistici e librari (Università degli Studi di Bologna);

-   Beni artistici e dello spettacolo (Università degli Studi di Parma);

-   Beni culturali (Università degli Studi di Cagliari, di Catania, del Salento, di Palermo, di Sassari, di Trento);

-   Beni culturali, archeologici e storico-artistici (Università degli Studi di Torino);

-   Beni culturali (Archeologici, artistici, musicali e dello spettacolo) (Università degli Studi di Roma "Tor Vergata");

-   Beni culturali archivistici e librari (Università degli Studi di Torino);

-   Beni culturali e ambientali (Università degli Studi di L'Aquila);

-   Beni e attività culturali (Università degli Studi di Perugia);

-   Beni storico artistici con indirizzo conservazione e restauro (Università degli Studi della Tuscia);

-   Beni storico artistici con indirizzo storia dell'arte (Università degli Studi della Tuscia);

-   Beni storico artistici con indirizzo storia e scienze dei musei (Università degli Studi della Tuscia);

-   Beni storico-artistici e musicali (Università degli Studi di Bologna);

-   Civiltà antiche e archeologia: Oriente e Occidente (Università degli Studi di Napoli "L'Orientale");

-   Conservazione dei beni culturali (Università della Calabria, degli Studi di Genova, Istituto Universitario "Suor Orsola Benincasa", Seconda Università degli Studi di Napoli, degli Studi "Ca Foscari" di Venezia, degli Studi della Tuscia);

-   Conservazione e gestione dei beni culturali (Università degli Studi di Macerata);

-   Cultura e amministrazione dei beni culturali (Università degli Studi di Macerata);

-   Cultura e amministrazione dei beni culturali (Università degli Studi di Napoli "Federico II");

-   Lettere e beni culturali (Università della Calabria, degli Studi del Molise, degli Studi di Foggia, degli Studi di Pavia);

-   Musicologia (Università degli Studi di Pavia);

-   Operatore dei beni culturali (Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio", degli Studi di Messina, degli Studi della Basilicata);

-   Operatore dei beni culturali (con modalità teledidattica) (Università degli Studi di Firenze);

-   Operatore dei beni culturali storico-artistici (con modalità teledidattica) (Università degli Studi di Bologna);

-   Scienze archeologiche (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-   Scienze archivistiche e librarie (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-   Scienze dei beni culturali (Università degli Studi di Bari, Università Cattolica del Sacro Cuore, degli Studi di Milano, degli Studi di Pisa, LUMSA - Libera Università "Maria Ss. Assunta", degli Studi di Salerno, degli Studi di Urbino Carlo Bo, degli Studi di Verona);

-   Scienze dei beni culturali con indirizzo in beni archivistico-librari (Università degli Studi di Siena);

-   Scienze dei beni culturali con indirizzo in beni storico-artistici, archeologici (Università degli Studi di Siena);

-   Scienze dei beni culturali con indirizzo in beni storico-sociali (Università degli Studi di Siena);

-   Scienze dei beni culturali ed ambientali (Università degli Studi del Molise);

-   Scienze dei beni culturali per il turismo (Università degli Studi di Bari);

-   Scienze della documentazione archivistica biblioteconomica e vocale con indirizzo beni vocali (Università degli Studi della Tuscia);

-   Scienze della documentazione archivistica biblioteconomica e vocale con indirizzo biblioteconomia (Università degli Studi della Tuscia);

-   Scienze storico-artistiche (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-   Storia e conservazione del patrimonio artistico e archeologico (Università degli studi "Roma Tre");

-   Storia e tutela dei beni archeologici (Università degli Studi di Firenze);

-   Storia e tutela dei beni archeologici, archivistici e librari (Università degli studi di Firenze);

-   Storia e tutela dei beni artistici e musicali (Università degli Studi di Padova);

-   Studi storico-artistici (Università degli Studi di Roma "La Sapienza");

-   Studio e gestione dei beni culturali (Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro");

-   Valorizzazione dei beni culturali (Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale).

 

Le assunzioni - prevede il comma 176 -  avvengono in deroga a quanto previsto:

§  dall'articolo 1, comma 425, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014);

§  dall'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 in materia di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni;

§  dall'articolo 66 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Tali norme dettano disposizioni relative, rispettivamente, al ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, alle condizioni per l'indizione di nuovi concorsi e al turn-over nelle pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 425 della legge di stabilità 2015 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, le università e gli enti pubblici non economici (con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e corpo nazionale dei vigile del fuoco, del comparto scuola, dell’AFAM e degli enti di ricerca), sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del Dipartimento della funzione pubblica. Più specificamente, le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare un numero di posti, riferiti soprattutto alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato secondo la normativa vigente, al netto di quelle finalizzate all’assunzione di vincitori di concorsi pubblici collocati nelle graduatorie vigenti, dando priorità alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari.

 

L'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 101 del 2013 subordina l'autorizzazione all'avvio di nuovi concorsi per le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo (nonché per le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca) alle seguenti condizioni:

a)     che siano stati immessi in servizio tutti i vincitori di concorsi per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; il successivo comma 3-quater del medesimo articolo subordina alla verifica di questa stessa condizione anche l'assunzione dei vincitori e degli idonei nei concorsi già avviati e non ancora conclusi;

b)     che si verifichi l'assenza di idonei collocati nelle graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie, anche secondo un criterio di equivalenza.

 

L'articolo 66 del decreto-legge n. 112 del 2008 pone alcune limitazione alle procedure di assunzione nelle pubbliche amministrazioni. Ai sensi del comma 3 di tale articolo, le Amministrazioni dello Stato possono procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 10 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascuna amministrazione, il 10 per cento delle unità cessate nell'anno precedente. La disposizione fa riferimento all'anno 2009; tale termine è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2015 dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216.

 

Il personale è assunto a seguito di procedure di selezione pubblica disciplinate con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da emanare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

L'emanazione dei bandi è comunque subordinata alle assunzioni da effettuare sulla base delle ripartizioni delle dotazioni organiche di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e il turismo del 6 agosto 2015 al fine di evitare eccedenze di personale nei profili professionali della dotazione organica dell'Area III.

 

Ai sensi del comma 177 è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro a decorrere dal 2017.

Il MIBACT comunica le assunzioni effettuate e i relativi oneri alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria Generale dello Stato.

 


 

Articolo 1, commi 237-242
(Misure per il completamento della ricostruzione nei territori
colpiti dal sisma del 2009 in Abruzzo)

 

I commi da 237 a 242, inseriti nel corso dell’esame al Senato, dettano una serie di disposizioni finalizzate al completamento degli interventi di ricostruzione in corso nei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo. Per la finalità indicata, infatti, il comma 237 autorizza i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, per gli anni 2016-2017, i contratti stipulati sulla base della normativa emergenziale. I successivi commi 239 e 240 prorogano di un ulteriore triennio la possibilità di impiegare 25 unità di personale a tempo determinato in ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione a seguito del sisma in Abruzzo, competenti rispettivamente uno per la città dell'Aquila e uno per gli altri comuni del cratere (di cui all'articolo 67-ter, comma 2, del D.L. 83/2012) e di prorogare, sempre per il triennio, i contratti in essere.

I restanti commi contengono le necessarie norme di copertura degli oneri.

 

In particolare, il comma 237, al fine di completare le attività finalizzate alla ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale dei territori colpiti, autorizza i comuni del cratere sismico a prorogare o rinnovare, per gli anni 2016-2017 e alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, i contratti stipulati sulla base della normativa emergenziale.

Tale autorizzazione opera in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche.

Alle proroghe/rinnovi dei suddetti contratti non si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente, anche nel caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

Il successivo comma 238 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal comma 237, quantificati sulla base delle esigenze effettive documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte all'attività della ricostruzione, mediante l'utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della legge n. 190 del 2014, nell'ambito della quota destinata dal CIPE al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.

 

Il comma 239 proroga di un ulteriore triennio la possibilità di impiegare 25 unità di personale a tempo determinato in ciascuno dei due Uffici speciali per la ricostruzione, competenti rispettivamente uno per la città dell'Aquila e uno per gli altri comuni del cratere, istituiti dall'art. 67-ter, comma 2, del D.L. 83/2012.

Il successivo comma 240 consente di prorogare, per un ulteriore triennio, i contratti, a tempo determinato, stipulati con il personale in servizio presso gli Uffici Speciali per la ricostruzione.

L’ambito di applicazione della norma in esame riguarda il personale selezionato all’esito della procedura comparativa pubblica, di cui alle intese sulla costituzione dell’Ufficio speciale per la città dell’Aquila, del 7 agosto 2012, e sulla costituzione dell’Ufficio speciale per i comuni del cratere, del 9-10 agosto 2012, stipulate ai sensi dell’articolo 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012.

Il comma in esame stabilisce altresì, analogamente a quanto dispone il comma 237, che la proroga dei contratti, alle medesime condizioni giuridiche ed economiche, può avvenire anche in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche.

Sempre in analogia al comma 237, viene disposto che ai contratti così prorogati non sono applicabili le sanzioni previste dalla normativa vigente, ivi compresa la sanzione della trasformazione del contratto a tempo indeterminato.

 

L'art. 67-ter, comma 2 – al fine di assicurare prioritariamente il completo rientro a casa degli aventi diritto, il ripristino delle funzioni e dei servizi pubblici, l'attrattività e lo sviluppo economico-sociale dei territori interessati, con particolare riguardo al centro storico monumentale della città dell'Aquila, nonché per contemperare gli interessi delle popolazioni colpite dal sisma con l'interesse al corretto utilizzo delle risorse pubbliche, in considerazione della particolare configurazione del territorio – ha previsto l’istituzione di due Uffici speciali per la ricostruzione, uno competente sulla città dell'Aquila e uno competente sui restanti comuni del cratere. Ai medesimi uffici è stato assegnato il compito:

§  di fornire l'assistenza tecnica alla ricostruzione pubblica e privata e di promuoverne la qualità;

§  di effettuare il monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi e di curare la trasmissione dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze;

§  di eseguire il controllo dei processi di ricostruzione e di sviluppo dei territori, con particolare riferimento ai profili della coerenza e della conformità urbanistica ed edilizia delle opere eseguite rispetto al progetto approvato attraverso controlli puntuali in corso d'opera, nonché della congruità tecnica ed economica;

§  di curare l'istruttoria finalizzata all'esame delle richieste di contributo per la ricostruzione degli immobili privati.

 

Il successivo comma 3, oltre a disciplinare le procedure per l’istituzione degli Uffici speciali in questione, prevedendo la conclusione di apposite intese (v. infra), ha stabilito che la dotazione di risorse umane dei medesimi Uffici speciali non possa superare il limite massimo di 50 unità, di cui, per un triennio, nel limite massimo di 25 unità a tempo determinato, per ciascun Ufficio.

Relativamente alle intese richiamate, a cui fa esplicito riferimento il comma in esame, si ricorda che il comma 3 dell’art. 67-ter del D.L. 83/2012 ha previsto, al fine di pervenire alla costituzione degli Uffici speciali in questione, la stipula di apposite intese (con una serie di soggetti, tra cui, in particolare, i Ministri per la coesione territoriale e dell'economia e delle finanze, i presidenti della regione Abruzzo e della Provincia dell’Aquila). Lo stesso comma 3 ha previsto che nell'ambito delle citate intese sono determinati l'organizzazione, la struttura, la durata, i rapporti con i livelli istituzionali centrali, regionali e locali, gli specifici requisiti e le modalità di selezione dei titolari, nonché la dotazione di risorse strumentali e umane degli Uffici speciali, nei limiti massimi summenzionati. In attuazione di tale disposizione sono state siglate:

§  l’intesa sulla costituzione dell’Ufficio speciale per la città dell’Aquila, del 7 agosto 2012;

§  l’intesa sulla costituzione dell’Ufficio speciale per i comuni del cratere, del 9/10 agosto 2012.

 

Il comma 241 dispone che agli oneri derivanti dall'applicazione delle previsioni di cui ai commi 239 e 240, quantificati nel limite di spesa di 2,32 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018, si provvede mediante l’utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa dell’art. 7-bis del D.L. 43/2013, nell’ambito della quota destinata dal CIPE al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata, ai sensi del comma 437 della citata L. 190/2014.

Il citato comma 437, al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori abruzzesi colpiti dal sisma del 6 aprile 2009, dispone che il CIPE, sulla base delle esigenze effettive documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte alle attività della ricostruzione, ivi compresi gli Uffici speciali per la ricostruzione, può continuare a destinare quota parte delle risorse statali stanziate allo scopo, anche al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza qualificata.

La tabella E della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) prevede un rifinanziamento di complessivi 2,2 miliardi per il triennio 2015-2017 in favore dell’autorizzazione di spesa derivante dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013 che ha stanziato 197,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2019, per il rifinanziamento della ricostruzione privata nei comuni interessati dal sisma in Abruzzo. Tale autorizzazione è stata rifinanziata anche dalla tabella E della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), che ha disposto un rifinanziamento complessivo di 600 milioni per gli interventi in questione, così articolato: 300 milioni per il 2014 e 300 milioni il 2015.

Le risorse che fanno riferimento all’articolo 7-bis in questione sono allocate nel capitolo 8005 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, denominato “Somma da destinare agli uffici speciali per la città dell'Aquila e per i comuni del cratere, al comune dell'Aquila e ad altri soggetti per la ricostruzione ed il rilancio socio-economico dei territori interessati dal sisma dell'aprile 2009”, che ha una dotazione di 1.097,2 milioni di euro per il 2016, 1.297,2 milioni per il 2017 e 1.497,2 per il 2018 (le stesse cifre sono confermate dalla tabella E del presente disegno di legge).

Con riferimento all’attività del CIPE riguardo alle previsioni del comma 437, si ricorda che lo stesso Comitato ha emanato le delibere 2 agosto 2013, n. 50, 6 febbraio 2014, n. 1, 20 febbraio 2015, n. 22, e 6 agosto 2015, n. 78, con le quali sono state disposte assegnazioni a valere sulle somme stanziate dall'art. 7-bis del D.L. 43/2013 e dalle successive norme di rifinanziamento.

 

Il comma 242 disciplina la copertura degli oneri derivanti dalla prosecuzione dell’attività dei titolari degli Uffici speciali in questione, quantificati nel limite di spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018.

Tale quantificazione deriva dal limite di spesa definito dall’articolo 67-ter, comma 3, del D.L. 83/2012, secondo cui a ciascuno dei titolari degli Uffici speciali con rapporto a tempo pieno ed esclusivo è attribuito un trattamento economico onnicomprensivo non superiore a 200.000 euro annui, al lordo degli oneri a carico dell'amministrazione.

 

Alla copertura degli oneri suddetti si provvede con le medesime modalità previste dal comma precedente, vale a dire mediante l’utilizzo delle somme stanziate dalla tabella E della L. 190/2014 in relazione all’autorizzazione di spesa recata dall’art. 7-bis del D.L. 43/2013.

 


 

Articolo 1, commi 246-249
(Rinnovi contrattuali)

 

I commi 246-249, non modificati al Senato, recano disposizioni per i rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche amministrazioni[37], quantificando in 300 milioni di euro annui (di cui 74 milioni per FF.AA. e Polizia e 7 milioni per personale di diritto pubblico) gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio pluriennale 2016-2018.

 

In primo luogo, il comma 246 quantifica gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa a carico del bilancio dello Stato[38], per il triennio 2016-2018, complessivamente, in 300 milioni di euro a decorrere dal 2016, di cui 74 milioni di euro per il personale delle Forze di Polizia e delle Forze armate[39] e 7 milioni di euro per il restante personale statale in regime di diritto pubblico[40].

 

Ai sensi del comma 247, le somme indicate nel precedente comma, comprensive degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), concorrono a costituire l'importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego[41].

 

Il successivo comma 248 dispone, per il personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall'amministrazione statale, che gli oneri per i rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018, nonché quelli derivanti dalla corresponsione dei miglioramenti economici a professori e ricercatori universitari, sono posti a carico dei rispettivi bilanci ai sensi della normativa vigente. La definizione dei criteri di determinazione dei richiamati oneri (in coerenza con gli stanziamenti individuati al precedente comma 1) è demandata ad uno specifico D.P.C.M., da emanarsi entro il 31 gennaio 2016.

 

L’articolo 48, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 ha stabilito che per specifiche amministrazioni (regioni ed i relativi enti dipendenti, amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, enti locali, Camere di commercio e segretari comunali e provinciali), università italiane, enti pubblici non economici ed enti e istituzioni di ricerca (compresi gli enti e le amministrazioni di cui all'articolo 70, comma 4[42]), gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale siano determinati a carico dei rispettivi bilanci nel rispetto dei limiti individuati per la contrattazione collettiva. Le risorse per gli incrementi retributivi per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali delle amministrazioni regionali, locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale sono definite dal Governo, nel rispetto dei vincoli di bilancio, del patto di stabilità e di analoghi strumenti di contenimento della spesa, previa consultazione con le rispettive rappresentanze istituzionali del sistema delle autonomie.

 

Il comma 249, infine, prevede che le disposizioni recate dal precedente comma 3 trovano applicazione anche nei confronti del personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (SSN).

 


 

Articolo 1, comma 250
(Parco nazionale dello Stelvio)

 

Il comma 250, introdotto al Senato, prevede l’attivazione di procedure concorsuali pubbliche, da parte della Regione Lombardia (o dell’ente dalla stessa individuato), per l’assunzione di personale che già svolgeva (al 31 dicembre 2013) attività presso il Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio.

Più nel dettaglio, si dispone che la regione Lombardia (o l’ente dalla stessa individuato), nel rispetto dei vincoli assunzionali e finanziari vigenti in materia di personale[43], attivi procedure concorsuali pubbliche che riconoscano l’esperienza maturata, per almeno 10 anni, dal personale già dipendente al 31 dicembre 2013 dal Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio (con mansioni impiegatizie, amministrative, tecniche, scientifiche e didattiche di educazione ambientale) conseguenti a procedure diverse da quelle previste per l’accesso al pubblico impiego.

L’attivazione delle procedure concorsuali avviene in attuazione dell’intesa concernente l'attribuzione di funzioni statali e dei relativi oneri finanziari riferiti al Parco nazionale dello Stelvio, prevista ai sensi dell'articolo 1, comma 515, della legge n. 147 del 2013 e dell'articolo 11, comma 8, del decreto-legge n. 91 del 2014, sottoscritta l’11 febbraio 2015 tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, province autonome di Trento e Bolzano e regione Lombardia[44].

Per quanto concerne, specificamente, il trasferimento del personale, l’articolo 5 dell’intesa dispone che, per l’esercizio delle funzioni trasferite, i dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo indeterminato appartenenti al ruolo del Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio sono inquadrati nei ruoli, rispettivamente, delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Lombardia (o dell’ente dalla stessa individuato), tenuto conto dell’ambito territoriale in cui viene prestata in modo prevalente l’attività lavorativa e sulla base di un’apposita tabella di corrispondenza. Al personale trasferito si applica il contratto collettivo di lavoro vigente nell’ente di inquadramento. I dipendenti inquadrati mantengono il trattamento economico fondamentale in godimento all’atto dell’inquadramento. Il personale trasferito non concorre a determinare il contingente previsto per le assunzioni a tempo indeterminato in conseguenza delle limitazioni al turn over disposte dall’art. 3, c. 5, del D.L. 90/2014 per le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge 17 dicembre 2013, n. 147), all’art. 1, comma 515, prevede in particolare, con riferimento anche al Parco nazionale dello Stelvio, quanto segue:

a)   mediante intese tra Stato e Province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro il 30 giugno 2014 (termine prorogato al 30 giugno 2015 dall’art. 1, comma 213, della legge di stabilità 2015) o con norme di attuazione  degli statuti di autonomia, sono definiti gli ambiti per il trasferimento o la delega delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari;

b)   con i predetti accordi o norme di attuazione, lo Stato, le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige individuano gli standard minimi di servizio e di attività che lo Stato, per ciascuna delle funzioni trasferite o delegate, si impegna a garantire sul territorio provinciale o regionale con riferimento alle funzioni i cui oneri sono sostenuti dalle Province o dalla Regione, nonché i parametri e le modalità per la quantificazione e l'assunzione degli oneri;

c)   sono riservate all'Amministrazione centrale le relazioni con le istituzioni internazionali;

d)   con apposite norme di attuazione si provvede al completamento del trasferimento o della delega delle funzioni statali oggetto dell'intesa.

Inoltre, il D.L. 24 giugno 2014, n. 91, all’art. 11, comma 8, dispone in particolare che:

a)   in armonia con le finalità e i princìpi dell’ordinamento giuridico nazionale in materia di aree protette, nonché con la disciplina europea relativa alla Rete Natura 2000, le funzioni statali concernenti la parte lombarda del Parco nazionale dello Stelvio sono attribuite alla Regione Lombardia che, conseguentemente, partecipa all’intesa relativa al predetto Parco, di cui al citato articolo 1, comma 515, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

b)   per l’attribuzione alle Province autonome di Trento e di Bolzano delle funzioni statali concernenti la parte del Parco nazionale dello Stelvio situata nella Regione TrentinoAlto Adige/Südtirol si provvede con norma di attuazione dello Statuto della Regione medesima ai sensi dell’articolo 107 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.

 

Con riferimento alle procedure concorsuali delineate dalla disposizione in esame, si ricorda che la normativa vigente prevede alcune limitazioni per quanto concerne la percentuale di posti che possono essere riservati nell’ambito dei concorsi pubblici. In particolare, per quanto riguarda i titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato, l’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche possono avviare procedure di reclutamento mediante concorso pubblico  con riserva dei posti, nel limite massimo del 40 per cento di quelli banditi, a favore dei titolari di rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato che, alla data di pubblicazione dei bandi, hanno maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando. Per quanto riguarda, invece, le progressioni fra le aree, l’art. 52, c. 1-bis, del citato D.Lgs. 165/2001 dispone che le stesse avvengano tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l'amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l'accesso dall'esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso.

 

Inoltre, in relazione al principio costituzionale del pubblico concorso per l’accesso alle pubbliche amministrazioni (art.97 Cost.[45]), si evidenzia che la giurisprudenza costituzionale ritiene che anche le «modalità organizzative e procedurali» del concorso devono «ispirarsi al rispetto rigoroso del principio di imparzialità» (sentenza n. 453 del 1990). Di conseguenza, non qualsiasi procedura selettiva, diretta all’accertamento della professionalità dei candidati, può dirsi di per sé compatibile con il principio del concorso pubblico. Quest’ultimo non è rispettato, in particolare, quando «le selezioni siano caratterizzate da arbitrarie forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi» (sentenza n. 194 del 2002). La natura comparativa e aperta della procedura è, pertanto, elemento essenziale del concorso pubblico; procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violano il «carattere pubblico» del concorso (sentenza n. 34 del 2004).

 

Alla luce della sopra richiamata giurisprudenza costituzionale, si evidenzia l’opportunità di valutare i possibili profili di illegittimità costituzionale della disposizione in esame, in quanto sembra configurare la “maturata esperienza” presso il Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio quale requisito di ammissione ai concorsi.

 

 


 

Articolo 1, comma 344
(Norme sul finanziamento statale degli istituti di patronato e di assistenza sociale)

 

Il comma 344, modificato dal Senato, riduce gli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale e l’aliquota di finanziamento.

La disposizione, in particolare, prevede:

·     la riduzione di 28 milioni di euro degli stanziamenti iscritti in bilancio per il 2016 per il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale;

·     la riduzione dell’aliquota di finanziamento, con effetto sui finanziamenti a decorrere dall'anno 2016 (da 0,207 punti percentuali, previsti dalla normativa vigente), a 0,193 punti percentuali;

·     la riduzione, con effetto dall'esercizio finanziario 2017 (dal 72%, previsto dalla normativa vigente) a 65 punti percentuali, dell'aliquota per la determinazione provvisoria del finanziamento annuo.

 

Nel corso dell’esame al Senato la riduzione delle risorse prevista nel disegno di legge originario è stata limitata. In particolare:

·      la riduzione degli stanziamenti iscritti in bilancio per il 2016 è stata portata da 48 milioni (cifra prevista nel disegno di legge originario) a 28 milioni;

·     la riduzione dell’aliquota di finanziamento è stata portata da 0,183 punti (percentuale prevista nel disegno di legge originario) a 0,193 punti;

·     la riduzione dell’aliquota per la determinazione provvisoria del finanziamento annuo è stata portata dal 60% (aliquota prevista nel disegno di legge ordinario) al 65%.

 

Si ricorda che il finanziamento per l’attività di istituti di patronato e assistenza sociale è disciplinato dall’articolo 13, della legge n. 152/2001, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota di finanziamento (pari, nella normativa vigente, allo 0,207%) sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS, dall'INPDAP, dall'INAIL e IPSEMA. L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali:

§  89,90% all'attività;

§  10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero;

§  0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto.

 

Al fine di assicurare tempestivamente agli istituti di patronato e di assistenza sociale le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli specifici stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sono determinati, in sede previsionale, nella misura del 72% per cento delle somme impegnate (come risultano nelle medesime unità previsionali di base nell'ultimo conto consuntivo approvato). I predetti stanziamenti sono rideterminati, per l'anno di riferimento, con la legge di assestamento del bilancio dello Stato, in relazione alle somme effettivamente affluite all'entrata, per effetto dell'applicazione dell'aliquota di finanziamento, come risultano nel conto consuntivo dell'anno precedente. In ogni caso, è assicurata agli istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza, nei limiti del 72%, entro il primo trimestre di ogni anno.

 

Infine, merita ricordare che le risorse destinate agli istituti di patronato e di assistenza sociale hanno in passato subito riduzioni per effetto dell’art. 12, c. 12-terdecies, del D.L. n. 78/2010 (il quale ha disposto, per ciascuno degli esercizi finanziari 2011-2013, una riduzione degli specifici stanziamenti iscritti in bilancio nella misura di 30 milioni di euro annui) e dell’articolo 1, comma 309, della legge n.190 del 2014 (legge di stabilità 2015) (il quale ha disposto, per il 2015, una riduzione degli specifici stanziamenti iscritti in bilancio nella misura di 35 milioni di euro; la riduzione dell’aliquota di finanziamento dallo 0,226% allo 0,207% e la riduzione dell’assegnazione provvisoria dall’80% al 72%).

 

 


 

Articolo 1, comma 345
(Riduzione delle spese di funzionamento
degli enti pubblici previdenziali)

 

Il comma 345 dispone che gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici (INPS e INAIL), nell'àmbito della propria autonomia organizzativa, adottino ulteriori interventi di razionalizzazione per la riduzione delle proprie spese correnti (diverse da quelle per le prestazioni previdenziali e assistenziali), in modo da conseguire, per il triennio 2016-2018, risparmi aggiuntivi complessivamente non inferiori a 53 milioni di euro annui, anche attraverso l’attuazione delle norme in materia di acquisto di beni e servizi in forma centralizzata da parte delle pubbliche amministrazioni (cfr., al riguardo, i commi da 262 a 267 e da 269 a 278 dell'articolo 1 del presente disegno di legge).

 

Sembrerebbe opportuno chiarire se la disposizione in esame riguardi o meno anche gli anni 2019 e seguenti.

 

Questi ulteriori risparmi sono versati entro il 30 giugno di ciascun anno ad un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. Si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la determinazione del riparto dell'importo summenzionato tra gli enti interessati.

 

 


 

Articolo 1, comma 365
(Contratto di lavoro del trasporto pubblico locale)

 

Il comma 365 riduce il finanziamento del rinnovo del secondo biennio economico del contratto collettivo 2004-2007, relativo al settore del trasporto pubblico locale.

 

 

La Relazione tecnica afferma che la riduzione è possibile per la costante riduzione, nel trend di spesa degli ultimi anni, degli oneri dovuti a copertura dell’indennità di malattia.

 

L'articolo 1, comma 1230, della legge finanziaria 2007 (296/2006) per la finalità predetta, in particolare a titolo di cofinanziamento dello Stato agli oneri a carico delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, autorizza la spesa di 190 milioni di euro, che il comma in esame riduce di 3.765.800 di euro per il 2016 e di 3.700.000 euro a decorrere dal 2017.

 

 


 

Articolo 1, commi 375-380
(Incorporazione della Società Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A.- Isa- e della Società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L.- SGFA- nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare- ISMEA)

 

I commi 375-380, in parte modificati dal Senato, prevedono l’incorporazione di diritto della società Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare S.p.A. (ISA) e della società Gestione Fondi per l’Agroalimentare S.r.L. (SFGA) nell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA). Vengono, a tal fine, declinate le modalità operative di tale incorporazione, dettando disposizioni specifiche sul trasferimento del personale in servizio presso ISA e SGFA e sulla nomina del commissario straordinario, il quale dovrà, tra l’altro, predisporre un piano per il rilancio delle attività del nuovo Istituto.

 

Più in particolare il comma 375, oltre a disporre l’incorporazione suddetta, prevede che la stessa sia esente da tasse ed imposte dirette. Il Senato ha aggiunto che tale incorporazione avvenga di diritto e che l’Ufficio del registro delle imprese provveda all’iscrizione dell’ incorporazione di ISA e SFGA su semplice richiesta di ISMEA. Per la gestione delle garanzie, l’Ismea potrà costituire patrimoni separati secondo quanto prevede il Libro quinto, titolo V, capo V, sezione XI del codice civile.

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 2447-bis c.c. Patrimoni destinati ad uno specifico affare” prevede che la società può: a) costituire uno o più patrimoni, ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare (in tal caso il valore complessivo non può superare il dieci per cento del patrimonio netto della società); b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare, al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.

 

Il comma 376 prevede che l’ISMEA subentri nei rapporti giuridici attivi e passivi di ISA e di SGFA; il personale a tempo indeterminato in servizio alla data del 15 ottobre 2015 presso le predette società è trasferito, a domanda, presso ISMEA.

Per il personale di ISA l’inquadramento è disposto con provvedimento del Commissario straordinario; il limite di spesa massima sostenuta non dovrà essere eccedente quello previsto alla data del 15 ottobre 2015. Dovrà essere garantito l’allineamento ai livelli retributivi del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato ad ISMEA. Fino all’emanazione del provvedimento del Commissario, al medesimo personale è corrisposto lo stesso trattamento in godimento alla data del 15 ottobre 2015.

 

Con riferimento al personale di ISA, di cui è previsto il transito presso il nuovo Istituto, la relazione illustrativa precisa che si tratta di 35 dipendenti a tempo indeterminato, inclusi i dirigenti”.

 

Quanto ai bilanci di chiusura di ISA e SGFA, essi saranno deliberati dagli organi in carica alla data di incorporazione ed entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità; saranno, quindi, trasmessi al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e al Ministero dell’economia e finanze per l’approvazione. Nel caso in cui gli organi in carica di ISA e di SGFA non provvedano alla chiusura dei relativi bilanci entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, è previsto l’intervento sostitutivo del Commissario straordinario, entro il termine di centoventi giorni dalla sua nomina.

 

Quanto ai compensi, emolumenti ed indennità da corrispondere ai componenti degli organi di ISA e SFGA, essi saranno effettuati nelle forme ordinarie fino alla data di incorporazione; per gli adempimenti successivi legati alla procedura di incorporazione, agli stessi spetterà esclusivamente il rimborso delle spese sostenute. 

 

I commi 377 e 378 prevedono la nomina di un commissario straordinario, il quale è chiamato a predisporre, entro centoventi giorni dalla nomina:

§  un piano triennale per il rilancio e lo sviluppo delle attività del nuovo Istituto (finanziamento degli investimenti, accesso al credito, mercato dei capitali delle imprese agricole ed agroalimentari, gestione del rischio, politiche per la promozione e l’internazionalizzazione delle filiere agricole, attività di monitoraggio dei prezzi agricoli, dei costi dei fattori di produzione e dell’andamento congiunturale dell’economia agricola);

§  lo statuto dell’Istituto, che sarà adottato, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;

§  gli interventi di incremento dell’efficienza organizzativa ed economica finalizzati alla riduzione delle spese di gestione per una misura pari ad almeno il 10 %. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti, approva il piano degli interventi per il contenimento della spesa.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge iniziale presentato al Senato (A.S: 2111) specifica, al riguardo, che la norma in esame è finalizzata al contenimento della spesa pubblica, attraverso la riduzione delle spese correnti, diverse da quelle obbligatorie, non inferiore al 10 per cento all’esisto del processo di riordino. In particolare, si prevede “l’azzeramento delle spese per la governance che ammontano a 265.000 euro annui con riferimento ad ISMEA, a 180.000 euro con riferimento agli organi statutari di SGFA e a circa 200.000 per la parte relativa ad ISA”.

 

Il Commissario, ai sensi del comma 378, è nominato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, e dura in carica un anno, prorogabile, per esigenze motivate, una sola volta.

 

Con il medesimo decreto:

§  possono essere nominati anche due sub commissari e fissato il relativo compenso, che non può, comunque, eccedere l’80 per cento di quello spettante al Commissario. Il compenso del Commissario e dei sub commissari non può, comunque, essere superiore al 50 per cento della spesa complessiva prevista per gli organi statutari delle società oggetto di riforma;

§  viene stabilito il mandato del Commissario, che si sostituisce al Presidente ed al Consiglio di amministrazione di Ismea, assumendone i poteri e le funzioni previste dall’Istituto.

 

I commi 379-380, infine, prevedono che sia soppresso il contributo ordinario annuale statale a favore di ISMEA; a tal fine, è disposto che l’Istituto versi annualmente all’entrata di bilancio l’importo spettante, pari ad un milione di euro. Il Ministero dell’economia è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

ISMEA

ISMEA è un ente pubblico economico, istituito dal D.P.R. n. 278/1987 e successivamente disciplinato dal D.P.R. 200/2001, con il quale si è provveduto al riordino dell’Istituto.

L’Istituto è inserito nel Sistema statistico nazionale (SISTAN) di cui al D.Lgs. n. 322/1989 e fa parte del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN).

 

ISMEA,

a)   svolge funzioni riguardanti la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati e delle informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari, anche ai fini dell’attuazione degli adempimenti e degli obblighi derivanti dalla normativa europea e dal Sistema statistico nazionale.

Il ruolo dell’ISMEA è dunque finalizzato al monitoraggio dei prezzi in tutta la filiera: dall’origine al dettaglio passando per il prezzo all’ingrosso. Il servizio viene svolto per tutti i prodotti agricoli, agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura. Tutti i dati sono fruibili dal sito dell’Istituto e news periodiche di settore.

b)   fornisce analisi e servizi informativi e per la commercializzazione, valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli, ittici e alimentari;

 

c)   svolge i compiti di organismo fondiario. In particolare, attraverso l’acquisto di aziende e la contestuale rivendita con patto di riservato dominio, l’Istituto incentiva l’insediamento di giovani nella conduzione di imprese agricole. E’ previsto un aiuto, riconosciuto dalla UE, in conto interessi per l’acquisto a cancello aperto (con esclusione delle scorte vive o morte) di efficienti strutture fondiarie agricole e la successiva rivendita con patto di riservato dominio a giovani agricoltori.

L’articolo 69, comma 6, della legge 289/2002, ha autorizzato la Cassa depositi e prestiti a concedere all'ISMEA mutui ventennali per l’erogazione da parte dell’Istituto degli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice di cui alla legge n. 817 del 1971.

d)   costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per strumenti e/o servizi informativi, assicurativi e finanziari alle imprese agricole, volte a ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a contribuire alla trasparenza e alla mobilità del mercato fondiario rurale sulla base di programmi con le regioni e ai sensi della normativa europea.

 

In particolare, per quanto attiene all’attività creditizia e finanziaria, l’articolo 1, comma 45, della legge 350/2003 ha autorizzato ISMEA ad effettuare - anche attraverso la costituzione di forme associative e consortili con banche ed altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario- le seguenti operazioni:

§  prestare garanzie finanziarie per l'emissione di obbligazioni da parte di PMI operanti nel settore agricolo agroalimentare. Tale attività è stata specificata nella legge di stabilità 2015, che all’articolo 1, comma 209,  consente ad ISMEA di concedere garanzie sui debiti contratti dalle imprese agricole, agroalimentari e della pesca mediante emissioni di titoli di debito (cd. mini bond);

§  acquistare crediti bancari (a breve, a medio e a lungo termine), sempre in favore di piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare, e provvedere alla loro successiva cartolarizzazione;

§  anticipare crediti vantati dagli imprenditori agricoli nei confronti di Agea o degli altri organismi pagatori regionali, individuati in base alla disciplina europea sulla liquidazione annuale dei conti finanziari relativi alla gestione della PAC. La legge di stabilità 2015, articolo 1, comma 208, consente, in particolare, l'erogazione di anticipazioni finanziare agli agricoltori da parte di ISMEA, a fronte della cessione da parte degli agricoltori stessi al medesimo Istituto, di crediti certificati inerenti gli aiuti PAC (si tratta dei pagamenti diretti).

ISMEA, infine, gestisce numerosi progetti per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ivi compresa una parte della Rete rurale nazionale.

I servizi finanziari sono in particolare relativi alle garanzie sussidiarie e garanzie dirette. Con l’articolo 17 del D.Lgs. n. 102/2004, l’Istituto ha assunto la gestione della sezione speciale dell’ex Fondo Interbancario di garanzia, nonché l’autorizzazione a concedere:

§  la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari, nonché dagli altri soggetti autorizzati al credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

§  la propria garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese, assunte da banche, da intermediari finanziari, nonché da fondi chiusi di investimento mobiliari (comma 3). ISMEA potrà intervenire anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale nonché mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione Europea C(2011) 2929 e ss. mod. (comma 4).

 

Le operazioni di credito agrario devono essere assistite dalla garanzia mutualistica dell'ISMEA, salvo che per la quota di finanziamento assistita dalle garanzie ISMEA sopra indicate (di cui ai commi 2 e 4).

Le garanzie prestate da ISMEA possono essere assistite dalla garanzia dello Stato secondo criteri, condizioni e modalità fissati dal MEF e la garanzia statale è inclusa nell’apposito allegato allo stato di previsione della spesa del medesimo Ministero.

ISMEA è stata autorizzata ad esercitare la propria attività di assunzione di rischio per garanzie anche attraverso propria società di capitali dedicata, prevedendo che sull’attività l’Istituto presenti una relazione annuale al Parlamento (comma 5-ter).

Il D.M. 14 febbraio 2006 e il D.M. 22 marzo 2011 hanno fissato i criteri e le modalità attuative della prestazione delle garanzie.

 

La S.G.F.A. S.r.l. - Società gestione fondi per l'agroalimentare - società di scopo a responsabilità limitata al 100% di proprietà dell'ISMEA, gestisce oggi gli interventi per il rilascio delle garanzie dirette e delle garanzie sussidiarie, che il Legislatore ha attribuito ad ISMEA, mutuandoli rispettivamente dalla Sezione Speciale del FIG (Fondo interbancario di garanzia) e dal FIG stesso.

ISMEA opera anche attraverso il Fondo di investimento nel capitale di rischio la cui gestione è stata affidata alla S.G.F.A. S.r.l (D.M. 206/2011). Il Fondo è finalizzato a supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura, a ridurre i rischi derivanti dall'eccessiva dipendenza dall'indebitamento con il sistema creditizio, a favorire l'espansione del mercato dei capitali e ad agevolare la creazione di nuova occupazione. Il Fondo promuove la nascita e lo sviluppo delle imprese agricole e agroalimentari. Acquisisce partecipazioni di minoranza in società di capitali per un importo massimo pari a € 1,5 milioni.

Il ruolo dell'ISMEA nelle assicurazioni in agricoltura, sancito inizialmente con il D.Lgs. n.419/99, è stato successivamente consolidato dall'articolo 127, comma 3, della legge 388/2000 (finanziaria 2001), che ha istituito presso l'Istituto il Fondo per la Riassicurazione dei rischi in agricoltura, attribuendo nel contempo all'Istituto un ruolo operativo nella sperimentazione di nuovi strumenti assicurativi.

Il Fondo per la Riassicurazione, le cui modalità operative di intervento sono definite dai D.M. del 7 novembre 2002 e del 7 febbraio 2003, provvede alla compensazione dei rischi agricoli coperti da polizze assicurative agevolate con il contributo pubblico sulla spesa per il pagamento dei premi.

Come si legge sul sito ISMEA, lo start up del Fondo di Riassicurazione si è avuto nel 2004 e da allora le imprese agricole possono assicurare la propria resa produttiva contro 10 avversità atmosferiche, tra cui siccità, gelo e eccesso di pioggia, mentre fino al 2003 l’offerta assicurativa era ferma al solo rischio grandine.

Presso la sede di ISMEA opera poi il Consorzio italiano di Coriassicurazione contro le calamità naturali in agricoltura, costituito allo scopo di promuovere l'introduzione nel mercato agricolo di assicurazioni innovative contro le calamità naturali e le avversità atmosferiche ad esse assimilate attraverso la ripartizione dei rischi tra gli Enti Consorziati, e offrire alle imprese agricole nuovi strumenti assicurativi per la difesa delle produzioni.

 

Per quanto attiene alla giovane imprenditoria agricola, nella legge n. 350/2003, art. 4, commi 42 e 43, sono state trasferite all’ISMEA le funzioni esercitate da Sviluppo Italia Spa riguardo ai c.d. interventi ex RIBS (miglioramento strutturale del reddito dei produttori agricoli) e a quelli per favorire l’imprenditoria giovanile in agricoltura, con contestuale trasferimento delle relative risorse. L’attività è operativa presso ISMEA dal 2008 : ISMEA gestisce, in particolare, gli incentivi a sostegno dei giovani imprenditori agricoli di cui al Capo III del Titolo I del D.Lgs. n. 185/2000, recentemente rifinanziati in legge di stabilità 2015.

 

A bilancio statale 2015 (cap.2109/Mipaaf) i contributi da erogare all'ISMEA per lo svolgimento delle attività istituzionali erano pari a 1.104.476 euro per il 2015, a 1.062.810 euro per il 2016 e a 1.046.207 euro per il 2017.

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L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare – ISA S.p.A. è una società finanziaria, che ha come socio unico il MIPAAF. La durata della Società, istituita nell’ottobre 2004 allo scopo di subentrare in attività allora svolte nel settore da Sviluppo Italia, è fissata fino al 31 dicembre 2030.

Il MIPAAF non eroga nessun contributo istituzionale gravante sul bilancio e non sono presenti rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali negli organi di governo. ISA promuove e sostiene progetti di sviluppo agroindustriale che comportino un miglioramento strutturale dei livelli di reddito dei produttori agricoli.

Attraverso specifici regimi di aiuto approvati a livello comunitario, supporta le imprese operanti nella fase di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli. L'intervento di ISA si rivolge a società di capitali e società cooperative economicamente e finanziariamente sane, la cui redditività sia dimostrata.

La società ha per oggetto lo svolgimento di attività finanziarie tra le quali assunzioni di partecipazioni in società che operano nel settore agricolo, agro-industriale e agro-alimentare ed erogazione alle aziende, enti pubblici e privati operanti nei predetti settori, di assistenza e consulenza nel settore finanziato.

La società inoltre può gestire le risorse finanziarie per conto di terzi e può costituire e partecipare a società autorizzate a prestare servizi di gestione del risparmio.

In particolare, sulla base di quanto previsto dall’art. 23 della legge n. 266/1997, ISA (subentrata ai rapporti in capo a ex Sviluppo Italia S.p.A) , può erogare aiuti di Stato ad imprese che intendono realizzare investimenti nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli a favore di iniziative che comportino un concreto e misurabile vantaggio per i produttori di base.

Sono agevolabili i progetti industriali che prevedono la realizzazione di nuove iniziative e programmi di ampliamento, ammodernamento e ristrutturazione di unità produttive esistenti.

Inoltre l’art. 2 comma 132 della Legge 662/96, come sostituito dal D.L. n. 203/2005, consente a ISA di acquisire partecipazioni ed erogare finanziamenti, nell’ambito di operazioni di consolidamento e/o di sviluppo di imprese operanti nel settore agroindustriale, a condizioni compatibili con i principi di economia di mercato.

Nell’ambito dell’assistenza tecnica fornita da ISA al Ministero si segnala che, con il D.M. 5 giugno 2006, il Ministero stesso ha affidato all'Istituto Sviluppo Agroalimentare S.p.A. l'espletamento delle funzioni e lo svolgimento dei servizi per la gestione dell'attuazione dei “Contratti di Filiera”, secondo la L.14 Maggio 2005 n. 80.

 


 

Articolo 1, comma 381
(FORMEZ PA)

 

Il comma 381, non modificato dal Senato, prevede la riduzione per il 2016 delle spese di funzionamento del FORMEZ, in misura non inferiore al 20% di quelle sostenute nell’esercizio 2015, da ottenere anche attraverso il contenimento del costo del personale e la fissazione di limiti alla retribuzione dei dirigenti.

 

Più specificamente, vengono ridotte per il 2016 le spese di funzionamento del FORMEZ, nelle more dell’attuazione di quanto disposto dalla legge delega sulla riforma della P.A. (di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), della L. 124/2015), che prevede l’emanazione di un decreto legislativo mirato alla riduzione degli uffici e del personale (anche dirigenziale) destinati ad attività strumentali delle amministrazioni pubbliche.

Spetta al Commissario straordinario, nominato ai sensi della normativa vigente (vedi infra), realizzare una riduzione delle spese di struttura in misura non inferiore al 20% di quelle sostenute nell’esercizio 2015, da ottenere anche attraverso il contenimento del costo del personale e la fissazione di limiti alla retribuzione dei dirigenti, fermi restando, in ogni caso, i limiti massimi previsti dalla normativa vigente.

 

A tal fine la disposizione richiama gli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. 201/2011 e l’articolo 13 del D.L. 66/2014. Quest’ultimo, in particolare, ha disposto, dal 1° maggio 2014, che il limite massimo retributivo di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del D.L. 201/2011 (relativo, rispettivamente, ai compensi degli amministratori rivestiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze, nonché il trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni) sia pari a 240.000 euro annui, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente [46].

 

Al fine della rapida realizzazione delle suddette riduzioni di spesa, nelle more dell’adozione del richiamato decreto legislativo, si procede alle conseguenti modifiche dello Statuto del FORMEZ PA, anche in deroga a quanto previsto dal D.Lgs. 6/2010.

 

Il FORMEZ PA

Il Centro di formazione studi (FORMEZ) è un'associazione con personalità giuridica partecipata dallo Stato attraverso la Funzione Pubblica. Nato nel 1965 con lo scopo di affiancare alle opere pubbliche e alla creazione della grande impresa un intervento basato sulla formazione dei quadri direttivi delle imprese e delle amministrazioni pubbliche, il FORMEZ nel corso degli anni è passato attraverso vari mutamenti di competenze e funzioni. Da ultimo, il D.Lgs. 6/2010, oltre a cambiare la denominazione in FORMEZ PA, ha attribuito ad esso la funzione di organismo di supporto delle riforme e di diffusione dell'innovazione amministrativa nei confronti dei soggetti associati. Nell'ambito delle competenze stabilite dal richiamato D.Lgs. 6/2010, l'Assemblea dei Soci del 17 marzo 2010 ha individuato una nuova missione specifica per l’Associazione, individuandone le finalità per il settore della formazione e nel settore dei servizi e dell’assistenza tecnica. Il FORMEZ PA è un'associazione riconosciuta, con personalità giuridica di diritto privato sotto il controllo e la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, cui spetta una quota associativa non inferiore al 76% (la parte restante è distribuita tra regioni ed autonomie locali). L’Associazione conta 475 unità di personale, legato all’Istituto con un autonomo C.C.N.L..

L’articolo 20 del D.L. 90/2014 ha disposto lo scioglimento dell’Associazione e la nomina di un Commissario straordinario, con contestuale decadimento di determinati organi in carica a decorrere dalla data di nomina del Commissario straordinario (Presidente, Consiglio di Amministrazione, Direttore generale e Comitato di indirizzo, ad eccezione dell’Assemblea e del collegio dei revisori). In attuazione di tale disposizione, dal 17 luglio 2014 si è insediato il Commissario straordinario, avvocato Harald Bonura. Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 617, della L. 190/2014, ha disposto il versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse finanziarie disponibili nel bilancio del FORMEZ PA (previste dall’articolo 16-bis, comma 8, del D.L. 185/2008) per la diffusione delle caselle di posta elettronica certificata.

 


 

Articolo 1, commi 413 e 414
(Scuole innovative)

 

I commi 413 e 414, introdotti nel corso dell’esame al Senato, prevedono la destinazione, da parte dell'I.N.A.I.L. (nell'ambito degli investimenti immobiliari di cui al piano di impiego dei fondi disponibili) di ulteriori 50 milioni di euro per la realizzazione delle scuole innovative, per favorire la costruzione delle quali si autorizza l'I.N.A.I.L. a reclutare un contingente di 20 unità di personale.

 

In particolare, la norma destina (comma 413) risorse per 50 milioni di euro, nell’ambito degli investimenti immobiliari dell’I.N.A.I.L. previsto dal piano di impiego dei fondi disponibili (ex articolo 65 della L. 153/1969[47]), per la realizzazione delle scuole innovative, comprese le relative aree di intervento (di cui all’articolo 1, comma 153, della L. 107/2015). Tali risorse sono ulteriori rispetto a quelle di cui all’articolo 18 comma 8, del D.L. 69/2013.

 

L’articolo 18, comma 8, del D.L. 69/2013, allo scopo di aumentare il livello di sicurezza degli edifici scolastici, ha disposto l’obbligo, per l'INAIL, di destinare fino a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2016 per gli interventi del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici, previsto dall’articolo 53, comma 5, del D.L. 5/2012[48]. Le risorse utilizzate provengono dagli investimenti immobiliari del piano di impiego dei fondi disponibili di cui all'articolo 65 della L. 153/1969, secondo uno specifico programma.

Successivamente, l’articolo 1, commi 153 e 158, della L. 107/2015 ha previsto che le risorse di cui all’articolo 18, comma 8, del D.L. 69/2013 (pari a 300 milioni di euro per il triennio 2015-2017[49]) siano utilizzate per la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell'efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall'apertura al territorio. Alla ripartizione delle risorse tra le regioni e alla definizione dei criteri per l’individuazione delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa si è provveduto con il D.M. 7 agosto 2015[50].

 

Rispetto alle richiamate risorse, i canoni di locazione da corrispondere all’I.N.A.I.L. sono posti a carico dello Stato per 1,5 milioni di euro a decorre dal 2018, (mediante una corrispondente diminuzione del Fondo per la buona scuola, di cui all’articolo 1, comma 202, della L. 107/2015[51]), mentre le somme incassate dagli enti locali mediante la cessione delle aree di loro proprietà all'I.N.A.I.L. sono vincolate alla realizzazione di ulteriori fasi progettuali per la realizzazione delle scuole innovative (finalizzate, nello specifico, alla cantierizzazione dell’intervento oggetto del concorso di cui all’articolo 1, comma 155, della L. 107/2015, in deroga a quanto previsto dal D.L. 78/2015). 

 

Le eventuali risorse residue sono trasferite dagli enti locali al Bilancio dello Stato per la riduzione dei canoni di cui all’articolo 1, comma 158, della L. 107/2015.

 

Al fine di assicurare le attività di costruzione di scuole innovative e di quelle di cui all’articolo 1, comma 317, della L. 190/2015[52], l’I.N.A.I.L. è autorizzato a reclutare un contingente di 20 unità di personale delle amministrazioni pubbliche in possesso delle necessarie competenze tecnico-amministrative in materia di investimenti immobiliari e di appalti pubblici, selezionato con apposito bando di mobilità e a valere sulle facoltà assunzionali dell’Istituto previste a legislazione vigente (comma 414).

 

 


 

Articolo 1, commi 440-448
(Personale e funzioni delle Province)

 

I commi 440-448 dettano disposizioni circa la ricollocazione del personale delle Province, a seguito del riordino che le ha investite con la legge n. 56 del 2014; prevedono altresì l'istituzione di un Commissario, onde completare il correlato processo di riordino delle funzioni provinciali.

Recano inoltre previsioni in ordine all'acquisizione di personale provinciale da parte del Ministero della giustizia.

 

Il comma 440 dispone che - nelle more del processo di riordino delle funzioni e del trasferimento definitivo del personale delle Province - venga costituito (nello stato di previsione del Ministero dell'interno) un Fondo, finalizzato esclusivamente alla corresponsione del trattamento economico a tale personale, che sia in soprannumero e in attesa di collocazione. 

A tale Fondo sono destinati 100 milioni.

Siffatta dotazione è reperita utilizzando le risorse delle amministrazioni centrali destinate per gli anni 2015 e 2016 all'assunzione di personale a tempo indeterminato (al netto di quelle finalizzate all'assunzione di vincitori di concorso già collocati in graduatoria), risorse che sono conseguentemente ridotte di pari importo.

Si dispone altresì che la ripartizione del Fondo avvenga con decreto del ministro dell'interno su proposta del ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione (e di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze), in proporzione alle unità di personale in mobilità quali risultanti dalla ricognizione effettuata dal Dipartimento della funzione pubblica ai sensi delle disposizioni della legge n. 190 del 2014 e del decreto ministeriale 14 settembre 2015.

 

La legge n. 56 del 2014 ha disposto un ridimensionamento degli organi e delle funzioni delle Province, volto al trasferimento delle funzioni definite non fondamentali (l'elenco delle funzioni provinciali fondamentali si trova nel comma 85 dell'articolo 1 della legge). Lo Stato e le Regioni, in sede di Conferenza unificata nella riunione del 11 settembre 2014, hanno sancito un accordo di collaborazione istituzionale, in base al quale individuare le funzioni provinciali non fondamentali oggetto di riordino (cfr. infra, sub comma 443).

Indi la legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014), ai commi 421-428 dell'articolo 1, ha recato disposizioni circa le procedure di mobilità per il personale delle Città metropolitane e delle Province dichiarato in soprannumero a seguito della riduzione delle dotazioni organiche degli enti oggetto del riordino degli enti territoriali operato dalla legge 7 aprile 2014, n. 56. 

Nel dettaglio, la legge n. 190 del 2014 ha disposto:

§  la riduzione delle dotazioni organiche delle Province nella misura del 50 per cento della spesa per il personale di ruolo alla data del 8 aprile 2014 (entrata in vigore della legge n. 56/2014) e del 30 per cento della spesa per il personale di ruolo alla medesima data per le Città metropolitane e le Province montane;

§  l'individuazione del personale da destinare alle procedure di mobilità nel rispetto delle norme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente;

§  la predisposizione di specifici piani di riassetto organizzativo, economico, finanziario e patrimoniale degli enti nel cui contesto definire le procedure di mobilità del personale interessato;   

§  la ricollocazione prioritaria del personale destinatario delle procedure di mobilità presso Regioni ed enti locali utilizzando le risorse destinate per le assunzioni a tempo determinato per gli anni 2015 e 2016 e la percentuale di spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, fatto salvo il diritto all'immissione in ruolo dei vincitori di concorsi già collocati in graduatoria (le spese per il personale così ricollocato non si calcolano ai fini dei limiti di spesa imposti agli enti locali per il rispetto del patto di stabilità interno); 

§  la ricollocazione, in subordine ai criteri descritti, del personale in sovrannumero presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, agenzie, università, enti pubblici non economici, sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del Dipartimento della funzione pubblica, che riceve dalle varie amministrazioni interessate la comunicazione sulla disponibilità di posti in relazione alle rispettive risorse (con riferimento soprattutto alle sedi periferiche).

 

I criteri per l'attuazione delle procedure di mobilità sono stati definiti, come previsto dalla norma, con il decreto ministeriale 14 settembre 2015 (pubblicato nella G.U. del 30 settembre 2015). 

Le disposizioni del decreto ministeriale si applicano al personale delle Province che non sia stato già ricollocato dalle Regioni stesse nell'ambito dei processi previsti dall'articolo 7, comma 9-quinquies del decreto-legge n. 78 del 2015 (decreto enti locali) - e concordati in sede di Conferenza unificata nell'accordo 11 settembre 2014 - che indicava nel 31 ottobre 2015 il termine per procedere al riordino delle funzioni non fondamentali delle Province.

Secondo il 'cronoprogramma' dettagliatamente regolato nel citato decreto ministeriale del 14 settembre 2015, le Regioni hanno tempo fino al 31 ottobre 2015 per definire il riordino delle funzioni e le procedure di ricollocazione diretta dei dipendenti delle Province in soprannumero. Il termine del 31 ottobre vale ugualmente per adempiere all'obbligo di comunicare al Dipartimento della funzione pubblica il numero di unità di personale ricollocato o ricollocabile. Tutti i dati relativi al personale in mobilità sono raccolti in un'apposita sezione del sito del Dipartimento della funzione pubblica denominata "Portale della mobilità". Proprio per completare tale quadro di domanda e offerta, il decreto ministeriale dispone che entro il termine del 31 ottobre gli enti di area vasta inseriscano nel portale gli elenchi del personale in mobilità. 

Entro i trenta giorni successivi (cioè entro il 30 novembre 2015) le amministrazioni locali, centrali e periferiche dello Stato inseriscono nello stesso Portale le unità di posti disponibili distinti per funzioni, aree funzionali e categorie di inquadramento, corrispondenti - sul piano finanziario - alla disponibilità delle risorse destinate per gli anni 2015 e 2016 all'assunzione di personale a tempo indeterminato.

L'aggiornamento relativo ai posti disponibili per il 2016 viene fatto entro il 31 gennaio 2016.

L'individuazione dei posti disponibili nell'ambito delle dotazioni organiche tiene conto del fabbisogno delle varie amministrazioni, delle funzioni riordinate, delle aree funzionali e delle categorie di inquadramento. 

Entro sessanta giorni successivi al termine del 31 ottobre 2015, il Dipartimento della Funzione pubblica rende pubblici sul portale i posti disponibili presso le Regioni e gli enti locali, inclusi enti pubblici non economici da essi dipendenti ed enti del Servizio sanitario nazionale, e presso le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, agenzie, università ed enti pubblici non economici (per l'aggiornamento delle posizioni disponibili per il 2016 il termine è fissato al 31 marzo).   

Nei trenta giorni successivi alla pubblicazione di questi elenchi il personale in soprannumero interessato può esprimere le proprie preferenze, ed entro i successivi trenta giorni il Dipartimento della funzione pubblica procede all'assegnazione del personale.

 

Per quanto riguarda il finanziamento della mobilità, si ricorda che l'articolo 4 del  decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 ha modificato la disciplina della mobilità obbligatoria e volontaria nel lavoro pubblico, istituendo, tra l'altro, nello stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze un "Fondo per la mobilità", destinato al miglioramento dell'allocazione del personale presso le pubbliche amministrazioni, assegnandogli una dotazione annuale prevista inizialmente in 30 milioni a decorrere dal 2015, e successivamente ridotta a 15 milioni, da attribuire alle amministrazioni destinatarie dei processi di mobilità dando priorità alle esigenze di funzionalità degli uffici giudiziari. I criteri di utilizzo e le modalità di gestione del Fondo - che comunque serve a finanziare procedure di mobilità 'speciali', in quanto in via ordinaria la mobilità tra amministrazioni si svolge, nel limite dei posti disponibili nella dotazione organica, con le risorse finanziarie che le amministrazioni pubbliche hanno nella disponibilità dei loro bilanci - sono state disciplinate dal Dpcm  20 dicembre 2014 (pubblicato nella G.U. del 3 aprile 2015).

Sempre allo scopo di favorire i processi di mobilità verso l'amministrazione della giustizia, la legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 425, della legge n. 190 del 2014) ha autorizzato il ricorso al "fondo per il recupero dell'efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi" -  istituito dal comma 96 della medesima - per l'inquadramento nel ruolo dell'amministrazione giudiziaria di 2000 unità di  personale proveniente dagli enti di area vasta.

Per quanto riguarda il trattamento economico del personale destinato alla mobilità, il Dpcm 26 giugno 2015 (pubblicato nella G.U. del 17 settembre 2015) ha stabilito le tabelle di equiparazione che dovrebbero permettere di inquadrare il personale trasferito nelle nuove amministrazioni con qualifiche e retribuzioni in linea con le posizioni originarie. Il provvedimento attua le disposizioni dell'articolo 4 del decreto legge n. 90 del 2014 sulla mobilità e affronta, all'articolo 3, il problema del trattamento economico e previdenziale del personale sia nei casi di mobilità volontaria sia nei casi di mobilità diversa da quella volontaria. In questa seconda ipotesi è prevista la salvaguardia del trattamento fondamentale e dell'accessorio solo per le voci "con carattere di generalità e natura fissa e continuativa" non legate allo specifico profilo dell'ente di provenienza. Questo meccanismo persegue un allineamento di stipendi e inquadramenti.

 

I commi 441, 442 e 443 concernono l'istituzione e l’attività di un apposito Commissario.

Il comma 441 prevede che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge sia nominato un Commissario (cui non spetta emolumento alcuno), con il compito di assicurare nelle Regioni ancora inadempienti il completamento delle misure di attuazione del riordino delle funzioni delle Province e delle Città metropolitane e il conseguente trasferimento delle rispettive risorse umane, strumentali e finanziarie secondo quanto previsto dalla legge n. 56 del 2014. 

Il completamento del trasferimento delle risorse deve avvenire entro il 30 giugno 2016.

 

 

In base al comma 442, il Commissario ha il potere di adottare, sentita la Regione interessata, gli atti necessari per il trasferimento delle risorse relative a funzioni non fondamentali delle Province e delle Città metropolitane. In mancanza di disposizioni legislative regionali e fatta salva la loro successiva adozione, le funzioni non fondamentali di Province e Città metropolitane si intendono attribuite alla Regione.

 

Con riferimento alle risorse di personale, si prevede che esse permangono quelle indicate dal comma 421 della legge n. 190 del 2014, dunque in  misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data del 8 aprile 2014 (entrata in vigore della legge n. 56) ridotta del 30% per le Città metropolitane e le Province montane e del 50% per le Province. 

Nell'adottare le decisioni sul trasferimento di personale il Commissario tiene conto dei limiti delle capacità assunzionali e delle relative risorse finanziarie della Regione interessata o dei Comuni che insistono nel territorio provinciale interessato, nel caso di trasferimento ad enti più piccoli. 

Il Commissario deve inoltre attenersi a quanto disposto dal decreto ministeriale del 14 settembre 2015 circa i criteri e le procedure da adottare per gestire la mobilità di personale tra gli enti.

 

Il comma 443 prevede che nelle Regioni che, pur avendo adottato in via definitiva la legge di riordino delle funzioni delle Province, non abbiano completato il trasferimento delle risorse, il Commissario adotti le decisioni d'intesa con il Presidente della Regione, secondo le modalità previste con legge regionale.

 

Le Regioni a statuto ordinario che finora hanno adottato la normativa sul riordino delle funzioni delle Province in attuazione della legge n. 56 del 2014 e dell'accordo Stato-Regioni dell’11 settembre 2014 sono: Toscana (legge regionale 3 marzo 2015, n. 22), Umbria (legge regionale 2 aprile 2015, n. 10), Marche (legge regionale 31 marzo 2015, n.13), Liguria (legge regionale 10 aprile 2015, n. 15), Calabria (legge regionale 22 giugno 2015, n. 14), Lombardia (legge regionale 8 luglio 2015, n. 19), Emilia Romagna (legge regionale 30 luglio 2015, n. 13),  Abruzzo (legge regionale 20 ottobre 2015, n. 32), Veneto (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 19), Piemonte (legge regionale 29 ottobre 2015, n. 23),.

La Basilicata e la Puglia hanno approvato le relative leggi il 27 ottobre 2015, la Campania il 30 ottobre 2015 (cfr. audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali, Gianclaudio Bressa, del 5 novembre 2015 presso la Commissione affari costituzionali della Camera).

Il Molise ed il Lazio non hanno invece ancora adottato la relativa legislazione.

 

 

Alcune leggi regionali prevedono peraltro, in misura più o meno ampia, il mantenimento in capo alle province di funzioni non fondamentali (così, ad esempio,  art. 2, comma 1, L.R. Lombardia n. 19/2015; art. 6, comma 1, e titolo II; L.R. Emilia Romagna n. 13/2015; art. 2, comma 1, L.R. Veneto n. 19/2015; art. 2 L.R. Piemonte n. 23/2015). 

 

 

Si ricorda che la legge n. 56/2014 prevede un complesso procedimento per il riordino delle funzioni esercitate dalle province non riconosciute come fondamentali dalla legge medesima (ai sensi del comma 85).

In particolare, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, attribuiscono le funzioni provinciali diverse da quelle fondamentali, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, con le seguenti finalità: individuazione dell'ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione; efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni di comuni; sussistenza di riconosciute esigenze unitarie; adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese o convenzioni. Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti locali, nonché le autonomie funzionali (comma 89).

Per quanto riguarda il procedimento da seguire:

-        entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, Stato e Regioni individuano, mediante accordo sancito in Conferenza unificata, le funzioni oggetto del riordino e le relative competenze (comma 91);

-        entro la medesima data, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa con la Conferenza unificata, sono determinati i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all'esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento. Il decreto dispone anche in ordine alle funzioni amministrative delle province in materie di competenza statale (comma 92);

-        entro sei mesi dalla data di entrata in vigore  della legge, con legge regionale si provvede a dare attuazione all'accordo sul riordino delle funzioni; decorso tale termine, il Governo esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 (comma 95);

-        entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che individua i criteri generali per il trasferimento delle funzioni, il Governo è delegato ad adottare, uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della legislazione statale sulle funzioni e sulle competenze dello Stato e degli enti territoriali e di quella sulla finanza e sul patrimonio dei medesimi enti (comma 97).

 

In sede attuativa il processo di riordino ha altresì interessato anche le funzioni delle Città metropolitane.

In data 11 settembre 2014, è stato sancito in sede di Conferenza unificata l’accordo per l’individuazione delle funzioni oggetto di riordino, previsto dal comma 91. Tale accordo individua quali funzioni amministrative oggetto di riordino di competenza statale unicamente funzioni relative alla materia della tutela delle minoranze linguistiche. Le regioni si impegnano ad adottare le iniziative legislative di loro competenza entro il 31 dicembre 2014.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2014 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 novembre 2014) sono stati dettati i criteri per l'individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse con l'esercizio delle funzioni provinciali, in attuazione del comma 92.

 

 

La ricollocazione del personale provinciale presso altre amministrazioni dello Stato è stata prevista dalla legge n. 190 del 2014 in via prioritaria presso gli uffici giudiziari. 

Essa prevede altresì (a seguito di novella recata dal decreto legge n. 83 del 2015) che, con urgenza e in via prioritaria, l'amministrazione della giustizia sia destinata ad assorbire, entro il 2017, 2.000 unità di personale amministrativo proveniente dagli enti di area vasta.

I commi 444 e 445 del presente articolo del disegno di legge di stabilità dispongono per il 2016 che ciò avvenga senza necessità di rilascio del nulla osta da parte dell'ente di provenienza.

Il comma 446 infine dispone, in ulteriore aggiunta alle forme di mobilità già descritte, l'acquisizione all'amministrazione della giustizia, limitatamente al biennio 2016-2017, di 1.000 unità di personale proveniente dagli enti di area vasta, effettuata mediante procedure di mobilità volontaria semplificata e senza bisogno dell'assenso dell'ente di provenienza.

Tale trasferimento è destinato a supportare i processi di digitalizzazione degli uffici  e a completare il processo di trasferimento allo Stato, dal 1° settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari precedentemente a carico dei Comuni. 

Il comma 447 aggiunge al riguardo la previsione che le unità di personale in transito verso il Ministero della giustizia (pari a 4.031 persone) siano detratte dal complesso del personale sopranumerario degli enti di area vasta da porre in mobilità perché addetti a funzioni non fondamentali.

 

Il comma 448 fa salva la previsione posta nei confronti delle Regioni inadempienti - rispetto agli obblighi previsti per il processo di riordino delle funzioni provinciali - dall'articolo 7, comma 9-quinquies del decreto-legge "Enti locali" (DL n. 78 del 2015).

Quella disposizione ha stabilito che le Regioni che non abbiano provveduto entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazione all'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014, con l'adozione in via definitiva delle relative leggi regionali, siano tenute a versare, entro il 30 novembre per l'anno 2015 ed entro il 30 aprile per gli anni successivi, a ciascuna Provincia e Città metropolitana del rispettivo territorio, le somme corrispondenti alle spese sostenute dalle medesime per l'esercizio delle funzioni non fondamentali.

Di queste somme, la quantificazione su base annuale è affidata a un decreto del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 31 ottobre 2015.

Dunque le Regioni sono tenute a sostenere le spese degli enti locali 'non riordinati', per garantire il trattamento economico dei dipendenti che risultino in soprannumero.

Il versamento da parte delle Regioni cessa di essere dovuto, dalla data di effettivo esercizio della funzione da parte dell'ente individuato dalla legge regionale.

 


 

Tabelle allegate al disegno di Legge

 

Si segnalano le seguenti voci di tabella:

 

Tabella A (che indica le voci da includere nel fondo speciale di parte corrente) - si prevede uno stanziamento di 2 mln di euro per il 2016 e di 7 mln di euro annui per il biennio 2017-2018. Al riguardo, la relazione allegata evidenzia che l’accantonamento comprende le risorse per la copertura finanziaria di interventi diversi.

 

Tabella B (che indica le voci da includere nel fondo speciale di conto capitale) – si prevede uno stanziamento di 32,75 mln di euro annui per il triennio 2016-2018. che l’accantonamento è preordinato alla copertura finanziaria  del provvedimento concernente la disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.S. 1629 A.C. 750), nonché per la stabilizzazione dei lavoratori impiegati in ASU nella città di Napoli

 

 

 

 


Bilancio 2016

 


1 La disciplina contabile del disegno di legge di bilancio

Il disegno di legge del bilancio annuale di previsione dello Stato è disciplinato dall’articolo 21 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009).

Ai sensi dell’articolo 21, le previsioni di entrata e di spesa contenute nel bilancio sono formate sulla base della legislazione vigente, tenuto conto dei parametri economici utilizzati nel Documento di economia e finanza (DEF); le previsioni sono esposte in termini di competenza e di cassa.

La tradizionale concezione della legge di bilancio come legge meramente formale, che fotografa i fattori legislativi di spesa senza poterli modificare (compito spettante alla legge di stabilità, che poi si ripercuote sul bilancio attraverso la nota di variazioni) è stata, in parte, superata dalla legge di contabilità, che ha introdotto la c.d. flessibilità del bilancio, in base alla quale, con la legge di bilancio, è possibile effettuare rimodulazioni delle dotazioni finanziarie, relative anche ai fattori legislativi, purché compensative all’interno di un programma o tra programmi di una medesima missione di spesa (art. 23 della legge n. 196/2009) ovvero tra missioni diverse secondo quanto disposto da più recenti disposizioni che hanno innovato in materia di flessibilità di bilancio (art. 2, co. 1, D.L. n. 78/2010).

Nel disegno di legge di bilancio per il 2016 è presente, in allegato a ciascuno stato di previsione della spesa, il “Prospetto delle autorizzazioni di spesa per programmi”, che espone le autorizzazioni di spesa di ciascun Ministero che sono state rimodulate dal disegno di legge di bilancio.

 

Il disegno di legge di bilancio si presenta strutturato in Missioni e Programmi. Con tale nuova classificazione – introdotta a partire dal 2008 - è stata operata una strutturazione in senso funzionale delle voci di bilancio, volta a mettere in evidenza la relazione tra risorse disponibili e finalità delle politiche pubbliche, anche al fine di rendere più agevole l’attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica. Le unità di voto parlamentare sono individuate:

a) per le entrate, con riferimento alla tipologia;

b) per le spese, con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell'ambito delle missioni, che rappresentano le funzioni principali della spesa.

Ogni unità di voto deve indicare: l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente; l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare (competenza) nonché l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare (cassa), nell'anno cui il bilancio si riferisce; le previsioni delle entrate e delle spese relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale.

La dotazione finanziaria dei programmi di spesa è presentata, inoltre, distinta in spese “rimodulabili” (vale a dire, spese autorizzate da espressa disposizione legislativa ovvero spese di adeguamento al fabbisogno) e “non rimodulabili” (spese per le quali l'amministrazione non ha la possibilità di esercitare un effettivo controllo sulle variabili che concorrono alla loro formazione. Esse corrispondono, in sostanza, alle spese obbligatorie).

 

Nel disegno di legge di bilancio le informazioni relative alle singole unità di voto sono riportate nella Nota integrativa a ciascuno stato di previsione, che contiene le schede illustrative dei programmi di spesa del Ministero e delle leggi che lo finanziano, nonché il piano degli obiettivi correlati a ciascun programma ed i relativi indicatori di risultato, con espressa indicazione delle risorse destinate alla realizzazione degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione ad essi riferiti.

 

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

MINISTERI

2014

2015

2016

Consuntivo

%

Bilancio

%

Ass.

%

BLV

%

I Nota

%

Economia e finanze

349.983

58,0

358.490

58,3

357.839

57,7

351.820

59,4

355.043

59,2

Sviluppo economico

10.864

1,8

4.280

0,7

4.484

0,7

4.144

0,7

4.519

0,8

Lavoro e politiche sociali

117.796

19,5

128.541

20,9

131.613

21,2

117.389

19,8

117.830

19,6

Giustizia

7.703

1,3

7.766

1,3

7.854

1,3

7.726

1,3

7.702

1,3

Affari esteri

1.958

0,3

2.171

0,4

2.426

0,4

2.152

0,4

2.263

0,4

Istruzione, univer. ricerca

52.628

8,7

52.579

8,6

53.033

8,6

55.055

9,3

54.882

9,1

Interno

21.906

3,6

23.518

3,8

24.530

4,0

18.208

3,1

21.239

3,5

Ambiente

864

0,1

649

0,1

667

0,1

697

0,1

737

0,1

Infrastrutture e trasporti

13.582

2,3

13.260

2,2

13.342

2,2

12.059

2,0

12.051

2,0

Difesa

21.027

3,5

19.371

3,2

19.992

3,2

19.424

3,3

19.466

3,2

Politiche agricole

1.322

0,2

1.280

0,2

1.332

0,2

1.249

0,2

1.214

0,2

Beni e attività culturali e Turismo

1.843

0,3

1.521

0,2

1.553

0,3

1.622

0,3

1.687

0,3

Salute

1.549

0,3

1.259

0,2

1.299

0,2

1.204

0,2

1.175

0,2

SPESE FINALI

603.025

100

614.888

100

619.964

100

592.749

100,0

599.810

100,0

 

2 Il disegno di legge di bilancio per il 2016 – Profili di competenza della XI Commissione

Nel presente dossier si da conto delle parti del disegno di legge di bilancio per il 2016 di interesse della XI Commissione.

Si tratta dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, occorre peraltro considerare anche il Ministero dell’economia e delle finanze,, nell’ipotesi che i programmi di interesse della Commissione siano ricompresi in più ministeri.

Stato di previsione del Ministero (MLPS - Tabella 4)

Nella Sezione I della Nota integrativa che accompagna lo stato di previsione, sono evidenziate le priorità dell’azione amministrativa del Ministero, come stabilite dall’Atto di indirizzo del Ministro, e i Centri di responsabilità amministrativa (CRA) coinvolti nella definizione degli obiettivi del ministero.

Per quanto riguarda lo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (tabella n. 4), le Direzioni generali e gli Uffici di gabinetto del Ministro e del Segretariato generale si configurano quali autonomi Centri di Responsabilità Amministrativa (CRA).

 

Si rammenta che tali indicatori – previsti dagli articolo 21, 35 e 39 della legge di contabilità n. 196 del 2009 - costituiscono lo strumento di misurazione del grado di raggiungimento degli obiettivi del Piano, necessari sia per la trasparenza che per la valutazione delle politiche di bilancio di ciascuna amministrazione. Per essi si rinvia a quanto più dettagliatamente illustrato nel dossier n. 366/1 relativo al ddl di bilancio (A.C. 3445).

 

Nelle pagine seguenti sono illustrati i principali dati, per i settori di interesse della XI Commissione, del bilancio a legislazione vigente 2016 e pluriennale per il triennio 2016-2018, relativi agli stati di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze (per le sole voci di interesse).

La classificazione delle risorse pubbliche si articola su due principali livelli di aggregazione: Missioni e Programmi, questi ultimi frazionati in Macroaggregati o “unità di voto” (corrispondenti, per la spesa corrente, alle seguenti voci: Funzionamento, Interventi, Trattamenti di quiescenza, integrativi e sostitutivi, Oneri del debito pubblico e Oneri comuni; per la spesa in conto capitale: Investimenti, Altre spese in conto capitale e oneri comuni; per il Rimborso di prestiti: rimborso del debito pubblico), i quali evidenziano le risorse attribuite e gestite dai Centri di responsabilità. L’analisi si esplica sulle componenti del quadro contabile generale delle previsioni 2016 e quindi sugli aspetti specificatamente relativi alla competenza e ai residui di cassa.

Organizzazione del Ministero e priorità politiche per il 2016

La Nota integrativa al bilancio di previsione in primo luogo evidenzia il ruolo centrale assunto dal Ministero del lavoro nell’ambito delle norme contenute nella legge delega di riforma del mercato del lavoro (L. 183/2014, cd. jobs act), nonché dei relativi decreti attuativi.

In particolare, la Nota specifica che con la riforma “non si è voluto intervenire solo sugli aspetti giuslavoristici della regolazione, incidendo sulle norme e sulle leggi preesistenti, ma si è voluto pensare in chiave innovativa anche a soggetti giuridici di nuova istituzione cui affidare funzioni e competenze, nel segno di un importante cambiamento ordinamentale dagli effetti significativi anche sulla riconfigurazione dello stesso Ministero”.

In relazione a ciò, quindi, l’impegno principale del Ministero del lavoro nel prossimo triennio, secondo la Nota, sarà portare avanti l’impegno assunto nei decreti attuativi, in primo luogo attraverso la creazione delle due nuove agenzie:

·     l’Ispettorato nazionale del lavoro (D.Lgs. 149/2015), con funzioni di coordinamento in materia di vigilanza sul lavoro e contribuzione e assicurazione, da attuarsi anche con il progressivo accentramento presso l’Ispettorato stesso di tutte le funzioni ispettive (di cui titolari attualmente sono anche I.N.P.S. e I.N.A.I.L.), nonché con una maggiore sinergia con A.S.L. e Agenzie regionali per la protezione ambientale;

·     l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (A.N.P.A.L., ai sensi del D.Lgs. 150/2015), con funzioni di coordinamento di una Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro costituita da diversi organismi (strutture regionali per le politiche attive del lavoro, I.N.P.S., I.N.A.I.L., Agenzie per il lavoro e altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, enti di formazione, Italia Lavoro, I.S.F.O.L., Camere di Commercio, università e altri istituti di scuola secondaria di secondo grado).

Altra funzione rilevante, sempre secondo la Nota, consiste nella verifica continua e nel monitoraggio costante delle disposizioni dei decreti attuativi del jobs act, a tal fine avviando nel prossimo triennio meccanismi di riscontro e controllo sugli sviluppi e i rendimenti della riforma del lavoro. In questo senso, è necessario quindi

 

Per quanto attiene alla previdenza, la Nota evidenzia l’impegno del Ministero, nel triennio di riferimento, per la sostenibilità finanziaria delle prestazioni pensionistiche e a fornire una soluzione strutturale alla questione dei cd. “esodati” (salvaguardati), “essendo indispensabile dare risposta alle molteplici situazioni di disagio generatesi dal 2011”.

 

Per quanto attiene agli aspetti organizzativi, la Nota sottolinea la continuità dell’azione di riorganizzazione del Ministero, sia citando il D.P.C.M. 14 febbraio 2014, n. 121 (ed il successivo D.M. 4 novembre 2014), con i quali è stata riorganizzata l’Amministrazione (centrale e periferica) attraverso una nuova fisionomia delle competenze e delle funzioni del Ministero più razionale e maggiormente rispondente all’esigenza di ottimizzazione delle risorse, umane e strumentali; sia richiamando il D.P.C.M. 20 gennaio 2015, n. 77, con il quale si è proceduto a riorganizzare gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e l’Organismo indipendente di valutazione della performance.

Allo stesso tempo, la Nota evidenzia come la legge delega sulla riforma del mercato del lavoro abbia anche comportato interventi organizzativi volti alla modifica degli assetti istituzionali di enti ed organismi la cui operatività incide sulla fisionomia e sugli organici del Ministero stesso. In tal senso, l’unificazione nell’Ispettorato nazionale del lavoro dei corpi ispettivi di I.N.P.S., I.N.A.I.L. e Ministero del lavoro (effettuata dal D.Lgs. 149/2015) e l’istituzione dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (A.N.P.A.L., effettuata dal D.L.gs. 150/2015) rappresentano una soluzione strutturale finalizzata a migliorare ed omogeneizzare i comportamenti dei vari soggetti operanti nella vigilanza e sulle politiche attive del lavoro, allo scopo di realizzare più equilibrate ed efficaci azioni di intervento pubblico nel mercato del lavoro.

Principali variazioni nei capitoli di spesa

Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali le principali Missioni riguardanti il settore del lavoro e della previdenza sociale sono: Politiche previdenziali (25), Politiche per il lavoro (26), Diritti sociali, politiche sociali e famiglia (24), Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti (27), Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche (32) e Fondi da ripartire (33).

Tali missioni sono attuate attraverso i seguenti specifici programmi:

§  Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali (25.3);

§  Politiche attive e passive del lavoro (26.6); Coordinamento e integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, innovazione e coordinamento amministrativo (26.7); Politiche di regolamentazione in materia di rapporti di lavoro (26.8); Programmazione e coordinamento della vigilanza in materia di prevenzione e osservanza delle norme di legislazione sociale e del lavoro (26.9); Servizi e sistemi informativi per il lavoro (26.10); Servizi territoriali per il lavoro (26.11); Servizi di comunicazione istituzionale e informazione in materia di politiche del lavoro e in materia di politiche sociali (26.12);

§  Terzo settore: associazionismo volontariato, Onlus e formazioni sociali (24.2); Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, promozione e programmazione politiche sociali, monitoraggio e valutazione interventi (24.12);

§  Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate (27.6);

§  Indirizzo politico (32.2); Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza (32.3);

§  Fondi da assegnare (33.1).

 

I macroaggregati (ora unità di voto) previsti nello stato di previsione per il settore del lavoro e della previdenza sociale sono suddivisi per spesa corrente (funzionamento, interventi, oneri comuni) e per conto capitale (investimenti, spese in conto capitale e altre spese in conto capitale).

Le previsioni di spesa del Ministero

Le previsioni di spesa in termini di competenza dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'esercizio finanziario 2016 risultano complessivamente pari a euro 117.388.608.117 (di cui 117.375.863.743 per spese correnti e 12.744.374 per spese in conto capitale).

A seguito della nota di variazioni, è stata proposta, per il 2016, una variazione di 444.397.449 euro per la parte corrente (e un decremento di 3.200.000 euro per la parte in conto capitale), portando così la previsione definitiva a 116.829.805.566 euro (117.820.261.192 euro per la parte corrente e 9.544.374 euro per la parte in conto capitale);

 

Per il 2017 e 2018 sono previste spese per, rispettivamente, 121.453.580.509 euro e 122.652.736.564 euro (di cui, rispettivamente, 121.444.054.824 per la parte corrente e 9.525.685 euro per la parte in conto capitale per il 2017 e 122.643.112.658 euro per la parte corrente e 9.623.906 euro per la parte capitale per il 2018).

 

A seguito della nota di variazioni, è stata proposta:

§ per il 2017, una variazione di 2.452.778.742 euro per la parte corrente (nessuna variazione per la parte in conto capitale), portando così la previsione definitiva a 123.906.359.251 euro (123.896.833.566 euro per la parte corrente);

§ per il 2018, una variazione di 1.434.629.822 euro per la parte corrente (nessuna variazione per la parte in conto capitale), portando così la previsione definitiva a 124.087.366.386 euro (124.077.742.480 euro per la parte corrente).

 

Nella tabella seguente sono riportati gli stanziamenti di competenza delle missioni relative al settore del lavoro e della previdenza sociale. Le singole voci sono quindi ottenute attraverso l'aggregazione delle risorse stanziate per i singoli programmi che afferiscono a ciascuna missione.

 

Missioni

Stanziamento 2015

Previsioni risultanti anno finanziario 2016 (con nota di variazione)

Previsioni risultanti anno finanziario 2017 (con nota di variazione)

Previsioni risultanti anno finanziario 2018 (con nota di variazione)

Politiche previdenziali

90.048,94

78.165,18

83.337,22

82.491,27

Politiche per il lavoro

10.370,18

10.370,18

10.138,99

10.366,13

Totale

100.041,12

88.563,11

91.883,76

92.672,58

(Valori in milioni di euro)

 

Missione n. 25 - Politiche previdenziali

 

Dati in milioni di euro

previsione iniziale 2015

90.048,94

previsioni assestate 2015

93.117,91

variazioni proposte

-14.693,78

previsione 2016 risultante

78.424,14

Nota di variazione

-258,96

previsione 2016 definitiva

78.165,18

previsioni 2017

82.344,70

Nota di variazione

992,53

previsione 2017 definitiva

83.337,22

previsioni 2018

82.306,45

Nota di variazione

184,82

Previsione 2018 definitiva

82.491,27

 

Nell’ambito di questa missione si segnala il programma 25.3, recante “Previdenza obbligatoria e complementare, assicurazioni sociali”, il quale sostanzialmente assorbe tutte le variazioni della richiamata Missione.

 

Si evidenzia che il Macroaggregato “Interventi” presenta, con una previsione assestata 2015 di 88.530,02 mln ed un decremento di 10.160,58 mnl di euro, una previsione per l’anno finanziario 2016 di 78.369,44 mln di euro (82.290,31 mln di euro per il 2017 e 82.252,14 mln di euro per il 2018). A seguito della Nota di variazione, la previsione definitiva 2016 è stata portata  a 78.110,56 mln di euro (con decremento di 258,88 mln di euro), la previsione definitiva 2017 a 83.828,91 mln di euro (con incremento di 992,61 mln di euro) e la previsione definitiva 2018 a 82,437,03 mln di euro (con aumento di 184,90 mln di euro).

 

A tal riguardo, si segnala che:

§  il cap. 4236 recante “Somme da destinare alla tutela dei lavoratori salvaguardati dalla riforma pensionistica”, a fronte di una previsione assestata 2015 di 1.355,00 mln di euro, presenta un aumento di 302,00 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 1.657,00 mln di euro (1.391,00 mln di euro per il 2017 e 810,00 mln di euro per il 2018). In seguito alla Nota di variazione, la previsione definitiva 2016 è stata portata a 1.160 mln di euro (con decremento pari a 497,00 mln di euro), la previsione definitiva 2017 a 1.021,10 mln di euro (con diminuzione di 369,90 mln di euro) e la previsione definitiva 2018 a 730,30 mln di euro (con decremento di 79,70 mln di euro);

§  il cap. 4325 recante “Somme da trasferire all’INPS per il beneficio concesso ai lavoratori part time nel settore privato che maturano entro il 31/12/2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia”, al quale, a seguito della Nota di variazione, vengono destinati 60,00 mln di euro per il 2016, 120,00 mln di euro per il 2017 e 60 mln di euro per il 2018;

§  il cap. 4330 recante “Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello”, a fronte di una previsione assestata 2015 di 391,00 mln di euro, presenta un decremento di 8,00 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 383,00 mln di euro. Per il 2017 sono previsti 362 mln di euro, e 356,00 per il 2018[53]. Al riguardo, la Nota di variazione prevede un decremento per il 2016 di 344,70 mln di euro (con una previsione definitiva di 38,30 mln di euro), un decremento per il 2017 di 325,80 mln di euro (con una previsione definitiva di 36,20 mln di euro), un decremento di 320,40 mln di euro per il 2018 (con una previsione definitiva di 35,60 mln di euro);

§  il cap. 4331 recante “Finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale”, a fronte di una previsione assestata 2015 di 391,53 mln di euro, presenta una diminuzione di 61,80 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 329,73 mln di euro. Lo stesso importo è previsto per gli anni 2017 e 2018[54]. Ulteriori decrementi sono disposti dalla Nota di variazione, che diminuisce di 28,00 mln di euro per anno gli importi citati, e stabilendo quindi una previsione definitiva di 301,73 mln per il triennio; 

§  il cap. 4336 recante “Rimborsi e contributi da erogare all’I.N.A.I.L.”, a fronte di una previsione assestata di 999,30 mln di euro per il 2015, presenta un incremento di 113,29 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 1.112,59 mln di euro. Inoltre, sono previsti 1.120,10 mln di euro nel 2017 e 1.115,10 mln di euro nel 2018;

§  il cap. 4339 recante “Somme da trasferire all’INPS a titolo di anticipazioni di bilancio sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali nel loro complesso”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 16.281,66 mln di euro, presenta un decremento di 9.124,31 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 7.157,35 mln di euro. In seguito al decremento disposto alla Nota di variazione, pari a 301,02 mln di euro, l’importo definitivo risulta pari a 6.856,33 mln di euro.. Inoltre, sono previsti 10.528,38 mln di euro nel 2017 (10.216,84 mln a seguito del decremento di 311,53 mln di euro disposto dalla Nota di variazione) e 13.214,95 mln di euro nel 2018 (12.872,70 mln a seguito del decremento di 342,24 mln di euro disposto dalla Nota di variazione);

§  il cap. 4341 recante “Somme da trasferire all'I.N.P.S. per il finanziamento degli oneri derivanti dalla confluenza dell'I.N.P.D.A.I. al fondo pensioni lavoratori dipendenti”, che presenta un importo pari a 1.287,00 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016 (1.307,00 mln di euro per il 2017 e 1.327,00 mln di euro per il 2018);

§  il cap. 4351 recante “Quote di mensilità di pensione a carico della gestione degli interventi assistenziali di sostegno alle gestioni previdenziali da finanziarsi dallo Stato”, che presenta un importo pari a 20.048,70 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016. Identici stanziamenti sono previsti per il 2017 ed il 2018. La Nota di variazione, disponendo una diminuzione di 206,56 per ognuno degli anni, porta la previsione finale a 10.216,84 mln di euro annui per il triennio;

§  il cap. 4352 recante “Partecipazione dello stato all’onere delle pensioni di invalidità liquidate prima della revisione della disciplina dell’invalidità pensionabile”, che presenta un importo pari a 5.119,67 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016-2018. A seguito della Nota di variazione (che ha stabilito un aumento di 51,22 mln di euro annui) l’importo risulta essere, in definitiva, pari a 5.170,89 mln di euro annui per il triennio;

§  il cap. 4353 recante “Oneri delle pensioni liquidate nella gestione dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1989”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 2.727,03 mln di euro, presenta una diminuzione di 46,60 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 2.680,43 mln di euro. Identici stanziamenti sono previsti per gli anni 2017 e 2018;

§  il cap. 4354 recante “Oneri derivanti da pensionamenti anticipati”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 1.689,23 mln di euro, presenta un incremento di 14,40 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 1.703,63 mln di euro (1.710,33 mln di euro per il 2017 e 1.910,13 mln di euro per il 2018). A seguito della Nota di variazione, la previsione definitiva 2016 è pari a 1.713,63 mln di euro per il 2016 (incremento di 10 mln di euro), la previsione definitiva 2017 è pari a 1.975,33 mln di euro (incremento di 265,00 mln di euro) e la previsione definitiva 2018 è pari a 2.557,23 mln di euro (incremento di 647,10 mln di euro;

§  il cap. 4355 recante “partecipazione dello Stato all’onere per le pensioni d’annata”, che presenta un importo pari a 1.077,50 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016. Identico stanziamento è previsto per il 2017, mentre per il 2018 è stanziato un importo di 1.247,50 mln di euro;

§  il cap. 4356 recante “Rivalutazione delle pensioni ed altri oneri previdenziali”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 5.144,85 mln di euro, presenta un decremento di 2.084,95 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 3.059,90 mln di euro. Inoltre, sono previsti 3.240,26 mln di euro nel 2017 e 3.058,32 mln di euro nel 2018. Al riguardo, la Nota di variazione prevede un decremento per l’importo 2017 di 514,00 mln di euro (tale importo perciò risulta pari a 2.726,26 mln di euro), ed un decremento di 1.1164,00 mln di euro per il 2018 (con importo pari a 1.912,32 mln di euro);

§  il cap. 4363 recante “Sgravi contributivi”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 97,36 mln di euro, presenta un decremento di 9,50 mln di euro, con la conseguente previsione 2016 87,86 per il 2016. Identici stanziamenti sono previsti per il 2017 ed il 2018;

§  il cap. 4364 recante “Agevolazioni contributive, sottocontribuzioni ed esoneri”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 15.544,18 mln di euro, presenta un incremento di 2.865,80 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 18.409,98 mln di euro. In seguito alla Nota di variazione, l’importo definitivo (con un incremento di 831,00 mln di euro) risulta pari a 19.240,98 mln di euro. Inoltre, è previsto un importo pari a 18.536,38 mln di euro per il 2017 (20.618,38 mln di euro a seguito dell’incremento di 2.082,00 mln di euro disposto dalla Nota di variazione) e di 15.843,38 mln di euro per il 2018 (17.171,38 mln di euro a seguito dell’incremento di 1.328,00 mln di euro disposto dalla Nota di variazione);

§  il cap. 4367 recante “Altri interventi in materia previdenziale”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 1.890,88 mln di euro, presenta un decremento di 236,96 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 1.653,92 mln di euro (1.367,82 mln di euro a seguito del decremento di 286,10 mln di euro disposto dalla Nota di variazione). Inoltre, è previsto un importo pari a 1.697,95 mln di euro per il 2017 (1.435,85 mln di euro a seguito del decremento di 262,10 mln di euro disposto dalla Nota di variazione) e di 1.705,40 mln di euro per il 2018 (1.439,60 mln di euro a seguito del decremento di 265,80 mln di euro disposto dalla Nota di variazione);

§  il cap. 4370 recante “Esonero del versamento dei contributi sociali da parte dei datori di lavoro in relazione al conferimento del trattamento di fine rapporto alla previdenza complementare”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 816,00 mln di euro, presenta un decremento di 27,00 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 789,00 mln di euro. Inoltre, è previsto un importo pari a 792,00 mln di euro per il 2017 e di 758,00 mln di euro per il 2018;

§  il cap. 4371 recante “Somme da trasferire agli enti previdenziali, per oneri pensionistici a favore di particolari soggetti”, che presenta un importo pari a 1.241,75 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016. Identico stanziamento è previsto per il 2017, mentre per il 2018 è stanziato un importo di 1.311,75 mln di euro;

§  il cap. 4382 recante “Somme da trasferire all'I.N.P.S., gestione ex I.N.P.D.A.P., per la gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestione previdenziale (GIAS)”, che presenta un importo pari a 2.342,91 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016. Identici stanziamenti sono previsti per il 2017 e il 2018. In seguito alla Nota di variazione, è stato disposto un incremento annuo di 23,44 mln di euro, portando così l’importo a 2.366,35 mln di euro annui per il triennio;

§  il cap. 4383 recante “Somme da trasferire all'I.N.P.S., gestione ex I.N.P.D.A.P., a titolo di apporto dello stato a favore della cassa trattamento pensionistico per i dipendenti dello stato (CTPS)”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 816,00 mln di euro, presenta un decremento di 27,00 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 789,00 mln di euro. Inoltre, è previsto un importo pari a 792,00 mln di euro per il 2017 e di 758,00 mln di euro per il 2018;

§  il cap. 4503 recante “Trasferimenti all’I.N.P.S:, ex gestione I.N.P.D.A.P., in relazione al rimborso delle prestazioni erogate in applicazione di specifiche disposizioni legislative”, a fronte di un previsione assestata 2015 di 7.209,67 mln di euro, presenta un incremento di 1.916,57 mln di euro, con la conseguente previsione per il 2016 di 5.293,10 mln di euro. Inoltre, è previsto un importo pari a 5.664,60 mln di euro per il 2017 e di 5.977,40 mln di euro per il 2018;

§  il cap. 4508 recante “Sgravi contributivi e fiscali a favore delle imprese armatoriali”, che presenta un importo pari a 300,00 mln di euro nelle previsioni assestate 2015 e per le previsioni 2016. Identici stanziamenti sono previsti per il 2017 e il 2018.

Missione n. 26 - Politiche per il lavoro

 

Dati in milioni di euro

previsione iniziale 2015

10.370,18

previsioni assestate 2015

10.174,05

variazioni proposte

-35,07

previsione 2016 risultante

10.138,99

Nota di variazione

288,73

previsione 2016 definitiva

10.427,72

previsioni 2017

9.539,06

Nota di variazione

256,62

previsione 2017 definitiva

9.795,68

previsione 2018

10.366,13

Nota di variazione

54,73

Previsione 2018 definitiva

10.420,86

 

Nell’ambito di questa missione si segnala il programma 26.6, recante “Politiche attive e passive del lavoro”, il quale, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 8.398,59 mln di euro, presenta un decremento di 1.168,00 mln di euro, per cui la previsione 2016 risulta pari a 9.566,59 mln di euro. Inoltre, la spesa risulta pari a 9.029,76 mln di euro per il 2017, e pari a 9.797,62 mln di euro per il 2018.

 

Si evidenzia che il Macroaggregato 1.3 “Interventi” presenta, a fronte di una previsione assestata 2015 di 8.394,27 mln di euro, un incremento di 1.167,89 mln di euro, risultando così una previsione per il 2016 di 9.562,16 mln di euro. Inoltre, si prevede uno stanziamento pari a 9.025,37 mln di euro per il 2017 e 9.793,22 mln di euro per il 2018.

A tal riguardo, si segnala che:

§  il cap. 2180 recante “Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell' incremento dell' occupazione giovanile e delle donne”, che viene azzerato (la previsione assestata 2015 prevede uno stanziamento pari a 20,00 mln di euro)[55];

§  il cap. 2230 recante “Fondo sociale per occupazione e formazione”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 1.255,50 mln di euro, presenta un decremento pari a 300,36 mln di euro, per cui previsione 2016 risulta essere pari a 955,13 mln di euro. In seguito alla Nota di variazione, è stato introdotta una variazione pari a 167 mln di euro (in relazione ad uno specifico emendamento approvato al Senato alla legge di stabilità), portando così la previsione 2016 a 1.122,13 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 697,09 mln di euro per il 2017 (638,08 mln di euro a seguito della Nota di variazione, che ha disposto un decremento di 59 mln di euro) e 709,26 mln di euro per il 2018 2017 (655,26 mln di euro a seguito della Nota di variazione, che ha disposto un decremento di 54 mln di euro);

§  il cap. 2232 recante “Somme da trasferire per la stabilizzazione dei collaboratori a progetto nel settore dei servizi di call center, che viene azzerato (la previsione assestata 2015 prevede uno stanziamento pari a 5,29 mln di euro[56]);

§  il cap. 2402 recante “Oneri relativi ai trattamenti di mobilità dei lavoratori e di disoccupazione”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 6.680,32 mln di euro, presenta un incremento di 1.492,17 mln di euro, per cui la previsione 2016 risulta pari a 8.172,48 mln di euro.

Inoltre, si prevede uno stanziamento di 7.826,88 mln di euro per il 2016 e 8.436,98 mln di euro per il 2018.

In particolare, la variazione per il 2016 interessa:

·     la revisione degli ammortizzatori sociali in attuazione della L. 92/2012 (previsioni assestate 2015 3.100,13 mln di euro, incremento di 604,57 milioni, previsioni 2016 3.704,70 mln di euro; previsioni 2017 3.095,70 mln di euro; previsioni 2018 3.543,70 mln di euro);

·     nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego per i lavoratori con rapporto di lavoro subordinato – NASPI (472,00 mln di euro previsioni assestate 2015, incremento di 1.098,60 milioni, previsioni 2016 1.570,60 mln di euro; previsioni 2017 1.902,00 mln di euro; previsioni 2018 2.064,10 mln di euro[57]);

·     indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa – DIS-COLL (279,00 mln di euro previsioni assestate 2015, decremento di 211,00 milioni, previsioni 2016 68,00 mln di euro[58]. Non ci sono stanziamenti per il 2017 e 2018);

§  il cap. 2232 recante “Fondo da ripartire per il finanziamento degli interventi in favore di particolari categorie di lavoratori salvaguardati dalla riforma pensionistica del 2012” che a fronte di una previsione 2016 di 0,95 mln di euro viene innalzato, a seguito della Nota di variazione, a 213,95 mln di euro. Analogamente, la previsione 2017, pari a 67,80 mln di euro, viene innalzata, a seguito della Nota di variazione, a 388,70 mln di euro, mentre la previsione 2018, apri a 215,58 mln di euro, viene aumentata a 337,28 mln di euro con la Nota di variazione.

 

Il programma 26.7, recante “Coordinamento e integrazione delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, innovazione e coordinamento amministrativo”, a fronte di una spesa assestata 2015 pari a 1.345,09 mln di euro, presenta un decremento di 1.184,75 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 160,33 mln di euro. Inoltre, è previsto uno stanziamento di 68,40 mln di euro per il 2017 e 127,30 mln di euro per il 2018. L’importo definitivo 2016, a seguito del decremento di 88,00 mln di euro disposto dalla Nota di variazione risulta essere pari a 72,33 mln di euro: Non sono previste variazioni per il 2017, mentre per il 2018 a seguito del decremento di 1,97 mln di euro la previsione definitiva risulta essere di 125,33 mln di euro.

In particolare, si segnala il cap. 1250 recante “Fondo per il finanziamento della riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive” che a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 1.329,00 mln di euro, presenta un decremento pari a 1.172,40 mln di euro, per cui previsione 2016 risulta essere pari a 156,60 mln di euro (sono altresì previsti 64,70 mln di euro per il 2017 e 123,60 mln di euro per il 2018). In seguito alla Nota di variazione, è stato previsto un ulteriore decremento di 100 mln di euro, con una previsione definitiva quindi pari a 56,60 mln di euro per il 2016. Non sono previste variazioni per il 2017 (la cui previsione di 64,70 mln di euro viene così confermata), mentre la previsione 2018, pari a 123,60 mln di euro, a seguito della Nota di variazione viene diminuita per un importo di 1,97 mln di euro, risultando così pari a 121,63 mln di euro.

 

Il programma 26.9, recante “Programmazione e coordinamento della vigilanza in materia di prevenzione e osservanza delle norme di legislazione sociale e del lavoro”, a fronte di una spesa assestata 2015 pari a 37,25 mln di euro, presenta un decremento di 0,77 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 36,48 mln di euro. Inoltre, è previsto uno stanziamento di 36,46 mln di euro per il 2017 e 2018. In generale, la Nota di variazione non ha comportato modifiche significative.

 

Il programma 26.10, recante “Servizi e sistemi informativi per il lavoro”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 81,66 mln di euro, presenta un incremento di 0,31 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 81,97 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 111,77 mln di euro per il 2017 e 111,83 mln di euro per il 2018.

 

In particolare, il Macroaggregato 1.9 “Interventi” a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 71,18 mln di euro, presenta un incremento di 1,21 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 72,39 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa di 102,27 mln di euro per il 2017 e di 102,23 mln di euro per il 2018. In generale, la Nota di variazione non ha comportato modifiche significative.

 

Al riguardo, si segnala che:

§  il cap. 2150, recante “Spese di natura obbligatoria per l’istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori” (I.S.F.O.L.), a fronte di una somma assestata 2015 pari a 20,47 mln di euro, presenta un decremento di 0,08 mln di euro, con previsioni 2016 quindi pari a 20,39 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 20,27 mln di euro per il 2017 e di 20,23 mln di euro per il 2018;

§  il cap. 2233, recante “Fondo per le politiche attive per il lavoro”, a fronte di una somma assestata di 50,62 mln di euro per il 2015 presenta un incremento di 1,38 mln di euro per il 2015, con previsione quindi pari a 52,00 mln di euro per il 2016. E’ inoltre prevista una spesa di 82,00 mln di euro per il 2017 e 2018. A seguito della Nota di variazione, è stato previsto un decremento per la somma per il 2018 di 1,30 mln di euro, portando così la previsione definitiva a 80,70 mln di euro.

 

Il programma 26.11, recante “Servizi territoriali per il lavoro”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 284,68 mln di euro, presenta un decremento di 13,29 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 271,40 mln di euro A seguito della Nota di variazione, è stato disposto un decremento di 2,91 mln di euro, portando la previsione definitiva a 268,49 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 270,33 mln di euro per il 2017 (265,49 mln di euro a seguito della Nota di variazione, che ha disposto un decremento di 4,84 mln di euro) e di 270,18 mln per il 2018 (261,23 mln di euro a seguito della Nota di variazione, che ha disposto un decremento di 8,96 mln di euro).

 

Infine, il programma 26.12, recante “Sistemi informativi per il lavoro e servizi di comunicazione istituzionale in materia di politiche del lavoro e politiche sociali”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 14,51 mln di euro, presenta un decremento di 2,40 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 12,11 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 12,05 mln di euro per il 2017 e il 2018. In generale, la Nota di variazione non ha comportato modifiche significative.

 


 

Missione n. 24 – Diritti sociali, politiche sociali e famiglia

 

Dati in milioni di euro

previsione iniziale 2015

28.067,94

previsioni assestate 2015

28.268,73

variazioni proposte

496,78

previsione 2016 risultante

28.765,51

Nota di variazione

414,98

Previsione 2016 definitiva

29.180,49

previsioni 2017

29.513,44

Nota di variazione

1.203,98

previsione 2017 definitiva

30.717,42

previsione 2018

29.923,80

Nota di variazione

1.195,47

previsione 2018 definitiva

31.119,27

 

Nel programma 24.12 denominato “Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, promozione e programmazione politiche sociali, monitoraggio e valutazione interventi”, si evidenzia che rispetto alla previsione assestata 2015 pari a 28.265,72 mln di euro, presenta un incremento di 497,73 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 28.763,72 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 29.511,39 mln di euro per il 2017 e di 29.921,75 mln per il 2018. In seguito alla Nota di variazione, è stato disposto un incremento di 415 mln di euro per il 2016 (portando la previsione definitiva a 29.178,45 mln di euro), mentre per il 2017 si ha un importo pari a 30.715,39 mln di euro (in seguito ad un incremento di 1.204,00 mln di euro) e per il 2018 31.117,25 mln di euro (con un incremento di 1.195,49 mln di euro)

In particolare, al Macroaggregato 4.5 “Interventi”, a fronte di previsioni assestate 2015 di 27.948,93 mln di euro vi è un aumento di 498,09 mln di euro: pertanto, le previsioni per l’anno finanziario 2016 sono stabilite in 28.447,02 mln di euro (28.862,02 mln di euro in seguito all’incremento di 415 mln di euro disposto dalla Nota di variazione). Inoltre, è prevista una spesa pari a 29.195,02 mln di euro per il 2017 (30.399,02 mln di euro in seguito all’incremento di 1.204,00 mln di euro disposto dalla Nota di variazione) e di 29.604,02 mln di euro per il 2018 (30.804,50 mln di euro in seguito all’incremento di 1.200,49 mln di euro disposto dalla Nota di variazione).

Più specificamente:

§  il cap. 2401, recante “Fondo per il finanziamento dell'assegno di disoccupazione (ASDI)”, a fronte di un importo pari a 200,00 mln di euro nelle previsioni assestate 2015, presenta un incremento di 180,00 mln di euro, portando così le previsioni 2016 ad un importo di 380,00 mln di euro (600,02 mln di euro in seguito all’incremento di 220,00 mln di euro disposto dalla Nota di variazione). Inoltre, è prevista una spesa pari a 270,00 mln di euro per il 2017 e di 170,00 mln di euro per il 2018 (167,30 mln di euro in seguito al decremento di 2,70 mln di euro disposto dalla Nota di variazione);

§  il cap. 3528, recante “Somma da corrispondere all’INPS per il pagamento di pensioni, assegni vari e relativi oneri accessori agli invalidi civili, ai sordomuti ed ai ciechi civili”, a fronte di un importo pari a 18.500,00 mln di euro nelle previsioni assestate 2015, presenta un incremento di 50,00 mln di euro, portando così le previsioni 2016 ad un importo di 18.550,00 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 19.000,00 mln di euro per il 2017 e di 19.500,00 per il 2018;

§  il cap. 4348, recante “Pensioni sociali, assegni sociali ed assegni vitalizi” a fronte di un importo pari a 4.525,68 mln di euro nelle previsioni assestate 2015, presenta un decremento di 2,73 mln di euro, portando così le previsioni 2016 ad un importo di 4.522,94. Identici stanziamenti sono previsti per il biennio 2017-2018;

§  il cap. 3532, recante “Somma da erogare per la copertura degli oneri derivanti dalla contribuzione figurativa a favore dei genitori e familiari di persone handicappate” che ripresenta un importo pari a 536,38 mln di euro anche nelle previsioni assestate 2015 e per il triennio 2016-2018 (non essendoci variazioni);

§  il cap. 4349, recante “Maggiorazione sociale dei trattamenti minimi di pensione ed integrazione al trattamento minimo dell’assegno ordinario di invalidità”, con un importo pari a 760,91 mln di euro per il 2015 e per il triennio 2016-2018.

 

Infine, al Macroaggregato 4.5 “Oneri comuni di parte corrente”, a fronte di previsioni assestate 2015 di 312,99 mln di euro vi è un decremento di 0,40 mln di euro: pertanto, le previsioni per l’anno finanziario 2016 sono stabilite in 312,59 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 313,92 mln di euro per il 2017 e 312,55 mln di euro per il 2018 (somma  diminuita di 4,99 mln di euro dalla Nota di variazione, per un importo definitivo di 308,92 mln di euro). Si fa presente, che tali somme sono interamente assorbite dal programma cap. 3671 (esposto nella Tabella C della legge di stabilità) recante “Fondo da ripartire per le politiche sociali”.

Missione n. 27 – Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti (somme interamente assorbite dal programma 27.6 denominato “Flussi migratori per motivi di lavoro e politiche di integrazione sociale delle persone immigrate”)

 

Dati in milioni di euro

previsione iniziale 2015

1,78

previsioni assestate 2015

1,79

variazioni proposte

-0,01

previsione 2016 risultante

1,78

Nota di variazione

==

revisione 2016 definitiva

1,78

previsioni 2017

1,76

Nota di variazione

==

previsione  2017 definitiva

1,76

previsione 2018

1,76

Nota di variazione

==

previsione 2018 definitiva

1,76

Missione n. 32 – Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

 

Dati in milioni di euro

previsione iniziale 2015

41,47

previsioni assestate 2015

42,17

variazioni proposte

-2,81

previsione 2016 risultante

39,36

Nota di variazione

-0,30

previsione 2016 definitiva

39,06

previsioni 2017

38,99

Nota di variazione

-0,30

previsione 2017 definitiva

38,69

previsione 2018

38,95

Nota di variazione

-0,32

previsione 2018 definitiva

38,63

 

Per il Programma 32.3 denominato “Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza”, si evidenzia che rispetto alla previsione assestata 2015 pari a 29,85 mln di euro, si presenta un decremento di 1,32 mln di euro, per una previsione 2016 pari a 28,53 mln di euro (la Nota di variazione, disponendo un decremento di 0,30 mln di euro, porta l’importo a 28,23 mln di euro). Inoltre, è prevista una spesa pari a 28,47 mln di euro per il 2017 (la Nota di variazione, disponendo un decremento di 0,30 mln di euro, porta l’importo a 28,17 mln di euro) e a 28,43 mnl di euro per il 2018 (la Nota di variazione, disponendo un decremento di 0,32 mln di euro, porta l’importo a 28,11 mln di euro).

Missione n. 33 – Fondi da ripartire (somme interamente assorbite dal programma 33.1 denominato “Fondi da assegnare”)

 

Dati in milioni di euro

previsione iniziale 2015

10,96

previsioni assestate 2015

8,77

variazioni proposte

10,06

previsione 2016 risultante

18,83

Nota di variazione

-3,25

Previsione 2016 definitiva

15,58

previsioni 2017

15,63

Nota di variazione

-0,05

previsione 2017 definitiva

15,58

previsione 2018

15,63

Nota di variazione

-0,06

previsione 2018 definitiva

15,57

 

Più in generale, la tabella seguente dà conto dell'andamento delle spese a partire dal rendiconto 2014.

 

Spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

(milioni di euro, comprensive, per il triennio 2016-2018, della nota di variazione)

 

Rendiconto 2014

Previsioni 2015

Previsioni Ass. 2015

Var.%

Previsioni 2016

Var.%

Previsioni 2017

Previsioni 2018

 

 

(a)

(b)

(b/a - 1)

(c)

(c/b - 1)

 

 

Spese correnti

116.931,86

128.428,10

131.500,27

0,024

117.820,26

-0,104

123.896,83

124.077,74

Spese c/cap.

15,89

113,16

113,16

0,000

9,54

-0,916

9,53

9,62

TOTALE

116.947,75

128.541,26

131.613,43

0,024

117.529,80

-0,108

123.906,36

124.087,36

 


 

Conto dei Residui

La consistenza dei residui passivi presunti al 1° gennaio 2015 è stata valutata complessivamente in 12.298,66 mln. di euro, di cui 12.294,47 mln. di parte corrente e 4,19 mln. in conto capitale. A fronte di una previsione assestata 2015 pari a 17.464,19 mln di euro (di cui 17.459,90 mln di parte corrente e 4,29 mln in conto capitale) è stato proposto un decremento pari a 614,64 mln di euro (interamente per la parte corrente). Pertanto, l’importo per il 2016 è pari a 16.849,55 mln di euro (di cui 16.845,25 mln di parte corrente e 4,29 mln in conto capitale). Nella nota di variazioni non è stata proposta, per il 2016, nessuna variazione.

Bilancio di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (tabella n. 2) - voci di interesse della Commissione Lavoro

Si segnala, infine, che nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze:

§  nell’ambito della Missione n. 17 (24 dell’elenco generale) “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia”:

à   il programma n. 24.5 (codice 17.1 della nomenclatura del Ministero dell’economia e delle finanze) denominato “Protezione sociale per particolari categorie”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 5.031,04 mln di euro, presenta un decremento di 392,62 mln di euro, per cui la previsione 2016 è pari a 4.638,42 mln di euro. Inoltre, sono presenti importi pari a 4.599,06 mln di euro per il 2017 e 2018. In seguito alla Nota di variazione, gli importi risultano pari a 5.072,32 mln di euro per il 2016, 4.598,96 mln di euro per il 2017 e 4.594,77 mln di euro per il 2018;

à       il programma n. 24.8 (codice 17.4 della nomenclatura del Ministero dell’economia e delle finanze) denominato “Promozione e garanzia dei diritti e delle pari opportunità”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 89,54 mln di euro, presenta un incremento di 23,20 mln di euro, per cui la previsione 2016 è pari a 112,75 mln di euro. Sono inoltre previsti importi di 105,61 mln di euro per il 2017 e 30,68 mln di euro per il 2018. In seguito alla Nota di variazione, gli importi risultano pari a 55,98 mln di euro per il 2016, 48,83 mln di euro per il 2017 e 27,21 mln di euro per il 2018;

§  nell’ambito della Missione n. 18 (25 dell’elenco generale) “Politiche previdenziali”, il programma n. 25.2 denominato “Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale – trasferimenti agli enti ed organismi interessati”, a fronte di una previsione assestata 2015 pari a 12.721,11 mln di euro, presenta un decremento di 35,29 mln di euro, per cui la previsione 2016 è pari a 12.685,81 mln di euro. Inoltre, è prevista una spesa pari a 12.643,87 mln di euro per il 2017 e di 12.646,94 mln di euro per il 2018. La Nota di variazione  non comporta modifiche alle somme per il 2016 e 2017, mentre per il 2018 l’importo risulta essere pari a 12,65 mln di euro;

§  nell’ambito della Missione n. 19 (26 dell’elenco generale) “Politiche per il lavoro”, il programma n. 26.2 denominato “Infortuni sul lavoro”, che presenta un importo pari a 5,83 mln di euro anche nelle previsioni assestate 2015 e per il triennio 2016-2018 (non essendoci variazioni).

 



[1]     Si ricorda che l’articolo 21, comma 1, del D.L. n. 201/2011 ha soppresso, dal 1° gennaio 2012, l’INPDAP e l’ENPALS, con conseguente trasferimento delle funzioni all’INPS.

[2] “Ristrutturazione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.

[3]     Si ricorda, in proposito, che l’articolo 24 del D.Lgs. 150/2009 non permette più alle P.A. di bandire concorsi interni, ma autorizza solamente concorsi con una riserva non superiore al 50% a favore del personale interno.

[4] Riguardo alla nozione di contratto di somministrazione, cfr. l’art. 1559 del codice civile.

[5]     La modifica è intesa a tener conto dei cambiamenti di numerazione avvenuti all'interno del suddetto testo unico.

[6]     Per la nozione di familiari, resta fermo il rinvio all'art. 12 del medesimo testo unico, e successive modificazioni.

[7]     Anche in tal caso, le norme in esame fanno rinvio, per la nozione di familiari, al citato art. 12 del testo unico, e successive modificazioni.

[8]     In base a quanto disposto dal D.M. 22 ottobre 2012, il congedo obbligatorio è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice, in aggiunta ad esso, mentre la fruizione del congedo facoltativo di uno o due giorni, che può avvenire anche contemporaneamente all'astensione della madre, è condizionata alla scelta della madre lavoratrice di non fruire di altrettanti giorni del proprio congedo di maternità, con conseguente anticipazione del termine finale del congedo post-partum della madre per un numero di giorni pari al numero di giorni fruiti dal padre. Inoltre, gli istituti del congedo obbligatorio e facoltativo si applicano anche in caso di adozione o affidamento e il congedo obbligatorio è riconosciuto anche al padre lavoratore che ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.

[9]     Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[10]   La norma, in particolare, fa riferimento alle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 1, comma 188, della L. 266/2005, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tale comma ha salvaguardato, per gli enti di ricerca ed altri istituti (I.S.S., I.N.A.I.L., AGE.NA.S., A.I.F.A., A.S.I., E.N.E.A., A.g.I.D.), nonché per le università e le scuole superiori ad ordinamento speciale e per gli istituti zooprofilattici sperimentali, le assunzioni a tempo determinato e la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per l'attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica (ovvero di progetti finalizzati al miglioramento di servizi anche didattici per gli studenti) i cui oneri non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del Fondo ordinario per gli enti di ricerca o del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, fatta eccezione per quelli finanziati con le risorse premiali di cui all'articolo 4, comma 2, del D.Lgs. 213/2009.

[11]   Merita segnalare che il comma 2 dell’articolo 4, del d.lgs. n.213/2015, il quale prevedeva (dal 2011) che una quota non inferiore al 7% del fondo ordinario per gli enti di ricerca fosse destinata al finanziamento premiale di specifici programmi e progetti, anche congiunti, proposti dagli enti stessi, è stato di fatto abrogato dall’articolo 23, comma 2, del D.L. 104/2013.

[12]   Più specificamente, l’articolo 2, commi 1 e 4, del D.Lgs. 81/2015 ha stabilito che dal 1° gennaio 2016, si applichi la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretizzino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Tale disposizione tuttavia, non trova applicazione (comma 4) nei confronti delle pubbliche amministrazioni, fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle stesse. In ogni caso, dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione in precedenza richiamati.

[13]   Per quanto riguarda la materia del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, l’articolo 17 della L. 124/2015 contiene una serie di interventi volti alla riorganizzazione delle amministrazioni nell'ottica di una maggiore efficienza. Tra gli interventi principali si evidenzia, in primo luogo, l'accentramento dei concorsi per tutte le amministrazioni pubbliche, nonché l'inserimento nei concorsi pubblici di meccanismi di valutazione per valorizzare l'esperienza professionale acquisita da soggetti titolari di rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche. Altrettanto significativo risulta il progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni, anche al fine di facilitare i processi di mobilità; la semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici; l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare degli stessi nonché il rafforzamento del regime di responsabilità dei dirigenti, attraverso l'esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo-contabile per l'attività gestionale. Ulteriori interventi, infine, concernono: l'individuazione delle forme di lavoro flessibile permesse; la riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia; la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo e la nomina (nelle p.a. con più di 200 dipendenti) di un responsabile dei processi di inserimento negli ambienti di lavoro dei lavoratori con disabilità.

[14]   Il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001 è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d’Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[15]   Nell'ambito della riforma degli enti locali disposta dalla L. 56/2014, la L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto disposizioni volte a definire le procedure di mobilità del personale. In particolare, i commi da 421 a 428 dell'articolo 1 dispongono, in primo luogo, la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane (che comunque possono deliberare una riduzione superiore - nel rispetto di divieti specificamente individuati per le province delle regioni a statuto ordinario - a decorrere dal 1° gennaio 2015) con la contestuale definizione di un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione (comma 421). Sul tema, si ricorda che con Circolare del 29 gennaio 2015, n. 1, il Dipartimento della funzione pubblica ha definito le linee guida per l'attuazione delle disposizioni in materia di personale e di altri profili connessi al riordino delle funzioni delle province e delle città metropolitane. Si segnala, inoltre, che il Dipartimento della funzione pubblica, con Nota del 27 marzo 2015, ha fornito indicazioni tecniche in merito ad alcuni aspetti segnalati dalle amministrazioni come particolarmente rilevanti nell'applicazione della disciplina in materia di ricollocazione del personale delle province e delle città metropolitane. Nel testo della citata Nota si fa riferimento alla conclusione della fase istruttoria relativa al decreto di cui all'art. 29-bis del D.Lgs. 165/2001, che definisce le tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti, al fine di favorire i processi di mobilità fra i comparti di contrattazione del personale delle PP.AA.. Con il D.P.C.M. 26 giugno 2015 sono state definite le tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione del personale non dirigenziale.

[16]   L’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 chiarisce che per amministrazioni pubbliche debbono intendersi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300 del 1999.

[17]   Procedure stabilite, da ultimo, dal D.M. 14 febbraio 2014 (G.U. n.89 del 16 aprile 2014).

[18]   La Relazione tecnica chiarisce che la consuntivazione ha riguardato, in realtà, solo le salvaguardie “chiuse” (ossia quelle per le quali la certificazione del diritto può ancora avvenire), con esclusione, quindi, della sesta (di cui alla legge n.147/2014) e, in parte, della seconda (di cui all’articolo 22, comma 1, lettera a), del D.L. n.96/2012).

[19]   Per un quadro aggiornato e i report periodici di monitoraggio si rinvia alla apposita sezione del sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali:
http://www.lavoro.gov.it/PerSaperneDiPiu/LavoratoriSalvaguardati/Pages/default.aspx

[20]   Cfr. le circolari INPS nn. 35 e 37 del 2012.

[21]   Ferma restando - come confermato dal messaggio INPS n. 9231 del 2014 - l'ipotesi di una decorrenza concreta successiva al 2015, in base all'eventuale "posticipo" del pensionamento da parte della lavoratrice rispetto alla prima data possibile.

[22]   Per le lavoratrici dipendenti del settore privato che siano iscritte alle forme pensionistiche relative a pubblici dipendenti, il requisito è pari a 66 anni e 7 mesi per l'intero triennio 2016-2018.

[23]   Il predetto importo soglia era pari, per l'anno 2012, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale ed è annualmente rivalutato sulla base della variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare. Il medesimo importo soglia non può, in ogni caso, essere inferiore, per un dato anno, a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale stabilito per il medesimo anno.

Si prescinde dal predetto requisito di importo minimo se in possesso di un'età anagrafica pari ad almeno 70 anni, e sempre che si possieda un'anzianità contributiva effettiva di almeno 5 anni.

[24]   Riguardo alle entrate contributive in oggetto, cfr. l'art. 5 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150.

[25]   Si ricorda che la perequazione automatica fa riferimento (ai sensi dell'art. 34, comma 1, della L. 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni) all'importo complessivo di tutti i trattamenti pensionistici del soggetto e viene attribuita sulla base della variazione del costo della vita, con cadenza annuale e con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. Più in particolare, la rivalutazione si commisura al rapporto percentuale tra il valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all'anno di riferimento e il valore medio del medesimo indice relativo all'anno precedente. Ai fini dell'applicazione del meccanismo di rivalutazione, si tiene conto altresì dell'importo degli assegni vitalizi derivanti da uffici elettivi.

[26]   Per il 2014, in base ad una norma transitoria specifica, la perequazione non è stata riconosciuta per la fascia di importo dei trattamenti pensionistici superiore a 6 volte il minimo.

[27]   Secondo la disciplina di cui al D.Lgs. 21 aprile 2011, n. 67.

[28]   Cfr. l'A.S. n. 2111.

[29]   Il beneficio non è cumulabile con le detrazioni spettanti per i redditi da lavoro dipendente e per alcune delle categorie di redditi assimilati al lavoro dipendente.

[30]   Il D.Lgs. 148/2015, attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014 (cd. Jobs act), al fine di razionalizzare la normativa in materia, ha riunificato la disciplina degli strumenti di tutela del reddito operanti in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, contratti di solidarietà e fondi di solidarietà bilaterali), con contestuale abrogazione di tutte le disposizioni previgenti.

[31]   Si ricorda che in attuazione della delega legislativa conferita dell’articolo 1 della L. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro), con il D.Lgs. n. 67/2011 è stata introdotta una disciplina normativa relativa al pensionamento dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti. Gli oneri derivanti dall’attuazione del citato D.Lgs. 67/2011 sono coperti a valere sulle risorse dell’apposito Fondo (come disposto dall’art. 7, c. 1, del medesimo D.Lgs. 67/2011 e pari a 233 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015). Al riguardo si segnala che la relazione tecnica al disegno di legge in esame afferma che “il predetto fondo presenta le necessarie disponibilità in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto. Infatti, nel breve periodo gli oneri connessi all'attuazione del citato decreto legislativo sono previsti inferiori allo stanziamento e pertanto la riduzione di 150 mln di euro per l'anno 2016, dalla quale consegue una minore spesa pensionistica rispetto a quanto programmato per tale anno, non compromette l'erogazione dei benefici previsti (a fronte di uno stanziamento a normativa vigente di 233 mln di euro per l'anno 2016 le previsioni aggiornate indicano una spesa effettiva per l'anno 2016 inferiore, pertanto mantenendo dovuti criteri di prudenzialità risulta comunque plausibile la riduzione indicata ai fini della copertura, che ridetermina la dimensione del fondo in 83 mln di euro per l'anno 2016. In ogni caso si fa presente che gli oneri per anticipo di trattamenti pensionistici per i c.d. lavori usuranti sono previsti comunque in crescita: pertanto l'eccedenza di stanziamento, cui si è potuto accedere per l'anno 2016, ha dimensione decrescente negli anni successivi in ragione dell'incremento di spesa previsto per il riconoscimento dei benefici di cui al dlgs n. 67/2011 a seguito della progressiva maturazione dei requisiti di accesso ai benefici stessi da parte dei lavoratori interessati)”. Si fa altresì presente che una ulteriore copertura a valere sul Fondo per i lavori usuranti è prevista anche all’articolo 19, comma 4, del disegno di legge in esame (Riduzione della pressione fiscale per i pensionati), per un importo di 140 milioni di euro per l'anno 2017, 110 milioni di euro per l'anno 2018, 76 milioni di euro per l'anno 2019 e 30 milioni di euro per l'anno 2020.

[32]   Adottato ai sensi dell’art. 4, c. 2, del D.L. 54/2013 che demanda a un decreto interministeriale (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze), previo parere della Conferenza Stato-regioni, nonché delle competenti Commissioni parlamentari, e sentite le parti sociali, la determinazione, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati, dei criteri per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, con particolare riferimento ai termini di presentazione delle relative domande, a pena di decadenza, alle causali di concessione, ai limiti di durata e reiterazione delle prestazioni anche in relazione alla continuazione rispetto ad altre prestazioni di sostegno del reddito, alle tipologie di datori di lavoro e lavoratori beneficiari.

[33]   Si ricorda che il trattamento di mobilità in deroga non sarà in ogni caso più erogato dal 1° gennaio 2017 in quanto sostituito, ai sensi dell’art. 2 della L. 92/2012,  dall’ASpI (Assicurazione sociale per l’impiego) e, a decorrere dal 1° maggio 2015, dalla NASpI (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego), istituita dal D.Lgs. 22/2015 in materia di riordino della normativa sugli  ammortizzatori sociali (attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, cd. Jobs act).

[34]   Il campo territoriale di applicazione del D.P.R. 218/1978 (art. 1) è costituito dalle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, dalle province di Latina e di Frosinone, dai comuni della provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, dai comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto, dai comuni della provincia di Roma compresi nella zona della bonifica di Latina, dall'Isola d'Elba, nonché dagli interi territori dei comuni di Isola del Giglio e di Capraia Isola.

[35]   L'articolo 18, comma 1, del D.L. n. 185/2008 ha previsto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture) provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi, tra cui il Fondo sociale per occupazione e formazione (gli altri fondi sono il Fondo infrastrutture e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). Nel Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione, nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Si ricorda che, con l'articolo 18 del D.L. n. 185/2008, si è inteso, più in generale, perseguire l'obiettivo di concentrare le risorse che risultino disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale attuale, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell'economia italiana, quali le opere pubbliche e l'emergenza occupazionale.

[36]   Istituita con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 maggio 1997 per la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione di attività ed interventi finalizzati allo sviluppo dell'occupazione sull'intero territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree territoriali depresse ed ai soggetti svantaggiati del mercato del lavoro, Italia Lavoro viene successivamente configurata come Agenzia di Promozione di Lavoro e di Impresa a seguito dell’attuazione del D.Lgs. 468/1997 e del D.M. 24 febbraio 1998. Alla società viene poi attribuito, con il D.I. 21 maggio 1998, il ruolo di organo tecnico specifico per fornire supporto agli enti locali al fine di attuare interventi di politiche attive per il Lavoro ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del D.Lgs 468/97. Le azioni che deve svolgere Italia Lavoro, secondo quanto stabilito dalla Direttiva del Ministro del Lavoro del 20 luglio 2000, riguardano la disoccupazione di lunga durata nei suoi vari aspetti ed in modo particolare riferita all’esperienza dei LSU, fasce deboli del mercato del lavoro, territori ad elevata disoccupazione, processi di riorganizzazione della gestione del mercato del lavoro.

[37]   Si ricorda che la Corte costituzionale, con la recente sentenza 178/2015, si è espressa sulla costituzionalità delle norme temporanee di contenimento della spesa per il personale delle P.A. disposte dall’articolo 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del D.L. 78/2010 e dall’articolo 16, comma 1, lettere b) e c), del D.L. 98/2011, più volte prorogate, per effetto delle quali è stata bloccata la contrattazione collettiva e sono stati posti limiti all’incremento della retribuzione nel lavoro pubblico. In realtà, la Corte costituzionale si era già pronunciata in due differenti occasioni sulla prima delle normative impugnate (blocco della contrattazione collettiva), respingendo in entrambi i casi le censure di illegittimità costituzionale delle misure di contenimento della spesa pubblica e di stabilizzazione finanziaria in esso contenute (Sentenze 310/2013 e 219/2014, relative, rispettivamente, alla posizione retributiva e contrattuale dei docenti e ricercatori universitari e dei docenti delle scuole secondarie). Con la sentenza n. 178/2015, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato, respingendo le restanti censure proposte, in sostanza ritenendo valido il criterio dell’equilibrio di bilancio (di cui all’articolo 81 Costituzione), ma solo temporaneamente. In particolare, la Corte si è pronunciata sui richiamati provvedimenti uniti nel loro scopo di contenimento della spesa pubblica, ma regolati temporalmente in maniera diversa (infatti, la loro scadenza temporale, in origine fissata per entrambi al 2013, si è successivamente diversificata, risultando al 2014 per il blocco delle retribuzioni e al 2018 per la contrattazione collettiva). In relazione a ciò, la Corte ha salvato le norme che fino al 31 dicembre 2014 hanno bloccato i trattamenti individuali dei lavoratori pubblici, e ha considerato illegittime quelle (reiterate più volte, tanto da assumere, secondo la Corte, un carattere strutturale e non più contingente) relative al blocco della contrattazione collettiva.

[38]   Tali oneri sono individuati ai sensi dell’articolo 48, comma 1, del D.Lgs. 165/2001, che stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze quantifichi, in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di programmazione e di bilancio individuati dalla L. 196/2009, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge di stabilità. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione integrativa delle amministrazioni dello Stato.

[39]   Si tratta del personale individuato dal D.Lgs. 195/1995, cioè il personale delle Forze di polizia, anche ad ordinamento militare e delle Forze armate, esclusi i rispettivi dirigenti civili e militari ed il personale di leva nonché quello ausiliario di leva.

[40]   Il personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001 è costituito dalle seguenti categorie: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato, personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, personale della carriera dirigenziale penitenziaria, professori e ricercatori universitari, nonché il personale della Banca d’Italia, della Consob e della Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[41]   Si ricorda che ai sensi dell’articolo 11, comma 3 della L. 196/2009, la legge di stabilità contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato dal bilancio pluriennale (ma non può contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, né interventi di natura localistica o microsettoriale). In particolare, essa indica, tra gli altri, l'importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego (ai sensi dell'articolo 48, comma 1, del D.Lgs. 165/2001) ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico. Il richiamato importo, inoltre, per la parte non utilizzata al termine dell'esercizio, è conservato nel conto dei residui fino alla sottoscrizione dei relativi contratti di lavoro o all'emanazione dei provvedimenti negoziali.

[42]   Si rinvia alla scheda relativa all’articolo 21, commi 10-11, per la puntuale elencazione degli enti e delle amministrazioni richiamate all’art.70, co.4, del decreto legislativo n.165/2001.

[43]   Sul punto, si rinvia alla scheda sui commi 125 e 126 in materia di limitazioni al  turn over nella P.A.

[44]   Nell’interrogazione 3/01431 alla Camera dello scorso aprile il Governo ha sottolineato che “con essa si è concordato che le funzioni gestionali e i relativi oneri finanziari sono trasferiti dallo Stato alle due province autonome di Trento e Bolzano e alla regione Lombardia, e che la stessa intesa acquisterà efficacia con l'entrata in vigore delle norme di attuazione previste dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dall'atto legislativo di recepimento per la regione Lombardia”.

[45]   L’articolo 97 Cost. prevede che «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

[46]   Al riguardo si ricorda che i richiamati articoli 23-bis e 23-ter avevano inizialmente prescritto che il trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione costituisse il parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque ricevesse, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate. La determinazione puntuale del limite massimo era stata rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (il D.P.C.M. del 23 marzo 2012 aveva quantificato in 293.658,95 euro tale limite, mentre per il 2014, secondo la comunicazione della Funzione pubblica del 3 febbraio 2014, la retribuzione-soglia era stata fissata a 311.658,53 euro).

[47]   L’articolo 65 della L. 153/69 dispone che i soggetti richiamati compilino annualmente un piano di impiego dei fondi disponibili (ossia le somme eccedenti la normale liquidità di gestione), approvato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Se non per particolari esigenze di bilancio, la percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare il 40%, né essere inferiore al 20% dei fondi disponibili. Anche i piani relativi agli investimenti immobiliari devono essere approvati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[48]   L’articolo 53 del D.L. 5/2012 prevede l’approvazione di un “Piano nazionale di edilizia scolastica” entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore (comma 1) e, nelle more dell’approvazione di tale Piano, di un “Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici” (comma 5).

In particolare il comma 5 ha individuato i seguenti interventi urgenti da attuare nelle more della definizione e approvazione del Piano nazionale:

·     approvazione, da parte del CIPE (su proposta dei Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata), di un Piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici, anche favorendo interventi diretti al risparmio energetico e all’eliminazione delle locazioni a carattere oneroso, nell’ambito delle risorse assegnate al Ministero dell’istruzione dall’art. 33, comma 8, della L. 183/2011 e pari a 100 milioni di euro per l’anno 2012. Tale Piano non è ancora stato approvato;

·     applicazione anche nel triennio 2012-2014 delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 626, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), con estensione dell’ambito di applicazione alle scuole primarie e dell’infanzia, subordinatamente al rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica. Si ricorda che il citato comma 626, nella logica degli interventi per il miglioramento delle misure di prevenzione di cui al D.Lgs. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), ha previsto la definizione, in via sperimentale per il triennio 2007-2009, da parte dell’INAIL, d'intesa con i Ministri del lavoro e dell’istruzione e con gli enti locali competenti, di indirizzi programmatici per la promozione ed il finanziamento di progetti degli istituti di istruzione secondaria di primo grado e superiore per l'abbattimento delle barriere architettoniche o l'adeguamento delle strutture alle vigenti disposizioni in tema di sicurezza e igiene del lavoro. Lo stesso comma ha demandato all’INAIL la determinazione dell'entità delle risorse da destinare annualmente alle finalità di cui al comma, la definizione dei criteri e delle modalità per l'approvazione dei singoli progetti, nonché l’approvazione dei finanziamenti dei singoli progetti. In attuazione di tale disposizione la delibera del Consiglio di Indirizzo e di Vigilanza dell'INAIL n. 8 del 3 aprile 2007 ha determinato in 100 milioni di euro per il triennio 2007/2009 l'entità delle risorse da destinare alle finalità di cui al citato comma 626.

[49]   In base al medesimo comma 158, i canoni di locazione da corrispondere all'I.N.A.I.L. sono posti a carico dello Stato nella misura di € 3 mln per il 2016, di € 6 mln per il 2017 e di € 9 mln annui dal 2018. Tali risorse sono allocate sul nuovo cap. 1248 (dovrebbe trattarsi dei canoni di locazione da versare all’INAIL nel caso in cui l’Istituto, nell’ambito dei piani di investimento effettuati, acquisti l’immobile adibito a scuola e lo dia in locazione alla stessa).

[50]   In particolare, il D.M. prevede che le regioni interessate dovevano selezionare le manifestazioni di interesse, fino ad un massimo di cinque interventi, e dovevano trasmetterle al MIUR entro il 15 ottobre 2015. Prevede, altresì, che la Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale fornisce alle regioni indicazioni operative sulle modalità di acquisizione degli interventi dalle stesse selezionati.

[51]   Il richiamato articolo 1, comma 202, ha istituito il Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica con uno stanziamento di € 0,1 mln per il 2015, di € 0,5 mln per il 2016, di € 104,0 mln per il 2017, di € 69,9 mln per il 2018, di € 47,1 mln per il 2019, di € 43,5 mln per il 2020, di € 48,1 mln per il 2021, di € 56,7 mln per il 2022 e di € 45 mln annui a decorrere dal 2023 (le relative risorse sono allocate sul cap. 1285). Al riparto del Fondo si provvede con decreto interministeriale MIUR-MEF, che può destinare un importo fino a un massimo del 10% ai servizi istituzionali e generali dell'amministrazione per le attività di supporto al sistema di istruzione scolastica.

[52]   Il comma 314 della L. 190/2014 interviene su alcune misure per l’emersione di base imponibile che prevedono l’utilizzo, da parte dell’Agenzia delle entrate, di specifiche informazioni per le analisi del rischio di evasione e per la semplificazione degli adempimenti dei cittadini in relazione alla compilazione della dichiarazione sostituiva unica (DSU) finalizzata al calcolo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). In seguito alle modifiche, le informazioni comunicate dagli operatori finanziari sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per le analisi del rischio di evasione, inoltre è stata prevista l’integrazione delle informazioni utilizzate ai fini della compilazione della DSU con il dato del valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari e postali.

[53]   Si ricorda che l’articolo 12, comma 9, del disegno di legge di stabilità per il 2016 ha previsto una riduzione del finanziamento del Fondo pari a 344,7 mln di euro per il 2016, 325,8 mln per il 2017, 320,4 mln per il 2018, 344 mln per il 2019, 329 mln per il 2020, 310 mln per il 2021 e 293 mln a decorrere dal 2022;

[54]   Variazione proposta in relazione alla L. 30 marzo 2001, n.152, recante nuova disciplina per gli istituti di patronato e assistenza sociale. Si ricorda, inoltre, che l’articolo 33, comma 11, del disegno di legge di stabilità per il 2016 ha previsto una riduzione, con effetto sui finanziamenti a decorrere dall'anno 2016, da 0,207 a 0,183 punti percentuali del valore dell'aliquota di finanziamento dei suddetti istituti, mentre, con effetto dall'esercizio finanziario 2017, è stata ridotta - da 72 a 60 punti percentuali - l'aliquota per la determinazione provvisoria del finanziamento in oggetto;

[55]   Il Fondo era stato istituito dall’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011, con una dotazione iniziale, per il 2015, di 240 milioni di euro. Successivamente, lo stanziamento 2015 è stato ridotto da una serie di provvedimenti (articolo 2, commi 19, 29 lettera b), 23 e 56 del D.L. 95/2012 con riduzione complessivamente pari a 125 milioni; articolo 3, comma 17, del D.L. 95/2012, con riduzione per complessivi 28 milioni; articolo 4, comma 24, del D.L. 95/2012, con riduzione per 65 milioni). Le previsioni 2015 (confermate dall’assestamento) prevedevano uno stanziamento quindi pari a 20 milioni di euro. Con il D.M. 5 ottobre 2012 sono stati definiti i criteri e le modalità istitutive del richiamato Fondo, nonché le risorse (euro 196.108.953,00 per il 2012 ed euro 36.000.000 per il 2013) destinate agli incentivi per la creazione di rapporti di lavoro stabili, ovvero di maggiore durata, di giovani e donne. Successivamente, le risorse del Fondo sono state utilizzate in pratica per le 2 misure sperimentali, in materia di maternità e paternità (per il triennio 2013-2015), con l’obiettivo di dare sostegno alla genitorialità, e consistenti nell'obbligo per il padre lavoratore dipendente, entro i 5 mesi dalla nascita del figlio, di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno; e nella corresponsione di voucher alla madre lavoratrice per l’acquisto di servizi di baby-sitting ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, di cui usufruire al termine del periodo di congedo di maternità e per gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale.

[56]   Variazione proposta in relazione all'applicazione dell'art. 44, comma 7, del D.Lgs. 148/2015.

[57]   Variazione proposta in relazione all'applicazione dei DD.LLggss. 22 e 148 del 2015.

[58]   Variazione proposta in relazione all'applicazione dell'articolo 15 del D.Lgs. 22/2015.