Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento lavoro | ||
Titolo: | Riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali - schema di D.Lgs n. 135, L. 183/2014 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 138 | ||
Data: | 16/01/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XI-Lavoro pubblico e privato |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Riordino della
normativa in materia di ammortizzatori sociali Schema di D.Lgs. n. 135 |
(art. 1, L.
183/2014) |
Schede di
lettura |
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n. 138 |
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16 gennaio 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Lavoro ( 066760-4974/ 066760-4884 – * st_lavoro@camera.it |
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La
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File:
LA0371.docx |
INDICE
§ PREMESSA
§ Titolo III (Assegno di disoccupazione (ASDI))
§ Titolo IV (Contratto di ricollocazione)
§ Titolo V (Disposizioni finanziarie e finali)
Lo schema di decreto legislativo n.135 è adottato in attuazione dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge n. 183/2014, che
ha delegato il Governo, “allo scopo di assicurare, in caso di disoccupazione
involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori,
di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e di
favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del
lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le
procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro”, ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su
proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi
finalizzati al riordino della normativa
in materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei
diversi settori produttivi e, in particolare, della lettera b),
Tale disposizione, con riferimento con riferimento agli strumenti di sostegno in caso di
disoccupazione involontaria, ha stabilito i seguenti principi e criteri direttivi:
1) rimodulazione dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI), con
omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai
trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia
contributiva del lavoratore;
2) incremento della durata massima per i lavoratori con carriere
contributive più rilevanti;
3) universalizzazione del campo di applicazione dell'ASpI, con estensione
ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino
al suo superamento, e con l'esclusione degli amministratori e sindaci, mediante
l'abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito, l'eventuale
modifica delle modalità di accreditamento dei contributi e l'automaticità delle
prestazioni, e prevedendo, prima dell'entrata a regime, un periodo almeno
biennale di sperimentazione a risorse definite;
4) introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;
5) eventuale introduzione, dopo la fruizione dell'ASpI, di una prestazione,
eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in
disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell'indicatore
della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di
partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti.
Con riguardo ai principi
e criteri direttivi di cui ai nn.1 e 2), si osserva che il provvedimento
(all’articolo 5) commisura la durata della NASpI alla pregressa storia
contributiva del lavoratore limitatamente a un periodo massimo di quattro anni;
non prevede, inoltre, alcun incremento per i lavoratori con carriere
contributive più rilevanti[1].
Per quanto riguarda i
principi e criteri direttivi di cui al n.3), si osserva in primo luogo che il
provvedimento, all’articolo 15, non estende la NASpI ai lavoratori con
contratto di collaborazione coordinata e continuativa (come richiesto dalla
legge delega), ma introduce una indennità diversa (per requisiti, durata e
finanziamento[2]) denominata DIS-COLL;
inoltre, il provvedimento si limita di fatto a sospendere, fino al 31 dicembre
2015, l’efficacia delle disposizioni che attualmente disciplinano gli
ammortizzatori sociali (ASpI, mini-ASpI e indennità una tantum per i collaboratori)
che esso intende superare, prevedendo un periodo di sperimentazione più breve
(di otto mesi per la NASpI e di un anno per la DIS-COLL) rispetto a quello richiesto
dalla legge-delega; infine, non è disposta (come richiesto dalla legge-delega)
l'abrogazione delle disposizioni vigenti che regolamentano gli attuali strumenti di sostegno del reddito.
Lo schema di decreto legislativo è adottato, inoltre, per quanto
concerne il contratto di ricollocazione (di
cui all’articolo 17 del provvedimento), in
attuazione dell’articolo 1, comma 4, lettera p), della legge n. 183/2014, che ha delegato il Governo alla
“introduzione di princìpi di politica attiva del lavoro che prevedano la
promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona
inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto
produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione
che vedano come parte le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati,
con obbligo di presa in carico, e la previsione di adeguati strumenti e forme
di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte
dell'effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi
regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica statale o regionale”.
Per l’attuazione di tale disposizione l’articolo 1, comma 4, della legge
delega prevede (diversamente dall’articolo 1, comma 1, di cui si è detto in
precedenza) la “previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome”. Al riguardo si segnala che lo schema di decreto legislativo è
stato trasmesso privo della prescritta
intesa, che il Ministro per i rapporti con il Parlamento si è riservato
(come indicato nella lettera di trasmissione) di trasmettere non appena sarà
acquisita.
Per quanto riguarda le modalità di esercizio della delega, il comma 10 prevede che il decreto legislativo venga adottato nel
rispetto della procedura di cui all’articolo 14 della legge n.400 del 1988[3].
Il comma 11 dispone che lo
schema di decreto legislativo debba essere corredato di relazione tecnica (che dia conto della neutralità finanziaria dei
medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei
corrispondenti mezzi di copertura). Lo schema di decreto, a seguito di deliberazione
preliminare del Consiglio dei ministri, è trasmesso alla Camera dei deputati e
al Senato della Repubblica perché su di esso siano espressi, entro trenta
giorni dalla data di trasmissione, i pareri
delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili
finanziari. Decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza dei
pareri.
Il parere parlamentare dovrà pertanto essere espresso entro il 12 febbraio 2015.
Il comma 12 prevede che
dall'attuazione delle deleghe non devono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale
fine, per gli adempimenti previsti dai decreti legislativi attuativi, le
amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle
ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione
alle medesime amministrazioni. Si prevede, inoltre, che qualora uno o più
decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino
compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano
nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente
all'entrata in vigore dei provvedimenti
legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti
risorse finanziarie[4].
Il comma 13 prevede che entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, nel
rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il
Governo può adottare, con la medesima procedura di cui ai commi 1 e 2, disposizioni integrative e correttive
dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo
emerse.
Il comma 15 prevede che le
legge e i decreti legislativi di attuazione entrino in vigore il giorno
successivo a quello della loro pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Lo schema di decreto legislativo si compone di 19 articoli, suddivisi in 5 Titoli,
riguardanti, rispettivamente, la Nuova Assicurazione sociale per l’impiego
(Titolo I, articoli 1-14), l’Indennità di disoccupazione per i collaboratori
(Titolo II, articolo 15), l’Assegno di disoccupazione (Titolo III, articolo
16), il Contratto di ricollocazione (Titolo IV, articolo 17) e le disposizioni
finanziarie e finali (Titolo V, articoli 18-19).
Il Titolo I (articoli 1-14) disciplina la Nuova Assicurazione sociale per l’impiego.
Nel commento che segue si illustra il contenuto delle disposizioni
contenute nel provvedimento. Per un raffronto puntuale tra queste e la
normativa vigente in materia di ASpI e mini-ASpI si rinvia alla apposita tabella comparativa e alla scheda sulla normativa vigente (v.oltre).
L’articolo 1 istituisce, a
decorrere dal 1° maggio 2015, una
nuova indennità mensile di disoccupazione, denominata nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (NASpI),
che sostituisce le prestazioni di ASpI e
mini-ASpI, previste dalla normativa vigente.
L’articolo 2 individua i destinatari
della nuova indennità nei lavoratori
dipendenti, con esclusione dei lavoratori a tempo indeterminato delle
pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli.
L’articolo 3 finisce i requisiti per il riconoscimento della nuova
indennità. La NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perso la
propria occupazione involontariamente, i quali presentino congiuntamente i
seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere, nei
quattro anni precedenti, almeno 13
settimane di contribuzione; possano far valere 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono l’inizio del
periodo di disoccupazione. La NASpI è riconosciuta, inoltre, ai lavoratori
il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni per giusta causa
o per risoluzione consensuale.
L’articolo 4 individua i criteri per il calcolo e la misura
dell’indennità. La NASpI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini
previdenziali degli ultimi quattro anni,
divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero
4,33. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia inferiore nel 2015
all’importo di 1195 euro, l’indennità è pari al 75 per cento della retribuzione. L’indennità non può in ogni caso
superare nelle 2015 l’importo massimo mensile
di € 1300 mensili. L’indennità è ridotta progressivamente nella misura del
3% al mese dal primo giorno del quarto mese di fruizione[5].
L’articolo 5 prevede che la
NASpI venga corrisposta mensilmente per
un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli
ultimi quattro anni. Ai fini del calcolo della durata non sono computati i
periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione di prestazioni di
disoccupazione. Per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 2017 la durata della prestazione è limitata a un
massimo di 78 settimane.
L’articolo 6 dispone che la domanda per accedere alla NASpI debba
essere presentata all’INPS in via telematica entro 68 giorni dalla cessazione
del rapporto di lavoro; la NASpI spetta a decorrere dall’ottavo giorno
successivo alla cessazione del rapporto di lavoro o, qualora la domanda sia
presentata successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla
presentazione della domanda.
L’articolo 7 prevede che
l’erogazione della NASpI è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi
di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti, nonché
al rispetto delle ulteriori misure volte a condizionare la fruizione
dell’indennità alla ricerca attiva di un’occupazione e al reinserimento nel
tessuto produttivo, secondo quanto sarà previsto dal decreto legislativo di
attuazione dell’articolo 1, comma 3, della delega, relativo alle politiche
attive del lavoro. Le modalità di attuazione delle disposizioni, anche al fine
di definire le sanzioni in caso di mancato adempimento degli obblighi di
partecipazione alle azioni di politica attiva, sono rimesse a un decreto non
regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Si osserva che il rinvio
al comma 3 andrebbe più propriamente riferito ai commi 1 e 2 (e non solo al
comma 1).
L’articolo 8 riconosce al
lavoratore avente diritto alla NASpI la possibilità di richiederne, con
riferimento agli importi non ancora erogati, la liquidazione anticipata, in unica soluzione, al fine di avviare
un’attività di lavoro autonomo o in forma di impresa individuale o di
associarsi in cooperativa. In tale ultima ipotesi l’indennità è volta alla
sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale
il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative
da parte del socio. Nei casi in cui il lavoratore instauri un rapporto di
lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la
NASpI è tenuto a restituire per intero l’anticipazione ottenuta.
Si fa
presente che ai sensi dell’articolo 2, comma 19, della L. 92/2012, in via
sperimentale per gli anni 2013-2015, è già stata prevista la facoltà, per il
lavoratore che usufruisce dell’ASpI, di richiedere (nel limite delle risorse
stanziate) la liquidazione anticipata
degli importi del relativo trattamento pari al numero di mensilità non ancora
fruite, al fine di intraprendere attività di lavoro autonomo o per avviare
un’attività in forma di auto-impresa o micro-impresa, o per associarsi in
cooperativa. I limiti, le condizioni e le modalità per l’attuazione
dell’anticipo sulla liquidazione sono stati fissati con il D.M. 29 marzo 2013, n. 73380.
Rispetto
alle normativa vigente si riscontrano, peraltro, le seguenti differenze:
· si formula
l'ipotesi dell'attività di impresa individuale (mentre la disposizione vigente
fa riferimento unicamente all'auto impresa ed alla micro impresa);
· non si pone
un limite di spesa complessivo (la norma vigente stabilisce un limite di 20
milioni di euro per ciascuno dei tre anni del triennio 2013-2015);
· non si
prevede la possibilità di liquidazione anticipata anche ai fini dello sviluppo
a tempo pieno di un'attività autonoma già iniziata durante il rapporto di
lavoro dipendente (rapporto la cui cessazione ha dato luogo al trattamento di
disoccupazione);
· per
l'associazione in cooperativa, si limita la possibilità di liquidazione
anticipata ai casi di sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una
cooperativa nella quale il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la
prestazione di attività lavorative da parte del socio;
· si pone, per
la domanda di liquidazione anticipata, un termine di trenta giorni dalla data
di inizio dell'attività autonoma o di impresa individuale o dalla data di
sottoscrizione della quota di capitale, mentre la disposizione di rango
secondario vigente stabilisce un termine
di sessanta giorni (decorrenti dalla medesima data).
L’articolo 9 disciplina la compatibilità e la cumulabilità della NASpI
con un rapporto di lavoro subordinato. A tal fine si prevede, in primo
luogo, che il lavoratore il quale instauri, mentre sta beneficiando della
NASpI, un rapporto di lavoro subordinato da cui derivi un reddito annuale superiore al reddito minimo escluso da imposizione
fiscale[6], decade dalla prestazione, a meno che la durata del rapporto di lavoro
non superi i sei mesi; in tal caso la prestazione sospesa d’ufficio per tutta
la durata del rapporto di lavoro. Nel caso in cui il lavoratore instauri,
mentre sta beneficiando della NASpI, un rapporto di lavoro subordinato da cui
derivi un reddito annuale inferiore al
reddito minimo escluso da imposizione fiscale[7], ha diritto al mantenimento della prestazione
in misura ridotta (riduzione
pari all’80% del reddito previsto), a condizione che comunichi entro un mese
all’INPS l’inizio dell’attività e il reddito annuo previsto e che il datore di
lavoro sia diverso da quello per il quale il lavoratore prestava la sua
attività quando è cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto
alla NASpI). Il diritto al mantenimento della prestazione, sebbene in misura
ridotta, vale anche per il lavoratore titolare di più rapporti di lavoro
subordinato a tempo parziale che cessi da uno di essi, a condizione che il
reddito residuo sia inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello
stato di disoccupazione[8]. In ogni caso, la contribuzione relativa all'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione
all'attività di lavoro subordinato non dà luogo ad i accrediti contributivi.
L’articolo 10 disciplina la compatibilità e la cumulabilità della NASpI
con un rapporto di lavoro autonomo o di impresa individuale. A tal fine si
prevede che nel caso in cui il lavoratore intraprenda, mentre sta beneficiando
della NASpI, un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale da cui
derivi un reddito annuale inferiore al
limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione,
l’indennità è ridotta di un importo pari
all’80% del reddito previsto. La contribuzione relativa all’assicurazione
generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti versate in
relazione all’attività di lavoro autonomo non dà luogo alla crediti
contributivi ed è riversata alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori
dipendenti dell’INPS.
L’articolo 11 elenca le cause di decadenza dalla NASpI, così
individuate: perdita dello stato di disoccupazione; inizio di un’attività
lavorativa subordinata, autonoma o di impresa individuale, senza provvedere
alle comunicazioni richieste; raggiungimento dei requisiti per il pensionamento
di vecchiaia o anticipato; acquisizione del diritto all’assegno ordinario di
invalidità (salvo il diritto del lavoratore di optare per la NASpI); violazione
delle regole di condizionalità di cui all’articolo 7.
L’articolo 12 introduce (in
conformità a uno dei principi di delega[9]) un limite alla contribuzione
figurativa (inerente al periodo di godimento della NASpI), prevedendo che,
per il computo di tale contribuzione (rapportata, in linea di principio, alla
base retributiva di calcolo della NASpI[10]), si applichi un limite pari a 1,4 volte la misura massima mensile (per
l'anno in corso) della NASpI. Le retribuzioni computate entro tali limiti sono
escluse dal computo della retribuzione pensionabile qualora esse (rivalutate
fino alla data di decorrenza della pensione) siano inferiori alla retribuzione
pensionabile media relativa ai restanti periodi di storia contributiva del
soggetto.
Si segnala che la
portata normativa della disposizione di cui al comma 2 non appare chiara.
L'articolo 13 dispone che dal
1° maggio 2015 anche ai soci lavoratori di cooperative ed al personale
artistico con contratto di lavoro subordinato la NASpl sia corrisposta nella
misura determinala dall'articolo 4 per la generalità dei beneficiari.
Si evidenzia l’opportunità,
sotto il profilo letterale, di utilizzare, in luogo della locuzione
"personale artistico", la locuzione "personale artistico,
teatrale e cinematografico"[11].
L'articolo 14 rinvia, per
quanto non previsto dal provvedimento, alle disposizioni che disciplinano
l'ASpI, in quanto compatibili.
Si evidenzia
l’opportunità di chiarire i termini di applicazione della disposizione vigente[12] che, fino al 31
dicembre 2015, riconosce l'ASpI (in base ai relativi requisiti di assicurazione
e contribuzione ed entro uno specifico limite di durata, nonché nel rispetto di
un limite complessivo di spesa annua) anche ai lavoratori sospesi per crisi
aziendali o occupazionali (subordinatamente ad un intervento integrativo, pari
almeno alla misura del 20 per cento dell'indennità stessa, a carico dei fondi
bilaterali o dei fondi di solidarietà)[13]
.
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ASpI |
Mini-ASpI |
NASpI |
SOGGETTI BENEFICIARI |
· Tutti i lavoratori dipendenti
(compresi apprendisti e soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro
in forma subordinata); ·
dipendenti pubblici a tempo determinato; ·
soci lavoratori di coop. ex D.P.R. 602/1970, personale artistico,
teatrale e cinematografico con rapporto di lavoro subordinato. Sono esclusi: ·
i dipendenti pubblici a tempo
indeterminato, ·
gli operai agricoli a tempo
determinato o indeterminato, ·
i giornalisti professionisti e
pubblicisti (iscritti all'Albo), praticanti giornalisti (iscritti nel
Registro), con rapporto di lavoro subordinato regolato dal CCNL giornalistico, ·
i lavoratori extra U.E.
subordinati a carattere stagionale. |
I lavoratori dipendenti (compresi gli apprendisti e i
soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro in forma subordinata). I casi di esclusione sono i
medesimi dell’ASpI. |
· Lavoratori dipendenti; ·
dipendenti pubblici a tempo determinato; ·
soci lavoratori di coop. ex D.P.R. 602/1970, personale artistico con
rapporto di lavoro subordinato. Sono esclusi: ·
i dipendenti pubblici a tempo
indeterminato, ·
gli operai agricoli a tempo determinato
o indeterminato. |
REQUISITI |
· stato di disoccupazione
involontaria con disponibilità a svolgimento e ricerca di una attività
lavorativa secondo specifiche modalità; · 2 anni di assicurazione e almeno
1 anno di contribuzione in biennio precedente inizio periodo di disoccupazione. Sono esclusi: · i lavoratori cessati dal lavoro per dimissioni o per risoluzione
consensuale (salvo che la risoluzione sia intervenuta a seguito della conciliazione art. 7 L. 604/1966). |
Soggetti privi di lavoro immediatamente disponibili a svolgimento e a
ricerca di lavoro secondo specifiche modalità, che possano far valere almeno
13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi 12 mesi,
precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, per la quale siano stati
versati o siano dovuti i contributi per l'assicurazione obbligatoria. |
· stato di disoccupazione
involontaria con disponibilità a svolgimento e ricerca di una attività
lavorativa secondo specifiche modalità; · almeno 13 settimane di
contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione; · almeno 30 giorni di lavoro
effettivo (a prescindere dal minimale contributivo) nei 12 mesi precedenti
l’inizio del periodo di disoccupazione. |
MISURA DEL BENEFICIO |
Indennità
mensile rapportata alla retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali
degli ultimi 2 anni (così come appositamente determinata), pari al 75% della
retribuzione fino al limite (nel 2014) di euro 1.192,98. In caso di importo
superiore, indennità pari al 75% di 1.192,98 euro, incrementata di una somma
pari al 25% del differenziale tra retribuzione e il predetto importo.
L'indennità mensile non può in ogni caso superare l'importo mensile massimo
di CIGS (nel 2014 pari, rispettivamente, a 913,14 euro per le retribuzioni
fino a 2.098,04 euro e a 1.165,58 euro per le retribuzioni superiori a
2.098,04 euro). |
Pari a quella
prevista per ASpI. |
Indennità
mensile rapportata alla retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali
degli ultimi 4 anni (così come appositamente determinata), pari al 75% della
retribuzione fino al limite (nel 2015) di euro 1.195. In caso di importo
superiore, indennità pari al 75% di 1.195 euro, incrementata di una somma
pari al 25% del differenziale tra retribuzione e il predetto importo. L'indennità
mensile non può in ogni caso superare l'importo (nel 2015) di 1.300 euro. |
DURATA DEL BENEFICIO |
Transitoriamente, per gli eventi intercorsi nel 2015: · 10 mesi per i soggetti con età
inferiore a 50 anni; · 12 mesi per i soggetti con età
da 50 a 55 anni; · 16 mesi per i soggetti con età
anagrafica pari o superiore a 55 anni, nei limiti delle settimane di
contribuzione negli ultimi due anni. A regime, per gli eventi verificatisi dal 1° gennaio 2016: · 12 mesi, per i lavoratori di età
inferiore a 55 anni, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti
negli ultimi 12 mesi, anche in relazione ai trattamenti brevi; · 18 mesi, per i lavoratori di età
pari o superiore ai 55 anni, nei limiti delle settimane di contribuzione
negli ultimi 2 anni, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti
negli ultimi 18 mesi. |
Erogazione mensile per un numero
di settimane pari a metà delle settimane di contribuzione nell'ultimo anno
(ai fini della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già
dato luogo ad erogazione della prestazione). |
Erogazione mensile per un numero
di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4
anni. Per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2017 è
corrisposta per un massimo di 78 settimane. |
Aspi e mini-Aspi: la normativa vigente
La L. 92/2012
di riforma del mercato del lavoro, nell’ambito di una generale revisione degli
strumenti di tutela del reddito, ha istituito (articolo 2) un unico
ammortizzatore sociale (ASpI -
Assicurazione Sociale per l'Impiego) in cui (a decorrere dal 1° gennaio
2013 e in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere
dalla medesima data[14]) sono confluite l'indennità di mobilità e l'indennità
di disoccupazione (indennità di disoccupazione ordinaria e con requisiti
ridotti, indennità di disoccupazione speciale edile). Con tale strumento è
stato ampliato sia l’ambito di applicazione soggettivo (beneficiari), sia
quello oggettivo (trattamenti).
1.
L’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI)
Soggetti beneficiari
Possono accedere
all'ASpI tutti i lavoratori dipendenti,
compresi gli apprendisti e i soci lavoratori di cooperativa con un rapporto di
lavoro in forma subordinata, i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche
amministrazioni (mentre ne sono esclusi quelli con rapporto a tempo indeterminato),
nonché i soci lavoratori delle cooperative, il personale artistico, teatrale e
cinematografico con rapporto di lavoro subordinato.
Sono invece
esclusi dalla fruizione dell'indennità i lavoratori
cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del rapporto[15], fatti salvi i casi in cui quest'ultima sia
intervenuta nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della L. 604/1966
(articolo 2, comma 5, della L. 92/2012)[16].
Dal campo di
applicazione dell’ASpI sono altresì esclusi gli operai agricoli[17] (a tempo indeterminato e determinato), e i lavoratori
extracomunitari con permesso di lavoro stagionale.
Requisiti richiesti
Per usufruire
dell’ASpI è necessario essere assicurati
presso l'INPS da almeno 2 anni ed aver versato almeno un anno di contributi nei 2 anni precedenti all'evento che
ha determinato la disoccupazione.
L'indennità
mensile è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli
ultimi 2 anni (comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi
nonché delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di
contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33), è pari ad un massimo, nel
2014, di euro 1.192,98. In caso di
importo superiore, l'indennità è pari al 75% di 1.192,98 euro, incrementata di
una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il
predetto importo. L'indennità mensile non può in ogni caso superare l'importo
mensile massimo di CIGS ( pari, rispettivamente, a 913,14 euro per le
retribuzioni fino a 2.098,04 euro e a 1.165,58 euro per le retribuzioni
superiori a 2.098,04 euro).
Dopo i primi 6 mesi di fruizione, l’indennità viene ridotta del 15%, mentre un
ulteriore riduzione, sempre pari al 15%,
opera dopo il 12° mese.
In ogni caso,
l’importo dell’indennità non subisce la riduzione della percentuale pari
all’aliquota a carico degli apprendisti del 5,84%.
La durata massima legale del trattamento è
disciplinata in maniera diversa a seconda dell’anno di riferimento (articolo 2,
commi 11 e 45 della L. 92/2012).
Più
specificamente, per il 2013 la
durata massima era pari ad 8 mesi per i lavoratori con età minore di 50 anni e
12 mesi per quelli con più di 50 anni, mentre per il 2014 era pari sempre ad 8 mesi per i lavoratori con meno di 50
anni, 12 mesi per i lavoratori da 50 a 54 anni e 18 mesi per i lavoratori con
55 anni in su (nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi 2
anni).
Per il 2015 la durata massima è pari a 10 mesi
per i lavoratori con meno di 50 anni, 12 mesi per i lavoratori da 50 a 54 anni
e 16 mesi per i lavoratori con almeno 55 anni (nei limiti delle settimane di
contribuzione negli ultimi 2 anni
A decorrere dal 1° gennaio 2016 e per gli eventi
che si verifichino da tale data, è di 12 mesi, per i lavoratori di età
inferiore a 55 anni (detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti negli
ultimi 12 mesi, anche in relazione ai trattamenti brevi); 18 mesi, per i
lavoratori di età pari o superiore ai 55 anni (nei limiti delle settimane di
contribuzione negli ultimi 2 anni, detratti i periodi di indennità
eventualmente fruiti negli ultimi 12 mesi, anche in relazione ai trattamenti
brevi di mini-ASpI).
Modalità di erogazione
L’indennità è corrisposta mensilmente per un numero
di settimane pari alla metà dele settimane di contribuzione nei 12 mesi
precedenti la data di cessazione del rapporto di lavoro (articolo 2, comma 21,
L. 92/2012)[18].
L’ASpI può
essere liquidata a decorrere dall’ottavo
giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro,
ovvero dal giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la domanda.
La liquidazione
dell’indennità avviene, a pena di decadenza, dietro presentazione, da parte dei
lavoratori aventi diritto di un’apposita domanda, da inviare all’INPS
esclusivamente in via telematica, entro due mesi dalla data di spettanza del
trattamento. La fruizione dell’indennità è comunque condizionata alla
permanenza dello stato di disoccupazione. L’erogazione dell’ASPI, infatti, può
essere sospesa nei confronti dei soggetti assicurati con contratto di lavoro
subordinato in caso di nuova occupazione. Nei casi di sospensione i periodi di
contribuzione legati al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai
fini di un nuovo trattamento nell’ambito dell’ASpI o della mini-ASpI.
Liquidazione anticipata
Ai sensi
dell’articolo 2, comma 19, della L. 92/2012, in via sperimentale per ciascuno
degli anni del triennio 2013-2015, è prevista la facoltà, per il lavoratore che
usufruisce dell’ASpI, di richiedere (nel limite delle risorse stanziate) la liquidazione anticipata degli importi
del relativo trattamento pari al numero di mensilità non ancora fruite, al fine
di intraprendere attività di lavoro autonomo o per avviare un’attività in forma
di auto-impresa o micro-impresa, o per associarsi in cooperativa. I limiti, le condizioni e le modalità per
l’attuazione dell’anticipo sulla liquidazione sono stati fissati con il D.M. 29 marzo 2013, n. 73380.
Decadenza, revoca e sospensione
L’ASpI è
sottoposta a decadenza, revoca e
sospensione in relazione al manifestarsi di alcuni eventi o condotte da
parte del lavoratore.
Più
specificamente, l’ASpI è sottoposta a decadenza
(con obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si è continuata a
percepire) nei casi di: perdita dello stato di disoccupazione (articolo 2,
comma 40, lettera a), e 41, della L.
92/2012); nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato di durata
superiore a 6 mesi (5 giorni nel caso di mini-ASpI), mancata informazione da
parte del lavoratore all’INPS in caso di reimpiego (articolo 2, comma 40,
lettera b), e 41, della L. 92/2012);
mancata accettazione di un’offerta di lavoro e rifiuto di partecipare senza
giustificato motivo ad una iniziativa di politica attiva o di attivazione
(articolo 4, commi 41-42, L. 92/2012); raggiungimento del requisito per la
pensione di vecchiaia o anticipata (articolo 2, comma 40, lettera c), e 41, L. 92/2012); acquisizione del
diritto all’assegno ordinario di invalidità, a condizione che il lavoratore non
opti per l’indennità ASpI (articolo 2, comma 40, lettera d), e 41, L. 92/2012). La circolare INPS n. 142 del 18 dicembre
2012 ha indicato inoltre altre ipotesi di decadenza (rifiuto di partecipare senza
giustificato motivo ad una iniziativa di politica attiva o di attivazione
proposta dai servizi competenti; non accettazione di una offerta di un lavoro
inquadrato in un livello retributivo superiore almeno del 20% rispetto
all’importo lordo dell’indennità cui si ha diritto).
Viene disposta
la revoca dell’erogazione
dell’indennità nei casi di sentenza di condanna per i reati di associazione
terroristica, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di
persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di stampo mafioso,
scambio elettorale, strage e delitti commessi per agevolare le associazione di
stampo mafioso, il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca di
alcune prestazioni tra cui l’indennità di disoccupazione.
Infine,
l’indennità è sottoposta a sospensione
(d’ufficio) in caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto
di lavoro subordinato, sulla base delle comunicazioni obbligatorie, fino ad un
massimo di 6 mesi. Per l’individuazione del periodo di sospensione si considera
la durata di calendario del rapporto di lavoro, prescindendo da ogni
riferimento alle giornate effettivamente lavorate dal lavoratore. Al termine di
un periodo di sospensione di durata inferiore o pari a 6 mesi l’indennità riprende
ad essere corrisposta per il periodo residuo spettante al momento in cui
l’indennità stessa era stata sospesa. La sospensione e la ripresa della
prestazione avvengono d’ufficio[19]. Per i periodi lavorativi superiori a 6 mesi, una
volta cessato il nuovo rapporto e in presenza dei requisiti richiesti, l’ASpI
spetta nuovamente al lavoratore senza più alcun collegamento al trattamento
percepito precedentemente (in sostanza si può richiedere una nuova Aspi ma non
riprendere quella sospesa per nuovo lavoro).
Si ricorda,
inoltre, che nel triennio 2013-2015 ai lavoratori sospesi per crisi aziendali
od occupazionali l’ASpI è riconosciuta (sempre nei limiti delle risorse
stanziate) subordinatamente alla sussistenza di specifiche condizioni[20].
Ai sensi
dell’articolo 2, comma 10, della L. 92/2012, per i periodi di fruizione
dell’ASpI sono riconosciuti i contributi
figurativi nella misura settimanale pari alla media delle retribuzioni
imponibili ai fini previdenziali (comprensive degli elementi continuativi e non
continuativi nonché delle mensilità aggiuntive) degli ultimi 2 anni.
2 La mini-Assicurazione sociale per l’impiego
(mini-AspI)
La stessa L.
92/2012 ha inoltre introdotto, sempre dal 2013, un ulteriore strumento di
tutela del reddito, la cd. mini-ASpI,
la quale sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola con
requisiti ridotti. Di importo pari a quello dell’ASpI, la mini-ASpI viene
corrisposta per un periodo pari alla metà delle settimane di contribuzione
nell’ultimo anno. Per aver accesso alla mini-ASpI occorre aver versato contributi da attività lavorativa per
almeno 13 settimane nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di
disoccupazione. Hanno diritto alla mini-ASpI i lavoratori con rapporto di
lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l’occupazione dal 1°
gennaio 2013, compresi gli apprendisti; i soci lavoratori di cooperative con
rapporto di lavoro subordinato; il personale artistico con rapporto di lavoro
subordinato; i dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni e
i lavoratori a tempo determinato della scuola.
L’indennità è
corrisposta mensilmente per un numero di
settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nei 12 mesi
precedenti la data di cessazione del rapporto di lavoro[21].
3 Modalità di finanziamento di ASpI e mini-ASpI
Le modalità di contribuzione per il
finanziamento del nuovo sistema di indennità (ASpI e mini-ASpI) sono
definite dall’articolo 2, commi da 25 a 39, della L. 92/2012, che prevede
un’aliquota di finanziamento, un contributo addizionale e un contributo di
licenziamento.
Aliquota di finanziamento
In particolare,
si dispone l’applicazione di un’aliquota
(pari all’1,31%) per i lavoratori a tempo indeterminato, nonché di un contributo addizionale (a carico del
datore di lavoro), per ogni rapporto di lavoro subordinato diverso da quello a
tempo indeterminato, pari all'1,4%
della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, fatte salve specifiche
eccezioni.
E’ altresì
prevista una decurtazione del contributo a favore dei lavoratori per i quali i
contributi richiamati in precedenza non trovavano applicazione, e in
particolare per i soci lavoratori delle cooperative di cui al D.P.R. 602/1970.
La decurtazione è pari alla quota di riduzione di cui all’articolo 120 della legge
finanziaria per il 2001 e all’articolo 1, comma 361, della legge finanziaria
per il 2006 (L. 266/2005), che non sia stata ancora applicata a causa della
mancata capienza delle aliquote vigenti alla data di entrata in vigore delle
citate leggi finanziarie.
In particolare,
è stato previsto un allineamento
alla nuova aliquota ASpI, con incrementi annui pari allo 0,26% per il periodo
2013-2016 e allo 0,27% per l’anno 2017, nel caso in cui ai lavoratori di cui al
periodo precedente le richiamate quote di riduzione siano state già applicate.
L’allineamento è
subordinato all’adozione annuale del decreto di rideterminazione delle aliquote
previsto dall’ultimo periodo del presente comma, in assenza del quale le
disposizioni transitorie richiamate successivamente non trovano applicazione.
Contestualmente,
si prevede l’allineamento graduale, con incrementi pari allo 0,06% annuo,
dell’aliquota del contributo destinato al finanziamento dei Fondi
interprofessionali per la formazione continua. Allo stesso tempo, si prevede, a
decorrere dal 2013 e fino al pieno allineamento alla nuova aliquota ASpI, la
rideterminazione annuale delle prestazioni relative all’importo e alle modalità
di calcolo dell’ASpI e della mini-ASpI, in funzione dell’aliquota effettiva di
contribuzione.
Contributo addizionale
Per quanto
attiene ai contributi da versare, accennati in precedenza, con effetto sui
periodi contributivi ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo
indeterminato si applica, coma accennato in precedenza, un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai
fini previdenziali, fatte salve specifiche esclusioni.
Tale contributo
addizionale non si applica: ai lavoratori assunti a temine in sostituzione di
lavoratori assenti; ai lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle
attività stagionali di cui al D.P.R. 1525/1963. E’ stato inoltre previsto che
il contributo addizionale non si applichi anche, per i periodi contributivi
maturati dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, alle attività definite dagli
avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31
dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative.
In caso di
trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato, è prevista la
restituzione al datore di lavoro del contributo, nei limiti delle ultime 6
mensilità, successivamente al decorso del periodo di prova. La restituzione
avviene anche qualora il datore di lavoro assuma il lavoratore con contratto di
lavoro a tempo indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del
precedente contratto a termine. In tale ultimo caso, la restituzione avviene
detraendo dalle mensilità spettanti un numero di mensilità ragguagliato al periodo
trascorso dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro a termine.
Contributo di licenziamento
E’ altresì
previsto un contributo di licenziamento,
erogabile in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato (sono inclusi anche i rapporti di apprendistato) appunto per
cause diverse dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013, a
carico del datore di lavoro.
Il contributo è pari al 41% del trattamento mensile
iniziale dell’ASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre
anni (sono quindi compresi i periodi di lavoro a termine). Nel computo
dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto
diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è proseguito senza soluzione
di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al
precedente comma.
Il contributo è
dovuto anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle
dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il recesso del datore di
lavoro. Lo stesso contributo, invece, non è dovuto, fino al 31 dicembre 2016,
nei casi in cui sia dovuto il contributo dovuto dal datore di lavoro per ogni
lavoratore messo in mobilità,
Il contributo di
licenziamento non è inoltre dovuto, per il periodo 2013-2015, nei seguenti
casi: licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali
siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di
clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai
contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale; interruzione di rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle
attività e chiusura del cantiere.
Infine, il
contributo di licenziamento è moltiplicato per tre volte, a decorrere dal 1º
gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di
eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale.
Il Titolo II, composto del
solo articolo 15, disciplina la
nuova indennità di disoccupazione per i
titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa (DIS-CALL).
L'articolo 15 prevede, in via sperimentale per
il 2015 e in relazione ai nuovi
eventi di disoccupazione involontaria verificatisi nel corso del 2015, il
riconoscimento ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto,
con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva
alla gestione separata dell’Inps, che non siano pensionati o titolari di
partita IVA, di una nuova indennità di disoccupazione mensile denominata
DIS-COLL (di seguito “indennità”).
I requisiti che i lavoratori debbono possedere per il riconoscimento
delle indennità sono: stato di disoccupazione al momento della presentazione
della domanda; almeno tre mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra
il 1° gennaio dell’anno solare precedente la cessazione dell’attività
lavorativa e la cessazione dell’attività stessa; almeno un mese di
contribuzione, oppure un rapporto di collaborazione di durata almeno pari a un
mese dal quale sia derivato un reddito almeno pari alla metà dell’importo che
dà diritto all’accredito di un mese di contribuzione, nell’anno solare in cui
si verifica la cessazione dell’attività lavorativa.
L’indennità è rapportata al reddito imponibile ai fini previdenziali
derivante da rapporti di collaborazione dell’anno in cui si è verificata la
cessazione dell’attività lavorativa e dell’anno solare precedente, diviso per
il numero di mesi di contribuzione (o frazioni di essi) ed è pari al 75% del
reddito medio mensile così calcolato. L’indennità non può in ogni caso superare
l’importo massimo mensile di 1.300 euro nel 2015. A decorrere dal primo giorno
del quarto mese di fruizione dell’indennità è ridotta progressivamente nella
misura del 3% al mese. L’indennità è corrisposta mensilmente per un numero di
mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione versata nel periodo intercorrente
tra il 1° gennaio dell’anno solare precedente la cessazione dell’attività
lavorativa e la cessazione dell’attività stessa; in ogni caso, la durata
massima dell’indennità non può superare i sei mesi. Per i periodi di fruizione
dell’indennità non sono riconosciuti i contributi figurativi.
La domanda per accedere all’indennità deve essere presentata all’INPS,
in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione
del rapporto di lavoro.
L’indennità spetta a decorrere dall’ottavo giorno successivo alla
cessazione del rapporto di lavoro o, nel caso in cui la domanda sia presentata
successivamente a tale data, dal primo giorno successivo alla data di
presentazione della domanda.
L’erogazione dell’indennità è condizionata alla regolare partecipazione
alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione
professionale proposti dai Servizi competenti, nonché al rispetto delle
ulteriori misure volte a condizionare la fruizione dell’indennità alla ricerca
attiva di un’occupazione e al reinserimento nel tessuto produttivo, secondo
quanto sarà previsto dal decreto legislativo di attuazione dell’articolo 1,
comma 3, della delega, relativo alle politiche attive del lavoro.
Nel caso in cui il beneficiario dell’indennità svolga attività
lavorativa di natura subordinata, decade dal diritto all’indennità nel caso in
cui il rapporto di lavoro abbia durata superiore a cinque giorni; in caso
contrario l’indennità viene sospesa d’ufficio e riprende a decorrere al termine
del periodo di sospensione.
Nel caso in cui il beneficiario svolga, invece, attività lavorativa
autonoma o di impresa individuale, da cui i ricavi un reddito inferiore al
limite di reddito che consente alla conservazione dello stato di
disoccupazione, e comunichi all’Inps, entro un mese dall’inizio dell’attività,
il reddito annuo che prevede di ricavare, ha diritto al mantenimento
dell’indennità in misura ridotta di un importo pari all’80% del reddito
presunto.
I soggetti già beneficiari dell’indennità una tantum prevista dalla normativa vigente (articolo 2, commi
51-56, della legge n.92/2012) fruiscono fino al 31 dicembre 2015 esclusivamente
della nuova indennità, restando salvi i diritti maturati in relazione agli
eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2013.
Si evidenzia
l’opportunità di fare riferimento non già all’anno 2013, bensì all’anno 2014.
Le risorse finanziarie già stanziate ai sensi della normativa vigente
per l’una tantum a favore dei collaboratori concorrono, per l’anno 2015, al
finanziamento degli oneri derivanti dall’attuazione della nuova indennità.
Infine, si prevede che con successivi provvedimenti legislativi possano
essere individuate le risorse finanziarie necessarie per l’eventuale estensione
dell’indennità agli anni successivi al 2015.
Si fa presente che anche
per la DIS-CALL sembrerebbe opportuno richiamare le cause di decadenza
previste, per la NAspI, all’articolo 11.
L’indennità una tantum per i collaboratori
L’articolo 2, commi 51-56, della legge n
92/2012 ha disciplinato, a decorrere dal
2013, una specifica indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi in
regime di monocomittenza, iscritti in via esclusiva alla gestione separata
INPS separata e non titolari anche di reddito di lavoro autonomo, in quanto
esclusi dall’ambito di applicazione dell’ASpI.
Più
specificamene, si prevede, nei limiti di specifiche risorse, l’erogazione di
un’indennità ai collaboratori coordinati e continuativi, di cui all’articolo
61, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 (cd. lavoratori a progetto ), a condizione che
vengano soddisfatti congiuntamente i seguenti presupposti (comma 51):
o abbiano
operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza;
o abbiano
conseguito l’anno precedente un reddito lordo complessivo soggetto a
imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro, annualmente
rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai e impiegati intervenuta l’anno precedente;
o con riguardo
all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata
presso l’INPS, di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, un numero di
mensilità non inferiore a uno;
o abbiano
avuto un periodo di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera
c), del D.Lgs. 181/2000 (cioè soggetti privi di lavoro che siano immediatamente
disponibili allo svolgimento ed alla ricerca di un’attività lavorativa),
ininterrotta di almeno due mesi nell’anno precedente (lettera d));
o risultino
accreditate nell’anno precedente almeno quattro mensilità presso la predetta
Gestione separata INPS.
L’indennità consiste in una somma pari al 5% del minimale annuo di reddito
imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali dovuti alle
gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e
degli esercenti attività commerciali, titolari, coadiuvanti e coadiutori,
moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente
e quelle non coperte da contribuzione (comma 52).
Tale somma
viene liquidata in un’unica soluzione se di importo pari o inferiore a 1.000
euro, ovvero in importi mensili di importo pari o inferiore a 1.000 euro se
superiore (comma 53). Per i soggetti che abbiano maturato il diritto alla
fruizione dell’indennità previgente entro la data del 31 dicembre 2011 ai sensi
dell’articolo 19, comma 2, del richiamato D.L. 185/2008, restano fermi i
requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti entro la medesima data
(comma 54)[22].
In via transitoria, per il triennio 2013-2015, si prevede che (comma
56):
· il requisito
minimo di almeno 4 mensilità di contribuzione nell’anno precedente alla
gestione separata INPS, ai fini della fruizione dell’indennità una tantum, di
cui al precedente comma 1, lettera e), è ridotto a 3 mesi;
· l’indennità
viene elevata dal 5% al 7% del minimale annuo di reddito richiamato in
precedenza;
· vengano
integrate le risorse finanziarie a copertura nella misura di 60 milioni annui
di euro per il citato triennio, a valere, per l’anno 2013, sulla dotazione del
Fondo per gli interventi urgenti ed indifferibili (di cui all’articolo
7-quinquies, comma 1, del D.L. 5/2009, come integrato dall’articolo 33, comma
1, della L. 183/2011) e, per gli anni 2014 e 2015, sull’autorizzazione di spesa
relativa al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento
in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne
(di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011).
Infine, si
prevede che nel corso del periodo transitorio, in sede di monitoraggio dello
stato di attuazione degli interventi e delle misure del provvedimento in esame,
con particolare riferimento alle misure recate per specifiche fattispecie
contrattuali, si provvede a verificare la rispondenza dell’indennità in oggetto
alle finalità di tutela, considerate le caratteristiche della tipologia
contrattuale, per verificare corrispondenza della portata effettiva dell’onere
alle previsioni iniziali, nonché per valutare, ai sensi dell’effettivo
conseguimento delle finalità, eventuali correzioni della misura stessa, quali
la sua sostituzione con le diverse tipologie di intervento previste, quali la
mini-ASPI.
Il Titolo III, composto del
solo articolo 16, istituisce e disciplina, a decorrere
dal 1° maggio 2015 e in via sperimentale per l’anno 2015, l’assegno di disoccupazione (ASDI) (di
seguito “assegno”) destinato ai soggetti che abbiano fruito della NASpI per
l’intera sua durata entro il 31 dicembre 2015 i quali, privi di occupazione, si
trovino in una condizione economica di
bisogno (lavoratori appartenenti a gruppi familiari in cui sono presenti
minori o con un’età prossima al raggiungimento dei requisiti di accesso al
trattamento pensionistico).
L’assegno è in ogni caso erogato entro il limite delle risorse assegnate
al fondo appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, pari a 200 milioni di euro nel 2015 e a 200
milioni di euro nel 2016. Le domande sono presentate all’INPS, che riconosce il
beneficio in base all’ordine cronologico di presentazione delle medesime e, nel
caso di insufficienza delle risorse, non prende in considerazione ulteriori
domande.
L’assegno è erogato mensilmente per una durata massima di sei mesi e il
suo importo è pari al 75% dell’ultima indennità NASpI percepita e, comunque,
non superiore all’assegno sociale, incrementato per gli eventuali carichi
familiari.
Al fine di incentivare la ricerca attiva di lavoro da parte del
beneficiario si prevede che i redditi derivanti da nuova occupazione possano
essere parzialmente cumulati con l’assegno, la cui erogazione è comunque
condizionata all’adesione del beneficiario ad un progetto personalizzato di
inserimento nel mercato del lavoro redatto dai competenti servizi per
l’impiego.
La definizione delle modalità attuative del nuovo assegno, per quanto
non espressamente previsto nel provvedimento, è rinviata a un successivo
decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento.
Il decreto dovrà definire:
·
la situazione economica
di bisogno del nucleo familiare, valutata con riferimento all'lSEE[23];
·
i criteri di priorità
nell'accesso al beneficio in caso di risorse insufficienti ad erogare l'ASDI ai
lavoratori più bisognosi;
·
gli incrementi dell'ASDI
per carichi familiari del lavoratore;
·
i limiti e i criteri di
cumulabilità dei redditi da lavoro conseguiti durante il periodo di fruizione
dell'ASDI;
·
le caratteristiche del
progetto personalizzalo e gli obblighi e sanzioni connessi alla sua
realizzazione
·
i flussi informativi tra
i servizi per l'impiego e l'lNPS volti ad alimentare il sistema informativo dei
servizi sociali[24];
·
i controlli volti ad
evitare l’indebita fruizione della prestazione;
·
le modalità di
erogazione attraverso uno strumento di pagamento elettronico.
Con riferimento
all’articolo 16 si osserva, in primo luogo, che la disposizione riserva l’ASDI
ai soli percettori della NASpI, e non anche ai percettori dell’ASpI, creando,
quindi (anche a parità di requisiti) due regimi differenziati; inoltre, al
comma 2 si fa riferimento (allo scopo di garantire priorità agli interventi a
favore di soggetti in stato di particolare bisogno) “al primo anno di applicazione”
del nuovo assegno, a fronte di una durata che il comma 1 limita invece a soli
otto mesi (maggio - dicembre 2015); infine, anche per l’ASDI sembrerebbe
opportuno richiamare le cause di decadenza previste, per la NASpI, all’articolo
11.
Il Titolo IV, composto del
solo articolo 17, disciplina il contratto di ricollocazione, in
attuazione dell’articolo 1, comma 4, lettera p), della legge delega[25].
La disposizione prevede l’istituzione, presso l’INPS, del Fondo per le politiche attive per la
ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, con
una dotazione di 50 milioni di euro per il 2015 e di 20 milioni per il 2016.
Tali risorse derivano dal trasferimento di quelle già in dotazione al vigente
Fondo per le politiche attive del lavoro (peraltro non ancora attuato), nonché,
per il 2015, dall’ulteriore somma di 32 milioni di euro, a valere sulle entrate
derivanti dal contributo di licenziamento a carico dei datori di lavoro[26]. Il Fondo è destinato a finanziare gli interventi a favore dei soggetti licenziati illegittimamente per
giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo, i quali hanno
diritto a ricevere dal centro per l’impiego territorialmente competente un voucher, che può essere presentato
presso un’agenzia per il lavoro, pubblica o privata accreditata, ai fini
dell’esercizio del diritto alla stipulazione di un contratto di ricollocazione.
Il contratto di ricollocazione prevede: il diritto del lavoratore ad un’assistenza
appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e
gestita secondo le migliori tecniche del settore da parte dell’agenzia per il
lavoro; il diritto del lavoratore alla realizzazione, da parte dell’agenzia
stessa, di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione
professionale, mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti ed
appropriati, in relazione alle capacità del lavoratore ed alle condizioni del
mercato del lavoro nella zona in cui il soggetto sia stato preso in carico;
l’obbligo del lavoratore di porsi a disposizione e di cooperare con l’agenzia
nelle iniziative da essa predisposte. L’agenzia ha diritto alla riscossione del
compenso (cioè, del voucher) soltanto
“a risultato ottenuto”; l’ammontare del voucher
deve essere proporzionato alle difficoltà di collocamento sottese al profilo
personale di occupabilità.
Si segnala, in via
preliminare, che la piena operatività del nuovo contratto di ricollocazione
(una volta entrato in vigore il provvedimento in esame) potrebbe risultare
limitata dal fatto che la disposizione rinvia la disciplina di alcuni
importanti profili[27] a un successivo decreto
legislativo (attuativo dell’articolo 1, comma 4, della legge delega[28]).
Per quanto riguarda
l’ambito applicativo soggettivo, la disposizione prevede che abbiano diritto al
contratto di ricollocazione soltanto i soggetti licenziati illegittimamente per
giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo: resterebbero
quindi fuori dal campo di applicazione del contratto di ricollocazione i soggetti
licenziati illegittimamente per giustificato motivo soggettivo e i soggetti
licenziati legittimamente per giustificato motivo oggettivo.
Il contratto di ricollocazione
L’articolo
1, comma 215, della L. 147/2013 (Stabilità 2014), ha istituito (con
l’obiettivo favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori
sociali, anche in deroga, e di lavoratori in stato di disoccupazione
involontaria), presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per le politiche attive del lavoro
(con dotazione pari a 15 milioni di euro per il 2014, e 20 milioni di euro
annui per il biennio 2015-2016), per la realizzazione di iniziative, anche
sperimentali, volte a potenziare le politiche attive del lavoro, tra le quali
la sperimentazione regionale del
contratto di ricollocazione. Le iniziative, anche sperimentali, sono
definite con apposito decreto di natura non regolamentare del Ministero del
lavoro e delle politiche social (decreto che non risulta fin qui emanato).
Il contratto di ricollocazione rappresenta uno
strumento diretto a collegare le misure di politica attiva del lavoro (volte a
promuovere l’inserimento del lavoratore nel tessuto produttivo) con quelle di
politica passiva (di sostegno al reddito).
Il contratto, stipulato dalla persona interessata
con uno dei soggetti accreditati dalla regione per i servizi per il lavoro e il
CPI di competenza, prevede:
· che il CPI
individui il grado di collocabilità della persona e attivi un servizio di
assistenza per la ricerca di una nuova occupazione, comprendente anche
l’assegnazione alla persona in cerca di lavoro, da parte dell’agenzia, di un
tutor (job advisor) che lo segua nel
suo percorso e al quale è attribuito anche un potere di controllo sull’effettiva
disponibilità del soggetto;
· che la
persona interessata scelga l'ente per i servizi specialistici per il lavoro di
cui avvalersi, tra quelli accreditati dalla regione;
· che non vi
sia da parte della persona interessata un rifiuto ingiustificato di un lavoro o
dell’attività necessaria per trovarlo. Nel caso di rifiuto, accertato dal tutor
nell’esercizio del suo potere di controllo, vi sarà una conseguente riduzione o
interruzione del trattamento di disoccupazione.
Il servizio è coperto da un voucher regionale, proporzionato alla difficoltà di collocamento, e
subordinato al conseguimento di un inserimento occupazionale di durata congrua.
Si segnala che, attualmente, la regione Lazio ha attivato la sperimentazione del contratto di
ricollocazione[29], prevedendo
l’assegnazione di un voucher per ogni
singolo contratto concluso, per un totale di circa 50.000 interventi,
proporzionato alla difficoltà di reinserimento nel tessuto produttivo e
condizionato al conseguimento del risultato occupazionale rappresentato dalla
conclusione, da parte della persona interessata, di uno o più contratti di
lavoro subordinato di durata minima di 2 mesi ciascuno e complessivamente non
inferiore a 6 mesi, anche non continuativi e con aziende diverse, nell’arco di
un anno decorrente dalla sottoscrizione del primo contratto di lavoro.
Il Titolo V detta le disposizioni finanziarie e finali.
L’articolo 18 reca la copertura finanziaria del
provvedimento, disponendo che ai maggiori oneri derivanti dalla disciplina
della NASpl, della DIS-COLL e dell'ASDI, pari complessivamente a 869 milioni di
euro per l'anno 2015, 1.774 milioni di euro per l'anno 2016, 1.902 milioni di
euro per l'anno 2017, 1.794 milioni di euro per l'anno 2018, 1.707 milioni dì
euro per l'anno 2019, 1.706 milioni di euro per l'anno 2020, 1.709 milioni di
euro per l'anno 2021, 1.712 milioni dì euro per l'anno 2022, 1.715 milioni di
euro per l'anno 2023 e 1.718 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024, si
provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1,
comma 107, della legge n.190/2014 (legge di stabilità per il 2015)[30].
L'articolo 19 stabilisce che
il decreto entra in vigore il giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale,
secondo quanto previsto dalla delega (all'articolo 1, comma 15 della legge n.
183 del 2014).
[1] Si veda l’articolo 1, comma 2, lettera b), n.1, ove si prevede che la durata dei trattamenti venga rapportata alla “pregressa storia contributiva dei lavoratori” e n.2, ove si prevede venga incrementata la durata massima del trattamento per i “lavoratori con carriere contributive più rilevanti”. Al riguardo si fa presente che la normativa vigente in materia di AspI (articolo 2, comma 11, della legge n.92/2012, su cui v. oltre l’apposita tavola di comparazione e la scheda normativa) modula la durata massima del trattamento anche in relazione all’anzianità anagrafica del beneficiario (trattamento fino a 12 mesi se età anagrafica inferiore a 55 anni; trattamento fino a 18 mesi se età anagrafica superiore a 55 anni).
[2] Il finanziamento della NASpI deve infatti ritenersi lo stesso dell’attuale ASpI (secondo quanto previsto dall’articolo 14 del provvedimento), con contributi a carico dei datori di lavoro, mentre il finanziamento della DIS-COLL resta a carico della fiscalità generale.
[3] L’articolo 14 della legge n.400 del 1988 prevede i decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di «decreto legislativo» e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega.
[4] Al riguardo si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (articolo 1, comma 107, della legge n.190/2014) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un apposito fondo, con una dotazione di 2.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e di 2.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017 “per fare fronte agli oneri derivanti dall’attuazione dei provvedimenti normativi di riforma degli ammortizzatori sociali, ivi inclusi gli ammortizzatori sociali in deroga, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di quelli in materia di riordino dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, nonché per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti”.
[5] Si prevede, inoltre, che alla NASpI non si applichi il prelievo contributivo di cui all'articolo 26 della legge n.41/1986. Tale norma ha disposto, per i periodi settimanali decorrenti da quello in corso al 1 gennaio 1986, la riduzione (del 5,84%, percentuale pari all’aliquota contributiva a carico degli apprendisti) delle indennità di disoccupazione corrisposte ai lavoratori sospesi e agli apprendisti sospesi o licenziati a titolo di integrazione salariale, nonché quelle corrisposte a titolo di prestazioni previdenziali ed assistenziali sostitutive della retribuzione che diano luogo a trattamenti da commisurare ad una percentuale della retribuzione non inferiore all'80% (la richiamata riduzione non si applica ai trattamenti di malattia e di maternità, nonché all'indennità di richiamo alle armi).
[6] Il T.U.I.R. (D.P.R. 917/1986), sia direttamente, sia attraverso il sistema delle detrazioni fiscali, riconosce determinati livelli di reddito esclusi da imposizione fiscale. In sintesi, non devono pagare l’imposta i contribuenti il cui reddito complessivo è composto esclusivamente da:
• redditi di pensione fino a 7.500 euro (7.750 euro per i contribuenti di età pari o superiore a 75 anni), se goduti per l’intero anno (ai sensi dell’articolo 11, comma 2, del T.U.I.R.);
• redditi di lavoro dipendente o assimilato fino a 8.000 euro (per un periodo di lavoro non inferiore a 365 giorni);
• redditi di pensione fino a 7.500 euro, goduti per l’intero anno e/o redditi di terreni imponibili per un importo non superiore a 185,92 euro;
• compensi derivanti da attività sportive dilettantistiche fino 7.500 euro;
• assegni periodici corrisposti dal coniuge, esclusi quelli destinati al mantenimento dei figli, fino a 7.500 euro;
• redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente o altri redditi per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro, fino a 4.800 euro.
Come accennato in precedenza, i riferimenti normativi, pur se diversi, sono tutti ricavabili dal T.U.I.R.. Più specificamente, per quanto riguarda i redditi da pensione l'articolo 11, comma 2, indica precisamente la soglia di 7.500 sotto la quale l'imposta non è dovuta. Per quanto attiene , invece, le altre tipologie di reddito bisogna considerare il combinato disposto dell'articolo 11, comma 1, che individua le aliquote per scaglioni (la prima fino a 15.000, pari al 23%) e le norme che stabiliscono le detrazioni. In particolare, per i redditi da lavoro dipendente fino a 8.000, l'articolo 13, comma 1, lettera a), del T.U.I.R. riconosce una detrazione di 1.880. Ciò determina l'azzeramento dell'imposta dovuta.
Analogamente, per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, l'articolo 13, comma 5, lettera a), riconosce una detrazione di 1.104 euro se il reddito complessivo non supera 4.800 euro.
I richiamati limiti operano anche in relazione al reddito da considerare ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione. L’articolo 4, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 181/2000 stabilisce, infatti, la conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione fiscale
[7] Sul livello di reddito che comporta l’esclusione dell’imposizione fiscale v. nota precedente.
[8] L’articolo 4, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 181/2000 stabilisce la conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione fiscale (sui livelli di reddito che comportano l’esclusione da imposizione fiscale v. nota precedente).
[9] L’articolo 1, comma 2, lettera b), n.4), prevede, quale criterio di delega riferito al nuovo ammortizzatore sociale, la “introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa”.
[10] Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del provvedimento, la NASpI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33.
[11] Cfr. la circolare INPS n.101 del 3 settembre 2014.
[12] Di cui all'art. 3, commi 17 e 18, della legge n.92/2012.
[13] L'intervento in oggetto non è ammesso per i lavoratori
dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale,
nonché per i casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione
di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale
verticale.
[14] Si ricorda che l’ASpI sostituirà interamente l’indennità di mobilità dal 1° gennaio 2017 (il cui importo e durata vanno a ridursi progressivamente fino al 31 dicembre 2016, secondo quanto previsto dall’articolo 2, commi 46 e 46-bis della stessa L. 92/2012).
[15] Si segnala, in proposito, che a partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 269 del 17-24 giugno 2002, le dimissioni per giusta causa possono essere considerate tali da rilevare uno stato di disoccupazione involontaria, e devono pertanto non essere comprese nell’ambito di applicazione di norme che dispongano la non erogazione di ammortizzatori sociali (la sentenza richiamata fa espresso riferimento all’articolo 34, comma 5, della L. 448/1998, che escludeva l’erogazione dell’indennità di disoccupazione in caso di dimissioni da parte del lavoratore, non distinguendo tra dimissioni e dimissioni per giusta causa).
[16] Si segnala, al riguardo, che l’articolo 7, comma 7, della richiamata L. 604/1966 ha stabilito che “Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI)”. L’articolo 7 della legge n.604/1966, introduce una procedura di conciliazione davanti alla Commissione provinciale di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro, che il datore di lavoro, avente i requisiti dimensionali previsti dall’articolo 18, comma 8, della L. 300/1970 , deve obbligatoriamente esperire prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (c.d licenziamento economico, ossia il licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) e si configura, quindi, come condizione di procedibilità. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l'affidamento del lavoratore ad un'agenzia per il lavoro (di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a), c) ed e), del D.Lgs. 276/2003 ). È previsto che nel corso della procedura le parti possano farsi assistere da rappresentanti sindacali, avvocati o consulenti del lavoro. Il comportamento complessivo delle parti in tale sede è valutato dal giudice ai fini della determinazione dell'indennità risarcitoria e della condanna alle spese (o della compensazione, anche parziale, delle stesse). La suddetta procedura non si applica in caso di licenziamento per il superamento del periodo di comporto di cui all'articolo 2110 c.c. , di licenziamenti conseguenti a cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro , interruzioni di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere. La stessa procedura si conclude entro 20 giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l'incontro, fatta salva l'ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione volta al raggiungimento di un accordo. Se il tentativo di conciliazione fallisce e, comunque, decorso il termine di 7 giorni dalla ricezione della richiesta, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore. La mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione è valutata dal giudice ai sensi dell'articolo 116 c.p.c.
[17] Si ricorda che per gli operai agricoli (sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato) esclusi dal campo di applicazione dell’ASpI (e della mini-ASpI), trova applicazione una normativa speciale composta da diverse norme (articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988, articolo 25 della L. 457/1972, articolo 7 della L. 37/1977 e articolo 1, commi 55-57, della L. 247/2007). A seguito dell’intervento operato dall’articolo 1, commi 55-57, della L. 247/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008 è stata disposta una revisione della normativa relativa ai trattamenti di disoccupazione per i lavoratori agricoli (a tempo indeterminato e determinato nonché per le figure equiparate), finalizzata a rendere omogenee, per quanto riguarda la misura e la durata delle provvidenze erogate, le differenti discipline attualmente previste (per l’indennità ordinaria di disoccupazione applicata agli agricoli, di cui all’articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988, e per il trattamento speciale di disoccupazione di cui all’articolo 25 della L. 4571972 e all’articolo 7 della 37/1977).A tal fine (comma 55) è stata prevista un’unica misura dei trattamenti di disoccupazione in agricoltura, pari al 40% della retribuzione, mentre attualmente sono previste, come detto, diverse aliquote a seconda del tipo di prestazione: 30% per l’indennità di disoccupazione ordinaria; 40% o 66%, a seconda del numero di giornate di lavoro prestate, per i trattamenti speciali di disoccupazione. Inoltre, per tutti i trattamenti di disoccupazione è stato previsto un unico parametro a cui è ancorata la durata dell’erogazione dei trattamenti (iscrizione negli elenchi nominativi, cioè giornate di lavoro effettuate). Inoltre, ai fini della corresponsione dei richiamati trattamenti sono valutati non solamente i periodi di lavoro subordinato svolti nel settore agricolo, ma anche quelli svolti in altri settori produttivi a condizione che l’attività agricola sia prevalente nel corso dell’anno o del biennio al quale si riferisce la domanda (comma 56). Si ricorda, infine, che il successivo comma 57 ha disposto che, al fine del raggiungimento del requisito annuo di 270 contributi giornalieri, valido per il diritto e la misura dei trattamenti pensionistici, dall’importo dei trattamenti di disoccupazione sia trattenuto dall’INPS un contributo di solidarietà pari al 9% del medesimo importo per ogni giornata indennizzata sino ad un “tetto” di 150 giornate.
[18] Ai fini della durata non si computano i periodi contributivi che abbiano già dato luogo all’erogazione della prestazione.
[19] A tal fine, come già previsto per l’indennità di mobilità, è ininfluente l’eventuale cessazione anticipata per dimissioni del lavoratore.
[20] Status di disoccupato; almeno 2 anni di assicurazione ed almeno 1 anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione; intervento integrativo pari almeno al 20% dell’indennità a carico dei fondi di solidarietà bilaterali o dei fondi da costituire nei settori privi di un sistema consolidato di bilateralità (ai sensi , rispettivamente, dell’articolo 3, comma 14, e 3, comma 4, della L. 92/2012). La durata massima del trattamento non può superare 90 giorni, da computare in un biennio mobile.
[21] Anche in questo caso non si computano i periodi contributivi che abbiano già dato luogo all’erogazione della prestazione
[22] Si ricorda, inoltre, che il comma 55, in relazione all’introduzione della richiamata indennità, ha provveduto ad abrogare, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2013, l’articolo 19, comma 1, lettera a), b) e c) del D.L. 185/2008, che prevedevano una serie di interventi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione e nei limiti di specifici stanziamenti, volti a riconoscere l’accesso a specifici istituti di tutela del reddito - comprensivi delle somme concernenti la contribuzione figurativa e gli assegni al nucleo familiare - in caso di sospensione dal lavoro dei soggetti interessati
[23] L'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è uno strumento di valutazione e confronto, attraverso scale di equivalenza, della situazione economica dei nuclei familiari di coloro che richiedono l’erogazione di prestazioni sociali e sociosanitarie agevolate o per la definizione del livello di compartecipazione al costo di taluni servizi rivolti all’intera cittadinanza. Le informazioni necessarie per la valutazione economica del nucleo familiare sono rese attraverso la presentazione di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) che vale per tutti i membri del nucleo familiare e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. Con la riforma, sono stati previsti un modello MINI - una dichiarazione semplificata che riguarda la maggior parte delle situazioni ordinarie – e una dichiarazione a moduli - specifici, per una determinata prestazione o per una particolare condizione del beneficiario. In questo tipo di dichiarazione rientra, ad esempio, la richiesta di prestazioni socio-sanitarie per persone con disabilità che possono far riferimento ad un nucleo familiare ristretto, oppure le prestazioni universitarie per studenti che non fanno parte del nucleo familiare di origine.
A causa di alcuni limiti applicativi, relativi in particolare al controllo della veridicità dei dati autodichiarati e all’esclusione di alcuni redditi, l’indicatore, originariamente istituito dal D. Lgs. 109/1998, è stato riformato, come previsto dall’articolo 5 del DL. 201/2011 (cd. Salva Italia, L. 214/2011), dal D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, che ha abrogato la disciplina previgente e ha previsto una revisione delle modalità di determinazione e nuovi campi di applicazione. Pertanto, oltre all’indicatore standard o ordinario, valido per la generalità delle prestazioni agevolate, è prevista una pluralità di indicatori, calcolati in funzione della specificità delle situazioni .
Le nuove norme sono entrate in vigore a partire dal 1 gennaio 2015 , a seguito dell'entrata in vigore del decreto direttoriale del 7 novembre 2014 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con il quale è stato approvato il nuovo modello di dichiarazione sostitutiva unica (DSU), le relative istruzioni e l'attestazione.
Gli enti erogatori di prestazioni sono tenuti a utilizzare l'ISEE come indicatore della situazione economica, benché possano prevedere ulteriori criteri di selezione per identificare specifiche platee di beneficiari.
[24] Il sistema informativo dei servizi sociali (SISS) è stato inizialmente previsto dall'articolo 21, della legge quadro 328/2000, che ha impegnato lo Stato, insieme alle regioni e al sistema delle autonomie locali, a istituire “un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali”. Il SISS non ha ancora trovato piena attuazione, se non con l’avvio di una serie di attività promosse dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in collaborazione con le Regioni. Al momento sono in fase di costruzione e implementazione i tre moduli tematici che alimentano l’intero sistema informativo: “Non autosufficienza”, “Minori” e “Povertà ed esclusione sociale”. La costruzione del sistema informativo sui servizi sociali passa, in questo modo, attraverso la realizzazione, lo sviluppo e l'integrazione del sistema informativo sui servizi e gli interventi per le persone non autosufficienti (SINA), del sistema informativo sui servizi e gli interventi per bambini e adolescenti (SINBA) e del Sistema informativo su interventi e servizi sociali finalizzati al contrasto della povertà e dell’esclusione sociale (SIP), da considerarsi come sottosistemi del più ampio sistema informativo dei servizi sociali. Dal 2012 è stato attivato anche il progetto Sistema Informativo sui servizi socio-educativi per la prima infanzia (SINSE) .
Il flussi informativi del SISS alimentano il Casellario dell’assistenza che, come previsto dall’articolo 13 del decreto legge 78/2010, è stato istituito presso l'INPS. Il Casellario è dedicato alla raccolta, conservazione e gestione dei dati, dei redditi e delle altre informazioni relativi ai soggetti aventi titolo alle prestazioni di natura assistenziale e costituisce pertanto l'anagrafe generale delle posizioni assistenziali e delle relative prestazioni. Le informazioni del Casellario sono condivise tra tutte le amministrazioni centrali dello Stato, gli enti locali, le organizzazioni no profit e gli organismi gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie che, da parte loro, devono fornire i dati e le informazioni contenute nei propri archivi e banche dati, per la realizzazione di una base conoscitiva per la migliore gestione della rete dell'assistenza sociale, dei servizi e delle risorse.
[25] L’articolo 1, comma 4, lettera p), della legge n. 183/2014, ha delegato il Governo alla “introduzione di princìpi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come parte le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di adeguati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte dell'effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale”
[26] Si tratta del contributo di licenziamento di cui all’art. 2, comma 31, della legge n.92/2012, che il datore di lavoro è tenuto a versare all’INPS in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sono inclusi anche i rapporti di apprendistato, per cause diverse dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013. Il contributo è pari al 41% del trattamento mensile iniziale dell’ASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni (sono quindi compresi i periodi di lavoro a termine). Nel computo dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al precedente comma.
[27] Si tratta della “procedura di definizione del profilo personale di occupabilità” (comma 2), delle procedure di accreditamento delle agenzie per il lavoro pubbliche e private presso le quali il voucher può essere speso (comma 3), nonché dei profili relativi alla quantificazione del valore del voucher in relazione al profilo personale di occupabilità del soggetto e del tipo di risultato occupazionale che l’agenzia deve ottenere per poterlo incassare (comma 4).
[28] Solo attraverso un nuovo provvedimento, del resto, potrà essere garantita la piana rispondenza della disciplina del contratto di ricollocazione al criterio di delega che impone di condizionare la remunerazione dell’agenzia all’ “effettivo inserimento almeno per un congruo periodo” (nel provvedimento, infatti, si fa riferimento, alquanto genericamente, al diritto dell’agenzia di incassare il voucher “a risultato ottenuto”, senza alcuna specificazione in ordine alla durata dell’impiego offerto).
[29] Si veda, in particolare, la delibera di Giunta del 30 settembre 2014.
[30] L’articolo 1, comma 107, della legge n.190/2014 “per fare fronte agli oneri derivanti dall’attuazione dei provvedimenti normativi di riforma degli ammortizzatori sociali, ivi inclusi gli ammortizzatori sociali in deroga, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, di quelli in materia di riordino dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, nonché per fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione dei provvedimenti normativi volti a favorire la stipula di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, al fine di consentire la relativa riduzione di oneri diretti e indiretti” ha istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito fondo, con una dotazione di 2.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e di 2.000 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017.