Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2017 - Sezione I - Normativa - A.S. 2611
Riferimenti:
AC N. 4127-BIS-A/XVII   AC N. 4127-BIS/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 510    Progressivo: 4
Data: 06/12/2016
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
Altri riferimenti:
AS N. 2611/XVII     

 

Legge di bilancio 2017 - Sezione I Normativa

 

A.S. 2611

Dicembre 2016

 

 

 

 

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Dossier n. 395/4 Sezione I - Normativa

 

 

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Progetti di legge n. 510/4 Sezione I - Normativa

 

 

 

 

 

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I N D I C E

La nuova legge di bilancio. 3

Schede di lettura

Schede di lettura. 9

Articolo 1, comma 1 (Risultati differenziali del bilancio dello Stato) 11

Articolo 1, commi 2-3 (Detrazioni fiscali per ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica, energetica e acquisto mobili) 15

Articolo 1, commi 4-7 (Credito di imposta per le strutture ricettive) 25

Articolo 1, commi 8-13 (Proroga e rafforzamento della disciplina di maggiorazione della deduzione di ammortamenti) 29

Articolo 1, comma 14 (Disposizioni in materia di uffici giudiziari) 33

Articolo 1, commi 15-16 (Credito d’imposta per ricerca e sviluppo) 35

Articolo 1, commi 17-23 (Regime di cassa) 39

Articolo 1, commi 24-31 (IVA di gruppo) 45

Articolo 1, comma 32 (Trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie) 55

Articolo 1, commi 33-35 (Assoggettamento a IVA del 5 per cento dei servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare) 57

Articolo 1, comma 36 (Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore e tracciabilità dei pagamenti) 59

Articolo 1, comma 37 (Deducibilità canoni di noleggio a lungo termine) 61

Articolo 1, commi 38-39 (Pagamento cumulativo della tassa automobilistica) 63

Articolo 1, comma 40 (Riduzione canone RAI) 65

Articolo 1, comma 41 (Soppressione del canone per l’estrazione del sale dai giacimenti) 67

Articolo 1, comma 42 (Blocco aliquote regionali e comunali) 69

Articolo 1, comma 43 (Anticipazioni di tesoreria enti locali) 73

Articolo 1, comma 44 (Abolizione IRPEF per imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti) 75

Articolo 1, comma 45-46 (Compensazioni IVA animali vivi della specie bovina e suina) 77

Articolo 1, comma 47 (Fondi rustici montani) 79

Articolo 1, comma 48 (Riduzione dell’accisa sulla birra) 81

Articolo 1, comma 49 (Esclusione delle SGR dall’addizionale IRES del 3,5 per cento) 83

Articolo 1, comma 50 (Regime fiscale agevolato per le società sportive dilettantistiche) 85

Articolo 1, comma 51 (Regime fiscale agevolato per gli operatori bancari di finanza etica e sostenibile ) 87

Articolo 1, commi 52-57 (Nuova Sabatini) 89

Articolo 1, comma 58 (Internazionalizzazione) 95

Articolo 1, commi 59-64 (Incentivi per l’acquisto di beni mobili strumentali per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari e non alimentari a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi) 97

Articolo 1, comma 65 (Firma elettronica per le startup) 99

Articolo 1, commi 66-69 (Estensione e rafforzamento delle agevolazioni per investimenti nelle start-up e nelle PMI innovative) 101

Articolo 1, comma 70 (PMI) 109

Articolo 1, commi 71-73 (Rifinanziamento degli interventi per l’autoimprenditorialità e per le start-up innovative) 111

Articolo 1, commi 74-75 (Aziende confiscate e capitalizzazione delle imprese) 115

Articolo 1, commi 76-80 (Perdite fiscali di start up partecipate da società quotate) 117

Articolo 1, comma 81 (Disciplina delle transazioni fiscali nelle procedure concorsuali) 119

Articolo 1, commi 82-83 (Investimenti in start up da parte dell'INAIL) 123

Articolo 1, comma 84 (Rimodulazione investimenti enti di previdenza in fondi immobiliari pubblici) 125

Articolo 1, comma 85 (Destinazione risorse INAIL all'edilizia scolastica) 127

Articolo 1, commi 86 e 87 (Copertura assicurativa dei soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità) 129

Articolo 1, commi 88-99 (Agevolazioni per investimenti a lungo termine) 133

Articolo 1, commi 100-114 (Piani individuali di risparmio a lungo termine- PIR) 137

Articolo 1, comma 115 (Centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0) 143

Articolo 1, commi. 116-123 (Fondazione Human Technopole) 145

Articolo 1, commi 124-125 (Infrastruttura di ricerca FERMI) 149

Articolo 1, commi 126-139 (Misure per l’attuazione del Progetto dell’Area Expo 2015) 151

Articolo 1, comma 140-142 (Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese) 157

Articolo 1, comma 143 (Fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino) 163

Articolo 1, commi 144-145 (Realizzazione di ciclovie turistiche) 165

Articolo 1, comma 146 (Criteri di indennizzo dei figli delle vittime di omicidio commesso dal coniuge) 167

Articolo 1, comma 147 (Interventi sugli impianti sportivi) 169

Articolo 1, commi 148-159 (Misure per l’attrazione degli investimenti) 171

Articolo 1, commi 160-162 (Premio di produttività e welfare aziendale) 183

Articolo 1, comma 163 (Stabilizzazione lavoratori socialmente utili della Calabria) 187

Articolo 1, comma 164 (Esonero contributo di licenziamento nei cambi di appalto) 189

Articolo 1, comma 165 (Riduzione aliquota contributiva iscritti gestione separata I.N.P.S.) 191

Articolo 1, commi 166-186 (APE - Assegno pensionistico a garanzia pensionistica e APE sociale) 193

Articolo 1, comma 187 (Quattordicesima) 207

Articolo 1, commi 188-192 (Rendita integrativa temporanea anticipata - RITA) 211

Articolo 1, comma 193 (Relazione del Governo alle Camere in materia di APE e di RITA) 213

Articolo 1, comma 194 (Abolizione penalizzazioni) 215

Articolo 1, commi 195-198 (Cumulo dei periodi assicurativi) 217

Articolo 1, commi 199-205 (Riduzione requisiti anzianità contributiva) 221

Articolo 1, commi 206-208 (Lavori usuranti) 225

Articolo 1, comma 209 (Benefici previdenziali centralinisti non vedenti) 229

Articolo 1, comma 210 (No tax area pensionati) 231

Articolo 1, comma 211 (Trattamenti pensionistici per le vittime del dovere e loro familiari superstiti) 233

Articolo 1, commi 212-221 (Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici) 235

Articolo 1, commi 222-225 (Trattamento anticipato di pensione per le lavoratrici) 243

Articolo 1, commi 226-232 (Rifinanziamento prepensionamento giornalisti) 245

Articolo 1, comma 233 (Trasformazione a tempo parziale dei rapporti di lavoro) 247

Articolo 1, commi 234-237 (Fondi di solidarietà bilaterali) 249

Articolo 1, commi 238-239 (Incremento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale) 251

Articolo 1, comma 240 (Interventi a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione) 255

Articolo 1, commi 241-242 (Congedo per le lavoratrici autonome per motivi connessi al percorso di protezione relativo alla violenza di genere) 257

Articolo 1, comma 243 (Localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center) 259

Articolo 1, commi 244-248 (FOSPE) 263

Articolo 1, comma 249 (Regime di imposizione tributaria delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani) 265

Articolo 1, comma 250 (Pensione di inabilità per i soggetti affetti da malattie connesse all'esposizione all'amianto) 267

Articolo 1, comma 251 (Fondo occupazione disabili) 269

Articolo 1, commi 252-267 (Norme sulla contribuzione studentesca universitaria) 271

Articolo 1, commi 268-272 (Finanziamento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio) 279

Articolo 1, commi 273-289 (Borse di studio nazionali per il merito e la mobilità) 283

Articolo 1, commi 290-293 (Orientamento pre-universitario, sostegno didattico e tutorato) 291

Articolo 1, comma 294 (Erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori) 295

Articolo 1, commi 295-305 (Interventi di finanziamento e sviluppo delle attività di ricerca) 297

Articolo 1, commi 306 e 339 (Assunzioni da parte dell’ANVUR e disposizioni specifiche per la VQR) 303

Articolo 1, comma 307 (Finanziamento ulteriore in favore dell'INGM) 305

Articolo 1, commi 308-313 (Esonero contributivo alternanza scuola-lavoro) 307

Articolo 1, commi 314-338 (Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza) 313

Articolo 1, commi 340-343 (Proroga annuale del periodo di perfezionamento dei “precari della giustizia”) 321

Articolo 1, commi 344-345 (Esonero contributivo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali) 325

Articolo 1, commi 346-347 (Indennità giornaliera per lavoratori della pesca marittima) 329

Articolo 1, commi 348-349 (Fondo sostegno natalità) 331

Articolo 1, comma 350 (Piano di azione nazionale su “Donne Pace e Sicurezza”) 333

Articolo 1, commi 351 e 352 (Nuove risorse del Fondo per l'indennizzo in favore delle vittime) 337

Articolo 1, comma 353 (Premio alla nascita) 339

Articolo 1, comma 354 (Congedo obbligatorio per il padre lavoratore) 341

Articolo 1, commi 355-357 (Buono nido e rifinanziamento voucher asili nido) 343

Articolo 1, comma 358 (Pari opportunità) 347

Articolo 1, comma 359 (Finanziamento Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere. 349

Articolo 1, commi 360 e 361 (Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico) 351

Articolo 1, commi 362 e 363 (Ricostruzione privata e pubblica post-sisma) 353

Articolo 1, commi 364-365, 367 e 369 (Fondo per il pubblico impiego) 357

Articolo 1, commi 366 e 373-374 (Incremento dell’organico dell’autonomia) 365

Articolo 1, comma 368 (Proroga di graduatorie concorsuali nella P.A.) 367

Articolo 1, comma 370 (Casse di previdenza dei liberi professionisti) 369

Articolo 1, comma 371 (Fondo per le misure anti-tratta) 371

Articolo 1, comma 372 (Assunzioni presso il Ministero della giustizia) 373

Articolo 1, commi 375-376 (Contratti di lavoro a tempo determinato per il personale scolastico) 375

Articolo 1, comma 377 (Proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate) 379

Articolo 1, comma 378 (Fondo volo) 381

Articolo 1, commi 379-380 (Disposizioni per il decoro degli edifici scolastici e per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi) 383

Articolo 1, comma 381 (Svolgimento del Vertice G7) 389

Articolo 1, commi 382-384 (Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità  per il Fascicolo sanitario elettronico) 391

Articolo 1, commi 385-389 (Introduzione di misure sperimentali per il 2017 relative al Servizio sanitario nazionale e di quello regionale) 397

Articolo 1, comma 390 (Piani di rientro per alcuni enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) 401

Articolo 1, comma 391 (Regioni a statuto speciale e piani di rientro per alcuni enti, aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale) 403

Articolo 1, commi 392-394 (Livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e quota vincolata al finanziamento di specifici fondi e finalità) 405

Articolo 1, commi 395-396 (Criteri per la nomina del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario) 409

Articolo 1, commi 397-408 (Governance farmaceutica) 411

Articolo 1, comma 409 (Quota a valere sul finanziamento Ssn per gli oneri derivanti dai processi di assunzione e stabilizzazione del personale Ssn) 421

Articolo 1, comma 410 (Contratti di collaborazione degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli Istituti zooprofilattici sperimentali) 423

Articolo 1, comma 411 (Finanziamento Alzheimer) 425

Articolo 1, comma 412 (Rinnovi contrattuali personale del Servizio sanitario nazionale ) 427

Articolo 1, commi 413-419 (Misure di efficientamento della spesa per acquisti) 429

Articolo 1, commi 420-423 (Acquisizioni di beni e servizi in forma centralizzata nonché linee di indirizzo e standard per la gestione dei magazzini, la logistica distributiva, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione ed in materia di risorse umane) 433

Articolo 1, comma 424 (Programma biennale degli acquisti di beni e servizi) 435

Articolo 1, comma 425 (Misure di efficientamento della spesa dei Ministeri) 437

Articolo 1, comma 426 (Accantonamento di ricavi derivanti dalla dismissione d’immobili all’estero) 441

Articolo 1, commi 427-428 (Introiti derivanti dall’aumento della tariffa dei diritti consolari) 443

Articolo 1, comma 429 (Assegnazione di quota dei contributi per le domande di riconoscimento della cittadinanza italiana) 445

Articolo 1, comma 430 (Riduzione del finanziamento per l’Agenzia italiana per cooperazione allo sviluppo) 447

Articolo 1, comma 431 (Riduzione sgravio contributivo per le imprese armatrici) 449

Articolo 1, comma 432 (Interventi organizzativi nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) 451

Articolo 1, commi 433, 437-439 (Fondi a favore degli enti territoriali) 453

Articolo 1, commi 434-436 (Piano di riequilibrio finanziario degli enti locali) 455

Articolo 1, commi 440-443 (Rinegoziazione mutui da parte degli enti locali) 459

Articolo 1, comma 444 (Modalità di determinazione delle riduzioni finanziarie da applicare ai comuni) 461

Articolo 1, comma 445 (Spese di personale per assunzioni comune di Matera) 463

Articolo 1, commi 446-452 (Fondo di solidarietà comunale) 465

Articolo 1, comma 453 (Canone per il servizio di distribuzione del gas naturale nel periodo di prosecuzione del servizio) 471

Articolo 1, commi 454-455 (Differimento di termini contabili per gli enti locali) 473

Articolo 1, comma 456 (Consorzi per la gestione associata di servizi sociali) 475

Articolo 1, comma 457 (Amministrazione residui attivi e passivi relativi a fondi di gestione vincolata) 477

Articolo 1, commi 458 (Acquisizione di informazioni sui fabbisogni standard) 479

Articolo 1, comma 459 (Criteri per il riparto delle riduzioni di spesa di beni e servizi per i comuni che gestiscono funzioni e servizi in forma associata) 481

Articolo 1, commi 460-461 (Destinazione proventi titoli abilitativi edilizi) 483

Articolo 1, comma 462 (Fondo per contenzioso amministrativo comune di Lecce) 485

Articolo 1, commi 463-482 (Nuovo pareggio di bilancio enti territoriali) 487

Articolo 1, commi 483 e 484 (Pareggio di bilancio autonomie speciali) 499

Articolo 1, commi 485-501 e 506-508  (Assegnazione di spazi finanziari agli enti locali ed alle regioni per investimenti) 501

Articolo 1, commi 502-505 (Province autonome di Trento e di Bolzano) 507

Articolo 1, commi 509-516 (Recepimento dell’Accordo fra il Governo e la Regione siciliana) 511

Articolo 1, commi 517 e 518 (Regione Valle d’Aosta) 517

Articolo 1, commi 519-520 e 534 (Regione Friuli-Venezia Giulia) 521

Articolo 1, commi 521-523 (Oneri gestione commissariale della regione Piemonte) 525

Articolo 1, commi 524-526 (Utilizzo di risorse residue per il pagamento di debiti contratti dalla PA) 529

Articolo 1, commi 527 e 528 (Estensione al 2020 del concorso alla finanza pubblica delle Regioni) 535

Articolo 1, comma 529 (Modifica procedimento di riparto del contributo per minori entrate IRAP) 539

Articolo 1, commi 530-532 (Regolazione anticipazioni di tesoreria per la Sanità) 541

Articolo 1, comma 533 (Disposizioni in materia di rilevazioni SIOPE) 543

Articolo 1, commi 535-544 (Misure antielusive e di contrasto all’evasione) 545

Articolo 1, commi 545-546 (Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo) 553

Articolo 1, commi 547-553 (Imposta sul reddito d’impresa – IRI e razionalizzazione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE) 557

Articolo 1, commi 554-564 (Proroga della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di impresa) 563

Articolo 1, commi 565-566 (Assegnazione o cessione di beni ai soci. Estromissione di immobili dal patrimonio dell’impresa) 567

Articolo 1, comma 567 (IVA sulle variazioni dell’imponibile o dell’imposta) 571

Articolo 1, commi 568-575 (Autorizzazione al cambio di tecnologia dei diritti d’uso delle frequenze in banda 900 e 1800 Mhz) 575

Articolo 1, Commi 576-577 (Gara Superenalotto) 581

Articolo 1, commi 578-581 (Centri di servizio per il volontariato finanziati dalle Fondazioni bancarie) 583

Articolo 1, comma 582 (Partecipazione italiana a iniziative internazionali) 585

Articolo 1, comma 583 (Risorse per le fondazioni lirico-sinfoniche) 587

Articolo 1, comma 584 (Spese della società ALES S.p.A.) 591

Articolo 1, commi 585-586 (Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale) 593

Articolo 1, commi 587 e 588 (Cultura e lingua italiana all'estero) 597

Articolo 1, commi 589 (Sostegno agli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all’estero) 599

Articolo 1, comma 590 (Incremento del Fondo adozioni internazionali) 601

Articolo 1, comma 591 (Linea ferroviaria Ferrandina-Matera) 603

Articolo 1, comma 592 (Sostegno alla stampa italiana all’estero) 605

Articolo 1, comma 593 (Contributo al CONI) 607

Articolo 1, comma 594 (Reperimento di risorse pubbliche per la rifunzionalizzazione degli immobili pubblici) 609

Articolo 1, comma 595 (Nuova denominazione Italia Lavoro S.p.A.) 611

Articolo 1, comma 596 (Contributi associazioni combattentistiche) 613

Articolo 1, commi 597-598 (Debito Croce rossa) 615

Articolo 1, comma 599 (Assegno al nucleo familiare in presenza di quattro o più figli) 617

Articolo 1, comma 600 (Fondo assegno sostitutivo grandi invalidi) 621

Articolo 1, comma 601 (Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città) 623

Articolo 1, commi 602 e 603 (Edilizia sanitaria) 625

Articolo 1, comma 604 (Rete viaria interessata dalla Coppa del mondo di sci) 627

Articolo 1, comma 605 (Contributo all’Istituto italiano per gli studi storici e all’Istituto italiano per gli studi filosofici) 629

Articolo 1, comma 606 (Ricerca e sviluppo nei settori meteorologia e climatologia) 631

Articolo 1, comma 607  (Finanziamento degli interventi di decontaminazione e bonifica degli stabilimenti del gruppo ILVA) 633

Articolo 1, comma 608 (Piattaforma informatica sull'uso dei dati del codice di prenotazione nel settore del trasporto aereo) 637

Articolo 1, commi 609-610 (Restituzione del finanziamento statale a favore di ILVA) 639

Articolo 1, commi 611-612 (Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata) 643

Articolo 1, commi 613-615 (Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile) 649

Articolo 1, commi 616 e 619-620 (Scuole paritarie) 653

Articolo 1, comma 617 (Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica) 659

Articolo 1, comma 618 (Limitazione dei comandi di personale scolastico) 661

Articolo 1, comma 621 (Fondo per l’Africa) 663

Articolo 1, comma 622 (Misure per il rafforzamento della cooperazione internazionale per lo sviluppo) 665

Articolo 1, comma 623 (Fondo Corpi di polizia e dei Vigili del fuoco) 669

Articolo 1, commi 624-625 (Rideterminazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e del Fondo esigenze indifferibili) 671

Articolo 1, comma 626 (Rifinanziamento del bonus cultura per i  diciottenni e del bonus strumenti musicali) 673

Articolo 1, comma 627 (Fondo nazionale per la rievocazione storica) 675

Articolo 1, comma 628 (Incremento limite annuale anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie) 677

Articolo 1, comma 629 (Contributi per la cooperazione allo sviluppo) 679

Articolo 1, comma 630 (Immigrazione) 681

Articolo 1, commi 631-632 (Eliminazione aumenti accise ed IVA per l’anno 2017) 685

Articolo 1, commi 633-636 (Collaborazione volontaria) 687

Articolo 1, comma 637 (Tabelle A e B) 691

Articolo 1, comma 638 (Clausola di salvaguardia per le autonomie speciali) 701

Approvazione degli stati di previsione. 703

Articoli 2-18 (Approvazione degli stati di previsione, del totale generale della spesa e del quadro generale riassuntivo) 703

Articolo 19 (Entrata in vigore) 709

 

 


La nuova legge di bilancio

 

Con la recente riforma operata dalla legge n.163 del 2016 sulla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, i contenuti della legge di bilancio e della legge di stabilità vengono ora ricompresi in un unico provvedimento, costituito dalla nuova legge di bilancio, riferita ad un periodo triennale ed articolata in due sezioni, secondo quanto dispone il nuovo articolo 21 della legge di contabilità. La prima sezione svolge essenzialmente le funzioni dell’ex disegno di legge di stabilità; la seconda sezione assolve, nella sostanza, quelle del disegno di legge di bilancio.

Nella riallocazione tra le due Sezioni delle informazioni prima recate dai due distinti disegni di legge di stabilità e di bilancio, va però considerato che la seconda sezione, pur ricalcando il contenuto del bilancio di previsione finora vigente, viene ad assumere un contenuto sostanziale, potendo ora incidere direttamente - attraverso rimodulazioni ovvero rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni - sugli stanziamenti sia di parte corrente che di parte capitale previsti a legislazione vigente, ed integrando nelle sue poste contabili gli effetti delle disposizioni della prima sezione.

L’integrazione in un unico documento dei contenuti degli ex disegni di legge di bilancio e di stabilità persegue la finalità di incentrare la decisione di bilancio sull’insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine come avveniva finora, portando al centro del dibattito parlamentare le priorità dell’intervento pubblico, considerato nella sua interezza.

 

Il contenuto della prima sezione (ex legge di stabilità)

 

La prima sezione - disciplinata dai nuovi commi da 1‑bis a 1‑quinquies dell’articolo 21 della legge n. 196/2009 - contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio. Essa riprende sostanzialmente, con alcune modifiche e adattamenti, i contenuti del soppresso articolo 11 della legge n. 196/2009, riguardante la disciplina della legge di stabilità.

Per quanto concerne il contenuto della sezione in esame, tra le novità più rilevanti rispetto all’ex disegno di legge di stabilità va in primo luogo segnalato come essa potrà contenere anche norme di carattere espansivo, ossia di minore entrata o di maggiore spesa, in quanto non è stata riproposta la disposizione che recava l’articolo 11, comma 3, lettera i), della legge n. 196 del 2009, ai sensi della quale la legge di stabilità doveva indicare le sole norme che comportassero aumenti di entrata o riduzioni di spesa.

La mancata indicazione di un vincolo di carattere restrittivo in termini di effetto della prima parte della legge di bilancio deriva dalla circostanza che ai sensi dell’articolo 14 delle legge di attuazione del pareggio di bilancio n.243 del 2012, il nuovo disegno di legge di bilancio soggiace ora ad una regola di “equilibrio” del bilancio dello Stato che consiste in un valore del saldo netto da finanziare coerente con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica: obiettivi che com’è noto possono ricomprendere anche situazioni di disavanzo nell’ambito del percorso di raggiungimento dell’ obiettivo di medio termine (Medium Term Objective, MTO). Di conseguenza il nuovo disegno di legge di bilancio non reca più (a differenza di quanto finora per la legge di stabilità) un autonomo prospetto di copertura.

Altra significativa novità può ravvisarsi nella circostanza che alla conferma del divieto già previsto in passato di inserire norme di delega, di carattere ordinamentale o organizzatorio o interventi di natura localistica o microsettoriale, si accompagna ora all’ulteriore divieto (commi 1-ter ed 1-quinquies dell’articolo 21) di inserire norme che dispongono la variazione diretta delle previsioni di entrata o di spesa contenute nella seconda sezione. Le disposizioni contenute nella prima sezione – sottolinea la norma – devono determinare variazioni delle previsioni di bilancio indicate nella seconda sezione soltanto attraverso la modifica delle autorizzazioni legislative sottostanti o dei parametri previsti dalla normativa vigente che determinano l’evoluzione delle entrate e della spesa, ovvero attraverso nuovi interventi. Le disposizioni della prima sezione non possono, cioè, apportare variazioni alle previsioni di bilancio contenute nella seconda sezione attraverso una modifica diretta dell’ammontare degli stanziamenti iscritti nella seconda sezione. Tale modifica è possibile solo incidendo sulle norme o sui parametri stabiliti per legge che determinano l’evoluzione dei suddetti stanziamenti di bilancio.

Nel contenuto proprio della prima sezione sono poi confermate:

§  la determinazione del livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare;

§  la determinazione degli importi dei fondi speciali;

§  la previsione di norme volte a rafforzare il contrasto e la prevenzione dell'evasione fiscale e contributiva;

§  la determinazione dell'importo complessivo massimo destinato, in ciascun anno del triennio di riferimento, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego;

§  la previsione di eventuali norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi;

§  la previsione delle norme eventualmente necessarie a garantire il concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica.

Da segnalare inoltre come non sono riproposte, quale contenuto della prima sezione, le disposizioni (di cui all’ex articolo 11, comma 3, lettere d), e), f) ed h) della legge n. 196) che prevedevano la determinazione degli importi delle leggi di spesa permanente, la riduzione di autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente nonché le variazioni delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, di cui rispettivamente alle tabelle C, D ed E della legge di stabilità. La mancata riproposizione va ricondotta al fatto che nell’impianto organico della nuova legge di bilancio tali determinazioni sono trasferite nell’ambito della seconda sezione. La nuova disciplina prevede però, contestualmente, che i contenuti delle tabelle devono essere esposti – a fini conoscitivi – in appositi allegati del disegno di legge di bilancio, da aggiornare al passaggio del provvedimento tra i due rami del Parlamento.

Un diverso contenuto caratterizza infine la relazione tecnica, finora prevista per la sola ex legge di stabilità, che viene adesso estesa alla legge di bilancio nel suo complesso. Ciò in quanto l’unificazione dei due disegni di legge in un unico provvedimento e, all’interno di questo, il carattere sostanziale che caratterizza anche la seconda sezione, impone l’obbligo di presentazione della relazione in questione non solo con riferimento alla prima sezione ma anche con riguardo alla seconda sezione, in modo da consentire di valutare l’attendibilità dei criteri utilizzati per l’elaborazione delle previsioni di entrata e di spesa, che rappresentano la base su cui si innesta la parte dispositiva della manovra.

Nella relazione tecnica presentata a corredo del disegno di legge di bilancio sono indicati:

§  la quantificazione degli effetti finanziari derivanti da ciascuna disposizione normativa introdotta nell'ambito della prima sezione;

§  i criteri essenziali utilizzati per la formulazione, sulla base della legislazione vigente, delle previsioni di entrata e di spesa contenute nella seconda sezione;

§  elementi di informazione che diano conto della coerenza del valore programmatico del saldo netto da finanziare o da impiegare con gli obiettivi programmatici contenuti nella Nota di aggiornamento del DEF.

La previsione in base alla quale la relazione tecnica deve contenere anche elementi di valutazione che diano conto della suddetta coerenza va messa in relazione sia con il nuovo vincolo previsto dall’articolo 21, secondo cui le nuove o maggiori spese disposte dalla prima sezione non possono concorrere a determinare tassi di evoluzione delle spese incompatibili con gli obiettivi programmatici fissati nel DEF, sia con il fatto che – come sopra già anticipato - l’articolo 14 della legge n. 243 del 2012 non prevede una disposizione per la copertura della legge di bilancio, facendo invece riferimento al vincolo costituito dall’equilibrio di bilancio.

I contenuti della prima sezione sono inoltre interessati, oltre che dalla relazione tecnica, da un ulteriore documento riferito alle grandezze economiche del provvedimento, costituito dalla Nota tecnico-illustrativa, già prevista dalla legge n.196 del 2009 ma che viene arricchita di contenuti. Essa deve ora essere allegata al disegno di legge di bilancio con funzione di raccordo, a fini conoscitivi, tra il provvedimento di bilancio e il conto economico delle pubbliche amministrazioni. A tal fine la Nota espone i contenuti e gli effetti sui saldi da parte della manovra, nonché i criteri utilizzati per la quantificazione degli effetti dei vari interventi, e dovrà essere aggiornata in relazione alle modifiche apportate dalle Camere al disegno di legge di bilancio nel corso dell’esame parlamentare.

 

 

 

Il contenuto della seconda sezione (ex legge di bilancio)

 

La seconda sezione - individuata dal nuovo comma 1‑sexies dell’articolo 21 della legge n. 196/2009 – indica le previsioni di entrata e di spesa, espresse in termini di competenza e di cassa, formate sulla base della legislazione vigente, tenuto conto dell'aggiornamento delle previsioni relative alle spese per oneri inderogabili e fabbisogno e delle proposte di variazioni di fattori legislativi.

Tali previsioni vengono inoltre integrate con gli effetti delle variazioni derivanti dalle disposizioni della prima sezione, alle quali viene assicurata una autonoma evidenza contabile (c.d. bilancio integrato).

Rinviandosi per una illustrazione più dettagliata dei nuovi contenuti della seconda sezione rispetto alla ex legge di bilancio alla parte di questo dossier relativa alla sezione medesima, qui ci si limita a segnalare come la principale novità risultante dalla riforma recata dalla legge n. 163/2016 è costituita dal passaggio definitivo (in quanto per alcuni limitati aspetti anticipato dal progressivo ampliamento della flessibilità di bilancio all’interno del previgente testo della legge n. 196/2009) da una concezione formale[1] ad una concezione sostanziale del disegno di legge di bilancio, disponendosi che la seconda sezione possa incidere - attraverso rimodulazioni ovvero rifinanziamenti, definanziamenti o riprogrammazioni - sugli stanziamenti sia di parte corrente che di parte capitale previsti a legislazione vigente (cfr. comma 3 dell’articolo 23 della legge di contabilità), ed integrando nelle sue poste contabili gli effetti delle disposizioni della prima sezione.

In estrema sintesi, le novità più rilevanti che concernono i contenuti della seconda sezione rispetto all’ex disegno di legge di bilancio, riguardano:

§  l’ampliamento dei margini di flessibilità di bilancio sulle dotazioni finanziarie di spesa relative ai fattori legislativi di un medesimo stato di previsione, attraverso:

-  la possibilità di effettuare rimodulazioni in via compensativa delle dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi all’interno di ciascuno stato di previsione, senza più il vincolo della compensatività all'interno di uno stesso programma o di una stessa missione (c.d. rimodulazione verticale);

-  la previsione di una ulteriore fattispecie di rimodulazione delle leggi di spesa (c.d. rimodulazione orizzontale) che consente l’adeguamento delle relative dotazioni finanziarie di competenza e di cassa a quanto previsto nel piano finanziario dei pagamenti (Cronoprogramma);

§  l’introduzione della possibilità di apportare variazioni, con la seconda sezione, alle dotazioni finanziarie di spesa previste a legislazione vigente relative ai fattori legislativi, per un periodo temporale anche pluriennale, con operazioni che precedentemente erano riservate alla legge di stabilità, attraverso le tabelle C, D e E[2].

§  la più puntuale articolazione della spesa di ciascun programma tra oneri inderogabili, fattori legislativi e spese di adeguamento al fabbisogno, come meglio si preciserà nella parte del presente dossier sulla seconda sezione. 

 

Sulla base del nuovo quadro legislativo qui sinteticamente accennato, la previsione di spesa per ciascun programma - che, si rammenta, costituisce l’unità di voto in sede parlamentare - si forma secondo una sequenza che, partendo dal dato contabile a legislazione vigente, può essere modificato prima dalle rimodulazioni compensative per fattori legislativi e cronoprogramma e poi dalle variazioni alle dotazioni finanziarie relative ai fattori legislativi, formandosi in tal modo il dato contabile di spesa risultante dalla seconda sezione; su questo va quindi inserito l’effetto finanziario determinato sul programma dalle eventuali modifiche risultanti dalla prima sezione, formandosi in tal modo il dato di bilancio “integrato”, cioè comprensivo di entrambe le sezioni, che costituirà l’unità di voto.

In termini analoghi si procede per l’unità di voto parlamentare delle entrate - vale a dire la tipologia delle stesse – per la quale, al dato contabile risultante dalla seconda sezione, formato sulla base della legislazione vigente, vanno inseriti gli effetti finanziari derivanti dalla prima sezione, determinandosi così il dato “integrato” delle due sezioni.


Schede di lettura


Articolo 1, comma 1
(Risultati differenziali del bilancio dello Stato)

 

 

Il comma 1 fissa per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa.

 

Secondo quanto disposto dall’articolo 21, comma 1-ter, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, tali livelli sono indicati nell'allegato n. 1 annesso al disegno di legge,  e sono determinati in coerenza con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

Rispetto al dettato dell’ex articolo 11, comma 3, lett. a), della legge di contabilità - che prevedeva la determinazione dei livelli massimi dei suddetti saldi solo in termini di competenza, con specifica indicazione delle eventuali regolazioni pregresse - viene eliminato il riferimento alle regolazioni contabili e debitorie pregresse, incluse nel valore del saldo ma delle quali viene ora data separata evidenza nel prospetto di raccordo tra il bilancio dello Stato e il conto della P.A. contenuto nella nota tecnico-illustrativa, di cui al nuovo comma 12‑quater dell’articolo 21 della legge n. 196.

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

Tabella 1 - Risultati differenziali

                                                                                                                     (importi in milioni di euro)

 

2017

2018

2019

Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza

- 38.601

-27.249

-8.628

Livello massimo del saldo netto da finanziare in termini di cassa

-102.627

-77.490

-57.246

Livello massimo del ricorso al mercato in termini di competenza

293.097

254.485

249.527

Livello massimo del ricorso al mercato in termini di cassa

356.551

304.132

297.551

 

Si rammenta che il saldo netto da finanziare è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti. Quanto al ricorso al mercato, questo rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che si prevede effettuare nell’anno e che non sono coperte dalle entrate finali: tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

Come espone la tabella, il valore del saldo netto da finanziare di cassa è consistentemente superiore a quello di competenza. Tale circostanza, riscontrabile di norma in sede di bilancio previsionale, deriva dalla diversa composizione dei due livelli, in quanto il saldo di competenza fa riferimento  alla differenza tra entrate finali e spese finali di competenza – vale a dire impegni ed accertamenti – mentre le componenti del saldo di cassa vengono quantificate tenendo conto delle relative masse acquisibili (incassi) e spendibili (pagamenti): nella cassa, in altri termini, unitamente agli stanziamenti di competenza si valuta anche l’ammontare dei residui attivi e, soprattutto, passivi.

Il maggior livello del saldo di cassa determina un analogo differenziale sul risultato del ricorso al mercato in termini di cassa rispetto a quello di competenza, atteso che il ricorso al mercato corrisponde alla somma del saldo netto da finanziare e del rimborso dei prestiti.

 

Come precisato espressamente nell’Allegato 1 all’articolo in esame,  gli importi del saldo netto da finanziare, che oltre alle voci delle regolazioni contabili e debitorie ed agli effetti della manovra includono anche gli effetti del decreto-legge fiscale n. 193/2016[3], sono inferiori ai livelli programmatici di tale saldo indicati nella Nota di aggiornamento, - come poi previsti nelle risoluzioni parlamentari  di approvazione della Nota medesima - nella quale gli stessi, riferiti per il 2017 ad un livello di indebitamento netto del 2,4 per cento di Pil, risultavano cifrati, in termini di competenza, in 40,5 miliardi nel 2017 e poi in 28,1 e 9,7 miliardi per il 2018 ed il 2019. I valori ora indicati nell’articolo 1 in esame, che incorporano sia gli effetti della manovra contenuta nel disegno di legge di bilancio che quelli del D.L. n. 193/2016 medesimo, fanno invece riferimento ad un obiettivo di indebitamento per il 2017 inferiore di 0,1 punti di Pil, che si colloca ora al 2,3 per cento.

Per il 2017 il limite massimo del saldo netto da finanziare è pertanto previsto pari a circa 38,6 miliardi in termini di competenza ed a circa  102,6 miliardi in termini di cassa.

Tali limiti sono poi indicati, rispettivamente in competenza ed in cassa, in circa 27,2 miliardi e 77,5 miliardi nel 2018 ed in circa 8,6 e 57,2 miliardi nel 2019.

Tutti i suddetti valori corrispondono a quanto risultante dal disegno di legge di bilancio in esame per il triennio considerato[4], nel quale gli importi iscritti nel bilancio “integrato” per ciascun anno sono egualmente costruiti ricomprendendovi i risultati derivanti dalla manovra di bilancio e dal decreto fiscale.

Per quanto riguarda il ricorso al mercato, per l’anno 2017 è fissato un livello massimo, in termini di competenza, pari a circa 293 miliardi, e pari a circa 356,5 miliardi in termini di cassa.

I suddetti livelli sono poi determinati rispettivamente in competenza ed in cassa in circa 254,5 miliardi  e 304,1 miliardi nel 2018 ed in circa 249,5 e 297,5 miliardi nel 2019.

I limiti massimi in questione sono stati confermati nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, che ne ha anzi comportato un lieve miglioramento, vale a dire una riduzione sia del saldo netto da finanziare che dell’ammontare del ricorso al mercato: miglioramento che per il saldo netto risulta pari a  circa 2 milioni nel 2017 in termini di competenza,  e pari a circa 39 milioni per 2017, 79 milioni per il 2018 e 104 milioni per il 2019 in termini di cassa, determinando eguali effetti per quanto concerne il ricorso a mercato.

 

 


Articolo 1, commi 2-3
(Detrazioni fiscali per ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica, energetica e acquisto mobili)

 

 

L’articolo 1, commi 2-3, dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 65 per cento per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus).

Per gli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio, la misura della detrazione al 65 per cento è prorogata di cinque anni, fino al 31 dicembre 2021. La misura della detrazione è ulteriormente aumentata nel caso di interventi che interessino l’involucro dell’edificio (70 per cento) e di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard (75 per cento). Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Per tali interventi i condomini possono cedere la detrazione ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tali detrazioni sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.

Si dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

Con riferimento agli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2021 viene prevista una detrazione del 50 per cento, ripartita in cinque quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Tale beneficio si applica non solo agli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), ma anche agli edifici situati nella zona sismica 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari). Qualora dalla realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione di imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall’intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell’80 per cento.

Qualora gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni di imposta spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento (passaggio di una classe di rischio inferiore) e dell’85 per cento (passaggio di due classi). Le detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, analogamente a quanto previsto per gli interventi per le riqualificazioni energetiche di parti comuni degli edifici condominiali, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Anche in questo caso, è esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, rientrano anche le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili.

Le nuove detrazioni previste per le misure antisismiche degli edifici non sono cumulabili con agevolazioni già spettanti per le medesime finalità sulla base di norme speciali per interventi in aree colpite da eventi sismici.

Si dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017 della detrazione al 50 per cento per le spese relative all'acquisto di mobili. Il limite di 10.000 euro per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici è considerato per gli interventi iniziati nel 2016 al netto delle spese per le quali si è già fruito della detrazione.

 

Detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica

 

Il comma 2 lett. a) dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 65 per cento per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (modifica all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 – lettera a), n. 1).

Per gli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio la misura della detrazione al 65 per cento è prorogata di cinque anni, fino al 31 dicembre 2021  (lettera a), n. 2).

Per gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali la misura della detrazione è ulteriormente aumentata nel caso di interventi che interessino l’involucro dell’edificio (70 per cento) e di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard (75 per cento). Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Per tali interventi i condomini possono cedere la detrazione ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tali detrazioni sono usufruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica (lettera a), n. 3).

 

In particolare la lettera a), n. 3), estende la disciplina agevolativa per la riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, inserendo all’articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 i commi dal 2-quater al 2-septies.

Si prevede l’aumento della detrazione al 70 per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali, che interessino l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio medesimo. La detrazione è ulteriormente elevata al 75 per cento per le spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica relativi alle parti comuni di edifici condominiali finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano almeno la qualità media di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico del 26 giugno 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 2015 (comma 2-quater dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

Con il D.M. 26 giugno 2015 sono state adottate le linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici le quali definiscono il sistema di attestazione della prestazione energetica degli edifici o delle unità immobiliari (APE), comprendente i criteri generali, le metodologie per il calcolo, la classificazione degli edifici, le procedure amministrative, i format, nonché le norme per il monitoraggio e i controlli della regolarità tecnica e amministrativa. Il sistema di attestazione della prestazione energetica degli immobili definito dalle linee guida è volto a favorire una applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale che consenta la valutazione e il confronto tra immobili da parte dell’utente finale. L’APE costituisce uno strumento di chiara e immediata comprensione per la valutazione, in relazione alla prestazione energetica dell’immobile, della convenienza economica all’acquisto e alla locazione. Costituisce altresì un efficace strumento per la valutazione della convenienza nella realizzazione di interventi di riqualificazione energetica dell’immobile stesso.

La sussistenza delle condizioni tecniche sopra richieste è asseverata da professionisti abilitati mediante l’attestazione della prestazione energetica degli edifici di cui al citato D.M. del 26 giugno 2015. L’ENEA effettua su tali dichiarazioni controlli, anche a campione. La non veridicità dell’attestazione comporta la decadenza dal beneficio, ferma restando la responsabilità del professionista ai sensi delle disposizioni vigenti (comma 2-quinquies dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

Per gli interventi sopra descritti, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Le modalità attuative dell’opzione sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni (comma 2-sexies dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

Tali detrazioni agevolate sono usufruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, per interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica (comma 2-septies dell’articolo 14 del D.L. n. 63 del 2013).

 

Le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici sono state introdotte per la prima volta con la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi da 344 a 349). L’agevolazione consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, attualmente del 65 per cento fino al 31 dicembre 2016) delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione: detrazione massima 30.000 euro.

Successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata con riguardo, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni e alle proroghe della più alta misura agevolata. In particolare il D.L. n. 63 del 2013 (articolo 14), nel prorogare le detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica fino al 31 dicembre 2013, ha elevato la misura al 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del provvedimento).

La portata dell’agevolazione è stata estesa ai seguenti interventi:

§  sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria: limite massimo di 30.000 euro (articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011);

§  riqualificazione energetica relativi a parti comuni di edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014);

§  acquisto e posa in opera delle schermature solari, nel limite massimo di detrazione di 60.000 euro (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014);

§  acquisto e posa in opera degli impianti di climatizzazione invernale dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili, nel limite massimo di detrazione di 30.000 euro (articolo 1, comma 47 della legge n. 190 del 2014);

§  acquisto, installazione e messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative che garantiscano un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche (articolo 1, comma 88, della legge n. 208 del 2015);

§  interventi realizzati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 dagli Istituti autonomi per le case popolari su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica (articolo 1, comma 87, della legge n. 208 del 2015).

La legge di stabilità per il 2016 ha inoltre previsto per gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali le cui spese sono state sostenute nel 2016, la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (ovvero pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi incapienti) di cedere la detrazione fiscale loro spettante ai fornitori che hanno effettuato i lavori . Le relative modalità attuative sono state definite con il provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 22 marzo 2013: la scelta di cedere il credito deve risultare dalla delibera assembleare che approva gli interventi oppure può essere comunicata al condominio che la inoltra ai fornitori. I fornitori, a loro volta, devono comunicare al condominio l'avvenuta accettazione del credito a titolo di pagamento di parte del corrispettivo per i beni ceduti e le attività prestate; il credito potrà essere utilizzato dal soggetto cessionario, in dieci rate annuali, esclusivamente in compensazione di debiti fiscali. Per rendere efficace l'operazione, il condominio è tenuto a trasmettere entro il 31 marzo 2017 un'apposita comunicazione telematica all'Agenzia delle Entrate con il canale Entratel o Fisconline.

Si segnala infine la guida dell’Agenzia delle entrate sulle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico (aggiornata a marzo 2016).

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§  la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 55 per cento (ora al 65 per cento) delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;

§  l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dall’Unione europea;

§  non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle entrate;

§  i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo e possono provare la spesa con altra idonea documentazione);

§  è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;

§  al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori; la legge di stabilità per il 2015 ha elevato la misura della ritenuta dal 4 all’8 per cento;

§  per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate);

§  i soggetti che intendono avvalersi della detrazione sono tenuti ad acquisire l'asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell'intervento ai pertinenti requisiti richiesti dal D.M. 19 febbraio 2007 (GU 26 febbraio 2007, n. 47) ed a trasmettere, entro novanta giorni dalla fine dei lavori, all'ENEA copia dell'attestato di certificazione energetica, ovvero di qualificazione energetica, nonché la scheda informativa relativa agli interventi realizzati (di cui all’allegato E del citato D.M.).

Detrazioni fiscali per interventi di adeguamento antisismico e messa in sicurezza degli edifici, incremento del rendimento energetico e dell’efficienza idrica

 

Il comma 2 lett. b) dispone la proroga di un anno, al 31 dicembre 2017, del termine entro il quale dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l’incremento del loro rendimento energetico e dell’efficienza idrica (modifica all’articolo 15 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

Il citato articolo 15 prevede che nelle more della riforma di carattere strutturale, per tali interventi si applicano le disposizioni che prevedono le detrazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili (articoli 14 e 16 del medesimo decreto-legge n. 63 del 2013).

L’articolo 15 prevede inoltre che nella definizione delle misure e degli incentivi suddetti è compresa l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico di tipo domestico, produttivo e agricolo nei comuni dove è stato rilevato il superamento del limite massimo di tolleranza stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanità o da norme vigenti, ovvero dove i sindaci o altre autorità locali sono stati costretti ad adottare misure di precauzione o di divieto dell'uso dell'acqua per i diversi impieghi. Nella definizione delle misure di carattere strutturale si deve, inoltre, tener conto dell'opportunità di agevolare ulteriori interventi, quali ad esempio le schermature solari, la microcogenerazione e la micro-trigenerazione per il miglioramento dell'efficienza energetica, nonché interventi per promuovere l'incremento dell'efficienza idrica e per la sostituzione delle coperture di amianto negli edifici.

 

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

 

Il comma 2 lett. c) dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017, della misura della detrazione al 50 per cento per gli interventi di ristrutturazione edilizia (modifica all’articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

Con riferimento agli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche a decorrere dal 1° gennaio 2017 fino al 31 dicembre 2021 viene prevista una detrazione del 50 per cento, ripartita in cinque quote annuali di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Nel caso in cui gli interventi realizzati in ciascun anno consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione (96.000 euro), si tiene conto anche delle spese sostenute negli stessi anni per le quali si è già fruito della detrazione.

A differenza della precedente normativa, tale beneficio si applica non solo agli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), ma anche agli edifici situati nella zona sismica 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari).

Qualora dalla realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione di imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall’intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell’80 per cento (nuovi commi da 1-bis a 1-quater dell’articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013).

Le linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni, nonché le modalità per la attestazione, da parte di professionisti abilitati, della efficacia degli interventi effettuati devono essere individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro il 28 febbraio 2017, sentito il Consiglio Superiore dei lavori pubblici.

Qualora gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni di imposta spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento (passaggio di una classe di rischio inferiore) e dell’85 per cento (passaggio di due classi). Le detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, analogamente a quanto previsto per gli interventi per le riqualificazioni energetiche di parti comuni degli edifici condominiali, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Rimane esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Le modalità attuative sono definite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni (nuovo comma 1-quinquies dell’articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013).

Tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, rientrano anche le spese per la classificazione e verifica sismica degli immobili (nuovo comma 1-sexies dell’articolo 16 del D.L. n. 63 del 2013).

 

Il comma 3 dispone che le nuove detrazioni previste per le misure antisismiche degli edifici (recate dai commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 1-sexies dell’articolo 16) non sono cumulabili con agevolazioni già spettanti per le medesime finalità sulla base di norme speciali per interventi in aree colpite da eventi sismici.

 

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 4, comma 1, lett. c)) che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) l’articolo 16-bis. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l'articolo 11, comma 1, del D.L. n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare.

L'innalzamento della detrazione al 50 per cento e dell'ammontare di spesa di 96.000 euro è stato successivamente prorogato annualmente (si segnalano, da ultimo, le leggi di stabilità degli ultimi tre anni: (legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 139, lett. d); legge n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 74). Nel corso della conversione del D.L. n. 63 del 2013, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità: una detrazione del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), nonché delle apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali; una detrazione del 65 per cento delle spese per misure antisismiche su costruzioni che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive.

La legge di stabilità per l'anno 2016 ha previsto un credito d'imposta a favore delle persone fisiche che, al di fuori della loro attività di lavoro autonomo, installano sistemi di videosorveglianza o allarme ovvero stipulano contratti con istituti di vigilanza per la prevenzione di attività criminali, nel limite complessivo di spesa di 15 milioni per l'anno 2016 (articolo 1, comma 982, della legge n. 208 del 2015). Tale agevolazione non è stata riproposta.

Da ultimo si evidenzia che l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il convivente more uxorio che sostiene le spese di recupero del patrimonio edilizio, nel rispetto delle condizioni previste dal richiamato articolo 16-bis, può fruire della detrazione alla stregua di quanto previsto per i familiari conviventi (risoluzione n. 64/E del 28 luglio 2016). La motivazione di tale posizione si basa sulle nuove regole introdotte dalla legge sulle unioni civili (legge n. 76 del 2016): la disponibilità dell’immobile è insita nella stessa convivenza e non deve trovare titolo in un contratto di comodato.

Si segnala, infine, la guida dell’Agenzia delle entrate sulle ristrutturazioni edilizie (aggiornata ad marzo 2016).

 

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

 

Il comma 2 lett. c), n. 4), dispone la proroga di un anno, fino al 31 dicembre 2017 della detrazione al 50 per cento per le spese relative all'acquisto di mobili. Tale detrazione spetta solo in connessione agli interventi di ristrutturazione edilizia iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Per gli interventi effettuati nel 2016, ovvero per quelli iniziati nel medesimo anno e proseguiti nel 2017, l’ammontare complessivo massimo di 10.000 euro deve essere calcolato al netto delle spese sostenute nell’anno 2016 per le quali si è fruito della detrazione (nuovo comma 2 dell’articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63).

 

 

 

Si ricorda che per usufruire della detrazione in oggetto è indispensabile realizzare una ristrutturazione edilizia e usufruire della relativa detrazione. La norma, infatti, riconosce ai contribuenti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione: mobili; grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+; forni di classe non inferiore ad A. Le spese per l’acquisto di mobili sono calcolate indipendentemente da quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione. In altri termini, le spese per l’acquisto di mobili possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro.

Con la circolare n. 29/E del 18 settembre 2013 l'Agenzia delle entrate, tra l'altro, ha fornito informazioni su modalità di pagamento, diritto alla detrazione, tipologia di mobili interessati e elettrodomestici.

Si segnala che la legge di stabilità per il 2016 ha previsto un’ulteriore ipotesi di detrazione fiscale per l’acquisto esclusivamente di mobili da adibire ad arredo dell’abitazione principale acquistata da giovani coppie, anche di fatto (c.d. bonus mobili giovani coppie). La misura della detrazione è del 50 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute nel 2016, ma il limite di spesa è aumentato a 16.000 euro (articolo 1, comma 75, della legge n. 208 del 2015). Tale detrazione non è stata prorogata.

Si segnalano le guide dell’Agenzia delle entrate sul bonus mobili ed elettrodomestici (aggiornata ad marzo 2016) e sul bonus mobili giovani coppie (aprile 2016).


Articolo 1, commi 4-7
(Credito di imposta per le strutture ricettive)

 

 

L’articolo 1, commi 4-7, riconosce per ciascuno degli anni 2017 e 2018 il credito di imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere, già istituito dal D.L. n. 83/2014. L’agevolazione è prevista nella misura del 65 per cento, è estesa anche alle strutture che svolgono attività agrituristica, ed opera a condizione che gli interventi abbiano anche finalità di ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica o energetica e acquisto mobili.

Il credito di imposta è ripartito in due quote annuali di pari importo - utilizzabile nel periodo di imposta successivo a quello in cui sono realizzati gli interventi - con un limite massimo di spesa pari a 60 milioni di euro nel 2018, 120 milioni di euro nel 2019 e 60 milioni di euro nel 2020.

Con riferimento al credito d’imposta previsto dal D.L. n. 83/2014 per ciascun anno del periodo 2014-2016, viene rideterminato il limite massimo di spesa in misura pari a 41,7 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 e a 16,7 milioni di euro per l'anno 2019.

 

Il comma 4 riconosce il credito d’imposta previsto dal D.L. n. 83/2014 (c.d. Tax credit riqualificazione strutture ricettive turistico alberghiere) anche per i periodi di imposta 2017 e 2018, nella misura del 65 per cento, a condizione che gli interventi abbiano anche le finalità di cui al comma 1, ovvero la ristrutturazione edilizia, la riqualificazione antisismica, la riqualificazione energetica e l’acquisto mobili.

La norma include tra i beneficiari del credito di imposta anche le strutture che svolgono attività agrituristica, come definita dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, e dalle norme regionali vigenti.

La relazione illustrativa afferma che la misura rappresenta anche un ulteriore strumento di sostegno alla ripresa economica dei territori colpiti dal recente sisma, ove sono presenti numerose strutture ricettive (sia alberghi, sia agriturismo), che necessitano di interventi di recupero e ristrutturazione.

 

Si ricorda che l’articolo 10 del D.L. n. 83/2014 riconosce un credito di imposta al fine di migliorare la qualità dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni turistiche.

Più in particolare, il citato articolo 10, commi 1 e 2, riconosce alle imprese alberghiere esistenti alla data del 1° gennaio 2012 un credito d'imposta nella misura del trenta per cento per le spese sostenute dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016 relative a interventi di ristrutturazione edilizia, ovvero a interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, ovvero di incremento dell'efficienza energetica. La misura è estesa (cfr. infra comma 7) ad ulteriori tipologie di spese quali l'acquisto di mobili e componenti d'arredo destinati esclusivamente alle strutture alberghiere, come individuate nello stesso articolo, a condizione che il beneficiario non ceda a terzi né destini a finalità estranee all'esercizio di impresa i beni oggetto degli investimenti prima del secondo periodo d'imposta successivo. Il credito d'imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo. Il credito è riconosciuto alle imprese per spese fino ad un massimo di 200.000 euro nei periodi sopra indicati per gli interventi suddetti e comunque fino all'esaurimento dell'importo massimo di spesa previsto, dal citato articolo 10, al comma 7, pari a 20 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2019.

Si consideri che il citato comma 7 destina una quota pari al 10 per cento del limite massimo di spesa ivi previsto per spese relative ad interventi diversi da quelli di ristrutturazione edilizia, rimozione barriere architettoniche ed efficienza energetica, compresi quelli di acquisto di mobili e componenti d'arredo esclusivamente finalizzati alle strutture ricettive oggetto degli interventi di ristrutturazione di cui al comma 2.

Il credito di imposta è riconosciuto nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di stato di importanza minore, cd. “de minimis”.

Per ciò che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, richiamata dall’articolo in commento, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica. Fanno eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama innanzitutto il Regolamento (UE) n. 1407/2013 che è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013.Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola - di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari - che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un'alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Ogni Stato membro ha a disposizione un plafond nazionale che costituisce l'importo cumulativo che può essere corrisposto alle imprese del settore della produzione agricola nell'arco di tre esercizi finanziari; per l'Italia il plafond è pari a 475.080.000 euro (1% del valore della produzione agricola nazionale).

Il comma 4 dell'articolo 10 demanda ad un decreto ministeriale del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del D.Lgs. n. 281/1997, l'adozione delle disposizioni applicative della misura. In attuazione del comma 4 è stato emanato il D.M. 7 maggio 2015 (Disposizioni applicative per l'attribuzione del credito d'imposta alle strutture ricettive turistico-alberghiere).

Si richiama inoltre l’articolo 1, comma 320, della legge di stabilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208), che - integrando l’articolo 10 del D.L. n. 83/2014 con due nuovi commi, 2-bis e 2-ter - ha riconosciuto il credito d’imposta anche nel caso in cui la ristrutturazione edilizia comporti un aumento della cubatura complessiva, qualora sia effettuata nel rispetto della normativa vigente (c.d. piano casa: articolo 11 del D.L. n. 112/ 2008) e ha demandato ad un decreto ministeriale l’attuazione della previsione e l’aggiornamento degli standard minimi, uniformi su tutto il territorio nazionale, dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche (riproducendo sostanzialmente quanto già previsto nel comma 5 dell’articolo 10 del D.L. n. 83 del 2014).

I dati attuativi della misura dimostrano il buon esito del credito di imposta, che, come chiarito anche dalla Relazione illustrativa, costituisce un valido strumento di incentivo per la riqualificazione delle strutture ricettive esistenti, nonché un concreto sostegno agli investimenti nel settore finalizzato a migliorare la qualità dell’offerta turistica del Paese. In relazione alle spese effettuate nell’anno 2015, infatti, dal 4 al 5 febbraio 2016 sono pervenute al Ministero 3.168 domande, da parte delle imprese ricettive di cui al citato D.M. del 7 maggio 2015, per il riconoscimento del credito d’imposta relativo alle spese sostenute durante l’anno 2015, per un totale di 90.525.113,21 euro su 50.000.000,00 euro messi a disposizione dallo Stato. In attuazione della norma inserita dal citato articolo 1, comma 320, della legge28 dicembre 2015, n. 208, è stato emanato il provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 14 gennaio 2016, pubblicato nel sito Internet dell'Agenzia, il quale definisce le modalità e i termini di fruizione del credito d’imposta e la procedura di controllo automatizzato.

Infine, si ricorda che l’attività agrituristica trova la propria disciplina generale nella legge n. 96/2006, che ha interamente abrogato la previgente normativa (L. n. 730/1985). La legge 96/2006 si configura, pertanto, come “legge quadro”, sulla base dell’art. 117 Cost., che attribuisce alla competenza regionale le materie dell’agricoltura e del turismo. In particolare, l’attività agrituristica è definita dall’articolo 2, comma 1, della legge  20 febbraio 2006, n. 96 come l’attività “di ricezione e ospitalità” esercitata “dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali”. La medesima norma individua, altresì, i requisiti oggettivi dell’attività agrituristica.

 

Il comma 5 prevede che il credito d’imposta prorogato e modificato dal comma 4 sia ripartito in due quote annuali di pari importo e possa essere utilizzato a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati, nel limite massimo di:

§  60 milioni di euro nel 2018;

§  120 milioni di euro nel 2019;

§  60 milioni di euro nel 2020.

 

Il comma 6 dispone che, per quanto non diversamente previsto dai precedenti commi 4 e 5, continuino a trovare applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 10 del D.L. n. 83/2014, disponendo, altresì, che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge in esame, si provveda all'aggiornamento del decreto attuativo della misura in oggetto (D.M. 7 maggio 2015).

Si evidenzia, a tale riguardo, che l’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, demanda a un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, la definizione delle disposizioni applicative della misura, con riferimento, in particolare: a) alle tipologie di strutture alberghiere ammesse al credito d'imposta; b) alle tipologie di interventi ammessi al beneficio; c) alle procedure per l'ammissione delle spese al credito d'imposta, e per il suo riconoscimento e utilizzo; d) alle soglie massime di spesa ammissibile per singola voce di spesa sostenuta; e) alle procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo del credito d'imposta medesimo. Si ricorda che, in attuazione di quanto sopra previsto, è stato adottato il citato D.M. 7 maggio 2015.

 

Il comma 7, infine, interviene sul comma 7 dell’articolo 10 del D.L. 83/2014, rideterminando il limite massimo di spesa per la concessione del credito di imposta ivi previsto relativo alle spese per riqualificazione delle imprese turistico alberghiere sostenute nei periodi di imposta dal 2014-2016. In particolare, si prevedono i seguenti nuovi limiti:

§  41,7 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 (in luogo dei 50 milioni previsti per ciascun anno dalla norma vigente);

§  16,7 milioni di euro per l'anno 2019 (in luogo dei 50 milioni previsti dalla disciplina vigente).

 

La relazione tecnica afferma che tenuto conto degli attuali livelli di fruizione del credito di imposta (come rappresentati dalla medesima relazione) è possibile operare la corrispondente riduzione dei limiti massimi complessivi indicati nell’articolo 10, comma 7 del D.L. n. 83/2014.


Articolo 1, commi 8-13
(Proroga e rafforzamento della disciplina di maggiorazione della deduzione di ammortamenti)

 

 

 

I commi 8-13 prorogano le misure di maggiorazione del 40% degli ammortamenti previste dalla legge di stabilità per il 2016 e istituiscono una nuova misura di maggiorazione del 150% degli ammortamenti su beni ad alto contenuto tecnologico (Industria 4.0).

 

Il comma 8 proroga l’aumento del 40% delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione di beni strumentali introdotto dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, commi 91-97) a fronte di investimenti in beni materiali strumentali nuovi, nonché per quelli in veicoli utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività dell'impresa. L’agevolazione è prorogata con riferimento alle operazioni effettuate entro il 31 dicembre 2017 ovvero sino al 30 giugno 2018, a condizione che detti investimenti si riferiscano a ordini accettati dal fornitore entro la data del 31 dicembre 2017 e che, entro la medesima data, sia anche avvenuto il pagamento di acconti in misura non inferiore al 20%.

Con particolare riferimento ai veicoli e agli altri mezzi di trasporto, il beneficio è riconosciuto a condizione che essi rivestano un utilizzo strumentale all'attività di impresa (in pratica sono esclusi gli autoveicoli a deduzione limitata).

 

In generale, al fine di circoscrivere la tipologia di beni che beneficiano della misura è utile soffermarsi sulla nozione di bene materiale "strumentale nuovo". Gli investimenti devono riferirsi a beni caratterizzati dal requisito della strumentalità rispetto all’attività dell’impresa beneficiaria, in sostanza devono essere di uso durevole e atti ad essere impiegati come strumenti di produzione all’interno del processo produttivo dell’impresa (cfr. in tal senso la Circolare 5/E del 19 febbraio 2015). Tali beni devono poi essere contraddistinti dall'attributo della novità, inteso come bene mai utilizzato da altri soggetti. In concreto un bene è definibile come nuovo quando viene acquistato dal produttore o dal rivenditore, da un soggetto diverso dal produttore o dal rivenditore, e il bene non sia mai stato ad alcun titolo utilizzato, né da parte del cedente, né da parte di alcun altro soggetto. Al riguardo si precisa che il requisito della novità è riconosciuto anche al bene esposto in show room e utilizzato dal rivenditore a solo scopo espositivo.

 

Il comma 9 introduce un nuovo beneficio riconoscendo per gli investimenti, effettuati nel periodo di cui al comma precedente, in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico atti a favorire i processi di trasformazione tecnologica in chiave Industria 4.0 (inclusi nell'allegato A della legge) una maggiorazione del costo di acquisizione del 150%, consentendo così di ammortizzare un valore pari al 250% del costo di acquisto.

Nel corso dell'esame presso la Camera è stato integrato il predetto Allegato A nella parte relativa ai beni strumentali il cui funzionamento è controllato da sistemi computerizzati o gestito tramite opportuni sensori e azionamenti. In particolare, viene specificato con riferimento alla voce "macchine per la realizzazione di prodotti mediante la trasformazione dei materiali e delle materie prime", che sono ammessi all’agevolazione gli investimenti riguardanti sia le macchine utensili, sia gli impianti per la realizzazione dei prodotti citati. Inoltre sono introdotte anche le motrici e operatrici per la movimentazione dei pezzi e viene specificato che tra i sistemi dotati di riconoscimento dei pezzi sono ammessi anche quelli meccatronici. Infine, con riferimento ai sistemi per l’assicurazione della qualità e della sostenibilità, si tiene conto, oltre che dei consumi energetici, anche di quelli idrici e delle emissioni; a tal fine sono ammessi, oltre ai i componenti, sistemi e soluzioni intelligenti per la gestione, l'utilizzo efficiente e il monitoraggio dei consumi energetici, anche quelli riferiti ai consumi idrici e alla riduzione delle emissioni.

Il comma 10 dispone, nei confronti dei soggetti che beneficiano dell’ammortamento di cui al comma precedente e che investono, nel periodo di cui al comma 8, in beni immateriali strumentali (inclusi nell'allegato B della legge, ossia software funzionali a favorire una transizione verso i sopra citati processi tecnologici) la possibilità di procedere a un ammortamento di questi beni con una maggiorazione del 40%.

Il comma 11 stabilisce che, ai fini dell'applicazione della maggiorazione del costo dei beni materiali (comma 9) e immateriali (comma 10)  di cui agli allegati A) e B) alla legge di bilancio, l'impresa è tenuta ad acquisire una dichiarazione del legale rappresentante resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero, per gli acquisti di costo unitario superiori a 500.000 euro, una perizia tecnica giurata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o da un ente di certificazione accreditato, attestante che il bene possiede caratteristiche tecniche tali da includerlo negli elenchi di cui ai predetti allegati ed è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. In pratica il bene deve "entrare" attivamente nella catena del valore dell'impresa.

 

La dichiarazione del legale rappresentante e l'eventuale perizia devono essere acquisite dall'impresa entro il periodo di imposta in cui il bene entra in funzione, ovvero, se successivo, entro il periodo di imposta in cui il bene è interconnesso al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Va precisato che, in quest'ultimo caso, l'agevolazione sarà fruita solo a decorrere dal periodo di imposta in cui si realizza il requisito dell'interconnessione.

 

Il comma 12 prevede che la determinazione degli acconti dovuti per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017 e per quello successivo è effettuata considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata in assenza delle disposizioni introdotte.

Il comma 13 ribadisce che restano confermate le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 93 e 97, della legge di stabilità 2016. Sono pertanto esclusi dalla possibilità di maggiorare il valore del bene da ammortizzare i beni per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 prevede coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5 per cento (ammortamento più lungo di 15 esercizi), i fabbricati e le costruzioni e i beni di cui all'allegato 3 annesso alla predetta legge di stabilità; inoltre le maggiorazioni del costo di acquisizione non producono effetti ai fini dell'applicazione degli studi di settore.

 

L'allegato 3 citato riguarda a titolo di esempio le condutture utilizzate dalle industrie di imbottigliamento di acque minerali naturali o dagli stabilimenti balneari e termali; le condotte utilizzate dalle industrie di produzione e distribuzione di gas naturale; il materiale rotabile, ferroviario e tramviario; gli aerei completi di equipaggiamento.

 


Articolo 1, comma 14
(Disposizioni in materia di uffici giudiziari)

 

 

 

Il comma 14, introdotto durante l’esame alla Camera, proroga al 31 dicembre 2017 la possibilità, per gli uffici giudiziari, di avvalersi del personale comunale per le attività di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria.

 

Il comma 14 proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 la disposizione (art. 21-quinquies del D.L. n. 83 del 2015) che consente agli uffici giudiziari di continuare ad avvalersi del personale comunale per le attività di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria, nonostante il passaggio allo Stato delle spese di funzionamento delle sedi giudiziarie (previsto dalla legge di stabilità 2015).

 

La legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014, art. 1, commi 527-530) ha previsto il trasferimento allo Stato, dal 1° settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, fino a quel momento a carico dei comuni ai sensi della legge n. 392/1941. Tra gli uffici interessati al trasferimento non sono compresi specifici uffici la cui gestione e manutenzione è infatti regolata da disposizioni speciali: la Corte di Cassazione e gli uffici giudiziari che hanno sede nel Palazzo di Giustizia di Roma e gli uffici giudiziari della città di Napoli cioè gli edifici e locali ospitanti il tribunale di Napoli nord e la procura della Repubblica presso lo stesso tribunale.

Per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri si è prevista, a regime, l’assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale delle province che, a seguito dell’attuazione della legge n. 56/2014, dovesse risultare in esubero. La concreta determinazione dell’entità delle citate spese di funzionamento è tuttavia demandato ad un D.M. Giustizia-Economia. L’importo dovrebbe essere definito dal decreto sulla base dei costi standard per categorie omogenee di beni e servizi (la cui metodologia di quantificazione è a sua volta affidata ad analogo D.M., di natura non regolamentare) in rapporto al bacino di utenza ed all’indice delle sopravvenienze di ogni ufficio giudiziario.

Il citato DL n. 83 del 2015, oltre a differire il trasferimento delle indicate competenze al 31 dicembre 2016, ha stabilito che il personale comunale (già distaccato, comandato o comunque destinato agli uffici giudiziari) potesse continuare ad essere impiegato sulla base di specifici accordi che – su autorizzazione del Ministero della giustizia - gli stessi uffici possono concludere con le amministrazioni locali in base a una convenzione quadro previamente stipulata tra il lo stesso Ministero e l'ANCI (la Convenzione è stata sottoscritta il 27 agosto 2015).

Le misure organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina sono state dettate con il DPR 133 del 2015, che ha sostanzialmente demandato l’individuazione degli oneri necessari ad una istituenda Conferenza permanente composta dai capi degli uffici e dai dirigenti amministrativi e presieduta e convocata dal presidente della Corte di appello o dal presidente del tribunale (nelle sedi che non sono capoluogo del distretto).

 

Il comma 14 riduce al 15% per il 2017 (rispetto al 20% del 2016, stabilito dal citato art. 21-quinquies del DL 83/2015) il limite massimo delle risorse da utilizzare per gli oneri commessi alle indicate attività di manutenzione degli uffici e sulla cui base sono rilasciate le autorizzazioni del Ministero della giustizia.

 

Nel bilancio 2017 del Ministero della giustizia, per le spese di funzionamento degli uffici giudiziari (cap. 1550) sono stanziati in totale 283,7 mln di euro.

 


Articolo 1, commi 15-16
(Credito d’imposta per ricerca e sviluppo)

 

 

 

I commi 15 e 16 estendono di un anno, fino al 31 dicembre 2020, il periodo di tempo nel quale devono essere effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese per poter beneficiare del credito di imposta. A decorrere dal 2017 la misura dell’agevolazione è elevata dal 25 al 50 per cento.

Il credito d’imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni.

L’importo massimo annuale del credito d’imposta riconosciuto a ciascun beneficiario è elevato da 5 a 20 milioni di euro.

Sono ammissibili le spese relative a personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, non essendo più richiesta la qualifica di “personale altamente qualificato”.

Le novità introdotte hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso il 31 dicembre 2016.

Si chiarisce, infine, che il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti.

 

Il comma 15 interviene sull’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 con le seguenti modifiche.

La lettera a) estende di un anno, fino al 31 dicembre 2020, il periodo di tempo nel quale devono essere effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da parte delle imprese per poter beneficiare del credito di imposta. La misura del credito d’imposta è inoltre elevata dal 25 al 50 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

La lettera b) stabilisce che il credito d’imposta può essere utilizzato anche dalle imprese residenti o dalle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati membri dell’Unione europea, negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati inclusi nella lista degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni (D.M. n. 220 del 1996).

La lettera c) eleva l’importo massimo annuale del credito d’imposta riconosciuto a ciascun beneficiario da 5 a 20 milioni di euro. Rimane la condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a 30 mila euro.

La lettera d) prevede tra le spese ammissibili ai fini della determinazione del credito d'imposta quelle relative a personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in luogo della precedente formulazione che richiedeva la qualifica di “personale altamente qualificato” nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico come da classificazione Unesco Isced o di cui all’allegato 3 della legge di stabilità.

La lettera e) abroga la norma che prevedeva un incremento della misura al 50 per cento per determinate spese, dal momento che con la norma in esame la misura del 50 per cento è prevista per tutte le spese ammissibili.

La lettera f) chiarisce che il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui i costi per le attività in ricerca e sviluppo sono stati sostenuti.

Il comma 16 stabilisce che le norme introdotte dal comma 1, ad eccezione di quanto previsto alla lettera f), hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso il 31 dicembre 2016.

 

L'articolo 3 del D.L. n. 145 del 2013 ha istituito un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo. In sintesi, la misura prevedeva un credito d'imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali sostenute dalle imprese rispetto all'anno precedente, con un'agevolazione massima di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima di 50 mila euro in ricerca e sviluppo per poter accedere all'agevolazione.

La legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 35 e 36) aveva già modificato tale disciplina in più punti:

§  l'aliquota dell'agevolazione è ridotta dal 50 al 25 per cento. La norma in esame ripristina, a decorrere dal 2017, la misura del 50 per cento (comma 1, lett. a)).

§  l'aliquota resta al 50 per cento per le spese relative al personale altamente qualificato impiegato in attività di ricerca e sviluppo e per i contratti di ricerca con università ed enti di ricerca e start-up innovative. La norma in esame, avendo elevato al 50 per cento la misura per tutte le spese, sopprime tale previsione (comma 1, lett. e)); per quanto riguarda le spese ammissibili, inoltre, è ritenuto sufficiente l’impiego di personale in attività di ricerca e sviluppo (comma 1, lett. d));

§  l'importo massimo per impresa è aumentato da 2,5 milioni a 5 milioni di euro per impresa. La norma in esame eleva ulteriormente tale importo a 20 milioni (comma 1, lett. c));

§  la soglia minima di investimenti agevolabili è ridotta da 50 mila a 30 mila euro;

§  per poter beneficiare del credito d'imposta, gli investimenti devono essere effettuati dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 fino a quello in corso al 31 dicembre 2019. La norma in esame prolunga tale periodo fino al 31 dicembre 2020 (comma 1, lett. a));

§  non è previsto un limite di fatturato delle imprese;

§  non sono contemplate le spese rel0ative alla creazione di nuovi brevetti (anche in considerazione della disciplina sul patent box);

§  per la fruizione del credito d'imposta non si applica il generale limite annuale di 250.000 euro;

§  è eliminata la procedura di istanza telematica per usufruire del credito d'imposta;

§  è eliminato il riferimento al limite massimo di stanziamento di euro 600 milioni per il triennio 2014-2016.

Il decreto 27 maggio 2015, del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, ha individuato le disposizioni applicative, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio, le modalità di restituzione del credito d'imposta indebitamente fruito.

L'Agenzia delle entrate con la circolare n. 5/E del 2016 ha fornito chiarimenti in merito ai presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso al beneficio, alle modalità di calcolo e di utilizzo, nonché in ordine alle ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e agli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito di imposta. Il credito d'imposta è cumulabile con altri bonus, tra cui quello relativo agli investimenti in beni strumentali nuovi, previsto dall'articolo 18 del D.L. n. 91/2014. I costi ammissibili al credito di imposta rilevano per l'intero ammontare anche ai fini della determinazione del reddito agevolabile da patent box. Il bonus è concesso in maniera automatica, a seguito dell'effettuazione delle spese agevolate.

Si ricorda che in passato l'articolo 1 del D.L. 70/2011 aveva istituito un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che avessero finanziato progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca le quali potessero sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture ecc. con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico.


Articolo 1, commi 17-23
(Regime di cassa)

 

 

I commi da 17 a 23, modificati durante l’esame in Commissione bilancio, intervengono sulla tassazione dei redditi delle cd. imprese minori, assoggettate alla contabilità semplificata, sostituendo il vigente principio di competenza con il principio di cassa.

 

La norma interviene sulla tassazione dei redditi delle cd. imprese minori, assoggettate alla contabilità semplificata, sostituendo il vigente principio di competenza per il computo degli elementi che concorrono a formare l’imponibile con il principio di cassa.

 

A tal fine, il comma 17 apporta numerose modifiche all’articolo 66 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR.

 

Attualmente le c.d. imprese minori, ammesse al regime di contabilità semplificata e che non hanno esercitato l’opzione per il regime ordinario, determinano il loro reddito imponibile come differenza tra l'ammontare dei ricavi (elencati analiticamente all’articolo 85 del TUIR) e degli altri proventi (utili, dividendi e interessi, di cui all’articolo 89 TUIR; redditi derivanti da immobili, ai sensi dell’articolo 90 TUIR) conseguiti nel periodo di imposta e l'ammontare delle spese documentate sostenute nel periodo stesso. Tale risultato subisce aumenti e diminuzioni secondo le esistenze e le rimanenze; viene aumentato delle plusvalenze realizzate nel periodo d’imposta e diminuito delle minusvalenze; analoghe operazioni di aumento o diminuzione valgono per le sopravvenienze attive e passive.

 

Per effetto delle modifiche in esame (comma 17, lettera a)), le imprese minori che applicano il regime di contabilità semplificata continuano a calcolare l’imponibile come differenza tra l’ammontare dei ricavi (sempre ai sensi dell’articolo 85 TUIR) e degli altri proventi (utili, dividendi e interessi, di cui all’articolo 89 TUIR) percepiti nel periodo di imposta, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività di impresa.

Rispetto al passato, si stabilisce che entrano nel computo dell’imponibile anche i ricavi, di cui all’articolo 57 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR, ovvero il valore normale dei beni destinati al consumo personale o familiare dell'imprenditore.

Continuano a computarsi in aumento i proventi immobiliari (articolo 90, comma 1 TUIR), le plusvalenze (realizzate ai sensi dell’articolo 86 TUIR) e le sopravvenienze attive (articolo 88); sono calcolate in diminuzione minusvalenze e sopravvenienze passive (di cui all’articolo 101 TUIR).

Le nuove norme non computano più le esistenze e le rimanenze.

 

Il comma 17, lettera b) apporta modifiche al comma 3 dell’articolo 66, al fine di disporre, con riferimento alla determinazione dell’imponibile per le imprese minori, che non trovi più applicazione il principio della competenza nella determinazione dei ricavi che concorrono a formare il reddito imponibile (di cui all’articolo 109, commi 1 e 2 TUIR).

Essi dunque vanno computati per cassa.

 

L’articolo 109 TUIR dispone (comma 1) che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, ove la legge non disponga diversamente, concorrono a formare il reddito nell'esercizio di competenza. Per i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare concorrono a formarlo nell'esercizio in cui si verificano tali condizioni.

Sono poi specificate le regole per la determinazione dell'esercizio di competenza di alcuni specifici ricavi (comma 2 dell’articolo 109).

 

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame alla Camera è stato specificato che continuano ad applicarsi le ordinarie regole valevoli (ai sensi dell’articolo 110, commi 1 e 2 del TUIR) per la determinazione del costo e del valore normale dei beni.

 

Coerentemente alle modifiche apportate dal n. 1) della lettera b), il successivo n. 2 elimina la disposizione secondo cui, nella determinazione del reddito delle imprese minori, i costi dei contratti a corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta, possono essere dedotti secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali, ove l’importo del costo indicato del documento di spesa non sia superiore a 1000 euro (ultimi due periodi dell’articolo 66, comma 3 TUIR).

 

La disposizione che si intende abrogare dispone in sostanza che, che per i soggetti in regime di contabilità semplificata, i costi concernenti contratti da cui derivano corrispettivi periodici (quali, per esempio, i contratti di locazione, di assistenza contabile, di somministrazione di gas, luce, ecc.), relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta e di importo non superiore a 1.000 euro (con riferimento al costo indicato nel documento di spesa, al netto dell’IVA), sono deducibili nell’esercizio in cui ricevono il documento probatorio (solitamente la fattura), anziché alla data di maturazione dei corrispettivi, in deroga ai criteri di cui all’articolo 109, comma 2 lettera b) del TUIR. Tale comma 2, come si è visto, non trova più applicazione per i contribuenti in contabilità semplificata; la computazione per cassa diventa dunque una regola applicabile anche a tale tipologia di provento, non costituendo più un’eccezione.

 

Il comma 18 reca una disposizione transitoria, prevedendo che il reddito del periodo di imposta in cui si applicano le nuove disposizioni deve essere ridotto dell’importo delle rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell’esercizio precedente, secondo il principio della competenza.

Il comma 19, con finalità di evitare salti o duplicazioni di imposizione, disciplina l’ipotesi di passaggio dalle regole specifiche per le imprese minori - ai sensi dell’articolo 66 TUIR - a un periodo di imposta soggetto a regime ordinario, e viceversa.

In tal caso i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi.

 

Il comma 20 interviene sulla disciplina della base imponibile IRAP delle cd. imprese minori, inserendo a tal fine un comma 1-bis all’articolo 5-bis del D.lgs. n. 446 del 1997 (che si occupa della determinazione del valore della produzione netta, ossia della base imponibile IRAP delle società di persone e delle imprese individuali).

Per i contribuenti che determinano il reddito ai sensi dell’articolo 66 del TUIR si prevede che i medesimi criteri siano utilizzati per l’individuazione della base imponibile IRAP. Pertanto, anche ai fini IRAP, rileva il nuovo criterio di cassa introdotto per le imprese minori ai fini delle imposte sui redditi; non rilevano, ad esempio, le rimanenze finali.

A tali soggetti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 in materia di rimanenze finali e passaggio dal regime semplificato al regime ordinario, e viceversa. (comma 21).

 

Il comma 22 sostituisce integralmente l’articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 in tema di contabilità semplificata delle imprese minori.

Le modifiche al comma 1 sono sostanzialmente volte ad aggiornare i riferimenti normativi ivi previsti.

Il vigente articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973, al comma 1, prevede che alcuni soggetti (società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed equiparate; persone fisiche che esercitano imprese commerciali; enti non commerciali, relativamente alle attività commerciali eventualmente, come individuati dall’articolo 13 del medesimo D.P.R.) tengano una contabilità semplificata rispetto alle regole ordinarie civili e fiscali (di cui agli articoli 14-16 del D.P.R. 600 del 1973) ove i ricavi da essi conseguiti in un anno intero non abbiano superato l'ammontare di 400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e 700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività. Resta salvo, comunque, per i soggetti suindicati (articolo 18, comma 6) il diritto di optare per il regime ordinario di contabilità.

Il regime ordinario, in estrema sintesi, prevede che gli imprenditori siano tenuti alla regolare compilazione delle scritture contabili, del libro giornale e del libro degli inventari, nonché dei registri rilevanti ai fini fiscali (IVA e libri ausiliari).

Il regime semplificato invece esonera le sopra elencate imprese dagli obblighi civilistici di tenuta delle scritture contabili (libro giornale, libro inventari etc.): resta tuttavia presente l’obbligo di compilare le scritture rilevanti ai fini fiscali, ossia i registri IVA ed il registro dei beni ammortizzabili, con opportune integrazioni utili alla determinazione anche dell’imponibile ai fini delle imposte sui redditi.

Di conseguenza (articolo 18, comma 2) i soggetti in contabilità semplificata devono integrare - entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione annuale - nel registro degli acquisti tenuto a fini IVA il valore delle rimanenze. Anche le operazioni non soggette a registrazione a fini IVA devono essere separatamente annotate nei registri IVA, con le modalità e nei termini stabiliti per le operazioni soggette a registrazione. Coloro che effettuano soltanto operazioni non soggette a registrazione devono annotare in apposito registro l'ammontare globale delle entrate e delle uscite relative a tutte le operazioni effettuate nella prima e nella seconda metà di ogni mese ed eseguire nel registro le integrazioni sul valore delle rimanenze.

Per i lavoratori autonomi, il regime di contabilità semplificata è applicabile a prescindere dall’ammontare dei compensi conseguiti nell’anno precedente.

L’articolo 18, al comma 9 chiarisce che per le imprese in contabilità semplificata i ricavi vanno individuati in base al principio di competenza: si assumono come ricavi conseguiti nel periodo di imposta i corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione nel periodo stesso agli effetti dell’IVA e delle operazioni annotate o soggette ad annotazioni anche se non sottoposte a registrazione a fini IVA.

In caso di inizio attività, è necessario ragguagliare ad anno i ricavi presunti (settimo comma dell’articolo 18 come vigente).

 

Le disposizioni in esame mantengono fermi i vigenti limiti per l’accesso alla contabilità semplificata, aggiornando i riferimenti normativi al TUIR (modifiche al comma 1 dell’articolo 18, con riferimento ai ricavi rilevanti; si tratta dei medesimi considerati rilevanti ai sensi del modificato articolo 66 TUIR, per cui si veda supra). Dal momento che le modifiche all’articolo 66 TUIR sostituiscono il criterio di competenza con quello di cassa, si precisa che – per l’ingresso nel regime semplificato – vengono in considerazione i ricavi conseguiti nell’ultimo anno di applicazione dei criteri di competenza (articolo 109, comma 2 TUIR).

Le modifiche al comma 2 e 3 dell’articolo 18 intendono adattare anche alle scritture contabili l’applicazione del principio di cassa per l’individuazione dei ricavi imponibili. Di conseguenza, sono dettagliate con maggiore precisione le annotazioni e le integrazioni da effettuare nei registri esistenti, ovvero le nuove scritture contabili da tenere per essere ammessi al regime.

Pertanto (novellato comma 2), i soggetti in contabilità semplificata devono annotare cronologicamente, in un apposito registro, i ricavi percepiti indicando, per ciascun incasso: a) il relativo importo; b) le generalità, l’indirizzo e il comune di residenza anagrafica del soggetto che effettua il pagamento; c) gli estremi della fattura o altro documento emesso. In un diverso registro vanno annotate cronologicamente e con riferimento alla data di pagamento (in ossequio al criteri di cassa) le spese sostenute nell’esercizio. Per ciascuna spesa devono essere fornite le generalità del soggetto che effettua il pagamento e gli estremi della fattura o di altro documento emesso.

Ai sensi del novellato comma 3, i diversi componenti positivi e negativi di reddito (rispetto a quelli indicati al comma 2) vanno annotati nei registri obbligatori entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il nuovo comma 4 chiarisce che i registri IVA sostituiscono i registri di annotazione di ricavi e spese, ove debitamente integrati con la separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione a fini IVA.

In ossequio al principio di cassa, al posto delle singole annotazioni relative ad incassi e pagamenti, nell’ipotesi in cui l’incasso o il pagamento non sia avvenuto nell’anno di registrazione, nei registri deve essere riportato l’importo complessivo dei mancati incassi o pagamenti, con indicazione delle fatture cui le operazioni si riferiscono. In tal caso, i ricavi percepiti e i costi sostenuti devono essere annotati separatamente nei registri stessi, nel periodo di imposta in cui vengono incassati o pagati, indicando il documento contabile già registrato ai fini Iva.

Il novellato comma 5 consente ai contribuenti di esercitare apposita opzione, vincolante per almeno un triennio, per tenere i registri IVA senza operare annotazioni relative ad incassi e pagamenti, fermo restando l’obbligo della separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione IVA. In tal caso, per finalità di semplificazione opera la presunzione legale secondo cui la data di registrazione dei documenti coincida con quella di incasso o pagamento.

I commi 6-10 riproducono il contenuto dei vigenti commi 4-8 dell’articolo 18.

Il novellato comma 11 chiarisce che, ai fini della contabilità semplificata, si assumono come ricavi conseguiti nel periodo di imposta le somme incassate registrate nell’apposito registro (di cui al comma 2, primo periodo), ovvero nel registro IVA appositamente integrato (di cui al comma 4).

Il comma 23 del disegno di legge in commento chiarisce la decorrenza delle nuove norme, applicabili a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016. Esse sono attuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame (31 gennaio 2017).

 


Articolo 1, commi 24-31
(IVA di gruppo)

 

 

I commi da 24 a 31, modificati durante l’esame presso la Camera, introducono e disciplinano il gruppo IVA, esercitando così la facoltà espressamente accordata agli Stati membri dell’Unione europea dalla direttiva 2006/112/CE in materia di imposta sul valore aggiunto.

Si consente di considerare come unico soggetto passivo IVA l’insieme di persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Le nuove disposizioni sul gruppo IVA si applicano dal 1° gennaio 2018, con concreta operatività dei gruppi medesimi a partire dall’anno successivo.

 

I commi da 24 a 31 recano la disciplina del gruppo IVA, riconducendola nell’alveo delle norme che istituiscono e disciplinano l’imposta.

Viene a tal fine introdotto un nuovo Titolo V-bis nel D.P.R. n. 633 del 1972, che comprende gli articoli da 70-bis a 70-duodecies.

 

In sostanza, per effetto delle modifiche in commento viene considerato come un unico soggetto passivo IVA l’insieme di persone (fisiche o giuridiche) stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, esercitando così la facoltà accordata agli Stati membri dell’Unione europea dall’articolo 11 della direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE).

 

L’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE prevede che, per l’applicazione di tale facoltà, sia preventivamente esperito il comitato consultivo dell'imposta sul valore aggiunto. Tale comitato è stato istituito dall’articolo 398 della medesima direttiva con lo scopo di promuovere l’applicazione uniforme delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto; esso ha funzione consultiva, si compone di rappresentanti degli Stati membri e della Commissione ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.

 

Requisiti soggettivi e vincoli

 

L’articolo 70-bis disciplina (comma 1) i requisiti soggettivi per l’accesso alla disciplina di gruppo.

Possono costituire un gruppo IVA i soggetti passivi stabiliti in Italia e che esercitano attività d’impresa, arte o professione, purché ricorrano congiuntamente i vincoli finanziari, economici e organizzativi stabiliti dalla legge (di cui all’articolo 70-ter).

 

Non possono partecipare a un gruppo IVA (comma 2):

le sedi e le stabili organizzazioni situate all’estero;

§  i soggetti la cui azienda sia sottoposta a sequestro giudiziario (ai sensi dell’articolo 670 del codice di procedura civile); in caso di pluralità di aziende, la disposizione opera anche se oggetto di sequestro è una sola di esse;

§  i soggetti assoggettati a una procedura concorsuale che, come specificato in sede di esame parlamentare, è una di quelle elencate all’introdotto articolo 70-decies, comma 3, terzo periodo. La richiamata disposizione, per individuare la decorrenza delle procedure concorsuali ostative all’ingresso nel gruppo IVA, fa riferimento: alla data di efficacia del provvedimento che dispone il sequestro giudiziario, alla data della sentenza dichiarativa del fallimento, alla data del decreto di ammissione al concordato preventivo, alla data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa, alla data del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi o alla data di assunzione della delibera assembleare della liquidazione ordinaria.

         Con le modifiche apportate durante l’esame alla Camera sono state precisate meglio le decorrenze delle predette procedure;

§  i soggetti posti in liquidazione ordinaria.

 

Durante l’esame presso la Camera è stato di conseguenza soppresso il comma 3 dell’articolo 70-bis, che individuava (in parte) i momenti dai quali si considerava avviata la procedura concorsuale ostativa all’ingresso nel gruppo.

 

L’articolo 70-ter (comma 1) chiarisce in primo luogo quando si considera sussistente un vincolo finanziario tra soggetti passivi. Esso sussiste quando, almeno dal 1° luglio dell’anno solare precedente:

a)   fra detti soggetti esiste, direttamente o indirettamente, un rapporto di controllo ai sensi delle disposizioni del codice civile;

b)  detti soggetti sono controllati, direttamente o indirettamente, dal medesimo soggetto, purché residente nel territorio dello Stato ovvero in uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni.

Viene altresì chiarita la sussistenza (comma 2) del vincolo economico, subordinato all’esistenza di almeno una delle forme di cooperazione economica seguenti:

a)   svolgimento di un’attività principale dello stesso genere;

b)  svolgimento di attività complementari o interdipendenti;

c)   svolgimento di attività che avvantaggiano, pienamente o sostanzialmente, uno o più soggetti passivi.

 

Inoltre, il comma 3 chiarisce che sussiste un vincolo organizzativo fra detti soggetti quando esiste un coordinamento, in via di diritto, ai sensi del codice civile (libro V, titolo V, capo IX  del codice civile che disciplina la direzione e il coordinamento di società), o in via di fatto, fra gli organi decisionali degli stessi, ancorché tale coordinamento sia svolto da un altro soggetto.

Viene chiarito che (comma 4), se fra i soggetti passivi ricorre il vincolo finanziario, si presumono sussistenti fra i medesimi anche i vincoli economico e organizzativo, fatta salva la possibilità (comma 5) di dimostrare l’insussistenza del vincolo economico o di quello organizzativo mediante istanza di interpello probatorio, presentata all’Agenzia delle entrate, in base all’articolo 11, comma 1, lettera b), dello Statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000).

Si rammenta che il D.Lgs. n. 156 del 7 ottobre 2015 ha riformato la disciplina degli interpelli in attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23 (legge di delega fiscale). Tra le forme di interpello ivi disciplinate, l’interpello probatorio (comma 1, lettera b) dello Statuto dei contribuenti) riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge.

Non sussiste (comma 6) vincolo economico, in ogni caso, per i soggetti per cui il vincolo finanziario discende da partecipazioni acquisite nell'ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione di crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria (di cui all’articolo 113, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR). Per dimostrare la sussistenza del vincolo economico è presentata all’Agenzia delle entrate apposita istanza di interpello probatorio.

 

Costituzione del gruppo IVA

 

Ai sensi dell’articolo 70-quater, la costituzione del gruppo IVA viene effettuata previa opzione esercitata da tutti i soggetti passivi che ne fanno parte e per cui sussistano i vincoli di legge, oltre allo stabilimento in Italia.

In caso di mancato esercizio dell’opzione da parte di uno o più dei soggetti di cui al periodo precedente, si dispone il recupero in capo al gruppo del vantaggio fiscale conseguito effettivamente, e il gruppo cessa a partire dall’anno successivo rispetto a quello in cui viene accertato il mancato esercizio dell’opzione, salvo che i predetti soggetti non esercitino l’opzione per partecipare al gruppo medesimo.

Si prevede (comma 2) che l’opzione sia esercitata con presentazione in via telematica, da parte del rappresentante di gruppo, di una apposita dichiarazione (di cui all’articolo 70-duodecies, comma 5), nella quale sono indicati specifici elementi (denominazione; dati identificativi del rappresentante del gruppo IVA e dei soggetti partecipanti al gruppo medesimo; l’attestazione della sussistenza dei vincoli di legge; l’attività o le attività che saranno svolte dal gruppo, l’elezione di domicilio presso il rappresentante di gruppo da parte di ciascun soggetto partecipante al gruppo medesimo; la sottoscrizione dei soggetti interessati e del rappresentante).

L’opzione ha una decorrenza diversa (comma 3) secondo il momento di presentazione dell’istanza (antecedente o successiva al 30 settembre) e, in costanza dei vincoli di legge, è vincolante per un triennio decorrente dall’anno in cui la stessa ha effetto. Trascorso il primo triennio, l’opzione si rinnova automaticamente per ciascun anno successivo, fino a quando non è esercitata la revoca (comma 4).

Il comma 5 disciplina due ipotesi: la prima è quella in cui, nel corso degli anni di validità dell’opzione, il vincolo finanziario venga a sussistere in capo a soggetti passivi in possesso dei requisiti soggettivi per la partecipazione a un gruppo IVA, relativamente ai quali non sussisteva all’atto dell’esercizio dell’opzione (ad esempio, per effetto dell’acquisizione del controllo di diritto in tali soggetti mediante acquisizione della relativa partecipazione da parte di uno dei partecipanti al gruppo IVA); è inoltre disciplinata l’ipotesi in cui, essendo stata presentata istanza di interpello preventivo, ed essendo stata riconosciuta dall’Agenzia delle entrate l’insussistenza del vincolo economico o di quello organizzativo in capo a un dato soggetto (conseguentemente espunto da quelli partecipanti al gruppo IVA), successivamente tali vincoli vengano a integrarsi in capo allo stesso soggetto.

In questi casi, il soggetto in capo al quale vengano a sussistere i predetti vincoli dovrà partecipare al gruppo IVA a partire dall’anno successivo a quello in cui i vincoli stessi vengano a sussistere. In base al secondo periodo del comma 5, dovrà essere presentata la dichiarazione apposita, al fine di specificare l’inclusione nel gruppo IVA del soggetto per cui sono venuti a sussistere il vincolo finanziario ovvero il vincolo economico e/o quello organizzativo. Tale dichiarazione dovrà essere presentata entro il novantesimo giorno successivo a quello in cui tali vincoli vengono a sussistere.

 

Effetti della partecipazione a un gruppo IVA

 

Per effetto dell’esercizio di tale opzione, gli aderenti al gruppo – fintantoché perdura l’opzione – perdono l’autonoma soggettività ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e nasce un nuovo soggetto d’imposta (il gruppo IVA) che agisce come un qualsiasi soggetto passivo, trovando applicazione per lo stesso tutte le disposizioni in materia di IVA, con specifiche disposizioni attuative.

 

Di conseguenza (articolo 70-quinquies, comma 1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi infragruppo non sono considerate cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA; le operazioni effettuate da un soggetto del gruppo IVA nei confronti di un soggetto estraneo si considerano effettuate dal gruppo IVA (comma 2). Parallelamente, le operazioni effettuate nei confronti di un soggetto partecipante a un gruppo IVA da un soggetto che non ne fa parte si considerano effettuate nei confronti del gruppo IVA (comma 3). Diritti e obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia IVA sono, rispettivamente, a carico e a favore del gruppo IVA (comma 4).

 

Per quanto invece riguarda (articolo 70-sexies) l’eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente al primo anno di partecipazione al gruppo IVA, essa non si trasferisce al gruppo medesimo: può essere chiesta a rimborso anche in mancanza delle specifiche condizioni richieste dall’articolo 30 del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, ovvero compensata.  La predetta regola non si applica tuttavia per quella parte dell’eccedenza detraibile che è pari ai versamenti IVA effettuati con riferimento a tale precedente anno.

 

Adempimenti e responsabilità; revoca dell’opzione

 

Spetta al rappresentante di gruppo (articolo 70-septies) il compito di adempiere agli obblighi ed esercitare i diritti del gruppo. Esso è individuato ex legge nel soggetto che esercita il controllo di cui all’articolo 70-ter, comma 1, ovvero il vincolo finanziario.

Ove sia impossibilitato ad esercitare l’opzione, è rappresentante di gruppo il soggetto partecipante con volume d’affari o ammontare di ricavi più elevato nel periodo precedente alla costituzione del gruppo medesimo.

Si prevedono forme di subentro nella rappresentanza di gruppo (comma 3) in specifiche ipotesi, senza cessazione degli effetti del gruppo IVA su altri partecipanti.

 

È responsabilità (articolo 70-octies) del rappresentante di gruppo quella di adempiere agli obblighi connessi all’esercizio dell’opzione.

Si prevede che gli altri soggetti partecipanti al gruppo IVA siano responsabili in solido (comma 2) con il rappresentante di gruppo per le somme che risultano dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni a seguito delle attività di liquidazione e controllo.

 

Compito del rappresentante (articolo 70-nonies, comma 1) è anche di comunicare la revoca dell’opzione mediante apposita dichiarazione, sottoscritta anche dagli altri soggetti partecipanti.

Detta revoca (comma 2) opera nei riguardi di tutti i soggetti partecipanti al gruppo IVA, con decorrenza diversa secondo la data di presentazione.

Alle opzioni e alle revoche previste in tema di gruppo IVA (comma 3) non si applicano le regole generali in tema di esercizio delle opzioni IVA, contenute nel D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442.

Si chiarisce che, se un soggetto effettua (comma 4) l’esercizio dell’opzione per il gruppo IVA, ciò comporta il venir meno degli effetti delle altre opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto esercitate dallo stesso in precedenza, anche se non è decorso il periodo minimo di permanenza nel particolare regime prescelto.

 

 

Esclusione dalla partecipazione al gruppo IVA

 

L’articolo 70-decies, modificato durante l’esame presso la Camera, disciplina i casi di esclusione dalla partecipazione al gruppo IVA.

Se l’opzione per la costituzione del gruppo IVA è esercitata, unitamente a soggetti per cui ricorrano i requisiti di legge, anche da soggetti per cui tali requisiti non ricorrano, la circostanza incide solo su questi ultimi, non privando di effetti l’opzione esercitata dai primi (comma 1).

Il comma 2 enumera le circostanze che possono determinare il venir meno della partecipazione a un gruppo IVA da parte di un soggetto che aveva in precedenza validamente esercitato l’opzione (venir meno del vincolo finanziario; riconoscimento, mediante interpello, del venir meno in capo a tale soggetto del vincolo economico o di quello organizzativo; sequestro giudiziario di un’azienda di tale soggetto; assoggettamento a procedura concorsuale; sottoposizione a liquidazione ordinaria).

Il comma 3 regola i profili temporali della cessazione della partecipazione al gruppo IVA di un dato soggetto. La cessazione si produce di regola, dalla data in cui si verificano gli eventi previsti nel comma 2 e ha effetto per le operazioni effettuate e per gli acquisti e le importazioni annotati a partire da tale data. Se la cessazione della partecipazione consegue al riconoscimento del venir meno del vincolo economico o di quello organizzativo, la cessazione della partecipazione si produce a decorrere dall’anno successivo al venir meno del vincolo.

Il terzo periodo del comma 3 specifica, poi, i criteri di individuazione della data in cui si verifica la cessazione nei casi di sequestro giudiziario, procedure concorsuali e liquidazione ordinaria.

Il comma 4 contempla l’ipotesi in cui venga meno la pluralità dei soggetti partecipanti a un gruppo IVA. In tal caso il gruppo IVA cessa e l’eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione del gruppo IVA non richiesta a rimborso è computata in detrazione dal soggetto partecipante che agiva in qualità di rappresentante di gruppo nelle proprie liquidazioni o nella propria dichiarazione annuale.

Nel comma 5 si disciplinano i profili procedimentali connessi alle ipotesi di esclusione dal gruppo e cessazione del gruppo stesso: tali fattispecie sono comunicate dal rappresentante di gruppo entro trenta giorni dalla data in cui si è verificato l’evento che ha determinato tale esclusione o cessazione. Durante l’esame parlamentare è stato specificato che gli adempimenti del rappresentante non includono i profili temporali delle cause di esclusione / cessazione.

 

 

 

Attività di controllo

 

L’articolo 70-undecies disciplina l’attività di controllo sul gruppo IVA, disponendo che durante il periodo di validità dell’opzione, i poteri di accertamento e controllo dell’amministrazione finanziaria in materia di imposta sul valore aggiunto sono demandati alle strutture, già esistenti, individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Le norme individuano (comma 2) quali attività spettano alle predette strutture; inoltre che, ai fini delle attività di controllo, in ipotesi di disconoscimento della validità dell’opzione il recupero dell’imposta avviene nei limiti dell’effettivo vantaggio fiscale conseguito (comma 3).

Si affida (comma 4) a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione degli specifici adempimenti finalizzati ad assicurare l’efficacia delle attività di controllo.

 

Norme speciali e attuazione

 

L’articolo 70-duodecies reca norme volte a disciplinare la partecipazione al gruppo di soggetti per cui operano disposizioni speciali e a prevedere la modulistica per le dichiarazioni e le comunicazioni relative alle vicende che riguardano il gruppo IVA.

Sono applicabili (comma 1) anche al gruppo IVA le modalità e i termini speciali di emissione, numerazione e registrazione delle fatture, nonché di esecuzione delle liquidazioni e dei versamenti periodici stabiliti dai decreti ministeriali emanati in attuazione delle deleghe contenute negli articoli 22, secondo comma, 73 e 74 del D.P.R. n. 633, riguardanti specifici soggetti o alcune attività (tra cui i commercianti al minuto e le operazioni di telecomunicazione, le somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano e la liquidazione dell’IVA di gruppo).

È confermata anche in seno al gruppo IVA l’applicazione (rispettivamente, commi 2 e 3) di alcune vigenti semplificazioni per le banche e le società assicurative.

Il comma 4 si disciplina l’ipotesi della partecipazione al gruppo IVA anche di società di gestione di fondi immobiliari, mentre il comma 5 demanda a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’approvazione del modello per la presentazione delle dichiarazioni relative al gruppo IVA, nonché le modalità e le specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle stesse.

Con il comma 6 si demanda a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, la previsione di disposizioni necessarie per l’attuazione delle disposizioni in materia di gruppo IVA contenute nell’introdotto titolo V-bis.

 

Disposizioni di coordinamento

 

I commi da 25 a 31 modificano altre disposizioni, con finalità di coordinamento rispetto alle nuove norme relative al gruppo IVA.

Come chiarisce al riguardo la relazione illustrativa, scopo di tali norme è quello di evitare che l’irrilevanza delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA possa determinare maggiori costi in tema di imposta di bollo o di imposta di registro, dal momento che tali imposte trovano applicazione nei casi di transazioni estranee al campo di applicazione dell’IVA.

 

In particolare il comma 25 si riferisce all’imposta di bollo. Con una modifica alla Tabella allegata al relativo Testo Unico (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642), si inserisce un articolo 6-bis, ai sensi del quale l’imposta di bollo non è dovuta in relazione alle fatture e agli altri documenti di addebito relativi a operazioni che intervengono tra soggetti partecipanti al medesimo gruppo. L’esenzione è limitata alle operazioni che, se rese nei confronti di terzi estranei al gruppo, sarebbero imponibili a fini IVA, nonché alle cessioni all’esportazione e alle cessioni intracomunitarie.

 

Il comma 26 apporta modifiche alla disciplina dell’imposta di registro.

La lettera a) modifica, in particolare, l’articolo 5 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. La richiamata norma dispone che le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative a operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto. Per effetto delle modifiche apportate, le scritture private non autenticate relative alle operazioni che intervengono tra due soggetti partecipanti a uno stesso gruppo IVA sono soggette a registrazione solo in caso d’uso (che si considerano, ai fini dell’imposta di registro, come soggette a IVA).

Con le modifiche in esame si apporta anche una ulteriore modifica di coordinamento alla disciplina dell’imposta di registro, includendo tra le operazioni considerate soggette a IVA anche quelle effettuate nel territorio dello Stato ai sensi delle specifiche norme sulla territorialità dell’IVA (articoli da7-bis a 7-sexies del D.P.R. n. 633 del 1972).

Tale disciplina non trova applicazione anche quando, per le predette scritture, la registrazione solo in caso d’uso non troverebbe applicazione se le operazioni anzidette fossero rese nei confronti di terzi estranei al gruppo.

 

La lettera b) del comma 26 modifica l’articolo 40 del predetto D.P.R. n. 131 del 1986.

Per effetto delle norme in esame, gli atti relativi alle operazioni che intervengono tra due soggetti partecipanti a un gruppo IVA, in caso di registrazione, scontano l’imposta di registro in misura fissa. Tale disciplina non trova applicazione quando per tali atti l’imposta di registro troverebbe applicazione in misura proporzionale, se le operazioni anzidette fossero rese nei confronti di terzi estranei al gruppo.

Con la lettera c) del comma 26 si chiarisce che l’imposta di registro si applica in misura proporzionale per le locazioni di immobili strumentali (di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8), del D.P.R. IVA), ancorché siano imponibili IVA, ovvero intervengano tra soggetti partecipanti a un gruppo IVA.

 

Il comma 27 modifica l’articolo 73, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo.

Si ricorda che ai sensi delle norme vigenti, in presenza dei requisiti di legge, i gruppi societari possono optare per l'applicazione della disciplina prevista dall'articolo 73, comma 3 del D.P.R.  n. 633 del 1972 e dal D.M. 13 dicembre 1979, che consente di compensare, nell'ambito del gruppo societario i crediti e i debiti IVA risultanti dalle liquidazioni periodiche e dalle dichiarazioni annuali delle società che lo costituiscono.

 

Oltre alle modifiche formali e di coordinamento normativo, con le norme in esame si chiarisce che possono accedere a tale procedura – sia come controllante che come controllati – tutti gli enti e le società commerciali (la relazione illustrativa fa riferimento alle società di persone e gli enti soggetti passivi IVA).

Con riferimento al requisito temporale del controllo, si specifica che esso deve verificarsi in presenza di un controllo almeno dal 1° luglio dell’anno precedente a quello di esercizio dell’opzione (e non più dall’inizio dell’anno solare precedente).

Si prevede la possibilità di esercitare l’opzione per tale procedura, da parte dell’ente o società controllante, con la dichiarazione IVA presentata nell’anno solare a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione.

Sono soppressi gli obblighi di presentazione delle dichiarazioni annuali delle società controllate, da parte della controllante, all’ufficio del domicilio fiscale della medesima controllante, allo scopo di rendere coerente il testo con le attuali norme e modalità di dichiarazione e versamento dell’IVA.

Il comma 28 dispone che  il Ministro dell’economia e delle finanze con proprio decreto adegua le vigenti disposizioni ministeriali alle modificazioni introdotte alle norme sulla liquidazione di gruppo.

 

Il comma 29 consente che il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) possa attribuire alle strutture, già esistenti, preposte all’attività di controllo sul gruppo IVA, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, i poteri di accertamento previsti per le imposte sui redditi (di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) nei confronti dei soggetti che aderiscono al gruppo IVA.

I commi 30 e 31 disciplinano la decorrenza delle nuove disposizioni.

In particolare sono operative dal 2017 le modifiche recate alla liquidazione IVA di gruppo di cui all’articolo 73, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972. Le norme sul gruppo IVA trovano applicazione a partire dal 1° gennaio 2018, con concreta operatività dei gruppi IVA a partire dal 2019 (comma 30).

La relazione illustrativa chiarisce che tale decorrenza è volta a consentire al Ministero dell’economia e delle finanze di procedere, come precisato dal comma 31, alla consultazione del Comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, come previsto dall’articolo 11 della direttiva 2006/112/CE.


Articolo 1, comma 32
(Trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie)

 

 

Il comma 32 dell’articolo 1 prevede l’allungamento dei termini di legge per il ritrasferimento obbligatorio degli immobili ceduti alle imprese, in seno a procedure giudiziarie, con imposizione indiretta agevolata.

Proroga al 30 giugno 2017 l’operatività delle predette agevolazioni, anche con riferimento agli acquirenti non imprenditori in possesso dei requisiti di legge (acquisto “prima casa”).

 

Le lettere a) e b) del comma 32 allungano i termini previsti dalla legge per il ritrasferimento degli immobili ceduti a imprese, in seno a procedure giudiziarie con imposizione indiretta agevolata.

 

A tal fine si interviene sulle norme (contenute nell’articolo 16, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 18 del 2016) che prevedono l’applicazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro (dunque agevolata) sui trasferimenti di immobili nell’ambito di vendite giudiziarie, se l’acquirente è soggetto che svolge attività d'impresa.

Con le modifiche di cui alla lettera a) si allunga da due a cinque anni il periodo di tempo entro il quale l’acquirente imprenditore che ha usufruito dell’agevolazione è tenuto a ritrasferire i beni immobili oggetto della transazione.

Viene conseguentemente modificato il comma 2 del medesimo articolo 16, che si occupa delle misure sanzionatorie previste nel caso di mancato tempestivo ritrasferimento del bene: in tale ipotesi le imposte sono dovute nella misura ordinaria (9 per cento) e si applica una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora.

Con le norme in esame, per l’opportuno coordinamento, le sanzioni sono applicate nel caso di mancato ritrasferimento entro il quinquennio (in luogo del biennio).

 

Si ricorda che, ai sensi del vigente comma 2, dalla scadenza del biennio decorre inoltre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria.

In ordine alla formulazione della norma, si osserva che la lettera b) non prevede la sostituzione della parola “biennio” ovunque ricorra. Occorrerebbe chiarire, dunque, se le modifiche proposte incidono sia sull’irrogazione delle sanzioni che sui termini per il recupero delle imposte ordinarie.

 

Si ricorda in questa sede che il comma 2-bis del medesimo articolo 16 dispone la stessa agevolazione per i trasferimenti immobiliari effettuati nell’ambito di vendite giudiziarie in favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa purché ricorrano le condizioni - di cui all’articolo 1, alla nota II-bis) del Testo Unico dell’Imposta di registro, D.P.R. 131 del 1986 - e i requisiti richiesti dalla legge per usufruire dell’agevolazione fiscale “prima casa”.

 

Con la lettera c) (che modifica il comma 3 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 18 del 2016) si allungano di 6 mesi i termini di operatività dell’agevolazione, che si applica ai trasferimenti stipulati entro il 30 giugno 2017, in luogo del 31 dicembre 2016.

La norma modificata si riferisce all’insieme di agevolazioni di cui all’articolo 16, dunque l’operatività delle stesse è prorogata sia nei confronti degli acquirenti imprenditori, sia degli acquirenti non imprenditori che acquistano la “prima casa”.

 


Articolo 1, commi 33-35
(Assoggettamento a IVA del 5 per cento dei servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare)

 

 

I commi 33-35 intervengono sul trattamento fiscale dei servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare.

 

Il comma 33 assoggetta all’aliquota IVA del 5% i servizi di trasporto urbano di persone effettuati per via marittima, lacuale, fluviale e lagunare precedentemente esenti dall’imposta.

La novella modifica il decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (disciplina dell’imposta sul valore aggiunto) abrogando il riferimento a tali servizi previsto dall’articolo 10 del decreto medesimo (che indica le operazioni esenti dall’imposta), e introducendo alla tabella A, parte II-bis (che indica i beni e i servizi assoggettati all’aliquota IVA del 5%), e alla tabella A parte III (che indica i beni e i servizi assoggettati e all’aliquota IVA del 10%) le necessarie modifiche.

Il comma 34 dispone inoltre che la tariffa amministrativa relativa ai servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare sia comprensiva dell’imposta sul valore aggiunto.

Ai sensi del comma 35, le disposizioni dei precedenti commi 33 e 34 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2017.

 


Articolo 1, comma 36
(Ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore e tracciabilità dei pagamenti)

 

 

Il comma 36, introdotto durante l’esame presso la Camera, integra la normativa in tema di ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore e di tracciabilità degli stessi pagamenti, prevedendo una specifica sanzione amministrativa.

 

In particolare, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 25-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di accertamento delle imposte sui redditi) dispone che il versamento della ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dal percipiente deve essere effettuato dal condominio in qualità di sostituto d’imposta solo al raggiungimento di una soglia minima della ritenuta stessa pari a 500 euro. Si precisa, comunque, che il condominio è tenuto al versamento entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno ove non sia raggiunto l’importo minino predetto.

 

Il nuovo comma 2-ter dell’articolo 25-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede che il pagamento dei corrispettivi dovuti per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi resi ai condomini deve essere eseguito con modalità tracciabili o mediante conti correnti bancari o postali, ovvero mediante altre modalità che consentano il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, da definire con decreto ministeriale. L’inosservanza di tale obbligo è punita con la sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro, prevista dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997.

Si ricorda che l’articolo 1129 c.c. già prevede che l'amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio (disposizione introdotta dall’articolo 9, comma 1, della legge n. 220 del 2012).

 


Articolo 1, comma 37
(Deducibilità canoni di noleggio a lungo termine)

 

 

Il comma 37 innalza di 1.549,37 euro il limite annuo alla deducibilità fiscale dei canoni per noleggio a lungo termine degli autoveicoli utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio.

 

La disposizione incrementa da 3.615,20 euro a 5.164,57 euro il limite annuo alla deducibilità fiscale dei costi di locazione e di noleggio per le autovetture e gli autocaravan utilizzati da agenti o rappresentanti di commercio. La disposizione sostituisce l'ultimo periodo della lettera b), comma 1, articolo 164, TUIR (DPR 22 dicembre 1986, n. 917), estendendo l'ambito del regime di favore riconosciuto agli agenti o rappresentanti di commercio, in relazione al limite massimo di deducibilità per l'acquisto (fattispecie vigente) e il noleggio a lungo termine di autovetture e autocaravan (ulteriore nuova fattispecie).

 

L’articolo 164 del TUIR disciplina i limiti di deduzione delle spese e degli altri componenti negativi relativi ad alcuni tipi di mezzi di trasporto utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni. Tale disciplina fiscale fu introdotta nel 1997 per limitare fortemente il diritto all'integrale deducibilità dei costi sostenuti. Alla base della norma vi è la presunzione assoluta secondo cui tali mezzi sono sempre utilizzati sia nella sfera aziendale sia in quella privata dell'imprenditore: da qui la limitazione della deducibilità.

La disciplina attuale prevede due ipotesi: quelle in cui le spese sono deducibili dal reddito per intero, individuate dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 164, e quelle di cui alla lettera b) del medesimo comma 1 per le quali, in relazione ai limiti di deducibilità posti dalla stessa lettera b), è ammessa in deduzione solo una percentuale della spesa.

 

In concreto, la disposizione vigente stabilisce che gli agenti o rappresentanti di commercio possono dedurre dal proprio reddito il costo di acquisizione di autovetture e autocaravan fino a un limite massimo di 25.822,84 euro, soglia del 43% più alta di quella (18.075,99 euro) riconosciuta a coloro che utilizzano la medesima tipologia di bene nell'esercizio di imprese, arti e professioni.

Applicando la medesima percentuale di beneficio, con la modifica in esame, viene innalzato di 1.549,37 euro il limite di deducibilità dei costi di locazione e di noleggio per autovetture e autocaravan. Gli agenti o rappresentanti di commercio possono dunque dedurre dal proprio reddito tali costi fino a un limite massimo di 5.164,57 euro, rispetto alla soglia base di 3.615,20 euro.

 


Articolo 1, commi 38-39
(Pagamento cumulativo della tassa automobilistica)

 

 

I commi 38 e 39 prevedono la facoltà di pagamento cumulativo della tassa automobilistica di proprietà.

 

Il comma 38 prevede la facoltà di pagamento cumulativo della tassa automobilistica di proprietà per le aziende con flotte e camion di cui siano proprietarie, usufruttuarie, acquirenti con patto di riservato dominio ovvero utilizzatrici in leasing. Tale facoltà era prevista dall’articolo 7 della legge n. 99 del 2009 per il pagamento della tassa dovuta per veicoli i concessi in locazione finanziaria da parte delle imprese concedenti.

 

L'articolo 7 della legge 23 luggio 2009, n. 99 ha stabilito che, al fine di semplificare e razionalizzare la riscossione della tassa dovuta su veicoli concessi in locazione finanziaria, le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono autorizzate a stabilire le modalità con le quali le imprese concedenti possono provvedere ad eseguire cumulativamente, in luogo dei singoli utilizzatori, il versamento delle tasse dovute per i periodi di tassazione compresi nella durata dei rispettivi contratti. E' stato altresì stabilito che, a decorrere dal 1°(gradi) gennaio 2016, gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, sulla base del contratto annotato al PRA e fino alla data di scadenza del contratto medesimo, siano tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale configurandosi la responsabilità solidale della società di leasing solo nella particolare ipotesi in cui questa abbia provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.

 

Il comma 39 stabilsce che i versamenti dell’imposta debbano essere fatti a ciascuna regione o provincia autonoma nelle quali i mezzi siano immatricolati. Nel caso di locazione finanziaria si fa invece riferimento al luogo di residenza dell’utilizzatore del veicolo.

 


Articolo 1, comma 40
(Riduzione canone RAI)

 

 

Il comma 40, prevede, per il 2017, la riduzione del canone RAI per uso privato (da 100) a 90 euro.

 

Si tratta di un’ulteriore riduzione dell’importo del canone, già ridotto -sempre con intervento legislativo - da € 113,50 dovuti per il 2015 a € 100 dovuti per il 2016.

La relazione tecnica all’A.C. 4127 evidenziava che, dalle prime informazioni ottenute dagli operatori tramite i quali avviene il versamento del canone, risulta che le nuove modalità di riscossione dello stesso introdotte dalla legge di stabilità 2016 hanno determinato un aumento della platea dei contribuenti che lo pagano.

 

L’art. 47 del D.Lgs. 177/2005 – che ha ripreso i contenuti dell’art. 18 della L. 112/2004 – disciplinando il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, ha disposto, in particolare, che entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministro delle comunicazioni, con proprio decreto, stabilisce l'ammontare dei canoni di abbonamento[5] in vigore dal 1° gennaio dell'anno successivo, in misura tale da consentire alla società concessionaria di coprire i costi che prevedibilmente saranno sostenuti in tale anno per adempiere gli specifici obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo (co. 3).

In base alla stessa fonte, è fatto divieto alla società concessionaria di utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico generale radiotelevisivo.

Ai sensi dell’art. 27, co. 8, primo periodo, della L. 488/1999, inoltre, il canone di abbonamento alla televisione doveva essere attribuito per intero alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ad eccezione della quota pari all’1 per cento già spettante all’Accademia di Santa Cecilia[6].

Negli ultimi anni, tuttavia, sono state previste riduzioni di tale attribuzione: in particolare, l’art. 21, co. 4, del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) ha previsto la riduzione di € 150 mln per il 2014 e l’art. 1, co. 292, della L. 190/2014 (L. stabilità 2015) ha previsto, dal 2015, la riduzione del 5%.

L’art. 1, co. 152-164, della L. 208/2015 (L. stabilità 2016) ha poi fissato per il 2016 in € 100,00 (rispetto a € 113,50 dovuti per il 2015) la misura del canone e ha disposto l’addebito dello stesso nella fattura dell’energia elettrica.

Da ultimo, l’art. 1 della L. 198/2016 ha disposto che al nuovo Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, affluisce, fra l’altro, quota parte – fino ad un importo massimo di € 100 mln annui per il periodo 2016-2018 – delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI[7].

 

Sull’argomento si ricorda che la Corte costituzionale, nel ribadire la legittimità dell’imposizione del canone radiotelevisivo, aveva chiarito con la sentenza 284/2002, che lo stesso “costituisce in sostanza un’imposta di scopo, destinato come esso è, quasi per intero (a parte la modesta quota ancora assegnata all’Accademia nazionale di Santa Cecilia), alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.


Articolo 1, comma 41
(Soppressione del canone per l’estrazione del sale dai giacimenti)

 

 

Il comma 41, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, modifica l’articolo 3, comma 1, numero 1), della legge n. 907/1942, prevedendo che la concessione relativa all’estrazione del sale dai giacimenti non sia più assoggettata al pagamento del canone annuo ivi previsto.

 

Il comma 41 interviene sull’articolo 3, comma 1, numero 1), della legge n. 907/1942, escludendo, per la concessione relativa all'estrazione del sale dai giacimenti, l’assoggettamento al pagamento del canone annuo ivi previsto.

 

L’articolo 3 della legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi (legge 17 luglio 1942, n. 907)[8], reca norme sull’estrazione e sulla fabbricazione di sale da parte di privati. Tale disposizione, inserita nel Capo II della legge, recante norme sulle deroghe al divieto di produzione, prevede la facoltà dell'amministrazione dei monopoli di autorizzare, tra l’altro, l'estrazione del sale dai giacimenti e dall'acqua di sorgenti e la produzione del sale come sottoprodotto di lavorazione industriale, nel territorio nazionale soggetto a monopolio, a fine di esportazione o di impiego per le industrie menzionate nel successivo articolo 21 (art. 3, comma 1, numero 1). La norma richiamata subordina tale concessione al pagamento di un canone annuo, da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Consiglio di amministrazione dei monopoli di Stato. La medesima norma prevede, inoltre, la facoltà dell’amministrazione dei monopoli di autorizzare: la fabbricazione di tipi speciali di sale alimentare per il consumo nel territorio della Repubblica soggetto al monopolio, purché la vendita ne sia riservata alla stessa amministrazione dei monopoli, alle condizioni da essa stabilite di volta in volta (art. 3, comma 1, numero 2); la produzione di sale col metodo idrolitico nella preparazione degli estratti alimentari e dei condimenti per minestra (art. 3, comma 1, numero 3). La medesima legge n. 907/1942, all’articolo 1, definisce l’oggetto del monopolio di Stato – l’estrazione del sale dall'acqua del mare, dalle sorgenti saline, dalle miniere, la produzione del sale in qualunque altro modo, la raccolta, l'introduzione e la vendita del sale – e, all’articolo 2, chiarisce la definizione del sale agli effetti fiscali, ossia il cloruro di sodio ed ogni altra miscela di sali nella quale il cloro sia in proporzione maggiore di 15,2 ed il sodio di 9,8 per cento. La norma equipara al sale i prodotti non destinati ad uso alimentare, che contengono cloruro di sodio in quantità superiore al 25 per cento.


Articolo 1, comma 42
(Blocco aliquote regionali e comunali)

 

 

Il comma 42 proroga al 2017 la sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti.

Si conferma, sempre per l’anno 2017, la maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.

 

L’articolo 1, comma 42, lettera a) proroga al 2017 la sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti territoriali.

A tal fine viene modificato il comma 26 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015).

 

Si ricorda che il predetto comma 26 consente di fare salve dalla sospensione alcune fattispecie specifiche.

In particolare sono escluse dalla sospensione, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e all’articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Le norme citate si riferiscono alle regioni in situazione di disavanzo sanitario, nelle quali viene applicata la maggiorazioni dell’aliquota dell’IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale all’IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali, quando gli organi preposti al monitoraggio dell’attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari verificano che la regione in disavanzo non ha raggiunto gli obiettivi previsti. Più in particolare, l’art. 2, comma 86, della legge finanziaria per il 2010 (legge 191/2009) prevede che l’accertamento, in sede di verifica annuale da parte del Tavolo per la verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, del mancato raggiungimento da parte della Regione degli obiettivi del piano di rientro, comporta l’incremento nelle misure fisse dello 0,15% dell’aliquota IRAP e dello 0,30% dell’addizionale all’IRPEF. La maggiorazione viene applicata, con le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004).

In merito all’applicazione dell’incremento all’addizionale regionale all’IRPEF su tutti gli scaglioni di reddito, si rinvia ai chiarimenti forniti dal MEF con la Risoluzione n. 5/DF del 15 giugno 2015. Con il comunicato n. 235 del 16 ottobre 2014, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha confermato, per l’anno d’imposta 2014, l’applicazione delle maggiorazioni delle aliquote di IRAP e di addizionale regionale IRPEF nel solo Molise. Per l’anno d’imposta 2013, la maggiorazione era stata applicata anche alla Calabria.

È inoltre salva la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative, ai fini dell’accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35. In mancanza di ulteriori precisazioni sul punto, è da presumersi che le manovre fiscali suddette siano da riferire a quanto prevedono, rispettivamente per le regioni e per gli enti del servizio sanitario nazionale, l’articolo 2 comma 3 e l’articolo 3 comma 5 del menzionato D.L. n. 35/2013, nei quali si dispone, con formulazione pressoché identica, che alla erogazione delle somme, nei limiti delle anticipazioni di liquidità assegnate, si provvede, tra l’altro, anche a seguito della predisposizione, da parte regionale, di misure, anche legislative, idonee e congrue di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità (misure che per gli enti del SSN – viene precisato- dovrebbero essere prioritariamente volte alla riduzione della spesa corrente).

Viene esclusa dal blocco degli aumenti la tassa sui rifiuti (TARI) che, si ricorda, è stata istituita dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 639, della legge n. 147 del 2013) per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti;

La misura non si applica neppure agli enti locali in predissesto e dissesto, come deliberati ai sensi, rispettivamente, dell’art. 243-bis e degli artt. 246 e seguenti del TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267).

Infine, come chiarito dalla relazione illustrativa che accompagnava il DDL Stabilità 2015, non rientrano nell’ambito della norma le tariffe di natura patrimoniale (tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013; canone alternativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche – TOSAP, ossia il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche COSAP). Per quanto riguarda il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), si chiarisce che esso ha natura tributaria e quindi rientra nel blocco delle maggiorazioni.

 

La lettera b) del comma 42 consente ai comuni di confermare, anche per l’anno 2017, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.

A tal fine si aggiunge un periodo al comma 28 della richiamata legge di stabilità 2016.

Si ricorda che il comma 28 aveva tenuto ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati da imposta (tra cui le abitazioni principali “di lusso”), la possibilità per i comuni di adottare la maggiorazione dell’aliquota TASI fino allo 0,8 per mille (di cui al comma 677 della legge di Stabilità 2014), nella stessa misura prevista per il 2015, con delibera del consiglio comunale.

Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso uno specifico vincolo: la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile, non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille (e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile). Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille.

Negli anni 2014-2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.


Articolo 1, comma 43
(Anticipazioni di tesoreria enti locali)

 

 

Il comma 43 dell’articolo 1, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, proroga dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017 la data fino alla quale resta elevato da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti il limite massimo di ricorso, da parte degli enti locali, ad anticipazioni di tesoreria.

 

Il limite massimo di ricorso ad anticipazioni di tesoreria, si ricorda, è stato aumentato fino a cinque dodicesimi delle entrate correnti dall'art. 2, comma 3-bis, del decreto-legge n. 4 del 2014 - che viene qui novellato - al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali da parte degli enti locali.

Tali tempi, si ricorda, sono definiti dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 231/2002, attuativo della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in 30 giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura, che può essere ampliato fino a 60 giorni nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto.

 

L'art. 222, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, dispone che il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, conceda anticipazioni di tesoreria entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio.

Il limite massimo di ricorso da parte degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria è stato incrementato da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti, come detto, dall'art. 2, comma 3-bis, del D.L. n. 4 del 2014 sino alla data del 31 dicembre 2014. Tale termine è stato poi annualmente prorogato, dapprima, al 31 dicembre 2015 dall'art. 1, comma 542, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) è poi al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, comma 728, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016).

 


Articolo 1, comma 44
(Abolizione IRPEF per imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti)

 

 

Il comma 44 prevede l’esenzione ai fini Irpef, per il triennio 2017-2019, dei redditi dominicali e agrari relativi ai terreni dichiarati da coltivatori diretti (CD) e imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella previdenza agricola.

 

La disposizione prevede che, con riferimento agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019, non concorrano alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e delle relative addizionali i redditi dominicali e agrari relativi a terreni dichiarati dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (come individuati dall'art. 1, D.Lgs n. 99 del 2004, cfr. infra) iscritti nella previdenza agricola.

 

L'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 definisce l'imprenditore agricolo professionale come colui che sia in possesso di competenze e conoscenze professionali specifiche e dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo, ricavando dalle attività così svolte almeno il 50% del proprio reddito globale. Ai fini del calcolo del reddito globale, vengono esclusi una serie di redditi, tra cui anche le somme percepite in società, associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo.

Inoltre, vengono considerati imprenditori agricoli professionali anche le società di persone, di capitali e cooperative che, oltre all’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, presentino i seguenti requisiti:

§  nel caso di società di persone, che almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per la società in accomandita la qualifica è riferita ai soci accomandatari);

§  per le società di capitali o cooperative, che almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società.


 

I redditi dominicali e i redditi agrari costituiscono, insieme ai redditi dei fabbricati, due delle tre categorie in cui il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR n. 917 del 1986) suddivide i redditi fondiari (cfr. in particolare il capo II del Titolo I, artt. 25-43). L’articolo 25 definisce fondiari i redditi inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato che sono iscritti o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano. Si prescinde dal fatto che il possessore sia residente o meno nel territorio dello Stato. Limitando il campo di analisi alle due categorie oggetto della presente disposizione i redditi fondiari sono determinati sulla base delle risultanze catastali e si distinguono per l'appunto in: reddito dominicale dei terreni, attribuibile al proprietario del terreno o al titolare di un diritto reale di godimento (artt. 27-31) e reddito agrario, attribuibile al soggetto che coltiva il terreno, direttamente o avvalendosi di dipendenti, a prescindere dal fatto che sia il proprietario del terreno, il titolare di un diritto reale di godimento sul terreno medesimo ovvero l’affittuario (artt. 32-35).

Nell'ordinamento fiscale l’esistenza di due diverse tipologie di reddito associata ai terreni è motivata dalla possibilità che, su di essi, sia svolta un’attività agricola e nella conseguente necessità di distinguere il reddito derivante dal possesso dell’immobile (il reddito dominicale) da quello derivante dall’esercizio dell'attività agricola, anche ad opera di un soggetto diverso dal possessore (il reddito agrario).

I redditi fondiari sono dunque determinati con un sistema forfetario basato sulle risultanze catastali; oggetto dell’imposizione non è il reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato, ma la astratta e potenziale capacità del bene di produrre un reddito, a prescindere dal suo concreto manifestarsi e dalla sua effettiva entità. Tali redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo del possessore a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, indipendentemente dalla loro percezione e in relazione alla durata del possesso.


Articolo 1, comma 45-46
(Compensazioni IVA animali vivi della specie bovina e suina)

 

I commi 45 e 46, introdotti durante l’esame alla Camera, prevedono l’innalzamento per l’anno 2017 delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%.

 

In particolare, il comma 45, prevede l’innalzamento per l’anno 2017 delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%.

 

La misura sarà concretamente disposta con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il quale dovrà essere adottato entro il 31 gennaio 2017. L’attuazione della misura non potrà comportare un onere superiore a 20 milioni.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 1, comma 908, della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n.208) ha già previsto, ma limitatamente al 2016, l’innalzamento delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%. Il D.M. 26 gennaio 2016 ha quindi fissato, per l'anno 2016 le seguenti percentuali:

a) animali vivi della specie bovina, compresi gli animali del genere bufalo: 7,65 per cento;

b)  animali vivi della specie suina: 7,95 per cento.

 

Prima di tale intervento la percentuale di compensazione IVA era stabilita nel limite massimo del 7% per gli animali bovini e del 7,3% per gli animali suini.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 34, comma 1, del D.P.R. 633/1972, sull’Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, che istituisce, per le cessioni dei prodotti agricoli e ittici compresi nella tabella A, parte prima, allegata allo stesso decreto, un regime di detrazione forfettizzata dell'imposta sul valore aggiunto basato sull'applicazione di percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.

L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti alle cooperative e loro consorzi (di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dagli imprenditori agricoli con volume d’affari al di sotto di 7000 euro e i cessionari e committenti(comma 6, primo e secondo periodo).

 

Il comma 46 prevede che quota parte della copertura della misura prevista dal comma 45, nel limite di 9 milioni di euro, è rinvenuta sul Fondo di investimento per il capitale di rischio gestito da ISMEA, il quale provvederà a versare in entrata al bilancio le risorse suddette (nel corso dell’esame presso la Camera la restante parte della copertura è stata rinvenuta, per 1 milione di euro sul 2017 sulla Tabella A, voce Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; per 10 milioni per il 2017 sul Fondo per far fronte alle esigenze indifferibili di cui all’articolo 81, comma 2). Viene, quindi, abrogato il comma 3 dell’articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n.289 che aveva istituito il regime di aiuti al quale faceva riferimento il Fondo in esame.

 

Il comma 3 dell’articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n.289 ha previsto che per facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, potesse venire istituito un regime di aiuti conformemente a quanto disposto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura.

Il decreto ministeriale 22 giugno 2004, n. 182 ha dato attuazione al disposto normativo in esame prevedendo che ISMEA istituisse il Fondo di investimento nel capitale di rischio. Il successivo decreto ministeriale 11 marzo 2011, n.206 ha confermato l’operatività del Fondo, finalizzato a supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nei settore agricolo, agroalimentare e nel settore della pesca e dell'acquacoltura, con l'obiettivo di promuoverne la nascita e lo sviluppo di nuove imprese e di favorire la creazione di nuova occupazione, attraverso operazioni finanziarie finalizzate all'espansione dei mercati di capitale di rischio. Il Fondo effettua operazioni finanziarie in imprese che presentano un quadro finanziario sano, un business plan con potenzialità di crescita, adeguati profili di rischio/rendimento, management e personale impegnato con provata esperienza e capacità operative. Il Fondo non può, invece, effettuare operazioni finanziarie finalizzate al consolidamento di passività onerose, nonché quelle a favore di imprese in difficoltà finanziaria come definite dalla Commissione europea (Comunicazione 2004/C 244/02).

Si ricorda che, originariamente, in base al comma 3 dell’art. 66 della legge n. 289 del 2002, per le finalità ivi previste, erano stati stanziati 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, e che l’articolo 1, comma 86 della legge n. 311 del 2004 ha incrementato la dotazione del suddetto Fondo di investimento nel capitale di rischio (che è un fondo rotativo) di 50 milioni di euro per l’anno 2005.

Successivamente, l’art. 1, comma 914, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), ha disposto che ISMEA versasse, per l’anno 2016, all’entrata del bilancio dello Stato, 45 milioni di euro a valere sulle suddette risorse.


Articolo 1, comma 47
(Fondi rustici montani)

 

 

Il comma 47 prevede che i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all’arrotondamento della proprietà contadina, continuino a godere della agevolazione fiscale prevista dall’art. 9 del D.P.R. n. 601 del 1973 (imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa ed esenzione dalle imposte catastali).

 

Il comma 47 esclude dalla soppressione generalizzata - di tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie - i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all’arrotondamento della proprietà contadina. Si aggiunge così un'ulteriore fattispecie a quelle (tra cui l'Esposizione universale di Milano 2015 ed alcune operazioni di permuta immobiliare) previste dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

 

In tale disposizione, la soppressione - con decorrenza 1° gennaio 2014 - faceva da péndant alla previsione di una misura fissa di euro cinquanta per gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari nonché all'esenzione dall'imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.


Articolo 1, comma 48
(Riduzione dell’accisa sulla birra)

 

 

Il comma 48, introdotto durante l’esame presso la Camera, riduce l’accisa sulla birra dal 1° gennaio 2017, rideterminandola da 3,04 euro a 3,02 euro per ettolitro e grado-plato.

 

La misura dell’aliquota di accisa sulla birra è indicata dal combinato disposto tra l’allegato I al Testo Unico Accise (D.Lgs. n. 504 del 1995), successive norme di legge ordinaria (in particolare, disposizioni di copertura finanziaria) e le determinazioni del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli cui è concretamente demandata la puntuale fissazione dell’aliquota.

Con le norme in esame, dal 1° gennaio 2017 detta aliquota viene abbassata da 3,04 a 3,02 euro per ettolitro e grado-plato.

Il grado-plato è un’unità di misura che rileva la densità di una soluzione, utilizzata per la birra in relazione al contenuto di saccarosio.

Si ricorda che il decreto-legge n. 91 del 2013 e il decreto-legge n. 104 del 2013 hanno disposto successivi aumenti delle aliquote di accisa relative alla birra, ai prodotti alcolici intermedi e all'alcole etilico.

Inoltre l'articolo 15, comma 1, lettere e-bis) ed e-ter) del D.L. n. 91 del 2013, con finalità di copertura di disposizioni introdotte in sede parlamentare nello stesso provvedimento, ha stabilito un ulteriore incremento delle aliquote di accisa sui prodotti alcolici.

L'articolo 7 del D.L. n. 133 del 2013 ha chiarito che questi incrementi si aggiungono alle aliquote di accisa rideterminate dal decreto-legge n. 104 del 2013.

Di conseguenza, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013 sono stati disposti specifici aumenti.

In particolare, dal 1° gennaio 2015 gli incrementi sono stati i seguenti:

§  birra: euro 3,04 per ettolitro e per grado-Plato;

§  prodotti alcolici intermedi: euro 88,67 per ettolitro;

§  alcole etilico: euro 1035,52 per ettolitro anidro.

 

La citata determinazione direttoriale del 23 dicembre prevedeva, in origine, che dal 1° marzo 2014 fosse aumentata anche la misura dell'accisa sulla birra (da elevare a 2,77 euro per ettolitro e per grado-Plato). Per effetto dell'articolo 12, comma 7-ter del decreto-legge n. 145 del 2013 e del provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 25 febbraio 2014 è stato eliminato l'incremento dell'accisa sulla birra che, fino al 1° gennaio 2015, è rimasta ferma al valore di 2,70 euro.


Articolo 1, comma 49
(Esclusione delle SGR dall’addizionale IRES del 3,5 per cento)

 

 

Il comma 49 esclude le società di gestione dei fondi comuni di investimento (SGR) dall’applicazione dell’addizionale IRES del 3,5 per cento, introdotta per gli enti creditizi e finanziari dalla legge di stabilità 2016.

Per gli stessi soggetti è ripristinata la deducibilità degli interessi passivi, ai fini IRES, nel misura del 96 per cento del loro ammontare.

 

La norma in commento modifica le norme della legge di stabilità 2016 che hanno istituito un’addizionale IRES del 3,5 per cento per gli enti creditizi e finanziari e che, nel contempo, hanno concesso l’integrale deducibilità degli interessi passivi, sia ai fini IRES sia ai fini IRAP, precedentemente riconosciuti fiscalmente nella misura del 96 per cento.

 

Tali norme (commi 65-68 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015) hanno inteso evitare la svalutazione delle attività per imposte anticipate (Deferred Tax Asset – “DTA”) iscritte in bilancio, che in base ai principi contabili avrebbe dovuto effettuarsi per effetto della riduzione dell’aliquota dell’IRES dal 27,5 al 24 per cento operata con la stessa legge a decorrere dal 2017, con effetti positivi ai fini della determinazione del patrimonio di vigilanza computato in base alle regole di Basilea 3.

 

Come emerge anche dalla relazione governativa, per le SGR tale addizionale non produce alcun effetto positivo, in quanto, non costituendo i “crediti verso la clientela” una voce rilevante nel bilancio di tali società, le stesse non hanno quella massa di DTA che hanno giustificato l’introduzione dell’addizionale. Al contrario, l’addizionale IRES pone le società di gestione dei fondi comuni d’investimento in una posizione di forte svantaggio competitivo, non solo rispetto agli altri settori produttivi, ivi compreso quello assicurativo (nei confronti dei quali l’aliquota IRES sarà applicata nella misura del 24 per cento), ma anche rispetto alle banche e agli altri intermediari finanziari che potranno beneficiare della integrale deducibilità degli interessi passivi ai fini IRES ed IRAP ai sensi dei commi 67 e 68 dell’articolo in commento; diversamente, tale ultima misura ha effetti poco rilevanti per le società di gestione del risparmio (SGR) tenuto conto che gli interessi passivi assumono per esse un valore marginale rispetto ai costi e ricavi tipici rappresentati da commissioni attive e passive connesse alla gestione di patrimoni e alla prestazione di servizi connessi e strumentali.

 

In particolare, la lettera a) esclude le società di gestione dei fondi comuni d’investimento, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria – TUF), dall’applicazione dell’addizionale IRES del 3,5 per cento disposta dalla legge di stabilità 2016 (comma 65 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015).

La lettera b) ricomprende anche le società di gestione tra i soggetti per i quali si applica la deducibilità ai fini IRES nei limiti del 96 per cento degli interessi passivi sostenuti (comma 67 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015).

Nel corso dell’esame presso la Camera è stata soppressa la lettera c) che disponeva per le SGR la deducibilità ai fini IRAP nei limiti del 96 per cento degli interessi passivi (comma 68 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015). Tale soppressione è dovuta al fatto che, per le suddette SGR, tali interessi passivi non rilevano ai fini della base imponibile IRAP.

 

Si ricorda che il TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) disciplina la società di gestione del risparmio (SGR) definendola la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio (articolo 1, comma 1, lett. o)).

 


Articolo 1, comma 50
(Regime fiscale agevolato per le società sportive dilettantistiche)

 

 

Il comma 50 eleva da 250.000 a 400.000 euro la soglia massima degli utili conseguiti annualmente dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche necessaria ad accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla legge per tali enti.

 

Il comma 50, con una modifica all’articolo 90 della legge finanziaria del 2003 (legge n. 289 del 2002) eleva, a decorrere dal 1° gennaio 2017,  da 250.000 a 400.000 euro la soglia massima degli utili conseguiti annualmente dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche necessaria ad accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla legge per tali enti.

 

Le agevolazioni fiscali per le società sportive dilettantistiche.

L'articolo 90, comma 2, della legge finanziaria del 2003 (legge n. 289 del 2002) aveva già elevato a 250.000 euro, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge, l'importo fissato dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, come sostituito dall'articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni.

A sua volta, la Legge 16 dicembre 1991, n. 398, concernente le disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, stabisce che le associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a lire 100 milioni (limite successivamente adeguato), possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta locale sui redditi secondo le disposizioni di cui all'articolo 2 della predetta Legge 398 del 1991. L'opzione è esercitata mediante comunicazione a mezzo lettera raccomandata da inviare al competente ufficio dell'imposta sul valore aggiunto; essa ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, per almeno un triennio. I soggetti che intraprendono l'esercizio di attività commerciali esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'articolo 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. L'opzione ha effetto anche ai fini delle imposte sui redditi e di essa deve essere data comunicazione agli uffici delle imposte dirette entro i trenta giorni successivi.


Articolo 1, comma 51
(Regime fiscale agevolato per gli operatori bancari di finanza etica e sostenibile )

 

Il comma 51, introdotto durante l’esame presso la Camera, prevede agevolazioni fiscali per gli operatori di finanza etica e sostenibile, che vengono a tal fine specificamente definiti nel Testo Unico Bancario.

Per tali soggetti, in particolare, è esente dalle imposte sui redditi il 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

 

 

Il comma 51 dell’articolo unico, introdotto durante l’esame parlamentare, prevede un’agevolazione fiscale per gli operatori di finanza etica e sostenibile, che consiste nell’esentare dalle imposte sui redditi il 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

A tale scopo, le disposizioni in commento definiscono puntualmente la categoria degli operatori bancari di finanza etica e sostenibile, attraverso la loro individuazione nel Testo Unico Bancario (nuovo articolo 111-bis del D.lgs. n. 385 del 1993), sulla base di specifici principi cui deve conformarsi la relativa attività.

In particolare, sono operatori bancari di finanza etica e sostenibile le banche che conformano la propria attività ai seguenti principi (nuovo articolo 111-bis, comma 1):

a)   valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo standard di rating etico internazionalmente riconosciuti, con particolare attenzione all'impatto sociale e ambientale;

b)  danno evidenza pubblica, almeno annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo i predetti standard etici, tenuto conto delle vigenti normative a tutela della riservatezza dei dati personali;

c)   devolvono almeno il 20 per cento del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o a imprese sociali con personalità giuridica, come definite dalla normativa vigente;

d)  non distribuiscono profitti e li reinvestono nella propria attività;

e)   adottano un sistema di governance e un modello organizzativo a forte orientamento democratico e partecipativo, caratterizzato da un azionariato diffuso;

f)    adottano politiche retributive tese a contenere al massimo la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non può superare il valore di 5.

 

 

Per detti soggetti (articolo 111-bis, comma 2) non concorre a formare l’imponibile ai fini delle imposte sui redditidi fatto, dunque, risultandone esente - il 75 per cento delle somme destinate a incremento del capitale proprio.

Ai sensi del comma 3 del nuovo articolo 111-bis, si demanda al Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, il compito di stabilire con decreto le norme di attuazione delle disposizioni così introdotte. Viene altresì posto un limite di spesa pari a 1 milione di euro annui, a decorrere dall'anno 2017.

Sotto il profilo della formulazione della norma, sembrerebbe opportuno espungere dal nuovo articolo 111-bis del Testo Unico Bancario quanto previsto dal comma 3 in esame, che si limita a quantificare l’onere derivante dall’agevolazione introdotta.

Infine si chiarisce (articolo 111-bis, comma 4) che l’agevolazione introdotta è riconosciuta nel rispetto della normativa UE in materia di aiuti di stato “de minimis”, di cui al regolamento UE n. 1407/2013 della Commissione Europea.

 


Articolo 1, commi 52-57
(Nuova Sabatini)

 

 

I commi da 52 a 57 prorogano di due anni, fino al 31 dicembre 2018, il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese (cd. Nuova Sabatini). Conseguentemente, sono stanziati 28 milioni di euro per l’anno 2017, 84 milioni di euro per l’anno 2018, 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, 84 milioni di euro per l’anno 2022 e 28 milioni di euro per l’anno 2023 per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi statali in conto impianti, rapportati agli interessi sui finanziamenti concessi.

Per favorire la transizione del sistema produttivo alla manifattura digitale, sono ammessi alla misura agevolativa gli investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID). Nel corso dell’esame alla Camera tra gli investimenti che danno titolo a beneficiare dei finanziamenti sono stati inseriti i sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti. Per le suddette tipologie di investimenti in tecnologie, il contributo statale in conto impianti è maggiorato del 30 per cento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina vigente. A tali contributi statali in conto impianti “maggiorati” è riservato dunque il 20 per cento delle risorse statali stanziate dall’articolo in esame; quelle non utilizzate alla data del 30 giugno 2018 nell’ambito della riserva, rientrano nella disponibilità della misura.

Si consente infine un incremento dell’importo massimo dei finanziamenti a valere sul plafond costituito, per la misura in esame, presso Cassa depositi e prestiti S.p.A., fino a 7 miliardi di euro, dagli attuali 5 miliardi

 

Il comma 52 proroga dal 31 dicembre 2016 fino al 31 dicembre 2018 il termine per la concessione dei finanziamenti per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte delle piccole e medie imprese di cui all’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 69/2013 (cd. Nuova Sabatini).

 

Si osserva che l’articolo 2 del D.L. n. 69/2013 fa specifico riferimento alle micro, piccole e medie imprese[9]. L’articolo in esame, al comma 1 fa invece riferimento alle sole piccole e medie imprese, mentre, al comma 3, nel delineare l’ambito applicativo delle disposizioni in esso contenute richiama le micro piccole e medie imprese.

Sarebbe opportuno un chiarimento al riguardo.

 

Lo strumento agevolativo cd. “Nuova Sabatini” - istituito dall’art. 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (legge n. 98/2013) è finalizzato a migliorare l’accesso al credito per investimenti produttivi delle piccole e medie imprese.

La misura è rivolta alle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e prevede l’accesso ai finanziamenti e ai contributi a tasso agevolato per gli investimenti (anche mediante operazioni di leasing finanziario) in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per gli investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali (comma 1, art. 2 del D.L. n. 69/2013).

La normativa del 2013 prevede che i finanziamenti in questione siano concessi da parte di banche e società di leasing finanziario, a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti CDP S.p.a. incrementato (comma 243 dell’art.1 della L.190/2014) fino al limite massimo di 5 miliardi di euro. Dunque, il plafond di risorse messo a disposizione da CDP S.p.a. può essere utilizzato dalle banche e dagli intermediari finanziari, aderenti all’apposita convenzione tra MISE ABI e CDP[10], per concedere alle PMI, fino al 31 dicembre 2016, finanziamenti di importo non superiore a 2 milioni di euro a fronte degli investimenti sopra descritti, anche frazionato in più iniziative di acquisto. I finanziamenti possono coprire fino al cento per cento dei costi ammissibili ed hanno una durata massima di cinque anni dalla stipula del contratto (commi 2 e 3 del D.L. n. 69/2013).

Alle PMI è concesso dal MISE, sui finanziamenti ottenuti e in relazione agli investimenti realizzati, un contributo in conto impianti  pari all’ammontare degli interessi calcolati nella misura massima e con le modalità stabilite dalla normativa secondaria attuativa della misura: D.M. 27 novembre 2013 e D.M. 25 gennaio 2016 (comma 4). Ai sensi di tale normativa attuativa, il contributo in conto impianti è determinato in misura pari al valore degli interessi calcolati in via convenzionale, su un finanziamento quinquennale e di importo pari all’investimento, al tasso del 2,75%.

Ciascun finanziamento può essere assistito dalla garanzia del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese” fino al massimo previsto dalla normativa vigente (80% dell’ammontare del finanziamento), con priorità di accesso ai sensi del D.M. attuativo della previsione (comma 6 del D.L. n. 69/2013).

Con il D.L. n. 3/2015 (Legge n. 33/2015), è stata prevista la possibilità di riconoscere i contributi statali alle PMI anche a fronte di un finanziamento, compreso il leasing finanziario, non necessariamente erogato a valere sul plafond di provvista CDP (articolo 8, comma 1).

Con decreto interministeriale 25 gennaio 2016 è stata conseguentemente ridefinita la disciplina per la concessione ed erogazione del contributo statale in relazione ai predetti finanziamenti, già contenuta nel D.M. 27 novembre 2013. Il 23 marzo 2016 è stata emanata la nuova circolare attuativa. Come rilevano i dati attuativi della misura[11] pubblicati dal MISE nel sito istituzionale e riportati nella relazione tecnica del provvedimento[12] (le risorse complessivamente disponibili a legislazione vigente per la misura in questione sono state interamente impegnate) la Nuova Sabatini rappresenta uno dei principali strumenti di sostegno ai nuovi investimenti della micro piccola e media impresa.

 

Con riferimento alle risorse statali appostate per la misura in questione, si ricorda che il D.L. n. 69/2013 ha inizialmente previsto uno stanziamento iniziale pari a 7,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015, a 35 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2019, a 17 milioni di euro per l'anno 2020 e a 6 milioni di euro per l'anno 2021.

Al fine di snellire le procedure connesse alla concessione ed erogazione del contributo, con D.L. n. 91/2014 (articolo 18, comma 9 bis, lett. b)) è stata costituita nell’ambito del Fondo Crescita Sostenibile, un’apposita contabilità speciale n. 5850 denominata “Contributi per investimenti in beni strumentali” nella quale affluiscono le risorse che anno per anno sono impegnate sul capitolo 7489, pg.1 per poi essere erogate alle imprese beneficiari.

Le risorse stanziate dal D.L. n. 69/2013 sono state successivamente incrementate dalla legge di stabilità 2015 (art.1, comma 243), che ha disposto, un incremento di 12 milioni di euro dello stanziamento per il 2015, un incremento di 31,6 milioni di euro di quello per l'anno 2016, di 46,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, di 39,1 milioni di euro per l’anno 2019, di 31,3 milioni di euro per l’anno 2020 e di 9,9 milioni di euro per l’anno 2021.

Si evidenzia che le risorse in questione, appostate sul capitolo di Bilancio 7489, pg. 1/MISE sono state oggetto, nel corso del tempo, anche di riduzioni lineari a copertura di norme sul contenimento della spesa.

La tabella E della legge di stabilità 2016, che non ha apportato variazioni alla legislazione vigente, espone uno stanziamento di 61,8 milioni per il 2016, di 76,7 milioni per ciascuno degli anni 2017-2018 e un importo complessivo di 130,2 milioni per il periodo 2019-2021.

Il bilancio a legislazione vigente 2017-2019 espone uno stanziamento di 76,7 milioni per il 2017 e per il 2018 e di 69,2 milioni per il 2019. La Sez. II del DDL in esame non interviene su tali stanziamenti.

 

Posto l’andamento della misura, la Relazione sulle spese pluriennali e di investimento allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2016 evidenzia che la normativa vigente limita la possibilità di concedere contributi solo su finanziamenti deliberati entro il 31 dicembre 2016, rilevando in merito l’opportunità che con il provvedimento di bilancio 2017-2019 si procrastini la data del 31 dicembre 2016 fino al 31 dicembre 2018, e si disponga un ulteriore stanziamento che possa prolungare l’operatività della misura per tutto il 2018[13].

 

Conseguentemente alla proroga della fruibilità dei finanziamenti, il comma 53 stanzia l’importo di 28 milioni di euro per l’anno 2017, di 84 milioni di euro per l’anno 2018, di 112 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, di 84 milioni di euro per l’anno 2022 e di 28 milioni di euro per l’anno 2023 per far fronte agli oneri derivanti dalla concessione dei contributi statali in conto impianti rapportati agli interessi sui finanziamenti concessi ai sensi dello strumento agevolativo in questione (articolo 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013).

Si tratta, in sostanza, di un rifinanziamento della dotazione già prevista a legislazione vigente per i contributi statali in conto impianti dall’articolo 2, commi 4 e 8 del D.L. n. 69/2013 e ss. mod. (per cui si rinvia, supra, alla ricostruzione normativa relativa alle risorse statali appostate per la misura in questione).

 

Al fine di favorire per la transizione del sistema produttivo alla manifattura digitale e incrementare l’innovazione e l’efficienza del sistema imprenditoriale, il comma 55 ammette ai finanziamenti e ai contributi statali previsti dalla misura agevolativa della “Nuova Sabatini” gli investimenti realizzati dalle micro, piccole, e medie imprese per l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature nuovi di fabbrica aventi come finalità la realizzazione di investimenti in tecnologie, compresi gli investimenti in big data, cloud computing, banda ultralarga, cybersecurity, robotica avanzata e meccatronica, realtà aumentata, manifattura 4D, Radio frequency identification (RFID). Nel corso dell’esame alla Camera tra gli investimenti che danno titolo a beneficiare dei finanziamenti sono stati inseriti i sistemi di tracciamento e pesatura dei rifiuti.

Per tali tipologie di investimenti in tecnologie, il contributo statale in conto impianti di cui al citato articolo 2, comma 4 del D.L. n. 69/2013 è concesso, ai sensi del comma 56, con una maggiorazione del 30 percento rispetto alla misura massima stabilita dalla disciplina (articolo 2, commi 4 e 5 del D.L. n. 69/2013 e relative disposizioni attuative), fermo restando il rispetto delle intensità massime di aiuto previste dalla normativa europea applicabile in materia di aiuti di Stato.

Per far fronte ai contributi statali in conto impianti “maggiorati” di cui al comma 5 a favore degli investimenti per la manifattura digitale di cui al comma 4, il comma 54 riserva ad essi una quota pari al 20 per cento delle risorse statali stanziate dall’articolo in esame, disponendo che le risorse non utilizzate alla data del 30 giugno 2018 nell’ambito della predetta riserva, rientrino nella disponibilità della misura.

 

Per ciò che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, richiamata dall’articolo in commento, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti alla Commissione europea al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica[14].

Opera in tali casi il Regolamento di esenzione (UE) n. 651/2014 (General Block Exemption Regulations (GBER), che ha abrogato, con decorrenza dal primo luglio 2014, il precedente regolamento (CE) della Commissione europea 6 agosto 2008, n. 800/2008 ed è applicabile fino al 31 dicembre 2020. Il Regolamento in questione si applica, tra l’altro, alle seguenti categorie di aiuti di Stato: aiuti alle PMI sotto forma di aiuti agli investimenti, aiuti al funzionamento e accesso delle PMI ai finanziamenti. Il regolamento definisce soglie di notifica e intensità di aiuto[15] più alte rispetto al passato.

Fanno poi eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama innanzitutto il Regolamento (UE) n. 1407/2013 che è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli[16].

Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013.Si tratta di quegli aiuti di piccolo ammontare concessi da uno Stato membro a un'impresa unica agricola - di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari - che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un'alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Ogni Stato membro ha a disposizione un plafond nazionale che costituisce l'importo cumulativo che può essere corrisposto alle imprese del settore della produzione agricola nell'arco di tre esercizi finanziari; per l'Italia il plafond è pari a 475.080.000 euro (1% del valore della produzione agricola nazionale).

 

Il comma 57 consente, in funzione delle richieste di finanziamento a valere sul plafond di provvista costituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.a., un incremento dell’importo massimo dei finanziamenti a valere sul suddetto plafond dagli attuali 5 miliardi fino a 7 miliardi di euro.

Quanto all’utilizzo del plafond, si segnala che a settembre 2016, risultano erogati, sulla base dei dati forniti da CDP, circa 3,2 miliardi di euro, con una disponibilità residua di circa 1,8 miliardi di euro.


Articolo 1, comma 58
(Internazionalizzazione)

 

 

Il comma 58 rifinanzia di 1 milione di euro per il 2017 l’autorizzazione di spesa per il potenziamento delle azioni di promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

Il comma 58 è volto al potenziamento delle azioni di promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane: a tal fine incrementa di 1 milione di euro per l'anno 2017 le risorse gestite dal Ministero per lo sviluppo economico nell’ambito del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy.

 

Si ricorda che il Piano è stato adottato con il D.M. 13 marzo 2015, mentre la dotazione finanziaria di ciascuna azione prevista è stata ripartita dal decreto ministeriale 7 aprile 2015.

Più in particolare gli obiettivi del Piano sono:

§  incrementare il volume dell'export, espandendo la presenza internazionale;

§  aumentare il numero complessivo delle imprese esportatrici, trasformando le aziende potenzialmente esportatrici in esportatrici abituali;

§  cogliere le opportunità legate alla crescita della domanda globale e all'incremento della classe media nei mercati emergenti;

§  accrescere la capacità di intercettare investimenti esteri.

 

Inoltre il piano è articolato in complessive 10 misure, di cui 5 da attuarsi in Italia (Potenziamento grandi eventi in Italia, Voucher Temporary Export Manager, Formazione Export Manager, Roadshow per le PMI, Piattaforma E-Commerce per le PMI) e 5 all’estero (Piano GDO, Piano speciale Mercati d’Attacco - es. USA - , Piano “Road to Expo”, Piano comunicazione contro Italian Sounding, Roadshow attrazione investimenti).

L'attuazione del Piano è rimessa all'ICE-Agenzia, con cui il MISE stipula una convenzione in cui sono definiti gli obiettivi da raggiungere. Con la delibera n. 230 del 27 gennaio 2015, l’Agenzia ha approvato alcuni progetti per l’attuazione parziale del Piano.

 

Il Ministro dello sviluppo economico presenterà alle Camere una relazione annuale, nella quale renderà conto in modo analitico dell'utilizzazione di tali somme aggiuntive; è presumibile che si aggiunga alla relazione già prevista dalla normativa vigente.


Articolo 1, commi 59-64
(Incentivi per l’acquisto di beni mobili strumentali per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari e non alimentari a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi)

 

 

I commi da 59 a 64, introdotti nel corso dell’esame alla Camera, prevedono incentivi per l'acquisto di beni mobili strumentali da parte degli enti pubblici e privati senza scopo di lucro, comprese le ONLUS, per favorire la distribuzione gratuita di prodotti alimentari agli indigenti a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi. Tale contributo è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto e il relativo importo è rimborsato al venditore dalle imprese costruttrici o importatrici dei citati beni mobili strumentali, che lo recuperano sotto forma di credito di imposta.

 

Il comma 59 riconosce ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, della legge n. 155/2003, che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, beni mobili strumentali utilizzati direttamente ed esclusivamente per le finalità di cui alla medesima legge, ossia a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, un contributo fino al 15 per cento del prezzo di acquisto, fino ad un massimo di 3.500 euro annui, nel limite delle risorse individuate dal successivo comma 63 per gli anni 2017 e 2018.

L’ambito di applicazione della norma è definito dall’articolo 1, comma 1, della legge n. 155/2003 (c.d. legge del buon Samaritano), come sostituito dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 166/2016, recante disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi. In particolare, i soggetti ai quali la norma richiamata fa riferimento sono gli enti pubblici e gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale, nonché attraverso forme di mutualità. Rientrano nell’ambito di applicazione della norma le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del D.Lgs. 460/1997[17], che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita di prodotti alimentari, di prodotti farmaceutici e di altri prodotti agli indigenti.

Il comma 60 prevede che il contributo sia corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.

Il comma 61 definisce il meccanismo attraverso il quale il contributo si concretizza. In particolare, la norma prevede che le imprese costruttrici o importatrici dei sopra citati beni mobili strumentali rimborsino al venditore l'importo del contributo e lo recuperino sotto forma di credito di imposta per i seguenti versamenti, dovuti dalle imprese stesse anche in acconto, per l'esercizio in cui viene effettuato l'acquisto:

§  ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente;

§  imposta sul reddito delle persone fisiche;

§  imposta sul reddito delle società e imposta sul valore aggiunto.

Il comma 62 prevede, a carico delle imprese costruttrici o importatrici dei beni mobili strumentali di cui sopra, un onere di conservazione di copia della fattura di vendita e dell'atto di acquisto, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore. Tale onere opera fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita.

Il comma 63 autorizza una spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018, al fine di provvedere all'erogazione del credito d’imposta di cui sopra.

Il comma 64 demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione:

§  delle modalità per la preventiva autorizzazione all'erogazione dei contributi;

§  delle condizioni per la fruizione dei contributi medesimi;

§  delle modalità di monitoraggio e di controllo per garantire il rispetto dei limiti di spesa, corrispondenti alla dotazioni annue del fondo, pari come detto, a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.


Articolo 1, comma 65
(Firma elettronica per le startup)

 

 

Il comma 65 integra la disciplina della sottoscrizione dell’atto costitutivo di start-up innovative, prevedendo che esso possa essere sottoscritto oltre che con firma digitale anche con firma elettronica avanzata autenticata.

 

Il comma 65 modifica la disciplina (articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33) che favorisce mediante modalità amministrative semplificate l'avvio di attività imprenditoriale, con l'obiettivo di garantire una più uniforme applicazione delle disposizioni in materia di start-up innovative e di incubatori certificati.

Finora, l'atto costitutivo e le successive modificazioni di start-up innovative potevano essere redatti per atto pubblico ovvero per atto sottoscritto con firma digitale (modalità di cui all'articolo 24 del codice dell'amministrazione digitale-CAD). Con la modifica introdotta, si aggiunge la possibilità di redigere i medesimi atti con la firma autenticata: ai sensi dell'articolo 25 del medesimo CAD, si ha per riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile, la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata, autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

L'autenticazione della firma elettronica, anche mediante l'acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata consiste nell'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità dell'eventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l'ordinamento giuridico. Già attualmente, l'apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale ha l'efficacia di cui alla firma digitale. Se al documento informatico autenticato deve essere allegato altro documento formato in originale su altro tipo di supporto, il pubblico ufficiale può allegare copia informatica autenticata dell'originale.


Articolo 1, commi 66-69
(
Estensione e rafforzamento delle agevolazioni per investimenti nelle start-up e nelle PMI innovative)

 

 

I commi da 66 a 69 rafforzano gli incentivi fiscali previsti per i soggetti che investono nel capitale sociale delle start-up innovative e delle PMI innovative.

 

Si prevede, in primo luogo, che a decorrere dall’anno 2017 l’investimento massimo detraibile sia aumentato a euro 1.000.000, mentre il termine minimo di mantenimento dell’investimento detraibile è aumentato a tre anni. Inoltre, la percentuale dell'investimento considerata è aumentata al 30% del totale.

 

Con il decreto-legge n. 179 del 2012 (cd. decreto Crescita, convertito con modificazioni dalla legge n. 221/2012), in materia di incentivi fiscali all'investimento in start-up innovative viene introdotta per la prima volta nell'ordinamento del nostro Paese la definizione di nuova impresa innovativa, la start-up: per questo tipo di impresa[18] viene predisposto un quadro di riferimento articolato e organico a livello nazionale che interviene su materie differenti come la semplificazione amministrativa, il mercato del lavoro, le agevolazioni fiscali, il diritto fallimentare. In seguito, sono state apportate alcune modifiche significative sul fronte delle start-up  innovative, di cui sono stati semplificati e ampliati i requisiti d'accesso, al fine di rendere la normativa più efficace nell'incoraggiare l'imprenditorialità innovativa. La normativa a favore delle start-up  innovative non riguarda un solo settore ma fa riferimento potenzialmente a tutto il mondo produttivo. I contenuti principali della nuova normativa sono:

§  Definizione di start-up. La normativa si riferisce esplicitamente alle "start-up  innovative" per evidenziare che destinataria non è qualsiasi nuova impresa ma quelle il cui oggetto sociale è legato all'innovazione e alla tecnologia. Per beneficiare delle misure di sostegno, la start-up  deve presentare le seguenti caratteristiche: essere operativa da non più di 60 mesi; avere la residenza in Italia ovvero in uno degli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo (in tali casi purché abbia una sede produttiva o una filiale in Italia); avere meno di 5 milioni di euro di fatturato; non deve distribuire utili; avere quale oggetto sociale esclusivo o prevalente l'innovazione tecnologica; non essere costituita da una fusione o scissione societaria. Inoltre, la start-up  deve soddisfare almeno uno dei seguenti criteri: sostenere spese in ricerca e sviluppo in misura pari o superiore al 15 per cento del maggiore importo tra il costo e il valore della produzione; impiegare personale altamente qualificato per almeno un terzo della propria forza lavoro ovvero in percentuale uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva di personale in possesso di laurea magistrale ai sensi dell'art. 4 del D.M. n. 270/2004; essere titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa ad una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una varietà vegetale ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tali privative siano direttamente afferenti all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

§  Definizione di incubatore certificato. L'incubatore certificato di imprese start-up  innovative, è qualificato come una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, residente in Italia, che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di start-up  innovative ed è in possesso dei seguenti requisiti: dispone di strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere start-up  innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca; dispone di attrezzature adeguate all'attività delle start-up  innovative, quali sistemi di accesso in banda ultralarga alla rete internet, sale riunioni, macchinari per test, prove o prototipi; è amministrato o diretto da persone di riconosciuta competenza in materia di impresa e innovazione e ha a disposizione una struttura tecnica e di consulenza manageriale permanente; ha regolari rapporti di collaborazione con università, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e partner finanziari che svolgono attività e progetti collegati a start-up  innovative; ha adeguata e comprovata esperienza nell'attività di sostegno a start-up  innovative.

§  Sezione speciale del Registro delle imprese. Le start-up  e gli incubatori certificati devono registrarsi in una sezione speciale del Registro delle imprese creata ad hoc presso le Camere di Commercio. Questa registrazione permette di dare pubblicità, effettuare controlli e garantire il monitoraggio dell'impatto che la nuova legislazione avrà sulla crescita economica e l'occupazione[19].

§  Abbattimento degli oneri per l'avvio d'impresa. La start-up, a differenza delle altre aziende, non deve pagare gli oneri di costituzione e registrazione presso le Camere di Commercio fino al quinto anno dopo l'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese (vi è l'esonero dal pagamento dell'imposta di bollo, dei diritti di segreteria e dal pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle camere di commercio). Inoltre vengono introdotti alcuni requisiti di forma per l'atto costitutivo e per la domanda di iscrizione nel registro delle imprese; con D.M. 17 febbraio 2016 sono state definite le linee guida per la redazione dell'atto costitutivo delle stesse: si tratta del decreto che ha introdotto, per la prima volta, la possibilità di costituire una start-up  senza l'obbligo di andare dal notaio.

§  Disciplina in materia di lavoro applicabile alle start-up. La start-up  può assumere personale con contratti a tempo determinato della durata minima di 6 mesi e massima di 36 mesi. All'interno di questo arco temporale, i contratti possono essere anche di breve durata e rinnovati più volte. Dopo 36 mesi, il contratto può essere ulteriormente rinnovato una sola volta, per un massimo di altri 12 mesi, e quindi fino ad arrivare complessivamente a 48 mesi. Dopo questo periodo, il collaboratore può continuare a lavorare in start-up  solo con un contratto a tempo indeterminato. Con il decreto-legge n. 145 del 2013 (convertito in legge 21 febbraio 2014, n. 9) è stata introdotta una disposizione per facilitare i visti di ingresso e permesso di soggiorno per lavoratori extracomunitari nelle start-up  innovative.

§  Credito d'imposta: è previsto un accesso prioritario alle agevolazioni per le assunzioni di personale altamente qualificato nelle start-up  innovative e negli incubatori certificati. Il decreto attuativo prevede a favore delle start-up  innovative e degli incubatori certificati un'apposita riserva del valore di 2 milioni a valere sulla dotazione generale a disposizione di tutte le imprese.

§  Remunerazione con strumenti finanziari della start-up  innovativa e dell'incubatore certificato. Viene introdotto un regime fiscale e contributivo di favore per i piani di incentivazione basati sull'assegnazione di azioni, quote o titoli similari ad amministratori, dipendenti, collaboratori e fornitori delle imprese start-up  innovative e degli incubatori certificati. Il reddito derivante dall'attribuzione di questi strumenti finanziari o diritti non concorrerà alla formazione della base imponibile, sia a fini fiscali che contributivi. In questo modo, viene facilitata la partecipazione diretta al rischio di impresa, ad esempio attraverso l'assegnazione di stock options al personale dipendente o ai collaboratori di un'impresa start-up .

§  Raccolta diffusa di capitali di rischio tramite portali online. Viene introdotta un'apposita disciplina per la raccolta di capitale di rischio da parte delle imprese start-up  innovative attraverso portali online, avviando una modalità innovativa di raccolta diffusa di capitale (crowdfunding). Per quanto riguarda l'accesso al credito, le start-up  potranno usufruire gratis e in modo semplificato del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, anche mediante la previsione di condizioni di favore in termini di copertura e di importo massimo garantito.

§  Accesso semplificato, gratuito e diretto per le start-up  al Fondo Centrale di Garanzia, il fondo governativo che facilita l'accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari. Gli incubatori certificati possono beneficiare dello stesso trattamento speciale riservato alle start-up .

§  Sostegno all'internazionalizzazione. Vengono incluse anche le imprese start-up  innovative operanti in Italia tra quelle beneficiarie dei servizi messi a disposizione dall'Agenzia ICE per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e dal Desk Italia: assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia.

§  Introduzione di incentivi fiscali per investimenti in start-up provenienti da aziende e privati per gli anni 2013, 2014, 2015 e 2016. Gli incentivi valgono sia in caso di investimenti diretti in start-up, sia in caso di investimenti indiretti per il tramite di altre società che investono prevalentemente in start-up. L'agevolazione consiste nella possibilità di detrarre dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche il 19% dell'importo investito nel capitale sociale di una o più start-up  innovative, oppure, se l'investitore è una società, di dedurre dal reddito il 20% di quanto versato nella start-up. Tali percentuali crescono rispettivamente al 25 e al 27% se l'azienda prescelta sviluppa e commercializza esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico o è a vocazione sociale, cioè se si tratta di imprese che operano esclusivamente nei settori indicati dall'articolo 2, comma 1 del decreto legislativo 155/2006 (tra gli altri assistenza sociale, educazione, tutela dell'ambiente, valorizzazione del patrimonio culturale). Le disposizioni sono state attuate con D.M. 30 gennaio 2014 e con D.M. 25 febbraio 2016: a quest'ultimo rinvia, in quanto applicabile, la norma in esame, per le modalità applicative delle nuove agevolazioni ivi previste.

 

All’articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, si prevedeva che - nel quadriennio 2013/2016 - l'investimento massimo detraibile dall’IRPEF - per le persone fisiche che avessero riversato somme nel capitale sociale delle predette imprese, sia per gli investimenti effettuati direttamente che per tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in start-up innovative - fosse un'aliquota pari al 19% del totale, non potesse eccedere l'importo di euro 500.000 (in ciascun periodo d'imposta) e dovesse essere mantenuto per almeno due anni.

Il comma 66 prevede invece che, a decorrere dall’anno 2017, l’investimento massimo detraibile sia aumentato a euro 1.000.000 per le somme "di cui al comma 3". Il termine minimo di mantenimento dell’investimento detraibile è poi aumentato a tre anni.

 

Al citato articolo 29 si prevedeva anche che - nel quadriennio 2013/2016 - l'investimento massimo deducibile dall’IRES - per somme nel capitale sociale delle predette imprese, sia per gli investimenti effettuati direttamente che per tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio o di altre società che investono prevalentemente in start-up innovative - fosse un'aliquota pari al 20% del totale, non potesse eccedere l'importo di euro 1.800.000 (in ciascun periodo d'imposta) e dovesse essere mantenuto per almeno due anni.

Qui il comma 1 si limita a prevedere che il termine minimo di mantenimento dell’investimento detraibile sia aumentato a tre anni. Si prevede poi che la percentuale dell'investimento considerata (sia ai fini delle detrazioni che per le deduzioni) sia aumentata al 30% del totale, a decorrere dal 2017: ciò vale anche per le start-up a vocazione sociale e per quelle che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico (che già godono di una disciplina speciale, per la quale la detrazione è pari al 25% e la deduzione è pari al 27%).

 

Benché il comma 67 limiti l'efficacia condizionata ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3 TFUE a due sole fattispecie agevolative introdotte al comma 1 (l'incremento del tetto della detrazione a 1.000.000 euro e l'aumento delle aliquote al 30 per cento del totale dell'investimento), il comma 66 è tutto innestato nell'articolo 29 del decreto-legge n. 179/2012 con la tecnica della novella: pertanto presumibilmente è tutto interessato dal comma 9 della norma citata, secondo cui "l'efficacia della disposizione del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero dello sviluppo economico".

 

Ai sensi del comma 68, poi, viene meno la limitazione che consentiva alle piccole e medie imprese (PMI) innovative - che operavano sul mercato da più di sette anni dalla loro prima vendita commerciale - di valersi delle agevolazioni fiscali di cui al predetto articolo 29 solo qualora fossero "in grado di presentare un piano di sviluppo di prodotti, servizi o processi nuovi o sensibilmente migliorati rispetto allo stato dell'arte nel settore interessato. Il piano di sviluppo è valutato e approvato da un organismo indipendente di valutazione espressione dell'associazionismo imprenditoriale, ovvero da un organismo pubblico". Pertanto, all’articolo 4 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, la novella introdotta fa sì che le agevolazioni di cui all'articolo 29 citato si applichino a tutte le PMI innovative.

 

La disciplina vigente già collega la definizione di “piccole e medie imprese innovative” all'accesso ad alcune delle semplificazioni, agevolazioni ed incentivi attualmente riservati alle start-up innovative dalla legislazione vigente. Si tratta di una definizione che rinvia a quella contenuta nella raccomandazione 2003/361/CE, ossia le imprese che: occupano meno di 250 persone; il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro; oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Occorre poi - per il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33 - che: siano società di capitali, costituite anche in forma cooperativa; siano residenti in Italia o in uno degli Stati Membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbia una sede produttiva o una filiale in Italia; abbiano l’ultimo bilancio certificato e l'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili; non siano in possesso di azioni quotate su un mercato regolamentato; non siano iscritte al registro speciale previsto per le start-up innovative e l’incubatore certificato.

Con riguardo all’individuazione del contenuto innovativo dell’impresa, è inoltre necessaria la presenza di almeno due dei seguenti requisiti: volume di spesa in ricerca e sviluppo; personale qualificato; titolarità di privative industriali. Nello specifico i requisiti richiesti sono:

1) volume di spesa in ricerca e sviluppo in misura uguale o superiore al 3 per cento della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione della PMI innovativa, escluse le spese per l'acquisto e la locazione di beni immobili. Sono da annoverarsi tra le spese in ricerca e sviluppo: le spese relative alla sperimentazione, prototipazione e sviluppo del piano industriale, ai servizi di incubazione forniti da incubatori certificati, i costi lordi di personale interno e consulenti esterni impiegati nelle attività di ricerca e sviluppo, inclusi soci ed amministratori, le spese legali per la registrazione e protezione di proprietà intellettuale, termini e licenze d’uso. Si ricorda che la disciplina delle start-up innovative prevede, accanto ad alcuni requisiti attinenti alle caratteristiche generali delle imprese, anche il possesso di almeno due dei tre requisiti attinenti all’innovatività relativi alla spesa in ricerca e sviluppo, personale qualificato e titolarità di brevetti. In particolare per le start-up innovative il volume di spesa (in ricerca, sviluppo ed innovazione) deve esser uguale o superiore al 15 per cento;

2) impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al quinto della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a un terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale;

3) titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie di almeno una privativa industriale, relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale ovvero titolarità dei diritti relativi a programmi per elaboratore (software), purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all’attività di impresa. Tale requisito relativo al possesso di brevetti, marchi, modelli, oltre che in relazione a invenzioni industriali, biotecnologiche, nuove varietà vegetali, anche a programmi per elaboratore (software) è identico a quello richiesto alle start-up innovative (articolo 25, comma 2, lett. h), n. 3) del D.L. 178/2012).

 

La clausola di salvaguardia della disciplina europea, in proposito, è anch'essa variata, non consistendo più "nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dall'articolo 21 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014"[20], bensì “nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dagli Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2014/C 19/04)”.

 

Si tratta del documento recante gli indirizzi in base ai quali la Commissione può considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato, destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. La Commissione ritiene che lo sviluppo del mercato del finanziamento del rischio e il miglioramento dell’accesso a tale mercato da parte delle piccole e medie imprese («PMI»), le piccole imprese a media capitalizzazione e le imprese a media capitalizzazione innovative siano di grande importanza per l’economia dell’Unione nel suo complesso e, pertanto, meritino la declaratoria di compatibilità con la disciplina di cui  all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

Le restanti modifiche recate dal comma sono di coordinamento formale, in conseguenza dell'abrogazione della norma recante la predetta limitazione.

 

La Camera dei deputati ha poi introdotto un comma 69, che esonera dal pagamento delle imposte di bollo (e dei diritti di segreteria) l’atto costitutivo delle start up innovative, laddove si tratti di atto pubblico ovvero atto sottoscritto con le modalità previste dall'articolo 24 del codice dell'amministrazione digitale (redatti dal 2015 secondo un modello uniforme adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico e così trasmessi al competente ufficio del registro delle imprese).

 


Articolo 1, comma 70
(PMI)

 

 

Il comma 70 estende l’operatività della disciplina dei portali online per la raccolta di capitali anche alla raccolta di capitale di rischio da parte delle PMI in generale.

Il comma 70 modifica il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, estendendo - a tutte le piccole e medie imprese - l’operatività della disciplina dei portali online per la raccolta di capitali, che attualmente è riservata dalla legge alle start-up innovative e alle PMI innovative.

Le PMI beneficiarie saranno quelle definite dalla disciplina europea, nonché degli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società che investono prevalentemente in PMI. Più in dettaglio, anche per tale tipologia di imprese la raccolta di capitale potrà avvenire mediante portali online (c.d. crowdfunding, ai sensi dell’articolo 50-quinquies del TUF); valgono per tutte le PMI le regole concernenti i soggetti autorizzati all’esercizio di tali attività, i relativi requisiti, il funzionamento e le modalità operative. Con la modifica in esame l’offerta può riguardare sia gli strumenti finanziari emessi dalle imprese innovative, sia quelli emessi da soggetti (OICR e altre società di capitali) che investono in PMI.

Si tratta di una misura che era già stata preannunciata nel capitolo I del PNR 2016 e che comporterà anche l'applicabilità del nuovo regolamento Consob - adottato con la deliberazione del 26 giugno 2013, n. 18592 - in materia di ‘equity crowdfunding’, che permette di raccogliere capitali di rischio tramite portali web in modo semplificato rispetto al passato, riducendo i costi di raccolta e ampliando la platea dei soggetti che possono contribuire a finanziare i progetti d’impresa.

La Consob è organo deputato alla vigilanza su tale tipo di offerte al pubblico, esclusivamente attraverso portali, per la raccolta di capitali per la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle PMI, dagli organismi di investimento collettivo del risparmio o altre società di capitali che investono prevalentemente in PMI.

Conseguentemente, nel medesimo Testo unico il richiamo alle start-up innovative e PMI innovative, ovunque ricorra, è sostituito con il richiamo tout court alle PMI.


Articolo 1, commi 71-73
(Rifinanziamento degli interventi per l’autoimprenditorialità e per le start-up innovative)

 

 

I commi da 71 a 73 recano, in ordine alle misure agevolative per l'autoimprenditorialità e per le start-up innovative, nuove destinazioni di risorse, sia di fonte nazionale sia discendenti dal PON; si prevede il coinvolgimento di Invitalia, del Ministero dello sviluppo economico e delle Regioni.

 

Il comma 71 autorizza nel biennio la spesa di 95 milioni di euro (47,5 nel 2017 e 47,5 nel 2018) per il finanziamento delle iniziative relative all'autoimprenditorialità (di cui al Titolo I, Capo 0I, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185).

Esse costituiscono un complesso di incentivi, destinati prevalentemente ai giovani ed alle donne, ai fini della costituzione di imprese di piccola dimensione o ai fini di ampliamenti aziendali: si prevedono mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di 8 anni e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile, ai sensi e nei limiti della disciplina unionale sugli aiuti d'importanza minore ("de minimis"). L'articolo 2 (delega al Governo in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive) della legge 10 dicembre 2014 n. 183 ne prevedeva una razionalizzazione. Il regolamento adottato con decreto 8 luglio 2015, n. 140 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 206 del 5 settembre 2015, individua criteri e modalità di concessione delle agevolazioni in questione, volte a sostenere nuova imprenditorialità, in tutto il territorio nazionale, attraverso la creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile: vi si demanda ad un apposito provvedimento del Direttore Generale per gli incentivi alle imprese del MiSE la definizione di ulteriori aspetti rilevanti per l’accesso alle agevolazioni e il funzionamento della misura agevolativa.

Le predette risorse sono iscritte nello stato di previsione del MiSE per essere successivamente accreditate su un conto corrente infruttifero, intestato all’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (detta Invitalia) ed all'uopo dedicato.

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (ex Sviluppo Italia) S.p.A, è una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze. Ad essa è attribuito il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti. Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006, articolo 1, commi 460-464), oltre a mutarne la denominazione, ha operato un riassetto complessivo della società, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri in riferimento al suo operato: nell'esercizio di tali poteri, con la Circolare del 9 ottobre 2015 il MiSE ha avallato il programma "Nuove imprese a tasso zero", che include incentivi che finanziano progetti d’impresa con spese fino a 1,5 milioni di euro. Le agevolazioni sono concesse nei limiti del regolamento de minimis e consistono in un finanziamento agevolato senza interessi (tasso zero) della durata massima di 8 anni, che può coprire fino al 75% delle spese totali.  Le imprese devono garantire la restante copertura finanziaria e realizzare gli investimenti entro 24 mesi dalla firma del contratto di finanziamento. Lo stanziamento iniziale è di circa 50 milioni di euro.

Nel conto infruttifero confluiranno anche un terzo delle disponibilità finanziarie presenti nel fondo rotativo, istituito ai sensi dell’articolo 4 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 novembre 2004[21], nonché i rientri dei finanziamenti erogati dalla citata Agenzia ai sensi delle disposizioni del Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185[22].

All'erogazione dei finanziamenti agevolati per gli interventi per le start-up innovative, ai sensi del comma 72, la dotazione del Fondo per la crescita sostenibile è incrementata della somma di 47,5 milioni di euro per l’anno 2017 e di 47,5 milioni di euro per l’anno 2018: essa andrà destinata al sostegno alla nascita e allo sviluppo delle predette imprese, di cui al decreto 24 settembre 2014 del Ministero dello sviluppo economico[23].

 

Esso destina risorse ai piani di impresa caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, e/o mirati allo sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale, e/o finalizzati alla valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata. I piani di impresa in questione possono avere ad oggetto la realizzazione di programmi di investimento e/o il sostenimento dei costi di esercizio; i programmi di investimento considerati sono quelli aventi ad oggetto l’acquisizione di: a) impianti, macchinari e attrezzature tecnologici, ovvero tecnico-scientifici, nuovi di fabbrica, funzionali alla realizzazione del progetto; b) componenti hardware e software funzionali al progetto; c) brevetti e licenze; d) certificazioni, know-how e conoscenze tecniche, anche non brevettate, purché direttamente correlate alle esigenze produttive e gestionali dell’impresa; e) progettazione, sviluppo, personalizzazione, collaudo di soluzioni architetturali informatiche e di impianti tecnologici produttivi, consulenze specialistiche tecnologiche funzionali al progetto di investimento, nonché relativi interventi correttivi e adeguativi. I costi d'esercizio finanziabili includono: interessi sui finanziamenti esterni concessi all’impresa; quote di ammortamento di impianti, macchinari e attrezzature tecnologici, ovvero tecnico-scientifici, con particolare riferimento a quelli connessi all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, necessari all’attività di impresa, qualora per i medesimi beni non sia stata richiesta l’agevolazione delle spese di acquisizione; canoni di leasing ovvero spese di affitto relativi agli impianti, macchinari e attrezzature; costi salariali relativi al personale dipendente, nonché costi relativi a collaboratori a qualsiasi titolo aventi i requisiti di legge; licenze e diritti relativi all’utilizzo di titoli della proprietà industriale; licenze relative all’utilizzo di software; servizi di incubazione e di accelerazione di impresa, con particolare riferimento a quelli forniti dagli incubatori certificati.

 

Le citate misure agevolative sono poi oggetto di un'ulteriore facoltà di finanziamento, accordata dal comma 73 al Ministero dello sviluppo economico ed alle Regioni: nell’anno 2017, 120 milioni aggiuntivi possono essere ricavati (70 per l'autoimprenditorialità e 50 per le start-up innovative) dalle risorse del programma operativo nazionale “Imprese e competitività”, sui Programmi Operativi Regionali e sulla connessa Programmazione nazionale 2014-2020.

 

Il PON Imprese e Competitività rende disponibili 45,5 milioni di euro per gli interventi Smart & Start Italia per la nascita e lo sviluppo di startup innovative e nuove imprese a tasso zero per il sostegno alla nuova imprenditorialità. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2016, il decreto ministeriale 9 agosto 2016 di assegnazione di risorse del Programma operativo nazionale.

 

Al fine di coordinare e ottimizzare la predetta destinazione di risorse, il Ministero dello sviluppo economico promuoverà specifici accordi con le Regioni.

 


Articolo 1, commi 74-75
(Aziende confiscate e capitalizzazione delle imprese)

 

 

Il comma 74 contiene un rifinanziamento degli interventi per il sostegno alla promozione di società cooperative tra i lavoratori provenienti da aziende in crisi. Il comma 75 consente a società finanziarie partecipate dal MiSE di sottoscrivere prestiti subordinati, prestiti partecipativi, nonché svolgere attività di servizi e di promozione ed essere destinatarie di fondi pubblici.

 

Il comma 74 contiene un rifinanziamento degli interventi per il sostegno alla promozione di società cooperative tra i lavoratori provenienti da aziende in crisi. In particolare, vi si incrementa il Fondo per la crescita sostenibile di cui al D.L. n. 83/2012 di 5 milioni di euro per l'anno 2017 e di 5 milioni di euro per l'anno 2018 destinandoli all'erogazione di finanziamenti agevolati a favore di società cooperative costituite da lavoratori di aziende in crisi, di cooperative sociali e di cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata, nonché allo sviluppo e il consolidamento di società cooperative ubicate nelle regioni del Mezzogiorno.

Per la legge di stabilità per il 2016, un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese ricevette 3 milioni di euro annui, destinati alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali delle predette imprese. Nella misura di 7 milioni di euro annui, un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile era alimentata per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese.

La finalità è quella di garantire la continuità del sostegno alla promozione e allo sviluppo di imprese e la conseguente la crescita dei livelli di occupazione, richiamandosi il regime di aiuto (finanziamenti a tasso agevolato) istituito dal D.M. 4 dicembre 2014 per le società cooperative di piccola e media dimensione.

Il comma 75 - al fine di ampliare gli strumenti finanziari di intervento e favorire la capitalizzazione dell'impresa da parte di lavoratori – apporta modifiche all'articolo 17 della legge n. 49/1985, relativo alla partecipazione da parte del MISE al capitale sociale di società finanziarie appositamente costituite per lo sviluppo di PMI nella forma di società cooperativa o di piccola società cooperativa. In particolare, il comma - con una modifica al comma 5 e l’introduzione di un nuovo comma 5-bis al citato articolo 17 della legge n. 49/1985 - consente alle predette società finanziarie di sottoscrivere, anche successivamente all'assunzione delle partecipazioni in società cooperative, prestiti subordinati, prestiti partecipativi, nonché svolgere attività di servizi e di promozione ed essere destinatarie di fondi pubblici.

In deroga a quanto previsto all'articolo 2522 del codice civile, si consente poi alle società finanziarie di intervenire nelle società cooperative costituite da meno di nove soci. Rimane confermata, rispetto alla normativa vigente, per le predette società finanziarie la possibilità, anche successivamente all’assunzione di partecipazioni, di sottoscrivere gli strumenti finanziari di cui all'articolo 2526 del codice civile.

 


Articolo 1, commi 76-80
(Perdite fiscali di start up partecipate da società quotate)

 

 

I commi 76-80 consentono la cessione delle perdite prodotte nei primi tre esercizi di attività di nuove aziende a favore di società quotate che detengano una partecipazione nell’impresa cessionaria pari almeno al 20 per cento.

 

Il comma 76 permette alle società quotate la possibilità di acquisire le perdite fiscali, utilizzabili in diminuzione del reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi entro il limite del reddito imponibile e per l’intero importo (articolo 84 del TUIR), da parte di società start up partecipate per almeno il 20 per cento.

La cessione può avvenire con le stesse modalità previste per la cessione dei crediti d’imposta, ovvero tramite notifica all'ufficio delle entrate o al centro di servizio presso il quale è stata presentata la dichiarazione dei redditi del cedente, nonché al competente concessionario del servizio della riscossione (articolo 43-bis del D.P.R. n. 602 del 1973).

Sono previste le seguenti condizioni:

§  le azioni della società cessionaria o della società che controlla direttamente o indirettamente la società cessionaria, devono essere negoziate in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione di uno degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con il quale l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni;

§  il rapporto di partecipazione deve prevedere una percentuale del diritto di voto esercitabile nell’assemblea ordinaria e di partecipazione agli utili non inferiore al 20 per cento;

§  la società cedente non deve svolgere in via prevalente attività immobiliare;

§  la cessione deve riguardare l’intero ammontare delle perdite fiscali.

 

Il comma 77 elenca le seguenti ulteriori condizioni:

a)   la società cedente e la società cessionaria devono avere un esercizio sociale coincidente;

b)  il requisito partecipativo del 20 per cento deve sussistere al termine del periodo d’imposta relativamente al quale avviene la cessione delle perdite fiscali;

c)   la cessione deve essere perfezionata entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

 

Il comma 78 stabilisce che le perdite oggetto di cessione sono computate dalla società cessionaria in diminuzione del reddito complessivo dello stesso periodo d’imposta e per la differenza nei successivi entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l’intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi, a condizione che le suddette perdite si riferiscano a una nuova attività produttiva.

Tale disciplina ricalca quanto previsto dall’articolo 84, comma 2, del TUIR (come modificato da ultimo dal decreto-legge n. 98 del 2011), il quale consente di riportare le perdite realizzate nei primi tre periodi d'imposta dalla data di costituzione senza vincoli temporali e per l’intero importo a condizione che esse si riferiscano a una nuova attività produttiva.

Il comma 79 stabilisce l’obbligo per la società cessionaria di remunerare la società cedente del vantaggio fiscale ricevuto, determinato, in ogni caso, mediante applicazione all’ammontare delle perdite acquisite dell’aliquota IRES relativa al periodo d’imposta in cui le perdite sono state conseguite dalla società cedente, entro trenta giorni dal termine per il versamento del saldo relativo allo stesso periodo d’imposta. Le somme percepite o versate tra le società non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Il comma 80 dispone che la società cedente non può optare per i regimi di trasparenza fiscale, consolidato nazionale e mondiale (articoli 115, 117 e 130 del TUIR) in relazione ai periodi d’imposta nei quali ha conseguito le perdite fiscali cedute.

 

La relazione illustrativa afferma che per stimolare il mercato italiano dei capitali, e in particolare quello borsistico, è necessario favorire gli investimenti in startup da parte di società quotate. A tal fine la norma attribuisce alle società quotate la possibilità di essere "sponsor" di start up, consentendo loro di acquistare le perdite fiscali di nuove aziende. La quotazione sul mercato dello "sponsor” garantisce il miglior controllo anti abusi, venendo il giudizio sulla quotata stessa dal mercato finanziario.


Articolo 1, comma 81
(Disciplina delle transazioni fiscali nelle procedure concorsuali)

 

 

Il comma 81 modifica la disciplina della transazione fiscale in caso di fallimento, concordato preventivo, amministrazione controllata e liquidazione coatta amministrativa.

 

Il comma 81 sostituisce l’articolo 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Il nuovo articolo de quo (Trattamento dei crediti tributari e contributivi) dispone quanto segue.

Il comma 1 stabilisce che con il piano di cui all’articolo 160 il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle Agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole. Nel caso in cui sia proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in un’apposita classe.

Il comma di fatto apporta tre modificazioni al comma attualmente vigente. La prima è che la proposta di transazione fiscale sia subordinata al fatto che il piano preveda la soddisfazione dei crediti tributari e contributivi in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione di un professionista. La seconda è l'eliminazione del limite rappresentato dalla possibilità di procedere alla transazione limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea. Infine, viene consentita, con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, non più soltanto la proposta di dilazione del pagamento, ma anche quella di un pagamento parziale.

Il comma 2 dispone che, ai fini della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente agente della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo fino alla data di presentazione della domanda. L’agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all’agente della riscossione. Dopo l’emissione del decreto di cui all’articolo 163, copia dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni deve essere trasmessa al commissario giudiziale per gli adempimenti previsti dall’articolo 171, primo comma, e dall’articolo 172. In particolare, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonché a rilasciare la certificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento.

Il presente comma di fatto conferma la normativa vigente.

Il comma 3 stabilisce che, relativamente al credito tributario complessivo, il voto sulla proposta concordataria è espresso dall’ufficio, previo parere conforme della competente direzione regionale, in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi previsti dall’articolo 178, quarto comma.

La vigente versione del comma prevede che tale disposizione, nella sostanza di identico tenore rispetto a quella proposta, non sia  riferita al credito tributario complessivo, bensì soltanto ai tributi non iscritti a ruolo, o non ancora consegnati  al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda. La modifica apportata al comma 3,  tuttavia, è nella sostanza neutralizzata dalla diversa portata del nuovo comma 4.

Il comma 4 prevede che il voto è espresso dall’agente della riscossione limitatamente agli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

L'attuale comma 4, invece, prevede che il voto in questione, previo parere conforme della competente direzione generale, riguardi i tributi iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda .

Il comma 5 consente al debitore di effettuare la proposta di cui al comma 1 anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis. In tali casi l’attestazione di cui al citato articolo 182-bis, primo comma, relativamente ai crediti fiscali deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili e tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale. La proposta di transazione fiscale, unitamente alla documentazione di cui all’articolo 161, è depositata presso gli uffici indicati al comma 2 del presente articolo. Alla proposta di transazione deve altresì essere allegata la dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante ai sensi dell’articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la documentazione di cui al periodo precedente rappresenta fedelmente e integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. L’adesione alla proposta è espressa, su parere conforme della competente direzione regionale, con la sottoscrizione dell’atto negoziale da parte del direttore dell’ufficio. L’atto è sottoscritto anche dall’agente della riscossione in ordine al trattamento degli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L’assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.

Il presente comma si distingue dalla vigente versione per due profili sostanziali. Il primo è che viene inserita una previsione che espressamente impone che le attestazioni da sottoporre a valutazione da parte del tribunale ineriscano anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il secondo è l'eliminazione di una differenziazione fra i tributi non iscritti a ruolo o non ancora consegnati al concessionario della riscossione, da un lato, e quelli iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario della riscossione, dall'altro, relativamente alla disciplina in materia di assenso alla proposta di transazione. 

Si osserva poi che il nuovo articolo 182-ter non contiene più la disposizione che riconnette alla chiusura della procedura di concordato ai sensi dell'articolo 181 del Regio decreto n. 267 del 1942 la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma.

Il comma 6 dispone la risoluzione di diritto della transazione fiscale conclusa nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

Il comma riproduce in sostanza la norma vigente.


Articolo 1, commi 82-83
(Investimenti in start up da parte dell'INAIL)

 

 

I commi 82 e 83 prevedono forme di investimento da parte dell'INAIL in favore del settore delle imprese start up innovative.

 

In particolare, si prevede che l'INAIL, previa adozione di un apposito regolamento, da sottoporre all’approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze, possa sottoscrivere quote di fondi comuni di investimento di tipo chiuso[24], dedicati all’attivazione di start up innovative (come disciplinate dagli artt. da 25 a 32 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni), ovvero costituire e partecipare - anche con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri - a start up di tipo societario, intese all’utilizzazione industriale dei risultati della ricerca ed aventi quale oggetto sociale, esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi di alto valore tecnologico, anche rivolte alla realizzazione di progetti in settori tecnologici altamente strategici. I singoli atti di sottoscrizione di quote dei fondi suddetti o di costituzione e partecipazione alle società summenzionate sono subordinati ad autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Per lo svolgimento delle attività in esame, l'INAIL opera nell'àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


Articolo 1, comma 84
(Rimodulazione investimenti enti di previdenza in fondi immobiliari pubblici)

 

 

Il comma 84, inserito nel corso dell’esame presso la Commissione bilancio, consente di rimodulare, fermo restando il limite complessivo del quaranta per cento fissato dalla legge, la percentuale delle risorse degli enti di previdenza che possono essere destinate alla sottoscrizione di fondi immobiliari.

 

In particolare la norma fa riferimento ai seguenti fondi:

§  fondi comuni di investimento di tipo chiuso dedicati all'attivazione di start-up innovative, previsti dal comma 82;

§  fondi comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali (art. 33, comma 8-ter, del D.L. n. 98 del 2011);

§  fondi comuni di investimento immobiliare a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (art. 33, comma 8-quater, del D.L. n. 98 del 2011).

 

La rimodulazione deve tener conto delle esigenze di finanziamento dei diversi fondi, su proposta della società di gestione del risparmio (Invimit SGR). La norma è finalizzata a favorire l'efficiente utilizzo delle risorse previste dal comma 3 dell'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98.

Il citato comma 3, dopo aver previsto che l’investimento nei fondi di investimento immobiliare di seguito descritti è compatibile con le vigenti disposizioni in materia di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione, stabilisce la ripartizione della quota del piano di impiego dei fondi disponibili da parte degli enti pubblici previdenziali da destinare agli investimenti immobiliari (che ai sensi dell’articolo 65 della legge n. 153 del 1969 non può superare il 40 per cento) tra i fondi di fondi e i fondi diretti (venti per cento tra i due tipi di fondi). Si prevede inoltre che la Cassa depositi e prestiti può partecipare ai suddetti fondi.

 

L’articolo 33 del D.L. n. 98 del 2011 disciplina la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti. Il D.L. n. 95 del 2012 ha introdotto ulteriori modalità operative della società di gestione del risparmio, prevedendo la costituzione di altre tipologie di fondi immobiliari, con l'obiettivo esplicito di conseguire la riduzione del debito pubblico.

Nel marzo 2013 è stata istituita la InvImIt SGR (Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio società per azioni) con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (“fondi di fondi”) (art. 33, comma 1). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico la Invimit SGR può istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (“fondi diretti”) (art. 33, comma 8-ter). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. “fondi difesa” ) (art. 33, comma 8-quater).

Nel corso del 2014 Invimit ha istituito un fondo di fondi ("i3-Core" suddiviso in due comparti: uno denominato "Territorio" e l'altro denominato "Stato") e quattro fondi a gestione diretta ("i3-Inail", "i3-Inps", "i3-Regione Lazio", "i3-Università") il cui perimetro complessivo è di oltre un miliardo di euro in termini di portafoglio immobiliare. Il fondo “i3-Core” ad oggi è sottoscritto dall’INAIL.

Alla fine del 2015 Invimit  ha istituito il Fondo i3 Stato/Difesa grazie all'apporto di un portafoglio immobiliare composto dalle ex caserme di Piazza d'Armi e Magazzini di Baggio a Milano, Palazzo Rinaldi e Caserma Romagnoli a Padova e la Caserma Saluzzo a Torino, conferiti con il D.M. 13 maggio 2016. Il Fondo i3-Stato Difesa è un fondo immobiliare di tipo chiuso, riservato, con un ammontare target di 500 milioni e che prevede il collocamento di quote unitarie di 50mila euro la cui sottoscrizione potrà avvenire entro 24 mesi dall'istituzione del Fondo.

Nel novembre 2015 è stato istituito il fondo i3 Sviluppo Italia, un fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso multicomparto, riservato ad investitori qualificati. Il Fondo è costituito da due comparti, 8-ter e 8-quater. Il Comparto 8-ter ha un ammontare target di €500 milioni e una durata massima di 20 anni. Scopo del Comparto è l'investimento ed il reinvestimento del patrimonio dello stesso in immobili di proprietà dello Stato e di Enti Territoriali non più utilizzati per finalità istituzionali, nonché di diritti reali immobiliari. Il Comparto 8-quater ha un ammontare target di €500 milioni e una durata massima di 20 anni. Scopo del Comparto è l'investimento ed il reinvestimento del patrimonio dello stesso in immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della Difesa per finalità istituzionali, nonché di diritti reali immobiliari.

 


Articolo 1, comma 85
(Destinazione risorse INAIL all'edilizia scolastica)

 

Il comma 85 prevede che l'INAIL destini, nell'ambito del proprio piano di investimenti immobiliari, 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche.

 

Il comma 85 dispone che l’INAIL, nell’ambito degli investimenti immobiliari previsti dal piano di impiego dei fondi disponibili di cui all’articolo 65 della legge 30 aprile 1969, n. 153[25], destina 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche. Le regioni dichiarano la propria disponibilità ad aderire all’operazione per la costruzione di nuove strutture scolastiche, facendosi carico del canone di locazione, comunicandola formalmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri-Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica, entro il termine perentorio del 20 gennaio 2017, secondo modalità individuate e pubblicate nel sito internet istituzionale della medesima Struttura. Successivamente alla ricezione delle dichiarazioni di disponibilità delle regioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le regioni ammesse alla ripartizione, sono assegnate le risorse disponibili e sono stabiliti i criteri di selezione dei progetti.

 

L'articolo 65 della citata legge n. 153 del 1969 prevede che gli enti pubblici e le persone giuridiche private, comunque denominate, i quali gestiscono forme di previdenza e di assistenza sociale sono tenuti a compilare annualmente il piano di impiego dei fondi disponibili. Per fondi disponibili si intendono le somme eccedenti la normale liquidità di gestione. La percentuale da destinare agli investimenti immobiliari non può superare, comunque, il 40 per cento di tali somme e non può essere inferiore al 20 per cento di esse. La quota di 100 milioni di euro indicata dalla norma in esame, pertanto, deve essere individuata all'interno del range compreso fra il 20 e il 40 per cento dei fondi disponibili, nell'accezione appena descritta.

 

La Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica, disciplinata dal DPCM 27 maggio 2014, svolge le sue funzioni rispetto alle strutture competenti all’interno dei Ministeri deputati alla gestione degli interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica (principali: Ministero Istruzione, Università e ricerca, Ministero Infrastrutture e trasporti, Dipartimento Protezione Civile, Dipartimento politiche di coesione economica). In particolare esse sono:

1.     impulso all’implementazione dell’anagrafe dell’edilizia scolastica e monitoraggio dello stato di avanzamento dei dati;

2.     ricognizione e individuazione delle fonti di finanziamento e degli interventi finanziati in materia di edilizia scolastica e monitoraggio dello stato di attuazione di questi ultimi;

3.     individuazione delle problematiche connesse alla mancata attuazione degli interventi finanziati e formulazione di proposte di soluzione;

4.     accertamenti e verifiche sull’utilizzo dei fondi, avvalendosi del Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, anche proponendo di definanziare o riprogrammare le risorse assegnate;

5.     supporto tecnico e amministrativo agli Enti attuatori predisponendo, laddove utile, modelli personalizzati per il territorio;

6.     individuazione di procedure speciali per la rapida attuazione degli interventi ed elaborazione delle relative proposte normative anche per favorire la progettualità sostenibile nell’edilizia scolastica;

7.     individuazione di nuovi interventi con fondi disponibili e programmabili.


Articolo 1, commi 86 e 87
(Copertura assicurativa dei soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità)

 

 

I commi 86 e 87, introdotti nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, ricomprendono nella platea dei destinatari della copertura assicurativa INAIL prevista per i volontari impegnati in progetti di utilità sociale anche i soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità.

 

Il comma 86 dell'articolo 1 modifica il comma 312 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), inserendo fra i beneficiari del Fondo sperimentale, istituito presso il Ministero del lavoro per gli anni 2016-2017 e finalizzato a reintegrare l’INAIL degli obblighi di copertura assicurativa di malattie e infortuni, anche i soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità in quanto:

 

§  condannati per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 186, co. 9-bis  e art. 187, co. 8-bis del Codice della Strada -d.lgs. n. 285 del 1992-);

 

§  tossicodipendenti condannati per un reato di lieve entità in materia di produzione, traffico, detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73, co. 5-bis TU stupefacenti- d.P.R. n. 309 del 1990);

 

E'opportuno ricordare che il comma 5-ter del medesimo articolo del TU stupefacenti, introdotto dal d.l. n. 78 del 2013(conv. l. 94 del 2013), estende la possibilità per il giudice di applicare, in caso di condanna, in luogo della pena detentiva e pecuniaria, la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità anche ai casi in cui il tossicodipendente o assuntore di droga abbia commesso un fatto, anche non di lieve entità, per il quale sia stato condannato ad una pena detentiva non superiore ad un anno.

§  imputati messi alla prova (art. 168-bis c.p.).

 

La legge n. 67 del 2014, riproponendo almeno in parte, i contenuti dell'istituto della messa alla prova previsto in ambito minorile (artt. 28 e 29 d.p.R. 448/1988) ha introdotto una puntuale disciplina della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato maggiorenne. Tale istituto è regolato per i suoi profili sostanziali nel codice penale agli artt. 168bis, 168ter, 168quater, art. 657bis c.p.; la disciplina processuale è prevista agli artt. 464bis, art. 464novies c.p.p. e agli art. 141bis e 141ter disp. att. c.p.p.. La nuova causa di estinzione del reato è applicabile, secondo quanto stabilito dall'art. 168-bis, comma 1, c.p., ai "reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale"  Ai sensi del comma 3 dell'art. 168-bis c.p., tra le condizioni cui è subordinata la concessione della sospensione del procedimento vi è anche la prestazione di lavoro di pubblica utilità, che la disposizione descrive come "una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell'imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato"; aggiungendo inoltre che essa "è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore". In attuazione di quanto previsto dall'art. 8 della citata legge n. 67/2014 il Ministro della Giustizia ha adottato il DM 8 giugno 2015, n. 88, il quale disciplina le convenzioni che lo stesso Ministero (o, su delega di quest'ultimo, il presidente del tribunale), può stipulare con gli enti o le organizzazioni di cui al terzo comma dell'art. 168-bis del codice penale.

 

Per tali finalità il Fondo è integrato di 3 milioni di euro per il 2017 (comma 87).

 

L'art. 12 del decreto legge n. 90 del 2014, (conv. L. 114/2014), ha istituito, in via sperimentale per il biennio 2014 e 2015, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo finalizzato a reintegrare l'INAIL dei costi legati agli obblighi assicurativi contro le malattie e gli infortuni per i beneficiari di ammortizzatori e di altre forme di integrazione e sostegno del reddito. Successivamente l’art. 1, co. 312- 316, della legge 28 dicembre 2015, n. 208[26], nel riproporre, per gli anni 2016 e 2017, il medesimo meccanismo di finanziamento, (nei limiti di uno stanziamento pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni), ha ampliato l'ambito soggettivo di applicazione della copertura assicurativa ricomprendendovi anche i detenuti e gli internati impegnati nelle attività volontarie e gratuite; nonché gli stranieri richiedenti asilo, in possesso del relativo permesso di soggiorno, che consente di svolgere attività lavorativa, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda, se il procedimento di esame della domanda non è concluso e il ritardo non può essere attribuito al richiedente.

 

Il lavoro di pubblica utilità è una sanzione penale consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro, ai sensi del DM 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; oppure nel settore della protezione civile, della tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.

Tale sanzione, inizialmente, prevista nei soli procedimenti di competenza del giudice di pace, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000, trova a legislazione vigente applicazione anche:

§  nei casi di violazione della legge sugli stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 comma 5 bis del D.P.R. n. 309 del 1990;

 

 


Articolo 1, commi 88-99
(Agevolazioni per investimenti a lungo termine)

 

 

I commi 88-99, prevedono la detassazione per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno 5 anni) nel capitale delle imprese effettuati dalle casse previdenziali o da fondi pensione nel limite del 5 per cento dei loro asset. Contestualmente è soppressa per gli stessi soggetti la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti infrastrutturali.

Le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono assoggettate alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro.

 

I commi 88 e 89 consentono agli enti di previdenza obbligatoria (Casse di previdenza private) di effettuare investimenti, fino al 5 per cento del loro attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, in:

a)   azioni o quote di imprese residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo;

b)  azioni o quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio: ovvero Fondi comuni di investimento, Società di investimento a capitale variabile - Sicav, Società di investimento a capitale fisso - Sicaf, Fondi di investimento alternativi - FIA) residenti fiscalmente in Italia, nella UE o nello Spazio economico europeo che investono prevalentemente negli strumenti finanziati indicati dalla lettera a).

 

Si osserva che sarebbe opportuno precisare che il limite del 5 per cento ha valore limitatamente all’applicabilità dell’agevolazione in esame.

 

Il comma 90 stabilisce che i redditi generati dai suddetti investimenti sono esenti da imposizione, sempre che non si tratti di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (ovvero quelle che rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni – articolo 67, comma 1, lett. c) del TUIR).

Il comma 91 prevede che gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato ai sensi del comma 88 devono essere detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione prima dei cinque anni, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento sono soggetti ad imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, ed il relativo versamento va effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o scadenza dei titoli oggetto di investimento prima dei cinque anni, le somme conseguite vanno reinvestite negli strumenti finanziari individuati dal comma 2 entro 90 giorni.

Il comma 92 consente alle forme di previdenza complementare (fondi pensione) di destinare somme, fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente, negli investimenti qualificati indicati nel comma 2. Gli strumenti finanziari oggetto di investimento qualificato devono essere detenuti per almeno cinque anni (comma 93).

Il comma 94 prevede che i redditi generati dai suddetti investimenti sono esenti e pertanto non sono soggetti all’imposta sostitutiva del 20 per cento (prevista dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 252 del 2005) sempre che non si tratti di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Ai fini della formazione delle prestazioni pensionistiche erogate dai fondi pensione, i redditi derivanti dai predetti investimenti incrementano la parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. In caso di cessione degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima dei cinque anni i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli che non hanno concorso alla formazione della predetta base imponibile ai sensi del periodo precedente durante il periodo minimo di investimento, sono soggetti ad imposta sostitutiva del 20 per cento, senza applicazione di sanzioni, ed il relativo versamento, unitamente agli interessi, va effettuato entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o scadenza degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito in strumenti finanziari individuati dal comma 2 entro 90 giorni dal rimborso.

Il comma 95 prevede che la ritenuta sui dividendi (articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973) e l’imposta sostitutiva sugli utili derivanti da azioni in deposito accentrato preso la Monte Titoli S.p.A. (27-ter del D.P.R. n. 600 del 1973) non si applicano agli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo derivanti dagli investimenti qualificati di cui al comma 2 fino al 5 per cento dell’attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell’esercizio precedente detenuti per cinque anni.

A tal fine il soggetto non residente beneficiario effettivo degli utili deve produrre una dichiarazione dalla quale risultino i dati identificativi del soggetto medesimo e la sussistenza di tutte le condizioni alle quali è subordinata l’agevolazione in esame, nonché l’impegno a detenere gli strumenti finanziari oggetto dell’investimento qualificato per il periodo di tempo richiesto dalla legge. Il predetto soggetto non residente deve fornire, altresì, copia dei prospetti contabili che consentano di verificare l’osservanza delle predette condizioni. I soggetti indicati ai predetti articoli 27 e 27-ter che corrispondono utili ai fondi pensione sono obbligati a comunicare annualmente all’Amministrazione finanziaria i dati relativi alle operazioni compiute nell’anno precedente.

Il comma 96 dispone la soppressione del credito d’imposta per le casse previdenziali e i fondi pensione per investimenti infrastrutturali, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 (articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, commi da 91 a 94).

 

La legge di stabilità per il 2015 ha introdotto, a decorrere dal 2015, due crediti d’imposta a favore degli enti di previdenza obbligatoria e dei fondi pensione, rispettivamente nella misura del 6 e del 9 per cento, a condizione che i proventi assoggettati alle ritenute e imposte sostitutive siano investiti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (legge n. 190 del 2014, articolo 1, commi 91-95).

Tali agevolazioni hanno inteso compensare l'incremento dell’aliquota impositiva sui redditi di natura finanziaria, dall'11,5 al 20 per cento per gli investimenti dei fondi pensione (commi 621 e 622) e dal 20 al 26 per le casse di previdenza private (D.L. n. 66 del 2014).

Il D.M. 19 giugno 2015 ha regolamentato le condizioni, i termini e le modalità di applicazione della medesima, individuando in particolare le tipologie di “attività di carattere finanziario a medio o lungo termine” per le quali è possibile beneficiare dell’agevolazione:

§  azioni o quote di società ed enti, residenti fiscalmente, in Italia o in uno degli Stati membri UE o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo, operanti prevalentemente nella elaborazione o realizzazione di progetti relativi a settori infrastrutturali turistici, culturali, ambientali, idrici, stradali, ferroviari, portuali, aeroportuali, sanitari, immobiliari pubblici non residenziali, delle telecomunicazioni, compresi quelle digitali, e della produzione e trasporto di energia;

§  azioni o quote di OICR di durata non inferiore ai cinque anni che investono prevalentemente in strumenti finanziari emessi da società non quotate nei mercati regolamentati che svolgono attività diverse da quella bancaria, finanziaria o assicurativa e in crediti a medio e lungo termine a favore di tali società, residenti, fiscalmente, in Italia o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo.

Con risoluzione n. 92/E del 2016, l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito ai criteri per l’individuazione degli investimenti che danno diritto ai crediti d’imposta previsti a favore degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme di previdenza complementare.

 

Il comma 97, inserito nel corso dell’esame presso la Camera, attribuisce alla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale il compito di segnalare ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario apprese nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza ed assistenza.

La segnalazione è effettuata ai fini della nomina da parte del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione. A tal fine è modificato l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, il quale prevede, inoltre, che sino al ristabilimento dell'equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri degli organi di amministrazione delle associazioni e delle fondazioni.

 

Il comma 98, inserito nel corso dell’esame alla Camera, interviene sulla composizione dell’organo di indirizzo generale delle Casse previdenziali dei liberi professionisti, fissando un limite massimo di 50 membri elettivi, fermo restando il rapporto di uno ogni mille iscritti all'ente gestore.

 

Il comma 99 stabilisce che le operazioni di costituzione, trasformazione, scorporo e concentrazione tra fondi pensione sono soggette alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro (nuovo comma 9-bis, dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 252 del 2005).


Articolo 1, commi 100-114
(Piani individuali di risparmio a lungo termine- PIR)

 

 

I commi 100-114, stabiliscono un regime di esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati in piani di risparmio a lungo termine. I piani individuali di risparmio (c.d. PIR) per beneficiare dell’esenzione devono essere detenuti per almeno 5 anni e devono investire nel capitale di imprese italiane e europee, con una riserva per le Pmi, nei limiti di 30mila euro all’anno e di 150mila euro nel quinquennio. I piani di risparmio devono essere gestiti dagli intermediari finanziari e dalle imprese di assicurazione i quali devono investire le somme assicurando la diversificazione del portafoglio.

 

Il comma 100 esenta da imposizione i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, in un piano di risparmio a lungo termine.

In particolare, sono esenti i redditi di capitale (art. 44 del TUIR) e i redditi diversi (art. 67, comma 1, dalla lett. c-bis alla lett. c-quinquies del TUIR) di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati da persone fisiche, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, in un piano di risparmio a lungo termine.

Per beneficiare dell’esenzione non deve trattarsi di plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (ovvero quelle che rappresentano una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni - articolo 67, comma 1, lett. c) del TUIR). Nell’ambito delle partecipazioni qualificate si deve tener conto anche delle percentuali di partecipazione o di diritti di voto possedute dai familiari della persona fisica (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) e delle società o enti da loro direttamente o indirettamente controllati (società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell'assemblea ordinaria: numeri 1 e 2 dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile).

Il comma 101 contiene la definizione di piano di risparmio a lungo termine: tali piani si costituiscono mediante la destinazione di somme o valori con lo scopo di effettuare investimenti qualificati (indicati nel comma 90 – rectius 89) mediante l’apertura di un rapporto di custodia o di amministrazione, anche fiduciaria, o di gestione di portafogli o di altro stabile rapporto, con opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, instaurato con operatori professionali.

Gli operatori professionali presso i quali possono essere costituiti i PIR sono gli intermediari abilitati e le imprese di assicurazioni residenti, ovvero soggetti non residenti che operano in Italia tramite stabile organizzazione o in regime di libera prestazione di servizi con nomina in Italia di un rappresentate fiscale scelto tra i predetti soggetti residenti. Il conferimento di valori nel piano è considerato cessione a titolo oneroso e l’intermediario applica l’imposta secondo le modalità indicate dalla norma che disciplina l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza o altro reddito diverso realizzato (articolo 6 del D.Lgs. n. 461 del 1997).

 

La relazione governativa sottolinea che la sussistenza di un rapporto stabile e continuativo con l’intermediario consente l’attribuzione della responsabilità della gestione degli aspetti fiscali connessi con il PIR all’operatore professionale presso il quale il PIR è costituito. Tale attribuzione appare necessaria alla luce della rischiosità degli investimenti che possono essere oggetto del piano e per le esigenze di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria connesse con la concessione di un’esenzione, pertanto, nel caso di investimenti effettuati mediante PIR deve trovare applicazione il regime del risparmio amministrato di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461. L’esistenza di uno stabile rapporto è riscontrabile, anche in assenza di un formale contratto di custodia o amministrazione, ad es. un “deposito virtuale” o una “rubrica fondi”, o quando si tratti di titoli, quote o certificati che non possono formare oggetto di autonoma circolazione senza l’intervento dell’intermediario, ad es. nel caso di titoli non cartolarizzati.

Il comma 102 prevede che in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese che svolgono attività diverse da quella immobiliare, fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo con stabili organizzazioni in Italia. La predetta quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati.

Il FTSE MIB è il principale indice di benchmark dei mercati azionari italiani: raccoglie circa l’80 per cento della capitalizzazione di mercato interna ed è composto da società di primaria importanza e a liquidità elevata nei diversi settori industriali italiani.

Al fine di individuare le società che svolgono attività diversa da quella immobiliare, senza possibilità di prova contraria, si considera impresa che svolge attività immobiliare quella il cui patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio di impresa, e che si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio di impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui l’impresa svolge l’attività agricola.

Il comma 103 dispone che non più del 10 per cento delle somme o valori destinati nel piano può essere investito in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso soggetto, o con altra società appartenente al medesimo gruppo, oppure in depositi e conti correnti.

Il comma 104 prevede che le somme conferite nel piano possano essere investite anche in quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo che investono per almeno il 70 per cento dell’attivo in strumenti finanziari indicati nel comma 102 e che rispettano le condizioni poste al comma 103.

Il comma 105 stabilisce che le somme o valori destinate nel piano non possono essere investite in strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni.

Il comma 106 richiede che gli strumenti finanziari in cui è investito il piano siano detenuti per almeno cinque anni. In caso di cessione prima dei cinque anni i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento del piano sono soggetti ad imposizione secondo le regole ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni: il relativo versamento deve essere effettuato dai soggetti gestori entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. I soggetti gestori recuperano le imposte dovute attraverso adeguati disinvestimenti o chiedendone la provvista al titolare. In caso di rimborso degli strumenti finanziari oggetto di investimento prima del quinquennio, il controvalore conseguito deve essere reinvestito negli strumenti finanziari ammessi entro 30 giorni dal rimborso.

Il comma 107 stabilisce che il mancato rispetto dei limiti di investimento (previsti dai commi 102, 103 e 104) comporta la decadenza dal beneficio fiscale relativamente ai redditi degli strumenti finanziari detenuti nel piano stesso, diversi da quelli investiti nel medesimo piano nel rispetto delle suddette condizioni per il periodo di tempo indicato al comma 106, e l’obbligo di corrispondere le imposte non pagate, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, secondo quanto previsto al comma 106.

Il comma 108 prevede che le ritenute alla fonte e le imposte sostitutive eventualmente applicate e non dovute, fanno sorgere in capo al titolare del piano il diritto a ricevere una somma corrispondente. I soggetti gestori provvedono al pagamento della predetta somma, computandola in diminuzione dal versamento delle ritenute e delle imposte dovute dai medesimi soggetti. Ai fini del predetto computo non si applicano né il limite annuale di 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti di imposta (articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi pari a 700.000 euro (articolo 34, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).

Il comma 109 prevede che le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi realizzati mediante la cessione o il rimborso degli strumenti finanziari detenuti nel piano sono deducibili dalle plusvalenze, differenziali positivi o proventi realizzati nelle operazioni successive poste in essere nell’ambito del piano stesso sottoposte a tassazione secondo quanto stabilito ai precedenti commi 106 e 107 a partire dal medesimo periodo d’imposta e non oltre il quarto. Alla chiusura del piano le minusvalenze, le perdite e i differenziali negativi possono essere portati in deduzione non oltre il quarto periodo d’imposta successivo a quello del realizzo nell’ambito di un altro rapporto, di cui sia titolare la medesima persona fisica, con opzione per il regime del risparmio amministrato, ovvero possono essere portati in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono state realizzate (articolo 68, comma 5, del TUIR).

Il comma 110 stabilisce, inoltre, che, in caso di strumenti finanziari appartenenti alla stessa categoria, si considerano ceduti prima gli strumenti acquistati per primi, e che si considera come costo d’acquisto il costo medio ponderato dell’anno di acquisto.

Il comma 111 prevede che il trasferimento di un piano di risparmio a lungo termine da un intermediario ad un altro non rileva ai fini del computo del periodo minimo di detenzione.

Il comma 112 prevede che ciascuna persona fisica non può aprire più di un piano di risparmio a lungo termine e che ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale è costituito il piano, all’atto dell’incarico, devono acquisire un’autocertificazione, da parte del titolare, con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine.

Il comma 113 dispone che l’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale è costituito il piano di risparmio deve tenere separata evidenza delle somme destinate nel piano in anni differenti.

Il comma 114 prevede l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano.

 

La relazione governativa afferma che l’intervento normativo in esame nasce dall’esigenza di prevedere un significativo incentivo fiscale finalizzato a canalizzare il risparmio delle famiglie verso gli investimenti produttivi in modo stabile e duraturo, facilitando la crescita del sistema imprenditoriale italiano. L’obiettivo è, in particolare, quello di indirizzare il risparmio delle famiglie, attualmente concentrato sulla liquidità, verso gli strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate sul territorio italiano per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l’approvvigionamento mediante il canale bancario.

Per veicolare il suddetto risparmio verso investimenti produttivi in modo professionale è previsto il coinvolgimento degli intermediari finanziari e delle imprese di assicurazione come soggetti deputati alla gestione della fiscalità degli investimenti stessi. Ciò permette anche una diversificazione del portafoglio tale da contenere il rischio insito nello stesso ad un livello adeguato alle esigenze del cliente retail mediante l’utilizzo di qualsiasi tipo di strumento finanziario. Il particolare profilo di investimento del cliente retail non consente, infatti, una eccessiva esposizione al rischio insito in investimenti meno liquidi.

Il bilanciamento tra gli obiettivi di politica economica e quelli di tutela del risparmiatore viene realizzata subordinando l’incentivo fiscale alla creazione di un “contenitore” fiscale, denominato piano, idoneo ad accogliere tutti gli strumenti finanziari esistenti sul mercato retail purché l’insieme di tali strumenti sia posseduto per un determinato periodo di tempo e sia “assemblato” seguendo criteri predeterminati. In particolare viene previsto che almeno una parte delle risorse investite sia destinato a società italiane ed europee con stabile organizzazione in Italia diverse da quelle rilevanti ai fini del FTSE MIB o altri indici equivalenti. Il riferimento a tali indici ha lo scopo di focalizzare l’agevolazione fiscale sul risparmio che confluisce negli strumenti finanziari meno liquidi.


Articolo 1, comma 115
(Centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0)

 

 

Il comma 115, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, finanzia i centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0 entro il limite di spesa di 20 milioni per il 2017 e di 10 milioni per il 2018, demandando la definizione delle modalità di costituzione e delle forme di finanziamento degli stessi ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico da adottarsi di concerto con il ministero dell’economia e finanze, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame.

 

Il comma 115, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, finanzia i centri di competenza ad alta specializzazione nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0. Il comma, in particolare, demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico da adottarsi di concerto con il ministero dell’economia e finanze, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge in esame, la definizione delle modalità di costituzione e delle forme di finanziamento, entro il limite di spesa di 20 milioni per il 2017 e di 10 milioni per il 2018, di centri di competenza ad alta specializzazione, nella forma di partenariato pubblico-privato, aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, nel quadro degli interventi connessi al Piano “Industria 4.0”.

La misura si inserisce nel quadro degli interventi previsti dal  Piano Nazionale Industria 4.0 con specifico riguardo alla linea d’azione volta al sostegno dello sviluppo delle competenze.

 

Si segnala al riguardo che, nel Piano Nazionale Industria 4.0, per la creazione di selezionati Competence Center a livello nazionale su tematiche Industria 4.0, è individuato un impegno pubblico per 100 milioni di euro, da affiancare a quello privato per altrettanti 100 milioni.

Nel Piano si fa riferimento a  pochi e selezionati Competence Center nazionali, polarizzati su ambiti tecnologici specifici e complementari, che dovrebbero avere i seguenti scopi: Formazione e awareness su Industria 4.0; Live demo su nuove tecnologie e accesso a best practice in ambito Industria 4.0; Advisory tecnologica per PMI su Industria 4.0; Lancio ed accelerazione di progetti innovativi e di sviluppo tecnologico; Supporto alla sperimentazione e produzione “in vivo” di nuove tecnologie Industria 4.0; Coordinamento con centri di competenza europei.

 

Il Piano, presentato dal Governo il 21 settembre 2016, ha un orizzonte temporale individuato nel 2017-2020 e prevede misure concrete in base a tre principali linee guida: operare in una logica di neutralità tecnologica; intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali; agire su fattori abilitanti.

Le direttrici strategiche, citate altresì nella Nota di aggiornamento al DEF 2016, sono:

misure a sostegno degli investimenti innovativi, stimolando la crescita degli investimenti privati da 80 a 90 miliardi nel 2017, e portando un incremento di circa 11,3 miliardi di spesa privata per ricerca e sviluppo

misure a sostegno dello sviluppo delle competenze; Sul piano delle competenze e della formazione, il piano vuole diffondere una cultura 4.0 attraverso: Scuola Digitale e Alternanza Scuola Lavoro; percorsi Universitari e Istituti Tecnici Superiori dedicati; potenziamento dei Cluster e dei dottorati; creazione di Competence Center e Digital Innovation Hub

misure per le infrastrutture abilitanti volte ad assicurare adeguate infrastrutture di rete, garantire la sicurezza e la protezione dei dati, collaborare alla definizione di standard di interoperabilità internazionali

strumenti pubblici di supporto quali:

0,9 miliardi per il rifinanziamento per il 2017 del Fondo centrale di garanzia, con sua contestuale riforma

1 miliardo da destinare a contratti di sviluppo focalizzati su investimenti Industria 4.0

100 milioni per investimenti su catene digitali di vendita (Piano Made in Italy)

 

Il Piano prevede una cabina di regia a livello governativo caratterizzata dalla presenza di operatori pubblici (Politecnici di Bari, Milano, Torino, Scuola superiore S. Anna di Pisa, ITT, CREA, società pubbliche long term investor come Cassa depositi e prestiti) e privati (mondo economico ed imprenditoriale) nonché le organizzazioni sindacali, oltre che le Istituzioni competenti (PCM, MEF, MISE; MIUR; Ministero del Lavoro, MIPAAF, Ministero dell’ambiente).

Inoltre, il Piano preannuncia le seguenti misure:

Proroga del cd. “super ammortamento” al 140% ad eccezione di veicoli ed altri mezzi di trasporto, con una maggiorazione ridotta al 120%;

Iperammortamento fino al 250% sugli investimenti in tecnologie, agrifood, bio-based economy, a supporto dell’ottimizzazione dei consumi energetici;

Raddoppio del credito di imposta per ricerca e sviluppo (aliquota spesa interna dal 25% al 50%) e massimale annuo di spesa da 5 a 20 milioni;

Partecipazione di Cassa depositi e prestiti a supporto di industria 4.0, mediante la costituzione di Fondi di investimento dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico;

Incremento della detrazione fiscale (fino al 30%) per investimenti fino ad 1 milione in start-up e PMI innovative;

Scambio salario produttività attraverso un innalzamento dei tetti all’attuale detassazione.


Articolo 1, commi. 116-123
(Fondazione Human Technopole)

 

 

I commi 116-123 istituiscono una nuova Fondazione per la creazione di un’infrastruttura di interesse nazionale, a carattere scientifico e di ricerca applicata alle scienze per la vita, diretta a realizzare uno specifico progetto denominato “Human Technopole”, all’interno dell’area Expo Milano 2015.

 

Il comma 116 dispone l’istituzione di una Fondazione per la creazione di una infrastruttura scientifica e di ricerca, di interesse nazionale, a carattere multidisciplinare ed integrato nei settori della salute, della genomica, dell’alimentazione e della scienza dei dati e delle decisioni, volta altresì alla realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca denominato “Human Technopole” (di seguito HT).

La finalità specificamente prevista è quella di incrementare gli investimenti pubblici e privati nei settori della ricerca applicata alla prevenzione e alla salute. Questa finalità deve essere coerente - in base ad una disposizione introdotta durante l’esame in prima lettura – con il Programma nazionale per la ricerca (PNR).

Qui l’ultimo PNR 2015-2020 redatto dal MIUR, che – si sottolinea – non contiene il progetto in parola.

In proposito la norma cita la fonte normativa del progetto, l’art. 5 del D.L. 185/2015 (L. 9/2016), ed il relativo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M. 16 settembre 2016) di approvazione del progetto esecutivo[27].

Si ricorda che l’art. 5, comma 2, del citato DL. 185/2015 ha previsto, per il 2015, l’attribuzione all'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di un primo contributo di 80 milioni di euro, finalizzato alla realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca, utilizzando parte delle aree in uso a EXPO S.p.a. (da riadattare, se necessario), sentiti gli enti territoriali e le principali istituzioni scientifiche interessate. Peraltro, il comma 1 del predetto art. 5 ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per il 2015, diretta all’attuazione di iniziative che prevedono la partecipazione dello Stato nell’attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo S.p.a., anche mediante partecipazione al capitale della società proprietaria delle stesse.

 

Si ricorda come la disposizione dell’articolo 5 del citato D.L. 185/2015, al comma 1, faccia genericamente riferimento ad “iniziative relative alla partecipazione dello Stato nell'attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo S.p.A.”.

 

La norma precisa che, per il raggiungimento dei propri scopi, la Fondazione instaura rapporti con omologhi enti ed organismi in Italia e all’estero.

Si dispone, inoltre, che membri fondatori siano il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Ministero dell’istruzione, dell’università e delle ricerca, ai quali viene attribuita la vigilanza sulla Fondazione (comma 117). Durante l’esame in prima lettura, è stato aggiunto altresì il Ministero della salute.

In proposito si ricorda che il soggetto incaricato della realizzazione del progetto, l’IIT, è un organismo pubblico già sottoposto alla vigilanza del MEF e del MIUR. Peraltro, nella conclusione alla determinazione e relazione della Corte dei conti del 17 novembre 2015, n.108 sull'esercizio finanziario 2014 dell'IIT, così si sottolinea: “Sebbene ente di diritto privato, la struttura ordinamentale dell’IIT ha una decisa configurazione pubblicistica in ragione degli obiettivi perseguiti e di una dotazione finanziaria derivante prevalentemente dai contributi dello Stato”.

 

Il comma 118 stabilisce la predisposizione, da parte del Comitato di coordinamento già previsto al D.P.C.M. del 16 settembre 2016, di uno schema di statuto della Fondazione, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del MEF, di concerto con il MIUR e con il Ministero della salute[28].

Al riguardo si segnala che il citato D.P.C.M., all’art. 2, co. 2, istituisce presso l’IIT, a valere sulle risorse destinate al progetto HT, un Comitato di coordinamento per l’avvio del medesimo progetto composto da 2 soggetti designati, rispettivamente, dal MEF e dal MIUR; da 3 scienziati di reputazione internazionale indicati di comune accordo dagli stessi Ministeri; dai rettori delle università pubbliche di Milano; dal presidente dell’Istituto superiore di sanità; dal presidente del CNR; dal presidente e dal direttore scientifico dello stesso  IIT.

Lo statuto dovrà stabilire la denominazione della Fondazione e disciplinare, tra gli altri compiti, la partecipazione alla Fondazione di altri enti pubblici e privati, oltre alle modalità con cui tali soggetti possono partecipare finanziariamente al progetto scientifico HT.

 

 

Durante un’audizione del 20 ottobre scorso presso le Commissioni riunite 7a e 12a del Senato (v. Resoconto del 20/10/2016), il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha, in particolare, sottolineato che a fine agosto 2016 è stato approvato il piano scientifico e finanziario del progetto e a settembre è stato firmato il decreto che ha autorizzato, ai sensi del sopra citato art. 5 del D.L. 185/2015 i primi 80 milioni di euro per la prima fase di realizzazione, in aggiunta al primo finanziamento di 50 milioni di euro.

In base alla documentazione depositata al Senato da rappresentanti dell’IIT per l’esame assegnato alle Commissioni riunite 7a e 12a dell’Affare n. 827 relativo alla questione in corso d’esame, il nuovo polo di didattica, ricerca e innovazione, denominato “Italia 2040 Human Technopole(v. qui i documenti acquisiti nell’ultima seduta n. 398 del 26 Ottobre 2016), sarà costituito, tra l’altro, insieme alle Università pubbliche milanesi, al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), all’Istituto superiore di sanità (ISS), nell’area dell’Expo Milano 2015. Come osservato in sede di esame dell’Affare n. 287 al Senato, il progetto HT non risulta inserito nel Programma nazionale della ricerca (PNR).

 

A costituire il patrimonio della Fondazione (comma 119) saranno gli apporti dei Ministeri fondatori, oltre che risorse aggiuntive provenienti da ulteriori apporti dello Stato e da soggetti pubblici e privati. Si prevede in proposito che le attività previste possono essere finanziate, oltre che con mezzi propri della Fondazione, anche con i contributi di enti pubblici e di privati. La Fondazione potrà inoltre ricevere in comodato beni immobili rientranti nel demanio e nel patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato.

Viene anche prevista la possibilità di affidamento in comodato di beni di particolare valore artistico e storico alla Fondazione da parte dell’amministrazione competente, d’intesa con il MiBACT. In proposito, rimane fermo il regime giuridico dei beni demaniali affidati, previsto agli articoli 823 e 829, primo comma, del c.c. (rispettivamente in materia inalienabilità dei beni del demanio pubblico e passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato).

Si ricorda che l’art. 822 c.c. elenca, tra gli immobili che appartengono al demanio pubblico, gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia. Al riguardo, la dottrina prevalente parla di “demanio culturale”, suggerendo la necessità che intervenga un atto di riconoscimento dell’interesse culturale (v. qui l’approfondimento sul sito del MiBACT) per la riconducibilità dei beni al particolare tipo di demanio, sia se si tratti di immobili statali o territoriali, ovvero di immobili appartenenti a privati; in ogni caso, tale riconoscimento presuppone la inalienabilità del bene medesimo, e pertanto esso non potrà formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi in materia. In proposito, l’art. 12 del codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004) disciplina la verifica dell’interesse culturale di un determinato bene, che comunque deve avvenire sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero per i beni culturali, al fine di assicurare uniformità di valutazione.

 

La Fondazione, per lo svolgimento dei propri compiti, può avvalersi di personale, anche delle qualifiche dirigenziali, messo appositamente a disposizione su richiesta della stessa, secondo le norme previste dai rispettivi ordinamenti, da enti ed altri soggetti individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della L. 196/2009.

Si tratta in particolare degli enti ed istituzioni che rientrano nel perimetro della pubblica amministrazione, rientranti soggetti nell'elenco ISTAT.

La Fondazione può avvalersi, inoltre, della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di università e di istituti universitari e di ricerca (comma 120).

 

Il comma 121 fissa l’autorizzazione di spesa per la costituzione della fondazione e per la realizzazione del progetto HT, da erogare in base allo stato di avanzamento del progetto, pari a 10 milioni di euro nel 2017, 114,3 milioni per il 2018, 136,5 milioni per il 2019, 112,1 milioni per il 2020, 122,1 milioni per il 2021, 133,6 milioni per il 2022, 140,3 milioni a decorrere dal 2023.

Viene inoltre prevista una clausola di neutralità fiscale per tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa, che sono pertanto esclusi da ogni tributo e diritto (comma 122).

Infine, si stabilisce che i criteri e le modalità da prevedere in attuazione delle disposizioni in esame, compresa la disciplina dei rapporti con  l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) riferiti al progetto HT, oltre che il trasferimento alla Fondazione delle risorse residue di cui al sopra richiamato art. 5, comma 2, del DL. 185/2015 (v. ante) sono stabiliti con D.P.C.M., su proposta del MEF, di concerto con il MIUR e con il Ministero della salute[29] (comma 123).

 


Articolo 1, commi 124-125
(Infrastruttura di ricerca FERMI)

 

 

I commi 124-125, attribuiscono natura non commerciale alla gestione - da parte della Società consortile per azioni di interesse nazionale Sincrotrone di Trieste - dell’infrastruttura di ricerca FERMI, la quale viene fatta rientrare fra i compiti istituzionali della predetta società. Inoltre, alla stessa società Sincrotrone di Trieste e alle amministrazioni pubbliche che vi partecipano non si applicano le disposizioni sulle società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. 175/2016.

 

Il comma 124 attribuisce natura non commerciale alla gestione - da parte della società consortile per azioni di interesse nazionale Elettra Sincrotrone di Trieste - dell’infrastruttura di ricerca FERMI (si tratta di un laser ad elettroni liberi[30]). L’infrastruttura in questione viene qualificata come rientrante fra i compiti istituzionali della società Sincrotrone e ad essa si applicano le relative disposizioni. Il valore dell’infrastruttura non è soggetto ad ammortamento.

 

L’articolo 10, comma 4, della legge 19 ottobre 1999, n. 370 qualifica la Società Sincrotrone Trieste, società consortile per azioni, come società di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 2451 (già articolo 2461) c.c., non avente scopo di lucro. Ai sensi del citato comma, la società non può distribuire utili e avanzi di gestione ai soci ed è obbligata a reinvestire i predetti utili o avanzi di gestione, nonché eventuali residui attivi in sede di liquidazione dei beni costruiti o acquistati, qualora non destinati alla costituzione della riserva legale, all'esercizio dei compiti istituzionali, i quali non hanno natura di attività commerciale e non sono riconducibili ad esercizio di impresa.

Quanto ai compiti istituzionali della società, essi vengono individuati nella lettera d) del medesimo comma 4 in attività di ricerca e formazione, in collegamento con il programma nazionale della ricerca e i programmi europei internazionali, promuovendo la collaborazione con soggetti pubblici e privati, anche stranieri e internazionali, nonché in termini di manutenzione, gestione, completamento e sviluppo del Laboratorio di Luce di Sincrotrone Elettra di Trieste e di messa a disposizione dell'infrastruttura ai consorziati, ai partecipanti e ad enti di ricerca italiani e stranieri, pubblici e privati, assicurando la trasparenza delle procedure e la parità di condizioni, con vincoli di diffusione dei risultati per finalità di ricerca e non commerciali.

Il comma 4 dispone inoltre l’applicazione alla società in questione del regime tributario degli enti non commerciali. Il predetto inquadramento a fini tributari è disposto in regime di neutralità fiscale, ai fini dell'imposizione diretta o indiretta, non determinando cessione o realizzo di plusvalenze e sopravvenienze attive soggette a tassazione in relazione alla prevista destinazione istituzionale dei beni.

Il comma 4 ha disposto che lo statuto e l'ordinamento contabile della società, da sottoporre al controllo del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, venissero modificati sulla base dei principi direttivi nello stesso comma indicati (lett. da a) a f) del comma 4).

La società in questione è a partecipazione pubblica.

 

Il comma 125 prevede che alla società Sincrotrone S.c.p.A e alle amministrazioni pubbliche che vi partecipano non si applicano, limitatamente alla stessa partecipazione, le disposizioni sulle società a partecipazione pubblica di cui al d.lgs. 175/2016.

Si ricorda che il decreto legislativo 19 agosto 2016, recante “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, attua alcune delle deleghe che la legge n. 124/2015 (c.d. “Riforma Madia”) aveva conferito al Governo in materia di riorganizzazione della pubblica amministrazione. Tale decreto prevede, fra l’altro, una revisione straordinaria (articolo 24) delle partecipazioni possedute dalle PA, da effettuarsi entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del testo unico stesso, per individuare che devono essere alienate o oggetto delle misure di cui all’articolo 20 (piani di riassetto). Annualmente, poi, le PA devono effettuare (ai sensi dello stesso articolo 20) un'analisi dell'assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, nei casi previsti dal decreto, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione.

 

In base alle informazioni disponibili sul sito istituzionale della società Elettra Sincrotrone Trieste S.c.p.A., azionisti della stessa sono il Consorzio per l'Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste (53,70%), la regione autonoma Friuli Venezia Giulia (37,63%), il Consiglio nazionale delle ricerche (4,85%) e Invitalia Partecipazioni S.p.A. (3,82%).

Elettra Sincrotrone Trieste S.c.p.a. è inclusa nell’elenco degli Enti del conto economico consolidato della Pubblica amministrazione, pubblicato dall’ISTAT il 30 settembre 2016.


Articolo 1, commi 126-139
(Misure per l’attuazione del Progetto dell’Area Expo 2015)

 

 

I commi da 126 a 139 dell’articolo 1, inseriti nel corso dell’esame alla Camera, recano disposizioni riguardanti la liquidazione della società Expo 2015 S.p.A. e l’attuazione del progetto dell’area Expo 2015. É prevista la nomina di un Commissario Straordinario per la liquidazione della società EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione (commi 126-128) e sono individuati e disciplinati i contributi per la liquidazione della società, posti a carico dei relativi soci, nonché le modalità di copertura dei contributi a carico del Ministero dell’economia e delle finanze (commi 129-133). Si prevede l’avvio delle attività di progettazione per il trasferimento dei dipartimenti scientifici dell’Università di Milano, autorizzando a tal fine uno stanziamento per il 2017 di 8 milioni di euro (commi 134-135), nonché l’eventuale stipula di convenzioni da parte della società AREXPO S.p.A. per la collaborazione degli uffici tecnici e amministrativi dei propri soci pubblici e delle rispettive società in house (comma 136). Viene inoltre modificata la disciplina relativa al trasferimento delle partecipazioni azionarie detenute dalle province di Milano e di Monza e Brianza nelle società operanti nella realizzazione e gestione di infrastrutture connesse ad Expo 2015 (commi 137-138) e prevista, infine, la possibilità, per gli enti pubblici non economici strumentali degli enti locali e regionali soci di assumere personale a tempo determinato in deroga ai vincoli assunzionali e finanziari vigenti (comma 139).

 

 

Commissario Straordinario per la liquidazione di EXPO 2015 (co. 126-128)

 

Il comma 126 prevede la nomina con apposito D.P.C.M. da emanare (su proposta del MEF) entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge – di un Commissario Straordinario per la liquidazione della società EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione.

La Expo 2015 S.p.A. è stata istituita il 1° dicembre 2008 quale soggetto responsabile delle attività necessarie per la realizzazione dell’evento Expo Milano 2015. Per una ricostruzione degli interventi normativi operati per disciplinare i diversi ambiti dell’evento, si rinvia al tema web EXPO 2015.

Il comma 127 prevede la decadenza degli organi sociali di EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione, dalla data di entrata in vigore del citato D.P.C.M.

Il comma 128 prevede l’assegnazione al Commissario Straordinario dei poteri attribuiti al Collegio dei liquidatori ai sensi del primo comma dell’art. 2489 del c.c.

Il 9 febbraio 2016 l’Assemblea straordinaria di Expo 2015 ha deliberato la messa in liquidazione della Società e ha nominato, in sostituzione del consiglio di amministrazione, un Collegio di cinque liquidatori.

L’articolo 2489, primo comma, del Codice civile, attribuisce ai liquidatori, salvo diversa disposizione statutaria ovvero adottata in sede di nomina, il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società.

Onde limitare l’assunzione di ulteriori oneri a carico della procedura liquidatoria, il comma 128 dispone, inoltre, che il Commissario Straordinario si avvale, per lo svolgimento dei compiti previsti dall’articolo in esame, del personale e delle strutture finora utilizzati (in virtù dell’art. 2, comma 3, del D.P.C.M. 6 maggio 2013) dal Commissario Unico delegato del Governo per Expo Milano 2015.

L’incarico di Commissario unico delegato del Governo per Expo Milano 2015 è stato attribuito, dal citato D.P.C.M. 6 maggio 2013, fino al 31 dicembre 2016, a Giuseppe Sala.

L’art. 2 di tale D.P.C.M. prevede, tra l’altro, al comma 3, che il Commissario unico si avvale, unitamente ai suoi delegati, delle strutture della società Expo S.p.A., del personale e delle risorse già esistenti presso la struttura del Commissario Straordinario delegato del Governo per Expo Milano 2015, cui il medesimo Commissario Unico subentra ad ogni effetto di legge, ovvero di personale distaccato dai soci o da enti, anche privati o società ed amministrazioni interessate, che svolgono attività correlate all'Evento nell'ambito dei propri compiti istituzionali.

 

Contributi per la liquidazione di EXPO 2015 (co. 129-133)

 

Il comma 129 stabilisce che l’ammontare del contributo economico-patrimoniale a carico dei soci di EXPO 2015 S.p.A. in liquidazione, così come individuato nel progetto di liquidazione adottato dal Collegio dei liquidatori, non può superare, in nessun caso, l’importo complessivo di 23,69 milioni di euro.

In base al comma 130, le risorse necessarie per la copertura integrale del Fondo di liquidazione, nella misura massima di 23,69 milioni di euro, sono poste a carico dei soci (MEF, Regione Lombardia, Camera di Commercio di Milano, Comune e Città Metropolitana di Milano), in proporzione alla partecipazione di ciascun ente al capitale sociale.

Ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.P.C.M. 6 maggio 2013, in sede di costituzione, sono soci fondatori della società EXPO 2015: il MEF, il comune di Milano, la regione Lombardia, la provincia di Milano e la Camera di commercio di Milano, secondo le quote stabilite dal Ministero dell'economia e delle finanze.

I soci della Società Expo 2015 in liquidazione sono: MEF (40% del capitale sociale), Regione Lombardia (20%), Comune di Milano (20%), Città metropolitana di Milano (10%) e Camera di Commercio di Milano (10%).

 

Il comma 131 prevede che il contributo economico-patrimoniale a carico del MEF non può superare la misura massima di 9,46 milioni di euro. Lo stesso comma autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

La ripartizione annuale, per il periodo 2017-2021, delle citate risorse di competenza del MEF, destinate alla copertura del Fondo di liquidazione, è disciplinata dal comma 132.

Nello specifico, tale comma (in deroga a quanto previsto all’articolo 2490, primo comma, del c.c.) prevede che le risorse di competenza del MEF, fissate nella misura massima di 9,46 milioni di euro, sono riconosciute, per ciascuna delle annualità 2017-2021, in via anticipata, nella misura massima, rispettivamente, di: 4.810.000 euro per il 2017; 1.480.000 euro per il 2018;  1.230.000 euro per il 2019; 1.060.000 euro per il 2020 e 880.000 euro per il 2021.

Il primo comma dell’art. 2490 del Codice civile obbliga i soggetti liquidatori alla redazione del bilancio, che deve essere presentato, alle scadenze previste per il bilancio di esercizio della società, per l'approvazione all'assemblea o (nel caso previsto dal terzo comma dell'art. 2479, vale a dire nel caso in cui l'atto costitutivo preveda che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto) ai soci. In base al primo comma dell’art. 2490 c.c., inoltre, si applicano, in quanto compatibili con la natura, le finalità e lo stato della liquidazione, le disposizioni sulla redazione del bilancio (articoli 2423 e seguenti).

Il medesimo comma 132 prevede che il Commissario Straordinario presenti, al Dipartimento del Tesoro del MEF, il rendiconto annuale delle attività di liquidazione, concludendo tale attività entro il 2021.

Si specifica inoltre che, fermo restando quanto previsto ai commi 129 e 131, il riconoscimento, entro il loro limite massimo, delle somme relative alle annualità successive al 2017 è posto a conguaglio con la differenza tra quanto già corrisposto in via anticipata nell’annualità precedente e gli oneri effettivamente sostenuti dal Commissario Straordinario nello stesso periodo di riferimento.

In base al comma 133, la copertura degli oneri derivanti dal comma 132 viene garantita mediante una corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Per quanto concerne la dotazione finanziaria del Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075), come risultante dal disegno di legge di bilancio in esame, si rinvia a quanto illustrato nel presente dossier al successivo comma 624, recante la rideterminazione del Fondo medesimo.

 

Trasferimento dei Dipartimenti scientifici dell’Università di Milano
(co. 134-135)

 

Il comma 134 autorizza la spesa di 8 milioni di euro, per il 2017, per l’avvio delle attività di progettazione propedeutiche alla realizzazione delle strutture necessarie per il trasferimento dei Dipartimenti scientifici dell’Università di Milano.

Nella presentazione del 19 luglio 2016, curata dall’Università statale di Milano, si dà conto di una prima ipotesi progettuale per la creazione del Campus dell'Università Statale di Milano nell'Area Expo 2015. In particolare, con riferimento alle possibili fonti di finanziamento del progetto, si indicano in € 130 mln la quota di finanziamento sostenibile dall’ateneo, in € 100/120 mln la quota che potrebbe derivare dalla valorizzazione dell’attuale Città Studi, in € 130 mln la quota di cofinanziamento da parte di istituzioni pubbliche.

La finalità, come evidenziato nella norma stessa, è quella di dare compiuta attuazione al progetto di valorizzazione dell’area Expo 2015 previsto dall’art. 5 del D.L. 185/2015 (v. infra).

 

Il comma 135 disciplina la copertura degli oneri progettuali autorizzati dal comma precedente, disponendo riduzioni di spesa a carico:

dello stanziamento autorizzato dall’art. 10, comma 1, lett. d), della L. 370/1999, per rifinanziare il Fondo integrativo speciale per la ricerca (FISR), per un importo di 3 milioni di euro.

Nel ddl di bilancio 2017, il FISR è allocato sul nuovo cap. 7310 dello stato di previsione del MIUR e, in base alla nota di variazione, che include gli effetti derivanti dal comma in esame, per il 2017 presenta uno stanziamento pari a € 22,8 mln. Fino al 2016, invece, le risorse del Fondo risultavano allocate nello stato di previsione del MEF;

del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), istituito dall’art. 1, comma 870, della L. 296/2006, per un importo di 5 milioni di euro.

Le risorse relative al FIRST sono allocate sul cap. 7245 dello stato di previsione del MIUR e, in base alla nota di variazione, che include gli effetti derivanti dal comma in esame, per il 2017 ammontano a € 43,3 mln.

 

Convenzioni della società AREXPO S.p.A. (co. 136)

 

Il comma 136 consente alla società AREXPO S.p.A. di stipulare convenzioni al fine di avvalersi della collaborazione degli uffici tecnici e amministrativi dei propri soci pubblici e delle società in house di questi ultimi.

Si ricorda che la Società AREXPO S.p.A. ha per oggetto principale l'acquisizione delle aree del sito Expo dai soggetti privati e pubblici anche a mezzo di atti di conferimento e la messa a disposizione di dette aree alla Società Expo 2015 per la progettazione e la realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in vista della manifestazione espositiva, attraverso la costituzione di un diritto di uso o di superficie o di altro diritto che comunque garantisca le finalità per le quali la messa a disposizione è realizzata (come previsto dall’art. 3 dello Statuto).

Alla società AREXPO, con un capitale sociale pari a 94 milioni di euro, partecipano: la regione Lombardia (34,67%), il Comune di Milano (34,67%), E.A. Fiera Internazionale di Milano (27,66%), la Provincia di Milano (2,00%) e il Comune di RHO (1,00%).

L’art. 5 del D.L. 185/2015 ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro, per l'anno 2015, per le iniziative relative alla partecipazione dello Stato nell'attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo, anche mediante partecipazione al capitale della società proprietaria delle stesse e, nell’ambito di tali iniziative, ha attribuito all'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) un primo contributo dell'importo di 80 milioni di euro per l'anno 2015 per la realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca, sentiti gli enti territoriali e le principali istituzioni scientifiche interessate, da attuarsi anche utilizzando parte delle aree in uso a EXPO S.p.a. ove necessario previo loro adattamento (commi 1 e 2). L’IIT è incaricato (dal medesimo comma 2) di elaborare un progetto esecutivo (la cui approvazione è demandata ad un apposito D.P.C.M. su proposta del MEF).

Lo stesso articolo ha previsto, tra l’altro, la definizione delle iniziative finalizzate alla valorizzazione delle aree in questione e delle relative modalità attuative mediante un apposito D.P.C.M. emanato su proposta del MEF e con il supporto tecnico di Cassa depositi e Prestiti S.p.A. (comma 3).

Conseguentemente, è stato adottato il D.P.C.M. del 9 marzo 2016, che, all’art. 2, specifica che, per iniziative di valorizzazione, si intendono le azioni funzionali al riutilizzo delle aree e delle opere realizzate per Expo Milano 2015, nonché allo sviluppo e alla riqualificazione delle stesse, comprese quelle relative alla fase transitoria convenzionalmente denominata “Fast Post Expo”, dirette ad assicurare l’uso collettivo delle aree o di parte di esse, prevenendone, al contempo, il possibile degrado. L’art. 3 del medesimo D.PC.M. ha previsto la partecipazione del MEF al capitale di AREXPO attraverso un intervento finanziario dello Stato attuato con la sottoscrizione di un aumento di capitale sociale, da deliberare ai sensi dell’articolo 2441, comma 5, del codice civile, mediante l’utilizzo, da parte del MEF, delle somme stanziate sul capitolo 7429, denominato “Spese derivanti dalla partecipazione dello Stato nell'attività di valorizzazione delle aree in uso alla Società Expo S.p.A.”, iscritto nello stato di previsione del medesimo Ministero.

 

Partecipazioni azionarie delle province di Milano e di Monza e Brianza nelle società operanti su infrastrutture connesse all’Expo (co. 137-138)

 

Il comma 137 interviene sulla disciplina (prevista dai commi 49, 49-bis e 49-ter dell’art. 1 della L. 56/2014) relativa al subentro, da parte della Regione Lombardia, anche mediante società dalla stessa controllate, in tutte le partecipazioni azionarie di controllo detenute dalla provincia di Milano e le partecipazioni azionarie detenute dalla Provincia di Monza e Brianza nelle società che operano direttamente o per tramite di società controllate o partecipate nella realizzazione e gestione di infrastrutture comunque connesse all'esposizione universale “Expo 2015”. Le modifiche apportate dal comma in esame consistono:

§  nella soppressione del trasferimento alla Città metropolitana di Milano e alla nuova provincia di Monza e di Brianza, in regime di esenzione fiscale, alla data del 31 dicembre 2018, delle partecipazioni originariamente detenute, rispettivamente, dalla provincia di Milano e dalla provincia di Monza e della Brianza (ultimo periodo del comma 49).

§  Si fa notare che la data del 31 dicembre 2018 è stata posticipata di due anni, rispetto a quella inizialmente fissata al 31 dicembre 2016, dal comma 775 della L. 208/2015, che viene contestualmente abrogato dal successivo comma 138.

§  nella conseguente soppressione della norma (recata dal quinto periodo del comma 49-bis) che disciplina gli effetti finanziari del trasferimento di cui al punto precedente;

§  In base al quinto periodo del comma 49-bis, l'eventuale differenza tra il valore rivestito dalle partecipazioni al momento del trasferimento, rispettivamente, alla città metropolitana e alla nuova Provincia di Monza e Brianza e quello accertato al momento del subentro da parte della Regione Lombardia costituisce il saldo, positivo o negativo, del trasferimento delle medesime partecipazioni a favore della città metropolitana e della nuova Provincia, che sarà oggetto di regolazione tra le parti.

§  nella conseguente soppressione delle disposizioni (recate dal quarto e quinto periodo del comma 49-ter) che disciplinano la decadenza dei componenti degli organi societari di amministrazione e di controllo in seguito al trasferimento in questione.

 

Assunzioni per gli enti strumentali degli enti locali e regionali soci di Expo 2015 (co. 139)

 

Il comma 139, fermo il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, prevede la possibilità, per gli enti pubblici non economici strumentali degli enti locali e regionali soci di Expo 2015 di assumere personale a tempo determinato, con durata fino al 31 dicembre 2019, in deroga ai vincoli assunzionali e finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di contratto a tempo determinato (di cui agli articoli da 19 a 29 del D.Lgs. 81/2015).

La norma finalizza la deroga in esame alle attività strettamente funzionali alla manutenzione degli investimenti di compensazione ambientale e per il paesaggio rurale realizzati per l’esposizione universale.

 

Si ricorda che il richiamato D.Lgs. 81/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act) dispone innanzitutto che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a trentasei mesi. Inoltre, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l'eccezione delle attività stagionali, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti (conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro) non può superare i trentasei mesi. Un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.


Articolo 1, comma 140-142
(Fondo da ripartire per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese)

 

 

L’articolo 1, comma 140, istituisce un Fondo per il finanziamento di investimenti in materia di infrastrutture e trasporti, difesa del suolo e dissesto idrogeologico, ricerca, prevenzione del rischio sismico, nonché edilizia pubblica e riqualificazione urbana e sicurezza delle periferie. A tale ultima finalità il comma 141, inserito nel corso dell’esame alla Camera, destina ulteriori finanziamenti, a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.

 

Istituzione del Fondo (comma 140)

 

Il comma 140 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l’anno 2017, 3.150 milioni per l’anno 2018, 3.500 milioni per l’anno 2019 e 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032.

Nel corso dell’esame alla Camera, sono state integrate le finalità del Fondo e sono stati ampliati i settori a cui destinare le risorse.

Sotto il primo profilo, si prevede che il Fondo, oltre ad assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, sia istituito anche al fine di pervenire alla soluzione delle questioni oggetto di procedure di infrazione da parte dell’Unione europea.

Il Fondo generalmente è destinato a finanziare interventi nei seguenti settori:

§  trasporti, viabilità e, a seguito delle modifiche inserite nel corso dell’esame parlamentare, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie;

§  infrastrutture, anche – sulla base di una precisazione inserita alla Camera - relative alla rete idrica e alle opere di collettamento, fognatura e depurazione;

La disposizione fa generico riferimento agli investimenti in infrastrutture. In tale ambito, merita ricordare che il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), in attuazione della legge delega n. 11 del 2016, ha previsto l'abrogazione dei commi da 1 a 5 della legge 21 dicembre 2001, n. 443  (cd. "legge obiettivo") e della disciplina speciale che ha regolato la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale (contenuta nel decreto legislativo n. 163 del 2006). Il nuovo Codice provvede a definire una nuova disciplina per la programmazione e il finanziamento delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese (artt. 200-203). Sono individuati due strumenti per la pianificazione e la programmazione: il piano generale dei trasporti e della logistica e i documenti pluriennali di pianificazione (DPP). Per una disamina delle disposizioni in materia di infrastrutture strategiche adottate nel corso della legislatura si rinvia al relativo tema.

Si ricorda, inoltre, che il regolamento di cui al D.P.R. n. 194 del 2016 (pubblicato nella G.U. del 27 ottobre 2016) reca norme per la semplificazione  e l'accelerazione di procedimenti amministrativi necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione di rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione.

§  ricerca;

§  difesa del suolo e dissesto idrogeologico, nonché - sulla base delle modifiche inserite alla Camera - risanamento ambientale e bonifiche;

Le norme adottate nel corso della legislatura hanno riguardato, da un lato, la disciplina della governance, il coordinamento e la gestione degli interventi, dall’altro, le risorse finanziarie. È stata istituita la struttura di missione contro il dissesto idrogeologico con funzioni di coordinamento in ordine alla programmazione, progettazione e realizzazione di tali interventi. La tabella E della legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) ha disposto un rifinanziamento di 1.950 milioni di euro (50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, 150 milioni di euro per il 2018 e 1.700 milioni di euro per gli anni 2019 e successivi) dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 111, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), utilizzata per la copertura delle esigenze della programmazione antecedente al 2015 nonché della nuova programmazione 2015-2020. Per quanto riguarda le bonifiche, si rinvia al tema web Bonifiche dei siti inquinati e danno ambientale.

§  edilizia pubblica, compresa quella scolastica;

§  attività industriali ad alta tecnologia e sostegno alle esportazioni;

§  informatizzazione dell’amministrazione giudiziaria;

Le risorse stanziate per l’informatizzazione dei servizi della giustizia si ricollegano essenzialmente all’avvio del processo telematico che ha, per ora, trovato principale attuazione nel settore civile.

Un Piano straordinario per la digitalizzazione della giustizia da attuare entro 18 mesi era stato presentato nel marzo 2011. Tale intervento si inquadrava nel Piano e-Gov 2012 che individua nella digitalizzazione della Giustizia un obiettivo prioritario. Le risorse stanziate (rilasciate per stadi di avanzamento) ammontavano a 50 milioni di euro messi a disposizione dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, tramite il Dipartimento per la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica.

Nel bilancio 2016 - nella nota integrativa al bilancio del Ministero della giustizia – venivano indicate risorse per 22,5 mln nel 2016 per l’accelerazione del processo telematico, 17,8 mln nel 2017 e 16,4 mln nel 2018. Nello stesso bilancio 2016, sul cap. 1536 (Fondo interventi strategici finalizzati al recupero efficienza sistema giudiziario e al completamento del processo telematico) erano previsti complessivi 76,6 mln.

L’atto di indirizzo del Ministro della giustizia per il 2017 indica, tra le priorità politiche, la diffusione dei progetti di innovazione per gli uffici giudiziari. In tale ambito si prevede di attingere in modo organico dalle risorse provenienti dai fondi europei per il finanziamento, tra l’altro, dell’estensione del processo civile telematico agli uffici del giudice di pace e dello sviluppo del processo penale telematico.

Nel bilancio 2017, sul cap. 1536, sono stanziati complessivi 81,5 mln per il 2017, 82,5 mln per il 2018 e 82,5 mln per il 2019. La nota integrativa indica i seguenti stanziamenti per il processo telematico:

-     processo civile telematico, 10,9 mln nel 2017, 8 mln nel 2018 e 4,5 mln nel 2019;

-     processo penale telematico, 9,9 mln nel 2017, 10 mln nel 2018 e 7,2 mln nel 2019;

-     infrastrutture per il processo telematico, 8,1 mln nel 2017, 8 mln nel 2018 e 8,1 mln nel 2019.

Nell’attuale legislatura, in relazione al processo civile, la legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012, art. 1, comma 19) - per l'adeguamento dei sistemi informativi hardware e software presso gli uffici giudiziari, per il potenziamento delle reti di trasmissione dati, per la manutenzione dei relativi servizi nonché per gli oneri connessi alla formazione del personale di magistratura, amministrativo e tecnico - ha autorizzato la spesa di 1,32 mln di euro per l'anno 2012, di 5 mln. per il 2013 e di 3,6 mln. a decorrere dall'anno 2014. L’onere è finanziato con quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’aumento del contributo unificato nel processo civile previsto dall’art. 28, comma 2, della legge di stabilità 2012 (Legge. n. 183 del 2011).

Per quanto riguarda la digitalizzazione del processo amministrativo e del processo contabile, rispettivamente, l’art. 13 del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010) e l’art. 20-bis del D.L. n. 179/2012, non hanno previsto specifici stanziamenti, stabilendo che si dovesse provvedere nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Analogamente, per l’attuazione del processo tributario telematico, prevista dal D.L. n. 98/2011 (art. 39, comma 8) e già operativo in alcune regioni, non risultano previste specifiche risorse.

§  prevenzione del rischio sismico.

Per una disamina delle principali norme vigenti in materia di prevenzione sismica, si rinvia al relativo paragrafo del tema web terremoti. In tale ambito, si ricorda che l’articolo 11 del D.L. 39/2009 ha  istituito il Fondo per la prevenzione del rischio sismico. L’VIII Commissione (Ambiente) della Camera sta svolgendo un'indagine conoscitiva sulle politiche di prevenzione antisismica e sui modelli di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 24 agosto 2016.

 

Nel corso dell’esame alla Camera, sono stati altresì inseriti due ulteriori settori:

§  la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;

Per una disamina degli interventi adottati nella XVII legislatura in tale ambito, si veda la sezione “le politiche di riqualificazione urbana” del tema urbanistica sul sito web della Camera.

§  l’eliminazione delle barriere architettoniche.

 

L’operatività del Fondo sarà disciplinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato. Con tali decreti devono essere individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi. Nel corso dell’esame alla Camera, è stato previsto che gli schemi di decreto sono trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia, le quali esprimono il proprio parere entro trenta giorni dalla data dell’assegnazione; decorso tale termine, i decreti possono essere adottati anche in mancanza di tale parere.

La norma prevede, inoltre, che i predetti provvedimenti devono  indicare le modalità di utilizzo dei contributi, sulla base di criteri di economicità e contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti (BEI), con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa (CEB), con la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica.

Si segnala come tale modalità di utilizzo dei contributi, che ne prevede l’impiego anche con ricorso ad operazioni con diverse tipologie di soggetti finanziatori, sia già stata prevista in altre disposizioni legislative, quali in particolare:

§  il recente decreto-legge n. 189 del 2016 (A.S. 2567, in corso d’esame) sul sisma dello scorso mese di agosto, il cui articolo 14 prevede che il commissario straordinario possa stipulare appositi mutui (di durata massima venticinquennale) con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato - pagati agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato- con i medesimi soggetti finanziatori previsti dal comma in esame;

§  l’articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 (L. n. 128/2013) ove, anche in tal caso, si fa riferimento ai soggetti finanziatori previsti dall’articolo 21 in questione, e si dispone il pagamento diretto ai soggetti medesimi da parte dello Stato.

 

Destinazione di ulteriori risorse  al Programma di intervento per la riqualificazione e la sicurezza delle periferie (comma 141)

 

Il comma 141, inserito nel corso dell’esame alla Camera, prevede che con una delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) siano destinate ulteriori risorse a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020, al fine di garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all'articolo 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

La norma in esame prevede altresì che le suddette risorse per il completamento del finanziamento dei progetti selezionati del citato Programma straordinario integrino le risorse stanziate sull'apposito capitolo di spesa del Ministero dell’economia (2097) e quelle assegnate a valere sul Fondo istituito dal comma 140.

 

Il citato comma 974 della legge 208/2015 (legge di stabilità 2015)  ha istituito, per l'anno 2016, il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate.

A tale fine, il comma 978 ha istituito un Fondo per l'attuazione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri con una dotazione finanziaria di 500 milioni di euro per l'anno 2016 sul capitolo 2097 del Ministero dell’economia.

In particolare, le suddette disposizioni, che ricalcano quanto previsto dal  Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, previsto dai commi 431-434 (cap. 2099 del MEF) della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014) sono dirette ai comuni maggiori, al fine di realizzare interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate, l'accrescimento della sicurezza territoriale, il potenziamento della mobilità sostenibile, lo sviluppo di pratiche di inclusione sociale, l'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali, culturali, educativi e didattici (comma 974).

E’ previsto altresì che entro il 31 gennaio 2016 venga emanato il bando con un apposito D.P.C.M. da adottare di concerto con i Ministeri dell'economia, delle infrastrutture e dei beni culturali e sentita la Conferenza unificata (comma 975), finalizzato altresì all’istituzione del "Nucleo di valutazione" dei progetti e per la definizione dei criteri per la valutazione delle proposte (comma 976). Tale bando è stato adottato con il Decreto del presidente del consiglio dei ministri del 25 maggio 2016.

Successivamente, il Presidente del Consiglio dei Ministri emana uno o più decreti per individuare i vincitori, autorizzare la sottoscrizione degli accordi di programma e definire tempi e i modi di realizzazione degli interventi (comma 977).

 

Monitoraggio degli interventi  (comma 142)

 

Il comma 142 dispone che gli interventi finanziati con le risorse del Fondo e quelli di cui al comma 141 siano monitorati ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011.

Si ricorda che il citato decreto ha dato attuazione all’art. 30, comma 9, lettere e), f) e g), della L. n. 196/2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, al fine di garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l'efficienza e l'efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche.

Il decreto legislativo si applica a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, della L. n. 196/2009, e ai soggetti destinatari di finanziamenti a carico del bilancio dello Stato finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche (art. 1, comma 1). Il decreto introduce nuovi obblighi informativi, e opera anche un coordinamento con gli adempimenti previsti dal Codice dei contratti pubblici in merito alla trasmissione dei dati all’autorità di vigilanza. E' prevista l’istituzione, presso ciascuna amministrazione, di un sistema gestionale informatizzato contenente tutte le informazioni inerenti l’intero processo realizzativo dell’opera, con obbligo, tra l’altro, di subordinare l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’effettivo adempimento degli obblighi di comunicazione ivi previsti. La definizione dei contenuti informativi minimi del sistema informativo in argomento è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 5), che è stato emanato in data 26 febbraio 2013 e pubblicato nella G.U. 5 marzo 2013, n. 54.

Il decreto prevede che le amministrazioni provvedano a comunicare i dati, con cadenza almeno trimestrale, alla banca dati istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria Generale dello Stato, ai sensi dell'art. 13 della L. n. 196/2009, denominata «banca dati delle amministrazioni pubbliche».

L’art. 4 del D.Lgs. n. 229/2011 disciplina poi il definanziamento per mancato avvio dell'opera.


Articolo 1, comma 143
(Fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino)

 

 

Istituzione di un Fondo per la realizzazione di investimenti per la conservazione della flauna e della flora e per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 143 prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di un Fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora e per la salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema marino.

La dotazione finanziaria attribuita è pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021.

 

 

Si ricorda che gli Stati membri in materia connessa alla tutela dell'ecosistema possono accedere anche a fondi dell'Unione europea di tutela ambientale.

In particolare, il programma Life è lo strumento finanziario dell'UE che fornisce supporto alla conservazione ambientale ed a progetti relativi al clima. Attivo dal 1992, è stato prorogato per il periodo 2014-2020 con il regolamento (UE) n. 1293/2013. La dotazione prevista per l'intero periodo ammonta a 3,4 miliardi di euro.

Il programma si articola in due componenti: clima e ambiente. Quest'ultima copre tre aree di priorità: ambiente ed efficienza energetica; natura e biodiversità; governance ambientale ed informazione.

Il regolamento (UE) n. 1923/2013 ha altresì previsto la realizzazione di "progetti integrati", che permettono di finanziare piani, programmi e strategie sviluppate a livello regionale, multi-regionale o nazionale.

 L'art. 2, lett. d) del citato regolamento (UE) n. 1923/2013 definisce i progetti integrati come quelli "finalizzati ad attuare su una vasta scala territoriale, in particolare regionale, multi-regionale, nazionale o transnazionale, piani o strategie ambientali o climatici previsti dalla legislazione dell'Unione in materia ambientale o climatica, sviluppati sulla base di altri atti dell'Unione o elaborati dalle autorità degli Stati membri principalmente nei settori della natura, inclusa, tra l'altro, la gestione della rete Natura 2000, dell'acqua, dei rifiuti, dell'aria nonché della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento ai medesimi, garantendo nel contempo la partecipazione delle parti interessate e promuovendo il coordinamento e la mobilitazione di almeno un'altra fonte di finanziamento dell'Unione, nazionale o privata pertinente".

Le premesse al regolamento esplicitano che i progetti integrati dovrebbero, tra l'altro, fornire esempi di buone pratiche per un'attuazione efficace e ben coordinata della politica ambientale e climatica dell'Unione negli Stati membri e nelle regioni (par. 24). Pur essendo incentrati sui temi individuati, dovrebbero inoltre costituire meccanismi di attuazione plurifunzionali (ad esempio finalizzati a garantire benefici ambientali e rafforzamento delle capacità) che consentono di ottenere risultati in altri settori, in particolare l'ambiente marino (par. 25).

 

Per l'Italia è stato approvato il progetto integrato LIFE IP Gestire 2020 con l'obiettivo di dare vita ad una struttura di gestione integrata regionale in Lombardia. Il progetto prevede, tra l'altro, di incrementare l'efficacia delle azioni di conservazione della biodiversità (ad esempio nell'affrontare il problema delle specie esotiche invasive). Le attività avranno luogo tra il 2016 ed il 2023, con un budget totale di circa 17 milioni di euro, 10 dei quali provenienti dall'Unione europea.

Attività ambientali possono, inoltre, essere finanziate anche tramite il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) o il Fondo sociale europeo (FSE) nella forma, ad esempio, di formazione per giovani ed imprenditori per la creazione di posti di lavoro "verdi".

 

In materia di salvaguardia della biodiversità e dell'ecosistema, si ricorda che è in corso d'esame parlamentare il disegno di legge recante "Nuove disposizioni in materia di aree protette", approvato dal Senato (A.S. 119 ), ora all'esame della Camera (A.C. 4144), che reca, tra l'altro, all'articolo 26, una articolata delega al Governo per l'introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici.

 

 


Articolo 1, commi 144-145
(Realizzazione di ciclovie turistiche)

 

 

L’articolo 1, comma 144, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, attribuisce ulteriori risorse per la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, nonché per la progettazione e la realizzazione di ciclostazioni e di interventi concernenti la sicurezza della circolazione ciclistica cittadina, ad integrazione di quanto stanziato ai sensi dell’articolo 1, comma 640, della legge n. 208 del 2015. Il comma 145 precisa che i progetti finanziati a valere su tali risorse saranno individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Al fine di realizzare gli interventi descritti sono attribuite risorse per 13 milioni di euro per l'anno 2017, di 30 milioni di euro per l'anno 2018 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.

 

Le norme in commento si pongono quindi in continuità con quanto stabilito dall’articolo 1, comma 640, della scorsa legge di stabilità (legge n. 208 del 2015) che aveva assegnato 17 milioni di euro per l’anno 2016 e 37 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 per le finalità sopra indicate.

A differenza della disposizione attuale, che non prevede interventi prioritari specifici, rimettendo l’individuazione dei progetti finanziati a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, l’articolo 1, comma 640, individuava quattro interventi connotati da priorità e precisamente: la ciclovia del Sole Verona-Firenze; la ciclovia VenTo Venezia Torino; il Grab Roma e la Ciclovia dell'acquedotto pugliese da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia.

 

Rispetto a tali interventi si segnala che il 27 luglio 2016 sono stati sottoscritti i primi tre protocolli d'intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo e le regioni competenti, per la progettazione e la realizzazione delle ciclovie turistiche nazionali citate. I tre protocolli d'intesa riguardano in particolare la progettazione e la realizzazione della Ciclovia Ven-To, da Venezia (VE) a Torino (TO); la Ciclovia del Sole, da Verona (VR) a Firenze (FI) e la Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese, da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE).

Il 21 settembre 2016 è stato infine sottoscritto il protocollo d'intesa per il "GRAB", il Grande Raccordo Anulare delle Bici, tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il sindaco di Roma Capitale, che avvia il percorso amministrativo per la progettazione e la realizzazione delle opere relative alla citata ciclovia.

I protocolli d’intesa sottoscritti prevedono che i soggetti interessati assumano le decisioni necessarie per la progettazione, la predisposizione delle gare e la realizzazione degli interventi ed individuano anche un cronoprogramma che, dopo la sottoscrizione dei protocolli e lo stanziamento dei fondi per la progettazione, preveda la progettazione dei tracciati, la stipula di accordi di programma con gli enti locali interessati dai percorsi, le prime gare per la realizzazione delle ciclovie e l’apertura dei primi cantieri entro l’anno 2017. La chiusura dei primi cantieri è prevista per l’anno 2018. In tale anno dovrebbero essere effettuate ulteriori gare per la realizzazione delle ciclovie con l'apertura e la chiusura degli ultimi cantieri.

Il 4 maggio 2016, è stato poi presentato dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, un masterplan per dare vita ad una rete infrastrutturale italiana delle ciclovie turistiche.

 

Si segnala infine che in materia di mobilità ciclistica sono in corso di esame i seguenti provvedimenti legislativi:

a) la proposta di legge C. 2305 “Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica” rispetto alla quale è stato concluso l’esame in sede referente e, dopo la discussione generale svoltasi nella giornata del 17 ottobre 2016, è stato deliberato, nella seduta del 19 ottobre 2016, il rinvio in Commissione IX.

 

Nell’ambito della citata proposta di legge è prevista una definizione di ciclovia. A differenza della pista ciclabile, definita normativamente nel codice della strada, non esiste infatti una definizione normativa nazionale di ciclovia o di ciclostrada.

All’articolo 1 della citata proposta di legge la ciclovia è definita come “un itinerario che consenta il transito delle biciclette nelle due direzioni, dotato di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti o infrastrutture che rendono la percorrenza ciclistica più agevole e sicura”. Tale definizione è analoga a quella prevista dalla legge regionale n. 1 del 23 gennaio 2013, della regione Puglia, e dalla legge regionale n. 3, della regione Abruzzo che definiscono le ciclovie come “itinerari idonei al transito delle biciclette, dotati di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti e/o infrastrutture che rendono agevole la percorrenza ciclistica e le assicurano gradi di sicurezza variabili”. Tali leggi, in maniera analoga a quanto previsto dalla proposta di legge A. C. 2305, qualificano anche le diverse categorie di ciclovie (nell’ambito delle quali rientrano, ad esempio, le piste ciclabili, le corsie ciclabili, le strade ciclabili e altro).

 

b) il testo unificato dei progetti di legge delega per la riforma del codice della strada (T. U. C. 731 e C. 1588), approvato dalla Camera dei deputati il 9 ottobre 2014 ed attualmente all'esame del Senato (S. 1638) che contiene anche principi di delega in materia di mobilità ciclistica;

c) l’A.C. 72 e abbinate, concernente “Norme per la tutela e la valorizzazione del patrimonio ferroviario in abbandono e la realizzazione di una rete della mobilità dolce” che contiene anche alcune norme in tema di mobilità ciclistica.


Articolo 1, comma 146
(Criteri di indennizzo dei figli delle vittime di omicidio commesso dal coniuge)

 

 

Il comma 146, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, prevede che nella determinazione dei limiti dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti sia assicurato, in particolare, un maggior ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge o dal partner.

 

La disposizione modifica il comma 3 dell'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2015-2016), prevedendo che il decreto ministeriale che dovrà determinare - nell'ambito delle risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 14 della suddetta legge - i limiti dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti debba assicurare, in particolare, un maggior ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge (o dall’ex coniuge) nonché da persona che ad essa è stata legata da relazione affettiva.

 

L’articolo 11 della legge n. 122 del 2016  statuisce, in attuazione della direttiva 2004/80/CE, in ordine al diritto all’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti. Più in particolare il comma 1 della disposizione riconosce, facendo salve le provvidenze in favore delle vittime di determinati reati previste da altre disposizioni di legge, ove più favorevoli, il diritto all'indennizzo a carico dello Stato alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona e comunque del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ad eccezione dei reati di percosse e di lesioni non aggravati. Ai sensi del comma 2 l'indennizzo è concesso per la rifusione delle spese mediche e assistenziali, salvo che per i fatti di violenza sessuale e di omicidio, in favore delle cui vittime l'indennizzo è comunque elargito anche in assenza di spese mediche e assistenziali. Il comma 3 demanda ad un successivo decreto interministeriale (decreto del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) la determinazione degli importi dell'indennizzo, garantendo un maggior ristoro alle vittime dei reati di violenza sessuale e di omicidio.

L’articolo 14 della stessa legge europea rinomina il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura come “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti”, attribuendo ad esso anche la copertura degli indennizzi delle vittime dei reati di cui all’articolo 11 del disegno di legge in esame.

 

Si segnala che i commi 351 e 352 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame destinano all’indennizzo delle vittime dei reati  intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile (si rinvia alla relativa scheda di lettura per la ricostruzione della disciplina legislativa in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali).


Articolo 1, comma 147
(Interventi sugli impianti sportivi)

 

 

Il comma 147 – inserito durante l’esame alla Camera - riguarda l’utilizzo delle risorse del Fondo “Sport e periferie”.

 

In particolare, esclude dal piano pluriennale degli interventi per il potenziamento dell'attività sportiva in aree svantaggiate e zone periferiche urbane, finanziato con le risorse del Fondo “Sport e Periferie” (art. 15 del D.L. 185/2015-L. 9/2016), i progetti ammessi nel piano, già finanziati con altre risorse pubbliche.

E’ fatta salva la possibilità, in sede di rimodulazione annuale del piano, di destinare le relative risorse al finanziamento di altri interventi relativi a proposte presentate dal medesimo soggetto, nei termini e nei modi già previsti dal CONI, purché risultino di analogo o inferiore importo e posseggano i requisiti richiesti. A tal fine, sono necessari la richiesta del proponente, la previa valutazione del CONI e il previo accordo con l’ente proprietario.

Allo scopo, introduce il comma 3-bis nell’art. 15 del citato D.L. 185/2015.

 

L’art. 15 del D.L. 185/2015 (L. 9/2016) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, per essere poi trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e, da qui, al CONI, il Fondo “Sport e periferie”, dotato di € 20 mln nel 2015, € 50 mln nel 2016, ed € 30 mln nel 2017 e finalizzato, in particolare, al potenziamento dell’attività sportiva agonistica e allo sviluppo della relativa cultura in aree svantaggiate e zone periferiche urbane.

Per la realizzazione degli interventi – per la quale è possibile utilizzare le procedure semplificate previste dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, co. 304, L. 147/2013) - ha previsto la presentazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri, da parte del CONI, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un piano relativo ai primi interventi urgenti e, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, di un piano pluriennale degli interventi, rimodulabile entro il 28 febbraio di ogni anno, disponendone l’approvazione con DPCM.

Infine, ha disposto che il CONI presenta alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione annuale sull’utilizzo dei fondi assegnati e sullo stato di realizzazione degli interventi finanziati con il Fondo. La Presidenza del Consiglio dei ministri, a sua volta, trasmette la relazione alle Camere.

Il piano degli interventi urgenti è stato approvato con D.P.C.M. 1 febbraio 2016, per un costo complessivo di € 27.500.000.

Le modalità di presentazione delle proposte di intervento in vista della predisposizione del piano pluriennale sono state pubblicate dal CONI sul proprio sito il 3 febbraio 2016 e prevedono, fra l’altro, la previa sottoscrizione di accordi con i soggetti proprietari.

La proposta di piano pluriennale – che, in base alle informazioni disponibili sul sito del CONI, è in attesa di approvazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di registrazione presso gli organi di controllo - è stata presentata il 12 ottobre 2016.

 


Articolo 1, commi 148-159
(
Misure per l’attrazione degli investimenti)

 

 

I commi da 148 a 159, modificati durante l’esame presso la Commissione bilancio, recano una serie di agevolazioni fiscali e finanziarie volte ad attrarre investimenti esteri in Italia, introducendo una specifica disciplina, all’interno delle norme in materia di immigrazione, volta a facilitare l’ingresso in Italia di potenziali beneficiari di norme finanziarie di favore con l’obiettivo di attrarre investitori nel territorio dello Stato.

Inoltre, si interviene sugli incentivi per il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero, rendendo strutturale la misura che consente di abbattere, per un determinato periodo di tempo, la base imponibile a fini IRPEF e IRAP in favore dei predetti soggetti.

Viene esteso ai lavoratori autonomi l’abbattimento della base imponibile IRPEF attualmente spettante ai lavoratori altamente qualificati o specializzati che rientrano in Italia, innalzando anche la misura dell’agevolazione.

La normativa introduce un’imposta sostitutiva forfettaria sui redditi prodotti all’estero: le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia possono optare per l’applicazione di una imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, calcolata forfettariamente, a specifiche condizioni.

Al fine di favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’interno, sono individuate forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto d’ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia.

I medesimi Ministri provvedono ad individuare analoghe forme di agevolazione nella trattazione delle domande connesse con start-up innovative, riguardanti iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.

 

Ingresso e soggiorno per investitori

 

Il comma 148 introduce una specifica disciplina, all’interno delle norme in materia di immigrazione, volta a facilitare l’ingresso in Italia di potenziali investitori.

A tal fine viene inserito l’articolo 26-bis nel testo unico immigrazione, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998 che consente l’ingresso e il soggiorno nello Stato per periodi superiori a tre mesi, al di fuori delle quote di cui all’articolo 3, comma 4, agli stranieri che intendono effettuare:

a)   un investimento di almeno 2 milioni di euro in titoli emessi dal governo italiano, da mantenere per almeno 2 anni;

b)  un investimento di almeno 1 milione di euro in strumenti rappresentativi del capitale di una società costituita e operante in Italia, mantenuto anche esso per almeno 2 anni; durante l’esame parlamentare l’agevolazione è stata estesa anche agli investimenti di importo inferiore, ossia di almeno euro 500.000, se effettuati in start-up innovative iscritte nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese;

c)   una donazione a carattere filantropico di almeno 1 milione di euro a sostegno di un progetto di pubblico interesse, nei settori della cultura, istruzione, gestione dell’immigrazione, ricerca scientifica, recupero di beni culturali e paesaggistici.

 

Si osserva che non risulta alcuna definizione normativa circa il carattere filantropico di una donazione.

 

Sono richieste le seguenti, ulteriori condizioni per i soggetti predetti. Essi devono:

1)   dimostrare di essere titolari e beneficiari effettivi degli importi corrispondenti agli investimenti o donazioni di cui alle lettere a), b) e c), importo che deve essere in ciascun caso disponibile e trasferibile in Italia;

2)   presentare una dichiarazione scritta in cui si impegnano a utilizzare i fondi predetti per effettuare un investimento o una donazione filantropica, secondo i criteri delle richiamate lettere a), b) e c), entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia;

3)   dimostrare di avere risorse sufficienti, in aggiunta rispetto ai fondi di cui sono titolari e beneficiari (di cui al numero 1) e in misura almeno superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, per il proprio mantenimento durante il soggiorno in Italia.

 

In proposito è opportuno ricordare che in Italia l'immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, tra cui il decreto annuale sui flussi, che determina la quota di ingressi per lavoro subordinato e autonomo consentita nell'anno di riferimento (art. 3, comma 4, T.U.).

Il T.U. immigrazione, prevede accanto a questa procedura ordinaria, la possibilità di assumere al di fuori delle quote fissate dal decreto flussi, e attraverso procedure semplificate, lavoratori appartenenti a specifiche categorie, tra cui: dirigenti; professori universitari; traduttori ed interpreti; artisti e personale artistico e tecnico per spettacoli; sportivi professionisti; giornalisti corrispondenti; infermieri professionali (art. 27).

Successivamente, in attuazione della normativa comunitaria, sono state introdotte specifiche agevolazioni in ordine all'ingresso e al soggiorno di alcune categorie di stranieri quali:

§  volontari (art. 27-bis, introdotto dal D.Lgs. 154/2007 recante attuazione della direttiva 2004/114/UE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato);

§  ricercatori (art. 27-ter introdotto dal D.Lgs. 17/2008 recante attuazione della direttiva 2005/71/UE relativa ad una procedura specificamente concepita per l'ammissione di cittadini di Paesi terzi a fini di ricerca scientifica);

§  lavoratori altamente qualificati destinatari della c.d. Carta blu UE (art. 24-quater introdotto dal D.Lgs. 108/2012 recante attuazione della direttiva 2009/50/UE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati);

§  dirigenti, lavoratori specializzati e lavoratori in formazione, nell'ambito di trasferimenti intra-societari (art. 24-quinquies introdotto dallo schema di D.Lgs. recante attuazione della direttiva 2014/66/UE).

 

Il comma 2 dell’articolo 26-bis demanda l’individuazione della procedura per l’accertamento dei predetti requisiti (su richiesta dello straniero) ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’interno e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da emanarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Inoltre stabilisce che lo straniero debba presentare i seguenti documenti:

a)   copia del documento di viaggio in corso di validità con scadenza superiore di almeno tre mesi a quella del visto richiesto;

b)  documentazione comprovante la disponibilità della somma minima necessaria ad effettuare investimenti e donazioni (di cui al comma 1, lettera c), numero 1) dell’articolo 26-bis), e che la somma in questione può essere trasferita in Italia;

c)   certificazione della provenienza lecita dei medesimi fondi

d)  dichiarazione scritta contenente l’impegno a utilizzare i fondi per lo scopo di legge (effettuare un investimento o una donazione filantropica, di cui al comma 1, numero 2)), che contenga una descrizione dettagliata delle caratteristiche e del destinatario/destinatari dell’investimento o donazione.

Ai sensi del comma 3 si prevede che l’autorità amministrativa individuata con le disposizioni attuative delle norme in esame (di cui al comma 1: rectius comma 2), all’esito di una valutazione positiva della documentazione ricevuta, trasmette il nulla osta alla rappresentanza diplomatica o consolare competente per territorio che, compiuti gli accertamenti di rito, rilascia il visto di ingresso per investitori con l’espressa indicazione “visto investitori”.

 

Durante l’esame parlamentare all’articolo 26-bis è stato aggiunto un comma 3-bis il quale, ferma restando l'applicazione della disciplina antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231 del 2007), dispone che per la preliminare verifica sulla sussistenza delle condizioni per il rilascio del richiamato nulla osta l'autorità amministrativa trasmette tempestivamente all'Unità di informazione finanziaria le comunicazioni che attestano la provenienza lecita dei fondi.

Unitamente a tali comunicazioni sono trasmessi ogni altra informazione, documento o atto disponibili sul soggetto che intende avvalersi della procedura per ottenere il visto per investitori, i quali siano ritenuti utili ai fini della verifica.

Con le norme attuative (di cui al comma 2 dell’articolo 26-bis) sono altresì disciplinate le forme e le modalità di attuazione delle predette verifiche preliminari, da concludere entro quindici giorni dalla trasmissione della richiamata documentazione, del relativo scambio di informazioni e della partecipazione richiesta agli organi di cui all'articolo 8, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007.

Il comma 4 dispone il rilascio, al titolare del visto per investitori, di un permesso di soggiorno biennale conforme alla normativa nazionale, recante la dicitura “per investitori” e revocabile anche prima della scadenza quando l’autorità amministrativa competente comunica alla questura che lo straniero non ha effettuato l’investimento o la donazione entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia.

Per effetto delle modifiche parlamentari, si precisa che detto visto è revocato anche quando il soggetto interessato ha dismesso l'investimento prima della scadenza del termine di due anni.

 

Si dispone (comma 5) che il permesso di soggiorno “per investitori” è rinnovabile per periodi ulteriori di tre anni, previa valutazione positiva, da parte dell’autorità amministrativa competente, della documentazione comprovante che la somma da destinare a investimenti o donazioni filantropiche è stata interamente impiegata entro tre mesi dalla data di ingresso in Italia e che risulta ancora investita negli strumenti finanziari individuati dalla legge.

Per il rinnovo del permesso di soggiorno (comma 6), l’autorità amministrativa competente, all’esito di una valutazione positiva della documentazione ricevuta, trasmette il nulla osta alla questura della provincia in cui il richiedente dimora che provvede al rinnovo del permesso di soggiorno.

Infine (comma 7), secondo le ordinarie regole relative all’immigrazione, - ai sensi dell’articolo 29, comma 4 del Testo Unico - è consentito l’ingresso, al seguito dello straniero detentore del visto per investitori, dei familiari con cui è consentito il ricongiungimento ai sensi dello stesso dell’articolo 29 T.U. Ad essi è rilasciato un visto per motivi familiari ai sensi dell’articolo 30 T.U.

 

Il T.U. immigrazione prevede la possibilità di esercitare il diritto all’unità familiare attraverso l’istituto del ricongiungimento dei familiari residenti all’Estero, dietro richiesta dello straniero già soggiornante nel nostro Paese e previa disponibilità di un alloggio, di un reddito minimo annuo non inferiore all’assegno sociale e di una assicurazione sanitaria.

È, inoltre, possibile, ai sensi dell’articolo 29, comma 4, l’ingresso del familiare al seguito di uno straniero con idoneo titolo di soggiorno o di visto di ingresso, a condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di cui sopra (alloggio, reddito e assicurazione sanitaria).

 

Durante l’esame parlamentare è stato introdotto il comma 7-bis, che prevede una nuova ipotesi di reato che si realizza ove, nell'ambito della procedura di richiesta del “visto investitori”, siano esibiti o trasmessi atti o documenti falsi ovvero siano forniti dati e notizie non rispondenti al vero. In tali ipotesi si prevede la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. In relazione alla certificazione sulla provenienza lecita dei fondi per l’investimento, si applicano i reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di autoriciclaggio ove ne ricorrano i presupposti di legge (articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 del codice penale), nonché del reato di trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del D.L 8 giugno 1992, n. 306).

Rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero

Il comma 149 modifica la vigente disciplina degli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori e docenti residenti all’estero, rendendo strutturale la misura che consente, per un determinato periodo di tempo, di abbattere la base imponibile a fini IRPEF e IRAP.

Tale norma, introdotta originariamente dall’articolo 3 del decreto-legge n. 269 del 2003 è stata da ultimo riproposta dall’articolo 44 del decreto-legge n. 78 del 2010, da ultimo modificato per effetto dell’articolo 1, comma 14 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

L’articolo 44 richiamato prevede un’agevolazione fiscale, operante ai fini IRPEF e IRAP, per incentivare i ricercatori e i docenti residenti all’estero ad esercitare in Italia la loro attività. Essa consiste nell’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo, a fini IRPEF (e dalla base imponibile IRAP, ai sensi del comma 2), del novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, ove siano in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che, a partire dal 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. n. 78 del 2010) ed entro i sette anni solari successivi, vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato. Tali emolumenti non concorrono altresì alla formazione del valore della produzione netta dell’imposta regionale sulle attività produttive. Ai sensi del comma 3 del predetto articolo 44, le disposizioni agevolative trovano applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2011, nel periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei tre periodi d’imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.

 

Il comma 149 in commento elimina dall’articolo 44, comma 1, il riferimento ai sette anni successivi al 31 maggio 2010, in relazione al trasferimento in Italia dei potenziali destinatari dell’agevolazione. Di conseguenza, per effetto delle modifiche in esame, le norme di favore trovano applicazione a tutti i docenti e ricercatori trasferitisi dopo il 31 maggio 2010, senza termine finale.

Resta fermo il carattere temporaneo dell’agevolazione: l’abbattimento di base imponibile si riferisce al periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e ai tre periodi successivi.

Regime speciale per il rientro dei lavoratori qualificati

Il comma 150 intende estendere l’ambito applicativo e la misura delle agevolazioni, di carattere temporaneo, che spettano ai lavoratori altamente qualificati o specializzati che rientrano in Italia secondo l’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015.

 

 

Il richiamato articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015, modificato dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 259 della legge n. 208 del 2015), ha inteso ridisciplinare la materia del rientro dei lavoratori all’estero. In particolare, le norme hanno introdotto una agevolazione temporanea per i lavoratori che rivestono ruoli direttivi, ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e impegnandosi a permanere in Italia per almeno due anni, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato. Per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF nella misura del settanta per cento del suo ammontare. L’attività lavorativa va prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi.

Le medesime norme hanno chiarito che i lavoratori rientrati in Italia beneficiando della parziale detassazione IRPEF disposta della legge 30 dicembre 2010, n. 238, entro il 31 dicembre 2015, hanno potuto optare per l’applicazione, con le modalità definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate da emanarsi entro il 1° aprile 2016 (tre mesi dall’entrata in vigore della norma in esame), nel periodo in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, tra:

§  il regime disposto dalla legge n. 238/2010, nei limiti e alle condizioni indicati dalla legge stessa; l’agevolazione consiste nella parziale detassazione IRPEF dei redditi di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa; tali redditi concorrono alla base imponibile nella misura, rispettivamente, del 20 per cento per le lavoratrici e del 30 per cento per i lavoratori (con detassazione rispettivamente dell’ottanta e del settanta per cento);

§  in alternativa, il regime previsto dall’articolo 16 del D.Lgs. 147/2015, che dispone, in presenza dei requisiti di legge, di sottoporre il reddito di lavoro dipendente a IRPEF per il settanta per cento del suo ammontare (con detassazione del 30 per cento).

Le modalità di esercizio dell’opzione sono state regolate dal Provvedimento dell’Agenzia delle entrate del 29 marzo 2016.

Le norme attuative dell’articolo 16 sono contenute nel Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 26 maggio 2016.

 

Più in dettaglio, il comma 150, lettera a) n. 1 modifica il comma 1 dell’articolo 16, al fine di ammettere alla detassazione parziale anche i redditi di lavoro autonomo.

Con le modifiche di cui al n. 2 della lettera a) viene inoltre innalzato dal trenta al cinquanta per cento l’ammontare di reddito esente da IRPEF.

La lettera b) del comma 150 - introducendo il comma 1-bis all’articolo 16 - chiarisce che, ai fini dell’accesso alle agevolazioni, non si applicano ai lavoratori autonomi alcune condizioni attualmente previste dalla legge per l’accesso all’agevolazione (di cui al comma 1, lettere b) e d) dell’articolo 16), e cioè:

§  che l’attività lavorativa sia svolta in forza di un rapporto di lavoro instaurato con un’impresa residente;

§   che i lavoratori rivestano specifici ruoli direttivi o siano in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione definiti dalle norme secondarie.

Con la lettera c) viene inserita, alla fine del comma 2,  una norma che estende l’agevolazione anche ai cittadini di Stati, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un titolo di laurea che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi, ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

La relazione illustrativa chiarisce che la disposizione introdotta intende evitare discriminazioni ed ampliare il novero dei soggetti beneficiari.

 

Il comma 151 stabilisce la decorrenza delle norme così introdotte.

In particolare, le norme che ampliano l’ammontare del reddito detassato e le norme che estendono le agevolazioni ai cittadini extra UE (comma 3, lettera a), n. 2 e lettera c)) si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2017.

Si prevede inoltre che l’innalzamento al cinquanta per cento della quota di reddito esente da IRPEF (comma 150, lettera a), n. 2) si applichi, per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020, anche ai lavoratori dipendenti che nell’anno 2016 hanno trasferito la residenza nel territorio dello Stato (ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), e ai soggetti che, nel medesimo anno 2016 hanno esercitato l’opzione ai sensi del comma 4 dell’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

In sostanza, per le annualità 2017-2020 viene esentato da IRPEF il cinquanta per cento del reddito dei lavoratori dipendenti che hanno acquisito la residenza in Italia nel 2016 e quello dei soggetti, destinatari della legge n. 238 del 2010, che nell’anno 2016 hanno scelto invece di applicare il nuovo regime del predetto articolo 16.

Tali categorie di soggetti, per effetto delle norme proposte, per i rimanenti quattro anni dell’agevolazione (atteso che già nel 2016 hanno fruito della riduzione dell’imponibile per il trenta per cento) hanno diritto a una riduzione dell’imponibile in misura più elevata (cinquanta per cento).

Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero

I commi da 152 a 154 e da 157 a 159 dell’articolo 22 introducono un’imposta sostitutiva forfettaria sui redditi prodotti all’estero.

In particolare il comma 152 – introducendo un articolo 24-bis nel Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 - consente alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia di optare per l’applicazione di una imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero, a specifiche condizioni.

Destinatari della norma (comma 1 del nuovo articolo 24-bis) sono le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2 TUIR. Esse non devono essere state residenti in Italia in almeno nove dei dieci periodi d’imposta che precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione. L’imposta sostitutiva colpisce i redditi prodotti all’estero, individuati ai sensi dell’articolo 165, comma 2 del TUIR, norma che rinvia ai criteri di cui all’articolo 23 TUIR.

 

In assenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni, il reddito si considera prodotto all’estero sulla base di criteri reciproci rispetto a quelli previsti dal menzionato articolo 23 del TUIR, che individua i redditi prodotti nel territorio dello Stato in relazione alle diverse tipologie.

 

L’imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c) TUIR), realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’opzione. Esse rimangono comunque soggette al regime ordinario di imposizione (di cui all’articolo 68, comma 3 TUIR: esse concorrono alla formazione del reddito, al netto delle relative minusvalenze, nella misura del 49,72% secondo quanto disposto dal D.M. 02 aprile 2008).

Il comma 2 del nuovo articolo 24-bis del TUIR fissa la misura dell’imposta sostitutiva, calcolata in via forfettaria, a prescindere dall’importo dei redditi percepiti, nella misura di 100.000 euro per ciascun periodo d’imposta in cui è valida la predetta opzione.

L’importo è ridotto a 25.000 euro per ciascun periodo d’imposta per ciascuno dei familiari (di cui al comma 6) a cui il soggetto passivo può chiedere di estendere l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

L’imposta è versata in un’unica soluzione entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi. Per l’accertamento, la riscossione, il contenzioso e le sanzioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Essa non è deducibile da nessuna altra imposta o contributo.

 

Il comma 3 disciplina la procedura per l’esercizio dell’opzione. L’opzione può infatti essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello probatorio, presentata all’Agenzia delle entrate, in base all’articolo 11, comma 1, lettera b), dello Statuto dei contribuenti (legge n. 212 del 2000).

 

Si rammenta che il D.Lgs. n. 156 del 7 ottobre 2015 ha riformato la disciplina degli interpelli in attuazione della legge 11 marzo 2014, n. 23 (legge di delega fiscale).

Tra le forme di interpello ivi disciplinate, l’interpello probatorio (comma 1, lettera b) dello Statuto dei contribuenti) riguarda la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge.

 

L’opzione va esercitata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza in Italia; è efficace a decorrere da tale periodo d’imposta.

Nell’opzione deve essere indicata la giurisdizione o le giurisdizioni dell’ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’Agenzia delle entrate trasmette tali informazioni, attraverso gli idonei strumenti di cooperazione amministrativa, alle autorità fiscali delle giurisdizioni indicate come luogo di ultima residenza fiscale prima dell’esercizio di validità dell’opzione.

Ai sensi del comma 4 l’opzione è revocabile; comunque cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d’imposta di validità.

Gli effetti dell’opzione cessano in ogni caso in ipotesi di omesso o parziale versamento, in tutto o in parte, dell’imposta sostitutiva, nella misura e nei termini previsti dalle vigenti disposizioni di legge, fatti salvi gli effetti prodotti nei periodi d’imposta precedenti. La revoca o la decadenza dal regime precludono l’esercizio di una nuova opzione.

 

Il comma 5 dell’articolo 24-bis consente di scegliere, per sé o per i propri familiari, di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con riferimento ai redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio dell’opzione, ovvero con successiva modifica della stessa.

Soltanto in tal caso, per i redditi prodotti nei suddetti Stati o territori esteri espressamente indicati si applica il regime ordinario e compete il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. Ai fini dell’individuazione dello Stato o territorio estero in cui sono prodotti i redditi, si applicano i criteri di cui al già menzionato articolo 23 TUIR.

 

Ai sensi dell’articolo 24-bis, comma 6, il beneficiario dell’opzione può chiedere che essa venga estesa, nel corso di tutto il periodo di validità, a uno o più familiari individuati dall’articolo 433 del codice civile: si tratta dei soggetti obbligati a prestare gli alimenti nei casi disposti dal codice civile, ossia il coniuge, i figli anche adottivi (in loro mancanza, i discendenti prossimi), i genitori (in loro mancanza, gli ascendenti prossimi) e gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle germani o unilaterali.

Per usufruire dell’imposta sostitutiva i familiari si devono trovare nelle medesime condizioni poste dal comma 1 dell’articolo 24-bis in esame: devono avere trasferito la propria residenza fiscale in Italia, ma non devono essere state residenti fiscalmente nello Stato per un periodo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

In tale ipotesi, il soggetto che esercita l’opzione indica la giurisdizione o le giurisdizioni in cui i familiari a cui si estende il regime avevano l’ultima residenza prima dell’esercizio di validità dell’opzione. L’estensione dell’opzione può essere revocata in relazione ad uno o più familiari. La revoca dall’opzione o la decadenza dal regime del soggetto che esercita l’opzione si estendono anche ai familiari.

Tuttavia, la decadenza dal regime di uno o più dei familiari per omesso o parziale versamento dell’imposta sostitutiva loro riferita non comporta decadenza dal regime per le persone fisiche che hanno esercitato l’opzione in prima persona.

 

Il comma 153 reca alcune disposizioni applicative del nuovo regime. In particolare, i soggetti che esercitano l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi esteri per i periodi d’imposta di validità dell’opzione ivi prevista:

§  non sono tenuti agli obblighi di dichiarazione di attività e investimenti esteri (cui all’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167);

§  sono esenti dall’imposta sul valore degli immobili situati all’estero - IVIE e dall’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio - IVAFE, rispettivamente previste dall’articolo 19, commi 13 e 18, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.

Analoghe agevolazioni si applicano ai familiari cui è estesa l’opzione (ai sensi del comma 6 dell’articolo 24-bis).

 

Il comma 154 chiarisce che gli effetti dell’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero non sono cumulabili con gli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero (di cui all’articolo 44 del decreto-legge n. 78 del 2010), né con le agevolazioni per il rientro dei lavoratori qualificati (articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147), per i quali si veda più approfonditamente supra.

 

Il comma 157 demanda ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, le modalità applicative per l’esercizio, la modifica o la revoca dell’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero.

 

Con il comma 158 si prevede che, per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione prevista dall’articolo 24-bis TUIR, introdotto dalle norme in esame, l’imposta sulle successioni e donazioni sia dovuta limitatamente ai beni e diritti esistenti nello Stato al momento della successione o della donazione.

 

Il nuovo regime (comma 159) si applica ai redditi relativi all’anno d’imposta 2017 (dunque a partire dagli adempimenti dichiarativi per l’anno successivo).

Forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno

Il comma 8 dell’articolo 22 affida a un decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’interno,  il compito di individuare forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno applicabili a chi trasferisce la propria residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’introdotto articolo 24-bis TUIR, al fine di favorire l’ingresso di significativi investimenti in Italia, anche preordinati ad accrescere i livelli occupazionali.

Il comma 9 affida a un decreto dei medesimi ministeri (Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell’interno), nel rispetto della normativa vigente nazionale ed europea, l’individuazione di forme di agevolazione nella trattazione delle domande di visto di ingresso e di permesso di soggiorno connesse con start-up innovative, con iniziative d’investimento, di formazione avanzata, di ricerca o di mecenatismo, da realizzare anche in partenariato con imprese, università, enti di ricerca ed altri soggetti pubblici o privati italiani.

 


Articolo 1, commi 160-162
(Premio di produttività e welfare aziendale)

 

 

Il comma 160 reca, in primo luogo, alcune modifiche alla disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. In secondo luogo, il comma 160 reca norme su alcuni valori, somme o servizi, percepiti o goduti dal dipendente, per sua scelta, in sostituzione, totale o parziale, delle somme oggetto del suddetto regime tributario agevolato - cosiddetto welfare aziendale -. Sempre in tema di welfare aziendale, i commi 161 e 162 concernono l'esclusione di alcune fattispecie dalla base imponibile IRPEF del lavoratore dipendente.

 

Il comma 160 reca alcune novelle alla disciplina tributaria specifica - attualmente stabilita dall'art. 1, commi da 182 a 189, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e dal D.M. 25 marzo 2016 - per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

Si ricorda che tale regime tributario (fatta in ogni caso salva l'ipotesi di espressa rinunzia al medesimo da parte del lavoratore) consiste in un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali, pari al 10%, e concerne esclusivamente le somme ed i valori suddetti corrisposti in esecuzione di contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Le novelle di cui alla lettere a) ed e) del comma 160 elevano i limiti di importo complessivo dell'imponibile ammesso al regime tributario in oggetto. Gli attuali limiti - pari a 2.000 euro lordi, ovvero a 2.500 euro lordi per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell'organizzazione del lavoro - sono elevati, rispettivamente, a 3.000 ed a 4.000 euro (lordi).

La novella di cui alla lettera d) amplia l'àmbito soggettivo dei lavoratori dipendenti privati ammessi al regime in esame. Secondo la norma vigente, vi rientrano i titolari di reddito da lavoro dipendente privato di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione, a 50.000 euro; la novella eleva quest'ultimo parametro a 80.000 euro.

La novella di cui alla lettera b) specifica che i valori e servizi percepiti o goduti dal dipendente - relativi a uso promiscuo di veicoli, concessione di prestiti, fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario - e considerati, in base alle norme fiscali ivi richiamate, come reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF rientrano nell'imposizione IRPEF ordinaria anche qualora il dipendente fruisca dei medesimi valori o servizi in sostituzione (totale o parziale) delle somme oggetto del suddetto regime tributario agevolato.

La novella di cui alla lettera c) prevede che alcuni valori, somme o servizi, qualora siano percepiti o goduti dal dipendente, per sua scelta, in sostituzione, totale o parziale, delle somme oggetto del suddetto regime tributario agevolato, siano esclusi da ogni forma di imposizione tributaria (sia ordinaria sia agevolata). Tali fattispecie sono le seguenti: i contributi alle forme pensionistiche complementari, anche se versati in eccedenza rispetto ai relativi limiti di deducibilità (ai fini IRPEF) dal reddito da lavoro dipendente (tali contributi eccedenti, inoltre, non concorrono a formare la parte imponibile della prestazione complementare, in deroga alle norme generali ivi richiamate[31]); i contributi di assistenza sanitaria (destinati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale), anche se versati in eccedenza rispetto ai relativi limiti di esenzione dall'IRPEF; il valore di azioni offerte alla generalità dei dipendenti, anche se ricevute per un importo complessivo superiore (nel periodo d'imposta) a quello escluso (in base alla relativa norma generale) dal reddito da lavoro dipendente ai fini IRPEF[32].

Il successivo comma 161 esclude dalla base imponibile IRPEF i contributi ed i premi versati dal datore di lavoro, in favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti, per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o il rischio di gravi patologie.

 

Riguardo alla prima tipologia di rischio, con il richiamo normativo posto dal comma 161, si fa riferimento alle seguenti prestazioni: prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, da garantire alle persone non autosufficienti, al fine di favorire l'autonomia e la permanenza a domicilio, con particolare riguardo all'assistenza tutelare, all'aiuto personale nello svolgimento delle attività quotidiane, all'aiuto domestico familiare, alla promozione di attività di socializzazione volta a favorire stili di vita attivi, nonché prestazioni della medesima natura da garantire presso le strutture residenziali e semi-residenziali per le persone non autosufficienti non assistibili a domicilio, incluse quelle di ospitalità alberghiera; prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, correlate alla natura del bisogno, da garantire alle persone non autosufficienti in ambito domiciliare, semi-residenziale e residenziale, articolate in base all'intensità, complessità e durata dell'assistenza.

 

Il comma 162 pone una norma di interpretazione autentica - avente, quindi, effetto retroattivo - relativa alla nozione, ai fini dell'esenzione dall'IRPEF, delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti ed ai familiari[33] per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto. Si chiarisce che rientrano in tale nozione anche le opere ed i servizi riconosciuti dal datore in conformità a disposizioni di contratti di lavoro nazionali o territoriali (oltre che di contratti aziendali) ovvero di accordo interconfederale.


Articolo 1, comma 163
(Stabilizzazione lavoratori socialmente utili della Calabria)

 

 

Il comma 163, introdotto alla Camera, destina 50 milioni di euro per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità della regione Calabria.

 

Il comma 163, destina 50 milioni di euro, per il 2017, al completamento delle procedure di stabilizzazione, con contratto a tempo determinato, dei lavoratori socialmente utili e dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità della regione Calabria, prevedendo che la regione medesima provveda, con propria legge regionale, a coprire gli ulteriori oneri finanziari derivanti dall’intervento, assicurando la compatibilità degli interventi con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.

Le procedure di stabilizzazione (di cui all’articolo 1, comma 207, terzo periodo, della legge n.147/2013), devono concludersi inderogabilmente entro il 31 dicembre 2017.

 

L’articolo 1, comma 207, terzo periodo, della legge n.147/2013, al fine di favorire l’inserimento lavorativo, mediante contratti a tempo determinato, degli LSU e dei lavoratori titolari di determinati strumenti di sostegno al reddito (CIGS, indennità di mobilità e trattamento speciale di disoccupazione) degli enti pubblici della sola regione Calabria, ha previsto la possibilità di utilizzare le risorse di cui all’articolo 1, comma 1156, lettera g)-bis[34], della L. n. 296/2006 (pari a 50 milioni annui, a carico del Fondo per l’occupazione, previsti per la stabilizzazione degli LSU in favore delle regioni che rientrano negli obiettivi di convergenza dei fondi strutturali dell’Unione europea).

Successivamente è intervenuto l’articolo 13, comma 1-bis, del DL n.185/2015, che per consentire il completamento delle procedure di stabilizzazione, da “concludere inderogabilmente entro il 31 dicembre 2016”, ha autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2016, a titolo di compartecipazione dello Stato, prevedendo che la regione Calabria disponesse, con legge regionale, la copertura finanziaria a carico del bilancio della regione medesima degli ulteriori oneri necessari, in ogni caso assicurando la compatibilità dell'intervento con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.


Articolo 1, comma 164
(Esonero contributo di licenziamento nei cambi di appalto)

 

 

Il comma 164, introdotto alla Camera, esclude il contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro in caso di licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro in attuazione di clausole sociali.

 

Il comma 164, introdotto alla Camera, dispone l’applicazione a regime della disposizione (di cui la normativa vigente prevede l’applicazione per il solo periodo 2013-2016)  in base alla quale il contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro (pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni) non è dovuto in caso di licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o in caso di interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

 

La disposizione modifica l’articolo 2, comma 34, della legge n.92 del 2012[35], il quale prevede che per il periodo 2013-2016, il contributo di licenziamento (di cui al comma 31[36]) non è dovuto nei seguenti casi:

a) licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

b) interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.

 


Articolo 1, comma 165
(Riduzione aliquota contributiva iscritti
gestione separata I.N.P.S.)

 

 

Il comma 165 riduce a regime l’aliquota contributiva dovuta dai lavoratori autonomi (titolari di posizione fiscale ai fini dell'Imposta sul Valore Aggiunto) iscritti alla gestione separata INPS (di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995) in misura pari al 25%. Per effetto di tale riduzione, l’aliquota risulta essere minore di quattro punti percentuali (25% in luogo del 29%), per il 2017, e di otto punti percentuali (25% in luogo del 33%) a decorrere dal 2018[37].

 

Attualmente la disciplina in materia per il quadriennio 2014-2017 (prevista dall’articolo 10-bis del D.L. 192/2014) prevede che l’aliquota contributiva (di cui all'articolo 1, comma 79, della L. 247/2007) per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS (non iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria, né pensionati) sia pari al 27% per il biennio 2014-2015, al 28% per il 2016 e al 29% per il 2017. A decorrere dal 2018, l’articolo 2, comma 57, della L. 92/2012, ha stabilito un’aliquota pari al 33%.

 


Articolo 1, commi 166-186
(APE - Assegno pensionistico a garanzia pensionistica
e APE sociale)

 

 

I commi 166-186  introducono, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, l’Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE) e una indennità, a favore di determinate categorie di soggetti in condizioni di disagio sociale, spettante fino alla maturazione dei requisiti pensionistici (c.d. APE sociale).

Nel corso dell’esame alla Camera sono state introdotte alcune limitate modifiche, in relazione al diritto di recesso del lavoratore dall’APE, all’incremento del montante contributivo dell’APE da parte del datore di lavoro, alla compatibilità dell’APE sociale con la percezione di redditi da lavoro e alla verifica dei risultati della sperimentazione da parte del Governo.

 

Anticipo finanziario a garanzia pensionistica (cd. APE)

L’APE consiste in un prestito concesso da un soggetto finanziatore e coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza corrisposto, a quote mensili per dodici mensilità, a un soggetto in possesso di specifici requisiti, da restituire a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni.

L’APE è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione (v. comma 193, introdotto alla Camera).

Soggetti beneficiari  e requisiti

Possono accedere all’APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti (comma 167):

soggetti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata (di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335/1995);

età anagrafica minima di 63 anni;

maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;

anzianità contributiva di 20 anni;

pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell’APE);

non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

 

 

 

 

 

Domanda, contratto di finanziamento e disciplina del prestito

 

Il soggetto richiedente presenta[38] domanda all’INPS di certificazione del diritto all’Ape[39]. L’INPS verifica il possesso dei requisiti, certifica il diritto e comunica al soggetto richiedente l’importo minimo e massimo dell’Ape ottenibile (comma 168).

Una volta ottenuta dall’INPS la certificazione del diritto, il soggetto presenta, utilizzando appositi modelli, domanda di Ape e di pensione (da liquidarsi al raggiungimento dei requisiti di legge), indicando il finanziatore e l’impresa assicurativa (per la copertura del rischio di premorienza).

La domanda di Ape e di pensione non sono revocabili (fatto salvo il diritto di recesso)[40].

I finanziatori e le imprese assicurative sono scelti tra quelli che aderiscono agli accordi-quadro da stipularsi tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e, rispettivamente, l’Associazione Bancaria Italiana e l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici ed altre imprese assicurative primarie.

Con gli accordi-quadro sono definiti anche il tasso di interesse e la misura del premio assicurativo (comma 174)

Le informazioni precontrattuali e contrattuali (previste dalla legislazione vigente) sono fornite ai soggetti richiedenti dall’INPS per conto del finanziatore e dell’impresa assicurativa (sulla base della documentazione da questi fornita).

L’attività svolta dall’INPS non costituisce esercizio di agenzia in attività finanziaria, né di mediazione creditizia, né di intermediazione assicurativa (comma 169).

 

L’entità minima e massima dell’Ape richiedibile sono determinate con successivo DPCM, mentre la durata minima è di 6 mesi.

Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo VI del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia[41] (relative alla trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti), il prestito costituisce credito ai consumatori[42].

Ai fini della normativa antiriciclaggio[43], l'operazione di finanziamento è sottoposta a obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela (definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Comitato di sicurezza finanziaria), tenuto conto della natura del prodotto e di ogni altra circostanza riferibile al profilo di rischio connesso all'operazione di finanziamento.

Le comunicazioni periodiche al soggetto finanziato e assicurato, anche in deroga a quanto previsto dalla legge, sono definite con successivo D.P.C.M. (comma 170).

 

L’istituto finanziatore trasmette all’INPS e al soggetto richiedente il contratto di prestito o l’eventuale comunicazione di reiezione dello stesso.

Per il perfezionamento del contratto di finanziamento e della polizza assicurativa del rischio di premorienza l’identificazione del soggetto richiedente è effettuata dall’INPS (anche avvalendosi di collaboratori esterni in convenzione[44]) con il sistema SPID[45].

In caso di concessione del prestito, dalla data di perfezionamento del contratto decorre il termine per l’esercizio del diritto di recesso[46], a condizione che il richiedente abbia ricevuto dall’INPS tutte le informazioni precontrattuali e contrattuali previste ai sensi di legge.

In caso di reiezione della richiesta (o di recesso da parte del soggetto richiedente), la domanda di pensione è priva di effetti.

Il prestito decorre entro 30 giorni lavorativi dal predetto perfezionamento.

Le somme erogate dall’INPS nell’ambito del prestito non concorrono a formare il reddito ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. A fronte degli interessi sul finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza corrisposti al soggetto erogatore, è riconosciuto un credito di imposta annuo nella misura massima del 50 per cento dell’importo pari a un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi complessivamente pattuiti nei relativi contratti. Tale credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi ed è riconosciuto dall’INPS per l’intero importo rapportato a mese a partire dal primo pagamento del trattamento di pensione. L'INPS recupera il credito rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario nella sua qualità di sostituto d'imposta.

All’APE si applica la disciplina dell’imposta sostitutiva sulle operazioni di finanziamento, di cui gli articoli da 15 a 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 (comma 177) [47].

 

L'INPS trattiene a partire dalla prima pensione mensile l'importo della rata per il rimborso del finanziamento e lo riversa al finanziatore tempestivamente (e comunque non oltre 180 giorni dalla data di scadenza della medesima rata) (comma 171).

Gli effetti della trattenuta non rilevano ai fini del riconoscimento di prestazioni assistenziali e previdenziali sottoposte alla prova dei mezzi (comma 178).

Incremento del montante contributivo

I datori di lavoro del settore privato del richiedente, gli enti bilaterali o i fondi di solidarietà possono, previo accordo individuale con il lavoratore[48], incrementare il montante contributivo individuale maturato, versando all’INPS, in unica soluzione alla scadenza prevista per il pagamento dei contributi del mese di erogazione della prima mensilità[49], un contributo non inferiore, per ciascun anno (o sua frazione) di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, all’importo determinato dalla normativa in materia di prosecuzione volontaria[50] (comma 172).

Nel corso dell’esame alla Camera è stata introdotta una disposizione volta a prevedere che trovano applicazione le disposizioni sanzionatorie e di riscossione previste dalla normativa vigente (articolo 116, comma 8, della legge n.388/2000) per i contributi previdenziali obbligatori (comma 172, ultimo periodo).

 

Istituzione di un Fondo di garanzia e garanzia statale di ultima istanza

 

Il comma 173 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un apposito Fondo di garanzia per l’accesso all’APE, con una dotazione iniziale pari a 70 milioni di euro per il 2017.

Esso è alimentato dalle disponibilità del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti per i datori di lavoro con meno di 50 dipendenti che non intendano erogare immediatamente in busta paga le quote di TFR maturando con risorse proprie, istituito dall’articolo 1, comma 32 della legge 29 dicembre 2014, n. 190[51]. Dette disponibilità sono pertanto versate all’entrata del bilancio dello Stato per il corrispondente importo di 70 milioni di euro nell’anno 2017 ed, a tale scopo, viene istituito un apposito conto corrente presso la tesoreria dello Stato.

Il fondo è ulteriormente alimentato con le commissioni di accesso al fondo che a tal fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato – sul conto corrente sopradetto - per la successiva riassegnazione al Fondo.

La garanzia del Fondo copre l’80 per cento del finanziamento dell’anticipo finanziario di cui al comma 166 e dei relativi interessi e, precisa  la norma , è “a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile e onerosa”. Essa è a sua volta assistita, con riguardo agli interventi da effettuare, dalla ulteriore garanzia dello Stato,  che ne ha le medesime caratteristiche, quale “garanzia di ultima istanza”[52]. Il finanziamento è altresì assistito automaticamente dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile[53], ed il Fondo di garanzia è surrogato di diritto alla banca, per l’importo pagato, nel privilegio medesimo.

Il comma 173 in esame dispone, altresì, che:

la garanzia dello Stato è elencata nell’allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui all’articolo 31 della legge n.196/2009;

il finanziamento e le formalità a esso connesse nell’intero svolgimento del rapporto sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

La gestione del Fondo è affidata all’INPS sulla base di apposita convenzione (comma 176).

 

Normativa di attuazione

 

Si prevede (comma 175) che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, (di concerto con il Ministro dell’economia delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, vengano definite le ulteriori modalità di attuazione della disciplina dell’Ape.

In particolare, la disciplina attuativa dovrà definire:

ulteriori criteri, condizioni e adempimenti per l’accesso al finanziamento;

criteri, condizioni e modalità di funzionamento del Fondo di garanzia e di garanzia di ultima istanza dello Stato;

i modelli per la presentazione della domanda di Ape;

le modalità di estinzione anticipata dell’Ape;

la misura minima e massima dell’Ape;

le comunicazioni periodiche da inviare al soggetto finanziato e assicurato, anche in deroga alla normativa vigente.

Indennità fino alla maturazione dei requisiti pensionistici a favore di soggetti in determinate condizioni (cd. APE sociale) (commi  179-186)

L’APE sociale consiste in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni.

L’APE sociale è prevista in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018; entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione (v. comma 193).

 

Soggetti beneficiari e requisiti

 

Possono accedere all’APE sociale i soggetti in possesso di un’età anagrafica minima di 63 anni e in possesso, alternativamente, di uno dei seguenti requisiti (comma 179):

soggetti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento (anche collettivo) dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale[54] che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi e siano in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

soggetti che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave[55] in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio1992, n. 104 e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74% (accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile) e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 30 anni;

lavoratori dipendenti al momento della decorrenza dell’APE sociale, che svolgono specifiche attività lavorative “gravose”[56] da almeno sei anni in via continuativa, per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento, e sono in possesso di un anzianità contributiva di almeno 36 anni.

 

Esclusioni dall’indennità

 

L’erogazione dell’APE sociale è esclusa nei seguenti casi (commi 180, 182 e 183):

mancata cessazione dell’attività lavorativa;

titolarità di un trattamento pensionistico diretto;

soggetti beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria;

soggetti titolari di assegno di disoccupazione (ASDI)[57];

soggetti che beneficiano di indennizzo per cessazione di attività commerciale[58];

raggiungimento dei requisiti per il pensionamento anticipato;

L’indennità è comunque è compatibile con la percezione di redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8.000 euro annui e con la percezione di redditi da lavoro autonomo entro 4.800 annui (il testo iniziale del disegno di legge, modificato alla Camera, fissava un unico limite a 8.000 euro annui).

 

Si evidenzia la necessità di coordinare le disposizioni che  subordinano la concessione dell’indennità alla “cessazione dell’attività lavorativa” (comma 180) e, allo stesso tempo, ne prevedono la compatibilità con la percezione di redditi da lavoro entro determinati limiti (comma 183).

 

Importo ed erogazione dell’indennità

 

L’indennità è pari all’importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione.

L’indennità non può in ogni caso superare l’importo massimo mensile di 1.500 euro.

L’importo dell’indennità non è soggetto a rivalutazione.

L’indennità è erogata mensilmente su dodici mensilità all’anno (comma 181).

 

Dipendenti pubblici

 

Per i dipendenti pubblici[59] che cessano l’attività lavorativa e richiedono l’APE sociale si prevede che i termini di pagamento delle indennità di fine servizio (comunque denominate)[60] iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia[61] (comma 184).

 

Limiti di spesa e gestione delle domande

 

Il beneficio dell’indennità è riconosciuto, a domanda, entro i seguenti limiti annuali di spesa (comma 186):

300 milioni di euro per l'anno 2017;

609 milioni di euro per l'anno 2018;

647 milioni di euro per l'anno 2019;

462 milioni di euro per l’anno 2020;

280 milioni di euro per l’anno 2021;

83 milioni di euro per l’anno 2022;

8 milioni di euro per l’anno 2023.

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto alle risorse finanziarie disponibili, la decorrenza della indennità è differita, con criteri di priorità (da definire con successivo DPCM) in ragione della maturazione dei requisiti (e, a parità di requisiti, in ragione della data di presentazione della domanda), al fine di garantire un numero di accessi all’indennità non superiore al numero programmato in relazione alle predette risorse finanziarie.

 

Normativa di attuazione

 

Si prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, (di concerto con il Ministro dell’economia delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali), da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, vengano definite le modalità di attuazione della disciplina dell’Ape sociale (comma 185).

In particolare, la disciplina attuativa dovrà definire:

la determinazione delle caratteristiche specifiche delle attività lavorative di cui al comma 179, lettera d);

le procedure accertative delle condizioni per l’accesso al beneficio e la documentazione da presentare;

le disposizioni attuative di quanto previsto dai commi da 179 a 186, con particolare riferimento:

-     all’attività di monitoraggio ai fini del contenimento della spesa entro i limiti annualmente previsti e alla individuazione dei criteri di priorità per la selezione delle domande;

-     alla procedura di cui al comma 186, da effettuarsi con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241;

-     alla disciplina del procedimento accertativo anche in relazione alla documentazione da presentare per accedere all’indennità;

-     alle comunicazioni che l'ente previdenziale erogatore dell’indennità fornisce all'interessato in esito alla presentazione della domanda di accesso al beneficio;

-     alla predisposizione di criteri da seguire nell'espletamento dell'attività di verifica ispettiva da parte del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché degli enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria;

-     alle modalità di utilizzo, da parte dell'ente previdenziale, delle informazioni relative alla dimensione e all'assetto organizzativo dell'azienda e alle tipologie di lavorazioni aziendali, anche come risultanti dall'analisi dei dati amministrativi in possesso degli enti previdenziali, ivi compresi quelli assicuratori nei confronti degli infortuni sul lavoro;

-     alle forme e modalità di collaborazione tra enti che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria, con particolare riferimento allo scambio di dati ed elementi conoscitivi in ordine alle tipologie di lavoratori interessati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 2 - Principali modalità di pensionamento anticipato nella normativa vigente

 

TIPOLOGIA

DESTINATARI

FONTE NORMATIVA

Pensione anticipata

L'accesso al trattamento pensionistico  è consentito con un'anzianità contributiva, attualmente, di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Eventuali pensionamenti prima dei 62 anni sono soggetti a penalizzazioni (escluse fino al 2017)

Art. 24, c. 10. D.L. 201/2011

Art. 6, c. 2-quater, D.L. 216/2011

Art. 1, c. 113, L. 190/2014

Pensione anticipata contributiva

Ai lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996, l'accesso al trattamento pensionistico è consentito a 63 anni e 7 mesi, con almeno 20 anni di contribuzione effettiva, a condizione che l'ammontare mensile della prima rata di pensione risulti non inferiore a 2,8 volte l'importo mensile dell'assegno sociale (circa 1.255 euro al mese per il 2016)

Art. 24, c. 11, D.L. 201/2011

Part time agevolato

Nel settore privato è possibile concordare la trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, con una riduzione dell’orario di lavoro compresa tra il 40 e il 60 per cento, per i dipendenti che maturino il diritto alla pensione entro il 31 dicembre 2018, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata)

Art. 1, c. 284, L. 208/2015

Opzione donna

Misura sperimentale (fino a tutto il 2016) che prevede la possibilità per le lavoratrici dipendenti che hanno maturato, entro il 31 dicembre 2015 (anche qualora la decorrenza del trattamento così liquidato non sia possibile entro il 31 dicembre 2015), 35 anni di contributi e 57 anni e 3 mesi di età (58 anni e 3 mesi per le lavoratrici autonome)  di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione che optino per il sistema di calcolo contributivo integrale.

Art. 1, c. 9, L. 234/2004

Art. 1, c. 281, L. 208/2015

Regime agevolato dipendenti settore privato

Nel settore privato, possono accedere al trattamento pensionistico, ad importo pieno:

-       all’età di 64 anni e 7 mesi entro luglio 2017 i lavoratori con almeno 35 anni di contributi, maturati entro il 31 dicembre 2012 (purché abbiano perfezionato “quota 96” quale somma tra età anagrafica e contributiva in presenza di un’età anagrafica minima di 60 anni);

-       all’età di 64 anni e 7 mesi entro luglio 2017 le lavoratrici con almeno 20 anni di contributi e 60 anni di età entro il 31 dicembre 2012

Art. 24, c. 15-bis, D.L. 201/2011

Lavori usuranti

I lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (c.d. lavori usuranti), con almeno 35 anni di anzianità contributiva, ferma restando la possibilità di accedere alla pensione anticipata, possono accedere (a determinate condizioni) al pensionamento attraverso il sistema delle “quote” (“quota 97”, quale somma tra età anagrafica e contributiva, dal 2013, requisito soggetto all’adeguamento alla speranza di vita)

Art. 1, D.Lgs. 67/2011

Art. 24, c. 17, D.L. 201/2011

Lavoratori esposti all’amianto

Ai lavoratori esposti all’amianto si applica:

-       una maggiorazione dell’1,5% ai periodi di prestazione lavorativa nelle miniere e nelle cave di amianto;

-       una maggiorazione dell’1,5% al periodo di esposizione all’amianto, nel caso di contrazione di malattia professionale;

-       una maggiorazione dell’1,25% (dell’1,5% fino a tutto il 2016 per i lavoratori collocati in mobilità e con esposizione oltre 10 anni in presenza di determinate condizioni) all’intero periodo di esposizione all’amianto, purché di durata superiore a 10 anni, ai soli fini della determinazione dell'importo (e non della maturazione del diritto di accesso) delle prestazioni pensionistiche.

Inoltre, con almeno 30 anni di contribuzione, è riconosciuta, a determinate condizioni, una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei 35 anni e, in ogni caso, non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quella del compimento di 60 anni, se uomini, o 55 anni, se donne. La disposizione è stata prorogata per il triennio 2016-2018 a favore dei lavoratori ammalati con patologia asbesto-correlata accertata e riconosciuta

Art. 13, c. 2, 6, 7 e 8, L. 257/1992

Art. 47, c. 1, D.L. 269/2003

Art. 1, c. 115-117, L. 190/2014

Art. 10, c. 12-viciesbis, D.L. 192/2014

Art. 1, c. 274-279, L. 208/2015

Isopensione

Nei casi di eccedenza di personale (con accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative), il lavoratore può ricevere, a condizione che raggiunga i requisiti minimi per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato) nei 4 anni successivi, una prestazione (a carico del datore di lavoro) di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti.

Art. 4, c. 1, L. 92/2012

Fondi di solidarietà

Nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa i fondi di solidarietà bilaterali possono prevedere un assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 5 anni (7 anni limitatamente a biennio 2016-17);

Art. 26, c. 9, lett. b), D.Lgs. 148/2015;

Art. 12, c. 1, D.L. 59/2016

Contratti solidarietà espansivi (cd. staffetta generazionale)

Ai lavoratori delle imprese nelle quali siano stati stipulati contratti di solidarietà espansivi, che abbiano una età inferiore (di non più di 24 mesi) a quella prevista per la pensione di vecchiaia e abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, spetta, a determinate condizioni, il trattamento di pensione nel caso in cui abbiano accettato di svolgere una prestazione di lavoro di durata non superiore alla metà dell'orario di lavoro praticato prima della riduzione convenuta nel contratto di solidarietà.

Art. 41, c. 5-6, D.Lgs. 148/2015

 


Articolo 1, comma 187
(Quattordicesima)

 

 

Il comma 187 ridetermina, dal 2017, l’importo e le modalità di fruizione della cd. “quattordicesima”, cioè della somma aggiuntiva introdotta (dal 2007) al fine di incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso.

 

La norma interviene sulla disciplina della cd. “quattordicesima”, somma introdotta dal 2007 per incrementare i trattamenti pensionistici di importo più basso (articolo 5, commi 1-4, del D.L. 81/2007). In particolare, vengono rideterminati (dal 2017) l’importo della somma ed i requisiti reddituali richiesti per la fruizione della stessa, la quale viene erogata non più solamente se il soggetto interessato possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo annuo I.N.P.S. (pari, per il 2016, a 501,89 euro), ma anche, con importi diversi, nei casi in cui il soggetto possieda redditi superiori a 1,5 volte - e fino al limite di 2 volte - il trattamento minimo INPS.

 

A tal fine:

viene sostituita la Tabella A (allegata al medesimo D.L. 81/2007) che determina le modalità di fruizione della somma in base ai requisiti richiesti (lettera a));

si precisa (lettera b)) che la somma spetti, nel caso in cui si possieda un reddito complessivo individuale non superiore a 1,5 volte il richiamato trattamento minimo annuo, in misura pari:

-     a 437 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni;

-     a 546 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per gli ex lavoratori autonomi dai 18 ai 28 anni di contributi versati;

-     a 655 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati;

si precisa (lettera b)) che la somma, nel caso in cui si possieda un reddito complessivo individuale annuo INPS compreso tra 1,5 volte e 2 volte il trattamento minimo annuo, spetti (ferma restando la cd. clausola di salvaguardia, vedi infra) in misura pari a quanto attualmente previsto per il 2016 (a parità di requisiti), e cioè:

-     a 336 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni;

-     a 420 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per gli ex lavoratori autonomi dai 18 ai 28 anni di contributi versati;

-     a 504 euro annui per i pensionati ex lavoratori dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati;

si ridefinisce la cd. clausola di salvaguardia (lettera c)), cioè il limite reddituale (al netto dei trattamenti di famiglia) entro il quale la somma viene concessa interamente e oltre il quale l'aumento viene corrisposto in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso. Più specificamente, nel confermare che il beneficio venga concesso interamente fino ad un limite di reddito pari a 1,5 volte il richiamato trattamento minimo, si dispone che lo stesso beneficio sia corrisposto (sia nel caso che il reddito complessivo individuale annuo risulti superiore a 1,5 volte, sia nel caso in cui sia compreso tra 1, 5 e 2 volte) in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso maggiorato.

 

La cd. “quattordicesima” è una somma aggiuntiva introdotta a decorrere dal 2007, al fine di incrementare i trattamenti pensionistici più bassi, dall'articolo 5, commi da 1 a 4, del D.L. 81/2007, e collegata a determinate condizioni reddituali personali, ed erogata ai pensionati ultrasessantaquattrenni, titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (A.G.O.) e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell’assicurazione medesima.

La fruizione è determinata con le modalità indicate nella Tabella A allegata al medesimo D.L. 81/2007, in funzione dell'anzianità contributiva complessiva accreditata nella gestione di appartenenza a carico della quale è liquidato il trattamento principale, ed è condizionata da specifici requisiti reddituali, diversi per ciascun anno. La “quattordicesima” viene erogata sulla base del solo reddito personale, che per il 2016 deve essere inferiore a quanto viene riportato nei requisiti reddituali richiesti. Più specificamente, si considerano nel computo i redditi assoggettabili all'IRPEF, nonché i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva, compresi i redditi conseguiti all'estero o in Italia presso Enti ed organismi internazionali. Sono invece, per espressa previsione normativa, esclusi: i trattamenti di famiglia comunque denominati; le indennità di accompagnamento; il reddito della casa di abitazione; i trattamenti di fine rapporto comunque denominati; le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Sono altresì da non considerare i redditi: delle pensioni di guerra; delle indennità per i ciechi parziali e dell'indennità di comunicazione per i sordi prelinguali; dell'indennizzo previsto dalla L. 210 del 25 febbraio 1992 in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati; della somma di 154,94 euro di importo aggiuntivo previsto dalla L. 388/2000 per espressa previsione normativa; dei sussidi economici che i comuni ed altri Enti erogano agli anziani per bisogni strettamente connessi a situazioni contingenti e che non abbiano caratteristica di continuità.

I requisiti anagrafici e contributivi per il diritto alla prestazione e gli importi della prestazione sono stati illustrati con circolare I.N.P.S. n. 119 dell'8 ottobre 2007 (e con successive circolari e messaggi). Con il messaggio INPS 27 giugno 2016, n. 2831, sono stati individuati i requisiti anagrafici e contributivi, nonché i limiti reddituali per il 2016 ai quali rapportare il reddito personale (che ovviamente deve essere inferiore a questi) valevoli ai fini dell’erogazione della “quattordicesima”.

Più specificamente:

§  per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva fino a 15 anni e per gli ex autonomi che abbiano versato i contributi fino a 18 anni, l’importo della “quattordicesima” è pari ai 336 euro (limite massimo reddituale pari a 10.122,86 euro);

§  per i pensionati ex lavoratori dipendenti con anzianità contributiva tra i 15 e i 25 anni e per i pensionati ex lavoratori autonomi con anzianità contributiva dai 18 ai 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 420 euro (limite massimo reddituale pari a 10.206,86 euro);

§  per i pensionati lavoratori ex dipendenti con più di 25 anni di contributi e i pensionati ex lavoratori autonomi con più di 28 anni di contributi versati, l’importo della “quattordicesima” è pari a 504 euro (limite massimo reddituale pari a 10.290,86 euro).

Il beneficio è concesso interamente fino ad un limite di reddito pari a 1,5 volte il trattamento minimo del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti; oltre tale importo l'aumento è corrisposto in misura pari alla differenza tra la somma aggiuntiva e la cifra eccedente il limite stesso (cd. clausola di salvaguardia).

Per il 2016, l’importo minimo mensile è pari 501,89 euro, quindi il totale del reddito da non superare per la fruizione della “quattordicesima” è di 9.786,86 euro (cioè 752,83 euro mensili per 13 mensilità).

 


Articolo 1, commi 188-192
(Rendita integrativa temporanea anticipata - RITA)

 

 

L’articolo 27 introduce, in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, la possibilità di erogazione anticipata delle prestazioni della previdenza complementare (c.d. RITA), in relazione al montante richiesto e fino al conseguimento dei requisiti pensionistici previsti nel regime obbligatorio, in favore dei soggetti, cessati dal lavoro, in possesso dei requisiti per l’accesso all’APE.

 

L’articolo introduce la possibilità di erogazione anticipata delle prestazioni della previdenza complementare (con esclusione di quelle in regime di prestazione definita) in relazione al montante accumulato richiesto e fino al conseguimento dei requisiti pensionistici del regime obbligatorio.

La possibilità di richiedere la rendita integrativa temporanea anticipata (cd. RITA) è riservata ai soggetti, cessati dal lavoro, in possesso dei requisiti per l’accesso all’APE, certificati dall’INPS.

 

Ai sensi dell’articolo 25 (v. retro) possono accedere all’APE i soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

soggetti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO), alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata (di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335/1995);

età anagrafica minima di 63 anni;

maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi;

anzianità contributiva di 20 anni;

pensione pari almeno a 1,4 volte il trattamento minimo (al netto della rata di ammortamento dell’APE);

non essere già titolare di un trattamento pensionistico diretto.

Il soggetto richiedente presenta domanda all’INPS, il quale verifica il possesso dei requisiti per l’accesso all’APE e ne certifica il diritto.

 

La prestazione consiste nell’erogazione frazionata, in forma di rendita temporanea fino alla maturazione dei requisiti pensionistici, del montante accumulato richiesto.

La parte imponibile della rendita, determinata secondo le disposizioni vigenti nei periodi di maturazione della prestazione pensionistica complementare, è assoggettata alla ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. A tal fine, se la data di iscrizione alla forma di previdenza complementare è anteriore al 1° gennaio 2007, gli anni di iscrizione prima del 2007 sono computati fino a un massimo di 15.

Le somme erogate a titolo di rendita integrativa temporanea anticipata sono imputate, ai fini della determinazione del relativo imponibile, prioritariamente agli importi della prestazione medesima maturati fino al 31 dicembre 2000 e, per la parte eccedente, prima a quelli maturati dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2006 e, successivamente, a quelli maturati dal 1° gennaio 2007.

Per i dipendenti pubblici che cessano l’attività lavorativa e richiedono la RITA si prevede che i termini di pagamento del trattamento di fine rapporto e di fine servizio iniziano a decorrere dal raggiungimento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia.

Infine, si prevede che entro il 10 settembre 2018 il Governo verifica i risultati della sperimentazione e formula proposte ai fini di una sua eventuale prosecuzione (v. comma 193).

 


Articolo 1, comma 193
(Relazione del Governo alle Camere in materia di APE e di RITA)

 

 

Il comma 193, inserito dalla Camera dei deputati, prevede che il Governo trasmetta alle Camere, entro il 10 settembre 2018, una relazione nella quale dia conto dei risultati delle sperimentazioni inerenti alle misure di cui ai commi da 166 a 186 e da 188 a 192 e formuli proposte in ordine alla loro eventuale prosecuzione.

 

Si ricorda che i commi richiamati concernono i vari profili degli istituti dell’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (APE) e della connessa rendita integrativa temporanea anticipata (RITA), istituti introdotti dai commi medesimi.


Articolo 1, comma 194
(Abolizione penalizzazioni)

 

 

Il comma 194 esclude a regime la riduzione percentuale (cd. penalizzazione) per i trattamenti pensionistici anticipati decorrenti dal 1º gennaio 2018.

 

La disposizione prevede l’esclusione, a regime, dell’applicazione della riduzione percentuale (cd. penalizzazione) prevista dalla “riforma Fornero” (di cui all’articolo 24, comma 10, del D.L. n. 201/2011) sui trattamenti pensionistici anticipati decorrenti dal 1º gennaio 2018.

 

L’articolo 24, comma 10, del D.L. n. 201/2011 (c.d. riforma Fornero), ha stabilito che l’accesso alla pensione anticipata (ossia in assenza dei nuovi requisiti anagrafici introdotti dalla riforma per il pensionamento di vecchiaia), a decorrere dal 1° gennaio 2012, è consentito esclusivamente se risulta maturata un'anzianità contributiva (con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti nell'anno 2015) di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne[62]. Sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012, è applicata una riduzione percentuale pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni fino a 60 anni, elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni.

Dopo la riforma del 2011, sulla materia è intervenuta, dapprima, la legge di Stabilità 2015 (art. 1, c. 113, L. 190/2014) che ha escluso l’applicazione della penalizzazione per i soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Successivamente, la legge di Stabilità 2016 (art. 1, c. 229, L. 208/2015) ha specificato che la suddetta deroga si applica - con effetto sui ratei di pensione decorrenti dal 1° gennaio 2016 - anche per i trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015 (data di entrata in vigore della deroga base suddetta).

 


Articolo 1, commi 195-198
(Cumulo dei periodi assicurativi)

 

 

Il comma 195 modifica i requisiti per l'accesso al cosiddetto cumulo dei periodi assicurativi (ai fini pensionistici). Il comma 196 concerne i termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano del medesimo istituto del cumulo. I commi 197 e 198 recano norme transitorie - in considerazione delle novelle di cui al comma 195 - per i soggetti che avessero presentato domanda di ricongiunzione o di totalizzazione.

 

Il comma 195 opera una revisione dei requisiti per l'accesso al cosiddetto cumulo dei periodi assicurativi (ai fini pensionistici)[63].

In base a tale istituto, i soggetti che abbiano contributi (relativi a periodi non coincidenti) in diverse forme pensionistiche obbligatorie di base (inerenti ai lavoratori dipendenti o ai lavoratori autonomi e parasubordinati iscritti in regimi INPS) possono cumulare gratuitamente i medesimi, in alternativa agli istituti della ricongiunzione (eventualmente onerosa) o della totalizzazione; si ricorda che nella totalizzazione (anch'essa gratuita) i periodi contributivi danno luogo a quote di trattamento pensionistico calcolate secondo il sistema contributivo, mentre nell'istituto del cumulo  ogni quota di trattamento è determinata mediante i criteri di calcolo inerenti (secondo la rispettiva disciplina) alla corrispondente quota di anzianità contributiva.

La novella di cui alla lettera a) del comma 195 sopprime la condizione (ai fini dell'accesso al cumulo) che il soggetto non sia in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico e, in base ad una modifica approvata dalla Camera, estende l'istituto del cumulo ai periodi contributivi maturati presso le forme pensionistiche obbligatorie di base relative a lavoratori autonomi e gestite da persone giuridiche di diritto privato.

La novella di cui alla lettera b) introduce la possibilità di accesso al cumulo in favore dei soggetti che abbiano conseguito il requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica, requisito attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne. Restano ferme le altre fattispecie di accesso all'istituto del cumulo (costituite dal possesso del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e del relativo requisito contributivo ovvero dal possesso dei requisiti dei trattamenti per inabilità o per i superstiti di assicurato deceduto).

Il comma 196 disciplina i termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano del medesimo istituto del cumulo. Si prevede che i termini di pagamento previsti dalla disciplina generale in materia (ivi richiamata) inizino a decorrere solo al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.

 

Appare opportuno chiarire se la norma di cui al comma 196 abbia effetto retroattivo, considerato che anche la disciplina attuale[64] consente alcuni casi (trattamenti per inabilità o per i superstiti di assicurato) di ricorso al cumulo prima del compimento dei requisiti anagrafici suddetti. Potrebbe inoltre essere ritenuto opportuno valutare, ai fini in esame, il caso in cui, pur non computando gli effetti del cumulo, il soggetto maturi egualmente, prima del compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, il requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica.

 

I commi 197 e 198 recano norme transitorie - in considerazione delle novelle di cui al comma 195 - per i soggetti che avessero presentato domanda di ricongiunzione o di totalizzazione e i cui procedimenti non si siano ancora perfezionati, al fine di consentire l'accesso alternativo all'istituto del cumulo (sempre che sussistano i relativi requisiti) e di garantire il recupero delle somme eventualmente versate dal soggetto (nel caso di domanda di ricongiunzione).

 

Si segnala che, al contrario che nel comma 198 (relativo alle domande di totalizzazione), nel comma 197, concernente le domande di ricongiunzione, non si esplicita se la norma transitoria riguardi esclusivamente le domande presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge.

 

Nel settore pubblico, fino all’emanazione del DPCM 20 dicembre 1999, che ha introdotto per i nuovi assunti il trattamento di fine rapporto, veniva liquidata l’indennità premio di fine servizio ai dipendenti degli enti locali e l’indennità di buonuscita ai dipendenti statali. I trattamenti di fine servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il suo finanziamento che è caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale.

L’articolo 12, commi 7 e 8, del D.L. 78/2010, ha disposto che dal 31 maggio 2010, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche specificamente individuate, il riconoscimento dell’indennità premio di fine servizio, dell’indennità di buonuscita, del TFR e di ogni altra indennità equipollente corrisposta una tantum comunque denominata, spettante in seguito a cessazione di servizio, venga erogata:

      in un unico importo annuale, qualora l'ammontare complessivo, al lordo delle trattenute fiscali, sia complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro;

      in due importi annuali, qualora l'ammontare sia complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato sarà pari a 50.000 euro, il secondo sarà pari all'ammontare residuo;

      in tre importi annuali, qualora l'ammontare sia pari o superiore a 100.000 euro. In tal caso, il primo importo erogato rata sarà pari a 50.000 euro, il secondo a 50.000 euro ed il terzo all'ammontare residuo.

Resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in relazione alla determinazione della prima scadenza utile per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio di cui al precedente comma, ovvero del primo importo annuale, con conseguente riconoscimento del secondo e del terzo importo dopo, rispettivamente, 12 e 24 mesi dal riconoscimento del primo importo.

Merita inoltre ricordare che l’articolo 3, comma 2, del D.L. 79/1997, ha stabilito che alla liquidazione dei TFS, comunque denominati per i dipendenti pubblici, loro superstiti o aventi causa, che ne abbiano titolo, l'ente erogatore provvede decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell'amministrazione, decorsi 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Alla corresponsione agli aventi diritto l'ente provvede entro i successivi 3 mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi.


Articolo 1, commi 199-205
(Riduzione requisiti anzianità contributiva)

 

 

I commi da 199 a 205 introducono, in favore di alcune categorie di soggetti, una riduzione del requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica. I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996 e si trovino in una delle fattispecie ivi individuate.

 

Il comma 199 prevede, in favore di alcune categorie di soggetti, una riduzione a 41 anni del requisito di anzianità contributiva (per la pensione) indipendente dall'età anagrafica, requisito attualmente pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini ed a 41 anni e 10 mesi per le donne.

La riduzione opera a decorrere dal 1° maggio 2017.

I beneficiari sono costituiti dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, si trovino in specifiche fattispecie e siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria di base da una data precedente il 1° gennaio 1996 (quest'ultima condizione deriva dal richiamo ai soli soggetti di cui all'art. 1, commi 12 e 13, della L. 8 agosto 1995, n. 335[65]). Le suddette fattispecie specifiche sono le seguenti (individuate dalle lettere da a) a d) del comma 199):

§  stato di disoccupazione, a séguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o (nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni) risoluzione consensuale, sempre che la relativa prestazione per la disoccupazione sia cessata integralmente da almeno tre mesi;

§  svolgimento di assistenza, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, in favore del coniuge o di un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità[66];

§  riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, pari o superiore al 74 per cento;

§  svolgimento, al momento del pensionamento, da almeno sei anni in via continuativa, in qualità di lavoratore dipendente, nell'àmbito delle professioni indicate nell’allegato E, di attività lavorative per le quali sia richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltosa e rischiosa la loro effettuazione in modo continuativo (la determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative è demandata al decreto di cui al comma 202);

§  soddisfacimento delle nozioni di lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, poste, ai fini pensionistici, dall’art. 1, commi da 1 a 3, del D.Lgs. 21 aprile 2011, n. 67, come modificato dal successivo comma 206 dell'articolo 1 del presente disegno di legge (cfr., in materia di trattamenti pensionistici per tali lavoratori, la scheda relativa a ai commi 206-208).

Il requisito ridotto in esame - pari, come detto, a 41 anni - è soggetto ad adeguamento in base agli incrementi della speranza di vita, secondo il meccanismo generale di adeguamento dei requisiti anagrafici per i trattamenti pensionistici (comma 200). Di conseguenza[67], il requisito è soggetto ad adeguamento - con decorrenza dal 2019 e, successivamente, con cadenza biennale - mediante decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (mentre l'adeguamento per il triennio 2016-2018 e quelli ancora precedenti sono esclusi, ai sensi dell'alinea del comma 199).

Il comma 201 disciplina i termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano del requisito ridotto in esame. Si prevede che i termini di pagamento previsti dalla disciplina generale in materia (ivi richiamata) inizino a decorrere solo al compimento dei precedenti requisiti per il trattamento pensionistico.

Il comma 202 demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di attuazione delle disposizioni in esame, tra cui l'individuazione di criteri di priorità; questi ultimi rilevano, ai sensi del comma 203, qualora dal monitoraggio delle domande emerga uno scostamento, anche in via prospettica, rispetto ai limiti di spesa ivi stabiliti - pari a 360 milioni di euro per il 2017, 550 milioni per il 2018, 570 milioni per il 2019 e 590 milioni annui a decorrere dal 2020 -. In quest'ultimo caso, la decorrenza dei trattamenti in oggetto è differita, in base ai suddetti criteri di priorità e, a parità degli stessi, in ragione della data di presentazione della domanda, secondo la procedura della conferenza di servizi[68] (alla quale fa riferimento il comma 202, lettera c)).

Il trattamento pensionistico liquidato in base al requisito ridotto in esame non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra il requisito ordinario (per il conseguimento del trattamento a prescindere dall'età anagrafica) e l'anzianità contributiva al momento del pensionamento (comma 204).

 

Appare opportuno valutare la congruità (rispetto alle norme generali in materia) della permanenza del divieto di svolgere attività lavorativa per i casi in cui, prima del conseguimento del suddetto requisito ordinario, il soggetto abbia maturato il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.

 

Il presente beneficio del requisito ridotto non è cumulabile (comma 205) con altre maggiorazioni contributive previste per le attività di lavoro in oggetto, ad esclusione della maggiorazione stabilita in favore degli invalidi[69] e dei sordomuti dall'art. 80, comma 3, della L. 23 dicembre 2000, n. 388.


Articolo 1, commi 206-208
(Lavori usuranti)

 

 

I commi da 206 a 208 contengono alcune misure volte ad agevolare ulteriormente l'accesso al pensionamento anticipato dei lavoratori che svolgono lavori usuranti.

 

Più nel dettaglio,  a partire dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, nei confronti dei richiamati lavoratori, si prevede (comma 206):

che non vengano più applicate le disposizioni in materia di decorrenze annuali per il godimento del trattamento pensionistico (c.d. finestre)[70] (lett. a));

una attenuazione delle condizioni legislativamente previste per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato, anticipando al 2017 (in luogo del 2018) la messa a regime della disciplina relativa ai requisiti che devono essere presenti nel corso della carriera lavorativa. Infatti, per l’accesso al suddetto trattamento pensionistico anticipato, si richiede che le attività usuranti siano state svolte per un periodo di tempo pari, alternativamente (lett. b)):

-      ad almeno 7 anni negli ultimi 10 anni (rispetto alla normativa vigente si prevede che ai fini della suddetta durata non venga più compreso l'anno di maturazione dei requisiti e che il limite non venga più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza entro il 31 dicembre 2017) (n. 1);

-      ad almeno la metà della vita lavorativa complessiva (rispetto alla normativa vigente tale limite non viene più riferito solamente alle pensioni aventi decorrenza dal 1° gennaio 2018) (n. 2).

in via transitoria, che per gli anni 2019, 2021, 2023 e 2025, non si proceda all’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti richiesti per l’accesso alla pensione anticipata (vedi infra, box di approfondimento - adeguamento che proprio dal 2019 si avrà ogni biennio anziché ogni triennio (lett. c));

una modifica, introdotta nel corso dell’esame alla Camera, dei termini attualmente previsti per la trasmissione, da parte del lavoratore che svolge attività usuranti, della domanda e della relativa documentazione per l’accesso al trattamento pensionistico anticipato previsto per tali lavoratori. Si dispone che la domanda e la relativa documentazione devono essere trasmesse (lett. c-bis)):

-      entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati entro il 31 dicembre 2016 (non a decorrere dal 1° gennaio 2012, come attualmente previsto);

-      entro il 1° marzo dell'anno di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati nel corso del 2017;

-      entro il 1° maggio dell'anno precedente a quello di maturazione dei requisiti agevolati qualora tali requisiti siano maturati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

In conseguenza di quanto sopra esposto, si prevede un incremento sia del fondo per il pensionamento anticipato in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (84,5 milioni di euro per il 2017, 86,3 per il 2018, 124,5 per il 2019, 126,6 per il 2020, 123,8 per il 2021, 144,4 per il 2022, 145,2 per il 2023, 151,8 per il 2024, 155,4 per il 2025 e 170,5 annui a decorrere dal 2026) sia, in misura corrispondente,  degli oneri previsti dall’articolo 7 del D.Lgs. 67/2011 per l’attuazione delle misure per l’accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni usuranti (comma 207).

 

Per una corretta applicazione di quanto previsto dai citati commi 206 e 207, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento sono apportate, con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia (come specificato nel corso dell’esame alla Camera), le necessarie modifiche al D.M. 20 settembre 2011, che disciplina le modalità di accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, anche introducendo semplificazioni nella documentazione necessaria ai fini della certificazione del beneficio dell’accesso anticipato al pensionamento (come specificato nel corso dell’esame alla Camera) (comma 208).

 

Per completezza, si segnala che altre disposizioni in materia di pensionamento dei lavoratori che svolgono attività usuranti sono contenute nel comma 199 (vedi relativa scheda di lettura).

 

La normativa che disciplina l’accesso al trattamento pensionistico dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti è contenuta nel D.Lgs. 67/2011, così come sostanzialmente modificato dall’art. 24, c. 17, del D.L. 201/2011 (cd. riforma Fornero).

Per quanto riguarda, innanzitutto, la platea dei soggetti beneficiari, il decreto dispone che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti, ossia: i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (di cui all’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999); i lavoratori subordinati notturni (come definiti dal D.Lgs. n. 66/2003); i lavoratori addetti alla cd. “linea catena” che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale; i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.

Le condizioni per l’accesso al beneficio pensionistico sono che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al pensionamento e che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa, ossia, nella fase transitoria, fino al 2017, per un minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa, mentre a regime, dal 2018, per un arco di tempo almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa.

Dal 2013 i suddetti lavoratori che hanno almeno 35 anni di anzianità contributiva possono accedere (a determinate condizioni) al pensionamento anticipato attraverso il sistema delle quote, più precisamente a quota 97 quale somma tra età anagrafica e contributiva (e non più con il riconoscimento dell’anticipo di 3 anni come previsto prima della “riforma Fornero”), requisito soggetto all’adeguamento alla speranza di vita.

 

Per quanto concerne i profili finanziari, l’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 67/2011 aveva (inizialmente) coperto gli oneri finanziari con le risorse del Fondo per il pensionamento anticipato in favore degli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (istituito con l’articolo 1, comma 3, lettera f), della L.247/2007), per somme pari a 312 milioni di euro per il 2011, 350 milioni di euro per il 2012 , 383 milioni di euro per il 2013 e 2014 e 233 milioni di euro a decorrere dal 2015.

Successivamente, il Fondo è stato rideterminato da una serie di interventi, e cioè:

§  l’articolo 1, comma 721, della L. 190/2014 ha ridotto di 150 milioni di euro (passando così da una dotazione, nel 2014, pari a 383 milioni di euro ad una dotazioni pari a 233 milioni di euro annui), lo stanziamento del Fondo;

§  l’articolo 1, comma 289, della L. 208/2015 ha previsto (ai fini del concorso alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'elevamento della cosiddetta no tax area per i pensionati ha disposto) una riduzione del Fondo in misura pari a 140 milioni di euro per il 2017, 110 milioni per il 2018, 76 milioni per il 2019 e 30 milioni per il 2020;

§  l’articolo 1, comma 300, della L. 208/2015, che (per la copertura degli oneri finanziari derivanti dai precedenti commi 298 e 299 (relativi, rispettivamente, alla soppressione del divieto di cumulo di riscatto, ai fini pensionistici, dei periodi - non coincidenti - del corso legale di laurea e di quelli corrispondenti al congedo parentale, collocati temporalmente al di fuori del rapporto di lavoro, e l’estensione della deroga all'applicazione di alcune riduzioni percentuali dei trattamenti pensionistici liquidati prima del 1° gennaio 2015) ha ridotto il Fondo di 15,1 milioni di euro per il 2016, 15,4 milioni di euro per il 2017, 15,8 milioni di euro per il 2018, 16,2 milioni di euro per il 2019, 16,5 milioni di euro per il 2020, 16,9 milioni di euro per il 2021, 17,2 milioni di euro per il 2022, 17,7 milioni di euro per il 2023, 18 milioni di euro per il 2024 e 18,4 milioni di euro a decorrere dal 2025;

§  l’articolo 1, comma 304, della L. 208/2015, che (per incrementare il Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, per il 2016, di 250 milioni di euro, da destinare al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga), ha ridotto il Fondo per una somma pari a 150 milioni di euro.

 


Articolo 1, comma 209
(Benefici previdenziali centralinisti non vedenti)

 

 

Il comma 209, introdotto alla Camera, interviene sui benefici previdenziali per i centralinisti telefonici non vedenti, prevedendo che il beneficio di quattro mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio sia utile non solo ai fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva (come stabilito dalla normativa vigente, di cui all’articolo 9, comma 2, della legge n. 113/1985), ma anche per l’incremento dell’età anagrafica a cui applicare il coefficiente di trasformazione per il calcolo contributivo.

 

 

L’articolo 9, comma 2, della legge n.113/1985, prevede che in attesa della legge di riforma generale del sistema pensionistico, le prestazioni di lavoro dei centralinisti telefonici non vedenti sono considerate particolarmente usuranti; ad essi viene pertanto riconosciuto, su richiesta, per ogni anno di servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende private effettivamente svolto, il beneficio di quattro mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva.

 


Articolo 1, comma 210
(No tax area pensionati)

 

 

Il comma 210 stabilisce una disciplina uniforme per le detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione (cosiddetta no tax area per i pensionati), estendendo ai soggetti di età inferiore a 75 anni la misura delle detrazioni già prevista per gli altri soggetti.

 

Quest'ultima misura è pari a[71]:

§  1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro);

§  1.297 euro, aumentata del prodotto tra 583 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;

§  una quota proporzionale - rispetto ad una base di calcolo pari a 1.297 euro - corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro.

Resta fermo che per i casi di reddito complessivo superiore a 55.000 euro non spettano le detrazioni in esame.

 

Nella disciplina attualmente vigente, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, la misura della detrazione è pari a:

§  1.783 euro, se il reddito complessivo non supera 7.750 euro (l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro);

§  1.255 euro, aumentata del prodotto tra 528 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro e pari o inferiore a 15.000 euro;

§  una quota proporzionale - rispetto ad una base di calcolo pari a 1.255 euro - corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro, qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 15.000 euro e pari o inferiore a 55.000 euro.


Articolo 1, comma 211
(Trattamenti pensionistici per le vittime del dovere e loro familiari superstiti)

 

 

Il comma 211, introdotto alla Camera, estende ai trattamenti pensionistici spettanti alle vittime del dovere e ai loro familiari superstiti i benefici fiscali in materia di esenzione dall’imposta sui redditi.

 

I benefici fiscali che vengono estesi ai suddetti trattamenti pensionistici sono quelli previsti dall’art. 2, co. 5 e 6, della L. n. 407/1998 e dall’art. 3, co. 2, della L. n. 206/2004, che consistono, rispettivamente:

§  nell’esclusione del trattamento speciale di reversibilità corrisposto ai superstiti dei caduti e le pensioni privilegiate erogate per causa di servizio alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata dal novero delle prestazioni che concorrono a formare il reddito imponibile ai fini dell’IRPEF;

§  nell’esenzione dall’IRPEF della pensione maturata a seguito dell’aumento figurativo di 10 anni del versamento dei contributi riconosciuto a coloro che hanno subito un'invalidità permanente della capacità lavorativa, causata da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, e ai loro familiari.

 

Per vittime del dovere si intendono i soggetti di cui alla L. n. 466/1980 (determinate categorie di dipendenti pubblici e di cittadini che abbiano riportato una invalidità permanente) e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subìto un'invalidità permanente in attività di servizio o nell'espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi in determinate circostanze (art. 1, commi 563 e 564, L. n. 266/2005), le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla L. n. 302/1990, nonché i familiari superstiti dei predetti soggetti.

La normativa vigente riconosce una serie di benefici economici, fiscali e previdenziali in favore dei suddetti soggetti, progressivamente ampliati nel corso di successivi interventi normativi. Tra i benefici previdenziali e assistenziali per le vittime del dovere e dei loro familiari vi sono:

§  l’attribuzione di due annualità (comprensive della tredicesima mensilità) ai superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità, in caso di decesso dei soggetti vittime di dovere con invalidità non inferiore al 25 per cento (art. 5, comma 4, L. n. 206/2004, come modificato e esteso nella platea dall’art. 2, commi 105 e 106, della L. n. 244/2007);

§  l’erogazione di specifici benefìci che incidono sui trattamenti pensionistici (aumento figurativo di 10 anni dei versamenti contributivi utili ad aumentare l’anzianità pensionistica maturata, la misura della pensione e il TFR; equiparazione, per le vittime che hanno subìto danni più gravi, ai grandi invalidi di guerra e riconoscimento del diritto immediato alla pensione diretta; adeguamento costante, al trattamento in godimento dei lavoratori in attività, delle pensioni delle vittime (L. n. 206/2004);

§  l’introduzione di un assegno vitalizio (1.033 euro mensili soggetti a perequazione automatica) a favore dei soggetti portatori di una invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa e dei suoi familiari superstiti (art. 5, comma 3, L. n. 206/2004, come modificato e esteso nella platea dall’art. 2, commi 105 e 106, della L. n. 244/2007).


Articolo 1, commi 212-221
(Soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici)

 

 

I commi da 212 a 221 recano l’ottavo intervento di salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma pensionistica del 2011 (c.d. Riforma Fornero), con il quale si garantisce l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad un massimo di ulteriori 30.700 soggetti (erano 27.700 nel testo originario del disegno di legge; nel corso dell’esame alla Camera ne sono stati aggiunti 3.000). Per effetto di tali disposizioni il limite massimo numerico di soggetti salvaguardati viene stabilito a poco più di 200.000.

 

La disposizione reca l’ottavo intervento di salvaguardia in relazione ai nuovi requisiti introdotti dalla riforma pensionistica (articolo 24 del D.L. 201/2011- c.d. Riforma Fornero), con il quale si garantisce l’accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti ad un massimo di ulteriori 27.700 soggetti, incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie (che vengono considerate concluse), attraverso il prolungamento del termine - da 36 a 84 mesi successivi all’entrata in vigore della riforma pensionistica - entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti.

Per effetto di tali disposizioni il limite massimo numerico di soggetti salvaguardati viene stabilito a poco più di 200.000.

Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, tale intervento ha lo scopo “di portare a conclusione tale programma di gradualità nel processo di innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento implementato nel limite di risorse programmate”.

È inoltre previsto che le eventuali risorse che dovessero residuare dall’apposita autorizzazione di spesa della salvaguardia in esame concorrono alla copertura dei maggiori oneri derivanti dalle misure pensionistiche contenute nel disegno di legge in esame, con conseguente soppressione dell’apposito Fondo istituito (dall’articolo 1, comma 235, della L. 228/2012) per finanziare gli interventi in favore delle categorie di lavoratori salvaguardati. Qualora, a seguito del monitoraggio effettuato, dovessero essere accertate, anche in via prospettica, economie rispetto ai limiti di spesa indicati, gli importi confluiscono nel Fondo sociale per occupazione e formazione (comma 221).

 

Più specificamente, viene previsto che i requisiti per l’accesso al sistema previdenziale vigenti prima della riforma pensionistica continuino ad applicarsi a specifiche categorie di lavoratori, nei limiti di determinati contingenti (comma 214):

§  nel limite di 11.000 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, o nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall’attivazione, precedente alla data di licenziamento, delle vigenti procedure concorsuali (quali il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o l’amministrazione straordinaria speciale, a condizione di esibire la documentazione attestante la data di avvio della procedura concorsuale), anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2011 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro 36 mesi dalla fine dello stesso periodo, i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore della riforma pensionistica. Per quanto concerne, specificamente, i versamenti volontari, questi possono riguardare (anche in deroga alle disposizioni dell'articolo 6, comma 1, D.Lgs. 184/1997) anche periodi eccedenti i 6 mesi precedenti la domanda di autorizzazione stessa; il versamento può comunque essere effettuato solo con riferimento ai 36 mesi successivi al termine di fruizione dell'indennità di mobilità o del trattamento speciale edile (in tal caso, ai sensi del successivo comma 215, per i lavoratori già autorizzati ai versamenti volontari antecedentemente al 1° gennaio 2017 e per i quali siano decorsi i termini di pagamento, è prevista la riapertura, a domanda, dei termini per i versamenti relativi ai 36 mesi successivi alla fine della fruizione dell’indennità di mobilità). Eventuali periodi di sospensione dell’indennità di mobilità (intervenuti entro il 1° gennaio 2017) per svolgere attività di lavoro subordinato, a tempo parziale, a tempo determinato, ovvero di lavoro parasubordinato, mantenendo l’iscrizione nella lista, si considerano rilevanti ai fini del prolungamento del periodo di fruizione dell’indennità stessa e non comportano l’esclusione dall’accesso alle salvaguardie (lettera a));

 

Si segnala che nel corso dell’esame alla Camera il contingente in oggetto è stato incrementato di 3.000 unità, portandolo da 8.000 (come previsto nel disegno di legge originario) a 11.000 unità. Tale incremento riguarda unicamente la categoria dei lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile, per i quali il termine entro il quale devono aver cessato l’attività lavorativa è stato spostato al 31 dicembre 2014 (in luogo del 31 dicembre 2012, previsto dal testo iniziale del disegno di legge in esame) (comma 214, lettera a)). L’ampliamento della platea dei beneficiari della salvaguardia (deciso nel corso dell’esame alla Camera) comporta maggiori oneri per  161 milioni di euro (coperti a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica) di:

-        3 milioni per il 2017

-        10 milioni per il 2018

-        22 milioni per il 2019

-        30 milioni per il 2020

-        31 milioni per il 2021

-        28 milioni per il 2022

-        18 milioni per il 2023

-        10 milioni per il 2024

-        6 milioni per il 2025

-        3 milioni per il 2026.

§  nel limite di 9.200 soggetti, ai lavoratori prosecutori volontari con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011, anche se abbiano svolto, successivamente al 4 dicembre 2011, qualsiasi attività non riconducibile a lavoro dipendente a tempo indeterminato, che maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera b));

§  nel limite di 1.200 soggetti, ai lavoratori prosecutori volontari non in possesso al 6 dicembre 2011 di almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile, e a condizione che abbiano almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e che alla data del 30 novembre 2013 non svolgano attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, che maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera c));

§  nel limite di 7.800 soggetti, ai lavoratori titolari di accordi individuali o collettivi e i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro che maturano i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera d));

§  nel limite di 700 soggetti, ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave nel corso del 2011, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 84 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera e));

§  nel limite di 800 soggetti, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato (con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori stagionali), cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali maturino i requisiti previdenziali secondo la disciplina vigente prima della riforma pensionistica entro 72 mesi dalla sua entrata in vigore (lettera f)).

 

Si prevede che i soggetti interessati presentino le istanze, a pena di decadenza, entro il 1° marzo 2017, secondo le procedure previste, per ciascuna categoria di soggetti, dai precedenti provvedimenti di salvaguardia[72]. Si dispone, inoltre, che l’I.N.P.S. provveda al monitoraggio delle domande (pubblicando, sul proprio sito internet, i dati raccolti), non prendendo in considerazione ulteriori domande di pensionamento nel caso di raggiungimento dei limiti numerici e dei limiti di spesa stabiliti. E’ altresì prevista una relazione annuale al Parlamento, da presentare entro il 30 settembre di ogni anno, sulla base dei dati rilevati dall’I.N.P.S. nell’ambito della propria attività di monitoraggio (commi 216 e 217). Nel caso in cui l’attività di monitoraggio accertasse economie rispetto ai limiti di spesa indicati (vedi infra), le risorse confluiscono nel Fondo sociale per occupazione e formazione (comma 221).

 

Per quanto concerne i profili finanziari dell’intervento (definiti dai commi 212, 213, 218 e 219), gli oneri programmati per le prime sette salvaguardie, secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, pari (in termini cumulati) a 11,42 miliardi di euro, per un limite massimo di 172.466 soggetti, passerebbero quindi (in termini cumulati, considerando anche l’ottava salvaguardia) a 10,79 miliardi, per un limite massimo di 164.795 soggetti.

In particolare, ai fini della quantificazione degli oneri dell’intervento e della relativa copertura finanziaria, considerando il carattere conclusivo dell’intervento, sono rideterminati sia gli importi delle risorse destinate alle salvaguardie, sia il limite numerico massimo di soggetti salvaguardati, pari a 137.095 soggetti (rispetto ai 146.166 attualmente previsti); in relazione a ciò, si incrementa l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della L. 228/2012 (comma 212).

 

Inoltre, in considerazione del limitato utilizzo della cd. seconda salvaguardia (articolo 22, comma 1, lettera a), del D.L. 95/2012, vedi infra), nonché della scadenza dei termini decadenziali di comunicazione degli elenchi nominativi dei lavoratori da licenziare (anche sulla base delle eccedenze)[73], viene rideterminato il limite numerico massimo di soggetti interessati dalla medesima salvaguardia, che quindi passa da 35.000 a 19.741 soggetti (comma 213)

 

Inoltre, prevedendo che i nuovi benefici siano riconosciuti nel limite di 27.700 soggetti e nel limite massimo di 134 milioni per il 2017, 295 milioni per il 2018, 346 milioni per il 2019, 303 milioni per il 2020, 230 milioni per il 2021, 143 milioni per il 2022, 54 milioni per il 2023, 11 milioni per il 2024 e 3 milioni per il 2025, si provvede al corrispondente incremento degli importi previsti all’articolo 1, comma 235, quarto periodo, della L. 228/2012 (ossia delle economie aventi carattere pluriennale destinate ad alimentare l’apposito fondo), rideterminando il limite numerico massimo dei contingenti di lavoratori interessati a 164.795 soggetti, nonché alla copertura degli oneri a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 235, primo periodo, della L. 228/2012 (ossia riducendo la dotazione dell’apposito fondo) (commi 218 e 219).

 

La questione degli “esodati” trae origine dalla riforma pensionistica realizzata del Governo Monti (articolo 24 del D.L. 201/2011, c.d. riforma Fornero), che a decorrere dal 2012 ha sensibilmente incrementato i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento. La riforma, in particolare, ha portato a 66 anni il limite anagrafico per il pensionamento di vecchiaia; velocizzato il processo di adeguamento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato (66 anni dal 2018); per quanto concerne il pensionamento anticipato, abolito il previgente sistema delle quote, con un considerevole aumento dei requisiti contributivi (42 anni per gli uomini e 41 anni per le donne) e l'introduzione di penalizzazioni economiche per chi comunque accede alla pensione prima dei 62 anni.

Al fine di salvaguardare le aspettative dei soggetti prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, la riforma ha dettato una disciplina transitoria, individuando alcune categorie di lavoratori ai quali continua ad applicarsi la normativa previgente, preordinando allo scopo specifiche risorse finanziarie. Tale platea comprende, in particolare, i lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011; i lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma) e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità; i lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 4 dicembre 2011, nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la data del 4 dicembre 2011 il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; i lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione; i lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 si trovino in esonero dal servizio; i lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 sono in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni.

L'insufficienza delle norme transitorie contenute nella legge di riforma, resasi evidente nei mesi successivi alla sua entrata in vigore (mesi che hanno visto crescere la protesta dei lavoratori che si sarebbero venuti a trovare senza stipendio e senza pensione), ha indotto il Governo e il Parlamento a rivedere la platea dei soggetti ammessi al pensionamento secondo la normativa previgente, estendendola a più riprese.

Sono stati fin qui effettuati sette interventi di salvaguardia:

§  prima salvaguardia: l'articolo 6, comma 2-ter, del D.L. 216/2011 ha ricompreso anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si fosse risolto, in base ad accordi individuali, sottoscritti in data antecedente a quella di entrata in vigore della legge di riforma o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, purché in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in vigore della riforma. l'articolo 6, comma 2-septies, dello stesso provvedimento, ha disposto che la normativa previgente continuasse ad applicarsi anche ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 risultassero essere in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturassero, entro 24 mesi dalla data di inizio del congedo, in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a quaranta anni;

§  seconda salvaguardia: l'articolo 22 del D.L. 95/2012 (c.d. "spending review") ha ulteriormente incrementato la platea dei soggetti salvaguardati, rientranti in alcune categorie (lavoratori collocati in mobilità o in mobilità lunga, sulla base di appositi accordi stipulati dalle imprese in sede governativa anteriormente al 31 dicembre 2011; lavoratori che, alla data del 4 dicembre 2011, non erano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore; prosecutori volontari autorizzati antecedentemente il 4 dicembre 2011; lavoratori con accordi individuali o collettivi di incentivazione all’esodo il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011 e che siano in possesso di specifici requisiti)  ricomprendendovi altri 55.000 lavoratori (successivamente ridotto a 35.000 e ulteriormente ridotto dal provvedimento in esame 19.741);

§  terza salvaguardia: l'articolo 1, commi 231-237, della L. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013), ha stabilito che le disposizioni previgenti alla legge di riforma continuino a trovare applicazione anche nei confronti di ulteriori categorie di lavoratori (lavoratori cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e collocati in mobilità - ordinaria o in deroga - a seguito di accordi, governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011 e che avessero perfezionato i requisiti utili al trattamento pensionistico entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità o durante il periodo di godimento dell'indennità di mobilità in deroga, e in ogni caso entro il 31 dicembre 2014; lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionassero i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 e in possesso di specifici requisiti contributivi; lavoratori che avessero risolto il rapporto di lavoro entro il 30 giugno 2012, in ragione di accordi individuali o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, ancorché avessero svolto, dopo la cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato  purché non superassero specifici limiti reddituali; lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria entro il 4 dicembre 2011 e collocati in mobilità ordinaria alla predetta data, i quali, in quanto fruitori della relativa indennità, dovessero attendere il termine della fruizione stessa per poter effettuare il versamento volontario, a condizione che perfezionassero specifici requisiti. Le modalità di attuazione sono contenute nel DM 22 aprile, e le relative istruzioni operative sono contenute nella C.M. 5 giugno 2013, n. 19;

§  quarta salvaguardia: gli articoli 11 e 11-bis del D.L. 102/2013 hanno recato nuove disposizioni. In particolare, l'articolo 11 ha stabilito che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima dell'entrata in vigore della cd. riforma Fornero, trovassero applicazione anche nei confronti dei lavoratori il cui rapporto di lavoro fosse cessato entro il 31 dicembre 2011 a seguito di risoluzione unilaterale. Il beneficio è stato riconosciuto nel limite di 6.500 soggetti. Il successivo articolo 11-bis ampliato ulteriormente la platea dei cd. esodati, ricomprendendovi anche 2.500 lavoratori i quali nel 2011 erano in congedo per assistere a familiari con handicap grave o fruivano di permessi giornalieri retribuiti per assistenza a coniuge parente o affine con handicap grave, i quali maturino i requisiti pensionistici entro 36 mesi dall'entrata in vigore del D.L. 201/2011;

§  quinta salvaguardia: l'articolo 1, comma 191, della L. 147/2013 ha previsto un ulteriore contingente di soggetti, pari a 6.000 unità (già interessato da provvedimenti precedenti), per i quali trova applicazione la disciplina pensionistica previgente il D.L. 201/2011 (lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione entro il 4 dicembre 2011, a condizione che perfezionino i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 36° mese dalla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 con almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011, ancorché abbiano svolto, successivamente alla medesima data del 4 dicembre 2011, attività lavorativa retribuita, comunque non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, entro il limite di 7.500 euro annui) Il successivo comma 194 ha ulteriormente esteso la platea di tali lavoratori, includendovi un massimo di ulteriori 17.000 lavoratori, esclusi dai precedenti interventi di salvaguardia, a condizione che perfezionino i requisiti pensionistici entro il 7 dicembre 2014, appartenenti alle seguenti categorie: prosecutori volontari autorizzati al 4 dicembre 2011 con un contributo accreditato o accreditabile al 6 dicembre 2011 e che, dopo il 4 dicembre 2011, abbiano svolto attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa entro il 30 giugno 2012 e che abbiano svolto, dopo tale data, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con accordi individuali o collettivi cessati dall'attività lavorativa dopo il 30 giugno 2012 e fino al 31 dicembre 2012 e che abbiano svolto, dopo la data di cessazione, attività lavorativa non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato; lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2008 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (si includono anche i lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro di lavoro tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011 che abbiano svolto dopo la cessazione attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo complessivo superiore a euro 7.500); lavoratori in mobilità ordinaria che maturino il requisito pensionistico ante L. 214/2011 dopo la data di fine mobilità e entro sei mesi dalla stessa; soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data;

§  sesta salvaguardia: la L. 147/2014 ha assicurato l'accesso al sistema previdenziale, secondo la disciplina antecedente alla riforma, ad un contingente di 32.100 lavoratori, prolungando di un anno (da 36 a 48 mesi successivi all'entrata in vigore delle riforma ) il termine entro il quale le categorie di lavoratori già individuate nelle precedenti salvaguardie (prosecutori volontari; lavoratori cessati sulla base di accordi individuali o collettivi; lavoratori in mobilità; lavoratori il cui rapporto di lavoro sia stato risolto unilateralmente) dovevano maturare i requisiti pensionistici al fine di accedere al sistema previdenziale con i requisiti antecedenti alla legge Fornero. A tali categorie si aggiunge, inoltre, quella dei lavoratori cessati che erano titolari di un contratto a tempo determinato. Per la copertura degli oneri il provvedimento attinge, in buona misura, alle risorse stanziate per le precedenti salvaguardie e in parte non utilizzate (in quanto le effettive richieste di pensionamento si sono rivelate inferiori alle attese), con conseguente riduzione delle platee ivi previste. In particolare, la riduzione delle precedenti platee è pari a 24.000 lavoratori, con un saldo attivo di 8.100 lavoratori (32.100 previsti complessivamente a cui vanno sottratti 24.000 lavoratori derivanti dalla riduzione delle platee previste da precedenti salvaguardie);

§  settima salvaguardia: la L. 208/2015 ha garantito l'accesso al trattamento previdenziale con i vecchi requisiti a un massimo di ulteriori 26.300 soggetti, sia individuando nuove categorie di soggetti beneficiari, sia incrementando i contingenti di categorie già oggetto di precedenti salvaguardie, attraverso il prolungamento del termine (da 36 a 60 mesi successivi all'entrata in vigore della riforma pensionistica) entro il quale i soggetti devono maturare i vecchi requisiti. Più specificamente, si prevede che i requisiti per l'accesso al sistema previdenziale vigenti prima della riforma pensionistica continuino ad applicarsi a specifiche categorie di lavoratori (lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile; lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall'attivazione delle vigenti procedure concorsuali; prosecutori volontari; lavoratori titolari di accordi individuali o collettivi; lavoratori con risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro; lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave; lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato -con esclusione dei lavoratori del settore agricolo e dei lavoratori stagionali) nei limiti di determinati contingenti.

Per effetto dei ripetuti interventi di salvaguardia adottati fin qui del legislatore la copertura previdenziale riguarda una platea complessiva di 172.466 lavoratori.

 


Articolo 1, commi 222-225
(Trattamento anticipato di pensione per le lavoratrici)

 

 

I commi 222 e 223, inseriti dalla Camera dei deputati, estendono l'àmbito di applicazione dell'istituto (transitorio e sperimentale) che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento anticipato di pensione in presenza di determinati requisiti anagrafici e contributivi e a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo integrale (cosiddetta opzione donna). Il comma 224 reca la quantificazione degli oneri finanziari conseguenti all'ampliamento in oggetto. Il comma 225 provvede alla copertura di una quota di tali oneri.

 

In base alla disciplina finora vigente, all'istituto in esame possono far ricorso le lavoratrici che avessero maturato gli specifici requisiti previsti entro il 31 dicembre 2015 (a prescindere dalla data della decorrenza iniziale del trattamento)[74]. Tali requisiti consistono nel possesso di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un'età pari o superiore a 57 anni e 3 mesi per le dipendenti e a 58 anni e 3 mesi per le autonome. L'accesso all'istituto è subordinato alla condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale.

I commi 222 e 223 estendono, a decorrere dal 2017, l'applicabilità dell'istituto alle lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, non avessero raggiunto la suddetta frazione di 3 mesi (nell'età anagrafica). Di conseguenza, all'istituto possono far ricorso le lavoratrici che, al 31 dicembre 2015, avessero un'età pari o superiore a 57 anni, se dipendenti, o a 58 anni, se autonome (fermi restando il possesso, alla medesima data, di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e la condizione che la lavoratrice opti per il sistema di calcolo contributivo integrale).

Il comma 224 reca la quantificazione degli oneri finanziari conseguenti all'ampliamento in oggetto.

Il comma 225 provvede alla copertura di una quota di tali oneri. A tal fine:

§  si ricorre, nella misura di 22,2 milioni di euro per il 2018, 52,5 milioni per il 2019 e 33,6 milioni per il 2020, alle entrate contributive dell'INPS destinate in via ordinaria, per il 50 per cento, al finanziamento delle attività dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e, per il restante 50 per cento, al finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione;

§  si riduce, nella misura di 25 milioni di euro per il 2018, 30,5 milioni per il 2019, 32,5 milioni per il 2020, 33,2 milioni per il 2021 e 1,5 milioni per il 2022, la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.


Articolo 1, commi 226-232
(Rifinanziamento prepensionamento giornalisti)

 

 

I commi da 226 a 232, introdotti alla Camera, rifinanziano l’accesso alla pensione di vecchiaia anticipata per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale (di cui all’art. 37 della L. 416/1981).

 

 

Nelle more dell’esercizio della delega (di cui all’art. 2, c. 4, della L. 198/2016) prevista per rendere l'accesso ai prepensionamenti per i giornalisti progressivamente conforme alla normativa generale del sistema pensionistico, si dispone che il suddetto rifinanziamento sia pari a 5,5, mln di euro annui per il triennio 2017-2019, a 5 mln di euro per il 2020 e a 1,5 mln di euro per il 2021. Tale intervento è aggiuntivo al rifinanziamento già disposto dall’art. 1-bis del D.L. 90/2014[75]. Conseguentemente sono aumentati i limiti spesa all’uopo stabiliti dall’art. 41-bis, c. 7, del D.L. 207/2008[76] (comma 226).

I prepensionamenti sono erogati ai giornalisti interessati dai piani di ristrutturazione o riorganizzazione presentati al Ministero del lavoro prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio, anche nel caso in cui sia esperito il loro termine di durata (comma 227). In tali casi, non si tiene conto (ai fini della decorrenza dei trattamenti ovvero della decadenza dell’opzione al prepensionamento di 60 giorni dal maturare delle condizioni di anzianità contributiva richiesta) del periodo che intercorre tra la data di scadenza del piano di ristrutturazione o conversione e l’entrata in vigore della legge di bilancio.

Agli oneri derivanti dal rifinanziamento in esame concorre lo specifico contributo aggiuntivo da versare (da parte dei datori di lavoro) all’INPGI per il finanziamento dell’onere eccedentario rispetto alle apposite risorse stanziate per il prepensionamento (di cui all’art. 41-bis, co. 7, secondo periodo, del D.L. 207/2008[77]) (comma 228).

Si procede alla revoca del finanziamento per il prepensionamento nel caso in cui i giornalisti interessati instaurino rapporti di lavoro (dipendente o autonoma anche sotto forma di collaborazione) ovvero sottoscrivano contratti per la cessione del diritto d’autore (comma 229)

All’onere finanziario si provvede (comma 230):

quanto a 5,5 mln di euro per il 2017 mediante corrispondente riduzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione e informazione (per la quota destinata agli interventi della Presidenza del Consiglio);

quanto a 5,5 mln di euro annui per il biennio 2018-2019, a 5 mln di euro per il 2020 e a 1,5 mln di euro per il 2021 tramite un corrispondente versamento di un pari importo all’entrata del bilancio dello Stato delle risorse disponibili su un’apposita contabilità speciale (su cui affluiscono 147,5 mln di euro del Fondo per il pluralismo e l’innovazione e informazione sempre per la quota destinata agli interventi della Presidenza del Consiglio).

Alla compensazione di tali oneri si provvede mediante il corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali per importi di pari entità per gli stessi anni in precedenza evidenziati (comma 231), che per tale motivo è incrementato di 17,5 mln di euro per il 2017 (comma 232).

 

 

 


Articolo 1, comma 233
(Trasformazione a tempo parziale dei rapporti di lavoro)

 

 

Il comma 233 riduce il limite massimo di spesa previsto per la specifica disciplina transitoria[78], relativa ad una fattispecie di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale del rapporto di lavoro subordinato, pubblico o privato, con copertura pensionistica figurativa per la quota di retribuzione perduta e con la corresponsione al dipendente, da parte del datore di lavoro, di una somma pari alla contribuzione pensionistica che sarebbe stata a carico di quest'ultimo (relativa alla prestazione lavorativa non effettuata).

 

Si ricorda che l'istituto è subordinato al possesso, da parte del dipendente, di determinati requisiti anagrafici e contributivi e ad ulteriori condizioni, relative al contenuto dell'accordo, e che il summenzionato importo, corrisposto dal datore di lavoro, non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. L'accoglimento della domanda di trasformazione, da parte dell'INPS, è altresì subordinato al rispetto di limiti complessivi di spesa.

Nella disciplina finora vigente, questi ultimi sono pari a 60 milioni di euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018. La presente novella riduce a 20 milioni per il 2017 ed a 10 milioni per il 2018 tali limiti. Le conseguenti economie di spesa restano acquisite al bilancio dello Stato; si ricorda che la copertura degli stanziamenti in oggetto è reperita mediante ricorso alle entrate contributive dell'INPS destinate in via ordinaria, per il 50 per cento, al finanziamento delle attività dell'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) e, per il restante 50 per cento, al finanziamento del Fondo sociale per occupazione e formazione[79] - ricorso che resta attivato secondo le misure integrali originarie, in quanto le economie di spesa restano acquisite al bilancio dello Stato.

Secondo la relazione tecnica, allegata al disegno di legge in esame, il ridimensionamento dell’autorizzazione di spesa "è effettuato coerentemente con gli elementi di monitoraggio disponibili per la misura in esame e garantendo al contempo elementi di prudenzialità".

 

Più in dettaglio, ai fini dell'applicazione dell'istituto in esame:

§  il dipendente, pubblico o privato, titolare di un rapporto a tempo pieno e indeterminato, deve maturare entro il 31 dicembre 2018 il requisito anagrafico per il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia ed aver già maturato (al momento della trasformazione del rapporto) i requisiti minimi di contribuzione per il diritto al medesimo trattamento;

§  l'accordo per la trasformazione del rapporto deve riguardare un periodo di tempo non superiore a quello intercorrente tra la data di accesso al beneficio in esame e la data di maturazione del suddetto requisito anagrafico;

§  la riduzione dell'orario di lavoro deve essere pari ad una misura compresa tra il 40 per cento e il 60 per cento[80].


Articolo 1, commi 234-237
(Fondi di solidarietà bilaterali)

 

 

I commi da 234 a 237 recano alcune norme in materia di fondi di solidarietà bilaterali. In tale àmbito, i commi 234 e 237 concernono specificamente i fondi relativi al personale del credito e a quello del credito cooperativo, mentre i commi 235 e 236 fanno riferimento ai settori interessati da provvedimenti legislativi relativi a processi di adeguamento o di riforma.

 

Il comma 234 prevede, in via transitoria, la possibilità che, mediante modifiche dei relativi atti istitutivi, i fondi di solidarietà bilaterali relativi al personale del credito e a quello del credito cooperativo contemplino l'assegno straordinario per il sostegno al reddito (riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo) in favore di lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi sette anni, anziché nei successivi cinque anni (come consentito dalla norma generale sui fondi bilaterali). La possibilità in oggetto è ammessa per il periodo 2016-2019 - per il fondo relativo al personale del credito, essa è già ammessa per gli anni 2016 e 2017, ai sensi dell'art. 12 del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 giugno 2016, n. 119 -. Le modifiche in oggetto della disciplina dei due fondi devono essere adottate secondo la procedura di cui al presente comma 1.

Il comma 237, sempre con riferimento ai due suddetti fondi di solidarietà bilaterali, consente che, per il periodo 2017-2019, essi corrispondano ai lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi sette anni l'importo relativo al riscatto o alla ricongiunzione di periodi contributivi precedenti l'accesso al fondo di solidarietà. Tale beneficio è subordinato al previo versamento, a carico del datore di lavoro ed in favore del fondo, delle relative somme nonché all'adozione (secondo la procedura di cui al medesimo comma 4) delle conseguenti modifiche della disciplina dei due fondi.

I commi 235 e 236 consentono una riduzione del contributo straordinario relativo ai citati assegni straordinari per il sostegno al reddito (nell'àmbito dei fondi di solidarietà bilaterali che contemplino tale istituto), con riferimento ai settori che siano interessati da provvedimenti legislativi relativi a processi di adeguamento o di riforma per aumentarne la stabilità e rafforzarne la patrimonializzazione, limitatamente alle imprese o gruppi di imprese coinvolti in processi di ristrutturazione o fusione e fino al 31 dicembre 2019.

Si ricorda che, in base alla norma generale, il contributo straordinario in oggetto (a carico del datore di lavoro) è pari al fabbisogno di copertura dell'assegno straordinario e della contribuzione correlata. Ai sensi dei commi 2 e 3, il contributo, su domanda, è ridotto di un importo pari, per gli assegni aventi decorrenza iniziale nel 2017, all'85% della somma costituita dall'applicazione ipotetica della misura del trattamento generale di disoccupazione (NASpI) e della relativa contribuzione figurativa, calcolate (con riferimento al singolo lavoratore) secondo le relative norme generali, e, per gli assegni aventi decorrenza iniziale nel 2018 o nel 2019, al 50% della medesima base di calcolo. La riduzione è ammessa entro un limite massimo complessivo di 25.000 accessi, nel triennio in oggetto, all'assegno straordinario e, in ogni caso, nel limite di 174 milioni di euro per il 2017, 224 milioni per il 2018, 139 milioni per il 2019, 87 milioni per il 2020 e 24 milioni per il 2021. La copertura finanziaria delle conseguenti minori risorse viene posta a carico dell'INPS, il quale provvede altresì al monitoraggio delle domande presentate al fine di garantire il rispetto dei limiti annuali di spesa e del limite numerico suddetti.


Articolo 1, commi 238-239
(Incremento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale)

 

 

I commi 238 e 239, introdotti durante l’esame alla Camera,  autorizzano, dal 2017, un incremento a regime di 150 milioni di euro a valere sullo stanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Conseguentemente viene ridotta dello stesso importo, sempre dal 2017, l’autorizzazione di spesa per il finanziamento dell’Assegno di disoccupazione – ASDI. Nelle more dell'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, e nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, un decreto interministeriale dovrà aggiornare i criteri per l’accesso, per il 2017, al Sostegno per l’inclusione attiva (SIA) anche al fine di ampliare la platea dei beneficiari e definire le modalità di prosecuzione della sperimentazione dell’ASDI.

 

Il comma 238 dispone, dal 2017, un incremento a regime di 150 milioni a valere sullo stanziamento del Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, istituito dall’art. 1, comma 386 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015).

 

Il cap. 3550 Fondo per la lotta e alla povertà e all'esclusione sociale, istituito l’anno scorso in conseguenza delle previsioni contenute nella stabilità 2016, presenta una previsione per il 2017 pari a 1.030 milioni di euro. Nel biennio 2018-2019, il capitolo, con una dotazione iniziale pari a 1.054 milioni, riceve dalla legge di bilancio, Sezione II, un rifinanziamento di 500 milioni di euro, che porta la dotazione dei prossimi due anni a 1.554 milioni di euro. A tali risorse per il triennio deve ora essere aggiunta l’autorizzazione annua, a regime, di 150 milioni disposta dall’articolo in esame.

 

Conseguentemente, dal 2017, viene ridotta di 150 milioni annui l’autorizzazione di spesa per il finanziamento dell’Assegno di disoccupazione – ASDI di cui all’articolo 16, comma 7, del D.Lgs. 22/2015; autorizzazione poi rifinanziata a regime ai sensi dell’art. 43, co. 5, del D.Lgs. 148/2015 (270 milioni per il 2017, 170 milioni per il 2018 e 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2019).

 

L'ASDI (assegno di disoccupazione) è una misura introdotta in via sperimentale dall'art. 16, c. 1, D.Lgs. 22/2015 (prevista inizialmente per il solo 2015 e prorogata poi fino al 2019), con lo scopo di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori beneficiari della NASpl che abbiano fruito di questa per l'intera durata, siano privi di occupazione e si trovino in una condizione economica di bisogno[81].

I beneficiari dell'ASDI sono i lavoratori che:

§  abbiano fruito della NASpI entro il 31 dicembre 2016 (termine prorogato, da ultimo, dal DM 23 maggio 2016, in luogo dell’iniziale 31 dicembre 2015) per la sua intera durata, che si trovano ancora in stato di disoccupazione e che versano in una condizione di particolare disagio economico;

§  siano ancora in stato di disoccupazione al termine della NASpI;

§  siano, al termine del periodo di fruizione della NASpI, componenti di un nucleo familiare in cui sia presente almeno un minore di anni 18 o abbiano un'età pari a 55 anni o superiore e non abbiano maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;

§  siano in possesso di una attestazione dell'ISEE, in corso di validità, dalla quale risulti un valore dell'indicatore non superiore a 5.000 euro;

§  non abbiano usufruito dell'ASDI per un periodo pari o superiore a 6 mesi nei 12 mesi precedenti il termine della fruizione della NASpI e, comunque, per un periodo pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente;

§  abbiano sottoscritto un progetto personalizzato finalizzato alla ricerca attiva di lavoro proposto dai Centri per l'impiego.

 

L'ASDI è erogato mensilmente a decorrere dal giorno successivo a quello del termine di fruizione della NASpI per una durata massima di sei mesi. Qualora il lavoratore abbia già fruito dell'ASDI nei 12 mesi precedenti il termine di fruizione della NASpI, l'ASDI è erogato per una durata massima pari alla differenza tra 6 mesi e la durata dell'ASDI fruito in tale periodo di tempo e comunque per un numero massimo di mesi pari alla differenza tra 24 e i mesi di ASDI fruiti nei 5 anni precedenti il termine di fruizione della NASpI.

L'importo dell'ASDI è pari al 75 per cento dell'ultima indennità NASpI percepita, e, comunque, in misura non superiore all'ammontare dell'assegno sociale (pari, per il 2016 a 448,07 euro per 13 mensilità). Tale importo, in presenza di determinate condizioni, è incrementato secondo le modalità e gli importi previsti dal richiamato DM 29 ottobre 2015.

 

Nelle more dell’attuazione dei provvedimenti legislativi finalizzati all'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà e alla razionalizzazione degli strumenti e dei trattamenti esistenti, e nei limiti delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, il comma 239 demanda ad un decreto interministeriale - Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze - l’aggiornamento per il 2017 dei criteri per l’accesso alla misura di contrasto alla povertà, denominata Sostegno per l’inclusione attiva (SIA) anche al fine di ampliare la platea dei beneficiari nel rispetto delle priorità previste dalla legislazione vigente. Il decreto interministeriale, che dovrà essere emanato entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio, definirà pure le modalità di prosecuzione della sperimentazione dell’assegno di disoccupazione (ASDI), anche mediante eventuale utilizzo di quota parte delle risorse disponibili nel Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

 

La legge di stabilità 2016 (commi 386-390 della legge 208/2015) ha disegnato una serie di interventi per il contrasto alla povertà e ha previsto, al comma 388, uno o più provvedimenti legislativi di riordino della normativa in materia di strumenti e trattamenti, indennità, integrazioni al reddito e assegni di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi, finalizzati all'introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, correlata alla differenza tra il reddito familiare del beneficiario e la soglia di povertà assoluta. Molto sinteticamente, la legge di stabilità 2016 ha previsto:

§  il riordino della normativa in materia di trattamenti di natura assistenziale o comunque sottoposti alla prova dei mezzi nonché in materia di accesso alle prestazioni sociali;

§  la definizione di un Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all'esclusione;

§  l'istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

§  l'avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA;

§  lo stanziamento di risorse certe per la Lotta alla povertà e la loro quantificazione per il 2016 e gli anni successivi. Più in particolare, per il 2016, la stabilità 2016 ha stanziato 380 milioni, ai quali si sono aggiunti i 220 milioni della messa a regime dell'Asdi. Tali risorse, alle quali si sono addizionati fondi europei, sono state utilizzate per l’avvio, nel 2016, di un Programma di sostegno per l'inclusione attiva. I criteri e le procedure di avvio del Programma sono stati definiti con decreto del 26 maggio 2016. A decorrere dal 2017, la stabilità 2016 ha invece stanziato, a regime, risorse pari a un miliardo per anno, per garantire l'attuazione del Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale come disegnato dalla legge delega ora in esame al Senato e dai decreti legislativi da questa discendenti.

Il 28 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali collegato alla legge di stabilità 2016. Approvato in prima lettura dalla Camera (A.C. 3594), il disegno di legge è attualmente all'esame del Senato ( S. 2494).

Come già detto, il SIA è stato esteso a tutto il territorio nazionale secondo le modalità attuative indicate dal decreto del 26 maggio 2016 Avvio del Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA). Il SIA è una misura di contrasto alla povertà basata su un sostegno economico condizionato all’attivazione di percorsi personalizzati -lavorativi e formativi - verso l’inclusione e l’autonomia. Questi i criteri di accesso al SIA e le priorità come definite dal decreto del maggio 2016:

§  requisiti del nucleo familiare richiedente: presenza di un figlio minorenne, di un figlio disabile, ovvero di una donna in stato di gravidanza accertata;

§  requisiti concernenti la condizione economica del nucleo familiare: ISEE inferiore a 3.000 euro; trattamenti di natura previdenziale e assistenziale non superiori a 600 euro mensili; vincoli riguardanti il possesso di autoveicoli; impossibilità di beneficiare contemporaneamente di strumenti di sostegno al reddito dei disoccupati.

§  valutazione multidimensionale del bisogno. La valutazione tiene conto dei carichi familiari, della situazione economica e di quella lavorativa. Sono favoriti i nuclei con il maggior numero di figli minorenni, specie se piccoli (età 0-3); in cui vi è un genitore solo; in cui sono presenti persone con disabilità grave o non autosufficienti.


Articolo 1, comma 240
(Interventi a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione)

 

 

Il comma 240, inserito dalla Camera, reca alcuni interventi, ponendo i relativi oneri a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione. Le misure concernono: la regolazione di risorse finanziarie per gli interventi di pubblica utilità e socialmente utili nei territori di Genova Cornigliano; l'estensione al 2017 di alcuni incentivi e misure finanziarie in materia di apprendistato e di alternanza scuola lavoro; un incremento del limite di risorse per la concessione del beneficio della riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale in favore dei datori di lavoro che stipulino il contratto di solidarietà; il finanziamento di misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore del call-center.

 

Gli interventi di cui al comma 240 riguardano, più in particolare:

§  la restituzione (lettera a)) dell’anticipazione effettuata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli interventi di pubblica utilità e socialmente utili nei territori di Genova Cornigliano, pari a 5 milioni di euro per il 2017. Tale restituzione attiene a risorse che la Presidenza del Consiglio aveva anticipato, per lo svolgimento degli interventi in oggetto in favore di lavoratori degli stabilimenti di Cornigliano del gruppo ILVA, a valere su fondi destinati alla bonifica ed alla riqualificazione della medesima area di Cornigliano. La norma in esame consente la reintegrazione di questi ultimi fondi (ponendo l'onere a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione);

§  l'estensione (lettera b)) alle assunzioni effettuate nel 2017 di alcuni incentivi sperimentali per i contratti di "apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore". Per tale estensione è autorizzata la spesa di 2,6 milioni di euro per il 2017, di 5,6 milioni per il 2018 e di 3 milioni per il 2019. Gli incentivi in esame[82] consistono, con riferimento al relativo rapporto contrattuale, nella riduzione a 5 punti percentuali dell'aliquota unica a carico del datore di lavoro per gli apprendisti, con riferimento al complesso delle forme e gestioni di previdenza obbligatoria (tale aliquota è, nella normativa generale relativa all'apprendistato e fatte salve le misure più favorevoli per alcune fattispecie[83], pari al 10 per cento), nonché nell'esclusione dei seguenti contributi a carico del datore di lavoro: contributo all'INPS dovuto in caso licenziamento[84]; contributo di finanziamento dell'ASpI (pari, per gli apprendisti, all'1,31 per cento); contributo pari allo 0,3 per cento destinato al finanziamento della formazione professionale;

§  un incremento (ai sensi della medesima lettera b)), pari a 27 milioni di euro per il 2017, delle risorse finanziarie statali relative all'obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età. L'incremento è destinato ai percorsi formativi inerenti: alla suddetta tipologia di "apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore"; all'alternanza scuola lavoro. Tale incremento è identico a quello già previsto per gli anni 2015 e 2016, per le medesime finalità, dall'art. 32, comma 3, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e successive modificazioni;

§  l'incremento (lettera c)), da 15 a 30 milioni di euro annui, del limite di risorse per la concessione del beneficio della riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale in favore dei datori di lavoro che stipulino il contratto di solidarietà[85]. Si ricorda che tale riduzione è riconosciuta, nella misura del 35 per cento e per un periodo non superiore a 24 mesi, fermo restando il vincolo dei limiti finanziari annui suddetti, con riferimento alla contribuzione a carico del datore per i lavoratori interessati dalla riduzione dell'orario di lavoro in misura superiore al 20 per cento;

§  il finanziamento (lettera d)), per l'importo di 30 milioni di euro per il 2017, di misure - definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti dalle imprese del settore del call-center, anche in deroga alla normativa generale vigente. Si ricorda che, per il finanziamento di tali misure, per gli anni 2015 e 2016, è stato disposto un finanziamento pari, rispettivamente, ad euro 5.286.187 e ad euro 5.510.658 e che a tali stanziamenti è stata data attuazione con il D.M. 12 novembre 2015, n. 22763.

 


Articolo 1, commi 241-242
(Congedo per le lavoratrici autonome per motivi connessi al percorso di protezione relativo alla violenza di genere)

 

 

I commi 241 e 242 estendono alle lavoratrici autonome il diritto al congedo per motivi connessi al percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere.

 

I commi in esame estendono alle lavoratrici autonome il diritto al congedo per motivi connessi al percorso di protezione (debitamente certificato) relativo alla violenza di genere.

Il periodo di congedo ha una durata massima di tre mesi. Durante tale periodo, la lavoratrice autonoma ha diritto a percepire un’indennità giornaliera, pari all’80 per cento del limite minimo di retribuzione giornaliera, stabilito ai fini della contribuzione minima previdenziale, nella misura inerente alla qualifica di impiegato (limite pari, nel 2016, a 47,68 euro).

Si ricorda che la disciplina vigente[86] prevede, per le lavoratrici dipendenti[87] e per le titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, il diritto, rispettivamente, ad un congedo retribuito ed alla sospensione del rapporto contrattuale, per i motivi suddetti. In entrambi i casi, è posto un limite massimo di durata pari a tre mesi.

In merito ai soggetti competenti, ai fini in esame, alla suddetta certificazione del percorso di protezione, la normativa (che si applica anche per le lavoratrici autonome in oggetto) fa riferimento ai servizi sociali del comune di residenza, ai centri antiviolenza ed alle case-rifugio[88], di cui all'art. 5-bis del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119.       


Articolo 1, comma 243
(Localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center)

 

 

Il comma 243, introdotto alla Camera, modifica la disciplina dei call center recata dall’articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, ampliando l’ambito applicativo della normativa, introducendo nuovi obblighi per gli operatori ed innalzando la sanzioni previste per le violazioni.

 

In primo luogo è esteso l’ambito di applicazione della normativa, al fine di ricomprendervi i call center, indipendentemente dal numero di dipendenti occupati (attualmente la disciplina dell’articolo 24-bis è limitata ai call center con più di 20 dipendenti).

La delocalizzazione dell’attività di call center in paesi che non siano membri dell’Unione europea deve essere comunicata 30 giorni (anziché 120 giorni) prima del trasferimento, oltre che al Ministero del lavoro e al Garante per la protezione dei dati personali, anche all’Ispettorato nazionale del lavoro e al Ministero dello sviluppo economico, indicando a quest’ultimo le numerazioni messe a disposizione del pubblico per il servizio delocalizzato. Si prevede una sanzione amministrativa pari a 150.000 euro per ciascuna comunicazione omessa o tardiva, mentre per gli operatori che hanno già delocalizzato viene confermata la precedente misura della sanzione, pari a 10.000 euro per ciascun giorno di violazione.

Si estende a qualsiasi beneficio, anche fiscale o previdenziale, il divieto di erogazione ad operatori economici che delocalizzano - successivamente all’entrata in vigore della legge - le attività di call center in paesi che non siano membri dell’Unione europea.

Viene previsto l’obbligo di informare preliminarmente, in caso di chiamata da o verso un call center, sul Paese in cui l’operatore è fisicamente collocato; inoltre, a decorrere dal novantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge, deve essere altresì garantita, nell’ambito della medesima chiamata, la possibilità di ricevere il servizio da un operatore collocato nel territorio nazionale o dell’Unione europea; la violazione di tali norme comporta una sanzione amministrativa pari a 50.000 euro per ogni giorno di violazione.

Il soggetto che affida il servizio di call center all’esterno è considerato titolare del trattamento dei dati personali ed è responsabile in solido con il soggetto gestore del servizio di call center.

Si introduce un obbligo di comunicazione della localizzazione del call center , che ciascun soggetto che svolge o si avvale di servizi di call center deve adempiere entro 10 giorni dalla richiesta[89], pena la sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro.

Per le amministrazioni che procedono agli affidamenti dei servizi di call center l’offerta migliore viene definita al netto delle spese del personale (determinate ai sensi dell’articolo 23, comma 16, del decreto legislativo n.50/2016).

Si introduce, infine, l’obbligo di iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione per tutti gli operatori che svolgono attività di call center (la cui inosservanza è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro).

 

Con riferimento al comma 4 del nuovo articolo 24-bis della legge n.134/2012 (ove si stabilisce che “nessun beneficio, anche fiscale o previdenziale, previsto per tale tipologia di attività può essere erogato a operatori economici che, dopo la data di entrata in vigore della presente disposizione, delocalizzano l'attività di call center in un Paese che non è membro dell'Unione europea”) si evidenzia l’opportunità di chiarire se il divieto di erogazione riguarda unicamente i benefici che la normativa riserva al solo settore dei call center o, invece, anche i benefici a carattere generale (es. incentivi per le assunzioni o stabilizzazioni a tempo indeterminato).

 

Con riferimento al comma 10 del nuovo articolo 24-bis della legge n.134/2012 (ove si stabilisce che “l’offerta migliore è determinata al netto delle spese relative al costo del personale”) si osserva che una disposizione analoga, peraltro di carattere generale e non limitata a uno specifico settore, era presente nella previgente normativa in materia di contratti pubblici, e segnatamente nell’articolo 81, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006, ma non nel nuovo Codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.

Si osserva, inoltre, che la disposizione in esame, laddove  richiama la determinazione dell’”offerta migliore”, andrebbe valutata alla luce della nuova disciplina riguardante i criteri di aggiudicazione dei contratti pubblici, in cui si fa riferimento in via prevalente al criterio dell’”offerta economicamente più vantaggiosa”.

 

 

L’articolo 24-bis del decreto-legge n. 83/2012 prevede, innanzitutto, che le disposizioni in esso contenute si applicano unicamente alle attività svolte da call center con almeno venti dipendenti.

Qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale deve darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti. Inoltre deve darne comunicazione all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del registro delle opposizioni. Analoga informativa deve essere fornita dalle aziende che già oggi operano in Paesi esteri.

In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, non possono essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri.

Quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale.

Quando un cittadino è destinatario di una chiamata da un call center deve essere preliminarmente informato sul Paese estero in cui l'operatore è fisicamente collocato.

Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo comporta la sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro per ogni giornata di violazione.

 

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, che ha abrogato il precedente Codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, ha introdotto, in recepimento della normativa europea contenuta nelle direttive del 2014 sugli appalti pubblici e sull’aggiudicazione delle concessioni, innovazioni importanti riguardanti i criteri di aggiudicazione. L’articolo 95, comma 2, prevede, infatti, che - fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici - le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all'aggiudicazione degli appalti e all'affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell'elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all'articolo 96. Si introduce, pertanto, la preferenza per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche se è consentita la possibilità di ricorrere al criterio del minor prezzo per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro. L’articolo 23, comma 16, del nuovo Codice richiamato nella norma in esame prevede che, per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. Fino all'adozione delle tabelle, si applica l'articolo 216, comma 4, del medesimo Codice.

L’articolo 81, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006, aggiunto dall'art. 4, comma 2, lett. i-bis), D.L. 13 maggio 2011, n. 70 e abrogato dall'art. 44, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, prevedeva che l'offerta migliore fosse altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.


Articolo 1, commi 244-248
(
FOSPE)

 

 

I commi da 244 a 248 prevedono l’istituzione del Fondo di solidarietà per il settore pesca (FOSPE), al fine di garantire la continuità del reddito dei lavoratori del settore pesca, con una dotazione di 1 milioni di euro per l’anno 2017. Il fondo è altresì alimentato da contribuzione volontaria ripartita tra datori di lavoro e lavoratori in misura pari a, rispettivamente, due terzi e un terzo.

 

Il comma 244 è volto a garantire la continuità del reddito degli operatori del settore della pesca[90], mediante l'istituzione presso l'INPS del Fondo di solidarietà per il settore della pesca (FOSPE). Essa avverrà con decreto interministeriale previa sottoscrizione di accordi e contratti collettivi da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale, e comunque entro il 31 marzo 2017.

 

Per il comma 245 la sua dotazione iniziale sarà pari a 1 milione di euro a carico del bilancio dello Stato per l'anno 2017; vi si aggiungerà la contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di due terzi e di un terzo, per garantire un flusso costante di risorse sufficiente all'avvio dell'attività e alla gestione a regime. L'individuazione delle risorse sarà individuata anche in relazione:

a) all'importo stimato delle prestazioni da erogare;

b) alle compatibilità finanziarie e agli obblighi di equilibrio di bilancio di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (obbligo di bilancio in pareggio ed impossibilità di erogare prestazioni in carenza di disponibilità);

c) ai livelli retributivi stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative, nel limite massimo pari a due terzi dell'aliquota prevista dall'articolo 20 della legge 8 agosto 1972, n. 457 (commisurato al 3 per cento della retribuzione corrisposta).

 

Per il comma 246 le prestazioni (e relative coperture figurative) sono erogate dal Fondo ai dipendenti e comunque a tutti gli imbarcati delle imprese di pesca nonché a quelli delle cooperative di pesca, compresi i soci lavoratori e i soci delle cooperative della piccola pesca, nel caso di arresto temporaneo obbligatorio deciso dalle autorità pubbliche competenti e nel caso di sospensioni temporanee dell'attività di pesca per condizioni meteorologiche avverse o per ogni altra causa, organizzativa o ambientale, non imputabile al datore di lavoro, prevista dagli accordi e contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali del settore comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

 

L'arresto temporaneo dell'attività di pesca per le imbarcazioni autorizzate all'uso del sistema strascico e/o volante (ovvero quelle che hanno un maggiore impatto ambientale) è misura inizialmente assunta in esecuzione di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, e poi modulata sulla base del Programma operativo approvato dalla Commissione europea e dei Piani di gestione redatti ai sensi della normativa unionale. L’Italia ha un unico Piano di gestione nel quale confluiscono i piani regionali; essi sono riferiti  alle varie aree geografiche di riferimento (GSA)[91].

 

 

Il comma 247 attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche sociali il compito di monitorare sul tasso di adesione al FOSPE e di presentare alle Camere, entro il 31 ottobre 2017, una relazione recante tale tasso, unitamente allo stato di attuazione del Fondo ed al suo funzionamento.

Per quanto non espressamente previsto, il comma 248 estende al FOSPE le disposizioni del titolo II del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 14, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà per i settori che non rientrano nei trattamenti di integrazione salariale, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa.


Articolo 1, comma 249
(Regime di imposizione tributaria delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani)

 

 

Il comma 249, inserito dalla Camera dei deputati, concerne il regime di imposizione tributaria delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani.

 

Il comma 249 introduce un'esclusione delle quote di pensione in favore dei superstiti corrisposte agli orfani dal reddito imponibile ai fini IRPEF; l'esclusione opera fino ad un limite di importo pari a 1.000 euro. Nel caso in cui l'ammontare del trattamento sia superiore a tale limite, solo la quota eccedente rientra nel calcolo dell'imponibile complessivo.

L'esenzione in oggetto è posta con riferimento ai relativi trattamenti corrisposti dalle forme pensionistiche obbligatorie di base inerenti ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o ai lavoratori parasubordinati iscritti nel relativo regime INPS.

 

Si osserva che, almeno letteralmente, è omesso il riferimento alle forme pensionistiche obbligatorie di base, gestite dall'INPS, relative ai lavoratori autonomi.

 


Articolo 1, comma 250
(Pensione di inabilità per i soggetti affetti da malattie connesse all'esposizione all'amianto)

 

 

Il comma 250, inserito dalla Camera, introduce, entro i limiti finanziari ivi stabiliti, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto anche per i casi in cui manchi il presupposto dell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e modifica i relativi requisiti contributivi.

 

Il comma 250 attribuisce, a decorrere dal 2017, entro i limiti finanziari ivi stabiliti, il diritto alla pensione di inabilità per i soggetti affetti da alcune malattie connesse all'esposizione lavorativa all'amianto anche per i casi in cui manchi il presupposto dell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Per il relativo trattamento, il medesimo comma 250 stabilisce che il requisito contributivo - pari, secondo la disciplina generale in materia di pensione di inabilità[92], a 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la domanda - sussiste anche in presenza della sola condizione del versamento di 5 anni di contribuzione.

Le patologie in esame sono le seguenti, purché riconosciute di origine professionale, ovvero quale causa di servizio: mesotelioma pleurico; mesotelioma pericardico; mesotelioma peritoneale; mesotelioma della tunica vaginale del testicolo; carcinoma polmonare; asbestosi.

I benefìci in esame - che concernono i soggetti iscritti alle forme obbligatorie di base relative ai lavoratori dipendenti, pubblici o privati, e non sono cumulabili con altri benefìci pensionistici previsti dalla normativa vigente - sono riconosciuti, a domanda, nel limite di 20 milioni di euro per il 2017 e di 30 milioni annui a decorrere dal 2018.

Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie summenzionate, il riconoscimento del trattamento pensionistico è differito, con criteri di priorità in ragione dell’età anagrafica, dell’anzianità contributiva e, a parità dei precedenti criteri, della data di presentazione della domanda.

Riguardo ai termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, dei dipendenti pubblici che si avvalgano dei benefìci in esame, si prevede che tali termini di pagamento - previsti dalla disciplina generale in materia (ivi richiamata) - inizino a decorrere solo al compimento dei requisiti stabiliti dalla disciplina antecedente per un trattamento pensionistico.

Si demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l'adozione delle disposizioni necessarie per l’attuazione del presente comma.


Articolo 1, comma 251
(Fondo occupazione disabili)

 

 

Il comma 251, introdotto alla Camera, interviene sulle risorse per l’occupazione dei disabili.

 

 

Il comma 251 prevede la riattribuzione delle risorse del Fondo per il diritto al lavoro ai disabili (le cui risorse finanziano la corresponsione da parte dell'INPS degli incentivi ai datori di lavoro che assumono lavoratori disabili nonché i progetti sperimentali di inclusione lavorativa delle persone disabili da parte del Ministero del Lavoro), già trasferite a Regioni e Province autonome e non impegnate a favore dei beneficiari, ai Fondi regionali per l’occupazione dei disabili (istituiti per il finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi) e prioritariamente utilizzate per finanziare gli incentivi alle assunzioni di persone con disabilità successive al 1° gennaio 2015 non coperte dal Fondo per il diritto al lavoro ai disabili.

 

Il Fondo regionale per l'occupazione dei disabili, previsto dall’articolo 14 della legge n.68/1999, è istituito dalle regioni ed è destinato al finanziamento dei programmi regionali di inserimento lavorativo e dei relativi servizi. Le modalità di funzionamento e gli organi amministrativi del Fondo sono determinati con legge regionale, in modo tale che sia assicurata una rappresentanza paritetica dei lavoratori, dei datori di lavoro e dei disabili. Al Fondo sono destinati gli importi derivanti dalla irrogazione delle sanzioni amministrative previste dalla legge n.68/1999 ed i contributi versati dai datori di lavoro ai sensi della legge n.6871999 non versati al Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili (di cui all’articolo 13 della legge n.68/1999), nonché il contributo di fondazioni, enti di natura privata e soggetti comunque interessati.

Il Fondo eroga: contributi agli enti che svolgano attività rivolta al sostegno e all'integrazione lavorativa dei disabili; contributi per il rimborso forfetario parziale delle spese necessarie all'adozione di accomodamenti ragionevoli in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento, incluso l'apprestamento di tecnologie di telelavoro o la rimozione delle barriere architettoniche che limitano in qualsiasi modo l'integrazione lavorativa della persona con disabilità, nonché per istituire il responsabile dell'inserimento lavorativo nei luoghi di lavoro; ogni altra provvidenza in attuazione delle finalità della legge n.68/1999.


Articolo 1, commi 252-267
(Norme sulla contribuzione studentesca universitaria)

 

 

I commi 252-267 – nel testo approvato dalla Camera – contengono una ridefinizione della disciplina in materia di contributi corrisposti dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale delle università statali, con l’istituzione di un contributo annuale onnicomprensivo. Inoltre, per i medesimi studenti prevedono l’istituzione della c.d. “no tax area” per quanti appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a 13.000 euro e il conseguente incremento delle risorse del Fondo di finanziamento ordinario (FFO).

 

Contributo onnicomprensivo annuale ed esoneri

 

Rispetto al quadro normativo vigente, si specifica che il contributo annuale versato dagli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale all’università statale cui sono iscritti, per la copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi, è onnicomprensivo e, in particolare, comprende anche i contributi per attività sportive. Il contributo può essere differenziato per i diversi corsi di laurea e di laurea magistrale.

Pertanto, le università statali non possono istituire – fatti salvi i contributi per i servizi prestati su richiesta dello studente per esigenze individuali, nonché le imposte erariali – ulteriori tasse o contributi a carico degli studenti, fino al rilascio del titolo finale di studio.

A seguito dell’abrogazione, intervenuta durante l’esame alla Camera, degli artt. 2 e 3 del DPR 306/1997 – che prevedono, tra l’altro, che gli studenti contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento dei contributi universitari e della tassa di iscrizione – si conferma, dunque, che, per gli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale, il nuovo contributo onnicomprensivo assorbirà anche l’attuale tassa di iscrizione.

Si segnala, tuttavia, che il riferimento alla tassa di iscrizione è presente anche in altri articoli del DPR 306/1997.

 

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato specificato che le università statali determinano anche il contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi e alle scuole di specializzazione.

Si tratta, sostanzialmente, di quanto già previsto dall’art. 4 del DPR 306/1997, che prevede altresì che gli stessi studenti siano tenuti anche al pagamento della tassa di iscrizione.

Alla luce della nuova disciplina prevista per gli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale, si valuti se si intenda effettivamente mantenere in vigore il pagamento della tassa di iscrizione per gli iscritti ai corsi e alle scuole di specializzazione.

 

La disciplina della contribuzione studentesca è attualmente recata dal D.P.R. 306/1997 e dall’art. 9 del D.Lgs. 68/2012.

In base al D.P.R. 306/1997 - come modificato dall’art. 7, co. 42, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012) - gli studenti dei corsi di laurea, di laurea magistrale (e di specializzazione) contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento dei contributi universitari e della tassa di iscrizione determinata annualmente (art. 2)[93].

Ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. e), la somma dei contributi universitari e della tassa di iscrizione costituisce la “contribuzione studentesca”.

I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università, in relazione ad obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonché sulla base della specificità del percorso formativo. In particolare, le università graduano l'importo dei contributi universitari per gli studenti iscritti ai corsi di laurea secondo criteri di equità e solidarietà, in relazione alle condizioni economiche dell'iscritto, utilizzando metodologie adeguate a garantire un'effettiva progressività, anche allo scopo di tutelare gli studenti di più disagiata condizione economica.

La contribuzione studentesca non può eccedere il 20% dell’importo del finanziamento ordinario dello Stato, a valere sul FFO (art. 5, co. 1).

Non concorrono al raggiungimento di tale limite il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per le scuole di specializzazione (art. 4), nonché i contributi versati dagli studenti iscritti oltre la durata normale dei “corsi di studio di primo e di secondo livello”, ossia dei corsi di laurea e di laurea magistrale (art. 5, co. 1-bis).

L’art. 9 del D.Lgs. 68/2012 – rilegificando aspetti precedentemente disciplinati con gli artt. 7 e 8 del DPCM 9 aprile 2001 – ha disposto, a sua volta, in particolare, che, ai fini della graduazione dell'importo dei contributi dovuti per la frequenza ai corsi di livello universitario, le università statali e le istituzioni AFAM valutano la condizione economica degli iscritti, anche tenuto conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l'università, e possono tenere conto dei differenziali di costo di formazione riconducibili alle diverse aree disciplinari.

L’esonero totale dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi è concesso agli studenti in possesso dei requisiti per l’accesso alle borse di studio (requisiti che devono essere definiti, ai sensi dell’art. 7, co. 7, con un decreto interministeriale non ancora intervenuto), agli studenti disabili con un’invalidità pari almeno al 66%, agli studenti stranieri beneficiari di borsa di studio erogata dal Governo italiano nell’ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e degli accordi intergovernativi culturali e scientifici, agli studenti costretti a interrompere gli studi a causa di infermità gravi e prolungate (per il periodo di infermità), agli studenti che intendono ricongiungere la carriera dopo un periodo di interruzione.

Le università statali e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, possono disporre autonomamente ulteriori esoneri, totali o parziali, dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, tenuto conto della condizione economica degli studenti, in favore di studenti diversamente abili con invalidità inferiore al 66%, di studenti che concludono gli studi entro i termini previsti dai rispettivi ordinamenti con regolarità nell’acquisizione dei crediti previsti dal piano di studi, o di studenti che svolgono una documentata attività lavorativa.

 

Restano, invece, ferme le norme in materia di imposta di bollo, di esonero e di graduazione dei contributi di cui al citato art. 9 del D.Lgs. 68/2012 (che si aggiungeranno, dunque, agli esoneri e ai limiti massimi previsti dall’articolo in esame), nonché le norme sulla tassa regionale per il diritto allo studio.

 

La disciplina della tassa regionale per il diritto allo studio è recata dall’art. 3, co. 20-23, della L. 549/1995, come modificata, con riferimento ai soli importi (indicati nel co. 21), dall’art. 18, co. 8, dello stesso D.Lgs. 68/2012.

In base alla normativa vigente, gli studenti universitari sono tenuti al pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio universitario, il cui importo è determinato dalle regioni (o dalle province autonome), a partire dalla misura minima, rapportata alla condizione economica, di € 120 ed entro il limite massimo di € 200 (da aggiornare annualmente sulla base del tasso di inflazione programmato): ove non si proceda a tale determinazione, la tassa è dovuta nella misura di € 140. Le regioni (e le province autonome) concedono l'esonero parziale o totale dal pagamento della tassa agli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi; sono comunque esonerati dal pagamento gli studenti beneficiari delle borse di studio e dei prestiti d'onore, nonché gli studenti risultati idonei nelle graduatorie per l'ottenimento di tali benefici. Il gettito della tassa è interamente devoluto alla erogazione delle borse di studio e dei prestiti d'onore.

 

Con riferimento alla tassa regionale per il diritto allo studio, si specifica, inoltre, che la stessa deve essere pagata da tutti gli studenti, ad eccezione di coloro che ne sono esonerati ai sensi dell’art. 3, co. 22, della L. 549/1995 (e non anche degli studenti che rientrano nella c.d “no tax area”).

Si evidenzia, tuttavia, che un ulteriore caso di esonero dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio è previsto dall’art. 1, co. 283, per gli studenti che fruiscono delle (nuove) borse nazionali per il merito e la mobilità.

 

A seguito delle modifiche apportate alla Camera, sono esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale – oltre a coloro che rientrano nelle fattispecie considerate dall’art. 9 del D.Lgs. 68/2012 – gli studenti che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti:

a)   appartengono ad un nucleo familiare il cui Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) sia inferiore o uguale a 13.000 euro.

Per le modalità di calcolo dell’ISEE, si fa riferimento all’art. 8 del DPCM 5 dicembre 2013, n. 159, nonché all’art. 2-sexies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) che, nelle more dell'adozione delle modifiche al DPCM 159/2013, volte a recepire le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, ha introdotto una disciplina transitoria per il calcolo dell’ISEE, citando esplicitamente anche le prestazioni per il diritto allo studio universitario;

b)  sono iscritti all’università di appartenenza da un numero di anni accademici inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio, aumentata di uno.

La disciplina dell’esonero, dunque, si applicherà anche ai corsi di laurea magistrale (non a ciclo unico) e agli studenti iscritti al primo anno fuori corso (mentre il testo del ddl la prevedeva solo per gli studenti iscritti ai corsi di laurea e ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico da un numero di anni accademici inferiore o uguale alla durata normale del corso di studio);

c)   nel caso di iscrizione al secondo anno accademico, hanno conseguito almeno 10 crediti formativi universitari (CFU) entro il 10 agosto del primo anno; nel caso di iscrizione ad anni successivi, hanno conseguito almeno 25 CFU nei dodici mesi antecedenti il 10 agosto dell’anno accademico precedente la relativa iscrizione.

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stato specificato che, ai fini dell’esonero, gli studenti iscritti al primo anno accademico devono soddisfare solo il requisito relativo all’ISEE.

Si è disposto, inoltre, che gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse e dei contributi universitari.

L’art. 8 del DM 45/2013, recante il Regolamento relativo alle modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e i criteri per l’istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati, dispone che il bando per l’ammissione ai corsi contiene, fra l’altro, l'indicazione del numero di borse di studio che possono essere attribuite a uno o più candidati risultati idonei nelle procedure di selezione, nonché “l'indicazione delle tasse e dei contributi posti a carico dei dottorandi anche tenuto conto di quanto previsto dalla normativa vigente sul diritto allo studio”.

 

Ulteriori disposizioni fissano i criteri per la determinazione dell’importo massimo del contributo onnicomprensivo annuale per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE – a seguito delle modifiche introdotte dalla Camera – di 30.000 euro (e non più di 25.000), (ampliando così la platea dei beneficiari)[94].

In particolare, in base al testo approvato dalla Camera:

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è compreso tra 13.001 euro e 30.000 euro, e che soddisfano i requisiti di cui alle lett. b) e c), il contributo non può superare il 7% (percentuale abbassata dall’8% previsto dal ddl) della quota di ISEE eccedente 13.000 euro[95];

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è inferiore o uguale a 13.000 euro, e che soddisfano solo il requisito di cui alla lett. c), il contributo è pari a 200 euro;

§  per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare il cui ISEE è compreso tra 13.001 euro e 30.000 euro, e che soddisfano solo il requisito di cui alla lett. c), il contributo non può superare quello determinato ai sensi del primo punto, aumentato del 50%, con un valore minimo di 200 euro[96].

 

Si segnala che, anche per quanto riguarda la determinazione degli importi massimi del contributo onnicomprensivo annuale appena indicati, sarebbe necessario specificare la disciplina applicabile agli studenti iscritti al primo anno accademico.

 

A decorrere dall’a.a. 2020/21, i limiti degli importi ISEE per usufruire dell’esonero o delle riduzioni sono aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia delle disposizioni introdotte.

Regolamenti universitari in materia di contribuzione studentesca

L’importo del contributo onnicomprensivo annuale dovuto dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e ai corsi di laurea magistrale – che, come già detto, può essere anche differenziato tra i diversi corsi di studio –, nonché l’importo del contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi o scuole di specializzazione (cui si è già accennato), sono stabiliti nel regolamento in materia di contribuzione studentesca che ciascuna università statale approva nel rispetto dei criteri di equità, gradualità e progressività.

Il regolamento può disporre, nel rispetto del principio di equilibrio di bilancio di ciascuna università statale, eventuali ulteriori casi di esonero o graduazione del contributo per specifiche categorie di studenti, individuate in relazione alla carriera universitaria o alla particolare situazione personale, e stabilisce, altresì, le modalità di versamento del contributo in una o più rate e le maggiorazioni dovute per i ritardati pagamenti.

In sede di prima applicazione, il regolamento è approvato entro il 31 marzo 2017 ed entra in vigore a decorrere dall’a.a. 2017/2018. In caso di mancato rispetto del termine, si applica comunque la nuova disciplina sugli esoneri e le riduzioni.

 

Nel caso di studenti con nazionalità di paesi non appartenenti alla UE e residenti all’estero, per i quali risulti inapplicabile il calcolo dell’ISEE ai sensi dell’art. 8, co. 5, del DPCM 159/2013, l’importo del contributo onnicomprensivo annuale è stabilito dalle singole università, anche in deroga ai criteri individuati dalla nuova disciplina.

L’art. 8, co. 5, del DPCM 159/2013 stabilisce che la condizione economica degli studenti stranieri o degli studenti italiani residenti all'estero viene definita attraverso l'Indicatore della situazione economica equivalente all'estero, calcolato come la somma dei redditi percepiti all'estero e del 20% dei patrimoni posseduti all'estero.

Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO)

 

In conseguenza della nuova disciplina sugli esoneri dal pagamento dei contributi universitari, il Fondo per il finanziamento ordinario (FFO) delle università statali (art. 5 della L. 537/1993, cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR) è incrementato – a seguito delle modifiche apportate alla Camera – di 55 milioni di euro per il 2017 e di 105 milioni di euro annui dal 2018.

A decorrere dal 2017, con riferimento all’a.a. 2016/17, tali risorse sono ripartite tra le università statali, in proporzione al numero degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 68/2012, cui si aggiunge, dal 2018, il numero degli studenti esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, moltiplicati per il costo standard per studente in corso di ateneo[97].

Dunque, il numero di studenti che beneficiano delle riduzioni parziali del contributo onnicomprensivo non influisce sulla ripartizione delle risorse incrementali del FFO.

 

Campo di applicazione della nuova disciplina

 

Le nuove disposizioni non si applicano alle università non statali, alle università telematiche, alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale, nonché all’università degli studi di Trento[98].

 

Le Istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) adeguano i propri regolamenti in materia di contribuzione studentesca entro il 31 marzo 2017. In caso di mancato adeguamento, si applicano comunque le disposizioni sull’esonero dal pagamento o di riduzione del contributo onnicomprensivo annuale previste dalle disposizioni in commento.

Analogamente a quanto avviene per le università statali, il MIUR, nella ripartizione del “fondo annuale di dotazione” tra le istituzioni AFAM, tiene conto degli studenti esonerati dal pagamento di ogni contribuzione, e di quelli esonerati dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale.

Con l’espressione “fondo di dotazione” si intende fare riferimento, verosimilmente, alle risorse destinate al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni AFAM (allocate sul cap. 1673/pg.5 dello stato di previsione del MIUR)[99].

Anche, in questo caso, il numero di studenti che beneficiano delle riduzioni parziali del contributo onnicomprensivo non influisce sulla ripartizione delle risorse destinate a tali istituzioni.

 

 


Articolo 1, commi 268-272
(Finanziamento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio)

 

 

I commi 268-272 – nel testo approvato dalla Camera – prevedono un incremento, a decorrere dal 2017, del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio e la determinazione, ai fini dell’assegnazione del medesimo fondo, dei fabbisogni finanziari regionali. Inoltre, prevedono la razionalizzazione, da parte di ciascuna regione, dell’organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio.

 

Incremento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio

 

A decorrere dal 2017, si prevede un incremento del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio pari a € 50 mln.

Tale incremento consente di mantenere inalterato, nel 2017, il volume delle risorse disponibili nel 2016.

 

Il fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio è stato istituito dall’art. 18, co. 1, lett. a), del d.lgs. 68/2012 ed è stato da ultimo incrementato di € 54.750.000 per il 2016 e di € 4.750.000 dal 2017 dall’art. 1, co. 254, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015).

Il fondo è allocato nel cap. 1710 dello stato di previsione del MIUR.

Di seguito si riporta l’andamento delle risorse allocate sul cap. 1710 (che fino al 2011 assumeva la denominazione di cap. 1695) nel periodo 2006-2017:

 (milioni di euro)

2006
(cons.)

2007
(cons.)

2008
(cons.)

2009
(cons.)

2010
(cons.)

2011
(cons.)

2012
(cons.)

2013
(cons.)

2014
(cons.)

2015
(cons.)

2016
(ass.to)

2017
(nota di variazioni)

177,0

166,9

152,0

246,5

99,7

101,6

164,7

149,2

162,7

162,0

216,8

216,8

 

La relazione tecnica all’A.C. 4127 evidenziava, al riguardo, che con l’incremento delle risorse si stima un incremento di 15.201 borse (10,9%) che, pertanto, diventerebbero 154.571. Conseguentemente, il numero degli idonei non beneficiari in rapporto a tutti gli idonei si ridurrebbe dagli attuali 49.242 (26,11%) a 34.041 (18,05%).

 

 

Razionalizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio

Ai fini della gestione[100] delle risorse del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, si prevede – quale principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica[101] – che ciascuna regione razionalizza l’organizzazione degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio mediante l’istituzione, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di un unico ente erogatore dei medesimi servizi.

Durante l’esame alla Camera, la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha ritenuto tale previsione, pur espressamente qualificata come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, come lesiva della competenza legislativa regionale in materia di “organizzazione amministrativa della regione”. Ha, pertanto, formulato la condizione che la previsione sia modificata prevedendo che la regione “può razionalizzare” Anche la Commissione Affari costituzionali, nel parere reso il 25 novembre 2016, ha richiamato l’attenzione sul punto, formulando un’osservazione.

 

Sempre durante l’esame alla Camera, è stato disposto che negli organi direttivi dell’ente erogatore deve essere comunque prevista una rappresentanza degli studenti.

Qui il quadro degli enti erogatori dei servizi per il diritto allo studio presente sul sito del MIUR.

Sono fatti salvi, in ogni caso, i modelli di sperimentazione di cui all’art. 12 del d.lgs. 68/2012.

L’art. 12 del d.lgs. 68/2012 – oltre a disporre la promozione, da parte del MIUR, sentito il MEF, di accordi di programma e protocolli di intese per favorire il raccordo tra regioni, province autonome, università, istituzioni AFAM ed altre istituzioni che concorrono al successo formativo degli studenti e per potenziare la gamma di servizi e interventi posti in essere dalle stesse istituzioni – prevede la possibilità di sperimentare nuovi modelli nella gestione degli interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario. In particolare, a tal fine, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca può stipulare protocolli e intese sperimentali con le regioni e le province autonome, sentiti il CNSU, il CNAM e la CRUI, anche con l’attribuzione di specifiche risorse nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio. I risultati dei protocolli e degli accordi sono sottoposti a verifica e valutazione da parte del MIUR[102], mentre i risultati delle sperimentazioni sono pubblicati sul sito dello stesso MIUR e sono consultabili da tutti i soggetti che concorrono all’attuazione del diritto allo studio.

 

Assegnazione delle risorse del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio

 

In relazione all’assegnazione del fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio, si stabilisce, anzitutto, affinché la stessa avvenga in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni, che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, determina, con proprio decreto, i fabbisogni finanziari regionali.

Il decreto – che interviene nelle more dell’emanazione del decreto interministeriale che, ai sensi dell’art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012, deve definire i criteri e le modalità di riparto dello stesso fondo – è emanato previo parere della Conferenza Stato-regioni, che si esprime – a seguito delle modifiche apportate durante l’esame alla Camera – entro 60 giorni dalla data di trasmissione[103], decorsi i quali può essere comunque adottato.

Al riguardo, durante l’esame alla Camera, la Commissione parlamentare per le questioni regionali, rilevato che il D.I. di cui all’art. 7, co. 7, del d.lgs. 68/2012 deve essere emanato d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, ha formulato la condizione che anche il decreto previsto dalla disposizione in esame sia adottato d’intesa con la medesima Conferenza.

Con riferimento all’assegnazione del fondo integrativo statale in misura proporzionale al fabbisogno finanziario regionale, si richiama, a seguito delle modifiche apportate dalla Camera, oltre che l’art. 18, co. 1, lett. a), del d.lgs. 68/2012 – che indica proprio tale principio – anche il co. 3 del medesimo articolo.

In base all’art. 18, co. 3, del d.lgs. 68/2012, le regioni che concorrono al soddisfacimento del fabbisogno finanziario necessario per il sostegno del diritto allo studio degli studenti capaci e meritevoli in misura maggiore rispetto al 40% dell'assegnazione relativa al fondo integrativo statale (percentuale richiesta dal co. 1, lett. c), del medesimo art. 18) hanno diritto all'assegnazione di specifici incentivi nel riparto dello stesso fondo integrativo e del FFO.

Si prevede, inoltre, che le risorse del fondo integrativo statale sono attribuite direttamente al bilancio dell’ente regionale erogatore dei servizi per il diritto allo studio. Al riguardo, durante l’esame alla Camera è stato disposto che l’attribuzione avviene entro il 30 settembre di ogni anno e che, nelle more della razionalizzazione sopra illustrata,(che pertanto dovrebbe concludersi entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge) le risorse sono comunque trasferite agli enti regionali erogatori, previa indicazione, da parte di ciascuna regione, della quota da trasferire a ciascuno di essi.

Si modifica, così, senza procedere a novella, il co. 7 dell’art. 18 del d.lgs. 68/2012, in base al quale le risorse del fondo integrativo statale confluiscono dal bilancio dello Stato in appositi fondi a destinazione vincolata attribuiti alle regioni.

L'ultimo riparto delle risorse del fondo, relativo alle risorse disponibili nel 2015, è stato operato con DPCM 24 ottobre 2016 (GU 1° dicembre 2016), sulla base dei criteri di cui all'art. 16 del DPCM 9 aprile 2001 e dei dati trasmessi dalle regioni.


Articolo 1, commi 273-289
(Borse di studio nazionali per il merito e la mobilità)

 

 

I commi 273-289 – nel testo approvato dalla Camera – prevedono, annualmente, almeno 400 borse di studio nazionali per il merito e la mobilità, ciascuna del valore di € 15.000 annui, da assegnare a studenti, sulla base di requisiti di merito e di reddito, al fine di favorirne l’iscrizione ai corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico nelle università statali o ai corsi di diploma accademico di primo livello nelle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, anche aventi sede differente da quella di residenza del nucleo familiare.

 

Il nuovo strumento sembra tener luogo del Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci, meritevoli e privi di mezzi che, in base all’art. 59 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), doveva essere emanato ogni tre anni.

La “Fondazione Articolo 34”

Si dispone che, dal 1° gennaio 2017, la Fondazione per il merito di cui all’art. 9, co. 3, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) – che finora non è stata costituita – assume la nuova denominazione di “Fondazione Articolo 34”, evidentemente con riferimento all’art. 34 della Costituzione, che prevede, per quanto qui interessa, che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Si dispone, altresì, che la nuova denominazione sostituisce la precedente in tutti i provvedimenti legislativi e regolamentari, ove presente e, in particolare, nel citato D.L. 70/2011.

 

A fini di chiarezza normativa, occorrerebbe novellare esplicitamente l’art. 9, co. 3, del D.L. 70/2011.

 

L’art. 9, co. 3-16, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) ha previsto l’istituzione della Fondazione per il merito per la realizzazione degli obiettivi di pubblico interesse del Fondo per il merito degli studenti universitari - di cui all’art. 4 della L. 240/2010[104] - e per promuovere la cultura del merito e la qualità degli apprendimenti nel sistema scolastico e universitario[105].

I membri fondatori sono il MIUR e il MEF, ai quali è stata attribuita la vigilanza sulla stessa Fondazione. Lo statuto della Fondazione deve disciplinare, tra l’altro, la partecipazione alla Fondazione di altri enti pubblici e privati, nonché le modalità con le quali tali soggetti possono partecipare finanziariamente allo sviluppo del Fondo per il merito.

Alla Fondazione sono stati affidati, tra l’altro, la gestione del Fondo per il merito, il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali standard per l’accesso al fondo e, ai soli fini del perseguimento degli scopi e degli obiettivi indicati dall’art. 4 della L. 240/2010, la possibilità di concedere finanziamenti e rilasciare garanzie in favore degli studenti dei corsi di laurea e laurea magistrale.

Il patrimonio della Fondazione è costituito da apporti del MIUR e del MEF, ulteriori apporti dello Stato, risorse provenienti da altri soggetti pubblici e privati. Inoltre, la Fondazione può avere accesso, fra l’altro, alle risorse di programmi cofinanziati dai Fondi strutturali europei.

Lo stesso art. 9, per il 2011, ha autorizzato la spesa di € 9 mln quale dotazione del Fondo per il merito e di € 1 mln a favore della costituzione del fondo di dotazione della Fondazione, nonché la spesa di € 1 mln a favore della stessa Fondazione a decorrere dal 2012.

Dalla deliberazione della Corte dei conti n. 19/2013 del 19 dicembre 2013 risultava che l'iter istitutivo della Fondazione per il merito non era ancora giunto a compimento.

Da ultimo, la tab. D della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) aveva disposto il definanziamento permanente delle risorse destinate alla Fondazione per il merito, che erano state appostate sul cap. 1649 dello stato di previsione del MIUR.

 

Si dispone, inoltre, in ordine alla governance della Fondazione. In particolare, si prevede che i componenti dell’organo di amministrazione – di cui non viene indicato il numero –, nonché il suo Presidente, sono nominati con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro dell’economia e delle finanze.

Infine, si prevede che la Fondazione definisce anche i criteri e le metodologie per l’assegnazione delle borse di studio nazionali per il merito e la mobilità.

Allo scopo, si novellano i commi 4 e 6 dell’art. 9 del D.L. 70/2011.

 

Ai fini della proposta relativa al Presidente e ai membri dell’organo di amministrazione della Fondazione, sembrerebbe opportuno prevedere il concerto fra i due Ministri citati.

Le risorse

Per il finanziamento delle borse di studio per il merito e la mobilità, sono attribuiti alla Fondazione € 6 mln per il 2017, € 13 mln per il 2018 ed € 20 mln dal 2019.

In base alle modifiche apportate dalla Camera, si è disposto che la quota parte delle risorse eventualmente non utilizzata – che deve essere accertata entro il 15 settembre di ogni anno con decreto del MIUR – confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio.

Per il finanziamento dell’organizzazione e delle attività della stessa Fondazione sono attribuiti € 2 mln per il 2017 ed € 1 mln dal 2018.

La procedura per l’assegnazione delle borse di studio per il merito e la mobilità

Entro il 30 aprile di ogni anno, la Fondazione – sentita la Conferenza Stato-regioni (previsione inserita durante l’esame alla Camera) – bandisce almeno 400 borse di studio nazionali, ciascuna del valore di € 15.000 annui, destinate a studenti capaci, meritevoli e privi di mezzi, finalizzate a favorirne l’iscrizione a corsi di laurea, o di laurea magistrale a ciclo unico nelle università statali, o a corsi di diploma accademico di primo livello nelle istituzioni statali dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), anche aventi sede diversa da quella della residenza anagrafica del nucleo familiare dello studente.

 

Trattandosi di un intervento di sostegno del diritto allo studio – materia rimessa alla competenza esclusiva delle regioni a statuto ordinario – occorre valutare se il principio di leale collaborazione richiesto dalla giurisprudenza costituzionale non richieda piuttosto l’adozione di un’intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Tale intesa, ad esempio, era stata prevista dal già citato art. 59 del D.L. 69/2013.

 

L’art. 3 del D.Lgs. 68/2012, nel prevedere un sistema integrato di strumenti e servizi per la garanzia del diritto allo studio, al quale partecipano, nell’ambito delle rispettive competenze, diversi soggetti, ha disposto che, ferma restando la competenza esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, le regioni a statuto ordinario esercitano la competenza esclusiva in materia di diritto allo studio, disciplinando e attivando gli interventi per il concreto esercizio di tale diritto, mentre le università e le istituzioni AFAM, nei limiti delle proprie risorse, organizzano i propri servizi – compresi quelli di orientamento e tutorato – al fine di realizzare il successo formativo degli studi e promuovono attività culturali, sportive e ricreative, nonché interscambi tra studenti di università italiane e straniere.

 

Sono ammessi a partecipare al bando gli studenti iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di II grado che soddisfano congiuntamente i seguenti requisiti di reddito e di merito:

§  possesso, alla data di emanazione del bando, di un Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) inferiore o uguale a € 20.000. Il valore ISEE può essere aggiornato con cadenza triennale con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, a seguito del monitoraggio dell’attuazione e dell’efficacia dell’istituto introdotto.

Per il calcolo dell’ISEE, anche in tal caso si richiamano l’art. 8 del D.P.C.M.159/2013 e l’art. 2-sexies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), che, nelle more dell'adozione delle modifiche al D.P.C.M. 159/2013, volte a recepire le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, ha introdotto una disciplina transitoria, citando esplicitamente anche le prestazioni per il diritto allo studio universitario.

§  medie dei voti relativi a tutte le materie ottenuti negli scrutini finali del terzo e quarto anno del percorso di istruzione secondaria di secondo grado, nonché negli scrutini intermedi del quinto anno, purché effettuati entro la data di scadenza del bando, uguali o superiori a 8/10;

§  punteggi riportati nelle prove di italiano e matematica somministrate dall’INVALSI ricadenti nel primo quartile (evidentemente, in ordine decrescente) dei risultati della regione ove ha sede la scuola frequentata.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 5, del D.L. 147/2007 (L. 176/2007) ha previsto che, a decorrere dall'a.s. 2007-2008, il Ministro dell’istruzione fissa, con direttiva annuale, gli obiettivi della valutazione esterna condotta dal Servizio nazionale di valutazione in relazione al sistema scolastico e ai livelli di apprendimento degli studenti, per effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti, di norma, alle classi II e V della scuola primaria, I e III della scuola secondaria di I grado e II e V della scuola secondaria di II grado.

Su tale base, la Direttiva 85/2012 del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca aveva disposto che nel corso del triennio scolastico 2012/13 – 2014/15 le rilevazioni nazionali degli apprendimenti previste dalla norma citata avrebbero riguardato anche le classi V della scuola secondaria di II grado.

Tuttavia, come si evince dalla nota INVALSI prot. 9021 del 26 settembre 2016, per l’a.s. 2016/2017 la rilevazione INVALSI riguarderà gli stessi livelli scolastici già coinvolti nelle rilevazioni del precedente a.s. e, per quanto qui interessa, sarà rivolta, per italiano e matematica, (solo) alle classi II del percorso di istruzione secondaria di secondo grado.

Dunque, ai fini dell’assegnazione delle borse di studio nazionali per il merito e la mobilità, potrebbe determinarsi che si debba fare riferimento ai risultati conseguiti nel corso del II anno di scuola secondaria di II grado.

 

Inoltre, sono ammessi a partecipare al bando, in numero non superiore a due per ogni istituzione scolastica, gli studenti che soddisfano le condizioni relative ad ISEE e punteggi riportati nelle prove INVALSI, ma che, pur non soddisfacendo la condizione relativa alle medie riportate negli scrutini indicati, sono qualificati dal dirigente scolastico, su proposta del collegio dei docenti, come eccezionalmente meritevoli. La qualificazione deve essere motivata.

 

I candidati ammessi a partecipare sono valutati sulla base dei criteri indicati nel bando, riferiti ai requisiti sopra esposti e alla motivazione del giudizio di merito eccezionale. In particolare, nella fissazione dei criteri, i valori delle medie riportate negli scrutini indicati sono rapportati ai valori delle stesse medie registrate nelle scuole della medesima provincia, come calcolate dall’INVALSI.

All’esito della valutazione, i candidati sono inclusi in un’unica graduatoria nazionale di merito.

 

Le borse di studio sono assegnate, nell’ordine della graduatoria, entro il 31 agosto di ogni anno e sono corrisposte allo studente in rate semestrali, previa verifica del rispetto di alcune condizioni.

In particolare, la prima rata è corrisposta al momento della comunicazione (evidentemente, alla Fondazione) dell’avvenuta immatricolazione ad uno dei corsi di studio sopra indicati, fermo restando il superamento delle prove di ammissione, ove previste. La seconda rata è corrisposta entro il 31 marzo dell’anno successivo.

Negli anni accademici successivi, le borse di studio sono confermate, per tutta la durata normale del corso di studio, a condizione che lo studente abbia conseguito, entro il 10 agosto di ogni a.a., tutti i crediti formativi (CFU) degli a.a. precedenti e almeno 40 CFU dell’a.a. in corso, con una media dei voti non inferiore a 28/30 e nessun voto inferiore a 24/30.

Le due rate sono corrisposte, rispettivamente, entro il 30 settembre ed entro il 31 marzo dell’anno successivo.

Disciplina degli esoneri e delle incompatibilità

Lo studente che percepisce la borsa di studio nazionale per il merito e la mobilità è esonerato dal pagamento della tassa regionale per il diritto allo studio (di cui all’art. 3, co. 20-23, della L. 549/1995 – v. ante, scheda co. 252-267), nonché delle “tasse e dei contributi” previsti dalle università statali, o dalle istituzioni AFAM, ferma restando la disciplina dell’imposta di bollo. Inoltre, le borse di studio in questione sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (art. 4, L. 476/1984).

Si ricorda che l’art. 1, co. 252-267, del testo in commento prevede l’istituzione, a decorrere dall’a.a. 2017/2018, di un “contributo onnicomprensivo annuale” (che ricomprende tasse e contributi universitari attuali, ad eccezione della tassa regionale per il diritto allo studio e dell’imposta di bollo).

 

Le borse di studio per il merito e la mobilità sono incompatibili con altre borse di studio, ad eccezione di quelle per i soggiorni di studio all’estero. Inoltre, sono incompatibili con tutti gli strumenti e i servizi per il diritto allo studio di cui al d.lgs. 68/2012, nonché con l’ammissione a istituti universitari ad ordinamento speciale o altre strutture universitarie che offrano gratuitamente vitto e alloggio. Lo studente borsista, tuttavia, può chiedere di usufruire dei servizi offerti dagli enti regionali per il diritto allo studio, al costo stabilito dai medesimi enti.

La disciplina transitoria

Nelle more del raggiungimento della piena operatività della Fondazione, si prevede l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con D.P.C.M., di una Cabina di regia composta da 3 membri, designati, rispettivamente, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

La Cabina di regia deve attivare le procedure per l’emanazione del bando e procedere all’assegnazione delle borse di studio e al versamento delle rate agli studenti.

Il D.P.C.M. definisce le modalità operative e organizzative della Cabina di regia, nonché il supporto amministrativo e tecnico alle attività della stessa, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

La Cabina di regia decade automaticamente dalle sue funzioni al momento della nomina dell’organo di amministrazione della Fondazione e del raggiungimento della piena operatività della stessa.

 

Si segnala che, mentre al co. 274, lett. a), si fa riferimento a l’”organo” di amministrazione”, al co. 288 si fa riferimento agli “organi” di amministrazione.

 

L'art. 59 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha previsto l'erogazione di borse di mobilità - cumulabili con le borse assegnate ai sensi del d.lgs. 68/2012 - a favore di studenti meritevoli che intendessero iscriversi nell'a.a. 2013/2014 a corsi di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico in un'università statale o non statale (con esclusione delle università telematiche) con sede in una regione diversa da quella di residenza.

Per avere accesso al beneficio era necessario aver conseguito in Italia, nell'a.s. 2012/2013, un diploma di istruzione secondaria di secondo grado con votazione almeno pari a 95/100. Sono stati poi individuati ulteriori criteri di merito, economici e logistici, per l'inserimento nella graduatoria di ammissione al beneficio. Il mantenimento del diritto alla corresponsione della borsa di studio per gli anni accademici successivi al primo era subordinato, oltre che alla permanenza del requisito della residenza fuori sede, esclusivamente a requisiti di merito.

Le somme stanziate, provenienti dalle risorse già impegnate negli anni 2011 e 2012 e non ancora pagate finalizzate a interventi del Fondo per il merito degli studenti universitari, ammontavano a € 5 mln annui per il 2013 e il 2014 e a € 7 mln per il 2015, da iscrivere sul Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti (che, si ricorda, in base all'art. 60, co. 1, del medesimo D.L. 69/2013, è confluito, a decorrere dal 2014, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università e nel contributo statale per le università non statali legalmente riconosciute).

È stato, infine, previsto che, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, doveva essere adottato un Piano nazionale per il merito e la mobilità degli studenti universitari capaci, meritevoli e privi di mezzi, che definisse la tipologia degli interventi e i criteri di individuazione dei beneficiari. Il Piano doveva essere triennale e poteva essere aggiornato annualmente anche in relazione alle risorse disponibili. Le risorse stanziate per l'attuazione del Piano dovevano essere determinate annualmente con la legge di stabilità.

 

L'importo delle borse, le modalità di presentazione delle domande da parte degli studenti, nonché ulteriori criteri per la formazione della graduatoria dei candidati, sono stati definiti con DM 4 settembre 2013, n. 755.

Il bando ha fissato il termine del 26 settembre 2013 per la presentazione della domanda e ha indicato che la graduatoria riportante i punteggi totali sarebbe stata accessibile ai soli candidati, entro il 30 settembre 2013, nell'area riservata del portale www.universitaly.it.

L'importo della borsa di mobilità è stato definito in 5.000 euro annui. Sono stati, inoltre, definiti i punti da attribuire, ai fini della formazione della graduatoria, sia con riferimento al punteggio riportato nell'esame di Stato (al massimo, 4 punti), sia con riferimento all'Indicatore della situazione economica equivalente (al massimo, 6 punti).

Il 3 ottobre 2013 il MIUR ha comunicato che erano state presentate 4.160 domande: 2.902 di studenti che volevano immatricolarsi in un corso triennale, 530 per lauree magistrali a ciclo unico di 5 anni, 728 per lauree magistrali a ciclo unico di 6 anni. Il 71% dei richiedenti proveniva dalle regioni del sud e dalle isole, il 13% dal centro e il 16% dal nord. Nello stesso comunicato erano presenti ulteriori dati e una tabella.

Nella Relazione della Corte dei conti sul Rendiconto 2015 (v. pag. 198) si legge che al primo bando "ha fatto seguito l'erogazione in favore degli atenei delle tre annualità previste".

 


Articolo 1, commi 290-293
(Orientamento pre-universitario, sostegno didattico e tutorato)

 

 

I commi 290-293 prevedono lo sviluppo di iniziative volte a sostenere gli studenti nella scelta del percorso universitario o accademico, attraverso attività di orientamento, e durante il percorso universitario, attraverso attività di tutorato, e il conseguente incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO).

Orientamento pre-universitario o pre-accademico

Una prima previsione attiene all’organizzazione di specifici corsi di orientamento pre-universitari o pre-accademici, da parte delle università e delle istituzioni AFAM, da svolgere durante gli ultimi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado, o tra il conseguimento del diploma e l’immatricolazione, in collaborazione con le scuole e senza interferenze con l’attività scolastica ordinaria.

I corsi sono organizzati in attuazione di quanto già previsto dall’art. 6 della L. 341/1990 - in base al quale gli stessi corsi, gestiti dalle università anche in collaborazione con le scuole secondarie superiori, devono essere previsti negli statuti - , nonché dall’art. 3 del d.lgs. 21/2008, recante proprio la disciplina dei percorsi di orientamento all'istruzione universitaria e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica.

 

Preliminarmente, si ricorda che, in base all’art. 2 del d.lgs. 21/2008, la realizzazione dei percorsi di orientamento è affidata (direttamente) agli istituti di istruzione secondaria superiore statali e paritari che, a tal fine, assicurano il raccordo con le università, anche consorziate tra loro, e le istituzioni AFAM. In base allo stesso art. 2, università e istituzioni AFAM potenziano quanto già realizzato attraverso le pre-iscrizioni o nell'ambito dei progetti o convenzioni in essere ed individuano nei propri regolamenti specifiche iniziative, delineandone l'attuazione attraverso piani pluriennali di intervento. Per la progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi e delle iniziative indicate, scuole, università e istituzioni AFAM stipulano specifiche convenzioni, aperte alla partecipazione di altre istituzioni, enti, associazioni, imprese, rappresentanze del mondo del lavoro e delle professioni, tra cui le associazioni iscritte al Forum delle associazioni studentesche maggiormente rappresentative, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e agenzie per il lavoro.

 

I corsi devono essere organizzati sulla base degli obiettivi indicati dal co. 1 dell’art. 3 del d.lgs. 21/2008, ai sensi del quale gli stessi devono mirare prioritariamente a dare allo studente l’opportunità, fra l’altro, di:

§  conoscere temi, problemi e procedimenti caratteristici in diversi campi del sapere, anche per aree disciplinari e ambiti professionali che non rientrano direttamente nei curricoli scolastici, al fine di individuare interessi e predisposizioni specifiche e favorire scelte consapevoli in relazione ad un proprio progetto personale;

§  conoscere i settori del lavoro e il collegamento fra questi e le tipologie dei corsi di studio universitari;

§  disporre di adeguata documentazione sui percorsi e le sedi di studio, nonché sui servizi agli studenti nella formazione post-secondaria;

§  autovalutare, verificare e consolidare le proprie conoscenze in relazione alla preparazione richiesta per i diversi corsi di studio;

§  partecipare a laboratori finalizzati a valorizzare, anche con esperienze sul campo, le discipline tecnico-scientifiche.

 

In materia, si ricorda che l’estensione delle iniziative di orientamento anche al IV anno del percorso di istruzione nella scuola secondaria di secondo grado (oltre che all’ultimo anno di corso della scuola secondaria di primo grado) è stata operata con l’art. 8 del D.L. 104/2013 (L. 128/2013) che ha autorizzato una spesa di € 1,6 mln di euro nel 2013 ed € 5 mln annui a decorrere dal 2014. A seguito di tali previsioni, il MIUR ha avviato la campagna “Io scelgo, io studio”, attivando uno specifico sito, e il 21 febbraio 2014 ha emanato le Linee guida nazionali per l’orientamento permanente.

Da ultimo, l’art. 1, co. 7, lett. s), della L. 107/2015 ha inserito tra gli obiettivi del potenziamento dell’offerta formativa la definizione di un sistema di orientamento. Ulteriori riferimenti all’orientamento sono presenti, inoltre, in particolare, nei co. 29[106], 32[107], 33[108], 40[109] del medesimo art. 1.

Tutorato universitario

Una seconda previsione attiene all’organizzazione di attività di tutorato nelle università (e non anche nelle istituzioni AFAM).

In particolare, si prevede che le università organizzano tali attività, riservate a studenti iscritti al primo e al secondo anno di un corso di laurea o di laurea magistrale a ciclo unico, che abbiano riscontrato ostacoli formativi iniziali.

A tal fine, si richiama l’art. 13 della L. 341/1990.

L’art. 13 citato dispone che le università istituiscono il tutorato con regolamento, sotto la responsabilità dei consigli delle strutture didattiche. Il tutorato è finalizzato ad orientare ed assistere gli studenti lungo tutto il corso degli studi, a renderli attivamente partecipi del processo formativo, a rimuovere gli ostacoli ad una proficua frequenza dei corsi, anche attraverso iniziative rapportate alle necessità, alle attitudini ed alle esigenze dei singoli.

Dispone, infine, che i servizi di tutorato collaborano con gli organismi di sostegno al diritto allo studio e con le rappresentanze degli studenti.

 

Si prevede, altresì, che le attività di tutorato sono realizzate anche con la collaborazione a tempo parziale di studenti dei corsi di studio (sia degli stessi anni di corso, sia degli anni superiori), ai sensi e con le modalità indicate dall’art. 11 del d.lgs. 68/2012 che, a tal fine, viene novellato, inserendo esplicitamente il riferimento a tale collaborazione fra quelle che devono essere disciplinate dai regolamenti delle università, delle istituzioni AFAM, nonché degli enti regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano erogatori dei servizi per il diritto allo studio.

Si sancisce così, a livello legislativo, una previsione che è già contenuta in alcuni regolamenti universitari inerenti il tutorato[110].

 

Al riguardo, si ricorda che, in base all’art. 11 del d.lgs. 68/2012, l’assegnazione delle collaborazioni degli studenti avviene nei limiti delle risorse disponibili nel bilancio delle università e delle istituzioni AFAM, sulla base di graduatorie formulate secondo criteri di merito e condizione economica.

La prestazione richiesta allo studente per le collaborazioni – secondo un orario che può variare in relazione al tipo di attività svolta ed è determinato da università e istituzioni AFAM, ma non può superare 200 ore per ciascun anno accademico - comporta un corrispettivo, esente da imposte, entro il limite di € 3.500 annui, non configura in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato e non dà luogo ad alcuna valutazione ai fini dei pubblici concorsi.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire perché, mentre a seguito della novella dell’art. 11 del d.lgs. 68/2012 anche le istituzioni AFAM potranno regolamentare la collaborazione dei propri studenti ad iniziative di tutorato, non si faccia, invece, ad esse riferimento nella previsione generale relativa all’organizzazione delle stesse iniziative.

Risorse

Per il perseguimento delle finalità sopra indicate, le norme in commento dispongono l’incremento del (solo) Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO, allocato sul cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR) di € 5 mln dal 2017. L’importo è ripartito annualmente fra le università tenendo conto delle attività organizzate dalle stesse e dei risultati raggiunti.

 

 

 


Articolo 1, comma 294
(Erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori)

 

 

Il comma 294 introduce la possibilità di detrarre o dedurre le erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori (ITS).

 

Il comma rende detraibili per le persone fisiche o deducibili dal reddito d’impresa le erogazioni liberali in favore degli Istituti Tecnici Superiori di cui al D.P.C.M. 25 gennaio 2008.

 

A seguito della riorganizzazione del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) - istituito con l’art. 69 della L. 144/1999 e costituente un sistema di formazione terziaria non universitaria – operato, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006, con il D.P.C.M. 25 gennaio 2008, sono state previste tre tipologie di intervento: percorsi di IFTS, poli tecnico-professionali e ITS (già citati dall’art. 13 del D.L. 7/2007 -L. 40/2007).

In particolare, il D.P.C.M. 25 gennaio 2008 ha previsto che gli ITS possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza.

Essi realizzano percorsi, di regola, di durata biennale, per un totale di 1800/2000 ore (per particolari figure, possono avere una durata superiore, nel limite massimo di sei semestri), e sono volti al conseguimento di un diploma di tecnico superiore riferito alle seguenti aree tecnologiche: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie della informazione e della comunicazione.

Sulla disciplina degli ITS è intervenuto, da ultimo, l’art. 1, co. 45-52 della L. 107/2015, con previsioni relative, fra l’altro, a: titoli di studio necessari per l’accesso ai percorsi degli stessi, introduzione, dal 2016, di un meccanismo premiale per l’assegnazione di parte delle risorse finanziarie; semplificazione delle procedure per lo svolgimento delle prove conclusive dei percorsi; disponibilità di un patrimonio minimo per il riconoscimento della personalità giuridica; criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti a conclusione dei percorsi ai fini dell’accesso ai corsi di laurea; possibilità di attivare corsi in filiere diverse, da parte di un ITS, purché abbia un patrimonio non inferiore a € 100.000.

Attualmente, gli ITS sono 91. Qui maggiori informazioni.

 

A tal fine, si estende, anzitutto, alle erogazioni liberali a favore degli ITS la detrazione pari al 19 per cento già prevista per le erogazioni a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritari senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione[111] nonché a favore delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM)[112] e delle università, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e universitaria e all'ampliamento dell'offerta formativa. Allo scopo, si novella l’art. 15, co. 1, lett. i-octies), del D.P.R. 917/1986.

A legislazione vigente, la detrazione spetta a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento tracciabili.

 

Inoltre, si introducono gli ITS nell’ambito dei soggetti a favore dei quali sono deducibili le erogazioni liberali, nel limite del 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui, finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa. Allo scopo, si novella l’art. 100, co. 2, lett. o-bis), del medesimo DPR 917/1986, che a legislazione vigente riguarda solo le erogazioni a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado appartenenti al sistema nazionale di istruzione.

Anche in tale caso, a legislazione vigente, il versamento deve essere eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento tracciabili.


Articolo 1, commi 295-305
(Interventi di finanziamento e sviluppo delle attività di ricerca)

 

 

I commi 295-305 – nel testo approvato dalla Camera – istituiscono, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali, una sezione denominata “Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca”, destinata a incentivare l’attività base di ricerca dei professori di seconda fascia e dei ricercatori delle università statali. Introducono, inoltre, misure di semplificazione delle attività di ricerca nelle università statali.

Infine, prevedono un incremento del Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR (FOE), destinato al sostegno delle Attività di ricerca a valenza internazionale.

Il Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca

A decorrere dal 2017, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO, allocato sul cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR) è istituita una apposita sezione denominata “Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca”, destinata al finanziamento annuale delle attività base di ricerca dei professori di seconda fascia e dei ricercatori, entrambi in servizio a tempo pieno nelle università statali, con uno stanziamento di € 45 mln annui.

L’importo annuale del finanziamento individuale è pari a € 3.000. Pertanto, potranno essere finanziate, complessivamente, fino a 15.000 domande.

Cause di esclusione dal finanziamento

Non possono accedere al finanziamento i professori di seconda fascia e i ricercatori che:

§  alla data di presentazione della domanda, sono in regime di impegno a tempo definito[113];

§  sono collocati in aspettativa;

§  sono stati assunti in base alle procedure di chiamata diretta a valere sul Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta, di cui all’art. 1, co. 207-212, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016);

§  fruiscono di finanziamenti pubblici, comunque denominati, nazionali, europei o internazionali. In particolare, si fa riferimento esplicito ai finanziamenti provenienti dall’European Research Council (ERC) e dai Progetti di rilevante interesse nazionale (PRIN).

Si ricorda che le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN)[114] sono confluite, ai sensi dell’art. 1, co. 870, della L. 296/2006 (legge finanziaria 2007), nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).

La procedura per l’accesso alle risorse del Fondo per il finanziamento delle attività base di ricerca

Entro il 31 luglio di ogni anno l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) predispone, per ciascun settore scientifico-disciplinare[115], l’elenco dei professori di seconda fascia e dei ricercatori che possono chiedere il finanziamento annuale delle proprie attività base di ricerca.

In base alle modifiche apportate alla Camera, gli elenchi – che sono predisposti verificando, anzitutto, la presenza dei presupposti indicati – includono i professori di seconda fascia e i ricercatori la cui produzione scientifica individuale relativa agli ultimi 5 anni è almeno pari ad un indicatore della produzione scientifica dei professori di seconda fascia – o dei ricercatori –, calcolato dall’ANVUR per ciascun settore scientifico-disciplinare, sulla base dei dati disponibili per l’ultimo triennio.

 

I ricercatori e i professori di seconda fascia inclusi negli elenchi possono presentare la domanda rivolta ad ottenere il finanziamento annuale entro il 30 settembre di ogni anno, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito dell’ANVUR.

 

Sempre in base alle modifiche apportate alla Camera, l’assegnazione del finanziamento tiene conto dell’ordine di ciascun elenco – che, come già ricordato, è distinto per professori di seconda fascia e per ricercatori, nonché per settore disciplinare –, in modo da soddisfare il 75% delle domande dei ricercatori e il 25% delle domande dei professori di seconda fascia.

Il MIUR trasferisce ad ogni università il finanziamento spettante ai ricercatori e ai professori di seconda fascia entro il 30 novembre di ogni anno.

Ulteriori misure per lo sviluppo delle attività di ricerca delle università statali

Al fine di favorire lo sviluppo di attività di ricerca nelle università statali e valorizzare le attività di supporto allo svolgimento delle stesse, si prevede che:

§  gli atti e i contratti stipulati dalle università statali, volti a conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione (art. 7, co. 6, d.lgs. 165/2001), non sono più soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti (art. 3, co. 1, lett. f-bis), della L. 20/1994).

In base all’art. 7, co. 6, del d.lgs. 165/2001, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:

-    l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;

-    l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

-    la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;

-    devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

Si ricorda, inoltre, che la Corte costituzionale, nella sentenza 172/2010, nel riconoscere l’inapplicabilità delle predette disposizioni sul controllo preventivo della Corte dei conti agli atti delle regioni e degli enti locali, ha precisato che l’ambito soggettivo delle Amministrazioni i cui atti sono sottoposti a tale controllo non può che essere quello delle Amministrazioni centrali dello Stato.

 

§  le università statali sono esentate dai limiti di spesa per missioni – a prescindere dalla provenienza delle risorse utilizzate – e per attività di formazione, previsti per le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione. A tal fine, si novella l’art. 6, co. 12, quarto periodo, e co. 13, ultimo periodo, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010).

In base all’art. 6, co. 12, quarto periodo, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010), il limite di spesa per missioni applicabile, a decorrere dal 2011, alle amministrazioni indicate – pari al 50% della spesa sostenuta nel 2009 – non si applica (per quanto qui interessa) unicamente alla spesa effettuata da università e da enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti UE o da soggetti privati o da finanziamenti pubblici destinati ad attività di ricerca.

In base al co. 13, ultimo periodo, il limite di spesa per attività di formazione  applicabile, a decorrere dal 2011, alle stesse amministrazioni – pari al 50% della spesa sostenuta nel 2009 – non si applica all’attività di formazione effettuata dalle Forze armate, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dalle Forze di Polizia tramite i propri organismi di formazione.

In base al co. 21, tra l’altro, le somme provenienti da tali riduzioni di spesa sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotati di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato.

A fronte delle novità introdotte, peraltro, si dispone la riduzione del Fondo di finanziamento ordinario delle università di € 12 mln.

La relazione tecnica all’A.C. 4127 evidenziava che ciò è finalizzato ad assicurare che non si realizzino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dal momento che l’importo di 12 milioni di euro corrisponde al versamento effettuato annualmente dalle singole università per le somme dovute ai sensi dell’art. 6, co. 12 e 13, del D.L. n. 78/2010.

Occorrerebbe specificare che si tratta di 12 milioni di euro “annui”.

§  si eleva la percentuale di assunzioni possibili, nel triennio 2015-2017, per determinate categorie di atenei.

In particolare:

-    gli atenei che riportino, al 31 dicembre dell'anno precedente, un valore dell'indicatore delle spese di personale pari o superiore all'80% o un importo delle spese di personale e degli oneri di ammortamento superiore all'82% delle entrate costituite dai contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (di cui all'art. 5, co. 1, del D.Lgs. 49/2012), al netto delle spese per fitti passivi, possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa media annua non superiore al 50% (invece del vigente 30%) di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente;

-    gli atenei che riportino, al 31 dicembre dell'anno precedente, valori inferiori a quelli sopra indicati possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato, con oneri a carico del proprio bilancio, per una spesa media annua non superiore al 50% (invece del vigente 30%) di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente, maggiorata di un importo pari al 20% del margine ricompreso tra l'82% delle entrate sopra indicate, al netto delle spese per fitti passivi, e la somma delle spese di personale e degli oneri di ammortamento annuo a carico del bilancio di ateneo complessivamente sostenuti al 31 dicembre dell'anno precedente.

Ai fini indicati, si modifica l’art. 1, co. 1, lett. a) e b), del D.P.C.M. 31 dicembre 2014, che, in attuazione dell’art. 7, co. 6, del d.lgs. 49/2012, ha dettato disposizioni per il rispetto dei limiti delle spese di personale e delle spese di indebitamento da parte delle università per il triennio 2015-2017.

Si interviene, così, con norma primaria, in un ambito attualmente disciplinato con fonte non legislativa.

In materia, si ricorda che l’art. 7 del D.Lgs. 49/2012 ha individuato, limitatamente all’anno 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato (co. 1), rimettendo ad un D.P.C.M., da emanare con cadenza triennale, entro il mese di dicembre antecedente al successivo triennio di programmazione, la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi (co. 6).

In seguito, l’art. 14, co. 3, del D.L. 95/2012 (L. 135/2012), introducendo il co. 13-bis nell’art. 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), ha fissato le misure percentuali di turn-over valide con riferimento “al sistema” delle università nel suo complesso[116] e ha previsto che all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascun ateneo si provvede con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, “tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del d.lgs. 49/2012”.

Ancora in seguito, peraltro, l’art. 1, co. 9, del D.L. 150/2013 (L. 15/2014) ha prorogato al 30 giugno 2014 il termine per l’adozione del D.P.C.M. con il quale ridefinire, per il triennio 2014-2016, la disciplina per l’individuazione della misura delle assunzioni per ciascun ateneo.

Il D.P.C.M. è poi, di fatto, intervenuto il 31 dicembre 2014 con riferimento al triennio 2015-2017[117].

Impignorabilità delle somme per attività di ricerca

Le somme destinate dal MIUR, a qualsiasi titolo, al finanziamento delle attività di ricerca non sono soggette ad esecuzione forzata e gli atti di sequestro e di pignoramento afferenti ai fondi previsti dai commi 295-305 sono nulli, con nullità rilevabile d’ufficio.

 

La posizione delle pubbliche amministrazioni soggette ad esecuzione forzata non è, pacificamente, diversa da quella di ogni altro debitore, essendo possibile anche nei loro confronti l’azione esecutiva finalizzata all’espropriazione.

Tuttavia, una deroga in tal senso e quindi l’impignorabilità di somme delle pubbliche amministrazioni è stata ritenuta, in specifiche ipotesi, costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale (sentenza 138/1981) ove si tratti di somme destinate - da apposita disposizione di legge o da un provvedimento amministrativo che trovi nella legge fondamento - ad un pubblico servizio, ovvero all'espletamento di esso, o di soddisfacimento di specifiche finalità pubbliche, nel senso di creare un diretto collegamento tra quelle entrate e determinati servizi pubblici o specifici fini pubblici.

Soltanto in presenza del citato vincolo di destinazione le somme ed i crediti della PA diventano patrimonio indisponibile in quanto finalizzati all’attuazione dell’interesse pubblico e al regolare svolgimento dell’attività amministrativa (ex pluribus, Corte Cost. sentenza 350/1998; Cass., Sez. Unite, sentenza 4071/1979).

Deroghe alla disciplina sull’esecuzione forzata sono state in passato già disposte dal legislatore (in particolare: art. 1, co. 5 e 5-bis, del D.L. 9/1993, art. 1 del D.L. 313/1994, art. 14, co. 3, del D.L. 669/1996, art. 6, co. 5, del D.L. 35/2013).

Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario degli enti di ricerca vigilati dal MIUR

Dal 2107, si prevede l’ incremento di € 25 mln del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca vigilati dal MIUR (FOE), da destinare al sostegno delle “Attività di ricerca a valenza internazionale”.

Al riguardo, si ricorda che i contributi ai 12 enti di ricerca vigilati dal MIUR sono determinati come somma di due addendi, ossia assegnazioni ordinarie e contributi straordinari. Tra i contributi straordinari sono incluse le somme per Attività di ricerca a valenza internazionale che, nel D.M. 631/2016, con il quale si è proceduto al riparto del FOE per il 2016, sono pari a € 515,8 mln.

 

 


Articolo 1, commi 306 e 339
(Assunzioni da parte dell’ANVUR e disposizioni specifiche per la VQR)

 

 

Il comma 306 – introdotto dalla Camera – autorizza l’assunzione di nuove unità di personale da parte dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

Il comma 339 stabilisce che la Valutazione della qualità della ricerca (VQR) è effettuata dall’ANVUR sulla base di linee-guida emanate dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

In particolare, si autorizza l’assunzione da parte dell’ANVUR, a decorrere dal 2017, di 13 funzionari valutatori tecnici e 2 funzionari amministrativi appartenenti all’Area terza del CCNL Ministeri e di 2 unità di Area seconda del medesimo CCNL, per complessive 17 unità.

La dotazione organica del personale non dirigenziale dell’ANVUR è stata fissata in 12 unità di area III e 3 unità di area II dall’All. A del regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell’Agenzia, adottato con DPR 76/2010, ed è stata così confermata dalla tab. 38 del DPCM 22 gennaio 2013.

A fronte della dotazione organica sopra indicata, quella effettiva, in base ai dati presenti sul sito dell’ANVUR, è di 10 unità di area III e 2 unità di area II.

Si tratta, dunque, di un ampliamento di fatto del personale, cui non corrisponde, tuttavia, un esplicito ampliamento della dotazione organica.

L’assunzione avviene mediante scorrimento delle graduatorie concorsuali in corso di validità[118] e, per l’eventuale quota non coperta, mediante l’avvio di nuove procedure concorsuali, previo espletamento delle procedure di mobilità di cui all’art. 30 del d.lgs.165/2001 (passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse).

Le risorse da trasferire all’ANVUR per il proprio funzionamento sono allocate sul cap. 1688 dello stato di previsione del MIUR e, in base alla nota di variazioni - che include la previsione del co. 306 -, sono pari, per il 2017, a € 7.652.873.

 

Si stabilisce, inoltre, che la VQR – che interviene, come già previsto a legislazione vigente (art. 60, co. 01, del D.L. 69/2013 –L. 98/2013), con cadenza quinquennale – è effettuata dall’ANVUR sulla base di un apposito decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – che deve essere emanato entro il 31 marzo dell’anno successivo al quinquennio oggetto di valutazione – che individua le linee-guida e le risorse economiche necessarie al suo svolgimento. Infine, si dispone che la VQR si deve concludere entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di emanazione del DM.

A tal fine, si novella l’art. 3, co. 1, del citato D.P.R. 76/2010, che elenca i compiti affidati all’Agenzia.

 

Tra i compiti esplicitamente affidati all’ANVUR dall’art. 3, co. 1, del D.P.R. 76/2010 rientrano attualmente:

§  la valutazione della qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione, ricerca, ivi compreso il trasferimento tecnologico delle università e degli enti di ricerca, anche con riferimento alle singole strutture dei predetti enti. Tali valutazioni si concludono entro un periodo di 5 anni;

§  la valutazione dell'efficienza e dell'efficacia dei programmi pubblici di finanziamento e di incentivazione delle attività didattiche, di ricerca e di innovazione;

§  lo svolgimento, su richiesta del Ministro e compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, di ulteriori attività di valutazione, nonché di definizione di standard, di parametri e di normativa tecnica.


Articolo 1, comma 307
(Finanziamento ulteriore in favore dell'INGM)

 

 

Il comma 307, inserito dalla Camera dei deputati, autorizza, a decorrere dal 2017, una spesa ulteriore di 1 milione di euro annui in favore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare (INGM).

 

L’art. 1, comma 1, lettera b), del D.L. n. 81/2004 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica) ha istituito l’Istituto di riferimento nazionale specifico sulla genetica molecolare e su altre moderne metodiche di rilevazione e di diagnosi, collegato con l'Istituto superiore di sanità e altre istituzioni scientifiche nazionali ed internazionali, con sede in Milano, presso l'Ospedale Maggiore, denominato Fondazione «Istituto nazionale di genetica molecolare - INGM». Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge 147/2013) all’art. 1, comma 220, al fine di potenziare l'attività di ricerca da esso svolta, a decorrere dal 2014 ha autorizzato la spesa di 1.000.000 di euro. Successivamente, il comma 419 dell'art. 1 della legge di stabilità 2015 (legge 208/2015) ha autorizzato, a decorrere dal 2016, una spesa ulteriore di 1 milione di euro annui, al fine di contribuire al funzionamento dell’INGM; tuttavia, la tabella D della stessa legge di stabilità 2015 ha operato, invece, una riduzione del finanziamento del medesimo Istituto, nella misura di 200.000 euro per il 2016, di 300.000 euro per il 2017 e di 200.000 euro annui a decorrere dal 2018.

 


Articolo 1, commi 308-313
(Esonero contributivo alternanza scuola-lavoro)

 

 

I commi da 308 a 313 introducono un esonero contributivo a favore dei datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato studenti che abbiano svolto attività di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato presso il medesimo datore di lavoro.

 

I suddetti commi prevedono, per il solo settore privato, uno sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, anche in apprendistato[119], decorrenti dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018.

 

Lo sgravio contributivo consiste (comma 308) nell’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 3.250 euro su base annua, per un periodo massimo di trentasei mesi.

 

Il suddetto beneficio contributivo spetta, a domanda e nei limiti di spesa di cui al comma 309 (vedi infra), entro 6 mesi dall’acquisizione del titolo di studio, per l’assunzione di studenti che abbiano svolto presso il medesimo datore di lavoro:

attività di alternanza scuola-lavoro pari, alternativamente, almeno al:

-      30 per cento delle ore di alternanza previste ai sensi dell’art. 1, c. 33, L. 107/2015 (secondo cui i percorsi di alternanza scuola-lavoro sono attuati, negli istituti tecnici e professionali, per una durata complessiva, nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi, di almeno 400 ore e, nei licei, per una durata complessiva di almeno 200 ore nel triennio);

-      30 per cento del monte orario previsto per le attività di alternanza all’interno dei percorsi di istruzione e formazione professionale (per i quali, ai sensi dell’art. 17 del Capo III del D.Lgs. 226/2005, viene richiesto un orario complessivo obbligatorio di almeno 990 ore annue);

-        30 per cento del monte ore previsto per le attività di alternanza realizzata nell’ambito dei percorsi realizzati dagli Istituti tecnici superiori che, ai sensi dell’art. 7 del Capo II del D.P.C.M. del 25 gennaio 2008, in generale, hanno la durata di quattro semestri, per un totale di 1800/2000 ore;

-        30 per cento del monte ore previsto dai rispettivi ordinamenti per le attività di alternanza nei percorsi universitari.

periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione.

È previsto il monitoraggio da parte dell’INPS (con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente) del numero di contratti incentivati e delle conseguenti minori entrate contributive, attraverso l’invio di relazioni mensili al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 308). Inoltre, si prevede che il Governo, entro il 31 dicembre 2018, proceda alla verifica dei risultati conseguenti all’introduzione dell’esonero contributivo, al fine di una sua eventuale prosecuzione (comma 310).

Sono previsti dei limiti massimi di spesa per il riconoscimento del suddetto beneficio contributivo (di 7,4 milioni di euro per il 2017, 40,8 per il 2018, di 86,9 per il 2019, di 84,0 per il 2020, di 50,7 per il 2021 e di 4,3 per il 2022). Se dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte, risultino scostamenti (anche in via prospettica) del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie così determinate, l'INPS non prende in esame ulteriori domande per l’accesso al beneficio (comma 309).

Relativamente al programma operativo nazionale "Per la Scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento" del periodo di programmazione 2014/2020, al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, viene riconosciuta la possibilità di condurre i controlli previsti dal Regolamento (UE) n. 1303/2013 (che disciplina l’utilizzo dei Fondi strutturali europei) avvalendosi dei propri revisori dei conti (ossia, ex  art. 1, c. 616, della L. 296/2006, due revisori chiamati a riscontrare la regolarità amministrativa e contabile presso le istituzioni scolastiche statali)[120].  Tale facoltà deve essere esercitata nel rispetto del principio della separazione delle funzioni previsto dalla normativa comunitaria che disciplina l'intervento dei Fondi strutturali (di cui al richiamato Regolamento (UE) 1303/2013 (comma 312). A tale proposito, nel corso dell’esame alla Camera, si è precisato che nel richiamato programma operativo nazionale, per «istituzioni scolastiche» si intendono tutte le istituzioni scolastiche che costituiscono il sistema nazionale di istruzione (comma 313).

Nel corso dell’esame alla Camera è stata inoltre introdotta una disposizione (comma 311) volta ad estendere l’ambito di operatività del sistema di alternanza scuola-lavoro anche alle scuole paritarie private e degli enti locali.

In particolare si stabilisce che le risorse destinate dall’art. 1, co. 39, della L. 107/2015 all’attuazione del sistema di alternanza scuola-lavoro, pari a € 100 mln annui dal 2016, sono ripartite, oltre che tra le istituzioni scolastiche statali, anche tra le scuole paritarie private e degli enti locali, che insieme costituiscono il sistema nazionale di istruzione (art. 1, L. 62/2000).

A tal fine, si novella l’art. 1, co. 39, ultimo periodo, della L. 107/2015, in base al quale le risorse per l’alternanza scuola lavoro – pari a € 100 mln annui dal 2016 - sono ripartite tra le istituzioni scolastiche secondo le stesse modalità indicate al co. 11 del medesimo articolo per il riparto del fondo di funzionamento destinato alle scuole statali.

 

In base all’art. 1, co. 11, della L. 107/2015, il MIUR, entro il mese di settembre di ogni anno, eroga a favore di ciascuna istituzione scolastica la quota di risorse spettante per il periodo tra settembre e dicembre dell'anno scolastico di riferimento e, contestualmente, comunica in via preventiva l'importo delle ulteriori risorse relative al periodo compreso tra gennaio ed agosto dello stesso anno scolastico, che sarà erogata entro il mese di febbraio dell'esercizio finanziario successivo[121].

 

Si segnala che, all’esito della novella, non risultano precisate le modalità di ripartizione delle risorse tra le scuole.

 

 

 

La legge n.107/2015 (c.d. Buona scuola) ha previsto il rafforzamento del collegamento fra scuola e lavoro, attraverso l'introduzione di una durata minima dei percorsi di alternanza negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei) e l'adozione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro, riconoscendo allo studente, tra l'altro, la possibilità di esprimere una valutazione sull'efficacia e sulla coerenza dell'esperienza in azienda con il proprio indirizzo di studio. Ha, altresì, previsto la costituzione presso le Camere di commercio, del registro nazionale per l'alternanza scuola- lavoro (art. 1, co. 33-44).

Inoltre, è stata prevista la possibilità, per le scuole, di dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità (art. 1, co. 60)

Il 7 settembre 2015 il MIUR ha comunicato la firma del decreto che stanzia 45 milioni per l'attivazione dei laboratori territoriali per l'occupabilità. Si tratta del  DM 4 settembre 2015, n. 657. Qui l'avviso pubblico per l'acquisizione di manifestazioni di interesse da parte delle istituzioni scolastiche. Il 1° luglio 2016 ha comunicato che sono stati finanziati 58 laboratori territoriali - che saranno operativi entro dicembre - su 151 ammessi alla valutazione (rispetto agli oltre 500 progetti presentati alla scadenza del bando). Qui la graduatoria. Fra le proposte presentate, ristoranti "digitali" nei quali studiare come ottimizzare il servizio utilizzando strumenti innovativi, officine tecnologiche, poli per la robotica e la meccanica aperti agli studenti e anche ai giovani NEET.

L'8 ottobre 2015, invece, il MIUR ha inviato alle scuole la Guida operativa per l'attivazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro.

In precedenza, il D.L. 104/2013 ha previsto che i percorsi di orientamento - che, dall'a.s. 2013/2014, sono avviati a partire dal quarto anno nelle scuole secondarie di secondo grado, nonché nell'ultimo anno delle scuole secondarie di primo grado (art. 8) - comprendono, fra l'altro, misure per far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro, anche attraverso giornate di formazione in azienda, agli studenti della scuola secondaria di secondo grado, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali (art. 8-bis, co. 1). Inoltre, aveva previsto un programma sperimentale per il triennio 2014-2016, per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda degli studenti degli ultimi due anni della scuola secondaria di secondo grado, che contemplava la conclusione di contratti di apprendistato (art. 8-bis, co. 2). Era stato conseguentemente emanato il DI 473 del 17 giugno 2014 e l'8 settembre 2014 sul sito del MIUR era stata data notizia dell'avvio della fase di sperimentazione del programma di formazione in alternanza scuola-lavoro per studenti del quarto e quinto anno degli Istituti tecnici ad indirizzo Tecnologico messo a punto da MIUR, Ministero del Lavoro, regioni, organizzazioni sindacali ed Enel.

Successivamente, il d.lgs. 81/2015, dettando una disciplina organica dell'apprendistato, ha abrogato l'art. 8-bis, co. 2, del D.L. 104/2013, facendo salvi, fino alla loro conclusione, i programmi sperimentali per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda già attivati.

Ancora in precedenza, l'art. 2, co. 14, del D.L. 76/2013 (L. 99/2013) aveva previsto tirocini formativi da destinare agli studenti delle quarte classi delle scuole secondarie di secondo grado, con priorità per quelli degli istituti tecnici e degli istituti professionali. Tale previsione è stata abrogata dall'art. 2, co.1, e dall'all. 1 del D.Lgs. 10/2016.

Si ricorda, infine, che l’art. 43, c. 5, del D.Lgs. 81/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act) dispone che possono essere, altresì, stipulati contratti di apprendistato, di durata non superiore a quattro anni, rivolti ai giovani iscritti a partire dal secondo anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore, per l'acquisizione, oltre che del diploma di istruzione secondaria superiore, di ulteriori competenze tecnico professionali rispetto a quelle previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento del certificato di specializzazione tecnica superiore. Possono essere, inoltre, stipulati contratti di apprendistato, di durata non superiore a due anni, per i giovani che frequentano il corso annuale integrativo che si conclude con l'esame di Stato. Per quanto concerne altri strumenti volti a rafforzare il collegamento fra scuola e lavoro, si rimanda al sito http://www.sistemaduale.lavoro.gov.it/Pagine/default.aspx

 

 

Si ricorda che vi sono altri sgravi contributivi previsti dalla normativa vigente per il settore privato, i quali però non sono riconosciuti per i contratti di apprendistato (così come per il lavoro domestico).

Infatti, per il 2015, l'articolo 1, comma 118, della L. 190/2014 (Stabilità 2015) ha introdotto uno sgravio per i contratti a tempo indeterminato relativi a nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015 e consistente nell'esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL), nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, per un periodo massimo di trentasei mesi. Il beneficio si applica con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche nel settore agricolo, ai sensi dei commi 119 e 120 del citato art. 1 della L. n. 190.

Per il 2016, l'articolo 1, commi da 178 a 181, della L. 208/2015 (Stabilità 2016) prevede, per il settore privato, la proroga dello sgravio contributivo per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato relativi alle assunzioni effettuate nel corso del 2016 consistente nell'esonero dal versamento del 40% dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), nel limite di 3.250 euro su base annua, per un massimo di 24 mesi. Anche in questo caso, particolari disposizioni concernono il settore agricolo (commi 179 e 180).

Per entrambi i richiamati esoneri contributivi, per il 2015 e per il 2016, sono previsti specifici casi di esclusione e di incumulabilità con altri benefici.

Nell'ambito delle misure riferite al Mezzogiorno, l’art. 1, c. 109 e 110, della L. 208/2015 estende il suddetto esonero contributivo previsto per il 2016 dalla medesima L. 208/2015 alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 realizzate dai datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. L'estensione dell'incentivo è tuttavia condizionata alla ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione (PAC), non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, da effettuarsi entro il 31 marzo 2016 e all’emanazione, all’esito della ricognizione, di un D.P.C.M. che stabilisce l’ammontare delle risorse disponibili e l’utilizzo delle stesse per l’estensione del suddetto beneficio (che non risulta ancora adottato). È prevista una maggiorazione della percentuale di decontribuzione per l'assunzione di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.


Articolo 1, commi 314-338
(Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza)

 

 

I commi 314-338 – nel testo approvato dalla Camera – istituiscono, a decorrere dal 2018, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO), una sezione destinata a finanziare i dipartimenti universitari di eccellenza, sulla base dei risultati della Valutazione della qualità della ricerca (VQR) effettuata dall’ANVUR e della valutazione dei progetti dipartimentali di sviluppo, presentati dalle università.

Il Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza

La nuova sezione del FFO – che ha una dotazione annua di 271 milioni di euro, a decorrere dal 2018 – è volta ad incentivare, con un finanziamento quinquennale, l’attività dei dipartimenti universitari che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di Industria 4.0.

Nelle istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale il riferimento compiuto ai dipartimenti, si intende sostituito con il riferimento alle classi[122].

Le somme eventualmente non utilizzate confluiscono, nello stesso esercizio finanziario, nel FFO.

Il procedimento per l’attribuzione del finanziamento

La Commissione incaricata della valutazione

Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, si procede alla nomina della Commissione incaricata della valutazione delle domande presentate dalle università, che si compone di 7 membri, di cui:

§  2 designati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di cui, uno con funzioni di presidente;

§  4 designati dallo stesso Ministro nell’ambito di 2 rose, ciascuna con 3 soggetti, indicate rispettivamente dall’ANVUR e dal Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca[123];

§  1 indicato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il decreto di nomina della Commissione è emanato, per il quinquennio 2018-2022, entro il 30 aprile 2017 e, a regime, entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del (precedente) finanziamento.

 

Per la partecipazione alle riunioni della Commissione non sono dovuti compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati. Eventuali rimborsi relativi a spese di missione sono posti a carico delle risorse finanziarie del MIUR disponibili a legislazione vigente.

Anche le attività di supporto alla Commissione da parte della competente Direzione generale del MIUR si svolgono nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

La prima graduatoria sulla base dei risultati della VQR

 

Entro la stessa data indicata per il decreto di nomina della Commissione (dunque, entro il 30 aprile 2017 per il quinquennio 2018-2022 e, a regime, entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del precedente finanziamento) il MIUR richiede all’ANVUR, sulla base dei risultati ottenuti nell’ultima VQR dai docenti appartenenti a ciascun dipartimento, la definizione di un apposito Indicatore Standardizzato della Performance Dipartimentale (ISPD), che tenga conto della posizione dei dipartimenti nell’ambito della distribuzione nazionale della VQR, nei rispettivi settori scientifici disciplinari, nonché l’attribuzione ad ogni dipartimento del relativo indice.

 

La VQR 2004-2010 – il cui progetto è stato formalizzato con DM 15 luglio 2011 – è stata avviata dall'ANVUR con bando del 7 novembre 2011 ed è stata articolata sulle 14 aree disciplinari individuate dal D.M. 4 ottobre 2000, n. 175[124] (poi divenute 16, nel corso della valutazione dei prodotti della ricerca effettuata dai Gruppi di esperti, per la suddivisione delle aree 8 e 11 in due sub-aree).

La valutazione riguardava obbligatoriamente le università e gli enti pubblici di ricerca vigilati dal MIUR, e consentiva ad altri enti di ricerca di sottoporsi volontariamente alla valutazione con una partecipazione ai costi.

Per le università, la VQR aveva, tra i suoi compiti, anche quello di fornire agli atenei una graduatoria dei dipartimenti universitari che potesse essere utilizzata come informazione e in piena autonomia dagli organi decisionali delle strutture per la distribuzione interna delle risorse.

I soggetti valutati sono stati ricercatori, assistenti, professori associati e professori ordinari (a tempo indeterminato e a tempo determinato).

Il rapporto finale della VQR 2004-2010 è stato presentato dall'ANVUR nel giugno 2013. Successivamente, a seguito di varie segnalazioni, i risultati della valutazione sono stati aggiornati, secondo quanto indicato dall'ANVUR nella news del 30 gennaio 2014.

Con riferimento alla VQR 2011–2014, il 27 giugno 2015 è stato emanato il DM 458/2015, recante le linee guida, il cui art. 2, in particolare, ha disposto che il processo di valutazione sarebbe stato avviato con l'emissione di apposito bando del Presidente dell'ANVUR e si sarebbe dovuto concludere con la pubblicazione dei risultati entro il termine del 31 ottobre 2016.

Il bando è stato approvato dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR il 30 luglio 2015, e modificato il 3 settembre 2015 e l’11 novembre 2015.

Qui una sintesi sulle caratteristiche della VQR 2011-2014.

 

Successivamente, il MIUR compila la graduatoria per ISPD decrescente dei singoli dipartimenti, e la rende pubblica sul proprio sito internet.

Per il primo quinquennio, tali operazioni devono concludersi entro la stessa data del 30 aprile 2017.

Occorre disallineare la data prevista per la richiesta all’ANVUR e la data prevista per la disponibilità della prima graduatoria.

Per quanto riguarda la disciplina a regime, invece, non è indicato il termine entro cui deve essere pubblicata la graduatoria dei dipartimenti in base ai risultati della VQR.

Al riguardo, occorrerebbe valutare la possibilità di indicare il termine stesso.

 

Le domande di finanziamento e il progetto dipartimentale di sviluppo

 

La domanda per ottenere il finanziamento può essere presentata, esclusivamente tramite l’apposita procedura telematica accessibile dal sito del MIUR, dalle università statali cui afferiscono i dipartimenti collocati nelle prime 350 posizioni della graduatoria.

Il numero massimo di domande ammissibili per dipartimenti appartenenti alla stessa università statale è pari a 15. Nel caso in cui i dipartimenti in posizione utile di graduatoria siano più di 15, l’università procede ad una selezione, motivando la scelta in ragione dell’ISPD attribuito e di ulteriori criteri che possono essere stabiliti dal singolo ateneo.

La domanda contiene un progetto dipartimentale di sviluppo, avente durata quinquennale, e relativo a:

§  obiettivi di carattere scientifico;

§  utilizzo del finanziamento per il reclutamento di professori e ricercatori (ex artt. 18 e 24, L. 240/2010, e art. 1, co. 9, L. 230/2005), nonché di personale tecnico ed amministrativo;

§  premialità (ex art. 9, L. 240/2010: v. infra);

§  investimento in infrastrutture per la ricerca;

§  svolgimento di attività didattiche di elevata qualificazione;

§  presenza di eventuali cofinanziamenti attribuiti al progetto.

 

Per ciascun dipartimento, può essere presentata domanda per una sola delle 14 aree disciplinari. Qualora, al medesimo dipartimento afferiscono docenti appartenenti a più aree disciplinari, il progetto dipartimentale di sviluppo deve dare preminenza all’area disciplinare che ha ottenuto, all’esito dell’ultima VQR, i migliori risultati.

Per il primo quinquennio, il termine finale per la presentazione delle domande è fissato al 31 luglio 2017.

Non è, invece, indicato il termine iniziale per la presentazione delle domande.

A regime, invece, le domande possono essere presentate dal 1° maggio al 31 luglio del quinto anno di erogazione del (precedente) finanziamento.

 

I dipartimenti finanziabili

 

Il numero complessivo dei dipartimenti che possono ottenere il finanziamento è pari a 180, di cui non meno di 5 e non più di 20 per ogni area disciplinare.

La suddivisione del numero dei dipartimenti finanziati per ogni area disciplinare è stabilita con il medesimo decreto ministeriale di nomina della Commissione valutatrice, tenuto conto della numerosità della singola area disciplinare – in termini di dipartimenti ad essa riferibili – e di criteri che hanno come obiettivo la crescita e il miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana.

 

Valutazione delle domande e assegnazione delle risorse

 

La valutazione delle domande si articola in due fasi.

Nella prima fase, la Commissione procede a valutare i progetti dipartimentali di sviluppo presentati da ciascuna università in relazione solo al dipartimento collocato nella posizione migliore in graduatoria. In caso di esito positivo, il dipartimento consegue il finanziamento, fermo restando il rispetto dei “limiti massimi delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna delle 14 aree disciplinari”.

Si evidenzia che, in base al co. 324, il decreto ministeriale provvede alla suddivisione per area disciplinare del “numero dei dipartimenti finanziati” e non delle risorse.

 

Nella seconda fase, la commissione, tenuto conto del numero dei dipartimenti già ammessi al finanziamento nella prima fase, valuta le rimanenti domande assegnando ad ognuna un punteggio da 1 a 100. In particolare, fino a 70 punti sono attribuiti in base all’ISPD, mentre fino a 30 punti sono attribuiti al progetto dipartimentale di sviluppo, in relazione a coerenza e fattibilità dello stesso progetto. I dipartimenti sono poi suddivisi in base all’area disciplinare di appartenenza. Il finanziamento è assegnato ai dipartimenti che, nei limiti del numero complessivo (rimanente) stabilito per ciascuna area, sono utilmente posizionati in graduatoria.

L’elenco dei dipartimenti assegnatari del finanziamento è pubblicato dalla Commissione sul sito dell’ANVUR (e non anche del MIUR).

Per il primo quinquennio, ciò avviene entro il 31 dicembre 2017; a regime, entro il 31 dicembre del quinto anno di erogazione del (precedente) finanziamento.

Entro il 31 marzo di ognuno dei cinque anni successivi alla pubblicazione del predetto elenco, il MIUR trasferisce il finanziamento alle università cui appartengono i dipartimenti, con vincolo di utilizzo a favore dei medesimi dipartimenti assegnatari.

In caso di mutamento di denominazione del dipartimento assegnatario o della sua cessazione, l’erogazione del finanziamento è interrotta.

 

Importo del finanziamento e sua utilizzazione

 

L’importo annuo del finanziamento per ciascun dipartimento assegnatario dipende innanzitutto dalla consistenza dell’organico del dipartimento, rapportata alla consistenza organica a livello nazionale.

Più nello specifico, l’importo annuale base – pari a 1.350.000 euro – è attribuito ai dipartimenti risultati assegnatari del finanziamento che si trovano nel terzo quintile[125];

Lo stesso importo:

§  è ridotto del 20% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel primo quintile;

§  è ridotto del 10% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel secondo quintile;

§  è aumentato del 10% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel quarto quintile;

§  è aumentato del 20% per i dipartimenti assegnatari che si trovano nel quinto quintile[126].

Al co. 333, occorre verificare, in tutti le lettere, se il riferimento corretto non sia al co. 328. Infatti, il riferimento al co. 327 escluderebbe i dipartimenti ai quali il finanziamento sia stato assegnato ai sensi del co. 326.

Per i dipartimenti appartenenti alle aree disciplinari da 1 a 9, l’importo è aumentato di 250.000 euro, da utilizzare esclusivamente per investimenti in infrastrutture per la ricerca.

L’importo complessivo del finanziamento quinquennale è assoggettato a determinati vincoli di utilizzo.

Si segnala che nell’alinea del co. 335, nel riferirsi all’importo complessivo del finanziamento quinquennale, si richiamano sia i commi da 314 a 317 (nei quali è indicato proprio lo stanziamento annuale complessivo del Fondo), sia il comma 332 che, come si è visto, non include, per l’importo annuale del finanziamento dipartimentale, né gli incrementi né i decrementi previsti dai commi 333 e 334.

Innanzitutto, si dispone che non più del 70% dell’importo complessivo del finanziamento può essere utilizzato per il reclutamento di professori e di ricercatori, nonché di personale tecnico e amministrativo, “tenuto conto di quanto previsto all’articolo 18, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240”.

L’art. 18, co. 3, della L. 240/2010 prevede che gli oneri derivanti dalla chiamata di professori e dalla stipula di contratti per ricercatore possono essere a carico totale di altri soggetti pubblici e di soggetti privati, previa stipula di convenzioni di importo non inferiore al costo quindicennale per i posti di professore di ruolo e di ricercatore di tipo B (ovvero di importo e durata non inferiore a quella del contratto per i posti di ricercatore di tipo A) (v. infra).

Al riguardo, la relazione tecnica evidenzia che il riferimento è al principio che dovrà essere tenuto in considerazione dagli atenei per calcolare il numero di docenti da reclutare con il finanziamento attribuito, ossia la garanzia della copertura del costo quindicennale del posto. Dunque, il finanziamento attribuito nei 5 anni dovrà essere diviso per il costo stipendiale dei 15 anni della figura che si vuole reclutare (professore o ricercatore di tipo B).

 

Inoltre, fermo restando tale primo vincolo, si stabilisce che il finanziamento deve essere impiegato:

 

§  per almeno il 25%, per le chiamate di professori esterni all’università cui appartiene il dipartimento, ai sensi dell’art. 18, co. 4, della L. 240/2010;

La norma citata prevede che ciascuna università statale, nell'ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa.

Al riguardo, durante l’esame alla Camera è stato previsto che si considerano “esterni” anche coloro che sono stati titolari di contratti di insegnamento.

A tal fine, è stato novellato l’art. 23, co. 4, della L. 240/2010, che, a legislazione vigente, prevede che la stipulazione di contratti per attività di insegnamento non dà luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari, inserendovi anche la nuova previsione.

 

§  per almeno il 25%, per il reclutamento di ricercatori di tipo B.

L’art. 24, co. 3, della L. 240/2010 ha individuato due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato. La prima (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte. La seconda (lett. b)) è riservata a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), oppure, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere – nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005 – e consiste in contratti triennali non rinnovabili.

Il co. 5 dello stesso art. 24 prevede che nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.

Al riguardo, durante l’esame alla Camera è stato previsto che i contratti di ricercatore di tipo B possono essere stipulati anche con coloro che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale o sono in possesso del titolo di specializzazione medica.

A tal fine, è stato novellato l’art. 24, co. 3, lett. b), della L. 240/2010, inserendovi anche il riferimento ai soggetti che hanno usufruito di assegni di ricerca di cui all’art. 22 della stessa L. 240/2010 che, erroneamente, non erano stati citati nell’art. 24, ma ai quali la possibilità di stipulare contratti di ricercatore di tipo B era già stata estesa – con una previsione di equipollenza, ma al di fuori di una novella – con l’art. 1, co. 10-octies, secondo periodo, del D.L. 210/2015 (L. 21/2016).

 

§  per le chiamate dirette di professori (ex art. 1, co. 9, L. 230/2005). Per tale tipologia, non è definita una quota minima.

L’art. 1, co. 9, della L. 230/2005 – come da ultimo modificato dall’art. 1, co. 209, della L. 208/2015 - dispone che le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di:

-      studiosi impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o insegnamento universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie estere;

-      studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR, nell’ambito del “programma di rientro dei cervelli”, un periodo di almeno tre anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata;

-      studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall’Unione europea o dallo stesso MIUR[127];

-      studiosi italiani e stranieri di elevato e riconosciuto merito scientifico, previamente selezionati mediante procedure nazionali (il riferimento è proprio alle procedure di cui ai commi 208-212 della L. 208/2015, c.d. “Cattedre Natta”).

Le università possono procedere, altresì, alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama.

A tali fini, le università formulano specifiche proposte al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere – ad eccezione del caso di chiamate di studiosi che siano risultati vincitori di uno dei programmi di ricerca di alta qualificazione effettuate entro tre anni dalla vincita del programma e di chiamate di studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico previamente selezionati attraverso le procedure nazionali – della commissione nominata per l’espletamento delle procedure di abilitazione scientifica nazionale.

Il rettore, con proprio decreto, dispone la nomina determinando la relativa classe di stipendio sulla base delle eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito.

 

Relazione finale

 

Entro il 31 gennaio dell’ultimo anno di erogazione del (precedente) finanziamento l’Università deve presentare alla Commissione incaricata della valutazione, per ogni dipartimento, una relazione contenente il rendiconto dell’utilizzazione delle risorse e i risultati ottenuti rispetto ai contenuti individuati nel progetto.

Entro tre mesi dalla presentazione della relazione, la Commissione esprime il proprio motivato giudizio circa la corrispondenza tra utilizzo delle risorse e obiettivi del progetto, nonché il rispetto dei vincoli di utilizzo di cui sopra.

In caso di giudizio negativo, l’Università non può presentare, per il quinquennio successivo, la domanda di finanziamento per lo stesso dipartimento.

Si segnala che nel co. 337 si fa riferimento al finanziamento di cui al comma 332 che, tuttavia, non considera le riduzioni e gli aumenti di cui al comma 333, nonché la maggiorazione di cui al comma 334.

La disciplina del Fondo di ateneo per la premialità

Si modifica la disciplina inerente il Fondo di ateneo per la premialità, previsto dall’art. 9 della L. 240/2010, estendendo la possibilità di concedere compensi aggiuntivi al personale docente e al personale tecnico amministrativo anche al caso in cui tale personale contribuisca all’acquisizione di finanziamenti pubblici, ed eliminando il divieto di concedere tali compensi aggiuntivi a valere sulle risorse del Fondo derivanti da finanziamenti pubblici.

In base all’art. 9 della L. 240/2010, il Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori è alimentato innanzitutto con le somme relative agli scatti stipendiali non attribuite a causa di valutazione negativa.

Sono previsti anche altri possibili canali per alimentare il Fondo: il MIUR può attribuire ulteriori somme ad ogni università, in proporzione alla valutazione dei risultati effettuata dall’ANVUR; inoltre, ogni ateneo può integrare il Fondo con una quota dei proventi delle attività svolte in conto terzi o con finanziamenti pubblici o privati. In tal caso, l’ateneo può prevedere compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all’acquisizione di commesse conto terzi o di finanziamenti privati, nei limiti delle risorse che non derivano da finanziamenti pubblici.


Articolo 1, commi 340-343
(Proroga annuale del periodo di perfezionamento dei “precari della giustizia”)

 

 

I commi da 340 a 343, inseriti nel corso dell’esame alla Camera, prolungano di ulteriori 12 mesi il periodo di perfezionamento che può essere svolto presso gli uffici giudiziari dai soggetti che hanno completato il tirocinio formativo presso i medesimi uffici, già previsto dalla legge di stabilità 2013: lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e disoccupati (i c.d. precari della giustizia).

 

A partire dall'inizio della legislatura il Parlamento si è ciclicamente confrontato con il problema della possibile stabilizzazione dei c.d. precari della giustizia, apparendo fin da subito evidente che l'apporto che questi lavoratori avevano dato agli uffici giudiziari, gravemente privi di idonea copertura amministrativa, era tale da rendere la loro fuoriuscita da tali uffici un problema non solo sociale ma anche organizzativo.

La legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 25), aumentando gli importi del contributo unificato, destina tali risorse, per il solo 2013 e nella misura di 7,5 milioni di euro, «a consentire ai lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e ai disoccupati e agli inoccupati, che a partire dall'anno 2010 hanno partecipato a progetti formativi regionali o provinciali presso gli uffici giudiziari, il completamento del percorso formativo entro il 31 dicembre 2013. La titolarità del progetto formativo è assegnata al Ministero della giustizia».

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, art. 1, comma 344) ha prorogato di un anno, fino al 31 dicembre 2014, il periodo di perfezionamento, confermando il limite di spesa di 7,5 milioni di euro. Alla fine del 2014, esaurita l'efficacia della disposizione, il problema dei precari della giustizia torna all'attenzione del legislatore che interviene con l'articolo 1, comma 12, del decreto-legge n. 192 del 2014, differendo - dal 31 dicembre 2014 al 28 febbraio 2015 - il termine di conclusione del periodo di perfezionamento presso gli uffici giudiziari.

Chiude la vicenda legislativa, prima del presente disegno di legge di bilancio, l'articolo 21-ter del decreto-legge n. 83 del 2015, che consente l'individuazione di soggetti che, avendo concluso il tirocinio, possono far parte per ulteriori 12 mesi dell'ufficio del processo. La disposizione interviene sull'art. 50 del decreto-legge n. 90 del 2014 - che disciplina l'ufficio del processo - e demanda ad un DM giustizia la determinazione del numero e dei criteri per l'individuazione dei soggetti che hanno svolto il periodo di perfezionamento che possono far parte dell'ufficio per il processo per svolgere un ulteriore periodo di perfezionamento per una durata non superiore a dodici mesi, tenuto conto delle valutazioni di merito e delle esigenze organizzative degli uffici giudiziari, in via prioritaria a supporto dei servizi di cancelleria. Nell'individuazione dei criteri è riconosciuta priorità alla minore età anagrafica ed è assicurata un'equa ripartizione territoriale delle risorse, tenendo conto delle dimensioni degli uffici giudiziari.

Il decreto-legge, inoltre, fissa in 400 euro mensili l'importo massimo della borsa di studio che potrà essere assegnata e riconosce allo svolgimento positivo di questa ulteriore attività formativa un titolo di preferenza nei concorsi nella P.A. (preferenza che dovrà essere accordata anche ai tirocinanti che non accedano all'ufficio per il processo); in particolare, per le procedure concorsuali indette dall'amministrazione della giustizia dovranno essere introdotti meccanismi finalizzati a valorizzare l'esperienza formativa acquisita mediante il completamento del periodo di perfezionamento presso l'ufficio.

In attuazione di questa disposizione è stato emanato il D.M. 20 ottobre 2015, con il quale è stata indetta la procedura di selezione di 1.502 tirocinanti per lo svolgimento dell'ulteriore anno di perfezionamento nella struttura organizzativa denominata "ufficio per il processo".

 

In particolare, il comma 340 autorizza i soggetti che stanno attualmente svolgendo l’ulteriore periodo di perfezionamento (1.502 persone) a proseguire l’attività, dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio per altri 12 mesi (e dunque sino alla fine del 2017), nello stesso ufficio nel quale sono attualmente assegnati. La disposizione riconosce ai tirocinanti il diritto all’attribuzione della borsa di studio del valore massimo di 400 euro mensili, già disciplinata dal DM giustizia del 20 ottobre 2015.

 

Il comma 341 disciplina le modalità di presentazione della domanda di prosecuzione del periodo di perfezionamento. La disposizione demanda ad un provvedimento del direttore generale del personale e della formazione del Ministero della giustizia la individuazione dei contenuti della domanda che dovrà pervenire al Ministero entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio.

Alla domanda dovrà essere allegata una attestazione del capo dell'ufficio giudiziario presso il quale si è svolto il periodo di perfezionamento, che confermi il carattere funzionale alle esigenze dell’ufficio del periodo di ulteriore perfezionamento.

 

Il comma 342 conferma la disciplina già introdotta dal decreto-legge n. 83 del 2015 che riconosce a coloro che svolgono il perfezionamento presso l’ufficio del processo:

§  un titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi indetti dalla pubblica amministrazione;

§  la valorizzazione dell’esperienza formativa acquisita nelle procedure concorsuali indette dall'amministrazione della giustizia.

Si ricorda che procedure straordinarie di reclutamento di personale amministrativo non dirigenziale del Ministero della giustizia sono state autorizzate dal recente decreto-legge n. 117 del 2016 (1.000 unità di personale) nonché dal comma 372 del disegno di legge in commento, cui si rinvia (ulteriori 1.000 unità di personale).

 

Infine, il comma 343 quantifica in 5.807.509 euro le risorse necessarie per finanziare gli ulteriori 12 mesi di perfezionamento, che vengono reperite attraverso la riduzione delle somme già stanziate per la riqualificazione del personale dell'amministrazione giudiziaria (art. 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015).

 

Per completezza, si ricorda che il DM 20 ottobre 2015 ha indetto una procedura per la selezione di 1.502 tirocinanti che sono dunque così attualmente ripartiti tra i diversi distretti di corte d’appello:

 

Ai fini della formazione della graduatoria, è stata attribuita priorità, nell'ordine: a) alle pregresse esperienze formative negli uffici giudiziari del distretto interessato; b) alla minore età anagrafica; c) all'essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola media superiore.

I capi degli uffici e i dirigenti amministrativi devono assicurare l'affiancamento di coloro che svolgono il periodo di perfezionamento con il personale di cancelleria, al fine di conseguire le conoscenze e le abilità necessarie per svolgere un'utile attività di supporto nell'ambito dei servizi ausiliari della giurisdizione, con particolare riferimento all'ufficio del processo.


Articolo 1, commi 344-345
(Esonero contributivo per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali)

 

 

I commi 344-345 riconoscono un esonero contributivo triennale (da riconoscersi nel limite massimo delle norme europee sugli aiuti de minimis) per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, con età inferiore a 40 anni, che hanno effettuato l’iscrizione nella previdenza agricola nel 2016 con aziende ubicate nei territori montani e nelle aree agricole svantaggiate o che la effettueranno nel corso del 2017.

 

Il comma 344, modificato alla Camera, riconosce un esonero contributivo triennale (nel limite massimo delle norme europee sugli aiuti de minimis) per coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, con età inferiore a 40 anni, che hanno effettuato l’iscrizione nella previdenza agricola nel 2016 con aziende ubicate nei territori montani e nelle aree agricole svantaggiate o che la effettueranno nel corso del 2017.

 

Il testo originario del disegno di legge (modificato alla Camera) escludeva espressamente l’esonero contributivo per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali che risultassero già iscritti alla previdenza agricola nel 2016.

 

L’esonero (che consiste nella dispensa dal versamento del 100% dell'accredito contributivo presso l'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, e che non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente) è riconosciuto, ferma restando l'aliquota di computo[128] delle prestazioni pensionistiche, per un periodo massimo di 36 mesi, decorsi i quali viene riconosciuto in una percentuale minore per ulteriori complessivi 24 mesi (per la precisione nel limite del 66% per i successivi 12 mesi e nel limite del 50% per un periodo massimo di ulteriori 12 mesi).

Sono escluse dall’esonero le nuove iscrizioni relative a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali che nell’anno 2016 siano risultati già iscritti nella previdenza agricola.

Si prevede, infine, il monitoraggio dell’I.N.P.S. del numero delle nuove iscrizioni e delle conseguenti minori entrate contributive, inviando relazioni mensili al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Per coltivatore diretto s’intende il piccolo imprenditore agricolo che si dedica direttamente e abitualmente alla manuale coltivazione dei terreni, in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, e/o all’allevamento del bestiame ed attività connesse (articoli 1 e 2 della L. 1047/57). Le attività devono essere svolte con abitualità e prevalenza per impegno lavorativo e reddito ricavato. Il requisito della abitualità sussiste quando l'attività sia svolta in modo esclusivo o prevalente (cioè quella che, ai sensi dell’articolo 2 della L. 9/63, occupi il lavoratore per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca la maggior fonte di reddito).

È imprenditore agricolo professionale (IAP) colui che (ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 99/2004), in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole di cui all' articolo 2135 c.c. (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse), direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro[129].

Si ricorda, inoltre, che possono acquisire la qualifica di imprenditore agricolo professionale i soci delle società di persone e cooperative (comprese quelle di lavoro) e gli amministratori delle società di capitali nel caso in cui l'attività svolta sia contraddistinta dalla presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito richiamati.

Inoltre, le società di persone, cooperative e di capitali (anche a scopo consortile) sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle richiamate attività agricole e siano in possesso di specifici requisiti.

Sono infine riconosciute all'imprenditore agricolo professionale persona fisica (se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale) le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

 

Il comma 345 prevede che le richiamate disposizioni si applichino nei limiti previsti dai regolamenti (UE) 1407/2013 e 1408/2013, concernenti i cosiddetti aiuti de minimis da parte degli Stati membri.

 

Gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo sono regolati, in particolare, dal reg. (UE) 18 dicembre 2013, n. 1408/2013.

Si tratta di quegli aiuti di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un'alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Tale importo è di gran lunga inferiore a quello fissato (200.000 euro) nel regolamento UE n. 1407/2013, sugli aiuti de minimis (nel periodo di programmazione 2014-2020) alla generalità delle imprese esercenti attività diverse da:

a)   pesca e acquacoltura;

b)  produzione primaria dei prodotti agricoli;

c)   trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:

d)  qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate;

e)   qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;

f)   aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

g)  aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.

 


Articolo 1, commi 346-347
(Indennità giornaliera per lavoratori della pesca marittima)

 

 

I commi 346-347, introdotti alla Camera, riconoscono un’indennità giornaliera di 30 euro a favore dei lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nel periodo di sospensione dell’attività per arresto obbligatorio.

 

 

I commi 346-347, introdotti alla Camera, riconoscono un’indennità giornaliera onnicomprensiva di 30 euro per ciascun lavoratore dipendente da imprese adibite alla pesca marittima, compresi i soci delle cooperative della piccola pesca (di cui alla legge n.250/1958[130]), quale forma di sostegno al reddito nel periodo di sospensione dell’attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo.

L’indennità è riconosciuta per il 2017, nel limite di spesa di 11 milioni di euro.

La disciplina delle modalità di pagamento dell’indennità è rimessa a un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Quanto all’arresto obbligatorio dell’attività di pesca si ricorda che il regolamento n.1380 del 2013, relativo alla politica comune della pesca, ha ribadito che, tra i principali obiettivi di tale politica, rientra la conservazione delle risorse biologiche marine; a tal fine viene adottato un approccio precauzionale volto a a garantire che lo sfruttamento delle risorse biologiche marine vive ricostituisca e mantenga le popolazioni delle specie pescate al di sopra di livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile.

Tra le misure utili per il raggiungimento di tali scopi, l’articolo 7 annovera le misure tecniche consistenti nell’interruzione delle attività di pesca dei pescherecci in una zona determinata per un periodo minimo definito al fine di proteggere aggregazioni temporanee di specie in via di estinzione, stock ittici in riproduzione, pesci di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione ed altre risorse marine vulnerabili.

Il regolamento n. 508/2014 ha disciplinato il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca prevedendo, all’articolo 17, che ciascuno Stato membro elabori un programma operativo unico per l'attuazione di tali priorità da cofinanziare tramite il FEAMP. Il programma operativo italiano è stato approvato con decisione della Commissione europea del 25 novembre 2015.

Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 7 luglio 2016 si è ritenuto necessario, in considerazione dei dati inerenti lo sfruttamento ittico, autorizzare il fermo obbligatorio dell’attività di pesca per le unità autorizzate allo strascico attraverso la previsione di un periodo di arresto temporaneo, diversamente articolato per aree in conformità con quanto previsto dai piani di gestione.

Da ultimo, si ricorda che l’articolo 1, comma 307, della legge del 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), nell'ambito delle risorse del Fondo Sociale per l’Occupazione e la Formazione finalizzate al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per il 2016, ha destinato fino a 18 milioni di euro per il riconoscimento della cassa integrazione guadagni in deroga per il Settore della Pesca.

 

 

 

 


Articolo 1, commi 348-349
(Fondo sostegno natalità)

 

 

I commi 348-349, istituiscono, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il “Fondo di sostegno alla natalità”, con una dotazione di 14 milioni di euro per il 2017, 24 milioni di euro per il 2018, 23 milioni di euro per l’anno 2019, 13 milioni di euro per l’anno 2020 e 6 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021. Si tratta di un fondo rotativo diretto a favorire l’accesso al credito delle famiglie con uno o più figli, nati o adottati, a decorrere dal 1° gennaio 2017, mediante il rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche e agli intermediari finanziari.

 

Viene demandato ad un decreto del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, la definizione dei criteri e delle modalità di organizzazione e di funzionamento del Fondo, nonché di rilascio e di operatività delle garanzie.

 

Va ricordato che il decreto legge n. 185/2008 (convertito, con modificazioni dalla legge n. 2/2009), all’articolo 4, comma 1 e 1-bis, aveva istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo di credito per i nuovi nati, finalizzato al rilascio di garanzie dirette, anche fideiussorie, alle banche ed agli intermediari finanziari. L'art. 12 della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) lo ha rinnovato fino al 2014. Successivamente il comma 201 della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013), ha istituito, per l’anno 2014 un Fondo per i nuovi nati presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per contribuire alle spese per il sostegno di bambini nuovi nati o adottati appartenenti a famiglie a basso reddito, facendo confluire in esso le risorse disponibili (quantificate dal Governo in circa 22 milioni di euro) nel Fondo per il credito per i nuovi nati sopracitato e contestualmente soppresso.


Articolo 1, comma 350
(Piano di azione nazionale
su “Donne Pace e Sicurezza)

 

 

Il comma 350 introdotto dalla Camera autorizza la spesa di 1.000.000 di euro per il 2017 e di 500.000 euro per ciascuna annualità 2018 e 2019 per la predisposizione e l’attuazione del terzo Piano di azione nazionale su “Donne Pace e Sicurezza”.

 

Le risorse autorizzate dal comma 350, nella misura di 1.000.000 di euro per il 2017 e di 500.000 euro per ciascun anno 2018 e 2019, sono finalizzate alla predisposizione del terzo Piano di azione nazionale su “Donne pace e sicurezza”, da adottare in ottemperanza della risoluzione 1325 (2000) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e delle successive risoluzioni in materia. Tali risorse sono destinate anche alle azioni di promozione, valutazione e monitoraggio del Piano medesimo

 

La risoluzione 1325 su donne, pace e sicurezza, è stata adottata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2000. Si tratta del primo documento del Consiglio che menziona esplicitamente l’impatto dei conflitti armati sulle donne e sottolinea il contributo femminile per la risoluzione dei conflitti e per la costruzione di una pace durevole.

La risoluzione 1325 delinea un sistema ampio di obiettivi a garanzia della prevenzione, della partecipazione e protezione delle donne nei contesti di conflitto (il c.d. paradigma delle 3”P”), focalizzando tre elementi:

1.   le donne ed i fanciulli rappresentano i gruppi più colpiti dai conflitti armati;

2.   le donne svolgono un ruolo imprescindibile sia nella prevenzione e risoluzione dei conflitti, sia nelle attività di ricostruzione della pace;

3.   gli Stati membri dell’Onu sono invitati ad assicurare una più ampia partecipazione delle donne a tutti i livelli decisionali, con particolare riferimento ai meccanismi di prevenzione, gestione e risoluzione del conflitto.

Il principio ispiratore della risoluzione è la “tolleranza zero” rispetto a forme di violenza che infrangono le norme internazionali e costituiscono comportamenti di rilievo penale; tale principio si applica ai militari, alle parti in conflitto nonché al personale militare e civile dell’Onu responsabile di abusi sessuali nelle aree di conflitto.

L’adozione dei Piani d’azione nazionali (National Action Plans) da parte degli Stati membri per l’attuazione della Risoluzione 1325 è una facoltà prevista dal Consiglio di Sicurezza (nel Presidential Statement del 28 ottobre 2004) al fine di compensare il gap tra l’ampiezza del mandato della risoluzione 1325 e la mancanza di indicazioni precettive in ordine all’attuazione delle sue disposizioni.

 

La risoluzione 1325 (2000) è considerata la “madre” di risoluzioni ONU successive dal contenuto più specifico.

 

La prima di tale serie è la risoluzione 1820 adottata all’unanimità il 19 giugno 2008 nella quale si afferma che la violenza sessuale in situazioni di conflitto armato può costituire crimine di guerra, crimine contro l’umanità e prefigurare genocidio. L’Italia, membro non permanente del Consiglio di Sicurezza nel biennio 2007-2008, aveva profuso un intenso impegno in fase negoziale, con particolare riguardo al riconoscimento del nesso tra sicurezza internazionale e violenza sessuale nei casi in cui questa viene impiegata come tattica di guerra.

 

Con la risoluzione 1888 (2009) il Consiglio di Sicurezza, tra le misure atte a fornire protezione a donne e bambini contro la violenza sessuale in situazioni di conflitto, chiede al Segretario generale di nominare un rappresentante speciale sulla violenza sessuale durante i conflitti armati. L’ufficio del Rappresentante Speciale ONU per le violenze sessuali in situazioni di conflitto è stato istituito nell’aprile 2010 e la prima Rappresentante è stata Margot Wallström; le è succeduta nella carica, dal 22 giugno 2012, Zainab Hawa Bangura, cittadina della Sierra Leone.

 

La successiva risoluzione 1889 (2009) si incentra, in particolare, sul rafforzamento della partecipazione delle donne nei processi di pace, nonché sullo sviluppo di indicatori adatti a misurare i progressi nella realizzazione della risoluzione madre 1325.

 

Una ulteriore risoluzione, 1960 (2010) è stata adottata all’unanimità il 16 dicembre 2010 dal Consiglio di Sicurezza, il quale ha chiesto alle parti coinvolte in conflitti armati di assumere specifici impegni ed indicare precise scadenze della lotta alla violenza sessuale, sollecitandole sul lato della prevenzione a proibire tali crimini attraverso la somministrazione di ordini precisi alle catene di comando e l’imposizione di codici di condotta e, sul versante giudiziario, ad indagare i presunti abusi affidandone tempestivamente alla giustizia i responsabili. Il Segretario generale è tenuto a monitorare il perfezionamento di tali impegni nonché, sulla base di una analisi più approfondita, a favorire una migliore cooperazione tra tutti gli attori Onu finalizzata a fornire una risposta sistemica alla questione della violenza sessuale, nel frattempo procedendo a più nomine femminili tra i protection advisers delle missioni di peacekeeping.

 

La risoluzione 2106 (2013) adottata all’unanimità il 24 giugno 2013, è specificamente focalizzata sul tema della violenza sessuale in situazioni di conflitto armato. Il documento aggiunge ulteriori dettagli operativi alle precedenti risoluzioni sul tema e ribadisce la necessità di sforzi più intensi da parte di tutti gli attori, non solo il Consiglio di Sicurezza e le parti di un conflitto armato, ma tutti gli Stati membri e gli enti delle Nazioni Unite, per l’attuazione dei mandati promananti dal complesso delle risoluzioni sul tema e per la lotta all’impunità per questi crimini.

 

La risoluzione 2122 (2013) rafforza le misure che consentono alle donne di partecipare alle varie fasi di prevenzione e risoluzione dei conflitti, nonché della ripresa del paese interessato, ponendo agli Stati membri, alle organizzazioni regionali ed alle stesse Nazioni Unite, l’obbligo di riservare seggi alle donne nei tavoli di pace; essa, inoltre, riconosce la necessità di una tempestiva informazione ed analisi dell’impatto dei conflitti armati su donne e ragazze. La risoluzione, tra il resto, incoraggia i Paesi che contribuiscono alle missioni ad aumentare la percentuale di donne nelle forze armate e nelle forze di polizia in esse impiegate, sottolineando, inoltre, la necessità di continuare gli sforzi per eliminare gli ostacoli all’accesso delle donne alla giustizia in situazioni di conflitto o post conflitto.

 

Con la risoluzione 2242 (2015)  viene riconosciuto il ruolo centrale della partecipazione delle donne nell’impegno globale per costruire la pace e la sicurezza, compresi i contributi strategici per contrastare la crescita dell’estremismo violento e trovare soluzioni alla complessa crisi della sicurezza internazionale. La Risoluzione è stata adottata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza nell’ambito di una valutazione complessiva sul livello di implementazione, su scala regionale e nazionale, della Risoluzione 1325 a 15 anni dalla sua adozione. In tale ricorrenza, il Global Study Preventing conflict, transforming justice, securing the peace commissionato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite e condotto dalla ex Rappresentante speciale per i bambini nei conflitti, Radhika Coomaraswamy, ha individuato nella partecipazione femminile il fattore chiave per determinare operazioni efficaci nella mediazione della pace, nel peacekeeping e nella prevenzione dei conflitti.

 

 

In Italia, dopo l’adozione nel dicembre 2010 del primo Piano di Azione Nazionale 2010-2013, nel 2014 è stato adottato il secondo Piano Nazionale dell’Italia su “Donne Pace e Sicurezza”, relativo al periodo 2014-2016. Il secondo Piano d’Azione rappresenta l’esito di un processo di aggiornamento svolto dal Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, CIDU, attraverso la costituzione di un Gruppo di Lavoro che ha operato in stretta collaborazione con la società civile, individuando le modalità di attuazione Risoluzione 1325(2000) e delle successive Risoluzioni sul tema.

Il Piano d’Azione Nazionale persegue l’obiettivo di assicurare l’inserimento della gender perspective in tutti i settori della politica di pace ed in tutte le misure concrete di promozione e protezione della pace finalizzate al raggiungimento dei tre obiettivi principali fissati dalla Risoluzione 1325:

1.   prevenire la violenza contro le donne ed i fanciulli e proteggere i diritti umani di donne e fanciulli, durante e dopo i conflitti armati;

2.   promuovere una maggiore partecipazione delle donne nella promozione della pace;

3.   promuovere l’applicazione dell’approccio di genere nei progetti e programmi di promozione della pace.

Per il perseguimento di tali obiettivi, il secondo Piano d’Azione italiano ha individuato un panel di 7 sotto–obiettivi, che vengono presentati nel documento e rispetto a ciascuno dei quali viene riportato lo stato di attuazione e gli ulteriori impegni (commitments) che il l’Italia intende assumere, a livello sia nazionale sia internazionale. Questi i sotto-obiettivi:

1.   valorizzare la presenza delle donne nelle Forze Armate nazionali e negli organi di polizia statale, rafforzandone il ruolo negli organi decisionali delle missioni di pace;

2.   promuovere l’inclusione della prospettiva di genere nelle Peace-Support Operations;

3.   assicurare training specifico, in particolare per il personale partecipante alle missioni di pace, sui differenti aspetti della Risoluzione 1325;

4.   proteggere i diritti umani delle donne, dei fanciulli e delle fasce più deboli della popolazione, in fuga dai teatri di guerra e/o presenti nelle aree di post-conflitto;

5.   rafforzare il ruolo delle donne nei processi di pace ed in tutti i processi decisionali;

6.   prevedere la partecipazione della società civile nell’attuazione della Risoluzione 1325;

7.   svolgere attività di monitoraggio e seguiti operativi (follow-up).

Come previsto dal secondo Piano d’azione nazionale, il Governo ha presentato nel marzo 2015, un Progress Report.

Quanto alle risorse finanziarie a sostegno delle attività contemplate dal Piano, si rammenta che in sede di conversione del DL 67/2016(13) , di proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali e di interventi di cooperazione allo sviluppo per tutto l’anno 2016, un emendamento ha modificato l’originaria formulazione dell’articolo 8, comma 1; a seguito di tale modifica, nell’ambito dello stanziamento di 90 milioni previsti dalla disposizione e destinato ad una serie di iniziative di cooperazione(14) sono ricompresi anche gli interventi, previsti dal Piano d’azione nazionale "Donne, pace e sicurezza - WPS 2014-2016", con particolare riguardo a programmi aventi tra gli obiettivi la prevenzione, la protezione e il contrasto alla violenza sessuale sulle donne e le bambine, soprattutto quando usata con tattica di guerra, la tutela e il rispetto dei loro diritti umani, nonché le misure a sostegno delle iniziative di pace promosse dalle donne in attuazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1325 del 31 ottobre 2000 e le successive risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla stessa materia.


Articolo 1, commi 351 e 352
(Nuove risorse del Fondo per l'indennizzo in favore delle vittime)

 

 

I commi 351 e 352, introdotti dalla Camera dei deputati, destinano all’indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile. La riscossione coattiva di tali somme è demandata alla società Equitalia Giustizia.

 

Più nel dettaglio il comma 351, lettera a), modifica l'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 7 del 2015, prevedendo che l'importo dovuto a titolo di sanzione pecuniaria civile sia recuperato secondo le disposizioni sulla riscossione di cui alla Parte VII del d.P.R. 115/2001 (T.U. in materia di spese di giustizia)

 

Il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67) ha apportato importanti modifiche al sistema penale, abrogando diversi reati minori e introducendo il nuovo istituto dell'illecito sottoposto a sanzioni pecuniarie civili.  La definizione dei termini e delle modalità per il pagamento della sanzione pecuniaria civile, nonché delle forme per la riscossione dell’importo dovuto è stata demandata dall’articolo 9, comma 1, ad un successivo decreto ministeriale, da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto (il d.lgs. n. 7 del 2016 è entrato in vigore il 6 febbraio 2016).

 

La lettera b), interviene sull'articolo 10 del suddetto decreto legislativo, prevedendo che le somme dovute a titolo di sanzione pecuniaria civile anziché essere devolute alla Cassa delle ammende, confluiscano nel Fondo di rotazione antimafia, antiusura e per l’indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, istituito dall'articolo 14 della legge 7 luglio 2016, n. 122 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2015-2016)- nello stato di previsione del Ministero dell’interno, per l'indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti.

 

Più in generale gli articoli 11-16 della legge europea 2015-2016 hanno dato attuazione alla direttiva 2004/80/CE in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, nel tentativo di porre fine alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea per il non corretto recepimento della direttiva (C-601/14). L’art. 11 ha riconosciuto espressamente il diritto all’indennizzo a carico dello Stato alla vittima di taluni reati, demandando ad un successivo decreto ministeriale la determinazione degli importi dell'indennizzo. In proposito è opportuno ricordare che il comma 146 dell'articolo 1 del disegno di legge prevede che nella determinazione dei limiti dell'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti debba essere assicurato un maggiore ristoro ai figli della vittima di omicidio commesso dal coniuge o dal partner.

L'art. 12 subordina il diritto all'indennizzo al ricorrere di una serie condizioni, tra le quali, ad esempio, la circostanza che la vittima sia titolare di un reddito annuo (come risultante dall’ultima dichiarazione) non superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato o che la medesima non abbia percepito, per lo stesso fatto, somme erogate a qualunque titolo da soggetti pubblici o privati. Quanto, poi, alla domanda di indennizzo, che può essere presentata dall’interessato o dagli aventi diritto in caso di morte della vittima del reato – personalmente o per mezzo di un procuratore speciale – l’art. 13 ha individuato una serie di formalità previste a pena di inammissibilità.  L’art. 14 ha poi previsto che le risorse del "Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura"-all'uopo rinominato “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti”- siano destinate anche alle vittime dei reati violenti in relazione ai quali è riconosciuto il diritto all'indennizzo. Sempre con riguardo alla questione dell'indennizzo delle vittime dei reati, è opportuno segnalare che la Corte di Giustizia, (Grande Sezione, con la sentenza 11 ottobre 2016) si è pronunciata sulla citata causa C-601/14 dichiarando l’Italia inadempiente in ordine all’obbligo previsto all’art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80/CE. Tale disposizione, individuando un preciso obbligo a carico degli Stati membri, non lascerebbe a questi ultimi alcun margine di discrezionalità circa l’ambito di applicabilità dell’indennizzo, che dovrebbe dunque essere riconosciuto in tutti i casi di reati intenzionali violenti, secondo l’individuazione effettuata dal diritto penale di ciascuno Stato membro. In ogni caso, va rilevato che il Giudice europeo non ha avuto modo di pronunciarsi né, del resto, di considerare, nella sentenza prefata, la compatibilità della nuova disciplina dettata dalla legge europea 2015-2016 con le disposizioni della direttiva, in quanto, nonostante il deposito della pronuncia sia stato effettuato il giorno 11 ottobre 2016, le udienze del relativo procedimento si sono tenute in date antecedenti rispetto all’adozione della novella legislativa, che non è stata quindi neppure utilizzata dall’Italia al fine di dimostrare l’intervenuto adempimento agli obblighi sovranazionali.

 

Il comma 352, integrando il comma 367 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, attribuisce ad Equitalia Giustizia la riscossione coattiva delle sanzioni pecuniarie civili.

 

Equitalia Giustizia è la società del Gruppo Equitalia, interamente posseduta da Equitalia SpA, che gestisce: in attuazione dell’art. 1, commi 367 ss., della legge n. 244/2007 e sulla base di una convenzione con il Ministero della Giustizia, i crediti di giustizia; e sulla base dell’art. 2 del decreto-legge n. 143/2008 (convertito dalla legge n. 181/2008), il Fondo Unico Giustizia, istituito dall’art. 61, comma 23, del decreto-legge n. 112/2008 (convertito dalla legge n. 133/2008) e alimentato principalmente con i proventi dei sequestri.

 

 


Articolo 1, comma 353
(Premio alla nascita)

 

 

Il comma 353 attribuisce un premio alla nascita di 800 euro che può essere chiesto dalla futura madre all’INPS al compimento del settimo mese di gravidanza.

La norma riconosce, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un premio alla nascita, o all’adozione di minore pari ad 800 euro, corrisposto, in unica soluzione dall’INPS. Il premio è corrisposto a domanda della futura madre, e può essere richiesto al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione. Esso non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del D.P.R. n. 917/1986 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi).

A tale proposito va ricordato che i commi da 125 a 129 della legge di stabilità per il 2015 (1, comma 125 della legge di stabilità per il 2015 ) prevedono, per ogni figlio nato o adottato dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione.

Tale assegno – che non concorre alla formazione del reddito complessivo ai sensi dell’articolo 8 del Testo unico delle imposte sui redditi - è corrisposto fino al compimento del terzo anno d’età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno, residenti in Italia.

Per la corresponsione del beneficio economico si richiede tuttavia la condizione che il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente sia in condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a 25.000 euro annui, stabilito ai sensi del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159.

L’importo dell’assegno di 960 euro annui è raddoppiato quando il nucleo familiare di appartenenza del genitore richiedente è in una condizione economica corrispondente a un valore dell’indicatore ISEE non superiore ai 7.000 euro annui.

L’assegno è corrisposto, a domanda, dall’INPS, che provvede alle relative attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente


Articolo 1, comma 354
(Congedo obbligatorio per il padre lavoratore)

 

 

Il comma 354, modificato alla Camera, proroga per il 2017 e il 2018 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente.

 

La disposizione proroga per il 2017 e, come previsto dalla Camera, anche per il 2018 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente (già previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 e prorogato sperimentalmente per il 2016). Il congedo deve essere goduto entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, è fruibile anche in via non continuativa e la sua durata è elevata a 2 giorni (analogamente a quanto già disposto per il 2016) per il 2017 e a quattro giorni per il 2018.

Al suddetto congedo si applica la disciplina dettata dal D.M. 22 dicembre 2012 che ha definito i criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure sperimentali operanti per gli anni 2013-2015[131].

Nel corso dell’esame alla Camera è stata introdotta la previsione secondo cui il padre, per il 2018, può astenersi per un ulteriore giorno in accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima.

Gli oneri derivanti dalla proroga contenuta nel comma in esame sono valutati in 20 milioni di euro per il 2017 e in 41,2 per il 2018: alla copertura totale dei primi e alla copertura parziale dei secondi, limitatamente a 31,2 milioni di euro, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione.

 

Il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente è stato introdotto, in via sperimentale per gli anni 2013-2015, dall’art. 4, c. 24, lett. a), della L. 92/2012. Tale disposizione prevede che il padre, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno, in aggiunta al periodo di astensione obbligatoria della madre. Successivamente, tale misura è stata prorogata sperimentalmente per il 2016 dall’art. 1, c. 205, della L. 208/2015 (Stabilità 2016) che ha elevato la sua durata a 2 giorni, fruibili anche in via non continuativa.

 


Articolo 1, commi 355-357
(Buono nido e rifinanziamento voucher asili nido)

 

 

I commi 355-357 istituiscono, a partire dal 2017, un buono per l’iscrizione in asili nido pubblici o privati, di 1.000 euro annui per i nuovi nati dal 2016 e prorogano, per gli anni 2017 e 2018, il contributo economico (cd. voucher asili nido) riconosciuto alla madre lavoratrice, anche autonoma, in sostituzione (anche parziale) del congedo parentale.

 

Buono asili nido (comma 355)

 

Il comma 355 stabilisce a regime, a decorrere dal 2017, l’erogazione di un buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido. La misura è stata estesa, in sede di esame referente, all’introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche.

Il buono è pari a 1.000 euro su base annua, corrisposti in 11 mensilità – perciò circa 90,9 euro mensili-, effettuata da parte dell’INPS al genitore che ne faccia richiesta presentando documentazione idonea a dimostrare l’iscrizione in strutture pubbliche o private. Oltre all’iscrizione – in base ad una modifica approvata in sede di esame in prima lettura della disposizione–, la documentazione dovrà riguardare anche il pagamento della retta.

Il buono è riferito ai nuovi nati dal 2016 e potrà essere percepito per un massimo di un triennio, visto che si riferisce alla platea dei bambini da 0 a 3 anni.

 

La norma si configura come tetto massimo di spesa per lo Stato, pari a 144 milioni di euro per il 2017, 250 milioni per il 2018 e 300 milioni per il 2019, per poi proseguire a regime con l’autorizzazione di complessivi 330 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

Le modalità di attuazione di questa previsione saranno stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro con delega in materia di politiche per la famiglia, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il decreto dovrà essere emanato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore (a far data, quindi, dal 1° gennaio 2017) della presente legge di bilancio.

L’Istituto nazionale per la previdenza sociale è tenuto a provvedere al monitoraggio dei maggiori oneri derivanti dalla misura mediante invio di relazioni mensili alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Pertanto, se in sede di attuazione della misura, si verifichino o stiano per verificarsi scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa programmato, l'Istituto è tenuto a non prendere in considerazione ulteriori domande finalizzate ad usufruire del beneficio.

Viene peraltro esclusa la cumulabilità del beneficio con un’altra misura agevolativa già prevista dalla normativa vigente, vale a dire la detrazione fiscale per le spese documentate di iscrizione in asili nido sostenute dai genitori.

Si tratta di una detrazione fiscale del 19% sul totale delle spese annue documentate, sostenute fino ad un massimo di 632 euro; pertanto, la detrazione massima è pari a 120 euro per ciascuna dichiarazione dei redditi nel triennio di usufruibilità del beneficio. La detrazione è stata inizialmente disposta dall’art. 1, co. 335 della legge finanziaria 2006, successivamente prorogata con riferimento ai successivi periodi di imposta 2007 e 2008, rispettivamente, dall’art. 1, co. 400 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) e dall’art. 1, co. 201 della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), e da ultimo prorogata per i periodi d’imposta successivi al 2008 dall’art. 2, co. 6, della legge finanziaria 2009 (L. 203/2008).

 

Infine, si dispone che il buono in esame non può essere fruito contestualmente al beneficio di cui ai successivi commi 2 e 3 (v. infra) che contengono misure specificamente dirette al sostegno della genitorialità.

 

Per una ricostruzione delle misure vigenti a sostegno della genitorialità con particolare riferimento all’art. 4, co. 24, della L. 92/2012 si fa rinvio al box successivo.

 

Rifinanziamento voucher asili nido (commi 356 e 357)

 

I commi 356 e 357 dispongono la proroga per il 2017 e 2018 della facoltà riconosciuta alla madre lavoratrice, anche autonoma, di richiedere un contributo economico (cd. voucher asili nido o baby-sitting) in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale.

Più nel dettaglio, il comma 356 dispone la proroga per il 2017 e 2018 delle norme (già stabilite, in via sperimentale, per gli anni 2013-2015 e prorogate, in via sperimentale, per il 2016) relative alla possibilità, per la madre lavoratrice dipendente (pubblica o privata), o iscritta alla gestione separata, di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità, per gli 11 mesi successivi e in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale) un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati). Tale beneficio è riconosciuto nel limite di spesa di 40 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018, ferme restando le relative disposizioni attuative (vedi infra box di approfondimento).

La medesima proroga, per i medesimi anni, è disposta dal comma 357 anche nei confronti delle lavoratrici autonome o imprenditrici, alle quali la suddetta facoltà di richiedere il cd. voucher baby-sitting o l’utilizzo di servizi per l’infanzia è stata riconosciuta, per la prima volta e sperimentalmente per il 2016, dalla legge di Stabilità 2016 (vedi infra box di approfondimento). Tale beneficio è riconosciuto nel limite di spesa di 10 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018, ferme restando le relative disposizioni attuative.

 

L'articolo 4, comma 24, lettera b), della legge 92/2012 ha introdotto in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, la possibilità per la madre lavoratrice di richiedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, da utilizzare negli undici mesi successivi al congedo obbligatorio, per un massimo di sei mesi. La richiesta può essere presentata anche dalla lavoratrice che abbia usufruito in parte del congedo parentale.

I criteri di accesso e le modalità di utilizzo del contributo, per quanto riguarda le madri lavoratrici (pubbliche o private) o iscritte alla gestione separata, sono disciplinati dal D.M. 28 ottobre 2014 il quale riconosce un contributo, pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi (tre mesi se iscritta alla gestione separata e in misura riproporzionata se part-time); il contributo per il servizio di baby-sitting viene erogato attraverso il sistema dei buoni lavoro, mentre nel caso di fruizione della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, il beneficio consiste in un pagamento diretto alla struttura prescelta, fino a concorrenza del predetto importo massimo di 600 euro mensili (dietro esibizione da parte della struttura della richiesta di pagamento corredata della documentazione attestante l'effettiva fruizione del servizio). La fruizione del beneficio comporta una corrispondente riduzione del periodo di congedo parentale.

La legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), al comma 282, ha prorogato per il 2016 le norme sopra illustrate. Anche per il 2016, il contributo è corrisposto nell'ambito di un limite di spesa, pari a 20 milioni di euro. Il comma 283 estende l'applicazione sperimentale di cui al precedente comma 282 alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici, nel limite di spesa di 2 milioni di euro (per l'anno 2016), demandando ad un decreto (di natura non regolamentare) la definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo del beneficio per le nuove categorie interessate (sul punto si veda il D.M. 1° settembre 2016 ).

 


Articolo 1, comma 358
(Pari opportunità)

 

 

Il comma 358 prevede la possibilità di destinare ulteriori risorse per il 2017, nel limite massimo di 20 milioni di euro, al finanziamento delle iniziative per l’attuazione delle politiche delle pari opportunità e non discriminazione, a valere sulle risorse dei pertinenti programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020.

 

Le risorse si aggiungono a quelle già stanziate nella sezione II del bilancio destinate alle medesime iniziative.

 

Si segnala, in proposito, che rispetto agli stanziamenti di competenza a legislazione vigente nel 2017, la sezione II del bilancio opera un rifinanziamento di 39,6 milioni di euro del capitolo 2108, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (tabella 2), relativo alle somme da corrispondere alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le politiche delle pari opportunità (c.d. Fondo pari opportunità). Il predetto capitolo è al contempo definanziato di circa 580 mila euro per il 2018 e di circa 503 mila euro nel 2019.

A seguito dell’esame del disegno di legge di bilancio alla Camera, anche la sezione I del bilancio propone un aumento della dotazione del capitolo di 10 milioni di euro per il 2017 e 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. In particolare, tali effetti sono determinati dal comma 359 della sezione I, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, che aumenta di 5 milioni di euro all’anno nel triennio 2017-2019 la dotazione finanziaria del Fondo per le pari opportunità in favore del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere; nonché dal comma 371, anch’esso introdotto nel corso dell’esame alla Camera, che aumenta di 5 milioni di euro le risorse del Fondo per le misure anti-tratta per l’anno 2017.

Pertanto, nel complesso, le previsioni del bilancio integrato per la promozione e la garanzia delle pari opportunità, dopo l’approvazione della prima nota di variazioni, sono pari a 70,1 milioni di euro per il 2017, 24,7 milioni per il 2018 e di 22,1 milioni di euro per il 2019.

 

 


Articolo 1, comma 359
(Finanziamento Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere

 

 

Il comma 359, inserito nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, aumenta di 5 milioni di euro all’anno nel triennio 2017-2019 la dotazione finanziaria del Fondo per le pari opportunità in favore del Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, per le attività di sostegno e potenziamento dell’assistenza alle donne vittime di violenza e dei loro figli, attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali e dei centri antiviolenza e delle case rifugio.

 

Il comma 359 finanzia con 5 mln di euro all’anno per il triennio 2017-2019 il Fondo per le pari opportunità. Le risorse sono specificamente destinate al Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, per le attività di sostegno e potenziamento dell’assistenza alle donne vittime di violenza e dei loro figli, attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali e dei centri antiviolenza e delle case rifugio. Il Piano straordinario è stato adottato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2015 e registrato dalla Corte dei Conti il 25 agosto 2015.

 

In particolare, il citato Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è stato previsto dall’art. 5 del decreto legge n. 93 del 2013 allo scopo di affrontare in modo organico e in sinergia con i principali attori coinvolti a livello sia centrale che territoriale il fenomeno della violenza contro le donne. Il Piano è elaborato dal Ministro per le pari opportunità, con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, ed adottato dal medesimo Ministro, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Esso è inoltre predisposto in sinergia con la nuova programmazione dell'Unione europea per il periodo 2014-2020.

Le finalità del Piano sono molto ampie e riguardano interventi relativi a una pluralità di ambiti: dall'educazione nelle scuole, alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica, anche attraverso un'adeguata informazione da parte dei media; dal potenziamento dei centri antiviolenza e del sostegno alle vittime al recupero degli autori dei reati; dalla raccolta di dati statistici alla formazione degli operatori di settore. Il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere assicura il coordinamento e il coinvolgimento di tutti i livelli di governo interessati, basandosi sulle buone pratiche già realizzate a livello territoriale, anche grazie alle azioni di associazioni e soggetti privati. Per l’adozione del Piano, il Ministro delegato per le pari opportunità può avvalersi delle risorse del Fondo per le pari opportunità. Il decreto-legge dispone al riguardo un incremento del predetto Fondo per le pari opportunità di 10 milioni di euro, limitatamente all'anno 2013, vincolati al finanziamento del piano contro la violenza di genere (art. 5, comma 4). Per gli anni 2014, 2015, e 2016 ha provveduto la legge di stabilità 2014, aumentando ulteriormente il Fondo di 10 milioni per ciascuno di questi anni, con vincolo di destinazione al piano medesimo (art. 1, comma 217, L. n. 147/2013).

L’art. 5-bis del decreto legge 93/2013 destina, nell’ambito del Piano, un ulteriore, specifico finanziamento, di natura permanente, al potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza: a tal fine il Fondo per le pari opportunità è incrementato di 10 milioni di euro per il 2013, di 7 milioni per il 2014 e di 10 milioni annui a decorrere dal 2015.

Il Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, provvede annualmente a ripartire le risorse tra le regioni, tenendo conto di una serie di criteri indicati dalla legge.

Tutte le risorse confluiscono, dunque, nel Fondo per le pari opportunità e sono appostate - unitamente agli altri eventuali ulteriori interventi a carico del Fondo - nel cap. 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio, dove sono ripartite tra i diversi interventi.

Nel bilancio 2016 della Presidenza del Consiglio - sul cap. 496 (Somme da destinare al piano contro la violenza alle donne) – sono iscritti sia i fondi destinati al Piano straordinario (art. 5, DL 93/2013) che quelli per i centri antiviolenza e le case rifugio (art. 5-bis, DL 93/2013).

Sul citato cap. 496 risultavano iscritte – per il 2016 - risorse per 18 mln di euro, con una riduzione di quasi 900.000 euro rispetto al 2015.

 

Per il 2017, le risorse stanziate dal comma 359 (5 mln di euro) si aggiungono a quelle previste a legislazione vigente che, dal bilancio pluriennale 2016-2018 della Presidenza del Consiglio, risultano pari a circa 9 mln di euro.


Articolo 1, commi 360 e 361
(Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico)

 

 

I commi 360 e 361, introdotti durante l’esame alla Camera, autorizzano che le risorse del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico non utilizzate per il 2016 confluiscano per il 2017 nel Fondo medesimo.

 

Il comma 360 stabilisce che le risorse del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, di cui all’articolo 1, comma 401, della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), non utilizzate per il 2016 confluiscano per il 2017 nel Fondo medesimo.

 

Si ricorda che i commi 401 e 402 della legge di stabilità 2016 hanno istituito il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico con una dotazione di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2016. I criteri e le modalità di accesso al Fondo, istituito per dare attuazione alla legge 134/2015 Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie, sono stati demandati ad un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che avrebbe dovuto essere emanato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle legge di stabilità 2016. Il decreto non risulta finora emanato, pertanto la norma in esame autorizza l’utilizzo delle risorse non impegnate nel 2016 per l’anno 2017. Si ricorda che per l’attuazione della legge 134/2015 non erano stati previsti finanziamenti dedicati. Pertanto, il Fondo istituito dal comma 401 della stabilità 2016 intende garantire l’attuazione delle misure previste dagli articoli 3 e 5 della stessa legge 134/2015, fra le quali si ricordano:

§  la individuazione di centri di riferimento, con compiti di coordinamento dei servizi di assistenza sanitaria alle persone con disturbi dello spettro autistico nell'ambito della rete sanitaria regionale e delle province autonome;

§  misure idonee a garantire percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la presa in carico di minori, adolescenti e adulti con disturbi dello spettro autistico, quali; formazione degli operatori, costituzione di specifiche équipe territoriali dedicate, sostegno alle famiglie, garanzia di strutture semiresidenziali dedicate;

§  sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico;

§  buone pratiche terapeutiche ed educative.

 

Ai fini della compensazione degli effetti finanziari sui saldi derivanti dal comma precedente, il comma 361 dispone che il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali sia ridotto di 5 milioni per il 2017.


Articolo 1, commi 362 e 363
(Ricostruzione privata e pubblica post-sisma)

 

I commi 362 e 363 definiscono lo stanziamento delle risorse per gli interventi di ricostruzione privata e pubblica nei territori colpiti dagli eventi sismici del 24 agosto 2016. Possibilità che le Regioni colpite destinino, nell’ambito dei pertinenti programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020, ulteriori risorse, incluso il cofinanziamento nazionale, per un importo pari a 300 milioni di euro.

 

Il comma 362 stanzia le risorse per gli interventi di riparazione,  ricostruzione e assistenza alla popolazioni colpite dal sisma, facendosi riferimento al sisma del 24 agosto 2016, e per la ripresa economica nei territori interessati.

 

La norma riprende l'originaria formulazione dell'articolo 51 del testo originario (A.C. 4127), non modificato nel corso dell'esame presso la Camera.

 

Al riguardo, deve farsi presente che, relativamente ai territori interessati dagli eventi sismici, l’articolo 1 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, come modificato dal Senato (A.S. 2567, in cui è confluito il contenuto del decreto-legge n. 205, A.S. 2594; si veda, ora, l'A.C. 4158), ha individuato, ora, un ambito di applicazione più ampio per il provvedimento sulla ricostruzione post-sisma rispetto a quello originariamente previsto - e connesso ai soli eventi sismici del 24 agosto 2016 -, essendosi ora ricompresi nel decreto-legge in corso di conversione anche i successivi eventi sismici dell'ottobre 2016.

Relativamente ai territori interessati da tali eventi sismici, si ricorda che l’articolo 1 del decreto-legge in parola, modificato, ha individuato l’ambito di applicazione del provvedimento che include non solo i comuni elencati negli allegati 1 e 2 (quest'ultimo, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, e volto a far confluire nel provvedimento i Comuni colpiti dai successivi sismi) ma anche altri comuni in cui si siano verificati danni causati dal sisma, qualora venga dimostrato il nesso di causalità diretto tra i danni ivi verificatisi e gli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016, comprovato da apposita perizia giurata. Si fa rinvio, nel dettaglio, al dossier relativo all'A.C. 4158, con riferimento alla scheda relativa all'articolo 1.

 

Si segnala che la norma in esame, pur facendo espressamente riferimento agli interventi per la riparazione, la ricostruzione, e l’assistenza alla popolazione nei territori interessati dagli eventi "del 24 agosto 2016", richiama – alle lettere a) e b) – due disposizioni del decreto legge n. 189 del 2016, il cui ambito di applicazione, a seguito dell’esame parlamentare, è stato esteso ad altri territori colpiti dagli eventi sismici successivi verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.

 

 

Il comma 362 in esame a tal fine autorizza la spesa di:

§  100 milioni di euro per l’anno 2017 e 200 milioni di euro annui dall’anno 2018 all’anno 2047, per la concessione del credito d’imposta maturato in relazione all’accesso ai finanziamenti agevolati, di durata venticinquennale, previsti per la ricostruzione privata (lettera a);

 

Si ricorda che l’articolo 5 del predetto decreto-legge n. 189 elenca i criteri che, una volta definiti dal Commissario, dovranno essere applicati al processo di ricostruzione, nonché per il monitoraggio sull’utilizzo delle risorse. Vengono ivi individuate le tipologie di intervento e danno conseguenti agli eventi sismici, che possono beneficiare di contributi fino alla copertura integrale delle spese occorrenti. Si disciplina la concessione e la fruizione dei finanziamenti agevolati, che rappresentano la modalità con cui sono erogati i contributi destinati ad interventi di carattere “non direttamente assistenziale” (cioè destinati alla riparazione/ricostruzione di edifici, al rimborso di danni a beni/prodotti delle attività economiche e alla delocalizzazione di imprese). La norma in questione rinvia, al comma 9, alla legge di bilancio la determinazione dell'importo complessivo degli stanziamenti da autorizzare in relazione alla quantificazione dei danni e delle risorse necessarie.

 

§  200 milioni di euro per l’anno 2017, 300 milioni di euro per l’anno 2018, 350 milioni di euro per l’anno 2019 e 150 milioni di euro per l’anno 2020 per la concessione dei contributi per la ricostruzione pubblica (lettera b).

 

L’articolo 14 del citato decreto-legge - modificato nel corso dell'esame presso il Senato (si fa rinvio al dossier relativo all'A.C. 4158, con riferimento alla relativa scheda di lettura) - disciplina la procedura per la programmazione, la progettazione e la realizzazione degli interventi per la ricostruzione, la riparazione e il ripristino degli edifici pubblici, nonché sui beni del patrimonio culturale (ora, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, compresi gli immobili sottoposti a tutela), demandando a provvedimenti del Commissario straordinario - che provvede anche a mezzo di ordinanze - la disciplina dei finanziamenti. Si prevede che i contributi, nonché le spese per l’assistenza alla popolazione, siano erogati in via diretta; ai fini dell’erogazione in via diretta dei contributi il Commissario straordinario può essere autorizzato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, a stipulare appositi mutui di durata massima venticinquennale, sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, con la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e con i soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria. In tal caso, le rate di ammortamento dei mutui attivati sono pagate agli istituti finanziatori direttamente dallo Stato. Criteri e modalità di erogazione sono definiti da provvedimenti adottati dal Commissario straordinario, d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, e si prevede il monitoraggio sui finanziamenti concessi.

 

Il comma 363 prevede, per le Regioni colpite dal sisma, la facoltà di destinare, nell’ambito dei pertinenti programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020 e per il conseguimento delle finalità dagli stessi previste, ulteriori risorse, incluso il cofinanziamento nazionale, per un importo pari a 300 milioni di euro, anche a valere su quelle aggiuntive destinate dall’Unione europea all’Italia ai sensi dell’articolo 92, paragrafo 3, del Regolamento UE 1303/2013 sui fondi strutturali europei. Si prevede che ciò avvenga in coerenza con la programmazione del Commissario per la ricostruzione.

 

Con il decreto del Presidente della Repubblica 9 settembre 2016, Vasco Errani è stato nominato Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori dei comuni delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dall'evento sismico del 24 agosto 2016 (comunicato pubblicato sulla G.U.). Si segnala che con Delibera del Consiglio dei ministri 27 ottobre 2016 è stata operata l'estensione degli effetti della dichiarazione dello stato di emergenza adottata con delibera del 25 agosto 2016, in conseguenza degli ulteriori eccezionali eventi sismici che il giorno 26 ottobre 2016 hanno colpito il territorio delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.  

L’articolo 2 del citato decreto legge n. 189 elenca le funzioni attribuite al Commissario straordinario volte, tra l’altro, ad operare una ricognizione e determinare, di concerto con le Regioni e con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, secondo criteri omogenei, il quadro complessivo dei danni e stimare il relativo fabbisogno finanziario, definendo altresì la programmazione delle risorse nei limiti di quelle assegnate.

 

L'articolo 92, comma 3 del Regolamento 1303/2013 prevede che gli stanziamenti a titolo dell'obiettivo "investimenti a favore della crescita" siano riesaminati dalla Commissione europea entro il 2016 in sede di adeguamento tecnico per il 2017 condotto sulla base del Regolamento 1311/2013 relativo al Quadro finanziario pluriennale per il 2014-2020. La metodologia di assegnazione degli stanziamenti avverrà secondo le modalità previste dall'Allegato VII del Regolamento 1303/2013 in particolare quelle concernenti le regioni ammissibili all'obiettivo "Investimenti per la crescita", gli Stati membri ammissibili al Fondo di coesione e a copertura della cooperazione territoriale europea, il finanziamento supplementare per le regioni ultraperiferiche. Tali metodologie saranno applicate sulla base dei dati statistici recenti e, per gli stati soggetti a massimale, del raffronto tra i PIL nazionali cumulati per gli anni 2014-2015 e i PIL nazionali cumulati per lo stesso periodo stimato nel 2012. L'effetto netto totale degli adeguamenti, sia positivo, sia negativo, non può superare 4 000 000 000 EUR. A    seguito    dell'adeguamento    tecnico    la  Commissione  adotta  una  decisione,  mediante  atti  di  esecuzione,  volta  a  definire  una  ripartizione  annua  rivista  delle  risorse  globali  per  ogni  singolo  Stato  membro.

 

I fondi strutturali rappresentano il principale strumento finanziario della politica di coesione dell'Unione europea, finalizzata a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale concorrendo così alla realizzazione della Strategia 2020 dell’Unione europea. Alla politica di coesione per il periodo 2014-2020 è destinato un terzo delle risorse previste nel bilancio complessivo dell’Unione europea, pari ad un investimento di 351,8 miliardi di EUR cui si aggiungono i contributi nazionali e gli altri investimenti privati, per un impatto quantificabile in circa 450 miliardi di euro.

Con la riforma intervenuta per il ciclo di programmazione 2014-2020, la politica di coesione si articola:

-      in un Quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali e di investimento, detti Fondi ESI (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo, Fondo di coesione, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) che tradurrà gli obiettivi di Europa 2020 in priorità di investimento;

-      in Accordi di partenariato che, basandosi sul Quadro strategico comune, stabiliscono per ogni Stato Membro le priorità di investimento, l’allocazione delle risorse nazionali e dell’Unione europea tra i settori e i programmi prioritari, e il coordinamento tra i fondi a livello nazionale;

-      in Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR), che traducono i documenti strategici in concrete priorità d’investimento corredate da obiettivi chiari e misurabili.

 

Per quanto concerne l'Italia e il ciclo di programmazione 2014-2020, l'Accordo di Partenariato, in cui si definisce la strategia per un uso ottimale dei Fondi europei, prevede l'investimento di 32,2 miliardi di euro cui si aggiungono 10,4 miliardi di euro per lo sviluppo rurale e 537 milioni di euro per il settore marittimo e della pesca.

Accanto ai fondi comunitari lo Stato dispone per la politica di coesione di un Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) che contribuisce al finanziamento degli interventi con 39 miliardi di euro.

 

 

Con Comunicato del 30 novembre, la Commissione europea ha annunciato, in materia di ricostruzione post-sisma, l'erogazione di una prima tranche di aiuti dell'ammontare di 30 milioni di euro a titolo del Fondo di solidarietà dell'UE, proponendo altresì di finanziare totalmente le operazioni di ricostruzione nell'ambito di programmi dei fondi strutturali.

 


Articolo 1, commi 364-365, 367 e 369
(Fondo per il pubblico impiego)

 

 

Per il pubblico impiego, questa parte del disegno di legge reca un duplice ordine di previsioni.

Un primo ordine di disposizioni concerne l'istituzione di un apposito Fondo per il pubblico impiego. Esso è destinato a finanziare: la contrattazione collettiva entro la pubblica amministrazione; nuove assunzioni presso le amministrazioni dello Stato; l'attribuzione di risorse al personale dei Corpi di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (per quest'ultimo, sono poste inoltre specifiche previsioni).

Un secondo ordine di disposizioni concerne l'istituzione di un Fondo destinato all'incremento dell'organico dell'autonomia (v. infra la scheda riferita all'articolo 1, commi 366 e 373-374).

Per tale duplice finalità, è complessivamente stanziata la somma di 1,92 miliardi di euro per il 2017 e 2,63 miliardi di euro a decorrere dal 2018.

 

Il comma 364 dispone lo stanziamento complessivo, destinato alle finalità sopra indicate.

Si tratta, in puntuale dettaglio, di 1.920,8 milioni di euro per il 2017 e di 2.633 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Sono importi che segnano un incremento rispetto al disegno di legge originario, a seguito di modifica approvata dalla Camera dei deputati in prima lettura.

Quivi è stato infatti approvato, delle risorse del Fondo, un incremento.

Esso è pari a 0,8 milioni per il 2017; 3 milioni dal 2018.

Tale variazione è stata apportata onde prevedere che le assunzioni a tempo indeterminato presso l'Agenzia nazionale per la cooperazione allo sviluppo siano ricomprese tra quelle finanziate dal Fondo per il pubblico impiego qui istituito.

La copertura finanziaria è stata tratta attingendo alle risorse già stanziate per il finanziamento annuale di quella Agenzia (v. infra la scheda riferita all'articolo 1, comma 430).

 

Il comma 365 prevede l'istituzione di un Fondo (presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze, nel quale non sono incluse le risorse destinate all’incremento dell’organico dell’autonomia di cui al comma 366) per finanziare vicende contrattuali e nuove assunzioni presso talune amministrazioni pubbliche.

La dotazione del Fondo è pari a:

1,48 miliardi per il 2017;

1,93 miliardi a decorrere dal 2018.

Il Fondo è ripartito con uno (o più) decreti del Presidente del Consiglio (su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - sentiti il Ministro della difesa ed il Ministro dell'interno, ha aggiunto modifica approvata dalla Camera dei deputati in prima lettura).

Del pari, a seguito di modifica approvata dalla Camera dei deputati è stato introdotto un termine - di novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge - per l'emanazione del (o dei) d.P.C.m. di ripartizione del Fondo.

 

Il Fondo è istituito con una triplice finalità (ai sensi del comma 365, lettere a), b) e c)):

 

§  la determinazione degli "oneri aggiuntivi" (rispetto ai 300 milioni di euro già stanziati dall’ultima legge di stabilità[132]) per la contrattazione collettiva relativa al triennio 2016-2018 nonché per "i miglioramenti economici" del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico.

 

Il 'blocco' della contrattazione collettiva, nonché il 'congelamento' dei trattamenti retributivi), disposti dal decreto-legge n. 78 del 2010 ed in seguito prorogati, sono stati caducati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015, per illegittimità sopravvenuta, con effetto dalla pubblicazione della sentenza (dunque non retroattivo, rimanendo così salvi gli effetti economici fino a quel momento della normativa travolta.

Oggetto della censura della Corte costituzionale è stata non la misura in sé di contenimento della spesa pubblica bensì il suo protrarsi "così prolungato nel tempo da rendere evidente la violazione della libertà sindacale" sancita dall'articolo 39, primo comma della Costituzione.

Secondo la Corte "la contrattazione deve potersi esprimere nella sua pienezza su ogni aspetto riguardante la determinazione delle condizioni di lavoro, che attengono immancabilmente anche alla parte qualificante dei profili economici". Ebbene, "in ragione di una vocazione [per effetto del concatenarsi di proroghe] che mira a rendere strutturale il regime del 'blocco', si fa sempre più evidente che lo stesso si pone di per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall’art. 39, primo comma, Cost.". "Il reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica negoziale in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale", coinvolgente "una complessa trama di valori costituzionali (artt. 2, 3, 36, 39 e 97 Cost.)". Non la sospensione in sé ma il suo tramutarsi in misura strutturale ha segnato lo sconfinamento "in un bilanciamento irragionevole tra libertà sindacale (art. 39, primo comma, Cost.), indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti (artt. 47 e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001), ed esigenze di razionale distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all’interno di una coerente programmazione finanziaria (art. 81, primo comma, Cost.)".

La sentenza della Corte costituzionale ha dato impulso allo 'sblocco' della contrattazione collettiva. La legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha indi previsto per il triennio 2016-2018 che gli oneri a valere sul bilancio statale per la contrattazione collettiva ammontassero a 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016. Così l’articolo 1, comma 466 della citata legge n. 208/2015.

Il 30 novembre 2016 Governo e rappresentanze sindacali hanno siglato un accordo per il rinnovo del contratto di pubblico impiego.

 

La disposizione in esame del disegno di legge fa menzione di "oneri aggiuntivi", appunto rispetto a quelli così quantificati dalla legge di stabilità 2016. In breve, si amplia la capienza delle risorse disponibili per la contrattazione collettiva.

E tali maggiori risorse si prevede (mediante apposita novella alla citata disposizione della legge di stabilità 2016) siano altresì destinate ai miglioramenti economici del personale dipendente delle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico.

 

Com’è noto, la c.d. privatizzazione del pubblico impiego (disposta dal decreto legislativo n. 29 del 1993, indi da quello oggi vigente n. 165 del 2001, secondo cui la disciplina del rapporto di lavoro ed impiego presso le pubbliche amministrazioni è ormai 'attratto' all'ambito privatistico, con un contratto di lavoro disciplinato dalle norme del codice civile) non ha investito alcune categorie di pubblici dipendenti. Sono (ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001): "magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia" nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività in materia di risparmio, funzione creditizia e valutaria, tutela del risparmio, valore immobiliare e tutela della concorrenza e del mercato. Sono inoltre disciplinati dai rispettivi ordinamenti il personale del Corpo dei Vigili del fuoco (con esclusione del personale volontario), il personale della carriera dirigenziale penitenziaria, i professori e i ricercatori universitari (nelle more della specifica disciplina organica ed in conformità ai principi della autonomia universitaria). Queste le amministrazioni statali in regime di diritto pubblico.

 

Fin qui la lettera a).

 

§   definizione” del finanziamento - per il 2017 e dal 2018 - di assunzioni a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato (inclusi i Corpi di polizia, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, anche fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001)[133]. A seguito di modifica approvata dalla Camera dei deputati in prima lettura, sono ricomprese nelle assunzioni qui considerate quelle a tempo indeterminato presso l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (v. infra la scheda riferita all'articolo 1, comma 430).

Per le assunzioni sono tenute in conto le specifiche richieste volte a fronteggiare "indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza in relazione agli effettivi fabbisogni". Le assunzioni sono autorizzate (dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia) entro le vacanze di organico, al netto della copertura di posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di personale appartenente ad altra amministrazione, e nel rispetto delle previsioni poste dal decreto-legge n. 101 del 2013 ("Disposizioni urgenti per il perseguimento degli obiettivi di razionalizzazione nelle amministrazioni pubbliche) all'articolo 4.  

 

Tra le previsioni poste dall'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, può valere ricordare quella secondo cui per tali amministrazioni l'autorizzazione all'avvio di nuove procedure concorsuali è subordinata: all'avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate; all'assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1° gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza; al previo svolgimento di una ricognizione circa situazioni di soprannumero o comunque eccedenze di personale.

 

Fin qui la lettera b).

 

La lettera c) ha invece per oggetto:

§  definizione” dell’incremento - dal 2017 - del finanziamento previsto a legislazione vigente, per dare attuazione alle previsioni della legge-delega n. 124 del 2015 di revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione in carriera del personale delle forze di polizia e di ottimizzazione dell’efficacia delle funzioni  del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nonché della legge n. 244 del 2012 per il riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. Ovvero - alternativamente - finanziamento della proroga (per il solo anno 2017) del contributo straordinario previsto dalla legge n. 208 del 2015 all'articolo 1, comma 972. I destinatari sono le Forze di polizia, il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le Forze armate.

 

Per intendere il contenuto della previsione normativa, si rende necessario sciogliere i riferimenti normativi in essa contenuti. La disposizione prevede infatti che una parte del neo istituito Fondo sia destinata a dare attuazione all'articolo 8, comma 1, lettera a), punti 1) e 4) della legge n. 124 del 2015 nonché all'articolo 1, comma 5 della legge n. 244 del 2012; oppure a finanziare la proroga (per il 2017) del contributo straordinario previsto dall'articolo di cui all'articolo 1, comma 972 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016). Quest'ultima disposizione, cui quella in esame rinvia, prevede che "nelle more dell'attuazione della delega sulla revisione dei ruoli delle Forze di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle Forze armate e per il riconoscimento dell'impegno profuso al fine di fronteggiare le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale, per l'anno 2016 al personale appartenente ai corpi di polizia, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e alle forze armate non destinatario di un trattamento retributivo dirigenziale è riconosciuto un contributo straordinario pari a 960 euro su base annua, da corrispondere in quote di pari importo a partire dalla prima retribuzione utile e in relazione al periodo di servizio prestato nel corso dell'anno 2016. Il contributo non ha natura retributiva, non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta regionale sulle attività produttive e non è assoggettato a contribuzione previdenziale e assistenziale [...]. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa di 510,5 milioni di euro per l'anno 2016".

 

In base alla disposizione in commento, tale contributo straordinario di 960 euro annui per il personale testé richiamato potrà essere dunque prorogato al 2017, in alternativa (la ripartizione dei contributi del Fondo è, come previsto al comma 2, operata con uno o più d.P.C.m.) all’attuazione degli interventi prevista dalla legge di riorganizzazione della p.a. n. 124 del 2015 (delega al Governo per la riorganizzazione degli ordinamenti delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco) e dalla legge n. 244 del 2012 (riordino dei ruoli del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate).

Si ricorda, a tal fine, che il termine per l’attuazione della delega di cui all’articolo 8 della legge n. 124 del 2015, originariamente fissato al 28 agosto 2016, è stato prorogato al 28 febbraio 2017 dall’art. 1 del D.L. n. 67/2016 (conv. L. 131/2016).

 

In particolare, è richiamato, della legge n. 124 del 2015, l'articolo 8, comma 1, lettera a), nei suoi punti 1 e 4.

Tale previsione delega il Governo alla riorganizzazione complessiva degli ordinamenti del personale di tutte le Forze di polizia (ossia Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e Corpo forestale, a ordinamento civile, e Carabinieri e Guardia di finanza, a ordinamento militare), secondo i criteri indicati. Ed è investito anche il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Il punto n. 1 della legge delega – richiamato espressamente dalla norma in commento - indica (quale criterio) la revisione generale della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione di carriera, prevedendo l'eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche di ruoli così come la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente legge, ferme restando le facoltà assunzionali previste alla medesima data, nonché assicurando il mantenimento della sostanziale equiordinazione del personale delle Forze di polizia e dei connessi trattamenti economici, anche in relazione alle occorrenti disposizioni transitorie, fermi restando le peculiarità ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di polizia.

Il punto n. 4, oltre a prevedere che il personale tecnico del Corpo forestale dello Stato svolga altresì le funzioni di ispettore fitosanitario (di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 214 del 2005), pone come criteri il riordino dei corpi di polizia provinciale, in linea con la legge n. 56 del 2014 (escludendo in ogni caso la confluenza nelle Forze di polizia); l'ottimizzazione dell'efficacia delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, mediante modifiche al decreto legislativo n. 139 del 2006 (recante riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della legge n. 229 del 2003), in relazione alle funzioni e ai compiti del personale permanente e volontario del medesimo Corpo (e conseguente revisione del decreto legislativo n. 217 del 2005, recante ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma della legge n. 252 del 2004), anche con soppressione e modifica dei ruoli e delle qualifiche esistenti ed eventuale istituzione di nuovi appositi ruoli e qualifiche, con conseguente rideterminazione delle relative dotazioni organiche e utilizzo (previa verifica da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, di una quota parte dei risparmi di spesa di natura permanente, non superiore al 50 per cento, derivanti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco dall'attuazione della delega).

Si ricorda che della delega di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a) è stata finora data parziale attuazione con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, recante Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 124/2015.

 

Unitamente a queste disposizioni della legge n. 124 del 2015, è richiamata la legge n. 244 del 2012 (di delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale), all'articolo 1, comma 5.

Tale richiamata disposizione - nella parte inserita dalla legge di conversione n. 9 del 2016 del DL 185/2015 recante Misure urgenti per interventi nel territorio -  prevede che una quota parte (non superiore al 50 per cento) dei risparmi di spesa di parte corrente di natura permanente, conseguenti alla revisione dello strumento militare nazionale, sia utilizzata per adottare, entro il 1º luglio 2017, ulteriori disposizioni integrative al fine di assicurare la sostanziale equiordinazione di Forze di polizia e Forze armate quanto a carriere, attribuzioni e trattamenti economici (con esclusione dei dirigenti civili e militari e del personale di leva), secondo quanto previsto dalla legge n. 216 del 1992 (articolo 2, comma 1 ed articolo 3, comma 3) e nel rispetto dei criteri direttivi di cui all'articolo 8, comma 1, lettera a), numero 1), della legge n. 124 del 2014, già sopra ricordato.

 

A seguito di modifica approvata dalla Camera dei deputati in prima lettura, è stata introdotta nella lettera c) di questo medesimo comma 365 dell'articolo 1 del disegno di legge in commento, una nuova previsione, relativa al riordino delle carriere del personale non dirigente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Per tale riordino (nonché per la "valorizzazione delle peculiari condizioni di impiego professione del medesimo personale nelle attività di soccorso pubblico, rese anche in contesti emergenziali"), si viene a prevedere la destinazione di:

§  una quota parte delle risorse disponibili nei fondi incentivanti dello stesso personale (e derivanti dall’ottimizzazione e razionalizzazione si specifici settori di spesa), per un importo massimo di 5,3 milioni di euro;

§  ed una quota parte del Fondo istituito per il finanziamento del servizio anti-incendi negli aeroporti (di cui all’articolo 1, comma 1328, della L. 296/2006), per un importo (in prima applicazione) almeno pari a 10 milioni di euro.

Tali finanziamenti operano (nel contesto dell’istituendo Fondo per il pubblico impiego) ai fini dell’ottimizzazione dell’efficacia delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (di cui al medesimo comma 365, lettera c), entro cui è collocata questa previsione, introdotta dalla Camera dei deputati).

 

Il comma 367 demanda al decreto del Presidente del Consiglio sopra richiamato (comma 2) l'aggiornamento dei criteri di determinazione degli oneri per la contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2016-2018 del personale dipendente da amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’amministrazione statale da porre a carico dei rispettivi bilanci - criteri già posti dal d.P.C.m.18 aprile 2016.

 

Il d.P.C.m. 18 aprile 2016 era tenuto (ai sensi dall'articolo 1, comma 469 della legge n. 208 del 2015) a muovere in coerenza con quanto stabilito, per il personale delle amministrazione dello Stato, dal comma 466 della medesima legge, che ha previsto, per il triennio 2016-2018, un onere a carico del bilancio statale pari a 300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016, a fronte di un 'monte salari' al netto dell’indennità di vacanza contrattuale nelle misure vigenti a decorrere dal 2010 (nell'importo a regime dal 1° luglio 2010) di circa 75 miliardi di euro complessivi, per tutto il personale delle amministrazioni interessate).

Pertanto il d.P.C.m. 18 aprile 2016 ha determinato gli oneri, a decorrere dal 2016, per l’intero triennio 2016-2018, per ciascuna delle amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici interessati, nella misura dello 0,4 per cento del 'monte salari' utile ai fini contrattuali e costituito dalle voci retributive a titolo di trattamento economico principale e accessorio rilevate dai più recenti dati inviati in sede di conto annuale al ministero dell’economia e delle finanze, al netto della spesa per l’indennità di vacanza contrattuale nei valori vigenti a decorrere dall’anno 2010. Gli importi come sopra quantificati maggiorati degli oneri contributivi ai fini previdenziali e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), si aggiungono, a decorrere dall’anno 2016, a quelli già determinati per il pagamento della predetta indennità di vacanza contrattuale.

Per il personale 'non contrattualizzato' ossia in regime di diritto pubblico, resta fermo (mediante rinvio all'articolo 24, commi 1 e 4 della legge n. 448 del 1998) che gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, e che siffatta previsione si applica anche al personale di magistratura ed agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell'adeguamento triennale, tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello accessorio e variabile, delle altre categorie del pubblico impiego.

 

Il comma 369 infine novella la disposizione vigente della legge di stabilità 2016 (il citato articolo 1, comma 466 della legge n. 208 del 2015) relativa al finanziamento della contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2016-2018 a carico del bilancio dello Stato.

La novella è duplice.

Inserisce tra gli oneri oggetto della copertura finanziaria "i miglioramenti economici del personale dipendente delle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico".

Sopprime la quantificazione (entro i 300 milioni previsti da quell'altra disposizione) circoscritta a 74 milioni di euro per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia e 7 milioni di euro per il restante personale statale in regime di diritto pubblico.

 


Articolo 1, commi 366 e 373-374
(Incremento dell’organico dell’autonomia)

 

 

I commi 366 e 373-374 istituiscono nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca un nuovo Fondo destinato all’incremento dell’organico (docente) dell’autonomia.

 

In particolare, le risorse allocate nel nuovo Fondo, pari a € 140 mln per il 2017 e a € 400 mln dal 2018, incrementano il limite di spesa fissato dall’art. 1, co. 201, della L. 107/2015.

In base all’art. 1, co. 201, della L. 107/2015, a decorrere dall'a.s. 2015/2016, la dotazione organica complessiva di personale docente delle istituzioni scolastiche statali è incrementata nel limite di € 544,18 mln nel 2015, € 1.828,13 mln nel 2016, € 1.839,22 mln nel 2017, € 1.878,56 mln nel 2018, € 1.915,91 mln nel 2019, € 1.971,34 mln nel 2020, € 2.012,32 mln nel 2021, € 2.053,60 mln nel 2022, € 2.095,20 mln nel 2023, € 2.134,04 mln nel 2024 e € 2.169,63 mln annui a decorrere dal 2025.

Il Fondo è ripartito con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

L’incremento dell’organico dell’autonomia avviene in misura corrispondente ad una quota di posti derivanti dall’accorpamento degli spezzoni di orario aggregabili, fino a formare una cattedra o un posto interi, anche fra più scuole. Tale quota è sottratta, in misura numericamente pari, dall’ulteriore contingente di posti non facenti parte dell’organico dell’autonomia (né disponibili – a legislazione vigente, per il personale a tempo indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in ruolo) costituita annualmente per far fronte ad esigenze di personale ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia (c.d. “organico di fatto”: art. 1, co. 69, L. 107/2015).

La relazione tecnica all’A.C. 4127 specificava, al riguardo, che il decreto interministeriale, tenuto conto della spesa annuale di personale, delle progressioni economiche di carriera, nonché degli arretrati e delle ricostruzioni di carriera in favore del medesimo personale immesso in ruolo, individuerà il numero di posti di organico di fatto che confluiranno nell’organico dell’autonomia e la distribuzione dei neoassunti tra ciascun grado di istruzione.

 

In base all’art. 1, co. 63 e 64, della L. 107/2015, l’organico dell’autonomia è costituito dai posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa[134] ed è determinato su base regionale, a decorrere dall'a.s. 2016/2017 e con cadenza triennale, con decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentita la Conferenza unificata.

A sua volta, l’art. 1, co. 69, della stessa L. 107/2015, ha disposto che, per far fronte ad esigenze di personale ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia, nel caso di rilevazione delle inderogabili necessità (legate all'aumento effettivo del numero degli alunni rispetto alle previsioni) previste dal D.P.R. n. 81/2009, a decorrere dall'a.s. 2016/2017, ad esclusione dei posti di sostegno in deroga, è costituito annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un ulteriore contingente di posti non facenti parte dell’organico dell’autonomia (né disponibili, per il personale a tempo indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in ruolo). Alla copertura di tali posti – nei limiti delle risorse annualmente disponibili nello stato di previsione del MIUR e fermi restando gli obiettivi di conseguimento di economie previsti dall’art. 64, co. 6, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) - si provvede a valere sulle graduatorie di personale aspirante alla stipula di contratti a tempo determinato o mediante l’impiego di personale a tempo indeterminato con provvedimenti aventi efficacia limitatamente ad un solo anno scolastico.

 

Con nota 29 aprile 2016, AOODGPER 11729, il MIUR ha trasmesso ai Direttori generali degli Uffici scolastici regionali lo schema di decreto, da inviare per il prescritto concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, recante disposizioni, per il triennio 2016/2019, in ordine alle dotazioni di organico del personale docente, alla relativa quantificazione a livello nazionale e regionale, ai criteri di ripartizione da adottare con riferimento alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche.

In base alle tabelle allegate allo schema, delle 746.418 cattedre previste per il prossimo triennio, 601.126 sono posti comuni, 96.480 sono posti per il sostegno e 48.812 sono posti per il potenziamento.

Relativamente ai posti comuni in relazione agli ordini e gradi di scuola, per la scuola dell’infanzia sono previsti 81.771 posti, per la scuola primaria 196.707 posti, per la scuola secondaria di primo grado 131.033 posti, per la scuola secondaria di secondo grado 191.615 posti.

Per quanto riguarda il sostegno, 90.034 sono posti comuni, 6.446 sono posti di potenziamento.

I numeri indicati sono stati confermati nel D.I. 625 del 5 agosto 2016.

L’organico di fatto per l’a.s. 2016/2017 è stato, invece, definito con il D.I. 581/2016 in misura pari a 30.626 posti.

Restano ferme le previsioni in materia di formazione e costituzione delle classi e di utilizzazione del personale previste dal D.P.R. 81/2009 e quelle relative alle classi di concorso previste dal D.P.R. 19/2016, in virtù della necessità di mantenimento delle economie di spesa richieste dall’art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008).

 


Articolo 1, comma 368
(Proroga di graduatorie concorsuali nella P.A.)

 

 

Il comma 368, introdotto alla Camera, proroga fino al 31 dicembre 2017 l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato.

 

Il comma 368, introdotto alla Camera, modifica l’articolo 4, comma 4, del decreto-legge n.101/2013, prorogando fino al 31 dicembre 2017 l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge[135], relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, nonché delle graduatorie vigenti del personale dei Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

 

L’articolo 4, comma 4, decreto-legge n.101/2013 ha prorogato al 31 dicembre 2016 l’efficacia delle graduatorie concorsuali relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni  vigenti alla data della sua entrata, con esclusione delle graduatorie già prorogate di ulteriori 5 anni oltre la loro vigenza ordinaria[136].

L’articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n.112/2008, ha stabilito che per gli anni 2010 e 2011 i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del venti per cento per il triennio 2012-2014, del cinquanta per cento nell'anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall'anno 2016[137].


Articolo 1, comma 370
(Casse di previdenza dei liberi professionisti)

 

 

Il comma 370, introdotto alla Camera, fissa la quota che le casse di previdenza dei liberi professionisti riversano a favore dell'entrata del bilancio dello Stato qualora non abbiano assolto, negli anni 2011-2014, a determinati vincoli in materia di contenimento della spesa per il personale.

 

Le casse di previdenza dei liberi professionisti che non hanno rispettato,  per gli anni 2011-2014, quanto disposto dall’articolo 9, comma 1, del D.L. 78/2010 in materia di contenimento della spesa di personale[138], riversano a favore dell'entrata del bilancio dello Stato (entro il 30 giugno di ciascun anno) una quota pari al 16 per cento della spesa sostenuta per consumi intermedi nell'anno 2010[139], assolvendo così agli obblighi ivi previsti.

 

L’articolo 1, comma 417, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), come modificato dall’art. 50, c. 5, del D.L. 66/2014, dispone che, a decorrere dal 2014, gli enti previdenziali di diritto privato che gestiscono forme obbligatorie di previdenza possono assolvere agli obblighi di contenimento della spesa a cui sono soggetti sulla base della normativa vigente, effettuando, in via sostitutiva, un riversamento in favore dell’entrata del bilancio dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, pari al 15% della spesa sostenuta per i consumi intermedi nell’anno 2010, come alternativa a tutti gli obblighi discendenti dalle norme vigenti in materia di contenimento della spesa pubblica, che riguardino, in generale, le amministrazioni comprese nell'elenco redatto annualmente dall'ISTAT ai fini dell'elaborazione del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni  (elenco nel quale sono inseriti gli enti previdenziali privati), ferme restando le disposizioni vigenti che recano vincoli in materia di spese di personale.


Articolo 1, comma 371
(Fondo per le misure anti-tratta)

 

Il comma 371, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, aumenta di 5 milioni di euro le risorse del Fondo per le misure anti-tratta per l’anno 2017.

 

Tale Fondo, istituito dall'art. 12 della legge n. 228 del 2003[140] presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, è finalizzato all’indennizzo delle vittime della tratta di esseri umani.

 

Il Fondo è attualmente alimentato:

 

§  con le somme stanziate dall'articolo 18 del TU immigrazione (le risorse per i programmi di assistenza connessi alla concessione dei permessi di protezione sociale);

§  con i proventi della confisca penale ordinata a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per uno dei delitti previsti dagli articoli:

o    416, sesto comma (associazione a delinquere finalizzata alla commissione di violenza sessuale ed altri reati di natura sessuale);

o    600 (riduzione in schiavitù);

o    601 (tratta);

o    602 (acquisto e alienazione di schiavi) del codice penale;

§  con i proventi della confisca ordinata, per gli stessi delitti, ai sensi dell'articolo 12-sexies del D.L. n. 306 del 1992 (proventi di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica).

 

La legge n. 228 determina in 1.500 euro la misura dell'indennizzo per ogni vittima, sia pur nei limiti della disponibilità complessiva del Fondo. Per quanto concerne la procedura per l'accesso al Fondo la disposizione prevede che la domanda di indennizzo debba essere inoltrata alla Presidenza del Consiglio entro un anno dal passaggio in giudicato sulla sentenza di condanna ovvero – se l'autore del reato è ignoto – dal deposito dell'archiviazione emessa, la vittima deve dimostrare di non essere stata già risarcita nonostante l'esperimento delle azioni civile ed esecutiva. Trascorsi comunque 60 giorni dalla presentazione della domanda, la vittima può comunque chiedere l'indennizzo al Fondo. Condizione ostativa del diritto all'indennizzo è il fatto che la vittima richiedente il risarcimento sia indagata o condannata con sentenza definitiva per uno dei gravi reati di cui all'art. 407, comma, 2, lett. a) c.p.p..


Articolo 1, comma 372
(Assunzioni presso il Ministero della giustizia)

 

 

Il comma 372, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, autorizza il Ministero della giustizia ad assumere, nel triennio 2017-2019, fino a 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, con contratto a tempo indeterminato. Per queste assunzioni non sono stanziate nuove risorse: si dovrà procedere nei limiti delle dotazioni organiche attuali e delle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

La disposizione prevede:

§  che il personale sia inquadrato nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria e possa essere selezionato sia bandendo nuovi concorsi che attingendo a graduatorie ancora valide;

§  che alle assunzioni si provveda nelle more dell’espletamento delle procedure di mobilità del personale proveniente dalle province disciplinate dalla legge di stabilità 2015.

 

Con la legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014, art. 1, commi da 421 a 428), che ha disposto la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane, è stato disciplinato un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni. In particolare, la legge di stabilità (comma 425) ha previsto il ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, dando priorità alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari.

A questa generica affermazione di priorità per il ricollocamento presso gli uffici giudiziari ha fatto seguito l'articolo 21 del decreto-legge n. 83 del 215 che ha previsto l'ingresso nel ruolo dell'amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale proveniente da province e aree metropolitane. La Legge europea 2015-2016 (legge n. 122 del 2016, art. 16) ha leggermente corretto al ribasso questo numero portando le unità a 1.943.

La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, art. 1, comma 771) ha inoltre previsto l'acquisizione all'amministrazione della giustizia, limitatamente al biennio 2016-2017, di 1.000 unità di personale proveniente dagli enti di area vasta, effettuata mediante procedure di mobilità volontaria semplificata e senza bisogno dell'assenso dell'ente di provenienza.

Su questo quadro normativo, che prevedeva il passaggio al Ministero della giustizia, con procedure di mobilità dalle province e dalle aree metropolitane, di circa 3.000 unità di personale amministrativo, si è inserito il decreto-legge n. 117 del 2016 che ha consentito di destinare le risorse stanziate per questa mobilità ad assunzioni a tempo indeterminato attraverso nuovi concorsi banditi dal ministero.

 

Si ricorda che la facoltà di assumere prevista dal disegno di legge di bilancio si aggiunge alle assunzioni straordinarie già previste da ultimo dalla legge di conversione del decreto-legge n. 117 del 2016 (per il triennio 2016-2018, 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, a tempo indeterminato).

 

In sede di conversione del decreto-legge n. 117 del 2016 il Parlamento ha autorizzato il Ministero della giustizia, per il triennio 2016-2018, a procedere ad assunzioni straordinarie di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale, a tempo indeterminato.

Il personale sarà inquadrato nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria e potrà essere selezionato sia bandendo nuovi concorsi che attingendo a graduatorie ancora valide. L'aumento del personale è destinato a supportare i processi di digitalizzazione degli uffici e a completare il processo di trasferimento allo Stato - avviato il 1° settembre 2015 - dell'obbligo di corrispondere le  spese per gli uffici giudiziari precedentemente a carico dei Comuni.

Spetterà ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la PA, definire le graduatorie dalle quali attingere, nonché i concorsi da bandire, dopo aver valutato i fabbisogni di professionalità del ministero.

Lo stesso provvedimento consente inoltre al Ministero della giustizia di assumere a tempo indeterminato ulteriore personale amministrativo non dirigenziale, attraverso procedure concorsuali, attingendo alle risorse che residuano dall'espletamento delle procedure di mobilità del personale proveniente dalle province (v. sopra).

In sostanza, ipotizzando che i posti individuati dalle leggi di stabilità 2015 e 2016 (che il decreto legge corregge al ribasso: da 1.943 a 1.268 per la legge di stabilità 2015) non vengano integralmente coperti attraverso la mobilità, il provvedimento autorizza comunque il Ministero ad assumere personale fino a coprire quel contingente, attingendo alle risorse residue. Si potrà procedere alle assunzioni trascorsi 30 giorni dalla comunicazione della conclusione delle suddette procedure di mobilità (all'esito della quale sarà chiarito quanti posti sono rimasti scoperti e dunque quante risorse residuino).

Il carattere straordinario del reclutamento è confermato dalla disposizione che specifica come allo stesso si proceda in deroga alla normativa vigente; le procedure straordinarie avranno inoltre priorità su ogni altra procedura di trasferimento all'interno del Ministero della giustizia.

Per quanto riguarda l'inquadramento del personale, il decreto-legge consente, limitatamente alle procedure già in atto, di riqualificazione del personale del Ministero e di mobilità, l'inquadramento in soprannumero nei singoli profili, ma nel rispetto della dotazione organica complessiva, fino al completo riassorbimento e alla revisione della pianta organica.

Con D.M. giustizia, prima di procedere con le assunzioni straordinarie, si provvede alla rimodulazione dei profili professionali del ruolo dell'amministrazione giudiziaria e alla revisione della relativa pianta organica, sempre nel rispetto del limite della dotazione organica complessiva attuale e del conseguente limite di spesa.

Il decreto-legge n. 117 del 2016 stanzia 350.000 euro per il 2016 per lo svolgimento delle procedure concorsuali.


Articolo 1, commi 375-376
(Contratti di lavoro a tempo determinato per il personale scolastico)

 

 

I commi 375-376 – introdotti dalla Camera – forniscono un’interpretazione autentica delle disposizioni vigenti sul limite temporale relativo ai contratti a tempo determinato, su posti vacanti e disponibili, per il personale scolastico e incrementano il connesso fondo per il risarcimento.

 

In particolare, fornendo un’interpretazione autentica dell’art. 1, comma. 131, della L. 107/2015, si stabilisce che i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo e ATA presso le istituzioni scolastiche ed educative statali per la copertura di posti vacanti e disponibili, di cui tener conto per il computo di una durata complessiva non superiore a 36 mesi (anche non continuativi), sono quelli sottoscritti dal 1° settembre 2016.

Si rifinanzia, inoltre, – senza operare in forma di novella – il Fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi (anche non continuativi) su posti vacanti e disponibili, di cui al comma 132 del citato art. 1 della L. 107/2015, per un importo pari a € 2 mln annui per il triennio 2017-2019.

 

Preliminarmente, si ricorda che, in base all’art. 4, commi. 1 e 11, della L. 124/1999, per la copertura dei posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, si ricorre alle supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo.

In materia, si ricorda che, ai sensi dell’art. 5, comma. 4-bis, del D.lgs. 368/2001 – attuativo della direttiva 1999/70/CE –, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. Da tale previsione, però, l’art. 10, comma 4-bis, del D.lgs. 368/2001 – inserito dall'art. 9, comma 18, del D.L. 70/2011 (L. 106/2011) – ha escluso il personale docente e ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo.

 

Con sentenza del 26 novembre 2014, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha sancito l’illegittimità di una normativa nazionale che non prevedeva alcuna misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato e, al contempo, escludeva il risarcimento del danno subito a causa del medesimo ricorso abusivo nel settore dell’insegnamento, non consentendo neanche la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato.

 

Successivamente, quindi, l’art. 1, comma 131 della L. 107/2015 ha disposto che, a decorrere dal 1° settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, ATA presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili (supplenze annuali), non possono superare la durata complessiva di 36 mesi, anche non continuativi.

Il comma 132 del medesimo art. 1 ha istituito nello stato di previsione del MIUR il Fondo citato, con una dotazione di € 10 mln per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

 

Con sentenza della Corte costituzionale 15 giugno 2016, n. 187 – intervenuta dopo l’approvazione della L. 107/2015 – il prima citato art. 4, comma 1 e 11, della L. 124/1999 è stato dichiarato illegittimo, nella parte in cui autorizzava, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di personale, senza che ragioni obiettive lo giustificassero, perché in contrasto con il parametro costituzionale, come integrato dalla clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, secondo l’interpretazione data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la già citata sentenza del 26 novembre 2014.

 

A sua volta, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 22552 del 7 novembre 2016 – premesso che deve ritenersi giustificato il rinnovo dei contratti a termine, entro un termine massimo di tre anni, per la copertura di posti vacanti in organico di diritto, e che, invece, costituisce abusiva reiterazione il superamento del suddetto limite – ha analizzato le misure risarcitorie idonee a reprimere l’abuso, evidenziando innanzitutto che, se la L. 107/2015 ha senz’altro cancellato l’illecito comunitario (perché, per il futuro, ha previsto misure idonee a evitare la irragionevole reiterazione senza limiti delle supplenze nella scuola), non ha eliminato, “per il solo fatto di aver previsto procedimenti di stabilizzazione”, i pregressi illeciti costituiti dalla reiterazione di contratti a termine, in quanto solo la concreta utilizzazione di tali procedimenti da parte del docente è idonea ad evitare l’abuso e a costituire una misura risarcitoria. Al di fuori di tali casi specifici, dunque, il docente ha diritto al risarcimento del danno.

Peraltro, ha sottolineato come l’accertamento della abusività nell’utilizzo dei contratti a termine, e delle conseguenze risarcitorie, non può tener conto della reiterazione dei contratti a termine eventualmente realizzatasi prima del 10 luglio 2001, termine ultimo previsto per l’adozione, da parte degli Stati membri, delle misure necessarie a dare attuazione alla Direttiva 1999/70/CE[141].

 

La Corte di giustizia dell’Unione europea – adita dalla Corte costituzionale e dal Tribunale di Napoli in merito alla conformità della normativa italiana all’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (Accordo quadro CES, UNICE e CEEP[142] del 18 marzo 1999) – con sentenza del 26 novembre 2014 (cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13), si è pronunciata sull’applicazione al personale scolastico della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa al medesimo Accordo quadro.

I procedimenti principali delle cause riguardavano diversi lavoratori assunti in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato, stipulati in successione e protrattisi per periodi di tempo molto estesi.

Nella sentenza, la Corte ha evidenziato che il citato Accordo quadro – che si applica a tutti i lavoratori, senza che si debba distinguere in base alla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro o al settore di attività interessato – impone agli Stati membri, al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l’adozione di almeno una delle misure elencate alle lettere da a) a c), concernenti, rispettivamente, ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti, durata massima totale dei contratti, numero dei loro rinnovi (aspetti questi ultimi non disciplinati dalla normativa italiana)[143].

Ciò premesso, la Corte ha evidenziato che la normativa italiana violava, nella sua applicazione concreta, la clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro, in quanto conduceva, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato: infatti, tali contratti erano utilizzati per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali a causa della mancanza strutturale di posti di personale di ruolo. Ha ricordato, infatti, che il termine di immissione in ruolo dei docenti nell’ambito di tale sistema era variabile e incerto (non era previsto alcun termine preciso per l’organizzazione delle procedure concorsuali; l’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento dei docenti in graduatoria dipendeva da circostanze aleatorie e imprevedibili, come la durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato, o il numero di posti nel frattempo divenuti vacanti).

La Corte, dunque, è giunta alla conclusione che l’Accordo quadro non ammetteva una normativa, quale quella nazionale, che, fatte salve le verifiche da parte dei giudici del rinvio, non prevedeva alcuna misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato e, al contempo, escludeva il risarcimento del danno subito a causa del medesimo ricorso abusivo nel settore dell’insegnamento, non consentendo neanche la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato.

 


Articolo 1, comma 377
(Proroga dell’impiego del personale militare appartenente alle Forze armate)

 

 

Il comma 377 proroga fino al 31 dicembre 2017 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del piano di impiego, concernente l’utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

 

Scopo della disposizione è quello di garantire la prosecuzione degli interventi delle forze armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009)  anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo, nonché alle ulteriori esigenze connesse allo svolgimento del prossimo  G7 e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

 

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività, il comma in esame rinvia alle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008 in base alle quali:

1.   il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2.   il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell’interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3.   nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza.

In relazione al richiamato piano di impiego si ricorda che il decreto legge n. 92/2008 ha autorizzato il ricorso alle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio. In particolare, è stato previsto che, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, al fine di assicurare un maggior controllo del territorio in talune zone del Paese, è consentito impiegare personale militare delle forze armate utilizzando preferibilmente i Carabinieri impegnati in compiti militari o, comunque, volontari specificamente addestrati per i compiti da svolgere. Il Piano per l'impiego delle Forze armate nel controllo del territorio è stato adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l’impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle forze armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio.

Il piano è stato successivamente prorogato:

1.   fino al 31 dicembre 2014 dal comma 264 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013;

2.   fino al 31 marzo 2015 dal comma 4 dell’articolo 5 del decreto legge n. 192 del 2014 (c.d. “mille proroghe”);

3.   fino al 30 giugno 2015 dall’articolo 5 del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7,

4.   fino al 31 dicembre 2015 dall’articolo 5-bis del decreto legge n. 78 del 2015 (c.d. “enti territoriali”);

5.   fino al 31 dicembre 2016  dall’ articolo 1, commi 251 e 252 della legge 208 del 2015  (legge di stabilità 2016).

 

Per quanto concerne la quantificazione degli oneri relativi all’impiego del richiamato contingente il comma in esame  autorizza la spesa di 123 milioni di euro per l’anno 2017 con specifica destinazione di euro :

§  120.536.797 per il personale delle forze armate utilizzato nel piano di impiego operativo (comma 74 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009);

§  2.463.203 per il personale delle forze di polizia che concorrono, unitamente alle Forze armate, nel controllo del territorio (comma 75 dell’articolo 24 del decreto legge n. 78 del 2009).

 

In relazione alla richiamata autorizzazione di spesa la relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che “per la quantificazione degli oneri sono stati utilizzati i criteri presi a base di riferimento per le precedenti disposizioni di proroga dei suddetti interventi. In particolare, per il personale militare è prevista l'attribuzione di una indennità onnicomprensiva commisurata all'indennità di ordine pubblico prevista per il personale delle Forze di Polizia, nell'importo pari, rispettivamente, a 26 euro per i militari impiegati fuori dalla sede di servizio e 13 euro per i militari impiegati nella sede di servizio. Inoltre, per tutti i militari è previsto un limite individuale medio mensile di 14,5 ore di compenso per lavoro straordinario effettivamente reso, eccedenti i vigenti limiti individuali massimi stabiliti per le esigenze dell'Amministrazione di appartenenza utilizzando un costo medio orario di 12 euro in considerazione della categoria di personale impiegato. A tali oneri si aggiungono, quali spese di funzionamento, spese per viveri, per alloggio dei militari impiegati fuori sede, per servizi generali, per equipaggiamento/vestiario, per l'impiego di automezzi nonché, per il personale che viene inviato fuori dalla sede di servizio, spese una tantum per la corresponsione dell'indennità di marcia/indennità di missione durante i trasferimenti”.

Per quanto riguarda i costi del personale delle Forze di Polizia impiegato congiuntamente con quello militare nei servizi di vigilanza la relazione illustrativa precisa che “gli stessi derivano unicamente dal pagamento dell'indennità onnicomprensiva ove non sia riconosciuta l'indennità di ordine pubblico, ai sensi del citato articolo 24, comma 75, del D.L. 78/2009”.


Articolo 1, comma 378
(Fondo volo)

 

 

L'articolo 1, comma 378 prevede la soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2017, dell'incremento dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco.

 

 

La disposizione, al fine di sostenere le prospettive di crescita del settore aereo e di ridurre gli oneri a carico dei passeggeri, sopprime, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’addizionale comunale sui diritti di imbarco. Tale addizionale era stata prevista dall'articolo 13, comma 23, del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014. Le relative risorse erano destinate al cosiddetto Fondo volo.

 

Si ricorda che, a partire dal 1965, è stato istituito presso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) il Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente dalle aziende di navigazione aerea (cosiddetto Fondo volo).

È iscritto al Fondo:

§  il personale addetto al comando, alla guida e al pilotaggio di aeromobili (comandanti e piloti);

§  il personale addetto al controllo degli apparati e degli impianti di bordo (tecnici di volo);

§  il personale addetto ai servizi complementari di bordo (assistenti di volo).

 

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovrà provvedere a compensare la riduzione di entrate che deriveranno all’INPS dalla predetta soppressione. A tal fine il comma in questione prevede l’iscrizione, nello stato di previsione del Ministero stesso, di risorse pari a 184 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2017 al 2018.

 

 

 

 

 


Articolo 1, commi 379-380
(Disposizioni per il decoro degli edifici scolastici e per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi)

 

 

I commi 379-380 stanziano ulteriori € 128 mln per il 2107 per la prosecuzione del piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici (c.d. programma #scuole belle) e intervengono con un’ulteriore proroga in materia di svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi edifici.

Programma Scuole belle

Per la prosecuzione, fino al 31 agosto 2017, del piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici (c.d. programma #scuole belle), sia nei territori in cui è stata attivata, o è scaduta, la Convenzione-quadro CONSIP per l’affidamento dei servizi di pulizia e altri servizi ausiliari, sia in quelli in cui la stessa Convenzione non è ancora stata attivata, sono stanziati ulteriori € 128 mln per il 2017.

A legislazione vigente, il programma indicato si è concluso il 30 novembre 2016, con le risorse stanziate, fino a tale data, dall’art. 1, co. 1, del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), che ora viene novellato.

In considerazione del fatto che le risorse stanziate a legislazione vigente – sulla base dell’accordo sottoscritto l’8 marzo 2016 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – sono state riferite al periodo fino al 30 novembre 2016, e che la disposizione in esame, mentre proroga il programma dal 1° dicembre 2016 al 31 agosto 2017, reca una nuova autorizzazione di spesa che entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2017, occorrerebbe chiarire se e come lo stesso programma potrà proseguire nel mese di dicembre 2016.

Il programma “Scuole belle” è stato elaborato a seguito dell’accordo sottoscritto il 28 marzo 2014 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tale accordo prevedeva, al fine di avviare a definitiva soluzione la problematica occupazionale conseguente alle riduzioni degli affidamenti derivanti dalle espletate gare CONSIP e riguardante i lavoratori ex LSU e quelli appartenenti alle ditte dei c.d. “appalti storici”[144], che il MIUR – nell’ambito del più ampio programma per l’edilizia scolastica facente capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – avrebbe utilizzato risorse complessive pari a € 450 mln, a decorrere dall’1.7.2014 e fino al 30.3.2016, da impiegare per lo svolgimento, da parte del personale adibito alla pulizia nelle scuole, di ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici.

L’accordo prevedeva, inoltre, che il MIUR avrebbe individuato gli istituti scolastici capofila per l’acquisto dei nuovi servizi e che l’importo complessivo degli ordini integrativi di fornitura sarebbe stato pari a € 150 mln per il 2014 e a € 300 mln per il 2015 e i primi 3 mesi del 2016.

Il D.L. 58/2014 (L. 87/2014) ha, poi, introdotto una disciplina normativa specifica per la realizzazione degli interventi in questione.

In particolare, l’art. 2, co. 2-bis, come modificato dall’art. 1, co. 353, lett. c), della L. 190/2014, ha disposto che, nei territori ove non è stata ancora attivata la convenzione-quadro Consip, le istituzioni scolastiche ed educative statali effettuano gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici acquistando il relativo servizio dai medesimi raggruppamenti e imprese che assicuravano i servizi di pulizia ed altri ausiliari alla data del 30 aprile 2014, alle condizioni tecniche previste dalla convenzione Consip ed alle condizioni economiche pari all'importo del prezzo medio di aggiudicazione per ciascuna area omogenea nelle regioni in cui era attiva la convenzione.

Il co. 2-bis.1, inserito dall’art. 1, co. 353, lett. d), della L. 190/2014 e modificato, da ultimo, con l’art. 1, co. 2, lett. b), del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), ha disposto che nei territori ove è già stata attivata la convenzione-quadro Consip, ovvero la stessa è scaduta, le istituzioni scolastiche ed educative statali effettuano gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici mediante ricorso alla stessa convenzione.

Per quanto concerne il finanziamento del programma, si ricorda che, le risorse previste per coprire le esigenze del periodo dall’1.7.2014 al 30.11.2016 sono state stanziate, negli importi annuali pari a € 150 mln per il 2014, € 240 mln per il 2015 ed € 124 mln fino al 31.11.2016, come di seguito illustrato:

§  con la delibera CIPE 21 del 30 giugno 2014 erano stati previsti 110 mln per il 2014, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2007-2013. La delibera medesima considerava, tuttavia, che, per la citata assegnazione di € 110 mln, apposita norma di legge avrebbe potuto individuare una copertura finanziaria alternativa.
Nella successiva seduta del 1° agosto 2014, il CIPE prendeva atto che per il finanziamento di € 110 mln era stata individuata una nuova copertura finanziaria, alternativa rispetto all’assegnazione a carico del FSC, e che pertanto, la relativa delibera non avrebbe avuto corso.

Tale copertura è stata operata dal MIUR, mediante il D.M. 559 del 15 luglio 2014, che ha destinato alle finalità del piano in questione l’importo di € 110 mln a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, dettando altresì i criteri per il riparto di tale somma a livello provinciale;

§  ulteriori 40 mln per il 2014 sono stati assegnati dal CIPE a carico del Fondo sviluppo e coesione 2007-2013, con la delibera 22 del 30 giugno 2014, punto 4, a valere sugli importi residui di una precedente assegnazione a favore del MIUR (€ 100 mln) disposta con la delibera n. 6/2012 per la costruzione di nuovi edifici scolastici[145];

§  l’art. 1, co. 353, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), inserendo il co. 2-ter nell’art. 2 del D.L. 58/2014, ha poi autorizzato la spesa di ulteriori € 130 mln per il 2015[146]. Le risorse sono state ripartite con D.M. 117 del 20 febbraio 2015;

§  l’art. 1 del D.L. 154/2015 (L. 189/2015)dando seguito (parzialmente) all’accordo sottoscritto presso la Presidenza del Consiglio il 30 luglio 2015, che aveva confermato l’impegno del Governo a garantire le risorse finanziarie necessarie al completamento del programma “Scuole belle”, con lo stanziamento degli ulteriori 170 milioni di euro necessari alla copertura del periodo 1° luglio 2015-31 marzo 2016, prevedendo, altresì, che la Presidenza del Consiglio si impegnava a convocare entro il 2015 un tavolo di verifica per esaminare le problematiche sociali e occupazionali più generali concernenti i lavoratori ex LSU e “appalti storici [147] - ha attivato € 110 mln, di cui 100 per il 2015 e 10 per il 2016, in aggiunta a 10 mln che il MIUR aveva già reperito, nel mese di agosto, all’interno del proprio bilancio 2015[148] e ripartito con il D.M. 596 del 7 agosto 2015. In particolare, il D.L. 154/2015 ha disposto:

-  una nuova autorizzazione legislativa di spesa, pari a € 50 mln per il 2015, i cui oneri finanziari sono stati coperti mediante una corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione. La ripartizione, effettuata con D.M. 937 dell’11 dicembre 2015, ha riguardato peraltro l’importo di € 40,9 mln, posto che € 9,1 mln circa sono stati utilizzati, in linea con quanto previsto nel citato Accordo governativo del 30 luglio 2015 ed illustrato nel preambolo dello stesso D.M., a garantire le risorse necessarie a coprire gli oneri delle richieste di cassa integrazione guadagni in deroga presentate dalle aziende che impiegano i lavoratori adibiti ai progetti di manutenzione del decoro degli immobili adibiti ad istituzioni scolastiche;

-  l’immediato utilizzo di risorse, pari a € 50 mln per il 2015 e a € 10 mln per il 2016, “già assegnate dal CIPE nella seduta del 6 agosto 2015” a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020 (FSC) per la prosecuzione degli interventi relativi al programma.
Si tratta delle risorse assegnate dal CIPE con
delibera 73/2015, registrata dalla Corte dei conti il 2 ottobre 2015, ossia il giorno successivo a quello di entrata in vigore del D.L. 154/2015, e pubblicata nella GU n. 243 del 19 ottobre 2015.

La somma di € 50 mln per il 2015 è stata ripartita con DM 803 del 7 ottobre 2015;

§  i residui 50 mln fino al 31.3.2016 sono stati reperiti a valere su risorse provenienti dal bilancio del MIUR ( 30 mln) e dal bilancio del MEF (€ 20 mln), come indicato nel preambolo della citata delibera CIPE 73/2015[149]. Tali risorse, unitamente ai 10 milioni di euro stanziati per il 2016 a valere sul FSC 2014-2020 dalla Delibera CIPE 73/2015, sono stati ripartiti con il DM 33 del 27 gennaio 2016;

§  ulteriori € 64 mln per il periodo 1.4.2016-30.11.2016 sono stati stanziati con il D.L. 42/2016 (L. 89/2016), a valere su risorse MIUR (utilizzo delle economie di cui all’art. 58, co. 6, del D.L. 69/2013 -L. 98/2013 e riduzione del Fondo per il funzionamento delle scuole). Con tale stanziamento si è dato seguito ad nuovo accordo sottoscritto l’8 marzo 2016 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il quale il Governo aveva, altresì, dato la disponibilità ad accogliere richieste di cassa integrazione in deroga da parte delle aziende durante il periodo di sospensione delle attività didattiche e le aziende si erano impegnate a revocare le procedure di licenziamento collettivo avviate. Inoltre, la Presidenza del Consiglio dei Ministri si era nuovamente impegnata a convocare, entro il mese di maggio 2016, un tavolo di verifica al fine di esaminare le problematiche sociali e occupazionali, con lo scopo di individuare una possibile soluzione di prospettiva[150]. Le risorse sono state ripartite con DM 297 del 5 maggio 2016 e con DM 605 del 1° agosto 2016.

 

Tabella 3 - Finanziamento Programma "Scuole Belle"

(milioni di euro)

 

Autorizzazioni legislative

MIUR

MEF

CIPE

Tot.

2014

 

 

110 mln
(a valere sul Fondo funzionamento istituzioni scolastiche)

 

40 mln
(Del. CIPE 22/2014)

150

2015

130 mln
art. 1, co. 353, L. 190/2014
(a valere sul FISPE)

50 mln
art. 1, D.L. 154/2015 (a valere su Fondo sociale occupazione)

10 mln
(econ. di bilancio)
vedi preambolo Del. CIPE 73/2015

 

50 mln
(Del. CIPE 73/2015)

240

2016

 

64 mln

Art. 1, D.L. 42/2016 (a valere su risorse MIUR)

30 mln[151]
(econ. di bilancio) vedi preambolo Del. CIPE 73/2015

20 mln
(econ. di bilancio)
vedi preambolo Del. Cipe 73/2015

10 mln
(Del. CIPE 73/2015)

124

 

130

114

150

20

100

514

 

Svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli istituti scolastici

 

Per consentire idonee condizioni igienico-sanitarie negli edifici scolastici nell’a.s. 2016/2017, si proroga (dal 31 dicembre 2016) al 31 agosto 2017 il termine entro il quale, nelle regioni ove non è ancora attiva, ovvero è stata sospesa o è scaduta, la convenzione-quadro Consip per l'affidamento dei servizi di pulizia e altri servizi ausiliari, le istituzioni scolastiche ed educative provvedono all'acquisto degli stessi servizi dai medesimi raggruppamenti e imprese che li assicuravano alla data del 31 marzo 2014.

A tal fine, si novella ulteriormente l’art. 2, co. 1, del D.L. 58/2014 (L. 87/2014).

Alla data del 30 novembre 2016, con riferimento alla convenzione-quadro CONSIP - che è stata attivata il 22 novembre 2013 e, in base alle informazioni disponibili sul sito dedicato, scadrà il 26 maggio 2018, continua a risultare non affidato il lotto n. 6 - regione Campania (Province di Napoli e Salerno). Risultano scaduti, rispettivamente, il 6 giugno 2016 il lotto n. 5 – regione Lazio (Province di Frosinone e Latina), il 22 novembre 2016 i lotti n. 3 (regione Toscana) e n. 11 (regione Puglia), il 24 novembre 2016 i lotti n. 2 (regione Emilia Romagna), n. 8 (regioni Lombardia, Trentino Alto Adige), n. 9 (regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto). Infine, risulta sospeso, dal 1° aprile 2015, il lotto n. 7 – regione Campania (Province di Caserta, Benevento ed Avellino).

Qui maggiori informazioni.

 

In materia, si ricorda che il 19 aprile 2016 è stata annunciata all’Assemblea della Camera la segnalazione adottata dall’Autorità nazionale anticorruzione il 2 marzo 2016 (delibera 376/2016), ai sensi dell'art. 6, co. 7, lett. e) ed f), del D.Lgs. 163/2006, concernente le disposizioni normative che prevedono l'affidamento dei servizi di pulizia, dei servizi ausiliari e degli interventi di mantenimento del decoro e delle funzionalità degli immobili adibiti a sede delle istituzioni scolastiche e educative, mediante il ricorso all'istituto giuridico della proroga.

 

In particolare, l’Autorità ha sottolineato l’opportunità di avviare una riflessione sulla coerenza dell’assetto normativo che consegue alle varie proroghe con le regole europee e nazionali vigenti in materia di appalti, alla luce del principio della inderogabilità delle procedure ordinarie di scelta del contraente. Ciò, al fine di escludere che le scelte adottate possano avere un notevole effetto distorsivo sul mercato dei contratti pubblici. Al riguardo, l’Autorità ha evidenziato che questo rischio cresce in presenza di tre elementi: la rilevanza economica del valore contrattuale dei servizi affidati in deroga alle ordinarie procedure di scelta del contraente; il dilatarsi dell’arco temporale nel quale gli atti normativi producono effetti; l’ampia estensione territoriale del fenomeno.

Ha ricordato, altresì, che “il segnale che conferma tale anomalia è il provvedimento finale del procedimento 1787 – gare CONSIP servizi di pulizia nelle scuole pubbliche”, deliberato in data 22 dicembre 2015, n. 25802, con cui l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha accertato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, che ha condizionato l’esito della gara di rilievo comunitario bandita da Consip nel 2012. Secondo l’AGCM, tramite questa intesa, le quattro imprese coinvolte – due delle quali sono i maggiori incumbent – hanno annullato, di fatto, la dinamica concorrenziale nello svolgimento della gara, per spartirsi i lotti e aggiudicarsene il massimo numero consentito”.

Inoltre, l’Autorità ha messo in evidenza i possibili effetti distorsivi delle proroghe sull’economicità delle commesse pubbliche, in quanto le proroghe vincolano le stazioni appaltanti a fruire di prestazioni contrattuali non necessariamente in linea con le migliori condizioni economiche che il mercato può offrire.

Ulteriori effetti negativi riguardano l’assenza di stimoli per le imprese aggiudicatarie ad investire in ricerca e sviluppo per rendersi competitive nel mercato e il disincentivo alla nascita di nuove iniziative imprenditoriali derivante dalla percezione di un mercato “chiuso”.

 

 


Articolo 1, comma 381
(Svolgimento del Vertice G7)

 

 

Il comma 381 istituisce un fondo, con risorse per 45 milioni di euro per l’anno 2017, per la realizzazione di interventi relativi all’organizzazione e allo svolgimento del vertice tra i sette maggiori Paesi industrializzati (G7).

 

La norma autorizza la spesa di 45 milioni per il 2017, finalizzata agli interventi per l’organizzazione e lo svolgimento del vertice G7 a livello di Capi di Stato e di Governo, previsto a Taormina nell’ambito della Presidenza italiana del Gruppo dei sette maggiori Paesi industrializzati.

Le risorse confluiscono in un fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tra gli interventi finanziati, la norma menziona specificamente gli adeguamenti infrastrutturali e le esigenze di sicurezza.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 giugno 2016 ha istituito presso la PdCM la stuttura di missione denominata “Delegazione per l’organizzazione della Presidenza italiana del Vertice dei Paesi più indutrailizzati” che si terrà nel nostro paese nel 2017. La Delegazione ha il compito di assicurare l’organizzazione tutti gli adempimenti di carattere logistico e protocollare per il buon esito della Presidenza italiana del G7.

 

 


Articolo 1, commi 382-384
(Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità
per il Fascicolo sanitario elettronico)

 

 

L’articolo 1, commi 382-384, definisce l’Infrastruttura nazionale necessaria a garantire l’interoperabilità dei Fascicoli sanitari elettronici (FSE).

L’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) cura la progettazione dell’infrastruttura nazionale necessaria a garantire l’interoperabilità dei FSE in accordo con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze, con le regioni e le province autonome.

La realizzazione dell’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità dei FSE è gestita dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’utilizzo del Sistema Tessera sanitaria.

È previsto l’istituto del commissariamento qualora una regione non rispetti i termini per la realizzazione del FSE.

Si dispone un’autorizzazione di spesa di 2,5 milioni di euro, a decorrere dal 2017, per la progettazione e la realizzazione dell’infrastruttura nazionale per interoperabilità dei FSE.

 

L’articolo 12 del decreto legge 179/2012 ha istituito il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), inteso come l'insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l'assistito. Il FSE è istituito dalle regioni e dalle province autonome, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, con le finalità elencate al comma 2 dell’art. 12. Le successive modifiche introdotte con il decreto legge 69/2013 hanno fissato al 30 giugno 2015 il termine per l’attivazione del FSE presso le regioni e le province autonome.

Al fine di accelerare il processo di predisposizione delle piattaforme di FSE regionali, nel dicembre 2013 è stato istituito un Tavolo Tecnico, coordinato dall’AgID e dal Ministero della salute, nel quale sono stati coinvolti attivamente i rappresentanti delle regioni, del Ministero dell’economia e delle finanze, il CNR e il CISIS, per analizzare gli aspetti tecnici, normativi e procedurali e disegnare gli scenari di riferimento nella progettazione dell’intervento.

Il primo risultato del Tavolo Tecnico è rappresentato dalle Linee guida per la presentazione dei piani di progetto regionali per il FSE, mentre il prosieguo delle attività ha riguardato la definizione dei processi per l’interoperabilità interregionale e l’elaborazione delle relative specifiche tecnico-funzionali.

Successivamente il Regolamento operativo del FSE (D.p.c.m. 178/2015) ha disciplinato sia i contenuti del FSE sia gli accessi e definito le regole con le quali le regioni hanno dovuto predisporre il proprio sistema di Fascicolo Sanitario Elettronico in linea con le tempistiche di realizzazione del progetto indicate dal decreto legge 179/2012. Si ricorda che l’architettura di una piattaforma regionale di FSE comprende in generale due componenti principali: la prima riguarda i documenti e i dati prodotti dalle strutture sanitarie e la seconda l’indicizzazione di tali documenti e/o dati. In tale architettura, i documenti e dati sanitari sono memorizzati nei repository siti presso le strutture sanitarie. La titolarità del documento/dato è di chi produce il documento/dato stesso, mentre l’indice regionale conserva i metadati inerenti ai documenti e dati prodotti (quali la tipologia del documento, l’autore del documento, il paziente al quale il documento si riferisce, il riferimento al repository che conserva il documento, ecc.). L’interoperabilità con le altre piattaforme tecnologiche regionali viene garantita dai servizi di interoperabilità.

L’AgID e il Ministero della salute hanno presentato il primo rilascio dell’infrastruttura per l’interoperabilità del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) nel dicembre 2015.

Da gennaio 2016, a partire dalle Regioni che hanno già sviluppato il fascicolo regionale, il processo di implementazione è entrato nella sua fase operativa rendendo i fascicoli interoperabili su tutto il territorio nazionale. In questa prima fase l’infrastruttura ha previsto due set di servizi principali, il primo in grado di assicurare i servizi di ricerca e recupero dei documenti oltre alla comunicazione dei metadati, e il secondo contenente servizi a valore aggiunto sviluppati sulla base delle richieste regionali.

Le Regioni, per collegarsi all’infrastruttura, hanno dovuto manifestare l’adesione al piano di test coordinando con AgID i test di avvio.

Con un comunicato del 2 agosto 2016, l’AgID ha reso noto che si è concluso positivamente il processo di integrazione dei servizi di interoperabilità messi a disposizione delle regioni sull’infrastruttura nazionale necessaria a garantire l’interoperabilità dei FSE con il servizio di identificazione degli assistiti attraverso il sistema Tessera Sanitaria.

 

L’intervento legislativo viene attuato modificando l’articolo 12 del decreto-legge n. 179/2012.

Queste le misure previste dal comma 382:

§  viene modificato il comma 15 dell’articolo 12 con la finalità di evidenziare l’opportunità, per le regioni e le province autonome, di utilizzare l’infrastruttura per l’interoperabilità la cui realizzazione è curata dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’uso del Sistema Tessera Sanitaria (comma 382, lettera a);

Il comma 15 dell’articolo 12 dispone che le regioni e le province autonome, possono, nel principio dell'ottimizzazione e razionalizzazione della spesa informatica, anche mediante la definizione di appositi accordi di collaborazione, realizzare infrastrutture tecnologiche per il FSE condivise a livello sovra-regionale, ovvero avvalersi, anche mediante riuso, delle infrastrutture tecnologiche per il FSE a tale fine già realizzate da altre regioni o dei servizi da queste erogate, ovvero, - come modificato dall’articolo in esame - “utilizzare l’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità, da rendere conforme ai criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 7”. Sul punto si osserva che, in luogo del rinvio ai decreti di cui al comma 7 dell’articolo 12, la norma ora in esame avrebbe potuto rinviare, per maggiore chiarezza, al D.P.C.M. 178/2015 recante il Regolamento del FSE.

§  viene sostituito (comma 382, lettera b) il comma 15-ter dell’articolo 12, disponendo quanto segue: ferme restando le funzioni del Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale, sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome nell’ambito dei rispettivi piani, l’AgID diviene responsabile, in accordo con il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e delle finanze, con le regioni e le province autonome, della progettazione dell’infrastruttura nazionale necessaria a garantire l’interoperabilità dei FSE, la cui realizzazione è curata dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema Tessera sanitaria.

Dovranno pertanto essere garantiti:

1) l’interoperabilità dei FSE e dei dossier farmaceutici regionali;

Ai sensi del già citato Regolamento operativo del FSE (D.P.C.M. 178/2015) il dossier farmaceutico è la parte specifica del FSE che viene istituita per favorire la qualità, il monitoraggio e l’appropriatezza nella dispensazione dei medicinali e l’aderenza alla terapia ai fini della sicurezza del paziente. Il dossier farmaceutico è aggiornato a cura della farmacia che effettua la dispensazione;

2) l’identificazione dell’assistito, attraverso l’allineamento con l’Anagrafe Nazionale degli Assistiti (ANA) istituita nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria ai sensi dell’articolo 62-ter del D.Lgs. 82/ 2005. Nelle more della realizzazione dell’ANA, l’identificazione dell’assistito viene assicurata attraverso l’allineamento con l’elenco degli assistiti gestito dal Sistema Tessera Sanitaria;

3) per le regioni e le province autonome che, entro il 31 marzo 2017, comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero della salute di volersi avvalere dell’infrastruttura nazionale ai sensi del comma 15 (circa il comma 15 vedi infra quanto detto sul comma 382, lettera a) dell’articolo in esame) dovrà inoltre essere garantita l’interconnessione dei soggetti finalizzata alla trasmissione telematica dei dati oggetto di trattamento - ad esclusione dei dati risultanti negli archivi del medesimo Sistema Tessera Sanitaria - necessaria  per la successiva alimentazione e consultazione del FSE da parte delle stesse regioni e province autonome. Le modalità saranno stabilite da un decreto del Ministero economia e finanze di concerto con il Ministero della salute;

Nel corso della seduta dell’8 novembre 2016 della Commissione XII (Affari sociali) della Camera, il Sottosegretario alla salute ha specificato che i dati e i soggetti a cui si riferisce la disposizione in parola, sono quelli specificati dal D.p.c.m. 178/2015.

4) la gestione delle codifiche che rappresentano le informazioni contenute nei documenti sanitari e socio-sanitari che costituiscono il FSE, a fa data dal 30 aprile 2017. Le modalità della gestione delle codifiche, rese disponibili dalle Amministrazioni ed enti che le detengono, sarà disciplinata con decreto Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute;

§  viene modificato (comma 382, lettera c) il comma 15-quater dell’articolo 12 prevedendo che anche il Ministero dell’economia e delle finanze operi con gli altri due soggetti previsti a legislazione vigente, ovvero AgID e Ministero della salute, nella procedura di valutazione ed approvazione, entro il termine di sessanta giorni, dei piani di progetto presentati dalle regioni e dalle province autonome per la realizzazione del FSE, verificandone la conformità a quanto stabilito dal Regolamento FSE (D.P.C.M. 178/2015) e condizionandone l'approvazione alla piena fruibilità a livello nazionale dei dati regionali. Inoltre, il Ministero dell’economia e delle finanze dovrà affiancare AgID e il Ministero della salute nel monitoraggio dei piani di progetto regionali per la realizzazione del FSE (sul punto si rinvia alla pagina Fascicolo sanitario elettronico). L’articolo 15-quater dispone inoltre che la realizzazione del FSE sia compresa tra gli adempimenti cui sono tenute le regioni e le province autonome per l'accesso al finanziamento integrativo a carico del Ssn; adempimenti da verificare da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA - con previsione introdotta dalla norma in esame -, congiuntamente con il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali.

Sul punto, il Sottosegretario alla salute, sempre nella seduta dell’8 novembre, ha ricordato che “l’attuazione del FSE è, a normativa vigente, un adempimento al cui rispetto sono tenute le regioni per accedere alla quota premiale del finanziamento sanitario (articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 191/2009, poi resa permanente dall’articolo 15, comma 24, del decreto legge 95/2012). La verifica di tale adempimento è effettuata, sempre a normativa vigente, dal Comitato permanente per l’erogazione dei LEA, ai sensi dell’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. La proposta normativa in esame rafforza tale previsione, prevedendo che la verifica sia effettuata dal predetto Comitato congiuntamente con il Tavolo di verifica degli adempimenti regionali, di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005”.

§  vengono aggiunti (comma 382, lettera d) dopo il comma 15-quinquies dell’articolo 12, i commi 15-sexies e 15-septies. L’aggiunto comma 15-sexies introduce l’istituto del commissariamento per le regioni inadempienti. Più in particolare, qualora una regione, sulla base della valutazione del Comitato LEA e del Tavolo degli adempimenti, non abbia adempiuto nei termini previsti dal comma 15-quater (per il comma 15-quater si rinvia a quanto illustrato al punto precedente), il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’AgID, diffida la regione ad adempiere entro i successivi 30 giorni. Il mancato rispetto della regione, sulla base delle valutazioni operate dai Tavoli tecnici, comporta che il Presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, nei successivi 30 giorni, adotti gli atti necessari all’adempimento e ne dia comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai Tavoli tecnici.

Si ricorda che il procedimento di verifica degli adempimenti, secondo quanto stabilito dall’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, prevede la fissazione di regole di verifica (articolo 12, comma 3) che vengono annualmente definite anche in relazione alle singole tematiche trattate e alla progressiva implementazione dell’adempimento oggetto di verifica. Tale modalità di aggiornamento progressivo delle modalità di verifica è stata, da ultimo, confermata dal Patto per la salute 2014- 2016 di cui all’Intesa Stato-Regioni del 10 luglio 2014 (articolo 10, comma 4. e articolo 11, comma 2). Pertanto, il mancato rispetto cui si fa riferimento non è definibile a priori, ma dovrà essere riportato alla modalità di verifica che è stata definita per l’anno di riferimento. La proposta normativa, quindi, si limita a prevedere che, in caso di mancato rispetto di quanto convenuto, si attivi il potere sostitutivo statale”

 

L’aggiunto comma 15-septies dispone che il Sistema Tessera Sanitaria, entro il 30 aprile 2017, renda disponibili ai FSE e ai dossier farmaceutici regionali, attraverso l’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità, i dati risultanti negli archivi del medesimo Sistema Tessera Sanitaria relativi alle esenzioni dell’assistito, alle prescrizioni e prestazioni erogate di farmaceutica e specialistica a carico del Ssn, certificati di malattia telematici, prestazioni di assistenza protesica, termale e integrativa.

 

Il comma 383 autorizza la spesa di 2,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017 per l’attuazione di quanto disposto dal comma 15-ter dell’articolo 12 del decreto legge 179/2012, come modificato dal comma 382, lettera c) della norma in esame, vale a dire per la progettazione e la realizzazione della infrastruttura nazionale per l’interoperabilità del FSE.

 

Contestualmente, il comma 384 dispone la riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 15-quinquies, del decreto-legge n. 179/2012 (cap. 1708 dello stato di previsione del MEF Somma da trasferire all'Agenzia per l'Italia Digitale per la realizzazione del fascicolo sanitario elettronico). L’autorizzazione di spesa, pari a 10 milioni di euro, è ridotta di 5 milioni di euro per il 2017, di 4,92 milioni di euro per il 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2019.


Articolo 1, commi 385-389
(Introduzione di misure sperimentali per il 2017 relative al Servizio sanitario nazionale e di quello regionale)

 

 

I commi 385-389 introducono misure sperimentali per il 2017 per migliorare e riqualificare il Servizio sanitario regionale, mediante incremento della quota premiale del finanziamento del SSN per le regioni che presentano apposito programma, integrativo dell’eventuale Piano di rientro.

 

Il comma 385 stabilisce, a livello sperimentale per il solo anno 2017, l’incremento dello 0,1% della “quota premiale” già prevista all’art. 2, co. 68, lett. c), della finanziaria 2010 (L. n. 191/2009).

 

L’art. 2, comma 68, ha previsto (per il triennio 2010-2012) l’erogazione alle regioni, in via anticipata, del finanziamento ordinario del SSN per una quota fissata al 97% della parte indistinta del fondo sanitario stabilita dalle intese annuali sancite in Conferenza Stato-regioni. Per le regioni “virtuose” che abbiano adempiuto, nel triennio precedente al 2010, agli obblighi della normativa vigente previsti in materia di riduzione della spesa sanitaria –segnatamente per il personale-, l’anticipazione è elevata ad almeno il 98%  (l’ulteriore maggior livello dell’anticipazione può essere corrisposto compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica).

La lett. c) del comma 68, tuttavia, stabilisce un accantonamento delle predette anticipazioni del 97 e 98 per cento, pari, rispettivamente, al 3 e al 2 per cento, il cui successivo sblocco – che ne consente l’erogazione - è condizionato alla verifica positiva degli adempimenti cui le regioni sono chiamate per il loro concorso alla riduzione della spesa sanitaria. In particolare, l’erogazione è consentita all’esito positivo della verifica che dimostri che la regione abbia attuato le misure correttive richiamate dai commi 71-74 (misure di riduzione del personale sanitario) e dai commi 92-97 (accordi sui Piani di rientro) del medesimo articolo 2 della legge finanziaria 2010.

Le disposizioni contenute al comma 68 sono state rese permanenti, a decorrere dal 2013, dall’art. 15, comma 24, del DL. n. 95/2012, cd. decreto spending review (L. 135/2012).

 

La misura, diretta a promuovere e conseguire una maggiore efficienza ed efficacia dei servizi sanitari regionali, in coerenza con gli obiettivi di crescita e di sviluppo del Servizio sanitario nazionale, pertanto, mantiene ferma la normativa vigente in materia di anticipazione delle risorse ordinarie del finanziamento del SSN e di disciplina dei Piani di rientro regionali prevista ai commi da 77 a 97, dell’articolo 2, della citata legge finanziaria per il 2010.

Si ricorda che i piani di rientro sono finalizzati a verificare la qualità delle prestazioni sanitarie ed a raggiungere il riequilibrio dei conti dei servizi sanitari regionali.

Le regioni in piano di rientro attualmente sono otto (Piemonte, Abruzzo, Lazio, Molise Campania, Puglia, Calabria, Sicilia), di cui quattro commissariate (Campania, Lazio, Molise e Calabria).

Per le regioni con elevati disavanzi sanitari, la legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), come previsto dal Patto per la salute 2010-2012, ha stabilito nuove regole per i Piani di rientro e per il commissariamento delle regioni. Oltre a ridurre al 5% il livello di squilibrio economico (in precedenza fissato al 7%), per la presentazione del Piano di rientro regionale, ha infatti modificato la procedura per la predisposizione e l'approvazione del Piano, nonché il procedimento di diffida della regione e della nomina di commissari ad acta (per approfondimenti si rinvia al tema della spending review in campo sanitario - piani di rientro e di riqualificazione degli enti del Servizio sanitario nazionale).

 

Il comma 385 stabilisce, inoltre, a livello sperimentale per il solo anno 2017, la possibilità per ogni regione di proporre un programma di miglioramento e riqualificazione di determinate aree del servizio sanitario regionale (SSR). Tale programma può essere proposto al Comitato permanente per l’erogazione dei LEA, anche sulla base delle valutazioni operate dal Comitato stesso in ordine all’erogazione dei livelli e di assistenza e tenuto conto delle valutazioni del “sistema di garanzia”.

Il citato Comitato, previsto all’articolo 9 dell’Intesa in Conferenza Stato- regioni del 23 marzo 2005 (Rep. Atti n. 2271), si avvale del supporto tecnico dell'Agenzia per i  Servizi  Sanitari  Regionali (A.Ge.Nas) ed  opera sulla base delle informazioni desumibili dal sistema di monitoraggio e garanzia di cui al DM  12 dicembre 2001,  nonché  dei  flussi  informativi afferenti al Nuovo Sistema Informativo Sanitario.

La norma richiama infatti “il sistema di garanzia”, come definito all’articolo 9 del D.Lgs. 56/2000, in materia di procedure di monitoraggio dell'assistenza sanitaria, che comprende, tra l’altro, un insieme minimo di indicatori e parametri di riferimento, regole e convenzioni per la rilevazione, la validazione e l'elaborazione delle informazioni e dei dati statistici necessari per l'applicazione del medesimo, nonché le procedure per la pubblicizzazione periodica dei risultati dell'attività di monitoraggio e per l'individuazione delle regioni che non rispettano o non convergono verso i predetti parametri, anche prevedendo limiti di accettabilità entro intervalli di oscillazione dei valori di riferimento.

 

I programmi sopra definiti hanno una durata annuale e devono essere presentati entro 2 mesi dall’approvazione della presente legge di bilancio 2017 ed approvati dal Comitato LEA entro i successivi 30 giorni (comma 386).

Inoltre, dispone circa il contenuto dei programmi: essi devono individuare aree prioritarie d’intervento specifiche di ciascun contesto regionale, definendo i relativi indicatori di valutazione.

Se la regione è sottoposta a Piano di rientro, tali programmi sono integrativi, ove necessario, del programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro. In merito alla loro approvazione, la norma specifica che occorre il vaglio congiunto da parte del Comitato LEA assieme al Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato, regioni e province autonome del 23 marzo 2005.

 

I programmi, più in dettaglio (comma 387), devono contenere, in particolare:

§  le modalità e la tempistica per la verifica della realizzazione degli obiettivi indicati;

§  le forme di monitoraggio degli obiettivi intermedi e finali; l’attività di monitoraggio deve essere effettuata da parte del Comitato LEA, che al tal fine, per le sole regioni in piano di rientro, dovrà operare congiuntamente con il Tavolo adempimenti (v. ante).

 

Viene inoltre disposto (comma 388) che l’incremento sperimentale della “premialità” per l’anno 2017 previsto al comma 4 dovrà essere ripartito con modalità disciplinate con accordo in Conferenza Stato-regioni e province autonome, entro il 31 gennaio 2017; la disciplina ivi prevista riguarderà altresì l’accesso alle forme premiali in attuazione dei citati programmi.

 

Il comma 388 dispone inoltre che, nel caso in cui non venga presentato il programma ovvero si riscontri una verifica negativa dell’attuazione annuale dello stesso programma, la regione interessata subirà la perdita, per il medesimo anno 2017[152], del diritto di accesso alla quota prevista.

Le somme eventualmente rese disponibili dal periodo precedente sono integralmente riattribuite alle restanti regioni in maniera proporzionale all’accesso previsto.

 

Su queste nuove attività sperimentali, il Comitato LEA è chiamato a presentare un’apposita relazione (comma 389).

 


Articolo 1, comma 390
(Piani di rientro per alcuni enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale)

 

 

Il comma 390, ai fini dell'individuazione dei casi in cui sussista l'obbligo di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliero-universitarie, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli altri enti pubblici che eroghino prestazioni di ricovero e cura, modifica la nozione di disavanzo.

 

Il comma 390 modifica la disciplina[153] sull'obbligo di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliero-universitarie, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli altri enti pubblici che eroghino prestazioni di ricovero e cura, qualora presentino un determinato disavanzo o un mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure.

La novella concerne la nozione della suddetta fattispecie del disavanzo.

Nella formulazione vigente, si fa riferimento alla sussistenza di un disavanzo tra i costi ed i ricavi (derivanti dalla remunerazione delle attività da parte del Servizio sanitario regionale) pari o superiore al 10% dei medesimi ricavi o pari, in valore assoluto, ad almeno 10 milioni di euro. La novella, nel testo modificato dalla Camera dei deputati, sostituisce il parametro del 10% con quello del 7% e riduce da 10 a 7 milioni il parametro in valori assoluti (nel testo originario del disegno di legge, venivano proposti i parametri del 5% e di 5 milioni).


Articolo 1, comma 391
(Regioni a statuto speciale e piani di rientro per alcuni enti, aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale)

 

 

Il comma 391, inserito dalla Camera dei deputati, definisce i termini di applicazione per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di alcune norme in materia di piani di rientro per enti, aziende e strutture del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 391 definisce i termini di applicazione per le regioni a statuto speciale e per le province autonome delle norme su: 1) l'obbligo[154] di adozione e di attuazione di un piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliero-universitarie, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli altri enti pubblici che eroghino prestazioni di ricovero e cura, qualora presentino un determinato disavanzo o un mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure; 2) l'estensione[155] dell'istituto del piano di rientro, a decorrere dal 2017, alle aziende sanitarie locali ed ai relativi presìdi ospedalieri nonché agli altri enti pubblici (individuati da leggi regionali) che eroghino prestazioni di ricovero e cura, qualora presentino un significativo scostamento tra costi e ricavi ovvero il mancato rispetto dei parametri relativi a volumi, qualità ed esiti delle cure.

In base al comma 391, le suddette norme si applicano solo compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi Statuti speciali e delle relative norme di attuazione per le regioni a statuto speciale e le province autonome che provvedano al finanziamento del Servizio sanitario esclusivamente con risorse dei propri bilanci. In tale fattispecie rientrano le province autonome di Trento e di Bolzano e tutte le regioni a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia.

Come emerge dai lavori preparatori presso la Camera, tale specificazione è stata inserita anche in considerazione della giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo cui lo Stato non ha titolo "per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria interamente sostenuta"[156] dagli enti territoriali in esame.


Articolo 1, commi 392-394
(Livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e quota vincolata al finanziamento di specifici fondi e finalità)

 

 

L’articolo 1, commi 392-394, ridetermina, in diminuzione, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, che viene portato a 113.000 milioni di euro per il 2017 e a 114.000 milioni di euro per il 2018.

Per il 2019 il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è stabilito in 115.000 milioni di euro.

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano gli effetti finanziari risultanti dalla rideterminazione del livello di finanziamento  mediante la sottoscrizioni di singoli Accordi con lo Stato, da stipularsi entro il 31 gennaio 2017. Per la Regione Trentino- Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano si rinvia all’Accordo 15 ottobre 2014. Decorso il termine del 31 gennaio 2017, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, entro i successivi trenta giorni, con proprio decreto, attua quanto previsto dall’Intesa dell’11 febbraio 2016 per gli anni 2017 e successivi.

Una quota parte del Fabbisogno sanitario nazionale standard, pari a un miliardo, viene vincolata al finanziamento di specifici Fondi rivolti alla spesa farmaceutica - medicinali innovativi, innovativi oncologici e vaccini – e alla stabilizzazione del personale Ssn.

 

Più in particolare, il comma 392 ridetermina in diminuzione, rispetto a quanto convenuto con l’Intesa dell’11 febbraio 2016, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, che viene portato a 113.000 milioni di euro per il 2017 e a 114.000 milioni di euro per il 2018.

 

Nell’Intesa sancita in Conferenza Stato-regioni l’11 febbraio 2016 gli importi indicati erano 113.063 milioni di euro per il 2017 e 114.998 milioni di euro per il 2018 (per un maggiore approfondimento si rinvia a: La programmazione economico-finanziaria per il 2014-2016 e la previsione del fabbisogno sanitario 2017 e 2018).

 

Per il 2019 il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è stabilito in 115.000 milioni di euro.

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano gli effetti finanziari risultanti dalla rideterminazione del livello di finanziamento mediante la sottoscrizioni di singoli Accordi con lo Stato, da stipularsi entro il 31 gennaio 2017.

 

Per quanto riguarda la quota di risparmio di pertinenza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, si ricorda che, in ragione del fatto che il finanziamento del Ssn è calcolato su base nazionale (in quanto destinato a funzioni soggette al rispetto dei livelli essenziali di assistenza), a fronte di una riduzione del finanziamento erariale per il comparto delle regioni a statuto ordinario, è previsto che anche le autonomie speciali realizzino un risparmio. D’altra parte, le regioni a statuto speciale, ad eccezione della Sicilia, provvedono al finanziamento del Ssn con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio e senza alcun onere a carico dello Stato. Pertanto, il risparmio delle autonomie viene stabilito con singoli Accordi con lo Stato.

 

Per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano, l’applicazione di quanto precedentemente stabilito avviene nel rispetto dell’Accordo sottoscritto il 15 ottobre 2014 tra il Governo e i tre enti territoriali, recepito dall’art. 1, commi da 406 a 413 della legge di stabilità 2015.

 

I commi da 406 a 413 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) recepiscono l'accordo siglato il 15 ottobre 2014 (c.d Patto di Garanzia), con il quale sono stati ridefiniti i rapporti finanziari tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le norme modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972). Per quanto qui interessa, con l’accordo in questione è stato definito, tra l’altro, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica dei tre enti, sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto per gli anni dal 2014 al 2022.

 

Il comma 394 chiarisce che, decorso il termine del 31 gennaio 2017, all’esito degli Accordi sottoscritti con riferimento al contributo previsto dall’Intesa dell’11 febbraio 2016, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, entro i successivi trenta giorni, con proprio decreto, attua quanto previsto per gli anni 2017 e successivi dall’Intesa del febbraio 2016 al fine di conseguire l’obiettivo di finanza pubblica per il settore sanitario.

 

La riduzione del FSN per gli anni 2017 e 2018, come recentemente stabilito nell'Intesa dell'11 febbraio 2016, è stata determinata dal contributo richiesto alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano dal comma 680, art. 1, della legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) per una quota-parte pari a 3.980 milioni di euro per il 2017 e 5.480 milioni per ciascuno degli anni 2018 e 2019. La norma della stabilità 2016 prevede che siano le regioni stesse, in sede di autocoordinamento, ad individuare le modalità di realizzazione del contributo, vale a dire gli ambiti di spesa da tagliare e i relativi importi – per il complesso delle regioni e per ciascuna di esse, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. L’accordo tra le regioni deve poi essere recepito con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio di ciascun anno. In caso di mancata intesa, il Governo procede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei termini dell’Intesa, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Per quanto riguarda le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, la norma della stabilità 2016 stabilisce che, fermo restando il concorso complessivo, il contributo di ciascuna autonomia speciale deve essere determinato con intesa con la stessa Regione o Provincia autonoma. Per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano l’applicazione delle sopradescritte norme deve avvenire nel rispetto dell’accordo sottoscritto tra i tre enti e lo Stato il 15 ottobre 2014 e recepito con la legge di stabilità 2015 ai commi da 406 a 413.

L’Intesa del febbraio 2016 stabilisce pertanto le modalità di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti dall’articolo 1, comma 680, della stabilità 2016, per un importo pari a 3.500 milioni di euro per il 2017 e 5.000 milioni di euro a decorrere dal 2018, rinviando la definizione del riparto del contributo residuo pari a 480 milioni di euro alle successive Intese in Conferenza Stato-regioni da definire entro il 31 gennaio di ogni anno.

 

Il comma 393 vincola, a decorrere dal 2017, una quota del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, pari a 1.000 milioni di euro, alle seguenti misure: Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi (di cui al comma 400); Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali oncologici innovativi (comma 401); Concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto vaccini ricompresi nel Nuovo Piano Nazionale Vaccini (comma 408); Concorso al rimborso alle regioni per gli oneri derivanti dai processi di assunzione e stabilizzazione del personale del Ssn (comma 409).

 


Articolo 1, commi 395-396
(Criteri per la nomina del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario)

 

 

I commi 395 e 396 - inseriti dalla Camera dei deputati - modificano i criteri per la nomina del commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario.

 

Le novelle in esame escludono, per le fattispecie di commissariamento delle regioni per i casi di inadempimento - successivo a diffida da parte del Governo - delle misure previste dal piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, l'applicazione della disciplina di cui all'art. 1, commi 569 e 570[157], della L. 23 dicembre 2014, n. 190. Quest'ultima stabilisce che la nomina a commissario ad acta (per la predisposizione, l'adozione o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, ivi comprese le fattispecie di inadempimento summenzionate) sia incompatibile con l'affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento (ivi compresa la carica di Presidente della regione) e che il commissario deve possedere un curriculum che attesti "qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti".

Le novelle, dunque, sopprimono tali vincoli per le nomine relative alle fattispecie di inadempimento summenzionate.

Inoltre, il comma 395 stabilisce che il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza ed il Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti, di cui agli articoli 9 e 12 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, producano con cadenza semestrale, per le regioni interessate, una relazione ai Ministri della salute e dell’economia, da trasmettere al Consiglio dei ministri, in ordine al monitoraggio dell’equilibrio del bilancio e dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza. La verifica viene effettuata con la finalità, nei casi di riscontrata difficoltà nell'attuazione del piano, di sostituire il commissario ad acta inadempiente. Infatti, come indicato dall’articolo 2, comma 84, della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010), in tali casi, il Consiglio dei ministri, sentita la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati.

 


Articolo 1, commi 397-408
(Governance farmaceutica)

 

 

I commi 397-408, modificati durante l’esame presso la Commissione bilancio, revisionano parzialmente la governance farmaceutica.

La percentuale di incidenza della spesa farmaceutica sul Fondo sanitario nazionale rimane fissata al 14,85 per cento, ma cambiano le percentuali delle sue componenti: la farmaceutica territoriale, che assume la denominazione di “tetto della spesa farmaceutica convenzionata”, scende dall’11,35 al 7,96 per cento mentre la farmaceutica ospedaliera ora comprensiva della spesa per i farmaci acquistati in distribuzione diretta e per conto, denominata “tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti”, sale dal 3,5 al 6,89 per cento.

Si prevede l’istituzione di due Fondi, con una dotazione di 500 milioni ciascuno a valere sul Fondo sanitario nazionale, dedicati rispettivamente ai medicinali innovativi e agli oncologici innovativi. La spesa per l'acquisto dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti (spesa farmaceutica ospedaliera) per l'ammontare eccedente annualmente l'importo di ciascuno dei fondi.

È possibile una definizione infine, con determina dell’AIFA entro il 31 marzo 2017, dei criteri per la classificazione dei farmaci innovativi e a innovatività condizionata e dei farmaci oncologici innovativi. Permanenza del requisito di innovatività per un massimo di 36 mesi.

Introducono nuove norme sulla sostituibilità dei farmaci biologici con i loro biosimilari e sull’acquisto dei farmaci biologici a brevetto scaduto, dirette alla razionalizzazione della spesa farmaceutica  associata ad una maggiore disponibilità di terapie.

E infine prevede una specifica finalizzazione per l’acquisto dei vaccini ricompresi nel Nuovo Piano Nazionale Vaccini.

 

In considerazione di quanto previsto dall’articolo 21, comma 1, del decreto-legge n. 113/2016 e di quanto convenuto nell'Intesa del 2 luglio 2015, fermi restando gli equilibri di finanza pubblica previsti a legislazione vigente, il comma 397 chiarisce che al governo del settore farmaceutico si applicano i commi da 398 a 407 dell’articolo in esame.

 

L’articolo 21 del decreto legge 113/2016 “Misure di governo della spesa farmaceutica e di efficientamento dell'azione dell'Agenzia italiana del farmaco” ha previsto una revisione del sistema di governo della spesa farmaceutica, da compiersi entro il 31 dicembre 2016, in coerenza con l'Intesa del 2 luglio 2015, sancita in sede di Conferenza Stato-regioni.

Si ricorda che, dal 2015, in conseguenza del contributo delle regioni alla finanza pubblica, l’ammontare delle risorse destinate alla sanità è stato rideterminato. Più precisamente, l’Intesa del 26 febbraio 2015 ha previsto  una riduzione delle risorse destinate al Ssn pari a 2.352 milioni di euro (2.000 milioni di euro per le regioni a statuto ordinario; 352 per le autonomie speciali). Il taglio di spese correnti, benché l’Intesa è riferita al 2015, è poi divenuto di natura permanente. L’Intesa del 2 luglio 2015 ha individuato gli ambiti sui quali operare un efficientamento della spesa sanitaria con conseguente rideterminazione del livello del finanziamento del Ssn.

Per quanto riguarda la farmaceutica territoriale ed ospedaliera, l’Intesa del luglio 2015 prevede:

§  l’introduzione dell'elenco dei prezzi di riferimento relativi al rimborso massimo da parte del Ssn di medicinali terapeuticamente assimilabili;

§  la riforma della disciplina di definizione del prezzo dei medicinali biotecnologici dopo la scadenza brevettuale;

§  l’introduzione di disciplina della revisione dei prezzi di medicinali soggetti a procedure di rimborsabilità condizionata (payment-by-result, risk- cost-sharing, success fee);

§  l’istituzione presso il Ministero della salute di un Tavolo di lavoro composto da rappresentanti dei Ministeri della salute, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, delle Regioni e di AIFA che, tenuto conto dell'andamento della spesa farmaceutica dell'anno 2015, inclusa quella per i farmaci innovativi, predisponga entro il 30 settembre 2015 una proposta di revisione delle norme relative il governo della spesa farmaceutica, ivi incluse quelle relative il meccanismo di pay-back. La proposta avrebbe dovuto essere oggetto di apposito Accordo tra lo Stato e le regioni da approvare entro il 10 ottobre 2015.

Il 5 maggio 2016 la Conferenza delle regioni ha licenziato un Documento sulla governance farmaceutica di cui al Tavolo per la revisione della disciplina sul governo della spesa farmaceutica. Al fine di riportare la spesa farmaceutica entro i limiti di compatibilità con il finanziamento del Fondo sanitario nazionale, le regioni sottolineano la necessità di ridefinire nuovi tetti di spesa e di adottare misure strutturali, tali da liberare risorse per far fronte ai nuovi bisogni assistenziali in campo farmaceutico. Tali misure strutturali possono essere così riassunte:

§  introduzione della procedura di contrattazione prezzo/volume (con il prezzo che cala all'aumentare dei pazienti trattati) per le categorie di farmaci soggette a: ampliamento delle indicazioni di registrazione (farmaci off-label); a fenomeni di combo therapy (schemi terapeutici che associano più farmaci ad alto costo, da cui il raddoppio della spesa); al prolungamento delle terapie per stabilizzazione del paziente;

§  rivisitazione dei registri AIFA con particolare riferimento alla ridefinizione di "risultato terapeutico" e alla "fruibilità" da parte delle regioni dei dati clinici ivi contenuti;

§  adozione di criteri scientifici per l'attribuzione e la revisione del requisito dell'innovatività terapeutica e la ridefinizione dei prezzi dei farmaci sulla base di tale attribuzione;

§  interventi sulle "liste di trasparenza AIFA" che limitino la differenza di prezzo a carico del cittadino fra il prodotto brand e il prezzo di riferimento del farmaco equivalente al fine di ridurre sensibilmente la spesa a carico del cittadino;

§  intercambiabilità dei farmaci biosimilari con i corrispondenti originatori;

§  introduzione, nel mercato farmaceutico, di elementi di concorrenzialità fra le aziende produttrici attraverso la determinazione dei prezzi con procedure selettiva ad evidenza pubblica nonché attraverso la individuazione, da parte di AIFA, su tutte le categorie di farmaci, dell'esistenza dell'equivalenza terapeutica totale, parziale o assenza di equivalenza in modo tale di poter consentire alle regioni l'espletamento di gare in equivalenza terapeutica;

§  revisione della delibera CIPE 3/2001 (Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci) tesa all'implementazione dei dossier con studi di costo-efficacia (CEA) e studi di impatto sul budget (BIA);

§  revisione della normativa relativa ai farmaci classificati come C(nn) – ovvero farmaci inseriti in apposita sezione, dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità - e ai farmaci inseriti negli elenchi della legge 648/1996 (farmaci compassionevoli);

§  superamento dell'attuale sistema basato su due tetti di spesa, ovvero la spesa farmaceutica territoriale costituita dalla spesa farmaceutica convenzionata e dalla spesa derivante dalla distribuzione diretta e per conto dei farmaci di fascia "A" e il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera;

§   ridefinizione delle procedure di contabilizzazione del payback per garantire la certezza dei rimborsi.

 

Tetti della spesa farmaceutica

 

Il comma 398 ridetermina, a decorrere dal 2017, il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera - al lordo della spesa per i farmaci di classe A in distribuzione diretta e distribuzione per conto -, nella misura del 6,89 per cento. Conseguentemente il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera assume la denominazione di “tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti”. Per gli effetti disposti dal comma 398, il comma 399 ridetermina nella misura del 7,96 per cento il tetto della spesa farmaceutica territoriale che assume la denominazione di “tetto della spesa farmaceutica convenzionata”.

 

 

La spesa farmaceutica, nelle sue componenti territoriale ed ospedaliera, rappresenta percentualmente il 14,85 per cento delle risorse che lo Stato annualmente impegna per la sanità.

A legislazione vigente, la spesa farmaceutica territoriale indica l'insieme della spesa riferibile ai farmaci rimborsabili di fascia A (i farmaci essenziali e quelli per le malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN, distribuiti attraverso le farmacie pubbliche e private convenzionate) a cui si aggiunge la spesa sostenuta dalle regioni per i consumi di medicinali di fascia A erogati tramite distribuzione diretta (intesa come la distribuzione, per il tramite delle strutture ospedaliere e dei presidi delle aziende sanitarie locali, di medicinali agli assistiti per la somministrazione presso il proprio domicilio) e/o per conto (attraverso le farmacie pubbliche e private convenzionate). Ai sensi dell'articolo 5 del decreto legge 159/2007, la base di calcolo per la determinazione della spesa farmaceutica territoriale è costituita dal finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato, inclusi gli obiettivi di piano e le risorse vincolate di spettanza regionale, al netto delle somme erogate per il finanziamento di attività non rendicontate dalle aziende sanitarie. Dal 2008 al 2014, il tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale è passato dal 14% all'11,35% del finanziamento complessivo ordinario del SSN.

La spesa farmaceutica ospedaliera è stata recentemente rimodulata dall'articolo 15, commi da 4 a 11, del decreto legge 95/2012, che ne ha precisato la definizione e i suoi componenti. A legislazione vigente, la spesa farmaceutica ospedaliera indica la spesa riferibile ai medicinali di fascia H (farmaci di esclusivo uso ospedaliero) acquistati o resi disponibili all'impiego da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN, ad eccezione dei medicinali dispensati in distribuzione diretta. Dal 2008 al 2014, il tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica ospedaliera è passato da 2,4 a 3,5 punti percentuali del finanziamento complessivo ordinario del SSN.

Pertanto, a legislazione vigente il tetto della spesa farmaceutica nazionale è fissato al 14,85: l'11,35% della farmaceutica territoriale + il 3,5% della farmaceutica ospedaliera.

I monitoraggi della spesa farmaceutica (vedi Aifa, Monitoraggio della spesa farmaceutica territoriale 2013-2015 e Aifa, Monitoraggio della spesa farmaceutica ospedaliera 2013-2015) hanno mostrato una crescita esponenziale della spesa farmaceutica ospedaliera e una tenuta, rispetto al tetto dell’11,35%, della farmaceutica territoriale. Tendenze ampiamente comprensibili per l’impatto che hanno avuto sulla ospedaliera i costi legati ai farmaci innovativi (e fra questi i farmaci contro l’epatite C) e ai farmaci oncologici di nuova generazione.

Nella seduta del 26 luglio 2016, la Camera ha approvato una serie di mozioni relative a: contrattazione del prezzo dei farmaci, soprattutto dei farmaci innovativi utilizzati nella cura dell'epatite C; regime di rimborsabilità dei farmaci; governo della spesa farmaceutica, territoriale ed ospedaliera; meccanismo del pay-back.

 

Fondo per l'acquisto dei medicinali innovativi

 

A decorrere dal 1° gennaio 2017, il comma 400 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della salute, un Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali innovativi con una dotazione di 500 milioni di euro annui. Il Fondo è finanziato:

§  mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 393, per: 325 milioni di euro per il 2017, 223 milioni di euro per il 2018, 164 milioni di euro a decorrere dal 2019. Il comma 393 vincola 1.000 milioni delle risorse del fabbisogno sanitario nazionale standard (Fondo sanitario nazionale) alla dotazione finanziaria di quattro Fondi, fra i quali anche quello in esame;

§  mediante utilizzo delle risorse destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale per: 175 milioni di euro per il 2017; 277 milioni di euro per il 2018; 336 milioni di euro a decorrere dal 2019. Le risorse destinate alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 662/1996, fanno parte delle risorse destinate dallo Stato al finanziamento del Ssn.

 

Nel tentativo di fronteggiare la spesa collegata all'innovazione terapeutica, la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014, art. 1, co. 593-598) ha istituito presso il Ministero della salute, per il biennio 2015-2016, un Fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, con uno stanziamento pari a 500 milioni di euro per ciascuno degli anni di riferimento. Le risorse per il 2015 erano costituite da:

a) un contributo statale, pari a 100 milioni di euro derivanti da una riduzione di pari importo del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE); b) 400 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale nella componente destinata alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale (PSN).

Le risorse per il 2016, pari a 500 milioni di euro, sono tutte a valere sul Fondo sanitario nazionale.

Il decreto 9 ottobre 2015 ha disciplinato le modalità operative di erogazione delle risorse stanziate del Fondo per l'acquisto di medicinali innovativi. Il riparto è stato calcolato in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per l'acquisto dei medicinali innovativi. L'allegato A del decreto ha fornito l'elenco dei farmaci innovativi a cui si riferiscono i rimborsi e la relativa scadenza dei benefici economici collegati all'attribuzione dell'innovatività. Per il 2016 i farmaci innovativi inclusi al rimborso tramite il Fondo finalizzato sono cinque medicinali indicati per l'epatite C cronica e uno per la fibrosi cistica.

Per ulteriori informazioni si rinvia all’approfondimento Farmaci innovativi e istituzione di un Fondo dedicato e Farmaci innovativi.

 

Fondo per l'acquisto dei medicinali oncologici innovativi

 

A decorrere dall’1 gennaio 2017, il comma 401 istituisce, nello stato di previsione del Ministero della salute, un Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali oncologici innovativi con una dotazione di 500 milioni di euro annui mediante utilizzo delle risorse, pari a un miliardo a valere sul finanziamento del Ssn, di cui all’articolo 1, comma 393 (vedi supra)[158].

 

Farmaci innovativi e a innovatività condizionata e farmaci oncologici innovativi

 

Il comma 402 prevede che, con determina del direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), previo parere della Commissione consultiva tecnico-scientifica[159], da adottarsi entro il 31 marzo 2017, siano stabiliti i criteri per la classificazione dei farmaci innovativi e a innovatività condizionata e dei farmaci oncologici innovativi. La medesima determina dovrà anche definire le modalità per la valutazione degli effetti dei predetti farmaci ai fini della permanenza del requisito di innovatività e le modalità per la eventuale riduzione del prezzo di rimborso a carico del Ssn. Nelle more dell’adozione della determina, e comunque, entro e non oltre il 31 marzo 2017, i farmaci innovativi e i farmaci oncologici innovativi che possono essere acquistati usufruendo delle risorse dei Fondi di cui ai commi 400 e 401 dell’articolo in esame sono quelli già individuati da AIFA. Come disposto dal successivo comma 404 i farmaci innovativi e a innovatività condizionata e i farmaci oncologici innovativi sono soggetti a monitoraggio dei registri AIFA.

 

Molti dei farmaci innovativi, e fra questi soprattutto i farmaci oncologici ed antivirali, sono utilizzati nelle strutture ospedaliere, e pertanto sono medicinali di fascia H acquistati, o resi disponibili all'impiego, da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN.

La definizione dell'innovazione terapeutica è stata, negli anni, fonte di continui dibattiti. L’Aifa ha predisposto un modello per graduare l’innovatività terapeutica di un nuovo farmaco e i criteri di valutazione, che ha determinato tramite l’applicazione di uno specifico algoritmo che combina i punteggi relativi ai trattamenti già preesistenti con gli effetti terapeutici. Sulla sezione del sito Aifa dedicata all’innovazione terapeutica sono presenti alcuni esempi di applicazione del modello e vengono inoltre descritti gli ambiti per l’ammissione condizionata alla rimborsabilità di farmaci con innovatività terapeutica potenziale.

Si ricorda che la Conferenza delle regioni e delle province autonome nel Parere sul programma di attività dell’Agenzia Italiana del Farmaco. anni 2014 e 2015 chiede che “In considerazione del consistente incremento della spesa conseguente alla introduzione dei farmaci innovativi si ritiene che le valutazioni che verranno effettuate da AIFA debbano prevedere il coinvolgimento di rappresentanti regionali, in particolare per quanto concerne l’adozione dell’Algoritmo della innovatività”.

 

Il comma 403 dispone che il requisito di innovatività permanga per un periodo massimo di 36 mesi.

 

Il comma 405 dispone che le somme dei Fondi per l’acquisto, rispettivamente, dei medicinali innovativi e dei medicinali oncologici innovativi , di cui ai commi 400 e 401 dell’articolo in esame, sono versate in favore delle regioni in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per l'acquisto di tali  medicinali, secondo le modalità individuate con apposito decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

Il comma 406 specifica che la spesa per l'acquisto dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi concorre al raggiungimento del tetto della spesa farmaceutica per acquisti diretti (spesa farmaceutica ospedaliera) per l'ammontare eccedente annualmente l'importo di ciascuno dei fondi di cui ai commi 400 e 401 (la dotazione di ciascuno dei fondi è pari a 500 milioni di euro).

 

Disposizioni sull’acquisto dei farmaci biosimilari

 

Il comma 407 introduce le seguenti novità, aggiungendo il comma 11-quater all’art. 15 del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012):

§  l’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussiste solo se accertata dalla European Medicine Agency (EMA) – agenzia UE responsabile della valutazione scientifica dei medicinali sviluppati dalle case farmaceutiche. Con una modifica della disposizione originaria, introdotta durante l’esame alla Camera, il rapporto di biosimilarità di riferimento può essere accertato anche dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), oltre che dall’EMA, tenuto conto delle rispettive competenze; pertanto, non è consentita la sostituibilità automatica tra biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari (v. box);

§  nelle procedure pubbliche di acquisto non possono essere posti in gara nel medesimo lotto principi attivi differenti, anche se aventi le stesse indicazioni terapeutiche.

La norma, più in dettaglio, prevede l’applicazione di disposizioni specifiche, finalizzate alla razionalizzazione della spesa per l’acquisto di farmaci biologici a brevetto scaduto e per i quali siano già presenti sul mercato i relativi farmaci biosimilari:

§  l’utilizzo di accordi quadro nelle procedure pubbliche di acquisto, quando i medicinali sono più di tre (tale limite minimo è stato stabilito durante l’esame referente); tali accordi quadro devono coinvolgere tutti gli operatori economici titolari di medicinali a base del medesimo principio attivo. Per tale motivo, le centrali regionali d’acquisto sono chiamate a predisporre un lotto unico per la costituzione del quale si devono considerare:

-      lo specifico principio attivo (ATC di V livello);

ATC è l'acronimo di "Anatomical Therapeutic Chemical Classification System", un sistema di classificazione anatomico terapeutico e chimico usato per la classificazione sistematica dei farmaci dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo sistema di classificazione è di tipo alfa-numerico e suddivide i farmaci in base ad uno schema costituito da 5 livelli gerarchici, di cui il V rappresenta il sottogruppo chimico specifico per ogni singola sostanza chimica.

-      stessa via di somministrazione;

-      stesso dosaggio.

Durante l’esame in prima lettura, è stata soppressa la disposizione originaria volta a stabilire che la base d’asta dell’accordo quadro doveva essere il prezzo massimo di cessione al SSN del farmaco biologico di riferimento (lett. a));

§  i pazienti devono essere trattati, con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo quadro classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa, associata ad un’ampia disponibilità delle terapie. Il medico è comunque libero di prescrivere[160] il farmaco tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti (lett. b));

§  in caso di scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare di un farmaco biologico durante il periodo di validità del contratto di fornitura, nel rispetto di quanto prescritto dalle precedenti lettere a) e b), l’ente appaltante, entro 60 giorni[161] dal momento dell’immissione in commercio di uno o più farmaci biosimilari contenenti il medesimo principio attivo, apre il confronto concorrenziale tra questi e il farmaco originatore di riferimento (lett. c));

§  valgono le procedure previste dal codice degli appalti per l’ente appaltante, nel momento in cui deve erogare ai centri prescrittori i prodotti aggiudicati (lett. d));

§  viene prevista una salvaguardia per il Servizio sanitario nazionale dagli eventuali oneri economici aggiuntivi, nel caso di mancato rispetto delle disposizioni in esame, e pertanto gli stessi non potranno essere posti a carico del SSN, se le procedure sopra descritte non dovessero essere rispettate (lett. e));

 

 

Un farmaco biosimilare (vale a dire simile a un medicinale biologico che contiene molecole già presenti nell’organismo umano - qui il tema di approfondimento) è un prodotto che contiene un principio attivo che, dal punto di vista chimico, non è identico al farmaco biologico da cui deriva (cd. “originator”), ma le cui differenze chimiche non necessariamente ne modificano l’efficacia clinica. Per questo, una maggiore disponibilità di farmaci biosimilari rappresenta un vantaggio per il SSN, in quanto, da una parte, si offre una maggiore possibilità di scelta al medico prescrittore e, dall’altra, si crea un mercato competitivo nel prezzo e, di conseguenza, un allargamento della base di accesso dei pazienti e delle opportunità terapeutiche idonee.

Innanzitutto occorre specificare il parallelismo tra produzione di farmaci biologici e biosimilari, e produzione di farmaci a molecola sintetica e dei loro equivalenti, da cui deriva che non è possibile applicare le stesse regole per farmaci biosimilari e farmaci equivalenti, in particolare con riferimento alla sostituibilità automatica.

Occorre in ogni caso una precisa regolamentazione relativa alla sostituibilità tra i farmaci, vale a dire la possibilità di somministrare o dispensare lo stesso farmaco al posto di un altro prodotto clinicamente simile senza il consenso del medico prescrittore (diverso è invece il caso di un farmaco “intercambiabile” che può essere somministrato o dispensato, ad esempio da parte di un farmacista ospedaliero, al posto di un prodotto simile, esclusivamente, però, previo consenso del medico).

L’EMA, a differenza del Food & Drug Administration negli USA (FDA), lascia ai singoli Stati i criteri di definizione della sostituzione (e indirettamente della intercambiabilità) sia essa automatica o meno. In Italia la prima norma statale che fa riferimento esplicito ai farmaci biosimilari è rappresentata da dal D.Lgs. n. 219/2006 (in attuazione della direttiva 2001/83/CE, codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, e della direttiva 2003/94/CE relativa alle linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano, anche in fase di sperimentazione) , nel quale si sottolinea la necessità di condurre studi pre-clinici e clinici per dimostrare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci biologici e biosimilari al fine di ottenere l’autorizzazione per la loro entrata nei mercati.

Nel position paper di Federsanità ANCI del dicembre 2015, si ricorda che le diverse regioni, negli scorsi anni, hanno emanato direttive a favore dell’indicazione del principio attivo come riferimento anche per le gare di acquisto dei farmaci biologici. Tali iniziative regionali sono state possibili, peraltro, anche per un contesto giuridico favorevole consolidato da due sentenze del Consiglio di Stato del 2009 e del 2011, che consentono, grazie allo stato delle conoscenze, di utilizzare biosimilari e originatori come equivalenti con la cautela, una volta iniziato il trattamento, di proseguire con lo stesso prodotto.

I criteri scientifici e normativi adottati dalle regioni, messi a confronto nella tabella riportata nel sopra citato position paper (qui il link), delineano il quadro attuale che consiste, sostanzialmente: a) nella non sostituibilità automatica; b) nella garanzia della continuità terapeutica; c) nel principio di equivalenza terapeutica con bandi di gara a lotto unico; d) nel fatto che i medici sono tenuti a prescrivere il lotto vincitore nei casi di pazienti naïve (vale a dire non curati prima con farmaci biologici) dovendo motivare per iscritto le eccezioni. Ad oggi si rileva pertanto che tutte le gare effettuate con il sistema del lotto unico, ossia con un raffronto concorrenziale tra farmaci biologici originari e farmaci biosimilari, sono state dichiarate legittime dalla giurisprudenza del TAR e del Consiglio di Stato, per l’opportunità di un maggiore confronto concorrenziale garantito dalla partecipazione alle gare anche dei produttori di farmaci biosimilari.

 

Acquisto vaccini ricompresi nel nuovo piano nazionale vaccini

 

Il comma 408 dispone che a decorrere dal 2017, nell’ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale sia prevista una specifica finalizzazione per il concorso al rimborso alle regioni per l’acquisto dei vaccini ricompresi nel Nuovo Piano Nazionale Vaccini (NPNV) di cui all’Intesa del 7 settembre 2016 sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Le risorse, pari a 100 milioni di euro per il 2017, 127 milioni per il 2018 e 186 milioni a decorrere dal 2019, sono ripartite fra le regioni sulla base dei criteri individuati con Intesa da sancire in Conferenza Stato-regioni entro il 31 gennaio 2017.

 

L’art. 4 dell’Intesa del 7 settembre 2016 sullo schema di D.P.C.M. di aggiornamento dei Lea impegna le regioni e le province autonome a garantire il raggiungimento delle coperture per le nuove vaccinazioni introdotte dall’allegato 1 al citato schema di decreto di aggiornamento dei LEA, con la gradualità indicata dall’allegato B dell’Intesa stessa. Più nello specifico, il Piano nazionale delle vaccinazioni (PNPV) 2016-2018 prevede che nuove vaccinazioni vengano offerte gratuitamente alla popolazione per fascia d’età e contiene capitoli dedicati agli interventi vaccinali destinati a particolari categorie a rischio (per patologia, per esposizione professionale, per eventi occasionali): meningo B e Rotarivirus (1 ° anno di vita); varicella 1° dose (2° anno di vita); varicella 2° dose (5-6 anni); HPV nei maschi 11enni, IPV meningo tetravalente ACWY135 (adolescenti); Pneumococco e Zoster (anziani).

Si ricorda che la legge di stabilità 2016 (commi da 553 a 564 della legge 208/2016) ha quantificato l’impatto economico-finanziario dell’aggiornamento dei LEA in 800 milioni di euro, nei quali venivano ricompresi i costi legati all’applicazione del nuovo Calendario vaccinale.


Articolo 1, comma 409
(Quota a valere sul finanziamento Ssn per gli oneri derivanti dai processi di assunzione e stabilizzazione del personale Ssn)

 

 

Il comma 409, nell’ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, prevede una specifica finalizzazione per gli oneri derivanti dal processo di assunzione e di stabilizzazione del personale del Ssn.

 

Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 1, comma 541, della stabilità 2016 (legge n. 208/2015), a decorrere dal 2017, nell’ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) è prevista una specifica finalizzazione per il concorso al rimborso alle regioni per gli oneri derivanti dal processo di assunzione e di stabilizzazione del personale del Ssn da espletare ai sensi delle disposizioni del primo e secondo periodo dell’art. 1, comma 543, della legge di stabilità 2016. Le risorse, pari a 75 milioni di euro per il 2017 e a 150 milioni di euro a decorrere dal 2018, sono ripartite a favore delle regioni sulla base dei criteri individuati con Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

L’art. 1 comma 541 della stabilità 2016 (legge 208/2016) dispone che, entro il 29 febbraio 2016, le regioni e le province autonome, ove non abbiano ancora adempiuto, adottino il Decreto 70/2015 sugli standard dell'assistenza ospedaliera relativamente alla programmata riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri, accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale, nonché i relativi provvedimenti attuativi, e che, entro il medesimo termine del 29 febbraio 2016, definiscano un piano concernente il fabbisogno di personale, contenente l’esposizione delle modalità organizzative del personale, tale da garantire il rispetto delle norme vigenti (che hanno recepito quelle dell’UE) in materia di articolazione dell’orario di lavoro, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili. I primi due periodi del successivo comma 543 stabiliscono che gli enti e le aziende del Ssn indichino, entro il 31 dicembre 2016, e concludano, entro il 31 dicembre 2017, procedure concorsuali straordinarie - in deroga ai vigenti limiti per le procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità - per l’assunzione di personale medico, tecnico professionale e infermieristico, necessario a far fronte alle eventuali esigenze assunzionali emerse in relazione alle valutazioni operate nel piano di fabbisogno del personale. I bandi di concorso in esame possono prevedere una quota di riserva, non superiore al 50 per cento dei posti disponibili, in favore del personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico, in servizio al 1° gennaio 2016, che abbia maturato alla data di pubblicazione del bando almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni, con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile con i medesimi enti.

 


Articolo 1, comma 410
(Contratti di collaborazione degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli Istituti zooprofilattici sperimentali)

 

 

Il comma 410, inserito dalla Camera dei deputati, pone una deroga per la stipulazione di contratti di collaborazione con addetti alla ricerca da parte degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (di natura pubblica) e degli Istituti zooprofilattici sperimentali.

 

In base al comma 410, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (di natura pubblica) e gli Istituti zooprofilattici sperimentali possono stipulare, anche oltre il 31 dicembre 2016, contratti di collaborazione con addetti alla ricerca, ricercatori o altri soggetti aventi qualifiche afferenti alle professionalità della ricerca. Tale facoltà è subordinata alla condizione che gli addetti siano già in servizio presso l'istituto alla data del 31 dicembre 2016 (e che si tratti, quindi, di contratti di proroga).

La facoltà in esame si pone - al fine di garantire la continuità delle attività di ricerca - in esplicita deroga al principio secondo cui, dal 1° gennaio 2017, le pubbliche amministrazioni non possono stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

 

Quest'ultimo principio è stato stabilito dall'art. 2, comma 4, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, nell'àmbito della revisione, in senso fortemente limitativo, della disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa posta, per il settore privato, dal medesimo decreto legislativo.


Articolo 1, comma 411
(Finanziamento Alzheimer)

 

 

Il comma 411, inserito nel corso dell’esame alla Camera, stabilisce che in sede di revisione dei criteri di riparto del fondo per le non autosufficienze, è compresa la condizione delle persone affette dal morbo di Alzheimer.

 

Il Fondo per le non autosufficienze è stato istituito dall'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007) per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria, con l'intento di fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. Le risorse del Fondo per le non autosufficienze sono ripartite annualmente con decreto. Nel 2015, la legge di stabilità 2015 (comma 159 della legge 190/2014) ha disposto per il Fondo per le non autosufficienze un finanziamento di 400 milioni per il 2015 e uno stanziamento a regime di 250 milioni a decorrere dal 2016. Lo stanziamento del Fondo è finalizzato anche al finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA)[162]. Il comma 405 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015) ha incrementato lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, anche ai fini del finanziamento degli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), di 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Pertanto, lo stanziamento a regime del Fondo per le non autosufficienze, a decorrere dal 2016, risulta pari a 400 milioni.

 

 


Articolo 1, comma 412
(Rinnovi contrattuali personale del Servizio sanitario nazionale )

 

 

Il comma 412, introdotto alla Camera, detta disposizioni volte alla copertura degli oneri per i rinnovi contrattuali del personale del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 412, introdotto alla Camera, vincola una quota del livello del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato (come ridotto ai sensi del comma 392[163]) per la copertura degli oneri (come rideterminati dall’apposito DPCM previsto dal comma 367 per l’aggiornamento dei criteri di determinazione degli oneri per la contrattazione collettiva 2016-2018) relativi ai rinnovi contrattuali del personale dipendente e convenzionato del S.S.N.. Il vincolo opera dalla data di adozione del DPCM di ripartizione dell’istituendo Fondo per il pubblico impiego (di cui al comma 365).

 

Per approfondimenti si rinvia alle schede di lettura relative ai commi 365, 367 e 392.

 

 


Articolo 1, commi 413-419
(Misure di efficientamento della spesa per acquisti)

 

 

I commi 413-419 prevedono il perfezionamento delle misure di efficientamento della spesa per acquisti nella pubblica amministrazione tramite:

§  individuazione di nuovi strumenti di acquisto centralizzato sulla base di uno studio svolto dal MEF, tramite Consip;

§  sperimentazione su due ministeri e due categorie merceologiche in cui il MEF procede come acquirente unico;

§  estensione del Programma di razionalizzazione degli acquisti per i beni e servizi di particolare rilevanza strategica.

Durante l’esame alla Camera è stato specificato espressamente che da tali misure non devono derivare discriminazioni o esclusioni per le micro e le piccole imprese.

 

I commi 413 e 414 prevedono un’analisi volta ad individuare nuovi strumenti di acquisto centralizzato di beni e correlati servizi da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, tramite Consip, nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti. Tali strumenti non devono discriminare o escludere le micro e piccole imprese.

La norma cita esplicitamente modelli organizzativi che prevedano l’acquisizione di beni durevoli e la concessione dell’utilizzo degli stessi da parte delle amministrazioni o dei soggetti pubblici interessati.

Tale analisi non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La relazione illustrativa evidenzia come la disposizione dia seguito alle linee d’azione tracciate nel Def, che individua nel rafforzamento dell’acquisizione centralizzata un tassello fondamentale per sostenere la revisione della spesa tramite il recupero dell’efficienza nei processi e nei costi d’acquisto (inclusi gli oneri amministrativi connessi all’espletamento delle procedure di approvvigionamento) e una maggiore tracciabilità, trasparenza e semplificazione dell’azione amministrativa.

 

I commi da 415 a 418 riguardano l’avvio di una sperimentazione finalizzata al miglioramento dell’efficienza dell’acquisizione centralizzata, in cui il MEF procede come acquirente unico, limitatamente a due merceologie (energia elettrica e servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto) e due amministrazioni centrali (lo stesso MEF e il Ministero dell’Interno, oltre alle loro rispettive articolazioni territoriali).

Le modalità di attuazione, i tempi e le strutture ministeriali coinvolte nella sperimentazioni saranno definite con decreto del Ministero dell’economia, mentre con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia, sentiti i Ministri interessati, potranno essere individuate altre amministrazioni e categorie merceologiche a cui applicare la sperimentazione. La sperimentazione non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né dovrà comportare discriminazioni o esclusioni per le micro e piccole imprese.

Il comma 419 rinforza il procedimento di acquisizione centralizzata per i beni e servizi informatici (ICT), in particolare quelli la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica.

La norma interviene sulle disposizioni in materia contenute nella legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015):

a)   precisando, al comma 512, che le P.A. interessate provvedono ai propri approvvigionamenti esclusivamente tramite gli strumenti di acquisto e di negoziazione di Consip S.p.A. o dei soggetti aggregatori;

b)  inserendo il comma 514-bis, che estende il ricorso a Consip per i beni e servizi ICT la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica secondo quanto indicato nel Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione. Per tali beni, le amministrazioni statali, centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, nonché gli enti nazionali di previdenza ed assistenza sociale pubblici e le agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ricorrono a Consip S.p.A., nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione del Ministero dell’economia e delle Finanze. A tal fine Consip S.p.A., può anche supportare tali amministrazioni nell’individuazione di specifici interventi di semplificazione, innovazione e riduzione dei costi dei processi amministrativi. Per queste attività è previsto un incremento delle dotazioni che finanziano il Programma di razionalizzazione degli acquisti del Ministero dell’economia e delle finanze di 3 milioni di euro per l’anno 2017 e di 7 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Si ricorda che il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione deve essere redatto da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), ed approvato dal Presidente del consiglio dei ministri o dal Ministro delegato, come previsto all’art.1, comma 513, della legge di stabilità per il 2016. Il Piano Triennale contiene, per ciascuna amministrazione o categoria di amministrazioni, l’elenco dei beni e servizi informatici e di connettività e dei relativi costi, suddivisi in spese da sostenere per innovazione e spese per la gestione corrente, individuando altresì i beni e servizi la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica. Nelle more della definizione del Piano, che entrerà a regime dal 2017, è stata emanata una circolare sulle modalità transitorie di acquisizione di beni e servizi ICT.

c)   integrando il comma 515 in modo da escludere le acquisizioni di particolare rilevanza strategica dagli obiettivi di risparmi annuali di spesa del triennio 2016-2018 previsti dalla stessa legge di stabilità per il 2016.

La legge di stabilità 2016 all’art.1, commi 512-517, prevede un obiettivo di risparmio della spesa annuale della pubblica amministrazione, da raggiungere alla fine del triennio 2016-2018, pari al 50 per cento della spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015.

 


Articolo 1, commi 420-423
(Acquisizioni di beni e servizi in forma centralizzata nonché linee di indirizzo e standard per la gestione dei magazzini, la logistica distributiva, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione ed in materia di risorse umane)

 

 

I commi da 420 a 423 riguardano la disciplina sull'obbligo, a carico delle pubbliche amministrazioni, di procedere ad acquisizioni di beni e di servizi in forma centralizzata. Le novelle concernono casi in cui non sia possibile il ricorso a tale forma e la costituzione di un Comitato guida, ai fini dell'indicazione di linee guida in materia. Il comma 423 prevede la conclusione di un accordo, in sede di Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome, relativo a linee di indirizzo e standard per la gestione dei magazzini e la logistica distributiva, nonché, come aggiunto dalla Camera, con riferimento alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nonché alle politiche e ai processi di gestione delle risorse umane.

 

La novella di cui al comma 421 integra la disciplina sull'obbligo di ricorrere a Consip S.p.A. o ad altri soggetti aggregatori (iscritti[164] nell'apposito elenco[165]) per le acquisizioni di beni e servizi, posto a carico delle amministrazioni statali centrali e periferiche (ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie) nonché delle regioni, degli altri enti territoriali e locali[166] e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

Si ricorda che l'obbligo sussiste per le categorie di beni e servizi e per i casi di superamento delle soglie stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali, sentita l'Autorità nazionale anticorruzione, entro il 31 dicembre di ogni anno.

In base alla novella di cui al comma 421, le amministrazioni pubbliche sottoposte al suddetto obbligo possono procedere, in caso di motivata urgenza, qualora non siano disponibili i relativi contratti di Consip S.p.A. o degli altri soggetti aggregatori, allo svolgimento di autonome procedure di acquisto, dirette alla stipulazione di contratti aventi durata e misura strettamente necessaria. L’Autorità nazionale anticorruzione rilascia il codice identificativo per la gara (consentita ai sensi della novella in commento)[167].

La novella di cui al comma 420 istituisce - nell'ambito del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori[168] - un Comitato guida, costituito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali. Il Comitato, oltre ai cómpiti previsti dal medesimo decreto, fornisce, attraverso linee guida, indicazioni utili per lo sviluppo delle migliori pratiche, con riferimento alle procedure inerenti ai contratti centralizzati in oggetto, ivi inclusa la determinazione delle fasce di valori da porre a base d’asta e - come inserito dalla Camera - delle modalità per non discriminare o escludere le micro e le piccole imprese. La Consip S.p.A. e gli altri soggetti aggregatori trasmettono al Comitato, nel caso di non allineamento alle linee guida suddette, una preventiva comunicazione motivata, sulla quale il Comitato può esprimere proprie osservazioni.

Il comma 422 prevede che nella definizione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, dei criteri di riparto del "Fondo per l'aggregazione degli acquisti di beni e di servizi destinato al finanziamento delle attività svolte dai soggetti aggregatori" si tenga conto anche dell’allineamento, da parte dei medesimi, alle indicazioni fornite dal Comitato guida.

Il comma 423 demanda ad un accordo, da sancirsi in sede di Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome entro il 28 febbraio 2017, la definizione delle attività da porre in essere per pervenire all'individuazione di linee di indirizzo per l’efficientamento e di standard, con riferimento ai magazzini e alla logistica distributiva, nonché, come aggiunto dalla Camera, con riferimento alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nonché alle politiche e ai processi di gestione delle risorse umane.

 

Sembrerebbe opportuno chiarire l'àmbito delle pubbliche amministrazioni a cui faccia riferimento il presente comma 423, anche al fine di valutare se la sede della Conferenza unificata Stato-regioni-province autonome-città ed autonomie locali possa essere più appropriata rispetto alla Conferenza suddetta.


Articolo 1, comma 424
(Programma biennale degli acquisti di beni e servizi)

 

 

Il comma 424, introdotto alla Camera, sposta l’obbligo di approvazione del programma biennale degli acquisti di beni e servizi per le amministrazioni aggiudicatrici a decorrere dal bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2018, in deroga a quanto previsto dall’attuale normativa sugli allegati al bilancio degli enti locali.

 

Il comma 424 sposta all’esercizio finanziario 2018 la decorrenza dell’obbligo di approvazione del programma biennale degli acquisti di beni e servizi, che il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016, articolo 21) ha imposto alle amministrazioni aggiudicatrici, in deroga alla vigente normativa sugli allegati al bilancio degli enti locali stabilita dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000) e dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (sull’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali).

Il programma biennale per l’acquisto di beni e servizi relativo agli esercizi 2018–2019 dovrà quindi essere una componente del Documento Unico di Programmazione (DUP) relativo al periodo 2018- 2020, che dovrà essere presentato al Consiglio entro il 31/7/2017.

 

Si ricorda che l’articolo 21 comma 1, del D.lgs 50/2016, ha disposto un obbligo di programmazione per le amministrazioni aggiudicatrici, che devono adottare il programma biennale degli acquisti di beni e servizi e il programma triennale dei lavori pubblici, nonché i relativi aggiornamenti annuali. I programmi sono approvati nel rispetto dei documenti programmatori e in coerenza con il bilancio.

Il programma biennale di forniture e servizi e i relativi aggiornamenti annuali contengono gli acquisti di beni e di servizi di importo unitario stimato pari o superiore a 40.000 euro. Nell'ambito del programma, le amministrazioni aggiudicatrici individuano i bisogni che possono essere soddisfatti con capitali privati. Le amministrazioni pubbliche comunicano, entro il mese di ottobre, l'elenco delle acquisizioni di forniture e servizi d'importo superiore a 1 milione di euro che prevedono di inserire nella programmazione biennale al Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori

Si demanda a un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo, previo parere del CIPE, sentita la Conferenza unificata, deve definire la normativa di dettaglio della programmazione. Il decreto non è stato ancora adottato.

Nelle more dell’emanazione di tale decreto, il nuovo Codice dei contratti pubblici prevede l’applicazione degli atti di programmazione già adottati ed efficaci, all'interno dei quali le amministrazioni aggiudicatrici individuano un ordine di priorità degli interventi, tenendo comunque conto dei lavori necessari alla realizzazione delle opere non completate e già avviate sulla base della programmazione triennale precedente, dei progetti esecutivi già approvati e dei lavori di manutenzione e recupero del patrimonio esistente, nonché degli interventi suscettibili di essere realizzati attraverso contratti di concessione o di partenariato pubblico privato. Le amministrazioni aggiudicatrici procedono con le medesime modalità per le nuove programmazioni che si rendano necessarie prima dell'adozione del decreto ministeriale.

 

Si segnala infine che resta invariato l’obbligo per le amministrazioni pubbliche previsto dall’articolo 1, comma 505, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015), di approvare, entro il mese di ottobre di ciascun anno, il programma biennale e suoi aggiornamenti annuali degli acquisti di beni e di servizi di importo unitario stimato superiore a 1 milione di euro.

 


Articolo 1, comma 425
(Misure di efficientamento della spesa dei Ministeri)

 

 

Il comma 425 definisce le modalità attraverso le quali la Presidenza del Consiglio e i Ministeri concorrono alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2017-2019, prevedendo la possibilità che le riduzioni di spesa disposte con il disegno di legge di bilancio possano essere rimodulate nell’ambito di ciascun Ministero, fermo restando i risparmi di spesa da realizzare in termini di indebitamento netto della P.A..

La rimodulazione viene attuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Con il disegno di legge di bilancio in esame si prevede che le Amministrazioni centrali dello Stato e la Presidenza del Consiglio dei Ministri contribuiscano alla manovra di finanza pubblica per il triennio 2017-2019 attraverso misure disposte - in gran parte nella seconda sezione - con il disegno di legge medesimo.

L’entità dei risparmi, in termini di riduzioni della spesa ovvero aumenti di entrata, è definita nella relazione tecnica allegata al disegno di legge per un ammontare complessivo, in termini di indebitamento netto, pari a 728,4 milioni nel 2017, 708,9 milioni nel 2018 e 713,2 milioni nel 2019. A decorrere dal 2020 l’entità dei risparmi previsti per il 2019 è da considerarsi permanente.

 

Considerata l’entità delle misure di contenimento della spesa apportate con il disegno di legge di bilancio in esame, al fine di assicurare la necessaria flessibilità gestionale nel corso dell’esercizio 2017, il comma 1 dell’articolo 61 prevede la possibilità di rimodulare le riduzioni di spesa apportate a titolo di concorso dei Ministeri agli obiettivi di finanza pubblica, nell’ambito dei propri stati di previsione della spesa e fermi restando i risparmi da conseguire.

In relazione alla quantificazione della spending review, la relazione tecnica riporta nel dettaglio il contributo al miglioramento dei saldi da parte di ciascun Ministero e della Presidenza del Consiglio, sia in termini di saldo netto da finanziarie che di indebitamento netto, in una tabella riepilogativa, di seguito riportata con alcuni elementi integrativi della stessa. Tale contributo è stato realizzato attraverso misure di risparmio di spesa o di aumento di entrata che derivano sia dalle disposizioni della Sezione I che dai definanziamenti di spesa previsti nella Sezione II.

 

Si ricorda che con la riforma della legge di contabilità sono state apportate rilevanti innovazioni alle disposizioni che disciplinano la formazione e la variazione delle dotazioni finanziarie dei programmi di spesa del bilancio di previsione. Innanzitutto, gli obiettivi di spesa di ciascun Dicastero, riferiti al triennio, vengono ora definiti con apposito D.P.C.M., previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro il 31 maggio di ciascun anno, ai sensi del nuovo articolo 22-bis, comma 1 (introdotto nella legge di contabilità dall'articolo 4 del D.Lgs. n. 90/2016).

I Ministri, in sede di formulazione degli schemi degli stati di previsione della seconda sezione, indicano le risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi triennali, anche mediante proposte di rimodulazione delle stesse risorse, e formulano le proprie proposte di modifica della legislazione vigente utili per il conseguimento dell’obiettivo di risparmio definito per ciascuna Amministrazione.

Nella relazione tecnica si evidenzia che, nelle more della prima attuazione di tale innovazione, il MEF ha condiviso l’obiettivo di risparmio e i criteri di valutazione delle proposte formulate da ciascuna Amministrazione attraverso apposite interlocuzioni a livello di vertice politico.

 

Come emerge dai conteggi riepilogativi elaborati nelle ultime righe della tabella, riferita al testo iniziale del disegno di legge, la quasi totalità degli effetti migliorativi deriva dalla Sezione II del disegno di legge di bilancio, ovvero da definanziamenti di leggi di spesa operati sui singoli stati di previsione, come emerge dagli allegati conoscitivi ex articolo 23, comma 3, lettera b) della legge di contabilità.

I risparmi derivanti dalla Sezione I del disegno di legge di bilancio, riguardano il Ministero degli affari esteri, e sono riconducibili alle disposizioni di cui ai successivi commi da 426 a 428, e il Ministero delle politiche agricole, derivanti dalle misure di cui al comma 429, cui si rinvia.

La quota di risparmi di spesa che concerne la spesa corrente risulta crescente nel triennio, passando dall’82 per cento nel 2017 al 92 per cento del biennio successivo.

 

 


 

Tabella 4 - Ammontare dei risparmi conseguiti per ciascun Ministero

(Milioni di euro)

Effetti migliorativi per i Ministeri

Saldo netto da finanziare

Indebitamento netto

 

e/s

sezione

2017

2018

2019

2017

2018

2019

Presidenza del Consiglio Ministri

s

II

8

10,4

10

8

10,4

10

Economia e finanze

 

 

490,2

475,6

477,5

488,6

477,3

480,9

di cui

e

II

 

 

 

-0,1

-0,1

-0,1

 

s

II

490,2

475,6

477,5

488,7

477,4

481

Sviluppo economico

s

II

40

40

40

40

40

40

Lavoro

s

II

4

5

5

4

5

5

Giustizia

s

II

15,1

13,9

1,8

12,6

13,3

4,8

Esteri

 

 

35,5

29,5

35,5

35,5

29,5

35,5

di cui

e

I

20

20

26

4

4

10

 

s

I

 

 

 

16

16

16

 

s

II

15,5

9,5

9,5

15,5

9,5

9,5

Istruzione

s

II

11,9

2,9

2,6

11,9

2,9

2,6

Interno

 

 

27,4

26

24,4

24

22,8

24,4

di cui

e

II

 

 

 

-3,4

-3,2

0

 

s

II

27,4

26

24,4

27,4

26

24,4

Ambiente

s

II

4

5

5

4

5

5

Trasporti

s

II

10,2

10,8

15,5

8,2

11,3

17

Difesa

s

II

74,9

74,8

71,4

74,9

74,8

71,4

Politiche agricole

 

 

5,2

5,2

5,2

5,2

5,2

5,2

di cui

e

I

 

 

 

0,9

0,9

0,9

 

s

I

0,9

0,9

0,9

 

 

 

 

s

II

4,3

4,3

4,3

4,3

4,3

4,3

Beni culturali e turismo

s

II

5,5

5,3

5,5

5,5

5,3

5,5

Salute

s

II

6

6

6

6

6

6

Totale complessivo

 

 

737,9

710,4

705,3

728,4

708,9

713,2

di cui

 

 

 

 

 

 

 

 

Da maggiori entrate

 

 

20

20

26

1,4

1,6

10,8

Da minori spese

 

 

717,9

690,4

679,3

727

707,2

702.4

Spesa corrente

 

 

591,2

630

623,4

590,3

929,1

622,5

Spesa in conto capitale

 

 

126,7

60,4

55,9

136,7

78,2

79,9

Da Sezione I

 

 

20,9

20,9

26,9

20,9

20,9

26,9

Da Sezione II

 

 

717

689,5

678,5

707,5

687,9

686,4

Gli importi contenuti nella tabella sono desunti dalla relazione tecnica allegata al testo del disegno di legge di bilancio trasmesso alla Camera.

e= entrata; s= spesa.

Gli importi negativi delle entrate del MEF e del Ministero dell’interno sono correlati a riduzioni di spesa relative a capitoli di bilancio che hanno natura di redditi da lavoro dipendente e ai quali sono associati effetti fiscali e contributivi.

 


Articolo 1, comma 426
(Accantonamento di ricavi derivanti
dalla dismissione d’immobili all’estero)

 

 

Il comma 426 prevede il mantenimento all’entrata dello stato, per ciascun anno del triennio 2017-2019, di una quota delle risorse derivanti dalla vendita di immobili all’estero.

 

La norma in commento modifica il comma 624 dell’articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015), nei termini seguenti:

 

la lettera a) dispone l’incremento di somme che rimangono acquisite all’entrata del bilancio dello Stato portandole all’ammontare di 26 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 ed estendendone l’acquisizione anche al 2019, nella misura di 16 milioni.

 

Il comma 624 della legge di stabilità 2016 dispone che le maggiori entrate realizzate nel triennio 2016-2018 da dismissioni immobiliari operate dal MAECI, in attuazione dei commi 1311 e 1312 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2007, rimangono acquisite all’entrata del bilancio dello Stato nella misura di 20 milioni di euro per il 2016 e di 10 milioni per ciascun anno 2017 e 2018. A seguito della disapplicazione ad esse delle disposizioni del successivo comma 1314 tali somme non possono essere impiegate per rifinanziare la legge n. 477/1998 finalizzata a ristrutturazione e restauro degli immobili del demanio italiano all’estero.

 Si ricorda che il comma 1311 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 prevede che il MAECI si avvale dell’Agenzia del demanio per l’elaborazione di un piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato ubicato all’estero. Il comma 1312 prevede che il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sulla base di tale piano, individua con proprio decreto gli immobili da dismettere, anche per il tramite dell’Agenzia del demanio.

Il comma 1314 - del quale il comma 624 prevede la non applicazione limitatamente alle entrate di 20 milioni per il 2016 e 10 milioni per il 2017 e il 2018 - stabilisce che, compatibilmente con gli obiettivi di bilancio presentati in sede europea, il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio decreto, possa destinare una quota non minore del 30 per cento dei proventi delle operazioni di dismissione previste dal precedente comma 1312 al rifinanziamento della legge n. 477 del 1998, finalizzata alla ristrutturazione, restauro e manutenzione straordinaria degli immobili del demanio italiano ubicati all’estero.

 

la lettera b) novella il testo del richiamato comma 624 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2016 ggiungendovi la previsione che, nelle more del versamento all’entrata del bilancio dello Stato delle somme individuate dalla lettera a), il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile nello stato di previsione del MAECI la somma di 26 milioni di euro per ciascuna annualità 2017 e 2018, nonché la somma di 16 milioni  per il 2019, al netto di quanto effettivamente versato in ciascuna annualità del triennio.

L’accantonamento è posto a valere sul finanziamento annuale all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione del MAECI, previsto dall’art. 18, comma 2, lett. c) della legge n. 125/2014 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo).

 

Lo stanziamento annuale rappresenta uno dei cinque canali di finanziamento dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, istituita dalla legge n. 125/2014. Gli altri canali sono costituiti dalle risorse finanziarie trasferite da altre amministrazioni, dagli introiti derivanti da convenzioni con soggetti pubblici o privati, da donazioni, lasciti e liberalità e dal 20 per cento della quota di diretta gestione statale dell’otto per mille (art. 47, comma 2 della legge n. 222/1985).

 


Articolo 1, commi 427-428
(Introiti derivanti dall’aumento della tariffa dei diritti consolari)

 

 

Il commi 427 rende permanente, a decorrere da quest’esercizio finanziario, l’acquisizione all’entrata del bilancio dello Stato degli introiti, pari a 6 milioni annui, derivanti dall’aumento della tariffa dei diritti consolari, mentre il comma 428 dispone che rimangano parimenti acquisite all’entrata del bilancio dello Stato i maggiori introiti, rispetto all’esercizio finanziario 2014, pari a 4 milioni di euro, derivanti da tale aumento.

 

Il comma 427 novella il comma 623 dell’articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) e rende permanente a decorrere dall’anno 2016, l’acquisizione all’entrata del bilancio dello Stato della somma annua di 6 milioni, derivante dall’incremento della tariffa dei diritti consolari disposta dal precedente comma 621.

 

Il vigente comma 623 dell’articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 limita al solo triennio 2016-2018 l’acquisizione all’entrata in oggetto. Il comma, inoltre, dispone la non applicazione delle disposizioni del comma 568 dell’articolo 1 e del comma 58 dell’articolo 2, rispettivamente della legge finanziaria per il 2007 e della legge finanziaria per il 2008.

Il comma 568 ha previsto la parziale destinazione, nel limite di 10 milioni di euro annui, delle maggiori entrate provenienti dalla tariffa consolare al funzionamento e alla razionalizzazione delle sedi all’estero del Ministero.

Il comma 58, riferendosi al comma 568, ha previsto un maggior limite di 40 milioni di euro per le medesime entrate, da porre a disposizione degli uffici all’estero, previa confluenza nel fondo a suo tempo previsto dal comma 39 dell’articolo 3 della legge finanziaria 2004 all’interno dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, da ripartire per eventuali maggiori esigenze per consumi intermedi.

 

Il comma 428 dispone invece che rimangano acquisite all’entrata del bilancio dello Stato i maggiori introiti rispetto all’esercizio finanziario 2014, accertati e riscossi dalla rete consolare, pari a 4 milioni a decorrere dal 2017, derivanti dall’aumento delle tariffe consolari.

 Tali tariffe sono riportate nella tabella allegata al decreto legislativo n. 71/2011, a suo tempo modificata dall’articolo 41-bis comma 1 del DL n. 83/2012.

Il comma 428, inoltre, disapplica, analogamente a quanto previsto dal comma precedente, i già richiamati commi 568 della legge finanziaria per il 2007 e 58 della legge finanziaria per il 2008, disponendo, altresì, la non applicazione del comma 2 del citato articolo 41-bis, il quale riassegna al MAECI - con esclusione dei diritti per il rilascio del passaporto elettronico - le maggiori entrate derivanti dall’incremento della tariffa consolare disposto dal comma 1.

Analogamente a quanto previsto nella lettera b) del comma 426 del medesimo articolo 1, nelle more del versamento all’entrata del bilancio dello Stato della somma di 4 milioni, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile, a decorrere dal 2017, nello stato di previsione del MAECI, una somma equivalente, al netto di quanto versato in ciascun anno dal 2017, a valere sul già ricordato finanziamento annuale all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo.

 


Articolo 1, comma 429
(Assegnazione di quota dei contributi per le domande di riconoscimento della cittadinanza italiana)

 

 

Il comma 429, introdotto durante l’esame presso la Camera, riassegna il 30 per cento dei versamenti effettuati per la domanda di riconoscimento di cittadinanza italiana (pari a 300 euro) allo stato di previsione della spesa dell'esercizio in corso del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Tali risorse sono trasferite agli uffici dei consolati di ciascuna Circoscrizione consolare che hanno operato la percezione del predetto contributo, in proporzione delle percezioni realizzate.

 

La norma in commento prevede che i proventi derivanti dal versamento di 300 euro effettuato da maggiorenni a corredo della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana,  sono riassegnati dall’anno 2017, nella misura del 30 per cento, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, allo stato di previsione della spesa dell’esercizio in corso del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Il trasferimento delle risorse ricevute dal Ministero dell’economia è è effettuato con decreto del Ministro degli Affari esteri agli uffici consolari che hanno ricevuto i versamenti dei contributo di 300 euro, in misura proporzionale ai versamenti ricevuti.

Tali somme accreditate ai consolati sono destinate al rafforzamento dei servizi consolari per i cittadini italiani residenti o presenti all’estero, con priorità per la contrattualizzazione di personale locale da adibire, sotto le direttive e il controllo dei funzionari consolari, allo smaltimento dell’arretrato riguardante le pratiche di cittadinanza presentate presso i medesimi uffici consolari.

 

L’articolo 5-bis del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha introdotto alcune modifiche al regime delle entrate riscosse dal Ministero degli affari esteri quale corrispettivo del riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne. In particolare è stato inserito l’art. 7-bis dopo l’articolo 7 della Sezione I della Tabella dei diritti consolari da riscuotere presso le ambasciate ed i consolati italiani all’estero a fronte dei numerosi servizi da questi prestati, allegata al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, recante ordinamento e funzione degli uffici consolari, ai sensi dell’articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246 (legge di semplificazione per il 2005).

L’articolo 7-bis in oggetto introduce nella tariffa consolare la fattispecie dei diritti da riscuotere per il trattamento della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana a persona maggiorenne, fissando l’importo nella misura di 300 euro.


Articolo 1, comma 430
(Riduzione del finanziamento per l’Agenzia italiana per cooperazione allo sviluppo)

 

 

Il comma 430, introdotto durante l’esame presso la Camera, riduce, di 0,8 milioni di euro per il 2017 e di 3 milioni di euro dal 2018 il finanziamento annuale riconosciuto all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (ex art. 18, comma  2, lett. c), della legge n. 125/2014).

 

Nel disegno di legge di bilancio per il 2017 gli stanziamenti relativi all’AICS sono stati raggruppati in tre nuovi capitoli dello stato di previsione del MAECI (tabella 6):

 

§  cap. 2021, spese per il personale: 19,11 milioni;

§  cap. 2171, spese di funzionamento: 3,38 milioni;

§  cap. 2185, interventi di cooperazione internazionale: 392,86 milioni,

§  totale: 415,35 mlioni.

 

L’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), istituita dall’art. 17 della legge di riforma della cooperazione italiano allo sviluppo (legge 11 agosto 2014, n. 125/2014), ha il compito dell'Agenzia di svolgere le attività di carattere tecnico-operativo connesse alle fasi di istruttoria, formulazione, finanziamento, gestione e controllo delle iniziative italiane di cooperazione internazionale.

Il successivo art. 18 attribuisce autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, patrimoniale, contabile e di bilancio all’Agenzia ed elenca le risorse finanziarie ad essa attribuibili, definendo quelle riservate ad attività di APS come impignorabili[169].

Le fonti di finanziamento dell’Agenzia sono costituite da:

risorse finanziarie trasferite dalle amministrazioni di provenienza del personale ad essa assegnato;

introiti derivanti dalle convenzioni;

un finanziamento annuale iscritto in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

donazioni, lasciti, legati e liberalità, debitamente accettati;

una quota pari al 20 per cento della quota a diretta gestione statale delle somme del cosiddetto “8 per mille” di cui all'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222.

La disposizione in commento – introdotta durante l’esame alla Camera - va letta in correlazione con quanto disposto dall’articolo 1, comma 365, lett. b) che dispone che anche le assunzioni a tempo indeterminato presso l’AICS (come quelle presso le altre amministrazioni dello Stato previste dalla medesima) siano ricomprese tra quelle finanziate dal Fondo per il pubblico impiego appositamente istituito dal medesimo.


Articolo 1, comma 431
(Riduzione sgravio contributivo per le imprese armatrici)

 

 

Il comma 431, prevede la riduzione dal 2017 dello sgravio contributivo per le imprese armatrici con riferimento al personale componente gli equipaggi.

 

Il comma 431 prevede una riduzione dello sgravio contributivo totale previsto per le imprese armatoriali e per il loro personale dipendente imbarcato (di cui all’articolo 6 del D.L. n. 457/1997), che, a decorrere dal 2017, viene corrisposto nel limite del 48,7%.

 

L’articolo 6 del D.L. 457/1997 ha stabilito la concessione, alle imprese armatoriali, per le navi iscritte al Registro internazionale, di un esonero totale dagli oneri contributivi (sia gli oneri previdenziali ed assistenziali direttamente a carico dell'impresa, sia la parte che le stesse imprese versano per conto del lavoratore dipendente) per il personale italiano o comunitario imbarcato a decorrere dal 1° gennaio 1998. L’esonero opera anche nei confronti del richiamato personale. Allo stesso tempo, è stata disposta la concessione (sotto determinate condizioni), alle stesse imprese, di un contributo pari all'importo complessivo delle ritenute a titolo di acconto operate nel 1997 nei confronti della gente di mare, nel rispetto di specifici limiti.

 


Articolo 1, comma 432
(Interventi organizzativi nel Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo)

 

 

Il comma 432 – introdotto durante l’esame alla Camera – prevede interventi sulle Soprintendenze speciali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e sugli istituti e luoghi della cultura di rilevante interesse nazionale, finalizzati a garantire una razionalizzazione della spesa del Mibact e maggiore efficienza delle modalità di bigliettazione degli istituti e luoghi della cultura indicati.

 

Innanzitutto, la previsione attiene all’adeguamento delle Soprintendenze speciali agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura di cui all’art. 14 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

In base all’art. 30, co. 2, lett. a), del DPCM 171/2014, recante il regolamento di organizzazione del Mibact, e tenendo conto delle modifiche successivamente intervenute con altra tipologia di atto, le Soprintendenze cui si fa riferimento sono la Soprintendenza speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma[170] e la Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia, che dal 1° gennaio 2017 assumerà - in base all’art. 2, co. 5-ter, del D.L. 83/2014, come modificato dall’art. 5, co. 1-bis, del D.L. 210/2015 (L. 21/2016) - la denominazione di Soprintendenza Pompei[171].

 

Si ricorda che la relazione tecnica all’A.C. 4127 specificava, con riferimento ad analoga previsione poi oggetto di stralcio (A.C. 4127-decies), che l’adeguamento alle previsioni di cui all’art. 14 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) riguardava, in particolare, la possibilità di selezionare i direttori mediante apposita procedura internazionale.

Il riferimento all’art. 14 del D.L. 83/2014 è dunque da intendersi al co. 2-bis.

Infatti, quest’ultimo ha disposto che, al fine, fra l’altro, di adeguare l'Italia agli standard internazionali in materia di musei, con il regolamento di organizzazione del Ministero – poi emanato con il citato DPCM 171/2014 – sono individuati i poli museali e gli istituti della cultura statali di rilevante interesse nazionale che costituiscono uffici di livello dirigenziale, nei quali gli incarichi possono essere conferiti, con procedure di selezione pubblica, per una durata da tre a cinque anni, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura.

Successivamente, peraltro, l’art. 1, co. 327, della L. 208/2015 ha disposto che, al fine di dare più efficace attuazione alle disposizioni sul silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche di cui all’art. 17-bis, co. 3, della L. 124/2015[172], entro il 31 gennaio 2016 si poteva procedere alla riorganizzazione, anche mediante soppressione, fusione o accorpamento, degli uffici dirigenziali, anche di livello generale, del Mibact, attraverso un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare ai sensi dell’art. 17, co. 4-bis, lett. e), della L. 400/1988 e dell’art. 4, co. 4 e 4-bis, del d.lgs. 300/1999[173].

Su tale base, è stato emanato il DM 23 gennaio 2016, che – oltre a quanto già detto in nota – ha previsto, tra l’altro, la costituzione di 10 istituti e musei di rilevante interesse nazionale (ulteriori rispetto ai 18 previsti dall’art. 30, co. 3, del DPCM 171/2014 e ai 2 ai quali l’autonomia speciale è stata attribuita con D.I. 8 maggio 2015), disponendo che agli stessi poteva essere attribuita l’autonomia speciale. Quest’ultima è stata attribuita con D.I. 328 del 28 giugno 2016.

 

Al fine sopra indicato, stabilisce che, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provvede a modificare il citato DM 23 gennaio 2016, nei termini e nei modi di cui all’art. 1, co. 327, della L. 208/2015, fermi restando i limiti delle dotazioni organiche del Mibact (determinati dalle tab. A e B del DPCM 171/2014).

Si riapre, così, sostanzialmente il termine per una procedura di riorganizzazione del Mibact attraverso decreto ministeriale che, in base ai termini previsti dalla legge di stabilità 2016, si era già esaurita.


Articolo 1, commi 433, 437-439
(Fondi a favore degli enti territoriali)

 

 

I commi 433 e 437-439 prevedono l’istituzione di due fondi, nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, destinati al finanziamento di interventi a favore degli enti territoriali.

 

In particolare, il comma 433 prevede l’istituzione nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze del fondo denominato “Fondo da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali solo in termini di saldo netto da finanziare”.

Il Fondo è alimentato con le risorse iscritte in conto residui che risultino non erogate alla data di entrata in vigore della legge di bilancio in esame, autorizzate per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e non utilizzate dalle regioni a tal fine, e con le somme disponibili sulla contabilità speciale istituita dall’articolo 45, comma 2, del D.L. n. 66/2014, per le operazioni di ristrutturazione del debito delle regioni, non utilizzate dalle regioni alla data del 31 dicembre 2016.

 

Nel complesso, secondo quanto indicato nella Relazione tecnica al disegno di legge, dovrebbe trattarsi di circa 1.992,4 milioni di euro, di cui:

a)   623,7 milioni dalle somme in conto residui non utilizzate dalla regione Campania per la copertura del piano di rientro dal disavanzo nel settore del trasporto pubblico locale, ai sensi del comma 13 dell’articolo 11 del D.L. n. 76/2013, a valere sull’importo già attribuito alla regione medesima come anticipazione per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione (1.452,6 milioni di euro);

b)  207,6 milioni dalle risorse in conto residui autorizzate per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 2 del D.L. n. 35/2013 e dell’articolo 8 del D.L. n. 78/2015, e non utilizzate dalle regioni a tal fine;

c)   491,1 milioni dalle risorse in conto residui, autorizzate per il pagamento dei debiti del Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 35/2013 e relativi rifinanziamenti, e non utilizzate a tal fine dalle regioni;

d)  670 milioni dalle somme disponibili sulla contabilità speciale istituita dall’articolo 45, comma 2, del D.L. n. 66/2014 per le operazioni di ristrutturazione del debito delle regioni, non utilizzate alla data del 31 dicembre 2016.

 

L’articolo 45 citato, si ricorda, disciplina la ristrutturazione di parte del debito delle regioni, con una conseguente riduzione dell’onere annuale destinato al pagamento dello stesso, con riferimento a due tipologie di operazioni di indebitamento: a) mutui contratti con il Ministero dell’economia e delle finanze, direttamente o per il tramite della Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., con vita residua pari o superiore a 5 anni e importo del debito residuo da ammortizzare superiore a 20 milioni di euro; in questi casi la scadenza viene allungata fino a trent'anni da ammortizzare con rate costanti ad interessi pari a quelli dei BTP con durata finanziaria più vicina al nuovo mutuo; b) titoli obbligazionari regionali con vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli pari o superiore a 250 milioni di euro; in questi casi la regione finanzia il riacquisto dei titoli utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal MEF e con contestuale cancellazione dei derivati insistenti su di essi. In questo modo, il debito delle regioni verso il mercato verrebbe sostituito con un debito delle stesse verso il Tesoro.

L’articolo 1, comma 700, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) ha inoltre autorizzato, per le operazioni suddette, l’apertura di una apposita contabilità speciale presso il Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Le suddette risorse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato nell’anno 2017 per essere riassegnate al Fondo.

Tale Fondo, come dice la sua denominazione, è costituito solo in termini di saldo netto da finanziare, determinando pertanto oneri solo su tale saldo. Per la compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, il comma prevede che ciascun ente territoriale che beneficia del fondo è tenuto, ai sensi dell’articolo 9, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a conseguire un valore positivo del saldo di pareggio, di cui al comma 4 dell’articolo 65, in misura pari alla quota del fondo assegnata all’ente stesso (comma 437).

Il comma 5 dell’articolo 9 L. n. 243/2012 prevede che con legge dello Stato, sulla base di criteri analoghi a quelli previsti per le amministrazioni statali e tenendo conto di parametri di virtuosità, si possono prevedere, oltre al rispetto dell’equilibrio di bilancio, ulteriori obblighi – quali quello stabilito con l’articolo 63 in esame - a carico degli enti territoriali ai fini del concorso degli stessi al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Il comma 438 dispone la costituzione di un ulteriore fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, denominato “Fondo da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali”, con una dotazione di 969,6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2026, di 93, milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2027 al 2046 e di 925 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2047.

 

L’individuazione dei beneficiari, nonché le finalità, i criteri e le modalità di riparto di entrambi i fondi sono rimessi a decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 gennaio 2017 previa intesa in Conferenza Unificata (comma 439).

 

In merito a tali disposizioni, si segnala che il successivo comma 443 ne dispone l’entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta ufficiale della legge di bilancio.

 


Articolo 1, commi 434-436
(Piano di riequilibrio finanziario degli enti locali)

 

 

I commi da 434 a 436 consentono agli enti locali di procedere alla riformulazione sia del piano  di riequilibrio finanziario pluriennale disciplinato dal comma 714 della legge n. 208/2015, sia del piano triennale di copertura del disavanzo di cui all’articolo 193 del Tuel, – entrambi previsti in favore degli enti per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario – qualora ricorrano per gli enti interessati specifici presupposti indicati dai commi medesimi.

 

Le disposizioni in esame, introdotte nel corso dell’esame presso la Camera, modificano in più punti le misure sul piano di riequilibrio finanziario pluriennale introdotte dal comma 714 della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

Tale comma ora prevede che gli enti locali che dal 2013 al 2015 hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’articolo 243-bis del TUEL (che reca la disciplina generale di tale istituto[174]) ovvero che ne abbiano conseguito l’approvazione, possono:

§  ripianare la quota di disavanzo applicato al piano di riequilibrio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 2 aprile 2015[175];

§  provvedere, entro il 30 settembre 2016, ferma restando la durata massima decennale del piano di riequilibrio, a rimodularlo o riformularlo in coerenza con l'arco temporale di trenta anni previsto per il riaccertamento straordinario dei residui previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

 In particolare il comma 434, nel sostituire il comma 714, stabilisce che gli enti locali i quali abbiano presentato od ottenuto l’approvazione del suddetto piano di riequilibrio prima dell’approvazione del rendiconto 2014 possono rimodulare o riformulare il piano stesso entro il 31 marzo 2017:

a)  scorporandone la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui prevista dal comma 8, lettera e) dell’articolo 243-bis del TUEL, limitatamente ai residui antecedenti il 1°gennaio 2015.

La suddetta lettera e) dispone che l’ente che abbia predisposto il piano di riequilibrio è tenuto – ai fini di assicurare il riequilibrio medesimo - ad effettuare una revisione straordinaria di tutti i residui attivi e passivi conservati in bilancio, stralciando i residui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità(da inserire nel conto del patrimonio fino al compimento dei termini di prescrizione),nonché una sistematica attività di accertamento delle posizioni debitorie aperte con il sistema creditizio e dei procedimenti di realizzazione delle opere pubbliche ad esse sottostanti ed una verifica della consistenza ed integrale ripristino dei fondi delle entrate con vincolo di destinazione;

b)  ripianando tale quota di disavanzo secondo le modalità stabilite nel D.M. 2 aprile 2015 sopra citato, che qui non si dettagliano.

La facoltà di rimodulare o riformulare il piano di riequilibrio è consentita a condizione che alla data di presentazione od approvazione del piano l’ente locale non abbia ancora effettuato lo specifico riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 118/2011 sull’armonizzazione contabile degli enti territoriali.

Tale riaccertamento costituisce una operazione straordinaria prevista al fine di adeguare i residui attivi e passivi risultanti al 1° gennaio 2015 al nuovo principio generale della competenza finanziaria “potenziata” introdotto dal decreto legislativo 118 medesimo. Ciò in ragione della circostanza che con i nuovi principi contabili non possono continuarsi a gestire poste di residuo che derivano da registrazioni contabili che rispondono al previgente criterio della competenza finanziaria semplice. Il riaccertamento, presupponendo la verifica delle ragioni del mantenimento dei residui in base al criterio della nuova competenza, ha inevitabilmente determinato situazioni in cui risultati di amministrazione 2015 si sono chiusi in disavanzo, differentemente dalle risultanze accertate alla chiusura dei conti dell’anno precedente, con possibili ripercussioni sulla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Rimane confermata la disposizione già prevista dal comma 714 in ordine ai tempi di restituzione delle anticipazioni che ai comuni interessati dalle procedure di riequilibrio in esame possono essere state erogate dal Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, istituito dall’articolo 243-ter del Tuel[176], che consente la restituzione medesima in un periodo massimo di trenta anni. Inoltre gli enti interessati dovranno presentare alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (di cui all’articolo 155 del Tuel) una attestazione sul rispetto dei tempi di pagamento verso i propri creditori  previsti dalla Direttiva 2011/7/UE .

Per quanto concerne il comma 435, con esso si consente la riformulazione del piano triennale di copertura del disavanzo operato ai sensi dell’articolo 193 del Tuel da parte degli enti locali per i quali ricorrano i seguenti presupposti:

hanno proceduto alla revisione dei residui negli anni 2012, 2013 o 2014  a seguito di una pronuncia in tal senso della Corte dei conti;

la suddetta operazione è stata comunque effettuata antecedentemente al riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 118/2011 già citato.

Qualora per effetto della suddetta revisione dei residui gli enti interessati abbiano proceduto al piano di copertura del disavanzo previsto dal suddetto articolo 193 – a norma del quale essi deliberano il bilancio di previsione in pareggio finanziario per almeno un triennio e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, devono adottare le misure necessarie a ripristinare l’equilibrio – possono entro il 31 marzo 2017 riformulare il suddetto piano per la parte non ancora completata, secondo le modalità stabilite nel D.M. Economia  del 2 aprile 2015 (già sopra citato e che, si rammenta, detta le modalità di ripiano dell’eventuale maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 118/2011). Anche in tal caso gli enti interessati redigono una attestazione sul rispetto dei tempi di pagamento verso i propri creditori, come previsti dalla apposita Direttiva 2011/7/UE anche essa già citata, che tuttavia, a differenza di quella prevista al comma 434 che precede, va presentata alla sezione regionale della Corte dei conti .

Con il comma 436, infine, si modificano le misure di riequilibrio che l’articolo 243-bis del TUEL prevede debbano essere adottate entro il termine dell’esercizio finanziario dagli enti che nell’ambito delle procedure di riequilibrio accedano al Fondo di rotazione sopradetto. Il comma interviene in particolare con riguardo:

a)  alle spese correnti per prestazioni di servizi, per le quali si dispone che la riduzione ora prevista del 10 per cento entro il triennio possa effettuarsi entro un quinquennio, ed escludendone dal computo alcune voci di rilevante necessità, costituite dagli stanziamenti per i rifiuti solidi urbani, il trasporto pubblico locale, il servizio di acquedotto, il servizio di illuminazione pubblica e l’accoglienza di minori protetti;

b)  alle spese correnti per trasferimenti, anche in tal caso prolungando la riduzione del venticinque per cento delle stesse dal triennio ora previsto ad un quinquennio, ed eliminando dalla base di calcolo i trasferimenti destinati ad altri livelli istituzionali e ad enti, agenzie o fondazioni lirico-sinfoniche.

Viene inoltre stabilito che ferma restando l’obbligatorietà delle riduzioni  suddette l’ente possa operare, a compensazione di una minor riduzione, anche agendo su altre categorie di spesa, salvo che su quella per il personale.

Si segnala che il comma 443 dispone – senza che ne siano peraltro ravvisabili le ragioni - che le disposizioni in esame entrino in vigore anticipatamente rispetto al termine ordinario del 1° gennaio 2017, vale a dire entro il termine di pubblicazione in G.U. della presente legge.


Articolo 1, commi 440-443
(Rinegoziazione mutui da parte degli enti locali)

 

 

I commi da 440 a 443, introdotti durante l’esame alla Camera, estendono al 2017 l’efficacia di alcune disposizioni che consentono agli enti locali di effettuare operazioni di rinegoziazione dei mutui, ovvero, per taluni di questi, di rinegoziarne le rate di ammortamento.

 

Con la finalità di prolungare la possibilità per gli enti locali di rinegoziare mutui in corso, il comma 440 modifica in particolare, il comma 2 dell’articolo 7 del decreto-legge n.78 del 2015[177], laddove questo prevede che per gli anni 2015 e 2016 le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui nonché dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi possono essere utilizzate dagli enti territoriali senza vincoli di destinazione. Il comma estende l’efficacia della disposizione anche al 2017.

Con il comma 441 si consente agli enti locali, nel 2017, di poter realizzare le operazioni di rinegoziazione di mutui anche in corso di esercizio provvisorio, fermo restando l’obbligo di effettuare le relative iscrizioni nel bilancio di previsione. A tal fine la disposizione specifica – riproponendo anche per il 2017 quanto già ora stabilito dal comma 1 dell’articolo 7 del D.L. n. 78/2015 sopradetto – che la stessa si applica con riferimento alle operazioni di rinegoziazione di cui ai commi 430 e 537 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), che, si rammenta:

§  consentono alle province e alle città metropolitane, in considerazione del processo di trasferimento delle funzioni, la rinegoziazione delle rate di ammortamento in scadenza negli anni 2015 e 2016 dei mutui che non siano stati trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 430);

§  dispongono che per gli enti locali la durata delle operazioni di rinegoziazione, relative a passività esistenti già oggetto di rinegoziazione (vale a dire con riferimento all’intervenuto utilizzo di strumenti derivati[178]), non può essere superiore a trenta anni dalla data del loro perfezionamento (comma 537).

Il comma 441 in esame ripropone in termini sostanzialmente identici quanto già disposto dal comma 1 dell’articolo 7 del D.L. n.78 del 2015, norma che ad un primo esame appare avere un contenuto a regime. Non risultano pertanto evidenti le ragioni di prolungarne l’efficacia al 2017.

 

Con il comma 442, infine, si prevede che la possibilità per le province e le città metropolitane di rinegoziare le rate di ammortamento dei mutui che non siano stati trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze (in attuazione dell’articolo 5 del D.L. n. 269/2013), concessa dal sopra citato comma 430 della legge n. 190/2014 con riferimento alle rate in scadenza nell'anno 2015-2016, sia estesa anche alle rate in scadenza nel 2017.

 

Quanto infine al comma 443, questo dispone – senza che ne siano peraltro evidenti le ragioni - che le disposizioni in esame entrino in vigore anticipatamente rispetto al termine ordinario del 1° gennaio 2017, vale a dire entro il termine di pubblicazione in G.U. della presente legge di bilancio.


Articolo 1, comma 444
(Modalità di determinazione delle riduzioni finanziarie da applicare ai comuni)

 

 

Il comma 444 modifica la disciplina vigente riguardante la determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio, del fondo perequativo, nonché dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, prevedendo che il decreto del Ministro dell’interno con cui è disposta tale determinazione sia adottato d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (fatto salvo il caso di inerzia di quest’ultima).

 

Il comma 1 modifica l’articolo 16, comma 6, quarto periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, stabilendo che le riduzioni del fondo sperimentale di riequilibrio (come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23), del fondo perequativo (come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011), nonché dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna a decorrere dall'anno 2013 siano determinate con decreto del Ministero dell'interno, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Qualora quest’ultima intesa non sia sancita entro 45 giorni dalla data di prima iscrizione all’ordine del giorno della Conferenza Stato-città ed autonomie locali della proposta di riparto delle richiamate riduzioni, il decreto ministeriale può comunque essere adottato, ripartendo le riduzioni  in proporzione alla media delle spese sostenute per consumi intermedi nel triennio 2010-2012, come desunte dal SIOPE, fermo restando che la riduzione per abitante di ciascun ente non può assumere valore superiore al 250 per cento della media costituita dal rapporto fra riduzioni calcolate sulla base dei dati SIOPE 2010-2012 e la popolazione residente di tutti i comuni, relativamente a ciascuna classe demografica di cui all'articolo 156 del testo unico degli enti locali (di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

 

Rispetto alla disposizione vigente, che demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’interno le riduzioni dei richiamati fondi statali, il comma 1:

§  espunge il riferimento alla natura non regolamentare del decreto del Ministro dell’interno (in proposito si segnala che, probabilmente per un difetto di coordinamento con la disposizione, nella relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio permane il riferimento alla natura “non regolamentare” del decreto ministeriale) ;

§  demanda ad intesa in Conferenza Stato-città ed autonomie locali la determinazione delle riduzioni, prima rimesse unilateralmente al decreto del Ministro dell’interno;

§  il Ministro dell’interno può prescindere dall’intesa solo in caso di inerzia della Conferenza Stato-città ed autonomie locali (ovvero qualora non si pervenga ad un’intesa entro 45 giorni dalla data di iscrizione all’ordine del giorno della medesima Conferenza della proposta di riparto).

 

Le modifiche che il comma 1 intende introdurre al procedimento per la determinazione delle anzidette riduzioni risulta in linea con quanto statuito dalla Corte costituzionale. Come si legge nella relazione illustrativa, la disposizione in commento “si pone l’obiettivo di recepire quanto stabilito nella sentenza della Corte costituzionale n. 129/2016”.

 

Nello specifico, con detta sentenza, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012 nella parte in cui prevede la riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio senza alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati ed in assenza di un termine per l’adozione del decreto ministeriale.

Secondo la suprema Corte, che richiama in proposito le sentenze n. 65 e n. 1 del 2016, n. 88 e n. 36 del 2014, n. 376 del 2003, non è in discussione che “le politiche statali di riduzione delle spese pubbliche possano incidere anche sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali”; né possono considerarsi illegittime le clausole di chiusura che consentano allo Stato di poter comunque giungere alla determinazione delle riduzioni dei trasferimenti, anche in via unilaterale, al fine di assicurare che l’obiettivo del contenimento della spesa pubblica sia raggiunto pur nella inerzia degli enti territoriali (ex multis, sentenze n. 82 e 19 del 2015). Tuttavia, secondo la Corte costituzionale, “tale incidenza [sull’autonomia finanziaria degli enti] deve, in linea di massima, essere mitigata attraverso la garanzia del loro coinvolgimento nella fase di distribuzione del sacrificio e nella decisione sulle relative dimensioni quantitative, e non può essere tale da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni degli enti in questione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015 e n. 241 del 2012)”.

 


Articolo 1, comma 445
(Spese di personale per assunzioni comune di Matera)

 

 

Il comma 445, introdotto alla Camera, prevede che alle assunzioni a tempo determinato per consentire il completamento del restauro urbanistico ambientale dei rioni Sassi e dell’altopiano murgico di Matera non si applicano le disposizioni vigenti in materia di limitazione delle spese di personale.

 

Il comma 445, introdotto alla Camera, prevede che, fermo restando il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica previsti per gli enti territoriali e fino al 31 dicembre 2019, alle spese di personale assunto con contratto a tempo determinato per consentire il completamento del restauro urbanistico ambientale dei rioni Sassi e dell’altopiano murgico di Matera (per il quale l’articolo 1, comma 347, della legge di stabilità per il 2016 ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019), non si applicano le disposizioni in materia di limitazione delle spese per il personale a tempo determinato nelle pubbliche amministrazioni (previste dall’art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010), nonché le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale.

 

L’articolo 9, comma 28, della legge n.78/2010 ha stabilito che a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici, le università, le camere di commercio, industria, artigianato, possono avvalersi di personale a tempo determinato (o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa) nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Tali limitazioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio.

 

 

 

 


Articolo 1, commi 446-452
(Fondo di solidarietà comunale)

 

 

I commi 446-452 disciplinano l’alimentazione e il riparto del Fondo di solidarietà comunale, che costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con quota parte del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi, da applicare a decorrere dall’anno 2017.

Le disposizioni provvedono, in particolare:

§  a quantificare la dotazione annuale del Fondo a partire dal 2017, fermo restando la quota parte dell’imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente (comma 448);

§  a ridefinire i criteri di ripartizione del Fondo medesimo (comma 449);

§  ad aumentare progressivamente negli anni la percentuale del Fondo da redistribuire secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, prevedendo altresì un correttivo statistico per contenere il differenziale di risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento, che potrebbe derivare dal meccanismo stesso della perequazione (commi 449-450);

§  ad anticipare il termine per l’emanazione del decreto di riparto del Fondo, fissandolo al 31 ottobre dell’anno precedente (comma 451).

Il comma 447, inoltre, aumenta dal 40 al 50 per cento, a decorrere dal 2017, la quota del contributo straordinario a favore dei comuni che danno luogo alla fusione.

 

In relazione a quanto sopra detto, il comma 446 interviene a limitare all’anno 2016 l’applicazione della disciplina vigente del Fondo di solidarietà comunale[179], recata dai commi da 380 a 380-octies dell’art. 1 della legge n. 228/2012 - a tale fine introducendo il comma 380-nonies - fatta eccezione per le disposizioni, contenute nel comma 380-ter, lett. a), che riguardano i contributi in favore delle unioni e delle fusioni di comuni.

 

Nell’ambito della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, infatti, è attualmente prevista la destinazione di risorse in favore delle unioni e delle fusioni di comuni nell’importo di complessivi 60 milioni. Tali contributi, previsti inizialmente per il solo triennio 2014-2016, sono stati consolidati a decorrere dal 2016, dalla legge di stabilità per il 2016 (art. 1, comma 17, lett. b), legge n. 208/2015). In particolare, la norma assegna:

§  una quota non inferiore a 30 milioni ad incremento del contributo spettante alle unioni di comuni, ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della n. 388/2000 (come detto sopra, pari a circa 10 milioni di euro);

§  una quota non inferiore a 30 milioni in favore dei comuni istituiti a seguito di fusione, quale contributo straordinario previsto ai sensi dell'articolo 20 del D.L. n. 95/2012 (cd. decreto spending review).

 

Il comma 447, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, modifica inoltre la disciplina del contributo straordinario previsto per i comuni che danno luogo alla fusione per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, commisurando tale contributo, a decorrere dal 2017, al 50 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per il 2010[180] (in luogo del precedente 40%), fermo restando il limite massimo di 2 milioni del contributo per ciascun beneficiario.

A tal fine viene novellato l’articolo 20 del D.L. n. 95 del 2012.

 

Il comma 448 quantifica la dotazione del Fondo di solidarietà comunale a decorrere dall’anno 2017 in 6.197,2 milioni di euro. Tale dotazione è in parte assicurata attraverso il versamento di una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che resta fissata, come per il 2016, nell’importo di 2.768,8 milioni di euro, eventualmente variata della quota derivante dalla regolazione dei rapporti finanziari connessi con la metodologia di riparto tra i comuni interessati del Fondo stesso.

Come ribadito nella Relazione tecnica, l’ammontare complessivo del Fondo resta determinato nel medesimo importo attribuito ai comuni nell’anno 2016, in attuazione del citato D.P.C.M. 18 maggio 2016.

 

Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è stato istituito – in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2013 di attuazione del federalismo municipale - dall’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente.

Sulla disciplina del Fondo - recata dai commi da 380 a 380-octies dell’art. 1 della legge n. 228/2012 - è da ultimo intervenuta la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015, art. 1, co. 17), che ne ha integrato la dotazione annuale, di 3.767,4 milioni di euro a decorrere dal 2016, quale ristoro del minor gettito derivante ai comuni dal nuovo regime di esenzioni disposte dalla legge medesima per l’IMU e la TASI per gli immobili adibiti ad abitazione principale (art. 1, commi da 10 a 16, 53 e 54). Di conseguenza, è stata ridotta da 4.717,9 a 2.768,8 milioni di euro la quota parte di IMU che, a partire dal 2016, viene annualmente versata dai comuni all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi per finanziare il fondo medesimo. Nell’ambito della dotazione del Fondo, è stata altresì prevista la costituzione di un accantonamento di 80 milioni di euro a decorrere dal 2016, da destinare ai soli comuni per i quali il riparto della suddetta quota incrementale del Fondo non assicura il ristoro di un importo equivalente del gettito della TASI sull’abitazione principale stimato ad aliquota di base.

Nel disegno di legge di bilancio per il 2017, il Fondo - istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365) – presenta una dotazione pari a 6.347,1 milioni per gli anni 2017, 6.347,2 milioni per il 2018 e 6.346,9 milioni per il 2019.

 

Il comma 449 indica i criteri di ripartizione del Fondo di solidarietà, confermando sostanzialmente quelli attualmente vigenti. In particolare, il comma prevede che il Fondo sia ripartito:

§  per 3.767,45 milioni di euro tra i comuni interessati sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015, come derivante dall’applicazione del nuovo sistema di esenzione introdotto dalla legge di stabilità per il 2016. Tale criterio di riparto riguarda la quota incrementale del Fondo assegnata, nell’importo sopra detto, a decorrere dal 2016 dalla legge n. 208/2015, a ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni suddette. Già per l’anno 2016, tale quota è stata ripartita secondo le medesime modalità.

§  nell’importo massimo di 80 milioni di euro, tra i comuni per i quali il riparto dell'importo incrementale di cui sopra non assicura il ristoro di un importo equivalente al gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base. Si tratta di un accantonamento di risorse costituito, a partire dal 2016, dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 17, lett. f)[181], legge n. 208/2015), destinato specificatamente ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI. Esso pertanto viene ripartito in modo da garantire a ciascuno dei comuni interessati l'equivalente del gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base;

§  per 1.885,6 milioni ai comuni delle Regioni a statuto ordinario, dei quali quota parte da distribuirsi secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, come approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente.

La norma prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da distribuire con i criteri perequativi. Tale percentuale, già fissata al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018 dalla legge di stabilità dello scorso anno, e qui confermata, viene portata al 70 per cento per l'anno 2019, all’85 per cento per l'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021. Ai fini dell’applicazione dei criteri perequativi, viene rideterminato, rispetto allo scorso anno, l'ammontare complessivo della capacità fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario, nella misura del 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale da perequare (in luogo del 45,8 per cento applicato negli scorsi due anni).

La restante quota è, invece, distribuita assicurando a ciascun comune un importo pari all’ammontare algebrico della medesima componente del fondo di solidarietà comunale dell’anno precedente, eventualmente rettificata, variato in misura corrispondente alla variazione della quota di fondo non ripartita secondo i criteri di cui al primo periodo;

§  per 464,1 milioni ai comuni delle Regioni Siciliana e Sardegna. Tale importo è ripartito assicurando a ciascun comune una somma pari all’ammontare algebrico del medesimo fondo di solidarietà comunale dell’anno precedente, eventualmente rettificato, variata in misura corrispondente alla variazione del fondo di solidarietà comunale complessivo.

Gli importi di cui alle lettere c) e d) possono essere eventualmente incrementati della quota di cui alla lettera b) non distribuita (relativa all’accantonamento di 80 milioni) e della quota dell’imposta municipale propria di spettanza dei comuni connessa alla regolazione dei rapporti finanziari.

 

Il comma 450 disciplina un correttivo statistico finalizzato a contenere il differenziale di risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento, che potrebbe derivare ai comuni dall’applicazione del meccanismo della perequazione.

Il correttivo si applica nel caso in cui i criteri perequativi di riparto determinino una variazione, in aumento e in diminuzione, delle risorse attribuite a ciascun comune rispetto alle risorse di riferimento, tra un anno e l’altro, superiore all’8 per cento.

 

La previsione di accantonamenti percentuali via via crescenti nell’ambito del Fondo di solidarietà comunale, da ripartirsi tra i comuni secondo logiche di tipo perequativo, è finalizzata a consentire il passaggio graduale dal principio della spesa storica ad una distribuzione delle risorse basata su fabbisogni e capacità fiscali.

Tuttavia, già in sede di riparto del Fondo per l’anno 2016, era emersa l’opportunità di introdurre un meccanismo correttivo nell’attribuzione delle risorse secondo i principi della perequazione (cfr. l’Accordo del 24 marzo 2016, in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali), in favore dei comuni che in sede di prima assegnazione avevano registrato un differenziale negativo tra la dotazione standard del Fondo di solidarietà comunale e la dotazione storica del Fondo in percentuale delle risorse complessive di riferimento inferiore o uguale al 2%.

La possibilità di applicare tale correttivo è stata prevista, per l’anno 2016, dall’articolo 1, comma 3, del D.L. 24 giugno 2016, n. 113.

 

Ai fini dell’applicazione del correttivo, nell’ambito del fondo di solidarietà comunale è costituito un accantonamento alimentato dai comuni che registrano un incremento delle risorse complessive rispetto all’anno precedente superiore all’8 per cento. I predetti enti contribuiscono in modo proporzionale all’accantonamento, nel limite complessivo delle risorse necessarie per ridurre le variazioni negative dei comuni con una perdita superiore all’8 per cento. Il predetto accantonamento è ripartito proporzionalmente tra i comuni che registrano una riduzione delle risorse complessive, rispetto all’anno precedente, superiore all’8 per cento nei limiti delle risorse accantonate.

Ai fini della valutazione dello scostamento dell’8 per cento, la norma precisa che le risorse di riferimento sono definite dai gettiti IMU e TASI, entrambi valutati ad aliquota di base, e dalla dotazione netta del fondo di solidarietà comunale. Per il calcolo delle risorse storiche di riferimento, la dotazione netta del fondo di solidarietà è calcolata considerando pari a zero la percentuale di applicazione della differenza tra capacità fiscali e fabbisogni standard.

 

Infine, è anticipato al 31 ottobre dell’anno precedente a quello di riferimento il termine per l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di riparto del Fondo di solidarietà (rispetto al 30 novembre attualmente indicato), previo accordo da sancire in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali entro il 15 ottobre (comma 451).

In caso di mancato accordo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è comunque emanato entro il 15 novembre.

 

Con il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, può essere previsto un accantonamento sul Fondo di solidarietà comunale nell’importo massimo di 15 milioni di euro, da destinare a eventuali conguagli a singoli comuni derivanti da rettifiche dei valori utilizzati ai fini del riparto del fondo. Le rettifiche decorrono dall’anno di riferimento del fondo di solidarietà comunale cui si riferiscono (comma 452).

 


Articolo 1, comma 453
(Canone per il servizio di distribuzione del gas naturale nel periodo di prosecuzione del servizio)

 

 

Il comma 453, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, interviene sulla disciplina relativa alle gare d’ambito del servizio di distribuzione del gas naturale, specificando al riguardo che il gestore uscente fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento è comunque obbligato al pagamento del canone di concessione previsto dal contratto.

 

Il comma 453, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, interviene sulla disciplina relativa alle gare d’ambito del servizio di distribuzione del gas naturale, ed, in particolare, sulla disposizione di cui all’articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 che prevede che il gestore uscente resta comunque obbligato a proseguire la gestione del servizio, limitatamente all'ordinaria amministrazione, fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento. Il comma in esame specifica al riguardo, che il gestore uscente nel periodo transitorio è comunque obbligato al pagamento del canone di concessione previsto dal contratto.

 

L’attività di distribuzione di gas naturale è espressamente qualificata dalla legge di servizio pubblico e viene svolta in regime di monopolio naturale. L’attività di distribuzione deve essere affidata “esclusivamente mediante gara” per periodi non superiori a dodici anni (art. 2, c. 1, lett. n, D.Lgs. n. 164/2000).

Le gare per l’affidamento del servizio devono, ai sensi dell’art. 24, comma 4, del D.Lgs. n. 93 del 2011, essere effettuate, a decorrere dal 29 giugno 2011 (data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 93/2011), unicamente per ambiti territoriali minimi (ATM) di cui all’art. 46-bis del D.L. n. 159/2007.

In attuazione di quanto disposto con l’art. 46-bis, con decreto 19 gennaio 2011 del Ministro dello sviluppo economico sono stati individuati 177 ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare e l’affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale.

Le gare per l’affidamento del servizio nei 177 ATEM, avrebbero dunque dovuto svolgersi - secondo i termini fissati dal “D.M. Gare”[182] - in un arco temporale di 3 anni a partire dal 2012, declinate in 8 raggruppamenti. Le date limite individuate nel Regolamento gare sono state oggetto di diversi interventi di proroga, che non sempre hanno riguardato tutti i raggruppamenti, ma solo alcuni di essi. Le proroghe sono intervenute a partire dal D.L. n. 69/2013 (articolo 4, comma 3 e 3-bis), successivamente con l'articolo 1, comma 16 del D.L. n. 145/2013 (legge n. 9/2014) sui primi tre raggruppamenti, con l'articolo 30-bis del D.L. n. 91/2014 (legge n. 116/2014) per gli ambiti dei primi sei raggruppamenti, ai fini dell'intervento sostitutivo della regione previsto dall’articolo 4, comma 5 del D.L. n. 145. Da ultimo, con il D.L. n. 210/2015 (legge n. 16/2016).

Il comma 7, secondo periodo, dell’articolo 14 del D.Lgs. n. 164/2000 dispone comunque che il gestore uscente resta obbligato a proseguire la gestione del servizio, limitatamente all'ordinaria amministrazione, fino alla data di decorrenza del nuovo affidamento.

 

Le risorse derivanti dall’applicazione della disposizione in esame concorrono al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti locali.

Il comma in esame traduce in disposizione di rango primario l’interpretazione dell’articolo 14, comma 7 del D.Lgs. n. 164/2000 già operata dall’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico, in data 19 maggio 2016.


Articolo 1, commi 454-455
(Differimento di termini contabili per gli enti locali)

 

 

Il comma 454 prevede il differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’esercizio 2017, alla data del 28 febbraio 2017.

Il comma 455, introdotto durante l’esame alla Camera, differisce al 31 dicembre 2016 il termine per la deliberazione della Nota di aggiornamento del Documento Unico di Programmazione degli enti locali (DOCUP) per l'esercizio finanziario 2017.

 

In merito al differimento al 28 febbraio 2017 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2017, disposto dal comma 454, si ricorda che tale termine è ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000.

Il citato articolo prevede inoltre la possibilità di differire tale termine, in presenza di motivate esigenze, anche con decreto del Ministro dell’interno, da adottare d’intesa con il Ministro dell’economia, previo parere della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali[183].

Per l’anno 2016, infatti, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali è stato differito al 31 marzo 2016 con D.M. Interno 28 ottobre 2015 e poi, con il D.M. Interno 1 marzo 2016, al 30 aprile per i comuni e al 31 luglio 2016 per le città metropolitane e le province.

 

Il comma 455 prevede il differimento al 31 dicembre 2016 del termine per la deliberazione della Nota di aggiornamento del Documento Unico di Programmazione degli enti locali (DOCUP) per l'esercizio finanziario 2017, che, si ricorda, è ordinariamente previsto, dall’articolo 170 del TUEL, entro il 15 novembre di ciascun anno.

L’articolo 170 del TUEL prevede che entro il 31 luglio di ciascun anno la Giunta presenti al Consiglio il Documento unico di programmazione per le conseguenti deliberazioni. Entro il 15 novembre di ciascun anno, con lo schema di delibera del bilancio di previsione finanziario, la Giunta presenta al Consiglio la nota di aggiornamento del Documento unico di programmazione.

Il DOCUP costituisce atto presupposto indispensabile per l'approvazione del bilancio di previsione.

 

Con riferimento ad entrambe le norme in esame, che recano il differimento di termini in scadenza nel 2016, andrebbe considerata l’opportunità di prevederne l’entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione della presente legge di bilancio nella Gazzetta Ufficiale.

 


Articolo 1, comma 456
(Consorzi per la gestione associata di servizi sociali)

 

 

Il comma 456 prevede che possono essere costituiti consorzi tra gli enti locali per la gestione associata dei servizi sociali, assicurando risparmi di spesa.

 

Tale possibilità è concessa in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 186, lettera e), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010) che dispongono la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali.

 

Il Consorzio, disciplinato dall’art. 31 del Testo unico degli enti locali (TUEL), di cui al d.lgs. 267 del 2000, rappresenta una delle forme con cui è possibile operare la gestione associata dei servizi e delle funzioni (anche di carattere sociale) fra gli enti locali. Le altre forme sono costituite da: convenzioni, unioni di comuni, esercizio associato di funzioni e servizi e accordi di programma, disciplinati, rispettivamente, dagli articoli nn. 30, 32, 33 e 34 del TUEL.

 

In particolare, l’articolo 2, comma 186, lettera e), della legge finanziaria 2010 prevede l’obbligo per i comuni di procedere alla soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali, ad eccezione dei bacini imbriferi montani (BIM).

 

Sono fatti salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti, con assunzione da parte dei comuni delle funzioni già esercitate dai consorzi soppressi e delle relative risorse e con successione dei comuni ai medesimi consorzi in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto. Ai sensi dell'articolo 2, comma 44, del D.L. 225/2010, si prevede l’esclusione dei consorzi di funzioni per la gestione degli Enti Parco istituiti con legge regionale dall'applicazione della disposizione della legge finanziaria 2010 che prevede la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali.

Tale disposizione si applica a decorrere dal 2011, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo (art. 1, comma 2, D.L. 2/2010).

 

A seguito dell’entrata in vigore della richiamata disposizione, che come detto, dispone la soppressione dei consorzi di funzione (inclusi quelli di carattere socio-assistenziale), si è registrato un intenso dibattito in ordine al destino dei consorzi di servizi sociali esistenti o da istituire.

 

Si segnala peraltro che, successivamente all’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2010, l’articolo 9 del D.L. 95 del 2012 era nuovamente intervenuto sulla materia, ponendo un obbligo in capo a Regioni ed enti locali, nell’ottica di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e contenimento della spesa, di sopprimere o accorpare (o, in ogni caso, assicurare la riduzione dei relativi oneri finanziari) enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, esercitavano, anche in via strumentale, funzioni fondamentali degli enti locali ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione o funzioni amministrative ai sensi dell'articolo 118 (art.9, comma 1). Ai sensi dell’art.9, comma 1-bis, inserito in sede di conversione, si stabiliva tuttavia che le citate disposizioni di razionalizzazione non si applicano alle aziende speciali, agli enti ed alle istituzioni chiamati a gestir servizi socio-assistenziali, educativi e culturali.

Tale norma di salvezza (come del resto la disciplina di razionalizzazione di cui ai commi da 1 a 7) è stata successivamente abrogata dalla legge n.147 del 2013 (comma 562, lett. a)) con decorrenza 1° gennaio 2014.

 

Venuta meno la norma di salvezza e nella perdurante vigenza della disposizione sulla soppressione dei consorzi di funzioni (di cui all’art 2, comma 186, lettera e), della legge finanziaria per il 2010), il dibattito si è incentrato sulla possibilità di distinguere fra consorzi di funzioni sociali, senz’altro vietati dalla normativa vigente, e consorzi di servizi sociali, che, in quanto non esplicitamente richiamati nel novero dei consorzi oggetto di soppressione, avrebbero potuto continuare ad operare (ed essere costituiti). Si tratta di una questione controversa, nell’ambito della quale si è espressa, di recente, la Corte dei Conti (sezione regionale di controllo della Campania, parere n.10 del 2016), che – nel caso di specie – non ha ritenuto possibile distinguere fra le due fattispecie.

 

Le richiamate incertezze in ordine ad una possibile distinzione fra le due tipologie di consorzio sembrerebbero superate dal comma 456 in esame che implicitamente non distingue fra le due fattispecie. Opera infatti una deroga alla citata disposizione della legge finanziaria per il 2010 (sulla soppressione dei consorzi di funzione) per consentire la “gestione associata dei servizi sociali”.

 

Tale possibilità appare formalmente subordinata alla realizzazione di risparmi di spesa, di cui tuttavia la disposizione non prescrive formale certificazione. Sebbene tale vincolo lasci ampi margini all’autonomia degli enti locali nella verifica dei risparmi attesi, specie con riferimento ai consorzi già operanti, parrebbe che quanto meno i provvedimenti di istituzione di nuovi consorzi debbano recare, nella parte motiva, esplicito riferimento ai risparmi conseguenti a tale forma di gestione dei servizi sociali, rispetto alla gestione pregressa.

 

 

 


Articolo 1, comma 457
(Amministrazione residui attivi e passivi relativi a fondi di gestione vincolata)

 

 

Il comma 457 prevede, in deroga al testo unico degli enti locali (TUEL), che per i comuni in stato di dissesto l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete all'organo straordinario di liquidazione.

 

Il comma introduce una deroga all'articolo 255, comma 10, del TUEL, ai sensi del quale non compete all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese.

 

Si ricorda che l’articolo 255 del TUEL, nel dettare le regole per l’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento dell’ente in dissesto da parte dell'organo straordinario di liquidazione, dispone che lo stesso provveda all'accertamento della massa attiva costituita da un contributo dello Stato, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio disponibile. Esso provvede altresì a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non ancora riscossi, nonché all'accertamento delle entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o del titolo di entrata previsto per legge, ed infine, ove necessario ai fini del finanziamento della massa passiva, proceda alla rilevazione dei beni patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini dell'ente, avviando, nel contempo, le procedure per l'alienazione di tali beni.

 

Si segnala che una deroga analoga alla disciplina in materia di dissesto degli enti locali, riguardante le amministrazioni provinciali, è stata recentemente disposta dall’articolo 2-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (recante "misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio"). Nello specifico, l’art. 2-bis dispone che, in deroga all’articolo 255, comma 10, del TUEL “per le amministrazioni provinciali in stato di dissesto, l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete all’organo straordinario di liquidazione”.

 

 


Articolo 1, commi 458
(Acquisizione di informazioni sui fabbisogni standard)

 

 

Il comma 458 interviene sul procedimento di determinazione dei fabbisogni standard ai fini di una semplificazione della procedura di acquisizione dei relativi dati presso gli enti locali.

 

Il comma in esame modifica a tale scopo in più parti la disciplina procedurale prevista dall’articolo 5 del decreto legislativo n.216 del 2010,[184] con un intervento che è volto a semplificare la stessa, oltre che ad adeguarla ad alcuni cambiamenti del contesto normativo di riferimento nel frattempo intervenuti.

Con riguardo all’intervento di semplificazione, esso è operato in particolare eliminando l’attuale strumento di acquisizione dei dati nei confronti degli enti locali costituito dalla predisposizione da parte della Sose di “questionari”, ora sostituiti dalla predisposizione di “appositi sistemi di rilevazione di informazioni funzionali” che, ad una prima valutazione, potrebbero presentare una maggior agilità di risposta da parte degli enti interessati, oltre ad essere modulabili nel corso del tempo al variare delle necessità informative.

Viene inoltre eliminato l’obbligo attualmente previsto della sottoscrizione delle informazioni rilasciate dall’ente locale da parte sia del legale rappresentate  che del responsabile economico dell’ente, prevedendosi ora semplicemente che l’ente medesimo restituisca per via telematica le informazioni ad esso richieste.

È poi aumentata l’accessibilità e la diffusione dei dati raccolti ed elaborati dalla Sose, prevedendosi che essi confluiscano, oltre che nella banca dati prevista dall’articolo 5 della legge n. 42/2009[185], anche nella banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all' articolo 13 della legge di contabilità n.196/2009 e che siano, altresì, pubblicati nel sito www.opencivitas.it, il quale consente ai cittadini ed agli Enti locali di accedere ai dati monitorati e alle elaborazioni relative, ai sensi degli articoli 50 e 52 del codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005). L’invio delle informazioni, di cui alla precedente lettera c), rappresenta una espressa adozione di una licenza di cui all’articolo 2, comma 1, lettere e) ed h), del D.Lgs. n. 36/2002 sul riutilizzo dei dati del servizio pubblico.

Tali norme del D.Lgs. 36/2002 definiscono riutilizzo l'uso del dato di cui è titolare una pubblica amministrazione o un organismo di diritto pubblico, da parte di persone fisiche o giuridiche, a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale per il quale il documento che lo rappresenta è stato prodotto. La licenza per il riutilizzo costituisce il contratto o altro strumento negoziale, redatto ove possibile in forma elettronica, nel quale sono definite le modalità di riutilizzo dei documenti delle pubbliche amministrazioni o degli organismi di diritto pubblico.

 

Con riguardo all’intervento di adeguamento normativo dell’articolo 5 del D.Lgs. 216/2010 in questione, esso ha carattere sostanzialmente manutentivo dell’articolo, ed è riconducibile a tre diverse modifiche:

§  la sostituzione, ovunque ricorrano, delle parole “Società per gli studi di settore-Sose S.p.A.”, con “Società Soluzioni per il sistema economico – Sose S.p.A”, attesa la nuova denominazione assunta dalla società in questione;

§  la sostituzione, ovunque ricorrano, della parole “Comuni e Province” con “enti locali”: ciò presumibilmente in riferimento ai mutamenti normativi che da tempo stanno interessando le province, anche in relazione ai quali il procedimento di determinazione dei fabbisogni standard, al momento concluso per i comuni, è ancora in corso per l’ente provincia;

§  la precisazione, alla lettera e) del comma 5, che la “Commissione tecnica” ivi prevista è la “Commissione tecnica per i fabbisogni standard” istituita dall’articolo 1, comma 29, della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015). Ciò in quanto la semplice locuzione “Commissione tecnica” prevista in tale comma fa riferimento alla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale prevista dall’articolo 4 della legge n. 42/2009, che ora risulta soppressa dalla legge di stabilità suddetta e sostituita, per l’appunto, con la Commissione per i fabbisogni standard (commi 29 e 34 dell’articolo 1 L. n .208/2015).

 

 


Articolo 1, comma 459
(Criteri per il riparto delle riduzioni di spesa di beni e servizi per i comuni che gestiscono funzioni e servizi in forma associata)

 

 

Il comma 459 introduce modifiche ai criteri previsti dall’articolo 47, comma 9, del decreto-legge n. 66 del 2014, per le riduzioni di spesa per beni e servizi cui sono tenuti i comuni al fine di assicurare il concorso alla finanza pubblica.

 

L'articolo 47 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 ("Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale") dispone in ordine al contributo alla finanza pubblica richiesto alle province e le città metropolitane (commi (commi 1-7), nonché ai comuni (commi 8-13), in termini di risparmi da conseguire su determinate tipologie di spesa corrente negli anni 2014-2017, periodo successivamente esteso all'anno 2018, dall'art. 1, comma 451, della legge di stabilità per il 2015.

Ai comuni sono richiesti risparmi pari a 375,6 milioni di euro per l'anno 2014 e 563,4 milioni dal 2015 al 2018, con contestuale riduzione, per i medesimi importi, del fondo di solidarietà comunale.

Ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 47, gli importi delle riduzioni di spesa per ciascun comune sono determinati con decreto del Ministro dell'interno sulla base di determinati criteri, richiamati alle lettere a) (per la riduzione della spesa per beni e servizi), b) (per la riduzione della spesa per autovetture) e c) (per la riduzione della spesa di incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa) del medesimo comma.

Con particolare riferimento alla lettera a), oggetto della novella di cui al comma 459, essa reca la quantificazione della riduzione della spesa per beni e servizi (nella misura complessiva di 360 milioni di euro per il 2014 e di 540 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018) e stabilisce che la stessa deve essere operata proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell'ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE indicati nella tabella A allegata al medesimo decreto-legge n. 66 del 2014.

La novella di cui al comma 459 è volta a precisare che, a decorrere dal 2018, qualora la spesa relativa ai codici suddetti sia sostenuta da comuni capofila di funzioni e servizi in forma associata, le riduzioni sono applicate a tutti i comuni ricompresi all’interno della gestione associata stessa, proporzionalmente alla frazione di spesa ad essi riferibile. A tal fine, la Regione interessata è tenuta: i) ad acquisire dal comune capofila della gestione associata la certificazione della quota di spesa imputabile a ciascun comune partecipante; ii) a trasmette la medesima certificazione al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno entro il 30 aprile dell'anno precedente a quello di riferimento per la riduzione della spesa. Di tale certificazione si dovrà tenere conto in sede di predisposizione del D.P.C.M. di determinazione del Fondo di solidarietà comunale. In caso di mancata trasmissione da parte della Regione della predetta certificazione entro il 30 aprile, il riparto avviene secondo i criteri vigenti, senza tenere conto della ripartizione della quota di spesa imputabile ai singoli comuni compresi nella gestione associata.

 

Come sopra ricordato, la lettera a) del comma 9 del decreto legge n. 66 del 2014 individua i criteri relativi agli interventi concernenti la riduzione della spesa per beni e servizi dei comuni, peraltro in modo analogo a quanto previsto dal precedente comma 2, lettera a), per province e città metropolitane. Oltre alle disposizioni già richiamate, nella medesima lettera a) del comma 9 viene previsto che per gli enti che, nell’ultimo anno, hanno registrato tempi medi nei pagamenti relativi a transazioni commerciali superiori a 90 giorni, rispetto a quanto disposto dal decreto legislativo n. 231 del 2002, la riduzione sia aumentata del 5 per cento, mentre ai restanti enti la riduzione è proporzionalmente ridotta in misura corrispondente a detto incremento. Analogamente per gli enti che, nell’ultimo anno, hanno fatto ricorso agli strumenti di acquisto, messi a disposizione da Consip S.p.A. e dei soggetti aggregatori (indicati dall’articolo 9, commi 1 e 2), in misura inferiore al valore mediano la riduzione è incrementata del 5 per cento, mentre ai restanti enti la riduzione viene proporzionalmente ridotta. Si dispone pertanto che i comuni trasmettano al Ministero dell’interno (entro il 31 maggio per l’anno 2014 ed) entro il 28 febbraio per gli anni successivi una certificazione sottoscritta dal rappresentante legale, dal responsabile finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, attestante:

§  il tempo medio dei pagamenti effettuati l’anno precedente;

§  il valore degli acquisti di beni e servizi - relativi ai codici SIOPE indicati nella tabella B allegata al decreto-legge - sostenuti nell’anno precedente, evidenziando gli acquisti effettuati mediante ricorso agli strumenti messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionale.

In caso di mancata trasmissione della certificazione nei termini indicati si prevede un incremento del 10 per cento della riduzione.

 

 


Articolo 1, commi 460-461
(Destinazione proventi titoli abilitativi edilizi)

 

 

Destinazione, a partire dal 1° gennaio 2018, esclusiva e senza vincoli temporali, dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni in materia edilizia a interventi per la realizzazione e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione, il risanamento edilizio nei centri storici e nelle periferie degradate,  di riuso, rigenerazione e demolizione di costruzioni abusive, nonché a tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio e per riqualificare il patrimonio rurale pubblico e favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano.  

 

Il comma 460 prevede che i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, siano destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alle seguenti finalità:

§    realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;

§    risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate;

§    interventi di riuso e di rigenerazione;

§    interventi di demolizione di costruzioni abusive;

§    acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico;

§    interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico;

§    interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano.

 

Si stabilisce la decorrenza della disposizione dal 1° gennaio 2018.

 

Il comma 461 abroga conseguentemente, alla medesima data decorrente dal 1° gennaio 2018, il comma 8 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di destinazione dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico.

In particolare, il comma 8 dell'articolo 2 citato stabilisce per gli anni dal 2008 al 2015 che i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 380/2001 possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.

In materia, si ricorda che il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comunale comporta per il privato la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (art. 16, comma 1, del T.U. in materia edilizia). L'articolo 10 del T.U. in materia edilizia elenca gli interventi soggetti a permesso di costruire: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

Nel corso degli anni sono state adottate norme volte a disciplinare l'utilizzo dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal citato testo unico, al fine di destinarli, tra l'altro, in misura prevalente alle spese correnti. Si richiamano, in sintesi, le disposizioni in materia. L'articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007, già citato, ha disciplinato il regime di utilizzo dei proventi, inizialmente dal 2008 fino al 2012 poi successivamente esteso da successivi interventi legislativi. Il comma 4-ter dell'articolo 10 del D.L. n. 35/2013 ha infatti modificato il citato comma 8 dell'articolo 2 disponendo l'applicazione - anche per gli anni 2013 e 2014 - della disciplina sull'utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ivi prevista. L'articolo 4, comma 3, della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani), che aveva introdotto a regime una norma in base alla quale le maggiori entrate derivanti dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia fossero destinate alla realizzazione di opere pubbliche di urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo, è stato successivamente abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2015, dall'art. 77, comma 1, lett. g), D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118.

Il comma 737 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha disposto poi, per gli anni 2016 e 2017, che i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico, fatta eccezione per le sanzioni di cui all'articolo 31, comma 4-bis, del medesimo testo unico, possono essere utilizzati per una quota pari al 100 per cento per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione delle opere pubbliche.

La disposizione in esame riprende sostanzialmente il contenuto dell’articolo 10 del disegno di legge volto al contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato,  già approvato dalla Camera e all’esame del Senato (A.S. 2383), il cui comma 1 viene sostanzialmente ricalcato - introducendosi qui, nella norma in esame, una decorrenza temporale - mentre il comma 2 dell'articolo 10 citato prevede, anche, che siano comunque fatte salve le previsioni di spesa contenute nei bilanci annuali approvati sulla base della norma abrogata (disposizione qui non prevista).


Articolo 1, comma 462
(Fondo per contenzioso amministrativo comune di Lecce)

 

 

Il comma 462 prevede l’istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno, con una dotazione di 8,52 milioni di euro per il 2017 e di 2,8 milioni per il 2018, in attuazione di una sentenza del Consiglio di Stato e con riferimento ad un procedimento dinnanzi al TAR del Lazio. L’erogazione delle risorse del fondo è condizionata alla rinuncia (da parte del comune di Lecce) del contenzioso amministrativo pendente.

 

Il comma 462 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’interno un fondo, con una dotazione totale di 11,32 milioni di euro, di cui 8,52 per il 2017 e 2,8 milioni per il 2018.

Tali risorse sono destinate a dare attuazione alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1291 del 12 marzo 2015 e tener conto del ricorso n.7234 del 2014 pendente presso il TAR del Lazio. L’erogazione delle richiamate risorse è subordinata, ai sensi del secondo periodo del comma in esame, “alla rinuncia al contenzioso amministrativo pendente”.

 

Al fine di favorire una più agevole interpretazione della disposizione in commento, considerato che il contenzioso pendente è evidentemente riferito a quello instaurato con il richiamato ricorso dinnanzi al TAR, parrebbe opportuno specificare, al secondo periodo del comma, che l’erogazione è subordinata alla rinuncia al contenzioso pendente “instaurato con il ricorso di cui al precedente periodo”.

 

Il Consiglio di Stato, con la richiamata sentenza n.1291, ha accolto il ricorso del Comune di Lecce, nei limiti di proprio interesse, avverso i decreti 8 agosto 2012 e 4 maggio 2012 con i quali il Ministro dell'Interno, di concerto con Ministro dell'Economia e delle Finanze, ha determinato di applicare al Fondo sperimentale di riequilibrio destinato al predetto Comune una riduzione rapportata alla differenza tra l'IMU 2012 (stimata e computata ad aliquota base) e la pregressa ICI per come effettivamente riscossa negli esercizi 2009 e 2010.

 

Il Consiglio di Stato ha così ribaltato la sentenza del TAR che aveva dichiarato inammissibile il ricorso del comune di Lecce rilevando che quest’ultimo avrebbe dovuto avanzare eventuali contestazioni rispetto alle modalità di alimentazione e di riparto del fondo sperimentale in seno alla Conferenza Stato – città e autonomie locali.

In proposito, il Consiglio di Stato ha asserito che “la Conferenza Stato – città e autonomie locali, ai sensi dell’art. 9, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997, non svolge il ruolo di promuovere e sancire accordi fra gli enti interessati (assegnato invece alla Conferenza unificata di cui al comma 1 del citato art. 8) ed ha, invece, compiti di coordinamento, informazione e confronto in merito ai rapporti Stato e autonomie locali” e che l’accordo raggiunto in tale sede “ha funzione preparatoria rispetto al decreto finale […] e non è vincolante sul piano negoziale nei confronti di ciascun comune interessato”. Né il comune – osserva il Consiglio di Stato – ha altrimenti manifestato una volontà negoziale conforme a quanto poi deliberato dal Ministero dell’Interno.

Inoltre, il Consiglio di Stato ha contestato la legittimità del criterio, previsto nei decreti ministeriali, ai fini dell’attribuzione di risorse aggiuntive agli introiti della finanza locale, in cui rilevano le modalità con cui il singolo comune ha, nel periodo pregresso, esercitato al propria autonomia tributaria (nel caso di  specie era stata effettuata una compensazione negativa ragguagliata al differenziale fra il gettito ICI per il 2010 e il gettito stimato ad aliquota di base dell’ IMU relativa al 2012). In proposito, la Corte richiama l’art. 119 della Costituzione che, oltre a ribadire il principio di autonomia finanziaria e di entrata degli enti territoriali,  assegna, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, la funzione di perequazione ad apposito fondo, senza vincoli di destinazione, da istituirsi con legge dello Stato. Poiché i trasferimenti a carico del bilancio dello Stato sono correlati al parametro della minore capacità fiscale dei residenti di assicurare le risorse necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti dell’ente territoriale, per la determinazione del fondo sperimentale non può tenersi conto delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria.

 

Si segnala che nel testo originario del disegno di legge di bilancio trasmesso dal Governo alla Camera dei deputati l’articolo 64, comma 2, disponeva contributi diretti (senza la previa istituzione di un fondo presso il Ministero dell’interno) in favore del Comune di Lecce per le medesime finalità recate dal comma in esame. Si ricorda che tale disposizione è stata oggetto di stralcio, ai sensi dell’articolo 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del disegno di legge di bilancio

 

 


Articolo 1, commi 463-482
(Nuovo pareggio di bilancio enti territoriali)

 

 

I commi da 463 a 482 introducono le nuove regole del pareggio di bilancio per gli enti territoriali ai fini del loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. L’intervento consegue alle modifiche recentemente operate sulla disciplina dell’equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali contenuta nella legge n.243/2012 di attuazione del principio del pareggio di bilancio. In sostanza, mediante i commi in esame vengono messe a regime, con alcune significative modifiche,  le regole sul pareggio già introdotte, alcune per il solo 2016,  con la legge  di stabilità 2016, che vengono pertanto contestualmente soppresse. Sono inoltre disciplinati gli obblighi in capo ai predetti enti al fine del monitoraggio degli adempimenti e un articolato sistema sanzionatorio/premiale da applicare, rispettivamente, in caso di mancato conseguimento del saldo non negativo tra entrate finali e spese finali e in caso di rispetto del saldo a determinate condizioni.

 

Il comma 463 dispone, a decorrere dall'anno 2017, la cessazione dell'applicazione dei commi da 709 a 712 e da 719 a 734, dell'articolo 1, della legge n. 208 del 2015, concernente il conseguimento del pareggio del bilancio per gli enti locali e le regioni ovvero del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. Restano fermi gli adempimenti degli enti territoriali relativi al monitoraggio e alla certificazione del saldo di cui all'articolo 1, comma 710 della legge n. 208 del 2015, nonché l'applicazione delle sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo 2016, di cui al medesimo comma 710. Sono, altresì, fatti salvi gli effetti connessi all'applicazione nell’anno 2016 dei patti di solidarietà di cui ai commi da 728 a 732 dell'articolo 1 della legge, n. 208 del 2015 ovvero delle misure di flessibilità della regola del pareggio di bilancio in ambito regionale e nazionale.

Il comma 464 abroga l'ultimo periodo del comma 721 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 nella parte in cui dispone la non erogazione da parte del Ministero dell'interno delle risorse o trasferimenti sospesi, per effetto della mancata trasmissione da parte dell'ente locale della certificazione concernente la verifica dell'obiettivo di saldo, qualora l'attestazione sia  trasmessa  decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto della gestione. 

Il comma 465 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi da 463 a 484 costituiscono, per le regioni, i comuni, le province, le città metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano, principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

Il comma 466, per gli enti indicati al precedente comma 465, definisce, a decorrere dall'anno 2017, il concorso al conseguimento dei saldi di finanza pubblica. Tale concorso consiste nel conseguire, sia in fase previsionale che di rendiconto, un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge n. 243 del 2012.

Si tratta del medesimo saldo previsto dal comma 710 della legge di stabilità 2016, che viene però ora riferito, nel comma 466 in esame, all’articolo 9 della legge n.243/2012, che a seguito delle modifiche ad essa apportate dalla legge n. 164/2016 riporta ora anche esso tale saldo

Si ricorda che in base al testo dell’articolo 9, comma 1 vigente quando era stato introdotto il suddetto comma 710, per regioni ed enti locali si prevedevano quattro diversi saldi, vale a dire un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali, nonché un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti

Il successivo comma 1-bis del medesimo articolo 9, anche esso richiamato dal comma 466 in esame, specifica quali sono le entrate finali e le spese finali da considerare ai fini del predetto saldo. Si tratta dei titoli 1, 2, 3, 4 e 5 delle entrate dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 e per le spese dei titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio.

I titoli delle entrate dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 sono i seguenti: TITOLO 1: Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa; TITOLO 2: Trasferimenti correnti; TITOLO 3: Entrate extratributarie; TITOLO 4: Entrate in conto capitale; TITOLO 5: Entrate da riduzione di attività finanziarie.

I titoli delle spese dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo n.  18 del 2011 sono i seguenti: TITOLO 1: Spese correnti; TITOLO 2: Spese in conto capitale; TITOLO 3: Spese per incremento di attività finanziarie.

 

Per gli anni 2017-2019 il medesimo comma 466 prevede che nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa al netto della quota rinveniente dal ricorso all’indebitamento. A decorrere dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali è incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali. Non rileva la quota del fondo pluriennale vincolato di entrata che finanzia gli impegni cancellati definitivamente dopo l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente. La distinzione tra i due diversi periodi temporali, triennale il primo ed a regime il secondo, è in linea con quanto previsto dal comma 1-bis, dell'articolo 9, della legge n. 243 del 2012 che prevede una fase transitoria per gli anni 2017-2019, durante la quale spetta alla legge di bilancio, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e su base triennale, disporre l'introduzione del fondo pluriennale vincolato nel calcolo del saldo. L'inclusione definitiva nel saldo del citato fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali, è stabilita a decorrere dall'esercizio 2020.

 

Il fondo pluriennale vincolato è un saldo finanziario, costituito da risorse già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell'ente già impegnate, ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l'entrata. Si tratta, più precisamente, di un saldo finanziario che garantisce la copertura di spese imputate agli esercizi successivi a quello in corso, che nasce dall’esigenza di applicare il principio della competenza finanziaria potenziata, di cui all’allegato 1 del D.Lgs. n. 118/2011, e rendere evidente la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione dei finanziamenti e l’effettivo impiego di tali risorse.

Il fondo pluriennale vincolato è alimentato solo da entrate correnti vincolate e da entrate destinate al finanziamento di investimenti, accertate e imputate agli esercizi precedenti a quelli di imputazione delle relative spese. Le risorse del fondo sono destinate prevalentemente a spese in conto capitale, ma possono essere destinate a garantire la copertura di spese correnti, ad esempio quelle impegnate a fronte di entrate derivanti da trasferimenti correnti vincolati, esigibili in esercizi precedenti a quelli in cui è esigibile la corrispondente spesa.

Esso – va sottolineato - risulta immediatamente utilizzabile a seguito dell'accertamento delle entrate che lo finanziano, consentendo in tal modo di poter procedere all'impegno delle spese esigibili nell'esercizio in corso (la cui copertura è costituita dalle entrate accertate nel medesimo esercizio finanziario), e all'impegno delle spese esigibili negli esercizi successivi (la cui copertura è effettuata dal fondo).

In altre parole, il principio della competenza potenziata prevede che il fondo pluriennale vincolato sia uno strumento di rappresentazione della programmazione e previsione delle spese pubbliche territoriali, sia correnti sia di investimento, che evidenzi con trasparenza e attendibilità il procedimento di impiego delle risorse acquisite dall’ente che richiedono un periodo di tempo ultrannuale per il loro effettivo impiego ed utilizzo per le finalità programmate e previste. In particolare, la programmazione e la previsione delle opere pubbliche è fondata sul Programma triennale delle opere pubbliche e relativo elenco annuale di cui alla vigente normativa che prevedono, tra l’altro, la formulazione del cronoprogramma (previsione dei SAL) relativo agli interventi di investimento programmati.

La considerazione del Fondo pluriennale vincolato ai fini della determinazione dell’equilibrio complessivo fra entrate finali e spese finali in termini di competenza determina, in sostanza, una politica espansiva per gli enti che vi fanno ricorso, con oneri in termini di indebitamento netto.

In base a quanto affermato dalla relazione tecnica allegata al presente provvedimento l'inclusione del Fondo pluriennale vincolato fra le poste utili al conseguimento del pareggio di bilancio determina oneri in termini di indebitamento netto e fabbisogno per gli anni 2017, 2018 e 2019 pari, rispettivamente, a 304 milioni di euro, 296 milioni di euro e 302 milioni di euro.

Il comma 467 precisa che le risorse accantonate nel fondo pluriennale di spesa dell’esercizio 2015 in applicazione del punto 5.4 del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui all'allegato 4/2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per finanziare le spese contenute nei quadri economici relative a investimenti per lavori pubblici e quelle per procedure di affidamento già attivate, se non utilizzate possono essere conservate nel fondo pluriennale vincolato di spesa dell’esercizio 2016 anziché confluire nel risultato di amministrazione.  Perché ciò sia possibile occorre che l'ente finanzi opere per le quali disponga del progetto esecutivo degli investimenti redatto e validato in conformità alla vigente normativa, completo del cronoprogramma di spesa e a condizione che il bilancio di previsione 2017 – 2019 sia approvato entro il 31 gennaio 2017. Tali risorse confluiscono nel risultato di amministrazione se entro l’esercizio 2017 non sono assunti i relativi impegni di spesa.

Si ricorda che il principio contabile 5.4 concernente la contabilità finanziaria di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011 stabilisce che nel caso in cui non vi sia aggiudicazione definitiva, entro l’anno successivo, le risorse accertate cui il fondo pluriennale si riferisce confluiscono nell’avanzo di amministrazione vincolato per la riprogrammazione dell’intervento in c/capitale ed il fondo pluriennale deve essere ridotto di pari importo.

I commi da 468 a 474 disciplinano gli adempimenti cui sono tenuti gli enti territoriali al fine del monitoraggio del rispetto dell'obiettivo del pareggio di bilancio.

Il comma 468 dispone che al bilancio di previsione sia allegato il prospetto dimostrativo del rispetto del saldo di cui al comma 466, previsto nell’allegato n. 9 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, vigente alla data dell’approvazione di tale documento contabile. A tal fine, il prospetto allegato al bilancio di previsione non considera gli stanziamenti non finanziati dall’avanzo di amministrazione del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri concernenti accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione.

Il prospetto è aggiornato dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato - a seguito di successivi interventi normativi volti a modificare le regole vigenti di riferimento, dandone comunicazione alla Commissione per l’armonizzazione degli enti territoriali. Entro 60 giorni dall’aggiornamento, il Consiglio dell'ente territoriale approva le necessarie variazioni al bilancio di previsione.

Il medesimo comma dispone inoltre che nel corso dell’esercizio, ai fini della verifica del rispetto del saldo, il prospetto dimostrativo è allegato alle variazioni di bilancio approvate dal Consiglio e alle variazioni: a) approvate dalla Giunta riguardanti il fondo pluriennale vincolato, effettuate entro i termini di approvazione del rendiconto; b) effettuate dai responsabili della spesa o, in assenza di disciplina, dal responsabile finanziario, relative a variazioni di bilancio fra gli stanziamenti riguardanti il fondo pluriennale vincolato e gli stanziamenti correlati, in termini di competenza e di cassa, se relativa al Fondo pluriennale vincolato non rilevante ai fini del saldo di cui al comma 466; c) effettuate dai responsabili della spesa o, in assenza di disciplina, dal responsabile finanziario, in caso di variazioni di esigibilità della spesa, e  relative a stanziamenti riferiti a operazioni di indebitamento già autorizzate e perfezionate, contabilizzate secondo l'andamento della correlata spesa, e le variazioni a stanziamenti correlati ai contributi a rendicontazione; d) approvate dalla Giunta per l'istituzione di nuove tipologie di bilancio, per l'iscrizione di entrate derivanti da assegnazioni vincolate a scopi specifici, per l'iscrizione delle relative spese, quando queste siano tassativamente regolate dalla legislazione in vigore, nonché per l'utilizzo della quota accantonata del risultato di amministrazione riguardante i residui; e) effettuate dai dirigenti responsabili della spesa o, in assenza di disciplina, dal responsabile finanziario della regione riguardanti la reiscrizione di economie di spesa e il fondo pluriennale vincolato.

Il comma 469 dispone che gli enti territoriali trasmettano alla Ragioneria generale dello Stato le informazioni riguardanti le risultanze del saldo di cui al comma 466, con tempi e modalità definiti con decreti del predetto Ministero sentite, rispettivamente, la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 470 stabilisce che ciascun ente, ai fini della verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, debba inviare alla Ragioneria generale dello Stato, entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento una certificazione dei risultati conseguiti, firmata dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo, sia trasmessa entro il successivo 30 aprile e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 466, si applicano, nei dodici mesi successivi al ritardato invio, le sole disposizioni in materia di divieto di assunzione di personale di cui al comma 475, lettera e), limitatamente alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.

Il comma 471 attribuisce all' organo di revisione economico-finanziaria, decorsi trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione, in caso di mancata trasmissione da parte dell'ente locale della certificazione, il compito, in qualità di commissario ad acta, pena la decadenza dal ruolo di revisore, di assicurare l'assolvimento dell'adempimento e trasmettere la predetta certificazione entro i successivi trenta giorni. Nel caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ad acta entro sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 466, si applicano le disposizioni in materia di divieto di assunzione di personale e di riduzione delle indennità degli organi politici, di cui al comma 475, lettere e) ed f). Sino alla data di trasmissione da parte del commissario ad acta, le erogazioni di risorse o trasferimenti da parte del Ministero dell'interno relative all’anno successivo a quello di riferimento sono sospese e, a tal fine, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a trasmettere apposita comunicazione al predetto Ministero.

Il comma 472, relativamente alle Regioni e alle Province autonome, dispone che decorsi trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione, in caso di mancata trasmissione della certificazione si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non è acquisita.

Il comma 473 impone la corrispondenza tra i dati contabili rilevanti ai fini del conseguimento del saldo di cui al comma 466 e le risultanze del rendiconto di gestione. Nel caso in cui la certificazione trasmessa sia difforme dalle risultanze del rendiconto di gestione, gli enti sono tenuti ad inviare una nuova certificazione a rettifica della precedente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'approvazione del rendiconto e, comunque, non oltre il 30 giugno del medesimo anno per gli enti locali e il 30 settembre per le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 474 dispone che decorsi i termini del 30 giugno e del 30 settembre previsti dal comma 473, gli enti sono comunque tenuti ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente, solo nel caso in cui essi rilevino, rispetto a quanto già certificato, un peggioramento del proprio posizionamento rispetto all'obiettivo di saldo di cui al comma 466.

Il comma 475, in linea con quanto previsto dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 243 del 2012, stabilisce una serie di sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466. In particolare:

a)   l’ente locale è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato. Le province della Regione siciliana e della regione Sardegna sono assoggettate alla riduzione dei trasferimenti erariali nella misura indicata al primo periodo. Gli enti locali delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome in misura pari all'importo corrispondente allo scostamento registrato. Le suddette riduzioni, in linea con quanto previsto dall'articolo 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012 devono essere recuperate nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti per ciascun anno. In caso di incapienza, per uno o più anni del triennio di riferimento, gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue di ciascuna quota annuale, entro l'anno di competenza delle medesime quote. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228, a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero dell'interno e, in caso di incapienza, a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria e, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori;

b)  nel triennio successivo la regione o la Provincia autonoma inadempiente è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, l'importo corrispondente ad un terzo dello scostamento registrato. Il versamento va effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo a quello dell'inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale;

c)   nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo dei corrispondenti impegni effettuati nell’anno precedente ridotti dell'1 per cento. La sanzione si applica con riferimento agli impegni riguardanti le funzioni esercitate in entrambi gli esercizi. A tal fine, l’importo degli impegni correnti dell’anno precedente e quello dell’anno in cui si applica la sanzione sono determinati al netto di quelli connessi a funzioni non esercitate in entrambi gli esercizi, nonché al netto degli impegni relativi ai versamenti al bilancio dello Stato effettuati come contributo alla finanza pubblica;

d)  nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restano esclusi i mutui già autorizzati e non ancora contratti. I mutui e  i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento dell’obiettivo di cui al comma 466. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

e)   nell'anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. Le regioni, le città metropolitane e i comuni possono comunque procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, con contratti di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l’esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del comma 28 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, ovvero nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009;

f)    nell'anno successivo a quello di inadempienza il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.

 

In relazione al sistema sanzionatorio si rammenta la disciplina generale, riferita a tutti gli enti territoriali, contenuta nell'articolo 9 della legge n. 243/2012, nel quale, ai commi da 2 a 5 si dispone che:

·       qualora, in sede di rendiconto di gestione, un ente registri un valore negativo dei saldi rilevanti ai fini dell’equilibrio di bilancio, lo stesso dovrà adottare misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo, in quote costanti, salvo che lo Stato possa prevedere forme di recupero differenti;

·       l’individuazione dei premi e delle sanzioni da applicare nei confronti degli enti territoriali in caso di mancato conseguimento dell’equilibrio di bilancio è rinviata alla legge dello Stato che deve attenersi ai seguenti principi:

a)     proporzionalità fra premi e sanzioni;

b)     proporzionalità fra sanzioni e violazioni;

c)     destinazione dei proventi delle sanzioni a favore dei premi agli enti del medesimo comparto che hanno rispettato i propri obiettivi;

·       al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, viene fatta salva la possibilità di prevedere con legge dello Stato ulteriori obblighi per gli enti territoriali in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Il comma 476 introduce una gradualità nell'applicazione delle sanzioni prevedendo nel caso in cui il mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 sia inferiore al 3 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio del mancato conseguimento del saldo, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza la sanzione: 1) di cui al comma 475, lettera c), riferita al limite alle spese correnti, è applicata imponendo agli impegni di parte corrente, per le regioni al netto della sanità, un limite pari all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno precedente; 2) di cui al comma 475, lettera e), relativa al divieto di assunzione, è applicata solo per assunzioni di personale a tempo indeterminato; 3) di cui al comma 475, lettera f), riferita alle indennità degli organi politici, è applicata dal presidente, dal sindaco e dai componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione versando al bilancio dell’ente il 10 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell’esercizio della violazione e non più il 30 per cento.

Resta ferma l’applicazione delle restanti sanzioni di cui al comma 475.

I commi 477 e 478 prevedono che qualora il mancato conseguimento del saldo sia accertato dalla Corte dei conti nell'anno seguente a quello cui la violazione si riferisce, le sanzioni a carico dell'ente si applicano nell'anno successivo a quello della comunicazione del mancato conseguimento del saldo alla Ragioneria generale dello Stato. A tal fine si  dispone l'obbligo in capo agli enti cui la Corte dei conti ha accertato il mancato conseguimento del saldo di comunicare l'inadempienza entro trenta giorni dall'accertamento della violazione mediante l'invio di una nuova certificazione alla Ragioneria generale medesima.

Il comma 479 dispone, a decorrere dall'anno 2018, un sistema premiale  in favore degli enti territoriali che oltre al conseguimento del saldo di cui al comma 466 conseguono una serie di risultati. Gli incentivi sono di due tipi: una premialità monetaria e un alleggerimento dei vincoli alla spesa del personale. In particolare:

a)   alle regioni che rispettano il saldo di cui al comma 466 e che conseguono un saldo finale di cassa non negativo fra le entrate e le spese finali, sono assegnate, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 luglio di ciascun anno, le eventuali risorse incassate dal bilancio dello Stato alla data del 30 giugno e consistenti nel versamento di un importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato, ai sensi del comma 475, lettera b), del presente articolo. Tali risorse sono destinate alla realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna regione è determinato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni che conseguono il saldo finale di cassa non negativo sono tenute a trasmettere al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni concernenti il monitoraggio al 31 dicembre del saldo di cui al comma 466 e la certificazione dei relativi risultati, in termini di competenza e in termini di cassa, secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 469.  Ai fini del saldo di cassa rileva l'anticipazione erogata dalla tesoreria statale nel corso dell'esercizio per il finanziamento della sanità registrata nell'apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni contabili imputate contabilmente al medesimo esercizio;

b)  alle città metropolitane, alle province ed ai comuni, che rispettano il saldo di cui al comma 466 e che conseguono un saldo finale di cassa non negativo fra le entrate finali e le spese finali, sono assegnate, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 luglio di ciascun anno, le eventuali risorse derivanti dalla riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale e dai versamenti e recuperi, effettivamente incassati,  di cui al comma 475, lettere a), del presente articolo, per essere destinate alla realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna città metropolitana, provincia e comune è determinato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Le città metropolitane, le province e i comuni che conseguono il saldo finale di cassa non negativo, trasmettono, al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le informazioni concernenti il monitoraggio al 31 dicembre del saldo di cui al comma 466 e la certificazione dei relativi risultati, in termini di competenza e in termini di cassa, secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 469;

c)   le regioni e le città metropolitane che rispettano il saldo non negativo di cui al comma 466 senza superarlo di oltre l'1 per cento, ovvero lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo, possono nell’anno successivo innalzare la  spesa per rapporti di lavoro flessibile (diversi dal rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato) di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, del 10 per cento della spesa sostenibile ai sensi del predetto comma 28;
Si ricorda che il comma 28, dell'articolo 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede, sia pure con diverse eccezioni, che tali enti possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

d)   i comuni che rispettano il saldo non negativo di cui al comma 466 senza superarlo dell'1 per cento, ovvero lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo, innalzano nell’anno successivo la percentuale della spesa per assunzioni a tempo indeterminato dal 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell'anno precedente (turnover), stabilita al primo periodo del comma 228 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al 75 per cento qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica degli enti deficitari o dissestati, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 263, comma 2, del testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Si segnala che l'ultimo decreto emanato ai sensi dell'articolo 263, comma 2, del TUEL è il D.M. 24/07/2014 che per il triennio 2014-2016 ha individuato la media nazionale per classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica, validi per gli enti in condizione di dissesto.

Il comma 480 stabilisce la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti in essere dagli enti che si configurano elusivi delle regole del pareggio di bilancio di cui ai commi da 463 a 484 della presente disposizione.

Il comma 481 attribuisce alle sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti in sede di accertamento circa l'osservanza delle regole di cui ai commi da 463 a 484 il potere di irrogare sanzioni agli amministratori qualora emerga l'artificioso rispetto delle regole conseguito mediante una non corretta applicazione dei principi contabili di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 o altre forme elusive. Nei confronti degli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle predette regole, è prevista la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile amministrativo individuato dalla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, una sanzione pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. I predetti importi sono acquisiti al bilancio dell'ente.

Il comma 482 dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, qualora risultino, anche sulla base dei dati del monitoraggio di cui al comma 469, andamenti di spesa degli enti non coerenti con gli impegni finanziari assunti con l’Unione europea, proponga adeguate misure di contenimento della predetta spesa.


Articolo 1, commi 483 e 484
(Pareggio di bilancio autonomie speciali)

 

 

I commi 483 e 484 prevedono che alla regione Friuli-Venezia Giulia, alla regione Trentino-Alto Adige ed alle Province autonome di Bolzano e di Trento continuino ad applicarsi le regole del patto di stabilità come modulato nei singoli accordi tra il Governo e ciascuna autonomia; alla regione Valle d’Aosta, invece, si applicano le norme sul pareggio di bilancio a decorrere dal 2017.

 

Il comma 483 riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Bolzano e di Trento a cui non si applica ancora la disciplina del pareggio di bilancio. I suddetti enti sono tenuti al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso le regole del patto di stabilità interno, modulato secondo quanto concordato tra Stato e singola regione (o provincia autonoma).

La norma esplicita che non si applicano le norme concernenti le sanzioni e le misure premiali, stabilite rispettivamente dal commi 475 e dal comma 479 del testo in esame; continuano, invece, ad applicarsi le regole del patto di stabilità dettate dalla legge di stabilità 2013.

 

Per la Regione Friuli-Venezia Giulia la disciplina della riduzione del debito pubblico è ancora basata sul contenimento della spesa complessiva, espressa in competenza eurocompatibile. La disciplina generale - comprese le norme sul monitoraggio degli adempimenti e dei risultati e le sanzioni in caso di inadempienza - è contenuta nella legge di stabilità 2013 (legge 228/2012, art. 1, comma 454 e seguenti). Gli obiettivi della regione Friuli-Venezia Giulia, vale a dire il limite alle spese complessive sono stati determinati dalla legge di stabilità 2015, ai commi 517-521 dell’unico articolo e recepiscono il protocollo d'intesa tra Stato e Regione sottoscritto il 30 ottobre 2014, in materia finanziaria. In particolare il comma 517 stabilisce l'obiettivo programmatico della regione per l'esercizio 2014, nonché gli obiettivi per ciascuno degli anni del triennio 2015-2017, pari a 4.797,6 milioni di euro per il 2015, 4.807,6 milioni di euro per il 2016, 4.797,6 milioni di euro per il 2017.

 

Per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Bolzano e di Trento la disciplina del concorso agli obiettivi di finanza pubblica è contenuta nell'articolo 79 dello statuto (DPR 670/1972), come modificato da ultimo dalla legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, art. 1, comma 407, lettera e)) in attuazione dell’accordo tra lo Stato, la Regione e le Province autonome sottoscritto il 15 ottobre 2014. Per i tre enti il pareggio di bilancio si applicherà a decorrere dal 2018. Fino a quella data continuano ad applicarsi le norme contenute nella legge di stabilità 2013 che stabiliscono le modalità di determinazione dell’obiettivo del patto di stabilità, basato sul conseguimento del saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, nonché il monitoraggio, la certificazione e le sanzioni (rispettivamente comma 455 e commi 460, 461 e 462 della legge 228/2012).

Quanto all’obiettivo specifico per ciascun anno del triennio dal 2015 al 2017, esso è stabilito dal comma 408 della legge di stabilità 2015 (L. 190/2014):

§  per la Regione Trentino-Alto Adige in un saldo positivo pari a 34,27 milioni di euro;

§  per la Provincia autonoma di Trento in un saldo negativo pari a 78,13 milioni di euro;

§  per la Provincia autonoma di Bolzano in un saldo positivo pari a 127,47 milioni di euro.

 

La norma in esame specifica che ai fini del saldo di competenza mista previsto per i tre enti, il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, è considerato al netto della quota proveniente dal ricorso all’indebitamento, in analogia con quanto stabilito al comma 466 sulla modalità di determinazione dell’obiettivo del pareggio di bilancio.

 

Il comma 484 riguarda la Regione Valle d’Aosta, a cui fino all’anno 2016 si sono applicate le regole sopra citate del patto di stabilità, secondo quanto stabilito negli accordi tra Stato e Regione.

In particolare, l’accordo sottoscritto tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la regione Valle d’Aosta il 21 luglio 2015 ha determinato, tra l’altro, gli obiettivi programmatici del patto di stabilità per il 2014 e per il 2015. Per l’anno 2015 il livello di spese in termini di competenza eurocompatibile è stato determinato in 701,242 milioni di euro; con un l’ampliamento, rispetto il 2014, di 60 milioni del tetto di spesa. Dal tetto di spesa così determinato sono escluse le spese relative alle nuove funzioni assunte dalla regione in materia di sanità penitenziaria, la spesa relativa alla ristrutturazione del presidio ospedaliero di Aosta e le spese correlate a trasferimenti dello Stato agli enti locali in seguito a modifiche delle norme di finanza locale.

La norma in esame stabilisce ora che alla Regione non si applicano le regole del patto di stabilità interno dettate, come ricordato sopra, dalla legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012, art. 1 comma 454 e seguenti); la regione Valle d’Aosta ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica dovrà osservare, a decorrere dal 2017, le norme sul pareggio di bilancio, dettate, da ultimo dai commi 463-482 del disegno di legge in esame.

 

Si ricorda infine che la disciplina del pareggio di bilancio si applica alla Regione Sardegna, a decorrere dall’anno 2015 (secondo quanto stabilito prima dal decreto-legge n. 133/2014, art. 42, commi 9-13, poi dal comma 478-bis della legge di stabilità 2015) ed alla Regione siciliana a decorrere dall’anno 2016 in attuazione dell’accordo sottoscritto con lo Stato il 20 giugno 2016 e recepito dall’articolo 11 del decreto-legge n. 113/2016.


Articolo 1, commi 485-501 e 506-508
(Assegnazione di spazi finanziari agli enti locali
ed alle regioni per investimenti)

 

 

I commi da 485 a 501 e da 506 a 508 assegnano agli enti locali spazi finanziari fino a complessivi 700 milioni annui  ed alle regioni fino a complessivi 500 milioni annui per  l’effettuazione di spese di investimento, disciplinando nel contempo la procedura di concessione degli stessi ed i requisiti necessari per l’ottenimento delle risorse stanziate da parte degli enti richiedenti.

 

Spazi finanziari destinati agli enti locali (commi da 485 a 494)

Il comma 485 assegna agli enti locali spazi finanziari per il triennio 2017-2019 nel limite complessivo di 700 milioni annui, di cui 300 milioni di euro destinati ad interventi di edilizia scolastica. Gli spazi in questione sono assegnati nell’ambito dei patti nazionali, previsti dall’articolo10, comma 4, della legge n. 243/2012[186].

Tali patti – si rammenta - costituiscono uno strumento di flessibilità di livello nazionale introdotto con il comma 732 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), aggiuntivo rispetto a quelli già previsti a livello regionale (disciplinati, da ultimo, dal comma 728 della legge n. 208/2011). Il meccanismo si basa, come per il patto regionale orizzontale, sulla cessione di spazi finanziari da parte degli enti locali che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto al saldo non negativo previsto dalla normativa nazionale - la cui entità va comunicata al Ministero dell'economia entro il termine del 15 giugno - a vantaggio di quelli che, invece, prevedono di conseguire, nel medesimo anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto al saldo prefissato. Lo scopo è quello di consentire a tali ultimi enti l'utilizzo di maggiori spazi finanziari per effettuare maggiori spese esclusivamente per sostenere impegni di spesa in conto capitale. Come per il patto orizzontale regionale, le amministrazioni che hanno ceduto o acquisito spazi finanziari ottengono nel biennio successivo, rispettivamente, un alleggerimento o un peggioramento del proprio obiettivo di saldo, commisurato alla metà del valore dello spazio acquisito (nel caso di richiesta) o attribuito (nel caso di cessione). Qualora l'entità delle richieste pervenute dagli enti che necessitano di sostenere spese di conto capitale superi l'ammontare degli spazi finanziari resi disponibili dagli altri, l'attribuzione è effettuata in misura proporzionale ai maggiori spazi finanziari richiesti.

Peraltro, all’evidente fine di favorire la realizzazione di investimenti prioritariamente attraverso  l’utilizzo, da parte degli enti interessati, delle risorse proprie derivanti dai risultati di amministrazione degli esercizi precedenti e dal ricorso al debito, viene previsto che gli spazi in questione non possano essere richiesti qualora le operazioni di investimento mediante il ricorso all’indebitamento e all’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, possano essere effettuate dagli enti medesimi nel rispetto del proprio equilibrio di bilancio: vale a dire, ai sensi dell’articolo 9 della citata legge n. 243/2016, ove l’ente consegua sia in fase di revisione che di rendiconto un “saldo non negativo” in termini di competenza tra entrate e spese (comma 486).

Tale disposizione – come anche rileva la relazione illustrativa- mira a favorire gli investimenti degli enti locali virtuosi, quelli cioè che non riescono ad utilizzare gli avanzi di amministrazione rispettando nel contempo il saldo di equilibrio di bilancio, a causa dei limitati importi iscritti nel fondo crediti di dubbia esigibilità: circostanza questa rinvenibile presso quegli enti che iscrivono in bilancio entrate in gran parte di effettiva esigibilità.

Il Fondo crediti di dubbia esigibilità, previsto dall’articolo 167 del TUERL (D.Lgs. n.267/2000), costituisce una delle principali novità introdotte ad opera della nuova disciplina dell’armonizzazione contabile di cui al D.Lgs. n.118 del 2011 ed ha la finalità di assicurare che gli enti locali utilizzino, in termini di spesa, solo le risorse aventi un alto tasso di riscuotibilità. Al fondo è quindi affidata la funzione di rettificare tutte quelle risorse non effettivamente esigibili nel corso dell'anno, mediante il conferimento ad  esso di un accantonamento il cui ammontare è determinato in considerazione dell'importo degli stanziamenti di entrata di dubbia e difficile esazione: tale accantonamento non è oggetto di impegno e genera un'economia di bilancio che confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata.

Analoga finalità sussiste nei confronti delle regioni virtuose, sulla base di quanto dispone in termini analoghi al comma in esame il successivo comma 496 (vedi ultra).

La procedura di concessione si articola, quanto agli spazi riferibili all’edilizia scolastica, secondo le seguenti fasi:

§  gli enti locali comunicano gli spazi finanziari di cui necessitano per l’edilizia scolastica entro il 20 gennaio di ciascun anno ( 20 febbraio per  il 2017), alla Struttura di missione per il coordinamento degli interventi di edilizia scolastica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;

§  ai fini dell’attribuzione degli spazi la Struttura medesima, sulla base di alcuni criteri prioritari indicati nelle norme in esame comunica, entro il 5 febbraio di ciascun anno (5 marzo per il 2017), alla Ragioneria generale dello Stato, gli spazi finanziari da attribuire a ciascun ente locale (commi da 487 a 489).

I suddetti criteri attengono ad interventi di edilizia scolastica già avviati e per i quali sono stati attribuiti spazi finanziari nell’anno 2016 ai sensi del D.P.C.M. 27 aprile 2016[187], ad interventi di nuova costruzione di edifici scolastici  già avviati ed ad ulteriori tipologie di interventi il cui iter di realizzazione sia ancora da perfezionare.

Quanto agli interventi diversi dall’edilizia scolastica la procedura di concessione – sostanzialmente identica alla precedente – prevede che:

§  entro il termine del 20 gennaio di ciascun anno (20 febbraio per il 2017) gli enti locali comunicano gli spazi finanziari di cui necessitano per gli investimenti al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, fornendo, quanto alla quota di spazi non riferita all’edilizia scolastica le informazioni relative  al fondo di cassa al 31 dicembre dell’anno precedente ed all’avanzo di amministrazione[188], al netto della quota accantonata del Fondo crediti di dubbia esigibilità, risultante dal rendiconto (o dal preconsuntivo) dell’anno precedente,

§   entro il 15 febbraio di ciascun anno (15 marzo nel 2017) con decreto del Ministero dell’economia è determinato l’ammontare dello spazio finanziario attribuito a ciascun ente locale tenendo conto dei seguenti criteri di ordine di priorità nell’assegnazione degli spazi: a) investimenti finanziati con avanzo di amministrazione o mediante operazioni di indebitamento dei comuni istituiti nel quinquennio precedente all’anno di riferimento a seguito di fusione[189] e comuni con popolazione inferiore a mille abitanti già in possesso di progetti esecutivi; b) interventi di edilizia scolastica non soddisfatti dagli spazi finanziari concessi ai sensi dei commi da 487 a 489; c) investimenti finalizzati all’adeguamento sismico degli immobili; d) investimenti finalizzati alla prevenzione del rischio idrogeologico ed alla messa in sicurezza di siti inquinati ad alto rischio ambientale. Per queste due tipologie, gli investimenti devono risultare finanziati con avanzo di amministrazione, per i quali gli enti dispongono del progetto e del cronoprogramma della spesa;

§  ferme restando le suddette priorità, in presenza di richieste che superino l’ammontare degli spazi disponibili, l’attribuzione è effettuata a favore degli enti che presentano la maggiore incidenza del fondo di cassa rispetto all’avanzo di amministrazione (commi 490-493).

Al riguardo si segnala l’opportunità di coordinare quanto previsto dalla lettera a) circa la priorità (inserita nel corso dell’esame parlamentare) per gli investimenti finanziati con avanzo di amministrazione o mediante operazioni di indebitamento con quanto disposto dal comma 486, che esclude la richiesta di spazi finanziari qualora il ricorso all’utilizzo del risultato di amministrazione  o all’indebitamento possa essere operato nel rispetto del saldo di equilibrio di bilancio degli enti interessati.

Spazi finanziari destinati alle regioni (commi da 495 a 501)

Una procedura in buona parte analoga a quella ora illustrata per gli enti locali trova applicazione anche nei confronti delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano, nei cui confronti il comma 495 assegna, anche in tal caso nell’ambito dei patti nazionali di cui s’è detto in precedenza, spazi finanziari nel limite complessivo di 500 milioni per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019.

Stabilito poi, al comma 496, che gli enti suddetti non possano richiedere spazi qualora le operazioni di investimento mediante il ricorso a risorse proprie, vale a dire con riferimento all’indebitamento e all’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, possano essere effettuate dagli enti medesimi nel rispetto del proprio equilibrio di bilancio – rinviandosi su tale aspetto al commento sul precedente comma 24 -, si dispone (comma 497) il termine annuale del 20 gennaio (20 febbraio nel 2017) per la comunicazione alla Ragioneria generale dello Stato degli spazi finanziari di cui necessitano, completa delle informazioni relative  al fondo di cassa al 31 dicembre dell’anno precedente ed all’avanzo di amministrazione, al netto della quota accantonata del Fondo crediti di dubbia esigibilità, risultante dal rendiconto (o dal preconsuntivo) dell’anno precedente.

Entro il 15 febbraio di ogni anno (15 marzo nel 2017) con decreto del Ministero dell’economia vengono attribuiti gli spazi finanziari agli enti interessati, secondo il seguente ordine prioritario: a) investimenti finalizzati all’adeguamento antisismico degli immobili, e b) investimenti finalizzati alla prevenzione del rischio idrogeologico, in entrambi i casi finanziati con avanzo di amministrazione, per i quali gli enti dispongono del progetto e del cronoprogramma della spesa (commi 498 e 499).

Anche per le regioni e province autonome, come prima stabilito per gli enti locali, in presenza di richieste che superino l’ammontare degli spazi disponibili, l’attribuzione è effettuata a favore degli enti che presentano la maggiore incidenza del fondo di cassa rispetto all’avanzo di amministrazione (comma 500).

 

Disposizioni comuni (commi da 506 a 508)

I commi da 506 a 508 dell’articolo  in esame recano norme di contenuto prevalentemente sanzionatorio che interessano la procedura di assegnazione degli spazi finanziari in esame, disponendo:

§  che alle regioni e province autonome che non sanciscono l’intesa regionale disciplinata dal D.P.C.M. previsto dall’articolo 10, comma 5, della legge n. 243/2012 si applicano, nell’esercizio della mancata intesa, le sanzioni sul divieto di assunzione di personale previste alla lettera e) del precedente comma 475, nonché sul limite all’assunzione di impegni per spese correnti di cui alla lettera c) dello stesso comma 475.

Si segnala che il D.P.C.M. suddetto (non ancora intervenuto), che dovrà disciplinare le modalità di attuazione dell’articolo 10 della legge 243, è da adottare “d’intesa con la Conferenza Unificata”[190] e non sembra pertanto prevedere espressamente una “intesa regionale”. Le intese regionali sono invece previste dal comma 3 del medesimo articolo, e per questo profilo, atteso che il decreto suddetto disciplinerà le modalità attuative dell’intero articolo, potrebbe rinvenirsi in ciò il riferimento all’intesa regionale recato dal comma 40 in commento. Sul punto appare necessario un chiarimento;

§  che qualora gli spazi finanziari concessi ai sensi delle intese e dei patti regionali o nazionali non siano totalmente utilizzati, l’ente territoriale non può beneficiare di spazi finanziari nell’esercizio successivo;

§  che ove l’ente territoriale beneficiario degli spazi finanziari non effettui la trasmissione delle informazioni richieste dal D.P.C.M. di cui sopra, lo stesso non può procedere ad assunzioni di personale ad alcun titolo.

 


Articolo 1, commi 502-505
(Province autonome di Trento e di Bolzano)

 

 

I commi 502–505, inseriti durante l’esame alla Camera, apportano modifiche, in accordo con le procedure statutarie, all’ordinamento finanziario delle Province autonome di Trento e di Bolzano, concernenti l’assegnazione di spazi finanziari per investimenti e una diversa modalità di attuare il concorso alla finanza pubblica a carico delle due Province.

 

Le norme in esame, inserite in sede referente alla Camera con l’approvazione di un emendamento presentato dal Governo, richiamano esplicitamente, al comma 504, la norma contenuta nello statuto (D.P.R. n. 670/1972, art. 104) che consente di apportare modifiche all’ordinamento finanziario delle due Province autonome (disciplinato da norme statutarie), con legge ordinaria in accordo con le Province stesse.

Le modifiche riguardano l’assegnazione di spazi finanziari per investimenti, disciplinato distintamente dal resto delle regioni (commi 502 e 505) e una diversa modalità di attuare il concorso alla finanza pubblica a carico delle due Province a legislazione vigente (comma 503).

 

Assegnazione di spazi finanziari

 

Il comma 502 assegna spazi finanziari alle due Province autonome, al fine di consentire gli investimenti attraverso l’utilizzo degli avanzi di amministrazione degli esercizi precedenti, per un importo, per ciascuna Provincia, di 70 milioni di euro per il 2017 e 50 milioni di euro per ciascun anno dal 2018 al 2030. Rimane ferma, specifica la norma, la disciplina dell’equilibrio dei bilanci (art. 9 della legge 243/2012) e del patto di stabilità (legge di stabilità 2015) che si applica alle province autonome di Trento e di Bolzano come modulata negli accordi con il Governo.

Si ricorda a riguardo che il comma 483 del disegno di legge in esame stabilisce che alla regione Trentino-Alto Adige ed alle Province autonome di Bolzano e di Trento (insieme alla regione Friuli-Venezia Giulia) continuano ad applicarsi le regole del patto di stabilità come modulato nei singoli accordi tra il Governo e ciascuna autonomia. Si ricorda, inoltre, che per i tre enti che qui interessano, la disciplina del concorso agli obiettivi di finanza pubblica è contenuta nell'articolo 79 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972), come modificato da ultimo dalla legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014, art. 1, comma 407, lettera e)) in attuazione dell’accordo tra lo Stato, la Regione e le Province autonome sottoscritto il 15 ottobre 2014.

 

L’attribuzione degli spazi finanziari alle Province autonome è disciplinata separatamente dal resto del comparto delle regioni, in accordo con le norme statutarie. Per tale ragione, rispetto al testo iniziale del disegno di legge, nell’esame in sede referente, con lo stesso emendamento che ha introdotto i commi in esame, sono stati soppressi i riferimenti alle Province autonome nelle norme che disciplinano l’assegnazione di spazi finanziari al complesso delle regioni (in particolare ai commi 495, 496 e 499).

Si rammenta infatti che i commi da 495 a 501 del disegno di legge in esame, assegnano alle regioni spazi finanziari fino a complessivi 500 milioni annui nel triennio 2017-2019, per l’effettuazione di spese di investimento, disciplinando nel contempo la procedura di concessione degli stessi ed i requisiti necessari per l’ottenimento delle risorse stanziate da parte degli enti richiedenti.

Non è stato invece soppresso il riferimento alle Province autonome nel comma 506, atteso che lo stesso fa riferimento al generale potere sostitutivo statale in caso di inadempienza, da parte delle regioni, delle disposizioni in tema di indebitamento recate dall’articolo 10 della legge n. 243/2012.

 

La norma in esame comporta oneri in termini di fabbisogno e indebitamento netto quantificati – come risulta dalla relazione tecnica – stimando un utilizzo al 30 per cento degli spazi a disposizione e pari a 50 milioni nel 2017, 73 milioni nel 2018, 98 milioni nel 2019, 103 milioni 2020, 101 milioni 2021, 100 milioni annui dal 2020 al 2030, 65 milioni nel 2031, 38 milioni nel 2032 e 12 milioni nel 2033.

A compensazione dei suddetti oneri il comma 505 riduce degli importi corrispondenti il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.

 

Concorso alla finanza pubblica

 

Il comma 503 disciplina una diversa modalità di attuare il concorso alla finanza pubblica a carico delle due province autonome, disciplinato e quantificato - sia in termini di saldo netto da finanziare che di indebitamento netto - dall’art. 79 dello statuto, come modificato e integrato dalla legge di stabilità 2015 a seguito dell’accordo con lo Stato del 15 ottobre 2014.

La norma in esame stabilisce ora che le due Province possono attuare il concorso alla finanza pubblica, consistente in contributi a carico delle Province autonome, anche attraverso compensazioni a valere su somme dovute dallo Stato a qualsiasi titolo (con esclusione dei residui passivi perenti).

Le compensazioni saranno possibili per il contributo in termini di saldo netto da finanziare a decorrere dal 2017 e per il contributo in termini di indebitamento netto a decorrere dal 2018 (anno in cui di applicherà alle due province la disciplina del pareggio di bilancio) e dovranno comunque essere concordate tra il Ministero dell’economia e delle finanze e ciascuna Provincia entro il 30 aprile di ciascun anno.

La norma non comporta oneri in quanto si tratta di una diversa realizzazione del contributo già stabilito.

 

Si rammenta a riguardo la disciplina, contenuta nell’articolo 79 dello statuto, che definisce il contributo alla finanza pubblica delle Province autonome in termini di saldo netto da finanziare e in termini di indebitamento netto.

Il contributo alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare, riferito al sistema territoriale regionale integrato (definito al comma 1), è determinato dal comma 4-bis in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022, di cui 15,9091 posti in capo alla Regione. Il contributo è ripartito tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. A decorrere dall'anno 2023, il contributo è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA e ripartito tra le province coma sopra (comma 4-ter).

Il comma 4-sexsies stabilisce, inoltre, che il contributo in termini di saldo netto da finanziare stabilito dalla normativa vigente, a decorrere dall'anno 2015, è versato all'erario entro il 30 aprile di ciascun anno (imputazione sul capitolo 3465, articolo l, capo X del bilancio dello Stato); in mancanza del versamento, il MEF è autorizzato a trattenere gli importi corrispondenti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti all'ente interessato.

Gli importi imputati ai tre enti sono stati definiti dalla legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014, comma 410) per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2022; si riportano di seguito gli importi relativi agli anni dal 2016 al 2022.

in milioni di euro

Contributo in termini di saldo netto da finanziare

Regione Trentino-Alto Adige

Prov. aut. Trento

Prov. aut. Bolzano

ciascun anno dal 2016 al 2022

15,091

413,4

477,2

 

I commi 4-quater e 4-quinques del citato articolo 79, riguardano invece il patto di stabilità interno. A decorrere dal 2016, in via transitoria e in via definitiva a decorrere dal 2018, il conseguimento del pareggio del bilancio è il nuovo obiettivo anche per la Regione e le Province autonome. Nei primi due anni questo si applica nel senso che gli enti accantonano in termini di cassa e in termini di competenza un importo definito d'intesa con il MEF e tale da garantire la neutralità finanziaria per i saldi di finanza pubblica (gli importi per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 sono stabiliti dal comma 408 della legge 190/2014, vedi infra). A decorrere dall'anno 2018, invece, viene superato definitivamente l'obiettivo del saldo programmatico previsto dalla normativa vigente e non si applicheranno più tutte le disposizioni sul patto di stabilità in contrasto con il pareggio di bilancio.

in milioni di euro

obiettivo del patto di stabilità

Regione Trentino-Alto Adige

Prov. aut. Trento

Prov. aut. Bolzano

ciascun anno 2015, 2016, 2017

34,27

-78,13

127,47

 

Il comma 4-septies del citato art. 79, infine, stabilisce che a decorrere dal 2018, lo Stato per far fronte ad eccezionali esigenze di finanza pubblica, potrà modificare i contributi richiesti - sia in termini di saldo netto da finanziare che di indebitamento – solo per un periodo limitato e per un importo massimo del 10 % dei contributi già stabiliti; un ulteriore incremento – sempre per un periodo limitato di tempo e per ulteriori sopravvenute esigenze (come assicurare il rispetto delle norme europee in materia di riequilibrio di bilancio) non potrà anch'esso superare il 10 % (per un incremento complessivo non superiore al 20 per cento, stabilito in due tranche).


Articolo 1, commi 509-516
(Recepimento dell’Accordo fra il Governo e la Regione siciliana)

 

 

I commi da 509 a 516, danno applicazione normativa ai contenuti dell’accordo tra il Governo e la Regione siciliana in materia finanziaria sottoscritto il 20 giugno 2016: è definito il saldo obiettivo ai fini del pareggio di bilancio (comma 509); sono disciplinate la verifica e le sanzioni in caso di inadempienza delle misure di riduzione della spesa regionale (commi 510-512); sono estese agli enti locali siciliani le norme sulla raccolta dei dati per la definizione dei fabbisogni standard (comma 513); è rideterminata la misura della compartecipazione regionale all’IRPEF per il 2017 e a decorrere dal 2018 (commi 514 e 515); è determinato in quota fissa quanto dovuto dalla Regione allo Stato per il regime IVA cd. “split payment” nel caso questo sia ancora in vigore nel 2018 (comma 516).

 

L’accordo del 20 giugno 2016 tra il Governo e la Regione siciliana ridefinisce i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione al fine di superare lo stato di grave sofferenza finanziaria del bilancio regionale. I contenuti principali dell’accordo riguardano il concorso della regione agli obiettivi di finanza pubblica, le misure per la riduzione della spesa corrente regionale e la rideterminazione della misura della compartecipazione regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). L’accordo, inoltre, risolve il contenzioso costituzionale pendente in materia finanziaria tra Stato e Regione.

Definizione del saldo obiettivo

Il comma 509 recepisce quanto stabilito dall’accordo sul concorso della regione siciliana agli obiettivi di finanza pubblica che, a partire dal 2016, segue le regole del pareggio di bilancio.

Secondo quanto stabilito dalla norma in esame la Regione, in relazione all’anno 2017, deve ottenere un saldo positivo non inferiore a 577,5 milioni di euro e a decorrere dal 2018, un saldo non negativo calcolato con le regole del pareggio di bilancio dettate dal comma 466 del testo in esame.

Sull’applicazione del pareggio di bilancio alla Regione siciliana a decorrere dal 2016, l’accordo stabilisce che per gli esercizi 2016 e 2017 il saldo obiettivo dovrà essere pari rispettivamente a 227,88 e a 577,51 milioni di euro, al fine di bilanciare le maggiori entrate attribuite con l’accordo medesimo attraverso la ridefinizione della compartecipazione all'IRPEF (stabilita ora dal comma 514 delle norme in esame). A decorrere dal 2018, invece, la regione dovrà garantire il pareggio di bilancio inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra entrate finali e spese finali. La disciplina del pareggio di bilancio si applica ovviamente nel suo complesso, compresa la disciplina sanzionatoria in caso di inadempienza e sostituisce la precedente normativa del concorso agli obiettivi di finanza pubblica della Regione siciliana, basata invece sul contenimento della spesa complessiva attraverso il patto di stabilità.

Si ricorda a riguardo che le regole del concorso agli obiettivi di finanza pubblica per la Regione siciliana, anche per quanto concerne la riduzione del debito pubblico, fino al 2015 è stata basata sul contenimento della spesa complessiva, espressa in competenza eurocompatibile. La disciplina generale è contenuta nella legge di stabilità 2013 (legge 228/2012, art. 1, comma 454) e gli obiettivi specifici del patto di stabilità sono determinati dall’art. 42, comma 5, del decreto legge 133/2014, che recepisce l’accordo del 9 giugno 2014 tra lo Stato e la Regione sul patto di stabilità 2013. Questa disciplina non è perciò più applicabile.

Si ricorda infine che l’articolo 11, comma 4 del decreto legge 113/2016 ha recepito i contenuti dell’accordo in relazione all’anno 2016 ed ha stabilito l’obiettivo richiesto alla Regione per il 2016, in un saldo positivo pari a 227,88 milioni di euro, calcolato secondo le regole del pareggio di bilancio.

 

Misure di riduzione della spesa regionale: verifiche e sanzioni

 

I commi 510-512 riguardano le misure di riduzione della spesa regionale che la Regione si è impegnata a realizzare, nonché le procedure di verifica delle stesse e le eventuali sanzioni in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi.

Con il citato accordo (punti 2 e 3) la regione si è infatti impegnata ad attuare riduzioni strutturali della spesa corrente in misura non inferiore al 3 per cento annuo dal 2017 al 2020, attraverso provvedimenti legislativi e/o amministrativi di razionalizzazione delle spese concernente i servizi pubblici locali, il pubblico impiego regionale, la riorganizzazione della struttura amministrativa della regione, l’aggregazione e la centralizzazione delle committenze, la dirigenza pubblica, la semplificazione ed efficientemente del procedimento disciplinare (in caso specialmente di falsa presenza in servizio), la semplificazione del procedimento amministrativo e, in recepimento della legge 56/2014, la riduzione dei costi della politica e la riorganizzazione delle funzioni degli enti locali.

Con il comma 510 della norma in esame viene stabilito che la Regione provvede a realizzare misure di razionalizzazione della spesa corrente – attraverso la riduzione degli impegni di parte corrente - non inferiori al 3 per cento annuo, per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020. La norma specifica che nel caso in cui in un anno la riduzione sia maggiore, la parte eccedente può essere portata in diminuzione della riduzione dell’anno successivo; in ogni caso la riduzione non può essere inferiore al 2 per cento annuo. Come stabilito nell'accordo, la riduzione deve essere considerata al netto delle seguenti voci di spesa: la spesa sanitaria, le spese correttive e compensative relative a regolazioni contabili, il concorso della regione alla finanza pubblica e gli oneri per i rinnovi dei contratti collettivi nazionali  per il pubblico impiego (nei limiti fissati dalla legge di bilancio).

Il comma 511 stabilisce che la riduzione della spesa è realizzata attraverso le misure di risparmio individuate nell'accordo (elencate a seguire). Il Ministero dell’economia e delle finanze provvederà a verificare annualmente, previa certificazione regionale, il rispetto dei saldi di bilancio richiesti alla regione  (determinati nel comma 509) e sempre annualmente la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica provvederà a verificare il rispetto delle misure regionali elencate al punto 3 del predetto Accordo.

In particolare le misure di risparmio concordate sono le seguenti:

a)    recepimento della legislazione nazionale concernente i servizi pubblici locali di interesse economico generale;

b)   riduzione dei costi del pubblico impiego regionale;

c)    riorganizzazione della struttura amministrativa della regione, il rafforzamento della gestione unitaria dei servizi strumentali

d)   razionalizzazione dell'utilizzo degli spazi occupati dagli uffici pubblici;

e)    riduzione dei centri di costo attraverso l’aggregazione e la centralizzazione delle committenze;

f)    recepimento dei principi in materia di dirigenza pubblica;

g)   semplificazione ed efficientemente del procedimento disciplinare (in caso specialmente di falsa presenza in servizio), attuazione di specifiche misure contro l'assenteismo dei pubblici dipendenti;

h)   recepimento ed attuazione delle norme in materia di semplificazione del procedimento amministrativo;

i)     completo recepimento della legge 56/2014 in tema, principalmente, di  riduzione dei costi della politica, riorganizzazione delle funzioni degli enti locali, valorizzazione delle Città metropolitane e incentivazione alle unioni di comuni.

In caso di non raggiungimento dell’obiettivo annuale di risparmio, il comma 512 della norma in esame, come già concordato al punto 4 dell'accordo, dispone che il Ministero dell’economia e delle finanze sia autorizzato a trattenere il corrispettivo importo a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla regione.

 

Enti locali siciliani e raccolta dei dati per la definizione dei fabbisogni standard

 

Il comma 513 riguarda l’estensione agli enti locali della Regione siciliana delle disposizioni relative alla raccolta dei dati inerenti al processo di definizione dei fabbisogni standard (procedimento disciplinato dagli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 216/2010).

La norma in esame stabilisce che la regione ha l'obbligo di porre in essere le azioni necessarie affinché gli enti locali della regione si prestino alle rilevazioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard effettuate dalla SOSE S.p.A., anche ai sensi di quanto stabilito dall'art. 8 della legge regionale siciliana n. 9 del 2015 che prevede appunto la determinazione, da parte regionale e con il concorso delle autonomie locali, dei fabbisogni standard di comuni e dei liberi Consorzi comunali relativamente alle funzioni fondamentali degli stessi enti.

L'obbligo della regione è stabilito dalla norma nelle more della definizione delle procedure di determinazione dei fabbisogni standard secondo le modalità ‘pattizie’ previste dall’art. 27 della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale (e richiamate dall’art. 31, comma 3 del D.Lgs. 68/2011).

Si ricorda che il D.Lgs. 68/2011 in attuazione della delega sul federalismo fiscale conferita al Governo dalla legge 42/2009, ha dettato norme in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. L’articolo 31, comma 3, stabilisce che, con le procedure ‘pattizie’ previste dall'articolo 27, della legge 42/2009 (vale a dire in accordo con ciascuna autonomia), è estesa agli enti locali delle regioni a statuto speciale l'applicazione delle disposizioni relative alla raccolta dei dati, inerenti al processo di definizione dei fabbisogni standard (disciplinato dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 216 del 2010), da far confluire nelle banche dati informative.

 

Rideterminazione della compartecipazione regionale all’IRPEF

 

I commi 514 e 515 recepiscono quanto concordato in materia di determinazione della misura della compartecipazione regionale all’imposta sul reddito della persone fisiche (IRPEF) spettante alla Regione siciliana, in relazione all’anno 2017 e, a regime, a decorrere dal 2018.

Con l'accordo del 20 giugno 2016, le parti hanno convenuto che il gettito dell’IRPEF di spettanza regionale venga calcolato sulla base del ‘maturato’ e non del riscosso come avvenuto fino ad oggi. La differenza sostanziale delle due modalità di calcolo fa sì che la misura della compartecipazione possa essere rideterminata a ribasso rispetto ai 10 decimi attualmente spettanti e portare comunque alla regione un maggiore introito. La quota della compartecipazione è così fissata in 5,62 decimi per il 2016, 6,74 decimi per il 2017 e 7,10 decimi a decorrere dal 2018. Le parti si sono impegnate inoltre a considerare la possibilità di una revisione di quanto concordato entro il 31 dicembre 2018, secondo le procedure pattizie stabilite dall’articolo 43 dello statuto. Con le medesime procedure, la Commissione paritetica Stato-Regione, provvede comunque ad apportare le modifiche necessarie alle norme di attuazione che disciplinano le compartecipazioni ai tributi erariali.

Si ricorda che l’ordinamento finanziario della Regione siciliana è contenuto, oltre che agli articoli 32-41 dello statuto (R.D.Lgs. n. 455/1946), principalmente nelle norme di attuazione dello statuto adottate con D.P.R. n. 1074/1965.

Ai sensi della disciplina vigente è attribuito alla Regione siciliana il gettito di tutti i tributi erariali riscossi nell'ambito del suo territorio, ad eccezione delle imposte di produzione (ora, accise) e dei proventi del monopolio dei tabacchi e del lotto.

Per la Regione siciliana la modifica delle norme di attuazione, anche in materia finanziaria, non può che avvenire con la procedura ‘ordinaria’, secondo quanto stabilisce lo statuto (articolo 43) attraverso l’adozione di atti – ora decreti legislativi – che si formano completamente al di fuori del Parlamento, sulla base del testo predisposto dalla Commissione paritetica Stato-Regione.

Nello statuto siciliano, infatti, non è prevista la possibilità – presente invece negli statuti delle altre autonomie speciali – di apportare modifiche alle norme statutarie concernenti la finanza regionale con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata.

Nelle more dell’adozione delle norme di attuazione, il Governo si è impegnato a dare attuazione alle modifiche della misura del gettito IRPEF spettante alla regione a partire dall’esercizio finanziario 2016, attraverso provvedimenti normativi.

Per il 2016, è infatti intervenuto l’articolo 11, commi 1-3, del decreto legge n. 113/2016, che attribuisce alla Regione siciliana, a titolo di acconto sulla compartecipazione da attribuire alla Regione per l’anno 2016, una somma di circa 500 milioni di euro, corrispondenti ai 5,61 decimi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), al netto di quanto già attribuito (comma 1). Oltre a provvedere alla copertura in termini di saldo netto da finanziare (comma 2), la norma detta disposizioni per assicurare la neutralità finanziaria – in riferimento alle pubbliche amministrazioni – sia in termini di fabbisogno (comma 3), sia in termini di indebitamento netto (comma 4).

Il comma 514 in esame provvede ora ad attribuire alla Regione, un importo pari a 6,74 decimi per l’anno 2017 e pari a 7,10 decimi a decorrere dall’anno 2018 dell'IRPEF, determinata con riferimento al gettito maturato nel territorio regionale. La norma precisa che quanto stabilito è il contenuto della norma di attuazione approvata dalla Commissione paritetica il 3 ottobre 2016.

Il comma 515 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze ad effettuare, con proprio decreto, le conseguenti variazioni di bilancio.

La relazione tecnica elenca le voci che compongono la quota IRPEF di spettanza regionale, secondo la nuova modalità di calcolo:

§  imposta netta risultante dalle dichiarazioni dei redditi e dei sostituti di imposta, nonché dalle dichiarazioni sostitutive presentate dai contribuenti con domicilio fiscale nel territorio regionale;

§  imposta sui redditi a tassazione separata delle persone fisiche con domicilio fiscale nel territorio regionale;

§  somme riscosse a seguito delle attività di accertamento e controllo effettuate dalle amministrazioni finanziarie statali e regionali nei confronti dei contribuenti con domicilio fiscale nel territorio regionale.

Secondo i dati esposti nella relazione tecnica, le aliquote fissate dalle norme in esame, calcolate secondo la nuova modalità, comportano un incremento della compartecipazione della regione pari a 1.400 milioni di euro per il 2017 e circa 1.685 milioni di euro a decorrere dal 2018, con corrispondenti oneri in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Per quanto concerne l’indebitamento netto, gli effetti negativi della variazione dell’aliquota, sono compensati dal saldo richiesto alla regione ai fini del pareggio di bilancio (e stabilito dal comma 509 della norma in esame): un saldo positivo pari a 577,512 milioni di euro per il 2017 e un saldo non negativo a decorrere dal 2018.

 

Regione siciliana e regime IVA split payment

 

Il comma 516 recepisce quanto stabilito dall’accordo in merito ad un regime particolare di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, imposta erariale per la quale alla Regione siciliana, secondo quanto stabilito dalle norme statutarie (D.P.R. n. 1074/1965), spetta l’intero gettito riscosso nel territorio regionale.

In riferimento al regime particolare di versamento dell’IVA per le operazioni effettuate nei confronti della P.A. denominato split payment, viene stabilito che a decorrere dal 2018 – qualora sia ancora in vigore tale regime - la Regione è tenuta a versare al bilancio dello Stato la somma di 285 milioni di euro annui. La norma precisa che il versamento deve avvenire entro il 30 ottobre di ciascun anno. In sostanza viene predeterminato in quota fissa quanto dovuto dalla Regione allo Stato. In caso di mancato versamento, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a trattenere l’importo corrispondente a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla Regione.

Il meccanismo della scissione dei pagamenti dell’imposta sul valore aggiunto, split payment, è una speciale modalità di versamento IVA per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta che è stato introdotto dalla legge di stabilità 2015 (comma 629, lettera b), L. 190/2014) ed è in vigore dal 1° gennaio 2015. Tale meccanismo prevede che al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura; l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario.

 


Articolo 1, commi 517 e 518
(Regione Valle d’Aosta)

 

 

Il comma 517, disapplica, nei confronti della Regione Valle d’Aosta, le norme sul concorso alla riduzione del fabbisogno sanitario attraverso accantonamenti da parte dello Stato di quote dei tributi erariali spettanti alla regione; sono perciò restituite le somme trattenute dallo Stato, per gli anni dal 2012 al 2015. Con il comma 518 è attribuito alla Regione l'importo complessivo di 448,8 milioni di euro a compensazione definitiva della perdita di gettito subita dalla Regione in conseguenza della diversa determinazione dell’accisa sull’energia elettrica e sugli alcolici.

 

In particolare, il comma 517 stabilisce la restituzione alla Regione Valle d'Aosta delle somme che lo Stato aveva trattenuto a titolo di concorso della Regione stessa alla riduzione del fabbisogno sanitario per gli anni dal 2012 al 2015 secondo quanto stabilito dall’articolo 15, comma 22, del decreto-legge 95/2012 e dall’articolo 1, comma 132, della legge 228/2012. La norma stabilisce altresì la non applicazione degli accantonamenti previsti dalla suddetta normativa a decorrere dall’anno 2017.

 

Le norme citate hanno stabilito una riduzione del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, previsto dalla legislazione vigente. In particolare l'articolo 15, comma 22, del decreto legge 95/2012 ha stabilito una riduzione di 900 milioni di euro per l'anno 2012, di 1.800 milioni per l'anno 2013, di 2.000 milioni per l'anno 2014 e 2.100 milioni a decorrere dall'anno 2015. L'articolo 1, comma 132, della legge 228/2012 stabilisce una ulteriore riduzione di 600 milioni di euro  per l'anno 2013 e di 1.000 milioni a decorrere dal 2014. I tagli suddetti sono stati poi ripartiti tra le Regioni e le Province autonome con Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Al riguardo, si rammenta che il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è calcolato su base nazionale, in quanto destinato a funzioni soggette al rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Per tale motivo anche le Regioni a statuto speciale (tranne la Sicilia) e le Province autonome che finanziano la sanità con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio e senza alcun onere a carico dello Stato, sono tenute a realizzare la propria quota di risparmio. Stante il diverso regime di finanziamento della sanità, a fronte di una riduzione del finanziamento erariale per il comparto delle Regioni a statuto ordinario, le modalità del contributo alla riduzione del finanziamento della sanità delle autonomie speciali deve essere stabilito con le procedure pattizie previste dagli statuti, vale a dire con singoli accordi tra lo Stato e ciascuna autonomia.

Entrambe le norme citate hanno stabilito che, in attesa delle definizione  delle procedure pattizie o degli accordi, l'importo del concorso alla riduzione del fabbisogno sanitario, è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

 

La regione Valle d'Aosta, che finanzia interamente il Servizio sanitario nazionale nel suo territorio senza oneri a carico del bilancio dello Stato (ai sensi dell’articolo 34, comma 3 della legge n. 724/1994), ha impugnato le suddette norme e con sentenza n. 125 del 2015 la Corte costituzionale ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale nella parte in cui si applicano alla Regione Valle d'Aosta, per violazione del principio di leale collaborazione, in quanto le norme incidono in modo unilaterale nell'ordinamento finanziario della Regione.

La Corte censura le norme che consentono la realizzazione del concorso alla riduzione del fabbisogno sanitario, attraverso gli accantonamenti a valere sulle quote di tributi erariali, in quanto configurano una modifica unilaterale all’ordinamento finanziario della regione. Nel caso in esame, inoltre, non può nemmeno essere invocata la potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica in quanto «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, “neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario” (sentenza n. 341 del 2009)» (sentenza n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012). » Secondo la Corte il meccanismo dell'accantonamento «costituisce una mera riallocazione di risorse all’interno del bilancio consolidato delle pubbliche amministrazioni: infatti alla riduzione complessiva del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale le autonomie speciali – ad esclusione della Regione siciliana – partecipano […] attraverso un conferimento di risorse, mentre le Regioni a statuto ordinario e la stessa Regione siciliana subiscono, per effetto della stessa norma, la riduzione pro quota del finanziamento attinto dal bilancio dello Stato mediante il tradizionale trasferimento di fondi » (Considerato in diritto, punto 5.1.).

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge in esame quantifica gli effetti negativi sui saldi di finanza pubblica pari a 26,638 milioni di euro per l'anno 2017 e 6,602 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018.

 

Il comma 518 provvede a compensare definitivamente la Regione Valle d’Aosta della perdita di gettito subita dalla Regione negli anni 2011-2014 causata dalla diversa determinazione dell’accisa sull’energia elettrica e sugli alcolici (imposte che spettano alla regione rispettivamente per l’intero gettito e per i 9 decimi). L’Accordo sottoscritto il 21 luglio 2015 tra il Governo e la Regione ha, tra l’altro, definito i rapporti finanziari pendenti dovuti alla perdita di gettito.

In attuazione di tale accordo, è attribuito alla regione l’importo complessivo di 448,8 milioni di euro, che verrà corrisposto con le seguenti modalità:

§  74,8 milioni di euro per l’anno 2017;

§  65,8 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022;

§  45 milioni di euro per l’anno 2023.

A parziale compensazione della perdita di gettito e sempre in attuazione dell’Accordo del 21 luglio 2015, sono state attribuite alla Regione le seguente somme:

§  50 milioni di euro per l’anno 2016, attribuiti con il comma 686 della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015);

§  70 milioni di euro, attribuiti dall’art. 12 del decreto legge 113/2016.

 

Si rammenta che la accisa sull'energia elettrica spetta alla regione per l'intero gettito, mentre l’accisa sugli alcolici, spetta per i nove decimi. La misura delle due compartecipazioni è stabilita, insieme a tutti gli altri tributi erariali spettanti alla Regione, all'articolo 4 della legge n. 690 del 1981, recante le norme principali dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta. Si ricorda, infine, che i tributi erariali nel caso della Regione Valle d'Aosta sono ancora riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante.

Si ricorda inoltre che il citato accordo riguarda la definizione del patto di stabilità interno per il 2014 e 2015 per la regione e gli enti locali del suo territorio e la definizione dei rapporti finanziari concernenti il subentro della regione allo Stato nei rapporti attivi e passivi con Trenitalia S.p.A. per i servizi di trasporto ferroviari locali in ambito regionale, nonché la definizione dei contenziosi pendenti tra Stato e Regione.

I contenuti principali dell’accordo sono stati recepiti dall’art. 8-bis del D.L. n. 78/2015 che, tra l’altro, stabilisce un trasferimento alla Regione di 120 milioni di euro per il 2015 erogato sia – senza che però la norma ne determini le rispettive suddivisioni –  in relazione al subentro della regione allo Stato nella gestione del servizio ferroviario regionale sia a ristoro della perdita di gettito subita dalla regione a seguito delle modifiche alle accise sull'energia elettrica e sugli alcolici.

La quota parte dell’importo di 120 milioni è aggiuntiva rispetto a quanto già stabilito dalla legge di stabilità 2015 (legge 190/2014 articolo 1, comma 525) che ha disposto un trasferimento di 70 milioni annui, a decorrere dal 2015, per la perdita di gettito derivante dalle modifiche alle accise predette.

L’articolo 7 dell’accordo rinviava ad altra intesa la regolazione definitiva della perdita di gettito subita dalla Regione in conseguenza della rideterminazione delle suddette accise per il periodo 2011-2014.

 


Articolo 1, commi 519-520 e 534
(Regione Friuli-Venezia Giulia)

 

 

I commi 519 e 520, stabiliscono la necessità dell’intesa per la quantificazione delle spettanze della Regione Friuli-Venezia Giulia (per i comuni del proprio territorio) e dello Stato in relazione alle variazioni di gettito conseguenti le modifiche dell’imposizione locale immobiliare (IMU), sia in relazione agli anni 2012-2015, per i quali lo Stato ha già operato l’accantonamento di somme (comma 519), sia per gli anni 2016-2020, per i quali occorre concordare misure alternative all’accantonamento. Nelle more della definizione dell’intesa, inoltre, quantifica ‘provvisoriamente’ e ‘salvo conguaglio’ le spettanze dello Stato in 72 milioni di euro annui (comma 520).

A seguito della modifica statutaria che sopprime il livello amministrativo delle province, il comma 534, aggiunto in sede referente alla Camera, attribuisce alla Regione Friuli-Venezia Giulia, a decorrere dal 2017, l’imposta di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli al PRA, già spettante alle province.

 

Il comma 519 stabilisce che il Ministero dell’economia e delle finanze e la regione Friuli-Venezia Giulia sono tenuti a raggiungere un’intesa - entro il 30 giugno 2017 – con la quale verificare e definire la misura degli accantonamenti effettuati dallo Stato per gli anni dal 2012 al 2015 in ragione del maggior gettito risultante dalle modifiche apportate alla fiscalità territoriale (IMU) rispetto all’anno 2010, secondo quanto stabilito dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, commi 711, 712 e 729).

 

Le citate norme della legge di stabilità 2014, riguardano la determinazione delle spettanze della Regione (per i comuni del proprio territorio) e dello Stato in relazione alle variazioni di gettito conseguenti le modifiche intervenute nella fiscalità territoriale, in particolare nella imposizione locale immobiliare (IMU). Si tratta in sostanza della determinazione dell'accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla regione, stabilito prima dal comma 17 dell'art. 13 DL 201/2011 e confermato dal comma 729 della legge 147/2013, che lo Stato opera nei confronti della regione Friuli-Venezia Giulia per il presunto maggior gettito risultante dalle modifiche apportate alla fiscalità territoriale.

 

Si ricorda in premessa che la regione Friuli-Venezia Giulia (come anche la regione Valle d’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano) ha competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dallo statuto (L. cost. 1/1963, art. 4, numero 1-bis)). La competenza riguarda tutti gli aspetti dell'ordinamento - circoscrizioni territoriali, conferimento di funzioni, sistema elettorale - ed anche la finanza locale. Una specifica norma di attuazione dello statuto (D.Lgs. 9/1997), ha disciplinato la finanza locale nel senso che è la regione a provvedere interamente alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio e senza alcun onere da parte dello Stato.

Per i Comuni ubicati nel territorio delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome che provvedono alla finanza locale con risorse del proprio bilancio, l’art. 13, comma 17, del decreto legge 201/2011 ha previsto che l’acquisizione al bilancio dello Stato del maggior gettito stimato dell’IMU avvenga attraverso le procedure ‘pattizie’ previste dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009, e che fino all’emanazione delle norme di attuazione richiamate dal citato art. 27, un importo pari a detto maggior gettito venga accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali. Successivamente l’art. 1, comma 729, della legge n. 147 del 2013 ha di fatto consolidato la prescrizione del citato art. 13, comma 17, nei territori delle citate autonomie speciali.

Le norme contenute ai commi 711 e 712 riguardano anch'esse la determinazione del suddetto accantonamento. Il comma 711 stabilisce la diminuzione dell'accantonamento per compensare il minor gettito derivante dalle agevolazioni concernenti l'IMU in materia di terreni agricoli e fabbricati rurali, per un importo complessivo pari a 5,8 milioni di euro, in relazione ai comuni delle Regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Il comma 712, sempre ai fini della determinazione del suddetto accantonamento, stabilisce che non si tiene conto del minor gettito da imposta municipale propria derivante dalle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2014.

 

A seguito del ricorso delle regione Friuli Venezia Giulia, la Corte costituzionale con sentenza n. 188 del 2016 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dei commi 711, 712 e 729 della legge 147/2013 nella parte in cui si applicano alla Regione Friuli-Venezia Giulia. Le norme sono dichiarate illegittime in quanto contrastano con i principi statutari della necessità dell'accordo e del contradditorio con la regione per le modifiche concernenti le entrate erariali della regione, nonché con il principio di leale collaborazione.

Le norme censurate, sostiene la Corte, non rispondono ai requisiti che renderebbero legittimo l’accantonamento: non configurano l'accantonamento come istituto provvisorio suscettibile di rideterminazione; non è stato rispettato il principio di neutralità degli effetti della riforma nell'ambito delle relazioni finanziarie tra Stato e Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia; non è prevista l'ostensibilità dei dati analitici di composizione del gettito, necessari per compiere le operazioni di conguaglio, stabilizzare e mettere a regime le entrate fiscali della Regione e dei propri enti locali.

Quanto agli effetti dalla pronuncia di illegittimità costituzionale la stessa Corte afferma che l’accantonamento, in base al principio dell'equilibrio dinamico del bilancio, «verrà meno a far data dalla pubblicazione della sentenza, fermo restando tuttavia che per i decorsi esercizi gli accantonamenti effettuati in via preventiva dovranno essere conciliati con i dati del gettito fiscale accertato, restituendo alla Regione ricorrente le somme trattenute in eccedenza».

Lo Stato dovrà perciò procedere, «in contraddittorio con la Regione, alle necessarie compensazioni per il periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del primo accantonamento (esercizio 2012), assicurandone la relativa copertura finanziaria nell'esercizio di effettuazione di tale compensazione».

 

Con la prescritta intesa, stabilisce il comma 520, dovranno essere determinate anche le modalità alternative di concorso della regione Friuli Venezia Giulia per gli anni dal 2016 al 2020, vale a dire gli anni per i quali non è stato operato l’accantonamento a seguito della citata sentenza della Corte costituzionale.

La norma quantifica ‘provvisoriamente’ e ‘salvo conguaglio’ il maggior gettito comunale connesso alle modifiche intervenute rispetto all’anno 2010 in materia di imposizione locale immobiliare in 72 milioni di euro annui e stabilisce che, nelle more della definizione dell’intesa, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a recuperare tale somma con corrispondente riduzione delle somme a qualsiasi titolo spettanti alla Regione.

 

Il comma 534, aggiunto durante l’esame in sede referente alla Camera, attribuisce alla Regione Friuli-Venezia Giulia, a decorrere dal 2017, l’imposta di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli al Pubblico registro automobilistico (PRA), competente nel territorio regionale.

L’imposta, istituita e disciplinata dall’art. 56 del D.Lgs. 446/1997, è attualmente di spettanza delle province.

Con la recente modifica dello statuto effettuata con legge costituzionale n. 1 del 2016, la regione Friuli-Venezia Giulia ha, tra l’altro, soppresso il livello di governo delle province e delineato un assetto istituzionale che contempla solo due livelli di governo: la regione ed i comuni. La riforma dello statuto corona il programma di riordino del sistema delle autonomie locali che la Regione ha avviato nell'ottobre 2013 sulla base delle proprie competenze statutarie ed ha quali punti qualificanti la soppressione delle province, la revisione delle forme associative dei comuni e la riforma della finanza locale.

Come già ricordato sopra a commento del comma 519 la Regione Friuli-Venezia Giulia, secondo quanto stabilito dallo statuto, ha competenza legislativa esclusiva in materia di enti locali, compreso l’ordinamento finanziario degli stessi e provvede alla finanza degli stessi enti locali con risorse del proprio bilancio.

 

La norma in esame attribuisce alla Regione la suddetta imposta di trascrizione dei veicoli al PRA competente nel territorio della Regione, in virtù, esplicita il testo, dell’articolo 51, comma 2 dello statuto, secondo il quale spetta alla Regione, con riferimento agli enti locali del proprio territorio, il gettito relativo a tributi propri e a compartecipazioni e addizionali su tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti locali.

Dal 1 gennaio 2017 il gettito dell’imposta è attribuito direttamente alla Regione, che potrà disciplinare l’imposta stessa nei limiti di legge, compresa la denominazione. Fino all’emanazione delle norme regionali continuano ad applicarsi le norme vigenti in ciascuna provincia.

In particolare, secondo quanto disposto dall’articolo 56 del D.Lgs. 446/1997, la “imposta provinciale di trascrizione” è disciplinata con regolamento provinciale per ciò che concerne la liquidazione, la riscossione e la contabilizzazione dell'imposta e i relativi controlli, nonché l'applicazione delle sanzioni per l'omesso o il ritardato pagamento. La provincia può inoltre aumentare fino al 30% le tariffe che lo Stato stabilisce, con decreto del Ministro delle finanze, per tipo e potenza dei veicoli.


Articolo 1, commi 521-523
(Oneri gestione commissariale della regione Piemonte)

 

 

I commi da 521 a 523 intervengono sugli oneri posti a carico della regione Piemonte  nei confronti della gestione commissariale istituita dalla legge di stabilità 2015 per il pagamento dei debiti pregressi della regione medesima, ridefinendo in diminuzione il profilo complessivo dell’onere per riallinearlo alla effettiva misura dello stesso che si è andata nel frattempo determinando.

 

I commi in esame intervengono sulle  misure recate dai commi da 452 a 458 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 (L. n. 190/2014) che in riferimento alla situazione di criticità finanziaria della Regione Piemonte hanno disposto l’istituzione di un Commissario straordinario del Governo per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della regione, e la contestuale apertura di una apposita contabilità speciale.

Si tratta di situazione che, in breve sintesi, deriva da una delibera della Corte dei conti (n. 237 del 10 ottobre 2014) di parifica solo parziale del rendiconto 2013 della Regione con contestuale impugnazione presso la Corte costituzionale delle leggi regionali n. 16 e 19 del 2013, con le quali la regione medesima ha utilizzato, come fonti di finanziamento del pregresso disavanzo d’amministrazione e di alcune nuove spese in materia sanitaria, le risorse messe a disposizione dallo Stato: risorse attivate con quattro specifici contratti intercorsi con il Ministero dell’economia, per il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche ai sensi del decreto-legge n. 35/2015, ed ammontanti complessivamente a circa 2,55 miliardi. In esito all’impugnazione del giudice contabile, la Corte costituzionale con sentenza n.181 del 2015 ha sancito l’illegittimità costituzionale delle leggi regionali in questione

In presenza di tale situazione, i commi 452-455 della L. n. 190/2014, oltre alla istituzione dell’organo straordinario, hanno disposto che lo stesso assuma, con bilancio separato da quello regionale: a) i debiti commerciali della regione al 31 dicembre 2013, destinati ad essere pagati con le risorse ancora non erogate, per un importo non superiore alle risorse assegnate alla regione medesima a valere sul "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili", istituito dall'articolo 1, comma 10 del suddetto decreto-legge n. 35 per il pagamento dei debiti delle regioni e degli enti del Servizio sanitario nazionale; b) il debito contratto per l’acquisizione, nei confronti del bilancio statale, delle anticipazioni di liquidità per far fronte ai pagamenti dei debiti di cui sopra, diversi da quelli sanitari, nonché, eventualmente, anche quello contratto per il pagamento dei debiti sanitari.

Per procedere al pagamento dei debiti in tal modo posti a carico della gestione il Commissario straordinario viene quindi autorizzato  a contrarre – con ammortamento sulla gestione medesima - le anticipazioni di liquidità già assegnate alla regione dallo Stato ma non ancora erogate.

Per il concorso agli oneri della gestione la Regione ha costituito un apposito fondo di spesa corrente (comma 456, primo periodo) dotato di 56 milioni nel 2015 e di 126 milioni annui dal 2016 al 2045.  Come precisato espressamente in tale comma, le relative risorse derivano dagli effetti positivi sul disavanzo regionale derivanti dal trasferimento dei debiti alla gestione commissariale.  In caso di assunzione anche dei debiti sanitari, tale fondo è incrementato di 95 milioni nel 2015 e di 96,5 milioni annui dal 2016 al 2045 (comma 456 secondo periodo). Per far fronte al pagamento degli oneri derivanti dall’incremento medesimo, il Commissario dovrà operare mediante variazione in aumento delle aliquote fiscali regionali.

Il fondo in questione ammonta  pertanto complessivamente a 151 milioni nel 2015 e 222,5 milioni a decorrere dal 2016 fino al 2045. Tale ammontare è commisurato all’importo della rata presunta di ammortamento delle anticipazioni assunte dalla gestione commissariale.

 

Con riferimento a tali importi, il comma 521 in esame prevede la ridefinizione, in diminuzione, del complessivo ammontare del fondo in questione (annualità 2016 e seguenti), al fine di riallineare il contributo della Regione agli effettivi oneri di ammortamento delle anticipazioni di liquidità ricevute ai sensi degli articoli 2 e 3 del D.L. n. 35 del 2013 sopra citati.  A tal fine il comma:

§  ingloba nel primo periodo del comma 456 gli importi previsti nel secondo periodo dello stesso – essendo pertanto intervenuta l’assunzione da parte del Commissario dei debiti sanitari, prevista come eventuale nella norma – che pertanto assommano ora a 151 milioni nel 2015 e 222,5 milioni a decorrere dal 2016;

§  diminuisce dai 222,5 milioni ora previsti  a 218,3 milioni gli oneri per ciascuno degli anni dal 2017 al 2045, derivandone un onere annuo, precisa il comma 522, di 4,2 milioni per gli anni medesimi.

Ciò in quanto, secondo quanto osservato dalla relazione illustrativa della norma, tale contributo si è di fatto rivelato superiore all’effettivo importo delle rate di ammortamento delle anticipazioni di liquidità.

Per quanto concerne il comma 523, questo interviene sul comma 458, che attualmente prevede, al primo periodo, che la gestione commissariale termini quando risultino pagati tutti debiti posti a suo carico. A tale periodo viene aggiunta una ulteriore disposizione, prevendo che oltre ai debiti suddetti risulti pagata anche l’ultima rata di ammortamento di tutte le anticipazioni di liquidità (che, si rammenta, interverrà nel 2045).

Vengono inoltre aggiunti due ulteriori periodi nei quali si dispone che qualora, alla data del 31 dicembre 2016, residuino risorse sulla contabilità speciale intestata al Commissario straordinario derivanti dai contributi versati dalla Regione Piemonte allo stesso Commissario per il concorso agli oneri assunti dalla gestione commissariale, le risorse residue siano trasferite al bilancio della regione Piemonte. A valere sulle relative entrate, la regione deve conseguire un valore positivo del saldo di competenza di cui all’articolo 9 della legge n. 243/2012, anziché, come prevede tale articolo, un saldo “non negativo” (vale a dire di pareggio).

 


Articolo 1, commi 524-526
(Utilizzo di risorse residue per il pagamento di debiti contratti dalla PA)

 

 

L’articolo 1, commi 524-526, dispone che le Regioni, nonché la gestione commissariale della Regione Piemonte che hanno ottenuto anticipazioni per il pagamento dei debiti pregressi maturati entro il 31 dicembre 2013 per importi superiori rispetto ai pagamenti effettivamente effettuati, possono utilizzare le risorse eccedenti per il pagamento dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2014 (comma 524). Le amministrazioni sono tenute a trasmettere formale certificazione dell’avvenuto pagamento dei debiti, nonché delle relative registrazioni contabili entro il 28 febbraio 2017 ad apposito Tavolo tecnico, già istituito presso il Ministero dell’economia (comma 525).

Le risorse, ricevute a titolo di anticipazione, non rendicontate entro il 31 marzo 2017, devono essere restituite allo Stato entro il successivo 30 giugno (comma 526).

 

Il comma 524 stabilisce che, qualora il pagamento dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2013 sia inferiore rispetto alle anticipazioni di liquidità ricevute a tal fine dalle Regioni che hanno attivato la procedura prevista dall’articolo 2 del decreto-legge n. 35, del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 64 del 2013, nonché dalla gestione commissariale della Regione Piemonte, le risorse eccedenti possono essere utilizzate (dai medesimi beneficiari) per il pagamento dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2014, secondo quanto disposto dall’articolo 8, comma 1, del decreto-legge n.78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n.125 del 2015. Quest’ultima disposizione specifica che, nell’ambito dei debiti per i quali è attivabile l’anticipo di liquidità, debbono essere considerati anche i debiti fuori bilancio formalmente riconosciuti come tali successivamente al 31 dicembre 2014, a condizione che entro tale data fossero in possesso dei requisiti per il riconoscimento in bilancio.

 

Rispetto al testo del disegno trasmesso dal Governo alla Camera dei deputati, la platea dei beneficiari della disposizione in esame è stata ampliata al fine di ricomprendere anche la gestione commissariale della Regione Piemonte.

 

Al riguardo, si segnala che, nella nuova formulazione, è venuta meno la specificazione, recata nel testo originario dell’articolo 66, comma 16, della legge di bilancio presentata dal Governo, secondo cui le anticipazioni di liquidità in eccedenza rispetto ai pagamenti possono essere utilizzate “dalle medesime regioni”. L’attuale formulazione potrebbe prestarsi ad un’interpretazione volta a consentire anche a Regioni diverse la possibilità di utilizzare le risorse eccedenti.

Considerata la finalità originaria della disposizione, parrebbe opportuno, come peraltro rilevato nella nota del Ragioniere generale dello Stato di trasmissione della relazione tecnica e del prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del testo approvato alla Camera, specificare che dette eccedenze possono essere utilizzate “dai medesimi beneficiari”.

 

La gestione commissariale della Regione Piemonte è stata istituita con la legge n. 190 del 2014 (stabilità 2015), articolo 1, commi da 452 a 458, con la finalità di far fronte alla situazione di criticità finanziaria della Regione Piemonte mediante l’istituzione di un Commissario straordinario del Governo per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della Regione e la contestuale apertura di una apposita contabilità speciale.

Va al riguardo rammentato che il commissariamento era stato disposto dopo che la Corte dei conti, in sede di parifica del rendiconto 2013 della Regione, aveva evidenziato l’utilizzo, come fonti di finanziamento del pregresso disavanzo di amministrazione e di alcune nuove spese in materia sanitaria, nell’ambito del conto del bilancio, delle risorse erogate dallo Stato per pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione (ai sensi degli artt. 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 3). Al contempo, la medesima Corte dei conti aveva sollevato questione di legittimità costituzionale delle leggi regionali con cui era stato disposto detto utilizzo, che la Corte costituzionale ha poi ritenuto fondata (sent. n. 181 del 2015), dichiarando l’incostituzionalità delle leggi regionali, limitatamente alle disposizioni in contrasto con gli articoli 81 e 119 della Costituzione.

 

Si segnala che né la relazione illustrativa al disegno di legge, né la relazione tecnica danno conto delle ragioni della mancata inclusione, fra i beneficiari della disposizione di cui al comma in commento, delle Province autonome, alle quali l’articolo 2 del decreto-legge n.35 del 2013 consente di accedere (alla stessa stregua delle Regioni ordinarie e delle Regioni a statuto speciale) alle anticipazioni per il pagamento dei debiti pregressi.

 

Si ricorda che il decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 ("Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali"), collegato alla manovra finanziaria per il 2013, rappresenta il principale strumento con cui il Governo ha inteso affrontare il fenomeno dei ritardi nei pagamenti dei debiti scaduti della pubblica amministrazione. Il provvedimento istituisce un Fondo (denominato “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili”, ai sensi dell’art.1, comma 10, del decreto-legge n.35 del 2013 – d’ora innanzi “Fondo anticipazione liquidità”), articolato in tre sezioni (riguardanti debiti, rispettivamente, di: enti locali, Regioni ad eccezione dei debiti sanitari; enti del servizio sanitario nazionale) e finalizzato a concedere anticipazioni alle amministrazioni territoriali per il pagamento dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2012. Appare opportuno segnalare che sulla disciplina si sono registrati successivi interventi volti a rifinanziare detto Fondo e ad ampliare la tipologia di debiti rimborsabili. In proposito, si vedano in particolare il decreto-legge n.102 del 2013, il decreto-legge n.66 del 2014 e il decreto-legge n.78 del 2015.

 

Secondo quanto riportato nel sito internet del Ministero dell’economia e delle finanze riguardo ai debiti maturati entro il 31 dicembre 2013, le Regioni e le Province autonome hanno avuto a disposizione risorse pari a 27.187 milioni di euro (rispetto ad uno stanziamento complessivo di 33.189 milioni), con cui sono stati soddisfatti crediti per un importo pari a 23.312 milioni.

 

Ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n.35 del 2013, le regioni e le province autonome che non sono in grado di far fronte ai pagamenti dei debiti in essere al 31 dicembre 2012, diversi dai debiti degli enti del servizio sanitario nazionale (che sono disciplinati all’articolo 3), chiedono al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, l'anticipazione di somme da destinare al pagamento della richiamata tipologia di debito, a valere sulle risorse della relativa sezione del citato Fondo. 

L’articolo 8, comma 1, del decreto-legge n.78 del 2015 (“Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali”), nell’ambito della finalità di favorire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti contratti dalla pubblica amministrazione, incrementa le risorse della sezione del Fondo anticipazione liquidità riguardante i debiti di regioni e province autonome diversi da quelli sanitari, per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro, al fine di far fronte ai pagamenti da parte dei medesimi enti territoriali dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2014, nonché dei debiti fuori bilancio che presentavano i requisiti per il riconoscimento alla data del 31 dicembre 2014, anche se riconosciuti in bilancio in data successiva.

L’articolo 8 dispone altresì che per le predette finalità sono utilizzate le somme iscritte in conto residui delle rimanenti sezioni del citato Fondo, rispettivamente per 108 milioni di euro della sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti degli enti locali e per 1.892 milioni di euro della sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, il predetto importo è ulteriormente incrementabile delle ulteriori eventuali risorse disponibili ed inutilizzate della sezione del Fondo da ultimo richiamata (ovvero quella destinata ai debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale).

 

Ai sensi del comma 525, le amministrazioni interessate sono tenute a fornire - entro il 28 febbraio 2017 -  formale certificazione dell’avvenuto pagamento dei rispettivi debiti di cui al comma 16 (pertanto dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2014, inclusi i debiti fuori bilancio con i requisiti per il riconoscimento entro la medesima data, sebbene riconosciuti in bilancio solo successivamente), nonché delle relative registrazioni contabili al Tavolo tecnico, istituito ai sensi dell’art.2, comma 4, del citato decreto-legge n. 35 del 2013.

 

L’articolo 2, comma 4, del decreto-legge n.35 del 2013 istituisce un organismo (denominato “Tavolo”) presso il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato al quale è attribuita la funzione di verifica degli adempimenti cui è subordinata l’anticipazione delle somme del Fondo anticipazione liquidità. Questi ultimi sono contemplati al comma 4 del medesimo articolo 4. Al Tavolo spetta, in breve, verificare:

§  l’idoneità e la congruità delle misure, predisposte dalle regioni, per la copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità (inclusivo degli interessi);

§  l’avvenuta presentazione di un piano di pagamento dei debiti in essere alla data del 31 dicembre 2012 (comprensivi di interessi dovuti);

§  l’avvenuta sottoscrizione di apposito contratto tra il Dipartimento del Tesoro e la regione interessata, recante modalità di erogazione e di restituzione delle somme (secondo un criterio che preveda una durata non superiore a 30 anni e il riconoscimento di interessi per gli importi oggetto di anticipazione), nonché modalità di recupero e interessi moratori nel caso in cui la regione non adempia nei termini prescritti al versamento delle rate di ammortamento.

Il predetto Tavolo è coordinato dal Ragioniere generale dello Stato ed è composto dal Capo Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Direttore generale del Dipartimento del Tesoro, dal Segretario della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, dal Segretario della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome. Ciascuno dei componenti può essere sostituito da un delegato.

 

Rispetto alla disciplina vigente (articolo 2, comma 5, del decreto-legge n.35 del 2013) che già poneva in capo all’amministrazione interessata un obbligo di fornire formale certificazione al Tavolo dell’avvenuto pagamento e dell’effettuazione delle relative registrazioni contabili, il comma 17 in commento pone un termine entro cui deve essere effettuato analogo adempimento riferito al pagamento dei debiti maturati entro il 31 dicembre 2014.

 

Il comma 526 stabilisce che le somme ricevute a titolo di anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti in essere alle date del 31 dicembre 2013 e del 31 dicembre 2014 debbano essere rendicontate entro il 31 marzo 2017 e che in caso di mancata ottemperanza a tale obbligo esse “costituiscono oggetto di estinzione anticipata entro la data del 30 giugno 2017, da parte delle regioni e province autonome”.

 

Il comma introduce un termine entro cui le amministrazioni territoriali che richiedono anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti pregressi sono tenute ad adempiere all’obbligo di rendicontazione degli impieghi delle anticipazioni stesse. Come conseguenza della mancata rendicontazione, si determina un obbligo da parte delle amministrazioni interessate al rimborso delle anticipazioni ottenute (per la parte non rendicontata) entro il 30 giugno 2017, con un anticipo della scadenza prevista dal contratto fra il Dipartimento del Tesoro e le medesime amministrazioni (sottoscritto ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera c)). Occorre in proposito rammentare che la disposizione in commento appare in linea con quanto previsto ai sensi dell’articolo 2, comma 5, secondo cui le risorse ottenute a titolo di anticipazione devono essere, all’atto di erogazione delle stesse, destinate all’immediata estinzione dei debiti recati nel piano di pagamento definito dall’ente interessato.

 


Articolo 1, commi 527 e 528
(Estensione al 2020 del concorso alla finanza pubblica delle Regioni)

 

 

I commi in esame estendono al 2020 i due contributi alla finanza pubblica già previsti sino al 2019, uno a carico delle Regioni a statuto ordinario (comma 527) e l’altro a carico dell’intero comparto delle Regioni (incluse le Regioni a statuto speciale) e delle Province autonome; viene inoltre prevista un’integrazione della disciplina relativa alla definizione degli ambiti di spesa e degli importi a carico di ciascun ente territoriale (comma 528).

 

Il comma 527 protrae al 2020 il periodo temporale di vigenza dell’obbligo per le regioni a statuto ordinario - recato all’articolo 46, comma 6, primo e terzo periodo, del decreto-legge n.66 del 2014) - di assicurare un contributo alla finanza pubblica.

 

Ai sensi dell’articolo 46, comma 6, primo comma, del decreto-legge n.66 del 2014, le regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2019 (con il comma 19 in commento il termine è esteso al 2020).

 

Il medesimo art. 46, comma 6, demanda la definizione degli  ambiti di spesa e degli importi di ciascuna regione alle regioni medesime – in sede di auto coordinamento – , che formulano a tal fine una proposta da recepire con intesa che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano è chiamata a sancire entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014, ed entro il 30 settembre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti.

Per gli anni dal 2016 al 2019 si stabilisce che detta intesa debba essere sancita entro il 31 gennaio di ciascun anno (si veda il combinato disposto dei commi 680 e 682 dell’art.1 della legge n.208 del 2015).

 

Considerato che il comma 527 estende al 2020 il periodo di vigenza dell’obbligo di assicurare un contributo alla finanza pubblica (ai sensi dell’articolo 46, comma 6, periodi primo e terzo), si potrebbe valutare in proposito la possibilità di estendere al 2020 l’ambito di applicabilità del combinato disposto di cui all’art 1, commi 680 e 682, della legge n.208 del 2015.

 

Qualora non si pervenga alla predetta intesa entro i prescritti termini, entro i successivi 20 giorni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni. A tal fine il D.P.C.M. è chiamato a tener anche conto del Pil e della popolazione residente e a rideterminare i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.

 

Ai sensi dell’articolo 46, comma 6, terzo periodo, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 (art.1, comma 398, della legge n.190 del 2014), si prevede un contributo aggiuntivo per le Regioni a statuto ordinario per gli anni 2015-2018, pari a 3.452 milioni di euro annui. Con l’articolo 1, comma 681, della legge di stabilità per il 2016, il periodo è stato esteso al 2019 e ora, con il comma 19 in commento, il medesimo periodo è esteso al 2020.

 

Anche in questo caso, per la definizione degli ambiti di spesa e degli importi, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, il rinvio è ad una proposta delle regioni stesse – “in sede di auto coordinamento” (il riferimento indiretto è all’esame presso la Conferenza delle Regioni) – da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015.

Per gli anni dal 2016 al 2019 si stabilisce che detta intesa debba essere sancita entro il 31 gennaio di ciascun anno (si veda il combinato disposto dei commi 680 e 682 dell’art.1 della legge n.208 del 2015).

A seguito della predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. Anche in questo caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro il prescritto termine, la definizione degli ambiti di spesa e degli importi dei contributi delle singole regioni è demandata al D.P.C.M.

 

Il comma 528 introduce le seguenti modifiche all’articolo 1, comma 680, della legge di stabilità per il 2016 (legge n.208 del 2015), che detta la disciplina riguardante il contributo che le regioni e le province autonome sono tenute ad assicurare alla finanza pubblica:

 

§  estende al 2020 l’obbligo per le regioni e le province autonome di assicurare il contributo alla finanza pubblica stabilito all’art.1, comma 680, della legge n.208 del 2015, e ivi quantificato in 5.480 milioni di euro.

Ai sensi del richiamato comma 680, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 (con il comma 20 in esame il termine è esteso al 2020), in ambiti di spesa e per importi proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, definiti dalle regioni stesse in sede di auto coordinamento, da recepire con intesa che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano è chiamata a sancire entro il 31 gennaio di ciascun anno.

Si rammenta che il comma 680 introduce una disciplina recante obiettivi unitari, in termini di contributo alla finanza pubblica, che non distinguono fra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario, come invece previsto dai pregressi interventi normativi.

 

§  specifica che la rideterminazione dei livelli di finanziamento degli ambiti individuati e delle modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato effettuata con Dpcm (nel caso in cui non si pervenga, entro il prescritto termine, ad un’intesa in sede di Conferenza delle regioni sulle modalità con cui le regioni e le province autonome assicurano il previsto contributo alla finanza pubblica), possa prevedere anche versamenti da parte delle regioni interessate.

 

Si ricorda al riguardo che il secondo periodo del comma 680 stabilisce che, qualora entro il 31 gennaio di ciascun anno non si pervenga ad un’intesa in sede di Conferenza delle regioni, con D.P.C.M., da adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro venti giorni dalla medesima data, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome (a tal fine tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL) e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato (che, ai sensi della modifica recata al comma 20 in commento, possono prevedere anche versamenti da parte delle regioni interessate), considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.

 

Per quanto concerne il contributo alla finanza pubblica di ciascuna Regione a statuto speciale e Provincia autonoma, è importante richiamare l’attenzione sulla circostanza che esso è determinato previa intesa con ciascuno dei richiamati enti.

 

Il citato comma 680 stabilisce infatti, al terzo periodo che, fermo restando il concorso complessivo, il contributo di ciascuna autonomia speciale dovrà essere determinato con intesa con la stessa Regione o Provincia autonoma.

Tale strumento negoziale risulta imprescindibile poiché l’ordinamento finanziario delle regioni e delle province autonome è stabilito dalle disposizioni statutarie (di rango, come noto, costituzionale) e da quelle attuative di queste ultime (che non possono essere derogate da una legge ordinaria, se non previa intesa).

Con il citato comma 680, al quarto periodo, viene altresì precisato che alle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano spetta comunque di assicurare il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza nonostante la rideterminazione (cioè riduzione) dello stesso ai sensi delle disposizioni vigenti (al riguardo sono richiamati, oltre il medesimo comma 680 e i commi seguenti, l'articolo 1, commi da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n. 190).

Riguardo alla regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di Bolzano, l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 680 avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'articolo 1 della medesima legge.

 

La misura dei due contributi alla finanza pubblica richiesti alle regioni ed alle province autonome e prorogati al 2020 dai commi 19 e 20 in esame, ammonta a complessivi 7.682 milioni di euro, come risulta anche dalla relazione tecnica. Dal totale dei contributi di cui sopra, la cui somma ammonterebbe a 9.682 milioni di euro, va infatti sottratta la cifra corrispondente al risparmio realizzato in modo permanente con il taglio per 2.000 milioni di euro del finanziamento del Servizio sanitario nazionale (stabilito dagli articoli da 9-bis a 9-septies del decreto-legge n. 78/2015, in attuazione dell’Intesa in Conferenza Stato-Regioni del 25 febbraio 2015).

 

Per quanto concerne il contributo alla finanza pubblica richiesto alle regioni dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), si ricorda che con l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni dell’11 febbraio 2016, il Governo e le Regioni hanno concordato:

§  le modalità di realizzazione del contributo richiesto alle Regioni a statuto ordinario per il 2016, secondo quanto stabilito dai commi 682 e 688 della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), pari a complessivi 2.208,60 milioni di euro, sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto;

§  le modalità di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica richiesti al complesso delle Regioni e delle Province autonome dal comma 680 della legge di stabilità 2016 per un importo pari a 3.500 milioni di euro per l’anno 2017 e per un importo pari a 5.000 milioni di euro a decorrere dal 2018; lasciando la rimanente quota di 480 milioni di euro a successive intese.

 


Articolo 1, comma 529
(Modifica procedimento di riparto del contributo per minori entrate IRAP)

 

 

Il comma 529 dispone che spetta alle Regioni e alle Province autonome la presentazione della proposta di riparto del contributo, assegnato loro per compensare le minori entrate derivanti dalle agevolazioni Irap, alla Conferenza permanente Stato-Regioni, per la successiva approvazione definitiva.

 

Il comma 529 modifica il comma 13-duodecies dell’articolo 8 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, riguardante l’attribuzione alle regioni e alle province autonome di una quota, a decorrere dal 2016, mediante riparto del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di compensare le minori entrate derivanti dalle agevolazioni Irap (consistenti nella deduzione del costo del lavoro dipendente dall’imponibile dell’imposta) di cui all’articolo 1, comma 20, della legge n. 190 del 2014.

In particolare, la nuova formulazione del secondo periodo del comma 13-duodecies:

esplicita che il richiamato riparto del contributo fra le regioni e le province autonome è effettuato sulla base di una specifica proposta formulata dalle regioni e province autonome in sede di auto-coordinamento (anche tenendo conto di apposite elaborazioni del dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia), da approvare mediante intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

stabilisce che detto riparto debba essere approvato, con cadenza annuale, entro il 30 settembre di ogni anno.

 

Rispetto al testo vigente, viene così specificato che l’iniziativa del riparto spetta alle regioni e alle province autonome e che esso debba essere approvato con cadenza annuale.

 

Il testo vigente del citato comma 13-duodecies non fa alcun cenno al soggetto titolare della proposta da presentare in Conferenza Stato-regioni. Esso stabilisce che il riparto del citato contributo avviene sulla base di apposite elaborazioni fornite dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia con l’approvazione - entro il 30 settembre 2015 - in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Si ricorda che il primo periodo dell'art. 8, comma 13-duodecies, del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015, attribuisce una quota pari a 326.942.000 euro per l'anno 2015 e a 384.673.000 euro a decorrere dall'anno 2016 - nell'ambito delle risorse già iscritte in bilancio al capitolo 2862 di cui al programma "Federalismo" relativo alla missione "Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, mediante iscrizione su apposito capitolo di spesa del medesimo stato di previsione - alle regioni e alle province autonome, al fine di compensare le minori entrate per effetto della manovrabilità disposta dalle stesse, applicata alla minore base imponibile derivante dalla misura di cui al comma 20 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 

Si segnala infine che il piano di riparto del contributo di cui all’articolo 8, comma 13-duodecies, del decreto-legge n.78 del 2015 per l’anno 2016 è stato approvato nella riunione della Conferenza Stato-regioni del 20 ottobre scorso.

 

 


Articolo 1, commi 530-532
(Regolazione anticipazioni di tesoreria per la Sanità)

 

 

I commi 530-532, stabiliscono che le anticipazioni di tesoreria, relative agli esercizi finanziari sino al 2013, concesse alle Regioni a statuto ordinario al fine di assicurare il finanziamento della spesa sanitaria, sono definitivamente trasferite alle regioni, a determinate condizioni ed entro certi limiti (comma 530). Alle sistemazioni contabili derivanti dall'applicazione di tale disposizione provvede, per lo Stato, il Ministro dell'economia e delle finanze, riportando le relative registrazioni nel rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2016 (comma 531). Le Regioni provvedono alle stesse sistemazioni contabili, le quali sono escluse dal computo ai fini del saldo richiesto dalla disciplina del pareggio di bilancio (comma 532).

 

Il comma 530 prevede che le anticipazioni di tesoreria concesse alle Regioni a statuto ordinario, relativamente agli esercizi 2013 e precedenti, dall'art. 77-quater del decreto-legge n. 112 del 2008 al fine di assicurare mensilmente il finanziamento della spesa sanitaria, si intendano definitivamente trasferite alle Regioni, nei limiti dell'importo dei residui passivi perenti relativi a trasferimenti per la compartecipazione IVA iscritti nel conto del patrimonio al 31 dicembre 2016, e a condizione che le stesse anticipazioni non siano regolate - alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame - a valere sulle somme della compartecipazione all'IVA assegnate alle Regioni per i medesimi esercizi.

 

Si ricorda che l'art. 77-quater del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, disciplina le modalità di trasferimento alle Regioni delle risorse destinate alla sanità. È stabilito (al comma 2), in proposito, che le somme affluite sui conti correnti di tesoreria centrale intestati alle regioni e alle province autonome a titolo di IRAP e di addizionale regionale all’IRPEF sono interamente versate (entro il quinto giorno del mese lavorativo successivo) presso il tesoriere regionale o provinciale. Eventuali eccedenze in termini di maggior gettito rispetto alle previsioni ai fini del finanziamento del Servizio sanitario nazionale sono riversate allo Stato in sede di conguaglio. Quanto all’IVA, nelle more del riparto della quota di compartecipazione regionale relativa a tale imposta, alle Regioni a statuto ordinario viene corrisposto un importo definito in base all'ultimo riparto effettuato, previo accantonamento di un importo corrispondente alla quota di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario, la cui erogazione è condizionata alla verifica degli adempimenti regionali (comma 4).

Nei casi in cui le somme trasferite a titolo di gettito IRAP, addizionale regionale IRPEF e compartecipazione IVA (e, con riferimento alla Sicilia, ai sensi del comma 5 dell’articolo 77-quater) non siano idonee a coprire il finanziamento della spesa sanitaria delle singole regioni, sono previste anticipazioni di tesoreria su base mensile in favore delle Regioni a statuto ordinario e della Regione siciliana. Dette anticipazioni sono accreditate, ai sensi del comma 3 dell’articolo 77-quater, sulle contabilità speciali infruttifere al netto delle somme trasferite a titolo di gettito delle richiamate imposte spettanti alle regioni e si dispone in ordine al recupero, in caso di necessità, di tali anticipazioni. La disciplina dettata al comma 3, secondo periodo (aggiunto dall'art. 11, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010), intende garantire che tale recupero non venga comunque effettuato a valere sui proventi derivanti da manovre eventualmente disposte dalla Regione con riferimento ai tributi IRAP e all’addizionale regionale all’IRPEF.

Si ricorda, infine, che l'art. 20, comma 2, del decreto-legge n. 113 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160 del 2016, in deroga all'art. 77-quater, comma 4, ha autorizzato - nelle more della determinazione della compartecipazione regionale all’IVA - per il 2016, l’erogazione alle Regioni delle quote di compartecipazione all'IVA relative al finanziamento del Servizio sanitario nazionale degli esercizi 2014 e 2015 (ad esclusione della quota premiale) non ancora trasferite alle stesse Regioni a titolo di anticipazioni di tesoreria.

 

Il comma 531 dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze provveda, con proprio decreto, con riferimento allo Stato, alle sistemazioni contabili derivanti dall'applicazione della disposizione di cui al comma 22 e che le relative registrazioni siano riportate nel rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 2016.

 

Il comma 532 dispone che le Regioni provvedano alle sistemazioni contabili derivanti dall'applicazione della disposizione di cui al comma 22, registrandole nelle scritture contabili dell'esercizio 2016. Dette sistemazioni contabili non rilevano ai fini del saldo di cui all'art. 1, comma 710, della legge n. 208 del 2015, vale a dire del saldo richiesto alle regioni dalla disciplina del pareggio di bilancio.

 

Si ricorda che il richiamato comma 710 prevede che le Regioni, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. La disciplina del pareggio di bilancio è ora dettata dall’articolo 65, commi 1-20 del disegno di legge in esame.

 


Articolo 1, comma 533
(Disposizioni in materia di rilevazioni SIOPE)

 

 

Il comma 533 stabilisce che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad ordinare incassi e pagamenti al proprio tesoriere o cassiere utilizzando esclusivamente ordinativi informatici emessi secondo lo standard definito dall'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) e trasmessi per il tramite dell'infrastruttura SIOPE (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici). Modalità e tempi di attuazione saranno stabiliti con successivi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza unificata e l'Agid.

 

Il comma 533 inserisce, dopo il comma 8 dell'art. 14 della legge n. 196 del 2009, i commi 8-bis e 8-ter, con i quali, rispettivamente, si prevede che:

 

§  al fine di favorire il monitoraggio del ciclo completo delle entrate e delle spese, le amministrazioni pubbliche debbano ordinare incassi e pagamenti al proprio tesoriere o cassiere, utilizzando esclusivamente ordinativi informatici emessi secondo lo standard definito dall'Agid e trasmessi per il tramite dell'infrastruttura SIOPE, e che i tesorieri e i cassieri possano accettare soltanto disposizioni di pagamento emesse e trasmesse nei predetti modi. Le modalità di trasmissione degli ordinativi informatici da parte dei tesorieri delle amministrazioni pubbliche all'infrastruttura SIOPE sono definite da apposite "regole di colloquio", stabilite congiuntamente con Agid e disponibili sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria geenerale dello Stato, nelle Sezioni dedicate al SIOPE;

§  a successivi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, adottati acquisito il parere della Conferenza unificata e dell'Agid, viene demandata la definizione delle modalità e dei tempi di attuazione delle disposizioni di cui comma 8-bis.

 

Come segnala la relazione illustrativa al disegno di legge, le novità riguardanti le modalità di acquisizione dei dati sono finalizzate a consentire al sistema SIOPE “di evolvere per permettere di tracciare tutte le fasi del ciclo passivo dall’impegno e/o dall’ordine fino all’estinzione del debito”.

 

Quanto alla trasmissione, da parte delle amministrazioni pubbliche alla banca dati SIOPE, delle informazioni relative a incassi e pagamenti effettuati, si ricorda che l'art. 14, comma 7, della legge n. 196 del 2009 dispone che le amministrazioni pubbliche, fatta eccezione per gli enti di previdenza, trasmettono quotidianamente alla banca dati SIOPE, tramite i propri tesorieri o cassieri, i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. I tesorieri e i cassieri non possono accettare disposizioni di pagamento prive della codificazione uniforme. Per quanto riguarda gli enti di previdenza, il comma 7 dello stesso art. 14 prevede che essi trasmettano mensilmente al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi sul territorio nazionale.


Articolo 1, commi 535-544
(Misure antielusive e di contrasto all’evasione)

 

 

I commi da 535 a 539 prevedono il rafforzamento della tracciabilità dei prodotti sottoposti ad accisa, allo scopo di contrastare l’evasione della predetta imposta.

Si introducono requisiti soggettivi e oggettivi più stringenti per la gestione dei depositi fiscali, con particolare riferimento agli impianti commerciali gestiti in tale regime.

I commi 540-544, prevedono inoltre, l’indicazione del codice fiscale del cliente su scontrini e fatture, a richiesta, finalizzata all’istituzione dal 2018 di una lotteria nazionale sui medesimi documenti.

Durante l’esame alla Camera è stata introdotta una disposizione che innalza la probabilità di vincita per le transazioni effettuate attraverso carta di debito e di credito, rispetto alle transazioni effettuate mediante denaro contante (comma 542); l’avvio sperimentale della lotteria sugli scontrini è stato anticipato al 1° marzo 2017 limitatamente agli acquisti di beni o servizi effettuati con carta di debito e di credito (comma 543).

 

Modifiche alla disciplina delle accise

 

Il comma 535 apporta numerose modifiche alla disciplina delle accise, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, Testo Unico Accise – TUA, al fine di rafforzare la tracciabilità dei prodotti sottoposti a tali imposte.

La lettera a) del comma 535 inserisce un comma 15-bis all’articolo 6 TUA, norma che disciplina le modalità di circolazione dei beni in sospensione d’accisa (ovvero prima che sia effettuato il versamento dell’imposta).

Tale norma dispone che le autobotti e le bettoline utilizzate per il trasporto di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo siano munite di sistemi di tracciamento della posizione e di misurazione delle quantità scaricate. Si affida a una determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di fissare termini e modalità di applicazione della predetta disposizione.

 

La lettera b) del comma 535 inserisce un periodo al termine dell’articolo 8, comma 1 TUA, che contiene la disciplina dei cd. destinatari registrati.

In sintesi, il destinatario registrato è la persona fisica o giuridica, diversa dal titolare di deposito fiscale, autorizzata dall'Amministrazione finanziaria a ricevere, nell'esercizio della sua attività economica, prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, provenienti da un altro Stato membro o dal territorio dello Stato. L’articolo 8 TUA disciplina l’autorizzazione, gli obblighi, gli adempimenti e le specifiche norme applicabili a tale soggetto in relazione ai prodotti ricevuti.

 

Per effetto delle modifiche in commento, si specifica che l’autorizzazione viene rilasciata in considerazione dell’attività svolta dal soggetto presso il proprio deposito. Si precisa inoltre che i prodotti sottoposti ad accisa ricevuti in regime sospensivo devono essere separatamente detenuti e contabilizzati rispetto a quelli assoggettati ad accisa ricevuti nel medesimo deposito.

 

La lettera c) del comma 535 inserisce un periodo al termine dell’articolo 12, comma 1, TUA, che disciplina le modalità di deposito e circolazione di prodotti assoggettati ad accisa. La predetta norma, salve le disposizioni stabilite per i singoli prodotti, in linea generale dispone che i prodotti assoggettati ad accisa sono custoditi e contabilizzati secondo le modalità stabilite e circolano con un apposito documento di accompagnamento.

Con le modifiche in esame, anche le autobotti e le bettoline utilizzate per il trasporto di prodotti assoggettati ad accisa devono essere munite di sistemi di tracciamento della posizione e di misurazione delle quantità scaricate (come previsto dall’introdotto articolo 6, comma 15-bis del TUA, vedi lettera a) del comma in esame).

 

La lettera d) del comma 535 modifica l’articolo 18, comma 1, TUA, che reca la disciplina dei controlli e dei presidi dell’amministrazione finanziaria in materia di accisa.

In particolare, con le modifiche in esame si chiarisce che l'amministrazione finanziaria nella propria attività di verifica e controllo può applicare bolli e suggelli agli apparecchi ed ai meccanismi, non solo a quelli presenti nei depositi fiscali e presso i destinatari registrati, ma anche presso gli altri impianti soggetti a denuncia; può anche ordinare l'attuazione delle opere e delle misure necessarie per la tutela degli interessi fiscali, ivi compresa l'installazione di strumenti di misura, anche a spese degli altri soggetti obbligati alla denuncia, oltre che del titolare di deposito fiscale o del destinatario registrato.

 

Modifiche alla disciplina della gestione dei depositi fiscali

 

La lettera e) sostituisce integralmente l’articolo 23 del TUA, relativo alla disciplina della gestione dei depositi fiscali.

Si rammenta che la disciplina del deposito fiscale è contenuta nel Testo Unico Accise. Esso è definito come l’impianto in cui vengono fabbricate, trasformate, detenute, ricevute o spedite merci sottoposte ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall’amministrazione finanziaria (articolo 1, comma 2, lettera e), TUA).

Il depositario autorizzato è il soggetto titolare e responsabile della gestione del deposito fiscale (articolo 1, comma 2, lettera f), TUA).

L’articolo 5 TUA stabilisce che il regime del deposito fiscale viene sottoposto ad autorizzazione dall’Amministrazione finanziaria, mentre il relativo esercizio è subordinato al rilascio di una licenza (che segue le disposizioni di cui all’articolo 63 TUA). A ciascun deposito è inoltre attribuito un codice di accisa e il depositario è obbligato, fatte salve le disposizioni stabilite per i singoli prodotti, a prestare cauzione nella misura del 10 per cento dell’imposta che grava sulla quantità massima di prodotti che possono essere detenuti nel deposito fiscale, in relazione alla capacità di stoccaggio dei serbatoi utilizzabili. Sono esonerate dall’obbligo di prestazione della cauzione le Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici e le aziende municipalizzate. L’Amministrazione finanziaria ha facoltà di esonerare dal predetto obbligo le ditte affidabili e di notoria solvibilità. L’esonero può essere revocato in qualsiasi momento.

Il depositario è altresì obbligato a conformarsi alle prescrizioni stabilite per l’esercizio della vigilanza sul deposito fiscale, a tenere una contabilità dei prodotti detenuti e movimentati nel deposito fiscale e a presentare i prodotti ad ogni richiesta sottoponendosi a controlli o accertamenti.

I depositi fiscali si intendono compresi nel circuito doganale e sono assoggettati a vigilanza finanziaria; la vigilanza finanziaria deve assicurare, tenendo conto dell’operatività dell’impianto, la tutela fiscale anche attraverso controlli successivi.

Fatte salve le disposizioni stabilite per i depositi fiscali dei singoli prodotti, l’inosservanza degli obblighi stabiliti dalla legge - indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale per le violazioni che costituiscono reato -  comporta la revoca della licenza fiscale di esercizio.

In materia di oli minerali e g.p.l.,  il vigente articolo 23 del TUA stabilisce che le raffinerie e gli altri stabilimenti di produzione dove si ottengono oli minerali ed altri prodotti sottoposti ad accisa operano in regime di deposito fiscale. La gestione in regime di deposito fiscale può essere autorizzata per i depositi a fini commerciali di oli minerali di capacità superiore a 3000 metri cubi, per i depositi di gas di petrolio liquefatto di capacità superiore a 50 metri cubi e per i depositi di prodotti petroliferi di capacità inferiore, quando risponde ad effettive necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto.

 

La nuova disposizione conferma il regime del deposito fiscale - ope legis - per le raffinerie e per gli altri stabilimenti di produzione di prodotti energetici allorché vengano realizzati (articolo 23, novellato comma 1):

a)   i prodotti energetici per i quali il testo unico delle accise prevede uno specifico livello di tassazione;

b)  anche gli altri prodotti energetici, se destinati ad essere impiegati come carburanti o combustibili;

c)   qualsiasi altro prodotto destinato ad essere utilizzato come carburante o qualsiasi altro idrocarburo destinato ad essere utilizzato come combustibile.

Resta fermo che l’esercizio degli impianti è subordinato al rilascio della licenza fiscale (novellato articolo 23, comma 2).

Resta inoltre confermata la possibilità, per i depositi commerciali, di essere autorizzati ad operare in regime di deposito fiscale, con modalità più stringenti rispetto alle norme attuali.

Come chiarisce la relazione illustrativa, le modifiche tengono conto delle innovazioni introdotte dall’articolo 57 del decreto-legge n. 5 del 2012, che ha ricondotto in capo al Ministero dello sviluppo economico la competenza al rilascio delle autorizzazioni degli impianti individuati come strategici, annoverando tra questi i depositi di prodotti energetici, escluso il g.p.l., aventi una capacità non inferiore a 10.000 mc. e i depositi di g.p.l. di capacità non inferiore a 200 tonnellate vale a dire 400 mc.

Il novellato comma 3 dell’articolo 23 tiene ferma la necessità che, per i predetti depositi, l’autorizzazione venga rilasciata ove sussistano necessità operative e di approvvigionamento dell’impianto stesso.

Viene differenziato il trattamento per gli impianti di capacità inferiore, per i quali l’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale è subordinata anche ad una delle seguenti, ulteriori condizioni oggettive (novellato comma 4 dell’articolo 23):

a)   il deposito effettua forniture di prodotto in esenzione da accisa o ad accisa agevolata o trasferimenti di prodotti energetici in regime sospensivo verso Paesi dell'Unione europea ovvero esportazioni verso Paesi extra UE, in misura complessiva pari ad almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio;

b)  il deposito è propaggine di un deposito fiscale ubicato nelle immediate vicinanze appartenente allo stesso gruppo societario o, se di diversa titolarità, è stabilmente destinato ad operare al servizio del predetto deposito.

Il nuovo comma 5 conferma che anche l’esercizio in regime di deposito fiscale dei depositi a fini commerciali è subordinato al rilascio della licenza fiscale.

Il novellato comma 6 disciplina le cause ostative di natura soggettiva che impediscono il rilascio dell’autorizzazione ad operare in regime di deposito fiscale, per i depositi commerciali di prodotti energetici.

In particolare, l’'autorizzazione è negata ai soggetti nei cui confronti, nel quinquennio antecedente la richiesta, sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna (ai sensi dell'articolo 648 del codice di procedura penale), ovvero sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta (articolo 444 c.p.p.) per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare e per i delitti non colposi commessi contro la pubblica amministrazione, contro l’ordine pubblico, contro la fede pubblica, contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio e contro il patrimonio (previsti dai Titoli II, V, VII, VIII e XIII del Libro secondo del codice penale), per i quali sia prevista la pena della reclusione.

L’autorizzazione è negata anche ai soggetti nei confronti dei quali siano in corso procedure concorsuali (ovvero siano state definite nell'ultimo quinquennio), nonché ai soggetti che abbiano commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura od entità, alle norme in tema di accisa, IVA e tributi doganali, in relazione alle quali siano state contestate sanzioni amministrative nell'ultimo quinquennio.

Il novellato comma 7 disciplina i casi di sospensione dell'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione.

Essa rimane sospesa fino al passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del procedimento penale, qualora nei confronti del soggetto istante sia stato emesso (articolo 424 c.p.p.) un decreto che dispone il giudizio per uno dei reati indicati nel già menzionato comma 6.

Il novellato comma 8  prevede i casi di sospensione dell'autorizzazione da parte dell'Autorità giudiziaria.

Essa può essere richiesta dall'Agenzia delle dogane nei confronti del depositario autorizzato per il quale sia stato emesso decreto che dispone il giudizio per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare. L'autorizzazione è in ogni caso sospesa dall'Agenzia laddove venga pronunciata nei confronti del depositario autorizzato sentenza di condanna non definitiva, con applicazione della pena della reclusione, per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare. Il provvedimento di sospensione ha effetto fino alla emissione della sentenza irrevocabile.

Si valuti se occorra precisare i presupposti per l’esercizio della facoltà di sospensione da parte dell’autorità giudiziaria, se tale sospensione possa essere considerata una misura di carattere cautelare, sebbene non prevista dal codice di procedura penale e se a tal fine debba essere previsto un termine massimo di efficacia. Si osserva inoltre che l’obbligo di sospensione da parte dell’Agenzia consegue a una sentenza di condanna non definitiva.

Il comma 9, come modificato, disciplina la revoca dell'autorizzazione all’esercizio in deposito fiscale degli impianti commerciali.

Essa opera nel caso di sentenza irrevocabile di condanna o di sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta per i reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare, per i quali sia prevista la pena della reclusione.

Il comma 10 riguarda invece le ipotesi di negazione, sospensione o revoca della licenza all’esercente il deposito fiscale.

In particolare la licenza è negata, sospesa, e revocata allorché ricorrano rispettivamente le condizioni di cui ai già commentati commi 6, 8 e 9 (con riferimento alle ipotesi di negazione, sospensione e revoca dell’autorizzazione); analogamente, l'istruttoria per il rilascio è sospesa allorché ricorrano le condizioni di cui al comma 7.

Il comma 11 disciplina l’ipotesi in cui i gestori dei depositi sono persone giuridiche e società; in tal caso l'autorizzazione e la licenza sono negate, revocate o sospese, ovvero il procedimento per il rilascio delle stesse è sospeso, allorché le situazioni di cui ai già visti commi da 6 a l0 ricorrano, alle condizioni i vi previste, con riferimento a persone che ne rivestono ruoli apicali (funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché a persone che ne esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo).

Ai sensi del novellato comma 12 dell’articolo 23, spetta all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di verificare la permanenza delle condizioni previste per la gestione di impianti commerciali in regime di deposito fiscale. Nel caso esse non possano ritenersi sussistenti, l'autorizzazione viene sospesa fino a quando non ne sia comprovato il ripristino entro il termine di un anno, alla scadenza del quale viene revocata. Contestualmente all'emissione del provvedimento di sospensione di cui al periodo precedente, viene rilasciata, su richiesta dell'esercente il deposito, la licenza all’esercizio del deposito.

Il novellato comma 13 conferma la facoltà dell’Agenzia di prescrivere nei depositi fiscali l’installazione di appositi strumenti di misura e di adottare sistemi di verifica e controllo utilizzando tecniche telematiche ed informatiche. Ai sensi del nuovo comma 14, l’Agenzia può procedere, negli stabilimenti di produzione o nei depositi dotati di un idoneo sistema di controllo informatizzato della produzione, detenzione o movimentazione dei prodotti, all’accertamento e alla liquidazione dell’imposta avvalendosi di dati rilevati dal predetto sistema.

Il novellato comma 15 conferma il divieto di detenere, nei recinti dei depositi fiscali, prodotti energetici per i quali sono previste specifiche aliquote, ad accisa assolta. Si consente che i prodotti già immessi in consumo (comma 16) possano essere reintrodotti in deposito fiscale qualora debbano essere sottoposti a miscelazione.

Infine, il comma 17 conferma la vigente esclusione dalle predette norme di alcuni prodotti energetici: gas naturale (codici NC 2711 Il 00 e 2711 21 00), carbone (codice NC 2701), lignite (codice NC 2702) e coke (codice NC 2704).

Il comma 536 in commento reca la decorrenza delle modifiche apportate in tema di deposito fiscale. Esse hanno effetto a decorrere dal terzo anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge (dunque dall’anno 2020).

 

Lotteria nazionale collegata a scontrini e ricevute fiscali

 

I commi da 537 a 544, modificati e integrati nel corso dell’esame parlamentare, prevedono l’inserimento nello scontrino fiscale e nella ricevuta del codice fiscale del cliente, previa richiesta, in considerazione dell’istituzione di una lotteria nazionale collegata agli scontrini o alle ricevute fiscali.

Ai sensi del comma 537, in particolare (con una modifica all'articolo 3 del D.P.R. n. 696 del 1996) si prevede che l’esercente deve inserire nello scontrino o nella ricevuta il numero di codice fiscale del cliente, previa richiesta da parte di quest’ultimo. La richiesta deve essere contestuale al momento dell’acquisto: il cliente non può chiedere l’inserimento del proprio numero di codice dopo l’effettuazione dell’operazione (comma 6, secondo periodo).

I commi 538 e 539, rispettivamente, demandano a provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’adozione di disposizioni attuative e stabiliscono la decorrenza delle nuove norme al 1° gennaio 2018.

Il comma 540 prevede, dalla medesima data del 1° gennaio 2018, l’introduzione di una lotteria nazionale cui possono partecipare esclusivamente le persone fisiche che risiedono in Italia e che effettuano l’acquisto di beni o servizi fuori dall’esercizio di attività di impresa, arte o professione. L’acquisto deve obbligatoriamente avvenire presso commercianti al minuto (o che esercitano attività assimilate) che abbiano optato per la trasmissione telematica dei corrispettivi (ai sensi del D.Lgs. n. 127 del 2015), nonché presso gli stessi commercianti ovvero tutti i soggetti passivi IVA, laddove l’acquisto sia documentato con fattura, i cui dati siano trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate (comma 541).

 

Il comma 542, introdotto durante l’esame parlamentare, allo scopo di incentivare l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, dispone che la probabilità di vincita dei premi della lotteria legata allo scontrino fiscale sia aumentata del venti per cento, rispetto alle transazioni effettuate mediante denaro contante, per le transazioni effettuate attraverso strumenti che consentano il pagamento con carta di debito e di credito, di cui all’articolo 2, comma 3 del D.lgs. n. 127 del 2015 (in tema di fatturazione elettronica).

Il menzionato comma 3 dispone che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri delle operazioni soggette a IVA siano effettuate mediante strumenti tecnologici che garantiscano l'inalterabilità e la sicurezza dei dati, compresi quelli che consentono i pagamenti con carta di debito e di credito.

 

La concreta applicazione della lotteria nazionale legata agli scontrini è attuata, in via sperimentale e senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, dal 1° marzo 2017 (comma 543, anch’esso introdotto durante l’esame parlamentare), limitatamente agli acquisti di beni o servizi, fuori dall'esercizio di attività d'impresa, arte o professione, effettuati da persone fisiche residenti in Italia mediante strumenti che consentano il pagamento con carta di debito e di credito.

Infine si affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l’emanazione di apposito regolamento disciplinante le modalità tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entità e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria (comma 544, anch’esso introdotto durante l’esame presso la Camera del provvedimento).


Articolo 1, commi 545-546
(Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo)

 

 

I commi 545-546 – introdotti durante l’esame alla Camera – sono volti a contrastare la vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai titolari dei sistemi di emissione dei biglietti.

 

In particolare, al fine di contrastare l’elusione e l’evasione fiscale, nonché di garantire la tutela dei consumatori, si dispone che la vendita, o qualsiasi altra forma di collocamento, di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai “titolari, anche sulla base di apposito contratto o convenzione, dei sistemi per la loro emissione”, è punita, salvo che il fatto non costituisca reato, con l’inibizione della condotta e con sanzioni amministrative pecuniarie da 5.000 a 180.000 euro.

Al riguardo si evidenzia, preliminarmente, che, in base al comunicato stampa del Mibact dell’11 novembre 2016 – che faceva riferimento alla presentazione di un emendamento del Governo, di contenuto pressoché analogo –, la disposizione riguarda gli organizzatori degli spettacoli nonché i titolari di biglietterie automatizzate autorizzate, che, dunque, sarebbero gli unici legittimati a vendere i titoli di accesso[191].

L’intento è quello di contrastare il fenomeno del c.d. secondary ticketing, ossia del collocamento di biglietti per attività di spettacolo acquistati in maniera massiva e successivamente rivenduti a prezzi superiori rispetto a quelli esposti sul biglietto.

Si valuti l’opportunità di fare esplicito riferimento anche agli organizzatori degli spettacoli.

Inoltre, al comma 545, occorrerebbe riferirsi alla punibilità della condotta con “sanzione amministrativa pecuniaria” (anziché con “sanzioni amministrative pecuniarie”).

 

Per quanto riguarda la misura della sanzione, andrebbe valutato se l’ampia differenza stabilita tra limite minimo e limite massimo della sanzione pecuniaria non risulti eccessiva, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale in merito al canone di ragionevolezza nella quantificazione delle sanzioni.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 10 della L. n. 689/1981 stabilisce che, al di fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, il limite massimo della sanzione amministrativa pecuniaria non può, per ciascuna violazione, superare il decuplo del minimo.

In materia, da pacifica giurisprudenza costituzionale (v., a titolo di esempio, ordinanze Corte costituzionale 23/2009 e 292/2006), l’individuazione delle condotte punibili e la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni rientrano nella discrezionalità del legislatore, potendo la stessa discrezionalità essere oggetto di censura soltanto nei casi di uso distorto o arbitrario, così da confliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza.

 

Non è sanzionata la vendita (o qualsiasi altra forma di collocamento) effettuata da persona fisica in modo occasionale, purché senza finalità commerciali.

In caso di utilizzo delle reti di comunicazione elettronica, è prevista la rimozione dei contenuti o, nei casi più gravi, l’oscuramento del sito internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere, fatte salve le azioni risarcitorie.

Potrebbe essere opportuno indicare più esplicitamente i parametri di gravità delle condotte (ad es., le violazioni massive).

 

I compiti di accertamento e intervento spettano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e alle altre autorità competenti (quale potrebbe essere, ad esempio, la polizia postale), che agiscono d’ufficio o su segnalazione degli interessati.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il D.Lgs. 70/2012, di recepimento della direttiva 2009/140/CE e della direttiva 2009/136/CE, modificando il codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n. 259/2003), ha esplicitato il ruolo dell'Agcom come autorità nazionale di regolamentazione per le comunicazioni elettroniche.

 

Per quanto concerne, più specificamente, la tutela inibitoria da parte dell’AGCOM, nel caso in esame, questa si concreta sostanzialmente, ai sensi del D.Lgs. n. 70/2003, nell’imporre all’Internet provider di rimuovere i contenuti relativi alla vendita abusiva dei biglietti o di utilizzare gli accorgimenti tecnici volti ad impedire l’accesso al sito (o alla pagina web). Va, inoltre, ricordato che lo stesso D.Lgs. n. 70/2003 considera il provider civilmente responsabile di tali contenuti nei casi in cui, richiesto dall’autorità amministrativa di vigilanza (o dall’autorità giudiziaria), non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l'autorità competente.

 

L’adozione delle specifiche e delle regole tecniche volte ad aumentare l’efficacia e la sicurezza informatica delle vendite dei titoli di accesso mediante sistemi di biglietterie automatizzate, nonché ad assicurare la tutela dei consumatori, è demandata a un decreto interministeriale (Ministro dell’economia e delle finanze, Ministro della giustizia e Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo), da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sentite l’AGCOM e la SIAE.

Al riguardo, si ricorda che la certificazione degli incassi nel settore degli spettacoli e degli intrattenimenti avviene tramite speciali sistemi automatizzati resi funzionanti da carte di attivazione fornite dalla SIAE in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate (provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 23 luglio 2001).

Tali sistemi consentono di trasmettere periodicamente alla SIAE i dati degli incassi giornalieri e mensili per via telematica. Con circolare n. 34/E del 27 giugno 2003, l’Agenzia delle Entrate ha indicato quali sono i soggetti tenuti all’uso delle apparecchiature e le prestazioni da certificare.

Qui maggiori informazioni.


Articolo 1, commi 547-553
(Imposta sul reddito d’impresa – IRI e razionalizzazione dell’Aiuto alla crescita economica – ACE)

 

 

I commi 547-553 recano la disciplina della nuova imposta sul reddito d’impresa (IRI) - da calcolare sugli utili trattenuti presso l’impresa - per gli imprenditori individuali e le società in nome collettivo ed in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria. L’opzione per l’applicazione dell’IRI si effettua in sede di dichiarazione dei redditi, ha durata di cinque periodi di imposta ed è rinnovabile. In tale ipotesi, su detti redditi opera la sostituzione delle aliquote progressive IRPEF con l’aliquota unica IRI, pari all’aliquota IRES (24 per cento dal 2017).

Contestualmente viene modificata la disciplina in materia di aiuto alla crescita economica (ACE) per razionalizzarne l’ambito applicativo. Tra le modifiche apportate dalle norme in esame si segnala, al fine di tener conto del corrente andamento dei tassi di interesse, la diminuzione dell’aliquota percentuale utilizzata per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. A decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, detta aliquota viene stabilita nella misura del 2,7 per cento, mentre per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2017 è fissata al 2,3 per cento.

Si estende l’applicazione dell’ACE alle persone fisiche, alle società in nome collettivo ed a quelle in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria.

 

Obiettivo delle norme in esame è di incentivare il reinvestimento degli utili all’interno delle piccole e medie imprese, al fine di agevolare la crescita e lo sviluppo delle attività produttive. In tale ottica, quindi, la tassazione sarà quella ordinaria allorquando gli utili prodotti o precedentemente reinvestiti saranno prelevati dall’imprenditore individuale o distribuiti dalle società beneficiarie del nuovo regime agevolativo.

Nella relazione illustrativa si legge che la revisione dell’imposizione così illustrata va nella direzione dell’uniformità di trattamento con le società di capitali, rendendo più neutrale il sistema tributario rispetto alla forma giuridica; inoltre si favorisce la patrimonializzazione delle piccole imprese.

Si ricorda, al riguardo, che una riforma in tal senso della tassazione del reddito d’impresa era prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera a) della legge di delega per la riforma fiscale (legge n. 23 del 2014). Il termine per l’esercizio della delega è infatti scaduto il 27 giugno 2015 senza che tali previsioni siano state attuate. Il richiamato articolo 11 delegava il Governo ad emanare norme volte all’assimilazione al regime IRES dell’imposizione sui redditi d’impresa, compresi quelli prodotti in forma associata, dai soggetti passivi IRPEF, assoggettandoli a un’imposta sul reddito imprenditoriale – IRI  con un’aliquota proporzionale allineata all’IRES. Le somme prelevate dall’imprenditore e dai soci avrebbero concorso alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF dell’imprenditore e dei soci e sarebbero state deducibili dalla predetta imposta sul reddito imprenditoriale.

Il comma 547 novella in più parti il Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR):

con una prima modifica contenuta nella lettera a), si novella l’articolo 23, comma 1, lettera g) del TUIR al fine di coordinarlo con le nuove disposizioni in materia di imposta sul reddito d’impresa (IRI);

con la seconda modifica contenuta nella lettera b), si disciplina la nuova imposta sul reddito d’impresa (IRI) mediante inserimento del nuovo articolo 55-bis del TUIR. Il nuovo articolo prevede che:

-      il reddito d’impresa degli imprenditori individuali e delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, in regime di contabilità ordinaria, è escluso dalla formazione del reddito complessivo ed è assoggettato a tassazione separata (a titolo di IRI) con l’aliquota prevista dall’articolo 77 del TUIR (Ires), che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, è fissata al 24% (articolo 1, comma 61 della L. n. 28/12/2015, n. 208). Dal reddito d’impresa sono ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile di esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito del periodo d’imposta e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi, a favore dell’imprenditore, dei collaboratori familiari o dei soci (comma 1).

La contabilità ordinaria, obbligatoria per i soggetti in questione se superano determinati limiti di ricavi (400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero 700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività), prevede la tenuta dei seguenti libri contabili:

§  libro giornale: contiene l’annotazione di tutte le operazioni in ordine cronologico;

§  libro inventari: dove si riporta la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore;

§  registri IVA: composti dal registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) e dal registro degli acquisti;

§  registro dei beni ammortizzabili: evidenzia i beni a fecondità ripetuta;

§  scritture ausiliarie: conti di mastri e scritture di magazzino.

-      in deroga al vigente regime fiscale (articolo 8, comma 3 del TUIR) delle perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e di quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice, le perdite maturate nei periodi d’imposta di applicazione delle disposizioni relative all’IRI sono computate in diminuzione del reddito dei periodi d’imposta successivi per l’intero importo che trova capienza in essi. Nel caso di società in nome collettivo e in accomandata semplice tali perdite sono imputate a ciascun socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (comma 2);

-      la tassazione sarà quella ordinaria allorquando gli utili prodotti o precedentemente reinvestiti e assoggettati alla tassazione separata dell’IRI saranno prelevati dall’imprenditore individuale o distribuiti dalla società di persone (comma 3);

-      gli imprenditori e le società di persone potranno optare per l’applicazione della nuova IRI a prescindere da qualsiasi parametro dimensionale e quindi il nuovo regime è fruibile anche da soggetti che, per loro natura, sono ammessi al regime di contabilità semplificata; l’opzione ha durata pari a cinque periodi di imposta ed è rinnovabile e deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi (comma 4);

-      per gli imprenditori individuali e per le società in nome collettivo ed in accomandita semplice non si applica la disposizione contenuta nell’articolo 5 del TUIR limitatamente all’imputazione  per trasparenza ed alla tassazione del reddito indipendentemente dalla sua percezione (comma 5);

-      le nuove disposizioni non si applicano alle somme prelevate a carico delle riserve formate con utili di periodi precedenti a quelli di applicazione dell’IRI (comma 6).

Con la modifica contenuta nella lettera c), si novella l’articolo 116 del TUIR in materia di trasparenza fiscale delle società a ristretta base proprietaria; in particolare viene eliminato il riferimento alla sola trasparenza fiscale quale regime opzionale per dette società e viene quindi esteso ad esse il regime fiscale contenuto nel presente articolo 55-bis, che disciplina la nuova IRI. Si specifica che gli utili di esercizio e le riserve di utili derivanti dalle partecipazioni nelle società che optano per l’IRI si considerano equiparati alle somme di cui al precedente comma 3 del nuovo articolo 55-bis; pertanto tali tipologie di redditi perdono la natura di redditi di capitale e concorrono invece alla formazione del reddito del percettore quale reddito d’impresa.

La tassazione per trasparenza fiscale, consiste nella possibilità di imputare ai soci il reddito prodotto dalle società di capitali in proporzione alla quota di partecipazione di ogni socio agli utili, indipendentemente dalla percezione degli stessi. L’opzione per il regime della trasparenza può aversi in due casi:

§  trasparenza ex art. 115 del TUIR che riguarda le società di capitali interamente partecipate da altre società di capitali;

§  trasparenza ex art. 116 del TUIR concernente l’opzione da parte delle società a responsabilità limitata costituite da persone fisiche, a ristretta base societaria con volume di ricavi dichiarati nell’anno precedente non superiore al limite previsto per l’applicazione degli studi di settore (euro 5.164.569) il cui capitale sia interamente posseduto da soci persone fisiche di numero non superiore a 10 (20 in caso di società cooperative a responsabilità limitata). L’opzione può esser esercitata da tutte le società e comunicata all’Amministrazione finanziaria entro il primo dei tre esercizi di opzione.

Optando per tale regime si hanno i seguenti effetti.

§  in capo alla società non si verifica alcuna tassazione IRES in quanto il reddito è assoggettato a tassazione in capo ai soci;

§  i soci dovranno dichiarare il reddito di propria spettanza anche se non è stato effettivamente percepito.

L’opzione per il regime o il suo rinnovo è irrevocabile per tre esercizi e va esercitata sia dalla società partecipata sia dai soci, è rinnovabile ed ha effetto dall’inizio dell’anno nel quale è manifestata.

 

Il comma 548 dispone che, per i soggetti che optano per il regime dell’IRI, il contributo annuo dovuto alle gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali – titolari, coadiuvanti e coadiutori – è determinato senza tener conto delle nuove disposizioni in materia di IRI.

 

Anche il comma 549 novella in più parti il TUIR; in particolare:

con la modifica contenuta nella lettera a) si inserisce un nuovo periodo dopo il primo periodo del comma 3 dell’articolo 84, in materia di utilizzo delle perdite nei casi di trasferimento del controllo aziendale. In tale ambito, a particolari condizioni, si esclude il riporto delle perdite nel caso in cui la maggioranza delle partecipazioni venga acquisita da terzi ed inoltre, entro un determinato periodo di tempo (due periodi successivi o anteriori rispetto al trasferimento), si modifichi l’attività effettivamente esercitata. La modifica in argomento estende la limitazione dell’utilizzo delle perdite anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti, di cui al comma 4 dell’articolo 96 del TUIR, relativamente agli interessi indeducibili, nonché alle eccedenze del rendimento nozionale posto a base del calcolo della deduzione dal reddito a titolo di aiuto alla crescita economica (ACE);

Con l’articolo 1 del DL 201/2011 è stato introdotto, con effetto dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011, un trattamento fiscale agevolato (ACE: aiuto alla crescita economica) alle imprese il cui capitale proprio viene incrementato mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva. Tale regime agevolato introduce una deduzione dal reddito delle società di capitale, di persone e delle ditte individuali in contabilità ordinaria, commisurata al rendimento nozionale del capitale proprio. Per gli esercizi 2011/2013 il rendimento nozionale è fissato al 3%; per potenziare gli effetti della deduzione ACE l’articolo 1, commi 137 e 138 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha previsto un innalzamento del rendimento portandolo per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 al 4%, per il periodo in corso al 31 dicembre 2015 al 4,5% e per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 al 4,75%.

con la modifica contenuta nella lettera b) si sostituisce il secondo periodo del comma 4‑ter dell’articolo 88 in materia di sopravvenienze attive. In particolare si prevede nell’ambito delle procedure che disciplinano la crisi dell’impresa che la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva non solo per la parte di deduzione che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84 del TUIR, ma anche per l’eccedenza relativa all’ACE e per gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati indeducibili di cui al comma 4 dell’articolo 96 del TUIR;

con la modifica contenuta nella lettera c) si sostituisce il quinto periodo del comma 7 dell’articolo 172 del TUIR; in materia di fusione di società per tener conto - nel caso della portabilità in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante, delle perdite delle società che partecipano alla fusione - delle citate modifiche apportate in materia di ACE;

Secondo le vigenti disposizioni il passaggio alla società incorporante o risultante dalla fusione delle quote di interessi passivi (ai sensi del comma 4 dell’articolo 96) non dedotte nei periodi antecedenti dalle società partecipanti alla fusione è limitato, subordinandolo di fatto alle stesse condizioni previste per il recupero delle perdite di cui al comma 7 in argomento. La modifica interviene per dichiarare la limitazione del passaggio alla società incorporante o risultate dalla fusione, delle eventuali eccedenze di ACE, in quanto a legislazione vigente tale portabilità è ammessa.

 

con la modifica contenuta nella lettera d) si aggiunge al comma 10 dell’articolo 173 del TUIR - in materia di scissione di società – il riferimento agli interessi indeducibili di cui al comma 4 dell’articolo 96, nonché l’eccedenza relativa all’ACE, al fine di coordinare la vigente disciplina con le nuove disposizioni finora viste (lettera c));

Nello specifico il regime fiscale vigente prevede per la scissione il rinvio alle disposizioni contenute nel citato articolo 172, comma 7 (peraltro novellato come precedentemente evidenziato) in materia di fusione di società al fine di rendere omogenea la disciplina nell’ambito delle operazioni straordinarie di gestione.

con la modifica contenuta nella lettera e) si estendono le novelle disposte con le precedenti lettere c) e d) anche alle fusioni, scissioni conferimenti di attivo, scambi di azioni concernenti società di Stati membri diversi. Si integrano le vigenti disposizioni contenute nell’articolo 181, comma 1 in materia di perdite fiscali che fanno rinvio alla citata disciplina prevista per i casi di fusione di cui al comma 7 dell’articolo 172, come modificato dalla lettera c) del presente comma, al fine di tener conto della disciplina concernente gli interessi indeducibili di cui al comma 4 dell’articolo 96 del TUIR e l’eccedenza relativa all’ACE.

 

Il comma 550 modifica in più parti il citato articolo 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di ACE:

con la modifica contenuta nella lettera a) si elimina la disposizione che prevede, con rinvio al comma 3 del medesimo articolo 1 del decreto-legge 201/2011, che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (a decorrere dal settimo periodo di imposta) sia determinata l’aliquota percentuale per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale;

con la modifica contenuta nella lettera b) si abroga il vigente comma 2‑bis, che disciplina la variazione in aumento del capitale proprio per le società le cui azioni sono quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’Unione europea (UE) o aderenti allo Spazio economico europeo (SEE). La disciplina qui abrogata si riferisce al c.d. regime di super-ACE, rivolto alle società quotate, regime che non ha avuto concreta esecuzione perché soggetto all’acquisizione preventiva dell’autorizzazione della Commissione europea.

con la modifica contenuta nella lettera c) si definisce, dall’ottavo periodo di imposta, l’aliquota del 2,7% utilizzata per il calcolo del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio ai fini dell’ACE; sono invece confermate le aliquote previste in via transitoria per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e fino al 31 dicembre 2016, mentre per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2017 l’aliquota si riduce al 2,3%;

con la modifica contenuta nella lettera d) si aggiunge il comma 6‑bis con cui si prevede, per i soggetti diversi dalla banche e dalle imprese di assicurazione, che la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010;

con la modifica contenuta nella lettera e) si sostituisce il comma 7 al fine di consentire automaticamente l’applicazione dell’ACE alle persone fisiche, alle società in nome collettivo ed a quelle in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, senza che a ciò vi si provveda con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, così come invece previsto a legislazione vigente.

 

Il comma 551 dispone, in deroga allo statuto del contribuente, che le disposizioni di cui al precedente comma 550, lettere d) ed e) si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2015, pertanto dal 2016.

 

Il comma 552 dispone che per i soggetti persone fisiche, società in nome collettivo ed in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria rileva, come incremento del capitale proprio (ai fini del calcolo del rendimento nozionale per la definizione dell’ACE), la differenza tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 ed il patrimonio netto al 31 dicembre 2010.

 

Il comma 553 definisce le modalità di determinazione dell’acconto per l’anno d’imposta 2017; ai fini dell’imposta sul reddito delle società il calcolo dell’acconto è effettuato considerando, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni di cui al comma 550 in argomento.

 


Articolo 1, commi 554-564
(Proroga della rideterminazione del valore dei terreni e delle partecipazioni, nonché rivalutazione dei beni di impresa)

 

 

Le disposizioni in epigrafe prorogano i termini per la rivalutazione di quote e terreni da parte delle persone fisiche, confermando l’aliquota dell'8 per cento in relazione alla relativa imposta sostitutiva. Si prevede poi, a favore delle società di capitali e degli enti residenti sottoposti a IRES, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2015, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del dieci per cento.

 

Il comma 554 riapre i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, introdotta dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.

I termini sono stati da ultimo prorogati dalla legge di stabilità per il 2016, articolo 1, comma 887.

 

In particolare, la norma consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2017; il termine di versamento dell’imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2017 (nel caso di opzione per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate annuali di pari importo); la perizia di stima dovrà essere redatta ed asseverata, al massimo, entro il medesimo temine del 30 giugno 2017.

Più in dettaglio, la disposizione in esame novella l’articolo 2, comma 2, del D.L. n. 282 del 2002, volto ad introdurre la prima riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 riferiti, rispettivamente, al possesso di partecipazioni e di terreni. I richiamati articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 hanno introdotto la facoltà di rivalutare i terreni (sia agricoli sia edificabili) e le partecipazioni in società non quotate possedute da persone fisiche e società semplici, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva da applicare sul maggior valore attribuito ai cespiti.

 

Il comma 555 fissa le aliquote di cui agli articoli 5, comma 2, e 7, comma 2, della legge n. 448 del 2001 in misura pari all'8 per cento.

 

Il citato articolo 5, comma 2, prevedeva un'aliquota del 4 per cento per le partecipazioni qualificate e del 2 per cento per quelle non qualificate; l'articolo 7, comma 2, indicava per l'imposta sostitutiva del 4 per cento per la rivalutazione di terreni.

Un innalzamento dell’aliquota era stato disposto dal comma 888 della richiamata legge di stabilità 2016 il quale ha previsto, in relazione alle partecipazioni non quotate e ai terreni, che le aliquote delle imposte sostitutive di cui al predetto articolo 5, comma 2 fossero pari all'8 per cento, e l'aliquota di cui all'articolo 7, comma 2, della medesima legge fosse raddoppiata.

 

Il comma 556 prevede che i soggetti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR (società di capitali residenti, enti e trust residenti che esercitano attività commerciali) che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio possono rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa, risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2015.

La rivalutazione opera in deroga all'articolo 2426 del codice civile (che individua i criteri di valutazione di tali beni a fini civilistici) e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia.

La rivalutazione va eseguita nel bilancio o rendiconto dell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 e per il quale il termine di approvazione scada successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Essa deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e va annotata nell'inventario e nella nota integrativa (comma 557).

Il comma 558 prevede il pagamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali nella misura del dieci per cento al fine dell'affrancamento, in tutto o in parte, del saldo attivo della rivalutazione.

Il comma 559 stabilisce che la rivalutazione avvenga mediante versamento di un'imposta sostitutiva del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili, calcolato sul maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione; tali imposte sono sostitutive delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali. La valenza fiscale della procedura di rivalutazione opera a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita.

Nel caso in cui i beni rivalutati, prima dell'inizio del quarto esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata effettuata, siano ceduti a titolo oneroso, assegnati ai soci, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ovvero al consumo personale o familiare dell'imprenditore, ai fini della determinazione di plusvalenze (o minusvalenze) si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione (comma 560).

Le modalità di versamento delle imposte sostitutive sono fissate dal comma 561, che prevede in particolare il versamento in un'unica rata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. È prevista la possibilità di compensare detti importi ai sensi della vigente normativa.

Il comma 562 rimanda, in quanto compatibili, alle precedenti disposizioni in materia di rivalutazione: si tratta degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge n. 342/2000, n. 342, dei decreti del Ministro delle finanze n. 162/2001, n. 162, e del Ministro dell'economia e delle finanze n. 86/2001, nonché dei commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004.

 

Si ricorda che gli articoli da 10 a 16 della legge n. 342 del 2000 hanno concesso alle imprese la facoltà di effettuare la rivalutazione dei beni risultanti in bilancio attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sul maggior valore iscritto.

In particolare, ai sensi dell’articolo 10, potevano essere oggetto di rivalutazione i beni mobili e immobili e le partecipazioni in società controllate o collegate che risultassero iscritte tra le immobilizzazioni nel bilancio chiuso entro il 31 dicembre 2002. Risultavano esclusi, invece, i beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (c.d. “beni-merce”).

Con riferimento al profilo soggettivo, le disposizioni richiamate interessavano le società di capitali, gli enti commerciali, gli enti non commerciali, le imprese individuali, le società di persone, con la sola esclusione delle società semplici, nonché le società, gli enti e le persone fisiche non residenti che esercitano attività commerciali nel territorio dello Stato mediante una stabile organizzazione (articoli 10 e 15).

La rivalutazione, secondo quanto disposto dall’articolo 11, poteva essere eseguita nell’esercizio successivo a quello indicato all'articolo 10, per il quale il termine di approvazione del bilancio scadesse successivamente alla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, al fine di evitare sopravvalutazioni, venivano disposti criteri per la determinazione del nuovo valore attribuito al bene oggetto di rivalutazione.

L’articolo 12 prevedeva che sui maggiori valori emersi fosse applicata un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, nella misura, rispettivamente, del 19 per cento per i beni ammortizzabili e del 15 per cento per quelli non ammortizzabili. L’imposta sostitutiva poteva essere versata in tre rate annuali di pari importo, anche mediante compensazione, ai sensi del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Il maggior valore attribuito ai beni con la rivalutazione, in base all’articolo 12, comma 3, era comunque riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio in cui la rivalutazione era stata effettuata.

Ai sensi dell'articolo 13, il saldo attivo risultante dalla rivalutazione doveva essere destinato ad incremento di capitale sociale oppure iscritto in un'apposita riserva in sospensione d’imposta, la cui denominazione doveva contenere il riferimento alle disposizioni relative alla rivalutazione eseguita. La finalità della norma consiste nell'escludere la possibilità che le somme relative alla rivalutazione, incrementative del patrimonio netto dell’impresa, vengano utilizzate senza essere adeguatamente tassate: il medesimo articolo 13 dispone infatti che nel caso in cui tali riserve siano distribuite ai soci, le somme versate, incrementate dell’imposta sostitutiva pagata, concorrono a formare sia il reddito imponibile della società sia quello dei soci; a tal fine è riconosciuto un credito d’imposta pari all’importo dell’imposta sostitutiva pagata. Se, invece, la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si può far luogo a distribuzione di utili se prima non viene reintegrata la riserva medesima.

L'articolo 14 consentiva l'applicazione delle disposizioni dell’articolo 12 e della relativa imposta sostitutiva, per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori dei beni iscritti nel bilancio o rendiconto, anche singolarmente considerati, divergenti da quelli fiscali a qualsiasi titolo (c.d. riallineamento). In entrambi i casi (rivalutazione o riallineamento), ai sensi dell’articolo 14, l’importo corrispondente ai maggiori valori era imputato ad una riserva in sospensione di imposta.

L’articolo 16, infine, rimetteva a un decreto ministeriale la determinazione delle modalità di attuazione delle disposizioni contenute negli articoli da 10 a 15. A ciò si è provveduto con i decreti del Ministro delle finanze 13 aprile 2001, n. 162, e 19 aprile 2002, n. 86.

 

I commi 475, 477 e 478 dell’articolo 1 della legge n. 311/2014 (legge finanziaria 2005) disciplinano il versamento di una imposta sostitutiva sulle riserve e i fondi in sospensione di imposta e sui saldi attivi di rivalutazione.

Il comma 475 in particolare prevede che le riserve e i fondi, assoggettati all'imposta sostitutiva, non concorrono a formare il reddito imponibile dell'impresa ovvero della società e dell'ente e in caso di distribuzione dei citati saldi attivi non spetta il credito d'imposta. Ai sensi del comma 477 l'imposta sostitutiva è indeducibile e può essere imputata, in tutto o in parte, alle riserve iscritte in bilancio o rendiconto; per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi (comma 478).

 

In base al comma 563, limitatamente ai beni immobili, i maggiori valori iscritti in bilancio ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in materia di riconoscimento fiscale di tali valori, si considerano riconosciuti con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° dicembre 2018.

Il comma 564 stabilisce infine che le previsioni dell’articolo 14, comma 1, della legge n. 342/2000, sul riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti in bilancio, si applicano anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali anche con riferimento alle partecipazioni, in società ed enti, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’articolo 85, comma 3-bis, del TUIR.

Il comma 3-bis citato prevede che, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione. Per tali soggetti, per l’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva, è vincolata una riserva in sospensione di imposta ai fini fiscali che può essere affrancata secondo le modalità precedentemente descritte.

 

 


Articolo 1, commi 565-566
(Assegnazione o cessione di beni ai soci. Estromissione di immobili dal patrimonio dell’impresa)

 

 

I commi 565-566 prevedono la riapertura (al 30 settembre 2017) dei termini  per l’assegnazione o cessione di taluni beni ai soci e per l’estromissione dei beni immobili dal patrimonio dell’impresa da parte dell’imprenditore individuale.

 

Il comma 565 consente l'applicazione delle disposizioni in tema di regime agevolato per cessioni e assegnazioni di beni ai soci, previste dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 115 a 120, legge n. 208 del 2015) anche alle assegnazioni, trasformazioni e cessioni poste in essere successivamente al 30 settembre 2016 ed entro il 30 settembre 2017.

I relativi versamenti rateali dell'imposta sostitutiva sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2017 ed entro il 16 giugno 2018.

 

Le agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci.

I commi da 115 a 120 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 hanno introdotto apposite agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società - ivi incluse le cd. società non operative - di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci: a queste operazioni si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP ed è ridotta l’imposta di registro. Analoghe agevolazioni sono previste per le relative trasformazioni societarie.

L'assegnazione dei beni costituisce, insieme all'attribuzione di denaro, lo strumento col quale la società effettua la distribuzione di utili o la restituzione di capitale. Con tali norme in esame veniva riproposta la misura in passato già prevista dall’articolo 29 della legge 23 dicembre 1997, n. 449, come successivamente integrato dall'articolo 13 della legge 18 febbraio 1999, n. 28. Sulle questioni applicative era intervenuta la Circolare n. 112/E del 21 maggio 1999 del Ministero delle finanze, cui si farà riferimento in seguito.

Le società non operative (disciplinate dalla legge 724 del 1994 e dal decreto-legge n. 138 del 2011) o “società di comodo” sono quelle non preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto di tali società, con fini antielusivi: tra l’altro, ad esse si applica una maggiorazione di 10,5 punti percentuali dell’aliquota IRES. Tale maggiorazione si applica anche alle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per cinque periodi d'imposta consecutivi (cd. società in perdita sistematica, su cui è poi intervenuto il D.Lgs. n. 175 del 2014). La riforma delle società di comodo, prevista dalla legge delega sulla riforma fiscale, non è stata attuata.

Il comma 115 individuava i destinatari di tale agevolazione, ovvero le società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni che abbiano assegnato o ceduto ai soci beni immobili o beni mobili registrati, non strumentali all’attività di impresa.

L’agevolazione riguarda anche le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30 settembre 2016 si sono trasformate in società semplici.

L’agevolazione si applicava alle seguenti condizioni:

§  le cessioni o assegnazioni devono essere avvenute entro lo scorso 30 settembre 2016;

§  tutti i soci cessionari o assegnatari dovevano risultare iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero dovevano essere iscritti entro il 31 gennaio 2016 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2016), in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015.

Il comma 116 individua in primo luogo la base imponibile cui applicare l’imposta sostitutiva, costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto.

L’imposta sostitutiva (che si applica in luogo delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP) ha un’aliquota dell’8 per cento. Essa è elevata al 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione.

L’aliquota è del 13 per cento sulle riserve in sospensione d’imposta, annullate per effetto dell'assegnazione dei beni ai soci, e quelle delle società che si trasformano.

Le riserve e i fondi in sospensione d’imposta sono poste patrimoniali costituite in occasione di particolari situazioni, in genere previste da norme speciali (ad esempio nel caso di rivalutazioni di beni d’impresa), che ne rinviano l’imposizione ad un momento successivo, generalmente coincidente con la distribuzione di detti fondi e riserve o con il verificarsi di uno dei presupposti che comportano il venir meno del regime di sospensione.

Il comma 117 chiarisce i criteri di determinazione del valore normale, necessario per la determinazione della base imponibile.

Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dalle norme in tema di imposta di registro.

Si tratta in particolare dei moltiplicatori contemplati dall’articolo 52, quarto comma, primo periodo del testo unico sull’imposta di registro, D.P.R. n. 131 del 1986, ossia 75 per i terreni e 100 per i fabbricati.

Nel caso di cessione, il corrispettivo della stessa, ove inferiore al valore normale del bene - determinato ai sensi delle regole generali del TUIR o, in alternativa, con l’applicazione dei moltiplicatori - è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori (valore normale o valore catastale).

Nel silenzio delle norme in esame, il valore normale per i beni mobili iscritti in pubblici registri sembra doversi individuare in base alle ordinarie disposizioni dell’articolo 9 TUIR (cfr. anche la citata circolare n. 112/E del 1999).

Il valore normale è il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per quanto riguarda il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate, il comma 118 prescrive che esso sia aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.

Nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni sul trattamento fiscale degli utili di cui al comma 1, secondo periodo e dal 5 all'8 del menzionato articolo 47, relativi alla presunzione di distribuzione degli utili di esercizio, nonché in tema di distribuzione di beni ai soci e trattamento fiscale di dette assegnazioni.

Si chiarisce inoltre che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.

Per quanto concerne il costo fiscalmente riconosciuto del bene assegnato, la citata circolare n. 112/E del 1999 rimandava, relativamente ai beni plusvalenti, ai criteri previsti dall'art. 76, comma 1, lettera b), del Tuir (ora articolo 110), norma secondo cui si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali; la circolare chiariva che tale costo andava computato al netto degli ammortamenti fiscalmente dedotti.

Per quanto invece riguarda i cd. “beni merce” (beni che in caso di cessione danno luogo a ricavi), ove non siano valutati dalla società in base al metodo del "costo specifico", il costo fiscalmente riconosciuto era determinato con criteri corrispondenti a quelli stabiliti per la determinazione del costo del venduto, facendo quindi riferimento ad una situazione di magazzino, relativa ai beni assegnati, redatta alla data di assegnazione.

Ai sensi del comma 119, per le assegnazioni e cessioni di beni agevolate, se soggette all’imposta di registro in misura proporzionale, le aliquote di tale imposta sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (200 euro).

Per quanto riguarda il versamento dell’imposta sostitutiva, essa doveva avvenire, ai sensi del comma 120, in due rate: la prima, che comportava il versamento del 60 per cento dell’imposta sostitutiva, entro il 30 novembre 2016 e la seconda entro il 16 giugno 2017, secondo le norme generali sui versamenti (di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Per quanto riguarda la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

 

Il comma 566 prevede la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva anche alle esclusioni dal patrimonio dell'impresa dei beni posseduti alla data del 31 ottobre 2016, purché tali esclusioni siano poste in essere dal 1° gennaio 2017 al 31 maggio 2017.

 

Il comma 121 della legge di stabilità 2016 dispone l’applicazione - opzionale - per gli imprenditori individuali di un’imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell’8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento dell’imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

Più in dettaglio, l'imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possedeva beni immobili strumentali poteva, entro il 31 maggio 2016, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016.

L’esclusione implicava il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto.

A tale disposizione si si applicavano, in quanto compatibili, le disposizioni dei dianzi illustrati commi 115 a 120 che hanno introdotto le agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società - ivi incluse le cd. società non operative - di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci; a queste operazioni si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP ed è ridotta l’imposta di registro. Analoghe agevolazioni era previste per le relative trasformazioni societarie.

 

Per quanto attiene ai versamenti rateali dell'imposta sostitutiva di cui al dianzi citato comma 121 della legge di stabilità 2016, questi sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2017 e il 16 giugno 2018. Per i soggetti che si avvalgono della presente disposizione gli effetti della estromissione decorrono dal 1° gennaio 2017.

 


Articolo 1, comma 567
(IVA sulle variazioni dell’imponibile o dell’imposta)

 

 

Il comma 567 ripristina la regola secondo cui l’emissione di una nota di credito IVA, nonché l’esercizio del relativo diritto alla detrazione dell’imposta corrispondente alle variazioni in diminuzione, possono essere effettuati, nel caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali, solo una volta che dette procedure si siano concluse infruttuosamente. A tal fine è modificato l’articolo 26 del D.P.R. n. 633 del 1972 (decreto IVA).

 

Il comma interviene sulla disciplina delle variazioni dell’imponibile IVA o dell’imposta stessa, al fine di ripristinare la regola secondo cui l’emissione di nota di credito IVA e, dunque, la possibilità di portare in detrazione l’IVA corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali, può avvenire solo una volta che dette procedure si sono concluse infruttuosamente.

 

Si rammenta che la disciplina relativa alle note di credito IVA, contenuta nell’articolo 26 del D.P.R. n. 633 del 1972, è stata da ultimo modificata dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 126 e 127 della legge n. 208 del 2015), allo scopo di anticipare al momento di apertura di una procedura concorsuale la possibilità di emettere una nota di credito e, dunque, portare in detrazione l’IVA corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali, anziché doverne attendere l’infruttuosa conclusione, in luogo di dover attendere l’infruttuoso esito delle medesime procedure per l’esercizio del relativo diritto.

Le norme introdotte dovrebbero trovare applicazione ai casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016 (in particolare, l’anticipo della detrazione alla data della procedura concorsuale e quelle relative alla disapplicazione dell’obbligo di registrare la variazione per la controparte contrattuale, nel caso di procedure concorsuali).

 

Per effetto delle modifiche operate dalle norme in esame (lettera a)) viene modificato il comma 2 dell’articolo 26 del citato D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di chiarire che l’emissione della nota di credito e dunque dell’esercizio del diritto alla detrazione è condizionato all’infruttuosità delle procedure concorsuali, da cui deriva la variazione in diminuzione dell’imponibile.

Più in dettaglio, il vigente comma 2 dell’articolo 26 consente al cedente del bene o al prestatore del servizio di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione dell’imponibile, se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura viene meno - in tutto o in parte -  o se ne riduce l’ammontare imponibile successivamente alla registrazione, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, ovvero in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente.

Con le modifiche in commento, si chiarisce che il diritto alla detrazione dell’imposta per variazione dell’imponibile trova applicazione anche nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, a causa di:

§  procedure concorsuali o esecutive individuali rimaste infruttuose;

§  accordo di ristrutturazione dei debiti, omologato con decreto ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, legge fallimentare;

§  piano di risanamento e di riequilibrio, pubblicato nel registro delle imprese e attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare.

 

Il comma 1, lettera b) elimina dal comma 8 dell’articolo 26 del citato D.P.R. n. 633 del 1972 il riferimento al comma 4, in conseguenza dell’abrogazione di quest’ultimo con la lettera d) (per cui si veda infra).

Analoga finalità di coordinamento è perseguita dalla successiva lettera c) del comma 1, che elimina dal comma 12 dell’articolo 26 il riferimento al comma 4.

 

Il comma 1, lettera d) abroga le seguenti disposizioni:

§  comma 4 dell’articolo 26, che fissa il momento in cui è consentita l’emissione di note di accredito IVA all’assoggettamento a una procedura concorsuale, ovvero al decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti, ovvero alla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano di risanamento e di riequilibrio e, per le procedure individuali, all’eventuale infruttuoso svolgimento;

§  comma 6 dell’articolo 26, che consente di applicare la disciplina delle variazioni IVA in aumento, se - dopo gli eventi che possono comportare la variazione in diminuzione (procedure concorsuali, accordo di ristrutturazione, piano di risanamento o procedure esecutive individuali infruttuose) - il corrispettivo è totalmente o parzialmente pagato. In tal caso, il diritto di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione in aumento si trasferisce sul cessionario o committente che abbia assolto all’obbligo di variazione;

§  comma 11 dell’articolo 26, ai sensi del quale il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, ovvero del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, coerentemente alla ratio delle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016;

§  il secondo periodo del comma 5 dell’articolo 26, che esonera il cessionario o il committente dall’obbligo di registrare la variazione nel caso di procedure concorsuali, accordi di ristrutturazione o piani di risanamento.

 


Articolo 1, commi 568-575
(Autorizzazione al cambio di tecnologia dei diritti d’uso
delle frequenze in banda 900 e 1800 Mhz)

 

 

L’articolo 1, commi 568-575, prevede il rinnovo dei diritti d’uso delle frequenze della telefonia mobile GSM (banda 900 Mhz) e UMTS (1800 Mhz) in scadenza, con l’autorizzazione al cambio di tecnologia e il rinnovo fino al 2029 con pagamento in un’unica soluzione, entro il 30 settembre 2017, dei contributi per il loro utilizzo, maggiorati del 30 per cento.

 

La norma in commento prevede che i diritti d’uso delle frequenze assegnate alla telefonia mobile GSM in banda 900 Mhz (cioè lo standard internazionale aperto di telefonia cellulare detto “2G”) e a quelle UMTS in banda 1800 Mhz (la telefonia cellulare 3G, evoluzione del GSM), che sono in scadenza al 30 giugno 2018, possano, su domanda dei titolari, essere oggetto di revisione delle condizioni tecniche, nonché diproroga” con decorrenza dal 1° luglio 2017, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica (comma 568).

La finalità dichiarata dalla norma è di favorire lo sviluppo dei servizi e delle tecnologie di tipo a larga banda e di garantire una maggiore efficienza nell’uso dello spettro radio. Si ricorda che la tecnologia 4G o LTE può funzionare su diverse bande di frequenza: quella 800 Mhz, in precedenza occupata dai canali televisivi e liberata con il passaggio al digitale terrestre, la banda 900 Mhz attualmente occupata dal GSM, la banda 1800 Mhz attualmente occupata dall’UMTS e la banda 2600 Mhz. Nella Relazione illustrativa si cita inoltre espressamente l’interesse a livello politico europeo per il passaggio alla tecnologia 5G entro il 2020 o prima. Il “refarming"  consiste nella riassegnazione di bande di frequenza dello spettro radio a tecnologie diverse e può realizzarsi attraverso la liberazione dei canali attualmente utilizzati in tecnologia GSM per fare posto alle tecnologie di generazione successiva. In Italia le frequenze utilizzate attualmente per le connettività 4G-LTE sono le seguenti: 800MHz(B20), 1800MHz(B3) e 2600MHz(B7), quest’ultima utilizzata principalmente nelle aree urbane. Per approfondimenti si veda sub il box relativo al Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze (PNRF).

 

Il comma 569, prevede in particolare che i titolari dei diritti d’uso di tali frequenze (attualmente di Telecom, Vodafone, Wind-Tre) possano richiedere l’autorizzazione al cambio della tecnologia sull’intera banda ad essi attribuita, con decorrenza 1° luglio 2017 e contestualmente, richiedere la proroga, sostanzialmente un rinnovo, fino al 31 dicembre 2029, alle nuove condizioni tecniche, della durata dei relativi diritti d’uso.

Si ricorda che la gara per l’assegnazione delle frequenze UMTS si è svolta ad ottobre 2000 a seguito della deliberazione del Comitato dei Ministri del 25 luglio 2000, che ha approvato il Disciplinare di gara. La gara si è conclusa il 27 ottobre 2000 con l’aggiudicazione delle licenze UMTS a TIM, Omnitel, Wind, Ipse e Andala, ad un prezzo oscillante tra il valore minimo di 4.680 miliardi di lire e quello massimo di 4.740 miliardi di lire. Il rilascio delle cinque licenze è stato deliberato dall’AGCOM in data 10 gennaio 2001. Il bando prevedeva l'assegnazione a ciascuno dei vincitori, con decorrenza 1° gennaio 2002 (per la durata di 15 anni), di 2x10 Mhz dello spettro simmetrico e 5 Mhz dello spettro asimmetrico. Con Delibera n. 1/01/CONS, l’AGCOM ha formalmente adottato il provvedimento di assegnazione delle frequenze nominali, stabilendo le porzioni di spettro per ciascun aggiudicatario e il relativo ordine di assegnazione secondo questa sequenza per lo spettro simmetrico: Ipse, TIM, Wind, Andala e Omnitel.

Con Delibera n. 233/14/CONS l’AGCOM ha poi indetto nel 2014 una consultazione pubblica sulla richiesta di prolungamento dal 2015 al 2018 della durata dei diritti d'uso GSM in banda 900 e 1800 MHz degli operatori Telecom Italia S.p.A. e Vodafone Omnitel NV. A conclusione del procedimento, l’AGCOM ha dato al MISE parere favorevole sul prolungamento al 30 giugno 2018 di tali diritti.

 

Circa le modalità per la richiesta ed i relativi costi per l’utilizzo delle frequenze, si prevede la presentazione di un’unica istanza entro il 15 febbraio 2017, ai sensi dell’articolo 25, comma 6, del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259/2003), corredata da un dettagliato piano tecnico finanziario. Si prevede inoltre (comma 570) il pagamento anticipato ed in un’unica soluzione dei contributi per i diritti d’uso delle frequenze, di cui all’articolo 35 del medesimo decreto legislativo, da effettuarsi entro e non oltre il 30 settembre 2017.

 

La misura dei contributi, rapportati alla quantità di banda e alla durata, è data dal canone di affitto delle frequenze, fissato dalle delibere 541/08/CONS e 282/11/CONS dell’AGCOM, ma maggiorato del 30 per cento e sarà attualizzato al tasso di rendimento del BTP decennale registrato alla data dell’ultima asta dei BTP antecedente alla data di presentazione dell’istanza (comma 571).

Con la delibera n. 541/08/CONS del 17 settembre 2008, l’AGCOM ha dettato le “Procedure e regole per l’assegnazione e l’utilizzo delle bande di frequenze a 900 e a 2100 MHz da parte dei sistemi di comunicazione elettronica” A seguito di questa delibera è anche stato liberato dalle utilizzazioni GSM il blocco di frequenze da 2x5 MHz : 1750-1755/1845-1850 MHz. Con la successiva delibera 282/11 l’AGCOM ha dettato le procedure e regole per l'assegnazione e l'utilizzo delle frequenze disponibili in banda 800, 1800, 2000 e 2600 MHz per sistemi terrestri di comunicazione elettronica e sulle ulteriori norme per favorire una effettiva concorrenza nell'uso delle altre frequenze mobili a 900, 1800 e 2100 MHz, che ha visto tra l’altro lo sblocco di ulteriori porzioni di banda, rendendo così complessivamente disponibili per un piano di assegnazione 5 blocchi accoppiati ciascuno da 2x5 MHz, corrispondenti alle porzioni 1.715-1.735/1.810-1.830 MHz e 1750-1755/1845-1850 MHz.

Si ricorda che l'AGCOM ha il compito di disciplinare l'accesso alle risorse scarse, mediante la definizione delle modalità per limitare l'accesso alle frequenze, dell'appropriata procedura di gara e delle correlate condizioni pro competitive. Tale attività viene normalmente svolta dopo una consultazione pubblica. L'effettuazione della procedura ed il rilascio dei titoli autorizzatori (diritti d'uso delle frequenze) spetta invece al MISE.

 

Il MISE provvederà quindi, nel caso di accoglimento dell’istanza, a rilasciare i nuovi diritti d’uso con decorrenza dal 1° luglio 2017 e scadenza al 31 dicembre 2029 con recupero degli eventuali importi già versati e dovuti per il primo semestre del 2017 (comma 572). Fino al 30 giugno 2018 i gestori radiomobili autorizzati al cambio della tecnologia saranno comunque tenuti al rispetto degli obblighi di cui alla rispettive licenze GSM ed in considerazione di tale onere i contributi di cui al comma 3 sono decurtati di un importo pari al 30 per cento in misura proporzionale alla percentuale di banda utilizzata sul territorio nazionale con tecnologia GSM fino a tale data (comma 573).

Si prevede invece lo svolgimento di una gara pubblica entro il 30 giugno 2017 per i diritti d'uso delle frequenze per i quali il Ministero non riceva istanze o per le quali non vengano concesse proroghe (comma 574). Per questi si prevede l’assegnazione entro il 31 ottobre 2017, secondo i criteri che saranno definiti entro il 31 marzo 2017 dall’AGCOM, con importo minimo di base d'asta, pari ad almeno il valore dei contributi previsto al comma 3, ulteriormente maggiorato del 10 %.

 

Il comma 575 quantifica i maggiori introiti previsti per il 2017 da tali norme, in 2.010 milioni di euro.

Per garantire la realizzazione integrale di tali introiti, si prevede che per i diritti d’uso delle frequenze per le quali il MISE non riceva istanze o non conceda proroghe, il MEF provveda entro il 15 aprile 2017 ad accantonare e rendere indisponibili le corrispondenti somme, con le modalità di cui all'articolo 17, comma 12-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Analogamente, qualora, a seguito degli esiti della gara, comunicati tempestivamente dal Ministero dello sviluppo economico, gli introiti non dovessero realizzarsi in tutto o in parte, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze si provvederà alla riduzione degli stanziamenti accantonati in misura corrispondente per assicurare la copertura delle minori entrate accertate per il 2017. Nel caso la riduzione degli stanziamenti possa recare pregiudizio alla funzionalità e all’operatività delle amministrazioni interessate il Ministro dell'economia e delle finanze provvederà, ai sensi dell’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assumendo tempestivamente le conseguenti iniziative legislative.

Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause dello scostamento e all'adozione delle misure previste dal comma 575.

 

 

 

 

Il Ministero dello Sviluppo Economico, che ha il compito della gestione del Piano nazionale di ripartizione delle frequenze, con cui le bande di frequenza sono attribuite ai vari servizi e destinate alle diverse utilizzazioni, ha approvato con DM 27 maggio 2015 il nuovo Piano Nazionale di Ripartizione delle Frequenze (PNRF), che regola l'utilizzo dello spettro radioelettrico in Italia per tutte le bande di frequenze comprese tra 0 e 3000 GHz (in Tabella 1 sono sintetizzati i principali utilizzi). Il Piano contiene:

§  l'attribuzione delle bande di frequenze ai diversi servizi;

§  l'indicazione, per ciascun servizio e nell'ambito delle singole bande, dell'autorità governativa preposta alla gestione delle frequenze, nonché le principali utilizzazioni civili;

§  la verifica dell'efficiente utilizzazione dello spettro, al fine di liberare risorse per il settore televisivo e di gestire gli eventuali contenziosi con i Paesi frontalieri.

Il PNRF recepisce nella legislazione nazionale il Regolamento delle radiocomunicazioni dell'UIT (organismo dell'ONU), come previsto anche dal testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177), che costituisce un Trattato internazionale vincolante per i Paesi membri, nonché gli atti finali delle "Conferenze mondiali delle radiocomunicazioni" (WRC), in particolare quella tenutasi a Ginevra nel 2012 (WRC12). Vengono inoltre recepiti i provvedimenti obbligatori approvati dalla Unione Europea e (su base volontaria) quelli della CEPT (Conferenza Europea delle Poste e Telecomunicazioni).

Le reti di seconda generazione (2G) sono nate nel 1991 come un insieme di standard che regolavano la telefonia mobile, senza particolare attenzione alla trasmissione dati. La terza generazione (3G) si è concentrata su videochiamate e Internet e TV in mobilità. Le reti  4G sono progettate per migliorare aspetti come la telefonia via IP (VoIP), le videoconferenze e il cloud computing, oltre che i video in streaming e il gioco online. La quarta generazione di tecnologia mobile (detta anche LTE) è in fase di implementazione dal 2010, mentre si sta già lavorando per definire la nuova tecnologia 5G, destinata ad integrare il 4G, ma senza sostituirlo, a partire dal 2020 e che dovrebbe consentire l’ulteriore sviluppo delle velocità e dei servizi di connessione nella prospettiva anche dell’Internet of Things (IoT).

La connettività senza fili richiede l’accesso allo spettro nelle bande al di sotto di 1 GHz, in quanto consentono di assicurare allo stesso tempo copertura ampia e velocità elevate. Nel novembre 2015 si è tenuta la Conferenza mondiale WR15, che ha portato a termine i negoziati internazionali per l’uso della “banda dei 700 MHz”, che comprende le frequenze da 694 a 790 MHz, stabilendo che dovrebbe essere assegnata alla banda larga senza fili (broadband mobile), anziché al digitale terrestre. Intorno al 2020-2021 gli operatori italiani potrebbero essere chiamati ad una nuova gara, già svoltasi in Francia ed in Germania, per l’assegnazione delle frequenze a 700 Mhz per consentire il passaggio alla nuova tecnologia 5G.

 

 

 

 

 

Tabella 5 – PNRF - quadro sintetico di alcuni utilizzi del servizio mobile e della radiodiffusione.

 

Banda di frequenze (MHz)*

Servizio

Utilizzo

87,5-108

Radiodiffusione

Radiodiffusione sonora in FM

470-608

Radiodiffusione

Radiodiffusione televisiva
Collegamenti audio a larga banda temporanei-

608-614

Radiodiffusione e Radioastronomia

Radiodiffusione televisiva
Collegamenti audio a larga banda temporanei

614-790

Radiodiffusione

Radiodiffusione televisiva
Collegamenti audio a larga banda temporanei

790-862 (“banda 800 Mhz”)

Mobile

Servizi di comunicazioni elettroniche terrestri (telefoni cellulari); IMT (Sistema di telecomunicazioni mobili internazionale)

876-915;
921-960;

1715-1785
1810-1880

Mobile

Telefonia cellulare GSM (Europa)

1980-2010

Mobile

Telefonia Mobile via satellite Mss 2Ghz

2510-2600

2630-2690

Mobile

Servizi di comunicazioni elettroniche terrestri (telefoni cellulari); IMT

3.500-3.800

Fisso
Fisso via satellite
Mobile

Reti fisse numeriche -Servizi di comunicazioni elettroniche terrestri a banda larga e ultralarga (c.d. Banda C x Fixed Wireless Access e LTE)- MFCN (Reti di comunicazioni fisso/mobile); ESV (Stazioni terrene installate a bordo di imbarcazioni)

 


Articolo 1, Commi 576-577
(Gara Superenalotto)

 

 

I commi 576 e 577 recano disposizioni per la procedura a evidenza pubblica per concedere la gestione dei giochi numerici a totalizzatore (SuperEnalotto e Superstar, SiVinceTutto SuperEnalotto, Vinci per la Vita-Win for Life e Eurojackpot)

 

Nel mese di giugno 2018 verrà a scadenza la concessione per la gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale, e giochi complementari e opzionali, attribuita a decorrere dal 29 giugno 2009 alla Società Sisal Spa, sulla base di quanto previsto dall'art. 1, commi 90 e 91, della legge n. 296/2006. Considerata la scadenza della concessione, le relative procedure di gara dovranno essere espletate nel corso dell'anno 2017.

La concessione in essere comprende le seguenti tipologie di gioco: SuperEnalotto e il gioco accessorio Superstar; SiVinceTutto SuperEnalotto; Vinci per la Vita-Win for Life; Eurojackpot.

 

Il comma 576 reca le disposizioni per la procedura ad evidenza pubblica relativa ai giochi numerici a totalizzatore aggiudicata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, sulla falsariga di quella relativa alla concessione in scadenza, disciplinata dalla legge finanziaria per il 2007. Viene stabilito che la gestione delle predette attività sia affidata a uno o più soggetti con pregresse esperienze nella gestione o raccolta di gioco ovvero in possesso di capacità tecnico-infrastrutturali non inferiore a quella richiesta dal capitolato tecnico, con sede legale in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, muniti di idonei requisiti di affidabilità tecnica ed economica, scelti mediante procedura di selezione aperta, competitiva e non discriminatoria.

Si stabilisce che la procedura in parola sia indetta alle seguenti condizioni essenziali:

a.     durata della concessione di nove anni, non rinnovabile;

b.     selezione basata sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e, quanto alla componente prezzo, base d'asta, per le offerte al rialzo, di 100 milioni di euro;

c.     versamento del prezzo indicato nell'offerta del concorrente risultato primo in graduatoria, nella misura del 50% all'atto dell'aggiudicazione e della quota residua all'atto dell'effettiva assunzione del servizio del gioco da parte dell'aggiudicatario;

d.     aggio per il concessionario pari al 5% della raccolta con offerta al ribasso;

e.     espressa previsione, negli atti di gara, di tutte le pratiche o rapporti negoziali oggetto della concessione (ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 sulla trasparenza nelle procedure di affidamento);

f.      facoltà per il concessionario aggiudicatario, di utilizzare la rete di telecomunicazioni per prestazioni, dirette o indirette, di servizi diversi dalla raccolta del gioco, previa autorizzazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in ragione della loro compatibilità con la raccolta stessa;

g.     obbligo di aggiornamento tecnologico del sistema della rete e dei terminali di gioco secondo standard qualitativi che garantiscano la massima sicurezza ed affidabilità, secondo il piano d'investimento, che costituisce parte dell'offerta tecnica;

h.     obbligo per il concessionario di versamento annuale all'erario delle somme comunque eventualmente non investite secondo il piano d’investimento e delle somme addebitate in violazione delle previsioni dei bandi di gara.

 

Il comma 577 prevede che al fine di rendere effettiva l'assunzione del servizio del gioco da parte dell'aggiudicatario, con riferimento alla devoluzione della rete allo Stato (prevista dall'articolo 1, comma 90, lettera e), della legge 27 dicembre 2006, n, 296), l'Agenzia delle dogane e dei monopoli può disporre il passaggio diretto dei diritti d'uso della rete tra il concessionario uscente e l'aggiudicatario, fermo restando che il diritto d'uso avrà termine alla scadenza della nuova concessione.

La citata lettera e) prevede che le modalità di affidamento in concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale debba avvenire in modo che sia rispettata la coerenza della soluzione concessoria individuata con la finalità della progressiva costituzione della rete unitaria dei giochi pubblici, anche attraverso la devoluzione allo Stato, alla scadenza della concessione, di una rete di almeno 15.000 punti di vendita non coincidenti con quelli dei concessionari della raccolta del gioco del Lotto.

 


Articolo 1, commi 578-581
(Centri di servizio per il volontariato finanziati
dalle Fondazioni bancarie)

 

 

I commi 578-581, prevedono la concessione per il 2017 di un credito di imposta pari al 100 per cento delle risorse aggiuntive che le Fondazioni di origine bancaria vorranno volontariamente destinare a favore del sistema dei Centri di servizio per il volontariato, sino ad un massimo complessivo di 10 milioni di euro.

 

Il comma 578 riconosce alle fondazioni bancarie per l’anno 2017 un contributo, sotto forma di credito d’imposta pari al 100 per cento dei versamenti volontari effettuati, nell’ambito della propria attività istituzionale, in favore dei fondi speciali istituiti presso le Regioni per finanziare i centri di servizio a disposizione delle organizzazioni del volontariato.

Si ricorda che le fondazioni di origine bancaria, nate nell'ambito del processo di privatizzazione delle banche pubbliche (c.d. legge Amato, n. 218 del 1990), sono soggetti non profit, privati e autonomi, che perseguono scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico. Attualmente le fondazioni sono 88 e dispongono di ingenti patrimoni che devono investire in attività diversificate, prudenti e fruttifere; dagli utili derivanti dalla buona gestione di questi investimenti traggono le risorse per sostenere attività d'interesse collettivo sulla base della legge (D.Lgs. n. 153 del 1999) e del loro statuto. Tra i settori d’intervento in cui le fondazioni destinano il loro reddito si segnala il volontariato.

Il Ministero dell'economia e delle finanze (autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria) e l'ACRI (l’organizzazione associativa delle fondazioni bancarie) il 23 aprile 2015 hanno sottoscritto un Protocollo d'intesa che definisce in modo più analitico della legge i parametri di riferimento cui le fondazioni conformano i comportamenti, con l'obiettivo di migliorare le pratiche operative e rendere più solida la governance. Tra i principi contenuti nel protocollo vi è la diversificazione degli investimenti, un divieto generale di indebitamento, un limite di quattro anni, rinnovabile una sola volta, per gli organi di amministrazione e controllo. E’ garantita la trasparenza mediante pubblicazione sui rispettivi siti web di bilanci, informazioni sugli appalti, bandi per le erogazioni, procedure attraverso le quali si possono avanzare richieste di sostegno finanziario e  criteri di selezione delle iniziative.

L’istituzione dei Centri di servizio per il volontariato, prevista dall’art. 15 della legge-quadro sul volontariato (L. n. 266/1991) con le modalità attuative stabilite dal D.M. 8 ottobre 1997, dispone l’obbligo, in capo alle fondazioni bancarie, di prevedere nei propri statuti la destinazione di una quota dei propri proventi alla costituzione di fondi speciali presso le regioni, diretti ad istituire, attraverso gli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, allo scopo di qualificarne l’attività.

In particolare, i compiti dei Centri di servizio sono indicati dall’art. 4 del D.M. 8 ottobre 1997, tra i quali si segnalano: attività di consulenza ed assistenza qualificata a favore delle organizzazioni di volontariato iscritte e non iscritte nei registri regionali, promozione di iniziative di formazione e informazione sull’attività di volontariato locale e nazionale.

Si segnala che la legge di riforma del terzo settore (L. 106/2016) prevede una delega al Governo per la revisione sia del sistema dei centri di servizio per il volontariato (art. 5, co. 1, lett. e)), sia per la programmazione e il controllo delle attività e della gestione dei medesimi centri (art. 5, co. 1, lett. f)).

 

Il comma 579 dispone un limite complessivo di 10 milioni al contributo.

Si demanda all’ACRI (l’organizzazione associativa delle fondazioni bancarie) di raccogliere gli impegni di ciascuna fondazione a versare il contributo. Al fine di consentire la fruizione del credito d’imposta, l’ACRI trasmette all’Agenzia delle entrate l’elenco delle fondazioni finanziatrici per le quali sia stata riscontrata la corretta delibera d’impegno in ordine cronologico di presentazione. Il riconoscimento del credito d’imposta viene comunicato ad ogni fondazione finanziatrice e per conoscenza all'ACRI, dall’Agenzia delle entrate.

Il comma 580 prevede che il credito d’imposta può essere utilizzato esclusivamente in compensazione a decorrere dal periodo d'imposta nel quale lo stesso è stato riconosciuto (articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997). Le fondazioni bancarie possono cedere il credito d'imposta a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, nel rispetto della disciplina civilistica (articoli 1260 e seguenti del c.c.) e previa adeguata dimostrazione dell'effettività del diritto al credito medesimo,. La cessione del credito d'imposta è esente dall'imposta di registro. Al credito d'imposta non si applicano né il limite annuale di 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti di imposta (articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244), né il limite massimo di compensabilità di crediti di imposta e contributi pari a 700.000 euro (articolo 34, della legge 23 dicembre 2000, n. 388).

Il comma 581 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di definire le disposizioni applicative necessarie, ivi comprese le procedure per la concessione del contributo nel rispetto del limite di spesa stabilito.


Articolo 1, comma 582
(Partecipazione italiana a iniziative internazionali)

 

 

L’articolo 1, comma 582, reca l’autorizzazione di spesa triennale per la partecipazione italiana a centri di ricerca europei ed internazionali e ad altre iniziative internazionali.

 

Il comma 582 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per gli anni 2017 e 2018 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 per la partecipazione a centri di ricerca europei e internazionali e ad altre iniziative internazionali.

L’Italia partecipa a programmi di ricerca promossi da organismi europei ed internazionali quali, tra gli altri OCSE, UNESCO, NATO, CERN, IAEA; l’Italia partecipa inoltre alle iniziative di ricerca promosse dall’UE ed in particolare dalla Commissione europea come Orizzonte 2020, nonché ad ulteriori iniziative internazionali promosse, anche a livello informale, dalle istituzioni dell’UE, e dalle banche e dai fondi di sviluppo internazionali, (tra cui a titolo di esempio, si possono citare l’Eurogruppo, G7/G8, G20, ASEM, Financial stability forum, Club di Parigi).

 

 

 


Articolo 1, comma 583
(Risorse per le fondazioni lirico-sinfoniche)

 

 

Il comma 583 - inserito durante l’esame alla Camera - autorizza in favore delle fondazioni lirico-sinfoniche la spesa di € 10 mln per ciascuno degli anni 2017 e 2018, e di € 15 mln a decorrere dal 2019.

 

In particolare, l’autorizzazione di spesa è finalizzata a ridurre il debito fiscale delle fondazioni lirico-sinfoniche[192] e a favorire le erogazioni liberali a loro favore che danno diritto al credito di imposta (c.d. Art-bonus: art. 1, D.L. 83/2014 – L.106/2014).

Le regole tecniche di ripartizione delle risorse devono essere definite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, prioritariamente erogando a ciascuna fondazione una quota pari o proporzionale all’ammontare dei contributi provenienti, per la stessa fondazione, da soggetti privati, regioni ed enti locali[193].

 

Si intenderebbe che tale autorizzazione di spesa si aggiunga alle risorse destinate alle fondazioni lirico-sinfoniche a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

Al riguardo, si ricorda, infatti, che, l'art. 11, co. 20, 20-bis e 21, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha dettato nuovi criteri per l'attribuzione del FUS alle fondazioni lirico-sinfoniche. In particolare, – confermando che la quota del FUS destinata alle fondazioni è determinata annualmente con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Consulta per lo spettacolo, ed è attribuita ad ogni fondazione con decreto del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la commissione consultiva per la musica – ha modificato i criteri di erogazione dei contributi previsti dal DM 29 ottobre 2007, disponendo che:

§  il 50% della quota è ripartito in considerazione dei costi di produzione derivanti dalle attività realizzate da ogni fondazione nell'anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione, sulla base di indicatori di rilevazione della produzione;

§  il 25% della quota è ripartito in considerazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse;

§  il 25% della quota è ripartito in considerazione della qualità artistica dei programmi[194].

Ha, altresì, previsto l'intervento di un decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la commissione consultiva per la musica, per la determinazione degli indicatori di rilevazione della produzione, dei parametri per la rilevazione del miglioramento dei risultati della gestione e di quelli per la rilevazione della qualità artistica dei programmi, nonché del procedimento per l'erogazione dei contributi.

Su tale base, è intervenuto il DM 3 febbraio 2014, che ha definito i criteri generali e le percentuali della quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche.

 

Lo stesso art. 11, co. 1-14, del D.L. 91/2013 ha introdotto disposizioni per il risanamento delle fondazioni che versavano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale[195]. In particolare, ha previsto la presentazione, da parte delle stesse, di un piano di risanamento che assicurasse gli equilibri strutturali del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale, che economico finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari, e la possibilità di concedere loro finanziamenti, a valere su un Fondo di rotazione appositamente istituito, con una dotazione di € 75 mln per il 2014, nonché anticipazioni in favore delle fondazioni che versavano in una situazione di carenza di liquidità tale da pregiudicarne anche la gestione ordinaria (fino a € 25 mln).

In seguito, l'art. 1, co. 355-357, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha prorogato (dal 2016) al 2018 il termine per il raggiungimento dell'equilibrio strutturale di bilancio per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento. Le stesse dovevano predisporre - entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge - un'integrazione del piano, relativa al periodo 2016-2018, pena la sospensione dei contributi a valere sul FUS.

Inoltre, ha esteso a tutte le fondazioni la possibilità di accedere al Fondo di rotazione. Le fondazioni interessate "potevano" presentare – entro il 30 giugno 2016 – un piano triennale per il periodo 2016-2018. A tal fine, la dotazione del Fondo (inizialmente pari a € 75 mln per il 2014, e successivamente incrementata per il 2014 di € 50 mln dall’art. 5, co. 6, del D.L. 83/2014-L. 106/2014) è stata incrementata di € 10 mln per il 2016.

Da ultimo, l'art. 24 del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) ha introdotto elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che hanno avuto la possibilità di presentare un piano di risanamento, sostituendo il riferimento al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario.

Inoltre, ha chiarito che l’accesso alla transazione fiscale nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche è consentito anche se tali fondazioni non hanno presentato lo specifico piano di risanamento che introduce il concordato preventivo, di cui all'art. 160 della legge fallimentare (R.D. 267/1942), purché, però, abbiano presentato il piano di risanamento previsto dal D.L. 91/2013.

Infine, ha previsto la revisione, con uno o più regolamenti di delegificazione, da adottare entro il 30 giugno 2017, dell’assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche, al fine di garantire il consolidamento e la stabilizzazione del risanamento economico-finanziario e prevenire il verificarsi di ulteriori condizioni di crisi. In particolare, ha previsto che le attuali fondazioni possano essere inquadrate, alternativamente – dopo il 31 dicembre 2018 –, come “fondazione lirico-sinfonica” o “teatro lirico-sinfonico”, e che da ciò conseguono diverse modalità organizzative, di gestione e di funzionamento.

 


Articolo 1, comma 584
(Spese della società ALES S.p.A.)

 

 

Il comma 584 – inserito durante l’esame alla Camera – dispone che alla società Arte lavoro e servizi S.p.a. (ALES) non si applicano le norme di contenimento delle spese previste per i soggetti inclusi nell’elenco delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato predisposto dall’ISTAT[196].

 

A.L.E.S. S.p.A Arte Lavoro e Servizi S.p.A. è stata costituita, come evidenzia l’art. 1 dello statuto, ai sensi dell'art. 10, co. 1, lett. a), 2 e 3, del D.lgs. 468/1997 e dell'art. 20, co. 3 e 4, della L. 196/1997 ed è sottoposta alla vigilanza esclusiva del MIBACT, che esercita i diritti dell’azionista[197] in conformità al modello comunitario di in house providing.

La Società svolge, anzitutto, attività e realizza iniziative, prevalentemente per il Mibact e secondo le direttive e gli indirizzi vincolanti forniti dallo stesso, volte alla gestione, valorizzazione e tutela dei beni culturali in ambito nazionale e internazionale. Fra l’altro, si occupa: della gestione di musei, aree archeologiche e monumentali, biblioteche, archivi, compresa la conduzione dei servizi al pubblico, la guardiania, le visite guidate, la biglietteria, il bookshop, la gestione di centri di ristoro; dell'esercizio di attività di merchandising; della gestione del marchio e dei diritti d'immagini, nonché del supporto tecnico/operativo per le attività di prestiti, a titolo oneroso, di opere di competenza del Mibact; dell’esercizio di attività di pubblicità e promozione; di servizi di manutenzione di edifici storici, di manutenzione e ripristino del verde nei parchi archeologici e nei giardini storici, di riqualificazione paesaggistica, di gestione, revisione e manutenzione della segnaletica interna ed esterna ai luoghi della cultura; di servizi di supporto all'organizzazione delle attività di formazione del personale interno al MiBACT, prioritariamente nei settori della fruizione e della valorizzazione del patrimonio culturale.

Inoltre, con riferimento alle attività in precedenza svolte dalla Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo - ARCUS S.p.A.ai sensi dell'art. 10 della L. 352/1997[198] - volte a promuovere e fornire sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo a progetti e altre iniziative di investimento per la realizzazione di interventi di restauro e recupero di beni culturali e ad altri interventi a favore delle attività culturali e dello spettacolo - si occupa, fra l’altro, della promozione e gestione di specifiche attività di crowdfunding e fundraising, incluse quelle relative all’Art Bonus (art. 1 D.L. 83/2014 –L. 106/2014) e del monitoraggio dell'uso e della destinazione delle somme elargite.

 

Per quanto concerne le misure di contenimento delle spese attualmente gravanti sulle pubbliche amministrazioni, si ricorda che nel corso degli ultimi anni si sono stratificati numerosi interventi normativi volti sia al contenimento della spesa pubblica che ad una sua progressiva riqualificazione. Gli interventi più numerosi riguardano il contenimento della spesa per consumi intermedi delle PA, attuato sia incidendo sulle modalità di determinazione dei prezzi di acquisto, sia attraverso l’introduzione di limiti alla capacità di spesa annua delle Amministrazioni (riduzione della spesa per beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità, missioni e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ecc.). Ulteriori misure di contenimento sono state introdotte con riferimento alle spese per immobili (controllo delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, riduzione delle spese per i canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, ecc.), alle spese per organi collegiali ed altri organismi, nonché per i costi di personale.

Una disamina delle norme attualmente vigenti di contenimento della spesa pubblica è contenuto nell’Allegato 1 alla Circolare del 17 maggio 2016, n. 16, recante istruzioni ai fini di un puntuale adeguamento e per una corretta gestione del bilancio di previsione dell’esercizio finanziario 2016 degli enti ed organismi pubblici, per effetto delle misure aggiuntive di contenimento della spesa pubblica introdotte, in particolare, dalla L. 208/2015 (legge di stabilità 2016) e dal D.L. 210/2015 (L. 21/2016), di proroga termini. Nell’Allegato, le misure sono esposte, con riferimento alle singole norme di legge, in relazione a ciascun ambito applicativo di riferimento.

 


Articolo 1, commi 585-586
(
Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale)

 

 

I commi 585 e 586 autorizzano la spesa di 31 milioni di euro complessivi per il biennio 2017-2018 per il supporto alle attività del Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale. Inoltre, prevedono la possibilità di finanziare tali attività con ulteriori 9 milioni di euro a valere sui fondi strutturali 2014/2020.

 

Il comma 585 reca una autorizzazione di spesa in favore dell’attività svolte dal Commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale pari a 11 milioni di euro, per l’anno 2017, e a 20 milioni di euro, per il 2018. Tali risorse sono trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri con autonoma evidenza contabile.

 

Si ricorda, in proposito, che la Presidenza del Consiglio è dotata di autonomia contabile e di bilancio. Il bilancio preventivo è definito con D.P.C.M. (così come il rendiconto) nell’ambito degli stanziamenti annualmente disposti sullo stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze (D.Lgs.  303/1999, art. 8).

 

Inoltre, il comma 586 prevede che, in aggiunta a questo stanziamento, possono concorrere al finanziamento delle medesime iniziative del Commissario ulteriori risorse pari al massimo a 9 milioni di euro. A questo ulteriore stanziamento si fa fronte con le risorse dei relativi programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020.

Come specificato nella relazione tecnica, tali ulteriori risorse non comportano una modifica dei saldi di finanza pubblica, in quanto le relative spese sono già previste nei programmi dell’Unione europea a legislazione vigente.

 

L'articolo 63 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179 (con cui sono state apportate modifiche ad integrazioni al CAD, in attuazione della legge di riforma della P.A. n. 124/2015) ha previsto la possibilità, per il Presidente del Consiglio dei ministri, in sede di prima attuazione del medesimo decreto legislativo, di nominare, per un periodo non superiore a tre anni, con proprio decreto, un Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale.

Al Commissario sono attribuite, in primo luogo, funzioni di coordinamento operativo dei soggetti pubblici, anche in forma societaria operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione e rilevanti per l'attuazione degli obiettivi di cui all'Agenda digitale italiana, anche in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea. Inoltre, per la realizzazione delle azioni, iniziative ed opere essenziali, connesse e strumentali all'attuazione dell'Agenda digitale italiana, anche in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda digitale europea, al Commissario sono affidati poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui competono tali adempimenti, ivi inclusa l'Agenzia per l'Italia digitale, nonché un potere sostitutivo.

 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha quindi nominato, con D.P.C.M. 16 settembre 2016, il dott. Diego Piacentini Commissario straordinario del Governo per l'attuazione dell'Agenda digitale, L'incarico ha la durata di due anni a decorrere dalla data del DPCM.

Oltre a quelli richiamati, i compiti ed i poteri del Commissario straordinario sono, in sintesi, i seguenti:

§  emanare regole tecniche e linee guida, nonché sottoscrivere protocolli di intesa e convenzioni;

§  corrispondere e richiedere dati, documenti e informazioni strumentali all'esercizio della propria attività e dei propri poteri a tutte le amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, agli enti pubblici e alle società a partecipazione pubblica;

§  avvalersi della collaborazione delle società a partecipazione pubblica operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazioni;

§  disporre e coordinare, con proprio provvedimento, l'utilizzo delle risorse finanziarie, umane e strumentali già disponibili presso i soggetti competenti per la realizzazione dei progetti strategici individuati dal Presidente del Consiglio dei ministri;

§  rappresentare il Presidente del Consiglio dei ministri nelle sedi istituzionali internazionali nelle quali si discute di innovazione tecnologica, Agenda digitale europea e governance di Internet e partecipare, in ambito internazionale, agli incontri preparatori dei vertici istituzionali.

 

A supporto dell’attività del Commissario di Governo è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri una struttura denominata Team per la Trasformazione Digitale.

 

Si ricorda che l'Agenda Digitale Italiana costituisce l'insieme di azioni e norme per lo sviluppo delle tecnologie, dell'innovazione e dell'economia digitale.

Il citato D.Lgs. 179/2016, che ha istituito la figura del Commissario per l’agenda digitale, ha riformato complessivamente la governance in materia di digitalizzazione, modificando anche la disciplina dell’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), ora recata dal nuovo testo del Codice dell’amministrazione digitale (CAD) all’art. 14-bis.

 

Il nuovo art. 14-bis del CAD prevede, in primo luogo, che l'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) sia preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda Digitale Italiana, in coerenza con gli indirizzi dettati dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato, e con l'Agenda digitale europea. AgID, in particolare, promuove l'innovazione digitale nel Paese e l'utilizzo delle tecnologie digitali nell'organizzazione della pubblica amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le imprese, nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza e secondo criteri di efficienza, economicità ed efficacia. Essa presta la propria collaborazione alle istituzioni dell'Unione europea e svolge i compiti necessari per l'adempimento degli obblighi internazionali assunti dallo Stato nelle materie di competenza.

 

Per quanto riguarda il richiamo ai programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali 2014/2020, per le risorse aggiuntive fino a 9 milioni di euro, si ricorda che, a seguito della riforma intervenuta per il ciclo di programmazione 2014-2020, la politica di coesione si attua attraverso:

§  un Quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali e di investimento, detti Fondi SIE (Fondo europeo di sviluppo regionale; Fondo sociale europeo; Fondo di coesione; Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale; Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) che tradurrà gli obiettivi di Europa 2020 in priorità di investimento;

§  Accordi di partenariato, i quali, basandosi sul Quadro strategico comune, stabiliscono per ogni Stato Membro le priorità di investimento, l’allocazione delle risorse nazionali e dell’Unione Europea tra i settori e i programmi prioritari, e il coordinamento tra i fondi a livello nazionale;

§  Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR), che traducono i documenti strategici in concrete priorità d’investimento corredate da obiettivi chiari e misurabili.

 

 


Articolo 1, commi 587 e 588
(Cultura e lingua italiana all'estero)

 

 

L’articolo 1, commi 587 e 588, istituisce un fondo allocato sul bilancio del MAECI per il potenziamento della promozione della cultura e della lingua italiana all’estero.

 

Il comma 587 prevede l’istituzione di un fondo ad hoc per la promozione della cultura e della lingua italiana all’estero, allocato nello stato di previsione del MAECI, con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro per l’anno 2017, di 30 milioni di euro per l’anno 2018 e di 50 milioni per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

 

Il comma 588 prevede che, con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, siano individuati gli interventi da finanziare a valere su tale fondo.

 

La promozione della lingua e cultura italiana all’estero è affidata ad una rete estesa: 83 Istituti italiani di cultura (Iic), oltre 135 istituzioni scolastiche italiane all’estero, 146 enti gestori e 176 lettori di ruolo. È una rete che arriva a coprire 250 città nel mondo. Ruolo di rilievo nella promozione della lingua italiana nel mondo è svolto anche dalla Società Dante Alighieri. Il MAECI, in un contesto di risorse ridotte, ha deciso recentemente di centralizzare in un unico Ufficio promozione della lingua della DG Sistema Paese le competenze prima disperse tra varie direzioni.

 

Nell'ottica di promuovere anche il potenziale economico della lingua italiana e di farne un volano per l’occupazione, l’export e la creazione di valore, il MAECI ha promosso gli Stati Generali della lingua italiana. La seconda edizione degli Stati Generali della lingua italiana si è svolta il 17 e 18 ottobre 2016 a Firenze, dedicando particolare attenzione alle sinergia tra diffusione della lingua e l'economia per alcuni settori, come i marchi, la moda e il design. In tale occasione è stato anche lanciato il nuovo Portale della Lingua italiana, ospitato sul sito del Ministero degli affari Esteri e della cooperazione internazionale.

 

 


Articolo 1, commi 589
(Sostegno agli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana all’estero)

 

 

Il comma 589 – inserito durante l’esame alla Camera – autorizza una spesa di 4 milioni di euro, a decorrere dal 2017, per la promozione della lingua e della cultura italiane all’estero, con particolare riferimento al sostegno degli enti gestori di corsi di lingua e cultura italiana.

 

Si segnala che un’analoga misura di sostegno, pari a 3,4 milioni di euro, era prevista, limitatamente al 2016, dalla legge di stabilità  per il 2016 (legge n. 298/2015), all’articolo 1, comma 385, lettera c).

 


Articolo 1, comma 590
(Incremento del Fondo adozioni internazionali)

 

 

Il comma 590, introdotto dalla Camera dei deputati, incrementa di 5 milioni di euro per l'anno 2017 il Fondo per le adozioni internazionali, al fine di assicurare il sostegno alle famiglie che hanno concluso le procedure di adozione internazionale.

 

Tale Fondo è stato istituito dal comma 411 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), con una dotazione a decorrere dal 2016 di 15 milioni di euro, al fine di sostenere le politiche sulle adozioni internazionali e il funzionamento della relativa Commissione (vedi infra).

 

E' opportuno ricordare che già la legge n. 311 del 2004 (L. finanziaria 2005) aveva istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali, finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione disciplinata dalla legge 184 del 1983 (art. 1, comma 152). Il Fondo aveva una dotazione per il 2005 di 10 milioni di euro. I limiti di reddito per l’accesso al Fondo, le modalità di presentazione delle domande nonché l’ammontare delle spese rimborsabili sono state definite dal  D.P.C.M. 28 giugno 2005.

Successivamente, le risorse per le adozioni internazionali sono confluite nel Fondo per le Politiche della Famiglia, istituito dall’art. 19, comma 1 del decreto-legge 223 del 2006 (conv. L. 248/2006). Le risorse di tale Fondo - tra le cui finalità sono state inserite il sostegno delle adozioni internazionali nonché il pieno funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali - sono state incrementate dall'art. 1, comma 1250, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006).

La legge di stabilità 2016, contestualmente alla istituzione del Fondo per le adozioni internazionali, ha disposto invece una corrispondente riduzione delle risorse destinate al Fondo per le politiche per la famiglia, presso il quale le risorse per il sostegno a tali adozioni erano, come detto, precedentemente appostate.

 

La materia delle adozioni internazionali è stata completamente ridisegnata dalla legge n. 476 del 1998 (destinata a dare attuazione alla Convenzione dell'Aja del 1993) che ha sostituito integralmente il Capo I della legge n. 184 del 1983. L'adozione di minori stranieri presuppone una dichiarazione del tribunale dei minorenni di "idoneità" dei richiedenti l'adozione. I requisiti per l’adozione internazionale sono gli stessi che per quella nazionale, previsti dall’art. 6 della legge n. 184. La disciplina prevede come obbligatorio il ricorso da parte della coppia adottante ad un ente autorizzato a svolgere le pratiche relative all'adozione internazionale. La procedura si conclude con l'ordine, da parte del Tribunale per i minorenni, di trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile. Competente a questa trascrizione è il Tribunale per i minorenni del luogo di residenza dei genitori nel momento del loro ingresso in Italia con il minore (anche se diverso da quello che ha pronunciato prima il decreto di idoneità).

Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è stata istituita una apposita Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) destinata a sovrintendere alle procedure di adozione, nella prospettiva di vigilare affinché sia in ogni caso rispettato l'interesse del minore.

Più nel dettaglio tale Commissione svolge, fra le altre, le seguenti funzioni ( assegnatele dalla legge sull'adozione e dal regolamento approvato con DPR 108 del 2007):

§   collabora con le Autorità Centrali per le adozioni internazionali degli altri Stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie, ai fini dell'attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione;

§   propone alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale;

§   redige i criteri per l'autorizzazione degli enti che intendono svolgere le pratiche relative all'adozione; curando la tenuta del relativo albo e vigilandone l'operato;

§   agisce al fine di assicurare l'omogenea diffusione degli enti autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi stranieri, favorendone il coordinamento, nonché la fusione al fine di ridurne complessivamente il numero e migliorarne l'efficacia e la qualità;

§   conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di adozione internazionale;

§   promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori;

§   provvede ad informare la collettività in merito all'istituto dell'adozione internazionale, alle relative procedure, agli enti che curano la procedura di adozione, ai Paesi presso i quali gli stessi possono operare, con indicazione dei costi e dei tempi medi di completamento delle procedure, aggiornati periodicamente e distinti in base ai Paesi di provenienza del minore.

 


Articolo 1, comma 591
(Linea ferroviaria Ferrandina-Matera)

 

 

Il comma 591, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, prevede il finanziamento della nuova linea ferroviaria Ferrandina-Matera.

Si dispone a tal fine un’autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2017, di 32 milioni di euro per l’anno 2018 e 42 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2022.

Il finanziamento assume la forma di contributo al nuovo Contratto di Programma parte investimenti 2017-2021 di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la realizzazione di tale intervento infrastrutturale.

 

Si ricorda che i lavori di realizzazione della tratta ferroviaria Ferrandina-Matera, iniziati nel 1986, sono rimasti incompiuti, essendo stata realizzata solo la costruzione della stazione ferroviaria a Matera. La città di Matera non è pertanto collegata alla rete ferroviaria nazionale a scartamento ordinario, ed è raggiungibile su ferrovia solo tramite la linea a scartamento ridotto interregionale (tra Puglia e Basilicata) a binario unico delle Ferrovie Appulo Lucane S.r.l. (società costituita nel 2001 che è subentrata alla precedente Gestione Commissariale governativa), che la collega a Bari con l’itinerario Bari-Altamura-Matera. La linea fu costruita nella prima metà del secolo. Si ricorda altresì che Matera è stata designata per l'anno 2019 Capitale della Cultura europea e che l'inestimabile patrimonio storico dei Sassi di Matera è stato riconosciuto dall'UNESCO patrimonio dell'umanità dal 1993.

Nella risposta all’interrogazione in IX Commissione Trasporti della Camera n. 5/04869 del 13/9/2016, il Sottosegretario alle Infrastrutture e trasporti ha ricordato in proposito che: “Rete Ferroviaria Italiana con l'Aggiornamento 2015 del Contratto di Programma 2012-2016, ha proceduto ad aggiornare le precedenti previsioni per il completamento della linea ferroviaria Ferrandina- Matera per tener conto, in parte, di necessari adeguamenti al vecchio progetto a seguito del mutato scenario normativo e, in parte, per aver ipotizzato alcuni interventi aggiuntivi al fine di rendere l'opera più funzionale alle nuove esigenze trasportistiche richieste dal territorio, valutando un costo dell'investimento pari a 265 mln di euro. In particolare, a parte l'importo dei 45 mln di euro già disponibile e quasi completamente realizzato e contabilizzato, a meno di alcune attività di collaudo, la restante somma di 220 mln di euro è così ripartita:

§  -180 milioni per aggiornamento vecchio progetto a nuove normative e adeguamento sicurezza in galleria;

§  10 milioni per elettrificazione linea (non prevista in precedente progetto);

§  30 milioni per realizzazione bretella di collegamento a Ferrandina (direzione Potenza) al fine di rendere l'infrastruttura funzionale anche per collegamenti diretti Matera - Potenza - Battipaglia – Salerno.”

La stima di 45 milioni di euro, assieme alle risorse già disponibili è stata confermata nell'aggiornamento 2016 del Contratto di Programma con RFI  2012-2016, approvato nella seduta del CIPE del 10 agosto 2016. Allo stato l'intervento risulta sospeso in quanto i finanziamenti residui, al netto delle opere già eseguite, non sono sufficienti per la realizzazione di fasi funzionali dell'investimento.

È stato altresì evidenziato che la programmazione dei servizi ferroviari regionali, in base al decreto legislativo n. 422 del 1997,  rientra nelle competenze delle singole Regioni, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da Contratti di Servizio — tra cui quello con la Regione Basilicata – nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili da ciascuna Regione. Compete pertanto alla Regione Basilicata ogni determinazione circa le proposte avanzate per il miglioramento del servizio del trasporto ferroviario regionale, anche con riferimento all'appuntamento di «Matera 2019».


Articolo 1, comma 592
(Sostegno alla stampa italiana all’estero)

 

 

Il comma 592 – inserito durante l’esame alla Camera – autorizza una spesa di 1,3 milioni di euro, per l’anno 2017, allo scopo di favorire la presenza della lingua e della cultura italiane nel mondo, attraverso la stampa italiana all’estero.

 

In particolare la lettera a) del comma in esame autorizza una spesa di 300.000 euro in favore delle agenzie specializzate per i servizi stampa dedicati agli italiani residenti all’estero, mentre la lettera b) autorizza una spesa di 1 milione di euro ad integrazione della dotazione finanziaria per i contributi diretti in favore della stampa italiana all’estero di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 luglio 2012, n. 103. Interventi analoghi sono stati previsti dall’art.1, comma 385, lett. e) ed f) della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) .

 

L’art. 1-bis del richiamato decreto-legge n. 63/2012, ha introdotto una nuova disciplina per la concessione dei contributi ai periodici italiani pubblicati all’estero, nonché alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero, sostituendo quella recata, principalmente, dall’art. 26 della legge n. 416/1981.

 

 


Articolo 1, comma 593
(Contributo al CONI)

 

 

Il comma 593 – introdotto durante l’esame alla Camera – assegna al CONI, per un triennio, un nuovo contributo.

 

In particolare, il contributo, pari ad € 1 mln per ciascuno degli anni del triennio 2017-2019, è destinato allo sviluppo dei settori giovanili delle società di pallacanestro e al sostegno degli investimenti per l’impiantistica dedicata allo stesso sport.

 

Gli stanziamenti relativi al CONI sono allocati sul cap. 1896 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze che, in base alla nota di variazioni, per il 2017 presenta uno stanziamento pari a € 420.540.000.

Qui la pagina relativa a sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici, disponibile sul sito del CONI.

 


Articolo 1, comma 594
(
Reperimento di risorse pubbliche per la rifunzionalizzazione degli immobili pubblici)

 

 

Il comma 594 prevede che gli enti previdenziali possono destinare una quota delle loro risorse finanziarie all’acquisto di immobili anche di proprietà di amministrazioni pubbliche adibiti o da adibire ad ufficio in locazione passiva da parte di amministrazioni pubbliche. Le spese per gli interventi necessari alla rifunzionalizzazione degli immobili sono a carico degli enti previdenziali, mentre i progetti sono elaborati dall’Agenzia del demanio.

 

L’articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2010, integrato dalla norma in esame, prevede per gli enti previdenziali la possibilità di destinare una quota parte delle proprie risorse finanziare all’acquisto di immobili già condotti in locazione passiva dalle amministrazioni pubbliche, secondo specifiche indicazioni fornite dall’Agenzia del demanio mediante un apposito piano di razionalizzazione. Le modalità di attuazione della norma sono demandate ad un apposito decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica (D.M. 10.6.2011). Restano fermi gli investimenti effettuati per il periodo 2009-2012 in via indiretta in Abruzzo da parte degli enti previdenziali pubblici per gli interventi di ricostruzione e riparazione di immobili ad uso abitativo o non abitativo a seguito del sisma dell’aprile 2009.

 

La norma in commento prevede che gli enti previdenziali possano destinare tali risorse anche all’acquisto di immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (ossia quelle inserite nell’elenco delle amministrazioni pubbliche ricadenti del conto economico consolidato dello Stato elaborato dall’ISTAT), da adibire ad uffici delle amministrazioni pubbliche, previa realizzazione, ove del caso, a cura e spese dei medesimi enti, degli interventi e delle opere necessari alla rifunzionalizzazione degli immobili stessi.

La relazione governativa afferma che, in sostanza, la norma è finalizzata a rendere possibile l’acquisto di immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche da parte di INAIL. L’intervento normativo, in assenza di risorse finanziarie dell’Agenzia del Demanio destinabili allo scopo, consentirebbe di utilizzare le risorse di INAIL per la rifunzionalizzazione degli immobili pubblici da locare alle Amministrazioni pubbliche, dietro pagamento di un canone ad altro soggetto pubblico (INAIL). In definitiva, le operazioni a cui la proposta mira a dare soluzione sono quelle legate alla creazione di poli logistici che consentono la concentrazione di un unico immobile di più uffici pubblici (cd. federal building) presenti nel territorio in modo da razionalizzare gli spazi nonché l’erogazione di servizi e consentire risparmi in termini di spese di gestione.

Si precisa espressamente che gli immobili di proprietà di amministrazioni pubbliche oggetto di acquisto da parte degli enti previdenziali non devono essere già concessi in locazione a terzi.

Ai contratti di locazione che riguardano gli immobili acquistati ai sensi della norma in esame non si applicano le riduzioni del canone previste dall’art. 3 decreto-legge n. 95 del 2012.

Il decreto-legge n. 95 del 2012 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2015, la riduzione del 15 per cento del canone di locazione passiva delle pubbliche amministrazioni e delle autorità indipendenti per gli immobili in uso istituzionale. Il D.L. n. 66 del 2014 ha anticipato di sei mesi, al 1° luglio 2014, il termine di decorrenza della norma. Per il triennio 2012-2014 è stato disposto, inoltre, il blocco degli adeguamenti Istat relativamente ai canoni dovuti dagli stessi soggetti. Il blocco degli adeguamenti Istat è stato quindi esteso anche agli anni 2015 e 2016 (articolo 10, comma 7, del D.L. n. 192 del 2014 e articolo 10, comma 6, del D.L. n. 210 del 2015).

 

Le pubbliche amministrazioni devono pubblicare sui propri siti internet le informazioni identificative degli immobili posseduti, nonché i canoni di locazione o di affitto versati o percepiti (art. 30 del D.Lgs. n. 33 del 2013).

L'articolo 24 del D.L. n. 66 del 2014 ha previsto un nuovo piano di razionalizzazione nazionale per assicurare, oltre al rispetto del parametro metri quadrati per addetto (tra 20 e 25 metri quadri), un complessivo efficientamento della presenza territoriale, attraverso l'utilizzo degli immobili pubblici disponibili e la riduzione delle locazioni passive, in modo da garantire per ciascuna amministrazione dal 2016 una riduzione rispetto al 2014 di almeno il 50 per cento della spesa per locazioni e di almeno il 30 per cento degli spazi utilizzati (sono esclusi i presidi di pubblica sicurezza, di soccorso pubblico e le carceri). Le amministrazioni pubbliche, qualora richiedano immobili per i loro fabbisogni allocativi, sono tenute a svolgere le proprie indagini di mercato prioritariamente all'interno del novero di immobili in proprietà pubblica presenti sull'apposito applicativo informatico messo a disposizione dall'Agenzia del demanio.

Oltre alle comunicazioni previste dal comma 222, della legge n. 191 del 2009 relative agli immobili da esse utilizzate, le amministrazioni devono comunicare all'Agenzia del demanio i dati e le informazioni relativi ai costi per l'uso degli edifici utilizzati, di proprietà dello Stato e di terzi. Con provvedimenti direttoriali dell'Agenzia del demanio sono elaborati degli indicatori di performance in termini di costo d'uso per addetto sulla base dei dati e delle informazioni fornite dalle predette Amministrazioni dello Stato le quali, entro due anni dalla pubblicazione del relativo provvedimento sul sito internet dell'Agenzia del demanio, sono tenute ad adeguarsi ai migliori indicatori di performance ivi riportati (novità introdotte dalla legge n. 147 del 2013, articolo 1, comma 387). In caso di inadempimento degli obblighi prescritti, l'Agenzia del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza (art. 24 del D.L. n. 66 del 2014).


Articolo 1, comma 595
(Nuova denominazione Italia Lavoro S.p.A.)

 

 

Il comma 595, introdotto alla Camera, modifica la denominazione di Italia Lavoro S.p.A. in Anpal S.p.A.

 

La suddetta modifica è conseguenza del fatto che Italia Lavoro S.p.A.[199], a seguito della istituzione della Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro ad opera del D.Lgs. 150/2015 (vedi infra), è confluita in ANPAL, l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro istituita dal medesimo D.Lgs. 150/2015.

Come affermato nel comunicato stampa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 12 settembre 2016,“[…] dal punto di vista strettamente giuridico, l'ANPAL, è subentrata nella proprietà delle azioni di Italia Lavoro e il suo presidente, Maurizio del Conte, ne diviene amministratore unico. La formalizzazione del passaggio delle azioni prevede la contestuale decadenza dell'attuale consiglio di amministrazione di Italia Lavoro […]”.

 

Il D.Lgs. 150/2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro 183/2014, cd. Jobs act) disciplina la nuova Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, che rappresenta uno strumento di governance per garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale e assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, ed istituisce l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), vigilata dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, che realizza sia un portale unico per la registrazione della Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, sia, in cooperazione con l’INPS, l’INAIL e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il sistema informativo unico delle politiche del lavoro (le cui informazioni costituiscono, tra l’altro, la base informativa per la formazione del fascicolo elettronico del lavoratore, concernente la storia formativa e lavorativa del soggetto). Tra le funzioni attribuite all’ANPAL vi è anche quella di istituire e gestire l'albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni e compiti in materia di politiche attive del lavoro.

Italia Lavoro S.p.A. fa parte della predetta rete dei servizi per le politiche del lavoro, insieme all’ANPAL e ad altri soggetti appositamente indicati dall’art. 1 del D.Lgs. 150/2015

 


Articolo 1, comma 596
(Contributi associazioni combattentistiche)

 

 

Il comma 596 autorizza una spesa di 1.000.0000 euro per ciscuna annualità del triennio 2017-2019 per il sostegno alle finalità istituzionali, alle attività di promozione sociale ed alla tutela degli associati delle associazioni combattentistiche.

 

La disposizione è stata inserita nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio della Camera (cfr. emendamento 74.409 Villecco Calipari ed altri).

 

Contributi in favore delle associazioni combattentistiche

Nel 1998, per garantire il sostegno alle attività di promozione sociale svolte dalle associazioni combattentistiche di cui alla legge n. 93/1994, con la approvazione della legge 11 giugno 1998, n. 205, "Norme per la concessione di contributi statali a favore delle associazioni combattentistiche", sono stati autorizzati stanziamenti per complessivi 8 miliardi nel 1998 e 4 miliardi annui negli anni 1999 e 2000. Il relativo riparto è stato effettuato con decreto del Ministro della difesa emanato con le modalità di cui all'articolo 1, comma 40, della legge n. 549/1995. Successivamente, il D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 ha disposto, all'articolo 7-vicies, lo stanziamento, per il 2005, di 3.100.000 € per le associazioni combattentistiche e partigiane erette in enti morali, costituitesi in confederazione nel 1979, incaricate di preparare ed organizzare, d'intesa con il Ministero della difesa, nel triennio 2005-2007, manifestazioni celebrative ed iniziative storico-culturali, sul piano nazionale ed internazionale, per il sessantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di liberazione. In relazione alle medesime associazioni, successivamente è intervenuta la legge 20 Febbraio 2006, n. 92, che ha anch'essa provveduto alla concessione di contributi statali in loro favore. In particolare, l'articolo 1 ha autorizzato il finanziamento, da parte del Ministro della difesa, per il triennio 2006-2008, delle attività di promozione sociale e di tutela degli associati svolte dalle Associazioni combattentistiche di cui alla legge n. 93/1994, sottoposte alla propria vigilanza. Tali Associazioni coincidono con quelle sopra richiamate che aderiscono alla Confederazione italiana fra le associazioni combattentistiche e partigiane. Il finanziamento è corrisposto, con le modalità previste dalla legge 28 dicembre 1995, n. 549, attraverso la ripartizione di un contributo pari a 2.220.000 € annui, da effettuarsi con decreto del Ministro della difesa. Successivamente, il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti, ha autorizzato, all'articolo 14, comma 7-bis, un contributo di 1.500.000 euro annui per il triennio 2009-2011, destinato alle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministro della difesa, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, della legge n. 92/2006. Successivamente, il Governo, in data 24 maggio, nel trasmettere alle Camere, ai fini dell'espressione del prescritto parere parlamentare, lo schema di decreto n. 482, concernente il riparto dello stanziamento iscritto nel capitolo 1352 dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'anno 2012 e destinato all'erogazione di contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi vigilati dal medesimo Ministero non prevedeva più alcun contributo specifico in favore delle associazioni combattentistiche. Al riguardo, la relazione illustrativa del Governo, allegata allo schema di decreto in esame, precisava che l'assenza di contributi in favore delle associazioni combattentistiche era determinata dal fatto che il contributo di 1,5 milioni di euro per il triennio 2009, 2010 e 2011, disposto in loro favore dall'articolo 14 comma 7-bis del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (il cui contenuto è successivamente confluito nell'articolo 2195 del codice dell'ordinamento militare) non era stato prorogato per il successivo triennio e non risultava quindi allocata alcuna risorsa finanziaria disponibile per erogare il contributo in favore dei richiamati sodalizi. Su tale capitolo restava, pertanto, il solo contributo di euro 256.740,00 previsto dalla legge di stabilità 2012 in favore di "enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi vigilati dal Ministero della difesa che lo schema di decreto n. 482 assegnava interamente alle associazioni d'arma (fascia B) e alle altre associazioni di categoria (enti, istituti culturali scientifici, tecnici -fasce C, D ed E). La Commissione difesa della Camera, nel pronunciarsi sul richiamato schema di decreto ministeriale (seduta del 4 luglio 2012) rilevava che "la mancata assegnazionedi contributi alle associazioni combattentistiche" determinava "una sperequazione da sanare in tempi rapidi" e prendeva atto "positivamente che il disegno di legge di assestamento del bilancio per il 2012 (atto Camera dei deputati n. 5325)", integrava "il capitolo 1352 dello stato di previsione del Ministero della difesa per il 2012, al fine di erogare contributi alle associazioni combattentistiche in misura identica a quelli erogati nel 2011". Con la legge n. 182 del 2012, recante disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012 si è provveduto, quindi, a realizzare le necessarie variazioni al fine di prevedere lo stanziamento di 674.000 euro in favore delle associazioni combattentistiche, in misura identica alle risorse erogate nel corso del 2011. Successivamente, il comma 25 dell'articolo 1 del decreto legge n. 114 del 2013 ha autorizzato il Ministero della difesa ad erogare, relativamente al 2013, contributi in favore delle associazioni combattentistiche pari a 674.000 euro vincolandoli alla rendicontazione e alla pubblicazione delle spese effettuate dalle medesime associazioni nelle forme e nei modi finalizzati a garantire la trasparenza, nel rispetto della vigente legislazione in materia di protezione dei dati personali. Nel corso della conversione in legge del richiamato decreto legge n. 114 del 2013 è stato previsto un ulteriore stanziamento pari a euro 300.000 in favore delle medesime associazioni combattentistiche di cui al precedente comma 25, soggetto ai richiamati vincoli di rendicontazione e di pubblicazione.

Da ultimo, si ricorda che per il sostegno delle attività di promozione sociale e di tutela degli associati svolte dalle Associazioni combattentistiche di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 93, l'articolo 2195 del Codice dell'ordinamento militare, come modificato dall'articolo 1, comma 271 della legge n. 147 del 2013 ha autorizzato la spesa di euro 1.000.000 per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016.


Articolo 1, commi 597-598
(Debito Croce rossa)

 

 

I commi 597-598, introdotti durante l’esame presso la Commissione bilancio della Camera, autorizzano l’iscrizione, su un apposito fondo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di una somma pari a 80 milioni di euro finalizzata alla riduzione del debito dell’Ente strumentale Croce rossa nei confronti del sistema bancario (ivi compresa l’anticipazione bancaria in essere al 28 febbraio 2017).

 

In premessa ricordiamo che, dal 1° gennaio 2016, l'Associazione italiana della Croce Rossa è stata trasformata in associazione privata di interesse pubblico (associazione di promozione sociale) denominata Associazione della Croce Rossa italiana. Conseguentemente, l'originaria CRI ha assunto la natura provvisoria di Ente strumentale alla Croce Rossa italiana, mantenendo la personalità giuridica di diritto pubblico come ente non economico. L’Ente sarà soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2018. L’Ente Strumentale prosegue in tutte le attività e i rapporti attivi e passivi della CRI e ne mantiene la partita IVA e il Codice fiscale. E’ soggetto alla vigilanza e Ministero della salute e, per quanto di competenza, del Ministero della difesa, che esercitano la funzione di vigilanza sull’Ente.

 

Il comma 597 autorizza la spesa massima di 80 milioni per il 2017 al fine di ridurre il debito dell’Ente strumentale alla Croce Rossa italiana nei confronti del sistema bancario (inclusa l’anticipazione bancaria, in essere al 28 febbraio 2017). La somma è iscritta in un fondo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La Corte dei conti, nella Determinazione del 2 febbraio 2016, n. 4 sul controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’Associazione Croce Rossa italiana (C.R.I.) per l’esercizio 2014 segnala: “In linea con quanto già rappresentato nel precedente referto, persistono infatti sul fronte economico finanziario rilevanti effetti che conseguono alla soccombenza della C.R.I. con riferimento al contenzioso del lavoro (stabilizzazione dei precari, pretese economiche inerenti l’incentivo personale a tempo indeterminato e determinato, riconoscimenti del trattamento economico del personale militare) e al contenzioso Siciliana Servizi Emergenza SpA (SI.S.E)”. Si ricorda inoltre che, con l’ordinanza presidenziale n. 513/2013 del 27 dicembre 2013, si è proceduto all’avvio della gestione separata, così come previsto dal D.Lgs. 178/2012, art. 4, c. 2, che prevede che sino al 31 dicembre 2017 il commissario, e successivamente il presidente dell'Ente strumentale alla Croce Rossa, provveda al ripiano dell'indebitamento pregresso della CRI.

 

Il comma 598 stabilisce che all’erogazione della somma, per un ammontare massimo di 80 milioni di euro, si provvede per l’importo risultante da istanza congiunta del presidente e dell’amministratore dell’Ente strumentale alla Croce Rossa italiana, presentata al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro, corredata di specifica deliberazione del medesimo Ente, approvata dal Ministero della salute ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 178/2012 (relativo alle modalità di vigilanza sulla CRI e sull’Ente), e certificazione della posizione debitoria netta nei confronti del sistema bancario, inclusa l’anticipazione bancaria, asseverata dal collegio dei revisori dei conti.

 


Articolo 1, comma 599
(Assegno al nucleo familiare in presenza di quattro o più figli)

 

 

Il comma 599, introdotto alla Camera, istituisce un Fondo per l’incremento degli assegni al nucleo familiare ai cittadini italiani lavoratori in un paese membro U.E., in presenza di quattro o più figli. 

 

Il comma 599, introdotto alla Camera, istituisce (presso il Ministero dell’economia e delle finanze) un Fondo per incrementare gli assegni al nucleo familiare ai cittadini italiani che siano lavoratori in un paese membro U.E., a condizione che abbiano quattro o più figli. La dotazione del Fondo è pari a 2 milioni di euro per il 2017 e 3 milioni di euro annui per il biennio 2018-2019.

Le modalità ed i criteri per l’erogazione della provvidenza è demandata ad un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio.

 

L’assegno per il nucleo familiare è stato introdotto (con decorrenza 1° gennaio 1988) dall’articolo 2 del D.L. 691988 (in sostituzione di precedenti strumenti quali gli assegni familiari , le quote di aggiunta di famiglia, ecc.)

Si tratta di una prestazione di carattere previdenziale, erogata con cadenza mensile su richiesta del lavoratore dipendente (compresi gli apprendisti, i lavoratori in malattia, in cassa integrazione, ecc.) o del pensionato (unitamente alla retribuzione o alla pensione). L’assegno ha la funzione di integrare la retribuzione dei lavoratori che si trovano in determinate situazioni familiari e di reddito.

In generale, l’A.N.F. spetta ai lavoratori dipendenti italiani, dell'Unione Europea e stranieri, dipendenti da aziende italiane operanti in Italia o all'estero, ed ai titolari di prestazioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria; i lavoratori extracomunitari hanno diritto solo per i familiari residenti in Italia o in Paesi convenzionati, previa specifica autorizzazione. Al riguardo, ai sensi dell’articolo 2 del D.M. 11 maggio 1990, recante la regolamentazione della materia relativa alle certificazioni per l'erogazione di prestazioni previdenziali ed assistenziali, la corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare deve essere autorizzata dall'I.N.P.S. in determinati casi, tra i quali rientra il caso di familiari residenti all'estero in Stati membri della UE o convenzionati.

 

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare, composto dai coniugi e dai figli -ed equiparati- di età inferiore a 18 anni (sono pertanto esclusi dal nucleo familiare, ai sensi della circolare INPS 12 gennaio 1990, n. 12, ai fini della spettanza dell’assegno: il coniuge legalmente ed effettivamente separato; il coniuge che abbandona la famiglia; i figli, le sorelle, i fratelli ed i nipoti coniugati del richiedente; il coniuge ed i figli del cittadino straniero non residente in Italia (tranne in caso di convenzione tra gli Stati).), il rispetto di determinati limiti di reddito, la non fruizione di altri trattamenti di famiglia. L’ammontare dell’assegno, unico per l’intero nucleo familiare, è determinato in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare e al relativo reddito complessivo, mentre la prestazione erogata è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito in corrispondenza di soglie di esclusione a seconda della tipologia familiare. Il pagamento dell’assegno viene generalmente effettuato dal datore di lavoro che anticipa la somma spettante al lavoratore e chiede poi il rimborso all’ente previdenziale tramite conguaglio con la denuncia contributiva mensile .

Gli importi dell’assegno per il nucleo familiare, validi per il periodo 1° luglio 2016 – 30 giugno 2017, sono stati determinati con la circolare INPS n. 92 del 27 maggio 2016.

 

Soggetti beneficiari dell’assegno sono:

§  i lavoratori dipendenti che prestino la propria attività nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla nazionalità (compresi i soci lavoratori di cooperative, anche di fatto);

§  i titolari di pensione derivante da un precedente rapporto di lavoro;

§  i lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi;

§  ulteriori soggetti titolari di particolari rapporti di lavoro, individuati dalla prassi amministrativa e dalla stessa legge .

§  i lavoratori iscritti alla Gestione separata I.N.P.S. (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995) .

Al fine di valorizzare la posizione del coniuge che svolge prevalentemente attività di cura del nucleo familiare, l’articolo 1, comma 559, della L. 311/2004, ha stabilito che l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare spetti al coniuge dell’avente diritto (a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 2005 ).

 

Il reddito da considerare è quello risultante dalla somma dei redditi percepiti, nell’anno solare precedente al 1° luglio dell’anno cui la domanda si riferisce, da tutti i soggetti che compongono il nucleo familiare al momento della domanda, o nel periodo di riferimento della domanda (L. 153/1988, articolo 2, comma 9). Alla formazione del reddito concorrono i redditi di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, se superiori a euro 1.032,91.

       I livelli di reddito sono rivalutati annualmente, con effetto dal 1° luglio di ogni anno, in misura pari alla variazione della percentuale dell’indice ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dall’ISTAT, intervenuta tra un anno e l’altro .

       Il reddito complessivo deve essere composto per un importo minimo pari al 70% da redditi di lavoro dipendente (o ad esso assimilabili) e compreso tra quelli indicati nelle apposite tabelle aggiornate ogni anno con circolare INPS. Nel caso in cui il reddito complessivo familiare sia composto da redditi diversi (ad esempio di impresa, di capitale), l’assegno spetta soltanto se la somma dei redditi di lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente (o assimilato), superi il 70% del reddito complessivo familiare.

 

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 65 della L. 448/1998 ha istituito, con decorrenza 1° gennaio 1999, l’assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori a carico (concesso in via esclusiva dai Comuni ed erogato dall’I.N.P.S. a nuclei che si trovino in determinate situazioni reddituali).

L’assegno, erogato per 13 mensilità, spetta ai nuclei familiari:

§  composti dai cittadini italiani e della U.E. residenti, dai cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, nonché dai familiari non aventi cittadinanza di uno stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;

§  composti almeno da un genitore e 3 figli minori (appartenenti alla stessa famiglia anagrafica), che siano figli del richiedente medesimo o del coniuge o da essi ricevuti in affidamento preadottivo;

§  con risorse reddituali e patrimoniali non superiori a quelle previste dall’indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) valido per l’assegno, e pari, per il 2016, a 8.555,99 euro (v. Circolare INPS n. 46 del 2 marzo 2016).


Articolo 1, comma 600
(Fondo assegno sostitutivo grandi invalidi)

 

 

Il comma 600, introdotto alla Camera, incrementa il Fondo per la concessione di un assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio di 300.000 euro a decorrere dal 2017.

 

Il comma 600, introdotto alla Camera, incrementa dal 2017 il Fondo per la concessione di un assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio (di cui all’articolo 2 della L. 288/2002) per un importo di 300.000 euro. La dotazione del Fondo, quindi, sulla base di tale incremento, diviene pari a 8.046.853 euro.

 

Il Fondo per la concessione di un assegno sostitutivo ai grandi invalidi di guerra o per servizio che non possano più fruire dell'accompagnatore militare o dell'accompagnatore del servizio civile è stato istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2003, dall’articolo 2 della L. 288/2002. Per il finanziamento del richiamato Fondo il successivo articolo 3 ha stanziato la somma di 7.746.853 euro a decorrere dal 2003, per la cui copertura si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.


Articolo 1, comma 601
(Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città)

 

 

Incremento della dotazione finanziaria del Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città per l'anno 2017.

 

Il comma 601 dispone l'aumento di 7 milioni di euro della dotazione del Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città. Tale incremento vale per il solo anno 2017.

 

Il Piano nazionale per le città, dedicato alla riqualificazione delle aree urbane degradate, è predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (articolo 12 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134). Consiste nell'insieme dei "contratti di valorizzazione urbana" sottoscritti dai rappresentanti delle Amministrazioni centrali e locali - riunite in una "Cabina di regia" - e dai singoli comuni interessati. I contratti disciplinano gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati relativi alla riqualificazione, prevedendo anche la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa.

Si ricorda che la Cabina di regia è presieduta da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e composta da rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome nonché di ulteriori Ministeri, Dipartimenti e Agenzie (comma 1).

Per l'attuazione degli interventi di riqualificazione il comma 5 dell'articolo 12 citato ha istituito, per gli esercizi finanziari dal 2012 al 2017, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il "Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città". In questo sono confluite risorse non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente a una serie di programmi ivi indicati. All'onere connesso all'attuazione dell'articolo in questione, si stanziavano con tale norma risorse nel limite di: 10 milioni di euro per l'anno 2012, 24 milioni di euro per l'anno 2013, 40 milioni di euro per l'anno 2014 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.

 

Sul Piano nazionale per le città si veda l'approfondimento.


Articolo 1, commi 602 e 603
(Edilizia sanitaria)

 

 

I commi 602 e 603, introdotti durante l’esame presso la Camera, autorizzano l’INAIL ad effettuare investimenti immobiliari nel campo dell’edilizia sanitaria. L’individuazione di tali iniziative deve essere effettuata con D.p.c.m. da adottarsi entro il 30 giugno 2017.

 

Il comma 602 demanda ad un DPCM, da adottarsi entro il 30 giugno 2017, l’individuazione delle iniziative urgenti di elevata utilità sociale nel campo dell’edilizia sanitaria, anche con riferimento alle sinergie tra i servizi sanitari regionali e l’INAIL, valutabili nell’ambito dei propri piani triennali 2016-2018 di investimento immobiliare.

 

Sul punto, si osserva che, anche se non previsto in maniera esplicita, il richiamo alle sinergie fra INAIL e servizi sanitari regionali sembra presupporre una qualche forma di concertazione per la selezione delle iniziative nel campo dell’edilizia sanitaria.

 

Il comma 603  dispone che l’INAIL, allo scopo di definire le risorse finanziarie necessarie, tenga anche conto dello stato di attuazione degli investimenti attivati per effetto del D.P.C.M. 23 dicembre 2015 recante, all’allegato A, l'elenco delle iniziative valutabili nell'ambito dei Piani triennali di investimento dell’INAIL, emanato ai sensi dell’art. 1, comma 317 della legge di stabilità 190/2014 (la stabilità 2015 ha infatti previsto che con apposito DPCM fossero individuate le iniziative di elevata utilità sociale valutabili nell'ambito dei piani 2016/2018 di investimento dell'INAIL, da finanziare, a valere sulle risorse autorizzate nei predetti piani, con l'impiego di quota parte delle somme detenute dal medesimo Istituto presso la tesoreria centrale dello Stato).

 

Le iniziative di elevata utilità sociale devono riguardare progetti relativi alla realizzazione di nuove costruzioni, all’acquisizione di immobili nuovi o all’acquisizione di immobili da ristrutturare, riferiti a: strutture sanitarie e assistenziali; strutture scolastiche; uffici pubblici; residenze universitarie; altre tipologie di immobili destinati ad utilizzo con finalità sociali. Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proceduto alla pubblicazione di un Avviso diretto ad acquisire le manifestazioni di interesse da parte delle Amministrazioni Pubbliche. Gli Enti, a seguito dell’avviso pubblicato nella G.U. del 13 luglio 2015, n. 160, hanno inviato le loro manifestazioni di interesse, segnalando 201 opere. L’elenco completo delle iniziative è stato reso noto il 27 gennaio 2016 con la pubblicazione in Gazzetta del D.P.C.M. 23 dicembre 2015.


Articolo 1, comma 604
(Rete viaria interessata dalla Coppa del mondo di sci)

 

 

Il comma 604, introdotto durante l’esame alla Camera, prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021, al fine di finanziarie i lavori di adeguamento  della rete viaria in vista delle finali di coppa del mondo di sci del marzo 2020 e dei campionati mondiali di sci alpino del febbraio 2021, che si terranno a Cortina d’Ampezzo.

 

 

Per quanto concerne gli eventi sportivi in programma a Cortina d’Ampezzo nel 2020 e nel 2021, si ricorda che nel disegno di legge di bilancio, originariamente presentato dal Governo alla Camera dei deputati, erano state inserite alcune disposizioni volte a favorire gli interventi per l'adeguamento delle reti viarie e ferroviarie nonché per l'infrastrutturazione della provincia di Belluno. In particolare si prevedeva la possibilità di nominare appositi commissari del governo per la realizzazione degli interventi viari, ferroviari e di un commissario ad acta per l’attuazione degli interventi relativi alla progettazione e realizzazione di nuovi impianti a fune, di piste di discesa e di opere connesse alla riqualificazione dell'area turistica della provincia di Belluno. Erano altresì previste delle semplificazioni per l’iter autorizzativo di tali opere.

Le disposizioni in questione sono state però oggetto di stralcio durante l’esame da parte della Camera dei deputati in quanto ritenute estranee al contenuto proprio della legge di bilancio.

 

 


Articolo 1, comma 605
(Contributo all’Istituto italiano per gli studi storici e all’Istituto italiano per gli studi filosofici)

 

 

Il comma 605 – inserito durante l’esame alla Camera - proroga per il quadriennio 2017-2020 il finanziamento disposto per il triennio 2014-2016 per la realizzazione delle attività di ricerca e formazione di rilevante interesse pubblico per lo sviluppo delle aree del Mezzogiorno dell'Istituto italiano per gli studi storici e dell'Istituto italiano per gli studi filosofici.

 

Si tratta, in particolare, della proroga del finanziamento di € 2 mln per ciascuno degli anni 2014-2016, a valere su risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020, di cui all’art. 1, co. 43, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014), esplicitamente richiamato.

Si prevede, dunque, che il CIPE, in sede di riparto delle risorse del Fondo citato, provvede con propria delibera all’assegnazione delle risorse nel limite massimo di € 2 mln per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020.

 

L’art. 1, co. 43, della L. 147/2013 ha previsto che la delibera CIPE di assegnazione delle risorse ai due Istituti, da assumere con cadenza triennale, disciplina le dotazioni annuali, le relative modalità di erogazione e le regole per il loro impiego. Al fine indicato, i predetti Istituti presentano al Dipartimento per lo sviluppo e la coesione, entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello della delibera[200], i propri programmi triennali di attività, con l’indicazione delle altre fonti, pubbliche e private, per la realizzazione delle stesse. Devono, altresì, presentare, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione di rendiconto sulle attività oggetto di finanziamento realizzate nell'esercizio precedente.

Con delibera CIPE n. 34 del 1° agosto 2014 è stato assegnato in via definitiva, per l'anno 2014, l'importo di € 1 mln a favore di ciascuno dei due Istituti, e in via programmatica, per le annualità 2015 e 2016, il restante importo di € 4 mln, articolato in € 1 mln annuo ciascuno, rinviandone l'assegnazione definitiva al momento del riparto delle risorse FSC 2014-2020[201]

Quest’ultima è avvenuta con delibera CIPE n. 9 del 1° maggio 2016.

 

Con riferimento ad altre fonti di finanziamento, si ricorda che i due istituti sono inseriti nella tabella delle istituzioni culturali ammesse al contributo ordinario annuale dello Stato per il triennio 2015-2017 emanata, ai sensi della L. 534/1996, con DM 30 ottobre 2015. In particolare, per il primo anno del triennio, all’Istituto italiano per gli studi storici sono stati destinati € 90.000, mentre all’Istituto italiano per gli studi filosofici sono stati destinati € 75.000.


Articolo 1, comma 606
(Ricerca e sviluppo nei settori meteorologia e climatologia)

 

 

Autorizzazione di spesa per la partecipazione italiana ai programmi di ricerca e sviluppo comunitari, per il rafforzamento della ricerca nei settori della meteorologia e climatologia e per la realizzazione del relativo progetto di localizzazione.

 

Il comma 606 autorizza le spese a favore della partecipazione italiana ai programmi di ricerca e sviluppo dell'Unione europea,  del rafforzamento della ricerca nel settore della meteorologia e climatologia e della realizzazione delle infrastrutture necessarie per il relativo progetto di localizzazione. Gli stanziamenti autorizzati sono i seguenti:

15 milioni di euro per il 2017;

20 milioni di euro per il 2018;

15 milioni di euro per il 2019;

2 milioni di euro annui a decorrere dal 2020.

Le somme per la realizzazione delle infrastrutture per il progetto di localizzazione saranno attribuite mediante decreto del Ministro per l'istruzione, per l'università e per la ricerca, che definirà inoltre gli ulteriori interventi previsti dal comma.

 

 

Il programma di finanziamento della Commissione europea per la ricerca e l’innovazione è Orizzonte 2020, operativo dal 1° gennaio 2014 fino al 31 dicembre 2020. Con una dotazione di circa 80 miliardi di euro rappresenta il più vasto programma di ricerca e innovazione dell'UE mai esistito.

Orizzonte 2020 - che integra in un’unica cornice i finanziamenti erogati in passato dal 7° Programma Quadro per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, dal Programma Quadro per la Competitività e l'Innovazione (CIP) e dall'Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (IET) - mira a coprire l'intera catena della ricerca, da quella di frontiera, allo sviluppo tecnologico, alla dimostrazione e valorizzazione dei risultati fino all’innovazione, che permea l'intero programma. Orizzonte 2020, svolge un ruolo centrale nell'attuazione della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva  ed è lo strumento finanziario che attua l'Unione dell'innovazione, una delle iniziative faro da essa previste. Inoltre esso sostiene il conseguimento e il funzionamento dello Spazio europeo della Ricerca (SER).

Si segnala che l'articolo 74, comma 14, dell'originario testo presentato alla Camera (A.C. 4127) disponeva l'autorizzazione di spesa di 15 milioni di euro per il 2017, di 20 milioni di euro per il 2018, di 15 milioni di euro per il 2019, di 2 milioni di euro a decorrere dal 2020, per la localizzazione del Centro europeo di previsione a medio termine in Italia, per la partecipazione italiana ai programmi di ricerca comunitari e per rafforzare la ricerca nei settori della meteorologia e climatologia. Tale disposizione era stata oggetto di stralcio presso la Camera dei deputati in quanto ritenuta estranea al contenuto proprio della legge di bilancio.


Articolo 1, comma 607
(Finanziamento degli interventi di decontaminazione e bonifica degli stabilimenti del gruppo ILVA)

 

 

L’articolo 1, comma 607 – introdotto nel corso dell’esame in prima lettura - destina al finanziamento degli interventi di decontaminazione e bonifica ambientale degli stabilimenti di interesse strategico nazionale delle società del gruppo ILVA le somme che saranno eventualmente confiscate ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, in conseguenza dei procedimenti penali per reati ambientali o connessi all’attuazione dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) nei confronti delle società del gruppo ILVA o delle persone giuridiche che prima del commissariamento del medesimo gruppo, operato ai sensi del D.L. n. 61/2013, abbiano esercitato attività di gestione, amministrazione o direzione e coordinamento delle medesime società.

 

Il comma 607 – introdotto nel corso dell’esame in prima lettura - destina al finanziamento degli interventi di decontaminazione e bonifica ambientale degli stabilimenti di interesse strategico nazionale delle società del gruppo ILVA le somme che saranno eventualmente confiscate ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, in conseguenza dei procedimenti penali per reati ambientali o connessi all’attuazione dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) nei confronti delle società del gruppo ILVA o delle persone giuridiche che, prima del commissariamento del medesimo gruppo operato ai sensi del D.L. n. 61/2013[202], abbiano esercitato attività di gestione, amministrazione o direzione e coordinamento delle medesime società.

Si tratta dunque delle somme che saranno eventualmente confiscate per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato riconosciuti all’ente giuridico privato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che esercitano funzioni di rappresentanza dell’ente stesso.

Si osserva che sarebbe opportuno chiarire il riferimento del comma 607 alle persone giuridiche anziché a quelle fisiche posto che sono queste ultime che esercitano attività di gestione, amministrazione, direzione e coordinamento delle società.

Ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 231/2001, l’ente/persona giuridica privata è responsabile in via amministrativa per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui sopra. L'ente non risponde se le persone indicate sopra hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.

La confisca è una delle sanzioni che sono comminate all’ente per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato ad esso riconosciuti. In particolare, l’articolo 19 del D.Lgs. n. 231/2001 dispone che nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna[203] la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. Quando non è possibile eseguire la confisca del prezzo o profitto del reato, la stessa confisca può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.

La relazione tecnica all’emendamento governativo che ha introdotto, nel corso dell’iter presso la Camera, la disposizione in esame, evidenzia che la norma fa specificamente riferimento ai procedimenti penali per reati ambientali o connessi all’attuazione dell’AIA e che tra tali procedimenti rientra in particolare il processo attualmente pendente davanti il Tribunale di Taranto r.g.n.r. n. 938/2010 (procedimenti riuniti n. 4508/09 – 4868/10 – 8842/11 – 10485/12 – 12029/12), cd. “Ambiente svenduto”.

 

Il procedimento penale n. 938/2010 è stato avviato nei confronti di diversi soggetti coinvolti a vario titolo nell'amministrazione e gestione dello stabilimento ILVA di Taranto, ai quali sono contestati i reati di associazione per delinquere (art. 416 c.p.), disastro innominato (art. 434 c.p.), rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (art. 437 c.p.), avvelenamento di acque o di sostanze alimentari (art. 439 c.p.), nonché reati contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica, reati in materia di tutela dell'ambiente, di igiene e sicurezza sul lavoro.

Nell'ambito dello stesso procedimento penale n. 938/2010, alla società ILVA e RIVA F.I.R.E. S.p.a. è stato contestato l'illecito amministrativo di cui all'art. 24-ter comma 2 del d.lgs. n. 231/2001 - in relazione alla commissione del reato presupposto di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) - e l'illecito amministrativo di cui all'art. 25 undecies comma 2 lett. da a) ad e) ed h) del medesimo D.Lgs. - in relazione alla commissione di plurime violazioni delle norme in materia ambientale previste dal d.lgs. n. 152/2006 (la società RIVA FORNI Elettrici S.p.a., invece, non risulta indagata nel procedimento penale ma è stata destinataria di provvedimento di sequestro (cfr. infra) in quanto ente beneficiario di un'operazione di scissione dalla RIVA F.I.R.E. S.p.a.).

Con riferimento a tale procedimento penale (R.G.R. n. 938/2010) il GIP di Taranto in data 22 maggio 2013, con proprio provvedimento, successivamente confermato dal Tribunale del riesame di Taranto il 2 luglio 2013, ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi degli artt. 19 e 53 del d.lgs. n. 231/2001, avente per oggetto somme di denaro e altri beni (saldi attivi di conti correnti bancari e/o postali, depositi a risparmio, dossier titoli ed eventuali cassette di sicurezza, partecipazioni in altre imprese, beni mobili registrati ed immobili, impianti e macchinari) nella disponibilità della società RIVA F.I.R.E. S.p.a. e della società RIVA FORNI Elettrici S.p.a. (in quanto ente nato da una operazione di scissione della RIVA F.I.R.E. S.p.a.)[204], per un valore complessivo pari a 8.100.000.000 euro[205]. Tale somma è stata dunque oggetto di sequestro per il profitto che l'ente avrebbe tratto dai reati commessi nel suo interesse e a suo vantaggio. In particolare, secondo la contestazione, i legali rappresentanti, gestori e datori di lavoro, unitamente ai dirigenti, capi area e responsabili dello stabilimento ILVA s.p.a. di Taranto, hanno cagionato danni ambientali, prudenzialmente quantificati nell'importo sopra indicato, agendo nell'interesse ed a vantaggio delle predette società, omettendo di provvedere all'attuazione delle necessarie misure di sicurezza, prevenzione e protezione dell'ambiente. L’importo predetto costituisce dunque la somma ritenuta necessaria per effettuare tutte le opere di risanamento ambientale e di messa in sicurezza dello stabilimento siderurgico.

La Corte di cassazione, Sez. VI penale (sentenza n. 3635 del 20 dicembre 2013 – depositata il 21 gennaio 2014), ha annullato il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai sensi degli artt. 19 e 53 del d.lgs. n. 231/2001, per le seguenti motivazioni: è errata l'impostazione seguita dal provvedimento di sequestro perché prende in considerazione ai fini della responsabilità amministrativa degli enti una serie di fattispecie di reato (ossia, quelle normativamente descritte negli artt. 434, 437, 439 c.p. e, dunque, rispettivamente, il disastro innominato, la rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e l'avvelenamento di acque o di sostanze alimentari) estranee al catalogo dei reati presupposto e come tali inidonee a fondare una responsabilità dell'ente ai sensi del d.lgs. n. 231/2001.

Inoltre, il decreto che ha disposto il sequestro preventivo avrebbe dovuto estromettere, ai fini della corretta determinazione del profitto confiscabile, tutte le condotte associative anteriori alla data di entrata in vigore della legge n. 94 del 15 luglio 2009, che ha esteso il catalogo dei reati presupposto al delitto di cui all'art. 416 c.p., e tutte le violazioni in materia ambientale anteriori all'entrata in vigore del d.lgs. n. 121 del 7 luglio 2011, che ha esteso la responsabilità dell'ente per le violazioni della disciplina ambientale.

Infine, quanto al profitto assoggettabile a sequestro in funzione della confisca prevista dall'art. 19 del d.lgs. n. 231/2001, la Corte ha osservato che la nozione di profitto quale risparmio di spesa conseguito dall'ente presuppone "un ricavo introitato e non decurtato dei costi che si sarebbero dovuti sostenere, vale a dire un risultato economico positivo", concretamente determinato dalla contestata condotta delittuosa. E' dunque il rispetto dello stesso principio di tassatività delle sanzioni (ex artt. 2 e 9 del D. Lgs. n. 231/01) ad escludere, in assenza di un introito effettivo, la possibilità di assoggettare allo strumento della confisca per equivalente il valore di costi illegittimamente non sostenuti dall'ente collettivo per effetto della mancata adozione di misure preventive espressamente prescritte dalla legge negli specifici settori di riferimento.

Si renderebbe dunque necessaria, secondo la Corte di cassazione, in ipotesi, una esplicita presa di posizione del legislatore, volta ad ammettere, sulla scorta di precisi ed oggettivi criteri di quantificazione, l'ablazione di meri risparmi di spesa.

Alla data del 30 novembre 2016, il citato procedimento penale R.G.R. n. 938/2010 risulta in corso.

 

Il comma 607 in esame, dunque, sembra operare per fattispecie procedimentali specifiche, fermo restando quanto attualmente previsto dalla disciplina vigente, qui non modificata (articolo 1, comma 6-undecies del D.L. n. 191/2015) la quale dispone che, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, le somme eventualmente confiscate o comunque pervenute allo Stato in via definitiva all'esito di procedimenti penali pendenti, sono versate fino alla concorrenza dell'importo di 800 milioni di euro, all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di restituzione del prestito statale di 800 milioni e, per la parte eccedente, sulla contabilità speciale dell'amministrazione straordinaria per essere destinate al finanziamento di interventi per il risanamento e la bonifica ambientale e, in via subordinata, alla riqualificazione e riconversione produttiva dei siti contaminati, nei comuni di Taranto e di Statte.

Si osserva al riguardo che sarebbe comunque opportuno, a fini sistematici e di maggior chiarezza normativa, operare un coordinamento tra la disposizione in esame e il richiamato articolo 1, comma 6-undecies del D.L. n. 191/2015.


Articolo 1, comma 608
(Piattaforma informatica sull'uso dei dati del codice di prenotazione nel settore del trasporto aereo)

 

 

Il comma 608, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, ai fini di prevenzione del terrorismo e dei reati gravi, in attuazione della Direttiva 2016/68/UE - reca  la copertura finanziaria (per il triennio 2017-2019) per la realizzazione, gestione e manutenzione della piattaforma informatica sull’uso dei dati dei codici di prenotazione nel settore del trasporto aereo (PNR, Passenger name record).

 

Più nel dettaglio la disposizione, nelle more del recepimento della direttiva 2016/681/UE sull'uso dei dati del codice di prenotazione (PNR) per la prevenzione, l'accertamento, l'indagine e l'azione penale nei confronti dei reati di terrorismo e dei reati gravi autorizza:

 

§  la spesa di  5,5 milioni di euro per l'anno 2017 e di 16 milioni di euro per l'anno 2018 per la realizzazione della piattaforma informatica necessaria;

§  la spesa di 4,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 per la gestione e la manutenzione della stessa.

 

Tali risorse sono assegnate al Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza e iscritte nello stato di previsione del medesimo Ministero nella missione "Ordine pubblico e sicurezza", programma "Pianificazione e coordinamento Forze di polizia".

 

I dati del codice di prenotazione (PNR) sono informazioni personali fornite dai passeggeri che vengono raccolte e conservate dai vettori aerei. Il PNR contiene informazioni quali il nome del passeggero, la data di viaggio, l'itinerario, il posto assegnato, i bagagli, i dati di contatto e le modalità di pagamento. La direttiva 2016/681/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, sull'uso di tali dati a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo[206] e dei reati gravi, impone ai vettori aerei di fornire alle autorità degli Stati membri i dati PNR per i voli in arrivo o in partenza dall’Unione europea. I "reati gravi" richiamati sono definiti mediante un elenco in allegato (II) alla Direttiva, che comprende tra l'altro fatti di associazione criminale, di narcotraffico, di violenza sessuale, di "corruzione", nonché vari altri reati gravi contro la vita e l'incolumità delle persone, oppure contro il patrimonio.

 La direttiva si applica ai voli extra-UE, ma gli Stati membri possono decidere di estenderla ai voli intra-UE (ad esempio, i voli che si dirigono da uno Stato membro verso un altro o altri Stati membri), notificandolo per iscritto alla Commissione. I Paesi dell'UE possono inoltre decidere di procedere con la raccolta e il trattamento dei dati PNR provenienti da operatori economici diversi dalle compagnie aree, come le agenzie di viaggio e gli operatori turistici, che forniscono allo stesso modo servizi di prenotazione di voli.

La direttiva stabilisce che gli Stati membri scambino i dati PNR che ricevono, tra di loro e con Europol, quando ciò è ritenuto necessario a fini di prevenzione, accertamento, indagine e azione penale nei confronti dei reati di terrorismo o dei reati gravi. Tale scambio di dati PNR dovrà essere soggetto alle norme in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria e non dovrebbe nuocere all'elevato grado di tutela della vita privata e dei dati personali previsti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE, dalla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale (convenzione n. 108) e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). La sicurezza dello scambio reciproco di informazioni relative ai dati PNR dovrà inoltre essere garantita tramite uno dei canali di cooperazione esistenti tra le autorità competenti degli Stati membri e, in particolare, con Europol tramite l'applicazione di rete per lo scambio di informazioni protetta (SIENA). Gli Stati Membri dovranno stabilire una propria "Unità di informazione sui passeggeri" (UIP) per raccogliere i dati PNR dalle compagnie aeree. Questi dati dovranno essere conservati per un periodo di cinque anni ma, dopo sei mesi dal trasferimento, saranno resi anonimi mediante la mascheratura di alcuni elementi, come il nome, l'indirizzo e i contatti, elementi che potrebbero servire a identificare direttamente il passeggero.

Le Unità di informazione sui passeggeri saranno responsabili della raccolta, conservazione e trattamento dei dati PNR, nonché di trasferirli alle autorità competenti e scambiarli con le Unità d'informazione sui passeggeri di altri Stati membri e con Europol.

La direttiva dovrà essere attuata entro il 25 maggio 2018.

Il 28 novembre 2016 la Commissione europea ha presentato un "piano di attuazione" (SWD(2016)426), nel quale sono definite le principali misure che gli Stati membri dovranno adottare  nonché le possibili azioni di supporto offerte dalla Commissione stessa.


Articolo 1, commi 609-610
(Restituzione del finanziamento statale a favore di ILVA)

 

 

L’articolo 1, commi 609-610 – introdotti nel corso dell’esame in prima lettura - intervengono sulla disciplina relativa alle condizioni e alle modalità di restituzione del finanziamento statale disposto fino a complessivi 800 milioni (fino a 600 milioni nel 2016 e fino a 200 nel 2017) a favore di ILVA S.p.A. dall’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015. In particolare, il comma 609 innalza l’importo degli interessi sulle somme finanziate ad ILVA, ed il comma 610 introduce talune disposizioni che in sostanza sono finalizzate ad intervenire sulla disciplina delle garanzie di restituzione del citato finanziamento.

 

L’articolo 1, commi 609-610 – introdotti nel corso dell’esame in prima lettura - interviene sulla disciplina relativa alle condizioni e alle modalità di restituzione del finanziamento statale disposto fino a complessivi 800 milioni (fino a 600 milioni nel 2016 e fino a 200 nel 2017) a favore di ILVA S.p.A. dall’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015.

 

L’articolo 1, comma 6-bis del D.L. n. 191/2015, ha autorizzato l’organo commissariale di ILVA S.p.A. a contrarre un finanziamento statale per un ammontare fino a 800 milioni di euro, di cui fino a 600 milioni di euro nel 2016 e fino a 200 milioni di euro nel 2017 al fine esclusivo dell'attuazione e della realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa.

Ai sensi del predetto comma, sugli importi erogati maturano interessi al tasso Euribor a 6 mesi pubblicato il giorno lavorativo antecedente la data di erogazione, maggiorato di uno spread pari al 3 per cento.

Il comma ha altresì stabilito che i finanziamenti statali siano erogati secondo modalità stabilite con decreto del MISE, di concerto con il MEF e con il Ministro dell'ambiente. L’Organo commissariale di ILVA - audito in via informale dalla X Commissione attività produttive della Camera il 21 settembre 2016 - ha informato che, a quella stessa data, il decreto ministeriale era al vaglio della Corte dei Conti.

L'articolo 2, comma 1, del D.L. n. 98/2016, ha novellato il predetto comma 6-bis, posticipando al 2018, ovvero successivamente, il termine per il rimborso degli importi statali finanziati[207], secondo la procedura di ripartizione dell'attivo della società ivi prevista, in prededuzione, ma subordinatamente al pagamento, nell'ordine, dei crediti prededucibili di tutti gli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria, nonché dei creditori privilegiati.

Viene comunque fatto obbligo di promuovere le azioni di rivalsa, le azioni di responsabilità e di risarcimento nei confronti dei soggetti che hanno, anche indirettamente, cagionato i danni ambientali e sanitari, nonché danni al Gruppo ILVA e al suo patrimonio.

Quanto all’importo ad oggi effettivamente erogato ad ILVA rispetto ai 600 milioni autorizzati per il 2016, sebbene non si disponga di informazioni ufficiali, appare opportuno evidenziare che nel disegno di legge di bilancio per il 2017-2019, il capitolo 7400/MISE (su cui sono iscritte le somme in questione) riporta, dell’importo di 600 milioni per il 2016, a residui presunti, la cifra di 315 milioni di euro.

 

In particolare, il comma 609 interviene sulla norma testé citata per:

§  innalzare l’importo degli interessi sulle somme finanziate ad ILVA, che attualmente sono rapportati al tasso Euribor a 6 mesi (pubblicato il giorno lavorativo antecedente la data di erogazione), maggiorato di uno spread pari al 3 per cento. L’emendamento innalza lo spread dal 3 al 4,1 percento (lettera a)).

La relazione all’emendamento governativo che ha introdotto il comma in esame afferma, che in questo modo, verrebbe assicurata la rispondenza a condizioni di mercato del tasso di interesse, così da elidere talune potenziali criticità emerse nel quadro della procedura di indagine approfondita avviata dalla commissione UE in relazione a talune presunte misure di aiuto di Stato a beneficio di ILVA S.p.A.

 

§  introdurre la previsione secondo la quale i finanziamenti statali sopra indicati concessi e non erogati nei confronti di ILVA cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di sottoscrizione delle obbligazioni che - ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - l’organo commissariale di ILVA è autorizzato ad emettere a valere sulle somme attualmente sottoposte a sequestro (nell’ambito dei procedimenti penali a carico dei principali azionisti ed ex dirigenti dell’ILVA) all’atto del trasferimento delle medesime somme in Italia.

Si ricorda che, allo stato, il trasferimento delle somme sottoposte a sequestro non è stato effettuato in virtù della sentenza del 18 novembre 2015 della Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale di Bellinzona contro la quale è stato presentato ricorso.

 

Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 1/2015, l'organo commissariale di ILVA S.p.A. è stato autorizzato a richiedere il trasferimento delle somme sottoposte a sequestro penale[208] sulla base di misura cautelare reale (nell'ambito dei procedimenti penali pendenti nei confronti degli azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA) e a richiedere che l'autorità giudiziaria procedente disponga l'impiego delle somme sequestrate per la sottoscrizione di obbligazioni, emesse dalla società in amministrazione straordinaria (in luogo dell'aumento di capitale) e intestate al Fondo Unico di Giustizia, e, per esso, al gestore ex lege Equitalia Giustizia S.p.A. Il comma 1 qui, in commento, dispone inoltre che le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni debbono essere versate in un patrimonio dell'emittente e destinate in via esclusiva alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria e, nei limiti delle disponibilità residue, a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale secondo le modalità previste dall'ordinamento vigente.

Con istanza di marzo 2015, i Commissari Straordinari di Ilva hanno reiterato richiesta di trasferimento delle somme sottoposte a sequestro penale dal GIP del Tribunale di Milano (proc. penale n. 20857/13 R.G.N.R.), o di altri procedimenti penali pendenti nei confronti di azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA.

Nel procedimento milanese, l'11 maggio 2015 GIP ha disposto l'utilizzo dei valori patrimoniali dei trust sequestrati rogatorialmente per la sottoscrizione di obbligazioni, ordinando la conversione del sequestro dei valori in un sequestro delle obbligazioni emesse. Equitalia Giustizia S.p.A. ha ordinato a UBS Fiduciaria di impartire a UBS Switzerland un ordine di pagamento. UBS Fiduciaria ha quindi impartito alla banca svizzera l'ordine di trasferire in Italia i valori patrimoniali. Si tratterebbe, secondo quanto risulta, di circa 1,2 miliardi.

Il 19 giugno 2015, la Procura del Canton Zurigo (Staatsanwaltschaft I des Kantons Zürich) ha dato l'autorizzazione alla banca svizzera per consegnare i beni dei trust all'Italia. Con sentenza del 18 novembre 2015, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale di Bellinzona ha annullato la decisione della Procura del Canton Zurigo.

Avverso la sentenza è stato presentato ricorso. Le somme sono dunque allo stato ancora nella disponibilità dei trust svizzeri.

 

Il comma 610, interviene poi sulla destinazione delle somme rivenienti dalla sottoscrizione delle citate obbligazioni specificando - con una novella al sopra citato articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - che queste saranno versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva all'attuazione e alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria previa però restituzione dei finanziamenti statali per la parte eventualmente erogata.

Secondo la relazione governativa all’emendamento che ha introdotto il comma qui in commento, con la disposizione in esame si intende costituire un meccanismo di garanzia collaterale a tutela dei crediti dello Stato derivanti dall’erogazione dei predetti finanziamenti.

Si ricorda che la disciplina vigente, qui non modificata (articolo 1, comma 6-undecies del D.L. n. 191/2015) dispone che, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, le somme eventualmente confiscate o comunque pervenute allo Stato in via definitiva all'esito di procedimenti penali pendenti, sono versate fino alla concorrenza dell'importo di 800 milioni di euro, all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di restituzione del prestito statale di 800 milioni e, per la parte eccedente, sulla contabilità speciale dell'amministrazione straordinaria per essere destinate al finanziamento di interventi per il risanamento e la bonifica ambientale e, in via subordinata, alla riqualificazione e riconversione produttiva dei siti contaminati, nei comuni di Taranto e di Statte.


Articolo 1, commi 611-612
(Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle
aziende confiscate alla criminalità organizzata)

 

 

I commi 611 e 612 prevedono l’adozione, da parte dell’Agenzia nazionale, di una strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata, con specifico incremento, per il 2019, del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, nella misura di 3 milioni di euro, e del Fondo per la crescita sostenibile, nella misura di 7 milioni di euro, attraverso il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa prevista dalla legge di stabilità 2016.

 

Il comma 611 attribuisce all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata il compito di predisporre, entro 120 giorni, la strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata.

Tale strategia, elaborata in collaborazione con il Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio, in coerenza con le indicazioni contenute nel Piano nazionale di riforma contenuto nel DEF 2015 e 2016, dovrà essere sottoposta all’approvazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Nei documenti di economia e finanza del 2015 e del 2016 (Sezione III – Piano nazionale di riforma) è stata prevista l’adozione di tale strategia, finalizzata al miglioramento della capacità di gestione istituzionale e amministrativa, all’adozione delle buone pratiche fino ad allora realizzate, alla transizione verso la legalità delle aziende confiscate.

Sono poi disciplinate le attività dei titolari di programmi cofinanziati da fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020, in coerenza con la strategia nazionale approvata dal CIPE. Tali soggetti dovranno pianificare specifiche azioni per la valorizzazione dei beni e delle aziende e, a tal fine, dovranno seguire le modalità di cui all’articolo 1, comma 194, della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015).

Il comma 194 si limita peraltro a stabilire che nell'ambito dei programmi cofinanziati dall'Unione europea per il periodo 2014/2020 e degli interventi complementari alla programmazione dell'Unione europea indicati nella delibera CIPE n. 10/2015 a titolarità delle amministrazioni regionali, gli enti interessati possono pianificare, di concerto con l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, specifiche azioni rivolte all'efficace valorizzazione dei predetti beni.

 

L’Agenzia nazionale, entro il 30 settembre di ogni anno, presenta al CIPE una relazione annuale sull’attuazione della strategia nazionale, nella quale darà evidenza dei risultati conseguiti e dell’utilizzo delle relative risorse assegnate.

È poi previsto che il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e il Fondo per la crescita sostenibile - già destinatari di risorse, ai sensi del comma 196 della citata L. n. 208/2015, specificamente finalizzate alle aziende confiscate - possano essere incrementati con ulteriori risorse previste dai Programmi Operativi Nazionali e Regionali (PON e POR) attuativi dei fondi di investimento europei cofinanziati dalla Commissione europea 2014/2020, dai programmi operativi complementari di cui alla delibera CIPE 10/2015, nonché dal Fondo sviluppo e coesione attraverso i Piani operativi e i Patti per il Sud, previa verifica di coerenza con priorità e obiettivi riportati in tali strumenti.

La norma sembra riferirsi al complesso delle risorse destinate alla politica di coesione, comprensive delle risorse comunitarie assegnate all’Italia a titolo dei due Fondi strutturali per la politica di coesione 2014-2020 - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo sociale europeo (FSE) - pari a circa 32,2 miliardi euro, cui si affiancano le risorse provenienti dal cofinanziamento nazionale, a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, nell’importo di oltre 24,5 miliardi di euro, di cui 7,4 miliardi destinati dalla programmazione complementare con la delibera Cipe n. 10/2015, nonché le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, il cui rifinanziamento per il periodo 2014-2020 è previsto (dall’art. 1, commi 6-10, legge n. 147/2013) nell’importo complessivo di 54,8 miliardi di euro, la cui programmazione attraverso i piani operativi e i Patti per il sud è stata definita con delibera CIPE di agosto 2016.

 

Andrebbe chiarito, peraltro, se la disposizione intenda far riferimento al complesso delle risorse destinate alla politica di coesione ovvero soltanto a quelle che, nell’ambito dei programmi operativi attuativi dei Fondi strutturali o dei piani operativi e Patti per il Sud del Fondo Sviluppo e Coesione, sia espressamente destinato alle finalità di cui alla stessa disposizione in esame (sicurezza, legalità ecc.).

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 195, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), autorizza la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018, al fine di assicurare alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata: la continuità del credito bancario e l’accesso al medesimo; il sostegno agli investimenti e agli oneri necessari per gli interventi di ristrutturazione aziendale; la tutela dei livelli occupazionali; la promozione di misure di emersione del lavoro irregolare; la tutela della salute e della sicurezza del lavoro; il sostegno ad alcune tipologie di cooperative. Il supporto ha luogo nell’ambito dei procedimenti penali per una serie di gravi delitti e in procedimenti di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.

Ai sensi del comma 196, i dieci milioni di euro complessivamente stanziati per ciascun anno del triennio 2016-2018 confluiscono direttamente:

§  nella misura di 3 milioni di euro annui, in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (art. 2, co. 100, lett. a), della L. 662/1996), destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate dal comma 195, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali di quelle sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate dal comma 195);

§  nella misura di 7 milioni di euro annui, in un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’art. 23 del D.L. 83/2012 per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese.

 

Si ricorda che ulteriori risorse a favore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e del Fondo per la crescita sostenibile sono previste dal Programma operativo nazionale “Imprese e competitività 2014-2010”, a titolarità del Ministero dello Sviluppo economico, approvato dalla Commissione europea il 23 giugno 2015 e successivamente modificato il 24 novembre 2015, il quale intende sostenere un processo di riposizionamento competitivo del sistema produttivo del Mezzogiorno, nell’ottica di una politica industriale sul riequilibrio territoriale e sulla convergenza Mezzogiorno-Centro-Nord.

 

Per garantire il sostegno alle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, il comma 612 provvede poi a rifinanziare direttamente, nella misura di 10 milioni di euro per l’anno 2019, l’autorizzazione di spesa già prevista dalla legge di stabilità 2016 nel sopra citato articolo 1, comma 195, disponendo che l’incremento confluisca nelle apposite sezioni dei Fondi sopra richiamati, con le modalità e i medesimi criteri di ripartizione indicati nel sopra citato articolo 1, comma 196, e dunque:

per 3 milioni di euro in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate dal comma 195, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali di quelle sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate dal comma 195;

per 7 milioni di euro in un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’articolo 23 del D.L. n. 83/2012 per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese.

Si ricorda che il disegno di legge S. 2134, già approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato, nel modificare in più parti il codice antimafia, interviene anche (art. 25) sui compiti, l’organizzazione e le funzioni dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

 

L’art. 2, co. 100, lett. a) della legge finanziaria per il 1997 (legge n. 662 del  1996) ha istituito un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa allo scopo di garantire una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese. Con l’intervento del fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Dal punto di vista operativo, il Fondo rilascia garanzie alle banche (garanzia diretta) e a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi (controgaranzia) o altro fondo di garanzia allo scopo di agevolare l’accesso al credito delle PMI.

L’articolo 15 della legge n. 266/1997 ha disciplinato - contestualmente ad una razionalizzazione dei fondi pubblici di garanzia al tempo esistenti le cui risorse sono confluite in quelle originarie del Fondo di garanzia PMI - le modalità operative di quest’ultimo Fondo, individuando i soggetti che possono concedere la relativa garanzia, a fronte di finanziamenti a PMI, compresa la locazione finanziaria, e di partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale delle piccole e medie imprese. La garanzia del fondo è estesa a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB.

L'articolo 39 del D.L. n. 201/2011 ha operato una sostanziale riforma dello strumento, disponendo che con D.M. non regolamentare venisse fissata: la misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia, nonché la misura della copertura massima delle perdite in relazione alle tipologie di operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie finali, settori economici di appartenenza e aree geografiche (comma 1); per ogni operazione finanziaria ammessa all'intervento del Fondo, la misura dell'accantonamento minimo, a titolo di coefficiente di rischio (comma 2). Inoltre, è stato elevato l'importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo a 2,5 milioni di euro per le tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie finali, le aree geografiche e i settori economici di appartenenza individuati con D.M. non regolamentare, disponendo che una quota non inferiore al 50 per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d'importo massimo garantito per singola impresa. Il comma 7-bis dell’articolo 39 riserva una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia ad interventi di garanzia in favore del microcredito di cui all’articolo 111 del TUB, da destinare alla micro imprenditorialità. In attuazione delle previsioni suddette, è stato adottato il D.M. 26 giugno 2012, successivamente modificato dal D.M. 27 dicembre 2013. Il D.M. 24 aprile 2013 ha fissato le modalità di concessione della garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti erogati a PMI.

Le risorse del Fondo di garanzia per le PMI sono iscritte al bilancio dello Stato (capitolo 7342/pg.20/MISE) per essere successivamente riassegnate alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa .

Si ricorda che la legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015) ha disposto una riserva di almeno il 20 per cento delle risorse disponibili del Fondo alle imprese e agli investimenti localizzati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

 

 

Al fine di favorire la crescita sostenibile e la creazione di nuova occupazione, l'art. 23 del D.L. n. 83/2012 ha ridenominato il “Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica” (art. 14, legge n. 46/1982), istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico, in “Fondo per la crescita sostenibile”, facendovi confluire una serie di risorse stanziate da interventi autorizzativi di spesa, contestualmente abrogati.

Con l’istituzione del Fondo in questione è stata dunque operata una razionalizzazione del sistema di agevolazione alle imprese.

Il Fondo è destinato al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo, con particolare riguardo ad una serie di finalità:

§  la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese

§  il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma (tra cui quelli di cui alla legge n. 181/1989)

§  la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

Il Fondo per la crescita sostenibile opera come fondo rotativo, infatti il comma 8 dell’articolo 23 dispone che i provvedimenti di revoca a valere sui finanziamenti del Fondo affluiscano all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo stesso, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati (contabilità n. 1201). Il Fondo, peraltro, si alimenta anche con i rientri dei finanziamenti già erogati.

Il D.M. 8 marzo 2013 ha definito priorità, forme e intensità massime di aiuto concedibili dal Fondo. In particolare sono state individuate specifiche tipologie di interventi: sostegno dei progetti di ricerca e sviluppo; rafforzamento della struttura produttiva del Paese; internazionalizzazione delle imprese e attrazione di investimenti dall’estero; progetti speciali per la riqualificazione competitiva di specifiche aree tecnologiche-produttive strategiche per la competitività del Paese.


Articolo 1, commi 613-615
(Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile)

 

 

L’articolo 1, commi 613-615, istituisce un piano strategico della mobilità sostenibile, incrementando le risorse attribuite al Fondo finalizzato all'acquisto, alla riqualificazione elettrica o al noleggio dei mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale ed estendendo le finalità del Fondo stesso. Nell’ambito del piano strategico si prevede un programma di interventi finalizzati, secondo quanto previsto dalla modifica effettuata nel corso dell’esame alla Camera, ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto.

 

Le norme in commento istituiscono un Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile destinato al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell’aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali nonché degli orientamenti e della normativa comunitaria (comma 613, primo periodo).

Il Piano è approvato entro il 30 giugno 2017 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (comma 615, primo periodo).

 

Gli autobus destinati al trasporto pubblico locale e regionale, come risulta dalla Relazione sullo stato del trasporto pubblico locale (anno 2015), predisposta dall’Osservatorio sul trasporto pubblico locale e presentata alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica il 5 gennaio 2016, presentano un’anzianità media nazionale al 31 dicembre 2014 pari a 12,88 anni (con notevoli differenze tra le regioni: si va dai 15,69 anni della Basilicata ai 6,17 anni della Valle d’Aosta).

Nella relazione si evidenzia una progressiva diminuzione, nel corso degli anni, nelle immatricolazioni di nuovi mezzi (dai 3.758 autobus immatricolati nel 2005, si scende ai 1.208 autobus immatricolati nel 2014). La significativa obsolescenza del parco bus comporta anche che siano in circolazione un numero molto basso di bus a basse emissioni (solo l’1% degli autobus appartiene alla classe euro 6 e poco meno di un quarto appartiene alla classe euro 5, mentre il 60% dei bus è riconducibile alla classe euro 3 o inferiore). Inoltre, con riferimento agli autobus immatricolati nel 2014, l’81,2% dei mezzi ha un’alimentazione diesel, il 18,3% a gas e lo 0,5% dei mezzi ha alimentazione diversa. Nella relazione si auspica che si creino le condizioni per un rinnovamento del parco, in parte attraverso la sostituzione degli autobus con nuovi veicoli a trazione elettrica, in parte anche attraverso la riconversione dei veicoli stessi mediante l’inserimento di motori elettrici in autobus tradizionali.

Sono state pertanto assunte diverse iniziative normative volte a favorire il rinnovamento del parco bus. Si ricorda in primo luogo che il comma 9 dell’articolo 18, dello schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/94/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (A.G. 337), impone alle pubbliche amministrazioni centrali, alle regioni, agli enti locali e ai gestori di servizi di pubblica utilità da essi controllati, situate nelle province ad alto inquinamento, di acquistare, al momento della sostituzione del rispettivo parco auto, autobus e mezzi della raccolta dei rifiuti urbani, almeno il 25% di veicoli a GNC e GNL e di veicoli elettrici. Il mancato rispetto di tale percentuale determina la nullità della gara pubblica. Inoltre lo schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (A.G. 308), sempre allo scopo di favorire il rinnovamento del parco autobus e della qualità dell’aria, prevede all’articolo 22, comma 1, che i contratti di servizio stipulati successivamente al 31 dicembre 2017 non possano prevedere la circolazione di veicoli a motore adibiti al trasporto pubblico regionale e locale alimentati a benzina o gasolio con caratteristiche antinquinamento EURO 0 e 1.

Infine il comma 5 dell’articolo 22 della medesima disposizione stabilisce che, a decorrere dal 31 dicembre 2016, i contratti di servizio che le regioni e gli enti locali sottoscrivono per lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale prevedano, a carico delle imprese, l'onere per il mantenimento e per il rinnovo del materiale rotabile. I predetti contratti di servizio prevedono inoltre la predisposizione da parte delle aziende contraenti di un Piano economico finanziario (PEF) che dimostri un impiego di risorse per il rinnovo del materiale rotabile, mediante nuovi acquisti, locazioni a lungo termine, leasing, nonché per investimenti in nuove tecnologie, non inferiore al dieci per cento del corrispettivo contrattuale.

Con riferimento alle disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo recante il testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (A.G. 308), sopra citato, si segnala la recentissima pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 251 del 2016) che ha dichiarato, tra gli altri, costituzionalmente illegittimo l’articolo 19, lettere b), c), d), g), h), l), m), n), o), p), s), t) e u), che ha delegato il Governo a operare il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali d’interesse economico generale nella parte in cui prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata.

 

Per il perseguimento degli obiettivi del Piano è incrementata la dotazione del Fondo finalizzato all'acquisto, alla riqualificazione elettrica o al noleggio dei mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale, istituito dall’articolo 1, comma 866, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) per l’anno 2019 di 200 milioni di euro e per gli anni dal 2020 al 2033, di 250 milioni di euro per ciascun anno.

 

L’applicazione delle disposizioni concernenti il Fondo istituito dal comma 866 della legge n. 208 del 2015 è stata differita al 1° gennaio 2017 dal decreto-legge n. 210 del 2015.

Nel Fondo confluiscono, previa intesa con le Regioni, le risorse disponibili di cui all’articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 (147/2013) - che ha stanziato 300 milioni per il 2014 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 destinati all'acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario, nonché di vaporetti e ferry-boat- e l’85 per cento degli eventuali maggiori risparmi derivanti dall’esclusione dall'agevolazione sulle accise sul gasolio per veicoli euro 2, prevista dal comma 645 della medesima legge n. 208 del 2015.

Sono inoltre assegnati, ai sensi del citato articolo 1, comma 866, 210 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, 130 milioni di euro per l'anno 2021 e 90 milioni di euro per l'anno 2022.

 

Per la promozione dello sviluppo e della diffusione di autobus ad alimentazione alternativa, il Fondo può essere destinato anche al finanziamento delle relative infrastrutture tecnologiche di supporto (comma 613, secondo periodo).

 

Lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/94/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi (A.G. 337) prevede la predisposizione di un Quadro Strategico Nazionale (allegato al medesimo schema) nell’ambito del quale sono definiti gli obiettivi nazionali per lo sviluppo delle infrastrutture indicando, come stabilito dalla direttiva, le misure necessarie per assicurare che essi siano raggiunti. L’articolo 3, comma 7, dispone in particolare che, a sostegno della realizzazione degli obiettivi previsti nel quadro strategico, si pongano in essere iniziative per promuovere la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi nei servizi di trasporto pubblico.

 

Nell’ambito del Piano strategico si prevede un programma di interventi finalizzati ad aumentare la competitività (anziché “a sostenere il riposizionamento competitivo”, come era previsto nel testo originario) delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, attraverso il sostegno agli investimenti produttivi finalizzati alla transizione verso forme produttive più moderne e sostenibili, con particolare riferimento alla ricerca e sviluppo di modalità di alimentazione alternativa, per il quale è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2017 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 (comma 613, ultimo periodo).

Tali interventi sono disciplinati con decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro il 31 dicembre 2017 (comma 615, ultimo periodo).

 

Secondo la relazione sullo stato del trasporto pubblico locale (anno 2015), che fa riferimento a dati dell’ANFIA (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), il mercato degli autobus è andato ridimensionandosi di anno in anno a causa della crisi economica. Nel 2014 la produzione domestica di autobus si è ridotta a 1/5 di quella del 2007, che era già la metà di quella del 2000. Nel 1° semestre 2015 sono stati tuttavia prodotti 479 autobus contro 87 dello stesso semestre 2014, i volumi riguardano soprattutto il segmento dei minibus prodotti dal costruttore nazionale. É, per converso, in aumento il numero di autobus immatricolati all’estero e poi immatricolati per la prima volta in Italia (301 autobus, 108 dei quali sono autobus usati, immatricolati all’estero prima del 2006).

Sempre in tale ambito si segnala che l’articolo 22, comma 2, dello schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (A.G. 308) stabilisce che i contratti di servizio stipulati successivamente al 31 dicembre 2017 prevedano, che i veicoli per il trasporto pubblico locale, debbano essere dotati di sistemi elettronici per il conteggio dei passeggeri, ai fini della determinazione delle matrici origine/destinazione, e le flotte automobilistiche utilizzate per i servizi di trasporto pubblico regionale e locale siano dotate di sistemi satellitari per il monitoraggio elettronico del servizio. Inoltre, il comma 4 del medesimo articolo 22 prevede che i comuni, in sede di definizione dei Piani urbani del traffico, individuino specifiche modalità per la diffusione di nuove tecnologie previste dal Piano nazionale di azione sui sistemi di trasporto intelligenti (ITS) di cui all'articolo 8 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.

 

Il Ministero dello sviluppo economico d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può immediatamente stipulare convenzioni con l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti – INVITALIA nonché con dipartimenti universitari specializzati sulla mobilità sostenibile per analisi e studi in ordine a costi/benefici degli interventi previsti e ai fabbisogni territoriali, al fine di predisporre il Piano strategico e il programma di interventi sopra descritti avvalendosi delle risorse di cui all’ultimo periodo del comma 613 della presente disposizione (comma 614).


Articolo 1, commi 616 e 619-620
(Scuole paritarie)

 

 

I commi 616 e 619-620 – nel testo approvato dalla Camera – incrementano il contributo per le scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità, introducono un contributo specifico per le scuole dell’infanzia paritarie e dispongono che le erogazioni liberali alle scuole paritarie che danno diritto al c.d. school bonus sono versate direttamente alle stesse scuole (e non all’entrata del bilancio dello Stato).

 

Contributo alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità

 

Si incrementa (da € 12,2 mln annui) a € 23,4 mln annui[209], a decorrere dal 2017, il limite di spesa fissato per il contributo da corrispondere alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità e si prevede che i criteri e le modalità di ripartizione del contributo - che tengono conto, per ciascuna scuola, del numero di alunni con disabilità frequentanti e della percentuale di tali alunni rispetto al numero complessivo di alunni - sono stabiliti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Ai fini indicati, si novella l’art. 1-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016).

 

Nel corso della discussione sul ddl di conversione del D.L. 42/2016 (L. 89/2016), il rappresentante del Governo aveva fatto presente che con la previsione di un contributo specifico da corrispondere alle scuole paritarie che accolgono alunni con disabilità si intendeva “rimediare all'impedimento registratosi di fatto alla libera scelta da parte delle famiglie con figli disabili rispetto alla tipologia di istituto scolastico cui iscrivere i propri figli”.

Aveva fatto presente, altresì, che le istituzioni scolastiche paritarie, comprese le comunali, contavano percentualmente la metà degli alunni affetti da disabilità delle scuole statali e che, quindi, i fondi disponibili non risultavano sufficienti ad assicurare la libertà di scelta delle famiglie. Aveva anche comunicato che, dei circa 12.000 disabili, circa 3.200 sono iscritti alle scuole paritarie pubbliche, con riferimento al settore dell'infanzia, mentre i restanti presso le paritarie private, per tutti gli altri gradi di istruzione.

 

 

La L. 62/2000 ha inteso dare attuazione all’art. 33 della Costituzione – che, al terzo comma, ha sancito il diritto dei privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato, e, al quarto comma, ha affidato alla legge ordinaria il compito di fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, assicurando ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali –, stabilendo che il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.

In particolare, l’art. 1, co. 3, ha disposto che le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap.

Il co. 4, ha, inoltre, fissato i requisiti in base ai quali le scuole non statali sono riconosciute, a domanda, scuole paritarie (e, pertanto, sono abilitate al rilascio di titoli di studio aventi valore legale). Tra questi, in particolare, per quanto qui più interessa: disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche conformi alle norme vigenti (lett. b)); iscrizione alla scuola per tutti gli studenti che ne facciano richiesta, purché in possesso di adeguato titolo di studio (lett. d)); applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio (lett. e)).

Nello specifico, il co. 14 ha autorizzato uno stanziamento di £ 7 mld annui (circa € 3,6 mln) a sostegno delle scuole che accolgono alunni con handicap. In relazione a tale stanziamento, il Consiglio di Stato, Adunanza della Sezione II, 20.12.2000, n. 1178/2000, ha chiarito che la relativa autorizzazione di spesa si riferisce alle scuole statali e paritarie insieme.

 

Per le scuole primarie paritarie convenzionate (ai sensi dell’art. 1-bis, co. 6, del D.L. 250/2005-L. 27/2006), il DPR 23/2008, dopo aver disposto che con la stipula della convenzione l'amministrazione scolastica si obbliga a corrispondere all'ente gestore della scuola paritaria convenzionata un contributo annuo, la cui misura è fissata con decreto ministeriale (art. 2, co. 3), ha previsto, per quanto qui più specificamente interessa, che lo stesso contributo viene assegnato avuto riguardo, oltre che al numero di classi con una composizione minima di dieci alunni ciascuna, al numero di ore di sostegno per gli alunni disabili previste dal piano educativo individualizzato e al numero di ore di insegnamento integrativo necessarie per alunni in difficoltà di apprendimento su progetto aggiuntivo (art. 4, co. 1).

 

Con riferimento ai criteri per l’assegnazione dei contributi statali alle scuole paritarie, si ricorda che l’art. 1, co. 636, della L. 296/2006 ne ha demandato la definizione a un decreto annuale del Ministro della pubblica istruzione, stabilendo che gli stessi sono attribuiti, in via prioritaria, alle strutture che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro e che l’ordine di concessione è: scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado.

Da ultimo, per l’a.s. 2015/2016 è intervenuto il DM 367 del 3 giugno 2016, i cui artt. 2, 3 e 4 hanno stabilito che lo stanziamento è ripartito con D.D.G. tra gli USR (e la regione autonoma per la Valle d’Aosta) sulla base della consistenza numerica delle scuole paritarie, delle classi o sezioni e degli alunni, e che conseguentemente i direttori generali degli USR predispongono un piano regionale di erogazione dei contributi. Inoltre, l’art. 9 ha disposto che alle scuole paritarie di ogni ordine e grado che accolgono alunni diversamente abili, iscritti e frequentanti, è assegnato un contributo annuale per ogni alunno certificato – che può essere differenziato per i diversi gradi di istruzione –, determinato a livello regionale sulla base dei dati comunicati, previa acquisizione delle certificazioni e verifica della loro rispondenza ai parametri previsti dalla legge. Non rientrano nel computo gli alunni diversamente abili nelle scuole primarie paritarie convenzionate, di cui al D.P.R. 23/2008.

Contributo alle scuole dell’infanzia paritarie

 

Si assegna alle scuole dell’infanzia paritarie un contributo – definito aggiuntivo – di € 50 mln[210] per il 2017.

Le modalità e i criteri di ripartizione sono definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato previsto che il contributo è erogato entro il 31 ottobre dell’anno scolastico di riferimento.

In relazione alla data indicata, si intenderebbe che si faccia riferimento all’a.s. 2017/2018.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento.

Più in generale, occorre valutare se la previsione normativa – che non prevede neanche un coinvolgimento della Conferenza Stato- regioni – possa qualificarsi come uno stanziamento statale vincolato.

Si tratta di un aspetto sul quale, durante l’esame alla Camera, anche la Commissione Affari costituzionali ha richiamato l’attenzione, formulando un’osservazione.

 

Si ricorda, infatti, che la competenza amministrativa relativa ai contributi alle scuole non statali è stata attribuita alle regioni dall’art. 138, co. 1, lett. e), del d.lgs. 112/1998 e che la Corte costituzionale, con sentenza 50/2008, ha dichiarato incostituzionale, per violazione dell'autonomia legislativa e finanziaria delle regioni, l’art. 1, co. 635, della L. finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) che, al fine di dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, aveva disposto che, a decorrere dal 2007, gli stanziamenti, iscritti nelle UPB «Scuole non statali», erano incrementati complessivamente di 100 milioni di euro, da destinare prioritariamente alle scuole dell'infanzia.

In tale sentenza la Corte ha ricordato che: "Non sono (...) consentiti finanziamenti a destinazione vincolata in materie di competenza regionale residuale ovvero concorrente, in quanto ciò si risolverebbe in uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza (sentenza n. 423 del 2004; nello stesso senso, tra le altre, sentenze nn. 77 e 51 del 2005)." La Corte aveva già avuto modo di sottolineare che il settore dei contributi relativi alle scuole paritarie «incide sulla materia della “istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 423 del 2004, punto 8.2. del Considerato in diritto). Pertanto il co. 635 dell'art. 1 della L. finanziaria 2007, "nella parte in cui prevede un finanziamento vincolato in un ambito materiale di spettanza regionale, si pone in contrasto con gli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione". La Corte ha tuttavia aggiunto che: "La natura delle prestazioni contemplate dalla norma censurata, le quali ineriscono a diritti fondamentali dei destinatari, impone, però, che si garantisca continuità nella erogazione delle risorse finanziarie. Ne consegue che devono rimanere «salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti» (così anche la citata sentenza n. 423 del 2004)."

 

Erogazioni liberali alle scuole paritarie

 

Si stabilisce che le erogazioni liberali destinate agli investimenti in favore delle scuole paritarie, finalizzate al riconoscimento del c.d. school-bonus, sono effettuate su conto corrente bancario o postale intestato alle medesime scuole, con sistemi di pagamento tracciabili.

La disposizione opera in deroga a quanto previsto dall’art. 1, co. 148, della L. 107/2015 – in base al quale il credito d'imposta è riconosciuto a condizione che le somme siano versate in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato - e inserisce nello stesso art. 1 i commi 148-bis e 148-ter.

 

Preliminarmente, si ricorda che i co. 145-150 della L. 107/2015, come modificati dal co. 231 della L. 208/2015, dispongono che, per le erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in favore degli istituti del sistema nazionale di istruzione (dunque, scuole statali e scuole paritarie private e degli enti locali: art. 1 L. 62/2000) per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l'occupabilità degli studenti, alle persone fisiche, agli enti non commerciali e ai soggetti titolari di reddito d'impresa spetta un credito d'imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate nel 2016 e 2017 e al 50% per quelle disposte nel 2018. L’importo massimo ammesso all’agevolazione fiscale è pari a € 100 mila per ciascun periodo d’imposta. Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

Il credito d'imposta è riconosciuto a condizione che le somme siano versate in un apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, secondo le modalità definite con D.I. 8 aprile 2016. Le stesse somme sono riassegnate ad apposito fondo iscritto nello stato di previsione del MIUR per l'erogazione alle scuole beneficiarie[211]. Una quota pari al 10% delle somme complessivamente iscritte ogni anno sul fondo è assegnata alle istituzioni scolastiche che risultano destinatarie delle erogazioni liberali in un ammontare inferiore alla media nazionale, secondo le modalità definite con il D.I. indicato.

I soggetti beneficiari devono pubblicare nel proprio sito web, nonché nel portale telematico del MIUR – senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio statale - l'ammontare delle somme erogate, nonché la loro destinazione e il loro utilizzo, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003).

Qui il sito dedicato.

 

Le scuole paritarie beneficiarie devono comunicare mensilmente al MIUR l’ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel mese di riferimento e, entro 30 giorni dal ricevimento delle stesse, devono versarne il 10% al fondo istituito nello stato di previsione del MIUR, ai fini della erogazione alle istituzioni scolastiche che risultano destinatarie delle erogazioni liberali in un ammontare inferiore alla media nazionale.

Occorrerebbe chiarire se la comunicazione dell’ammontare delle erogazioni liberali al MIUR debba intendersi soddisfatta con la pubblicazione dello stesso sul portale telematico del MIUR.

Si ribadisce, inoltre, che le scuole paritarie devono dare pubblica comunicazione dell’ammontare delle erogazioni liberali ricevute, della relativa destinazione e del relativo utilizzo, attraverso il proprio sito web e attraverso il portale telematico del MIUR, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, e che all’attuazione di tali previsioni si provvede senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Nel nuovo co. 148-bis, lett. a), della L. 107/2015 occorrerebbe sopprimere le parole da “provvedendo altresì” fino a “2003, n. 196”, poiché ripetono quanto già previsto nel co. 149 con riferimento a tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione (incluse, dunque, le scuole paritarie). Analogamente, il nuovo co. 148-ter ripete quanto già previsto nel co. 149.

 


Articolo 1, comma 617
(Detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica)

 

 

Il comma 617– nel testo approvato dalla Camera – aumenta l’importo massimo – per alunno o studente – per il quale è possibile usufruire della detrazione IRPEF relativamente alle spese sostenute per la frequenza.

 

In particolare, aumenta (da € 400 euro) a € 564 per il 2016, € 717 per il 2017, € 786 per il 2018 ed € 800 dal 2019 l’importo massimo – per alunno o studente – per il quale è possibile usufruire della detrazione IRPEF del 19%, relativamente alle spese sostenute per la frequenza di scuole dell'infanzia, scuole del primo ciclo di istruzione e scuole secondarie di secondo grado del sistema nazionale di istruzione.

A tal fine, novella la lett. e-bis) del comma 1 dell’art. 15 del D.P.R. 917/1986 (testo unico delle imposte sui redditi), introdotta dall’art. 1, comma 151, lett. b), della L. 107/2015.

 

Al riguardo, si ricorda che, con circolare 3/E del 2 marzo 2016, l’Agenzia delle entrate, rispondendo al quesito relativo ai criteri per distinguere le spese per la frequenza scolastica, ammesse in detrazione ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. e-bis), del TUIR nel limite massimo di spesa di € 400, e le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici, già ammesse in detrazione ai sensi della lett. i-octies) dello stesso art. 15, senza limite di importo, ha fatto presente che il MIUR, interpellato per individuare l’ambito applicativo della nuova previsione, ha precisato che, alla luce del combinato disposto delle lett. e-bis) e i-octies) dell’art. 15, “i contributi volontari consistenti in erogazioni liberali finalizzate all’innovazione tecnologica (es. acquisto di cartucce stampanti), all’edilizia scolastica (es. pagamento piccoli e urgenti lavori di manutenzione o di riparazione), all’ampliamento dell’offerta formativa (es. acquisto di fotocopie per verifiche o approfondimenti) rientrano nell’ambito di applicazione della lettera i-octies). Invece, le tasse[212], i contributi obbligatori, nonché i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica ma non per le finalità di cui alla lettera i-octies) rientrerebbero nella previsione della lettera e-bis). Si citano, a mero titolo di esempio, la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e le spese per la mensa scolastica”.

Rimane, in ogni caso, escluso dalla detrazione l’acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici per la scuola secondaria di primo e secondo grado.

Con circolare 18/E del 6 maggio 2016, l’Agenzia delle entrate ha, poi, precisato che le spese sostenute per la mensa scolastica possono essere comprese tra quelle previste dall’art. 15, comma 1, lett. e-bis) del TUIR anche quando tale servizio sia reso per il tramite del Comune o di altri soggetti terzi rispetto alla scuola[213].

Infine, con Risoluzione 68/E del 4 agosto 2016, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che siano detraibili, ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. e-bis), del TUIR, anche le spese sostenute per i servizi scolastici integrativi, quali l’assistenza al pasto e il pre e post scuola[214]. Diverso parere ha espresso, invece, per quanto riguarda la detraibilità delle spese relative al servizio di trasporto scolastico, anche se fornito per sopperire ad un servizio pubblico di linea inadeguato per il collegamento abitazione-scuola, in quanto discriminatoria rispetto a chi, avvalendosi dei mezzi pubblici, non avrebbe diritto ad alcuna agevolazione.

 

 


Articolo 1, comma 618
(Limitazione dei comandi di personale scolastico)

 

 

Il comma 618 posticipa ulteriormente (dall’a.s. 2017/2018) all’a.s. 2019/2020 la soppressione delle disposizioni (art. 26, co. 8, secondo e terzo periodo, L. 448/1998) che prevedono la possibilità di collocare fuori ruolo docenti e dirigenti scolastici per assegnazioni presso enti che operano nel campo delle tossicodipendenze, della formazione e della ricerca educativa e didattica, nonché associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi.

A tal fine, novella l’art. 1, co. 330, della L. 190/2014.

 

L’art. 1, co. 330, della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015) aveva originariamente previsto la soppressione, a decorrere dall’a.s. 2016/2017, del secondo e del terzo periodo dell’art. 26, co. 8, della L. 448/1998, i quali – in base alle modifiche apportate, da ultimo, dall’art. 1, co. 57, lett. a) e b), della L. 228/2012 (legge di stabilità 2013) – dispongono che possono essere assegnati docenti e dirigenti scolastici:

§  fino a 100 unità presso gli enti e le associazioni che svolgono attività di prevenzione del disagio psico-sociale, assistenza, cura, riabilitazione e reinserimento di tossicodipendenti, iscritti negli albi regionali e provinciali di cui all’art. 116 del D.P.R. 309/1990;

§  fino a 50 unità presso associazioni professionali del personale direttivo e docente ed enti cooperativi da esse promossi, nonché presso enti che operano nel campo della formazione e della ricerca educativa e didattica.

Successivamente, l’art. 1, co. 223, della L. 208/2015 – novellando l’art. 1, co. 330, della L. 190/2014 – ha posticipato all’a.s. 2017/2018 la soppressione delle disposizioni.

 

Per completezza, si ricorda che tutte le assegnazioni previste dall’art. 26, co. 8, della L. 448/1998 – incluse, dunque, quelle disposte ai sensi del primo periodo del comma per compiti connessi con l’attuazione dell’autonomia scolastica – comportano il collocamento in posizione di fuori ruolo. Il periodo trascorso in tale posizione è valido a tutti gli effetti come servizio di istituto nella scuola. All'atto del rientro in ruolo i docenti e i dirigenti scolastici riacquistano la sede nella quale erano titolari al momento del collocamento fuori ruolo se il periodo di servizio prestato nella predetta posizione non è durato oltre un quinquennio. In caso di durata superiore, essi sono assegnati con priorità ad una sede disponibile da loro scelta.

Si rammenta, altresì, che il co. 9 dello stesso art. 26 dispone che le associazioni professionali del personale direttivo e docente e gli enti cooperativi da esse promossi, nonché gli enti e le istituzioni che svolgono, per loro finalità istituzionale, impegni nel campo della formazione possono chiedere contributi in sostituzione del personale assegnato, nel limite massimo delle economie di spesa realizzate per effetto della riduzione delle assegnazioni stesse. Le modalità attuative di tale disposto sono state definite con D.M. 100 del 31 marzo 2000.


Articolo 1, comma 621
(Fondo per l’Africa)

 

 

L’articolo 1, comma 621 istituisce un fondo allocato sul bilancio del MAECI per interventi straordinari di dialogo con i Paesi africani d’importanza prioritaria per le rotte migratorie. Si prevede una dotazione di 200 milioni di euro per il 2017.

 

Il Governo italiano in occasione della Conferenza ministeriale Italia-Africa del 18 maggio 2016 a Roma ha esplicitato i contorni della strategia italiana per l'Africa.

L'Africa rappresenta un continente di opportunità,  ma pone numerose sfide: quella della crescita demografica, di governare i flussi migratori, la sfida energetica, le crisi di sicurezza. A queste sfide occorre rispondere con una strategia di lungo periodo, in linea con quanto indicato dall'UE a La Valletta.

 

Come chiarito dal Presidente della Repubblica Mattarella, in occasione della Conferenza Italia-Africa, il fenomeno migratorio va affrontato "con un approccio multidimensionale" che tenga insieme la gestione dell'emergenza e la rimozione delle cause dei flussi migratori.

 

L’approccio proposto dal nostro Paese prevede: strumenti immediati per contenere i flussi; strumenti di medio-lungo periodo per lo sviluppo e gli investimenti nei paesi africani, allo scopo di affrontare in un quadro di partnership il fenomeno delle migratorio.

Il Governo italiano è impegnato a rafforzare le intese sui rimpatri e per crearle dove ancora non sono in vigore, innanzitutto in Nigeria e Costa d'Avorio, in Senegal e Niger.

Il Piano d'azione dell'UE della Valletta, adottata al termine dell'omonimo Vertice, tenutosi l'11 e 12 novembre 2015, si pone un insieme ambizioso di obiettivi: affrontare le cause profonde della migrazione adoperandosi per contribuire alla creazione di pace, stabilità e sviluppo economico; migliorare il lavoro di promozione e organizzazione di canali di migrazione legale; rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, in particolare dei gruppi vulnerabili; contrastare in maniera più efficace lo sfruttamento e il traffico di migranti; collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione. Anche l'UE a La Valletta ha lanciato un "Fondo fiduciario d'emergenza dell'UE per la stabilità e la lotta contro le cause profonde della migrazione irregolare e del fenomeno degli sfollati in Africa", con una dotazione di 1,8 miliardi di euro provenienti dagli strumenti di finanziamento a carico del bilancio dell'UE, nonché dai contributi degli Stati membri e di altri donatori.

L'Italia tramite il Migration Compact ha inteso contribuire alla politica migratoria dell'UE avendo come obiettivi la focalizzazione delle risorse e degli strumenti esistenti in direzione dei paesi prioritari (in primis, dunque, i Paesi africani di origine e transito) e un miglioramento degli strumenti di governance: aggiornamento e potenziamento dell'Approccio globale in materia di migrazione e mobilità, sviluppo delle linee tracciate dal Piano d'azione della Valletta, dall'Accordo UE-Turchia e dai dialoghi che l'UE sta promuovendo a livello regionale (Processi di Khartoum e Rabat in particolare).

 

Per quanto riguarda i principali strumenti dell'UE di dialogo regionale, il processo di Rabat, lanciato in occasione della prima conferenza interministeriale UE-Africa su migrazione e sviluppo tenutasi nel luglio 2006, riunisce i governi di 55 paesi europei e africani (Africa settentrionale, occidentale e centrale) insieme alla Commissione europea e alla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS), e mira a intensificare il dialogo e la cooperazione tra Paesi d'origine, di transito e di destinazione lungo la rotta migratoria dell'Africa occidentale.

Il processo di Khartoum (iniziativa UE-Corno d'Africa in materia di rotte migratorie) è stato lanciato durante il semestre di presidenza italiana dell'Unione, nel novembre 2014, sulla falsariga del processo di Rabat, e coinvolge i paesi d'origine e transito del Corno d'Africa (Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Eritrea, Somalia, Gibuti e Kenia) e i principali Paesi di transito mediterranei (Egitto, Libia e Tunisia). A guidarlo, un comitato direttivo composto da cinque Stati membri dell'UE (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Malta) e cinque Paesi partner (Egitto, Eritrea, Etiopia, Sud Sudan e Sudan), nonché dalla Commissione europea, dal SEAE e dalla Commissione dell'Unione africana.

 

Si segnala, infine, che nello stato di previsione del MAECI, tra le priorità politiche indicate dal Ministro Gentiloni per il 2017 all'Amministrazione degli Affari esteri, figura quella dei flussi migratori.  A tale riguardo si legge: “La Farnesina dovrà contribuire, anche attivando il necessario raccordo tra le amministrazioni nazionali interessate, all’identificazione e introduzione di strumenti per la gestione di breve, medio e lungo termine dei fenomeni migratori, da cui in parte dipendono stabilità sociale e sostenibilità del progetto europeo, in un’ottica di contenimento dei flussi e integrazione dei migranti. In sede europea andrà data priorità ai seguiti delle proposte italiane del migration compact per un nuovo partenariato con l’Africa, mentre a livello multilaterale andranno promossi i principi della salvaguardia della vita umana, della lotta al traffico di esseri umani e della protezione dei migranti più vulnerabili, quali donne e minori. La nostra azione politico-diplomatica volta a promuovere stabilità in Africa e Medio Oriente dovrà accompagnarsi nei Paesi di origine e transito a una rinnovata azione di cooperazione allo sviluppo e a rinnovate prospettive di riammissione dei migranti irregolari”.


Articolo 1, comma 622
(Misure per il rafforzamento della cooperazione internazionale per lo sviluppo)

 

 

Il comma 622, inserito nel corso dell’esame presso la Camera, destina 50 milioni di euro al fondo di garanzia per i prestiti concessi dalla Cassa depositi e prestiti per iniziative riguardanti la cooperazione allo sviluppo, ampliando il novero dei soggetti destinatari della garanzia. A tal fine sono modificati alcuni articoli della legge n. 125 del 2014.

 

La legge n. 125 del 2014 ha dettato la nuova disciplina generale della cooperazione italiana allo sviluppo, definendola “parte integrante e qualificante della politica estera”. La nuova normativa da un lato si è posta l’obiettivo di aggiornare in modo sistematico il quadro normativo, risalente al 1987, rimettendo in ordine soggetti, strumenti, modalità di intervento e princìpi di riferimento maturati nel frattempo nella comunità internazionale, dall’altro quello di adeguare il sistema italiano di cooperazione allo sviluppo ai modelli prevalenti nei Paesi partner dell’Ue. La riforma si basa su tre pilastri fondamentali: la creazione di un Comitato interministeriale per coordinare l’azione di tutti i Ministeri con competenze nel campo della cooperazione; il nuovo ruolo assunto dal Ministero degli affari esteri e la creazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS). Uno specifico rilievo assume la strumentazione finanziaria a sostegno della cooperazione allo sviluppo,, disciplinata dagli art. 8 e 22 della normativa (v. più avanti).

In particolare, la lettera a) del comma 622 inserisce il comma 1-bis all’articolo 8 della legge n. 125 del 2014, prevedendo che il Governo destini una quota - nel limite di 50 milioni -  del fondo rotativo fuori bilancio costituito presso la Cassa depositi e prestiti Spa (ai sensi dell’art. 26 della legge n. 227/1977), finalizzata alla costituzione di un fondo di garanzia per i prestiti concessi dalla stessa Cassa depositi e prestiti con risorse proprie per iniziative riguardanti la cooperazione allo sviluppo. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono definiti i criteri e le modalità di operatività del predetto fondo di garanzia.

 

L’articolo 8 della citata legge n. 125 del 2014 prevede che la Cassa depositi e prestiti possa essere autorizzata dal Ministro dell'economia e delle finanze a concedere, previa delibera del Comitato congiunto per la cooperazione allo sviluppo (CICS), anche in consorzio con enti o banche estere, crediti concessionali a valere sul fondo rotativo fuori bilancio costituito presso di essa agli Stati destinatari, banche centrali o enti pubblici degli Stati destinatari, nonché a organizzazioni finanziarie internazionali.

Si tratta, in sostanza, di crediti finanziari agevolati destinati al miglioramento della situazione economica e monetaria di tali Paesi, tenendo conto della partecipazione italiana a progetti e programmi di cooperazione approvati nelle forme di legge e diretti a favorire e promuovere il progresso tecnico, culturale, economico e sociale di detti Stati. Tali crediti erano originariamente concessi da Mediocredito centrale ai sensi dell'articolo 26 della legge 24 maggio 1977, n. 227.

La platea dei destinatari, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, della medesima legge n. 125 è composta da popolazioni, organizzazioni e associazioni civili, settore privato, istituzioni nazionali e amministrazioni locali dei Paesi partner, individuati in coerenza con i princìpi condivisi nell'ambito dell'Unione europea e delle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte.

Ove richiesto dalla natura dei programmi di sviluppo, i crediti concessionali possono essere destinati al finanziamento dei costi locali e di acquisti in Paesi terzi di beni, servizi e lavori inerenti alle iniziative in corso.

 

Ai sensi dell’articolo 22 della medesima legge n. 125, la Cassa depositi e prestiti assolve ai compiti di istituzione finanziaria per la cooperazione internazionale allo sviluppo, regolati da apposita convenzione con il Ministero degli affari esteri e l'Agenzia per la cooperazione allo sviluppo. Ai sensi del comma 4, CDP può destinare, nel limite annuo stabilito dalla convenzione, risorse proprie ad iniziative rispondenti alle finalità della legge, anche in regime di cofinanziamento con soggetti privati, pubblici o internazionali, previo parere favorevole del Comitato.

 

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 8 della legge n. 125 prevede inoltre che le risorse di tali fondi siano impignorabili.

 

La lettera b) modifica l’articolo 27, comma 3, della medesima legge n.125 del 2014, novellandone la lettera c): la modifica amplia il novero dei soggetti destinatari del citato fondo di garanzia per i crediti agevolati costituito presso Cassa depositi e prestiti.

I crediti agevolati sono concessi ad imprese italiane  per assicurare il finanziamento della quota di capitale di rischio, anche in forma anticipata, per la costituzione di imprese miste in Paesi partner individuati con delibera del Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS), con particolare riferimento alle piccole e medie imprese.

 

La garanzia è quindi estesa ai prestiti concessi, oltre che dalla Cassa depositi e prestiti, da banche dell’area UE, da banche operanti fuori dell’area UE (se soggette a vigilanza prudenziale dell’autorità competente del Paese in cui si effettua l’intervento) o da fondi direttamente o indirettamente partecipati o promossi dai predetti soggetti.

 

Si ricorda che l’articolo 27 reca le modalità di partecipazione delle imprese e degli istituti bancari ai processi di sviluppo dei Paesi partner. Si riconosce la partecipazione di tali soggetti alle procedure di evidenza pubblica dei contratti per la realizzazione d’iniziative di sviluppo finanziate dalla cooperazione allo sviluppo, nonchè dai Paesi partner, dall'Unione europea, dagli organismi internazionali, dalle banche di sviluppo e dai fondi internazionali, che ricevono finanziamenti dalla cooperazione allo sviluppo.

 

Ai sensi del comma 3, come anticipato, una quota del fondo rotativo citato può essere destinata a

a) concedere ad imprese italiane crediti agevolati per assicurare il finanziamento della quota di capitale di rischio, anche in forma anticipata, per la costituzione di imprese miste in Paesi partner, individuati con delibera del CICS, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;

b) concedere crediti agevolati ad investitori pubblici o privati o ad organizzazioni internazionali, affinché finanzino imprese miste da realizzarsi in Paesi partner o eroghino altre forme di agevolazione identificate dal CICS che promuovano lo sviluppo dei Paesi partner;

c) costituire un fondo di garanzia per i prestiti concessi.


Articolo 1, comma 623
(
Fondo Corpi di polizia e dei Vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 1, comma 623 dispone uno stanziamento di 70 milioni di euro per il 2017 e di 180 milioni per il periodo 2018-2030 per l’acquisto e l’ammodernamento dei mezzi strumentali in uso alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, istituendo a tal fine un apposito fondo.

 

Il comma 623 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo con una dotazione finanziaria di 70 milioni di euro per il 2017 e di 180 milioni per il periodo 2018-2030 per l’acquisto e l’ammodernamento dei mezzi strumentali in uso alle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza e Polizia penitenziaria) e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

All’acquisto di tali mezzi si può procedere, come specificato dalla disposizione in commento, anche attraverso l’utilizzo di meccanismi di centralizzazione degli acquisti tramite Consip S.p.a. e leasing finanziario.

 

Si ricorda che Consip S.p.A. è la società con capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, che costituisce la struttura di servizio di riferimento per gli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A.. La Società Consip e le Centrali regionali di acquisto della P.A. sono i soggetti competenti a stipulare - anche mediante il ricorso a strumenti e procedure informatiche - convenzioni quadro, con le quali l'impresa fornitrice di beni e servizi si impegna ad accettare ordinativi di fornitura deliberati dalle pubbliche amministrazioni, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti. Le amministrazioni pubbliche, in via generale, possono ricorrere alle convenzioni-quadro, ovvero sono obbligate a fare ricorso ai parametri prezzo-qualità da tali convenzioni fissati (articolo 1, commi 449-458 della legge finanziaria 2007).

Si ricorda che nelle linee d’azione tracciate nel DEF il rafforzamento dell’acquisizione centralizzata costituisce un tassello fondamentale per sostenere la revisione della spesa tramite il recupero dell’efficienza nei processi e nei costi d’acquisto (inclusi gli oneri amministrativi connessi all’espletamento delle procedure di approvvigionamento) e una maggiore tracciabilità, trasparenza e semplificazione dell’azione amministrativa.

 

Le amministrazioni in concreto destinatarie delle somme sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze in relazione alle richieste del Ministro dell’interno (per Polizia di Stato e Vigili del fuoco), del Ministro della difesa (per i Carabinieri) e del Ministro della giustizia (per la Polizia penitenziaria). Tale decreto dovrà essere emanato entro 60 giorni dalla entrata in vigore della legge.

 

Una norma analoga è contenuta, per il 2016, nella legge di stabilità 2016 (L. 208/2015, art. 1, comma 967), che ha istituito il Fondo per l'ammodernamento delle dotazioni strumentali e delle attrezzature anche di protezione personale in uso alle forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (presso il MEF) con una dotazione finanziaria di 50 milioni di euro per il 2016, il cui riparto è effettuato, con DPCM, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell'interno, della difesa e della giustizia. La disposizione autorizza, inoltre, la spesa di 10 milioni per il 2016, per il rinnovo e l'adeguamento della dotazione dei giubbotti anti-proiettile della Polizia di Stato. La corrispondente copertura è reperita a valere sul Fondo di riserva istituito nello stato di previsione del MEF, per le esigenze indifferibili che si manifestino in corso di gestione.

 

In precedenza, risultano altri interventi finalizzati all’adeguamento dei mezzi delle forze del comparto sicurezza.

Si richiama, in particolare, il D.L. 119/2014 (art. 8, comma 1) che ha stanziato in favore della Polizia di Stato 8 milioni di euro per l'anno 2014, 36 milioni di euro per l'anno 2015 e 44 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021, per l'acquisto di automezzi e di equipaggiamenti, anche speciali, nonché per interventi di manutenzione straordinaria e adattamento di strutture e impianti.

Al Corpo dei vigili del fuoco sono stati destinati 2 milioni di euro per l'anno 2014, 4 milioni di euro per l'anno 2015 e 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2016 al 2021, per l'acquisto di automezzi per il soccorso urgente.

Il medesimo provvedimento prevedeva l’assegnazione, previa valutazione di convenienza, alle forze del comparto della pubblica sicurezza le automobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche statali dismesse o da dismettere (art. 8, comma 1-ter).

 

Relativamente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si ricordano, oltre al citato D.L. 119/2014, i seguenti interventi in ordine al potenziamento dei mezzi strumentali da ultimo adottati:

§  il D.L. 113/2016, che ha autorizzato una spesa di 10 milioni per l’ammodernamento dei mezzi e dei dispositivi di protezione individuale del Corpo dei vigili del fuoco per ciascuno anno dal 2016 al 2018, attraverso una corrispondente riduzione del fondo speciale di conto capitale iscritto nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, utilizzando parzialmente l’apposito accantonamento relativo al Ministero dell’interno (art. 6-bis, commi 3 e 4);

§  il D.L. 189/2016, di cui è in corso di esame parlamentare la legge di conversione, che autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016 e 45 milioni per l’anno 2017 per le seguenti finalità: ripristinare l’integrità del parco mezzi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; garantire l’attività di raccolta e trasporto del materiale derivante dal crollo degli edifici colpiti dall’evento sismico; assicurare lo svolgimento dell’attività di rimozione e trasporto delle macerie (art. 51, comma 4).

 


Articolo 1, commi 624-625
(Rideterminazione del
Fondo per interventi strutturali di
politica economica e del Fondo esigenze indifferibili
)

 

 

Il comma 624 prevede la riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) di 4.260 milioni di euro per l'anno 2017, di 4.185,5 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.270 milioni di euro per l'anno 2019 e di 2.970 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

Il comma 625 incrementa il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 91,75 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.

 

Il comma 624 dispone la riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di 4.260 milioni di euro per l'anno 2017, di 4.185,5 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.270 milioni di euro per l'anno 2019 e di 2.970 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

Con la norma in esame si porta in riduzione del Fondo la quota di rifinanziamento del Fondo medesimo autorizzata dall’articolo 15, comma 1, del D.L. n. 193/2016 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili), le cui disposizioni vengono contabilizzate nel disegno di legge di bilancio, nell’ambito della seconda sezione. La disposizione è volta in sostanza a sterilizzare sul disegno di legge di bilancio l’ammontare di risorse rinvenienti dal decreto legge n. 193 del 2016, atteso che le stesse concorrono alla copertura della manovra.

 

Per quanto concerne la dotazione finanziaria del Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075), si sottolinea altresì che il FISPE - che presentava una dotazione a legislazione vigente di 123,3 milioni per il 2017, di 293 milioni per il 2018 e di 387,6 milioni per il 2019 – è stato rifinanziato nella seconda sezione di 80 milioni di euro per il 2017 e di 100 milioni per il 2018.

Nel disegno di legge di bilancio (A.S. 2611) , il Fondo presenta, a seguito delle suesposte disposizioni nonché delle riduzioni determinate dalle disposizioni introdotte nel corso dell’iter alla Camera (cfr. commi 133, 220 e 225, lett. c)), una dotazione pari a 195,5 milioni per il 2017, 356,4 milioni per il 2018 e a 333,8 milioni per il 2019.

Si ricorda che il Fondo ISPE è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Il comma 625 rifinanzia di 91,75 milioni di euro a decorrere dal 2017 il Fondo istituito per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione.

 

Per quanto concerne la dotazione finanziaria del Fondo, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3076), si ricorda che il testo iniziale del provvedimento presentato dal Governo prevedeva un rifinanziamento del Fondo pari a 300 milioni a decorrere dal 2017.

A valere su tale rifinanziamento è stata posta la copertura finanziaria di molte norme che sono state introdotte nel corso dell’esame alla Camera, per complessivi 236,05 milioni di euro nel 2017, 208,25 milioni nel 2018, 194,6 milioni nel 2019.

Al tempo stesso, il disegno di legge di bilancio in esame ha disposto sul Fondo in questione anche un definanziamento nella seconda sezione per complessivi 965,5 milioni di euro per il 2017, di 499,2 milioni per il 2018 e di 12,6 per il 2019.

 

Per quanto concerne le disponibilità attuali del Fondo, a seguito dei numerosi interventi normativi che vi hanno inciso, rispetto ad una dotazione a legislazione vigente - pari a 985,5 milioni per il 2017, 519,2 milioni per il 2018 e di 22,6 milioni per il 2019 – nel bilancio di previsione per gli anni 2017-2019 (A.S. 2611) il Fondo presenta una dotazione pari a 83,95 milioni per il 2017, 111,75 milioni per il 2018 e di 115,4 milioni per il 2019, come evidenziato nella tabella seguente:

 

Fondo esigenze indifferibili in corso di gestione - Cap. 3076/MEF

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

985,5

519,2

22,6

- Rifinanziamento ddl iniziale del Governo

300,0

300,0

300,0

- Definanziamento II Sezione

-965,5

-499,2

-12,6

- Variazioni approvate alla Camera

-236,05

-208,25

-194,6

Dotazione ddl di bilancio 2017-2019

83,95

111,75

115,4

 

Il Fondo per esigenze indifferibili nel corso della gestione è stato istituto dall’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014), con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, presso il Ministero dell’economia e finanze (cap. 3076). Esso è ripartito annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

La dotazione del Fondo è stata successivamente incrementata dall’articolo 16, comma 11, del D.L. n. 83/2015, il quale destina a tale Fondo le maggiori entrate derivanti dalle modifiche alla disciplina fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione ai fini delle imposte dirette. Tali entrate sono valutate nell’ordine di 137 milioni per il 2016, 107 milioni per il 2017, 505 milioni per il 2018, 130 milioni per il 2020, 451 milioni per il 2021, 360 milioni per il 2022, 245 milioni per il 2023, 230 milioni per il 2024 e 189 milioni di euro annui a decorrere dal 2025.


Articolo 1, comma 626
(Rifinanziamento del bonus cultura per i  diciottenni e del bonus strumenti musicali)

 

 

Il comma 626 assegna la Card cultura per i giovani, introdotta dalla legge di stabilità 2016, anche ai soggetti che compiono diciotto anni nel 2017, ampliandone le finalità di utilizzo, e rifinanzia per il 2017 il bonus, introdotto anch’esso dalla legge di stabilità 2016, per l’acquisto di strumenti musicali nuovi.

 

Il comma 626 - modificato dalla Camera - dispone l’assegnazione della Card cultura per i giovani - introdotta dall’articolo 1, comma 979, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) - anche ai soggetti che compiono diciotto anni nel 2017, nei termini ivi previsti.

Per effetto delle modifiche apportate dalla Camera si prevede che la Carta elettronica possa essere utilizzata anche per l’acquisto di musica registrata nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.

Si prevede di conseguenza la modifica, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, del DPCM 15 settembre 2016, n. 187, il quale ha definito i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta, nei limiti degli stanziamenti iscritti in bilancio nella parte II (sezione II) della legge.

 

Si ricorda che il citato comma 979 della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015) - come modificato dall’articolo 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) - ha previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, i quali compiono diciotto anni di età nel 2016, è assegnata una Carta elettronica, dell'importo nominale massimo di euro 500, che può essere utilizzata per ingressi a teatro, cinema, musei, mostre e (altri) eventi culturali, spettacoli dal vivo, nonché per l’acquisto di libri e per l’accesso a monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali.

I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, sono stati disciplinati - come sopra ricordato - con il DPCM 15 settembre 2016, n. 187.

Le somme assegnate non costituiscono reddito imponibile e non rilevano ai fini del computo dell’ISEE.

Il comma 980 ha autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016 per l’assegnazione della Carta.

 

Le risorse sono iscritte nel cap. 1430 dello stato di previsione del MIBACT (Tabella n. 13). Come evidenzia la Nota di variazioni, lo stanziamento ammonta, per il 2017, a € 290 mln in termini di competenza e a € 490 mln in termini di cassa.

 

È stata inoltre prevista la concessione di un contributo una tantum pari al 65 per cento del prezzo finale, per un massimo di 2.500 euro, per l’acquisto di uno strumento musicale nuovo, nel 2017, nel limite complessivo di € 15 mln. Lo strumento musicale acquistato deve essere coerente con il corso di studi frequentato. Il beneficio è accordato agli studenti iscritti ai licei musicali e ai corsi preaccademici, ai corsi del precedente ordinamento, ai corsi di diploma di I e II livello dei conservatori di musica, degli istituti superiori di studi musicali e delle istituzioni di formazione musicale e coreutica autorizzate a rilasciare titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica ai sensi di legge.

Le modalità attuative dell’intervento, comprese quelle per usufruire del credito d’imposta, il regime dei controlli nonché ogni altra disposizione per il monitoraggio dell’agevolazione e per il rispetto del limite di spesa previsto sono definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Per la concessione del contributo sono espressamente richiamati i criteri e le modalità di cui all’articolo 1, comma 984, della L. 208/2015.

 

Si ricorda che il citato comma 984 ha istituito per l’anno 2016 un credito d’imposta al fine di attribuire agli studenti dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati un contributo di 1.000 euro per l’acquisto di uno strumento musicale nuovo. Il credito d’imposta è attribuito al rivenditore dello strumento il quale anticipa il contributo allo studente che lo acquista. È stato previsto un limite complessivo di 15 milioni e si è demandata ad un apposito provvedimento dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità applicative della norma.

In attuazione di tale previsione è stato emanato il Provvedimento 8 marzo 2016.

 

In base alla Nota di variazioni le risorse sono iscritte nel cap. 7782 dello stato di previsione del MEF e ammontano, per il 2017, a € 15 mln.

 

 

 


Articolo 1, comma 627
(Fondo nazionale per la rievocazione storica)

 

 

Il comma 627 - inserito durante l’esame alla Camera - istituisce nello stato di previsione del Mibact il Fondo nazionale per la rievocazione storica, con una dotazione di € 2 mln per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019.

 

In particolare, il Fondo è finalizzato alla promozione di eventi, feste e attività, nonché alla valorizzazione di beni culturali attraverso la rievocazione storica. Ad esso possono accedere regioni, comuni, nonché istituzioni culturali e associazioni di rievocazione.

Per le istituzioni culturali e le associazioni di rievocazione è richiesto il riconoscimento attraverso l’iscrizione in appositi albi, tenuti dai comuni, ovvero l’operatività da almeno 10 anni: si intenderebbe, dunque, che in tal caso, non sia richiesto l’inserimento negli albi comunali.

L’accesso alle risorse avviene in base a criteri da determinare con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, che deve essere emanato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

 

La disposizione, riguardando la valorizzazione dei beni culturali, nonché la promozione e organizzazione di attività culturali, verte in ambito di competenza concorrente (art. 117, terzo comma, Cost).

 

In considerazione del fatto che la Corte costituzionale, in varie occasioni, ha ricordato che “l'art. 119 Cost. vieta al legislatore statale di prevedere, in materie di competenza legislativa regionale residuale o concorrente, nuovi finanziamenti a destinazione vincolata, anche a favore di soggetti privati ”, occorre valutare la necessità di previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai fini dell’adozione del decreto ministeriale.

 

Si tratta di un aspetto sul quale, durante l’esame alla Camera, anche la Commissione Affari costituzionali ha richiamato l’attenzione, formulando un’osservazione.

 

Sul punto si ricorda, ad esempio, che la L. 239/2005 ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali recanti criteri e modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo.


Articolo 1, comma 628
(Incremento limite annuale anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie)

 

 

L’articolo 1, comma 628 incrementa da 500 milioni a un miliardo di euro il limite annuale di anticipazioni di cassa a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, per interventi nel quadro dei fondi strutturali.

 

La disposizione modifica l'art. 1, comma 243, primo periodo della legge 27 dicembre 2013, n. 147, incrementando da 500 milioni a un miliardo di euro il limite annuale di anticipazioni a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie.

Tali anticipazioni, come esplicitato dal citato art. 1, comma 243, riguardano le quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato cofinanziati dall'Unione europea con i fondi strutturali, il FEASR (Fondo europeo per lo sviluppo rurale) e il FEAMP (Fondo europeo per la pesca), nonché dei programmi complementari rispetto ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali, inseriti nell'ambito della programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato 2014/2020 siglato con le autorità dell'Unione europea. Le risorse così anticipate (come recita il citato comma 243) "sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote di cofinanziamento nazionale riconosciute per lo stesso programma a seguito delle relative rendicontazioni di spesa. Per i programmi complementari, le anticipazioni sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote riconosciute per ciascun programma a seguito delle relative rendicontazioni di spesa".

Si ricorda che il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie è stato istituito dall'art. 5 della legge n. 183/87, nell'ambito della Ragioneria Generale dello Stato, con funzioni di gestione finanziaria, monitoraggio e controllo degli interventi UE.

Il Fondo di rotazione consente prioritariamente di:

§  assicurare la copertura finanziaria degli oneri di parte nazionale previsti nei Programmi e nelle Azioni di politica comunitaria;

§  trasferire alle Amministrazioni e organismi responsabili le risorse comunitarie e il cofinanziamento statale, gestire i flussi finanziari Italia-UE e l'attuazione dei relativi interventi;

§  effettuare i pagamenti ai beneficiari finali o ai destinatari ultimi per le Amministrazioni centrali, titolari di Programmi operativi nazionali (PON), che - non disponendo di propri capitoli del Bilancio dello Stato - si avvalgono del Fondo di rotazione quale intermediario finanziario;

§  monitorare e controllare l'attuazione finanziaria degli interventi.

Per la gestione del predetto Fondo di rotazione, il decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 1988 n. 396 ha istituito, nell'ambito della Ragioneria Generale dello Stato, una apposita struttura: l'Ispettorato Generale per l'amministrazione del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (I.G.FO.R.), avente gestione autonoma fuori del bilancio dello Stato, ai sensi della legge n. 1041/1971.

 

 


Articolo 1, comma 629
(Contributi per la cooperazione allo sviluppo)

 

 

Il comma 629 estende i contributi destinati a favore delle azioni di cooperazione allo sviluppo realizzate dal MAECI, posti a valere sul Fondo di rotazione per le politiche comunitarie, fino al 2017 nel limite di 40 milioni.

 

Si ricorda che, attualmente, la disposizione della legge di stabilità per il 2014 (art.1, comma 249), come modificata dalla legge di stabilità per il 2015, prevede risorse fino al limite di 60 milioni di euro per l'anno 2014 e di 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

 

 

 

 

 


Articolo 1, comma 630
(Immigrazione)

 

 

Il comma introduce la facoltà di destinare le risorse relative ai programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei per il periodo 2014-2020, nel limite massimo di 280 milioni di euro, alle attività di trattenimento, accoglienza, inclusione e integrazione degli immigrati, oltre quelle già stanziate nella sezione II del bilancio.

 

 

La sezione II del bilancio opera - rispetto agli stanziamenti di competenza a legislazione vigente nel 2017 - un rifinanziamento di 320 milioni di euro per il 2017 per le attività di trattenimento ed accoglienza degli immigrati (cap. 2351/2 dello stato di previsione del Ministero dell’interno – tabella 8).

 

Le previsioni di spesa a legislazione vigente per la missione n. 27 "Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti" ammontano a circa 2.864 milioni.

Come specificato nella relazione illustrativa la missione 27 (con contenuto invariato rispetto al bilancio 2016) registra un incremento, rispetto alle previsioni 2016, di circa il 22 per cento, "determinato da maggiori risorse stanziate per il funzionamento delle commissioni per il riconoscimento del diritto di asilo e per l’accoglienza dei migranti, a fronte del prolungarsi dell’emergenza nel Mediterraneo".

Si ricorda che con i più recenti interventi normativi, tra cui figurano le disposizioni oggetto dell'articolo 12 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante misure urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili (ossia l'incremento di 600 milioni delle risorse destinate all'attivazione, alla locazione e alla gestione dei centri di accoglienza di stranieri irregolari, nonché 100 milioni quale concorso dello Stato agli oneri sostenuti dai Comuni impegnati nell'accoglienza di richiedenti protezione internazionale).

 

La disposizione fa menzione dei fondi strutturali europei.

Tali fondi rappresentano il principale strumento finanziario della politica di coesione dell'Unione europea, finalizzata a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale concorrendo così alla realizzazione della Strategia 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’Unione europea.

Alla politica di coesione per il periodo 2014-2020 è destinato un terzo delle risorse previste nel bilancio complessivo dell’Unione europea, per un investimento di 351,8 miliardi di euro (cui si aggiungono i contributi nazionali e gli altri investimenti privati, per un impatto quantificabile in circa 450 miliardi di euro).

Con la riforma intervenuta per il ciclo di programmazione 2014-2020, la politica di coesione si articola in:

§  un Quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali e di investimento, detti Fondi SIE (Fondo europeo di sviluppo regionale; Fondo sociale europeo; Fondo di coesione; Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale; Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) che tradurrà gli obiettivi di Europa 2020 in priorità di investimento;

§  Accordi di partenariato, i quali, basandosi sul Quadro strategico comune, stabiliscono per ogni Stato Membro le priorità di investimento, l’allocazione delle risorse nazionali e dell’Unione Europea tra i settori e i programmi prioritari, e il coordinamento tra i fondi a livello nazionale;

§  Programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR), che traducono i documenti strategici in concrete priorità d’investimento corredate da obiettivi chiari e misurabili.

Più nel dettaglio, il Fondo europeo di Sviluppo regionale (FESR) mira a consolidare la coesione economica e sociale regionale, investendo nei settori che favoriscono la crescita al fine di migliorare la competitività, creare posti di lavoro e correggere gli squilibri fra le Regioni.

Alcune misure relative ai migranti, come la riduzione del loro isolamento geografico e scolastico, possono rientrare nella competenza di tale Fondo (come anche il recupero delle aree urbane svantaggiate). 

Il Fondo Sociale Europeo (FSE) è dedicato alla crescita della competitività nonché a consolidare e migliorare gli attuali livelli di occupazione, qualità del lavoro e coesione sociale.

Misure di inclusione sociale e di sostegno del mercato del lavoro a favore anche dei migranti rientrano nella competenza di tale Fondo.

Peraltro la Commissione europea si è detta disponibile a modifiche dei programmi finanziati tramite i Fondi strutturali e di investimento europei SIE, per far fronte alle crisi connesse ai flussi migratori (con investimenti in circostanze straordinarie, per interventi quali ospedali mobili, punti di crisi, misure sanitarie e approvvigionamento idrico, ampliamento dei centri di accoglienza, e altro: cfr. l'informativa "Attuare la politica d'investimento dell'Ue. Impatto e benefici dei Fondi strutturali e di investimento europei", Inforegio 2015 n. 55, p. 21).

Per quanto concerne l'Italia e il ciclo di programmazione 2014-2020, l'Accordo di Partenariato, in cui si definisce la strategia per un uso ottimale dei Fondi europei, prevede l'investimento di 32,2 miliardi di euro (cui si aggiungono 10,4 miliardi di euro per lo sviluppo rurale e 537 milioni di euro per il settore marittimo e della pesca).

Accanto ai fondi comunitari lo Stato dispone per la politica di coesione di un Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC), che contribuisce al finanziamento degli interventi con 39 miliardi di euro.

La Programmazione comunitaria 2014-2020 prevede in Italia la realizzazione di 74 Programmi operativi cofinanziati a valere sui quattro Fondi Strutturali e di Investimento europei.

In particolare, saranno cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo di sviluppo europeo: 39 Programmi operativi regionali; 12 Programmi operativi Nazionali.

Dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale saranno cofinanziati: 21 Piani di sviluppo rurale (PSR); 2 Programmi nazionali. Dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca sarà cofinanziato 1 Programma operativo nazionale.

 

Per integrare la ricognizione sopra accennata sul versante dell'Unione europea, può valere ricordare come il finanziamento nel settore degli affari interni abbia assunto (per il settennato di programmazione 2014-2020) una nuova configurazione, a 'due pilastri'. Ossia: il Fondo di sicurezza interna; il Fondo asilo, migrazione e integrazione.

Benché anche il primo di questi Fondi abbia una sua proiezione sulla materia della immigrazione (giacché vi rientra il controllo e la protezione dei confini esterni e una politica comunitaria riguardo ai visti), è beninteso il Fondo asilo, migrazione ed integrazione ad assumere la maggiore rilevanza.

Suo atto istitutivo è stato il Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014.

Si tratta di un Fondo di 3,137 miliardi di euro (dei quali 2,752 miliardi per i programmi nazionali degli Stati Membri, 385 milioni per aiuti d’emergenza, per la rete europea per l’immigrazione e l’aiuto tecnico della Commissione europea).

Il Fondo migrazione e asilo 'copre' i molteplici aspetti delle politiche comuni europee in materia di flussi migratori, di gestione integrata della migrazione e di asilo. A tal fine esso finanza azioni in materia di: sistemi di accoglienza e asilo (la priorità sarebbe lo sviluppo del sistema europeo comune di asilo); integrazione dei cittadini di Paesi terzi e migrazione legale; rimpatrio (inteso quale strumento per contrastare l’immigrazione illegale, dunque con attenzione al carattere durevole del rimpatrio e alla riammissione effettiva nei Paesi di origine e di transito).

Tra gli obiettivi del Fondo vi è quello di migliorare la solidarietà e la ripartizione delle responsabilità fra gli Stati membri, specie quelli più esposti ai flussi migratori e di richiedenti asilo.

La maggior parte dei finanziamenti (più dell'80 per cento) è previsto siano erogati secondo la gestione condivisa, cioè in cooperazione con gli Stati membri.

I finanziamenti sono attribuiti ai singoli Stati su una duplice base:

§  una somma fissa, calcolata sulla base di criteri oggettivi (ad es., numero delle domande di asilo, numero di decisioni positive che riconoscono la protezione internazionale, numero dei rifugiati reinsediati, numero dei cittadini di Paesi terzi residenti, decisioni di rimpatrio assunte e rimpatri effettuati, ecc.), erogata all'inizio della programmazione per assicurare continuità dei finanziamenti e possibilità per gli Stati di programmare adeguatamente.

§  una somma flessibile, in aggiunta alla somma fissa, e variabile a seconda della volontà del singolo Stato di finanziare, attraverso il suo programma nazionale, azioni che rispondono a specifiche priorità stabilite a livello UE a seguito di un dialogo politico con gli Stati membri. Questa somma sarà erogata in due fasi: una all'inizio del programma pluriennale e una nel 2017, per rispondere a eventuali mutamenti nei flussi migratori e nei bisogni degli Stati membri.

La rimanente parte dei fondi sarà invece gestita a livello centrale europeo, onde finanziare azioni transnazionali.

 

Quanto ai recenti sviluppi normativi in Italia in materia di migranti, può rammentarsi il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, il quale ha ridefinito il sistema dei centri di accoglienza in Italia (in attuazione della direttiva 2013/33 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale).

In particolare, l’articolo 8 di quel decreto legislativo delinea un sistema di accoglienza – basato sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati – articolato in due fasi: «prima accoglienza», assicurata nelle strutture di cui agli articoli 9 e 11 (strutture temporanee), nonché di quelle allestite in occasione della «emergenza Puglia» nel 1995; «seconda accoglienza» disposta nelle strutture di cui all’articolo 14 (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati- SPRAR) ovvero, in caso di insufficienza, ancora una volta ricorrendo in via residuale alle strutture temporanee.

Il decreto legislativo prefigura strutture dislocate tendenzialmente a livello regionale o interregionale onde realizzare un sistema capillare di centri di accoglienza per richiedenti asilo. In esse dovrebbero confluire i cittadini di Paesi terzi – già registrati e sottoposti alle procedure di foto-segnalamento – per consentire loro di compilare il cd. «modello C3» (formalizzazione della domanda di protezione internazionale) e quindi passare alle strutture di seconda accoglienza.

Ai sensi dell'articolo 9 i centri possono essere gestiti da enti locali, anche associati, unioni o consorzi di Comuni, enti pubblici o enti privati che operano nel settore dell’assistenza dei richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore dell’assistenza sociale.

Quanto al sistema di accoglienza italiano a lungo termine, vale a dire la seconda fase dell’accoglienza, esso è basato principalmente sul modello SPRAR. Esso fa capo al Ministero dell’interno – che dirama periodicamente il bando – ma vi giocano un ruolo significativo le autorità locali (la rete SPRAR si basa su domande di contributo da parte degli enti locali per la realizzazione dei progetti di accoglienza), che vi partecipano presentando progetti secondo criteri stabiliti da un decreto del medesimo ministero.

La capacità di accoglienza SPRAR è stata progressivamente incrementata nel tempo, passando dai 3.000 posti nel 2012, ai 9.400 nel 2013, ai 19.600 nel 2014, fino ai 22.000 nel 2015.

Con il decreto del ministro dell'Interno del 7 agosto 2015 è stato adottato un avviso pubblico sulle modalità di presentazione delle domande di contributo da parte degli enti locali che prestano o intendono prestare, nel biennio 2016-2017, servizi di accoglienza in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria, per 10.000 posti.

Secondo dati forniti dal Ministero dell'interno, per il periodo 2014-2016 sono stati finanziati 20.744 posti, in 382 enti locali attuatori per 434 progetti. 

Infine, secondo i dati del Ministero dell'interno, dal 1° gennaio al 31 ottobre 2016 sono sbarcati in Italia 159.432 migranti, con un incremento del 13% circa rispetto allo stesso periodo nel 2015 (139.936 migranti sbarcati). Nel 2014, fino al 27 ottobre erano sbarcati 152.330 migranti.

 

 


Articolo 1, commi 631-632
(Eliminazione aumenti accise ed IVA per l’anno 2017)

 

 

I commi 631 e 632 rinviano al 2018 gli aumenti IVA introdotti dalla legge di stabilità 2015 e sopprimono gli aumenti di accise introdotti dalla legge di stabilità 2014 (clausole di salvaguardia).

 

Il comma 631 interviene sulla clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità, sostanzialmente rinviando al 2018 gli aumenti IVA già previsti per il 2017.

 

Si ricorda che i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018.

Già la legge di stabilità 2016 aveva rinviato di un anno gli aumenti citati: per effetto di tali modifiche, a decorrere dal 1° gennaio 2017 l’aliquota IVA del 10 per cento sarebbe incrementata di tre punti percentuali, vale a dire dal 10 al 13 per cento; l'aliquota IVA del 22 per cento aumenterebbe di due punti percentuali (dal 22 al 24 per cento), mentre dal 1° gennaio 2018 vi sarebbe l’aumento di un ulteriore punto percentuale (dal 24 al 25 per cento); è stato invece soppresso l’ulteriore aumento di 0,5 punti percentuali dal 1° gennaio 2018. Sono state inoltre ridotte della metà - da 700 a 350 milioni di euro - le maggiori entrate previste a decorrere dal 2018 mediante aumento dell’aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante.

 

Viene a tal fine modificato il citato comma 718 della legge di stabilità 2015 in più punti:

con una prima modifica alla lettera a), l’aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento di tre punti percentuali (dal 10 al 13 per cento) a decorrere dal 1° gennaio 2017 è posticipato al 2018;

con una modifica alla lettera b), l’aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2017 è posticipato al 1° gennaio 2018, anno in cui si somma con l’aumento di un ulteriore punto percentuale già previsto a legislazione vigente (cioè dal 22 al 25 per cento); è inoltre introdotto un nuovo aumento di 0,9 punti percentuali dal 1° gennaio 2019 (cioè fino al 25,9 per cento).

 

 

 

 

 

Tabella 6 - Effetti finanziari a legislazione vigente

 

 

2017

2018

2019

Aliquota Iva 10% al 13%

6.957

6.957

6.957

Aliquota Iva 22% al 24 %

8.176

8.176

8.176

Aliquota Iva 24% al 25%

0

4.088

4.088

Incremento accise

0

350

350

TOTALE CLAUSOLE

15.133

19.571

19.571

(in milioni di euro)

Tabella 7 - Effetti finanziari della nuova clausola

 

 

2017

2018

2019

Aliquota Iva 10% al 13%

0

6.957

6.957

Aliquota Iva 22% al 25 %

0

12.264

12.264

Aliquota Iva al 25,9%

0

0

3.679

Incremento accise

0

350

350

TOTALE CLAUSOLE

0

19.571

23.250

(in milioni di euro)

 

L’effetto differenziale tra gli effetti della clausola modificata dalla legge di stabilità 2016, rispetto alla nuova clausola è il seguente (in milioni di euro):

2017:  -15.133

2018:    0

2019:  +3.679

 

 

Il comma 632 elimina l'aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni per il 2017 e a 199 milioni per il 2018 già previsto dalla legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013), articolo 1, comma 626, il quale viene abrogato.

 

 


Articolo 1, commi 633-636
(Collaborazione volontaria)

 

 

I commi 633-636 quantificano in 1.600 milioni di euro per il 2017 le maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini per la collaborazione volontaria in materia fiscale.

 

Il comma 633 quantifica in 1.600 milioni di euro, per il 2017, le maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini per la collaborazione volontaria in materia fiscale, operata dall’articolo 7 del decreto-legge n. 193 del 2016.

 

L’articolo 7 del decreto-legge n. 193 del 2016, definitivamente convertito in legge (in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), tramite l'introduzione dell'articolo 5-octies al decreto-legge n. 167 del 1990 riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure, in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.

Essa trova applicazione sia per l'emersione di attività estere, sia per le violazioni dichiarative relative a imposte erariali. Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016 (comma 1, lettera a), del nuovo articolo 5-octies del decreto-legge n. 167 del 1990).

Analogamente alle norme varate nel 2014, le disposizioni prevedono lo slittamento dei termini di decadenza per l'accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA, nonché di contestazione delle sanzioni (comma 1, lettera b), del nuovo articolo 5-octies).

Per le attività e gli investimenti esteri oggetto della nuova procedura è possibile usufruire di un esonero dagli obblighi dichiarativi, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d'imposta antecedente la data di presentazione dell'istanza di collaborazione volontaria, purché tali informazioni siano analiticamente illustrate nella relazione di accompagnamento all'istanza di voluntary disclosure e purché si versi in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e sanzioni (comma 1, lettera c), del nuovo articolo 5-octies).

Si chiarisce la non punibilità delle condotte di autoriciclaggio se commesse in relazione a specifici delitti tributari fino al versamento delle somme dovute per accedere alla procedura (comma 1, lettera d), del nuovo articolo 5-octies). Rispetto alla voluntary disclosure disciplinata nel 2014, si prevede una diversa procedura: il contribuente provvede spontaneamente a versare in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) o in un massimo di tre rate (di cui la prima entro il 30 settembre 2017), il quantum dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni. La procedura antecedente contemplava, invece, la presentazione di una apposita richiesta all'Amministrazione finanziaria e la fornitura della relativa documentazione; l'Agenzia delle entrate avrebbe poi provveduto ad emettere avviso di accertamento, ovvero ad invitare il contribuente all'adesione spontanea.

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente voluntary disclosure, sia sotto il profilo penale, sia con riferimento al versante sanzionatorio amministrativo (non punibilità per alcuni reati e riduzione delle sanzioni). Gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento in unica soluzione o della terza rata. L'Agenzia delle entrate comunica l'avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria (comma 1, lettera e), del nuovo articolo 5-octies).

Le norme disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro i termini di legge: in tal caso, l'Agenzia può esperire le procedure dell'adesione all'invito a comparire, secondo le norme vigenti prima del 31 dicembre 2015 (abrogate dalla legge di stabilità 2015 nell'alveo della complessiva riforma del ravvedimento operoso) (comma 1, lettera f), del nuovo articolo 5-octies).

 Con riferimento alle conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo, le norme differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento, sono previste conseguenze diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto (comma 1, lettera g), del nuovo articolo 5-octies).

Sono previste agevolazioni sanzionatorie e procedurali (eliminazione del raddoppio dei termini di accertamento) in specifiche ipotesi di stipula o di entrata in vigore di trattati internazionali volti all'effettivo scambio di informazioni fiscali (comma 1, lettera h) e comma 2, del nuovo articolo 5-octies).

Si disciplina una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali o contanti provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (comma 1, lettera i), del nuovo articolo 5-octies).

Analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, la procedura si estende ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta. Disposizioni specifiche sono previste nel caso in cui la collaborazione volontaria sia esperita con riferimento a contanti o valori al portatore (comma 3 del nuovo articolo 5-octies).

Il comma 2 dell’articolo 7 dispone che le norme attuative siano adottate entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione.

Sono infine introdotte (comma 3) disposizioni in tema di potenziamento dell'attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali.

 

I commi 634 e 635, con disposizioni che riprendono parzialmente alcune norme dell’articolo 17 della legge di legge di contabilità pubblica n.196/2009,  anche richiamando espressamente il comma 13 dello stesso, disciplinano le specifiche conseguenze dell’eventuale scostamento tra gettito quantificato ai sensi del comma 1 e gettito atteso.

In particolare, il comma 634 dispone che, se dal monitoraggio effettuato sulla base delle istanze presentate alla data del 31 luglio 2017 risulti che il gettito atteso dai conseguenti versamenti non consenta la realizzazione integrale dell’importo di 1,6 miliardi quantificato al comma 633, la compensazione dell'eventuale differenza deve essere effettuata mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa disposta, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 agosto 2017.

Lo schema di decreto di cui al periodo precedente è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da rendere entro il termine di sette giorni dalla data della trasmissione. Qualora le Commissioni non si esprimano entro il termine di cui al precedente periodo, i decreti possono essere adottati in via definitiva.

Ai sensi del successivo comma 634, ove gli scostamenti non siano compensabili nel corso dell'esercizio con le predette misure, il Ministro dell'economia e delle finanze, qualora riscontri che dalla mancata integrale compensazione derivi un pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, provvede - ai sensi del citato articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 - ad assumere, entro il30 settembre 2017, le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

Si stabilisce infine (comma 636) che il Ministro dell'economia e delle finanze riferisca senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause dello scostamento e all'adozione delle misure di compensazione .

Si può rilevare come la procedura in questione determina in sostanza una clausola di salvaguardia riferita alle previsioni di entrata e, per questo verso, pur riprendendo alcune delle disposizioni dettate dai commi da 12 a 13  dell’articolo17 della legge di contabilità riguardo alle disposizioni i cui oneri eccedono le previsioni, se ne differenzia necessariamente, - seppur in sostanziale coerenza con i suddetti commi dell’articolo 17 -  atteso che la clausola in esame è operata sul lato non della spesa ma dell’entrata.


Articolo 1, comma 637
(Tabelle A e B)

 

 

Il comma 637 dispone in ordine all’entità dei fondi speciali, ossia gli strumenti contabili mediante i quali si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

 

Nel disegno di legge originario (A.C. 4127) gli importi della Tabella A (fondo speciale di parte corrente) ammontavano complessivamente a 212 milioni per il 2017, a 332,2 milioni per il 2018 e a 329,9 milioni annui a decorrere dal 2019. Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, gli importi complessivi della Tabella A sono stati così rideterminati: 170,9 milioni per il 2017, 294,6 milioni per il 2018 e 281,6 milioni per il 2019.

Per quanto riguarda la Tabella B (conto capitale), il disegno di legge prevede importi pari a 478,6 milioni per il 2017, a 574,6 milioni per il 2018 e a 584,6 milioni annui a decorrere dal 2019. Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, gli importi complessivi della Tabella B sono stati così rideterminati: 445,4 milioni per il 2017, 498,9 milioni per il 2018 e 504,9 milioni per il 2019.

 

                                                                                                                                                                                                              

Tabella A

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

112.036.930

132.219.192

129.949.192

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

212.036.930

332.219.192

329.949.192

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

170.916.930

294.599.192

281.629.192

Cap. 6856 dello stato di previsione del MEF

 

 

Tabella B

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

328.601.000

324.601.000

284.601.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

478.601.000

574.601.000

584.601.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

445.401.000

498.901.000

504.901.000

Cap. 9001 dello stato di previsione del MEF

 

L'articolo 21, comma 1-ter, lett. d), della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) inserisce tra i contenuti della prima sezione del disegno di legge di bilancio la  determinazione  degli  importi  dei fondi speciali e le relative tabelle. Precedentemente la determinazione degli importi dei fondi speciali in apposite Tabelle della legge di stabilità era prevista dall'articolo 11, comma 3, lettera c), della legge n. 196, abrogato dalla legge n. 163 del 2016. Tali modifiche non hanno comunque innovato il contenuto della normativa vigente.

Con il comma in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascun anno, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella Tabella A e per quella in conto capitale nella Tabella B allegate al disegno di legge di stabilità, ripartite per Ministeri. In sede di relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

 

Nelle tabelle seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale nel disegno di legge di bilancio. Si riportano altresì le finalizzazioni indicate nella relazione illustrativa del disegno di legge in esame.

 

Si segnala, peraltro, che gli elenchi numeri 3 e 4, allegati allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (A.C. 4127 - Tomo III), riproducono gli stanziamenti previsti, rispettivamente, dalla Tabelle A e B dell'A.C. 4127 e non gli importi a legislazione vigente per i singoli Dicasteri, ove sussistenti, come nelle annualità precedenti. Tali dati sono stati successivamente forniti dalla RGS su richiesta degli Uffici parlamentari.

 

 

 

 

Tabella A - Fondo speciale di parte corrente

(importi in euro)

 

Ministero dell'economia e delle finanze

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

39.924.319

59.337.319

59.067.319

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

88.924.319

189.337.319

174.067.319

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

75.324.319

177.237.319

156.267.319

 

 

L'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze è stato ridotto, nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, di 13,6 milioni per il 2017, 12,1 milioni per il 2018 e di 17,8 milioni dal 2019, ai fini della copertura di varie disposizioni ivi approvate.

 

 

Finalizzazioni:

Disposizioni in materia di donazione del corpo post mortem ai fini di studio e di ricerca scientifica (A.C. 100 - A.S. 1534);

Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750 - A.S. 1629);

Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo (A.C. 3139 - A.S. 1261-B);

Distacco del comune di Sappada dalla regione Veneto e relativa aggregazione alla regione Friuli-Venezia Giulia (A.S. 951);

Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale (A.C. 75- A.S. 2272)

Interventi diversi.

 

 

 Ministero dello sviluppo economico

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

4.000.000

4.000.000

4.000.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

4.000.000

4.000.000

4.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

2.480.000

2.480.000

2.480.000

 

Durante l'esame presso la Camera gli accantonamenti relativi al MISE sono stati ridotti di 1,5 milioni per ciascun anno. La riduzione è da riferirsi alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla esclusione, per la concessione relativa all'estrazione del sale dai giacimenti, dall’assoggettamento al pagamento del canone annuo ivi previsto (art. 1, comma 41).

 

Finalizzazioni: risorse destinate alla copertura finanziaria dell’Accordo Italia - EURATOM per la gestione di rifiuti radioattivi.

 

 

Ministero del lavoro e politiche sociali

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

5.000.000

5.000.000

5.000.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

5.000.000

5.000.000

5.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

5.000.000

5.000.000

5.000.000

 

Finalizzazioni:

Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato (A.C. 2233 - A.C. 4135);

Interventi diversi.

 

 

Ministero della giustizia

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

1.300.952

871.794

871.794

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

11.300.952

10.871.794

10.871794

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

3.300.952

10.871.794

10.871.794

La riduzione di 8 milioni di euro per il 2017 è riconducibile alla copertura finanziaria:

§  degli oneri recati dalle norme volte ad aggiungere tra i beneficiari del Fondo sperimentale istituito per gli anni 2016-2017 presso il Ministero del lavoro - finalizzato a reintegrare l’INAIL degli obblighi di copertura assicurativa di malattie e infortuni - anche coloro che sono coinvolti in attività in favore di soggetti ammessi al lavoro di pubblica utilità (art. 1, commi 86-87; riduzione di 3 milioni);

§  degli oneri relativi all’aumento le risorse del Fondo per le misure anti-tratta per l’anno 2017 (art. 1, comma 371; riduzione di 5 milioni).

 

Finalizzazioni:

Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (A.C. 3671, oggetto di stralcio: 3671-BIS, "Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza"; 3671-TER "Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza");

Interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

35.981.299

35.979.719

35.979.719

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

55.981.299

65.979.719

75.979.719

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

51.981.299

61.979.719

71.979.719

 

La riduzione di 4 milioni dal 2017 è operata per far fronte al corrispondente onere per la promozione della lingua e cultura italiana all'estero (art. 1, comma 589).

 

Finalizzazioni: ratifiche di accordi internazionali.

 

 

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

10.470.500

10.470.500

8.470.500

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

10.470.500

10.470.500

8.470.500

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

10.470.500

10.470.500

8.470.500

 

 

 

Finalizzazioni:

Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche (A.S. 1892 - A.C. 1533-B);

Interventi diversi.

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

5.000.000

5.000.000

5.000.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

10.000.000

15.000.000

15.000.000

Ddl di bilancio (A.S. XXXX)

10.000.000

15.000.000

15.000.000

 

Finalizzazioni:

Legge annuale per il mercato e la concorrenza (A.C. 3012- A.S. 2085);

Interventi diversi.

 

 

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

10.000.000

10.000.000

10.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

1.000.000

-

-

 

Le riduzioni degli accantonamenti per il 2017 relativi al Ministero delle politiche agricole operate durante l'esame presso la Camera sono riconducibili alla copertura finanziaria:

§  degli oneri recati dalle norme volte a riconoscere un’indennità giornaliera omnicomprensiva di 30 euro per garantire nell’anno 2017 un sostegno al reddito ai lavoratori dipendenti da imprese di pesca nel periodo di sospensione dell’attività a causa dell’arresto temporaneo obbligatorio (8 milioni per il 2017; art. 1, commi 346-347);

§  degli oneri recati dall’istituzione del Fondo di solidarietà per il settore pesca (FOSPE), al fine di garantire la continuità del reddito dei lavoratori del settore pesca, con una dotazione di 1 milioni di euro per l’anno 2017 (1 milione per il 2017; art. 1, commi 244-248).

La riduzione di 10 milioni per gli anni 2018 e 2019 è da collegare all'incremento corrispondente del Programma 1.3: Politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca, dell'ippica e mezzi tecnici di produzione.

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

5.000.000

10.000.000

15.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

-

-

-

 

L'azzeramento degli accantonamenti durante l'esame presso la Camera è da ricondurre alla parziale copertura delle spesa a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche per il ripiano del debito fiscale (art. 1, comma 583) e per far fronte agli oneri della norma che esclude la società Arte lavoro e servizi - ALES Spa dalle norme di contenimento della spesa previste per i soggetti inclusi nell'elenco ISTAT delle pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 584).

Le finalizzazioni indicate nel disegno di legge originario (A.C. 4127) recano l'indicazione "Interventi diversi".

 

 

Ministero della salute

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

11.359.860

11.559.860

11.559.860

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

11.359.860

11.559.860

11.559.860

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

11.359.860

11.559.860

11.559.860

 

Finalizzazioni:

Oneri relativi all’emergenza biologica a livello nazionale;

Interventi diversi.

 

 

Tabella B - Fondo speciale di conto capitale

(importi in migliaia)

 

Ministero dell'economia e delle finanze

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

222.100.000

208.100.000

208.100.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

282.100.000

278.100.000

278.100.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

287.400.000

263.400.000

253.400.000

 

Gli accantonamenti relativi al MEF sono stati interessati da diverse riduzioni a copertura di oneri relativi a disposizioni approvate nel corso dell'esame presso la Camera, parzialmente compensate da un incremento 45,3 milioni di euro per il 2017, 50,3 milioni per il 2018, 45,3 per il 2019. Tali incrementi sono da ricollegare allo stralcio di alcune norme dal disegno di legge originario concernenti, in particolare, il Centro Europeo di Previsioni (ex art. 74, comma 14 dell'A.C. 4127) e l'organizzazione di manifestazioni sportive internazionali (ex art. 74, commi 16-34).

Finalizzazioni:

Disciplina del cinema e dell'audiovisivo (legge 14 novembre 2016, n. 220);

Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti e dei territori montani e rurali nonché deleghe al Governo per la riforma del sistema di governo delle medesime aree e per l'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ambientali (AC 65 e A.C. 2284, approvati in testo unificato - A.S. 2541);

Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (A.C. 1994 - A.S. 580-B),

Potenziamento e ammodernamento della Guardia di finanza

Interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

20.000.000

30.000.000

30.000.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

30.000.000

50.000.000

50.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

30.000.000

43.000.000

43.000.000

 

La riduzione di 7 milioni dal 2018 è operata a parziale copertura di oneri relativi al contributo per il nuovo contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 con RFI - Rete ferroviaria italiana (art. 1, comma 591).

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero del lavoro e politiche sociali

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

32.753.000

32.753.000

32.753.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

32.753.000

32.753.000

32.753.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

27.753.000

27.753.000

27.753.000

 

La riduzione di 5 milioni dal 2017 è operata a parziale copertura di oneri relativi al contributo per il nuovo contratto di programma - parte investimenti 2017-2021 con RFI - Rete ferroviaria italiana (art. 1, comma 591).

 

Finalizzazioni:

Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750 - A.S. 1629)

Stabilizzazione dei lavoratori impiegati ASU nella città di Napoli.

 

 

 

 

Ministero della giustizia

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

0

0

0

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

20.000.000

30.000.000

40.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

20.000.000

30.000.000

40.000.000

 

Finalizzazioni: Interventi per la manutenzione delle strutture giudiziarie e penitenziarie.

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

0

0

0

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

10.000.000

20.000.000

30.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

10.000.000

20.000.000

30.000.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dell'interno

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

0

0

0

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

10.000.000

30.000.000

40.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

4.500.000

14.000.000

40.000.000

 

Le riduzioni degli accantonamenti (di 5,5 milioni nel 2017 e di 16 milioni nel 2018) sono operate a copertura degli oneri recati per la realizzazione, gestione e manutenzione della piattaforma informatica sull'uso dei dati dei codici di prenotazione nel settore del trasporto aereo (aart. 1, comma 608).

 

Finalizzazioni:

Potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale;

Interventi diversi.

 

 

Ministero dell' dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

50.748.000

50.748.000

10.748.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

60.748.000

80.748.000

50.748.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

52.748.000

77.748.000

47.748.000

 

Durante l'esame presso la Camera l'accantonamento è stato ridotto di 3 milioni a decorrere dal 2017. La riduzione è operata a copertura degli oneri relativi all'istituzione, presso il Ministero dell’Ambiente, di un fondo per la realizzazione degli investimenti per la conservazione della fauna e della flora, la salvaguardia della biodiversità e dell’ecosistema marino. La dotazione finanziaria del Fondo è pari a tre milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021 (art. 1, comma 143). Per l'anno 2017 è stata operata l'ulteriore riduzione di 7 milioni con modifica apportata alla tabella B in esame.

 

Finalizzazioni:

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015 (Legge 4 novembre 2016, n. 204);

Interventi di bonifica e ripristino dei siti inquinati;

Interventi per la difesa del suolo;

Interventi a favore della difesa del suolo e per Interventi diversi.

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

20.000.000

30.000.000

40.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

-

-

-

 

L'azzeramento dell'accantonamento è da ricondurre agli oneri connessi allo sviluppo del sistema nazionale delle ciclovie turistiche (art. 1, commi 144-145); sulla riduzione per il 2017 incide anche l'incremento del Fondo per l'attuazione del Piano nazionale per le città (comma 601). Le finalizzazioni recate dal ddl originario (A.C. 4127) recavano la dicitura "interventi diversi".

 

 

Ministero della salute

 

 

2017

2018

2019

Bilancio a legislazione vigente

3.000.000

3.000.000

3.000.000

Ddl di bilancio (A.C. 4127-bis)

13.000.000

23.000.000

23.000.000

Ddl di bilancio (A.S. 2611)

13.000.000

23.000.000

23.000.000

 

Finalizzazioni:

Somme destinate all’Agenzia europea per i medicinali (EMA);

Interventi diversi.

 

 

 


Articolo 1, comma 638
(Clausola di salvaguardia per le autonomie speciali)

 

 

Il comma 638, aggiunto durante l’esame alla Camera, inserisce nel disegno di legge, con riferimento a tutte le disposizioni, la clausola di salvaguardia per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nel senso che le disposizioni del disegno di legge sono inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.

 

Le disposizioni della legge in esame non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale. La clausola di salvaguardia è ormai inserita in tutti i provvedimenti che possono riguardare le competenze delle regioni a statuto speciale e costituisce uno dei parametri su cui si fondano i giudizi della Corte costituzionale sulle questioni che le vengono poste.

La norma in esame fa inoltre riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che ha riformato il titolo V della parte seconda della Costituzione. In particolare l'articolo 10 ha disposto la possibile applicazione delle disposizioni della legge costituzionale alle regioni a statuto speciale «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», fino all’adeguamento dei rispettivi statuti. La legge costituzionale 3/2001, infatti, ha riformato il sistema delle autonomie lasciando inalterato la distinzione tra autonomie ordinarie e speciali. In ragione della norma contenuta nell'art. 10 (cosiddetta clausola di maggior favore), la Corte costituzionale valuta in relazione a ciascuna questione di legittimità, se prendere a parametro l’articolo 117 Cost. anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nella materia oggetto della questione, assicura una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.


Approvazione degli stati di previsione

 

Articoli 2-18
(Approvazione degli stati di previsione, del totale generale della spesa e del quadro generale riassuntivo)

 

 

Gli articoli da 2 a 18 recano l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata e dei singoli stati di previsione della spesa, recando per ciascuno di essi anche altre disposizioni formali aventi carattere gestionale, riprodotte annualmente, nonché del totale generale della spesa e dei quadri generale riassuntivi per il triennio 2017-2019.

 

 

Rispetto al disegno di legge presentato dal Governo (A.C. 4127), l’ammontare delle entrate finali previste per l’anno 2017, in termini di competenza, a seguito dell’esame parlamentare, risulta diminuito di 41 milioni di euro nel 2017, come evidenziato nella Nota di variazioni al bilancio di previsione, passando da 567.994 a circa 567.953 milioni di euro.

Con riferimento agli anni successivi, le entrate risultano pari a 585.983 milioni (-31 milioni) per il 2018 e a 596.836 milioni per il 2019, sostanzialmente stabili rispetto al disegno di legge presentato dal Governo.

 

Relativamente alle previsioni di spesa, per il 2017 le spese finali del bilancio dello Stato ammontano, in termini di competenza, a 606.552 milioni, con una riduzione di 43 milioni di euro, a seguito dell’esame parlamentare. Negli anni successivi, le spese finali ammontano a 613.232 milioni nel 2018 e a 605.464 milioni nel 2019.

Considerando le spese complessive, di cui all’articolo 16 del disegno di legge di bilancio in esame, che ricomprendono il rimborso delle passività finanziarie, a seguito della Nota di variazioni al bilancio, esse ammontano a 861.047 milioni nel 2017, 840.467 milioni per il 2018 e 846.363 milioni per il 2019 in termini di competenza.

 

Con riferimento ai singoli stati di previsione della spesa, nella tabella seguente è illustrato il totale delle spese finali autorizzate per ciascun Ministero, come modificate a seguito dell’esame parlamentare e degli emendamenti approvati alla prima e alla seconda sezione.

 

Dati di competenza, valori in milioni di euro

AC 4127
bilancio integrato
2017

AS 2611
bilancio integrato
2017

Economia e finanze

351.744

351.488

Sviluppo economico

 4.344

4.279

Lavoro e politiche sociali

 123.284

123.437

Giustizia

 7.932

7.932

Affari esteri

 2.607

2.612

Istruzione, università e ricerca

 56.129

56.179

Interno

 21.018

21.034

Ambiente

 638

641

Infrastrutture e trasporti

 13.388

13.409

Difesa

 20.268

20.269

Politiche agricole

 849

865

Beni e attività culturali e Turismo

 2.062

2.074

Salute

 2.331

2.332

SPESE FINALI

 606.595

606.552

 

Rispetto alle previsioni di spesa del disegno di legge presentato dal Governo, per il 2017, le spese finali aumentano in quasi tutti i Ministeri, fatta eccezione per alcuni (il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dello sviluppo economico).

 

 

Nella Tabella che segue sono riportate le variazioni apportate ai singoli stati di previsione della spesa, a seguito dell’approvazione degli emendamenti che hanno riguardato direttamente la Sezione II, con rifinanziamenti e/o definanziamenti di specifici programmi di spesa dei Ministeri.

 

(Importi in euro)

Ministero dell’economia e delle finanze

Missione 2 “Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali”, Programma 2.5 “Rapporti finanziari con enti territoriali”:

2017: -50.000.000.

La riduzione riguarda il cap. 7499, ed è finalizzata alla corretta allocazione in bilancio delle risorse riguardanti i lavoratori socialmente utili e quelli di pubblica utilità della regione Calabria.

La riduzione è infatti posta a copertura degli oneri recati dal nuovo comma 163, che destina 50 milioni di euro per 2017 al completamento delle procedure di stabilizzazione, con contratto a tempo determinato, dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità della regione Calabria.

Missione 10 Comunicazioni, Programma 10.2 Sostegno all'editoria:

2017: +200.423.143;

2018: +196.473.719;

2019: +197.937.171.

Il finanziamento è finalizzato alla istituzione nello stato di previsione del MEF del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (cap. 2196), cui sono anche trasferite le risorse dell’analogo fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo economico (cap. 3125/MISE), che viene ora soppresso

Missione 10 Comunicazioni, Programma 10.2 Sostegno all'editoria

2017: -133.552.126;

2018: -130.090.509;

2019: -131.624.993.

Missione 14 Diritti sociali, politiche sociali e famiglia: Programma 14.1 Protezione sociale per particolari categorie

2017: +1.500.000;

2018: +1.500.000;

2019: +1.500.000.

Il finanziamento è finalizzato alla tutela delle minoranze linguistiche storiche (cap. 5210)

Missione 23 Fondi da ripartire, Programma 23.1 Fondi da assegnare

2017: -11.750.000;

2018: -11.750.000;

2019: -11.750.000.

Missione 23 Fondi da ripartire Programma 23.2 Fondi di riserva e speciali

2017: -500.000;

2018: -1.500.000;

2019: -1.500.000.

 

 

Ministero dello Sviluppo economico

 

Missione 5 Comunicazioni, Programma 5.2 Servizi di Comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali:

2017: -67.871.017;

2018: -66.347.210;

2019: -66.312.178.

Trasferimento delle risorse provenienti dal riparto del fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (cap. 3125, che viene soppresso) al nuovo Fondo istituito, con analoga denominazione, nello stato di previsione del MEF (cap. 2196).

 

 

Missione 3 Commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo Programma 3.2 Sostegno all'internalizzazione delle imprese e promozione del made in Italy

2017: + 500.000;

2018: +1.500.000;

2019: +1.500.000.

Finanziamento da destinare alle camere di commercio italiane all’estero (cap. 2501).

 

Missione 1 Competitività e sviluppo delle imprese, Programma Vigilanza sugli enti, sul sistema cooperativo e sulle gestioni commissariali

2017: +1.000.000;

2018: +1.000.000;

2019: +1.000.000.

Il finanziamento è destinato ad interventi a favore dell’ente nazionale per il microcredito (cap. 2302).

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

Missione 1 Italia in Europa e nel mondo, Programma: 1.3 Cooperazione economica e relazioni internazionali

2017: +800.000;

2018: +300.000;

2019: +300.000.

Il finanziamento è destinato al sostegno dell'Istituto italo-latino americano (cap. 3751).

Missione 1 Italia in Europa e nel mondo, Programma 1.7 Promozione del sistema Paese

2019: +1.000.000.

Il finanziamento è destinato in favore delle scuole paritarie italiane all'estero (cap.2619).

Missione: 1 L'Italia in Europa e nel mondo, Programma: 1.7 Promozione del sistema Paese

2017: +250.000;

2018: +250.000;

2019: +250.000.

Contributo in favore dell'Unesco-Venezia (cap. 2752).

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

Missione 1 Istruzione scolastica, Programma 1.6 Istruzione del primo ciclo

2017:– 70.000.000.

Missione 1 Istruzione scolastica, Programma 1.7 Istruzione del secondo ciclo

2017: + 75.000.000.

Missione 3 Ricerca e innovazione, Programma 3.1 Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata

2017: + 1.500.000.

2018: + 1.500.000.

2019: + 1.500.000.

Il contributo triennale è attribuito all'Eurispes, finalizzato alla creazione di progetti e iniziative informative per sostenere l'attività sociale ed economica nazionale (cap. 1730).

Missione 23, istruzione universitaria e formazione post universitaria, Programma 23.2 istituzione dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica

2017: + 500.000.

2018: + 500.000.

2019: + 500.000.

Il finanziamento è destinato a favore dell'ISIA (Istituto superiore per le industrie artistiche) di Pescara (cap. 1673, pg. 5).

Missione Istruzione universitaria e formazione post-universitaria, programma Diritto allo studio nell'istruzione universitaria

2017: +1.700.000;

2018: +1.700.000;

2019: +1.700.000.

Contributo a favore dei collegi universitari legalmente riconosciuti per lo svolgimento di attività culturale a carattere nazionale ed internazionale (cap. 1696, pg. 1).

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

Missione 2 Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto, Programma 2.2 Sviluppo e sicurezza del trasporto aereo

2017: + 1.000.000.

2018: + 1.000.000.

2019: + 1.000.000.

Finanziamento degli oneri di servizio pubblico per i servizi di linea effettuati tra lo scalo aeroportuale di Crotone ed i principali aeroporti nazionali (cap. 1942).

Missione Infrastrutture pubbliche e logistica, Programma Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità

2017: + 5.000.000;

2018: + 5.000.000;

2019: + 5.000.000.

Contributo per straordinari interventi conservativi e manutentivi del Duomo di Milano (cap. 7695, pg. 2)

Missione 1 Infrastrutture pubbliche e logistica Programma 1.4 Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità

2017: +5.000.000.

Contributo  da assegnare ai comuni di Venezia, Chioggia e Cavallino Treporti per gli interventi per la salvaguardia di Venezia (cap. 7202)

 

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

Missione 1 Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca, Programma 1.3 Politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca, dell'ippica e mezzi tecnici di produzione

2018: + 10.000.000;

2019: + 10.000.000.

L’aumento del programma 1.3 del Ministero delle politiche agricole alimentari è destinato all’incremento del Fondo per il rilancio del comparto cerealico, istituito dall’art. 23-bis del decreto-legge n.113 del 2016 (cap. 7825).

Missione: 1 Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca, Programma 1.3 Politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca, dell'ippica e mezzi tecnici di produzione

2017: + 5.000.000.

Contributo da corrispondere all'agenzia per le erogazioni in agricoltura per la razionalizzazione della produzione bieticolo -saccarifera in Italia (cap. 7370).

 

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

Missione 1, Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici Programma 1.5 Tutela e valorizzazione dei beni librari, promozione e sostegno del libro e dell'editoria

2017: + 200.000.

2018: + 200.000.

2019: + 200.000.

Il finanziamento per il triennio 2017-2019 è assegnato in favore del «Centro nazionale del libro parlato», di cui alla legge n. 282 del 1998, al fine di sostenere le attività della Fondazione «Libri italiani accessibili (LIA) » (cap. 3631, piano gestionale 11).

 


Articolo 19
(Entrata in vigore)

 

 

La legge di stabilità entra in vigore il 1° gennaio 2017, ove non diversamente previsto.

 

Una diversa entrata in vigore è stabilita dal comma 443 per i commi 433, 437, 438, 439 e per il medesimo 443 (Fondi a favore degli enti territoriali) per i quali l’entrata in vigore è fissata al giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 



[1] La natura formale del bilancio discendeva dal previgente terzo comma dell’articolo 81 della Costituzione, a norma del quale, si rammenta, con la legge di bilancio “non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”. Con la mancata riproposizione di tale norma del nuovo testo dell’articolo 81 introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 si è determinato il passaggio da una concezione formale ad una concezione sostanziale della legge di bilancio.

[2] Tali tabelle prevedevano, rispettivamente, la determinazione degli importi delle leggi di spesa permanente, la riduzione di autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente nonché le variazioni delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale.

[3] In corso d’esame presso la Camera (A.C. 4110).

[4] Cfr. relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio integrato, Tavola 2.

[5] La disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni e alla televisione è stata introdotta dal R.D.L. 246/1938 (L. 880/1938).

[6] Ai sensi della L. 13 giugno 1935, n. 1184, come modificato dal D.Lgs.lgt. 8 febbraio 1946, n. 56.

[7] A tal fine, l’art. 10, co. 1, ha novellato l’art. 1, co. 160, lett. b), della L. 208/2015, che aveva destinato fino a € 50 mln annui provenienti dal canone RAI al Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, contestualmente istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, destinato (solo) all’emittenza radiofonica e televisiva in ambito locale.

[8] La permanenza in vigore della l. 907/1942, pur a seguito delle semplificazioni legislative che hanno avuto luogo nel corso degli anni, è stata ritenuta “indispensabile” dall’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179.

[9] Si ricorda che la micro impresa - definita dalla Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese - è quella che ha meno di 10 dipendenti e un fatturato o bilancio (un prospetto delle attività e delle passività di una società) annuo inferiore ai 2 milioni di euro. Nella citata raccomandazione viene fornita anche una definizione di piccola impresa (meno di 50 dipendenti e un fatturato o bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro) e di media impresa (meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro o un bilancio inferiore a 43 milioni di euro). Le PMI che soddisfano i diversi criteri possono beneficiare sia di programmi comunitari e nazionali di sostegno alle imprese, come i finanziamenti per la ricerca, la competitività e l’innovazione, che altrimenti non sarebbero concessi in base alle norme sugli aiuti di Stato dell’UE sia di un minor numero di requisiti o costi ridotti per ottemperare alla legislazione dell’UE.

[10] In attuazione della norma, in data 14 febbraio 2014 è stata stipulata tra il Ministero dello Sviluppo Economico, Associazione Bancaria Italiana e CDP una Convenzione che disciplina le condizioni, i criteri e le modalità di utilizzo da parte delle banche del plafond di provvista CDP.

[11] Con decreto direttoriale del 02 settembre 2016 è stata disposta, a partire dal giorno successivo, la chiusura dello sportello per la presentazione delle domande di accesso ai contributi statali, a causa dell’esaurimento delle risorse finanziarie disponibili.

[12] Cfr. anche la Relazione sulle spese pluriennali e di investimento allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2016.

[13] La citata Relazione espone un’analisi previsionale dalla quale emerge un fabbisogno complessivo di ulteriori 212 milioni di euro complessivi nel periodo 2017-2023. L’analisi è stata condotta sulla base dell’attuale trend di impiego delle risorse e stimando, per effetto della più generale politica di stimolo degli investimenti messa in atto dal Governo (maxiammortamento), un incremento realistico di circa il 20% , anche in ragione dei nuovi soggetti finanziatori non più “vincolati” alla provvista finanziaria di CDP.

[14] Ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3 del TFUE i progetti (nazionali) diretti a istituire o modificare aiuti sono comunicati alla Commissione europea in tempo utile perché essa presenti le sue osservazioni. Se la Commissione ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107 TFUE, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo 2 dello stesso articolo 108. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale. Ai sensi del paragrafo 4 dell'articolo 108 del TFUE, la Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all'articolo 109 TFUE, che possono essere dispensate dalla procedura di notifica.

[15]            L’intensità di auto è importo lordo dell'aiuto espresso come percentuale dei costi ammissibili, al lordo di imposte o altri oneri

[16]            L'articolo 1 del Regolamento UE n. 1407/2013, fissa il campo di applicazione disponendo che esso si applichi agli aiuti concessi alle imprese di qualsiasi settore, ad eccezione dei seguenti aiuti:

a)   aiuti concessi a imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura di cui al regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio;

b)   aiuti concessi a imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli;

c)   aiuti concessi a imprese operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:

i)         qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate,

ii)        qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;

d)   aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

e)   aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.

[17] Il d. lgs. 460/1997 reca il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale,

[18]  Dal punto di vista settoriale, la gran parte delle start-up innovative (oltre l'80%) opera nel settore dei servizi privati alle famiglie e alle imprese. Se si escludono i comparti del turismo e del commercio, emerge che il 76% delle start-up italiane fornisce servizi alle imprese. In particolare, le attività nettamente prevalenti sono quelle relative alla consulenza informatica e alla produzione di software (circa il 42% del totale start-up). Seguono le attività di ricerca scientifica e sviluppo e le attività professionali e tecniche (28%). Solo il 18% delle start-up innovative opera nei settori dell'industria manifatturiera e delle costruzioni; infine il commercio incide soltanto per il 4% del totale. All'interno del manifatturiero prevalgono le fabbricazioni di computer e prodotti di elettronica e ottica, di macchinari ed apparecchiature e di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche.

[19]A fine dicembre 2015 il numero di start-up innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese, è pari a 5.143, in aumento di 439 unità rispetto alla fine di settembre (+9,3%). Le start-up rappresentano lo 0,33% del milione e mezzo di società di capitali italiane. Il capitale sociale delle start-up è pari complessivamente a poco più di 258 milioni di euro, che corrisponde in media a quasi 50 mila euro a impresa (il capitale medio è rimasto stabile rispetto al trimestre precedente).

[20]   Tale regolamento dichiarava alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato. In particolare, l’articolo 21 riguarda le condizioni di compatibilità dei regimi di aiuti al finanziamento del rischio a favore delle PMI.

[21]   L’articolo 4 citato è relativo all’istituzione di un apposito fondo rotativo per la gestione dei mutui agevolati concessi ad Invitalia, ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo n. 185/2000, con il compito di provvedere alla selezione ed erogazione delle agevolazioni ivi previste a favore dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego; si rammenta che le misure relative all'autoimpiego (di cui al medesimo D.Lgs. n. 185 del 2000, ma al titolo II non richiamato dalla norma in commento) rappresentano un complesso di incentivi, destinati prevalentemente ai soggetti privi di occupazione residenti nelle aree depresse, ai fini della creazione di attività di lavoro autonomo o della costituzione di microimprese o della creazione di iniziative di autoimpiego in forma di franchising.

[22]   I rientri quindi potrebbero anche derivare da esiti patologici delle misure previste dal capo III del medesimo titolo I del citato decreto legislativo n. 185/2000: si tratta delle iniziative dirette a sostenere  in tutto il territorio nazionale le  imprese  agricole  a  prevalente  o totale partecipazione giovanile, a favorire il ricambio generazionale in  agricoltura  e  a  sostenerne  lo  sviluppo  attraverso  migliori condizioni per l'accesso al credito.

[23]  In riferimento agli impieghi del Fondo per la crescita sostenibile, si rammenta che, già a partire dal D.M. 20 giugno 2013, essi hanno finanziato interventi, volti al sostegno di progetti di ricerca e sviluppo - finalizzati alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al significativo miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti - di rilevanza strategica per il sistema produttivo e, in particolare, per la competitività delle piccole e medie imprese. In questo quadro, il MiSe ha emanato decreti di concessione di agevolazioni per programmi di sviluppo sperimentale, comprendenti eventualmente anche attività non preponderanti di ricerca industriale, attuati da imprese start-up.

[24]   Nei fondi comuni di investimento di tipo chiuso il rimborso delle quote è ammesso solo in periodi predeterminati (cfr. l'art. 1, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni).

[25] Nel caso di specie, si tratta del Piano triennale degli investimenti dell'INAIL per il triennio 2016-2018.

[26] Per l'attuazione si veda la Circolare INAIL 11 aprile 2016, n. 15.

[27] Il D.P.C.M. dispone l’approvazione di un progetto esecutivo, allegato al decreto, che si presenta come un Masterplan redatto in lingua inglese, riferito a differenti e distinti piani di intervento. L’articolo 2, co. 1 del decreto dispone che l’IIT deve provvedere, entro trenta giorni dalla data del medesimo decreto (16 settembre 2016), ad avviare il progetto e a rendere operativo un “apposito ente” indicato in premessa, da costituire entro 24 mesi dalla medesima data.

[28] Il concerto con quest’ultimo Ministero è stato aggiunto in sede di esame in prima lettura.

[29] Il concerto con quest’ultimo Ministero è stato aggiunto in sede di esame in prima lettura.

 

[30] Secondo le informazioni disponibili sul sito istituzionale della Società Sincrotrone, la società stessa è stata istituita nel 1987 e gestisce la sorgente di luce di sincrotrone Elettra e il laser ad elettroni liberi FERMI. In particolare, FERMI è il nuovo laser ad elettroni liberi (FEL) seeded che sta entrando in servizio accanto ad Elettra, la macchina di luce di sincrotrone di terza generazione. Unico tra le cinque sorgenti FEL al mondo attualmente operanti nell'ultravioletto e nei raggi X molli, FERMI è stato sviluppato per generare impulsi ultracorti (10-100 femtosecondi) con una luminosità di picco 10 miliardi di volte superiore a quella fornita dalle sorgenti luminose di terza generazione. FERMI sta per aprire opportunità per lo studio della struttura della materia condensata ed i suoi stati transitori, della materia soffice condensata e di quella a bassa densità, utilizzando una varietà di tecniche di diffrazione, dispersione e spettroscopia.

[31] Secondo queste ultime, non concorrono a formare la parte imponibile i redditi già assoggettati ad imposta.

[32] Si ricorda che, ai fini di quest'esenzione, le azioni non devono essere riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro né comunque essere cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione.

[33] Per la nozione di familiari, cfr. l'art. 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[34] La lettera g-bis) del comma 1156 ha disposto lo stanziamento, a decorrere dall’anno 2008, sempre a valere sul Fondo per l’occupazione, di un ulteriore contributo, pari a 50 milioni di euro, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili nonché per iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro. Tale contributo opera in favore delle regioni rientranti negli obiettivi di convergenza dei Fondi strutturali UE, che per le finalità su indicate stipulano una apposita convenzione con il Ministero del lavoro.

[35] Cd. riforma Fornero.

[36] L’articolo 2, comma 31, della legge n.92/2012 prevede che “Nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”.

[37] Secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, la valutazione è stata effettuata (sulla base di elementi amministrativi forniti dall’I.N.P.S.) sulla base di una stima di 277.000 iscritti per il 2017 con reddito medio annuo pari a 16.300 euro.

[38] La domanda può essere presentata direttamente o tramite un intermediario autorizzato ai sensi della legge n. 152/2001, ossia istituti di patronato e di assistenza sociale.

[39] La domanda deve essere presentata attraverso l’uso dell’identità digitale SPID di secondo livello, ai sensi del DPCM 24 ottobre 2014 (recante “Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”).

[40] Sul diritto di recesso v. oltre (comma 171).

[41] Decreto legislativo n.385/1993.

[42] Si segnala che il testo iniziale del disegno di legge prevedeva che l’APE costituisse credito ai consumatori (ai fini dell’applicazione del titolo VI del  Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, recante norme in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e di rapporti con i clienti) solo “se di importo non superiore a 75.000 euro”

[43] Decreto legislativo n.231/2007, recante “Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione”.

[44] Ai sensi dell’articolo 30, comma 8, del decreto legislativo n.231/2007, il quale prevede che “Nel caso di rapporti continuativi relativi all'erogazione di credito al consumo, di leasing, di emissione di moneta elettronica o di altre tipologie operative indicate dalla Banca d'Italia, l'identificazione può essere effettuata da collaboratori esterni legati all'intermediario da apposita convenzione, nella quale siano specificati gli obblighi previsti dal presente decreto e ne siano conformemente regolate le modalità di adempimento”.

[45] Il sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale è disciplinato dal DPCM 24 ottobre 2014 (recante “Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”).

[46] Il diritto di recesso è disciplinato dall’articolo 125-ter del decreto legislativo n.385/1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e dall’articolo 67-duodecies del decreto legislativo n.206/2005 (Codice del consumo). Il primo prevede che “Il consumatore può recedere dal contratto di credito entro quattordici giorni; il termine decorre dalla conclusione del contratto o, se successivo, dal momento in cui il consumatore riceve tutte le condizioni e le informazioni (previste ai sensi dell'articolo 125-bis)”. Il secondo prevede che “Il consumatore dispone di un termine di quattordici giorni per recedere dal contratto senza penali e senza dover indicare il motivo. […]Il termine durante il quale può essere esercitato il diritto di recesso decorre alternativamente: a)  dalla data della conclusione del contratto, tranne nel caso delle assicurazioni sulla vita, per le quali il termine comincia a decorrere dal momento in cui al consumatore è comunicato che il contratto è stato concluso; b) dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all'articolo 67-undecies, se tale data è successiva a quella di cui alla lettera a). Nel corso dell’esame alla Camera è stata introdotta una norma al comma 169 volta a prevedere che il termine per l’esercizio del diritto di recesso dal contratto è ridotto a 14 giorni (rispetto ai 30 giorni previsti dalla normativa vigente, di cui all’articolo 67-duodecies, comma 2, del decreto legislativo n.206/2005, per i contratti a distanza aventi per oggetto le assicurazioni sulla vita e schemi pensionistici individuali).

[47]In estrema sintesi, l’esercizio dell’opzione per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti – che si applica ordinariamente nella misura ordinaria dello 0.25% dell’importo del finanziamento - consente, alle condizioni di legge, l’esenzione dagli altri tributi indiretti (imposta di registro, imposta di bollo, imposta ipotecaria, etc.) che sarebbero altrimenti applicabili ai singoli atti posti in essere per effettuare le medesime operazioni di finanziamento, ivi comprese le garanzie.

[48] Il testo iniziale del disegno di legge (modificato alla Camera) non faceva riferimento al previo accordo con il lavoratore, bensì al “consenso del richiedente”.

[49] Il testo iniziale del disegno di legge (modificato alla Camera) non faceva riferimento alla scadenza prevista per il pagamento dei contributi del mese di erogazione della prima mensilità bensì “al momento della richiesta dell’APE”.

[50] La disposizione richiama l’articolo 7 del decreto legislativo n.184/1997, il quale prevede che l'importo del contributo volontario è pari all'aliquota di finanziamento, prevista per la contribuzione obbligatoria alla gestione pensionistica, applicata all'importo medio della retribuzione imponibile percepita nell'anno di contribuzione precedente la data della domanda. L'importo minimo di retribuzione sulla quale sono commisurati i contributi volontari non può essere inferiore alla retribuzione settimanale (determinata ai sensi dell'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 463/1983). L'importo del contributo volontario minimo dovuto da tutte le categorie di prosecutori volontari non può essere inferiore a quello stabilito per i lavoratori dipendenti comuni. Per le categorie tenute al versamento di contributi volontari mensili, tale importo è ragguagliato a mese.

[51] L’individuazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità di funzionamento del Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti e della Garanzia dello Stato come prestatore di ultima istanza è contenuta nel DPCM 20 febbraio 2015, n. 29.

[52] La garanzia di ultima istanza costituisce una fattispecie già prevista anche in altre norme, quale ad esempio quella relativa al fondo di garanzia per le PMI di cui all’articolo 11, co.4 del D.L. n.185/2008.

[53] Si tratta del privilegio generale sulle retribuzioni dovute ai prestatori di lavoro subordinato e tutte le indennità dovute per effetto della cessazione del rapporto di lavoro, nonché il credito del lavoratore per i danni conseguenti alla mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali ed assicurativi obbligatori.

[54] Risoluzione consensuale avvenuta nell'ambito della procedura di conciliazione di cui all'art. 7 della L. 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni

[55] L’handicap in situazione di gravità è definito dall’articolo 3, comma 3, della legge n.104/1992, ove si prevede che “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici”.

[56] Le professioni (indicate nell’apposito Allegato cui la norma rinvia) sono le seguenti:

A.              Operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici

B.              Conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni

C.              Conciatori di pelli e di pellicce

D.              Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante

E.              Conduttori di mezzi pesanti e camion

F.               Professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni.

G.              Addetti all'assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza

H.              Professori di scuola pre–primaria

I. Facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati

J.               Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia

K.              Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.

Il comma 185 prevede, poi, che con successivo DPCM si proceda alla determinazione delle caratteristiche specifiche di tali attività lavorative.

[57] L’ASDI è disciplinato dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 22/2015.

[58] L’indennizzo per cessazione di attività commerciale è stato istituito dal decreto legislativo n. 207/1996. L’indennizzo spetta in caso di cessazione definitiva dell'attività commerciale ai soggetti che esercitano, in qualità di titolari o coadiutori, attività commerciale al minuto in sede fissa, anche abbinata ad attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, ovvero che esercitano attività commerciale su aree pubbliche

[59] I dipendenti cui la disposizione fa riferimento sono quelli di tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie istituite dal D.Lgs. 300/1999 (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165/2001), nonché i dipendenti degli enti di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001 (ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; ENEA; Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; CNEL; E.N.A.C.) e il personale degli enti pubblici di ricerca.

[60] Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR), disciplinato dall’art. 2120 c.c., è un elemento della retribuzione la cui erogazione è differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro, riconosciuto ai dipendenti del settore privato e, ai sensi del D.P.C.M.20 dicembre 1999, anche ai dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000 (ad eccezione delle categorie cosiddette “non contrattualizzate”). Si ricorda, in proposito, che fino all’emanazione del DPCM 20 dicembre 1999, che ha introdotto per i nuovi assunti il TFR, veniva liquidata l’indennità premio di fine servizio ai dipendenti degli enti locali e l’indennità di buonuscita ai dipendenti statali. I dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 31 dicembre 2000 possono optare per il TFR aderendo, contestualmente, ad un fondo di previdenza complementare. I Trattamenti di Fine Servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il loro finanziamento, caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale. Questi versano la somma totale dovuta, per poi riprendere (rivalendosi) la parte obbligatoria dovuta dal dipendente. Merita infine ricordare che l’articolo 1, commi 484 e 485, della L. 147/2013 ha modificato la disciplina sui termini temporali della rateizzazione dell’erogazione dei trattamenti di fine servizio (TFS) o di fine rapporto (TFR), comunque denominati, dei dipendenti pubblici, con effetto sui soggetti che maturino i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2014, riducendo, in particolare, l’importo oggetto della rateizzazione.

[61] L’articolo 24, comma 6, del D.L. 201/2011 ha ridefinito i requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia a decorrere dal 1° gennaio 2012, disponendo l'innalzamento a 66 anni (al quale vanno aggiunti gli indici di speranza di vita, pari, nel 2016, a 7 mesi) del limite minimo per accedere alla pensione di vecchiaia (sia per i lavoratori dipendenti sia per quelli autonomi), nonché l'anticipazione della disciplina a regime dell'innalzamento progressivo dell'età anagrafica delle lavoratrici dipendenti private al 2018 (in luogo del 2026).

[62] Si fa presente che anche su tali requisiti opera la norma di cui all’art. 12 del D.L. 78/2010 che prevede l’adeguamento all’incremento della speranza di vita; tali adeguamenti saranno aggiornati con cadenza biennale (non più triennale) dal 1° gennaio 2019, per effetto di quanto disposto dall’art. 24, c. 13, del D.L. 201/2011:

[63]   La disciplina finora vigente è posta dall'art. 1, commi da 239 a 248, della L. 24 dicembre 2012, n. 228.

[64]   Cfr. il citato comma 239 dell'art. 1 della L. n. 228 del 2012.

[65] Si ricorda che, per i soggetti il cui primo accredito contributivo decorra successivamente al 1° gennaio 1996, il trattamento pensionistico può essere conseguito al compimento di un requisito anagrafico (attualmente pari a 63 anni e 7 mesi) meno elevato rispetto a quello generale, purché sussistano le condizioni di cui all'art. 24, comma 11, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[66] La disposizione fa rinvio alla nozione di handicap grave di cui all'art. 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104.

[67]   Cfr. il comma 13 del citato art. 24 del D.L. n. 201 del 2011.

[68]   Procedura di cui all'art. 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

[69] Invalidi ai quali sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento o ascritta alle prime quattro categorie della tabella A allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni.

[70] Attraverso la soppressione dell’art. 24, c. 17-bis, del D.L. 201/2011 ove si prevede l’applicazione ai lavoratori che svolgono lavori usuranti, i quali maturano i requisiti per il pensionamento dal 1° gennaio 2012,  delle cd. finestre mobili, secondo cui la prima decorrenza utile per godere del trattamento pensionistico è fissata (art. 12, c. 2, D.L. 78/2010:

- trascorsi 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, per coloro per i quali le pensioni sono liquidate a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti;

- trascorsi 18 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, per coloro per i quali le pensioni sono a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata.

[71] Il beneficio non è cumulabile con le detrazioni spettanti per i redditi da lavoro dipendente e per alcune delle categorie di redditi assimilati al lavoro dipendente.

[72] Procedure stabilite, da ultimo, dal D.M. 14 febbraio 2014 (G.U. n.89 del 16 aprile 2014).

[73] Di cui all’articolo 3 del D.M. 8 ottobre 2012 ( pubblicato nella G.U. n. 17 del 21 gennaio 2013) e al medesimo articolo 22, comma 1, lettera a), del D.L. 95/2012.

[74]  Si ricorda che, per i trattamenti liquidati in base all'istituto in esame, la decorrenza può avere luogo solo dopo 12 mesi dalla maturazione dei suddetti requisiti, ovvero dopo 18 mesi per le lavoratrici autonome.

[75]  L’art. 1-bis del D.L. 90/2014 autorizza, per il sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti da aziende in ristrutturazione o riorganizzazione per crisi aziendale, la spesa di 3 milioni di euro per l'anno 2014, 9 milioni di euro per l'anno 2015, 13 milioni di euro per l'anno 2016, 13 milioni di euro per l'anno 2017, 10,8 milioni di euro per l'anno 2018 e 3 milioni di euro per l'anno 2019.

[76]  L’art. 41-bis, c. 7, primo periodo, del D.L. 207/2008 stanzia 10 milioni di euro a decorrere dal 2009 per il sostegno degli oneri derivanti dalle prestazioni di vecchiaia anticipate per i giornalisti dipendenti.

[77]  Qualora i datori di lavoro interessati dai processi di ristrutturazione o riorganizzazione in presenza di crisi aziendali presentino piani comportanti effetti finanziari complessivamente superiori a determinati importi massimi (20 milioni di euro annui fino al 2013, 23 nel 2014, 29 nel 2015, 33 nel 2016, 33 nel 2017, 30,8 nel 2018, 23 nel 2019 e 20 a decorrere dal 2020, Il richiamato art. 41-bis, c.7, del D.L. 208/2007), l’art. 41-bis, c. 7, del D.L. 208/2007  ha previsto l’introduzione a carico dei medesimi datori di lavoro di uno specifico contributo aggiuntivo da versare all’INPGI per il finanziamento dell'onere eccedentario (si veda sul punto il DM 5 agosto 2009).

[78] Di cui all'art. 1, comma 284, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, e successive modificazioni, ed al D.M. 7 aprile 2016.

[79] Riguardo alle entrate contributive in oggetto, cfr. l'art. 5 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, e successive modificazioni.

[80] Si ricorda, inoltre, che il citato comma 284 dell'art. 1 della L. n. 208, e successive modificazioni, mediante il richiamo dell'art. 41, comma 6, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, esclude che la trasformazione a tempo parziale possa determinare un incremento della base di calcolo della quota di trattamento pensionistico liquidata secondo il cosiddetto metodo retributivo.

[81] Per le disposizioni attuative dell’ASDI si veda il DM 29 ottobre 2015.

[82] Si ricorda che per gli incentivi in oggetto non si applica la norma in base alla quale i benefìci contributivi (in materia di previdenza e assistenza sociale) relativi all'apprendistato sono mantenuti per un anno dalla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.

[83] Cfr. l'art. 1, comma 773, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e l'art. 22, comma 1, della L. 12 novembre 2011, n. 183.

[84] Di cui all'art. 2, commi 31 e 32, della L. 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni.

[85] Si ricorda che il contratto di solidarietà (di tipo difensivo), in base alla nuova disciplina in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, di cui al D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, è confluito nell'àmbito del trattamento straordinario di integrazione salariale e costituisce una delle causali del medesimo trattamento.

[86] Di cui all'art. 24 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80.

[87] Con esclusione del lavoro domestico.

[88] Si ricorda che queste ultime due strutture possono essere sia pubbliche sia private.

[89] La richiesta può essere fatta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero dello sviluppo economico o dal Garante per la protezione dei dati personali.

[90] Si rammenta che nella relazione approvata dalla XI Commissione della Camera dei deputati in sede consultiva sull'Atto Camera C. 4127-bis, veniva considerata anche l'opportunità di destinare nell'anno 2017 una quota delle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione a interventi urgenti in materia di politiche del lavoro, anche in considerazione del rifinanziamento del Fondo, disposto dall'articolo 8 del decreto-legge n. 193 del 2016; era anche "valutata l'esigenza di costituire uno specifico fondo per promuovere la realizzazione delle misure per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori che svolgono attività lavorativa stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, che saranno previste nell'ambito del piano di cui all'articolo 9, comma 1, della legge 29 ottobre 2016, n. 199, recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo".

[91] "Infatti, a differenza del comparto agricolo, nel settore della pesca l’unità di base amministrativa non è la Regione, ma l’area geografica di riferimento (GSA), che in genere comprende i mari. In Italia abbiamo sette GSA che ricomprendono una o più Regioni ed in relazione alle quali vengono modulati i Piani di gestione": cfr. XVI legislatura, Senato della Repubblica, Giunte e commissioni, 9a Commissione, resoconto stenografico n. 5, 30 luglio 2009, p. 4: Audizione del sottosegretario di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali, Antonio Buonfiglio, sul fermo pesca e sulle altre problematiche inerenti al comparto ittico.

[92] Cfr. l'art. 4 della L. 12 giugno 1984, n. 222.

[93] Per l’a.a. 2016/2017, il DM 29 marzo 2016, n. 201 ha definito l’importo minimo della tassa di iscrizione in € 201,58.

[94] La relazione tecnica all’A.C. 4127 evidenziava che allo stato sono circa 478.000 gli studenti con ISEE inferiore a 25.000 euro che non sono esonerati dalla contribuzione studentesca ai sensi della normativa sul diritto allo studio.

[95]Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a 14.000 euro, il contributo non può superare 70 euro; nel caso di uno studente con ISEE pari a 30.000 euro, il contributo non può superare 1.190 euro.

[96] Ad esempio, nel caso di uno studente con ISEE pari a 14.000 euro, il contributo non può superare 200 euro; nel caso di uno studente con ISEE pari a 30.000 euro, il contributo non può superare 1.785 euro.

[97] L’art. 8 del D.Lgs. 42/2012 definisce il costo standard unitario di formazione per studente in corso come il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della tipologia di corso di studi, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università. Per il triennio 2014-2016, il costo standard per studente in corso è stato definito con DI 9 dicembre 2014, n. 893.

[98] Le funzioni amministrative e legislative statali in materia di Università degli studi di Trento sono state delegate alla provincia autonoma di Trento dall’art. 2, co. 122, della L. 191/2009. I contenuti della delega sono stati specificati con il d.lgs. 142/2011.

[99] I criteri per la ripartizione delle risorse destinate al funzionamento delle istituzioni AFAM per l'anno 2016 sono stati stabiliti con DM 20 giugno 2016, n. 488.

[100] E non più dell’accesso alle risorse del fondo, come previsto nel testo originario del disegno di legge.

[101] L’art. 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce la materia del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario alla competenza legislativa concorrente.

Il coordinamento della finanza pubblica, come confermato dalla giurisprudenza costituzionale, non sembra costituire propriamente un ambito materiale, quanto piuttosto una finalità assegnata alla legislazione statale, funzionale anche al perseguimento di impegni finanziari assunti in sede europea, inclusi gli obiettivi quantitativi collegati al rispetto del Patto di stabilità e crescita a livello europeo. La coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea per l'equilibrio dei bilanci e per la sostenibilità del debito pubblico e l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea sono principi ora direttamente richiamati dagli artt. 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., a seguito delle modifiche introdotte dalla legge costituzionale 1/2012. Da ultimo, anche in considerazione della situazione di eccezionale gravità del contesto finanziario, la Corte ha inoltre fornito una lettura estensiva delle norme di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Pur ribadendo, in via generale, che possono essere ritenuti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi», la Corte ha, nei fatti, avallato le scelte del legislatore statale di introdurre vincoli specifici per il contenimento della spesa delle regioni e degli enti locali, quali, ad esempio, quelli relativi alle riduzioni di spesa per incarichi di studio e consulenza (sentenza 262/2012), all'obbligo di soppressione o accorpamento da parte degli enti locali di agenzie ed enti che esercitino funzioni fondamentali e funzioni loro conferite (sentenza 236/2013), alla determinazione del numero massimo di consiglieri e assessori regionali e alla riduzione degli emolumenti dei consiglieri (sentenze 198/2012 e 23/2014).

[102] A tal fine, i soggetti gestori predispongono ogni anno una relazione sui risultati della sperimentazione, sui benefici concretamente apportati dalle strategie integrative adottate rispetto al regime ordinario delle prestazioni oggetto del  d.lgs. 68/2012 e sulle eventuali linee correttive da attivare.

[103] A fronte dei 20 giorni previsti dal testo originario del disegno di legge.

[104] L’art. 4 della L. 240/2010 ha istituito presso il MIUR un nuovo fondo per la promozione dell’eccellenza e del merito fra gli studenti universitari dei corsi di laurea e di laurea magistrale, destinato a erogare premi di studio, fornire buoni studio e garantire la solvibilità dei finanziamenti concessi dagli istituti di credito. Gli interventi sono cumulabili con le borse di studio. I beneficiari delle provvidenze sono individuati mediante prove nazionali standard per gli iscritti al primo anno per la prima volta e mediante criteri nazionali standard di valutazione per gli iscritti agli anni successivi al primo.

[105] Peraltro, lo stesso art. 9 non reca contenuti che attengono ad eventuali funzioni della Fondazione nell’ambito del sistema scolastico.

[106] Il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali, può individuare percorsi formativi e iniziative diretti all'orientamento.

[107] Le attività e i progetti di orientamento scolastico nonché di accesso al lavoro sono sviluppati con modalità idonee a sostenere anche le eventuali difficoltà e problematiche proprie degli studenti di origine straniera.

[108] Con riferimento alle attività di alternanza scuola-lavoro.

[109] Convenzioni con enti pubblici e privati finalizzate a favorire l'orientamento scolastico e universitario dello studente.

[110] A titolo di esempio, si vedano l’art. 5 del regolamento dell’università di Torino e l’art. 7 del regolamento dell’università di Pavia.

[111] In base all’art. 1, co. 1, della L. 62/2000, il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali.

[112] In base all’art. 2, co. 1, della L. 508/1999, le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche, nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale. Qui l’elenco delle Istituzioni AFAM.

[113] In base all’art. 6, co. 1, della L. 240/2010, il regime di impegno dei professori e dei ricercatori è a tempo pieno (1.500 ore) o a tempo definito (750 ore).

[114] I Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN) prevedono proposte di ricerca libere e autonome, nell’ambito delle 14 aree disciplinari di cui al D.M. 175 del 4 ottobre 2000. Il MIUR cofinanzia gli stessi, attraverso la pubblicazione di un bando a ricerca libera. Con D.D. 4 novembre 2015, n. 2488, modificato con D.D. 14 dicembre 2015, n. 3265, è stato emanato il bando PRIN 2015.

[115] In base all’art. 15 della L. 240/2010, i settori concorsuali per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari. I settori concorsuali sono stati rideterminati, da ultimo, con D.M. 30 ottobre 2015 n. 855, rettificato, relativamente all’all. D, con D.M. 22 giugno 2016, n. 494.

[116] A seguito delle modifiche da ultimo apportate dall’art. 1, co. 460, della L. 147/2013, si tratta del contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% per il 2014 e il 2015, al 60% per il 2016, all’80% per il 2017 e al 100% dal 2018, di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell’anno precedente. Successivamente, l’art. 1, co. 346, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015) e l’art. 1, co. 251, della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), hanno introdotto previsioni finalizzate a facilitare, in determinate condizioni, la stipula di contratti a tempo determinato relativi a ricercatori.

[117] Criteri e contingente assunzionale delle singole università statali per l’anno 2015 sono stati definiti con D.M. 21 luglio 2015 n. 503 e, per l’anno 2016, con D.M. 5 agosto 2016, n. 619.

[118] Qui la sezione del sito dell’ANUR relativa alle procedure concorsuali.

[119] Con esclusione dei contratti di lavoro domestico e quelli relativi agli operai del settore agricolo.

[120] I controlli in questione sono quelli previsti dall’art. 125, par. 5, del richiamato Regolamento (UE) 1303/2013, secondo cui, nell’ambito delle funzioni dell'autorità di gestione (responsabile della gestione del programma operativo nazionale conformemente al principio della sana gestione finanziaria), la stessa procede, tra l’altro, alle verifiche amministrative rispetto a ciascuna domanda di rimborso presentata dai beneficiari e alle verifiche sul posto delle operazioni.

[121] Come si evince dalla nota n. 3623 del 10 marzo 2016, l’assegnazione alle scuole statali delle risorse relative ai percorsi di alternanza scuola-lavoro è stata effettuata con nota n. 1349 del 3 febbraio 2016 e note nn. 2402 e 2403 del 19 febbraio 2016.

[122] Si veda, a titolo di esempio, lo Statuto della Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento Sant’Anna di Pisa.

[123] Da ultimo, la designazione dei componenti del Comitato Nazionale dei Garanti della Ricerca - previsto dall’art. 21 della L. 240/2010 - è stata operata con DM 3 novembre 2015, n. 861.

[124] Si tratta di: Area 01 - Scienze matematiche e informatiche; Area 02 - Scienze fisiche; Area 03 - Scienze chimiche; Area 04 - Scienze della terra; Area 05 - Scienze biologiche; Area 06 - Scienze mediche; Area 07 - Scienze agrarie e veterinarie; Area 08 - Ingegneria civile e Architettura; Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione; Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Area 12 - Scienze giuridiche; Area 13 - Scienze economiche e statistiche; Area 14 - Scienze politiche e sociali.

[125] In statistica, i quantili sono le n parti uguali in cui si suddivide l’intera distribuzione di frequenza, dopo aver ordinato i valori. Quando la distribuzione si suddivide in 4 parti uguali, si parla di quartili; in 5 parti uguali, si parla di quintili; in 10 parti uguali, si parla di decili; in 100 parti uguali, si parla di percentili.

[126] La relazione tecnica all’A.C. 4127 evidenziava che detti aumenti e riduzioni non comportano incrementi alla stima della spesa complessiva fatta sull’importo base, in quanto il numero dei dipartimenti che riceve una maggiorazione (del 10% o del 20%) è identico al numero di dipartimenti che riceve una decurtazione della stessa entità.

[127] I programmi di ricerca di alta qualificazione, finanziati dall’UE o dal MIUR, sono stati individuati, da ultimo, con DM 28 dicembre 2015.

[128] Nel sistema contributivo di calcolo della pensione è la quota della retribuzione pensionabile che è considerata accantonata ai fini della determinazione dell'ammontare della pensione. In generale, per i lavoratori dipendenti è stata fissata al 33%, per i lavoratori autonomi al 27%.

[129] Sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo.

[130] Per quanto concerne il trattamento previdenziale dei lavoratori della pesca, l’inquadramento dei marittimi imbarcati quali membri dell’equipaggio sulle navi adibite alla pesca marittima nei regimi previdenziali vigenti nel settore è determinato, prevalentemente, dalle caratteristiche della nave a bordo della quale i marittimi stessi operano. Di conseguenza, nel nostro ordinamento per i marittimi esistono i seguenti regimi previdenziali: quello dei pescatori della piccola pesca marittima di cui alla legge n.250/1958 e il regime previdenziale marittimo di cui alla legge  n.413/1984.

Il primo trova applicazione nell’ambito dell’attività lavorativa della pesca esclusiva o prevalente, sia in via autonoma sia in forma associata (cooperativa o compagnia di pesca) ed esercitata, quale attività professionale, con “natanti non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda”. L’inquadramento in tale regime dà diritto al lavoratore alla pensione di vecchiaia, invalidità e anzianità, nonché all’indennità contro gli infortuni. Ai lavoratori inquadrati nel predetto regime non compete l’indennità di disoccupazione, malattia, maternità e assegno per il nucleo familiare.

I marittimi inquadrati ai sensi della L. 413/1984 attualmente sono iscritti al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD) dell’Inps e possono accedere a tutte le prestazioni dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO).

[131] In base a quanto disposto dal D.M. 22 dicembre 2012, il congedo obbligatorio è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice, in aggiunta ad esso (mentre la fruizione del congedo facoltativo di uno o due giorni, che può avvenire anche contemporaneamente all'astensione della madre, è condizionata alla scelta della madre lavoratrice di non fruire di altrettanti giorni del proprio congedo di maternità). Inoltre, l’istituto del congedo obbligatorio (come quello facoltativo) si applica anche in caso di adozione o affidamento ed è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità

[132] Articolo 1, comma 466, legge n.208/2015.

[133] Gli enti di cui all’art. 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[134] In base allo stesso art. 1, co. 5, (tutti) i docenti dell’organico dell’autonomia contribuiscono alla realizzazione dell’offerta formativa attraverso le attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento.

[135] Il decreto-legge n.101/2013 è entrato in vigore il 31 agosto 2013.

[136] Tale proroga costituisce l’ultima di una lunga serie di provvedimenti aventi analoga finalità. In particolare, il punto n. 24 dell’articolo 1, comma 388, della L. 228/2012 aveva prorogato al 30 giugno 2013 quanto previsto dall’articolo 1, comma 4, del D.L. 216/2011, che aveva a sua volta prorogato al 31 dicembre 2012 l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, in riferimento alle graduatorie approvate successivamente al 30 settembre 2003. Successivamente, l’efficacia delle richiamate graduatorie è stata prorogata al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.P.C.M. 19 giugno 2013

[137] Successivamente, l’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n.102/2014, ha previsto che il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi nell'anno 2013 e nell'anno 2014, previste dall'articolo 66, commi 9-bis del decreto-legge n. 112/2008, è prorogato al 31 dicembre 2016 e le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, possono essere concesse entro il 31 dicembre 2016.

[138] Il quale, come prorogato dal DPR 122/2013, ha bloccato per gli anni dal 2011 al 2014  il trattamento economico individuale complessivo dei dipendenti pubblici, anche di qualifica dirigenziale, prevedendo che esso non potesse in ogni caso superare il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010.

[139] I consumi intermedi, così come definiti nel Sistema Europeo dei conti nazionali (Sec95)1, rappresentano il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo, escluso il capitale fisso il cui consumo è registrato come ammortamento. I beni e servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo. La categoria economica in esame include diverse tipologie di spesa tra cui, ad esempio, le spese di manutenzione ordinaria, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all'esterno.

 

[140] Tale disposizione è stata modificata dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24 (Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI) e successivamente dalla legge 29 ottobre 2016, n. 199 (Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo).

[141] Per quanto riguarda le supplenze destinate alla copertura di posti in “organico di fatto” o le supplenze temporanee, secondo la Corte di Cassazione l’utilizzo dei contratti a termine non può essere di per sé considerato abusivo, salvo che sia dimostrato l’uso distorto o improprio della reiterazione, tenuto conto delle concrete circostanze (come ad esempio “il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra”).

[142] Si tratta delle organizzazioni intercategoriali a carattere generale CES (Confederazione europea dei sindacati), UNICE (Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea) e CEEP (Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica).

[143] Secondo la Corte, una ragione obiettiva che giustificava la durata determinata del contratto era costituita dalla sostituzione temporanea di lavoratori per motivi di politica sociale (congedi per malattia, parentali, per maternità o altri). Altri fattori, inoltre, attestano una particolare esigenza di flessibilità, che può oggettivamente giustificare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, dal momento che l’insegnamento è correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione che impone allo Stato di organizzare il servizio scolastico garantendo un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di studenti, cosa che dipende da un insieme di fattori, taluni difficilmente controllabili o prevedibili. Peraltro, ha osservato la Corte, potrebbe anche oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell’espletamento di concorsi per l’accesso ai posti permanenti, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.

[144] Al riguardo si ricorda che l’art. 8 della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale ATA, già dipendente degli enti locali, in servizio nelle scuole statali. Alla disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999, in base al cui art. 9, considerato che le funzioni ausiliarie e di pulizia erano svolte, in alcuni comuni o province, a mezzo di contratti di servizio con aziende di varia natura (c.d. “appalti storici”), ovvero erano svolte da personale ex LSU (lavoratori socialmente utili), lo Stato è subentrato anche nei contratti e nelle convenzioni stipulati dagli enti locali. A seguito dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea nel 2002, che contestava l'affidamento dei relativi servizi senza procedure di gara, è stata poi prevista l'indizione di bandi di gara europei. In particolare, l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 ha disposto che tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro CONSIP. L’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha poi disposto, a decorrere dall’a.s. 2013/2014, un tetto alla spesa per l’acquisto di servizi esternalizzati (v., più ampiamente, infra): da tali previsioni sono scaturiti alcuni problemi occupazionali.

[145] L’importo è stato trasferito dal Fondo sviluppo e coesione al MIUR (cap. 7105) con il D.M. 86958 del 2014.

[146] Al relativo onere si è provveduto, in base al comma 354, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

[147] In particolare, l’accordo prevedeva che le risorse necessarie per la copertura degli eventuali periodi di cassa integrazione guadagni in deroga sarebbero state decurtate dallo stanziamento complessivo di 170 milioni di euro, con conseguente riduzione del numero degli interventi di manutenzione previsti per il secondo semestre 2015 e per il primo trimestre 2016.

[148] Come peraltro precisato nel preambolo della Delibera CIPE n. 73/2015.

[149]          Nel preambolo della delibera 73/2015, si illustra come dell’importo complessivo pari a 170 milioni di euro, necessario alla data del 6 agosto 2015 al completamento del Piano “Scuole belle”, è prevista una copertura finanziaria, per l'anno 2015, rispettivamente a carico del MIUR per € 10 mln e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per € 50 mln (D.L. 154/2015); e, per l'anno 2016, rispettivamente a carico del MIUR per € 30 mln e del MEF per € 20 mln. I residui € 60 mln di fabbisogno sono stati posti a carico, dal disposto della delibera 73 medesima, del FSC della programmazione 2014-2020 nella misura di € 50 mln per il 2015 e di € 10 mln per il 2016.

[150]          La relazione tecnica all’A.S. 2299 precisava che l’autorizzazione di spesa di € 64 mln si riferiva ai periodi dal 1° maggio al 15 giugno 2016 e dal 16 settembre al 30 novembre 2016.

Evidenziava, infatti, che:

-      sebbene l’accordo del 30 luglio 2015 prevedesse la prosecuzione del progetto fino al 31 marzo 2016, in realtà le aziende avrebbero portato a compimento nel mese di aprile 2016 gli interventi previsti (iniziati, con un mese di ritardo, ad agosto 2015) a valere sulle risorse già presenti nei pertinenti capitoli di bilancio del MIUR;

-      il periodo di sospensione dell’attività didattica, durante il quale il Governo si è impegnato ad accogliere richieste di cassa integrazione in deroga, poteva essere ipotizzato dal 16 giugno al 15 settembre 2016 ed era coperto nell’ambito delle risorse previste a legislazione vigente per il finanziamento degli ammortizzatori in deroga per il 2016.

[151]          Secondo informazioni fornite dal MIUR, la quota MIUR è stata coperta, in sede di previsione di bilancio, mediante riduzione per € 10 mln delle economie sui servizi di pulizia di cui all’art. 58, co. 6 del DL 69/2013 e per € 20 mln mediante riduzione del fondo funzionamento scuole (in particolare, la quota ex L. 440/1997).”

[152] Nel testo originario del d.d.l. bilancio si faceva riferimento ad una perdita a carattere permanente del diritto di accesso alla quota prevista. La disposizione è stata così modificata durante l’esame referente.

[153]  Posta dall'art. 1, commi da 524 a 534, della L. 28 dicembre 2015, n. 208.

[154] Ai sensi dell'art. 1, commi da 524 a 534, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, come modificati dal presente disegno di legge di bilancio.

[155] Ai sensi dell'art. 1, commi 535 e 536, della L. n. 208 del 2015.

[156] Sentenza n. 125 dell’8 giugno-1 luglio 2015.

[157] Il comma 570 viene abrogato dal comma 396 in esame.

[158] La dotazione del Fondo per l'acquisto dei medicinali oncologici innovativi, pari a 500 milioni, e quella, dello stesso importo di 500 milioni, riferibile al Fondo per l'acquisto dei medicinali innovati, sono entrambe iscritte nello stato di previsione del Ministero della salute, al cap. 3010 Fondo per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto dei medicinali particolari, per un totale di 1.000 milioni di euro annui a regime.

[159] La previsione di tale parere è stata introdotta durante l’esame referente in prima lettura.

[160] In sede referente è stata soppressa la disposizione che puntualizzava che il medico è libero di prescrivere il farmaco senza obbligo di motivazione.

[161] La disposizione originaria ante modifiche in prima lettura recava un più ridotto termine (30 giorni).

[162] Nel 2015 le risorse sono state ripartite con decreto interministeriale MEF-Lavoro del 5 maggio 2015 per una quota pari a 278,2 milioni alle Regioni e alle Province autonome e per una quota pari a 34,8 milioni al Ministero del lavoro.

 

[163] E pari a 113.000 milioni di euro per il 2017, 114.000 milioni di euro per il 2018, 115.000 milioni di euro per il 2019.

[164] Secondo la disciplina di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 9 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2014, n. 89, e successive modificazioni.

[165] L'elenco è tenuto presso l’Autorità nazionale anticorruzione.

[166] Ivi compresi i consorzi ed associazioni dei suddetti enti.

[167] Si ricorda che, per i casi summenzionati di divieto di ricorso a gare autonome, l’Autorità nazionale anticorruzione non può rilasciare il codice identificativo.

[168] Di cui al comma 2 dell'art. 9 del citato D.L. n. 66 del 2014, e successive modificazioni.

[169] Lo statuto dell’Agenzia è stato adottato con il decreto del Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale 22 luglio 2015, n. 113.

[170] Così, in base all’art. 6, co. 4, del DM 23 gennaio 2016, adottato sulla base dell’art. 1, co. 327, della L. 208/2015.

[171] Denominazione peraltro già utilizzata nel citato DM 23 gennaio 2016, nel DM n. 164 del 24 marzo 2016, relativo alla nomina del Comitato scientifico della stessa Soprintendenza, e nel DM 9 aprile 2016, che ha definito – fra l’altro – i confini della stessa Soprintendenza.

[172] L’art. 17-bis, co. 3, della L. 124/2015 prevede il termine di 90 giorni per l’espressione, da parte dell’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, di assensi, concerti o nulla osta richiesti per l’adozione di provvedimenti normativi o amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche. Decorso tale termine, senza che l’assenso, il concerto o il nulla osta sia comunicato, lo stesso si intende acquisito.

[173] L’art. 17, co. 4-bis, lett. e), L. 400/1988 prevede l’adozione di decreti ministeriali per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali, mentre l’art. 4, co. 4, del d.lgs. 300/1999 prevede l’intervento di decreti ministeriali per l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e per la definizione dei relativi compiti, nonché per la distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale generale. A sua volta, il co. 4-bis prevede che le previsioni di cui al co. 4 si applicano anche in deroga alla eventuale distribuzione degli uffici di livello dirigenziale non generale stabilita nel regolamento di organizzazione del singolo Ministero.

[174] L’articolo 243-bis, si rammenta, stabilisce che gli enti locali per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ed, entro i successivi novanta giorni (decorrenti dalla data di esecutività della delibera) approvare un piano di riequilibrio della durata massima di dieci anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario. Tale piano deve contenere tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio, alcune delle quali dettate espressamente dall’articolo medesimo. Una volta approvato, il piano deve essere trasmesso alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (prevista dall’articolo 155 del TUEL) ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti, ai fini dell’approvazione dello stesso secondo le procedure stabilite dall’articolo 243-quater.

[175] Recante criteri e modalità di ripiano dell'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, di cui all' articolo 3 del D.Lgs. n.118/2011.

[176] Tale articolo prevede che ai fini del riequilibrio l’ente interessato può avvalersi, anche di una apposita anticipazione: questa è erogata dallo Stato a valere sul Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, con predeterminati massimali (300 euro per abitante per i comuni e 20 euro per abitante per le province) e deve essere restituita entro 10 anni.             In caso di accesso al Fondo, l’ente locale deve adottare alcune specifiche misure di riequilibrio statuite dall’articolo 243-bis, consistenti nella riduzione delle spese per il personale, di quelle per prestazioni di servizi e di trasferimenti, nonché nel blocco dell’indebitamento.

[177] Recante disposizioni urgenti per gli enti territoriali e per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio.

[178] Il comma 537 richiama infatti il comma 2 dell’articolo 2 del D.L. n112 del 2008, nel quale è stato fatto divieto agli enti locali di emettere titoli obbligazionari o altre passività che prevedano il rimborso del capitale in un'unica soluzione alla scadenza, nonché titoli obbligazionari o altre passività in valuta estera, ed ha contestualmente previsto che  la durata di una singola operazione di indebitamento, anche se consistente nella rinegoziazione di una passività esistente, non può essere superiore a trenta né inferiore a cinque anni.

[179] La ripartizione delle risorse del Fondo spettanti ai comuni per il 2016 ha peraltro già avuto seguito con il D.P.C.M. 18 maggio 2016.

[180] Ultimo anno di assegnazione dei contributi erariali ordinari, poi soppressi dalla normativa sul federalismo fiscale.

[181] Che ha introdotto il comma 380-sexies nell’art. 1 della legge n. 228/2012.

[182] D.M. 12 novembre 2011, n. 226, (regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, cd. D.M. Gare) – recentemente modificato dal D.M. 20 maggio 2015, n. 106.

[183] Questa disposizione, che si configura, sostanzialmente, come una norma di delegificazione, è stata adottata proprio al fine di evitare l’intervento legislativo. Le disposizioni normative di differimento dei termini di deliberazione dei bilanci, tuttavia, non sembrerebbero aver determinato una generale rilegificazione della materia, in quanto si riferiscono espressamente a determinati esercizi finanziari.

[184] Recante disposizioni in materia di determinazione dei costi e fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province.

[185] Si tratta di una banca dati istituita presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi, utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard e gli obiettivi di servizio nonché per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio.

[186] Recante disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione.

[187] Si tratta del c.d. decreto “sbloccascuola” http://www.governo.it/sites/governo.it/files/DPCM_20160427.pdf

[188] Il risultato di amministrazione, (l'articolo 187 del Dlgs 267/2000) è costituito da fondi liberi, fondi vincolati, fondi destinati agli investimenti e fondi accantonati. Esso può determinarsi sommando quello dell'anno precedente con il risultato della gestione di competenza (accertamenti meno impegni) e con il risultato della gestione dei residui (residui passivi cancellati, meno residui attivi cancellati, più i maggiori residui attivi accertati) e va conteggiato al netto del Fondo pluriennale vincolato. Quest’ultimo, a sua volta, è un saldo finanziario (rilevante principalmente nelle spese di conto capitale, dove l’acquisizione dei mezzi di copertura può precedere anche di molto la copertura dell’investimento) costituito da entrate già accertate destinate al finanziamento di obbligazioni dell’ente già contratte ma esigibili in esercizi successivi, ed è pertanto finalizzato a garantire la copertura degli impegni imputati ad esercizi futuri.

[189] La norma precisa inoltre che per il triennio 2017-2019 sono considerati solo i comuni la cui fusione si sia realizzata entro il 1° gennaio dell’anno di riferimento.

[190] Di cui agli articoli 8 e 9 del D.Lgs. n.281/1997.

[191] In materia, si ricorda che con provvedimento n. 9729 (C4662) del 5 luglio 2001 l’Agcom ha dato il nulla osta all’accordo intervenuto il 24 aprile 2001 tra gli allora soci della società Panischi Srl (che all’epoca forniva servizi di biglietteria per eventi nazionali e internazionali di musica, arte, spettacolo, provvedendo alla distribuzione dei biglietti sia secondo canali tradizionali, che con mezzi informatici e telematici) e la TicketOne Spa (all’epoca operante nella fornitura di servizi e sistemi per la gestione della biglietteria per spettacoli e manifestazioni culturali e nel campo della prenotazione e vendita per conto terzi di biglietti per eventi di cultura e spettacolo). In base all’accordo, TicketOne Spa ha acquisito il controllo esclusivo di Panischi Srl.

Successivamente l’Agcom, con provvedimento n. 10540 (I505) del 14 marzo 2002, ha dato il nulla osta a due intese intervenute tra TicketOne Srl, gli ex soci della società Panischi Srl ed altri soggetti (20 persone fisiche e 10 Srl) – di seguito: Promotori –, concernenti la distribuzione on line di biglietti per eventi culturali e spettacoli.

Si tratta, in particolare, di un contratto della durata di 15 anni di concessione esclusiva, a favore di TicketOne, per la rivendita on line dei biglietti relativi agli eventi organizzati dai Promotori, in base al quale, tra l’altro, TicketOne ha il diritto di rivendita in esclusiva di una parte percentuale dei biglietti e, nei primi 7 giorni, è l’unico soggetto autorizzato alla vendita.

La seconda intesa prevede un patto di non concorrenza in base al quale, da un lato, TicketOne si impegna a non intraprendere in concorrenza con i Promotori alcuna attività di organizzazione di eventi, ad eccezione delle manifestazioni attinenti allo sport, al cinema, nonché alla musica classica, sinfonica ed operistica; dall’altro, i Promotori si impegnano a non vendere biglietti on line in concorrenza con TicketOne.

[192] Le fondazioni lirico-sinfoniche sono state inizialmente disciplinate dalla L. 800/1967, che ha dichiarato il "rilevante interesse generale" dell'attività lirica e concertistica "in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale" ed ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico. Sono stati così riconosciuti come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – e 2 istituzioni concertistiche assimilate: l'Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora, Fondazione teatro lirico di Cagliari). Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono quattordici.

Con il d.lgs. 367/1996, gli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale sono stati trasformati in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di rendere disponibili risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

[193] La relazione della Corte dei conti riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria delle fondazioni lirico-sinfoniche per l'esercizio 2014 (Doc. XV, n. 403), trasmessa alle Camere il 16 giugno 2016, fa presente che, nel 2014, il sostegno pubblico del settore rappresenta circa l’87% del totale delle contribuzioni: in tale ambito, l’apporto dello Stato (55,9% del totale dei contributi) decresce dello 0,3%, mentre le risorse erogate dalle amministrazioni territoriali (30,8% del totale) segnano un aumento dell’1,5%, dopo il calo registrato nell’esercizio precedente (-5,1%). Le fonti di finanziamento privato (13,1% del totale) segnano un calo del - 6,2%, rafforzando la tendenza recessiva già riscontrata nell’esercizio precedente (-6,8%).

[194] Ha, altresì, previsto che, per il triennio 2014-2016 il 5% della quota del FUS doveva essere riservata alle fondazioni che avessero raggiunto il pareggio di bilancio nei tre esercizi finanziari precedenti.

[195] Si trattava, in particolare, delle fondazioni lirico-sinfoniche che: si trovassero nelle condizioni di amministrazione straordinaria, di cui all’art. 21 del D.lgs. 367/1996; fossero state in regime di amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi, non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione; non potessero far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi.

[196] Ai sensi dell’art. 1, co. 3, della L. 196/2009, la ricognizione delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre. L’ultimo elenco è quello pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 settembre 2016, n. 229.

[197] Inizialmente era partecipata al 30% dal MIBAC e al 70% da Italia Lavoro S.p.a. In seguito, l’art. 26 della L. 69/2009, al fine di garantire la continuità occupazionale del personale impiegato, ha trasferito la partecipazione azionaria detenuta in Ales da Italia Lavoro S.p.a. al MIBACT.

[198] L’art. 1, co. 322-324, della L. 208/2015 ha disposto la fusione per incorporazione di ARCUS in ALES.

[199] Italia Lavoro S.p.A. è una società totalmente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, la quale opera, in base alla relativa normativa, come ente strumentale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.

[200] Per il triennio 2014-2016, il termine è stato fissato al 28 febbraio 2014.

[201] La premessa della delibera faceva riferimento alla mancata contribuzione statale a favore degli Istituti negli ultimi 4 anni (periodo 2010-2013). Al riguardo, si veda la ricostruzione effettuata nel dossier del Servizio Studi della Camera n. 95/3, Tomo I, del 31 gennaio 2014.

[202] l decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61 ha disposto –con specifico riguardo allo stabilimento ILVA di Taranto (art. 2) – il commissariamento straordinario di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti all'ambiente e alla salute a causa dell'inottemperanza alle disposizioni dell'AIA. Il commissario straordinario è stato nominato con D.P.C.M. del 5 giugno 2013 nel persona del dott. Enrico Bondi. Successivamente, con D.P.C.M. 6 giugno 2014, è stato nominato quale commissario il Dott. Pietro Gnudi in sostituzione del Dott. Bondi. L’articolo 1 del predetto D.L. n. 61/2013, in particolare, ha previsto, al comma 5, che, contestualmente alla nomina del commissario straordinario, il Ministro dell'ambiente nominasse un comitato di tre esperti, scelti tra soggetti di comprovata esperienza e competenza in materia di tutela dell'ambiente e della salute, nonché di ingegneria impiantistica, competente a proporre, sentito il commissario straordinario, al Ministro dell’Ambiente stesso il Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria (cd. Piano Ambientale). L’articolo 1 ha disposto che il Piano contenga le azioni ed i tempi necessari per garantire il rispetto delle prescrizioni di legge e dell'AIA, la cui contestata violazione ha determinato il commissariamento dell'ILVA. In attuazione di quanto sopra è stato adottato il D.P.C.M. 14 marzo 2014.

Successivamente, il D.L. n. 1/2015, ha disciplinato il passaggio dalla gestione commissariale speciale di ILVA, di cui al D.L. n. 61/2013 alla nuova gestione commissariale di amministrazione straordinaria di impresa in crisi ai sensi del D.L. n. 347/2003. Secondo l’articolo 2, comma 1 del citato D.L. n. 1/2015, l'ammissione di ILVA S.p.A. alla procedura concorsuale dell’amministrazione straordinaria ha determinato la cessazione del commissariamento straordinario di cui al D.L. n. n. 61/2013, e l’organo commissariale nominato per la procedura di amministrazione straordinaria è subentrato nei poteri attribuiti per i piani e le azioni di bonifica previsti dal Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di ILVA di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014. Inoltre, l’articolo 2, comma 8 del citato D.L. 1/2015 ha disposto che si applica, in quanto compatibile, la disciplina del commissariamento speciale di ILVA prevista dal D.L. n. 61/2013 e dall’articolo 12 del D.L. n. 101/2013.

[203] Ai fini dell’applicazione della confisca di cui all’art. 19 del D.Lgs. 231/2001 alla sentenza di condanna è equiparato il “patteggiamento” ex art. 444 c.p.p. (v. Cass. Sez. 6^, sent. n. 35802 del 2008 e Sez. 2^, sent. 20046 del 2011).

[204] In via residuale ed in caso di incapienza, il provvedimento di sequestro aveva esteso il suo oggetto a beni immobili nella disponibilità, anche con interposizione fittizia, della società ILVA S.p.A., con esclusione dei beni strettamente indispensabili all’esercizio dell’attività produttiva.

[205] Contestualmente a questa sentenza e sempre in relazione al medesimo sequestro preventivo, la Cassazione ha adottato un’altra sentenza – sent. n. 2658 depositata il 21 gennaio 2014 - di annullamento del provvedimento che aveva esteso il sequestro per equivalente alle società controllate del gruppo.

[206] Con "reati di terrorismo" la direttiva si riferisce ai reati ai sensi del diritto nazionale di cui agli articoli da 1 a 4 della decisione quadro 2002/475/GAI (sulla lotta contro il terrorismo).

[207] In base alla norma originaria, gli importi avrebbero invece dovuto essere rimborsati nel medesimo esercizio finanziario in cui gli stessi sono erogati.

[208] Nel 2013 il giudice nazionale ha sottoposto a sequestro preventivo somme appartenenti ai principali azionisti ed ex dirigenti dell'ILVA in attesa della conclusione dei procedimenti penali a loro carico per danni ambientali. Secondo quanto informa la Commissione UE nel documento del 20 gennaio 2016 (attivazione dell’indagine approfondita su aiuti di Stato all’ILVA), le somme ([…] di euro) poste sotto sequestro dal giudice nazionale il 20 maggio 2013 risultano nella disponibilità di trust statunitensi e svizzeri.

[209] A fronte di € 24,4 mln previsti dal testo del ddl originario.

[210] A fronte di € 25 mln previsti dal testo del ddl originario.

[211] In particolare, il D.I. 8 aprile 2016 ha disposto che le somme sono versate all'entrata del bilancio dello Stato sul cap. 3626 e sono riassegnate al cap. 1260 dello stato di previsione del MIUR.

[212] Si ricorda che, come riepilogato nella Nota Prot. 2076 del 23 febbraio 2016, concernente i limiti di reddito per l’esonero dal pagamento dalle tasse scolastiche per l’a.s. 2016/2017, le tasse scolastiche (di cui all’art. 200, comma 1, del d.lgs. 297/1994) sono dovute solo per il quarto e quinto anno degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado. In particolare, le tasse erariali (la cui misura è stata determinata dal D.P.C.M. 18 maggio 1990) sono costituite da: tassa di iscrizione (€ 6,04), esigibile “una tantum”, all’atto dell’iscrizione al quarto anno; tassa di frequenza (€ 15,13); tassa per esami di idoneità, integrativi, di licenza, di maturità e di abilitazione (€ 12,09), tassa di rilascio dei relativi diplomi (€ 15,13).

[213] Ai fini della detrazione, la spesa può essere documentata mediante la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario del pagamento - sia esso la scuola, il Comune o altro fornitore del servizio - e deve riportare nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno.

[214] “Ciò in quanto tali servizi, pur se forniti in orario extracurricolare, sono di fatto strettamente collegati alla frequenza scolastica”.