Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | La semplificazione delle autorizzazioni amministrative a livello comparato | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 232 | ||
Data: | 20/03/2016 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni |
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Camera
dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione
e ricerche |
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La semplificazione delle autorizzazioni
amministrative a livello comparato |
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n. 232 |
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20 marzo 2016 |
Servizio responsabile: |
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Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni ( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_istituzioni@camera.it |
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Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
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La
documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata alle
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File:
ID0023.docx |
INDICE
§
La semplificazione dei regimi delle
autorizzazioni amministrative nella legge n. 124/2015
§
Nota illustrativa del contenuto del dossier
I procedimenti per l’apertura di attività commerciali
§
Elementi di raffronto tra i 28 Paesi UE
§
Regimi autorizzatori per le attività
commerciali
§
Strutture aperte al pubblico
§
Adempimenti
previsti per gli “établissement recevant
du public” (ERP)
§
Le procedure di avvio di impresa
§
Attività commerciali: quadro di sintesi delle
autorizzazioni richieste
§
La regolamentazione degli orari degli esercizi
commerciali
§
I procedimenti autorizzatori
§
La direttiva servizi (2006/123/CE)
§
Autorizzazioni igienico sanitarie per le
attività nel settore degli alimenti in Francia
§
Autorizzazioni igienico-sanitarie per le
attività nel settore degli alimenti nel Regno Unito
I procedimenti per le attività edilizie
§
Premessa
§
La dichiarazione preliminare
§
I
profili autorizzatori concernenti il paesaggio
§
Gli interventi esenti da autorizzazione
§
Procedure, tempi e costi per la costruzione di
edifici nella città di Berlino
§
L’edificazione di grandi strutture di vendita
§
Interventi di sviluppo consentiti
§
Licenza edilizia e conformità alle norme sulle
costruzioni
§
Gli interventi in edifici o aree di interesse
storico o architettonico
§
Il regime delle licenze nella Comunità di
Madrid
§
Premessa
§
Le procedure di dichiarazione, registrazione e
autorizzazione
§
Autorizzazione unica ambientale
§
Verifica di assoggettabilità a VIA
§
I procedimenti di autorizzazione ambientale
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Principali regolamenti attuativi a livello
federale
§
Valutazione d’impatto ambientale
§
Descrizione delle fasi procedurali
§
Verifica di assoggettabilità a VIA
§
Valutazione di impatto acustico
§
Autorizzazione ambientale integrata
§
La normativa delle Comunità autonome
Nel programma di riforme amministrative inaugurato dalla legge n. 124 del 2015 (cd. legge Madia) una parte rilevante è rappresentata dagli interventi di semplificazione, in materia di organizzazione, di personale e di attività delle pubbliche amministrazioni. Alcune disposizioni incidono sulla disciplina generale di istituti del procedimento amministrativo (che risulta integrata o modificata), mentre altre hanno ad oggetto particolari settori di disciplina.
In tale programma, assume particolare rilievo la disposizione contenuta nell'articolo 5 della legge che reca una delega al Governo per la precisa individuazione dei procedimenti:
§ oggetto di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), ai sensi dell'art. 19 della legge sul procedimento amministrativo (L. 241/1990);
§ oggetto di silenzio assenso, ai sensi dell’art. 20 della L. 241/1990;
§ per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa;
§ per i quali, in base alla legislazione vigente, è sufficiente una comunicazione preventiva.
La segnalazione certificata di inizio attività è disciplinata dall’articolo 19 della L. 241/1990, che consente di sostituire ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, compresa l’iscrizione in albi o ruoli, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, con una segnalazione dell’interessato all’amministrazione competente, con esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e con alcune eccezioni per una serie di atti rilasciati dalle amministrazioni preposte ad interessi particolarmente sensibili (difesa nazionale, pubblica sicurezza, immigrazione, amministrazione della giustizia, amministrazione delle finanze, tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente) e per gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla stessa data di presentazione della segnalazione.
Tuttavia, l’amministrazione entro 60 giorni dalla segnalazione (30 per la SCIA edilizia), ove accerti la carenza di requisiti o presupposti per l’esercizio dell’attività, ne inibisce la prosecuzione e ne rimuove gli eventuali effetti dannosi. Qualora vi sia la possibilità di regolarizzazione, l’amministrazione competente invita il privato a conformare l’attività intrapresa alla normativa vigente, qualora sia possibile, mediante un atto motivato, con il quale sono prescritte le misure necessarie e si dispone la sospensione dell’attività intrapresa. Il termine per provvedere alla regolarizzazione dell’attività non può essere inferiore a 30 giorni, decorso il quale senza che le misure siano state adottate, l’attività s’intende vietata. Inoltre, decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di inibitoria, l’amministrazione può comunque vietare la prosecuzione dell’attività, rimuovendone gli effetti, ovvero chiedere al privato di conformarsi alla normativa vigente. La possibilità di agire in tal senso è tuttavia condizionata dalla ricorrenza dei presupposti per l’annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 21-nonies della legge 241/1990.
Settori in cui tipicamente si applica la SCIA sono il settore edilizio e l’esercizio di attività imprenditoriale.
L’articolo 20 della legge 241/1990 include il silenzio assenso tra gli istituti di semplificazione amministrativa, generalizzando il ricorso all’istituto. La norma stabilisce che in tutti i procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, esclusi quelli disciplinati dall’articolo 19, L. 241/1990 (segnalazione certificata di inizio attività), «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine indicato dalla legge o dai regolamenti (ai sensi dell’art. 2, L. 241/1990), il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, dopo la scadenza del termine l’amministrazione competente può in ogni caso assumere determinazioni in via di autotutela, ossia annullare o revocare l’atto implicito di assenso (art. 21-quinquies e 21-nonies, L. 241/1990).
La norma, peraltro, contempla un rilevante numero di eccezioni. Il silenzio assenso, infatti, non opera: a) per gli atti e i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità; b) nei casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali; c) nei casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza; d) agli atti e procedimenti individuati con appositi D.P.C.M. adottati su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
L’espressione “precisa individuazione” lascia intendere che i procedimenti debbano essere indicati singolarmente.
Per quanto riguarda i principi e criteri direttivi, la disposizione richiama:
§ princìpi e criteri direttivi desumibili dai medesimi articoli della legge sul procedimento amministrativo su SCIA e silenzio assenso (artt. 19 e 20, L. 241/1990);
§ princìpi di ragionevolezza e proporzionalità;
§ princìpi del diritto dell'Unione europea relativi all'accesso alle attività di servizi.
Per quanto concerne i principi di diritto UE relativi all’accesso ai servizi, viene in rilievo la direttiva “servizi” 2006/123/CE, che mira a consentire la creazione e lo sviluppo di un mercato interno dei servizi, garantendo ai prestatori di servizi ed ai destinatari di beneficiare delle libertà fondamentali previste agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) ovvero la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione.
Al fine di raggiungere tale obiettivo, le disposizioni della direttiva mirano a semplificare le procedure amministrative, a eliminare gli ostacoli relativi alle attività di servizi e ad accrescere sia la fiducia reciproca tra gli Stati membri che la fiducia dei prestatori e dei consumatori nel mercato interno dei servizi.
Si tratta di uno strumento orizzontale che copre una vasta gamma di servizi diversi ed incide su un numero consistente di norme e regolamenti nazionali, obbligando gli Stati membri, in sede di recepimento, ad adottare un insieme di misure legislative e di misure non legislative, ovvero misure organizzative o pratiche, quali gli sportelli unici per i prestatori di servizi, le procedure elettroniche e la cooperazione amministrativa.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione, la direttiva si applica a tutti i servizi non esplicitamente esclusi dalla stessa, intendendosi per “servizio” le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, come stabilito all’articolo 57 TFUE.
In Italia, la direttiva è stata recepita con il D.Lgs. 59/2010, che all’articolo 14 stabilisce il principio in base al quale “regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità”.
Nell’oggetto della delega è compresa l’introduzione della disciplina generale delle “attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa”.
Per questa parte della delega, l’intento parrebbe quello di introdurre nell’ordinamento delle norme generali comuni a diversi regimi già previsti dalla L. 241/1990 per i procedimenti a istanza di parte, accomunati dal fatto di consentire un’attività senza necessità di un provvedimento espresso dell’amministrazione.
Tra le norme generali certamente rientrano, per espressa previsione del comma 1 dell’articolo 5, la definizione:
§ delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati e di svolgimento della procedura, anche telematica;
§ degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti;
§ dell’obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all’atto della presentazione di un’istanza, i termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda.
Per espressa previsione legislativa, la delega deve essere esercitata entro un anno dalla data di entrata di vigore della legge (entro il 28 agosto 2016) sulla base di un procedimento che prevede le seguenti fasi:
§ proposta del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione;
§ concerto con il Ministro dell'interno, limitatamente alle autorizzazioni previste dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
§ intesa in sede di Conferenza unificata;
§ parere del Consiglio di Stato, da rendere entro 30 giorni (decorsi i quali il Governo può procedere);
§ delibera preliminare del Consiglio dei ministri e trasmissione dello schema di decreto legislativo alle Camere;
§ espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, entro 60 giorni (decorsi i quali il decreto legislativo può essere comunque adottato). Se il termine previsto per il parere cade nei 30 giorni che precedono la scadenza della delega o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di 90 giorni;
§ nel caso in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, nuova trasmissione del testo alle Camere con le relative osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione;
§ parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia (sembrerebbe escluso il parere della Commissione competente per i profili finanziari e della Commissione per la semplificazione) sulle osservazioni del Governo entro 10 giorni (decorsi i quali il decreto può comunque essere adottato);
§ adozione definitiva da parte del Consiglio dei ministri.
Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, il Governo può adottare un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e della medesima procedura.
La delega prevista dall’articolo 5 della L. 124/2015 richiede, in primo luogo, di censire i molteplici e complessi procedimenti autorizzatori (siano essi autorizzazioni, concessioni, nulla-osta, etc.) disciplinati nel nostro ordinamento, classificandoli in relazione ai quattro regimi individuati ed, in secondo luogo, di introdurre una disciplina comune per le attività non soggette ad autorizzazione.
In relazione all’attuazione di tale delega è apparso utile verificare le esperienze dei principali Paesi europei.
Le pagine che seguono non mettono a confronto il quadro normativo interno con quello di altri ordinamenti nazionali, considerate sia la complessità del diritto interno, sia la eterogeneità dell’assetto amministrativo dei diversi Paesi. Infatti, anche le ricerche condotte a livello internazionale e disponibili come fonti di comparazione si concentrano sul confronto tra performances amministrative nazionali piuttosto che tra discipline giuridiche e, quasi esclusivamente, facendo riferimento a specifici settori (ambiente, edilizia, commercio, ecc.).
Pertanto, lo studio comparato è focalizzato sull’esame di alcuni sistemi giuridici - fra loro in molti aspetti diversi, ma istituzionalmente connessi dall’appartenenza all’Unione europea (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna) – al fine di comprendere come venga data attuazione a comuni input normativi o eguali indicazioni di indirizzo (semplificazione dei procedimenti, riduzione del numero di autorizzazioni) provenienti da istanze e sollecitazioni - sempre più stringenti e attuali – degli utenti, dalla stessa UE e da organismi internazionali.
Sono stati utilizzati, quale punto di partenza, dati e studi a livello europeo (http://ec.europa.eu/growth/index_en.htm, Entrepreneurship 2020 Action Plan) ed internazionale (www. http://www.doingbusiness.org/).
Lo studio è stato condotto sulla base della normativa e della documentazione disponibile nei siti istituzionali dei singoli Paesi, opportunamente richiamati con collegamenti ipertestuali che consentono di navigare verso le fonti della ricerca e verso informazioni aggiuntive.
L’analisi ha riguardato l’individuazione – negli ordinamenti di tali Paesi - degli adempimenti preliminari/autorizzazioni necessarie per l’avvio di 4 tipologie di attività commerciali che sono state a tal fine selezionate:
1. apertura di ristoranti e bar (somministrazione di alimenti e bevande in luoghi aperti al pubblico);
2. attività commerciale di ridotte dimensioni (esercizio di vicinato);
3. media struttura di vendita;
4. grande struttura di vendita.
Una seconda parte dell’analisi ha riguardato le procedure seguite nei quattro Paesi UE per i principali interventi edilizi. Sono stati in particolare selezionati i seguenti:
5. comunicazione di inizio lavori asseverata;
6. segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
7. permesso di costruire;
8. certificato di agibilità;
9. ed autorizzazione paesaggistica ed autorizzazione paesaggistica semplificata.
Infine, per i procedimenti ambientali, l’analisi si è concentrata sui seguenti procedimenti:
1. autorizzazione unica ambientale per le PMI e gli impianti non soggetti ad AIA (rilascio di autorizzazioni ambientali integrate);
2. valutazione di impatto acustico;
3. verifica di assoggettabilità a VIA.
I procedimenti per l’apertura di attività commerciali
Uno studio della Commissione europea su “Business Dynamics: Start ‐ ups, Business Transfers and Bankruptcy” (2011) ha analizzato, tra i diversi oggetti, anche l’impatto economico, giuridico e amministrativo delle procedure per tali autorizzazioni nei Paesi europei. È emerso, in particolare, come negli ultimi anni l’eliminazione di singole fasi o adempimenti (silenzio assenso, denuncia sostitutiva di autorizzazione) trovino un utilizzo sempre più esteso in un’ottica di crescente semplificazione dei procedimenti.
Al contempo, al termine di uno studio recente (maggio 2015) svolto dalla Commissione europea – DG Growth: On the compliance by Member States on the time needed to get licences and permits to take up and perform the specific activity of an enterprise as from beginning of 2014 è stata analizzata la disciplina autorizzatoria degli Stati membri per valutare i progressi compiuti da ciascuno rispetto agli obiettivi di semplificazione delle procedure autorizzatorie fissati nel maggio 2011, dando alcuni input da promuovere.
Per la Commissione europea la complessità delle procedure amministrative costituisce una delle principali barriere alla nascita ed allo sviluppo di attività imprenditoriali, erodendo tempo e risorse che vengono così utilizzate per altre finalità. La complessità delle procedure autorizzatorie produce infatti, oltre ai costi diretti (tasse ecc.), anche rilevanti costi indiretti (consulenti, avvocati).
In tale quadro, è stato evidenziato come negli ultimi anni molti Paesi hanno assunto specifiche azioni per ridurre i tempi, i costi e la complessità nelle procedure volte al rilascio di autorizzazioni. Tra questi, la Commissione europea richiama, in particolare:
§ l’introduzione di “one-stop-shops”, “on-line portals”, “national points of single contact”, che sta continuando a dare risultati molto soddisfacenti, trattandosi di strumenti sempre più utilizzati dagli operatori e in grado di ridurre i costi connessi alle autorizzazioni;
§ alcuni Paesi hanno valorizzato portali governativi e Trade registers centralizzati con risultati positivi (Austria, Repubblica ceca, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Norvegia e Slovenia);
§ iniziative per coordinare e centralizzare le procedure per le autorizzazioni amministrative (tra i Paesi che il citato report della Commissione europea cita a tale riguarda figura l’Italia, insieme a Finlandia, Bulgaria, Lituania e Paesi Bassi);
§ le iniziative assunte dal Portogallo negli ultimi anni nel quadro di una “zero licencing initiative”, volte in particolare a dematerializzare il maggior numero di procedure autorizzatorie per le attività commerciali così da ridurre i costi e il tempo connesso al rilascio delle stesse;
§ l’iniziativa - promossa in Austria - dei ‘consultation days’: gli esperti sono disponibili nello stesso luogo e negli stessi giorni (previamente indicati) per fornire tutte le informazioni e il supporto necessario a coloro che intendono aprire nuove attività commerciali. Il vantaggio maggiore – evidenziato dalla Commissione europea – è quello di poter disporre di tutte le competenze necessarie nello stesso momento e luogo, con una conseguente riduzione dell’onerosità delle procedure, di particolare beneficio soprattutto per le attività di minore dimensione – che dispongono di risorse e di know-how più limitati – e per bilanciare l’incertezza che caratterizza la normativa in materia riguardo ai documenti necessari.
Come emerge dalle tabelle di raffronto elaborate dalla Commissione europea nel maggio 2015 (v. allegati 1 e 2) l’Italia è nella media per quanto riguarda il numero di autorizzazioni richieste e il costo delle tariffe per aprire, ad esempio, un’attività commerciale di albergo con ristorante.
La Commissione europea ha invece evidenziato – nel rapporto finale – come le maggiori criticità - comuni ai 28 paesi UE - continuano ad essere quelle legate alle difficoltà, per gli utenti, di predisporre, in tempi brevi, la documentazione completa e corretta per ottenere le autorizzazioni allo svolgimento di attività commerciali.
In tale quadro, un impatto positivo possono averlo tutte quelle iniziative volte a “supportare” coloro che intendono iniziare un’attività commerciale ad individuare il materiale necessario per le autorizzazioni e le modalità/percorso per ottenerle. Gli interventi di semplificazione devono inoltre portare l’utente a sapere che le informazioni che gli vengono richieste sono necessarie una sola volta (e non ripetutamente e per diverse finalità). È altresì fondamentale – ad avviso della Commissione europea – ridurre il numero di documenti richiesti e la lunghezza dei tempi necessari per ottenerli, valorizzando le e-solutions e tutte le iniziative che consentono all’utente di acquisire con maggiore facilità i documenti richiesti (piuttosto che riducendo i controlli). A questo deve aggiungersi una riduzione delle tariffe richieste dagli Stati membri per l’avvio di attività commerciali e obiettivi sempre più ambiziosi riguardo al tempo complessivo necessario a svolgere gli adempimenti amministrativi (la Commissione europea fa riferimento all’obiettivo di una settimana per l’apertura di un’attività imprenditoriale di piccole dimensioni).
Dallo studio della Commissione europea è emerso in
particolare come:
a)
per aprire
un’attività di albergo con ristorante, con vendita alcolici (attività per le
quali sono richieste anche autorizzazioni specifiche per cibo, alcolici ecc. e
che quindi necessitano di tempi in media più lunghi):
§
il
numero medio di autorizzazioni richieste negli Stati membri è pari ad una media
di 6 con un range che va da 2 a 13 autorizzazioni;
§
in
11 Stati membri (Belgio, Danimarca, Germania, Estonia, Lettonia, Ungheria,
Malta, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Regno Unito) è possibile acquisire
tutte le autorizzazioni necessarie entro 1 mese o meno;
§
in
7 Stati membri (Repubblica Ceca, Irlanda, Grecia, Francia, Lituania,
Lussemburgo, Slovacchia) sono necessari, di norma, da 1 a 3 mesi per acquisire
tutte le autorizzazioni;
§
in
10 Stati membri sono necessari circa 3 mesi per ottenere tutte le autorizzazioni
(Belgio, Spagna, Croazia, Italia, Cipro, Paesi Bassi, Austria, Polonia,
Romania, Svezia);
b) per avviare un’attività di wholesale o vendita al dettaglio:
§
in 15 Stati
membri (Bulgaria, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Croazia, Cipro,
Lettonia, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Portogallo, Romania, Slovenia e Regno
Unito) è di norma possibile acquisire tutte le autorizzazioni necessarie entro
1 mese o meno;
§
in 9 Stati membri
(Belgio, Repubblica Ceca, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lituania, Polonia, Slovacchia) sono necessari, di norma, da
1 a 3 mesi per acquisire tutte le autorizzazioni;
§
in 4 Stati membri
(Olanda, Austria, Finlandia e Svezia) sono necessari circa 3 mesi per ottenere
tutte le autorizzazioni.
Lo studio della
Commissione pone come obiettivo finale (da
realizzare entro la fine del 2015) quello di poter acquisire in tutti i Paesi
UE le autorizzazioni necessarie per aprire un’attività commerciale nel tempo
massimo di un
mese.
La media dei 28 Paesi UE (al mese di maggio 2015)
- riguardo al tempo necessario per ottenere le autorizzazioni necessarie
rispetto a cinque tipologie di attività commerciali individuate dalla
Commissione - è di 46 giorni, con un miglioramento rilevante rispetto ai 3 mesi
di media registrati nel 2011.
La Commissione europea evidenzia come vi siano
tuttavia ancora delle forti differenze tra i singoli Paesi UE, passando da un
tempo pari ad 1 settimana (al massimo) in Estonia fino a 3 mesi in Austria,
Lituania, Polonia e Spagna.
Resta fermo come il tempo medio necessario sia
superiore ai 3 mesi nel caso di attività caratterizzate da un forte rischio per
l’ambiente e/o per la salute umana o per particolari costruzioni edilizie.
Allegato 1
Allegato 2
Nell’ambito di un generale processo riformatore volto ad introdurre misure a favore della crescita e dell’impiego, il Presidente della Repubblica francese, François Hollande, nel marzo 2013, ha annunciato il lancio di uno “choc de simplification" in ambito amministrativo, ovvero un programma finalizzato all’alleggerimento delle procedure amministrative, alla riduzione dello stock normativo e alla riduzione degli adempimenti amministrativi a beneficio delle collettività locali, delle imprese e dei cittadini.
Per dare concreto avvio all’opera di semplificazione, il “Comité interministériel pour la modernisation de l’administration publique (CIMAP)” del 17 luglio 2013 ha predisposto un programma trasversale e pluriennale di semplificazione degli adempimenti amministrativi e delle norme legislative e regolamentari. L’obiettivo, per gli anni 2014-2016, è quello di accelerare lo sviluppo delle imprese, facilitare la vita dei cittadini, proteggere al meglio il territorio e alleggerire il lavoro delle Amministrazioni.
Complessivamente, il
programma comprende oltre 200 misure[1].
Il programma triennale di semplificazione contempla l’emanazione di leggi delega volte alla semplificazione nel settore abitativo e delle costruzioni, alla soppressione degli oneri superflui e gravosi per le imprese, alla trasformazione delle procedure amministrative secondo il principio del silenzio assenso, e infine, all’alleggerimento di compiti dei servizi decentrati. Tra le misure previste si segnalano - ai fini della semplificazione amministrativa - l’alleggerimento delle regole in materia di appalti pubblici, la modernizzazione del diritto dell’ambiente, la semplificazione delle procedure in materia di protezione del patrimonio.
Con legge n. 2013-1005 del 12 novembre 2013, che delega il Governo francese alla semplificazione dei rapporti tra l’Amministrazione e i cittadini, sono state modificate le disposizioni della legge n. 2000-321 del 12 aprile 2000 relativa ai diritti dei cittadini nei rapporti con le Amministrazioni, ed è stato introdotto il nuovo principio del “silence valant accord”[2], di cui si prevedono modalità applicative e casi in cui sono previste eccezioni a detto principio.
Con decisione del Primo Ministro
dell’8 gennaio 2014, la Francia ha istituito il “Conseil de la simplification”[3], un
organo consultivo a composizione mista, avente la missione di accelerare il
programma di semplificazione destinato alle imprese, di garantirne la coerenza
e di proporre al Governo nuovi percorsi di semplificazione.
Il Conseil de la simplification, nell’aprile 2014, ha presentato le prime 50 misure di semplificazione per le imprese, riguardanti, tra le altre, le procedure relative all’esercizio di attività commerciali, le procedure edilizie e le procedure ambientali.
In campo ambientale, ad esempio, si prevede di
procedere al rilascio di un «permis
environnemental unique», unificando gli adempimenti e le autorizzazioni
necessarie per la realizzazione di un progetto, nonché di disciplinare i casi
in cui le autorità incaricate di rilasciare le autorizzazioni previste dal Code de l’environnement e dal Code de l’urbanisme siano le stesse
(come avviene nel settore eolico). Tra gli interventi in ambito edilizio - per
favorire le attività di ristrutturazione e di costruzione - si prevede, tra gli
altri, la revisione degli obblighi regolamentari per la prevenzione del rischio
sismico negli edifici di nuova costruzione, la riduzione degli obblighi
regolamentari relativi alla modernizzazione degli ascensori esistenti, la
revisione della normativa delle installazioni elettriche negli edifici di nuova
costruzione e la revisione della normativa sulla sicurezza contro gli incendi.
Nel giugno 2014 sono state presentate le prime
50 misure di semplificazione in campo edilizio,
nell’ambito del quadro di azione per il rilancio della costruzione di alloggi.
Tra le misure contemplate - destinate a produrre
effetti anche sulle procedure per l’avvio di attività commerciali - si prevede
l’elaborazione di una specifica e distinta disciplina per le strutture aperte
al pubblico (ERP) già esistenti, laddove l’attuale disciplina, applicabile in
tutti i casi, è riferita a strutture aperte al pubblico (ERP) di nuova
costruzione.
Nello stesso anno è stata avviata una consultazione pubblica rivolta ai cittadini (Faire simple), conclusasi nel novembre 2014, all’esito della quale sono state identificate e selezionate 40 misure per la semplificazione per i cittadini.
Attualmente è attiva
una piattaforma collaborativa per la semplificazione, istituita dal Secrétariat général pour la modernisation de
l'action publique (SGMAP) sul portale www.faire-simple.gouv.fr,
che ospita le proposte dei cittadini, delle imprese e dei soggetti pubblici.
Nell’ambito delle attività professionali e delle misure destinate alle imprese, la Francia ha ritenuto di dover amplificare gli effetti e i benefici della riforma operata con il “silenzio-assenso”, mediante l’adozione di ulteriori misure di semplificazione di natura tale da incidere sul miglioramento dell’efficienza dell’azione amministrativa.
Tra le misure individuate si prevede la riduzione dei
tempi di intervento della decisione amministrativa, la riduzione di alcuni
passaggi delle procedure; la soppressione di regimi autorizzatori esistenti o
loro sostituzione con regimi dichiarativi.
Con la legge n. 2014-1545 del 20 dicembre 2014[4] il Governo è stato delegato ad operare una revisione delle procedure amministrative gravanti sulle imprese, dando altresì attuazione a 14 delle 50 misure presentate dal Conseil de la simplification, inclusa la trasformazione di alcuni regimi di autorizzazione (oltre 3000) in regimi dichiarativi.
Da ultimo, nel giugno
2015, il Secrétaire d’État chargé de la
Réforme de l’État et de la Simplification, di concerto con il Conseil de la Simplification, ha
presentato 40 nuove misure per semplificare la vita dei cittadini francesi e più di 50
misure di semplificazione per le imprese.
Il pacchetto di interventi destinato alle imprese appare particolarmente significativo per il settore del commercio, in quanto contiene misure di semplificazione di determinate procedure autorizzatorie applicabili alla ristorazione, alle strutture alberghiere e alle piccole attività commerciali.
In Francia l’apertura di un locale al pubblico destinato alla vendita, alla ristorazione o all’ospitalità alberghiera è sottoposta alle autorizzazioni previste per gli établissements recevant du public (ERP). Il regime delle autorizzazioni previste: autorisation aux travaux, se sono previsti interventi edilizi, e autorisation d’ouverture, in tutti i casi, varia in base alla tipologia di attività esercitata nel locale e alla dimensione della struttura, che è calcolata in base al numero di persone che la stessa può accogliere.
Le autorizzazioni
relative agli établissements recevant du
public (ERP) in Francia sono
descritte infra, nel paragrafo sulle
strutture aperte al pubblico
Non sono richieste specifiche autorizzazioni per i profili ambientali (emissione di gas ecc.), antincendio, agibilità per disabili, essendo sostanzialmente ricomprese nell’autorizzazione per l’apertura al pubblico di un locale, rilasciata dal Sindaco. È invece necessaria l’autorizzazione per l’installazione di insegne commerciali, rilasciata dal Sindaco (segnalata dalla Commissione europea tra le autorizzazioni che in Francia richiedono più tempo per il rilascio).
Sono previste autorizzazioni specifiche per l’apertura di ristoranti e bar (somministrazione di alimenti e bevande in luoghi aperti al pubblico) connesse principalmente al rilascio di licenze per la vendita di bevande alcoliche e di autorizzazioni sanitarie per il trattamento e la vendita di prodotti alimentari. Una sintesi degli adempimenti previsti nell’ordinamento francese per l’apertura di ristoranti e bar è contenuta infra, nel paragrafo dedicato a questo tema.
Per l’apertura di grandi strutture di vendita (commercio al dettaglio in superfici superiori a 1000 m2) è richiesta un’autorisation d'exploitation commerciale (AEC), rilasciata dal Prefetto, a capo della Commission départementale d'aménagement commerciale (CDAC), o rilasciata dal Sindaco, unitamente al permesso di costruire, nei casi in cui è richiesto un intervento edilizio. Per una sintesi dei regimi autorizzatori e delle procedure per l’apertura di grandi strutture di vendita in Francia si rinvia infra.
Tutte le strutture in cui si svolge un’attività commerciale - indipendentemente dalla dimensione - sono sottoposte alla disciplina prevista per gli “Etablissement Recevant du Public (ERP)”, ovvero i luoghi pubblici o privati che accolgono clienti o utenti, diversi dal personale, come definiti all’articolo R123-2 del Code de la construction et de l'habitation.
Tra gli ERP sono ricomprese le strutture adibite a negozi, centri commerciali, bar, ristoranti, hotel e pensioni familiari.
La disciplina relativa agli ERP impone ai costruttori o ai gestori di tali strutture di rispettare le misure volte alla prevenzione e alla garanzia della sicurezza delle persone, e riguardanti, specificamente, la limitazione dei rischi di incendio, gli avvisi agli occupanti in caso di incidenti, le misure per evitare il panico, le misure per favorire l’evacuazione del pubblico, l’allerta dei servizi di soccorso e la facilitazione del loro intervento. Inoltre, tali strutture devono risultare accessibili per le persone a mobilità ridotta (luoghi di stazionamento, porte sufficientemente larghe, rampe d’accesso, servizi igienici accessibili, ecc.).
In generale, gli ERP presentano caratteristiche differenziate per quanto riguarda la dimensione, la destinazione, l’uso e i rischi connessi e i medesimi vengono classificati in tipologie, in base alla natura dell’attività svolta nelle strutture, e in categorie, in base alla capacità dimensionale di accogliere pubblico e personale.
Esistono 30
tipologie di struttura, corrispondenti all’attività in esse esercitata,
ciascuna delle quali viene identificata con una lettera.
Nell’ambito del
commercio, sono previste le seguenti tipologie: M - Magasins de vente, centres
commerciaux; N - Restaurants et débits de boissons; O - Hôtels et pensions de
famille.
Gli ERP sono inoltre classificati in 5 categorie determinate in base alla
capacità dimensionale della struttura di accogliere persone:
§ 1^ cat.: oltre 1500 persone;
§ 2^ cat. da 701 a 1550;
§ 3^ cat. da 301 a 700;
§ 4^ cat. fino a 300;
§ 5^ cat. piccole strutture.
Ai fini dell’applicazione del regolamento di
sicurezza[5] gli ERP sono
distinti in 2 gruppi:
§ le strutture di 1^, 2^, 3^ e 4^ categoria,
§ le piccole strutture appartenenti alla 5 categoria.
Il numero di persone da prendere in considerazione per
determinare la categoria degli ERP del primo gruppo ricomprende sia il pubblico
sia il personale, che non occupa locali indipendenti; quanto agli ERP di 5^
categoria (piccole strutture) si tiene conto solo del pubblico (escluso il
personale).
L’esercizio di attività commerciali presso gli établissement recevant du public (negozi, centri commerciali, ristoranti e bar, hotel e pensioni familiari) è soggetto ad autorizzazione, rilasciata dal Sindaco (o dal Prefetto):
§ autorizzazione a costruire o modificare una struttura aperta al pubblico (autorisation de travaux);
§ autorizzazione per l’apertura di una struttura aperta al pubblico (autorisation d'ouverture de l'établissement).
La costruzione o la modifica di una struttura aperta al pubblico (ERP) deve essere autorizzata dal Sindaco, previa consultazione con le commissioni di sicurezza e di accessibilità.
Il permesso edilizio o di ristrutturazione deve essere depositato in municipio.
La richiesta di autorizzazione[6] al Sindaco deve includere, tra gli altri, la documentazione sulla reazione al fuoco dei materiali impiegati, sulle istruzioni di sicurezza, sull'accessibilità per i disabili con percorsi specifici.
L’istanza è sottoposta alle Commissioni di sicurezza e di accessibilità che esprimono un parere entro 2 mesi, al massimo.
La mancanza di una decisione del Municipio entro quattro mesi implica l'accettazione della istanza.
Nel corso dell’attività degli ERP, le commissioni
sicurezza e accessibilità eseguono visite di controllo in tempi diversi a
seconda del tipo di stabilimento.
Ad esempio, i negozi dovrebbero essere controllati:
§ ogni 3 anni per gli ERP di tipo M 1^ e 2^ categoria,
§ ogni 5 anni per gli ERP di tipo M 3^ e 4^ categoria.
I controlli possono essere effettuati in qualsiasi
momento, su richiesta del Sindaco o del Prefetto.
In caso di lavori, di cambio di destinazione d’uso, o quando l’ERP è rimasto chiuso al pubblico per oltre dieci mesi, deve essere richiesta al Sindaco (o al Prefetto) una “autorisation d'ouverture”.
Nel mese precedente l’apertura della struttura va richiesta la visita da parte della Commissione di sicurezza. Nella richiesta di visita occorre includere: un’attestazione che certifichi l’effettuazione di controlli e di verifiche tecniche relative alla solidità; l’attestazione dell’ufficio di controllo che conferma la solidità; il “rapport de vérification réglementaire après travaux (RVRAT)” emesso dall’organismo di controllo; eventualmente, la certificazione di accessibilità (nei casi in cui è richiesto un permis de construire).
Le piccole strutture (ERP di 5^ categoria) che non
forniscono ospitalità notturna sono esentate dal richiedere la visita della
commissione di sicurezza.
L'autorisation d'ouverture non è richiesta quando viene acquisita un’attività senza effettuare lavori o modifiche sulla struttura, salvo il caso in cui l’attività sia rimasta chiusa al pubblico per più di dieci mesi.
Si veda anche:
§ Définition d'un
établissement recevant du public (ERP)
§ Domanda di autorizzazione a costruire o
modificare un grattacielo (IGH)
Modulo - Cerfa
No. 13825 * 02 .
Ristoranti e bar[7]
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Francia |
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Descrizione |
Attività di vendita, a titolo principale o accessorio, di bevande
alcoliche destinate al consumo sul posto o da asporto (débit de boissons et restaurants) |
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Riferimenti normativi |
Code de la santé publique, articoli da L3331-1 a L3336-24 |
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Regime |
La vendita di bevande alcoliche e la ristorazione con somministrazione
di alcolici richiede la titolarità di una licenza sottoposta a condizioni. La vendita di bevande non alcoliche è libera. Sono soggetti a licenza sia la vendita di alcolici sur place (café, pub, discothèque, restaurant) sia la vendita di alcolici da
asporto (supermarché, épicerie,
caviste, vente à distance ou par internet). La vendita temporanea di bevande (ad esempio durante una fiera) non
prevede licenza, ma è sufficiente una autorizzazione del Comune. La distribuzione di bevande con apparecchi automatici per il consumo
immediato corrisponde alla vendita sur
place. Se il ristoratore vende bevande durante i
pasti, in via accessoria rispetto al cibo, è richiesta la titolarità di una licence de restaurant. Se la vendita di alcolici ha luogo
indipendentemente dai pasti (bar-restaurant),
è richiesta una “licence de débit de
boissons à consommer sur place”. Non è necessario cumulare le due licenze;
quella per il consumo sul posto, infatti, autorizza la vendita di alcolici
per la categoria di bevande corrispondente, nell’ambito di un’attività di
ristorazione. Gli esercizi con “licence de restaurant” o “de
débit de boissons à consommer sur place” possono vendere le bevande della
categoria autorizzata nella licenza anche da asporto. Uno specifico “permis de vente de boissons
alcolique la nuit” è richiesto per la vendita notturna di alcolici.[8] Sono previste tipologie distinte di licenza in base alla categoria di bevande
somministrate[9]. Si applica inoltre la disciplina degli établissements récevant du public
(ERP), per quanto concerne l’autorisation
d’ouverture. L’autorizzazione deve essere richiesta al Sindaco (o al Prefetto) in caso di lavori, di
cambio di destinazione d’uso, o quando la struttura è rimasta chiusa al
pubblico per un periodo superiore a dieci mesi. La richiesta di visita da
parte della “commission de sécurité”
deve essere inoltrata un mese prima dell’apertura e deve includere
un’attestazione dell’impresa che certifichi l’effettuazione di controlli e di
verifiche tecniche relative alla solidità; l’attestazione dell’ufficio di
controllo che conferma la solidità; il “rapport
de vérification réglementaire après travaux (RVRAT)” da parte
dell’organismo di controllo; ed eventualmente, l’attestazione di
accessibilità (quando è richiesto il permis
de construire). L'autorisation
d'ouverture non è richiesta nei casi di acquisizione di un’attività senza
che siano effettuati lavori, né modifiche, salvo che la struttura sia rimasta
chiusa al pubblico per più di dieci mesi. |
Procedura |
Per ottenere la licenza di
bar o ristorante occorre detenere un permis
d’exploitation e effettuare una déclaration
préalable. Il “permis d'exploitation”[10] valido 10 anni, è rilasciato da un organismo di formazione al termine
di un percorso di formazione specifica sui diritti e gli obblighi connessi
all’attività di somministrazione. La “déclaration préalable”[11]
va indirizzata al Comune (o alla
Prefettura di Polizia, a Parigi) almeno 15 giorni precedenti l’apertura o il
trasferimento nella stessa o in altra città. All’atto della dichiarazione, al richiedente è consegnata una ricevuta[12] che equivale al possesso della licenza della categoria richiesta
(senza attribuire un diritto all’esercizio dell’attività, né valere quale
attestazione del titolo di proprietà o di gestione dell’esercizio). Nel
dipartimento Alsazia-Mosella, la richiesta va indirizzata alla Prefettura.
Nei tre giorni successivi alla dichiarazione, il Sindaco ne trasmette copia
integrale al Procuratore della Repubblica e al rappresentante dello Stato per
il Dipartimento. In caso di trasferimento in altro Comune, l’esercente deve
chiedere una “autorisation de
transfert” al Prefetto. Dopo due mesi, il silenzio dell’amministrazione vale come accettazione
della richiesta di trasferimento. |
Requisiti personali |
Possono ottenere la licenza i soggetti che hanno raggiunto la maggiore
età e che hanno subito condanne penali. Per esercitare un’attività di vendita di bevande sul posto (bar) si
richiede il possesso della nazionalità francese o di uno Stato rientrante
nello Spazio economico europeo o di uno Stato che ha sottoscritto un accordo
di reciprocità con la Francia (Algérie,
Andorre, Canada, République centrafricaine, Congo Brazzaville, États-Unis,
Gabon, Iran, Mali, Monaco, Sénégal, Suisse et Togo). Per la licenza di ristorante non è richiesto alcun requisito legato
alla nazionalità. In ogni caso è obbligatoria una formazione specifica in materia di
igiene alimentare[13]. |
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Requisiti dei locali |
I requisiti di sicurezza dei locali sono disciplinati dalla normativa
sugli ètablissements récevant du public
(ERP) |
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Ulteriori adempimenti preliminari o contestuali all’avvio
dell’attività |
E’ consentita la presentazione di un dossier unico contenente sia le
dichiarazioni relative alla nascita dell’impresa, sia le domande di
autorizzazione necessarie per l’esercizio dell’attività. Si tratta del dossier de déclaration et de demandes d'autorisation, disciplinato dal Code de commerce agli articoli da R123-1 a R123-30 e dalla Loi n. 94-126 du 11 février 1994 relative à l'initiative et à l'entreprise individuelle. Il dossier è depositato presso un Centre
de Formalité des Entreprises (CFE)[14] che permette alle imprese di assolvere contestualmente le formalità e
le procedure per l’accesso e per l’esercizio dell’attività. Il CFE trasmette le dichiarazioni e le richieste di autorizzazione
alle amministrazioni competenti, che a loro volte comunicano al CFE l’esito
delle procedure autorizzatorie. Le autorità destinatarie delle formalità espletate attraverso il
dossier unico sono le seguenti[15]: 1. Greffe du tribunal de commerce ou de grande instance statuant
commercialement, lequel transmet à l'Institut national de la propriété
industrielle (INPI). 2. Service des impôts. 3. Unions de recouvrement des cotisations de sécurité sociale et
d'allocations familiales (URSSAF) ou caisses générales de sécurité sociale. 4. Organismes du régime général chargés de la gestion de l'assurance
vieillesse ainsi que de la tarification et de la prévention des accidents du
travail et des maladies professionnelles. 5. Organismes d'assurance maladie et d'assurance vieillesse des
professions artisanales, industrielles, commerciales et libérales. 6. Caisses départementales ou pluridépartementales de mutualité sociale
agricole. 7. Inspection du travail. 8. Chambres des métiers et de l'artisanat. 9. Institut national de la statistique et des études économiques (INSEE).
Chambre
nationale de la batellerie artisanale |
Edilizia/territorio |
Per la costruzione, la ristrutturazione e le modifiche di strutture
aperte al pubblico (ERP)[16] occorre il preventivo rilascio di un’autorizzazione “Autorisation de construire, d’aménager ou
de modifier un ERP (Etablissements recevant du public)”[17] che accerta il rispetto delle norme di accessibilità per i disabili
e le persone a mobilità ridotta (L. 111-7), di sicurezza degli
edifici (L. 123-1) e di prevenzione
degli incendi e connessi piani di evacuazione (L. 123-2). Il rilascio dell’autorizzazione deve avvenire entro il termine di
quattro mesi[18], decorso il quale opera il meccanismo del “silenzio-assenso” (ad
esclusione di alcune specifiche eccezioni[19]). Se i lavori sono sottoposti a “permis
de construire”, questo tiene luogo dell’autorizzazione qualora il
rilascio sia stato concordato con l’autorità competente (Sindaco o, in alcuni
casi, Prefetto). Per le costruzioni in zone sismiche, nei casi in cui è richiesto un “permis de construire” alla domanda va
allegata l’attestation d’un contrôleur technique contenente il parere
circa il rispetto della normativa sulla prevenzione del rischio sismico, introdotta
dal décret n. 91-461 du 14 mai 1991.[20] Più in generale, per i regimi autorizzatori
e le procedure amministrative in ambito edilizio, si rinvia alla descrizione
della relativa disciplina. |
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Paesaggio |
Sui progetti di costruzione, ristrutturazione, o modifica che hanno ad
oggetto immobili sottoposti a tutela (espaces
protegés) in quanto di interesse culturale, storico e paesaggistico, è richiesto
il parere o l’accordo (eventualmente con condizioni) dell’Architecte des batiments de France (ABF) territorialmente
competente. L’autorità competente sul progetto (Sindaco o Prefetto) è quindi
legata al parere dell’architecte des
batiments de France che opera nell’ambito del “service territorial de l’architecture et du patrimoine (STAP)”[21] |
Igienico-sanitario |
Per il rispetto delle esigenze di sicurezza
sanitaria, coloro che immettono sul mercato prodotti di origine animale o
generi alimentari contenenti dei prodotti di origine animale debbono ottenere
un’autorizzazione sanitaria (agrément
sanitaire), prima dell’avvio dell’attività. La domanda è indirizzata al
Prefetto del dipartimento in cui ha sede la struttura[22]. |
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Ambiente |
In base alla quantità di rifiuti prodotti o
gestiti e dei rischi per l’ambiente, potrebbe applicarsi la disciplina in
materia di "installation classée
pour la protection de l'environnement" (ICPE). In tali casi, in base alle soglie fissate in
funzione dell’attività svolta o delle sostanze utilizzate dall’impresa, dovrà
essere adottata una distinta procedura (dichiarazione, registrazione o
autorizzazione), gestita dalla Prefettura. |
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Salute e sicurezza sul lavoro |
I datori di lavoro che operano nel campo della ristorazione sono
tenuti al rispetto degli obblighi in materia di sicurezza dei lavoratori,
così come definiti nel Codice del lavoro (Parte IV, articoli R4121-1 e
seguenti). Più specificamente, in caso di impiego di almeno un lavoratore, i
datori di lavoro devono redigere il Documento
unico di valutazione dei rischi (DUER) e rendere determinate informazioni
obbligatorie. Un obbligo per tutte le imprese, previsto dalla legge 2010-1330
del 9 novembre 2010 (che ha integrato, sul tema, il Codice del lavoro) è
quello di prevenire i rischi derivanti dallo stress sul lavoro, ossia quei
fattori di rischio legati a vincoli fisici (ad es. posizioni di lavoro che
sollecitano le articolazioni o vibrazioni dei macchinari), ad un ambiente
fisico aggressivo (ad es. temperature elevate, rumori); ai ritmi di lavoro
(ad es. turni notturni, lavoro ripetitivo, lavoro in squadre che si
alternano). |
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Prevenzione incendi |
Gli adempimenti in materia di prevenzione degli incendi sono
disciplinati dalla normativa sugli ètablissements
récevant du public (ERP)[23] |
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Dogane |
Dal 2011 non è più richiesta la dichiarazione fiscale preventiva agli
Uffici delle Dogane, c.d. “déclaration de profession” . |
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Cartelli e insegne |
In assenza del Regolamento Locale di Pubblicità (règlement local de publicité - RLP), il posizionamento di
un’insegna è libero, purché si rispettino le condizioni di installazione. Si richiede un’autorizzazione se l’insegna è: a fasce laser; situata
in Comune in cui esiste un RLP; installata su un immobile “classé ou inscrit au titre des monuments
historiques”; posta su un monumento naturale o un albero, in un sito “classé”, un parco nazionale, una
riserva naturale o una zona protetta, o a meno di 100 m da un immobile “classé”. La domanda di autorisation
administrative préalable è indirizzata al Comune
(nei casi in cui esiste un RLP) o alla Prefettura (in assenza di RLP)[24]. |
Grande
struttura di vendita[25]
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Francia |
Descrizione |
Commercio al dettaglio in superfici di vendita
superiori a 1.000 m². |
Riferimenti normativi |
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Regime |
Per le grandi
strutture di vendita, si richiede una autorisation
d'exploitation commerciale (AEC). Sono soggetti
ad autorizzazione: § l’apertura di esercizi commerciali con superficie di
vendita superiore a 1000 m²; § la trasformazione del settore di attività (ad
esempio dal commercio alimentare al commercio di abbigliamento) di esercizi
con superficie di vendita superiore a 2 000 m²; § la riapertura di esercizi con superficie di vendita
superiore à 1 000 m² in
caso di chiusura al pubblico per un periodo superiore a 3 anni. Non
necessitano di autorizzazione: § il raggruppamento di negozi adiacenti, senza
creazione di superficie supplementare, non eccedenti i 2500 m², o
1 000 m² ove la nuova attività prevalente sia alimentare; § le farmacie; § le rivendite di veicoli automobilistici o motocicli; § le stazioni di servizio e vendita di carburanti; § le gallerie e i mercati; § i negozi con superficie inferiore a 2500 m²,
accessibili con titolo di trasporto, situati negli aeroporti e nelle
stazioni. Si applica
inoltre la disciplina degli “établissement recevant du public (ERP)”[26], per quanto
concerne l’autorisation d’ouverture. L'autorisation d'ouverture non è richiesta nei casi di acquisizione
di un’attività senza che siano effettuati lavori, né modifiche, salvo che la
struttura sia rimasta chiusa al pubblico per più di dieci mesi. |
Procedura |
La procedura da seguire per il rilascio dell’autorisation
d'exploitation commerciale (AEC) si differenzia in base alle caratteristiche del progetto. § Per i progetti che non prevedono interventi edilizi, l’istanza di
autorizzazione (AEC) è presentata alla Commission départementale d'aménagement commerciale (CDAC) [27].Il Prefetto
(che è a capo della CDAC) entro 15 giorni accusa ricezione della richiesta o
richiede il completamento della domanda, ove incompleta. La
Commissione si pronuncia sul
progetto entro i 2 mesi successivi[28] rilasciando una autorisation préalable (decisione
favorevole o di rigetto dell’istanza). In
caso di mancata pronuncia espressa, al termine dei due mesi la decisione si
considera favorevole. § Per i progetti che
necessitano di permesso edilizio (permis
de construire), l’autorizzazione (AEC)
è rilasciata contestualmente al permis
de construire, previo parere favorevole (avis favorable) della Commission
départementale d'aménagement commerciale (CDAC)[29]. Il
richiedente presenta un’unica istanza di permesso edilizio valevole anche
come AEC presso uno sportello unico (guichet
unique). L’istanza
è indirizzata all’autorità competente in materia di permesso edilizio - in
genere il Comune del territorio di insediamento - la quale deve acquisire il
parere della Commission départementale
d'aménagement commercial (CDAC). In
caso di parere favorevole, il Sindaco rilascia un permesso edilizio valevole
anche come autorisation d'exploitation
commerciale (AEC). Se il parere è negativo, il Sindaco non può rilasciare il permesso edilizio richiesto.
La
procedura per l’autorisation
d’ouverture degli établissement
recevant du public (ERP), in caso di lavori, di cambio di destinazione
d’uso, o quando la struttura è rimasta chiusa al pubblico per un periodo
superiore a dieci mesi, prevede che l’istanza sia indirizzata al Sindaco (o
al Prefetto). La richiesta di visita da parte della “commission de sécurité” deve essere inoltrata nel mese precedente
l’apertura e deve includere un’attestazione dell’impresa che certifichi
l’effettuazione di controlli e di verifiche tecniche relative alla solidità;
l’attestazione dell’ufficio di controllo che conferma la solidità; il “rapport de vérification réglementaire
après travaux (RVRAT)” da parte dell’organismo di controllo; ed
eventualmente, l’attestazione di accessibilità (quando è richiesto il permis de construire). |
Requisiti |
Per i requisiti richiesti in caso di strutture
commerciali alimentari, si rinvia
alla sezione relativa a Ristoranti e
bar |
Requisiti
dei locali |
I requisiti di
sicurezza dei locali sono disciplinati dalla normativa sugli ètablissements récevant du public (ERP).
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Ulteriori
adempimenti preliminari o contestuali all’avvio dell’attività |
È consentita la presentazione di un dossier unico contenente sia le
dichiarazioni relative alla nascita dell’impresa, sia le domande di
autorizzazione necessarie per l’esercizio dell’attività. Si tratta del dossier de déclaration et de demandes d'autorisation, disciplinato dal Code de commerce agli articoli da R123-1 a R123-30 e dalla Loi n° 94-126 du 11 février
1994 relative à l'initiative et à l'entreprise
individuelle. Il dossier è depositato presso un Centre
de Formalité des Entreprises (CFE)[30] che permette alle imprese di assolvere contestualmente le formalità e
le procedure per l’accesso e per l’esercizio dell’attività. Il CFE trasmette le dichiarazioni e le richieste di autorizzazione
alle amministrazioni competenti, che a loro volte comunicano al CFE l’esito
delle procedure autorizzatorie. Le autorità destinatarie delle formalità espletate attraverso il
dossier unico sono le seguenti[31]: 1. Greffe du tribunal de commerce ou de grande instance statuant
commercialement, lequel transmet à l'Institut national de la propriété
industrielle (INPI). 2. Service des impôts. 3. Unions de recouvrement des cotisations de sécurité sociale et
d'allocations familiales (URSSAF) ou caisses générales de sécurité sociale. 4. Organismes du régime général chargés de la gestion de l'assurance
vieillesse ainsi que de la tarification et de la prévention des accidents du
travail et des maladies professionnelles. 5. Organismes d'assurance maladie et d'assurance vieillesse des
professions artisanales, industrielles, commerciales et libérales. 6. Caisses départementales ou pluridépartementales de mutualité sociale
agricole. 7. Inspection du travail. 8. Chambres des métiers et de l'artisanat. 9. Institut national de la statistique et des études économiques (INSEE).
Chambre
nationale de la batellerie artisanale |
Edilizia/territorio |
Per la
costruzione, la ristrutturazione e le modifiche di strutture aperte al
pubblico (ERP)[32] occorre il preventivo rilascio di un’autorizzazione
“Autorisation de construire, d’aménager
ou de modifier un ERP (Etablissements recevant du public)”[33] che accerta il rispetto delle norme di accessibilità
per i disabili e le persone a mobilità ridotta (L. 111-7), di sicurezza
degli edifici (L. 123-1) e di prevenzione
degli incendi e connessi piani di evacuazione (L. 123-2). Il rilascio
dell’autorizzazione deve avvenire entro il termine di quattro mesi[34], decorso il
quale opera il meccanismo del “silenzio-assenso” (ad esclusione di alcune
specifiche eccezioni[35]). Se i lavori
sono sottoposti a “permis de
construire”, questo tiene luogo dell’autorizzazione qualora il rilascio
sia stato concordato con l’autorità competente (Sindaco o, in alcuni casi,
Prefetto). Per le
costruzioni in zone sismiche, nei casi in cui è richiesto un “permis de construire” alla domanda va
allegata l’attestation d’un contrôleur technique contenente il parere
circa il rispetto della normativa sulla prevenzione del rischio sismico,
introdotta dal décret n°
91-461 du 14 mai 1991.[36] Più in generale, per i regimi autorizzatori e le procedure
amministrative in ambito edilizio, si rinvia alla descrizione della relativa
disciplina. |
Paesaggio |
Su tutti i
progetti di costruzione, ristrutturazione, modifica riguardanti immobili
sottoposti a tutela in quanto di interesse culturale, storico, e
paesaggistico (“espaces protegés”)
è richiesto il parere o l’accordo (eventualmente sottoposto a condizioni) da
parte dell’architecte des batiments de
France (ABF) territorialmente competente. L’autorità competente sul
progetto (Sindaco o Prefetto) è quindi legata al parere dell’architecte des batiments de France (“service territorial de l’architecture et
du patrimoine (STAP)”[37] |
Igienico-sanitario |
Per il rispetto delle esigenze di sicurezza sanitaria, coloro che immettono
sul mercato prodotti di origine animale o generi alimentari contenenti dei
prodotti di origine animale debbono ottenere un’autorizzazione sanitaria (agrément sanitaire), prima dell’avvio
dell’attività. La domanda è indirizzata al Prefetto del dipartimento
in cui ha sede la struttura[38]. |
Ambiente |
In base alla quantità di rifiuti prodotti o gestiti
e dei rischi per l’ambiente, potrebbe applicarsi la disciplina in materia di
"installation classée pour la
protection de l'environnement" (ICPE). In tali casi, in base alle soglie fissate in
funzione dell’attività svolta o delle sostanze utilizzate dall’impresa, dovrà
essere adottata una distinta procedura (dichiarazione, registrazione o
autorizzazione), gestita dalla Prefettura. Per i regimi autorizzatori e le procedure
amministrative in ambito ambientale, si rinvia alla descrizione della relativa
disciplina. |
Salute e
sicurezza sul lavoro |
I datori di
lavoro che operano nella ristorazione sono tenuti al rispetto degli obblighi
in materia di sicurezza dei lavoratori, così come definiti nel Codice del
lavoro (Parte IV, articoli R4121-1 e seguenti). Più
specificamente, in caso di impiego di almeno un lavoratore, il datore di
lavoro deve redigere il Documento unico di valutazione dei rischi (DUER) e
rendere determinate informazioni obbligatorie. Un obbligo per
tutte le imprese, previsto dalla legge 2010-1330 del 9 novembre 2010 (che ha
integrato, sul tema, il Codice del lavoro) è quello di prevenire i rischi
derivanti dallo stress sul lavoro, ossia quei fattori di rischio legati a
vincoli fisici (ad es. posizioni di lavoro che sollecitano le articolazioni o
vibrazioni dei macchinari); ad un ambiente fisico aggressivo (ad es.
temperature elevate, rumori); e ai ritmi di lavoro (ad es. turni notturni,
lavoro ripetitivo, lavoro in squadre che si alternano). |
Prevenzione incendi |
Gli adempimenti in materia di prevenzione degli incendi sono
disciplinati dalla normativa sugli ètablissements
récevant du public (ERP)[39] |
Vendita di
cose usate/oggetti antichi |
È necessaria
una déclaration préalable valevole
come domanda di iscrizione al “registre des revendeurs d’objets
mobiliers”.[40] La
dichiarazione è presentata alla
Prefettura del luogo di insediamento dell’attività, che ne rilascia ricevuta,
valevole come prova di conformità a tale obbligazione. È altresì
obbligatoria la tenuta di un registro di polizia (registre de brocante)
che - prima dell’apertura dell’esercizio - deve essere “paraphé” dal commissariato di polizia o dal Sindaco del luogo di
insediamento dell’attività. |
Vendita di
oggetti preziosi |
È necessaria
una déclaration d'existence, che è rilasciata dal “bureau de garantie” competente territorialmente[41] in brevissimo
tempo (generalmente par retour de
courrier). |
Vendita di
armi |
È necessaria una
“autorisation de fabrication, de commerce ou d'intermédiation de matériel de
guerre, armes et munitions”[42]. |
Dogane (vendita di alcolici) |
Dal 2011 non è
più richiesta la dichiarazione fiscale preventiva agli Uffici delle Dogane
per la vendita di alcolici, denominata “déclaration de profession”. |
Cartelli e
insegne |
In assenza del Regolamento Locale di Pubblicità (règlement local de publicité - RLP), il posizionamento di
un’insegna è libero, purché si rispettino le condizioni di installazione. Si richiede un’autorizzazione se l’insegna è: a fasce laser; situata
in Comune in cui esiste un RLP; installata su un immobile “classé ou inscrit au titre des monuments
historiques”; posta su un monumento naturale o un albero, in un sito “classé”, un parco nazionale, una
riserva naturale o una zona protetta, o posta a meno di 100 m da un
immobile “classé”. La domanda di autorisation
administrative préalable è indirizzata al Comune
(nei casi in cui esiste un RLP) o alla Prefettura (in assenza di RLP)[43]. |
In Germania l’avviamento di un’attività
commerciale stabile è libero e non condizionato dal rilascio di particolari
autorizzazioni, fatta eccezione per alcune attività (come ad esempio farmacie, banchi
di pegno, assicurazioni, ecc.), elencate nei §§ 29 e ss. del Codice delle
attività lucrative indipendenti (Gewerbeordnung – GewO).
Sussiste tuttavia, in capo a chi inizia
un’attività economica indipendente, finalizzata ad un guadagno, durevole e non
occasionale, l’obbligo di denuncia alle autorità competenti, come previsto dal § 14 GewO. La comunicazione di inizio attività deve
essere presentata anche per filiali e succursali, incluse le imprese straniere
che operano in territorio tedesco. La forma giuridica dell’impresa condiziona
la determinazione del soggetto cui compete l’onere della dichiarazione: nel caso
l’attività sia esercitata da una sola persona fisica, ad esempio un
commerciante, soltanto questa è obbligata alla denuncia, mentre nelle società
di persone lo sono tutti i soci responsabili e con diritto di rappresentanza.
Per le persone e società iscritte nel registro delle imprese (Gewerbezentralregister
– GZR) è inoltre richiesto dall’ufficio competente per la denuncia la
presentazione di un estratto dei dati iscritti nel registro (Gewerbezentralregisterauszug).
Sono esenti dall’obbligo di denuncia le attività legate al settore
agricolo-forestale e a quello minerario, l’allevamento, la pesca e la caccia,
nonché le libere professioni.
La denuncia (Gewerbeanmeldung) va
inoltrata all’ufficio pubblico per le attività lucrative (Gewerbebehörde)
mediante la compilazione di un modello (GewA 1) reperibile presso gli uffici
municipali o le camere di commercio. La denuncia deve essere presentata al più
tardi al momento dell’avvio dell’impresa: la ritardata denuncia di inizio, come
pure di variata o cessata attività, è considerata un’infrazione. Ai sensi del § 15 GewO,
l’autorità competente conferma, entro tre giorni dal ricevimento, la regolarità
della denuncia. La conferma (Empfangsbestätigung), che equivale a una
licenza di esercizio (Gewerbeschein) può essere negata in caso di
denuncia incompleta o non presentata nelle forme previste. Essa inoltre
presuppone soltanto la regolarità della comunicazione e che un’attività
economica sia in essere, ma non sostituisce eventuali autorizzazioni o permessi
necessari. L’ufficio competente provvede poi a trasmettere una copia della
denuncia alla camera di commercio o a quella dell’artigianato, all’ufficio
delle imposte (Finanzamt) e all’associazione di categoria competente.
L’inoltro dei dati avviene nel rispetto della normativa sulla privacy. La
denuncia dell’attività è valida contemporaneamente anche ai fini fiscali così
come previsto dal § 138
del Codice tributario (Abgabenordnung – AO) e di solito il
titolare riceve automaticamente una conferma dall’ufficio delle imposte
La presentazione della denuncia è il
presupposto per il compimento di tutte le attività preparatorie come la
pubblicità, l’affitto di locali adeguati, l’acquisto di merci e l’assunzione di
lavoratori. In assenza di una denuncia o in caso di denuncia incompleta o non
corretta, l’esercizio di un’attività si configura come irregolare. Pur non
implicando il divieto di esercizio dell’attività, tale situazione può essere
sanzionata dalle autorità competenti con pesanti multe pecuniarie. La denuncia
di inizio attività è inoltre soggetta all’imposizione di un tributo che può
variare tra un minimo e un massimo definiti per legge. La tariffa media per una
persona fisica è di 26 euro, mentre è di 31 euro la somma richiesta in caso di
persona giuridica (entrambi gli importi sono compresi tra un minimo di 17,90 e
un massimo di 35,79).
L’apertura di un’attività commerciale è
libera, pertanto il titolare non deve soddisfare alcun tipo di condizione né è
richiesta una sua conoscenza specifica (fanno però eccezione alcuni esercizi
particolari come, ad esempio, la vendita di armi e munizioni). È tuttavia
obbligatorio seguire le prescrizioni in materia sanitaria contenute nella legge
per la prevenzione e la lotta alle malattie infettive (Gesetz zur Verhütung und Bekämpfung von
Infektionskrankheiten beim Menschen - IfSG).
Il principio
della libertà di commercio si applica ai settori del commercio al
dettaglio, all’ingrosso, al settore alimentare e a quello cosmetico. Sono
invece soggette a condizioni particolari alcune attività come il commercio di
medicinali senza obbligo di ricetta, l’allevamento di animali domestici a scopo
commerciale, il commercio di animali vertebrati (ad esclusioni degli animali
domestici utilizzati in agricoltura), il mantenimento di un maneggio e
l’esposizione di animali. Occorre semplicemente denunciare la propria attività
e farsi rilasciare la licenza di esercizio (Gewerbeschein). Il commercio
all’ingrosso e quello al dettaglio possono essere esercitati
contemporaneamente, ma con alcune limitazioni dettate dalla normativa sulla
concorrenza o da quella sul lavoro artigiano.
La libertà di commercio garantisce libero
accesso all’attività commerciale, ma vi sono condizioni particolari che
regolano determinati settori. In quello alimentare, ad esempio, è necessario
rispettare norme igieniche, norme relative all’orario dei negozi,
all’esposizione dei prezzi e ai beni alimentari di prima necessità. Altre
attività sono sottoposte a obblighi di contabilità e di controllo.
Nelle “attività
sottoposte a controllo” (überwachungsbedürftige Gewerbe), al fine di
tutelare la clientela da offerenti poco seri o criminali, rientrano il
commercio di merce usata, le agenzie investigative e le agenzie di viaggio. In
questo caso all’imprenditore sono richiesti il certificato di buona condotta (Führungszeugnis)
e il certificato del Registro centrale delle imprese (Gewerbezentralregister
- GZR), gestito dall’Ufficio federale della giustizia (Bundesamt für
Justiz), da presentare al momento della denuncia dell’attività a
dimostrazione dell’affidabilità e dell’integrità morale. Il certificato di
buona condotta è poi inviato al comune competente che trasmette entrambi i
certificati ai competenti uffici amministrativi circondariali (Kreisverwaltungsbehörde).
Ulteriori requisiti sono previsti per
svolgere le cosiddette “attività
sottoposte ad autorizzazione obbligatoria” (erlaubnispflichtige Gewerbe),
perché se esercitate in modo negligente rischiano di danneggiare il bene
comune. Per ottenere l’autorizzazione ad operare in questi settori sono
richiesti integrità morale, comprovato rendimento economico dell’impresa e
competenza in materia dimostrabile attraverso un esame specifico da sostenersi
presso la camera di commercio o attraverso un’esperienza pluriennale e di
responsabilità nel settore, o una formazione scolastica e professionale
adeguate. Nella categoria delle attività sottoposte ad autorizzazione
obbligatoria figurano: produzione di farmaci, commercio di armi, vendita di
latte crudo e derivati, commercio di concimi, agenzie immobiliari, vendita di
investimenti di capitale e patrimoniali, trasporto di persone, anche
occasionale con autovetture da noleggio o taxi, trasporto merci su autocarro
con cartello appendice con peso complessivo superiore a 3,5 tonnellate, aste,
servizi di sorveglianza e sicurezza, banco dei pegni, sale giochi e
installazione di distributori automatici a fine ludico, ricoveri e case di
cura, scuole guida.
Il termine entro cui l’autorità competente
decide in merito ad una richiesta di autorizzazione per l’esercizio di
un’attività è di tre mesi. Decorso tale termine, l’autorizzazione si intende concessa
(principio del silenzio assenso
sancito dal § 6a, comma 1 GewO,
introdotto dall’art. 1 della legge del 17 luglio 2009).
A differenza di alcuni settori, come quelli
della ristorazione e del commercio ambulante di seguito trattati, non è
prevista una disciplina specifica e distinta per le attività commerciali di
ridotte dimensioni (esercizio di vicinato), né per le medie e grandi strutture
di vendita. Tutt’al più devono essere osservate alcune disposizioni di
carattere urbanistico.
Tra l’altro, le norme adottate dai Länder
non contengono neppure le definizioni di “grande struttura di vendita” e di
“centro commerciale”, ma una nozione sufficientemente precisa di tali concetti
può essere rinvenuta nel § 11
del Regolamento sull’uso a fini edilizi (Baunutzungsverordnung
– BauNVO) e nella giurisprudenza amministrativa, oltre che nella
dottrina.
Si intende per “commercio al dettaglio” l’impresa che venda esclusivamente o in
modo preponderante beni e servizi al consumatore finale (supermercati,
ipermercati, grandi magazzini, grandi strutture specializzate, ecc.). Nel 2005
il Tribunale amministrativo federale (Bundesverwaltungsgericht) ha
deciso che un commercio di dettaglio possa essere considerato una grande
struttura di vendita quando la sua superficie superi gli 800 mq.
Con la riforma federalista del 2006 ai Länder
è stata attribuita la competenza legislativa esclusiva in materia di
ristorazione. La normativa federale continua ad essere applicata fintanto che i
Länder, usufruendo delle nuove competenze, non emanino proprie leggi[44] al
riguardo. I Länder che non hanno ancora legiferato osservano la legge
federale sui ristoranti (Gaststättengesetz - GastG) e regolamentano, come del resto avveniva
in precedenza, la sua esecuzione mediante appositi decreti (Gaststättenverordnungen).
Le leggi regionali sui ristoranti disciplinano in particolare i requisiti per
il rilascio e la revoca dell’apposita licenza (Gaststättenerlaubnis), la portata di tale autorizzazione, le condizioni
e le motivazioni alla base di un eventuale rifiuto. Nei decreti attuativi
subordinati alla legge è invece regolamentata la procedura di autorizzazione
associata ai rispettivi obblighi di notifica e di presentazione della
documentazione necessaria.
La licenza
di ristoratore (Gaststättenerlaubnis) in
aggiunta alla denuncia di attività è richiesta soltanto per la mescita di
bevande alcoliche. Anche in questo caso sono previste disposizioni speciali. La
licenza riguarda personalmente il ristoratore e, nella misura in cui egli si
faccia rappresentare nella gestione dell’attività, deve essere richiesta una
apposita autorizzazione per il sostituto (Stellvertretungserlaubnis). In caso di rilevamento di unattività già
esistente viene concessa una licenza provvisoria per un periodo massimo di tre
mesi, prorogabile soltanto per gravi motivi (§ 11 GastG). La successiva licenza non è in ogni caso più soggetta
alle verifiche edilizie richieste per una nuova concessione. I requisiti di
base per il rilascio della licenza sono di norma la presentazione di un
certificato di buona condotta (Führungszeugnis), il nullaosta
dell’ufficio delle imposte (Unbedenklichkeitsbescheinigung) e
l’attestato di formazione (Unterrichtungsnachweis) sulla normativa in
materia di ristorazione e di alimenti, rilasciato dopo la frequenza di un corso
di sei ore 0rganizzato dalla Camera di commercio.
Ai fini del conseguimento della licenza di
ristoratore sono richiesti ulteriori e specifici requisiti di affidabilità. Ai sensi del § 4 GastG è
inaffidabile (e pertanto va negata l’autorizzazione oppure revocata nel caso
sia stata già rilasciata) il gestore che sia dedito al bere o che faccia temere
che darà sostegno all’abuso di alcol, al gioco d’azzardo vietato, alla
ricettazione e a condotta immorale, oppure che non osserverà le prescrizioni
della normativa vigente sulla salute, sugli alimenti, sulla tutela del lavoro e
sulla protezione dei giovani.
La licenza viene concessa per una
determinata forma di attività (ad esempio osteria, ristorante, discoteca, caffè
danzante, ecc.) e per gli spazi adibiti a tale uso. L’obbligo della licenza
riguarda anche ogni ampliamento dell’attività di ristorazione e ogni mutamento
di forma. Nelle società di diritto civile o commerciale necessita della licenza
ogni socio con funzioni direttive. Presupposto per la concessione della licenza
è inoltre un permesso di costruzione
(Baugenehmigung) per la realizzazione di un locale nella forma
progettata, in modo da soddisfare i requisiti stabiliti dalla legge per
l’adeguatezza degli spazi e la posizione dell’esercizio. I locali devono
infatti soddisfare le condizioni necessarie per proteggere gli ospiti e i
dipendenti da rischi per la vita e la salute o i requisiti per il mantenimento
della sicurezza e dell’ordine pubblico. Le sale per gli ospiti devono essere
utilizzabili senza barriere dalle persone disabili[45].
La licenza di ristoratore deve essere
rilasciata prima dell’inizio dell’attività, è perciò necessario presentare la richiesta (per iscritto o in formato
elettronico), corredata dalla documentazione richiesta, in tempo utile ovvero
con circa quattro settimane di anticipo. L’autorità competente (Gaststättenbehörde),
a seconda del luogo in cui è esercitata l’attività, è l’amministrazione
comunale o cittadina (Geemeinde/Stadtverwaltung). Ai fini dalle
concessione della licenza trovano applicazione le disposizioni generali
contenute nel già citato § 6a GewO (termine di tre mesi per la decisione da
parte delle autorità e principio del silenzio-assenso), fatte salve le regole
stabilite dalla normativa regionale. Dopo la morte del titolare della licenza,
l’attività può essere continuata dal coniuge, dal convivente o dagli eredi
minori. Lo stesso vale per l’amministratore dell’eredità, il curatore della
successione o l’esecutore testamentario fino a dieci anni dopo la successione.
Nel caso si voglia proseguire l’esercizio dell’attività, deve esserne data
comunicazione immediata all’autorità competente.
Indipendentemente dal fatto che un’attività
di ristorazione sia soggetta o meno alla concessione di una licenza, sono
previste numerose disposizioni appartenenti a diverse aree del diritto che,
anche se non concernenti specificamente il settore della gastronomia, vanno ad
esso applicate. Si tratta, ad esempio, di norme di origine comunitaria che
impattano sulla legislazione locale come gli statuti comunali per lo
smaltimento dei rifiuti. Anche nella normativa in materia di alimenti trovano
fondamento molte disposizioni che in primo luogo mirano a tutelare il
consumatore da frodi e inganni e a proteggere la salute. Si segnala in
particolare il regolamento sull’igiene degli alimenti (Lebensmittelhygiene-Verordnung), con
il quale si è data applicazione al regolamento comunitario n. 178/2002 sulla sicurezza
alimentare. L’osservanza e la documentazione inerente gli standard di igiene, i
corsi di istruzione per il personale e la corretta attuazione delle
disposizioni commerciali generali sono oggetto di controlli effettuati senza
preavviso (in media una volta all’anno) dall’Ispettorato del commercio (Gewerbeaufsicht)[46].
L’attività di venditore ambulante (Reisegewerbe)
è disciplinata a livello federale nei §§ 55 e ss. (Titolo III)
della Gewerbeordnung. La legge definisce il commercio ambulante
come attività svolta da colui che, al di fuori della propria sede commerciale o
in assenza di essa, e non a fronte di precedenti ordinativi, mette in vendita
merci o acquisisce ordinazioni, offre servizi o acquisisce ordinazioni per
essi. Rientrano nella categoria e sono espressamente citate nel dispositivo del
§ 55 GewO anche le attività di divertimento dei giostrai e altre similari.
Per esercitare l’attività di commerciante
ambulante è però necessaria un’autorizzazione (Erlaubnis), rilasciata
dagli uffici amministrativi del comune di residenza del richiedente a fronte
del requisito della “affidabilità personale” (§ 57, comma 1). La
c.d. licenza di ambulante (Reisegewerbekarte)
viene di solito rilasciata a tempo indeterminato (unbefristet).
Tuttavia, così come prescrive il § 55, comma 3, l’autorizzazione può essere
limitata nel contenuto e soggetta a termine e a condizioni, nella misura in cui
ciò sia necessario per la tutela della comunità o dei consumatori. In base agli
stessi presupposti è quindi ammissibile la successiva introduzione o modifica
delle condizioni. La legge impone inoltre l’obbligo di stipulare
un’assicurazione contro i rischi di responsabilità civile (Haftpflichtversicherung) per l’attività di giostraio. A tale
proposito il Ministero federale per l’economia e l’energia è stato autorizzato (§
55f) ad emanare un
apposito decreto soggetto all’approvazione del Bundesrat (Verordnung
über die Haftpflichtversicherung für Schausteller, del 17 dicembre 1984 e da ultimo modificato nel
marzo 2010).
Oltre alle norme contenute nella Gewerbeordnung,
nel caso di vendita di gelato vanno osservate anche disposizioni relative agli
alimenti e per la somministrazione di determinati alimenti è necessario un
attestato dell’Ufficio di igiene (Bescheinigung
des Gesundheitsamtes), come previsto dal § 43 della legge sulla
prevenzione e la lotta alle malattie infettive (Gesetz zur Verhütung und Bekämpfung von
Infektionskrankheiten beim Menschen) per tutti coloro che professionalmente trattano con gli alimenti.
Spesso la licenza di ambulante da sola non è
sufficiente: se il commerciante ambulante vuole svolgere la sua attività su una
pubblica strada, ha bisogno di un permesso
speciale per l’occupazione del suolo pubblico (Sondernutzungserlaubnis
o Standschein). In questi casi l’autorità competente è il distretto
amministrativo (Bezirk), nel quale il commerciante ambulante vuole
posizionarsi o svolgere la sua principale attività. Se invece l’attività è
destinata ad essere svolta in più distretti, ciò va allora dichiarato
all’ufficio distrettuale interpellato per primo, il quale si procurerà gli
ulteriori permessi per vie interne e li rilascerà in rappresentanza degli altri
distretti. Il permesso potrà essere rifiutato in caso di contrasto con
interessi pubblici prevalenti. Questo è ad esempio il caso in cui venga
notevolmente compromesso l’utilizzo da parte del pubblico oppure
dall’occupazione del suolo derivano emissioni o immissioni inaccettabili.
Si ricorda, infine, che i commercianti
ambulanti che esercitano attività non soggette a preventiva autorizzazione (reisegewerbekartenfreie
Tätigkeiten), elencate dettagliatamente nel § 55a,
hanno comunque sempre l’obbligo di denunciare l’inizio dell’attività (Anzeigepfllicht)
ai sensi del § 55c.
Ristoranti
e bar
|
Germania |
Descrizione |
Attività svolta da chiunque somministri
bevande (Schankwirtschaft) o
alimenti preparati (Speisewirtschaft)
per il consumo sul posto. In tale ambito rientra anche l’attività ambulante
esercitata in un luogo fisso per la durata di una manifestazione (accessibile
a tutti o soltanto a una determinata cerchia di persone) e quella
dell’albergatore che somministra bevande e cibi preparati agli ospiti della
struttura. |
Riferimenti normativi |
Legge federale sulle imprese di
ristorazione (Gaststättengesetz del
5 maggio 1970) applicata nei Länder che, dopo la riforma federalista del 2006, non hanno approvato una
propria Landesstättengesetz. Per alcuni specifici aspetti hanno però
adottato decreti di esecuzione (Gaststättenverordnungen). Leggi sulle
imprese di ristorazione (Landesstättengesetze) approvate da alcuni Länder). |
Regime |
Soltanto la mescita di bevande alcoliche
è soggetta al rilascio di un’autorizzazione (Gaststättenerlaubnis). Per tutte le altre attività del
settore è sufficiente la denuncia di inizio attività (Gewerbeanmeldung)
e la conferma da parte delle autorità competenti entro tre giorni (Gewerbeschein). |
Procedura (autorità, tempi) |
La licenza di ristoratore deve essere
rilasciata prima dell’inizio dell’attività, è perciò necessario presentare la
richiesta (per iscritto o in formato elettronico), corredata dalla
documentazione richiesta, in tempo utile ovvero con circa quattro settimane
di anticipo. L’autorità competente (Gaststättenbehörde), a seconda del
luogo in cui è esercitata l’attività, è l’amministrazione comunale o cittadina
(Geemeinde/Stadtverwaltung). Ai fini della concessione della licenza
trovano applicazione le disposizioni generali contenute § 6a GewO (termine di
tre mesi per la decisione da parte delle autorità e principio del
silenzio-assenso), fatte salve le regole stabilite dalla normativa regionale. |
Requisiti: |
Certificato di buona
condotta (Führungszeugnis) o, per le società, l’estratto dei
dati iscritti nel registro centrale delle imprese (Gewerbezentralregisterauszug). Nullaosta dell’Ufficio delle imposte (Unbedenklichkeitsbescheinigung)
Attestato di formazione (Unterrichtungsnachweis) sulla normativa in materia di
ristorazione e di alimenti, rilasciato dopo la frequenza di un corso
organizzato dalla Camera di commercio Ulteriori
requisiti di affidabilità (Zuverlässigkeit)
del soggetto richiedente (§ 4 GastG). |
Requisiti
oggettivi: adeguatezza degli spazi e posizione dell’esercizio. I locali
devono soddisfare le condizioni necessarie per proteggere gli ospiti e i
dipendenti da rischi per la vita e la salute. Le sale per gli ospiti devono
essere utilizzabili senza barriere dalle persone disabili. |
|
Comunicazione unica per la nascita
dell’impresa |
Denuncia di inizio attività ai sensi del § 14 GewO (Gewerbeanzeige). |
Edilizia/territorio/paesaggio |
Permesso di costruzione o licenza
edilizia (Baugenehmigung). |
|
Certificato di
stabilità (Bescheinigung Standsicherheit) Certificato di
protezione antincendio (Bescheinigung Brandschutz). |
Igienico-sanitario |
Attestato
dell’Ufficio di igiene (Bescheinigung
des Gesundheitsamtes), ai sensi del § 43 Infektionsschutzgesetzn. |
Ambiente |
La normativa in materia ambientale e di
salute e sicurezza sul lavoro è oggetto di una specifica formazione e le
relative autorizzazioni, nonché i successivi controlli, sono di competenza
dell’autorità di vigilanza preposta (Gewerbeämter). |
|
|
Salute e sicurezza sul lavoro |
Il Regno Unito presenta un basso livello di complessità amministrativa nelle procedure di autorizzazione delle attività d’impresa principalmente dovuto al fatto che il mercato è in gran parte libero.
Solo alcuni tipi di impresa necessitano di una autorizzazione per operare legalmente: in via principale, si tratta delle attività legate alla vendita di alcol e tabacco, nonché alle attività legate al gioco d’azzardo (ad es, casinò o agenzie di scommesse).
Tuttavia, anche per il Regno Unito le politiche di semplificazione amministrativa sono al centro dell’agenda governativa.
Nel marzo 2015, il Parlamento inglese ha approvato il Deregulation Act 2015, che prevede la rimozione o la riduzione degli oneri per le imprese, la società civile, gli individui, gli enti pubblici e il contribuente. Si tratta di un provvedimento molto ampio, che comprende misure relative ad ambiti generali e speciali dell’attività di impresa; l’uso della terra, l’edilizia e lo sviluppo, i trasporti, le comunicazioni, l'ambiente, l'istruzione e la formazione, il commercio di alcool, lo sport e lo spettacolo, l’amministrazione della giustizia, le autorità pubbliche e la riforma legislativa. Inoltre, la legge abroga parte della legislazione che non svolge più alcuna efficacia.
Tale legge fa parte del più ampio programma dell’attuale Governo di ridurre il carico complessivo di regolamentazione e tagliare 'la burocrazia' durante la legislatura in corso (si cfr. al riguardo il sito tematico dedicato al "Red Tape Challenge").
La realizzazione di quel programma include misure che possono avere effetto solo a livello di modifiche amministrative ed anche attraverso la legislazione secondaria. Il Deregulation Act , invece, è stato necessario per le riforme la cui realizzazione richiede modifiche della legislazione primaria.
Maggiori dettagli sono forniti nelle Explanatory Notes che accompagnano il provvedimento, e nei papers predisposti dai servizi del Parlamento britannico: House of Commons Library Research Paper, Deregulation Bill e House of Lords Library Note, Deregulation Bill.
Ulteriori misure di semplificazione sono contenute nello Small Business, Enterprise and Employment Act 2015, provvedimento che investe numerosi settori della regolazione delle imprese, con l’obiettivo di aumentare la competitività delle imprese inglesi e mantenere l’attrattività dei capitali stranieri.
Tra le novità, in particolare, la legge stabilisce in capo al Ministro competente l’obbligo di adottare un nuovo, più semplificato processo di registrazione delle imprese, assicurando un primo risultato di attuazione entro maggio 2017 e garantendo al Parlamento un report annuale sui risultati raggiunti.
La riforma intende in tal modo superare la frammentarietà del processo di creazione di una società che coinvolge attualmente numerosi Dipartimenti e Agenzie del governo britannico con differenti livelli di informazione sulle imprese circa come ottenere i permessi e le autorizzazioni necessarie per esercitare attività commerciali.
Per sistema semplificato di registrazione s’intende, infatti, un sistema che consente che tutta la documentazione necessaria per la registrazione di un’impresa dopo il 31 maggio 2017 sia trasmessa in una sola volta ad un singolo destinatario e con modalità elettroniche.
La normativa in materia di società è disciplinata dal Companies Act, totalmente revisionato nel 2006.
Quando si inizia un’attività, è necessario scegliere il tipo di struttura che risulta più appropriato alle specifiche esigenze. È possibile trovare utili indicazioni al link https://www.gov.uk/business-legal-structures e sulle principali tipologie, che sono:
§ impresa individuale (sole trader). Approfondimenti sulle procedure
di costituzione dell’impresa
individuale.
§ società di persone (business partnership). Approfondimenti sulle procedure di costituzione
delle società di persone.
§ società di capitali (in particolare, la
limited company). Approfondimenti sulle procedure di costituzione
della Limited.
Una delle principali
forme di società di capitali inglesi è, infatti, la Società Limited
("Private Limited Company " abbreviata a "Ltd"), che
per alcune sue caratteristiche è molto simile alla nostra società a
responsabilità limitata (SRL). Si tratta della forma
societaria più diffusa (viene utilizzata in oltre il 95% delle società).
L’altra forma societaria inglese, la Public Limited Company (Plc) è più simile alla nostra Società per azioni. Questa forma societaria è raramente utilizzata, e principalmente nelle società bancarie, assicurative, finanziarie e nelle società pubbliche. Le Plc non superano il 5% del numero complessivo di società presenti nel Regno Unito.
Nel Regno Unito non esistono Camere di Commercio
come note in Italia. Tutte le informazioni e la documentazione delle società
inglesi vengono depositate presso il "Registrar of Companies" (in
sostanza, il registro delle imprese; per approfondimenti si veda qui) e
si possono reperire sul sito della Companies House.
La procedura di costituzione di una società di capitali (Ltd) e l’avvio dell’attività è più rapido, semplice e meno oneroso rispetto a quanto accade nel sistema italiano.
Normalmente la costituzione di una Società Limited avviene con il deposito di tutta la documentazione necessaria presso la Companies House.
La costituzione di una Società Limited
avviene, di solito, senza formalità e
non è necessario l’atto pubblico, né l’intervento del notaio.
Sono necessari i seguenti documenti: Atto Costitutivo (Memorandum of
Association)
e Statuto (Articles
of Association).
Per semplificare la
procedura, il legislatore Inglese ha disposto nel Companies Act 2006 una forma di statuto standard,
che si applica automaticamente ove non diversamente disposto dai soci
fondatori. Nel testo della legge questo documento standard è chiamato "Table A". Le
autorità interessate, effettuate alcune verifiche di natura formale, emettono
il Certificato di Costituzione (Certificate of Incorporation) che
costituisce il "Certificato di nascita" della Società Limited e che riporta il Numero di Registrazione (Registration
Number) della Società Limited; esso è destinato ad individuare la Società Limited e non potrà essere
cambiato, contrariamente alla denominazione
sociale (per approfondimenti
si veda la guida).
È possibile costituire una Limited con procedura
on line in 24 ore al costo di £15 (per approfondimenti si veda qui),
se si usa uno statuto
standard.
Per le Limited che rientrano nei parametri per essere definite "Small Company" (cioè quando rispondono ad almeno 2 dei 3 seguenti requisiti: giro di affari annuale inferiore a 6,5 milioni di Sterline, bilancio inferiore a 3,26 milioni di Sterline, meno di 50 dipendenti), si può utilizzare una procedura gestionale semplificata.
Il capitale sociale minimo è di 100 Sterline, ed inoltre il capitale sociale stabilito non deve essere versato integralmente, in quanto è necessario depositare soltanto 1 sterlina. Non è necessario aprire o essere in possesso di una partita IVA (VAT nel mondo anglosassone).
A livello fiscale, bisogna dichiarare l'avvio dell'attività all'Agenzia delle Entrate britannica (HM Revenue & Customs, HMRC), ed entro tre mesi dall’avvio d’impresa occorre la registrazione per il Corporation tax al sito https://www.gov.uk/limited-company-formation/set-up-your-company-for-corporation-tax.
Negli ultimi anni, nel Regno Unito sono state adottate misure di semplificazione anche per la figura del sole trader, colui che da solo avvia un’attività imprenditoriale con o senza personale impiegato (si v. https://www.gov.uk/set-up-sole-trader). In tal caso, infatti, è sufficiente:
§ avere un numero di assicurazione sanitaria nazionale e vivere in UK;
§ registrarsi come imprenditore unico presso la relativa agenzia (HMRC);
§ indicare la denominazione dell’impresa.
In ambito commerciale, la disciplina principale è rappresentata dal Licensing Act del 2003, che disciplina le autorizzazioni necessarie per avviare ristoranti, bar e altri luoghi di pubblico intrattenimento. In particolare, esso prevede un regime di autorizzazione per alcune attività (c.d. "licensable activities"), quali: la vendita al minuto di bevande alcoliche; la fornitura di bevande alcoliche all’interno di un club; la predisposizione di uno spettacolo di intrattenimento regolamentato[47] e la fornitura di rinfreschi notturni[48].
Tale normativa si applica in Inghilterra e in Galles, dove avviare una licensable activity senza l’autorizzazione richiesta ai sensi della legge del 2003 costituisce reato penale.
Il Licensing Act prevede due tipologie principali di autorizzazione; la prima riguarda i locali in cui l’attività viene svolta e serve ad assicurare che tutte le norme di salute, di sicurezza e antincendio siano rispettate in pieno (c.d. premises licence).
All’interno di questa tipologia, l’autorizzazione può essere rappresentata dal club premises certificate che autorizza allo svolgimento di una delle attività sopra individuate all’interno della sede di un club purché questo abbia determinate caratteristiche (cd. qualifying club).
Per eventi una tantum o di natura temporanea è sufficiente un avviso di evento temporaneo (c.d. "TEN", ossia temporary event notice)[49].
La seconda è una licenza che serve a garantire la responsabilità del soggetto che possiede o gestisce l’attività di vendita di alcool (c.d. personal licence). Un privato può presentare domanda per la concessione di una licenza personale, che potrà essere concessa solo qualora siano soddisfatti determinati requisiti. La licenza personale ha effetto per 10 anni a decorrere dalla data della sua concessione, ma può essere rinnovata presentando una domanda in tal senso.
Normalmente tali licenses sono rilasciate dalle autorità locali della zona in cui i locali dell’attività sono situati. La legge del 2003 fornisce un quadro di disposizioni entro il quale le autorità che rilasciano le autorizzazioni determinano le modalità applicative.
Secondo quanto previsto dalla Section 182 del Licensing Act, infatti, il Ministro competente stabilisce gli orientamenti sull’esercizio dei poteri autorizzatori, di cui le singole autorità devono tenere conto. Al tempo stesso queste possono discostarsene motivatamente, purché esercitino le loro funzioni al fine di promuovere gli obiettivi delle autorizzazioni, ossia la prevenzione della criminalità e del disordine; la prevenzione del disturbo della quiete pubblica; la sicurezza pubblica e la protezione dei minori. Resta il fatto che ogni divergenza amministrativa rispetto agli orientamenti governativi, qualora non risulti giustificata, può dar luogo a ricorso giurisdizionale.
Peraltro, il Deregulation Act del 2015 ha modificato il Licensing Act sotto diversi profili al fine di ridurre gli adempimenti e gli oneri previsti dalla normativa vigente. In particolare:
§ ha introdotto una forma di autorizzazione meno gravosa per la vendita al dettaglio di alcool (nuova Part 5A) che si applica a specifici soggetti (ad esempio, le organizzazioni di comunità o piccole imprese che vendono alcool come parte accessoria di un servizio più ampio);
§ ha aumentato da 12 a 15 il numero di TEN (temporary event notice) che possono essere dati per gli stessi locali in un anno solare a decorrere dal 2016;
§ ha reso a tempo indeterminato la validità della licenza personale per la vendita di alcool (c.d. personal licence).
Per maggiori informazioni si cfr. la pagina dedicata nel sito del Governo inglese: https://www.gov.uk/alcohol-licensing.
Un’altra pagina è interamente dedicata alle autorizzazioni relative all’apertura di luoghi di intrattenimento, come cinema, teatri, nightclubs (Entertainment Licensing).
Ulteriori autorizzazioni possono essere richieste per specifici tipi di attività: ad esempio, ma non solo, cura e assistenza dei bambini; servizi finanziari; giochi d’azzardo; guardia di sicurezza; allevamento di cani; trasporto di merci; negozio di animali; import e export; tassista; ecc. Ulteriori forme di autorizzazione sono richieste ai singoli per lavorare in determinati settori (come, ad esempio, gli istruttori di scuola-guida). Nella maggioranza dei casi, il punto di riferimento per l’impresa è l’ufficio competente dell’autorità locale del luogo in cui si svolge l’attività o la associazione imprenditoriale di settore. Nel sito del Governo inglese è disponibile un motore di ricerca di tutti i permessi e le autorizzazioni necessari per ciascuna singola attività: il c.d. Licence finder.
Per quanto riguarda gli orari degli esercizi commerciali, i piccoli negozi in Inghilterra e Galles possono aprire ogni giorno e senza limiti orari. Per piccolo negozio (small shop) s’intende un locale che occupa una superfice inferiore o pari a 280 metri quadrati: questa area include tutte le parti del negozio che servono a mostrare beni e a servire i clienti.
Esistono invece alcune restrizioni per i negozi con una superfice superiore a 280 metri quadrati: questi possono aprire le domeniche, ma solamente per 6 ore consecutive tra le ore 10,00 e le 18,00, devono rimanere chiusi la domenica di Pasqua e il giorno di Natale. Nel 2004 è stato eliminato l’obbligo per i large shops di comunicare alle autorità locali il loro orario domenicale ed eventuali cambiamenti.
La normativa al riguardo è rappresentata da tre fonti principali:
§ The Sunday Trading Act 1994;
§ The Regulatory Reform (Sunday Trading) Order 2004;
§ Christmas Day (Trading) Act 2004.
Non sono in vigore restrizioni sull’orario commerciale in Scozia.
Per maggiori informazioni, si rinvia alla scheda di sintesi sul sito del Governo britannico, nonché alla pubblicazione dell’House of Lords Library, curata in occasione della decisione di sospendere le limitazioni sull’orario per l’anno delle Olimpiadi 2012, che si sono svolte a Londra.
Lo scorso 5 agosto il
Governo inglese, attraverso i dicasteri competenti (Department for Business, Innovation and Skills, insieme con il Department for Communities and Local
Government) ha aperto una consultazione pubblica sulla proposta di
attribuire alle amministrazioni comunali la piena discrezionalità sulla
regolamentazione degli orari commerciali nel giorno di domenica come parte
della più ampia funzione di controllo della loro economia locale. La
consultazione si è chiusa il 15 settembre 2015. Per maggiori informazioni, si
cfr. il Briefing
Paper predisposto dall’House of Commons Library.
|
Regno Unito |
Descrizione |
Attività
svolta da chiunque acquisti merci e le rivenda o acquisti materie prime e
prepari alimenti da vendere nella propria sede. Vengono serviti alcolici. Non
si producono rifiuti tossici. Sono presenti una o più TV nei locali. La
superficie può essere fino a 4.000 mq. |
Regime |
Per l’apertura
di un esercizio commerciale non è necessaria un’autorizzazione di carattere
generale. Piuttosto, in base all’oggetto dell’attività commerciale, possono
essere richieste autorizzazioni specifiche. In
particolare, se è prevista la vendita di cibo occorre rispettare le
prescrizioni igieniche; se si gestiscono servizi finanziari occorre
l’autorizzazione dell’autorità di regolazione; per i servizi di trasporto è
richiesto il vehicle safety certificate;
per una serie di attività è inoltre richiesto una certificazione
igienico-sanitaria (v. infra). Le principali
autorizzazioni richieste, in base alle attività svolte, sono illustrate nel
sito del Governo inglese nella voce ‘Find Licences’. |
Requisiti: |
In base al Companies Act 2006 i soggetti
commerciali devono essere registrati presso la Companies
House. Per avviare
un’attività imprenditoriale come imprenditore unico (https://www.gov.uk/set-up-sole-trader) occorre: § avere un numero di assicurazione sanitaria
nazionale e vivere in UK; § registrarsi come imprenditore unico presso
la relativa agenzia (HMRC); § indicare la denominazione dell’impresa; § effettuare le comunicazioni e i pagamenti
ai fini fiscali (VAT per nuove attività e PAYE per i lavoratori assunti). |
In caso di
vendita di alcool |
Qualora
l’attività commerciale comprenda la vendita di alcolici oppure lo svolgimento
di particolari attività di intrattenimento (come uno spettacolo teatrale, la
visione di un film, musica dal vivo, balli, recite teatrali, eventi sportivi
interni, sempre che si tratti di attività non saltuarie) e nel caso di
vendita di alimenti e bevande negli orari notturni, anche se l’attività è
gratuita, il Licensing Act 2003 prevede una autorizzazione riferita al
locale (“premises licence”). L’autorizzazione è rilasciata dal comune. Inoltre, solo
per la vendita di alcol, è necessaria anche una autorizzazione personale (“personal
licence”). Tale licenza, per ottenere la quale occorre essere maggiorenni,
autorizza il suo titolare a vendere alcol solo all’interno di locali
autorizzati. All’interno
dei locali autorizzati, occorre sempre individuare un responsabile (Designated premises supervisor-DPS) che deve avere una
autorizzazione personale per la vendita di alcol. Tale
autorizzazione è, di norma, soggetta ad un pagamento annuale di una quota. Si ricorda
altresì, anche rispetto agli altri Paesi esaminati, che il regolamento CE n. 852/2004 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull'igiene dei prodotti alimentari
prevede che gli operatori del settore alimentare debbano controllare che
tutte le fasi di cui sono responsabili, dalla produzione primaria fino alla vendita o alla messa a
disposizione di prodotti alimentari al consumatore finale, si svolgano in maniera igienica, in conformità
delle disposizioni di tale regolamento. |
Edilizia/territorio/ |
A prescindere
dal tipo o dalla estensione delle attività commerciali che si intendono
svolgere, nel caso in cui debba costruirsi un nuovo edificio o nel caso in
cui sia già esistente - per la gran parte delle attività commerciali, inclusi
negozi, ristorante e bar, è necessaria l’acquisizione di un planning
permission, rilasciato dalla competente autorità locale secondo
quanto previsto dal Town and Country
Planning Act 1990. Tale autorizzazione è di norma utilizzata anche per il
cambio di destinazione dell’edificio. Per sapere se è necessaria tale
autorizzazione per il progetto che si intende perseguire occorre contattare
(o consultare il sito) della local planning
authority (LPA). Se necessaria, tale autorizzazione può
essere chiesta on line. Non è
richiesta tale autorizzazione se sono già stati acquisiti “permitted
development rights”, che consentono cambi di destinazione
dell’edificio senza bisogno del planning
permission, stabiliti nell’allegato 2 (Schedule 2) del Town and Country Planning (general
permitted development) Order 2015.
Riguardano, ad esempio, il caso di ristorante o bar che possono
cambiare destinazione in negozio senza aver bisogno del planning permission. Tutti gli
interventi edilizi devono poi essere conformi alla normativa sulle
costruzioni (Building Regulations). Anche in questo caso occorre
presentare una domanda all’autorità locale. Fanno eccezione gli interventi
espressamente esclusi dalla normativa, nonché gli interventi edilizi di
minore entità (per i quali è sufficiente presentare una denuncia di inizio
lavori alla medesima autorità almeno 2 giorni prima dell'inizio) oppure gli
interventi (quali ad es. l’installazione di finestre o caldaie) affidati ad
un tecnico qualificato e registrato in un Competent
Person Scheme (CPS). Le figure professionali “registrate” (in
un registro
consultabile sul sito del Governo) hanno il potere di
autocertificare la regolarità e il rispetto degli standard richiesti riguardo
alle modifiche edilizie che si intendono compiere e contattano loro stessi
direttamente le autorità locali per tutte le autorizzazioni e al termine
delle verifiche rilasciano comunque un certificato che può essere opposto in
caso di contestazioni. |
Igienico-sanitario |
Se l’attività commerciale include la somministrazione di cibo è
necessaria la Food premise approval rilasciata dall’autorità
locale competente. Occorre registrare la sede dell’attività
almeno 28 giorni prima della sua apertura presso l’Environmental Health Service. E’ necessaria una ulteriore approvazione da parte dell’autorità locale se l’attività
ha per oggetto carne, pesce, uova o altre attività giornaliere, salve alcune
eccezioni espressamente stabilite. Quest’ultima non è richiesta se l’attività
riguarda: meno del 25 per cento del commercio; se non si trattano carne o
prodotti di selvaggina; se non si vende cibo al di fuori della contea in cui
si è registrati. La Food Standards Agency
inglese, in partnership con le autorità locali, ha inoltre introdotto il
sistema nazionale ““Food Hygiene Rating Scheme””, in
Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord e il “Food Hygiene Information Scheme” in Scozia. È una sorta di “marchio di qualità” utilizzato per tutti gli esercizi
pubblici legati alla ristorazione, che serve a orientare i consumatori nella
scelta del locale dove andare a mangiare o dove acquistare cibo. Il marchio è
attribuito dalle autorità sanitarie sulla base di informazioni relative allo
standard igienico rilevato in ristoranti, caffè, take-away, hotel e negozi di alimentari, compresi i supermercati. |
Ambiente |
Occorre
acquisire un’autorizzazione per la gestione
dei rifiuti derivanti da
determinate attività commerciali (licensed waste business). |
Se l’attività
è coperta dalle “basic rules” o
rientra tra quelle escluse (in tal caso occorre presentare una domanda di
esenzione), non è necessario richiedere una autorizzazione ambientale, ma
attenersi alle regole fissate per le singole operazioni (Ci sono “regole di
base” per i diversi tipi di attività che possono causare inquinamento. Tali
regole illustrano le procedure da seguire per fare in modo che l’attività sia
svolta in modo compatibile con l’ambiente. Le “regole di base” fanno
riferimento a: utilizzazione, trattamento, stoccaggio e smaltimento dei
rifiuti, nonché agli scarichi idrici). In caso
contrario le attività sono classificate in tre grandi categorie e sottoposte
ad una autorizzazione che, tranne per gli impianti di minore dimensione,
controlla tutte le forme di inquinamento che possono derivare dall’impianto,
quali le emissioni in aria, terra e acqua, nonché considerare le questioni
come il rumore, i rifiuti e l'efficienza energetica (si parla in questo caso
di “Industrial Pollution Prevention and
Control - IPPC”). |
|
Le valutazioni
di impatto acustico sono integrate sia nelle licenze edilizie (planning permission) sia nelle
autorizzazioni ambientali, sia nel rilascio delle licenze per esercizi
commerciali . La considerazione del rumore è altresì considerata nelle norme
tecniche per le costruzioni (Building
Regulations). |
|
Salute e
sicurezza sul lavoro |
Per quanto riguarda le autorizzazioni relative alle persone che lavorano nell’attività
commerciale, in linea generale, in molti Paesi UE, come il regno Unito, non
sono richieste autorizzazioni preventive ai fini dell’apertura dell’attività
– salvo che questa riguardi attività connesse a realizzazione di
impiantistica ecc. (e quindi considerate pericolose). Sono invece previste
eventuali ispezioni ex post da
parte delle autorità competenti del rispetto dei requisiti necessari. Va inoltre ricordato come in Inghilterra l’autorizzazione alla vendita
di alcolici è connessa all’autorizzazione rilasciata alla persona incaricata
della vendita (che, quindi, per vendere alcolici deve necessariamente avere
ex ante la relativa qualificazione/autorizzazione) (v. supra). In via generale, per assumere un lavoratore nell’attività commerciale,
occorre provvedere alle dichiarazioni necessarie ai fini fiscali ed
assicurativi per assumere employing staff. Gli adempimenti necessari per assumere un lavoratore concernono, in
particolare: -
la specifica
assicurazione (Employer
liability insurance); -
la
registrazione del lavoratore presso HMRC, necessaria
anche se il titolare dell’attività è un imprenditore unico (da effettuare
almeno 4 settimane prima dell’avvio del rapporto di lavoro). The Health and Safety at Work Act del 1974 (HSW Act)
obbliga i datori di lavoro a garantire la salute e la sicurezza di tutti i
propri dipendenti, nonché dei soggetti che possono essere interessati dalla
loro attività lavorativa. Inoltre, il Management of Health and Safety at Work
Regulations del 1999, basato sull’HSW Act, prevede
specifici obblighi di legge a carico dei datori di lavoro per quanto attiene
la valutazione ed il controllo dei rischi sui luoghi di lavoro. Infine, il Workplace (Health, Safety and Welfare)
Regulations del 1992 richiede la predisposizione di
appropriati locali sui luoghi di lavoro, in buone condizioni e privi di
ostacoli. |
Prevenzione
incendi |
Le
autorizzazioni edilizie building
regulations (v. supra)
includono la verifica della conformità
alle disposizioni antincendio (fire safety) nell’edificio destinato alle attività commerciali. |
Gestione dati
personali |
Se vengono
gestiti dati personali (es. per
alberghi, ristoranti ecc.) occorre la Data protection registration |
Per utilizzo
di una o più televisioni nel locale |
Occorre la previa licenza TV |
In caso di
musica nel locale |
Per essere
autorizzati a far ascoltare musica registrata nel locale (CD ecc.) occorre: PPL Music Licence, rilasciata da Phonographic Performance
Ltd Per musica cantata in loco: PRS Music Licence, rilasciata da PRS. |
La normativa spagnola in materia di commercio deve tenere presente la natura fortemente regionale dello Stato. Accanto alla normativa nazionale in materia, ogni Comunità autonoma[50] ha infatti una sua disciplina sul commercio, a cui poi vanno ad aggiungersi le normative di dettaglio dei comuni (ayuntamientos).
La legge spagnola di riferimento del settore è costituita dalla Ley 7/1996, de 15 de enero, de ordenación del comercio minorista[51], che ha disciplinato il commercio al dettaglio.
Uno degli eventi che ha maggiormente influito nel settore è stata certamente l’adozione della cosiddetta “direttiva servizi” (direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno), trasposta nell’ordinamento spagnolo soprattutto dalla Ley 17/2009, de 23 de noviembre, sobre el libre acceso a las actividades de servicios y su ejercicio, il cui scopo è stato quello di stabilire le disposizioni generali necessarie per facilitare la libertà di stabilimento dei prestatori e la libera prestazione dei servizi, semplificando i procedimenti e incentivando il livello qualitativo dei servizi ed impedire l’introduzione di restrizioni al funzionamento dei mercati dei servizi non giustificate o proporzionate. In particolare l’art. 4 ha sancito la libertà di stabilimento: i prestatori possono stabilirsi liberamente su tutto il territorio nazionale per esercitare un’attività di servizi, senza altre limitazioni che quelle previste dalla legge. L’art. 5 ha previsto l’eccezionalità dell’autorizzazione e comunque nel rispetto dei principi di non discriminazione, necessità e proporzionalità, essendo normalmente sufficiente una comunicazione o una dichiarazione del prestatore. I procedimenti autorizzativi devono essere chiari, inequivocabili, obiettivi, imparziali, conoscibili in anticipo, trovando applicazione generalmente il principio del silenzio assenso (art. 6). Il prestatore può esercitare su tutto il territorio spagnolo, anche mediante lo stabilimento di succursali. Limitazioni al numero di autorizzazioni sono possibili solo per scarsità delle risorse naturali o inequivocabili impedimenti tecnici. In ogni caso trovano applicazione, da parte delle amministrazioni pubbliche, i principi di pubblicità, obiettività, imparzialità, trasparenza e concorrenza competitiva (art. 8). L’art. 17 ha sancito l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di promuovere la semplificazione, prevedendo in particolare l’accettazione di documenti di altri Stati membri che soddisfino i requisiti previsti. L’art. 18 ha disciplinato lo sportello unico (ventanilla única), accessibile elettronicamente e a distanza, attraverso cui i prestatori possono ottenere informazioni, presentare documentazione e richieste nonché conoscere l’esito dei procedimenti.
Il Parlamento spagnolo ha poi approvato la Ley 25/2009, de 22 de diciembre, de modificación de diversas leyes para su adaptación a la Ley sobre el libre acceso a las actividades de servicios y su ejercicio, che contiene la modifica di oltre 40 leggi in diverse materie, tra cui procedimento amministrativo, tutela dei consumatori e utenti dei servizi, servizi professionali.
L’allargamento al settore del commercio al dettaglio della nuova normativa in materia di servizi si è realizzato con la Ley 1/2010, de 1 de marzo, de reforma de la Ley 7/1996, de 15 de enero, de Ordenación del Comercio Minorista. La nuova disciplina[52] si è ispirata al principio della libertà d’impresa ed ha avuto come finalità quella di facilitare il libero stabilimento dei servizi di distribuzione commerciale e dei relativi esercizi, mediante differenti formati commerciali, garantendo nel contempo che siano soddisfatte le necessità dei consumatori.
Per commercio al dettaglio (comercio minorista) si intende l’attività svolta professionalmente con scopo di lucro consistente nell’offrire la vendita di qualunque tipologia di articoli ai destinatari finali degli stessi, utilizzando o meno un locale commerciale (establecimiento) (art. 1 della legge 7/1996, come modificato).
L’art. 2 della legge 7/1996, come modificato, definisce quali locali commerciali (establecimientos comerciales) tutte le installazioni immobili di vendita al dettaglio nelle quali l’imprenditore esercita la propria attività in maniera permanente od ogni installazione mobile di vendita al dettaglio nella quale l’imprenditore esercita la propria attività in maniera abituale[53].
Tra le modificazioni più significative introdotte nel 2010, si sottolinea che gli esercizi commerciali non sono più sottoposti al regime dell’autorizzazione commerciale, se non in alcuni casi circoscritti, quali ragioni imperative di interesse generale collegate alla distribuzione commerciale[54]. Inoltre viene eliminata la previsione normativa del “grande esercizio commerciale” (gran establecimiento comercial), sebbene tale previsione permanga in alcune Comunità autonome. Per quanto concerne la vendita ambulante o in forma non sedentaria, è stato aggiornato il quadro relativo alle autorizzazioni municipali, a cui esse sono sottoposte. Spetta infatti ai comuni il rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio di tale forma di vendita nei termini previsti dalle disposizioni municipali e dalla legislazione vigente.
Un’ulteriore
disciplina della materia è intervenuta dapprima con il Real Decreto-ley 19/2012, de 25 de mayo, de medidas urgentes de
liberalización del comercio y de determinados servicios[55], quindi con la Ley 12/2012, de 26 de diciembre, de medidas urgentes de
liberalización del comercio y de determinados servicios.
Per le imprese operanti nel commercio al
dettaglio e nella fornitura di alcuni servizi, che utilizzano locali
permanenti, in qualsiasi parte del territorio nazionale, con superficie utile
di esposizione e di vendita al pubblico non superiore ai 750 metri quadrati[56] non è
necessaria un’autorizzazione o una licenza preventiva da parte di
amministrazioni o enti pubblici, per motivi legati alla protezione
dell’ambiente, della sicurezza o della salute pubblica, relativamente a quelle
attività che, per natura, per installazioni richieste o per le loro dimensioni,
non abbiano un impatto tale da necessitare di un controllo fondato sulla
tecnica dell’autorizzazione, che è pertanto sostituita da un regime di
controlli successivi basati su una dichiarazione responsabile. Si può iniziare
l’esecuzione di opere e installazioni e l’esercizio di un’attività commerciale
o di servizi con la presentazione di una dichiarazione responsabile o
comunicazione preventiva, a seconda dei casi, con la quale l’imprenditore
dichiara di soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa vigente e di
disporre dei documenti necessari nonché di poter provvedere al pagamento dei
tributi previsti.
Non sono soggetti a licenza i cambi di
titolarità delle attività commerciali e dei servizi, in tal caso è sufficiente
una comunicazione preventiva all’amministrazione competente ai soli effetti
informativi. Non è richiesta una licenza o autorizzazione preventiva per la
realizzazione di opere legate al condizionamento dei locali per svolgere
l’attività commerciale se non è necessaria la redazione di un progetto d’opera
di conformità.
Il controllo amministrativo è realizzato a
posteriori mediante l’applicazione del regime sanzionatorio vigente in materia
di commercio interno, ordinamento del suolo e urbanistico, protezione della
salute, dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico.
Le Comunità autonome, dal canto loro,
hanno sempre avuta una loro normativa in materia di commercio, che negli
ultimi anni è stata aggiornata tenendo conto delle novità introdotte dalla
normativa europea e nazionale in materia, riformando la legislazione o talvolta
approvando una nuova disciplina del commercio.
Si indicano di seguito le normative
specifiche di alcune Comunità autonome:
Ley 13/2010, de 17 de diciembre, del comercio interior
de Galicia
Ley 4/2015, de 25 de marzo, de Comercio de Aragón
Ley 16/1999, de 29 de abril, de Comercio Interior de la Comunidad de Madrid
Ley 3/2011, de 23 de marzo, de la Generalitat, de Comercio de la Comunitat Valenciana.
Si sottolinea che in diverse Comunità permane la disciplina specifica per i grandi centri commerciali, generalmente individuati in quegli esercizi con una superficie superiore a 2.500 metri quadrati. Ad esempio, in tal caso in Galizia viene richiesta una “autorizzazione commerciale autonomica” (autorización comercial autonómica).
La Catalogna distingue (Decreto Ley 1/2009, de 22 de diciembre, de ordenación de los equipamientos comerciales) i grandi centri commerciali (grandes establecimientos comerciales, GEC), vale a dire quelli con una superficie di vendita uguale o superiore a 1.300 metri quadrati, ma minore di 2.500 metri quadrati, dai grandi centri commerciali territoriali (grandes establecimientos comerciales territoriales, GECT), con una superficie di vendita uguale o superiore ai 2.500 metri quadrati. Mentre per i primi è sufficiente una dichiarazione responsabile preventiva (declaración responsable previa), per i secondi è necessaria una licenza commerciale (licencia comercial).
In sostanza l’apertura di un’attività può essere iniziata attraverso uno dei seguenti procedimenti:
§ comunicazione preventiva (comunicación previa);
§ dichiarazione responsabile (declaración responsable);
§ autorizzazione ambientale integrata (autorización ambiental integrada);
§ altre tipologie di autorizzazioni o dichiarazioni: licenza ambientale (licencia ambiental); dichiarazione responsabile ambientale (declaración responsable ambiental); comunicazione di attività innocue (comunicación de actividades inocuas).
In alcune Comunità per determinate attività può essere comunque necessaria un’autorizzazione amministrativa o una licenza.
In linea generale, l’apertura, il passaggio o l’ampliamento di locali commerciali non sono soggetti a un regime di autorizzazione.
Ciò nonostante, l’apertura, il passaggio o l’ampliamento di locali commerciali possono essere sottoposti a un’autorizzazione unica (única autorización) che è concessa a tempo indeterminato quando le installazioni o le infrastrutture fisiche necessarie per l’esercizio dell’attività siano suscettibili di generare danni all’ambiente, all’ambiente urbano e al patrimonio storico-artistico, e tali ragioni non possono essere salvaguardate mediante la presentazione di una dichiarazione responsabile o di una comunicazione preventiva.
Le autorizzazioni o le dichiarazioni responsabili per l’apertura o l’ampliamento del locale non possono prevedere requisiti che non siano strettamente collegati all’installazione o infrastruttura e devono essere giustificate da un interesse pubblico prevalente. In ogni caso i requisiti devono essere non discriminatori, proporzionati, chiari e non ambigui, oggettivi, resi pubblici in anticipo, prevedibili, trasparenti, accessibili e devono seguire criteri fondati sulle ragioni segnalate.
In nessun caso possono stabilirsi requisiti di natura economica, tra cui quelli che condizionano il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di una necessità economica o di una domanda del mercato o a un eccesso di offerta commerciale, o requisiti che valutano gli effetti economici, possibili o reali, dell’attività o chiedano una valutazione se l’attività risponda ad obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente o quelli che possano essere direttamente o indirettamente rivolti alla difesa di un determinato modello economico o imprenditoriale nel settore. La concessione di autorizzazioni spetta all’amministrazione territoriale competente. Il procedimento amministrativo comprende tutte le richieste necessarie per l’apertura, il trasferimento o l’ampliamento dei locali commerciali. Alle richieste occorre rispondere entro tre mesi, altrimenti si intendono approvate per silenzio amministrativo (art. 6 della Ley 7/1996).
La dichiarazione responsabile (declaración responsable) è il documento sottoscritto da un interessato in cui manifesta, sotto la propria responsabilità, che soddisfa i requisiti previsti dalla normativa vigente per accedere al riconoscimento di un diritto o facoltà o per il suo esercizio, che dispone della documentazione che lo accredita e che si impegna a mantenerne la conformità durante il periodo di tempo inerente a tale riconoscimento o esercizio. I requisiti devono essere contenuti in maniera espressa, chiara e precisa nella corrispondente dichiarazione responsabile.
La dichiarazione responsabile è prevista per le attività commerciali ed i servizi di cui all’allegato della legge 12/2012, tra cui:
§ commercio all’ingrosso di articoli di consumo duraturo;
§ commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacchi, realizzato in locali permanenti;
§ commercio al dettaglio di prodotti industriali non alimentari realizzato in locali permanenti;
§ commercio misto o integrato; commercio al dettaglio al di fuori di un locale commerciale permanente; commercio al dettaglio per posta;
§ riparazioni;
§ attività annesse ai trasporti;
§ ausiliari finanziari e assicurativi; attività immobiliari;
§ servizi forniti alle imprese;
§ noleggio di beni mobili;
§ affitto di beni immobili;
§ istruzione e ricerca;
§ servizi ricreativi e culturali;
§ servizi alla persona;
§ parchi divertimento, fiere e altri servizi relativi allo spettacolo.
La dichiarazione responsabile è generalmente richiesta anche per i servizi di ristorazione nelle diverse modalità (ristoranti, bar, caffetterie).
Si intende per comunicazione preventiva (comunicación previa) il documento mediante il quale gli interessati portano a conoscenza dell’amministrazione pubblica competente i loro dati identificativi e gli altri requisiti richiesti per l’esercizio di un diritto o l’inizio di un’attività.
Le dichiarazioni responsabili e le comunicazioni preventive producono gli effetti previsti in ciascun caso dalla legislazione corrispondente e permettono, con carattere generale, il riconoscimento o l’esercizio di un diritto o l’inizio di un’attività, dal giorno della presentazione, senza pregiudizio delle facoltà di verifica, controllo e ispezione attribuite alle amministrazioni pubbliche. La comunicazione può essere presentata entro un termine dall’inizio dell’attività quando la legislazione corrispondente lo preveda espressamente.
L’inesattezza, falsità od omissione, di carattere essenziale, di qualsiasi dato, manifestazione o documento che accompagna o è contenuto in una dichiarazione responsabile o comunicazione preventiva, o la non presentazione all’amministrazione competente della dichiarazione responsabile o comunicazione preventiva, determina l’impossibilità di continuare nell’esercizio del diritto o attività interessata dal momento in cui si manifestino tali fatti, senza pregiudizio delle responsabilità penale, civili o amministrative conseguenti. La risoluzione dell’amministrazione pubblica che dichiara tali circostanze può determinare l’obbligo dell’interessato di ripristinare la situazione giuridica al momento precedente al riconoscimento o all’esercizio del diritto o all’inizio dell’attività corrispondente, così come l’impossibilità di iniziare un nuovo procedimento con lo stesso oggetto durante un periodo di tempo determinato, conformemente ai termini previsti nelle norma settoriali di applicazione.
Le amministrazioni pubbliche tengono permanentemente pubblicati e aggiornati i modelli di dichiarazione responsabile e di comunicazione preventiva, i quali saranno forniti in forma chiara e inequivoca e che, in ogni caso, possono essere presentati a distanza e per via elettronica (art. 71 bis della Ley 30/1992, de 26 de noviembre, de Régimen Jurídico de las Administraciones Públicas y del Procedimiento Administrativo Común).
L’autorizzazione ambientale integrata (autorización ambiental integrada) è la decisione scritta dell’organo competente della Comunità autonoma in cui si trova l’installazione con la quale si consente, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute delle persone, di utilizzare tutta o parte dell’installazione, sotto determinate condizioni intese a garantire che soddisfi le finalità e le disposizioni della legge. Tale autorizzazione può valere per uno o più installazioni o parti di installazioni con la stessa ubicazione (art. 3 della Ley 16/2002, de 1 de julio, de prevención y control integrados de la contaminación).
Le attività a cui si applica l’autorizzazione ambientale integrata sono elencate nell’allegato 1 della legge 16/2002, tra cui:
§ impianti di combustione;
§ produzione e trasformazione di metalli;
§ industrie minerarie;
§ industrie chimiche;
§ gestione di rifiuti;
§ industria del legno;
§ industria tessile;
§ industria del cuoio;
§ industria agroalimentare e del bestiame;
§ industria del carbone.
Ristoranti
e bar
|
Spagna |
Descrizione |
Nella Comunità di Madrid si considera attività di ristorazione (actividad de restauración) quella
esercitata in locali destinati a servire professionalmente e abitualmente, in
modo permanente o temporaneo, dietro pagamento, alimenti e/o bevande,
prevalentemente per il loro consumo all’interno del locale; sono soggette
alla medesima disciplina le imprese che esercitano attività di ristorazione
mediante la preparazione di pasti per il loro consumo all’esterno del locale Le attività di ristorazione possono essere: § ristoranti; § caffetterie; § bar e simili; § preparazione di pasti
per il consumo al di fuori dei locali. Le caratteristiche, i requisiti e le condizioni di funzionamento delle
attività di ristorazione sono decise a livello regolamentare. Nella Comunità Valenciana sono considerati “ristoranti” quelle
attività che disponendo di cucina e sala da pranzo indipendenti, con o senza
bancone, offrono al pubblico, a pagamento, pasti e bevande destinati ad
essere consumati all’interno del locale. Tali attività devono disporre di una
carta dei piatti e delle bevande (carta
de platos y bebidas) Sono “bar” le attività che servono al pubblico bevande accompagnate o
meno da cibo quali tapas o panini.
Possono disporre di un servizio al tavolo. I bar che dispongono di cucina
possono offrire ai clienti un menu a un prezzo globale. Devono avere la lista
delle bevande e dei pasti (listas de
bebidas y comidas) I locali di cucina locale hanno una disciplina speciale. |
Riferimenti normativi |
La normativa in
materia di ristoranti e bar è essenzialmente di natura autonomica. Si
fornisce qualche esempio Catalogna: Decreto n. 317/1994, de 4 de
noviembre, de Ordenación y Clasificación de Establecimientos de Restauración Comunità Valenciana: Decreto 7/2009, de 9 de enero, del Consell, regulador de los
establecimientos de restauración de la Comunitat Valenciana Madrid: Ley 1/1999, de 12 de marzo, de Ordenación del Turismo de la
Comunidad de Madrid (artt. 33-34). |
Procedura (autorità,
tempi) |
Nella Comunità Valenciana, con riferimento
ai ristoranti, è necessario effettuare una comunicazione al Servizio
territoriale del turismo provinciale dove si trova l’attività commerciale,
prima dell’inizio dell’esercizio dell’attività La comunicazione, su
modello standard, deve contenere una dichiarazione responsabile (declaración responsable)
dell’interessato, nella quale dichiara: di avere la
disponibilità del locale in cui è impiantata l’attività; che il locale ha tutti
i requisiti previsti dalla legge per la sua classificazione come ristorante e
che tali requisiti saranno mantenuti nel tempo; che dispone di una
cartina in cui siano indicati il nome, la destinazione e la superficie di
ciascuna dipendenza, così come la capacità della sala da pranzo e del banco. Alla comunicazione
occorre allegare: l’accreditamento della
personalità fisica o giuridica dell’interessato; per i locali di cucina
locale, la carta dei piatti e delle bevande. Il Servizio
territoriale del turismo provinciale competente è l’organo competente del
procedimento Il Servizio classifica
l’attività e la iscrive d’ufficio nel Registro generale delle imprese,
attività e professioni turistiche della Comunità Valenciana (Registro General de Empresas,
Establecimientos y Profesiones Turísticas de la Comunitat Valenciana),
rilasciando un documento al richiedente Il Servizio può
effettuare i controlli ritenuti necessari, in particolare se l’interessato ha
la disponibilità dell’immobile e se nei locali sono rispettati i requisiti
tecnici generali e specifici richiesti Né la comunicazione né
l’iscrizione nel Registro presuppongono il rispetto di altre norme
applicabili in materia, dovendo le attività di ristorazione disporre delle
autorizzazioni eventualmente richieste da altre amministrazioni pubbliche Per quanto concerne
invece i bar e le attività similari (pub, club, sale per feste), i titolari
comunicano l’apertura dell’attività al Servizio territoriale del turismo
provinciale La classificazione e
l’iscrizione nel Registro si produce automaticamente con la comunicazione. |
Avvio
attività commerciale di “vicinato” e di media grandezza
|
Spagna |
Descrizione |
Per commercio al dettaglio (comercio minorista) si intende
l’attività svolta professionalmente con scopo di lucro consistente
nell’offrire la vendita di qualunque tipologia di articoli ai destinatari
finali degli stessi, utilizzando o meno un locale commerciale (establecimiento) Sono locali
commerciali (establecimientos
comerciales) tutte le installazioni immobili di vendita al dettaglio
nelle quali l’imprenditore esercita la propria attività in maniera permanente
od ogni installazione mobile di vendita al dettaglio nella quale
l’imprenditore esercita la propria attività in maniera abituale La normativa nazionale
non prevede la classificazione per superficie delle attività commerciali,
tuttavia diverse Comunità autonome hanno tale classificazione Ad esempio la Catalogna distingue le piccole
attività commerciali (pequeños
establecimientos comerciales, PEC), con una superficie di vendita
inferiore a 800 metri quadrati, e le medie attività commerciali (medianos establecimientos comerciales,
MEC), con una superficie di vendita superiore a 800 metri quadrati ma
inferiore a 1.300 metri quadrati. |
Riferimenti normativi |
artt. 1-2 della legge
7/1996 Catalogna: Decreto Ley 1/2009, de 22 de diciembre, de ordenación de los
equipamientos comerciales |
Procedura (autorità,
tempi) |
In linea generale,
l’apertura, il passaggio o l’ampliamento di locali commerciali non sono soggetti a un regime di
autorizzazione. Ciò nonostante,
l’apertura, il passaggio o l’ampliamento di locali commerciali possono essere
sottoposti a un’autorizzazione unica (única
autorización) che è concessa a tempo indeterminato quando le
installazioni o le infrastrutture fisiche necessarie per l’esercizio
dell’attività siano suscettibili di generare danni all’ambiente, all’ambiente
urbano e al patrimonio storico-artistico, e tali ragioni non possono essere
salvaguardate mediante la presentazione di una dichiarazione responsabile o
di una comunicazione preventiva Per le imprese operanti nel commercio al dettaglio e nella fornitura di
alcuni servizi, che utilizzano locali permanenti, in qualsiasi parte del
territorio nazionale, con superficie utile di esposizione e di vendita al
pubblico non superiore ai 750 metri quadrati non è necessaria
un’autorizzazione o una licenza preventiva, per motivi legati alla
protezione dell’ambiente, della sicurezza o della salute pubblica,
relativamente a quelle attività che, per natura, per installazioni richieste
o per le loro dimensioni, non abbiano un impatto tale da necessitare di un
controllo fondato sulla tecnica dell’autorizzazione, che è pertanto
sostituita da un regime di controlli successivi basati sulla dichiarazione
responsabile. Si può iniziare l’esecuzione di opere e installazioni e
l’esercizio di un’attività commerciale o di servizi con la presentazione di
una dichiarazione responsabile o comunicazione preventiva, a seconda dei
casi, in cui l’imprenditore dichiara di soddisfare i requisiti richiesti
dalla normativa vigente e di disporre dei documenti necessari nonché di poter
provvedere al pagamento dei tributi previsti Le singole Comunità autonome hanno una propria normativa in materia di
commercio, prevedendo talvolta il rilascio di autorizzazioni o licenze |
Requisiti: |
In Galizia la legge disciplina le
condizioni generali per l’esercizio dell’attività commerciale Possono esercitare
l’attività commerciale le persone fisiche e giuridiche che, nel rispetto
della legge, abbiano la capacità giuridica la condizione di commerciante Per l’esercizio di
qualsiasi attività commerciale sono elementi necessari: accreditare il
rispetto dei requisiti specifici e delle garanzie previste dalla legislazione
vigente per la vendita di determinati prodotti o prestazione di determinati
servizi; aver assolto agli
obblighi in materia di Sicurezza sociale e in materia tributaria; disporre delle
autorizzazioni, licenze o aver effettuato le dichiarazioni responsabili o
comunicazioni preventive previste dalla legge Nella Comunità Valenciana sono condizioni
per l’esercizio dell’attività commerciale: possedere i requisiti
stabiliti dalla legge; dimostrare di aver
assolto agli obblighi previsti dalla legge per la vendita di determinati
prodotti o prestazione di determinati servizi. L’apertura di locali
commerciali è soggetta al regime di comunicazione preventiva o dichiarazione
responsabile Nei casi in cui sia
obbligatorio, i comuni concedono le autorizzazioni o le licenze relative,
previa verifica dell’esistenza dei requisiti previsti dalla legge |
Comunicazione unica
per la nascita dell’impresa |
La dichiarazione
responsabile (declaración responsable)
è il documento sottoscritto da un interessato in cui manifesta, sotto la
propria responsabilità, che soddisfa i requisiti previsti dalla normativa
vigente per accedere al riconoscimento di un diritto o facoltà o per il suo
esercizio, che dispone della documentazione che lo accredita e che si impegna
a mantenerne la conformità durante il periodo di tempo inerente a tale
riconoscimento o esercizio. I requisiti devono essere contenuti in maniera
espressa, chiara e precisa nella corrispondente dichiarazione responsabile |
Grandi
strutture di vendita
|
Spagna |
Descrizione |
Nella normativa
nazionale non esiste più la previsione dei grandi centri commerciali, che
permane nella normativa di alcune Comunità autonome (ad esempio, in
Catalogna) La Catalogna distingue
i grandi centri commerciali (grandes establecimientos comerciales,
GEC), vale a dire quelli con una superficie di vendita uguale o superiore a
1.300 metri quadrati, ma minore di 2.500 metri quadrati, dai grandi centri commerciali territoriali
(grandes establecimientos comerciales
territoriales, GECT), con una superficie di vendita uguale o superiore ai
2.500 metri quadrati Altre Comunità
autonome utilizzano il superamento del parametro di 2.500 metri quadrati di
superficie per definire i grandi centri commerciali (o strutture
equivalenti). |
Riferimenti normativi |
Catalogna: Decreto Ley 1/2009, de 22 de diciembre, de
ordenación de los equipamientos comerciales |
Regime |
In Catalogna per i GEC
è sufficiente una dichiarazione
responsabile preventiva (declaración
responsable previa), per i GECT è necessaria una licenza commerciale (licencia
comercial). In Galizia è richiesta
un’autorizzazione commerciale
autonomica (autorización comercial
autonómica) per l’installazione, l’ampliamento e il trasferimento di
attività commerciali individuali o collettive destinate al commercio al
dettaglio di qualsiasi tipo di articoli che abbiano un’incidenza ambientale,
territoriale, urbanistica e di viabilità che trascende il singolo comune per
grandezza, importanza e caratteristiche, quindi sostanzialmente per grandi
centri commerciali con superficie di vendita superiore ai 2.500 metri
quadrati. |
Procedura (autorità,
tempi) |
Catalogna La licenza commerciale
per i GECT è rilasciata dalla direzione
generale competente in materia di commercio (dirección general competente en materia de comercio) La direzione
competente richiede al dipartimento di politica territoriale e urbanistica un
rapporto sull’adeguamento del progetto alla pianificazione urbanistica; se
entro due mesi non riceve risposta, si intende favorevole Richiede all’autorità
territoriale della mobilità un rapporto sull’impatto del progetto sulla
mobilità nonché al dipartimento competente in materia di politica
territoriale e urbanistica un rapporto di impatto e integrazione
paesaggistica, quando il progetto sia relativo a un tessuto urbano di
speciale interesse architettonico Una volta ricevuta e
analizzata la documentazione, la sottodirezione generale competente emette la
proposta di decisione motivata, dando udienza al richiedente affinché, entro
quindici giorni, possa presentare integrazioni e pagare la seconda rata della
tassa Il direttore generale
competente in materia di commercio emette una decisione e la notifica
all’interessato entro quattro mesi
dalla data di presentazione della richiesta con la documentazione necessaria.
Trascorso tale termine senza notificazione, la licenza si intende comunque
concessa Nella decisione si può
accordare l’eventuale trasmissione della documentazione tecnica, su richiesta
dell’interessato, al comune in cui si deve realizzare l’opera, al fine di
ottenere la licenza municipale urbanistica. |
Requisiti: |
La richiesta della
licenza commerciale va presentata mediante un formulario standard,
accompagnata dalla documentazione richiesta; la richiesta può essere
presentata anche per via elettronica. Documentazione
richiesta: progetto di base,
firmato da professionista qualificato; relazione e piani
generali, in scala, di posizione, accessi e parcheggi, oltre a piante, prospetti
e sezioni, nonché la distribuzione dell’offerta, specificando la superficie
di ciascun locale; dichiarazione responsabile firmata dalla persona
titolare dell’attività commerciale o dal rappresentate, nella quale si
dichiara di aver pagato la prima rata della tassa per la concessione della
licenza; certificazione della
disponibilità dei terreni o degli edifici su cui si intende sviluppare il
progetto; documentazione
necessaria per l’impatto del progetto sulla mobilità generata; documentazione necessaria
per il rapporto di impatto e integrazione paesaggistica. La licenza commerciale
è rilasciata a tempo indeterminato. |
L’analisi condotta ha evidenziato come sulle politiche di semplificazione in materia di attività commerciali abbia influito in modo significativo l’adozione della cosiddetta “direttiva servizi”.
La direttiva “servizi” 2006/123/CE è una delle misure più rilevanti per la crescita economica e occupazionale e lo sviluppo della competitività dell’Unione europea; attraverso il superamento degli ostacoli di natura giuridica che si frappongono alla libertà di stabilimento dei prestatori e alla libera circolazione dei servizi negli Stati membri, essa contribuisce al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi.
La direttiva mira a consentire la creazione e lo sviluppo di un mercato interno dei servizi, garantendo ai prestatori di servizi ed ai destinatari di beneficiare delle libertà fondamentali previste agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) ovvero la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione.
Al fine di raggiungere tale obiettivo, le disposizioni della direttiva mirano a semplificare le procedure amministrative, a eliminare gli ostacoli relativi alle attività di servizi e ad accrescere sia la fiducia reciproca tra gli Stati membri che la fiducia dei prestatori e dei consumatori nel mercato interno dei servizi.
Si tratta di uno strumento orizzontale che copre una vasta gamma di servizi diversi ed incide su un numero consistente di norme e regolamenti nazionali, obbligando gli Stati membri, in sede di recepimento, ad adottare un insieme di misure legislative e di misure non legislative, ovvero misure organizzative o pratiche, quali gli sportelli unici per i prestatori di servizi, le procedure elettroniche e la cooperazione amministrativa.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione, la direttiva si applica a tutti i servizi non esplicitamente esclusi dalla stessa, intendendosi per “servizio” le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, come stabilito all’articolo 57 TFUE.
Tra gli esempi di servizi che rientrano nella
direttiva - e che rilevano ai fini del presente lavoro - figurano: i servizi di distribuzione (compresa la vendita al dettaglio e all’ingrosso di
beni e servizi), i servizi nel settore
dell’edilizia, i servizi nel settore
della ricettività e della ristorazione (quali hotel, ristoranti, servizi di catering).
La direttiva servizi si applica ai requisiti che influenzano l’accesso all’attività di servizi o il suo esercizio, che - come specificato all’articolo 4, paragrafo 7 – comprendono qualsiasi obbligo, divieto, condizione o altro limite imposto ai prestatori di servizi (o ai destinatari di servizi), quali l’obbligo di ottenere un’autorizzazione o di presentare una dichiarazione alle autorità competenti, stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a livello nazionale, regionale o locale. Inoltre, la direttiva si applica alle disposizioni imposte dalle norme degli organismi e ordini professionali o dalle norme collettive adottate da associazioni o organizzazioni professionali nell’esercizio della loro autonomia giuridica.
Nell’attuare la direttiva, gli Stati membri devono tener conto del fatto che norme classificate come «urbanistiche» o «regolamentazioni edilizie» possono contenere requisiti che disciplinano specificatamente le attività di servizi e che quindi rientrano nel campo di applicazione della direttiva servizi.
Ad esempio, le norme relative alla superficie massima di certi stabilimenti commerciali,
anche quando contenute in leggi generali riguardanti la pianificazione urbana,
rientrano nel campo di applicazione della direttiva servizi e sono quindi
soggette agli obblighi di cui nel capo della direttiva relativo alla libertà di
stabilimento.
Il capo II della direttiva servizi (articoli da 5 a 8) prevede un programma di semplificazione e modernizzazione amministrativa, che impone agli Stati membri di semplificare le procedure amministrative, di istituire «sportelli unici» quali interlocutori unici per i prestatori di servizi, di prevedere la possibilità di espletare le procedure a distanza e per via elettronica e di rendere le informazioni sui requisiti e sulle procedure nazionali facilmente accessibili per i prestatori e i destinatari di servizi.
Al fine di semplificare le procedure e le formalità applicabili ai prestatori di servizi, la direttiva richiede di valutare il numero di procedure amministrative diverse che un prestatore di servizi deve espletare, eventuali duplicazioni, i loro costi, la chiarezza e accessibilità, nonché i ritardi e le difficoltà pratiche che tali procedure implicano per i prestatori in questione. Andrà altresì valutato se tutte le prove e i documenti richiesti siano necessari, nonché se sia necessario richiederle al prestatore di servizi o viceversa se alcune informazioni non potrebbero essere già ottenibili da altre fonti (ad esempio, presso altre autorità competenti).
Ad esempio, le norme in base alle quali un prestatore
di servizi ha l’obbligo di presentare un dossier completo, senza alcuna
possibilità di ottenere un esonero per alcuni documenti/prove già in possesso
dell’amministrazione, in genere non sono necessarie e quindi, in quanto tali,
dovrebbero essere abolite. Allo stesso modo, le procedure che richiedono
istanze separate per i diversi requisiti potrebbero essere semplificate in modo
tale da consentire la presentazione di un’unica istanza.
Gli Stati membri dovranno anche valutare se è giustificato richiedere la presentazione di certi documenti in una determinata forma, ad esempio, in originale, in copia autenticata o con allegata una traduzione autenticata. Il dubbio circa l’autenticità di un dato documento o del suo contenuto esatto può infatti essere risolto mediante appositi contatti tra le autorità competenti, soprattutto tramite la cooperazione amministrativa.
Ai sensi dell’articolo 6, gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché i prestatori di servizi possano espletare tutte le procedure e le formalità necessarie per l’accesso all’attività di servizi e per il suo esercizio attraverso «sportelli unici». Gli Stati membri dovranno adottare una serie di decisioni circa la modalità di organizzazione dei loro «sportelli unici» che debbono essere concepiti come interlocutori istituzionali unici dal punto di vista del prestatore di servizi, cosicché questi non abbia bisogno di contattare più autorità o enti competenti per raccogliere tutte le informazioni necessarie e per espletare tutte le procedure relative alla sua attività.
Gli «sportelli unici» possono svolgere un ruolo di coordinamento, cosicché le decisioni finali rimangano di competenza delle autorità competenti già esistenti, o, in alternativa, possono essere titolari di poteri decisionali; in questo caso, gli Stati membri potrebbero considerare gli «sportelli unici» direttamente responsabili per l’iscrizione delle imprese o per il rilascio di semplici autorizzazioni. In ogni caso, la direttiva specifica che gli «sportelli unici» non pregiudicano la ripartizione delle competenze tra autorità competenti.
I regimi di autorizzazione sono una delle formalità più comuni applicate ai prestatori di servizi negli Stati membri e costituiscono una restrizione alla libertà di stabilimento. Per tale motivo, la direttiva servizi richiede agli Stati membri di provvedere affinché i regimi di autorizzazione (e le relative procedure) siano conformi alle norme previste agli articoli da 9 a 13 della direttiva, applicabili a tutti i regimi di autorizzazione relativi all’accesso ad un’attività di servizi o al suo esercizio.
Gli articoli da 9 a 13 stabiliscono una serie di principi generali per la revisione e l’adeguamento dei regimi di autorizzazione.
Il termine «regime di autorizzazione» comprende qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizi o al suo esercizio.
Come specificato all’articolo 9, paragrafo 3, tali articoli non si applicano a quegli aspetti dei regimi di autorizzazione che sono già disciplinati direttamente o indirettamente da altri strumenti comunitari.
Ad esempio, la direttiva relativa ai rifiuti impone
esplicitamente agli Stati membri di sottoporre alcune attività riguardanti le
acque reflue a regimi di autorizzazione, per cui quei regimi di autorizzazione
non saranno soggetti alla valutazione di cui all’articolo 9. Tuttavia, poiché
tale direttiva non tratta aspetti specifici, quali le condizioni per la
concessione dell’autorizzazione, la sua durata o la procedura applicabile, a
tali aspetti saranno applicabili gli articoli da 10 a 13.
In base all’articolo 9, paragrafo 1 della direttiva, i regimi di autorizzazione possono essere mantenuti solo se non sono discriminatori, se sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale e se sono proporzionati.
Sulla scorta di questi principi, numerosi regimi di autorizzazione potranno essere semplicemente soppressi o sostituiti da misure meno restrittive, quali il monitoraggio delle attività del prestatore di servizi da parte delle autorità competenti, o la presentazione da parte del prestatore di servizi di semplici dichiarazioni (che non costituiscono un regime di autorizzazione). In tali casi, il mantenimento dei regimi di autorizzazione non sarebbe proporzionato.
L’articolo 10 prevede obblighi specifici relativamente alle condizioni di rilascio di un’autorizzazione, che si prefiggono di rendere i regimi di autorizzazione meno onerosi per i prestatori di servizi, più prevedibili e più trasparenti. Il paragrafo 2, richiede inoltre che le condizioni di rilascio dell’autorizzazione soddisfino i criteri di non discriminazione, necessità e proporzionalità, prevedendo inoltre che le stesse siano chiare e inequivocabili, oggettive, trasparenti e accessibili, e rese pubbliche preventivamente. Il paragrafo 3 pone il divieto di duplicazione dei requisiti e controlli, prevedendo che le condizioni di rilascio dell’autorizzazione relativa ad un nuovo stabilimento non possano rappresentare un doppione rispetto a requisiti e controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili, nelle finalità, a quelli cui il prestatore è già assoggettato in altro Stato membro o nello stesso Stato membro.
La direttiva servizi richiede di stabilire il principio generale della durata illimitata delle autorizzazioni, nonché le eventuali eccezioni a tale principio. Un’autorizzazione limitata nel tempo ostacola l’esercizio delle attività di servizi, in quanto può impedire al prestatore di servizi di sviluppare una strategia di lungo termine, anche in relazione agli investimenti, e introduce, in generale, un elemento di incertezza per le imprese. Una volta che il prestatore di servizi abbia dimostrato di soddisfare i requisiti relativi alla prestazione di servizi, normalmente non vi è alcuna necessità di limitare la durata delle autorizzazioni.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione territoriale, nella maggior parte dei casi, l’articolo 10, paragrafo 4, dispone che le autorizzazioni devono di regola permettere al prestatore di accedere all’attività di servizi o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, per esempio mediante l’apertura di filiali o uffici. Tuttavia, gli Stati membri possono limitare l’ambito di applicazione territoriale delle autorizzazioni nei casi in cui un’autorizzazione separata per ciascuno stabilimento, ovvero una limitazione dell’autorizzazione ad una parte specifica del territorio siano giustificate da un motivo imperativo di interesse generale, siano proporzionate e non siano discriminatorie.
Un’autorizzazione separata per ciascuno stabilimento
sarà, in genere, giustificata nei casi in cui l’autorizzazione sia legata ad
una infrastruttura fisica (ad esempio, un
negozio), in quanto potrebbe essere necessaria una valutazione individuale
di ogni infrastruttura.
Qualora, in uno Stato membro, il rilascio di un’autorizzazione per una data attività sia di competenza di autorità regionali o locali, la direttiva non impone agli Stati membri di modificare tale situazione.
Una volta che un’autorizzazione sia stata rilasciata
dall’autorità regionale o locale competente (ad esempio, del luogo in cui il
prestatore ha stabilito la propria sede), tale autorizzazione dovrà, in linea
di principio, essere riconosciuta da
tutte le altre autorità dello Stato membro.
Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 6, fatta eccezione per la decisione di rilascio dell’autorizzazione richiesta dal richiedente, qualsiasi decisione presa dalle autorità competenti deve essere motivata, rendendo note tutte le ragioni, di diritto e di fatto, che hanno portato l’autorità competente ad adottare la decisione in questione. Strettamente legato a tale obbligo è la previsione, pure all’articolo 10, paragrafo 6, che tutte le decisioni possano essere oggetto di un ricorso dinanzi a un tribunale o ad un’altra istanza di appello.
La direttiva servizi interviene inoltre a stabilire alcuni criteri da applicare alle procedure di autorizzazione. Agli Stati membri è richiesto di provvedere affinché le procedure non siano dissuasive e non complichino o ritardino indebitamente la prestazione del servizio. Inoltre, le regole procedurali dovrebbero essere facilmente accessibili e comprensibili.
Le richieste di autorizzazione devono essere riscontrate con una ricevuta di ritorno e devono essere trattate con la massima sollecitudine (articolo 13, paragrafi 3 e 5). Qualora la richiesta sia incompleta, il richiedente deve essere informato immediatamente della necessità di presentare ulteriori documenti o informazioni. Le autorizzazioni devono essere rilasciate non appena è dimostrato che le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione sono soddisfatte (articolo 10, paragrafo 5).
In ogni caso, le procedure di autorizzazione devono essere espletate entro un termine di risposta ragionevole. Quale termine di risposta possa essere considerato ragionevole per un certo tipo di procedura di autorizzazione dipenderà dalla complessità della procedura e della fattispecie.
In conformità all’articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri devono prevedere che, qualora una domanda non abbia ricevuto alcuna risposta entro il termine stabilito, l’autorizzazione si considererà rilasciata al prestatore. Tale meccanismo di silenzio assenso lascia in ogni caso tempo sufficiente alle autorità competenti per esaminare la domanda, in quanto il termine dovrebbe essere stabilito in relazione al tempo necessario per l’esame di una domanda e decorre solo dal momento in cui viene presentata la documentazione completa (articolo 13, paragrafo 3). In casi specifici, laddove ciò sia giustificato da un motivo imperativo di interesse generale, gli Stati membri possono decidere di derogare al meccanismo del silenzio assenso, come ad esempio, in caso di attività ad elevato impatto ambientale.
Gli oneri che possono derivare per i richiedenti devono essere ragionevoli (ovvero, non devono rappresentare un ostacolo economico significativo, alla luce della natura dell’attività e dell’investimento di norma necessario per svolgerla) e commisurati ai costi delle procedure di autorizzazione.
Gli articoli 14 e 15 della direttiva servizi identificano alcuni requisiti che gli Stati membri non possono imporre per l’accesso ad un’attività di servizi o per il suo esercizio, in quanto discriminatori o comunque particolarmente restrittivi (art. 14) o che possono rappresentare gravi ostacoli alla libertà di stabilimento e che spesso possono essere sostituiti da misure meno restrittive (art. 15).
Tra i requisiti vietati si annoverano quelli fondati direttamente o indirettamente sulla cittadinanza, l’introduzione di verifiche di natura economica, la richiesta di preventiva iscrizione o esercizio dell’attività per un determinato periodo nello stesso Stato membro. Tra i requisiti che possono essere sostituiti da misure meno restrittive, rientrano le restrizioni quantitative o territoriali, l’imposizione di un determinato statuto giuridico, gli obblighi relativi alla detenzione del capitale di una società, la riserva di prestazione di certi servizi a prestatori particolari, l’obbligo per il prestatore di fornire, insieme al suo servizio, altri servizi specifici.
Uno stabilimento alimentare che intenda
vendere prodotti animali, o contenenti prodotti di origine animale, deve sempre
richiedere l’autorizzazione sanitaria comunitaria rilasciata dalla
prefettura.
La richiesta di autorizzazione deve
essere accompagnata da un fascicolo sanitario contenente i
documenti relativi all’organizzazione generale della struttura, dalla
descrizione dello stabilimento nonché dal piano di controllo sanitario (plan de maitrise sanitaire è lo
strumento che permette di soddisfare gli obiettivi di sicurezza alimentare
fissati dalla regolamentazione comunitaria in materia, nota come Pacchetto
igiene).
Il fascicolo deve essere depositato insieme
al modulo di richiesta presso la DDPP o la DDCSPP (Direction départementale de la cohésion sociale et de la protection des
populations).
Se la documentazione inviata risulta completa,
la Direction départementale de la
cohésion sociale et de la protection des populations dispone una ispezione
alla struttura per verificare la rispondenza delle condizioni di
installazione e l'attuazione del piano di controllo della salute.
Se la visita è soddisfacente viene accordata
una autorizzazione condizionata (agrément
conditionnel) per un periodo di tre mesi, periodo ritenuto necessario per
fornire gli elementi di verifica del buon funzionamento del piano di controllo
sanitario. Prima della scadenza dei tre mesi, una nuova visita ispettiva ha il
compito di stabilire se le condizioni sanitarie sono rispettate: in quel caso
l’autorizzazione è accordata. In caso contrario, l’autorizzazione sanitaria
condizionata è prorogata per un altro periodo di tre mesi. Comunque, la durata
dell’autorizzazione sanitaria condizionata non può superare i sei mesi.
Nei casi in cui non viene rinnovata
l’autorizzazione sanitaria condizionata o nei casi in cui non viene rilasciata
l’autorizzazione definitiva, i punti di non conformità sono notificati al
richiedente, che può presentare un’altra richiesta di autorizzazione. Infine,
l’autorizzazione può essere sospesa o ritirata in qualsiasi momento vengano a
mancare le condizioni igienico-sanitarie richieste o quando non venga
attualizzato il piano di autorizzazione
A partire dal 1° ottobre 2012, gli esercizi di ristorazione commerciale attivi nei settori della ristorazione tradizionale, della ristorazione rapida nonché le caffetterie devono comprendere nel loro personale di servizio un dipendente che abbia ricevuto una formazione adeguata in materia di igiene alimentare (Décret 2011-731 du 24 juin 2011 relatif à l'obligation de formation en matière d'hygiène alimentaire de certains établissements de restauration commerciale).
Per la formazione sono tre le opzioni possibili:
§ il dipendente deve essere formato da un organismo certificato a livello regionale;
§
il dipendente
deve essere in possesso di specifici titoli o di diplomi professionali, specificamente
elencati
(https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000025016360&categorieLien=id)
§ il dipendente deve disporre di una esperienza di tre anni in qualità di gestore o operatore.
Per rispondere alle esigenze di sicurezza
sanitaria, tutti coloro che immettono sul mercato prodotti di origine animale o
generi alimentari contenenti dei prodotti di origine animale devono richiedere
l’autorizzazione sanitaria presso i più vicini servizi competenti (Arrêté du 8
juin 2006 relatif à l'agrément sanitaire des établissements mettant sur le
marché des produits d'origine animale ou des denrées contenant des produits
d'origine animale).
Chi deve richiedere
l’autorizzazione
È soggetto a domanda di autorizzazione:
§ qualsiasi operatore che prepara, processa, manipola o conserva prodotti di origine animale o generi alimentari che li contengono e chi commercializza questi prodotti verso altri stabilimenti;
§ le navi frigorifero e navi officina, comprese le navi cucine crostacei e molluschi.
Non è oggetto di una domanda di autorizzazione, l’operatore che:
§ opera la consegna diretta al consumatore finale,
§ svolge determinate attività, previa deroga all’autorizzazione (vedi infra);
§ immette sul mercato il cosiddetto cibo "composito" contenente prodotti di origine vegetale e prodotti trasformati di origine animale.
Il promemoria NOTE DE SERVICE DGAL/SDSSA/N2012-8119 del 12 giugno 2012 e i relativi allegati chiariscono la portata dell'autorizzazione sanitaria.
Quando
Prima di iniziare l’attività.
Come
Il richiedente indirizza una richiesta di autorizzazione sanitaria agli uffici competenti più vicini al dipartimento in cui ha sede lo stabilimento o al luogo in cui è immatricolato la nave, utilizzando il formulario CERFA n. 13983.
Una richiesta di autorizzazione sanitaria equivale alla dichiarazione e rende inutile la redazione e l'invio del documento CERFA n. 13984, come specificato nella procedura "Fare una dichiarazione, nel caso di preparazione o la vendita di prodotti di origine animale".
Procedura
§ Formulaire CERFA
13983 de demande d’agrément pour un établissement mettant sur le marché des
produits d’origine animale ou des denrées contenant des produits d’origine
animale format pdf - 87.3 ko - 11/12/2013
§ Notice d’information du formulaire CERFA 13983
de demande d’agrément sanitaire format pdf - 104.2 ko -
16/09/2014
L'operatore invia richiesta utilizzando il modulo CERFA 13983.
Dal momento di ricevimento della domanda, l’amministrazione dispone di due mesi di tempo per far conoscere la sua decisione. L’assenza di risposta da parte dell’Amministrazione equivale al rigetto della domanda.
Per saperne di più
§ Consulter
l’article L 233-2 du Code rural et de la pêche maritime;
§ Règlement (CE)
n. 853/2004 du Parlement européen et du conseil du 29 avril 2004 modifié fixant
les règles spécifiques d’hygiène applicables aux denrées alimentaires d’origine
animale (notamment
son article 4);
§ Note de service
DGALSDSSA/N2006-8045 du 16 février 2006 relative à l’agrément;
§ Note de service
DGAL/SDSSA/N2012-8119 du 12 juin 2012 relative à la procédure d’agrément et
composition du dossier.
- Préambule - 07/03/2014
-
Dossier type
crémier-fromager-affineur - 07/03/2014
-
Annexes du
dossier type - 07/03/2014
-
Dossier type
agrement charcutier-traiteur
Per soddisfare i requisiti di sicurezza
alimentare, gli operatori che immettono sul mercato i prodotti di origine
animale o generi alimentari contenenti prodotti di origine animale devono prima
ottenere una autorizzazione sanitaria. Tuttavia, le imprese di vendita al
dettaglio possono beneficiare di una deroga per l'accreditamento. Per questo,
la quantità di beni trasferiti ad altre imprese di vendita al dettaglio deve
essere limitata, la distanza con gli stabilimenti di consegna non deve superare
gli 80 km (se non diversamente specificato) la richiesta di deroga deve essere
notificata alle autorità competenti Alcuni prodotti altamente deperibili sono
esclusi dall'esenzione, incluse le carni macinate.
Chi può utilizzare
la deroga
Qualsiasi operatore di una attività al dettaglio che fornisce alimenti di origine animale prodotti da altre imprese al minuto, se tale attività è marginale, localizzata e ristretta.
Per conoscere le
quantità che possono essere cedute usufruendo della deroga: vedi allegato 3 e 4 del decreto del 8
Giugno 2006.
Quando
Prima che sia iniziata l’attività di consegna ad altri punti vendita.
La dichiarazione deve essere rinnovata in caso di cambiamenti significativi della lista degli stabilimenti a cui si rivolge abitualmente l’attività di consegna e se varia la quantità dei prodotti consegnati.
Come
L'operatore invia un modulo di dichiarazione di deroga all'obbligo di autorizzazione sanitaria, specificando la natura e la quantità dei prodotti consegnati.
Dal momento di ricevimento della domanda, l’amministrazione dispone di due mesi di tempo per far conoscere la sua decisione. L’assenza di risposta da parte dell’Amministrazione equivale al rigetto della domanda.
Nel Regno Unito le informazioni necessarie per avviare un’attività nel settore degli alimenti possono essere reperite, in buona parte, dal sito della “Food standards agency” (http://www.food.gov.uk/business-industry/startingup) che è un dipartimento governativo indipendente. Tuttavia non esiste una procedura centralizzata, valida per tutto il territorio.
Occorre prendere contatto con le autorità locali per registrare l’attività e pianificarla. Più in particolare occorre effettuare la registrazione della sede, almeno 28 giorni prima della sua apertura, presso l’“environmental health service”.
Esiste un sistema on line per individuare l’autorità locale ed il servizio competente sulla base dell’ubicazione dell’attività.
La registrazione è necessaria per tutte le attività implicanti la gestione di cibo, anche la vendita di alimenti da portare al domicilio del cliente, e anche la vendita presso chioschi o strutture mobili.
Dal sito del Governo (https://www.gov.uk/food-premises-approval) possono essere tratte ulteriori informazioni. In particolare viene prevista la necessità di un’ispezione ed un’approvazione da parte del consiglio locale (local council) se l’attività ha per oggetto carne, pesce, uova o altri prodotti giornalieri, salve alcune eccezioni espressamente stabilite.
Non è invece richiesta ispezione e approvazione se il cibo riguarda meno del 25 per cento del commercio, se non si trattano o vendono carne o prodotti di selvaggina, se non si vende cibo al di fuori della contea in cui si è registrati.
Sul sito della Food standard agency è anche reperibile una guida che contiene una serie di regole e raccomandazioni valide per tutti gli esercizi che gestiscono alimenti, più in particolare per gli esercizi di ristorazione (ristoranti, pub o caffè).
Tra le informazioni fornite dalla guida si ricordano:
§ la necessità di rivolgersi all’autorità locale per la registrazione dell’attività almeno 28 giorni prima del suo inizio;
§ la necessità di una licenza se si vendono o servono alcolici, o cibo caldo e bevande tra le 11 di sera e le cinque di mattina, o si vende cibo in strada. La licenza è richiesta anche se si offrono divertimenti come cinema, teatro e musica dal vivo. Anche per queste licenze occorre contattare l’autorità locale;
§ la necessità di adottare opportune pratiche di igiene riguardanti sia gli alimenti che i locali dove si svolge l’attività ed il personale ad essi addetto. In particolare, per i locali, oltre alla necessità di un’adeguata ventilazione ed illuminazione, viene richiesto che le mura ed i pavimenti siano mantenuti in buone condizioni e siano facili da pulire e disinfettare. Periodiche ispezioni vengono svolte da parte di funzionari pubblici per verificare il rispetto delle regole di igiene. Il personale addetto a venire in contatto con il cibo, in qualsiasi modo o con qualsiasi attività, deve essere stato specificamente addestrato e formato per garantire l’igiene degli alimenti;
§ viene poi raccomandato di conservare traccia della provenienza degli alimenti oggetto dell’attività. È necessario il controllo e la conoscenza di tutti i soggetti che forniscono gli alimenti o i loro ingredienti. Ed è anche necessario che sia garantito un trasporto degli stessi con modalità che assicurino l’igiene e la corretta conservazione dei prodotti;
§ vengono anche fornite raccomandazioni circa l’opportuna cottura dei cibi. La cottura adeguata infatti, elimina batteri nocivi, e per certi tipi di carne viene vietata una cottura non completa (pollo, maiale, salsicce, hamburger) , consentita invece per altri tipi (come le bistecche). Inoltre la temperatura del cibo deve essere conservata ad un certo valore fino a due ore dalla sua preparazione. Dopo questo tempo tuttavia il cibo deve essere nuovamente riscaldato o conservato in frigorifero. Altre regole precise vengono fornite in ordine al congelamento dei cibi, considerato un altro mezzo per eliminare batteri nocivi o pericolosi;
§ infine, opportune cautele e regole igieniche devono essere osservate anche per la conservazione del cibo.
Ciò premesso va ricordato che la Food Standards Agency inglese, in partnership con le autorità locali, ha introdotto il sistema nazionale “Food Hygiene Rating Scheme”, in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord e il “Food Hygiene Information Scheme” in Scozia.
Si tratta di una specie di marchio di qualità utilizzato per tutti gli esercizi pubblici legati alla ristorazione, che serve a orientare i consumatori nella scelta del locale dove andare a mangiare o dove acquistare cibo. Il marchio è attribuito dalle autorità sanitarie sulla base di informazioni relative allo standard igienico rilevato in ristoranti, caffè, take-away, hotel e negozi di alimentari, compresi i supermercati.
Lo scopo dell’iniziativa è spronare i proprietari a migliorare gli standard igienici riducendo così l’incidenza delle tossinfezioni alimentari. In pratica, quando un ispettore sanitario visita il locale controlla se gli standard igienici corrispondono ai requisiti di legge, e in particolare:
§ come il cibo viene manipolato, preparato, cotto, riscaldato, refrigerato e conservato;
§ le condizioni del locale: pulizia, funzionalità, illuminazione, ventilazione, arredi, ecc.;
§ come sono gestite le procedure per garantire la sicurezza dei cibi;
All’esito di tale attività di controllo, l’ispettore dà un voto per l’igiene in base alla rispondenza ai requisiti di legge, da “5”, che equivale a un ottimo, a “0”, quando il posto necessita di “urgenti migliorie” (le votazioni intermedie sono: buono, sufficiente, da migliorare, da migliorare molto).
L’ispettore spiega anche quali sono gli interventi necessari come il locale può raggiungere lo standard più alto. Spetta poi all’autorità locale controllare che i cambiamenti vengano effettivamente realizzati.
La visita si conclude con il rilascio di certificati e vetrofanie con il voto che possono essere esposte sulle vetrine, all’ingresso o in posizione facilmente visibile dai clienti.
Per evitare fraintendimenti (e la possibile scelta di alcuni locali di non esporre vetrofanie con un giudizio negativo), tutti i risultati sono pubblicati online sul sito food.gov.uk/ratings: basta scrivere il nome del locale o della zona dove si intende cenare e si controlla lo standard igienico con facilità. Noi abbiamo provato digitando “London” e a sinistra potete vedere il risultato.
Dal novembre 2010, quando è partita l’iniziativa, a oggi sono stati inserite nell’elenco on line 140 mila “pagelle”, ma il progetto prevede che gradualmente ne faccia parte qualsiasi esercizio commerciale alimentare del Regno Unito.
Lo studio comparato è incentrato sull’esame dei principali procedimenti autorizzatori previsti per procedere ad interventi edilizi nei quattro Paesi analizzati (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna).
Nell’analisi si è tenuto conto del differente impianto normativo di ciascun Paese e dell’articolazione multilivello che caratterizza l’assetto istituzionale di alcuni Paesi (in particolare, la Germania e la Spagna), con specifico riferimento al regime dei titoli abilitativi.
In particolare, in Francia una nuova costruzione o qualsiasi intervento sugli immobili deve essere conforme alle regole contenute nel piano locale (plan local d’urbanisme), o in un altro documento di pianificazione (ad es. nel piano di occupazione dei suoli - POS, plan d’occupation des sols) o, in mancanza di indicazioni nei predetti documenti di pianificazione, nel regolamento nazionale urbanistico (règlement national d’urbanisme).
Il rilascio di un titolo abilitativo edilizio rappresenta, per il comune competente, la possibilità di verificare la conformità dei progetti con le predette regole. I principali titoli abilitativi edilizi sono riconducibili a quattro tipologie a seconda della tipologia di lavori da realizzare: dichiarazione preliminare (déclaration préalable de travaux); permesso di costruire (permis de construire); permesso di sviluppo (Permis d'aménager); permesso di demolizione (permis de démolir). In ogni caso, prima di iniziare qualsiasi tipo di intervento sugli immobili, è opportuno richiedere il rilascio di un certificato urbanistico (certificat d'urbanisme) al fine di verificare le norme e le tasse applicabili. La valutazione dei profili di carattere paesaggistico spetta al parere degli Architecte des Bâtiments de France (ABF), che appartengono agli architetti e urbanisti dello Stato (Architectes et Urbanistes de l’Etat), che viene reso su ogni autorizzazione edilizia (ad es. permesso di costruire).
Per quanto riguarda il
regime autorizzatorio degli interventi
di natura edilizia in Germania,
occorre considerare che, nell’ordinamento giuridico federale, la normativa
edilizia è di competenza dei Länder. Onde evitare una eccessiva
frammentarietà e diversità nella legislazione applicabile nei vari Länder,
lo Stato federale ha predisposto una sorta di disciplina-modello (c.d. Musterbauordnung - MBO),
invitando i Länder a basare su questa la propria legislazione. Nelle
normative in materia edilizia approvate dai Länder si evidenziano quindi
strutture e meccanismi comuni, anche se si rilevano alcune differenze. Il
modello di legge edilizia, la cui ultima versione è stata adottata dalla
Conferenza dei Ministri competenti (c.d. Bauministerkonferenz) il 21
settembre 2012, non è direttamente applicabile a livello regionale, tuttavia ha
permesso il raggiungimento di un certa uniformità per quanto attiene al regime
delle autorizzazioni in vigore nei Länder.
Un caso
particolare è rappresentato da Berlino (capitale della Repubblica federale
tedesca e allo stesso tempo anche uno dei 16 Länder) che, a partire
dalla riunificazione (ottobre 1990), continua a registrare una forte crescita
nel settore edilizio. È proprio in tale contesto che si inserisce la grande
riforma approvata dal Land di Berlino con l’obiettivo di limitare e
semplificare le disposizioni procedurali: il nuovo Regolamento edilizio di
Berlino costituisce
infatti il nucleo centrale della Legge di semplificazione della normativa
edilizia (Gesetz zur Vereinfachung des Berliner Baurechts) del 29
settembre 2005 ed è entrato in vigore il 1° febbraio 2006.
Nel Regno Unito il regime dei titoli abilitativi dipende dal tipo di intervento da realizzare. Ogni intervento di carattere edilizio configurabile come nuova costruzione ovvero modifica sostanziale di una costruzione esistente necessita di un permesso di pianificazione (planning permission), comparabile con il permesso di costruire italiano, la cui richiesta può essere inoltrata utilizzando un modulo unico disponibile su un portale dedicato (planning portal).
Gli interventi di minore impatto non necessitano del predetto permesso e, pertanto, sono configurabili come “interventi di sviluppo consentiti” (permitted development) anche se limitazioni a tali interventi possono derivare nel caso di edifici storici ovvero di edifici ubicati all’interno di aree di interesse storico o architettonico.
Al fine di verificare se l’intervento rientra tra quelli consentiti, è possibile presentare un’istanza volta al rilascio di un certificato di legalità (lawful development certificate).
Per gli edifici storici ovvero gli edifici e gli interventi in aree di interesse storico o architettonico sono necessari specifici permessi (Listed Building Consent e Conservation Area Consent).
Oltre al permesso di pianificazione è necessario inoltrare una richiesta al fine di garantire la conformità dell’intervento alle norme sulle costruzioni (building regulations). Per gli interventi edilizi di minore entità, è sufficiente presentare una denuncia di inizio lavori all’autorità locale (building notice), comparabile con la segnalazione certificazione di inizio attività (SCIA).
La disciplina in materia edilizia del Regno Unito non sembra prevedere un certificato di agibilità.
Pur esistendo una normativa nazionale sull’utilizzo
del suolo (Real Decreto Legislativo
2/2008), in Spagna spetta alle
Comunità autonome il compito di elaborare le politiche urbanistiche, avendo
ogni Comunità una propria normativa in materia. In tale contesto, si è scelto
di prendere ad esame in particolare la legge della Comunità di Madrid (Ley 9/2001), la quale prevede che siano
soggetti a licenza urbanistica (licencia
urbanística) tutti gli atti di uso del suolo, costruzione ed edificazione
per l’impianto e lo sviluppo di attività. L’intervento comunale deve essere,
tra l’altro, strettamente circoscritto alla verifica dell’integrità formale e
della sufficienza legale del progetto tecnico. La mancanza di risposta espressa
entro i termini ha effetti di approvazione.
Una nuova
costruzione o qualsiasi intervento sugli immobili in Francia deve essere
conforme alle regole contenute nel piano locale (plan local d’urbanisme), o in un altro documento di pianificazione
(ad es. nel piano di occupazione dei suoli - POS, plan d’occupation des sols) o, in mancanza di indicazioni nei
predetti documenti di pianificazione, nel regolamento nazionale urbanistico (règlement national d’urbanisme)[57].
Il rilascio di un
titolo abilitativo edilizio rappresenta, per il comune competente, la
possibilità di verificare la conformità dei progetti con le predette regole.
In Francia i
principali titoli abilitativi edilizi sono riconducibili alle seguenti quattro
tipologie:
1)
dichiarazione preliminare;
2)
permesso di costruire;
3)
permesso di sviluppo;
4)
permesso di demolizione.
In ogni caso,
prima di iniziare qualsiasi tipo di intervento sugli immobili, si raccomanda di
richiedere il rilascio di un certificato urbanistico al fine di verificare le
norme e le tasse applicabili.
Preliminarmente, si segnala che alcune fattispecie sono escluse dall’ambito di applicazione dei titoli abilitativi elencati in premessa.
A titolo esemplificativo, nessuna autorizzazione è richiesta:
§ per interventi inferiori ai 5 mq;
§ per la manutenzione e riparazione ordinaria;
§ per lo sviluppo di un solaio senza alterare l'aspetto esterno dell'edificio e senza ampliamenti.
Il certificato
urbanistico è un documento che si richiede al comune, il cui rilascio non è
obbligatorio, che è volto a precisare, tra l’altro, le norme urbanistiche
applicabili in un determinato luogo, ai fini della verifica della fattibilità
del progetto, e le tasse da pagare in relazione all’intervento.
Ci sono due
categorie di certificato urbanistico: il certificato
urbanistico semplice indicante la disciplina urbanistica applicabile, le
limitazioni amministrative al diritto di proprietà, e gli oneri previsti, e il
certificato urbanistico operativo, che specifica anche la fattibilità del
progetto e i servizi primari esistenti nella zona.
Il comune rilascia
entro un mese il certificato semplice ed entro due mesi il certificato operativo. Decorsi tali termini, scatta il silenzio
assenso.
I certificati
hanno una validità di 18 mesi a partire dalla data di rilascio del certificato
(tacito o espresso). Entro tale periodo è possibile richiedere le
autorizzazioni edilizie necessarie, in base alle disposizioni in vigore dalla
data di rilascio del certificato medesimo. Tale periodo è prorogabile per
ulteriori 12 mesi, purché non siano cambiate le regole urbanistiche, le servitù
e le tasse applicabili.
§
per il contenuto del certificato, si veda il Code de l'urbanisme: articoli da A410-1 a A410-5;
§
per la procedura, si veda il Code de l'urbanisme: articoli da R410-1 a R410-21;
§ per la durata del
certificato, si veda il Code de l'urbanisme: articolo L410-1;
§ per l’istruttoria della domanda si
veda la Legge n. 2000-321 del 12 aprile 2000 relativa alle
relazioni tra cittadini e amministrazioni (articolo 21).
La dichiarazione
preliminare (Déclaration préalable de travaux) è generalmente richiesta per la
realizzazione di opere minori quali lavori su una struttura già esistente (ad
esempio, la costruzione di un garage collegato a una casa) o in caso di
cambiamento di destinazione d’uso di un locale senza alterare la struttura
portante o la facciata dell’edificio. La dichiarazione è altresì richiesta per
talune tipologie di nuovi manufatti quali ad esempio la costruzione di una
struttura isolata in giardino.
La dichiarazione preliminare
è necessaria anche nel caso di modifiche dell’aspetto originale dell’edificio
(sostituzioni di finestre, apertura di una nuova finestra o nuovi colori della
facciata dell’edificio). La dichiarazione preliminare non è necessaria in caso
di ripristino dell’aspetto originale dell’edificio (pulizia della facciata),
tranne il caso in cui l’edifico ricada in una zona sottoposta a PLU o in caso
di vicinanza di un monumento storico o se la dichiarazione è richiesta
motivatamente dal comune.
Entro un mese a
partire dal deposito della domanda il comune rilascia o nega l’autorizzazione
richiesta. È previsto il silenzio assenso trascorso il periodo di un mese dal
deposito della domanda nel caso in cui il comune non si pronunci.
§ per verificare
quali nuove costruzioni necessitano di una dichiarazione preliminare si veda il
Code de l'urbanisme: articoli R421-9 à R421-12;
§ per verificare
quali tipologie di interventi necessitano di una dichiarazione preliminare si
veda il Code de l'urbanisme: articoli R*421-17 à R*421-17-1;
§ per verificare
quali lavori non necessitano di una dichiarazione preliminare si veda il Code de l'urbanisme: articolo R421-2;
§ per il contenuto
del dossier che accompagna la richiesta di dichiarazione preliminare si veda il
Code de l'urbanisme: articoli R431-35 à R431-37.
Il permesso di
costruire (Permis de construire) è
generalmente richiesto per tutti i lavori di grande importanza quali le nuove
costruzioni (indipendenti dagli edifici esistenti) o l’ampliamento di
costruzioni esistenti, ad eccezione di costruzioni che non richiedono alcuna
autorizzazione, come le piscine fino a 10 mq. o le strutture da giardino sotto
i 5 mq., e di quelle che sono oggetto di una dichiarazione preventiva.
Necessitano di permesso di costruire anche i cambi di destinazione d’uso, che
comportano modifiche alla struttura o alla facciata dell’edificio (ad es. nel
caso di trasformazione di un locale commerciale in un’abitazione o viceversa),
o i lavori riguardanti un edificio classificato come monumento storico o
situato in una zona tutelata.
Il ricorso ad un
architetto per realizzare il progetto di costruzione è obbligatorio quando la
superficie della futura costruzione supera i 170 mq.
Il permesso di
costruire deve essere rilasciato entro due mesi o tre mesi dal deposito della
domanda ed è previsto il silenzio assenso nel caso di assenza di pronuncia da
parte del comune; tuttavia, in maniera motivata, il comune può sospendere la
procedura di rilascio per un massimo di due anni, in particolare, quando è in
esame una modifica delle norme riguardanti il PLU (piano locale urbanistico).
I lavori devono
cominciare entro due anni al massimo.
§ per la disciplina
dell’obbligo di richiedere il permesso di costruire si veda il Code de l'urbanisme: articoli L421-1 à L424-9;
§ per la procedura
si veda il Code de l'urbanisme: articoli R423-1 à R423-23;
§ per l’istruttoria
delle domande si veda la legge n. 2000-321 del 12 aprile 2000 relativa alle
relazioni tra cittadini e amministrazioni: articolo 21.
Il permesso di
demolizione (Permis de démolir) viene
utilizzato per la demolizione totale o parziale di una costruzione sotto tutela
o situata in una zona protetta.
In particolare, il
permesso di demolizione è necessario quando la costruzione:
§
è sotto tutela (ad esempio, perché in area protetta
da un piano locale urbanistico, o in zona protetta, o si tratta di un edificio
registrato come storico);
§
o si trova in un comune che ha previsto il permesso
di demolizione. Infatti, il permesso di demolizione non è obbligatorio in tutta
la Francia.
Il permesso viene
rilasciato entro 2 mesi dalla domanda ed è previsto il silenzio assenso in
assenza di risposta da parte dell’amministrazione.
§ per verificare
quali lavori necessitano di un permesso di demolizione si veda il Code de l'urbanisme: articoli R421-26 à R421-29;
§ per l’istruttoria
delle domande si veda la legge n. 2000-321 del 12 aprile 2000 relativa alle
relazioni tra cittadini e amministrazioni: articolo 21.
Tale permesso (Permis d'aménager) è generalmente
richiesto per opere specifiche, come scavi o sopraelevazioni di terreni,
costruzioni di campeggi, parchi divertimento, e altre opere di lottizzazione.
La delibera del comune
viene adottata entro 3 mesi dalla domanda di permesso. È previsto il
silenzio-assenso.
§ per verificare
quali lavori necessitano di un permesso di sviluppo si veda il Code de l'urbanisme: articoli R421-19 à R421-22;
§ per la disciplina
del termine per istruire un permesso di sviluppo si veda il Code de l'urbanisme: articoli R423-17 à R423-23;
§ per l’istruttoria
delle domande si veda la legge n. 2000-321 del 12 aprile 2000 relativa alle
relazioni tra cittadini e amministrazioni: articolo 21;
http://vosdroits.service-public.fr/particuliers/F17665.xhtml#N1008E.
Nell’ambito del
controllo delle aree protette e del paesaggio, gli Architecte des Bâtiments de France (ABF), che appartengono agli
architetti e urbanisti dello Stato (Architectes
et Urbanistes de l’Etat), forniscono un parere su ogni autorizzazione
edilizia (permesso di costruire, permesso di demolire, installazione di linee
elettriche, ecc.). Il parere, talvolta corredato di prescrizioni, è inviato
all’autorità competente (più frequentemente, il sindaco), che è competente a
rilasciare l’autorizzazione. A seconda della tipologia di lavori, si tratta di
un parere semplice (avis «simple») o
conforme (avis «conforme»):
§
parere semplice: l’autorità competente non è legata al parere
dell’ABF;
§
parere conforme: l’autorità, che rilascia l’autorizzazione, è
legata al parere dell’ABF, ma può opporsi attraverso un ricorso al prefetto
dopo la consultazione della commissione regionale del patrimonio e dei siti
(CRPS). Il ricorso sarà presentato solo nel caso in cui non si addivenga a un
accordo.
http://patrimoine-environnement.fr/larchitecte-des-batiments-de-france/
Il permesso di
costruzione (Baugenehmigung) o la concessione edilizia (Baubewilligung)
rappresentano un elemento centrale della legislazione edilizia. Nella procedura
di autorizzazione viene verificato il rispetto di determinate disposizioni di
diritto pubblico: si tratta però soltanto di un attestato di sicurezza e non
pericolosità. Il rispetto di ulteriori regole è affidato alla cura responsabile
del costruttore. Per la normativa di dettaglio occorre fare riferimento ai
diversi regolamenti adottati dai Länder (c.d. Landesbauordnungen).
La realizzazione,
la modifica nonché il cambiamento di destinazione d’uso di ogni opera edilizia,
intesa come realizzazione di opere connesse con il suolo e realizzate con
materiali edili, necessita in linea di principio di autorizzazione per mezzo di
permesso di costruire, ad eccezione dei casi in cui i progetti non siano
soggetti ad autorizzazione (genehmigungsfrei) o siano stati esentati (genehmigungsfreigestellt)[58].
Sono escluse
dall'ambito di applicabilità delle normative edilizie determinate tipologie di
opere soggette a procedure autorizzative previste da leggi speciali, ad esempio
in materia di reti di distribuzione per l'elettricità, gas e acqua nonché opere
idrauliche relative ad acque superficiali.
Determinate
costruzioni tassativamente elencate nel § 61 del Musterbauordnung, la
c.d. disciplina modello predisposta a livello federale, sono esenti da
autorizzazione. A tale categoria
appartengono, ad esempio, determinati tipi di edifici di un solo piano e con
una superficie lorda inferiore a 10 m², garage con altezza media inferiore a 3
m e superficie inferiore a 30 m², verande con profondità inferiore a 3 m nonché
alcune tipologie di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte
rinnovabile (impianti fotovoltaici su edifici che non ne modificano la sagoma,
impianti eolici con altezza massima 10 m e superficie coperta da pale inferiore
a 3 m). Negli ultimi anni, le fattispecie di progetti esenti da
autorizzazione sono aumentate molto nei singoli Länder, seppure con
sostanziali differenze da Land a Land.
Sono inoltre
esenti da autorizzazione (§ 62 Musterbauordnung) i progetti soggetti a
mera e preventiva segnalazione. Si
tratta in pratica di edifici ad uso
residenziale o altre opere realizzate in conformità al piano regolatore,
a condizione che l’urbanizzazione sia garantita e che il Comune non dichiari
entro il termine di 30 giorni che si debba procedere con una procedura
autorizzativa semplificata. A tale procedura, limitata alla verifica della
compatibilità del progetto alle previsioni urbanistiche, sono infatti
assoggettate le opere edilizie di cui al § 63 del Musterbauordnung. La
fattispecie riguarda in particolare (ma non solo) edifici con destinazione
residenziale, altre costruzioni nonché opere accessorie.
Il modulo di
domanda di costruzione (Bauantragsformular), debitamente compilato e in
triplice copia, va presentato al Comune nel cui territorio è ubicato il terreno
edificabile. Il Regolamento sui progetti di costruzione (Bauvorlagenverordnung),
adottato dai rispettivi Länder, stabilisce quali siano i documenti
necessari (descrizione della costruzione, planimetria, disegni, ecc.) da
allegare alla domanda. Nella descrizione, in particolare, devono essere
spiegati il progetto e il suo utilizzo. La domanda deve essere sottoscritta dal
richiedente e da un progettista abilitato (architetto o ingegnere; per progetti
edilizi di piccole dimensioni, in particolare per case mono o bifamiliari,
anche da un capomastro e da un tecnico specializzato). Qualora sia necessario un
certificato di stabilità (Bescheinigung Standsicherheit) o di protezione
antincendio (Bescheinigung Brandschutz), questi devono essere
sottoscritti da periti incaricati dal costruttore.
I comuni
associati inoltrano la domanda di costruzione all’ufficio distrettuale (Landratsamt)
che, in veste di autorità di controllo edilizio (Bauaufsichtsbehörde),
dopo le opportune verifiche, decide sulla concessione del permesso di
costruzione. Le città extraprovinciali, le grandi città provinciali e
determinati grandi comuni sono anche autorità di controllo e, pertanto,
decidono autonomamente sulla concessione della licenza edilizia.
Il certificato di
stabilità e il certificato di protezione antincendio devono essere presentati
all’autorità di controllo competente (Bauaufsichtsbehörde) con la
denuncia di inizio dei lavori (Baubeginnsanzeige) e, inoltre, devono
essere esposti dall’inizio in poi sul cantiere, di cui è responsabile il
costruttore.
Nella tabella che
segue sono indicati i documenti
necessari per la presentazione della domanda di costruzione.
Estratto
catastale |
Planimetria (a
meno che non si tratti di modifiche strutturali che lascino immutati le
pareti esterne, i tetti e l’utilizzo) |
Disegni |
Descrizione |
Certificato di
stabilità |
Attestato
protezione antincendio |
Dopo la
concessione del permesso di costruire vanno presentati all’autorità di
controllo competente le seguenti denunce
e moduli:
§
Denuncia di inizio lavori (Baubeginnsanzeige) o di ripresa dei lavori dopo un’interruzione di
oltre sei mesi: va comunicata almeno una settimana prima. A seconda del
progetto devono essere allegati altri documenti come il certificato di
stabilità, l’attestato di protezione antincendio o la determinazione dei
responsabili dell’esecuzione dei lavori;
§
Denuncia della destinazione d’uso (Anzeige der
Nutzungsaufnahme): almeno due
settimane prima dell’inizio dei lavori;
§
Formulari ad uso statistico.
Il permesso di
costruire scade se entro quattro anni dal rilascio dell’autorizzazione non si
avvia l’esecuzione del progetto o i lavori si interrompano per quattro anni. Il
termine può essere prolungato di due anni, purché la richiesta di proroga
giunga all’autorità di controllo competente prima della scadenza del permesso.
|
Procedura |
Tempi |
Costi |
1) |
Ottenimento del permesso di costruzione (Baugenehmigung): la domanda, con
il relativo progetto e la documentazione allegata, va presentata all’Autorità
competente per l’edilizia (Bauaufsichtsbehörde) in formato elettronico. Procedura di autorizzazione ordinaria: Ricevuta la domanda, l’Autorità deve
notificare al richiedente entro 14
giorni se la sua domanda è completa o se sono necessari altri documenti o
progetti (§ 70, commi 1 e 2 del Regolamento di Berlino sull’edilizia, Bauordnung Berlin
- BauO Bln).
Qualora il richiedente non ottemperi alle richieste di modifica della
domanda, questa si considera abbandonata. Se la richiesta è invece completa,
l’Autorità competente contatterà gli altri uffici interessati (ad esempio il
dipartimento per la protezione antincendio), che se entro un mese non prendono una decisione,
si ritiene abbiano acconsentito al permesso (c.d. silenzio-assenso). Dopo aver ricevuto il consenso degli altri
uffici, l’Autorità competente ha nuovamente un mese di tempo per decidere in merito alla concessione della
licenza edilizia. Procedura di autorizzazione semplificata (vereinfachtes Baugenehmigungsverfahren): Prevista dal § 64 del Regolamento di
Berlino sull’edilizia (Bauordnung Berlin - BauO Bln) per gli edifici
che richiedono un semplice permesso di costruzione: la domanda è ritenuta
completa e sufficiente, a meno che l’Autorità competente non notifichi al
richiedente una risposta negativa
entro tre settimane; dopo un silenzio di quattro settimane da
parte dell’Autorità, la richiesta è considerata accolta e i lavori di
costruzione possono iniziare. È fatto obbligo all’architetto o all’ingegnere
responsabile di supervisionare che il progetto di costruzione sia conforme
alla legislazione applicabile. |
25
giorni |
6.107 |
2) |
Richiesta del certificato di stabilità. L’Autorità competente per l’edilizia nomina
un ingegnere indipendente
responsabile di verificare i calcoli relativi alla stabilità dell’edificio da
costruire (c.d. Prüfingenieur). Il certificato di stabilità,
rilasciato dal perito, deve essere disponibile per l’inizio dei lavori di
costruzione. |
21
giorni |
3.150 |
3) |
Ispezione per la sicurezza antincendio. Prima di completare lo scheletro
dell’edificio, il costruttore deve fornire all’Autorità competente un certificato che attesti la conformità
dell’impianto di riscaldamento e dei gas di scarico. Tale certificato,
menzionato nel § 81 BauO Bln, è rilasciato da tecnici specializzati (Bezirksschornsteinfegermeister)
dopo un sopralluogo della durata
di circa un’ora (massimo un giorno), fissato con una o due settimane di
anticipo. |
1
giorno |
31
(all’ora) |
4) |
Ispezione dello scheletro dell’edificio. La notifica deve essere fatta due settimane
prima di completare lo scheletro dell’edificio. L’Autorità competente per
l’edilizia può decidere o meno se procedere all’ispezione. Due settimane dopo
la notifica, il costruttore può iniziare con la costruzione degli interni. |
1
giorno |
2.600 |
5) |
Ispezione successiva al completamento
dell’edificio (förmliche Bauabnahme). La notifica deve essere fatta due settimane
prima di completare la costruzione. L’Autorità competente per l’edilizia può
decidere o meno se procedere all’ispezione. Due settimane dopo la notifica,
l’edificio è pronto per essere utilizzato. |
1
giorno |
0 |
6) |
Richiesta di allaccio idrico |
1
giorno |
7.500 |
7) |
Ispezione della società idrica (Berliner
Wassebetriebe) |
1
giorno |
0 |
8) |
Allaccio alla rete idrica |
45
giorni |
0 |
La disciplina
tedesca dell’urbanistica commerciale è integrata nell’ambito dell’urbanistica
generale[60]. Regole specifiche sono adottate per superfici
commerciali con estensione superiore a 800 mq, soglia di fatto stabilita dalla
giurisprudenza amministrativa. La regolamentazione delle strutture con
superficie maggiore di 1500 mq è di competenza dei Länder e, secondo i
principi legislativi, le grandi superfici commerciali possono istallarsi solo
nel centro-città o in zone specificamente designate allo scopo. L’obiettivo è
infatti quello di evitare che centri commerciali o grandi strutture di vendita
eventualmente situate in periferia minaccino la sopravvivenza di quelli
collocati nel centro-città. Parimenti, l’ampliamento di una struttura già
esistente può non essere autorizzato qualora possa mettere in pericolo
l’attività svolta dagli esercizi di vicinato. Nell’ottica del legislatore
tedesco lo sviluppo delle città deve seguire un modello integrato di
pianificazione, che non porti alla creazione di aree esclusivamente commerciali
e di quartieri solo residenziali, ma che riesca a bilanciare tutte le attività
del tessuto cittadino.
Il codice tedesco
dell’edilizia (Baugesetzbuch
- BauGB), in effetti, non prevede alcun tipo di
limitazione allo stabilimento di esercizi di vicinato, che sono quindi
autorizzabili ovunque lo consenta la pianificazione territoriale. Il
Regolamento sull’uso a fini edili (Baunutzungsverordnung - BauNVO),
che stabilisce i vari tipi di aree che i comuni possono definire, prevede che
gli esercizi di vicinato siano ammissibili in tutte le aree destinate a scopo
residenziale (Wohngebiete) o almeno generalmente definite. Per le grandi
strutture e i centri commerciali è invece necessaria l’individuazione di una
determinata area (Kerngebiet) da parte del comune che, in base alla
definizione contenuta nel § 7, comma 1 BauNVO, può essere localizzata soltanto in aree urbane
centrali o densamente popolate, con un’alta concentrazione di servizi. Inoltre,
secondo il §
2, comma 2 BauGB, nell’atto di
redigere le proprie pianificazioni, sono obbligati a rispettare gli interessi
dei comuni limitrofi, specialmente per quanto riguarda la reciproca tutela dei
rispettivi commerci di vicinato. In sintesi, lo stabilimento di grandi
strutture di vendita di prodotti di largo consumo o di consumo regolare è
ammissibile solo se la struttura si situi in una zona commerciale centrale e
non comprometta il buon funzionamento delle zone commerciali centrali, site nel
territorio del comune o di comuni vicini, né il commercio di vicinato dei loro
bacini d’utenza. Quest’ultima condizione è soddisfatta quando l’ammontare di
profitti stimati è inferiore, in tutto o in parte, al potere d’acquisto degli
abitanti della regione.
I progetti che
prevedano l’istallazione di strutture commercializzanti altri tipologie di
prodotti al di fuori delle zone commerciali centrali sono invece ammissibili se
il sito proposto è situato in una c.d. “area speciale” (Sondergebiet):
in questo caso il volume della merce di tipologia di “largo consumo” o
“commercio di vicinato” non può oltrepassare la quota del 10% della superficie
di vendita, con un tetto fissato a 2.500 mq. Analogamente a quanto già detto in
precedenza, tale struttura non deve nuocere al buon funzionamento delle zone
commerciali centrali, né al commercio di vicinato sito nel rispettivo bacino
d’utenza.
In virtù del Town & Country Planning Act 1990, ogni intervento di “sviluppo” di carattere edilizio/urbanistico necessita di un “permesso di pianificazione” (planning permission). Tali interventi di “sviluppo” sono definiti normativamente (articolo 55 del citato TCPA 1990) come la realizzazione e/o progettazione di una costruzione, l'estrazione mineraria o altre operazioni sopra o sotto il suolo, nonché la realizzazione di qualsiasi modifica sostanziale dell'utilizzo di una costruzione o di un terreno.
L’autorità di pianificazione locale (local planning authority – LPA) – normalmente il consiglio distrettuale o comunale – è competente a decidere se l’intervento è autorizzato.
Alcuni tipi di operazioni, come la manutenzione ordinaria di un edificio esistente, sono quindi specificamente escluse dal novero degli interventi di sviluppo. Per le categorie di “sviluppo minore o insignificante” specificate dalla legge non è quindi necessaria alcuna domanda di licenza edilizia. Queste categorie sono indicate come “interventi di sviluppo consentiti” (permitted development).
Rientrano nella categoria degli interventi consentiti, tra gli altri, i piccoli ampliamenti, portici e piccoli annessi (a seconda della dimensione e della posizione); pavimentazione; installazione di apparecchiature di micro-generazione; interventi di isolamento termico. Nel caso delle imprese e dei servizi esistono specifici “interventi di sviluppo consentiti”.
Per sapere se l’intervento programmato rientra tra gli “interventi di sviluppo consentiti” è possibile presentare una apposita istanza al Consiglio distrettuale, che rilascia un “certificato di legalità” (lawful development certificate).
Oltre ad eventuali limiti specifici (p.es. relativi alla dimensione e alla posizione) esistono delle limitazioni di carattere generale agli “interventi di sviluppo consentiti”. Tali limitazioni operano qualora:
§ l’intervento rientri in una zona interessata da una “direttiva ex articolo 4”, cioè da una direttiva emanata per tutelare zone di riconosciuta importanza, solitamente le aree di conservazione;
§ esista una condizione imposta in un precedente “permesso di pianificazione”;
§ l’immobile è un edificio di carattere storico (in questo caso è richiesta una autorizzazione specifica separata);
§ l’immobile rientra all'interno di un'area designata: area di conservazione; parco nazionale; area di straordinaria bellezza naturale; ecc.
Al di fuori degli interventi consentiti è quindi necessaria una domanda di licenza edilizia (“permesso di pianificazione”), che deve essere presentata all'autorità di pianificazione locale (LPA), generalmente coincidente con il Consiglio distrettuale.
Alcuni esempi comuni in cui è necessario chiedere il “permesso di pianificazione” sono i seguenti:
§ ampliamento di un appartamento, tramite p.es. balconi o verande;
§ suddivisione della casa in due unità distinte;
§ costruzione di una unità abitativa indipendente nel giardino;
§ intervento costruttivo non conforme ai termini della licenza edilizia originale.
Quando è necessaria la richiesta di un “permesso di pianificazione”, il cittadino può utilizzare, per inoltrarla, i moduli e le procedure messe a disposizione nel sito www.planningportal.gov.uk/ (trattasi quindi di modulo unico nazionale).
Sulla richiesta presentata, l'autorità di pianificazione locale deve pronunciarsi entro il termine di 13 settimane per gli interventi di sviluppo più rilevanti e 8 settimane per tutti gli altri interventi, a meno che la domanda non sia soggetta ad una valutazione di impatto ambientale, nel qual caso si applica un limite di 16 settimane.
Sul portale del governo britannico viene però affermato che nessun iter dovrebbe impiegare più di un anno con i decisori, tra cui un eventuale ricorso. In pratica questo significa che le domande dovrebbero essere decise in non più di 26 settimane, consentendo un periodo analogo per un eventuale ricorso. Questa “garanzia di pianificazione” (planning guarantee, così viene chiamata) non sostituisce i termini di legge per la decisione relativa alle domande.
Se l’autorità incaricata della decisione ha bisogno di più tempo può sottoscrivere un accordo con il richiedente. Se invece non ottempera sono previsti interventi sostitutivi (non sembrano invece contemplate ipotesi di silenzio-assenso).
Oltre al “permesso di pianificazione”, la normativa del Regno Unito prescrive procedure atte a garantire la conformità dell’intervento alle norme sulle costruzioni contenute in The Building Regulations 2010.
Anche in questo caso la domanda deve essere inoltrata all’autorità locale (la normativa prevede altresì la possibilità alternativa di rivolgersi a soggetti privati denominati approved inspector).
Questa può consistere nel progetto completo che viene depositato presso l’autorità, la quale si pronuncia entro 8 settimane dal termine finale dei lavori. A differenza del “permesso di pianificazione”, il lavoro può iniziare prima che sia stata rilasciata l'omologazione.
In alternativa, per gli interventi edilizi di minore entità, è sufficiente presentare una denuncia di inizio lavori all’autorità locale almeno 2 giorni prima dell'inizio del lavoro (building notice), che è assimilabile alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Le varie fasi del lavoro verranno poi controllate dalla medesima autorità.
Tali procedure possono essere evitate nei casi esentati dalla normativa sulle costruzioni oppure qualora si affidi la progettazione e realizzazione dell’intervento (quale ad esempio l’installazione di finestre o caldaie) ad un tecnico qualificato e registrato in un Competent Person Scheme[61].
La disciplina in materia edilizia del Regno Unito non sembra prevedere un certificato corrispondente.
Taluni edifici, che presentano
uno speciale interesse di natura storica o architettonica quali case, palazzi,
castelli e hanno una destinazione abitativa, sono individuati in appositi
elenchi (listed building). Tali
edifici possono essere considerati singolarmente o nella loro complessità
(unitamente ad esempio a parchi, giardini) nelle cd. conservation areas.
Gli interventi in tali edifici e aree necessitano di permessi ad hoc, che sono stati disciplinati nel Planning (Listed Buildings and Conservation Areas) Act 1990, che ha subito nel tempo una serie di modifiche normative.
Si tratta in particolare:
§ del Listed Building Consent, strumento atto a tutelare gli immobili giudicati di importanza nazionale in termini di interesse architettonico o storico che figurano in un apposito registro;
§ del Conservation area consent, richiesto nei casi di interventi e lavori che interessano gli edifici (non inclusi nell’elenco dei listed buildings) situati all'interno di aree di interesse architettonico o storico
Eventuali interventi realizzati in assenza dei predetti permessi configurano un reato.
Nelle pagine del portale del governo britannico viene sottolineato che se il permesso è respinto, oppure se l’autorità locale competente pone delle condizioni oppure non si pronuncia entro 8 settimane, allora il proponente può proporre appello al First Secretary of State (titolo onirifico che viene dato ad uno dei membri del Governo).
Si veda al riguardo:
e
http://www.planningportal.gov.uk/permission/responsibilities/beforeyoustart/otherpermissions/listed
L’articolo 13 del Planning (Listed Buildings and Conservation Areas) Act 1990 impone all’autorità locale intenzionata a concedere il permesso di inviare una notifica al Ministro, dando indicazioni relative ai lavori per i quali è necessario il consenso. Il Ministro può, entro il termine di 28 giorni dalla data della notifica, avocare a sé il procedimento oppure comunicare all’autorità locale che necessita di ulteriore tempo per valutare la richiesta. Se il Ministro non si pronuncia l’autorità locale può concedere l’autorizzazione (silenzio-assenso).
La normativa spagnola sul diritto
all’edificazione e sull’utilizzo del suolo è costituita dalla ley del suelo, la prima delle quali è
del 1956; nel 2007 fu approvata la Ley
8/2007, de 28 de mayo, de suelo, confluita l’anno successivo nel Real Decreto Legislativo 2/2008, de 20 de junio, por el que se aprueba el
texto refundido de la ley de suelo.
La nuova normativa ha mirato a garantire
l’uguaglianza nell’esercizio dei diritti relativi al territorio ed a fissare i
principi economici ed ambientali, che ne regolano il regime giuridico.
Le politiche pubbliche relative alla
regolamentazione, all’occupazione, alla trasformazione e all’utilizzo del
territorio devono tener conto dell’interesse generale e devono ispirarsi al
principio dello sviluppo sostenibile. Più in particolare le politiche in
materia di territorio devono incentivare l’utilizzo razionale delle risorse
naturali, conciliando obiettivi economici, occupazionali e ambientali.
Il diritto di iniziativa privata è
disciplinato dalla legislazione specifica in materia urbanistica, tuttavia gli
interventi legislativi devono garantire la pubblicità delle procedure di
autorizzazione e la scelta di criteri di aggiudicazione che consentano
un’adeguata partecipazione della cittadinanza al plusvalore derivante dalle
opere realizzate.
Le amministrazioni pubbliche devono
assicurare standard minimi di trasparenza e di partecipazione effettiva dei
cittadini alle procedure di approvazione degli strumenti di ordinamento del
territorio e di urbanizzazione. In particolare, i piani ed i contratti sono
portati a conoscenza dei cittadini prima dell’approvazione, i comuni mettono a
disposizione in formato telematico i piani vigenti e ne tengono copie disponibili
per i cittadini, l’approvazione degli strumenti di programmazione e di
ordinamento del territorio previsti dalla legislazione urbanistica devono
essere obbligatoriamente approvati dalle assemblee municipali in seduta
plenaria.
Si ricorda peraltro che secondo
l’interpretazione del Tribunale costituzionale spetta alle Comunità autonome il
compito di elaborare le politiche urbanistiche (sentenza
61/1997 del Tribunale Costituzionale).
In materia ogni Comunità autonoma ha una
propria normativa, ad esempio:
§
l’Andalusia
ha approvato la Ley 7/2002, de 17 de diciembre, de Ordenación
Urbanística de Andalucía;
§
la
Catalogna ha approvato il Decreto Legislativo 1/2010, de 3 de agosto, por el que se aprueba el
Texto refundido de la Ley de urbanismo;
§
la
Comunità di Madrid ha approvato la Ley 9/2001, de 17 de julio, del Suelo de la Comunidad
de Madrid.
Di seguito, si procede con l’esame della
normativa in vigore nella Comunità di Madrid.
La legge della Comunità di Madrid prevede
che siano soggetti a licenza urbanistica
(licencia urbanística) tutti gli
atti di uso del suolo, costruzione ed edificazione per l’impianto e lo sviluppo
di attività (art. 151), indicando in particolare alcuni, tra cui:
§
le
opere di edificazione, così come quelle di costruzione e stabilimento di
installazioni di ogni genere;
§
le
opere di ampliamento, ristrutturazione, modifica o restauro di edifici,
costruzioni e installazioni esistenti, qualunque siano finalità e destinazione;
§
le
demolizioni di costruzioni ed edifici, salvo i casi in cui vi sia un pericolo
di crollo imminente;
§
primo
utilizzo e occupazione di edifici e impianti in generale;
§
il
cambio d’uso totale o parziale di costruzioni, edifici, impianti.
Risulta necessaria la licenza anche per
operazioni minori, quali l’apertura di camini, le installazioni di serre, la
collocazione di cartelli visibili dalla via pubblica ecc.
Sono soggetti a licenza urbanistica gli atti
di uso del suolo, costruzione ed edificazione che realizzano i privati in
terreni del demanio pubblico, senza pregiudizio delle autorizzazioni o
concessioni che debba ottenere l’ente titolare del demanio.
Non sono soggetti a licenza urbanistica le
opere di urbanizzazione previste nei relativi progetti debitamente approvati o
altri che siano oggetto di ordini di esecuzione.
Quando gli atti di uso del suolo,
costruzione ed edificazione sono promossi dai comuni nel proprio territorio, l’accordo municipale che l’autorizza od
approva è soggetto ai medesimi requisiti e produce gli stessi effetti della
licenza urbanistica.
L’intervento comunale, ai sensi dell’art.
152 della legge 9/2001 della Comunità di Madrid, deve seguire alcune regole:
§
deve
essere strettamente circoscritto alla verifica dell’integrità formale e della
sufficienza legale del progetto tecnico in base al quale devono essere eseguiti
i lavori, così come dell’abilitazione legale dell’autore o degli autori del
progetto e della conformità del progetto all’ordinamento urbanistico;
§
quando
nel procedimento di concessione della licenza sia necessario richiedere
relazioni di diversi dipartimenti del comune o di altri organismi pubblici,
questi devono essere richiesti con un solo atto e una sola volta;
§
la
mancanza di risposta espressa e di notificazione entro i termini ha effetti di
approvazione, salvo eccezioni espressamente previste;
§
si
realizza senza pregiudizio del diritto di proprietà sul bene immobile
interessato e dei diritti dei terzi.
Quando si tratta di nuovi lavori o di
ampliamento, modificazione o restauro di costruzioni o edifici già esistenti,
di carattere provvisorio o permanente, con o senza previa demolizione, che non richiedono un progetto di lavori di edificazione (proyecto de obras de edificación), la richiesta di licenza comporta
automaticamente, una volta trascorsi due mesi senza esito, l’ottenimento della
licenza urbanistica provvisoria a condizione della supervisione e del controllo
dei lavori da parte dei servizi tecnici comunali, della responsabilità solidale
del richiedente, del costruttore, del tecnico o dei tecnici direttori dei
lavori, del rispetto della conformità dei lavori con l’ordinamento urbanistico
(art. 153). A tale fine, la richiesta deve essere accompagnata da:
§
progetto
tecnico legalmente esigibile;
§
dichiarazione
del tecnico o dei tecnici che attestino la conformità del progetto
dall’ordinamento urbanistico;
§
copia
delle altre autorizzazioni o concessioni amministrative eventualmente richieste
al richiedente;
§
dichiarazione
in merito alla collocazione nel luogo dei lavori di cartelli con la richiesta
della licenza e le caratteristiche dei lavori per cui si chiede la licenza;
§
dichiarazione
di impatto ambientale (declaración de
impacto ambiental), se necessaria.
Durante l’esecuzione dei lavori devono
essere sanate le obiezioni legali formulate per iscritto dai servizi municipali
come conseguenza delle ispezioni effettuate.
Comunicata al comune la certificazione
finale dei lavori, i servizi municipali effettuano un’ispezione finale, entro
un mese dalla comunicazione, con dichiarazione di conformità o meno dei lavori
effettuati e dell’uso di destinazione. La dichiarazione di conformità è
sufficiente per l’ottenimento dal comune della licenza urbanistica definitiva,
inclusiva di quella di prima occupazione.
Il termine per la decisione sulla licenza è
di un mese dal rapporto di ispezione di conformità, tale termine si interrompe
nel caso in cui sia necessario produrre la qualificazione ambientale, tale
interruzione non può comunque superare i tre mesi.
Per i nuovi lavori o in caso di ampliamento,
modifica o restauro di edifici esistenti, di carattere provvisorio o
permanente, con o senza demolizione di questi, per i quali è necessario il progetto di lavori di edificazione
(art. 154), si può cominciare l’esecuzione dei lavori solo previa licenza
urbanistica, richiesta allegando i seguenti documenti:
§
progetto
tecnico di lavori di edificazione redatto da tecnico competente;
§
dichiarazione
del tecnico o dei tecnici autori relativa alla conformità all’ordinamento
urbanistico;
§
copia
di altre autorizzazioni o eventuali concessioni amministrative quando siano
legalmente esigibili o dimostrazione di aver effettuato la relativa richiesta;
§
dichiarazione
in merito alla collocazione nei luoghi dei lavori di avvisi con la richiesta di
licenza e le caratteristiche dei lavori;
§
restante
documentazione tecnica esigibile in conformità alla legislazione generale in
materia;
§
se i
nuovi lavori consistono nella costruzione di abitazioni popolari, si aggiunge
la richiesta all’organo competente della Comunità di Madrid della
qualificazione provvisoria delle abitazioni;
dichiarazione di impatto ambientale, se
necessaria.
Quando i lavori presentano una sufficiente
complessità, può convenirsi un programma di autorizzazioni per parti autonome
dei lavori, fino all’ottenimento della licenza definitiva. Le autorizzazioni
parziali legittimano l’esecuzione dei relativi lavori.
Il comune può effettuare una sola richiesta
di sanatoria delle carenze e chiedere eventuali cambiamenti, che deve essere
notificata entro il mese successivo alla presentazione della richiesta di
licenza. Trascorsi tre mesi dalla presentazione della richiesta senza
notificazioni in merito, o un mese dalla risposta alla richiesta di sanatoria,
si intende rilasciata la licenza per silenzio assenso (silencio positivo).
Quando si tratta di atti di implementazione di usi o di modifica di quelli stabiliti
per lo sviluppo di attività in terreni, edifici, costruzioni o installazioni o
parte degli stessi, senza esecuzione di lavori (art. 155), la richiesta della
licenza deve essere accompagnata dai seguenti documenti:
§
documentazione
tecnica esigibile;
§
previa
consultazione del comune sulla legittimità dell’uso o degli usi;
§
copia
delle altre autorizzazioni o eventuali concessioni amministrative, quando
richieste o eventuale documentazione di presentazione delle relative richiese;
dichiarazione di impatto ambientale, quando
necessario.
La semplice presentazione della richiesta,
con i documenti richiesti, comporta automaticamente l’autorizzazione
provvisoria per l’impianto e lo sviluppo dell’uso richiesto.
Il comune deve decidere sulla richiesta
entro un mese dalla presentazione, tale termine si sospende, al massimo per tre
mesi, se occorre presentare la qualificazione ambientale. Il termine massimo
può essere interrotto una sola volta in caso di richiesta di sanatoria per
carenze o completamento della richiesta. L’assenza di notificazione entro il
termine comporta la concessione della licenza.
Gli usi sono comunque soggetti a ispezione
municipale, potendo i servizi tecnici formulare per iscritto obiezioni in
merito a legalità, sicurezza o salubrità.
Per gli altri casi, si seguono le regole di
cui all’art. 156. Per legittimare l’esecuzione è sufficiente inviare una
comunicazione al comune con cui si manifesta l’intenzione di iniziare i lavori,
almeno quindici giorni lavorativi prima di tale inizio. La comunicazione deve
essere accompagnata:
§
dalla
descrizione sufficiente delle caratteristiche dell’atto;
§
dalla
dichiarazione del tecnico legalmente abilitato della conformità all’ordinamento
urbanistico;
§
dalla
copia delle altre autorizzazione ed eventuali concessioni, se richieste.
Trascorsi i termini previsti, la
comunicazione produce gli effetti della licenza urbanistica. Tuttavia nei quindici
giorni seguenti alla comunicazione il comune può adottare, motivandole, le
misure provvisorie che ritiene opportune per evitare alterazioni in contrasto
con l’ordinamento urbanistico, comunicandole all’interessato. Il comune può
adottare l’ordine di esecuzione per garantire l’adeguamento dei lavori
all’ordinamento entro i quindici giorni successivi all’adozione delle misure
provvisorie.
Per quanto concerne la competenza e il procedimento di rilascio delle licenze urbanistiche
(art. 157), è competente per l’adozione delle decisioni il sindaco o organo
municipale delegato. Il procedimento per il rilascio delle licenze urbanistiche
deve comunque rispettare alcune regole; in particolare devono essere previsti i
seguenti atti istruttori:
§
pareri
di qualsiasi altra pubblica amministrazione che siano legalmente obbligatori;
§
pareri
tecnici e giuridici sulla conformità dell’atto o dell’uso all’ordinamento,
emessi dai corrispondenti servizi comunali o da eventuali organismi pubblici.
La decisione espressa negativa e l’ordine di
esecuzione devono essere motivati, con esplicito riferimento alla norma o alle
norme dell’ordinamento urbanistico in contrasto.
Tutte le licenze sono concesse per un
periodo determinato per iniziare e completare i lavori, salvo per gli usi che
hanno vigenza indeterminata (art. 158). Se non è contenuta un’indicazione
espressa, le licenze sono concesse a condizione di iniziare i lavori entro un
anno e di concluderli entro tre anni.
I comuni possono concedere proroghe dei
termini previsti per una sola volta e per un periodo non superiore a quello
inizialmente accordato. L’organo competente dichiara, d’ufficio o su istanza di
qualsiasi persona, la caducità delle licenze, previa udienza dell’interessato,
una volta trascorsi i termini.
La decisione di caducità estingue la
licenza, non potendosi iniziare o proseguire i lavori senza averne ottenuta una
nuova. Trascorsi due mesi dalla notifica è possibile applicare il regime
dell’esecuzione sostitutiva o di espropriazione forzata.
In materia ogni comune adotta una disciplina
di dettaglio, quale ad esempio la Ordenanza Municipal de Tramitación de
Licencias Urbanísticas del comune di Madrid (2014). La licenza urbanistica
è un atto regolato dall’amministrazione municipale mediante il quale, previa
verifica della condizioni stabilite dalla normativa applicabile, si autorizza
il richiedente all’esercizio del suo preesistente diritto ad edificare o a
svolgere determinate attività (art. 2).
L’ultima parte dello studio è focalizzato sull’esame dei sistemi giuridici di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna al fine di inquadrare in generale il regime dei permessi, autorizzazioni o altri atti di assenso comunque denominati in materia ambientale.
Il regime delle autorizzazioni ambientali presenta una situazione differenziata nei vari Paesi esaminati, che si innesta con i procedimenti di autorizzazione integrata ambientale (AIA). L’analisi condotta ha cercato di verificare l’eventuale esistenza di procedimenti unici ovvero di carattere integrato, che possano essere comparabili con la disciplina italiana in materia di autorizzazione unica ambientale (AUA).
Ulteriori ambiti di analisi hanno riguardato la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (cd. screening) e la valutazione di impatto acustico.
Per quanto riguarda i risultati, in Francia la legislazione sottopone le attività suscettibili di determinare un impatto negativo sull’ambiente (installations classées pour la protection de l’environnement - ICPE) a dichiarazione, registrazione o autorizzazione a seconda del grado di rischio, le cui procedure fanno capo alle prefetture.
È in corso di sperimentazione dal 2014 una procedura di autorizzazione unica ambientale, volta a raggruppare diversi permessi (tra cui anche quelli edilizi), per taluni tipi di attività in determinate zone.
La valutazione dell’impatto acustico dipende in primo luogo dalla tipologia delle attività. In caso di attività rientranti nelle ICPE, le prescrizioni acustiche vengono fornite in relazione alle dichiarazioni, in via generale, a seconda delle attività, o alle autorizzazioni alla fine del procedimento. Per le attività non rientranti nelle ICPE si applicano le prescrizioni contenute nella normativa in materia di salute pubblica.
La verifica dell’assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale è una valutazione che viene fatta caso per caso sulla base delle caratteristiche dei progetti e degli impatti sull’ambiente, che riprendono i criteri fissati nella legislazione europea.
In Germania, la prima legge a stabilire una procedura di autorizzazione per gli impianti industriali, con emissioni rilevanti, è stata la Legge federale sulla protezione contro le immissioni del 15 marzo 1974 (Bundes-Immissionsschutzgesetz). La trasposizione della direttiva IPPC (96/61/CE) in Germania ha comportato soltanto piccoli emendamenti alla legislazione esistente, poiché questa già conteneva le principali caratteristiche della normativa europea. L’applicazione della disciplina relativa all’autorizzazione integrata ambientale rientra nelle competenze delle autorità regionali e, di fatto, i Länder dispongono di un ampio potere discrezionale sulle decisioni e sulle modalità di prescrizione.
Caratteristica del sistema tedesco è il
fatto che la Valutazione d’Impatto Ambientale, disciplinata da un’apposita
Legge federale di recepimento della normativa europea in materia (Gesetz über die Umweltverträglichkeitsprüfung
del 12 febbraio 1990), è
parte integrante del procedimento autorizzativo e in esso completamente
integrata. Il procedimento di VIA non ha inoltre, a differenza di altri
Stati membri dell’Unione europea, carattere vincolante sugli esiti finali del
procedimento autorizzativo. Tutti i Länder hanno adottato una propria
legislazione sulla VIA, nella quale sono affrontate le particolarità
dell’applicazione della procedura nel proprio territorio.
Nel Regno
Unito esistono due tipologie di autorizzazioni ambientali: su misura (bespoke
permits), che impartiscono condizioni specifiche per una singola attività,
o standard (standard rules permits), che impongono una serie di regole
generiche applicabili a tutte le attività di un certo tipo. Sono escluse le
attività disciplinate da regole di base (basic rules) o quelle esentate.
Il controllo riguarda solo le emissioni in atmosfera ed è esercitato dalle
autorità locali per le attività ricadenti nelle categorie Parte B (per
le quali le autorità locali si limitano a controllare le emissioni in
atmosfera), mentre è di carattere
integrato, quindi riguarda tutte le forme di inquinamento, per gli impianti
Parte A (per i quali l’autorizzazione si propone di controllare tutte le
forme di inquinamento che possono derivare dall’impianto). Il controllo è a sua volta esercitato, in quest’ultimo
caso, dalle autorità locali per gli impianti di minore dimensione e impatto
(Parte A2) ovvero dall’Agenzia per l’ambiente per gli impianti di maggiore
dimensione e impatto (Parte A1).
Le valutazioni di impatto acustico sono
integrate sia nelle licenze edilizie (planning permission) sia nelle
autorizzazioni ambientali, sia nel rilascio delle licenze per esercizi commerciali.
La valutazione del rumore è altresì considerata nelle norme tecniche per le
costruzioni (Building Regulations).
La verifica di assoggettabilità a VIA (c.d. screening),
che viene di regola effettuata nella fase iniziale della progettazione, è solitamente
attribuita all’autorità di pianificazione locale, che si esprime entro tre
settimane dalla richiesta o nei termini più ampi concordati con il richiedente.
In Spagna
il principale procedimento in materia ambientale è l’autorizzazione ambientale integrata
(autorización ambiental integrada),
prevista dalla legge 16/2002. Essa è la decisione scritta dell’organo
competente della Comunità autonoma in cui si trova l’installazione con la quale
si consente, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute delle persone,
di utilizzare tutta o parte dell’installazione, sotto determinate condizioni
intese a garantire che soddisfi le finalità e le disposizioni della legge. Le
attività a cui si applica l’autorizzazione ambientale integrata sono
specificate dalla legge (impianti di combustione; produzione e trasformazione
di metalli; industrie minerarie; industrie chimiche; gestione di rifiuti ecc.).
Vi possono essere altre tipologie di
autorizzazioni o dichiarazioni in materia ambientale, variabili a seconda della
Comunità autonoma interessata, quali: la licenza ambientale, la dichiarazione
responsabile ambientale, la comunicazione di attività innocue.
In materia di valutazione ambientale la
legge 21/2013 ha unificato in un unico testo le leggi di valutazione ambientale
strategica e di valutazione dell’impatto ambientale, predisponendo uno
strumento efficace per promuovere la protezione ambientale e semplificare il
procedimento di valutazione ambientale, nonché incrementare la sicurezza
giuridica degli operatori ed armonizzare la normativa sulla valutazione
ambientale su tutto il territorio nazionale. Essa ha stabilito uno schema
simile sia per il procedimento di valutazione ambientale strategica (Evaluación Ambiental Estratégica), sia
per la valutazione d'impatto ambientale (Evaluación
de Impacto Ambiental), regolamentandone nei dettagli la relativa procedura.
Pur essendovi una specifica normativa in
materia di inquinamento acustico (legge 37/2003), la valutazione delle
emissioni acustiche rientra nei procedimenti di intervento amministrativo, tra
cui quelli relativi all’autorizzazione ambientale integrata, alla valutazione
di impatto ambientale e alle altre valutazioni ambientali previste dalla
normativa delle Comunità autonome.
Qualsiasi attività
industriale o agricola che rischia di provocare rischi per l’ambiente,
soprattutto per la sicurezza e la salute dei residenti, è ritenuta una
struttura classificata, in base alla legislazione ICPE (installations classées pour la protection de l’environnement). Il
Codice dell’Ambiente disciplina l’ICPE nel titolo I, libro V (L. 511-1 e
seguenti e R. 511-9 e seguenti).
Le attività
previste dalla legislazione degli impianti classificati sono elencate in una
tabella e sono sottoposte ad autorizzazione o dichiarazione a seconda del grado
di rischio:
§ Dichiarazione: per le attività meno inquinanti e meno pericolose, è sufficiente
una semplice dichiarazione in Prefettura;
§ Registrazione: considerata come una autorizzazione semplificata per i settori
per i quali le misure tecniche per prevenire gli svantaggi sono ben note e standardizzate.
Questo regime è stato introdotto con l'ordinanza n 2009-663 dell’11 giugno,
2009 e attuato da una serie di disposizioni pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
del 14 aprile del 2010;
§ Autorizzazione: per le installazioni che presentano i rischi maggiori o l'inquinamento.
L'operatore deve presentare una domanda prima della messa in opera, dimostrando
l’accettabilità del rischio. Il prefetto può consentire o negare l'operazione.
La nomenclatura degli impianti classificati si divide in due categorie:
§ l’impiego o lo stoccaggio di alcune sostanze (ad es. tossici, pericolosi per
l'ambiente);
§ il tipo di
attività (ad esempio,
la trasformazione alimentare, del legno, dei rifiuti).
La legislazione degli impianti classificati attribuisce i seguenti poteri allo Stato:
§ l'autorizzazione o il rifiuto di autorizzare il funzionamento di un
impianto;
§ la regolamentazione (far rispettare alcune disposizioni tecniche,
consentire o negare l'esercizio di un impianto);
§ il controllo;
§ le sanzioni.
Sotto l'autorità
del prefetto, queste operazioni sono affidate ai funzionari dell’Ispettorato degli impianti classificati.
Per la dichiarazione il gestore dell’impianto, prima dell’esercizio, presenta un dossier al prefetto, in cui si specifica la natura e il volume delle attività previste. Se il dossier è completo e regolare, il prefetto invia al gestore:
§ la ricevuta della dichiarazione;
§ il testo dei
requisiti generali per l'installazione dell’attività (precauzioni minime da osservare da parte dell'operatore).
L’esame del
dossier dura due mesi e non è prevista in generale un’ispezione; l’articolo
L512-11 del Codice dell’ambiente prevede, infatti, che alcune categorie di
impianti, definite dal Consiglio di Stato in funzione dei rischi che
presentano, possono essere sottoposte a controlli periodici finalizzati a
verificare che il loro funzionamento sia compatibile con le condizioni fissate
nella regolamentazione.
La procedura di registrazione, la cui durata è pari a
cinque mesi dal deposito della documentazione prevista, è una procedura
intermedia tra la procedura di dichiarazione e la procedura di autorizzazione,
e si applica alle attività standardizzate (settori o tecnologie di cui i rischi
ambientali sono ben noti), situate al di fuori delle aree sensibili dal punto
di vista ambientale.
Sono interessati,
ad esempio, in funzione dei volumi lavorati, le stazioni di servizio, i
magazzini di materiale combustibile (legno, carta, plastica), i magazzini di
frigoriferi, gli impianti di lavorazione dei polimeri, di lavorazione di
metalli e leghe, alcuni impianti di raccolta e di digestione anaerobica di
rifiuti non pericolosi, alcune strutture per la preparazione o la conservazione
degli alimenti di origine animale.
In particolare, la
procedura di registrazione è basata su requisiti standardizzati e non su
requisiti specifici per ciascuna installazione. Tali requisiti sono pubblicati
nella Gazzetta ufficiale (decreti di requisiti generali) e indicati nelle guide
pubblicate sul sito ministeriale dedicato alle strutture classificate.
I gestori di tali
impianti sono dispensati dalla produzione dei documenti di valutazione di
impatto ambientale e di valutazione dei pericoli.
I documenti
riguardanti l’impianto da autorizzare sono consegnati alla Prefettura che li
trasmette per la verifica ai funzionari dell’Ispettorato e ai comuni
interessati. E’ prevista una consultazione pubblica. Al termine della procedura
è previsto un decreto prefettizio (arrêté
préfectoral) che autorizza o nega la registrazione dell’impianto. In alcuni
casi, disciplinati dal Codice dell’ambiente, le domande sono istruite secondo
le modalità previste per le procedure di autorizzazione.
La procedura di autorizzazione, la cui durata va dai 10
ai 12 mesi dalla presentazione della documentazione necessaria, riguarda le
installazioni che presentano pericoli per l’ambiente per le quali è necessaria
una autorizzazione prefettizia (decreto del prefetto).
Tale procedura si
applica principalmente alle attività che ricadono nell’ambito della direttive
europee Seveso (l’ultima direttiva emanata è la 2012/18/UE cd. Seveso III) o
della direttiva europea 2010/75/UE IED (Industrial
Emissions Directive) relativa alle emissioni industriali
Il gestore
dell’impianto invia un dossier contenente i documenti riguardanti le specifiche
tecniche delle attività previste nell’impianto al prefetto, allegando la
valutazione d'impatto ambientale (Etude d’impact), concernente l'impatto del progetto
sull'ambiente, nonché le misure di mitigazione attuate, e la valutazione dei
pericoli (Etude de dangers), in cui si elencano i pericoli derivanti
dall’installazione in caso di incidente e le misure per ridurre la probabilità
di accadimento e gli effetti.
La procedura di
Autorizzazione si articola in una fase di verifica della documentazione
presentata, una fase di consultazione e una fase di istruttoria, a conclusione
delle quali viene emanato un decreto prefettizio.
La consultazione
riguarda diversi uffici amministrativi (dipartimenti del governo responsabili
della salute, dell'ambiente, dell'urbanistica, dell'agricoltura, e della
protezione civile), nonché gli enti locali interessati e i residenti.
Al termine
dell’istruttoria, due dossier contenenti raccomandazioni al Prefetto sono
preparati dall’ufficio tecnico delle installazioni classificate e dal consiglio
dipartimentale dell’ambiente e dei rischi sanitari e tecnologici (CODERST)
relativo al territorio in cui ricade l’attività dell’installazione.
Esaminati gli atti
da parte del prefetto, l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, contenente
le specifiche tecniche che il gestore deve rispettare, prende la forma di un
decreto prefettizio, che deve essere adottato entro un termine che varia da 8 a
12 mesi dal momento del deposito della domanda.
Le suddette
valutazioni di impatto ambientale e dei rischi sono disciplinate
rispettivamente nel Codice dell’ambiente (C. Env: R. 122-5 e R. 512-8 e art. L.
512-1).
Dal 2014, nel
quadro della semplificazione delle procedure amministrative e di
modernizzazione del diritto ambientale, la Direzione Generale per la
prevenzione dei rischi (DGPR) pilota una sperimentazione per raggruppare
nell’ambito della procedura di autorizzazione unica per impianti classificati per la tutela
dell’ambiente (ICPE), i vari permessi attualmente richiesti (permessi di
costruzione, ambientali ed energetici). Questa autorizzazione unica è in
sperimentazione per un periodo di tre anni per i parchi eolici e gli impianti
di metanizzazione in determinate regioni.
La valutazione
ambientale è prevista per un serie di progetti, piani e programmi (presenti
alle tabelle allegate all'articolo R. 122-2 del codice l'ambiente, all'articolo
R. 122-17 del codice dell'ambiente e all'articolo R. 121-14 del codice
Urbanistico). Se alcuni progetti, piani o programmi, per le proprie
caratteristiche, sono oggetto di una valutazione ambientale sistematica, altri
progetti invece hanno bisogno di essere considerati singolarmente. In questi
casi l'autorità ambientale competente, dopo aver esaminato il progetto, se lo
ritiene suscettibile di avere effetti negativi significativi sull'ambiente,
avvia la procedura di valutazione dell'impatto ambientale.
La decisione della
necessità di uno studio di valutazione di impatto ambientale viene effettuata analizzando
le caratteristiche dei progetti, il piano/programma o i documenti di
pianificazione, e i potenziali impatti sull'ambiente o sulla salute. I progetti
sottoposti a esame sono elencati nell’allegato all’articolo R 122-2 del Codice
dell’ambiente, che riprende i criteri elencati nell’Allegato III della
direttiva 2011/92/UE.
In Francia
l’inquinamento acustico è regolato da diverse norme nazionali di settore a seconda delle attività in cui sono
prodotte le emissioni sonore:
§ industriali, artigianali o commerciali;
§ luoghi che diffondono la musica (discoteche, bar, ristoranti,
sale di concerto);
§ luoghi dedicati allo sport e allo svago;
§ stadi, scuole, piscine, aeroclub.
Un regime
particolare è previsto per le attività rientranti nelle ICPE: in caso di
attività sottoposta a dichiarazione (vedi supra)
le prescrizioni sono stabilite per ciascuna rubrica della nomenclatura
dell’ICPE dai decreti relativi alle corrispondenti rubriche; se invece è
prevista una autorizzazione l’emissione sonora è fissata dal decreto
prefettizio.
Alle attività che
non ricadono nel regime ICPE si applicano due normative, la prima riguardante
l’isolamento acustico del luogo ove si svolge l’attività professionale (il code de la construction et de l’habitation
e l’arrêté del 30 giugno 1999
relativo alle caratteristiche acustiche degli edifici a destinazione
residenziale) e la seconda riguardante i limiti di emissione (art. R. 1334-33
del code de la santé publique ).
Per i cantieri
pubblici e privati che sono sottoposti a una procedura dichiarativa o
autorizzativa è previsto (art. R. 1334–36 del code de la santé publique):
§ il rispetto delle condizioni di utilizzo o sfruttamento dei
materiali e delle attrezzature, stabiliti dalle autorità competenti;
§ l’adozione delle opportune precauzioni per limitare il rumore
e non produrre un comportamento insolitamente rumoroso.
In Germania la
principale normativa di riferimento in materia ambientale è la Legge federale
sulla protezione contro le immissioni (Bundesimmissionsschutzgesetz -
BImSchG) del 15 marzo 1974. L’ambito di applicazione della legge, più volte
modificata, è molto ampio, perché si riferisce a tutti i fattori ecologici e
ambientali e a qualsiasi tipo di immissione inquinante, non solo in relazione
alle fonti fisse, come ad esempio gli impianti, ma anche alle fonti mobili,
come gli autoveicoli. La particolarità di questa legge risiede infatti nella
sua finalità di protezione, da effetti dannosi e da eventuali effetti nocivi
connessi all’esercizio di attività produttive, non solo nei confronti delle tre
matrici ambientali - suolo, acqua e aria - ma anche di persone, animali e
piante, nonché di beni e valori culturali.
Il ruolo
essenziale del Bundes-Immissionsschutzgesetz, che ha trovato attuazione in ben 41 decreti
e regolamenti di normazione tecnica (Durchführungsverordnungen) – alcuni dei quali attualmente non sono più in vigore - è quello di
coordinare tutte le discipline settoriali che, pur contenendo norme specifiche
per i singoli settori ambientali, fanno comunque riferimento ad essa per gli
obblighi sostanziali e procedimentali. A completamento del profilo
attuativo della legge federale sulle immissioni sono da considerare le leggi
approvate dai Länder, indispensabili per l’identificazione delle
autorità competenti nello svolgimento delle funzioni di controllo e di
vigilanza. I Länder sono infatti responsabili – a diversi livelli di
amministrazione: ministero, distretto, municipalità, circondario –
dell’applicazione della normativa comunitaria relativa all’imposizione dei
limiti di emissione e delle altre prescrizioni, nonché al controllo
dell’osservanza di tali limiti e prescrizioni.
A causa del loro
elevato potenziale di rischio, determinati impianti sono soggetti ad obbligo di autorizzazione e devono soddisfare un
maggior numero di requisiti (c.d. genehmigungsbedürftige Anlagen), così
come stabilisce il § 4, comma 1, della Bundes-Immissionsschutzgesetz. Questi impianti non
sono menzionati espressamente nel testo della legge, bensì nel quarto
regolamento attuativo (4. BImSchV), che termina con un lungo elenco di diversi
tipi di impianti. Spesso è la dimensione o la capacità produttiva di un
impianto, cioè il superamento di determinate soglie per quanto riguarda le
emissioni inquinanti, a determinare se esso sia o meno soggetto all’obbligo di
autorizzazione.
La procedura di autorizzazione ai sensi del Bundes-Immissionsschutzgesetz
è un procedimento molto difficile e
impegnativo, perché devono essere considerati e valutati tutti gli effetti
ambientali di un impianto. Sussiste un diritto al rilascio dell’autorizzazione,
previo soddisfacimento dei requisiti
stabiliti dalla legge (§ 6 BImSchG). La procedura di
autorizzazione per la costruzione di determinati impianti può avvenire con o
senza la partecipazione del pubblico (Öffentlichkeitsbeteiligung). Nell’appendice al già citato quarto regolamento attuativo
gli impianti elencati sono contrassegnati dalla lettera G (Genehmigungsverfahren
- procedura di autorizzazione ai sensi del § 10 BImSchG, con partecipazione pubblica) o dalla lettera V (Vereinfachtes
Verfahren – procedura semplificata ai sensi del § 19 BImSchG, senza partecipazione pubblica) a seconda del tipo
di procedimento richiesto. Ciò significa che, in caso di partecipazione del
pubblico la richiesta di autorizzazione deve essere resa nota pubblicamente e
vi è quindi la possibilità di sollevare obiezioni contro il progetto presso
l’autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione. Le obiezioni possono
essere sollevate da chiunque fino a due settimane dopo il decorso del termine
di esposizione del progetto e obiezioni tardive non vengono più prese in
considerazione. Per altri nuovi impianti la procedura di autorizzazione non
prevede alcuna partecipazione pubblica (procedura semplificata, contrassegnata
dalla lettera V per “vereinfacht” nell’appendice al 4. BImSchV). Per le modifiche di impianti
già esistenti, ai sensi del § 16, comma 2, BImSchG, il richiedente può, a determinate condizioni, chiedere che il
procedimento si effettui senza la partecipazione pubblica.
L’autorizzazione
garantisce al gestore dell’impianto la certezza giuridica dal punto di vista
non solo del diritto pubblico ma anche di quello privato. Con il rilascio
dell’autorizzazione sono limitate le pretese dei vicini (di cui al §
906 del codice civile)
all’eliminazione e all’omissione delle immissioni: il vicino danneggiato dal
gestore dell’impianto autorizzato non può più richiedere la sospensione
dell’attività (§ 14 BImSchG). Tuttavia, in determinate circostanze, egli può
pretendere il risarcimento del danno o, a condizione che gli derivino pericoli
dalla natura o dalla funzionalità dell’impianto, può chiedere alle autorità
competenti di imporre al gestore misure difensive.
Il § 21 BImSchG ammette la revoca
dell’autorizzazione qualora non vengano soddisfatte le condizioni richieste
oppure sia necessario prevenire o eliminare gravi pregiudizi per il bene
comune.
Il § 20 BImSchG prevede che, nel caso in cui un impianto soggetto
ad autorizzazione venga avviato e gestito senza permesso, sia sospeso (ovvero ne sia impedita
l’attività) o addirittura dismesso.
Il Quarto
Regolamento di attuazione della legge federale sulle immissioni riguarda
gli impianti soggetti ad autorizzazione (Verordnung über
genehmigungsbedürftige Anlagen - 4. BImSchV, del 2 maggio 2013)
Le prescrizioni contenute nel § 1 del 4. BimSchV in riferimento alle
dimensioni dell’impianto e alle installazioni accessorie sono rilevanti per
determinare se, in base alla legge, un impianto deve essere soggetto o meno ad
autorizzazione preventiva. Gli impianti soggetti ad autorizzazione sono
tassativamente elencati nell’appendice del quarto regolamento attuativo. Si
tratta di impianti industriali di tutti i tipi, dai quali possono derivare
danni ambientali significativi. Soltanto gli impianti presenti nell’elenco
necessitano di autorizzazione in caso di nuova costruzione o di modifica
sostanziale di una struttura preesistente.
Per gli impianti in prova (Versuchsanlagen) si applicano
disposizioni speciali, mentre gli impianti non elencati nell’appendice 1 del 4.
BimSchV, e quindi non soggetti ad autorizzazione preventiva, necessitano di
norma una licenza edilizia (Baugenehmigung)
Il Nono Regolamento di attuazione contiene
disposizioni relative al procedimento autorizzatorio (Neunte Verordnung zur
Durchführung des Bundes-Immissionsschutzgesetzes - Verordnung über das Genehmigungsverfahren - 9. BImSchV, nella nuova formulazione del 29 maggio 1992)
La costruzione e
la gestione di un impianto tra quelli menzionati nell’appendice 1 del quarto
regolamento attuativo necessitano di un’autorizzazione da parte delle autorità
competenti ai sensi del § 4 (nuovo impianto), § 15 (modifica) o § 16 (modifica
sostanziale) del Bundes-Immissionsschutzgesetz. La disciplina di
dettaglio di questa procedura autorizzatoria prevede: richiesta scritta, tipo
di procedimento (pubblico/non pubblico/inizio anticipato), documenti da allegare
alla richiesta (ad esempio: descrizione della costruzione e dell’impianto,
estratto del registro catastale, planimetrie, dati sulle emissioni e sulle
riduzioni delle emissioni, misure sulla tutela del lavoro), esecuzione del
procedimento autorizzatorio, partecipazione di terzi (pubblico), svolgimento e
resoconto dell’audizione pubblica, contenuto dell’autorizzazione, risposte
particolari.
Dopo la
presentazione di tutti i documenti necessari ai fini della valutazione, le
procedure di autorizzazione richiedono, a seconda del tipo di procedimento, da uno a sei mesi di tempo: sei mesi
per un nuovo impianto (§ 4 BImSchG); un mese per una
modifica dell’impianto (§ 15 BImSchG); tre mesi senza
partecipazione pubblica o sei mesi con partecipazione pubblica per una modifica
sostanziale dell’impianto (§ 16 BImSchG).
La Germania è stata il primo Paese in Europa
a fornire una base giuridica per la Valutazione d’Impatto Ambientale. Dopo le
prime esperienze di applicazione di una procedura di VIA su base volontaria
negli anni ’80, il recepimento della Direttiva VIA nel diritto federale
tedesco, mediante la Legge sulla Valutazione d’Impatto Ambientale (Gesetz über die
Umweltverträglichkeitsprüfung - UVPG)[62], in vigore dal febbraio 1990 e riformulata nel
2010, ha contribuito a rendere più ecocompatibili i processi autorizzativi. Con
gli anni si è poi assistito ad un sistematico consolidamento della VIA nel
sistema tedesco, anche con l’adozione di diversi regolamenti amministrativi e
di una serie di linee guida di carattere pratico.
Nel sistema
tedesco, il procedimento di Valutazione d’Impatto Ambientale è parte integrante
del procedimento autorizzativo, ed in esso completamente integrato. A
differenza di quanto avviene in Italia e in altri Stati dell’Unione Europea, il
procedimento di VIA non ha carattere vincolante sugli esiti finali del
procedimento autorizzativo.
L’UVP-Gesetz dispone
l’applicazione di un’unica procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale, poi
recepita a cascata a livello normativo nei 16 Länder. Oggetto della
disciplina sono tutti i progetti elencati nell’Allegato 1 (Liste "UVP-pflichtige Vorhaben"). Nello specifico, ai sensi del §
3b UVPG, i progetti di
cui alla colonna 1 dell’Allegato 1 sono obbligatoriamente sottoposti a procedura
di VIA, mentre per i progetti per i quali sono specificati valori soglia
dimensionali e/o di capacità, l’obbligo di VIA vige nel momento in cui tali
soglie sono raggiunte o superate. L’obbligo di VIA viene, inoltre, stabilito
sulla base dell’applicazione del principio di cumulatività dei progetti: nel
caso in cui più progetti di uno stesso tipo sono proposti contemporaneamente
(da uno o più proponenti) e sono tra loro strettamente connessi, gli stessi
devono essere sottoposti a VIA se, nel loro insieme, raggiungono o superano le
soglie dimensionali stabilite.
La totalità dei
progetti elencati negli Annex della Direttiva VIA risulta completamente
recepita nei progetti previsti nell’Allegato 1 dell’UVPG, che anzi si applica
anche a progetti non previsti dalla normativa europea, quali la realizzazione e
l’esercizio di impianti per il trattamento biologico dei rifiuti richiedenti un
monitoraggio speciale, la realizzazione e l’esercizio di impianti per la
vulcanizzazione della gomma naturale o sintetica (utilizzando zolfo o suoi
composti) o, ancora, la realizzazione di linee ferroviarie ad alta velocità a
levitazione magnetica e dei servizi connessi.
In ogni procedura
autorizzativa che include lo svolgimento di una procedura di Valutazione
d’Impatto Ambientale, il processo partecipativo (c.d. Beteiligungsverfahren)
viene condotto per legge (§
9 UVPG) mediante lo
svolgimento di una pubblica consultazione. Determinati progetti di
infrastrutture energetiche e di mobilità (ai sensi della normativa federale
sulle procedure di pianificazione delle opere infrastrutturali) sono esentati
dall’applicazione di tale modalità di coinvolgimento del pubblico. In tali casi
il processo partecipativo si realizza esclusivamente mediante la presentazione
di osservazioni scritte.
Per quanto
riguarda l’individuazione dell’autorità competente in materia di VIA, la stessa
è individuabile nell’autorità competente per la procedura autorizzativa. Le
funzioni e le competenze sono distribuite tra il livello federale e i Länder.
In linea di principio, alla Federazione spetta la competenza per i negoziati
internazionali e per la legislazione federale nel quadro costituzionale; mentre
i Länder e le relative autorità a livello locale, regionale e statale
sono competenti ai fini della concreta applicazione della legislazione
federale. Secondo tale sistema, le procedure autorizzative relative a progetti
e attività, nelle quali sono integrate le procedure di VIA, sono svolte dalle autorità
a livello locale o regionale nei diversi Länder. Nella maggior parte dei
casi, l’autorità competente è solitamente identificabile a livello locale
(Comuni) o regionale, e molto raramente a livello statale.
Il procedimento
di Valutazione d’Impatto Ambientale si esplica attraverso le seguenti fasi
progressive:
§ deposito della
domanda di autorizzazione del progetto presso l’autorità competente, da parte
del proponente, con allegata la documentazione progettuale;
§ determinazione
dell’assoggettamento a VIA da parte dell’autorità competente. Sulla base
dell’analisi della documentazione inerente il progetto, l’autorità competente
può decidere per un assoggettamento diretto e obbligatorio a VIA dell’opera,
oppure per l’implementazione di una procedura di screening di VIA o di
una verifica preliminare. Tale procedura si conclude con l’espressione di un
parere motivato in merito alla necessità o meno di assoggettare il progetto in
questione a procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale;
§ definizione dei
contenuti della documentazione di VIA che il proponente deve presentare (fase
di scoping). In questa fase, il proponente, di concerto con gli enti competenti in materia
ambientale e la stessa autorità competente, definiscono i contenuti e il
livello di dettaglio delle informazioni che devono essere riportate nello
studio d’impatto ambientale;
§ elaborazione
della documentazione tecnica di VIA e deposito presso l’autorità competente. L’UPVG
stabilisce i contenuti minimi dello studio d’impatto ambientale (Umweltverträglichkeitsstudie -UVS) e prevede
l’elaborazione di una sintesi non tecnica delle informazioni;
§ consultazione con
gli enti competenti in materia ambientale coinvolti. Sulla documentazione di
cui al punto precedente fornita dal proponente, gli enti competenti interessati sono chiamati ad esprimere un
parere sulla documentazione di SIA e progettuale presentata;
§ consultazione con
il pubblico interessato, il quale deve avere accesso alla documentazione di progetto, allo studio d’impatto
ambientale e ai pareri espressi dagli enti competenti in materia ambientale;
§ redazione del Rapporto tecnico di VIA da parte dell’autorità competente, che
deve contenere una sommaria descrizione del progetto, degli impatti ambientali
attesi e delle misure di mitigazione e compensazione da attuare;
§ determinazione della decisione finale.
Sulla base di criteri di soglia, di carattere
dimensionale o sulla capacità/potenza dell’impianto, il §.
3c UVPG dispone lo
svolgimento di una valutazione preliminare. Nello specifico, l’Allegato 1
definisce: una serie di progetti per i quali deve essere svolta una Valutazione
Preliminare Generale (Allgemeine
Vorprüfung, indicata con la lettera A nella colonna 2); un’altra serie di progetti (di piccola
taglia) per i quali deve essere realizzata una Valutazione Preliminare
Sito-specifica (Standortbezogene
Vorprüfung, lettera S colonna 2). Se sulla base di tali
valutazioni, che devono essere condotte rispettando i criteri definiti
nell’Allegato 2 all’UVPG (Kriterien für die Vorprüfung des Einzelfalls im
Rahmen einer Umweltverträglichkeitsprüfung), l’autorità competente ritiene che il progetto
possa causare impatti ambientali significativi, la fase si concluderà con il
parere di necessario assoggettamento a VIA dell’opera.
Per progetti di
piccola dimensione - che si attestano al di sotto delle soglie per la
Valutazione Preliminare Generale - è previsto l’espletamento di uno screening
di VIA sito specifico. Tale procedura si attua esclusivamente nel caso in cui
il sito d’intervento ricada all’interno di un’area sensibile (ai sensi del
punto 2 dell’ Allegato 2) o nelle sue immediate vicinanze.
In via generale,
la fase di valutazione preliminare viene espletata dall’autorità competente
sulla base della specifica documentazione presentata dal proponente. Anche tale
documentazione deve essere redatta ai sensi dei criteri definiti nell’Allegato
2 UVPG.
Il parere
dell’autorità competente sull’assoggettamento o meno del progetto a VIA viene
reso accessibile al pubblico, mediante annuncio su quotidiani e siti internet,
in accordo con le disposizioni dei Länder sull’accesso all’informazione
ambientale. La pubblicazione riporta esclusivamente l’esito della procedura di screening,
mentre non sono rese pubbliche valutazioni ed eventuali indagini condotte da
parte delle autorità coinvolte.
Sia nel caso di
una procedura di screening generale, sia in quella di uno screening
sito-specifico, viene assicurata la partecipazione del pubblico interessato,
attraverso lo svolgimento di una pubblica audizione. Qualsiasi persona
interessata può avere accesso alla documentazione tecnica presentata dal
proponente. Ad ogni modo, la normativa federale non contiene disposizioni in
merito alle tempistiche da rispettare ai fini dello svolgimento della procedura
di verifica preliminare.
L’UVPG prevede
anche l’esecuzione di una fase di scoping (§
5):
§ in via
facoltativa, su richiesta del proponente, prima dell’inizio della procedura
autorizzativa;
§ in via obbligatoria, se così disposto
dall’autorità competente, a procedura autorizzativa in corso di svolgimento.
Tale fase viene
espletata a carico dell’autorità competente che, alla luce del grado di
progettazione raggiunto e/o sulla base di informazioni disponibili sul
progetto, in tempo utile, fornisce al proponente dettagli specifici sulla
documentazione richiesta in sede di procedura di VIA. Sulla base di tale
documentazione, viene svolta una fase di concertazione/discussione tra tutte le
autorità coinvolte (autorità competente e altri enti coinvolti) e il
proponente. Se lo ritiene utile o necessario, l’autorità competente può
consultare parti terze e/o esperti indipendenti tra le parti. La procedura si
conclude con una comunicazione scritta da parte dell’autorità competente e
rivolta al proponente, che, come si è detto, fornisce dettagli specifici in
merito ai contenuti, all’estensione e al grado di approfondimento della
documentazione sugli impatti ambientali richiesta in sede di procedura di VIA.
La disciplina federale non prevede il coinvolgimento del pubblico nella fase di
scoping, né definisce tempistiche, anche se, in base a studi elaborati
per la Commissione europea, la durata media si aggira intorno a due mesi e
mezzo.
Su specifica
istanza, il proponente presenta all’autorità competente la documentazione
tecnica necessaria ai fini della decisione sulla compatibilità ambientale
dell’opera. Tale documentazione è pertanto redatta a cure e spese del
proponente, che nella maggior parte dei casi si avvale di consulenti esterni.
L’UVPG definisce
i contenuti minimi della documentazione che deve presentare il proponente (§
6):
§ descrizione del progetto, con indicazione dell’ubicazione, della natura e taglia
dell’intervento, nonché della superficie occupata;
§ descrizione delle misure che devono essere prese per prevenire, ridurre e
compensare, per quanto possibile, gli impatti ambientali negativi del progetto
e, nel caso di interventi prioritari negli ambienti naturali e nel paesaggio,
le misure sostitutive da adottare laddove la compensazione non fosse possibile;
§ descrizione degli impatti ambientali significativi previsti;
§ descrizione
dell’ambiente e delle sue componenti nell’area d’influenza del progetto e dettagli sullo stato della popolazione;
§ inquadramento delle alternative vagliate dal proponente e dettagli sulle principali
ragioni della scelta, con riferimento anche agli impatti ambientali promossi.
La documentazione
tecnica include inoltre le seguenti altre informazioni, nelle misura in cui
queste risultano necessarie per la valutazione degli impatti in relazione alla
natura dell’intervento:
§ descrizione delle principali caratteristiche dei processi tecnologici utilizzati;
§ descrizione del
tipo e della portata delle emissioni previste, dei rifiuti, dei reflui
prodotti, nonché dell’uso delle risorse naturali, quali acqua, suolo, paesaggio
ed altri elementi naturali e dettagli sulle eventuali altre conseguenze del
progetto che possono portare alla determinazione di significativi impatti
negativi;
§ descrizione delle eventuali difficoltà incontrate nella redazione di quanto
richiesto.
§ sintesi non
tecnica delle informazioni fornite.
L’istanza si
considera presentata con la consegna della documentazione tecnica relativa alla
valutazione degli impatti ambientali, in merito alla quale l’autorità
competente valuta la conformità e completezza dei contenuti nei confronti dei
requisiti minimi normativi e delle risultanze della fase di scoping.
Dopo aver ricevuto la documentazione tecnica sugli impatti ambientali del
progetto da parte del proponente, l’autorità competente interpella gli enti
competenti per gli aspetti ambientali influenzati dall’opera, inviando loro la
documentazione (§
7 UVPG). Su tale
materiale e per gli aspetti di relativa competenza, tali enti sono chiamati ad
esprimere un parere. L’autorità competente è, inoltre, responsabile della
partecipazione e informazione del pubblico per quanto riguarda gli impatti
ambientali del progetto. In linea di principio, al pubblico interessato è data
la possibilità di esprimersi attraverso lo svolgimento di una pubblica
audizione. Nel caso particolare in cui nel corso del procedimento il proponente
modifichi la documentazione tecnica, non è obbligatorio rinnovare il processo
partecipativo fintantoché non siano previsti ulteriori o differenti impatti.
Infine, sulla
base della documentazione tecnica ricevuta dal proponente, del parere espresso
dagli enti competenti in materia ambientale coinvolti e degli esiti del
processo partecipativo del pubblico interessato, l’autorità competente, ai
sensi del (§
11 UVPG), procede, entro
un mese, alla redazione di un rapporto sugli impatti ambientali del progetto (zusammenfassende
Darstellung der Umweltauswirkungen des Vorhabens) contenente una
descrizione: degli impatti ambientali del progetto; delle misure adottate per
prevenire, ridurre e compensare gli impatti previsti; delle misure sostitutive,
nel caso di opere prioritarie, per le quali non fossero applicabili misure di
compensazione; dei risultati di eventuali indagini condotte nel corso del
procedimento dall’autorità competente. Sulla base del rapporto (incluso in un
“memorandum esplicativo” a supporto e corredo della decisione finale
sull’approvazione del progetto), l’autorità competente valuta quindi la
compatibilità ambientale dell’opera. Tale valutazione è poi presa in
considerazione in sede di decisione finale sull’autorizzazione del progetto (§
12 UVPG).
I termini entro i
quali viene svolto il processo partecipativo (Istituzioni + pubblico) non sono
definiti dalla disciplina federale, bensì a livello di Länder nelle
singole norme regionali di riferimento per le procedure autorizzative. In
media, essi variano da 6 a 8 settimane, senza possibilità di proroghe.
L’autorità competente può tuttavia decidere se considerare o meno eventuali
pareri e osservazioni pervenuti oltre la scadenza dei termini.
Per quanto
riguarda, infine, le azioni di ricorso legale, va sottolineato che in Germania
la procedura di VIA non è uno strumento a carattere vincolante. Come stabilito
dalla normativa federale, l’autorità competente ha l’obbligo di considerare le
risultanze della procedura di VIA ai fini del rilascio del parere finale
sull’autorizzazione o meno del progetto, tuttavia un esito negativo di VIA non
comporta necessariamente il rigetto di un progetto. Di conseguenza, gli esiti
della procedura di VIA non possono essere direttamente contestati con specifica
azione legale, ma al massimo, in sede di ricorso legale avverso il parere
finale di autorizzazione del progetto, l’esito di una procedura di screening
di VIA può essere riesaminato esclusivamente per stabilire se la procedura di
valutazione preliminare sia stata condotta in conformità alla normativa
vigente.
Nell’ordinamento
giuridico tedesco esistono una serie di leggi e norme per il calcolo e la
valutazione degli effetti derivanti dal rumore, che applicano criteri di misura
diversi a seconda delle diverse sorgenti di rumore. In base alla normativa
vigente, ad esempio, il rumore del traffico di solito non viene misurato, ma
solo calcolato. Una particolare eccezione è rappresentata dal rumore degli
aerei negli aeroporti, che è l’unica sorgente di rumore ad essere misurata 24
ore al giorno in modo continuo.
Negli anni 2005 e
2006, con l’introduzione dei §§ dal 47a al 77f nella Legge federale sulla
protezione contro le immissioni nell’ambiente e l’adozione del suo 34esimo
regolamento attuativo (Vierunddreißigste Verordnung zur Durchführung des
Bundes-Immissionsschutzgesetzes - Verordnung über die Lärmkartierung, 34. BImSchV) è stata recepita la
direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore
ambientale.
A differenza di
altri paesi europei, il legislatore tedesco non ha previsto misurazioni. Sono
state adottate nuove regole, diverse dalle precedenti, che talora hanno creato
confusione, poiché le autorità competenti per i trasporti, ad esempio nella
costruzione di strade, calcolano in base alla vecchie direttive sullla
protezione dal rumore nelle strade (Richtlinien
für den Lärmschutz an Straßen,
c.d. RLS-90), adottate dal Ministero federale dei trasporti d’intesa con
le competenti autorità dei Länder nel 1990, mentre nella mappatura
acustica viene utilizzato il metodo di calcolo provvisorio per il rumore
ambientale nelle strade (Vorläufige
Berechnungsmethode für den Umgebungslärm an Straßen – VBUS). Inoltre, in Germania, il rumore
derivante da attività ricreative (Freizeitlärm) non rientra, come in
altri paesi europei, nella disciplina della direttiva 2002/49/CE.
L’obbligo di mappatura acustica (Lärmkartierung) fa capo ai
Comuni o alle autorità competenti in base alla normativa dei Länder, a
meno che non riguardi l’infrastruttura ferroviaria federale, la cui
propagazione del rumore è mappata dall’Autorità federale per le ferrovie (Eisenbahn-Bundesamt
- EBA).
I risultati della mappatura devono essere comunicati al pubblico e
all’Unione europea. La direttiva europea mira infatti a coinvolgere il pubblico
nella stesura dei piani di azione per la riduzione del rumore, ma la
definizione dei particolari relativi a tale partecipazione è affidata ai Länder,
alle città e ai comuni.
Il sesto regolamento amministrativo generale relativo alla Legge
federale sulla protezione contro le immissioni del 26 agosto 1998 (Sechste Allgemeine Verwaltungsvorschrift zum
Bundes-Immissionsschutzgesetz), c.d. Direttiva tecnica per la protezione
contro il rumore (Technische Anleitung zum Schutz gegen Lärm - TA
Lärm), ha lo scopo di prevenire e proteggere dagli effetti nocivi del rumore.
Essa si applica agli impianti soggetti ad autorizzazione e a quelli non
soggetti ad autorizzazione, che però devono soddisfare i requisiti della parte
seconda del Bundes-Immissionsschutzgesetz. Nella stessa direttiva sono
anche elencati gli impianti che non rientrano nel campo di applicazione della TA
Lärm. La direttiva tecnica stabilisce i principi generali per gli impianti
che necessitano di autorizzazione preventiva. Pertanto, potrà essere concessa
l’autorizzazione alla costruzione e all’attivazione di impianti soggetti ad
autorizzazione soltanto a condizione che dal rumore proveniente dall’impianto
in questione non derivino effetti nocivi per l’ambiente.
La TA Lärm contiene anche disposizioni generali per il controllo
degli impianti non soggetti ad autorizzazione e fissa alcuni requisiti per gli
impianti già esistenti, in modo che possano essere adottate ordinanze
successive.
Nel Regno Unito ci sono due tipi principali di autorizzazione ambientale, ai sensi del Regolamento di autorizzazione ambientale (The Environmental Permitting (England and Wales) Regulations 2010 - EPR):
§ autorizzazioni “su misura” (bespoke permits) con cui vengono solitamente impartite condizioni specifiche per l’esercizio dell’attività;
§ autorizzazioni di carattere generale basate su regole standard (standard rules permits), vale a dire autorizzazioni che impongono una serie di regole generiche applicabili a tutte le attività di un certo tipo. Nel momento in cui si fa una domanda per un “permesso standard” si dichiara di aver letto le regole e ci si impegna a rispettarle. Se si ritiene che il proprio impianto o attività non sia in grado di soddisfare i criteri standard allora sarà necessario richiedere un permesso “su misura”.
L’autorizzazione non è invece richiesta se l’attività è coperta dalle “basic rules” oppure se la stessa rientra tra quelle escluse (in tal caso occorre presentare una domanda di esenzione).
Ci sono “regole di base” per i diversi tipi di
attività che possono causare inquinamento. Tali regole illustrano le procedure
da seguire per fare in modo che l’attività sia svolta in modo compatibile con
l’ambiente. Le “regole di base” fanno riferimento a: utilizzazione,
trattamento, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, nonché agli scarichi idrici.
Per quanto riguarda il regime delle “esenzioni”, è
prevista una serie di operazioni, per ognuna delle quali sono indicate le
condizioni e i limiti per poterle esercitare senza bisogno di richiedere alcuna
autorizzazione. Vi sono “regole di esenzione” per le seguenti operazioni:
utilizzazione, trattamento, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti, nonché per
gli scarichi idrici. Ogni “regola di esenzione” deve essere registrata presso
l'Agenzia per l'ambiente. Ogni registrazione dura tre anni e può essere
rinnovata. La registrazione vale ovviamente solo per la specifica “regola di
esenzione”. Vale a dire che, p.es., una ditta che si è registrata per operare
in regime di esenzione per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti, può
comunque aver bisogno di una licenza edilizia per l’impianto (planning permission) o di un permesso
(standard o su misura) per lo scarico delle acque.
Una domanda di autorizzazione, standard o “su misura”, di solito richiede fino a 3 mesi di tempo per essere elaborata.
Una domanda di esenzione solitamente richiede 5 giorni di tempo per essere elaborata. Le domande di autorizzazione e le istanze di registrazione delle esenzioni devono essere inoltrate all’Agenzia per l’ambiente.
Dal punto di vista delle attività assoggettate ad autorizzazione, la normativa suddivide gli impianti in due categorie:
§ i cosiddetti impianti “Parte B”, per i quali le autorità locali si limitano a controllare le emissioni in atmosfera (air pollution control o local air pollution control);
§ i cosiddetti impianti “Parte A”, per i quali l’autorizzazione si propone di controllare tutte le forme di inquinamento che possono derivare dall’impianto, quali le emissioni in aria, terra e acqua, nonché considerare le questioni come il rumore, i rifiuti e l'efficienza energetica (si parla in questo caso di “Industrial Pollution Prevention and Control - IPPC”). Per gli impianti di minore dimensione e/o impatto la competenza è attribuita alle autorità locali (“Parte A2”), mentre per gli impianti industriali di maggiori dimensioni (“Parte A1”) la competenza è direttamente in capo all’Agenzia per l'Ambiente.
La verifica di assoggettabilità a VIA (c.d. screening) è disciplinata dalla direttiva europea 2011/92/UE, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE.
Nel Regno Unito la fase di screening viene di regola effettuata nella fase iniziale della progettazione, ma può anche essere attivata in seguito ad una domanda di licenza edilizia (planning application) o in seguito alla presentazione di un ricorso al Ministro.
La competenza, nella fase di screening, è solitamente attribuita all’autorità di pianificazione locale, la quale deve valutare se il progetto rientra tra quelli elencati dalle tabelle del Town and Country Planning (Environmental Impact Assessment) Regulations 2011:
§ se il progetto è elencato nell’Allegato 1, allora la valutazione di impatto ambientale (VIA) è necessaria in ogni caso;
§ se il progetto è elencato nell’Allegato 2, allora l'autorità di pianificazione locale procederà allo screening. L’Allegato 2 contiene infatti un elenco di attività e, per ognuna di esse, l’indicazione delle soglie dimensionali o dei criteri da utilizzare per decidere se debba o meno essere attivata la fase di screening[63]. Qualora il progetto afferente una delle attività elencate nella Allegato 2 si trovi, in tutto o in parte, in una zona “sensibile”, allora lo screening è necessario in ogni caso, indipendentemente cioè dal rispetto o meno delle soglie e dei criteri indicati dal medesimo Allegato 2. In realtà il fatto di rientrare nei criteri o superare le soglie previste dall’Allegato 2 non sempre esclude l’effettuazione della VIA: il Segretario di Stato può infatti imporre di procedere a VIA anche nei casi in cui non sarebbe necessaria ai sensi dell’Allegato 2, qualora ritenga che il progetto possa avere effetti significativi sull'ambiente.
La normativa del Regno Unito prevede inoltre che, qualora debba essere effettuato lo screening, l'autorità di pianificazione locale deve tener conto dei criteri di selezione indicati nell'Allegato 3 del Town and Country Planning (Environmental Impact Assessment) Regulations 2011, che corrisponde all’allegato III della direttiva europea succitata.
Secondo quanto sottolineato nella guida predisposta dal Governo del Regno Unito “non tutti i criteri saranno rilevanti in ogni caso, per cui occorre effettuare una valutazione caso per caso in modo equilibrato e le autorità dovrebbero mantenere gli elementi di prova per giustificare la loro decisione”.
Nella valutazione del progetto nell’ambito dello screening, al fine di determinare se un progetto possa avere effetti significativi sull'ambiente, le autorità locali di pianificazione possono utilizzare le linee guida nazionali. Secondo la citata guida “non si deve presumere che un superamento delle soglie indicative comporti conseguentemente l’assoggettabilità a VIA così come pur in presenza di valori al di sotto delle medesime soglie si potrebbero produrre effetti significativi per l’ambiente, in particolare quando l’intervento è in una posizione ecologicamente sensibile. Ogni intervento dovrà quindi essere valutato nel merito".
La fase di screening si conclude con l’emissione, da parte dell'autorità di pianificazione locale, di un parere positivo (assoggettamento a VIA) o negativo (in caso non sia richiesta una valutazione di impatto). Tale parere deve essere rilasciato entro 3 settimane dalla richiesta o nei termini più ampi concordati con il richiedente. Qualora l’autorità locale non si pronunci nei termini previsti o concordati, il richiedente può presentare istanza al Ministro.
L’intervento del Ministro può essere richiesto anche al di fuori dell’ipotesi di attivazione di poteri sostitutivi testé menzionata. Qualsiasi persona, qualora ritenga che un progetto necessiti di una VIA, può scrivere al Segretario di Stato richiedendo un parere di screening, anche se né l'autorità di pianificazione né il titolare del progetto ritenevano necessario effettuare la VIA. Tali richieste saranno considerate caso per caso e saranno prese in considerazione qualora l’istante dimostri di aver seriamente preso in considerazione i motivi per cui è necessaria una VIA e abbia offerto motivi rilevanti per tale richiesta.
Al link:
http://planningguidance.planningportal.gov.uk/blog/guidance/environmental-impact-assessment/screening-schedule-2-projects/establishing-whether-a-proposed-development-requires-an-environmental-impact-assessment/ è disponibile un diagramma di flusso che illustra le varie fasi della procedura di screening.
Si veda anche https://www.gov.uk/guidance/assessing-environmental-impact-guidance
Le valutazioni di impatto acustico sono integrate sia nelle licenze edilizie (planning permission) sia nelle autorizzazioni ambientali, sia nel rilascio delle licenze per esercizi commerciali. La valutazione del rumore è altresì considerata nelle norme tecniche per le costruzioni (Building Regulations).
La normativa impone quindi alle autorità locali competenti per la pianificazione del territorio di rimanere in contatto con le autorità competenti per il rilascio delle citate licenze.
L'Agenzia per l'ambiente controlla, mediante i permessi ambientali rilasciati nell'ambito del controllo dell'inquinamento, alcune potenziali immissioni moleste (i c.d. statutory noise, vale a dire le immissioni considerate e definite dalle disposizioni dell’Environmental Protection Act 1990), quali il rumore, l'odore e la polvere[64]. Per la valutazione del rumore esistono precise linee guida nell’ambito dell’IPPC.
L’apertura di un’attività può essere iniziata attraverso vari
procedimenti autorizzatori[65].
In materia ambientale il procedimento più significativo è
l’autorizzazione ambientale integrata (autorización
ambiental integrada), prevista dalla Ley 16/2002, de 1 de julio, de prevención y control
integrados de la contaminación[66],
concernente la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento
ambientale.
La legge 16/2002 ha inteso favorire l’adozione di misure atte ad evitare
o, qualora ciò si riveli impossibile, a ridurre le emissioni di agenti
inquinanti nell’aria, nell’acqua e nel terreno e riguarda tutte le
installazioni, pubbliche o private, la cui attività rientri nelle categorie
elencate nell’allegato
1, che raggiungono le soglie di capacità
indicate nello stesso allegato, fatta eccezione per quegli impianti che
risultano impegnati nella ricerca, nello sviluppo e nella sperimentazione di
nuovi prodotti e procedimenti (art. della legge 16/2002).
L’autorizzazione ambientale integrata è la decisione scritta dell’organo
competente della Comunità autonoma in cui si trova l’installazione con la quale
si consente, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute delle persone,
di utilizzare tutta o parte dell’installazione, sotto determinate condizioni
intese a garantire che soddisfi le finalità e le disposizioni della legge. Tale
autorizzazione può valere per uno o più installazioni o parti di installazioni
con la stessa ubicazione (art. 3 della legge).
Tra le
attività a cui si applica l’autorizzazione ambientale integrata (allegato 1
della legge) rientrano:
§
impianti
di combustione;
§ produzione e trasformazione di metalli;
§ industrie minerarie;
§ industrie chimiche;
§ gestione di rifiuti;
§ industria del legno;
§ industria tessile;
§ industria del cuoio;
§ industria agroalimentare e del bestiame;
§ industria del carbone.
L’art. 4 della legge enuncia i principi informatori dell’autorizzazione
ambientale integrata. L’organo competente a rilasciarla deve valutare:
§
che il
funzionamento dell’installazione tenga conto delle migliori tecniche
disponibili (mejores técnicas disponibles)
per la riduzione delle emissioni;
§
che si
promuova la prevenzione nella generazione di rifiuti e, se del caso, che essi
siano gestiti con l’ordine seguente: prevenzione, preparazione per il riuso,
riciclo e altri tipi di valorizzazione, compresa la valorizzazione energetica;
§
che
energia, acqua e materie prime vengano impiegate nel modo più efficiente;
§
che
siano adottate le misure più idonee per prevenire gli incidenti e limitarne le
conseguenze sia rispetto alle persone sia rispetto all’ambiente;
§
infine
che una volta cessata l’attività venga evitato qualsiasi rischio di
contaminazione del suolo, delle acque e dell’aria.
A loro volta i titolari degli impianti devono (art. 5):
§
munirsi
dell’autorizzazione ambientale integrata e attenersi alle condizioni da essa
stabilite;
§
ottemperare
agli obblighi di controllo e di informazione previsti dalla legislazione di
settore e dall’autorizzazione stessa;
§
comunicare
all’organo competente per il rilascio dell’autorizzazione qualsiasi modifica si
intenda apportare all’impianto così come ogni cambiamento nella proprietà;
§
informare
l’organo competente in merito a qualsiasi incidente che possa provocare
l’inquinamento dell’ambiente;
§
prestare
assistenza e collaborazione agli organi incaricati della vigilanza e del controllo
sugli impianti;
§
ottemperare
infine a tutti gli obblighi previsti dalla legge e dalle sue norme di
applicazione.
Il
titolo III della legge, “Régimen jurídico
de la autorización ambiental integrada”,
costituisce il cuore del provvedimento. Nei suoi tre capitoli vengono
disciplinati gli obiettivi e l’applicazione dello strumento (art. 9-11), le
modalità di richiesta e la concessione (art. 12-27), le forme di coordinamento
dell’autorizzazione con gli altri meccanismi di intervento ambientale (art. 28-29).
Con l’autorizzazione ambientale integrata ha preso il via un vasto
processo di semplificazione amministrativa. Essa ha sostituito infatti tutta
una serie di autorizzazioni precedenti e integrato la normativa esistente per
ciò che concerne la produzione e la gestione dei rifiuti (inclusa quella
relativa all’incenerimento), lo scarico dei residui nelle acque continentali e
in quelle marine, così come ha integrato alcune discipline di settore, prima
tra tutte quella concernente i composti organici volatili.
All’autorizzazione ambientale integrata sono soggetti la costruzione, il
montaggio, l’utilizzazione, il trasferimento e le modifiche sostanziali delle
installazioni il cui elenco figura nell’allegato 1.
La richiesta di autorizzazione
deve essere accompagnata da una documentazione contenente almeno:
§
il
progetto di base dell’impianto, che includa, tra l’altro, la descrizione
dettagliata dell’attività e delle installazioni, i processi produttivi e il
tipo di prodotto, la documentazione che l’interessato presenta alla pubblica
amministrazione delle attività con ripercussioni su sicurezza, salute delle
persone e ambiente, stato ambientale dei luoghi dell’installazione e possibili
impatti prevedibili, risorse naturali, materie prime e ausiliarie, sostanze,
acqua ed energia impiegate o generate;
§
la
relazione urbanistica (informe
urbanístico) del comune in cui è ubicata l’installazione che accerti che il
progetto è compatibile con il piano urbanistico;
eventualmente
l’autorizzazione allo scarico dei residui nelle acque;
§
ogni
altra documentazione che il richiedente ritenga utile all’istruzione del
procedimento.
Quando l’attività implica l’uso, la produzione o l’emissione di sostanze
pericolose rilevanti, è richiesta una relazione prima di cominciare lo
sfruttamento dell’impianto.
La Comunità autonoma presso cui viene istruito il procedimento può a sua
volta richiedere ulteriore documentazione. La richiesta va presentata
all’organo a ciò designato dalla Comunità autonoma nel cui territorio è situata
l’installazione o, in mancanza, all’organo della Comunità al quale sono
attribuite le competenze in materia ambientale.
L'organo competente per il
rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale deve chiudere il procedimento
entro un periodo massimo di nove mesi,
decorsi i quali, senza una risposta espressa, si considera rifiutata la richiesta.
Secondo l’art. 22 l’autorizzazione deve almeno contenere:
§
i
valori limite delle emissioni calcolati in base alle migliori tecniche
disponibili;
§
le
prescrizioni a garanzia del suolo e delle falde acquifere;
§
l’indicazione
dei procedimenti e dei metodi di smaltimento dei rifiuti prodotti dall’attività
dell’impianto;
§
le
prescrizioni che riducano al minimo il rischio dell’inquinamento a lunga
distanza o transfrontaliero;
§
i
procedimenti per il trattamento e la riduzione di ogni genere di emissione e di
residui;
§
le
misure da adottare nel caso l’attività abbia luogo in condizioni straordinarie,
come nel caso di difetti di funzionamento dell’impianto, fughe di sostanze ecc.;
§
qualsiasi
altra misura o condizione stabilita dalla normativa specifica del settore;
§
le
condizioni di cessazione dell’impianto;
§
l’obbligo
di comunicare all’organo competente regolarmente e almeno una volta all’anno
una serie di informazioni, tra cui quelle relative ai risultati del controllo
delle emissioni;
§
i
requisiti adeguati per il mantenimento e la supervisione periodici delle misure
adottate per evitare le emissioni nel suolo e nelle falde acquifere;
§
le
condizioni per valutare il rispetto dei valori limite delle emissioni.
L’autorizzazione può inoltre contenere la dichiarazione di impatto ambientale (declaración de impacto ambiental), o altre tipologie di valutazioni
ambientali previste dalla legge, e le misure di prevenzione e di controllo
contro il verificarsi di incidenti gravi dai quali derivi dispersione di
sostanze pericolose.
Del rilascio dell’autorizzazione viene eseguita notifica all’interessato
il quale può opporsi mediante impugnazione.
Alle Comunità autonome spetta adottare le misure di controllo necessarie
all’applicazione della legge, fatte salve le competenze dello Stato per quanto
concerne gli scarichi nei bacini intercomunitari.
L’autorizzazione deve essere rivista e aggiornata entro quattro anni
dall’adozione delle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili relative
all’attività principale dell’installazione.
Quando spetti all’organo ambientale dell’Amministrazione generale dello
Stato la formulazione della dichiarazione di impatto ambientale, non può essere
rilasciata l’autorizzazione ambientale integrata senza aver prima ottenuto tale
dichiarazione.
Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione ambientale integrata
sostituisce i mezzi di intervento amministrativo nell’attività dei cittadini
stabiliti dalle amministrazioni competenti per l’esercizio di attività moleste,
insalubri, nocive e pericolose.
Il regime sanzionatorio
prevede infrazioni “molto gravi” (punite con multe da 200.001 a 2.000.000 di
euro), “gravi” (punite con multe da 20.001 a 200.000 euro) e “lievi” (punite
con multe fino a 20.000 euro). Sono infrazioni del primo tipo, ad esempio,
esercitare l’attività o introdurre modifiche sostanziali nell’impianto senza
autorizzazione, qualora ciò produca un danno grave all’ambiente o siano poste
in pericolo la sicurezza e la salute delle persone. Se l’esercizio senza
autorizzazione rimane privo di conseguenze nocive si verifica la fattispecie di
un’infrazione grave, nel novero delle quali rientra anche occultare o alterare
fraudolentemente le informazioni richieste dalla legge. Costituisce infine
infrazione lieve qualsiasi inosservanza della legge purché da ciò non siano
derivati danni o pericoli. Una volta iniziato il procedimento sanzionatorio
l’autorità può disporre una serie di misure a carattere provvisorio che vanno
dall’adozione di particolari procedure di controllo alla chiusura temporanea,
parziale o totale, dell’impianto o alla sospensione temporanea
dell’autorizzazione. In ogni caso, a prescindere dalla sanzione penale o
amministrativa applicata, il responsabile dell’infrazione è tenuto al
ripristino della situazione precedente; nel caso ciò non avvenga è in potere
dell’amministrazione irrogare multe coercitive.
In materia di valutazione ambientale è intervenuta la Ley 21/2013, de 9 de diciembre, de evaluación ambiental, che
sostanzialmente ha unificato in un unico testo le leggi di valutazione
ambientale strategica e di valutazione dell'impatto ambientale, predisponendo
uno strumento efficace per promuovere la protezione ambientale e semplificare
il procedimento di valutazione ambientale, nonché incrementare la sicurezza
giuridica degli operatori ed armonizzare la normativa sulla valutazione
ambientale su tutto il territorio nazionale.
La legge 21/2013 ha stabilito uno schema simile sia per il procedimento
di valutazione ambientale strategica
(Evaluación Ambiental Estratégica)[67], sia
per la valutazione d'impatto ambientale
(Evaluación de Impacto Ambiental)[68],
regolamentandone nei dettagli la relativa procedura. I procedimenti devono
attenersi a una serie di principi:
§
protezione
e miglioramento dell'ambiente;
§
precauzione;
§
azione
preventiva e cautelare, correzione e compensazione degli impatti sull'ambiente;
§
"chi
inquina paga" (“quien contamina paga”);
§
razionalizzazione,
semplificazione e coordinamento dei procedimenti di valutazione;
§
cooperazione
e coordinamento tra l'Amministrazione generale dello Stato e le Comunità
autonome;
§
proporzionalità
tra gli effetti dei piani, programmi e progetti e il tipo di procedimento di
valutazione da seguire caso per caso;
§
collaborazione
attiva dei diversi organi amministrativi che intervengono nel procedimento di
valutazione, facilitandone la relativa informazione;
§
partecipazione
pubblica;
§
sviluppo
sostenibile;
§
integrazione
degli aspetti ambientali nel processo decisionale;
§
prestazioni
in base alle migliori conoscenze scientifiche disponibili.
La legge ha indicato dei precisi limiti temporali entro i quali i
procedimenti di valutazione devono concludersi: ventidue mesi (prorogabili per altri due) per la valutazione
ambientale strategica, quattro mesi
(prorogabili per altri due) per la valutazione d'impatto ambientale.
Sono
oggetto di una valutazione ambientale
strategica ordinaria (evaluación
ambiental estratégica ordinaria) i piani e i programmi, e le loro
modificazioni, adottati o approvati da una pubblica amministrazione e la cui
elaborazione e approvazione siano richieste da una disposizione di legge o
regolamentare o per decisione del Consiglio dei ministri o del Consiglio di
governo di una Comunità autonoma in alcuni casi, tra cui quando stabiliscano il
quadro per la futura approvazione di progetti legalmente sottoposti a
valutazione di impatto ambientale e si riferiscano, tra l’altro, ad
agricoltura, allevamento del bestiame, silvicoltura, acquacultura, pesca,
energia, miniere, industria, trasporti, gestione dei rifiuti, gestione di
risorse idriche, occupazione del territorio urbano e rurale o di uso del suolo
nonché quando sia richiesta una valutazione relativa agli spazi della Rete
Natura 2000. Sono altresì oggetto di una valutazione ambientale strategica
ordinaria i piani e i programmi di cui al comma 2, quando lo decida caso per
caso l’organo ambientale, ed i piani e i programmi di cui al comma 2, quando lo
decida l’organo ambientale, su richiesta del proponente (art. 6, comma 1).
Sono
oggetto di una valutazione ambientale
strategica semplificata (evaluación
ambiental estratégica simplificada), tra l’altro, le modificazioni minori
dei piani e dei programmi di cui al comma 1, ed i piani e i programmi che
interessino, a livello comunale, zone di ridotta estensione (art. 6, comma 2).
L’art.
7 disciplina in particolare l’ambito di applicazione della valutazione di
impatto ambientale. Sono soggetti a valutazione
di impatto ambientale ordinaria (evaluación
de impacto ambiental ordinaria) i seguenti progetti (comma 1):
a) quelli compresi nell’allegato I[69], così
come i progetti che, presentandosi frazionati, raggiungono le soglie
dell’allegato I mediante l’accumulo di quantità o dimensioni di ciascuno dei
progetti considerati;
b) quelli di cui al comma 2 (cioè i progetti
soggetti a verifica di assoggettabilità), quando sia deciso caso per caso
dall’organo ambientale nel provvedimento di assoggettabilità alla valutazione
di impatto ambientale secondo i criteri di cui all’allegato III[70];
c) qualsiasi modifica delle caratteristiche di
un progetto di cui all’allegato I o all’allegato II[71],
quando tale modifica comporta il raggiungimento delle soglie di cui
all’allegato I;
d) i progetti di cui al comma 2 (progetti
soggetti a verifica di assoggettabilità), quando è richiesto dal proponente.
Sono
soggetti a verifica di assoggettabilità
alla valutazione di impatto ambientale ovverosia a valutazione di impatto
ambientale semplificata (evaluación
de impacto ambiental simplificada) i seguenti progetti (comma 2):
a) i progetti compresi nell’allegato II;
b) i progetti non compresi nell’allegato I o II
che potrebbero comportare impatti negativi significativi, direttamente o
indirettamente, sugli spazi protetti della Rete Natura 2000;
c) qualsiasi modifica delle caratteristiche di
un progetto di cui all’allegato I o II, diverso dalle modifiche di cui al comma
1, lettera c), già autorizzati, eseguiti o in via di esecuzione, che possono
avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente quando vi sia: un aumento
significativo delle emissioni nell’atmosfera, un aumento significativo degli
scarichi in corsi d’acqua pubblici o sulle coste; un aumento significativo
della produzione di rifiuti, un aumento significativo dell’uso di risorse
naturali, quando interessino gli spazi protetti della Rete Natura 2000 o in
maniera significativa il patrimonio culturale;
d) i progetti che, presentandosi frazionati,
raggiungono le soglie di cui all’allegato II mediante l’accumulo di quantità o
dimensioni di ciascuno dei progetti considerati;
e) i progetti di cui all’allegato I, quando
servono esclusivamente o principalmente per sviluppare o sperimentare nuovi
metodi o prodotti, purché la durata del progetto non sia superiore a due anni.
Per
quanto concerne il procedimento di
valutazione di impatto ambientale ordinario (artt. 33-44), la fase iniziale, della durata di tre mesi, è attivata dal proponente,
mediante la richiesta, all’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione
al progetto, del documento di delimitazione del campo d’indagine e il deposito
di un progetto iniziale. L’autorità competente valuta la conformità della
documentazione e richiede all’organo ambientale di attivare la procedura di
delimitazione del campo d’indagine. L’organo ambientale attiva le consultazioni
preliminari rivolte agli organi competenti nelle varie materie (ambiente,
patrimonio culturale, ecc.) e alle persone interessate, quindi redige il
documento di delimitazione del campo d'indagine, con i dettagli sullo studio di
impatto ambientale (estudio de impacto
ambiental), e lo trasmette all’autorità competente.
Il
proponente elabora lo studio di impatto ambientale entro un anno dalle consultazioni avvenute in fase di delimitazione del
campo d’indagine e lo deposita presso l’autorità competente.
Prima
dell’inizio della procedura di valutazione di impatto ambientale vi è una fase di consultazione della durata di due mesi. L’autorità competente attiva
le procedure di informazione pubblica e le consultazioni degli organi
competenti nelle varie materie e delle persone interessate. In questa fase
vengono richiesti i pareri obbligatori.
Il
proponente recepisce i pareri prodotti in fase di consultazione e deposita
presso l’autorità competente il documento tecnico del progetto (documento técnico del proyecto), lo
studio di impatto ambientale, nonché i documenti ed i pareri rilasciati e
richiede l’attivazione della procedura di valutazione di impatto ambientale.
L’autorità competente valuta la conformità della documentazione e la trasmette
all’organo ambientale. Dal momento in cui questo riceve la documentazione
inizia la fase di valutazione di impatto
ambientale, della durata di quattro
mesi, prorogabile di due mesi, che termina con la dichiarazione d’impatto
ambientale da parte dell’organo ambientale. La dichiarazione d’impatto
ambientale è necessaria ai fini dell’autorizzazione del progetto da parte
dell’autorità competente.
Nei
casi in cui vi sia lo svolgimento di una verifica
di assoggettabilità, della durata di tre
mesi, essa precede il procedimento indicato, prima della definizione dei
contenuti dello studio di impatto ambientale oppure, in caso di mancata
attivazione della definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale,
si aggiunge prima del deposito dello studio di impatto ambientale e della fase
di informazione pubblica.
La
legge 21/2013 ha promosso altresì una semplificazione del quadro normativo e dei
principi generali e un'omogeneizzazione della legislazione a livello nazionale,
in maniera da migliorare il livello di informazione per gli operatori che
intendono presentare un piano, un programma o un progetto di carattere
ambientale in qualsiasi parte del territorio nazionale. Per quanto concerne
invece l'armonizzazione normativa, il legislatore ha assegnato alle Comunità
autonome il termine di un anno per adattare la propria normativa ai contenuti
della legge in questione, scaduto il quale si applica la legislazione di base
prevista a livello nazionale.
In materia di autorizzazioni ambientali vi possono essere altre
tipologie di autorizzazioni o dichiarazioni, variabili a seconda della Comunità
autonoma interessata[72],
quali:
§
la licenza ambientale (licencia ambiental);
§
la dichiarazione responsabile ambientale (declaración responsable ambiental);
§
la comunicazione di attività innocue (comunicación de actividades inocuas).
Ad esempio, nella Comunità
Valenciana la Ley 6/2014, de 25 de julio, de la Generalitat, de
Prevención, Calidad y Control Ambiental de Actividades en la Comunitat
Valenciana, accanto all’autorizzazione ambientale
integrata (per le attività incluse nell’allegato I della legge[73]),
contempla:
§
la
licenza ambientale, per le attività non sottoposte ad autorizzazione ambientale
integrata inserite nell’allegato II della legge[74];
§
la
dichiarazione responsabile ambientale, per le attività non incluse né nel
regime dell’autorizzazione ambientale integrata né in quello della licenza
ambientale e che non rientrino nelle condizioni previste dall’allegato III
della legge[75];
§
la
comunicazione di attività innocue, per le attività senza incidenza ambientale.
Se una medesima persona fisica o giuridica richiede di svolgere diverse
attività in uno stesso impianto con differenti regimi di intervento
amministrativo, la relativa richiesta si trasmette e si concede con un’unica autorizzazione o licenza,
applicandosi il regime a cui corrisponde l’attività con maggiore incidenza
ambientale.
Nella Comunità dell’Aragona,
la Ley 11/2014, de 4 de diciembre, de Prevención y
Protección Ambiental de Aragón prevede diversi regimi di intervento
amministrativo:
§
valutazione
ambientale strategica per i piani e i programmi di cui agli artt. 11 e 12 della
legge[76];
§
valutazione
di impatto ambientale per i progetti di cui all’art. 23[77];
§
valutazione
ambientale nelle zone ambientali sensibili di cui all’art. 42[78];
autorizzazione
ambientale integrata per gli impianti di cui all’art. 46[79];
§
licenza
ambientale di attività classificate per le attività di cui all’art. 71[80];
§
licenza
di inizio attività di cui all’art. 84, per gli impianti e le installazioni
previamente sottoposti ad autorizzazione ambientale integrata o licenza
ambientale di attività classificate[81].
Sull’inquinamento acustico, la Spagna ha adottato un’apposita legge: la Ley 37/2003, de 17 de novembre, del Ruido. Essa ha incorporato all’ordinamento la direttiva 2002/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la valutazione e la gestione del rumore ambientale.
L’adozione di questa norma ha offerto al legislatore il mezzo per ricondurre ad unità il complesso delle regolamentazioni adottate nel corso degli anni dalle Comunità autonome e dagli enti locali e per migliorare, grazie alla predisposizione di strumenti idonei, la qualità acustica dell’ambiente circostante.
Il primo capitolo della legge, contenente le disposizioni generali, enuncia il proposito di prevenire, controllare e ridurre l’inquinamento acustico al fine di evitare danni alla salute, ai beni, all’ambiente. L’ambito di applicazione abbraccia le fonti di rumore di qualsiasi natura, ad esclusione di quelle legate alla pratica delle attività domestiche o ai rapporti di vicinato, per le quali valgono gli usi e i principi tradizionali di buona convivenza. Ugualmente escluse risultano le emissioni acustiche dipendenti da attività lavorative[82].
Il capitolo II introduce il concetto di “qualità acustica”, definita come il grado di adeguamento delle caratteristiche acustiche di uno spazio alle attività che si realizzano nel suo ambito. L’articolo 7 della legge individua sette tipi di aree acustiche e ne affida la determinazione alle Comunità autonome, limitandosi a fissare la tipologia minima degli usi predominanti del suolo, per ciascuna delle aree individuate. La prima area è quella in cui predominano i suoli ad uso residenziale, la seconda i suoli ad uso industriale, la terza i suoli ad uso ricreativo, la quarta i suoli ad uso di attività terziarie diverse dalle attività ricreative, la quinta quelli ad uso sanitario, culturale e docente, che richiedono una protezione particolare dall’inquinamento acustico, la sesta quelli destinati alle infrastrutture di trasporto o ad altre installazioni pubbliche, la settima, infine, quelli riservati agli spazi naturali, che necessitano ugualmente di una protezione particolare[83].
La legge classifica le seguenti fonti di emissione: veicoli; rotabili ferroviari; aeromobili; infrastrutture viarie; infrastrutture ferroviarie; infrastrutture aeroportuali; macchinari ed equipaggiamenti; lavori di costruzione o di ingegneria civile; attività industriali; attività commerciali; attività sportivo-ricreative; infrastrutture portuali.
Le aree destinate al funzionamento o allo sviluppo delle infrastrutture di trasporto viario, ferroviario, aereo, portuale, oppure ad altre installazioni pubbliche individuate dal regolamento, possono essere soggette al gravame di servitù acustica (art. 10).
La prevenzione e la correzione dell’inquinamento acustico, oggetto del capitolo III, sono conseguite attraverso la pianificazione territoriale e gli interventi di tipo amministrativo sulle emissioni. La legge precisa che la valutazione delle emissioni acustiche rientra nei procedimenti già esistenti di intervento amministrativo, tra cui quelli relativi all’autorizzazione ambientale integrata, alla valutazione di impatto ambientale e alle altre valutazioni ambientali previste dalla normativa delle Comunità autonome (art. 18).
Il capitolo IV, dedicato ai controlli e alle sanzioni, non esaurisce la gamma delle infrazioni sanzionabili, dal momento che tanto le Comunità autonome quanto gli enti locali conservano la competenza in materia di inquinamento acustico e possono quindi introdurre altre tipologie di infrazioni amministrative. L’attribuzione della potestà sanzionatoria ricade in linea generale sulle autorità locali, in quanto più vicine al verificarsi del fenomeno sanzionabile.
[1] Per conoscere lo stato di avanzamento delle misure contenute nel programma triennale di semplificazione per le imprese, vedi il bilancio nei due anni successivi (al luglio 2015).
[2] Il principio si applica, a decorrere dal novembre 2014, agli atti della Pubblica Amministrazione e degli enti pubblici. A partire dal novembre 2015, il principio sarà esteso agli atti degli enti territoriali, degli organismi di sicurezza sociale e agli altri soggetti incaricati di gestire un servizio pubblico amministrativo.
[3] Décret n. 2014-11 du 8 janvier 2014 instituant le conseil de la simplification pour les entreprises; il Conseil è presieduto da un deputato e da un chef d’entreprise e si compone di 14 personalità indipendenti, nominate in 4 collegi rappresentativi delle imprese, degli eletti, degli esperti e degli alti funzionari. L’indirizzo del Consiglio è assicurato dalla «mission simplification», che raduna le competenze del Secrétariat général pour la modernisation de l’action publique (SGMAP) e del Secrétariat général du Gouvernement (SGG). Ogni anno il Consiglio presenta al Governo un bilancio con lo stato di avanzamento ed i risultati del programma di semplificazione per le imprese.
[4] Loi n. 2014-1545 del 20 dicembre 2014
relative à la simplification de la vie des entreprises et portant diverses
dispositions de simplification et de clarification du droit et des procédures
administratives.
[5] Arrêté du 25 juin 1980 portant approbation des
dispositions générales du règlement de sécurité contre les risques d'incendie
et de panique dans les établissements recevant du public (ERP).
[6] La
domanda può essere presentata utilizzando due formulari distinti: nei casi in
cui è richiesto un permesso di costruire va presentato il «Dossier spécifique permettant de vérifier la conformité des
établissements recevant du public aux règles d’accessibilité et de sécurité
contre l’incendie et la panique»; nei casi in cui non
è richiesto un permesso di costruire o di ristrutturare oppure nei casi in cui
è richiesta una declaration préalable
(cambio di destinazione d’uso, aumento della volumetria, modifica strutture
portanti) va presentata la «Demande d’autorisation de construire, d’aménager ou de modifier un
établissement recevant du public (ERP)».
[7] Le
informazioni riguardanti le attività di somministrazione di alimenti e bevande
sono tratte dal portale:
https://www.service-public.fr/professionnels-entreprises/vosdroits/F22379 (aggiornamento luglio 2015). Il portale della Amministrazione
Pubblica francese è a cura della Direction de l’information légale et
administrative, istituita presso la segreteria generale del Governo e
sottoposta all’autorità del Primo Ministro con Décret n.
2010-31 du 11 janvier 2010.
[8] Articoli L. 3332-1-1 et L. 3331-4, Code
de la santé publique. Il permesso va richiesto laddove la vendita di
alcolici avvenga tra le ore 22 e le ore 8. Il permesso viene rilasciato
all’esercente al completamento di un percorso di formazione di 7 ore. Vedi modulo: CERFA 14406*01.
[9] Tipologie di licenza in base alla categoria di bevande:
Bevande |
Somministrazione di |
Vendita di |
Ristorante |
Categoria
1: bevande analcoliche |
Vendita
libera |
Vendita
libera |
Vendita
libera |
Categoria
2: vino , birra, cidro, creme de cassis e altri, succhi di frutta fino a 3°
di alcool |
Licenza
II (licenza per bevande fermentate) |
Piccola
licenza |
Piccola
licenza |
Categoria
3: vino liquoroso, aperitivi a base di vino, liquori alla frutta con meno 18°
di alcool |
Licenza
III |
Licenza
da asporto |
Licenza
ristorante |
Categorie
4 e 5: rum e distillati alcolici |
Licenza
IV |
Licenza
da asporto |
Licenza
ristorante |
[10] Code de la santé publique, articoli L3332-1-1 e R3332-7. Vedi Modulo cerfa n. 14407*02
[11] Code de la santé publique - Article L3332-3 . Vedi modulo: cerfa n. 11542*04. La declaration
prealable consente di ottenere le licenze di 2a, 3a e 4a categoria per gli
esercizi di somministrazione di bevande sul posto, nonché la “petite licence restaurant”, la “licence restaurant”, la “petite licence à emporter” o la “licence à emporter”
[12] Modulo cerfa n. 11543*04
[13] Code
Rural et de la Pêche Maritime , articolo L. 233-4.
[14] In base all’articolo R123-3 del Code de Commerce, i CFE per i
commercianti e le società commerciali sono attivati e gestiti dalle Camere di
commercio e dell’industria competenti territorialmente.
[15] Code
de commerce, Annexe 1-1 all’articolo R. 123-30
[17] Code de la
construction et de l’habitation, Art.
L111-8. La domanda può essere presentata utilizzando
due formulari distinti: «Demande
d’autorisation de construire, d’aménager ou de modifier un établissement
recevant du public (ERP)»,
nei casi in cui non è richiesto un permesso di costruire o di
ristrutturare, nonché nei casi in cui è richiesta una declaration préalable (cambio di destinazione d’uso, aumento della
volumetria, modifica strutture portanti) e «Dossier
spécifique permettant de vérifier la conformité des établissements recevant du
public aux règles d’accessibilité et de sécurité contre l’incendie et la
panique», nei casi un cui è
richiesto un permesso di costruzione o di ristrutturazione.
[18] Code
de la construction et de l'habitation - Article R*111-19-22.
[20] Code de l’urbanisme, Articolo A431-10. Le
modalità applicative sono fissate dall’Arrêté
du 10 septembre 2007 relatif aux
attestations de prise en compte des règles de construction parasismique,
che contempla due tipi di attestazione, da fornire – rispettivamente - all’atto
della richiesta di “permis de construire”
e all’atto della “déclaration
d’achèvement de travaux”.
[21] Per una sintesi delle procedure e dei tempi per il rilascio delle
autorizzazioni relative agli “espaces protegés” da parte dell’architecte des
batiments de France (ABF) vedi la scheda pubblicata dal Ministero
della Cultura sul sito: http://www.culturecommunication.gouv.fr/Politiques-ministerielles/Espaces-proteges2.
[22] Code rural et de la pêche maritime - Article L233-2. Un approfondimento sui requisiti richiesti e le procedure previste per il
rilascio dell’ agrément sanitaire, è contenuto nell’allegato
“Francia - Autorizzazioni igienico sanitarie per l’immissione in
commercio di prodotti di origine animale o generi alimentari contenenti
prodotti di origine animale - agrément
sanitaire”.
[23] Code
de la construction et de l'habitation, art. R*123-51. Gli établissements recevant du public (ERP) debbono tenere un “registre de sécurité” sul quale sono
riportate le informazioni indispensabili al buon funzionamento del servizio di
sicurezza di prevenzione degli incendi e le procedure di evacuazione.
[24] Vedi modulo: cerfa n. 14798*01.
[25] Le informazioni riguardanti le grandi superfici di vendita sono
tratte dal portale: http://vosdroits.service-public.fr/professionnels-entreprises/F22536.xhtml,
(ultimo aggiornamento
giugno 2015). Il portale della Amministrazione Pubblica francese è a cura della Direction de l’information légale et administrative, istituita presso la segreteria generale del Governo e sottoposta
all’autorità del Primo Ministro con Décret n. 2010-31 du 11 janvier 2010.
[27] La Commission départementale
d'aménagement commercial (CDAC), secondo il Code de Commerce (Articolo L751-2) è presieduta dal prefetto
ed ha una composizione differenziata nel dipartimento di Parigi rispetto ai
restanti dipartimenti francesi. In questi ultimi, la commissione è composta di
7 membri (tra i quali, il sindaco del Comune interessato, il presidente del
Consiglio dipartimentale e del Consiglio regionale), 4 esperti in materia di
consumatori e protezione dei consumatori e 2 esperti in materia di sviluppo
sostenibile e pianificazione territoriale.
Se il progetto si estende oltre i confini del dipartimento, il
rappresentante dello Stato integra la composizione nominando un membro e un
esperto per ciascun dipartimento interessato. Nel dipartimento di Parigi la
commissione si compone di 5 membri e 3 esperti.
[28] Code
de commerce, article L752-14
[29] Per superare la mancanza di coerenza nella
regolamentazione tra il Code de
l’urbanisme e il Code de commerce in
materia di insediamento di grandi strutture commerciali, la parte regolamentare
del Code de commerce è stata
modificata con decreto n. 2015-165 del 12 febbraio 2015 “Simplification des procédures d’autorisation d’exploitation commerciale”, emesso in
attuazione della legge sull’artigianato, il commercio e le piccole imprese (cosiddetta
legge Pinel) n. 2014-626 del 18 giugno 2014. Le istanze di autorizzazione
all’insediamento commerciale (AEC) e il permesso di costruire vengono
facilitati e viene rafforzata la valorizzazione ambientale e sociale dei
progetti commerciali. Il nuovo sistema prevede la presentazione di un’unica
istanza, in luogo delle due precedenti, ad un unico sportello presso il Comune
ed opera solo nei casi in cui oltre alla autorizzazione per l’apertura di una
struttura commerciale (alimentare e non) di media o grande superficie, sia
necessario ottenere un permesso edilizio. In tali casi il parere conforme della
Commission départementale d’aménagement
commercial (CDAC) viene reso
nell’ambito della procedura di rilascio del permesso edilizio. In caso di
parere contrario della CDAC, il permesso di costruire non può essere
rilasciato. Il tempo massimo per il
completamento dell’istruttoria dell’istanza di permesso di costruire valevole
come autorizzazione allo sfruttamento commerciale sono aumentati a 5 mesi
(3mesi + 2 mesi di maggiorazione in base all’articolo R.* 423-25 del Code de l’urbanisme), prorogabile in via
eccezionale di 5 mesi in caso di parere obbligatorio della Commission nationale d’aménagement commercial (CNAC). Vedi, Code de l’urbanisme, articoli R.* 423-2, R.* 423-13-2, R.* 423-25 e Code de commerce, articoli L. 752-1, R. 752-6, R. 752-7, R. 752-10
[30] In base all’articolo R123-3 del Code de commerce, i CFE per i
commercianti e le società commerciali sono attivati e gestiti dalle Camere di
commercio e dell’industria competenti territorialmente.
[31] Code
de commerce, Annexe 1-1 all’articolo R. 123-30
[33] Code de la
construction et de l’habitation, Art.
L111-8. La domanda può essere presentata utilizzando
due formulari distinti: «Demande
d’autorisation de construire, d’aménager ou de modifier un établissement
recevant du public (ERP)»,
nei casi in cui non è richiesto un permesso di costruire o di
ristrutturare, nonché nei casi in cui è richiesta una declaration préalable (cambio di destinazione d’uso, aumento della
volumetria, modifica strutture portanti) e «Dossier
spécifique permettant de vérifier la conformité des établissements recevant du
public aux règles d’accessibilité et de sécurité contre l’incendie et la
panique», nei casi un cui è
richiesto un permesso di costruzione o di ristrutturazione.
[34] Code
de la construction et de l'habitation, article
R*111-19-22.
[36] Code
de l’urbanisme, article A431-10.
Le modalità applicative sono fissate dall’Arrêté
du 10 septembre 2007 relatif aux
attestations de prise en compte des règles de construction parasismique,
che contempla due tipi di attestazione, da fornire – rispettivamente - all’atto
della richiesta di “permis de construire”
e all’atto della “déclaration
d’achèvement de travaux”.
[37] Per una sintesi delle procedure e dei tempi per il rilascio delle
autorizzazioni relative agli “espaces protegés” da parte dell’architecte des
batiments de France (ABF) vedi la scheda pubblicata
dal Ministero della Cultura sul sito:
http://www.culturecommunication.gouv.fr/Politiques-ministerielles/Espaces-proteges2.
[38] Code rural
et de la pêche maritime, art. L233-2. Un approfondimento sui requisiti richiesti e le
procedure previste per il rilascio dell’agrément sanitaire, è contenuto nell’allegato “Francia
- Autorizzazioni igienico sanitarie per l’immissione in commercio di prodotti
di origine animale o generi alimentari contenenti prodotti di origine animale -
agrément sanitaire”.
[39] Code de la construction et de l'habitation, art. R*123-51. Gli établissements récevant du public (ERP) debbono
tenere un “registre de sécurité” sul
quale sono riportate le informazioni indispensabili al buon funzionamento del
servizio di sicurezza di prevenzione degli incendi e le procedure di
evacuazione.
[40] Article
R.321-1 e seguenti del Code pénal. Modulo: cerfa n. 11733*01.
[41] Articoli 533 et 534 del Code général des impôts; per i bureaux
de garantie istituiti sul territorio francese, vedi Direction Régionale des Douanes et Droits Indirects.
[42] Articolo 76 décret du 30
juillet 2013. Vedi modulo per le
società: Cerfa n. 14979*02. Vedi
anche Demande
d'autorisation de fabrication ou de commerce ou d'intermédiation de matériel de
guerre, armes et munitions (personne physique);
[43] Vedi modulo: cerfa n. 14798*01.
[44] Leggi
regionali sulla ristorazione (Landesgaststättengesetze) sono state
finora approvate in Assia (2012), Baden-Württemberg (2009), Bassa Sassonia
(2011), Brandenburgo (2008), Brema (2009), Sassonia (2011), Sassonia-Anhalt
(2014), Turingia (2008) e Saarland (2011). L’elenco completo, con date e
riferimenti normativi, è consultabile online al seguente indirizzo:
[45] Tale
disposizione si applica agli spazi che si trovano in edifici per i quali è
stato rilasciato un permesso di costruzione dopo il 1° novembre 2002 in caso di
nuova costruzione, di una notevole ristrutturazione o di un ampliamento
considerevole. Lo stesso vale per gli edifici che, non necessitando di un
permesso di costruzione, sono stati edificati, ristrutturati o ampliati dopo il
1° maggio 2002.
[46] L’Ispettorato
del commercio (Gewerbeaufsicht) è l’autorità competente ai fini
dell’osservanza delle disposizioni sulla tutela del lavoro, dell’ambiente e dei
consumatori. In alcuni Länder esso è
denominato anche Ufficio per la tutela del lavoro (Amt für Arbeitsschutz) o Ufficio statale per l’ambiente (Staatliches
Umweltamt).
All’Ispettorato del commercio, che non va confuso con gli uffici amministrativi
locali cui vanno denunciate le attività imprenditoriali e commerciali (Gewerbeämte), sono affidati il
monitoraggio e il rilascio delle autorizzazioni che rientrano nelle sue
specifiche competenze.
[47] In base alla normativa vigente, il “regulated entertainment” può includere
spettacoli teatrali, film, eventi sportivi al coperto, incontri di pugilato o
di lotta, musica dal vivo o registrata, spettacolo di danza, ecc.
[48] Si parla al riguardo di “provision of late night refreshment”, definita come la fornitura di
alimenti o bevande calde dentro o fuori locali ai cittadini tra le 23.00 e le
5.00 per il consumo fuori o dentro i locali. Sono escluse le somministrazioni
fatte da locali riconosciuti come club o alberghi alle persone ammesse nei
rispettivi locali come membro del club o ospite in pernottamento presso
l’hotel, nonché le forniture per mezzo di un distributore automatico
self-service o quelle che sono gratuite.
[49] Un avviso di evento temporaneo (TEN)
autorizza i locali ad essere utilizzati per lo svolgimento di attività soggette
ad autorizzazione per un periodo limitato e il suo utilizzo è soggetto a una
serie di altre limitazioni relative a quanto può essere utilizzato in un anno e
a quante volte può essere utilizzato in relazione agli stessi locali in un
anno, ecc. L’avviso di evento temporaneo è dato da un privato per autorizzare
l'esercizio delle attività e diventa efficace a meno che non ci sono obiezioni
da parte della polizia o l'autorità di salute ambientale.
[50] Le Comunità autonome spagnole sono:
Andalusia, Aragona, Asturie, Isole Baleari, Canarie, Cantabria, Castiglia-La
Mancia, Castiglia e León, Catalogna, Comunità Valenciana, Estremadura, Galizia,
La Rioja, Comunità di Madrid, Regione di Murcia, Navarra e Paesi Baschi. Vi
sono inoltre le città autonome di Ceuta e di Melilla.
[51] La legge 7/1996 è stata poi ampiamente
modificata, da ultimo nel 2014.
[52] La legge 1/2010 comprende un articolo unico,
che apporta modificazioni a quattordici articoli o disposizioni della legge
7/1996, cui seguono alcune disposizioni transitorie e finali.
[53] Sono compresi in tale definizione i chioschi
e in generale le installazioni di qualunque tipo con la medesima finalità.
[54] È stata anche abolita l’autorizzazione
preventiva per le vendite automatiche; con riferimento alla vendita a distanza,
si prescrive che le imprese interessate comunichino entro tre mesi l’inizio
dell’attività al Registro delle vendite a distanza.
[55] Il decreto legge 19/2012 è stato convalidato
dal Congresso dei deputati il 14 giugno 2012. Nella stessa seduta è stato
deliberato di trasformare il decreto legge in un disegno di legge con
procedimento d’urgenza, al fine di poter introdurre modifiche nel testo.
[56] Nel testo originario della norma tale
dimensione era di 300 metri quadrati, poi aumentati a 500 metri quadrati e
quindi a 750.
[57] Si
veda in proposito l’articolo L. 111-1 del Codice urbanistico (Code de l’urbanisme).
[58] In base ai dati pubblicati su
infomercatiesteri.it, il settore dell’edilizia in Germania continua a crescere.
Nel primo semestre del 2015 sono state approvate 122.887 concessioni edilizie
aventi ad oggetto edifici di nuova costruzione (con un aumento dell’1,5%
rispetto al corrispondente periodo del 2014) e 17.548 concessioni edilizie per
lavori di costruzione/ristrutturazione di edifici già esistenti (+10,9%).
Relativamente agli edifici di nuova costruzione, nel periodo in questione è
stata autorizzata la costruzione di 121.000 nuovi appartamenti (+2% rispetto al
primo semestre 2014), di cui 62.272 appartamenti in condomini (+5,3%), 44.751
appartamenti in case monofamiliari (+1%) e 9.576 appartamenti in case
bifamiliari (-4,7%). Gli edifici ad uso non abitativo di nuova costruzione per
i quali è stata richiesta la concessione edilizia sono stati 1.849
(-20,2%).16.972 concessioni edilizie sono state autorizzate per appartamenti ad
uso abitativo già esistenti (+14%) e 576 per edifici ad uso non abitativo già
esistenti (-38,5%).
[59] Fonte: Dealing
with Construction Permits in Germany (Doing Business - World Bank Grooup):
http://www.doingbusiness.org/data/exploreeconomies/germany/dealing-with-construction-permits
[60] Il contenuto del paragrafo fa riferimento al Working Paper “La regolamentazione in
materia di stabilimento di grandi strutture di vendita fra disciplina italiana
e comparazione europea”, di Filippo Mattioli e Klaus Füβer (giugno
2012):
[61] Le
figure professionali “registrate” (in un registro consultabile sul sito del Governo)
hanno il potere di autocertificare la regolarità e il rispetto degli standard
richiesti riguardo alle modifiche edilizie che si intendono compiere e
contattano loro stessi direttamente le autorità locali per tutte le
autorizzazioni e al termine delle verifiche rilasciano comunque un certificato
che può essere opposto in caso di contestazioni (cfr. https://www.gov.uk/building-regulations-approval/when-you-dont-need-approval).
[62] Ulteriori
disposizioni previste dalla Direttiva VIA sono state recepite in altre norme
federali, quali: la Legge per la protezione dalle immissioni inquinanti (Bundes-Immissionsschutzgesetz
- BImSchG); il Regolamento sulla valutazione d’impatto ambientale per i
progetti minerari (Verordnung über die Umweltverträglichkeitsprüfung
bergbaulicher Vorhaben - Verordnung Bergbau); la Legge recante disposizioni
supplementari sui ricorsi in materia ambientale, ai sensi della Direttiva
2003/35/CE (Gesetz über ergänzende Vorschriften zu Rechtsbehelfen in
Umweltangelegenheiten nach der EG-Richtlinie 2003/35/EG -
Umwelt-Rechtsbehelfsgesetz - UmwRG).
[63] Il 6
aprile 2015 sono entrate in vigore nuove norme (The Town and Country Planning (Environmental Impact Assessment)
(Amendment) Regulations 2015, disponibile al link http://www.legislation.gov.uk/uksi/2015/660/contents/made) che hanno alzato le soglie relative a
progetti di sviluppo industriale e di sviluppo urbano.
[65] I procedimenti autorizzatori più importanti
sono la comunicazione preventiva (comunicación
previa) e la dichiarazione responsabile (declaración responsable). Si intende per comunicazione preventiva
il documento mediante il quale gli interessati portano a conoscenza
dell’amministrazione pubblica competente i loro dati identificativi e gli altri
requisiti richiesti per l’esercizio di un diritto o l’inizio di un’attività. La
dichiarazione responsabile è il documento sottoscritto dall’interessato in cui
manifesta, sotto la propria responsabilità, che soddisfa i requisiti previsti
dalla normativa vigente per accedere al riconoscimento di un diritto o facoltà
o per il suo esercizio, che dispone della documentazione che lo accredita e che
si impegna a mantenerne la conformità durante il periodo di tempo inerente a
tale riconoscimento o esercizio.
[66] La legge 16/2002, che ha dato attuazione alla
direttiva comunitaria 96/61, è stata successivamente modificata, da
ultimo nel 2013.
[67] Sono oggetto di una valutazione ambientale
strategica ordinaria i piani e i programmi, e le loro modificazioni, adottati o
approvati da una pubblica amministrazione e la cui elaborazione e approvazione
siano richieste da una disposizione di legge o regolamentare o per decisione
del Consiglio dei ministri o del Consiglio di governo di una Comunità autonoma
in alcuni casi, tra cui quando stabiliscano il quadro per la futura
approvazione di progetti legalmente sopposti a valutazione di impatto
ambientale e si riferiscano ad agricoltura, allevamento del bestiame,
silvicoltura, acquacultura, pesca, energia, miniere, industria, trasporti,
gestione dei rifiuti, gestione di risorse idriche, occupazione del territorio
urbano e rurale o di uso del suolo nonché quando sia richiesta una valutazione
relativa agli spazi della Rete Natura 2000. Sono oggetto di una valutazione
ambientale strategica semplificata, tra l’altro, le modificazioni minori dei
piani e dei programmi citati, ed i piani e i programmi che interessino, a
livello comunale, zone di ridotta estensione.
[68] Sono oggetto di una valutazione di impatto
ambientale ordinaria i progetti di cui all’allegato I della legge 21/2013 (tra
cui: industria estrattiva, industria energetica, progetti di infrastrutture,
progetti di ingegneria idraulica e di gestione dell’acqua). Sono oggetto di una
valutazione di impatto ambientale semplificata, tra gli altri, i progetti di
cui all’allegato II (tra cui: agricoltura, silvicoltura, acquacultura e
allevamento del bestiame, industria di prodotti alimentari, industria
energetica, industria chimica, petrolchimica, tessile e della carta) ed i
progetti non inclusi negli allegati I e II che possono interessare in maniera
significativa, direttamente o indirettamente, gli spazi protetti della Rete
Natura 2000.
[69] I progetti di cui all’allegato I della legge
21/2013 possono concernere tra l’altro: industria estrattiva; industria
energetica; industria siderurgica e mineraria, produzione e lavorazione di
metalli; industria chimica, petrolchimica, tessile e della carta; progetti di
infrastrutture; progetti di ingegneria idraulica e di gestione dell’acqua.
[70] I criteri di cui all’allegato III della legge
21/2013 comprendono diversi aspetti relativi a: caratteristiche dei progetti;
ubicazione dei progetti; caratteristiche dell’impatto potenziale.
[71] I progetti di cui all’allegato II della legge
21/2013 possono comprendere tra l’altro: agricoltura, silvicoltura, acquacultura
e allevamento del bestiame; industria di prodotti alimentari; industria
energetica; industria chimica, petrolchimica, tessile e della carta; progetti
di infrastrutture; progetti di ingegneria idraulica e di gestione dell’acqua.
[72] Allo Stato è conferita la competenza generale
in materia ambientale mentre le Comunità autonome possono ampliare o migliorare
la legislazione statale. Ai sensi dell’art. 149 Cost. “1) Lo Stato gode di
competenza esclusiva nelle seguenti materie: (…) 23) Legislazione di base in
materia di difesa dell’ambiente, ferma restando la facoltà delle Comunità
autonome di emanare ulteriori norme di salvaguardia”. L’art. 148 prevede che:
“La Comunità autonoma potrà essere competente nelle seguenti materie: (…) 9) La
gestione in materia di protezione dell’ambiente”.
[73] Le attività soggette ad autorizzazione
ambientale integrata di cui all’allegato I possono essere: impianti di
combustione; produzione e trasformazione di metalli; industrie minerarie,
industria chimica; gestione di rifiuti; industria del legno; industria tessile;
industria del cuoio; industrie agroalimentari e del bestiame; consumo di
solventi organici; industria del carbone; industria di conservazione del legno;
trattamento delle acque; cattura di CO2.
[74] Le attività soggette a licenza ambientale di
cui all’allegato II possono essere: industrie energetiche/energia; produzione e
trasformazione di metalli; industrie minerarie; industria chimica; gestione di
rifiuti; industria della carta, cartone, sughero, legno e mobili; industria
tessile; industria del cuoio; industrie agroalimentari e del bestiame; consumo
di solventi; conservazione di materie e prodotti derivati; progetti di gestione
dell’acqua.
[75] Le condizioni per determinare l’inclusione
delle attività nel regime della dichiarazione responsabile ambientale o della
comunicazione di attività innocue di cui all’allegato III comprendono: rumore e
vibrazioni; odori, fumi e/o gas; inquinamento atmosferico; radiazioni
ionizzanti; incendi; manipolazione di sostanze pericolose o produzione di
rifiuti pericolosi; esplosione per sovrappressione e/o deflagrazione; rischio
di legionella.
[76] Sono oggetti di una valutazione ambientale
strategica ordinaria i piani e i programmi, e loro modifiche, adottati o
approvati dall’amministrazione della Comunità autonoma di Aragona o da un ente
locale della medesima Comunità, la cui elaborazione ed approvazione sono
previste dalla legge, in determinati casi, quali ad esempio quelli che
stabiliscono il quadro per l’autorizzazione futura di progetti suscettibili di
essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale e che si riferiscano ad
agricoltura, allevamento, silvicoltura, acquacoltura, pesca, energia, miniere,
industria, trasporti, gestione di rifiuti, gestione di risorse idriche,
telecomunicazioni, turismo, ordinamento del territorio urbano e rurale o di uso
del suolo. Sono oggetto di valutazione ambientale strategica semplificata le
modificazioni minori di piani e programmi ed i piani e programmi che
stabiliscano l’uso a livello locale di zone di ridotto ambito territoriale.
[77] Sono sottoposti a valutazione di impatto
ambientale ordinaria, tra gli altri, i progetti compresi nell’allegato I (ad
esempio: industria estrattiva, industria energetica, industria chimica,
petrolchimica, tessile e cartaria, progetto di infrastrutture). Sono sottoposti
a valutazione di impatto ambientale semplificata i progetti inclusi
nell’allegato 2, quando ciò sia deciso dall’organo ambientale (tra questi
possono rientrare: agricoltura, silvicoltura, acquacoltura e allevamento,
industria di prodotti alimentari, industria energetica, progetti di
infrastrutture).
[78] I progetti sottoposti a valutazione
ambientale in zone ambientali sensibili sono quei progetti, pubblici o privati,
consistenti nella realizzazione di opere, impianti o qualsiasi altra attività
che, singolarmente o in combinazione con altri progetti, abbiano incidenza
nelle zone ambientali sensibili e che non siano sottoposti al procedimento di
valutazione di impatto ambientale o alla qualificazione ambientale. Tra le zone
ambientali sensibili rientrano, ad esempio, gli spazi protetti della Rete
Natura 2000, gli spazi naturali protetti ai sensi della normativa statale o
della Comunità autonoma, l’ambito territoriale dei piani di gestione delle
risorse naturali.
[79] Sono sottoposte al regime dell’autorizzazione
ambientale integrata gli impianti di titolarità pubblica o privata relativi ad
attività industriali incluse nelle categorie di cui all’allegato IV e che
raggiungono le soglie di capacità stabilite, con eccezione degli impianti o
parte degli stessi utilizzati per ricerca, sviluppo e sperimentazione di nuovi
prodotti o processi. Tra le categorie di attività e impianti di cui
all’allegato IV possono rientrare: impianti di combustione, produzione e
trasformazione di metalli, industrie minerarie, industrie chimiche, gestione di
rifiuti, industria del legno, industria tessile, industria del cuoio, industria
del carbone, industria di conservazione del legno, cattura di CO2.
[80] Sono sottoposte al regime di licenza ambientale
di attività classificate la costruzione, il montaggio, lo sfruttamento, il
trasferimento o la modifica sostanziale di attività classificate, di titolarità
pubblica o privata, che siano considerate moleste, insalubri, nocive per
l’ambiente o pericolose.
[81] Il titolare dell’impianto o attività deve
presentare al comune la richiesta di licenza di inizio attività accompagnata
dalla documentazione che comprovi che le opere e le installazioni siano
eseguite secondo quanto previsto nell’autorizzazione ambientale integrata o
nella licenza ambientale di attività classificate. Tale documentazione deve
comprendere: un certificato del tecnico direttore competente dell’esecuzione,
eventualmente vistato dal relativo collegio professionale, in cui si specifica
la conformità dell’impianto o attività con il progetto approvato e alle
condizioni fissate nell’autorizzazione ambientale integrata o nella licenza
ambientale di attività classificata, o un certificato emesso da un organismo di
controllo autorizzato che comprovi il rispetto delle condizioni previste
dall’autorizzazione ambientale integrata o dalla licenza ambientale di attività
classificate; un atto da cui risulti che è stato comunicato ai lavoratori, o ai
loro rappresentanti, di aver richiesto la licenza di inizio attività.
[82] Alla disciplina delle emissioni acustiche dipendenti da attività lavorative provvedono essenzialmente la legge 31/1995 sulla prevenzione dei rischi lavorativi e il decreto 286/2006 sulla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi relativi all’esposizione al rumore.
[83] I criteri per la determinazione dei diversi tipi di aree sono stati approvati in via regolamentare dal Governo (Real Decreto 1367/2007, de 19 de octubre, por el que se desarrolla la Ley 37/2003, de 17 de noviembre, del Ruido, en lo referente a zonificación acústica, objetivos de calidad y emisiones acústicas), che ha definito gli obiettivi di qualità acustica applicabili a ciascun tipo di area. Il Governo fissa inoltre gli obiettivi di qualità relativi agli spazi abitabili degli edifici ad uso residenziale, ospedaliero, educativo o culturale e determina i valori limite di emissione e di immissione delle diverse fonti di emissione acustica.