Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||
Titolo: | Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015) A.C. 2679-bis - Seconda edizione - Parte I ' Tomo 2 (Articoli 31-47) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 233 | ||
Data: | 03/11/2014 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato A.C. 2679-bis |
Schede di lettura |
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n. 233 |
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Seconda
edizione |
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Parte I – Tomo 2 (Articoli 31-47) |
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3 novembre 2014 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi –
Dipartimento Bilancio ( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Bilancio dello Stato ( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione ( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
Il presente dossier è
articolato in tre volumi: §
Quadro di
sintesi degli interventi (dossier n. 233/1) e Schede di lettura (dossier n. 233, Parte I, Tomi 1 e 2), redatti
dal Servizio Studi e dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea, per le parti
relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea; §
Profili
finanziari (dossier n. 233, Parte II) curati dal Servizio
Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto
concerne le coperture. Si segnala che i dossier commentano le norme come
risultanti dallo stralcio disposto dal Presidente della Camera, ai sensi
dell'articolo 120, comma 2, del Regolamento, e comunicato all'Assemblea il 30
ottobre 2014, dell’articolo 17, commi 11, 20, 22 23; dell’articolo 20, comma
2; dell’articolo 21, commi 8, da 15 a 20; dell’articolo 28, commi 15, da 23 a
27, 31; dell’articolo 31, commi da 8 a 10, 20; dell’articolo 32, comma 6,
dell’articolo 41. |
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La documentazione dei servizi e degli uffici della Camera è destinata
alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi
parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni
responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini
non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti,
nel rispetto della legge, a
condizione che sia citata la fonte. |
File:
ID0014s2.doc |
INDICE
(Tomo I)
Schede di
lettura
§ Articolo
1 (Risultati differenziali del bilancio
dello Stato)................................ 3
§ Articolo
2 (Gestioni previdenziali)................................................................... 6
§ Articolo
3 (Fondo per la realizzazione del piano
“La buona scuola”)............. 8
§ Articolo
4 (Stabilizzazione del bonus di 80 euro)............................................ 9
§ Articolo
5 (Deduzione del costo del lavoro
dall’imponibile IRAP)................ 15
§ Articolo
6 (Trattamento di fine rapporto in busta
paga)................................ 19
§ Articolo
7, commi 1 e 2 (Credito d'imposta per
attività di ricerca e sviluppo) 29
§ Articolo
7, commi 3-11 (Regime nazionale di tassazione
agevolata - Patent box) 36
§ Articolo
8 (Ecobonus e ristrutturazione)....................................................... 39
§ Articolo
9 (Regime fiscale agevolato per
lavoratori autonomi (c.d. minimi)) 48
§ Articolo
10 (Misure per l’efficienza del sistema
giudiziario).......................... 68
§ Articolo
11 (Disposizioni in materia di
ammortizzatori sociali, di servizi per il lavoro e politiche attive) 72
§ Articolo
12 (Sgravi contributivi per assunzioni a
tempo indeterminato)....... 74
§ Articolo
13 (Misure per la famiglia)............................................................... 80
§ Articolo
14 (Contrasto della ludopatia)......................................................... 83
§ Articolo
15 (Erogazioni liberali alle ONLUS)................................................ 84
§ Articolo
16 (Cessione frequenze “banda L”)................................................ 86
§ Articolo
17, commi 1 e 2 (Disposizioni finanziarie
a favore dell’autotrasporto) 88
§ Articolo
17, comma 3 (Accesso agli impianti
portuali)................................. 90
§ Articolo
17, comma 4 (Cinque per mille)...................................................... 92
§ Articolo
17, comma 5 (Contributo integrativo
all’Agenzia delle entrate)...... 95
§ Articolo
17, comma 6 (Carta acquisti ordinaria).......................................... 96
§ Articolo
17, comma 7 (Fondo nazionale politiche
sociali)............................ 98
§ Articolo
17, comma 8 (Fondo per le non
autosufficienze)......................... 101
§ Articolo
17, comma 9 (Risorse per le scuole
paritarie)............................. 102
§ Articolo
17, comma 10, e articolo 28, comma 16 (Fondo
di finanziamento ordinario delle università) 104
§ Articolo
17, comma 11 (Lavori socialmente utili
Napoli e Palermo- Stralciato) 106
§ Articolo
17, comma 12 (Rifinanziamento del Fondo
per le missioni internazionali) 107
§ Articolo
17, comma 13 (Fondo nazionale per le
politiche ed i servizi dell’asilo) 109
§ Articolo
17, commi 14 e 15 (Minori non
accompagnati)............................ 114
§ Articolo
17, comma 16 (Stampa quotidiana e
periodica)........................... 118
§ Articolo
17, comma 17 (Indennizzi per soggetti
danneggiati da emotrasfusioni) 120
§ Articolo
17, comma 18 (Autorizzazione di spesa per
riforma terzo settore) 122
§ Articolo
17, comma 19 (Fondo per la riduzione
della pressione fiscale)... 123
§ Articolo
17, comma 20 (Utilizzo del personale
delle Forze armate per il controllo del territorio della c.d. Terra dei fuochi-
Stralciato)........................................................................ 125
§ Articolo
17, comma 21 (Incremento Fondo interventi
strutturali di politica economica) 126
§ Articolo
17, comma 22 (Imprenditorialità giovanile
in agricoltura - Stralciato) 127
§ Articolo
17, comma 23 (Filiera agricola e
distretti agroalimentari - Stralciato) 128
§ Articolo
18 Superamento della clausola di
salvaguardia di cui all'articolo 1, comma 430, della legge 27 dicembre 2013, n.
147 (spending review).................................................. 129
§ Articolo
19, comma 1 (Riduzione trasferimenti alle
imprese).................... 133
§ Articolo
19, comma 2 (Trasferimento ad ENAV oneri
navigazione aerea) 142
§ Articolo
19, comma 3 (Rottamazione veicoli)............................................ 144
§ Articolo
19, commi 4-7 (Parco rotabile trasporto
pubblico locale)............. 146
§ Articolo
19, commi 8-10 (Lotti costruttivi rete
ferroviaria).......................... 148
§ Articolo
19, comma 11 (Riduzione crediti di
imposta)............................... 151
§ Articolo
20, comma 1 (Riduzione di trasferimenti
ad enti)......................... 153
§ Articolo
20, comma 2 (Dismissione partecipazioni
RAI - Stralciato)......... 157
§ Articolo
21, commi 1-3 (Proroga del blocco della
contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego)........................................................................................ 158
§ Articolo
21, comma 4 (Abrogazione norme promozioni
FF.AA. e corpi di polizia) 161
§ Articolo
21, comma 5 (Indennità di ausiliaria
FF.AA. e polizia militare)..... 162
§ Articolo
21, commi 6 e 7 (Riduzione indennità
piloti e controllori di volo militari) 163
§ Articolo
21, comma 8 (Divieto di cumulo di
trattamenti accessori personale non appartenente al ruolo sanitario di livello
dirigenziale del Ministero della sanità - Stralciato)......... 165
§ Articolo
21, commi 9 e 10 (Riordino carriere
personale FF.AA.).............. 166
§ Articolo
21, comma 11 (Rinvio di assunzioni di
personale della Polizia e Vigili del fuoco) 167
§ Articolo
21, commi 12-14 (Revisione dell’Accordo
nazionale quadro di amministrazione delle Forze di Polizia ad ordinamento
civile)..................................................................... 169
§ Articolo
21, comma 15 (Permessi sindacali delle
Forze di polizia ad ordinamento civile e dei Vigili del fuoco - Stralciato)....................................................................................... 172
§ Articolo
21, commi 16-20 (Rappresentanze militari
- Stralciati)................ 173
§ Articolo
22 (Valorizzazione del patrimonio
immobiliare)............................. 174
§ Articolo
23 (Valorizzazione del patrimonio
mobiliare (Contratto di programma Poste italiane Spa)) 179
§ Articolo
24 (Dotazioni di bilancio dei Ministeri)........................................... 182
§ Articolo
25, commi 1-4 (Riduzione spese di organi
di rilevanza costituzionale, CNEL e Presidenza del Consiglio).................................................................................................... 184
§ Articolo
25, comma 5 (Riduzione dei proventi del
canone da attribuire alla RAI) 188
§ Articolo
25, comma 6 (Trasporto merce su ferro)..................................... 190
§ Articolo
25, commi 7 e 8 (Riconoscimento di quote
di stanziamenti ad ANAS S.p.A.) 192
§ Articolo
26, comma 1 (Soppressione assunzione ispettori)...................... 194
§ Articolo
26, comma 2 (Soppressione prestazioni
accessorie INPS per cure termali) 195
§ Articolo
26, comma 3 (Giorno di pagamento delle
pensioni INPS)........... 196
§ Articolo
26, comma 4 (Comunicazioni a INPS a
seguito di decesso)....... 197
§ Articolo
26, commi 5 e 6 (Restituzione somme
pensioni INPS indebitamente percepite post mortem assistito)..................................................................................................... 198
§ Articolo
26, comma 7 (Versamento all’entrata del
bilancio di quota parte degli interessi attivi INPS per concessione di mutui e
prestiti).................................................................. 200
§ Articolo
26, commi 8 e 9 (Versamento all’entrata
del bilancio di risparmi di spesa da parte dell’INPS e dell’INAIL)................................................................................................... 201
§ Articolo
26, comma 10 (Riduzione contributi
patronati)............................. 202
§ Articolo
26, comma 11 (Riduzione Fondo per il
finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di
secondo livello)............................................................... 204
§ Articolo
26, comma 12 (Modifica ISEE)..................................................... 206
§ Articolo
27, comma 1 (Riduzione contributi a
organismi internazionali).... 207
§ Articolo
27, comma 2 (Ulteriori interventi sul
trattamento economico e normativo del personale in servizio all’estero)....................................................................................... 210
§ Articolo
27, comma 3 (Riduzione stanziamenti per
il personale scolastico all’estero) 218
§ Articolo
27, comma 4 (Informazione italiana
diffusa all’estero)................. 219
§ Articolo
28, comma 1 (Riduzione del contributo a
favore della Scuola per l’Europa di Parma) 220
§ Articolo
28, comma 2 (Riduzione del Fondo per il
funzionamento delle istituzioni scolastiche) 221
§ Articolo
28, comma 3 (Acquisizione all’erario di
risorse non utilizzate dalle scuole) 222
§ Articolo
28, comma 4 (Riduzione del numero dei
coordinatori periferici di educazione fisica) 223
§ Articolo
28, comma 5 (Abrogazione di esoneri e
semiesoneri dall’insegnamento per i docenti con funzioni vicarie)........................................................................................... 224
§ Articolo
28, commi 6 e 7 (Comandi del personale
scolastico).................. 226
§ Articolo
28, commi 8 e 9 (Supplenze brevi di
personale docente e ATA). 229
§ Articolo
28, commi 10-12 (Dotazioni organiche del
personale ATA)......... 232
§ Articolo
28, comma 13 (Visite medico-legali delle
Università e delle AFAM) 234
§ Articolo
28, comma 14 (Soppressione del contributo
a favore della Scuola di ateneo Jean Monnet) 236
§ Articolo
28, comma 15 (Risorse relative
all’insediamento di una sede universitaria di ingegneria nel polo di ricerca e
di attività industriali ad alta tecnologia di Genova - Stralciato) 237
§ Articolo
28, comma 17 (Chiusura del piano stralcio
Fondo speciale per la ricerca applicata - FSRA) 239
§ Articolo
28, commi 18, 19 (Istituzioni di alta
formazione e specializzazione artistica e musicale- AFAM)........................................................................................................ 242
§ Articolo
28, commi 20-21 (Enti di ricerca vigilati
dal MIUR)...................... 244
§ Articolo
28, comma 22 (Riduzione dell’organico
degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca)............................................. 246
§ Articolo
28, comma 23 (Controlli di primo livello
per il PON “Per la Scuola - competenze e ambienti per l’apprendimento -
Stralciato)................................................................ 247
§ Articolo
28, comma 24 (Risorse per INVALSI,
Istituti superiori di studi musicali e Accademie di belle arti non statali -
Stralciato).......................................................................... 248
§ Articolo
28, comma 25 (Fondo per il potenziamento
e la valorizzazione dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica -
Stralciato)............................................................... 249
§ Articolo
28, commi 26-27 (Programma straordinario
di reclutamento INVALSI - Stralciato) 250
§ Articolo
28, commi 28-30 (Assunzioni da parte
delle università).............. 251
§ Articolo
28, comma 31 (Differimento di termini in
materia di edilizia scolastica - Stralciato) 255
§ Articolo
29 (Riduzioni delle spese ed interventi
correttivi del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
– Convenzione biodiversità)....................................... 256
§ Articolo
30, comma 1 (Soppressione contributo a
imprese armatoriali)... 257
§ Articolo
30, comma 2 (Mutui ferrovie in
concessione).............................. 258
§ Articolo
30, comma 3 (Riduzione del contributo
quindicennale relativo alla Pedemontana di Formia) 259
§ Articolo
30, comma 4 (Riduzione
dell’autorizzazione di spesa relativa al contributo straordinario al comune di
Reggio Calabria)....................................................................... 260
§ Articolo
30, comma 5 (Riduzione della quota ANAS
del canone annuo a carico dei concessionari autostradali)................................................................................................ 261
§ Articolo
31, comma 2 (Impiego personale militare
all’estero)
§ Articolo
31, comma 3 (Abrogazione stage difesa per giovani)
§ Articolo
31, comma 4 (Medaglia mauriziana)
§ Articolo
31, comma 5 (Soppressione trasporto
collettivo personale della Difesa)
§ Articolo
31, commi 6 e 7 (Riduzione alloggi ASIR)
§ Articolo
31, commi 8 e 10 (Riduzione uffici
giudiziari militari - Stralciato)
§ Articolo
31, comma 11 (Norma ARQ personale
all’estero)
§ Articolo
31, comma 12 (Riduzione personale civile
della difesa all’estero)
§ Articolo
31, comma 13 (Riduzione uffici diretta
collaborazione)
§ Articolo
31, comma 14 (Revisione strumento
militare)
§ Articolo
31, commi 15-18 (Vendita alloggi)
§ Articolo
31, comma 19 (Attribuzione del grado
vertice)
§ Articolo
31, comma 20 (Agenzia industrie difesa -
Stralciato)
§ Articolo
32, comma 4 (Gasolio agricolo)
§ Articolo
32, comma 5 (Piano irriguo nazionale)
§ Articolo
32, comma 6 (Sequestri di carburante -
Stralciato)
§ Articolo
33 (Ottimizzazione della gestione della
tesoreria dello Stato)
§ Articolo
35, commi 1-12 (Estensione al 2018 del
contributo alla finanza pubblica delle Regioni)
§ Articolo
36, commi 1-17 (Pareggio di bilancio per
le regioni a statuto ordinario)
§ Articolo
36, commi 18-22 (Nuova disciplina della
regionalizzazione del patto di stabilità)
§ Articolo
37 (Riduzione degli obiettivi del patto
di stabilità interno degli enti locali)
§ Articolo
38, commi 1-4 (Armonizzazione contabile
degli enti territoriali)
§ Articolo
38, comma 5 (Regione Sardegna)
§ Articolo
38, commi 6-10 (Spese per il
funzionamento degli uffici giudiziari)
§ Articolo
38, comma 11 (Contributo Roma capitale)
§ Articolo
39 (Attuazione del Patto per la salute
2014-2016)
§ Articolo
40 (Piano per il risanamento della
regione Molise)
§ Articolo
43 (Razionalizzazione delle società
partecipate locali)
§ Articolo
44, commi 1-5 (Aliquote fondi pensioni)
§ Articolo
44, comma 6 (Rivalutazione terreni e
partecipazioni)
§ Articolo
44, commi 7-10 (Reverse charge e split
payment)
§ Articolo
44, commi 11-18 (Adempimenti volontari
dei contribuenti)
§ Articolo
44, comma 19 (Proroga riscossione enti
locali)
§ Articolo
44, commi 20-25 (Disposizioni in materia
di giochi)
§ Articolo
44, comma 26 (Tassazione enti non
commerciali)
§ Articolo
44, comma 27 (Ritenute su
ristrutturazioni)
§ Articolo
44, comma 30 (Terremoto Emilia)
§ Articolo
44, comma 31 (Soppressione esenzione
bollo auto ultraventennali)
§ Articolo
44, commi 32-39 (Cofinanziamento
nazionale dei programmi dell’Unione europea)
§ Articolo
44, comma 40 (Regimi fiscali
privilegiati)
§ Articolo
45, comma 1 (Riduzione Fondo cuneo
fiscale)
§ Articolo
45, comma 2 (Riduzione stanziamento del
Fondo per la riduzione della pressione fiscale)
§ Articolo
45, commi 3 e 4 (Clausola di
salvaguardia: innalzamento aliquote IVA e accise)
§ Articolo
45, comma 5 (Riduzione Fondo
compensazione effetti finanziari)
§ Articolo
45, comma 6 (Riduzione risorse per
benefici previdenziali relativi a lavori usuranti)
§ Articolo
46, comma 1 (Tabelle A e B)
§ Articolo
46, comma 2 (Tabella C)
§ Articolo
46, commi 3 e 5 (Tabella E)
§ Articolo
46, comma 4 (Tabella D)
§ Articolo
46, commi 6 e 7 (Copertura degli oneri
correnti e prospetto di copertura)
§ Articolo
47 (Entrata in vigore)
Articolo 31,
comma 1
(Soppressione indennità di trasferimento
in Italia per personale FF.AA., Forze di polizia, VV.FF. e Prefetti)
Il comma 1
dell’articolo 31 prevede l’abrogazione
del comma 4 dell’articolo 1 della legge n. 86 del 2001 in base alla quale il personale volontario coniugato, il
personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad
ordinamento militare e civile, gli ufficiali e sottufficiali piloti di
complemento in ferma dodecennale, il personale appartenente alla carriera
prefettizia, all’atto del rientro in
patria, dopo essere stato impiegato presso Enti od organismi
internazionali, ai sensi della legge n. 1114 del 1962, ovvero presso
delegazioni o rappresentanze militari nazionali costituite all’estero, enti,
comandi od organismi internazionali, ai sensi dell’articolo 1808 del codice
dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, ha diritto a percepire l’indennità di
trasferimento, prevista dal comma 1 dello stesso articolo 1, pari a trenta
diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi ed in misura
ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi.
Come precisato nella relazione tecnica, “tenuto conto
del numero medio annuo di rientri in Patria, il presente intervento comporta un
risparmio di 7 milioni di euro in
termini di saldo netto da finanziare a decorrere dal 2015”.
Articolo 31,
comma 2
(Impiego personale militare all’estero)
Il comma 2 dell’articolo 31 fissa in quattro anni la durata della permanenza all’estero del personale militare ivi chiamato a ricoprire determinati incarichi .
Al riguardo, la disposizione in esame, nello specificare che essa è finalizzata al contenimento delle spese relative al richiamato personale, ne subordina comunque la sua operatività alla circostanza che tale durata sia compatibile con lo specifico incarico ricoperto dal personale militare tenuto conto delle modalità di impiego definite per l’organismo o l’ente internazionale di destinazione.
Dalla relazione tecnica sembra evincersi che si tratti di un termine minimo di permanenza all’estero e ciò in quanto “l’intervento è diretto a ridurre le rilevanti spese legate al rimborso spettante al personale trasferito all’estero per il trasporto dei mobili e delle masserizie, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, ciò attraverso il prolungamento della permanenza all’estero dell’interessato dagli ordinari attuali tre anni a quattro anni. Tale modifica comporta un rallentamento negli avvicendamenti valutato in circa 330 unità annue, rispetto al volume attuale che si attesta intorno alle 450 unità (mandato su base triennale), con una conseguente diminuzione dei movimenti di circa 120/130 unità. Il risparmio stimato è pari a 1,6 milioni di euro all’anno, riferito a spese di trasporto mobili e masserizie, spese vive di trasferimento, prima sistemazione da e per l’estero”.
In relazione alla formulazione di questo
comma, anche al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, andrebbe
valutata l’opportunità di indicare espressamente la natura del termine ivi
contemplato.
Articolo 31,
comma 3
(Abrogazione stage difesa per giovani)
Il comma 3 prevede l’abrogazione dell’articolo 565-bis del Codice dell’ordinamento militare che disciplina la cosiddetta “Mini naya” inserita nel nostro ordinamento in virtù dei commi 5-bis e ss. del decreto legge n. 78 del 2010 il cui contenuto è stato successivamente riassettato nel Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010).
Al riguardo, si ricorda che il comma 5-bis del decreto legge n. 78/2010 autorizzava, in via sperimentale per un triennio, la spesa per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 per l'organizzazione da parte delle Forze armate di corsi di formazione a carattere teoricopratico, tendenti a rafforzare tra i giovani la conoscenza e la condivisione dei valori che promanano dalle Forze armate e che sono alla base della presenza dei contingenti militari italiani nelle missioni internazionali.
Si segnala, inoltre, che l'articolo 29 della legge di stabilità per il 2012 ha novellato i commi 5-bis e 7-bis dell'articolo 55 del decreto legge n. 78/2010 relativi all'autorizzazione e alla copertura di spesa della cosiddetta "mini Naja", dando carattere permanente alle spese originariamente previste a titolo sperimentale per un triennio. In particolare veniva confermata la spesa di 7.500.000 euro per il 2012 e prevista una spesa di 1.000.000 euro a decorrere dal 2013.
Successivamente, il comma 7 dell’articolo 7 del decreto legge n. 95 del 2012, ha ridotto di 5,6 milioni di euro, l'autorizzazione di spesa della cosiddetta "mini Naja". Da ultimo, si segnala che in sede di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2012 si è provveduto al rifinanziamento per l'importo di euro 674.000 del capitolo per i contributi in favore delle associazioni combattentistiche attraverso corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie della cosiddetta "mini Naja".
In relazione al comma in
esame si osserva che la relazione
tecnica considera il risparmio derivante dall’abrogazione in esame pari a circa
0,53 milioni di euro annui a decorrere dal 2015.
Articolo 31,
comma 4
(Medaglia mauriziana)
Il comma
4 novella l’articolo 1461 del Codice dell’ordinamento militare al fine di
precisare che la medaglia mauriziana, onorificenza
conferita al compimento di cinquant'anni di servizio militare, non è coniata in oro.
Attualmente sono destinatari di tale riconoscimento gli ufficiali e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, dell'Esercito Italiano, della Marina Militare, dell'Aeronautica Militare, della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato.
La medaglia è conferita con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del ministro competente.
Nella richiamata relazione si legge, infatti, che,
“con l’intervento in esame, si prevede che il
materiale utilizzato per il conio della medaglia Mauriziana concessa agli ufficiali
e ai sottufficiali con 10 lustri di servizio militare possa essere diverso dall’oro. Attualmente l’Amministrazione
dovrebbe sostenere una spesa riferita a 2.467 medaglie, in cui costo unitario è
pari a 1.355 euro, per una spesa complessiva di circa 3,24 milioni di euro. Con
il presente intervento normativo e il successivo adeguamento della disciplina
regolamentare, si potrà prevedere che la medaglia in questione invece di essere
coniata in oro sia realizzata in bronzo, con bagno galvanico in oro, da far
realizzare all’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, il cui costo è stimato
in circa 110 euro, per ciascuna medaglia. La riduzione sul pertinente capitolo di bilancio che in tal modo si
rende possibile è pari 0,5 milioni di
euro a decorrere dal 2015”.
Articolo 31,
comma 5
(Soppressione trasporto collettivo
personale della Difesa)
Il comma 5 esclude la possibilità per il Ministero della Difesa di procedere al rinnovo dei contratti di trasporto collettivo in essere con linee bus affidate a terzi per le esigenze del personale della difesa. La norma in esame, in particolare, precisa che:
§ non possono essere esperite nuove gare per l’affidamento del servizio;
§ non può essere esercitata la facoltà di rinnovo anche nel caso in cui tale facoltà fosse prevista in origine negli atti di gara (articolo 57, comma 5, lettera b) del D.Lgs. n. 163 del 2006.
In relazione al comma in esame la relazione tecnica precisa che “il risparmio è quantificato in 0,25 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, pari agli oneri sostenuti per il precedente contratto.
Articolo 31,
commi 6 e 7
(Riduzione alloggi ASIR)
Il comma 6 riduce da 55 a 6 gli alloggi di servizio connessi all’incarico con locali di rappresentanza (ASIR).
Al riguardo, si ricorda che il D.P.R. n. 112 del 2010, come successivamente riassettato nel decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, ha contemplate tre categorie di alloggi di servizio.
La prima categoria, la quale attiene agli alloggi destinati al personale con speciale incarico di servizio include i seguenti alloggi:
§ ASGC (alloggi di servizio
gratuiti per consegnatari e custodi);
§
ASIR (alloggi di servizio connessi con l'incarico, con
annessi locali di rappresentanza);
§
ASI (alloggi di servizio connessi con l'incarico).
La seconda categoria, concernente gli alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile, ricomprende i seguenti alloggi:
§
AST (alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei
militari);
§
APP (alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale in transito
e dei familiari di passaggio);
§
SLI (alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale imbarcato
e dei familiari di passaggio);
§
ASC (alloggi collettivi di servizio).
La terza categoria, finalizzata a rispondere a nuove esigenze non disciplinate dal regolamento adottato con il citato decreto ministeriale n. 88 del 2004, riguarda gli alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante il riscatto.
Conseguentemente, attraverso una novella all’articolo 282, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare si prevede che, a decorrere dal primo gennaio 2015 gli incarichi che comportano obblighi di rappresentanza sono quelli di Capo di stato maggiore della Difesa, Capo di Stato maggiore di Forza armata, incluso il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Segretario generale della Difesa.
Al riguardo, si osserva, quindi, che in base alla nuova disposizione
non comportano obblighi di rappresentanza, come attualmente previsto dal
richiamato articolo 282, comma 3, gli incarichi di sottocapo di Stato maggiore
di Forza armata, i comandanti militari territoriali, di dipartimento militare
marittimo, militari marittimi autonomi, di regione, aerea e gli eventuali
ulteriori incarichi di regolamento.
Appare, quindi opportuno
precisare, al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, la posizione di
coloro che alla data del primo gennaio 2015 si trovino ad occupare un alloggio
Asir ricoprendo un incarico che, sulla base della nuova disciplina, non
comporti più obblighi di rappresentanza che legittimano la titolarità di
quell’alloggio.
Il comma 7 stabilisce
che, in relazione a quanto disposto dal comma 6, si provvede ad apportare le
necessarie modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010,
n. 90, relativamente alla disciplina concernente gli alloggi di servizio
militari.
In merito ai risparmi attesi dalle disposizioni in esame si segnala che nella relazione tecnica viene precisato che
“il risparmio è quantificato in 0,84 milioni di euro annui a decorrere dal 2015
ed è riconducibile al venire meno dell’esigenza di garantire, attraverso
l’affidamento a ditte esterne, i servizi legati all’attività di rappresentanza,
quali la pulizia dei locali e il confezionamento e la somministrazione dei
pasti in occasione di incontri di rappresentanza con alte cariche nazionali e
internazionali, nonché di acquisire e manutenere gli elementi di arredo”.
Articolo 31,
commi 8 e 10
(Riduzione uffici giudiziari militari -
Stralciato)
I commi da 8 a 10
dell’articolo 31 sono stati stralciati, ai sensi dell’articolo 120, comma 2,
del Regolamento, in quanto recanti disposizioni estranee all’oggetto del
disegno di legge di stabilità.
Articolo 31,
comma 11
(Norma ARQ personale all’estero)
Il comma 11 interviene sull’articolo 906 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010) concernente l’istituto dell’aspettativa per riduzione di quadri (ARQ).
Al riguardo, si ricorda che, in base alla normativa recata dal Codice dell’ordinamento militare, l’istituto dell’aspettativa per riduzione di quadri è un istituto giuridico previsto per i colonnelli e generali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza. Il meccanismo opera quando il conferimento delle promozioni annuali fissate dalla legge per i suddetti gradi determina eccedenze rispetto agli organici e tali eccedenze non possono essere riassorbite nei casi previsti dalla legge. Al personale collocato in ARQ compete il 95% (100% dell'I.I.S. e degli assegni familiari) degli assegni previsti nel tempo per i pari grado in servizio, comprensivi delle sole indennità fisse e continuative in godimento il giorno antecedente il collocamento nella predetta posizione in relazione al grado e alle funzioni dirigenziali espletate.
Al riguardo, il comma 11 è diretto a sopprimere l’inciso recato dall’articolo 906, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare, in base al quale, ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’aspettativa per riduzione quadri non si tiene conto, ai fini del computo delle eccedenze, degli ufficiali che ricoprano specifichi incarichi internazionali all’estero, individuati con decreto del Ministro della difesa.
In relazione agli effetti finanziari derivanti dalla disposizione in esame si osserva che la relazione tecnica stima un risparmio di spesa quantificato in 1.500.000 euro a decorrere dal 2015.
Articolo 31,
comma 12
(Riduzione personale civile della difesa all’estero)
Il comma 12 reca talune disposizioni che attengono al personale civile della difesa che opera presso gli uffici degli addetti militari all’estero presso le rappresentanze diplomatiche e militari.
Al riguardo:
§ si prevede che a partire dal primo gennaio 2015 la dotazione organica complessiva del personale civile della difesa degli uffici degli addetti militari all’estero presso le rappresentanze diplomatiche e militari è ridotta del 10 per cento. Al fine di garantire la funzionalità dei singoli uffici è assicurata per ciascuno di essi una dotazione organica minima pari a 2 unità;
§ si affida al Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il compito di rideterminare le nuove dotazioni organiche del personale degli uffici degli addetti militari all’estero, disponendo il rientro in ambito nazionale del personale civile con maggiore anzianità di servizio all’estero, nell’ambito delle sedi riorganizzate;
§ si stabilisce che il periodo di permanenza massima presso i richiamati uffici è di quattro anni, senza possibilità si proroga;
§ è disposto l’avvicendamento entro l’anno 2015 del personale che abbia maturato una permanenza maggiore.
In merito al
comma in esame nella relazione tecnica
viene precisato che “con la presente disposizione si prevede la riduzione del
10% di tale personale ovvero 2 unità di personale esecutivo (coadiutori
civili), con un risparmio lordo quantificato in 150.000 euro a decorrere dal
2015”.
Articolo 31,
comma 13
(Riduzione uffici diretta collaborazione)
Il comma 13 dispone la riduzione del 20 per cento dell’attuale contingente di personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa, affidando ad un apposito regolamento il compito di operare le necessarie modifiche alla disciplina attualmente recata su questa materia dal D.P.R. n. 90 del 2010 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia militare).
Ai sensi dell’articolo 14 del TU delle disposizioni regolamentari in materia militare, gli uffici di diretta collaborazione esercitano le competenze di supporto del Ministro e di raccordo fra questi e l'amministrazione. Sono uffici di diretta collaborazione:
§ la segreteria del Ministro;
§ l’Ufficio di Gabinetto;
§ l’Ufficio legislativo;
§ l'Ufficio del Consigliere diplomatico;
§ le segreterie dei Sottosegretari di Stato.
L’articolo 17 del richiamato Testo unico fissa attualmente a 145 la consistenza del contingente di personale funzionale (non dirigenziale) di diretta collaborazione del Ministro, facente parte dell’Ufficio di Gabinetto, Ufficio legislativo e l'Ufficio del Consigliere diplomatico.
Il medesimo articolo fissa, inoltre, a nove il numero di specifici incarichi di funzioni di livello dirigenziale non generale (dirigenti civili di seconda fascia), con funzione di direzione delle strutture in cui si articolano gli uffici di diretta collaborazione.
Nell’ambito del contingente massimo di 145 unità di personale funzionale (non dirigenziale) di diretta collaborazione del Ministro sono assegnati 13 colonnelli o generali di brigata e gradi corrispondenti in servizio permanente.
È, invece, fissato a 13 il contingente massimo di ufficiali con il grado di colonnello o generale di brigata.
In relazione alla disposizione
in esame si osserva che l’articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988
ha previsto che l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri venga
determinata con regolamento emanato ai sensi del comma 2 del medesimo articolo
17, cioè con regolamento di delegificazione.
A questo proposito si ricorda che il D.P.R. n. 191 del 2012, approvato nel corso della precedente legislatura e concernente, in generale, la riorganizzazione del Ministero della difesa, è stato adottato del Governo previa acquisizione del parere espresso dalle competenti commissioni parlamentari. Nello specifico, sullo schema di D.P.R. n. 191 del 2012 si sono espresse alla Camera le Commissioni I (7/6/2012), IV (6-6-2012) e V (5-06-2012) e al Senato la Commissione IV (7/6/2012).
Il D.P.R. n. 191 del 2012 ha novellato il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare con l’intento di razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento del Ministero della difesa.
Con specifico riferimento al personale assegnato agli uffici di diretta
collaborazione del Ministro della difesa, il D.P.R. n. 191 del 2012 ha
disposto:
§ la riduzione da 153 unità a
145, della consistenza del
contingente di personale funzionale (non dirigenziale) di diretta
collaborazione del Ministro, facente parte dell’Ufficio di Gabinetto, Ufficio
legislativo e l'Ufficio del Consigliere diplomatico;
§ la riduzione da dieci a nove, del numero di specifici incarichi
di funzioni di livello dirigenziale non generale (dirigenti civili di seconda
fascia), con funzione di direzione delle strutture in cui si articolano gli
uffici di diretta collaborazione;
§ l’implementazione, da 12 a 13, del contingente di ufficiali con il
grado di colonnello o generale di brigata;
§ la soppressione
dell’incarico di livello dirigenziale generale con funzioni di consulenza,
studio e ricerca.
Si tratta di ulteriori riduzioni delle dotazioni organiche rispetto a quelle previste da analoghi provvedimenti intervenuti nel biennio 2008-2009 che hanno interessato, tra gli altri, il Ministero della difesa (v. articolo 74, commi 1, lettere da a) a c) e 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 e, successivamente, articolo 2, commi da 8-bis) a 8-sexies) del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194.
In relazione alla disposizione in esame si segnala che la relazione tecnica stima un risparmio di spesa di circa 0,4 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, “tenuto conto che il costo medio annuo, al netto degli oneri di contribuzione, riferito all’indennità di diretta collaborazione, è pari a circa 13.000 euro”.
Articolo 31,
comma 14
(Revisione strumento militare)
Il comma 14 dispone la riduzione dell’autorizzazione di spesa relative alla la fissazione delle dotazioni organiche e
delle consistenze degli ufficiali, dei sottufficiali e dei volontari
dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, nonché quelle a disposizione
per le consistenze dei volontari del Corpo delle capitanerie di porto.
Nello specifico il
comma 14 dispone la riduzione di
62,3 milioni per l’anno 2015 e del 12 per cento a decorrere dal 2016 degli
oneri previsti dagli articoli 582 e 583 del Codice dell’ordinamento militare e
riguardanti:
§
la
graduale riduzione a 190 mila unità
dell’organico delle Forze armate, a esclusione dell’Arma dei carabinieri,
del Corpo della Guardia di finanza e del Corpo delle capitanerie di porto;
Tali importi ammontano:
1.
per l’anno 2015: 482.597.003,52;
2.
per l’anno 2016: 488.742.840,62;
3.
per l’anno 2017: 495.327.666,08;
4.
per l’anno 2018: 503.229.456,64;
5.
per l’anno 2019: 509.814.282,10;
6.
per l’anno 2020 (regime): 511.131.247,19.
§
le
consistenze dei volontari in ferma
prefissata e in rafferma dell’Esercito italiano, della Marina militare e
dell’Aeronautica militare, determinate con decreto del Ministro della difesa.
Tali importi ammontano:
1.
per l'anno 2015 a 265.871.323,32;
2.
per l'anno 2016 a 259.069.932,78;
3.
per l'anno 2017 a 254.063.870,19;
4.
per l'anno 2018 a 243.183.877,39;
5.
per l'anno 2019 a 227.313.529,85;
6.
per l'anno 2020 a 194.689.505,99;
7.
per l'anno 2021 a 153.827.384,36
Come precisato nella relazione tecnica allegata al ddl in esame “gli effetti complessivi di risparmio sono variabili negli anni in relazione agli oneri indicati dagli articoli 582 e 583.
Di seguito una tabella riassuntiva dei risparmi complessivi, lordo amministrazione, per gli anni 2015-2017:
Effetti Risparmio |
2015 |
2016 |
2017 |
Dati in milioni di euro lordo amministrazione |
66,285 |
93,737 |
93,926 |
Articolo 31,
commi 15-18
(Vendita alloggi)
Il comma 15 reca norme in materia di dismissione degli immobili della difesa
con particolare riferimento alla destinazione degli introiti derivanti dalla
vendita degli immobili e la cessione dei medesimi ad appositi Fondi
immobiliari.
In primo luogo si
prevede che il Ministero della difesa, attraverso la dismissione di immobili in
proprio uso, inclusi quelli di carattere residenziale, realizzi introiti tali da determinare un
miglioramento dei saldi di finanza pubblica per un importo non inferiore a 220 milioni di euro nel
2015 e a 100 milioni di euro in
ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Si dispone,
inoltre, che i proventi delle dismissioni vengano versati all’entrata del
bilancio dello Stato e ad essi non si applicano le disposizioni in materia di
riassegnazione allo stato di previsione della spesa del Ministero medesimo di
cui agli articoli 306, comma 3, ultimo periodo e 307, comma 10 , lettera d),
primo periodo, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, fino alla
concorrenza dei citati importi, restando acquisiti all’erario.
Nelle more del
versamento all’entrata del bilancio dello Stato dei predetti proventi, gli importi di 220 milioni di euro per
l’anno 2015 e 100 milioni di euro
per gli anni 2016 e 2017 sono accantonati e resi indisponibili, in termini di
competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di
spesa del Ministero della difesa. Il Ministero dell'economia e delle finanze,
sulla base degli importi che effettivamente affluiscono al bilancio dello
Stato, provvede al disaccantonamento ovvero alla riduzione delle corrispondenti
risorse.
Sempre al fine di
conseguire il richiamato obiettivo relativo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica per un importo non inferiore a 220 milioni di euro nel
2015 e a 100 milioni di euro in
ciascuno degli anni 2016 e 2017 i commi 16 e 17 dispongono che :
§
gli alloggi liberi per i quali non è stato
esercitato il diritto di opzione da parte dei relativi proprietari e le unità
immobiliari qualificate di particolare pregio sono posti in vendita con uno
sconto sul prezzo di base d’asta pari al 20 per cento;
La relazione illustrativa precisa che “l’intervento in parola si rende necessario atteso l’andamento al ribasso del mercato immobiliare e delle peculiari modalità con le quali vengono definiti i prezzi di vendita, basate sulle indicazioni fornite dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI). Il combinato disposto di tali elementi, unitamente alle articolate procedure di gara, infatti, che prevedono il sistema d’asta ad evidenza pubblica, suggerisce l’adozione della misura, che è anche di semplificazione, senza che ciò infici l’auspicato ritorno economico, che comunque viene garantito dalle condizioni di mercato. Infatti, ove si dovessero predisporre i bandi di gara con i prezzi-base attuali (che, peraltro, come detto, in diversi casi, in virtù degli algoritmi di elaborazione dei prezzi degli alloggi, risultano addirittura superiori a quelli attuali di mercato) si profilerebbe il più che fondato rischio che essi vadano deserti, con la deprecabile necessità di dover ripetere la procedura (comunque a prezzi più bassi e con dispendio di tempo) fino al buon esito dell’incanto. Lo sconto disposto del 20 per cento, del resto, risulta comunque più vantaggioso dell’alternativa cessione in blocco del portafoglio di alloggi ad un soggetto terzo (es. fondi immobiliari) che, a valore di mercato, come è noto, sconterebbe l’operazione di almeno il 30 per cento. Si soggiunge, infine, che tale “esigenza” era stata a suo tempo individuata, già nel dicembre del 2013, allorquando la IV Commissione difesa della Camera pose tale riduzione (ancorché non individuata nel quantum) quale “condizione” in occasione della formulazione del parere (sottostante) sull’atto n. 32 (decreto legislativo n. 7/2014 per la riforma dello strumento militare in senso riduttivo)”.
§
il Ministero della difesa è, altresì, autorizzato a
cedere a titolo oneroso, previa intesa con l’Agenzia del demanio, immobili
liberi, anche residenziali, a fondi
comuni di investimento immobiliare e prioritariamente a quelli gestititi
dalla società a capitale pubblico.
Articolo 31,
comma 19
(Attribuzione del grado vertice)
Il comma
19 abroga l’articolo 1095 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il
quale attribuisce agli ufficiali appartenenti ai ruoli indicati nel medesimo
articolo il grado di tenente generale o corrispondente, in sovrannumero
rispetto alle dotazioni organiche previste, a condizione che gli stessi abbiano
maturato un periodo di permanenza minima pari a un anno nel grado di maggior
generale.
Al riguardo, si
ricorda che ai sensi dell’articolo 1095 del decreto legislativo n. 66 del 2010 all'ufficiale
più anziano dell'Arma dei trasporti e dei materiali, del Corpo di commissariato
e del Corpo di sanità dell'Esercito italiano, del Corpo delle capitanerie di
porto, del Corpo di commissariato e del Corpo di sanità della Marina militare,
del Corpo di commissariato, del Corpo di sanità e del ruolo delle armi
dell'Aeronautica militare che ha maturato un periodo di permanenza minima pari
a un anno nel grado di maggior generale o corrispondenti, è conferito il grado
di tenente generale o corrispondenti.
La relazione tecnica precisa che “tenuto conto che la differenza tra la retribuzione media, a lordo degli oneri a carico dell’Amministrazione, corrisposta al personale che riveste il grado di maggior generale o corrispondenti e quella di un tenente generale e corrispondenti ammonta a 22.692 euro annui per l’Esercito, a 24.673 euro annui per la Marina Militare e a 22.019 euro annui per l’Aeronautica Militare, il risparmio per l’amministrazione in termini di spesa per redditi ammonterà a regime, nell’anno 2021, a circa 202.000 euro annui. Tale risparmio verrà comunque parzialmente conseguito nel prossimo triennio in relazione alla sostituzione del personale interessato che, attualmente, riveste il grado di maggior generale o corrispondenti atteso il collocamento in quiescenza per limiti di età con la seguente ipotesi di risparmio in termini di consistenze medie in anni persona: 2,5 unità nel 2015, 5,75 unità nel 2016, 6 unità nel 2017, 8 unità nel 2017 e 9 unità nel 2021. Conseguentemente, i risparmi attesi per gli anni 2015, 2016 e 2017 ammontano, rispettivamente, a 50.654, 104.153 e 107.654 euro annui lordo amministrazione”.
Articolo 31,
comma 20
(Agenzia industrie difesa - Stralciato)
Il comma 20 dell’articolo 31 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo
120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee
all’oggetto del disegno di legge di stabilità.
Articolo 32,
commi 1-3
(Incorporazione dell’INEA nel CRA e
Istituzione dell’Agenzia unica
per ricerca, la sperimentazione in agricoltura
e l'analisi dell'economia agraria)
Il comma 1 dispone l’incorporazione dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), che assume la nuova denominazione di Agenzia unica per ricerca, la sperimentazione in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. L’Agenzia subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’INEA, ivi inclusi i compiti e le funzioni ad esso attribuite dalle disposizioni vigenti.
L’incorporazione è finalizzata, ai sensi della norma in esame, alla:
§ razionalizzazione del settore della ricerca e della sperimentazione nel settore agroalimentare e il sostegno degli spin-off tecnologici;
§ razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, in attuazione del principio di cui all’articolo 1 del D.L. n. 138/2011, anche tenendo conto degli indirizzi e delle proposte formulate nell’ambito del processo di analisi e revisione della spesa pubblica, di cui all’articolo 49-bis, commi 1 e 2 del D.L. n. 69/2013.
Sebbene non indicato, il richiamo operato all’articolo 1 del D.L. n. 138/2011 sembrerebbe essere riferibile – in considerazione dei risparmi-obiettivo della norma in questione relativi alle spese di personale (cfr. infra) - al comma 3 del medesimo articolo, il quale ha disposto che le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le agenzie fiscali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca provvedano ad una ulteriore riduzione dei propri assetti organizzativi rispetto a quella già operata dall’articolo 74 e dall'articolo 2, comma 8-bis, del D.L. n. 194/2009[1]
L’articolo 49-bis del D.L. n. 69/2013, richiamato nel testo della norma in esame, reca una nuova disciplina dell’attività volta alla razionalizzazione della spesa pubblica, che sostituisce, semplificandola, quella già disposta dagli articoli 1-6 del D.L. n. 52/2012.
Il comma 1 dell’articolo 49-bis
ha istituito un Comitato interministeriale[2] con attività di indirizzo e coordinamento in
materia di razionalizzazione della spesa di tutte le amministrazioni pubbliche,
degli enti pubblici e delle società controllate direttamente o indirettamente
da amministrazioni pubbliche. L’attività di coordinamento di tale Comitato
concerne, in particolare, gli interventi di spending
review relativi ai trasferimenti alle imprese, la riduzione delle spese per
acquisto di beni e servizi, l'ottimizzazione dell'uso degli immobili e le altre
materie individuate dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministeri
del 3 maggio 2012. Tra gli interventi previsti dalla direttiva in questione
rientra la riduzione, anche mediante
accorpamento, degli enti strumentali e vigilati e delle società pubbliche.
Inoltre, ai sensi del comma 2 dell’articolo 49-bis è stato nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 4 ottobre 2013 un Commissario straordinario per la spending review, con poteri conoscitivi nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche, tra cui l’accesso alle banche dati dalle stesse alimentate, nonché poteri ispettivi. Il predetto Commissario ha presentato un Programma di Lavoro finalizzato al raggiungimento di precisi obiettivi di risparmio, i quali sono stati via via implementati da una serie di interventi legislativi successivi[3].
Si ricorda che l’articolo 7 del
DDL 1328 (cd. collegato agricolo)
reca una delega al Governo per il complessivo riordino, la soppressione e la riduzione degli enti vigilati dal MIPAAF
e per il riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori.
L’articolo 7 finalizza l’intervento alla razionalizzazione e al
contenimento della spesa pubblica, in attuazione del principio di revisione
integrale della spesa pubblica cui all'articolo
01 del D.L. n. 138/2011[4], anche
tenendo conto degli indirizzi e delle proposte formulate ai sensi dell'articolo
49-bis, commi 1 e 2, del D.L. n. 69/2013.
In particolare, il comma 1 demanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) – da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (MEF) e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame - l’individuazione delle risorse umane strumentali e finanziarie dell’INEA trasferite all’Agenzia.
Il bilancio di chiusura dell’INEA sarà deliberato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità dall’organo in carica alla data di incorporazione e sarà trasmesso per l’approvazione al MIPAAF e al MEF.
Ai componenti degli organi dell’INEA sono corrisposti i compensi, indennità o altri emolumenti comunque denominati fino alla data di incorporazione.
Per gli adempimenti di chiusura ai componenti dei predetti organi spetta esclusivamente, ove dovuto, il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dai rispettivi ordinamenti.
Si rileva al riguardo che il comma 1 usa un non chiaro riferimento agli
“adempimenti di cui al terzo periodo”.
Il comma
1 prevede – ai fini dell’attuazione di quanto in esso previsto – la nomina
di un commissario straordinario dell’Agenzia
– il quale, ai sensi del comma 2 si
sostituisce agli organi statutari del Consiglio per la ricerca e la
sperimentazione in agricoltura (CRA).
Al Commissario il comma 1 demanda il compito
di predisporre, entro centoventi giorni
dalla sua nomina:
§ un piano
per il rilancio e la razionalizzazione delle attività di ricerca e sperimentazione in
agricoltura,
§ lo statuto
dell’Agenzia
§ gli interventi di efficientamento organizzativo ed economico, finalizzati:
- all’accorpamento, riduzione e
razionalizzazione delle strutture e delle attività degli enti, prevedendo: un numero
limitato di centri per la ricerca e
la sperimentazione, a livello almeno
interregionale, su cui concentrare le risorse della ricerca e l'attivazione
di convenzioni e collaborazioni strutturali con altre pubbliche amministrazioni,
regioni e privati. In particolare la norma indica come obiettivo la riduzione delle attuali articolazioni
territoriali di almeno il 50 percento;
- alla riduzione
degli oneri amministrativi e delle spese per personale di almeno il 10 percento
rispetto ai livelli attuali.
È demandata al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, tenuto conto delle proposte del Commissario,
l’approvazione, con decreto di
natura non regolamentare, della direttiva
di indirizzo triennale delle attività di ricerca e sperimentazione, lo statuto e il piano di interventi necessari ad assicurare il contenimento della spesa
e delle sedi, nonché l’equilibrio
finanziario dell’agenzia.
Si
rileva, al riguardo, che la disposizione in esame non precisa il termine di
emanazione del suddetto decreto.
Si osserva inoltre che l’intera
riorganizzazione degli enti coinvolti è rimessa ad un decreto di natura non
regolamentare senza la previsione di alcuna norma primaria di coordinamento con
la disciplina vigente relativa al CRA e all’INEA, attualmente contenuta nel
D.Lgs. n. 454/1999.
Il comma
3 dispone - nelle more dell’attuazione del riordino dell’Agenzia – una
riduzione di 3 milioni di euro a
decorrere dal 2015 del contributo ordinario annuo a carico dello Stato a
favore del Consiglio per la sperimentazione e la ricerca in agricoltura.
Si osserva al riguardo che – secondo la
relazione tecnica – gli ulteriori
risparmi derivanti dai commi da 1 a 3 in esame saranno accertati a consuntivo.
L’articolo 6 del D.Lgs. n. 454/1999, che enuncia le tipologie di entrate del CRA, stabilisce in particolare che al medesimo istituto venga conferito un contributo ordinario annuale, a carico del bilancio statale, a valere su apposito stanziamento dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per l'espletamento dei compiti previsti dal presente decreto e per le spese del personale.
Si ricorda al riguardo che l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n. 454/1999, che attiene ai contributi da assegnare al consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura per il funzionamento dell’ente, è iscritta sul capitolo 2083/Mipaaf e annualmente finanziata in Tabella C della legge di stabilità.
A BLV 2015-2017, tale specifica autorizzazione reca uno stanziamento di 5,1 milioni di euro per il 2015, di 4,6 milioni di euro per il 2016 e 4,6 milioni di euro per il 2017 ( si veda sul punto, le schede illustrative allegate allo stato di previsione del MIPAAF)[5].
Il
disegno di legge di stabilità 2015
espone in Tabella C uno stanziamento
pari a 5,1 milioni per il 2015, a 4,6 milioni per il 2016 e a 4,6 milioni per
il 2017, non apportando dunque alcuna variazione alla legislazione vigente.
Si
segnala peraltro che articolo 20, comma 1 e l’allegato 6, del medesimo Disegno
di legge di stabilità riduce i contributi in favore del CRA (cap.2083) nella
misura di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2015[6].
Si consideri infine che il capitolo 2084/Mipaaf espone poi lo stanziamento (spese di natura obbligatoria non determinate dalla Tabella C, ma direttamente iscritte a bilancio) da assegnare al CRA per le spese del personale e degli organi. Lo stanziamento a BLV 2015-2017 è pari a 94,8 milioni per il 2015 a 94,5 milioni per il 2016 e a 95,3 milioni per il 2017.
Ai sensi del comma 1, il Commissario provvede
altresì all’adozione del bilancio di
chiusura dell’INEA in caso di
inottemperanza da parte dell’organo in carica entro il termine previsto (60
giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità) e ferme restando le
responsabilità gestorie del predetto organo.
Il comma 2 dispone in ordine alle modalità di nomina, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, del Commissario straordinario.
Il Commissario dura in carica un anno, prorogabile, per motivate esigenze, una sola volta.
Il medesimo decreto stabilisce il mandato del Commissario dell’Agenzia, che come già accennato, si sostituisce agli organi statutari del CRA, e ne determina i relativi compensi. A tal fine, il comma richiama l’articolo 15, comma 3 del D.L. n. 98/2011, relativo alle modalità di determinazione dei compensi di taluni commissari straordinari di governo e commissari e sub commissari ad acta, disponendo che essa debba avvenire nei limiti di cui alla predetta norma: il compenso dovrà dunque essere composto da due parti:
§ una parte fissa che non potrà eccedere i 50.000 euro;
§ una parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell’oggetto dell’incarico commissariale, e anch’essa non potrà superare i 50.000 euro.
Con il medesimo decreto possono inoltre essere nominati due sub-commissari, individuati fra esperti in materia di organizzazione della sperimentazione e della ricerca applicata al settore agricolo e agroalimentare, ai quali è affidato il compito di affiancare il commissario nell’esercizio delle sue funzioni.
Si osserva che la norma non indica la durata in carica dei sub-commissari.
Il compenso dei subcommissari non può comunque eccedere l’80 per cento di quello del commissario.
Al trattamento economico del commissario e dei sub-commissari si provvede a valere sui capitoli di bilancio dell’Agenzia.
Come già accennato nel testo, la relazione tecnica afferma che dalle norme in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che al contrario alla norma sono associati risparmi pari a 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015 derivanti(ai sensi del comma 3), nelle more del riordino dell’agenzia alla riduzione del contributo annuo statale a favore del CRA. Gli ulteriori risparmi derivanti dai commi qui in commento saranno accertati a consuntivo.
Il D.Lgs. n. 454/99 ha provveduto ad una riorganizzazione degli enti operanti nel settore della ricerca in agricoltura, disponendo l’istituzione del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), con competenza scientifica generale nei settori agricolo, agro-industriale, ittico e forestale[7].
Il medesimo D.Lgs. ha provveduto al riordino dei seguenti enti di ricerca:
§
l’Istituto nazionale di economia agraria
(INEA), istituito per compiere indagini e studi di economia agraria e
forestale;
§
l’Istituto
nazionale della nutrizione (INN), trasformato nell’Istituto nazionale di
ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) che deve fondamentalmente
assicurare la tutela del consumatore e il miglioramento qualitativo delle
produzioni agro-alimentari;
§
l’Ente nazionale
sementi elette (ENSE), che svolge compiti specifici di certificazione, analisi
e controllo dei prodotti sementieri, nonché di promozione di nuove varietà e
riconoscimento varietale e brevettuale delle novità;
§
il Centro di
specializzazione e ricerche economiche-agrarie per il Mezzogiorno, con sede a
Portici, trasformato in Centro per la formazione in economia e politica dello
sviluppo rurale (cd. Centro Portici), centro di ricerca economico-agraria ma
anche centro di formazione postuniversitaria.
Successivamente, il D.L. n. 78/2010, con l’articolo 7, comma 20, ha soppresso:
§
il Centro Portici, trasferendo compiti e
funzioni al Ministero dell’agricoltura;
§
l’ENSE, i cui compiti e funzioni sono
stati attribuiti all’INRAN;
§
l’Istituto Nazionale Conserve Alimentari
(INCA)[8] con contestuale
trasferimento all'INRAN dei compiti dell’Istituto.
Con il D.L. n. 95/12 anche l'INRAN è stato soppresso a decorrere dal 7 luglio 2012 e le funzioni acquisite in materia di certificazione ufficiale dei prodotti sementieri sono state trasferite all'Ente risi, mentre tutte le altre sono state attribuite al CRA (art. 12, commi 1-6).
Il sofferto quadro di revisione delle competenze si è concluso con la legge di stabilità 2013, Legge n. 228/12, che per evitare che l'ente di commercializzazione del riso si trovi ad avere anche un ruolo nella certificazione del prodotto, ha trasferito al CRA anche le funzioni nella materia sementiera.
La riorganizzazione del settore ha dovuto anche tener conto delle norme di contenimento della spesa contenute nel D.L. n. 112/08 che all’articolo 74 ha richiesto una riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali anche ivi inclusi gli enti di ricerca pubblici, secondo principi di efficienza, razionalità ed economicità[9].
Come già sopra accennato, l’articolo 1, comma 3 del D.L. n. 138/2011 ha disposto una ulteriore riduzione degli assetti organizzativi dei predetti enti rispetto a quella già operata dall’articolo 74 nonché dall'articolo 2, comma 8-bis, del D.L. n. 194/2009[10].
Nel sistema dei soggetti pubblici vigilati dal Dicastero agricolo va anche menzionato l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), ente pubblico economico che proviene dall'accorpamento del precedente "Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo" (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina (D.Lgs. n. 419/99)[11].
Si ricorda infine che, nella passata legislatura, al Senato, la 9° Commissione Agricoltura ha svolto, tra il 2011 e il 2012, una Indagine conoscitiva sulle funzioni espletate dagli Enti vigilati dal Mipaaf.
Per completezza, si rappresenta che il sistema della ricerca agricola non si limita alle strutture vigilate dal Ministero -che nel 2013 contavano grosso modo 1.600 dipendenti, più di 500 dei quali ricercatori - ma vede la partecipazione anche di altri soggetti pubblici e privati, nonché strutture no profit.
Tra le strutture pubbliche della ricerca vanno incluse le Università finanziate dal Ministero Istruzione Università e Ricerca, presso le quali ci sono facoltà di medicina veterinaria e facoltà di agraria.
Inoltre, vi sono istituti di ricerca operanti in questo campo gestiti dal Dipartimento agroalimentare del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il quale è vigilato e finanziato dal Ministero Istruzione Università e Ricerca.
Nel sistema della ricerca agricola hanno un ruolo rilevante anche le regioni, che secondo l’attuale assetto costituzionale, intervengono con proprie disposizioni.
Il CRA, disciplinato nel Titolo I, articoli 1-9 del D.Lgs. n. 454/1999, è sotto la vigilanza del Dicastero agricolo, è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia scientifica, statutaria, amministrativa e finanziaria, e si configura quale ente di programmazione generale della ricerca del comparto agroindustriale.
L'attività del settore si deve quindi svolgere sulla base un piano triennale di attività (che può annualmente essere rivisto) che, approvato dal Dicastero agricolo, è predisposto dal Consiglio in modo da essere coerente con la programmazione scientifica nazionale definita nel Piano nazionale delle Ricerche (PNR) del MIUR, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
L’attività attribuita al Consiglio svolta dagli istituti diffusi sul territorio, e deve essere diretta a:
§
svolgere la ricerca
scientifica e applicata; (l’articolo 3 del D.Lgs. n. 454/1999 specifica che tra
le finalità della ricerca vanno inclusi lo sviluppo sostenibile agricolo e
rurale, nonché l'utilizzo delle aree svantaggiate e colpite da marginalità e
dei sistemi acquei - sia a scopi produttivi che di tutela);
§
individuare
processi produttivi e tecniche gestionali innovative, anche attraverso
miglioramenti genetici e applicazione delle biotecnologie;
§
fornire
consulenza ai Ministeri, alle regioni e province autonome, anche con accordi di
programma con tali enti;
§
favorire il
trasferimento alle imprese dei risultati ottenuti;
§
eseguire ricerche
a favore delle imprese del settore primario e dell'agroindustria.[12]
Le fonti di finanziamento del CRA ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 454/1999 sono le seguenti:
§
il contributo ordinario annuale, a carico
del bilancio statale, a valere su apposito stanziamento dello stato di
previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per
l'espletamento dei compiti previsti dal presente decreto e per le spese del
personale, già indicato nel commento della norma;
§
i contributi derivanti dal Fondo integrativo speciale per la ricerca
(di cui al D.lgs. n. 204/1999), per singoli progetti e interventi di
particolare rilevanza strategica indicati nel PNR (si tratta dei cosiddetti
PRIN finanziati dal MIUR);
§
i compensi per l'attività di ricerca e
consulenza richiesta al CRA stesso da soggetti pubblici o privati;
§
le eventuali assegnazioni di spesa
finalizzate per progetti speciali da parte del Ministero o di altre
amministrazioni pubbliche;
§
i contributi alla ricerca provenienti
dall'Unione europea;
§
rendite del proprio patrimonio, fondi
provenienti da lasciti, donazioni e contributi da parte di soggetti pubblici e
privati, e ogni altra entrata;
§
i proventi conseguenti ai brevetti ottenuti
nelle strutture di ricerca.
Dall'ultima relazione della Corte di Conti sul CRA, di luglio 2014 e relativa al controllo eseguito sul consiglio nell’anno 2012, risulta che la parte preponderante delle entrate del CRA nell’anno 2012 (pari a 135,1 milioni di euro) deriva dal contributo statale, ed in particolare dai trasferimenti finalizzati alle spese di natura obbligatoria , cioè le spese di personale e degli organi (pari a 90,3 milioni di euro e provenienti dal cap. 2084/MIPAAF).
Va aggiunto che la riorganizzazione del settore da parte del CRA è stata resa operativa nel 2007 (D.M. n. 943/2006).
Tutte le strutture fanno capo a quattro Dipartimenti: sulla produzione vegetale; per le produzioni animali; per i prodotti agroindustriali; e il Dipartimento agronomia, foreste e territorio.
Al Consiglio fa capo una fitta rete territoriale di istituti di ricerca, ridisegnata da un Piano approvato dal Ministero delle politiche agricole e forestali, con decreto ministeriale n. 943 del 22 marzo 2006.
Secondo quanto riportato nella relazione della Corte dei Conti, i Centri di ricerca che fanno capo ai predetti dipartimenti e che sono dislocati in varie zone del territorio nazionale sono 16 e le Unità di ricerca sono 30, anch’esse territorialmente diffuse.
L'INEA è stato fondato con il
R.D. n. 1418 del 10 maggio 1928 e riordinato profondamente per mezzo
dell'articolo 10 del D.Lgs. 454/1999, oggi INEA è un ente di ricerca di diritto
pubblico dotato di autonomia scientifica, statutaria, organizzativa,
amministrativa e finanziaria, ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali. Sin dalle origini, INEA ha
avuto il compito di svolgere indagini e
studi di economia agraria e forestale.
L’Istituto svolge dunque, nel rispetto degli obiettivi del programma
nazionale per la ricerca (PNR), attività di ricerca in ambito nazionale,
comunitario e internazionale nel settore agro-industriale, forestale e della
pesca anche allo scopo di contribuire all’elaborazione delle linee di politica
agricola, agroindustriale e forestale nazionali. Negli ultimi anni l’Istituto
ha ampliato le attività svolte a supporto alla pubblica amministrazione per
l’attuazione delle politiche agricole con particolare riferimento a quelle
commissionate dall’Unione Europea.
Ai sensi dell’art. 6 del regolamento CEE n. 79/65 l’INEA è stato
designato quale organo di collegamento tra lo Stato italiano e l’Unione Europea
per la gestione della rete di informazione contabile agricola della Comunità
europea (RICA- riorganizzata con il Reg. CE 1217/2009).
INEA ha 20 sedi regionali e fa parte del sistema statistico nazionale
(SISTAN), ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
CRA e INEA rientrano entrambi nel perimetro delle amministrazioni
pubbliche definito dall'apposito elenco ISTAT.
Ai sensi dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 454/1999 e dell’articolo 3 dello
Statuto, s sono organi dell’Istituto il Presidente, il Consiglio di
amministrazione, il Consiglio scientifico e il Collegio dei revisori dei conti.
Secondo quanto precisato dalla relazione tecnica al disegno di legge di
stabilità in esame, il costo complessivo
degli organi dell’INEA è pari ad euro
159.000:
a) il Presidente |
euro 63.000 |
b) il Consiglio di amministrazione |
euro 52.000 |
c) il Collegio dei revisori dei conti |
euro 32.000 |
d) il Consiglio scientifico |
euro 12.000 |
L’ultima relazione della Corte dei Conti sul controllo eseguito
sull’INEA nell’anno 2012, adottata a luglio 2014, afferma
che la pianta organica - rideterminata dal Consiglio di amministrazione il 6
giugno 2012 (approvata dal D.P.C.M. del 22 gennaio 2013) prevede 118 unità di
personale. Nel 2012 hanno prestato servizio 117 unità di personale a tempo
indeterminato e 116 a tempo determinato. La spesa complessiva è ammontata a
12,9 milioni di euro. Le entrate dell’Istituto dipendono esclusivamente da
finanziamenti pubblici da parte dello Stato e di altri enti pubblici[13].
Si segnala che l’INEA è stato commissariato
dal MIPAAF con decreto n. 18 del 3
gennaio 2014 per “irregolarità e disfunzioni nella sua conduzione”. Il
MIPAAF ha nominato come Commissario straordinario il prof. Giovanni Cannata.
Articolo 32,
comma 4
(Gasolio agricolo)
Il comma 4 dell’articolo 32 aumenta dal 22% al 26,5% l’aliquota di accisa agevolata (rispetto alla misura ordinaria di accisa) per l’utilizzo di gasolio ai fini dello svolgimento di lavori agricoli, orticoli, di allevamento, legati alle attività di silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
L’articolo 24 del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle accise) al n. 5 della tabella A prevede la possibilità di introdurre esenzioni o applicazioni di aliquote ridotte di accisa per taluni oli minerali impiegati in lavori agricoli, orticoli in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica. In assenza del regime di esenzione, le aliquote ridotte applicabili sono pari al 10% dell’aliquota ordinaria per il gasolio impiegato nelle serre florovivaistiche (art. 2, co. 127, della legge n. 662/1996) e al 22% di quella ordinaria per l’impiego di gasolio nella altre serre (articolo 10 del D.L. n. 375/2000).
A norma dell'art. 24, comma 4, della legge n. 388 del 2000, l'aliquota normale di riferimento per il gasolio destinato agli impieghi agricoli, ivi compreso il riscaldamento delle serre, è quella prevista per il gasolio usato come carburante.
Con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454 sono state definite le modalità applicative dell’agevolazione fiscale, mentre con il decreto del Ministero dell’agricoltura 26 febbraio 2002 sono stati determinati i consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dall'accisa, secondo i parametri indicati nelle allegate tabelle. Per il gasolio essi sono espressi in litro su ettaro (l/ha).
Dal 1° marzo 2014 l'accisa sulla benzina è pari a 730,80 euro per mille litri, mentre quella sul gasolio è stata aumentata a 619,80 euro per mille litri, per effetto della Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013. Tale aumento è conseguente alle norme contenute nell’articolo 61, comma 1, lettera e) del decreto-legge n. 69 del 2013.
L’art. 1, comma 184, della legge n.147 del 2012 (legge di stabilità 2014), ha disposto l’incremento, con decreto del Ministro delle politiche agricole da emanare entro il 2 marzo 2014 - nei limiti di spesa pari a 4 milioni per il 2014, a 21 milioni per il 2015 e a 16 milioni a decorrere dal 2016 - della misura dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato in agricoltura, come determinati nell’Allegato 1 al decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 26 febbraio 2002 (pubblicato nella G.U. n. 67 del 2002).
Con la legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), invece, all’articolo 1, comma 517, si era disposta la riduzione del 5 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2014, dei consumi medi dei prodotti petroliferi da ammettere all'impiego agevolato in agricoltura. Limitatamente all’anno 2013 i predetti consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato in agricoltura erano stati ridotti del 10 per cento.
Da ultimo, la legge europea 2013 bis (in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) ha previsto (art. 35- norme di copertura) che, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, si provvede alla riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle coltivazioni sotto serra ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o dell'esenzione dell'accisa, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2002, in misura tale da garantire maggiori entrate pari a 4 milioni di euro per l'anno 2014, a 21 milioni di euro per l'anno 2015 e a 16 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
Articolo 32,
comma 5
(Piano irriguo nazionale)
Il comma 5 prevede che, a decorrere dal 2015, venga ridotta di 6 milioni e 400 mila euro l’autorizzazione di spesa per la prosecuzione del Piano irriguo nazionale disposta dalla legge finanziaria 2008 (art. 2, comma 133, della L n.244/2007).
Il Piano irriguo nazionale è parte del Piano idrico nazionale.
Con delibera CIPE 14 giugno 2002, n.41 sono state dettate le linee guida per il programma nazionale per l’approvvigionamento idrico in agricoltura e per lo sviluppo dell’irrigazione, indirizzando gli interventi secondo le seguenti linee guida:
§
recupero
dell’efficienza degli accumuli per l’approvvigionamento idrico;
§
completamento
degli schemi irrigui;
§
rifacimento dei
sistemi di adduzione;
§
adeguamenti delle
reti di distribuzione;
§
realizzazione di
sistemi di automazione e telecontrollo degli impianti irrigui
§
utilizzo delle
acque reflue depurate.
Con delibera CIPE n.74 del 27 maggio 2005, oltre ad essere stato approvato il Piano irriguo nazionale, sono stati stanziati 1.100 milioni di euro (770 milioni di euro alle regioni settentrionali e 330 milioni alle regioni meridionali).
Considerato che il Piano irriguo prevede investimenti complessivi per 1.600 milioni di euro, con delibera Cipe n.75 del 29 marzo 2006 sono stati previsti ulteriori investimenti per un importo pari a 500 milioni di euro.
Questi investimenti hanno trovato copertura con la legge finanziaria del 2008 (art. 2, comma 133, della L. 244/2007) che ha autorizzato un contributo di 100 milioni per la durata di quindici anni, per un totale di 1.500 milioni di euro.
Questo stanziamento è stato successivamente ridotto, per ciascuna annualità, in virtù di interventi legislativi che hanno operato riduzioni sui capitoli rimodulabili del bilancio statale, di cui all’articolo 60 del D.L. n.112/2008 e in via permanente dall’art. 4 del D.L. n.180/2008. Una riduzione lineare del 10 percento degli stanziamenti è stata poi operata con l’articolo 2, quarto periodo, del D.L. n. 78/2010. In virtù di tali riduzioni lo stanziamento si è ridotto a 53.475.441 euro annui (e dunque a complessivi 802,1 milioni di euro).
Con delibere CIPE 22 luglio 2010, n.69 e 18 novembre 2010, n.92, sono state finanziate, mediante operazioni di mutuo, opere infrastrutturali irrigue per un importo complessivo di 595 milioni di euro circa, mentre i restanti 207 milioni circa sono stati destinati alla copertura della quota interessi.
La Relazione tecnica afferma che, a seguito della chiusura delle procedure di gara per l’appalto dei lavori, il Mipaaf ha provveduto ad effettuare la rimodulazione dei quadri economici delle concessioni[14], che ha fatto emergere economie di spesa pari 6,4 milioni per ciascuna annualità. Sempre in base a quanto affermato nella RT “tali economie consentono la riduzione dell’autorizzazione di spesa in esame senza compromettere la realizzazione delle opere né il pagamento degli interessi”.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 8 della L. 17 maggio 1999, n.144 prevede che le economie realizzatesi nella realizzazione di opere pubbliche, finanziate con ricorso a mutui con ammortamenti a carico del bilancio statale, possono essere utilizzate per il finanziamento di ulteriori lavori afferenti al progetto originario ovvero ad un nuovo progetto di opere della stessa tipologia, previa autorizzazione del Ministero competente.
Tale facoltà ha trovato conferma nell’art. 32, comma 4, della L. n.350/2003, riferita all’economie di asta passibili di utilizzazione per la prosecuzione di lotti ulteriori di impianti per il recupero delle risorse idriche.
Si ricorda, infine, che la programmazione del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), secondo quanto disposto dal regolamento per lo sviluppo rurale n.1305/2013, è stata impostata dall’Italia attraverso la presentazione di un programma di sviluppo rurale nazionale, accanto ai programmi di sviluppo rurale regionali, nel quale sono previste alcune misure in tema di: strumenti di gestione del rischio;- investimenti irrigui;- miglioramento genetico del patrimonio zootecnico e biodiversità animale.
Per quanto riguarda gli investimenti irrigui, il rapporto preliminare predisposto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sottoposto alla procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) prevede che le tipologie di interventi finanziabili avranno riguardo a:
a)
recupero
dell’efficienza degli accumuli per l’approvvigionamento idrico;
b)
completamento degli
schemi;
c)
miglioramento dei
sistemi di adduzione;
d)
adeguamento delle
reti di distribuzione.
A questi possono affiancarsi interventi altrettanto strategici che riguardano:
a)
sistemi di
controllo e di misura (dotazione degli impianti irrigui di sistemi di
automazione e telecontrollo al fine di razionalizzare la pratica irrigua,
eliminando sprechi e inefficienze e misurare i volumi di acqua erogati);
b)
riutilizzo di
acque depurate, che può rappresentare una fonte integrativa di acqua per
l’agricoltura, nonché una fonte alternativa nei casi in cui l’acqua utilizzata
per l’agricoltura presenti una qualità tale da poter essere sottratta all’uso
irriguo ed utilizzata per altri usi più esigenti, in particolare quello civile.
Articolo 32,
comma 6
(Sequestri di carburante - Stralciato)
Il comma 6 dell’articolo 32 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo
120, comma 2, del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee
all’oggetto del disegno di legge di stabilità.
Articolo 33
(Ottimizzazione della gestione della
tesoreria dello Stato)
L’articolo 33 interviene sulla
disciplina recata dal T.U. 398/2003[15] in
materia di debito pubblico al fine di adeguare la gestione della liquidità
del conto disponibilità del tesoro presso la Banca d’Italia ad alcune
recenti decisioni della Banca Centrale Europea che hanno inciso sulla
movimentazione e remunerazione delle liquidità detenute dai governi presso le
rispettive banche centrali nazionali. A tal fine, oltre a consentire una
gestione più efficiente della copertura rispetto alle oscillazioni del tasso di
cambio e delle operazioni in strumenti derivati, le modifiche introdotte dalla
norma dispongono il trasferimento del Fondo per l’ammortamento dei
titoli di Stato presso Banca d’Italia alla Cassa Depositi e Prestiti:
ciò al fine di evitare possibili erosioni su tale Fondo conseguenti alle
suddette decisioni della BCE.
L’intervento recato dall’articolo in esame opera in particolare alcune modifiche alla gestione della liquidità del Tesoro, com’è noto detenuta presso la Banca d’Italia, ritenute necessarie a seguito delle recenti decisioni che della Banca centrale europea (BCE), del 5 giugno[16][17] e del 4 settembre 2014[18],che stabiliscono, tra l’altro, un limite alla giacenza complessiva remunerata dei depositi detenuti dalle amministrazioni pubbliche presso una banca centrale nazionale, introducendo altresì l’applicazione di un tasso di interesse negativo alla giacenza in eccesso, qualora la stessa BCE decida di ridurre sotto lo zero il tasso di interesse sui depositi (tasso “deposit facility”[19]).
Si tratta, in particolare, quanto alle decisioni del 5 giugno, della Decisione BCE/2014/23 sulla remunerazione di depositi, saldi e riserve in eccesso e del relativo atto di Indirizzo BCE/2014/22, che modifica un precedente indirizzo (Indirizzo BCE/2014/9) sulla gestione di attività e passività nazionali da parte delle banche centrali nazionali.
Ne consegue, per quanto riguarda l’Italia, che l’ammontare complessivo dei depositi governativi remunerati presso la Banca d’Italia non può superare la soglia individuata nell'importo maggiore tra 200 milioni e lo 0,04 per cento del PIL; secondo quanto precisa la Relazione all’articolo in esame tale soglia, sulla base dei dati relativi all’anno in corso, si colloca intorno a 600 milioni di euro. Tale remunerazione, dal 1° dicembre di quest’anno, sarà obbligatoriamente il tasso EONIA overnight[20], attualmente negativo. Peraltro, il tasso di interesse sui depositi presso la banca centrale è stato già recentemente ridotto dalla BCE, venendo fissato al ‑0,20%, con effetto dal 10 settembre 2014.
Da ciò derivano le modifiche apportate dall’articolo 43 in commento al T.U. n.398 del 2003, volte a consentire una più agevole movimentazione della liquidità dello Stato, al fine di contenere, nei limiti del possibile, l’applicazione di rendimenti negativi sulle giacenze dei depositi governativi detenuti presso la Banca d’Italia, vale a dire principalmente, si rammenta:
§ il conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria;
§ il Fondo per l’ammortamento per i titoli di Stato.
Si rammenta che la Banca d’Italia svolge la funzione di tesoriere dello Stato e cioè effettua i pagamenti disposti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici a favore dei cittadini e delle imprese e incassa i pagamenti dovuti a qualsiasi titolo allo Stato. Tutti gli incassi e i pagamenti per conto dello Stato sono regolati sul “Conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria” detenuto dalla Banca d’Italia, che quindi assicura le funzioni di esecuzione e rendicontazione dei pagamenti pubblici. In linea con la normativa comunitaria, che vieta alle banche centrali degli Stati membri di concedere qualsiasi forma di finanziamento al Tesoro, il conto disponibilità non può presentare saldi a debito.
A tal fine il comma 1 modifica, alla lettera a) una delle definizioni recate dal comma 2 del T.U, identificando con la dicitura “conto disponibilità” il conto disponibilità del tesoro per il servizio di tesoreria, anche per distinguerlo meglio da altri conti previsti dal medesimo testo unico (analogamente viene poi modificato il comma 8 dell’articolo 5 dello stesso) ed elimina la appostazione del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato presso la Banca d’Italia.
Tale eliminazione deriva da quanto disposto dalla lettera d) del comma 1 in commento all’articolo 44 del testo unico, laddove tale Fondo, istituito presso la Banca d’Italia, è trasferito, con le relative giacenze, presso la Cassa Depositi e Prestiti, previa stipula di apposita convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze. Tale trasferimento deriva dalla decisione BCE, sopra indicata, di stabilire una remunerazione negativa su tutti i depositi ordinari di liquidità presso la Banca d’Italia, remunerazione che verrebbe ad applicarsi anche al Fondo ammortamento (sulle cui giacenze è prevista a norma dell’articolo 46 TU una remunerazione pari a quella del conto disponibilità) con conseguente possibili erosioni del relativo ammontare.
La relazione governativa precisa che l’individuazione del la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. quale soggetto presso cui trasferire il Fondo è stata operata per evitare di dover ricorrere ad uno degli istituti bancari che svolgono l’attività di Specialisti in titoli di Stato minando in tale ipotesi la parità di condizioni tra questi, indispensabile per le funzioni di supporto al mercato primario e secondario dei titoli di Stato.
Una ulteriore modifica, effettuata dalla lettera b), n.3 del comma 1, prevede che mediante la gestione di tesoreria possa procedersi all’adozione di un sistema di garanzie bilaterali per la gestione delle operazioni in strumenti derivati [21] da parte del Tesoro. Le garanzie possono essere costituite da disponibilità liquide o da titoli di Stato. Sui conti di tesoreria (ovvero sui conti e depositi di titoli o liquidità) intestati al Ministero presso il sistema bancario e utilizzati per la costituzione delle garanzie si applicano i divieti di sequestro pignoramento ed opposizioni cautelari previsti dall’articolo 5, comma 6, del TU: ciò, è da presumere, allo scopo non incidere negativamente sull’effettività della garanzia bilaterale.
L’adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Tesoro permette un allineamento alle migliori pratiche internazionali, coerentemente con l’evoluzione in corso nei modelli di risk management delle banche. Per il Tesoro questo permetterebbe una gestione più efficiente ed economica delle aste, nonché una sostanziale riduzione del rischio di controparte nei confronti delle banche nel caso in cui il valore di mercato della posizione in derivati sia favorevole per il Tesoro
Quanto alla lettera c) del comma 1, con la stessa si interviene sulla disciplina del conto disponibilità del Tesoro presso la Banca d’Italia, stabilendo, mediante la sostituzione del vigente comma 5 (sostituzione che renderebbe opportuno, si segnala, modificare anche la rubrica dell’articolo) che la gestione e remunerazione della liquidità detenuta presso la Banca d’Italia debba conformarsi agli indirizzi della BCE: A tal fine Ministero dell’economia e Banca d'Italia stabiliscono, mediante convenzione, le condizioni di tenuta del conto disponibilità (e dei conti assimilabili) ed il saldo massimo dei depositi governativi su cui la Banca d'Italia corrisponde un tasso di interesse, commisurato a parametri di mercato monetario. Il perimetro dei depositi governativi soggetti alle disposizioni di politica monetaria verrà definito con apposito decreto del Ministro dell’economia previa intesa con la Banca d’Italia. Viene altresì considerata l’eventualità dell’ applicazione di un tasso negativo, sulla base delle decisioni della BCE, disponendosi in proposito che tale tasso si applichi alla giacenza eccedente il suddetto saldo massimo. Si interviene infine sulla norma, recata dall’ultimo periodo del vigente comma 5, che autorizza il Ministro ad assumere direttamente la gestione, nell'ambito del servizio di tesoreria dello Stato, dei fondi disponibili nel conto disponibilità: viene in proposito stabilito che ciò possa esse effettuato, anche affidando da parte del Ministro medesimo determinati servizi, operazioni o adempimenti ad uno o più intermediari finanziari, nonché stipulando una convenzione con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
Con le lettere e) ed f) si operano infine alcune modifiche conseguenti prevalentemente dagli interventi sopra illustrati, ed in particolare:
§ abrogando il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 46, per eliminare il riferimento all’esenzione dal fissato bollato di cui al regio decreto n. 3278 del 1923 (ormai soppressa dal 2007) ed inoltre:
§ introducendo un comma 2-bis all’articolo 46, in cui – a seguito del trasferimento del Fondo ammortamento titoli di Stato presso la Cassa DD.PP.- si stabilisce che le modalità di utilizzo del Fondo siano stabilite con decreto ministeriale;
§ abrogando abrogati alcuni aspetti procedurali di cui all’ultima parte dell’articolo 48, nella parte in cui prevedono l’intervento della Banca d’Italia quale soggetto autorizzato ad effettuare prelievi dal Fondo ammortamento, posto che tali funzioni, ai sensi del nuovo primo comma dell’articolo 44 introdotto dalla lettera d), sono trasferite alla CDP.
Il comma 2 prevede, infine, l’abrogazione delle disposizioni procedurali sull’utilizzo del Fondo ammortamento titoli di Stato (vale a dire degli articoli dal 48 al 52 del T.U.), a far data dall’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al nuovo comma 2-bis dell’articolo 46.
Articolo 34
(Assoggettamento delle Camere di
commercio alla
tesoreria unica e proroga del termine finale per la
sospensione della tesoreria unica “mista”)
L’articolo prevede, al comma 1, l’assoggettamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura al sistema di tesoreria unica di cui alla legge n. 720/1984, prevedendone l’inserimento nella Tabella A della citata legge.
Si ricorda che tali enti (nonché le aziende speciali ad essi collegate) originariamente rientranti nel sistema di tesoreria unica ne erano fuoriusciti a decorrere dal 1° gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 45, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005). Tale disposizioni viene, conseguentemente, abrogata.
Si segnala che, poiché la norma in esame non fa riferimento alle
aziende speciali collegate alle camere di commercio, è da presumersi che per
esse non sia previsto il ripristino del sistema di tesoreria unica. Su tale
circostanza appare tuttavia opportuno un chiarimento da parte del Governo.
La legge 29 ottobre 1984, n. 720 ha istituito il sistema di tesoreria unica, definendo i criteri per l’individuazione degli enti sottoposti al sistema.
Gli enti destinatari, aventi tutti natura pubblicistica, sono stati distinti in due tabelle (A e B), con differenziata disciplina, contenuta, rispettivamente, nell’articolo 1 della legge n. 720/1984 e nell'art. 40 della legge n. 119/1981.
Gli enti compresi nella tabella A[22] sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera. Le entrate degli enti affluiscono alle due contabilità speciali secondo due canali distinti a seconda della fonte dell'entrata.
Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”.
Con decreti del Ministro del tesoro viene fissato il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere. Il tasso di interesse annuo posticipato da corrispondere sulle somme depositate nelle contabilità speciali fruttifere degli enti ed organismi pubblici è stato, da ultimo, stabilito nella misura dell'1,00 per cento lordo, a decorrere dal 1° maggio 2011, dal decreto 13 maggio 2011. Con il D.M. 13 gennaio 2014 è stato fissato un limite alla misura del tasso d'interesse annuo posticipato.
I tesorieri sono tenuti ad eseguire i pagamenti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere.
Agli enti inclusi nella tabella B[23] si applica, invece, un regime di semplice limitazione delle giacenze liquide detenibili presso il proprio tesoriere, il cui importo non deve essere superiore al 3% dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza, con il versamento delle somme eccedenti in conti correnti fruttiferi aperti presso la tesoreria centrale dello Stato.
I commi 2-4 definiscono la procedura per l’assoggettamento delle camere di commercio alla tesoreria unica, fissando alla data del 1° gennaio 2015 il termine entro cui i tesorieri o cassieri delle camere di commercio sono tenuti a versare le disponibilità liquide, attualmente depositate presso gli stessi, sulle rispettive contabilità speciali, sottoconto fruttifero, che saranno aperte presso la tesoreria statale (comma 2). È inoltre previsto, entro il 30 giugno 2015, lo smobilizzo degli eventuali investimenti finanziari, come individuati con decreto del Ministro dell'economia e finanze del 27 aprile 2012, e il versamento delle relative risorse sulle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale (comma 4).
Restano escluse dall’applicazione della norma – in conformità con quanto applicato agli altri enti già assoggettati al sistema di tesoreria unica - soltanto le disponibilità rivenienti da operazioni di mutuo, prestito e da ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun contributo in conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle regioni e delle altre pubbliche amministrazioni, che restano, pertanto, depositate presso i tesorieri. I tesorieri o cassieri degli enti sono pertanto tenuti ad adeguare l’operatività dei servizi di cassa alla disciplina della tesoreria unica, contenuta, come detto, nell’articolo 1 legge n. 720/1984 (comma 3)[24].
Il comma 5 estende fino al 31 dicembre 2017 la sospensione dell’applicazione del regime
di tesoreria unica “misto” per regioni, enti locali, enti del comparto
sanità, autorità portuali e università e il mantenimento per tali enti, fino a
quella data, del regime di tesoreria unica previsto dall’articolo 1 della legge
n. 720/1984.
Il prolungamento della sospensione del
sistema misto di tesoreria unica, introdotto dall’articolo 35, comma 8, del
D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 - che viene qui novellato - fino alla data del 31
dicembre 2014, comporta che le entrate
proprie degli enti territoriali, degli enti del comparto sanitario, delle
università e delle autorità portuali rimangano depositate fino al 31 dicembre 2017 presso
la tesoreria statale, invece di
confluire nel sistema bancario.
Si ricorda che il sistema di tesoreria unica sopra descritto che si è costituito a partire dalla prima metà degli anni '80 con la legge n. 720/1984 rispondeva all’esigenza di contenimento dei costi dell'indebitamento, potenziando le disponibilità di tesoreria dello Stato e riducendo pertanto il ricorso al mercato finanziario e la conseguente emissione di titoli pubblici necessari per la copertura del fabbisogno del settore statale. Esso, inoltre, intendeva conferire ai flussi finanziari dell'intero settore una maggiore trasparenza mediante un'organica regolamentazione, introducendo, al tempo stesso, un controllo più stringente sulla capacità di spesa degli enti.
L’accelerazione
del processo di rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti
territoriali, manifestatosi a partire dal 1997 con l’istituzione dell’IRAP, ha
imposto l’esigenza di una ridefinizione
del sistema di
tesoreria unica, volto ad un suo progressivo superamento.
Per tali enti è stato, dunque, definito con il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279 (articoli 7-9) un nuovo sistema di tesoreria, comunemente definito come “misto”, secondo il quale tutte le entrate proprie (acquisite dagli enti territoriali in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) sono escluse dal versamento nella tesoreria statale, per essere depositate direttamente presso il sistema bancario.
L’applicazione del sistema di tesoreria c.d. “misto”, inizialmente limitato soltanto ad alcune fattispecie di enti locali e alle regioni ordinarie, è stato successivamente esteso alle Università statali, a decorrere dal 1999 con la legge n. 449/1997 (articolo 51, comma 3), e alle Autorità portuali, dal 2007 ai sensi della legge n. 296/2006 (articolo 1, comma 988) e, poi, con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, articolo 77-quater, a tutte le regioni, a tutti gli enti locali e agli enti del settore sanitario.
Per i Dipartimenti universitari e per le camere di commercio, invece, è stata prevista la fuoriuscita dal sistema della tesoreria unica, rispettivamente, dal 1999, ai sensi dell’articolo 29, comma 10, della legge n. 448/1998, e dal 2006, ai sensi dell’art. 1, comma 45, della legge n. 266/2005.
Le esigenze di controllo e di contenimento
della finanza pubblica hanno portato il legislatore a sospendere, con l’articolo 35, commi da 8 a 13, del D.L. n. 1/2012,
fino al 31 dicembre 2014, il regime di tesoreria unica misto, applicato,
come detto, a regioni, enti locali, enti del comparto sanità, autorità portuali
e università, e il ripristino
dell’originario regime di tesoreria unica. Analoghe considerazioni hanno
comportato la reintroduzione del sistema
di tesoreria unica per i Dipartimenti
universitari - che non ne erano più soggetti a decorrere dal 1999 - fino
all’adozione del bilancio unico di Ateneo, fissato entro la data del 31
dicembre 2014[25].
Sempre nel 2012, con il D.L. 95/2012 (c.d. spending review, articolo 7, commi 33-36)
è stato infine disposto l’assoggettamento al sistema di tesoreria unica delle istituzioni
scolastiche ed educative statali, alle quali il sistema non era mai stato
applicato.
Articolo 35,
commi 1-12
(Estensione al 2018 del contributo alla
finanza pubblica delle Regioni)
La norma stabilisce un contributo aggiuntivo delle Regioni alla finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, pari complessivamente a 4 miliardi di euro, ripartito tra le Regioni a statuto ordinario per 3.452 milioni (commi 1-2) e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome per 548 milioni (commi da 3 a 12). Ciascuna regione, per l'importo ad essa assegnato, realizza il contributo sia in termini di indebitamento netto (riduzione di spesa) che di saldo netto da finanziare. La norma estende inoltre all'anno 2018, il concorso alla finanza pubblica delle regioni già previsto dal decreto legge n. 66 del 2014 per gli anni dal 2015 al 2017.
Con riferimento alle regioni a statuto ordinario, i commi 1 e 2 stabiliscono che il concorso alla finanza pubblica determinato dall'art. 46, commi 6 e 7, del citato D.L. n. 66/2014[26], in 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017 è incrementato di 3.452 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. In linea con l'obiettivo del pareggio di bilancio fissato come obiettivo per il rispetto del patto di stabilità interno (articolo 36 del disegno di legge in esame), il contributo è realizzato riducendo i livelli di finanziamento statali nei confronti delle Regioni e attraverso l'acquisizione delle risorse regionali da parte dello Stato. La norma dispone inoltre correzioni formali al testo del decreto legge 66/2014.
Si rammenta che il comma 6 del citato articolo 46 dispone che le regioni sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017. La norma stabilisce che 'in sede di auto coordinamento' le regioni decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e gli importi del contributo, tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE[27] (recante misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), nonché dell’incidenza degli acquisti centralizzati. La decisione concordata deve essere recepita con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni:
§ entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 (vedi infra, Il contributo alla finanza pubblica per il 2014) ;
§ entro il 30 settembre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti; il termine, fissato inizialmente al 31 ottobre, è stato così anticipato dall'art. 42, comma 1 del D.L. 133/2014[28] (c.d. 'sblocca' Italia'), in corso di conversione.
La norma stabilisce inoltre che, ove non si pervenga all'intesa, gli importi attribuiti alle singole regioni e gli ambiti di spesa dovranno essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei predetti termini, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Sulla base delle determinazioni assunte con il DPCM potranno essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
Il comma 1 dell'articolo in esame apporta le seguenti modifiche al comma 6 dell'art. 46:
§ al fine di correggere un errore formale, sopprime (nel primo periodo) i riferimenti alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome (lettere a) e c)), presenti 'erroneamente' nel testo; la norma, infatti, con la dicitura "Regioni e Province autonome", potrebbe sembrare indirizzata a tutte le regioni; tuttavia, il contesto e quanto disposto (nonché la successiva attuazione relativa all'anno 2014, vedi infra) indicano chiaramente che destinatarie della norma sono le sole Regioni a statuto ordinario;
Si segnala a tale proposito che anche nel secondo periodo vi è un riferimento alle Province autonome che, in linea con quanto disposto dalla norma in esame, andrebbe soppresso; nello specifico le parole "singole[29] regioni e Province autonome di Trento e Bolzano" andrebbero sostituite con le parole "singole regioni");
§ sopprime il riferimento ai tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE e all’incidenza degli acquisti centralizzati (lettera d)), che la norma indica come criteri che le regioni dovrebbero tenere in considerazione nella determinazione degli ambiti di spesa sui quali operare i tagli, in sede di auto coordinamento; tali criteri, tuttavia, non sono risultati di facile interpretazione e applicazione e non è apparsa chiara, inoltre, la motivazione del diverso criterio previsto dal comma 6 dell’articolo, sulla base del quale determinare gli ambiti di spesa da ridurre nelle due ipotesi di determinazione da parte regionale (tenendo conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE, nonché dell’incidenza degli acquisti centralizzati) o con D.P.C.M. (tenendo conto del PIL e della popolazione residente);
§ estende al 2018, il periodo in cui le regioni devono assicurare il contributo di 750 milioni di euro annui (lettera b);
§ nell'ambito delle disposizioni secondo cui a seguito del D.P.C.M. con il quale sono individuati gli importi del risparmio per ogni singola regione, sono 'eventualmente' rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, viene soppressa la parola "eventualmente", dal momento che, a fronte della individuazione degli ambiti di spesa da tagliare, risulta comunque necessario la rideterminazione dei livelli di spesa e delle modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
Per quanto concerne il contributo aggiuntivo richiesto alle Regioni a statuto ordinario, la norma in esame aggiunge al comma 6 del citato art. 46, ulteriori periodi nei quali oltre la determinazione del contributo vengono ripetute le disposizioni già viste relative alle modalità di realizzazione del contributo iniziale stabilito dal medesimo comma 6 (primo e secondo periodo).
Per gli anni dal 2015 al 2018, pertanto, le Regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica pari a 3.452 milioni di euro per ogni anno. Il contributo è aggiuntivo rispetto ai 750 milioni di euro stabiliti al primo periodo, per cui complessivamente il contributo è pari a 4.202 milioni di euro annui. Come per il contributo iniziale, le regioni 'in sede di auto coordinamento' decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e per quali importi. Rispetto alla disciplina prevista per il contributo di 750 milioni di euro, la norma in esame aggiunge l'inciso secondo il quale la determinazione degli ambiti sui quali operare le riduzioni di spesa deve avvenire nel "rispetto dei livelli essenziali di assistenza".
La proposta deve essere recepita in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio 2015. A seguito dell'intesa, sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
Nel caso in cui non si pervenga all'intesa entro la data stabilita, la norma rinvia a quanto stabilito al secondo periodo, vale a dire che gli ambiti di spesa e gli importi attribuiti alle singole regioni saranno determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza del termine del 31 gennaio, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Potranno essere considerate anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.
Riassumendo entro il 30 settembre 2014 le Regioni a statuto ordinario dovrebbero concordare ambiti e importi delle riduzioni di risorse per 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018 ed entro il 31 gennaio 2015, dovrebbero ugualmente concordare ambiti e importi delle riduzioni di risorse per 3.452 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018.
Il comma 2 dell'articolo in esame, infine, abroga il comma 7 dell'articolo 46 del citato decreto legge 66. La norma citata dispone che gli importi imputati a ciascuna regione in sede di intesa al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità. In sostanza il contributo alla riduzione della spesa, chiesto a ciascuna regione, si traduce in un abbassamento ulteriore del limite complessivo alle spese finali, posto per ciascuna regione dalla disciplina sul patto di stabilità. La disposizione viene abrogata in quanto: dal 2014 risulta superata da quanto disposto dall’articolo 42 del decreto-legge n.133 del 2014, come di seguito si espone; dal 2015, l'articolo 36 del disegno di legge in esame modifica radicalmente la disciplina del patto di stabilità per le regioni, fissando l'obiettivo per il rispetto del patto nel raggiungimento del pareggio di bilancio, anziché nel rispetto di un limite alle spese finali complessive e, quindi, per attuare il concorso alla finanza pubblica ciascuna regione, a fronte della riduzione dei trasferimenti statali, dovrà ridurre le proprie spese di pari importo.
In relazione al contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica per il 2014 è stata sancita l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni il 29 maggio 2014[30]. Al fine di dare attuazione all'intesa, l'articolo 42, comma 1, del decreto legge 133/2014 (in corso di conversione) inserisce dopo il citato articolo 46, comma 7, i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater.
Le regioni hanno concordato di realizzare il concorso alla riduzione della spesa per un valore complessivo di 500 milioni per il 2014 (ai fini all'indebitamento netto), attraverso la rinuncia a determinate deroghe al patto di stabilità previste dalla legislazione vigente. Il comma 7-bis dispone quindi che le risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 ed attualmente escluse dal patto di stabilità, devono essere spese dalle regioni, nei limiti dell'obiettivo programmatico già fissato (e come modificato dal successivo comma 7-quater). Si tratta di contributi che le regioni ricevono al fine di finanziare particolari settori: scuole paritarie, erogazione di borse di studio universitarie, contributi e benefici a favore degli studenti, anche con disabilità, fondo per il diritto al lavoro dei disabili, libri di testo e materiale rotabile. La certificazione dell'avvenuta spesa è inserita nell'ordinaria certificazione ai fini della verifica del patto di stabilità (comma 7-ter) e qualora la regione non provveda a spendere la sua quota, essa deve versare al bilancio dello Stato la somma corrispondente. In conseguenza della rinuncia alle deroghe al patto di stabilità sopra illustrate, il comma 7-quater stabilisce che per l'anno 2014 non si applicano le esclusioni dai vincoli del patto concernenti le scuole paritarie (L. 147/2013 art. 1, comma 260), le borse di studio universitarie (D.L. 104/2013, art 2 e legge 147/2013 art. 1, comma 259), i contributi per gli studenti, anche disabili (D.L. 104/2013, art 1) e il materiale rotabile (legge 147/2013, art. 1, comma 83); per il 2014, infine, non trova applicazione il comma 7 del citato articolo 46, il quale dispone che gli importi imputati a ciascuna regione in sede di intesa al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità.
Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, pari anch'esso a 500 milioni di euro, nell'ambito dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, le regioni hanno concordato una riduzione del Fondo sviluppo e coesione sulla programmazione 2014-2020 per 200 milioni di euro e la riduzione delle risorse destinate al rinnovamento del materiale rotabile e degli autobus per un importo di 300 milioni di euro. Questa parte dell'intesa è stata recepita con Decreto dell'economia e delle finanze 26 giugno 2014[31].
I commi da 3 a 12 riguardano le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le norme stabiliscono un ulteriore concorso alla finanza pubblica pari complessivamente 548 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. Ciascuna autonomia è tenuta ad assicurare il contributo alla riduzione della spesa, nella misura stabilita dalla legge (commi 3 e 12), in termini di indebitamento netto nell'ambito della disciplina del patto di stabilità vigente per quella regione (commi 4, 5 e 6). Deve inoltre essere assicurato, da parte di ciascuna autonomia, il contributo in termini di saldo netto da finanziare (vale a dire che ci deve essere comunque una riduzione di uscite dal bilancio dello Stato), nelle modalità stabilite con norme di attuazione e fino alla loro emanazione, attraverso modalità indicate dalla legge medesima (commi 7 e 8). Anche per le Regioni a statuto speciale viene esteso all'anno 2018 il contributo stabilito dal citato articolo 46, commi 1-5, per gli anni 2015, 2016 e 2017 pari a 703 milioni di euro in termini di indebitamento netto e di 300 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare (commi 10 e 11).
Il comma 3 stabilisce un ulteriore concorso alla finanza pubblica per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, pari complessivamente 548 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. Gli importi imputati a ciascuna autonomia sono riportati in una tabella inserita nel teso di legge (riportata di seguito), ma possono essere modificati, ad invarianza dell'importo complessivo, mediante accordo da sancite entro il 31 gennaio di ciascun anno (comma 12) in sede di Conferenza Stato-Regioni. L'accordo dovrà poi essere recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
Come già detto, il contributo alla riduzione della spesa in termini di indebitamento netto, deve essere assicurato, da parte di ciascuna autonomia, nell'ambito della disciplina del patto di stabilità interno, vale a dire che l'obiettivo dovrà essere calcolato considerando anche questo ulteriore contributo.
Il
comma 4 dell'articolo in esame
concerne le regioni Valle d'Aosta,
Friuli-Venezia Giulia e Sicilia,
per le quali la disciplina del patto di stabilità è dettata dal comma 454, art. 1, della legge di stabilità 2013 (legge
228/2012, come successivamente modificato dalla legge di stabilità 2014, dal
decreto legge 66/2014 ed ora dal comma 10 dell'articolo in esame, vedi oltre). La norma citata definisce
gli obiettivi di risparmio e conferma la necessità, per ciascun ente, di concordare
con il Ministero dell'economia e delle finanze l'obiettivo specifico per
ciascun anno. Questo dovrà essere calcolato sottraendo alle spese finali 2011,
calcolate in termini di competenza eurocompatibile, le voci di spesa elencate
al comma stesso che rappresentano i diversi contributi richiesti alle autonomie
speciali a partire dalla legge di stabilità 2012. A questi contributi si
aggiunge ora, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, l'importo stabilito
nella tabella del comma 3 in esame, che andrà quindi sottratto dal complesso
delle spese finali.
Il comma 5 dell'articolo in esame concerne
le Province autonome di Trento e di
Bolzano, per le quali il comma 455, art. 1 della legge di stabilità
2012 disciplina separatamente il patto di stabilità a seguito dell'inserimento
della disciplina generale del patto nell'articolo 79 del D.P.R. 670/1972 (statuto
speciale). Per questi enti gli obiettivi di risparmio sono calcolati in
riferimento al saldo programmatico
calcolato in termini di competenza mista, anziché sul complesso delle spese
in termini di competenza eurocompatibile, per il resto la disciplina ricalca
quella comune alle altre regioni a statuto speciale. L'accordo sul patto di
stabilità per questi enti dovrà perciò determinare il saldo programmatico in
termini di competenza mista. A tal fine il saldo programmatico del 2011 dovrà
essere aumentato delle medesime voci riportate al comma 454, alle quali ora si
aggiunge il contributo stabilito dalla norma in esame.
I contributi alla finanza pubblica elencati ai commi 454 e 455, art. 1 della legge 228/2012 sono i seguenti:
a) gli importi indicati per il 2013 nella tabella inserita nel comma 10 dell'articolo 32 della legge di stabilità 2012, per complessivi 2.500 milioni di euro;
b) il contributo previsto dall'articolo 28, comma 3, del D.L. 201/2011, vale a dire la 'riserva all'erario' del maggior gettito derivante dall'aumento dell'addizionale IRPEF, disposta dal comma 1 del medesimo articolo 28, per complessivi 920 milioni di euro. A decorrere dal 2012, le autonomie speciali devono versare all'erario 860 milioni di euro annui e le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e le due Province autonome di Trento e di Bolzano anche 60 milioni di euro annui da parte dei comuni ricadenti nei propri territori. Fino all'emanazione delle norme di attuazione; il risparmio di 920 milioni di euro dovrà essere realizzato attraverso un accantonamento di quote di compartecipazioni ai tributi erariali spettanti a ciascuna autonomia. Successivamente l'articolo 35, commi 4-5, del decreto legge 1/2012 (convertito con la legge 27/2012) ha inoltre disposto la riserva all'erario delle maggiori entrate ottenute nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, derivanti dall'incremento dell'accisa sull'energia elettrica. Il comma 4 esplicita la finalizzazione della riserva all'erario, disponendo un aumento del concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto speciale e delle due province autonome (di cui all'articolo 28, comma 3, del D.L. 201/2011) di 235 milioni di euro annui a decorrere dal 2012. Si ricorda infine che il D.L 16/2012 all'articolo 4, commi 10-11, sopprime l'imposta sul consumo dell'energia elettrica nei comuni e nelle province dei territori delle regioni a statuto speciale ed impone alle stesse regioni di reintegrare agli enti locali il mancato gettito. Conseguentemente riduce il contributo agli obiettivi di finanza pubblica dovuto dalle regioni a statuto speciale ai sensi del D.L. 201/2011, dell'importo corrispondente al mancato gettito stimato pari a 180 milioni di euro per il 2012 e pari a 239 milioni annui dal 2013;
c) gli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione del D.L. 95/2012, art. 16, comma 3 che determina complessivamente il contributo delle autonomie speciali alla finanza pubblica. Nel decreto sono determinate le somme da accantonare annualmente a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali, per ciascuna autonomia speciale. Per il 2014 dispone il Decreto 17 giugno 2014; nella tabella allegata al decreto è ripartito l'importo complessivo di 1.500 milioni di euro quale contributo in termini di saldo netto da finanziare e l'importo complessivo di 2.000 milioni di euro quale contributo in termini di indebitamento netto;
d) gli importi indicati nella tabella inserita nel testo di legge dalla legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, art. 1, comma 499, come ulteriormente modificato dall'art. 46, comma 2, del decreto legge 66/2014 (e dalla norma in esame, comma 10, vedi infra) per un importo complessivo di 500 milioni di euro per il 2014 e 703 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018; Gli importi indicati nella tabella comprendono:
- il concorso agli obiettivi di finanza pubblica determinato dalla legge di stabilità 2014 (comma 499) e pari a 300 milioni di euro per il 2014 e 403 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018;
- il contributo agli obiettivi di finanza pubblica determinato dal decreto legge 66/2014 (articolo 46, comma 2) e pari a 200 milioni di euro per il 2014 e 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018; il comma 3 del citato articolo 46 aggiorna anche la tabella inserita al comma 526, che indica per ciascuna autonomia gli importi degli accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (di fatto corrispondente ad un taglio di risorse).
d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali.
Il comma
6 dell'articolo in esame riguarda, infine, la regione Sardegna, per la quale l'obiettivo del patto di stabilità consiste,
a decorrere dal 2015 nel conseguimento del pareggio di bilancio.
In questo caso, come per le regioni a statuto ordinario Le norme dettate dall'articolo 42, commi 9-13, del decreto legge 133/2014 danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione il 21 luglio 2014, nell'ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013. In particolare il comma 10 determina l'obiettivo programmatico del patto di stabilità della Regione, a decorrere dal 2015, nel pareggio di bilancio (saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali). Non si applicheranno perciò, a decorrere dal 2015, i limiti alle spese previste per le autonomie speciali dalla normativa vigente, né le disposizioni concernenti la definizione dell'accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze. Restano ferme, invece, le disposizioni della normativa vigente in tema di monitoraggio, certificazione e sanzioni in caso di inadempienza del patto (art. 1, commi 460, 461 e 462, legge 228/2012, stabilità 2013, come modificati dalla legge di stabilità 2014).
Per la Regione Sardegna, perciò, il contributo aggiuntivo – sia in termini di indebitamento netto, che di saldo netto da finanziare – si realizza attraverso l’accantonamento aggiuntivo delle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettante alla regione, per l'importo di 97 milioni di euro stabilito nella tabella del comma 3. La regione, al fine di conseguire il pareggio di bilancio, dovrà ridurre le proprie spese del medesimo importo, sia in termini di competenza che in termini di cassa.
Con riguardo al contributo delle autonomie speciali in termini di saldo netto da finanziare, le norme in esame (commi 7 e 8) stabiliscono che ciascun ente assicura un concorso alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare per l'importo indicato nella tabella del comma 3 dell'articolo in esame, secondo le procedure 'concordate' stabilite dall'art. 27 della legge 42/2009 (applicazione dei principi del federalismo fiscale alle regioni a statuto speciale), vale a dire attraverso le norme di attuazione dello statuto speciale.
L'art.
27 della legge delega n. 42/2009, stabilisce che
l'attuazione da parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province
autonome di Trento e di Bolzano dei principi del federalismo fiscale e il
concorso al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di
solidarietà posti dalla legge stessa, avviene attraverso le norme di attuazione
degli statuti speciali, secondo le procedure concordate definite negli statuti
stessi. L'art. 27 ha inoltre previsto l’istituzione presso la Conferenza
Stato-Regioni di un apposito tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna Regione
a statuto speciale e Provincia autonoma (poi istituito con D.P.C.M. 6 agosto
2009)[32].
Fino all'emanazione delle suddette norme di attuazione, per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna il comma 7 stabilisce che l'importo del concorso è accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.
È questa la
modalità 'consueta' con la quale è stato finora assicurato il contributo delle
autonomie speciali in termini di saldo netto da finanziare. Il sistema di
finanziamento delle regioni a statuto speciale, infatti, non prevede
trasferimenti di risorse dal bilancio dello Stato bensì è basato –
principalmente - sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali stabilite
nei rispettivi statuti.
Per le Province autonome di Trento e Bolzano dispone diversamente il comma 8. Ciascuna Provincia autonoma è tenuta a versare all'erario l'importo ad essa riferito, iscritto nella tabella del comma 3 dell'articolo in esame, entro il 30 aprile di ciascun anno. La norma specifica il capitolo del Bilancio dello Stato sul quale deve essere imputata: capitolo 3465, articolo 1, capo X, rubricato Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
In mancanza di tale versamento il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a trattenere gli importi corrispondenti a valere sulle somma a qualsiasi titolo spettanti all'ente inadempiente.
Anche per le autonomie speciali il contributo previsto dall'articolo 46, commi 1-5, del decreto legge 66/2014 è esteso all'anno 2018.
Secondo quanto stabilito da tali commi, questi enti sono tenuti ad assicurare un risparmio pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.
Le suddette cifre costituiscono una delle voci di risparmio che ciascuna autonomia speciale è tenuta a considerare al fine della definizione del proprio obiettivo del patto di stabilità. Per questo motivo i 300 milioni di euro sono inseriti (art. 46, comma 2) nella tabella contenuta nel comma 454, lett. d) della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), norma in cui sono elencati i diversi contributi richiesti alle autonomie speciali. Il contributo di 300 milioni si va ad aggiungere al contributo originariamente stabilito dalla legge di stabilità 2013 e pari a 403 milioni di euro (legge n. 147/2013, art. 1, comma 499, che inserisce la tabella al comma 454 della legge n. 228/2012). Per tale motivo il contributo in termini di indebitamento netto, da realizzare nell'obiettivo del patto di stabilità è pari a 703 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
Il comma 10 dell'articolo in esame, modifica quindi le suddette norme, in relazione al contributo in termini di indebitamento netto. In particolare viene sostituito l'anno 2018 al 2017 sia nel testo che nella tabella del comma 454, lett. d) della legge n. 228/2012, (determinazione degli obiettivi del patto di stabilità per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna[33]) nonché nel testo del comma 455 (determinazione degli obiettivi del patto di stabilità per le Province autonome di Trento e di Bolzano).
Il contributo di 300 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare è invece ripartito tra i sei enti dalla tabella del comma 3 dell'articolo 46, che va a sostituire la tabella inserita nella legge di stabilità 2014 (comma 526, art. 1, L. n. 147/2013) e che ha definito l'ulteriore concorso delle autonomie speciali alla finanza pubblica per il 2014 (stabilito in 240 milioni di euro).
Il comma 11 modifica pertanto il comma 526, art. 1 della legge n. 147/2013, sia nel testo che nella tabella in cui è stabilita la quota di saldo netto da finanziare per ciascuna autonomia speciale.
Il comma
9 infine reca una norma di principio secondo la quale le autonomie speciali
devono comunque garantire il finanziamento
dei livelli essenziali di assistenza, anche come eventualmente
rideterminato a seguito delle norme in esame.
Si ricorda a tale proposito che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome – proprio in ragione del diverso sistema di finanziamento basato sulla compartecipazione ai tributi erariali - finanziano con risorse del proprio bilancio molte delle funzioni connesse con i livelli essenziali di assistenza, tra le quali la sanità (con qualche differenza tra le autonomie[34]).
Articolo 35,
commi 13-17
(Concorso delle province, delle città
metropolitane e
dei comuni al contenimento della spesa pubblica)
I commi 13-15 definiscono il concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica, attraverso una riduzione della loro spesa corrente, nell’importo complessivo di 2.200 milioni per il 2015, 3.200 milioni per il 2016 e 4.200 milioni a decorrere dall’anno 2017.
A tal fine, il comma 13 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l’anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.
A tal fine è richiesto che ciascuna provincia e città metropolitana versi un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.
Sono escluse dalla normativa le province che risultano in stato di dissesto[35] finanziario alla data del 15 ottobre 2014.
L'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascun ente deve conseguire è definito con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno da emanare entro il 15 febbraio 2015, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il supporto tecnico della SOSE S.p.A., tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard.
Viene quindi individuata la procedura per il recupero delle somme predette nei confronti delle province e delle città metropolitane interessate in caso di mancato versamento all’entrata del bilancio dello Stato.
Al recupero provvede l’Agenzia delle entrate, entro il 30 aprile di ciascun anno, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997), riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province e alle città metropolitane medesime ovvero, in caso di incapienza, a valere sui versamenti dell’imposta provinciale di trascrizione, in tal caso secondo le modalità definite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno (comma 14).
Sempre ai fini del contenimento delle spese correnti, il comma 15 vieta alle province delle regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 1° gennaio 2015:
§ di ricorrere a mutui, fatta eccezione per le spese rientranti nelle funzioni della gestione dell'edilizia scolastica, della costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché della tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
§ di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza[36];
§ di attribuire incarichi di studio e consulenza[37];
§ di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, ivi incluse le procedure di mobilità;
§ di acquisire personale attraverso l'istituto del comando. I comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;
§ di attivare rapporti di lavoro inerenti il supporto agli organi di direzione politica o incarichi a contratto per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, ai sensi degli articoli 90 e 110 del TUEL, di cui al D.Lgs. n. 267/2000. I rapporti in essere ai sensi del predetto articolo 110 cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;
§ di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010.
Il comma 16 definisce il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica, stabilendo, a decorrere dall'anno 2015, una riduzione della
spesa corrente di 1.200 milioni di euro.
La riduzione è operata direttamente sul Fondo
di solidarietà comunale, la cui dotazione viene pertanto ridotta di 1.200
milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.
Si
ricorda che il Fondo di solidarietà
comunale è stato istituito dall’articolo 1, comma 380, della legge di
stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) nello stato di previsione del
Ministero dell'interno (cap. 1365),
in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU),
introdotta con la legge di stabilità medesima, che ha attribuito ai comuni
l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso
produttivo, che rimane destinato allo Stato. Tale fondo - che ha sostituito il
Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2013 di
attuazione del federalismo municipale - è alimentato con una quota dell'imposta
municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, ed è disciplinato dai commi
380-380-quater della legge di
stabilità 2013, come introdotti dall’articolo 1, comma 730, della legge n.
147/2013 (legge di stabilità 2014).
L’articolo 1, comma 380-ter, della legge di stabilità 2013 determina la dotazione del Fondo per gli anni 2015 e successivi in 6.547,1 milioni di euro. Ai fini dell’alimentazione del Fondo, il comma prevede che la suddetta dotazione sia assicurata, per un importo pari a 4.717,9 milioni di euro, attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, ai sensi dell’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, che viene a tal fine versata all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi[38].
Si evidenzia che nel disegno di legge di bilancio per gli anni 2015-2017 (A.C. 2680), il Fondo (cap.
1365/Interno) presenta una dotazione per il 2015 inferiore a quanto previsto dal comma 380-ter, pari a 5.725,9 milioni
di euro, in quanto a legislazione vigente, sul Fondo risultano già apportate le
riduzioni disposte ai sensi di disposizioni legislative intervenute nel corso
dell’anno[39], nonché le variazioni compensative per tenere
conto dell'effettivo gettito dell’IMU propria derivante dagli immobili ad uso
produttivo classificati nel gruppo catastale D, ai sensi di quanto previsto dal
comma 380-ter della legge n. 228/2012[40].
Il comma 17 estende all’anno 2018 il contributo alla finanza pubblica richiesto alle province e le città metropolitane nonché ai comuni dall’articolo 47 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, quale risparmi da conseguire su determinate tipologie di spesa corrente negli anni 2014-2017.
In particolare, il comma in esame determina:
§ per le province e le città metropolitane un ulteriore contributo alla finanza pubblica nell’importo di 585,7 milioni per il 2018;
§ per i comuni, un ulteriore contributo pari a 563,4 milioni per il 2018.
Si ricorda che l’articolo 47 del D.L. n. 66/2014 ha disposto, ai commi da 1 a 7, che le province e le città metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a:
§ 444,5 milioni per il 2014;
§ 576,7 milioni per il 2015;
§ 585,7 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Nel definire tale contributo alla finanza pubblica per gli anni 2014-2017da parte di province e città metropolitane, il comma 1 indica espressamente le fonti di spesa che, ai sensi del medesimo D.L. n. 66/2014, vengono complessivamente poste in riduzione:
Riduzioni spese |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Costi province
e città metropolitane, in ragione del venir
meno dell'elettività diretta dei consigli provinciali e dalla gratuità degli
organi delle città metropolitane e delle province (art. 19 D.L. n. 66/2014) |
100,0 |
60,0 |
69,0 |
69,0 |
Beni e servizi
(art. 8 D.L. n. 66/2014) |
340,0 |
510,0 |
510,0 |
510,0 |
Autovetture
(art. 15 D.L. n. 66/2014) |
0,7 |
1,0 |
1,0 |
1,0 |
Consulenze e
studi servizi (art. 14 D.L. n. 66/2014) |
3,8 |
5,7 |
5,7 |
5,7 |
TOTALE |
444,5 |
576,7 |
585,7 |
585,7 |
Tali risparmi, da versare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, sono determinati sulla base di una serie di criteri di cui al comma 2. In dettaglio:
§ la riduzione della spesa per beni e servizi è operata proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al D.L. n. 66;
§ la riduzione della spesa per autovetture è operata in proporzione al numero di autovetture di ciascuna provincia e città metropolitana comunicato annualmente al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica;
§ la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.
Gli importi e i criteri individuati dal comma 2 possono essere modificati per ciascuna provincia e città metropolitana - entro il 30 giugno per l’anno 2014 ed entro il 31 gennaio per gli anni successivi - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, purché a invarianza di riduzione complessiva. Le province e le città metropolitane possono comunque rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, purché si conseguano risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione del comma 2.
I commi da 8 a 13 recano analoghe disposizioni relativamente ai comuni, i quali dovranno assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a:
§ 375,6 milioni per il 2014;
§ 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
In particolare, il comma 8 indica le fonti di spesa che vengono complessivamente poste in riduzione per gli anni 2014-2017, ai sensi del medesimo D.L. n. 66:
Riduzioni spese |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Beni e servizi
(art. 8 D.L. n. 66/2014) |
360,0 |
540,0 |
540,0 |
540,0 |
Autovetture
(art. 15 D.L. n. 66/2014) |
1,6 |
2,4 |
2,4 |
2,4 |
Consulenze e
studi servizi (art. 14 D.L. n. 66/2014) |
14,0 |
21,0 |
21,0 |
21,0 |
TOTALE |
375,6 |
563,4 |
563,4 |
563,4 |
Ai fini del complessivo recupero dei risparmi, viene corrispondentemente ridotto il fondo di solidarietà comunale (375,6 milioni per il 2014 e 563,4 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017).
Le riduzioni di spesa da conseguire da ciascun comune sono individuate con apposito decreto del Ministro dell’interno, sulla base dei seguenti criteri:
§ la riduzione della spesa per beni e servizi dei comuni è operata proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al D.L. n. 66. Gli importi delle riduzioni di spesa a carico dei comuni, possono essere incrementati e/o diminuiti, nella misura del 5%, tenendo conto di un indicatore dei «tempi medi di pagamento» relativi agli acquisti di beni ed alle forniture di servizi e di un ulteriore 5% in relazione al valore mediano del ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.a. o da altri soggetti aggregatori. Si dispone pertanto che i comuni trasmettano al Ministero dell’interno una certificazione sottoscritta dal rappresentante legale, dal responsabile finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, attestante il tempo medio dei pagamenti effettuati l’anno precedente e il valore degli acquisti di beni e servizi sostenuti nell’anno precedente, evidenziando gli acquisti effettuati mediante ricorso agli strumenti messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionale.
§ riduzione della spesa per autovetture dei comuni è operata in proporzione al numero di autovetture possedute da ciascun comune comunicato annualmente al Ministero dell'interno dal Dipartimento della Funzione Pubblica;
§ la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.
Anche per i comuni è prevista la possibilità che gli importi e i criteri individuati dal comma 9 possano essere modificati per ciascun comune - entro il 30 giugno per l’anno 2014 ed entro il 31 gennaio per gli anni successivi - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali[41], purché a invarianza di riduzione complessiva. I comuni possono comunque rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, purché si conseguano risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione del comma 9.
Per l’anno 2014, il contributo alla finanza pubblica imposto dall’articolo 47 del D.L. n. 66/2014 è stato ripartito tra i singoli comuni con il D.M. Interno 4 settembre 2014, sulla base dei criteri contenuti nella proposta formulata dall'A.N.C.I., ed approvata dalla Conferenza Stato città nella seduta del 5 agosto 2014 e recepiti nel citato decreto di riparto.
Per le province e le città metropolitane, il contributo alla finanza pubblica è stato ripartito tra i singoli enti con 4 decreti del Ministro dell’interno (D.M. 16 settembre 2014 per la riduzione dei costi della politica e tre D.M. del 10 ottobre 2014, per le tre ulteriori tipologie di spesa), secondo i criteri del comma 2 del medesimo art. 47 del D.L. n. 66/2014.
Articolo 35,
comma 18
(Quota di riparto del Fondo di
solidarietà comunale in base a fabbisogni standard e capacità fiscali)
Il comma 18 aumenta dal 10 al 20 per
cento la quota del fondo di solidarietà comunale che deve
essere accantonata per essere redistribuita
tra i comuni delle regioni a statuto ordinario sulla base delle capacità fiscali nonché dei fabbisogni standard.
Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012), che ha istituito il Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365), in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta con la legge di stabilità medesima.
Nel disegno di legge di bilancio per gli
anni 2015-2017 (A.C. 2680), il Fondo (cap. 1365/interno) presenta una dotazione
di 5.725,9 milioni di euro per il 2015, di 5.726,1 milioni per il 2016 e
di 5.786,1 milioni per il 2017.
Quanto alle modalità di ripartizione, la lettera b) del comma 380-ter, come integrato dall’articolo 14 del D.L. n. 16/2014, rinvia la definizione dei criteri di formazione e di riparto del Fondo di solidarietà comunale ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanarsi - su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali - entro il 30 aprile 2014 per l’anno 2014 ed entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2015 e successivi. Il D.P.C.M. di riparto dovrà tener conto di specifici fattori indicati dalla norma[42].
Il
comma 18 in esame interviene a tal
fine sul comma 380-quater della legge
di stabilità 2013, il quale prevede che il 10
per cento (ora elevato al 20 per cento) dell’importo attribuito ai comuni
delle regioni a statuto ordinario a titolo di Fondo di solidarietà sia
accantonato per essere redistribuito, con il medesimo D.P.C.M. di riparto, tra
i comuni medesimi sulla base delle capacità
fiscali e dei fabbisogni standard approvati
dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo
fiscale (COPAFF). La norma suddetta
prevede altresì che le modalità e i criteri di attuazione di tale disposizione
avrebbero dovuto essere stabiliti mediante intesa in sede di Conferenza
Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 15 aprile 2014. Tale intesa non risulta al momento ancora
raggiunta.
Per quanto concerne i fabbisogni standard[43], si sottolinea che questi sono stati approvati dalla COPAFF nel corso del 2012.
La prima fase del processo di determinazione dei fabbisogni standard per la valutazione di comuni, unioni di comuni e province, iniziato nel 2011, si è concluso nel corso del 2013. Nel biennio 2011-2012, le funzioni per le quali sono stati individuati i fabbisogni standard dei comuni sono quelle di “Polizia Locale” e quelle “Generali di amministrazione, di gestione e di controllo” (pari al 35% della spesa corrente totale delle funzioni fondamentali dei Comuni), mentre per le province le funzioni oggetto di standardizzazione sono state quelle nel “Campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro” e quelle “Generali di amministrazione, di gestione e di controllo” (pari al 35% della spesa corrente totale delle funzioni fondamentali delle province).
Alla data attuale risulta emanato un solo D.P.C.M. relativo alla adozione della nota metodologica e del fabbisogno standard per ciascun Comune e Provincia, relativamente alle funzioni di polizia locale per i comuni e alle funzioni nel campo dello sviluppo economico - servizi del mercato del lavoro per le province, come espone la seguente tabella:
FABBISOGNI
STANDARD
Funzione |
Denominazione |
Copaff |
C.d.M. preliminare |
Comm. Bicamerale |
D.P.C.M |
COMUNI |
|
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|
|
Polizia locale |
Polizia locale FC02U |
28.6.2012 |
4.10.2012 |
14.11.2012 |
D.P.C.M. 21.12.2012 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Ufficio tributi FC01A |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Ufficio tecnico FC01B |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Anagrafe, stato civile,
ecc FC01C |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Servizi generali FC01D |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Istruzione pubblica (*) |
Istruzione pubblica FC03U |
23.12.2012 |
23.7.2014 |
|
|
Viabilità e trasporti (*) |
Viabilità |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
|
|
Viabilità e trasporti (*) |
Trasporto pubblico locale |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
|
|
Gestione del territorio e
ambiente (*) |
Territorio |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
|
|
Gestione del territorio e
ambiente (*) |
Rifiuti |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
|
|
Settore sociale (*) |
Servizi sociali FC06A |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
|
|
Settore sociale (*) |
Asili nido |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
|
|
(*) Acquisito
parere con raccomandazioni dalla Conferenza Stato-Città (seduta 16 ottobre
2014).
Per quanto concerne l’individuazione delle capacità fiscali, si segnala che nel corso dell’esame parlamentare del d.d.l. di conversione del D.L. n. 133 del 2014 è stato approvato in Commissione alla Camera un emendamento (comma 5-quater dell’articolo 43 dell’A.C. 2649 A/R), che disciplina il procedimento per l'adozione della nota metodologica riferita alla procedura di calcolo delle capacità fiscali per i singoli comuni delle regioni a statuto ordinario, da adottarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (da pubblicare in Gazzetta Ufficiale), previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da trasmettere alle Camere per l’espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.
Articolo 36,
commi 1-17
(Pareggio di bilancio per le regioni a
statuto ordinario)
L'articolo 36 introduce per le regioni a statuto ordinario una diversa modalità di contenimento della spesa pubblica, in luogo del patto di stabilità. Il nuovo obiettivo per ciascuna regione è il conseguimento del pareggio di bilancio, anziché l'osservanza del limite posto alle spese complessive. Sono quindi stabilite le regole – vale a dire i saldi di riferimento - per il pareggio di bilancio (commi 3 e 4) e le specifiche voci di entrata e di spesa, nonché, in relazione all'esercizio 2015, gli specifici criteri da utilizzare per alcune voci contabili e l’individuazione di talune poste da escludere (commi 5-7). La nuova disciplina trova applicazione dal 2015, in modo completo per le regioni che hanno partecipato alla sperimentazione del nuovo sistema contabile recato dal D.Lgs. n. 118/2011, vale a dire a quelle regioni che già adottano per il 2015 i bilanci armonizzati, mentre si applica con alcuni specifici adattamenti per le restanti regioni.
Come nella precedente normativa sul contenimento della spesa, sono inoltre disciplinati il monitoraggio dei risultati e gli adempimenti delle regioni (commi 9-11, 17), nonché le sanzioni in caso di inosservanza del patto e le misure antielusive (commi 12-16).
Con riguardo al pareggio di bilancio, si tratta, com’è noto, del principio introdotto dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, novellando gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., introduce il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio, cd. “pareggio di bilancio”, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo. Alla nuova disciplina è stato dato seguito nell’ordinamento mediante la legge 24 dicembre 2013, n. 243, recante, per l’appunto, disposizioni per l’attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio, ed i cui articoli da 9 a 12 disciplinano specificamente l’equilibrio di bilancio delle regioni (e degli enti locali), a decorrere dal 2016. Decorrenza che ora l’articolo 36 in esame anticipa di un anno, vale a dire al 2015.
Il comma 1 dispone pertanto che a decorrere dall' esercizio 2015 cessano di avere applicazione per le regioni a statuto ordinario, le disposizioni contenute nei commi dal 448 al 466 dell'art. 1 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) e comunque tutte le altre disposizioni concernenti il patto di stabilità salvo quelle concernenti le sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nel 2014.
La legge n. 228/2012 disciplina i seguenti aspetti dal patto di stabilità:
§ le regole e la definizione degli obiettivi per le regioni a statuto ordinario (commi 449-451 e 468, 470);
§ le esclusioni di determinate categorie di spese dal computo finale (commi 452-453); l'elenco (non esaustivo) delle esclusioni dal totale delle spese finali considerate ai fini del patto è contenuta, invece, nel comma 4 dell'articolo 32 della legge di stabilità 2012;
§ le regole e la definizione degli obiettivi per le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano (commi 454-459 e 469);
§ le regole per il monitoraggio degli adempimenti (commi 460, 461, 466, 467 e 471);
§ le sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità e le misure antielusive (commi 462-465 e 472).
Di tale gruppo di norme restano pertanto esclusi dalla cessazione degli effetti, in coerenza con quanto stabilisce il comma 1 in esame, sia il comma 469, che concerne le autonomie speciali, che il comma 472, in materia di sanzioni[44].
Il comma 2 enuncia, come già nella vigente disciplina del patto, i principi in base ai quali le regioni a statuto ordinario al fine di garantire la tutela dell'unità economica della Repubblica devono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e ribadisce che le norme sulle modalità di tale concorso costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi e per le finalità di cui agli articoli 117 terzo comma e 119 della Costituzione.
Il comma 3 definisce la nuova modalità di contenimento dei saldi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario, sulla base di quanto dettato sul punto dall’articolo 9 della legge n. 243/2012 il quale stabilisce che i bilanci di regioni, comuni, province, città metropolitane e province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano:
§ un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali (come peraltro previsto dal TUEL per gli enti locali);
§ un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti .
In riferimento a tale disposizione, il comma 3 stabilisce che le regioni a decorrere dal 2015, in fase di rendiconto, e a decorrere dal 2016, in fase di previsione, devono conseguire il pareggio di bilancio - definito come “ saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa ” - sia considerando le entrate e le spese finali, sia considerando le entrate e le spese correnti.
Si tratta, va sottolineato, di una significativa modifica dell’attuale struttura delle regole di bilancio regionali, atteso che la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni è stata finora basata sul controllo della spesa finale, introdotto nel 2002 e poi variamente articolato negli anni successivi; spesa, peraltro, da cui sono escluse alcune tipologie della stessa (ed in particolare quella per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, oggetto di una specifica regolamentazione), ora non più previste nella nuova disciplina.
Fino all'esercizio 2010, infatti, a ciascuna regione è stato richiesto, per ciascun esercizio finanziario, di ridurre di una determinata percentuale il complesso delle spese finali (articolo 77-ter del D.L.112/2008 per gli esercizi 2009 e 2010). Poi, a partire dal 2011, (prima con la L. 220/2010, articolo 1, commi da 125 a 150, e poi con la L. 138/2011, art. 32) il risparmio richiesto alle regioni è sempre calcolato sul complesso delle spese finali (da questo esercizio distinte in termini di competenza e di cassa) ma dovendo risultando tale da coprire il taglio di risorse effettuato nell'ambito delle manovre finanziarie di risanamento dei conti pubblici. Da ultimo la legge di stabilità per il 2013 (L. 228/2012, art. 1, commi 448-472) hanno modificato le regole del patto di stabilità per le regioni e le Province autonome al fine di inserire in questa disciplina la nuova modalità di calcolo delle spese finali sottoposte al vincolo del patto, definita competenza eurocompatibile.
Come sopra detto, inoltre, dal computo delle spese finali, sono sempre state escluse alcune tipologie di spese, prime fra tutte – quanto a consistenza - le spese per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, in quanto sottoposte ad una disciplina specifica. Altre tipologie di spese sono state escluse in quanto considerate come 'dovute', come nel caso delle spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario o quelle per la prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico. Il lungo elenco delle spese escluse dal computo ai fini del patto di stabilità è contenuto nel comma 4 dell'articolo 32 della legge 183/2011 come più volte modificato e integrato.
Per quanto concerne in particolare l’equilibrio di parte corrente, questo è riferito alla differenza tra entrate e spese correnti, che includono anche le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti: va sottolineato come, in sostanza, ciò comporta che, poiché la quota in conto interessi è già inclusa nell’ambito delle spese correnti, tale equilibrio implica che le entrate correnti debbano assicurare risorse sufficienti per rimborsare i prestiti assunti. In ordine a tale equilibrio, lo stesso viene disciplinato in coerenza con quanto già prevede l’articolo 40, comma 1, del D.Lgs. n.118 del 2011[45] cui espressamente rinvia la lettera b) del comma 3 in esame.
Tale disposizione stabilisce che il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario di competenza, comprensivo dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione, garantendo un fondo di cassa finale non negativo. Inoltre, le previsioni di competenza relative alle spese correnti, sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle partite finanziarie, alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l'esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata, ai contributi destinati al rimborso dei prestiti e all'utilizzo dell'avanzo di competenza di parte corrente, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio ai fini del rispetto del principio dell'integrità.
Ai fini dell’equilibrio di parte corrente sono esclusi:
§ l’utilizzo del risultato di amministrazione di parte corrente e del fondo di cassa;
§ il recupero del disavanzo di amministrazione;
§
il rimborso anticipato dei prestiti.
Al
riguardo appare necessario un chiarimento in ordine alla circostanza che
l’esclusione del risultato di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione
non sembrerebbe prevista nell’articolo 40 del D.Lgs.n. 118/2011, cui pur il
comma 3 in commento fa rinvio.
Viene altresì precisato al comma 3 che la nuova disciplina, costituendo la normativa a regime, per il 2015 si applica con alcune differenziazioni per le regioni che non hanno partecipato alla sperimentazione prevista dall’articolo 78 del D.Lgs.n. 118/2011. Per queste regioni l’ultimo periodo del comma 3 specifica infatti che l’equilibrio di parte corrente è dato non dalle componenti stabilite nel primo periodo del comma, sopra illustrate, bensì “ dalla differenza tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento ed esclusi i rimborsi anticipati”.
Si rammenta che
il D.Lgs.n. 118, nel dettare la nuova disciplina contabile per regioni ed enti
locali, ha previsto – anche al fine di individuare per tempo eventuali
criticità del nuovo sistema prima della entrata a regime dello stesso - a
decorrere dal 2012 una fase di sperimentazione di tre anni. Le regioni che
hanno partecipato alla sperimentazione sono quattro: Lombardia, Basilicata, Lazio e Campania.
In ordine alla implementazione del nuovo principio dell’equilibrio di bilancio, il comma 4 reca le necessarie indicazioni, disponendo che:
§ le entrate finali sono quelle
ascrivibili ai titoli da 1 a 5 dello schema di bilancio allegato al D.Lgs.118
(articolo 11, allegato 9), vale a dire entrate correnti di natura tributaria, contributiva
e perequativa, trasferimenti correnti, entrate extratributarie, entrate in
conto capitale ed, infine, entrate da riduzione di attività finanziarie. Quest’
ultimo titolo non va invece considerato per le regioni che non hanno
partecipato alla sperimentazione;
§ le spese finali sono quelle previste ai titoli da 1 a 3 del medesimo schema, costituite dalla spese correnti, spese in conto capitale e spese per incremento di attività finanziarie. Tale ultimo titolo non rileva per le regioni non in sperimentazione.
Il
medesimo comma stabilisce altresì che ai fini della determinazione
dell’equilibrio di bilancio concorrono
anche:
§ in termini di cassa, l’anticipazione erogata dalla tesoreria statale nel corso dell’esercizio per il finanziamento della sanità registrata nell’apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni contabili imputate contabilmente al medesimo esercizio;
§ in termini di competenza, gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità;
§ in termini di competenza, il saldo tra il fondo pluriennale di entrata e di spesa;
§ in termini di cassa, il saldo tra il fondo di cassa della gestione sanitaria accentrata al 1° gennaio e il medesimo fondo di cassa al 31 dicembre.
I commi 5 e 6 recano una serie di prescrizioni normative di dettaglio in ordine alle modalità di calcolo dei saldi di equilibrio previsti al comma 3.
In particolare il comma 5 stabilisce che alla determinazione di tali saldi concorrono anche le seguenti voci, nel limite massimo complessivo di 2.005[46] milioni di euro:
§ ai fini degli equilibri di cassa, gli utilizzi del fondo di cassa al 1° gennaio 2015 gli incassi per accensione di prestiti riguardanti i debiti autorizzati e non contratti negli esercizi precedenti;
§ ai fini degli equilibri di competenza: gli utilizzi delle quote vincolate del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015; il saldo tra il fondo pluriennale vincolato iscritto in entrata e in spesa; gli utilizzi della quota libera del risultato di amministrazione accantonata per le reiscrizioni dei residui perenti.
La ripartizione di tale importo complessivo tra le singole regioni è attribuita alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,(e viene poi recepita con decreto del Ministro dell’economia) fermo restando che per ciascuna regione ciò avverrà nei limiti del fondo di cassa al 1° gennaio 2015, della quota vincolata del risultato di amministrazione e della quota libera del risultato di amministrazione accantonata per i residui perenti.
In caso di mancato accordo tra le regioni entro il 31 gennaio 2015, il riparto è determinato in proporzione sul complesso del fondo di cassa al 1° gennaio 2015, della quota libera del risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2014 accantonata per i residui perenti nonché dell’utilizzo della quota vincolata del risultato di amministrazione 31 dicembre 2014 prevista nel bilancio di previsione relativo all’esercizio 2015.
Per quanto concerne il comma 6, viene dettata una disciplina di carattere transitorio, individuando alcune voci di spesa da escludere dal computo dei saldi per l’anno 2015, costituite:
§ dai pagamenti relativi a debiti in conto capitale delle regioni non estinti alla data del 31 dicembre 2013, nel limite di 60 milioni di euro. I suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti certi, liquidi ed esigibili – nonché riconosciuti o aventi i requisiti a tal fine - alla suddetta data, per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento;
§ dalle riscossioni e concessioni di crediti;
§ dalle risorse provenienti direttamente o indirettamente dall'Unione europea e le relative spese di parte corrente e in conto capitale, con esclusione delle spese connesse ai cofinanziamenti statali o regionali;
§ dalle spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari, nei limiti di 500 milioni di euro, che verranno ripartiti regioni con D.P.C.M. sulla base dello stato di attuazione degli interventi, dello stato di utilizzo programmi regionali cofinanziati dai fondi strutturali nonché del residuo delle spese riferite al ciclo di programmazione 2007-2013.
Si segnala che la disposizione dovrebbe
essere oggetto di modifica nel corso dell’iter parlamentare al fine di
adeguarne il contenuto a quanto previsto dalla Relazione al Parlamento recante
variazione alla Nota di aggiornamento del DEF 2014, approvata con apposite
risoluzioni parlamentari il 30 ottobre 2014. Infatti tale relazione prevede la parziale
riduzione delle risorse per il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali
europei esentati dagli obiettivi di spesa delle Regioni ai fini del patto di
stabilità interno, per conseguire un miglioramento dell’indebitamento netto di
circa 500 milioni di euro.
Per quanto concerne, in particolare, l’esclusione delle spese relative al cofinanziamento nazionale dai saldi rilevanti per il pareggio del bilancio delle regioni, si ricorda che l’articolo 16, comma 2, del disegno di legge in esame destina ulteriori risorse a tale finalità, a valere su quota parte dei proventi derivanti dall’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze (prevista dal primo comma dell’articolo 16 medesimo), nel limite massimo di 700 milioni di euro.
Il comma 7 infine specifica che l’elencazione delle esclusioni di entrate o di uscite dai saldi finanziari stabilite dall’articolo 3 in commento hanno carattere tassativo, non rilevando a tal fine, pertanto, eventuali ulteriori esclusioni previste in altre disposizioni.
In conseguenza della nuova disciplina il comma 8 stabilisce regole coerenti per la redazione del bilancio di previsione, a decorrere dal 2016, ( e quindi anche per e regioni non in sperimentazione) in modo tale che il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, costituisca un vincolo all'attività di programmazione della regione.
Le previsioni di entrata e di spesa, infatti, dovranno essere iscritte nel bilancio di previsione in misura tale da garantire il rispetto delle regole del pareggio di bilancio sopra descritte. Il conseguimento del pareggio di bilancio dovrà inoltre risultare da apposito prospetto, allegato al bilancio, contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti a tal fine. Il prospetto è in sostanza finalizzato all'accertamento preventivo del rispetto del patto di stabilità interno e costituisce, perciò, parte integrante del bilancio preventivo stesso, quale documento programmatorio complessivo adottato dalla regione.
Il commi 9-11 e 17 dell'articolo in esame disciplinano i termini e le modalità degli adempimenti cui sono tenute le Regioni a statuto ordinario, ai fini del monitoraggio dei risultati conseguiti.
La normativa non appare discostarsi sostanzialmente da quella in vigore fino all'esercizio 2014, dettata dalla legge di stabilità 2013 (L. 228/2012, art. 1, commi 460 e 461) e che continuerà peraltro ad applicarsi alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome. La disciplina, ormai consolidata, si basa sulla trasmissione telematica delle informazioni contabili al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale, attraverso il sito web istituito appositamente e utilizzando modelli prestabiliti dal Ministero stesso.
Le regioni (comma 9) hanno l’obbligo di trasmettere trimestralmente al Ministero le informazioni riguardanti le entrate e le spese in termini di competenza e di cassa, secondo un prospetto e con le modalità definite con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-Regioni. La norma specifica che il monitoraggio dovrà consentire la verifica del rispetto degli equilibri di cassa distintamente per la gestione sanitaria e per la gestione ordinaria.
Con riferimento al primo trimestre, il prospetto è trasmesso entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto.
Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi di saldo, il comma 10 stabilisce l’obbligo per le regioni di inviare entro il termine perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. L'invio avviene sempre per via telematica, utilizzando il medesimo sito e secondo un prospetto e con le modalità definiti con decreto di cui al precedente comma 9[47].
Come nella disciplina in vigore fino al 2014, la mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento del patto ed è sanzionata al pari del mancato conseguimento del pareggio di bilancio. Qualora invece la certificazione sia trasmessa in ritardo ma attesti il rispetto del patto, si applica la sola sanzione del divieto di assunzione di personale (prevista ora dal comma 13, lett. d) dell'articolo in esame.
Il comma 11 dispone inoltre che, decorsi 60 giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto di gestione, qualora la regione registri, rispetto a quanto già certificato, un peggioramento rispetto agli obiettivi di saldo, la medesima è tenuta ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente.
Il comma 17, infine, dispone che i termini degli adempimenti delle Regioni possono essere modificati in conseguenza di eventuali modifiche normative, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.
I commi da 12 a 16 contengono la disciplina del sistema sanzionatorio in caso di non raggiungimento da parte della singola regione dell'obiettivo del pareggio di bilancio come stabilito dai commi 1-7.
In relazione a ciò si rammenta la disciplina generale, riferita a tutti gli enti territoriali, contenuta nel già citato articolo 9 della legge 243/2012, nel quale, ai commi da 2 a 5 si dispone che:
§ qualora, in sede di rendiconto di gestione, un ente registri un valore negativo dei saldi rilevanti ai fini dell’equilibrio di bilancio, lo stesso dovrà adottare misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo;
§ rinvia alla legge dello Stato per l’individuazione delle sanzioni da applicare nei confronti degli enti territoriali in caso di mancato conseguimento dell’equilibrio gestionale, sia riferito al saldo complessivo che al saldo corrente
§ al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, viene fatta salva la possibilità di prevedere con legge dello Stato ulteriori obblighi per gli enti territoriali in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Il comma 12 concerne il caso in cui gli andamenti di spesa della regione - rilevabili sia a seguito delle certificazioni trimestrali inviate dalla regione stessa, sia dall’analisi dei conti della tesoreria statale della regione - non siano coerenti con gli impegni assunti con l'Unione europea. In questo caso, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni adotta adeguate misure di contenimento della spesa e dei prelevamenti dai conti di tesoreria statale.
Il comma 13 specifica le sanzioni da applicare in caso di non raggiungimento del pareggio di bilancio. Le sanzioni ricalcano quelle previste dalla normativa vigente (articolo 1, commi da 462 a 465 della legge 228/2012, stabilità 2013), che al pari delle disposizioni sul monitoraggio continueranno ad applicarsi alle Regioni a statuto speciale.
Nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, la regione:
a) è tenuta a versare all’entrata del bilancio statale, l’importo corrispondente al
maggiore degli scostamenti dai saldi (come definiti dal comma 3, prima
illustrato); un terzo dell'importo
deve essere versato entro 60 giorni dal termine per la trasmissione della
certificazione e nei due esercizi successivi, entro il 31 gennaio di ciascuna
anno, devono essere versati i restanti due terzi;
Come nella disciplina vigente, in caso di mancato versamento si procede, nei 60 giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita.
Nel caso in cui lo scostamento registrato nell’esercizio 2015 dall’obiettivo di cassa di cui al comma 3, lettera b) rispetto all’obiettivo del pareggio, risulti maggiore dello scostamento registrato dagli altri saldi, il versamento di cui al primo periodo è effettuato solo nel 2016, fino ad un importo pari al 3 per cento degli impegni correnti registrati nell’ultimo consuntivo disponibile.
b) non può impegnare spese correnti – sempre al
netto delle spese sanitarie - in misura superiore all’importo annuale minimo
dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;
c) non può contrarre debiti per gli
investimenti; mutui e prestiti obbligazionari dovranno essere corredati da una
certificazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del pareggio di
bilancio;
d) non può procedere ad assunzione di personale
a qualsiasi titolo, con qualsiasi tipologia contrattuale, ivi compresi i
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
e) è tenuta a ridurre del 30% rispetto
all'ammontare risultante al 30 giugno 2014, le indennità di funzione ed i
gettoni di presenza del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta
regionale.
l commi 14 e 15 disciplinano il caso in cui la violazione delle regole sul patto di stabilità sia accertata successivamente all'anno seguente a quello a cui la violazione si riferisce; il comma 14 dispone che in tale caso le sanzioni si applicano nell'anno successivo a quello in cui è stato accertato il mancato conseguimento del pareggio di bilancio. Il comma 15 dispone inoltre l'obbligo di comunicazione della violazione entro 30 giorni dall'accertamento della violazione.
Il comma 16, infine, contiene la norma sulle misure antielusive già presente nella legislazione vigente per tutti gli enti sottoposti alle regole del patto di stabilità, con lo scopo di scoraggiare l’adozione di mezzi elusivi per addivenire ad un rispetto solo formale del patto stesso. La norma stabilisce la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti in essere - in questo caso dalle regioni a statuto ordinario - che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno.
Articolo 36,
commi 18-22
(Nuova disciplina della regionalizzazione
del patto di stabilità)
I commi da 18 a 22 sostituiscono, per le regioni a statuto ordinario, la disciplina concernente le misure di flessibilità del patto regionalizzato, verticale ed orizzontale, al fine di adeguarla ai nuovi vincoli imposti alle regioni, basati sul conseguimento del pareggio di bilancio. Le due forme di flessibilità – che hanno lo scopo di consentire agli enti locali di poter effettuare pagamenti in conto capitale (destinati agli investimenti) - vengono riunite in una unica procedura, per cui gli spazi finanziari acquisiti da una parte degli enti locali, sono compensati o dalla regione o dai restanti enti locali, attraverso un miglioramento dei saldi obiettivo.
Il comma
18 stabilisce che, alle regioni a statuto ordinario, non si applica a
decorrere dal 2015:
§ la disciplina del cosiddetto “patto regionale verticale” contenuta
nei commi da 138 a 140 dell’articolo 1 della legge n. 220/2010 (legge di
stabilità 2011), secondo la quale le regioni possono autorizzare gli enti
locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo
un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla
rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio, per un ammontare pari
all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di
garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli
obiettivi finanziari;
La procedura (comma 140) prevede che gli enti locali comunichino all’ANCI, all’UPI e alle regioni e province autonome, entro il 1 marzo di ciascun anno, l’entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell’anno. Le regioni, entro il termine perentorio del 15 marzo, comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente, tutti gli elementi necessari alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica. I due termini sono stati anticipati, da ultimo, dalla legge di stabilità 2014, art. 1, comma 543. Tuttavia l'art. 42, comma 3, del D.L. 133/2014, posticipa questi due termini, limitatamente all'esercizio 2014, rispettivamente al 30 settembre e 15 ottobre.
§ la disciplina del cosiddetto “patto
regionale orizzontale” contenuta nei commi da 141 a 142 dell’articolo 1
della legge 220/2010. Questa forma di flessibilità consente invece una
rimodulazione “orizzontale” degli obiettivi finanziari tra gli enti locali del
proprio territorio, in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie
esistenti sul territorio medesimo, purché venga garantito il rispetto dell’obiettivo
complessivamente determinato per gli enti locali della regione. Il meccanismo si
fonda sulla cessione di “spazi finanziari” da parte dei comuni (e delle
province) che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto
all’obiettivo prefissato in favore di quelli che rischiano, invece, di
conseguire un differenziale negativo rispetto all’obiettivo. Tali spazi
finanziari non possono essere utilizzati dagli enti che li acquisiscono per
spesa corrente discrezionale, ma soltanto per effettuare spese in conto
capitale ovvero spese inderogabili ovvero spese capaci di incidere
positivamente sul sistema economico.
La procedura (comma 142) prevede che la regione [e provincia autonoma], comunichi agli enti locali il nuovo obiettivo, determinato anche sulla base dei criteri stabiliti in sede di Consiglio delle autonomie locali. Entro il termine perentorio del 31 ottobre di ciascun anno, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente, tutti gli elementi necessari alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica.
Le due forme di flessibilità sono ora riunite in una unica procedura disciplinata ai commi 19-22 dell'articolo in esame.
Secondo quanto
disposto dal comma 19, le regioni a
statuto ordinario possono autorizzare gli enti
locali del proprio territorio a peggiorare
il saldo obiettivo per consentire un
aumento dei pagamenti in conto capitale, a patto che sia garantito il
rispetto dell'obiettivo complessivo a livello regionale. La compensazione può
avvenire in due modalità (che rispecchiano le due precedenti forme di
flessibilità):
§ attraverso un
contestuale miglioramento (di pari importo) dei saldi dei restanti enti locali (flessibilità orizzontale);
§ attraverso un
contestuale miglioramento (di pari importo) dell'obiettivo di saldo della regione, tra entrate finali e spese
finali in termini di cassa (flessibilità verticale).
I commi 20 e 21 disciplinano la procedura per la rideterminazione degli
obiettivi.
Secondo quanto
disposto dal comma 20:
§ le regioni
definiscono criteri di virtuosità e modalità operative previo confronto in sede
in Consiglio delle autonomie locali (e comunque con i rappresentanti degli enti
locali – in caso il Consiglio non sia istituito);
§ entro il 15 aprile, gli enti
locali comunicano all'ANCI, all'UPI e alla Regione gli spazi finanziari che
sono loro necessari per effettuare i pagamenti in conto capitale ovvero gli
spazi finanziari che sono disposti a cedere;
§ entro il 30 aprile, la regione
comunica agli enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e al
Ministero dell'economia e delle finanze tutte le informazioni utili alla
verifica dell'equilibrio dei saldi.
Continua secondo
quanto disposto dal comma 21:
§ entro il 15 settembre la regione, sulla base delle informazioni ricevute
dagli enti locali ed in accordo con essi, può procedere alla rimodulazione dei saldi obiettivo
esclusivamente per consentire pagamenti in conto capitale; provvede quindi
contestualmente ed in misura corrispondente a rimodulare i saldi obiettivo dei
restanti enti locali, ovvero a rideterminare l'obiettivo di saldo della regione
stessa tra entrate e spese finali;
§ entro il 30 settembre, la regione
comunica agli enti locali i saldi obiettivo così rideterminati e comunica al
Ministero dell'economia e delle finanze, in riferimento agli enti locali ed
alla regione stessa, tutte le informazioni utili alla verifica del mantenimento
dell'equilibrio dei saldi.
La nuova procedura prevista dai commi 20 e 21 prevede da parte della
regione due successive comunicazioni agli enti locali, la prima (30 aprile) per
comunicare agli stessi i saldi obiettivo rideterminati (a seguito delle
richieste degli enti) e la seconda (30 settembre) per una rimodulazione degli
obiettivi prefissati. Ad un primo esame, ed in assenza di indicazioni sul punto
nella relazione al provvedimento, non appaiono chiari quali siano i presupposti
della seconda comucazione, ovvero – come potrebbe presumersi - se questa abbia
carattere solo eventuale.
Il comma 22 stabilisce, infine, che agli enti locali che cedono spazi finanziari è riconosciuto, nel biennio successivo, la modifica migliorativa del proprio saldo obiettivo, in misura corrispondente agli spazi finanziari ceduti. Di contro agli locali che hanno ricevuto spazi finanziari, saranno attribuiti saldi obiettivo peggiorati, di misura corrispondente agli spazi acquisiti. Per ciascun anno, infatti, gli spazi ceduti e quelli acquisiti devono compensarsi.
Articolo 37
(Riduzione degli obiettivi del patto di stabilità
interno degli enti locali)
L’articolo 37 reca alcune modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali, valevole per le province e i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, con particolare riferimento all’aggiornamento della base di calcolo e dei coefficienti annuali per la determinazione dei saldi obiettivo per gli anni 2015-2018, volte a ridurre, nel periodo 2015-2018, il contribuito richiesto agli enti locali mediante il patto, per complessivi 3.350 milioni annui, di cui 3.095 milioni ai comuni e 255 milioni alle province (comma 1). Si interviene, inoltre, sulle modalità di calcolo del saldo finanziario, stabilendo che rientrano nella determinazione del saldo-obiettivo gli stanziamenti di competenza del fondo crediti di dubbia esigibilità (comma 2).
Il comma 3 riguarda i comuni che gestiscono, in quanto capofila, funzioni e servizi in forma associata, precisando che l’alleggerimento degli obiettivi di patto previsto per tali enti dalla legge di stabilità dello scorso anno, si applica solo previo accordo tra fra enti capofila ed enti associati.
Il comma 4 dispone la disapplicazione del meccanismo
di virtuosità, ai fini della ripartizione degli obiettivi finanziari
stabiliti dal patto di stabilità interno fra gli enti virtuosi e non virtuosi,
che determinava effetti di minore incidenza finanziaria dei
vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore
incidenza per gli altri enti.
È inoltre prevista la soppressione delle norme relative al c.d. “Patto regionalizzato integrato” (comma 5).
Ulteriori modifiche
riguardano le disposizioni relative al monitoraggio
del rispetto del patto medesimo e, in particolare, ai termini per l’invio da
parte degli enti locali del prospetto relativo ai risultati del patto (commi 6-8).
Il comma 9, infine, interviene con alcune precisazioni in merito alla disposizione, introdotta dal D.L. n. 133/2014 ancora all’esame del Parlamento, che reca per gli anni 2014 e 2015 l’esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti in conto capitale sostenuti da regioni, province e comuni per l’estinzione dei debiti in conto capitale non estinti alla data del 31 dicembre 2013.
Si ricorda che il patto di stabilità interno per gli enti locali è disciplinato in via generale dall’articolo 31 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), come da ultimo modificato dall’articolo 1, commi 532-545,, della legge n. 147/2013 (stabilità 2014). La disciplina del patto per gli enti locali è finalizzata all’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario degli enti, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, espresso in termini di competenza mista. Il meccanismo di calcolo del saldo-obiettivo è ancorato alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio.
Per quanto concerne l’ambito
soggettivo di applicazione del patto di stabilità interno, a decorrere
dal 2013, il patto si applica alle province
e ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti (con regole
differenziate per i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti
e per quelli con popolazione superiore a 5.000 abitanti), come disposto dal comma 1 dell’articolo 31 della
legge n. 183 del 2011[48].
Il comma 1 aggiorna la base di calcolo del saldo obiettivo per gli anni 2015-2018,
determinato per ciascun ente applicando alla spesa corrente media, sostenuta in
un certo triennio di riferimento, determinate percentuali stabilite
puntualmente per ciascuna tipologia di ente.
A tal fine viene novellato il comma 2
dell'articolo 31 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012).
Si ricorda che le regole vigenti del patto impongono agli enti locali di dover conseguire, in ciascuno degli anni considerati, un obiettivo di saldo finanziario tra entrate finali e spese finali, calcolato in termini di competenza mista[49], non inferiore al valore individuato in base al suddetto meccanismo, diminuito di un importo pari alla riduzione dei trasferimenti, apportata ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del D.L. n. 78/2010 (articolo 31, comma 4, legge n. 183 del 2011), quantificato, a decorrere dall’anno 2012, in 500 milioni di euro per le province e in 2.500 milioni di euro per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti. I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non coinvolti dalla riduzione dei trasferimenti erariali di cui al richiamato articolo 14, non operano, pertanto, alcuna riduzione a valere sul saldo programmatico.
Con le novelle apportate dal comma:
§ si estende all’anno 2018 l’efficacia del vincolo finanziario imposto agli enti locali (prima fissato al 2017);
§
si aggiorna la base di calcolo per la determinazione del saldo obiettivo per gli anni dal 2015 al 2018, precisando che esso sia rapportato alla media
della spesa corrente registrata
nel triennio 2010-2012 (anziché 2009-2011).
§ si modificano le percentuali che ciascun ente deve applicare alla suddetta media triennale della spesa corrente per la determinazione dei saldi obiettivo degli anni 2015-2018.
La Relazione tecnica evidenzia che le modifiche delle percentuali sono finalizzate ad ottenere, per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, una riduzione del contributo degli enti locali alla manovra di finanza pubblica pari a 3.350 milioni di euro, di cui 3.095 milioni per i comuni e 255 milioni per le province.
Si riportano, di seguito, le nuove percentuali per gli anni 2015-2018, come fissate per ciascuna tipologia di ente dal comma 2 dell’articolo 31 come novellato:
|
Vecchie percentuali |
Nuove percentuali |
|||
|
2014 |
2015 |
2016-2017 |
2015 |
2016-2018 |
Province |
19,25 |
19,25 |
20,05 |
17,0 |
17,83 |
Comuni con più di 1.000
abitanti |
14,07 |
14,07 |
14,62 |
7,71 |
8,26 |
Restano invariate le percentuali riferite all’anno 2014.
La modifica delle percentuali da applicare alla spesa corrente media per l’individuazione del saldo-obiettivo e la riduzione che ne deriva dell’importo da conseguire come concorso finanziario degli enti locali, si lega alla disposizione di cui al successivo comma 2, che inserisce nel computo del saldo finanziario, rilevante ai fini del patto di stabilità interno, il Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si ricorda che ai sensi del comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011, il saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno degli enti locali è calcolato quale differenza tra entrate finali e spese finali, espresso in termini di competenza mista, al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, come riportati nei certificati di conto consuntivo.
Sulla base del criterio
contabile della competenza mista, ai fini del calcolo del saldo finanziario
rilevante per il patto, le entrate e le spese di parte corrente si considerano in termini di competenza, mentre per la parte degli investimenti le spese si considerano in termini di cassa, al fine di rendere l'obiettivo
del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di
stabilità e crescita.
In sostanza, con il comma 2 si stabilisce – novellando il comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2001 - che ai fini del conseguimento dell’obiettivo di saldo finanziario espresso in termini di competenza mista rilevano gli stanziamenti di competenza del fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si tratta di una novità rispetto alla disciplina vigente, secondo la quale, invece, gli stanziamenti dell’analogo fondo attualmente esistente (“Fondo svalutazione crediti”), in quanto “non impegnabili”, non rilevano ai fini del patto di stabilità interno.
Sul punto la Circolare n. 6 del 2014, relativa all’applicazione del patto di stabilità per il 2014, precisa che il valore relativo agli impegni di spesa del Titolo I del bilancio di previsione degli enti locali non considera, per definizione, il “fondo svalutazione crediti” in quanto l'importo accantonato, secondo i principi contabili, «non va impegnato, confluendo in tal modo, a fine esercizio, nel risultato di amministrazione quale fondo vincolato» (così come stabilito dal principio contabile n. 1/53 dell'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali). Ne consegue, pertanto, che lo stesso, non dando luogo a impegni e confluendo nell'avanzo di amministrazione accantonato per tale finalità, non rileva ai fini del patto di stabilità interno.
Secondo quanto esposto nella Relazione tecnica, tale disposizione determina un beneficio sui saldi di finanza pubblica per 2.350 milioni di euro annui (2.195 milioni ascrivibili ai comuni e 155 milioni alle province), derivante dalla compressione della spesa degli enti locali, dovuta all’introduzione dell’obbligo per gli enti di alimentare in bilancio un Fondo per i crediti di dubbia esigibilità[50]. Tale obbligo discende, si ricorda, dal D.Lgs. n. 118/2011, come di recente integrato dal D.Lgs. correttivo n. 126/2014, che ha recato la disciplina per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, che, dopo tre anni di sperimentazione[51], entra a regime per tutti gli enti territoriali nel 2015.
Tale risparmio conseguito sui saldi pubblici dalla compressione della spesa degli enti locali consente, pertanto, un alleggerimento del patto di stabilità interno, tramite la riduzione delle percentuali da applicare alla spesa corrente media per il calcolo del saldo-obiettivo degli enti, determinando peraltro - secondo la Relazione - una “redistribuzione virtuosa” della manovra a favore degli enti con maggiore capacità di riscossione.
Nel complesso, l’allentamento dei vincoli del patto di stabilità per gli enti locali si sostanzia, pertanto, in 1 miliardo di euro annui.
Si ricorda che il Fondo crediti di dubbia esigibilità è disciplinato per gli enti locali dall’articolo 167[52] del TUEL (di cui al D.Lgs. n. 267/2000). Esso ha sostituito il “Fondo svalutazione crediti”, introdotto, in attesa dell'entrata in vigore dell'armonizzazione dei sistemi contabili, dall’articolo 6, comma 17, del D.L. n. 95/2012[53], il quale aveva stabilito a decorrere dall'esercizio finanziario 2012 gli enti locali dovessero iscrivere nel bilancio di previsione un “fondo svalutazione crediti” di importo non inferiore al 25% dei residui attivi, di cui ai titoli I e III dell'entrata, aventi anzianità superiore a 5 anni, al fine di compensare eventuali minori entrate degli enti locali e salvaguardare, di conseguenza, gli equilibri dei bilanci[54].
L’attuale Fondo crediti di dubbia esigibilità - precisano i principi contabili vigenti per gli enti locali[55] - ha la funzione di compensare eventuali minori entrate derivanti da crediti divenuti parzialmente o totalmente inesigibili: si tratta di crediti per i quali è certo il titolo giuridico ma è diventata dubbia e diffide la riscossione per condizioni oggettive. Per tali crediti è effettuato un accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, vincolando una quota dell’avanzo di amministrazione.
A tal fine è stanziata nel bilancio di previsione degli enti locali una apposita posta contabile, denominata “Accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità” il cui ammontare è determinato in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell'esercizio, della loro natura e dell'andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata). La quantificazione del Fondo nel bilancio va adeguatamente motivata nella relazione previsionale e programmatica ed il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità è allegato al bilancio di previsione e al rendiconto di gestione.
L'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità non è oggetto di impegno e genera un'economia di bilancio che confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata.
In base al “Principio applicato della contabilità finanziaria”, nel primo esercizio di applicazione (2015) è possibile stanziare in bilancio una quota almeno pari al 50% dell'importo dell'accantonamento quantificato nel prospetto riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità allegato al bilancio di previsione. Nel secondo esercizio lo stanziamento di bilancio riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità è pari almeno al 75% dell'accantonamento quantificato nel prospetto riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità allegato al bilancio di previsione, e dal terzo esercizio l'accantonamento al fondo è effettuato per l'intero importo. In sede di rendiconto, fin dal primo esercizio di applicazione del presente principio, l'ente accantona nell'avanzo di amministrazione l'intero importo del fondo crediti di dubbia esigibilità quantificato nel prospetto riguardante il fondo allegato al rendiconto di esercizio.
In sede di assestamento
di bilancio e alla fine dell’esercizio per la redazione del rendiconto, è
verificata la congruità del fondo crediti di dubbia esigibilità complessivamente
accantonato nel bilancio e nell’avanzo, in considerazione dell’ammontare dei
residui attivi degli esercizi precedenti e di quello dell’esercizio in corso.
L’importo complessivo del fondo accantonato
nell’avanzo è calcolato applicando all’ammontare dei residui attivi la media dell’incidenza degli accertamenti
non riscossi sui ruoli o sugli altri strumenti coattivi negli ultimi cinque esercizi.
Quando un credito è dichiarato definitivamente ed assolutamente inesigibile, lo si elimina dalle scritture finanziarie e, per lo stesso importo del credito che si elimina, si riduce la quota accantonata nel risultato di amministrazione a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilità.
A seguito di ogni provvedimento di riaccertamento dei residui attivi è rideterminata la quota dell'avanzo di amministrazione accantonata al fondo crediti di dubbia esigibilità
L'eventuale quota del risultato di amministrazione “svincolata”, sulla base della determinazione dell'ammontare definitivo del fondo crediti di dubbia esigibilità rispetto alla consistenza dei residui attivi di fine anno, può essere destinata alla copertura dello stanziamento riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità del bilancio di previsione dell'esercizio successivo a quello cui il rendiconto si riferisce.
Con riferimento al riaccertamento dei residui attivi, si ricorda, infine, che la nuova formulazione dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 118, recante i principi contabili generali e applicati, prevede, al comma 4, il riaccertamento annuale dei residui attivi e passivi per verificare le ragioni del loro mantenimento o la reimputazione all'esercizio nel quale sono esigibili. Possono essere conservati tra i residui attivi solo le entrate accertate esigibili nell'esercizio di riferimento, ma non incassate e tra i residui passivi solo le spese impegnate, liquidate o liquidabili nel corso dell'esercizio, ma non pagate.
Il comma 3 è volto a precisare l’applicazione della disposizione che consente la riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno per i comuni che gestiscono, in quanto capofila, funzioni e servizi in forma associata ed il contestuale aumento degli obiettivi del patto per i comuni associati non capofila , di cui al comma 6-bis all’articolo 31 della legge n. 183/2011 (introdotto dal comma 534 della legge n. 147/2013).
In particolare, la norma è finalizzata a precisare che la redistribuzione degli obiettivi del patto di stabilità fra enti capofila ed enti associati avviene solo a fronte di un accordo fra i predetti enti.
Di conseguenza, l’ANCI provvederà a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 marzo di ciascun anno, mediante il sistema web, gli importi in riduzione e in aumento degli obiettivi del patto per ciascun comune, come determinati sulla base dell’accordo raggiunto tra gli stessi, a seguito delle istanze prodotte dai comuni medesimi entro il 15 marzo di ciascun anno.
Il comma 4 sospende a decorrere dall’anno
2015 l’applicazione del meccanismo di virtuosità recato dall’articolo
20, comma 2, 2-bis e 3 del D.L. n.
98/2011, ai fini della suddivisione tra i singoli enti appartenenti ad un
determinato comparto degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto di
stabilità interno, che determina effetti di minore incidenza
finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti (lettera a).
Conseguentemente, è sospesa l’applicazione della disposizione che disponeva la rideterminazione in aumento - fino ad un limite massimo espressamente indicato - delle percentuali per l’individuazione dell’obiettivo di saldo per gli enti non virtuosi (comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2001) (lettera b).
È infine disposta la disapplicazione dell’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 31 della legge n. 183/2001, che rende transitorio l’attuale meccanismo di calcolo dai saldi obiettivo (tramite l’applicazione delle percentuali alla spesa media corrente), nelle more dell’adozione del suddetto meccanismo di ripartizione degli obiettivi finanziari del patto fra gli enti di ciascun livello di governo, basato su criteri di virtuosità (lettera c).
Secondo quanto esposto nella Relazione illustrativa, la sospensione è dovuta alle persistenti difficoltà oggettive per la valutazione, in tempi celeri, dei parametri stessi. Nella Relazione si sottolinea, peraltro, come l’avvio della riforma della contabilità comporta comunque l’introduzione di elementi di virtuosità nelle regole del patto di stabilità interno, mediante la considerazione del fondo crediti di dubbia esigibilità nel saldo obiettivo (cfr. quanto detto in proposito con riferimento al comma 2).
Il meccanismo di virtuosità - introdotto a decorrere dall’anno 2012 dal citato articolo 20 del D.L. n. 98/2011- prevede che gli obiettivi complessivi del patto di stabilità interno siano attribuiti ai singoli enti in base alla loro virtuosità, misurata operando una valutazione ponderata di 10 specifici parametri.
A tal fine, si prevede la ripartizione degli enti sottoposti al patto di stabilità in due classi, con appositi decreti del Ministro dell’interno per gli enti locali e del Ministro dell’economia per le regioni. La suddivisione degli enti nelle due classi è funzionale alla ripartizione - tra i singoli enti appartenenti ad un determinato comparto e fermo restando l’obiettivo complessivo del comparto - degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. Più in particolare, l’articolo 20, comma 3, del D.L. n. 98/2011, come modificato dal comma 429 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013, dispone che gli enti locali che risultano collocati nella classe virtuosa, fermo restando l'obiettivo del comparto, conseguono un saldo obiettivo pari a zero.
Il meccanismo prevede, dunque, che l’onere connesso al minor contributo che viene richiesto agli enti virtuosi sia sostenuto interamente dagli enti non virtuosi. Di conseguenza, mentre gli enti virtuosi beneficeranno di un miglioramento dei propri obiettivi del patto di stabilità, per gli enti non virtuosi è invece prevista una penalizzazione, consistente nella rideterminazione in aumento del proprio obiettivo finanziario, attraverso l’incremento delle percentuali da applicare alla media della spesa corrente per la determinazione del saldo obiettivo, fino ad un massimo espressamente indicato (corrispondente ad un punto percentuale in più), ai sensi dell’articolo 31, comma 6, della legge n. 183/2011.
Si ricorda che l’applicazione del meccanismo di virtuosità era già stato sospeso per gli anni 2013 e 2014.
Esso è stato applicato soltanto nel 2012, con il D.M. Economia del 25 giugno 2012. Il decreto ha recato l’individuazione, in apposite tabelle, delle province e dei comuni ritenuti virtuosi ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del D.L. n. 98/2011, stabilendo, ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, che gli enti collocati nella tabella dei virtuosi dovessero conseguire nell'anno 2012 un saldo obiettivo pari a zero, mentre per le province e per i comuni non rientranti nella categoria dei virtuosi le percentuali sono state invece rideterminate in aumento. In linea con la disciplina recata dall’allora vigente comma 5 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011 (ora abrogato), la riduzione complessiva degli obiettivi programmatici degli enti locali è stata commisurata agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della clausola di salvaguardia di cui al comma 6, in termini di maggiorazione delle percentuali da applicare alla media della spesa corrente ai fini del calcolo del saldo-obiettivo. Tali effetti finanziari sono stati quantificati, sulla base delle penalizzazioni inflitte agli enti locali che hanno violato il rispetto del patto, in 31,3 milioni di euro per le province e in 149,4 milioni di euro per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In ragione dell’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio per le regioni, di cui all’articolo 36 del provvedimento in esame, il comma 5 provvede alla soppressione del cosiddetto “patto regionale integrato”, disciplinato dall’articolo 32, comma 17, della legge n. 183/2011, che prevedeva la possibilità per ciascuna regione di concordare con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi del patto di stabilità e quelli degli enti locali del proprio territorio.
Il patto regionale integrato è stato introdotto come evoluzione del patto regionalizzato con l’articolo 20, comma 1, del D.L. n. 98/2011. La norma, superando il meccanismo delle compensazioni verticali ed orizzontali apre la prospettiva ad un "patto regionale integrato", prevedendo la possibilità, per ciascuna regione di concordare direttamente con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi, esclusa la componente sanitaria, e quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali.
Tale patto integrato è stato ulteriormente ridefinito dalla legge di stabilità per il 2012 (articolo 32, comma 17, legge n. 183/2011). Sono rinviate ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le modalità di attuazione e le condizioni della eventuale esclusione dal 'patto concordato' delle regioni che nel triennio precedente non abbiano rispettato il patto o siano sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario.
Il Patto c.d. integrato non ha finora ricevuto attuazione. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 ne aveva posticipato l’applicazione al 2015.
L’applicazione di tale istituto è stata più volte rinviata nel tempo proprio in ragione del fatto che il meccanismo richiederebbe l’adozione della stessa tipologia di obiettivo di patto per le regioni e gli enti locali
Si segnala che la disposizione in esame dovrebbe recare, più
correttamente, l’abrogazione della disposizione richiamata.
Il comma 6 - modificando quanto disposto dal comma 19 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011 - è volto a chiarire la data di decorrenza dei 30 giorni entro cui va inviato il prospetto del monitoraggio dei risultati del patto di stabilità interno.
In particolare, la norma precisa che con riferimento al primo semestre, il prospetto è trasmesso entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’interno recante il prospetto dimostrativo dell’obiettivo; il prospetto del secondo semestre è trasmesso entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento.
Si ricorda che, in base al citato comma 19, gli enti sono tenuti a trasmettere semestralmente al Ministero dell’economia e finanze le informazioni riguardanti le risultanze in termini di competenza mista, attraverso l’indicato sistema web. Il monitoraggio interessa tutti gli enti cui si applica il patto, anche al fine di acquisire elementi informativi utili per la finanza pubblica, anche con riferimento alla loro situazione debitoria.
Le modalità di comunicazione delle informazioni richieste e il prospetto dimostrativo dell’obiettivo determinato per ciascun ente sono definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali. La mancata trasmissione del prospetto contenente gli obiettivi programmatici entro 45 giorni dalla pubblicazione del relativo decreto costituisce inadempimento del patto.
I commi 7 e 8 sono volti a snellire la procedura per l’aggiornamento dei termini e dei prospetti relativi al monitoraggio e alla certificazione del patto di stabilità interno sia per le regioni che per gli enti locali, rinviando la stessa ad un decreto del Ministero anziché del Ministro dell'economia e delle finanze.
Sono modificati, a tal fine, il comma 32 dell’articolo 31 e il comma 27 dell’articolo 32 della legge n. 183/2011, i quali dispongono, rispettivamente per gli enti locali e per le regioni e le Province autonome, che con decreto del Ministro (ora del Ministero) possono essere aggiornati, ove intervengano modifiche legislative alla disciplina del patto di stabilità interno, i termini riguardanti gli adempimenti degli enti locali, ovvero delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, relativi al monitoraggio e alla certificazione del patto di stabilità interno.
Il comma 9 interviene con alcune precisazioni in merito alla disposizione, introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 133, che prevede per gli anni 2014 e 2015 l’esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti in conto capitale sostenuti da regioni, province e comuni per l’estinzione dei debiti in conto capitale non estinti alla data del 31 dicembre 2013.
A tal fine è novellato l’articolo 4, commi 5 e 6, del D.L. n. 133/2014, al fine, tra l’altro, di ridurre l’importo stanziato per l’anno 2015, riservandolo ai soli enti locali.
Si segnale che il disegno di legge di conversione del decreto-legge n.
133/2014 è attualmente all’esame dell’Assemblea della Camera (A.C. 2629):
Si ricorda che il citato comma 5 esclude dai vincoli del patto le spese sostenute dalle province, dai comuni e dalle regioni, successivamente all’entrata in vigore del presente provvedimento, per il pagamento dei debiti in conto capitale:
- che risultino certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013,
- per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013,
- riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013, ovvero che presentavano, a tale data, i requisiti per il loro riconoscimento di legittimità.
Secondo la normativa vigente, rilevano ai fini della esclusione solo i debiti presenti nella apposita piattaforma elettronica per la certificazione di crediti[56], connessi a determinate tipologie di spesa, escluse le spese afferenti la sanità.
Ai sensi del comma 5, l’esclusione opera nel limite di 200 milioni per l’anno 2014 e di 100 milioni per l’anno 2015.
Si ricorda che tale deroga ai vincoli del patto di stabilità introdotta dal D.L. n. 133 si aggiunge a quella, del tutto analoga, già consentita per il 2014 dalla scorsa legge di stabilità con riferimento, tuttavia, ai debiti maturati al 31 dicembre 2012 (art. 1, commi 546-549, legge n. 147/2013).
Le novelle apportate dal comma in esame alla suesposta normativa sono finalizzate:
§ a ridurre di 60 milioni di euro l’importo di 100 milioni destinato nel 2015 all’estinzione di debiti in conto capitale maturati dagli enti territoriali al 31 dicembre 2013, destinando i 40 milioni residui ai soli enti locali.
Va sottolineato che la riduzione del beneficio per le regioni qui disposta è compensata dall’introduzione di una misura analoga disposta a vantaggio delle regioni dall’articolo 36, comma 6, nell’importo di 60 milioni di euro per il 2015, sempre finalizzata all’esclusione dal patto di stabilità per il 2015 dei pagamenti relativi a debiti in conto capitale delle regioni non estinti alla data del 31 dicembre 2013 (cfr. la relativa scheda di lettura).
§ a precisare che soltanto per i debiti certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013 vale la condizione necessaria, ai fini dell’esclusione del relativo pagamento dai vincoli del patto, che si tratti di debiti presenti nella Piattaforma elettronica, posto che per le atre tipologie di debiti, considerate dalla deroga di cui all’articolo 4, comma 5, del D.L. n. 133/2014, non è prevista la registrazione nella predetta Piattaforma;
§ a chiarire che la procedura per la richiesta degli spazi finanziari nel 2015 è, ovviamente, attivabile soltanto dalle province e dai comuni.
Ai fini della distribuzione degli spazi finanziari di patto tra i singoli enti, il comma 6 del citato articolo 4 del D.L. n. 133 prevede che gli enti devono a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze entro il termine perentorio del 30 settembre 2014 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti di debiti nel 2014 ed entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015 gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i medesimi pagamenti nel 2015 (comma 6). La comunicazione è effettuata tramite il sito web «http://certificazionecrediti. mef.gov.it». Partecipano al riparto soltanto gli enti le cui comunicazioni risultano pervenute entro i predetti termini. Sulla base delle comunicazioni pervenute, rispettivamente entro il 10 ottobre 2014 e il 15 marzo 2015, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sono individuati per ciascun ente, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità interno per ciascuno degli anni 2014 e 2015.
Articolo 38,
commi 1-4
(Armonizzazione contabile degli enti
territoriali)
Le disposizioni recate dai commi da 1 a 4 dell’articolo 38 modificano la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 118 del 2011 in tema di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi.
Il decreto legislativo
23 giugno 2011, n. 118 è stato
emanato in attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale
e, attraverso le procedure previste dall’articolo 2, comma 7, della medesima
legge, è stato modificato e integrato dal decreto legislativo 10 agosto 2014,
n. 126.
Il decreto legislativo n. 118 ha
costituito una ampia e organica riforma di contabilità degli enti territoriali,
diretta a garantire la qualità e l'efficacia del monitoraggio e del
consolidamento dei conti pubblici ed a superare la sostanziale incapacità del
vigente sistema contabile di dare rappresentazione ai reali fatti economici. Il
decreto n. 118 era originariamente articolato in tre titoli: il titolo I (artt.
1-18) relativo ai principi contabili generali e applicati per le regioni, le
province autonome e gli enti locali; il titolo II (artt. 19-35) relativo ai
principi contabili per il settore sanitario; il titolo III (artt. 36-38),
relativo alle disposizioni finali e transitorie, disciplina, in particolare,
all’articolo 36 la sperimentazione.
Il decreto legislativo fissa, all’allegato
1, i principi generali contabili, cioè le regole fondamentali di carattere
generale degli ordinamenti contabili armonizzati.
Tra questi si segnala, oltre al principio
dell'equilibrio di bilancio, corollario del principio costituzionale del
pareggio di bilancio, il nuovo principio della competenza finanziaria, cioè il
criterio di imputazione agli esercizi finanziari delle obbligazioni
giuridicamente perfezionate attive e passive che danno luogo ad entrate e
spese.
Il D.Lgs. n. 118/2011 prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2015 (il
termine originariamente stabilito al 1° gennaio 2014 è stato poi differito di
un anno), le amministrazioni pubbliche territoriali e i loro enti strumentali
in contabilità finanziaria sono tenuti a conformare la propria gestione a tali
regole contabili uniformi e ai relativi principi contabili applicati. La fase
di sperimentazione per
l’applicazione alle regioni e agli enti locali della nuova disciplina contabile
armonizzata ha interessato dal 1° gennaio 2012 4 regioni (Lombardia, Basilicata, Lazio e Campania), 12 province, 49 comuni,
20 enti strumentali. La sperimentazione della riforma contabile è stata estesa
per il 2014 ad ulteriori 300 enti.
Per gli enti del servizio sanitario nazionale la relativa disciplina
contabile armonizzata dettata dal Titolo II del D.Lgs. n. 118 ha trovato
applicazione a decorrere dal 2012.
Il D.Lgs. correttivo n. 126/2014, alla luce dei risultati della sperimentazione, ha provveduto a novellare numerosi articoli del titolo I del D.Lgs. n. 118, in particolare: introducendo un nuovo titolo III recante la disciplina della materia per le regioni (Ordinamento finanziario e contabile delle regioni – artt. da 36 a 73); aggiungendo un nuovo titolo IV (Adeguamento delle disposizioni riguardanti la finanza regionale e locale), che allinea il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali - TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000) alla normativa armonizzata recata dal D.Lgs. n. 118.
I commi 1 e 2 in esame intervengono relativamente alla modalità di accertamento dei residui attivi e passivi relativi alla politica regionale unitaria - cooperazione territoriale.
In particolare, il comma 1 modificando l’articolo 3, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011, stabilisce che, in sede di cancellazione dei residui attivi e passivi - cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015 – le regioni, che non hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014, devono ricomprendere anche quelli relativi alla politica regionale unitaria - cooperazione territoriale.
Il testo vigente del comma 7 prevede che, al fine di adeguare i residui attivi e passivi risultanti al 1° gennaio 2015 al principio generale della competenza finanziaria enunciato nell'allegato n. 1, le regioni e gli enti locali, escluse quelle che hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014, con delibera di Giunta, previo parere dell'organo di revisione economico-finanziario, provvedono, contestualmente all'approvazione del rendiconto 2014, al riaccertamento straordinario dei residui, consistente nella cancellazione dei propri residui attivi e passivi, cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015. Non sono cancellati i residui delle regioni derivanti dal perimetro sanitario cui si applica il titolo II, quelli relativi alla politica regionale unitaria - cooperazione territoriale, e i residui passivi finanziati da debito autorizzato e non contratto (lettera a).
Conseguentemente, il comma 2, aggiungendo al citato articolo 3 del D.Lgs. n. 118 il comma 4-bis, dispone che le regioni che hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014 (Lombardia, Basilicata, Lazio e Campania) nell’ambito del riaccertamento ordinario da effettuare nel 2015, provvedono al riaccertamento dei residui attivi e passivi relativi alla politica regionale unitaria - cooperazione territoriale che avrebbero dovuto effettuare in occasione del riaccertamento straordinario effettuato ai sensi dell’articolo 14 del D.P.C.M. 28 dicembre 2011.
Il comma 3 in esame modifica il comma 17 dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 118.
La norma richiamata dispone che il D.P.C.M. - che dovrà definire le modalità e i tempi di copertura dell'eventuale maggiore disavanzo al 1° gennaio 2015 rispetto al risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014, derivante dalla rideterminazione del risultato di amministrazione (previsto dal comma 15) – dovrà estendere gli incentivi anche agli enti che hanno partecipato alla sperimentazione se, alla data del 31 dicembre 2015, non presentano quote di disavanzo risalenti all'esercizio 2012. Per tali enti la copertura dell'eventuale disavanzo di amministrazione può essere effettuata fino all'esercizio 2017.
Il comma 3 precisa che, nelle more di emanazione del D.P.C.M. di definizione delle modalità e dei tempi di copertura dell’eventuale disavanzo, per gli enti coinvolti nella sperimentazione che hanno effettuato il riaccertamento straordinario dei residui nel 2012 la copertura dell’eventuale relativo disavanzo potrà essere effettuata fino all’esercizio 2022 (in luogo del 2017), mentre per quelli che lo hanno effettuato il 1° gennaio 2014 tale termine è posto all’anno 2023.
La disposizione si rende necessaria in quanto, ai sensi del comma 16 del medesimo articolo 3 del D.Lgs. n. 118, l'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario dei residui è ripianato per una quota pari almeno al 10 per cento l'anno (e pertanto gli enti hanno 10 anni di tempo per il ripianamento, cioè sino al 2025). Per gli enti che invece hanno già partecipato alla sperimentazione (iniziata nel 2012), avendo – a legislazione - come termine finale per il ripiano del disavanzo l’esercizio 2017, si sarebbero trovati a doverlo ripianare il soli 5 anni. Conseguentemente la disposizione in esame, differendo tale riferimento temporale dal 2017 al 2022 e al 2023, evita che gli enti già sottoposti a sperimentazione si trovino a dover ripianare il disavanzo da riaccertamento dei residui in 5 anni, mentre tutti gli altri enti lo effettueranno in 10 anni.
Il comma 4 in esame modifica l’articolo 151 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000):
§
al comma 1 viene
specificato che i comuni, oltre a presentare il Documento unico di
programmazione entro il 31 luglio di ogni anno, deliberano il bilancio di previsione finanziario entro il 31
dicembre (nel testo vigente non figura il termine “deliberano” e quindi il
bilancio di previsione viene “presentato” entro il 31 dicembre);
§
al comma 8
posticipa dal 31 luglio al 30
settembre il termine per l’approvazione del bilancio consolidato con i
bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e
partecipate, secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al decreto
legislativo n. 118 del 2011, allineandosi, pertanto, con quanto previsto
dall’articolo 18, comma 1, lettera c),
del medesimo D.Lgs. n. 118.
Articolo 38,
comma 5
(Regione Sardegna)
La norma destina le entrate derivanti dalla riserva all'erario stabilita dalla legge di stabilità 2014, con riguardo alle entrate afferenti al territorio della Regione Sardegna, alla riduzione del debito della Regione Sardegna stessa e degli enti locali del proprio territorio.
Le disposizioni recate dai commi 508 e 510-511 delle legge 147/2013 (legge di stabilità 2014) dispongono in merito alla riserva all'erario delle maggiori entrate delle regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti-legge n. 138/2011 e n. 201/2011.
In sostanza, vengono riscritte le norme sulla riserva all'erario, in quanto quelle già presenti nello stesso D.L. n. 138/2011, sono state censurate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012[57].
La riserva all'erario dettata dal comma 508 costituisce una modalità per le regioni a statuto speciale di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica ed è delimitata nel tempo per un periodo di 5 anni. Oggetto della riserva sono le nuove e maggiori entrate derivanti dalle norme recate dei già citati decreti leggi 138/2011 e 201/2011. Le risorse sono interamente destinate alla copertura degli oneri del debito pubblico al fine di garantire la riduzione dello stesso, nella misura e dei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità. Le modalità di individuazione del maggior gettito sono state stabilite – come dispone la norma - con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, emanato l'11 settembre 2014[58]. Nella tabella A allegata al decreto, per ciascuno dei due decreti leggi 138 e 201, sono determinare le incidenze percentuali degli incrementi di gettito, nonché individuati gli appositi capitoli/articoli di entrata sui quali devono essere separatamente contabilizzate tali maggiori entrate, riservate all'Erario.
Con la norma in esame lo Stato rinuncia alla entrate derivanti dalla riserva all'erario del maggior gettito afferente ai tributi riscossi nel territorio della regione Sardegna, al fine di destinare le medesime risorse alla copertura del debito della regione Sardegna stessa e degli enti locali del territorio regionale.
La quantificazione delle entrate afferenti al territorio della regione, riportata nella relazione tecnica, è pari a 230 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. La medesima somma costituisce la mancata entrata per il bilancio dello Stato, determinando effetti negativi esclusivamente in termini di saldo netto da finanziare, per pari importo.
Si segnala che nel corso dell'esame in sede referente del disegno di legge di conversione del decreto legge 133/2014 (A.C. 2629-AR), è stata inserita una norma dal contenuto analogo alla disposizione in esame. In particolare, il comma 14-quater, inserito all'articolo 42, dispone che le entrate derivanti dalla riserva all'erario di cui all'art. 1, comma 508 della legge di stabilità 2014, con riguardo alle entrate afferenti al territorio della regione Sardegna, sono destinate alla "riduzione dei debiti commerciali della Regione Sardegna". Il comma 14-quinques provvede alla copertura degli effetti negativi in termini di saldo netto da finanziare per un importo pari a 230 milioni di euro.
Articolo 38,
commi 6-10
(Spese per il funzionamento degli uffici
giudiziari)
I commi da 6 a 10 – modificando l’art. 1 della legge 392 del 1941 - trasferiscono allo Stato, dal 1° settembre 2015, l’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei comuni. Spetterà ad un D.M. Giustizia-Economia determinare l’entità delle spese per il funzionamento degli uffici giudiziari, sulla base dei costi standard per categorie omogenee di beni e servizi e a un D.P.R. individuare le misure organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina. In particolare, per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri, è prevista l’assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale delle province che, a seguito dell’attuazione della legge 56/2014, dovesse risultare in esubero.
In
particolare il comma 6 modifica
l’art. 1 della legge 392 del 1941 trasferendo allo Stato, dal 1° settembre
2015, l’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari,
attualmente a carico dei comuni ai sensi della stessa legge.
L’art. 1 della
legge 392 del 1941 stabilisce che le
spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, e per le pigioni,
riparazioni, manutenzione, pulizia, illuminazione, riscaldamento e custodia dei
locali medesimi; per le provviste di acqua, il servizio telefonico, la
fornitura e le riparazioni dei mobili e degli impianti per i detti Uffici e
loro sedi, per i registri e gli oggetti di cancelleria costituiscono spese
obbligatorie dei comuni che ospitano detti uffici. A titolo di parziale
rimborso, lo Stato eroga ai comuni un contributo annuo alle spese medesime
nella misura stabilita nella tabella allegata alla stessa legge 392 (art. 2). Il D.P.R. 187 del 1998 prevede un meccanismo di rimborso contraddistinto dall'erogazione di un
anticipo all'inizio di ogni esercizio finanziario in misura pari al 70% del
contributo erogato nell'anno precedente ed un successivo saldo a consuntivo,
previo parere della competente commissione di manutenzione, entro il 30
settembre di ciascun anno.
Per esigenze di coordinamento, il comma 7 dispone – sempre a decorrere dal 1°settembre 2015 - l’abrogazione dei successivi artt. 2. 3, 4 e 5 della legge 392/1941, relativi a disposizioni attuative che, a seguito del trasferimento allo Stato dell’obbligo di corresponsione delle spese per gli uffici giudiziari, hanno perso attualità.
Per l’anno 2015, i fondi necessari al pagamento di dette
spese sono appostati al capitolo 1551 (Contributi ai comuni per le spese degli uffici giudiziari) dello stato
di previsione del bilancio del ministero della giustizia; a partire dal
2016, per i
fondi relativi a tale capitolo è disposto un aumento di 200 mnl di
euro.
Per finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa, i commi 8 e 9 affidano ad un DM
Giustizia-Economia la determinazione dell’entità delle spese per il
funzionamento degli uffici giudiziari; l’importo è definito dal decreto sulla
base dei costi standard per categorie omogenee di beni e servizi (la cui
metodologia di quantificazione è a sua volta affidata ad analogo DM, di natura
non regolamentare) in rapporto al bacino di utenza ed all’indice delle
sopravvenienze di ogni ufficio giudiziario.
Il comma 10 affida, infine,
ad un regolamento adottato con DPR - su proposta del Ministro della
giustizia (previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il
Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in
materia) - l’individuazione, senza nuovi o maggiori oneri finanziari, delle misure
organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina che trasferisce
allo Stato l’onere delle spese per gli uffici giudiziari.
Per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri, lo stesso
comma 10 prevede l’assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale
delle province che, a seguito dell’attuazione della legge 56/2014,
dovesse risultare in esubero. Per attuare la disciplina sopraindicata si
autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare le
necessarie variazioni di bilancio.
Articolo 38,
comma 11
(Contributo Roma capitale)
Il comma 11 attribuisce a Roma
Capitale, a decorrere dal 2015, un contributo di 110 milioni
di euro annui quale concorso dello Stato agli oneri che lo stesso Comune
sostiene in qualità di capitale della Repubblica.
Si
ricorda che la questione degli
oneri che gravano sul comune di Roma
quale sede della capitale dello Stato è oggetto di una specifica norma
recata dalla legge delega sul federalismo fiscale – L. n. 42 del 2009 – che all’articolo
24 comma 5, lettera b), rimette alla
disciplina delegata la “assegnazione di
ulteriori risorse a Roma capitale, tenendo conto delle specifiche esigenze di
finanziamento derivanti dal ruolo di capitale della Repubblica”.
In attuazione di
tale disposizione, il decreto
legislativo n. 61 del 2012, costituente il secondo decreto su Roma capitale[59], all’articolo 2 detta le regole per la determinazione dei costi connessi al ruolo di
Roma capitale, rinviando a tal fine ad un decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
In particolare, tale articolo 2 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, venga determinato il maggior onere derivante per il comune di Roma dall'esercizio delle funzioni connesse al ruolo di capitale della Repubblica, tenuto conto anche dei benefici economici che derivano da tale ruolo e degli effetti che si determinano sul gettito delle entrate tributarie statali e locali.
La determinazione dei suddetti maggiori oneri contenuta nel D.P.C.M. è effettuata sulla base di una proposta elaborata dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, adottata dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (per il quale il termine, peraltro non ordinatorio, dei sei mesi sarebbe giunto a scadenza il 18 novembre 2012) non è al momento ancora intervenuto.
Si ricorda, peraltro, che, attualmente, al comune di Roma viene assegnato un contributo annuo - ai sensi della legge n. 1280 del 1964 come rifinanziata dall’articolo 1, comma 963, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) - a titolo di concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale, che è stato via via rideterminato nel corso degli anni da successivi provvedimenti legislativi[60].
Esso risulta attualmente pari a 296,4 milioni di euro annui. Tale contributo è iscritto nel Fondo consolidato per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1318/Ministero dell’interno), fondo nel quale confluiscono i diversi contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi, che, in quanto tali, non sono stai considerati suscettibili di fiscalizzazione, ai sensi dei provvedimenti attuativi del federalismo fiscale.
Inoltre, per le medesime finalità di cui alla legge n. 1280/1964, ulteriori contributi erariali correnti sono stati autorizzati in favore del comune di Roma, a decorrere dal 2002, dall’articolo 27, comma 3, della legge n. 448/2001, per un importo di 123,29 milioni di euro, per adeguare il concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune di Roma sostiene quale sede della Capitale.
Articolo 38,
commi 12-14
(Expo 2015 – Misure in materia di
personale e contributo
al Comune di Milano per gli oneri connessi all’evento)
I commi 12-14 dettano norme relative alle realizzazione e allo svolgimento dell’Expo 2015 e agli eventi connessi al semestre italiano di presidenza europea.
Il comma 12 prevede, a favore del Comune di Milano, una serie di deroghe a norme vigenti relative al contenimento delle spese di personale.
In primo luogo, si
prevede la non applicazione, per il 2015, delle norme che limitano la spesa per
il personale con contratto a termine (articolo 9, comma 28, del D.L. n.78/2010)
e delle norme che impongono la riduzione percentuale della spesa di personale
rispetto al totale della spesa corrente (articolo 1, comma 557, della legge
n.296/2006).
L’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 prevede, a decorrere dall'anno 2011, che le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
L’articolo 1, comma 557, della legge n.296/2006, prevede che ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:
§ riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;
§ razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico - amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;
§ contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali
In secondo luogo, in
deroga alla normativa vigente e al CCNL enti locali[61], si autorizza il Comune di Milano a
corrispondere, al personale non dirigenziale impiegato nella attività strettamente
connesse alla realizzazione dell’Expo 2015, 45 ore pro-capite mensili, sino al
31 dicembre 2015, di compensi per prestazioni
di lavoro straordinario.
Il comma 13 estende agli enti locali e regionali la deroga ai vincoli in materia di personale a tempo determinato, già prevista per le società in house degli enti locali soci di Expo 2015 (dall’articolo 46-ter, comma 2, del D.L. n.69/2013) per le attività funzionali all’Expo 2015. Con riferimento al termine per usufruire della predetta deroga, si prevede che lo stesso sia fissato alla fine della conclusione delle medesime attività e comunque non oltre il 31 dicembre 2016 (il termine vigente è il 31 dicembre 2015).
L’articolo 46-ter, comma 2, del D.L. n.69/2013, prevede che “fermo restando il conseguimento complessivo dei risparmi di spesa previsti a legislazione vigente, le società in house degli enti locali soci di Expo 2015 S.p.A. possono procedere, anche in deroga agli specifici vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di personale, ad assunzioni di personale a tempo determinato necessarie per la realizzazione di opere infrastrutturali essenziali e altre opere, nonché per la prestazione di servizi e altre attività, tutte strettamente connesse all'evento, fino alla conclusione delle medesime e comunque con durata non oltre il 31 dicembre 2015 nei limiti delle risorse finalizzate a dette opere”.
Il comma 14, infine, al fine di garantire la realizzazione dell’esposizione, autorizza la spesa di 50 milioni di euro, per l’anno 2015, come contributo dello Stato ai maggiori oneri che deve sostenere il comune di Milano per il potenziamento dei servizi ricettivi, del trasporto pubblico locale, della sicurezza e di ogni altro onere connesso all’evento espositivo.
Si tratta di una disposizione analoga a quella dettata, per l’anno 2014, dall’art. 13, comma 4, del D.L. n. 47/2014. Tale norma ha infatti attribuito al comune di Milano un contributo di 25 milioni di euro a titolo di concorso al finanziamento delle spese per la realizzazione di Expo 2015, specificando altresì che tale contributo non è considerato tra le entrate finali rilevanti ai fini del patto di stabilità interno 2014.
L’articolo 39 recepisce alcune delle misure contenute nell’intesa tra Governo, Regioni e Province autonome sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, sancita il 10 luglio 2014.
Il livello di finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato è oggetto di intese tra Stato e Regioni, recepite successivamente in disposizioni di legge. Il finanziamento relativo al triennio 2007-2009 è stato definito in occasione del Patto per la salute del settembre 2006, poi recepito dalla legge finanziaria 2007 (legge 296/2006), mentre quello relativo al periodo 2010-2012, oggetto dell’Intesa del 3 dicembre 2009, è stato recepito dalla finanziaria 2010 (legge 191/2009). L’intesa del settembre del 2006, come già il Patto del 2009, e quello del luglio 2014 si compongono di un aspetto finanziario e di un aspetto normativo e programmatico.
Per il 2013, in assenza di una Intesa programmatica, il livello di finanziamento statale del SSN è stato stabilito dal combinato delle disposizioni contenute nei decreti legge 98/2011, 95/2012 e nella legge di stabilità 2013 (legge 228/2012).
Il nuovo Patto per la salute per il triennio 2014-2016:
§ si inserisce nel percorso tracciato dalle disposizioni del D.Lgs. n. 68/2011[62] sul federalismo sanitario, ed in particolare sulla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard sanitari[63];
§ registra il riordino dell’assistenza territoriale disegnato dal decreto-legge n. 158/2012[64] (c.d. Decreto Balduzzi).
Il Patto del luglio 2014 è quindi un documento molto complesso che in alcuni ambiti si limita a fissare criteri generali, demandando a disposizioni normative di carattere secondario o ad ulteriori procedure concertative tra Stato e Regioni, la parte attuativa e di regolamentazione di dettaglio[65].
Nel disegno di legge di stabilità sono state inserite e definite solamente una parte della misure previste dal Patto, restando escluse quelle che impattano in maniera puntuale sull’assetto organizzativo dei servizi sanitari regionali.
All'interno del perimetro finanziario fissato per il triennio 2014-2016, il Patto della salute stabilisce che entro il 31 dicembre 2014 si provveda al tanto atteso aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA). L'aggiornamento, con D.P.C.M. adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, dovrà avvenire in attuazione dei principi di equità, innovazione ed appropriatezza e nel rispetto degli equilibri programmati della finanza pubblica.
Il Patto della salute fissa ulteriori impegni legati alla determinazione del fabbisogno sanitario, che discendono dal D.Lgs. 68/2011 nella parte dedicata al federalismo sanitario. Infatti, per realizzare, in un periodo di cinque anni il processo di convergenza dalla spesa storica al fabbisogno standard, il Ministro della salute dovrà presentare alla Conferenza Stato-Regioni, entro il 31 dicembre 2014, un documento di proposte per implementare un sistema adeguato di valutazione della qualità delle cure e dell'uniformità dell'assistenza sul territorio nazionale ai fini del monitoraggio costante dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi.
Il Patto ha inoltre l’ambizione di delineare l’assistenza sanitaria nelle sue varie declinazioni: assistenza territoriale (articolo 5); assistenza socio-sanitaria (articolo 6); assistenza sanitaria negli istituti penitenziari (articolo 7).
Il Patto
affronta anche il delicato tema della sostenibilità del SSN cercando di rimodulare la disciplina sulla partecipazione alla spesa sanitaria ed il sistema di
esenzioni (articolo 8) nonché il sistema
di remunerazione delle prestazioni sanitarie (articolo 9). In tal senso, il
Patto fissa al 30 novembre 2014 il
termine per la revisione del sistema
di partecipazione alla spesa e delle esenzioni che “eviti che la
partecipazione rappresenti una barriera per l’accesso ai servizi ed alle
prestazioni così da caratterizzarsi per equità ed universalismo. Il sistema, in
fase di prima applicazione, dovrà considerare la condizione reddituale e la
composizione del nucleo familiare e dovrà connotarsi per chiarezza e semplicità
applicativa. Successivamente, compatibilmente con le informazioni disponibili,
potrà essere presa in considerazione la condizione “economica” del nucleo
familiare. Il sistema di partecipazione alla spesa dovrà considerare reddito e
composizione del nucleo familiare”. Per quanto riguarda il sistema di
remunerazione, il Patto conviene di istituire una Commissione permanente (Ministero Salute, MEF, Regioni, Agenas)
per: aggiornare le tariffe, individuare
funzioni assistenziali e relativi criteri di remunerazione, definire criteri e
parametri per classi tariffarie, sperimentare tariffe per percorsi
assistenziali.
Ulteriori contenuti del Patto fanno riferimento a
impegni in campo di edilizia sanitaria, sanità digitale, di riordino
degli Istituti zooprofilattici sperimentali, sicurezza alimentare, ricerca
sanitaria e di attività intramoenia. Con particolare riferimento al Piano
nazionale della Prevenzione, le Regioni e le Province autonome convengono
di confermare la destinazione di 200 milioni di euro per ciascun anno del
triennio 2014-2016, ulteriori rispetto alla quota di finanziamento vincolato,
per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale.
Specifici
impegni sono inoltre previsti per la valorizzazione delle risorse umane del
SSN e per favorire l'integrazione multidisciplinare delle professioni
sanitarie e i processi di riorganizzazione dei servizi e la stabilizzazione
del personale precario.
Il Patto
definisce specifici impegni anche in tema di assistenza farmaceutica
mentre, con riferimento ai dispositivi medici, si conviene di definire
con decreto, previa Intesa in Conferenza Stato-regioni, le modalità per
l'attivazione di una rete di comunicazione dedicata alla
dispositivo-vigilanza e di predisporre con Accordo le linee guida per il corretto
utilizzo dei dati e della documentazione presente nel Repertorio dei
dispositivi medici. Sul fronte della razionalizzazione finanziaria della spesa
per dispositivi medici, si dispone di armonizzare il flusso dei dati relativi ai
contratti con quello dell'Osservatorio dei contratti pubblici, allo scopo di
fornire un'elaborazione dei prezzi corrispondenti. Si conviene, infine, di promuovere
l'uso di dispositivi medici costo-efficaci, in base cioè al valore da essi
generato, al fine di dare attuazione alle norme comunitarie in materia di Health
Technology Assessment (HTA).
Per il monitoraggio
del Patto si stabilisce infine la costituzione di un Tavolo politico
permanente fra il Governo e la Conferenza Regioni e Province autonome che dovrà
servire anche da Cabina di regia per
l'elaborazione di proposte per la revisione della spesa interna al settore
sanitario. In supporto della Cabina, dunque in affiancamento del Tavolo
politico, si istituisce presso l’Agenzia per i servizi sanitari regionali un Tavolo
tecnico interistituzionale, cui è affidato il compito di monitoraggio e
verifica e di proporre indirizzi utili per la spending review sanitaria. Il Tavolo, coordinato dall’Agenas, è
composto da rappresentanti del Ministero della salute, del MEF, da un delegato
del Ministro per gli Affari regionali, da rappresentanti delle Regioni e P.a. e
riferisce con cadenza semestrale al Tavolo politico.
Il comma 1 introduce i commi successivi, da 2 a 34, specifica che le disposizioni danno attuazione all’Intesa Stato-Regioni del 10 luglio 2014 (c.d. Patto per la salute), con la finalità di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per i triennio 2014-2016.
Il comma 2 fissa il livello di finanziamento per il biennio 2015-2016 come segue:
§ 112.062.000.000 euro per il 2015;
§ 115.444.000.000
euro per il 2016.
Tali risorse possono tuttavia essere
rideterminate in attuazione dell’articolo 46, comma 6, del decreto-legge n. 66/2014
come modificato dall’articolo 35, comma 1 (cfr. infra), del provvedimento in esame.
Fabbisogno sanitario nazionale
standard
La legge statale determina annualmente il fabbisogno sanitario,
cioè il livello complessivo delle risorse del Servizio sanitario nazionale
(SSN) al cui finanziamento concorre lo Stato. Tale fabbisogno nella sua
componente cosiddetta indistinta (una quota del finanziamento è vincolata al
perseguimento di determinati obiettivi sanitari), è finanziato dalle seguenti
fonti:
§ entrate proprie degli enti
del SSN (ticket);
§ imposta regionale sulle
attività produttive - IRAP (nella componente di gettito destinata al
finanziamento della sanità), nonché addizionale regionale all'imposta sul
reddito delle persone fisiche - IRPEF, entrambe le imposte quantificate nella
misura dei gettiti determinati dall'applicazione delle rispettive aliquote base
nazionali, vale a dire non tenendo conto dei maggiori gettiti derivanti dalle
manovre fiscali regionali eventualmente attivati dalle singole Regioni;
§ compartecipazione delle
Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano:
tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del
fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la
Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal
2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge
296/2006 art. 1, comma 830);
§ bilancio dello Stato: esso finanzia
il fabbisogno sanitario non coperto dalle precedenti fonti di finanziamento
attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA
(destinata alle Regioni a statuto ordinario) ed attraverso il Fondo sanitario
nazionale (cap. 2700, tab. 2 del bilancio dello stato, Ministero economia e
finanze, di cui una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto
complessivamente finanzia anche altre spese sanitarie vincolate a determinati
obiettivi).
Per ogni esercizio finanziario, in relazione al livello del finanziamento
del SSN stabilito per l'anno di riferimento, al livello delle entrate proprie,
ai gettiti fiscali attesi e, per la Regione siciliana, al livello della
compartecipazione regionale al finanziamento, è determinato, a saldo, il
finanziamento a carico del bilancio statale nelle due componenti della
compartecipazione IVA e del Fondo sanitario nazionale.
La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è
evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno
alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti
dal Ministero della Salute su i quali si raggiunge un'intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal
Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.
Il livello del finanziamento sanitario, erogato alle Regioni in corso
d'anno anche ricorrendo, ove necessario, ad anticipazioni di tesoreria, al fine
di non condizionarlo all'andamento del ciclo economico e, in ultima analisi,
all'andamento delle entrate fiscali, è garantito da un meccanismo di
salvaguardia (ai sensi dell'art. 39, comma. 1, del D.Lgs. 446/1997, dell'art.
13 del D.Lgs. 56/2000, e dell'art. 1, comma 321, della legge 266/2005), grazie
al quale il bilancio dello Stato, con apposito capitolo determinato annualmente
nella tabella 'C' della legge di stabilità - Fondo di garanzia, (cap. 2701 tab.
2 del bilancio dello Stato, Ministero economia e finanze), provvede a
compensare l'eventuale mancato gettito fiscale dell'IRAP (per la componente
dedicata alla sanità) e dell'addizionale regionale all'IRPEF relativi agli
esercizi precedenti, a seguito della loro definitiva quantificazione.
Anche l’articolo 1, comma 1, del Patto per la
salute pur fissando l’ammontare del finanziamento specifica che eventuali
scostamenti possono essere giustificati in relazione al conseguimento degli
obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico. La
modifica degli importi deve comunque comportare una revisione/aggiornamento
dell'Intesa del 10 luglio 2014 (articolo 30, comma 2, dello stesso Patto).
L’articolo 46, comma 6,
della legge n. 66/2014 dispone che le regioni e le province
autonome, sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica
pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017. La norma
stabilisce che in sede di autocoordinamento le regioni decidono gli ambiti di
spesa sui quali operare le riduzioni e gli importi del contributo, tenendo
anche conto del rispetto dei tempi di
pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE (recante misure contro i
ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)[66], nonché
dell’incidenza degli acquisti centralizzati.
La decisione concordata deve essere recepita con
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni:
§
entro il 31
maggio 2014, con riferimento all'anno 2014;
§
entro il 31
ottobre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti.
Ove non si
pervenga all'intesa, la norma stabilisce che gli importi attribuiti alle
singole regioni e gli ambiti di spesa dovranno essere determinati con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla
scadenza dei predetti termini, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Sulla base delle determinazioni
assunte con il D.P.C.M. potranno essere rideterminati i livelli di
finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione
delle risorse da parte dello Stato.
Il comma 3 fissa il principio secondo
il quale gli eventuali risparmi nella gestione del Servizio Sanitario Nazionale,
effettuati dalle regioni, rimangono nelle disponibilità delle regioni stesse
per finalità sanitarie. A tal fine viene sostituito il terzo periodo
dell’articolo 30, comma 1, del D.Lgs. n. 118/2011[67].
Tale principio era stato già
stabilito dall’articolo 1, comma 6, del precedente Patto per la salute
per gli anni 2010-2012[68] che
letteralmente affermava “Si conviene che eventuali risparmi nella gestione del servizio
sanitario nazionale effettuati dalle regioni rimangono nella disponibilità
delle regioni stesse”.
La possibilità di riutilizzare i risparmi
ottenuti dalla spending review
sanitaria nei servizi sanitari regionali, fa salve le disposizioni della legge
finanziaria 2010 grazie alle quali le regioni sottoposte a Piano di rientro possono
evitare le massimizzazioni delle aliquote dell’IRAP e dell’addizionale
regionale all’IRPEF, in caso di riduzione strutturale del disavanzo (verificata
dai Tavoli tecnici). Tenuto fermo che una quota parte del relativo gettito deve
essere finalizzata alla copertura del disavanzo, per la restante quota di
gettito la regione interessata può disporre la riduzione delle aliquote
ovvero la destinazione anche a finalità extrasanitarie (articolo 2,
comma 80, della legge 191/2009).
Il comma 4 stabilisce che la quota del finanziamento SSN vincolata alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario del Piano sanitario nazionale[69] può essere utilizzata dalla regione di riferimento anche per realizzare gli obiettivi prioritari indicati dal Patto per la salute, purché finalizzati al miglioramento dell'erogazione dei Lea.
Inoltre, ai sensi del comma 5:
1. le Regioni e le Province autonome possono utilizzare la quota loro assegnata per la realizzazione di alcune o tutte le linee progettuali proposte dal Ministero della salute ed approvate con Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, ad integrazione delle risorse ordinariamente assegnate a tali aree di attività;
2. le Regioni in Piano di rientro possono utilizzare la loro quota per la realizzazione delle linee progettuali da realizzare in coerenza con gli obiettivi dei Piani di rientro approvati.
L’intervento legislativo è operato con aggiunte e
modifiche dei commi 34 e 34-bis
dell’articolo 1 della legge n. 662/1996[70].
L’articolo 1, comma 34, della legge n. 662/1996
specifica che le Regioni e le Province autonome possono utilizzare la quota vincolata loro spettante per la
realizzazione degli obiettivi del Piano
sanitario nazionale, con priorità
per i progetti sulla tutela della salute
materno-infantile, della salute
mentale, della salute degli anziani
nonché per quelli finalizzati alla prevenzione,
e in particolare alla prevenzione
delle malattie ereditarie.
Il successivo comma 34-bis stabilisce la procedura che devono seguire le regioni per
accedere alle quote vincolate. In seguito alle modifiche introdotte dal comma
in esame e all’ampliamento degli obiettivi perseguibili, le parole Piano sanitario nazionale sono
sostituite, dal comma 5, lettera a),
dell’articolo in esame con le parole “comma
34”.
Il comma 5 lettera b)
dell’articolo in esame, dopo il secondo periodo del comma 34-bis aggiunge: “Le regioni impegnate nei Piani di rientro individuano i progetti da
realizzare in coerenza con gli obiettivi dei Programmi operativi”.
Per quanto riguarda la procedura di riparto delle
quote vincolate, il comma 34-bis
specifica che il Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE), su proposta del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza
Stato-regioni, provvede a ripartire tra le regioni le medesime quote vincolate (parole sostituite dal comma 5 lettera c) dell’articolo in esame con “quote vincolate del Fondo sanitario
nazionale ai sensi del comma 34”) all’atto dell’adozione della propria
delibera di ripartizione delle somme spettanti alle regioni a titolo di
finanziamento della quota indistinta di Fondo sanitario nazionale di parte
corrente. Al fine di agevolare le regioni nell’attuazione dei progetti di cui
al comma 34, il Ministero dell’economia e delle finanze provvede ad erogare, a
titolo di acconto, il 70 per cento dell’importo complessivo annuo spettante a
ciascuna regione, mentre l’erogazione del restante 30 per cento è subordinata
all’approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni, su proposta del
Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di
una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell’anno precedente. Le
mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell’anno di
riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il
recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno
successivo, dell’anticipazione del 70 per cento già erogata. A decorrere
dall'anno 2013, il predetto acconto del 70 per cento è erogato a seguito
dell'Intesa, in sede di Stato-regioni, di riparto delle quote vincolate per il
perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale
indicati nel Piano sanitario nazionale.
Si rileva, che anche nell’ultimo periodo del comma 34-bis le parole “Piano sanitario nazionale” andrebbero
sostituite con “comma 34”, come fra l’altro indicato dal comma 5, lettera
a), del provvedimento in esame per il primo periodo.
Quanto previsto dal comma in esame coincide con quanto
stabilito in materia dall’articolo 1, comma 5, del Patto per la salute.
A decorrere dal 2015, gli specifici criteri di riparto utilizzati per la spartizione fra le regioni delle quote vincolate per: hanseniani, AIDS, fibrosi cistica ed emersione lavoratori stranieri, sono sostituiti dalla quota di accesso derivante dalla ripartizione del fabbisogno sanitario indistinto standard regionale, ripartito in base ai nuovi criteri di pesatura discendenti dal D.Lgs. n. 68/2011[71] (comma 6).
Le restanti quote vincolate per: finanziamento delle borse di studio dei medici di medicina generale (MMG), sanità destinata agli extracomunitari irregolari, fondo esclusività, vengono ripartite annualmente insieme al riparto della quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale. In questo caso, per gli importi delle singole linee di finanziamento ed i relativi criteri di riparto, si fa riferimento all'ultima Intesa di riparto disponibile, operando, se possibile, i relativi aggiornamenti dei dati presi a riferimento (comma 7).
Per il 2014, si utilizza la stessa metodologia per il riparto delle quote vincolate per il finanziamento della medicina penitenziaria (compreso il superamento Ospedali Psichiatrici Giudiziari); dal 2015, il riparto delle singole linee di finanziamento deve invece tenere conto di eventuali modifiche dei criteri di riparto individuate nell'ambito del Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria. Le modifiche devono essere approvate in sede di Conferenza Stato-regioni (comma 8).
Nel caso in cui i decreti di riparto per il 2014 non siano stati ancora perfezionati, i criteri e le modalità di riparto sopra illustrati si applicano anche per il 2014 (comma 9).
Il comma 10 impegna le regioni e le province autonome a garantire annualmente la programmazione degli investimenti da effettuare nei propri ambiti territoriali.
A tal fine, gli enti territoriali devono predisporre piani annuali di investimento accompagnati da una adeguata analisi dei fabbisogni e della relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva. La programmazione può essere attuata anche in sede di predisposizione del piano dei flussi di cassa prospettici di cui al comma 2 dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 118/2011[72].
L’intervento legislativo, attuato inserendo il comma 1-bis nel corpo dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 118/2011, riprende letteralmente il comma 7 dell’articolo 1 del Patto per la salute 2014-2016.
Merita evidenziare che, a legislazione vigente, l’articolo 25, comma 3, del D.Lgs. n. 118/2011 stabilisce che il bilancio preventivo economico annuale sia corredato da una nota illustrativa, dal piano triennale degli investimenti e da una relazione redatta dal direttore generale per gli enti del servizio sanitario regionale ovvero del responsabile per la gestione accentrata e del collegio sindacale per la gestione sanitaria accentrata presso la regione.
In coerenza con la programmazione sanitaria e con la
programmazione economico-finanziaria della Regione, l’articolo 25, comma 3, del
D.Lgs. n. 118/2011 introduce il bilancio preventivo economico per gli enti
sanitari e le regioni con la gestione accentrata. Il bilancio preventivo
economico include un conto economico preventivo e un piano dei flussi di cassa
prospettici, redatti secondo gli schemi di conto economico e di rendiconto
finanziario previsti dal successivo articolo 26 ed è corredato da:
§ una nota illustrativa;
§ il piano degli investimenti che definisce gli
investimenti da effettuare nel triennio e le relative modalità di
finanziamento;
§ una relazione del direttore generale per gli enti del
servizio sanitario regionale ovvero del responsabile per la gestione accentrata
e del collegio sindacale per la gestione sanitaria accentrata presso la
regione.
Il comma 11 autorizza, per l’anno 2015, la spesa di 2 milioni di euro, nello stato di previsione del Ministero della salute, per l’avvio dell’implementazione dei flussi informativi per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell’ambito dell’assistenza primaria.
In particolare l’autorizzazione di spesa è finalizzata a:
1. il periodico aggiornamento del Nuovo Sistema Informativo Sanitario NSIS[73] finalizzato al monitoraggio e alla verifica della reale attuazione della riorganizzazione delle cure primarie e della appropriatezza, qualità, efficacia ed efficienza dell’erogazione dell’assistenza (articolo 5, comma 11 del Patto per la salute per il 2014-2016);
2. il monitoraggio delle prestazioni erogate nell’ambito dei Presidi Residenziali di Assistenza Primaria Ospedali di comunità, nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS). La Cabina di regia del NSIS determina le modalità, i tempi di realizzazione, i contenuti informativi e il periodico aggiornamento per il monitoraggio;
Gli ospedali di comunità sono una delle nuove strutture sanitarie previste dallo schema di regolamento sulla “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, approvato in sede di Conferenza Stato-regioni il 5 agosto 2014 e in via di approvazione definitiva. Il Regolamento impegna le regioni ad adottare, entro il 31 dicembre 2014, un provvedimento generale di programmazione per fissare la dotazione regionale dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale[74]. Lo schema di regolamento definisce gli ospedali di comunità come strutture sanitarie con un numero limitato di posti letto (15-20), gestite da personale infermieristico, dove l’assistenza medica è assicurata da medici di medicina generale o da pediatri di libera scelta o altri medici dipendenti o convenzionati con il SSN e la cui responsabilità igienico-organizzativa fa capo al distretto, che assicura anche le necessarie consulenze specialistiche. L’ospedale di comunità prende in carico pazienti che necessitano di interventi potenzialmente erogabili a domicilio ma che devono essere ricoverati proprio per la mancanza di idoneità del domicilio (carenze strutturali o familiari) o perché necessitano di sorveglianza infermieristica continuativa. La degenza media prevedibile si aggira intorno ai 15/20 giorni.
Il Patto per la
salute 2014-2016 all’articolo 17 conviene che, entro il 31 ottobre 2014, venga stipulata un’Intesa tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome, per la definizione dei requisiti strutturali,
tecnologici ed organizzativi minimi di tali presidi, e che ne definisca gli
appropriati percorsi
clinico-assistenziali, autorizzativi
e tariffari, nonché gli standard dei
posti letto.
3. Il monitoraggio delle prestazioni di riabilitazione effettuate in strutture territoriali, comprese le strutture ex articolo 26 della legge n. 833/1978, ovvero gli istituti che gestiscono centri destinati all'erogazione delle prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali dipendenti da qualunque causa. Anche in questo caso è la Cabina di regia del NSIS che determina modalità, tempi di realizzazione e contenuti informativi del monitoraggio (comma 22 del Patto per la salute 2014-2016).
Il comma 12 – in attuazione della previsione di cui all’articolo 5, punto 15 del Patto per la salute - rimette ad un Accordo tra Governo e Regioni, da adottare previa concertazione con le rappresentanze scientifiche professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, la definizione dei ruoli, della competenza, delle relazioni professionali e della responsabilità individuale e di equipe su compiti, funzioni, obbiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari.
La citata definizione fa salve le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in tema di atti complessi e specialistici in tema di prevenzione, diagnosi e cura e terapia, e deve avvenire senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 13 – articolo 10 punto 6 del Patto -, mediante l’inserimento di un comma 7-bis nell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 502/1992, riguardante il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario regionale, prevede che l’accertamento da parte della regione del mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali costituisce grave inadempimento contrattuale per il direttore generale e comporta la decadenza automatica dello stesso.
Va ricordato che
l’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 502/1992
è stato recentemente modificato da D.L. n. 158/2012, - convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 189/2012 -, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un
più alto livello di tutela della salute, negli aspetti relativi alle modalità di nomina dei direttori generali
delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale da parte delle
regioni, e della valutazione dell’attività dei direttori generali. Quanto
alla nomina, le Regioni sono tenute ad attingere obbligatoriamente ad un elenco regionale di idonei costituito
mediante una selezione effettuata da una
commissione di cui è disciplinata la composizione. In merito alla
valutazione dell’attività dei direttori generali viene stabilito che in sede di
Conferenza delle regioni queste ultime concordano criteri e sistemi per
valutare e verificare tale attività sulla base di obiettivi di salute e
funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale,
con particolare riferimento all’efficienza, all’efficacia, alla sicurezza,
all’ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli equilibri
economico-finanziari di bilancio concordati, avvalendosi dei dati e degli
elementi forniti anche dall’AGENAS. All’atto della nomina di ciascun direttore
generale le regioni definiscono ed assegnano gli obiettivi di salute e di
funzionamento dei servizi, aggiornandoli periodicamente, ferma restando la
piena autonomia gestionale dei direttori stessi.
Il comma
14 qualifica la verifica del conseguimento da parte dei direttori generali
degli obiettivi di salute ed assistenziali sopracitati, effettuata nell’ambito
del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA[75], come
adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del servizio
sanitario nazionale.
L’articolo 2, comma 68, della legge n. 191/2009 (Legge finanziaria per il 2010) consente in via anticipata l’erogazione
del finanziamento del servizio sanitario nazionale a cui concorre
ordinariamente lo Stato al livello del 97 per cento delle somme dovute a titolo
di finanziamento ordinario della quota indistinta, al netto delle entrate
proprie e per la Regione siciliana, della compartecipazione regionale al
finanziamento della spesa sanitaria. Per le regioni che risultano adempienti,
nell’ultimo triennio, rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa
vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al 98
per cento ovvero in misura superiore. Tale livello può essere ulteriormente
elevato compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica.
La lettera c) del citato comma 2 fissa la quota di
finanziamento condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali,
al 3 per cento e al 2 per cento, rispettivamente, per le regioni che accedono
all’erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono
all’erogazione nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore.
All’erogazione di detta quota si procede in seguito all’esito positivo della
verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente e dalla presente
legge. Nella disposizione sopra esaminata, pertanto, anche il conseguimento
degli obbiettivi da parte dei direttori generali viene a condizionare l’accesso
al finanziamento integrativo del Servizio Sanitario Nazionale.
I commi
da 15 a 19 dettano alcune disposizioni relative al tema delle misure di contrasto ai disavanzi sanitari
e, più in particolare, alle procedure di commissariamento delle regioni in
piano di rientro.
Le norme in
commento costituiscono una parziale attuazione degli impegni elencati
all’articolo 12 del Patto per la salute relativamente alla necessità di
rivedere le regole dei Piani di Rientro, passando a veri e propri piani di
Salute e Risanamento
In particolare si deve garantire il raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
§ l’incompatibilità del Commissario ad acta con
l’affidamento di incarichi istituzionali;
§ la semplificazione e la razionalizzazione delle
procedure;
§ la realizzazione di un sistema di “allert” che
consenta di intervenire prima che si realizzino le condizioni, che impongono
l’adozione del Piano.
Vengono definiti i contenuti e le finalità dei nuovi programmi
operativi e viene previsto che per l’attività di affiancamento delle Regioni in
Piano di Rientro, il Ministero Salute si avvale del supporto dell’Agenas. In
particolare si prevede che Agenas - realizzerà uno specifico sistema di
monitoraggio (“allarme”) a disposizione delle Regioni per rilevare in via
preventiva eventuali e significativi scostamenti delle performance delle
Aziende sanitarie e dei Sistemi Sanitari Regionali, in termini di qualità,
quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei
servizi erogati. La procedura verrà definita entro il settembre 2014. Sono poi
previste nuove modalità di verifica degli obiettivi connessi all’erogazione dei
LEA e procedure di semplificazione e di aggiornamento nella fase attuativa dei
Programmi operativi in atto.
Per quanto attiene più specificamente agli impegni in
tema di commissariamenti viene assunto l’impegno di prevedere che – per i nuovi
commissariamenti – la nomina a commissario ad
acta sia incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi
incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento;
che il Commissario ad
acta, ove nominato, deve possedere un curriculum che evidenzi qualificate e
comprovate professionalità ed esperienze di gestione sanitaria, che i
sub-commissari svolgono attività a supporto dell’azione del Commissario,
essendo il loro mandato vincolato alla realizzazione di tutti o taluni degli
obbiettivi affidati al commissario con il mandato commissariale, che il
Commissario, qualora in sede di verifica annuale riscontri il mancato
raggiungimento degli obiettivi del Piano di rientro, come specificati nei
singoli contratti dei direttori generali, propone, con provvedimento motivato,
la decadenza degli stessi, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti
del servizio sanitario regionale.
Conformemente ad alcune delle previsioni
contenute nel Patto per la salute (art. 12), il comma 15 prevede che la nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l’adozione o l’attuazione del Piano
di rientro dal disavanzo del settore sanitario, sia incompatibile con
l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la
Regione soggetta a commissariamento. Viene poi previsto che il Commissario
debba essere in possesso di un curriculum
che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienze di
gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti e che la
nuova disciplina si applica alle nomine effettuate a qualunque titolo
successivamente all’entrata in vigore della presente legge.
Con la legge
finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) e con la successiva Intesa Stato-Regioni
del 23 marzo 2005, sono stati introdotti una serie di adempimenti per le
Regioni con un bilancio sanitario in deficit.
A partire del 2005, l’articolo 1, comma 174 della
legge n. 311/2004, (come modificato dal comma 277 dell'articolo 1 della legge
finanziaria 2006), il comma 796, lettera c) dell'articolo 1 della legge n. 296/2006
(legge finanziaria 2007), e l'articolo 2, comma 76, della legge n. 191/2009
(legge finanziaria 2010), hanno stabilito che, in caso di disavanzo sanitario,
a fronte del quale non siano stati adottati dei provvedimenti di copertura
soddisfacenti in corso di esercizio, il Presidente del Consiglio dei ministri
diffida la Regione ad adottare dei provvedimenti risolutivi entro il 30 aprile
dell'anno successivo.
I piani di rientro sono finalizzati a verificare la
qualità delle prestazioni ed a raggiungere il riequilibrio dei conti dei
servizi sanitari regionali.
Per le regioni con elevati disavanzi sanitari, la
legge n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), come previsto dal Patto per
la salute 2010-2012, ha stabilito nuove regole per i Piani di rientro e per il
commissariamento delle regioni. Oltre a ridurre al 5% il livello di squilibrio
economico (in precedenza fissato al 7%), per la presentazione del Piano di
rientro regionale, viene modificata la procedura per la predisposizione e
l’approvazione del Piano, nonché il procedimento di diffida della regione e
della nomina di commissari ad acta.
Accertato il deficit, la regione presenta entro il 30 giugno, il Piano, di
durata non superiore al triennio, elaborato con AIFA e AGENAS. Dopo
l'approvazione regionale, la valutazione è compiuta dal Tavolo tecnico di
monitoraggio, a cui partecipano rappresentanti dei ministeri competenti e delle
regioni, e della Conferenza Stato-Regioni. Decorsi i termini previsti, il
Governo valuta il Piano e lo approva. In caso di valutazione negativa lo stesso
Governo nomina il Presidente della regione, commissario ad acta per gli
adempimenti necessari. Ciò comporta, oltre all’applicazione delle disposizioni
già vigenti, l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso
la regione (sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non
obbligatorio, decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari,
incremento delle aliquote). Le regioni, già sottoposte ai Piani di rientro e
già commissariate (Abruzzo, Campania, Lazio, Molise e Calabria), possono, in alternativa
alla prosecuzione del piano di rientro secondo programmi operativi coerenti con
gli obiettivi della gestione commissariale, presentare un nuovo Piano di
rientro, che determina, con la sua approvazione, la cessazione del
commissariamento (articolo 2, comma 88).
Conseguenti alle disposizioni sopracitate
sono pertanto le modifiche testuali apportate ad alcuni commi dell’articolo 2
della legge n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), dirette, in primo
luogo, a dare attuazione all’incompatibilità della nomina a commissario ad acta con l’affidamento o la
prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a
commissariamento:
§ la lettera a), modificando il comma 79 del
citato articolo 2, relativo alla procedura di nomina del commissario ad acta in caso di riscontro negativo da parte del
Consiglio dei Ministri sull’adeguatezza del Piano di rientro presentato, o di
mancata presentazione dello stesso da parte della Regione in disavanzo, fa
venir meno l’identificazione del commissario con il Presidente della regione
per la predisposizione del Piano e la sua attuazione;
§
in modo
analogo opera la lettera b) che, modificando il comma 83 del citato articolo 2,
fa venir meno l’identificazione di cui sopra in relazione alla nomina del
commissario per l’attuazione del piano in caso di esito negativo della verifica
sull’attuazione del Piano;
§ la lettera c), infine, modificando il comma
84, opera l’identica modifica in relazione all’esercizio da parte del Consiglio
dei Ministri dei poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte del
commissario in relazione all’adozione del Piano o alla sua attuazione.
La
lettera d), sostituendo il comma 84-bis
introduce una modifica di coordinamento stabilendo che in caso di impedimento
del Presidente della Regione nominato commissario ad acta, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta al quale spettano i poteri
indicati nel terzo e quarto periodo del comma 83 fino alla cessazione della
causa di impedimento.
È da ritenere che, poiché la
nuova disciplina sull’incompatibilità dei commissari con incarichi
istituzionali presso la Regione opera per i commissariamenti disposti dopo
l’entrata in vigore della legge, la modifica al comma di cui sopra si riferisca
ai casi di impedimento dei Presidenti della Regione già commissari ad acta
secondo la disciplina previgente.
In base ai
richiamati periodi del citato comma 83 spetta al commissario l’adozione di
tutte le misure indicate nel Piano nonché gli ulteriori atti e provvedimenti
normativi, amministrativi organizzativi e gestionali da esso implicati in
quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione
del Piano. Come sopra già ricordato, la nomina del commissario comporta l’automatica
adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso la regione (sospensione
dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, decadenza dei
direttori generali, amministrativi e sanitari, incremento delle aliquote).
Il comma
16, riproducendo il secondo periodo del vigente comma 84-bis dell’articolo 2, della legge
191/2009 (legge finanziaria per il 2010) stabilisce che le disposizioni di cui
al comma 15 si applicano anche ai commissariamenti disposti ai sensi
dell’articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e
l’equità sociale) convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222/2007.
L’articolo 4 del citato D.L. n. 159/2007 disciplina la
nomina di commissari ad acta nelle
ipotesi particolari in cui nel procedimento di verifica e monitoraggio dei
singoli Piani di rientro – effettuato dal tavolo di verifica degli adempimenti
e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza
di cui agli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 – si
prefiguri il mancato rispetto da parte della Regione degli adempimenti previsti
nei Piani, in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella
dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di
risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del
sistema sanitario regionale, tale da mettere in pericolo la tutela dell’unità
economica e dei livelli essenziali delle prestazioni. A tale proposito il comma
2 del citato articolo 4 contempla anche la facoltà di nomina da parte del
Consiglio dei ministri di uno o più subcommissari di qualificate e comprovate
professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito
di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da
assumere in esecuzione dell’incarico. Il commissario può avvalersi dei
subcommissari anche quali soggetti attuatori e può motivatamente disporre nei
confronti dei direttori generali degli enti del servizio sanitario regionale la
sospensione dalle funzioni in atto – che possono essere affidate ad un soggetto
attuatore - e l’assegnazione ad altro incarico fino alla durata massima del
commissariamento.
Il comma
17, mediante l’inserimento di alcune modifiche al comma 2 del sopracitato
articolo 4 del D.L. n. 159/2007, prevede espressamente che i sub- Commissari
svolgano attività a supporto dell’azione del Commissario, essendo il loro
mandato vincolato alla realizzazione di tutti o di taluni degli obbiettivi
affidati al Commissario con il mandato commissariale.
Il comma
18, mediante l’inserimento di due commi (81-bis e 81-ter)
all’articolo 2 della legge n. 191/2009 attribuisce al Commissario ad acta (81-bis) che, in sede di verifica annuale dell’attuazione del Piano di
rientro – ai sensi del comma 81 – riscontri il mancato raggiungimento degli
obiettivi del Piano, così come specificati nei singoli contratti dei direttori
generali il potere di proporre, con provvedimento motivato, la decadenza degli
stessi, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del servizio
sanitario regionale, in applicazione dell’articolo 3-bis, comma 7, del D.Lgs. n. 502/1992.
Il citato comma 7 prevede che quando ricorrano gravi motivi o la
gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di
leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione,
la regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale
e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la regione provvede previo
parere della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, che si
esprime nel termine di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i
quali la risoluzione del contratto può avere comunque corso. Si prescinde dal
parere nei casi di particolare gravità e urgenza. Il sindaco o la Conferenza
dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende
ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, nel caso
di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo locale,
possono chiedere alla regione di revocare il direttore generale, o di non
disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto. Quando i procedimenti
di valutazione e di revoca di cui al comma 6 e al presente comma riguardano i direttori
generali delle aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo
2, comma 2-bis è integrata con il Sindaco del comune capoluogo della
provincia in cui è situata l'azienda.
Il nuovo comma 81-ter prevede l’applicazione delle disposizioni di cui al precedente
comma 81-bis anche ai
commissariamenti disposti ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 159/2007,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222/2007.
Il comma
19, mediante una modifica all’ultimo periodo del comma 796, lettera b) della legge n. 296/2006 (legge
finanziaria per il 2007) dispone che il Ministero della salute si avvalga del supporto
tecnico-operativo dell’Agenas per l’attività di affiancamento delle Regioni in
Piano di rientro.
Anche le disposizioni di cui ai commi da 17 a
19 attuano gli impegni contenuti nell’articolo 12 del Patto per la salute (cfr. supra).
I commi
20 e 21 dettano alcune disposizioni relative alla composizione dei collegi sindacali delle aziende sanitarie ed
ospedaliere.
Il
comma 20, sostituendo il primo periodo del comma 3 dell’articolo 3-ter
del D.Lgs. n. 502/1992 (Riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre
1992, n. 421) prevede che il collegio sindacale delle aziende sanitarie e
delle aziende ospedaliere dura in carica tre anni e sia composto da tre membri,
di cui uno designato dal presidente della giunta regionale uno dal Ministro
dell’economia e delle finanze e uno dal Ministro della salute.
Attualmente è previsto che il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente è designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia, ovvero tra i funzionari del ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali
Il comma 21 rimette ad un decreto del
Ministro della salute, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore
della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, la definizione
dei requisiti per la nomina dei componenti dei collegi sindacali, che devono
garantire elevati standard di qualificazione professionale. Per il componente
designato dal Ministro dell’economia e delle finanze rimane fermo quanto
previsto dall’articolo 10, comma 19, del decreto-legge n. 98/2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011.
Il citato comma 19 prevede
che al fine di potenziare l'attività di controllo e monitoraggio degli
andamenti di finanza pubblica, i rappresentanti del Ministero dell'economia e
delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e delle autorità indipendenti, sono scelti tra gli iscritti
in un elenco, tenuto dal predetto Ministero, in possesso di requisiti
professionali stabiliti con decreto di natura non regolamentare adeguati per
l'espletamento dell'incarico. In sede di prima applicazione, sono iscritti
nell'elenco i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali, o di pari livello,
presso il predetto Ministero, ed i soggetti equiparati, nonché i dipendenti del
Ministero che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ricoprono
incarichi di componente presso collegi di cui al presente comma; i soggetti
anzidetti ed i magistrati della Corte dei conti possono, comunque, far parte
dei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni, anche se
non iscritti nel registro di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 27
gennaio 2010, n. 39.
Viene poi
stabilito che fino all’adozione del citato decreto si applicano i requisiti
previsti dalla normativa vigente.
I
commi da 22 a 27 dispongono l’obbligo
per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, di adottare le disposizioni applicative della normativa di riordino
degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali entro un dato termine,
prevedendo e disciplinando l’istituto del commissariamento nell’ipotesi di
mancato rispetto di quest’ultimo.
Più nel dettaglio, il comma 22 prevede l’obbligo, per le regioni e le province autonome
di Trento e Bolzano, di adottare le disposizioni applicative della normativa di
riordino degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, con particolare
riferimento all’art. 10, co. 1 del D.Lgs. n. 106/2012, riguardante l’esercizio
delle competenze regionali, entro il termine di tre mesi dall’entrata in vigore della legge.
Le disposizioni in esame
attuano l’art. 18 del Patto per la salute 2014-2016 che ha previsto il riordino
di tali Istituti da parte delle regioni e delle province autonome, entro 6 mesi
dall’approvazione del Patto stesso, pena il commissariamento dell’IZS da parte
del Ministero della salute.
Il D.Lgs. n. 106/2012, agli
articoli 9-16, ha disciplinato il riordino degli Istituti zooprofilattici
sperimentali[76], prevedendo:
§ una riforma
ordinamentale che rispetti i profili
di competenza regionale con previsione dei regolamenti governativi nelle
ipotesi di competenza legislativa esclusiva dello Stato;
§ previsione di poteri
sostitutivi nell’ipotesi di malfunzionamento degli organi di gestione
(art.11) e per la mancata revisione dello Statuto (art. 12) fino all’ipotesi
dei poteri sostitutivi in attuazione dell’articolo 120 Cost. in caso di mancata
costituzione degli organi (articolo 15);
§ razionalizzazione
e ottimizzazione dei centri di costo,
delle strutture e degli uffici di livello dirigenziale e non, demandate alla competenza regionale;
§ istituzione di un Comitato
di supporto strategico per il potenziamento dell’azione degli IZS
attraverso il sostegno di strategie nazionali di sanità pubblica veterinaria e
sicurezza alimentare, in sostituzione e con compiti più ampi del Comitato di
coordinamento dei rappresentanti legali degli IZS attualmente operante per la
sicurezza dei consumatori nelle situazioni di emergenza correlate a malattie infettive
e diffusive degli animali.
L’art. 10, che detta i
principi per l’esercizio delle competenze regionali, fatta in ogni caso salva
la competenza esclusiva dello Stato, demanda alle regioni la disciplina delle
modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli Istituti,
l’esercizio delle funzioni di sorveglianza amministrativa, di indirizzo e di
verifica sugli stessi, nonché l’adozione di criteri di valutazione dei costi,
dei rendimenti, e di verifica dell’utilizzazione delle risorse, nel rispetto
dei principi del D.Lgs. 502/1992 (che all’articolo 7-sexies disciplina il
rapporto intercorrente tra gli Istituti zooprofilattici sperimentali e gli
Uffici veterinari del Ministero della sanità) e di alcuni principi fondamentali
riguardanti:, tra l’altro:
§ la semplificazione e lo
snellimento dell’organizzazione e della struttura amministrativa;
§ la razionalizzazione e
ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento;
§ la riorganizzazione degli
uffici dirigenziali attraverso la loro riduzione;
§ la riduzione degli
organismi di analisi, consulenza e studio;
§
la razionalizzazione delle dotazioni organiche.
Il piano sanitario regionale definisce gli obiettivi e l'indirizzo per
l'attività degli Istituti. La programmazione regionale prevede le modalità di
raccordo tra gli IZS e i dipartimenti di prevenzione[77].
I commi
23-27 introducono una disciplina specifica che regola il commissariamento,
nel caso di mancato rispetto del termine previsto al comma 22 (tre mesi
dall’entrata in vigore della legge).
In base a tale disciplina, il commissario,
nominato dal Ministro della salute (comma
23) è chiamato a svolgere le funzioni del Consiglio di amministrazione e
del Direttore generale previste dall’art. 11, commi 2 e 5, del citato D.Lgs. n.
106/2012, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti regionali di attuazione
del riordino degli IZS (comma 24).
L’articolo 11 del D.Lgs. n. 106/2012 dispone in merito agli organi degli
Istituti, che vengono ridotti nel numero dei componenti dei
quali viene però indicata la formazione e la professionalità necessaria per la
designazione. Per il Consiglio di amministrazione (comma 2) e il Direttore
generale (comma 5) viene inoltre previsto l’istituto del commissariamento. In
particolare, i compiti del consiglio di amministrazione sono di
indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell'istituto[78], mentre il direttore generale[79] svolge sia la funzione di legale rappresentante dell’Istituto che di
responsabile scientifico, coadiuvato da un direttore amministrativo e da un direttore
sanitario medico veterinario, che sovraintende solo al funzionamento dei
servizi tecnici.
Il comma
25 detta in particolare l’obbligo, per le regioni e le province autonome,
di provvedere alla costituzione dei nuovi organi degli Istituti Zooprofilattici
Sperimentali entro tre mesi dall’entrata in vigore delle leggi regionali
emanate per l’attuazione della normativa di riordino dei medesimi Istituti ai
sensi del richiamato art. 10, comma 1, del D.Lgs. n. 106/2012.
In sede di prima applicazione delle leggi
regionali, in caso di mancato rispetto del predetto termine di tre mesi, si
prevede l’applicazione di quanto previsto ai precedenti commi 23 e 24, vale a
dire la nomina di un commissario e lo svolgimento, da parte dello stesso, delle
funzioni previste dal richiamato art. 11 (comma
26).
Il comma
27 dispone, infine, l’applicazione al commissario dello stesso trattamento
giurdico-economico spettante al direttore generale, secondo quanto previsto
dall’art. 11, co. 9, del D.Lgs. n. 106/2012.
L’attuazione delle disposizioni in esame, pertanto, non dovrebbe
comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
In proposito si ricorda che
il comma 9 dell’art. 11 del
D.Lgs. n. 106 dispone che, al direttore generale e al collegio dei revisori dei
conti si applichino le disposizioni di cui all'articolo 3 (che enumera i
compiti e le incompatibilità del direttore generale)[80] e 3-bis (che detta
norme sulle procedure di nomina, tra gli altri, del direttore generale delle
ASL e degli altri enti del SSN) del D.Lgs. n. 502/1992 in quanto
compatibili con il provvedimento in esame.
Il comma
28 aggiunge ulteriori disposizioni a quelle già vigenti in materia di
organizzazione dei dipartimenti di
prevenzione delle ASL (art. 7-quater
del D.Lgs. n. 502/1002), prevedendo che le aree dipartimentali di tali
strutture siano assicurate dalle regioni al fine di garantire i livelli
essenziali di assistenza (LEA) e l’osservanza degli obblighi comunitari, con
riferimento alla sanità pubblica, anche veterinaria, e alla tutela della salute
e degli ambienti di lavoro, mediante dotazione
di personale adeguato e configurazione delle unità operative dedicate a tali compiti quali strutture complesse, nel rispetto dei vincoli di spesa previsti a
legislazione vigente e, ove presenti, dei vincoli previsti dai piani di rientro
sanitari regionali.
Si ricorda che l’articolo 19 del Patto per la Salute 2014-2016 ha
previsto disposizioni in materia di sanità pubblica veterinaria e sicurezza
alimentare per la valorizzazione delle attività dei servizi veterinari
regionali di prevenzione nelle ASL, in special modo in relazione alla
protezione dei cittadini/consumatori e al sostegno delle produzioni
agroalimentari, anche in previsione dell’EXPO 2015 dedicato a questa materia.
La disciplina dell’organizzazione
dei dipartimenti di prevenzione è contenuta agli articoli da 7 a 7-quater del D.Lgs. n. 502/1992. Essi sono
istituiti e organizzati dalle regioni come struttura operativa della ASL a garanzia
della tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della
salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, e miglioramento della
qualità della vita. Tra i compiti dei dipartimenti di prevenzione rientrano la
promozione di azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e
malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate
con i distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle
aziende ospedaliere, prevedendo anche il coinvolgimento di operatori di diverse
discipline, e la formulazione di proposte d'intervento nelle materie di propria
competenza e di indicazioni sulla loro copertura finanziaria.
In particolare, il comma 7-quater prevede che il dipartimento di
prevenzione operi nell’ambito del Piano attuativo locale, abbia autonomia
organizzativa e contabile e sia organizzato in centri di costo e di
responsabilità.
La prima parte del comma 28 in esame,
pertanto, introduce, con le lett. da a) a c), ulteriori commi .dopo il comma 4 dell’art. 7-quater del D.Lgs. n. 502 del 1992 che
disciplina la materia sanitaria; più in dettaglio:
§
il comma 4-bis
prevede che l’articolazione delle aree
dipartimentali di prevenzione rappresenti il livello di organizzazione
assicurato dalle regioni per garantire l’esercizio delle funzioni comprese nei
livelli essenziali di assistenza (LEA) e l’osservanza degli obblighi comunitari
(lett. a));
Il comma 2 dell’art. 7-quater, alle lett. da a) a f), prevede,
come articolazione delle aree dipartimentali di prevenzione riferite alla
sanità pubblica, anche veterinaria, e alla tutela della salute negli ambienti
di lavoro, sei diverse strutture organizzative specificamente dedicate
all’igiene e sanità pubblica (lett.a)),
all’igiene degli alimenti e della nutrizione (lett. b)), alla prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (lett. c)), alla sanità animale (lett. d)), all’igiene della produzione,
trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti
di origine animale e loro derivati (lett.
e)), all’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche (lett. f)).
In merito all’osservanza
degli obblighi comunitari si segnala che le norme fondamentali per quanto concerne
la normativa sui mangimi e sugli alimenti sono contenute nel regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i
requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea
per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza
alimentare [81].
§
il comma 4-ter
impone alle regioni di assicurare che le strutture organizzative di cui al
comma 2 (v. ante), in particolare
quelle per l’igiene degli alimenti e della nutrizione (lett b)); per la sanità
animale (lett d)); per l’igiene della
produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto
degli alimenti di origine animale e loro derivati (lett e)) e per l’igiene degli allevamenti e delle produzioni
zootecniche (lett f)); siano dotate
di personale adeguato, in termini di numero e di qualifica, per garantire
l’esercizio delle funzioni comprese nei LEA e l’adempimento degli obblighi
comunitari, con particolare riferimento ai controlli ufficiali, previsti dal Regolamento
(CE) 882/2004 .
Il
Regolamento citato contiene disposizioni in merito ai controlli ufficiali
intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di
alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
§ il nuovo
comma 4-quater stabilisce che le
predette strutture organizzative devono essere possibilmente individuate come
strutture complesse.
Nel
medesimo D.Lgs. 502/1992 è possibile individuare, all’articolo 8-quater, comma 4, lett. p), il criterio
per la definizione delle strutture complesse delle ASL, “in base alla
consistenza delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie, al grado di
autonomia finanziaria e alla complessità dell'organizzazione interna”.
La seconda
parte del comma 28 stabilisce che dall’attuazione delle disposizioni
introdotte all’art. 7-quater del
citato D.Lgs. 502, con riferimento al personale, si provvede nel rispetto dei
vincoli di spesa previsti dalla legislazione vigente e, per le regioni
sottoposte ai piani di rientro, anche nel rispetto dei vincoli fissati dai
predetti piani, oltre che dei parametri standard per la definizione delle
strutture complesse e semplici.
Il comma
29 riduce i termini del blocco
automatico del turn over del personale
del servizio sanitario regionale, attualmente previsto nei casi in cui i
provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano
adottati dal commissario ad acta
entro la data prevista (31 maggio dell’anno in corso), prevedendo tale blocco solo fino all’anno successivo a quello di
verifica.
La disposizione in esame,
infatti, modificando il quinto periodo dell’art. 1, co. 174, della legge
finanziaria per il 2005 (L. 311/2004), prevede che, nei predetti casi, il
blocco automatico vige fino all’anno successivo a quello di verifica, mentre
attualmente il blocco automatico del turn over del personale del SSN è previsto
fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso.
Si sottolinea che la verifica viene effettuata annualmente e pertanto, in caso di reiterata
inadempienza regionale, il blocco si applica anno per anno.
Il monitoraggio dei conti del SSN[82] è stato avviato con l’Accordo dell’8 agosto 2001
stipulato in sede di Conferenza Stato regioni e province autonome in
considerazione degli assetti delineati in tale anno dalla riforma del Titolo V
della Costituzione. A partire dal 2012, inoltre, l’attività di monitoraggio è
stata integrata con l’attuazione, in particolare, dell’art. 29 del D.Lgs.
118/2011 sui principi di valutazione specifici del settore sanitario. In breve,
a partire dai dati di conto economico di ciascun trimestre e sulla base delle
ulteriori informazioni desunte dalla verifica trimestrale, vengono elaborate
delle proiezioni del risultato di esercizio di fine anno. Nel caso si profili
un disavanzo, la regione è invitata a porre in essere tutte le iniziative per
ricondurre la spesa entro i livelli programmati ovvero, limitatamente alle
regioni non in piano di rientro, ad adottare le misure di copertura tali da
assicurare al SSR il conferimento di risorse aggiuntive per coprire il
disavanzo. Si ricorda che tra i provvedimenti per il ripianamento del disavanzo
di gestione rientrano gli aumenti dell'addizionale IRPEF e le maggiorazioni
dell'IRAP entro le misure stabilite dalla normativa vigente.
Si segnala che la norma in
esame è stata prevista dall’art. 22, comma 2, del Patto per la salute 2014-2016
in materia di gestione e sviluppo delle risorse umane.
Il comma
30 estende al 2020 i vigenti parametri
di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN, già previsti
dall’art. 2, co. 71-73, della legge di stabilità 2010 (L. n. 191/2009),
aggiungendo ulteriori condizioni perché una regione sia giudicata adempiente in
caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione di tale tipologia
di spesa.
Più in dettaglio:
§ la lett. a)
del comma estende al 2020 le norme
per il contenimento della spesa per il
personale del SSN già previste dall’art. 2, co. 71-73 della legge
finanziaria 2010 per il triennio 2010-2012, intervenendo sul comma 3 del medesimo dell’art. 17 del
D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011).
In proposito si ricorda che l’art. 15, co. 21, del D.L. n. 95/2012 (L. n.
135/2012) aveva già esteso al 2015 il regime di contenimento della spesa per il
personale sanitario (compresi i soggetti non inquadrati come lavoratori
dipendenti)[83] previsto dall’art. 17, D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011) per gli anni
2013 e 2014, confermando la percentuale di riduzione della spesa e le modalità
per conseguirla previste all’art. 2, co. 71, 72 e 73 della richiamata legge
finanziaria del 2010 che ha disciplinato il concorso degli enti del SSN agli
obiettivi di finanza pubblica.
Più in dettaglio, il citato co. 71 ha fissato, per ciascuno degli anni
2010, 2011 e 2012, un obiettivo di
riduzione dell’1,4%, rispetto al 2004, della spesa per il personale degli
enti del SSN[84], mentre il comma 72 ha definito le azioni che tali enti sono chiamati a
svolgere per raggiungere la riduzione di spesa, nell’ambito degli indirizzi
fissati dalle regioni, vale a dire la presentazione di un programma annuale di
revisione delle consistenze di personale - dipendente a tempo indeterminato,
determinato, in servizio con contratti di collaborazione coordinata e
continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni -, con
conseguente ridimensionamento dei fondi della contrattazione integrativa; e,
nel rispetto delle disponibilità effettive di questi fondi, la fissazione di
parametri standard per l’individuazione delle strutture semplici e complesse e
delle posizioni organizzative e di coordinamento, rispettivamente, delle aree
della dirigenza e del personale del comparto SSN. Il comma 73, in ultimo, ha
assegnato la verifica del raggiungimento del predetto obiettivo di riduzione
della spesa del personale al Tavolo di verifica degli adempimenti, istituito
presso il MEF, dall’Intesa del 23 marzo 2005.
§ la lett. b)
interviene sul comma 3-bis, innovando parzialmente i
criteri in base ai quali la regione possa essere giudicata adempiente, a
seguito della verifica degli obiettivi di contenimento della spesa da parte
dell’apposito Tavolo presso il MEF (v. ante)[85]:
la regione è giudicata adempiente se si
accerta per essa l’effettivo
conseguimento degli obiettivi sopra indicati;
nel caso in cui la regione non raggiunga
tali obiettivi, per gli anni dal 2013 al
2019, essa è considerata adempiente ove abbia raggiunto l’equilibrio economico. Rispetto alla
normativa vigente, viene però aggiunta un’ulteriore condizione per gli anni dal
2015 al 2019, in base alla quale la regione
potrà essere considerata adempiente
se, oltre ad aver raggiunto l’equilibrio economico, abbia attuato, negli anni
dal 2015 al 2019, un percorso di
graduale riduzione della spesa di personale fino al totale conseguimento,
nel 2020, degli obiettivi indicati per la riduzione della spesa del personale.
Si segnala che le disposizioni in esame sono state previste dall’art. 22 del Patto per la salute 2014-2016 e che in proposito Stato e regioni hanno convenuto sulla necessità di avviare un approfondimento per aggiornare il parametro dell’1,4% di riduzione della spesa per il personale degli enti del SSN rispetto al livello del 2004.
Il comma
31 modifica la disciplina prevista dal D.L. n. 158/2012 (cd. Decreto
Balduzzi)[86] in
materia di Prontuario farmaceutico
nazionale[87],
posticipandone - dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2015 - la revisione
straordinaria da parte dell’AIFA sull’esplicita base del criterio specifico del
costo/beneficio e dell’efficacia terapeutica nonché della previsione di prezzi
di riferimento per categorie terapeutiche omogenee.
Si segnala che la norma è stata prevista all’art. 23, comma 2, punto n.
1) del Patto per la salute 2014-2016.
L’articolo 11 del
D.L. 158/2012 contiene disposizioni finalizzate ad una revisione straordinaria
del Prontuario farmaceutico nazionale e dirette a favorire, da parte del SSN,
l’impiego razionale ed economicamente compatibile dei medicinali. La misura si
è resa necessaria per adeguare il
settore farmaceutico convenzionato agli interventi sulla spesa farmaceutica attuati
con il D.L. 95/2012, che hanno fra
l’altro ridotto gli spazi economici destinati alla rimborsabilità dei farmaci.
A tale scopo, l’AIFA, ai sensi del comma 1, primo periodo, del citato art. 11,
avrebbe dovuto, entro il 30 giugno 2013 provvedere ad una revisione
straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale escludendo dalla
rimborsabilità i farmaci terapeuticamente superati.
La revisione straordinaria da parte dell’AIFA deve essere effettuata sulla base delle valutazioni della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso (v. box).
Con riferimento alle modifiche introdotte dal comma in esame per la revisione
straordinaria del Prontuario farmaceutico, si segnala che questa dovrà essere
effettuata in base al criterio
costo/beneficio ed efficacia terapeutica (v. infra). Inoltre il Prontuario
dovrà anche prevedere dei prezzi di
riferimento per categorie terapeutiche omogenee.
Con riferimento alla
valutazione dell'equivalenza terapeutica per la definizione di categorie omogenee, si sottolinea che, l'AIFA,
nel marzo 2014, ha messo a punto apposite Linee
guida, chiarendo che possono
essere considerati equivalenti i farmaci a base del medesimo principio attivo
che, ai sensi di altre disposizioni di legge, sono già stati oggetto di
specifica valutazione comparativa sotto i profili di efficacia e di sicurezza
da parte delle competenti autorità regolatorie, nonché i farmaci originatori ed
i rispettivi equivalenti (generici) e i farmaci biologici di riferimento, inclusi
i biotecnologici, ed i corrispondenti biosimilari.
Il regime attualmente in vigore
prevede che le specialità medicinali siano ripartite in diverse classi di rimborsabilità (art. 8, comma
10, L. n. 537/93):
Fascia
A: comprendente i farmaci essenziali e per malattie
croniche, interamente rimborsati dal SSN;
Fascia
H: comprendente i farmaci di esclusivo uso ospedaliero
utilizzabili solo in ospedale o che possono essere distribuiti dalle strutture
sanitarie, a carico del SSN;
Fascia
C: comprendente farmaci a totale carico del paziente
(ad eccezione dei titolari di pensione di guerra diretta vitalizia – legge n. 203
del 2000). Con riferimento al regime di fornitura, i farmaci di classe C sono
distinti in farmaci con obbligo di prescrizione medica e farmaci senza obbligo
di prescrizione medica[88].
Tutti i farmaci, per essere immessi
in commercio, necessitano che sia loro attribuito un prezzo ed una classe di
rimborsabilità; deve essere infatti stabilito se il farmaco è a carico del SSN
(medicinale di classe A e H) o del cittadino (medicinale classe C).
La Commissione Tecnico Scientifica (CTS), con il supporto di un gruppo
di esperti interni ed esterni e dell’Istituto Superiore di Sanità, effettua su
ciascun farmaco, destinato ad essere immesso sul mercato italiano, tutte le
valutazioni necessarie (chimico-farmaceutiche, biologiche,
farmaco-tossicologiche e cliniche) per assicurare i requisiti di sicurezza ed
efficacia.
La determinazione del prezzo dei
farmaci rimborsati dal SSN, mediante la contrattazione tra Agenzia Italiana del
Farmaco e le Aziende Farmaceutiche (ai sensi del comma 33, art. 48, del D.L. n.
269/2003 - L. n. 326/03), è un’attività che l’Agenzia svolge sulla base delle
modalità e dei criteri indicati nella deliberazione CIPE 1° febbraio 2001 “Individuazione dei criteri per la
contrattazione del prezzo dei farmaci”. Per l’avvio di questa attività
occorre la presentazione, da parte dell’Azienda Farmaceutica, della domanda
accompagnata da una documentazione dalla quale emerge:
§ un rapporto costo/efficacia
positivo, vale a dire che il medicinale deve essere ritenuto utile per il
trattamento di patologie per le quali non esiste alcuna cura efficace, o
fornire una risposta più adeguata rispetto a farmaci già disponibili per le
stesse indicazioni terapeutiche, o presentare un rapporto rischio/beneficio più
favorevole rispetto ad altri medicinali già disponibili in Prontuario per la
stessa indicazione;
§ la presenza di altri elementi di interesse per il SSN, quantificandoli, se il nuovo
medicinale non presenta una superiorità clinica significativa rispetto a
prodotti già disponibili o sia quantomeno ugualmente efficace e sicuro di altri
prodotti già disponibili.
Il Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) dell’AIFA interviene
successivamente, esaminando le richieste di rimborsabilità pervenute,
supportato anche dai dati di consumo e spesa forniti dall’Osservatorio
Nazionale sull’impiego dei Medicinali (OSMED). Quindi, le contrattazioni che
hanno come oggetto le specialità medicinali registrate secondo procedura
nazionale, e quelle comunitarie di mutuo riconoscimento o centralizzata,
potranno dar luogo ad un accordo con le Aziende Farmaceutiche in cui saranno
specificati i prezzi e le condizioni di ammissione alla rimborsabilità. In
seguito l’accordo sarà ratificato dalla Commissione Tecnico Scientifica e
quindi sottoposto all’esame del Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia per
la successiva delibera, poi pubblicata in Gazzetta ufficiale[89].
Per i medicinali a carico del
cittadino (classe C), l’AIFA svolge un’azione di monitoraggio sui farmaci con
obbligo di prescrizione (ricetta), verificando il rispetto di due condizioni:
il prezzo del medicinale può essere aumentato ogni due anni (negli anni dispari);
l’incremento non può superare l’inflazione programmata. Per i farmaci senza
obbligo di prescrizione (SOP) il prezzo è stabilito liberamente dal produttore[90].
Il comma
32 prevede la definizione, con decreto del Ministro della salute, previa
intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle modalità per l’attivazione di una rete di comunicazione
dedicata alla dispositivo-vigilanza
per lo scambio tempestivo e capillare delle informazioni circa incidenti che
interessano dispositivi medici. L’attivazione della rete deve avvenire senza
oneri per la finanza pubblica.
Il decreto dovrà inoltre determinare,
nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), i contenuti
informativi e le modalità di interscambio dei dati del sistema informativo a
supporto della rete nazionale per la dispositivo-vigilanza.
Il NSIS, previsto dal co.
6, art. 87, della legge finanziaria 2001 (L. n. 388/2000) rappresenta lo
strumento di riferimento per le misure di qualità, efficienza e appropriatezza
del SSN attraverso la raccolta di informazioni che supportano le Regioni e il
Ministero della salute nell'esercizio delle proprie funzioni, in special modo
per l'applicazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza sul territorio
nazionale. Il NSIS è stato attuato con l’Accordo quadro del 22
febbraio 2001 raggiunto in Conferenza
Stato regioni e province autonome e, da ultimo, ribadito nelle successive
Intese Stato Regioni relative al Patto per la Salute 2010-2012. Il NSIS è in
particolare richiamato dall’articolo 27 del D.Lgs. 68/2011 in materia di
federalismo fiscale sanitario per la
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali.
Si segnala che la norma in
esame è stata prevista all’art. 24, commi 1 e 2, del Patto per la salute
2014-2016.
Il comma
33 prevede l’emanazione di un decreto del Ministero della salute per
garantire un’azione coordinata dei livelli nazionale, regionale e delle aziende
accreditate del SSN, per il governo dei consumi dei dispositivi medici, sulla base del principio costo-efficacia e
in attuazione della direttiva
2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera.
In particolare, il Ministero della salute,
avvalendosi dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Nas.S)
e dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), in base ai principi di tutela
dell’unitarietà del sistema, sicurezza dell’uso della tecnologia e salute dei
cittadini, provvede con il suddetto decreto, senza oneri per la finanza
pubblica a:
§ definire le priorità a fini assistenziali,
attraverso l’istituzione di una cabina
di regia, con il coinvolgimento delle regioni ed il supporto tecnico di
Age.Na.S e AIFA, sentiti i rappresentanti delle categorie interessate, e
considerando le indicazioni del Piano sanitario nazionale;
§ individuare requisiti base e categorie omogenee dei dispositivi medici per la
predisposizione dei capitolati di gara e l’attribuzione di prezzi di
riferimento;
§ istituire una rete nazionale di collaborazione tra le regioni, coordinata
dall’Age.Na.S, per la definizione e l’utilizzo di strumenti per il governo dei
dispositivi medici e per l’Health Technology Assessment (HTA) chiamato “Programma Nazionale di HTA
dei dispositivi medici”.
Queste disposizioni attuano
l’art. 26 del Patto per la salute 2014-2016.
Il comma
34 in esame dispone che l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) predisponga
valutazioni di Health Technology Assessment (HTA) per caratterizzare e
individuare i percorsi
famaco-terapeutici che possano garantire l’impiego efficiente e
costo-efficace delle risorse disponibili.
Le valutazioni sono predisposte a supporto
del Ministero della salute e delle regioni, al fine di garantire un equo ed omogeneo accesso dei pazienti a tutti i
medicinali, con particolare riferimento ai medicinali innovativi o di
eccezionale rilevanza terapeutica.
Questa funzione dell’AIFA è prevista
inserirsi nell’ambito delle attività previste ai fini dell’attuazione della
Direttiva 2011/24/UE del Parlamento Europeo sull’assistenza sanitaria
transfrontaliera (v. ante) mediante
il network
permanente per l’Health Technology
Assessment (HTA network) anche, con specifico riferimento ai
medicinali, al fine di raggiungere gli obiettivi previsti da questa direttiva.
Per tali finalità, la funzione è prevista a
supporto della Cabina di regia
istituita presso il Ministero della salute e delle indicazioni del Piano
sanitario nazionale.
La norma ricorda inoltre che le valutazioni
nazionali di HTA sui medicinali forniscono informazioni trasparenti e
trasferibili ai contesti assistenziali regionali e locali, sull’efficacia
comparativa dei medicinali e sulle successive ricadute in termini di
costo-efficacia nella pratica clinica, prima dell’immissione in commercio,
durante la commercializzazione e l’intero ciclo di vita del medicinale.
Si prevedono compiti specifici per l’AIFA
nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali per essa
disponibili: l’Agenzia, in collaborazione con le regioni, è chiamata a coordinare le valutazioni dei diversi
percorsi diagnostico-terapeutici che si sono sviluppati localmente, per
garantire l’accesso e l’uso appropriato ai medicinali. Inoltre, le valutazioni,
integrate con i dati di utilizzo e di spesa dell’Osservatorio nazionale
sull’impiego dei medicinali, oltre che con quelli raccolti attraverso i
registri di monitoraggio AIFA, sono utilizzate nell’iter istruttorio delle procedure di rivalutazione di prezzo o di
rimborsabilità dei medicinali.
Infine si prevede che le regioni, senza
nuovi o maggiori oneri, si dotino, compatibilmente e nei limiti delle risorse
umane, finanziarie e strumentali già disponibili, di un presidio HTA a supporto delle pertinenti valutazioni.
Il comma in esame attua l’articolo 27 del Patto per la salute 2014-2016.
Articolo 40
(Piano per il risanamento della regione
Molise)
L’articolo in esame autorizza, per il 2015, fino ad un massimo di 40 milioni di euro di spesa in favore della Regione Molise. L’autorizzazione di spesa è subordinata alla sottoscrizione di uno specifico Accordo Stato-regioni concernente l’intervento straordinario per l’emergenza economico finanziaria del servizio sanitario della regione e il riassetto gestionale dello stesso. L’erogazione della somma a favore della Regione Molise è condizionata all’effettiva attuazione dell’Accordo.
Il Piano di Rientro
dal disavanzo della Regione Molise è stato siglato il 27 marzo 2007.
Nel corso delle consuete verifiche,
nella riunione del 10 aprile 2014, il Tavolo di verifica degli adempimenti e il
Comitato LEA hanno constato che: la regione Molise al quarto trimestre 2013
presenta un disavanzo di 51,743 mln di euro, pari all’8,6% del finanziamento
annuale assegnato alla Regione. Dopo il conferimento delle aliquote fiscali
relative all’anno d’imposta 2014 nei termini preordinati dal Piano di rientro -
nell’importo stimato in 24,126 mln di euro al netto di 2 mln di euro destinati
al rimborso della rata del mutuo per il pagamento dei debiti al 31 dicembre
2005 -, residua un disavanzo non coperto di 27,617 mln di euro. Considerando la
perdita 2012 e precedenti non coperta, valutata a 182,806 mln di euro, la
perdita cui dare copertura è risultata pari a 210,423 mln di euro. Il disavanzo cumulato al 31 dicembre 2013
rappresenta pertanto il 35% del
finanziamento annuale attribuito dal riparto alla Regione Molise[91].
Gli organi di verifica hanno
osservato, nel corso del monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi
intermedi definiti nel Piano di rientro, come il disavanzo sanitario regionale,
nel periodo 2007-2013, abbia registrato non già una contrazione, come ci si
sarebbe dovuti attendere per effetto della sottoscrizione del Piano di rientro,
bensì un peggioramento, dovuto all’estremo ritardo nell'attuazione delle azioni
di risanamento previste[92].
Conseguentemente, il MEF, con comunicato del 26 ottobre, ha comunicato che il Tavolo per la
verifica degli adempimenti e il Comitato permanente per la verifica
dell’erogazione dei Lea hanno constatato che nell’esercizio 2013 la regione
Molise non ha raggiunto gli obiettivi previsti. Pertanto, per l’anno
d’imposta 2014, nella suddetta regione, si sono realizzate le condizioni per
confermare l’applicazione automatica delle maggiorazioni dell’aliquota
dell’IRAP nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale
all’IRPEF nella misura di 0,30 punti percentuali.
Tale autorizzazione di spesa è concessa in relazione alla grave situazione economico finanziaria e sanitaria determinatasi nella Regione Molise, al fine di ricondurre la gestione nell’ambito della ordinata programmazione sanitaria e finanziaria anche al fine di ricondurre i tempi di pagamento al rispetto della normativa comunitaria (direttiva 2011/7/UE recante misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)[93].
Per quanto riguarda la procedura per accedere ai benefici economici stanziati dallo Stato in favore delle regioni in disavanzo sanitario, la legge finanziaria 2005 (art. 1, comma 180, legge n. 311/2004) ha stabilito che le Regioni che versano in una situazione di disavanzo sanitario devono procedere alla ricognizione delle relative cause e alla elaborazione di un Piano di riorganizzazione del rispettivo servizio sanitario. Tali Regioni devono, inoltre, stipulare un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia nel quale individuare gli interventi necessari al recupero dell’equilibrio economico.
La stipula degli accordi con lo Stato integra, per le Regioni in disavanzo, il presupposto per accedere ai benefici economici stanziati (art. 1, commi 278 e seguenti della legge finanziaria 2006[94]). Gli accordi hanno carattere vincolante (artt. 1, comma 796, lett. b) della legge n. 296/2006[95]), poiché attribuiscono al Governo, nel caso in cui la Regione non rispetti gli adempimenti previsti dal Piano, il potere di nominare, previa diffida alla Regione, un commissario ad acta ed eventuali subcommissari.
La verifica e il monitoraggio del rispetto dei singoli Piani di rientro sono rimessi ad appositi organi, istituiti rispettivamente presso il Ministero dell’Economia e delle Finanza e presso il Ministero della Salute, denominati Tavolo di verifica degli adempimenti e Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza (artt. 9 e 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005).
Il comma 2 condiziona l’erogazione della somma a favore della Regione Molise all’effettiva attuazione dell’Accordo concernente l’intervento straordinario per l’emergenza economico finanziaria del servizio sanitario della regione e il riassetto gestionale dello stesso. La verifica dell’Accordo è demandata, in sede congiunta, al Comitato permanente per l’erogazione dei Lea e al Tavolo di verifica adempimenti.
Articolo 41
(Verifica straordinaria nei confronti del
personale sanitario
dichiarato inidoneo alla mansione specifica - Stralciato)
L’articolo 41 è stato stralciato, ai sensi dell’articolo 120, comma 2,
del Regolamento, in quanto recante disposizioni estranee all’oggetto del
disegno di legge di stabilità.
Articolo 42
(Misure per favorire il trasferimento
delle risorse da parte
delle regioni agli enti del Servizio sanitario nazionale)
Al fine di fornire liquidità agli enti dei servizi
sanitari regionali e garantire un’accelerazione dei pagamenti ai fornitori, l’articolo 42 stabilisce misure stringenti per l’erogazione, da
parte delle regioni, delle somme destinate al finanziamento del proprio
servizio sanitario regionale. A tal fine:
§ viene incrementata
la percentuale (dal 90 al 95%) delle risorse
destinate al finanziamento dei servizi sanitari regionali che le regioni devono erogare agli enti dei propri
servizi sanitari entro la fine dell’esercizio. La percentuale è riferita
alla somma delle risorse che la regione incassa dallo Stato a titolo di
finanziamento del servizio sanitario regionale, a cui si aggiungono le risorse
che le regioni stesse destinano al finanziamento del proprio servizio sanitario
regionale;
§ viene fissato entro
il 31 marzo dell’anno successivo il termine per l’erogazione della restante quota del 5%.
L’intervento è operato aggiungendo un periodo al
comma 7 dell’articolo 3 del decreto legge n. 35/2012[96].
La relazione tecnica evidenzia che la disposizione
in commento non comporta effetti finanziari poiché si tratta di un mero
trasferimento di risorse dalla regione ai propri enti.
L’articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 35/2013 ha introdotto un
nuovo adempimento regionale, ai fini
dell’ordinario accesso delle regioni
alle quote premiali del
finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale[97], costituito dall’erogazione da parte della regione al proprio Servizio
sanitario regionale entro la fine dell’anno di almeno il 90% delle somme che la
regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario
regionale[98], nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie,
destinano al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale[99].
Articolo 43
(Razionalizzazione delle società
partecipate locali)
L’articolo 43 interviene sulla disciplina vigente dei servizi pubblici locali (SPL) modificando e innovando in materia di: ruolo e funzioni degli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei; mantenimento della concessione in caso di acquisizione o fusione societaria; criteri per i finanziamenti disposti a valere su risorse statali relativamente ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica; esclusione di talune categorie di spese dal patto di stabilità interno.
L’articolo prevede (co. 1, n. 1) l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei, attribuendo - in caso di inottemperanza - al Presidente della regione l’esercizio dei poteri sostituitivi. La predisposizione della relazione richiesta dalla legislazione vigente per l’affidamento del servizio viene quindi posta in capo ai suddetti enti di governo; nella relazione è ricompreso anche un piano economico finanziario.
Viene, inoltre, disposto (co. 1, n. 2) il mantenimento della concessione in essere anche in caso di acquisizione o fusione societaria, consentendo, ove necessario, la rideterminazione dell’equilibrio economico finanziario del nuovo soggetto gestore, anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza delle concessioni in essere.
Il testo richiede altresì (co. 1, n. 3) che i finanziamenti concessi a valere su risorse statali relativi ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica siano attribuiti agli enti di governo o ai relativi gestori del servizio purché siano risorse aggiuntive o a garanzia a sostegno dei piani di investimento approvati dagli enti di governo. Riguardo ai criteri stabiliti per l’assegnazione delle risorse in via prioritaria la norma richiama: i soggetti selezionati tramite gara ad evidenza pubblica; i gestori di cui venga attestata l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso o che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria.
Viene poi disposto (co. 1, n. 4), che le spese in conto capitale effettuate dagli enti locali con i proventi derivanti dalla dismissione – totale o parziale, ed anche a seguito di quotazione - di partecipazioni in società sono escluse, unitamente ai proventi medesimi, dal patto di stabilità interno. È stabilito invece che non sono escluse dal suddetto patto le spese effettuate dagli enti locali per acquisto di partecipazioni.
L’ambito di applicazione delle norme è definito dalla disposizione finale dell’articolo (co. 1, n. 5), che fa riferimento, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione da parte di un’Autorità indipendente.
Alla luce del contenuto dell’articolo appare opportuno riformulare la
rubrica dello stesso, che riguarda solo in parte le società partecipate locali.
Finalità delle previsioni recate dall’art. 43, in base a quanto evidenziato nell’incipit della norma nonché nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, sono quelle di incentivazione dei processi di aggregazione tra soggetti operanti nei servizi pubblici locali di rilevanza economica e di rafforzamento della gestione industriale dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, con l’obiettivo di “rilanciare gli investimenti, ridurre i costi attraverso economie di scala e di scopo e migliorare i livelli prestazionali e di qualità dei servizi, attraverso misure quali l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti territoriali ottimali”.
A tale scopo, sono introdotte nuove disposizioni all’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
In primo luogo, il comma 1, n. 1), stabilisce l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei.
A tal fine, sono aggiunte previsioni più stringenti rispetto a quanto già stabilito al comma 1-bis dell’art. 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, il quale dispone che unicamente i suddetti enti di governo svolgono le funzioni di:
§ organizzazione dei SPL a rete di rilevanza economica, quali elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto;
§ scelta della forma di gestione;
§ determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza;
§ affidamento della gestione e relativo controllo.
Con la finalità di rendere più efficiente la gestione dei servizi, il legislatore ha previsto una disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell'articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), che è stato introdotto dall'art. 25, co. 1, del D.L. n. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012). Tale disposizione - che si applica solo ai servizi pubblici locali a rete (elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto) di rilevanza economica - attribuisce alle regioni e alle province autonome il compito di:
§ individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione. Gli ambiti devono essere: ottimali, omogenei, di dimensione normalmente non inferiore a quella del territorio provinciale. E' riconosciuta alle Regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, individuando ambiti di dimensione diversa. Ciò purché la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale e socio economica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio;
§ istituire o designare gli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali; ad essi la legge riserva in via esclusiva le seguenti funzioni: organizzazione del servizio; scelta della forma di gestione; affidamento della gestione; controllo della gestione; determinazione delle tariffe all'utenza (art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, introdotto dall'art. 34 del D.L. n. 179/2012).
È
stata, in ogni caso, fatta salva l'organizzazione per ambiti di singoli
servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e
già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla
dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee. Tale clausola di
salvaguardia è stata posta in relazione alla necessità di coordinare tali
disposizioni con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di
singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali. In
particolare, ai sensi dell’articolo 147 del Codice ambientale, i servizi
idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali
ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli (L.
36/1994). Analoga
organizzazione territoriale è prevista dall’articolo 200 del Codice per il servizio
di gestione integrata dei rifiuti urbani.
Le disposizioni recate dall’articolo in commento si riferiscono invece, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera do un’Autorità indipendente (v. infra).
Rispetto all’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo, secondo la lettera della disposizione, resta fermo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56, che stabilisce la necessità di attribuire alle sole province le funzioni di organizzazione dei servizi a rete di rilevanza economica (di competenza comunale o provinciale) procedendo alla soppressione degli enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale attualmente incaricati di svolgere tali funzioni.
Il comma 90 dell’art. 1,
nel caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti
servizi a rete di rilevanza economica
prevedano l'attribuzione di funzioni
di organizzazione dei predetti servizi (di competenza comunale o provinciale)
ad enti o agenzie in ambito provinciale
o sub-provinciale dispone che:
§ le leggi statali o regionali, ovvero il D.P.C.M. che determina i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse connesse all'esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l'attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, in base ai principi e le procedure ivi previsti;
§ sono individuate misure premiali per le regioni che si adeguino a tali previsioni (approvando leggi di riorganizzazione delle funzioni, prevedendo la soppressione di enti o agenzie) da definire con decreto interministeriale previsa intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Appare opportuno valutare l’opportunità di un coordinamento tra le
disposizioni del comma 1, n. 1) rispetto a quanto disposto dal comma 90
dell’art. 1 della legge 56/2014, del quale è espressamente previsto che
“restino ferme” le relative previsioni, considerato che dal testo delle norme
le funzioni di organizzazione dei servizi a rete di rilevanza economica
sembrano attribuite in via esclusiva, in un caso, agli enti di governo degli
ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei e, nell’altro caso, alle
province.
In base al testo iniziale dell'articolo 3-bis del D.L. 138/2011, le regioni avrebbero dovuto provvedere alla definizione del perimetro degli ambiti e alla designazione dei relativi enti di governo entro il 30 giugno 2012, termine la cui inutile decorrenza autorizzava il Consiglio dei Ministri ad esercitare i poteri sostitutivi di cui all’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 a tutela dell'unità giuridica ed economica.
In un secondo momento, con l’articolo 13 del D.L. n. 150/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, sono state previsto due ipotesi (comma 2):
§ mancata istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale ai sensi dell'art. 3-bis del D.L. n. 138/2011;
§ mancata deliberazione dell'affidamento entro il termine del 30 giugno 2014.
Per entrambe le
fattispecie è stato previsto l’esercizio di poteri sostitutivi
da parte del prefetto, che deve provvedere al compimento
degli adempimenti necessari al completamento della procedura di
affidamento entro il 31 dicembre 2014.
Tale disposizione ha consentito, implicitamente, una proroga del termine del 30 giugno 2012 al 30 giugno 2014 per l'adempimento delle misure organizzative preliminari all'affidamento. La previsione dell’esercizio di poteri sostitutivi a decorrere dal 30 giugno 2014 comporta una sostanziale proroga di sei mesi del termine del 31 dicembre 2013 nel caso di totale inerzia dell’ente rispetto all’obbligo di conformarsi agli adempimenti prescritti dall’art. 34 D.L. 179/2012. Invece, se l’ente ha già avviato le procedure di affidamento entro tali sei mesi, l’intervento sostitutivo prefettizio ha ad oggetto gli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento, da realizzare entro il 31 dicembre 2014.
Qualora gli enti locali non aderiscano ai predetti enti di governo entro il 1° marzo 2015 oppure entro 60 giorni dall’istituzione o designazione dell’ente di governo, da effettuare in base alle suddette scadenze fissate dalla legge (31 dicembre 2014), il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro il termine di 30 giorni, i poteri sostitutivi.
Il testo in esame pone in capo agli enti di governo il compito di effettuare la relazione prescritta dalla normativa vigente al fine di dare conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e di definire i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche, se previste.
In base alla normativa contenuta, in particolare, nell'art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, da legge n. 221/2012, la scelta delle modalità di affidamento del servizio viene rimessa all'ente affidante, sulla base di una relazione, da rendere pubblica sul sito internet dell’ente stesso, che deve dare conto dei suddetti elementi. 25-bis. Gli enti locali sono inoltre tenuti ad inviare le relazioni di cui al suddetto articolo 34, commi 20 e 21, all'Osservatorio per i servizi pubblici locali, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, che provvederà a pubblicarle nel proprio portale telematico contenente dati concernenti l'applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica sul territorio (in base all’art. 13, comma 25-bis, del decreto-legge n. 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9/2014).
Obiettivi dell’obbligo di pubblicare la relazione sono: il rispetto della disciplina europea; la parità tra gli operatori; l’economicità della gestione; l’adeguata informazione della collettività di riferimento.
Pertanto, in base alle suddette previsioni, la scelta della modalità di affidamento è stata rimessa alla valutazione dell’ente locale, nel presupposto che la discrezionalità in merito sia esercitata nel rispetto dei principi europei di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Da tale disciplina sono stati espressamente esclusi i servizi di distribuzione di gas naturale e di distribuzione di energia elettrica, nonché quelli di gestione delle farmacie comunali.
Le disposizioni recate dall’articolo in commento si riferiscono invece, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera do un’Autorità indipendente (v. infra).
La normativa richiamata ha previsto anche una disciplina transitoria (art. 34, co. 21), disponendo per gli affidamenti in essere, non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea, l’obbligo dio adeguarsi entro il termine del 31 dicembre 2013 (pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista). Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza, viene previsto che gli enti competenti provvedano contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento, prescrivendo, comunque, che il mancato adempimento degli obblighi previsti determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31 dicembre 2013.
In deroga a quanto previsto dalla disposizione originaria, è intervenuto l'articolo 13, co. 1, del D.L. n. 150/2013 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15/2014) che ha prorogato la durata degli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012 fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014; tuttavia, tale proroga non si applica in ogni caso, ma limitatamente alle ipotesi in cui l'ente affidante, ovvero, ove previsto, l’ente di governo dell'ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo, abbia avviato le procedure di affidamento di servizi, con l'adozione e la pubblicazione della relazione che motiva l'affidamento prescelto. Il mancato rispetto del termine, comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.
Disposizioni particolari sono state stabilite per gli "affidamenti diretti", cioè senza gara, in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012. Per questi è stato previsto che, se sono assentiti alla data del 1° ottobre 2003 e riguardanti società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell'art. 2359 c.c., cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; mentre gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020 (art. 34, co. 22).
Le nuove previsioni
introdotte dall’articolo in commento pongono dunque in capo agli enti di governo l’obbligo, nella
suddetta relazione:
§ di dare conto della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta;
§ di motivarne le ragioni con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio;
§ di ricomprendere anche un piano economico finanziario che, fatte salve le disposizioni di settore, contenga anche la proiezione, per il periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, con la specificazione, nell’ipotesi di affidamento in house, dell’assetto economico-patrimoniale della società, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento da aggiornare ogni triennio.
Il testo prevede che tale piano economico-finanziario debba essere asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari o da una società di revisione.
Nel caso di affidamento in house, gli enti locali proprietari devono procedere, contestualmente all’affidamento, ad accantonare pro quota nel primo bilancio utile, e successivamente ogni triennio, una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio nonché a redigere il bilancio consolidato con il soggetto affidatario in house.
Il testo prevede che le deliberazioni degli enti di governo “sono validamente assunte nei competenti organi degli stessi senza necessità di ulteriori deliberazioni, preventive o successive, da parte degli organi degli enti locali”.
Come già anticipato, le funzioni attribuite “unicamente” agli enti di governo sono quelle di organizzazione dei SPL a rete di rilevanza economica; scelta della forma di gestione; determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza; affidamento della gestione e relativo controllo.
La relazione illustrativa motiva la previsione in base alla quale le deliberazioni assunte dagli enti di governo degli ambiti sono valide senza necessità di ulteriori deliberazioni da parte degli organi dei singoli enti locali con la finalità di “limitare comportamenti dilatori”.
Il testo interviene, inoltre, (co. 1, n. 2) al fine di precisare che, anche in caso di operazioni societarie quali l’acquisizione o la fusione, viene mantenuta la concessione in essere; in tale quadro, è consentita ove necessario, la rideterminazione dell’equilibrio economico finanziario del nuovo soggetto gestore, ai sensi dell’articolo 143 del codice dei contratti pubblici, anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza delle concessioni in essere.
In particolare, viene stabilito che, a seguito di operazioni societarie effettuate “con procedure trasparenti”, comprese fusioni o acquisizioni, l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in via universale o parziale, fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste. In tale ipotesi, anche su istanza motivata del gestore, è accertata dal soggetto competente la persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro rideterminazione, che può avvenire anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza di tutte o alcune delle concessioni in essere.
A tal fine, è disposto che l’Autorità di regolazione competente (ove istituita) svolge le verifiche richieste dall’articolo 143, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), anche con riferimento al programma degli interventi definito a livello di ambito territoriale ottimale sulla base della normativa e della regolazione di settore.
Il suddetto comma 8 prevede, in particolare, che la stazione appaltante possa stabilire, per assicurare l’equilibrio economico finanziario degli investimenti del concessionario, che la concessione abbia durata superiore a 30 anni tenendo conto di una serie di elementi (quali il rendimento della concessione, la percentuale del prezzo rispetto all’importo totale, i rischi connessi alle condizioni di mercato). Le variazioni apportate, previa verifica del CIPE sentito il NARS, comportano la necessaria revisione da attuare con rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche con la proroga di scadenza del termine della concessione. Nel caso di nuove concessioni di importo superiore ad un miliardo di euro la durata può essere stabilita fino a 50 anni.
Appare opportuno valutare l’opportunità di definire più puntualmente il
riferimento alle operazioni societarie effettuate “con procedure trasparenti”,
specificando a quali procedure ci si intenda riferire con tale specificazione.
L’articolo in commento, sostituendo il comma 4 del citato art. 3-bis del decreto-legge n. 148/2011 (co. 1, n. 3), richiede necessariamente (fatti salvi i finanziamenti già assegnati anche con risorse derivanti da fondi europei) che i finanziamenti concessi a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione relativi ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio, si configurino come:
§ risorse aggiuntive;
ovvero
§ a garanzia a sostegno dei piani di
investimento approvati dagli enti di governo.
Le relative risorse sono prioritariamente assegnate ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica o di cui comunque l’Autorità di regolazione competente ovvero (come previsto dalla norma in esame) l’ente di governo dell’ambito nei settori in cui l’Autorità di regolazione non sia stata istituita attesti l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall’Autorità stessa o dall’ente di governo dell’ambito o che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria (aggiunta quest’ultima anch’essa disposta dalla norma in esame).
All’articolo 3-bis viene inoltre (n. 4) inserito un nuovo comma 4-bis, nel quale si dispone che le spese in conto capitale effettuate dagli enti locali con i proventi derivanti dalla dismissione – totale o parziale, ed anche a seguito di quotazione - di partecipazioni in società sono escluse, unitamente ai proventi medesimi, dal patto di stabilità interno.
La norma fa riferimento ai proventi individuati nei seguenti codici SIOPE :
§ E4121, concernente i proventi derivanti dalla vendita di titoli azionari quotati e non in borsa o delle quote di partecipazione al capitale o ai fondi di dotazione di Imprese di pubblici servizi. Tale codice attiene alla fattispecie di alienazione di partecipazioni in imprese di pubblici servizi;
§ E 4122, relativamente ai proventi derivanti dalla vendita di titoli azionari quotati e non in borsa o delle quote di partecipazione al capitale o ai fondi di dotazione di soggetti non appartenenti al comparto delle imprese di pubblici servizi; questo codice concerne il caso di alienazione di partecipazioni in altre imprese.
Il comma 4-bis precisa inoltre che non sono invece escluse dal patto le spese effettuate dagli enti locali per acquisto di partecipazioni.
Com’è noto, il patto di stabilità interno per gli enti locali è disciplinato dall’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato, da ultimo, dall’articolo 1, commi 532-540, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014).
Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, per il 2014 il patto di stabilità si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti (con regole differenziate per i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti e per quelli con popolazione superiore a 5.000 abitanti), nonché, a partire dal 2014, alle le unioni di comuni formate dagli enti con popolazione fino a 1.000 abitanti. L’obiettivo del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali - comprese dunque le spese in conto capitale - espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita).Sono previste alcune esclusioni di specifiche voci di entrata e di spesa dal computo del saldo, che non rientrano, pertanto, nei vincoli del patto. A queste si aggiungono ora le ulteriori esclusioni disposte dal comma 4-bis in esame.
Da ultimo, al medesimo articolo 3-bis è aggiunto (co. 1, n. 5) un nuovo comma 6-bis concernente l’ambito di applicazione delle disposizioni recate dall’articolo in esame e delle altre disposizioni, comprese quelle di carattere speciale, in materia di servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica (in particolare, elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto). In particolare, viene disposto che le stesse si intendono riferite, “salvo deroghe espresse”, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera di un’Autorità indipendente.
Si tratta, in particolare, dei seguenti settori:
§ energia elettrica, gas, sistema idrico: con la legge 481/1995 è stata istituita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, successivamente denominata - a seguito delle previsioni del DL 201/2011 - Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI), con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo;
§ trasporti: con il decreto-legge n. 201/2011 (convertito, con modificazioni, da L. n. 216/2011) è stata prevista l’istituzione di un’Autorità di regolazione nel settore dei trasporti alla quale sono affidati compiti di regolazione e di promozione e tutela della concorrenza nel settore dei trasporti. Le competenze dell'Autorità attengono sia alle infrastrutture di trasporto che alla qualità dei servizi prestati.
Si
ricorda inoltre che all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), istituita
con la legge 249/97, attualmente competono funzioni di regolamentazione e
vigilanza nei seguenti settori: telecomunicazioni,
audiovisivo, editoria e poste.
Attualmente, la disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell'articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), introdotto dall'art. 25, co. 1, del D.L. n. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012) (v. supra) fa, in ogni caso, salva l'organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee. Tale clausola di salvaguardia è stata ricondotta alla necessità di coordinare tali disposizioni con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali. In particolare, ai sensi dell’articolo 147 del Codice ambientale, i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli (L. 36/1994). Analoga organizzazione territoriale è prevista dall’articolo 200 del Codice per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
Si ricorda, inoltre,
che l’articolo 7 del decreto-legge
133/2014, in corso di esame parlamentare per la
relativa conversione in legge, reca una serie di modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativamente alla gestione
delle risorse idriche, prevedendo in particolare l’obbligo per gli enti
locali di aderire agli enti di governo dell'ambito individuati
dalle regioni e ulteriori disposizioni in materia di affidamento del servizio.
La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione in commento si inserisce nel quadro delle previsioni da cui ha avuto luogo il cosiddetto Rapporto Cottarelli recante: “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali”, presentato il 7 agosto 2014. Il suddetto Rapporto ha evidenziato, da un lato, che il fenomeno delle società partecipate dalle amministrazioni locali ha raggiunto numeri molto elevati, con circa 7700 società di dimensioni talvolta assai ridotte e operanti spesso in perdita, con effetti negativi sia per il bilancio delle amministrazioni proprietarie che per la collettività che usufruisce di servizi inefficienti; dall’altro, ha messo in luce, con particolare riferimento al settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che attualmente vi sono circa 1.800 società che operano nei comparti energetico, idrico, dei rifiuti e del trasporto pubblico locale, il cui assetto proprietario, in larga prevalenza costituito da aziende partecipate da enti pubblici territoriali, risulta essere troppo frammentato e di conseguenza non permette la realizzazione dei programmi di investimento adeguati, i quali esigono ingenti capitali cui solo attraverso grandi dimensioni d’impresa è possibile far fronte.
In proposito, si ricorda che l’articolo 23 del D.L.n.66/2014 (L.n.89/2014) aveva conferito al Commissario per la razionalizzazione della spesa (istituito con l'articolo 49-bis del decreto-legge n. 69 del 2013) la predisposizione entro il 31 luglio 2014 di un programma di razionalizzazione, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità n. 196/2009 predisposto annualmente dall’ISTAT.
Il Commissario ha presentato il programma nei primi giorni di agosto.
Il Commissario ha utilizzato i dati forniti dal Tesoro per analizzare le 7.726 società partecipate dalle amministrazioni locali. Secondo le sue rilevazioni, i servizi pubblici di rilevanza economica a rete (in particolare, elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto) rappresentano il 23 per cento del numero totale delle società e il 60 per cento del valore della produzione. Ammonta invece al 42 per cento il numero delle società che svolgono servizi pubblici privi di rilevanza economica, mentre il 13 per cento svolge servizi strumentali per l'ente pubblico di riferimento. Il 22 per cento svolge attività di vendita di beni e servizi in mercati concorrenziali.
Nel 2012 le perdite lorde delle partecipate censite sono state di circa 1.200 mln. Si rilevano perdite in quasi tutti i settori anche se risultano particolarmente elevate, in valore assoluto, per il trasporto pubblico (con perdite eccedenti i 300 mln, di cui la metà sono relative all’ATAC di Roma). Altri settori con perdite elevate (superiori al 20 percento) rispetto al capitale investito sono l’informatica, i servizi amministrativi, le società di trasformazione urbana (STU), le multiutility e il turismo.
Secondo il Commissario, vi sono poi perdite non palesi finanziate da contratti di servizio e trasferimenti in conto corrente e conto capitale. I contratti di servizio e gli altri trasferimenti – che, sulla base di dati SIOPE, ammontavano nel 2012 a circa 16.500 mln per l’intero settore – compensano le partecipate per un servizio reso e quindi sarebbe errato, come alcuni fanno, assumere che un risparmio corrispondente potrebbe emergere dalla soppressione delle partecipate. Tuttavia, una parte di queste risorse, di incerto ammontare, va a compensare inefficienze di gestione.
Il Programma del Commissario volge l'attenzione al sottodimensionamento di molte partecipate: circa 3000 società hanno un numero di dipendenti minore o uguale a 5 e altre 500 circa hanno un massimo di 10 dipendenti. Inoltre, tra i servizi pubblici economici a rete, nei quali vi è un'elevata incidenza delle economie di scala (energia, gas, acqua, rifiuti), il 62 per cento delle partecipate è rappresentato da piccole imprese con un valore della produzione inferiore a 10 mln che nell'insieme coprono soltanto il 7 per cento della produzione e che si presentano concentrate prevalentemente al Sud. Al polo opposto si trova un numero esiguo di imprese di medie e grandi dimensioni che rappresenta numericamente solo il 4 percento dell’insieme delle partecipate, ma copre più della metà del valore della produzione del comparto.
Servizi pubblici locali: il referendum
del 12 e 13 giugno 2011 e
la sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012
Sulla materia dei servizi pubblici locali, con
particolare riguardo alle modalità di
affidamento della relativa gestione, si sono succedute diverse discipline
normative, nel cui ambito si sono inserite sia un'abrogazione referendaria sia
una pronuncia di illegittimità costituzionale.
In particolare, l'art. 23-bis
del D.L. 112/2008, nel testo risultante dalle modifiche successivamente
approvate, è stato dichiarato abrogato con il D.P.R. 113/2011, a
seguito degli esiti delle consultazioni
referendarie del 12 e 13 giugno 2011. L'art. 23-bis del D.L. 112/2008
era intervenuto sulla disciplina del comparto dei servizi pubblici locali
(SPL), affermando l’obiettivo di favorire la diffusione dei principi di
concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi: a tal
fine il principio della gara era
stato posto come regola generale
degli affidamenti di servizi ed era stata stabilita una specifica normativa in
deroga per le fattispecie che "non permettono un efficace ed utile ricorso
al mercato".
Per colmare il conseguente vuoto
normativo è quindi intervenuto sulla materia l’articolo 4 del D.L. 138/2011. Tale articolo ha previsto una nuova disciplina generale dei servizi
pubblici locali le cui linee portanti in tema di affidamenti hanno ripreso
quelle della disciplina varata nel 2008, come successivamente modificata e
integrata in sede di delegificazione.
Tali disposizioni sono state poi
oggetto di ulteriori parziali modifiche
per effetto dell’articolo 9, co. 2, della legge 183/2011, legge di stabilità
2012 e dell’art. 25, comma 1, del D.L. 1/2012 (c.d. D.L. Liberalizzazioni) cui
è seguita l’introduzione dell'art. 3-bis nel D.L. 138/2011, al fine di
disciplinare gli ambiti territoriali e i
criteri di organizzazione dei servizi pubblici locali allo scopo di
realizzare economie di scala e di prevedere differenziazioni idonee a massimizzare
l'efficienza dei servizi stessi. Il D.L. liberalizzazioni ha anche novellato
l’art. 4 del D.L. 138/2011 con l’obiettivo di limitare ulteriormente le possibilità di ricorrere alle gestioni dirette e di incentivare le
gestioni concorrenziali nei diversi segmenti del comparto. Ulteriori novelle,
di entrambi gli articoli, 3-bis e 4,
sono state disposte dall’art. 53 del D.L. 83/2012 (c.d. D.L. Crescita del
Paese). Tale disciplina ha previsto una clausola di generale applicazione di
tutte le norme ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, con
prevalenza sulle relative discipline di settore incompatibili, escludendo dall’ambito applicativo, oltre al servizio idrico integrato, i seguenti servizi, disciplinati da normative di settore: servizio di
distribuzione di gas naturale; servizio di distribuzione di energia elettrica;
servizio di trasporto ferroviario regionale; gestione delle farmacie comunali.
Su tale disciplina è intervenuta
la sentenza 199/2012 della Corte
costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità
delle disposizioni adottate, dopo il referendum
del giugno 2011, con l’art. 4 del D.L. 138/2011 e delle successive
modificazioni, in quanto dirette sostanzialmente a reintrodurre la disciplina abrogata dalla volontà popolare col
suddetto referendum, quindi in
contrasto con il divieto desumibile dall’art. 75 Cost.
La Corte ha
infatti rilevato che, nonostante l’esclusione dall’ambito di applicazione della
nuova disciplina del servizio idrico integrato, “risulta evidente l’analogia,
talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell’art. 4 rispetto a quella
dell’abrogato art. 23-bis e
l’identità della ratio ispiratrice”.
La
declaratoria di illegittimità ha riguardato non solo l’art. 4, ma anche le
successive modificazioni dello stesso articolo disposte dalle seguenti fonti:
art. 9, co. 2, della legge 183/2011; art. 25 del decreto-legge 1/2012; art. 53
del decreto-legge 83/2012. Non è invece incluso nel perimetro
dell’illegittimità il predetto art. 3-bis,
introdotto dal citato art. 25 del D.L. 1/12.
Nella
sentenza in questione la Corte costituzionale ha rilevato come il suddetto art. 23-bis,
abrogato a seguito del referendum
popolare, si caratterizzava per il fatto di dettare una normativa generale
di settore, inerente a quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza
economica, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi, volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali
comunitarie, le ipotesi di
affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica,
consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni,
la cui puntuale regolamentazione veniva demandata ad un regolamento governativo
(adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n.
168). La Corte ha quindi ricordato come con la suddetta consultazione
referendaria tale normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto,
l’intento referendario di «escludere l’applicazione delle norme contenute
nell’art. 23-bis che limitano,
rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in
particolare, quelle di gestione in house
di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi
compreso il servizio idrico)» (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire,
conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa comunitaria
conferente.
La Corte
costituzionale ha ricordato come, a distanza di meno di un mese dalla
pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art.
23-bis del D.L. n. 112 del 2008, il legislatore è intervenuto sulla materia con
il richiamato art. 4, il quale ha dettato una nuova disciplina dei servizi
pubblici locali di rilevanza economica, che - ha ritenuto la Corte – “non solo
è contraddistinta dalla medesima ratio
di quella abrogata, in quanto opera una drastica
riduzione delle ipotesi di
affidamenti in house, al di là di
quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona
parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo
art. 23-bis contenuto nel D.P.R. n.
168 del 2010”.
Ad avviso
della Corte con tali previsioni viene
resa ancor più remota l’ipotesi dell’affidamento diretto dei servizi, in
quanto non solo si limita, in via generale, «l’attribuzione di diritti di
esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera
iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio
rispondente ai bisogni della comunità» (comma 1), analogamente a quanto
disposto dall’art. 23-bis (comma 3) del D.L. n. 112 del 2008, ma la si àncora
anche al rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, il
superamento della quale determina automaticamente l’esclusione della
possibilità di affidamenti diretti. Tale effetto – ha precisato la Corte - si
verifica a prescindere da qualsivoglia
valutazione dell’ente locale, oltre che della Regione, ed anche – in linea
con l’abrogato art. 23-bis – in difformità rispetto a quanto previsto
dalla normativa comunitaria, che
consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio
pubblico da parte dell’ente locale, allorquando l’applicazione delle regole di
concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione» dell’ente pubblico (art. 106 TFUE), alle sole
condizioni del capitale totalmente pubblico della società affidataria, del
cosiddetto controllo “analogo” (il controllo esercitato dall’aggiudicante
sull’affidatario deve essere di “contenuto analogo” a quello esercitato
dall’aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte
più importante dell’attività dell’affidatario in favore dell’aggiudicante.
In
conclusione, ad avviso della Corte le poche novità introdotte dall’art. 4
rispetto all’abrogato art. 23-bis
accentuavano la drastica riduzione delle
ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria aveva inteso
escludere. Al contempo, la Corte ha rilevato come, tenuto conto del fatto
che l’intento abrogativo espresso con il referendum
riguardava «pressoché tutti i servizi
pubblici locali di rilevanza economica» (sentenza n. 24 del 2011) ai quali
era rivolto l’art. 23-bis, non è
possibile ritenere che l’esclusione del servizio idrico integrato dal novero
dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica sia
satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare, con
la conseguenza che il suddetto art. 4 costituisce, sostanzialmente, la
reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.
La
caducazione della normativa stabilita con l’art. 4 del D.L. 138/2011 e con le
successive modifiche ha lasciato il settore dei servizi pubblici locali
parzialmente privo di una specifica disciplina nazionale di carattere generale,
ma non per questo in una situazione di vuoto normativo.
Infatti, in
primo luogo, per effetto dell’appartenenza all’Unione europea, in materia trova applicazione quanto stabilito in sede
UE, sia nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito
TFUE) sia dalla giurisprudenza comunitaria. In questa sede la gestione diretta del SPL da parte
dell’ente pubblico è ammessa se lo Stato membro ritiene che l’applicazione
delle regole di concorrenza sia un ostacolo,
in diritto od in fatto, alla speciale
missione del servizio pubblico restando riservato all’ordinamento
comunitario il sindacato sull’eventuale “errore manifesto” alla base della
decisione dello Stato. In particolare, secondo la giurisprudenza comunitaria,
le regole sulla concorrenza non ostano a una disciplina nazionale che consente
ad un ente pubblico di affidare un servizio pubblico direttamente ad una
società della quale esso detiene l'intero capitale, a condizione che: l'ente pubblico eserciti su tale società un
controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la società realizzi
la parte più importante della propria attività con l'ente che la detiene.
In secondo luogo, la
declaratoria di illegittimità non ha riguardato l’art. 3-bis del D.L. 138/2011 e successive modificazioni, sopra illustrato,
le cui disposizioni, pur non riguardando le modalità di affidamento del
servizio, hanno una generale applicazione. In terzo luogo, i settori c.d. esclusi, sopra ricordati, restano disciplinati dalle normative di
settore.
Al contempo, in base alla
normativa contenuta, in particolare, nell'art.
34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, da
L. n. 221/2012, la scelta delle modalità
di affidamento del servizio viene rimessa all'ente affidante, sulla base di
una relazione (v. supra).
In deroga a quanto previsto
dalla disposizione originaria, è poi intervenuto l'articolo 13, co. 1, del D.L.
150/2013 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15/2014) che ha prorogato
la durata degli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del D.L.
n. 179/2012 fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31
dicembre 2014; tuttavia, tale proroga non si applica in ogni caso, ma
limitatamente alle ipotesi in cui l'ente affidante, ovvero, ove previsto,
l’ente di governo dell'ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo, abbia
avviato le procedure di affidamento di servizi, con l'adozione e la
pubblicazione della relazione che motiva l'affidamento prescelto. Il mancato
rispetto del termine, comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai
requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.
La Corte dei conti ha presentato nel giugno 2014 una Relazione sugli Organismi partecipati dagli enti territoriali, ai sensi dell'art.7, co.7, l. 5 giugno 2003, n. 131[100]; l’indagine muove dagli organismi censiti nella banca dati SIQUEL della Corte dei conti, di cui sono stati esaminati i dati di bilancio anche al fine di ricostruire i flussi finanziari con i soggetti pubblici partecipanti/controllanti. Nel sistema SIQUEL, al 18 aprile 2014, risultano censiti n. 7.472 organismi, di cui 6.386 in attività (la restante parte è costituita da enti cessati o in liquidazione).
Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato nel luglio 2014 un Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle Amministrazioni Pubbliche al 31 dicembre 2012.
Il censimento effettuato dal Tesoro ha rilevato nel 2012 8.146 società partecipate, di cui 423 partecipate dalle amministrazioni centrali, 7.726 dalle amministrazioni locali, 17 da enti nazionali pubblici di previdenza e assistenza e 201 da amministrazioni non appartenenti al sottosettore S13 rilevante ai fini della normativa europea. Inoltre, sono state rilevate 36.125 partecipazioni.
Articolo 44,
commi 1-5
(Aliquote fondi pensioni)
I commi da 1 a 5 dell’articolo 44 prevedono l’innalzamento dell’aliquota di tassazione dall’11 al 20 per cento per i fondi pensione e dall’11 al 17 per cento per la rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto).
A decorrere dal 1° luglio 2014 l’aliquota della tassazione dei redditi di natura finanziaria è stata aumentata dal 20 al 26 per cento (articolo 3 del decreto-legge n. 66 del 2014); contestualmente è stato introdotto, in via compensativa, un credito di imposta in favore delle Casse di previdenza private e un elevamento all’11,5 per cento, per l'anno 2014, dell'aliquota sui fondi pensione (articolo 4).
Una prima revisione delle aliquote era già intervenuta ad opera dell’articolo 2 (commi da 6 a 12) del decreto-legge n. 138 del 2011, che aveva introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la complessiva revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria, al fine di unificare le aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento.
Sono esclusi dall’ambito di applicazione della riforma, tra gli altri, i titoli di Stato ed equiparati, i titoli emessi da altri Stati (cd. white list, vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l’economia meridionale e le forme di previdenza complementare (fondi pensione). Si ricorda che tra le categorie di interessi la cui tassazione resta al 12,5 vi sono i project bond e - oltre ai buoni postali - le emissioni della "gestione separata" di Cassa depositi e prestiti per il finanziamento degli investimenti pubblici (art. 22-quinquies del D.L. n. 91 del 2014).
In particolare il comma 1 modifica l’aliquota prevista all’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. n. 252 del 2005 in materia di forme pensionistiche complementari (cd. fondi pensione), innalzandola al 20 per cento.
Il comma 2 prevede, inoltre, che la base imponibile dell'imposta sostitutiva applicata sul risultato di gestione dei fondi pensione sia determinata, per i redditi dei titoli pubblici, in base al rapporto tra l'aliquota vigente (12,50 per cento) e quella dell'imposta sostitutiva stessa, al fine di evitare una penalizzazione per l'investimento indiretto in tali titoli.
Il comma 3 aumenta dall’11 al 17 per cento l’aliquota per la rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto) al fine – secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa - di armonizzare il livello di imposizione previsto per le rivalutazioni dei fondi per il TFR con quello previsto per il risultato maturato di gestione delle forme pensionistiche complementari.
Ai sensi del comma 4, le nuove aliquote si applicano dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
In deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie (previsto dall’articolo 3 dello Statuto del contribuente, di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212), l’imposta sul risultato di gestione dei fondi pensione dovuta per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 è determinata con la nuova aliquota; tuttavia, la base imponibile è ridotta del 48 per cento della differenza tra le erogazioni effettuate nel corso del 2014 per il pagamento dei riscatti ed il valore delle rispettive posizioni individuali maturate al 31 dicembre 2013 maggiorate dei contributi versati nel corso del 2014. Tale meccanismo dovrebbe consentire di evitare che l'incremento di tassazione incida su posizioni già definite, ossia sui rendimenti maturati nel 2014 e compresi nei riscatti liquidati nel corso del 2014 (assoggettate alla minore aliquota pro tempore vigente), e che la maggiore aliquota gravi di fatto sugli altri iscritti.
Sostanzialmente, per effetto della riduzione della base imponibile nella misura pari al 48 per cento dei rendimenti netti maturati ed erogati durante l’anno, si determina una riduzione dell’imposta dovuta pari al differenziale (8,5 per cento) tra la nuova e la vecchia aliquota, confermando la tassazione all’11,5 per cento vigente al momento della erogazione. Infatti, riducendo la base imponibile dell’imposta calcolata al 20 per cento di un importo pari al 48 per cento del rendimento, al netto di un’imposta dell’11,5 per cento, l’imposta dovuta è pari a quella accantonata al momento della liquidazione della prestazione.
Per quanto riguarda il TFR, invece, ai sensi del comma 5 la nuova aliquota si applica alle rivalutazioni decorrenti dal 1° gennaio 2015.
Articolo 44,
comma 6
(Rivalutazione terreni e partecipazioni)
Il comma 6 dell’articolo 44 riapre i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, introdotta in origine dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.
In particolare, la norma consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2015; il termine di versamento dell’imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2015 (ove si opti per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2016, 30 giugno 2016 e 30 giugno 2017); la perizia di stima dovrà essere redatta ed asseverata, al massimo, entro il 30 giugno 2015.
Più in dettaglio, la disposizione in esame novella l’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, col quale è stata disposta la prima riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 riferiti, rispettivamente, al possesso di partecipazioni e di terreni.
I richiamati articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 hanno introdotto la facoltà di rivalutare i terreni (sia agricoli che edificabili) e le partecipazioni in società non quotate possedute da persone fisiche e società semplici, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva da applicare sul maggior valore attribuito ai cespiti.
Nel corso del tempo tali disposizioni sono state oggetto di diverse modifiche dirette a riaprire i dei termini per usufruire del beneficio, ampliandone così l’ambito operativo.
Si tratta di plusvalenze conseguite - non nell’esercizio di arti e professioni né nell’esercizio di attività di impresa - dall’alienazione di terreni agricoli e di aree edificabili, nonché di partecipazioni in società non quotate; il beneficio fiscale consiste per l’appunto nell’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota inferiore a quella prevista ove il contribuente si avvalesse per il regime fiscale ordinario.
Il contribuente ha dunque la facoltà di assumere, agli effetti della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – Tuir - in luogo del costo o valore d’acquisto, il valore dei beni posseduti alla data del 1° luglio 2011, determinato, sempre con riferimento a tale data, da perizia asseverata e redatta da un professionista. Tale valore è assoggettato all’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, pari al 4 per cento per la rivalutazione dei terreni e delle aree edificabili e del 4 per cento o del 2 per cento del valore delle partecipazioni rispettivamente possedute per quote qualificate o non qualificate.
Le disposizioni sono state successivamente prorogate ed ampliate dal decreto-legge n. 70 del 2011 (articolo 7, comma 2, lettere da dd) a ff)), che ha in particolare individuato tra i destinatari dell’agevolazione anche le società di capitali i cui beni siano stati oggetto di misure cautelari e che all’esito del giudizio ne abbiano riacquistato la piena titolarità; a chi abbia già usufruito della rivalutazione di partecipazioni e terreni in passato è stato consentito di detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata; per i soggetti che non effettuano la suddetta detrazione è possibile chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata.
La disciplina è stata da ultimo prorogata dall’articolo 1, comma 156 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha consentito di rivalutare i terreni e le partecipazioni possedute al 1° gennaio 2014, versando l’imposta sostitutiva, alternativamente, in unica soluzione entro il 30 giugno 2014 oppure, come già previsto per le precedenti leggi di rivalutazione, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2014, 30 giugno 2015 e 30 giugno 2016. Il termine per la redazione ed asseverazione della perizia era stato fissato, al massimo, entro il 30 giugno 2014.
Articolo 44,
commi 7-10
(Reverse charge e split payment)
Le disposizioni dei commi da 7 a 10 dell’articolo 44 intendono:
§ incrementare il numero delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile (reverse charge)a fini IVA, in particolare estendendo tale sistema anche ad ulteriori ambiti del settore edile e del settore energetico;
Si
segnala che la disposizione dovrebbe essere oggetto di modifica nel corso
dell’iter parlamentare al fine di adeguarne il contenuto a quanto previsto
dalla Relazione al Parlamento recante variazione alla Nota di aggiornamento del
DEF 2014, approvata con apposite risoluzioni parlamentari il 30 ottobre 2014.
Infatti tale relazione prevede un’estensione del reverse charge al settore
della grande distribuzione, in modo da ottenere un miglioramento
dell’indebitamento netto di circa 730 milioni di euro a decorrere dal 2015. La
Relazione precisa che, poiché l’efficacia della misura è subordinata al
rilascio di una deroga da parte dell’Unione europea, trattandosi di disciplina
IVA, si dovrà prevedere un’apposita clausola di salvaguardia che disponga “un
aumento delle accise a garanzia del maggior gettito atteso”.
§ introdurre il cd. meccanismo di “split payment”, ovvero speciali modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta; tale meccanismo prevede che al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura; l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario. Viene espressamente prevista la necessaria acquisizione dell’autorizzazione da parte degli organismi europei e, in caso di mancato rilascio di apposita deroga alla disciplina comunitaria dell’IVA, si dispone un aumento dell’aliquota dell’accisa sui carburanti tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 988 milioni di euro a decorrere dal 2015.
Le disposizioni in commento, integrando l’articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972, intendono anzitutto introdurre nell’ordinamento nazionale ulteriori ipotesi di reverse charge, relativamente al settore edile e al settore energetico, in conformità rispettivamente agli articoli 199 e 199-bis della direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA).
Il
meccanismo del reverse charge nell’ordinamento
italiano ed europeo
Si rammenta in via preliminare che per “reverse charge” o inversione contabile si intende un particolare meccanismo che prevede il trasferimento di una serie di obblighi relativi alle modalità con cui viene assolta l’Iva, dal cedente di beni / servizi all’acquirente (in deroga alla disciplina generale in materia di imposta sul valore aggiunto). In tal modo, l’acquirente risulta allo stesso tempo creditore e debitore del tributo, con obbligo di registrare la fattura sia nel registro degli acquisti che in quello delle fatture.
Tale sistema, ritenuto particolarmente efficace nella prevenzione delle frodi IVA, è già applicabile nell’ordinamento italiano in una serie di ipotesi specifiche.
Più in dettaglio, l’articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 (che ha istituito e disciplinato l’IVA) sancisce che l’inversione contabile si applica alle cessioni imponibili di oro da investimento nonché alle cessioni di materiale d'oro e a quelle di prodotti semilavorati aventi specifiche caratteristiche di purezza; in tal caso al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'annotazione "inversione contabile" e l'eventuale indicazione della norma di riferimento, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nei registri fatture nei registri corrispettivi entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro acquisti. Il meccanismo opera anche (articolo 17, comma 6):
§ per le prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore. Il meccanismo però non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori;
§ alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato, per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;
§ alle cessioni di cellulari;
§ alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;
§ alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.
La legge di delegazione europea 2013 (legge n. 96 del 2013) ha delegato il governo ad attuare nell’ordinamento italiano, tra l’altro, la Direttiva 2010/23/UE per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi. Essa introduce un nuovo articolo 199-bis alla direttiva 2006/112/CE, per consentire agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile alle operazioni che comportano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla Direttiva 2003/87/CE). In sostanza, l'obbligo di versare l'IVA spetta al soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni e non, come di norma previsto, al soggetto passivo che effettua l'operazione. Come emerge dai considerando della direttiva, l'obiettivo della norma è di combattere le frodi ai danni dell'IVA tramite una misura temporanea, che deroga alle norme vigenti nell'Unione.
Si rammenta che il 22 luglio 2013 il Consiglio dell'UE ha approvato in via definitiva due modifiche della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, e segnatamente la direttiva 2013/43/UE, relativa all'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi; la direttiva 2013/42/UE, relativa al meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA.
I provvedimenti intervengono sulla direttiva IVA lungo due direttrici: la direttiva 42 predispone un meccanismo di reazione rapida (quick reaction mechanism – c.d. QRM) di fronte alle frodi carosello, che consiste nella facoltà di applicare l'inversione contabile per un breve periodo, a seguito di notifica da parte dello Stato membro interessato; la direttiva 43 è volta all'applicazione facoltativa e temporanea dell'inversione contabile (reverse charge) alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi.
Viene a tal fine modificato l’articolo 199-bis, primo paragrafo, della direttiva 2006/112/CE, allargando l’ambito applicativo del meccanismo di reverse charge, fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni. In particolare tale meccanismo potrà applicarsi anche:
§ alle cessioni di telefoni cellulari, ossia dei dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;
§ alle cessioni di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;
§ alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore;
§ alle cessioni di certificati relativi a gas ed energia elettrica;
§ alle prestazioni di servizi di telecomunicazione;
§ alle cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop;
§ alle cessioni di cereali e colture industriali, fra cui semi oleosi e barbabietole, che non sono di norma destinati al consumo finale senza aver subito una trasformazione;
§ alle cessioni di metalli grezzi e semilavorati, fra cui metalli preziosi, quando non sono altrimenti contemplati dall’art. 199, paragrafo 1, lettera d) della Direttiva 2006/112/CE, dai regimi speciali applicabili ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (a norma degli articoli da 311 a 343) o dal regime speciale per l’oro da investimento (a norma degli articoli da 344 a 356).
Infine, la direttiva consente agli Stati membri in caso di applicazione del meccanismo in commento, di informare il comitato Iva e fornirgli specifiche seguenti informazioni concernenti: l’ambito di applicazione della misura che applica il meccanismo, unitamente al tipo e alle caratteristiche della frode, nonché una descrizione dettagliata delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi in materia di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo; le azioni adottate per informare i pertinenti soggetti passivi dell’introduzione dell’applicazione del meccanismo; i criteri di valutazione che consentano il confronto fra le attività fraudolente che interessano i beni e i servizi elencati prima e dopo l’applicazione del meccanismo, le attività fraudolente che interessano altri beni e servizi prima e dopo l’applicazione del meccanismo ed eventuali aumenti di altri tipi di attività fraudolente prima e dopo l’applicazione del meccanismo; la data di inizio e il periodo di validità della misura che attua il meccanismo.
La legge di delegazione europea 2013 relativa al secondo semestre (Legge n. 154 del 7 ottobre 2014) approvata definitivamente dal Parlamento il 17 settembre 2014 ha delegato il Governo all’attuazione delle due direttive.
Più in dettaglio le disposizioni in esame (articolo 44, comma 7, lettera a), n. 2), che introduce nel D.P.R. IVA, all’articolo 17, comma 6, una lettera a-ter)), dispongono in primo luogo l’applicazione dell’inversione contabile anche alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici, a prescindere dalla qualifica soggettiva dei soggetti prestatori/cessionari dei servizi.
Le disposizioni intendono – coerentemente all’articolo 199, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2006/112/CE, che consente l’applicazione del reverse charge alle prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili – eliminare la vigente limitazione soggettiva, che circoscrive l’applicazione del reverse charge per le prestazioni nel settore edile (in particolare le prestazioni di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) al caso in cui i relativi servizi sono resi da soggetti subappaltatori, nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore.
Per motivi di coordinamento, dunque, il n. 1) della lettera a) del comma 7 precisa che il reverse charge si applica alle restanti prestazioni di servizi rese nel settore edile, ossia quelle diverse da pulizia, demolizione, installazione impianti e completamento relative a edifici indicate nell’introdotta lettera a-ter).
Come già accennato in precedenza, l’introduzione dell’articolo 199-bis nella richiamata direttiva 2006/112/CE, è stata disposta in relazione alla particolare rischiosità di frodi IVA in determinati settori; in tal modo, per detti ambiti si è prevista la facoltà di trasferire il versamento IVA al destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi.
La disciplina comunitaria consente quindi agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell'inversione contabile mirato a tali beni e servizi a condizione che ne diano comunicazione al Comitato IVA e forniscano le informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode.
Di conseguenza, il comma 7, lettera a), n. 3 della norma in esame introduce le lettere d-bis), d-ter) e d-quater) al comma 6 dell’articolo 17 del D.P.R. IVA, così estendendo il reverse charge :
§ ai trasferimenti delle quote di emissione di gas-serra operati, nell’ambito del sistema europeo di emission trading (EU ETS), a norma dell’art. 12 della direttiva 2003/87/CE (lettera d-bis)).
In estrema sintesi, l’EU ETS è un sistema di tipo “cap and trade" che fissa un tetto massimo (cap) alle emissioni consentite ai soggetti partecipanti, ma consente ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato (trade) diritti di emissione di CO2 (quote) secondo le loro necessità, all'interno del limite stabilito.
Tale sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (denominato Emission Trading System - EU ETS), previsto dal Protocollo di Kyoto, è stato istituito dalla direttiva 2003/87/CE, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 216/2006. In seguito alle numerose modifiche apportate dalla direttiva 2009/29/CE, è stato emanato il D.Lgs. 13 marzo 2013 n. 30, che ha sostituito ed abrogato il precedente decreto legislativo.
L’art. 32 del D.Lgs. 30/2013, in linea con le disposizioni dell’art. 12 della direttiva, dispone che le quote di emissioni possono essere trasferite sia tra persone all'interno dell’Unione europea, nonché (alle condizioni indicate dalla norma) tra persone all'interno della UE e persone nei Paesi terzi.
Gli scambi avvengono solitamente tramite apposite “piattaforme di scambio”. La prima piattaforma italiana per lo scambio di quote di emissione di gas-serra è stata predisposta dal Gestore del Mercato Elettrico (GME).
§ ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla stessa direttiva 2003/87/CE, nonché di certificati relativi all’energia e al gas (lettera d-ter));
§ e, per prevenire il possibile trasferimento delle attività fraudolente ad altri beni o servizi del settore, alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore, individuato attraverso il rinvio all’art. 7-bis, comma 3, lettera a), del D.P.R. 633/1972 (lettera d-quater)).
Ai sensi dell’articolo 7-bis del D.P.R. IVA, per soggetto passivo-rivenditore si intende un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all'acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile.
Come precisato dalla relazione illustrativa, dal momento che le nuove ipotesi sono introdotte nel già vigente articolo 17, sesto comma del D.P.R. IVA, i contribuenti che pongono in essere le relative cessioni e prestazioni potranno chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile (ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, lettera a) del citato D.P.R. n. 633 del 1972).
Il successivo comma 8 dell’articolo 44 in esame, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 199-bis della direttiva 112/2006 circa il carattere temporaneo della misura, che deve avere una durata non inferiore a due anni e non protrarsi oltre il 31 dicembre 2018, prevede che tali nuove ipotesi di reverse charge si applichino per un periodo di quattro anni.
L’articolo 44, comma 7, lettera b) introduce il cd. “split payment”, ovvero speciali modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta.
A tal fine viene inserito nel D.P.R. n. 633 del 1972 l’articolo 17-ter, ai sensi del quale nel caso di cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle unità sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini che verranno fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Di conseguenza, la disposizione proposta intende attuare una peculiare tipologia di “split payment” secondo la quale:
§ al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura;
§ l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario.
Viene espressamente prevista la necessaria acquisizione dell’autorizzazione da parte degli organismi europei competenti e, in particolare, l’efficacia di dette norme (comma 9 dell’articolo 44 in esame) viene subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio.
Il richiamato articolo 395 della direttiva 2006/112/CE affida al Consiglio, con delibera all'unanimità adottata su proposta della Commissione, la possibilità di autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla direttiva stessa, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale. Lo Stato membro che desidera introdurre le misure in deroga invia una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari. Se la Commissione ritiene di non essere in possesso di tutti i dati necessari, essa contatta lo Stato membro interessato entro due mesi dal ricevimento della domanda, specificando di quali dati supplementari necessiti. Non appena la Commissione dispone di tutti i dati che ritiene necessari per la valutazione, ne informa lo Stato membro richiedente entro un mese e trasmette la domanda, nella lingua originale, agli altri Stati membri. Entro i tre mesi successivi all'invio dell'informazione, la Commissione presenta al Consiglio una proposta appropriata o, qualora la domanda di deroga susciti obiezioni da parte sua, una comunicazione nella quale espone tali obiezioni. La procedura deve essere completata, in ogni caso, entro otto mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione. In specifici casi di “imperativa urgenza” la procedura di cui ai paragrafi 2 e 3 è completata entro sei mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione.
Il comma 9 prevede inoltre che, in caso di mancato rilascio della suddetta misura di deroga, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 30 giugno 2015, si dispone l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante (di cui all’allegato 1 del Testo Unico Accise – TUA contenuto nel D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 988 milioni di euro a decorrere dal 2015; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito Internet dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Si rammenta che l’articolo 45 (commi 3 e 4) del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia), introduce una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro. Tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi attraverso maggiori entrate o risparmi di spesa mediante interventi di revisione della spesa pubblica.
Le variazioni delle aliquote di accisa sui
carburanti a legislazione vigente
Si rammenta che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 487 della legge n. 228 del 2012) aveva disposto che dal 1° gennaio 2013, l’aliquota di accisa sulla benzina fosse pari a 728,40 euro per mille litri e quella sul gasolio usato come carburante a 617,40 euro per mille litri.
Dal 1° marzo 2014 l'accisa sulla benzina è pari a 730,80 euro per mille litri, mentre quella sul gasolio è stata aumentata a 619,80 euro per mille litri, per effetto della Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013 . Tale aumento è conseguente alle norme contenute nell’articolo 61, comma 1, lettera e) del decreto-legge n. 69 del 2013.
E' previsto un ulteriore incremento di detta aliquota per l’anno 2015, che consegue all’attivazione della "clausola di salvaguardia" contenuta nell'articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 102 del 2013 (cd. decreto-legge IMU). Più in dettaglio (secondo quanto previsto dal D.M. 30 novembre 2013), sarà un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 31 dicembre 2014, a disporre l'innalzamento dell'accisa sui carburanti, a decorrere dal 1° gennaio 2015 e fino al 15 febbraio 2016, con lo scopo di produrre maggiori entrate nette non inferiori a 671,1 milioni di euro per l'anno 2015 e 17,8 milioni di euro per l'anno 2016.
La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 626 della legge n. 147 del 2013) stabilisce un ulteriore aumento dell'accisa sulla benzina e del gasolio per il periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, la cui misura è affidata a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2016, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l'anno 2017 e a 199 milioni di euro per l'anno 2018.
L’articolo 14 del D.L. n. 91 del 2013 fissa, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'aliquota dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti nella misura di 787,81 euro per mille chilogrammi, determinando pertanto un aumento di 37,81 euro per mille chilogrammi rispetto all'aliquota previgente (750 euro per mille chilogrammi).
La richiamata legge di stabilità 2014 dispone infine (articolo 1, commi 634 e 635 della legge n. 147 del 2013) l'estensione alle annualità dal 2014 al 2019 delle vigenti disposizioni in tema di accisa ridotta per talune emulsioni stabilizzate con acqua, idonee all'impiego nella carburazione e nella combustione.
Da ultimo, l'articolo 19, comma 3 del D.L. n. 91 del 2014 ha disposto un ulteriore aumento, decorrente dal 1° gennaio 2019, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante. L'incremento è affidato a un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018 ed efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia, tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021. Detto aumento è disposto a copertura delle misure, contenute nel medesimo articolo 19 del D.L. n. 91/2014, che rafforzano l'istituto dell'ACE - aiuto per la crescita economica, in particolare per le imprese che intendono quotarsi nei mercati regolamentati.
Le disposizioni proposte prevedono infine (lettera c) del comma 7) a favore dei fornitori interessati dalle operazioni in esame, la possibilità di chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972, che viene conseguentemente novellato; si dispone infine (comma 10 dell’articolo 44) che, a carico della P.A. inadempiente (che omette o ritarda il versamento dell’imposta), siano applicate le sanzioni amministrative previste per gli omessi o tardivi versamenti (trenta per cento di ogni importo non versato) dall’articolo 13 del D.lgs. n. 471 del 1997, e che le relative somme dovute siano riscosse mediante atto di recupero motivato, emanato dall’Agenzia delle Entrate, da notificare al contribuente (disciplinato dall’articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
Articolo 44,
commi 11-18
(Adempimenti volontari dei contribuenti)
I commi da 11 a 18 dell’articolo
44 intendono modificare le modalità di gestione del rapporto tra fisco e contribuenti, al fine di migliorarne la cooperazione ed aumentare l’adempimento spontaneo
agli obblighi fiscali (cd. tax compliance).
Con un primo gruppo di norme (commi 11-13) si prevede che l’Agenzia delle entrate metta a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso, con possibilità del contribuente di segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti. Sono messi a disposizione anche gli elementi e le informazioni utili per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e stima dei medesimi. Le modalità di attuazione di tali norme sono affidate a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate
I commi da 14 a 17 intendono modificare sostanzialmente le modalità, i termini e le agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso; in sostanza, si potrà accedere all’istituto del ravvedimento anche oltre i termini attualmente previsti dalle norme vigenti, nonché – per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate - a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione o accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità in materia di imposte sui redditi e di IVA. Si potrà dunque usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto sarà più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario.
Con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo sono eliminati gli istituti della definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio e dell’adesione ai processi verbali di constatazione, con efficacia differita agli atti notificati o consegnati dal 31 dicembre 2016. Sono coerentemente modificati i relativi impianti sanzionatori: tuttavia, l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Si dispone quindi un allungamento dei termini sia relativi alla notifica delle cartelle di pagamento, sia relativi all’accertamento.
Sono infine (comma 18) apportate sostanziali semplificazioni in materia di dichiarazione IVA, operanti a decorrere dalla dichiarazione dovuta per il 2015.
Con un primo gruppo di norme (comma 11), al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e l’amministrazione fiscale, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, finalizzate a semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, l’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisite direttamente o pervenute da terzi, relative anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d’affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d’imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti.
Il contribuente può segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.
Si segnala che tali disposizioni sembrano collocarsi nel solco del percorso di semplificazione fiscale avviato già con la legge di delega fiscale (Legge n. 23 del 2014) Per stimolare l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, la delega introduce norme volte alla costruzione di un migliore rapporto tra fisco e contribuenti attraverso forme di comunicazione e cooperazione rafforzata (articolo 6). Le imprese di maggiori dimensioni dovranno costituire sistemi di gestione e controllo del rischio fiscale, con una chiara attribuzione di responsabilità nel sistema dei controlli interni. A fronte di ciò saranno previsti minori adempimenti per i contribuenti, con la riduzione delle eventuali sanzioni, nonché forme specifiche di interpello preventivo con procedura abbreviata. È previsto l’ampliamento del tutoraggio dell’amministrazione finanziaria nei confronti dei contribuenti, in particolare quelli di minori dimensioni e operanti come persone fisiche, ai fini dell’assolvimento degli adempimenti, della predisposizione delle dichiarazioni e del calcolo delle imposte, con la possibilità di invio di modelli precompilati. E' prevista l’istituzione di forme premiali, consistenti in una riduzione degli adempimenti, in favore dei contribuenti che vi aderiscano. Il Governo è delegato, inoltre, ad ampliare l’ambito applicativo della rateizzazione dei debiti tributari, attraverso la semplificazione degli adempimenti amministrativi e patrimoniali per accedere alla rateizzazione; la possibilità di richiedere la dilazione del pagamento prima dell’affidamento in carico all’agente della riscossione anche nel caso di accertamento esecutivo; la complessiva armonizzazione delle norme in materia di rateazione dei debiti tributari; i ritardi di breve durata nel pagamento di una rata, ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate, non comportano l’automatica decadenza dal beneficio della rateazione. La legge delega inoltre prevede la revisione della disciplina degli interpelli, per garantirne una maggiore omogeneità per una migliore tutela giurisdizionale ed una maggiore tempestività nella redazione dei pareri, anche procedendo all’eliminazione di forme di interpello obbligatorio che non producono benefici ma solo aggravi per i contribuenti e per l’amministrazione.
Si segnala in proposito che il 7 agosto 2014 la Commissione VI finanze ha espresso parere favorevole, con alcune osservazioni e condizioni, sull'Atto del Governo n. 99 in materia di semplificazioni fiscali (articolo 7 della legge delega); tra le misure previste nello schema di decreto e che ricalcano le finalità delle disposizioni in esame si ricorda l'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell’erario, la revisione della disciplina concernente i rimborsi IVA e lo snellimento degli adempimenti connessi ad operazioni intracomunitarie e con i Paesi esteri.
A seguito del parziale accoglimento delle condizioni e osservazioni espresse dalle Commissioni parlamentari, il 30 settembre 2014 è stata trasmessa richiesta di parere definitivo relativa allo schema sulle semplificazioni fiscali (Atto del Governo n. 99-bis). Rispetto al testo originario, sono state introdotte norme in materia di società in perdita e di responsabilità solidale negli appalti ed è stata soppressa la norma in materia di società tra professionisti. Il 16 ottobre 2014 la Commissione ha reso parere favorevole in ordine a tale ultima formulazione dello schema.
La Relazione illustrativa specifica che tale nuova strategia è funzionale anche alla possibilità, da parte dell’Agenzia delle entrate, di concentrare le proprie risorse sui contribuenti meno collaborativi e trasparenti, che abbiano strutturato sistemi complessi e ben architettati di evasione e di frode o, comunque, ritenuti maggiormente a rischio.
Ai sensi del comma 12, per le predette finalità l’Agenzia delle entrate mette, altresì, a disposizione del contribuente ovvero del suo intermediario gli elementi e le informazioni utili a quest’ultimo per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e relativi alla stima dei predetti elementi, anche in relazione ai beni acquisiti o posseduti.
Il comma 13 affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di individuare le modalità con cui gli elementi e le informazioni citati sono messi a disposizione del contribuente. Il provvedimento deve indicare, in particolare, le fonti informative, la tipologia di informazioni da fornire al contribuente e le modalità di comunicazione tra quest’ultimo e l’amministrazione, assicurate anche a distanza mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie, i livelli di assistenza ed i rimedi per la rimozione delle eventuali omissioni e per la correzione degli eventuali errori commessi.
Con le norme in esame si persegue dunque lo scopo, oltre di assicurare maggiore trasparenza e correttezza nei confronti del contribuente, anche di fornire allo stesso le informazioni utili ai fini di una valutazione delle stesse nella fase di predisposizione della dichiarazione o, nel caso in cui sia stata già presentata, al fine di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni, mediante l’istituto del ravvedimento operoso.
I commi da 14 a 17 intendono realizzare le predette finalità anche attraverso la modifica sostanziale di modalità, termini ed agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso, che viene profondamente innovato.
In particolare, la lettera b) del comma 14 apporta modifiche alla disciplina del predetto istituto, contenute nell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997.
Il vigente articolo 13 consente di ridurre le sanzioni amministrative tributarie in presenza di un comportamento collaborativo del contribuente (cd. “ravvedimento”), a due condizioni:
§ la violazione non deve essere stata già constatata;
§ come accennato in precedenza, non devono essere iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.
La sanzione è così ridotta:
a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;
b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;
c) ad un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.
Si dispone (comma 2 dell’articolo 13) che il pagamento della sanzione ridotta sia eseguito contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.
Il comma 3 dell’articolo 13 dispone che, nel caso di liquidazione d’ufficio dell’imposta, il ravvedimento si perfeziona con l'esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione.
E’ consentito (articolo 13, comma 5) a singoli provvedimenti di rango primario (leggi e atti aventi forza di legge) di stabilire ulteriori circostanze che importino l'attenuazione della sanzione.
In primo luogo il comma 14, lettera b), n. 1), punto 1.1 effettua un allungamento dei termini per avvalersi del ravvedimento, introducendo un’ulteriore ipotesi di riduzione delle sanzioni; viene a tal proposito inserita la lettera a-bis) al comma 1 dell’articolo 13, in base alla quale la sanzione è ridotta ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall'errore.
Di conseguenza il ravvedimento potrà essere esperito anche oltre il termine massimo per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione.
Il successivo punto 1.2 del n. 1) della lettera b) introduce due lettere (b-bis e b-ter) al comma 1 dell’articolo 13, che riducono – rispettivamente - la sanzione:
§ ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione; se non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore;
§ ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre detto termine.
Tendenzialmente, dunque, si potrà usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto è più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario.
La lettera b) del comma 14,
al n. 2, introduce un comma 1-bis all’articolo 13, ai sensi del
quale le così introdotte disposizioni
in materia di ravvedimento si applicano ai tributi
amministrati dall’Agenzia delle entrate.
Dal tenore letterale della norma in esame, sembrerebbe desumersi che per tutti gli altri tributi (ad es. tributi locali) restano fermi gli ordinari termini di ravvedimento operoso attualmente vigenti.
Per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate viene eliminata la preclusione secondo la quale, a legislazione vigente, non è possibile l’accesso all’istituto del ravvedimento se la violazione è già stata constatata ovvero se sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza.
In sostanza, in tali ipotesi il contribuente potrà “ravvedersi” anche ove siano iniziate – o siano a lui note –procedure di accertamento fiscale.
Rimane in piedi tuttavia la preclusione, nel caso in cui è stato notificato un atto di liquidazione o accertamento relativo agli stessi tributi, comprese le comunicazioni di irregolarità (all’esito di controlli automatici, di cui agli articoli 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del D.P.R. n. 533 del 1972) e degli esiti del controllo formale delle dichiarazioni (articolo 36-ter D.P.R. n. 633 del 1973).
La successiva lettera c) del comma 14, con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo, elimina i seguenti istituti:
§ definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai commi da 1-bis a 1-quinquies (ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA) (punto 1).
In estrema sintesi, il contribuente può definire l’accertamento anche mediante adesione a specifico invito a comparire presso l’Amministrazione finanziaria, mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione. Nel caso di adesione le sanzioni applicabili (un terzo del minimo edittale) sono ridotte alla metà (un sesto del minimo);
§ definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’articolo 11, comma 1-bis dello stesso decreto (ai fini delle imposte indirette diverse dall’IVA, tra cui l’imposta di registro, sulle successioni e donazioni) (punto 3);
§ adesione ai processi verbali di constatazione, di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo n. 218 del 1997 (punto 2);
In tal caso il contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto che consentano l'emissione di accertamenti parziali, entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale medesimo mediante comunicazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate ed all’organo che ha redatto il verbale. Anche in tal caso la sanzione (un terzo del minimo edittale) è ridotta a un sesto del minimo.
§ viene altresì eliminato il comma 2-bis dell’articolo 15 del richiamato D.Lgs. n. 218 del 1997, che stabilisce la riduzione alla metà delle sanzioni previste nel caso in cui il contribuente rinuncia ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, se l’avviso di accertamento o di liquidazione non è stato preceduto dall’invito al contraddittorio (formulato ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 218 del 1997). Di conseguenza, in caso di rinuncia all’impugnazione la riduzione complessiva della sanzione è a un sesto delle sanzioni irrogate. La norma abrogata prevede altresì che tale misura agevolata non si applica qualora il contribuente, pur potendo, non abbia definito direttamente i processi verbali di constatazione (ai sensi del richiamato ’articolo 5-bis del decreto legislativo n. 218 del 1997), che consentono l’emissione di accertamenti parziali o non abbia aderito agli inviti al contraddittorio di cui ai predetti articoli 5 e 11, commi 1-bis, dello stesso decreto (punto 4).
Tale modifica trova la sua ratio nella necessità di armonizzare il nuovo ravvedimento al sistema complessivo, anche sotto il profilo sanzionatorio: gli istituti che si intende abrogare prevedono infatti la riduzione delle sanzioni alla metà della misura prevista nell’ipotesi di accertamento con adesione che è pari ad un terzo del minimo stabilito dalla legge.
Per effetto delle modifiche proposte all’istituto del ravvedimento, la stessa riduzione della sanzione - prevista per le diverse violazioni contestabili in sede di accertamento – verrebbe disposta dall’articolo 13, comma 1, lettera b-ter), nel caso di regolarizzazione degli errori “oltre termine” (un sesto del minimo).
Alla luce delle modifiche apportate dalla presente disposizione, in caso di rinuncia alla impugnazione dell’avviso di accertamento, le sanzioni verrebbero dunque ridotte ad un terzo di quelle irrogate.
Conseguentemente alle modifiche apportate all’istituto del ravvedimento operoso (lettera a) del comma 14) viene innovato l’articolo 2, comma 8 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, che consente al contribuente di integrare le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta (e in base al rinvio operato dall’articolo 8, comma 6 dello stesso decreto, anche dell’imposta sul valore aggiunto) per correggere errori od omissioni, non oltre i termini stabiliti dalla legge per l’accertamento, fatta salva l’applicazione delle sanzioni nella misura ordinaria.
In tal modo si mira a coordinare esplicitamente i termini e le modalità per usufruire della dichiarazione integrativa e del ravvedimento operoso, raccordando i due istituti; nella disciplina della dichiarazione integrativa si esplicita che, anche in tale ipotesi, rimane comunque ferma l’applicazione del ravvedimento operoso come novellata dalle norme commentate.
Sulla base della legislazione vigente, la disciplina della dichiarazione integrativa di cui al richiamato comma 8 dell’articolo 2 deve coordinarsi con quella del “ravvedimento operoso”, previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Come segnalato in proposito dalla Relazione illustrativa del provvedimento, l’ambito di applicazione temporale della integrazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, è più ampio di quello previsto per il ravvedimento disciplinato dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997. Quest’ultimo, infatti, consente di integrare la dichiarazione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale l’errore o l’omissione si è verificato.
Inoltre, a differenza delle dichiarazioni integrative, secondo le norme vigenti il ravvedimento è precluso se sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.
Sotto il profilo sanzionatorio, a differenza dell’integrazione di cui al comma 8 dell’articolo 2, che comporta l’applicazione delle sanzione per intero, l’istituto del ravvedimento richiede il pagamento in misura ridotta della sanzione prevista per la commessa violazione.
Ai sensi dei successivi commi 15 e 16 è prevista una serie di norme transitorie, che posticipa l’applicazione delle disposizioni introdotte, in particolare di quelle relative all’accertamento.
Si prevede che alcune norme entrino in vigore immediatamente e, in particolare, abbiano immediata applicazione quelle che consentono al contribuente di ravvedersi autonomamente, con l’ausilio dell’Agenzia delle entrate, attraverso un’apposita cooperazione con il contribuente, rafforzata dall’intervento in termini informativi nei confronti dello stesso.
In sostanza il contribuente potrà regolarizzare, dal 1° gennaio 2015, eventuali violazioni che secondo la norma vigente risultano non più sanabili.
Dall’altro lato le disposizioni che disciplinano gli istituti abrogati (più in dettaglio, la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui agli articoli 5, commi da 1-bis a 1-quinquies e la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’articolo 11, comma 1-bis del D.Lgs. n. 218 del 1997), come vigenti alla data di entrata in vigore del comma 14 della norma in esame, continueranno ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto e altre imposte indirette, notificati entro il 31 dicembre 2015.
Mentre le disposizioni di cui all’articolo 5-bis dello stesso D.lgs. n. 218 del 1997 (adesione ai processi verbali di constatazione) continueranno ad applicarsi ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto consegnati entro la stessa data del 31 dicembre 2015.
Dall’altro lato (comma 16) l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Ai sensi del comma 17 si dispone un allungamento dei termini sia relativi alla notifica delle cartelle di pagamento, sia dei termini relativi all’accertamento, coerenti con le modifiche in materia di dichiarazione integrativa e di ravvedimento.
In particolare la norma precisa che, ove sia presentata una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998) e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono, dalla presentazione di tali dichiarazioni (comma 17, lettera a)).
Inoltre (comma 17, lettera b)) i limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione, i termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa.
Si chiarisce che l’allungamento dei termini vale anche per l’imposta di registro, per la quale i termini relativi all’attività di accertamento e riscossione decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.
Si tratta dei termini di cui all’ articolo 76 del D.P.R. n. 131 del 1986, ai sensi del quale si deve richiedere la registrazione – a pena di decadenza - nel termine di cinque anni dal giorno in cui essa avrebbe dovuto essere richiesta o si è verificato il fatto che legittima la registrazione d'ufficio; inoltre, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta eventualmente dovuta deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale. Tale disposizione prevede inoltre specifici termini di richiesta delle registrazioni, se l’imposta è assolta per via telematica.
Analogamente è precisato che i termini relativi all’imposta di successione e donazione (di cui all’articolo 27 del D.Lgs. n. 346 del 1990) decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.
Infine il comma 18, nell’ottica della prosecuzione dell’opera di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, apporta sostanziali modifiche al D.P.R. n. 322 del 1998, operanti a decorrere dalla dichiarazione IVA dovuta per il 2015.
In primo luogo (comma 18, lettere a) e b)) si elimina l’obbligo della dichiarazione unificata (attraverso una modifica all’articolo 3, comma 1 del D.P.R. n. 322 del 1998 e, per coordinamento, al successivo articolo 4, comma 1).
La lettera c) del comma 18 novella l’articolo 8, comma 1 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998, ai sensi del quale - salvo quanto previsto relativamente alla dichiarazione unificata - il contribuente deve presentare tra il 1° febbraio e il 30 settembre la dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'anno solare precedente. Al fine di semplificare gli adempimenti, si precisa che i contribuenti dovranno presentare la dichiarazione IVA annuale nel mese di febbraio.
Inoltre, la lettera d) del comma 18 (mediante l’abrogazione dell’articolo 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998) elimina l’obbligo di presentazione della comunicazione dati IVA, prevista al fine di ottemperare, nei termini prescritti dalla Direttiva 2006/112/CE, al calcolo delle “risorse proprie” che ciascuno Stato membro deve versare al bilancio UE, compensando tale esigenza con la previsione del termine per la presentazione della dichiarazione IVA a febbraio.
Articolo 44,
comma 19
(Proroga riscossione enti locali)
Il comma 19 dell’articolo 44, modificando l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, differisce al 30 giugno 2015:
§ il termine entro cui le società Agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei Comuni e delle società da essi partecipate;
§ il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli Enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.
Le disposizioni in esame prolungano dunque dal 31 dicembre 2014 al 30 giugno 2015 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali (sia per i tributi che per le entrate di natura diversa, di pertinenza di tutti gli enti territoriali e nono solo dei comuni), superando la scadenza del 31 dicembre 2014, a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata dovrebbero cessare - secondo quanto stabilito all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, e successive proroghe - di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.
Si rammenta che, nella sua formulazione originaria, il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. La norma permetteva dunque - solo per la predetta attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa) - di superare la precedente scadenza del 30 giugno 2013, a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero cessato - secondo quanto stabilito all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, e successive proroghe - di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.
Successivamente sulla norma è intervenuto l’articolo 53 del D.L. n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni.
Tale termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto – legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali.
Il D.L. n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio delle funzioni relative alla riscossione.
Da ultimo, la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) ha ulteriormente rinviato il predetto termine dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014.
Si ricorda che la legge delega sulla riforma fiscale (legge n. 23 del 2014) dedica specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intende procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Si dispone lo snellimento delle procedure di recupero dei crediti di modesta entità e vengono previste iniziative per rafforzare all’interno degli enti locali le strutture e le competenze specialistiche necessarie per la gestione diretta della riscossione, ovvero per il controllo delle strutture esterne affidatarie. Le attività di riscossione devono essere assoggettate a regole pubblicistiche; i soggetti ad essa preposte operano secondo un codice deontologico, con specifiche cause di incompatibilità per gli esponenti aziendali che rivestono ruoli apicali negli enti affidatari dei servizi di riscossione.
Si segnala inoltre che la Commissione Finanze della Camera il 31 luglio 2014 ha avviato la discussione sulla risoluzione n. 7-00427 Causi sul riordino della riscossione coattiva. La risoluzione intende impegnare il Governo, tra l’altro, ad informare i competenti organi parlamentari, prima di adottare i decreti legislativi di attuazione della delega di cui al citato articolo 10 della legge n. 23 del 2014, in ordine ad alcuni aspetti, tra cui l'impatto delle norme emanate durante il 2013 in materia di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, impignorabilità dell'immobile di prima abitazione, limiti alla pignorabilità delle altre case e dei beni strumentali d'impresa, la governance e l’assetto organizzativo di Equitalia, le eventuali ipotesi di costituire un'entità autonoma per la riscossione coattiva locale, che acquisti un ramo d'azienda di Equitalia, ovvero di creare una sua specifica articolazione dedicata alla riscossione locale, con corrispondenti, adeguate modifiche alla governance societaria per riconoscere agli enti locali un ruolo adeguato, nonché l'innovazione degli strumenti normativi e gestionali del ciclo della riscossione coattiva, con l'obiettivo di introdurre maggiore flessibilità e diversificazione in relazione alle varie tipologie di contribuenti e alla consistenza degli importi a debito.
La riscossione delle entrate dei comuni nel
quadro del D.L. 70/2011
Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies del decreto-legge 70/2011 ha recato importanti novità sul sistema di accertamento e riscossione delle entrate di comuni e società partecipate.
In primo luogo esso prevede che a partire da
una specifica data – come si è visto, da ultimo il 31 dicembre 2014 - Equitalia Spa e le società da essa partecipate
cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva –
delle entrate, tributarie o
patrimoniali, dei comuni e delle
società da essi partecipate. Dal momento di tale cessazione spetterà
dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate
tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a
soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o
dall’affidamento in house), essi
dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:
§ la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo. L’ingiunzione fiscale consiste in un atto amministrativo dell’ufficio finanziario contenente l’ordine per il debitore di imposta di pagare l’importo dovuto entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi. L’ingiunzione costituisce un atto complesso con molteplici funzioni e contenuti quali: determinare l’ammontare del tributo; mettere in mora il debitore; creare il titolo esecutivo;
§ le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.
Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.
Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati (per effetto delle modifiche apportate alla lettera gg-septies dall’articolo 5, comma 8-bis del D.L. 16 del 2012) questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione – entro la prima decade del mese.
Il vigente sistema di riscossione delle
entrate locali
A seguito della riforma della riscossione – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.
In particolare, ai sensi del citato comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.a. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).
In
alternativa, e fino al momento dell'eventuale cessione, totale o parziale, del
proprio capitale sociale ad Equitalia, ai concessionari è stato consentito di
scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di
concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché
alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare
le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai
sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446).
Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai cessionari è stato concesso di agire mediante la ricordata procedura dell'ingiunzione fiscale, fatta eccezione per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali avrebbero trovato applicazione le ordinarie disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Ai sensi del successivo comma 25, fino alla predetta data del 31 dicembre 2014, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi fosse diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.
Infine, fatto salvo l'eventuale affidamento temporaneo a Equitalia, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica, con decorrenza 31 dicembre 2014.
Articolo 44,
commi 20-25
(Disposizioni in materia di giochi)
Nelle more del riordino della disciplina dei giochi pubblici prevista nell’ambito della delega fiscale di cui all’articolo 14 della legge n. 23 del 2014, il comma 20 provvede a disciplinare una situazione che si è determinata nel corso degli ultimi anni in relazione ad alcune agenzie di scommesse, collegate tramite i c.d. totem (terminale da gioco collegato a internet su siti esteri) a bookmakers e casinò off-shore, con sedi all’estero (sia in paesi UE che in paradisi fiscali), che - per effetto della normativa comunitaria e della giurisprudenza in materia di libera concorrenza e prestazioni di servizi - ritengono di poter esercitare attività di raccolta di gioco in Italia senza concessione da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e conseguentemente non versano alcuna imposta all’erario.
Al riguardo si veda la risposta del Governo in Commissione Finanze della Camera dei deputati all’interrogazione 5-03560 Busin del 17 settembre 2014, nella quale si stima che la rete parallela sia attualmente composta da circa 5.000 esercizi, mentre quelli autorizzati alle scommesse sportive sono circa 7.400. Gli importi delle scommesse raccolte nel 2013 dagli esercizi autorizzati ammontavano a circa 3,7 miliardi di euro, mentre quelli delle scommesse raccolte dagli operatori privi di concessione sono stimati in una cifra vicina ai 2,5 miliardi di euro.
Ai sensi dell’alinea
del comma 20, sono destinatari delle
disposizioni in esame quelle persone che, in
assenza di concessione governativa e fino
al momento in cui la conseguono, offrono comunque scommesse con vincite in
Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore
nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
La disposizione precisa, al riguardo, che, essendo il contratto di gioco perfezionato in Italia, è regolato dalla legislazione nazionale, e conseguentemente richiama una serie di disposizioni legislative che trovano applicazione, a decorrere dal 2015, nei confronti dei titolari dell’esercizio e del punto di raccolta (delle scommesse), indicando, in caso di violazione la conseguente sanzione (lettera h) del comma 20).
Sono richiamate, a motivo dell’intervento in commento, le esigenze di ordine pubblico e sicurezza, nonché di tutela dei minori e delle fasce sociali più deboli.
L’introduzione delle nuove disposizioni punterebbe altresì – secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, per motivi di ordine pubblico e sicurezza – a intercettare e contrastare il fenomeno del c.d. match fixing, ossia l’organizzazione di scommesse illegali al fine di predeterminare il risultato di un evento sportivo.
Su tale previsione sarebbe opportuno verificare la compatibilità con il
diritto dell’Unione europea, anche in relazione alla congruità del richiamo
espresso ai motivi di ordine pubblico e di sicurezza.
Il
regime concessorio dei giochi e delle scommesse e
la giurisprudenza della Corte di giustizia
Si ricorda che la procedura autorizzatoria per il rilascio, da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, della licenza per l'esercizio delle scommesse è disciplinata dall'articolo 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 recante Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps).
La sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 febbraio 2012 nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10 (sentenza Costa-Cifone) ha stabilito la compatibilità di un regime di monopolio in favore dello Stato e di un sistema di concessioni e autorizzazioni nel settore dei giochi e delle scommesse, purché siano rispettati i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, parità di trattamento degli operatori - attraverso il principio di equivalenza e di effettività – e proporzionalità, assicurando inoltre il rispetto della certezza del diritto e del dovere di trasparenza. In particolare, la Corte ha chiarito che le limitazioni ai principi di libertà di stabilimento e prestazione dei servizi devono essere strettamente legate a “motivi imperativi di interesse generale” e non possono discendere da esigenze di natura economica o da interessi patrimoniali dello Stato membro.
E’ quindi possibile offrire esclusivamente le tipologie di giochi figuranti in un elenco, sanzionando con la decadenza della concessione l’offerta di qualsiasi altro gioco, purché le decisioni amministrative relative alla redazione dell’elenco siano basate su criteri obiettivi, non discriminatori e noti in anticipo, e possano essere oggetto di un rimedio giurisdizionale. E’ inoltre possibile prevedere la decadenza di una concessione di gioco quando nei confronti del concessionario, del legale rappresentante o degli amministratori del concessionario siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio nell’ambito di un determinato procedimento penale, purché questa ipotesi sia definita con riferimento a fattispecie penali collegate all’attività di gioco e chiaramente definite.
Nella recente sentenza del 22 ottobre 2014 nelle cause riunite C-344/13 e C-367/13 la Corte ha rilevato che, esonerando dall’imposta sul reddito soltanto le vincite da giochi d’azzardo realizzate in Italia, la normativa italiana ha istituito un regime fiscale differente a seconda che le vincite siano ottenute in questo o in altri Stati membri, determinando una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi.
In tale occasione, la Corte ha rilevato che le autorità di uno Stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali. Inoltre, l’esclusione generalizzata dal beneficio dell'esenzione disposta dall’Italia va al di là di quanto è necessario per lottare contro il riciclaggio di capitali. In secondo luogo, non è coerente per uno Stato membro intenzionato a lottare contro la ludopatia, da un lato, tassare i consumatori che partecipano a giochi d’azzardo in altri Stati membri e, dall’altro, esonerarli allorché prendono parte a giochi d’azzardo in Italia. Infatti, una tale esenzione può avere come effetto di incoraggiare i consumatori a prendere parte ai giochi d’azzardo e non è dunque idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo suddetto.
Sulle attività di controllo da esercitare in materia di gioco, l’articolo 14, comma 2 della citata legge di delega fiscale prevede il coordinamento delle disposizioni in materia di giochi con quelle di portata generale in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Stati aventi regimi fiscali privilegiati (lettera s)); l’attuazione di un piano straordinario di controlli volto a contrastare la pratica del gioco svolto con modalità non conformi all'assetto regolatorio stabilito dallo Stato (lettera u)); la previsione di maggiori forme di controllo, anche per via telematica, nel rispetto del diritto alla riservatezza e tenendo conto di adeguate soglie, sul rapporto tra giocate, identità del giocatore e vincite (lettera ee)); la previsione di una relazione annuale alle Camere sul settore del gioco pubblico, contenente i dati sullo stato delle concessioni, sui volumi della raccolta, sui risultati economici della gestione e sui progressi in materia di tutela dei consumatori di giochi e della legalità (lettera gg)).
A decorrere dal 2015, quindi, i soggetti in esame sono sottoposti alle seguenti norme:
a) obblighi di identificazione previsti dalla normativa antiriciclaggio (D.lgs. n. 231/2007) e conseguente obbligo di tutela dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003);
b) divieto di raccolta per eventi non inseriti nel c.d. palinsesto (cioè l’elenco delle scommesse ammesse), anche complementare, reso disponibile sul sito ufficiale dell’Agenzia dei monopoli e delle dogane. Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro;
c) divieto di raccolta di scommesse che consentono vincite superiori a 10.000 euro (tale disposizione è già prevista dall’articolo 14 del D.M. Economia n. 111 del 2006). Sanzione amministrativa da 50.000 a 100.000 euro;
d) applicazione delle disposizioni di lotta alla ludopatia e di tutela dei minori, previste, rispettivamente, dall’articolo 7, commi 5 e 8; del decreto-legge n. 158/2012 (vale a dire, oltre divieto di ingresso per i minori nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro, l’obbligo di apporre formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita, sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi nonché di esporle su apposite targhe nei punti di vendita). Per le violazioni relative alla ludopatia: sanzione amministrativa di 50.000 euro e chiusura (non ne viene indicata la durata) dell’esercizio o del punto vendita; per violazioni sulla tutela dei minori: sanzione amministrativa da 5.000 a 20.000 euro e chiusura da 10 a 30 giorni;
e) obbligo per il proprietario
dell’immobile in cui ha sede l’esercizio o il punto di raccolta ovvero del
titolare dell’esercizio o del punto di raccolta – se diverso dal proprietario –
di comunicare i dati anagrafici e
l’esistenza dell’attività di raccolta di
gioco con vincita in denaro all’autorità
di P.S. entro 7 giorni dall’entrata in vigore della presente legge (quindi
entro il 7 gennaio 2015) o per le attività successive, entro 7 giorni
dall’inizio di tale attività. Sanzione
amministrativa di 1.000 euro;
f) divieto di installazione di apparecchi da gioco newslot e videolottery (indicati al comma 6, lett a) e b) dell’art. 110 del Tulps) già prevista a regime dal comma 9, lettera f-bis) del medesimo articolo 110, e divieto di iscrizione del titolare nell’elenco dei soggetti incaricati della raccolta delle giocate (art. 1, co. 533, L. n. 266/2005) o eventuale cancellazione se già iscritto. Sanzione amministrativa di 1.500 euro per ciascun apparecchio installato;
g) assoggettamento all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (D.Lgs. n. 504/1998). L’imposta si applica su un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto di raccolta (desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale delle scommesse nel periodo d’imposta antecedente), al quale si applica l’aliquota massima dell’8 per cento (indicata all’articolo 4, co. 1, lett. b), numero 3.1, del D.Lgs. n. 504/1998). La norma precisa altresì la non applicazione delle disposizioni in tema di determinazione dell’imposta in caso di scommesse comunque non affluite al totalizzatore nazionale, ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all'imposta unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, previste dall’articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, la logica della forfetizzazione della base imponibile sarebbe particolarmente adatta a tali operatori, tenuto conto della difficoltà di omogeneizzare le situazioni passive del rapporto tributario con quelle dei concessionari di Stato. Inoltre, il mancato collegamento al totalizzatore nazionale impedirebbe di ricostruire la raccolta realizzata, dato che i soggetti in questione dichiarano di essere stabiliti all’estero, dove affluiscono le giocate effettuate.
Il comma 21 interviene in relazione agli apparecchi e congegni da gioco denominati newslot (AWP) e videolottery (VLT), determinando, da un lato l’aumento del prelievo unico erariale (PREU), e dall’altro la riduzione del c.d. pay-out, cioè la quota destinata alle vincite.
L’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003, al comma 13, ha stabilito che agli apparecchi e congegni da
gioco indicati, rispettivamente, alle lettere a) e b) dell'articolo
110, comma 6, del TULPS (R.D. n. 773/1931) collegati in rete - vale a dire le newslot (AWP) e le videolottery (VLT) - si applichi un prelievo erariale unico (PREU) fissato originariamente in misura
del 13,5 per cento delle somme giocate, dovuto dal soggetto al quale
l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) ha rilasciato il nulla
osta.
L’articolo 5 del decreto direttoriale AAMS 12 ottobre 2011 (G.U. n. 265 del 14 novembre 2011), emanato in attuazione dell’articolo
2, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2011, ha disposto la variazione della
misura del prelievo erariale unico nelle seguenti misure:
§
per le newslot, per gli anni 2013 e 2014 si
applica un prelievo del 12,70 per cento sull'ammontare delle somme giocate; a
decorrere dal 1° gennaio 2015, il
prelievo sulla raccolta di gioco è fissato nella misura del 13 per cento delle somme giocate.
Inoltre a decorrere dal 1° gennaio 2013 la percentuale destinata alle vincite (pay-out)
è fissata in misura non inferiore al 74
per cento;
§
per le videolottery a decorrere dal 1° gennaio 2013, ferma
l'addizionale sulle vincite eccedenti l'importo di 500 euro, il prelievo
sull'ammontare delle somme giocate, come da ultimo fissato dal comma 479
dell’articolo unico della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012), è del 5 per cento, mentre il pay
out non può essere inferiore all’85
per cento.
Per le newslot
il comma in esame aumenta il PREU dal 13 per cento (come già
previsto a decorrere dal 2015) al 17 per
cento, mentre la quota destinata alle vincite (pay-out) viene ridotta dal
74 al 70 per cento.
Analogamente per le videolottery
il PREU aumenta dal 5 al 9 per cento della raccolta, mentre il pay-out minimo scende dall’85 all’81 per
cento.
Il comma 22 destina le maggiori
entrate conseguenti all’aumento del PREU
disposto dal comma 21, determinate annualmente a consuntivo al Fondo per la riduzione della pressione
fiscale, previsto dall’articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014
(legge n. 147/2013).
Nel
bilancio a legislazione vigente 2015 le risorse del Fondo per la riduzione
della pressione fiscale sono allocate sul capitolo 3833 dello stato di
previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con stanziamenti pari a
331,5 milioni per il 2015 e 18,5 milioni sia per il 2016 che per il 2017.
Si segnala, peraltro,
che l’articolo 45, comma 2, del testo in
esame dispone l’azzeramento di tali disponibilità di bilancio. Viceversa l’articolo 17, comma 19, incrementa la
dotazione del Fondo di 3.300 milioni di euro per l’anno 2015. L’utilizzo di
tali risorse viene subordinato alla verifica sul rispetto degli obiettivi
programmatici di finanza pubblica del medesimo anno e comunque non può avvenire
prima del mese di ottobre.
I successivi commi da 23 a 25 recano disposizioni per la lotta al gioco illegale effettuato attraverso apparecchi e congegni
da gioco. In particolare il comma 23
dispone che il titolare di un qualsiasi esercizio pubblico nel quale
si rinvengono apparecchi del tipo newslot (articolo 110, comma 6,
lettera a), TULPS), ovvero qualsiasi
apparecchio che sia comunque idoneo a consentire l’esercizio del gioco con vincite in denaro, che non risultino collegati alla rete statale di raccolta del gioco ovvero che in
ogni caso non consentono la lettura dei
dati relativi alle somme giocate, anche per effetto di manomissioni, è soggetto
al pagamento:
a) per ciascuno degli apparecchi newslot,
del prelievo unificato (PREU) previsto a legislazione vigente per tale
tipologia di apparecchi (17 per cento) su un imponibile medio forfetario giornaliero di 1.500 euro per 365
giorni di presunta operatività dell’apparecchio (17X1.500/100=255 euro X 365
gg=93.075 euro);
b) per ciascun altro apparecchio, dell’imposta
unica indicata dal D.Lgs. n. 504 del 1998, in ragione di un’aliquota di
prelievo del 3 per cento su un imponibile medio forfetario giornaliero di 1.500
euro per 365 giorni di presunta operatività dell’apparecchio (3X1.500/100=45
euro X 365 gg=16.425 euro).
Il
decreto direttoriale in vigore, modificato dall’articolo 24, comma 17, del
decreto-legge n. 98 del 2011 prevede che tale base imponibile sia pari ad euro 560 per ogni giornata lavorativa.
Il comma 24 precisa che, in caso di prova documentale contraria,
l’imponibile medio forfetario sopra richiamato è moltiplicato per il numero effettivo di giorni di operatività
comprovata dell’apparecchio.
Inoltre il comma 25 stabilisce che per ciascun apparecchio indicato al
precedente comma 23, il titolare dell’esercizio pubblico è soggetto, oltre al
pagamento dell’imposta, alla sanzione
amministrativa pecuniaria di 20.000 euro.
Si
ricorda al riguardo che l’articolo 7,
comma 3-quater, del decreto-legge n.
158 del 2012 già prevede il divieto di messa a disposizione, presso
qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione
telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a
disposizione dai concessionari on-line,
da soggetti autorizzati all'esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti
privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio. La disposizione, tuttavia,
non prevede alcuna sanzione.
L’apparecchio è in ogni caso soggetto a confisca amministrativa e, qualora non ne sia consentito l’asporto,
il titolare dell’esercizio è custode
dell’apparecchio confiscato, con obbligo di procedere a sua cura e spese alla
distruzione entro 10 giorni, nonché alla consegna
alla Agenzia delle dogane e dei monopoli della scheda madre (nel caso di newslot),
ovvero dell’apparato hardware di suo funzionamento, in
caso di apparecchio di qualunque altra tipologia. Il titolare dell’esercizio è inoltre
soggetto alla sanzione amministrativa
pecuniaria di 200 euro per ogni
giorno di ritardo nella distruzione dell’apparecchio ovvero nella consegna
dei componenti.
Articolo 44,
comma 26
(Tassazione enti non commerciali)
Il comma 26 dell’articolo 44 innalza dal 5 al 77,74 per cento la quota imponibile degli utili percepiti dagli enti non commerciali.
La disposizione in esame modifica il vigente articolo 4, comma 1, lettera q) del D.Lgs. n. 344 del 2003, ai sensi del quale gli utili percepiti, anche nell'esercizio di impresa, dagli enti non commerciali non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 95 per cento del loro ammontare.
Per effetto della disposizione in commento, la quota esente viene ridotta al 22,26 per cento; inoltre, con una modifica alla formulazione della norma, sembrerebbero sottratti a tale regime gli utili percepiti nell’esercizio d’impresa.
Occorrerebbe chiarire alla luce di tale modifica il regimi fiscale
degli utili percepiti dai predetti enti nell’esercizio d’impresa e, in
particolare, se tali utili rientrano nella disciplina generale sotto esposta.
Si rammenta che gli enti non commerciali (tra cui rientrano a titolo esemplificativo gli enti operanti nel terzo settore, i trust e le fondazioni bancarie) godono di un trattamento fiscale agevolato: sono infatti soggetti passivi IRES (ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir), con applicazione di un’aliquota unica al 27,5 per cento, pur determinando la propria base imponibile con modalità analoghe alle persone fisiche (articolo 143, commi 1 e 2 Tuir).
La disposizione, in deroga a quanto previsto dall’articolo 3 dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), ha applicazione retroattiva: essa si applica agli utili messi in distribuzione dal 1° gennaio 2014.
Articolo 44,
comma 27
(Ritenute su ristrutturazioni)
Il comma 27 dell’articolo 44, modificando l’articolo 25, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, eleva dal 4 all’8 per cento la ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare delle detrazioni fiscali connesse agli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico degli edifici.
Al fine di contrastare l’evasione fiscale, con l’art. 25 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, è stata introdotta una ritenuta d’acconto originariamente del 10 per cento sugli importi relativi ai bonifici effettuati dai contribuenti che, in relazione a detti pagamenti, usufruiscono di detrazioni fiscali.
La disposizione prevede che la ritenuta d'acconto debba essere operata da Poste Italiane S.p.A. o dalle banche del beneficiario del bonifico nel momento in cui le somme sono accreditate in favore del soggetto. La decorrenza è fissata dal 1° luglio 2010. Il versamento delle ritenute deve essere effettuato secondo le modalità ordinarie, ossia entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).
Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 giugno 2010 sono stati definiti le modalità e i termini degli adempimenti connessi, nonché lo specifico ambito applicativo della suddetta ritenuta.
Con la circolare n. 40 del 28 luglio 2010 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative in merito all’applicazione di questo adempimento.
Successivamente il decreto-legge n. 98 del 2011 (articolo 23, comma 8) ha ridotto dal 10 al 4 per cento l’aliquota della ritenuta d’acconto (a decorrere dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto), al fine di minimizzare gli adempimenti in occasione di pagamenti effettuati tramite bonifici.
La relazione governativa affermava in proposito che, in fase di prima applicazione della disposizione, si era rilevato che l’originaria misura della ritenuta poteva pregiudicare le disponibilità finanziarie delle imprese e, in particolare, delle piccole imprese artigiane. Fermo restando l’impianto normativo esistente e l’efficacia antievasiva della disposizione, la riduzione avrebbe consentito di temperare i soli effetti finanziari, evitando l’insorgere di crediti di imposta.
Articolo 44, commi 28 e 29
(Tassazione di capitali percepiti in caso
di morte in
dipendenza di assicurazione sulla vita)
I commi 28 e 29 dell’articolo 44 rendono imponibili, dal 1° gennaio
2015, i proventi finanziari corrisposti ai beneficiari di un’assicurazione sulla vita a copertura del rischio demografico, ove tali proventi
siano corrisposti a seguito del decesso
dell'assicurato, a tal fine sostituendo l’ultimo comma dell'articolo 34 del D.P.R. n. 601 del 1973.
La norma vigente prevede infatti che i capitali percepiti in caso di morte, in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.
La relazione illustrativa chiarisce che in tal modo resterebbero esenti solo quelle parti di capitale erogate in caso di morte dell'assicurato a copertura del “rischio demografico”.
La determinazione del cd. “rischio demografico” avviene in base alle statistiche su età, sesso, provenienza sociale e geografica; si tratta della differenza tra la durata della vita di una persona e la durata media della vita della popolazione. Il rischio demografico si verifica nel caso in cui la durata della vita dell'assicurato sia inferiore alla media statistica (rischio premorienza) e nel caso in cui sia superiore (rischio longevità).
Dunque, la differenza fra il capitale erogato alla scadenza e il totale dei premi versati sarà esente solo per la parte erogata dalla compagnia in più rispetto al valore della polizza al momento del decesso, con tassazione della quota residua al 26 cento.
La relazione illustrativa al DDL in esame chiarisce dunque che in tal modo il regime fiscale dei capitali corrisposti per le polizze assicurative sulla vita verrebbe così a diversificarsi, in particolare tra assicurazioni “temporanee caso morte” e polizze miste.
L’assicurazione “Temporanea caso morte” ha valore per un determinato periodo di tempo e presenta quindi una scadenza, oltre la quale la morte o l’invalidità permanente dell’assicurato non comportano più alcuna liquidazione in denaro a favore dei beneficiari. Tipicamente, un’assicurazione TCM viene sottoscritta ove il beneficiario abbia contratto dei prestiti (mutuo): oltre il limite di tempo fissato nel contratto non sarà più necessario corrispondere premi e il contratto di assicurazione si riterrà concluso.
Nel caso delle “temporanee caso morte” la copertura del rischio demografico è pari al cento per cento; di conseguenza, il capitale corrisposto sarebbe totalmente esente da IRPEF.
Nel caso di polizze miste, solo il capitale corrisposto a copertura del “rischio demografico” sarebbe esente, mentre il capitale residuo sarà soggetto alle disposizioni previste dall'art. 45, comma 4, del Tuir, ai sensi del quale i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l'ammontare percepito e quello dei premi pagati.
Articolo 44,
comma 30
(Terremoto Emilia)
Il comma 30 reca una modifica alla disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 373) la quale prevede il finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013.
La norma in esame, sostituendo l’ultimo periodo del comma 373 (il quale fa riferimento ai limiti e alle condizioni delle decisioni della Commissione europea 9853 final e 9471 final del 19 dicembre 2012), precisa che l’aiuto è concesso nei limiti e alle condizioni del Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di importanza minore (c.d. de minimis).
Si evidenzia al riguardo che sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 dicembre 2013 è stato pubblicato il Regolamento n. 1407/2013/UE del 18 dicembre sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Ue agli aiuti "de minimis", che contiene le regole sulle modalità di erogazione di aiuti minimi alle imprese senza notificazione in via preventiva alla Commissione Ue, con effetto dal 1 gennaio 2014.
Si ricorda inoltre che l’articolo 3 del Regolamento detta un’articolata disciplina dei limiti di ammissibilità degli aiuti c.d. “de minimis”, ossia gli aiuti che non corrispondono a tutti i criteri dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato e non sono pertanto soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3. Il Regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l'equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un'analisi del rischio («aiuti trasparenti»).
Articolo 44,
comma 31
(Soppressione esenzione bollo auto
ultraventennali)
Il comma 31, con una norma che produce
effetti positivi per l’erario, dispone l’eliminazione dell’esenzione dal
bollo per gli autoveicoli e per i motoveicoli ultraventennali di particolare
interesse storico e collezionistico.
In particolare la lettera a) sopprime la norma che prevede la predisposizione per gli autoveicoli dall'Automobilclub Storico Italiano (ASI), per i motoveicoli anche dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), di un apposito elenco indicante i periodi di produzione dei veicoli (ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342).
La lettera b) prevede l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342. Il comma 2 dispone l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per gli autoveicoli e i motoveicoli di “particolare interesse storico e collezionistico” costruiti da almeno 20 anni. Il comma 3, dispone, inoltre, che i veicoli e i motoveicoli per i quali è possibile fruire dell’esenzione devono essere individuati dall’Automobilclub Storico Italiano (ASI) e dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), con propria determinazione.
L’articolo 63, comma 2, definisce di “particolare interesse storico e collezionistico” i veicoli costruiti specificamente per le competizioni, i veicoli costruiti a scopo di ricerca tecnica o estetica, anche in vista di partecipazione ad esposizioni o mostre ed infine i veicoli che rivestono un particolare interesse storico o collezionistico in ragione del loro rilievo industriale, sportivo, estetico o di costume.
Al riguardo si segnala che l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 112/8E del 2011, ha precisato che l’esenzione dalla tassa automobilistica trova applicazione qualora il veicolo sia compreso nelle apposite determinazioni predisposte dai suddetti enti che individuano in maniera definita le tipologie di veicoli in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 63, comma 2, per beneficiare delle agevolazioni fiscali in commento. Non è necessario, invece, che il proprietario sia associato all’ASI o alla FMI.
Rimane fermo che i veicoli e i motoveicoli ultratrentennali sono esentati dal bollo e, in caso di utilizzazione sulla pubblica strada, sono assoggettati ad una tassa di circolazione forfettaria annua (articolo 63 , commi 1 e 4).
Articolo 44,
commi 32-39
(Cofinanziamento nazionale dei programmi
dell’Unione europea)
I commi da 32 a 39 recano disposizioni in tema di cofinanziamento dei fondi europei per il ciclo di programmazione 2014-2020, estendendo anche al fondo per lo sviluppo rurale e a Fondo per la pesca la possibilità di attivare programmi complementari ai fondi stessi (comma 32) e prevedendo anticipazioni di bilancio anche per gli interventi cofinanziati da altre linee del bilancio comunitario (comma 33). Sono previste disposizioni in tema di sistema informatico e monitoraggio degli interventi (comma 34), di tempestività dei pagamenti (comma 35), di quota di cofinanziamento dei programmi della Cooperazione territoriale europea, (co. 36) e della funzione di audit (comma 37). Infine i commi 38 e 39 destinano ulteriori 90 milioni nel triennio agli interventi programmati nella strategia di sviluppo delle aree interne.
In particolare il comma 32, modificando l’articolo 1, comma 242 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), ricomprende - oltre ai programmi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del Fondo di sviluppo europeo (FSE) - anche i programmi cofinanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) tra gli interventi complementari finanziati dal Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie nell’ambito dell’Accordo di partenariato 2014-2020[101].
Il citato comma 242 prevede un ulteriore canale di accesso all’utilizzo delle disponibilità del Fondo di rotazione, stabilendo che il Fondo medesimo possa altresì concorrere al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione degli interventi complementari ai programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2014/2020, inseriti nella programmazione strategica definita con l'Accordo di partenariato. Si tratta di una modalità di utilizzo che si è realizzata nel ciclo di programmazione 2007-2013, al fine di finanziare il Piano di Azione coesione[102], sulla base di quanto consentito dall’articolo 23, comma 4, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), in presenza di risorse disponibili da eventuali riduzioni del tasso di cofinanziamento nazionale di alcuni programmi e sulla base di una intesa con la Commissione europea. Tale modalità viene ora stabilita in via generale per tutto il nuovo periodo di programmazione, qualora tali interventi siano previsti nell’Accordo ed ove sussistano risorse disponibili presso il Fondo.
In sostanza, per quei programmi nei quali la quota di cofinanziamento nazionale è inferiore al 50%, si prevedono parallelamente degli interventi complementari ai programmi stessi, che vengono finanziati dal Fondo IGRUE per la quota non contabilizzata nel quadro finanziario dei fondi europei.
Il comma 32, inserendo nel testo del richiamato comma 242 il riferimento ai “fondi strutturali e di investimento (SIE)” – in luogo dei soli fondi strutturali (cioè il FSE e il FESR) viene pertanto a ricomprendere tra gli interventi “complementari” anche i programmi del FEASR e del FEAMP.
Il comma 33 amplia la possibilità, offerta dall’articolo 1, comma 243, della legge di stabilità 2014 di attivare anticipazioni su Programmi UE 2014/2020 a titolarità dei Ministeri, aggiungendo ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali, dai fondi FEASR e FEAMP (Sviluppo rurale e pesca) anche gli interventi cofinanziati da altre linee del bilancio comunitario, al fine di venire incontro alle esigenze di pronta attivazione degli stessi.
Il richiamato comma 243 autorizza la concessione di anticipazioni delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato, a valere sugli stanziamenti del Fondo di rotazione, nel limite di 500 milioni di euro annui, anche con riferimento ai programmi complementari di cui al precedente comma 242. Le quote anticipate dei finanziamenti comunitari vengono reintegrate a valere sui successivi accrediti delle risorse comunitarie corrispondenti al programma interessato.
Quanto al comma 34, esso integra il comma 245 della legge di stabilità 2014, precisando che alla messa in opera del sistema informatico di supporto alle attività di monitoraggio previste dallo stesso comma 245, anche in relazione alle attività di previsione, gestione finanziaria, controllo e valutazione di impatto economico e finanziario degli interventi, ivi compreso lo scambio elettronico dei dati con il sistema comunitario e con altri sistemi nazionali, concorre, nei limiti delle proprie disponibilità, il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge n. 183 del 1987.
Il comma 245 pone in capo alla Ragioneria generale dello Stato il monitoraggio degli interventi cofinanziati previsti dall' Accordo di partenariato, compresi gli interventi complementari di cui al comma 242, attraverso il proprio sistema informativo. A tal fine le Amministrazioni competenti assicurano la rilevazione dei dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale secondo le specifiche tecniche definite dalla stessa Ragioneria generale e dalle Amministrazioni centrali competenti per il coordinamento dei singoli fondi, attraverso il sistema informativo della Ragioneria stessa.
Inoltre, al fine di garantire l’accelerazione e semplificazione dell’iter dei pagamenti (in favore dei beneficiari finali pubblici e privati) riguardanti la quota comunitaria e di cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione Europea a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato, nonché di quelli complementari alla programmazione comunitaria, il comma 35 autorizza il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie ad effettuare le erogazioni a proprio carico anche mediante versamenti nelle apposite contabilità speciali istituite presso ciascuna Amministrazione titolare degli interventi stessi.
Attualmente la Ragioneria generale dello Stato – IGRUE
provvede a effettuare i pagamenti ai singoli beneficiari, potendo ciò
determinare, in taluni casi, tempi non rapidi. Con il comma 34 in commento
l’IGRUE trasferirà alle apposite contabilità speciali di ciascun Ministero le
somme e ciascuna amministrazione provvederà ad effettuare i relativi pagamenti.
Il comma 36 pone a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie – nei limiti del 25 per cento della spesa pubblica prevista dal piano finanziario di ciascun programma - gli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale di programmi della cooperazione territoriale europea, a seguito dell’avvio della relativa programmazione. Si tratta dei:
§ programmi dell’obiettivo cooperazione territoriale europea di cui al Regolamento UE n. 1299/2013 del 17 dicembre 2013, di cui la Repubblica italiana è partner ufficiale;
§ programmi dello strumento europeo di vicinato di cui al Regolamento UE n. 232/2014 dell’11 marzo 2014, con Autorità di gestione italiana;
§ programmi di assistenza alla pre-adesione – IPA II di cui al Regolamento UE n. 231/2014 dell’11 marzo 2014, con Autorità di gestione italiana.
La disposizione viene inserita quale periodo aggiuntivo al comma 241 della legge di stabilità 2014, il quale stabilisce che per interventi cofinanziati dall’Unione europea direttamente gestiti dalle Amministrazioni centrali dello Stato, la quota di cofinanziamento è posta interamente a carico del Fondo di rotazione (il precedente comma 240 pone gli interventi a valere sui programmi operativi regionali a carico del Fondo di rotazione nella misura massima del 70 per cento degli importi).
Si rammenta che l’Italia partecipa 19 programmi di cooperazione territoriale: 4 interregionali, quattro transnazionali (Central Europe, Med, Alpine Space, Adriatic-Ionian), 8 transfrontalieri sotto Regolamento CTE 1299/2013 (Italia-Francia marittimo, Alcotra, Italia-Svizzera, Italia-Austria, Italia-Slovenia, Italia-Croazia, Grecia-Italia, Italia-Malta), un transfrontaliero sotto Regolamento IPA 231/2014 (Italia-Albania-Montenegro) e 2 transfrontalieri sotto Regolamento ENI 232/2014 (Italia-Tunisia e Mediterranean Sea Basin). La quasi totalità delle regioni italiane è interessata, in tutto o in parte, dai Programmi transfrontalieri (sono escluse soltanto il Lazio, la Campania, la Basilicata, la Calabria e l’Umbria). L’Italia è lo Stato Membro che ha ottenuto l’allocazione più elevata di risorse finanziarie per la Cooperazione territoriale, pari a 1.136,7 milioni di euro a prezzi correnti, in ragione della elevata quota di popolazione residente nelle aree eleggibili.
In attuazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020, il comma 37 stabilisce che le funzioni di Autorità di audit dei programmi operativi nazionali (PON), cofinanziati dai Fondi strutturali 2014-2020, sono svolte:
§ dal Nucleo Tecnico di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici – Unità di verifica (UVER);
§ o dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’ Unione europea (IGRUE);
§ ovvero da Autorità di audit individuate presso le stesse Amministrazioni centrali titolari di ciascun programma, laddove siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 123 Regolamento (UE) n. 1303 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013[103].
Poiché la normativa comunitaria prevede che l’Autorità di gestione e l’Autorità di audit dei programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali possano far parte della stessa Amministrazione titolare di tali programmi solo se si verificano le condizioni di cui all’art. 123 del Regolamento UE N. 1303/2013, con la disposizione in esame si prevede che per i Programmi operativi a titolarità dei Ministeri, cofinanziati dai fondi strutturali europei, che non soddisfano tali condizioni, le funzioni di Autorità di audit sono svolte dall’UVER o dall’IGRUE in attuazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020.
La disposizione risulta pertanto finalizzata ad una riduzione complessiva del numero delle Autorità di audit nazionali, ad assicurare l’indipendenza tra le funzioni di gestione e controllo dei programmi, razionalizzando e migliorando l’efficacia delle attività di controllo sull’utilizzo delle risorse comunitarie.
I commi 38 e 39. Infine, aumentano le risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie destinate alla "strategia per le Aree interne"[104].
Si rammenta che in favore di queste “aree interne” il comma 13 della legge di stabilità 2014 ha autorizzato la spesa di 3 milioni per il 2014 e di 43,5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 a valere sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (complessivamente 90 milioni).
Il comma 38 incrementa tale autorizzazione di spesa di 90 milioni per il triennio 2015-2017 (sempre a valere sul Fondo di rotazione): conseguentemente il successivo comma 39 ridefinisce l’ammontare complessivo delle risorse destinate alla “Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese” nella misura complessiva di 180 milioni per il periodo 2014-2017, ripartiti in 3 milioni per il 2014, 23 milioni per il 2015 (-20,5 milioni rispetto alla precedente assegnazione), 60 milioni per il 2016 (+16,5 milioni) e in 94 milioni per il 2017.
Articolo 44,
comma 40
(Regimi fiscali privilegiati)
Il comma 40 consente di modificare la cosiddetta black list di cui al DM del 24 aprile 1992 ai fini dell’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori europea aventi regimi fiscali privilegiati (ai sensi dell’articolo 110, comma 10, del Tuir), anche nelle more della emanazione del decreto ministeriale volto all’individuazione dei Paesi cd. white list (di cui all’articolo 168-bis Tuir), vale a dire quelli che consentono un effettivo scambio di informazioni.
Ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 2, del Tuir, infatti, tale ultimo decreto (da emanarsi da parte del Ministro dell’economia e delle finanze) deve individuare i Paesi o territori virtuosi (cd. white list), ovvero gli Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni e nei quali il livello di tassazione non è sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia.
Il comma 40 precisa che, fino all’emanazione del predetto decreto ministeriale, si farà riferimento al solo requisito della mancanza di un adeguato scambio di informazioni (e non alla verifica se il livello di tassazione sia o meno sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia).
Articolo 45, comma 1
(Riduzione Fondo cuneo fiscale)
L’articolo 45 reca una serie di misure di copertura del provvedimento.
In primo luogo, il comma 1 riduce l’autorizzazione di spesa - sostanzialmente azzerandone la dotazione - relativa al Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti di 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015, di 4.680 milioni di euro per l’anno 2016, di 4.135 milioni di euro per l’anno 2017 e di 1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
Il Fondo, istituito dall’articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, con lo scopo di rendere permanente il bonus fiscale previsto per i lavoratori dipendenti e assimilati dall’articolo 1 del medesimo decreto-legge, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo denominato Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, con la seguente dotazione:
§ 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015;
§ 4.680 milioni di euro per l’anno 2016;
§ 4.135 milioni di euro per l’anno 2017;
§ 1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
Si rammenta che l’articolo 4 del ddl di stabilità in esame (alla cui scheda si rinvia) ha la finalità di rendere strutturale ( con un onere annuo quantificato dalla relazione tecnica in circa 9,5 miliardi di euro annui) il credito d’imposta IRPEF introdotto dall’articolo 1 del D.L. n. 66 del 2014 in favore dei lavoratori dipendenti, originariamente introdotto per il solo anno 2014.
Articolo 45,
comma 2
(Riduzione stanziamento del Fondo per la
riduzione della pressione fiscale)
L’articolo 45, comma 2, riduce la dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale di 331,5 milioni di euro per l’anno 2015 e 18,5 milioni a decorre dall’anno 2016.
Si segnala
preliminarmente che nel bilancio a legislazione vigente 2015 le
risorse del Fondo per la riduzione della pressione fiscale sono allocate sul
capitolo 3833 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle
finanze, con stanziamenti pari a 331,5 milioni per il 2015 e 18,5 milioni sia
per il 2016 che per il 2017.
L’articolo 17, comma 19, del ddl di stabilità in esame (alla cui scheda si rinvia) incrementa la dotazione del Fondo in esame di 3.300 milioni di euro per l’anno 2015.
Si ricorda che il comma
431 della legge n. 147 del 2013
(legge di stabilità 2014) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale cui sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:
a) l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nei commi da 427 a 430 (vale a dire 488,4 milioni per il 2014, 1.448 milioni per il 2015, 1.988,1 milioni di euro per il 2016, 1.997,9 milioni per il 2017 e 1.339,6 milioni di euro a decorrere dal 2018) e delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;
b) l'ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del DEF (Documento di economia e finanza), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.
Le entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione, non computate nei saldi di finanza pubblica, sono finalizzate in corso d'anno alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, mediante riassegnazione al predetto Fondo e destinate in particolare all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF per reddito da lavoro dipendente e da pensione (comma 432). Per gli anni 2014 e 2015 sono escluse le detrazioni per redditi di pensione (comma 435).
Ai sensi del comma 434, la Nota di aggiornamento contiene una valutazione dell'andamento della spesa primaria corrente e degli incassi derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Le eventuali maggiori risorse vengono iscritte, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, limitatamente al primo anno del triennio di riferimento, nello stato di previsione delle entrate e, contestualmente, nel Fondo in commento. La legge di stabilità, sentite le parti sociali, individua gli eventuali interventi di miglioramento degli strumenti di contrasto all'evasione fiscale e di razionalizzazione della spesa, i nuovi importi delle deduzioni e detrazioni citate, definendone altresì le modalità di applicazione da parte dei sostituti d'imposta e delle imprese, in modo da garantire la neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica.
Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, valutate in 300 milioni di euro annui dal 2014, sono state destinate alla copertura degli oneri del citato decreto-legge che ha, tra l’altro, introdotto il credito d’imposta IRPEF in favore dei lavoratori dipendenti (cd. bonus di 80 euro).
Al riguardo la Nota di aggiornamento del DEF 2014 segnala, in sede di valutazione degli incassi derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, un gettito nel 2014 pari a circa 11 miliardi circa, con uno scostamento positivo di 1.194 milioni rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio di previsione 2014, a fronte di un gettito nel 2013 pari a 10,688 miliardi, e con un incremento rispetto all'anno precedente di 313 milioni, destinati al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui al comma 431 della legge di stabilità 2014.
Articolo 45,
commi 3 e 4
(Clausola di salvaguardia: innalzamento
aliquote IVA e accise)
L’articolo 45, commi 3 e 4, introduce una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali (con effetti di maggior gettito stimati nella relazione tecnica in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi nel 2017) nonché ad aumentare le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro. Tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi attraverso maggiori entrate o risparmi di spesa mediante interventi di revisione della spesa pubblica
A tal fine il comma 3 prevede:
§ l’aumento dell’aliquota IVA ridotta (pari al 10 per cento) di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016 e di un ulteriore punto percentuale (vale a dire fino al 13 per cento) a decorrere dal 1° gennaio 2017 (lettera a));
§ l’aumento dell’aliquota IVA ordinaria (pari al 22 per cento) di due punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2016, di un ulteriore punto percentuale a decorrere dal 1° gennaio 2017 e di ulteriore 0,5 punti percentuali dal 1° gennaio 2018 (vale a dire fino al 25,5 per cento) (lettera b));
L’IVA
è disciplinata a livello europeo dalla cosiddetta direttiva IVA (ora direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. In materia di aliquote, l’articolo 97 della direttiva
stabilisce che l’aliquota normale
d’imposta fissata da ciascun Paese membro non può essere, fino al 31 dicembre 2015, inferiore al 15 per
cento. L’aliquota
normale viene fissata da
ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni
di servizi (articolo 96).
Gli articoli 98 e 99 consentono agli Stati membri
la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Tale facoltà è ammessa esclusivamente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
delle categorie individuate
nell’allegato III della direttiva.
In Italia, le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale (pari al 22 per cento) si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per cento.
§ l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l’anno 2018 e per ciascuno degli anni successivi; detto aumento è disposto con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e diviene efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
Viene espressamente fatta salva la vigente clausola di salvaguardia già prevista all’articolo 18 del ddl in esame.
Si ricorda che l’articolo 18 (alla cui scheda si rinvia) sostanzialmente posticipa di un anno e riduce di 3 miliardi annui gli effetti della clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014, volta a diminuire le detrazioni e le agevolazioni (cd. tax expenditures) qualora la revisione della spesa non realizzi i risparmi prospettati. In particolare, la legge di stabilità 2014 prevedeva che con DPCM da adottare entro il 15 gennaio 2015 fossero disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e delle detrazioni al fine di assicurare maggiori entrate per 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017. Tali misure possono non essere adottate (o adottate in misura ridotta) qualora - entro il 1° gennaio 2015 - siano approvati provvedimenti normativi in grado di assicurare, in tutto o in parte, maggiori entrate ovvero risparmi di spesa di pari importo mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica. L’articolo 18 sposta ora il DPCM al 15 gennaio 2016, sopprime la previsione di maggiori entrate per il 2015 e riduce di 3 miliardi quelle previste per gli anni successivi (passando da 7 a 4 miliardi per il 2016 e da 10 a 7 miliardi di euro a decorrere dal 2017).
Anche in tale caso, come per la richiamata clausola di salvaguardia, le misure in commento possono essere sostituite integralmente o in parte da provvedimenti normativi che assicurino gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza pubblica attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica (comma 4).
Si ricorda infine che l’articolo 44, comma 9, (alla cui scheda si rinvia) prevede che, in caso di mancato rilascio della misura di deroga relativa allo split payment, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 30 giugno 2015, si dispone l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 988 milioni di euro a decorrere dal 2015; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito Internet dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Le
variazioni delle aliquote di accisa sui carburanti a legislazione vigente
Si rammenta che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 487 della legge n. 228 del 2012) aveva disposto che dal 1° gennaio 2013, l’aliquota di accisa sulla benzina fosse pari a 728,40 euro per mille litri e quella sul gasolio usato come carburante a 617,40 euro per mille litri.
Dal 1° marzo 2014 l'accisa sulla benzina è pari a 730,80 euro per mille litri, mentre quella sul gasolio è stata aumentata a 619,80 euro per mille litri, per effetto della Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013 . Tale aumento è conseguente alle norme contenute nell’articolo 61, comma 1, lettera e) del decreto-legge n. 69 del 2013.
E' previsto un ulteriore incremento di detta aliquota per l’anno 2015, che consegue all’attivazione della "clausola di salvaguardia" contenuta nell'articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 102 del 2013 (cd. decreto-legge IMU). Più in dettaglio (secondo quanto previsto dal D.M. 30 novembre 2013), sarà un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 31 dicembre 2014, a disporre l'innalzamento dell'accisa sui carburanti, a decorrere dal 1° gennaio 2015 e fino al 15 febbraio 2016, con lo scopo di produrre maggiori entrate nette non inferiori a 671,1 milioni di euro per l'anno 2015 e 17,8 milioni di euro per l'anno 2016.
La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 626 della legge n. 147 del 2013) stabilisce un ulteriore aumento dell'accisa sulla benzina e del gasolio per il periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, la cui misura è affidata a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2016, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l'anno 2017 e a 199 milioni di euro per l'anno 2018.
L’articolo 14 del D.L. n. 91 del 2013 fissa, a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'aliquota dell'imposta di consumo sugli oli lubrificanti nella misura di 787,81 euro per mille chilogrammi, determinando pertanto un aumento di 37,81 euro per mille chilogrammi rispetto all'aliquota previgente (750 euro per mille chilogrammi).
La richiamata legge di stabilità 2014 dispone infine (articolo 1, commi 634 e 635 della legge n. 147 del 2013) l'estensione alle annualità dal 2014 al 2019 delle vigenti disposizioni in tema di accisa ridotta per talune emulsioni stabilizzate con acqua, idonee all'impiego nella carburazione e nella combustione.
Da ultimo, l'articolo 19, comma 3 del D.L. n. 91 del 2014 ha disposto un ulteriore aumento, decorrente dal 1° gennaio 2019, dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante. L'incremento è affidato a un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018 ed efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia, tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021. Detto aumento è disposto a copertura delle misure, contenute nel medesimo articolo 19 del D.L. n. 91/2014, che rafforzano l'istituto dell'ACE - aiuto per la crescita economica, in particolare per le imprese che intendono quotarsi nei mercati regolamentati.
Articolo 45,
comma 5
(Riduzione Fondo compensazione effetti
finanziari)
Il comma 5 dispone la riduzione, per il 2015, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di 35 milioni di euro.
Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo per le suddette finalità si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
Nel disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per gli anni 2015-2017 (A.C. 2680), il Fondo presenta una dotazione di sola cassa pari a 429,8 milioni per il 2015, 478,5 milioni per il 2016 e a 463,8 milioni per il 2017.
Articolo 45,
comma 6
(Riduzione risorse per benefici
previdenziali
relativi a lavori usuranti)
Il comma 6 riduce di 150 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015, lo stanziamento
relativo ai benefici previdenziali per i
lavoratori impegnati in attività usuranti.
Si ricorda che in attuazione della delega legislativa conferita dell’articolo 1 della L. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro), con il decreto legislativo n. 67/2011 è stata introdotta una disciplina normativa relativa al pensionamento dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti.
Il decreto legislativo
67/2011 era volto, in particolare, a consentire ai lavoratori dipendenti
impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress
psico-fisico, di maturare il diritto al
trattamento pensionistico con un anticipo di 3 anni.
Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari, il decreto dispone che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti, ossia:
§ i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (di cui all’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999);
§ i lavoratori subordinati notturni (come definiti dal D.Lgs. n. 66/2003);
§ i lavoratori addetti alla cd. “linea catena” che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale;
§ i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.
Le condizioni per l’accesso al beneficio pensionistico sono che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al pensionamento e che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa (secondo il testo originario del decreto legislativo, nella fase transitoria, ossia fino al 2017, per un minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; a regime, ossia dal 2018, per un arco di tempo almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa).
Specifiche norme concernono gli obblighi dei datori di lavoro in ordine alla produzione della documentazione volta a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al beneficio pensionistico.
Una apposita clausola di salvaguardia è volta a garantire il rispetto dei limiti di spesa fissati, prevedendo il differimento della decorrenza dei trattamenti (con criteri di priorità basati sulla data di maturazione dei requisiti) qualora emergano scostamenti tra il numero delle domande presentate e la copertura finanziaria a disposizione.
L’articolo 24, comma 17, del D.L. 201/2011 (riforma Fornero) è intervenuto sul decreto legislativo n.67/2011, operando una significativa modifica delle condizioni di accesso al pensionamento anticipato, con l'effetto di attenuare la portata dei benefici previdenziali in precedenza previsti.
La nuova disciplina pensionistica ha, in particolare, previsto:
§ la limitazione agli anni 2008-2011 (anziché 2008-2012) del periodo transitorio;
§ per quanto concerne la disciplina a regime (che decorre dal 1° gennaio 2012, e non più dal 1° gennaio 2013), la previsione che il pensionamento avvenga secondo il sistema delle “quote” previste dalla Tabella B di cui all'Allegato 1 della L. 247/2007 (ferma restando, comunque, la possibilità di pensionamento anticipato secondo i nuovi criteri previsti dallo stesso D.L. 201/2011) e non più con il riconoscimento dell’anticipo di 3 anni;
§ per quanto concerne, specificamente, i lavoratori turnisti che hanno prestato lavoro notturno, la disciplina previgente (sulla riduzione massima dell’età anagrafica di uno o due anni, rispettivamente per i lavoratori che abbiano svolto turni da 64 a 71 giorni all’anno, ovvero da 72 a 78 giorni all’anno) viene limitata al periodo 2009-2011; a regime, ossia dal 1° gennaio 2012, per questi lavoratori il pensionamento avviene secondo il sistema delle “quote” previste dalla Tabella B di cui all'Allegato 1 della L. 247/2007 (incrementate di due anni e due unità per i lavoratori che abbiano svolto turni notturni da 64 a 71 giorni all’anno, e di un anno ed una unità per i lavoratori che abbiano svolto turni da 72 a 78 giorni all’anno).
Per quanto concerne,
specificamente, le risorse previste per il finanziamento dei benefici
previdenziali per i c.d. lavori usuranti, l’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 67/2011 prevede uno
stanziamento di 383 milioni annui a
decorrere dal 2013.
Al riguardo si fa presente che la tabella relativa allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato evidenzia la presenza di un significativo ammontare di somme non pagate, negli anni 2011, 2012 e 2013, nell'ambito del piano di gestione n. 2 (Pensionamenti anticipati attività usuranti), del capitolo 4354, relativo agli oneri derivanti da pensionamenti anticipati, e del capitolo 4377, relativo al protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili[105].
In relazione a tale situazione contabile, la XI Commissione (lavoro) della Camera ha avviato l’esame di alcune risoluzioni[106] volte a impegnare il Governo a rivedere i criteri di accesso ai benefici previdenziali per le attività usuranti, al fine di assicurare un più alto tasso di utilizzo delle risorse a tal fine stanziate ai sensi della normativa vigente.
Articolo 45,
comma 7
(Versamento da parte dell’INPS
all’entrata del bilancio di somme derivanti dal contributo per i fondi
interprofessionali
per la formazione continua)
Il comma 7 dispone, a decorrere dal 2015, il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, da parte dell'I.N.P.S., di 20 milioni di euro (per il 2015) e di 120 milioni di euro (a decorrere dal 2016) a valere sulle risorse derivanti dall'aumento contributivo di cui all'articolo 25, quarto comma, della L. 845/1978, relativo alla contribuzione integrativa dello 0,30% (dovuta per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria) destinato al finanziamento del Fondo di rotazione per la formazione. Le richiamate risorse gravano sulle quote destinate ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua, che quindi andranno contestualmente rideterminate.
L’articolo 25 della L. 845/1978 (legge-quadro sulla formazione professionale) ha istituito un Fondo di rotazione (presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) al fine di favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione regionali, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilanci.
Ai fini del finanziamento di tale Fondo, è stata introdotta una contribuzione integrativa (dello 0,30%) dovuta per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (di cui all’articolo 12, sesto comma) della L. 160/1975.
Si ricorda che il contributo per la disoccupazione involontaria è costituito, oltre alla richiamata addizionale dello 0,30%, anche dai contributi di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma, della L. 160/1975, che determinavano, rispettivamente, l’aliquota del contributo integrativo per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (1,30% della retribuzione imponibile), nonché la percentualizzazione del contributo base dovuto per la predetta assicurazione DS (0,01% della retribuzione imponibile), per un totale quindi pari all’1,61%. La L. 92/2012 (articolo 2, comma 1) ha introdotto un nuovo ammortizzatore sociale (ASpI) che a decorrere dal 2013 ha sostituito sostituisce la preesistente assicurazione contro la disoccupazione involontaria. In particolare, l’articolo 2, comma 25, della L. 92/2012 ha stabilito che, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013, al finanziamento delle indennità erogate dalla nuova assicurazione concorrono i contributi in precedenza richiamati (nonché il contributo aggiuntivo dello 0,30%).
Successivamente, in materia è intervenuta la legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000), che all’articolo 118 ha introdotto i richiamati fondi paritetici interprofessionali, costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori “maggiormente rappresentative sul piano nazionale”, per ciascuno dei seguenti settori economici (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi): industria; agricoltura; terziario; artigianato[107].
I fondi finanziano, in
tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o
individuali, concordati tra le parti sociali, "nonché eventuali ulteriori
iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani
concordate tra le parti".
I fondi - che, previo accordo tra le parti, si possono articolare su scala regionale o, in ogni caso, territoriale - sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (attualmente Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali), il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.
Si ricorda che a decorrere dal 2001[108] la quota del gettito complessivo da destinare ai fondi è stabilita al 20% a valere sul terzo delle risorse derivanti dal contributo integrativo di cui all’articolo 25 della L. 845/1978, destinato al Fondo di cui all'articolo medesimo (fondo di rotazione per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione professionale). Tale quota è stata poi portata al 30% per il 2002 e al 50% per il 2003.
Con riferimento ai datori che aderiscono ai medesimi fondi, le entrate derivanti dall'addizionale contributiva dello 0,30%[109] - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale - sono trasferite, in caso di adesione ai richiamati fondi, da parte dell'I.N.P.S., al fondo indicato dal datore (quest’ultimo può quindi richiedere finanziamenti per la formazione dei propri dipendenti al suddetto Fondo), nei seguenti termini e limiti:
§ le entrate corrispondenti alla quota - pari ad un terzo (cioè, a 0,1 punti
percentuali) - dell'addizionale che spetterebbe, in via ordinaria[110], al Fondo di
rotazione per la formazione professionale e per l'accesso al Fondo sociale
europeo[111] sono attribuite
in misura integrale al fondo indicato dal datore - in caso, ovviamente, di
adesione da parte del medesimo -;
§ le entrate corrispondenti alla restante quota (cioè,
ai due terzi) sono anch'esse
destinate al fondo prescelto, nel limite, tuttavia, di un importo pari a circa
103,291 milioni di euro[112]. Si ricorda che
tale quota spetta, in assenza di adesione - nonché, in ogni caso, per la misura
eccedente il suddetto importo - al Fondo di rotazione per l'attuazione delle
politiche comunitarie[113] (ai fini del
cofinanziamento degli interventi del Fondo sociale europeo).
Merita ricordare, infine, che nel recente passato vi
sono stati altri interventi normativi
incidenti sulle entrate derivanti dall’addizionale contributiva del 30%,
quali:
§ l’articolo 4 del decreto-legge n.54/2013, che ha
assegnato agli ammortizzatori sociali in deroga, per il 2013, 246 milioni delle
risorse derivanti dal gettito complessivo dell’addizionale contributiva;
§ l’articolo 40 del decreto-legge n.133/2014, che
prevede, per il 2014, una riduzione delle risorse da assegnare ai fondi
interprofessionali nella misura di 292,34 milioni (tali risorse gravano per un
importo massimo di 200 milioni di euro sulla quota inoptata e per la restante
parte sulle quote destinate ai fondi interprofessionali per la formazione
continua)
Articolo 46,
comma 1
(Tabelle A e B)
Il comma
1 dispone in ordine all’entità dei fondi
speciali, ossia gli strumenti contabili, disciplinati dall’articolo 18
della legge di contabilità (legge n. 196 del
2009), mediante i quali si determinano le
disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si
prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi
nel bilancio pluriennale.
La determinazione degli importi dei fondi speciali in apposite Tabelle della legge di stabilità è prevista dall'articolo 11, comma 3, lettera c), della nuova legge di contabilità.
Con il comma in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella Tabella A e per quella in conto capitale nella Tabella B allegate al disegno di legge di stabilità, ripartite per Ministeri.
In sede di relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.
Nel testo del disegno di legge di stabilità
per il 2015 presentato dal Governo (A.C. 2679) gli importi della Tabella A ammontano complessivamente a
255,1 milioni per il 2015, a 300,5 milioni per il 2016 e a 350,5 milioni per il
2017.
(importi
in migliaia )
Tabella A |
2015 |
2016 |
2017 |
Bilancio a legislazione vigente |
55.097 |
50.497 |
50.497 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
255.096 |
300.496 |
350.496 |
Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge di stabilità per il 2015 prevede importi pari a 150,9 milioni per il 2015, 538,8 milioni per il 2016 e 789,1 per il 2017.
(importi
in migliaia )
Tabella B |
2015 |
2016 |
2017 |
Bilancio a legislazione vigente |
60.911 |
203.776 |
169.068 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
150.911 |
538.776 |
789.068 |
Nelle tabelle seguenti sono riportati,
suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e
di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.C.
2680) e nel disegno di legge di stabilità (A.C. 2679). Si riportano altresì le
finalizzazioni indicate nella Relazione illustrativa del disegno di legge di
stabilità.
TABELLA
A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE
(migliaia
di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
14.958 |
6.799 |
6.799 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
161.958 |
198.799 |
246.799 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse destinate
all’attuazione del disegno di legge Disposizioni in materia di donazione del
corpo post mortem ai fini di studio e
di ricerca scientifica (A.C. 100 – A.S. 1534), del disegno di legge concernente
Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750), del
disegno di legge concernente Istituzione del "Premio biennale di ricerca
Giuseppe Di Vagno" e disposizioni per il potenziamento della biblioteca e
dell'archivio storico della Fondazione Di Vagno, per la conservazione della
memoria del deputato socialista assassinato il 25 settembre 1921 (A.C. 1092) e
per provvedimenti normativi riguardanti il recepimento e adeguamento alla
normativa e alla giurisprudenza europea, nonché per interventi diversi..
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
|
|
|
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse per interventi
diversi.
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
37.384 |
39.889 |
39.889 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
52.383 |
59.889 |
59.889 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse preordinate a
numerosi disegni di legge di ratifica di accordi e trattati già in corso di
esame parlamentare, nonché le risorse per ulteriori accordi internazionali e
per interventi diversi.
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA
RICERCA
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
7 |
9 |
9 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
7 |
9 |
9 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse destinate per le
scuole non statali.
MINISTERO
DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
136 |
1.000 |
1.000 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
10.136 |
11.000 |
11.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse per interventi
vari.
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E
FORESTALI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
2.612 |
2.800 |
2.800 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
12.612 |
12.800 |
12.800 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è preordinato alla copertura del
disegno di legge concernente disposizioni per la salvaguardia degli agrumeti
caratteristici (A.C. 55) nonché per interventi vari.
MINISTERO DELLA SALUTE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
8.000 |
8.000 |
10.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse destinate
all’emergenza biologica a livello nazionale.
TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE
(migliaia
di euro)
MINISTERO
DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
20.400 |
98.400 |
98.400 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
82.400 |
229.400 |
376.400 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse destinate
all’attuazione di interventi diversi e per il potenziamento ed ammodernamento
della Guardia di finanza.
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
32.753 |
32.753 |
32.753 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
32.753 |
32.753 |
32.753 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è preordinato per la stabilizzazione
dei lavoratori impiegati in ASU nella città di Napoli e per il disegno di legge
riguardante la disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C.
750).
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
42 |
34.708 |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
42.949 |
34.708 |
- |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è finalizzato al finanziamento degli
interventi riguardanti la partecipazione dell’Italia alla spesa per la
ristrutturazione del Quartiere Generale Atlantico.
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
- |
60.000 |
170.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse per interventi
per il programma spaziale europeo.
MINISTERO DELL'INTERNO
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
20.000 |
30.000 |
38.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è finalizzato per l’ammodernamento di
protezione del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per il completamento del
progetto "Numero Unico Emergenza europea 112"
MINISTERO
DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
7.715 |
17.415 |
17.415 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
7.715 |
17.415 |
17.415 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è finalizzato per interventi a favore
della difesa del suolo, per interventi di bonifica e ripristino dei siti
inquinati, nonché per il disegno di legge concernente legge quadro in materia
di interporti (AC 730 – AS 1185).
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
20.500 |
20.500 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
- |
30.500 |
50.500 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è preordinato per la realizzazione di interventi diversi.
MINISTERO BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL
TURISMO
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
- |
100.000 |
100.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse per interventi diversi.
MINISTERO DELLA SALUTE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
8.000 |
4.000 |
4.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le risorse per interventi diversi.
Articolo 46,
comma 2
(Tabella C)
Il comma 2 reca l’approvazione della Tabella C, recante la determinazione delle dotazioni finanziarie da iscrivere in bilancio delle leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, ai sensi della nuova normativa contabile.
Si ricorda che l'articolo 11, comma 3, lett. d), della nuova legge di contabilità (legge n. 196/2009) prevede tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, con le relative aggregazioni per programma e per missione, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, con esclusione delle spese obbligatorie.
Il contenuto della Tabella C rispetto alla precedente disciplina contabile contenuta nell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge n. 468 del 1978, è dunque più limitato, in quanto la nuova legge di contabilità ha escluso che essa possa contenere spese di carattere obbligatorio.
In base a quanto detto, per ogni singola autorizzazione legislativa ivi contenuta, la Tabella C ne determina lo stanziamento al netto delle eventuali spese obbligatorie.
Le restanti risorse comunque autorizzate in favore della legge, considerate di natura obbligatoria, vengono eventualmente determinate dalla legge di bilancio ed iscritte in un apposito capitolo.
La Tabella C del disegno di legge di stabilità per il 2014-2016 presentato dal Governo (A.C. 2679) prevede un ammontare complessivo di stanziamenti pari a 4.210 milioni per il 2015, a 3.663 milioni per il 2016 e a 3.665 milioni per il 2017.
Rispetto alla Tabella C della precedente legge di
stabilità non sono più esposte le
seguenti voci:
§ Ministero della difesa – D.Lgs. n. 66 del 2010, art.
559: Finanziamento dell’Agenzia industrie
difesa (1.6 - cap. 1360, 7145) in quanto l’art. 2190 del medesimo decreto
ne disponeva la soppressione dei contributi;
§ Ministero del lavoro – Legge n. 448 del 1998, art. 80,
comma 1: Formazione professionale
(1.3., cap. 4161) , che non presenta stanziamenti nel bilancio a legislazione
vigente;
§ Ministero dell’economia e delle finanze – D.L. n. 97
del 2008, art. 4-septies: Scuola superiore dell’economia e delle
finanze (1.1, cap. 3935): il capitolo risulta esposto nel bilancio con uno
stanziamento di 2,3 milioni per il 2015;
§ Ministero dei beni e delle attività culturali e del
turismo – D.L. n. 262 del 2006, art. 2, co. 98: Sviluppo e competitività del turismo: si trattava di un capitolo
“generale” nel quale erano state ricomprese la gran parte delle risorse
relative al turismo quando la competenza in materia fu trasferita dall’allora
Ministero delle attività produttive alla Presidenza del Consiglio. Con
l’ulteriore passaggio al MIBAC nel 2013 si è provveduto alla creazione di
specifici piani di gestione per le numerose forme di intervento, con
conseguente esclusione dalla Tabella C.
Rispetto alla
precedente tabella C si segnala che non è più presente la medesima sequenza
delle voci, in quanto alcune di esse sono state spostate, all’interno della
missione, da un programma ad un altro.
Rispetto agli stanziamenti a legislazione vigente, la tabella C, nel testo presentato dal Governo, determina le seguenti variazioni di bilancio per un importo complessivo di 617,5 milioni nel 2015 (di cui 480 milioni di regolazioni debitorie) e circa 140 milioni nelle annualità successive:
§ determinazione in 480 milioni per il 2015 della quota di finanziamento del Fondo sanitario nazionale in relazione alle minori da gettito IRAP relativo alle regioni a statuto ordinario (regolazioni debitorie) (MEF, cap. 2701);
§ incremento di 30 milioni a regime delle risorse destinate alla cooperazione con i paesi in via di sviluppo (Esteri, cap. vari);
§ riduzione di circa 300.000 euro per ciascuna annualità delle risorse destinate alla lotta alla droga (Interno, cap. 2868 e 2815);
§ incremento di 30 milioni a regime delle risorse destinate alla fondo emergenze nazionali della protezione civile (MEF, cap. 7441),
§ incremento di 20 milioni a regime delle risorse destinate all’AGEA. Si segnala che l’allegato 6 all’articolo 20, comma 1, riduce a regime i trasferimenti in favore dell’AGEA nella misura di 3 milioni (MEF, cap. 1525));
§ riduzione di 300.000 euro per il 2015 e per il 2017 e di 312.000 per il 2016 delle risorse destinate al piano nazionale della pesca marittima (MIPAAF, cap. vari);
§ riduzione di 2,5 milioni per ciascuna annualità delle risorse destinate all’ENEA. L’allegato 6 all’articolo 20, comma 1, riduce ulteriormente a regime i trasferimenti in favore dell’ENEA 583.000 euro (Mise, cap. 7630);
§ soppressione delle risorse destinate quale contributo a enti per la vigilanza sui mercati e sui prodotti, quali gli organismi di normalizzazione UNI e CEI (MISE, cap. 2280);
§ riduzione di circa 7 milioni a regime delle risorse destinate agli enti per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy. Si segnala che l’allegato 5 all’articolo 19 nel ridurre i trasferimenti alle imprese, riduce tale autorizzazione di spesa di ulteriori 2 milioni a regime (MISE, cap. 2501);
§ riduzione di 500.000 euro per ciascuna annualità delle risorse destinate all’ISPRA. L’allegato 6 all’articolo 20, comma 1, riduce ulteriormente a regime i trasferimenti in favore dell’ISPRA di 600.000 euro (Ambiente, cap. 8831);
§ riduzione di 17,2 milioni nel 2015 e di 16,8 milioni negli anni successivi del Fondo per il finanziamento della ricerca sanitaria (Salute, cap. 3392);
§ riduzione di 2 milioni a regime delle risorse destinate ai servizi di protezione dell'ambiente marino (Ambiente, cap.1644 e 1646);
§ riduzione di 1,5 milioni nel 2015 delle risorse destinate all’attività sportiva universitaria (MUIR, cap. 1709);
§ riduzione a regime di 816.018 euro delle somme destinate ad enti del Ministero dell’interno (cap. 2309);
§ incremento di 50 milioni a regime delle risorse destinate agli enti vigilati dal Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 1613). Si osserva che negli anni precedenti la dotazione del capitolo era pari a circa 12.000 euro quali contributi in favore della Fondazione Opera campana dei caduti di Rovereto e dell’Istituto per la contabilità nazionale
Rispetto alla legislazione vigente, al netto delle regolazioni debitorie di 480 milioni, la Tabella C determina nel complesso maggiori assegnazioni di risorse per 170 milioni nel 2015, a fronte di riduzioni di spesa per 32,5 milioni.
Articolo 46,
commi 3 e 5
(Tabella E)
Il comma 3 reca l’approvazione della Tabella E, che determina, per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, le quote destinate a gravare per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, esposte per programma e missione.
L'articolo 11, comma 3, lett. e), della legge n. 196 del 2009 di contabilità prevede, tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle leggi di spesa in conto capitale a carattere pluriennale, aggregati per programma e per missione, con specifica ed analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni, per la quota da iscrivere nel bilancio di ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale.
Il comma 3 indica i limiti massimi di impegnabilità che le amministrazioni pubbliche possono assumere nel 2015, con riferimento ai futuri esercizi, rinviando a tal fine a quanto registrato nella apposita colonna della Tabella E.
Ai sensi dell'articolo 30, comma 2, della legge di contabilità le amministrazioni possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.
La disposizione demanda tuttavia alla legge di stabilità la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.
Come già per le precedenti leggi finanziarie e di stabilità, la legge di stabilità per il 2015 reca una colonna “limite impegnabilità” suddivisa secondo i seguenti numeri:
§ n. 1, indica le quote degli anni 2015 ed esercizi successivi non impegnabili;
§ n. 2, indica le quote degli anni 2015 e successivi impegnabili al 50%;
§ n. 3, indica le quote degli anni 2015 e successivi interamente impegnabili.
La tabella prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare le risorse relative agli anni successivi (situazione contrassegnata con il codice n. 3 nella colonna riferita al limite di impugnabilità).
Le autorizzazioni di spesa iscritte in Tabella E ammontano complessivamente a 23.338,1 milioni per il 2015, a 19.817,3 milioni per il 2016, a 19.124,9 milioni per il 2017 e a 98.824,7 milioni per il 2018 e anni successivi.
Nel complesso, la Tabella E determina:
§ definanziamenti per 1.146,7 milioni nel 2015, 208 milioni nel 2016, 125 milioni nel 2017 e 225 nel 2018 e anni successivi;
§ rifinanziamenti per 1.630 milioni nel 2015, 2.880 milioni nel 2016, 4.380 milioni nel 2017 e 12.940 milioni per il 2018 e successivi;
§
una
rimodulazione delle autorizzazioni pluriennali di spesa che determinano aumenti di 100 milioni nel 2015, di 500
milioni nel 2016 e di 1.500 milioni nel 2017, con conseguente riduzione di
2.100 milioni della quota relativa al 2018 e anni successivi.
Conseguentemente la Tabella E determina maggiori spese per 583 milioni nel 2015, per 3.172 milioni nel 2016 e per 5.755 milioni nel 2017,nonché di 10.615 milioni nel 2018 e annualità successive..
Il prospetto che segue espone gli importi dei rifinanziamenti, definanziamenti e rimodulazioni operati dalla Tabella E (dati in milioni).
Tabella E |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
D.L. 203/2005, art 11-quaterdecies, co. 20 – Completamento
diga foranea di Molfetta (Interno) |
+10,0 |
- |
- |
- |
L. 183/1987, art. 5 – Fondo di rotazione attuazione delle politiche comunitarie
(Economia) |
-50,0 |
-50,0 |
-50,0 |
-150,0 |
L. 147/2013, art 1, co. 41 – Prosecuzione interventi progetto TETRA
(Interno) |
-25,0 |
-25,0 |
-25,0 |
-75,0 |
D.Lgs. 102/2004, art. 15, comma 2, punto 1
- Fondo solidarietà nazionale incentivi
assicurativi (Politiche agricole) |
+120,0 |
- |
- |
- |
D.L. 66/2014, art. 22-bis – Zone franche urbane
(Sviluppo economico) |
-75,0 |
- |
- |
- |
D.L. 98/2011, art. 32, co. 1 – punto 4 – Linea ferroviaria AV/AC Torino-Genova: III
valico dei Giovi, II lotto (Infrastrutture) |
- |
+100,0 |
+100,0 |
+200,0 |
L. 147/2013, art 1, co. 83 – Rinnovo veicoli trasporto pubblico locale
(Infrastrutture) |
+500,0 |
- |
- |
- |
L 266/2005, art,
1, co. 86 – Contributo a Ferrovie dello
Stato Spa (Economia) |
-200,0 |
-50,0 |
-50,0 |
- |
L 266/2005, art, 1, co. 86 – Contributo a Ferrovie dello Stato Spa
(Economia) |
- |
+320,0 |
+400,0 |
+3.735,0 |
D.L. 98/2011, art. 32, co. 1 – Fondo infrastrutture ferroviarie e
stradali (Economia) |
-83,0 |
-83,0 |
- |
- |
D.L. 98/2011, art. 32, co. 1 – Fondo infrastrutture ferroviarie e
stradali (Economia) |
- |
+200,0 |
+200,0 |
+600,0 |
L.228/2012, art. 1, co. 176 – Contratto di programma RFI (Economia) |
+70,0 |
+100,0 |
+200,0 |
+200,0 |
L. 147/2013, art 1, co. 68 – ANAS (Economia) |
- |
+50,0 |
+143,0 |
+200,0 |
L. 147/2013, art 1, co. 73 – Manutenzione straordinaria rete
ferroviaria (Economia) |
+500,0 |
+750,0 |
+750,0 |
+2.250,0 |
L. 147/2013, art 1, co. 74 - Tratta ferroviaria Cancello
Grasso Telesino e variante linea Roma –Napoli (Economia) |
-25,0 |
- |
- |
- |
L. 147/2013, art 1, co. 76 - Linea ferroviaria Milano
Venezia, tratte Brescia-Verona-Padova (Economia) |
-90,0 |
- |
- |
- |
L. 147/2013, art 1, co. 76 - Linea ferroviaria Milano Venezia,
tratte Brescia-Verona-Padova (Economia) |
- |
- |
+200,0 |
+2.800,0 |
L. 147/2013, art. 1, co. 80 – Asse
ferroviario Bologna-Lecce (Economia) |
-135,0 |
- |
- |
- |
Legge n. 228/2012, art. 1, co. 186 – Piattaforma d’altura davanti al porto di Venezia (Infrastrutture) |
- |
+10,0 |
+30,0 |
+55,0 |
L. 448/1998, art. 50, comma 3, punto C -
Edilizia sanitaria (Economia) |
+200,0 |
+400,0 |
+1.200,0 |
- |
L. 147/2013, art. 1, co. 71 – Sistema
MOSE (Infrastrutture) |
+30,0 |
+50,0 |
+57,0 |
- |
D.L. 43/2013, art.
7-bis, co. 1 Ricostruzione sisma Abruzzo (Sviluppo economico) |
+200,0 |
+900,0 |
+1.100,0 |
+2.900,0 |
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo sviluppo e coesione (Economia) |
-463,7 |
- |
- |
- |
L. 147/2013, art. 1, co. 6 – Fondo
per lo sviluppo e la coesione – Risorse programmazione 2014-2020 (Economia)
Rimodulazione |
+100,0 |
+500,0 |
+1.500,0 |
-2,100,0 |
Sono di seguito illustrate le variazioni disposte
dalla Tabella E.
Decreto-legge
n. 203 del 2005, articolo 11-quaterdecies, comma 20 – Rifinanziamento
della diga foranea di Molfetta
MISSIONE: RELAZIONI FINANZIARIE CON LE AUTONOMIE TERRITORIALI |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
10.000 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
10.000 |
- |
- |
- |
La tabella E dispone un rifinanziamento di 10 milioni di euro per l’anno 2015, per gli interventi relativi a lavori di banchinamento, dragaggio e raccordo stradale della diga foranea di Molfetta, già finanziati dall’art. 11-quaterdecies, comma 20, del D.L. n. 203/2005.
Il decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203, all’art. 11-quaterdecies, comma 20, ha disposto finanziamenti per la prosecuzione degli interventi previsti dall’art. 2 della L. n. 174/2002 relativi ai lavori di completamento, banchinamento, dragaggio e raccordo stradale della diga foranea di Molfetta.
Si ricorda che il citato art. 2 ha autorizzato un limite di impegno ventennale di 2,5 milioni di euro a decorrere dal 2002 per la realizzazione dei lavori relativi alla diga foranea di Molfetta. Successivamente, per la loro prosecuzione, l’art. 4, commi 176-178, della L. n. 350/2003 (finanziaria 2004), ha autorizzato un ulteriore limite di impegno ventennale con decorrenza 2005 (scadenza 2024) di 2,5 milioni.
Con l’art. 11-quaterdecies, comma 20, del D.L. n. 203/2005, è stato poi autorizzato un ulteriore contributo quindicennale di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2006, che è stato destinato, altresì, alla realizzazione di opere di natura sociale, culturale e sportiva.
Con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) è stato
disposto, in Tabella D, un ulteriore rifinanziamento pari a 2 milioni di euro
per il solo 2008. La tabella D della legge finanziaria per il 2009 (legge n.
203 del 2008) ha rifinanziato tale voce nella misura di 12 milioni nel 2009. La
tabella D della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009) ha
rifinanziato tale voce nella misura di 12 milioni per il 2010.
Nella tabella E delle quattro ultime leggi di stabilità (L. n. 220/2010,
L. n. 183/2011, L. n. 228/2012 e L. n. 147/2013) è stato disposto un
rifinanziamento di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013
e di 10 milioni di euro per l’anno 2014.
Legge n.
183 del 1987 "Coordinamento delle politiche riguardanti l'appartenenza
dell'Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell'ordinamento interno agli
atti normativi comunitari", articolo 5 - Fondo di rotazione per
l’attuazione delle politiche comunitarie
Missione: L’Italia in
Europa e nel mondo |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
5.000.000 |
4.500.000 |
5.000.000 |
15.000.000 |
Definanziamento
Tab. E |
-50.000 |
-50.000 |
-50.000 |
-150.000 |
Importi esposti
in Tabella E |
4.950.000 |
4.450.000 |
4.950.000 |
14.850.000 |
Relativamente al Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie la Tabella E dispone un definanziamento di 50 milioni per ciascuna annualità del periodo 2015-2020, per complessivi 300 milioni.
Si ricorda che la legge di
stabilità 2014 ha disposto una rimodulazione delle somme già a bilancio
(con diminuzione di 500 milioni per ciascuno degli anni 2014 e 2015 e
attribuzione di un miliardo per il 2017 e successivi), nonché, al fine di
provvedere alla quota di cofinanziamento nazionale dei fondi dell’Unione
europea per il ciclo di programmazione 2014-2020 (fondi strutturali e di
investimento europei – fondi SIE), ha previsto un rifinanziamento di 4,5 miliardi per il 2016 e di 19 miliardi per il
2017 e successivi. Conseguentemente per ogni annualità sono stati stanziati
5 miliardi (salvo che per il 2016).
Nel Fondo di rotazione, previsto dall’articolo 5
della legge n. 183 del 1987 e gestito dalla Ragioneria generale dello Stato -
Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea (IGRUE), sono iscritte le
risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari
nelle aree obiettivo dei fondi strutturali.
Il Fondo, la cui funzione è quella di affiancare le risorse nazionali
cofinanziate (unitamente ad altre risorse nazionali, quali ad esempio quelle
iscritte sul Fondo per le politiche di coesione) a quelle che l’Unione europea
destina a ciascun Paese membro per gli interventi relativi alla politica di
coesione, in particolare attraverso i fondi strutturali, viene annualmente
rifinanziato dalla legge di stabilità.
Le leggi di stabilità degli anni dal 2011 al 2013 hanno sempre provveduto a integrare le risorse disponendo il rifinanziamento di 5,5 miliardi dell’ultima annualità di riferimento.
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 41 – Progetto Tetra
MISSIONE: ORDINE PUBBLICO E SICUREZZA |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
64.470 |
65.000 |
64.610 |
199.439 |
Riduzione
Tab. E |
-25.000 |
-25.000 |
-25,000 |
-75.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
39.470 |
40.000 |
39.610 |
124.439 |
La tabella E dispone una riduzione complessiva di 150 milioni nel periodo 2015-2020 dello stanziamento sul cap. 7506 denominato “Spese per l'acquisizione di un servizio di telecomunicazione in standard Tetra per le esigenze delle Forze di polizia”, articolata nella misura di 25 milioni di euro per ciascun anno nel triennio 2015-2017 e di 75 milioni di euro a decorrere dal 2018.
Il capitolo afferisce alla missione 7 “Ordine pubblico e sicurezza”, nello Stato di previsione del Ministero dell’interno, e fa parte del programma 7.10: Pianificazione e coordinamento Forze di Polizia,
Si tratta della riduzione del finanziamento previsto dall’articolo 1, comma 41, della legge di Stabilità 2014, che ha disposto un finanziamento per il programma Te.T.Ra (Terrestrial Trunked Radio), di 30 milioni per l’anno 2014 e 70 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020.
Nel disegno di legge di bilancio 2015 è previsto uno stanziamento di 64,46 milioni con una riduzione di 15,46 milioni rispetto alle previsioni assestate 2014, che recano uno stanziamento di 79,93 milioni di euro (determinato sia dai 30 milioni della legge di stabilità 2014, sia dai 50 milioni autorizzati dall'articolo 1, comma 209, della legge di stabilità 2013).
Tali risorse sono destinate alla prosecuzione della rete nazionale standard Te.T.Ra finalizzata a garantire la sicurezza delle comunicazioni delle forze di polizia.
Il sistema TETRA (TErrestrial Trunked RAdio,) rappresenta uno standard di comunicazione a onde radio per uso professionale, con sistemi veicolari e portatili, usato principalmente dalle forze di polizia e militari e dai servizi di emergenza oltre che dai servizi privati civili. Il sistema garantisce un particolare grado di riservatezza o confidenzialità delle comunicazioni ottenuta mediante cifratura delle trasmissioni in aria usando una unica chiave comune a tutti gli utenti, oppure chiavi individuali e di gruppo rigenerate su base sessione.
TETRA è la tecnologia digitale, realizzata dall'azienda italiana Selex Elsag (ora confluita nella Selex Es, del gruppo Finmeccanica) adottata dall'Unione europea come standard digitale per le comunicazioni radio sicure delle forze di polizia dell'Unione.
In proposito, si ricorda che l'articolo 1, comma 209, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha assegnato al Ministro dell'interno il compito di predisporre un programma straordinario di interventi ai fini del completamento della rete TETRA, considerata necessaria per le comunicazioni sicure della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato. Per l'attuazione di tale programma, l'Amministrazione è stata autorizzata ad assumere, nei limiti delle risorse disponibili, impegni pluriennali, corrispondenti alle rate di ammortamento dei mutui contratti dai fornitori. La medesima disposizione ha autorizzato le relative spese, fissate nella misura di 10 milioni di euro per l'anno 2013, e di 50 milioni di euro per l'anno 2014.
Il successivo comma 210 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012, inoltre, ha istituito presso il Ministero dell'interno una Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva del programma Te.T.Ra, con il compito di formulare pareri sullo schema del programma, sul suo coordinamento e integrazione interforze e, nella fase di attuazione dello stesso, su ciascuna fornitura o progetto.
Ai componenti della suddetta commissione non spettano compensi, ed eventuali pareri chiesti ad esperti estranei all'amministrazione statale non possono comportare oneri per la finanza pubblica. I contratti e le convenzioni inerenti all'attuazione del programma sono stipulati dal Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, o da un suo delegato, acquisito il parere della Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva.
Decreto legislativo n. 102 del 2004, articolo 15, comma 2 – Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi
Missione: Agricoltura,
politiche agroalimentari e pesca |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
120.000 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
120.000 |
- |
- |
- |
La tabella E dispone un rifinanziamento per
il 2015 di 120 milioni del Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi. Nel BLV 2015 non sono presenti
stanziamenti.
Il Fondo di solidarietà nazionale è destinato a far fronte ad
interventi di prevenzione, nonché di compensazione dei danni alle strutture e
infrastrutture agricole e zootecniche determinati da calamità naturali o eventi
eccezionali.
Il Fondo è in
particolare destinato ad interventi di incentivo alla stipula di contratti
assicurativi (interventi ex ante) e - per i rischi non
inseriti in un piano assicurativo agricolo annuale - ad interventi di ripristino delle infrastrutture connesse
all'attività agricola, tra cui quelle di bonifica (interventi compensativi-
indennizzatori o ex post).
Ai sensi del D.Lgs. n.
102/2004, che ha sostituito la precedente legislazione di soccorso delle
aziende agricole colpite da calamità (legge n. 364/1970), decretandone
l’abrogazione, il Fondo è in parte gestito attraverso un conto corrente
infruttifero aperto presso la Tesoreria ed intestato al Ministero delle
politiche agricole: su tale conto corrente infruttifero affluiscono le
dotazioni del Fondo destinate agli interventi ex post compensativi-indennizzatori e da tale conto corrente
vengono prelevate le somme da trasferire alle regioni colpite da eccezionali
calamità naturali.
In particolare, ai sensi
del citato D.Lgs.n.102 (articolo 15), la dotazione del Fondo è iscritta in due diversi capitoli del bilancio
statale:
§ la dotazione per gli incentivi assicurativi
(per interventi ex ante) è iscritta sul
capitolo 7439/Mipaff ed è
annualmente rifinanziata in legge di stabilità, in Tabella E.
Si ricorda al riguardo che la
legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), Tabella E, recava anch’essa un
rifinanziamento per il solo anno 2014 di 120 milioni di euro. Tale stanziamento
di competenza per il 2014 è stato poi ridotto a circa 109,1 milioni di euro, in
conseguenza di tagli lineari intervenuti in corso d’anno sul capitolo in
questione, ed è stato alla data del 24 ottobre 2014 quasi interamente impegnato.
La tabella E della legge di stabilità 2012 (legge
n. 183/2011) aveva anch’essa disposto un rifinanziamento di 120.000 milioni di
euro per il 2013.
§ La dotazione del Fondo destinata agli interventi ex post compensativi indennizzatori è invece individuata “a valere
sulle risorse del Fondo di protezione civile”, annualmente determinato in parte
in tabella C della legge di stabilità (articolo 15). Le disponibilità del Fondo
- interventi indennizzatori sono iscritte sul capitolo 7411/MEF, pg. 1 e vengono assegnate al predetto piano di
gestione in corso d’anno attraverso un trasferimento di somme che provengono
appunto dal Fondo per la protezione civile. Tali somme sono poi a loro
volta riversate sul conto corrente di tesoreria centrale intestato al Mipaaf n.
24101 “Fondo di solidarietà- interventi indennizzatori” per una loro più
flessibile gestione.
Decreto-Legge
n. 66 del 2014, articolo 22-bis,
comma 1– Zone franche urbane
MISSIONE: COMPETITIVITA’ E SVILUPPO DELLE IMPRESE |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
75.000 |
100.000 |
- |
- |
Definanziamento
|
-75.000 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
0 |
100.000 |
- |
- |
La tabella E dispone un definanziamento delle risorse destinate agli interventi nelle zone franche urbane (ZFU) previste dall’articolo 22-bis del D.L. n. 66 del 2014, che comporta l’azzeramento delle disponibilità per il 2015.
L’articolo 22-bis autorizza la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016 per gli interventi in favore delle zone franche urbane di Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, (individuate dall’articolo 37, comma 1, del D.L. n. 179 del 2012) delle ulteriori zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 del 2009 ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo Convergenza (nell’ambito dei comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora, Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera), nonché della zona franca del Comune di Lampedusa (istituita dall'articolo 23, comma 45, del D.L. n. 98 del 2011).
L’articolo 37 reca disposizioni per il finanziamento di talune agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese localizzate nelle zone franche urbane ricadenti nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Si trattava delle ZFU ricadenti in tali regioni già individuate dal CIPE con la delibera n. 14 del 2009 (Catania, Torre Annunziata, Napoli, Taranto, Gela, Mondragone, Andria, Crotone, Erice, Rossano, Lecce, Lamezia Terme), nonché quelle valutate ammissibili nella relazione istruttoria allegata alla stessa delibera e quelle ulteriori rivenienti da altra procedura di cui all’articolo 1, comma 342, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) da definire entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso D.L. n. 179/2012, ricadenti in tali regioni. L’articolo 1, comma 340, della legge finanziaria 2007 ha previsto l’istituzione di zone franche urbane (ZFU) e ha costituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU. I successivi commi 341, 341-bis, 341-ter e 341-quater, definiscono le agevolazioni di cui possono beneficiare le ZFU (esenzioni IRES, IRAP, IMU, previdenziali).
Si segnala che tale regime agevolativo è stato esteso (articolo 37, comma 1-bis) anche alle aree industriali delle medesime regioni per le quali è stata già avviata una procedura di riconversione industriale, purché siano state precedentemente utilizzate per la produzione di autovetture, nonché ai comuni della provincia di Carbonia – Iglesias nell'ambito dei programmi di sviluppo e degli interventi compresi nell'Accordo di Programma ''Piano Sulcis'' (comma 4-bis).
Con decreto MISE del 10 aprile 2013 sono state definite condizioni, limiti, modalità e termini di decorrenza delle agevolazioni fiscali e contributive in favore di micro e piccole imprese localizzate nelle zone franche urbane delle regioni dell'Obiettivo «Convergenza», e con successivi decreti direttoriali sono stati emanati i relativi bandi di partecipazione alle agevolazioni.
Conseguentemente, le ZFU delle 4 regioni dell’Obiettivo Convergenza interessano determinate sezioni censuarie dei seguenti comuni:
§
Campania: Aversa, Benevento,
Casoria, Mondragone, Napoli, Portici (centro storico), Portici (zona costiera),
San Giuseppe Vesuviano e Torre Annunziata;
§ Calabria: Corigliano Calabro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia;
§
Puglia: Andria, Barletta, Foggia, Lecce, Lucera, Manduria, Manfredonia,
Molfetta, San Severo, Santeramo in Colle e Taranto;
§
Sicilia: Aci Catena, Acireale, Bagheria, Barcellona Pozzo di Gotto,
Castelvetrano, Catania, Enna, Erice, Gela, Giarre, Lampedusa e Linosa (inclusa ai sensi dell’art. 23, co. 45 del D.L.
n. 98/2011 richiamato dalla norma in commento), Messina, Palermo
(Brancaccio), Palermo (porto), Sciacca, Termini Imerese (inclusa area
industriale), Trapani e Vittoria.
Le ulteriori
zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009 ricadenti
nelle regioni non ricomprese nell'obiettivo Convergenza destinatarie dei
finanziamenti di cui al presente articolo riguardano alcune zone censuarie dei
comuni di Cagliari, Iglesias, Quartu Sant'Elena, Campobasso, Velletri, Sora,
Pescara, Ventimiglia, Massa-Carrara, Matera.
Le risorse (75
milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016) saranno ripartite tra le zone franche urbane, al netto degli
eventuali costi necessari per l'attuazione degli interventi, sulla base dei
medesimi criteri di riparto già utilizzati nell'ambito della delibera CIPE n.
14 dell'8 maggio 2009.
Le regioni interessate possono destinare, a
integrazione di tali risorse, proprie risorse per il finanziamento delle
agevolazioni, anche rivenienti, per le zone franche dell'obiettivo Convergenza
da eventuali riprogrammazioni degli interventi nell’ambito del Piano di azione
coesione (comma 2).
Per l'attuazione degli interventi il comma 3 dell’articolo
22-bis rinvia a quanto già disposto
dal decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 aprile 2013, recante
le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza e durata delle
agevolazioni concesse ai sensi dell'articolo 37 del D.L. n. 179 del 2012.
Infine il comma 4 ha posto il finanziamento di tali
interventi nelle zone franche urbane a carico della quota nazionale (e quindi
non di quella destinata alle regioni) delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, relative al ciclo di
programmazione 2014-2020, come
individuate dall'articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n.
147/2013).
Si segnala che, oltre al definanziamento disposta dalla Tabella E relativamente al 2015, sui finanziamenti in favore delle ZFU interviene anche l’allegato 5 richiamato dall’articolo 19, comma 1, concernente la riduzione di autorizzazioni di spesa in favore di imprese. Infatti alla quinta riga dell’Allegato 5 si dispone la riduzione di 50 milioni delle risorse previste dall’articolo 22-bis per il 2016.
Conseguentemente nel bilancio per il 2015-2017 le disponibilità per gli interventi nelle zone franche urbane saranno limitate a 50 milioni nel 2016, come evidenziato nella successiva tabella.
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
BLV |
75.000 |
100.000 |
- |
- |
Definanziamento Tabella E |
-75.000 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
0 |
100.000 |
- |
- |
Riduzione art. 19, co. 1, All. 5 |
- |
-50.000 |
|
|
Disponibilità
in bilancio |
- |
50.000 |
- |
- |
D.L.
n. 98 del 2011, articolo 32, comma 1, punto 4 – Alta Velocità Milano Genova,
Terzo Valico di Giovi, II lotto
MISSIONE: DIRITTO ALLA MOBILITA’ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
397 |
38,289 |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
- |
100.000 |
100.000 |
200.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
397 |
138.289 |
100.000 |
200.000 |
La tabella E dispone un rifinanziamento di 100 milioni di euro per le annualità 2016 e 2017 e di 200 milioni di euro per gli anni 2018 e seguenti, dello stanziamento relativo alle somme da assegnare a RFI per il secondo lotto della tratta relativa al Terzo Valico di Giovi della linea dell’Alta Velocità Milano-Genova, di cui all’articolo 32, comma 1, punto 4, del D.L. n. 98 del 2011. Il capitolo interessato è il 7518 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e trasporti che fa parte del programma 13.5 “Sistemi ferroviari, sviluppo e sicurezza del trasporto ferroviario” compreso nella missione 13 “Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto”.
Tale capitolo, nel disegno di legge di bilancio, reca infatti uno stanziamento in termini di competenza per il 2015 pari a 397.000 €, con una riduzione rispetto alle previsioni assestate per il 2014 nelle quali il capitolo recava una previsione di spesa di 8 milioni di euro circa. Con il rifinanziamento, che non opera sul 2015, ma sugli anni successivi, si porta l’importo indicato in tabella E complessivamente a 138,289 milioni di € per il 2016, a 100 milioni per il 2017 ed a 200 milioni per il 2018 e successivi.
Il terzo valico di Giovi-AV Milano Genova è inserito tra gli specifici interventi finanziabili dal Fondo c.d. “sblocca cantieri”, in quanto considerato appaltabile entro il 31 dicembre 2014 e cantierabile entro il 30 giugno 2015, in base all’art. 3, comma 2, lettera b) del D.L. n. 133 del 2014, attualmente in corso di conversione.
Si ricorda che secondo quanto indicato nella
tabella 0 del 12° allegato infrastrutture,
presentato al Parlamento nell’aprile 2014, il costo complessivo della “Tratta
AV/AC III Valico Giovi” è di 6.278,600 milioni di euro di cui 1.578,600
disponibili. L’opera è articolata in sei lotti costruttivi[114].
Si
ricorda che l’articolo 32, comma 1 del
D.L. n. 98 del 2011 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti il “Fondo
infrastrutture ferroviarie e stradali”, le cui risorse sono assegnate dal Comitato interministeriale per la
programmazione economica, su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sono
destinate prioritariamente alle opere ferroviarie da realizzare ai sensi
dell’articolo 2, commi 232-234, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria
2010), che disciplina la cosiddetta procedura per i lotti costruttivi. Gli
interventi individuati con le delibere CIPE del 18 novembre 2010 sono:
§ n. 83: Potenziamento dell’asse ferroviario
Monaco - Verona: Galleria di base del Brennero;
§
n. 84: Linea AV-AC Milano – Genova: Terzo Valico
Dei Giovi;
§
n. 85: Linea AV-AC Milano - Verona: Tratta
Treviglio – Brescia.
Con
la delibera CIPE n. 86/2011 è stato autorizzato il secondo lotto costruttivo
non funzionale della «Linea AV/AC Genova-Milano: Terzo Valico dei Giovi», del
valore di 1.100 milioni di euro. Tale importo è stato oggetto di rimodulazione
con la delibera n. 7/2013, che ha riprogrammato il citato Fondo.
L.
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 83 – Rinnovo veicoli del trasporto pubblico
locale
MISSIONE: DIRITTO ALLA
MOBILITA’ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
100.000 |
100.000 |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
500.000 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
600.000 |
100.000 |
- |
- |
La tabella E dispone un rifinanziamento di 500 milioni di euro per
il 2015, dello stanziamento sul cap.
7251 denominato “Fondo per l'acquisto
di veicoli adibiti al miglioramento dei servizi offerti per il trasporto
pubblico locale”. Il capitolo afferisce alla missione 13 “Diritto alla
mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto”, nello Stato di previsione del
Ministero delle infrastrutture e trasporti, e fa parte del programma 13.6: Sviluppo e sicurezza della mobilità
locale .
Nel disegno di legge di bilancio 2015 è previsto uno stanziamento di 100 milioni di €, derivante da una riduzione di 200 milioni rispetto alle previsioni assestate 2014, che recavano uno stanziamento di 300 milioni di euro.
Si tratta di un finanziamento previsto dall’art. 1, comma 83 della legge di Stabilità 2014, che ha disposto la destinazione di 300 milioni di euro per il 2014 e 100 milioni di euro per il 2015 e 2016 per l’acquisto di materiale rotabile su gomma e ferroviario, nonché di vaporetti e ferry-boat, da destinare al trasporto pubblico locale, attraverso l’incremento del sopracitato fondo, istituito dall’articolo 1, comma 1031 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006).
La
disposizione prevede che il finanziamento sia ripartito tra le regioni entro il
30 giugno di ciascun anno con la procedura di cui all’articolo 1, comma 1032
della legge finanziaria 2007, vale a dire con decreto del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con la Conferenza unificata secondo i
seguenti criteri:
§ priorità agli interventi finanziati dalla legge n. 194/1998 (Interventi urgenti nel settore dei trasporti) e n. 211/1992 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa);
§ condizioni
di vetustà dei parchi veicoli;
§ congruenza
con le effettive esigenze di domanda di trasporto.
La disposizione prevede poi un ulteriore criterio di ripartizione del fondo, quello del maggior carico medio per servizio effettuato, registrato nell’anno precedente.
I relativi pagamenti sono esclusi dal patto di stabilità interno, nel limite del 45 per cento dell’assegnazione di ciascuna regione per l’anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016.
Legge n. 266 del 2005, articolo 1, comma 86 – Contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato Spa
Missione: Diritto alla
mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
241.981 |
55.588- |
81.488- |
200.000- |
Riduzione
Tab. E |
-200.000 |
-50.000 |
-50.000 |
-- |
Rifinanziamento |
- |
320.000 |
400.000 |
3.735.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
41.981 |
325.588 |
431.488 |
3.395.000 |
La tabella E dispone una riduzione di 200 milioni di euro per il
2015 e di 50 milioni per gli
anni 2016 e 2017, dell’autorizzazione di spesa disposta dall’articolo 1, comma
86, della legge n. 266 del 2005, come contributo in conto impianti a
Ferrovie dello Stato Spa. In tabella E viene pertanto esposto un importo di
spesa per il 2015 di 41,98 milioni di euro circa. Per le annualità 2016
e 2017 si prevede in tabella E un rifinanziamento rispettivamente
di 320 milioni e di 400 milioni di euro, che al netto della riduzione di 50
milioni, portano ad un rifinanziamento di 270 milioni di € per il 2016 e 350 milioni
per il 2017. Per il 2018 e seguenti il rifinanziamento ammonta a 3.735 milioni
di euro.
Si ricorda che il finanziamento è concesso in base all’art. 1, comma 84 della legge finanziaria 2006 (e il successivo comma 86, indicato in tabella E, prevede che il contributo sia assegnato al Gestore in conto impianti), che ha disposto la concessione a Ferrovie dello Stato Spa o a società del gruppo contributi quindicennali di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 per la prosecuzione degli interventi relativi al sistema alta velocità/alta capacità Torino-Milano-Napoli e di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2007 a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
In particolare le risorse di bilancio
autorizzate dall’articolo 1, comma 84, della legge finanziaria 2006 sono
esposte nell’apposito piano di gestione n. 2 (Fondo opere), per il quale
le previsioni assestate 2014 indicano una previsione di spesa per 1.775 milioni
di euro.
Il contributo rientra nel capitolo 7122 che
fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto“,
iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la
realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie.
Decreto-legge
n. 98 del 2011, articolo 32, comma 1 – Fondo per le infrastrutture ferroviarie
e stradali – parte ANAS
Missione: Diritto alla
mobilità |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
167.318 |
107.427 |
- |
- |
Riduzione
Tab. E |
-83.000 |
-83.000 |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
- |
+200.000 |
+200.000 |
+600.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
84.318 |
224.427 |
200.000 |
600.000 |
La tabella E dispone un incremento complessivo di 834 milioni di
euro, per il periodo considerato,
delle risorse del Fondo per le infrastrutture ferroviari e stradali
istituito dall’art. 32, comma 1 del D.L. n. 98/2011, destinate al capitolo 7372
dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), in cui sono allocate le somme da corrispondere all'Anas per la realizzazione di un programma di
investimenti per lo sviluppo e l’ammodernamento delle infrastrutture.
Tale incremento di
risorse è la risultante di un rifinanziamento complessivo di 1 miliardo di euro
(a partire dal 2016) e di un contestuale definanziamento (che opera negli anni
2015-2016). Per il 2015 il saldo degli interventi operati dalla tabella è
quindi negativo, per cui si ha una riduzione
di risorse pari ad 83 milioni di
euro.
L’articolo 32, comma 1, ha istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), il Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali e relativo ad opere di interesse strategico[115] con una dotazione di 930 milioni per l'anno 2012 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016. Tali importi sono stati ridotti da numerose disposizioni legislative e rimodulati da una serie di delibere del CIPE.
Il comma 1 dell’art. 32 prevede che le risorse del Fondo siano assegnate dal CIPE, su proposta del MIT, di concerto con il MEF, e vengano destinate prioritariamente alle opere ferroviarie da realizzare ai sensi dell'articolo 2, commi 232, 233 e 234 della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), vale a dire con interventi per lotti costruttivi non funzionali[116], nonché ai contratti di programma con RFI S.p.A. e ANAS S.p.A.
Legge
n. 228 del 2012, articolo 1, comma 176 – Contratti di programma con RFI
MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI
TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
49.932 |
- |
, |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
70.000 |
100.000 |
200.000 |
200.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
119.932 |
100.000 |
200.000 |
200.000 |
La tabella E dispone un rifinanziamento di 70 milioni di euro per
il 2015, di 100 milioni per il 2016
e di 200 milioni di euro a partire dal
2017 dell’autorizzazione di spesa
disposta dall’articolo 1, comma 176 della legge di Stabilità 2013 (legge
n. 228 del 2012).
Si ricorda che l’art. 1, comma 176 della legge di Stabilità 2013, per il finanziamento degli investimenti relativi alla rete infrastrutturale ferroviaria nazionale, ha autorizzato la spesa di 600 milioni di euro per l'anno 2013 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, da destinare prioritariamente alle esigenze connesse alla prosecuzione dei lavori relativi a opere in corso di realizzazione ai sensi dell'articolo 2, commi da 232 a 234, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010). Si tratta di specifici progetti prioritari ricompresi nei corridoi europei TEN-T e inseriti nel programma delle infrastrutture strategiche aventi costi e tempi di realizzazione superiori, rispettivamente, a 2 miliardi di euro e a quattro anni dall’approvazione del progetto definitivo e non suddivisibili in lotti funzionali di importo inferiore a 1 miliardo di euro e per il quali le risorse sono assegnate dal CIPE ad una serie di condizioni.
Le risorse di bilancio autorizzate
dall’articolo 1, comma 176, della legge di Stabilità 2013 sono esposte
nell’apposito piano di gestione n. 1 intitolato “Contributi in conto impianti da corrispondere all’impresa Ferrovie
dello Stato Spa per la realizzazione di un programma di investimenti per lo
sviluppo e ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie”, che reca nel
disegno di legge di bilancio 2015 una previsione di spesa di 141,932 milioni di
€, di cui 49,932 milioni per il finanziamento del comma 176 in questione.
Il contributo rientra nel capitolo 7122 che
fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto“,
iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle
infrastrutture ferroviarie.
Si ricorda altresì che le risorse complessivamente presenti sul cap. 7122, che comprende 8 differenti piani di gestione, ammontano nel disegno di legge di bilancio 2015 a 723,9 milioni di euro, risultando ridotti rispetto al bilancio assestato 2014 che indicava stanziamenti per 2.525,8 milioni di euro.
Legge n. 147 del 2013, articolo 1,
comma 68 – ANAS
MISSIONE: DIRITTO
ALLA MOBILITA' E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
139.177 |
- |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
- |
50.000 |
143.000 |
200.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
139.177 |
50.000 |
143.000 |
200.000 |
La tabella E dispone un rifinanziamento complessivo di 393 milioni
dal 2016 delle
risorse che il comma 68 dell’art. 1 della L. n. 147/2013 (stabilità 2014) ha
destinato all’ANAS al fine di assicurare la manutenzione straordinaria della rete stradale, la realizzazione di nuove opere e la prosecuzione degli interventi previsti dai
contratti di programma già stipulati dall’ANAS con il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti.
Per
tali finalità il comma 68 ha autorizzato la spesa di 335 milioni di euro per
l'anno 2014 e di 150 milioni di euro per l'anno 2015.
Nella delibera CIPE 14 febbraio 2014, n. 4, relativa al Contratto di
programma ANAS 2014, si legge che la copertura finanziaria degli investimenti contemplati
dallo schema di contratto, per 485 milioni di euro, è interamente assicurata a
valere sulle risorse di cui all'art. 1, comma 68, della citata L. n. 147/2013.
La medesima delibera ricorda altresì che la disponibilità di una parte di tali
risorse, nella misura di 28,17 milioni di euro, è subordinata allo svincolo
delle somme accantonate ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera c), del D.L. n. 4/2014,
che ha aumentato la quota di risparmi che attiene al bilancio dello Stato,
attraverso l’incremento del complesso degli importi accantonati sugli
stanziamenti rimodulabili del bilancio dello Stato dal comma 428 dell’articolo
1 della L. n. 147/2013.
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 73 – Manutenzione straordinaria F.S.
MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI
TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
- |
- |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
500.000 |
750.000 |
750.000 |
2.250.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
500.000 |
750.000 |
750.000 |
2.250.000 |
La tabella E dispone un rifinanziamento di 500 milioni di euro per
il 2015 e di 750 milioni per il 2016
e 2017, dell’autorizzazione di
spesa disposta dall’articolo 1, comma 73 della legge di Stabilità 2014
(legge n. 147 del 2013). Per il 2018 e seguenti il rifinanziamento è di
2.250 milioni di €. Si tratta della norma che ha previsto, al fine di
assicurare la continuità dei lavori di manutenzione straordinaria della rete
ferroviaria inseriti nel contratto di servizio 2012-2014 tra il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria
italiana (REI) Spa, l’autorizzazione di spesa di 500 milioni di euro per l'anno
2014.
Si ricorda che le risorse di bilancio
autorizzate dall’articolo 1, comma 73, della legge di Stabilità 2014 sono
esposte nell’apposito piano di gestione n. 5 “Manutenzione straordinaria RFI
contratto di servizio 2012-2014” che recava nel bilancio assestato 2014 una
previsione di spesa di 500 milioni di €, che viene quindi rifinanziata a
partire dal 2015.
Il contributo rientra nel capitolo 7122 che
fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto“,
iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle
infrastrutture ferroviarie.
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 74 – Tratta ferroviaria Cancello-Frasso
Telesino e variante linea Roma Napoli
MISSIONE Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI
TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
50.000 |
50.000 |
- |
- |
Riduzione
Tab. E |
25.000 |
|
- |
- |
Importi esposti
in Tabella E |
25.000 |
50.000 |
- |
- |
La tabella E dispone una riduzione di 25 milioni di € per il 2015 dell’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, comma 74 della legge di Stabilità 2014 per il finanziamento della tratta Cancello-Frasso Telesino e la variante alla linea Roma-Napoli, via Cassino, sita nel comune di Maddaloni, dell'asse ferroviario AV/AC Napoli-Bari.
Il comma 74, che viene ora ridotto con la tabella E, aveva autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 50 milioni di euro per l'anno 2016, al fine di completare il finanziamento della tratta Cancello-Frasso Telesino e la variante alla linea Roma-Napoli, via Cassino, sita nel comune di Maddaloni, dell'asse ferroviario AV/AC Napoli-Bari, presentato al CIPE nella seduta del 18 febbraio 2013, e per assicurare la celere presentazione al medesimo Comitato del progetto definitivo entro il 30 settembre 2014.
Il contributo rientra nel capitolo 7122 che
fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto“,
iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle
infrastrutture ferroviarie.
Si ricorda che le risorse di bilancio
autorizzate dall’articolo 1, comma 74, della legge di Stabilità 2014 sono
esposte nell’apposito piano di gestione n. 6, che reca una previsione di
bilancio 2015 a legislazione vigente di 50 milioni di €.
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 76 – Linea ferroviaria Milano Venezia,
tratte Brescia-Verona-Padova
MISSIONE Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI
TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
120.000 |
120.000 |
120.000- |
1.440.000- |
Riduzione
Tab. E |
90.000 |
- |
-- |
-- |
Rifinanziamento |
- |
- |
200.000 |
2.800.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
30.000 |
120.000 |
320.000 |
4.240.000 |
La tabella E dispone una riduzione di 90 milioni di € per il 2015 dell’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, comma 76 della legge di Stabilità 2014 per il finanziamento della Linea ferroviaria Milano Venezia, tratte Brescia-Verona-Padova. Per il 2017 si prevede invece un rifinanziamento di 200 milioni di euro e per il 2018 e successivi il rifinanziamento è di 2.800 milioni di €.
Il comma 76 richiamato ha autorizzato la
spesa mediante erogazione diretta di 120
milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2029 per le tratte:
§ Brescia-Verona-Padova della linea
ferroviaria AV/AC Milano-Venezia;
§ Apice-Orsara
e Frasso Telesino-Vitulano della linea ferroviaria AV/AC Napoli-Bari.
A valere su tali contributi non sono consentite
operazioni finanziarie con oneri a carico dello Stato. La norma prevede inoltre
che tali opere siano realizzate con le modalità previste dalle lettere b) e c)
del comma 232 e dai commi 233 e 234 dell'articolo 2 della legge n. 191/2009, e
che il CIPE possa approvare i progetti preliminari anche nelle more del
finanziamento della fase realizzativa e i relativi progetti definitivi a
condizione che sussistano disponibilità finanziarie sufficienti per il
finanziamento di un primo lotto costruttivo di valore non inferiore al 10 per
cento del costo complessivo delle opere.
Il contributo rientra nel capitolo 7122 che
fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto“,
iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle
infrastrutture ferroviarie.
Le risorse di bilancio autorizzate dall’articolo 1, comma 76, della legge di Stabilità 2014 sono esposte nell’apposito piano di gestione n. 7, che reca una previsione di bilancio 2015 a legislazione vigente di 120 milioni di €.
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 80 – Asse ferroviario Bologna-Lecce
MISSIONE: Diritto alla mobilità E SVILUPPO DEI SISTEMI DI
TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
150.000 |
150.000 |
- |
- |
Riduzione
Tab. E |
-135.000 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
15.000 |
150.000 |
- |
- |
La tabella E dispone una riduzione di 135 milioni di euro per il 2015, dell’autorizzazione di spesa disposta dall’articolo
1, comma 80 della legge di Stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha
autorizzato la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2014 e di 150 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, per l'avvio immediato di interventi
di adeguamento del tracciato e la velocizzazione dell'asse ferroviario
Bologna-Lecce. Nelle more dell'approvazione del contratto di
programma-parte investimenti 2012-2016, sottoscritto con RFI, era stata autorizzata
la contrattualizzazione degli interventi.
Si ricorda che le risorse di bilancio
autorizzate dall’articolo 1, comma 80, della legge di Stabilità 2014 sono
esposte nell’apposito piano di gestione n. 8 “Adeguamento tracciato e
velocizzazione Asse ferroviario adriatico Bologna Lecce” che recava nel bilancio
assestato 2014 una previsione di spesa di 50 milioni di € e nel 2015 di 150
milioni.
Il contributo rientra nel capitolo 7122 che
fa parte del Programma 13.8 “Sostegno allo sviluppo del trasporto“,
iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze (Tabella 2), il quale contiene i contributi in conto capitale a Ferrovie dello Stato Spa per la realizzazione del programma di investimenti per lo sviluppo e ammodernamento delle
infrastrutture ferroviarie.
Legge
n. 228 del 2012, articolo 1, comma 186 – Piattaforma d’altura davanti al porto
di Venezia
MISSIONE: DIRITTO ALLA
MOBILITA’ E SVILUPPO DEI SISTEMI DI TRASPORTO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
72 |
- |
- |
- |
Rifinanziamento
Tab. E |
- |
10.000 |
30.000 |
55.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
72 |
10.000 |
30.000 |
55.000 |
La tabella E dispone un rifinanziamento di 10 milioni di € per il 2016, di 30 milioni per il 2017 e di 55 milioni per il 2018 e seguenti, sul capitolo 7270 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e trasporti per la realizzazione della piattaforma d’altura davanti al porto di Venezia.
Si tratta di somme da assegnare all’Autorità portuale di Venezia, per le quali il disegno di legge di bilancio 2015 prevede uno stanziamento di 72.000 euro. Peraltro, in base all’art. 3, comma 4 del D.L. n. 133 del 2014, attualmente in corso di conversione, tra le norme di copertura finanziaria previste per il rifinanziamento del Fondo (c.d. “sblocca cantieri”), si annovera una riduzione di 94,8 milioni di euro per il 2015 dell’autorizzazione di spesa per la realizzazione di tale piattaforma d’altura.
Legge n. 448 del 1998, articolo 50, comma 1, punto C – Edilizia sanitaria pubblica
MISSIONE: INFRASTRUTTURE PUBBLICHE E LOGISTICA |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
BLV |
100.000 |
500.000 |
|
|
Rifinanziamento
Tab. E |
200.000 |
400.000 |
1.200.000 |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
300.000 |
900.000 |
1.200.000 |
- |
La Tabella E reca un rifinanziamento di 200
milioni per il 2015, 400 milioni per
il 2016, e 1.200 milioni per il 2017
per l'attuazione del programma
decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di
ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico di cui
all'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (finanziaria 1988) ivi
compresi gli interventi finalizzati all'adeguamento della sicurezza di cui al D.Lgs.
19 settembre 1994, n. 626 - di attuazione di direttive comunitarie -
riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro, successivamente sostituito dal D.Lgs. n. 81 del 2008.
Si rileva che nel bilancio a legislazione vigente la dotazione del cap. 7464/Economia indica una previsione di spesa per il 2015 pari a 610 milioni di euro, di 1.010 milioni per il 2016 e di 521,2 milioni per il 2017.
Di tali importi, come sopra indicato, 100 milioni per il 2015 e 500 milioni per il 2016 sono da riferire al rifinanziamento vigente disposto dalla Tab. E della stabilità per il 2014 (L. 147/2013) per gli interventi di edilizia sanitaria pubblica, mentre la restante quota di 510 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e 521,2 per il 2017 è da riferire al riaccertamento straordinario dei residui svolto in attuazione dell’art. 49, co. 2, lett. d) del DL. 66/2014 (L. 89/2014).
Si ricorda che, in base a tale norma, è prevista la
quantificazione per ciascun Ministero dell'ammontare delle somme iscritte nel
conto dei residui da eliminare compatibilmente con gli obiettivi programmati di
finanza pubblica. Con la legge di bilancio per gli anni 2015-2017 si provvede
pertanto ad iscrivere su appositi fondi, su base pluriennale, le somme
corrispondenti alla cancellazione dei suddetti importi da destinare ai medesimi
enti in relazione ai residui eliminati. Per i residui passivi relativi a
trasferimenti e/o compartecipazioni statutarie alle regioni, alle province
autonome e agli altri enti territoriali, in particolare, le operazioni di cancellazione
e reiscrizione dei residui vengono operate con il concorso degli stessi enti
interessati.
In sede di
assestamento 2014 sono stati accertati, per tale anno, come da rendiconto al 31
dicembre 2013, residui pari a 1.224 milioni.
L’articolo 50, comma 1, lettera c) della legge n. 448/1998 rifinanzia il programma decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico di cui alla legge finanziaria 1988 (legge 67/1988). L’articolo 20 della finanziaria 1988 ha originariamente programmato per il piano pluriennale 30.000 miliardi di lire (circa 15,5 miliardi di euro). Tale importo è stato via via aumentato con le successive leggi finanziarie.
Da ultimo si ricorda il rifinanziamento di 200 milioni per il 2011 e 1.800 milioni per il 2012 ai sensi della legge finanziaria per il 2010, il definanziamento di 203,6 milioni per il 2012 previsto dalla legge di stabilità per il 2012 e, infine, il rifinanziamento di 100 milioni per il 2015 e 500 milioni per il 2016 di cui alla legge di stabilità 2014.
Dal punto di vista procedurale, il D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 , modificando l’articolo 5-bis del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, ha successivamente disposto la possibilità, per il Ministro della salute, di stipulare, nell’ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 20 della legge 67/1988, accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati, previo concerto con il Ministro dell’economia e finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, nei limiti delle disponibilità finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato e nei bilanci regionali .
Al finanziamento degli interventi si provvede mediante operazioni di mutuo che le regioni e le province autonome sono autorizzate ad effettuare, nel limite del 95 per cento della spesa ammissibile risultante dal progetto, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito all'uopo abilitati, secondo modalità e procedure da stabilirsi con decreto ministeriale. I soggetti beneficiari del programma di investimenti sono le regioni e province autonome, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), i policlinici universitari, l’istituto superiore di sanità, gli ospedali classificati e gli istituti zooprofilattici sperimentali.
La seguente tabella evidenzia le risorse del cap. 7464 Edilizia sanitaria pubblica risultanti dagli stanziamenti di Tab. E delle leggi finanziarie/di stabilità, a partire dal 2010, a confronto con il dato di consuntivo rilevato dai rendiconti di bilancio fino al 2013 (ultimo dato disponibile), che tiene conto anche delle ulteriori risorse destinate a tali interventi con stanziamenti direttamente iscritti in bilancio:
(arrotondamenti in milioni di
euro)
Cap. 7464 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
Fin. 2010 |
2.120,3 |
795,8 |
1.800,0 |
|
|
|
|
Consuntivo 2010 |
2.125,3 |
|
|
|
|
|
|
Stab. 2011 |
|
226,0 |
521,3 |
|
|
|
|
Consuntivo 2011 |
|
721,8 |
|
|
|
|
|
Stab. 2012 |
|
|
308,8 |
- |
- |
|
|
Consuntivo 2012 |
|
|
1.181,2 |
|
|
|
|
Stab. 2013 |
|
|
|
- |
- |
|
|
Consuntivo 2013 |
|
|
|
56,8 |
|
|
|
Stab. 2014 |
|
|
|
|
|
100,0 |
500,0 |
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 71 – Prosecuzione e completamento del
sistema MO.S.E.
MISSIONE: INFRASTRUTTURE PUBBLICHE E LOGISTICA |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss. |
BLV |
92.785 |
66.657 |
74.349 |
|
Rifinanziamento
Tab. E |
30.000 |
50.000 |
57.000 |
|
Importi
esposti in Tabella E |
122.785 |
116.657 |
131.349 |
|
La tabella E dispone un rifinanziamento complessivo di 137 milioni di euro per la prosecuzione e il completamento del sistema MO.S.E a valere sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 71 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).che risultano così suddivisi: 30 milioni per l’anno 2015, 50 milioni per l’anno 2016 e 57 milioni per l’anno 2017.
L’articolo 1, comma 71 della legge n. 147 del 2013 ha autorizzato la spesa di 151 milioni di euro per l'anno 2014, 100 milioni di euro per l’anno 2015, 71 milioni di euro per l’anno 2016 e 79 milioni di euro per l'anno 2017 per consentire:
§ la prosecuzione immediata dei lavori del sistema MO.S.E. previsti dal 43° atto attuativo alla Convenzione generale sottoscritta tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Magistrato alle Acque di Venezia e il Consorzio Venezia Nuova, con presa d’atto da parte del CIPE;
§ il completamento dell’intero sistema MO.S.E., con un atto aggiuntivo alla predetta Convenzione generale che deve essere sottoposto al CIPE entro il 30 giugno 2014.
Il progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia - Sistema Mo.S.E. è compreso nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge 443/2001 (cd. “legge obiettivo”). Per informazioni sullo stato di attuazione dell’opera con dati al 31 ottobre 2013 si consulti la scheda n. 64 dell’8° Rapporto sullo stato di attuazione della “legge obiettivo!..
Nell’aggiornamento del programma delle infrastrutture strategiche allegato al Documento di economia e finanza 2014 è riportato un costo complessivo dell’opera pari a 5.493,160 milioni con una disponibilità di 4.866,160 milioni e un fabbisogno di 627 milioni.
Decreto-legge
n. 43 del 2013, articolo 7-bis, co. 1 – Rifinanziamento della
ricostruzione nei comuni interessati dal sisma Abruzzo
MISSIONE: CASA E ASSETTO URBANISTICO |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
BLV |
497.200 |
197.200 |
197.200 |
394.400 |
Rifinanziamento
Tab. E |
200.000 |
900.000 |
1.100.000 |
2.900.000 |
Importi
esposti in Tabella E |
697.200 |
1.097.200 |
1.297.200 |
3.294.400 |
La tabella E dispone un rifinanziamento complessivo di 5.100 milioni per il periodo 2015-2018, per gli interventi per la ricostruzione privata nei territori della Regione Abruzzo colpiti dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 previsti dall’articolo 7-bis, comma 1, del D.L. 43/2013. Tale rifinanziamento risulta così articolato: 200 milioni per il 2015, 900 milioni per il 2016 e 1.100 milioni per il 2017 e 2.900 milioni per il 2018 e per gli anni successivi.
L’articolo 7–bis, comma 1, del D.L. n. 43 del 2013, al fine di assicurare la prosecuzione dei predetti interventi, ha autorizzato la spesa di 197,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2019, per un importo totale pari a 1.183,200 milioni di euro.
Nella tabella E della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per l'anno 2014) il rifinanziamento del citato articolo 7-bis del decreto legge n. 43/2013, è stato pari a 300 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2014 e 2015. Successivamente, l’art. 4, comma 8, del D.L. n. 133 del 2014, in corso di esame parlamentare, ha previsto il rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 1 dell’art. 7-bis del D.L. n. 43 del 2013 nella misura di 250 milioni per l'anno 2014 in termini di sola competenza.
La delibera 1/2014 del 6 febbraio 2014 ha disposto le seguenti assegnazioni definitive a valere sulle risorse stanziate dal decreto-legge n. 43/2013 e dalla legge n. 147/2013:
1) a favore del Comune di L'Aquila, 114.483.474 euro, per ciascuno degli anni 2015 e 2016 a valere sulle risorse assegnate programmaticamente con la delibera n. 50/2013;
2) a favore del Comune di L'Aquila, 142.525.129 euro, a valere sull'annualità 2014, delle risorse stanziate dalla legge n. 147/2013;
3) a favore dei Comuni "fuori cratere" 5.620.000 euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 a valere sulle risorse assegnate programmaticamente con la delibera n. 50/2013.
Legge
n. 289 del 2002, articolo 61, comma 1 – Fondo per lo sviluppo e la coesione –
Risorse ciclo 2007-2013
MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
BLV |
6.264,8 |
1.700,0 |
- |
- |
Definanziamento
|
-463,7 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
5.801,1 |
1.700,0 |
|
|
La tabella E dispone una riduzione di spesa delle risorse relative al ciclo di programmazione 2007-2013 del Fondo per lo sviluppo e la coesione nella misura di 463,7 milioni per il 2015.
Ai sensi del decreto
legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante “Disposizioni in materia di
risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri
economici e sociali”, attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo
fiscale, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) ha assunto la denominazione
di “Fondo per lo sviluppo e la coesione".
A decorrere dal 2003, le risorse destinate agli interventi nelle aree
sottoutilizzate del Paese sono state concentrate in un Fondo di carattere
generale (Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS), ai sensi della legge n.
289/2002. Nel Fondo sono iscritte tutte le risorse
finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio
economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Per quanto
concerne il riparto delle risorse,
l’articolo 61, comma 3, della legge n. 289/2002 attribuisce al CIPE il compito
di ripartire, con proprie deliberazioni, la dotazione del Fondo per le aree
sottoutilizzate tra gli interventi in esso compresi. Per il ciclo di
programmazione 2014-2020 la legge di stabilità 2014 all’articolo 1, comma 6, ha
determinato una dotazione aggiuntiva delle risorse del Fondo per lo sviluppo e
la coesione (FSC) relativamente al ciclo di programmazione 2014-2020 nella
misura di 54,8 miliardi (cfr scheda
successiva).
La tabella E
della legge di stabilità 2014 - che non contabilizzava gli effetti del
rifinanziamento dell’articolato della legge stessa (cioè l’iscrizione a
bilancio delle nuove risorse 2014-2020, né degli effetti di norme che hanno
utilizzato le risorse del FSC, quale le risorse per il fondo di garanzia PMI
nella misura di 200 milioni per ciascuna annualità 2014-2016) – e pertanto
indicava 6.764,8 milioni per il 2015 e 1.900 milioni per il 2016.
La legge di
bilancio 2014-2016 esponeva correttamente le risorse del FSC nella misura
di 7.064 milioni per il 2015 e di 2.700 milioni per il 2016 (essendo un
bilancio triennale le risorse relative al 2017 e annualità successive non
figuravano in bilancio).
Nel corso del 2014 soltanto una disposizione
legislativa ha utilizzato le risorse del FSC 2007-2013 a copertura degli oneri:
si tratta dell’articolo 48 del D.L. n. 66 del 2014, che ha previsto
l’assegnazione da parte del CIPE di risorse fino ad un importo massimo di 300
milioni per la prosecuzione del programma di interventi di riqualificazione e
messa in sicurezza degli edifici scolastici, previa verifica dell’utilizzo
delle risorse del FSC della programmazione 2007-2013 assegnate a valere sugli
stanziamenti relativi al programma delle infrastrutture strategiche per
l'attuazione di piani stralcio del programma di messa in sicurezza degli
edifici scolastici.
|
2015 |
2016 |
2017 e ss |
2018 e ss |
Legge di bilancio 2014-2016 |
7.064,8 |
2.700,0 |
42.298,0 |
|
- Quota 2007-2013 (L.
289/2002) |
6.564,8 |
1.700,0 |
- |
|
- Quota 2014-2020 (L.
147/2013) |
500,0 |
1.000,0 |
42.298,0 |
|
|
|
|
|
|
Fondo 2007-2013 (L.
289/2002) |
6.564,8 |
1.700,0 |
- |
- |
D.L. n. 66/2014, art. 48 e delibera CIPE n. 34 (Edilizia scolastica) |
-300,0 |
|
|
|
B.L.V. |
6.264,8 |
1.700,0 |
- |
- |
Definanziamento
|
-463,7 |
- |
- |
- |
Importi
esposti in Tabella E |
5.801,1 |
1.700,0 |
- |
- |
Legge
n. 147 del 2013, articolo 1, comma 6 – Fondo per lo sviluppo e la coesione –
Risorse ciclo 2014-2020
MISSIONE: SVILUPPO E RIEQUILIBRIO TERRITORIALE |
||||
(migliaia di euro) |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 e ss |
BLV |
346,3 |
485,2 |
981,7 |
37.225,7 |
Rimodulazione
|
+100,0 |
+500,0 |
+1.500,0 |
-2.100,0 |
Importi
esposti in Tabella E |
446,3 |
985,2 |
2.481,7 |
35.155,7 |
La tabella E dispone una rimodulazione delle risorse relative al ciclo di programmazione 2014-2020 del Fondo per lo sviluppo e la coesione, attraverso una anticipazione di 100 milioni al 2015, di 500 milioni al 2016 e di 1.500 milioni al 2017, con conseguente riduzione di 2.100 milioni della quota relativa al 2018 e anni successivi.
L’articolo 1,
comma 6, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013) ha disposto una
dotazione aggiuntiva del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC)
relativamente al nuovo ciclo di
programmazione 2014-2020, nella
misura complessiva di 54.810 milioni.
La norma ne dispone l’iscrizione in bilancio limitatamente alla misura dell’80 per cento (43.848 milioni). Per il triennio 2014-2016, gli importi iscritti in
bilancio sono pari a 50 milioni nel 2014, 500 milioni nel 2015 e a
1 miliardo nel 2016. Per gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata
dalla tabella E delle singole leggi di stabilità a valere sul rimanente importo
di 42.298 milioni. Per quanto concerne la restante quota del 20 per cento (10.962 milioni), la
relazione tecnica al disegno di legge di stabilità 2014 (A.S. 1120) ha
precisato che la relativa iscrizione in bilancio avverrà all’esito di una
apposita verifica di metà periodo (da effettuare precedentemente alla
predisposizione della legge di stabilità per il 2019, quindi nella
primavera-estate 2018) sull’effettivo impiego delle prime risorse assegnate.
Trattandosi di un finanziamento in articolato gli
effetti non venivano esposti nella Tabella E della legge di stabilità 2014
(dove figuravano le autorizzazioni di spesa relative al precedente ciclo di
programmazione 2007-2013), ma venivano contabilizzate nella legge di bilancio 2014-2016 che
esponeva correttamente le risorse del FSC nella misura di 7.064 milioni per il
2015 e di 2.700 milioni per il 2016 (essendo un bilancio triennale le risorse
relative al 2017 e annualità successive non figuravano in bilancio)..
Nel corso del 2014 sono intervenute alcune
disposizioni che hanno utilizzato le nuove risorse de FSC a copertura degli
oneri. Si è trattato, nello specifico delle seguenti norme:
§
l’articolo 22-bis del D.L. n. 66 del 2014 ha
autorizzato la spesa di 75 milioni per il 2015 e di 100 milioni per il 2016,
per gli interventi in favore delle zone
franche urbane (articolo 37, comma 1, D.L. n. 179/2012), delle ulteriori
zone franche individuate dalla delibera CIPE n. 14 dell'8 maggio 2009,
ricadenti nelle regioni non comprese nell'obiettivo “Convergenza” e della zona
franca del comune di Lampedusa;
§
l’articolo 18 del
D.L. n. 91 del 2014 ha posto la copertura deli oneri per il finanziamento del
credito di imposta per investimenti in beni strumentali nuovi a valere sulle
risorse FSC nella misura di 204 milioni nel 2016, 408 milioni nel 2017, 408
milioni nel 2018 e 204 per il 2019;
§
l’articolo 19 del
D.L. n. 91 del 2014 ha posto la copertura parziale deli oneri derivanti dalla
modifica alla disciplina dell’ACE (aiuto crescita economica) a valere sulle
risorse FSC nella misura di 27,3 milioni nel 2015, 55,0 milioni nel 2016, 85,3
milioni nel 2017 e 112,3 milioni nel 2018;
§
l’articolo 3,
comma 4, del D.L. n. 133 del 2014 ha posto parte della copertura degli oneri dell’incremento
della dotazione del Fondo sblocca cantieri (51,2 per il 2015, 155,8 milioni per
il 2016, 925 milioni per il 2017 e 1.918 milioni per il 2018) a valere sulla
quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione – ciclo di
programmazione 2014-2020.
|
2015 |
2016 |
2017 e ss |
2018 e ss |
Legge di bilancio 2014-2016 |
7.064,8 |
2.700,0 |
42.298,0 |
|
- Quota 2007-2013 (L.
289/2002) |
6.564,8 |
1.700,0 |
- |
|
- Quota 2014-2020 (L.
147/2013) |
500,0 |
1.000,0 |
42.298,0 |
|
|
|
|
|
|
Fondo 2014-2020 (L.
147/2013) |
500,0 |
1.000,0 |
42.298,0 |
|
Fondo 2014-2020 (L.
147/2013) |
500,0 |
1.000,0 |
2.400,0 |
39.898,0 |
D.L. n.
66/2014, art. 22-bis – Copertura
oneri per zone franche urbane |
-75,0 |
-100,0 |
- |
- |
D.L. n.
91/2014, art. 18 – Copertura oneri per credito di imposta per investimenti in
beni strumentali nuovi |
- |
-204,0 |
-408,0 |
-612 |
D.L. n.
91/2014, art. 19 – Copertura oneri per Modifiche alla disciplina ACE (aiuto
crescita economica) |
-27,3 |
-55,0 |
-85,3 |
-112,3 |
D.L. n.
133/2014, art. 3, co. 4, lett. f) – Copertura oneri rifinanziamento Fondo sblocca
cantieri |
-51,2 |
-155,8 |
-925,0 |
-1.918,0 |
Totale riduzioni |
-153,7 |
-514,8 |
-1.418,3 |
-2.642,3 |
B.L.V. |
346,3 |
485,2 |
981,7 |
37.255,7 |
Rimodulazione Tabella E |
+100,0 |
+500,0 |
+1.500,0 |
-2.100,0 |
Importi esposti in Tabella E |
446,3 |
985,2 |
2.481,7 |
35.155,7 |
Si ricorda che, oltre all’utilizzo a copertura di oneri disposto da provvedimenti legislativi sopra illustrati, diverse disposizioni legislative hanno già effettuato una riserva di assegnazione delle nuove risorse del FSC, da formalizzare da parte del CIPE in sede di riparto delle risorse del Fondo, come esposto nella successiva tabella.
|
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
2020 |
TOT. |
Stabilità 2014
art. 1, co. 6 |
50,0 |
500,0 |
1.000,0 |
42.298 + 10.962 (20%) |
54.810,0 |
|||
Riserva per
assegnazioni CIPE |
|
|
|
|
|
|
|
|
Co. 7: Interventi
di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse
nazionale e di altri interventi in materia di politiche ambientali (importo non specificato) |
|
|
|
|
|
|
|
|
Co. 9: Sviluppo
settore agricolo (5% delle risorse)
Facoltativo |
|
|
|
|
|
|
|
|
Co. 12: Messa
in sicurezza e bonifica dell'area del SIN di Brindisi (non specificate quote annuali) |
|
|
|
|
|
|
|
25,0 |
Co. 43:
Istituto italiano per gli studi storici e Istituto italiano per gli studi
filosofici CIPE 1/8/2014, n. |
2,0 |
2,0 |
2,0 |
|
|
|
|
6,0 |
Co. 53: Fondo
garanzia PMI (non specificate quote
annuali) |
|
|
|
|
|
|
|
600,0 |
Co. 121:
Calamità 2009 |
|
50,0 |
50,0 |
|
|
|
|
100,0 |
Co. 124:
Calamità Sardegna 2013 |
|
50,0 |
|
|
|
|
|
50,0 |
Co. 181: Nuove
sedi uffici giudiziari CIPE n. 12/2014 – Salerno |
1,0 |
18,5 |
7,0 |
|
|
|
|
30,0 26,5 |
Co. 319:
Lampedusa e Linosa |
10,0 |
5,0 |
5,0 |
|
|
|
|
20,0 |
Co. 319:
Metanizzazione |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
20,0 |
140,0 |
Assegnazioni
ex lege |
|
|
|
|
|
|
|
|
D.L. n. 83,
art. 7, co. 3-quater – CIPE
annualmente per Capitale italiana della cultura |
|
1,0 |
1,0 |
1,0 |
1,0 |
- |
1,0 |
5,0 |
Assegnazioni
CIPE |
|
|
|
|
|
|
|
|
Delibera
21/2014 – Reintegro decurtazione (punto 2.1) |
|
|
|
|
|
|
|
306,9 |
Delibera
21/2014 – Reintegro decurtazione (punto 2.3 |
|
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|
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|
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|
1.143,9 |
Articolo 46,
comma 4
(Tabella D)
Il comma 4 reca l’approvazione della Tabella D, che determina le riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente, aggregate per programma e missione.
L'articolo 11, comma 3, lettera f), della nuova legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) prevede, tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle riduzioni delle autorizzazioni legislative relative alla spesa di parte corrente, per ciascun anno considerato dal bilancio pluriennale, aggregate per programma e per missione.
Nella Tabella D del disegno di legge di stabilità per il 2015 reca riduzioni di spesa per 38,7 milioni per il 2015, 35,6 milioni per il 2016 e 35,3 milioni per il 2017.
Nella successiva tavola sono riportate le voci della tabella D suddivise per Ministero, anziché per Missione/Programma come esposte nell’A.C. 2679.
(importi in euro)
|
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BILANCIO
LEGISLAZIONE VIGENTE. |
RIDUZIONI |
||||
|
|
2015 |
2016 |
2017 |
2015 |
2016 |
2017 |
MEF 3902 |
Legge n.
183/2011, art. 6, co. 1 |
806.514 |
678.608 |
806.703 |
-84.324 |
-75.022 |
-88.218 |
MISE 2234 |
Legge n.
140/1999, art. 3 |
97.795 |
145.112 |
145.112 |
-39.118 |
-39.118 |
-39.118 |
MISE 2246 |
Legge n.
296/2006, art. 1, co. 852 |
264.637 |
274.578 |
274.578 |
-26.464 |
-26.464 |
-26.464 |
MISE 2302 |
D.L. n.
78/2010, art. 7, co. 31 |
1.456.335 |
83.525 |
83.283 |
-1.400.000 |
-80.000 |
-80.000 |
MISE 2228 |
Legge n.
140/1999, art. 10 |
78.400 |
82.810 |
82.573 |
-40.000 |
-40.000 |
-40.000 |
MISE 2385 |
D.L. n.
2/2006, art. 4-bis, co. 7 |
355.693 |
691.564 |
769.725 |
-210.895 |
-210.895 |
-210.895 |
MISE 1231 |
Legge n.
140/1999, art. 10 |
172.528 |
178.429 |
177.911 |
-102.294 |
-102.294 |
-102.294 |
MISE 3121 |
Legge n.
448/2001, art. 52, co. 18 |
27.957.663 |
32.662.556 |
32.453.13 |
-3.150.329 |
-3.150.329 |
-3.150.329 |
MISE 2751 |
Legge n.
93/1997, art. 9 |
291.258 |
310.691 |
309.789 |
-51.807 |
-51.807 |
-51.807 |
LAVORO 2231 |
D.L. n.
76/2013, art. 2, co. 6 |
1.792.253 |
0 |
0 |
-1.700.000 |
0 |
0 |
GIUSTIZIA 1478 |
D.lgs. n. 26/2006,
art. 1 |
11.678.464 |
12.037.499 |
12.002.564 |
-.1.500.000 |
-.1.500.000 |
-.1.500.000 |
MIUR 3112 |
Legge n.
38/2001, art. 13, co. 4 |
66.452 |
80.008 |
67.428 |
-66.452 |
-80.008 |
-67.428 |
MUIR 1649 |
D.L. n.
70/2011, art. 9, co. 15, p. 2 |
922.801 |
924.912 |
924.912 |
-500.000 |
0 |
0 |
MIUR 1599 |
Legge n.
240/2010, art. 28, co. 1 |
769.004 |
772.995 |
772.995 |
-769.000 |
-769.000 |
-769.000 |
INTERNO 1331/1 |
D.L. n. 80/2004
art. 6-bis, co.61 |
214.784 |
222.043 |
232.200 |
-64.784 |
-64.784 |
-64.784 |
INTERNO 1331/2 |
D.L. n. 7/2005
art. 7-ibis co. 1 Assistenza
sanitaria per i cittadini di Campione d'Italia |
924.841 |
956.181 |
1.000.000 |
-424.841 |
-424.841 |
-424.841 |
INTERNO 2568 |
Legge n.
7/2006, art. 5, co. 2 |
196.116 |
214.492 |
213.179 |
-65.219 |
-71.450 |
-73.334 |
INTERNO 2632 |
Legge n.
48/2008,art. 12, co. 1 |
1.411.061 |
1.459.296 |
1.450.361 |
-465.691 |
-492.041 |
-498.924 |
INTERNO 2762 |
Legge n.
125/2001, art. 3, co. 4 |
98.788 |
155.285 |
154.834 |
-10.499 |
-16.503 |
-16.456 |
INTERNO 2735 |
D.L. n.
35/2005, art. 1, co. 5 |
2.525.169 |
3.886.235 |
3.874.877 |
-770.771 |
-1.331.678 |
-1.330.724 |
INTERNO 2642 |
D.L. n.
225/2010, art. 2, co. 6-decies |
717.220 |
729.403 |
727.286 |
-246.724 |
-250915 |
-250.186 |
INTERNO 3001 |
Legge n.
350/2003, art. 3, co. 151 |
12.949.211 |
20.162.384 |
20.103.870 |
-2.238.848 |
-2.638.848 |
-2.638.848 |
INTERNO 2316/1 |
Legge n.
379/1993., art. 1, co. 1 |
729.385 |
725.938 |
723.831 |
-192.064 |
-192.064 |
-192.064 |
AMBIENTE 2211/3 |
Legge n.
120/2002, art. 3 |
29.602.593 |
33.868.050 |
33.911.672 |
-4.810.000 |
-7.000.000 |
-6.500.000 |
AMBIENTE 1644 |
Legge n.
228/2012, art. co. 226 |
50.298.855 |
50.298.855 |
50.918.855 |
-5.000.000 |
-3.000.000 |
-3.000.000 |
MIT 2246 |
Legge n.
388/2000, art. 145, co. 40 Promozione trasporti marittimi (nautica) |
3.414.651 |
3.387.260 |
3.553.345 |
-3.400.000 |
-3.387.260 |
-3.553.345 |
MIPAAF 3080 |
D.L. n.
136/2013, art. 3, co. 2-sexies |
8.868.943 |
8.892.412 |
8.892.412 |
-1.000.000 |
-1.000.000 |
-1.000.000 |
MIPAAF 2109 |
D.L. n.
182/2005, art. 1-quinquies, co. 2 -
Contributo
all’ISMEA |
1.368.476 |
1.326.810 |
1.326.810 |
-264.000 |
-264.000 |
-28.0603 |
MIPAAF 2285 |
Legge
n. 244/2007, art. 3. Co. 34 |
4.620.445 |
4.458.445 |
4.445.506 |
-733.000 |
-733.000 |
-733.000 |
MIBACT 6823 |
D.L. n. 262/2006,
art. 2, co. 98 |
10.598.371 |
10.617.376 |
10.617.376 |
-2.600.000 |
-2.600.000 |
-2.600.000 |
SALUTE 4393 |
D.L. n.
81/2004, art. 1, co. 1, p. A, |
13.068.082 |
13.391.337 |
14.548.857 |
-2.283.751 |
-2.000.000 |
-2.000.000 |
SALUTE 5391 |
D.L. n.
335/2000, art. 1, |
12.093.939 |
12.205.238 |
12.205.238 |
-4.500.000 |
-4.000.000 |
-4.000.000 |
|
TOTALE |
|
|
|
-38.710.875 |
-35.592.411 |
-35.282.662 |
Articolo 46,
commi 6 e 7
(Copertura degli oneri correnti e
prospetto di copertura)
L’articolo 46, al comma 6, ha la finalità di consentire che la copertura del disegno di legge di stabilità, come riportata nell’apposito prospetto allegato al provvedimento sulla base di quanto dispone il comma 7, possa essere operata in disavanzo, sulla base dell’autorizzazione richiesta con la Relazione presentata alle Camere unitamente alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2014, sulla quale le Camere medesime si sono espresse favorevolmente.
Si rammenta che nella Nota di aggiornamento al DEF 2014, il Governo ha ritenuto di dover finanziare gli impegni di spesa e la riduzione della pressione fiscale da inserire nella legge di stabilità per l’anno 2015 soltanto in parte con riduzioni di spesa e maggiori entrate ricorrendo per la parte restante all’impiego di risorse in disavanzo, come derivanti dal nuovo quadro programmatico contenuto nella Nota. Quadro, questo, che comporta tuttavia un percorso di risanamento e crescita più graduale di quello contenuto nel Documento di Economia e Finanza 2014, che si riflette necessariamente sul raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, che viene ora previsto nel 2017, con un allungamento di un anno rispetto a quanto stabilito nel DEF 2014, ivi riferito all’anno 2016. In tali circostanze - vale a dire qualora il Governo proceda a scostamenti dall'obiettivo programmatico strutturale di bilancio - l’articolo 6 della legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012, dispone che il Governo sentita la Commissione europea, presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una Relazione ed una specifica richiesta di autorizzazione in cui sia indicata l’entità e la durata dello scostamento e definisca un piano di rientro verso l’obiettivo programmatico. Alla Nota è stata pertanto risulta pertanto allegata tale Relazione (Doc. LVII, n. 2-bis Allegato II), contente la richiesta di autorizzazione allo scostamento, esaminata sia dalla Camera che dal Senato nella giornata di martedì 14 ottobre ed approvata con apposite risoluzioni[117].
Sulla base di tale autorizzazione, il comma 6 in commento dispone che per l’esercizio finanziario 2015 gli oneri di parte corrente recati dal d.d.l. di stabilità, vale a dire le nuove o maggiori spese correnti, le riduzioni di entrata e le nuove finalizzazioni da iscrivere nel fondo speciale di parte corrente “possano eccedere le risorse da utilizzare a copertura”, a differenza di quanto prevede l’articolo 11, comma 6 della legge di contabilità n. 196/2009, citato espressamente nel comma in commento.
Il comma 6 dell’articolo 46 in esame costituisce infatti una deroga, circoscritta temporalmente al 2015, alla regola di copertura recata dalla legge di contabilità, che non prevede la possibilità di coprire gli oneri di parte corrente della stessa con risorse che non siano reperite dalla legge di stabilità medesima, richiedendo pertanto che il prospetto di copertura sia almeno in pareggio.
L’articolo 11,
comma 6, della legge 196/2009 elenca infatti tassativamente i mezzi di
copertura, individuandoli nelle nuove o maggiori entrate tributarie,
extratributarie e contributive e nelle riduzioni permanenti di autorizzazioni
di spesa corrente, nonché nell’eventuale risparmio pubblico, i cui margini di
miglioramento (come risultanti dal bilancio di previsione a legislazione
vigente rispetto all’assestamento relativo all’esercizio precedente) possono
tuttavia essere utilizzati a condizione che sia assicurato comunque un valore
positivo del risparmio medesimo.
Quanto all’ importo di tale eccedenza degli oneri sui mezzi di copertura, lo stesso, come evidenzia il prospetto di copertura recato dal comma 7 che si allega, è pari a 10,371 miliardi di euro, cifrabili in quota Pil in poco meno di 0,7 punti percentuali, come espone la tabella seguente.
Si
rammenta, peraltro, che trattandosi del prospetto recato dal testo iniziale del
disegno di legge (A.C. 2679), lo stesso non tiene conto: - degli effetti
determinati sul quadro di copertura dallo stralcio comunicato dal Presidente
della Camera (art. 120, comma 2, del Regolamento) nella seduta del 30 ottobre;
- delle modifiche che si produrranno sul prospetto medesimo a seguito della
variazione dei saldi prevista dalla Relazione al Parlamento, trasmessa il 29
ottobre 2014, poi approvata con risoluzioni del 30 ottobre 2014 da parte di
entrambe le Camere.
|
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
(importi in milioni di
euro) |
|||
|
|
|
|
|
1) ONERI DI NATURA
CORRENTE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori spese
correnti |
|
|
|
|
Articolato: |
24.365 |
30.488 |
30.407 |
|
|
|
|
|
|
Minori entrate |
|
|
|
|
Articolato: |
6.293 |
8.693 |
8.324 |
|
|
|
|
|
|
Tabella A |
200 |
250 |
300 |
|
Tabella C |
70 |
72 |
72 |
|
|
|
|
|
|
Totale oneri da coprire |
30.928 |
39.503 |
39.103 |
|
|
|
|
|
|
2) MEZZI DI COPERTURA |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori entrate |
|
|
|
|
Articolato: |
14.780 |
30.983 |
38.491 |
|
|
|
|
|
|
Riduzione spese correnti |
|
|
|
|
Articolato: |
5.739 |
8.806 |
8.626 |
|
|
|
|
|
|
Tabella D |
39 |
36 |
35 |
|
|
|
|
|
|
Totale mezzi di copertura |
20.557 |
39.825 |
47.152 |
|
|
|
|
|
|
DIFFERENZA |
-10.371 |
321 |
8.049 |
Articolo 47
(Entrata in vigore)
La norma dispone l’entrata in vigore della legge al 1° gennaio 2015.
[1] In particolare il comma 3 sopra citato ha disposto una ulteriore riduzione:
a) degli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento, entro il 31 marzo 2012;
b) nonché alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di ricerca, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale.
[2] Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro dell'interno, dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio.
[3] Si ricorda in proposito che gli obiettivi di risparmio attesi dalla spending review cifrati in 3,6 miliardi nel 2015, 8,3 miliardi nel 2016 ed 11,3 miliardi a decorrere dal 2017, sono stati individuati sulla base delle indicazioni contenute nel disegno di legge di stabilità 2014, poi divenuta legge n. 147/2013.Gli importi sono stati aumentati una prima volta dal D.L. n. 4/2014, a copertura della soppressione di una disposizione della legge di stabilità 2014 (articolo 1, commi 575 e 576) che prevedeva una riduzione delle detrazioni fiscali per oneri, ed una seconda volta ad opera del D.L. n. 90/2014, in relazione ad alcune disposizioni sulla cessazione del servizio di alcune categorie di dipendenti pubblici. In virtù di tali interventi normativi, gli obiettivi di risparmio attesi sono complessivamente pari a 0,5 miliardi nel 2014, a 4,47 miliardi nel 2015, a 9 miliardi nel 2016 e a 12 miliardi per il 2017 ed il 2018.
[4] Si rileva peraltro l’articolo 01 del D.L. n. 138/2011 ha disposto un programma per la revisione integrale della spesa pubblica che coinvolge la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dello Stato, e per tale finalità nonché per garantire l'uso efficiente delle risorse ha demandato al MEF-RGS, dall'anno 2012, d'intesa con i Ministeri interessati, di dare inizio ad un ciclo di «spending review» mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato.
[5] Gli stanziamenti a legislazione vigente relativi ai trasferimenti correnti al CRA (capitolo 2083) sono stati interessati da una serie di riduzioni lineari disposte da interventi di contenimento della spesa adottati degli ultimi anni.
Si ricorda, in proposito, in particolare l’art. 8, commi 3 e 4, del D.L. n. 95/2012, che ha introdotto riduzioni dei trasferimenti a carico dello Stato nei confronti di enti e organismi inseriti nel conto consolidato delle PP.AA. definito dall’ISTAT. L’art. 1, commi 71 e 73, della legge n. 228/2012 (legge di stabilità per il 2013) ha, poi, rideterminato a carico del MiPAAF le riduzioni della spesa, di cui al citato art. 8, comma 4, del D.L. n. 95/2012 per ciascuno degli anni del triennio 2013- 2015 in 1,7 milioni per il 2015 e 2,6 milioni a decorrere dall’anno 2016.
[6] Si segnala che sul capitolo 2083 non è iscritta la sola autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 del D.Lgs. n, 454/99 ma anche l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 73, della comma 73 della legge n. 228/2012, la quale a BLV 2015-2017 espone uno stanziamento di 0,5 milioni di euro per il 2015.
[7] Il predetto D.Lgs. ha fatto confluire nel CRA i preesistenti 22 Istituti di ricerca e sperimentazione agraria (IRSA) – aventi grado pari agli istituti scientifici universitarie – e ulteriori 6 istituti indicati nell’allegato al medesimo provvedimento. La revisione degli enti della ricerca agricola si era resa necessaria per la frammentazione del sistema, che era stata oggetto di rilievi da parte della Corte dei Conti, la quale aveva stigmatizzato lo spreco di risorse e l'inefficienza che ne conseguivano.
[8] L’INCA, posto sotto la vigilanza del MISE, aveva compiti di controllo dell’industria conserviera – di lavorazione sia di prodotti vegetale che animali - in tutto il territorio nazionale.
[9] Peraltro lo stesso D.L. 112/2008, articolo 28, ha operato una riduzione dei preesistenti enti: con l'istituzione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ha disposto che nel nuovo istituto confluissero anche due enti in precedenza vigilati dal Dicastero agricolo: l'Istituto Nazionale per la fauna selvatica (INFS) - che aveva compiti di ricerca e consulenza statale e regionale in tema di conservazione e gestione del patrimonio faunistico nazionale - e l'Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) - cui spettava lo studio della vita biologica del mare. La fusione è stata regolata con il D.M. n. 123/2010 del Ministero dell'Ambiente.
[10] In particolare il comma 3 dell’articolo 1 del D.L. n. 138/2011 sopra citato ha disposto una ulteriore riduzione:
a) degli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento, entro il 31 marzo 2012;
b) nonché alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di ricerca, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale.
[11] Da soggetto nato per lo studio dei mercati agricoli, l'attuale Istituto si è trasformato in soggetto che fornisce fondamentalmente servizi: informativi, ma soprattutto assicurativi e finanziari, concedendo alle imprese agricole forme di garanzia creditizia e finanziaria anche dirette al riordino fondiario.
[12] Le predetta attività sono svolte anche nel quadro della collaborazione scientifica e tecnologica con le università e loro strutture di ricerca, con gli istituti e laboratori del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.), con altri enti pubblici di ricerca e con le stazioni sperimentali per l'industria. Il CRA collabora stabilmente, mediante convenzioni, con l'Istituto sperimentale italiano «Lazzaro Spallanzani» per la fisiopatologia della riproduzione e la fecondazione degli animali domestici.
[13] In particolare, si ricorda che nello stato di previsione del Mipaaf è iscritto il capitolo 2081/pg.2 relativo ai trasferimenti agri enti ed istituti di ricerca. Tale capitolo, a BLV 2015-2017 reca uno stanziamento di 9,8 milioni di euro per ciascun anno del triennio. Tale stanziamento comprende le risorse assegnate dal MIUR agli enti di ricerca ai sensi della Legge finanziaria n. 350 del 2003, art. 3, comma 53.
[14] Quanto
alla possibilità di rimodulare i quadri economici delle concessioni, si rinvia
a quanto evidenziato nell’appendice al capitolo 1 del Rapporto del MIPAAF
sull’avanzamento della spesa pubblica finalizzata all’attuazione delle opere
del piano irriguo nazionale, di giugno 2013.
[15] Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito
pubblico.
[19] È lo
strumento della Banca centrale europea (Bce) sul quale le banche
dell'Eurosistema possono depositare liquidità a brevissimo termine (overnight).
[20] Eonia è l'acronimo della denominazione Euro OverNight Index Average e costituisce il tasso di interesse medio di riferimento nelle operazioni a brevissima scadenza (overnight) svolte sul mercato interbancario europeo. Per la zona euro è il tasso di interesse interbancario per 1 giorno.
[21] I derivati sono strumenti finanziari il cui valore deriva dai prezzi di attività scambiate sui mercati, quali attività finanziarie (azioni, indici finanziari, valute, tassi d'interesse) ovvero attività reali (merci, materie prime); queste variabili sono chiamate "sottostante" del derivato. In alcuni casi, sono stati sviluppati anche contratti derivati aventi come "sottostante" la probabilità del verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente (nei weather derivatives, la quantità di neve caduta o le precipitazioni in genere in una determinata zona). Esistono tre principali tipi di contratti derivati: i futures (impegno ad acquistare o a vendere, a una data futura, una certa quantità di una determinata attività sottostante a un prezzo concordato), le opzioni (facoltà di acquistare o vendere, a una data futura, una certa quantità di una determinata attività sottostante a un prezzo concordato, dietro il pagamento iniziale di un costo, chiamato premio) e gli swaps (scambio di flussi di cassa tra due controparti).
[22] Nella tabella A, come di recente sostituita ai sensi del DPCM 29 novembre 2011, sono ricompresi, oltre agli enti territoriali (province, comuni, consorzi tra enti territoriali e unioni di comuni con popolazione non inferiore a 10.000 abitanti, comunità montane con popolazione non inferiore a 10.000 abitanti nonché, dal 1° marzo 2001, regioni e province autonome), tra gli altri, l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, le autorità portuali, l’ARAN, l'ISTAT, il CNR, l’ASI, la CONSOB, l'ENEA, le Authorities, le Università statali, le Aziende sanitarie e quelle ospedaliere di cui al D.Lgs. n. 502/1992, le Aziende ospedaliere universitarie.
[23] Nella tabella B, come sostituita dal D.P.C.M. 29 novembre 2011, rientrano gli enti previdenziali ed assistenziali (INPS, INAIL), l’AGEA, il CONI, la Croce rossa italiana ed altri.
[24] Secondo la Relazione tecnica, le norme in esame determinano l'afflusso presso la tesoreria statale di circa 850 milioni di euro nel 2015, calcolati sulla base delle risorse detenute presso il sistema bancario nel periodo gennaio 2013-giugno 2014 da parte delle camere di commercio e tenendo conto degli effetti della progressiva riduzione della misura dei diritti camerali a partire dal 2015. Su tali somme, che costituiscono attualmente risorse proprie delle camere di commercio e che dovranno essere versate nella tesoreria statale sul sottoconto fruttifero, lo Stato è tenuto a corrispondere un interesse pari allo 0,25 per cento, il cui onere viene stimato, dalla relazione tecnica, in circa 1,6 milioni di euro annui.
Nel complesso, la relazione tecnica, evidenziando come l'afflusso di risorse presso la tesoreria statale si tradurrà in una minore emissione di titoli del debito pubblico, stima un risparmio complessivo per il bilancio statale, conseguente ai minori oneri per interessi pagati, pari a 15 milioni per il 2015, 14,5 milioni per il 2016 e 13,75 milioni a partire dal 2017, al netto della ritenuta fiscale del 12,50% (utilizzando il tasso medio all’emissione pari al 2%).
[25] Termine così prorogato dall’art. 6, comma 2, del D.L. n. 150/2013 (rispetto al 1° gennaio 2014).
[26] D.L. 24 aprile 2014, n.66 recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale, convertito dalla legge n.89 del 2014.
[27] Cui è stato dato attuazione con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n.192.
[28] D.L. 12 settembre 2014, n.133, recante “Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”.
[29] Per un mero refuso, inoltre, nel testo è impiegata la parola “singoli” anziché “singole”.
[30] Intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano concernente il contributo alla finanza pubblica, per l’anno 2014, di cui all’articolo 46, commi 6 e 7, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale (Repertorio atti n. 65/CSR del 29 maggio 2014).
[31] Ministero dell'economia e delle finanze, D.M. 26-6-2014, Individuazione delle risorse spettanti alle Regioni a statuto ordinario da assoggettare a riduzione per l'anno 2014, ai sensi dell'articolo 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 luglio 2014, n. 154.
[32] L'ordinamento finanziario delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano è disciplinato dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione degli stessi. Gli statuti – che hanno forma di legge costituzionale – stabiliscono ambiti e limiti della potestà impositiva, tributaria, finanziaria e contabile di ciascuna regione, riconoscono la titolarità del demanio e del patrimonio regionali, elencano i tributi erariali il cui gettito è devoluto, interamente o in parte, alla regione, attribuiscono ad essa la potestà legislativa e amministrativa sull’ordinamento finanziario degli enti locali del rispettivo territorio. Le «norme di attuazione» sono emanate dal Governo con decreto legislativo (in precedenza con decreto del Presidente della Repubblica) in forza della competenza loro riservata in via esclusiva dagli statuti speciali e secondo una procedura che ne prevede l’istruttoria ed il parere, o l’intesa, da parte di Commissioni paritetiche, i cui membri sono designati dal Governo e dalla rispettiva regione. A differenza di quanto solitamente avviene per gli atti di legislazione delegata, le norme di attuazione non sono sottoposte al parere parlamentare.
[33] Per la regione Sardegna, vedi quanto scritto in commento al comma 6.
[34] Le Regioni a statuto speciale, attualmente nella quasi totalità ad eccezione, in parte, della Sicilia, provvedono direttamente al finanziamento dall'assistenza sanitaria nel loro territorio senza alcun onere a carico dello Stato. Provvedono al finanziamento del rispettivo fabbisogno senza alcun apporto a carico del Bilancio dello Stato la regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 34, comma 3 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, la Regione Friuli Venezia Giulia ai sensi dell’articoli 1, comma 144 della legge 662/1996, e la Regione Sardegna, ai sensi dell’articolo 1, comma 836 della legge 296/2006. Per la regione Sicilia, invece, ai sensi della legge 296/2006 articolo 1 comma 830, l'aliquota di partecipazione alla spesa sanitaria è fissata nella misura del 49,11, essa perciò, per la parte restante, rientra nella ripartizione del Fondo sanitario nazionale.
[35] Si ricorda che l’istituto giuridico del dissesto finanziario degli enti locali, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).
[36] Con riferimento alle tali tipologie di spese si ricorda che, ai sensi dell’art. 6, co. 7, del D.L. n. 78/2010, a decorrere dal 2011, la spesa annua di tutte le pubbliche amministrazioni per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza è attualmente fissata in misura non superiore al 20% della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità.
[37] In merito alle spese delle P.A. per studi ed incarichi di consulenza, si ricorda che l’articolo 1, comma 5, del D.L. n. 101/2013 ha, da ultimo, ulteriormente inasprito le misure di contenimento previste in materia, stabilendo, per tutte le pubbliche amministrazioni a decorrere dal 2014, che il limite di spesa annua per tali finalità non possa essere superiore all’80 per cento di quello già imposto per l’anno 2013, dall’art. 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010, fissato, a decorrere dall'anno 2011, nella misura massima del 20% rispetto alla spesa sostenuta nell'anno 2009.
[38] La norma rimanda alla legge di assestamento ovvero ad appositi decreti di variazione del Ministro dell’economia e delle finanze l’adozione delle variazioni compensative, in aumento o in riduzione, della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, al fine di tenere conto dell’effettivo gettito IMU derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, che, si ricorda, viene, a partire dal 2013, interamente riservata allo Stato (ai sensi del comma 380, lett. f) della legge n. 228/2012.
[39] In particolare, si ricorda la riduzione di 563,4 milioni di euro disposta, per gli anni 2015-2017, a copertura delle misure di contenimento della spesa corrente dei comuni introdotte dall’articolo 47 del D.L. n. 66/2014. Inoltre, dal Fondo sono stati stornati 60 milioni di euro - specificamente destinati, dal medesimo comma 380-ter, al finanziamento delle unioni e fusioni di comuni negli anni 2014, 2015 e 2016 - trasferiti al Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1316/Interno), sul quale, in via ordinaria, sono iscritti i contributi erariali destinati a tale finalità, ai sensi dell’art. 50, comma-9-bis, del D.L n. 66/2014. Va inoltre considerata la riduzione di 27,1 milioni per il 2015 (26,9 milioni per gli anni 2016 e 2017), inerenti le funzioni della soppressa Agenzia per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, ora trasferite al Ministero dell’interno ai sensi dell’art. 7, co. 31-ter, del D.L. n. 78/2010.
[40] Per ciascuno degli anni 2015-2017, sul Fondo è stata apportata una rimodulazione in riduzione di 170,7 milioni di euro.
[41] Per i comuni il previsto contributo alla finanza pubblica per il 2014, pari complessivamente a 375,6 milioni di euro, è stato ripartito sulla base dei diversi criteri contenuti nell'istruttoria condotta dall'A.N.C.I., approvata dalla Conferenza Stato città nella seduta del 5 agosto 2014.
[42] Si tratta dei seguenti: gli effetti finanziari derivanti dall’abolizione della riserva di gettito IMU stabilita dall’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 201/2011 e dalla contestuale attribuzione allo Stato del gettito derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento; la dimensione del gettito dell'imposta municipale propria ad aliquota base di spettanza comunale; la diversa incidenza delle risorse soppresse (di cui al Fondo sperimentale di riequilibrio comunale e ai trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna) sulle risorse complessive per l’anno 2012; le riduzioni disposte ai sensi della c.d. spending review, di cui al comma 6 dell'articolo 16 del D.L. 26 luglio 2012, n. 95; la soppressione dell’IMU sulle abitazioni principali e l’istituzione della TASI; l'esigenza di limitare le variazioni, in aumento ed in diminuzione, delle risorse disponibili ad aliquota base, attraverso l'introduzione di un'appropriata clausola di salvaguardia. La predetta clausola di salvaguardia opera al netto della quota ripartita sulla base dei fabbisogni standard.
[43] Si ricorda che la determinazione dei fabbisogni standard punta a promuovere un uso più efficiente delle risorse pubbliche e passa attraverso il D.Lgs. n. 216/2010, recante disposizioni in materia di determinazione dei Fabbisogni Standard di Comuni, Città metropolitane e Province, adottato in attuazione della legge delega n. 42 del 2009. Il D.Lgs. affida a SOSE - Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A - la predisposizione delle metodologie utili all’individuazione e determinazione dei fabbisogni standard.
[44] Restano esclusi anche i commi 470 e 471, recanti norme di coordinamento rispetto a precedenti disposizioni.
[45] D.Lgs. 23 giugno 2011 n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
[46] L’indicazione di tale importo deriva da quanto quantificato dalla relazione tecnica sull’articolo in esame, secondo cui le nuove regole sul pareggio di bilancio dallo stesso introdotte determinano effetti migliorativi sull’indebitamento netto per 2.005 milioni, compensati dagli effetti peggiorativi conseguenti all’importo, di pari ammontare, cifrato dal comma 5 in commento.
[47] La norma specifica che la firma digitale deve essere conforme a quanto stabilito all'articolo 24 del 'Codice dell'amministrazione digitale' (adottato con D.Lgs. n. 82/2005) e che la trasmissione telematica ha valore giuridico ai sensi dell'articolo 45 del medesimo codice.
[48] Compresi
gli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazioni mafiose, ai sensi
dell’articolo 1, comma 436, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012).
[49] Criterio
contabile in base al quale le entrate e le spese per la parte corrente sono
considerate in termini di competenza (accertamenti e impegni) e quelle in conto capitale in termini di
cassa (incassi
e pagamenti), al fine di
rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del
Patto europeo di stabilità e crescita.
[50] La Relazione tecnica stima l’accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità, effettuata sulla base della metodologia dettata dal D.Lgs. n. 118/ 2011 applicata alle registrazioni presenti nei certificati di conto consuntivo del quinquennio 2008-2012 degli enti locali, pari a 4.390 milioni per i comuni e a circa 310 milioni per le province. Gli effetti positivi, in termini di indebitamento netto, indicati dalla Relazione tecnica, sono valutati considerando il 50% dell’importo dell’accantonamento, essendo gli enti obbligati ad effettuare un accantonamento minimo del 50% già in sede previsionale nel primo esercizio di applicazione delle disposizioni in questione, secondo quanto dettato dal Principio contabile applicato alla contabilità finanziaria.
[51] La sperimentazione (artt. 36 e 38 del D.Lgs. n. 118/2012) ha interessato (dal 1° gennaio 2012) 4 regioni, 12 province, 49 comuni, 20 enti strumentali – i quali sono stati sottoposti alla disciplina sperimentale dettata dal D.P.C.M. 28 dicembre 2011 e successive modifiche. La sperimentazione della riforma è stata estesa nel corso del 2014 ad ulteriori 300 enti.
[52] Come sostituito dall’art. 174 del D.Lgs. n. 118/2011, recante la disciplina per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, come integrato dal D.Lgs. correttivo 10 agosto 2014, n. 126. Per le regioni il Fondo crediti di dubbia esigibilità è previsto dall’art. 46 del D.Lgs. n. 118, introdotto dal D.Lgs. n. 126/2014.
[53] L’articolo 77, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. n. 126/2014, ha disposto l’abrogazione – a decorrere dal 1° gennaio 2015 – della disposizione recata dall’articolo 6, comma 17, del D.L. n. 95 del 2012, sul Fondo svalutazione crediti.
[54] Successivamente, l’art. 1, co. 17, del D.L. n. 35 del 2013 ha disposto per gli enti locali che beneficiano delle anticipazioni di liquidità per il pagamento di debiti pregressi che l’ammontare del Fondo debba essere pari (nei cinque esercizi finanziari successivi a quello in cui è stata concessa l'anticipazione) ad almeno al 30 per cento dei citati residui. Per l’anno 2014 l’articolo 3-bis del D.L. n. 16/2014 ha uniformato i criteri di determinazione del Fondo svalutazione crediti per tutti gli enti locali, fissando l’entità del Fondo in misura non inferiore al 20 per cento dei residui attivi di cui al titoli I e III dell’entrata, aventi anzianità superiore a 5 anni.
[55] Cfr. l’Allegato n. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011 - aggiunto dal D.Lgs. n. 126/2014 - relativo al “Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria”, nella parte relativa all'accertamento dell'entrata e alla relativa imputazione contabile.
[56] http://certificazionecrediti.mef.gov.it/CertificazioneCredito/home.xhtml. Si ricorda che, ai fini del pagamento dei debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, la disciplina vigente richiede alle pubbliche amministrazioni di registrarsi sulla apposita piattaforma elettronica predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze – RGS. La piattaforma consente ai creditori della P.A. di chiedere la certificazione dei crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali e di tracciare le eventuali successive operazioni di anticipazione, compensazione, cessione e pagamento, a valere sui crediti certificati. La piattaforma consente, altresì, un monitoraggio permanente dei debiti delle pubbliche amministrazioni e dei relativi tempi di pagamento, al fine di accelerare il pagamento dei debiti arretrati e prevenire la formazione di un nuovo stock di debito.
[57] La Corte ha considerato come l'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale preveda la possibilità che venga riservato all’erario statale l’incremento di gettito delle imposte riscosse nel territorio delle regioni stesse, disposto dalla legge statale solo per far fronte a specifiche esigenze. Proprio la destinazione del gettito alla «copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo» è una delle condizioni previste dalle norme statutarie affinché sia legittima la riserva all'erario - insieme alla delimitazione temporale ed alla quantificabilità del gettito – che la Corte ha trovato carente.
[58] Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 11 settembre 2014, Modalità di individuazione, attraverso separata contabilizzazione, del maggior gettito da riservare all'Erario, ai sensi dell'articolo 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 215 del 16-9-2014).
[59] Decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61,
recante “ Ulteriori disposizione recanti attuazione dell’articolo 24 della
legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma capitale”, che fa
seguito al precedente D.Lgs. 17 settembre 2010 “Disposizioni recanti attuazione
dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento
transitorio di Roma capitale”.
[60] Con la legge 25 novembre 1964, n. 1280
(Provvidenze per il Comune di Roma) è stata autorizzata, a decorrere dall’anno
1964, la concessione di un contributo annuo di 5 miliardi di lire in favore del
comune di Roma, quale sostegno dello Stato agli oneri finanziari che il comune
sostiene quale sede della Capitale. Tale contributo è stato nel tempo
rideterminato, in 10 miliardi di lire dall’art. 1 della legge n. 99/1969, in 19
miliardi dall’art. 1 della legge n. 686/1974, in 25 miliardi di lire dall'art.
35, comma 17, della legge n. 730/1983, e, infine, a decorrere dall'anno
finanziario 1986, in 35 miliardi di lire dall’art. 32, comma 26, della legge n.
41/1986. Il contributo annuo è stato, poi, incrementato di ulteriori 200
miliardi di lire a decorrere dal 1999, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della
legge n. 494/1999.
Tale contributo (complessivi 235 miliardi di
lire), che dal 1999 era rimasto fermo – convertito in euro - a 121,4 milioni di
euro, è stato incrementato di ulteriori 175 milioni di euro dalla legge
finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 963, legge n. 296/2006).
[61] Il richiamato articolo 14 del Contratto collettivo nazionale Regioni ed enti locali del 1° aprile 1999 prevede, in particolare, che “a decorrere dal 31 dicembre 1999, le risorse destinate nel medesimo anno al pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario sono ridotte nella misura del 3% ed il limite massimo annuo individuale per le medesime prestazioni è rideterminato in 180 ore”.
[62] Disposizioni
in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle
province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel
settore sanitario.
[63] Nella
terminologia del D.Lgs. 68/2011, le risorse destinate dallo Stato al
finanziamento della sanità vengono definite “fabbisogno sanitario nazionale
standard”. Il fabbisogno sanitario nazionale viene poi ripartito tra le Regioni
dando origine al “fabbisogno sanitario regionale standard”.
[64] Disposizioni
urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di
tutela della salute, convertito,
con modificazioni, dalla legge 189/2012.
[65] Al
proposito, Settore “salute e politiche sociali” della Segreteria della
Conferenza delle Regioni, Ricognizione dei provvedimenti che prevedono procedure
concertative in attuazione del nuovo Patto per la salute per gli anni
2014-2016, settembre 2014.
[66] La Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 16 febbraio 2011, contiene misure contro i ritardi di
pagamento nelle transazioni commerciali. L'articolo 10, comma 1, della L. 11
novembre 2011, n. 180 (Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto
delle imprese), conferisce una delega al Governo, per l'integrale recepimento
della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
febbraio 2011, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a)
contrasto degli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui
propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel caso in cui
si tratti di micro, piccole e medie imprese; b) previsione che l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini e
intervenire in prima istanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a
comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese.
[67] Disposizioni in materia di armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti
locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio
2009, n. 42.
[68] Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano, Provvedimento 3
dicembre 2009, Intesa, ai
sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il
Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente
il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012.
[69] Si
ricorda che le risorse destinate al finanziamento del SSN sono articolate in
una quota di finanziamento indistinto, destinata al finanziamento dei livelli
essenziali di assistenza (LEA), e in una quota a destinazione vincolata e
programmata.
[70] Misure
di razionalizzazione della finanza pubblica.
[71] Disposizioni in materia di autonomia di
entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
[72] Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
[73] Per
informazioni puntuali sul Nuovo Sistema informativo sanitario NSIS, si rinvia
alla sezione dedicata del sito del Ministero della salute.
[74] Il
criterio generale a cui dovranno adeguarsi le regioni per la riorganizzazione
della rete ospedaliera, fissato dall’articolo 15, comma 13, lettera c), del
decreto legge 95/2012 (Spending review),
prevede il rispetto del parametro nazionale di 3,7 posti letto per mille
abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la
riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, ed i relativi provvedimenti
attuativi, garantendo il progressivo adeguamento agli standard qualitativi,
strutturali, tecnologici e quantitativi indicati, nel corso del triennio
2014-2016 e tenendo conto anche della mobilità sanitaria interregionale.
[75] Si
tratta del Comitato di cui all’articolo 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23
marzo 2005, istituito presso il Ministero della salute per la verifica
dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza in condizioni di
appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle risorse e per la verifica
della congruità tra le prestazioni da erogare e le risorse messe a
disposizione.
[76] Si
ricorda che gli Istituti zooprofilattici sperimentali sono enti sanitari di
diritto pubblico, a carattere prevalentemente interregionale, che svolgono,
quali strumenti tecnico-scientifici dello Stato, regioni e province autonome,
attività di ricerca scientifica sperimentale veterinaria ed attività di
accertamento dello stato sanitario degli animali provvedendo, in particolare,
ad assicurare la sorveglianza epidemiologica, l'effettuazione di ricerche di
base e finalizzate, la formazione del personale, il supporto di laboratorio, la
diagnostica nell’ambito del controllo ufficiale degli alimenti e le attività
correlate alla sicurezza alimentare. Gli Istituti, con le loro 10 sedi centrali
e 90 sezioni territoriali, costituiscono una struttura sanitaria integrata, in
grado di assicurare al SSN un'articolata rete di servizi per verificare la
salubrità degli alimenti e per realizzare le azioni di polizia veterinaria e di
difesa sanitaria del patrimonio zootecnico, anche ai fini della salvaguardia
della salute dell'uomo. In alcune regioni quali Abruzzo e Molise, Campania e
Calabria, Puglia e Basilicata, non si è ancora proceduto a disciplinare le
modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli IZS, come richiesto
dall’articolo 2, comma 5, dal precedente decreto di riordino (D.Lgs. 270/1993).
[77] Per
l’illustrazione dei compiti dei dipartimenti di prevenzione si rinvia alla
scheda di lettura del comma 28 che prevede uno specifico intervento in materia.
[78] Il
consiglio di amministrazione dura in
carica quattro anni, è nominato dal Presidente della Regione
ed è composto di tre membri,
muniti di diploma di laurea magistrale o equivalente ed aventi comprovata
professionalità ed esperienza in materia di sanità pubblica veterinaria e
sicurezza degli alimenti, di cui uno
designato dal Ministro della
salute e due dalle Regioni o dalle PA territorialmente
competenti. Nel caso di Istituti interregionali i membri del consiglio di
amministrazione sono designati dalla Regione dove l’istituto ha sede legale, di
concerto con le altre Regioni e PA interessate.
[79] Il
Direttore generale è nominato
dal Presidente della Regione
dove l'Istituto ha sede legale, sentito il Ministro della salute e, nel caso di
Istituti interregionali, di concerto tra le Regioni e le PA, sentito il
Ministro della salute. Il rapporto di lavoro del direttore generale è regolato
con contratto di diritto privato, non superiore a cinque anni, rinnovabile una
sola volta.
[80] In
particolare, il direttore generale adotta l'atto aziendale che individua le
strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale
soggette a rendicontazione analitica; è responsabile della gestione complessiva
e nomina i responsabili delle strutture operative dell'azienda; è coadiuvato,
nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal
direttore sanitario; si avvale del Collegio di direzione su tutte le questioni
attinenti al governo delle attività cliniche.
[81] In merito al quadro
sulla normativa comunitaria in materia si rinvia a quando indicato sul sito del
Ministero della salute alla
seguente pagina WEB
[82] Per
un approfondimento in materia si rinvia al Rapporto n. 1 della Ragioneria
generale dello Stato sul Monitoraggio della
spesa sanitaria del giugno 2014.
[83] In
proposito si segnala che, in base ai dati dell’Annuario statistico
della RGS 2014, il personale
sanitario pubblico a tempo indeterminato, nel 2012, è stato pari 673.335 unità
(682.354 unità nel 2011) mentre quello a tempo flessibile, pari a 32.038 unità
(35.210 unità nel 2011), con un costo totale pari a 40,1 miliardi (40,6 nel
2011, -1,18%). Nel 2013, in base al Rapporto 2014 sul
coordinamento della finanza pubblica della corte dei Conti, la spesa per il personale è ulteriormente
diminuita dell’1,2%. Sul punto il Rapporto aggiunge (p. 223): “Sull’evoluzione
degli oneri del personale incide il blocco del turnover nelle regioni in piano di rientro e le politiche di
contenimento delle assunzioni per le regioni non in piano. Incidono inoltre
favorevolmente gli effetti del contenimento della spesa conseguenti all’obbligo
per le regioni di garantire con appositi accantonamenti la copertura integrale
degli oneri derivanti da rinnovi contrattuali. Ciò ha comportato una maggiore
congruità nella valutazione dei relativi costi e una riduzione delle
sopravvenienze passive di rilevante entità negli esercizi finanziari successivi
a quello della sottoscrizione del contratto”.
[84] Si
ricorda che tra tali enti, che appartengono a differenti livelli istituzionali,
rientrano: il Ministero della salute a livello centrale; gli enti e organi di
livello nazionale, quali il CSS (Consiglio superiore di sanità), l’ISS
(Istituto superiore di Sanità), l’ISPEL (Istituto superiore per la prevenzione
e la sicurezza del lavoro, l’AGENAS (Agenzia nazionale per i Servizi sanitari
regionali), gli IRCCS (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico),
gli Istituti zooprofilattici sperimentali (IZS), l’Agenzia italiana del farmaco
(AIFA); e, a livello territoriale e locale: le regioni e le province autonome,
le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere.
[85] Con
riferimento al Tavolo di verifica degli adempimenti si ricorda che l’art. 11
del Patto per la salute 2014-2016 prevede che annualmente il Tavolo potrà
disporre l’aggiornamento degli adempimenti che consentono alle Regioni
l’accesso al finanziamento integrativo.
[86] D.L. n. 158/2012, Disposizioni urgenti per promuovere lo
sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute,
convertito con modificazioni dalla L. n. 189/2012.
[87] Il
Prontuario Farmaceutico Nazionale (PFN) è lo strumento predisposto per gli
operatori del settore al fine di favorire una prescrizione e una dispensazione
informata del farmaco. Comprende tutte le informazioni essenziali sulle
specialità medicinali che possono essere prescritte a carico del Servizio
Sanitario Nazionale (SSN) e raccoglie tutti i provvedimenti riguardanti
l'introduzione e la rimborsabilità dei nuovi medicinali.
[88] I
farmaci di classe C, senza obbligo di prescrizione medica sono a loro volta
distinti in due sottoclassi: farmaci utilizzati per patologie di lieve entità o
considerate minori con accesso alla pubblicità (OTC) individuati dalla L.
537/1993 nella fascia C-bis e farmaci
senza obbligo di prescrizione medica (SOP), per i quali non è possibile fare
pubblicità.
[89] Nel
momento in cui l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) è concessa,
questa diviene la carta di identità del farmaco, poiché stabilisce: il nome del
medicinale; la sua composizione; la descrizione del metodo di fabbricazione; le
indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e le reazioni avverse; la
posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di somministrazione; le misure
di precauzione e di sicurezza da adottare per la conservazione del medicinale e
per la sua somministrazione ai pazienti; il riassunto delle caratteristiche del
prodotto; un modello dell'imballaggio esterno; il foglio illustrativo; la
valutazione dei rischi che il medicinale può comportare per l'ambiente. Quando
per un medicinale è stata rilasciata un’AIC, ogni successiva modifica nel
dosaggio o nella forma farmaceutica, nella presentazione o nella via di
somministrazione, comporta la richiesta di un’ulteriore autorizzazione.
[90] Fonte AIFA: Sezione del sito dedicata all’ABC del Farmaco.
[91] I dati forniti sono contenuti in: Ragioneria
generale dello Stato, Il monitoraggio della
spesa sanitaria. Rapporto n.1,
giugno 2014, pagg. 156-157.
[92] Corte dei Conti – Procura regionale per il Molise, Giudizio di parificazione del Rendiconto generale della Regione Molise per l’esercizio finanziario 2012, aprile 2014.
[93] La Direttiva
2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, contiene
misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L'articolo
10, comma 1, della L. 11 novembre 2011, n. 180 (Norme per la tutela della
libertà d'impresa. Statuto delle imprese), conferisce una delega al Governo,
per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 16 febbraio 2011, sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi: a) contrasto degli effetti negativi della posizione dominante di
imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel
caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese; b) previsione che
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini
e intervenire in prima istanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a
comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese.
[94] Legge 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).
[95] Legge 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[96] Disposizioni
urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per
il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di
versamento di tributi degli enti locali.
[97] Il D.Lgs.
n. 149/2011 sui meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province
e comuni ha introdotto forme premiali a valere sulle risorse ordinarie previste
dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario
nazionale, applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le regioni che istituiscono
una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara
per l'approvvigionamento di beni e servizi. L'accertamento delle condizioni per
l'accesso regionale alle forme premiali è effettuato nell'ambito del Comitato
permanente per la verifica dell'erogazione dei Lea e del Tavolo tecnico per la
verifica degli adempimenti regionali. Dal 1° gennaio 2014 la quota premiale a
valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, è annualmente pari allo 0,25
per cento delle risorse stesse. Limitatamente al 2013, la percentuale è stata
fissata allo 0,30%.
[98] IRAP, dell’addizionale regionale all’IRPEF e dei trasferimenti da bilancio statale a titolo di compartecipazione IVA e di Fondo sanitario nazionale.
[99] Sostanzialmente riconducibili alla fiscalità aggiuntiva, al ripiano di disavanzi sanitari, a finanziamento di funzioni sanitarie ulteriori rispetto ai LEA, ad altri finanziamenti regionali comunque destinati.
[100] Tale norma prevede che la Corte riferisca almeno annualmente, sugli andamenti complessivi della finanza regionale e locale, anche sulla base dell’attività svolta dalle Sezioni regionali, allo scopo di fornire dati di sintesi rispetto ai controlli eseguiti sul territorio.
[101] Con il Regolamento (CE) n. 1303/2013, sono state definite norme comuni applicabili al FESR, al FSE, al Fondo di coesione, al FEASR e al FEAMP, che operano nell'ambito di un quadro comune, definito "fondi strutturali e di investimento europei - fondi SIE".
[102] Con il Piano di Azione coesione il Governo, di fronte ad una considerevole quantità di risorse dei fondi strutturali che nel 2011 non risultavano ancora spese e rischiavano il c.d. disimpegno automatico, ha disposto, in accordo con la Commissione (ai sensi dell’articolo 33 del regolamento CE n. 1083/2006), una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario che è stato elevato dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, le cui risorse vengono destinate agli obiettivi del Piano di Azione Coesione. In accordo con le Istituzioni europee, la quota di finanziamento comunitario dei programmi operativi in ritardo di attuazione, che rischiavano il disimpegno automatico delle risorse, restava invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 75 per cento), mentre si riduceva la quota di risorse di cofinanziamento nazionale (dal 50 al 25 per cento). Le risorse nazionali, che fuoriuscivano dai programmi attuativi dei fondi strutturali, venivano utilizzate per gli obiettivi prioritari del Piano di Azione Coesione.
[103] L’articolo 123 del Regolamento UE N. 1303/2013 prevede la designazione per ciascun programma operativo (PO) di una autorità di gestione, di una autorità di certificazione e di una autorità di controllo (audit), funzionalmente indipendente dall'autorità di gestione e dall'autorità di certificazione. Per i fondi in relazione all'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione e nel caso del FEAMP, purché sia rispettato il principio della separazione delle funzioni, l'autorità di gestione, l'autorità di certificazione, se del caso, e l'autorità di audit possono fare parte della stessa autorità pubblica o dello stesso organismo pubblico. Ove l'importo complessivo del sostegno dei Fondi al programma operativo supera 250.000.000 EUR o il sostegno del FEAMP supera 100.000.000 EUR, l'autorità di audit può appartenere alla stessa autorità pubblica o allo stesso organismo pubblico dell'autorità di gestione a condizione che, ai sensi delle disposizioni applicabili per i precedenti periodi di programmazione, la Commissione abbia informato lo Stato membro, prima della data di adozione del programma operativo interessato, delle sue conclusioni, in virtù delle quali può fare affidamento principalmente sul suo parere di audit, oppure a condizione che la Commissione abbia accertato, sulla base dell'esperienza del precedente periodo di programmazione, che l'organizzazione istituzionale e la responsabilità dell'autorità di audit forniscono adeguate garanzie circa la sua indipendenza operativa e affidabilità.
[104] Le "Aree interne" rappresentano una delle opzioni strategiche di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di partenariato, in quanto riguardano tutto il territorio nazionale, senza alcuna distinzione.
Al fine di definire il concetto di aree interne, il territorio nazionale è stato suddiviso a livello comunale non in base ad un criterio minimo di popolazione, né secondo parametri altimetrici, ma secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali, che sono stati identificati nella presenza sul territorio di un istituto di scuola secondaria superiore, di una struttura ospedaliera sede di un DEA di primo livello e di una stazione ferroviaria classificata non inferiore a ”Silver”.
In base alla compresenza di questi tre requisiti sono stati individuati i “poli urbani” e poi i “poli intercomunali”, composti da quei comuni tra loro vicini nei quali erano presenti “congiuntamente” i tre servizi essenziali.
Conseguentemente i comuni non rientranti nei poli sono stati classificati in base ad un indicatore di “accessibilità”, calcolato in termini di minuti di percorrenza per raggiungere il polo più prossimo: i limiti sono stati fissati in meno di 20 minuti (aree periurbane o di cintura), tra 20 e 40 minuti (aree intermedie), tra 40 e 75 minuti (aree periferiche) e oltre i 75 minuti (aree ultraperiferiche). I comuni con tempi di accessibilità superiori ai 20 minuti dal polo più vicino sono stati classificati “aree interne”.
[105] In particolare, dall'interrogazione delle risultanze contabili presenti nel sistema informativo del Ministero dell'economia e delle finanze (dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), risulta che non sono stati effettuati pagamenti negli anni 2011, 2012 e 2013 riferiti alle risorse stanziate per i medesimi anni nei predetti capitoli, mentre con riferimento all'esercizio finanziario 2014, in ragione della confluenza delle risorse destinate alle medesime finalità, in precedenza iscritte nel capitolo 4377, le somme stanziate in conto competenza nell'ambito del medesimo piano di gestione ammontano a 512.114.225 euro (e, alla data del 9 settembre 2014, non risulta assunto alcun impegno con riferimento a tali risorse). Nell'ambito del richiamato piano di gestione allo stato risultano, pertanto, iscritti oltre 1,4 miliardi di euro, dei quali oltre 512 milioni riferibili a stanziamenti in conto competenza e oltre 961 milioni di euro ascrivibili a residui propri relativi a somme impegnate, ma non pagate, relative agli stanziamenti effettuati negli esercizi precedenti.
[106] Si tratta delle risoluzioni in Commissione 7-00439 Tripiedi; 7-00464 Prataviera e 7-00469 Damiano.
[107] I fondi relativi ai dirigenti possono essere
costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori
e dei dirigenti comparativamente più rappresentative oppure come apposita
sezione all'interno dei fondi interprofessionali nazionali.
[108] Articolo 25, decimo comma, della L. 845/1978.
[109] L'addizionale è posta con riferimento ai
contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione, e consente alle
imprese di destinare lo 0,30% del richiamato contributo obbligatorio alla
formazione dei propri dipendenti.
[110] Per la disciplina in materia, cfr. - oltre al
citato art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni - l'art. 9, comma
5, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19
luglio 1993, n. 236, e l'art. 1, comma 72, della L. 28 dicembre 1995, n. 549.
[111] Tale Fondo è istituito presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali.
[112] Tale limite è previsto dal combinato disposto
dei commi 3 e 10 del suddetto art. 118 della L. 388/2000.
[113] Tale Fondo è istituito presso il Ministero
dell'economia e delle finanze.
[115] L’art. 1, comma 187, della L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha cambiato la denominazione del fondo in «Fondo infrastrutture ferroviarie, stradali e relativo a opere di interesse strategico nonché per gli interventi di cui all'articolo 6 della legge 29 novembre 1984, n. 798».
[116] Gli interventi per lotti costruttivi non funzionali sono stati introdotti dall’art. 2, comma 232, della L. n. 191/2009, per quanto concerne la realizzazione dei progetti prioritari, nell’ambito dei corridoi europei TEN-T inseriti nel programma di infrastrutture strategiche, i quali prevedano costi superiori a 2 miliardi di euro, tempi di realizzazione superiore a quattro anni e che non siano suddivisibili in lotti di importo inferiore a un miliardo di euro.
[117] Risoluzione 6-0082 Speranza ed altri alla Camere e risoluzione 6-0062 n.100 Zanda ed altri al Senato.