Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Titolo: | Le leggi - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - (Stabilità 2015) - Legge 23 dicembre 2014, n. 190 - Articolo 1, commi 353-735 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 233 Progressivo: 6 | ||||
Data: | 23/01/2015 | ||||
Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Progetti di legge |
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Le leggi |
Disposizioni per la formazione Legge 23 dicembre 2014, n. 190 |
Schede di lettura |
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(Articolo 1, commi 353-735) |
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n. 233/6 |
Tomo II |
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23 gennaio 2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi –
Dipartimento Bilancio ( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it |
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INDICE
(Tomo I)
Tavola di
raffronto della numerazione degli articoli e dei commi tra il disegno di legge
e il testo finale della legge nelle diverse fasi dell’esame parlamentare.................................................................. 3
Schede di lettura
§ Articolo
1, comma 1 (Risultati differenziali del
bilancio dello Stato)............. 21
§ Articolo
1, commi 2 e 3 (Gestioni previdenziali).......................................... 25
§ Articolo
1, commi 4 e 5 (Fondo “La buona scuola”).................................... 28
§ Articolo
1, comma 6 (Modifiche alla disciplina del
Fondo per associazioni e raggruppamenti temporanei di imprese)................................................................................. 30
§ Articolo
1, commi 7 e 8 (Fondo garanzia PMI)............................................ 32
§ Articolo
1, commi 9 e 10 (Fondo per la tutela del
patrimonio culturale)....... 33
§ Articolo
1, comma 11 (ART-BONUS per gli enti
lirici e i teatri di tradizione) 35
§ Articolo
1, commi 12-15 (Stabilizzazione del bonus
di 80 euro).................. 37
§ Articolo
1, commi 16 e 17 (Modifica deduzione
buoni pasto)...................... 45
§ Articolo
1, comma 18 (Regolarità contributiva
(DURC) cedente crediti P.A. certificati) 46
§ Articolo
1, comma 19 (Compensazione cartelle
esattoriali)........................ 50
§ Articolo
1, commi 20, 22-25 (Deduzione del costo
del lavoro dall’imponibile IRAP) 51
§ Articolo
1, comma 21 (Credito d’imposta per contribuenti
IRAP senza lavoratori dipendenti) 57
§ Articolo
1, commi 26-34 (Trattamento di fine
rapporto in busta paga)........ 59
§ Articolo
1, commi 35 e 36 (Credito d’imposta per
attività di ricerca e sviluppo) 71
§ Articolo
1, commi 37-45 (Regime nazionale di
tassazione agevolata - Patent box) 80
§ Articolo
1, comma 46 (Credito di imposta nelle
aree svantaggiate)............ 84
§ Articolo
1, comma 47 (Ecobonus e ristrutturazione)................................... 86
§ Articolo
1, commi 48 e 49 (Ristrutturazioni
edilizie - Termini vendita immobili delle imprese) 96
§ Articolo
1, commi 50 e 51 (SIN amianto - Casale
Monferrato e Bagnoli).... 98
§ Articolo
1, comma 52 (Destinazione di risorse al
Fondo per le emergenze nazionali) 99
§ Articolo
1, comma 53 (Utilizzo risorse contabilità
speciale per eventi atmosferici 9-13 ottobre 2014) 101
§ Articolo
1, commi 54-89 (Regime fiscale agevolato
per lavoratori autonomi (c.d. minimi)) 103
§ Articolo
1, comma 90 (Incentivi al rientro dei
consumi di benzina transfrontalieri) 130
§ Articolo
1, commi 91-95 (Credito d’imposta per
casse previdenziali e fondi pensione per investimenti infrastrutturali)............................................................................................. 132
§ Articolo
1, comma 96 (Istituzione di un fondo per
il recupero di efficienza del sistema giudiziario) 136
§ Articolo
1, comma 97 (Costi di notificazione)............................................ 139
§ Articolo
1, commi 98-106 (Miglioramento della sicurezza
presso il Palazzo di giustizia di Palermo) 141
§ Articolo
1, commi 107 e 108 (Disposizioni in
materia di ammortizzatori sociali, di servizi per il lavoro e politiche attive)............................................................................................ 144
§ Articolo
1, comma 109 (Finanziamento Cassa
integrazione guadagni in deroga settore pesca) 148
§ Articolo
1, comma 110 (Completamento Piano di
esuberi personale)...... 152
§ Articolo
1, comma 111 (Norma di interpretazione
autentica in tema di tassazione di merci imbarcate e sbarcate).................................................................................................... 154
§ Articolo
1, comma 112 (Pensioni per i lavoratori
esposti all’amianto ancora in servizio) 155
§ Articolo
1, comma 113 (Eliminazione delle penalizzazioni
in caso di accesso alla pensione anticipata) 156
§ Articolo
1, comma 114 (Sgravi contributivi in caso
di assunzione di lavoratori iscritti fino al 2012 in liste di mobilità)........................................................................................... 157
§ Articolo
1, comma 115 (Termine per la
presentazione delle domande per il riconoscimento della maggiorazione INPS in
caso di esposizione all’amianto superiore ai 10 anni) 158
§ Articolo
1, commi 116 e 117 (Estensione delle
prestazioni assistenziali del Fondo vittime dell’amianto)................................................................................................ 160
§ Articolo
1, comma 118 (Sgravi contributivi
finalizzati a nuove assunzioni a tempo indeterminato) 162
§ Articolo
1, commi 119 e 120 (Sgravi contributivi
per nuove assunzioni nel settore agricolo) 167
§ Articolo
1, commi 121-124 (Copertura degli sgravi
contributivi per assunzioni a tempo indeterminato) 169
§ Articolo
1, commi 125-129 (Assegno di sostegno
alla natalità (Bonus bebé)) 172
§ Articolo
1, commi 130 e 131 (Misure di sostegno
alla famiglia)................ 177
§ Articolo
1, comma 132 (Incremento del Fondo per le
politiche della famiglia) 179
§ Articolo
1, comma 133 (Contrasto al gioco
d’azzardo patologico)............ 180
§ Articolo
1, commi 134 e 135 (Risorse per INVALSI)................................. 184
§ Articolo
1, comma 136 (Promozione e diffusione
della lingua italiana all’estero) 186
§ Articolo
1, commi 137 e 138 (Erogazioni liberali
alle ONLUS).................. 187
§ Articolo
1, commi 139 e 140 (Cessione di beni ad
amministrazioni della cooperazione allo sviluppo) 190
§ Articolo
1, comma 141 (Detrazioni fiscali per
versamenti effettuati a partiti e movimenti politici dai candidati e dagli
eletti a cariche pubbliche)................................................ 192
§ Articolo
1, comma 142 (Contributi Agenzia Spaziale
italiana per il finanziamento di programmi spaziali strategici).................................................................................................... 194
§ Articolo
1, comma 143 (Trasformazione dei comitati
locali e provinciali della Croce rossa Italiana) 195
§ Articolo
1, commi 144 e 145 (Assegnazione di
diritti d’uso di frequenze per applicazioni di comunicazione elettronica mobile
e relativo cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali) 196
§ Articolo
1, commi 146-148 (Assegnazione di
frequenze del digitale terrestre e destinazione dei proventi da essa derivanti)......................................................................... 198
§ Articolo
1, comma 149 (Requisiti per la
concessione del credito di imposta per impianti wi-fi gratuiti negli esercizi
ricettivi)................................................................................. 203
§ Articolo
1, commi 150 e 151 (Disposizioni
finanziarie volte a favorire la competitività e la razionalizzazione
dell’autotrasporto)........................................................... 204
§ Articolo
1, comma 152 (Edilizia scolastica nei
comuni sardi alluvionati nel 2013) 206
§ Articolo
1, comma 153 (Realizzazione di opere di
accesso agli impianti portuali) 207
§ Articolo
1, comma 154 (Disciplina del cinque per
mille a decorrere dal 2015) 209
§ Articolo
1, comma 155 (Contributo integrativo
all’Agenzia delle entrate per spese di funzionamento) 213
§ Articolo
1, comma 156 (Incremento del fondo
relativo alla Carta acquisti ordinaria) 214
§ Articolo
1, comma 157 (Salvaguardia effetti art.
9, co. 15, D.L. 150/2013 - Compensi da corrispondere a Poste italiane S.p.A.
per il servizio prestato quale Gestore delle Carta acquisti) 216
§ Articolo
1, comma 158 (Incremento Fondo nazionale
politiche sociali).... 217
§ Articolo
1, comma 159 (Incremento Fondo per le non
autosufficienze).... 219
§ Articolo
1, commi 160 e 161 (Fondo per il diritto
al lavoro dei disabili)...... 220
§ Articolo
1, comma 162 (Contributo Fondazione
Auschwitz-Birkenau)...... 222
§ Articolo
1, commi 163-165 (Trattamenti
pensionistici vittime terrorismo). 223
§ Articolo
1, comma 166 (Attribuzioni a INAIL di
competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa di persone
disabili)................................................ 225
§ Articolo
1, comma 167 (Finanziamento Screening
neonatale).................. 226
§ Articolo
1, comma 168 (Incremento risorse per
Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza) 227
§ Articolo
1, comma 169 (Risorse per le scuole
paritarie)........................... 229
§ Articolo
1, commi 170 e 171 (Risorse per Istituti
superiori di studi musicali e Accademie di belle arti non statali).................................................................................................. 230
§ Articolo
1, commi 172 e 339 (Fondo di
finanziamento ordinario delle università e Fondo per gli investimenti nella
ricerca scientifica e tecnologica)................................... 232
§ Articolo
1, commi 173 e 174 (Risorse per i collegi
universitari legalmente riconosciuti) 235
§ Articolo
1, comma 175 (Spese per la partecipazione
italiana all’Agenzia spaziale europea) 236
§ Articolo
1, comma 176 (Incremento del contributo
Istituto Italiano Tecnologico) 237
§ Articolo
1, comma 177 (Risorse all’INAF per
progetti internazionali nel campo dell’astronomia) 238
§ Articolo
1, comma 178 (Rifinanziamento del Fondo
per le missioni internazionali) 239
§ Articolo
1, commi 179 e 180 (Incremento del Fondo
nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo) 241
§ Articolo
1, commi 181-183 (Fondo per l’accoglienza
dei minori stranieri non accompagnati) 246
§ Articolo
1, comma 184 (Programma unico di
assistenza degli stranieri vittime di violenza) 251
§ Articolo
1, comma 185 (Stampa quotidiana e
periodica)........................... 254
§ Articolo
1, comma 186 (Indennizzi per soggetti
danneggiati da emotrasfusioni) 256
§ Articolo
1, comma 187 (Autorizzazione di spesa per
riforma terzo settore) 258
§ Articolo
1, comma 188 (Adeguamenti strutture
informatiche per riforma legge di bilancio) 260
§ Articolo
1, comma 189 (Incremento Fondo interventi
strutturali di politica economica) 262
§ Articolo
1, comma 190 (Finanziamento del Comitato
italiano paralimpico) 263
§ Articolo
1, comma 191 (Autorizzazione di spesa per
l’attività dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti) 265
§ Articolo
1, comma 192 (Reti di metropolitane in
aree metropolitane)........ 266
§ Articolo
1, comma 193 (Trasferimento a TERNA di
rete elettrica di proprietà di Ferrovie dello Stato S.p.A.)......................................................................................................... 267
§ Articolo
1, comma 194 (Emittenza radiotelevisiva
locale)......................... 270
§ Articolo
1, commi 195-198 (Utilizzo di emblemi,
denominazione e stemmi della Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco)........................................................... 272
§ Articolo
1, commi 199-201 (Fondi per il
finanziamento di esigenze indifferibili) 276
§ Articolo
1, commi 202 e 203 (Piano straordinario
per la promozione del made in Italy e l’attrazione degli investimenti in
Italia)........................................................................... 278
§ Articolo
1, comma 204 (Riduzione Fondo istituito
con il taglio dei residui passivi perenti) 283
§ Articolo
1, comma 205 (Incremento Fondo per
interventi strutturali di politica economica) 284
§ Articolo
1, comma 206 (Convenzioni Corpo dei
Vigili del fuoco per la permuta di materiali o prestazioni)................................................................................................. 285
§ Articolo
1, comma 207 (Superamento della clausola
di salvaguardia di cui all’articolo 1, comma 430, della legge 27 dicembre 2013,
n. 147)....................................................... 288
§ Articolo
1, commi 208-212 (Erogazioni
anticipazioni finanziarie per agricoltori e disposizioni varie in materia
agricola)......................................................................................... 291
§ Articolo
1, comma 213 (Assunzione di funzioni
dello Stato da parte della Regione Valle d'Aosta e delle Province autonome di
Trento e di Bolzano)....................................... 302
§ Articolo
1, commi 214-217 (Quote latte).................................................... 304
§ Articolo
1, comma 218 (Riduzione trasferimenti
alle imprese).................. 309
§ Articolo
1, comma 219 (Trasferimento ad ENAV degli
oneri di navigazione aerea) 317
§ Articolo
1, comma 220 (Diritti aeroportuali)............................................... 319
§ Articolo
1, comma 221 (Autorizzazioni per vettori
aerei)........................... 322
§ Articolo
1, comma 222 (Rottamazione veicoli).......................................... 325
§ Articolo
1, commi 223-227 (Parco rotabile su gomma
trasporto pubblico locale) 327
§ Articolo
1, comma 228 (Contributo pluriennale Reti
metropolitane in costruzione in aree metropolitane)............................................................................................. 329
§ Articolo
1, commi 229-231 (Lotti costruttivi rete
ferroviaria)...................... 331
§ Articolo
1, comma 232 (Divieto di circolazione dei
veicoli M2 e M3 (Euro 0)) 334
§ Articolo
1, comma 233 (Credito d’imposta
autotrasporto)......................... 335
§ Articolo
1, comma 234 (Accise per
autotrasportatori)............................... 337
§ Articolo
1, comma 235 (Piano per l’edilizia
sociale).................................. 339
§ Articolo
1, comma 236 (Competitività dei Porti
italiani ed efficienza intermodale) 341
§ Articolo
1, comma 237 (IVA strutture recettive
unità da diporto ormeggiate (marina resort)) 342
§ Articolo
1, comma 238 (Destinazione risorse
sblocca cantieri)................ 343
§ Articolo
1, comma 239 (Collegamento marittimo
veloce Stretto di Messina) 344
§ Articolo
1, comma 240 (Tratta ferroviaria
Andora-Finale ligure)............... 346
§ Articolo
1, comma 241 (Risorse per il patrimonio
culturale)...................... 347
§ Articolo
1, comma 242 (Riduzione dei crediti di
imposta).......................... 349
§ Articolo
1, comma 243 (“Nuova legge Sabatini”)....................................... 351
§ Articolo
1, commi 244 e 245 (Determinazione
rendita catastale immobili ad uso produttivo) 353
§ Articolo
1, comma 246 (Sospensione pagamento quota
capitale per mutui e finanziamenti alle famiglie e alle PMI)..................................................................................... 356
§ Articolo
1, commi 247-251 (Definizione di vettore
e di committente nel settore dell’autotrasporto) 358
§ Articolo
1, comma 252 (Riduzione di trasferimenti
ad enti)....................... 364
§ Articolo
1, comma 253 (Estensione delle funzioni della Commissione parlamentare di controllo
sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e
assistenza sociale alla gestione separata di cui all’articolo 5, comma 9, del
decreto-legge n. 269 del 2003) 368
§ Articolo
1, commi 254-256 (Proroga del blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali
nel pubblico impiego)........................................................................................ 369
§ Articolo
1, comma 257 (Conferma dei rapporti di
collaborazione presso la Struttura
tecnica di Missione).................................................................................................... 372
§ Articolo
1, comma 258 (Abrogazione norme promozioni FF.AA. e Corpi di polizia) 373
§ Articolo
1, comma 259 (Indennità di ausiliaria FF.AA. e Polizia militare).. 375
§ Articolo
1, commi 260 e 261 (Riduzione indennità piloti e controllori di
volo militari) 377
§ Articolo
1, commi 262 e 263 (Riordino carriere personale Forze armate) 379
§ Articolo
1, comma 264 (Rinvio di assunzioni di personale della Polizia e dei VV.FF.) 381
§ Articolo
1, comma 265 (Scorrimento graduatorie assunzioni personale Forze di polizia) 384
§ Articolo
1, commi 266 e 267 (Revisione dell’Accordo nazionale quadro di
amministrazione delle Forze di polizia ad ordinamento civile).................................................................. 385
§ Articolo
1, comma 268 (Proroga deroga per rapporti di lavoro a tempo determinato nelle regioni
a statuto speciale)......................................................................................... 388
§ Articolo
1, comma 269 (Scorrimento graduatorie assunzioni personale Agenzia delle dogane) 390
§ Articolo
1, commi 270 e 272 (Valorizzazione del patrimonio immobiliare). 392
§ Articolo
1, comma 271 (Riqualificazione delle aree urbane degradate).... 398
§ Articolo
1, comma 273 (Manutenzione degli immobili demaniali e degli edifici statali) 400
§ Articolo
1, commi 274-276 (Contratto di programma Poste italiane S.p.A.) 403
§ Articolo
1, commi 277-280 (Valorizzazione patrimonio mobiliare (Poste italiane S.p.A.)) 406
§ Articolo
1, commi 281-284 (Attuazione sentenza Tribunale UE su Poste italiane S.p.A.) 408
§ Articolo
1, commi 285 e 286 (Convenzioni Poste italiane S.p.A.)............. 410
§ Articolo
1, comma 287 (Dotazioni di bilancio dei Ministeri)....................... 411
§ Articolo
1, commi 288-291 (Riduzione spese di organi di rilevanza costituzionale, CNEL e
Presidenza del Consiglio).............................................................................................. 414
§ Articolo
1, commi 292 e 293 (Riduzione dei
proventi del canone da attribuire alla RAI e
invarianza dello stesso per il 2015)............................................................................. 419
§ Articolo
1, comma 294 (Risorse destinate al trasporto merce su ferro)... 421
§ Articolo
1, commi 295 e 296 (Riconoscimento di quote di stanziamenti ad
ANAS S.p.A.) 424
§ Articolo
1, comma 297 (Trasferimento attività informatiche riservate allo Stato dalla Consip
S.p.A. alla Sogei S.p.A.)........................................................................................ 426
§ Articolo
1, comma 298 (Registro donatori cellule riproduttive (fecondazione eterologa)) 429
§ Articolo
1, comma 299 (Fondo per opere di interconnessione di tratte autostradali) 431
§ Articolo
1, comma 300 (Soppressione assunzione ispettori).................... 432
§ Articolo
1, comma 301 (Soppressione prestazioni accessorie INPS per cure termali) 434
§ Articolo
1, comma 302 (Giorno di pagamento delle pensioni INPS)......... 435
§ Articolo
1, comma 303 (Comunicazioni a INPS a seguito di decesso)..... 436
§ Articolo
1, commi 304 e 305 (Restituzione somme pensioni INPS
indebitamente percepite post mortem assistito)........................................................................................ 437
§ Articolo
1, comma 306 (Versamento all’entrata del bilancio di quota parte degli interessi
attivi INPS per concessione di mutui e prestiti)........................................................... 440
§ Articolo
1, commi 307 e 308 (Versamento all’entrata del bilancio di
risparmi di spesa da parte dell’INPS e dell’INAIL)................................................................................ 441
§ Articolo
1, commi 309-312 (Riduzione contributi patronati)....................... 443
§ Articolo
1, comma 313 (Riduzione Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per
incentivare la contrattazione di secondo livello)............................................................... 448
§ Articolo
1, comma 314 (Modifica disciplina dichiarazione ISEE).............. 450
§ Articolo
1, commi 315 e 316 (Contributo Italia Lavoro S.p.A.).................. 452
§ Articolo
1, comma 317 (Piani triennali di investimento dell’INAIL)............ 453
§ Articolo
1, comma 318 (Riduzione contributi a organismi internazionali).. 454
§ Articolo
1, comma 319 (Ulteriori interventi sul trattamento economico e normativo del
personale in servizio all’estero)....................................................................................... 457
§ Articolo
1, comma 320 (Riduzione stanziamenti per il personale scolastico all’estero) 466
§ Articolo
1, comma 321 (Informazione italiana diffusa all’estero)............... 468
§ Articolo
1, comma 322 (Incremento delle risorse del fondo IGRUE destinate alla cooperazione
allo sviluppo)..................................................................................................... 469
§ Articolo
1, comma 323 (Rinnovo dei Comitati degli italiani all’estero)....... 470
§ Articolo
1, comma 324 (Differimento termini per armi da fuoco per uso scenico e armi tipo
paintball) 473
§ Articolo
1, comma 325 (Riduzione del contributo a favore della Scuola per l’Europa di Parma) 476
§ Articolo
1, comma 326 (Riduzione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche) 477
§ Articolo
1, comma 327 (Acquisizione all’erario di risorse non utilizzate dalle scuole) 478
§ Articolo
1, comma 328 (Riduzione del numero dei coordinatori periferici di educazione fisica) 479
§ Articolo
1, comma 329 (Abrogazione di esoneri e semiesoneri dall’insegnamento per i docenti
con funzioni vicarie o addetti alla vigilanza delle sezioni staccate)................... 481
§ Articolo
1, commi 330 e 331 (Limitazione dei comandi del personale
scolastico) 483
§ Articolo
1, commi 332 e 333 (Supplenze brevi di
personale docente e ATA) 487
§ Articolo
1, commi 334-336 (Dotazioni organiche del personale ATA)....... 490
§ Articolo
1, comma 337 (Visite medico-legali delle
Università e delle AFAM) 493
§ Articolo
1, comma 338 (Soppressione del contributo a favore della Scuola di ateneo Jean Monnet) 495
§ Articolo
1, comma 340 (Chiusura del piano stralcio Fondo speciale per la ricerca applicata –
FSRA) 496
§ Articolo
1, commi 341 e 342 (Istituzioni di alta formazione e
specializzazione artistica, musicale e coreutica- AFAM)....................................................................................... 499
§ Articolo
1, commi 343 e 344 (Enti di ricerca
vigilati dal MIUR)................. 502
§ Articolo
1, comma 345 (Riduzione dell’organico degli Uffici di diretta collaborazione del
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca)............................................. 504
§ Articolo
1, commi 346-349 (Assunzioni da parte delle università)............ 505
§ Articolo
1, commi 350-352 (Composizione delle commissioni per gli esami di maturità) 509
§
Articolo 1, comma 356 (SIN Bagnoli-Coroglio)
§
Articolo 1, commi 357 e 358 (Contributo
per progetti innovativi in campo navale)
§
Articolo 1, comma 359 (Mutui ferrovie in concessione)
§
Articolo 1, comma 364 (Impiego personale militare
all’estero)
§
Articolo 1, comma 365 (Abrogazione stage difesa per
giovani)
§
Articolo 1, comma 366 (Medaglia mauriziana)
§
Articolo 1, comma 367 (Soppressione trasporto
collettivo personale della Difesa)
§
Articolo 1, comma 370 (Norma ARQ personale
all’estero)
§
Articolo 1, comma 372 (Riduzione uffici diretta
collaborazione del Ministro della difesa)
§
Articolo 1, comma 373 (Revisione strumento militare)
§
Articolo 1, commi 374-377 (Dismissioni degli immobili
del Ministero della difesa)
§
Articolo 1, comma 378 (Attribuzione del grado
vertice)
§
Articolo 1, comma 379 (Disposizioni concernenti
l’Agenzia industrie difesa)
§
Articolo 1, comma 380 (Destinazione risorse “Difesa
servizi S.p.A.”)
§
Articolo 1, comma 384 (Gasolio agricolo)
§
Articolo 1, comma 385 (Piano irriguo nazionale)
§
Articolo 1, commi 387 e 388 (Ottimizzazione
della gestione della tesoreria di Stato)
§
Articolo 1, comma 390 (Trasformazione dei conti di
tesoreria centrale in conti infruttiferi)
§
Articolo 1, comma 429 (Servizi per l’impiego province e città metropolitane)
§
Articolo 1, commi 435-436 (Riduzione del Fondo di solidarietà comunale a decorrere dal 2015)
§
Articolo 1, comma 450 (Incentivi alle unioni e fusioni di comuni)
§
Articolo 1, commi 452-458 (Pagamento dei debiti pregressi della regione Piemonte)
§
Articolo 1, commi 460-466 e 468-478 (Pareggio di bilancio per le regioni a
statuto ordinario)
§
Articolo 1, commi 479-483 (Nuova disciplina della regionalizzazione del patto di stabilità)
§
Articolo 1, commi 484-488 (Patto verticale incentivato)
§
Articolo 1, comma 501 (Election day)
§
Articolo 1, commi 505-507 e 509-510 (Armonizzazione contabile degli enti
territoriali)
§
Articolo 1, comma 508 (Imposta Municipale Immobiliare della provincia di Bolzano)
§
Articolo 1, comma 511 (Destinazione delle riserve all'erario afferenti alla Regione Sardegna)
§
Articolo 1, commi 512-523 (Recepimento Accordo 23 ottobre 2014 con la Regione Friuli Venezia
Giulia)
§
Articolo 1, comma 524 (Minoranza linguistica slovena)
§
Articolo 1, comma 525 (Compensazione perdita di accisa Regione Valle d’Aosta)
§
Articolo 1, commi 526-530 (Spese per il funzionamento degli uffici giudiziari)
§
Articolo 1, comma 531 (Contributo Roma capitale)
§
Articolo 1, comma 535 (Risorse per la Fabbrica del Duomo di Milano)
§
Articolo 1, comma 537 (Rinegoziazione mutui enti locali per passività relative)
§
Articolo 1, comma 539 (Aumento del limiti massimi di indebitamento degli enti locali)
§
Articolo 1, comma 548 (Supporto Consip S.p.A. per operazione Expo 2015)
§
Articolo 1, comma 549 (Parere di congruità Consip per Rete Te.T.Ra.)
§
Articolo 1, commi 560-563 (Attuazione Patto della salute 2014-2016 - Riparto quote vincolate)
§
Articolo 1, comma 564 (Attuazione Patto della salute 2014-2016 - Piani annuali di
investimento)
§
Articolo 1, comma 583 (Attuazione Patto della salute 2014-2016 - Turn over del personale del
SSN)
§
Articolo 1, comma 589 (Direzione farmacie private)
§
Articolo 1, comma 590 (Autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali omeopatici)
§
Articolo 1, commi 602 e 603 (Centro nazionale di adroterapia oncologica)
§
Articolo 1, commi 604 e 605 (Piano per il risanamento della regione
Molise)
§
Articolo 1, comma 609 (Gestione aggregata dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza
economica)
§
Articolo 1, comma 610 (Convenzioni con cooperative sociali)
§
Articolo 1, commi 611-614 (Riorganizzazione e riduzione delle società partecipate)
§
Articolo 1, comma 616 (Riduzione aziende speciali)
§
Articolo 1, commi 621-625 (Modifica aliquote fondi pensioni e TFR)
§
Articolo 1, comma 626 (Rivalutazione terreni e partecipazioni)
§
Articolo 1, commi 629-633 (Reverse charge e split payment)
§
Articolo 1, commi 634-641 (Adempimenti volontari dei contribuenti)
§
Articolo 1, comma 642 (Proroga riscossione enti locali)
§
Articolo 1, commi 643-652 (Disposizioni in materia di giochi con vincite in denaro)
§
Articolo 1, commi 653 e 654 (Norme concernenti il Gioco del Lotto)
§
Articolo 1, commi 655 e 656 (Tassazione enti non commerciali)
§
Articolo 1, comma 657 (Ritenute su ristrutturazioni)
§
Articolo 1, comma 660 (Norma interpretativa per imposta sostitutiva su finanziamenti
speciali)
§
Articolo 1, commi 662-664 (Fabbricati rurali nelle zone colpite dal sisma Emilia)
§
Articolo 1, comma 666 (Soppressione esenzione bollo per le auto ultraventennali)
§
Articolo 1, comma 667 (Aliquota IVA agevolata per e-book)
§
Articolo 1, commi 668-677 (Cofinanziamento nazionale dei programmi dell’Unione europea)
§
Articolo 1, comma 678 (Regimi fiscali privilegiati)
§
Articolo 1, comma 679 (Conferma per il 2015 del livello massimo di imposizione della Tasi)
§
Articolo 1, commi 690 e 691 (Innalzamento franchigia IRPEF lavoratori transfrontalieri)
§
Articolo 1, commi 692 e 693 (Differimento termine versamento IMU
agricola)
§
Articolo 1, comma 694 (Rifinanziamento Fondo emergenze nazionali)
§
Articolo 1, comma 699 (Copertura oneri commi 694 e 695)
§
Articolo 1, comma 702 (Partecipazione comuni all’attività di contrasto all’evasione fiscale)
§
Articolo 1, commi 707-709 (Misure in materia di trattamenti pensionistici)
§
Articolo 1, commi 711 e 712 (Aumento Iva su pellet di legno e incremento
Fondo ISPE)
§
Articolo 1, comma 713 (Società sportive dilettantistiche)
§
Articolo 1, comma 714 (Riscossione quote latte attraverso l’ausilio di Equitalia)
§
Articolo 1, comma 716 (Riduzione stanziamento del Fondo per la riduzione della pressione
fiscale)
§
Articolo 1, comma 717 (Riduzione Fondo per gli interventi strutturali di politica economica)
§
Articolo 1, commi 718 e 719 (Clausola di salvaguardia: innalzamento
aliquote IVA e accise)
§
Articolo 1, comma 720 (Riduzione Fondo compensazione effetti finanziari)
§
Articolo 1, comma 721 (Riduzione risorse per benefici previdenziali relativi a lavori
usuranti)
§
Articolo 1, commi 723 e 724 (Riduzione del Fondo integrativo speciale
per la ricerca)
§
Articolo 1, comma 725 (Esclusione della ritenuta sui compensi per taluni vettori marittimi ed
aerei)
§
Articolo 1, comma 726 (Rimborsi per operazioni di controllo preventivo)
§
Articolo 1, comma 727 (Tabelle A e B)
§
Articolo 1, comma 728 (Tabella C)
§
Articolo 1, commi 729 e 731 (Tabella E)
§
Articolo 1, comma 730 (Tabella D)
§
Articolo 1, commi 732 e 733 (Copertura degli oneri correnti e prospetto
di copertura)
§
Articolo 1, comma 735 (Entrata in vigore)
Articolo 1,
commi 353 e 354
(Servizi di pulizia ed ausiliari e
interventi di mantenimento
del decoro e della funzionalità nelle scuole)
353. All'articolo 2 del decreto-legge 7 aprile 2014, n. 58, convertito,
con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2014, n. 87, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «nell'anno 2014» sono sostituite dalle
seguenti: «nell'anno scolastico 2014/2015»;
b) al comma 1, le parole: «31 dicembre 2014» sono sostituite dalle
seguenti: «31 luglio 2015»;
c) al comma 2-bis, le parole: «, nell'ambito delle risorse finanziarie
disponibili a legislazione vigente» sono soppresse;
d) dopo il comma 2-bis è aggiunto il seguente:
«2-bis.1. Nei territori ove è già stata attivata la convenzione-quadro
Consip per il mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili
adibiti a sede di istituzioni scolastiche ed educative statali, le medesime
istituzioni scolastiche ed educative effettuano gli interventi di cui al comma
2-bis mediante ricorso alla citata convenzione Consip»;
e) il comma 2-ter è sostituito dal seguente:
«2-ter. Per gli interventi di cui ai commi 2-bis e 2 bis.1 è autorizzata
la spesa di 130 milioni di euro per l'anno 2015».
354. Agli oneri di cui al comma 353 si provvede mediante corrispondente
riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui
all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
I commi 353 e 354 sono finalizzati a continuare a garantire lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative nei territori nei quali non è stata ancora attivata la convenzione-quadro CONSIP. Inoltre, è autorizzata la spesa di 130 milioni di euro per il 2015 per la realizzazione di interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili sede di istituzioni scolastiche ed educative statali.
Ai fini indicati, è novellato l’art. 2 del D.L. n. 58/2014 (L. n. 87/2014).
Al riguardo si
ricorda, preliminarmente, che l’art. 8 della L. n. 124/1999 ha disposto il
trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico
ed ausiliario (ATA), già dipendente degli enti locali, in servizio nelle scuole
statali.
Alla
disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999, in base al cui art. 9, considerato che le
funzioni ausiliarie e di pulizia erano svolte, in alcuni comuni o province, a
mezzo di contratti di servizio con aziende di varia natura (c.d. “appalti storici”), ovvero erano svolte
da personale ex LSU (lavoratori
socialmente utili), lo Stato è subentrato anche nei contratti e nelle
convenzioni stipulati dagli enti locali.
A seguito dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della
Commissione europea nel 2002, che contestava l'affidamento dei relativi servizi
senza procedure di gara, è stata poi prevista l'indizione di bandi di gara europei.
In particolare, l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 ha disposto che tutte le
amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le
scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni
universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le
convenzioni-quadro CONSIP[1].
L’art. 58, co. 5, del D.L. n. 69/2013
(L. n. 98/2013) ha poi disposto che, a decorrere dall’a.s. 2013/2014, la spesa
per l’acquisto di servizi esternalizzati - che devono avvenire nel rispetto
dell’obbligo di avvalersi delle convenzioni-quadro CONSIP - non può essere
superiore a quella che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore
scolastico accantonati ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 119/2009[2].
In relazione ai problemi
occupazionali che, nei fatti, sono derivati dalla stipula dei nuovi contratti
di pulizia nell’ambito della convenzione CONSIP, un tavolo attivato dal MIUR ha
poi definito l’impegno di prorogare i contratti in essere sino al 31 dicembre
2013[3].
A seguire, è intervenuto l’art. 1, co. 748, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014),
che ha disposto la prosecuzione, fino al 28 febbraio 2014, dei contratti per l’acquisto di servizi
di pulizia ed altri servizi ausiliari, in essere al 31 dicembre 2013, ove alla
stessa data non erano state attivate
convenzioni con la CONSIP. Inoltre, ha previsto che le istituzioni
scolastiche situate nei territori ove
era attiva la convenzione CONSIP acquistassero servizi ulteriori, cioè servizi
straordinari di pulizia e servizi ausiliari, avvalendosi delle imprese aggiudicatarie della gara CONSIP, fino al 28 febbraio 2014[4]. Infine, ha
previsto l’attivazione di un tavolo di confronto per definire soluzioni
normative o amministrative ai problemi occupazionali connessi alla successiva
utilizzazione delle convenzioni CONSIP.
In seguito, l’art. 19, co. 1, del D.L.
16/2014 (L. 68/2014) ha differito il
termine del 28 febbraio – sia nei territori nei quali non era attiva la
convenzione, sia nei territori nei quali la stessa era attiva – al 31 marzo 2014, incrementando al tempo
stesso il limite di spesa di 34,6 milioni di euro previsto dall’art. 1, co.
748, della L. 147/2013 di ulteriori 20
milioni di euro, con corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa
relativa al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa
(art. 4 della L. 440/1997).
Il 28 marzo 2014 presso il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali è stato poi sottoscritto un accordo che ha
previsto, fra l’altro, che, al fine di avviare a definitiva soluzione la problematica occupazionale conseguente alle
riduzioni degli affidamenti derivanti dalle espletate gare CONSIP e
riguardante i lavoratori ex LSU e quelli appartenenti alle ditte dei c.d.
“appalti storici”, il MIUR – nell’ambito del più ampio programma per l’edilizia
scolastica facente capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – avrebbe
utilizzato risorse complessive pari a 450
milioni di euro, a decorrere dall’1.7.2014 e fino al 30.3.2016, da
impiegare per lo svolgimento, da parte del personale adibito alla pulizia nelle
scuole, di ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili
adibiti ad edifici scolastici. In base all’allegato tecnico all’accordo, si
tratta di attività quali, ad esempio, rifacimento di intonaci e tinteggiatura,
piccole riparazioni, rifacimento di pavimenti, sostituzione di componenti di
controsoffitti, tende e persiane, piccole opere in cartongesso, manutenzione
delle aree a verde esterne, piccoli interventi sull’impianto idrico-sanitario.
Sempre l’accordo
ha previsto che il MIUR avrebbe individuato gli istituti scolastici capofila
per l’acquisto dei nuovi servizi e che l’importo complessivo degli ordini
integrativi di fornitura sarebbe stato pari a 150 milioni di euro per il 2014 e a 300 milioni di euro per il 2015 e i primi 3 mesi del 2016.
Al fine di
consentire l’effettiva implementazione delle attività a cui adibire il
personale già impiegato nei servizi di pulizia, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali si era impegnato ad attivare percorsi di formazione e di
riqualificazione professionale[5].
Le parti hanno
concordato sull’istituzione di tavoli a livello territoriale e nazionale volti
a monitorare l’andamento e l’efficacia del sistema di pulizia nelle scuole e
degli interventi ausiliari aggiuntivi, nonché le relative ricadute
occupazionali.
Con l’art. 2 del
D.L. n. 58/2014 (L. n. 87/2014) è
stato poi differito (dal 31 marzo 2014) “fino a non oltre il 31 dicembre 2014” , limitatamente alle “regioni” ove
ancora non era attiva la convenzione-quadro CONSIP per l’affidamento dei
servizi di pulizia e ausiliari, il termine entro il quale le scuole acquistano
i medesimi servizi dagli stessi raggruppamenti e dalle stesse imprese che li
assicuravano alla data indicata del 31 marzo 2014.
Inoltre, è stato previsto
che
gli interventi di mantenimento del
decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede di istituzioni
scolastiche ed educative statali nei territori ove non era stata ancora
attivata la convenzione CONSIP dovevano essere effettuati acquistando il
relativo servizio dagli stessi raggruppamenti e dalle stesse imprese che assicuravano
i servizi di pulizia e gli altri servizi ausiliari alla data del 30 aprile
2014, alle stesse condizioni tecniche ed economiche riferibili alla convenzione
CONSIP. Gli interventi dovevano essere definiti secondo le modalità di cui ad
una successiva delibera del CIPE, nell’ambito delle risorse finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
Sull’avvio degli
interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili per
il 2014, nell’ambito del progetto #scuolebelle,
si veda il comunicato
stampa del MIUR del 19 luglio 2014, con allegato il piano di
ripartizione degli stessi interventi e del relativo
finanziamento. Qui lo stato dell’arte
al 14 novembre 2014.
In base alle lettere a) e b) del comma 353, è prorogato (dal 31 dicembre 2014) “fino a non oltre il 31 luglio 2015”, il
termine entro il quale le scuole situate nelle “regioni” ove ancora non è
attiva la convenzione-quadro CONSIP per l’affidamento dei servizi di
pulizia e ausiliari acquistano i medesimi servizi dagli stessi raggruppamenti e
dalle stesse imprese che li assicuravano alla data del 31 marzo 2014 e la
previsione è finalizzata alla regolare conclusione delle attività scolastiche
nell’anno scolastico 2014/2015 (e non più “nell’anno 2014”).
Al fine indicato, è modificato il comma 1
dell’art. 2 del D.L. n. 58/2014[6].
Attualmente, con riferimento alla convenzione-quadro CONSIP, continuano a non risultare affidati i lotti nn. 6 - Regione Campania (Province di Napoli e Salerno), 7 - Regione Campania (Province di Caserta, Benevento ed Avellino) e 13 - Regione Sicilia[7].
In considerazione dell’articolazione della convenzione CONSIP in lotti, il riferimento “alle regioni” deve, dunque, intendersi come riferimento “ai territori” (come, peraltro, opportunamente, indicato nel comma 2-bis e nel nuovo comma 2-bis.1 dell’art. 2 del D.L. n. 58/2014).
In base alla lettera d) del comma 353, gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede di istituzioni scolastiche ed educative statali nei territori ove è stata attivata la convenzione-quadro CONSIP sono effettuati ricorrendo alla stessa convenzione.
Al fine indicato, nell’art. 2 del D.L. n. 58/2014 si introduce il comma 2-bis.1.
Tale previsione si
aggiunge, dunque, a quella recata dal comma 2-bis - sopra illustrata - relativa ai medesimi interventi nei
territori dove non è ancora attiva la convenzione-quadro CONSIP.
Nell’ambito del comma 2-bis dell’art. 2 del D.L. n. 58/2014, peraltro, in base alla lettera c)
del comma 353, è soppressa la
previsione che l’acquisto deve avvenire nell’ambito delle risorse finanziarie
disponibili a legislazione vigente[8].
Infatti, in base alla lettera e) del comma 353 - che sostituisce il comma 2-ter dell’art. 2 del D.L. n. 58/2014, contenente la clausola di invarianza finanziaria - per gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede di istituzioni scolastiche ed educative statali, sia nei territori in cui la convenzione-quadro CONSIP è attiva, sia in quelli in cui non è ancora attiva, è autorizzata la spesa di 130 milioni di euro per il 2015.
Al relativo onere si
provvede, in base al comma 354,
mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di
politica economica (art. 10, co. 5, del D.L. n. 282/2004 – L. n. 307/2004).
Articolo 1,
comma 355
(Riduzioni
delle spese e interventi correttivi del Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare: Convenzione sulla biodiversità di Rio de Janeiro)
355. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della
legge 14 febbraio 1994, n. 124, a decorrere dall'anno 2015 è ridotta di 1
milione di euro.
Il comma 355 riduce di 1 milione di euro, a decorrere dal 2015,
l’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 3,
comma 1, della legge 14 febbraio 1994, n. 124 per la ratifica e l’esecuzione
della
Convenzione sulla biodiversità fatta
a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992.
Si fa notare che la riduzione supera
l’importo dell’autorizzazione di spesa contemplata dal citato articolo 3, che è
pari a 671.394 euro annui (1.300 milioni di lire).
Il
capitolo su cui opera la riduzione (capitolo 1617/Pg3 dello stato di
previsione del Ministero dell’ambiente) ha però una dotazione di competenza di
3,95 milioni di euro per il triennio 2015-2017.
Come
anticipato sopra, con la L. n. 124/1994 l’Italia ha ratificato la Convenzione
sulla Diversità Biologica (CBD),
adottata il 5 giugno del 1992, al Summit mondiale di Rio de Janeiro delle
Nazioni Unite su ambiente e sviluppo.
Nel
ratificare la Convenzione, le Parti contraenti si sono impegnate a
intraprendere misure nazionali e internazionali finalizzate al raggiungimento
di tre obiettivi: la conservazione in situ ed
ex situ
della diversità biologica (a livello di geni, popolazioni,
specie, habitat ed ecosistemi), l'uso
sostenibile delle sue componenti e l'equa condivisione dei benefici derivanti
dall'utilizzazione delle risorse genetiche.
Di
particolare rilevanza, per l’attuazione della Convenzione e della legge
nazionale di ratifica, è l’intesa, raggiunta dalla Conferenza Stato-Regioni
nella seduta del 7 ottobre 2010, sulla Strategia Nazionale per la Biodiversità[9].
Articolo 1,
comma 356
(SIN
Bagnoli-Coroglio)
356. All'articolo 33, comma 11, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.
133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, le
parole da: «ai sensi» fino a: «ottobre 2001» sono sostituite dalle seguenti:
«ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 3, del decreto-legge 22 giugno 2012, n.
83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, con
decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 8
agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2014».
Il comma 356 è volto a modificare il riferimento normativo al decreto relativo alla perimetrazione del sito inquinato di interesse nazionale (SIN) di Bagnoli-Coroglio indicato nel comma 11 dell’art. 33 del D.L. 133/2014 (c.d. sblocca Italia), al fine di tenere conto correttamente della ridefinizione del perimetro medesimo operata con il decreto del Ministero dell’ambiente dell’8 agosto 2014.
La previgente formulazione del comma 11 faceva infatti riferimento al D.M. Ambiente 31 agosto 2001, ma - in attuazione dell'art. 36-bis, comma 3, del D.L. 83/2012 - il sito in oggetto è stato successivamente riperimetrato con D.M. Ambiente 8 agosto 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 23 agosto 2014. Tale riperimetrazione ha escluso alcune aree dalla competenza del Ministero dell’ambiente per trasferirle alla competenza della Regione Campania.
L’art. 36-bis del D.L. 83/2012 ha previsto l'emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente, sentite le regioni interessate, finalizzato alla ricognizione dei SIN da trasferire alla competenza regionale in quanto non più in linea con i nuovi criteri previsti dal medesimo articolo (comma 2) nonché, sempre con decreto del Ministro dell'ambiente (sentiti gli enti locali interessati), la possibilità di ridefinizione del perimetro dei SIN, su richiesta della regione interessata (comma 3).
In attuazione del citato comma 2 il D.M. 11 gennaio 2013 ha indicato 18 siti di interesse nazionale (dei 57 SIN esistenti in precedenza) che, non soddisfacendo i requisiti previsti dal D.L. 83/2012, sono stati trasferiti alla competenza regionale.
Il comma 11 dell’art. 33 del D.L. 133/2014 include il SIN di Bagnoli-Coroglio tra le aree di rilevante interesse nazionale alle quali si applica la speciale procedura di bonifica introdotta dal medesimo articolo.
Articolo 1,
commi 357 e 358
(Contributo
per progetti innovativi in campo navale)
357. Per il finanziamento di progetti innovativi di prodotto o di
processo nel campo navale, avviati o in fase di avvio, è autorizzato un
contributo ventennale in erogazione diretta di 5 milioni di euro a decorrere
dall'esercizio 2015.
358. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre 2004, n. 307, è ridotta di 5 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2015.
Il comma 357 autorizza un contributo ventennale di 5 milioni di euro a decorrere dall’esercizio 2015 per il finanziamento di progetti innovativi nel campo navale.
Il comma 358 provvede alla copertura finanziaria, a valere sul fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, co. 5 del D.L. n. 282/2004.
Si
ricorda che un contributo di questo tipo era previsto dal secondo periodo del
comma 38 dell’articolo unico della Legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), il
quale a sua volta richiamava la tipologia degli interventi previsti
dall’articolo 3 della legge n. 88/2001 (vale a dire, appunto, gli investimenti
delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta).
Poiché
la Commissione europea, secondo quanto indicato nella Relazione tecnica alla
legge di Stabilità aveva qualificato il contributo in questione come aiuto di
Stato illegittimo ai sensi del regime degli aiuti di Stato alla costruzione
navale n. 2011/C3 64/06, il suddetto comma 38 veniva soppresso dall’art. 2, co.
104 della presente legge di Stabilità nel testo approvato dalla Camera, mentre
nel testo definitivo della legge, qui commentato, tale soppressione è venuta
meno ed è stata sostituita con la norma del comma 357.
Articolo 1,
comma 359
(Mutui
ferrovie in concessione)
359. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 13, comma 12, della
legge 11 marzo 1988, n. 67, è ridotta di 8,9 milioni di euro per l'anno 2015 e
di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
Il comma 359 riduce di 8,9 milioni di euro
per l’anno 2015 e di 10 milioni di euro a decorrere dal 2016 l’autorizzazione
di spesa di cui all’articolo 13, comma 12, della legge n. 67 del 1988 (L.
finanziaria 1988), finalizzata al finanziamento, per capitale e interessi, dei mutui che sono autorizzati a contrarre le
ferrovie in regime di concessione e in gestione commissariale governativa.
Al riguardo la
relazione tecnica al disegno di legge di stabilità C. 2679 afferma che la
riduzione è dovuta al completamento dei progetti di investimento realizzati ai
sensi della legge n. 910/1986.
In particolare, oggetto di riduzione è l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 12, della legge n. 67/1988 (legge finanziaria 1988) che integrava lo stanziamento per le finalità di cui all’articolo 2, comma 3, della legge n. 910/1986 per ciascuno degli anni 1988, 1989 e 1990, prevedendo che per gli anni successivi si provvedesse con rifinanziamento annuale in legge finanziaria ai sensi dell’art. 19, quattordicesimo comma, della legge n. 887/1984 (legge finanziaria 1985) meccanismo poi sostituito dalla legge n. 362/1988 dal rifinanziamento in tabella F della legge finanziaria (ora tabella D della legge di stabilità, ai sensi della legge n. 196/2009).
Articolo 1,
comma 360
(Riduzione
per l’anno 2015 del contributo quindicennale relativo
alla Pedemontana di Formia)
360. L'autorizzazione di spesa di cui al comma 981 dell'articolo 1 della
legge 27 dicembre 2006, n. 296, è ridotta di 3 milioni di euro per l'anno 2015.
Il comma
360 riduce di 3 milioni di euro per il 2015 l’autorizzazione di spesa relativa
al contributo quindicennale per il completamento delle opere infrastrutturali
della Pedemontana di Formia, disposta con l’art. 1, comma 981,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
Tale riduzione di fatto azzera per il
2015 l’autorizzazione di spesa in quanto si somma alla riduzione di 2 milioni
di euro (decorrente dal 2015) disposta dal comma 62, dell’art. 1 della L. n.
228/2012 (stabilità 2013). La riduzione complessiva è quindi pari allo
stanziamento quindicennale di 5 milioni di euro, decorrente dal 2007, disposto
dal citato comma 981.
Le risorse destinate alla Pedemontana
di Formia risultano iscritte nel capitolo 7501 dello
stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).
Nonostante la riduzione disposta dal
citato comma 62, però, la dotazione di competenza del citato capitolo, nello stato di previsione del MIT, è nulla per il solo 2015, mentre per il 2016 ed il 2017 è
pari a 5 milioni di euro.
La
relazione tecnica ricorda che con decreto n. 299 del 30 dicembre 2008, adottato
di concerto dai Ministeri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture
e dei trasporti, è stato autorizzato l'utilizzo, da parte dell'ANAS, del
contributo con attualizzazione mediante contratto di mutuo. Tale contratto di
mutuo non è tuttavia mai stato stipulato.
La “Pedemontana
di Formia” rientra nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS)
avviato con la legge obiettivo (L. n. 443/2001) e riguarda la variante stradale
alla statale S.S. 7 Appia, che inizia ad est di Gaeta e termina ad est di
Formia, interamente esterna ai centri abitati, e lunga circa 11 km.
In
merito all’opera in questione il CIPE ha emanato la
delibera n. 98 del 29 marzo 2006 con cui ha approvato,
in linea tecnica, con le prescrizioni e raccomandazioni proposte dal Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto preliminare della “Variante
alla S.S. 7 Appia in Comune di Formia” ed è stata altresì riconosciuta la
compatibilità ambientale dell’opera, il cui soggetto aggiudicatore risulta
essere l’ANAS S.p.A.
Per
una descrizione delle caratteristiche dell’opera, si rinvia alla scheda n. 50
dell’8°
Rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto
dal Servizio studi, su Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione
della “legge obiettivo” del febbraio 2014.
Nell’aggiornamento
del PIS presentato al Parlamento in data 3 ottobre 2014 - in allegato alla Nota
di aggiornamento del DEF 2014 (Doc. LVII,
n. 2-bis, Allegato III) per
l’opera non vengono indicati i dati finanziari.
Articolo 1,
comma 361
(Riduzione
dell’autorizzazione di spesa relativa al contributo straordinario al comune di
Reggio Calabria)
361. L'autorizzazione di spesa relativa al contributo straordinario al
comune di Reggio Calabria di cui all'articolo 144, comma 1, della legge 23
dicembre 2000, n. 388, è ridotta di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno
2015.
Il comma 361
riduce l’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 144, comma 1, della legge n. 388/2000
(finanziaria 2001), concernente il “contributo straordinario al comune di
Reggio Calabria” relativamente
agli interventi di risanamento e sviluppo previsti dal D.L. n. 166/1989.
Tale
riduzione è quantificata in 3 milioni di euro a decorrere dal 2015.
Il comma 1 dell’articolo 144 citato ha autorizzato, nella
tabella 1 allegata alla legge, due limiti di impegno quindicennali,
decorrenti rispettivamente dal 2002 e dal 2003, di 10 milioni di lire (5,2
milioni di euro), per il finanziamento degli interventi contemplati dal
D.L. n. 166/1989. Tale decreto-legge ha previsto il risanamento e lo sviluppo
dell'area urbana di Reggio Calabria, attraverso il risanamento del patrimonio
edilizio comunale, il completamento e la riqualificazione delle reti idriche e
fognarie, la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e monumentale
e, per tali finalità, ha istituito un apposito fondo, con una dotazione
complessiva di 600 miliardi di lire per il triennio 1989-1991.
Nel capitolo
7374 dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, denominato “Fondo per il risanamento e lo sviluppo dell'area urbana
di Reggio Calabria”, sono allocate risorse di competenza per un importo di 13,1
milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2015-2017.
Si
osserva che non è chiaro se la riduzione operi su uno o su entrambi i limiti di
impegno autorizzati nella tabella 1 allegata alla legge n. 388 del 2000 per il
finanziamento degli interventi di risanamento e sviluppo della città di Reggio
Calabria.
Articolo 1,
comma 362
(Riduzione
della quota ANAS del canone annuo a carico
dei concessionari autostradali)
362. A decorrere dal 2017 all'articolo 1, comma 1020, della legge 27
dicembre 2006, n. 296, le parole: «Il 42 per cento» sono sostituite dalle
seguenti: «Il 21 per cento». La società ANAS Spa effettua risparmi di spesa sul
contratto di servizio corrispondenti alle minori entrate derivanti
dall'attuazione della disposizione di cui al primo periodo anche in termini di
razionalizzazione delle spese relative al personale e al funzionamento
amministrativo.
Il comma
362 dimezza, a decorrere dal
2017, la quota di spettanza dell’ANAS S.p.A. del canone
annuo a carico dei concessionari autostradali disciplinato dal comma 1020
dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), che quindi passa dal
42% al 21%.
Per
compensare i minori introiti, lo stesso comma prevede che l’ANAS effettui risparmi
di spesa sul contratto di servizio corrispondenti alle minori entrate, anche in termini di razionalizzazione
delle spese relative al personale e al funzionamento amministrativo.
L’art. 1, comma 1020, della L. n. 296/2006 è
intervenuto sulla disciplina del canone annuo a carico degli enti concessionari
di autostrade (disciplinato dall’art. 10, comma 3, della legge n. 537 del
1993), sotto due profili:
§ sotto il
profilo dell’entità del canone, che è stato incrementato dall’1 al 2,4 per
cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari;
§ sotto il profilo
della destinazione di tali somme prevedendo che una parte delle medesime, pari
al 42 per cento, sia corrisposta direttamente all’ANAS, che a sua
volta provvede a destinarla alle sue attività di vigilanza e controllo sui
concessionari, secondo direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture.
Successivamente tale comma 1020 è stato modificato dall’art.
1-bis del D.L. n. 162/2008 in relazione alle modalità di destinazione
dello stesso canone.
L’art. 25, comma 2, del D.L. 69/2013, ha riconosciuto tra i
ricavi propri di ANAS il suddetto canone e stabilito che, ove necessario, una
parte dei relativi introiti dovrà essere destinata a coprire le spese di
funzionamento della “Struttura di vigilanza sulle concessionarie
autostradali" (SVCA) istituita, presso il Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti (ai sensi di quanto previsto dall’art. 11, comma 5, del D.L.
216/2011), in luogo del soppresso Ispettorato di vigilanza delle concessionarie
autostradali (IVCA) operante presso l’ANAS.
Si ricorda altresì che la misura del canone annuo
corrisposto direttamente all’ANAS ai sensi del comma 1020 è stata integrata dal
comma 9-bis dell’art. 19 del D.L. n. 78/2009 e dal comma 4 dell’art. 15
del D.L. 78/2010 di un importo calcolato sulla percorrenza chilometrica dei
veicoli.
Nell’ultimo bilancio dell’ANAS S.p.A., relativo all’esercizio 2013, l’importo degli introiti derivanti dal canone previsto dal comma 1020 è pari a 49,6 milioni di euro[10].
Articolo 1,
comma 363
(Soppressione
indennità di trasferimento in Italia per personale FF.AA., Forze di polizia,
VV.FF. e Prefetti)
363. All'articolo 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, e successive
modificazioni, il comma 4 è abrogato.
Il comma 363
prevede l’abrogazione del comma
4 dell’articolo 1 della legge n. 86 del 2001 in base alla quale il personale volontario coniugato, il
personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad
ordinamento militare e civile, gli ufficiali e sottufficiali piloti di
complemento in ferma dodecennale, il personale appartenente alla carriera
prefettizia, all’atto del rientro in
patria, dopo essere stato impiegato presso Enti od organismi
internazionali, ai sensi della legge n. 1114 del 1962, ovvero presso delegazioni
o rappresentanze militari nazionali costituite all’estero, enti, comandi od
organismi internazionali, ai sensi dell’articolo 1808 del codice
dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, ha diritto a percepire l’indennità di trasferimento,
prevista dal comma 1 dello stesso articolo 1, pari a trenta diarie di
missione in misura intera per i primi dodici mesi ed in misura ridotta del 30
per cento per i secondi dodici mesi.
Come precisato nella relazione tecnica, “tenuto conto
del numero medio annuo di rientri in Patria, il presente intervento comporta un
risparmio di 7 milioni di euro in
termini di saldo netto da finanziare a decorrere dal 2015”.
Articolo 1,
comma 364
(Impiego
personale militare all’estero)
364. Ai fini del contenimento delle spese relative al personale militare
destinato a ricoprire incarichi all'estero, ove ciò risulti possibile per lo
specifico incarico in relazione alle modalità di impiego definite per
l'organismo o ente internazionale di destinazione, l'impiego del personale
interessato è disposto per un periodo di quattro anni.
Il comma 364 fissa in quattro anni la durata della permanenza all’estero del personale militare ivi chiamato a ricoprire determinati incarichi .
Al riguardo, la disposizione in esame, nello specificare che essa è finalizzata al contenimento delle spese relative al richiamato personale, ne subordina comunque la sua operatività alla circostanza che tale durata sia compatibile con lo specifico incarico ricoperto dal personale militare tenuto conto delle modalità di impiego definite per l’organismo o l’ente internazionale di destinazione.
Dalla relazione tecnica sembra evincersi che si tratti di un termine minimo di permanenza all’estero e ciò in quanto “l’intervento è diretto a ridurre le rilevanti spese legate al rimborso spettante al personale trasferito all’estero per il trasporto dei mobili e delle masserizie, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, ciò attraverso il prolungamento della permanenza all’estero dell’interessato dagli ordinari attuali tre anni a quattro anni. Tale modifica comporta un rallentamento negli avvicendamenti valutato in circa 330 unità annue, rispetto al volume attuale che si attesta intorno alle 450 unità (mandato su base triennale), con una conseguente diminuzione dei movimenti di circa 120/130 unità. Il risparmio stimato è pari a 1,6 milioni di euro all’anno, riferito a spese di trasporto mobili e masserizie, spese vive di trasferimento, prima sistemazione da e per l’estero”.
Articolo 1,
comma 365
(Abrogazione
stage difesa per giovani)
365. L'articolo 565-bis del codice dell'ordinamento militare, di cui al
decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è abrogato.
Il comma 365 prevede l’abrogazione dell’articolo 565-bis del Codice dell’ordinamento militare che disciplina la cosiddetta “Mini naya” inserita nel nostro ordinamento in virtù dei commi 5-bis e ss. del decreto legge n. 78 del 2010 il cui contenuto è stato successivamente riassettato nel Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010).
Al riguardo, si ricorda che il comma 5-bis del decreto legge n. 78/2010 autorizzava, in via sperimentale per un triennio, la spesa per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 per l'organizzazione da parte delle Forze armate di corsi di formazione a carattere teorico-pratico, tendenti a rafforzare tra i giovani la conoscenza e la condivisione dei valori che promanano dalle Forze armate e che sono alla base della presenza dei contingenti militari italiani nelle missioni internazionali.
Si segnala, inoltre, che l'articolo 29 della legge di stabilità per il 2012 ha novellato i commi 5-bis e 7-bis dell'articolo 55 del decreto-legge n. 78/2010 relativi all'autorizzazione e alla copertura di spesa della cosiddetta "mini Naja", dando carattere permanente alle spese originariamente previste a titolo sperimentale per un triennio. In particolare veniva confermata la spesa di 7.500.000 euro per il 2012 e prevista una spesa di 1.000.000 euro a decorrere dal 2013.
Successivamente, il comma 7 dell’articolo 7 del decreto legge n. 95 del 2012, ha ridotto di 5,6 milioni di euro, l'autorizzazione di spesa della cosiddetta "mini Naja". Da ultimo, si segnala che in sede di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2012 si è provveduto al rifinanziamento per l'importo di euro 674.000 del capitolo per i contributi in favore delle associazioni combattentistiche attraverso corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie della cosiddetta "mini Naja".
In relazione al comma in
esame si osserva che la relazione
tecnica considera il risparmio derivante dall’abrogazione in esame pari a circa
0,53 milioni di euro annui a decorrere dal 2015.
Articolo 1,
comma 366
(Medaglia
mauriziana)
366. All'articolo 1461, comma 1, lettera a), del codice di cui al
decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, dopo le parole: «della medaglia» sono
aggiunte le seguenti: «, che comunque non è coniata in oro».
Il comma
366 novella l’articolo 1461 del Codice dell’ordinamento militare al fine di
precisare che la medaglia mauriziana, onorificenza
conferita al compimento di cinquant'anni di servizio militare, non è coniata in oro.
Attualmente sono destinatari di tale riconoscimento gli ufficiali e sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, dell'Esercito Italiano, della Marina Militare, dell'Aeronautica Militare, della Guardia di Finanza, della Polizia di Stato.
La medaglia è conferita con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del ministro competente.
Nella richiamata relazione si legge, infatti, che, “con l’intervento in esame, si prevede che il materiale utilizzato per il conio della medaglia Mauriziana concessa agli ufficiali e ai sottufficiali con 10 lustri di servizio militare possa essere diverso dall’oro. Attualmente l’Amministrazione dovrebbe sostenere una spesa riferita a 2.467 medaglie, in cui costo unitario è pari a 1.355 euro, per una spesa complessiva di circa 3,24 milioni di euro. Con il presente intervento normativo e il successivo adeguamento della disciplina regolamentare, si potrà prevedere che la medaglia in questione invece di essere coniata in oro sia realizzata in bronzo, con bagno galvanico in oro, da far realizzare all’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, il cui costo è stimato in circa 110 euro, per ciascuna medaglia. La riduzione sul pertinente capitolo di bilancio che in tal modo si rende possibile è pari 0,5 milioni di euro a decorrere dal 2015”.
Articolo 1,
comma 367
(Soppressione
trasporto collettivo personale della Difesa)
367. Il Ministero della difesa, alla scadenza dei contratti di trasporto
collettivo mediante autolinee affidate a terzi per le esigenze del personale
dipendente, non esperisce nuove gare per l'affidamento del citato servizio, nè
può esercitare la facoltà di cui all'articolo 57, comma 5, lettera b), del
codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.
Il comma 367 esclude la possibilità per il Ministero della Difesa di procedere al rinnovo dei contratti di trasporto collettivo in essere con linee bus affidate a terzi per le esigenze del personale della difesa. La norma in esame, in particolare, precisa che:
§ non possono essere esperite nuove gare per l’affidamento del servizio;
§ non può essere esercitata la facoltà di rinnovo anche nel caso in cui tale facoltà fosse prevista in origine negli atti di gara (articolo 57, comma 5, lettera b) del D.Lgs. n. 163 del 2006.
In relazione al comma in esame la relazione tecnica precisa che “il risparmio è quantificato in 0,25 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, pari agli oneri sostenuti per il precedente contratto.
Articolo 1,
commi 368 e 369
(Riduzione
alloggi militari di servizio connessi all’incarico
con locali di rappresentanza (ASIR))
368. Gli alloggi militari di servizio connessi all'incarico con locali
di rappresentanza (ASIR), di cui all'articolo 279, comma 1, del codice di cui
al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono ridotti da 55 a 6 unità.
Conseguentemente, all'articolo 282, comma 3, del citato codice di cui al
decreto legislativo n. 66 del 2010 sono apportate, con effetto a decorrere dal
1º gennaio 2015, le seguenti modificazioni:
a) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) Capo di Stato maggiore della difesa, Capo di Stato maggiore di Forza
armata, incluso il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Segretario
generale della difesa»;
b) le lettere b) e c) sono abrogate.
369. In relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui al comma
368, si provvede ad apportare le conseguenti modifiche al testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90, nella parte in
cui reca la disciplina applicativa concernente gli alloggi di servizio
militari.
Il comma 368 riduce da 55 a 6 gli alloggi di servizio connessi all’incarico con locali di rappresentanza (ASIR).
Al riguardo, si ricorda che il D.P.R. n. 112 del 2010, come successivamente riassettato nel decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, ha contemplate tre categorie di alloggi di servizio.
La prima categoria, la quale attiene agli alloggi destinati al personale con speciale incarico di servizio include i seguenti alloggi:
§ ASGC (alloggi di servizio
gratuiti per consegnatari e custodi);
§
ASIR (alloggi di servizio connessi con l'incarico, con
annessi locali di rappresentanza);
§
ASI (alloggi di servizio connessi con l'incarico).
La seconda categoria, concernente gli alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile, ricomprende i seguenti alloggi:
§ AST (alloggi di servizio di
temporanea sistemazione per le famiglie dei militari);
§
APP (alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale in transito
e dei familiari di passaggio);
§
SLI (alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale imbarcato
e dei familiari di passaggio);
§
ASC (alloggi collettivi di servizio).
La terza categoria, finalizzata a rispondere a nuove esigenze non disciplinate dal regolamento adottato con il citato decreto ministeriale n. 88 del 2004, riguarda gli alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante il riscatto.
Conseguentemente, attraverso una novella all’articolo 282, comma 3, del Codice dell’ordinamento militare si prevede che, a decorrere dal primo gennaio 2015 gli incarichi che comportano obblighi di rappresentanza sono quelli di Capo di stato maggiore della Difesa, Capo di Stato maggiore di Forza armata, incluso il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Segretario generale della Difesa.
Al riguardo, si osserva, quindi, che in base alla nuova disposizione
non comportano obblighi di rappresentanza, come attualmente previsto dal
richiamato articolo 282, comma 3, gli incarichi di sottocapo di Stato maggiore
di Forza armata, i comandanti militari territoriali, di dipartimento militare
marittimo, militari marittimi autonomi, di regione, aerea e gli eventuali
ulteriori incarichi di regolamento.
Non
appare dunque univoco definire la posizione di coloro che alla data del 1°
gennaio 2015 si trovino ad occupare un alloggio Asir ricoprendo un incarico
che, sulla base della nuova disciplina, non comporti più obblighi di
rappresentanza che legittimano la titolarità di quell’alloggio.
Il comma 369 stabilisce
che, in relazione a quanto disposto dal comma 6, si provvede ad apportare le
necessarie modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010,
n. 90, relativamente alla disciplina concernente gli alloggi di servizio
militari.
In merito ai risparmi attesi dalle disposizioni in esame si segnala che nella relazione tecnica viene precisato che “il risparmio è quantificato in 0,84 milioni di euro annui a decorrere dal 2015 ed è riconducibile al venire meno dell’esigenza di garantire, attraverso l’affidamento a ditte esterne, i servizi legati all’attività di rappresentanza, quali la pulizia dei locali e il confezionamento e la somministrazione dei pasti in occasione di incontri di rappresentanza con alte cariche nazionali e internazionali, nonché di acquisire e manutenere gli elementi di arredo”.
Articolo 1,
comma 370
(Norma
ARQ personale all’estero)
370. All'articolo 906, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo
15 marzo 2010, n. 66, e successive modificazioni, le parole: «salvo un contingente
pari al numero delle posizioni ricoperte presso enti, comandi e unità
internazionali ai sensi degli articoli 35, 36 e 1808, individuato con decreto
annuale del Ministro della difesa e» sono soppresse.
Il comma 370 interviene sull’articolo 906 del Codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. n. 66 del 2010) concernente l’istituto dell’aspettativa per riduzione di quadri (ARQ).
Al riguardo, si ricorda che, in base alla normativa recata dal Codice dell’ordinamento militare, l’istituto dell’aspettativa per riduzione di quadri è un istituto giuridico previsto per i colonnelli e generali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza. Il meccanismo opera quando il conferimento delle promozioni annuali fissate dalla legge per i suddetti gradi determina eccedenze rispetto agli organici e tali eccedenze non possono essere riassorbite nei casi previsti dalla legge. Al personale collocato in ARQ compete il 95% (100% dell'I.I.S. e degli assegni familiari) degli assegni previsti nel tempo per i pari grado in servizio, comprensivi delle sole indennità fisse e continuative in godimento il giorno antecedente il collocamento nella predetta posizione in relazione al grado e alle funzioni dirigenziali espletate.
Al riguardo, il comma 370 è diretto a sopprimere l’inciso recato dall’articolo 906, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare, in base al quale, ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’aspettativa per riduzione quadri non si tiene conto, ai fini del computo delle eccedenze, degli ufficiali che ricoprano specifichi incarichi internazionali all’estero, individuati con decreto del Ministro della difesa.
In relazione agli effetti finanziari derivanti dalla disposizione in esame si osserva che la relazione tecnica stima un risparmio di spesa quantificato in 1.500.000 euro a decorrere dal 2015.
Articolo 1,
comma 371
(Riduzione
personale civile della Difesa degli uffici degli addetti militari all’estero
presso le rappresentanze diplomatiche)
371. A decorrere dal 1º gennaio 2015, la dotazione organica complessiva
del personale civile della Difesa degli uffici degli addetti militari
all'estero presso le rappresentanze diplomatiche e militari è ridotta del 10
per cento. Al fine di garantire la funzionalità dei singoli uffici, è
assicurata per ciascuno di essi una dotazione organica minima pari a 2 unità. Entro
sei mesi dalla data di cui al primo periodo, il Ministro della difesa, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro degli
affari esteri e della cooperazione internazionale, ridetermina le dotazioni
organiche del personale degli uffici degli addetti militari all'estero,
disponendo il rientro in ambito nazionale del personale con maggiore anzianità
di servizio all'estero, nell'ambito delle sedi riorganizzate. L'impiego del
personale civile della Difesa presso i citati uffici non può essere superiore a
quattro anni, senza possibilità di proroga. Nei confronti del personale che
abbia maturato una permanenza maggiore deve essere disposto l'avvicendamento
entro l'anno 2015.
Il comma 371 reca talune disposizioni che attengono al personale civile della difesa che opera presso gli uffici degli addetti militari all’estero presso le rappresentanze diplomatiche e militari.
Al riguardo:
§ si prevede che a partire dal primo gennaio 2015 la dotazione organica complessiva del personale civile della difesa degli uffici degli addetti militari all’estero presso le rappresentanze diplomatiche e militari è ridotta del 10 per cento. Al fine di garantire la funzionalità dei singoli uffici è assicurata per ciascuno di essi una dotazione organica minima pari a 2 unità;
§ si affida al Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il compito di rideterminare le nuove dotazioni organiche del personale degli uffici degli addetti militari all’estero, disponendo il rientro in ambito nazionale del personale civile con maggiore anzianità di servizio all’estero, nell’ambito delle sedi riorganizzate;
§ si stabilisce che il periodo di permanenza massima presso i richiamati uffici è di quattro anni, senza possibilità si proroga;
§ è disposto l’avvicendamento entro l’anno 2015 del personale che abbia maturato una permanenza maggiore.
In merito al
comma in esame nella relazione tecnica
viene precisato che “con la presente disposizione si prevede la riduzione del
10% di tale personale ovvero 2 unità di personale esecutivo (coadiutori
civili), con un risparmio lordo quantificato in 150.000 euro a decorrere dal
2015”.
Articolo 1,
comma 372
(Riduzione
uffici diretta collaborazione del Ministro della difesa)
372. Il contingente del personale assegnato agli uffici di diretta
collaborazione del Ministro della difesa è ridotto del 20 per cento. Con
regolamento si provvede alle consequenziali modificazioni della disciplina
recata dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15
marzo 2010, n. 90, in materia di uffici di diretta collaborazione del Ministro
della difesa.
Il comma 372 dispone la riduzione del 20 per cento dell’attuale contingente di personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione del Ministro della difesa, affidando ad un apposito regolamento il compito di operare le necessarie modifiche alla disciplina attualmente recata su questa materia dal D.P.R. n. 90 del 2010 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia militare).
Ai sensi dell’articolo 14 del TU delle disposizioni regolamentari in materia militare, gli uffici di diretta collaborazione esercitano le competenze di supporto del Ministro e di raccordo fra questi e l'amministrazione. Sono uffici di diretta collaborazione:
§ la segreteria del Ministro;
§
l’Ufficio di
Gabinetto;
§
l’Ufficio
legislativo;
§
l'Ufficio del
Consigliere diplomatico;
§
le segreterie dei
Sottosegretari di Stato.
L’articolo 17 del richiamato Testo unico fissa attualmente a 145 la consistenza del contingente di personale funzionale (non dirigenziale) di diretta collaborazione del Ministro, facente parte dell’Ufficio di Gabinetto, Ufficio legislativo e l'Ufficio del Consigliere diplomatico.
Il medesimo articolo fissa, inoltre, a nove il numero di specifici incarichi di funzioni di livello dirigenziale non generale (dirigenti civili di seconda fascia), con funzione di direzione delle strutture in cui si articolano gli uffici di diretta collaborazione.
Nell’ambito del contingente massimo di 145 unità di personale funzionale (non dirigenziale) di diretta collaborazione del Ministro sono assegnati 13 colonnelli o generali di brigata e gradi corrispondenti in servizio permanente.
È, invece, fissato a 13 il contingente massimo di ufficiali con il grado di colonnello o generale di brigata.
A questo proposito si ricorda che il D.P.R. n. 191 del 2012, approvato nel corso della precedente legislatura e concernente, in generale, la riorganizzazione del Ministero della difesa, è stato adottato del Governo previa acquisizione del parere espresso dalle competenti commissioni parlamentari. Nello specifico, sullo schema di D.P.R. n. 191 del 2012 si sono espresse alla Camera le Commissioni I (7/6/2012), IV (6-6-2012) e V (5-06-2012) e al Senato la Commissione IV (7/6/2012).
Il D.P.R. n. 191 del 2012 ha novellato il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare con l’intento di razionalizzare e ottimizzare l'organizzazione delle spese e dei costi di funzionamento del Ministero della difesa.
Con specifico riferimento al personale assegnato agli uffici di diretta
collaborazione del Ministro della difesa, il D.P.R. n. 191 del 2012 ha
disposto:
§ la riduzione da 153 unità a
145, della consistenza del
contingente di personale funzionale (non dirigenziale) di diretta
collaborazione del Ministro, facente parte dell’Ufficio di Gabinetto, Ufficio
legislativo e l'Ufficio del Consigliere diplomatico;
§
la riduzione da dieci a nove,
del numero di specifici incarichi di funzioni di livello dirigenziale non
generale (dirigenti civili di seconda fascia), con funzione di direzione delle
strutture in cui si articolano gli uffici di diretta collaborazione;
§
l’implementazione, da 12 a 13,
del contingente di ufficiali con il grado di colonnello o generale di brigata;
§
la soppressione dell’incarico di livello dirigenziale generale con
funzioni di consulenza, studio e ricerca.
Si tratta di ulteriori riduzioni delle dotazioni organiche rispetto a quelle previste da analoghi provvedimenti intervenuti nel biennio 2008-2009 che hanno interessato, tra gli altri, il Ministero della difesa (v. articolo 74, commi 1, lettere da a) a c) e 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 e, successivamente, articolo 2, commi da 8-bis) a 8-sexies) del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194.
In relazione alla disposizione in esame si segnala che la relazione tecnica stima un risparmio di spesa di circa 0,4 milioni di euro annui a decorrere dal 2015, “tenuto conto che il costo medio annuo, al netto degli oneri di contribuzione, riferito all’indennità di diretta collaborazione, è pari a circa 13.000 euro”.
Articolo 1,
comma 373
(Revisione
strumento militare)
373. All'articolo 584 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo
2010, n. 66, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. In aggiunta alle riduzioni previste dal comma 1 e agli effetti
di risparmio correlati alla riduzione organica di cui all'articolo 2, comma 3,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla
legge 7 agosto 2012, n. 135, gli oneri previsti dagli articoli 582 e 583 del
presente codice sono ulteriormente ridotti per complessivi 62,3 milioni di euro
per l'anno 2015 e del 12 per cento a decorrere dall'anno 2016. Gli oneri
previsti dall'articolo 585 del presente codice sono ridotti di euro 4.000.000 a
decorrere dall'anno 2018».
Il comma 373 dispone la riduzione dell’autorizzazione di spesa relative alla la fissazione delle dotazioni organiche e
delle consistenze degli ufficiali, dei sottufficiali e dei volontari
dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, nonché quelle a disposizione
per le consistenze dei volontari del Corpo delle capitanerie di porto.
Nello specifico il
comma 373 dispone la riduzione di
62,3 milioni per l’anno 2015 e del 12 per cento a decorrere dal 2016 degli
oneri previsti dagli articoli 582 e 583 del Codice dell’ordinamento militare e
riguardanti:
§
la
graduale riduzione a 190 mila unità
dell’organico delle Forze armate, a esclusione dell’Arma dei carabinieri,
del Corpo della Guardia di finanza e del Corpo delle capitanerie di porto;
Tali importi ammontano:
1.
per l’anno 2015: 482.597.003,52;
2.
per l’anno 2016: 488.742.840,62;
3.
per l’anno 2017: 495.327.666,08;
4.
per l’anno 2018: 503.229.456,64;
5.
per l’anno 2019: 509.814.282,10;
6.
per l’anno 2020 (regime): 511.131.247,19.
§
le
consistenze dei volontari in ferma
prefissata e in rafferma dell’Esercito italiano, della Marina militare e
dell’Aeronautica militare, determinate con decreto del Ministro della difesa.
Tali importi ammontano:
1.
per l'anno 2015 a 265.871.323,32;
2.
per l'anno 2016 a 259.069.932,78;
3.
per l'anno 2017 a 254.063.870,19;
4.
per l'anno 2018 a 243.183.877,39;
5.
per l'anno 2019 a 227.313.529,85;
6.
per l'anno 2020 a 194.689.505,99;
7.
per l'anno 2021 a 153.827.384,36
Come precisato nella relazione tecnica allegata al ddl in esame “gli effetti complessivi di risparmio sono variabili negli anni in relazione agli oneri indicati dagli articoli 582 e 583.
Di seguito una tabella riassuntiva dei risparmi complessivi, lordo amministrazione, per gli anni 2015-2017:
Effetti Risparmio |
2015 |
2016 |
2017 |
Dati in milioni di euro lordo amministrazione |
66,285 |
93,737 |
93,926 |
Articolo 1,
commi 374-377
(Dismissioni
degli immobili del Ministero della difesa)
374. Il Ministero della difesa assicura la realizzazione di introiti
derivanti dalle dismissioni degli immobili in proprio uso, inclusi quelli di
carattere residenziale, tali da determinare un miglioramento dei saldi di
finanza pubblica per un importo non inferiore a 220 milioni di euro nell'anno
2015 e a 100 milioni di euro annui negli anni 2016 e 2017. A tal fine, i
proventi delle dismissioni sono versati all'entrata del bilancio dello Stato e
ad essi non si applicano le disposizioni in materia di riassegnazione allo
stato di previsione della spesa del Ministero medesimo di cui agli articoli
306, comma 3, terzo periodo, e 307, comma 10, lettera d), primo periodo, del
codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e successive
modificazioni, fino alla concorrenza dei citati importi. Nelle more del
versamento dei predetti proventi all'entrata del bilancio dello Stato, gli
importi di 220 milioni di euro per l'anno 2015 e di 100 milioni di euro annui
per ciascuno degli anni 2016 e 2017 sono accantonati e resi indisponibili, in termini
di competenza e di cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni
di spesa del Ministero della difesa di cui all'articolo 21, comma 5, lettera
b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in maniera tale da assicurare
comunque una riduzione in termini di indebitamento netto delle pubbliche
amministrazioni per gli importi di cui al primo periodo. Il Ministero
dell'economia e delle finanze, sulla base degli importi che affluiscono
all'entrata del bilancio dello Stato, provvede al contestuale disaccantonamento,
nonchè alla riduzione delle risorse necessarie per assicurare il conseguimento
dell'obiettivo di cui al primo periodo.
375. Per il conseguimento degli obiettivi di cui al comma 374 nei
termini previsti, gli alloggi liberi di cui all'articolo 405, comma 1, del
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.
90, e successive modificazioni, sono posti in vendita con uno sconto sul prezzo
di base d'asta pari al 20 per cento. Per gli alloggi liberi qualificati di particolare
pregio, ai sensi dell'articolo 404, comma 8, del citato testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, il Ministero della
difesa è autorizzato ad esperire la procedura della vendita all'asta con
incanto anche utilizzando la modalità di cui al comma 12 del medesimo articolo.
I termini di cui all'articolo 405, commi 6 e 10, del citato testo unico di cui
al decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, e successive
modificazioni, sono ridotti, rispettivamente, a trenta e a quindici giorni e i
contratti di compravendita sono stipulati entro sessanta giorni dalla ricezione
dell'atto di accettazione del prezzo di acquisto, nell'interesse del Ministero
della difesa, pena la decadenza del diritto di acquisto.
376. Il Ministero della difesa, per le medesime finalità di cui al comma
374, può provvedere al versamento all'entrata del bilancio dello Stato, anche
parziale, delle risorse attribuite al medesimo Ministero della difesa ai sensi
dell'articolo 33, comma 8-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive
modificazioni, derivanti dalla cessione delle quote dei fondi comuni di
investimento immobiliare. A tali risorse non si applica la prioritaria
destinazione alla razionalizzazione del settore infrastrutturale del Ministero
della difesa di cui al citato comma 8-quater dell'articolo 33 del decreto-legge
n. 98 del 2011, e successive modificazioni.
377. Il Ministero della difesa è altresì autorizzato a cedere a titolo
oneroso, previa intesa con l'Agenzia del demanio, immobili liberi, anche
residenziali, a fondi comuni di investimento immobiliare e prioritariamente a
quelli gestiti dalla società di cui all'articolo 33, comma 1, del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio
2011, n. 111, e successive modificazioni, ovvero da società a prevalente
capitale pubblico, con versamento dei relativi proventi monetari all'entrata
del bilancio dello Stato.
I commi dal 374 al 377 recano norme in
materia di dismissione degli immobili
della difesa con particolare riferimento alla destinazione degli introiti
derivanti dalla vendita degli immobili e la cessione dei medesimi ad appositi
Fondi immobiliari.
In primo luogo si
prevede che il Ministero della difesa, attraverso la dismissione di immobili in
proprio uso, inclusi quelli di carattere residenziale, realizzi introiti tali da determinare un
miglioramento dei saldi di finanza pubblica per un importo non inferiore a 220 milioni di euro nel
2015 e a 100 milioni di euro in
ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Si dispone,
inoltre, che i proventi delle dismissioni vengano versati all’entrata del
bilancio dello Stato e ad essi non si applicano le disposizioni in materia di
riassegnazione allo stato di previsione della spesa del Ministero medesimo di
cui agli articoli 306, comma 3, ultimo periodo e 307, comma 10 , lettera d),
primo periodo, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, fino alla
concorrenza dei citati importi, restando acquisiti all’erario.
Nelle more del
versamento all’entrata del bilancio dello Stato dei predetti proventi, gli importi di 220 milioni di euro per
l’anno 2015 e 100 milioni di euro
per gli anni 2016 e 2017 sono accantonati e resi indisponibili, in termini di
competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di
spesa del Ministero della difesa. Il Ministero dell'economia e delle finanze,
sulla base degli importi che effettivamente affluiscono al bilancio dello
Stato, provvede al disaccantonamento ovvero alla riduzione delle corrispondenti
risorse.
Sempre al fine di
conseguire il richiamato obiettivo relativo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica per un importo non inferiore a 220 milioni di euro nel
2015 e a 100 milioni di euro in
ciascuno degli anni 2016 e 2017 i commi 16 e 17 dispongono che :
§
gli alloggi liberi per i quali non è stato
esercitato il diritto di opzione da parte dei relativi proprietari e le unità
immobiliari qualificate di particolare pregio sono posti in vendita con uno
sconto sul prezzo di base d’asta pari al 20 per cento;
La relazione illustrativa precisa che “l’intervento in parola si rende necessario atteso l’andamento al ribasso del mercato immobiliare e delle peculiari modalità con le quali vengono definiti i prezzi di vendita, basate sulle indicazioni fornite dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI). Il combinato disposto di tali elementi, unitamente alle articolate procedure di gara, infatti, che prevedono il sistema d’asta ad evidenza pubblica, suggerisce l’adozione della misura, che è anche di semplificazione, senza che ciò infici l’auspicato ritorno economico, che comunque viene garantito dalle condizioni di mercato. Infatti, ove si dovessero predisporre i bandi di gara con i prezzi-base attuali (che, peraltro, come detto, in diversi casi, in virtù degli algoritmi di elaborazione dei prezzi degli alloggi, risultano addirittura superiori a quelli attuali di mercato) si profilerebbe il più che fondato rischio che essi vadano deserti, con la deprecabile necessità di dover ripetere la procedura (comunque a prezzi più bassi e con dispendio di tempo) fino al buon esito dell’incanto. Lo sconto disposto del 20 per cento, del resto, risulta comunque più vantaggioso dell’alternativa cessione in blocco del portafoglio di alloggi ad un soggetto terzo (es. fondi immobiliari) che, a valore di mercato, come è noto, sconterebbe l’operazione di almeno il 30 per cento. Si soggiunge, infine, che tale “esigenza” era stata a suo tempo individuata, già nel dicembre del 2013, allorquando la IV Commissione difesa della Camera pose tale riduzione (ancorché non individuata nel quantum) quale “condizione” in occasione della formulazione del parere (sottostante) sull’atto n. 32 (decreto legislativo n. 7/2014 per la riforma dello strumento militare in senso riduttivo)”.
§
Il Ministero della difesa è, altresì, autorizzato a
cedere a titolo oneroso, previa intesa con l’Agenzia del demanio, immobili
liberi, anche residenziali, a fondi
comuni di investimento immobiliare e prioritariamente a quelli gestititi
dalla società a capitale pubblico.
Articolo 1,
comma 378
(Attribuzione
del grado vertice)
378. L'articolo 1095 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo
2010, n. 66, e successive modificazioni, è abrogato.
Il comma
378 abroga l’articolo 1095 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, il
quale attribuisce agli ufficiali appartenenti ai ruoli indicati nel medesimo
articolo il grado di tenente generale o corrispondente, in sovrannumero
rispetto alle dotazioni organiche previste, a condizione che gli stessi abbiano
maturato un periodo di permanenza minima pari a un anno nel grado di maggior
generale.
Al riguardo, si
ricorda che ai sensi dell’articolo 1095 del decreto legislativo n. 66 del 2010 all'ufficiale
più anziano dell'Arma dei trasporti e dei materiali, del Corpo di commissariato
e del Corpo di sanità dell'Esercito italiano, del Corpo delle capitanerie di
porto, del Corpo di commissariato e del Corpo di sanità della Marina militare,
del Corpo di commissariato, del Corpo di sanità e del ruolo delle armi
dell'Aeronautica militare che ha maturato un periodo di permanenza minima pari
a un anno nel grado di maggior generale o corrispondenti, è conferito il grado
di tenente generale o corrispondenti.
La relazione tecnica precisa che “tenuto conto che la differenza tra la retribuzione media, a lordo degli oneri a carico dell’Amministrazione, corrisposta al personale che riveste il grado di maggior generale o corrispondenti e quella di un tenente generale e corrispondenti ammonta a 22.692 euro annui per l’Esercito, a 24.673 euro annui per la Marina Militare e a 22.019 euro annui per l’Aeronautica Militare, il risparmio per l’amministrazione in termini di spesa per redditi ammonterà a regime, nell’anno 2021, a circa 202.000 euro annui. Tale risparmio verrà comunque parzialmente conseguito nel prossimo triennio in relazione alla sostituzione del personale interessato che, attualmente, riveste il grado di maggior generale o corrispondenti atteso il collocamento in quiescenza per limiti di età con la seguente ipotesi di risparmio in termini di consistenze medie in anni persona: 2,5 unità nel 2015, 5,75 unità nel 2016, 6 unità nel 2017, 8 unità nel 2017 e 9 unità nel 2021. Conseguentemente, i risparmi attesi per gli anni 2015, 2016 e 2017 ammontano, rispettivamente, a 50.654, 104.153 e 107.654 euro annui lordo amministrazione”.
Articolo 1,
comma 379
(Disposizioni
concernenti l’Agenzia industrie difesa)
379. Anche ai fini della valorizzazione degli investimenti effettuati e
della salvaguardia dei livelli occupazionali, il termine di cui all'articolo
2190, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e
successive modificazioni, è prorogato al bilancio 2016, assicurando una
riduzione delle spese per il personale con contratto a tempo determinato dell'Agenzia
industrie difesa non inferiore al 60 per cento rispetto alla spesa sostenuta
nell'anno 2014. Conseguentemente, l'ulteriore termine di cui al comma 3 del
citato articolo 2190 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, e
successive modificazioni, è prorogato al 31 dicembre 2015 per non oltre un
terzo dei contratti stipulati ai sensi dell'articolo 143, comma 3, del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90.
Gli uffici dirigenziali di livello non generale dell'Agenzia industrie difesa
previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2014,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2014, sono
rideterminati in 12 unità.
La disposizione differisce dal 2014 al 2016 il termine previsto
dall’articolo 2190 del Codice dell’ordinamento militare entro il quale le unità
produttive e industriali gestite dall’Agenzia industrie difesa (AID) devono
conseguire l’obiettivo dell’economica gestione.
Inoltre, si dispone la proroga dal 2014 al 31 dicembre 2015 per un
terzo dei contratti dell’Agenzia Industrie difesa.
Infine, si ridetermina in 12 unità gli uffici dirigenziali di livello
non generale dell’Agenzia industrie difesa.
Articolo 1,
comma 380
(Destinazione
risorse “Difesa servizi S.p.A.”)
380. All'articolo 535, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo
15 marzo 2010, n. 66, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le citate
attività negoziali sono svolte attraverso l'utilizzo integrale delle risorse
acquisite dalla società, attraverso la gestione economica dei beni
dell'Amministrazione della difesa e dei servizi da essa resi a terzi, da
considerare aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato di previsione del
dicastero».
La disposizione prevede l’integrale
assegnazione alla società “Difesa Servizi S.p.A.” delle risorse derivanti dalla
gestione economica dei beni della Difesa e dai servizi resi a terzi, al fine
dello svolgimento delle attività negoziali proprie della stessa società. Tali
risorse sono da considerarsi aggiuntive rispetto a quelle iscritte nello stato
di previsione del Ministero della Difesa.
Articolo 1,
commi 381-383
(Incorporazione
dell’INEA nel CRA e Istituzione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e
l’analisi dell’economia agraria)
381. Al fine di razionalizzare il settore della ricerca e della
sperimentazione nel settore agroalimentare e di sostenere gli spin off
tecnologici, nonchè al fine di razionalizzare e contenere la spesa pubblica, in
attuazione del principio di cui all'articolo 1 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.
148, e successive modificazioni, anche tenendo conto degli indirizzi e delle
proposte formulati ai sensi dell'articolo 49-bis, commi 1 e 2, del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge
9 agosto 2013, n. 98, l'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) è
incorporato nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura
(CRA), che assume la denominazione di Consiglio per la ricerca in agricoltura e
l'analisi dell'economia agraria, conservando la natura di ente nazionale di
ricerca e sperimentazione. Il Consiglio subentra nei rapporti giuridici attivi
e passivi dell'INEA, ivi inclusi i compiti e le funzioni ad esso attribuiti
dalle disposizioni vigenti. Con decreto del Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze
e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, da
adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono individuate le risorse umane, strumentali e finanziarie dell'INEA
trasferite al Consiglio. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge, il bilancio di chiusura dell'INEA è deliberato
dall'organo in carica alla data di incorporazione e trasmesso per
l'approvazione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e
al Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti degli organi
dell'INEA sono corrisposti compensi, indennità o altri emolumenti comunque
denominati fino alla data di incorporazione. Per gli adempimenti di cui al
quarto periodo, ai componenti dei predetti organi spetta esclusivamente, ove
dovuto, il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dai rispettivi
ordinamenti. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni del presente comma è
nominato un commissario straordinario con le modalità di cui al comma 382. Il
commissario predispone, entro centoventi giorni dalla data della sua nomina, un
piano triennale per il rilancio e la razionalizzazione delle attività di
ricerca e sperimentazione in agricoltura, lo statuto del Consiglio e gli
interventi di incremento dell'efficienza organizzativa ed economica,
finalizzati all'accorpamento, alla riduzione e alla razionalizzazione delle
strutture e delle attività degli enti, prevedendo un numero limitato di centri
per la ricerca e la sperimentazione, a livello almeno interregionale, su cui
concentrare le risorse della ricerca e l'attivazione di convenzioni e
collaborazioni strutturali con altre pubbliche amministrazioni, regioni e
privati, con riduzione delle attuali articolazioni territoriali pari ad almeno
il 50 per cento, nonchè alla riduzione delle spese correnti pari ad almeno il
10 per cento, rispetto ai livelli attuali. Il commissario provvede altresì
all'adozione del bilancio di chiusura dell'INEA in caso di inottemperanza
dell'organo in carica alla data dell'incorporazione entro il termine di cui al
presente comma e ferme restando le responsabilità gestorie del predetto organo.
Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, tenuto conto delle
proposte del commissario, approva, con decreto di natura non regolamentare, da
emanare previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, la direttiva
di indirizzo triennale delle attività di ricerca e sperimentale, lo statuto del
Consiglio e il piano degli interventi necessari ad assicurare il contenimento
della spesa e la riduzione del numero delle sedi nonchè l'equilibrio
finanziario del Consiglio. Il Ministro dell'economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
382. Il commissario di cui al comma 381 è nominato con decreto del
Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, e dura in carica un anno,
prorogabile, per motivate esigenze, una sola volta. Con il medesimo decreto
sono stabiliti il mandato del commissario, che si sostituisce agli organi
statutari del CRA, e l'ammontare del suo compenso nei limiti di cui
all'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Con il decreto di cui al
primo periodo del presente comma il Ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali può nominare anche due sub-commissari, da individuare
fra esperti in materia di organizzazione della sperimentazione e della ricerca
applicata al settore agricolo e agroalimentare, che affiancano il commissario
nell'esercizio delle sue funzioni, fissandone il relativo compenso, che non può
comunque eccedere l'80 per cento di quello del commissario. Al trattamento
economico del commissario e dei sub-commissari si provvede a valere sui
capitoli di bilancio del Consiglio.
383. Nelle more dell'attuazione del riordino del Consiglio, il
contributo ordinario annuo a carico dello Stato in favore del CRA, di cui
all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 29 ottobre 1999,
n. 454, è ridotto di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015.
Il comma 381 dispone l’incorporazione dell'Istituto nazionale di economia agraria
(INEA) nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), che assume la nuova denominazione
di Consiglio per la ricerca in
agricoltura e l’analisi dell’economia agraria.
Nel testo
originariamente presentato dal Governo il nuovo Ente assumeva la denominazione
di “Agenzia unica per ricerca, la sperimentazione in agricoltura e l'analisi
dell'economia agraria”: nel corso dell’esame parlamentare la denominazione è
stata modificata affinché essa potesse essere meglio corrispondente alla natura
di ente di ricerca e di analisi economica.
Il Consiglio subentra nei rapporti giuridici attivi e passivi dell’INEA, ivi inclusi i compiti e le funzioni ad esso attribuite dalle disposizioni vigenti.
L’incorporazione è finalizzata, ai sensi della norma in esame, alla:
§ razionalizzazione del settore della ricerca e della sperimentazione nel settore agroalimentare e il sostegno degli spin-off tecnologici;
§ razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, in attuazione del principio di cui all’articolo 1 del D.L. n. 138/2011, anche tenendo conto degli indirizzi e delle proposte formulate nell’ambito del processo di analisi e revisione della spesa pubblica, di cui all’articolo 49-bis, commi 1 e 2 del D.L. n. 69/2013.
Il richiamo operato all’articolo 1 del D.L. n. 138/2011 sembrerebbe essere riferibile – in
considerazione dei risparmi-obiettivo della norma in questione (cfr. infra)
- al comma 3 del medesimo articolo,
il quale ha disposto che le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, le agenzie, incluse le agenzie fiscali, gli enti pubblici non
economici e gli enti di ricerca provvedano ad una ulteriore riduzione dei propri assetti
organizzativi rispetto a quella già operata dall’articolo 74 e dall'articolo
2, comma 8-bis, del D.L. n. 194/2009[11].
L’articolo 49-bis del D.L. n. 69/2013, richiamato
nel testo della norma, contiene una nuova disciplina dell’attività volta alla
razionalizzazione della spesa pubblica, che sostituisce, semplificandola,
quella già disposta dagli articoli 1-6 del D.L. n. 52/2012.
Il comma 1
dell’articolo 49-bis ha istituito un
Comitato interministeriale, presieduto dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con attività di indirizzo e coordinamento in materia di
razionalizzazione della spesa di tutte le amministrazioni pubbliche, degli enti
pubblici e delle società controllate direttamente o indirettamente da
amministrazioni pubbliche. L’attività di coordinamento di tale Comitato
concerne, in particolare, gli interventi di spending
review relativi ai trasferimenti alle imprese, la riduzione delle spese per
acquisto di beni e servizi, l'ottimizzazione dell'uso degli immobili e le altre
materie individuate dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministeri
del 3 maggio 2012. Tra gli interventi previsti dalla direttiva in questione
rientra la riduzione, anche mediante
accorpamento, degli enti strumentali e vigilati e delle società pubbliche.
La spending
review è finalizzata al raggiungimento di precisi obiettivi di risparmio, i quali sono stati via via
implementati da una serie di interventi legislativi successivi.
Si ricorda che l’articolo
7 del DDL 1328 (cd. collegato
agricolo) reca una delega al Governo
per il complessivo riordino, la soppressione e la riduzione
degli enti vigilati dal MIPAAF e per il riordino dell'assistenza tecnica
agli allevatori. L’articolo finalizza l’intervento alla razionalizzazione e al
contenimento della spesa pubblica, in attuazione del principio di revisione
integrale della spesa pubblica cui all'articolo
01 del D.L. n. 138/2011[12], anche tenendo
conto degli indirizzi e delle proposte formulate ai sensi dell'articolo 49-bis, commi 1 e 2, del D.L. n. 69/2013.
Il comma 381 demanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF) – da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (MEF) e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame - l’individuazione delle risorse umane strumentali e finanziarie dell’INEA trasferite al Consiglio.
Il bilancio di chiusura dell’INEA deve essere deliberato entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità dall’organo in carica alla data di incorporazione e sarà trasmesso per l’approvazione al MIPAAF e al MEF.
Ai componenti degli organi dell’INEA sono corrisposti i compensi, indennità o altri emolumenti comunque denominati fino alla data di incorporazione.
Per gli adempimenti di chiusura del bilancio ai componenti dei predetti organi spetta esclusivamente, ove dovuto, il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dai rispettivi ordinamenti.
Ai fini dell’attuazione di quanto previsto è prevista la nomina di un commissario straordinario del Consiglio – il quale, deve predisporre, entro centoventi giorni dalla sua nomina:
§ un piano triennale per il rilancio e la razionalizzazione delle attività di ricerca e sperimentazione in agricoltura,
§ lo statuto del Consiglio;
§ gli interventi di miglioramento dell’efficienza organizzativa ed economica, finalizzati:
- all’accorpamento, riduzione e razionalizzazione delle strutture e delle attività degli enti, prevedendo: un numero limitato di centri per la ricerca e la sperimentazione, a livello almeno interregionale, su cui concentrare le risorse della ricerca e l'attivazione di convenzioni e collaborazioni strutturali con altre pubbliche amministrazioni, regioni e privati. In particolare la norma indica come obiettivo la riduzione delle attuali articolazioni territoriali di almeno il 50 percento;
- alla riduzione degli oneri amministrativi e delle spese correnti (nel testo iniziale del Governo la riduzione era riferita al solo personale) di almeno il 10 percento rispetto ai livelli attuali;
§ l’adozione del bilancio di chiusura dell’INEA in caso di inottemperanza dell’organo in carica, ferme restando le responsabilità di gestione dell’organo in carico dell’Istituto.
È demandata al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, tenuto conto delle proposte del Commissario, l’approvazione, con decreto di natura non regolamentare, della direttiva di indirizzo triennale delle attività di ricerca e sperimentazione, lo statuto del Consiglio e il piano di interventi necessari ad assicurare il contenimento della spesa e la riduzione del numero delle sedi, nonché l’equilibrio finanziario del Consiglio.
Il comma 382 dispone in ordine alle modalità di nomina, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità, del Commissario straordinario.
Il Commissario dura in carica un anno, prorogabile, per motivate esigenze, una sola volta.
Il medesimo decreto stabilisce il mandato del Commissario, che come già accennato, si sostituisce agli organi statutari del CRA, e ne determina il relativo compenso.
A tal fine, il comma richiama l’articolo 15, comma 3 del D.L. n. 98/2011, relativo alle modalità di determinazione dei compensi di taluni commissari straordinari di governo e commissari e sub commissari ad acta, disponendo che essa debba avvenire nei limiti di cui alla predetta norma: il compenso dovrà dunque essere composto da due parti:
§ una parte fissa che non potrà eccedere i 50.000 euro;
§ una parte variabile, strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi ed al rispetto dei tempi di realizzazione degli interventi ricadenti nell’oggetto dell’incarico commissariale, e anch’essa non potrà superare i 50.000 euro.
Con il medesimo decreto possono inoltre essere nominati due sub-commissari, individuati fra esperti in materia di organizzazione della sperimentazione e della ricerca applicata al settore agricolo e agroalimentare, ai quali è affidato il compito di affiancare il commissario nell’esercizio delle sue funzioni. Il compenso dei sub-commissari non può comunque eccedere l’80 per cento di quello del commissario. Al trattamento economico del commissario e dei sub-commissari si provvede a valere sui capitoli di bilancio del Consiglio.
Con Decreto del ministro delle politiche agricole
alimentari e forestali del 2 gennaio
2015, il dott. Salvatore Parlato è
stato nominato Commissario del Consiglio
per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. L’incarico
ha durata annuale ed è prorogabile, per motivate esigenze, una sola volta. Il
compenso annuo lordo onnicomprensivo fissato è di 100.000 euro. Con successivo
decreto si provvederà alla nomina dei sub-commissari.
Il comma 383 dispone - nelle more dell’attuazione del riordino del Consiglio – una riduzione di 3 milioni di euro a decorrere dal 2015 del contributo ordinario annuo a carico dello Stato a favore del Consiglio per la sperimentazione e la ricerca in agricoltura (CRA).
Si ricorda che l’articolo 6 del D.Lgs. n. 454/1999,
che enuncia le tipologie di entrate del CRA, stabilisce in particolare che al
medesimo istituto venga conferito un contributo
ordinario annuale, a carico del bilancio statale, a valere su apposito
stanziamento dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, per l'espletamento dei compiti previsti dal presente
decreto e per le spese del personale.
L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 6 del
D.Lgs. n. 454/1999, che attiene ai contributi
da assegnare al consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura
per il funzionamento dell’ente, è iscritta sul capitolo 2083/Mipaaf e
annualmente finanziata in Tabella C della legge di stabilità.
A BLV 2015-2017, il capitolo 2083/Mipaaf recava uno
stanziamento di circa 5,6 milioni di
euro per il 2015, di 4,6 milioni
di euro per il 2016 e 4,6 milioni di
euro per il 2017.
La legge di stabilità, oltre alla riduzione di 3
milioni di euro a decorrere dal 2015 di cui al comma 383 sopra citata, opera,
al comma 252, una ulteriore riduzione dei contributi al CRA, per 1 milione a
decorrere dall’anno 2015.
Pertanto, a legge di bilancio 2015-2017, il capitolo
2083 reca uno stanziamento di 1,568 milioni di euro per il 2015, di 0,57
milioni di euro per il 2016 e di 0,56 milioni di euro per il 2017 e successivi.
Si consideri infine che il capitolo 2084/Mipaaf espone poi lo stanziamento (spese di
natura obbligatoria – relative in sostanza al personale - non determinate
dalla Tabella C, ma direttamente iscritte a bilancio) da assegnare al CRA per le spese del personale e degli organi.
Lo stanziamento a legge di bilancio 2015-2017 è pari a
94,8 milioni per il 2015 a 94,5 milioni per il 2016 e a 95,3 milioni per il
2017.
Gli
interventi sugli enti del sistema della ricerca in agricoltura. Il CRA e l’INEA
Il D.Lgs. n. 454/99 ha provveduto ad una
riorganizzazione degli enti operanti nel settore della ricerca in agricoltura,
disponendo l’istituzione del Consiglio
per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), con competenza
scientifica generale nei settori agricolo, agro-industriale, ittico e forestale[13].
Il medesimo D.Lgs. ha provveduto al riordino dei seguenti enti di ricerca:
§ l’Istituto
nazionale di economia agraria (INEA), istituito per compiere indagini e
studi di economia agraria e forestale;
§ l’Istituto nazionale della nutrizione (INN),
trasformato nell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione
(INRAN) che deve fondamentalmente assicurare la tutela del consumatore e il
miglioramento qualitativo delle produzioni agro-alimentari;
§ l’Ente nazionale sementi elette (ENSE), che svolge
compiti specifici di certificazione, analisi e controllo dei prodotti
sementieri, nonché di promozione di nuove varietà e riconoscimento varietale e
brevettuale delle novità;
§ il Centro di specializzazione e ricerche
economiche-agrarie per il Mezzogiorno, con sede a Portici, trasformato in
Centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale (cd.
Centro Portici), centro di ricerca economico-agraria ma anche centro di
formazione postuniversitaria.
Successivamente,
il D.L. n. 78/2010, con l’articolo 7, comma 20, ha soppresso:
§ il Centro
Portici, trasferendo compiti e funzioni al Ministero dell’agricoltura;
§ l’ENSE, i
cui compiti e funzioni sono stati attribuiti all’INRAN;
§ l’Istituto
Nazionale Conserve Alimentari (INCA)[14] con contestuale
trasferimento all'INRAN dei compiti dell’Istituto.
Con il D.L. n. 95/12 anche l'INRAN è stato soppresso a decorrere dal 7 luglio 2012 e le
funzioni acquisite in materia di certificazione ufficiale dei prodotti
sementieri sono state trasferite all'Ente risi, mentre tutte le altre sono
state attribuite al CRA (art. 12, commi 1-6).
Il sofferto quadro di revisione delle competenze si è
concluso con la legge di stabilità 2013, Legge
n. 228/12, che per evitare che l'ente di commercializzazione del riso si
trovi ad avere anche un ruolo nella certificazione del prodotto, ha trasferito
al CRA anche le funzioni nella materia sementiera.
La riorganizzazione del settore ha dovuto anche tener
conto delle norme di contenimento della
spesa contenute nel D.L. n. 112/08
che all’articolo 74 ha richiesto una
riduzione degli assetti organizzativi delle amministrazioni dello Stato, anche
ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali anche ivi
inclusi gli enti di ricerca pubblici, secondo principi di efficienza,
razionalità ed economicità[15].
Come già sopra accennato, l’articolo 1, comma 3 del D.L. n. 138/2011 ha disposto una ulteriore riduzione degli assetti organizzativi dei predetti enti
rispetto a quella già operata dall’articolo 74 nonché dall'articolo 2, comma 8-bis, del D.L. n. 194/2009[16].
Nel sistema dei soggetti pubblici vigilati dal
Dicastero agricolo va anche menzionato l’Istituto di Servizi per il Mercato
Agricolo Alimentare (ISMEA), ente
pubblico economico che proviene dall'accorpamento del precedente "Istituto
per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo" (già ISMEA) e
della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina (D.Lgs. n. 419/99)[17].
Si ricorda infine che, nella passata legislatura, al
Senato, la 9° Commissione Agricoltura ha svolto, tra il 2011 e il 2012, una Indagine conoscitiva sulle funzioni
espletate dagli Enti vigilati dal Mipaaf.
Per completezza, si rappresenta che il sistema della
ricerca agricola non si limita alle strutture vigilate dal Ministero -che nel
2013 contavano grosso modo 1.600 dipendenti, più di 500 dei quali ricercatori -
ma vede la partecipazione anche di altri soggetti pubblici e privati, nonché
strutture no profit.
Tra le strutture pubbliche della ricerca vanno incluse
le Università finanziate dal Ministero Istruzione Università e Ricerca, presso
le quali ci sono facoltà di medicina veterinaria e facoltà di agraria.
Inoltre, vi sono istituti di ricerca operanti in
questo campo gestiti dal Dipartimento agroalimentare del Consiglio Nazionale
delle Ricerche (CNR), il quale è vigilato e finanziato dal Ministero Istruzione
Università e Ricerca.
Nel sistema della ricerca agricola hanno un ruolo
rilevante anche le regioni, che secondo l’attuale assetto costituzionale,
intervengono con proprie disposizioni.
Il Consiglio
per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA)
Il CRA,
disciplinato nel Titolo I, articoli 1-9 del D.Lgs. n. 454/1999, è sotto la
vigilanza del Dicastero agricolo, è dotato di personalità giuridica di diritto
pubblico, con autonomia scientifica, statutaria, amministrativa e finanziaria,
e si configura quale ente di
programmazione generale della ricerca del comparto agroindustriale.
L'attività del settore si deve quindi svolgere sulla
base un piano triennale di attività
(che può annualmente essere rivisto) che, approvato dal Dicastero agricolo, è
predisposto dal Consiglio in modo da essere coerente con la programmazione
scientifica nazionale definita nel Piano nazionale delle Ricerche (PNR) del
MIUR, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
L’attività
attribuita al Consiglio svolta dagli
istituti diffusi sul territorio, e deve essere diretta a:
§ svolgere la ricerca scientifica e applicata;
(l’articolo 3 del D.Lgs. n. 454/1999 specifica che tra le finalità della
ricerca vanno inclusi lo sviluppo sostenibile agricolo e rurale, nonché
l'utilizzo delle aree svantaggiate e colpite da marginalità e dei sistemi
acquei - sia a scopi produttivi che di tutela);
§ individuare processi produttivi e tecniche gestionali innovative,
anche attraverso miglioramenti genetici e applicazione delle biotecnologie;
§ fornire consulenza ai Ministeri, alle regioni e
province autonome, anche con accordi di programma con tali enti;
§ favorire il trasferimento alle imprese dei risultati
ottenuti;
§ eseguire ricerche a favore delle imprese del settore
primario e dell'agroindustria.[18]
Le fonti di
finanziamento del CRA ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 454/1999 sono le
seguenti:
§ il contributo
ordinario annuale, a carico del bilancio statale, a valere su apposito
stanziamento dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, per l'espletamento dei compiti previsti dal presente
decreto e per le spese del personale, già indicato nel commento della norma;
§ i contributi
derivanti dal Fondo integrativo speciale
per la ricerca (di cui al D.lgs. n. 204/1999), per singoli progetti e
interventi di particolare rilevanza strategica indicati nel PNR (si tratta dei
cosiddetti PRIN finanziati dal MIUR);
§ i compensi per
l'attività di ricerca e consulenza richiesta al CRA stesso da soggetti
pubblici o privati;
§ le eventuali
assegnazioni di spesa finalizzate per progetti speciali da parte del
Ministero o di altre amministrazioni pubbliche;
§ i contributi
alla ricerca provenienti dall'Unione europea;
§ rendite del
proprio patrimonio, fondi provenienti da lasciti, donazioni e contributi
da parte di soggetti pubblici e privati, e ogni altra entrata;
§ i proventi
conseguenti ai brevetti ottenuti nelle strutture di ricerca.
Dall'ultima relazione della Corte di Conti sul CRA,
di luglio 2014 e relativa al controllo eseguito sul consiglio nell’anno 2012,
risulta che la parte preponderante delle entrate del CRA nell’anno 2012 (pari a
135,1 milioni di euro) deriva dal contributo statale, ed in particolare dai
trasferimenti finalizzati alle spese di natura obbligatoria , cioè le spese di
personale e degli organi (pari a 90,3 milioni di euro e provenienti dal cap.
2084/MIPAAF).
Va aggiunto che la riorganizzazione del settore da
parte del CRA è stata resa operativa nel 2007 (D.M. n. 943/2006).
Tutte le strutture fanno capo a quattro Dipartimenti:
sulla produzione vegetale; per le produzioni animali; per i prodotti
agroindustriali; e il Dipartimento agronomia, foreste e territorio.
Al Consiglio fa capo una fitta rete territoriale di
istituti di ricerca, ridisegnata da un Piano approvato dal Ministero delle
politiche agricole e forestali, con decreto ministeriale n. 943 del 22 marzo
2006.
Secondo quanto riportato nella relazione della Corte
dei Conti, i Centri di ricerca che fanno capo ai predetti dipartimenti e che
sono dislocati in varie zone del territorio nazionale sono 16 e le Unità di
ricerca sono 30, anch’esse territorialmente diffuse.
L’Istituto nazionale di economia agraria
L'INEA è
stato fondato con il R.D. n. 1418 del 10 maggio 1928 e riordinato profondamente
per mezzo dell'articolo 10 del D.Lgs. n. 454/1999, oggi INEA è un ente di
ricerca di diritto pubblico dotato di autonomia scientifica, statutaria,
organizzativa, amministrativa e finanziaria, ed è sottoposto alla vigilanza del
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Sin dalle origini,
INEA ha avuto il compito di svolgere
indagini e studi di economia agraria e forestale.
L’Istituto svolge dunque, nel rispetto degli obiettivi
del programma nazionale per la ricerca (PNR), attività di ricerca in ambito
nazionale, comunitario e internazionale nel settore agro-industriale, forestale
e della pesca anche allo scopo di contribuire all’elaborazione delle linee di politica
agricola, agroindustriale e forestale nazionali. Negli ultimi anni l’Istituto
ha ampliato le attività svolte a supporto alla P.A per l’attuazione delle
politiche agricole con particolare riferimento a quelle commissionate
dall’Unione Europea.
Ai sensi dell’art. 6 del Reg. CEE n. 79/65 l’INEA è
stato designato quale organo di collegamento tra lo Stato italiano e l’Unione
Europea per la gestione della rete di informazione contabile agricola della
Comunità europea (RICA- riorganizzata con il Reg. CE 1217/2009). INEA ha 20
sedi regionali e fa parte del sistema statistico nazionale (SISTAN), ai sensi
del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.
Ai sensi dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 454/1999 e dell’articolo
3 dello Statuto, sono organi dell’Istituto il Presidente, il Consiglio di
amministrazione, il Consiglio scientifico e il Collegio dei revisori dei conti.
L’ultima relazione della
Corte dei Conti sul controllo eseguito sull’INEA nell’anno 2012,
adottata a luglio 2014, afferma che la pianta organica - rideterminata dal
Consiglio di amministrazione il 6 giugno 2012 (approvata dal D.P.C.M. del 22
gennaio 2013) prevede 118 unità di personale. Nel 2012 hanno prestato servizio
117 unità di personale a tempo indeterminato e 116 a tempo determinato. La
spesa complessiva è ammontata a 12,9 milioni di euro. Le entrate dell’Istituto
dipendono esclusivamente da finanziamenti pubblici da parte dello Stato e di
altri enti pubblici.
Si segnala che l’INEA
è stato commissariato dal MIPAAF
con decreto n. 18 del 3 gennaio 2014
per “irregolarità e disfunzioni nella sua conduzione”. Il MIPAAF ha nominato
come Commissario straordinario il prof. Giovanni Cannata.
CRA e INEA rientrano entrambi nel perimetro delle
amministrazioni pubbliche definito dall'apposito elenco ISTAT.
Articolo 1,
comma 384
(Gasolio
agricolo)
384. All'articolo 1, comma 517, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il
primo periodo è sostituito dai seguenti: «Per l'anno 2014, i consumi medi
standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato di cui al decreto
del Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante
"Determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in
lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e
nelle coltivazioni sotto serra ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte
o dell'esenzione dell'accisa", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67
del 20 marzo 2002, sono ridotti del 15 per cento. A decorrere dal 1º gennaio
2015 i consumi medi standardizzati di cui al periodo precedente sono ridotti del
23 per cento».
Il comma 384 sostituisce il comma 517 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013, al fine di prevedere che - a decorrere dal 1 gennaio 2015 - i consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato sono ridotti del 23 per cento, anziché del 15 per cento come prima previsto dal comma 517.
Si ricorda che il legislatore è intervenuto più volte
sulla misura dell’aliquota di accisa agevolata per l’utilizzo del gasolio a
fini agricoli, ovvero, alternativamente,
sui consumi medi standardizzati di gasolio da immettere all’accisa agevolata.
Gli interventi hanno avuto, in vari casi, finalità riduttive, di copertura
finanziaria di misure diverse, in talaltri casi, finalità estensive.
Il Decreto del
Ministro delle politiche agricole e forestali 26 febbraio 2002, recante
“Determinazione dei consumi medi dei prodotti petroliferi impiegati in lavori
agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nelle
coltivazioni sotto serra ai fini dell'applicazione delle aliquote ridotte o
dell'esenzione dell'accisa” (G.U. 20 marzo 2002), ed in particolare, l’Allegato 1, è stato pertanto più volte oggetto di interventi
correttivi e più volte sostituito[19].
Per ciò che concerne gli interventi sui consumi medi
standardizzati da ammettere ad accisa agevolata, l’articolo 1, comma 517, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228
del 2012) - che la norma qui in esame va a modificare - nella sua versione
originaria, ha disposto, limitatamente all'anno 2013, che i consumi medi
standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato fossero ridotti
del 10 per cento; che per l’anno 2014 i consumi medi standardizzati da
ammettere all'impiego agevolato fossero ridotti del 5 per cento e che a
decorrere dal 1° gennaio 2015 i consumi medi standardizzati di cui al periodo
precedente fossero ridotti del 15 per cento.
Successivamente,
il comma 710 della legge n. 147/2013 (legge di stabilità
2014) è intervenuto sul comma 517 per portare dal 5 per cento al 15 per cento
la percentuale di riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da
immettere ad accisa agevolata nell’anno 2014.
Contestualmente, l’art. 1, comma 292, della medesima legge n.147/2013 ha disposto che con
decreto del Ministro delle politiche agricole da emanare entro il 2 marzo 2014 si
provvedesse all’incremento - nei limiti di spesa di 4 milioni per il 2014, di 21
milioni per il 2015 e di 16 milioni a decorrere dal 2016 - della misura dei
consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all’impiego agevolato in
agricoltura, come determinati nell’Allegato 1 al citato D.M. 26 febbraio 2002 e
ss. mod.
Un ulteriore
intervento, operato a distanza di pochi mesi, è poi quello contenuto nell’articolo 6, comma 3 della legge n. 69/2013. Tale norma ha
disposto che a copertura dell’onere relativo all’agevolazione per il gasolio da
riscaldamento delle coltivazioni sotto serra, onere pari a 14,4 milioni di euro
per l'anno 2013 e a 34,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015,
si provvedesse mediante riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da
ammettere all'impiego agevolato di cui D.M. 26 febbraio 2002. La medesima norma
ha demandato ad un D.M. la sua attuazione.
A livello attuativo, il D.M. 15 gennaio 2014 ha disposto la sostituzione dell’Allegato 1
del D.M. 26 febbraio 2002, al fine, tra l’altro, di includervi (dopo il placet della Commissione UE) l'esenzione
dall'accisa per gli oli vegetali non modificati chimicamente impiegati negli
usi agricoli (di cui al punto 5 della Tabella A allegata al D.Lgs. n. 504/1995)
(articolo 1).
Con D.M. 8
agosto 2014 (pubblicato in G.U. del 30 dicembre 2014), l’Allegato 1 del D.M. 26 febbraio 2002, al fine di recepire le nuove percentuali di
riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio ammessi ad accisa agevolata
previsti dalle citate leggi n. 147/2013 e D.L. n. 69/2013, è stato ulteriormente sostituito.
Da ultimo, e prima dell’intervento contenuto nella
legge di stabilità 2015, è intervenuto l’articolo
34 della legge 30 ottobre 2014, n.
161 (Legge europea 2013-bis), la
quale ha previsto che alla copertura finanziaria degli oneri recati dagli
articoli 7, 8 e 9 del medesimo decreto (concernenti estensione di agevolazioni
fiscali a non residenti, imposta di successione e Ivafe) - pari a di 2,5
milioni di euro per l'anno 2014, a 15,94 milioni di euro per l'anno 2015 e a 15,5
milioni di euro dall'anno 2016 - si provveda attraverso la riduzione dei
consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato.
L’articolo 24
del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle accise) dispone che i
prodotti energetici destinati agli usi elencati nella tabella A allegata sono ammessi ad esenzione o all'aliquota ridotta
nella misura ivi prevista.
Il punto 5
della Tabella A riguarda specificamente gli impieghi in lavori agricoli,
orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella
florovivaistica. Per il gasolio,
l’aliquota agevolata è del 22%
rispetto quella normale (articolo 10 del D.L. n. 375/2000) mentre, l’aliquota
agevolata applicabile al gasolio impiegato nelle serre florovivaistiche (art.
2, co. 127, legge n. 662/1996) è pari al
10% dell’aliquota ordinaria[20].
Con il decreto
del Ministero dell’economia e delle finanze 14 dicembre 2001, n. 454 sono state definite le modalità
applicative dell’agevolazione fiscale.
Articolo 1,
comma 385
(Piano
irriguo nazionale)
385. A decorrere dall'anno 2015, l'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 2, comma 133, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, è ridotta di 6.400.000 euro annui.
Il comma 385 prevede che, a decorrere dal 2015, venga ridotta di 6 milioni e 400 mila euro l’autorizzazione di spesa per la prosecuzione del Piano irriguo nazionale disposta dalla legge finanziaria 2008 (art. 2, comma 133, della L n. 244/2007).
Il Piano irriguo nazionale è parte del Piano idrico nazionale.
Con delibera CIPE 14 giugno 2002, n.41 sono state dettate le linee guida per il programma nazionale per l’approvvigionamento idrico in agricoltura e per lo sviluppo dell’irrigazione, indirizzando gli interventi secondo le seguenti linee guida:
§ recupero dell’efficienza degli accumuli per l’approvvigionamento
idrico;
§ completamento degli schemi irrigui;
§ rifacimento dei sistemi di adduzione;
§ adeguamenti delle reti di distribuzione;
§ realizzazione di sistemi di automazione e
telecontrollo degli impianti irrigui
§ utilizzo delle acque reflue depurate.
Con delibera CIPE n.74 del 27 maggio 2005, oltre ad essere stato approvato il Piano irriguo nazionale, sono stati stanziati 1.100 milioni di euro (770 milioni di euro alle regioni settentrionali e 330 milioni alle regioni meridionali).
Considerato che il Piano irriguo prevede investimenti complessivi per 1.600 milioni di euro, con delibera Cipe n.75 del 29 marzo 2006 sono stati previsti ulteriori investimenti per un importo pari a 500 milioni di euro.
Questi investimenti hanno trovato copertura con la legge finanziaria del 2008 (art. 2, comma 133, della L. n. 244/2007) che ha autorizzato un contributo di 100 milioni per la durata di quindici anni, per un totale di 1.500 milioni di euro.
Questo stanziamento è stato successivamente ridotto, per ciascuna annualità, in virtù di interventi legislativi che hanno operato riduzioni sui capitoli rimodulabili del bilancio statale, di cui all’articolo 60 del D.L. n.112/2008 e in via permanente dall’art. 4 del D.L. n.180/2008. Una riduzione lineare del 10 percento degli stanziamenti è stata poi operata con l’articolo 2, quarto periodo, del D.L. n. 78/2010. In virtù di tali riduzioni lo stanziamento si è ridotto a 53.475.441 euro annui (e dunque a complessivi 802,1 milioni di euro).
Con delibere CIPE 22 luglio 2010, n.69 e 18 novembre 2010, n.92, sono state finanziate, mediante operazioni di mutuo, opere infrastrutturali irrigue per un importo complessivo di 595 milioni di euro circa, mentre i restanti 207 milioni circa sono stati destinati alla copertura della quota interessi.
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica allegata al provvedimento, a seguito della chiusura delle procedure di gara per l’appalto dei lavori, il Mipaaf ha provveduto ad effettuare la rimodulazione dei quadri economici delle concessioni, che ha fatto emergere economie di spesa pari 6,4 milioni per ciascuna annualità.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 8 della L. 17 maggio 1999, n.144 prevede che le economie che si sono prodotte nella realizzazione di opere pubbliche, finanziate con ricorso a mutui con ammortamenti a carico del bilancio statale, possono essere utilizzate per il finanziamento di ulteriori lavori afferenti al progetto originario ovvero ad un nuovo progetto di opere della stessa tipologia, previa autorizzazione del Ministero competente.
Tale facoltà ha trovato conferma nell’art. 32, comma 4, della L. n.350/2003, riferita all’economie di asta passibili di utilizzazione per la prosecuzione di lotti ulteriori di impianti per il recupero delle risorse idriche.
Si ricorda, infine, che la programmazione del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), secondo quanto disposto dal regolamento per lo sviluppo rurale n.1305/2013, è stata impostata dall’Italia attraverso la presentazione di un programma di sviluppo rurale nazionale, accanto ai programmi di sviluppo rurale regionali, nel quale sono previste alcune misure in tema di: strumenti di gestione del rischio;- investimenti irrigui;- miglioramento genetico del patrimonio zootecnico e biodiversità animale.
Per quanto riguarda gli investimenti irrigui, il rapporto preliminare predisposto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sottoposto alla procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) prevede che le tipologie di interventi finanziabili avranno riguardo a:
a)
recupero
dell’efficienza degli accumuli per l’approvvigionamento idrico;
b)
completamento
degli schemi;
c)
miglioramento dei
sistemi di adduzione;
d)
adeguamento delle
reti di distribuzione.
A questi possono affiancarsi interventi altrettanto strategici che riguardano:
a)
sistemi di
controllo e di misura (dotazione degli impianti irrigui di sistemi di
automazione e telecontrollo al fine di razionalizzare la pratica irrigua,
eliminando sprechi e inefficienze e misurare i volumi di acqua erogati);
b)
riutilizzo di
acque depurate, che può rappresentare una fonte integrativa di acqua per
l’agricoltura, nonché una fonte alternativa nei casi in cui l’acqua utilizzata
per l’agricoltura presenti una qualità tale da poter essere sottratta all’uso
irriguo ed utilizzata per altri usi più esigenti, in particolare quello civile.
Articolo 1,
comma 386
(Destinazione
risorse in favore dell’integrazione di filiera nel settore agricolo e
agroalimentare e dei distretti agroalimentari)
386. All'articolo 4, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, e
successive modificazioni, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Una
quota delle predette disponibilità in conto capitale può essere destinata a
favorire l'integrazione di filiera nel sistema agricolo e agroalimentare e il
rafforzamento dei distretti agroalimentari, ai sensi di quanto disposto
dall'articolo 66 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive
modificazioni».
Il comma 386 modifica la legge n. 499/1999, prevedendo che una quota delle disponibilità in conto capitale per le attività di competenza del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sia destinata a favorire l’integrazione di filiera del sistema agricolo ed agroalimentare ed il rafforzamento dei distretti agroalimentari (secondo quanto disposto dall’articolo 66 della legge finanziaria 2003 (legge n. 289/2002).
Conseguentemente in Tabella E della legge in esame è stato integrato il finanziamento alla legge n.499 del 1999 (art. 4, comma 1) per un importo pari a 10 milioni per ciascuno degli anni del 2015, 2016 e 2017.
L’articolo 66
della legge finanziaria 2003 (legge n.
289/2002), a sostegno dell’integrazione della filiera agroalimentare e il
rafforzamento dei distretti agroalimentari[21], ha disposto
che il Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, di
concerto con il Ministero dello sviluppo economico, promuova la stipula di contratti di filiera e di distretto a rilevanza
nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate
delle organizzazioni di produttori riconosciute, finalizzati alla realizzazione
di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza
con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura[22].
La filiera agro alimentare, quale insieme delle fasi
di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti
agricoli e agroalimentari, con il contratto di filiera si impegna, dunque, a
raggiungere precisi obiettivi, quantificabili e misurabili, ai fini
dell’ottenimento di contributi e finanziamenti agevolati. Questi obiettivi sono
raggiunti mediante un programma integrato di investimenti che, partendo dalla
produzione agricola, si sviluppi nei diversi segmenti della filiera agroalimentare,
di rilevanza nazionale, realizzabili in un àmbito territoriale interregionale.
I criteri, le
modalità e le procedure per
l'attuazione dei contratti di filiera sono stati definiti dal D.M. 1 agosto 2003[23].
Infine, l’articolo 66 ha disposto che la promozione da
parte del Mipaaf dei contratti di filiera e dei contratti di distretto avvenga
nel limite finanziario complessivo e nel rispetto dei criteri di assegnazione
territoriale fissati con deliberazione del CIPE attuativa del riparto delle
risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (ora Fondo per lo sviluppo e la
coesione) e del riparto delle risorse per gli investimenti per lo sviluppo di
cui agli articoli 60 e 61 della medesima legge, ovvero nei limiti finanziari del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese
e gli investimenti in ricerca (FRI) - istituito dall' articolo 1, comma 354, della legge n. 311/2004 (legge
finanziaria 2005) presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti
Spa con le risorse del risparmio postale – nonché
dagli eventuali altri stanziamenti previsti dalla legge.
Con D.M. 22
novembre 2007 il Mipaaf ha stabilito le condizioni di accesso ai finanziamenti del Fondo rotativo per il
sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca. Nel medesimo D.M. si trova
la definizione di contratto di distretto quale un
contratto promosso dal Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali con i soggetti che, in base alla normativa regionale, rappresentano i
distretti rurali e agroalimentari di
qualità (di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 228/2001), finalizzato a
rafforzare lo sviluppo economico e sociale dei distretti stessi.
Sono agevolabili ai sensi di tale decreto i contratti
di filiera e di distretto i cui piani progettuali prevedono un ammontare di investimenti ammissibili compreso tra 5 e
50 milioni di euro. Le agevolazioni concedibili sono articolate nella forma
di contributi in conto capitale e di
finanziamento agevolato. Deve, inoltre, coesistere un finanziamento
bancario ordinario, a tasso di mercato, pari alla durata e di importo
superiore a quello del finanziamento agevolato. Il finanziamento agevolato – a
valere sul FRI - ha durata non superiore a 15 anni e non inferiore a 6.Il
rimborso avviene attraverso un piano di ammortamento a rate semestrali. Il tasso
agevolato è dello 0,50%.
Quanto alle
risorse destinate dalla legislazione
previgente alla stipula dei contratti di filiera, si ricorda che la
dotazione iniziale del FRI è stata
fissata in 6 miliardi di euro. Tale dotazione è stata oggetto di riparto con delibera
CIPE 18 novembre 2010. Tale delibera ha destinato il 5% delle risorse del Fondo
(dunque, una quota pari a 300 milioni di euro) al settore agricolo, di cui una
quota parte alla concessione di
finanziamenti agevolati per investimenti materiali previsti dai contratti di filiera e di distretto,
pari a 100 milioni, e la restante quota alle operazioni di riordino fondiario.
Successivamente, con delibera CIPE 17 dicembre 2013, registrata alla Corte dei Conti il
14 aprile 2014, in considerazione del minore utilizzo da parte di ISMEA delle
risorse destinate al riordino fondiario, il CIPE è nuovamente intervenuto,
rimodulando le risorse per il settore agricolo e destinando ai contratti di
filiera l’importo di 114 milioni di euro
circa. Si consideri che – secondo quanto risulta dal sito istituzionale del
Mipaaf – tali risorse sono stati quasi
tutte già impegnate per contratti di filiera già oggetto di delibera CIPE
ovvero di predelibera CIPE[24].
Quanto alle funzioni
relative alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera di
cui all'articolo 66 della legge n. 289/2002, il Legislatore ha previsto
(articolo 10-ter del D.L. n. 35/2005)
che queste – ferme restando le competenze del CIPE – possano essere affidate ad
ISA S.p.a., società finanziaria totalmente partecipata dal Mipaaf. Con D.M. 306/2006 pubblicato in G.U. del 19
luglio 2006 ad ISA sono state affidate
le predette attività di assistenza tecnica del Mipaaf. Tali attività sono
state poi oggetto di apposite convenzioni tra ISA ed il Mipaaf stesso[25].
Inoltre, l’articolo
63 del D.L. n. 1/2012 ha autorizzato ISA S.p.A. ad erogare per l’attivazione di nuovi contratti di filiera e
di distretto finanziamenti agevolati
(per investimenti immateriali) utilizzando, nel limite di 5 milioni di euro
annui per il triennio 2012-2014, le risorse finanziarie disponibili in ragione
dei rientri di capitale e interessi dei
mutui erogati dalla medesima società per conto del Ministero delle
politiche agricole alimentari e forestali. In attuazione di tale previsione, è
stato adottato il decreto del Ministero
delle politiche agricole, alimentari e forestali, Dipartimento delle
politiche competitive della qualità agroalimentare e della pesca n. 0000542 del 19 dicembre 2012.
Infine, si ricorda che il legislatore è di recente
intervenuto con misure di sostegno alla filiera agroalimentare, attraverso il D.L. n. 91/2014, il quale, all’articolo
un credito di imposta per il periodo
2014, 2015 e 2016, nella misura del 40% delle spese e non superiore a 400.000
euro, per lo sviluppo di nuovi prodotti e la cooperazione di filiera tra imprese che producono prodotti agricoli
e agroalimentari, nonché della pesca e dell’acquacoltura. Il limite di spesa
per tale credito è 4,5 milioni di euro per l’anno 2014, di 12 milioni di euro
per l’anno 2015 e di 9 milioni di euro per l’anno 2016.
Si consideri che le soglie di credito di imposta sopra
indicate si applicano alle piccole e medie imprese (fino a 250 addetti e 50
milioni di fatturato.
Per le grandi imprese agricole il credito di imposta si applicherà nell'ambito del regime de minimis (cfr reg. 1407/2013 e 1408/2013), e dunque: per le imprese di trasformazione di prodotti agricoli entro i 200 mila euro e per quelle di produzione primaria entro i 15 mila euro.
Articolo 1,
commi 387 e 388
(Ottimizzazione
della gestione della tesoreria di Stato)
387. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
30 dicembre 2003, n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2:
1) al comma 1, lettera i), le parole: «conto detenuto presso la Banca
d'Italia e denominato» sono sostituite dalla seguente: «il»;
2) al comma 1, lettera l), le parole: «Conto "disponibilità» sono
sostituite dalle seguenti: «conto disponibilità: il conto "disponibilità»;
b) all'articolo 3:
1) alla rubrica, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e
gestione»;
2) al comma 1, lettera b-bis), sono aggiunte, in fine, le seguenti
parole: «. Al portafoglio attivo si applicano le disposizioni del comma 6
dell'articolo 5»;
3) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Il Tesoro è autorizzato a stipulare accordi di garanzia
bilaterale in relazione alle operazioni in strumenti derivati. La garanzia è
costituita da titoli di Stato di Paesi dell'area dell'euro denominati in euro
oppure da disponibilità liquide gestite attraverso movimentazioni di conti di
tesoreria o di altri conti appositamente istituiti. Ai conti di tesoreria, ai
conti e depositi, di titoli o liquidità, intestati al Ministero presso il
sistema bancario e utilizzati per la costituzione delle garanzie si applicano
le disposizioni del comma 6 dell'articolo 5. Con decreto del Ministro sono
stabilite le modalità applicative del presente comma. (L)»;
c) all'articolo 5:
1) al comma 4, ultimo periodo, dopo le parole: «Sul predetto conto» è
inserita la seguente: «disponibilità»;
2) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Il Ministero e la Banca d'Italia stabiliscono mediante convenzione,
in coerenza con gli indirizzi di politica monetaria della Banca centrale
europea, le condizioni di tenuta del conto disponibilità e dei conti ad esso
assimilabili e il saldo massimo dei depositi governativi su cui la Banca
d'Italia corrisponde un tasso di interesse, commisurato a parametri di mercato
monetario. Con decreto del Ministro, previa intesa con la Banca d'Italia, sono
individuati i conti istituiti presso la stessa Banca che costituiscono i menzionati
depositi governativi. Alla giacenza eccedente il suddetto saldo massimo, ove
richiesto dalle disposizioni di politica monetaria, si applica un tasso di
interesse negativo. Con decreto del Ministro, sulla base di criteri di
trasparenza, efficienza e competitività, sono stabilite le modalità di
movimentazione della liquidità attraverso operazioni in uso nei mercati e di
selezione delle controparti. Con decreti del Ministro è stabilito l'eventuale
importo differenziale a carico della Banca d'Italia, idoneo ad assicurare la
compensazione dell'onere dipendente dallo scarto tra il tasso di interesse
applicato ai depositi governativi e quello relativo ai titoli di cui al comma
3, fino al loro rimborso. Il Ministro è autorizzato, ove lo ritenga opportuno,
sentita la Banca d'Italia, ad assumere direttamente la gestione, nell'ambito
del servizio di tesoreria dello Stato, dei fondi disponibili nel conto
disponibilità, anche affidando a tal fine determinati servizi, operazioni o
adempimenti a uno o più intermediari finanziari, nonchè stipulando una
convenzione con la Cassa depositi e prestiti Spa. (L)»;
3) al comma 6, al primo periodo, le parole: «Sul predetto conto» sono
sostituite dalle seguenti: «Sul conto disponibilità e sui conti ad esso
assimilabili» e l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Tali atti non
comportano pertanto alcun onere di accantonamento sulle giacenze del conto
disponibilità, dei conti ad esso assimilabili, del conto di tesoreria
denominato "Dipartimento del Tesoro-Operazioni sui mercati finanziari"
e sulle somme provenienti dal predetto collocamento»;
4) al comma 8, primo periodo, dopo le parole: «Il conto» è inserita la
seguente: «disponibilità»;
d) all'articolo 44, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. In coerenza con gli indirizzi di politica monetaria della Banca
centrale europea il conto denominato "Fondo per l'ammortamento dei titoli
di Stato", istituito presso la Banca d'Italia, è trasferito, con le
relative giacenze, presso la Cassa depositi e prestiti Spa, previa stipulazione
di apposita convenzione con il Ministero. Mediante tale convenzione sono
stabilite le condizioni di tenuta del conto e le modalità di gestione e di
movimentazione delle giacenze. Il Fondo ha lo scopo di ridurre, secondo le
modalità previste dal presente testo unico, la consistenza dei titoli di Stato
in circolazione. (L)»;
e) all'articolo 46:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Criteri e modalità per
l'utilizzo del Fondo»;
2) al comma 2, il secondo periodo è soppresso;
3) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Con decreto del Ministro sono stabilite le modalità procedurali
di effettuazione delle operazioni di utilizzo del Fondo. (L)»;
4) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Alle giacenze del Fondo si applicano le disposizioni di cui all'articolo
5, comma 6. (L)»;
5) il comma 4 è abrogato;
f) all'articolo 48:
1) al comma 5, le parole: «e autorizza la Banca d'Italia a prelevare dal
Fondo medesimo la somma corrispondente all'ammontare dei costi delle relative
operazioni» sono soppresse;
2) il comma 6 è abrogato.
388. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al
comma 2-bis dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, introdotto dal comma 387, lettera
e), numero 3), del presente articolo, gli articoli da 48 a 52 del medesimo
testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 398 del 2003
sono abrogati.
I commi 387 e 388 intervengono sulla
disciplina recata dal T.U. 398/2003[26] in
materia di debito pubblico al fine di adeguare la gestione della liquidità
del conto disponibilità del tesoro presso la Banca d’Italia ad alcune
recenti decisioni della Banca Centrale Europea che hanno inciso sulla
movimentazione e remunerazione delle liquidità detenute dai governi presso le
rispettive banche centrali nazionali. A tal fine, oltre a consentire una
gestione più efficiente della copertura rispetto alle oscillazioni del tasso di
cambio e delle operazioni in strumenti derivati, le modifiche introdotte dalle
norme dispongono il trasferimento del Fondo per l’ammortamento dei
titoli di Stato presso Banca d’Italia alla Cassa Depositi e Prestiti:
ciò al fine di evitare possibili erosioni su tale Fondo conseguenti alle
suddette decisioni della BCE.
L’intervento recato dai due commi in esame opera in particolare alcune modifiche alla gestione della liquidità del Tesoro, com’è noto detenuta presso la Banca d’Italia, ritenute necessarie a seguito delle recenti decisioni che della Banca centrale europea (BCE), del 5 giugno[27][28] e del 4 settembre 2014[29],che stabiliscono, tra l’altro, un limite alla giacenza complessiva remunerata dei depositi detenuti dalle amministrazioni pubbliche presso una banca centrale nazionale, introducendo altresì l’applicazione di un tasso di interesse negativo alla giacenza in eccesso, qualora la stessa BCE decida di ridurre sotto lo zero il tasso di interesse sui depositi (tasso “deposit facility”[30]).
Si tratta, in particolare, quanto alle decisioni del 5 giugno, della Decisione BCE/2014/23 sulla remunerazione di depositi, saldi e riserve in eccesso e del relativo atto di Indirizzo BCE/2014/22, che modifica un precedente indirizzo (Indirizzo BCE/2014/9) sulla gestione di attività e passività nazionali da parte delle banche centrali nazionali.
Ne consegue, per quanto riguarda l’Italia, che l’ammontare complessivo dei depositi governativi remunerati presso la Banca d’Italia non può superare la soglia individuata nell'importo maggiore tra 200 milioni e lo 0,04 per cento del PIL; secondo quanto precisa la relazione illustrativa alle nome in commento (articolo 36 del testo iniziale del disegno di legge, non modificato nel corso dell’iter parlamentare) tale soglia, sulla base dei dati relativi all’anno in corso, si colloca intorno a 600 milioni di euro. Tale remunerazione, dal 1° dicembre di quest’anno, sarà obbligatoriamente il tasso EONIA overnight[31], attualmente negativo. Peraltro, il tasso di interesse sui depositi presso la banca centrale è stato già recentemente ridotto dalla BCE, venendo fissato al ‑0,20%, con effetto dal 10 settembre 2014.
Da ciò derivano le modifiche apportate dai commi 387-388 al T.U. n.398 del 2003, volte a consentire una più agevole movimentazione della liquidità dello Stato, al fine di contenere, nei limiti del possibile, l’applicazione di rendimenti negativi sulle giacenze dei depositi governativi detenuti presso la Banca d’Italia, vale a dire principalmente, si rammenta:
§ il conto disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria;
§ il Fondo per l’ammortamento per i titoli di Stato.
Com’è noto, la Banca d’Italia svolge la funzione di
tesoriere dello Stato e cioè effettua i pagamenti disposti dalle
amministrazioni statali e dagli enti pubblici a favore dei cittadini e delle
imprese e incassa i pagamenti dovuti a qualsiasi titolo allo Stato. Tutti gli
incassi e i pagamenti per conto dello Stato sono regolati sul “Conto
disponibilità del Tesoro per il servizio di tesoreria” detenuto dalla Banca
d’Italia, che quindi assicura le funzioni di esecuzione e rendicontazione dei
pagamenti pubblici. In linea con la normativa comunitaria, che vieta alle
banche centrali degli Stati membri di concedere qualsiasi forma di
finanziamento al Tesoro, il conto disponibilità non può presentare saldi a
debito.
A tal fine il comma 387 modifica, alla lettera a) una delle definizioni recate dal comma 2 del T.U, identificando con la dicitura “conto disponibilità” il conto disponibilità del tesoro per il servizio di tesoreria, anche per distinguerlo meglio da altri conti previsti dal medesimo testo unico (analogamente viene poi modificato il comma 8 dell’articolo 5 dello stesso) ed elimina la appostazione del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato presso la Banca d’Italia.
Tale eliminazione deriva da quanto disposto dalla lettera d) del comma 387 in commento all’articolo 44 del testo unico, laddove tale Fondo, istituito presso la Banca d’Italia, è trasferito, con le relative giacenze, presso la Cassa Depositi e Prestiti, previa stipula di apposita convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze. Tale trasferimento deriva dalla decisione BCE, sopra indicata, di stabilire una remunerazione negativa su tutti i depositi ordinari di liquidità presso la Banca d’Italia, remunerazione che verrebbe ad applicarsi anche al Fondo ammortamento (sulle cui giacenze è prevista a norma dell’articolo 46 TU una remunerazione pari a quella del conto disponibilità) con conseguente possibili erosioni del relativo ammontare.
La relazione governativa precisa che l’individuazione del la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. quale soggetto presso cui trasferire il Fondo è stata operata per evitare di dover ricorrere ad uno degli istituti bancari che svolgono l’attività di Specialisti in titoli di Stato[32] minando in tale ipotesi la parità di condizioni tra questi, indispensabile per le funzioni di supporto al mercato primario e secondario dei titoli di Stato.
Una ulteriore modifica, effettuata dalla lettera b), n.3 del comma 387, prevede che mediante la gestione di tesoreria possa procedersi all’adozione di un sistema di garanzie bilaterali per la gestione delle operazioni in strumenti derivati [33] da parte del Tesoro. Le garanzie possono essere costituite da disponibilità liquide o da titoli di Stato dei Paesi dell’area euro denominati in tale valuta (vale a dire titoli collateral). Sui conti di tesoreria (ovvero sui conti e depositi di titoli o liquidità) intestati al Ministero presso il sistema bancario e utilizzati per la costituzione delle garanzie si applicano i divieti di sequestro pignoramento ed opposizioni cautelari previsti dall’articolo 5, comma 6, del TU: ciò, è da presumere, allo scopo non incidere negativamente sull’effettività della garanzia bilaterale.
L’adozione di un modello di garanzia bilaterale da parte del Tesoro permette un allineamento alle migliori pratiche internazionali, coerentemente con l’evoluzione in corso nei modelli di risk management delle banche. Per il Tesoro questo permetterebbe una gestione più efficiente ed economica delle aste, nonché una sostanziale riduzione del rischio di controparte nei confronti delle banche nel caso in cui il valore di mercato della posizione in derivati sia favorevole per il Tesoro[34].
In ordine all’ammontare dei contratti derivati, secondo i dati esposti dal Ministero dell’economia il 15 marzo 2012, in risposta ad una interpellanza[35], questo ammonta, con riferimento ai valori in circolazione alla data del 31 gennaio 2012, ad un valore nozionale complessivo pari a circa 160 miliardi di euro. Tale valore nozionale (quello cioè sottostante al derivato) è suddiviso in circa 100 miliardi di interest rate swap[36], 36 miliardi di cross currency swap[37] (sulle valute), 20 miliardi swaption[38] e 3,5 miliardi degli swap ex Ispa (Infrastrutture spa). Tali dati sono stati sostanzialmente confermati, con minime variazioni (ad esempio un ammontare complessivo pari a 161 miliardi) in una successiva e più recente risposta del Governo in sede di sindacato ispettivo, in data 5 dicembre 2014[39].
Quanto alla lettera c) del comma 387, con la stessa si interviene sulla disciplina del conto disponibilità del Tesoro presso la Banca d’Italia, stabilendo, mediante la sostituzione del vigente comma 5 del T.U., che la gestione e remunerazione della liquidità detenuta presso la Banca d’Italia debba conformarsi agli indirizzi della BCE: A tal fine Ministero dell’economia e Banca d'Italia stabiliscono, mediante convenzione, le condizioni di tenuta del conto disponibilità (e dei conti assimilabili) ed il saldo massimo dei depositi governativi su cui la Banca d'Italia corrisponde un tasso di interesse, commisurato a parametri di mercato monetario. Il perimetro dei depositi governativi soggetti alle disposizioni di politica monetaria verrà definito con apposito decreto del Ministro dell’economia previa intesa con la Banca d’Italia. Viene altresì considerata l’eventualità dell’ applicazione di un tasso negativo, sulla base delle decisioni della BCE, disponendosi in proposito che tale tasso si applichi alla giacenza eccedente il suddetto saldo massimo. Si interviene infine sulla norma, recata dall’ultimo periodo del vigente comma 5, che autorizza il Ministro ad assumere direttamente la gestione, nell'ambito del servizio di tesoreria dello Stato, dei fondi disponibili nel conto disponibilità: viene in proposito stabilito che ciò possa esse effettuato, anche affidando da parte del Ministro medesimo determinati servizi, operazioni o adempimenti ad uno o più intermediari finanziari, nonché stipulando una convenzione con la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.
Con le lettere e) ed f) si operano infine alcune modifiche conseguenti prevalentemente dagli interventi sopra illustrati, ed in particolare:
§ abrogando il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 46 del T.U., per eliminare il riferimento all’esenzione dal fissato bollato di cui al regio decreto n. 3278 del 1923 (ormai soppressa dal 2007) ed inoltre:
§ introducendo un comma 2-bis all’articolo 46 stesso, in cui – a seguito del trasferimento del Fondo ammortamento titoli di Stato presso la Cassa DD.PP.- si stabilisce che le modalità di utilizzo del Fondo siano stabilite con decreto ministeriale;
§ abrogando abrogati alcuni aspetti procedurali di cui all’ultima parte dell’articolo 48, nella parte in cui prevedono l’intervento della Banca d’Italia quale soggetto autorizzato ad effettuare prelievi dal Fondo ammortamento, posto che tali funzioni, ai sensi del nuovo primo comma dell’articolo 44 introdotto dalla lettera d), sono trasferite alla CDP.
Il comma 388 prevede, infine, l’abrogazione delle disposizioni procedurali sull’utilizzo del Fondo ammortamento titoli di Stato (vale a dire degli articoli dal 48 al 52 del T.U.), a far data dall’entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al nuovo comma 2-bis dell’articolo 46.
Articolo 1,
comma 389
(Soppressione
della autorizzazione della Commissione europea circa il regime fiscale di titoli
della Gestione separata della
Cassa depositi e prestiti)
389. Il comma 2 dell'articolo 22-quinquies del decreto-legge 24 giugno
2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116,
è abrogato.
Il comma 389 abroga la disposizione (contenuta nell’articolo 22-quinquies, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91) che subordina l’applicazione del nuovo regime fiscale delle operazioni di raccolta effettuate dalla Cassa depositi e prestiti SPA (CDP), introdotto dal D.L. n. 91 del 2014, all'autorizzazione della Commissione europea.
Si rammenta che il richiamato articolo 22-quinquies, comma 1, lettera a) prevede l’applicazione dell’imposta sostitutiva ad aliquota agevolata, vigente per i titoli di Stato (nella misura del 12,5%), anche ai proventi dei buoni fruttiferi postali e degli altri titoli emessi da CDP per finanziare le amministrazioni pubbliche; la successiva lettera b) prevede che a CDP si applichi il regime fiscale in materia di IRES, IRAP, imposta di bollo, registro, ipocatastale e qualunque altra imposta diretta e indiretta vigente per le banche.
Il comma 2 del ricordato articolo 22-quinquies, abrogato dalla norma in commento, subordinava l'attuazione delle predette disposizioni fiscali all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Articolo 1,
comma 390
(Trasformazione
dei conti di tesoreria centrale in conti infruttiferi)
390. I conti correnti aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato
sono infruttiferi, fatto salvo il riconoscimento a carico del bilancio dello
Stato degli interessi sui conti individuati nell'allegato 9 alla presente
legge, sulla base dei parametri stabiliti dalle disposizioni che regolano i
singoli conti.
Il comma 390 interviene in ordine alla remunerazione dei conti correnti aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato, stabilendo che gli stessi non sono produttivi di interessi, ad eccezione di alcuni specifici conti elencati in un apposito allegato alla presente legge di stabilità,
Si rammenta che i conti aperti presso la tesoreria statale si distinguono[40] in:
a) conti correnti della tesoreria centrale;
b) contabilità speciali.
La disposizione in commento fa riferimento alla prima delle due categorie, atteso che per la seconda valgono regole specifiche[41].
Va precisato che, sulla base delle disposizioni vigenti, la gran parte dei conti correnti aperti presso la tesoreria centrale dello Stato ha attualmente carattere infruttifero, salvo taluni conti previsti da apposite disposizioni, sulle cui giacenze gli interessi sono commisurati in alcuni casi al tasso riconosciuto sul conto disponibilità del tesoro, in altri a parametri differenti, stabiliti per ciascuna delle categorie dei conti interessati. In entrambi i casi, comunque, la misura della remunerazione risulta fissata con un provvedimento amministrativo.
L’evoluzione delle misure dei tassi di interesse venutasi a determinare nel corso del 2014 viene tuttavia ora a riflettersi sui conti in questione, tenuto conto che a partire dal 1° dicembre 2014 il conto disponibilità è remunerato al tasso EONIA[42]. Poiché a partire dalla decisione della BCE del 26 febbraio 2014[43] nell’attuale dinamica dei tassi d’interesse l’EONIA può raggiungere anche valori negativi, le risorse depositate presso la tesoreria statale potrebbero produrre di conseguenza un interesse negativo da versare al bilancio statale da parte degli intestatari dei conti.
Come rilevato nella documentazione presentata nel corso dell’esame parlamentare del disegno di legge di stabilità, tale situazione potrebbe dar luogo ad una sperequazione tra i conti legati a parametri che assicurano la corresponsione di un tasso di interesse, o in talune fattispecie, più ancora, un tasso fisso, e quelli la cui remunerazione è invece parametrata al conto disponibilità. Poiché tale conto è suscettibile come detto di spostarsi su valori negativi, ne consegue che alcune gestioni (ad esempio quelle delle società di cartolarizzazione) si troverebbero a erodere le proprie risorse capitalizzate.
Per riportare la situazione a equità il comma 390 in esame rende infruttiferi tutti i conti correnti aperti presso la tesoreria centrale dello Stato, individuando nel contempo i conti che debbono necessariamente essere mantenuti fruttiferi nei seguenti:
§ Cassa Depositi e Prestiti- Gestione separata;
§ Poste Italiane spa – Bancoposta (conti correnti e soggetti privati);
§ Poste Italiane spa – Bancoposta (conti correnti e soggetti pubblici);
§ Regione Abruzzo – Programma IPA[44].
Articolo 1,
commi 391-395
(Assoggettamento delle Camere di
commercio alla tesoreria unica e proroga del termine per la soppressione della
tesoreria unica “mista”)
391. Alla tabella A annessa alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e
successive modificazioni, dopo il capoverso: «-- Aziende ospedaliere
universitarie (D.Lgs. n. 517/1999)» è inserito il seguente: «-- Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura». È abrogato l'articolo 1,
comma 45, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
392. Alla data del 1º febbraio 2015 i cassieri delle camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito denominate «camere
di commercio», provvedono a versare le disponibilità liquide depositate presso
gli stessi sulle rispettive contabilità speciali, sottoconto fruttifero, aperte
presso la tesoreria statale. Restano escluse dall'applicazione del presente
comma le disponibilità delle camere di commercio rivenienti da operazioni di
mutuo, prestito e ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun
contributo in conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle
regioni o di altre pubbliche amministrazioni.
393. I cassieri delle camere di commercio provvedono ad adeguare
l'operatività dei servizi di cassa intrattenuti con le camere di commercio alle
disposizioni di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e alle
relative norme di attuazione.
394. Le camere di commercio provvedono a smobilizzare gli eventuali
investimenti finanziari, come individuati dal decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze 27 aprile 2012, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 100 del 30 aprile 2012, entro il 30 giugno 2015, riversando le
relative risorse sulle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale.
Sono esclusi dallo smobilizzo i titoli di Stato italiani. Le camere di
commercio possono non smobilizzare gli investimenti in strumenti finanziari,
come definiti dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, solo nel caso in
cui il loro valore di mercato in uno dei giorni compresi tra il 16 e il 30
aprile 2015 sia inferiore al prezzo di acquisto.
395. All'articolo 35, comma 8, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le parole: «31
dicembre 2014» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2017».
Il comma 391 dispone l’assoggettamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura al sistema di tesoreria unica di cui alla legge n. 720/1984, prevedendone l’inserimento nella Tabella A della citata legge.
Si ricorda che tali enti (nonché le Aziende speciali ad essi collegate) originariamente rientranti nel sistema di tesoreria unica ne erano fuoriusciti a decorrere dal 1° gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 1, comma 45, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005). Tale disposizioni viene, conseguentemente, abrogata.
La norma in esame non fa riferimento alle Aziende speciali collegate alle camere di commercio; è da presumersi, pertanto, che per esse non sia previsto il ripristino del sistema di tesoreria unica.
Ciò è peraltro confermato nella Circolare del Ministero dell’economia del 20 gennaio 2015, n. 4, che reca le disposizioni applicative, la quale esclude espressamente che la normativa introdotta dai commi in esame si riferisca alle Aziende speciali, che restano, dunque, escluse dal sistema di tesoreria unica.
La legge 29 ottobre 1984, n. 720 ha istituito il sistema di tesoreria unica, definendo i criteri per l’individuazione degli enti sottoposti al sistema.
Gli enti destinatari, aventi tutti natura pubblicistica, sono stati distinti in due tabelle (A e B), con differenziata disciplina, contenuta, rispettivamente, nell’articolo 1 della legge n. 720/1984 e nell'art. 40 della legge n. 119/1981.
Gli enti compresi nella tabella A[45] sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera. Le entrate degli enti affluiscono alle due contabilità speciali secondo due canali distinti a seconda della fonte dell'entrata.
Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”.
Con decreti del Ministro del tesoro viene fissato il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere. Il tasso di interesse annuo posticipato da corrispondere sulle somme depositate nelle contabilità speciali fruttifere degli enti ed organismi pubblici è stato, da ultimo, stabilito nella misura dell'1,00 per cento lordo, a decorrere dal 1° maggio 2011, dal decreto 13 maggio 2011. Con il D.M. 13 gennaio 2014 è stato fissato un limite alla misura del tasso d'interesse annuo posticipato.
I tesorieri sono tenuti ad eseguire i pagamenti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere.
Agli enti inclusi nella tabella B[46] si applica, invece, un regime di semplice limitazione delle giacenze liquide detenibili presso il proprio tesoriere, il cui importo non deve essere superiore al 3% dell'ammontare delle entrate previste dal bilancio di competenza, con il versamento delle somme eccedenti in conti correnti fruttiferi aperti presso la tesoreria centrale dello Stato.
I commi 392-394 definiscono la procedura per l’assoggettamento delle camere di commercio alla tesoreria unica, fissando alla data del 1° febbraio 2015 il termine entro cui i tesorieri o cassieri delle camere di commercio sono tenuti a versare le disponibilità liquide, attualmente depositate presso gli stessi, sulle rispettive contabilità speciali, sottoconto fruttifero, che saranno aperte presso la tesoreria statale (comma 392).
Restano escluse dal versamento – in conformità con quanto applicato agli altri enti già assoggettati al sistema di tesoreria unica - soltanto le disponibilità rivenienti da operazioni di mutuo, prestito e da ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun contributo in conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle regioni e delle altre pubbliche amministrazioni, che restano, pertanto, depositate presso i tesorieri.
I tesorieri o cassieri degli enti sono pertanto tenuti ad adeguare l’operatività dei servizi di cassa alla disciplina della tesoreria unica, contenuta, come detto, nell’articolo 1 legge n. 720/1984 (comma 393)[47].
È inoltre previsto, entro il 30 giugno 2015, lo smobilizzo degli eventuali investimenti finanziari, come individuati con decreto del Ministro dell'economia e finanze del 27 aprile 2012, e il versamento delle relative risorse sulle contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale (comma 394).
Restano esclusi dall’obbligo di smobilizzo i titoli di Stato.
Secondo quanto espressamente indicato nella Circolare n. 4/2015, sono esclusi anche gli investimenti finanziari per i quali il decreto 27 aprile 2012 ne esclude espressamente l’obbligo di smobilizzo, quali: i buoni postali fruttiferi e i libretti di risparmio postale, gli investimenti in titoli e depositi che costituiscono accantonamenti per fondi di previdenza a capitalizzazione per la quiescenza del personale dipendente, gli investimenti, di norma temporanei, di risorse rivenienti da operazioni di indebitamento non sorrette da contributo pubblico, le somme accantonate per l’ammortamento dei prestiti che prevedono il rimborso in un’unica soluzione, le donazioni di valori mobiliari con vincolo di destinazione da parte del donante.
La norma riconosce la possibilità di non procedere allo smobilizzo degli investimenti in strumenti finanziari (come definiti dal D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58[48]) solo nel caso in cui l’operazione comporti la realizzazione di perdite in linea capitale, vale a dire - precisa la norma - quando il valore di mercato degli strumenti finanziari interessati alla cessione sia inferiore al prezzo di acquisto in uno dei giorni ricompresi tra il 16 ed il 30 aprile 2015.
Il comma 395 estende fino al 31 dicembre 2017 la sospensione dell’applicazione del regime
di tesoreria unica “misto” per regioni, enti locali, enti del comparto
sanità, autorità portuali e università e il mantenimento per tali enti, fino a
quella data, del regime di tesoreria unica previsto dall’articolo 1 della legge
n. 720/1984.
Il prolungamento della sospensione del
sistema misto di tesoreria unica – originariamente introdotto fino alla data
del 31 dicembre 2014 dall’articolo 35, comma 8, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1,
che viene qui novellato - comporta che le entrate
proprie degli enti sopracitati rimangano depositate per altri tre anni, fino al 31 dicembre 2017, presso
la tesoreria statale, invece di confluire
nel sistema bancario.
L'effetto migliorativo dei saldi dovuto alla minore spesa per interessi per lo Stato, conseguente al permanere della liquidità in tesoreria, è valutabile – secondo la Relazione tecnica alla legge di stabilità - in 72 milioni di euro nell'anno 2015 e 157 per gli anni 2016 e 2017. Tale profilo si fonda sull'ipotesi che la fuoriuscita delle risorse dalla tesoreria statale, in caso di ripristino del regime della tesoreria unica mista, sarebbe avvenuta gradualmente.
A fronte di tali, risparmi di spesa, si determinano, per lo Stato, maggiori oneri per interessi sulle giacenze presso la tesoreria statale pari a 7,65 milioni di euro nel 2016 e 16,65 milioni nel 2017 e 2018.
Si ricorda che il sistema di tesoreria unica - sopra descritto - costituito negli anni '80 con la legge n. 720/1984 rispondeva all’esigenza di contenimento dei costi dell'indebitamento, potenziando le disponibilità di tesoreria dello Stato e riducendo pertanto il ricorso al mercato finanziario e la conseguente emissione di titoli pubblici necessari per la copertura del fabbisogno del settore statale. Esso, inoltre, intendeva conferire ai flussi finanziari dell'intero settore una maggiore trasparenza mediante un'organica regolamentazione, introducendo, al tempo stesso, un controllo più stringente sulla capacità di spesa degli enti.
Con l’accelerazione del processo di rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, manifestatosi a partire dal 1997 con l’istituzione dell’IRAP, si è imposta l’esigenza di una ridefinizione del sistema di tesoreria unica, finalizzato, in ultima analisi, ad un suo progressivo superamento. Per tali enti è stato, dunque, definito - con il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279 (articoli 7-9) - un nuovo sistema di tesoreria, comunemente definito come “misto”, secondo il quale tutte le entrate proprie (acquisite dagli enti territoriali in forza di potestà tributaria propria, da compartecipazione al gettito di tributi statali o da indebitamento senza intervento statale) sono escluse dal versamento nella tesoreria statale, per essere depositate direttamente presso il sistema bancario.
L’applicazione del sistema di tesoreria c.d. “misto”, inizialmente limitato soltanto ad alcune fattispecie di enti locali e alle regioni ordinarie, è stato successivamente esteso alle Università statali, a decorrere dal 1999 con la legge n. 449/1997 (articolo 51, comma 3), e alle Autorità portuali, dal 2007 ai sensi della legge n. 296/2006 (articolo 1, comma 988) e, poi, con il D.L. 25 giugno 2008, n. 112, articolo 77-quater, a tutte le regioni, a tutti gli enti locali e agli enti del settore sanitario.
Per i Dipartimenti universitari e per le camere di commercio, invece, è stata prevista la fuoriuscita dal sistema della tesoreria unica, rispettivamente, dal 1999, ai sensi dell’articolo 29, comma 10, della legge n. 448/1998, e dal 2006, ai sensi dell’art. 1, comma 45, della legge n. 266/2005.
Le esigenze di controllo e di contenimento della finanza pubblica hanno
portato il legislatore a sospendere,
con l’articolo 35, commi da 8 a 10, del D.L. n. 1/2012, fino al 31 dicembre 2014, il regime
di tesoreria unica misto per tutti gli enti sopraindicati e il ripristino dell’originario regime di
tesoreria unica. Analoghe considerazioni hanno comportato la reintroduzione del sistema di tesoreria
unica per i Dipartimenti universitari
- che non ne erano più soggetti a decorrere dal 1999 - fino all’adozione del
bilancio unico di Ateneo (articolo 35, commi 11-12, D.L. n. 1/2012), fissato
entro la data del 31 dicembre 2014[49].
Sempre nel 2012, con il D.L. 95/2012 (c.d. spending review, articolo 7, commi 33-36)
è stato inoltre disposto l’assoggettamento al sistema di tesoreria unica delle istituzioni
scolastiche ed educative statali, alle quali il sistema non era mai stato
applicato.
Articolo 1,
commi 396 e 397
(Istituzione contabilità speciale per la
gestione del Fondo per la concessione delle garanzie dello Stato)
396. All'articolo 37, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, dopo il primo
periodo è inserito il seguente: «Per le finalità del presente comma è
autorizzata l'istituzione di apposita contabilità speciale».
397. La disposizione di cui al comma 396 entra in vigore dalla data di
pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
Il comma 396 interviene sull’articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 66/2014[50] con il quale è stato istituito presso il Ministero dell’economia un Fondo volto ad integrare le risorse del bilancio statale destinate alle garanzia rilasciate dallo Stato, con una dotazione finanziaria pari ad 1 miliardo di euro per il 2014. Il comma in esame integra tale disposizione con un ulteriore periodo, nel quale si stabilisce, per le finalità di tale Fondo, l’istituzione di una apposita contabilità speciale.
La previsione di tale contabilità sembra riconducibile alla necessità di consentire l’utilizzabilità del suddetto stanziamento – disposto dal comma 6 per il solo anno 2014 - anche negli anni successivi, atteso che il Fondo in questione risulta istituito nell’ambito di una norma, costituita dall’ articolo 37 del decreto-legge n. 66, volta a favorire la cessione dei crediti, in capo a soggetti esterni alla PA, attinenti ai debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche nei confronti di tali soggetti per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali.
A tale scopo, infatti, l’articolo 37 medesimo ha disposto la concessione della garanzia dello Stato su tutte le operazioni di cessione dei debiti sopradetti, istituendo contestualmente, al comma 4, un apposito Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia (nel caso, ad esempio, di eventuali escussioni della stessa), dotandolo di 150 milioni di euro e disponendo l’iscrizione di tale garanzia nell’elenco allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia, ai sensi dell’articolo 31 della legge di contabilità n. 196/2009[51]. In aggiunta a questa specifica dotazione l’articolo 37 sopradetto ha provveduto altresì ad integrare in via generale – mediante il comma 6 che si è ora illustrato - le risorse iscritte nel medesimo stato di previsione destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato. Risorse che adesso il comma 396 in commento fa confluire in una contabilità speciale, attesa la necessità, come prima accennato, di intervento della garanzia anche negli anni successivi al 2014.
A tale finalità sembra rispondere altresì la previsione, recata dal comma 397, mediante cui si dispone che il comma 396 entri in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge in Gazzetta Ufficiale (pubblicazione intervenuta il 29 dicembre 2014), in modo da consentire la vigenza della contabilità speciale entro l’esercizio finanziario 2014, decorso il quale – come avverrebbe secondo la decorrenza ordinaria dal 1°gennaio 2015 della legge di stabilità in questione – le risorse stanziate verrebbero a costituire economia di bilancio.
Articolo 1,
commi 398-405 e 414-417
(Estensione al 2018 ed incremento del
contributo alla finanza pubblica delle Regioni e delle Province autonome)
398. Al comma 6 dell'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo:
1) le parole: «Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano»
sono sostituite dalle seguenti: «Le regioni a statuto ordinario»;
2) la parola: «2017» è sostituita dalla seguente: «2018»;
3) le parole: «e province autonome» sono soppresse;
4) le parole: «tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento
stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE, nonchè dell'incidenza degli acquisti
centralizzati,» sono soppresse;
b) al secondo periodo, la parola: «eventualmente» è soppressa;
c) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per gli anni 2015-2018
il contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, è
incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi
complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza,
in sede di autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A seguito della
predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti
individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
In assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015, si
applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche le risorse
destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale».
399. Il comma 7 dell'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2014, n.
66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, è
abrogato.
400. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di
coordinamento della finanza pubblica, introdotti dalla presente legge,
assicurano, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, un contributo aggiuntivo
alla finanza pubblica, in termini di indebitamento netto e in termini di saldo
netto da finanziare, pari a quanto indicato nella seguente tabella:
Regione o provincia autonoma |
Contributo aggiuntivo |
Contributo aggiuntivo (in migliaia di euro) anno 2018 |
Valle d’Aosta |
10.000,00 |
10.000,00 |
Provincia autonoma di Bolzano |
_ |
25.000,00 |
Provincia autonoma di Trento |
_ |
21.000,00 |
Friuli Venezia Giulia |
87.000,00 |
87.000,00 |
Regione siciliana |
273.000,00 |
273.000,00 |
Sardegna |
97.000,00 |
97.000,00 |
Totale autonomie speciali |
467.000,00 |
513.000,00 |
401. La regione Valle d'Aosta, la regione Friuli Venezia Giulia e la
Regione siciliana assicurano il contributo di cui al comma 400 del presente
articolo nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 1, comma 454, della legge
24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni, concernente la disciplina
del patto di stabilità interno in termini di competenza eurocompatibile.
402. La regione Sardegna assicura il contributo di cui al comma 400 del
presente articolo attraverso il conseguimento del pareggio di bilancio, secondo
le modalità previste dall'articolo 42, comma 10, del decreto-legge 12 settembre
2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n.
164.
403. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio
2009, n. 42, e successive modificazioni, la Regione siciliana e le regioni
Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Valle d'Aosta, per ciascuno degli anni dal
2015 al 2018, assicurano un concorso alla finanza pubblica, in termini di saldo
netto da finanziare, per gli importi previsti nella tabella di cui al comma 400
del presente articolo. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al
citato articolo 27 della legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni,
l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma è
accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.
404. Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio
2009, n. 42, e successive modificazioni, la provincia autonoma di Trento e la
provincia autonoma di Bolzano, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018,
assicurano un contributo in termini di saldo netto da finanziare per gli
importi previsti nella tabella di cui al comma 400 del presente articolo. Fino
all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27 della
legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, le predette province autonome
versano all'erario l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo
del presente comma con imputazione sul capitolo 3465, articolo 1, capo X, del
bilancio dello Stato entro il 30 aprile di ciascun anno. In mancanza di tali
versamenti all'entrata del bilancio dello Stato entro il 30 aprile, il
Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a trattenere gli importi
corrispondenti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alle predette
province autonome, avvalendosi anche dell'Agenzia delle entrate per le somme
introitate per il tramite della struttura di gestione di cui all'articolo 22,
comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
405. All'articolo 42, comma 5, del decreto-legge 12 settembre 2014, n.
133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, dopo
il secondo periodo è inserito il seguente: «A tale fine il Ministero
dell'economia e delle finanze, ove necessario, comunica alla Regione siciliana
entro il 30 giugno di ciascun anno l'obiettivo rideterminato».
414. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano
il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente
rideterminato ai sensi dei commi da 398 a 417.
415. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 454, alinea, la parola: «2017» è sostituita dalla seguente:
«2018»;
b) nella tabella di cui al comma 454, lettera d), le parole: «2015-2017»
sono sostituite dalle seguenti: «2015-2018»;
c) al comma 455, alinea, la parola: «2017» è sostituita dalla seguente:
«2018».
416. Al comma 526 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la parola: «2017» è sostituita dalla seguente: «2018»;
b) nella tabella, le parole: «Anni 2015-2017» sono sostituite dalle
seguenti: «Anni 2015-2018».
417. Gli importi indicati per ciascuna regione a statuto speciale e
provincia autonoma nella tabella di cui al comma 400 possono essere modificati,
con invarianza di concorso complessivo alla finanza pubblica, mediante accordo
da sancire, entro il 31 gennaio di ciascun anno, in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano. Tale accordo è recepito con decreto del Ministero dell'economia
e delle finanze.
Le norme in esame estendono al 2018 ed incrementano il concorso alla finanza pubblica delle regioni e delle province autonome determinato dall'articolo 46 del decreto legge n. 66 del 2014 per gli anni dal 2015 al 2017.
I commi 398 e 399 stabiliscono un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, pari complessivamente a 3.452 milioni di euro.
In relazione alle Regioni a statuto speciale e le Province autonome, i commi da 400 a 405 e da 415 a 417 determinano il contributo aggiuntivo – e ne disciplinano la realizzazione - per 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e di 513 milioni per l'anno 2018. Ciascuna regione, per l'importo ad essa assegnato, realizza il contributo sia in termini di indebitamento netto (riduzione di spesa) che di saldo netto da finanziare.
Il comma
414 reca una norma di principio indirizzata a tutte le Regioni e le
Province autonome, secondo la quale esse devono comunque garantire il finanziamento dei livelli essenziali di
assistenza, anche come eventualmente rideterminato a seguito delle norme in
esame.
I commi 398 e 399 riguardano le Regioni a statuto ordinario. Il concorso alla finanza pubblica determinato dall'art. 46, commi 6 e 7, del citato D.L. n. 66/2014, in 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017 è esteso al 2018 ed è incrementato di 3.452 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. In linea con l'obiettivo del pareggio di bilancio fissato come obiettivo per il rispetto del patto di stabilità interno (commi 460-466 e 468-478 della legge in esame), il contributo è attuato riducendo i livelli di finanziamento statali nei confronti delle Regioni e attraverso l'acquisizione delle risorse regionali da parte dello Stato. La norma dispone inoltre correzioni formali al testo del decreto-legge n. 66/2014.
Il comma 6 del citato articolo 46 dispone che le regioni sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017. La norma stabilisce che 'in sede di auto coordinamento' le regioni decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e gli importi del contributo, tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE (recante misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), nonché dell’incidenza degli acquisti centralizzati. La decisione concordata deve essere recepita con intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni:
§ entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 (vedi infra, Il contributo alla finanza pubblica per il 2014) ;
§ entro il 30 settembre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti; il termine, fissato inizialmente al 31 ottobre, è stato così anticipato dall'art. 42, comma 1 del D.L. n. 133/2014 'sblocca Italia' (legge di conversione n. 164/2014).
La norma stabilisce inoltre che, ove non si pervenga all'intesa, gli importi attribuiti alle singole regioni e gli ambiti di spesa dovranno essere determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza dei predetti termini, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Sulla base delle determinazioni assunte con il DPCM potranno essere rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
Il comma 398 in esame apporta le seguenti modifiche al comma 6 dell'art. 46:
§ al fine di correggere un errore formale, sopprime (nel primo periodo) i riferimenti alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome (lettere a) e c)), presenti 'erroneamente' nel testo; la norma, infatti, con la dicitura "Regioni e Province autonome", potrebbe sembrare indirizzata a tutte le regioni; tuttavia, il contesto e quanto disposto (nonché la successiva attuazione relativa all'anno 2014, vedi infra) indicano chiaramente che destinatarie della norma sono le sole Regioni a statuto ordinario;
Si segnala a tale proposito che anche nel secondo periodo vi è un riferimento alle Province autonome che, in linea con quanto disposto dalla norma in esame, sarebbe stato opportuno sopprimere;
§ sopprime il riferimento ai tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE e all’incidenza degli acquisti centralizzati (lettera d)), che la norma indica come criteri che le regioni dovrebbero tenere in considerazione nella determinazione degli ambiti di spesa sui quali operare i tagli, in sede di auto coordinamento; tali criteri, tuttavia, non risultano di facile interpretazione e applicazione e non risulta chiara, inoltre, la motivazione di un diverso criterio sulla base del quale determinare gli ambiti di spesa da ridurre nelle due ipotesi di determinazione da parte regionale (tenendo conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE, nonché dell’incidenza degli acquisti centralizzati) o con D.P.C.M. (tenendo conto del PIL e della popolazione residente);
§ estende al 2018, il periodo in cui le regioni devono assicurare il contributo di 750 milioni di euro annui (lettera b);
§ nell'ambito delle disposizioni secondo cui a seguito del D.P.C.M. con il quale sono individuati gli importi del risparmio per ogni singola regione, sono 'eventualmente' rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, viene soppressa la parola "eventualmente", dal momento che, a fronte della individuazione degli ambiti di spesa da tagliare, risulta comunque necessario la rideterminazione dei livelli di spesa e delle modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
Per quanto concerne il contributo aggiuntivo richiesto alle Regioni a statuto ordinario, la norma in esame aggiunge al comma 6 del citato art. 46, ulteriori periodi nei quali oltre la determinazione del contributo vengono ripetute le disposizioni già viste relative alle modalità di realizzazione del contributo iniziale stabilito dal medesimo comma 6 (primo e secondo periodo).
Per gli anni dal 2015 al 2018 le Regioni a statuto ordinario sono tenute ad assicurare un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica pari a 3.452 milioni di euro per ogni anno. Il contributo è aggiuntivo rispetto ai 750 milioni di euro stabiliti al primo periodo, per cui complessivamente il contributo è pari a 4.202 milioni di euro annui. Come per il contributo iniziale, le regioni 'in sede di auto coordinamento' decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le riduzioni e per quali importi. Rispetto alla disciplina prevista per il contributo di 750 milioni di euro, la norma in esame aggiunge l'inciso secondo il quale la determinazione degli ambiti sui quali operare le riduzioni di spesa deve avvenire nel "rispetto dei livelli essenziali di assistenza".
La proposta deve essere recepita in sede di Conferenza Stato-Regioni entro il 31 gennaio 2015. A seguito dell'intesa, sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato.
Nel caso in cui non si pervenga all'intesa entro la data stabilita, la norma rinvia a quanto stabilito al secondo periodo, vale a dire che gli ambiti di spesa e gli importi attribuiti alle singole regioni saranno determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro 20 giorni dalla scadenza del termine del 31 gennaio, tenendo anche conto del PIL e della popolazione residente. Potranno essere considerate anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.
Poiché il termine sopradetto è ulteriore a quello del 30 settembre già previsto dal primo periodo del comma 6 dell’articolo 46, ne deriva che:
§ entro il 30 settembre 2014 le Regioni a statuto ordinario avrebbero dovuto concordare ambiti e importi delle riduzioni di risorse per 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018;
§ entro il 31 gennaio 2015, dovrebbero altresì concordare ambiti e importi delle riduzioni di risorse per 3.452 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018.
Il comma 399, infine, abroga il comma 7 dell'articolo 46 del citato decreto legge 66. La norma citata dispone che gli importi imputati a ciascuna regione in sede di intesa al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità. In sostanza il contributo alla riduzione della spesa, chiesto a ciascuna regione, si traduce in un abbassamento ulteriore del limite complessivo alle spese finali, posto per ciascuna regione dalla disciplina sul patto di stabilità. La disposizione viene abrogata in quanto dal 2015, i commi 460-466 della legge in esame modifica radicalmente la disciplina del patto di stabilità per le regioni, fissando l'obiettivo per il rispetto del patto nel raggiungimento del pareggio di bilancio, anziché nel rispetto di un limite alle spese finali complessive. Per attuare il concorso alla finanza pubblica ciascuna regione, a fronte della riduzione dei trasferimenti statali, dovrà ridurre le proprie spese di pari importo.
Il contributo
alla finanza pubblica per il 2014
In relazione al contributo delle regioni a statuto ordinario alla finanza pubblica per il 2014 è stata sancita l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni il 29 maggio 2014[52]. Al fine di dare attuazione all'intesa, l'articolo 42, comma 1, del decreto legge 133/2014 (in corso di conversione) inserisce dopo il citato articolo 46, comma 7, i commi 7-bis, 7-ter e 7-quater.
Le regioni hanno concordato di realizzare il concorso alla riduzione della spesa per un valore complessivo di 500 milioni per il 2014 (ai fini all'indebitamento netto), attraverso la rinuncia a determinate deroghe al patto di stabilità previste dalla legislazione vigente. Il comma 7-bis dispone quindi che le risorse stanziate dalla legge di stabilità 2014 ed attualmente escluse dal patto di stabilità, devono essere spese dalle regioni, nei limiti dell'obiettivo programmatico già fissato (e come modificato dal successivo comma 7-quater). Si tratta di contributi che le regioni ricevono al fine di finanziare particolari settori: scuole paritarie, erogazione di borse di studio universitarie, contributi e benefici a favore degli studenti, anche con disabilità, fondo per il diritto al lavoro dei disabili, libri di testo e materiale rotabile. La certificazione dell'avvenuta spesa è inserita nell'ordinaria certificazione ai fini della verifica del patto di stabilità (comma 7-ter) e qualora la regione non provveda a spendere la sua quota, essa deve versare al bilancio dello Stato la somma corrispondente. In conseguenza della rinuncia alle deroghe al patto di stabilità sopra illustrate, il comma 7-quater stabilisce che per l'anno 2014 non si applicano le esclusioni dai vincoli del patto concernenti le scuole paritarie (L. 147/2013 art. 1, comma 260), le borse di studio universitarie (D.L. 104/2013, art 2 e legge 147/2013 art. 1, comma 259), i contributi per gli studenti, anche disabili (D.L. 104/2013, art 1) e il materiale rotabile (legge 147/2013, art. 1, comma 83); per il 2014, infine, non trova applicazione il comma 7 del citato articolo 46, il quale dispone che gli importi imputati a ciascuna regione in sede di intesa al fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, dovranno essere sottratti dal limite di spesa fissato per il patto di stabilità.
Per quanto concerne il saldo netto da finanziare, pari anch'esso a 500 milioni di euro, nell'ambito dell'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, le regioni hanno concordato una riduzione del Fondo sviluppo e coesione sulla programmazione 2014-2020 per 200 milioni di euro e la riduzione delle risorse destinate al rinnovamento del materiale rotabile e degli autobus per un importo di 300 milioni di euro. Questa parte dell'intesa è stata recepita con Decreto dell'economia e delle finanze 26 giugno 2014[53].
I commi da 400 a 405 e da 414 a 417 riguardano le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano. La norma stabilisce un ulteriore concorso alla finanza pubblica pari complessivamente a 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 ed a 513 milioni per l'anno 2018 (commi 400 e 417). Ciascuna autonomia è tenuta ad assicurare il contributo alla riduzione della spesa, nella misura stabilita dalla legge, in termini di indebitamento netto nell'ambito della disciplina del patto di stabilità vigente per quella regione (commi 401, 402 e 405). Deve inoltre essere assicurato, da parte di ciascuna autonomia, il contributo in termini di saldo netto da finanziare (vale a dire che ci deve essere comunque una riduzione di uscite dal bilancio dello Stato), nelle modalità stabilite con norme di attuazione e fino alla loro emanazione, attraverso modalità indicate dalla legge medesima (commi 403 e 404). Anche per le Regioni a statuto speciale viene esteso all'anno 2018 il contributo stabilito dal citato articolo 46, commi 1-5, per gli anni 2015, 2016 e 2017 pari a 703 milioni di euro in termini di indebitamento netto e di 300 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare (commi 415 e 416). Il complesso del contributo richiesto non può incidere nel finanziamento dei livelli essenziali di assistenza, che deve comunque essere garantito dalle autonomie speciali (comma 414).
Il comma 400 stabilisce un ulteriore contributo delle regioni a Statuto speciale alla finanza pubblica pari complessivamente a 467 milioni di euro per gli anni 2015-2017 e di 513 milioni di euro per il 2018. Gli importi imputati a ciascuna autonomia sono riportati in una tabella inserita nel teso di legge, ma possono essere modificati, ad invarianza dell'importo complessivo, mediante accordo da sancire entro il 31 gennaio di ciascun anno (comma 417) in sede di Conferenza Stato-Regioni. L'accordo dovrà poi essere recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
Nel corso dell'esame del provvedimento al
Senato sono stati modificati gli importi imputati alle Province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di adeguare l'importo
del contributo alla nuova disciplina stabilita dai successivi commi da 406 a 413, di recepimento
dell'accordo in materia finanziaria siglato
il 15 ottobre 2014 tra lo Stato e i suddetti enti (per il quale si rinvia alla
relativa scheda di lettura).
In particolare viene azzerato il contributo
inizialmente previsto per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 (stabilito in 44
milioni di euro per la Provincia autonoma di Bolzano e di 37 milioni di euro
per la Provincia autonoma di Trento per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018),
mentre per il 2018 l'ulteriore contributo è stabilito in 25 milioni di euro per
la Provincia autonoma di Bolzano e 21 milioni di euro per la Provincia autonoma
di Trento.
Come già detto, il contributo alla riduzione della spesa in termini di indebitamento netto, deve essere assicurato, da parte di ciascuna autonomia, nell'ambito della disciplina del patto di stabilità interno, vale a dire che l'obiettivo dovrà essere calcolato considerando anche questo ulteriore contributo.
A tale proposito, il comma 401 concerne le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Sicilia, per le quali la disciplina
del patto di stabilità è dettata dal comma 454, art. 1, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012,
come successivamente modificato dalla legge di stabilità 2014, dal decreto-legge
n. 66/2014 ed ora dal comma 415
dell'articolo in esame, vedi infra).
La norma citata, definisce gli obiettivi di risparmio e conferma la
necessità, per ciascun ente, di concordare con il Ministero dell'economia e
delle finanze l'obiettivo specifico per ciascun anno. Questo dovrà essere
calcolato sottraendo alle spese finali 2011, calcolate in termini di competenza
eurocompatibile, le voci di spesa elencate al comma stesso che rappresentano i
diversi contributi richiesti alle autonomie speciali a partire dalla legge di
stabilità 2012. A questi contributi si aggiunge ora, per ciascuno degli anni
dal 2015 al 2018, l'importo stabilito nella tabella del comma 400 in esame, che
andrà quindi sottratto dal complesso delle spese finali.
Per la Regione
siciliana, inoltre, il comma 405,
inserito al Senato, integra le norme sul patto di stabilità della Regione
siciliana per gli anni 2015-2017, dettate dall'articolo 42, commi 5-8 del
decreto-legge n. 133/2014 (legge di conversione n. 164/2014) in attuazione
dell'accordo sulla finanza regionale sottoscritto con lo Stato il 9 giugno
2014. Il citato comma 5 determina l'obiettivo del patto di stabilità della
Regione, in termini di competenza eurocompatibile per gli anni dal 2015 al 2017
pari a 5.665 milioni di euro. Tale norma sostituisce l'accordo previsto dalla
normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto in relazione a
ciascuno degli anni indicati. Rimane ferma la possibilità di rideterminare gli
obiettivi in conseguenza degli ulteriori contributi alla finanza pubblica posti
a carico delle autonomie speciali. In tale caso, aggiunge la norma in esame, il
Ministero dell'economia e delle finanze comunica alla regione entro il 30
giugno di ciascun anno l'obiettivo rideterminato.
Il comma
402 dell'articolo in esame riguarda, infine, la regione Sardegna, per la quale l'obiettivo del
patto di stabilità consiste, a decorrere dal
2015 nel conseguimento del pareggio
di bilancio.
Le norme dettate dall'articolo 42, commi 9-13, del decreto-legge n. 133/2014 (legge di conversione n. 164/2014) danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione il 21 luglio 2014, nell'ambito della definizione del patto di stabilità interno per il 2013. In particolare il comma 10 determina l'obiettivo programmatico del patto di stabilità della Regione, a decorrere dal 2015 - come per le regioni a statuto ordinario - nel pareggio di bilancio (saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali). Non si applicheranno perciò, a decorrere dal 2015, i limiti alle spese previste per le autonomie speciali dalla normativa vigente, né le disposizioni concernenti la definizione dell'accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze. Restano ferme, invece, le disposizioni della normativa vigente in tema di monitoraggio, certificazione e sanzioni in caso di inadempienza del patto (art. 1, commi 460, 461e 462, legge n. 228/2012, stabilità 2013, come modificati dalla legge di stabilità 2014).
Per la Regione Sardegna, perciò, il contributo aggiuntivo – sia in termini di indebitamento netto, che di saldo netto da finanziare – si realizza attraverso l’accantonamento aggiuntivo delle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettante alla regione, per l'importo di 97 milioni di euro stabilito nella tabella del comma 400. La regione, al fine di conseguire il pareggio di bilancio, dovrà ridurre le proprie spese del medesimo importo, sia in termini di competenza che in termini di cassa.
Le norme presenti nel testo del disegno di legge
iniziale, concernenti le Province
autonome di Trento e di Bolzano sono state soppresse, nel corso dell'esame
al Senato, in conseguenza del citato accordo
siglato il 15 ottobre 2014 tra lo Stato e i suddetti enti, che disciplina, tra
l'altro, il patto di stabilità interno della Regione Trentino-Alto Adige e
delle Province autonome (vedi la scheda di lettura dei commi 406-413).
Con riguardo al contributo delle autonomie speciali in termini di saldo netto da finanziare, le norme in esame (commi 403 e 404) stabiliscono che ciascun ente assicura un concorso alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare per l'importo indicato nella tabella del comma 400 dell'articolo in esame, secondo le procedure 'concordate' stabilite dall'art. 27 della legge n. 42/2009 (applicazione dei principi del federalismo fiscale alle regioni a statuto speciale), vale a dire attraverso le norme di attuazione dello statuto speciale[54].
Fino all'emanazione delle suddette norme di attuazione, per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna il comma 403 stabilisce che l'importo del concorso è accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.
È questa la modalità 'consueta' con la quale è stato finora assicurato il contributo delle autonomie speciali in termini di saldo netto da finanziare. Il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale, infatti, non prevede trasferimenti di risorse dal bilancio dello Stato bensì è basato – principalmente - sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali stabilite nei rispettivi statuti.
Le entrate derivati dai tributi
erariali, nel caso della Regione siciliana, della regione Friuli-Venezia
Giulia, della regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e
di Bolzano, sono riscossi direttamente, vale a dire che le entrate
corrispondenti alle quote di compartecipazione ai tributi erariali ad esse
spettanti, sono versate direttamente sui conti infruttiferi ordinari intestati
alla regione o alla provincia autonoma, istituiti presso le tesorerie dello
Stato. Nelle rimanenti regioni – Sardegna e Valle d'Aosta - i tributi erariali
sono invece riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la
quota spettante. In entrambi i casi – riscossione diretta o meno –
l'accantonamento di risorse a valere sulle quote di compartecipazione ai
tributi erariali ai fini della realizzazione del contributo alla finanza
pubblica è operato dallo Stato; nello specifico dall'Agenzia delle entrate, nel
caso di riscossione diretta.
Per le Province autonome di Trento e Bolzano dispone diversamente il comma 404. Ciascuna Provincia autonoma è tenuta a versare all'erario l'importo ad essa riferito, iscritto nella tabella del comma 400 dell'articolo in esame, entro il 30 aprile di ciascun anno. La norma specifica il capitolo del Bilancio dello Stato sul quale deve essere imputata: capitolo 3465, articolo 1, capo X, rubricato Rimborsi e concorsi diversi dovuti dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
In mancanza di tale versamento il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a trattenere gli importi corrispondenti a valere sulle somma a qualsiasi titolo spettanti all'ente inadempiente.
La diversa modalità di assicurare il contributo stabilito per ciascuna autonomia da parte delle Province autonome di Trento e di Bolzano - stabilito dal comma 404 in esame - e cioè attraverso il versamento dell'importo stabilito all'erario, anziché attraverso l'accantonamento operato dallo Stato, è una specifica richiesta dei suddetti enti recepita nel già citato accordo sottoscritto con lo Stato il 15 ottobre 2014.
Anche per le autonomie speciali il contributo previsto dall'articolo 46, commi 1-5, del decreto-legge n. 66/2014 è esteso all'anno 2018.
Secondo quanto stabilito dalle norme citate, questi enti sono tenuti ad assicurare un risparmio pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.
Le suddette cifre costituiscono una delle voci di risparmio che ciascuna autonomia speciale è tenuta a considerare al fine della definizione del proprio obiettivo del patto di stabilità. Per questo motivo i 300 milioni di euro sono inseriti (art. 46, comma 2) nella tabella contenuta nel comma 454, lett. d) della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), norma in cui sono elencati i diversi contributi richiesti alle autonomie speciali. Il contributo di 300 milioni si va ad aggiungere al contributo originariamente stabilito dalla legge di stabilità 2013 e pari a 403 milioni di euro (legge n. 147/2013, art. 1, comma 499, che inserisce la tabella al comma 454 della legge n. 228/2012). Per tale motivo il contributo in termini di indebitamento netto, da realizzare nell'obiettivo del patto di stabilità è pari a 703 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018.
Il comma 415 dell'articolo in esame, modifica quindi le suddette norme, in relazione al contributo in termini di indebitamento netto. In particolare viene sostituito l'anno 2018 al 2017 sia nel testo che nella tabella del comma 454, lett. d) della legge n. 228/2012, (determinazione degli obiettivi del patto di stabilità per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna[55]) nonché nel testo del comma 455 (determinazione degli obiettivi del patto di stabilità per le Province autonome di Trento e di Bolzano).
I contributi
alla finanza pubblica elencati al comma 454, art. 1 della legge 228/2012
sono i seguenti:
§ a) gli importi indicati per il 2013 nella tabella inserita nel comma 10 dell'articolo 32 della legge di stabilità 2012, per complessivi 2.500 milioni di euro;
§ b) il contributo previsto dall'articolo 28, comma 3, del D.L. n. 201/2011, vale a dire la 'riserva all'erario' del maggior gettito derivante dall'aumento dell'addizionale IRPEF, disposta dal comma 1 del medesimo articolo 28, per complessivi 920 milioni di euro. A decorrere dal 2012, le autonomie speciali devono versare all'erario, 860 milioni di euro annui e le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e le due Province autonome di Trento e di Bolzano anche 60 milioni di euro annui da parte dei comuni ricadenti nei propri territori. Fino all'emanazione delle norme di attuazione; il risparmio di 920 milioni di euro dovrà essere realizzato attraverso un accantonamento di quote di compartecipazioni ai tributi erariali spettanti a ciascuna autonomia.. Successivamente l'articolo 35, commi 4-5, del decreto legge 1/2012 (convertito con la legge 27/2012) ha inoltre disposto la riserva all'erario delle maggiori entrate ottenute nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, derivanti dall'incremento dell'accisa sull'energia elettrica. Il comma 4 esplicita la finalizzazione della riserva all'erario, disponendo un aumento del concorso alla finanza pubblica delle regioni a statuto speciale e delle due province autonome (di cui all'articolo 28, comma 3, del D.L. 201/2011) di 235 milioni di euro annui a decorrere dal 2012. Si ricorda infine che il D.L 16/2012 all'articolo 4, commi 10-11, sopprime l'imposta sul consumo dell'energia elettrica nei comuni e nelle province dei territori delle regioni a statuto speciale ed impone alle stesse regioni di reintegrare agli enti locali il mancato gettito. Conseguentemente riduce il contributo agli obiettivi di finanza pubblica dovuto dalle regioni a statuto speciale ai sensi del D.L. 201/2011, dell'importo corrispondente al mancato gettito stimato pari a 180 milioni di euro per il 2012 e pari a 239 milioni annui dal 2013;
§ c) gli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016, emanato in attuazione del D.L. 95/2012, art. 16, comma 3 che determina complessivamente il contributo delle autonomie speciali alla finanza pubblica. Nel decreto sono determinate le somme da accantonare annualmente a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali, per ciascuna autonomia speciale. Per il 2014 dispone il Decreto 17 giugno 2014; nella tabella allegata al decreto è ripartito l'importo complessivo di 1.500 milioni di euro quale contributo in termini di saldo netto da finanziare e l'importo complessivo di 2.000 milioni di euro quale contributo in termini di indebitamento netto;
§ d) gli importi indicati nella tabella inserita nel testo di legge dalla legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, art. 1, comma 499, come modificato dall'art. 46, comma 2, del decreto legge 66/2014) per un importo complessivo di 500 milioni di euro per il 2014 e 703 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Il contributo è ora esteso al 2018 dal comma 415 della legge di stabilità 2015. Gli importi indicati nella tabella comprendono:
- il concorso agli obiettivi di finanza pubblica determinato dalla legge di stabilità 2014 (comma 499) e pari a 300 milioni di euro per il 2014 e 403 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018;
- il contributo agli obiettivi di finanza pubblica determinato dal decreto legge 66/2014 (articolo 46, comma 2) e pari a 200 milioni di euro per il 2014 e 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018; il comma 3 del citato articolo 46 aggiorna anche la tabella inserita al comma 526, che indica per ciascuna autonomia gli importi degli accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali (di fatto corrispondente ad un taglio di risorse).
§ d-bis) degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali.
Il contributo di 300 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare è invece ripartito tra i sei enti dalla tabella del comma 3 dell'articolo 46, che va a sostituire la tabella inserita nella legge di stabilità 2014 (comma 526, art. 1, L. n. 147/2013) e che ha definito l'ulteriore concorso delle autonomie speciali alla finanza pubblica per il 2014 (stabilito in 240 milioni di euro).
Il comma 416 modifica il comma 526, art. 1 della legge n. 147/2013,
sia nel testo che nella tabella in cui è stabilita la quota di saldo netto da
finanziare per ciascuna autonomia speciale.
Articolo 1,
commi 406-413
(Recepimento Accordo 15 ottobre 2014 con
la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Bolzano e di Trento)
406. Le disposizioni recate dai commi da 407 a 413 sono approvate ai
sensi e per gli effetti dell'articolo 104 del testo unico delle leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e
successive modificazioni. Le disposizioni di cui ai commi da 408 a 413 entrano
in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta
Ufficiale.
407. A decorrere dal 1º gennaio 2015 al testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all'articolo 69, comma 2, lettera b), le parole: «i due decimi» sono
sostituite dalle seguenti: «un decimo»;
b) all'articolo 73, comma 1-bis, sono aggiunti, in fine, i seguenti
periodi: «Le province possono, con apposita legge e nel rispetto delle norme dell'Unione
europea sugli aiuti di Stato, concedere incentivi, contributi, agevolazioni,
sovvenzioni e benefici di qualsiasi genere, da utilizzare in compensazione ai
sensi del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. I fondi
necessari per la regolazione contabile delle compensazioni sono posti ad
esclusivo carico delle rispettive province, che provvedono alla stipula di una
convenzione con l'Agenzia delle entrate, al fine di disciplinare le modalità
operative per la fruizione delle suddette agevolazioni»;
c) all'articolo 75, comma 1, lettera d), le parole: «i sette decimi»
sono sostituite dalle seguenti: «gli otto decimi»;
d) all'articolo 75-bis, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. Il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o
dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla copertura, ai
sensi dell'articolo 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di
carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della
regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamità naturali, è
riservato allo Stato, purchè risulti temporalmente delimitato, nonchè
contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile. Non
sono ammesse riserve di gettito destinate al raggiungimento di obiettivi di
riequilibrio della finanza pubblica. Sono abrogati gli articoli 9, 10 e 10-bis
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268»;
e) all'articolo 79:
1) al comma 1, l'alinea è sostituito dal seguente: «Il sistema
territoriale regionale integrato, costituito dalla regione, dalle province e
dagli enti di cui al comma 3, concorre, nel rispetto dell'equilibrio dei
relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 243, al
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e di
solidarietà e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti,
nonchè all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea:»;
2) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte
dello Stato ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, le province
provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti
degli enti locali, dei propri enti e organismi strumentali pubblici e privati e
di quelli degli enti locali, delle aziende sanitarie, delle università, incluse
quelle non statali di cui all'articolo 17, comma 120, della legge 15 maggio
1997, n. 127, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
degli altri enti od organismi a ordinamento regionale o provinciale finanziati
dalle stesse in via ordinaria. Al fine di conseguire gli obiettivi in termini
di saldo netto da finanziare previsti in capo alla regione e alle province ai
sensi del presente articolo, spetta alle province definire i concorsi e gli
obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di
rispettiva competenza. Le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi
di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma e, ai fini del
monitoraggio dei saldi di finanza pubblica, comunicano al Ministero
dell'economia e delle finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti»;
3) il comma 4 è sostituito dai seguenti:
«4. Nei confronti della regione e delle province e degli enti
appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili
disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve
all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto
di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo. La
regione e le province provvedono, per sè e per gli enti del sistema
territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalità di
coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni
legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell'articolo 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 266, la propria legislazione ai principi
costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 o 5, nelle materie individuate
dallo Statuto, adottando, conseguentemente, autonome misure di
razionalizzazione e contenimento della spesa, anche orientate alla riduzione
del debito pubblico, idonee ad assicurare il rispetto delle dinamiche della
spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in
coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea.
4-bis. Per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022, il contributo della
regione e delle province alla finanza pubblica in termini di saldo netto da
finanziare, riferito al sistema territoriale regionale integrato, è pari a
905,315 milioni di euro complessivi, dei quali 15,091 milioni di euro sono
posti in capo alla regione. Il contributo delle province, ferma restando
l'imputazione a ciascuna di esse del maggior gettito derivante dall'attuazione
dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2001, n. 214, e
dell'articolo 1, commi 521 e 712, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è
ripartito tra le province stesse sulla base dell'incidenza del prodotto interno
lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo
regionale; le province e la regione possono concordare l'attribuzione alla
regione di una quota del contributo»;
4) dopo il comma 4-bis, introdotto dal numero 3) della presente lettera,
sono aggiunti i seguenti:
«4-ter. A decorrere dall'anno 2023 il contributo complessivo di 905
milioni di euro, ferma restando la ripartizione dello stesso tra la regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, è
rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione
percentuale degli oneri del debito delle pubbliche amministrazioni rilevata
nell'ultimo anno disponibile rispetto all'anno precedente. La differenza
rispetto al contributo di 905,315 milioni di euro è ripartita tra le province
sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna
provincia sul prodotto interno lordo regionale. Ai fini del periodo precedente
è considerato il prodotto interno lordo indicato dall'ISTAT nell'ultima
rilevazione disponibile.
4-quater. A decorrere dall'anno 2016, la regione e le province
conseguono il pareggio del bilancio come definito dall'articolo 9 della legge
24 dicembre 2012, n. 243. Per gli anni 2016 e 2017 la regione e le province
accantonano in termini di cassa e in termini di competenza un importo definito
d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze tale da garantire la
neutralità finanziaria per i saldi di finanza pubblica. A decorrere dall'anno
2018 ai predetti enti ad autonomia differenziata non si applicano il saldo
programmatico di cui al comma 455 dell'articolo l della legge 24 dicembre 2012,
n. 228, e le disposizioni in materia di patto di stabilità interno in contrasto
con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo del presente comma.
4-quinquies. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio,
certificazione e sanzioni previste dai commi 460, 461 e 462 dell'articolo 1
della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
4-sexies. A decorrere dall'anno 2015, il contributo in termini di saldo
netto da finanziare di cui all'Accordo del 15 ottobre 2014 tra il Governo, la
regione e le province è versato all'erario con imputazione sul capitolo 3465,
articolo 1, capo X, del bilancio dello Stato entro il 30 aprile di ciascun
anno. In mancanza di tali versamenti all'entrata del bilancio dello Stato entro
il 30 aprile e della relativa comunicazione entro il 30 maggio al Ministero
dell'economia e delle finanze, quest'ultimo è autorizzato a trattenere gli
importi corrispondenti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla
regione e a ciascuna provincia relativamente alla propria quota di contributo,
avvalendosi anche dell'Agenzia delle entrate per le somme introitate per il
tramite della Struttura di gestione.
4-septies. È fatta salva la facoltà da parte dello Stato di modificare,
per un periodo di tempo definito, i contributi in termini di saldo netto da
finanziare e di indebitamento netto posti a carico della regione e delle
province, previsti a decorrere dall'anno 2018, per far fronte ad eventuali
eccezionali esigenze di finanza pubblica nella misura massima del 10 per cento
dei predetti contributi stessi. Contributi di importi superiori sono concordati
con la regione e le province. Nel caso in cui siano necessarie manovre
straordinarie volte ad assicurare il rispetto delle norme europee in materia di
riequilibrio del bilancio pubblico i predetti contributi possono essere
incrementati, per un periodo limitato, di una percentuale ulteriore, rispetto a
quella indicata al periodo precedente, non superiore al 10 per cento.
4-octies. La regione e le province si obbligano a recepire con propria
legge da emanare entro il 31 dicembre 2014, mediante rinvio formale recettizio,
le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli
schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi,
previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, nonchè gli eventuali
atti successivi e presupposti, in modo da consentire l'operatività e
l'applicazione delle predette disposizioni nei termini indicati dal citato
decreto legislativo n. 118 del 2011 per le regioni a statuto ordinario,
posticipati di un anno, subordinatamente all'emanazione di un provvedimento
statale volto a disciplinare gli accertamenti di entrata relativi a devoluzioni
di tributi erariali e la possibilità di dare copertura agli investimenti con
l'utilizzo del saldo positivo di competenza tra le entrate correnti e le spese
correnti».
408. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza
pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto
il 15 ottobre 2014 fra il Governo, la regione Trentino-Alto Adige e le province
autonome di Trento e di Bolzano, l'obiettivo di patto di stabilità interno di
cui al comma 455 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è
determinato per la regione Trentino-Alto Adige in 32 milioni di euro per l'anno
2014 e in 34,275 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, per
la provincia autonoma di Trento in - 65,85 milioni di euro per l'anno 2014 e in
- 78,13 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 e per la
provincia autonoma di Bolzano in 65,457 milioni di euro per l'anno 2014 e in
127,47 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
409. Non si applica alla regione Trentino-Alto Adige e alle province
autonome di Trento e di Bolzano quanto disposto dall'ultimo periodo
dell'articolo 1, comma 455, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
410. Il contributo alla finanza pubblica in termini di saldo netto da
finanziare della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, stabilito quale concorso al pagamento degli oneri del
debito pubblico, è determinato per la regione Trentino-Alto Adige in 14,812
milioni di euro per l'anno 2014 e 15,091 milioni di euro per ciascuno degli
anni dal 2015 al 2017, per la provincia autonoma di Trento in 334,813 milioni
di euro per l'anno 2014 e 413,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal
2015 al 2017 e per la provincia autonoma di Bolzano in 549,917 milioni di euro
per l'anno 2014, 476,4 milioni di euro per l'anno 2015 e 477,2 milioni di euro
per ciascuno degli anni dal 2016 al 2017. Le province e la regione possono
concordare l'attribuzione alla regione di una quota del contributo.
411. L'ammontare delle quote di gettito delle accise sugli altri
prodotti energetici di cui all'articolo 75, comma 1, lettera f), del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670,
è determinato annualmente sulla base delle immissioni in consumo nel territorio
di ciascuna provincia autonoma dei prodotti energetici ivi indicati. I predetti
dati saranno forniti dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli ed eventualmente
sulla base di ogni utile documentazione fornita dalle province.
412. Le riserve previste dall'articolo 1, comma 508, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, sono restituite alla regione Trentino-Alto Adige e alle
province autonome di Trento e di Bolzano nell'importo di 20 milioni di euro
annui a decorrere dall'anno 2019, previa individuazione della relativa
copertura finanziaria.
413. La provincia autonoma di Trento, al fine di ridurre il debito del
settore pubblico in coerenza con gli obiettivi europei, attiva un'operazione di
estinzione anticipata dei mutui dei propri comuni, utilizzando le proprie
disponibilità di cassa, mediante anticipazioni di fondi ai comuni.
I commi da 406 a 413 recepiscono l'accordo siglato il 15 ottobre 2014, con il quale sono stati ridefiniti i rapporti finanziari tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le norme modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972)[56] ed entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge (comma 406).
Il precedente accordo in materia finanziaria, sottoscritto in data 30 novembre 2009, è stato recepito dalla legge finanziaria 2010 (legge 191/2010, art. 2, commi da 106 a 125). Le citate norme adeguano l’ordinamento finanziario della Regione Trentino Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano agli obiettivi di perequazione e solidarietà stabiliti per le regioni a statuto speciale e le province autonome dall’articolo 27 della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale. La nuova disciplina delle entrate tributarie e dei trasferimenti prevede, tra l’altro, il riordino delle compartecipazioni all’IVA, all’IRES, alle accise sui prodotti petroliferi, all’imposta sulle assicurazioni e al contributo RCA al Servizio sanitario nazionale, la soppressione dei trasferimenti in quota variabile e dei trasferimenti per leggi di settore, la rideterminazione delle somme dovute per funzioni già esercitate per conto dello Stato, l’assunzione a carico del bilancio delle province autonome di nuove funzioni trasferite o delegate dallo Stato. Viene inoltre inserita nello statuto la disciplina del patto di stabilità interno e definita la nuova disciplina di tesoreria.
Le norme in esame intervengono in diversi ambiti concernenti la finanza delle suddette autonomie speciali:
§ entrate tributarie, con riguardo alla rimodulazione dell'aliquota di compartecipazione al gettito dell'IVA tra la Regione e le Province (comma 407, lettere a) e c)); all'attribuzione alle Province della facoltà di disciplinare interventi di credito d'imposta (comma 407, lettera b) d alla quantificazione delle quote delle accise sugli 'altri prodotti energetici' (comma 411);
§ riserva all'erario, sia in relazione alla disciplina generale (comma 407, lettera d)), che alla specifica riserva all'erario di cui al comma 508 della legge di stabilità 2014 (comma 412);
§ disciplina del concorso della Regione e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica (patto di stabilità) (comma 407, lettera e));
§ obiettivi del patto di stabilità e determinazione del contributo alla finanza pubblica per gli anni 2015-2017 (commi 408 – 410).
In conseguenza delle norme introdotte dai commi in
esame, sono stati modificati gli importi dell'ulteriore concorso alla finanza
pubblica stabilito per le Province autonome dal comma 400 della legge in esame
(vedi). Le disposizioni comportano oneri per 81 milioni di euro per ciascuno
degli anni dal 2015 al 2017 e 35 milioni per il 2018, compensati per i
corrispondenti importi sul Fondo interventi strutturali politica economica (FISPE).
Le lettere a) e c) del comma 407 riguardano la rimodulazione dell'aliquota di compartecipazione al gettito dell'IVA tra la Regione e le Province.
L'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto (esclusa quella relativa all'importazione) spettante alla Regione ed alle Province autonome è stabilita, rispettivamente, all'articolo 69, comma 2, lettera b) e all'articolo 75, lettera d). La norma in esame abbassa da due a un decimo l'aliquota spettante alla Regione e, conseguentemente, aumenta da sette a otto l'aliquota spettante alle Province.
La lettera b) dello stesso comma 407 attribuisce alle Province la facoltà di disciplinare interventi di credito d'imposta – vale a dire incentivi, contributi, agevolazioni, sovvenzioni e benefici di qualsiasi genere - in riferimento a tutte le tipologie di tributi, anche statali, nel rispetto della disciplina dell'Unione europea sugli aiuti di Stato.
La norma in esame inserisce a tal fine ulteriori periodi al comma 1-bis dell'articolo 73 dello statuto concernente la potestà delle Province in materia di tributi erariali.
Il citato comma 1-bis, inserito dalla legge finanziaria 2010 (art. 2, comma 107, lettera c) della L. 191/2009) dà facoltà alle Province, in relazione ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità, di modificare aliquote, disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale.
La Provincia potrà quindi disciplinare con propria legge gli interventi di credito d'imposta con compensazione a totale carico della Provincia medesima, nell'ambito delle disposizioni in materia di riscossione dettate dal capo III del D.Lgs. n. 241/1997. Viene inoltre prevista la possibilità di stipulare una convenzione con la Agenzia delle entrate al fine di disciplinare le modalità operative per la fruizione delle agevolazioni.
Un'altra norma concernente le entrate tributarie riguarda le quote delle accise sugli 'altri prodotti energetici' (combustibili da riscaldamento) spettanti alle Province sulla base dell'articolo 75 dello statuto (lettera f) nella misura dei nove decimi.
Il comma 411 dispone al fine di favorire la quantificazione delle quote delle accise su questi prodotti spettanti alle Province. L'ammontare del gettito dovrà essere determinato annualmente sulla base delle immissioni in consumo nel territorio di ciascuna Provincia.
La lettera d) del comma 407 integra la disciplina della riserva all'erario di quote di tributi erariali spettanti alle Regione ed alle Province autonome.
A tal fine la norma inserisce un comma aggiuntivo all'articolo 75-bis dello statuto e conseguentemente abroga le disposizioni sulla riserva all'erario contenute negli artt. 9, 10 e 10-bis del D.Lgs. n. 268/1992, norma di attuazione dello statuto in materia finanziaria.
L'articolo 9 del D.Lgs. 268/1992 stabilisce che il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della Regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamità naturali, è riservato allo Stato, purché risulti temporalmente delimitato, nonché contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile.
L'articolo 10 disciplina, invece, le modalità di definizione dell'accordo per la determinazione della quota variabile dell'IVA (soppressa a decorrere dal 2010 e sostituita dalla compartecipazione in quota fissa spettante alla Regione ed alle Province nella misura rispettivamente dei 2 e dei 7 decimi, modificate ora dal comma 407, in esame, lett. a) e c), vedi sopra). In tale ambito, il comma 6 prevede la possibilità di riservare all'erario una quota dell'incremento del gettito tributario eventualmente previsto, per destinarlo al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica. L'articolo 10-bis, stabilisce i principi per la stipula dell'accordo tra Stato, Regione e Province autonome con il quale definire le modalità applicative della riserva all'erario di cui all'articolo 9 e al comma 6 dell'art. 10.
L'articolo 75-bis dello statuto, infine, è stato aggiunto dalla legge finanziaria 2010 (art. 2, comma 107, lettera g), L. 191/2009) e disciplina la determinazione del gettito dei tributi erariali spettanti alla Regione o alle Province autonome, riscosso fuori dal territorio regionale o provinciale.
Il nuovo comma 3-bis dell'articolo 75-bis, conferma la possibilità di riservare allo Stato il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, solo nel caso in cui sia destinato per legge alla copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della Regione o delle Province e purché risulti temporalmente delimitato, nonché quantificabile.
In aggiunta alla normativa vigente, viene specificato che non sono ammesse riserve di gettito destinate al raggiungimento di obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica.
Con riguardo alle riserve all'erario stabilite dalla legge di stabilità 2014 (comma 508) il comma 412 stabilisce che sono restituite alla Regione ed alle Province autonome nel limite di 20 milioni a decorrere dal 2019, previa individuazione della relativa copertura finanziaria.
Si ricorda che il citato comma 508 riscrive le norme in merito alla riserva all'erario delle maggiori entrate delle Regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti-legge n. 138/2011 e n. 201/2011, in quanto quelle già presenti nello stesso D.L. n. 138/2011, sono state censurate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012. Motivazione principale della sentenza è che le norme non sono conformi alle disposizioni statutarie che – pur con delle differenze tra le regioni – pongono delle condizioni affinché la riserva all'erario sia considerata legittima. La 'nuova' riserva all'erario dettata dal comma 508 costituisce - come nella norma precedente - una modalità per le regioni a statuto speciale di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica ed è delimitata nel tempo per un periodo di 5 anni. Tra le motivazioni viene inserito il riferimento al nuovo art. 97, primo comma, della Costituzione così come modificato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a norma del quale: "Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico". Oggetto della riserva sono le nuove e maggiori entrate derivanti dalle norme recate dei già citati decreti leggi 138/2011 e 201/2011. Le risorse sono interamente destinate alla copertura degli oneri del debito pubblico al fine di garantire la riduzione dello stesso, nella misura e dei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità. Si ricorda infine che con Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 11 settembre 2014[57], sono state stabilite le modalità di individuazione del maggior gettito da riservare all'Erario, ai sensi dell'articolo 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 215 del 16-9-2014).
La lettera e) del comma 407 interviene nella disciplina del concorso della Regione e delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica (patto di stabilità) contenuta nell'articolo 79 dello statuto, al fine di specificare funzioni e limiti della Regione e delle Province (punti 1), 2) e 3)) ed inserire la definizione della quantità e modalità del contributo dei tre enti alla finanza pubblica (punto 4).
L'articolo 79 viene in sostanza riscritto, rimangono fermi l'elenco delle misure per il conseguimento degli obiettivi di perequazione e solidarietà contenuto al comma 1 e quanto disposto al comma 2, secondo cui le misure elencate possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato soltanto secondo la procedura di intesa prevista dall’articolo 104 dello Statuto speciale.
L'articolo 79 dello statuto, come già modificato dalla citata legge finanziaria 2010, elenca al comma 1 le misure per il conseguimento degli obiettivi di perequazione e solidarietà. In particolare Regione e Province autonome, realizzano tali obiettivi attraverso:
§ a) la soppressione della imposta sostitutiva dell’IVA all’importazione e dei (lettera a);
§ b) la soppressione della quota variabile (art. 78 dello Statuto) e la rinuncia, a partire dal 2010, alla partecipazione alla ripartizione di fondi speciali assegnati anche alle Province autonome;
§ c) con l’assunzione da parte delle Province autonome degli oneri relativi all’esercizio di funzioni statali, senza corrispettivo da parte dello Stato; nonché attraverso il finanziamento di iniziative e progetti del Ministero dell’Economia e delle finanze relativi anche ai territori confinanti, per un importo complessivo di 100 milioni di euro annui, a decorrere dal 2010, per ciascuna provincia;
§ d) con le modalità di coordinamento della finanza pubblica stabilite dal comma 3.
Modifiche ed integrazioni sono illustrate a seguire.
Il primo periodo del comma 1 viene modificato al fine di definire il sistema territoriale regionale integrato, che nel suo complesso deve garantire il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e solidarietà, nonché i vincoli economici e finanziari posti dall'ordinamento dell'Unione europea. Il sistema territoriale regionale integrato è costituito dalla Regione, dalle Province autonome, dagli enti locali e da tutti gli altri enti dipendenti da questi: enti e organismi strumentali pubblici e privati, aziende sanitarie, università, anche non statali, camere di commercio.
Il nuovo comma 3 specifica che le Province, fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato, attuano il coordinamento della finanza pubblica provinciale nei confronti degli enti locali e dei propri enti e organismi pubblici e privati. Spetta alle stesse Province definire il concorso alla finanza pubblica e gli obblighi dei propri enti in relazione al conseguimento del saldo obiettivo.
Il comma 4 stabilisce che non sono applicabili alla Regione ed alle Province (e a tutti agli enti del sistema territoriale regionale integrato) disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilità interno, diversi da quelli previsti dal le norme dello statuto sull'ordinamento finanziario delle stesse e che spetta a Regione e Province provvedere alle finalità di coordinamento della finanza pubblica, adottare misure di contenimento della spesa, anche orientate alla riduzione del debito pubblico.
Il comma 4-bis determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022, di cui 15,9091 posti in capo alla Regione. Il contributo cosi rideterminato è ripartito tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Regione e Province autonome possono concordare l'attribuzione alla Regione di una quota maggiore del contributo.
In tale ambito, si specifica che rimane ferma l’attribuzione alle province del maggior gettito derivante dall'applicazione delle disposizioni sull'IMU (ai sensi dell’articolo 13, comma 17, D.L. n. 201/2011 e art. 1, commi 521 e 712, legge n. 147/2013).
Si ricorda che il comma 17 dell’articolo 13 del D.L. n. 201/2011 prevede in sostanza che il maggior gettito derivante dall’istituzione dell'imposta municipale propria – IMU è acquisito al bilancio dello Stato[58] attraverso la corrispondente riduzione:
§ per i comuni delle regioni a statuto ordinario, del fondo sperimentale di riequilibrio, ovvero, per i comuni delle Regioni Siciliana e della Sardegna, attraverso una riduzione dei trasferimenti erariali. Tali disposizioni risultano peraltro ora superate a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013(L.n.228/2012), che: - ha attribuito ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato; - ha soppresso il Fondo sperimentale di riequilibrio (nonché il meccanismo dei trasferimenti erariali “fiscalizzati” per i comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna), prevedendo l’istituzione del Fondo di solidarietà comunale, alimentato da una quota dell'imposta municipale propria, da ripartirsi tra i comuni sulla base di specifici criteri;
§ per i comuni delle restanti autonomie speciali, con la procedura prevista dall’articolo 27 della legge n. 42/2009[59] e, fino al perfezionamento della stessa, con accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione a tributi erariali delle Autonomie nei cui territori ricadono i comuni in questione.
Quanto ai commi 521 e 712 dell’articolo 1 della legge n.147/2013 (stabilità 2014), gli stessi rispettivamente prevedono:
§ che a decorrere dall'anno 2014, per le province autonome di Trento e di Bolzano, le quote di gettito riservate allo Stato in riferimento ai tributi locali sono assicurate con le modalità di cui al comma 17 descritto. Sino al riordino della disciplina nazionale dei tributi locali immobiliari, resta acquisito all'entrata del bilancio dello Stato il gettito dell'IMU relativo agli immobili di categoria D (immobili strumentali), per la quota riferita all'aliquota standard, pari allo 0,76 per cento (comma 521);
§ che per i comuni ricadenti nei territori delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché delle province autonome di Trento e di Bolzano, non si tiene conto del minor gettito da imposta municipale propria derivante dall’esclusione dell’abitazione principale dall’IMU.
Il contributo illustrato sopra - pari a complessivi 905 milioni - a decorrere dall'anno 2023 è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA; il contributo cosi rideterminato è ripartito tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale (comma 4-ter).
I commi 4-quater e 4-quinques riguardano invece il patto di stabilità interno. A decorrere dal 2016, in via transitoria e in via definitiva a decorrere dal 2018, il conseguimento del pareggio del bilancio è il nuovo obiettivo anche per la Regione e le Province autonome.
Nei primi due anni questo si applicherà nel senso che gli enti accantonano in termini di cassa e in termini di competenza un importo definito d'intesa con il MEF e tale da garantire la neutralità finanziaria per i saldi di finanza pubblica. A decorrere dall'anno 2018, invece, viene superato definitivamente l'obiettivo del saldo programmatico previsto dalla normativa vigente. La norma specifica che a decorrere dal 2018 non si applica il saldo programmatico e tutte le altre disposizioni sul patto di stabilità in contrasto con il pareggio di bilancio.
Resta invece fermo quanto stabilito dalla legislazione vigente in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni in caso di inadempienza.
Si ricorda che per il comma 455, art. 1 della legge n. 228/2012, disciplina separatamente il patto di stabilità per la Regione Trentino Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, a seguito dell'inserimento della disciplina generale del patto nel citato articolo 79, comma 3 dello statuto (ora modificato dalla norma in esame). Per questi enti gli obiettivi di risparmio sono calcolati in riferimento al saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, anziché sul complesso delle spese in termini di competenza eurocompatibile, per il resto la disciplina ricalca quella comune alle altre Regioni a statuto speciale, per le quali è comunque confermato, la necessità per ciascun ente di concordare con il Ministero dell'economia e delle finanze per ciascun anno, l'obiettivo specifico. Per gli enti in questione – viste le norme in esame fino al 2015 - il saldo obiettivo deve essere calcolato in termini di competenza mista; a tal fine il saldo programmatico del 2011 dovrà essere aumentato delle voci elencate nello stesso comma 454, che costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle autonomie speciali.
Il comma 408 della legge in esame (vedi infra) stabilisce l'obiettivo del patto di stabilità interno per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, conseguentemente il comma 409 stabilisce che per gli anni indicati la norma sostituisce l'accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto.
Per quanto concerne le norme sul monitoraggio degli adempimenti, le certificazioni richieste ai fini della verifica dell'osservanza del patto e le sanzioni in caso di inadempienza, queste sono contenute nella legge di stabilità 2013 (L. 228/2012, art. 1) ai commi 460, 461, 462, 464 e 465) e sono comuni a tutte le autonomie speciali (dal 2015 la disciplina concernente le regioni a statuto ordinario è differenziata in ragione del nuovo obiettivo individuato nel pareggio di bilancio, vedi commi 460-466 e 468-478 della legge in esame).
Il comma 4-sexsies stabilisce che il contributo in termini di saldo netto da finanziare stabilito nell'accordo (vale a dire previsto dalla normativa vigente, a seguito del recepimento), a decorrere dall'anno 2015, è versato all'erario entro il 30 aprile di ciascun anno (imputazione sul capitolo 3465, articolo l, capo X del bilancio dello Stato); in mancanza del versamento, il MEF è autorizzato a trattenere gli importi corrispondenti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti all'ente interessato.
Si segnala che la medesima disposizione è presente al comma 404 della
legge in esame in relazione al contributo in termini di saldo netto da
finanziare che le Province autonome sono tenute ad assicurare nel triennio
2015-2018, secondo gli importi stabiliti al comma 400.
A decorrere dall'anno 2018, lo Stato per far fronte ad eccezionali esigenze di finanza pubblica, potrà modificare i contributi richiesti - sia in termini di saldo netto da finanziare che di indebitamento – solo per un periodo limitato e per un importo massimo del 10 % dei contributi già stabiliti; un ulteriore incremento – sempre per un periodo limitato di tempo e per ulteriori sopravvenute esigenze (come assicurare il rispetto delle norme europee in materia di riequilibrio di bilancio) non potrà anch'esso superare il 10 % (per un incremento complessivo non superiore al 20 per cento, stabilito in due tranche (4-septies).
Il comma 4-octies, infine, stabilisce che Regione e Province autonome sono tenute a recepire nel proprio ordinamento, entro il 31 dicembre 2014, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli scherni di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal D.Lgs. n. 118/2011. In tal modo anche per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome come per le Regioni a statuto ordinario, potrà essere garantita l'operatività delle disposizioni nei termini indicati dallo stesso decreto 118, posticipati di un anno, a seguito dell'emanazione di un provvedimento statale volto a disciplinare gli accertamenti di entrata relativi a devoluzioni di tributi erariali.
Il comma 408 stabilisce l'obiettivo del patto di stabilità interno per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, in conformità alla legislazione vigente e a quanto definito nell'accordo, come mostrato nella tabella a seguire.
Per gli anni indicati la norma sostituisce l'accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto (comma 409).
Per la disciplina del patto di stabilità si veda quanto già detto in commento al nuovo articolo 79 dello statuto.
in milioni di euro
obiettivo del patto di stabilità |
Regione
Trentino-Alto Adige |
Prov. aut. Trento |
Prov. aut. Bolzano |
anno 2014 |
32,00 |
65,85 |
65,45 |
ciascun anno 2015,
2016, 2017 |
34,27 |
-78,13 |
127,47 |
Il comma 410 determina il contributo in termini di saldo netto da finanziare, quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico per il 2014 e per ciascuno degli anni dal 2015 al 2022, negli importi indicati nella tabella a seguire. Le Province e la Regione possono concordare di attribuire una quota del contributo alla Regione.
in milioni di euro
obiettivo del patto di stabilità |
Regione
Trentino-Alto Adige |
Prov. aut. Trento |
Prov. aut. Bolzano |
anno 2014 |
14,812 |
334,813
|
549,917 |
anno 2015 |
15,091 |
413,4 |
476,4 |
ciascun anno dal
2016 al 2022 |
15,091 |
413,4 |
477,2 |
Il comma 413 contiene infine una disposizione per la Provincia autonoma di Trento che viene autorizzata ad attivare una procedura di estinzione anticipata dei mutui dei propri comuni, utilizzando le proprie disponibilità di cassa, mediante anticipazioni di fondi ai comuni.
Articolo 1,
commi 418-420
(Concorso delle province e delle città
metropolitane
al contenimento della spesa pubblica)
418. Le province e le città metropolitane concorrono al contenimento
della spesa pubblica attraverso una riduzione della spesa corrente di 1.000
milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di
3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. In considerazione delle
riduzioni di spesa di cui al periodo precedente, ciascuna provincia e città
metropolitana versa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato un
ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa. Sono escluse dal
versamento di cui al periodo precedente, fermo restando l'ammontare complessivo
del contributo dei periodi precedenti, le province che risultano in dissesto
alla data del 15 ottobre 2014. Con decreto di natura non regolamentare del
Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze, da emanare entro il 15 febbraio 2015, con il supporto tecnico della
Società per gli studi di settore --- SOSE Spa, sentita la Conferenza
Stato-città ed autonomie locali, è stabilito l'ammontare della riduzione della
spesa corrente che ciascun ente deve conseguire e del corrispondente versamento
tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard.
419. In caso di mancato versamento del contributo di cui al comma 418,
entro il 30 aprile di ciascun anno, sulla base dei dati comunicati dal
Ministero dell'interno, l'Agenzia delle entrate, attraverso la struttura di
gestione di cui all'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241, provvede al recupero delle predette somme nei confronti delle
province e delle città metropolitane interessate, a valere sui versamenti
dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante
dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, di cui
all'articolo 60 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive
modificazioni, riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del
relativo gettito alle medesime province e città metropolitane. In caso di
incapienza a valere sui versamenti dell'imposta di cui al primo periodo, il
recupero è effettuato a valere sui versamenti dell'imposta provinciale di
trascrizione, con modalità definite con decreto del Ministero dell'economia e
delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno.
420. A decorrere dal 1º gennaio 2015, alle province delle regioni a
statuto ordinario è fatto divieto:
a) di ricorrere a mutui per spese non rientranti nelle funzioni
concernenti la gestione dell'edilizia scolastica, la costruzione e gestione
delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse
inerente, nonchè la tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di
competenza;
b) di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre,
pubblicità e di rappresentanza;
c) di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, anche nell'ambito
di procedure di mobilità;
d) di acquisire personale attraverso l'istituto del comando. I comandi
in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli
stessi;
e) di attivare rapporti di lavoro ai sensi degli articoli 90 e 110 del
testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. I rapporti in
essere ai sensi del predetto articolo 110 cessano alla naturale scadenza ed è
fatto divieto di proroga degli stessi;
f) di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all'articolo 9,
comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni;
g) di attribuire incarichi di studio e consulenza.
I commi 418-420 definiscono l’importo e le modalità del concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica.
In particolare, il comma 418 stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l’anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l’anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2017.
A tal fine è richiesto che ciascuna provincia e città metropolitana versi un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.
Sono
escluse dalla normativa le province che risultano in stato di dissesto finanziario[60] alla data del 15 ottobre 2014.
L'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascun ente deve conseguire è definito con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno da emanare entro il 15 febbraio 2015, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il supporto tecnico della SOSE S.p.A.[61], tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard.
Viene quindi individuata la procedura per il recupero delle somme predette nei confronti delle province e delle città metropolitane interessate in caso di mancato versamento all’entrata del bilancio dello Stato.
Al recupero provvede l’Agenzia delle entrate, entro il 30 aprile di ciascun anno, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997), riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province e alle città metropolitane medesime ovvero, in caso di incapienza, a valere sui versamenti dell’imposta provinciale di trascrizione, in tal caso secondo le modalità definite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno (comma 419).
Sempre ai fini del contenimento delle spese correnti, il comma 420 vieta alle province delle regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 1° gennaio 2015:
§ di ricorrere a mutui, fatta eccezione per le spese rientranti nelle funzioni della gestione dell'edilizia scolastica, della costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente, nonché della tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
§ di effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza[62];
§ di attribuire incarichi di studio e consulenza[63];
§ di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, ivi incluse le procedure di mobilità;
§ di acquisire personale attraverso l'istituto del comando. I comandi in essere cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;
§ di attivare rapporti di lavoro inerenti il supporto agli organi di direzione politica o incarichi a contratto per la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, ai sensi degli articoli 90 e 110 del TUEL, di cui al D.Lgs. n. 267/2000. I rapporti in essere ai sensi del predetto articolo 110 cessano alla naturale scadenza ed è fatto divieto di proroga degli stessi;
§ di instaurare rapporti di lavoro flessibile di cui all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78/2010.
Articolo 1,
commi 421-428 e 430
(Riduzione dotazione organica del
personale delle province e delle citta metropolitane. Procedure per la mobilità
del personale)
421. La dotazione organica delle città metropolitane e delle province
delle regioni a statuto ordinario è stabilita, a decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge, in misura pari alla spesa del personale
di ruolo alla data di entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56,
ridotta rispettivamente, tenuto conto delle funzioni attribuite ai predetti
enti dalla medesima legge 7 aprile 2014, n. 56, in misura pari al 30 e al 50
per cento e in misura pari al 30 per cento per le province, con territorio
interamente montano e confinanti con Paesi stranieri, di cui all'articolo 1,
comma 3, secondo periodo, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, i predetti enti possono
deliberare una riduzione superiore. Restano fermi i divieti di cui al comma 420
del presente articolo. Per le unità soprannumerarie si applica la disciplina
dei commi da 422 a 428 del presente articolo.
422. Tenuto conto del riordino delle funzioni di cui alla legge 7 aprile
2014, n. 56, secondo modalità e criteri definiti nell'ambito delle procedure e
degli osservatori di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91, della
legge 7 aprile 2014, n. 56, è individuato, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, il personale che rimane assegnato agli
enti di cui al comma 421 del presente articolo e quello da destinare alle
procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale
previste dalla normativa vigente.
423. Nel contesto delle procedure e degli osservatori di cui all'accordo
previsto dall'articolo 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014, n. 56, sono
determinati, con il supporto delle società in house delle amministrazioni
centrali competenti, piani di riassetto organizzativo, economico, finanziario e
patrimoniale degli enti di cui al comma 421. In tale contesto sono, altresì,
definite le procedure di mobilità del personale interessato, i cui criteri sono
fissati con il decreto di cui al comma 2 dell'articolo 30 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, da adottare entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge. Per accelerare i tempi di attuazione
e la ricollocazione ottimale del personale, in relazione al riordino delle
funzioni previsto dalla citata legge n. 56 del 2014 e delle esigenze funzionali
delle amministrazioni di destinazione, si fa ricorso a strumenti informatici.
Il personale destinatario delle procedure di mobilità è prioritariamente
ricollocato secondo le previsioni di cui al comma 424 e in via subordinata con
le modalità di cui al comma 425. Si applica l'articolo 1, comma 96, lettera a),
della legge 7 aprile 2014, n. 56. A tal fine è autorizzata la spesa di 2
milioni di euro per l'anno 2015 e di 3 milioni di euro per l'anno 2016.
424. Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano
le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite
dalla normativa vigente, all'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso
pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di
entrata in vigore della presente legge e alla ricollocazione nei propri ruoli
delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità.
Esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità le
regioni e gli enti locali destinano, altresì, la restante percentuale della
spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, salva la
completa ricollocazione del personale soprannumerario. Fermi restando i vincoli
del patto di stabilità interno e la sostenibilità finanziaria e di bilancio
dell'ente, le spese per il personale ricollocato secondo il presente comma non
si calcolano, al fine del rispetto del tetto di spesa di cui al comma 557
dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il numero delle unità di
personale ricollocato o ricollocabile è comunicato al Ministro per gli affari
regionali e le autonomie, al Ministro per la semplificazione e la pubblica
amministrazione e al Ministro dell'economia e delle finanze nell'ambito delle
procedure di cui all'accordo previsto dall'articolo 1, comma 91, della legge 7
aprile 2014, n. 56. Le assunzioni effettuate in violazione del presente comma
sono nulle.
425. La Presidenza del Consiglio dei ministri -- Dipartimento della
funzione pubblica avvia, presso le amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, le agenzie, le università e gli enti pubblici non
economici, ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con esclusione del personale non amministrativo
dei comparti sicurezza, difesa e Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del
comparto scuola, AFAM ed enti di ricerca, una ricognizione dei posti da
destinare alla ricollocazione del personale di cui al comma 422 del presente
articolo interessato ai processi di mobilità. Le amministrazioni di cui al
presente comma comunicano un numero di posti, soprattutto riferiti alle sedi
periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle
risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a
tempo indeterminato secondo la normativa vigente, al netto di quelle
finalizzate all'assunzione dei vincitori di concorsi pubblici collocati nelle
graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge.
Il Dipartimento della funzione pubblica pubblica l'elenco dei posti comunicati
nel proprio sito istituzionale. Le procedure di mobilità di cui al presente
comma si svolgono secondo le modalità e le priorità di cui al comma 423,
procedendo in via prioritaria alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari
e facendo in tal caso ricorso al fondo di cui all'articolo 30, comma 2.3, del
decreto legislativo n. 165 del 2001, prescindendo dall'acquisizione al medesimo
fondo del 50 per cento del trattamento economico spettante al personale
trasferito facente capo all'amministrazione cedente. Nelle more del
completamento del procedimento di cui al presente comma alle amministrazioni è
fatto divieto di effettuare assunzioni a tempo indeterminato. Le assunzioni effettuate
in violazione del presente comma sono nulle.
426. In relazione alle previsioni di cui ai commi da 421 a 425 il
termine del 31 dicembre 2016, previsto dall'articolo 4, commi 6, 8 e 9, del
decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 ottobre 2013, n. 125, per le finalità volte al superamento del
precariato, è prorogato al 31 dicembre 2018, con possibilità di utilizzo, nei
limiti previsti dal predetto articolo 4, per gli anni 2017 e 2018, delle
risorse per le assunzioni e delle graduatorie che derivano dalle procedure
speciali.
427. Nelle more della conclusione delle procedure di mobilità di cui ai
commi da 421 a 428, il relativo personale rimane in servizio presso le città
metropolitane e le province con possibilità di avvalimento da parte delle
regioni e degli enti locali attraverso apposite convenzioni che tengano conto
del riordino delle funzioni e con oneri a carico dell'ente utilizzatore. Allo
scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l'impiego anche
le regioni possono avvalersi della previsione di cui al comma 429 ricorrendo
altresì, ove necessario, all'imputazione ai programmi operativi regionali
cofinanziati dall'Unione europea con i fondi strutturali, con relativa
rendicontazione di spesa. A conclusione del processo di ricollocazione di cui
ai commi da 421 a 425, le regioni e i comuni, in caso di delega o di altre
forme, anche convenzionali, di affidamento di funzioni agli enti di cui al
comma 421 o ad altri enti locali, dispongono contestualmente l'assegnazione del
relativo personale con oneri a carico dell'ente delegante o affidante, previa
convenzione con gli enti destinatari.
428. Al 31 dicembre 2016, nel caso in cui il personale interessato ai
processi di mobilità di cui ai commi da 421 a 425 non sia completamente
ricollocato, presso ogni ente di area vasta, ivi comprese le città
metropolitane, si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni
sindacali che deve comunque concludersi entro trenta giorni dalla relativa
comunicazione, a definire criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a
tempo parziale del personale non dirigenziale con maggiore anzianità
contributiva. Esclusivamente in caso di mancato completo assorbimento del
personale in soprannumero e a conclusione del processo di mobilità tra gli enti
di cui ai commi da 421 a 425, si applicano le disposizioni dell'articolo 33,
commi 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
430. In considerazione del processo di trasferimento delle funzioni di
cui all'articolo 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56, le province e
le città metropolitane possono rinegoziare le rate di ammortamento in scadenza
nell'anno 2015 dei mutui che non siano stati trasferiti al Ministero
dell'economia e delle finanze in attuazione dell'articolo 5, commi 1 e 3, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 novembre 2003, n. 326, con conseguente rimodulazione del relativo
piano di ammortamento anche in deroga alle disposizioni di cui al comma 2,
lettera c), dell'articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente comma
restano a carico dell'ente richiedente.
I commi da 421 a 428 dispongono, in primo luogo, la riduzione del 50% e del 30% della dotazione organica, rispettivamente, di province e città metropolitane con la contestuale definizione di un procedimento volto a favorire la mobilità del personale eccedentario verso regioni, comuni e altre pubbliche amministrazioni, a valere sulle facoltà assunzionali degli enti di destinazione; alla copertura degli oneri (pari a 2 milioni di euro nel 2015 e 3 milioni euro nel 2016) si provvede mediante riduzione del fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
Si prevede, inoltre, che città metropolitane e province possano finanziare temporaneamente (nei limiti di 60 milioni di euro, a valere sul fondo di rotazione per la formazione professionale e l’accesso al fondo sociale europeo) il personale a tempo indeterminato e la proroga dei contratti a termine e flessibili dei servizi per l’impiego, al fine di garantirne il regolare funzionamento.
Più nel dettaglio:
§ il comma 421 prevede che la dotazione organica delle città metropolitane e delle province delle regioni ordinarie (di seguito “enti”) sia stabilita in misura pari alla spesa del personale di ruolo alla data di entrata in vigore della L. n. 56/2014 (8 aprile 2014), ridotta, rispettivamente, in misura pari al 30% e al 50% (30% per le province con territorio interamente montano e confinanti con Paesi stranieri). Gli enti possono comunque deliberare una riduzione superiore. Restano fermi i divieti individuati dal precedente comma 420 (alla cui scheda si rimanda) alle province delle regioni a statuto ordinario a decorrere dal 1° gennaio 2015. Infine, per le unità in sovrannumero si applica la disciplina dei commi 422-428;
§ il comma 422, nell’ambito della riforma degli enti locali disposta dalla L. n. 56/2014 (che ha disposto l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province ed una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni) dispone che entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della L. n. 190/2014 (e cioè entro il 31 marzo 2015) venga individuato il personale che rimane assegnato agli enti e quello da destinare alle procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente. Tale procedura opera secondo le modalità e i criteri definiti nell’ambito delle procedure e degli osservatori contenuti nell’Accordo dell’11 settembre 2014 (stipulato in sede di Conferenza unificata) sul riordino delle funzioni non fondamentali delle province (di cui all’articolo 1, comma 91, della L. n. 56/2014);
§ il comma 423 prevede specifici piano di riassetto organizzativo, economico e patrimoniale dei richiamati enti, nel contesto delle procedure del predetto accordo del’11 settembre 2014. In tale contesto sono altresì definite le procedure di mobilità del personale interessato, secondo criteri fissati da uno specifico D.M., da adottare entro il 1° marzo 2015, con i criteri di cui all’articolo 30, comma 2, del D.Lgs. n. 165/20014. Per accelerare i tempi, si può far ricorso a strumenti informatici. Il personale destinatario delle procedure di mobilità, che conserva la posizione giuridica ed economica maturata, è ricollocato, prioritariamente, ai sensi del successivo comma 424 (ossia verso regioni ed enti locali) e, in via subordinata, ai sensi del successivo comma 425 (ossia verso altre P.A.).
Nell’ambito delle procedure di mobilità, il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica in godimento all'atto del trasferimento, nonché l'anzianità di servizio maturata, mentre i compensi di produttività, la retribuzione di risultato e le indennità accessorie del personale trasferito rimangono determinati negli importi goduti antecedentemente al trasferimento e non possono essere incrementati fino all'applicazione del contratto collettivo decentrato integrativo sottoscritto conseguentemente al primo contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dopo il 1° gennaio 2015. Le corrispondenti risorse sono trasferite all'ente destinatario (in particolare mediante l’istituzione di appositi fondi per le risorse con cui finanziare le voci della retribuzione). A tal fine, viene autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il 2015 e 3 milioni di euro per il 2016;
Ai sensi dell’articolo 30 del D.Lgs. n. 165/2001, le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, disposto previo parere favorevole dei dirigenti responsabili dei servizi e degli uffici cui il personale è o sarà assegnato sulla base della professionalità del dipendente in relazione al posto ricoperto o da ricoprire (comma 1). Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione vengono stabilite le misure per agevolare i processi di mobilità, anche volontaria, per garantire l'esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico (comma 1-bis). Le procedure ed i criteri generali per l’attuazione del passaggio diretto dei dipendenti sono definiti dai contratti collettivi nazionali. Si stabilisce la nullità degli accordi, atti o clausole dei contratti collettivi che intendano eludere l’obbligo di ricorrere alla mobilità prima di procedere al reclutamento di nuovo personale (comma 2).
§ il comma 424 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso regioni ed enti locali. In particolare, la norma dispone che le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato, nelle percentuali stabilite dalla normativa vigente, all’immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti e delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità; inoltre, la restante percentuale della spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015 è destinata esclusivamente alla ricollocazione del personale in mobilità. Le spese del personale così ricollocato non si calcolano ai fini del rispetto del tetti di spesa di personale (di cui all’articolo 1, comma 557, della legge n. 296 del 2006, in base al quale dal 2014 regioni ed enti locali devono, nella programmazione triennale dei fabbisogni di personale, contenere le spese di personale ”con riferimento al valore medio del triennio precedente”). Infine, è prevista la comunicazione a determinati organi del numero delle unità di personale ricollocato o ricollocabile nell’ambito delle procedure contenute nell’accordo dell’11 settembre 2014, in precedenza richiamato. Si stabilisce, infine, la nullità delle assunzioni effettuate in violazione delle richiamate disposizioni;
§ il comma 425 disciplina il ricollocamento del personale in mobilità presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, le università e gli enti pubblici non economici (con esclusione del personale non amministrativo dei comparti sicurezza, difesa e corpo nazionale dei vigile del fuoco, del comparto scuola, dell’AFAM e degli enti di ricerca), sulla base di una ricognizione dei posti disponibili da parte del Dipartimento della funzione pubblica. Più specificamente, le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare un numero di posti, riferiti soprattutto alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato secondo la normativa vigente, al netto di quelle finalizzate all’assunzione di vincitori di concorsi pubblici collocati nelle graduatorie vigenti, dando priorità alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari; in tal caso si fa ricorso al fondo per il miglioramento dell’allocazione del personale presso le PA (istituito dall’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 90/2014), prescindendo dall’acquisizione al fondo medesimo del 50% delle trattamento economico spettante al personale trasferito facente capo all’amministrazione cedente. Il Dipartimento pubblica l’elenco dei posti comunicati sul proprio sito istituzionale. Fino al completamento del procedimento di mobilità previsto dal presente comma le amministrazioni non possono effettuare assunzioni a tempo indeterminato;
L’articolo 4, comma 1, del D.L. n. 90/2014, sostituendo i commi 1 e 2 dell’articolo 30 del D.Lgs. 165/2001, ha disposto, in particolare:
- la pubblicazione sul proprio sito istituzionale, per un periodo minimo di 30 giorni, del bando che indica i posti che le amministrazioni intendono coprire attraverso passaggio diretto di personale da altre amministrazioni;
- la possibilità, in via sperimentale (fino all’introduzione di nuove procedure per la definizione dei fabbisogni standard), di operare trasferimenti tra sedi centrali di differenti Ministeri, Agenzie ed Enti pubblici non economici nazionali, anche in mancanza dell’assenso dell’amministrazione di appartenenza, a condizione che l’amministrazione di destinazione abbia una percentuale di posti vacanti superiore a quella dell’amministrazione di provenienza;
- l’istituzione da parte del Dipartimento della funzione pubblica di un portale per l’incontro tra domanda e offerta di mobilità;
- che le sedi delle pubbliche amministrazione ubicate nel territorio dello stesso comune o a una distanza inferiore a 50 chilometri dalla sede di prima assegnazione costituiscono medesima unità produttiva (ai sensi dell’articolo 2103), all’interno della quale i dipendenti sono tenuti a prestare la loro attività lavorativa, previo accordo tra le amministrazioni interessate o (secondo modalità da definire con successivo D.M.) anche in assenza di accordo, quando sia necessario sopperire a carenze di organico;
- la nullità delle clausole contrattuali in contrasto con la nuova disciplina sulla mobilità del personale;
- l’istituzione di un Fondo destinato al miglioramento dell’allocazione del personale pubblico, volto a favorire i processi di mobilità (con priorità per la mobilità verso gli uffici giudiziari), con una dotazione di 15 milioni di euro per il 2014 e 30 milioni di euro a decorrere dal 2015 (i criteri di utilizzo delle risorse sono rimessi a un successivo D.P.C.M.).
§ il comma 426 proroga (dal 31 dicembre 2016) al 31 dicembre 2018 il termine relativo alla stabilizzazione dei precari della P.A. In particolare, la disposizione proroga il termine entro il quale le amministrazioni possono (secondo quanto previsto dall’articolo 4, commi 6, 8 e 9, del D.L. n. 101/2013) bandire procedure concorsuali per assunzioni a tempo indeterminato con riserva di posti a favore di titolari di contratti a tempo determinato; prorogare contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che abbiano maturato almeno 3 anni di servizio alle loro dipendenze; procedere ad assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori socialmente utili (iscritti in apposito elenco regionale secondo criteri di “priorità”);
L’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 101/2013 al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, di ridurre il numero dei contratti a termine, ha previsto la possibilità per le P.A., dal 1° settembre 2013 fino al 31 dicembre 2016 e nel limite massimo del 50% delle risorse disponibili per le assunzioni[64], di bandire procedure concorsuali (per titoli ed esami) per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale). Le procedure concorsuali sono riservate esclusivamente ai soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558 della L. 296/2006 e all’articolo 3, comma 90, della L. 244/2007[65], nonché ai soggetti che al 1° settembre 2013 abbiano maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione emanante il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici. Le procedure concorsuali possono essere avviate unicamente sulle risorse per assunzioni relative al quadriennio 2013-2016, anche considerate complessivamente e non anno per anno, e in misura non superiore al 50% (delle suddette risorse), mentre le relative graduatorie sono utilizzabili per le assunzioni nel quadriennio 2013-2016. Tali procedure concorsuali sono alternative a quelle previste dall’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. 165/2001.
Il successivo comma 8 ha disposto che le regioni, allo scopo di favorire l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori impiegati in lavori socialmente utili e di pubblica utilità, predispongano un elenco regionale di tali lavoratori, secondo criteri di priorità che contemperano l'anzianità anagrafica, l'anzianità di servizio e i carichi familiari. Inoltre, dal 1° settembre 2013 e al 31 dicembre 2016 gli enti territoriali con carenze di organico, relativamente a posti di livello retributivo-funzionale per cui non è richiesto titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo (ai sensi dell’articolo 16 della L. 56/1987), possono procedere (nel rispetto del loro fabbisogno e nell'ambito dei vincoli finanziari di cui al comma 6) in deroga al limite del 30% dei posti in organico previsto dall'articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 468/1997, all'assunzione a tempo indeterminato (anche con contratti a tempo parziale) dei soggetti collocati nel suddetto elenco, facendone richiesta alla regione competente. Infine il comma 9, con una norma avente carattere transitorio, consente alle pubbliche amministrazioni che nella programmazione del fabbisogno di personale per il quadriennio 2013-2016, prevedano di svolgere procedure di reclutamento ai sensi dell'articolo 35, comma 3-bis, lettera a), del D.Lgs. 165/2001 o ai sensi del comma 6 dell’articolo in esame (vedi supra), di prorogare - nel rispetto dei vigenti vincoli finanziari ed in particolare, come specificato nel corso dell’esame al Senato, dei limiti massimi della spesa annua per la stipula dei contratti a tempo determinato previsti dall'articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 - i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che abbiano maturato almeno 3 anni di servizio alle loro dipendenze. La proroga (che ad ogni modo deve essere coerente ad un effettivo fabbisogno e, secondo la modifica apportata al Senato, ai posti in dotazione organica vacanti ) non può andare oltre il completamento delle predette procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2016. Per le regioni a statuto speciale e per gli enti territoriali facenti parte delle medesime regioni, vengono fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 14, commi 24-bis e 24-ter, del D.L. 78/2010, che prevedono una deroga alle limitazioni alla spesa per il personale titolare di contratti flessibili nella pubblica amministrazione. Infine si ricorda che l’articolo 1, comma 6, del D.L. 192/2014 (attualmente in fase di conversione) dispone che le province possono prorogare fino al 31 dicembre 2015 i contratti di lavoro a tempo determinato per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi e nel rispetto dei vincoli finanziari ivi previsti.
§ il comma 427 prevede che, nelle more della conclusione delle procedure di mobilità, il relativo personale rimanga in servizio presso le città metropolitane e le province, con possibilità di avvalimento da parte delle regioni e degli enti locali sulla base di apposite convenzioni. E’ inoltre previsto che le regioni possano avvalersi della previsione del successivo comma 429 (alla cui scheda si rimanda) per consentire il regolare funzionamento dei servizi per l’impiego, ricorrendo anche ai programmi operativi regionali cofinanziati dall'Unione europea con i fondi strutturali (con relativa rendicontazione di spesa). A conclusione del processo di ricollocazione in precedenza richiamato, le regioni e i comuni dispongono contestualmente l'assegnazione del relativo personale con oneri a carico dell'ente delegante o affidante (previa convenzione con gli enti destinatari);
§ il comma 428 prevede che nel caso in cui il personale interessato dalla mobilità non sia completamente ricollocato, presso ogni ente di area vasta si proceda a definire criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale delle personale non dirigenziale con maggiore anzianità contributiva, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro 30 giorni dalla relativa comunicazione; in caso di mancato completo riassorbimento dei soprannumeri, a conclusione dei processi di mobilità il personale è collocato in disponibilità, con esclusione di tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e un'indennità pari all'80% dello stipendio, per la durata massima di ventiquattro mesi (ai sensi dell’articolo 33, commi 7 e 8, del D.Lgs. n. 165/2001);
L’articolo 33 del D.Lgs. n. 165/2001 disciplina la mobilità attivata d’ufficio (cd. mobilità collettiva, stabilendo, l’obbligo, per le amministrazioni con situazioni di soprannumero o comunque eccedenze di personale (in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria) di seguire la procedura prevista dallo stesso articolo 33, dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto. In particolare, il comma 7 dell’articolo 33 dispone che, trascorsi 90 giorni dalla comunicazione di avvio delle procedure di mobilità alle OO.SS., l’amministrazione collochi in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione, che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni nell’ambito regionale, o che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilità. Ai sensi del successivo comma 8, il lavoratore “in disponibilità” ha comunque diritto ad un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. Si riconosce anche il diritto all’assegno per il nucleo familiare.
§ infine, il comma 430 prevede, a seguito del processo di trasferimento delle funzioni delle province, che esse (e le città metropolitane) possano rinegoziare le rate di specifici mutui in scadenza nel 2015 con conseguente rimodulazione del relativo piano di ammortamento (anche in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 204, comma 2, lettera c), del D.L. n. 267/2000, che stabilisce che la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi) con onere a carico dell’ente richiedente.
Articolo 1,
comma 429
(Servizi per l’impiego province e città
metropolitane)
429. Allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per
l'impiego, nonchè la conduzione del Piano per l'attuazione della
raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013
sull'istituzione di una «Garanzia per i giovani», le città metropolitane e le
province che, a seguito o in attesa del riordino delle funzioni di cui
all'articolo 1, commi 85 e seguenti, della legge 7 aprile 2014, n. 56,
continuino ad esercitare le funzioni ed i compiti in materia di servizi per
l'impiego e politiche attive del lavoro, fermo restando il rispetto della
vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di
personale, hanno facoltà di finanziare i rapporti di lavoro a tempo
indeterminato nonchè di prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato e i
contratti di collaborazione coordinata e continuativa strettamente
indispensabili per la realizzazione di attività di gestione dei fondi
strutturali e di interventi da essi finanziati, a valere su piani e programmi
nell'ambito dei fondi strutturali. Allo scopo di consentire il temporaneo
finanziamento dei rapporti di lavoro di cui al primo periodo del presente
comma, in attesa della successiva imputazione ai programmi operativi regionali,
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato, nei limiti di
60 milioni di euro a valere sul Fondo di rotazione per la formazione
professionale e l'accesso al fondo sociale europeo di cui all'articolo 25 della
legge 21 dicembre 1978, n. 845, a concedere anticipazioni delle quote europee e
di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle regioni
cofinanziati dall'Unione europea con i fondi strutturali. Per la parte
nazionale, le anticipazioni sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote di
cofinanziamento nazionale riconosciute per lo stesso programma a seguito delle
relative rendicontazioni di spesa.
Il comma 429 prevede che allo scopo di consentire il regolare funzionamento dei servizi per l’impiego e l’attuazione della "Garanzia per i giovani", le città metropolitane e le province che, a seguito o in attesa del riordino delle funzioni, continuino ad esercitare le funzioni ed i compiti in materia di servizi per l’impiego e politiche attive del lavoro, fermo restando il rispetto della vigente normativa in materia di contenimento della spesa complessiva di personale, possano finanziare i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e prorogare i contratti di lavoro a tempo determinato e i contratti di collaborazione coordinata e continuativa strettamente indispensabili per la realizzazione di attività di gestione dei fondi strutturali e di interventi da essi finanziati, a valere su piani e programmi nell’ambito dei fondi strutturali. Allo scopo di consentire il temporaneo finanziamento di tali rapporti di lavoro, in attesa della successiva imputazione ai programmi operativi regionali, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato, nei limiti di 60 milioni di euro (a valere sul Fondo di rotazione per la formazione professionale e l’accesso al fondo sociale europeo, di cui all’articolo 25 della L. n. 845/1978), a concedere anticipazioni delle quote europee e di cofinanziamento nazionale dei programmi a titolarità delle regioni cofinanziati dall’Unione europea con i fondi strutturali; per la parte nazionale, le anticipazioni sono reintegrate al Fondo a valere sulle quote di cofinanziamento nazionale riconosciute per lo stesso programma a seguito delle relative rendicontazioni di spesa.
Il Consiglio europeo, con la Raccomandazione del 22 aprile 2013 sull'istituzione di un programma di Garanzia per i giovani, ha invitato tutti gli Stati membri ad assicurare ai giovani fino a 25 anni di età (entro 4 mesi dal termine di un ciclo di istruzione formale o dall'inizio della disoccupazione) un'offerta di lavoro, di prosecuzione degli studi, di apprendistato, di tirocinio o di altra misura di formazione. Sulla base delle indicazioni del Consiglio, gli Stati membri devono non solo recepire all'interno dei propri ordinamenti la Raccomandazione citata, ma anche procedere all'introduzione di una serie di iniziative a favore dei giovani finanziate sia dal progetto europeo Youth Employment Initiative, sia dal Fondo Sociale Europeo (FSE 2014-2020).
Per quanto concerne il nostro Paese, alcuni degli obiettivi della Garanzia per i Giovani sono stati già anticipati con il D.L. 76/2013 (articolo 5) il quale ha istituito una Struttura sperimentale di missione operante in attesa del riordino dei servizi per l'impiego e comunque non oltre il 31 dicembre 2015.
La Struttura di missione, nel dicembre 2013, ha predisposto un approvato dalla Commissione Europea lo scorso 11 luglio
Il Piano prevede, attraverso fasi successive che vanno dalla presa in carico al collocamento:
§ un sistema universale di informazione e orientamento a cui il giovane accede registrandosi attraverso vari punti di contatto;
§ l'indicazione, dopo la registrazione e un primo colloquio, di un percorso di orientamento individuale destinato a definire un progetto personalizzato di formazione o lavorativo/professionale;
§ un colloquio specializzato da parte di orientatori qualificati che preparino i giovani all'ingresso nel mercato del lavoro;
§ un finanziamento diretto (bonus, voucher, ecc.) per accedere ad una gamma di possibili percorsi, tra cui: l'inserimento in un contratto di lavoro dipendente, l'avvio di un contratto di apprendistato o di un'esperienza di tirocinio, l'impegno nel servizio civile, la formazione specifica professionalizzante e l'accompagnamento nell'avvio di una iniziativa imprenditoriale o di lavoro autonomo;
§ un piano di comunicazione integrata per informare i giovani delle misure messe in campo dal Piano italiano e spingerli ad attivarsi per cogliere le opportunità descritte.
Il Piano prevede una dotazione finanziaria complessiva di 1.513 milioni di Euro (567 dalla Youth Employment Initiative, 567 dal Fondo Sociale Europeo e 379 di cofinanziamento nazionale), è articolato sulle annualità 2014 e 2015 e coinvolge l'intero territorio nazionale, ad eccezione della Provincia di Bolzano (l'unica con un tasso di disoccupazione giovanile inferiore al 25%). Si ricorda che il Governo italiano ha deciso di estendere la Garanzia ai giovani fino ai 29 anni.
Nel febbraio 2014 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha elaborato il Programma italiano sulla Garanzia per i giovani 2014-2020, che illustra in modo più ampio ed esauriente quanto previsto dal Piano, soffermandosi, in particolare, sullo stato di attuazione di molte misure ivi previste.
Nel nostro Paese, il Piano è stato avviato lo scorso 1° maggio e, attraverso report periodici, sarà possibile verificare l'andamento delle adesioni. Sino al 31 dicembre 2015 i giovani interessati potranno aderire alla Garanzia attraverso il sito nazionale www.garanziagiovani.gov.it o tramite i siti attivati dalle Regioni, scegliendo la regione dove preferiscono svolgere la loro attività lavorativa (non necessariamente quella di residenza). La regione stessa, attraverso i Servizi per l'impiego o le Agenzie private accreditate, prenderà in carico la persona per la profilazione, la registrazione al programma e la verifica dei requisiti richiesti.
Tra le azioni previste dal Programma italiano volte a dare attuazione alla Garanzia giovani, vi è anche la previsione del cosiddetto "bonus occupazione", un incentivo per le assunzioni di giovani con specifici requisiti
Con decreto direttoriale 8 agosto 2014 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha disciplinato il suddetto incentivo, prevedendo, tra l'altro, che lo stesso sia gestito dall'INPS che, con circolare n. 118 del 3 ottobre 2014, ha fornito alcune precisazioni normative e le prime indicazioni operative per l'ammissione al suddetto bonus"
Articolo 1,
commi 431-434
(Piano nazionale per la riqualificazione
sociale e culturale
delle aree urbane degradate)
431. Al fine della predisposizione del Piano nazionale per la
riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, di seguito
denominato «Piano», i comuni elaborano progetti di riqualificazione costituiti
da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di
marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del
decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. Entro il 30 giugno 2015, i
comuni interessati trasmettono i progetti di cui al precedente periodo alla
Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo le modalità e la procedura
stabilite con apposito bando, approvato con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il
Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare entro
tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
432. Con il decreto di cui al comma 431 sono definite, in particolare:
a) la costituzione e il funzionamento, presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,
di un Comitato per la valutazione dei progetti di riqualificazione sociale e
culturale delle aree urbane degradate, di seguito denominato «Comitato»,
composto da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, di
cui uno con funzioni di presidente, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero dei beni e delle
attività culturali e del turismo, nonché da un rappresentante della Conferenza
delle regioni e delle province autonome, dei Dipartimenti della Presidenza del
Consiglio dei ministri per gli affari regionali, le autonomie e lo sport e per
la programmazione e il coordinamento della politica economica, dell'Agenzia del
demanio e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani. Ai componenti del
Comitato non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese; il
Comitato opera avvalendosi del supporto tecnico delle competenti strutture del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
b) la documentazione che i comuni interessati debbono allegare ai
progetti, comprendente, tra l'altro, una relazione degli interventi corredata
da tavole illustrative ed elaborati tecnico-economici e dal cronoprogramma
attuativo degli stessi;
c) la procedura per la presentazione dei progetti;
d) i criteri di valutazione dei progetti da parte del Comitato, tra i
quali:
1) la riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale;
2) il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto
sociale ed ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia,
con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali ed educativi e
alla promozione delle attività culturali, didattiche e sportive;
3) la tempestiva esecutività degli interventi;
4) la capacità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e
privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento
pubblico nei confronti degli investimenti privati.
433. Sulla base dell'istruttoria svolta il Comitato seleziona i progetti
in coerenza con i criteri di cui al comma 432, con indicazioni di priorità. Con
uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i
progetti da inserire nel Piano ai fini della stipulazione di convenzioni o
accordi di programma con i comuni promotori dei progetti medesimi. Tali
convenzioni o accordi di programma definiscono i soggetti partecipanti alla
realizzazione dei progetti, le risorse finanziarie, ivi incluse quelle a valere
sul Fondo di cui al comma 434, e i tempi di attuazione dei progetti medesimi,
nonché i criteri per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia
realizzativa. Le Amministrazioni che sottoscrivono le convenzioni o gli accordi
di programma si impegnano a fornire alla Presidenza del Consiglio dei ministri
e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i dati e le informazioni
necessarie all'espletamento della attività di monitoraggio degli interventi.
L'insieme delle convenzioni e degli accordi stipulati costituisce il Piano.
434. Per l'attuazione degli interventi di cui ai commi da 431 a 433, a
decorrere dall'esercizio finanziario 2015 e fino al 31 dicembre 2017, è
istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze, un fondo denominato «Somme da trasferire alla Presidenza del Consiglio
dei ministri per la costituzione del Fondo per l'attuazione del Piano nazionale
per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate». A tal
fine è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e di 75
milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Il Ministro dell'economia
e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
I commi da 431 a 434 prevedono la predisposizione di un Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate e l’istituzione di un Fondo per l'attuazione del suddetto Piano da destinare all'attuazione degli interventi previsti.
Il comma 431 prevede che i comuni interessati entro il 30 giugno 2015 trasmettano progetti di riqualificazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Gli interventi, previsti nei suddetti progetti, devono essere coordinati tra loro e volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità e del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale.
Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge è prevista l’approvazione di un bando, contenente le modalità e la procedura, per la trasmissione dei suddetti progetti comunali, attraverso l’emanazione di un D.P.C.M., su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Il comma 432 stabilisce che il suddetto D.P.C.M. definisca:
§ la costituzione e il funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Comitato per la valutazione dei progetti di riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate (lettera a);
Il suddetto Comitato risulta composto da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui uno con funzioni di presidente, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché da un rappresentante della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli affari regionali, le autonomie e lo sport e per la programmazione e il coordinamento della politica economica, dell'Agenzia del demanio e dell'Associazione nazionale dei comuni italiani.
§ la documentazione da allegare ai progetti, comprendente, tra l’altro, una relazione degli interventi corredata da tavole illustrative ed elaborati tecnico-economici e dal cronoprogramma attuativo degli stessi interventi (lettera b):
§ la procedura per la presentazione dei progetti (lettera c);
§ i criteri di valutazione dei progetti da parte del Comitato, ivi inclusi (lettera d):
1 la riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale;
2) il miglioramento della qualità e del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, e alla promozione delle attività culturali, didattiche e sportive;
3) la tempestiva esecutività degli interventi;
4) la capacità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati.
Il comma 433 prevede:
§ una selezione dei progetti comunali da inserire nel Piano effettuata, sulla base dell'istruttoria svolta dal Comitato in base ai criteri definiti dal comma 432, con indicazioni di priorità;
§ uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l’individuazione dei progetti da inserire nel Piano;
§ la stipulazione di convenzioni o accordi di programma, con i comuni promotori dei progetti medesimi, che definiscono i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti, le risorse finanziarie, i tempi di attuazione dei progetti medesimi, nonché i criteri per la revoca dei finanziamenti;
§ la trasmissione di dati e informazioni da parte delle Amministrazioni sottoscriventi le convenzioni o gli accordi di programma alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, finalizzate al monitoraggio degli interventi.
Il comma 434 prevede l’istituzione del Fondo per l'attuazione del Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, a decorrere dall'esercizio finanziario 2015 e fino al 31 dicembre 2017, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, denominato “Somme da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la costituzione del Fondo per l’attuazione del Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”.
A tal fine è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Articolo 1,
commi 435-436
(Riduzione del Fondo di solidarietà
comunale a decorrere dal 2015)
435. La dotazione del Fondo di solidarietà comunale di cui al comma
380-ter dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, è ridotta di
1.200 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015.
436. Per l'anno 2015, fermo restando l'obiettivo complessivo di
contenimento della spesa di cui al comma 435, la riduzione ivi prevista si
applica nella misura del 50 per cento nei seguenti casi:
a) comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, individuati ai
sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74,
convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2012, n. 122, e
dall'articolo 67-septies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive
modificazioni;
b) comuni danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009, che hanno
colpito la provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo,
individuati con decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2009, e con decreto del
Commissario delegato n. 11 del 17 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 173 del 28 luglio 2009;
c) comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 nel
territorio delle province di Lucca e Massa Carrara, per i quali è stato
deliberato lo stato di emergenza con deliberazione del Consiglio dei ministri
26 giugno 2013, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 161 dell'11 luglio 2013.
Il comma 435 definisce il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica, stabilendo una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200
milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.
Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è stato istituito dall’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365), in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta con la legge di stabilità medesima, che ha attribuito ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.
Tale fondo - che ha
sostituito il Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs.
n. 23/2013 di attuazione del federalismo municipale - è alimentato con una
quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, ed è
disciplinato dai commi 380-380-quater della
legge di stabilità 2013, come introdotti dall’articolo 1, comma 730, della
legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014).
L’articolo 1, comma 380-ter, della legge di stabilità quantifica la dotazione del Fondo per gli anni 2015 e successivi in 6.547,1 milioni di euro. Tale dotazione è assicurata, per un importo pari a 4.717,9 milioni di euro, attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, ai sensi dell’articolo 13 del D.L. n. 201/2011, che viene a tal fine versata all’entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi[66].
Nella legge di bilancio per gli anni 2015-2017 (legge n. 191/2014 e relativo
D.M. 29 dicembre 2014 di ripartizione in capitoli dei programmi di spesa), il
Fondo (cap. 1365/Interno) presenta per il 2015
una dotazione pari a 4.525,9 milioni
di euro, in quanto - oltre alla riduzione di 1.200 milioni disposta con Nota di
variazioni ai sensi del comma in esame - già a legislazione vigente sulla
dotazione del Fondo, come determinata dal citato comma 380-ter, risultavano apportate le riduzioni disposte ai sensi di
disposizioni legislative intervenute nel corso dell’anno[67], nonché le variazioni compensative necessarie per
tenere conto dell'effettivo gettito dell’IMU propria derivante dagli immobili
ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, ai sensi di quanto
previsto dal medesimo comma 380-ter
della legge n. 228/2012[68].
Il comma 436 prevede che per
l’anno 2015, fermo restando l’obiettivo complessivo di contenimento della
spesa dei comuni disposto dal comma precedente (pari a 1.200 milioni), la riduzione
dei trasferimenti a valere sul Fondo di solidarietà si applichi nella
misura del 50 per cento per i comuni colpiti da recenti eventi
sismici.
Si tratta, in particolare, dei seguenti
comuni:
a) comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio
2012, individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 6 giugno
2012, n. 74 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova,
Reggio Emilia e Rovigo) e dall'articolo 67-septies del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (comuni di Ferrara,
Mantova[69]);
b) comuni danneggiati dagli eventi sismici
del 6 aprile 2009, che hanno colpito la provincia dell'Aquila e altri
comuni della regione Abruzzo, individuati con decreto del Commissario
delegato n. 3 del 16 aprile 2009 e con decreto del Commissario delegato n. 11
del 17 luglio 2009;
c) comuni danneggiati dagli eventi sismici
del 21 giugno 2013 nel territorio delle province di Lucca e Massa
Carrara, per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza con
deliberazione del Consiglio dei ministri 26 giugno 2013.
Articolo 1,
commi 437-449
(Norme concernenti l’attività di
ricostruzione nei territori della regione Abruzzo interessati dagli eventi
sismici del 2009)
437. Al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione
e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori abruzzesi colpiti dal
sisma del 6 aprile 2009, il CIPE, sulla base delle esigenze effettive
documentate dalle amministrazioni centrali e locali istituzionalmente preposte
alle attività della ricostruzione, ivi compresi gli Uffici speciali per la
ricostruzione, può continuare a destinare quota parte delle risorse statali stanziate
allo scopo, anche al finanziamento di servizi di natura tecnica e assistenza
qualificata.
438. Per ultimare le attività volte alla rimozione delle macerie nei
territori della regione Abruzzo, conseguenti al sisma del 6 aprile 2009, le
pubbliche amministrazioni, nell'ambito delle loro competenze istituzionali
correlate alle operazioni di movimentazione e trasporto dei materiali derivanti
dal crollo degli edifici pubblici e privati, dalle attività di demolizione e
abbattimento degli edifici pericolanti a seguito di ordinanza sindacale, da
interventi edilizi effettuati su incarico della pubblica amministrazione, sono
autorizzate ad avvalersi dei siti di stoccaggio autorizzati e localizzati in
uno dei comuni del cratere che abbiano in disponibilità aree per il trattamento
del rifiuto, senza ulteriori oneri a carico del bilancio statale.
439. Le pubbliche amministrazioni vigilano affinchè i soggetti
incaricati dei lavori effettuino la demolizione selettiva e la raccolta
selettiva per raggruppare i materiali di cui al comma 438 in categorie
omogenee, caratterizzarli ed identificarli con il corrispondente codice CER,
nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152, e, infine, procedano al trasporto verso siti di recupero e smaltimento
autorizzati.
440. Gli Uffici speciali di cui all'articolo 67-ter del decreto-legge 22
giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n. 134, incaricati del monitoraggio finanziario e attuativo, si occupano del monitoraggio
dei materiali di cui al comma 438, nonchè di quelli derivanti da interventi
edilizi privati conseguenti al sisma del 6 aprile 2009. A questo fine, per
garantire la tracciabilità dei predetti rifiuti e il monitoraggio delle
informazioni relative alla movimentazione degli stessi, i soggetti incaricati
dei lavori sono obbligati a registrarsi nella banca dati di gestione delle
macerie secondo modalità che verranno definite con provvedimenti dei
responsabili degli Uffici speciali. La mancata o incompleta esecuzione delle
comunicazioni relative alla demolizione e rimozione dei materiali derivanti da
interventi edilizi privati conseguenti al sisma del 6 aprile 2009 comporta la
revoca della quota di contributo finalizzato allo scopo, nonchè la revoca delle
autorizzazioni ed abilitazioni al trasporto a carico delle ditte inadempienti.
441. Al fine di dare attuazione agli interventi previsti dal protocollo
d'intesa stipulato con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, con la provincia dell'Aquila e con il comune dell'Aquila in data 2
dicembre 2010, e dall'accordo di programma siglato in data 14 gennaio 2013 tra
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il
comune dell'Aquila, concernenti, tra l'altro, le azioni di recupero e
riqualificazione ambientale della cava ex Teges in località Pontignone --
Paganica, comune dell'Aquila, le macerie di cui al comma 438 vengono
prioritariamente conferite presso l'anzidetto deposito. Il termine di
autorizzazione per l'esercizio della cava ex Teges in località Pontignone,
fissato dal decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile rep. n.
16 del 6 agosto 2009 e autorizzato in via ordinaria con decreto del soggetto
attuatore per la rimozione delle macerie dei materiali derivanti da interventi
edilizi privati conseguenti al sisma del 6 aprile 2009, n. 2 del 18 dicembre
2012, è prorogato fino all'esaurimento della sua capacità per la gestione dei
rifiuti derivanti dal crollo, dalla demolizione degli edifici pubblici a
seguito di ordinanza sindacale, da interventi edilizi effettuati su incarico
della pubblica amministrazione e da quelli derivanti da edifici privati,
conferiti secondo la classificazione di cui al decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152. Le economie derivanti dal conferimento delle macerie private sono
recuperate e destinate alla ricostruzione privata per il finanziamento di
ulteriori interventi. I singoli comuni del cratere o il competente Ufficio
speciale sottoscrivono apposite convenzioni direttamente con il soggetto
gestore dell'impianto ex Teges, per l'espletamento delle attività di selezione,
trasporto, conferimento e trattamento delle macerie senza ulteriori oneri a
carico del bilancio statale.
442. Per l'attuazione delle finalità del protocollo d'intesa del 2
dicembre 2010 e dell'accordo di programma del 14 gennaio 2013 di cui al comma
441, il presidente della regione Abruzzo, d'intesa con il Governo e i comuni
interessati, è autorizzato a rimodulare i fondi di cui ai decreti n. 49/2011 e
n. 114/2012 del Commissario delegato alla ricostruzione, anche in vista della
realizzazione di quanto previsto nel protocollo d'intesa del 25 ottobre 2011,
siglato tra soggetto attuatore per le macerie ai sensi dell'ordinanza del
Presidente del Consiglio dei ministri n. 3923 del 18 febbraio 2011, regione
Abruzzo, provincia dell'Aquila ed i comuni interessati, per il ripristino
ambientale di discariche comunali.
443. Le eventuali economie ottenute dalla differenza tra contributo
concesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 28 aprile 2009,
n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, e
costo effettivo dell'intervento di riparazione o ricostruzione, comprensivo
delle somme a disposizione, in esito allo stato finale, decorsi quattro anni
dalla concessione del contributo, sulla base dei dati di monitoraggio di cui al
decreto ministeriale 29 ottobre 2012, restano comunque destinate alla
ricostruzione privata per il finanziamento di ulteriori interventi. Tali somme
vengono direttamente trasferite dagli istituti di credito ai comuni competenti
per il finanziamento degli interventi sopra richiamati, previa autorizzazione
del Ministero dell'economia e delle finanze.
444. Le economie ottenute dalla differenza tra le somme stanziate ed i
costi effettivi degli interventi gestiti attraverso finanziamenti diretti dei
comuni restano nella disponibilità degli stessi comuni per il finanziamento di
ulteriori interventi di ricostruzione privata, previa comunicazione al
Ministero dell'economia e delle finanze e con apposita risultanza dal
monitoraggio della ricostruzione privata prevista dalla vigente normativa.
445. Al fine di completare le attività finalizzate alla fase di
ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale della città
dell'Aquila a seguito del sisma del 6 aprile 2009, per il solo anno 2015, il
comune dell'Aquila, nel limite di spesa di 1,7 milioni di euro, e i comuni del
cratere sismico, nel limite di spesa di 0,5 milioni di euro, sono autorizzati a
valere sulle economie accertate dal titolare dell'Ufficio speciale della città
dell'Aquila nell'ambito delle risorse di cui all'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei ministri n. 4013 del 23 marzo 2012, a prorogare o rinnovare entro
e non oltre il 31 dicembre 2015 i contratti, stipulati sulla base della
normativa emergenziale, all'interno dei limiti di spesa come sopra definiti,
anche in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a
tempo determinato presso le amministrazioni pubbliche, di cui al decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al testo
unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e al decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche con riferimento all'articolo 19 di
quest'ultimo decreto, e di spesa del personale di cui alla legge 27 dicembre
2006, n. 296, e al decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
446. Al fine di concorrere ad assicurare la stabilità dell'equilibrio
finanziario nel comune dell'Aquila, negli altri comuni del cratere di cui ai
decreti del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 e n. 11 del 17 luglio
2009, pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile
2009 e n. 173 del 28 luglio 2009, e nella provincia dell'Aquila, è assegnato un
contributo straordinario per l'anno 2015, sulla base dei maggiori costi
sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione
emergenziale, nel limite di 17 milioni di euro in favore del comune
dell'Aquila, di 2,5 milioni di euro a beneficio degli altri comuni del cratere
e di 1,5 milioni di euro in favore della provincia dell'Aquila.
447. Alla copertura degli oneri di cui al comma 446, pari a 21 milioni
di euro per l'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge
29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27
dicembre 2004, n. 307.
448. I fabbricati, ubicati nelle zone colpite dal sisma del 6 aprile
2009, purchè distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero in quanto
inagibili totalmente o parzialmente, sono esenti, dal 2015, dall'applicazione
della Tasi di cui all'articolo 1, commi 639 e seguenti, della legge 27 dicembre
2013, n. 147, e successive modificazioni, fino alla definitiva ricostruzione ed
all'agibilità dei fabbricati stessi.
449. Alla copertura degli oneri di cui al comma 448, pari a 0,5 milioni
di euro a decorrere dall'anno 2015, si provvede mediante corrispondente
riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre 2004, n. 307.
I commi da 437 a 449 recano diverse disposizioni a favore dei territori colpiti dal sisma 2009 in Abruzzo, riguardanti: il finanziamento di servizi di natura tecnica e di assistenza qualificata; la rimozione, la vigilanza e il monitoraggio delle macerie; l’utilizzazione del deposito localizzato nella cava ex Teges; il ripristino di discariche comunali; l’utilizzazione di economie di spesa per ulteriori interventi di ricostruzione privata; la proroga ovvero il rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato; la previsione di un contributo economico straordinario per il 2015; l’esenzione dal pagamento della TASI.
Finanziamento di servizi di
natura tecnica e di assistenza qualificata
Il comma 437 consente al CIPE, al fine di assicurare la continuità delle attività di ricostruzione e di recupero del tessuto urbano e sociale dei territori colpiti dal sisma, di continuare a destinare quota parte delle risorse statali stanziate allo scopo anche al finanziamento di servizi di natura tecnica e di assistenza qualificata, sulla base delle esigenze effettive documentate da parte degli enti locali e degli uffici statali preposti alle attività della ricostruzione, ivi compresi gli uffici speciali per la ricostruzione.
Rimozione, vigilanza e monitoraggio delle macerie
Il comma 438 stabilisce che – per finalità relative all’ultimazione delle attività volte alla rimozione delle macerie - le pubbliche amministrazioni, nell’ambito delle loro competenze concernenti le operazioni di movimentazione e trasporto del materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati, dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti a seguito di ordinanza sindacale, da interventi edilizi effettuati su incarico della pubblica amministrazione, si avvalgono dei siti di stoccaggio autorizzati e localizzati in uno dei comuni del cratere in cui siano disponibili aree per il trattamento del rifiuto, senza ulteriori oneri a carico del bilancio statale.
Il comma 439 prevede la vigilanza da parte delle pubbliche amministrazioni affinché i soggetti incaricati dei lavori effettuino Ia demolizione selettiva e/o Ia raccolta selettiva per raggruppare i materiali indicati nel precedente comma 438 in categorie omogenee, caratterizzarli ed identificarli con il corrispondente codice CER (catalogo europeo dei rifiuti), nel rispetto del decreto legislativo n. 152/2006 (cd. Codice ambientale), e procedano al trasporto verso siti di recupero e smaltimento autorizzati.
Il comma 440 attribuisce agli Uffici Speciali per la ricostruzione (di cui all’articolo 67-ter del D.L. n. 83 del 2012) anche il compito del monitoraggio dei materiali di cui al comma 438, nonché di quelli derivanti da interventi edilizi privati conseguenti al sisma del 2009. Al fine di garantire Ia tracciabilità del materiali e il monitoraggio delle informazioni relative alla movimentazione degli stessi, il comma 440 prevede inoltre l’obbligo per i soggetti incaricati dei lavori di registrarsi nella banca dati di gestione delle macerie secondo modalità che verranno definite con provvedimenti dei responsabili degli Uffici speciali.
La mancata o incompleta esecuzione delle comunicazioni relative alla demolizione e alla rimozione dei materiali derivanti da interventi edilizi privati comporta Ia revoca delle quote dei contributi destinati a tali finalità, nonché Ia revoca delle autorizzazioni ed abilitazioni al trasporto a carico delle ditte inadempienti.
Lo stato di emergenza dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 aprile 2009, a causa degli eventi sismici che hanno interessato la provincia dell'Aquila e gli altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009, già prorogato con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 dicembre 2010 e 4 dicembre 2011, è cessato il 31 agosto 2012, come stabilito dall’art. 67 bis del decreto legge n. 83 del 2012. Per l’avvio della gestione ordinaria della ricostruzione dei territori abruzzesi colpiti dal terremoto del 2009, a partire dal 16 settembre 2012, l’art. 67-ter del D.L. 83/2012 ha previsto l’istituzione di due Uffici speciali per la ricostruzione, uno competente sulla città dell'Aquila e uno competente sui restanti comuni del cratere. Tali Uffici forniscono in particolare: l'assistenza tecnica alla ricostruzione pubblica e privata e ne promuovono la qualità, effettuano il monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi e curano tra l’altro la trasmissione dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica).
Utilizzo del deposito localizzato nella cava ex Teges
Il comma 441 prevede, al fine di dare attuazione agli interventi previsti dal protocollo di intesa stipulato con il Ministero dell’ambiente, con Ia provincia dell’Aquila e con il comune dell’Aquila il 2 dicembre 2010, e dall’accordo di programma siglato il 14 gennaio 2013, tra Ministero dell’ambiente e comune dell’Aquila, concernenti tra l’altro le azioni di recupero e riqualificazione ambientale della cava ex Teges in località Pontignone- Paganica- Comune dell’Aquila, che le macerie rimosse a seguito delle attività indicate al comma 438 vengano prioritariamente conferite presso il deposito localizzato nella cava ex Teges.
Il comma 441 proroga, altresì, il termine per l’autorizzazione per l’esercizio della cava ex Teges (già stabilito al 31 dicembre 2009, dal decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 16 del 6 agosto 2009 e successivamente prorogato fino al termine dell’emergenza dall’ O.P.C.M. n. 3923 del 2011, cioè al 31 agosto 2012; con il decreto n. 2 del 18 dicembre 2012 del soggetto attuatore è stata autorizzata la realizzazione del ripristino ambientale della cava denominata “Ex Teges”), per la rimozione delle macerie dei materiali derivanti da interventi edilizi privati conseguenti al sisma del 2009, fino all'esaurimento della sua capacità per la gestione dei rifiuti derivanti dal crollo, dalla demolizione degli edifici pubblici a seguito di ordinanza sindacale, da interventi edilizi effettuati su incarico della pubblica amministrazione e da quelli derivanti da edifici privati, conferiti secondo la classificazione di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006.
Il comma 441 prevede che le economie derivanti dal conferimento delle macerie private sono recuperate e destinate alla ricostruzione privata per il finanziamento di ulteriori interventi, e che i singoli comuni del cratere o il competente Ufficio speciale sottoscrivono apposite convenzioni direttamente con il gestore dell’impianto ex Teges, per le attività di selezione, trasporto, conferimento e trattamento delle macerie, senza ulteriori oneri a carico del bilancio statale.
Le misure per la rimozione delle macerie e più in generale per le operazioni di rimozione dei rifiuti derivanti da crolli e demolizioni degli edifici pubblici e privati a seguito dell'evento sismico in Abruzzo sono disciplinate all'art. 9 del decreto-legge n. 39 del 2009, che, in particolare, classifica questi rifiuti, ai sensi dell'Allegato D della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice dell’ambiente), come rifiuti urbani con codice CER 20.03.99, limitatamente alle fasi di raccolta e trasporto presso le aree di deposito temporaneo, individuate con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottata ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, di concerto con il Ministro dell'ambiente, sentito l'ISPRA, per la definizione delle modalità operative per la gestione di tali rifiuti. Tra le diverse O.P.C.M. emanate, rileva l’O.P.C.M. 3923/2011, come modificata dall’O.P.C.M. 4014/2012, che stabilisce disposizioni per la bonifica e l’utilizzo come deposito temporaneo della cava ex Teges, prevedendo in particolare che il Commissario delegato, per mezzo del Soggetto attuatore, debba realizzare gli interventi previsti dal Protocollo di Intesa stipulato il 2 dicembre 2010 con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con la Provincia e il Comune dell'Aquila, sulle azioni di recupero e riqualificazione ambientale della cava ex-Teges a Pontignone – Paganica del comune dell’Aquila, e prevedendo inoltre specifici accordi per la gestione dei suddetti rifiuti (accordo di programma siglato il 14 gennaio 2013 tra Ministero dell’ambiente ed comune dell’Aquila).
L’art. 8 del D.L. n. 43 del 2013 ha previsto inoltre ulteriori norme per la prosecuzione delle attività di rimozione delle macerie causate dal sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo, stabilendo in particolare che le operazioni di movimentazione e trasporto ai siti di stoccaggio autorizzati dai comuni dei materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati, dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti a seguito di ordinanza sindacale e da interventi edilizi effettuati su incarico della pubblica amministrazione possono essere svolte anche con impiego di personale e mezzi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e delle Forze Armate. A tal fine, l'Ufficio Speciale per la città dell'Aquila e l'Ufficio speciale per i comuni sottoscrivono con il Ministero dell'Interno - Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile e con il Ministero della Difesa, appositi accordi, nei quali sono precisate le modalità della collaborazione
Rimodulazione dei fondi per il ripristino di discariche comunali
Il comma 442, al fine di dare attuazione agli interventi previsti dal Protocollo di lntesa stipulato con il Ministero dell’ambiente, con Ia Provincia dell’Aquila e con il Comune dell’Aquila in data 2 dicembre 2010, e dall’Accordo di Programma siglato in data 14 gennaio 2013, autorizza il Presidente della regione Abruzzo, d’intesa con il Governo e i comuni interessati, a rimodulare i fondi di cui ai decreti commissariali n. 49/2011 e n. 114/2012 (concernenti la realizzazione del polo tecnologico per lo stoccaggio provvisorio, trattamento e smaltimento dei rifiuti derivati dal crollo degli edifici pubblici e privati) per il ripristino ambientale delle discariche comunali, anche in vista della realizzazione di quanto previsto nel protocollo d’intesa del 25 ottobre 2011, siglato tra soggetto attuatore per le macerie, come previsto nella citata OPCM 3923/2011, Regione Abruzzo, Provincia dell’Aquila e i comuni interessati.
Utilizzo delle economie di spesa
Il comma 443 disciplina l’utilizzo delle eventuali economie di spesa- ottenute dalla differenza tra il contributo a fondo perduto concesso (ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.L. n. 39/2009) agli interventi di ricostruzione/riparazione degli immobili ed il costo effettivo dei medesimi interventi, comprensivo delle somme a disposizione – risultanti dai dati di monitoraggio di cui al D.M. economia e finanze 29 ottobre 2012. Tali economie restano destinate alla ricostruzione privata per il finanziamento di ulteriori interventi e, a tal fine, trasferite dagli istituti di credito ai comuni competenti, previa autorizzazione del MEF.
L’art. 3, comma 3, del D.L. 39/2009, per il finanziamento degli interventi di ricostruzione privata, ha consentito alle banche operanti nei territori colpiti dal sisma di contrarre finanziamenti fino ad un massimo di 2 miliardi di euro, al fine di concedere finanziamenti assistiti da garanzia dello Stato, a favore di persone fisiche, per la ricostruzione o riparazione di immobili adibiti ad abitazione principale o per l'acquisto di nuove abitazioni sostitutive dell'abitazione principale distrutta.
In attuazione dell’art. 67-ter del D.L. 83/2012, che ha disposto l’esecuzione del monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi di ricostruzione e la trasmissione dei relativi dati al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), con il D.M. 29 ottobre 2012 è stato imposto agli Uffici speciali per la ricostruzione di rendere disponibili alla banca dati delle amministrazioni pubbliche, istituita presso il MEF, le informazioni riguardanti il monitoraggio finanziario, fisico e procedurale degli interventi di ricostruzione.
Il comma 444 persegue la medesima finalità del comma precedente, vale a dire quella di riutilizzare le economie per consentire ai comuni il finanziamento di ulteriori interventi di ricostruzione privata. A tal fine stabilisce che le economie ottenute dalla differenza tra le somme stanziate ed i costi effettivi degli interventi gestiti attraverso finanziamenti diretti dei Comuni, restano nella disponibilità degli stessi Comuni per il finanziamento di ulteriori interventi di ricostruzione privata, previa comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze e con apposita risultanza dal monitoraggio della ricostruzione privata (di cui si è detto con riferimento al comma precedente).
Proroga/rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato
Il comma 445 - al fine dl completare le attività finalizzate alla fase di ricostruzione del tessuto urbano, sociale e occupazionale della città dell’Aquila a seguito del sisma dell’aprile 2009 – autorizza il Comune dell’Aquila e i comuni del cratere a prorogare o rinnovare entro e non oltre il 31 dicembre 2015 i contratti, stipulati sulla base della normativa emergenziale:
§ nell’ambito dei seguenti limiti di spesa: 1,7 milioni di euro per il comune dell’Aquila e 0,5 milioni per i Comuni del cratere sismico, a valere sulle economie accertate dal titolare dell’Ufficio Speciale della città deIl’Aquila nell’ambito delle risorse di cui aIl’O.P.C.M. n. 4013 del 23 marzo 2012;
La citata ordinanza stima gli oneri dovuti agli interventi previsti dalla medesima in 181,4 milioni di euro, che vengono coperti utilizzando le risorse di cui all'art. 14, comma 1, del D.L. n. 39/2009, che fa riferimento tra l’altro alle assegnazioni annuali del CIPE nell'ambito della dotazione dell’ex Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), ora Fondo per lo sviluppo e la coesione.
§ e anche in deroga alle vigenti normative in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso la P.A. (di cui al D.Lgs. n. 368/2001, al D.L. n. 78/2010, al D.Lgs. n. 267/2000 e al D.Lgs. n. 165/2001, anche con riferimento all’art. 19 in materia di incarichi di funzioni dirigenziali) e di spesa del personale (di cui alla L. n. 296/2006 e al D.L. n. 112/2008).
Si tratta di una norma analoga a quella che il comma 349 dell’art. 1 della L. n. 147/2013 (stabilità 2014) ha disposto relativamente all’anno 2014.
Contributo straordinario per la stabilità dell'equilibrio finanziario
Il comma 446 – al fine di assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario degli enti di seguito indicati - prevede l’assegnazione di un contributo straordinario, per l’esercizio 2015, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite complessivo di 21 milioni di euro, così ripartito:
§ 17 milioni di euro per il comune dell’Aquila;
§ 2,5 milioni di euro per gli altri comuni del cratere;
§ 1,5 milioni di euro per la provincia dell’Aquila.
La norma in esame è analoga a quelle disposte per gli esercizi precedenti dall’art. 23, comma 12-septies, del D.L. n. 95/2012 (per l’esercizio 2012); dall’art. 1, comma 289, della L. n. 228/2012 (per il 2013) e dal comma 350 dell’art. 1 della L. 147/2013 (per il 2014). L’unica differenza rispetto agli esercizi precedenti è che nel comma in esame non compare, tra le finalità, quella di garantire la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Alla copertura degli oneri citati si provvede, ai sensi del comma 447, a valere sulle risorse del “Fondo per interventi strutturali di politica economica” (istituito dall’art. 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004).
Esenzione dalla TASI
Il comma 448 prevede l’esenzione dal pagamento della TASI per i fabbricati, ubicati nelle zone colpite dal sisma del 6 aprile 2009, distrutti o oggetto di ordinanze sindacali di sgombero in quanto inagibili totalmente o parzialmente. L’esenzione, decorrente dal 2015, opera fino alla definitiva ricostruzione ed agibilità dei fabbricati stessi.
Alla copertura degli oneri citati, pari a 500.000 euro a decorrere dal 2015, si provvede, ai sensi del comma 449, a valere sulle risorse del “Fondo per interventi strutturali di politica economica” (istituito dall’art. 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004).
Articolo 1,
comma 450
(Incentivi alle unioni e fusioni di
comuni)
450. Al fine di promuovere la razionalizzazione e il contenimento della
spesa degli enti locali attraverso processi di aggregazione e di gestione associata:
a) ai comuni istituiti a seguito di fusione che abbiano un rapporto tra
spesa di personale e spesa corrente inferiore al 30 per cento, fermi restando
il divieto di superamento della somma delle spese di personale sostenute dai
singoli enti nell'anno precedente alla fusione e il rispetto del limite di
spesa complessivo definito a legislazione vigente e comunque nella salvaguardia
degli equilibri di bilancio, non si applicano, nei primi cinque anni dalla
fusione, specifici vincoli e limitazioni relativi alle facoltà assunzionali e
ai rapporti di lavoro a tempo determinato;
b) dopo il comma 31-quater dell'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,
è inserito il seguente:
«31-quinquies. Nell'ambito dei processi associativi di cui ai commi 28 e
seguenti, le spese di personale e le facoltà assunzionali sono considerate in
maniera cumulata fra gli enti coinvolti, garantendo forme di compensazione fra
gli stessi, fermi restando i vincoli previsti dalle vigenti disposizioni e
l'invarianza della spesa complessivamente considerata»;
c) il contributo di 5 milioni di euro previsto dall'articolo 2, comma 1,
del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla
legge 13 dicembre 2013, n. 137, ad incremento del contributo spettante ai
comuni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n.
388, e successive modificazioni, deve intendersi attribuito alle unioni di
comuni per l'esercizio associato delle funzioni.
Il comma 450 introduce disposizioni in favore delle unioni e fusioni di comuni, volte a limitare, in particolare, l’applicazione a tali enti dei vincoli in tema di spese di personale e di facoltà di assunzioni di personale, stabiliti per gli enti locali dalla normativa vigente.
In particolare, il comma prevede che:
a) ai comuni istituiti a seguito di fusioni che abbiano un rapporto della spesa personale sulla spesa corrente inferiore al 30 per cento non si applicano, nei primi 5 anni dalla fusione, i vincoli stabiliti dalla normativa vigente per le assunzioni mediante contratti a tempo determinato, fermo restando il limite della spesa complessiva per il personale sostenuta dai singoli enti nell’anno precedente la fusione, ed i vincoli generali sull’equilibrio dei bilanci (lettera a);
b) per i comuni che esercitano in forma associata le proprie funzioni fondamentali, ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010 – vale a dire mediante unione ovvero mediante convenzione –, le spese di personale e le facoltà di assunzione sono considerate “in maniera cumulata” tra i comuni medesimi mediante “forme di compensazione” tra gli stessi, nel rispetto dei vincoli previsti dalle vigenti disposizioni e dell’invarianza della spesa complessiva (lettera b).
La lettera c) del comma è volta a precisare che il contributo di 5 milioni autorizzato per l’anno 2013 dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 120/2013 “ad incremento del contributo spettante ai comuni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388”, deve intendersi attribuito alle unioni di comuni per l’esercizio associato delle funzioni.
Si ricorda l’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 120/2013 dispone, per l'anno 2013, una integrazione della quota spettante a ciascun comune del Fondo di solidarietà comunale - istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 380, lettera b), della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) - per un importo complessivo di 125 milioni di euro, di cui 5 milioni destinati ad incrementare, per l'anno 2013, il “contributo spettante ai comuni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388” (legge finanziaria per il 2011).
Poiché tale disposizione dispone l’incremento di una serie di contributi in favore degli enti locali[70], la norma in commento è volta a precisare che i 5 milioni di euro di cui al D.L. n. 120/2012 sono ad incremento, per l'anno 2013, del contributo spettante alle unioni di comuni, ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge n. 388/2000.
Le risorse stanziate per le unioni di comuni
sono allocate sul capitolo 1316
(Fondo ordinario) dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno.
Si tratta, in particolare, delle risorse previste dall’articolo 1,
comma 164, della legge n. 662/1996 (legge
finanziaria per il 1997), per un importo pari a circa 1,5 milioni di euro a decorrere dal 1997, destinato ad incentivare sia la fusione che le unioni di
comuni[71] e
dall’articolo 53, comma 10, della legge n. 388 del 2000, per un ammontare di circa 10 milioni di euro a decorrere dal 2001.
Ad esse si aggiungono i 5
milioni autorizzati per l’anno 2013
dall’articolo 2, comma 1, del D.L. n. 120/2013, nonché quelle stanziate, più
di recente, per il triennio 2014, 2015 e 2016 dalla legge di stabilità per il 2014 (art. 1, comma 730, legge n. 147/2013),
la quale, al fine di incentivare il processo di riordino e semplificazione
degli enti territoriali, ha disposto la destinazione di una quota parte del
fondo di solidarietà comunale non inferiore a 30 milioni di euro ad incremento del contributo spettante alle
unioni di comuni ai sensi dell'articolo
53, comma 10, della legge n. 388/2000.
Articolo 1,
comma 451
(Estensione al 2018 del contributo alla riduzione della spesa pubblica richiesto a province, città metropolitane e comuni
dal D.L. n. 66/2014)
451. All'articolo 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «e 2017» sono sostituite dalle seguenti: «,
2017 e 2018»;
b) ai commi 2, 8 e 9, le parole: «al 2017» sono sostituite, ovunque
ricorrono, dalle seguenti: «al 2018».
Il comma 451 estende all’anno 2018 il contributo alla finanza pubblica richiesto alle province e le città metropolitane nonché ai comuni dall’articolo 47 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, in termini di risparmi da conseguire su determinate tipologie di spesa corrente negli anni 2014-2017.
In particolare, la novella apportata alla citata normativa determina:
§ per le province e le città metropolitane, un ulteriore contributo alla finanza pubblica nell’importo di 585,7 milioni per il 2018;
§ per i comuni, un ulteriore contributo pari a 563,4 milioni per il 2018.
Si ricorda che l’articolo 47, comma 1, del D.L. n. 66/2014 disponeva, nel testo previgente, che le province e le città metropolitane dovessero assicurare un contributo alla finanza pubblica negli anni dal 2014 al 2017, pari a:
§ 444,5 milioni per il 2014;
§ 576,7 milioni per il 2015;
§ 585,7 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Nel definire tale contributo, il comma 2 indica espressamente le fonti di spesa che devono essere poste in riduzione, con riferimento alle misure di razionalizzazione della spesa pubblica complessivamente disposte dal medesimo D.L. n. 66/2014:
Riduzioni spese |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Costi province
e città metropolitane, in ragione del venir
meno dell'elettività diretta dei consigli provinciali e dalla gratuità degli
organi di città metropolitane e province (art. 19, D.L. n. 66/2014) |
100,0 |
60,0 |
69,0 |
69,0 |
Beni e servizi
(art. 8, D.L. n. 66/2014) |
340,0 |
510,0 |
510,0 |
510,0 |
Autovetture
(art. 15, D.L. n. 66/2014) |
0,7 |
1,0 |
1,0 |
1,0 |
Consulenze e
studi servizi (art. 14, D.L. n. 66/2014) |
3,8 |
5,7 |
5,7 |
5,7 |
TOTALE |
444,5 |
576,7 |
585,7 |
585,7 |
Tali risparmi, da versare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, sono operati sulla base di una serie di criteri, ivi indicati:
§ la riduzione della spesa per beni e servizi è operata proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al D.L. n. 66;
§ la riduzione della spesa per autovetture è operata in proporzione al numero di autovetture di ciascuna provincia e città metropolitana comunicato annualmente al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica;
§ la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.
Gli importi e i criteri individuati dal comma 2 possono essere modificati per ciascuna provincia e città metropolitana - entro il 30 giugno per l’anno 2014 ed entro il 31 gennaio per gli anni successivi - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, purché a invarianza di riduzione complessiva. Le province e le città metropolitane possono comunque rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, purché si conseguano risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione del comma 2.
I commi da 8 a 13 dell’articolo 47 recano analoghe disposizioni relativamente ai comuni, i quali sono tenuti ad assicurare un contributo alla finanza pubblica pari a:
§ 375,6 milioni per il 2014;
§ 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.
Ai fini del complessivo recupero dei risparmi, viene corrispondentemente ridotto il fondo di solidarietà comunale.
Il comma 8 indica le seguenti fonti di spesa che vengono complessivamente poste in riduzione:
Riduzioni spese |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Beni e servizi
(art. 8, D.L. n. 66/2014) |
360,0 |
540,0 |
540,0 |
540,0 |
Autovetture
(art. 15, D.L. n. 66/2014) |
1,6 |
2,4 |
2,4 |
2,4 |
Consulenze e
studi servizi (art. 14, D.L. n. 66/2014) |
14,0 |
21,0 |
21,0 |
21,0 |
TOTALE |
375,6 |
563,4 |
563,4 |
563,4 |
Le riduzioni di spesa da conseguire da ciascun comune sono individuate con apposito decreto del Ministro dell’interno, sulla base dei seguenti criteri:
§ la riduzione della spesa per beni e servizi dei comuni è operata proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell’ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE individuati nella tabella A allegata al D.L. n. 66. Gli importi delle riduzioni di spesa a carico dei singoli comuni possono essere incrementati e/o diminuiti, nella misura del 5%, tenendo conto dei tempi medi registrati dall’ente nei pagamenti relativi a transazioni commerciali, nell’ultimo anno - se superiori ovvero inferiori a 90 giorni, rispetto a quanto previsto, in via ordinaria, dal D.Lgs. n. 231/2002 (30 giorni) – e di un ulteriore 5% in relazione al valore mediano del ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.a. o da altri soggetti aggregatori. I comuni sono pertanto tenuti a trasmettere al Ministero dell’interno una certificazione sottoscritta dal rappresentante legale, dal responsabile finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria, attestante sia il tempo medio dei pagamenti effettuati nell’anno precedente che il valore degli acquisti di beni e servizi sostenuti nell’anno precedente, evidenziando quelli effettuati mediante ricorso agli strumenti messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionale;
§ riduzione della spesa per autovetture dei comuni è operata in proporzione al numero di autovetture possedute da ciascun comune comunicato annualmente al Ministero dell'interno dal Dipartimento della Funzione Pubblica;
§ la riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa è operata in proporzione alla spesa per consulenze comunicata al Ministero dell’interno dal Dipartimento della funzione pubblica.
Anche per i comuni è prevista la possibilità che gli importi e i criteri individuati dal comma 9 possano essere modificati per ciascun comune - entro il 30 giugno per l’anno 2014 ed entro il 31 gennaio per gli anni successivi - dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali[72], purché a invarianza di riduzione complessiva. I comuni possono comunque rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, purché si conseguano risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione del comma 9.
Per l’anno 2014, il contributo alla finanza pubblica imposto dall’articolo 47 del D.L. n. 66/2014 è stato ripartito tra i singoli comuni con il D.M. Interno 4 settembre 2014, sulla base dei criteri contenuti nella proposta formulata dall'A.N.C.I., ed approvata dalla Conferenza Stato città nella seduta del 5 agosto 2014 e recepiti nel citato decreto di riparto.
Per le province e le città metropolitane, il contributo alla finanza pubblica è stato ripartito tra i singoli enti con 4 decreti del Ministro dell’interno (D.M. 16 settembre 2014 per la riduzione dei costi della politica e tre D.M. del 10 ottobre 2014, per le tre ulteriori tipologie di spesa), secondo i criteri del comma 2 del medesimo art. 47 del D.L. n. 66/2014.
Articolo 1,
commi 452-458
(Pagamento dei debiti pregressi della
regione Piemonte)
452. In considerazione dell'eccezionale situazione di squilibrio
finanziario della regione Piemonte, che non ha consentito di attingere a tutte
le risorse dell'anticipazione di liquidità assegnate alla regione, al fine di
evitare il ritardo dei pagamenti dei debiti pregressi, con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, il presidente della regione Piemonte è
nominato, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, Commissario
straordinario del Governo per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi
della regione.
453. È autorizzata l'apertura di un'apposita contabilità speciale.
454. La gestione commissariale della regione Piemonte di cui al comma
452 assume, con bilancio separato rispetto a quello della regione:
a) i debiti commerciali certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2013
della regione, compresi i residui perenti non reiscritti in bilancio, per un
importo non superiore a quello delle risorse assegnate alla regione Piemonte a
valere sul Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi,
liquidi ed esigibili di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile
2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e
successive modificazioni, destinati ad essere pagati a valere sulle risorse
ancora non erogate previste, distintamente per la parte sanitaria e per quella
non sanitaria, delle predette anticipazioni;
b) il debito contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni di
liquidità già contratte ai sensi del richiamato articolo 2 del decreto-legge n.
35 del 2013. La medesima gestione commissariale puo assumere, con il bilancio
separato rispetto a quello della regione, anche il debito contratto dalla
regione Piemonte per le anticipazioni di liquidità già contratte ai sensi del
richiamato articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013.
455. Al fine di consentire il tempestivo pagamento dei debiti pregressi
posti a carico della gestione commissariale, il Commissario straordinario del
Governo di cui al comma 452 è autorizzato a contrarre le anticipazioni di
liquidità assegnate alla regione non ancora erogate, con ammortamento a carico
della gestione commissariale, nel rispetto di tutte le condizioni previste
dagli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni.
456. In considerazione degli effetti positivi sul proprio disavanzo,
derivante dal trasferimento dei debiti di cui al comma 454, nel titolo primo
della spesa del bilancio della regione Piemonte è costituito un fondo, allocato
su un apposito capitolo di spesa del bilancio gestionale, con una dotazione
annua di 56 milioni di euro per l'anno 2015 e di 126 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2016 e fino all'esercizio 2045 per il concorso agli oneri assunti
dalla gestione commissariale. In caso di acquisizione anche del debito
contratto dalla regione Piemonte per le anticipazioni di liquidità già
contratte ai sensi del citato articolo 3 del decreto-legge n. 35 del 2013, il
suddetto fondo è incrementato di 95 milioni di euro per l'anno 2015 e di 96,5
milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 e fino all'esercizio 2045. Per fare
fronte a tale onere il Commissario straordinario del Governo di cui al comma
452 provvede alle necessarie variazioni in aumento delle aliquote fiscali.
457. Il Commissario straordinario del Governo di cui al 452 trasmette al
Governo la rendicontazione della gestione trimestralmente e al termine della medesima.
Lo stesso Commissario invia al Ministero dell'economia e delle finanze la
comunicazione dei flussi di pagamento previsti per ogni trimestre successivo al
periodo in corso.
458. La gestione commissariale di cui al comma 452 termina quando
risultino pagati tutti i debiti posti a suo carico ai sensi della lettera a)
del comma 454. Alla chiusura della gestione commissariale il bilancio dello
Stato subentra nei rapporti attivi nei confronti della regione Piemonte
derivanti dall'applicazione del comma 456, e sono consolidati i rapporti di
debito e credito concernenti l'ammortamento dell'anticipazione di liquidità. In
caso di mancato versamento al bilancio dello Stato del contributo di cui al
comma 456, si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero di dette
somme a valere sulle giacenze della regione inadempiente depositate nei conti
aperti presso la tesoreria statale.
I commi da 452 a 458 intervengono sulla situazione di criticità finanziaria della Regione Piemonte mediante l’istituzione di un Commissario straordinario del Governo per il tempestivo pagamento dei debiti pregressi della regione, (“senza maggiori oneri per la finanza pubblica” come precisa il comma 452) e la contestuale apertura di una apposita contabilità speciale.
In ordine a tale situazione rileva la delibera della Corte dei conti (n.237 del 10 ottobre 2014) di parifica solo parziale del rendiconto 2013 della Regione[73], con contestuale impugnazione[74] presso la Corte costituzionale delle leggi regionali n. 16 e 19 del 2013, con le quali la regione medesima ha utilizzato, come fonti di finanziamento del pregresso disavanzo d’amministrazione e di alcune nuove spese in materia sanitaria, le risorse messe a disposizione dallo Stato: risorse attivate con quattro specifici contratti intercorsi con il Ministero dell’economia, per il pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche ai sensi del decreto-legge n.35/2015, ed ammontanti complessivamente a circa 2,55 miliardi.
Si dispone pertanto (commi da 452-454), oltre alla istituzione dell’organo straordinario, che lo stesso assuma, con bilancio separato da quello regionale:
a) i debiti commerciali della regione al 31 dicembre 2013, destinati ad essere pagati con le risorse ancora non erogate, per un importo non superiore alle risorse assegnate alla regione medesima a valere sul "Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili", istituito dall'articolo 1, comma 10 del suddetto decreto-legge n. 35 per il pagamento dei debiti delle regioni (articolo 2) e degli enti del Servizio sanitario nazionale (articolo 3);
b) il debito contratto per l’acquisizione, nei confronti del bilancio statale, delle anticipazioni di liquidità per far fronte ai pagamenti dei debiti di cui sopra, diversi da quelli sanitari, nonché, eventualmente, anche quello contratto per il pagamento dei debiti sanitari.
Per procedere al pagamento dei debiti in tal modo posti a carico della gestione il Commissario straordinario viene quindi autorizzato (comma 455) a contrarre – con ammortamento sulla gestione medesima - le anticipazioni di liquidità già assegnate alla regione dallo Stato ma non ancora erogate (a seguito, presumibilmente, dell’intervento del giudice contabile sopra richiamato).
Per il concorso agli oneri della gestione la Regione costituisce un apposito fondo di spesa corrente (comma 456) dotato di 56 milioni nel 2015 e di 126 milioni annui dal 2016 al 2045. Secondo quanto desumibile dalla formulazione del primo periodo del comma 456 in commento[75], le relative risorse derivano dagli effetti positivi sul disavanzo regionale derivanti dal trasferimento dei debiti alla gestione commissariale.
In caso di assunzione anche dei debiti sanitari, tale fondo è incrementato di 95 milioni nel 2015 e di 96,5 milioni annui dal 2016 al 2045. Per far fronte al pagamento degli oneri derivanti dall’incremento medesimo, il Commissario dovrà operare mediante variazione in aumento delle aliquote fiscali regionali.
La gestione termina quando risultano pagati tutti i debiti commerciali, anche sanitari. Alla chiusura della gestione il bilancio dello Stato (sul quale gravano le anticipazioni concesse al Commissario ai sensi del comma 455) subentra nei rapporti attivi nei confronti della regione Piemonte per quanto concerne la destinazione delle risorse dei fondi dalla stessa istituiti per il concorso agli oneri dei contratti attivati dall’organo straordinario. Il subentro avviene, presumibilmente, a compensazione dell’ammortamento delle estinzioni di liquidità a carico del bilancio statale.
Le norme in esame operano in sostanza il trasferimento alla gestione commissariale delle attività concernenti il pagamento dei debiti commerciali e l'attivazione delle anticipazioni di liquidità, che la regione Piemonte avrebbe dovuto svolgere a carico del proprio bilancio. Alla chiusura della gestione commissariale, gli effetti negativi derivanti per il Tesoro dall'ammortamento delle estinzioni di liquidità, sono compensati dal contributo che la Regione è tenuta a versare allo Stato, quantificato – come precisa la relazione tecnica - in modo da compensare il venir meno delle entrate derivanti dalle rate di ammortamento.
Si
dispone inoltre che in caso di mancato
versamento al bilancio medesimo del contributo regionale, si procederà
entro i successivi 60 giorni al recupero
del contributo medesimo sulle giacenze in tesoreria della regione (commi 457-458).
Articolo 1,
comma 459
(Quota di riparto del Fondo di
solidarietà comunale in base
a fabbisogni standard e capacità fiscali)
459. All'articolo 1, comma 380-quater, della legge 24 dicembre 2012, n.
228, e successive modificazioni, le parole: «il 10 per cento» sono sostituite
dalle seguenti: «il 20 per cento».
Il comma 459 aumenta dal 10 al 20 per
cento la quota del fondo di solidarietà comunale che deve
essere accantonata per essere redistribuita
tra i comuni delle regioni a statuto ordinario sulla base delle capacità fiscali nonché dei fabbisogni standard.
Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è disciplinato dall’articolo 1, commi 380-380-quinquies, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) - come integrati dall’articolo 1, comma 703, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147/2013) - che ha istituito il Fondo nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365), in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta con la legge medesima.
Nella legge di bilancio per gli anni 2015-2017 (legge n. 191/2014 e relativo
D.M. 29 dicembre 2014 di ripartizione in capitoli dei programmi di spesa), il
Fondo (cap. 1365/Interno) presenta una dotazione pari a 4.525,9 milioni di euro per il 2015,
di 4.526,1 milioni per il 2016 e di
4.586,1 milioni per il 2017.
Quanto alle modalità di ripartizione, la lettera b) del comma 380-ter, integrato dall’articolo 14 del D.L. n. 16/2014, rinvia la definizione dei criteri di formazione e di riparto del Fondo di solidarietà comunale ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanarsi - su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali - entro il 30 aprile 2014 per l’anno 2014 ed entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2015 e successivi[76]. Il comma 380-quater prevede, peraltro, che, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, quota parte dell’importo attribuito a titolo di Fondo di solidarietà sia accantonato per essere redistribuito, con il medesimo D.P.C.M. di riparto, tra i comuni medesimi sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard.
La norma in esame interviene sul comma 380-quater della legge di stabilità 2013 innanzando al 20 per cento (in luogo del 10 per cento prima previsto) la quota del Fondo di solidarietà che deve essere redistribuire tra i comuni sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF).
Si rileva peraltro,
che secondo quanto previsto dal comma 380-quater,
le modalità e i criteri di attuazione di tale disposizione avrebbero dovuto
essere stabiliti mediante intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie
locali, da adottare entro il 15 aprile 2014. Tale intesa non risulta al momento ancora raggiunta.
Per quanto concerne i fabbisogni standard[77], si sottolinea che questi sono stati approvati dalla COPAFF nel corso del 2012.
La prima fase del processo di determinazione dei fabbisogni standard per la valutazione di comuni, unioni di comuni e province, iniziato nel 2011, si è concluso nel corso del 2013. Nel biennio 2011-2012, le funzioni per le quali sono stati individuati i fabbisogni standard dei comuni sono quelle di “Polizia Locale” e quelle “Generali di amministrazione, di gestione e di controllo” (pari al 35% della spesa corrente totale delle funzioni fondamentali dei Comuni), mentre per le province le funzioni oggetto di standardizzazione sono state quelle nel “Campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro” e quelle “Generali di amministrazione, di gestione e di controllo” (pari al 35% della spesa corrente totale delle funzioni fondamentali delle province).
Alla data attuale risultano emanati due soli D.P.C.M. relativi alla adozione della nota metodologica e del fabbisogno standard relativamente alle funzioni di polizia locale e a quelle generali di amministrazione, di gestione e di controllo per i comuni; sono in attesa di pubblicazione sulla G.U. i D.P.C.M. recanti le note metodologiche e fabbisogni standard relativi alle altre funzioni, sul cui relativo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Atto n. 120) è stato acquisito il parere favorevole della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale in data 18 dicembre 2014, come espone la seguente tabella:
FABBISOGNI
STANDARD COMUNI
Funzione |
Denominazione |
Copaff |
C.d.M. preliminare |
Comm. Bicamerale |
D.P.C.M |
Polizia locale |
Polizia locale FC02U |
28.6.2012 |
4.10.2012 |
14.11.2012 |
D.P.C.M. 21.12.2012 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Ufficio tributi FC01A |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Ufficio tecnico FC01B |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Anagrafe, stato civile,
ecc. FC01C |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Amministrazione, gestione
e controllo |
Servizi generali FC01D |
20.12.2012 |
18.4.2013 |
23.1.2014 |
D.P.C.M. 23.7.2014 |
Istruzione
pubblica |
Istruzione pubblica FC03U |
23.12.2012 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Viabilità
e trasporti |
Viabilità |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Viabilità
e trasporti |
Trasporto pubblico locale |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Gestione
del territorio e ambiente |
Territorio |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Gestione
del territorio e ambiente |
Rifiuti |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Settore sociale |
Servizi sociali FC06A |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Settore sociale |
Asili nido |
23.12.2013 |
23.7.2014 |
18.12.2014 |
|
Per quanto concerne l’individuazione delle capacità fiscali, si segnala che l’articolo 43, comma 5-quater, D.L. n. 133 del 2014 disciplina il procedimento per l'adozione della nota metodologica riferita alla procedura di calcolo delle capacità fiscali per i singoli comuni delle regioni a statuto ordinario, da adottarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (da pubblicare in Gazzetta Ufficiale), previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da trasmettere alle Camere per l’espressione del parere da parte della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per materia.
L’intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali sullo schema di decreto concernente l’adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo delle capacità fiscali dei comuni è stata raggiunta in data 16 dicembre 2014. Sulla base di tale intesa è stato predisposto uno schema di decreto ministeriale del MEF recante la Nota metodologica sulla procedura di calcolo delle capacità fiscali per i comuni delle regioni a statuto ordinario, trasmesso alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari (Atto del Governo n.140).
Articolo 1,
commi 460-466 e 468-478
(Pareggio di bilancio per le regioni a
statuto ordinario)
460. L'articolo 1, commi da
448 a 466, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni, e
tutte le norme concernenti la disciplina del patto di stabilità interno cessano
di avere applicazione per le regioni a statuto ordinario, con riferimento agli
esercizi 2015 e successivi, ferma restando l'applicazione, nell'esercizio 2015,
delle sanzioni nel caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nel
2014.
461. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, le
regioni a statuto ordinario concorrono alla realizzazione degli obiettivi di
finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 460 a 483,
che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica
ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della
Costituzione.
462. L'articolo 4 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, è abrogato.
463. Ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica,
le regioni a statuto ordinario devono conseguire, a decorrere dall'anno 2016
nella fase di previsione e a decorrere dal 2015 in sede di rendiconto:
a) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le
entrate finali e le spese finali;
b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le
entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate
di ammortamento dei prestiti, come definito dall'articolo 40, comma 1, del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, escluso l'utilizzo del risultato di
amministrazione di parte corrente, del fondo di cassa, il recupero del
disavanzo di amministrazione e il rimborso anticipato dei prestiti. Nel 2015,
per le regioni che non hanno partecipato alla sperimentazione, l'equilibrio di
parte corrente è dato dalla differenza tra le entrate correnti e le spese
correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento, con
l'esclusione dei rimborsi anticipati.
464. Ai fini dell'applicazione del comma 463 del presente articolo, le
entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di
bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese
finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di
bilancio. Nel 2015, per le regioni che non hanno partecipato alla
sperimentazione prevista dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, ai
fini dell'applicazione del comma 463 del presente articolo, le entrate finali
sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3 e 4 del bilancio e le spese finali
sono quelle ascrivibili ai titoli 1 e 2 dello schema di bilancio adottato nel
corso di tale esercizio con funzione autorizzatoria e di rendicontazione. Ai
fini dei saldi di cui al comma 463 del presente articolo, rilevano:
a) in termini di cassa, l'anticipazione erogata dalla tesoreria statale
nel corso dell'esercizio per il finanziamento della sanità registrata
nell'apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni
contabili imputate contabilmente al medesimo esercizio;
b) in termini di competenza, gli stanziamenti del fondo crediti di
dubbia esigibilità;
c) in termini di competenza, il saldo tra il fondo pluriennale di
entrata e di spesa, escluso l'esercizio 2015, per il quale si fa riferimento al
comma 465;
d) in termini di cassa, il saldo tra il fondo di cassa della gestione
sanitaria accentrata al 1º gennaio e il medesimo fondo di cassa al 31 dicembre.
465. Per l'anno 2015, per gli equilibri di cui al comma 463 rilevano,
nel limite complessivo di 2.005 milioni di euro:
1) ai fini degli equilibri di cassa, gli utilizzi del fondo di cassa al
1º gennaio 2015 tenendo anche conto delle entrate rivenienti dall'applicazione
dell'articolo 20, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
625;
2) ai fini degli equilibri di competenza, gli utilizzi delle quote
vincolate del risultato di amministrazione al 1º gennaio 2015;
3) ai fini degli equilibri di competenza, il saldo tra il fondo
pluriennale vincolato iscritto in entrata e in spesa;
4) ai fini degli equilibri di competenza, gli utilizzi della quota
libera del risultato di amministrazione accantonata per le reiscrizioni dei
residui perenti;
5) ai fini degli equilibri di cassa, gli incassi per accensione di
prestiti riguardanti i debiti autorizzati e non contratti negli esercizi
precedenti.
L'importo complessivo delle voci rilevanti ai fini degli equilibri di
cui al presente comma che ciascuna regione può considerare ai fini degli
equilibri di cui al comma 463 è determinato dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
entro il 31 gennaio 2015, nei limiti del fondo di cassa al 1º gennaio 2015,
della quota vincolata del risultato di amministrazione e della quota libera del
risultato di amministrazione accantonata per i residui perenti di ciascuna
regione, e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. In
caso di mancata deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il decreto di
cui al periodo precedente è emanato entro il 28 febbraio 2015 e il riparto è
determinato in proporzione sul complesso:
a) del fondo di cassa al 1º gennaio 2015 risultante dal prospetto delle
disponibilità liquide trasmesso alla banca dati del Sistema informativo delle
operazioni degli enti pubblici (SIOPE);
b) della quota libera del risultato di amministrazione presunto al 31
dicembre 2014 accantonata per i residui perenti;
c) dell'utilizzo della quota vincolata del risultato di amministrazione
al 31 dicembre 2014 prevista nel bilancio di previsione relativo all'esercizio
2015 di ciascuna regione.
I dati di cui alla lettera a) sono quelli rilevabili dal SIOPE alla data
del 15 febbraio 2015. I dati di cui alle lettere b) e c) sono trasmessi al
Ministero dell'economia e delle finanze --- Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato, entro il termine perentorio del 10 febbraio 2015,
attraverso il prospetto di cui all'allegato a) dello schema del bilancio di
previsione armonizzato, adottato con funzioni conoscitive in attuazione del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, aggiornato sulla base dei dati di preconsuntivo
alla data del 31 gennaio 2015. Per le regioni che non trasmettono tale
allegato, o per le quali non è disponibile il prospetto del SIOPE delle
disponibilità liquide al 31 dicembre 2015, ai fini del riparto, gli importi di
cui alle lettere a), b) e c) non disponibili sono considerati di importo pari a
zero.
466. Per l'anno 2015, nei saldi individuati ai sensi del comma 463 non
rilevano:
1) nel saldo di cassa di cui alla lettera a) del comma 463, per un
importo complessivo di 60 milioni di euro, i pagamenti relativi a debiti in
conto capitale delle regioni non estinti alla data del 31 dicembre 2013. I
suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti in conto capitale:
a) certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013;
b) per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di
pagamento entro il 31 dicembre 2013;
c) riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013 ovvero che presentavano i
requisiti per il riconoscimento di legittimità entro la medesima data. In tal
caso, ai fini dei saldi di cui al comma 463, non rilevano gli impegni assunti
per consentire il pagamento del debito.
Con riferimento alla lettera a), rilevano ai fini della predetta
esclusione solo i debiti presenti nella piattaforma elettronica per la
certificazione di crediti connessi a spese ascrivibili ai codici gestionali del
SIOPE da 2101 a 2138, escluse le spese concernenti la sanità. Ai fini della
distribuzione dell'esclusione tra le singole regioni, le medesime comunicano al
Ministero dell'economia e delle finanze, mediante il sito web
«http://certificazionecrediti.mef.gov.it» del Dipartimento della Ragioneria
generale dello Stato, entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015, gli
spazi finanziari di cui necessitano per sostenere nel 2015 i pagamenti di cui
al periodo precedente. Ai fini del riparto, si considerano solo le
comunicazioni pervenute entro il predetto termine. Con decreto del Ministero
dell'economia e delle finanze, sulla base delle predette comunicazioni, entro
il 15 marzo 2015 sono individuati per ciascuna regione, su base proporzionale,
gli importi dei pagamenti da escludere dal saldo di cassa di cui al comma 463;
2) nei saldi di competenza e di cassa, le riscossioni dei crediti e le
concessioni di crediti;
3) nei saldi di competenza e di cassa, le risorse provenienti
direttamente o indirettamente dall'Unione europea e le relative spese di parte
corrente e in conto capitale. L'esclusione non opera per le spese connesse ai
cofinanziamenti statali e regionali.
468. Non si applicano le disposizioni che individuano esclusioni di
entrate o di uscite dai saldi finanziari individuati ai sensi del comma 463 non
previste dai commi da 460 a 483, salvo quanto disposto dal comma 145, primo
periodo.
469. A decorrere dall'anno 2016, il bilancio di previsione delle regioni
deve essere approvato iscrivendo le previsioni di entrata e di spesa in misura
tale che sia garantito il rispetto delle regole di cui ai commi da 460 a 483. A
tale fine, le regioni sono tenute ad allegare al bilancio di previsione un
apposito prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa che
verificano il rispetto dei saldi di cui al comma 463.
470. Per il monitoraggio degli adempimenti relativi a quanto disposto
dai commi da 460 a 483 e per l'acquisizione di elementi informativi utili per la
finanza pubblica anche relativamente alla loro situazione debitoria, le regioni
trasmettono trimestralmente al Ministero dell'economia e delle finanze ---
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro trenta giorni dalla
fine del periodo di riferimento, utilizzando il sistema web appositamente
previsto, le informazioni riguardanti le entrate e le spese in termini di
competenza e di cassa, attraverso un prospetto e con le modalità definiti con
decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche
al fine di evidenziare il rispetto degli equilibri di cassa della gestione
sanitaria accentrata distintamente da quelli della gestione ordinaria. Con
riferimento al primo trimestre, il prospetto è trasmesso entro trenta giorni
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al
periodo precedente.
471. Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi di saldo, le
regioni trasmettono, utilizzando il sistema web appositamente previsto, entro
il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di
riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze --- Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato, una certificazione dei risultati conseguiti,
firmata digitalmente, ai sensi dell'articolo 24 del codice dell'amministrazione
digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dal rappresentante
legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione
economico-finanziaria, secondo un prospetto e con le modalità definiti dal
decreto di cui al comma 470 del presente articolo. La trasmissione per via
telematica della certificazione ha valore giuridico ai sensi dell'articolo 45,
comma 1, del citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e
successive modificazioni. La mancata trasmissione della certificazione entro il
termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all'obbligo del
pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo,
attesti il conseguimento degli obiettivi di saldo, si applicano le sole
disposizioni di cui al comma 474, lettera d), del presente articolo.
472. Decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del
rendiconto di gestione, la regione è tenuta a inviare una nuova certificazione,
a rettifica della precedente, se rileva, rispetto a quanto già certificato, un
peggioramento della propria situazione rispetto agli obiettivi di saldo di cui
al comma 463.
473. Qualora dal monitoraggio trimestrale di cui al comma 470 o
dall'analisi dei conti della tesoreria statale delle regioni a statuto
ordinario si registrino andamenti di spesa non coerenti con gli impegni assunti
con l'Unione europea, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, adotta adeguate misure di contenimento della
spesa e dei prelevamenti dai conti di tesoreria statale.
474. In caso di mancato conseguimento del pareggio per uno dei saldi di
cui al comma 463, la regione inadempiente, nell'anno successivo a quello
dell'inadempienza:
a) è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro sessanta
giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa
al rispetto del pareggio di bilancio, un terzo dell'importo corrispondente al
maggiore degli scostamenti registrati dai saldi di cui al comma 463 rispetto
all'obiettivo del pareggio e, nei due esercizi successivi, entro il 31 gennaio
di ciascun anno, i restanti due terzi equiripartiti. In caso di mancato
versamento si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero di detto
scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la
tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla
normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte della
regione, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria
statale sino a quando la certificazione non è acquisita. Nel caso in cui lo
scostamento registrato nell'esercizio 2015 dall'obiettivo di cassa di cui al
comma 463, lettera b), rispetto all'obiettivo del pareggio, risulti maggiore
dello scostamento registrato dagli altri saldi, il versamento di cui al primo
periodo è effettuato solo nel 2016, fino a un importo pari al 3 per cento degli
impegni correnti registrati nell'ultimo consuntivo disponibile;
b) non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità,
in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni
effettuati nell'ultimo triennio;
c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i
prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie e
finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati di
apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del
pareggio di bilancio per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o
l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al
collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;
d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con
qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai
processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto di stipulare
contratti di servizio che si configurino come elusivi della disposizione della
presente lettera;
e) è tenuta a rideterminare le indennità di funzione e i gettoni di
presenza del presidente e dei componenti della giunta con una riduzione del 30
per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2014. Tale
riduzione è applicata ai soggetti in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la
violazione delle regole di cui ai commi da 460 a 483.
475. Alle regioni per le quali la violazione delle regole di cui ai
commi da 460 a 483 sia accertata successivamente all'anno seguente a quello cui
la violazione si riferisce, le disposizioni di cui al comma 474 si applicano
nell'anno successivo a quello in cui è stato accertato il mancato conseguimento
dell'obiettivo del pareggio.
476. Le regioni di cui al comma 475 sono tenute a comunicare
l'inadempienza al Ministero dell'economia e delle finanze -- Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato entro trenta giorni dalla data
dell'accertamento della violazione.
477. I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle
regioni che si configurano come elusivi delle disposizioni dei commi da 460 a
483 sono nulli.
478. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze possono
essere aggiornati, ove intervengano modifiche legislative alla presente
disciplina, i termini riguardanti gli adempimenti delle regioni a statuto
ordinario relativi al monitoraggio e alla certificazione.
I commi da 460 a 478 – salvo il comma 467, che interessa le spese per l’edilizia scolastica, ed è quindi esposto in una separata scheda del presente dossier - introducono per le regioni a statuto ordinario una diversa modalità di contenimento della spesa pubblica, in luogo del patto di stabilità. Il nuovo obiettivo per ciascuna regione è il conseguimento del pareggio di bilancio, anziché l'osservanza del limite posto alle spese complessive (commi 460-462). Sono quindi stabilite le regole – vale a dire i saldi di riferimento - per il pareggio di bilancio (commi 463 e 464) e le specifiche voci di entrata e di spesa, nonché, in relazione all'esercizio 2015, gli specifici criteri da utilizzare per alcune voci contabili e l’individuazione di talune poste da escludere (commi 465-469). La nuova disciplina trova applicazione dal 2015, in modo completo per le regioni che hanno partecipato alla sperimentazione del nuovo sistema contabile recato dal D.Lgs. n. 118/2011, vale a dire a quelle regioni che già adottano per il 2015 i bilanci armonizzati, mentre si applica con alcuni specifici adattamenti per le restanti regioni.
Come nella precedente normativa sul contenimento della spesa, sono inoltre disciplinati il monitoraggio dei risultati e gli adempimenti delle regioni (commi 470-472, 478), nonché le sanzioni in caso di inosservanza del patto e le misure antielusive (commi 473-477).
Con riguardo al pareggio di bilancio, si tratta, com’è noto, del principio introdotto dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che, novellando gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., introduce il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio, cd. “pareggio di bilancio”, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo. Alla nuova disciplina è stato dato seguito nell’ordinamento mediante la legge 24 dicembre 2013, n. 243, recante, per l’appunto, disposizioni per l’attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio, ed i cui articoli da 9 a 12 disciplinano specificamente l’equilibrio di bilancio delle regioni (e degli enti locali), a decorrere dal 2016. Decorrenza che ora la disposizione in esame anticipa di un anno, vale a dire al 2015.
Il comma 460 dispone pertanto che a decorrere dall' esercizio 2015 cessano di avere applicazione per le regioni a statuto ordinario, le disposizioni contenute nei commi dal 448 al 466 dell'art. 1 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) e comunque tutte le altre disposizioni concernenti il patto di stabilità salvo quelle concernenti le sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nel 2014.
La legge n. 228/2012 disciplina i seguenti aspetti dal patto di stabilità:
§ le regole e la definizione degli obiettivi per le regioni a statuto ordinario (commi 449-451 e 468, 470);
§ le esclusioni di determinate categorie di spese dal computo finale (commi 452-453); l'elenco (non esaustivo) delle esclusioni dal totale delle spese finali considerate ai fini del patto è contenuta, invece, nel comma 4 dell'articolo 32 della legge di stabilità 2012;
§ le regole e la definizione degli obiettivi per le regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano (commi 454-459 e 469);
§ le regole per il monitoraggio degli adempimenti (commi 460, 461, 466, 467 e 471);
§ le sanzioni in caso di mancato rispetto del patto di stabilità e le misure antielusive (commi 462-465 e 472).
Di tale gruppo di norme restano pertanto esclusi dalla cessazione degli effetti, in coerenza con quanto stabilisce il comma 460 in esame, sia il comma 469, che concerne le autonomie speciali, che il comma 472, in materia di sanzioni[78].
Il comma 461 enuncia, come già nella vigente disciplina del patto, i principi in base ai quali le regioni a statuto ordinario al fine di garantire la tutela dell'unità economica della Repubblica devono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e ribadisce che le norme sulle modalità di tale concorso costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi e per le finalità di cui agli articoli 117 terzo comma e 119 della Costituzione.
Il comma 462 sopprime un adempimento posto a carico di quelle regioni a cui sono state assegnate anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti secondo le norme stabilite dal D.L. n. 35/2013, al fine di ottenere l'autorizzazione a sottoscrivere nuovi mutui; l'adempimento – osservanza del patto di stabilità e bilancio regionale in equilibrio strutturale, sottoposti ai tavoli di verifica – oltre che gravoso, non risulta più necessario alla luce della disciplina introdotta dalla norma in esame, che impone alle regioni il conseguimento del pareggio di bilancio come nuova modalità di controllo della spesa pubblica e che si ritiene garantisca che il bilancio regionale sia 'in equilibrio strutturale'.
In particolare, secondo quanto disposto dall'articolo 4 del suddetto decreto-legge, abrogato dalla norma in esame, le regioni che abbiano sottoscritto i contratti per ottenere anticipazioni di somme per il pagamento dei debiti (sia in relazione a debiti propri che in relazione ai debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale), sono tenute oltre che all'osservanza del patto di stabilità come già previsto nella legislazione vigente, alla verifica che il bilancio regionale presenti una situazione di equilibrio strutturale. Queste condizioni[79] sono necessarie per la sottoscrizione di mutui o prestiti a qualsiasi titolo e per qualsiasi finalità, come pure per prestare garanzie per la sottoscrizione di nuovi prestiti o mutui da parte di enti e società controllati o partecipati.
Il comma 463 definisce la nuova modalità di contenimento dei saldi di finanza pubblica per le regioni a statuto ordinario, sulla base di quanto dettato sul punto dall’ articolo 9 della legge n. 243/2012 il quale stabilisce che i bilanci di regioni, comuni, province, città metropolitane e province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano:
§ un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali (come peraltro previsto dal TUEL per gli enti locali);
§ un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.
In riferimento a tale disposizione, il comma in esame stabilisce che le regioni a decorrere dal 2015, in fase di rendiconto, e a decorrere dal 2016, in fase di previsione, devono conseguire il pareggio di bilancio - definito come “saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa” - sia considerando le entrate e le spese finali, sia considerando le entrate e le spese correnti.
Si tratta, va sottolineato, di una significativa modifica dell’attuale struttura delle regole di bilancio regionali, atteso che la disciplina del patto di stabilità interno per le regioni è stata finora basata sul controllo della spesa finale, introdotto nel 2002 e poi variamente articolato negli anni successivi; spesa, peraltro, da cui sono escluse alcune tipologie della stessa (ed in particolare quella per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, oggetto di una specifica regolamentazione), ora non più previste nella nuova disciplina.
Fino
all'esercizio 2010, infatti, a ciascuna regione è stato richiesto, per ciascun
esercizio finanziario, di ridurre di una determinata percentuale il complesso
delle spese finali (articolo 77-ter del D.L.112/2008 per gli esercizi
2009 e 2010). Poi, a partire dal 2011, (prima con la L. 220/2010, articolo 1,
commi da 125 a 150, e poi con la L. 138/2011, art. 32) il risparmio richiesto
alle regioni è sempre calcolato sul complesso delle spese finali (da questo
esercizio distinte in termini di competenza e di cassa) ma dovendo risultando
tale da coprire il taglio di risorse effettuato nell'ambito delle manovre
finanziarie di risanamento dei conti pubblici. Da ultimo la legge di stabilità
per il 2013 (L. 228/2012, art. 1, commi 448-472) hanno modificato le regole del
patto di stabilità per le regioni e le Province autonome al fine di inserire in
questa disciplina la nuova modalità di calcolo delle spese finali sottoposte al
vincolo del patto, definita competenza eurocompatibile.
Come sopra detto, inoltre, dal computo delle spese
finali, sono sempre state escluse alcune tipologie di spese, prime fra tutte –
quanto a consistenza - le spese per il finanziamento del Servizio sanitario
nazionale, in quanto sottoposte ad una disciplina specifica. Altre tipologie di
spese sono state escluse in quanto considerate come 'dovute', come nel caso
delle spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario
o quelle per la prosecuzione degli interventi di mitigazione del dissesto
idrogeologico. Il lungo elenco delle spese escluse dal computo ai fini del
patto di stabilità è contenuto nel comma 4 dell'articolo 32 della legge
183/2011 come più volte modificato e integrato.
Per quanto concerne in particolare l’equilibrio di parte corrente, questo è riferito, come prescrive il comma 463 in commento, alla differenza tra entrate e spese correnti, che includono anche le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti: va sottolineato come, in sostanza, ciò comporta che, poiché la quota in conto interessi è già inclusa nell’ambito delle spese correnti, tale equilibrio implica che le entrate correnti debbano assicurare risorse sufficienti per rimborsare i prestiti assunti. In ordine a tale equilibrio, lo stesso viene disciplinato in coerenza con quanto già prevede l’articolo 40, comma 1, del D.Lgs. n.118 del 2011[80] cui espressamente rinvia la lettera b) del comma 463 in esame.
Tale disposizione stabilisce che il bilancio di
previsione è deliberato in pareggio finanziario di competenza, comprensivo
dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di
amministrazione, garantendo un fondo di cassa finale non negativo. Inoltre, le
previsioni di competenza relative alle spese correnti, sommate alle previsioni
di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle
partite finanziarie, alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei
mutui e degli altri prestiti, con l'esclusione dei rimborsi anticipati, non possono
essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre
titoli dell'entrata, ai contributi destinati al rimborso dei prestiti e
all'utilizzo dell'avanzo di competenza di parte corrente, salvo le eccezioni
tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria
necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio ai
fini del rispetto del principio dell'integrità.
Ai fini dell’equilibrio di parte corrente sono esclusi:
§ l’utilizzo del risultato di amministrazione di parte corrente e del fondo di cassa;
§ il recupero del disavanzo di amministrazione;
§ il rimborso anticipato dei prestiti.
Viene altresì precisato al comma 463 che la nuova disciplina, costituendo la normativa a regime, per il 2015 si applica con alcune differenziazioni per le regioni che non hanno partecipato alla sperimentazione prevista dall’articolo 78 del D.Lgs. n. 118/2011. Per queste regioni l’ultimo periodo del comma specifica infatti che l’equilibrio di parte corrente è dato non dalle componenti stabilite nel primo periodo del comma, sopra illustrate, bensì “ dalla differenza tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento ed esclusi i rimborsi anticipati”.
Si rammenta che
il D.Lgs. n. 118, nel dettare la nuova disciplina contabile per regioni ed enti
locali, ha previsto – anche al fine di individuare per tempo eventuali
criticità del nuovo sistema prima della entrata a regime dello stesso - a
decorrere dal 2012 una fase di sperimentazione di tre anni. Le regioni che
hanno partecipato alla sperimentazione sono quattro: Lombardia, Basilicata,
Lazio e Campania.
In ordine alla implementazione del nuovo principio dell’equilibrio di bilancio, il comma 464 reca le necessarie indicazioni, disponendo che:
§ le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli da 1 a 5 dello schema di bilancio allegato al D.Lgs.118 (articolo 11, allegato 9), vale a dire entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa, trasferimenti correnti, entrate extratributarie, entrate in conto capitale ed, infine, entrate da riduzione di attività finanziarie. Quest’ ultimo titolo non va invece considerato per le regioni che non hanno partecipato alla sperimentazione;
§ le spese finali sono quelle previste ai titoli da 1 a 3 del medesimo schema, costituite dalla spese correnti, spese in conto capitale e spese per incremento di attività finanziarie. Tale ultimo titolo non rileva per le regioni non in sperimentazione.
Il medesimo comma stabilisce altresì che ai fini della determinazione dell’equilibrio di bilancio concorrono anche:
§ in termini di cassa, l’anticipazione erogata dalla tesoreria statale nel corso dell’esercizio per il finanziamento della sanità registrata nell’apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni contabili imputate contabilmente al medesimo esercizio;
§ in termini di competenza, gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità;
§ in termini di competenza, il saldo tra il fondo pluriennale di entrata e di spesa;
§ in termini di cassa, il saldo tra il fondo di cassa della gestione sanitaria accentrata al 1° gennaio e il medesimo fondo di cassa al 31 dicembre.
I commi 465 e 466 recano una serie di prescrizioni normative di dettaglio in ordine alle modalità di calcolo dei saldi di equilibrio previsti al comma 463.
In particolare il comma 465 stabilisce che alla determinazione di tali saldi concorrono anche le seguenti voci, nel limite massimo complessivo di 2.005 milioni[81] di euro:
§ ai fini degli equilibri di cassa, gli utilizzi del fondo di cassa al 1° gennaio 2015, tenendo anche conto delle royalty derivanti dalle concessioni di coltivazioni di idrocarburi in terraferma[82], nonché gli incassi per accensione di prestiti riguardanti i debiti autorizzati e non contratti negli esercizi precedenti;
§ ai fini degli equilibri di competenza: gli utilizzi delle quote vincolate del risultato di amministrazione al 1° gennaio 2015, tenendo anche conto delle entrate derivanti dall’applicazione; il saldo tra il fondo pluriennale vincolato iscritto in entrata e in spesa; gli utilizzi della quota libera del risultato di amministrazione accantonata per le reiscrizioni dei residui perenti.
La ripartizione di tale importo complessivo tra le singole regioni è attribuita alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, (e viene poi recepita con decreto del Ministro dell’economia) fermo restando che per ciascuna regione ciò avverrà nei limiti del fondo di cassa al 1° gennaio 2015, della quota vincolata del risultato di amministrazione e della quota libera del risultato di amministrazione accantonata per i residui perenti.
In caso di mancato accordo tra le regioni entro il 31 gennaio 2015, il riparto è determinato in proporzione sul complesso del fondo di cassa al 1° gennaio 2015, della quota libera del risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre 2014 accantonata per i residui perenti nonché dell’utilizzo della quota vincolata del risultato di amministrazione 31 dicembre 2014 prevista nel bilancio di previsione relativo all’esercizio 2015.
Per quanto concerne il comma 466, viene dettata una disciplina di carattere transitorio, individuando alcune voci di spesa da escludere dal computo dei saldi per l’anno 2015, costituite:
§ dai pagamenti relativi a debiti in conto capitale delle regioni non estinti alla data del 31 dicembre 2013, nel limite di 60 milioni di euro. I suddetti pagamenti devono riferirsi a debiti certi, liquidi ed esigibili – nonché riconosciuti o aventi i requisiti a tal fine - alla suddetta data, per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento; la norma contiene la disciplina specifica sia per l'individuazione dei debiti, che per la determinazione dello spazio finanziario concesso a ciascuna regione (individuato con Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 15 marzo 2015);
§ dalle riscossioni e concessioni di crediti;
§ dalle risorse provenienti direttamente o indirettamente dall'Unione europea e le relative spese di parte corrente e in conto capitale, con esclusione delle spese connesse ai cofinanziamenti statali o regionali.
Con riguardo con riguardo a queste due ultime voci di spesa si ricorda
che la disciplina del patto di stabilità interno basata sul controllo della
spesa finale prevedeva anch'essa l'esclusione delle spese per la concessione
dei crediti e delle spese di parte corrente e in conto capitale correlate con i
finanziamenti comunitari, per la sola parte di finanziamento europeo (art. 32,
comma 4, lett. b) e lett. c), legge 183/2011).
Si rammenta,
inoltre, che nel corso dell’esame parlamentare è stata soppressa una ulteriore esclusione prevista nel testo iniziale del
disegno di legge di stabilità, con la quale si scomputavano dai saldi rilevanti
ai fini del pareggio di bilancio delle regioni delle spese sostenute a valere sulle
risorse del cofinanziamento nazionale
dei fondi strutturali, nel limite di 500
milioni di euro. La soppressione della disposizione, che determina un
miglioramento dell’indebitamento netto nel 2015 di pari importo, concorre alla
riduzione complessiva dell’indebitamento di complessivi 4,5 miliardi di euro
richiesto dalla Commissione europea il 22 ottobre scorso nell’ambito del
procedimento di valutazione dei documenti programmatici di bilancio per il
2015.
Il comma 468 infine specifica che l’elencazione delle esclusioni di entrate o di uscite dai saldi finanziari stabilite dai commi da 460 a 483 in commento[83] hanno carattere tassativo, non rilevando a tal fine, salvo quanto previsto dal comma 145, primo periodo, della legge in esame, eventuali ulteriori esclusioni previste in altre disposizioni.
Tale comma 145 prevede
che per l’anno 2015 le spese relative al cofinanziamento
nazionale dei fondi strutturali dell’Unione europea non rilevano, ai fini
dei saldi di cui al comma 463, per un importo pari ai proventi derivanti
dall’attuazione del comma 144 (assegnazione dei diritti d’uso di frequenze
radioelettriche di banda larga), nel limite massimo di 700 milioni di euro.
Si ricorda che le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari sono state escluse dal computo delle spese rilevanti ai fini del patto di stabilità interno, nel limite di 1 miliardo di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014 (art. 32, comma 4, lett. n-bis, legge 183/2011). Questa specifica deroga è stata introdotta dall'articolo 3, commi 1 e 1-bis, del D.L. n. 201/2011, che ha inoltre posto la compensazione degli effetti, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, a valere sulle risorse di un apposito “Fondo di compensazione per gli interventi volti a favorire lo sviluppo”, istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia, con una dotazione in termini di sola cassa di 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014 (commi 2 e 3). Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 15 marzo 2012, su proposta del Ministro per la coesione territoriale, è stata definita la ripartizione del Fondo di compensazione (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 3 comma 2 del citato D.L. n. 201/2011), sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali 2007-2013, una percentuale del valore Italia posto come 100. Per ciascuna regione e provincia autonoma è indicato il limite di spesa entro cui può operare la deroga, a patto che le spese siano effettivamente sostenute a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari. Le norme recate dal decreto-legge n. 35/2013 incrementano il limite della deroga per il solo 2013, da 1.000 a 1.800 milioni di euro (art. 2, comma 7). La ripartizione delle nuove risorse è stata effettuata con l'adozione del decreto 24 aprile 2013, sulla base della chiave di riparto dei fondi strutturali con le stesse modalità illustrate sopra (art. 2, comma 8).
In conseguenza della nuova disciplina il comma 469 stabilisce regole coerenti per la redazione del bilancio di previsione, a decorrere dal 2016, (e quindi anche per e regioni non in sperimentazione) in modo tale che il rispetto delle nuove regole dettate dai commi 460-483[84], costituisca un vincolo all'attività di programmazione della regione.
Le previsioni di entrata e di spesa, infatti, dovranno essere iscritte nel bilancio di previsione in misura tale da garantire il rispetto delle regole del pareggio di bilancio sopra descritte. Il conseguimento del pareggio di bilancio dovrà inoltre risultare da apposito prospetto, allegato al bilancio, contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti a tal fine. Il prospetto è in sostanza finalizzato all'accertamento preventivo del rispetto dei saldi previsti dal comma 463, e costituisce, perciò, parte integrante del bilancio preventivo stesso, quale documento programmatorio complessivo adottato dalla regione.
Monitoraggio e adempimenti
Il commi 470-472 e 478 dell'articolo in esame disciplinano i termini e le modalità degli adempimenti cui sono tenute le Regioni a statuto ordinario, ai fini del monitoraggio dei risultati conseguiti.
La normativa non appare discostarsi sostanzialmente da quella in vigore fino all'esercizio 2014, dettata dalla legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012, art. 1, commi 460 e 461) e che continuerà peraltro ad applicarsi alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome. La disciplina, ormai consolidata, si basa sulla trasmissione telematica delle informazioni contabili al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale, attraverso il sito web istituito appositamente e utilizzando modelli prestabiliti dal Ministero stesso.
In particolare le regioni (comma 470) hanno l’obbligo di trasmettere trimestralmente al Ministero le informazioni riguardanti le entrate e le spese in termini di competenza e di cassa, secondo un prospetto e con le modalità definite con decreto del predetto Ministero, sentita la Conferenza Stato-Regioni. La norma specifica che il monitoraggio dovrà consentire la verifica del rispetto degli equilibri di cassa distintamente per la gestione sanitaria e per la gestione ordinaria.
Con riferimento al primo trimestre, il prospetto è trasmesso entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto.
Ai fini della verifica del rispetto degli obiettivi di saldo, il comma 471 stabilisce l’obbligo per le regioni di inviare entro il termine perentorio del 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento, una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione economico-finanziaria. L'invio avviene sempre per via telematica, utilizzando il medesimo sito e secondo un prospetto e con le modalità definiti con decreto di cui al precedente comma 470[85]
Come nella disciplina in vigore fino al 2014, la mancata trasmissione della certificazione costituisce inadempimento delle nuove regole ed è sanzionata al pari del mancato conseguimento del pareggio di bilancio. Qualora invece la certificazione sia trasmessa in ritardo ma attesti il rispetto delle regole medesime, si applica la sola sanzione del divieto di assunzione di personale (prevista ora dal comma 474, lett. d) dell'articolo in esame.
Il comma 472 dispone inoltre che, decorsi 60 giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto di gestione, qualora la regione registri, rispetto a quanto già certificato, un peggioramento rispetto agli obiettivi di saldo, la medesima è tenuta ad inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente.
Il comma 478, infine, dispone che i termini degli adempimenti delle Regioni possono essere modificati in conseguenza di eventuali modifiche normative, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.
Sistema sanzionatorio
I commi da 473 a 477 contengono la disciplina del sistema sanzionatorio in caso di non raggiungimento da parte della singola regione dell'obiettivo del pareggio di bilancio come stabilito dai commi 460-472 e 478.
In relazione a ciò si rammenta la disciplina generale,
riferita a tutti gli enti territoriali, contenuta nel già citato articolo 9 della legge n. 243/2012, nel quale,
ai commi da 2 a 5 si dispone che:
§ qualora, in sede di rendiconto di gestione, un ente
registri un valore negativo dei saldi rilevanti ai fini dell’equilibrio di
bilancio, lo stesso dovrà adottare misure di correzione tali da assicurarne il
recupero entro il triennio successivo;
§ rinvia alla legge dello Stato per l’individuazione
delle sanzioni da applicare nei confronti degli enti territoriali in caso di
mancato conseguimento dell’equilibrio gestionale, sia riferito al saldo complessivo
che al saldo corrente;
§ al fine di assicurare il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, viene fatta salva la possibilità di prevedere con legge dello Stato ulteriori obblighi per gli enti territoriali in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Il comma 473 concerne il caso in cui gli andamenti di spesa della regione - rilevabili sia a seguito delle certificazioni trimestrali inviate dalla regione stessa, sia dall’analisi dei conti della tesoreria statale della regione - non siano coerenti con gli impegni assunti con l'Unione europea. In questo caso, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni adotta adeguate misure di contenimento della spesa e dei prelevamenti dai conti di tesoreria statale.
Il comma 474 specifica le sanzioni da applicare in caso di non raggiungimento del pareggio di bilancio. Le sanzioni ricalcano quelle previste dalla normativa vigente (articolo 1, commi da 462 a 465 della legge n. 228/2012, stabilità 2013), che al pari delle disposizioni sul monitoraggio continueranno ad applicarsi alle Regioni a statuto speciale.
Nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, la regione:
A. è tenuta a versare all’entrata del bilancio statale, l’importo corrispondente al maggiore degli scostamenti dai saldi (come definiti dal comma 463, prima illustrato); un terzo dell'importo deve essere versato entro 60 giorni dal termine per la trasmissione della certificazione e nei due esercizi successivi, entro il 31 gennaio di ciascuna anno, devono essere versati i restanti due terzi.
Come nella disciplina vigente, in caso di mancato versamento si procede, nei 60 giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita.
Nel caso in cui lo scostamento registrato nell’esercizio 2015 dall’obiettivo di cassa di cui al comma 463, lettera b) rispetto all’obiettivo del pareggio, risulti maggiore dello scostamento registrato dagli altri saldi, il versamento di cui al primo periodo è effettuato solo nel 2016, fino ad un importo pari al 3 per cento degli impegni correnti registrati nell’ultimo consuntivo disponibile.
B. non può impegnare spese correnti – sempre al netto delle spese sanitarie - in misura superiore all’importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;
C. non può contrarre debiti per gli investimenti; mutui e prestiti obbligazionari dovranno essere corredati da una certificazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del pareggio di bilancio;
D. non può procedere ad assunzione di personale a qualsiasi titolo, con qualsiasi tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
E. è tenuta a ridurre del 30% rispetto all'ammontare risultante al 30 giugno 2014, le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta regionale.
I commi 475 e 476 disciplinano il caso in cui la violazione delle regole dettate dai commi in esame sia accertata successivamente all'anno seguente a quello a cui la violazione si riferisce; il comma 475 dispone che in tale caso le sanzioni si applicano nell'anno successivo a quello in cui è stato accertato il mancato conseguimento del pareggio di bilancio. Il comma 476 dispone inoltre l'obbligo di comunicazione della violazione entro 30 giorni dall'accertamento della violazione.
Il comma 477, infine, contiene la norma sulle misure antielusive già presente nella legislazione vigente per tutti gli enti sottoposti alle regole del patto di stabilità, con lo scopo di scoraggiare l’adozione di mezzi elusivi per addivenire ad un rispetto solo formale del patto stesso. La norma stabilisce la nullità dei contratti di servizio e degli altri atti posti in essere - in questo caso dalle regioni a statuto ordinario - che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno.
Articolo 1,
comma 467
(Esclusione delle spese per l’edilizia
scolastica dal patto di stabilità delle province e delle città metropolitane)
467. All'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n.183, dopo il comma
14-ter è inserito il seguente:
«14-quater. Nel saldo finanziario espresso in termini di competenza
mista, individuato ai sensi del comma 3, rilevante ai fini della verifica del
rispetto del patto di stabilità interno, non sono considerate, nel limite
massimo di 50 milioni di euro per l'anno 2015 e 50 milioni di euro per l'anno
2016, le spese sostenute dalle province e dalle città metropolitane per
interventi di edilizia scolastica. Gli enti beneficiari dell'esclusione e
l'importo dell'esclusione stessa sono individuati, sentita la Conferenza
Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri da adottare entro il 1º marzo 2015».
Il comma 467 dispone l’esclusione dal computo del saldo finanziario di competenza mista, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno per gli anni 2015 e 2016, delle spese sostenute dalle province e dalle città metropolitane in tali anni per interventi di edilizia scolastica.
L'esclusione opera nel limite massimo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016.
A tal fine, viene novellato l'articolo 31 della legge n. 183/2011 (legge di stabilità per il 2012), relativo alla disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali, in cui viene inserito il comma 14-quater.
Si ricorda che il patto di stabilità interno per gli enti locali (province e ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti) è disciplinato in via generale dall’articolo 31 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), come successivamente modificato ed integrato, da ultimo, dai commi 489-500 del provvedimento in esame (cfr. la relativa scheda di lettura). La disciplina del patto per gli enti locali è finalizzata all’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario degli enti, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali. Tale saldo è espresso in termini di competenza mista, criterio contabile in base al quale le entrate e le spese per la parte corrente sono considerate in termini di competenza (accertamenti e impegni) e quelle in conto capitale in termini di cassa (incassi e pagamenti), al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita.
Gli enti beneficiari dell'esclusione e l'importo per ciascun ente dell'esclusione stessa sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro il 1° marzo 2015, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Si ricorda che è attualmente vigente per i comuni una analoga deroga dal patto di stabilità (articolo 31, comma 14-ter, della legge n. 183/2011), con riferimento alle spese sostenute da tali enti per interventi di edilizia scolastica negli anni 2014 e 2015, nel limite massimo di 122 milioni di euro per ciascuno degli anni indicati (deroga introdotta dall’articolo 48, comma 1, del D.L. n. 66/2014). I comuni beneficiari dell'esclusione e l'importo dell'esclusione stessa sono stati individuati con due decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 e del 30 giugno 2014.
Articolo 1,
commi 479-483
(Nuova disciplina della regionalizzazione
del patto di stabilità)
479. A decorrere dall'anno 2015, alle regioni, escluse la regione
Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, e ai
rispettivi enti locali non si applicano le disposizioni recate dai commi da 138
a 142 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e successive
modificazioni, fermi restando gli effetti sugli anni 2015 e 2016 connessi alla
loro applicazione negli anni 2013 e 2014.
480. Le regioni di cui al comma 479 possono autorizzare gli enti locali
del proprio territorio a peggiorare i loro saldi obiettivo per consentire un
aumento dei pagamenti in conto capitale, purchè sia garantito l'obiettivo
complessivo a livello regionale mediante un contestuale miglioramento, di pari
importo, dei saldi dei restanti enti locali della regione ovvero dell'obiettivo
di saldo tra entrate finali e spese finali in termini di cassa della regione
stessa e, per la Regione siciliana e le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle
d'Aosta, mediante la riduzione dell'obiettivo in termini di competenza
eurocompatibile di cui all'articolo 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012,
n. 228.
481. Ai fini della rideterminazione degli obiettivi di cui al comma 480,
le regioni definiscono criteri di virtuosità e modalità operative, previo
confronto in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con
i rappresentanti regionali delle autonomie locali. Per i medesimi fini, gli
enti locali comunicano all'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI),
all'Unione delle province d'Italia (UPI) e alle regioni, entro il 15 aprile,
gli spazi finanziari di cui necessitano per effettuare pagamenti in conto
capitale ovvero gli spazi finanziari che sono disposti a cedere. Entro il
termine perentorio del 30 aprile, le regioni comunicano agli enti locali
interessati i saldi obiettivo rideterminati e al Ministero dell'economia e
delle finanze, con riferimento a ciascun ente locale e alla regione stessa, gli
elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio
dei saldi di finanza pubblica.
482. Le regioni, sulla base delle informazioni fornite dagli enti locali
entro il 15 settembre, possono, previo accordo con i medesimi enti, procedere
alla rimodulazione dei saldi obiettivo esclusivamente per consentire un aumento
dei pagamenti in conto capitale, rideterminando contestualmente e in misura
corrispondente i saldi obiettivo dei restanti enti locali della regione ovvero
l'obiettivo di saldo tra entrate finali e spese finali in termini di cassa
della regione stessa, fermo restando l'obiettivo complessivo a livello
regionale. La Regione siciliana e le regioni Friuli Venezia Giulia e Valle
d'Aosta operano la compensazione a valere sul proprio obiettivo espresso in
termini di competenza eurocompatibile di cui all'articolo 1, comma 454, della
legge 24 dicembre 2012, n. 228, fermo restando l'obiettivo complessivo a
livello regionale. A tal fine, ogni regione, entro il termine perentorio del 30
settembre, definisce e comunica ai rispettivi enti locali i nuovi obiettivi di
saldo assegnati e al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a
ciascun ente locale e alla regione stessa, gli elementi informativi occorrenti
per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.
483. Agli enti locali che cedono spazi finanziari è riconosciuta, nel
biennio successivo, una modifica migliorativa del loro saldo obiettivo,
commisurata al valore degli spazi finanziari ceduti, fermo restando l'obiettivo
complessivo a livello regionale. Agli enti locali che acquisiscono spazi
finanziari, nel biennio successivo, sono attribuiti saldi obiettivo peggiorati
per un importo complessivamente pari agli spazi finanziari acquisiti. La somma
dei maggiori spazi finanziari concessi e attribuiti deve risultare, per ogni
anno di riferimento, pari a zero.
I commi da 479 a 483,
sostituiscono, a decorrere dal 2015, la disciplina concernente le misure di flessibilità del patto
regionalizzato, verticale ed orizzontale, al fine di adeguarla ai nuovi
vincoli imposti alle regioni a statuto ordinario, basati sul conseguimento del
pareggio di bilancio. Le due forme di flessibilità – che hanno lo scopo di
consentire agli enti locali di poter effettuare pagamenti in conto capitale
(destinati agli investimenti) - vengono riunite in una unica procedura, per cui
gli spazi finanziari acquisiti da una parte degli enti locali, sono compensati
o dalla Regione o dai restanti enti locali, attraverso un miglioramento dei
saldi obiettivo.
Le modifiche introdotte nel
corso dell’esame parlamentare hanno esteso la nuova disciplina inizialmente
prevista per le sole Regioni a statuto ordinario, anche alle Regioni a statuto speciale con la sola eccezione della Regione Trentino-Alto Adige
e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.
L'esclusione delle suddette autonomie speciali dalla disciplina comune è giustificata dal fatto che le norme sul concorso delle stesse agli obiettivi di finanza pubblica sono contenute all'art. 79 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972), come ora modificato dalla legge in esame (comma 407, lettera e), vedi). Con riferimento agli enti locali, la citata disciplina prevede che le Province autonome attuano il coordinamento della finanza pubblica provinciale nei confronti degli enti locali e dei propri enti e organismi pubblici e privati e che spetta alle stesse Province definire il concorso alla finanza pubblica e gli obblighi dei propri enti in relazione al conseguimento del saldo obiettivo.
Il comma
479 stabilisce che a tutte le regioni
- con la sola esclusione, come già detto della
Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, non si applica a decorrere dal 2015:
§ la disciplina del cosiddetto “patto regionale verticale” contenuta
nei commi da 138 a 140 dell’articolo 1 della legge n. 220/2010 (legge di
stabilità 2011), secondo la quale le regioni possono autorizzare gli enti
locali del proprio territorio a peggiorare il loro saldo obiettivo, consentendo
un aumento dei pagamenti in conto capitale, e procedere contestualmente alla
rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio, per un ammontare pari
all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di
garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli
obiettivi finanziari.
La procedura (comma 140) prevede che gli enti locali comunichino all’ANCI, all’UPI e alle regioni e province autonome, entro il 1 marzo di ciascun anno, l’entità dei pagamenti che possono effettuare nel corso dell’anno. Le regioni, entro il termine perentorio del 15 marzo, comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente, tutti gli elementi necessari alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica. I due termini sono stati anticipati, da ultimo, dalla legge di stabilità 2014, art. 1, comma 543. Tuttavia l'art. 42, comma 3, del D.L. n. 133/2014, posticipa questi due termini, limitatamente all'esercizio 2014, rispettivamente al 30 settembre e 15 ottobre.
§ la disciplina del cosiddetto “patto
regionale orizzontale” contenuta nei commi da 141 a 142 dell’articolo 1
della legge n. 220/2010. Questa forma di flessibilità consente invece una
rimodulazione “orizzontale” degli obiettivi finanziari tra gli enti locali del
proprio territorio, in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie
esistenti sul territorio medesimo, purché venga garantito il rispetto dell’obiettivo
complessivamente determinato per gli enti locali della regione. Il meccanismo si
fonda sulla cessione di “spazi finanziari” da parte dei comuni (e delle
province) che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto
all’obiettivo prefissato in favore di quelli che rischiano, invece, di
conseguire un differenziale negativo rispetto all’obiettivo. Tali spazi
finanziari non possono essere utilizzati dagli enti che li acquisiscono per
spesa corrente discrezionale, ma soltanto per effettuare spese in conto
capitale ovvero spese inderogabili ovvero spese capaci di incidere
positivamente sul sistema economico.
La procedura (comma 142) prevede che la regione [e provincia autonoma], comunichi agli enti locali il nuovo obiettivo, determinato anche sulla base dei criteri stabiliti in sede di Consiglio delle autonomie locali. Entro il termine perentorio del 31 ottobre di ciascun anno, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente, tutti gli elementi necessari alla verifica del mantenimento dei saldi di finanza pubblica.
Le due forme di flessibilità sono ora riunite in una unica procedura disciplinata ai commi 480-483 dell'articolo in esame.
Secondo
quanto disposto dal comma 480, le regioni
– come individuate al comma precedente - possono autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo obiettivo per consentire un aumento dei pagamenti in
conto capitale, a patto che sia garantito il rispetto dell'obiettivo
complessivo a livello regionale. La compensazione può avvenire in due modalità
(che rispecchiano le due precedenti forme di flessibilità):
§ attraverso un contestuale
miglioramento (di pari importo) dei
saldi dei restanti enti locali (flessibilità orizzontale);
§ attraverso un
contestuale miglioramento (di pari importo) dell'obiettivo di saldo della regione, tra entrate finali e spese
finali in termini di cassa (flessibilità verticale).
Le modalità di compensazione degli spazi
finanziari ceduti sono diversi per le regioni Valle d'Aosta,
Friuli-Venezia Giulia e Sicilia. Per queste regioni, infatti, la disciplina
del patto di stabilità (art. 1, comma 454, L. n. 228/2012) è ancora basata sul
controllo della spesa finale, espressa in competenza eurocompatibile, anziché
sul pareggio di bilancio. Queste regioni, perciò, dovranno effettuare la
compensazione degli spazi finanziari ceduti agli enti locali, sul proprio obiettivo espresso in termini di competenza
eurocompatibile.
Il comma 454 dell'unico articolo della legge di stabilità 2013,
definisce gli obiettivi di risparmio, in termini di competenza eurocompatibile,
calcolati sul complesso delle spese finali per le regioni Valle d'Aosta,
Friuli-Venezia Giulia, Sicilia (e fino al 2014 anche per la Sardegna). Le norme
(ultimi due periodi) confermano la necessità, per ciascun ente, di concordare
con il Ministero dell'economia e delle finanze per ciascuno degli anni dal 2013
al 2017, l'obiettivo specifico. Questo dovrà essere calcolato sottraendo alle
spese finali 2011, le voci di spesa elencate al comma stesso che rappresentano
i diversi contributi richiesti alle autonomie speciali a partire dalla legge di
stabilità 2012.
Per la Regione Sardegna, invece, a decorrere dal 2015,
l'obiettivo per il controllo della spesa, dovrà consistere nel raggiungimento
del pareggio di bilancio (art. 42, commi 9-13, del decreto-legge n. 133/2014).
Alla Regione si applica perciò la medesima
normativa prevista per le regioni a statuto ordinario.
I commi 481 e 482 disciplinano
la procedura per la rideterminazione
degli obiettivi:
Secondo quanto
disposto dal comma 481:
§ le regioni
definiscono criteri di virtuosità e modalità operative previo confronto in sede
in Consiglio delle autonomie locali (e comunque con i rappresentanti degli enti
locali – in caso il Consiglio non sia istituito);
§ entro il 15 aprile, gli enti
locali comunicano all'ANCI, all'UPI e alla Regione gli spazi finanziari che
sono loro necessari per effettuare i pagamenti in conto capitale ovvero gli
spazi finanziari che sono disposti a cedere;
§ entro il 30 aprile, la regione
comunica agli enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e al
Ministero dell'economia e delle finanze tutte le informazioni utili alla
verifica dell'equilibrio dei saldi.
Continua secondo
quanto disposto dal comma 482:
§ entro il 15 settembre la regione, sulla base delle informazioni ricevute
dagli enti locali ed in accordo con essi, può procedere alla rimodulazione dei saldi obiettivo
esclusivamente per consentire pagamenti in conto capitale; provvede quindi
contestualmente ed in misura corrispondente a rimodulare i saldi obiettivo dei
restanti enti locali, ovvero a rideterminare l'obiettivo di saldo della regione
stessa tra entrate e spese finali;
§ entro il 30 settembre, la regione
comunica agli enti locali i saldi obiettivo così rideterminati e comunica al
Ministero dell'economia e delle finanze, in riferimento agli enti locali ed
alla regione stessa, tutte le informazioni utili alla verifica del mantenimento
dell'equilibrio dei saldi.
La nuova procedura prevista dai commi 481 e 482 prevede da parte della
regione due successive comunicazioni agli enti locali, la prima (30 aprile) per
comunicare agli stessi i saldi obiettivo rideterminati (a seguito delle
richieste degli enti) e la seconda (30 settembre) per una rimodulazione degli
obiettivi prefissati. Non appaiono chiari quali siano i presupposti della
seconda comunicazione, ovvero – come potrebbe presumersi - se questa abbia
carattere solo eventuale.
Il comma 483 stabilisce, infine, che agli enti locali che cedono spazi finanziari è riconosciuto, nel biennio successivo, la modifica migliorativa del proprio saldo obiettivo, in misura corrispondente agli spazi finanziari ceduti. Di contro agli locali che hanno ricevuto spazi finanziari, saranno attribuiti saldi obiettivo peggiorati, di misura corrispondente agli spazi acquisiti. Per ciascun anno, infatti, gli spazi ceduti e quelli acquisiti devono compensarsi.
Articolo 1,
commi 484-488
(Patto verticale incentivato)
484. Nel 2015, alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana,
alla regione Sardegna e alla regione Friuli Venezia Giulia è attribuito un
contributo, nei limiti dell'importo complessivo di 1.000.000.000 di euro, in
misura pari all'83,33 per cento degli spazi finanziari validi ai fini del patto
di stabilita interno degli enti locali, ceduti da ciascuna di esse e
attribuiti, con le modalità previste dal comma 481, ai comuni e alle province
ricadenti nel loro territorio, nei limiti degli importi indicati per ciascuna
regione nella tabella l allegata alla presente legge. Gli importi del
contributo possono essere modificati, a invarianza del contributo complessivo,
mediante accordo da sancire, entro il 31 gennaio 2015, in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano. Gli spazi finanziari sono ceduti per il 25 per cento alle
province e alle città metropolitane e per il 75 per cento ai comuni. Il
contributo non rileva ai fini del pareggio di bilancio di cui al comma 463 ed è
destinato dalle regioni all'estinzione anticipata del debito. Gli spazi
finanziari ceduti da ciascuna regione sono utilizzati dagli enti locali
beneficiari esclusivamente per pagare i debiti commerciali di parte capitale
maturati alla data del 30 giugno 2014.
485. Entro il termine perentorio del 30 aprile 2015, le regioni
comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a
ciascun ente beneficiario, gli elementi informativi occorrenti per la verifica
del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.
486. La regione che, ai sensi del comma 484, autorizza gli enti locali
del proprio territorio a peggiorare i loro saldi obiettivo migliora, per pari
importo, l'obiettivo di saldo tra entrate finali e spese finali in termini di
cassa della regione stessa; la Regione siciliana e la regione Friuli Venezia
Giulia riducono, per pari importo, il tetto di spesa eurocompatibile di cui
all'articolo 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
487. Le disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l'anno
2014, relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 10, del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, sono destinate, nel limite di
1.000.000.000 di euro, al finanziamento del contributo di cui al comma 484. La
presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della presente legge.
488. Agli oneri derivanti dall'attuazione dei commi da 484 a 487, pari a
10,5 milioni di euro per l'anno 2015, a 10,2 milioni di euro per l'anno 2016, a
9,9 milioni di euro per l'anno 2017 e a 9,6 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per
interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5,
del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
I commi da 484 a 488, introdotti al Senato, estendono anche al 2015 la disciplina del c.d. patto verticale incentivato, che, si ricorda, costituisce un istituto introdotto dalla legge di stabilità 2013, poi oggetto di successive modifiche, per favorire una maggiore flessibilità per il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti territoriali.
Il patto incentivato in questione prevede l’attribuzione alle regioni di un contributo, a fronte del quale le stesse si impegnano a cedere, ai comuni e alle province ricadenti nel proprio territorio, spazi finanziari da attribuire mediante le procedure che disciplinano le misure di flessibilità del patto di stabilità (per le quali si vedano ora i commi da 479 a 483 della legge in esame), in particolare del patto regionalizzato verticale.
I commi da 479 a 483 della legge in esame sostituiscono, a decorrere dal 2015, la disciplina concernente le misure di flessibilità del patto regionalizzato, verticale ed orizzontale, al fine di adeguarla ai nuovi vincoli imposti alle regioni a statuto ordinario, basati sul conseguimento del pareggio di bilancio. Le due forme di flessibilità vengono riunite in una unica procedura, per cui gli spazi finanziari acquisiti da una parte degli enti locali, sono compensati o dalla Regione (patto verticale) o dai restanti enti locali (patto orizzontale), attraverso un miglioramento dei saldi obiettivo (si veda la scheda corrispondente).
Poiché l'obiettivo complessivo del comparto regione-enti locali deve comunque rimanere invariato, il contributo assegnato alle regioni è destinato esclusivamente alla riduzione del debito, e, quanto agli spazi finanziari ceduti agli enti locali, essi devono essere utilizzati stessi per consentire i pagamenti dei residui passivi in conto capitale in favore dei creditori.
Con riferimento al 2015, la norma attribuisce (comma 484) alle regioni a statuto ordinario ed a tre autonomie speciali (Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia) un contributo, nel limite complessivo di 1 miliardo di euro.
Come già previsto dal
patto 2014, il contributo è destinato a coprire l’83,33 per cento degli
spazi finanziari che ciascuna regione cede agli enti locali del proprio
territorio ed è ripartito tra le regioni destinatarie secondo le quote definite
nella Tabella 1 allegata alla legge.
Gli importi definiti nella tabella per ciascuna regione, possono essere
variati mediante accordo da sancire in sede di Conferenza Stato-Regioni entro
il 31 gennaio 2015.
Si ricorda che il contributo per il patto verticale incentivato per il 2013 e per il 2014[86], è stato attribuito alle Regioni a statuto ordinario ed alle regioni Sicilia e Sardegna per un importo complessivo pari, per ciascun anno, a 1.272 milioni di euro. Con l'Accordo in sede di Conferenza Stato Regioni del 11 luglio 2013[87], le regioni è stata definita la ripartizione degli spazi finanziari ceduti dalle regioni agli enti locali del proprio territorio per l'importo complessivo per ciascuno degli anni 2013 e 2014. Con il medesimo accordo le regioni a statuto ordinario hanno inoltre definito la ripartizione tra le stesse del taglio di risorse disposto dall'art. 16 del D.L. n. 95/2012 per complessivi 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. In sostanza, come già avvenuto per il 2012, le risorse attribuite alle regioni a statuto ordinario per l'incentivazione del patto regionalizzato verticale sono state messe a disposizione – dalle regioni stesse – per il taglio di risorse disposto dal decreto-legge n. 95 del 2012.
La quota destinata a ciascuna regione dovrà essere destinata alla copertura degli spazi finanziari ceduti alle province ed alle città metropolitane nella misura del 25 e ai comuni per il restante 75. Gli enti beneficiari degli spazi medesimi devono utilizzare gli stessi esclusivamente per pagare i debiti commerciali di parte capitale maturati al 30 giugno 2014.
Le procedure per la cessione degli spazi finanziari agli enti locali, sono le medesime definite al comma 481 della legge in esame, vale a dire le procedure per le misure di flessibilità del patto, che sostituiscono le precedenti concernenti il patto verticale e orizzontale.
Il comma 485 stabilisce, inoltre, che entro il 30 aprile 2015, le regioni comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun ente beneficiario, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.
Quanto alla compensazione regionale, il comma 486 stabilisce che, stante il vincolo generale dell’invarianza dell’obiettivo complessivo di ciascun comparto regione-enti locali, nel cedere gli spazi ciascuna regione migliora per un pari importo il proprio obiettivo di bilancio, individuato per le Regioni a statuto ordinario e la Regione Sardegna (regioni per le quali vige l'obiettivo del pareggio di bilancio) nel saldo tra entrate e spese finali in termini di cassa ed invece in termini del tetto di spesa eurocompatibile per la Sicilia ed il Friuli Venezia Giulia.
I commi 487 e 488 dispongono, infine, sulla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni in esame norme in esame. Il comma 487 stabilisce che all’onere di 1 miliardo di euro si fa fronte mediante una pari riduzione delle disponibilità in conto residui del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti delle regioni e degli enti locali istituito dall’articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013.
Poiché peraltro l’utilizzo di tali disponibilità comporta oneri connessi ai mancati interessi attivi derivanti dalle minor anticipazioni di liquidità concedibili agli enti territoriali, cifrati in 10,5 milioni per l’anno 2015, 10,2 milioni per il 2016, nonché 9,9 milioni per il 2017 e 9,6 milioni a decorrere dal 2018, il comma 488 stabilisce che agli oneri medesimi si fa fronte mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economia (Fondo FISPE) di cui all’articolo 10 del D.L. n. 282/2004.
Articolo 1,
commi 489-500
(Riduzione degli obiettivi del patto di
stabilità interno degli enti locali)
489. Al comma 2 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «e registrata negli anni 2009-2011 per gli anni dal 2014
al 2017» sono sostituite dalle seguenti: «registrata negli anni 2009-2011, per
l'anno 2014, e registrata negli anni 2010-2012, per gli anni dal 2015 al 2018»;
b) alla lettera a), le parole: «, a 19,25 per cento per gli anni 2014 e
2015 e a 20,05 per cento per gli anni 2016 e 2017» sono sostituite dalle
seguenti: «, a 19,25 per cento per l'anno 2014, a 17,20 per cento per l'anno
2015 e a 18,03 per cento per gli anni 2016, 2017 e 2018»;
c) alla lettera b), le parole: «, a 14,07 per cento per gli anni 2014 e
2015 e a 14,62 per cento per gli anni 2016 e 2017» sono sostituite dalle
seguenti: «, a 14,07 per cento per l'anno 2014, a 8,60 per cento per l'anno
2015 e a 9,15 per cento per gli anni 2016, 2017 e 2018»;
d) alla lettera c), le parole: «, a 14,07 per cento per gli anni 2014 e
2015 e a 14,62 per cento per gli anni 2016 e 2017» sono sostituite dalle
seguenti: «, a 14,07 per cento per l'anno 2014, a 8,60 per cento per l'anno
2015 e a 9,15 per cento per gli anni 2016, 2017 e 2018»;
e) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città
ed autonomie locali, possono essere ridefiniti, su proposta dell'ANCI e
dell'UPI, entro il 31 gennaio 2015 e fermo restando l'obiettivo complessivo del
comparto, gli obiettivi di ciascun ente di cui al presente comma, anche tenendo
conto delle maggiori funzioni assegnate alle città metropolitane e dei maggiori
oneri connessi agli eventi calamitosi, agli interventi di messa in sicurezza
degli edifici scolastici e del territorio, all'esercizio della funzione di ente
capofila, nonché degli oneri per sentenze passate in giudicato a seguito di
procedure di esproprio o di contenziosi connessi a cedimenti strutturali.
Decorso tale termine, gli obiettivi di ciascun ente sono quelli individuati
applicando le percentuali di cui alle lettere a), b) e c) del presente comma».
490. Al comma 3 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183,
sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nel saldo di cui al primo periodo
rilevano gli stanziamenti di competenza del fondo crediti di dubbia
esigibilità. Sulla base delle informazioni relative al valore degli
accantonamenti effettuati sul fondo crediti di dubbia esigibilità per l'anno
2015 acquisite con specifico monitoraggio, le percentuali riferite all'anno 2015
di cui al comma 2 possono essere modificate. A decorrere dall'anno 2016, le
percentuali di cui al comma 2 sono rideterminate tenendo conto del valore degli
accantonamenti effettuati sul fondo crediti di dubbia esigibilità nell'anno
precedente».
491. Al comma 6-bis dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n.
183, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «,
previo accordo fra gli stessi»;
b) al secondo periodo, le parole: «di cui al presente comma sulla base
delle istanze» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al presente comma
determinati sulla base del citato accordo formulato a seguito delle istanze».
492. A decorrere dall'anno 2015 non si applicano:
a) l'articolo 20, commi 2, 2-bis e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011,
n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
b) il comma 6 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e
successive modificazioni;
c) il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 31 della legge 12
novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni.
493. Il comma 17 dell'articolo 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183,
e successive modificazioni, è abrogato.
494. Al comma 19 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183,
e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole: «entro trenta giorni dalla fine del
periodo di riferimento,» sono soppresse;
b) dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Con riferimento al
primo semestre, il prospetto è trasmesso entro trenta giorni dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di cui al periodo
precedente; il prospetto del secondo semestre è trasmesso entro trenta giorni
dalla fine del periodo di riferimento».
495. Al comma 32 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183,
le parole: «del Ministro dell'economia e delle finanze» sono sostituite dalle
seguenti: «del Ministero dell'economia e delle finanze».
496. Al comma 27 dell'articolo 32 della legge 12 novembre 2011, n. 183,
le parole: «del Ministro dell'economia e delle finanze» sono sostituite dalle
seguenti: «del Ministero dell'economia e delle finanze».
497. All'articolo 4 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5, all'alinea, le parole: «300 milioni» sono sostituite
dalle seguenti: «240 milioni» e le parole: «e per 100 milioni» sono sostituite
dalle seguenti: «e, con riferimento ai soli enti locali, per 40 milioni»;
b) al comma 5-bis, le parole: «Rilevano ai fini dell'esclusione prevista
dal comma 5» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini dell'esclusione di cui
alla lettera a) del comma 5 rilevano»;
c) al secondo periodo del comma 6, le parole: «precedente ed entro il
termine perentorio del 28 febbraio 2015» sono sostituite dalle seguenti:
«precedente e i comuni e le province comunicano, entro il termine perentorio
del 28 febbraio 2015,».
498. Al comma 23 dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183,
e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole: «di nuova istituzione.» sono aggiunte le seguenti:
«Il presente comma non si applica alle città metropolitane e alle province
oggetto di riordino di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56.»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I comuni istituiti a
seguito di fusione a decorrere dall'anno 2011 sono soggetti alle regole del
patto di stabilità interno dal quinto anno successivo a quello della loro
istituzione, assumendo quale base di calcolo le risultanze dell'ultimo triennio
disponibile».
499. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di
fabbisogno e di indebitamento netto derivanti dall'attuazione delle
disposizioni di cui al comma 498, lettera b), del presente articolo, pari a 0,3
milioni di euro per l'anno 2015, a 10,6 milioni di euro per ciascuno degli anni
2016 e 2017 e a 14,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, si provvede
mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti
finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione
di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7
ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre
2008, n. 189, e successive modificazioni.
500. Il comma 122 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220,
e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«122. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la
Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definiti i criteri e le
modalità di riduzione degli obiettivi annuali degli enti assoggettabili alla
sanzione di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge 12
novembre 2011, n. 183, operata, in caso di mancato raggiungimento
dell'obiettivo del patto di stabilità interno, a valere sul fondo di
solidarietà comunale e sul fondo sperimentale di riequilibrio nonchè sui
trasferimenti erariali destinati alle province della Regione siciliana e della
Sardegna. L'importo complessivo della riduzione degli obiettivi è commisurato
agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della predetta sanzione».
I commi da 489 a 500 intervengono sulla disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali, valevole per le province e i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti.
In particolare, il comma 489 reca l’aggiornamento della base di calcolo e dei coefficienti annuali per la determinazione dei saldi obiettivo per gli anni 2015-2018, determinando una riduzione del contribuito richiesto agli enti locali mediante il patto nel periodo indicato per complessivi 2.889 milioni annui, di cui 2.650 milioni ai comuni e 239 milioni alle province. Si interviene, inoltre, sulle modalità di calcolo del saldo finanziario, stabilendo che rientrano nella determinazione del saldo-obiettivo gli stanziamenti di competenza del fondo crediti di dubbia esigibilità (comma 490).
Il comma 491 riguarda i comuni che gestiscono, in quanto capofila, funzioni e servizi in forma associata, precisando che l’alleggerimento degli obiettivi di patto previsto per tali enti dalla legge di stabilità dello scorso anno, si applica solo previo accordo tra fra enti capofila ed enti associati.
Il comma 492 dispone la disapplicazione del meccanismo di virtuosità, ai fini della
ripartizione degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto di stabilità
interno fra gli enti virtuosi e non virtuosi, che determinava effetti di minore
incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti.
È inoltre prevista la soppressione delle norme relative al c.d. “Patto regionalizzato integrato” (comma 493).
Ulteriori modifiche
riguardano le disposizioni relative al monitoraggio
del rispetto del patto medesimo e, in particolare, ai termini per l’invio da
parte degli enti locali del prospetto relativo ai risultati del patto (commi 494-496).
Il comma 497 interviene con alcune precisazioni in merito alla disposizione, introdotta dal D.L. n. 133/2014, che reca per gli anni 2014 e 2015 l’esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti in conto capitale sostenuti da regioni, province e comuni per l’estinzione dei debiti in conto capitale non estinti alla data del 31 dicembre 2013.
Il comma 498 rivede la disciplina per l’applicazione delle regole del patto di stabilità interno agli enti locali di nuova istituzione, rispetto a quella recata dall’articolo 31, comma 23, della legge n. 183/2011.
Il comma 500, infine, interviene sul sistema di premialità previsto in favore degli enti locali rispettosi del patto di stabilità interno, ai sensi del comma 122 dell'articolo 1 della legge n. 220/2010, semplificando la procedura di adozione del decreto di riduzione degli obiettivi finanziari annuali.
Si ricorda che il patto di stabilità interno per gli enti locali è disciplinato in via generale dall’articolo 31 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011), come più volte modificato ed aggiornato, da ultimo dall’articolo 1, commi 532-545, della legge n. 147/2013 (stabilità 2014). La disciplina del patto per gli enti locali è finalizzata all’obiettivo del miglioramento del saldo finanziario degli enti, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali, espresso in termini di competenza mista. Il meccanismo di calcolo del saldo-obiettivo è ancorato alla capacità di spesa di ciascun ente locale, corrispondente al livello di spesa corrente mediamente sostenuto in un triennio.
Per quanto concerne l’ambito
soggettivo di applicazione del patto di stabilità interno, si
ricorda che a decorrere dal 2013 il patto si applica alle province e ai comuni con
popolazione superiore a 1.000 abitanti
(con regole differenziate per i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e
5.000 abitanti e per quelli con popolazione superiore a 5.000 abitanti), come disposto dal comma 1 dell’articolo 31 della
legge n. 183 del 2011[88].
Il comma 489 aggiorna la base di calcolo per la determinazione del saldo obiettivo per gli anni 2015-2018.
Si ricorda che, in base alla normativa
vigente – di cui al comma 2 dell'articolo 31 della legge n. 183/2011
(legge di stabilità 2012), che viene qui novellato – il saldo obiettivo è determinato,
per ciascun ente, applicando alla spesa corrente media, sostenuta in un certo
triennio di riferimento, determinate percentuali stabilite puntualmente per
ciascuna tipologia di ente.
Le regole vigenti del patto impongono agli enti locali di dover conseguire, in ciascuno degli anni considerati, un determinato obiettivo programmatico di saldo finanziario – calcolato quale differenza tra entrate finali e spese finali, in termini di competenza mista[89] - non inferiore al valore individuato applicando alla spesa corrente media, sostenuta nel triennio di riferimento, le percentuali stabilite per ciascuna tipologia di ente, diminuito di un importo pari alla riduzione dei trasferimenti[90] apportata ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del D.L. n. 78/2010 (articolo 31, comma 4, legge n. 183 del 2011).
Con le novelle apportate dal comma:
§ si estende all’anno 2018 l’efficacia del vincolo finanziario imposto agli enti locali (prima fissato al 2017);
§
si aggiorna la base di calcolo per la determinazione del saldo obiettivo per gli
anni dal 2015 al 2018, precisando che esso sia rapportato alla media
della spesa corrente registrata
nel triennio 2010-2012 (anziché 2009-2011);
§ si modificano le percentuali che ciascun ente deve applicare alla suddetta media triennale della spesa corrente per la determinazione dei saldi obiettivo degli anni 2015-2018.
La Relazione tecnica alla legge di stabilità[91] evidenzia che le nuove percentuali determinano per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 una riduzione del contributo degli enti locali alla manovra di finanza pubblica pari a 2.889 milioni di euro, di cui 2.650 milioni per i comuni e 239 milioni per le province.
Si riportano, di seguito, le nuove percentuali per gli anni 2015-2018, come fissate per ciascuna tipologia di ente dal comma 2 dell’articolo 31 come novellato:
|
Vecchie percentuali |
Nuove percentuali |
||
|
2015 |
2016-2017 |
2015 |
2016-2018 |
Province |
19,25 |
20,05 |
17,0 |
17,83 |
Comuni con più di 1.000
abitanti |
14,07 |
14,62 |
7,71 |
8,26 |
§ si prevede che i saldi obiettivo dei singoli enti possano essere rideterminati, entro il 31 gennaio 2015, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città, su proposta dell’ANCI ed UPI, al fine di tener conto di una serie di condizioni particolari che possano riguardare i singoli enti, quali: le maggiori funzioni assegnate alle città metropolitane, gli eventi calamitosi, gli interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici e del territorio, gli oneri connessi all’esercizio della funzione di ente capofila nonché gli oneri relativi a sentenze passate in giudicato a seguito di procedure di esproprio o di contenziosi connessi a cedimenti strutturali.
La diversa distribuzione tra i singoli enti del contributo richiesto dal patto di stabilità interno è tuttavia effettuata fermo restando l'obiettivo complessivo del comparto, nel rispetto dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica.
La riduzione degli obiettivi del patto di stabilità determinata dall’applicazione delle nuove percentuali è in parte compensata dalla disposizione introdotta dal successivo comma 490, che inserisce nel computo del saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno il Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si ricorda che, ai sensi del comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011, il saldo finanziario è costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra entrate finali e spese finali espresse in termini di competenza mista (accertamenti e impegni, per la parte corrente, e incassi e pagamenti, per la parte in conto capitale), al netto delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti, come riportati nei certificati di conto consuntivo.
In particolare, novellando il comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2001, il comma 490 dispone che nel saldo finanziario rilevano gli stanziamenti di competenza del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si tratta di una novità rispetto alla disciplina precedente, che non considerava invece rilevanti ai fini del patto di stabilità interno gli stanziamenti del “Fondo svalutazione crediti” (l’analogo fondo sostituito dal Fondo crediti di dubbia esigibilità) in quanto “non impegnabili”. Sul punto la Circolare n. 6 del 2014, relativa all’applicazione del patto di stabilità per il 2014, ribadisce espressamente che il valore relativo agli impegni di spesa del Titolo I del bilancio di previsione degli enti locali non considera, per definizione, il “fondo svalutazione crediti” in quanto l'importo accantonato, secondo i principi contabili, «non va impegnato, confluendo in tal modo, a fine esercizio, nel risultato di amministrazione quale fondo vincolato» (così come stabilito dal principio contabile n. 1/53 dell'Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali). Ne conseguiva, pertanto, che lo stesso, non dando luogo a impegni e confluendo nell'avanzo di amministrazione accantonato per tale finalità, non rilevava ai fini del patto di stabilità interno.
Come evidenziato nella Relazione tecnica alla legge di stabilità 2015 (A.C. 2679-bis-B), la disposizione determina un beneficio sui saldi di finanza pubblica derivante dalla compressione della spesa degli enti locali conseguente all’obbligo per gli enti di alimentare in bilancio un Fondo per i crediti di dubbia esigibilità[92]. Tale obbligo discende, si ricorda, dal D.Lgs. n. 118/2011, come integrato dal D.Lgs. correttivo n. 126/2014, che reca le norme per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, le quali, dopo tre anni di sperimentazione[93], entrano a regime per tutti gli enti territoriali nel 2015.
L’inserimento degli stanziamenti di competenza del fondo crediti di dubbia esigibilità nel calcolo dei saldi-obiettivo determinerebbe inoltre - secondo la Relazione - una “redistribuzione virtuosa” della manovra a favore degli enti con maggiore capacità di riscossione.
Si ricorda che il Fondo crediti di dubbia esigibilità è disciplinato per gli enti locali dall’articolo 167[94] del TUEL (di cui al D.Lgs. n. 267/2000).
Esso ha sostituito il “Fondo svalutazione crediti”, introdotto, in attesa dell'entrata in vigore dell'armonizzazione dei sistemi contabili, dall’articolo 6, comma 17, del D.L. n. 95/2012[95], il quale aveva stabilito a decorrere dall'esercizio finanziario 2012 gli enti locali dovessero iscrivere nel bilancio di previsione un “fondo svalutazione crediti” di importo non inferiore al 25% dei residui attivi, di cui ai titoli I e III dell'entrata, aventi anzianità superiore a 5 anni, al fine di compensare eventuali minori entrate degli enti locali e salvaguardare, di conseguenza, gli equilibri dei bilanci[96].
Il Fondo crediti di dubbia esigibilità - precisano i principi contabili vigenti per gli enti locali[97] - ha la funzione di compensare eventuali minori entrate derivanti da crediti divenuti parzialmente o totalmente inesigibili: si tratta di crediti per i quali è certo il titolo giuridico ma è diventata dubbia e diffide la riscossione per condizioni oggettive. Per tali crediti è effettuato un accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, vincolando una quota dell’avanzo di amministrazione.
A tal fine è previsto che sia stanziata nel bilancio di previsione degli enti locali una apposita posta contabile, denominata “Accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità” il cui ammontare è determinato in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell'esercizio, della loro natura e dell'andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti (la media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata). La quantificazione degli stanziamenti del Fondo in bilancio va adeguatamente motivata nella relazione previsionale e programmatica ed il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità è allegato al bilancio di previsione e al rendiconto di gestione.
L'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità non è oggetto di impegno e genera un'economia di bilancio che confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata.
In base al “Principio applicato della contabilità
finanziaria” - paragrafo 3.3 dell'allegato 4/2, annesso al
decreto legislativo n. 118/2011, come modificato
dal comma 509 del provvedimento in esame (cfr la relativa scheda di lettura) - nel primo esercizio di applicazione (2015) è previsto lo
stanziamento in bilancio di una
quota pari almeno al 36% dell'importo
dell'accantonamento, come quantificato nell’apposito prospetto allegato al
bilancio di previsione. Tale quota è invece pari almeno al 55% per gli enti
locali che hanno partecipato alla fase di sperimentazione dell’armonizzazione
dei sistemi contabili. Nel secondo
esercizio lo stanziamento di bilancio riguardante il Fondo crediti di
dubbia esigibilità dovrà essere pari, per tutti gli enti locali, almeno al 55% dell’accantonamento quantificato nel prospetto allegato al
bilancio di previsione, nel 2017 pari
almeno al 70%; nel 2018 pari almeno all'85%. A decorrere dal 2019, l'accantonamento
al Fondo è effettuato per l'intero importo.
In sede di rendiconto, fin dal primo esercizio di applicazione del
presente principio, l'ente accantona nell'avanzo di amministrazione l'intero
importo del fondo crediti di dubbia esigibilità quantificato nel prospetto
riguardante il fondo allegato al rendiconto di esercizio.
In sede di assestamento
di bilancio e alla fine dell’esercizio per la redazione del rendiconto, è
verificata la congruità del fondo crediti di dubbia esigibilità complessivamente
accantonato nel bilancio e nell’avanzo, in considerazione dell’ammontare dei
residui attivi degli esercizi precedenti e di quello dell’esercizio in corso.
L’importo complessivo del fondo accantonato
nell’avanzo è calcolato applicando all’ammontare dei residui attivi la media dell’incidenza degli accertamenti
non riscossi sui ruoli o sugli altri strumenti coattivi negli ultimi cinque esercizi.
Quando un credito è dichiarato definitivamente ed assolutamente inesigibile, lo si elimina dalle scritture finanziarie e, per lo stesso importo del credito che si elimina, si riduce la quota accantonata nel risultato di amministrazione a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilità.
A seguito di ogni provvedimento di riaccertamento dei residui attivi è rideterminata la quota dell'avanzo di amministrazione accantonata al fondo crediti di dubbia esigibilità
L'eventuale quota del risultato di amministrazione “svincolata”, sulla base della determinazione dell'ammontare definitivo del fondo crediti di dubbia esigibilità rispetto alla consistenza dei residui attivi di fine anno, può essere destinata alla copertura dello stanziamento riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità del bilancio di previsione dell'esercizio successivo a quello cui il rendiconto si riferisce.
Con riferimento al riaccertamento dei residui attivi, si ricorda, infine, che la nuova formulazione dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 118, recante i principi contabili generali e applicati, prevede, al comma 4, il riaccertamento annuale dei residui attivi e passivi per verificare le ragioni del loro mantenimento o la reimputazione all'esercizio nel quale sono esigibili. Possono essere conservati tra i residui attivi solo le entrate accertate esigibili nell'esercizio di riferimento, ma non incassate e tra i residui passivi solo le spese impegnate, liquidate o liquidabili nel corso dell'esercizio, ma non pagate.
Per il 2015 - anno di prima applicazione dell’obbligo di iscrizione in bilancio dell'accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità, che la normativa vigente, come sopra descritta, prevede pari almeno al 36% dell'importo dell'accantonamento, come quantificato nell’apposito prospetto allegato al bilancio di previsione, o al 55% per gli enti locali che hanno partecipato alla fase di sperimentazione dell’armonizzazione dei sistemi contabili – il comma 490 prevede che le percentuali da applicare per il computo dei saldi obiettivo degli enti locali possano essere modificate sulla base delle informazioni relative al valore degli accantonamenti effettuati sul fondo crediti di dubbia esigibilità per l'anno 2015, acquisite con specifico monitoraggio.
A decorrere dal 2016, le percentuali sono rideterminate tenendo conto del valore degli accantonamenti effettuati sul Fondo crediti di dubbia esigibilità nell'anno precedente.
Il comma 491 è volto a precisare l’applicazione della disposizione che consente la riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno per i comuni che gestiscono, in quanto capofila, funzioni e servizi in forma associata ed il contestuale aumento degli obiettivi del patto per i comuni associati non capofila, di cui al comma 6-bis all’articolo 31 della legge n. 183/2011 (introdotto dal comma 534 della legge n. 147/2013).
In particolare, la norma è finalizzata a precisare che la redistribuzione degli obiettivi del patto di stabilità fra enti capofila ed enti associati avviene solo a fronte di un accordo fra i predetti enti.
Di conseguenza, l’ANCI provvederà a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, entro il 30 marzo di ciascun anno, mediante il sistema web, gli importi in riduzione e in aumento degli obiettivi del patto per ciascun comune, come determinati sulla base dell’accordo raggiunto tra gli stessi, a seguito delle istanze prodotte dai comuni medesimi entro il 15 marzo di ciascun anno.
Il comma 492 sospende a decorrere dall’anno
2015 l’applicazione del meccanismo di virtuosità recato dall’articolo
20, comma 2, 2-bis e 3 del D.L. n.
98/2011, ai fini della suddivisione tra i singoli enti appartenenti ad un
determinato comparto degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto di
stabilità interno, che determina effetti di minore incidenza
finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti (lettera a).
Conseguentemente, è sospesa l’applicazione della disposizione che disponeva la rideterminazione in aumento - fino ad un limite massimo espressamente indicato - delle percentuali per l’individuazione dell’obiettivo di saldo per gli enti non virtuosi (comma 3 dell’articolo 31 della legge n. 183/2001) (lettera b).
È infine disposta la disapplicazione dell’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 31 della legge n. 183/2001, che rende transitorio l’attuale meccanismo di calcolo dai saldi obiettivo (tramite l’applicazione delle percentuali alla spesa media corrente), nelle more dell’adozione del suddetto meccanismo di ripartizione degli obiettivi finanziari del patto fra gli enti di ciascun livello di governo, basato su criteri di virtuosità (lettera c).
Secondo quanto esposto nella Relazione illustrativa
(A.C. 2679), la sospensione è dovuta alle persistenti difficoltà oggettive per
la valutazione, in tempi celeri, dei parametri stessi. Nella Relazione si
sottolinea, peraltro, come l’avvio della riforma della contabilità comporta
comunque l’introduzione di elementi di virtuosità nelle regole del patto di
stabilità interno, mediante la considerazione del Fondo crediti di dubbia
esigibilità nel saldo obiettivo (cfr.
quanto detto in proposito con riferimento al comma 490).
Il meccanismo di virtuosità - introdotto a decorrere dall’anno 2012 dal citato articolo 20 del D.L. n. 98/2011- prevede che gli obiettivi complessivi del patto di stabilità interno siano attribuiti ai singoli enti in base alla loro virtuosità, misurata operando una valutazione ponderata di 10 specifici parametri.
A tal fine, si prevede la ripartizione degli enti sottoposti al patto di stabilità in due classi, con appositi decreti del Ministro dell’interno per gli enti locali e del Ministro dell’economia per le regioni. La suddivisione degli enti nelle due classi è funzionale alla ripartizione - tra i singoli enti appartenenti ad un determinato comparto e fermo restando l’obiettivo complessivo del comparto - degli obiettivi finanziari stabiliti dal patto, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti. Più in particolare, l’articolo 20, comma 3, del D.L. n. 98/2011, come modificato dal comma 429 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2013, dispone che gli enti locali che risultano collocati nella classe virtuosa, fermo restando l'obiettivo del comparto, conseguono un saldo obiettivo pari a zero.
Il meccanismo prevede, dunque, che l’onere connesso al minor contributo che viene richiesto agli enti virtuosi sia sostenuto interamente dagli enti non virtuosi. Di conseguenza, mentre gli enti virtuosi beneficeranno di un miglioramento dei propri obiettivi del patto di stabilità, per gli enti non virtuosi è invece prevista una penalizzazione, consistente nella rideterminazione in aumento del proprio obiettivo finanziario, attraverso l’incremento delle percentuali da applicare alla media della spesa corrente per la determinazione del saldo obiettivo, fino ad un massimo espressamente indicato (corrispondente ad un punto percentuale in più), ai sensi dell’articolo 31, comma 6, della legge n. 183/2011.
Si ricorda che l’applicazione del meccanismo di virtuosità era già stato sospeso per gli anni 2013 e 2014.
Esso è stato applicato soltanto nel 2012, con il D.M. Economia del 25 giugno 2012. Il decreto ha recato l’individuazione, in apposite tabelle, delle province e dei comuni ritenuti virtuosi ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del D.L. n. 98/2011, stabilendo, ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, che gli enti collocati nella tabella dei virtuosi dovessero conseguire nell'anno 2012 un saldo obiettivo pari a zero, mentre per le province e per i comuni non rientranti nella categoria dei virtuosi le percentuali sono state invece rideterminate in aumento. In linea con la disciplina recata dall’allora vigente comma 5 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011 (ora abrogato), la riduzione complessiva degli obiettivi programmatici degli enti locali è stata commisurata agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della clausola di salvaguardia di cui al comma 6, in termini di maggiorazione delle percentuali da applicare alla media della spesa corrente ai fini del calcolo del saldo-obiettivo. Tali effetti finanziari sono stati quantificati, sulla base delle penalizzazioni inflitte agli enti locali che hanno violato il rispetto del patto, in 31,3 milioni di euro per le province e in 149,4 milioni di euro per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
In ragione dell’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio per le regioni, di cui ai commi 460 e seguenti del provvedimento in esame, il comma 493 provvede alla soppressione del cosiddetto “patto regionale integrato”, disciplinato dall’articolo 32, comma 17, della legge n. 183/2011, che prevedeva la possibilità per ciascuna regione di concordare con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi del patto di stabilità e quelli degli enti locali del proprio territorio.
Il patto regionale integrato è stato introdotto come evoluzione del patto regionalizzato con l’articolo 20, comma 1, del D.L. n. 98/2011. La norma, superando il meccanismo delle compensazioni verticali ed orizzontali apre la prospettiva ad un "patto regionale integrato", prevedendo la possibilità, per ciascuna regione di concordare direttamente con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi, esclusa la componente sanitaria, e quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali.
Tale patto integrato è stato successivamente ridefinito dalla legge di stabilità per il 2012 (articolo 32, comma 17, legge n. 183/2011), rinviando ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le modalità di attuazione e le condizioni della eventuale esclusione dal 'patto concordato' delle regioni che nel triennio precedente non abbiano rispettato il patto o siano sottoposte al piano di rientro dal deficit sanitario.
Il Patto c.d. integrato non ha ricevuto attuazione; da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 ne aveva posticipato l’applicazione al 2015.
L’applicazione di tale istituto è stata più volte rinviata nel tempo proprio in ragione del fatto che il meccanismo richiederebbe l’adozione della stessa tipologia di obiettivo di patto per le regioni e gli enti locali.
Il comma 494 - modificando quanto disposto dal comma 19 dell’articolo 31 della legge n. 183/2011 - è volto a chiarire la data di decorrenza dei 30 giorni entro cui va inviato il prospetto del monitoraggio dei risultati del patto di stabilità interno.
In particolare, la norma precisa che con riferimento al primo semestre, il prospetto è trasmesso entro 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’interno recante il prospetto dimostrativo dell’obiettivo; il prospetto del secondo semestre è trasmesso entro trenta giorni dalla fine del periodo di riferimento.
Si ricorda che, in base al citato comma 19, gli enti sono tenuti a trasmettere semestralmente al Ministero dell’economia e finanze le informazioni riguardanti le risultanze in termini di competenza mista, attraverso l’indicato sistema web. Il monitoraggio interessa tutti gli enti cui si applica il patto, anche al fine di acquisire elementi informativi utili per la finanza pubblica, anche con riferimento alla loro situazione debitoria.
Le modalità di comunicazione delle informazioni richieste e il prospetto dimostrativo dell’obiettivo determinato per ciascun ente sono definiti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–regioni e autonomie locali. La mancata trasmissione del prospetto contenente gli obiettivi programmatici entro 45 giorni dalla pubblicazione del relativo decreto costituisce inadempimento del patto.
I commi 495 e 496 sono volti a snellire la procedura per l’aggiornamento dei termini e dei prospetti relativi al monitoraggio e alla certificazione del patto di stabilità interno sia per le regioni che per gli enti locali, rinviando la stessa ad un decreto del Ministero anziché del Ministro dell'economia e delle finanze.
Sono modificati, a tal fine, il comma 32 dell’articolo 31 e il comma 27 dell’articolo 32 della legge n. 183/2011, i quali dispongono, rispettivamente per gli enti locali e per le regioni e le Province autonome, che con decreto del Ministro (ora del Ministero) possono essere aggiornati, ove intervengano modifiche legislative alla disciplina del patto di stabilità interno, i termini riguardanti gli adempimenti degli enti locali, ovvero delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, relativi al monitoraggio e alla certificazione del patto di stabilità interno.
Il comma 497 interviene con alcune precisazioni in merito alla disposizione, introdotta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 133, che prevede per gli anni 2014 e 2015 l’esclusione dal patto di stabilità interno dei pagamenti in conto capitale sostenuti da regioni, province e comuni per l’estinzione dei debiti in conto capitale non estinti alla data del 31 dicembre 2013.
La novella apportata all’articolo 4, commi 5 e 6, del D.L. n. 133/2014, è finalizzata, in particolare, a ridurre l’importo stanziato per l’anno 2015, riservandolo ai soli enti locali.
Si ricorda che il citato comma 5 esclude dai vincoli del patto le spese sostenute dalle province, dai comuni e dalle regioni, effettuate successivamente all’entrata in vigore del D.L. n. 133, per il pagamento dei debiti in conto capitale:
§ che risultino certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013,
§ per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013,
§ riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013, ovvero che presentavano, a tale data, i requisiti per il loro riconoscimento di legittimità.
Secondo la normativa, rilevano ai fini della esclusione solo i debiti presenti nella apposita piattaforma elettronica per la certificazione di crediti[98], connessi a determinate tipologie di spesa, escluse le spese afferenti la sanità.
Si ricorda che tale deroga ai vincoli del patto di stabilità introdotta dal D.L. n. 133 si aggiunge a quella, del tutto analoga, già consentita per il 2014 dalla scorsa legge di stabilità con riferimento, tuttavia, ai debiti maturati al 31 dicembre 2012 (art. 1, commi 546-549, legge n. 147/2013).
Le novelle apportate dal comma in esame alla suesposta normativa sono finalizzate:
§ a ridurre il limite massimo di spesa autorizzato complessivamente per la suddetta deroga al patto di stabilità da 300 a 240 milioni di euro. Nello specifico, la riduzione riguarda l’importo stanziato per il 2015, che si riduce da 100 a 40 milioni, che vengono riservati ai soli enti locali (lettera a).
Va sottolineato che per le regioni è introdotta una analoga misura di deroga dal comma 466 della legge di stabilità in esame, nell’importo di 60 milioni di euro per il 2015, finalizzata, come già previsto dal D.L. n. 133/2014, all’esclusione dal patto dei pagamenti relativi a debiti in conto capitale delle regioni non estinti alla data del 31 dicembre 2013 (cfr. la relativa scheda di lettura);
Pertanto, la procedura per la richiesta degli spazi finanziari di patto descritta dalla norma si applica soltanto alle province e ai comuni (lettera c).
Il comma 6 del citato articolo 4 del D.L. n. 133 prevede, a tal fine, che gli enti devono a comunicare al Ministero dell’economia gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere i pagamenti nel 2015 entro il termine perentorio del 28 febbraio 2015, tramite il sito web «http://certificazionecrediti. mef.gov.it». Sulla base delle comunicazioni pervenute, il Ministero dell’economia individua entro il 15 marzo, per ciascun ente, su base proporzionale, gli importi dei pagamenti da escludere dal patto;
§ a precisare che soltanto per i debiti certi liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2013 rileva la necessità che debba trattarsi di debiti presenti nella Piattaforma elettronica, ai fini dell’esclusione dei relativi pagamenti dai vincoli del patto, posto che per le altre tipologie di debiti comunque rientranti nella deroga (quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013, ovvero quelli riconosciuti alla data del 31 dicembre 2013 o che presentavano a tale data i requisiti per il loro riconoscimento di legittimità) non è prevista la registrazione nella predetta Piattaforma (lettera b).
Il comma 498 rivede la disciplina per l’applicazione delle regole del patto di stabilità interno agli enti locali di nuova istituzione, rispetto a quella recata dall’articolo 31, comma 23, della legge n. 183/2011.
In particolare, le modifiche riguardano:
§ le città metropolitane e le province oggetto di riordino di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, che vengono escluse dall’applicazione delle regole previste dal citato comma 23 – che dispongono l’applicazione del patto di stabilità, per gli enti locali istituiti a decorrere dal 2011, a partire dal terzo anno successivo a quello della loro istituzione. Tali enti, pertanto, sono soggetti alle regole del Patto già nel 2015;
§ i comuni
istituiti a seguito di fusione, per i quali viene prevista l’applicazione
delle regole del patto dal quinto anno successivo a quello della
loro istituzione (anziché dal terzo come previsto per gli altri enti). Ai fini
della determinazione degli obiettivi programmatici, tali enti assumono, come
base di riferimento, le risultanze dell’ultimo triennio disponibile.
Il successivo comma 499 reca la compensazione
degli effetti finanziari, in termini di indebitamento netto e di fabbisogno,
derivanti dal comma 498 nella parte in cui si prevede l’esclusione del patto di
stabilità interno per i comuni istituiti a seguito di fusione a decorrere dal
2011 fino al quinto anno successivo a quello della loro istituzione (esclusione
introdotta nel corso dell’esame parlamentare). Tali effetti, pari a 0,3 milioni
di euro per l'anno 2015, a 10,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e
2017 e a 14,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, sono compensati a
valere sul Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a
legislazione vigente.
Il Fondo, istituito dall'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008, è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Nel bilancio di previsione per gli anni 2015-2017 (cap. 7593/Economia), il Fondo presenta una dotazione di sola cassa pari a 247,8 milioni per il 2015, 367,9 milioni per il 2016 e a 403,2 milioni per il 2017.
Il comma 500, infine, interviene sul sistema di premialità previsto in favore degli enti locali rispettosi del patto di stabilità interno, ai sensi del comma 122 dell'articolo 1 della legge n. 220/2010, semplificandone la procedura di applicazione.
Il meccanismo della premialità, previsto dal citato comma 122, consente la riduzione gli obiettivi annuali del patto di stabilità per gli enti locali virtuosi nell’anno precedente.
L'importo complessivo della riduzione degli obiettivi è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione - operata a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio e sul fondo perequativo, ovvero, sui trasferimenti erariali nel caso dei comuni della Regione Siciliana e della Sardegna[99] - comminata nei confronti degli enti locali che non hanno rispettato l'obiettivo del patto[100].
A seguito delle modifiche apportate dalla legge di stabilità dello scorso
anno (art. 1, comma 545, legge n. 147/2013), l’ambito di applicazione del
sistema di premialità è stato limitato soltanto agli enti locali assoggettabili alla suddetta sanzione della
riduzione dei trasferimenti erariali, nel senso che la riduzione degli obiettivi annuali può essere autorizzata dal Ministro
dell’economia soltanto in favore di quelli cui si applicherebbe la sanzione in
caso di mancato rispetto del patto[101].
Sulla disciplina è intervenuto, da ultimo, l’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 66/2014, il quale ha riservato l’applicazione del sistema di premialità, sulla base dei criteri individuati ai sensi del comma 122, esclusivamente agli enti locali che risultino altresì rispettosi dei tempi di pagamento previsti dal decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231[102], come rilevato nella certificazione del patto di stabilità interno.
La modifica apportata alla disciplina è finalizzata ad eliminare la previsione dell’emanazione del decreto annuale del Ministro dell’economia, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che autorizza la riduzione degli obiettivi programmatici degli enti ed introducendo, invece, in suo luogo la previsione di un decreto del Ministero dell’economia che, sentita la Conferenza medesima, definisca i criteri e le modalità per la riduzione degli obiettivi annuali degli enti.
Il comma in esame è volto, in tal modo, a semplificare la procedura suddetta per due profili, il primo che prevede un parere – e non più una intesa – da parte della Conferenza Stato-città, ed il secondo che dispone - secondo quanto desumibile dal testo e dalla relazione illustrativa al comma introdotto nel corso dell’esame parlamentare - un unico decreto (non più annuale, dunque) di contenuto generale sulla riduzione degli obiettivi, che, in quanto emanato dal Ministero, anziché dal Ministro, potrebbe avere anche natura dirigenziale, ovvero direttoriale o simile.
Articolo 1,
comma 501
(Election day)
501. Ai fine di realizzare le condizioni previste dall'articolo 7, comma
1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, e di ottenere i conseguenti risparmi di spesa,
all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, della legge 2 luglio 2004, n. 165,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e le elezioni dei nuovi Consigli
hanno luogo non oltre i sessanta giorni successivi al termine del quinquennio».
Il comma 501 stabilisce, attraverso una modifica alla legge n. 165 del 2004, che reca le disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, che le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali abbiano luogo entro 60 giorni a decorrere della scadenza della durata in carica dei consigli precedenti.
Lo scopo della norma è di agevolare l’”abbinamento” delle elezioni dei consigli regionali ad eventuali altre elezioni, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 98/2011 che, per il contenimento delle spese connesse con il procedimento elettorale, dispone appunto lo svolgimento in una unica data delle elezioni che si devono svolgere nell’arco dell’anno (c.d. “election day”), compatibilmente con i rispettivi ordinamenti.
A tal fine, la disposizione in commento amplia l’arco temporale entro il quale può essere individuata la data delle elezioni regionali.
L’articolo 122 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1/1999, ha conferito alle regioni a statuto ordinario potestà legislativa in materia elettorale nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica; la medesima legge stabilisce inoltre la durata degli organi elettivi.
Ciascuna regione, inoltre, adotta uno statuto che ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento (art. 123 Cost.).
Analogamente a quanto fatto con la legge costituzionale 1/1999 per le regioni a statuto ordinario, le modifiche apportate a ciascuno statuto speciale dalla legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 attribuiscono alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano la competenza legislativa sulla forma di governo, sul sistema di elezione dei consiglieri, del Presidente e degli altri componenti della Giunta, nonché sulla disciplina dei casi di ineleggibilità e incompatibilità[103]. Fonte normativa per queste discipline è la legge 'statutaria': una legge approvata dalla maggioranza dei consiglieri, che può essere sottoposta a referendum popolare con specifiche procedure.
L’art. 122 Cost., primo comma, Cost. è stato attuato dalla legge n.165/2004, che prevede che gli organi elettivi delle regioni durano in carica per cinque anni, salvi i casi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Il quinquennio decorre per ciascun Consiglio dalla data della elezione (art. 5).
Nel rispetto di questi limiti, ciascuna legge regionale può specificare ulteriormente il procedimento di convocazione dei comizi elettorali.
Di fatto, con l’eccezione di Veneto e Marche, le regioni non hanno legiferato in materia di determinazione temporale del periodo elettorale.
In assenza di normativa regionale si applica la normativa nazionale, recata dalla legge n. 108/1968, vigente per tutte le regioni prima della riforma del 1999.
In particolare, la legge n. 108/1968 prevede che le elezioni possono avere luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento dei cinque anni della legislatura (art. 3, 2° comma). In assenza di specifiche previsioni relative alla possibilità di votare dopo la scadenza della legislatura, la disposizione è stata interpretata in modo tale che le elezioni regionali dovessero avvenire necessariamente ed esclusivamente prima della scadenza della legislatura. Ciò ha determinato il fatto che ogni volta l’elezione venisse leggermente anticipata rispetto a quella precedente.
La disposizione in commento consente invece lo svolgimento delle elezioni anche dopo la scadenza del mandato, purché non oltre i 60 giorni, fermo restando il limite iniziale della quarta domenica precedente la scadenza della legislatura.
Come già ricordato, la ratio della nuova norma risiede nell’agevolare l’effettuazione del c.d. election day.
L'articolo 7 del decreto-legge n. 98/2011, richiamato dal comma in commento, prevede infatti che, a decorrere dal 2012, le consultazioni elettorali per le elezioni dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, dei consigli comunali, provinciali e regionali, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, si svolgano in un’unica data nell’arco dell’anno. Lo svolgimento delle elezioni in un'unica data avviene peraltro solo ove compatibile con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
Inoltre, qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, le consultazioni di cui sopra si effettuano nella data stabilita per le elezioni del Parlamento europeo.
La disposizione dell’art. 7 sul cd. election day avrebbe potuto essere interpretata nel senso di superare la prassi finora seguita e dunque di consentire lo svolgimento delle elezione anche oltre il quinquennio della legislatura.
Con l’intervento legislativo in esame, al fine di fugare qualsiasi dubbio interpretativo, si è scelto di definire esplicitamente la possibilità di slittamento della data delle elezioni oltre la legislatura, individuando altresì un termine finale (60 giorni).
Si tratta appunto di un semplice allungamento dell’arco temporale per le elezioni regionali, che consente solo “eventualmente” lo svolgimento contestuale delle elezioni.
Infatti, una delle difficoltà a procedere all’election day è data dalla difformità delle procedure di individuazione della data delle elezioni tra i diversi sistemi elettorali. Ad esempio, la legge prevede, per le elezioni comunali, una finestra elettorale predeterminata (15 aprile – 15 maggio), mentre per le elezioni regionali l’arco temporale consentito è mobile (sia nella formulazione previgente, sia in quella introdotta dalla norma in esame). Pertanto, anche con l’ampliamento dell’arco temporale operato dalla disposizione in commento, potrebbe verificarsi la non coincidenza dei due periodi e l’impossibilità di effettuare l’election day se non con uno specifico intervento normativo (come avvenne ad esempio nel 2010 per consentire l’abbinamento elezioni regionali – elezioni amministrative[104]).
Come si è già detto, la disposizione in commento non incide sulla finestra elettorale che precede la scadenza della legislatura, che rimane quella fissata dalla legge n.108/1968 (a meno di specifica norma regionale), bensì introduce uno spazio temporale ulteriore e successivo, stabilendo che le elezioni possono svolgersi entro 60 giorni dopo il termine del quinquennio. Introducendo tale norma come novella all’articolo 5 della legge n. 165/2004, tale termine risulta inderogabile dalla legge regionale.
Pertanto, ad esso dovrà adeguarsi la regione Marche la cui legge elettorale (L.R. 16 dicembre 2004, n. 27) prevede che le elezioni abbiano luogo nel periodo che intercorre dalla seconda domenica precedente alla sesta domenica successiva alla scadenza del Consiglio (art. 7), scadenza determinata con rinvio alla legge statale, ossia 5 anni dalle elezioni precedenti (art. 5, comma 1).
Analogamente, il Veneto ha previsto una “finestra”
temporale prefissata (e non mobile come quella ordinaria) stabilendo che le
elezioni hanno luogo nel periodo che intercorre tra il 15 maggio e il 15 giugno (Legge regionale 16 gennaio 2012, n. 5,
art. 11). Tuttavia, una norma di chiusura fa salva la normativa statale.
La questione delle modalità di accorpamento di più elezioni si porrà concretamente già nell’anno in corso quando si dovrà tenere il turno ordinario sia delle elezioni regionali (è previsto il rinnovo dei consigli regionali di sette regioni a statuto ordinario: Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Veneto, Umbria), sia di quelle comunali.
Per quanto riguarda la determinazione della data delle elezioni regionali, come si è detto, in assenza di specifiche previsioni regionali (al momento presenti solo nelle Marche e in Veneto), si applica la normativa statale, che prevede (nella formulazione previgente) che esse possano aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il compimento dei cinque anni della legislatura e fino alla data di tale compimento.
Dal momento che le ultime elezioni regionali si sono svolte il 28 e 29 marzo 2010, le prossime si sarebbero dovute svolgere esclusivamente in una delle domeniche comprese tra il 1° e il 22 marzo 2015.
In ossequio al principio dell’election day, alle elezioni regionali dovranno accorparsi le amministrative, che, per legge possono svolgersi esclusivamente tra il 15 aprile e il 15 giugno di ciascun anno (L. n. 182/1991, art. 1).
La disposizione in esame ampliando il periodo in cui possono svolgersi le elezioni dei consigli regionali a 60 giorni successivi la loro scadenza, permetterebbe dunque di individuare una data comune valida anche per le elezioni amministrative.
Nel 2015 il termine ultimo per le elezioni regionali, ai sensi della modifica introdotta dal comma in esame, sarebbe il 27 maggio, e pertanto l’election day potrebbe essere individuato in una delle domeniche comprese tra il 15 aprile, data iniziale della finestra elettorale per le amministrative, e, appunto, il 27 maggio (con la prima data utile domenica 19 aprile).
Si consideri che l’arco temporale previsto dalla legge elettorale delle Marche si chiude il 3 maggio (sesta domenica successiva alla scadenza della legislatura, vedi sopra) e, pertanto se la scelta cadesse su una data successiva andrebbe presumibilmente modificata la legge regionale. La regione Veneto, invece, da una parte fissa la finestra elettorale tra il 15 maggio e il 15 giugno, dall’altra fa salva la normativa statale.
Articolo 1,
comma 502
(Esclusione dal Patto di stabilità 2015
delle spese sostenute
da comuni interessati dagli eventi sismici)
502. È disposta l'esclusione dal patto di stabilità interno, per l'anno
2015, delle spese sostenute dai comuni individuati ai sensi dell'articolo 1,
comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni,
dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, e dell'articolo 67-septies del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 134, con risorse proprie provenienti da erogazioni liberali e
donazioni da parte di cittadini privati ed imprese e puntualmente finalizzate a
fronteggiare gli eccezionali eventi sismici e la ricostruzione, per un importo
massimo complessivo di 5 milioni di euro. L'ammontare delle spese da escludere
dal patto di stabilità interno ai sensi del periodo precedente è determinato
dalla regione Emilia-Romagna nei limiti di 4 milioni di euro e dalle regioni
Lombardia e Veneto nei limiti di 0,5 milioni di euro per ciascuna regione. Le
regioni comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze e ai comuni
interessati, entro il 30 giugno 2015, gli importi di cui al periodo precedente.
Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di
indebitamento netto derivanti dall'attuazione del presente comma, pari a 5
milioni di euro per l'anno 2015, si provvede mediante corrispondente utilizzo
del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a
legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali,
di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito,
con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive
modificazioni.
Il comma 502 dispone per l’anno 2015 l’esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute dai comuni delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012 finalizzate a fronteggiare gli eccezionali eventi sismici e la relativa ricostruzione, finanziate con risorse proprie dei comuni medesimi, provenienti da erogazioni liberali e donazioni da parte di imprese e privati.
Per l'individuazione dei comuni interessati la norma rinvia alle vigenti disposizioni che hanno elencato i comuni medesimi, costituite dall’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 74/2012[105], nonché dall’articolo 67-septies del decreto legge n. 83/2012[106].
L’esclusione è concessa per un importo massimo complessivo pari a 5 milioni di euro.
L'ammontare delle spese da escludere dal patto di stabilità interno è così ripartito tra i comuni delle regioni interessate:
§ Emilia-Romagna: 4 milioni di euro;
§ Lombardia: 0,5 milioni di euro;
§ Veneto: 0,5 milioni di euro.
Gli importi delle spese da escludere dal patto sono comunicati dalle regioni al Ministero dell’economia e delle finanze e ai comuni interessati entro il 30 giugno 2015.
Il comma prevede la compensazione dei conseguenti effetti finanziari, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, pari a 5 milioni per il 2015, attraverso il corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.
Il Fondo, istituito dall'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008, è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Nel bilancio di previsione per gli anni 2015-2017 (cap. 7593/Economia), il Fondo presenta una dotazione di sola cassa pari a 247,8 milioni per il 2015, 367,9 milioni per il 2016 e a 403,2 milioni per il 2017.
Si ricorda che deroghe del tutto analoghe a quella introdotta dal comma in esame, che hanno riguardato le spese di ricostruzione dei medesimi comuni dell’Emilia-Romagna, della Lombardia e del Veneto interessati dagli eventi sismici del maggio 2012, sono già state previste per gli anni 2013 e 2014 dall’articolo 11, comma 1, lettera a), punto n. 5-bis), del D.L. n. 174/2012, per un importo massimo complessivo, per ciascun anno, pari a 10 milioni di euro. In favore dei soli comuni dell’Emilia-Romagna, inoltre, l’articolo 1, comma 8-bis, del D.L. n. 74/2014 ha disposto, per l'anno 2014, l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute con risorse proprie provenienti da erogazioni liberali e donazioni da parte di cittadini privati e imprese e finalizzate agli interventi di ricostruzione, per un importo massimo complessivo di 5 milioni di euro.
Inoltre, in favore di tali comuni sono stati annualmente disposti ulteriori alleggerimenti dei vincoli del patto di stabilità, mediante la riduzione degli obiettivi finanziari del patto da attuarsi con le procedure del patto regionale verticale, a partire dal 2012. In particolare, da ultimo, si ricorda l’articolo 1, comma 354, della legge n. 147/2013, che ha disposto per il 2014 una riduzione degli obiettivi del patto di stabilità interno per i medesimi comuni interessati dal comma in esame, nell’importo complessivo di 25,5 milioni di euro[107].
In merito alla norma in esame si rileva, inoltre, che la disciplina vigente del patto di stabilità interno per gli enti locali (di cui all’articolo 31, commi 8-bis e 8-ter, della legge n. 183/2011) già prevede l’esclusione dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini del rispetto del patto delle spese realizzate direttamente con risorse proprie dai comuni e dalle province per interventi in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza, effettuati nell'esercizio finanziario in cui è avvenuta la calamità e nei due esercizi finanziari successivi.
La deroga - recata dall’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 59/2012[108] - è stata introdotta proprio al fine di consentire agli enti danneggiati da eventi calamitosi di effettuare maggiori spese per fronteggiare tali eventi in deroga alle regole del patto finanziate con risorse proprie degli enti.
In aggiunta a tale disposizione, si ricorda inoltre che la disciplina vigente del patto, di cui all’articolo 31, commi 7-8, della legge n. 183/2011, prevede anche l’esclusione dal computo del saldo finanziario rilevante ai fini del patto delle risorse provenienti dallo Stato e delle relative spese, sia di parte corrente che in conto capitale, sostenute dalle province e dai comuni per l’attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza.
Articolo 1,
commi 503 e 504
(Pagamento rate mutui con Cassa depositi
e prestiti S.p.A.
in scadenza nel 2015)
503. Il pagamento delle rate scadenti nell'esercizio 2015 dei mutui
concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. ai comuni di cui al decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze 1° giugno 2012, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 130 del 6 giugno 2012, e successive modificazioni, e
all'articolo 67-septies del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e successive
modificazioni, nonchè alle province dei predetti comuni, trasferiti al
Ministero dell'economia e delle finanze in attuazione dell'articolo 5, commi 1
e 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è differito, senza
applicazione di sanzioni e interessi, al secondo anno immediatamente successivo
alla data di scadenza del periodo di ammortamento, sulla base della periodicità
di pagamento prevista nei provvedimenti e nei contratti regolanti i mutui
stessi. Il presente comma entra in vigore alla data di pubblicazione della
presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Ai relativi oneri, pari a 12,5 milioni
di euro per l'anno 2015, a 6 milioni di euro per l'anno 2016 e a 6 milioni di
euro per l'anno 2017, si provvede con le risorse di cui alle contabilità
speciali di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012, n.
74, convertito, con modificazioni dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, che sono
corrispondentemente versate all'entrata del bilancio dello Stato nei predetti
anni.
504. All'articolo 1, comma 356, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le
parole: «all'anno immediatamente successivo», sono sostituite dalle seguenti:
«al secondo anno immediatamente successivo» e le parole: «5,3 milioni di euro
per l'anno 2015, si provvede con le risorse di cui alle contabilità speciali di
cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74,
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, che sono
versate all'entrata del bilancio dello Stato» sono sostituite dalle seguenti:
«12,1 milioni di euro per l'anno 2015 e 6 milioni di euro per l'anno 2016, si
provvede con le risorse di cui alle contabilità speciali di cui all'articolo 2,
comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni,
dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, che sono versate all'entrata del bilancio
dello Stato».
Il comma 503 posticipa di due anni, senza applicazione di sanzioni e interessi, il pagamento delle rate scadenti nel 2015 dei mutui concessi agli enti locali interessati dagli eventi sismici del maggio 2012.
I mutui oggetto della disposizione in esame sono quelli concessi dalla Cassa depositi e prestiti ai comuni e alle province delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto interessati dagli eventi sismici del maggio 2012 (individuati nel D.M. 1° giugno 2012 e nell’articolo 67-septies del D.L. n. 83/2012), e che sono stati trasferiti dalla Cassa DD.PP. al Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base della disciplina vigente (articolo 5, commi 1 e 3 del D.L. n. 269/2003) in tema di rapporti tra la Cassa ed il Ministero.
La copertura degli oneri determinati dal mancato versamento dei ratei, pari a 12,5 milioni di euro per l’anno 2015 e a 6 milioni di euro per gli anni 2016 e 2017, è posta a carico delle contabilità speciali di cui all’articolo 2, comma 6, del D.L. n. 74/2012 che sono a tal fine versate all’entrata del bilancio dello Stato.
Si tratta delle contabilità speciali intestate ai presidenti delle Regioni Emilia-Romagna. Lombardia e Veneto, aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal fondo per la ricostruzione delle zone danneggiate dal sisma 2012.
Per un approfondimento sulla normativa emanata in seguito al terremoto del maggio 2012 si v. la scheda “Il terremoto in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto”.
Il comma 504, modificando l’articolo 1, comma 356, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), posticipa di un ulteriore anno il pagamento delle rate 2013 e 2014 dei mutui concessi, dalla Cassa depositi e prestiti, agli enti locali interessati dagli eventi sismici del maggio 2012. La copertura degli oneri, pari a 12,1 milioni di euro per l’anno 2015 e a 6 milioni di euro per l’anno 2016 (nel testo previgente la copertura era limitata a 5,3 milioni di euro per l'anno 2015, oltre alla copertura relativa all’esercizio 2014, che rimane confermata in 12,1 milioni di euro), è posta a carico delle contabilità speciali di cui all’articolo 2, comma 6, del D.L. n. 74/2012 che sono a tal fine versate all’entrata del bilancio dello Stato.
Articolo 1,
commi 505-507 e 509-510
(Armonizzazione contabile degli enti
territoriali)
505. All'articolo 3, comma 7, lettera a), del decreto legislativo 23
giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, le parole: «, quelli relativi
alla politica regionale unitaria --- cooperazione territoriale,» sono
soppresse.
506. Dopo il comma 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno
2011, n. 118, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«4-bis. Le regioni che hanno partecipato alla sperimentazione nell'anno
2014, nell'ambito del riaccertamento ordinario effettuato nel 2015 ai fini del
rendiconto 2014, provvedono al riaccertamento dei residui attivi e passivi
relativi alla politica regionale unitaria --- cooperazione territoriale non
effettuato in occasione del riaccertamento straordinario effettuato ai sensi
dell'articolo 14 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28
dicembre 2011, pubblicato nel supplemento ordinario n. 285 alla Gazzetta
Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011».
507. All'articolo 3, comma 17, del decreto legislativo 23 giugno 2011,
n. 118, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alle parole: «La copertura» sono premesse le seguenti: «Nelle more
dell'adozione del decreto di cui al comma 15,»;
b) la parola: «2017» è sostituita dalle seguenti: «2042 da parte degli
enti coinvolti nella sperimentazione che hanno effettuato il riaccertamento
straordinario dei residui nel 2012, e fino al 2043 da parte degli enti
coinvolti nella sperimentazione che hanno effettuato il riaccertamento
straordinario dei residui al 1º gennaio 2014».
509. Al paragrafo 3.3 dell'allegato 4/2, recante «Principio contabile
applicato concernente la contabilità finanziaria», annesso al decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, dopo le parole: «e dal terzo esercizio
l'accantonamento al fondo è effettuato per l'intero importo.» sono aggiunte le
seguenti: «Con riferimento agli enti locali, nel 2015 è stanziata in bilancio
una quota dell'importo dell'accantonamento quantificato nel prospetto
riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità allegato al bilancio di
previsione pari almeno al 36 per cento, se l'ente non ha aderito alla
sperimentazione di cui all'articolo 36, e al 55 per cento, se l'ente ha aderito
alla predetta sperimentazione. Nel 2016 per tutti gli enti locali lo
stanziamento di bilancio riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità è
pari almeno al 55 per cento, nel 2017 è pari almeno al 70 per cento, nel 2018 è
pari almeno all'85 per cento e dal 2019 l'accantonamento al fondo è effettuato
per l'intero importo».
510. All'articolo 151 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: « entro il 31 luglio di ogni anno e» è
inserita la seguente: «deliberano»;
b) al comma 8, le parole: «31 luglio» sono sostituite dalle seguenti:
«30 settembre».
Le disposizioni recate dai commi da 505 a 507 e 509-510 modificano la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 118 del 2011 in tema di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi.
Si rammenta che il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 è stato emanato in attuazione della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale e, attraverso le procedure previste dall’articolo 2, comma 7, della medesima legge, è stato modificato e integrato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126.
Il decreto legislativo ha costituito una ampia e
organica riforma di contabilità degli enti territoriali, diretta a garantire la
qualità e l'efficacia del monitoraggio e del consolidamento dei conti pubblici
ed a superare la sostanziale incapacità del vigente sistema contabile di dare
rappresentazione ai reali fatti economici. Il decreto n. 118 era
originariamente articolato in tre titoli: il titolo I (artt. 1-18) relativo ai
principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e
gli enti locali; il titolo II (artt. 19-35) relativo ai principi contabili per
il settore sanitario; il titolo III (artt. 36-38), relativo alle disposizioni
finali e transitorie, disciplina, in particolare, all’articolo 36 la
sperimentazione.
Il decreto legislativo fissa, all’allegato 1, i
principi generali contabili, cioè le regole fondamentali di carattere generale
degli ordinamenti contabili armonizzati.
Tra questi si segnala, oltre al principio dell'equilibrio di bilancio, corollario del principio costituzionale del pareggio di bilancio, il nuovo principio della competenza finanziaria, cioè il criterio di imputazione agli esercizi finanziari delle obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive che danno luogo ad entrate e spese.
Successivamente,
sulla base dei risultati della sperimentazione, il D.Lgs. correttivo n. 126/2014, ha provveduto a novellare
numerosi articoli del titolo I del provvedimento, in particolare introducendo
un nuovo titolo III recante la disciplina della materia per le regioni (Ordinamento finanziario e contabile delle
regioni – artt. da 36 a 73) ed aggiungendo un nuovo titolo IV (Adeguamento delle disposizioni riguardanti
la finanza regionale e locale), che allinea il testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali - TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000) alla
normativa armonizzata recata dal D.Lgs. n. 118.
Il decreto medesimo prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2015 (il termine originariamente stabilito al 1° gennaio 2014 è stato poi differito di un anno), le amministrazioni pubbliche territoriali e i loro enti strumentali in contabilità finanziaria sono tenuti a conformare la propria gestione a tali regole contabili uniformi e ai relativi principi contabili applicati. La fase di sperimentazione per l’applicazione alle regioni e agli enti locali della nuova disciplina contabile armonizzata ha interessato dal 1° gennaio 2012 4 regioni (Lombardia, Basilicata, Lazio e Campania), 12 province, 49 comuni, 20 enti strumentali. La sperimentazione della riforma contabile è stata estesa per il 2014 ad ulteriori 300 enti.
Per gli enti del servizio sanitario nazionale la relativa disciplina contabile armonizzata dettata dal Titolo II del D.Lgs. n. 118 ha trovato applicazione a decorrere dal 2012.
I commi da 505 a 507 e 509-510 in esame intervengono su quattro diversi profili del decreto legislativo in questione, concernenti rispettivamente le modalità di accertamento dei residui attivi e passivi (commi 505 e 506), i termini per la copertura dell’eventuale disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui da parte degli enti che hanno partecipato alla sperimentazione (comma 507), i tempi per l’effettuazione degli accantonamenti al Fondo crediti di dubbia esigibilità (comma 509) ed, infine, i termini di approvazione dei documenti di bilancio (comma 510).
In particolare, il comma 505, modificando l’articolo 3, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011, stabilisce che, in sede di cancellazione dei residui attivi e passivi - cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015 – le regioni, che non hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014, devono ricomprendere anche quelli relativi alla politica regionale unitaria - cooperazione territoriale.
Il comma 7 dell’articolo 3 su cui interviene il comma 505, prevede che, al fine di adeguare i residui attivi e passivi risultanti al 1° gennaio 2015 al principio generale della competenza finanziaria enunciato nell'allegato n. 1, le regioni e gli enti locali, escluse quelle che hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014, con delibera di Giunta, provvedono, contestualmente all'approvazione del rendiconto 2014, al riaccertamento straordinario dei residui, consistente nella cancellazione dei propri residui attivi e passivi, cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1° gennaio 2015. Nella formulazione previgente alla modifica ora apportata dal comma 505 in commento, il comma 7 disponeva che non dovessero venire cancellati, oltre ai residui delle regioni derivanti dal perimetro sanitario cui si applica il titolo II, e i residui passivi finanziati da debito autorizzato e non contratto (lettera a), anche quelli relativi alla politica regionale unitaria-cooperazione territoriale: residui, questi ultimi, che ora pertanto andranno anche essi cancellati. La modifica in questione, in sostanza, viene a ricomprendere anche tale tipologia di residui nell’ambito del riaccertamento straordinario degli stessi.
In relazione a tale modifica, il comma 506, aggiungendo al citato articolo 3 del D.Lgs. n. 118 il comma 4-bis, dispone che le regioni che hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014 (Lombardia, Basilicata, Lazio e Campania), nell’ambito del riaccertamento ordinario da effettuare nel 2015, provvedono al riaccertamento dei residui attivi e passivi relativi alla politica regionale unitaria - cooperazione territoriale che avrebbero dovuto effettuare in occasione del riaccertamento straordinario effettuato ai sensi dell’articolo 14 del D.P.C.M. 28 dicembre 2011.
Il comma 507 modifica il comma 17 dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 118.
La norma
richiamata dispone che il D.P.C.M. - che dovrà definire le modalità e i tempi
di copertura dell'eventuale maggiore disavanzo al 1° gennaio 2015 rispetto al
risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014, derivante dalla
rideterminazione del risultato di amministrazione (previsto dal medesimo articolo
3, comma 15, del decreto legislativo) – dovrà estendere gli incentivi anche
agli enti che hanno partecipato alla sperimentazione se,
alla data del 31 dicembre 2015, non presentano quote di disavanzo risalenti
all'esercizio 2012. Per tali enti la copertura dell'eventuale disavanzo di amministrazione può essere effettuata fino
all'esercizio 2017.
Il comma suddetto precisa che, nelle more di emanazione del D.P.C.M. di definizione delle modalità e dei tempi di copertura dell’eventuale disavanzo, per gli enti coinvolti nella sperimentazione che hanno effettuato il riaccertamento straordinario dei residui nel 2012 la copertura dell’eventuale relativo disavanzo potrà essere effettuata fino all’esercizio 2042 (in luogo del 2017 finora previsto), mentre per quelli che lo hanno effettuato il 1° gennaio 2014 tale termine è posto all’anno 2043.
La disposizione è conseguente alla modifica apportata dal comma 538 della presente legge di stabilità al comma 16 del medesimo articolo 3 del D.Lgs. n. 118, con il quale si è stabilito che l'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento straordinario dei residui operato dagli enti territoriali non in sperimentazione è ripianato in non più di 30 esercizi a quote costanti l’anno.
Il comma 509 è volto a introdurre una maggiore gradualità per gli enti locali nell'applicazione delle disposizioni riguardanti l'accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità che deve essere iscritto nel bilancio di previsione a partire dal 2015, in ottemperanza alle nuove disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di cui al D.Lgs. n. 118/2011.
Il Fondo crediti di dubbia esigibilità degli enti
locali è previsto dall’articolo 167 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000,
nonché, con analoga formulazione, per le regioni dall’articolo 46 del
decreto legislativo 118/2011) nel quale di dispone che nella missione
“Fondi e Accantonamenti”, all'interno del programma “Fondo crediti di dubbia
esigibilità” è stanziato l'accantonamento al fondo crediti di dubbia
esigibilità, il cui ammontare è determinato in considerazione dell'importo
degli stanziamenti di entrata di dubbia
e difficile esazione, secondo le modalità indicate nel principio applicato
della contabilità finanziaria di cui all'allegato n. 4/2 al D.Lgs.118 medesimo.
La norma dispone altresì che una quota del
risultato di amministrazione è accantonata per tale fondo e non può essere
destinata ad altro utilizzo.
In particolare, il comma 509 prevede che nel 2015 (primo esercizio di applicazione della disciplina armonizzata), la quota dell’importo dell’accantonamento da stanziare in bilancio, invece del previgente 50%, sia pari almeno al 36% dell'importo dell'accantonamento, come quantificato nell’apposito prospetto nel D.Lgs. n. 118/2011 riguardante il Fondo crediti suddetto, allegato al bilancio di previsione; tale quota è incrementata al 55% per gli enti locali che hanno partecipato alla fase di sperimentazione dell’armonizzazione dei sistemi contabili.
Nel 2016 lo stanziamento di bilancio
riguardante il Fondo crediti di dubbia esigibilità dovrà essere pari, per tutti
gli enti locali, almeno al 55% dell’accantonamento (in luogo del
75% prima previsto), nel 2017 pari
almeno al 70%; nel 2018 pari almeno all'85%. A decorrere dal 2019 (anziché dal 2017 come
prevedeva la normativa prima della modifica ora introdotta), l'accantonamento al Fondo è effettuato per
l'intero importo.
A tal fine, è modificato il paragrafo 3.3 dell'allegato 4.2 relativo all’attuazione del "Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria”, di cui al D.Lgs. n. 118/2011.
La maggiore
gradualità introdotta per la determinazione dell'accantonamento al Fondo di
crediti di dubbia esigibilità da iscrivere nel bilancio di previsione degli
enti locali comporta - secondo la Relazione tecnica allegata alla norma in
esame - effetti positivi sull'indebitamento netto stimati pari a complessivi
1.889 milioni di euro (1.750 milioni per i comuni e 139 milioni per le
province)
Il comma 510, infine, modifica l’articolo 151 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000):
§ al comma 1 viene specificato che i comuni, oltre a presentare il Documento unico di programmazione entro il 31 luglio di ogni anno, deliberano (anziché “presentano”, come prevedeva il testo prima della modifica ora introdotta), il bilancio di previsione finanziario entro il 31 dicembre; viene in tal modo migliorata la formulazione del previgente testo dell’articolo 151, in base al quale il suddetto termine risultava riferito alla mera presentazione del bilancio anziché alla sua approvazione;
§ al comma 8 dell’articolo 151 si posticipa dal 31 luglio al 30 settembre il termine per l’approvazione del bilancio consolidato dell’ente locale con i bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e partecipate, secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011, allineandosi, pertanto, con quanto previsto dall’articolo 18, comma 1, lettera c), del medesimo D.Lgs. n. 118 e superando l’incongruenza tra le due date[109]
Articolo 1,
comma 508
(Imposta Municipale Immobiliare della
provincia di Bolzano)
508. All'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n.
23, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «Le disposizioni di cui al
presente comma si applicano anche all'imposta municipale immobiliare (IMI)
della provincia autonoma di Bolzano, istituita con legge provinciale 23 aprile
2014, n. 3».
Il comma 508 è
volto ad estendere all’imposta municipale immobiliare della
Provincia di Bolzano (IMI) la disciplina che consente la deducibilità del 20 per cento dell’IMU
relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito
di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni
(articolo 14, comma 1, del D.Lgs. n. 23 del 2011).
Il richiamato articolo 14, comma 1 stabilisce che l'imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali è deducibile ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni nella misura del 20 per cento(articolo 1, commi 715 e 716 della legge n. 147 del 2013). La medesima imposta è indeducibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive. Per il 2014 è possibile dedurre una quota di IMU pari al 30 per cento.
Si ricorda che la Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3, nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972). L'imposta, nel territorio della Provincia, sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili.
Articolo 1,
comma 511
(Destinazione delle riserve all'erario afferenti
alla Regione Sardegna)
511. A decorrere dall'anno 2015, le riserve di cui all'articolo 1, comma
508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, afferenti al territorio della
regione Sardegna, sono finalizzate nella misura di 50 milioni di euro alle
spese in conto capitale della regione e per il restante importo alla riduzione
del debito regionale e degli enti locali ricadenti nel territorio della
medesima regione.
La norma destina le entrate derivanti dalla riserva all'erario stabilita dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 508), con riguardo alle entrate afferenti al territorio della Regione Sardegna, per 50 milioni di euro alle copertura di spese in conto capitale della Regione e per la restante parte alla riduzione del debito della Regione Sardegna stessa e degli enti locali del proprio territorio.
Si ricorda che il citato comma 508 riscrive le norme in merito alla riserva all'erario delle maggiori entrate delle Regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti-leggi n. 138/2011 e n. 201/2011, in quanto quelle già presenti nello stesso D.L. n. 138/2011, sono state censurate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012[110]. La 'nuova' riserva all'erario dettata dal comma 508 costituisce - come nella norma precedente - una modalità per le Regioni a statuto speciale di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica ed è delimitata nel tempo per un periodo di 5 anni. Tra le motivazioni viene inserito il riferimento al nuovo art. 97, primo comma, della Costituzione così come modificato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a norma del quale: "Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico". Oggetto della riserva sono le nuove e maggiori entrate derivanti dalle norme recate dei già citati decreti leggi n. 138/2011 e n. 201/2011. Le risorse sono interamente destinate alla copertura degli oneri del debito pubblico al fine di garantire la riduzione dello stesso, nella misura e dei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità. Si ricorda infine che con Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 11 settembre 2014[111], sono state stabilite le modalità di individuazione del maggior gettito da riservare all'Erario. Nella tabella A allegata al decreto, per ciascuno dei due decreti leggi 138 e 201, sono determinare le incidenze percentuali degli incrementi di gettito, nonché individuati gli appositi capitoli/articoli di entrata sui quali devono essere separatamente contabilizzate tali maggiori entrate, riservate all'Erario.
Con la norma in esame lo Stato rinuncia alle entrate derivanti dalla riserva all'erario del maggior gettito afferente ai tributi riscossi nel territorio della regione Sardegna, al fine di destinare le medesime risorse per una parte, determinata in 50 milioni di euro, alla copertura di spese in conto capitale e per la restante parte del debito della regione Sardegna stessa e degli enti locali del territorio regionale.
La quantificazione delle entrate afferenti al territorio della regione, riportata nella relazione tecnica, è pari a 230 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. La medesima somma costituisce la mancata entrata per il bilancio dello Stato, determinando effetti negativi in termini di saldo netto da finanziare, per pari importo.
Con riguardo alle entrate derivanti dalla riserva all'erario di cui al citato comma 508 della legge di stabilità 2014, afferenti al territorio della regione Sardegna, si ricorda che per l'anno 2014, il comma 14-quater, articolo 42, del decreto-legge n. 133/2014 (inserito, con il successivo comma 14-quinques, dalla legge di conversione 164/2014) ha stabilito, con norma analoga a quella in esame, che le suddette entrate siano destinate riduzione dei debiti commerciali della Regione Sardegna.
Il successivo comma 14-quinques provvede alla copertura degli oneri per un importo pari a 230 milioni di euro.
In particolare per compensare gli effetti negativi in termini di saldo netto da finanziare, è prevista una corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 10, del decreto-legge n. 35 del 2013 (legge di conversione n. 64 del 2013), utilizzando la dotazione per l’anno 2014 della “Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari”. Poiché tale utilizzo determina il venir meno di interessi attivi commisurati al tasso dei BTP a 5 anni per gli anni a venire si provvede a far fronte alla parte più cospicua degli oneri via via decrescenti a partire dal 2016 (2.376.000 euro) e sino al 2019 (2.142.228 euro) mediante la riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, previsto dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004). Per una parte residuale (pari a 384 mila euro) a decorrere dall’anno 2016 mediante la riduzione delle proiezioni dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.
Articolo 1,
commi 512-523
(Recepimento Accordo 23 ottobre 2014 con la
Regione Friuli Venezia Giulia)
512. Le disposizioni recate dai commi da 513 a 523, di attuazione
dell'Accordo sottoscritto il 23 ottobre 2014 tra il Presidente del Consiglio
dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Presidente della
regione Friuli Venezia Giulia, entrano in vigore dal giorno della pubblicazione
della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
513. Il contributo, in termini di saldo netto da finanziare dovuto dalla
regione Friuli Venezia Giulia in relazione all'attuazione del federalismo
fiscale, previsto all'articolo 1, comma 152, della legge 13 dicembre 2010, n.
220, quantificato in 370 milioni di euro annui dal 2011 al 2017, è sostituito
da un contributo finalizzato alla sostenibilità del debito pubblico pari a 370
milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014, a 260 milioni di
euro, per l'anno 2015, e a 250 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2016 e
2017.
514. Il pagamento di cui alla lettera a) del comma 152 dell'articolo 1
della legge 13 dicembre 2010, n. 220, al netto del credito vantato dalla
regione Friuli Venezia Giulia nei confronti dello Stato in base al comma 151,
lettera a), del medesimo articolo 1, è rideterminato per gli anni dal 2011 al
2017 in 550 milioni di euro nel 2014, 350 milioni di euro nel 2015, 340 milioni
di euro nel 2016 e 350 milioni di euro nel 2017. I predetti pagamenti sono
effettuati mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato entro la
data prevista dall'Accordo di cui al comma 512.
515. Il contributo in termini di indebitamento netto di cui all'articolo
1, comma 156, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, è pari a 220 milioni di
euro nell'esercizio 2014, 270 milioni di euro nell'esercizio 2015, 260 milioni
di euro nell'esercizio 2016 e 270 milioni di euro nell'esercizio 2017. Il
predetto contributo è finalizzato alla sostenibilità del debito pubblico.
516. In caso di mancato versamento all'entrata del bilancio dello Stato
entro i termini indicati al comma 514, il Ministero dell'economia e delle
finanze trattiene gli importi corrispondenti a valere sulle somme a qualsiasi
titolo spettanti alla regione Friuli Venezia Giulia, avvalendosi anche
dell'Agenzia delle entrate per le somme introitate dalla regione per il tramite
della Struttura di gestione dell'Agenzia delle entrate.
517. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza
pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto
il 23 ottobre 2014 di cui al comma 512, l'obiettivo del patto di stabilità
interno della regione Friuli Venezia Giulia di cui al comma 454 dell'articolo 1
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e al comma 155 dell'articolo 1 della
legge 13 dicembre 2010, n. 220, è determinato in 4.980,07 milioni di euro per
l'anno 2014, in 4.797,61 milioni di euro per l'anno 2015, in 4.807,61 milioni
di euro per l'anno 2016 e in 4.797,61 milioni di euro per l'anno 2017. Gli
obiettivi di cui al precedente periodo sono rideterminati a seguito
dell'aggiornamento della previsione della spesa sanitaria, in conformità ai
parametri tendenziali previsti nell'ambito del Patto della salute. Dagli stessi
sono escluse le spese previste dall'Accordo di cui al comma 512. I predetti
obiettivi per gli anni dal 2015 al 2017 possono essere rideterminati in
conseguenza di nuovi contributi alla finanza pubblica posti a carico delle
autonomie speciali con legge statale. A tal fine il Ministero dell'economia e
delle finanze, laddove necessario, comunica alla regione Friuli Venezia Giulia
entro il 30 giugno di ciascun anno l'obiettivo rideterminato.
518. Negli anni dal 2014 al 2017 non si applica alla regione Friuli
Venezia Giulia quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454
dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
519. Gli obiettivi degli enti locali della regione Friuli Venezia Giulia
per il periodo 2014-2017 sono complessivamente determinati in base alla
normativa nazionale secondo le modalità stabilite nell'Accordo di cui al comma
512. A tal fine, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, il Ministero
dell'economia e delle finanze comunica alla regione Friuli Venezia Giulia entro
il 28 febbraio di ogni anno l'importo dell'obiettivo determinato. Tale importo
può essere aggiornato in relazione ad eventuali modifiche normative statali
sopravvenute che comportino una rideterminazione degli obiettivi fissati per
gli enti locali del territorio nazionale. A tal fine il Ministero dell'economia
e delle finanze, laddove necessario, comunica alla regione Friuli Venezia Giulia
entro trenta giorni dall'approvazione della normativa statale che prevede le
modifiche alla normativa sul patto di stabilità interno, l'obiettivo
rideterminato.
520. Gli obiettivi di cui al comma 517 sono comprensivi del contributo
alla finanza pubblica previsto ai commi 400 e 401.
521. Agli enti locali della regione Friuli Venezia Giulia si applicano
le esclusioni dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del
rispetto del patto di stabilità interno previste dalle disposizioni statali
vigenti per i rimanenti enti del territorio nazionale. Sino a quando gli
obiettivi della regione sono espressi in termini di tetto di spesa, sono,
altresì, escluse dal patto di stabilità interno le somme restituite dagli enti
locali alla regione.
522. È fatta salva la facoltà da parte dello Stato di modificare i
predetti contributi in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento
netto posti a carico della regione Friuli Venezia Giulia e dei relativi enti
locali per far fronte alle esigenze di finanza pubblica.
523. Gli oneri in termini di indebitamento netto e di fabbisogno
derivanti dall'applicazione del comma 515, pari a 80 milioni di euro per
ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, trovano compensazione per pari importo a
valere sul «Fondo Rapporti finanziari con le autonomie speciali» di cui
all'articolo 42, comma 8, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Il
Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Le norme in esame, introdotte al Senato, recepiscono il protocollo di intesa siglato il 23 ottobre 2014, al fine di regolare i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione e definire il concorso della Regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni dal 2014 al 2017. L'accordo modifica la precedente intesa sottoscritta il 29 ottobre 2010, che è stata recepita dalla legge di stabilità 2011 (legge n. 220 del 2010), ai commi 151-159.
Le norme sono esplicitamente attuative dell'accordo ed entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge (comma 512).
Il precedente protocollo d'intesa - stipulato tra la regione Friuli Venezia Giulia e il Governo il 29 ottobre 2010 - è stato recepito dalla legge di stabilità 2011 (legge n. 220 del 2010), ai commi 151-159. Con l'accordo viene definito da una parte il contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione (comma 151) e dall'altra il contributo regionale all'attuazione del federalismo fiscale (commi 152, 153 e 156). Viene inoltre disciplinato il patto di stabilità (commi 154 e 155), modificato l'ordinamento finanziario regionale, riguardo i tributi locali e l'accertamento tributario (comma 157 e 158) e dettato norme generali per il coordinamento tra l'attuazione del federalismo fiscale e l'ordinamento finanziario della regione (comma 159).
I commi 513 - 516 e 522 - 523 determinano il contributo della regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto, rimodulando il contributo della regione al federalismo fiscale già stabilito dai citati commi 152, 153 e 156, articolo 1, della legge di stabilità 2011.
Il comma 513 definisce l'ammontare del contributo in termini di saldo netto da finanziare quale contributo 'finalizzato alla riduzione del debito' in sostituzione del contributo al federalismo fiscale stabilito in 370 milioni di euro annui, dal citato art. 1, comma 152 della legge n. 220/2011. La norma conferma l'ammontare annuo per gli anni 2011-2014, pari a 370 milioni di euro, e rimodula il contributo per gli anni 2015-2017, come esposto nella tabella a seguire.
Il citato comma 152 (legge 220/2010) quantifica in 370 milioni di euro annui il contributo regionale per l'attuazione dei principi del federalismo fiscale di cui alla legge n. 42/2009. La norma dispone che tale contributo può avvenire, alternativamente, con diverse modalità, tra cui, quella indicata nella lettera a) prevede il pagamento diretto. In questo caso, il comma 153 primo periodo, determina le somme che la regione dovrà erogare annualmente fino al 2030, scontate dei crediti vantati dalla regione stessa, vale a dire gli arretrati 2008 e 2009 della compartecipazione sulla ritenuta IRPEF relativa ai redditi da pensione, quantificati nel comma 149, lett. a) della medesima legge 220/2010.
Il suddetto contributo per gli esercizi dal 2011 al 2017, è in parte compensato con il credito che la regione vanta nei confronti dello Stato, relativo alle quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione a decorrere dal 2008. Il comma 514 ridetermina, perciò - come già avvenuto con il precedente accordo e con le norme che lo hanno recepito - l'ammontare delle somme che la regione è tenuta a versare allo Stato, esposte anch'esse nella tabella a seguire.
in milioni di euro
|
dal
2011 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
contributo in termini di saldo
netto da finanziare (comma 513) |
370 |
370 |
260 |
250 |
250 |
contributo in termini di
indebitamento netto (comma 515) |
|
220 |
270 |
260 |
270 |
somma dovuta dalla Regione (comma
514) |
550 |
350 |
340 |
350 |
Per quanto concerne il contributo in termini di indebitamento netto, il comma 515 ridetermina il contributo già previsto dal citato comma 156 (legge 220/2014), come esposto nella tabella riassuntiva.
Il contributo regionale al miglioramento dell'indebitamento netto, dato dalla differenza tra il contributo regionale all'attuazione del federalismo fiscale e le somme dovute dallo Stato alla regione come arretrati delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione è quantificato dal citato comma 156, primo periodo. In sostanza le medesime somme della rateizzazione definita nel comma 153, primo periodo: 150 milioni di euro nel 2011, 200 milioni di euro nel 2012, 250 milioni di euro nel 2013, 300 milioni di euro nel 2014, 350 milioni di euro nel 2015, 340 milioni di euro nel 2016, 350 milioni di euro annui dal 2017 al 2030 e di 370 milioni di euro annui a decorrere dal 2031.
Il comma 516 stabilisce inoltre che, in caso di mancato versamento delle somme dovute, il Ministero dell'economia e delle finanze trattiene la somma corrispondente a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla regione.
Lo Stato si riserva comunque la possibilità di modificare i contributi richiesti alla regione per far fronte alle esigenze di finanza pubblica (comma 522).
Da ultimo il comma 523 quantifica gli oneri derivanti dalle norme in esame pari a 80 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017. La compensazione in termini di indebitamento e di fabbisogno, è posta a carico del "Fondo Rapporti Finanziari con autonomie speciale" istituito dall'art. 42, comma 8 del decreto-legge n. 133/2014.
Il suddetto Fondo è stato istituito dal citato articolo 42, comma 8, nell'ambito delle norme che danno attuazione all'accordo sottoscritto con la Regione siciliana il 9 giugno 2014 e che determinano gli obiettivi del patto di stabilità della regione stessa, in misura tale da garantire un contributo della Regione siciliana in termini di indebitamento netto pari a 400 milioni annui. Tale contributo, quantificato al comma 8, andrà a confluire nel "Fondo Rapporti Finanziari con autonomie speciale", istituito dallo stesso comma 8.
I commi da 517 - 521 riguardano il patto di stabilità interno della regione e degli enti locali.
Il comma 517 stabilisce l'obiettivo programmatico della Regione per l'esercizio 2014 (pari a 4.980 milioni di euro), nonché gli obiettivi per ciascuno degli anni del triennio 2015-2017, pari a 4.797,6 milioni di euro per il 2015, 4.807,6 milioni di euro per il 2016, 4.797,6 milioni di euro per il 2017 .
Tali obiettivi costituiscono il limite alle spese complessive in termini di competenza eurocompatibile. La disciplina del patto per la regione Friuli-Venezia Giulia, dettata dall'articolo 1, commi 154 e 155 della citata legge di stabilità 2011 è infatti basata sul contenimento della spesa complessiva, espressa in competenza eurocompatibile.
La menzionata disciplina del patto di stabilità si intende riferita al "sistema integrato regionale", definito (al comma 154) quale insieme della Regione, degli enti locali del territorio, delle aziende sanitarie, degli enti strumentali e di ogni altro organismo finanziato in via ordinaria e prevalente dalla regione stessa in virtù delle proprie competenze statutarie. L'accordo annuale tra la Regione e il Governo (comma 155) deve stabilire l'obiettivo di risparmio della Regione, considerando il complesso delle spese finali al netto delle concessioni di crediti, in riferimento alle corrispondenti spese considerate nell'accordo per esercizio precedente. L'andamento tendenziale della spesa sanitaria deve essere considerato separatamente in coerenza con gli obiettivi nazionali. Nell'accordo devono essere stabiliti altresì gli obiettivi di risparmio, modalità di raggiungimento degli stessi e sistema sanzionatorio per gli enti locali del "sistema regionale integrato".
Gli obiettivi sono rideterminati a seguito dell'aggiornamento della previsione della spesa sanitaria, in conformità ai parametri tendenziali previsti nell'ambito del patto per la salute.
Si ricorda che la Regione Friuli-Venezia Giulia provvede direttamente al finanziamento dall'assistenza sanitaria nel proprio territorio senza alcun onere a carico dello Stato (ai sensi dell’articolo 1, comma 144 della legge n. 662/1996). Il livello complessivo della spesa sanitaria regionale è tuttavia stabilito nell'ambito della determinazione del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, operato annualmente con legge dello stato sulla base di quanto concordato tra Stato e Regioni nell'ambito del Patto della salute[112].
La norma specifica inoltre che dalle spese complessive, sono escluse le voci di spesa come specificate nell'accordo (all'articolo 5, comma 3).
L'articolo 5 dell'accordo contiene la disciplina del patto di stabilità interno della Regione. Dal complesso delle spese sono escluse le voci di spesa escluse dalla normativa vigente per le Regioni a statuto ordinario[113], ad eccezione delle spese per la sanità, che entrano quindi nel computo. Sono inoltre escluse altre voci correlate principalmente ad assegnazioni vincolate dello Stato alla regione o agli enti locali, puntualmente elencate nell'accordo (comma 3, lettere da a) a k)). Nel caso in cui vengano stabilite ulteriori esclusioni di spese dal patto di stabilità per le regioni e le province autonome, queste si applicheranno anche alla regione Friuli-Venezia Giulia (comma 4); dovranno inoltre essere escluse dal limite complessivo delle spese quelle relative ad eventuali assegnazioni vincolate dello Stato in favore della regione o degli enti locali e non comprese nell'obiettivo concordato 2013 (comma 5). Ulteriori esclusioni potranno essere concordate in relazione alle nuove modalità di registrazione contabile dovute dall'applicazione delle disposizioni sull'armonizzazione dei bilanci (comma 7).
Gli obiettivi 2015-2017 possono inoltre essere rideterminati a seguito di nuovi contributi alla finanza pubblica, posti a carico delle autonomie speciali (in tal caso Il Ministero dell'economia e delle finanze provvederà a comunicare alla regione il nuovo obiettivo).
Il comma 520 specifica inoltre che gli obiettivi determinati dalle norme in esame sono comprensivi dell'ulteriore contributo alla finanza pubblica, richiesto alle autonomie speciali determinato dai commi 400 e 401 della legge in esame, stabiliti per la Regione Friuli-Venezia Giulia in 87 milioni di euro.
La definizione degli obiettivi del patto per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, contenuta nelle norme in esame, sostituisce l'accordo previsto dalla normativa vigente per la definizione degli obiettivi del patto in relazione a ciascuno degli anni indicati (comma 518).
Il comma 454 dell'unico articolo della legge di stabilità 2013, definisce gli obiettivi di risparmio, in termini di competenza eurocompatibile, calcolati sul complesso delle spese finali per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Le norme (ultimi due periodi) confermano la necessità, per ciascun ente, di concordare con il Ministero dell'economia e delle finanze per ciascuno degli anni dal 2013 al 2017, l'obiettivo specifico. Questo dovrà essere calcolato sottraendo alle spese finali 2011, le voci di spesa elencate al comma stesso che rappresentano i diversi contributi richiesti alle autonomie speciali a partire dalla legge di stabilità 2012.
Per quanto concerne gli enti locali, il comma 519 stabilisce che gli obiettivi degli enti locali della regione per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, sono determinati sulla base della normativa nazionale e di quanto stabilito nell'accordo. Entro il 28 febbraio il Ministero dell'economia e delle finanze comunica alla regione l'obiettivo determinato, che può essere aggiornato a seguito di eventuali modifiche normative intervenute. Il comma 521 dispone inoltre che agli enti locali della regione si applicano le medesime esclusioni dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto, previste per gli enti locali dalla normativa nazionale; nonché le somme restituite dagli enti locali alla regione.
L'articolo 6 del protocollo concerne il patto di stabilità interno per gli enti locali del territorio della Regione. La Regione, sulla base della normativa nazionale, definisce il patto di stabilità per gli enti locali per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017. Al fine di determinare il saldo obiettivo di ciascun ente locale, la Regione può apportare all'obiettivo un correttivo, in diminuzione, di misura corrispondente ai trasferimenti correnti dalla Regione.
L'obiettivo programmatico complessivamente considerato per il comparto enti locali è determinato nell'accordo ed è pari a 108,83 milioni di euro per il 2014; 111,13 milioni per il 2015; 115,23 milioni di euro per il 2016 e per il 2017. Tali obiettivi potranno comunque essere ricalcolati qualora intervengano modifiche nella normativa nazionale che comporti una rideterminazione degli obiettivi per gli enti locali del restante territorio nazionale. Analogamente a quanto previsto per le altre regioni – e con la medesima procedura - la regione Friuli Venezia Giulia può riconoscere spazi finanziari agli enti locali e compensarli o con un peggioramento del proprio limite di spesa o con una contrazione degli spazi finanziari di altri enti locali.
Articolo 1,
comma 524
(Minoranza linguistica slovena)
524. La regione Friuli Venezia Giulia è autorizzata a rimodulare gli
interventi e le iniziative di cui agli articoli 8, 16 e 21 della legge 23
febbraio 2001, n. 38, ferma restando la finalizzazione degli interventi e delle
iniziative stesse a favore della minoranza linguistica slovena. Le risorse di
cui al presente comma sono determinate annualmente dalla legge di stabilità ai
sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n.
196.
Il comma 524 autorizza la regione Friuli-Venezia Giulia a rimodulare gli interventi e le iniziative a favore della minoranza linguistica slovena, sulla base delle risorse determinate annualmente dalla legge di stabilità ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge n. 196 del 2009.
Gli interventi a cui si fa riferimento sono quelli previsti agli articoli 8, 16 e 21 della legge n. 38 del 2001[114] relativi, rispettivamente, all’uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione, al sostegno delle attività e delle iniziative culturali, artistiche, sportive, ecc. promosse e svolte da istituzioni ed associazioni della minoranza slovena e alla tutela degli interessi sociali, economici e ambientali nei territori in cui la minoranza slovena sia tradizionalmente presente.
L’unico vincolo posto alla rimodulazione è la salvaguardia della finalizzazione degli interventi e delle iniziative in favore della minoranza linguistica slovena.
Si fa presente che l’art. 8 della legge n. 38/2001, al fine di sostenere il diritto all'uso della lingua slovena nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziarie locali, autorizza, a decorrere dal 2001, la spesa massima di circa 3 milioni di euro annui[115] per l’uso della lingua slovena nella pubblica amministrazione rimettendo, poi, a un decreto ministeriale, da emanare entro il 31 gennaio di ciascun anno, la determinazione di termini e modalità per la ripartizione di tali risorse tra i soggetti interessati.
Il successivo art. 21 autorizza, altresì, la spesa massima di circa 515 milioni di euro[116] milioni annui, a decorrere dall'anno 2001, per la tutela degli interessi sociali, economici ed ambientali nei territori ove risiedono minoranze di lingua slovena.
Per favorire la comprensione della portata delle misure di cui si discute, si segnala che con il D.P.R. 12 settembre 2007 è stata approvata la tabella dei comuni del Friuli-Venezia Giulia nei quali si applicano le misure di tutela della minoranza slovena, a norma dell'articolo 4 della L. n. 38/2001.
Infine, l’art. 16, della L. n. 38/2001 stabilisce che la regione Friuli-Venezia Giulia provveda al sostegno delle attività e delle iniziative culturali, artistiche, sportive, ricreative, scientifiche, educative, informative e editoriali promosse e svolte da istituzioni ed associazioni della minoranza slovena consultando, a tale scopo, le istituzioni, anche di natura associativa, della minoranza stessa. La norma prosegue prevedendo che, per le suddette finalità, vengono erogati dei contributi da parte dello Stato che confluiscono in un apposito fondo nel bilancio della Regione Friuli-Venezia Giulia. L’ammontare del Fondo è determinato annualmente, a partire dagli anni successivi al 2002, in sede di legge finanziaria (oggi legge di stabilità)[117].
La legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012, art. 1, co. 119) aveva ridotto di 2,7 milioni, a decorrere dal 2013, l’autorizzazione di spesa prevista dagli articoli 8 e 21 della legge n. 38 del 2001, mentre la legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013, art. 1, co. 345) ha incrementato di complessivi di 3,4 milioni per ciascuno degli anni 2014-2016 il contributo statale previsto dal richiamato articolo 16, comma 2, della legge n. 38 del 2001.
Si ricorda che il contributo statale
previsto dal richiamato articolo 16, comma 2, della legge n. 38 del 2001,
relativo al contributo alla regione Friuli Venezia Giulia per la tutela della
minoranza slovena, iscritto sul cap. 7513/Economia – per la quota esposta in Tabella
C della legge di stabilità 2015
- risulta pari a 5,09 milioni di euro
per il 2015 e a 5,1 milioni per il 2016 e il 2017.
Articolo 1,
comma 525
(Compensazione perdita di accisa Regione
Valle d’Aosta)
525. A decorrere dall'anno 2015, a compensazione della perdita di
gettito subita dalla regione Valle d'Aosta nella determinazione dell'accisa di
cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), della legge 26 novembre 1981, n.
690, è corrisposto alla stessa regione un trasferimento di importo pari a 70
milioni di euro annui.
Il comma 525 concerne le entrate derivanti dalle compartecipazioni ai tributi erariali spettanti alla Regione autonoma Valle d'Aosta, in base alle norme statutarie.
La norma è volta a compensare la Regione della perdita di gettito subita nella determinazione della accisa sull'energia elettrica, spettante alla regione per l'intero gettito, e della accisa sugli alcolici, spettante alla regione per i nove decimi.
La misura delle due compartecipazioni è stabilita,
insieme a tutti gli altri tributi erariali spettanti alla Regione, all'articolo
4 della legge n. 690 del 1981, recante le norme principali dell'ordinamento finanziario
della Regione Valle d'Aosta.
Si ricorda che i tributi erariali nel caso della
Regione Valle d'Aosta - e della Regione Sardegna - sono ancora riscossi dallo
Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante.
Nelle altre autonomie speciali, invece, i tributi
erariali spettanti sono riscossi direttamente, vale a dire che le entrate
corrispondenti alle quote di compartecipazione ai tributi erariali ad esse
spettanti, sono versate direttamente sui conti infruttiferi ordinari intestati
alla Regione o alla Provincia autonoma, istituiti presso le tesorerie dello
Stato.
A compensazione della perdita di gettito, è corrisposto un trasferimento di 70 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015.
Articolo 1,
commi 526-530
(Spese per il funzionamento degli uffici
giudiziari)
526. Alla legge 24 aprile 1941, n. 392, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) il secondo comma dell'articolo 1 è sostituito dal seguente:
«A decorrere dal 1º settembre 2015 le spese obbligatorie di cui al primo
comma sono trasferite dai comuni al Ministero della giustizia e non sono dovuti
ai comuni canoni in caso di locazione o comunque utilizzo di immobili di
proprietà comunale, destinati a sedi di uffici giudiziari. Il trasferimento delle
spese obbligatorie non scioglie i rapporti in corso e di cui è parte il comune
per le spese obbligatorie di cui al primo comma, nè modifica la titolarità
delle posizioni di debito e di credito sussistenti al momento del trasferimento
stesso. Il Ministero della giustizia subentra nei rapporti di cui al periodo
precedente, fatta salva la facoltà di recesso. Anche successivamente al 1º
settembre 2015 i locali demaniali adibiti ad uso di uffici giudiziari
continuano a conservare tale destinazione»;
b) gli articoli 2, 3, 4 e 5 sono abrogati con decorrenza dal 1º
settembre 2015.
527. Per l'anno 2015 la dotazione del capitolo 1551 dello stato di
previsione della spesa del Ministero della giustizia è finalizzata
all'erogazione del contributo ai comuni interessati dalle spese di cui
all'articolo 1 della legge 24 aprile 1941, n. 392, come modificato dal comma
526 del presente articolo, sostenute sino a tutto il 31 agosto 2015. A partire
dal 1º settembre 2015 la residua dotazione di bilancio, in termini di competenza
e di cassa, confluisce in un apposito capitolo da istituire per le finalità di
cui al secondo comma del citato articolo 1 della legge n. 392 del 1941, come
sostituito dal comma 526, lettera a), del presente articolo. A decorrere
dall'anno 2016 tale dotazione è incrementata di 200 milioni di euro annui. I
rimborsi ai comuni per l'anno 2015 sono determinati ai sensi dell'articolo 1
del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 maggio
1998, n. 187, e successive modificazioni, in relazione alle spese di cui al
citato articolo 1 della legge n. 392 del 1941, come modificato dal citato comma
526 del presente articolo.
528. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato, per ciascun ufficio
giudiziario, l'importo complessivo delle spese di cui all'articolo 1 della
legge 24 aprile 1941, n. 392, come modificato dal comma 526 del presente
articolo.
529. L'importo di cui al comma 528 è determinato sulla base dei costi
standard per categorie omogenee di beni e servizi, in rapporto al bacino di
utenza e all'indice delle sopravvenienze di ciascun ufficio giudiziario. La
metodologia di quantificazione dei costi standard è definita con decreto avente
natura non regolamentare adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze.
530. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuate, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica e ferme restando le dotazioni organiche del
Ministero della giustizia, le necessarie misure organizzative a livello
centrale e periferico per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da
527 a 529 del presente articolo. Il personale delle province eventualmente in
esubero a seguito dei provvedimenti di attuazione della legge 7 aprile 2014, n.
56, è prioritariamente assegnato al Ministero della giustizia per lo
svolgimento dei compiti correlati. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato
ad apportare le necessarie variazioni di bilancio per l'attuazione dei commi da
527 al presente comma.
I commi da 526 a 530 prevedono il trasferimento allo Stato, dal 1° settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei comuni. Spetterà ad un D.M. Giustizia-Economia determinare l’entità delle citate spese di funzionamento mentre un D.P.R. dovrà individuare le misure organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina.
Per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri, è prevista l’assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale delle province che, a seguito dell’attuazione della legge n. 56/2014, dovesse risultare in esubero.
In
particolare, il comma 526 modifica
l’art. 1 della legge 392 del 1941 trasferendo al Ministero della giustizia,
dal 1° settembre 2015, l’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici
giudiziari, attualmente a carico dei comuni ai sensi della stessa
legge. Tale trasferimento non scioglie i rapporti giuridici in corso di cui è
parte il comune (in cui subentra il Ministero) e a questi ultimi non sono più
dovuti canoni per la locazione degli immobili sedi di uffici giudiziari.
L’art. 1 della
legge n. 392 del 1941 stabilisce che
le spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, e per le
pigioni, riparazioni, manutenzione, pulizia, illuminazione, riscaldamento e
custodia dei locali medesimi; per le provviste di acqua, il servizio
telefonico, la fornitura e le riparazioni dei mobili e degli impianti per i
detti Uffici e loro sedi, per i registri e gli oggetti di cancelleria
costituiscono spese obbligatorie dei comuni che ospitano detti uffici. A titolo
di parziale rimborso, lo Stato eroga ai comuni un contributo annuo alle spese
medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla stessa legge 392 (art. 2). Il D.P.R. n. 187 del 1998 prevede un meccanismo di rimborso contraddistinto dall'erogazione di un
anticipo all'inizio di ogni esercizio finanziario in misura pari al 70% del
contributo erogato nell'anno precedente ed un successivo saldo a consuntivo,
previo parere della competente commissione di manutenzione, entro il 30
settembre di ciascun anno.
Per esigenze di coordinamento, il comma 527 dispone – sempre a decorrere dal 1°settembre 2015 - l’abrogazione dei successivi artt. 2, 3, 4 e 5 della legge n. 392/1941, relativi a disposizioni attuative che, a seguito del trasferimento allo Stato degli oneri di mantenimento degli uffici giudiziari, hanno perso attualità.
Per l’anno 2015, i fondi necessari al pagamento di dette
spese sono appostati al capitolo 1551 (Contributi ai comuni per le spese degli uffici giudiziari) dello stato
di previsione del bilancio del Ministero della giustizia; a partire dal
2016, per i
fondi relativi a tale capitolo è disposto un aumento di 200 mnl di
euro all’anno.
Per finalità di razionalizzazione e contenimento della spesa, i commi 528 e 529 affidano ad un D.M.
Giustizia-Economia la determinazione, per ciascun ufficio giudiziario, dell’entità
delle spese di funzionamento di cui all’art. 1 della L. n. 392/1941;
l’importo è definito dal decreto sulla base dei costi standard per
categorie omogenee di beni e servizi (la cui metodologia di quantificazione è a
sua volta affidata ad analogo D.M., di natura non regolamentare) in rapporto al
bacino di utenza ed all’indice delle sopravvenienze di ogni ufficio
giudiziario.
Il comma 530 affida, infine,
ad un regolamento adottato con D.P.R. - su proposta del Ministro
della giustizia (previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il
Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in
materia) - l’individuazione, senza nuovi o maggiori oneri finanziari, delle misure
organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina che trasferisce
allo Stato l’onere delle spese per gli uffici giudiziari.
Per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri, lo stesso
comma 530 prevede l’assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale
delle province che, a seguito dell’attuazione della legge n. 56/2014,
dovesse risultare in esubero. Per attuare la disciplina sopraindicata si
autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare le
necessarie variazioni di bilancio.
Articolo 1,
comma 531
(Contributo Roma capitale)
531. A decorrere dall'anno 2015, in attuazione del comma 2 dell'articolo
12 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, è attribuito al comune di
Roma un contributo di 110 milioni di euro annui quale concorso dello Stato agli
oneri che lo stesso comune sostiene in qualità di capitale della Repubblica.
Il comma 531 attribuisce a Roma
Capitale, a decorrere dal 2015, un contributo di 110 milioni
di euro annui quale concorso dello Stato agli oneri che lo stesso Comune
sostiene in qualità di capitale della Repubblica.
Si
ricorda che la questione degli
oneri che gravano sul comune di Roma
quale sede della capitale dello Stato è oggetto di una specifica norma
recata dalla legge delega sul federalismo fiscale – L. n. 42 del 2009 – che all’articolo
24 comma 5, lettera b), rimette alla
disciplina delegata la “assegnazione di
ulteriori risorse a Roma capitale, tenendo conto delle specifiche esigenze di
finanziamento derivanti dal ruolo di capitale della Repubblica”.
In attuazione di
tale disposizione, il decreto
legislativo n. 61 del 2012, costituente il secondo decreto su Roma capitale[118], all’articolo 2 detta le regole per la determinazione dei costi connessi al ruolo di
Roma capitale, rinviando a tal fine ad un decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.
In particolare, tale articolo 2 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, venga determinato il maggior onere derivante per il comune di Roma dall'esercizio delle funzioni connesse al ruolo di capitale della Repubblica, tenuto conto anche dei benefici economici che derivano da tale ruolo e degli effetti che si determinano sul gettito delle entrate tributarie statali e locali.
La determinazione dei suddetti maggiori oneri contenuta nel D.P.C.M. è effettuata sulla base di una proposta elaborata dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, adottata dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (per il quale il termine, peraltro non ordinatorio, dei sei mesi sarebbe giunto a scadenza il 18 novembre 2012) non è al momento ancora intervenuto.
Si ricorda, peraltro, che, attualmente, al comune di Roma viene assegnato un contributo annuo - ai sensi della legge n. 1280 del 1964 come rifinanziata dall’articolo 1, comma 963, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) - a titolo di concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale, che è stato via via rideterminato nel corso degli anni da successivi provvedimenti legislativi[119].
Esso risulta attualmente pari a 296,4 milioni di euro annui. Tale contributo è iscritto nel Fondo consolidato per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1318/Ministero dell’interno), fondo nel quale confluiscono i diversi contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi, che, in quanto tali, non sono stai considerati suscettibili di fiscalizzazione, ai sensi dei provvedimenti attuativi del federalismo fiscale.
Inoltre, per le medesime finalità di cui alla legge n. 1280/1964, ulteriori contributi erariali correnti sono stati autorizzati in favore del comune di Roma, a decorrere dal 2002, dall’articolo 27, comma 3, della legge n. 448/2001, per un importo di 123,29 milioni di euro, per adeguare il concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune di Roma sostiene quale sede della Capitale.
Articolo 1,
commi 532-534
(Expo 2015 – Misure in materia di
personale e contributo al
Comune di Milano per gli oneri connessi all’evento)
532. Considerati gli eventi internazionali connessi al semestre di
Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, nonchè alla realizzazione
e allo svolgimento dell'Expo 2015, nei confronti del comune di Milano, per
l'anno 2015, nell'ambito delle risorse di bilancio del comune e senza maggiori
oneri per la finanza pubblica, non si applicano per le sole spese di personale
assunto con forme di contratto a tempo determinato, che sono strettamente
necessarie alla realizzazione dell'Esposizione universale, i limiti di cui
all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito,
con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive
modificazioni. Al personale non dirigenziale, compresi i titolari di posizione
organizzativa, direttamente impiegato nelle attività di cui al periodo
precedente, fino al 31 dicembre 2015, può essere autorizzata dal comune di Milano
la corresponsione, nel limite massimo complessivo di 45 ore pro capite mensili,
di compensi per prestazioni di lavoro straordinario effettivamente rese, oltre
i limiti previsti dall'articolo 14 del contratto collettivo nazionale di lavoro
del comparto regioni e autonomie locali del 1º aprile 1999. Le spese di cui al
presente comma non concorrono alla definizione dell'ammontare, rispettivamente,
della riduzione della spesa di personale ai sensi dell'articolo 1, comma 557,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, e delle
risorse destinate al trattamento accessorio ai sensi dell'articolo 9, comma
2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni.
533. Al comma 2 dell'articolo 46-ter del decreto-legge 21 giugno 2013,
n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo le parole: «le società in house degli enti locali soci di Expo
2015 s.p.a.» sono inserite le seguenti: «e gli enti locali e regionali per le
attività strettamente funzionali alla realizzazione dell'Esposizione
universale»;
b) le parole: «31 dicembre 2015» sono sostituite dalle seguenti: «31
dicembre 2016».
534. Al fine di garantire la realizzazione del Grande Evento Expo Milano
2015, per l'anno 2015 è autorizzata la spesa di 60 milioni di euro come
contributo dello Stato ai maggiori oneri che deve sostenere il comune di Milano
per il potenziamento dei servizi ricettivi, del trasporto pubblico locale,
della sicurezza e di ogni altro onere connesso al Grande Evento Expo Milano
2015.
I commi 532-534 dettano norme relative alle realizzazione e allo svolgimento dell’Expo 2015 e agli eventi connessi al semestre italiano di presidenza europea.
Il comma 532 prevede, a favore del Comune di Milano, una serie di deroghe a norme vigenti relative al contenimento delle spese di personale.
In primo luogo, si prevede la non applicazione, per il 2015, delle norme che limitano la spesa per il personale con contratto a termine (articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010).
In secondo luogo, in
deroga alla normativa vigente e al CCNL enti locali[120], si autorizza il Comune di Milano a
corrispondere, al personale non dirigenziale (compresi i titolari di posizione
organizzativa) impiegato nella attività strettamente connesse alla
realizzazione dell’Expo 2015, 45 ore pro-capite mensili, sino al 31 dicembre
2015, di compensi per prestazioni di
lavoro straordinario.
Le spese di cui al comma in oggetto non concorrono alla determinazione dell'ammontare, rispettivamente, della riduzione percentuale della spesa di personale rispetto al totale della spesa corrente (articolo 1, comma 557, della L. 296/2006) e delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale il cui ammontare non può superare quello corrisposto nel 2010 (articolo 9, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2010).
L’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 prevede, a decorrere dall'anno 2011, che le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
L’articolo 1, comma 557, della L. n. 296/2006, prevede che ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:
§ riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;
§ razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico - amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;
§ contenimento delle dinamiche di crescita della
contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti
disposizioni dettate per le amministrazioni statali.
L’articolo 9, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2010 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2011, che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente da ciascuna amministrazione al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio[121].
Successivamente, l’articolo 16, comma 1, del D.L. n. 98/2011, ha rimesso a uno specifico regolamento di delegificazione la proroga delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni.
In attuazione di tale disposizione è stato quindi
emanato il regolamento di delegificazione adottato con il D.P.R. n. 122/2013, con il quale sono state prorogate a tutto il
2014 varie misure di contenimento delle spese di personale (tra cui quella
prevista dall’articolo 9, comma 2-bis,
del D.L. n. 78/2010)[122].
Da ultimo, l’articolo 1, comma 456, della L. n. 147/2013
ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2014 della disposizione in oggetto.
Il comma 533 estende agli enti locali e regionali la deroga ai vincoli in materia di personale a tempo determinato, già prevista per le società in house degli enti locali soci di Expo 2015 (dall’articolo 46-ter, comma 2, del D.L. n. 69/2013) per le attività funzionali all’Expo 2015. Con riferimento al termine per usufruire della predetta deroga, si prevede che lo stesso sia fissato alla fine della conclusione delle medesime attività e comunque non oltre il 31 dicembre 2016 (il termine previgente era il 31 dicembre 2015).
L’articolo 46-ter, comma 2, del D.L. n. 69/2013, prevede che, fermo restando il conseguimento complessivo dei risparmi di spesa previsti a legislazione vigente, le società in house degli enti locali soci di Expo 2015 S.p.A. e gli enti locali e regionali per le attività strettamente funzionali alla realizzazione dell'Esposizione universale possono procedere, anche in deroga agli specifici vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di personale, alle assunzioni di personale a tempo determinato necessarie per la realizzazione di opere infrastrutturali essenziali e altre opere, nonché per la prestazione di servizi e altre attività (connesse all'evento) fino alla conclusione delle stesse e comunque con durata, nel testo previgente, non oltre il 31 dicembre 2015 nei limiti delle risorse finalizzate a dette opere.
Il comma 534, al fine di garantire la realizzazione del Grande Evento Expo Milano 2015, autorizza la spesa di 60 milioni di euro per l’anno 2015 come contributo dello Stato ai maggiori oneri che deve sostenere il comune di Milano per il potenziamento dei servizi ricettivi, del trasporto pubblico locale, della sicurezza e di ogni altro onere connesso all’Evento Expo Milano 2015.
Articolo 1,
comma 535
(Risorse per la Fabbrica del Duomo di
Milano)
535. Per le finalità di cui all'articolo 8, comma 1-bis, del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 134, è autorizzata la spesa di 7,5 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2015 e 2016.
Il comma 535 autorizza la spesa di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, destinati alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano per interventi conservativi e manutentivi straordinari del Duomo, necessari anche in vista dello svolgimento di EXPO 2015.
La Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano è l’ente
preposto alla conservazione e valorizzazione del Duomo, istituito nel 1387 da
Gian Galeazzo Visconti, allora Duca della città, per la progettazione e la
costruzione del monumento.
Nel sito dedicato è evidenziato che “Dal mese di
ottobre 2012, la Fabbrica ha lanciato una nuova campagna di raccolta fondi,
Adotta una Guglia, per sostenere gli interventi strutturali più urgenti che
riguardano ben 18 cantieri, tra la Guglia Maggiore, i quattro gugliotti, le 129
guglie minori, le falconature, il rifacimento delle campate di copertura del
tetto del Duomo e il restauro dello spazio interno, per rendere il Monumento
interamente fruibile in vista del grande traguardo di Expo 2015.
Infatti, per completare i più urgenti interventi di
restauro, la Veneranda Fabbrica deve sostenere un impegno di spesa pari a 13
milioni di euro, di cui oltre 4 sono già stati raccolti” [123].
Le risorse indicate si aggiungono ai 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, destinati alla medesima finalità dall’art. 8, co. 1-bis, del D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012), richiamato nel testo.
Articolo 1,
comma 536
(Proroga dell’utilizzo dei proventi dei
permessi di costruire
e delle sanzioni in materia edilizia)
536. All'articolo 2, comma 8, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e
successive modificazioni, le parole: «Per gli anni dal 2008 al 2014» sono
sostituite dalle seguenti: «Per gli anni dal 2008 al 2015».
Il comma 536, proroga all’anno 2015 l’applicazione della disciplina concernente l’utilizzo dei proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni previste dal T.U. in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), che è contenuta nell’articolo 2, comma 8, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008). Tale norma ha previsto i seguenti utilizzi possibili, a partire dal 2008, dei predetti proventi:
§ una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti;
§ e una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.
Si fa notare che il comma 1 dell’art. 13 del D.L. n. 47/2014 aveva già prorogato la citata disciplina per l’anno 2015, ma limitatamente al Comune di Milano per la realizzazione del grande evento EXPO 2015.
Premesso che il D.P.R. n. 380/2001
(T.U. edilizia) ha sostituito la nozione di concessione edilizia con quella di
permesso di costruire, si segnala che in base all’art. 12 della legge 28
gennaio 1977, n. 10, abrogato dal medesimo testo unico, i proventi delle
concessioni edilizie e delle sanzioni in materia edilizia erano considerati
quali risorse vincolate a destinazione specifica, in quanto erano versati su
conti correnti speciali presso le tesorerie comunali ed erano destinati alla
realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al
risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all'acquisizione
delle aree da espropriare, nonché, nel limite massimo del 30%, a spese di
manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. Si ricorda che il rilascio del
permesso di costruire da parte di un’amministrazione comunale comporta per il
privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza
degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione" (art. 16,
comma 1, del D.P.R. n. 380/2001).
Nel corso degli anni sono
state adottate alcune norme volte a
disciplinare l’utilizzo dei predetti proventi
al fine di destinarli, tra l’altro, in misura prevalente alle spese correnti. L’articolo
1, comma 43, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), aveva
stabilito la possibilità di destinare i proventi delle concessioni edilizie e
delle sanzioni previste dal T.U. edilizia al finanziamento di spese correnti
entro il limite del 75% per il 2005 e del 50% per il 2006.
L’articolo 2, comma 8,
della legge n. 244 del 2007[124] ha disciplinato il regime di utilizzo dei proventi dal 2008 fino al
2012. Da ultimo, è intervenuto il comma 4-ter dell’articolo 10
del D.L. n. 35/2013, che ha modificato il citato comma 8 dell’articolo 2 disponendo
l’applicazione - anche per gli anni 2013
e 2014 - della disciplina sull’utilizzo dei proventi delle concessioni edilizie
e delle sanzioni previste dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ivi prevista.
In tale ambito è intervenuto anche l’articolo 4, comma 3, della legge 14 gennaio
2013, n. 10 (norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) che ha
introdotto a regime una norma in base alla quale “le maggiori entrate derivanti
dai contributi per il rilascio dei permessi di costruire e dalle sanzioni
previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia sono destinate alla realizzazione di opere pubbliche di
urbanizzazione, di recupero urbanistico e di manutenzione del patrimonio
comunale in misura non inferiore al 50 per cento del totale annuo”.
Tale comma 3 è stato successivamente abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2015, dall’art. 1, comma 1, lett. aa), del D.Lgs. 10 agosto 2014, n. 126, che ha inserito tale abrogazione nell’art. 77, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118.
Articolo 1,
comma 537
(Rinegoziazione mutui enti locali per
passività relative)
537. In relazione a quanto disposto dal secondo periodo del comma 2
dell'articolo 62 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni,
limitatamente agli enti locali di cui all'articolo 2 del testo unico di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la durata delle operazioni di
rinegoziazione, relative a passività esistenti già oggetto di rinegoziazione,
non può essere superiore a trenta anni dalla data del loro perfezionamento.
Il comma 537 consente agli enti locali che abbiano effettuato operazioni di rinegoziazione relative a passività relative all’emissione di strumenti obbligazionari (o ad altri titoli che prevedano il rimborso del capitale in un’unica soluzione), di rinegoziare ulteriormente i mutui relativi a tali operazioni, per una durata massima di trenta anni dal perfezionamento della nuova rinegoziazione; ciò al fine di una più agevole gestione del debito pregresso da parte degli enti interessati.
La disposizione richiama in proposito l’articolo 62, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008 che, nello stabilire che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali non possono più emettere strumenti finanziari derivati[125], ha nel contempo stabilito che per gli enti medesimi la durata di una singola operazione di indebitamento, anche se consistente nella rinegoziazione di una passività esistente, non può essere superiore a trenta né inferiore a cinque anni.
La possibilità di intervenire su mutui già rinegoziati con una nuova operazione di rinegoziazione (che, in sostanza, sposta l’inizio del periodo trentennale di durata del mutuo alla data di stipula della nuova operazione) opera su un ammontare dei mutui in essere che, secondo quanto precisa la relazione tecnica, è stimabile in circa 700 milioni di euro, dei quali il 40 per cento potrebbe essere interessato – ritiene la relazione medesima – dalla norma in esame.
Articolo 1,
comma 538
(Disavanzo di amministrazione a seguito
del riaccertamento straordinario dei residui)
538. All'articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, come
da ultimo modificato dai commi 505, 506 e 507 del presente articolo, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 15:
1) al primo periodo, le parole: «del Presidente del Consiglio dei
ministri, su proposta» sono soppresse;
2) il terzo periodo è sostituito dai seguenti: «Sulla base dei
rendiconti delle regioni e dei consuntivi degli enti locali relativi all'anno
2014 e delle delibere di riaccertamento straordinario dei residui sono
acquisite le informazioni riguardanti il maggiore disavanzo al 1º gennaio 2015
e quelle relative agli enti che hanno partecipato alla sperimentazione, incluso
l'importo dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, con tempi
e modalità definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro dell'interno e sentita la Conferenza unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive
modificazioni. In base alle predette informazioni sono definiti i tempi di
copertura del maggiore disavanzo, secondo modalità differenziate in
considerazione dell'entità del fenomeno e della dimensione demografica e di
bilancio dei singoli enti. Gli enti che non trasmettono le predette
informazioni secondo le modalità e i tempi previsti dal decreto di cui al terzo
periodo ripianano i disavanzi nei tempi più brevi previsti dal decreto di cui
al primo periodo»;
b) al comma 16, alinea:
1) al primo periodo, le parole: «per una quota pari almeno al 10 per
cento l'anno» sono sostituite dalle seguenti: «in non più di 30 esercizi a
quote costanti»;
2) al secondo periodo, le parole: «del Presidente del Consiglio dei
ministri» sono soppresse.
Il comma 538 è diretto ad introdurre alcune modifiche alla disciplina in tema di copertura dell’eventuale disavanzo di amministrazione accertato al 1° gennaio 2015 in conseguenza del riaccertamento straordinario dei residui (su cui intervengono anche i commi da 505 a 509 che precedono), nell’ambito delle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali di cui al D.Lgs. n. 118 del 2011.
In particolare, il comma modifica l’articolo 3 del citato D.Lgs. n. 118, apportando le seguenti integrazioni:
a) è modificato il comma 15, prevedendo l’emanazione di un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze in luogo di un DPCM per la definizione delle modalità e dei tempi di copertura dell'eventuale maggiore disavanzo rispetto al risultato di amministrazione al 31 dicembre 2014;
b) è rinviato ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell’interno sentita la Conferenza Unificata, la definizione di tempi e modalità per l’acquisizione delle informazioni riguardanti il maggior disavanzo al 1° gennaio 2015 al fine dell’emanazione del decreto per la definizione delle modalità e dei tempi di copertura dell'eventuale maggiore disavanzo di cui al comma 15 predetto.
I tempi di copertura sono definiti sulla base della dimensione effettiva del maggiore disavanzo risultante dai rendiconti delle regioni e dai conti consuntivi secondo modalità differenziate in considerazione dell'entità del fenomeno e della dimensione demografica e di bilancio dei singoli enti. Gli enti che non dovessero trasmettere le informazioni riguardanti il maggiore disavanzo sono tenuti ad effettuare il ripiano in una tempistica più breve prevista dal decreto concernente la disciplina definitiva delle modalità e dei tempi del ripiano.
c) è modificato il comma 16 (relativo al periodo transitorio nelle more dell’emanazione del decreto di cui al precedente comma 15) estendendo a 30 esercizi finanziari rispetto agli attuali 10 esercizi[126] il periodo temporale per ripianare l’eventuale disavanzo di amministrazione determinato dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Si rammenta che i residui sono al centro della manovra di avvio delle nuove disposizioni sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio, che muoverà proprio da una revisione straordinaria di tali poste, cancellando quelle non più giustificate da un valido titolo giuridico e reimputando le altre negli esercizi di competenza determinata secondo il criterio della esigibilità.
L’operazione di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, prevista dall’articolo 3, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011, presuppone la determinazione in via definitiva dell’importo dei residui esistenti al 31 dicembre 2014 in base al previgente ordinamento contabile. Tale operazione consiste nel verificare se permangono le ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui e corrisponde a ciò che, annualmente, gli enti eseguono in sede di rendiconto per accertare il risultato di amministrazione dell’esercizio.
Il suddetto
comma 7 stabilisce in proposito che al fine di adeguare i residui attivi e
passivi risultanti al 1° gennaio 2015 al nuovo principio della competenza
finanziaria, le regioni e gli enti locali, escluse le amministrazioni che hanno
partecipato alla sperimentazione nel 2014, provvedono, contestualmente
all'approvazione del rendiconto 2014, al riaccertamento straordinario dei
residui, consistente nella cancellazione dei propri residui attivi e passivi,
cui non corrispondono obbligazioni perfezionate e scadute alla data del 1°
gennaio 2015
In sostanza, la peculiarità della fase di avvio della riforma consiste nel fatto che, mentre si procede al tradizionale riaccertamento dei residui necessario alla predisposizione del rendiconto 2014 (ricognizione da effettuare sulla base dell’ordinamento contabile vigente nel 2014), occorre parallelamente individuare, per i residui passivi, quale di essi non sia sorretto da una obbligazione giuridica perfezionata e, per i rimanenti (residui attivi e passivi), quale sia l’esercizio di scadenza della relativa obbligazione e il grado di esigibilità (ricognizione da effettuare, evidentemente, sulla base dei principi introdotti dalla riforma).
Con l’approvazione dei rendiconti 2014, le amministrazioni dovranno procedere al riaccertamento straordinario dei residui. In relazione alla possibile consistenza delle poste attive da eliminare a seguito di tale operazione, il comma in esame prevede un lungo periodo temporale per far fronte all’eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1° gennaio 2015, determinato dal riaccertamento in questione e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, consentendone il ripiano nell’arco di un periodo trentennale.
Articolo 1,
comma 539
(Aumento del limiti massimi di
indebitamento degli enti locali)
539. All'articolo 204, comma 1, primo periodo, del testo unico di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, le
parole: «e l'8 per cento, a decorrere dall'anno 2012,» sono sostituite dalle
seguenti: «l'8 per cento, per gli anni dal 2012 al 2014, e il 10 per cento, a
decorrere dall'anno 2015,».
Il comma 539 interviene sui limiti massimi fissati per il ricorso ai mutui e ad altre forme di indebitamento da parte degli enti locali, rendendoli meno stringenti a decorrere dall’anno 2015.
In particolare, il comma incrementa, a decorrere dal 2015, dall’8 al 10 per cento la percentuale massima degli interessi passivi rapportata alle entrate correnti che gli stessi enti devono rispettare in caso di assunzione di nuovi mutui o di accesso ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato.
A tal fine, è novellato l’articolo 204 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – TUEL).
L’articolo 204 del TUEL, al primi comma, pone un limite alla possibilità di indebitamento degli enti locali, fissando l’entità della spesa per interessi ad una certa percentuale rispetto alle entrate relative ai primi tre titoli dell’entrata.
Più in particolare, l’articolo prevede che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere (mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di credito stipulate e garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi) non sia superiore ad una determinata percentuale delle entrate correnti (relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui). Come chiarito dalla norma interpretativa contenuta nell’articolo 16, comma 11, del D.L. 3 marzo 2012, n. 16, i suddetti limiti devono essere rispettati nell’anno di assunzione del nuovo indebitamento.
La disposizione di cui al primo comma dell’articolo 204 del TUEL intende, pertanto, fissare un limite al “peso” degli oneri finanziari rispetto alle entrate correnti dell’ente, stabilendo un livello superato il quale si ritiene possano essere pregiudicati gli equilibri di bilancio.
Tali limiti massimi di indebitamento previsti dal TUEL, rappresentati, come detto, dall’incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti, sono stati gradualmente ridotti nel corso degli anni, fino al limite del 6 per cento a decorrere dal 2014, ai sensi dell’articolo 11-bis, comma 1, del D.L. 28 giugno 2013, n. 76.
Più di recente, al fine di favorire la ripresa degli investimenti degli enti locali, sono state previste disposizioni che hanno, invece, ampliato la capacità di indebitamento degli enti locali, innalzando il valore del rapporto tra l’importo annuale degli interessi e le spese correnti dell’ente dal 6 all’8 per cento a decorrere dal 2014 (articolo 1, comma 735, della legge di stabilità n. 147/2013).
Sono state altresì previste disposizioni di deroga a tali limiti. In particolare, si fa riferimento all'articolo 5 del D.L. n. 16/2014, con il quale il legislatore ha inteso restituire agli enti locali, limitatamente agli anni 2014 e 2015, la possibilità di assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato oltre i limiti fissati dall’articolo 204, comma 1, del TUEL, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti rimborsate nell'esercizio precedente.
Per quanto concerne le modalità di indebitamento, si ricorda brevemente che gli enti locali possono assumere nuovi debiti soltanto nelle forme e nelle modalità previste dalle leggi vigenti in materia e solo per finalità di investimento, ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione. Le condizioni necessarie affinché si possa ricorrere all’indebitamento sono stabilite all’art. 203 del TUEL (avvenuta approvazione del rendiconto dell’esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento e avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni).
Si ricorda, infine, per completezza, che la riforma costituzionale che ha introdotto il principio del pareggio del bilancio per il complesso delle pubbliche amministrazioni - operata dalla legge costituzionale n. 1/2012, i cui principi hanno ricevuto attuazione con la legge n. 243/2012 - ha imposto ulteriori vincoli agli enti territoriali in tema di indebitamento che si sovrappongono a quelli fissati dall’articolo 119 della Costituzione e che andranno a restringere ulteriormente il livello di indebitamento ammesso, essendo consentito, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il ricorso al debito solo con la contestuale definizione di piani di ammortamento e nel rispetto dell’equilibrio complessivo dell’aggregato regionale.
Articolo 1,
comma 540
(Fondo per il contributo in conto
interessi su operazioni
di indebitamento enti locali)
540. Nello stato di previsione del Ministero dell'interno è istituito un
fondo, con una dotazione di 125 milioni di euro per l'anno 2016 e di 100
milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020, finalizzato alla
concessione di un contributo in conto interessi ai comuni, alle province e alle
città metropolitane su operazioni di indebitamento attivate nell'anno 2015, il
cui ammortamento decorre dal 1º gennaio 2016. Con decreto del Ministro
dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 28
febbraio 2015, sono stabiliti modalità e criteri per l'erogazione del
contributo in conto interessi di cui al primo periodo.
Il comma 540 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’Interno un fondo con una dotazione di 125 milioni di euro per l’anno 2016 e 100 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020.
Il fondo è finalizzato alla concessione di un contributo in conto interessi agli enti locali su operazioni di indebitamento attivate nel 2015, il cui ammortamento decorrerà dal 2016, secondo modalità da stabilirsi con decreto del Ministero dell’interno, che dovrà intervenire entro il 28 febbraio 2015.
Articolo 1,
comma 541
(Fondo per il contributo in conto interessi
su operazioni
di indebitamento Regioni)
541. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze è istituito un fondo, con una dotazione di 100 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2016 e 2017 finalizzato alla concessione di un contributo in conto
interessi alle regioni a statuto ordinario su operazioni di indebitamento
attivate nell'anno 2015, il cui ammortamento decorre dal 1º gennaio 2016. Con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 28
febbraio 2015, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti modalità
e criteri per l'erogazione del contributo in conto interessi di cui al primo
periodo. Al relativo onere si provvede mediante utilizzo del fondo di parte
corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze ai sensi dell'articolo 49, comma 2, lettera d), del decreto-legge 24
aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014,
n. 89.
Il comma 541 istituisce presso il Ministero dell'economia e delle finanze un fondo, con una dotazione di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 finalizzato alla concessione di un contributo in conto interessi alle regioni a statuto ordinario su operazioni di indebitamento attivate nell'anno 2015, il cui ammortamento decorre dal 1°gennaio 2016. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia a seguito dell’accertamento straordinario dei residui operato si sensi dell' articolo 49, del decreto-legge n. 66/2014.
Tale articolo ha introdotto una operazione finalizzata
a consentire l’iscrizione di nuovi stanziamenti in bilancio a fronte di
cancellazione di partite residue
Esso prevede l'avvio di un programma straordinario di riaccertamento
della consistenza dei residui passivi
iscritti nel bilancio dello Stato e
della sussistenza delle partite
debitorie iscritte nel conto del patrimonio
dello Stato in corrispondenza di residui andati in perenzione, esistenti alla data del 31 dicembre 2013, ai fini
della verifica della sussistenza dei presupposti giuridici
dell’obbligazione sottostante, che ne giustificano la permanenza,
rispettivamente, nel conto del bilancio e nel conto del Patrimonio.
Il programma è adottato dal Ministro dell’economia e
delle finanze, d’intesa con le amministrazioni centrali interessate, entro il 31 luglio 2014.
In esito a tale rilevazione, si procederà alla eliminazione dei residui passivi di
bilancio e dei residui passivi perenti corrispondenti a somme non più esigibili, essendone venuti meno i presupposti
giuridici dell’obbligazione sottostante.
Le somme
corrispondenti alle partite così individuate confluiranno, secondo specifiche modalità, in appositi fondi da istituire negli stati di previsione delle
Amministrazioni interessate, nonché in un fondo presso il Ministero
dell’economia, ai fini del loro utilizzo
successivo.
La copertura prevista dal comma 541 è in
particolare riferita al comma 2, lettera
d) dell’articolo 49, laddove si
prevede che per i residui passivi relativi a trasferimenti o compartecipazioni
statutarie alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali
le conseguenti operazioni vengono operate con il concorso degli stessi enti
interessati e che, con la legge di
bilancio per gli anni 2015-2017, le somme
corrispondenti alla cancellazione dei suddetti importi sono iscritte su base
pluriennale su appositi fondi da
destinare ai medesimi enti in relazione ai residui eliminati.
In riferimento a tale ultima disposizione, la
legge n.191/2014 (bilancio di
previsione dello Stato 2015 e pluriennale 2015-2017) ha iscritto su due distinti
capitoli di spesa del Ministero dell’economia, ad incremento degli importi
ivi già presenti, le risorse derivanti dall’eliminazione dei residui di cui
alla lettera d) sopradetta: si tratta del capitolo 2700, relativo al Fondo
sanitario nazionale, e del capitolo 7464, concernente le somme da erogare per
gli interventi in materia di edilizia sanitaria pubblica.
Articolo 1,
comma 542
(Proroga dell’innalzamento del limite per
il ricorso
ad anticipazioni di tesoreria)
542. All'articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge 28 gennaio 2014, n.
4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2014, n. 50, le parole:
«sino alla data del 31 dicembre 2014» sono sostituite dalle seguenti: «sino alla
data del 31 dicembre 2015».
Il comma 542 proroga di un anno – dal 31 dicembre 2014 al
31 dicembre 2015 – l’innalzamento da tre a cinque dodicesimi del limite
massimo di ricorso degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria
disposto dall’articolo 2, comma 3-bis, del decreto-legge n. 4/2014, concesso
al fine di agevolare il rispetto da parte degli enti medesimi dei tempi di
pagamento nelle transazioni commerciali, di cui al decreto legislativo n. 192
del 2012.
Con riferimento ai limiti massimi di anticipazioni di tesoreria, si ricorda che l’articolo 222 del TUEL prevede la concessione di anticipazioni agli enti locali da parte del tesoriere entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente, corrispondenti per i comuni, le province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli dell’entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli.
Gli enti locali sono tenuti al pagamenti degli interessi sulle anticipazioni di tesoreria, che decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme.
Per gli enti locali in dissesto economico-finanziario, che si trovino in condizione di grave indisponibilità di cassa, certificata congiuntamente dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione, il limite massimo di anticipazioni di tesoreria è elevato a cinque dodicesimi per la durata di sei mesi a decorrere dalla data della predetta certificazione (comma 2-bis dell’articolo 222 del TUEL, introdotto dall’articolo 3, comma 1, lett. i-bis) del D.L. n. 174/2012).
È fatto divieto ai suddetti enti di impegnare tali maggiori risorse per spese non obbligatorie per legge e risorse proprie per partecipazione ad eventi o manifestazioni culturali e sportive, sia nazionali che internazionali.
Si rammenta che l’innalzamento
del limite massimo di ricorso alle anticipazioni di tesoreria da tre a cinque
dodicesimi delle entrate correnti è già stato previsto in altre circostanze, al
fine di consentire agli enti locali una maggiore liquidità. Si ricorda, ad
esempio, la deroga concessa sino alla
data del 30 settembre 2013, dall’articolo 1, comma 9, del D.L. n.
35/2013, al fine di consentire maggiore
liquidità agli enti locali per il pagamento dei debiti scaduti alla data del 31
dicembre 2012.
Articolo 1,
comma 543
(Termine di presentazione del bilancio di
previsione 2015 per gli
enti locali che sperimentano le nuove regole di contabilità)
543. Gli enti locali che sperimentano l'applicazione della nuova
contabilità di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, possono
sottoporre al rispettivo organo deliberante le proposte concernenti il bilancio
di previsione 2015 e i connessi documenti di programmazione, anche pluriennali,
entro i termini di cui alla normativa ordinaria sull'ordinamento finanziario
degli enti locali.
Il comma 543 riguarda gli enti locali che hanno partecipato alla sperimentazione dell’applicazione delle nuove regole di contabilità di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, al fine di confermare, per essi, l’applicazione della normativa ordinaria sull’ordinamento finanziario degli enti locali per quel che concerne i termini entro i quali gli enti possono sottoporre al rispettivo organo deliberante le proposte relative al bilancio di previsione 2015, ed i connessi documenti di programmazione, anche pluriennali.
Tale normativa è rinvenibile sostanzialmente nell’articolo 174 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000) - come modificato dall’articolo 74, comma 1, n. 22, lett. a), del D.Lgs. n. 118/2011 - in cui si dispone che lo schema di bilancio di previsione, finanziario e il Documento unico di programmazione sono predisposti dall’organo esecutivo e da questo presentati all’organo consiliare entro il temine ordinatorio del 15 novembre dell’anno precedente.
Il bilancio di previsione finanziario, si ricorda, è poi deliberato dall'organo consiliare entro il termine del 31 dicembre dell’anno precedente[127], come previsto dall'articolo 151 del TUEL.
Si ricorda, al riguardo, che la sperimentazione dell’armonizzazione dei sistemi contabili è cessata al 31 dicembre 2014, atteso che, come disposto dall’articolo 78 del D.Lgs. n. 118/2011 sopra citato, essa ha durata triennale, decorrente dal 2012.
La sperimentazione (artt. 36 e 38 del D.Lgs. n. 118/2012) ha interessato (dal 1° gennaio 2012) 4 regioni, 12 province, 49 comuni, 20 enti strumentali – i quali sono stati sottoposti alla disciplina sperimentale dettata dal D.P.C.M. 28 dicembre 2011 e successive modifiche. La sperimentazione della riforma è stata estesa nel corso del 2014 ad ulteriori 300 enti.
Le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 118/2011 che reca le norme per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, come integrato dal recente D.Lgs. correttivo n. 126/2014 a seguito anche delle risultanze dei tre anni di sperimentazione, entrano a regime per tutti gli enti territoriali a decorrere dall'esercizio finanziario 2015, con la predisposizione dei bilanci relativi all'esercizio 2015 e successivi.
I termini suddetti, per la sottoposizione al rispettivo organo deliberante delle proposte concernenti il bilancio di previsione 2015, e i connessi documenti di programmazione, dovrebbero, dunque, valere dal 2015 per tutti gli enti locali, sia quelli che non hanno preso parte alla sperimentazione che quelli che vi hanno partecipato.
Articolo 1,
comma 544
(Proroga del termine per il
riconoscimento del compenso per lavoro straordinario reso in attività connesse
allo stato di
emergenza per eventi sismici
544. Il termine di cui al comma 3 dell'articolo 6-sexies del
decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 giugno 2013, n. 71, è prorogato al 31 dicembre 2015. Al relativo onere si
provvede nel limite delle risorse disponibili allo scopo finalizzate sulle
contabilità dei Commissari di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 6
giugno 2012, n. 74, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º agosto 2012,
n. 122.
Il comma 544 proroga dal 31 dicembre 2014 fino al 31 dicembre 2015 il termine per il riconoscimento del compenso per prestazioni di lavoro straordinario rese per l’espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza a seguito degli eventi sismici che hanno interessato il territorio della regione Emilia Romagna per le province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012, da parte dei Commissari delegati di cui all’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 74/2012 (ossia i Presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto).
Al relativo onere si provvede nel limite delle risorse disponibili allo scopo finalizzate sulle contabilità dei suddetti Commissari delegati.
Il comma 3 dell’articolo 6-sexies del D.L. n. 43/2013 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'area industriale di Piombino, di contrasto ad emergenze ambientali, in favore delle zone terremotate del maggio 2012 e per accelerare la ricostruzione in Abruzzo e la realizzazione degli interventi per Expo 2015) autorizza a riconoscere, con decorrenza dal 1° agosto 2012 e sino al 31 dicembre 2014 (termine ora prorogato al 31 dicembre 2015) alle unità lavorative - ad esclusione dei dirigenti e titolari di posizione organizzativa, nei limiti di trenta ore mensili, alle dipendenze della regione, degli enti locali e loro forme associative del rispettivo ambito di competenza territoriale - il compenso per prestazioni di lavoro straordinario reso e debitamente documentato per l'espletamento delle attività conseguenti allo stato di emergenza nei limiti di trenta ore mensili. Ai relativi oneri si provvede nell’ambito e nei limiti delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012, istituito dall’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 74/2012.
Il comma 6 dell’art. 2 del D.L. n. 74/2012 stabilisce che ai Commissari delegati sono intestate apposite contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate, con decreto, le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione delle aree colpite, destinate al finanziamento degli interventi previsti.
Sulle contabilità speciali confluiscono anche le risorse derivanti dalle erogazioni liberali effettuate alle stesse regioni ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici. Sulle contabilità speciali possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 nelle province di Modena, Bologna, Ferrara, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo.
Per gli anni 2012, 2013 e 2014, le risorse assegnate dal decreto di riparto del suddetto fondo presenti nelle predette contabilità speciali, nonché i relativi utilizzi, eventualmente trasferite agli enti locali, che provvedono per conto dei Presidenti delle Regioni in qualità di commissari delegati, agli interventi previsti, non rilevano ai fini del patto di stabilità interno degli enti locali beneficiari.
Articolo 1,
commi 545 e 546
(Sostituzione del bilancio riequilibrato
degli enti locali in dissesto finanziario in caso di inizio mandato della nuova
amministrazione)
545. All'articolo 261 del testo unico di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. In caso di inizio del mandato, l'ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato già trasmessa al Ministero dell'interno dalla precedente
amministrazione, ordinaria o commissariale, può essere sostituita dalla nuova
amministrazione con una nuova ipotesi di bilancio entro tre mesi
dall'insediamento degli organi dell'ente».
546. All'articolo 1, comma 573-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.
147, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le disposizioni del presente
comma si applicano anche per l'esercizio 2015 in relazione agli enti locali che
abbiano presentato i piani di riequilibrio finanziario previsti dall'articolo
243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e
successive modificazioni, nell'anno 2014».
Il comma 545 interviene sulla disciplina
della redazione di un bilancio
stabilmente riequilibrato ad opera degli enti locali in stato di dissesto
finanziario.
Si ricorda, in merito, che la disciplina vigente (art. 261 del TUEL, di cui al D.Lgs. n. 267/2000) prevede che il consiglio dell'ente locale è tenuto a presentare al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del D.P.R. di nomina dell'organo straordinario di liquidazione, previsto dall'articolo 252 del TUEL, un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato.
Secondo le disposizioni dettate dal capo IV del Titolo VIII del TUEL (artt. 259-263), l'ipotesi di bilancio è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario[128], realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.
Dichiarato il dissesto si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. All’organo straordinario di liquidazione è demandata la competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Esso provvede pertanto alla: rilevazione della massa passiva; all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; alla liquidazione e pagamento della massa passiva. L’amministrazione locale deve occuparsi esclusivamente del bilancio risanato al fine di non incorrere in un nuovo dissesto.
A norma dall’articolo 261 del TUEL, l'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato è istruita dalla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali[129], che formula eventuali rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta giorni. Entro il termine di quattro mesi la Commissione esprime un parere sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. In caso di esito positivo, la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per la corretta ed equilibrata gestione dell'ente
Il bilancio stabilmente riequilibrato deve riferirsi all’esercizio finanziario successivo a quello nel corso del quale è stato dichiarato il dissesto, qualora per tale anno sia stato approvato il bilancio di previsione[130], oppure all’esercizio in corso qualora non sia stato approvato il bilancio di previsione. Il comma 1-bis dell’articolo 259 del TUEL - introdotto dall’articolo 10, comma 4-bis, del D.L. n. 35/2013 – ha stabilito che nei casi in cui la dichiarazione di dissesto viene adottata nel corso del secondo semestre dell'esercizio finanziario per il quale risulta non essere stato ancora validamente deliberato il bilancio di previsione[131], o sia adottata nell'esercizio successivo, l’ipotesi di bilancio che il Consiglio dell'ente presenta all'approvazione del Ministro dell'interno deve essere tale da garantire l'effettivo riequilibrio entro il secondo esercizio.
Il comma in esame modifica l’articolo 261 al fine di disporre che, in caso di inizio mandato, l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, già trasmessa al Ministero dalla precedente amministrazione, può essere sostituita dalla nuova amministrazione, con una nuova ipotesi di bilancio, entro tre mesi dall’insediamento.
Il comma 546 reca disposizioni per gli enti locali enti locali che si trovano in difficoltà finanziarie suscettibili di provocarne il dissesto che vogliono accedere alle procedure di riequilibrio finanziario previste dagli articoli 243-bis e seguenti del TUEL.
Il comma – che modifica l’articolo 1, comma 573-bis, della legge n. 147/2013 -è volto ad estendere all’esercizio 2015 l’applicazione della disposizione che consente agli enti locali in predissesto che hanno presentato i piani di riequilibrio finanziario nel 2014, per i quali sia intervenuta una deliberazione di diniego da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, di poter riproporre un nuovo piano di riequilibrio, previa deliberazione consiliare.
La vigente procedura di riequilibrio finanziario prevista dagli articoli da 243-bis a 243-quater del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), prevede che:
§ gli enti locali per i quali sussistano squilibri
strutturali del bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono
ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario
(articolo 243-bis, comma 1);
§ entro il termine perentorio di 90 giorni dalla data di
esecutività della delibera, il consiglio dell’ente locale delibera un piano di
riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di dieci anni. In
caso di inizio mandato, qualora la delibera risulti già presentata dalla
precedente amministrazione e non risulti ancora intervenuta la delibera della
Corte dei conti di approvazione o di diniego, l'amministrazione in carica ha
facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio (articolo 243-bis, comma 5);
§ entro 10 giorni dalla data della deliberazione, il
piano di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmesso alla competente
sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla Commissione per la stabilità
finanziaria degli enti locali, che procede entro 60 giorni alla relativa
istruttoria. Entro il termine di 30 giorni dalla data di ricezione della
documentazione, la Corte dei conti delibera l’accoglimento o la reiezione del
piano (articolo 243-quater, commi 1-3) ;
§ la delibera di approvazione o di diniego del piano può
essere impugnata entro 30 giorni innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei
conti che si pronunciano entro 30 giorni dal deposito del ricorso (articolo 243-quater,
comma 5);
§ la mancata presentazione del piano entro il sopradetto
termine perentorio, ovvero il diniego dell'approvazione del piano, comportano,
ricorrendo anche altri presupposti, l'assegnazione al Consiglio dell'ente, da
parte del Prefetto, di un termine non superiore a venti giorni per la
deliberazione del dissesto (articolo 243-quater, comma 7).
Su tale disciplina è intervenuta la legge di stabilità per il 2014 - articolo 1, commi da 573 a 573-ter, della legge n. 147/2013, come integrata dall’articolo 3, comma 2, del D.L. 6 marzo 2014, n. 16 – che ha consentito, per il solo esercizio 2014, la facoltà di riproporre un nuovo piano per quegli enti locali che hanno avuto il diniego da parte della Corte dei conti del piano di riequilibrio finanziario pluriennale presentato nel 2013, ai sensi dell’articolo 243-bis del TUEL, entro il termine perentorio di 120 giorni dall’entrata in vigore della disposizione stessa, introdotta dal D.L. n. 16.
La suddetta facoltà è peraltro condizionata all’avvenuto miglioramento della situazione finanziaria (in termini di miglior avanzo di amministrazione ovvero di minore disavanzo), registrato nell’ultimo rendiconto approvato.
Nelle more del termine di 120 giorni previsto per la presentazione del nuovo piano vengono inoltre sospese le procedure per la dichiarazione dello stato di dissesto: l’ultimo periodo del comma 573-bis stabilisce infatti che, in pendenza del termine suddetto, e fino alla conclusione della relativa procedura, non trova applicazione l'articolo 243-quater, comma 7, del TUEL, che reca le procedure in questione.
Il comma 573-ter dispone, altresì la sospensione, nelle more del termine previsto per la presentazione del nuovo piano di riequilibrio, e sino alla conclusione della relativa procedura, delle procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente.
Articolo 1,
comma 547
(Esclusione della società Expo S.p.A.
dalle norme di contenimento
delle spese per l’acquisto di beni e servizi)
547. Le norme di contenimento delle spese per l'acquisto di beni e servizi
nonchè quelle limitative delle assunzioni di personale, anche con forme
contrattuali flessibili, previste dalla legislazione vigente a carico dei
soggetti inclusi nell'elenco dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)
delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, non si applicano, fino al 31
dicembre 2015, alla società Expo 2015 Spa, in considerazione del suo scopo
sociale. Restano fermi il limite di spesa delle risorse disponibili previste a
legislazione vigente per la realizzazione del Grande Evento Expo Milano 2015 e
l'applicazione delle disposizioni sui limiti massimi retributivi delle società
pubbliche.
Il comma 547 è volto ad escludere la Società Expo S.p.A., fino al 31 dicembre 2015, in considerazione del suo scopo sociale, dall’applicazione delle norme di contenimento delle spese per l’acquisto di beni e servizi nonché di quelle limitative delle assunzioni di personale, anche con forme contrattuali flessibili, previste dalla legislazione vigente, a carico dei soggetti inclusi nell’elenco Istat delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica).
Restano fermi:
§ il limite di spesa delle risorse disponibili previste dalla legislazione vigente per la realizzazione del Grande Evento Expo Milano 2015;
§ e l’applicazione delle disposizioni sui limiti massimi retributivi delle società pubbliche.
I commi 2 e 3 dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, stabiliscono la ricognizione degli enti e dei soggetti identificati come amministrazioni pubbliche a fini statistici, nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), periodicamente aggiornato sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell'Unione europea.
La Società Expo S.p.A. rientra tra i soggetti inclusi nell’elenco Istat come indicato nel Comunicato Istat del 10 settembre 2014.
Articolo 1,
comma 548
(Supporto Consip S.p.A. per operazione
Expo 2015)
548. All'articolo 46-ter, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n.
69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, sono
aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «La società Expo 2015 s.p.a. può altresì
richiedere a Consip Spa, nell'ambito del Programma per la razionalizzazione
degli acquisti della pubblica amministrazione, di essere supportata nella
valutazione tecnico-economica delle prestazioni di servizi comunque acquisiti
ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 26 aprile 2013, n. 43, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2013, n. 71, e del comma 9 dell'articolo
5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2013,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 123 del 28 maggio 2013. A tal fine
Consip spa si può anche avvalere dell'elenco dei prezzi pubblicati dal
Ministero dell'economia e delle finanze a seguito dell'emanazione del decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze 15 settembre 2014, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 230 del 3 ottobre 2014, di cui al comma 3 dell'articolo
10 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89».
Il comma 548 consente alla società Expo 2015 S.p.A. di richiedere il supporto di Consip S.p.A. nella valutazione tecnico-economica delle prestazioni di servizi acquisiti. Per fornire tale supporto la Consip si potrà avvalere anche dell'elenco dei "prezzi benchmark Consip" (v. infra) individuato in attuazione dell’art. 10, comma 3, del D.L. n. 66/2014 (nuovo secondo periodo del comma 1 dell’art. 46-ter del D.L. n. 69/2013).
Prima di procedere nell’analisi della disposizione occorre richiamare il quadro normativo sul quale essa si innesta.
L’art. 5 del D.L. n. 43/2013 ha dettato diverse disposizioni finalizzate ad accelerare la realizzazione dell’evento “Expo 2015”, tra cui la nomina di un Commissario unico ed una serie di deroghe (alla normativa vigente in materia di contratti pubblici) applicabili ai contratti di appalto di lavori, servizi e forniture della società Expo 2015 S.p.A.
L’art. 5, comma 10, del D.P.C.M. 6 maggio 2013, con cui è stato nominato il Commissario unico, ha precisato che la EXPO 2015 S.p.A. opera ed è disciplinata secondo le norme del diritto privato e che, per la scelta dei suoi contraenti, è soggetta alla disciplina interna e comunitaria vigente per i procedimenti a evidenza pubblica e si può avvalere delle disposizioni derogatorie dettate dall'art. 5 del D.L. n. 43/2013.
L’art. 46-ter del D.L. n. 69/2013, al fine dello svolgimento delle attività di propria competenza, consente alla società Expo2015 di avvalersi della struttura organizzativa della Consip, nella sua qualità di centrale di committenza, mediante preventiva stipula di apposita convenzione.
Il comma in esame consente alla società Expo 2015 di avvalersi del supporto tecnico-economico della Consip anche in quei casi in cui procede all’acquisizione di servizi in maniera autonoma, cioè senza avvalersi della possibilità (concessa dal primo periodo del comma 1 dell’art. 46-ter del D.L. n. 69/2013) di ricorrere alla Consip quale centrale acquisti.
Nel fare riferimento alle acquisizioni di servizi per i quali la società Expo non si avvale della centrale acquisti, il comma in esame usa l’espressione “comunque acquisiti” e richiama l’art. 5 del D.L. n. 43/2013 nonché il comma 9 dell’art. 5 del citato D.P.C.M. 6 maggio 2013.
Tale comma 9 stabilisce che la società EXPO 2015, sulla base di convenzioni, può anche avvalersi degli uffici tecnici e amministrativi degli enti pubblici interessati e può disporre di personale comandato dagli stessi, nonché può avvalersi degli enti fieristici, senza scopo di lucro, con sede in Lombardia e operativi a livello regionale, nei cui organi direttivi vi siano rappresentanti designati dagli enti locali interessati, ovvero delle persone giuridiche da questi controllate.
Con riferimento all'elenco dei "prezzi benchmark Consip" si ricorda che l’art. 10, comma 3, del D.L. n. 66/2014, ha demandato al Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione, con proprio decreto, delle prestazioni principali in relazione alle caratteristiche essenziali dei beni e servizi oggetto delle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. ai sensi dell'art. 26 della L. n. 448/1999 (con cui è stato avviato il programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni) cui è stato possibile ricorrere tra il 1° gennaio 2013 e il 24 aprile 2014 (data di entrata in vigore del D.L. 66) ed ha altresì previsto la successiva pubblicazione sul web dei prezzi relativi alle prestazioni individuate.
In attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.M. economia e finanze 15 settembre 2014 e, successivamente, è stato reso disponibile sul web (www.consip.it/news_ed_eventi/2014/9/notizia_0024) l’elenco dei prezzi. In tale elenco, per ogni convenzione, vengono riportate le prestazioni principali, con indicazione delle caratteristiche essenziali dei beni e dei servizi, acquisibili nell'ambito delle convenzioni Consip, e i relativi prezzi di riferimento (benchmark).
Articolo 1,
comma 549
(Parere di congruità Consip per Rete
Te.T.Ra.)
549. Dopo il comma 12-ter dell'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre
2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n.
164, è aggiunto il seguente:
«12-quater. Ai sensi dell'articolo 1, comma 209, della legge 24 dicembre
2012, n. 228, e dell'articolo 1, comma 41, della legge 27 dicembre 2013, n.
147, il parere di congruità economica, relativo agli atti di affidamento in
attuazione del protocollo d'intesa del 24 febbraio 2003 per la prosecuzione degli
interventi per il completamento e la prestazione del servizio di
telecomunicazioni relativo alla rete nazionale standard Te.T.Ra., è rilasciato
da CONSIP SpA, che si pronuncia non oltre quarantacinque giorni dalla
richiesta. Il termine è sospeso in caso di richiesta motivata di chiarimenti o
documenti e riprende a decorrere dal giorno del loro arrivo a CONSIP SpA.
L'affidatario adotta ogni utile variante migliorativa richiesta
dall'Amministrazione in ragione della evoluzione tecnologica, nell'ambito delle
autorizzazioni di spesa già disposte».
Il comma 549 inserisce una nuova disposizione (art. 3, co. 12-bis) nel decreto c.d. sblocca-Italia (D.L. n. 133/2014, convertito con L. n. 164/2014) con la quale si attribuisce a Consip S.p.a. il compito di rilasciare il “parere di congruità economica”, relativo agli atti di affidamento in attuazione del protocollo d'intesa del 24 febbraio 2003 per la prosecuzione degli interventi per il completamento e la prestazione del servizio di telecomunicazioni relativo alla rete nazionale standard Te.T.Ra.
In premessa, si ricorda che il sistema TETRA (TErrestrial Trunked RAdio,) rappresenta uno standard di comunicazione a onde radio per uso professionale, con sistemi veicolari e portatili, usato principalmente dalle forze di polizia e militari e dai servizi di emergenza oltre che dai servizi privati civili. Il sistema garantisce un particolare grado di riservatezza o confidenzialità delle comunicazioni ottenuta mediante cifratura delle trasmissioni in aria usando una unica chiave comune a tutti gli utenti, oppure chiavi individuali e di gruppo rigenerate su base sessione.
TETRA è la tecnologia digitale, realizzata dall'azienda italiana Selex Elsag (ora confluita nella Selex Es, del gruppo Finmeccanica) adottata dall'Unione europea come standard digitale per le comunicazioni radio sicure delle forze di polizia dell'Unione.
Sul punto, la normativa (art. 1, co. 210, della L. n. 228/2012) assegna ad una Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva del programma Te.T.Ra, istituita ad hoc presso il Ministero dell’interno, il compito di formulare pareri sullo schema del programma, sul suo coordinamento e integrazione interforze e, nella fase di attuazione dello stesso, su ciascuna fornitura o progetto.
L'articolo 1, comma 209, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) ha assegnato al Ministro dell'Interno il compito di predisporre un programma straordinario di interventi ai fini del completamento della rete TETRA, considerata necessaria per le comunicazioni sicure della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato. Per l'attuazione di tale programma, l'Amministrazione è stata autorizzata ad assumere, nei limiti delle risorse disponibili, impegni pluriennali, corrispondenti alle rate di ammortamento dei mutui contratti dai fornitori. La medesima disposizione ha autorizzato le relative spese, fissate nella misura di 10 milioni di euro per l'anno 2013, e di 50 milioni di euro per l'anno 2014.
Il successivo comma 210 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012, inoltre, ha istituito presso il Ministero dell'interno una Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva del programma Te.T.Ra, con il compito di formulare pareri sullo schema del programma, sul suo coordinamento e integrazione interforze e, nella fase di attuazione dello stesso, su ciascuna fornitura o progetto.
Ai componenti della suddetta commissione non spettano compensi, ed eventuali pareri chiesti ad esperti estranei all'amministrazione statale non possono comportare oneri per la finanza pubblica. I contratti e le convenzioni inerenti all'attuazione del programma sono stipulati dal Capo della polizia - Direttore generale della pubblica sicurezza, o da un suo delegato, acquisito il parere della Commissione per la pianificazione ed il coordinamento della fase esecutiva.
Per garantire il completamento degli interventi, successivamente l’articolo 1, comma 41, della legge di Stabilità 2014 (L n. 147/2013) ha disposto un finanziamento per il programma Te.T.Ra (Terrestrial Trunked Radio), di 30 milioni per l’anno 2014 e 70 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2020.
Nella legge di bilancio 2015 (Stato di previsione del Ministero dell’interno, cap. 7506 denominato “Spese per l'acquisizione di un servizio di telecomunicazione in standard Tetra per le esigenze delle Forze di polizia”) è previsto uno stanziamento di 64,46 milioni con una riduzione di 15,46 milioni rispetto alle previsioni assestate 2014, che recano uno stanziamento di 79,93 milioni di euro (determinato sia dai 30 milioni della legge di stabilità 2014, sia dai 50 milioni autorizzati dall'articolo 1, comma 209, della legge di stabilità 2013). Tali risorse sono destinate alla prosecuzione della rete nazionale standard Te.T.Ra finalizzata a garantire la sicurezza delle comunicazioni delle forze di polizia.
La nuova disposizione specifica che il termine per il parere di Consip S.p.a. di 45 giorni dalla richiesta. La sospensione del termine è ammessa in caso di richiesta motivata di chiarimenti o documenti da parte di Consip e riprende a decorrere dal giorno del loro arrivo alla società.
Infine, si dispone che, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa già disposte, l'affidatario è tenuto ad adottare ogni utile variante migliorativa richiesta dall'Amministrazione in ragione della evoluzione tecnologica.
Articolo 1,
comma 550
(Disposizioni in materia di acquisizione
di lavori, beni e servizi
da parte degli enti pubblici)
550. A decorrere dal 12 novembre 2014, all'articolo 23-ter, comma 2, del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge
11 agosto 2014, n. 114, le parole: «dell'Abruzzo» e le parole:
«dell'Emilia-Romagna» sono soppresse. Il decreto-legge 11 novembre 2014, n.
165, è abrogato.
Il comma 550 riproduce le disposizioni contenute nell’articolo 3 del decreto-legge 11 novembre 2014, n. 165, che viene abrogato dall’ultimo periodo del comma in esame.
Tale comma interviene sull'individuazione dei territori colpiti dagli eventi sismici del 2009 e del 2012, che sono esentati dall'applicazione delle misure per la centralizzazione degli acquisti, come previsto dall'art. 23-ter, comma 2, del D.L. n. 90/2014, al fine di ricomprendere in tali territori anche quelli delle regioni Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 2012. Si ricorda, infatti, che il D.L. n. 74/2012 si applica anche ai territori delle province di Mantova e Rovigo, che invece non erano contemplati dal testo previgente dell'art. 23-ter, comma 2.
Il testo previgente di tale disposizione infatti escludeva, nella sua formulazione previgente, l'applicazione della disciplina dettata dal comma 3-bis dell'art. 33 del Codice dei contratti pubblici di lavori, beni e servizi di cui al D.Lgs. n. 163/2006 (che prevede la centralizzazione, attraverso forme di aggregazione, delle procedure di acquisizione di lavori, servizi e beni, per tutti i comuni non capoluogo di provincia) per gli enti pubblici impegnati nella ricostruzione:
§ delle località dell'Abruzzo indicate nel D.L. n. 39/2009;
§ delle località dell'Emilia-Romagna indicate nel D.L. n. 74/2012.
Si fa notare che l'applicazione della disciplina di centralizzazione degli acquisti prevista dal comma 3-bis dell'art. 33 del D.Lgs. n. 163/2006 è obbligatoria a decorrere dal 1° gennaio 2015, quanto all'acquisizione di beni e servizi, e dal 1° luglio 2015, quanto all'acquisizione di lavori (art. 23-ter, comma 1, del D.L. n. 90/2014).
Articolo 1,
comma 551
(Interventi nei siti inquinati in cui
sono in corso o non sono state avviate attività di messa in sicurezza e
bonifica)
551. A decorrere dal 12 novembre 2014, al decreto-legge 12 settembre
2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n.
164, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4, comma 8-quater, le parole: «dal presente articolo»
sono sostituite dalle seguenti: «dal comma 8-ter»;
b) all'articolo 34, il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. Nei siti inquinati, nei quali sono in corso o non sono ancora
avviate attività di messa in sicurezza e di bonifica, possono essere realizzati
interventi e opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di
lavoro, di manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e infrastrutture,
compresi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative, nonchè opere lineari
necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale,
altre opere lineari di pubblico interesse a condizione che detti interventi e
opere siano realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudicano nè
interferiscono con il completamento e l'esecuzione della bonifica, nè
determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori
dell'area».
Le lettere b) e a) del comma in esame riproducono, rispettivamente, le disposizioni contenute negli articoli 1 e 2 del decreto-legge 11 novembre 2014, n. 165 (che viene abrogato dall’ultimo periodo del comma 550), la cui finalità era quella di neutralizzare gli effetti conseguenti alle modifiche inserite nel corso dell'esame parlamentare del decreto-legge n. 133 del 2014 (c.d. decreto sblocca Italia) prima della loro entrata in vigore.
Si fa notare che l’art. 4 del D.L. n. 165/2014 ha disposto l’entrata in vigore del decreto il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, che coincide con la data di entrata in vigore della legge n. 164/2014 di conversione del decreto-legge n. 133/2014, determinando pertanto un'entrata in vigore contestuale delle disposizioni del decreto legge modificate in conseguenza delle correzioni apportate dagli articoli 1 e 2 citati.
La lettera a) chiarisce che la norma di copertura prevista dal comma 8-quater dell'art. 4 del D.L. n. 133/2014 non fa riferimento all'intero articolo 4, rubricato “Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti locali e misure finanziarie a favore degli Enti territoriali”, ma riguarda solamente la proroga dei contratti di locazione, in favore della popolazione colpita dal sisma in Abruzzo dell'aprile 2009, disposta dal comma 8-ter del medesimo articolo.
In tal modo si rende esplicito quanto già si poteva desumere dal testo dell’articolo 4 in questione, poiché le disposizioni previste negli altri commi del medesimo articolo sono dotate di autonoma copertura.
Come anticipato, il comma 8-ter concede la facoltà di prorogare fino al 2016, entro il tetto di spesa annuo di 900.000 euro per l'anno 2015 e 300.000 euro per l'anno 2016, in relazione alle effettive esigenze, i contratti di locazione e gli interventi di sostegno abitativo alternativo previsti rispettivamente dall'articolo 10 dell'O.P.C.M. del 21 aprile 2010, n. 3870, e dall'articolo 27 dell'O.P.C.M. del 30 dicembre 2010, n. 3917, per i nuclei familiari con componenti disabili o in condizioni di disagio economico e sociale, ferma restando l'erogazione delle somme nei limiti di stanziamento annuali iscritti in bilancio.
Si rammenta che l'articolo 10 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio del ministri del 21 aprile 2010 n. 3870, al fine di poter disporre degli strumenti di intervento previsti dalla legge n. 328 del 2000 (legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), in favore dei nuclei familiari in condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio derivanti da inadeguatezza del reddito e difficoltà sociali, autorizza il sindaco del comune di L'Aquila a stipulare specifici contratti di locazione per acquisire la disponibilità di alloggi del Fondo immobiliare costituito per l'acquisto di unità abitative residenziali già ultimate o in fase di ultimazione da adibire alla locazione temporanea, di cui all'art. 5, comma 5, dell'O.P.C.M. n. 3789 del 9 luglio 2009, entro il tetto di spesa annuo di euro 250.000 (incrementati di ulteriori 250.000 euro dall'art. 2, comma 2, dell'ordinanza 23 dicembre 2011, n. 3990) e per la durata di tre anni.
Agli oneri derivanti si fa fronte con le risorse del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente di cui all'art. 14, comma 5, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39.
Per le medesime finalità indicate dall'articolo 10 dell'O.P.C.M. del 21 aprile 2010 n. 3870, l'articolo 27 dell'O.P.C.M. del 30 dicembre 2010 n. 3917, in caso di indisponibilità di alloggi del suddetto Fondo Immobiliare di cui all'art. 5, comma 5, dell'O.P.C.M. n. 3789 del 9 luglio 2009, autorizza il Sindaco del comune dell'Aquila a destinare le risorse stanziate ai sensi dell'art. 10 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3870 del 21 aprile 2010, per la stipula di contratti di affitto anche con privati ovvero per interventi di sostegno abitativo alternativo.
Si fa inoltre notare che il comma 8-quater prevede che la copertura degli oneri sia garantita nei limiti delle risorse effettivamente disponibili di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, cioè delle risorse stanziate dal citato comma dell'art. 14 per finanziare gli interventi di ricostruzione del sisma del 2009 in Abruzzo e le altre misure previste dal D.L. 39/2009.
La lettera b) del comma in esame modifica il comma 7 dell'art. 34 del D.L. n. 133/2014 (c.d. decreto sblocca Italia), riguardante le procedure in materia di bonifica e di messa in sicurezza di siti contaminati, al fine di ripristinare sostanzialmente la formulazione iniziale della norma nel testo licenziato dal Consiglio dei ministri, al fine di sanare i profili problematici relativi alla copertura finanziaria (sul dettaglio delle motivazioni v. infra).
In conseguenza dell'intervento correttivo in esame, il comma 7 dell'articolo 34 è volto a consentire l'effettuazione di interventi di vario genere (interventi/opere richiesti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; manutenzioni di impianti e infrastrutture, inclusi adeguamenti alle prescrizioni autorizzative; opere lineari necessarie per l'esercizio di impianti e forniture di servizi e, più in generale, altre opere lineari di pubblico interesse) nei siti inquinati in cui sono in corso o non sono ancora state avviate attività di messa in sicurezza e bonifica.
La norma neutralizza quindi gli effetti delle disposizioni inserite nel corso dell’esame parlamentare del D.L. n. 133/2014, che non vengono riprodotte e che erano finalizzate a:
§ circoscrivere l'applicazione del citato comma 7 ai siti inquinati di proprietà di enti territoriali;
§ prevedere, per tali siti, l'esclusione dal patto di stabilità interno per le spese connesse alla realizzazione degli interventi ed opere succitati;
§ aggiungere, agli interventi succitati, gli interventi e le opere di bonifica.
La nuova formulazione del comma 7 prevista dalla lettera in esame lascia invece ferme le condizioni per l'effettuazione degli interventi e delle opere, che devono essere realizzati secondo modalità e tecniche che non pregiudicano né interferiscono con il completamento e l'esecuzione della bonifica e che non determinano rischi per la salute dei lavoratori e degli altri fruitori dell'area.
Le motivazioni della modifica sono esplicitate nelle relazioni di accompagnamento del D.L. n. 165/2014 e più sinteticamente nel preambolo del decreto in cui si sottolinea che "l'esclusione dal patto di stabilità interno, per le spese relative agli interventi su siti inquinati di proprietà degli enti territoriali, determinerebbe oneri non quantificati e privi di idonea copertura finanziaria" contrastando, quindi, con l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Si fa altresì notare che l'inclusione degli interventi e delle opere di bonifica nel comma 7 sembrava configurare per tali interventi una nuova procedura semplificata per le operazioni di bonifica, ulteriore a quella semplificata recentemente introdotta dal D.L. n. 91/2014 (nuovo art. 242-bis del D.Lgs. n. 152/2006), potendo determinare incertezze in ordine all'applicazione della norma. I commi 8, 9 e 10 dell'art. 34 del D.L. n. 133/2014, infatti, dettano una disciplina semplificata per le procedure di caratterizzazione e per le attività di scavo ed il riutilizzo dei materiali scavati, che si applicano agli interventi contemplati dal comma 7.
Articolo 1,
commi 552-554
(Autorizzazione unica per infrastrutture
inerenti coltivazioni
di giacimenti di idrocarburi)
552. Al fine di semplificare la realizzazione di opere strumentali alle
infrastrutture energetiche strategiche e di promuovere i relativi investimenti
e le connesse ricadute anche in termini occupazionali, all'articolo 57 del
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge
4 aprile 2012, n. 35, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, dopo le parole: «per le infrastrutture e insediamenti
strategici di cui al comma 1» sono aggiunte le seguenti: «nonchè per le opere
necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in
raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture
portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle
localizzate al di fuori del perimetro delle concessioni di coltivazione» e dopo
la parola: «autorizzazioni» sono inserite le seguenti: «, incluse quelle»;
b) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3-bis. In caso di mancato raggiungimento delle intese si provvede con
le modalità di cui all'articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n.
239, nonchè con le modalità di cui all'articolo 14-quater, comma 3, della legge
7 agosto 1990, n. 241.
3-ter. L'autorizzazione di cui al comma 2 produce gli effetti previsti
dall'articolo 52-quinquies, comma 2, del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, nonchè quelli di cui
all'articolo 38, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164».
553. Le disposizioni di cui all'articolo 57 del decreto-legge 9 febbraio
2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 33,
come modificate dal comma 552 si applicano, su istanza del proponente, anche ai
procedimenti in corso relativi alla autorizzazione di opere rispetto alle quali
sia stato adottato un decreto di compatibilità ambientale alla data di entrata
in vigore della presente legge.
554. All'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, il comma
1-bis è sostituito dal seguente:
«1-bis. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto,
sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di cui al
comma 1. Il piano, per le attività sulla terraferma, è adottato previa intesa
con la Conferenza unificata. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, si
provvede con le modalità di cui all'articolo 1, comma 8-bis, della legge 23
agosto 2004, n. 239. Nelle more dell'adozione del piano i titoli abilitativi di
cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme vigenti prima della data
di entrata in vigore della presente disposizione».
Con i commi 552 e 553 si estende il regime di autorizzazione unica alle opere e infrastrutture necessarie ed indispensabili per assicurare lo sfruttamento di titoli concessori relativi agli idrocarburi. Sono dunque assimilate alle opere strategiche, per quanto concerne il procedimento di autorizzazione, quelle necessarie al trasporto, stoccaggio, trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate fuori dal perimetro delle concessioni di coltivazione.
Le disposizioni dell’articolo 57 del D.L. n. 5/2012, relative alla strategicità di alcune infrastrutture strategiche, si applicano, su istanza del proponente, anche ai procedimenti in corso relativi all’autorizzazione di opere rispetto alle quali sia stato adottato un decreto di compatibilità ambientale alla data di entrata in vigore della presente legge.
Da notizie di stampa, pare che la norma sia tesa in particolare a sbloccare la costruzione della base logistica del giacimento petrolifero della Basilicata (progetto “Tempa Rossa” dell’ENI). prevedendo l'estensione dell'autorizzazione unica per le infrastrutture a valle del progetto, in modo da agevolare in processo autorizzativo. Nel caso specifico, si tratta delle opere che a Taranto, all'interno della raffineria Eni, serviranno a raccogliere il petrolio in arrivo, via oleodotto, dalla Basilicata, stoccarlo e poi caricarlo sulle petroliere. Tali opere, tuttavia, vedono il netto dissenso del Comune di Taranto, che si è espresso con una delibera del Consiglio comunale che ha approvato il piano regolatore del porto escludendo però l'ampliamento del pontile, temendo che Tempa Rossa possa portare ad un aumento dell'inquinamento provocato dai composti volatili del greggio.
Infine, il comma 554 richiede l’intesa con la Conferenza unificata, da parte del MISE, sentito il MATTM, del Piano delle aree in cui sono consentite le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, peraltro, gli atti vengono rimessi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nelle more dell’adozione del Piano, i titoli abilitativi sono rilasciati sulla base delle norme previgenti alla presente disposizione.
Articolo 1,
commi 555-557
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Livello del finanziamento statale del SSN per il biennio 2015-2016)
555. Per garantire il rispetto degli obblighi derivanti dall'ordinamento
dell'Unione europea e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per
il triennio 2014-2016 e in attuazione del Patto per la salute per gli anni
2014-2016, di cui all'intesa 10 luglio 2014, sancita dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, di seguito denominato «Patto per la salute», si applicano
le disposizioni di cui ai commi da 556 a 588 del presente articolo.
556. Il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui
concorre lo Stato è stabilito in 112.062.000.000 euro per l'anno 2015 e in
115.444.000.000 euro per l'anno 2016, salve eventuali rideterminazioni in
attuazione dell'articolo 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come
modificato dal comma 398 del presente articolo in attuazione di quanto previsto
dall'articolo 1, comma 1, del Patto per la salute.
557. Il terzo periodo del comma 1 dell'articolo 30 del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, è sostituito dal seguente: «Fermo restando
quanto previsto dall'articolo 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n.
191, eventuali risparmi nella gestione del Servizio sanitario nazionale effettuati
dalle regioni rimangono nella disponibilità delle regioni stesse per finalità
sanitarie».
I commi da 555 a 588 recepiscono alcune delle misure contenute nell’intesa tra Governo, Regioni e Province autonome sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, sancita il 10 luglio 2014.
Il livello di finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato è oggetto di intese tra Stato e Regioni, recepite successivamente in disposizioni di legge. Il finanziamento relativo al triennio 2007-2009 è stato definito in occasione del Patto per la salute del settembre 2006, poi recepito dalla legge finanziaria 2007 (legge 296/2006), mentre quello relativo al periodo 2010-2012, oggetto dell’Intesa del 3 dicembre 2009, è stato recepito dalla finanziaria 2010 (legge 191/2009). L’intesa del settembre del 2006, come già il Patto del 2009, e quello del luglio 2014 si compongono di un aspetto finanziario e di un aspetto normativo e programmatico.
Per il 2013, in assenza di una Intesa programmatica, il livello di finanziamento statale del SSN è stato stabilito dal combinato delle disposizioni contenute nei decreti-legge 98/2011, 95/2012 e nella legge di stabilità 2013 (legge 228/2012).
Il nuovo Patto per la salute per il triennio 2014-2016:
§ si inserisce nel percorso tracciato dalle disposizioni del D.Lgs. n. 68/2011[132] sul federalismo sanitario, ed in particolare sulla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard sanitari[133];
§ registra il riordino dell’assistenza territoriale disegnato dal decreto-legge 158/2012[134] (c.d. Decreto Balduzzi).
Il Patto del luglio 2014 è quindi un documento molto complesso che in alcuni ambiti si limita a fissare criteri generali, demandando a disposizioni normative di carattere secondario o ad ulteriori procedure concertative tra Stato e Regioni la parte attuativa e di regolamentazione di dettaglio[135].
Nel disegno di legge di stabilità sono state inserite e definite solamente una parte della misure previste dal Patto, restando escluse quelle che impattano in maniera puntuale sull’assetto organizzativo dei servizi sanitari regionali.
All'interno del perimetro
finanziario fissato per il triennio 2014-2016, il Patto della salute stabilisce
che entro il 31 dicembre 2014 si provveda al tanto atteso
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA).
L'aggiornamento, con D.P.C.M. adottato d'intesa con la Conferenza
Stato-regioni, dovrà avvenire in attuazione dei principi di equità, innovazione
ed appropriatezza e nel rispetto degli equilibri programmati della finanza
pubblica.
Il Patto della salute fissa
ulteriori impegni legati alla determinazione del fabbisogno sanitario, che
discendono dal D.Lgs. 68/2011 nella parte dedicata al federalismo sanitario.
Infatti, per realizzare, in un periodo di cinque anni il processo di
convergenza dalla spesa storica al fabbisogno standard, il Ministro della salute dovrà presentare alla Conferenza
Stato-Regioni, entro il 31 dicembre 2014,
un documento di proposte per implementare
un sistema adeguato di valutazione della qualità delle cure e dell'uniformità
dell'assistenza sul territorio nazionale ai fini del monitoraggio costante dell'efficacia e dell'efficienza dei servizi.
Il Patto ha inoltre l’ambizione di delineare l’assistenza sanitaria nelle
sue varie declinazioni: assistenza
territoriale (articolo 5); assistenza
socio-sanitaria (articolo 6); assistenza
sanitaria negli istituti penitenziari (articolo 7).
Il Patto affronta anche il delicato
tema della sostenibilità del SSN cercando di rimodulare la disciplina
sulla partecipazione alla spesa sanitaria ed il sistema di esenzioni
(articolo 8) nonché il sistema di
remunerazione delle prestazioni sanitarie (articolo 9). In tal senso, il
Patto fissa al 30 novembre 2014 il
termine per la revisione del sistema
di partecipazione alla spesa e delle esenzioni che “eviti che la
partecipazione rappresenti una barriera per l’accesso ai servizi ed alle
prestazioni così da caratterizzarsi per equità ed universalismo. Il sistema, in
fase di prima applicazione, dovrà considerare la condizione reddituale e la
composizione del nucleo familiare e dovrà connotarsi per chiarezza e semplicità
applicativa. Successivamente, compatibilmente con le informazioni disponibili,
potrà essere presa in considerazione la condizione “economica” del nucleo
familiare. Il sistema di partecipazione alla spesa dovrà considerare reddito e
composizione del nucleo familiare”. Per quanto riguarda il sistema di
remunerazione, il Patto conviene di istituire una Commissione permanente (Ministero Salute, MEF, Regioni, Agenas)
per: aggiornare le tariffe, individuare
funzioni assistenziali e relativi criteri di remunerazione, definire criteri e
parametri per classi tariffarie, sperimentare tariffe per percorsi
assistenziali.
Ulteriori contenuti del Patto fanno
riferimento a impegni in campo di edilizia sanitaria, sanità digitale,
di riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali, sicurezza
alimentare, ricerca sanitaria e di attività intramoenia. Con
particolare riferimento al Piano nazionale della Prevenzione, le Regioni
e le Province autonome convengono di confermare la destinazione di 200 milioni
di euro per ciascun anno del triennio 2014-2016, ulteriori rispetto alla quota
di finanziamento vincolato, per la realizzazione degli obiettivi del Piano
sanitario nazionale.
Specifici impegni sono inoltre
previsti per la valorizzazione delle risorse umane del SSN e per
favorire l'integrazione multidisciplinare delle professioni sanitarie e i
processi di riorganizzazione dei servizi e la stabilizzazione del personale
precario.
Il Patto definisce specifici impegni
anche in tema di assistenza farmaceutica mentre, con riferimento ai dispositivi
medici, si conviene di definire con decreto, previa Intesa in Conferenza
Stato-regioni, le modalità per l'attivazione di una rete di comunicazione
dedicata alla dispositivo-vigilanza e di predisporre con Accordo le linee guida
per il corretto utilizzo dei dati e della documentazione presente nel
Repertorio dei dispositivi medici. Sul fronte della razionalizzazione
finanziaria della spesa per dispositivi medici, si dispone di armonizzare il
flusso dei dati relativi ai contratti con quello dell'Osservatorio dei contratti
pubblici, allo scopo di fornire un'elaborazione dei prezzi corrispondenti. Si
conviene, infine, di promuovere l'uso di dispositivi medici costo-efficaci,
in base cioè al valore da essi generato, al fine di dare attuazione alle norme
comunitarie in materia di Health Technology Assessment (HTA).
Per il monitoraggio del Patto
si stabilisce infine la costituzione di un Tavolo politico permanente fra il
Governo e la Conferenza Regioni e Province autonome che dovrà servire anche da Cabina di regia per l'elaborazione di
proposte per la revisione della spesa interna al settore sanitario. In
supporto della Cabina, dunque in affiancamento del Tavolo politico, si
istituisce presso l’Agenzia per i servizi sanitari regionali un Tavolo tecnico
interistituzionale, cui è affidato il compito di monitoraggio e verifica e di
proporre indirizzi utili per la spending
review sanitaria. Il Tavolo, coordinato dall’Agenas, è composto da
rappresentanti del Ministero della salute, del MEF, da un delegato del Ministro
per gli Affari regionali, da rappresentanti delle Regioni e P.a. e riferisce
con cadenza semestrale al Tavolo politico.
Livello
del finanziamento statale del SSN per il biennio 2015-2016
(commi 555-557)
Il comma 555 introduce i commi successivi, da 556 a 588, specificando che le disposizioni danno attuazione all’Intesa Stato-Regioni del 10 luglio 2014 (c.d. Patto per la salute), con la finalità di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per i triennio 2014-2016.
Il comma 556 fissa il livello di finanziamento per il biennio 2015-2016 come segue:
§ 112.062.000.000 euro per il 2015;
§ 115.444.000.000
euro per il 2016.
Fabbisogno sanitario nazionale
standard
La legge statale determina annualmente il fabbisogno sanitario,
cioè il livello complessivo delle risorse del Servizio sanitario nazionale
(SSN) al cui finanziamento concorre lo Stato.
Il finanziamento del SSN è stato completamente ridisegnato dal D.Lgs.
56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla
capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative,
stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale
regionale all'IRPEF, la compartecipazione all'accisa sulle benzine e la compartecipazione
all'IVA.
Il fabbisogno nella sua componente cosiddetta indistinta (una quota del
finanziamento è vincolata al perseguimento di determinati obiettivi sanitari),
è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:
§ entrate proprie degli enti
del SSN (ticket);
§ fiscalità generale delle
regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità); addizionale
regionale all'IRPEF, compartecipazione all'accisa sulle benzine. La fiscalità
generale, nelle sue componenti distinte IRAP ed addizionale IRPEF, transita nei
conti di Tesoreria. Le risorse relative alle due imposte sono erogate alle
regioni ogni mese integralmente (decreto legge 112/2008, articolo 77-quater);
§ compartecipazione delle
Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano:
tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del
fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la
Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal
2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge
296/2006 art. 1, comma 830);
§ bilancio dello Stato: esso
finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle precedenti fonti di
finanziamento attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto -
IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario) ed attraverso il Fondo
sanitario nazionale (cap. 2700, tab. 2 del bilancio dello stato, Ministero
economia e finanze, di cui una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre
il resto complessivamente finanzia anche altre spese sanitarie vincolate a
determinati obiettivi).
Per ogni esercizio finanziario, in relazione al livello del finanziamento
del SSN stabilito per l'anno di riferimento, al livello delle entrate proprie,
ai gettiti fiscali attesi e, per la Regione siciliana, al livello della
compartecipazione regionale al finanziamento, è determinato, a saldo, il
finanziamento a carico del bilancio statale nelle due componenti della
compartecipazione IVA e del Fondo sanitario nazionale.
La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è
evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno
alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti
dal Ministero della Salute su i quali si raggiunge un'intesa in sede di
Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal
Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.
Il livello del finanziamento sanitario, erogato alle Regioni in corso
d'anno anche ricorrendo, ove necessario, ad anticipazioni di tesoreria, al fine
di non condizionarlo all'andamento del ciclo economico e, in ultima analisi,
all'andamento delle entrate fiscali, è garantito da un meccanismo di
salvaguardia (ai sensi dell'art. 39, comma. 1, del D.Lgs. n. 446/1997,
dell'art. 13 del D.Lgs. n. 56/2000, e dell'art. 1, comma 321, della legge
266/2005), grazie al quale il bilancio dello Stato, con apposito capitolo
determinato annualmente nella tabella 'C' della legge di stabilità - Fondo di
garanzia, (cap. 2701 tab. 2 del bilancio dello Stato, Ministero economia e
finanze), provvede a compensare l'eventuale mancato gettito fiscale dell'IRAP
(per la componente dedicata alla sanità) e dell'addizionale regionale all'IRPEF
relativi agli esercizi precedenti, a seguito della loro definitiva
quantificazione.
Tali risorse possono tuttavia essere
rideterminate in attuazione dell’articolo 46, comma 6, del decreto-legge n.
66/2014 come modificato dal comma 398 (cfr. infra),
della stessa legge di stabilità 2015.
Anche l’articolo 1, comma 1, del Patto per la salute pur fissando l’ammontare del finanziamento specifica che eventuali scostamenti possono essere giustificati in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico. La modifica degli importi deve comunque comportare una revisione/aggiornamento dell'Intesa del 10 luglio 2014 (articolo 30, comma 2, dello stesso Patto).
L’articolo 46, comma 6,
del decreto legge n. 66/2014 dispone che le regioni e le province
autonome, sono tenute ad assicurare un contributo alla finanza pubblica
pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017.
I commi 398 e 399 della legge di stabilità 2015 estendono
il contributo di 750 milioni al 2018 ed incrementano il concorso alla finanza
pubblica delle regioni e delle province autonome determinato dall'articolo 46
del decreto legge n. 66/2014 per gli anni dal 2015 al 2017.
Nello specifico, per gli anni dal 2015 al 2018 le Regioni a statuto ordinario sono tenute ad
assicurare un contributo aggiuntivo
alla finanza pubblica pari a 3.452
milioni di euro per ogni anno. Il contributo è aggiuntivo rispetto ai 750
milioni di euro stabiliti, per cui complessivamente il contributo è pari a
4.202 milioni di euro annui. Come per il contributo iniziale, le regioni 'in
sede di auto coordinamento' decidono gli ambiti di spesa sui quali operare le
riduzioni e per quali importi. Rispetto alla disciplina prevista per il
contributo di 750 milioni di euro, la norma aggiunge l'inciso secondo il quale
la determinazione degli ambiti sui quali operare le riduzioni di spesa deve
avvenire nel "rispetto dei livelli essenziali di assistenza".
La proposta deve essere recepita in sede di Conferenza
Stato-Regioni entro il 31 gennaio 2015.
A seguito dell'intesa, sono rideterminati i livelli di finanziamento degli
ambiti di spesa individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da
parte dello Stato. Nel caso in cui non si pervenga all'intesa entro la data
stabilita, la norma rinvia a quanto stabilito al secondo periodo, vale a dire
che gli ambiti di spesa e gli importi attribuiti alle singole regioni saranno
determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi
entro 20 giorni dalla scadenza del termine del 31 gennaio, tenendo anche conto
del PIL e della popolazione residente. Potranno essere considerate anche le
risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 557 fissa il principio secondo
il quale gli eventuali risparmi nella gestione del Servizio Sanitario
Nazionale, effettuati dalle regioni, rimangono nelle disponibilità delle
regioni stesse per finalità sanitarie. A tal fine viene sostituito il terzo
periodo dell’articolo 30, comma 1, del D.Lgs. n. 118/2011[136].
Tale principio era stato già stabilito dall’articolo 1, comma 6, del precedente Patto per la salute per gli anni 2010-2012[137] che letteralmente affermava “Si conviene che eventuali risparmi nella gestione del servizio sanitario nazionale effettuati dalle regioni rimangono nella disponibilità delle regioni stesse”.
La possibilità di riutilizzare i risparmi
ottenuti dalla spending review
sanitaria nei servizi sanitari regionali, fa salve le disposizioni della legge
finanziaria 2010 grazie alle quali le regioni sottoposte a Piano di rientro
possono evitare le massimizzazioni delle aliquote dell’IRAP e
dell’addizionale regionale all’IRPEF, in caso di riduzione strutturale del
disavanzo (verificata dai Tavoli tecnici). Tenuto fermo che una quota parte del
relativo gettito deve essere finalizzata alla copertura del disavanzo, per la
restante quota di gettito la regione interessata può disporre la riduzione
delle aliquote ovvero la destinazione anche a finalità extrasanitarie (articolo
2, comma 80, della legge n. 191/2009).
Articolo 1,
commi 558 e 559
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Obiettivi perseguibili
con quota vincolata del Fondo sanitario)
558. All'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
dopo le parole: «alla prevenzione delle malattie ereditarie» sono inserite le
seguenti: «, nonchè alla realizzazione degli obiettivi definiti dal Patto per
la salute purchè relativi al miglioramento dell'erogazione dei LEA».
559. All'articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662:
a) nel primo periodo, le parole: «Piano sanitario nazionale» sono
sostituite dalle seguenti: «comma 34»;
b) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Le regioni impegnate
nei Piani di rientro individuano i progetti da realizzare in coerenza con gli
obiettivi dei Programmi operativi»;
c) al quarto periodo, le parole: «medesime quote vincolate» sono
sostituite dalle seguenti: «quote vincolate del Fondo sanitario nazionale ai
sensi del comma 34»;
d) all'ultimo periodo, le parole: «Piano sanitario nazionale» sono
sostituite dalle seguenti: «comma 34».
Il comma 558 stabilisce che la quota del finanziamento SSN vincolata alla realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario del Piano sanitario nazionale[138] può essere utilizzata dalla regione di riferimento anche per realizzare gli obiettivi prioritari indicati dal Patto per la salute, purché finalizzati al miglioramento dell'erogazione dei Lea.
Inoltre, ai sensi del comma 559:
1. le Regioni e le Province autonome possono utilizzare la quota loro assegnata per la realizzazione di alcune o tutte le linee progettuali proposte dal Ministero della salute ed approvate con Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, ad integrazione delle risorse ordinariamente assegnate a tali aree di attività;
2. le Regioni in Piano di rientro possono utilizzare la loro quota per la realizzazione delle linee progettuali da realizzare in coerenza con gli obiettivi dei Piani di rientro approvati.
L’intervento legislativo è operato con aggiunte e modifiche dei commi 34 e 34-bis dell’articolo 1 della legge n. 662/1996[139].
L’articolo 1, comma 34, della legge n. 662/1996 specifica che le Regioni e le Province autonome possono utilizzare la quota vincolata loro spettante per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità per i progetti sulla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani nonché per quelli finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie.
Il successivo comma 34-bis stabilisce la procedura che devono seguire le regioni per accedere alle quote vincolate. In seguito alle modifiche introdotte dal comma in esame e all’ampliamento degli obiettivi perseguibili.
Per quanto riguarda la procedura di riparto delle quote vincolate, il comma 34-bis specifica che il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, provvede a ripartire tra le regioni le medesime quote vincolate all’atto dell’adozione della propria delibera di ripartizione delle somme spettanti alle regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta di Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Al fine di agevolare le regioni nell’attuazione dei progetti di cui al comma 34, il Ministero dell’economia e delle finanze provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell’importo complessivo annuo spettante a ciascuna regione, mentre l’erogazione del restante 30 per cento è subordinata all’approvazione da parte della Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell’anno precedente. Le mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell’anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione del 70 per cento già erogata. A decorrere dall'anno 2013, il predetto acconto del 70 per cento è erogato a seguito dell'Intesa, in sede di Stato-regioni, di riparto delle quote vincolate per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale.
Quanto previsto dal comma in esame coincide con quanto stabilito in materia dall’articolo 1, comma 5, del Patto per la salute.
Articolo 1,
commi 560-563
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Riparto quote vincolate)
560. A decorrere dall'anno 2015, fermo restando il livello di
finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo
Stato, gli importi previsti: a) dalla legge 31 marzo 1980, n. 126, in materia
di «Indirizzo alle regioni in materia di provvidenza in favore degli hanseniani
e loro familiari»; b) dalla legge 27 ottobre 1993, n. 433, in materia di
«Rivalutazione del sussidio a favore degli hanseniani e loro familiari»; c)
dalla legge 5 giugno 1990, n. 135, in materia di «Programma di interventi
urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS»; d) dall'articolo 3 della
legge 14 ottobre 1999, n. 362, recante: «Disposizioni urgenti in materia
sanitaria»; e) dall'articolo 5, comma 16, del decreto legislativo 16 luglio
2012, n. 109, in materia di «Attuazione della direttiva 2009/52/CE che
introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di
datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è
irregolare», confluiscono nella quota indistinta del fabbisogno sanitario
standard nazionale, di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 6 maggio
2011, n. 68, e sono ripartiti tra le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano secondo i criteri e le modalità previsti dalla legislazione vigente
in materia di costi standard, fermo restando per gli interventi di prevenzione
e cura dalla fibrosi cistica il criterio già adottato di riparto in base alla
consistenza numerica dei pazienti assistiti nelle singole regioni, alla
popolazione residente, nonchè alle documentate funzioni dei centri ivi
istituiti, tenuto conto delle attività specifiche di prevenzione, cura e, dove
attuata e attuabile, di ricerca. Conseguentemente, l'articolo 10, comma 4,
della legge 23 dicembre 1993, n. 548, è abrogato e non si applicano i criteri
indicati all'articolo 5, comma 16, del decreto legislativo 16 luglio 2012, n.
109.
561. A decorrere dall'anno 2015, fermo restando il livello di
finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale cui concorre
ordinariamente lo Stato, i seguenti importi: a) importo destinato
all'assegnazione delle borse di studio ai medici di medicina generale che
partecipano ai corsi di formazione specifica, di cui all'articolo 3 del
decreto-legge 30 maggio 1994, n. 325, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 luglio 1994, n. 467, pari a 38,735 milioni di euro; b) importo
destinato all'assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al Servizio
sanitario nazionale, di cui all'articolo 35, comma 6, del testo unico di cui al
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, pari a 30,990 milioni di euro; c)
importo destinato alla riqualificazione dell'assistenza sanitaria e
dell'attività libero-professionale, di cui all'articolo 28, comma 8, della
legge 23 dicembre 1999, n. 488, per un valore massimo di 41,317 milioni di
euro, sono ripartiti annualmente all'atto della ripartizione delle somme
spettanti alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano a titolo
di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario standard
regionale, secondo i criteri definiti nell'ultima proposta di riparto sulla
quale è stata sancita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, operando,
laddove disponibili, gli aggiornamenti dei dati presi a riferimento.
562. A decorrere dall'anno 2015, i riparti dei seguenti importi devono
tenere conto di eventuali modifiche dei relativi criteri, condivisi nell'ambito
del Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria di cui
all'allegato A al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1º aprile
2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 30 maggio 2008, approvati
dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano:
a) importo destinato al finanziamento del trasferimento al Servizio
sanitario nazionale della sanità penitenziaria, in applicazione dell'articolo 7
del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, come rideterminato
dall'articolo 1, comma 513, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, pari a 6,680
milioni di euro;
b) importo destinato al finanziamento delle funzioni trasferite al
Servizio sanitario nazionale in applicazione del riordino della medicina
penitenziaria, di cui all'articolo 2, comma 283, lettera c), della legge 24
dicembre 2007, n. 244;
c) importo destinato al finanziamento degli oneri previsti per il
definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, di cui
all'articolo 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9.
563. Le disposizioni di cui ai commi 560, 561 e 562 si applicano anche
ai riparti per l'anno 2014, qualora non perfezionati alla data di entrata in
vigore della presente legge.
A decorrere dal 2015, gli specifici criteri di riparto utilizzati per la spartizione fra le regioni delle quote vincolate per: hanseniani, AIDS, fibrosi cistica ed emersione lavoratori stranieri, sono sostituiti dai nuovi criteri di pesatura discendenti dal D.Lgs. n. 68/2011[140] e dall’Accordo politico del 19 dicembre 2013[141]. Per le risorse dedicate agli interventi di prevenzione e cura della fibrosi cistica, il criterio di riparto applicato resta lo stesso (comma 560).
Le restanti quote vincolate per: finanziamento delle borse di studio dei medici di medicina generale (MMG), sanità destinata agli extracomunitari irregolari, fondo esclusività, vengono ripartite annualmente insieme al riparto della quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale. In questo caso, per gli importi delle singole linee di finanziamento ed i relativi criteri di riparto, si fa riferimento all'ultima Intesa di riparto disponibile, operando, se possibile, i relativi aggiornamenti dei dati presi a riferimento (comma 561).
Per il 2014, il riparto delle quote vincolate per il finanziamento della medicina penitenziaria (compreso il superamento Ospedali Psichiatrici Giudiziari) viene operato con i criteri utilizzati precedentemente; dal 2015, il riparto delle singole linee di finanziamento deve invece tenere conto delle eventuali modifiche dei criteri di riparto individuate nell'ambito del Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria. Le modifiche devono essere approvate in sede di Conferenza Stato-regioni (comma 562).
Nel caso in cui i decreti di riparto per il 2014 non siano stati ancora perfezionati, i criteri e le modalità di riparto sopra illustrati si applicano anche per il 2014 (comma 563).
La misura attua il
comma 6 dell'articolo 1 del Patto per la salute 2014-2016.
Articolo 1,
comma 564
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
-
Piani annuali di investimento)
564. Dopo il comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 23 giugno
2011, n. 118, è inserito il seguente:
«1-bis. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono
garantire una programmabilità degli investimenti da effettuare nel proprio
ambito territoriale, attraverso la predisposizione di piani annuali di
investimento accompagnati da un'adeguata analisi dei fabbisogni e della
relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva, da attuare anche in
sede di predisposizione del previsto piano dei flussi di cassa prospettici di
cui al comma 2».
Il comma 564 impegna le regioni e le province autonome a garantire annualmente la programmazione degli investimenti da effettuare nei propri ambiti territoriali.
A tal fine, gli enti territoriali devono predisporre piani annuali di investimento accompagnati da una adeguata analisi dei fabbisogni e della relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva. La programmazione può essere attuata anche in sede di predisposizione del piano dei flussi di cassa prospettici di cui al comma 2 dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 118/2011[142].
L’intervento legislativo, attuato inserendo il comma 1-bis nel corpo dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 118/2011, riprende letteralmente il comma 7 dell’articolo 1 del Patto per la salute 2014-2016.
Merita evidenziare che, a legislazione vigente, l’articolo 25, comma 3, del D.Lgs. n. 118/2011 stabilisce che il bilancio preventivo economico annuale sia corredato da una nota illustrativa, dal piano triennale degli investimenti e da una relazione redatta dal direttore generale per gli enti del servizio sanitario regionale ovvero del responsabile per la gestione accentrata e del collegio sindacale per la gestione sanitaria accentrata presso la regione.
In coerenza con la programmazione sanitaria e con la
programmazione economico-finanziaria della Regione, l’articolo 25, comma 3, del
D.Lgs. n. 118/2011 introduce il bilancio preventivo economico per gli enti
sanitari e le regioni con la gestione accentrata. Il bilancio preventivo
economico include un conto economico preventivo e un piano dei flussi di cassa
prospettici, redatti secondo gli schemi di conto economico e di rendiconto
finanziario previsti dal successivo articolo 26 ed è corredato da:
§ una nota illustrativa;
§ il piano degli investimenti che definisce gli investimenti
da effettuare nel triennio e le relative modalità di finanziamento;
§ una relazione del direttore generale per gli enti del
servizio sanitario regionale ovvero del responsabile per la gestione accentrata
e del collegio sindacale per la gestione sanitaria accentrata presso la
regione.
Articolo 1,
comma 565
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Autorizzazione di spesa per l‘attivazione dei flussi informativi per
monitorare la
riorganizzazione delle cure primarie)
565. Per l'avvio della realizzazione dei flussi informativi per il
monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza primaria di
cui all'articolo 5, commi 11, 18 e 22, del Patto per la salute, è autorizzata
la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2015, nello stato di previsione del
Ministero della salute.
Il comma 565 autorizza, per l’anno 2015, la spesa di 2 milioni di euro, nello stato di previsione del Ministero della salute, per l’avvio dell’implementazione dei flussi informativi per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell’ambito dell’assistenza primaria.
In particolare l’autorizzazione di spesa è finalizzata a:
1. il periodico aggiornamento del Nuovo Sistema Informativo Sanitario NSIS[143] finalizzato al monitoraggio e alla verifica della reale attuazione della riorganizzazione delle cure primarie e della appropriatezza, qualità, efficacia ed efficienza dell’erogazione dell’assistenza (articolo 5, comma 11 del Patto per la salute per il 2014-2016);
2. il monitoraggio delle prestazioni erogate nell’ambito dei Presidi Residenziali di Assistenza Primaria Ospedali di comunità, nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS). La Cabina di regia del NSIS determina le modalità, i tempi di realizzazione, i contenuti informativi e il periodico aggiornamento dell monitoraggio;
Gli ospedali di comunità sono una delle nuove strutture sanitarie previste dallo schema di regolamento sulla “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”, approvato in sede di Conferenza Stato-regioni il 5 agosto 2014 e in via di approvazione definitiva. Il Regolamento impegna le regioni ad adottare, entro il 31 dicembre 2014, un provvedimento generale di programmazione per fissare la dotazione regionale dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale[144]. Lo schema di regolamento definisce gli ospedali di comunità come strutture sanitarie con un numero limitato di posti letto (15-20), gestite da personale infermieristico, dove l’assistenza medica è assicurata da medici di medicina generale o da pediatri di libera scelta o altri medici dipendenti o convenzionati con il SSN e la cui responsabilità igienico-organizzativa fa capo al distretto, che assicura anche le necessarie consulenze specialistiche. L’ospedale di comunità prende in carico pazienti che necessitano di interventi potenzialmente erogabili a domicilio ma che devono essere ricoverati proprio per la mancanza di idoneità del domicilio (carenze strutturali o familiari) o perché necessitano di sorveglianza infermieristica continuativa. La degenza media prevedibile si aggira intorno ai 15/20 giorni.
Il Patto per la salute 2014-2016 all’articolo 17 conviene che, entro il 31 ottobre 2014, venga stipulata un’Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, per la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi di tali presidi, e che ne definisca gli appropriati percorsi clinico-assistenziali, autorizzativi e tariffari, nonché gli standard dei posti letto.
3. Il monitoraggio delle prestazioni di riabilitazione effettuate in strutture territoriali, comprese le strutture ex articolo 26 della legge 833/1978, ovvero gli istituti che gestiscono centri destinati all'erogazione delle prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali dipendenti da qualunque causa. Anche in questo caso è la Cabina di regia del NSIS che determina modalità, tempi di realizzazione e contenuti informativi del monitoraggio (comma 22 del Patto per la salute 2014-2016).
Articolo 1,
comma 566
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Definizione delle competenze e delle responsabilità delle professioni
sanitarie infermieristiche-ostetrica e tecniche
della riabilitazione e della prevenzione)
566. Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia
in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e
terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le
rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari
interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e
le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi
delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della
riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi
complementari. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 566 – in attuazione della previsione di cui all’articolo 5, punto 15 del Patto per la salute - rimette ad un Accordo tra Governo e Regioni, da adottare previa concertazione con le rappresentanze scientifiche professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, la definizione dei ruoli, della competenza, delle relazioni professionali e della responsabilità individuale e di equipe su compiti, funzioni, obbiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari.
La citata definizione fa salve le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in tema di atti complessi e specialistici in tema di prevenzione, diagnosi e cura e terapia, e deve avvenire senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 1,
commi 567 e 568
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Conseguimento da parte del direttore generale degli obiettivi di salute e
assistenziali)
567. Dopo il comma 7 dell'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, è inserito il seguente:
«7-bis. L'accertamento da parte della regione del mancato conseguimento
degli obiettivi di salute e assistenziali costituisce per il direttore generale
grave inadempimento contrattuale e comporta la decadenza automatica dello
stesso».
568. La verifica del conseguimento, da parte dei direttori generali,
degli obiettivi di salute e assistenziali di cui all'articolo 3-bis, comma
7-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dal comma
567 del presente articolo, costituisce adempimento ai fini dell'accesso al
finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale ai fini e per gli
effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n.
191, e dell'articolo 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ed è
effettuata nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione
dei LEA di cui all'articolo 9 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83
alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.
Il comma 567 – articolo 10 punto 6 del Patto -, mediante l’inserimento di un comma 7-bis nell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 502/1992, riguardante il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario regionale, prevede che l’accertamento da parte della regione del mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali costituisce grave inadempimento contrattuale per il direttore generale e comporta la decadenza automatica dello stesso.
Va ricordato che l’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 502/1992 è stato recentemente modificato da D.L. n. 158/2012, - convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189/2012 -, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, negli aspetti relativi alle modalità di nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale da parte delle regioni, e della valutazione dell’attività dei direttori generali. Quanto alla nomina, le Regioni sono tenute ad attingere obbligatoriamente ad un elenco regionale di idonei costituito mediante una selezione effettuata da una commissione di cui è disciplinata la composizione. In merito alla valutazione dell’attività dei direttori generali viene stabilito che in sede di Conferenza delle regioni queste ultime concordano criteri e sistemi per valutare e verificare tale attività sulla base di obiettivi di salute e funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale, con particolare riferimento all’efficienza, all’efficacia, alla sicurezza, all’ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli equilibri economico-finanziari di bilancio concordati, avvalendosi dei dati e degli elementi forniti anche dall’AGENAS. All’atto della nomina di ciascun direttore generale le regioni definiscono ed assegnano gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, aggiornandoli periodicamente, ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi.
Il comma 568 qualifica la verifica del conseguimento da parte dei direttori generali degli obiettivi di salute ed assistenziali sopracitati, effettuata nell’ambito del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA[145], come adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del servizio sanitario nazionale.
L’articolo 2, comma 68, della legge n. 191/2009 (Legge finanziaria per il 2010) consente in via anticipata l’erogazione del finanziamento del servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato al livello del 97 per cento delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta, al netto delle entrate proprie e per la Regione siciliana, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria. Per le regioni che risultano adempienti, nell’ultimo triennio, rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al 98 per cento ovvero in misura superiore. Tale livello può essere ulteriormente elevato compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica.
La lettera c) del citato comma 2 fissa la quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali, al 3 per cento e al 2 per cento, rispettivamente, per le regioni che accedono all’erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono all’erogazione nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore. All’erogazione di detta quota si procede in seguito all’esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente e dalla presente legge. Nella disposizione sopra esaminata, pertanto, anche il conseguimento degli obbiettivi da parte dei direttori generali viene a condizionare l’accesso al finanziamento integrativo del Servizio Sanitario Nazionale.
Articolo 1,
commi 569-573
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
-
Disposizioni relative ai Piani di rientro)
569. La nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l'adozione
o l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario,
effettuata ai sensi dell'articolo 2, commi 79, 83 e 84, della legge 23 dicembre
2009, n. 191, e successive modificazioni, è incompatibile con l'affidamento o
la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta
a commissariamento. Il commissario deve possedere un curriculum che evidenzi
qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria
anche in base ai risultati in precedenza conseguiti. La disciplina di cui al
presente comma si applica alle nomine effettuate, a qualunque titolo,
successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.
Conseguentemente, all'articolo 2 della legge n. 191 del 2009 sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al comma 79, alinea:
1) al terzo periodo, le parole: «il presidente della regione» sono
sostituite dalla seguente: «un»;
2) al quarto periodo, le parole: «presidente quale» sono soppresse;
b) al secondo periodo dell'alinea del comma 83, le parole: «il
presidente della regione o un altro soggetto» sono sostituite dalla seguente:
«un»;
c) al comma 84, le parole: «presidente della regione, nominato» sono
soppresse e le parole: «ai sensi dei commi 79 o 83,» sono sostituite dalle
seguenti: «, a qualunque titolo nominato,»;
d) il comma 84-bis è sostituito dal seguente:
«84-bis. In caso di impedimento del presidente della regione nominato
commissario ad acta, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta,
al quale spettano i poteri indicati nel terzo e nel quarto periodo del comma
83, fino alla cessazione della causa di impedimento».
570. Le disposizioni di cui al comma 569 del presente articolo si
applicano anche ai commissariamenti disposti ai sensi dell'articolo 4, comma 2,
del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 novembre 2007, n. 222, e successive modificazioni.
571. All'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1º ottobre 2007, n. 159,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «I subcommissari
svolgono attività a supporto dell'azione del commissario, essendo il loro
mandato vincolato alla realizzazione di alcuni o di tutti gli obiettivi
affidati al commissario con il mandato commissariale»;
b) al quarto periodo, dopo la parola: «commissario» sono inserite le
seguenti: «e dei subcommissari».
572. Dopo il comma 81 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n.
191, sono inseriti i seguenti:
«81-bis. Il commissario ad acta, a qualsiasi titolo nominato, qualora,
in sede di verifica annuale ai sensi del comma 81, riscontri il mancato
raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, come specificati nei
singoli contratti dei direttori generali, propone, con provvedimento motivato,
la decadenza degli stessi e dei direttori amministrativi e sanitari degli enti
del servizio sanitario regionale, in applicazione dell'articolo 3-bis, comma 7,
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.
81-ter. Le disposizioni del comma 81-bis si applicano anche ai
commissariamenti disposti ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge
1º ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre
2007, n. 222, e successive modificazioni».
573. All'articolo 1, comma 796, lettera b), ultimo periodo, della legge
27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «Il Ministero della salute, di concerto
con il Ministero dell'economia e delle finanze» sono sostituite dalle seguenti:
«Il Ministero della salute, anche avvalendosi del supporto tecnico-operativo
dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, di concerto con il
Ministero dell'economia e delle finanze».
I commi da 569 a 573 dettano alcune disposizioni
relative al tema delle misure di
contrasto ai disavanzi sanitari e, più in particolare, alle procedure di
commissariamento delle regioni in piano di rientro.
Le norme in commento costituiscono una parziale
attuazione degli impegni elencati all’articolo 12 del Patto per la salute
relativamente alla necessità di rivedere le regole dei Piani di Rientro,
passando a veri e propri piani di Salute e Risanamento.
In particolare
si deve garantire il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
§ l’incompatibilità del Commissario ad acta con
l’affidamento di incarichi istituzionali;
§ la semplificazione e la razionalizzazione delle
procedure;
§ la realizzazione di un sistema di “allert” che consenta di intervenire
prima che si realizzino le condizioni, che impongono l’adozione del Piano.
Vengono definiti
i contenuti e le finalità dei nuovi programmi operativi e viene previsto che
per l’attività di affiancamento delle Regioni in Piano di Rientro, il Ministero
Salute si avvale del supporto dell’Agenas. In particolare si prevede che Agenas
realizzerà uno specifico sistema di monitoraggio (“allarme”) a disposizione
delle Regioni per rilevare in via preventiva eventuali e significativi
scostamenti delle performance delle
Aziende sanitarie e dei Sistemi Sanitari Regionali, in termini di qualità,
quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei
servizi erogati. La procedura avrebbe dovuto essere definita entro il settembre
2014. Sono poi previste nuove modalità di verifica degli obiettivi connessi
all’erogazione dei LEA e procedure di semplificazione e di aggiornamento nella
fase attuativa dei Programmi operativi in atto.
Per quanto attiene più specificamente agli impegni in
tema di commissariamenti viene assunto l’impegno di prevedere che – per i nuovi
commissariamenti – la nomina a commissario ad
acta sia incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi
incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento. Inoltre, il
Commissario ad acta, ove nominato,
deve possedere un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate
professionalità ed esperienze di gestione sanitaria. Il Commissario può essere
affiancato da sub-commissari che svolgono attività di supporto, essendo il loro
mandato vincolato alla realizzazione di tutti o taluni degli obbiettivi
affidati al Commissario. Infine, il Commissario, qualora, in sede di verifica
annuale, riscontri il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano di
rientro, come specificati nei singoli contratti dei direttori generali,
propone, con provvedimento motivato, la decadenza degli stessi, dei direttori
amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale.
Conformemente ad alcune delle previsioni contenute nel Patto per la salute (art. 12), il comma 569 prevede che la nomina a commissario ad acta per la predisposizione, l’adozione o l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario, sia incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento. Viene poi previsto che il Commissario debba essere in possesso di un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienze di gestione sanitaria anche in base ai risultati in precedenza conseguiti e che la nuova disciplina si applica alle nomine effettuate a qualunque titolo successivamente all’entrata in vigore della presente legge.
Con la legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) e
con la successiva Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, sono stati introdotti
una serie di adempimenti per le Regioni con un bilancio sanitario in deficit.
A partire del 2005, l’articolo 1, comma 174 della
legge n. 311/2004, (come modificato dal comma 277 dell'articolo 1 della legge
finanziaria 2006), il comma 796, lettera c) dell'articolo 1 della legge 296/2006
(legge finanziaria 2007), e l'articolo 2, comma 76, della legge 191/2009 (legge
finanziaria 2010), hanno stabilito che, in caso di disavanzo sanitario, a
fronte del quale non siano stati adottati dei provvedimenti di copertura
soddisfacenti in corso di esercizio, il Presidente del Consiglio dei ministri
diffida la Regione ad adottare dei provvedimenti risolutivi entro il 30 aprile
dell'anno successivo.
I piani di rientro sono finalizzati a verificare la
qualità delle prestazioni ed a raggiungere il riequilibrio dei conti dei
servizi sanitari regionali.
Per le regioni con elevati disavanzi sanitari, la
legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), come previsto dal Patto per la
salute 2010-2012, ha stabilito nuove regole per i Piani di rientro e per il
commissariamento delle regioni. Oltre a ridurre al 5% il livello di squilibrio
economico (in precedenza fissato al 7%), per la presentazione del Piano di
rientro regionale, viene modificata la procedura per la predisposizione e
l’approvazione del Piano, nonché il procedimento di diffida della regione e
della nomina di commissari ad acta.
Accertato il deficit, la regione presenta entro il 30 giugno, il Piano, di
durata non superiore al triennio, elaborato con AIFA e AGENAS. Dopo
l'approvazione regionale, la valutazione è compiuta dal Tavolo tecnico di
monitoraggio, a cui partecipano rappresentanti dei ministeri competenti e delle
regioni, e della Conferenza Stato-Regioni. Decorsi i termini previsti, il
Governo valuta il Piano e lo approva. In caso di valutazione negativa lo stesso
Governo nomina il Presidente della regione, commissario ad acta per gli
adempimenti necessari. Ciò comporta, oltre all’applicazione delle disposizioni
già vigenti, l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso la
regione (sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio,
decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari, incremento delle
aliquote). Le regioni, già sottoposte ai Piani di rientro e già commissariate
(Abruzzo, Campania, Lazio, Molise e Calabria), possono, in alternativa alla
prosecuzione del piano di rientro secondo programmi operativi coerenti con gli
obiettivi della gestione commissariale, presentare un nuovo Piano di rientro,
che determina, con la sua approvazione, la cessazione del commissariamento
(articolo 2, comma 88).
Conseguenti alle disposizioni sopracitate sono pertanto le modifiche testuali apportate ad alcuni commi dell’articolo 2 della legge 191/2009 (legge finanziaria per il 2010), dirette, in primo luogo, a dare attuazione all’incompatibilità della nomina a commissario ad acta con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento:
§ la lettera a), modificando il comma 79 del citato articolo 2, relativo alla procedura di nomina del commissario ad acta in caso di riscontro negativo da parte del Consiglio dei Ministri sull’adeguatezza del Piano di rientro presentato, o di mancata presentazione dello stesso da parte della Regione in disavanzo, fa venir meno l’identificazione del commissario con il Presidente della regione per la predisposizione del Piano e la sua attuazione;
§ in modo analogo opera la lettera b) che, modificando il comma 83 del citato articolo 2, fa venir meno l’identificazione di cui sopra in relazione alla nomina del commissario per l’attuazione del piano in caso di esito negativo della verifica sull’attuazione del Piano;
§ la lettera c), infine, modificando il comma 84, opera l’identica modifica in relazione all’esercizio da parte del Consiglio dei Ministri dei poteri sostitutivi in caso di inadempimento da parte del commissario in relazione all’adozione del Piano o alla sua attuazione.
La lettera d), sostituendo il comma 84-bis introduce una modifica di coordinamento stabilendo che in caso di impedimento del Presidente della Regione nominato commissario ad acta, il Consiglio dei ministri nomina un commissario ad acta al quale spettano i poteri indicati nel terzo e quarto periodo del comma 83 fino alla cessazione della causa di impedimento.
In base ai richiamati periodi del citato comma 83 spetta al commissario l’adozione di tutte le misure indicate nel Piano nonché gli ulteriori atti e provvedimenti normativi, amministrativi organizzativi e gestionali da esso implicati in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del Piano. Come sopra già ricordato, la nomina del commissario comporta l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso la regione (sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari, incremento delle aliquote).
Il comma 570, riproducendo il secondo periodo del vigente comma 84-bis dell’articolo 2, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010) stabilisce che le disposizioni di cui al comma 569 si applicano anche ai commissariamenti disposti ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 159/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale).
L’articolo 4 del citato D.L. n. 159/2007 disciplina la nomina di commissari ad acta nelle ipotesi particolari in cui nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro – effettuato dal tavolo di verifica degli adempimenti e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza di cui agli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 – si prefiguri il mancato rispetto da parte della Regione degli adempimenti previsti nei Piani, in relazione alla realizzabilità degli equilibri finanziari nella dimensione e nei tempi ivi programmati, in funzione degli interventi di risanamento, riequilibrio economico-finanziario e di riorganizzazione del sistema sanitario regionale, tale da mettere in pericolo la tutela dell’unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni. A tale proposito il comma 2 del citato articolo 4 contempla anche la facoltà di nomina da parte del Consiglio dei ministri di uno o più subcommissari di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria, con il compito di affiancare il commissario ad acta nella predisposizione dei provvedimenti da assumere in esecuzione dell’incarico. Il commissario può avvalersi dei subcommissari anche quali soggetti attuatori e può motivatamente disporre nei confronti dei direttori generali degli enti del servizio sanitario regionale la sospensione dalle funzioni in atto – che possono essere affidate ad un soggetto attuatore - e l’assegnazione ad altro incarico fino alla durata massima del commissariamento.
Il comma 571, mediante l’inserimento di alcune modifiche al comma 2 del sopracitato articolo 4 del D.L. n. 159/2007, prevede espressamente che i sub- Commissari svolgano attività a supporto dell’azione del Commissario, essendo il loro mandato vincolato alla realizzazione di tutti o di taluni degli obbiettivi affidati al Commissario con il mandato commissariale.
Il comma 572, mediante l’inserimento di due commi (81-bis e 81-ter) all’articolo 2 della legge n. 191/2009 attribuisce al Commissario ad acta (81-bis) che, in sede di verifica annuale dell’attuazione del Piano di rientro – ai sensi del comma 81 – riscontri il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano, così come specificati nei singoli contratti dei direttori generali il potere di proporre, con provvedimento motivato, la decadenza degli stessi, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, in applicazione dell’articolo 3-bis, comma 7, del D.Lgs. n. 502/1992.
Il citato comma 7 prevede che quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, la regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la regione provvede previo parere della Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni dalla richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto può avere comunque corso. Si prescinde dal parere nei casi di particolare gravità e urgenza. Il sindaco o la Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis, nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo locale, possono chiedere alla regione di revocare il direttore generale, o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto. Quando i procedimenti di valutazione e di revoca di cui al comma 6 e al presente comma riguardano i direttori generali delle aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all'articolo 2, comma 2-bis è integrata con il Sindaco del comune capoluogo della provincia in cui è situata l'azienda.
Il nuovo comma 81-ter prevede l’applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma 81-bis anche ai commissariamenti disposti ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 159/2007.
Il comma 573, mediante una modifica all’ultimo periodo del comma 796, lettera b) della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) dispone che il Ministero della salute si avvalga del supporto tecnico-operativo dell’Agenas per l’attività di affiancamento delle Regioni in Piano di rientro.
Articolo 1,
commi 574 e 575
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Collegi sindacali
delle aziende sanitarie ed ospedaliere)
574. All'articolo 3-ter, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Il collegio
sindacale dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno
designato dal presidente della giunta regionale, uno dal Ministro dell'economia
e delle finanze e uno dal Ministro della salute.».
575. I requisiti per la nomina dei componenti dei collegi sindacali, di
cui al comma 574, che devono garantire elevati standard di qualificazione
professionale, sono definiti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa
intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, fermo restando, relativamente al
componente designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, quanto
previsto dall'articolo 10, comma 19, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Fino
all'adozione del predetto decreto, si applicano i requisiti previsti dalla
normativa vigente.
I commi 574 e 575 dettano alcune disposizioni relative alla composizione dei collegi sindacali delle aziende sanitarie ed ospedaliere.
Il comma 574, sostituendo il primo periodo del comma 3 dell’articolo 3-ter del D.Lgs. n. 502/1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421) prevede che il collegio sindacale delle aziende sanitarie e delle aziende ospedaliere duri in carica tre anni e sia composto da tre membri, di cui uno designato dal presidente della giunta regionale uno dal Ministro dell’economia e delle finanze e uno dal Ministro della salute.
Attualmente è previsto che il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci; per le aziende ospedaliere quest'ultimo componente è designato dall'organismo di rappresentanza dei comuni. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia, ovvero tra i funzionari del ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali.
Il comma 575 rimette ad un decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, la definizione dei requisiti per la nomina dei componenti dei collegi sindacali, che devono garantire elevati standard di qualificazione professionale. Per il componente designato dal Ministro dell’economia e delle finanze rimane fermo quanto previsto dall’articolo 10, comma 19, del decreto-legge n. 98/2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria).
Il citato comma 19 prevede che al fine di potenziare l'attività di controllo e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, i rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze nei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle autorità indipendenti, sono scelti tra gli iscritti in un elenco, tenuto dal predetto Ministero, in possesso di requisiti professionali stabiliti con decreto di natura non regolamentare adeguati per l'espletamento dell'incarico. In sede di prima applicazione, sono iscritti nell'elenco i soggetti che svolgono funzioni dirigenziali, o di pari livello, presso il predetto Ministero, ed i soggetti equiparati, nonché i dipendenti del Ministero che, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ricoprono incarichi di componente presso collegi di cui al presente comma; i soggetti anzidetti ed i magistrati della Corte dei conti possono, comunque, far parte dei collegi di revisione o sindacali delle pubbliche amministrazioni, anche se non iscritti nel registro di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.
Viene poi stabilito che fino all’adozione del citato decreto si applicano i requisiti previsti dalla normativa vigente.
Articolo 1,
commi 576-581
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Norme per l’attuazione
del riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali)
576. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono
ad adottare le disposizioni applicative della normativa di riordino degli
Istituti zooprofilattici sperimentali di cui all'articolo 10, comma 1, del
decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106, entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge.
577. In caso di mancato rispetto del termine di cui al comma 576, il
Ministro della salute provvede alla nomina del commissario dell'Istituto
zooprofilattico sperimentale.
578. Il commissario, nominato ai sensi del comma 577 del presente
articolo, svolge le funzioni previste dall'articolo 11, commi 2 e 5, del
decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106, nelle more dell'emanazione dei
provvedimenti regionali di cui al comma 576 del presente articolo.
579. Le regioni e le province autonome provvedono alla costituzione dei
nuovi organi degli Istituti zooprofilattici sperimentali entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore delle leggi regionali di cui all'articolo 10, comma
1, del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106.
580. In sede di prima applicazione delle leggi regionali, in caso di
mancato rispetto del termine di cui al comma 579, si applicano le disposizioni
dei commi 577 e 578.
581. Al commissario, nominato ai sensi del comma 577 del presente
articolo, si applica lo stesso trattamento giuridico-economico spettante al
direttore generale, ai sensi dell'articolo 11, comma 9, del decreto legislativo
28 giugno 2012, n. 106.
I commi da 576 a 581 dispongono l’obbligo per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, di adottare le disposizioni applicative della normativa di riordino degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge di stabilità 2015, prevedendo e disciplinando l’istituto del commissariamento nell’ipotesi di mancato rispetto di quest’ultimi.
Più nel dettaglio, il comma 576 prevede l’obbligo, per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, di adottare, entro il termine di tre mesi dall’entrata in vigore della legge, le disposizioni applicative della normativa di riordino degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, con particolare riferimento all’art. 10, co. 1, del D.Lgs. n. 106/2012[146], riguardante l’esercizio delle competenze regionali.
Le disposizioni in esame attuano l’art. 18 del Patto per la salute 2014-2016 che ha previsto il riordino di tali Istituti da parte delle regioni e delle province autonome, entro 6 mesi dall’approvazione del Patto stesso, pena il commissariamento dell’IZS da parte del Ministero della salute.
Il D.Lgs. n. 106/2012, agli articoli 9-16, ha
disciplinato il riordino degli Istituti zooprofilattici sperimentali[147], prevedendo:
§ una riforma
ordinamentale che rispetti i profili
di competenza regionale con previsione dei regolamenti governativi nelle
ipotesi di competenza legislativa esclusiva dello Stato;
§ previsione di poteri
sostitutivi nell’ipotesi di malfunzionamento degli organi di gestione
(art.11) e per la mancata revisione dello Statuto (art. 12) fino all’ipotesi
dei poteri sostitutivi in attuazione dell’articolo 120 Cost. in caso di mancata
costituzione degli organi (articolo 15);
§ razionalizzazione
e ottimizzazione dei centri di
costo, delle strutture e degli uffici di livello dirigenziale e non,
demandate alla competenza regionale.
§ istituzione di un Comitato
di supporto strategico per il potenziamento dell’azione degli IZS
attraverso il sostegno di strategie nazionali di sanità pubblica veterinaria e
sicurezza alimentare, in sostituzione e con compiti più ampi del Comitato di
coordinamento dei rappresentanti legali degli IZS attualmente operante per la
sicurezza dei consumatori nelle situazioni di emergenza correlate a malattie
infettive e diffusive degli animali.
L’art. 10, che detta i principi per l’esercizio delle competenze regionali, fatta in ogni caso salva la competenza esclusiva dello Stato, demanda alle regioni la disciplina delle modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli Istituti, l’esercizio delle funzioni di sorveglianza amministrativa, di indirizzo e di verifica sugli stessi, nonché l’adozione di criteri di valutazione dei costi, dei rendimenti, e di verifica dell’utilizzazione delle risorse, nel rispetto dei principi del D.Lgs. n. 502/1992 (che all’articolo 7-sexies disciplina il rapporto intercorrente tra gli Istituti zooprofilattici sperimentali e gli Uffici veterinari del Ministero della sanità) e di alcuni principi fondamentali riguardanti:, tra l’altro:
§ la semplificazione e lo snellimento
dell’organizzazione e della struttura amministrativa;
§ la razionalizzazione e ottimizzazione delle spese e
dei costi di funzionamento;
§ la riorganizzazione degli uffici dirigenziali
attraverso la loro riduzione;
§ la riduzione degli organismi di analisi, consulenza e
studio;
§ la razionalizzazione delle dotazioni organiche.
Il piano sanitario regionale definisce gli obiettivi e l'indirizzo per l'attività degli Istituti. La programmazione regionale prevede le modalità di raccordo tra gli IZS e i dipartimenti di prevenzione[148].
I commi 577-581 introducono una disciplina specifica che regola il commissariamento, nel caso di mancato rispetto del termine previsto al comma 576 (tre mesi dall’entrata in vigore della legge).
In base a tale disciplina, il commissario, nominato dal Ministro della salute (comma 577) è chiamato a svolgere le funzioni del Consiglio di amministrazione e del Direttore generale previste dall’art. 11, commi 2 e 5, del citato D.Lgs. n. 106/2012, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti regionali di attuazione del riordino degli IZS (comma 578).
L’articolo 11 del D.Lgs. n. 106/2012 dispone in merito agli organi degli Istituti, che vengono ridotti nel numero dei componenti dei quali viene però indicata la formazione e la professionalità necessaria per la designazione. Per il Consiglio di amministrazione (comma 2) e il Direttore generale (comma 5) viene inoltre previsto l’istituto del commissariamento. In particolare, i compiti del consiglio di amministrazione sono di indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell'istituto[149], mentre il direttore generale[150] svolge sia la funzione di legale rappresentante dell’Istituto che di responsabile scientifico, coadiuvato da un direttore amministrativo e da un direttore sanitario medico veterinario, che sovraintende solo al funzionamento dei servizi tecnici.
Il comma 579 detta in particolare l’obbligo, per le regioni e le province autonome, di provvedere alla costituzione dei nuovi organi degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali entro tre mesi dall’entrata in vigore delle leggi regionali emanate per l’attuazione della normativa di riordino dei medesimi Istituti ai sensi del richiamato art. 10, comma 1, del D.Lgs. n. 106/2012.
In sede di prima applicazione delle leggi regionali, in caso di mancato rispetto del predetto termine di tre mesi, si prevede l’applicazione di quanto previsto ai precedenti commi 577 e 578, vale a dire la nomina di un commissario e lo svolgimento, da parte dello stesso, delle funzioni previste dal richiamato art. 11 (comma 589).
Il comma 581 dispone, infine, l’applicazione al commissario dello stesso trattamento giurdico-economico spettante al direttore generale, secondo quanto previsto dall’art. 11, co. 9, del D.Lgs. n. 106/2012.
In proposito si ricorda che il comma 9 dell’art. 11 del D.Lgs. 106 dispone che, al direttore generale e al collegio dei revisori dei conti si applichino le disposizioni di cui all'articolo 3 (che enumera i compiti e le incompatibilità del direttore generale)[151] e 3-bis (che detta norme sulle procedure di nomina, tra gli altri, del direttore generale delle ASL e degli altri enti del SSN) del D.Lgs. 502/1992 in quanto compatibili con il provvedimento in esame.
Articolo 1,
comma 582
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
– Organizzazione
del dipartimento di prevenzione del SSN)
582. Dopo il comma 4 dell'articolo 7-quater del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono inseriti i seguenti:
«4-bis. L'articolazione delle aree dipartimentali nelle strutture
organizzative di cui al comma 2 rappresenta il livello di organizzazione che le
regioni assicurano per garantire l'esercizio delle funzioni comprese nei
livelli essenziali di assistenza, nonchè l'osservanza degli obblighi previsti
dall'ordinamento dell'Unione europea.
4-ter. Le regioni assicurano che le strutture organizzative di cui alle
lettere b), d), e) e f) del comma 2 siano dotate di personale adeguato, per
numero e qualifica, a garantire le finalità di cui al comma 4-bis, nonchè l'adempimento
degli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea in materia di
controlli ufficiali, previsti dal regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004.
4-quater. Le strutture organizzative di cui al comma 2 sono
possibilmente individuate quali strutture complesse».
All'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma in materia di
personale si provvede nel rispetto dei vincoli di spesa previsti dalla
legislazione vigente e, per le regioni sottoposte ai piani di rientro, anche
nel rispetto di quelli fissati in materia da tali piani nonchè dei vigenti
parametri standard per la definizione delle strutture complesse e semplici.
Il comma 582 aggiunge ulteriori disposizioni a quelle già vigenti in materia di organizzazione dei dipartimenti di prevenzione delle ASL (art. 7-quater del D.Lgs. n. 502/1002), prevedendo che le aree dipartimentali di tali strutture siano assicurate dalle regioni al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA) e l’osservanza degli obblighi comunitari, con riferimento alla sanità pubblica, anche veterinaria, e alla tutela della salute e degli ambienti di lavoro, mediante dotazione di personale adeguato e configurazione delle unità operative dedicate a tali compiti quali strutture complesse, nel rispetto dei vincoli di spesa previsti a legislazione vigente e, ove presenti, dei vincoli previsti dai piani di rientro sanitari regionali.
Si ricorda che l’articolo 19 del Patto per la Salute 2014-2016 ha previsto disposizioni in materia di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare per la valorizzazione delle attività dei servizi veterinari regionali di prevenzione nelle ASL, in special modo in relazione alla protezione dei cittadini/consumatori e al sostegno delle produzioni agroalimentari, anche in previsione dell’EXPO 2015 dedicato a questa materia.
La disciplina dell’organizzazione dei dipartimenti di prevenzione è contenuta agli articoli da 7 a 7-quater del D.Lgs. 502/1992. Essi sono istituiti e organizzati dalle regioni come struttura operativa della ASL a garanzia della tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, e miglioramento della qualità della vita. Tra i compiti dei dipartimenti di prevenzione rientrano la promozione di azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo anche il coinvolgimento di operatori di diverse discipline, e la formulazione di proposte d'intervento nelle materie di propria competenza e di indicazioni sulla loro copertura finanziaria.
In particolare, il comma 7-quater prevede che il dipartimento di prevenzione operi nell’ambito del Piano attuativo locale, abbia autonomia organizzativa e contabile e sia organizzato in centri di costo e di responsabilità.
La prima parte del comma 582 in esame, pertanto, introduce, con le lett. da a) a c), ulteriori commi .dopo il comma 4 dell’art. 7-quater del D.Lgs. n. 502 del 1992 che disciplina la materia sanitaria; più in dettaglio:
§ il comma 4-bis prevede che l’articolazione delle aree dipartimentali di prevenzione rappresenti il livello di organizzazione assicurato dalle regioni per garantire l’esercizio delle funzioni comprese nei livelli essenziali di assistenza (LEA) e l’osservanza degli obblighi comunitari (lett. a));
Il comma 2 dell’art. 7-quater, alle lett. da a) a f), prevede, come articolazione delle aree dipartimentali di prevenzione riferite alla sanità pubblica, anche veterinaria, e alla tutela della salute negli ambienti di lavoro, sei diverse strutture organizzative specificamente dedicate all’igiene e sanità pubblica (lett.a)), all’igiene degli alimenti e della nutrizione (lett.b)), alla prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (lett. c)), alla sanità animale (lett. d)), all’igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati (lett. e)), all’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche (lett. f)).
In merito all’osservanza degli obblighi comunitari si segnala che le norme fondamentali per quanto concerne la normativa sui mangimi e sugli alimenti sono contenute nel regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare [152].
§ il comma 4-ter impone alle regioni di assicurare che le strutture organizzative di cui al comma 2 (v. ante), in particolare quelle per l’igiene degli alimenti e della nutrizione (lett b)); per la sanità animale (lett d)); per l’igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati (lett e)) e per l’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche (lett f)); siano dotate di personale adeguato, in termini di numero e di qualifica, per garantire l’esercizio delle funzioni comprese nei LEA e l’adempimento degli obblighi comunitari, con particolare riferimento ai controlli ufficiali, previsti dal Regolamento (CE) 882/2004 .
Il Regolamento citato contiene disposizioni in
merito ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa
in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere
degli animali.
§ il nuovo comma 4-quater stabilisce che le predette strutture organizzative
devono essere possibilmente individuate come strutture complesse.
Nel medesimo D.Lgs. n. 502/1992 è possibile
individuare, all’articolo 8-quater,
comma 4, lett. p), il criterio per la definizione delle strutture complesse
delle ASL, “in base alla consistenza delle risorse umane, tecnologiche e
finanziarie, al grado di autonomia finanziaria e alla complessità
dell'organizzazione interna”.
La seconda parte del comma 582 stabilisce che dall’attuazione delle disposizioni introdotte all’art. 7-quater del citato D.Lgs. n. 502, con riferimento al personale, si provvede nel rispetto dei vincoli di spesa previsti dalla legislazione vigente e, per le regioni sottoposte ai piani di rientro, anche nel rispetto dei vincoli fissati dai predetti piani, oltre che dei parametri standard per la definizione delle strutture complesse e semplici.
Articolo 1,
comma 583
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Turn over
del personale del SSN)
583. Al quinto periodo del comma 174 dell'articolo 1 della legge 30
dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, le parole: «del secondo anno
successivo a quello in corso,» sono sostituite dalle seguenti: «dell'anno
successivo a quello di verifica,».
Il comma 583 riduce i termini del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale, attualmente previsto nei casi in cui i provvedimenti necessari per il ripianamento del disavanzo di gestione non vengano adottati dal commissario ad acta entro la data prevista (31 maggio dell’anno in corso), prevedendo tale blocco solo fino all’anno successivo a quello di verifica.
La disposizione in esame, infatti, modificando il quinto periodo dell’art. 1, co. 174, della legge finanziaria per il 2005 (L. n. 311/2004), prevede che, nei predetti casi, il blocco automatico vige fino all’anno successivo a quello di verifica, mentre attualmente il blocco automatico del turn over del personale del SSN è previsto fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso.
Si sottolinea che la verifica viene effettuata annualmente e pertanto, in caso di reiterata inadempienza regionale, il blocco si applica anno per anno.
Il monitoraggio dei conti del SSN[153] è stato avviato con l’Accordo dell’8 agosto 2001 stipulato in sede di Conferenza Stato regioni e province autonome in considerazione degli assetti delineati in tale anno dalla riforma del Titolo V della Costituzione. A partire dal 2012, inoltre, l’attività di monitoraggio è stata integrata con l’attuazione, in particolare, dell’art. 29 del D.Lgs. n. 118/2011 sui principi di valutazione specifici del settore sanitario. In breve, a partire dai dati di conto economico di ciascun trimestre e sulla base delle ulteriori informazioni desunte dalla verifica trimestrale, vengono elaborate delle proiezioni del risultato di esercizio di fine anno. Nel caso si profili un disavanzo, la regione è invitata a porre in essere tutte le iniziative per ricondurre la spesa entro i livelli programmati ovvero, limitatamente alle regioni non in piano di rientro, ad adottare le misure di copertura tali da assicurare al SSR il conferimento di risorse aggiuntive per coprire il disavanzo. Si ricorda che tra i provvedimenti per il ripianamento del disavanzo di gestione rientrano gli aumenti dell'addizionale IRPEF e le maggiorazioni dell'IRAP entro le misure stabilite dalla normativa vigente.
Si segnala che la norma in esame è stata prevista dall’art. 22, comma 2, del Patto per la salute 2014-2016 in materia di gestione e sviluppo delle risorse umane.
Articolo 1,
comma 584
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Concorso degli enti
del SSN agli obiettivi di finanza pubblica)
584. All'articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole: «degli anni 2013, 2014 e 2015» sono sostituite
dalle seguenti: «degli anni dal 2013 al 2020»;
b) il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
«3-bis. Alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di
cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le modalità previste
dall'articolo 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La regione è
giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali
obiettivi. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è
considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia
attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della
spesa di personale fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi
previsti all'articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009».
Il comma 584 estende al 2020 i vigenti parametri di contenimento della spesa di personale degli enti del SSN, già previsti dall’art. 2, co. 71-73, della legge di stabilità 2010 (L. n. 191/2009), aggiungendo ulteriori condizioni perché una regione sia giudicata adempiente in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione di tale tipologia di spesa.
Più in dettaglio:
§ la lett. a) del comma estende al 2020 le norme per il contenimento della spesa per il personale del SSN già previste dall’art. 2, co. 71-73 della legge finanziaria 2010 per il triennio 2010-2012, intervenendo sul comma 3 del medesimo dell’art. 17 del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011).
In proposito si ricorda che l’art. 15, co. 21, del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012) aveva già esteso al 2015 il regime di contenimento della spesa per il personale sanitario (compresi i soggetti non inquadrati come lavoratori dipendenti)[154] previsto dall’art. 17, D.L. n. 98/2011 (L. 111/2011) per gli anni 2013 e 2014, confermando la percentuale di riduzione della spesa e le modalità per conseguirla previste all’art. 2, co. 71, 72 e 73 della richiamata legge finanziaria del 2010 che ha disciplinato il concorso degli enti del SSN agli obiettivi di finanza pubblica.
Più in dettaglio, il citato co. 71 ha fissato, per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, un obiettivo di riduzione dell’1,4%, rispetto al 2004, della spesa per il personale degli enti del SSN[155], mentre il comma 72 ha definito le azioni che tali enti sono chiamati a svolgere per raggiungere la riduzione di spesa, nell’ambito degli indirizzi fissati dalle regioni, vale a dire la presentazione di un programma annuale di revisione delle consistenze di personale - dipendente a tempo indeterminato, determinato, in servizio con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di lavoro flessibile o con convenzioni -, con conseguente ridimensionamento dei fondi della contrattazione integrativa; e, nel rispetto delle disponibilità effettive di questi fondi, la fissazione di parametri standard per l’individuazione delle strutture semplici e complesse e delle posizioni organizzative e di coordinamento, rispettivamente, delle aree della dirigenza e del personale del comparto SSN. Il comma 73, in ultimo, ha assegnato la verifica del raggiungimento del predetto obiettivo di riduzione della spesa del personale al Tavolo di verifica degli adempimenti, istituito presso il MEF, dall’Intesa del 23 marzo 2005.
§ la lett. b) interviene sul comma 3-bis, innovando parzialmente i criteri in base ai quali la regione possa essere giudicata adempiente, a seguito della verifica degli obiettivi di contenimento della spesa da parte dell’apposito Tavolo presso il MEF (v. ante)[156]:
- la regione è giudicata adempiente se si accerta per essa l’effettivo conseguimento degli obiettivi sopra indicati;
- nel caso in cui la regione non raggiunga tali obiettivi, per gli anni dal 2013 al 2019, essa è considerata adempiente ove abbia raggiunto l’equilibrio economico. Rispetto alla normativa vigente, viene però aggiunta un’ulteriore condizione per gli anni dal 2015 al 2019, in base alla quale la regione potrà essere considerata adempiente se, oltre ad aver raggiunto l’equilibrio economico, abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale fino al totale conseguimento, nel 2020, degli obiettivi indicati per la riduzione della spesa del personale.
Si segnala che le disposizioni in esame sono state previste dall’art. 22 del Patto per la salute 2014-2016 e che in proposito Stato e regioni hanno convenuto sulla necessità di avviare un approfondimento per aggiornare il parametro dell’1,4% di riduzione della spesa per il personale degli enti del SSN rispetto al livello del 2004.
Articolo 1,
comma 585
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Disposizioni sul
prontuario farmaceutico nazionale)
585. All'articolo 11, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 13
settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012,
n. 189, le parole da: «Entro il 30 giugno 2013» fino a: «Prontuario
farmaceutico nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 31 dicembre
2015 l'AIFA, sulla base delle valutazioni della Commissione consultiva
tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso, provvede a una revisione
straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale sulla base del criterio
costo-beneficio ed efficacia terapeutica, prevedendo anche dei prezzi di
riferimento per categorie terapeutiche omogenee».
Il comma 585 modifica la disciplina prevista dal D.L. n. 158/2012 (cd. Decreto Balduzzi)[157] in materia di Prontuario farmaceutico nazionale[158], posticipandone - dal 30 giugno 2013 al 31 dicembre 2015 - la revisione straordinaria da parte dell’AIFA sull’esplicita base del criterio specifico del costo/beneficio e dell’efficacia terapeutica nonché della previsione di prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee.
Si segnala che la norma è stata prevista all’art. 23, comma 2, punto n. 1) del Patto per la salute 2014-2016.
L’articolo 11 del D.L. n. 158/2012 contiene disposizioni finalizzate ad una revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale e dirette a favorire, da parte del SSN, l’impiego razionale ed economicamente compatibile dei medicinali. La misura si è resa necessaria per adeguare il settore farmaceutico convenzionato agli interventi sulla spesa farmaceutica attuati con il D.L. n. 95/2012, che hanno fra l’altro ridotto gli spazi economici destinati alla rimborsabilità dei farmaci. A tale scopo, l’AIFA, ai sensi del comma 1, primo periodo, del citato art. 11, avrebbe dovuto, entro il 30 giugno 2013 provvedere ad una revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico nazionale escludendo dalla rimborsabilità i farmaci terapeuticamente superati.
La revisione straordinaria da parte dell’AIFA deve essere effettuata sulla base delle valutazioni della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato prezzi e rimborso (v. box).
Con riferimento alle modifiche introdotte dal comma in esame per la revisione straordinaria del Prontuario farmaceutico, si segnala che questa dovrà essere effettuata in base al criterio costo/beneficio ed efficacia terapeutica (v. infra). Inoltre il Prontuario dovrà anche prevedere dei prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee.
Con riferimento alla valutazione dell'equivalenza terapeutica per la definizione di categorie omogenee, si sottolinea che, l'AIFA, nel marzo 2014, ha messo a punto apposite Linee guida, chiarendo che possono essere considerati equivalenti i farmaci a base del medesimo principio attivo che, ai sensi di altre disposizioni di legge, sono già stati oggetto di specifica valutazione comparativa sotto i profili di efficacia e di sicurezza da parte delle competenti autorità regolatorie, nonché i farmaci originatori ed i rispettivi equivalenti (generici) e i farmaci biologici di riferimento, inclusi i biotecnologici, ed i corrispondenti biosimilari.
Il regime
attualmente in vigore prevede che le specialità medicinali siano ripartite in
diverse classi di rimborsabilità
(art. 8, comma 10, L. n. 537/93):
Fascia A: comprendente i farmaci essenziali
e per malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN;
Fascia H: comprendente i farmaci di
esclusivo uso ospedaliero utilizzabili solo in ospedale o che possono essere
distribuiti dalle strutture sanitarie, a carico del SSN;
Fascia C: comprendente farmaci a totale
carico del paziente (ad eccezione dei titolari di pensione di guerra diretta
vitalizia – Legge 203 del 2000). Con riferimento al regime di fornitura, i
farmaci di classe C sono distinti in farmaci con obbligo di prescrizione medica
e farmaci senza obbligo di prescrizione medica[159].
Tutti i farmaci,
per essere immessi in commercio, necessitano che sia loro attribuito un prezzo
ed una classe di rimborsabilità; deve essere infatti stabilito se il farmaco è
a carico del SSN (medicinale di classe A e H) o del cittadino (medicinale
classe C).
La Commissione Tecnico Scientifica (CTS),
con il supporto di un gruppo di esperti interni ed esterni e dell’Istituto
Superiore di Sanità, effettua su ciascun farmaco, destinato ad essere immesso
sul mercato italiano, tutte le valutazioni necessarie (chimico-farmaceutiche,
biologiche, farmaco-tossicologiche e cliniche) per assicurare i requisiti di
sicurezza ed efficacia.
La
determinazione del prezzo dei farmaci rimborsati dal SSN, mediante la
contrattazione tra Agenzia Italiana del Farmaco e le Aziende Farmaceutiche (ai
sensi del comma 33, art. 48, del D.L. n. 269/2003 - L. n. 326/03), è
un’attività che l’Agenzia svolge sulla base delle modalità e dei criteri
indicati nella deliberazione CIPE 1° febbraio 2001 “Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci”.
Per l’avvio di questa attività occorre la presentazione, da parte dell’Azienda
Farmaceutica, della domanda accompagnata da una documentazione dalla quale
emerge:
§
un rapporto costo/efficacia positivo, vale
a dire che il medicinale deve essere ritenuto utile per il trattamento di
patologie per le quali non esiste alcuna cura efficace, o fornire una risposta
più adeguata rispetto a farmaci già disponibili per le stesse indicazioni
terapeutiche, o presentare un rapporto rischio/beneficio più favorevole
rispetto ad altri medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa
indicazione;
§
la presenza di
altri elementi di interesse per il SSN,
quantificandoli, se il nuovo medicinale non presenta una superiorità clinica
significativa rispetto a prodotti già disponibili o sia quantomeno ugualmente
efficace e sicuro di altri prodotti già disponibili.
Il Comitato Prezzi e Rimborso (CPR)
dell’AIFA interviene successivamente, esaminando le richieste di rimborsabilità
pervenute, supportato anche dai dati di consumo e spesa forniti
dall’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei Medicinali (OSMED). Quindi, le
contrattazioni che hanno come oggetto le specialità medicinali registrate
secondo procedura nazionale, e quelle comunitarie di mutuo riconoscimento o
centralizzata, potranno dar luogo ad un accordo con le Aziende Farmaceutiche in
cui saranno specificati i prezzi e le condizioni di ammissione alla
rimborsabilità. In seguito l’accordo sarà ratificato dalla Commissione Tecnico
Scientifica e quindi sottoposto all’esame del Consiglio di Amministrazione
dell’Agenzia per la successiva delibera, poi pubblicata in Gazzetta ufficiale[160].
Per i medicinali
a carico del cittadino (classe C), l’AIFA svolge un’azione di monitoraggio sui
farmaci con obbligo di prescrizione (ricetta), verificando il rispetto di due
condizioni: il prezzo del medicinale può essere aumentato ogni due anni (negli
anni dispari); l’incremento non può superare l’inflazione programmata. Per i
farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP) il prezzo è stabilito liberamente
dal produttore[161].
Articolo 1,
comma 586
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Rete di comunicazione dedicata alla dispositivo-vigilanza)
586. Con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le modalità per l'attivazione,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una rete di
comunicazione dedicata alla dispositivo-vigilanza che consenta lo scambio
tempestivo e capillare delle informazioni riguardanti incidenti che coinvolgono
dispositivi medici. Con il medesimo decreto sono determinati, nell'ambito del
Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) i contenuti informativi e le
modalità di interscambio dei dati del sistema informativo a supporto della rete
nazionale per la dispositivo-vigilanza.
Il comma 586 prevede la definizione, con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, delle modalità per l’attivazione di una rete di comunicazione dedicata alla dispositivo-vigilanza per lo scambio tempestivo e capillare delle informazioni circa incidenti che interessano dispositivi medici. L’attivazione della rete deve avvenire senza oneri per la finanza pubblica.
Il decreto dovrà inoltre determinare, nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), i contenuti informativi e le modalità di interscambio dei dati del sistema informativo a supporto della rete nazionale per la dispositivo-vigilanza.
Il NSIS, previsto dal
co. 6, art. 87, della legge finanziaria 2001 (L. n. 388/2000) rappresenta lo
strumento di riferimento per le misure di qualità, efficienza e appropriatezza
del SSN attraverso la raccolta di informazioni che supportano le Regioni e il
Ministero della salute nell'esercizio delle proprie funzioni, in special modo
per l'applicazione uniforme dei livelli essenziali di assistenza sul territorio
nazionale. Il NSIS è stato attuato con l’Accordo quadro del 22 febbraio 2001 raggiunto in Conferenza Stato regioni e
province autonome e, da ultimo, ribadito nelle successive Intese Stato Regioni
relative al Patto per la Salute 2010-2012. Il NSIS è in particolare richiamato
dall’articolo 27 del D.Lgs. n. 68/2011 in materia di federalismo fiscale
sanitario per la determinazione dei costi
e dei fabbisogni standard regionali.
Si segnala che la misura è stata prevista all’art. 24, commi 1 e 2, del Patto per la salute 2014-2016.
Articolo 1,
comma 587
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Norme in materia
di dispositivi medici)
587. In attuazione delle disposizioni contenute nella direttiva
2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, e per
promuovere il razionale uso dei dispositivi medici sulla base del principio
costo-efficacia, il Ministero della salute, avvalendosi dell'Agenzia nazionale
per i servizi sanitari regionali (AGENAS) e dell'Agenzia italiana del farmaco
(AIFA), per gli aspetti di relativa competenza, al fine di garantire l'azione
coordinata dei livelli nazionale, regionali e delle aziende accreditate del
Servizio sanitario nazionale per il governo dei consumi dei dispositivi medici,
a tutela dell'unitarietà del sistema, della sicurezza nell'uso della tecnologia
e della salute dei cittadini, con proprio decreto, provvede, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, a:
a) definire, attraverso l'istituzione di una Cabina di regia, con il
coinvolgimento delle regioni, dell'AGENAS e dell'AIFA, sentiti i rappresentanti
dei pazienti, dei cittadini e dell'industria, anche in conformità alle
indicazioni del Piano sanitario nazionale, le priorità ai fini assistenziali;
b) individuare, per la predisposizione dei capitolati di gara, i
requisiti indispensabili per l'acquisizione dei dispositivi medici a livello
nazionale, regionale, intra-regionale o aziendale, e indicare gli elementi per
la classificazione dei dispositivi medici in categorie omogenee, garantendo, al
fine delle esigenze terapeutiche, più tipologie per i presidi utilizzati per la
terapia domiciliare delle patologie croniche adattabili ai diversi tipi di
pazienti, fatto salvo il principio della valutazione costo-efficacia, e per
l'individuazione dei prezzi di riferimento;
c) istituire una rete nazionale, coordinata dall'AGENAS, di
collaborazione tra le regioni per la definizione e per l'utilizzo di strumenti
per il governo dei dispositivi medici e per Health Technology Assessment (HTA),
denominato «Programma nazionale di HTA dei dispositivi medici».
Il comma 587 prevede l’emanazione di un decreto del Ministero della salute per garantire un’azione coordinata dei livelli nazionale, regionale e delle aziende accreditate del SSN, per il governo dei consumi dei dispositivi medici, sulla base del principio costo-efficacia e in attuazione della direttiva 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera.
In particolare, il Ministero della salute, avvalendosi dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Nas.S) e dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), in base ai principi di tutela dell’unitarietà del sistema, sicurezza dell’uso della tecnologia e salute dei cittadini, provvede con il suddetto decreto, senza oneri per la finanza pubblica a:
§ definire le priorità a fini assistenziali, attraverso l’istituzione di una cabina di regia, con il coinvolgimento delle regioni ed il supporto tecnico di Age.Na.S e AIFA, sentiti i rappresentanti delle categorie interessate, e considerando le indicazioni del Piano sanitario nazionale;
§ individuare requisiti base e categorie omogenee dei dispositivi medici per la predisposizione dei capitolati di gara e l’attribuzione di prezzi di riferimento;
§ istituire una rete nazionale di collaborazione tra le regioni, coordinata dall’Age.Na.S, per la definizione e l’utilizzo di strumenti per il governo dei dispositivi medici e per l’Health Technology Assessment (HTA) chiamato “Programma Nazionale di HTA dei dispositivi medici”.
Queste disposizioni attuano l’art. 26 del Patto per la salute 2014-2016.
Articolo 1,
comma 588
(Attuazione Patto della salute 2014-2016
- Disposizioni in materia
di Health Tecnology Assessment – HTA)
588. Per garantire un equo e omogeneo accesso dei pazienti a tutti i
medicinali, con particolare riguardo ai medicinali innovativi o di eccezionale
rilevanza terapeutica, l'AIFA predispone, a supporto del Ministero della salute
e delle regioni, valutazioni di HTA volte a caratterizzare e individuare i
percorsi farmaco-terapeutici in grado di garantire l'impiego efficiente e
costo-efficace delle risorse disponibili. La funzione di cui al primo periodo
si inserisce nell'ambito delle attività previste ai fini dell'attuazione della
direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011,
attraverso il Network permanente per l'Health Technology Assessment (HTA
Network), anche, per quanto concerne i medicinali, nel perseguimento degli
obiettivi previsti dalla medesima direttiva, a supporto della Cabina di regia
istituita presso il Ministero della salute e delle indicazioni del Piano
sanitario nazionale. Le valutazioni nazionali di HTA sui medicinali forniscono
informazioni trasparenti e trasferibili ai contesti assistenziali regionali e
locali sull'efficacia comparativa dei medicinali e sulle successive ricadute in
termini di costo-efficacia nella pratica clinica, prima dell'immissione in
commercio, durante la commercializzazione e l'intero ciclo di vita del
medicinale. Agli esiti di quanto previsto dal presente comma, l'AIFA, in
collaborazione con le regioni, coordina le valutazioni dei diversi percorsi
diagnostico-terapeutici localmente sviluppati, al fine di garantire l'accesso e
l'uso appropriato dei medicinali. Tali valutazioni, anche integrate con i dati
di utilizzo e di spesa dell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali,
nonchè di quelli raccolti attraverso i registri di monitoraggio dell'AIFA, sono
utilizzate nell'iter istruttorio delle procedure di rivalutazione di prezzo o
di rimborsabilità dei medicinali. L'AIFA provvede agli adempimenti di cui al
presente comma nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali
disponibili a legislazione vigente. Le regioni, senza nuovi o maggiori oneri,
si dotano, compatibilmente e nei limiti delle risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente, di un presidio di HTA a
supporto della valutazione di HTA.
Il comma 588 in esame dispone che l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) predisponga valutazioni di Health Technology Assessment (HTA) per caratterizzare e individuare i percorsi famaco-terapeutici che possano garantire l’impiego efficiente e costo-efficace delle risorse disponibili.
Le valutazioni sono predisposte a supporto del Ministero della salute e delle regioni, al fine di garantire un equo ed omogeneo accesso dei pazienti a tutti i medicinali, con particolare riferimento ai medicinali innovativi o di eccezionale rilevanza terapeutica.
Questa funzione dell’AIFA è prevista inserirsi nell’ambito delle attività previste ai fini dell’attuazione della Direttiva 2011/24/UE del Parlamento Europeo sull’assistenza sanitaria transfrontaliera (v. ante) mediante il network permanente per l’Health Technology Assessment (HTA network) anche, con specifico riferimento ai medicinali, al fine di raggiungere gli obiettivi previsti da questa direttiva.
Per tali finalità, la funzione è prevista a supporto della Cabina di regia istituita presso il Ministero della salute e delle indicazioni del Piano sanitario nazionale.
La norma ricorda inoltre che le valutazioni nazionali di HTA sui medicinali forniscono informazioni trasparenti e trasferibili ai contesti assistenziali regionali e locali, sull’efficacia comparativa dei medicinali e sulle successive ricadute in termini di costo-efficacia nella pratica clinica, prima dell’immissione in commercio, durante la commercializzazione e l’intero ciclo di vita del medicinale.
Si prevedono compiti specifici per l’AIFA nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali per essa disponibili: l’Agenzia, in collaborazione con le regioni, è chiamata a coordinare le valutazioni dei diversi percorsi diagnostico-terapeutici che si sono sviluppati localmente, per garantire l’accesso e l’uso appropriato ai medicinali. Inoltre, le valutazioni, integrate con i dati di utilizzo e di spesa dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali, oltre che con quelli raccolti attraverso i registri di monitoraggio AIFA, sono utilizzate nell’iter istruttorio delle procedure di rivalutazione di prezzo o di rimborsabilità dei medicinali.
Infine si prevede che le regioni, senza nuovi o maggiori oneri, si dotino, compatibilmente e nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili, di un presidio HTA a supporto delle pertinenti valutazioni.
Il comma in esame attua l’articolo 27 del Patto per la salute 2014-2016.
Articolo 1,
comma 589
(Direzione farmacie private)
589. L'articolo 11, comma 17, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive
modificazioni, è abrogato.
Il comma 589 dispone l’abrogazione del comma 17 dell’articolo 11 del D.L. n. 1/2012[162]. In sostanza, viene tolto il limite di età per la titolarità della direzione delle farmacie private.
Il comma in esame disponeva che a decorrere dal 1° gennaio 2015, fatta eccezione, per le farmacie rurali sussidiate, la direzione della farmacia privata potesse essere mantenuta fino al raggiungimento del requisito di età pensionabile da parte del farmacista iscritto all'albo professionale.
Articolo 1,
comma 590
(Autorizzazione all’immissione in commercio
di medicinali omeopatici)
590. Al fine di assicurare maggiori entrate, le tariffe a carico delle
aziende titolari per il rilascio dei provvedimenti di rinnovo
dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali omeopatici di
cui all'articolo 20 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e
successive modificazioni, comprese quelle relative ai procedimenti di rinnovo
non ancora conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, sono
fissate in 800 euro per i medicinali unitari, indipendentemente dalle
diluizioni e dalla forma farmaceutica, e in 1.200 euro per i medicinali
complessi, indipendentemente dal numero dei componenti e dalla forma
farmaceutica. Entro il 31 marzo 2015, l'AIFA individua con proprio
provvedimento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, la documentazione
necessaria per il rinnovo dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei
medicinali di cui al primo periodo secondo modalità semplificate, tenuto conto
che la documentazione di cui al modulo 4 della parte III dell'allegato I, con
riferimento ai medicinali omeopatici, e all'articolo 17, comma 2, lettera c),
con riferimento alla dimostrazione dell'uso omeopatico del ceppo, del citato
decreto legislativo n. 219 del 2006, e successive modificazioni, è presentata
mediante autocertificazioni. Dalla pubblicazione del provvedimento dell'AIFA di
cui al secondo periodo nella Gazzetta Ufficiale, le aziende titolari provvedono
alla presentazione delle domande di rinnovo entro e non oltre il 30 giugno
2017. Il termine di cui all'articolo 6, comma 8-undecies, del decreto-legge 28
dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio
2007, n. 17, è prorogato al 31 dicembre 2018.
Il comma 590 reca una serie di disposizioni sui farmaci omeopatici. In particolare:
§ fissa le tariffe per il rinnovo delle autorizzazioni all’immissione in commercio (AIC) dei medicinali omeopatici in: 800 euro per i medicinali unitari, indipendentemente dalle diluizioni e dalla forma farmaceutica, e in 1.200 euro per i medicinali complessi, indipendentemente dal numero dei componenti e dalla forma farmaceutica;
§ fissa al 31 marzo 2015 il termine entro il quale l'AIFA individua la documentazione necessaria per il rinnovo dell’AIC dei medicinali omeopatici secondo modalità semplificate, tenuto conto che parte della documentazione da allegare alla domanda di registrazione semplificata potrà essere presentata mediante autocertificazioni;
Il comma in
commento riferisce l’autocertificazione ai seguenti documenti:
-
L’obbligo di giustificare
ogni informazione mancante, p. es. spiegando perché si accetta la dimostrazione
di un livello accettabile di sicurezza anche in assenza di alcuni studi (di cui
al modulo 4 della parte III dell'allegato I, con riferimento ai medicinali
omeopatici);
-
Il dossier che
descrive le modalità con cui si ottiene e si controlla ciascun materiale di
partenza per preparazioni omeopatiche o ceppo omeopatico e ne dimostra l’uso
omeopatico mediante un’adeguata bibliografia (articolo 17, comma 2, lettera
c)).
§ fissa al 30 giugno 2017 il termine per la presentazione delle domande di rinnovo dell’AIC;
§ proroga dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2018, il termine fino al quale i medicinali omeopatici, se notificati alla data del 6 giugno 1995, possono rimanere sul mercato anche se privi di un formale provvedimento autorizzativo;
La normativa comunitaria, recepita a livello nazionale con il D.Lgs. 219/2006[163], sottopone i prodotti omeopatici, ai fini dell’acquisizione dello status di medicinale, alle medesime regole in vigore per tutti i medicinali in generale, prevedendo, però, dei percorsi semplificati per quelle formulazioni somministrabili per via orale, o esterna, prive di specifiche indicazioni terapeutiche e con grado di diluizione tale da garantirne la sicurezza.
L’articolo 20 del D.Lgs. 219/2006, come modificato dall’art. 13 del decreto legge 158/2012[164], ha espressamente ribadito che per i medicinali omeopatici e antroposofici, presenti sul mercato italiano alla data del 6 giugno 1995, resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto legge 158/2012: l’autorizzazione ope legis è rinnovata con procedura di registrazione semplificata. I prodotti omeopatici attualmente in commercio, sulla base della disciplina transitoria ora illustrata, potevano rimanere sul mercato fino al 31 dicembre 2015 anche se privi di un formale provvedimento autorizzativo[165]. Dopo tale data, ora fissata al 31 dicembre 2018, solo i prodotti omeopatici in possesso di AIC, potranno continuare ad essere commercializzati in Italia.
All’iter procedurale per la registrazione semplificata, previsto dagli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 219/2006, hanno accesso anche:
§ i prodotti destinati ad essere somministrati per vie di somministrazione diverse dalla via orale od esterna (p.es.: fiale iniettabili, supposte, etc.);
§ i prodotti non in possesso di grado di diluizione che ne garantisca la sicurezza ovvero preparati in concentrazione ponderale (p.es.: tinture madri, macerati glicerici, etc.).
La procedura semplificata, rispetto al rilascio di una prima autorizzazione, prevede che i dossier dei medicinali (omeopatici e antroposofici) siano presentati fornendo la documentazione necessaria a garantire la qualità e la sicurezza del prodotto omeopatico. Già a legislazione previgente, la procedura semplificata relativa al modulo 4 del dossier, dava alle aziende produttrici la possibilità di presentare, in alternativa al modulo 4, una dichiarazione autocertificativa sottoscritta dal legale rappresentante dell’azienda, recante:
a)
elementi
comprovanti la sicurezza del prodotto, avendo riguardo alla sua composizione,
forma farmaceutica e via di somministrazione;
b)
i dati di vendita
al consumo degli ultimi cinque anni;
c)
le eventuali
segnalazioni di farmacovigilanza.
Per quanto riguarda le tariffe, come illustrato dal rappresentante del Governo, in risposta all’interrogazione 5-03726[166], le tariffe relative alla registrazione dei medicinali omeopatici risalgono a previsioni contenute nel decreto del Ministero della salute 22 dicembre 1997[167]. Con l'entrata in vigore del decreto ministeriale 21 dicembre 2012[168], si è proceduto all'aggiornamento delle tariffe e alla determinazione di quelle relative a prestazioni non ancora tariffate. Per i medicinali omeopatici, le tariffe sono state istituite equiparandole, per ragioni di equità ed analogia, a quelle previste per i medicinali tradizionali di origine vegetale. La sentenza TAR del Lazio n. 4650/2013 del 5 febbraio 2014 ha annullato il decreto ministeriale 21 dicembre 2012 limitatamente alle tariffe inerenti i medicinali omeopatici sottoposti a registrazione semplificata, ritenendolo illegittimo perché in contrasto con quanto stabilito dalla normativa primaria. Il TAR ha precisato che l'illegittimità investe anche la determinazione delle tariffe per il rinnovo dell'autorizzazione dei medicinali omeopatici già autorizzati all'immissione in commercio.
Da qui la necessità di intervenire con una norma che specificasse la portata della procedura di registrazione semplificata e l’entità delle tariffe.
Articolo 1,
commi 591 e 592
(Sperimentazione della produzione e
distribuzione di
farmaci monodose in ambito ospedaliero)
591. Al fine della razionalizzazione e del contenimento della spesa
farmaceutica, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Consiglio superiore di
sanità, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sulla base di
una proposta elaborata d'intesa con l'AIFA e con la Federazione nazionale degli
ordini dei medici-chirughi e degli odontoiatri, nel rispetto dei principi e
delle disposizioni europei e compatibilmente con le esigenze terapeutiche, sono
individuate le modalità per la produzione e la distribuzione in ambito
ospedaliero, in via sperimentale per un biennio, di medicinali in forma
monodose. Con il medesimo decreto è fissato il periodo in cui è comunque
ammessa la prosecuzione della produzione e della commercializzazione delle
confezioni pluridose e sono stabilite le modalità per il monitoraggio degli
obiettivi finanziari raggiunti.
592. Dall'attuazione del comma 591 non devono derivare nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica.
I commi 591 e 592 intendono favorire la produzione e distribuzione dei farmaci monodose in ambito ospedaliero. La misura, adottata in via sperimentale per un biennio, ha la finalità di contenere e razionalizzare la spesa farmaceutica.
Le modalità attuative dovranno essere individuate da un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Consiglio superiore di sanità, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sulla base di una proposta elaborata d’intesa con l’Agenzia Italiana del farmaco (AIFA) e con la Federazione nazionale degli ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni europei e compatibilmente con le esigenze terapeutiche. Con il medesimo decreto è fissato il periodo in cui è comunque ammessa la prosecuzione della produzione e della commercializzazione delle confezioni pluridose e sono stabilite le modalità per il monitoraggio degli obiettivi finanziari raggiunti.
L'attuazione della misura non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
La gestione dei farmaci
in dose unitaria (DUF), o monodose, è una metodologia già utilizzata da alcune
aziende ospedaliere italiane. Le monodosi sono unità posologiche di farmaci,
tipicamente per uso orale o iniettabili di piccolo/medio volume, confezionate
singolarmente. Possono essere ottenute attraverso specifiche apparecchiature,
in grado di ricavare monodosi a partire dalle confezioni presenti sul mercato.
Attraverso macchinari ad hoc, il sistema di gestione del DUF consente di
preparare le dosi unitarie e di produrre pacchetti personalizzati,
corrispondenti alla prescrizione informatizzata del medico.
Articolo 1,
commi 593-598
(Fondo per il rimborso alle regioni per
l’acquisto di medicinali innovativi)
593. Per gli anni 2015 e 2016 nello stato di previsione del Ministero
della salute è istituito un fondo per il concorso al rimborso alle regioni per
l'acquisto dei medicinali innovativi. Il fondo finalizzato al predetto rimborso
è alimentato da:
a) un contributo statale alla diffusione dei predetti medicinali
innovativi per 100 milioni di euro per l'anno 2015;
b) una quota delle risorse destinate alla realizzazione di specifici
obiettivi del Piano sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 34,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, pari a 400 milioni di euro per l'anno
2015 e 500 milioni di euro per l'anno 2016.
594. Le somme del fondo di cui al comma 593 sono versate in favore delle
regioni in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per
l'acquisto dei medicinali innovativi di cui al comma 593, secondo le modalità
individuate con apposito decreto del Ministro della salute, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
595. All'articolo 5, comma 3, lettera a), del decreto-legge 1º ottobre
2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n.
222, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «. Se il fatturato derivante
dalla commercializzazione di un farmaco innovativo è superiore a 300.000.000 di
euro, la quota dello sforamento imputabile al superamento del fondo aggiuntivo
di cui al comma 2, lettera a), resta, in misura pari al 20 per cento, a carico
dell'azienda titolare di AIC relativa al medesimo farmaco, e il restante 80 per
cento è ripartito, ai fini del ripiano, al lordo IVA, tra tutte le aziende
titolari di AIC in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali
non innovativi coperti da brevetto».
596. Il Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione
dei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 9 dell'intesa del 23
marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel
supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005,
monitora, a decorrere dal 2015, gli effetti di contenimento della spesa
sanitaria territoriale ed ospedaliera dovuti alla diffusione dei medicinali di
cui al comma 593 e al conseguente minore ricorso da parte degli assistiti ai
protocolli terapeutici e alle cure erogate prima della predetta diffusione dei
medicinali innovativi.
597. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad
effettuare le necessarie variazioni di bilancio con riferimento alle risorse di
cui al comma 593, lettera b).
598. Agli oneri derivanti dal comma 593, lettera a), pari a 100 milioni
di euro per l'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione del
Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10,
comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
I commi da 593 a 598 introducono disposizioni di favore relative ai medicinali innovativi. La norma è collegata alla recente immissione in commercio di farmaci innovativi destinati alla cura dell’Epatite C.
Le disposizioni in commento istituiscono, presso il Ministero della salute, un fondo destinato a concorrere al rimborso delle spese che i servizi sanitari regionali devono affrontare per l'acquisto di medicinali innovativi.
Il fondo, finora istituito solo per gli anni 2015 e 2016, ha uno stanziamento pari a 500 milioni di euro per ciascuno degli anni del biennio di riferimento.
Le risorse per il 2015 sono formate da:
a) un contributo statale, pari a 100 milioni di euro derivanti da una riduzione di pari importo del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE) di cui all’art. 10, co. 5, del D.L. n. 282/2004 (L. n. 307/2004);
b) 400 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale nella componente destinata alla realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale (PSN).
Le risorse per il 2016, pari a 500 milioni di euro, sono tutte a valere sul Fondo sanitario nazionale.
Il comma 597 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad effettuare le necessarie variazioni di bilancio con riferimento alle risorse del Fondo sanitario nazionale, già impegnate per obiettivi specifici del PSN.
Il riparto fra le regioni del fondo avverrà in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per l'acquisto dei medicinali innovativi. Le modalità di riparto saranno individuate, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, con decreto interministeriale Salute-Economia.
Il comma 595 introduce nuove regole per il ripiano (payback) dello sforamento del fondo aggiuntivo per la spesa per farmaci innovativi. Il Fondo è istituito dall’Agenzia italiano del farmaco (AIFA) con le risorse incrementali derivanti dalla spesa complessiva per i farmaci erogati sulla base della disciplina convenzionale[169]. A legislazione vigente, il ripiano è a carico di tutte le aziende farmaceutiche, in proporzione ai rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto. La norma in esame introduce una eccezione per le aziende farmaceutiche produttrici di un farmaco innovativo la cui commercializzazione abbia un fatturato superiore a 300 milioni di euro. In quel caso, e soltanto in quello, viene caricata una quota pari al 20 per cento dello sforamento del fondo aggiuntivo anche sull’azienda farmaceutica produttrice del farmaco innovativo, rimanendo il rimanente 80 per cento ripartito, ai fini del ripiano, tra tutte le aziende titolari di AIC in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto.
L’intervento legislativo viene attuato aggiungendo un periodo all'articolo 5, comma 3, lettera a), del decreto-legge n. 159/ 2007[170].
Viene infine previsto che il Comitato per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza sia responsabile, dal 2015, del monitoraggio degli effetti di contenimento della spesa sanitaria territoriale ed ospedaliera dovuti alla diffusione dei medicinali innovativi e al conseguente minore ricorso da parte degli assistiti ai protocolli terapeutici e alle cure erogate prima della diffusione dei medicinali innovativi.
Articolo 1,
commi 599 e 600
(Potenziamento delle misure di
sorveglianza e di contrasto delle malattie infettive e diffusive nel territorio
nazionale e dei livelli
di controllo di profilassi internazionale)
599. Al fine di potenziare le misure di sorveglianza e di contrasto
delle malattie infettive e diffusive nel territorio nazionale e di rafforzare i
livelli di controllo di profilassi internazionale per salvaguardare la
collettività da rischi per la salute, il Ministero della salute è autorizzato a
dotarsi degli strumenti e delle risorse sanitarie necessari a potenziare le
attività di prevenzione e di contrasto delle malattie infettive e diffusive nel
territorio nazionale, anche mediante l'acquisto di idonei dispositivi medici e
presidi medico-chirurgici e la predisposizione di spazi adeguatamente allestiti
per fronteggiare le emergenze sanitarie nonchè l'adeguamento delle conoscenze e
la formazione del personale medico e paramedico destinato a fronteggiare la
terapia e la diagnosi delle malattie infettive e diffusive di cui alle attuali
emergenze sanitarie, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. A
tale fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per il 2015 e di 1,5
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Sono autorizzate, anche in
deroga alle norme vigenti, le richieste di aspettativa, nel limite di sei mesi,
da parte di personale medico o paramedico che intenda prestare la propria opera
nei Paesi del continente africano attualmente interessati dal fenomeno del
virus Ebola.
600. Al fine di garantire l'avvio delle attività nell'unità per alto
isolamento dell'Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro
Spallanzani» di Roma, costituita per fare fronte a situazioni di emergenza
biologica a livello nazionale e internazionale, è autorizzato l'incremento del
fondo di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, mediante un contributo straordinario
in conto capitale di 2 milioni di euro per l'anno 2015 e di un milione di euro
per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Ai fini della concessione del predetto
contributo, l'Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro
Spallanzani», entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, presenta al Ministero della salute il piano di sviluppo
dell'unità di alto isolamento. Il contributo è erogato previa approvazione del
predetto piano da parte della sezione ricerca del Comitato tecnico-sanitario
del Ministero della salute.
Il comma 599 prevede che il Ministero della salute sia autorizzato a dotarsi degli strumenti e delle risorse sanitarie necessarie per potenziare le misure di prevenzione e contrasto delle malattie infettive e diffusive sul territorio nazionale, e per rafforzare i livelli di controllo di profilassi internazionale, anche mediante l’acquisto di idonei dispositivi medici, presidi medico-chirurgici e la predisposizione di spazi adeguatamente allestiti, nonché mediante specifiche attività formative dirette al personale medico e paramedico. A tal fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per il 2015 e di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
Sono autorizzate, anche in deroga alle norme vigenti, le richieste di aspettativa, nel limite di 6 mesi, da parte di personale medico o paramedico che intenda prestare la propria opera nei paesi del continente africano attualmente interessati dal fenomeno del virus Ebola[171].
Viene incrementato il Fondo di cui all’articolo 12, comma 2 del D.Lgs n. 502/1992[172] – che destina una quota del Fondo sanitario nazionale pari all’1% dello stesso all’attività di ricerca corrente – mediante un contributo straordinario in conto capitale di 2 milioni di euro per il 2015 e di un milione di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, allo scopo di garantire l’avvio delle attività nell’unità per alto isolamento dell’Istituto Nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.
Per la concessione del contributo straordinario, l’Istituto citato è tenuto a presentare al Ministero della salute il piano di implementazione dell’unità di alto isolamento. Tale piano deve essere presentato entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità 2015. L’erogazione del contributo avviene dopo l’approvazione del Piano da parte della Sezione ricerca del Comitato tecnico-sanitario del Ministero della salute.
Articolo 1,
comma 601
(Nuovo sistema di ripartizione del costo
e del
fabbisogno sanitario standard regionale)
601. All'articolo 27, comma 7, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.
68, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «A decorrere dall'anno 2015 i
pesi sono definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sulla base dei criteri previsti dall'articolo 1, comma 34, della legge
23 dicembre 1996, n. 662, tenendo conto, nella ripartizione del costo e del
fabbisogno sanitario standard regionale, del percorso di miglioramento per il
raggiungimento degli standard di qualità, la cui misurazione si può avvalere
del sistema di valutazione di cui all'articolo 30 del presente decreto. Qualora
non venga raggiunta l'intesa entro il 30 aprile 2015, per l'anno 2015
continuano ad applicarsi i pesi di cui al primo periodo del presente comma».
Il comma 601
modifica, a decorrere dal 2015, i pesi
da considerare ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario regionale, aggiungendo ulteriori disposizioni
al comma 7, art. 27, del D.Lgs. n. 68/2011 che prescrive i criteri per
l’individuazione delle regioni in equilibrio economico.
L’art. 27 del D.Lgs. 68/2011 definisce la procedura per la determinazione
dei costi e dei fabbisogni standard regionali. Il co. 7, in particolare, si
riferisce ai criteri per
l’individuazione delle regioni in equilibrio economico, sulla base dei
risultati relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento, con
pesature per il calcolo del fabbisogno sanitario - riferito al medesimo
esercizio - effettuate con i pesi per
classi di età. La misura in esame dà attuazione dall’art. 1, co. 2, del nuovo
Patto per la salute 2014-2016 (v. box).
A partire dal 2015, le pesature ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario sono
effettuate con pesi definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto
con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza
Stato-regioni e province autonome, non
più esclusivamente in relazione alle classi di età della popolazione
regionale residente, ma in base ai criteri di cui all’art. 1, co. 34, della L.
n. 662/1996 (vale a dire popolazione residente, frequenza dei consumi sanitari
per età e per sesso, tassi di mortalità della popolazione, indicatori relativi
a particolari situazioni territoriali ritenuti utili al fine di definire i
bisogni sanitari delle regioni ed indicatori epidemiologici territoriali).
Inoltre, nella ripartizione del costo e del fabbisogno sanitario standard per regione, si dovrà tenere conto del
percorso di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità a livello regionale, la cui misurazione potrà
essere effettuata in base al sistema di valutazione della qualità delle cure e
dell’uniformità dell’assistenza in tutte le regioni[173] previsto a
legislazione vigente dall’art. 30 del medesimo D.Lgs. n. 68/2011.
Si ricorda che l’art. 30 del citato D.Lgs. 68/2011 ha previsto una fase
di prima applicazione delle disposizioni relative alla determinazione dei costi
e dei fabbisogni standard regionali, stabilendo che restano ferme le
disposizioni vigenti in materia di riparto delle somme che sono destinate al
rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, alle altre attività
sanitarie a destinazione vincolate ed al finanziamento della mobilità
sanitaria, nonché tutte le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento
sanitario non disciplinate dal medesimo decreto. In particolare, viene
demandata al Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni,
l’implementazione di un sistema adeguato di valutazione della qualità delle
cure e dell'uniformità dell'assistenza in tutte le regioni e l’effettuazione di
un monitoraggio costante dell'efficienza e dell'efficacia dei servizi, anche al
fine degli adempimenti previsti per il completamento del processo di
convergenza dei valori percentuali regionali in un periodo stabilito in cinque
anni, dall'art.27, co. 11, del medesimo D.Lgs.
68/2011.
L’effettiva applicazione del nuovo sistema di
ripartizione del costo e del fabbisogno sanitario standard regionale come sopra
definito avverrà solo nel caso in cui venga raggiunta l’Intesa prevista entro il 30 aprile 2015. In caso
contrario, continueranno ad applicarsi i pesi per classi di età della popolazione residente.
Attualmente il calcolo della pesatura per la determinazione del
fabbisogno sanitario regionale (relativo al secondo esercizio precedente a
quello di riferimento) effettuato ai sensi del citato art. 27, co. 7, del
D.Lgs. n. 68/2011 prevede che i pesi sia definiti per classi di età della popolazione residente. Dal 2013, infatti, in fase
di prima applicazione, il fabbisogno standard delle regioni a statuto
ordinario è determinato applicando
i valori di costo medio pro-capite (rispetto
alla popolazione residente pesata per classi di età) rilevati nelle tre regioni
prese a riferimento, cd. “benchmark”, in base ai meccanismi di cui al medesimo
D.Lgs. 68/2011 (vale a dire Emilia-Romagna, Veneto e Umbria), moltiplicati per
la popolazione residente di ciascuna regione pesata, anche in questo caso, con
il criterio della classe di età.
Con riferimento a tale
sistema di calcolo si veda, da ultimo, l’Intesa raggiunta in sede di Conferenza delle regioni
e province autonome il 4 dicembre 2014 sul riparto delle risorse
statali destinate al finanziamento del SSN per il 2014, in base alla proposta
del Ministro della salute di deliberazione CIPE.
Per il riparto 2013, l’Intesa è stata raggiunta il 19 dicembre 2013
insieme all’Accordo politico della medesima data del 19 dicembre . Si
ricorda in proposito che il Patto per la salute 2014-2016 siglato il 10
luglio 2014, al comma 2, art. 1, ha tenuto conto di quanto contenuto nel
predetto accordo, con cui è stata per l’appunto stabilita la necessità di
rivedere e riqualificare i criteri per la definizione dei pesi sulla base della
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, considerando il
trend di miglioramento per il raggiungimento degli standard di qualità e i
criteri già indicati dall’art. 1, co. 34, della L. 662/1996.
Articolo 1,
commi 602 e 603
(Centro nazionale di adroterapia
oncologica)
602. Al fine di consentire la prosecuzione delle attività di ricerca,
assistenza e cura dei malati oncologici, mediante l'erogazione della terapia
innovativa salvavita denominata «adroterapia» è autorizzato un contributo fino
a 15 milioni di euro per l'anno 2015, a 10 milioni di euro per l'anno 2016 e a
5 milioni di euro per l'anno 2017, a favore del Centro nazionale di adroterapia
oncologica (CNAO), a valere sulle risorse di cui all'articolo 20 della legge 11
marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni. Ai fini della concessione del
predetto contributo, il CNAO presenta al Ministero della salute, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il piano degli
investimenti in conto capitale da effettuare per il perseguimento degli scopi
istituzionali del Centro, nonchè la relazione, asseverata dal Collegio dei
revisori dei conti, di quelli già effettuati per i medesimi scopi. Il
contributo è erogato previa approvazione del predetto piano e della predetta
relazione da parte del Ministero della salute, con separata indicazione degli
investimenti già eseguiti e di quelli da eseguire. Per gli investimenti da
eseguire l'erogazione delle somme è effettuata per stati di avanzamento lavori.
603. Al fine di garantire il perseguimento delle finalità di cui al
comma 602, la composizione del Consiglio di indirizzo del CNAO è integrata con
un membro nominato dal Ministro della salute, la cui partecipazione al
Consiglio non dà luogo all'attribuzione di indennità o a compensi comunque
denominati. Lo statuto del CNAO è conseguentemente adeguato entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore della presente legge.
I commi 602 e 603 dispongono un’autorizzazione di spesa per il Centro nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) e l’integrazione della composizione del Consiglio di indirizzo del CNAO con un membro nominato dal Ministero della Salute.
La Fondazione
CNAO è un centro di ricerca e trattamento dei casi tumorali non pediatrici che
rientrano nei protocolli clinici autorizzati dal Ministero della Salute. L’adroterapia
è un forma non invasiva di radioterapia per la lotta contro i tumori non
aggredibili chirurgicamente perché localizzati in sedi anatomiche complicate da
organi vitali, che utilizza particelle pesanti o adroni (protoni o ioni di
carbonio). Il Centro è stato istituito sulla base delle previsioni di cui
all’art. 92, co. 1, della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) quale ente
non commerciale dotato di personalità giuridica di diritto privato con la
partecipazione di enti di ricerca, individuati con decreto del Ministro della
sanità, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica
e tecnologica, e soggetti pubblici e privati.
Il comma 602 autorizza un contributo al CNAO fino a 15 milioni di euro per il 2015, fino a 10 milioni di euro per il 2016 e fino a 5 milioni di euro per il 2017, finalizzato a consentire la prosecuzione delle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici, a valere sul programma decennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico (interventi di edilizia sanitaria) di cui all’art. 20 della legge n. 67/1988 (legge finanziaria 1988).
L’articolo 20 della citata legge finanziaria 67/1988 ha originariamente programmato per il piano pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico e di realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti, 30.000 miliardi di lire (circa 15,5 miliardi di euro). Tale importo è stato via via aumentato con le successive leggi finanziarie[174].
Dal punto di vista procedurale, il D.Lgs. 229/1999, modificando il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 di riordino della disciplina in materia sanitaria, ha successivamente disposto la possibilità, per il Ministro della salute, di stipulare, nell’ambito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 20 della legge n. 67/1988, accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati, previo concerto con il MEF e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, nei limiti delle disponibilità finanziarie iscritte nel bilancio dello Stato e nei bilanci regionali . Al finanziamento degli interventi si provvede mediante operazioni di mutuo che le regioni e le province autonome sono autorizzate ad effettuare, nel limite del 95% della spesa ammissibile risultante dal progetto, con la BEI, con la Cassa depositi e prestiti e con gli istituti e aziende di credito abilitati allo scopo, secondo modalità e procedure previste dal D.M 16 luglio 1993. I soggetti beneficiari del programma di investimenti sono le regioni e province autonome, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), i policlinici universitari, l’istituto superiore di sanità, gli ospedali classificati e gli istituti zooprofilattici sperimentali.
Nel bilancio a legislazione vigente 2015 e per il triennio 2015 – 2017[175] (Decreto 101094 del 29 dicembre 2014),
a seguito del rifinanziamento in Tab. E della legge di stabilità 2015 (L.
190/2014), la dotazione del cap.
7464/Economia che reca le somme da erogare per gli interventi in materia di
edilizia sanitaria pubblica, presenta uno stanziamento complessivo di
competenza pari a 810 milioni di
euro per il 2015, 1.410 milioni per il 2016 e 1.721,2 milioni per il 2017.
Peraltro, la concessione del contributo è subordinata alla presentazione al Ministero della salute, da parte del CNAO, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle legge di stabilità 2015 (1° gennaio 2015), del piano di investimenti da effettuare per i propri scopi istituzionali e una relazione - asseverata dal Collegio dei revisori – che indichi gli investimenti in conto capitale già effettuati. Successivamente, il Ministero dovrà approvare il predetto piano e la relazione, indicando separatamente gli investimenti già eseguiti e quelli da eseguire. Per questi ultimi, l’erogazione delle somme è effettuata per stati di avanzamento lavori.
Si segnala in
proposito che, nel sopra citato bilancio a legislazione vigente 2015, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero della salute, non viene esposto alcuno stanziamento al cap. 3398 (trasferimenti alle
amministrazioni pubbliche) relativo alle somme per le attività del Centro
nazionale di adroterapia oncologia (piano di gestione 2), presumibilmente in
quanto il contributo al Centro potrà essere assegnato solo a consuntivo per le
modalità di riparto degli stanziamenti previsti per l’edilizia sanitaria e per
la specifica procedura di assegnazione del contributo al Centro.
Il comma 603, inoltre, dispone l’integrazione del Consiglio di indirizzo del CNAO con un membro nominato da Ministro della salute. A tale partecipazione non consegue alcuna attribuzione di indennità o compensi comunque denominati.
Lo statuto del CNAO deve essere adeguato entro trenta giorni dal 1° gennaio 2015 (data di entrata in vigore della legge di stabilità 2015).
Articolo 1,
commi 604 e 605
(Piano per il risanamento della regione
Molise)
604. In relazione alla grave situazione economico-finanziaria e
sanitaria determinatasi nella regione Molise, al fine di ricondurre la gestione
nell'ambito dell'ordinata programmazione sanitaria e finanziaria anche al fine
di ricondurre i tempi di pagamento al rispetto della normativa dell'Unione
europea, è autorizzata per l'anno 2015 la spesa fino ad un massimo di 40
milioni di euro in favore della regione stessa, subordinatamente alla
sottoscrizione dello specifico Accordo tra lo Stato e le regioni concernente
l'intervento straordinario per l'emergenza economico-finanziaria del servizio
sanitario della regione Molise e per il riassetto della gestione del servizio
sanitario regionale.
605. L'erogazione della somma di cui al comma 604 è condizionata
all'effettiva attuazione dell'Accordo di cui al citato comma 604, la cui
verifica è demandata in sede congiunta al Comitato permanente per l'erogazione
dei LEA e al Tavolo di verifica degli adempimenti, di cui agli articoli 9 e 12
dell'intesa del 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n.
105 del 7 maggio 2005.
In ragione della grave
situazione economico-finanziaria e sanitaria della regione Molise, i commi 604
e 605 dispongono, per il 2015,
una autorizzazione di spesa fino ad
un massimo di 40 milioni di euro in
favore della Regione e le condizioni
per l’erogazione della somma.
In particolare, il comma 604 subordina questa autorizzazione di spesa alla sottoscrizione di uno specifico Accordo Stato-regioni concernente l’intervento straordinario per l’emergenza economico finanziaria del servizio sanitario della regione e il riassetto gestionale dello stesso.
Il comma 605, inoltre, condiziona l’erogazione della somma a favore della Regione all’effettiva attuazione dell’Accordo, la cui verifica è demandata, in sede congiunta, al Comitato permanente per l’erogazione dei Lea e al Tavolo di verifica adempimenti.
Il Piano di Rientro
dal disavanzo della Regione Molise è stato siglato il 27 marzo 2007.
Nel corso delle consuete verifiche,
nella riunione del 10 aprile 2014, il Tavolo di verifica degli adempimenti e il
Comitato LEA hanno constato che: la regione Molise al quarto trimestre 2013
presenta un disavanzo di 51,743 mln di euro, pari all’8,6% del finanziamento
annuale assegnato alla Regione. Dopo il conferimento delle aliquote fiscali
relative all’anno d’imposta 2014 nei termini preordinati dal Piano di rientro -
nell’importo stimato in 24,126 mln di euro al netto di 2 mln di euro destinati
al rimborso della rata del mutuo per il pagamento dei debiti al 31 dicembre
2005 -, residua un disavanzo non coperto di 27,617 mln di euro. Considerando la
perdita 2012 e precedenti non coperta, valutata a 182,806 mln di euro, la
perdita cui dare copertura è risultata pari a 210,423 mln di euro. Il disavanzo cumulato al 31 dicembre 2013
rappresenta pertanto il 35,4% del
finanziamento annuale attribuito dal riparto alla Regione Molise[176].
Gli organi di verifica hanno
osservato, nel corso del monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi
intermedi definiti nel Piano di rientro, come il disavanzo sanitario regionale,
nel periodo 2007-2013, abbia registrato non già una contrazione, come ci si
sarebbe dovuti attendere per effetto della sottoscrizione del Piano di rientro,
bensì un peggioramento, dovuto all’estremo ritardo nell'attuazione delle azioni
di risanamento previste[177].
Conseguentemente, il MEF, con comunicato del 26 ottobre, ha comunicato che il Tavolo per la
verifica degli adempimenti e il Comitato permanente per la verifica
dell’erogazione dei Lea hanno constatato che nell’esercizio 2013 la regione
Molise non ha raggiunto gli obiettivi previsti. Pertanto, per l’anno
d’imposta 2014, nella suddetta regione, si sono realizzate le condizioni per
confermare l’applicazione automatica delle maggiorazioni dell’aliquota
dell’IRAP nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell’addizionale regionale
all’IRPEF nella misura di 0,30 punti percentuali.
Tale autorizzazione di spesa è concessa in relazione alla grave situazione economico finanziaria e sanitaria determinatasi nella Regione Molise, al fine di ricondurre la gestione nell’ambito della ordinata programmazione sanitaria e finanziaria anche al fine di ricondurre i tempi di pagamento al rispetto della normativa comunitaria (direttiva 2011/7/UE recante misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)[178].
Per quanto riguarda la procedura per accedere ai benefici economici stanziati dallo Stato in favore delle regioni in disavanzo sanitario, la legge finanziaria 2005 (art. 1, comma 180, legge n. 311/2004) ha stabilito che le Regioni che versano in una situazione di disavanzo sanitario devono procedere alla ricognizione delle relative cause e alla elaborazione di un Piano di riorganizzazione del rispettivo servizio sanitario. Tali Regioni devono, inoltre, stipulare un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia nel quale individuare gli interventi necessari al recupero dell’equilibrio economico.
La stipula degli accordi con lo Stato integra, per le Regioni in disavanzo, il presupposto per accedere ai benefici economici stanziati (art. 1, commi 278 e seguenti della legge finanziaria 2006[179]). Gli accordi hanno carattere vincolante (artt. 1, comma 796, lett. b) della legge n. 296/2006[180]), poiché attribuiscono al Governo, nel caso in cui la Regione non rispetti gli adempimenti previsti dal Piano, il potere di nominare, previa diffida alla Regione, un commissario ad acta ed eventuali subcommissari.
La verifica e il monitoraggio del rispetto dei singoli Piani di rientro sono rimessi ad appositi organi, istituiti rispettivamente presso il Ministero dell’Economia e delle Finanza e presso il Ministero della Salute, denominati Tavolo di verifica degli adempimenti e Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza (artt. 9 e 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005).
Articolo 1,
comma 606
(Misure per favorire il trasferimento delle
risorse da parte delle regioni agli enti del Servizio sanitario nazionale)
606. All'articolo 3, comma 7, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, è aggiunto, in
fine, il seguente periodo: «A decorrere dall'anno 2015 la predetta percentuale
è rideterminata al valore del 95 per cento e la restante quota deve essere
erogata al servizio sanitario regionale entro il 31 marzo dell'anno
successivo».
Per fornire liquidità agli enti dei servizi sanitari regionali e garantire un’accelerazione dei pagamenti ai fornitori, dal 2015 vengono previste misure stringenti per l’erogazione, da parte delle regioni, delle somme destinate al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.
A tal fine il comma 606 interviene:
§ incrementando (dal 90 al 95%) la percentuale delle risorse destinate al finanziamento dei servizi sanitari regionali che le regioni devono erogare agli enti dei propri servizi sanitari entro la fine dell’esercizio.
La percentuale è riferita alla somma delle risorse che
la regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del servizio sanitario
regionale, a cui si aggiungono le risorse che le regioni stesse destinano al
finanziamento del proprio servizio sanitario regionale;
§ fissando entro il 31 marzo dell’anno successivo il termine per l’erogazione della restante quota del 5%.
L’intervento è operato aggiungendo un periodo al comma 7 dell’articolo 3 del DL. n. 35/2013 (L. n. 64/2013) che ha dettato norme, tra l’altro, per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione ed il riequilibrio finanziario degli enti territoriali.
Alla disposizione in esame non vengono ascritti
effetti finanziari in ragione del fatto che dovrebbe trattarsi di un mero
trasferimento di risorse dalla regione ai propri enti.
Si ricorda che l’articolo
3, comma 7, del citato D.L.. n. 35/2013 ha introdotto un nuovo adempimento regionale, ai fini
dell’ordinario accesso delle regioni
alle quote premiali del
finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale[181], costituito
dall’erogazione, da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale
entro la fine dell’anno, di almeno il 90% delle somme che la regione incassa
dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario regionale (vale a
dire IRAP, dell’addizionale regionale all’IRPEF e dei trasferimenti da
bilancio statale a titolo di compartecipazione IVA e di Fondo sanitario
nazionale), nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie,
destinano al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale[182].
Articolo 1,
commi 607 e 608
(Norme concernenti l’Istituto per i
trapianti e terapie
ad alta specializzazione di Palermo)
607. Al fine di agevolare la prosecuzione dell'investimento straniero
nell'Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione
di Palermo (ISMETT), in considerazione dell'elevata specializzazione maturata
dall'ISMETT nelle attività di trapianto e cura delle insufficienze terminali di
organi vitali e del rilievo assunto in ambito nazionale, così come attestato
dal riconoscimento del carattere scientifico dell'ISMETT, la Regione siciliana,
sottoposta ai programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro dal
deficit sanitario, sottoscritto ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311, è autorizzata fino al 31 dicembre 2017 ad
incrementare la valorizzazione tariffaria dell'attività sanitaria del predetto Istituto,
in deroga a quanto previsto dall'articolo 15, comma 17, secondo periodo, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 135, e la valorizzazione delle funzioni del medesimo ISMETT,
in deroga a quanto previsto dall'articolo 15, comma 13, lettera g), del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 2012, n. 135, per garantire il riconoscimento della maggiore
complessità gestita dall'ISMETT. La regione assicura il conseguimento degli
obiettivi finanziari relativi al settore sanitario su altre aree della spesa
sanitaria. Tale autorizzazione opera anche con riferimento agli anni 2013 e
2014.
608. La Regione siciliana, assicura, nell'ambito dei programmi operativi
di cui al comma 607, l'approvazione di un programma triennale di
riorganizzazione ed efficientamento dell'ISMETT, da attuare a decorrere dal 30
giugno 2015, monitorato dai tavoli di cui agli articoli 9 e 12 dell'intesa del
23 marzo 2005.
I commi 607 e 608 favoriscono la prosecuzione dell’investimento straniero nell’Istituto Mediterraneo per i trapianti e le terapie ad alta specializzazione (ISMETT) di Palermo ed autorizzano la Regione siciliana ad aumentare le tariffe massime delle prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica erogate dall’ISMETT nonché ad incrementare il valore complessivo delle funzioni assistenziali dello stesso ISMET. La Regione siciliana viene impegnata ad approvare un programma triennale di riorganizzazione ed efficientamento dell'ISMETT.
L’ISMETT,
ente con personalità giuridica di diritto privato, è stato costituito nel 1997
come modello gestionale sperimentale - ai sensi dell’art. 9-bis D.L. 502/92 forma di collaborazione tra strutture del Servizio
sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di
società miste a capitale pubblico e privato -, grazie ad una partnership tra la
Regione Siciliana, per il tramite delle Aziende Ospedaliere di Palermo
"ARNAS Civico" e "Vincenzo Cervello", ed UPMC (University of Pittsburgh Medical Center).
L’Istituto fa parte del Sistema Sanitario Regionale della Sicilia. L’ISMETT si
occupa di trapianti e di terapie ad alta specializzazione. Il D.M. 12 settembre 2014 ha riconosciuto il
carattere scientifico dell'ISMETT nella disciplina Cura e ricerca delle
insufficienze terminali d'organo.
In deroga alla normativa vigente, il comma 607 autorizza la Regione siciliana, anche se sottoposta ai Programmi operativi di prosecuzione del Piano di rientro dal deficit sanitario, a:
§ incrementare la valorizzazione tariffaria dell’attività sanitaria dell’ISMETT in deroga a quanto previsto dall’articolo 15, co. 17, secondo periodo, del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012), che stabilisce che per le regioni in piano di rientro sanitario, come la Regione siciliana, gli importi tariffari massimi costituiscono un limite invalicabile[183];
§ incrementare la valorizzazione delle funzioni dell’ISMETT oltre il 30 per cento del limite di remunerazione assegnato. Le prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico possono essere erogate solo da soggetti accreditati. L’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza a requisiti di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. Le strutture accreditate che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del SSN sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Più nel dettaglio, la misura quantitativa delle prestazioni erogabili e la loro remunerazione è oggetto del contratto che le strutture private sottoscrivono con le Aziende sanitarie (artt. 8-quinquies e 8-sexies del D.Lgs. n. 502/1992). Successivamente, l’articolo 15, co. 13, lettera g), del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012) ha stabilito che valore complessivo della remunerazione delle funzioni assistenziali non può in ogni caso superare il 30 per cento del limite di remunerazione assegnato.
Le deroghe sono autorizzate fino al 31 dicembre 2017, e con norma retroattiva anche nel biennio 2013-2014.
Il successivo comma 608 impegna la Regione siciliana ad approvare un programma triennale di riorganizzazione ed efficientamento dell'ISMETT. Il programma triennale, predisposto nell'ambito dei Programmi operativi di prosecuzione del Piano di rientro, dovrà essere attuato a partire dal 30 giugno 2015 e monitorato dal Tavolo per la verifica degli adempimenti e dal Comitato per l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza[184].
La RT al provvedimento specifica che, in relazione ai maggiori costi derivanti dall’applicazione delle deroghe sopra illustrate, la Regione siciliana assicura il mantenimento degli obiettivi finanziari relativi al settore sanitario mediante economie di pari importo da realizzarsi su altre aree della spesa sanitaria.
Articolo 1,
comma 609
(Gestione aggregata dei servizi pubblici
locali
a rete di rilevanza economica)
609. Al fine di promuovere processi di aggregazione e di rafforzare la
gestione industriale dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica,
all'articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «cui gli
enti locali partecipano obbligatoriamente, fermo restando quanto previsto
dall'articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56. Qualora gli enti
locali non aderiscano ai predetti enti di governo entro il 1º marzo 2015 oppure
entro sessanta giorni dall'istituzione o designazione dell'ente di governo
dell'ambito territoriale ottimale ai sensi del comma 2 dell'articolo 13 del
decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 2014, n. 15, il Presidente della regione esercita, previa
diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni, i
poteri sostitutivi. Gli enti di governo di cui al comma 1 devono effettuare la
relazione prescritta dall'articolo 34, comma 20, del decreto-legge 18 ottobre
2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n.
221, e le loro deliberazioni sono validamente assunte nei competenti organi
degli stessi senza necessità di ulteriori deliberazioni, preventive o
successive, da parte degli organi degli enti locali. Nella menzionata relazione,
gli enti di governo danno conto della sussistenza dei requisiti previsti
dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e ne motivano le
ragioni con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di
efficienza, di economicità e di qualità del servizio. Al fine di assicurare la
realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari da parte del soggetto
affidatario, la relazione deve comprendere un piano economico-finanziario che,
fatte salve le disposizioni di settore, contenga anche la proiezione, per il
periodo di durata dell'affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti
e dei relativi finanziamenti, con la specificazione, nell'ipotesi di
affidamento in house, dell'assetto economico-patrimoniale della società, del capitale
proprio investito e dell'ammontare dell'indebitamento da aggiornare ogni
triennio. Il piano economico-finanziario deve essere asseverato da un istituto
di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di credito stesso e
iscritte nell'albo degli intermediari finanziari, ai sensi dell'articolo 106
del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e
successive modificazioni, o da una società di revisione ai sensi dell'articolo
1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966. Nel caso di affidamento in house, gli
enti locali proprietari procedono, contestualmente all'affidamento, ad
accantonare pro quota nel primo bilancio utile, e successivamente ogni
triennio, una somma pari all'impegno finanziario corrispondente al capitale proprio
previsto per il triennio nonchè a redigere il bilancio consolidato con il
soggetto affidatario in house»;
b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. L'operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in
via universale o parziale, a seguito di operazioni societarie effettuate con
procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, fermo restando il
rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella
gestione dei servizi fino alle scadenze previste. In tale ipotesi, anche su
istanza motivata del gestore, il soggetto competente accerta la persistenza dei
criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio
economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro
rideterminazione, anche tramite l'aggiornamento del termine di scadenza di
tutte o di alcune delle concessioni in essere, previa verifica ai sensi
dell'articolo 143, comma 8, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, e successive modificazioni, effettuata dall'Autorità di
regolazione competente, ove istituita, da effettuare anche con riferimento al
programma degli interventi definito a livello di ambito territoriale ottimale
sulla base della normativa e della regolazione di settore»;
c) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Fatti salvi i finanziamenti già assegnati anche con risorse
derivanti da fondi europei, i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere
su risorse pubbliche statali ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della
Costituzione relativi ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica
sono attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali
ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio a condizione che dette risorse
siano aggiuntive o garanzia a sostegno dei piani di investimento approvati dai
menzionati enti di governo. Le relative risorse sono prioritariamente assegnate
ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica o di cui
comunque l'Autorità di regolazione competente, o l'ente di governo dell'ambito
nei settori in cui l'Autorità di regolazione non sia stata istituita, attesti
l'efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri
stabiliti dall'Autorità stessa o dall'ente di governo dell'ambito, ovvero che
abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria»;
d) dopo il comma 4 è inserito il seguente:
«4-bis. Le spese in conto capitale, ad eccezione delle spese per
acquisto di partecipazioni, effettuate dagli enti locali con i proventi
derivanti dalla dismissione totale o parziale, anche a seguito di quotazione,
di partecipazioni in società, individuati nei codici del Sistema informativo
delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) E4121 e E4122, e i medesimi
proventi sono esclusi dai vincoli del patto di stabilità interno»;
e) dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
«6-bis. Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni,
comprese quelle di carattere speciale, in materia di servizi pubblici locali a
rete di rilevanza economica si intendono riferite, salvo deroghe espresse,
anche al settore dei rifiuti urbani e ai settori sottoposti alla regolazione ad
opera di un'autorità indipendente».
Il comma 609 interviene sulla disciplina dei servizi pubblici locali (SPL) modificando e innovando in materia di: ruolo e funzioni degli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei; mantenimento della concessione in caso di acquisizione o fusione societaria; criteri per i finanziamenti disposti a valere su risorse statali relativamente ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica; esclusione di talune categorie di spese dal patto di stabilità interno.
La disposizione prevede (lett. a)) l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei, attribuendo - in caso di inottemperanza - al Presidente della regione l’esercizio dei poteri sostituitivi. La predisposizione della relazione richiesta dalla legislazione vigente per l’affidamento del servizio viene quindi posta in capo ai suddetti enti di governo; nella relazione è ricompreso anche un piano economico finanziario.
Viene, inoltre, disposto (lett. b)) il mantenimento della concessione in essere anche in caso di acquisizione o fusione societaria, consentendo, ove necessario, la rideterminazione dell’equilibrio economico finanziario del nuovo soggetto gestore, anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza delle concessioni in essere.
Il testo richiede altresì (lett. c)) che i finanziamenti concessi a valere su risorse statali relativi ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica siano attribuiti agli enti di governo o ai relativi gestori del servizio purché siano risorse aggiuntive o a garanzia a sostegno dei piani di investimento approvati dagli enti di governo. Riguardo ai criteri stabiliti per l’assegnazione delle risorse in via prioritaria la norma richiama: i soggetti selezionati tramite gara ad evidenza pubblica; i gestori di cui venga attestata l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso o che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria.
Viene poi disposto (lett. d)) che le spese in conto capitale effettuate dagli enti locali con i proventi derivanti dalla dismissione – totale o parziale, ed anche a seguito di quotazione – di partecipazioni in società sono escluse, unitamente ai proventi medesimi, dal patto di stabilità interno. È stabilito invece che non sono escluse dal suddetto patto le spese effettuate dagli enti locali per acquisto di partecipazioni.
L’ambito di applicazione delle norme delle norme è definito dalla disposizione finale dell’articolo (lett. e)), che fa riferimento, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione da parte di un’Autorità indipendente.
Finalità delle previsioni recate dalla disposizione in commento, in base a quanto evidenziato nell’incipit della norma nonché nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica sul disegno di legge del Governo, sono quelle di incentivazione dei processi di aggregazione tra soggetti operanti nei servizi pubblici locali di rilevanza economica e di rafforzamento della gestione industriale dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, con l’obiettivo di “rilanciare gli investimenti, ridurre i costi attraverso economie di scala e di scopo e migliorare i livelli prestazionali e di qualità dei servizi, attraverso misure quali l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti territoriali ottimali”.
A tale scopo, sono introdotte nuove disposizioni all’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
In primo luogo, la lett. a) stabilisce l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei.
A tal fine, sono aggiunte previsioni più stringenti rispetto a quanto già stabilito al comma 1-bis dell’art. 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, il quale dispone che unicamente i suddetti enti di governo svolgono le funzioni di:
§ organizzazione dei SPL a rete di rilevanza economica, quali elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto;
§ scelta della forma di gestione;
§ determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza;
§ affidamento della gestione e relativo controllo.
Con la finalità di rendere più efficiente la gestione dei servizi, il legislatore ha previsto una disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell'articolo 3-bis del D.L. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), che è stato introdotto dall'art. 25, co. 1, del D.L. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012). Tale disposizione - che si applica solo ai servizi pubblici locali a rete (elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto) di rilevanza economica - attribuisce alle regioni e alle province autonome il compito di:
§ individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione. Gli ambiti devono essere: ottimali, omogenei, di dimensione normalmente non inferiore a quella del territorio provinciale. E' riconosciuta alle Regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, individuando ambiti di dimensione diversa. Ciò purché la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale e socio economica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio;
§ istituire o designare gli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali; ad essi la legge riserva in via esclusiva le seguenti funzioni: organizzazione del servizio; scelta della forma di gestione; affidamento della gestione; controllo della gestione; determinazione delle tariffe all'utenza (art. 3-bis, comma 1-bis, del D.L. n. 138/2011, introdotto dall'art. 34 del D.L. n. 179/2012).
È
stata, in ogni caso, fatta salva l'organizzazione per ambiti di singoli
servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e
già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla
dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee. Tale clausola di
salvaguardia è stata posta in relazione alla necessità di coordinare tali
disposizioni con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di
singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali. In
particolare, ai sensi dell’articolo 147 del Codice ambientale, i servizi
idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali
ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli (L.
36/1994). Analoga
organizzazione territoriale è prevista dall’articolo 200 del Codice per il servizio
di gestione integrata dei rifiuti urbani.
Le disposizioni recate dall’articolo in commento si riferiscono invece, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera do un’Autorità indipendente (v. infra).
Rispetto all’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo, secondo la lettera della disposizione, resta fermo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 90, della legge 7 aprile 2014, n. 56, che stabilisce la necessità di attribuire alle sole province le funzioni di organizzazione dei servizi a rete di rilevanza economica (di competenza comunale o provinciale) procedendo alla soppressione degli enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale attualmente incaricati di svolgere tali funzioni.
Il comma 90 dell’art. 1,
nel caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti
servizi a rete di rilevanza economica
prevedano l'attribuzione di funzioni
di organizzazione dei predetti servizi (di competenza comunale o provinciale)
ad enti o agenzie in ambito provinciale
o sub-provinciale dispone che:
§ le leggi statali o regionali, ovvero il D.P.C.M. che determina i criteri generali per l'individuazione dei beni e delle risorse connesse all'esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l'attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, in base ai principi e le procedure ivi previsti;
§ sono individuate misure premiali per le regioni che si adeguino a tali previsioni (approvando leggi di riorganizzazione delle funzioni, prevedendo la soppressione di enti o agenzie) da definire con decreto interministeriale previsa intesa con la Conferenza Stato-regioni.
In base al testo iniziale dell'articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011, le regioni avrebbero dovuto provvedere alla definizione del perimetro degli ambiti e alla designazione dei relativi enti di governo entro il 30 giugno 2012, termine la cui inutile decorrenza autorizzava il Consiglio dei Ministri ad esercitare i poteri sostitutivi di cui all’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 a tutela dell'unità giuridica ed economica.
In un secondo momento, con l’articolo 13 del D.L. n. 150/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2014, n. 15, sono state previsto due ipotesi (comma 2):
§ mancata istituzione o designazione dell'ente di governo dell'ambito territoriale ottimale ai sensi dell'art. 3-bis del D.L. n. 138/2011;
§ mancata deliberazione dell'affidamento entro il termine del 30 giugno 2014.
Per entrambe le
fattispecie è stato previsto l’esercizio di poteri sostitutivi
da parte del prefetto, che deve provvedere al compimento
degli adempimenti necessari al completamento della procedura di
affidamento entro il 31 dicembre 2014.
Tale disposizione ha consentito, implicitamente, una proroga del termine del 30 giugno 2012 al 30 giugno 2014 per l'adempimento delle misure organizzative preliminari all'affidamento. La previsione dell’esercizio di poteri sostitutivi a decorrere dal 30 giugno 2014 comporta una sostanziale proroga di sei mesi del termine del 31 dicembre 2013 nel caso di totale inerzia dell’ente rispetto all’obbligo di conformarsi agli adempimenti prescritti dall’art. 34 D.L. 179/2012. Invece, se l’ente ha già avviato le procedure di affidamento entro tali sei mesi, l’intervento sostitutivo prefettizio ha ad oggetto gli adempimenti necessari al completamento della procedura di affidamento, da realizzare entro il 31 dicembre 2014.
Qualora gli enti locali non aderiscano ai predetti enti di governo entro il 1° marzo 2015 oppure entro 60 giorni dall’istituzione o designazione dell’ente di governo, da effettuare in base alle suddette scadenze fissate dalla legge (31 dicembre 2014), il Presidente della regione esercita, previa diffida all’ente locale ad adempiere entro il termine di 30 giorni, i poteri sostitutivi.
Il testo in esame pone in capo agli enti di governo il compito di effettuare la relazione prescritta dalla normativa vigente al fine di dare conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall'ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e di definire i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche, se previste.
In base alla normativa contenuta, in particolare, nell'art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, da legge n. 221/2012, la scelta delle modalità di affidamento del servizio viene rimessa all'ente affidante, sulla base di una relazione, da rendere pubblica sul sito internet dell’ente stesso, che deve dare conto dei suddetti elementi. 25-bis. Gli enti locali sono inoltre tenuti ad inviare le relazioni di cui al suddetto articolo 34, commi 20 e 21, all'Osservatorio per i servizi pubblici locali, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, che provvederà a pubblicarle nel proprio portale telematico contenente dati concernenti l'applicazione della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica sul territorio (in base all’art. 13, comma 25-bis, del decreto-legge n. 145/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9/2014).
Obiettivi dell’obbligo di pubblicare la relazione sono: il rispetto della disciplina europea; la parità tra gli operatori; l’economicità della gestione; l’adeguata informazione della collettività di riferimento.
Pertanto, in base alle suddette previsioni, la scelta della modalità di affidamento è stata rimessa alla valutazione dell’ente locale, nel presupposto che la discrezionalità in merito sia esercitata nel rispetto dei principi europei di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
Da tale disciplina sono stati espressamente esclusi i servizi di distribuzione di gas naturale e di distribuzione di energia elettrica, nonché quelli di gestione delle farmacie comunali.
Le disposizioni recate dall’articolo in commento si riferiscono invece, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera do un’Autorità indipendente (v. infra).
La normativa richiamata ha previsto anche una disciplina transitoria (art. 34, co. 21), disponendo per gli affidamenti in essere, non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea, l’obbligo dio adeguarsi entro il termine del 31 dicembre 2013 (pubblicando, entro la stessa data, la relazione prevista). Per gli affidamenti in cui non è prevista una data di scadenza, viene previsto che gli enti competenti provvedano contestualmente ad inserire nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto un termine di scadenza dell'affidamento, prescrivendo, comunque, che il mancato adempimento degli obblighi previsti determina la cessazione dell'affidamento alla data del 31 dicembre 2013.
In deroga a quanto previsto dalla disposizione originaria, è intervenuto l'articolo 13, co. 1, del D.L. n. 150/2013 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15/2014) che ha prorogato la durata degli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012 fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014; tuttavia, tale proroga non si applica in ogni caso, ma limitatamente alle ipotesi in cui l'ente affidante, ovvero, ove previsto, l’ente di governo dell'ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo, abbia avviato le procedure di affidamento di servizi, con l'adozione e la pubblicazione della relazione che motiva l'affidamento prescelto. Il mancato rispetto del termine, comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.
Disposizioni particolari sono state stabilite per gli "affidamenti diretti", cioè senza gara, in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012. Per questi è stato previsto che, se sono assentiti alla data del 1° ottobre 2003 e riguardanti società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data, e a quelle da esse controllate ai sensi dell'art. 2359 c.c., cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto; mentre gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020 (art. 34, co. 22).
Le nuove previsioni
introdotte dall’articolo in commento pongono dunque in capo agli enti di governo l’obbligo, nella
suddetta relazione:
§ di dare conto della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta;
§ di motivarne le ragioni con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio;
§ di ricomprendere anche un piano economico finanziario che, fatte salve le disposizioni di settore, contenga anche la proiezione, per il periodo di durata dell’affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti, con la specificazione, nell’ipotesi di affidamento in house, dell’assetto economico-patrimoniale della società, del capitale proprio investito e dell’ammontare dell’indebitamento da aggiornare ogni triennio.
Il testo prevede che tale piano economico-finanziario debba essere asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari o da una società di revisione.
Nel caso di affidamento in house, gli enti locali proprietari devono procedere, contestualmente all’affidamento, ad accantonare pro quota nel primo bilancio utile, e successivamente ogni triennio, una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio previsto per il triennio nonché a redigere il bilancio consolidato con il soggetto affidatario in house.
Il testo prevede che le deliberazioni degli enti di governo “sono validamente assunte nei competenti organi degli stessi senza necessità di ulteriori deliberazioni, preventive o successive, da parte degli organi degli enti locali”.
Come già anticipato, le funzioni attribuite “unicamente” agli enti di governo sono quelle di organizzazione dei SPL a rete di rilevanza economica; scelta della forma di gestione; determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza; affidamento della gestione e relativo controllo.
La relazione illustrativa motiva la previsione in base alla quale le deliberazioni assunte dagli enti di governo degli ambiti sono valide senza necessità di ulteriori deliberazioni da parte degli organi dei singoli enti locali con la finalità di “limitare comportamenti dilatori”.
Il testo interviene, inoltre, (lett. b)) al fine di precisare che, anche in caso di operazioni societarie quali l’acquisizione o la fusione, viene mantenuta la concessione in essere; in tale quadro, è consentita ove necessario, la rideterminazione dell’equilibrio economico finanziario del nuovo soggetto gestore, ai sensi dell’articolo 143 del codice dei contratti pubblici, anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza delle concessioni in essere.
In particolare, viene stabilito che, a seguito di operazioni societarie effettuate “con procedure trasparenti”, comprese fusioni o acquisizioni, l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in via universale o parziale, fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste. In tale ipotesi, anche su istanza motivata del gestore, è accertata dal soggetto competente la persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro rideterminazione, che può avvenire anche tramite l’aggiornamento del termine di scadenza di tutte o alcune delle concessioni in essere.
A tal fine, è disposto che l’Autorità di regolazione competente (ove istituita) svolge le verifiche richieste dall’articolo 143, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), anche con riferimento al programma degli interventi definito a livello di ambito territoriale ottimale sulla base della normativa e della regolazione di settore.
Il suddetto comma 8 prevede, in particolare, che la stazione appaltante possa stabilire, per assicurare l’equilibrio economico finanziario degli investimenti del concessionario, che la concessione abbia durata superiore a 30 anni tenendo conto di una serie di elementi (quali il rendimento della concessione, la percentuale del prezzo rispetto all’importo totale, i rischi connessi alle condizioni di mercato). Le variazioni apportate, previa verifica del CIPE sentito il NARS, comportano la necessaria revisione da attuare con rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche con la proroga di scadenza del termine della concessione. Nel caso di nuove concessioni di importo superiore ad un miliardo di euro la durata può essere stabilita fino a 50 anni.
La disposizione in commento, sostituendo il comma 4 del citato art. 3-bis del decreto-legge n. 148/2011 (lett. c)) richiede necessariamente (fatti salvi i finanziamenti già assegnati anche con risorse derivanti da fondi europei) che i finanziamenti concessi a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione relativi ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio, si configurino come:
§ risorse aggiuntive;
ovvero
§ a garanzia a sostegno dei piani di
investimento approvati dagli enti di governo.
Le relative risorse sono prioritariamente assegnate ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica o di cui comunque l’Autorità di regolazione competente ovvero (come previsto dalla norma in esame) l’ente di governo dell’ambito nei settori in cui l’Autorità di regolazione non sia stata istituita attesti l’efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall’Autorità stessa o dall’ente di governo dell’ambito o che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria (aggiunta quest’ultima anch’essa disposta dalla norma in esame).
All’articolo 3-bis viene inoltre (lett. d)) inserito un nuovo comma 4-bis, nel quale si dispone che le spese in conto capitale effettuate dagli enti locali con i proventi derivanti dalla dismissione – totale o parziale, ed anche a seguito di quotazione - di partecipazioni in società sono escluse, unitamente ai proventi medesimi, dal patto di stabilità interno.
La norma fa riferimento ai proventi individuati nei seguenti codici SIOPE[185].
§ E 4121, concernente i proventi derivanti dalla vendita di titoli azionari quotati e non in borsa o delle quote di partecipazione al capitale o ai fondi di dotazione di Imprese di pubblici servizi. Tale codice attiene alla fattispecie di alienazione di partecipazioni in imprese di pubblici servizi;
§ E 4122, relativamente ai proventi derivanti dalla vendita di titoli azionari quotati e non in borsa o delle quote di partecipazione al capitale o ai fondi di dotazione di soggetti non appartenenti al comparto delle imprese di pubblici servizi; questo codice concerne il caso di alienazione di partecipazioni in altre imprese.
Il comma 4-bis precisa inoltre che non sono invece escluse dal patto le spese effettuate dagli enti locali per acquisto di partecipazioni.
Com’è noto, il patto di stabilità interno per gli enti locali è disciplinato dall’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, come successivamente modificato ed integrato, da ultimo, dall’articolo 1, commi 532-540, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014).
Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, per il 2014 il patto di stabilità si applica alle province e ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti (con regole differenziate per i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti e per quelli con popolazione superiore a 5.000 abitanti), nonché, a partire dal 2014, alle le unioni di comuni formate dagli enti con popolazione fino a 1.000 abitanti. L’obiettivo del patto di stabilità per gli enti locali consiste nel raggiungimento di uno specifico obiettivo di saldo finanziario, calcolato quale differenza tra entrate e spese finali - comprese dunque le spese in conto capitale - espresso in termini di competenza mista (criterio contabile che considera le entrate e le spese in termini di competenza, per la parte corrente, e in termini di cassa per la parte degli investimenti, al fine di rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del Patto europeo di stabilità e crescita).Sono previste alcune esclusioni di specifiche voci di entrata e di spesa dal computo del saldo, che non rientrano, pertanto, nei vincoli del patto. A queste si aggiungono ora le ulteriori esclusioni disposte dal comma 4-bis in esame.
Da ultimo, al medesimo articolo 3-bis è aggiunto (lett. e)) un nuovo comma 6-bis concernente l’ambito di applicazione delle disposizioni recate dal comma in esame e delle altre disposizioni, comprese quelle di carattere speciale, in materia di servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica (in particolare, elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto). In particolare, viene disposto che le stesse si intendono riferite, “salvo deroghe espresse”, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera di un’Autorità indipendente.
Si tratta, in particolare, dei seguenti settori:
§ energia elettrica, gas, sistema idrico: con la legge n. 481/1995 è stata istituita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, successivamente denominata - a seguito delle previsioni del D.L. n. 201/2011 - Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI), con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo;
§ trasporti: con il decreto-legge n. 201/2011 (convertito, con modificazioni, da L. n. 216/2011) è stata prevista l’istituzione di un’Autorità di regolazione nel settore dei trasporti alla quale sono affidati compiti di regolazione e di promozione e tutela della concorrenza nel settore dei trasporti. Le competenze dell'Autorità attengono sia alle infrastrutture di trasporto che alla qualità dei servizi prestati.
Si
ricorda inoltre che all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), istituita
con la legge n. 249/97, attualmente competono funzioni di regolamentazione e
vigilanza nei seguenti settori: telecomunicazioni,
audiovisivo, editoria e poste.
La disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell'articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), introdotto dall'art. 25, co. 1, del D.L. n. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012) (v. supra) fa, in ogni caso, salva l'organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee. Tale clausola di salvaguardia è stata ricondotta alla necessità di coordinare tali disposizioni con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali. In particolare, ai sensi dell’articolo 147 del Codice ambientale, i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge Galli (L. 36/1994). Analoga organizzazione territoriale è prevista dall’articolo 200 del Codice per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.
Si ricorda, inoltre,
che l’articolo 7 del decreto-legge n. 133/2014,
convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, ha introdotto
una serie di modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativamente alla gestione
delle risorse idriche, prevedendo in
particolare l’obbligo per gli enti locali di aderire agli enti
di governo dell'ambito individuati dalle regioni e ulteriori disposizioni in
materia di affidamento del servizio.
Al
contempo, il comma 615 dell’art. 1 della legge di stabilità 2015 interviene
sull’articolo 149-bis del Codice
ambientale, relativo all’affidamento del servizio
idrico, organizzato sulla base degli ambiti territoriali ottimali, prevedendo
la possibilità di affidamento diretto anche alle società partecipate
indirettamente e in forma non esclusiva dagli enti locali dell'ambito
territoriale, purché interamente pubbliche e ricadenti nell’ambito territoriale
ottimale.
La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione in commento si inserisce nel quadro delle previsioni da cui ha avuto luogo il cosiddetto Rapporto Cottarelli recante: “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali”, presentato il 7 agosto 2014. Il suddetto Rapporto ha evidenziato, da un lato, che il fenomeno delle società partecipate dalle amministrazioni locali ha raggiunto numeri molto elevati, con circa 7700 società di dimensioni talvolta assai ridotte e operanti spesso in perdita, con effetti negativi sia per il bilancio delle amministrazioni proprietarie che per la collettività che usufruisce di servizi inefficienti; dall’altro, ha messo in luce, con particolare riferimento al settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che attualmente vi sono circa 1.800 società che operano nei comparti energetico, idrico, dei rifiuti e del trasporto pubblico locale, il cui assetto proprietario, in larga prevalenza costituito da aziende partecipate da enti pubblici territoriali, risulta essere troppo frammentato e di conseguenza non permette la realizzazione dei programmi di investimento adeguati, i quali esigono ingenti capitali cui solo attraverso grandi dimensioni d’impresa è possibile far fronte.
In proposito, si ricorda che l’articolo 23 del D.L. n. 66/2014 (L. n. 89/2014) aveva conferito al Commissario per la razionalizzazione della spesa (istituito con l'articolo 49-bis del decreto-legge n. 69 del 2013) la predisposizione entro il 31 luglio 2014 di un programma di razionalizzazione, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità n. 196/2009 predisposto annualmente dall’ISTAT.
Il Commissario ha presentato il programma nei primi giorni di agosto.
Il Commissario ha utilizzato i dati forniti dal Tesoro per analizzare le 7.726 società partecipate dalle amministrazioni locali. Secondo le sue rilevazioni, i servizi pubblici di rilevanza economica a rete (in particolare, elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto) rappresentano il 23 per cento del numero totale delle società e il 60 per cento del valore della produzione. Ammonta invece al 42 per cento il numero delle società che svolgono servizi pubblici privi di rilevanza economica, mentre il 13 per cento svolge servizi strumentali per l'ente pubblico di riferimento. Il 22 per cento svolge attività di vendita di beni e servizi in mercati concorrenziali.
Nel 2012 le perdite lorde delle partecipate censite sono state di circa 1.200 mln. Si rilevano perdite in quasi tutti i settori anche se risultano particolarmente elevate, in valore assoluto, per il trasporto pubblico (con perdite eccedenti i 300 mln, di cui la metà sono relative all’ATAC di Roma). Altri settori con perdite elevate (superiori al 20 percento) rispetto al capitale investito sono l’informatica, i servizi amministrativi, le società di trasformazione urbana (STU), le multiutility e il turismo.
Secondo il Commissario, vi sono poi perdite non palesi finanziate da contratti di servizio e trasferimenti in conto corrente e conto capitale. I contratti di servizio e gli altri trasferimenti – che, sulla base di dati SIOPE, ammontavano nel 2012 a circa 16.500 mln per l’intero settore – compensano le partecipate per un servizio reso e quindi sarebbe errato, come alcuni fanno, assumere che un risparmio corrispondente potrebbe emergere dalla soppressione delle partecipate. Tuttavia, una parte di queste risorse, di incerto ammontare, va a compensare inefficienze di gestione.
Il Programma del Commissario volge l'attenzione al sottodimensionamento di molte partecipate: circa 3000 società hanno un numero di dipendenti minore o uguale a 5 e altre 500 circa hanno un massimo di 10 dipendenti. Inoltre, tra i servizi pubblici economici a rete, nei quali vi è un'elevata incidenza delle economie di scala (energia, gas, acqua, rifiuti), il 62 per cento delle partecipate è rappresentato da piccole imprese con un valore della produzione inferiore a 10 mln che nell'insieme coprono soltanto il 7 per cento della produzione e che si presentano concentrate prevalentemente al Sud. Al polo opposto si trova un numero esiguo di imprese di medie e grandi dimensioni che rappresenta numericamente solo il 4 percento dell’insieme delle partecipate, ma copre più della metà del valore della produzione del comparto.
Servizi pubblici locali: il referendum
del 12 e 13 giugno 2011 e
la sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012
Sulla materia dei servizi pubblici locali, con particolare riguardo alle modalità di affidamento della relativa gestione, si sono succedute diverse discipline normative, nel cui ambito si sono inserite sia un'abrogazione referendaria sia una pronuncia di illegittimità costituzionale.
In particolare, l'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008, nel testo risultante dalle modifiche successivamente approvate, è stato dichiarato abrogato con il D.P.R. n. 113/2011, a seguito degli esiti delle consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno 2011. L'art. 23-bis del D.L. n. 112/2008 era intervenuto sulla disciplina del comparto dei servizi pubblici locali (SPL), affermando l’obiettivo di favorire la diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi: a tal fine il principio della gara era stato posto come regola generale degli affidamenti di servizi ed era stata stabilita una specifica normativa in deroga per le fattispecie che "non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato".
Per colmare il conseguente vuoto normativo è quindi intervenuto sulla materia l’articolo 4 del D.L. n. 138/2011. Tale articolo ha previsto una nuova disciplina generale dei servizi pubblici locali le cui linee portanti in tema di affidamenti hanno ripreso quelle della disciplina varata nel 2008, come successivamente modificata e integrata in sede di delegificazione.
Tali disposizioni sono state poi oggetto di ulteriori parziali modifiche per effetto dell’articolo 9, co. 2, della legge n. 183/2011, legge di stabilità 2012 e dell’art. 25, comma 1, del D.L. 1/2012 (c.d. D.L. Liberalizzazioni) cui è seguita l’introduzione dell'art. 3-bis nel D.L. n. 138/2011, al fine di disciplinare gli ambiti territoriali e i criteri di organizzazione dei servizi pubblici locali allo scopo di realizzare economie di scala e di prevedere differenziazioni idonee a massimizzare l'efficienza dei servizi stessi. Il D.L. liberalizzazioni ha anche novellato l’art. 4 del D.L. n. 138/2011 con l’obiettivo di limitare ulteriormente le possibilità di ricorrere alle gestioni dirette e di incentivare le gestioni concorrenziali nei diversi segmenti del comparto. Ulteriori novelle, di entrambi gli articoli, 3-bis e 4, sono state disposte dall’art. 53 del D.L. 83/2012 (c.d. D.L. Crescita del Paese). Tale disciplina ha previsto una clausola di generale applicazione di tutte le norme ai servizi pubblici locali di rilevanza economica, con prevalenza sulle relative discipline di settore incompatibili, escludendo dall’ambito applicativo, oltre al servizio idrico integrato, i seguenti servizi, disciplinati da normative di settore: servizio di distribuzione di gas naturale; servizio di distribuzione di energia elettrica; servizio di trasporto ferroviario regionale; gestione delle farmacie comunali.
Su tale disciplina è intervenuta la sentenza 199/2012 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità delle disposizioni adottate, dopo il referendum del giugno 2011, con l’art. 4 del D.L. n. 138/2011 e delle successive modificazioni, in quanto dirette sostanzialmente a reintrodurre la disciplina abrogata dalla volontà popolare col suddetto referendum, quindi in contrasto con il divieto desumibile dall’art. 75 Cost.
La Corte ha infatti rilevato che, nonostante l’esclusione dall’ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato, “risulta evidente l’analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell’art. 4 rispetto a quella dell’abrogato art. 23-bis e l’identità della ratio ispiratrice”.
La declaratoria di illegittimità ha riguardato non solo l’art. 4, ma anche le successive modificazioni dello stesso articolo disposte dalle seguenti fonti: art. 9, co. 2, della legge 183/2011; art. 25 del decreto-legge n. 1/2012; art. 53 del decreto-legge 83/2012. Non è invece incluso nel perimetro dell’illegittimità il predetto art. 3-bis, introdotto dal citato art. 25 del D.L. n. 1/12.
Nella sentenza in questione la Corte costituzionale ha rilevato come il suddetto art. 23-bis, abrogato a seguito del referendum popolare, si caratterizzava per il fatto di dettare una normativa generale di settore, inerente a quasi tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, fatta eccezione per quelli espressamente esclusi, volta a restringere, rispetto al livello minimo stabilito dalle regole concorrenziali comunitarie, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, consentite solo in casi eccezionali ed al ricorrere di specifiche condizioni, la cui puntuale regolamentazione veniva demandata ad un regolamento governativo (adottato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 168). La Corte ha quindi ricordato come con la suddetta consultazione referendaria tale normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l’intento referendario di «escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)» (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l’applicazione diretta della normativa comunitaria conferente.
La Corte costituzionale ha ricordato come, a distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell’avvenuta abrogazione dell’art. 23-bis del D.L. n. 112 del 2008, il legislatore è intervenuto sulla materia con il richiamato art. 4, il quale ha dettato una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che - ha ritenuto la Corte – “non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell’abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel D.P.R. n. 168 del 2010”.
Ad avviso della Corte con tali previsioni viene resa ancor più remota l’ipotesi dell’affidamento diretto dei servizi, in quanto non solo si limita, in via generale, «l’attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità» (comma 1), analogamente a quanto disposto dall’art. 23-bis (comma 3) del D.L. n. 112 del 2008, ma la si àncora anche al rispetto di una soglia commisurata al valore dei servizi stessi, il superamento della quale determina automaticamente l’esclusione della possibilità di affidamenti diretti. Tale effetto – ha precisato la Corte - si verifica a prescindere da qualsivoglia valutazione dell’ente locale, oltre che della Regione, ed anche – in linea con l’abrogato art. 23-bis – in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa comunitaria, che consente, anche se non impone (sentenza n. 325 del 2010), la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale, allorquando l’applicazione delle regole di concorrenza ostacoli, in diritto o in fatto, la «speciale missione» dell’ente pubblico (art. 106 TFUE), alle sole condizioni del capitale totalmente pubblico della società affidataria, del cosiddetto controllo “analogo” (il controllo esercitato dall’aggiudicante sull’affidatario deve essere di “contenuto analogo” a quello esercitato dall’aggiudicante sui propri uffici) ed infine dello svolgimento della parte più importante dell’attività dell’affidatario in favore dell’aggiudicante.
In conclusione, ad avviso della Corte le poche novità introdotte dall’art. 4 rispetto all’abrogato art. 23-bis accentuavano la drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria aveva inteso escludere. Al contempo, la Corte ha rilevato come, tenuto conto del fatto che l’intento abrogativo espresso con il referendum riguardava «pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica» (sentenza n. 24 del 2011) ai quali era rivolto l’art. 23-bis, non è possibile ritenere che l’esclusione del servizio idrico integrato dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare, con la conseguenza che il suddetto art. 4 costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.
La caducazione della normativa stabilita con l’art. 4 del D.L. n. 138/2011 e con le successive modifiche ha lasciato il settore dei servizi pubblici locali parzialmente privo di una specifica disciplina nazionale di carattere generale, ma non per questo in una situazione di vuoto normativo.
Infatti, in primo luogo, per effetto dell’appartenenza all’Unione europea, in materia trova applicazione quanto stabilito in sede UE, sia nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (di seguito TFUE) sia dalla giurisprudenza comunitaria. In questa sede la gestione diretta del SPL da parte dell’ente pubblico è ammessa se lo Stato membro ritiene che l’applicazione delle regole di concorrenza sia un ostacolo, in diritto od in fatto, alla speciale missione del servizio pubblico restando riservato all’ordinamento comunitario il sindacato sull’eventuale “errore manifesto” alla base della decisione dello Stato. In particolare, secondo la giurisprudenza comunitaria, le regole sulla concorrenza non ostano a una disciplina nazionale che consente ad un ente pubblico di affidare un servizio pubblico direttamente ad una società della quale esso detiene l'intero capitale, a condizione che: l'ente pubblico eserciti su tale società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la detiene.
In secondo luogo, la declaratoria di illegittimità non ha riguardato l’art. 3-bis del D.L. n. 138/2011 e successive modificazioni, sopra illustrato, le cui disposizioni, pur non riguardando le modalità di affidamento del servizio, hanno una generale applicazione. In terzo luogo, i settori c.d. esclusi, sopra ricordati, restano disciplinati dalle normative di settore.
Al contempo, in base alla normativa contenuta, in particolare, nell'art. 34, co. 20-25, del D.L. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, da L. n. 221/2012, la scelta delle modalità di affidamento del servizio viene rimessa all'ente affidante, sulla base di una relazione (v. supra).
In deroga a quanto previsto dalla disposizione originaria, è poi intervenuto l'articolo 13, co. 1, del D.L. n. 150/2013 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15/2014) che ha prorogato la durata degli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del D.L. n. 179/2012 fino al subentro del nuovo gestore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014; tuttavia, tale proroga non si applica in ogni caso, ma limitatamente alle ipotesi in cui l'ente affidante, ovvero, ove previsto, l’ente di governo dell'ambito o bacino territoriale ottimale e omogeneo, abbia avviato le procedure di affidamento di servizi, con l'adozione e la pubblicazione della relazione che motiva l'affidamento prescelto. Il mancato rispetto del termine, comporta la cessazione degli affidamenti non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea alla data del 31 dicembre 2014.
La Corte dei conti ha presentato nel giugno 2014 una Relazione sugli Organismi partecipati dagli enti territoriali, ai sensi dell'art.7, co.7, l. 5 giugno 2003, n. 131[186]; l’indagine muove dagli organismi censiti nella banca dati SIQUEL della Corte dei conti, di cui sono stati esaminati i dati di bilancio anche al fine di ricostruire i flussi finanziari con i soggetti pubblici partecipanti/controllanti. Nel sistema SIQUEL, al 18 aprile 2014, risultano censiti n. 7.472 organismi, di cui 6.386 in attività (la restante parte è costituita da enti cessati o in liquidazione).
Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato nel luglio 2014 un Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle Amministrazioni Pubbliche al 31 dicembre 2012.
Il censimento effettuato dal Tesoro ha rilevato nel 2012 8.146 società partecipate, di cui 423 partecipate dalle amministrazioni centrali, 7.726 dalle amministrazioni locali, 17 da enti nazionali pubblici di previdenza e assistenza e 201 da amministrazioni non appartenenti al sottosettore S13 rilevante ai fini della normativa europea. Inoltre, sono state rilevate 36.125 partecipazioni.
Articolo 1,
comma 610
(Convenzioni con cooperative sociali)
610. Al comma 1 dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le convenzioni di cui al presente
comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad
assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di
efficienza».
Il comma 610 prevede che le convenzioni stipulate dagli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica (anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione), con le cooperative sociali (ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della U.E.) che svolgono specifiche attività finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi (a condizione che l’importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici e che tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate) siano stipulate previo lo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza.
La cooperativa sociale è un particolare tipo di società cooperativa. Le cooperative sociali sono particolari tipologie di cooperative che gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi, oppure attività di vario genere finalizzate all'inserimento nel mercato del lavoro di persone svantaggiate.
Con la L. 381/1991 è stata introdotta una specifica disciplina con la quale sono individuati gli specifici obblighi e divieti ai quali sono sottoposte le cooperative nonché il particolare regime tributario.
In particolare, le cooperative sociali sono caratterizzate dal fatto di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (cd. cooperative di tipo A), e lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (cd. cooperative di tipo B).
Articolo 1,
commi 611-614
(Riorganizzazione e riduzione delle
società partecipate)
611. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, commi da 27 a 29,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e
dall'articolo 1, comma 569, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive
modificazioni, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica,
il contenimento della spesa, il buon andamento dell'azione amministrativa e la
tutela della concorrenza e del mercato, le regioni, le province autonome di
Trento e di Bolzano, gli enti locali, le camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di istruzione
universitaria pubblici e le autorità portuali, a decorrere dal 1º gennaio 2015,
avviano un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni
societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la
riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei
seguenti criteri:
a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non
indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche
mediante messa in liquidazione o cessione;
b) soppressione delle società che risultino composte da soli
amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei
dipendenti;
c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono
attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da
enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di
internalizzazione delle funzioni;
d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza
economica;
e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante
riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture
aziendali, nonchè attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.
612. I presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, i presidenti delle province, i sindaci e gli altri organi di vertice
delle amministrazioni di cui al comma 611, in relazione ai rispettivi ambiti di
competenza, definiscono e approvano, entro il 31 marzo 2015, un piano operativo
di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie
direttamente o indirettamente possedute, le modalità e i tempi di attuazione,
nonchè l'esposizione in dettaglio dei risparmi da conseguire. Tale piano,
corredato di un'apposita relazione tecnica, è trasmesso alla competente sezione
regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicato nel sito internet
istituzionale dell'amministrazione interessata. Entro il 31 marzo 2016, gli
organi di cui al primo periodo predispongono una relazione sui risultati
conseguiti, che è trasmessa alla competente sezione regionale di controllo
della Corte dei conti e pubblicata nel sito internet istituzionale
dell'amministrazione interessata. La pubblicazione del piano e della relazione
costituisce obbligo di pubblicità ai sensi del decreto legislativo 14 marzo
2013, n. 33.
613. Le deliberazioni di scioglimento e di liquidazione e gli atti di
dismissione di società costituite o di partecipazioni societarie acquistate per
espressa previsione normativa sono disciplinati unicamente dalle disposizioni
del codice civile e, in quanto incidenti sul rapporto societario, non
richiedono nè l'abrogazione nè la modifica della previsione normativa
originaria.
614. Nell'attuazione dei piani operativi di cui al comma 612 si
applicano le previsioni di cui all'articolo 1, commi da 563 a 568-ter, della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, in materia di
personale in servizio e di regime fiscale delle operazioni di scioglimento e
alienazione. Le disposizioni del comma 568-bis dell'articolo 1 della legge n.
147 del 2013 si applicano anche agli atti finalizzati all'attuazione dei
predetti piani operativi deliberati entro il 31 dicembre 2015.
I commi da 611 a 614 prevedono un nuovo processo di razionalizzazione delle società partecipate locali e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, da parte di regioni, province autonome, enti locali, camere di commercio, università, istituti di istruzione universitarie e autorità portuali con finalità di contenimento della spesa e di maggior efficienza dell’azione amministrativa.
L’obiettivo del processo è ridurre il numero delle società entro il 31 dicembre 2015, sulla base di alcuni criteri indicati dal comma 611:
a) soppressione delle società e delle partecipazioni sociali non indispensabili per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali (anche mediante liquidazione e cessione);
b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
c) eliminazione delle partecipazioni in società che svolgono attività analoghe a quelle svolte da altre partecipate o enti pubblici (anche mediante fusione o internalizzazione delle funzioni);
d) aggregazione delle società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;
e) riorganizzazione interna delle società per contenere i costi di funzionamento (anche mediante riduzione delle remunerazione degli organi amministrativi e di controllo).
Per raggiungere l'obiettivo di razionalizzazione, il comma 612 prevede la definizione e approvazione da parte degli organi di vertice delle amministrazioni interessate di un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni, in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, entro il 31 marzo 2015, corredato da relazione tecnica, che deve essere trasmesso alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e pubblicato sul sito istituzionale dell’amministrazione.
Entro il 31 marzo 2016, deve essere pubblicata, a cura della medesima amministrazione, una relazione sui risultati conseguiti, che, al pari del piano, dovrà essere trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e pubblicata sul sito istituzionale dell’amministrazione.
Il comma 613 precisa che le deliberazioni di scioglimento e di liquidazione e gli atti di dismissione di società costituite o di partecipazioni societarie acquistate per espressa previsione normativa sono disciplinati unicamente dalle disposizioni del codice civile e, in quanto incidenti sul rapporto societario, non richiedono né l’abrogazione né la modifica della previsione normativa originaria.
Per l’attuazione dei piani operativi, il comma 614 fa rinvio all’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 1, commi da 563 a 568-ter, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), che disciplinano le procedure di mobilità di personale tra società partecipate dalle pubbliche amministrazioni ed il reimpiego del personale in esubero.
Si ricorda che i commi
da 565 a 568 dell’articolo 1 della L. n. 147/2013 recano disposizioni
relative alla mobilità di personale tra società partecipate dalle pubbliche
amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.
Il comma 565
dispone che le società controllate dalle PP.AA. di cui al comma 563, che
rilevino eccedenze di personale, sono tenute, in relazione alle esigenze
funzionali, e in caso di spese di personale pari o superiori al 50% delle spese
correnti, ad inviare un'informativa
preventiva alle rappresentanze sindacali operanti presso la società ed alle
organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo applicato.
Nell’informativa deve essere individuato il numero, la collocazione aziendale
ed i profili professionali del personale eccedentario e tali informazioni sono
comunicate anche al Dipartimento della funzione pubblica. Le posizioni
dichiarate eccedentarie non possono essere ripristinate nella dotazione di
personale neanche mediante nuove assunzioni.
Il comma 566
dispone che entro 10 giorni dal
ricevimento dell'informativa si procede, a cura dell'ente controllante, alla riallocazione totale o parziale del
personale eccedentario nell'ambito della stessa società mediante il ricorso a
forme flessibili di gestione del tempo di lavoro, ovvero presso altre società
controllate dal medesimo ente o dai suoi enti strumentali.
Il comma 567
dispone che per la gestione delle eccedenze
di personale delle società controllate, gli enti controllanti e le stesse
società possono concludere accordi collettivi con le organizzazioni sindacali
più rappresentative per realizzare forme di trasferimenti in mobilità dei
dipendenti in esubero presso altre società dello stesso tipo anche operanti
fuori del territorio regionale ove ha sede la società interessata dalle eccedenze.
Il comma 568,
infine, dispone che le società partecipate possono farsi carico, per non più di tre anni, di una quota (non superiore al 30%) del trattamento economico del personale
interessato dalla mobilità, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio
e senza oneri per la finanza pubblica. Le somme corrisposte dalla società
cedente a quella cessionaria non concorrono alla formazione del reddito
imponibile ai fini IRPEF e IRAP.
Il comma 568-ter dispone che il personale in esubero delle società di cui al comma 563, che risulti privo di occupazione dopo l’applicazione dell’articolo 1, commi da 565 a 568, della L. n. 147/2013, a parità di requisiti, ha titolo di precedenza per l'impiego nell'ambito di missioni attinenti a contratti di somministrazione di lavoro stipulati, dalle stesse pubbliche amministrazioni per esigenze temporanee o straordinarie, proprie o di loro enti strumentali.
Infine, la disposizione precisa che il comma 568-bis delle medesima legge di stabilità 2014, relativa al regime fiscale delle operazioni di scioglimento e di alienazione delle società controllate, si applica anche agli atti finalizzati all’attuazione dei piani operativi, purché deliberati entro il 31 dicembre 2015.
In proposito si ricorda che il citato comma 568-bis[187] ha introdotto la facoltà di scioglimento “incentivato” ovvero di alienazione di società controllate da pubbliche amministrazioni locali, prevedendo che le pubbliche amministrazioni locali indicate nell’elenco degli enti e degli organismi appartenenti al conto economico consolidato della pubblica amministrazione e le loro società controllate direttamente o indirettamente possono procedere:
a) allo scioglimento della società controllata direttamente o indirettamente:
se lo scioglimento è in corso o è deliberato non oltre 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. (6 maggio 2015), gli atti e le operazioni in favore di pubbliche amministrazioni posti in essere in seguito allo scioglimento sono esenti da imposizione fiscale, ad eccezione dell’IVA, e sono assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e catastali;
i dipendenti (della società) sono ammessi di diritto alle procedure di mobilità del personale tra società controllate dalle P.A., di cui ai commi da 563 a 568 della stessa legge di stabilità 2014;
se lo scioglimento riguarda una società indirettamente controllata, le plusvalenze della controllante non concorrono alla formazione del reddito e del valore della produzione, mentre le minusvalenze sono deducibili nell’esercizio in cui si sono realizzate e nei quattro successivi.
b) all’alienazione, a condizione che questa avvenga con procedura di evidenza pubblica in corso o deliberata entro e non oltre 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. stesso (6 maggio 2014), delle partecipazioni detenute ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014.
In caso di società mista, al socio privato detentore di almeno il 30 per cento della partecipazione è riconosciuto il diritto di prelazione. Le plusvalenze non vengono considerate ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, non concorrendo alla formazione del reddito e del valore della produzione netta; le minusvalenze sono deducibili nell’esercizio e nei quattro esercizi successivi. La lettera b) in oggetto sembra dunque fare riferimento a società c.d. strumentali controllate dalle pubbliche amministrazioni locali.
Il nuovo programma di razionalizzazione fa salve le disposizioni in materia di alienazione di partecipazioni, riferite a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, co. 2, del D.Lgs. n. 165/2001, previste dall’articolo 3, commi da 27 a 29, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), che dispone il divieto di costituzione di nuove società e la cessione delle partecipazioni vietate, ossia quelle in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali.
Si ricorda che l’articolo 3, comma 27 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008) prevede il divieto per le amministrazioni pubbliche di costituire di società aventi ad oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero di assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È comunque sempre ammessa la costituzione e l’assunzione di partecipazioni di società che producono servizi di interesse generale.
Il comma 28 condiziona l’assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento dei pacchetti azionari detenuti all’autorizzazione dell’organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti sopra richiamati, che deve essere trasmessa alla sezione competente della Corte dei conti.
Il comma 29 ha fissato al 1° gennaio 2011 (36 mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 244/2007) il termine entro il quale le partecipazioni vietate dall’ordinamento devono essere cedute a terzi, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, rimanendo ferma, per le società a partecipazione statale, la disciplina prevista dall’ordinamento in materia di alienazione di partecipazioni.
L’ambito soggettivo di applicazione della citata normativa riguarda le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. sul pubblico impiego, D.Lgs. n. 165/2001, che definisce amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo di riforma dell’organizzazione del Governo, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.
La legge finanziaria 2008 aveva previsto il termine di trentasei mesi per la cessione delle suddette partecipazioni, termine decorso il 1° gennaio 2011. Tale termine è stato poi prorogato di ulteriori dodici mesi dall’articolo 1, comma 569, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014[188]) a decorrere dall’entrata in vigore di tale legge, venendo pertanto a scadere il 31 dicembre 2014.
Il medesimo comma, inoltre, ha altresì disposto che decorso il termine la partecipazione non alienata mediante procedura di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto. Inoltre, entro i dodici mesi successivi alla cessazione, la società è tenuta a liquidare in denaro il valore della quota del socio cessato, sulla base dei criteri stabiliti dalla disciplina civilistica sui criteri di determinazione del valore delle azioni per le quali il socio esercita il diritto di recesso (art. 2437-ter, secondo comma cc.).
L’articolo 2437-ter, secondo comma del codice civile dispone che il valore di liquidazione delle azioni della società è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell'eventuale valore di mercato delle azioni.
Si ricorda, infine, che sulla stessa materia, ma con specifico riferimento alle società partecipate solo dalle amministrazioni locali, è intervenuto anche l’art. 23 del D.L. n. 66/2014 (L. n. 89/2014), conferendo al Commissario per la razionalizzazione della spesa la predisposizione entro il 31 luglio 2014 di un programma di razionalizzazione anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge di contabilità n. 196/2009 predisposto annualmente dall’ISTAT. Il Commissario ha presentato il programma nei primi giorni di agosto.
Tale programma doveva essere reso operativo e vincolante per gli enti locali, anche ai fini di un suo inserimento nell’ambito del patto di stabilità e crescita interno, con il disegno di legge di stabilità per il 2015 (art. 23, co. 1-bis).
Il cosiddetto Rapporto Cottarelli recante: “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali”, è stato presentato il 7 agosto 2014. Il suddetto Rapporto ha evidenziato, da un lato, che il fenomeno delle società partecipate dalle amministrazioni locali ha raggiunto numeri molto elevati, con circa 7700 società di dimensioni talvolta assai ridotte e operanti spesso in perdita, con effetti negativi sia per il bilancio delle amministrazioni proprietarie che per la collettività che usufruisce di servizi inefficienti; dall’altro, ha messo in luce, con particolare riferimento al settore dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che attualmente vi sono circa 1.800 società che operano nei comparti energetico, idrico, dei rifiuti e del trasporto pubblico locale, il cui assetto proprietario, in larga prevalenza costituito da aziende partecipate da enti pubblici territoriali, risulta essere troppo frammentato e di conseguenza non permette la realizzazione dei programmi di investimento adeguati, i quali esigono ingenti capitali cui solo attraverso grandi dimensioni d’impresa è possibile far fronte.
Il Commissario ha utilizzato i dati forniti dal Tesoro per analizzare le 7.726 società partecipate dalle amministrazioni locali. Secondo le sue rilevazioni, i servizi pubblici di rilevanza economica a rete (in particolare, elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto) rappresentano il 23 per cento del numero totale delle società e il 60 per cento del valore della produzione. Ammonta invece al 42 per cento il numero delle società che svolgono servizi pubblici privi di rilevanza economica, mentre il 13 per cento svolge servizi strumentali per l'ente pubblico di riferimento. Il 22 per cento svolge attività di vendita di beni e servizi in mercati concorrenziali.
Nel 2012 le perdite lorde delle partecipate censite sono state di circa 1.200 mln. Si rilevano perdite in quasi tutti i settori anche se risultano particolarmente elevate, in valore assoluto, per il trasporto pubblico (con perdite eccedenti i 300 mln, di cui la metà sono relative all’ATAC di Roma). Altri settori con perdite elevate (superiori al 20 percento) rispetto al capitale investito sono l’informatica, i servizi amministrativi, le società di trasformazione urbana (STU), le multiutility e il turismo.
Secondo il Commissario, vi sono poi perdite non palesi finanziate da contratti di servizio e trasferimenti in conto corrente e conto capitale. I contratti di servizio e gli altri trasferimenti – che, sulla base di dati SIOPE, ammontavano nel 2012 a circa 16.500 mln per l’intero settore – compensano le partecipate per un servizio reso e quindi sarebbe errato, come alcuni fanno, assumere che un risparmio corrispondente potrebbe emergere dalla soppressione delle partecipate. Tuttavia, una parte di queste risorse, di incerto ammontare, va a compensare inefficienze di gestione.
Il Programma del Commissario volge l'attenzione al sottodimensionamento di molte partecipate: circa 3000 società hanno un numero di dipendenti minore o uguale a 5 e altre 500 circa hanno un massimo di 10 dipendenti. Inoltre, tra i servizi pubblici economici a rete, nei quali vi è un'elevata incidenza delle economie di scala (energia, gas, acqua, rifiuti), il 62 per cento delle partecipate è rappresentato da piccole imprese con un valore della produzione inferiore a 10 mln che nell'insieme coprono soltanto il 7 per cento della produzione e che si presentano concentrate prevalentemente al Sud. Al polo opposto si trova un numero esiguo di imprese di medie e grandi dimensioni che rappresenta numericamente solo il 4 percento dell’insieme delle partecipate, ma copre più della metà del valore della produzione del comparto.
La Corte dei conti ha presentato nel giugno 2014 una Relazione sugli Organismi partecipati dagli enti territoriali, ai sensi dell'art.7, co. 7, l. 5 giugno 2003, n. 131[189]; l’indagine muove dagli organismi censiti nella banca dati SIQUEL della Corte dei conti, di cui sono stati esaminati i dati di bilancio anche al fine di ricostruire i flussi finanziari con i soggetti pubblici partecipanti/controllanti. Nel sistema SIQUEL, al 18 aprile 2014, risultano censiti n. 7.472 organismi, di cui 6.386 in attività (la restante parte è costituita da enti cessati o in liquidazione).
Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato nel luglio 2014 un Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle Amministrazioni Pubbliche al 31 dicembre 2012.
Il censimento effettuato dal Tesoro ha rilevato nel 2012 8.146 società partecipate, di cui 423 partecipate dalle amministrazioni centrali, 7.726 dalle amministrazioni locali, 17 da enti nazionali pubblici di previdenza e assistenza e 201 da amministrazioni non appartenenti al sottosettore S13 rilevante ai fini della normativa europea. Inoltre, sono state rilevate 36.125 partecipazioni.
Articolo 1,
comma 615
(Affidamento diretto a società in
possesso di requisiti
per la gestione in house, partecipate direttamente
da enti locali compresi nell’ambito territoriale)
615. Il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 149-bis del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente: «L'affidamento
diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei
requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house,
comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale».
Il comma 615 interviene sull’articolo 149-bis[190] del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice ambientale), contenuto nelle disposizioni del Codice che attengono ai servizi idrici integrati.
Tale articolo attribuisce all'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, la deliberazione sulla forma di gestione tra quelle previste dall'ordinamento europeo ed il conseguente affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.
La disposizione in commento – con riferimento alla società affidataria - elimina, in particolare, il requisito della partecipazione esclusiva e diretta da parte degli enti locali dell'ambito territoriale ottimale, stabilendo che debba trattarsi di società “interamente pubbliche” che siano “comunque” partecipate dagli enti locali “ricadenti” nell’ambito del territoriale ottimale. Di conseguenza, la norma prevede la possibilità di affidamento diretto anche nei confronti delle società partecipate indirettamente e in forma non esclusiva dagli enti locali dell'ambito territoriale, purché interamente pubbliche e ricadenti nell’ambito territoriale ottimale.
Sulle modalità di affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica e sulla loro gestione aggregata interviene anche il comma 609 dell’art. 1 della legge di stabilità 2015 stabilendo - in via generale - l’obbligo per gli enti locali di partecipare agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali o omogenei (lett. a)) ed aggiungendo previsioni più stringenti rispetto a quanto già stabilito al comma 1-bis dell’art. 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138.
Il medesimo art. 609 precisa – riguardo all’ambito di applicazione delle disposizioni recate da tale comma e dalle altre disposizioni, comprese quelle di carattere speciale, in materia di servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica (in particolare, elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto) - che le stesse si intendono riferite, “salvo deroghe espresse”, anche al settore dei rifiuti urbani ed ai settori sottoposti alla regolazione ad opera di un’Autorità indipendente (lett. e)).
In precedenza, la disciplina in materia di organizzazione per lo svolgimento dei SPL, contenuta nell'articolo 3-bis del D.L. n. 138/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/2011), introdotto dall'art. 25, co. 1, del D.L. n. 1/2012 (convertito, con modificazioni, da L. n. 27/2012) faceva, in ogni caso, salva l'organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori alla dimensione provinciale, anche sulla base di direttive europee. Tale clausola di salvaguardia è stata ricondotta alla necessità di coordinare tali disposizioni con le normative di settore che prevedono l’organizzazione di singoli servizi pubblici locali secondo ambiti territoriali ottimali, tra cui i servizi idrici i rifiuti urbani.
Articolo 1,
comma 616
(Riduzione aziende speciali)
616. All'articolo 1, comma 568-bis, lettera a), della legge 27 dicembre
2013, n. 147, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo e al secondo periodo, dopo le parole: «allo scioglimento
della società» sono inserite le seguenti: «o azienda speciale»;
b) al secondo periodo, le parole: «dodici mesi» sono sostituite dalle
seguenti: «ventiquattro mesi».
Il comma 616 interviene sulla procedura del c.d. “scioglimento incentivato” delle società controllate dalle amministrazioni territoriali previsto dalla legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013), estendendo anche alle aziende speciali le agevolazioni previste dal comma 568-bis della legge suddetta in materia di incentivi in caso di scioglimento delle società controllate, nonché aumentando da 12 a 24 mesi l'arco temporale di applicabilità delle agevolazioni ivi previste.
In particolare, la lettera a) del comma 568-bis prevede che le pubbliche amministrazioni locali[191] e le loro società controllate direttamente o indirettamente possono procedere allo scioglimento della società controllata, disponendo altresì che se lo scioglimento è in corso o è deliberato entro i 12 mesi dalla data di entrata in vigore del comma medesimo[192], gli atti e le operazioni in favore di pubbliche amministrazioni posti in essere in seguito allo scioglimento sono esenti da imposizione fiscale, ad eccezione dell’IVA, e sono assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e catastali. Inoltre, quale ulteriore agevolazione, se lo scioglimento riguarda una società indirettamente controllata, le plusvalenze della controllante non concorrono alla formazione del reddito e del valore della produzione, mentre le minusvalenze sono deducibili nell’esercizio in cui si sono realizzate e nei quattro successivi.
Il comma 616 opera due modifiche alla lettera a), mediante le quali:
§ si estende da 12 a 24 mesi il periodo di applicazione delle agevolazioni sopradescritte, consentendo in tal modo all’amministrazione locale interessata di accedere alle stesse qualora la procedura di scioglimento venga effettuata entro il 5 maggio del 2016[193], anziché entro il 5 maggio 2015 come prevede ora il comma 568-bis;
§ si includono tra le società oggetto dello scioglimento anche le aziende speciali.
Si rammenta che le aziende speciali sono definite
dall’articolo 114 del TUEL (D.Lgs. n. 267 del 2000) come enti strumentali dell'ente locale dotati di personalità giuridica,
di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio
comunale o provinciale, e la cui gestione si conforma, oltre che al codice
civile, ai principi contabili generali contenuti recati per tutti gli enti
territoriali dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118[194]. Il successivo
articolo 115 consente inoltre che l’ente locale possa con propria
determinazione trasformare le aziende speciali in società di capitali,
Con riguardo alle funzioni dalle stesse svolte, le
aziende speciali costituiscono una delle forme per la gestione dei servizi pubblici
locali, cioè quei servizi che (articolo 112 TUEL) abbiano per oggetto produzione di beni ed attività
rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile
delle comunità locali. Si tratta ad esempio della gestione di
acquedotti, fognature, trasporto pubblico ed altro.
Articolo 1,
comma 617
(Soppressione assegnazione gratuita di
casella di
posta elettronica certificata ai cittadini)
617. I commi 5, 6, 7 e 8 dell'articolo 16-bis del decreto-legge 29
novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio
2009, n. 2, sono abrogati. Le risorse finanziarie di cui all'articolo 16-bis,
comma 8, abrogato dal precedente periodo, ove non ancora impegnate con atti
giuridicamente vincolanti alla data di entrata in vigore della presente legge
ovvero derivanti da economie di progetto, sono trasferite all'Agenzia per
l'Italia digitale e utilizzate dalla stessa Agenzia per interventi volti a
favorire e semplificare le comunicazioni tra la pubblica amministrazione e i
cittadini. A tal fine le predette risorse sono versate all'entrata del bilancio
dello Stato per essere riassegnate sui pertinenti capitoli di bilancio dello
stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze relativi
all'Agenzia per l'Italia digitale. All'articolo 3-bis, comma 1, del codice di
cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le parole: «, rilasciato ai
sensi dell'articolo 16-bis, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n.
185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2,» sono
soppresse. Il comma 3-quater dell'articolo 10 del decreto-legge 13 maggio 2011,
n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, è
abrogato. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Il comma 617 abroga i commi da 5 a 8 dell’art. 16-bis del citato decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, con i quali è stata introdotta la possibilità di attribuzione gratuita di una casella di posta elettronica certificata a tutti i cittadini che ne facciano richiesta. La peculiarità di questo indirizzo di PEC è che consente l'invio di documenti informatici per via telematica con valenza legale ed è valido giuridicamente ai fini dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, che sono tenute ad utilizzare tale strumento per le comunicazioni e le notificazioni aventi come destinatari i dipendenti della stessa o di altra amministrazione (c.d. Cec-PAC, ovvero "Comunicazione Elettronica Certificata tra Pubblica Amministrazione e Cittadino", o anche “PEC al cittadino”).
Si tratta di uno strumento pensato al fine di incentivare l’utilizzo della PEC e di favorire le comunicazioni telematiche. Rispetto alla PEC, la casella rilasciata ai cittadini differisce per il fatto di essere strumento destinato e limitato esclusivamente alle trasmissioni fra cittadini e pubbliche amministrazioni.
Si ricorda che la posta elettronica certificata (PEC) viene definita dal Codice dell'amministrazione digitale (CAD) come il sistema di comunicazione in grado di attestare l'invio e l'avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi.
Il decreto-legge n. 185/2008, con l'intento di portare a regime l'uso della PEC quale ordinario e tendenzialmente unico strumento di comunicazione alternativo all'invio postale di documenti cartacei, ha esteso a tutte le amministrazioni pubbliche l'obbligo di istituire una casella di posta elettronica certificata, o analogo indirizzo di posta elettronica.
Il medesimo provvedimento ha previsto anche l'attribuzione gratuita di una casella di posta elettronica certificata - PEC a tutti i cittadini che ne facciano richiesta. Si è disposto, inoltre, che la posta elettronica certificata venga usata con effetto equivalente, ove necessario, alla notificazione avvenuta per mezzo della posta ordinaria[195].
Per quanto riguarda le disposizioni abrogate:
§ il comma 5 dell’art. 16-bis del D.L. n. 185/2008 stabilisce che, per favorire la realizzazione degli obiettivi di massima diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni, ai cittadini che ne fanno richiesta è attribuita una casella di posta elettronica certificata il cui utilizzo abbia effetto equivalente, ove necessario, alla notificazione per mezzo della posta;
§ il comma 6 prevede che ogni amministrazione pubblica utilizzi unicamente la posta elettronica certificata con effetto equivalente, ove necessario, alla notificazione per mezzo della posta, per le comunicazioni e le notificazioni aventi come destinatari dipendenti della stessa o di altra amministrazione pubblica;
§ il comma 7 del citato art. 16-bis rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa con la Conferenza unificata, al definizione delle modalità di rilascio e di uso della casella di posta elettronica certificata assegnata ai cittadini, con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, nonché le modalità di attivazione del servizio mediante procedure di evidenza pubblica, anche utilizzando strumenti di finanza di progetto. La definizione delle modalità di rilascio e di uso della casella di PEC assegnata ai cittadini è stata operata con il D.P.C.M. 6 maggio 2009;
§ il comma 8 reca la copertura finanziaria degli oneri legati alle attività descritte dai precedenti commi[196].
Il servizio di posta elettronica certificata gratuita per i cittadini è stato denominato PostaCertificat@ dall’affidatario del servizio e ha un sito web dedicato (https://www.postacertificata.gov.it) dove è possibile procedere con la richiesta di attivazione e la fase iniziale dell’iter, che poi termina recandosi negli uffici abilitati per l’attivazione del servizio e la consegna delle credenziali di accesso.
Contestualmente, il comma 617 prevede che siano versate all’entrata del bilancio dello Stato le risorse finanziarie disponibili nel bilancio di Formez, previste dall’art. 16-bis, co. 8, del D.L. n. 185/2008 per la diffusione delle caselle di posta elettronica certificata richieste dai cittadini, ove si tratti di risorse non ancora impegnate con atti giuridicamente vincolanti alla data di entrata in vigore della legge ovvero derivanti da economie di progetto. Tali risorse saranno poi riassegnate all’Agenzia per l’Italia digitale con il vincolo di utilizzarle per interventi volti a favorire e semplificare le comunicazioni tra la pubblica amministrazione e i cittadini.
Sul sito dell’Agenzia per l’Italia digitale si spiega che la chiusura della CEC PAC è determinata dai risultati insufficienti raggiunti in termini sia di numero di attivazioni, sia di utilizzazione delle caselle attivate. Sono inoltre stabiliti i tempi dalla sospensione del servizio fino alla sua chiusura definitiva.
La disposizione abroga, altresì, l’art. 10, co. 3-quater del D.L. n. 70/2011[197], introdotto dall’art. 14 del D.L. n. 69/2013 (c.d. decreto del fare), che prevedeva l’assegnazione automatica di una casella di posta elettronica certificata ai cittadini, in sede di rilascio del documento digitale unificato (in cui sono unificate la carta di identità elettronica (CIE) e la tessera sanitaria elettronica), ovvero all’atto di iscrizione anagrafica o dichiarazione di cambio di residenza (ma solamente a partire dall’entrata a regime dell’Anagrafe della popolazione residente).
La casella è assegnata di diritto, vale come domicilio digitale ed è poi attivabile in via telematica dall’interessato. Le modalità di rilascio del domicilio digitale sono stabilite con il decreto che definisce le modalità tecniche del documento unificato.
Tale disposizione costituiva un incentivo all’attivazione del domicilio digitale in quanto la casella rilasciata in questo caso svolgeva la funzione di domicilio digitale successivamente attivabile in modalità telematica dal medesimo cittadino.
Da ultimo, la disposizione modifica l’art. 3-bis del Codice dell’amministrazione digitale, relativo al domicilio digitale, sopprimendo il riferimento ivi contenuto all’indirizzo di posta elettronica certificata «, rilasciato ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2,».
Si ricorda che la nozione di domicilio digitale è stata introdotta con le modifiche e integrazioni apportate al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale – CAD) dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Infatti, l’art. 3-bis del comma 1, D.Lgs. n. 82/2005, introduce tra i diritti digitali la facoltà per ogni cittadino di indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata, rilasciato ai sensi dell’art. 16-bis, comma 5, del d.l. 185/2008, ossia un indirizzo di CEC-PAC, quale suo domicilio digitale Tale indirizzo è inserito nell’ANPR Anagrafe nazionale della popolazione residente e reso disponibile a tutte le pubbliche amministrazioni e ai gestori o esercenti di pubblici servizi.
In caso di presenza di domicilio digitale, dal 1° gennaio 2013, salvo i casi in cui sia prevista dalla normativa vigente una diversa modalità di comunicazione o di pubblicazione in via telematica, le amministrazioni pubbliche e i gestori o esercenti di pubblici servizi comunicano con il cittadino esclusivamente tramite il domicilio digitale dallo stesso dichiarato, anche ai sensi dell’art. 21-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, senza oneri di spedizione a suo carico. Ogni altra forma di comunicazione non può produrre effetti pregiudizievoli per il destinatario e l’utilizzo di differenti modalità di comunicazione rientra tra i parametri di valutazione della performance dirigenziale. A fronte del diritto del cittadino è quindi previsto il correlato dovere dell’amministrazione di comunicare esclusivamente tramite il domicilio digitale dichiarato, obbligo “sanzionato” con la previsione di conseguenze sull’efficacia della comunicazione e sulla valutazione della performance dirigenziale.
Articolo 1,
commi 618-620
(Sdemanializzazione ed uso delle aree
appartenenti al demanio marittimo nei pressi del Porto Vecchio di Trieste)
618. Il Commissario di Governo per il Friuli Venezia Giulia, previa
intesa con il presidente della regione Friuli Venezia Giulia e con il sindaco
di Trieste, adotta, d'intesa con le istituzioni competenti, i provvedimenti
necessari per spostare il regime giuridico internazionale di punto franco dal
Porto vecchio di Trieste ad altre zone opportunamente individuate,
funzionalmente e logisticamente legate alle attività portuali.
619. In conseguenza dei provvedimenti di cui al comma 618, le aree, le
costruzioni e le altre opere appartenenti al demanio marittimo comprese nel
confine della circoscrizione portuale, escluse le banchine, l'Adriaterminal e
la fascia costiera del Porto vecchio di Trieste, sono sdemanializzate e
assegnate al patrimonio disponibile del comune di Trieste per essere destinate
alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Il comune di Trieste
aliena, nel rispetto della legislazione nazionale ed europea in materia, le
aree e gli immobili sdemanializzati e i relativi introiti sono trasferiti
all'Autorità portuale di Trieste per gli interventi di infrastrutturazione del
Porto nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di punto
franco. Sono fatti salvi i diritti e gli obblighi derivanti dai contratti di
concessione di durata superiore a quattro anni in vigore, che sono convertiti,
per la porzione di aree relative, in diritto di uso in favore del
concessionario per la durata residua della concessione. Il presidente
dell'Autorità portuale, d'intesa con il presidente della regione Friuli Venezia
Giulia e con il sindaco di Trieste, delimita le aree che restano vincolate al
demanio marittimo.
620. L'uso delle aree demaniali del Porto vecchio di Trieste è
disciplinato da apposito regolamento dell'Autorità portuale di Trieste, da
emanare in esecuzione di quanto previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera a),
dall'articolo 8, comma 3, lettera h), e dall'articolo 13, comma 1, lettera a),
della legge 28 gennaio 1994, n. 84.
I commi da 618 a 620 consentono la spostamento del regime giuridico internazionale di punto franco dal porto vecchio di Trieste ad altre zone opportunamente individuate, legate alle attività portuali, con provvedimenti del Commissario di governo della Regione Friuli- Venezia Giulia, d’intesa con il Presidente della Regione e con il Sindaco di Trieste (co. 618).
Il successivo comma 619 prevede conseguentemente che le aree del porto vecchio (con esclusione delle banchine, dell’Adriaterminal e della fascia costiera) sono sdemanializzate ed assegnate al patrimonio disponibile del comune di Trieste per essere destinate alle finalità previste dagli strumenti urbanistici. Di tali aree si prevede quindi l’alienazione destinando i relativi introiti all’Autorità portuale per gli interventi di infrastrutturazione del Porto nuovo e delle nuove aree destinate al regime internazionale di punto franco.
La disposizione fa salvi i diritti di concessione nei contratti superiori a quattro anni che sono convertiti in diritti d’uso a favore del concessionario per la durata residua della concessione. Il Presidente dell’autorità portuale, d’intesa con presidente di Regione e Sindaco di Trieste delimita le aree che restano vincolate al demanio marittimo.
In base al comma 620 l’uso di tali aree è disciplinato dal regolamento da emanarsi da parte dell’Autorità portuale, nell’ambito dei suoi poteri di regolamentazione delle attività dell’area portuale (art. 6, co. 1, lett. a L. n. 84/1994) e di determinazione dei canoni di concessione (art. 13, co. 1, lett. a L. n. 84/1994).
In particolare, le disposizioni citate:
§ attribuiscono all’autorità portuale i compiti di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di igiene del lavoro (art. 6, co. 1, lettera a della legge n. 84/1994);
§ comprendono tra le entrate delle autorità portuali i canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine comprese nell'ambito portuale, nonché delle aree demaniali comprese nelle circoscrizioni portuali e i proventi di autorizzazioni per operazioni portuali di cui all'articolo 16 (art. 13, co. 1, lettera a della legge n. 84/1994 che prevede anche che le autorità portuali non possono determinare canoni di concessione demaniale marittima per scopi turistico-ricreativi, fatta eccezione per i canoni di concessione di aree destinate a porti turistici, in misura più elevata di quanto stabilito dalle autorità marittime per aree contigue e concesse allo stesso fine).
Articolo 1, commi
621-625
(Modifica aliquote fondi pensioni e TFR)
621. All'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre 2005,
n. 252, le parole: «11 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «20 per
cento».
622. I redditi cui si applica l'articolo 3, comma 2, lettere a) e b),
del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 giugno 2014, n. 89, concorrono alla formazione della base imponibile
dell'imposta prevista dall'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5
dicembre 2005, n. 252, e successive modificazioni, in base al rapporto tra
l'aliquota prevista dalle disposizioni vigenti e l'aliquota stabilita dal
medesimo articolo 17, comma 1, come modificato dal comma 621 del presente
articolo.
623. All'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 18 febbraio 2000,
n. 47, e successive modificazioni, le parole: «11 per cento» sono sostituite
dalle seguenti: «17 per cento».
624. Le disposizioni di cui ai commi 621 e 622 si applicano dal periodo d'imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. In deroga all'articolo 3
della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'imposta complessivamente dovuta per il
periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014 è determinata con l'aliquota
stabilita dalla disposizione di cui al comma 621 del presente articolo e la
base imponibile, determinata secondo i criteri del comma 622, è ridotta del 48
per cento della differenza tra le erogazioni effettuate nel corso del 2014 per
il pagamento dei riscatti e il valore delle rispettive posizioni individuali
maturate al 31 dicembre 2013 maggiorate dei contributi versati nel corso del
2014.
625. La disposizione di cui al comma 623 si applica alle rivalutazioni
decorrenti dal 1º gennaio 2015.
I commi da 621 a 625 prevedono l’innalzamento
dell’aliquota di tassazione dall’11 al 20 per cento per i fondi pensione e dall’11 al 17 per cento per la rivalutazione
del TFR (trattamento di fine
rapporto).
Si ricorda che a decorrere dal 1° luglio 2014 l’aliquota della tassazione dei redditi di natura finanziaria è stata aumentata dal 20 al 26 per cento (articolo 3 del decreto-legge n. 66 del 2014); contestualmente è stato introdotto, in via compensativa, un credito di imposta in favore delle Casse di previdenza private e un elevamento all’11,5 per cento, per l'anno 2014, dell'aliquota sui fondi pensione (articolo 4).
Una prima revisione delle aliquote era già intervenuta ad opera dell’articolo 2 (commi da 6 a 12) del decreto-legge n. 138 del 2011, che aveva introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la complessiva revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria, al fine di unificare le aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento.
Sono esclusi dall’ambito di applicazione della riforma, tra gli altri, i titoli di Stato ed equiparati, i titoli emessi da altri Stati (cd. white list, vale a dire i paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni), i titoli di risparmio per l’economia meridionale e le forme di previdenza complementare (fondi pensione). Si ricorda che tra le categorie di interessi la cui tassazione resta al 12,5 vi sono i project bond e - oltre ai buoni postali - le emissioni della "gestione separata" di Cassa depositi e prestiti per il finanziamento degli investimenti pubblici (art. 22-quinquies del D.L. n. 91 del 2014).
In particolare il comma 621 modifica l’aliquota prevista all’articolo 17, comma 1, del D.Lgs. n. 252 del 2005 in materia di forme pensionistiche complementari (cd. fondi pensione), innalzandola al 20 per cento.
Il comma 622 prevede, inoltre, che la base imponibile dell'imposta sostitutiva applicata sul risultato di gestione dei fondi pensione sia determinata, per i redditi dei titoli pubblici, in base al rapporto tra l'aliquota vigente (12,50 per cento) e quella dell'imposta sostitutiva stessa, al fine di evitare una penalizzazione per l'investimento indiretto in tali titoli.
Il comma 623 aumenta dall’11 al 17 per cento l’aliquota per la rivalutazione del TFR (trattamento di fine rapporto) al fine – secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa - di armonizzare il livello di imposizione previsto per le rivalutazioni dei fondi per il TFR con quello previsto per il risultato maturato di gestione delle forme pensionistiche complementari.
Ai sensi del comma 624, le nuove aliquote si applicano dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
In deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie (previsto dall’articolo 3 dello Statuto del contribuente, di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212), l’imposta sul risultato di gestione dei fondi pensione dovuta per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 è determinata con la nuova aliquota; tuttavia, la base imponibile è ridotta del 48 per cento della differenza tra le erogazioni effettuate nel corso del 2014 per il pagamento dei riscatti ed il valore delle rispettive posizioni individuali maturate al 31 dicembre 2013 maggiorate dei contributi versati nel corso del 2014. Tale meccanismo dovrebbe consentire di evitare che l'incremento di tassazione incida su posizioni già definite, ossia sui rendimenti maturati nel 2014 e compresi nei riscatti liquidati nel corso del 2014 (assoggettate alla minore aliquota pro tempore vigente), e che la maggiore aliquota gravi di fatto sugli altri iscritti.
Sostanzialmente, per effetto della riduzione della base imponibile nella misura pari al 48 per cento dei rendimenti netti maturati ed erogati durante l’anno, si determina una riduzione dell’imposta dovuta pari al differenziale (8,5 per cento) tra la nuova e la vecchia aliquota, confermando la tassazione all’11,5 per cento vigente al momento della erogazione. Infatti, riducendo la base imponibile dell’imposta calcolata al 20 per cento di un importo pari al 48 per cento del rendimento, al netto di un’imposta dell’11,5 per cento, l’imposta dovuta è pari a quella accantonata al momento della liquidazione della prestazione.
Per quanto riguarda il
TFR, invece, ai sensi del comma 625 la nuova aliquota si applica
alle rivalutazioni decorrenti dal 1°
gennaio 2015.
Articolo 1,
comma 626
(Rivalutazione terreni e partecipazioni)
626. Al comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n.
282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole: «1º gennaio 2014» sono sostituite dalle
seguenti: «1º gennaio 2015»;
b) al secondo periodo, le parole: «30 giugno 2014» sono sostituite dalle
seguenti: «30 giugno 2015»;
c) al terzo periodo, le parole: «30 giugno 2014» sono sostituite dalle
seguenti: «30 giugno 2015».
Il comma 626 riapre i termini per la rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, introdotta dalla legge finanziaria 2002 e successivamente prorogata nel tempo.
In particolare, la norma consente di rivalutare anche i terreni e le partecipazioni posseduti al 1° gennaio 2015; il termine di versamento dell’imposta sostitutiva è fissato conseguentemente al 30 giugno 2015 (ove si opti per la rata unica; altrimenti, come già previsto in passato, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2016, 30 giugno 2016 e 30 giugno 2017); la perizia di stima dovrà essere redatta ed asseverata, al massimo, entro il 30 giugno 2015.
Più in dettaglio, la disposizione in esame novella l’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, col quale è stata disposta la prima riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 riferiti, rispettivamente, al possesso di partecipazioni e di terreni.
I richiamati articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 hanno introdotto la facoltà di rivalutare i terreni (sia agricoli che edificabili) e le partecipazioni in società non quotate possedute da persone fisiche e società semplici, agli effetti della determinazione delle plusvalenze, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva da applicare sul maggior valore attribuito ai cespiti.
Nel corso del tempo tali disposizioni sono state oggetto di diverse modifiche dirette a riaprire i dei termini per usufruire del beneficio, ampliandone così l’ambito operativo.
Si tratta di plusvalenze conseguite - non nell’esercizio di arti e professioni né nell’esercizio di attività di impresa - dall’alienazione di terreni agricoli e di aree edificabili, nonché di partecipazioni in società non quotate; il beneficio fiscale consiste per l’appunto nell’applicazione di un’imposta sostitutiva con aliquota inferiore a quella prevista ove il contribuente si avvalesse per il regime fiscale ordinario.
Il contribuente ha dunque la facoltà di assumere, agli effetti della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – Tuir - in luogo del costo o valore d’acquisto, il valore dei beni posseduti alla data del 1° luglio 2011, determinato, sempre con riferimento a tale data, da perizia asseverata e redatta da un professionista. Tale valore è assoggettato all’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, pari al 4 per cento per la rivalutazione dei terreni e delle aree edificabili e del 4 per cento o del 2 per cento del valore delle partecipazioni rispettivamente possedute per quote qualificate o non qualificate.
Le disposizioni sono state successivamente prorogate ed ampliate dal decreto-legge n. 70 del 2011 (articolo 7, comma 2, lettere da dd) a ff)), che ha in particolare individuato tra i destinatari dell’agevolazione anche le società di capitali i cui beni siano stati oggetto di misure cautelari e che all’esito del giudizio ne abbiano riacquistato la piena titolarità; a chi abbia già usufruito della rivalutazione di partecipazioni e terreni in passato è stato consentito di detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata; per i soggetti che non effettuano la suddetta detrazione è possibile chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata.
La disciplina è stata da ultimo prorogata dall’articolo 1, comma 156 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha consentito di rivalutare i terreni e le partecipazioni possedute al 1° gennaio 2014, versando l’imposta sostitutiva, alternativamente, in unica soluzione entro il 30 giugno 2014 oppure, come già previsto per le precedenti leggi di rivalutazione, in tre rate annuali di pari importo entro il termine del 30 giugno 2014, 30 giugno 2015 e 30 giugno 2016. Il termine per la redazione ed asseverazione della perizia era stato fissato, al massimo, entro il 30 giugno 2014.
Si ricorda che il successivo comma 627, introdotto durante l’esame parlamentare, raddoppia l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile alla rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, i cui termini sono stati prorogati al 2015 dal comma 626. Tale aliquota è innalzata dal 4 all’8 per cento per la rivalutazione di terreni e di partecipazioni qualificate, e dal 2 al 4 per cento per le partecipazioni non qualificate.
Articolo 1,
commi 627 e 628
(Imposte sostitutive sui valori di
acquisto delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati e dei
terreni)
627. Sui valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in
mercati regolamentati e dei terreni, edificabili o con destinazione agricola,
rideterminati con le modalità e nei termini indicati nel comma 2 dell'articolo
2, del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni,
dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, come modificato dal comma 626 del presente
articolo, le aliquote delle imposte sostitutive di cui agli articoli 5, comma
2, e 7, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono raddoppiate.
628. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre 2004, n. 307, è incrementata di 150 milioni di euro per
l'anno 2015 e 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Il comma 627 raddoppia l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile alla rivalutazione contabile di terreni agricoli ed edificabili e partecipazioni in società non quotate, i cui termini sono stati prorogati al 2015 dal comma 626. Tale aliquota è innalzata dal 4 all’8 per cento per la rivalutazione di terreni e di partecipazioni qualificate, e dal 2 al 4 per cento per le partecipazioni non qualificate.
Si rinvia alla scheda di lettura del comma 626 per ulteriori approfondimenti.
Il successivo comma 628 destina le maggiori entrate ottenute per effetto del predetto innalzamento, quantificate in 150 milioni per il 2015 e 75 milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017, all’incremento del Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).
Articolo 1,
commi 629-633
(Reverse charge e split payment)
629. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 17, sesto comma:
1) alla lettera a), dopo le parole: «alle prestazioni di servizi» sono
inserite le seguenti: «diversi da quelli di cui alla lettera a-ter)»;
2) dopo la lettera a-bis) è inserita la seguente:
«a-ter) alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di
installazione di impianti e di completamento relative ad edifici»;
3) dopo la lettera d) sono aggiunte le seguenti:
«d-bis) ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra
definite all'articolo 3 della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 13 ottobre 2003, e successive modificazioni, trasferibili ai
sensi dell'articolo 12 della medesima direttiva 2003/87/CE, e successive
modificazioni;
d-ter) ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai
gestori per conformarsi alla citata direttiva 2003/87/CE e di certificati
relativi al gas e all'energia elettrica;
d-quater) alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto
passivo-rivenditore ai sensi dell'articolo 7-bis, comma 3, lettera a);
d-quinquies) alle cessioni di beni effettuate nei confronti degli
ipermercati (codice attività 47.11.1), supermercati (codice attività 47.11.2) e
discount alimentari (codice attività 47.11.3)»;
b) prima dell'articolo 18 è inserito il seguente:
«Art. 17-ter. -- (Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici).
--- 1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei
confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorchè dotati di personalità
giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti
ai sensi dell'articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio,
industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle
aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di
ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di
assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti
cessionari o committenti non sono debitori d'imposta ai sensi delle
disposizioni in materia d'imposta sul valore aggiunto, l'imposta è in ogni caso
versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai compensi per
prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta
sul reddito»;
c) all'articolo 30, secondo comma, lettera a), sono aggiunte, in fine,
le seguenti parole: «, nonchè a norma dell'articolo 17-ter»;
d) all'articolo 74, settimo comma, alinea, dopo le parole: «di gomma e
plastica,» sono inserite le seguenti: «nonchè di bancali in legno (pallet)
recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo,».
630. Ai sensi del comma 10 dell'articolo 38-bis del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni, il Ministro dell'economia e delle finanze, con il decreto di cui
all'articolo 17-ter, comma 1, del medesimo decreto del Presidente della
Repubblica n. 633 del 1972, introdotto dal comma 629 del presente articolo,
individua, tra coloro nei confronti dei quali il rimborso è eseguito in via
prioritaria, i soggetti di cui al predetto articolo 17-ter, comma 1,
limitatamente al credito rimborsabile relativo alle operazioni ivi indicate.
631. Le disposizioni di cui al comma 629, lettera a), numero 3), sono
applicabili per un periodo di quattro anni.
632. L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 629, lettera a),
numero 3), capoverso d-quinquies), è subordinata al rilascio, da parte del
Consiglio dell'Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell'articolo
395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e
successive modificazioni. Le disposizioni di cui al comma 629, lettera b),
nelle more del rilascio, ai sensi dell'articolo 395 della direttiva
2006/112/CE, della misura di deroga da parte del Consiglio dell'Unione europea,
trovano comunque applicazione per le operazioni per le quali l'imposta sul
valore aggiunto è esigibile a partire dal 1º gennaio 2015. In caso di mancato
rilascio delle suddette misure di deroga, con provvedimento del direttore
dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 30 giugno 2015,
l'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonchè
l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, di cui all'allegato I
al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla
produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al
decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono
aumentate in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a
1.716 milioni di euro a decorrere dal 2015; il provvedimento è efficace dalla
data di pubblicazione nel sito internet dell'Agenzia delle dogane e dei
monopoli.
633. Nei confronti degli enti pubblici cessionari o committenti nei casi
previsti dalle disposizioni di cui al comma 629, lettera b), che omettono o
ritardano il versamento dell'imposta sul valore aggiunto, si applicano le
sanzioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
471, e successive modificazioni, e le somme dovute sono riscosse mediante
l'atto di recupero di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre
2004, n. 311.
Le disposizioni dei commi da 629 a 633:
§ incrementano il numero delle ipotesi di applicazione del meccanismo di inversione contabile (reverse charge)a fini IVA, in particolare estendendo tale sistema anche ad ulteriori ambiti del settore edile, del settore energetico e della grande distribuzione alimentare;
§ introducono il cd. meccanismo di “split payment”, ovvero speciali modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta. Tale meccanismo prevede che al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura; l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario. La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2015; salva la necessaria acquisizione dell’autorizzazione da parte degli organismi europei e, in caso di mancato rilascio di apposita deroga alla disciplina comunitaria dell’IVA, si dispone un aumento dell’aliquota dell’accisa sui carburanti tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 988 milioni di euro a decorrere dal 2015.
Le disposizioni in
commento, integrando l’articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972, intendono
anzitutto introdurre nell’ordinamento nazionale ulteriori ipotesi di reverse
charge, relativamente al settore
edile ed energetico, in conformità rispettivamente agli articoli 199 e 199-bis della direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA). Viene
introdotta un’estensione di tale meccanismo anche in relazione alla grande distribuzione alimentare ed alle
operazioni relativi ai pallet.
Il
meccanismo del reverse charge nell’ordinamento
italiano ed europeo
Si rammenta in via preliminare che per “reverse charge” o inversione contabile si intende un particolare meccanismo che prevede il trasferimento di una serie di obblighi relativi alle modalità con cui viene assolta l’Iva, dal cedente di beni / servizi all’acquirente (in deroga alla disciplina generale in materia di imposta sul valore aggiunto). In tal modo, l’acquirente risulta allo stesso tempo creditore e debitore del tributo, con obbligo di registrare la fattura sia nel registro degli acquisti che in quello delle fatture.
Tale sistema, ritenuto particolarmente efficace nella prevenzione delle frodi IVA, è già applicabile nell’ordinamento italiano in una serie di ipotesi specifiche.
Più in dettaglio, l’articolo 17 del D.P.R. n. 633 del 1972 (che ha istituito e disciplinato l’IVA) sancisce che l’inversione contabile si applica alle cessioni imponibili di oro da investimento nonché alle cessioni di materiale d'oro e a quelle di prodotti semilavorati aventi specifiche caratteristiche di purezza; in tal caso al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'annotazione "inversione contabile" e l'eventuale indicazione della norma di riferimento, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nei registri fatture nei registri corrispettivi entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro acquisti. Il meccanismo opera anche (articolo 17, comma 6):
§ per le prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore. Il meccanismo però non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori;
§ alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato, per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;
§ alle cessioni di cellulari;
§ alle cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori;
§ alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.
La legge di delegazione europea 2013 (legge n. 96 del 2013) ha delegato il governo ad attuare nell’ordinamento italiano, tra l’altro, la Direttiva 2010/23/UE per quanto concerne l'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi. Essa introduce un nuovo articolo 199-bis alla direttiva 2006/112/CE, per consentire agli Stati membri di prevedere, per un periodo limitato di tempo, l'applicazione del meccanismo di inversione contabile alle operazioni che comportano cessioni di beni o prestazioni di servizi imponibili effettuate nell'ambito del sistema per lo scambio di quote ed emissioni di gas a effetto serra (come disciplinato dalla Direttiva 2003/87/CE). In sostanza, l'obbligo di versare l'IVA spetta al soggetto al quale sono trasferite le quote di emissioni e non, come di norma previsto, al soggetto passivo che effettua l'operazione. Come emerge dai considerando della direttiva, l'obiettivo della norma è di combattere le frodi ai danni dell'IVA tramite una misura temporanea, che deroga alle norme vigenti nell'Unione.
Si rammenta che il 22 luglio 2013 il Consiglio dell'UE ha approvato in via definitiva due modifiche della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, e segnatamente la direttiva 2013/43/UE, relativa all'applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell'inversione contabile alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi; la direttiva 2013/42/UE, relativa al meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA.
I provvedimenti intervengono sulla direttiva IVA lungo due direttrici: la direttiva 42 predispone un meccanismo di reazione rapida (quick reaction mechanism – c.d. QRM) di fronte alle frodi carosello, che consiste nella facoltà di applicare l'inversione contabile per un breve periodo, a seguito di notifica da parte dello Stato membro interessato; la direttiva 43 è volta all'applicazione facoltativa e temporanea dell'inversione contabile (reverse charge) alla cessione di determinati beni e alla prestazione di determinati servizi a rischio di frodi.
Viene a tal fine modificato l’articolo 199-bis, primo paragrafo, della direttiva 2006/112/CE, allargando l’ambito applicativo del meccanismo di reverse charge, fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni. In particolare tale meccanismo potrà applicarsi anche:
§ alle cessioni di telefoni cellulari, ossia dei dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;
§ alle cessioni di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;
§ alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore;
§ alle cessioni di certificati relativi a gas ed energia elettrica;
§ alle prestazioni di servizi di telecomunicazione;
§ alle cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop;
§ alle cessioni di cereali e colture industriali, fra cui semi oleosi e barbabietole, che non sono di norma destinati al consumo finale senza aver subito una trasformazione;
§ alle cessioni di metalli grezzi e semilavorati, fra cui metalli preziosi, quando non sono altrimenti contemplati dall’art. 199, paragrafo 1, lettera d) della Direttiva 2006/112/CE, dai regimi speciali applicabili ai beni d’occasione e agli oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione (a norma degli articoli da 311 a 343) o dal regime speciale per l’oro da investimento (a norma degli articoli da 344 a 356).
Infine, la direttiva consente agli Stati membri in caso di applicazione del meccanismo in commento, di informare il comitato Iva e fornirgli specifiche seguenti informazioni concernenti: l’ambito di applicazione della misura che applica il meccanismo, unitamente al tipo e alle caratteristiche della frode, nonché una descrizione dettagliata delle misure di accompagnamento, inclusi gli obblighi in materia di comunicazione applicabili ai soggetti passivi e qualsiasi misura di controllo; le azioni adottate per informare i pertinenti soggetti passivi dell’introduzione dell’applicazione del meccanismo; i criteri di valutazione che consentano il confronto fra le attività fraudolente che interessano i beni e i servizi elencati prima e dopo l’applicazione del meccanismo, le attività fraudolente che interessano altri beni e servizi prima e dopo l’applicazione del meccanismo ed eventuali aumenti di altri tipi di attività fraudolente prima e dopo l’applicazione del meccanismo; la data di inizio e il periodo di validità della misura che attua il meccanismo.
La legge di delegazione europea 2013 relativa al secondo semestre (legge n. 154 del 2014) ha delegato il Governo all’attuazione delle due direttive.
Più in dettaglio le disposizioni in esame (comma 629 lettera a), n. 2), che introduce nel D.P.R. IVA, all’articolo 17, comma 6, una lettera a-ter)), dispongono in primo luogo l’applicazione dell’inversione contabile anche alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici, a prescindere dalla qualifica soggettiva dei soggetti prestatori/cessionari dei servizi.
Le disposizioni intendono – coerentemente all’articolo 199, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2006/112/CE, che consente l’applicazione del reverse charge alle prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili – eliminare la vigente limitazione soggettiva, che circoscrive l’applicazione del reverse charge per le prestazioni nel settore edile (in particolare le prestazioni di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) al caso in cui i relativi servizi sono resi da soggetti subappaltatori, nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore.
Per motivi di coordinamento, dunque, il n. 1) della lettera a) del comma 629 precisa che il reverse charge si applica alle restanti prestazioni di servizi rese nel settore edile, ossia quelle diverse da pulizia, demolizione, installazione impianti e completamento relative a edifici indicate nell’introdotta lettera a-ter).
Come già accennato in precedenza, l’introduzione dell’articolo 199-bis nella richiamata direttiva 2006/112/CE, è stata disposta in relazione alla particolare rischiosità di frodi IVA in determinati settori; in tal modo, per detti ambiti si è prevista la facoltà di trasferire il versamento IVA al destinatario della cessione di beni o della prestazione di servizi.
La disciplina comunitaria consente quindi agli Stati membri di introdurre il meccanismo dell'inversione contabile mirato a tali beni e servizi a condizione che ne diano comunicazione al Comitato IVA e forniscano le informazioni relative all’ambito di applicazione della misura e al tipo e alle caratteristiche della frode.
Di conseguenza, il comma 629, lettera a), n. 3 della norma in esame introduce le lettere d-bis), d-ter), d-quater) e d-quinquies) al comma 6 dell’articolo 17 del D.P.R. IVA, così estendendo il reverse charge :
§ ai trasferimenti delle quote di emissione di gas-serra operati, nell’ambito del sistema europeo di emission trading (EU ETS), a norma dell’art. 12 della direttiva 2003/87/CE (lettera d-bis)).
In estrema sintesi, l’EU ETS è un sistema di tipo “cap and trade" che fissa un tetto massimo (cap) alle emissioni consentite ai soggetti partecipanti, ma consente ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato (trade) diritti di emissione di CO2 (quote) secondo le loro necessità, all'interno del limite stabilito.
Tale sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (denominato Emission Trading System - EU ETS), previsto dal Protocollo di Kyoto, è stato istituito dalla direttiva 2003/87/CE, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 216/2006. In seguito alle numerose modifiche apportate dalla direttiva 2009/29/CE, è stato emanato il D.Lgs. 13 marzo 2013 n. 30, che ha sostituito ed abrogato il precedente decreto legislativo.
L’art. 32 del D.Lgs. 30/2013, in linea con le disposizioni dell’art. 12 della direttiva, dispone che le quote di emissioni possono essere trasferite sia tra persone all'interno dell’Unione europea, nonché (alle condizioni indicate dalla norma) tra persone all'interno della UE e persone nei Paesi terzi.
Gli scambi avvengono solitamente tramite apposite “piattaforme di scambio”. La prima piattaforma italiana per lo scambio di quote di emissione di gas-serra è stata predisposta dal Gestore del Mercato Elettrico (GME).
§ ai trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla stessa direttiva 2003/87/CE, nonché di certificati relativi all’energia e al gas (lettera d-ter));
§ per prevenire il possibile trasferimento delle attività fraudolente ad altri beni o servizi del settore, alle cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo-rivenditore, individuato attraverso il rinvio all’art. 7-bis, comma 3, lettera a), del D.P.R. n. 633/1972 (lettera d-quater)).
Ai sensi dell’articolo 7-bis del D.P.R. IVA, per soggetto passivo-rivenditore si intende un soggetto passivo la cui principale attività in relazione all'acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo è costituita dalla rivendita di detti beni ed il cui consumo personale di detti prodotti è trascurabile;
§ per effetto delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare del provvedimento, alle cessioni di beni effettuate nei confronti degli ipermercati, supermercati e discount alimentari;
Si ricorda che la lettera c) del comma 629, anch’essa introdotta durante l’esame parlamentare del provvedimento, estende il reverse charge anche alle cessioni di bancali in legno (pallet) recuperati dal secondo ciclo di utilizzo in poi: anche in tale ipotesi dunque al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. Le norme intervengono sull’articolo 74 del D.P.R. IVA (modificando a tal fine il settimo comma) che disciplina i soggetti tenuti al versamento dell’imposta.
Trattandosi di un’ipotesi comunque non prevista dalle norme comunitarie, l'efficacia di tale estensione ai pallet è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell'Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e successive modificazioni.
Il richiamato articolo 395 della direttiva 2006/112/CE affida al Consiglio, con delibera all'unanimità adottata su proposta della Commissione, la possibilità di autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla direttiva stessa, allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull'importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale. Lo Stato membro che desidera introdurre le misure in deroga invia una domanda alla Commissione fornendole tutti i dati necessari. Se la Commissione ritiene di non essere in possesso di tutti i dati necessari, essa contatta lo Stato membro interessato entro due mesi dal ricevimento della domanda, specificando di quali dati supplementari necessiti. Non appena la Commissione dispone di tutti i dati che ritiene necessari per la valutazione, ne informa lo Stato membro richiedente entro un mese e trasmette la domanda, nella lingua originale, agli altri Stati membri. Entro i tre mesi successivi all'invio dell'informazione, la Commissione presenta al Consiglio una proposta appropriata o, qualora la domanda di deroga susciti obiezioni da parte sua, una comunicazione nella quale espone tali obiezioni. La procedura deve essere completata, in ogni caso, entro otto mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione. In specifici casi di “imperativa urgenza” la procedura di cui ai paragrafi 2 e 3 è completata entro sei mesi dal ricevimento della domanda da parte della Commissione.
Come precisato dalla relazione illustrativa, dal momento che le nuove ipotesi sono introdotte nel già vigente articolo 17, sesto comma del D.P.R. IVA, i contribuenti che pongono in essere le relative cessioni e prestazioni potranno chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile (ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, lettera a) del citato D.P.R. n. 633 del 1972).
Il successivo comma 631, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 199-bis della direttiva 112/2006 circa il carattere temporaneo della misura, che deve avere una durata non inferiore a due anni e non protrarsi oltre il 31 dicembre 2018, prevede che le nuove ipotesi di reverse charge riferibili al settore edilizio, alle cessioni di energia e alla grande distribuzione si applichino per un periodo di quattro anni.
Dal tenore delle norme si evince dunque che il reverse charge applicabile alle cessioni di pallet debba considerarsi misura di carattere permanente, in quanto escluso dalla temporaneità fissata dal comma 631.
Il comma 629, lettera b) introduce il cd. “split payment”, ovvero sancisce speciali modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente le operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici che non risultano debitori d’imposta.
A tal fine viene inserito nel D.P.R. n. 633 del 1972 l’articolo 17-ter, ai sensi del quale nel caso di cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle unità sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini che fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Si introduce in tal modo una speciale modalità di versamento dell’imposta sul valore aggiunto, destinata ad applicarsi dal 1° gennaio 2015. In sostanza, tale meccanismo prevede che al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura; l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario. Le PP.AA. acquirenti di beni e servizi, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, dovranno versare direttamente all’erario l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.
Di conseguenza, la disposizione intende attuare una peculiare tipologia di “split payment” secondo la quale:
§ al fornitore del bene o del servizio viene erogato il solo importo del corrispettivo pagato dalla P.A., al netto dell’IVA indicata in fattura;
§ l’imposta è quindi sottratta alla disponibilità del fornitore e acquisita direttamente dall’Erario.
La disposizione è applicabile dal 1° gennaio 2015.
In ogni caso è prevista la necessaria acquisizione dell’autorizzazione da parte degli organismi europei competenti e, in particolare, l’efficacia di dette norme (comma 632) viene subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio.
Il comma 632 prevede inoltre che, in caso di mancato rilascio della suddetta misura di deroga, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 30 giugno 2015, si dispone l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante (di cui all’allegato 1 del Testo Unico Accise – TUA contenuto nel D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 1.716 milioni di euro a decorrere dal 2015; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito Internet dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Si rammenta che l’articolo 1, commi 718 e 1719 del provvedimento in esame (alla cui scheda si rinvia), introduce una nuova clausola di salvaguardia a tutela dei saldi di finanza pubblica, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro. Tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi attraverso maggiori entrate o risparmi di spesa mediante interventi di revisione della spesa pubblica.
Le
variazioni delle aliquote di accisa sui carburanti a legislazione vigente
Dal 1° marzo 2014 l'accisa sulla benzina è pari a 730,80 euro per mille litri, mentre quella sul gasolio è stata aumentata a 619,80 euro per mille litri, per effetto della determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013. Tale aumento è conseguente alle norme contenute nell'articolo 61, comma 1, lettera e) del decreto-legge n. 69 del 2013.
Un incremento delle accise sui carburanti era previsto a partire dal 1° gennaio 2015, in conseguenza dell'attivazione della cd. "clausola di salvaguardia" contenuta nell'articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 102 del 2013 (cd. decreto-legge IMU). Tale aumento è stato "sterilizzato" dall'articolo 10, comma 9 decreto-legge n. 192 del 2014 (cd. milleproroghe) che ha sostituito l'innalzamento delle accise sui carburanti con la destinazione, a copertura delle misure contenute nel D.L. IMU (che, tra l'altro, ha eliminato la prima rata IMU 2013 per le abitazioni principali), di parte delle risorse che deriveranno dall'introduzione dalle norme in materia di collaborazione volontaria fiscale, disciplinata dalla legge n. 186 del 2014 (cd. voluntary disclosure). Ove l'andamento delle entrate provenienti dalla procedura di collaborazione volontaria non consenta la copertura degli oneri derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge n. 102 del 2013, si prevede la riattivazione di una clausola di salvaguardia per gli anni 2015 e 2016, con aumento degli acconti IRES e IRAP per il periodo d'imposta 2015 e un aumento delle accise a decorrere del 2016.
Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 626 della legge n. 147 del 2013) stabilisce un aumento dell'accisa sulla benzina e del gasolio per il periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, la cui misura è affidata a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2016, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l'anno 2017 e a 199 milioni di euro per l'anno 2018.
Un ulteriore aumento delle accise sui carburanti, decorrente dal 1° dicembre 2018, è contenuto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 718 della legge n. 190 del 2014), che dispone anche un aumento delle aliquote IVA dalla stessa data. In particolare, per quanto concerne le accise sulla benzina e sul gasolio usato come carburante, la misura dell'innalzamento sarà determinata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l'anno 2018 e ciascuno degli anni successivi. Tale innalzamento (così come gli aumenti dell'IVA) può essere sostituito integralmente o in parte da provvedimenti normativi che assicurino, integralmente o in parte, gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza pubblica attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.
Si rammenta infine che l'articolo 19, comma 3 del D.L. n. 91 del 2014 prevede un ulteriore innalzamento, dal 1° gennaio 2019, delle accise sui carburanti: anche in tale caso l'incremento è affidato a un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018 ed efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia, tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021. Detto aumento è disposto a copertura delle misure, contenute nel medesimo articolo 19 del D.L. n. 91/2014, che rafforzano l'istituto dell'ACE - aiuto per la crescita economica, in particolare per le imprese che intendono quotarsi nei mercati regolamentati.
Le norme dello split payment non si applicano ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito (comma 2 del nuovo articolo 17-ter). In tal senso, con comunicato stampa del 19 gennaio 2015 la Fondazione Nazionale Commercialisti ha chiarito che i professionisti soggetti alla ritenuta d’acconto devono intendersi esclusi dallo split payment.
Come già anticipato, le disposizioni in esame hanno espressamente affidato a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di individuare modalità e termini specifici di versamento.
Con comunicato stampa del 9 gennaio 2015 il Ministero dell’economia e delle finanze ha reso noto, in primo momento, che detto decreto era in fase di perfezionamento.
Il 30 gennaio 2015 un ulteriore comunicato stampa ha reso noto che il Ministro dell'Economia e delle Finanze ha firmato il decreto di attuazione, che è in attesa della pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale. Sono comunque resi noti il testo del decreto e della relazione.
Nello schema di decreto di attuazione viene precisato che il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi successivamente alla stessa data.
In estrema sintesi, il decreto precisa anzitutto (articolo 1) l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione, l’articolo 1 del decreto, in particolare chiarendo che il regime va applicato dalle amministrazioni e dagli enti pubblici già destinatari delle norme in materia di IVA a esigibilità differita di cui all’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972. In merito agli obblighi nascenti in capo ai soggetti passivi fornitori, l’articolo 2 del decreto stabilisce che i medesimi devono emettere regolarmente la fattura con le indicazioni prescritte dall’articolo 21 del D.P.R. n. 633/1972 apponendo l’annotazione “scissione dei pagamenti” sulla medesima . Inoltre, gli stessi fornitori devono registrare la fattura nei termini indicati dagli articoli 23 e 24 dello stesso decreto ma non devono computare come IVA a debito l’imposta indicata nella medesima, la quale, quindi, non parteciperà alla liquidazione periodica (a seconda dei casi, mensile o trimestrale). Tale imposta, infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, deve essere versata dall’amministrazione acquirente sulla base dell’esigibilità dell’imposta stessa.
Nell’articolo 3 si dispone preliminarmente che, per le operazioni soggette al regime di scissione dei pagamenti, l’imposta diviene esigibile al momento del pagamento della fattura. Tuttavia, a fini di semplificazione, si consente all’amministrazione acquirente di optare un’esigibilità anticipata al momento della ricezione della fattura. Al comma 3 dell’articolo 3 si chiarisce che, nella vigenza del meccanismo della scissione dei pagamenti, il regime dell’IVA a esigibilità differita non torna più applicabile.
L’articolo 4 del decreto disciplina le modalità che devono essere seguite per il versamento dell’IVA da parte della pubblica amministrazione acquirente. Il versamento deve essere effettuato, senza possibilità di compensazione orizzontale e utilizzando un apposito codice tributo, con F24 “enti pubblici” per le amministrazioni titolari di conti presso la Banca d’Italia; per le amministrazioni autorizzate a detenere un conto corrente presso una banca convenzionata con l’Agenzia delle entrate ovvero presso Poste italiane, mediante versamento unificato; per le altre amministrazioni, direttamente all’entrata del bilancio dello Stato con imputazione ad un articolo di nuova istituzione del capitolo 1203. L’articolo 5 del decreto reca le modalità di versamento delle pubbliche amministrazioni che rivestono la qualità di soggetto passivo e che hanno effettuato acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali. All’articolo 6 del decreto sono contenute alcune disposizioni in materia di monitoraggio dei versamenti e di controlli. L’articolo 7 precisa che resta fermo quanto previsto dalle disposizioni generali in materia di IVA per le operazioni , effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 17-ter, per le quali queste ultime sono debitrici dell’imposta. L’articolo 8 dà attuazione a quanto prescritto dall’articolo 1, comma 630, della legge di stabilità, includendo i soggetti passivi che effettuano le operazioni sottoposte a split payment fra le categorie di contribuenti per i quali i rimborsi dell’IVA sono eseguiti in via prioritaria. Infine, all’articolo 9 si prevede il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifica successivamente alla stessa data. Tuttavia, fino all’adeguamento dei sistemi informativi relativi alla gestione amministrativo - contabile delle amministrazioni centrali dello Stato, e in ogni caso non oltre il 31 marzo 2015, viene previsto che le amministrazioni individuate nell’articolo 1 del presente decreto accantonino le somme occorrenti per il successivo versamento dell’imposta; detto versamento deve comunque avvenire entro il 16 aprile 2015.
Il sopra richiamato decreto (articolo 1, comma 630 della legge n. 190 del 2014) individuerà, tra i soggetti nei confronti dei quali i rimborsi IVA sono eseguiti in via prioritaria, i soggetti di cui al nuovo articolo 17-ter, comma 1, limitatamente al credito rimborsabile relativo alle operazioni ivi indicate.
Le nuove norme prevedono infine (comma 629, lettera c)), a favore dei fornitori interessati dalle operazioni in esame, la possibilità di chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972, che viene conseguentemente novellato.
Si dispone inoltre (comma 633) che, a carico della P.A. inadempiente (che omette o ritarda il versamento dell’imposta), siano applicate le sanzioni amministrative previste per gli omessi o tardivi versamenti (trenta per cento di ogni importo non versato) dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, e che le relative somme dovute siano riscosse mediante atto di recupero motivato, emanato dall’Agenzia delle Entrate, da notificare al contribuente (disciplinato dall’articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
Articolo 1,
commi 634-641
(Adempimenti volontari dei contribuenti)
634. Al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione
tra il contribuente e l'amministrazione fiscale, anche in termini preventivi
rispetto alle scadenze fiscali, finalizzate a semplificare gli adempimenti,
stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione
spontanea delle basi imponibili, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione
del contribuente, ovvero del suo intermediario, anche mediante l'utilizzo delle
reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in
suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisiti direttamente o
pervenuti da terzi, relativi anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume
d'affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni,
deduzioni o detrazioni, nonchè ai crediti d'imposta, anche qualora gli stessi
non risultino spettanti. Il contribuente può segnalare all'Agenzia delle
entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.
635. Per le medesime finalità di cui al comma 634 l'Agenzia delle
entrate mette, altresì, a disposizione del contribuente ovvero del suo
intermediario gli elementi e le informazioni utili a quest'ultimo per una
valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d'affari e valore
della produzione nonchè relativi alla stima dei predetti elementi, anche in
relazione ai beni acquisiti o posseduti.
636. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sono
individuate le modalità con cui gli elementi e le informazioni di cui ai commi
634 e 635 sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di
finanza. Il provvedimento di cui al primo periodo indica, in particolare, le
fonti informative, la tipologia di informazioni da fornire al contribuente e le
modalità di comunicazione tra quest'ultimo e l'amministrazione, assicurate
anche a distanza mediante l'utilizzo delle nuove tecnologie, i livelli di
assistenza e i rimedi per la rimozione delle eventuali omissioni e per la
correzione degli eventuali errori commessi.
637. Per realizzare le finalità di cui ai commi 634, 635 e 636, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, dopo le parole: «Salva
l'applicazione delle sanzioni» sono inserite le seguenti: «e ferma restando
l'applicazione dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
472, e successive modificazioni,»;
b) all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472,
sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1:
1.1) dopo la lettera a) è inserita la seguente:
«a-bis) ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e
delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la
presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione
periodica, entro novanta giorni dall'omissione o dall'errore»;
1.2) dopo la lettera b) sono inserite le seguenti:
«b-bis) ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e
delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la
violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due
anni dall'omissione o dall'errore;
b-ter) ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e
delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la
violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due
anni dall'omissione o dall'errore;
b-quater) ad un quinto del minimo se la regolarizzazione degli errori e
delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del
tributo, avviene dopo la constatazione della violazione ai sensi dell'articolo
24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, salvo che la violazione non rientri tra
quelle indicate negli articoli 6, comma 3, o 11, comma 5, del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 471»;
2) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b-bis) e b-ter), si
applicano ai tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate.
1-ter. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente
articolo, per i tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate non opera la
preclusione di cui al comma 1, primo periodo, salva la notifica degli atti di
liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni recanti le somme
dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni;
1-quater. Il pagamento e la regolarizzazione di cui al presente articolo
non precludono l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o
altre attività amministrative di controllo e accertamento»;
c) al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, sono apportate le
seguenti modificazioni:
1) all'articolo 5:
1.1) al comma 1, lettera c), le parole: «in caso di definizione
agevolata di cui al comma 1-bis» sono soppresse;
1.2) i commi da 1-bis a 1-quinquies sono abrogati;
2) l'articolo 5-bis è abrogato;
3) all'articolo 11:
3.1) al comma 1, lettera b-bis), le parole: «in caso di definizione
agevolata di cui al comma 1-bis» sono soppresse;
3.2) il comma 1-bis è abrogato;
4) all'articolo 15, il comma 2-bis è abrogato.
638. Le disposizioni di cui agli articoli 5, commi da 1-bis a
1-quinquies, e 11, comma 1-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218,
nel testo vigente alla data di entrata in vigore della presente legge,
continuano ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte
sui redditi, di imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette,
notificati entro il 31 dicembre 2015, e le disposizioni di cui all'articolo
5-bis dello stesso decreto legislativo n. 218 del 1997 continuano ad applicarsi
ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di
imposta sul valore aggiunto consegnati entro la stessa data.
639. L'abrogazione delle disposizioni di cui al comma 637, lettera c),
numero 4), opera con riferimento agli atti definibili notificati dagli uffici
dell'Agenzia delle entrate a decorrere dal 1º gennaio 2016.
640. Nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa ai
sensi degli articoli 2, comma 8, del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni,
e 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive
modificazioni, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, nei casi
di regolarizzazione dell'omissione o dell'errore:
a) i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui
all'articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, relativi,
rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi,
dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo
formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative
presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla
determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di
tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione;
b) i termini per l'accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633, e successive modificazioni, decorrono dalla presentazione della
dichiarazione integrativa, limitatamente agli elementi oggetto
dell'integrazione;
c) i termini di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive
modificazioni, concernenti l'imposta di registro, decorrono dalla
regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni;
d) i termini di cui all'articolo 27 del testo unico di cui al decreto
legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e successive modificazioni, concernente le
imposte di successione e donazione, decorrono dalla regolarizzazione spontanea
degli errori od omissioni.
641. Al fine di semplificare gli adempimenti dei contribuenti con
particolare riferimento all'imposta sul valore aggiunto, al regolamento di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono
apportate le seguenti modificazioni, con efficacia a decorrere dalla
dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto dovuta per il 2015:
a) all'articolo 3, comma 1, le parole da: «I contribuenti con periodo di
imposta coincidente con l'anno solare» fino a: «possono non comprendere tale
dichiarazione in quella unificata.» sono soppresse;
b) all'articolo 4, comma 1, le parole: «Salvo quanto previsto per la
dichiarazione unificata dall'articolo 3, comma 1, i» sono sostituite dalla
seguente: «I»;
c) all'articolo 8, comma 1, le parole: «Salvo quanto previsto
relativamente alla dichiarazione unificata, il contribuente presenta, secondo
le disposizioni di cui all'articolo 3, tra il 1º febbraio e il 30 settembre»
sono sostituite dalle seguenti: «Il contribuente presenta, secondo le
disposizioni di cui all'articolo 3, nel mese di febbraio,»;
d) l'articolo 8-bis, concernente l'obbligo di comunicazione dei dati
relativi all'imposta sul valore aggiunto riferita all'anno solare precedente, è
abrogato.
I commi da 634 a 641 modificano le modalità di gestione del rapporto tra fisco e contribuenti, al
fine di migliorarne la cooperazione
ed aumentare l’adempimento spontaneo agli obblighi fiscali (cd. tax
compliance).
Con un primo gruppo di norme (commi 634-636) si prevede che l’Agenzia delle entrate metta a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso, con possibilità del contribuente di segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti. Sono messi a disposizione anche gli elementi e le informazioni utili per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e stima dei medesimi. Le modalità di attuazione di tali norme sono affidate a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate
I commi da 637 a 640 modificano sostanzialmente le modalità, i termini e le agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso; in sostanza, si potrà accedere all’istituto del ravvedimento anche oltre i termini previsti dalle norme previgenti, nonché – per i tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate - a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione o accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità in materia di imposte sui redditi e di IVA. Si potrà dunque usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto sarà più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario.
Le norme chiariscono tuttavia che il pagamento e la regolarizzazione non precludono l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.
Con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo sono eliminati gli istituti della definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio e dell’adesione ai processi verbali di constatazione, con efficacia differita agli atti notificati o consegnati dal 31 dicembre 2016. Sono coerentemente modificati i relativi impianti sanzionatori: tuttavia, l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Si dispone quindi un allungamento dei termini sia relativi alla notifica delle cartelle di pagamento, sia relativi all’accertamento.
Sono infine (comma 641) apportate sostanziali semplificazioni in materia di dichiarazione IVA, operanti a decorrere dalla dichiarazione dovuta per il 2015.
Con un primo gruppo di norme (comma 634), al fine di introdurre nuove e più avanzate forme di comunicazione tra il contribuente e l’amministrazione fiscale, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, finalizzate a semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, l’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche e delle nuove tecnologie, gli elementi e le informazioni in suo possesso riferibili allo stesso contribuente, acquisite direttamente o pervenute da terzi, relative anche ai ricavi o compensi, ai redditi, al volume d’affari e al valore della produzione, a lui imputabili, alle agevolazioni, deduzioni o detrazioni, nonché ai crediti d’imposta, anche qualora gli stessi non risultino spettanti.
Il contribuente può segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.
Si segnala che tali disposizioni sembrano collocarsi nel solco del percorso di semplificazione fiscale avviato già con la legge di delega fiscale (Legge n. 23 del 2014) Per stimolare l'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, la delega introduce norme volte alla costruzione di un migliore rapporto tra fisco e contribuenti attraverso forme di comunicazione e cooperazione rafforzata (articolo 6). Le imprese di maggiori dimensioni dovranno costituire sistemi di gestione e controllo del rischio fiscale, con una chiara attribuzione di responsabilità nel sistema dei controlli interni. A fronte di ciò saranno previsti minori adempimenti per i contribuenti, con la riduzione delle eventuali sanzioni, nonché forme specifiche di interpello preventivo con procedura abbreviata. È previsto l’ampliamento del tutoraggio dell’amministrazione finanziaria nei confronti dei contribuenti, in particolare quelli di minori dimensioni e operanti come persone fisiche, ai fini dell’assolvimento degli adempimenti, della predisposizione delle dichiarazioni e del calcolo delle imposte, con la possibilità di invio di modelli precompilati. E' prevista l’istituzione di forme premiali, consistenti in una riduzione degli adempimenti, in favore dei contribuenti che vi aderiscano. Il Governo è delegato, inoltre, ad ampliare l’ambito applicativo della rateizzazione dei debiti tributari, attraverso la semplificazione degli adempimenti amministrativi e patrimoniali per accedere alla rateizzazione; la possibilità di richiedere la dilazione del pagamento prima dell’affidamento in carico all’agente della riscossione anche nel caso di accertamento esecutivo; la complessiva armonizzazione delle norme in materia di rateazione dei debiti tributari; i ritardi di breve durata nel pagamento di una rata, ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate, non comportano l’automatica decadenza dal beneficio della rateazione. La legge delega inoltre prevede la revisione della disciplina degli interpelli, per garantirne una maggiore omogeneità per una migliore tutela giurisdizionale ed una maggiore tempestività nella redazione dei pareri, anche procedendo all’eliminazione di forme di interpello obbligatorio che non producono benefici ma solo aggravi per i contribuenti e per l’amministrazione.
Si segnala in proposito che tra le misure previste dal decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali (Capo I del D.Lgs. n. 175 del 2014), nel solco delle finalità delle disposizioni in esame, vi è l'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell’erario, la revisione della disciplina concernente i rimborsi IVA e lo snellimento degli adempimenti connessi ad operazioni intracomunitarie e con i Paesi esteri.
Ai sensi del comma 635, per le predette finalità l’Agenzia delle entrate mette, altresì, a disposizione del contribuente ovvero del suo intermediario gli elementi e le informazioni utili a quest’ultimo per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e relativi alla stima dei predetti elementi, anche in relazione ai beni acquisiti o posseduti.
Il comma 636 affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di individuare le modalità con cui gli elementi e le informazioni citati sono messi a disposizione del contribuente e della Guardia di finanza. Il provvedimento deve indicare, in particolare, le fonti informative, la tipologia di informazioni da fornire al contribuente e le modalità di comunicazione tra quest’ultimo e l’amministrazione, assicurate anche a distanza mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie, i livelli di assistenza ed i rimedi per la rimozione delle eventuali omissioni e per la correzione degli eventuali errori commessi.
Con le norme in esame si persegue dunque lo scopo, oltre di assicurare maggiore trasparenza e correttezza nei confronti del contribuente, anche di fornire allo stesso le informazioni utili ai fini di una valutazione delle stesse nella fase di predisposizione della dichiarazione o, nel caso in cui sia stata già presentata, al fine di porre rimedio agli eventuali errori od omissioni, mediante l’istituto del ravvedimento operoso.
I commi da 637 a 640 intendono realizzare le predette finalità anche attraverso la modifica sostanziale di modalità, termini ed agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso, che viene profondamente innovato.
In particolare, la lettera b) del comma 637 apporta modifiche alla disciplina del predetto istituto, contenuta nell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997.
L’articolo 13 consente di ridurre le sanzioni amministrative tributarie in presenza di un comportamento collaborativo del contribuente (cd. “ravvedimento”), a due condizioni:
§ la violazione non sia già stata constatata;
§ come accennato in precedenza, non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.
Nella previgente formulazione la sanzione era così ridotta:
a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;
b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, fosse avvenuta entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non era prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;
c) ad un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa fosse presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa fosse presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.
Si dispone (comma 2 dell’articolo 13) che il pagamento della sanzione ridotta sia eseguito contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.
Il comma 3 dell’articolo 13 dispone che, nel caso di liquidazione d’ufficio dell’imposta, il ravvedimento si perfeziona con l'esecuzione dei pagamenti nel termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione.
È consentito (articolo 13, comma 5) a singoli provvedimenti di rango primario (leggi e atti aventi forza di legge) di stabilire ulteriori circostanze che importino l'attenuazione della sanzione.
In primo luogo il comma 637, lettera b), n. 1), punto 1.1 effettua un allungamento dei termini per avvalersi del ravvedimento, introducendo un’ulteriore ipotesi di riduzione delle sanzioni; viene a tal proposito inserita la lettera a-bis) al comma 1 dell’articolo 13, in base alla quale la sanzione è ridotta ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall'errore.
Di conseguenza il ravvedimento potrà essere esperito anche oltre il termine massimo per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione.
Il successivo punto 1.2 del n. 1) della lettera b) introduce tre lettere (b-bis, b-ter e b-quater) al comma 1 dell’articolo 13, che riducono – rispettivamente - la sanzione:
§ ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione; se non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore;
§ ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre detto termine;
§ ad un quinto del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione: è fatto salvo il caso in cui la violazione non rientri tra quelle indicate negli articoli 6, comma 3 (mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell'emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali), o 11, comma 5 (omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro, nonché delle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a cinque milioni di euro, derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie) del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471
Tendenzialmente, dunque, si potrà usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto è più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario.
La lettera b) del comma 637, al n. 2, introduce i commi da 1-bis a 1-quater all’articolo 13.
Ai sensi del comma 1-bis le due nuove ipotesi di riduzione
delle sanzioni a un settimo e a un sesto del minimo si applicano ai tributi amministrati dall’Agenzia delle
entrate.
Dal tenore letterale della norma in esame sembra desumersi che la riduzione a un quinto del minimo opera in via generale, per tutti i tributi (amministrati o meno dall’Agenzia delle entrate), in quanto la lettera b-quater del comma 1 dell’articolo 13 non è citata dalla disposizione in commento.
Per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (comma 1-ter dell’articolo 13) viene eliminata la preclusione secondo la quale non è possibile l’accesso all’istituto del ravvedimento se la violazione è già stata constatata ovvero se sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza.
In sostanza, in tali ipotesi il contribuente potrà “ravvedersi” anche ove siano iniziate – o siano a lui note – procedure di accertamento fiscale.
Rimane in piedi tuttavia la preclusione, nel caso in cui è stato notificato un atto di liquidazione o accertamento relativo agli stessi tributi, comprese le comunicazioni di irregolarità (all’esito di controlli automatici, di cui agli articoli 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del D.P.R. n. 533 del 1972) e degli esiti del controllo formale delle dichiarazioni (articolo 36-ter D.P.R. n. 633 del 1973).
Viene chiarito comunque (articolo 13, nuovo comma 1-quater) che il pagamento e la regolarizzazione non precludono l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.
La successiva lettera c) del comma 637, con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo, elimina i seguenti istituti:
§ definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai commi da 1-bis a 1-quinquies (ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA) (punto 1).
In estrema sintesi, il contribuente poteva definire l’accertamento anche mediante adesione a specifico invito a comparire presso l’Amministrazione finanziaria, mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione. Nel caso di adesione le sanzioni applicabili (un terzo del minimo edittale) erano ridotte alla metà (un sesto del minimo);
§ definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’articolo 11, comma 1-bis dello stesso decreto (ai fini delle imposte indirette diverse dall’IVA, tra cui l’imposta di registro, sulle successioni e donazioni) (punto 3);
§ adesione ai processi verbali di constatazione, di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo n. 218 del 1997 (punto 2);
In tal caso il contribuente poteva prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto che consentissero l'emissione di accertamenti parziali, entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale medesimo, mediante comunicazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate ed all’organo che avesse redatto il verbale. Anche in tal caso la sanzione (un terzo del minimo edittale) era ridotta a un sesto del minimo.
§ viene altresì eliminato il comma 2-bis dell’articolo 15 del richiamato D.Lgs. n. 218 del 1997, che stabiliva la riduzione alla metà delle sanzioni previste nel caso in cui il contribuente rinunciasse ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, se l’avviso di accertamento o di liquidazione non fosse stato preceduto dall’invito al contraddittorio (formulato ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 11 del decreto legislativo n. 218 del 1997). Di conseguenza, in caso di rinuncia all’impugnazione la riduzione complessiva della sanzione era a un sesto delle sanzioni irrogate. La norma abrogata prevedeva altresì che tale misura agevolata non si applicasse qualora il contribuente, pur potendo, non avesse definito direttamente i processi verbali di constatazione (ai sensi del richiamato ’articolo 5-bis del decreto legislativo n. 218 del 1997), che consentono l’emissione di accertamenti parziali o non avesse aderito agli inviti al contraddittorio di cui ai predetti articoli 5 e 11, commi 1-bis, dello stesso decreto (punto 4).
Tale modifica trova la sua ratio nella necessità di armonizzare il nuovo ravvedimento al sistema complessivo, anche sotto il profilo sanzionatorio: gli istituti che si intende abrogare prevedono infatti la riduzione delle sanzioni alla metà della misura prevista nell’ipotesi di accertamento con adesione che è pari ad un terzo del minimo stabilito dalla legge.
Per effetto delle modifiche all’istituto del ravvedimento, la stessa riduzione della sanzione - prevista per le diverse violazioni contestabili in sede di accertamento – è disposta dall’articolo 13, comma 1, lettera b-ter), nel caso di regolarizzazione degli errori “oltre termine” (un sesto del minimo).
Alla luce delle modifiche apportate dalla presente disposizione, in caso di rinuncia alla impugnazione dell’avviso di accertamento, le sanzioni sono dunque ridotte ad un terzo di quelle irrogate.
Conseguentemente alle modifiche apportate all’istituto del ravvedimento operoso (lettera a) del comma 637) viene innovato l’articolo 2, comma 8 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, che consente al contribuente di integrare le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta (e in base al rinvio operato dall’articolo 8, comma 6 dello stesso decreto, anche dell’imposta sul valore aggiunto) per correggere errori od omissioni, non oltre i termini stabiliti dalla legge per l’accertamento, fatta salva l’applicazione delle sanzioni nella misura ordinaria.
In tal modo si mira a coordinare esplicitamente i termini e le modalità per usufruire della dichiarazione integrativa e del ravvedimento operoso, raccordando i due istituti; nella disciplina della dichiarazione integrativa si esplicita che, anche in tale ipotesi, rimane comunque ferma l’applicazione del ravvedimento operoso come novellata dalle norme commentate.
Sulla base della legislazione previgente, la disciplina della dichiarazione integrativa di cui al richiamato comma 8 dell’articolo 2 doveva coordinarsi con quella del “ravvedimento operoso”, previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Come segnalato in proposito dalla Relazione illustrativa del provvedimento, l’ambito di applicazione temporale della integrazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, era più ampio di quello previsto per il ravvedimento disciplinato dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997. Quest’ultimo, infatti, consente di integrare la dichiarazione entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale l’errore o l’omissione si è verificato.
Ai sensi dei successivi commi 638 e 639 è prevista una serie di norme transitorie, che posticipa l’applicazione delle disposizioni introdotte, in particolare di quelle relative all’accertamento.
Si prevede che alcune norme entrino in vigore immediatamente (dal 1° gennaio 2015) e, in particolare, abbiano immediata applicazione quelle che consentono al contribuente di ravvedersi autonomamente, con l’ausilio dell’Agenzia delle entrate, attraverso un’apposita cooperazione con il contribuente, rafforzata dall’intervento in termini informativi nei confronti dello stesso.
In sostanza il contribuente può regolarizzare, dal 1° gennaio 2015, eventuali violazioni che secondo la norma vigente risultano non più sanabili.
Dall’altro lato le disposizioni che disciplinano gli istituti abrogati (più in dettaglio, la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui agli articoli 5, commi da 1-bis a 1-quinquies e la definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio di cui all’articolo 11, comma 1-bis del D.Lgs. n. 218 del 1997), continueranno ad applicarsi agli inviti al contraddittorio in materia di imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto e altre imposte indirette, notificati entro il 31 dicembre 2015.
Mentre le disposizioni di cui all’articolo 5-bis dello stesso D.Lgs. n. 218 del 1997 (adesione ai processi verbali di constatazione) continueranno ad applicarsi ai processi verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto consegnati entro la stessa data del 31 dicembre 2015.
Dall’altro lato (comma 639) l’abrogazione delle disposizioni in materia di sanzioni in sede di acquiescenza si applicherà agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Ai sensi del comma 640 si dispone un allungamento dei termini sia relativi alla notifica delle cartelle di pagamento, sia dei termini relativi all’accertamento, coerenti con le modifiche in materia di dichiarazione integrativa e di ravvedimento.
In particolare la norma precisa che, ove sia presentata una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998) e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono, dalla presentazione di tali dichiarazioni (comma 640, lettera a)).
Inoltre (comma 640, lettera b)) i limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione, i termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa.
Si chiarisce che l’allungamento dei termini vale anche per l’imposta di registro, per la quale i termini relativi all’attività di accertamento e riscossione decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.
Si tratta dei termini di cui all’ articolo 76 del D.P.R. n. 131 del 1986, ai sensi del quale si deve richiedere la registrazione – a pena di decadenza - nel termine di cinque anni dal giorno in cui essa avrebbe dovuto essere richiesta o si è verificato il fatto che legittima la registrazione d'ufficio; inoltre, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta eventualmente dovuta deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale. Tale disposizione prevede inoltre specifici termini di richiesta delle registrazioni, se l’imposta è assolta per via telematica.
Analogamente è precisato che i termini relativi all’imposta di successione e donazione (di cui all’articolo 27 del D.Lgs. n. 346 del 1990) decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.
Infine il comma 641, nell’ottica della prosecuzione dell’opera di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, apporta sostanziali modifiche al D.P.R. n. 322 del 1998, operanti a decorrere dalla dichiarazione IVA dovuta per il 2015.
In primo luogo (comma 641, lettere a) e b)) si elimina l’obbligo della dichiarazione unificata (attraverso una modifica all’articolo 3, comma 1 del D.P.R. n. 322 del 1998 e, per coordinamento, al successivo articolo 4, comma 1).
La lettera c) del comma 641 novella l’articolo 8, comma 1 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998, ai sensi del quale - salvo quanto previsto relativamente alla dichiarazione unificata - il contribuente deve presentare tra il 1° febbraio e il 30 settembre la dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto dovuta per l'anno solare precedente. Al fine di semplificare gli adempimenti, si precisa che i contribuenti dovranno presentare la dichiarazione IVA annuale nel mese di febbraio.
Inoltre, la lettera d) del comma 641 (mediante l’abrogazione dell’articolo 8-bis del D.P.R. n. 322 del 1998) elimina l’obbligo di presentazione della comunicazione dati IVA, prevista al fine di ottemperare, nei termini prescritti dalla Direttiva 2006/112/CE, al calcolo delle “risorse proprie” che ciascuno Stato membro deve versare al bilancio UE, compensando tale esigenza con la previsione del termine per la presentazione della dichiarazione IVA a febbraio.
Articolo 1,
comma 642
(Proroga riscossione enti locali)
642. Al comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge 8 aprile 2013, n.
35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e
successive modificazioni, le parole: «31 dicembre 2014» sono sostituite dalle
seguenti: «30 giugno 2015».
Il comma 642, modificando l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, differisce al 30 giugno 2015:
§ il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;
§ il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.
Le disposizioni in esame prolungano dunque dal 31 dicembre 2014 al 30 giugno 2015 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali (sia per i tributi che per le entrate di natura diversa, di pertinenza di tutti gli enti territoriali e nono solo dei comuni), superando la scadenza del 31 dicembre 2014, a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare - secondo quanto stabilito all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, e successive proroghe - di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.
Si rammenta che, nella sua formulazione originaria, il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. La norma permetteva dunque - solo per la predetta attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa) - di superare la precedente scadenza del 30 giugno 2013, a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero cessato - secondo quanto stabilito all'articolo 7, lettera gg-ter), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, e successive proroghe - di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.
Successivamente sulla norma è intervenuto l’articolo 53 del D.L. n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni.
Tale termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali.
Il D.L. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio delle funzioni relative alla riscossione.
La legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) aveva ulteriormente rinviato il predetto termine dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014.
Si ricorda che la legge delega sulla riforma fiscale (legge n. 23 del 2014) dedica specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intende procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Si dispone lo snellimento delle procedure di recupero dei crediti di modesta entità e vengono previste iniziative per rafforzare all’interno degli enti locali le strutture e le competenze specialistiche necessarie per la gestione diretta della riscossione, ovvero per il controllo delle strutture esterne affidatarie. Le attività di riscossione devono essere assoggettate a regole pubblicistiche; i soggetti ad essa preposte operano secondo un codice deontologico, con specifiche cause di incompatibilità per gli esponenti aziendali che rivestono ruoli apicali negli enti affidatari dei servizi di riscossione.
Si segnala inoltre che la Commissione Finanze della Camera il 31 luglio 2014 ha avviato la discussione sulla risoluzione n. 7-00427 Causi sul riordino della riscossione coattiva. La risoluzione intende impegnare il Governo, tra l’altro, ad informare i competenti organi parlamentari, prima di adottare i decreti legislativi di attuazione della delega di cui al citato articolo 10 della legge n. 23 del 2014, in ordine ad alcuni aspetti, tra cui l'impatto delle norme emanate durante il 2013 in materia di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, impignorabilità dell'immobile di prima abitazione, limiti alla pignorabilità delle altre case e dei beni strumentali d'impresa, la governance e l’assetto organizzativo di Equitalia, le eventuali ipotesi di costituire un'entità autonoma per la riscossione coattiva locale, che acquisti un ramo d'azienda di Equitalia, ovvero di creare una sua specifica articolazione dedicata alla riscossione locale, con corrispondenti, adeguate modifiche alla governance societaria per riconoscere agli enti locali un ruolo adeguato, nonché l'innovazione degli strumenti normativi e gestionali del ciclo della riscossione coattiva, con l'obiettivo di introdurre maggiore flessibilità e diversificazione in relazione alle varie tipologie di contribuenti e alla consistenza degli importi a debito.
La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. 70/2011
Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies del decreto-legge 70/2011 ha recato importanti novità sul sistema di accertamento e riscossione delle entrate di comuni e società partecipate.
In primo luogo esso prevede che a partire da
una specifica data – come si è visto, da ultimo il 30 giugno 2015 - Equitalia Spa e le società da essa partecipate
cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva –
delle entrate, tributarie o
patrimoniali, dei comuni e delle
società da essi partecipate. Dal momento di tale cessazione spetterà
dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate
tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a
soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o
dall’affidamento in house), essi
dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:
§ la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo. L’ingiunzione fiscale consiste in un atto amministrativo dell’ufficio finanziario contenente l’ordine per il debitore di imposta di pagare l’importo dovuto entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi. L’ingiunzione costituisce un atto complesso con molteplici funzioni e contenuti quali: determinare l’ammontare del tributo; mettere in mora il debitore; creare il titolo esecutivo;
§ le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.
Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. n. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.
Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati (per effetto delle modifiche apportate alla lettera gg-septies dall’articolo 5, comma 8-bis del D.L. n. 16 del 2012) questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione – entro la prima decade del mese.
Il vigente sistema di riscossione delle
entrate locali
A seguito della riforma della riscossione – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.
In particolare, ai sensi del citato comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.a. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).
In
alternativa, e fino al momento dell'eventuale cessione, totale o parziale, del
proprio capitale sociale ad Equitalia, ai concessionari è stato consentito di
scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di
concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché
alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare
le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai
sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446).
Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai cessionari è stato concesso di agire mediante la ricordata procedura dell'ingiunzione fiscale, fatta eccezione per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali avrebbero trovato applicazione le ordinarie disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Ai sensi del successivo comma 25, fino alla predetta data del 30 giugno 2015, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi sia diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.
Infine, fatto salvo l'eventuale affidamento temporaneo a Equitalia, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica, con decorrenza 30 giugno 2015.
Articolo 1,
commi 643-652
(Disposizioni in materia di giochi con
vincite in denaro)
643. In attesa del riordino della materia dei giochi pubblici in
attuazione dell'articolo 14 della legge 11 marzo 2014, n. 23, per assicurare la
tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, nonchè delle fasce sociali più
deboli e dei minori di età, a decorrere dal 1º gennaio 2015 ai soggetti attivi
alla data del 30 ottobre 2014, che comunque offrono scommesse con vincite in
denaro in Italia, per conto proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri,
senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell'Agenzia delle dogane e
dei monopoli, in considerazione del fatto che, in tale caso, il giocatore è
l'offerente e che il contratto di gioco è pertanto perfezionato in Italia e
conseguentemente regolato secondo la legislazione nazionale, è consentito
regolarizzare la propria posizione alle seguenti condizioni:
a) non oltre il 31 gennaio 2015 i soggetti inoltrano all'Agenzia delle
dogane e dei monopoli, secondo il modello reso disponibile nel sito
istituzionale dell'Agenzia entro il 5 gennaio 2015, una dichiarazione di
impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione con la domanda di rilascio
di titolo abilitativo ai sensi dell'articolo 88 del testo unico di cui al regio
decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, nonchè di
collegamento al totalizzatore nazionale, anche mediante uno dei concessionari
di Stato per la raccolta di scommesse, con il contestuale versamento mediante
modello F24 della somma di euro 10.000, da compensare in sede di versamento
anche solo della prima rata di cui alla lettera e);
b) le domande sono sottoscritte dal titolare dell'esercizio ovvero del
punto di raccolta che offre le scommesse di cui all'alinea. Si considerano
tempestive anche le domande delle quali una copia dell'originale risulta pervenuta
per posta elettronica entro il 31 gennaio 2015, con la copia del modello di
versamento quietanzato, all'indirizzo reso disponibile entro il 5 gennaio 2015
nel sito istituzionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
c) le domande recano altresì l'esplicito impegno di sottoscrizione
presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, non oltre il 28 febbraio 2015,
del disciplinare di raccolta delle scommesse, predisposto dall'Agenzia, recante
condizioni e termini appositamente coerenti con quelle sottoscritte dai
concessionari di Stato per la raccolta delle scommesse e con il regime di
regolarizzazione;
d) l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, subito dopo la sottoscrizione
del disciplinare di raccolta delle scommesse di cui alla lettera c), trasmette alla
questura territorialmente competente le domande pervenute, nonchè la
documentazione allegata dal richiedente a comprova dei prescritti requisiti;
e) la regolarizzazione fiscale si perfeziona con il versamento
dell'imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, e
successive modificazioni, dovuta per i periodi d'imposta anteriori a quello del
2015 e per i quali non sia ancora scaduto il termine di decadenza per
l'accertamento, determinata con le modalità previste dall'articolo 24, comma
10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ridotta di un terzo e senza applicazione di
sanzioni ed interessi, in due rate di pari importo che scadono,
rispettivamente, il 30 giugno e il 30 novembre 2015;
f) gli atti di accertamento e di irrogazione di sanzioni già notificati
entro il 31 dicembre 2014 perdono effetto a condizione che l'imposta versata
per la regolarizzazione, con riguardo al periodo d'imposta oggetto degli atti
medesimi, non sia di importo inferiore a quello in essi indicato;
g) con la presentazione della domanda al titolare dell'esercizio ovvero
del punto di raccolta è riconosciuto il diritto, esclusivamente fino alla data
di scadenza, nell'anno 2016, delle concessioni di Stato vigenti per la raccolta
delle scommesse, di gestire analoga raccolta, anche per conto di uno degli
attuali concessionari;
h) il titolare dell'esercizio ovvero del punto di raccolta perde il
diritto di cui alla lettera g) in caso di mancato rilascio del titolo
abilitativo di cui all'articolo 88 del testo unico n. 773 del 1931 ovvero di
mancato versamento anche di una sola delle rate di cui alla lettera e). Il
provvedimento di diniego della licenza dispone la chiusura dell'esercizio;
i) con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei
monopoli, pubblicato nel sito istituzionale dell'Agenzia entro il 15 gennaio
2015, sono adottate le disposizioni attuative del presente comma, ivi incluse
quelle eventualmente occorrenti per consentire ai soggetti che si regolarizzano
ai sensi del presente comma l'annotazione e la contabilizzazione delle
scommesse raccolte fino al momento del loro effettivo collegamento al
totalizzatore nazionale.
644. Nei riguardi dei soggetti di cui al comma 643 che non aderiscono al
regime di regolarizzazione di cui al medesimo comma 643, ovvero nei riguardi
dei soggetti che, pur avendo aderito a tale regime, ne sono decaduti, ferma
restando l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 4-bis, della legge
13 dicembre 1989, n. 401, e successive modificazioni, trovano applicazione, per
esigenze di ordine pubblico e sicurezza, nonchè di tutela dei minori di età e
delle fasce sociali più deboli, i seguenti obblighi e divieti:
a) le disposizioni del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, in
materia di antiriciclaggio, e in particolare le disposizioni di cui al titolo
II, capo I, del predetto decreto legislativo, in materia di obblighi di
identificazione, assumendo gli oneri e le responsabilità derivanti
dall'applicazione del codice in materia di protezione dei dati personali, di
cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
b) è vietata la raccolta per eventi non inseriti nel palinsesto, anche
complementare, reso disponibile nel sito internet istituzionale dell'Agenzia
delle dogane e dei monopoli;
c) è vietata la raccolta di scommesse che consentono vincite superiori a
euro 10.000;
d) continua ad applicarsi l'articolo 7, commi 5 e 8, del decreto-legge
13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8
novembre 2012, n. 189, e successive modificazioni;
e) il titolare dell'esercizio o del punto di raccolta comunica i propri
dati anagrafici e l'esistenza dell'attività di raccolta di gioco con vincita in
denaro al questore territorialmente competente entro sette giorni dalla data di
entrata in vigore della presente disposizione e, successivamente, entro sette
giorni dalla data di avvio dell'attività. Il proprietario dell'immobile in cui
ha sede l'esercizio o il punto di raccolta comunica i predetti dati ed
informazioni sull'attività di raccolta di gioco all'Agenzia delle dogane e dei
monopoli entro gli stessi termini di cui al periodo precedente. Chiunque
esercita un punto di raccolta di scommesse, ai sensi del presente comma, deve essere
in possesso dei requisiti soggettivi corrispondenti a quelli richiesti per il
rilascio del titolo abilitativo di cui all'articolo 88 del testo unico di cui
al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni. Ove ne
accerti l'insussistenza, il questore dispone la chiusura immediata
dell'esercizio o del punto di raccolta. Gli ufficiali e gli agenti di pubblica
sicurezza dispongono delle facoltà previste dall'articolo 16 del testo unico di
cui al regio decreto n. 773 del 1931;
f) continua ad applicarsi il divieto di installazione di apparecchi di
cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e
successive modificazioni; in ogni caso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli
non iscrive il titolare dell'esercizio o del punto di raccolta nell'elenco di
cui all'articolo 1, comma 533, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e
successive modificazioni, ovvero ne effettua la cancellazione, ove già iscritto;
g) l'imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n.
504, è dovuta dal titolare di ciascun esercizio operante sul territorio
nazionale in cui si offre gioco con vincite in denaro ovvero di altro suo punto
di raccolta in Italia collegatovi telematicamente. L'imposta si applica su di
un imponibile forfetario coincidente con il triplo della media della raccolta
effettuata nella provincia ove è ubicato l'esercizio o il punto di raccolta,
desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale per il periodo
d'imposta antecedente a quello di riferimento, nonchè con l'aliquota massima
stabilita dall'articolo 4, comma 1, lettera b), numero 3.1), del citato decreto
legislativo n. 504 del 1998. Per i periodi di imposta decorrenti dal 1º gennaio
2015 non si applica conseguentemente la disposizione di cui all'articolo 24,
comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
h) la violazione delle disposizioni di cui alle lettere da b) a f) è
punita:
1) quanto alla lettera b), con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 10.000 a euro 50.000;
2) quanto alla lettera c), con la sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 50.000 a euro 100.000;
3) quanto alla lettera d), relativamente alla violazione degli obblighi
di cui all'articolo 7, comma 5, del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, con la sanzione amministrativa
pecuniaria prevista dal comma 6 del medesimo articolo 7, nonchè con la chiusura
dell'esercizio ovvero del punto di vendita;
4) quanto alla lettera d), relativamente alla violazione degli obblighi
di cui all'articolo 7, comma 8, del decreto-legge n. 158 del 2012, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012, con le sanzioni previste dal
medesimo comma 8;
5) quanto alla lettera e), con la sanzione amministrativa pecuniaria di
euro 5.000. Tale sanzione è raddoppiata qualora il titolare dell'esercizio o
del punto di raccolta, nonchè il proprietario dell'immobile in cui opera
l'esercizio o il punto di raccolta, non provvedano alla comunicazione di cui
alla lettera e) nel termine di sette giorni dalla contestazione. Nel caso in
cui sia il titolare dell'esercizio o del punto di raccolta ad omettere la
dichiarazione è altresì disposta la chiusura dell'esercizio;
6) quanto alla lettera f), con la sanzione amministrativa pecuniaria di
euro 1.500 per ciascun apparecchio installato.
645. Relativamente alle attività disciplinate nei commi 643 e 644 si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 15-ter del decreto-legge 1º
luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009,
n. 102.
646. Il titolare di qualsiasi esercizio pubblico nel quale si rinvengono
apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui
al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, ovvero
qualunque altro apparecchio comunque idoneo a consentire l'esercizio del gioco
con vincite in denaro, non collegati alla rete statale di raccolta del gioco
ovvero che in ogni caso non consentono la lettura dei dati relativi alle somme
giocate, anche per effetto di manomissioni, è soggetto al pagamento:
a) per ciascuno degli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6,
lettera a), del predetto testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e
successive modificazioni, del prelievo unificato previsto a legislazione
vigente per tale tipologia di apparecchi su un imponibile medio forfetario
giornaliero di euro 3.000 per trecentosessantacinque giorni di presunta
operatività dell'apparecchio;
b) per ciascun altro apparecchio, dell'imposta unica di cui al decreto
legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, in ragione di un'aliquota di prelievo del
6 per cento su un imponibile medio forfetario giornaliero di euro 3.000 per
trecentosessantacinque giorni di presunta operatività dell'apparecchio.
647. In caso di prova documentale contraria, l'imponibile medio
forfetario di cui al comma 646, lettere a) ovvero b), è moltiplicato per il
numero effettivo di giorni di operatività comprovata dell'apparecchio.
648. Per ciascun apparecchio di cui al comma 646, il titolare
dell'esercizio pubblico è soggetto, oltre al pagamento dell'imposta ai sensi
dei commi 646 e 647, alla sanzione amministrativa pecuniaria di euro 20.000. L'apparecchio
è in ogni caso soggetto a confisca amministrativa e, qualora di esso non sia
consentito l'asporto da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli ovvero
della Forza di polizia che procede, il titolare dell'esercizio è custode
dell'apparecchio confiscato, con obbligo di procedere a sua cura e spese alla
distruzione dell'apparecchio entro dieci giorni dalla confisca, nonchè alla
consegna all'Agenzia delle dogane e dei monopoli della scheda madre
dell'apparecchio confiscato, in caso di apparecchio di cui all'articolo 110,
comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n.
773, e successive modificazioni, ovvero dell'apparato hardware di suo
funzionamento, in caso di apparecchio di qualunque altra tipologia. Il titolare
dell'esercizio è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di euro 200
per ogni giorno di ritardo nella distruzione dell'apparecchio ovvero nella
consegna dei componenti di cui al secondo periodo del presente comma.
649. A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza
pubblica e in anticipazione del più organico riordino della misura degli aggi e
dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera
nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in
attuazione dell'articolo 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n.
23, è stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere
dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei
concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano
nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui
all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno
1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1º gennaio 2015:
a) ai concessionari è versato dagli operatori di filiera l'intero
ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al
netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane
e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale
versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorità
giudiziaria competente;
b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro
attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di
imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle
convenzioni di concessione, versano altresì annualmente la somma di 500 milioni
di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota
proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31
dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei
monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono
stabiliti il numero degli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere
a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773,
riferibili a ciascun concessionario, nonchè le modalità di effettuazione del
versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016,
previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero
di apparecchi;
c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro
attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue,
disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando
gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei
contratti rinegoziati.
650. In considerazione del generale dovere di conservazione dei valori
patrimoniali pubblici, nonchè di quello particolare di assicurare il
miglioramento dei livelli di servizio in materia di giochi pubblici, al fine di
preservarne lo svolgimento e di salvaguardare i valori delle relative
concessioni, oltre che garantire una equilibrata concorrenza fra i
concessionari di giochi diversi, con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze, su proposta dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, è consentita
l'adozione di ogni misura utile di sostegno dell'offerta di gioco, incluse
quelle che riguardano il prelievo, la restituzione in vincita e la posta di
gioco, nei casi in cui la relativa offerta di specifici prodotti denoti una
perdita di raccolta e di gettito erariale, nell'arco dell'ultimo triennio, non
inferiore al 15 per cento all'anno. In tali casi, tenuto conto della
sostanziale natura commerciale delle attività di gioco oggetto di concessione,
con i conseguenti obiettivi ed ineliminabili margini di aleatorietà delle
relative scelte, i provvedimenti adottati ai sensi del presente comma non
comportano responsabilità erariale quanto ai loro effetti finanziari.
651. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre 2004, n. 307, è incrementata di 387 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2015.
652. Il Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui
all'articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è incrementato
di 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Dette risorse sono
accantonate e rese indisponibili e possono essere utilizzate nella misura delle
somme effettivamente incassate per la parte eccedente l'importo di 350 milioni
di euro.
I commi 643-652 intervengono in tema di giochi pubblici prevedendo, in sintesi:
§ la possibilità per i soggetti che offrono scommesse con vincite in denaro senza essere collegati alla rete nazionale di regolarizzare la propria posizione tramite il versamento dell’imposta dovuta per il passato in due rate entro il 30 novembre 2015; per i soggetti che non aderiscono alla sanatoria è previsto un inasprimento della disciplina sanzionatoria (commi 643-645);
§ l’inasprimento delle sanzioni per i titolari di esercizi pubblici nei quali siano presenti apparecchi di gioco non collegati alla rete statale di raccolta del gioco (commi 646-648);
§ la riduzione di 500 milioni di euro dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera della raccolta del gioco con newslot e videolottery (comma 649);
§ l’adozione di un decreto ministeriale con il quale possono essere introdotte misure di sostegno dell'offerta di gioco, incluse quelle che riguardano il prelievo, la restituzione in vincita e la posta di gioco, nei casi in cui la relativa offerta di specifici prodotti denoti una perdita di raccolta e di gettito erariale, nell'arco dell'ultimo triennio, non inferiore al 15 per cento all'anno (comma 650);
§ la destinazione delle conseguenti maggiori entrate, a decorrere dall'anno 2015, quanto a 387 milioni di euro, al Fondo per interventi strutturali di politica economica e quanto a 150 milioni di euro al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (commi 651 e 652).
I commi 643-648, nelle more del riordino della disciplina dei giochi pubblici prevista nell’ambito della delega fiscale (articolo 14 della legge n. 23 del 2014), provvedono a disciplinare una situazione che si è determinata nel corso degli ultimi anni in relazione ad alcune agenzie di scommesse, collegate tramite i c.d. totem (terminale da gioco collegato a internet su siti esteri) a bookmakers e casinò off-shore, con sedi all’estero (sia in paesi UE che in paradisi fiscali), che - per effetto della normativa comunitaria e della giurisprudenza in materia di libera concorrenza e prestazioni di servizi - ritengono di poter esercitare attività di raccolta di gioco in Italia senza concessione da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e conseguentemente non versano alcuna imposta all’erario.
Al riguardo si veda la risposta del Governo in Commissione Finanze della Camera dei deputati all’interrogazione 5-03560 Busin del 17 settembre 2014, nella quale si stima che la rete parallela sia attualmente composta da circa 5.000 esercizi, mentre quelli autorizzati alle scommesse sportive sono circa 7.400. Gli importi delle scommesse raccolte nel 2013 dagli esercizi autorizzati ammontavano a circa 3,7 miliardi di euro, mentre quelli delle scommesse raccolte dagli operatori privi di concessione sono stimati in una cifra vicina ai 2,5 miliardi di euro.
Si ricorda che cd. delega fiscale (legge n. 23 del 2014) reca un’ampia delega in materia di giochi pubblici, prevedendo - oltre alla raccolta sistematica della disciplina in un codice delle disposizioni sui giochi e al riordino del prelievo erariale sui singoli giochi - interventi volti, tra l'altro, a: tutelare i minori dalla pubblicità dei giochi e a recuperare i fenomeni di ludopatia; definire le fonti di regolazione dei diversi aspetti legati all'imposizione, nonché alla disciplina dei singoli giochi; introdurre regole trasparenti in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco; razionalizzare la rete di raccolta del gioco; armonizzare aggi e compensi spettanti ai concessionari; riordinare la disciplina dei controlli e dell'accertamento dei tributi gravanti sui giochi, nonché il sistema sanzionatorio (articolo 14).
Sulle attività di controllo, l’articolo 14, comma 2, prevede il coordinamento delle disposizioni in materia di giochi con quelle di portata generale in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Stati aventi regimi fiscali privilegiati (lettera s)); l’attuazione di un piano straordinario di controlli volto a contrastare la pratica del gioco svolto con modalità non conformi all'assetto regolatorio stabilito dallo Stato (lettera u)); la previsione di maggiori forme di controllo, anche per via telematica, nel rispetto del diritto alla riservatezza e tenendo conto di adeguate soglie, sul rapporto tra giocate, identità del giocatore e vincite (lettera ee)); la previsione di una relazione annuale alle Camere sul settore del gioco pubblico, contenente i dati sullo stato delle concessioni, sui volumi della raccolta, sui risultati economici della gestione e sui progressi in materia di tutela dei consumatori di giochi e della legalità (lettera gg)).
Ai sensi dell’alinea
del comma 643, sono destinatari delle disposizioni in esame
quei soggetti che, in assenza di concessione
governativa e fino al momento in cui
la conseguono, offrono comunque scommesse con vincite in Italia, per conto
proprio ovvero di soggetti terzi, anche esteri, senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle
dogane e dei monopoli.
Sono richiamate, a motivo dell’intervento in commento, le esigenze di ordine pubblico e sicurezza, nonché di tutela dei minori e delle fasce sociali più deboli.
La norma, in considerazione del fatto che il contratto di gioco perfezionato in Italia è regolato dalla legislazione nazionale, prevede la possibilità per i titolari dell’esercizio e del punto di raccolta non collegati di regolarizzare la loro posizione seguendo la seguente procedura:
a) i soggetti devono presentare, non oltre il 31 gennaio 2015, una dichiarazione di impegno alla regolarizzazione fiscale per emersione con la domanda di rilascio di titolo abilitativo all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché di collegamento al totalizzatore nazionale, anche mediante uno dei concessionari di Stato per la raccolta di scommesse; devono inoltre effettuare un versamento di euro 10.000;
b) le domande sono sottoscritte dal titolare dell'esercizio ovvero del punto di raccolta che offre le scommesse di cui all'alinea. Si considerano tempestive anche le domande delle quali una copia dell'originale risulta pervenuta per posta elettronica entro il 31 gennaio 2015, con la copia del modello di versamento quietanzato, all'indirizzo reso disponibile nel sito istituzionale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
c) le domande recano l'esplicito impegno di sottoscrizione presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, non oltre il 28 febbraio 2015, del disciplinare di raccolta delle scommesse, predisposto dall'Agenzia, recante condizioni e termini appositamente coerenti con quelle sottoscritte dai concessionari di Stato per la raccolta delle scommesse e con il regime di regolarizzazione;
d) l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, subito dopo la sottoscrizione del disciplinare di raccolta delle scommesse, trasmette alla questura territorialmente competente le domande pervenute, nonché la documentazione allegata dal richiedente a comprova dei prescritti requisiti;
e) la regolarizzazione fiscale si perfeziona con il versamento dell'imposta unica dovuta per i periodi d'imposta anteriori a quello del 2015 e per i quali non sia ancora scaduto il termine di decadenza per l'accertamento; per determinare la misura dell’imposta possono essere utilizzati elementi documentali comunque reperiti, anche se forniti dal contribuente, da cui emerge l'ammontare delle giocate effettuate; in assenza di tali elementi la base imponibile è determinata induttivamente utilizzando la raccolta media della provincia, ove è ubicato il punto di gioco, dei periodi oggetto di accertamento, desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale. Ai fini della determinazione dell'imposta unica l'ufficio applica l'aliquota massima prevista per ciascuna tipologia di scommessa, ridotta di un terzo e senza applicazione di sanzioni ed interessi. Il versamento deve avvenire in due rate di pari importo che scadono, rispettivamente, il 30 giugno e il 30 novembre 2015;
f) gli atti di accertamento e di irrogazione di sanzioni già notificati entro il 31 dicembre 2014 perdono effetto a condizione che l'imposta versata per la regolarizzazione, con riguardo al periodo d'imposta oggetto degli atti medesimi, non sia di importo inferiore a quello in essi indicato;
g) con la presentazione della domanda al titolare dell'esercizio ovvero del punto di raccolta è riconosciuto il diritto, esclusivamente fino alla data di scadenza, nell'anno 2016, delle concessioni di Stato vigenti per la raccolta delle scommesse, di gestire analoga raccolta, anche per conto di uno degli attuali concessionari;
h) il titolare dell'esercizio ovvero del punto di raccolta perde il diritto di cui alla lettera precedente in caso di mancato rilascio del titolo abilitativo ovvero di mancato versamento anche di una sola delle rate di cui alla lettera e). Il provvedimento di diniego della licenza dispone la chiusura dell'esercizio;
Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 15 gennaio 2015 sono state adottate le disposizioni attuative, ivi incluse quelle occorrenti per consentire ai soggetti che si regolarizzano l'annotazione e la contabilizzazione delle scommesse raccolte fino al momento del loro effettivo collegamento al totalizzatore nazionale.
L’introduzione delle nuove disposizioni punterebbe altresì – secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, per motivi di ordine pubblico e sicurezza – a intercettare e contrastare il fenomeno del c.d. match fixing, ossia l’organizzazione di scommesse illegali al fine di predeterminare il risultato di un evento sportivo.
Tale previsione va valutata nell’ambito della normativa europea in materia di concessioni e autorizzazioni nel settore dei giochi e delle scommesse, anche alla luce del richiamo espresso ai motivi di ordine pubblico e di sicurezza.
Il
regime concessorio dei giochi e delle scommesse e
la giurisprudenza della Corte di giustizia
Si ricorda che la procedura autorizzatoria per il rilascio, da parte dell'autorità di pubblica sicurezza, della licenza per l'esercizio delle scommesse è disciplinata dall'articolo 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 recante Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (Tulps).
La sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 16 febbraio 2012 nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10 (sentenza Costa-Cifone) ha stabilito la compatibilità di un regime di monopolio in favore dello Stato e di un sistema di concessioni e autorizzazioni nel settore dei giochi e delle scommesse, purché siano rispettati i principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, parità di trattamento degli operatori - attraverso il principio di equivalenza e di effettività – e proporzionalità, assicurando inoltre il rispetto della certezza del diritto e del dovere di trasparenza. In particolare, la Corte ha chiarito che le limitazioni ai principi di libertà di stabilimento e prestazione dei servizi devono essere strettamente legate a “motivi imperativi di interesse generale” e non possono discendere da esigenze di natura economica o da interessi patrimoniali dello Stato membro.
È quindi possibile offrire esclusivamente le tipologie di giochi figuranti in un elenco, sanzionando con la decadenza della concessione l’offerta di qualsiasi altro gioco, purché le decisioni amministrative relative alla redazione dell’elenco siano basate su criteri obiettivi, non discriminatori e noti in anticipo, e possano essere oggetto di un rimedio giurisdizionale. È inoltre possibile prevedere la decadenza di una concessione di gioco quando nei confronti del concessionario, del legale rappresentante o degli amministratori del concessionario siano state adottate misure cautelari o provvedimenti di rinvio a giudizio nell’ambito di un determinato procedimento penale, purché questa ipotesi sia definita con riferimento a fattispecie penali collegate all’attività di gioco e chiaramente definite.
Nella recente sentenza del 22 ottobre 2014 nelle cause riunite C-344/13 e C-367/13 la Corte ha rilevato che, esonerando dall’imposta sul reddito soltanto le vincite da giochi d’azzardo realizzate in Italia, la normativa italiana ha istituito un regime fiscale differente a seconda che le vincite siano ottenute in questo o in altri Stati membri, determinando una restrizione discriminatoria della libera prestazione dei servizi.
In tale occasione, la Corte ha rilevato che le autorità di uno Stato membro non possono validamente presumere, in maniera generale e senza distinzioni, che gli organismi e gli enti stabiliti in un altro Stato membro si dedichino ad attività criminali. Inoltre, l’esclusione generalizzata dal beneficio dell'esenzione disposta dall’Italia va al di là di quanto è necessario per lottare contro il riciclaggio di capitali. In secondo luogo, non è coerente per uno Stato membro intenzionato a lottare contro la ludopatia, da un lato, tassare i consumatori che partecipano a giochi d’azzardo in altri Stati membri e, dall’altro, esonerarli allorché prendono parte a giochi d’azzardo in Italia. Infatti, una tale esenzione può avere come effetto di incoraggiare i consumatori a prendere parte ai giochi d’azzardo e non è dunque idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo suddetto.
Il comma 644 prevede che a decorrere dal 2015 ai soggetti che non aderiscono al regime di regolarizzazione di cui al comma 643 e ai soggetti che, pur avendo aderito a tale regime, ne sono decaduti, ferma restando l'applicazione del reato previsto in caso di esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa (punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, ai sensi dell'articolo 4, comma 4-bis, della legge 13 dicembre 1989, n. 401) si applicano, per esigenze di ordine pubblico e sicurezza, nonché di tutela dei minori di età e delle fasce sociali più deboli, i seguenti obblighi e divieti:
a) obblighi di identificazione previsti dalla normativa antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231/2007) e conseguente obbligo di tutela dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003);
b) divieto di raccolta per eventi non inseriti nel c.d. palinsesto (cioè l’elenco delle scommesse ammesse), anche complementare, reso disponibile sul sito ufficiale dell’Agenzia dei monopoli e delle dogane. In caso di inosservanza si applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro;
c) divieto di raccolta di scommesse che consentono vincite superiori a 10.000 euro (tale disposizione è già prevista dall’articolo 14 del D.M. Economia n. 111 del 2006). In caso di inosservanza si applica la sanzione amministrativa da 50.000 a 100.000 euro;
d) applicazione delle disposizioni in tema di lotta al gioco d’azzardo patologico e in tema di tutela dei minori, previste, rispettivamente, dall’articolo 7, commi 5 e 8; del decreto-legge n. 158/2012 (vale a dire, oltre divieto di ingresso per i minori nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro, l’obbligo di apporre formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita, sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi nonché di esporle su apposite targhe nei punti di vendita). Per le violazioni relative alla ludopatia: sanzione amministrativa di 50.000 euro e chiusura (non ne viene indicata la durata) dell’esercizio o del punto vendita; per violazioni sulla tutela dei minori: sanzione amministrativa da 5.000 a 20.000 euro e chiusura da 10 a 30 giorni;
e) obbligo per il proprietario dell’immobile in cui ha sede l’esercizio o il punto di raccolta ovvero del titolare dell’esercizio o del punto di raccolta – se diverso dal proprietario – di comunicare i dati anagrafici e l’esistenza dell’attività di raccolta di gioco con vincita in denaro all’autorità di P.S. entro 7 giorni dall’entrata in vigore della presente legge (quindi entro il 7 gennaio 2015) o per le attività successive, entro 7 giorni dall’inizio di tale attività. In caso di inosservanza si applica la sanzione amministrativa di 5.000 euro.
Tale sanzione è raddoppiata qualora il titolare dell'esercizio o del punto di raccolta, nonché il proprietario dell'immobile in cui opera l'esercizio o il punto di raccolta, non provvedano alla comunicazione nel termine di sette giorni dalla contestazione. Nel caso in cui sia il titolare dell'esercizio o del punto di raccolta ad omettere la dichiarazione è altresì disposta la chiusura dell'esercizio;
f) divieto di installazione di apparecchi da gioco newslot e videolottery (indicati al comma 6, lett a) e b) dell’art. 110 del Tulps) già prevista a regime dal comma 9, lettera f-bis) del medesimo articolo 110, e divieto di iscrizione del titolare nell’elenco dei soggetti incaricati della raccolta delle giocate (art. 1, co. 533, L. n. 266/2005) o eventuale cancellazione se già iscritto. In caso di inosservanza si applica la sanzione amministrativa di 1.500 euro per ciascun apparecchio installato;
g) assoggettamento all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (D.Lgs. n. 504/1998). L’imposta si applica su un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio o il punto di raccolta (desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale delle scommesse nel periodo d’imposta antecedente), al quale si applica l’aliquota massima dell’8 per cento (indicata all’articolo 4, co. 1, lett. b), numero 3.1, del D.Lgs. n. 504/1998). La norma precisa altresì la non applicazione delle disposizioni in tema di determinazione dell’imposta in caso di scommesse comunque non affluite al totalizzatore nazionale, ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all'imposta unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, previste dall’articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, la logica della forfetizzazione della base imponibile sarebbe particolarmente adatta a tali operatori, tenuto conto della difficoltà di omogeneizzare le situazioni passive del rapporto tributario con quelle dei concessionari di Stato. Inoltre, il mancato collegamento al totalizzatore nazionale impedirebbe di ricostruire la raccolta realizzata, dato che i soggetti in questione dichiarano di essere stabiliti all’estero, dove affluiscono le giocate effettuate.
Il comma 645 estende ai soggetti che offrono scommesse con vincite in Italia senza essere collegati al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, la norma che prevede il piano straordinario di contrasto del gioco illegale (articolo 15-ter del D.L. n. 78 del 2009).
L’articolo 15-ter del D.L. n. 78 del 2009 dispone che l’AAMS promuova un piano straordinario di contrasto del gioco illegale, con la costituzione di un apposito Comitato, operante presso l’AAMS e presieduto dal Direttore Generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, di cui sono chiamati a far parte rappresentanti di vertice della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della stessa Amministrazione autonoma. Il Comitato sovraintende alla definizione, secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, di strategie ed indirizzi, alla pianificazione ed al coordinamento di interventi organici, sistematici e capillari sull'intero territorio nazionale per la prevenzione e repressione del gioco illegale, la sicurezza del gioco e la tutela dei minori.
Si segnala che la disposizione che prevedeva l’aumento del prelievo unico erariale (PREU) e la riduzione del c.d. pay-out, sugli apparecchi da intrattenimento (newslot e videolottery), presente nel testo iniziale del disegno di legge, è stata soppressa nel corso dell’esame parlamentare.
I commi da 646 a 648
recano disposizioni per la lotta al gioco
illegale effettuato attraverso apparecchi e congegni da gioco.
In particolare il comma 646 dispone che il titolare di un qualsiasi esercizio pubblico nel quale si rinvengono apparecchi del
tipo newslot
(articolo 110, comma 6, lettera a), TULPS), ovvero qualsiasi apparecchio che sia comunque idoneo a consentire
l’esercizio del gioco con vincite in
denaro, che non risultino collegati alla rete statale di raccolta
del gioco ovvero che in ogni caso non
consentono la lettura dei dati relativi alle somme giocate, anche per
effetto di manomissioni, è soggetto al pagamento:
a) per ciascuno degli
apparecchi newslot, del prelievo unificato (PREU) previsto a legislazione
vigente per tale tipologia di apparecchi (13 per cento) su un imponibile medio forfetario
giornaliero di 3.000 euro per 365 giorni di presunta operatività
dell’apparecchio (3.000*13%= 390 euro X 365 gg= 142.350 euro);
b) per ciascun altro
apparecchio, dell’imposta unica indicata dal D.Lgs. n. 504 del 1998, in
ragione di un’aliquota di prelievo del 6 per cento su un imponibile medio
forfetario giornaliero di 3.000 euro per 365 giorni di presunta operatività
dell’apparecchio (6.000*6%= 360 euro X 365 gg= 131.400 euro).
Il
decreto direttoriale in vigore, modificato dall’articolo 24, comma 17, del
decreto-legge n. 98 del 2011 prevede che tale base imponibile sia pari ad euro 560 per ogni giornata lavorativa.
Il comma 647 precisa che, in
caso di prova documentale contraria, l’imponibile medio forfetario sopra
richiamato è moltiplicato per il numero
effettivo di giorni di operatività comprovata dell’apparecchio.
Inoltre il comma 648 stabilisce che per ciascun apparecchio indicato al
precedente comma 646, il titolare dell’esercizio pubblico è soggetto, oltre al
pagamento dell’imposta, alla sanzione
amministrativa pecuniaria di 20.000 euro.
Si
ricorda al riguardo che l’articolo 7,
comma 3-quater, del decreto-legge n.
158 del 2012 già prevede il divieto di messa a disposizione, presso
qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione
telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a
disposizione dai concessionari on-line,
da soggetti autorizzati all'esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti
privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio. La disposizione, tuttavia,
non prevede alcuna sanzione.
L’apparecchio è in ogni caso soggetto a confisca amministrativa e, qualora non ne sia consentito l’asporto, il titolare dell’esercizio è custode dell’apparecchio confiscato, con
obbligo di procedere a sua cura e spese alla distruzione entro 10 giorni,
nonché alla consegna alla Agenzia
delle dogane e dei monopoli della scheda
madre (nel caso di newslot),
ovvero dell’apparato hardware di suo funzionamento, in
caso di apparecchio di qualunque altra tipologia. Il titolare dell’esercizio è inoltre
soggetto alla sanzione amministrativa
pecuniaria di 200 euro per ogni
giorno di ritardo nella distruzione dell’apparecchio ovvero nella consegna
dei componenti.
Il comma 649 prevede una riduzione pari a 500 milioni di euro su base annua dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco con newslot e videolottery, a decorrere dall’anno 2015. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015:
a) ai concessionari è versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorità giudiziaria competente;
b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresì annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono sati definiti il numero degli apparecchi (newslot e videolottery), riferibili a ciascun concessionario, nonché le modalità di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi;
c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati
Il comma 650 demanda a decreti ministeriali l'adozione di misure di sostegno dell’offerta di gioco nei casi in cui la relativa offerta di specifici prodotti denoti una perdita di raccolta e di gettito erariale, nell'arco dell'ultimo triennio, non inferiore al 15 per cento all'anno. Tali misure, in concreto, possono riguardare: l’entità della tassazione, il payout (la percentuale restituita ai giocatori in vincite), i montepremi.
In particolare, al fine di preservarne lo svolgimento e di salvaguardare i valori delle concessioni, oltre che garantire una equilibrata concorrenza fra i concessionari di giochi diversi, si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'adozione di ogni misura utile di sostegno dell'offerta di gioco, incluse quelle che riguardano il prelievo, la restituzione in vincita e la posta di gioco.
La disposizione prevede, inoltre, che in tali casi, tenuto conto della sostanziale natura commerciale delle attività di gioco oggetto di concessione, con i conseguenti obiettivi ed ineliminabili margini di aleatorietà delle relative scelte, i provvedimenti adottati ai sensi del presente comma non comportano responsabilità erariale quanto ai loro effetti finanziari.
I commi 651 e 652 destinano le maggiori entrate ricavabili dalle disposizioni sopra elencate, a decorrere dall'anno 2015, quanto a 387 milioni di euro, al Fondo per interventi strutturali di politica economica e quanto a 150 milioni di euro al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Tali ultime risorse sono accantonate e rese indisponibili e possono essere utilizzate nella misura delle somme effettivamente incassate per la parte eccedente l'importo di 350 milioni di euro.
Si segnala che il comma 716 della legge in commento prevede che l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all’articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013) è ridotta di 331,533 milioni di euro per il 2015 e di 18,533 milioni di euro a decorrere dal 2016.
Articolo 1,
commi 653 e 654
(Norme concernenti il Gioco del Lotto)
653. In vista della scadenza della concessione vigente, per garantire la
tutela degli interessi pubblici nelle attività di raccolta del gioco, la
gestione del servizio del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi
numerici a quota fissa, per la sua raccolta sia attraverso la rete dei concessionari
di cui all'articolo 12 della legge 2 agosto 1982, n. 528, e successive
modificazioni, nonchè all'articolo 33, comma 1, della legge 23 dicembre 1994,
n. 724, e successive modificazioni, sia a distanza, è affidata in concessione
aggiudicata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel rispetto dei principi
e delle regole europee e nazionali, ad una qualificata impresa con pregresse
esperienze nella gestione o raccolta di gioco, con sede legale in uno degli
Stati dello Spazio economico europeo, munita di idonei requisiti di
affidabilità morale, tecnica ed economica, scelta mediante procedura di
selezione aperta, competitiva e non discriminatoria. La procedura è indetta
alle seguenti condizioni essenziali:
a) durata della concessione di nove anni, non rinnovabile;
b) selezione basata sul criterio dell'offerta economicamente più
vantaggiosa e, quanto alla componente prezzo, base d'asta, per le offerte al
rialzo, di 700 milioni di euro;
c) versamento del prezzo indicato nell'offerta del concorrente risultato
primo in graduatoria nella misura di 350 milioni di euro, all'atto
dell'aggiudicazione, nell'anno 2015, nella misura di 250 milioni di euro
nell'anno 2016, all'atto dell'effettiva assunzione del servizio del gioco da
parte dell'aggiudicatario, e nella misura residua nell'anno 2017, entro il 30
aprile di tale anno;
d) facoltà per il concessionario aggiudicatario di utilizzare la rete di
telecomunicazioni per prestazioni, dirette o indirette, di servizi diversi
dalla raccolta del gioco del Lotto e degli altri giochi numerici a quota fissa
purchè compatibili con la raccolta stessa a giudizio dell'Agenzia delle dogane
e dei monopoli;
e) aggio per il concessionario pari al 6 per cento della raccolta;
f) obbligo di aggiornamento tecnologico del sistema della rete e dei
terminali di gioco secondo standard qualitativi che garantiscano la massima
sicurezza ed affidabilità, secondo il piano d'investimento che costituisce
parte dell'offerta tecnica;
g) obbligo per il concessionario di versamento annuale all'erario delle
somme comunque eventualmente non investite secondo il piano di cui alla lettera
f);
h) obbligo per ciascun concorrente di effettuare, all'atto della
partecipazione alla procedura selettiva, un versamento a favore della predetta
Agenzia pari all'importo dei compensi di cui al comma 654, con diritto alla
restituzione esclusivamente per quelli diversi dall'aggiudicatario.
654. La commissione di gara per la procedura di selezione concorrenziale
di cui al comma 655, che opera presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, la
quale assicura i relativi servizi di segreteria nell'ambito dei suoi ordinari
stanziamenti di bilancio, è composta di cinque membri, di cui almeno il
presidente e due componenti scelti tra persone di alta qualificazione
professionale, inclusi magistrati o avvocati dello Stato in pensione, e gli
ulteriori componenti scelti tra i dirigenti di livello dirigenziale generale
della predetta Agenzia. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze
sono stabiliti i compensi per i componenti della commissione diversi dai
dirigenti dell'Agenzia.
I commi 653 e 654 prevedono l’affidamento da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli della concessione per la gestione del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa, sia attraverso la rete dei concessionari sia a distanza, mediante procedura di gara, che deve essere indetta nel rispetto delle seguenti condizioni essenziali:
§ la durata della concessione è di nove anni, non rinnovabile;
§ la base d’asta è di 700 milioni di euro; 350 milioni devono essere versati nel 2015 (all’atto dell’aggiudicazione), 250 milioni nel 2016 (all’inizio della concessione), i restanti (almeno 100 milioni) entro il 30 aprile 2017;
§ il concessionario potrà utilizzare la rete per prestazioni di servizi diversi dalla raccolta del gioco;
§ l’aggio è fissato al 6 per cento della raccolta (nella precedente concessione l’aggio era fissato all’8 per cento);
§ deve essere previsto obbligatoriamente, a carico del concessionario, un aggiornamento tecnologico della rete e dei terminali; le somme per gli investimenti programmati non effettuati saranno versate all’erario.
La concessione sarà affidata, mediante una procedura di selezione aperta, competitiva e non discriminatoria, ad un’impresa qualificata con pregressa esperienza nella gestione o nella raccolta di gioco, con sede legale in uno Stato dello Spazio economico europeo, dotata di idonei requisiti di affidabilità morale, tecnica ed economica.
La commissione di gara sarà composta di 5 membri: tre dei quali in possesso di alta qualificazione professionale (come magistrati o avvocati dello Stato in pensione) e due tra dirigenti generali dell’Agenzia. Con decreto ministeriale saranno stabiliti i compensi per i commissari non dipendenti dell’Agenzia (comma 654).
Il precedente atto di concessione per la gestione del gioco del lotto è stato assegnato a Lottomatica S.p.a. con D.M. 17 marzo 1993. Sul termine finale della concessione si è instaurato un contenzioso che si è concluso con la pronuncia della Cassazione del febbraio 2014 la quale ha accertato che la scadenza finale della concessione è l’8 giugno 2016.
Per quanto riguarda il Lotto, negli ultimi tre anni, a fronte di una raccolta in leggero aumento (2012: 6,2 miliardi; 2013: 6,3 miliardi; 2014: 6,6 miliardi) si è registrata una flessione nelle corrispettive entrate erariali: 2012: 1,1 miliardi; 2013: 1,2 miliardi; 2014: 1,1 miliardi.
Articolo 1,
commi 655 e 656
(Tassazione enti non commerciali)
655. All'articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 12
dicembre 2003, n. 344, le parole: «, anche nell'esercizio di impresa,» sono
soppresse e le parole: «95 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «22,26
per cento». In deroga alle disposizioni dell'articolo 3 della legge 27 luglio
2000, n. 212, concernente l'efficacia temporale delle norme tributarie, la
disposizione del periodo precedente si applica agli utili messi in
distribuzione dal 1º gennaio 2014.
656. È riconosciuto un credito d'imposta pari alla maggiore imposta sul
reddito delle società dovuta, nel solo periodo d'imposta in corso al 1º gennaio
2014, in applicazione della disposizione introdotta con il comma 655. Il
credito va indicato nella dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta
successivo a quello in corso al 1º gennaio 2014, non concorre nè alla
formazione del reddito nè ai fini della determinazione del valore della
produzione ai fini dell'imposta sul reddito delle attività produttive e non
rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo
unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Il credito può essere utilizzato,
esclusivamente in compensazione, senza alcun altro limite quantitativo, a
decorrere dal 1º gennaio 2016, nella misura del 33,33 per cento del suo
ammontare, dal 1º gennaio 2017, nella medesima misura e, dal 1º gennaio 2018,
nella misura rimanente.
Il comma 655 innalza dal 5 al 77,74 per cento la quota imponibile degli utili percepiti dagli enti non commerciali. La norma costituisce una deroga rispetto a quanto previsto dallo Statuto del contribuente in materia di efficacia temporale delle norme tributarie, in quanto essa ha applicazione retroattiva, e più precisamente si applica agli utili messi in distribuzione dal 1° gennaio 2014.
Il comma 656, al fine di compensare la retroattività della norma riconosce un credito d'imposta pari alla maggiore IRES dovuta, nel solo periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2014, in applicazione del predetto aumento fiscale.
Più in dettaglio, il comma 655 modifica l’articolo 4, comma 1, lettera q) del D.Lgs. n. 344 del 2003, ai sensi del quale gli utili percepiti, anche nell'esercizio di impresa, dagli enti non commerciali non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 95 per cento del loro ammontare.
Per effetto della disposizione in commento, la quota esente viene ridotta al 22,26 per cento; inoltre, con una modifica alla formulazione della norma, sembrerebbero sottratti a tale regime gli utili percepiti nell’esercizio d’impresa.
Si rammenta che gli enti non commerciali (tra cui rientrano a titolo esemplificativo gli enti operanti nel terzo settore, i trust e le fondazioni bancarie) godono di un trattamento fiscale agevolato: sono infatti soggetti passivi IRES (ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera c) del Tuir), con applicazione di un’aliquota unica al 27,5 per cento, pur determinando la propria base imponibile con modalità analoghe alle persone fisiche (articolo 143, commi 1 e 2 Tuir).
Il successivo comma 656, al fine di compensare la retroattività della norma riconosce un credito d'imposta pari alla maggiore IRES dovuta, nel solo periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2014, in applicazione del predetto aumento fiscale.
Detto credito va indicato nella dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 1° gennaio 2014. Esso non concorre né alla formazione del reddito né ai fini della determinazione del valore della produzione ai fini IRAP; non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.
Esso è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2016, senza altri limiti quantitativi se non quelli relativi alle percentuali di fruizione. La fruizione del credito d’imposta è infatti distribuita in più periodi di imposta: dal 1° gennaio 2016 sarà fruibile in misura del 33,33 per cento dell’ammontare; analoga misura è prevista dal 1° gennaio 2017, mentre dal 1° gennaio 2018 esso sarà utilizzabile nella misura rimanente.
Articolo 1,
comma 657
(Ritenute su ristrutturazioni)
657. All'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole:
«4 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «8 per cento».
Il comma 657, modificando l’articolo 25, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, eleva dal 4 all’8 per cento la ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare delle detrazioni fiscali connesse agli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico degli edifici.
Si ricorda che, al fine di contrastare l’evasione fiscale, con l’art. 25 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, è stata introdotta una ritenuta d’acconto originariamente del 10 per cento sugli importi relativi ai bonifici effettuati dai contribuenti che, in relazione a detti pagamenti, usufruiscono di detrazioni fiscali.
La disposizione prevede che la ritenuta d'acconto debba essere operata da Poste Italiane S.p.A. o dalle banche del beneficiario del bonifico nel momento in cui le somme sono accreditate in favore del soggetto. La decorrenza è fissata dal 1° luglio 2010. Il versamento delle ritenute deve essere effettuato secondo le modalità ordinarie, ossia entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata la ritenuta (ai sensi di quanto previsto dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).
Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 giugno 2010 sono stati definiti le modalità e i termini degli adempimenti connessi, nonché lo specifico ambito applicativo della suddetta ritenuta.
Con la circolare n. 40 del 28 luglio 2010 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le istruzioni operative in merito all’applicazione di questo adempimento.
Successivamente il decreto-legge n. 98 del 2011 (articolo 23, comma 8) ha ridotto dal 10 al 4 per cento l’aliquota della ritenuta d’acconto (a decorrere dal 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto), al fine di minimizzare gli adempimenti in occasione di pagamenti effettuati tramite bonifici.
La relazione governativa affermava in proposito che, in fase di prima applicazione della disposizione, si era rilevato che l’originaria misura della ritenuta poteva pregiudicare le disponibilità finanziarie delle imprese e, in particolare, delle piccole imprese artigiane. Fermo restando l’impianto normativo esistente e l’efficacia antievasiva della disposizione, la riduzione avrebbe consentito di temperare i soli effetti finanziari, evitando l’insorgere di crediti di imposta.
Articolo 1,
commi 658 e 659
(Tassazione di capitali percepiti in caso
di morte in dipendenza di assicurazione sulla vita a copertura rischio
demografico)
658. Il quinto comma dell'articolo 34 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, è sostituito dal seguente:
«I capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di
assicurazione sulla vita, a copertura del rischio demografico, sono esenti
dall'imposta sul reddito delle persone fisiche».
659. Il comma 658 si applica per i proventi percepiti a decorrere dal 1º
gennaio 2015.
I commi 658 e 659, attraverso la riscrittura del quinto comma dell'articolo 34 del D.P.R. n. 601 del 1973, limitano l’esenzione IRPEF ai soli capitali percepiti dai beneficiari di una assicurazione sulla vita, a copertura del rischio demografico, per il caso di morte dell'assicurato. Si ricorda che, in precedenza, l'esenzione IRPEF riguardava, senza distinzione, i capitali percepiti in caso di morte, in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita.
Più in dettaglio, le
norme rendono imponibili, dal 1° gennaio 2015, i proventi finanziari corrisposti
ai beneficiari di un’assicurazione
sulla vita a copertura del rischio
demografico, ove tali proventi siano corrisposti a seguito del decesso dell'assicurato, a tal fine
sostituendo l’ultimo comma dell'articolo
34 del D.P.R. n. 601 del 1973.
Nella formulazione precedente si prevedeva infatti che i capitali percepiti in caso di morte, in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita, fossero esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.
Con la modifica in esame restano esenti solo quelle parti di capitale erogate in caso di morte dell'assicurato a copertura del “rischio demografico”.
La determinazione del cd. “rischio demografico” avviene in base alle statistiche su età, sesso, provenienza sociale e geografica; si tratta della differenza tra la durata della vita di una persona e la durata media della vita della popolazione. Il rischio demografico si verifica nel caso in cui la durata della vita dell'assicurato sia inferiore alla media statistica (rischio premorienza) e nel caso in cui sia superiore (rischio longevità).
Dunque, la differenza fra il capitale erogato alla scadenza e il totale dei premi versati sarà esente solo per la parte erogata dalla compagnia in più rispetto al valore della polizza al momento del decesso, con tassazione della quota residua al 26 cento.
La relazione illustrativa al DDL stabilità chiarisce dunque che in tal modo il regime fiscale dei capitali corrisposti per le polizze assicurative sulla vita verrà diversificato, in particolare tra assicurazioni “temporanee caso morte” e polizze miste.
L’assicurazione “Temporanea caso morte” ha valore per un determinato periodo di tempo e presenta quindi una scadenza, oltre la quale la morte o l’invalidità permanente dell’assicurato non comportano più alcuna liquidazione in denaro a favore dei beneficiari. Tipicamente, un’assicurazione TCM viene sottoscritta ove il beneficiario abbia contratto dei prestiti (mutuo): oltre il limite di tempo fissato nel contratto non sarà più necessario corrispondere premi e il contratto di assicurazione si riterrà concluso.
Nel caso delle “temporanee caso morte” la copertura del rischio demografico è pari al cento per cento; di conseguenza, il capitale corrisposto sarebbe totalmente esente da IRPEF.
Nel caso di polizze miste, solo il capitale corrisposto a copertura del “rischio demografico” sarebbe esente, mentre il capitale residuo sarà soggetto alle disposizioni previste dall'art. 45, comma 4, del Tuir, ai sensi del quale i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l'ammontare percepito e quello dei premi pagati.
Articolo 1,
comma 660
(Norma interpretativa per imposta
sostitutiva
su finanziamenti speciali)
660. La disposizione di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, deve intendersi nel senso che
l'imposta sostitutiva sui finanziamenti di cui agli articoli 15, 16 e 17 del
medesimo decreto si applica anche ai finanziamenti erogati direttamente dallo
Stato o dalle regioni. Ferma restando l'esclusione dalla base imponibile
dell'imposta sostitutiva, in relazione a tali operazioni non va esercitata
l'opzione di cui all'articolo 17 e non devono essere presentate le
dichiarazioni di cui all'articolo 20 del medesimo decreto e all'articolo 8,
comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90, convertito, con
modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165.
Il comma 660 reca una norma interpretativa volta a chiarire che l’imposta sostitutiva sui finanziamenti a lungo termine si applica anche ai finanziamenti erogati direttamente dallo Stato o dalle regioni.
Si ricorda che il D.L. n. 145 del 2013 ha reso opzionale – anziché obbligatorio - il versamento della predetta imposta sostitutiva; di conseguenza è possibile optare per iscritto, nell’atto di finanziamento, per il pagamento di una imposta sostitutiva sui finanziamenti a lungo termine; in mancanza di indicazioni nell’atto, verranno invece versate le imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e le tasse sulle concessioni governative in relazione alle operazioni di finanziamento.
Tale regime concerne le operazioni relative ai finanziamenti e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, nonché alle relative garanzie (ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti) purché effettuati da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, il credito a medio e lungo termine, e quelle effettuate dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (ai sensi dell’ articolo 5, comma 7, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269) per finanziare opere, impianti, reti e dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, utilizzando fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con preclusione della raccolta di fondi a vista (articolo 15).
L'imposta sostitutiva si applica in ragione dello 0,25 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti agevolati erogati in ciascun esercizio. Ove il finanziamento stesso non si riferisca all'acquisto della prima casa di abitazione, e delle relative pertinenze, l'aliquota si applica nella misura del 2 per cento dell'ammontare complessivo dei finanziamenti agevolati erogati in ciascun esercizio (articolo 18).
Il legislatore ha progressivamente ampliato l’ambito applicativo di
tale regime agevolato, al fine di incentivare anche con misure di tipo fiscale
l’immissione di liquidità nel sistema finanziario.
In particolare, il già richiamato D.L. n. 145 del 2013 ha esteso l’imposta sostitutiva (articolo 20-bis del D.P.R. n. 601 del 1973) anche alle operazioni di finanziamento strutturate; successivamente l’articolo 22, comma 2 del D.L. n. 91 del 2014 ne ha stabilito l’applicazione, oltre che alle cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti che beneficiano del regime agevolato, anche alle successive cessioni dei relativi contratti o crediti nonché i trasferimenti delle garanzie ad essi relativi. Il medesimo provvedimento ha inserito un nuovo articolo 17-bis nel richiamato DPR n. 601 del 1973, diretto ad ampliare ulteriormente l'ambito dei soggetti ammessi a fruire del regime opzionale per l’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio e lungo termine.
Con le norme in commento si fornisce interpretazione autentica alla disposizione di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, ai sensi del quale non concorrono a formare la base imponibile dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti (di cui agli articoli 15 e seguenti del medesimo D.P.R. n. 601 del 1973) tutti quelli effettuati con fondi somministrati o conferiti dallo Stato o dalle regioni, o gestiti per conto degli stessi.
Per effetto della norma in esame si chiarisce che, invece, sono assoggettati alla predetta imposta i finanziamenti erogati direttamente dallo Stato o dalle regioni.
Si chiariscono inoltre le modalità applicative dell’imposta: in particolare, ferma restando l'esclusione dalla base imponibile dell'imposta sostitutiva, in relazione a tali operazioni non andrà esercitata la specifica opzione (di cui all'articolo 17 del D.P.R. n. 601 del 1973) né dovranno essere presentate le relative dichiarazioni (di cui all'articolo 20 del medesimo D.P.R. e di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90).
Articolo 1,
comma 661
(Aiuti de minimis concernenti i territori
interessati
da eventi sismici in Emilia)
661. Al comma 373 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228,
e successive modificazioni, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente:
«L'aiuto è concesso nei limiti e alle condizioni del regolamento (CE) n.
1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all'applicazione
degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d'importanza minore (de
minimis)».
Il comma 661 reca una modifica alla disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 373) la quale prevede il finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013.
La norma in esame, sostituendo l’ultimo periodo del comma 373 (il quale fa riferimento ai limiti e alle condizioni delle decisioni della Commissione europea 9853 final e 9471 final del 19 dicembre 2012), precisa che l’aiuto è concesso nei limiti e alle condizioni del Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di importanza minore (c.d. de minimis).
Si evidenzia al riguardo che sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 24 dicembre 2013 è stato pubblicato il Regolamento n. 1407/2013/UE del 18 dicembre sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Ue agli aiuti "de minimis", che contiene le regole sulle modalità di erogazione di aiuti minimi alle imprese senza notificazione in via preventiva alla Commissione Ue, con effetto dal 1 gennaio 2014.
Si ricorda inoltre che l’articolo 3 del Regolamento detta un’articolata disciplina dei limiti di ammissibilità degli aiuti c.d. “de minimis”, ossia gli aiuti che non corrispondono a tutti i criteri dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato e non sono pertanto soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 88, paragrafo 3. Il Regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l'equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un'analisi del rischio («aiuti trasparenti»).
Articolo 1,
commi 662-664
(Fabbricati rurali nelle zone colpite dal
sisma Emilia)
662. Al fine di agevolare la ripresa delle attività e consentire
l'attuazione dei piani per la ricostruzione e per il ripristino dei danni
causati dagli eccezionali eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, all'articolo
8, comma 3, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, le parole: «e comunque non
oltre il 31 dicembre 2014» sono sostituite dalle seguenti: «e comunque non
oltre il 30 giugno 2015».
663. Ai fini della puntuale verifica della effettiva platea dei
beneficiari, la regione Emilia-Romagna, d'intesa con il Ministero dell'economia
e delle finanze, provvede entro il 30 marzo 2015 al monitoraggio degli aventi
diritto all'esenzione di cui al comma 662.
664. Alla copertura degli oneri di cui al comma 662, pari a 13,1 milioni
di euro per l'anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione
dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge
29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27
dicembre 2004, n. 307.
I commi 662-664 estendono dal 31 dicembre 2014 al 30 giugno 2015 il termine ultimo entro il quale i fabbricati ubicati nelle zone colpite dal sisma in Emilia del 20 e del 29 maggio 2012, distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, in quanto inagibili totalmente o parzialmente, sono esenti dall’IMU, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati stessi.
Al fine di verificare l’effettiva platea dei beneficiari la Regione Emilia Romagna, d’intesa con il MEF, provvede al monitoraggio entro il 30 marzo 2015 (comma 663).
Alla relativa copertura degli oneri, pari a 13,1 milioni di euro per l’anno 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (comma 664).
Articolo 1,
comma 665
(Rimborso imposte per soggetti
interessati da eventi sismici nel 1990 nelle province di Catania, Ragusa e
Siracusa e Molise)
665. I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha
interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi
dell'articolo 3 dell'ordinanza del Ministro per il coordinamento della
protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299
del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per
un importo superiore al 10 per cento previsto dall'articolo 9, comma 17, della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto, con
esclusione di quelli che svolgono attività d'impresa, per i quali
l'applicazione dell'agevolazione è sospesa nelle more della verifica della
compatibilità del beneficio con l'ordinamento dell'Unione europea, al rimborso
di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l'istanza
di rimborso ai sensi dell'articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31
dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni. Il termine di due anni per
la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di
entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del
decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248. A tal fine è autorizzata la spesa di 30
milioni di euro per ciascuno degli anni 2015-2017. Con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze sono stabiliti i criteri di assegnazione dei
predetti fondi. Per l'anno 2015 il complesso delle spese finali per la regione
Molise è determinato, sia in termini di competenza sia in termini di cassa,
dalla somma delle spese correnti e in conto capitale risultanti dal consuntivo
al netto di quelle effettuate per la ricostruzione e il ripristino dei danni
causati dagli eventi sismici dell'ottobre e del novembre 2002. L'esclusione
opera nei limiti complessivi di 5 milioni di euro per l'anno 2015. Alla
compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica di cui al
periodo precedente, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2015, si provvede
mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti
finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione
di contributi pluriennali di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7
ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre
2008, n. 189, e successive modificazioni.
Il comma 665 attribuisce ai soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 (che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa) che abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al dovuto del 10 per cento, il diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, purché abbiano presentato apposita istanza. Per gli esercenti attività d’impresa il beneficio è sospeso fino a verifica della compatibilità comunitaria. A tal fine si chiarisce che i termini per la presentazione dell’istanza – da perfezionare entro due anni – decorrono dal 1° marzo 2008. In sostanza, si attribuisce il diritto al rimborso ai soggetti che hanno avanzato apposita istanza entro il 1° marzo 2010.
A seguito del terremoto in Sicilia del 1990 è stata disposta in un primo momento la sospensione e il differimento del versamento delle imposte, dei contributi sociali e dei premi assicurativi obbligatori o la possibilità di effettuare tale pagamento a rate. In un secondo momento, con l’’articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002 è stata introdotta la possibilità, per coloro che non avessero ancora versato le imposte per gli anni 1990-1991-1992, di regolarizzare automaticamente la loro posizione entro il 16 marzo 2003 versando soltanto il 10% dell’ammontare ancora dovuto. Il termine per il versamento è stato successivamente prorogato più volte. L’articolo 3-quater del D.L. n. 300 del 2006 ha prorogato al 31 dicembre 2007 i termini per il pagamento, chiedendo però il versamento del 30% dell’ammontare ancora dovuto per le imposte. L’articolo 36-bis del D.L. n. 248 del 2007 ha prorogato al 30 giugno 2008 i termini per il pagamento, ristabilendo il versamento del 10% dell’ammontare dovuto per le imposte.
Con la sentenza n. 20641, del 1° ottobre 2007, la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile la norma di favore (articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002) anche a chi aveva comunque assolto regolarmente ai propri debiti tributari: “deve ritenersi spettante a tutti il beneficio della riduzione del carico fiscale de quo ad un decimo. Beneficio che si attua concretamente, secondo due simmetriche possibilità di definizione in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo, ancorché risultato parzialmente non dovuto ex post, per effetto dell'intervento normativo, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, nel contesto di un indebito sorto ex lege”.
Con riferimento al fatto che tale norma di
favore interessava anche le imprese localizzate nei territori colpiti dal
sisma, nel 2012 la Commissione europea ha comunicato l'avvenuta registrazione degli aiuti connessi al
terremoto 1990 quali «aiuti di Stato non notificati».
Il 26 luglio 2012 in risposta
all'interrogazione 5-07535 resa in VI Commissione permanente (Finanze) alla
Camera dei deputati il Governo ha riferito che l'Agenzia delle entrate dapprima
ha impartito agli uffici la prosecuzione dei giudizi, ritenendo che la sentenza
della Cassazione del 2007 "non potesse dirsi espressione di un consolidato
indirizzo giurisprudenziale", in seguito, forte dell'avvio di un'indagine
formale della Commissione europea che paventava l'ipotesi che la misura di
agevolazione potesse essere qualificata come "aiuto di Stato", ha
deciso di proseguire i contenziosi concernenti i dinieghi dei rimborsi e di
"opporsi alla richiesta di dare esecuzione alle sentenze della Corte di
cassazione favorevoli ai contribuenti che esercitano attività d'impresa";
Sulla vicenda sono intervenuti ulteriori
pronunciamenti della Corte di cassazione, da ultimo la sentenza n. 10241 del 2
maggio 2013 che ha confermato che il rimborso del 90 per cento spetta a tutti i
contribuenti colpiti dal sisma del 1990 che hanno instaurato il contenzioso
entro il 31 marzo 2012, in ottemperanza a quanto stabilito in precedenza
dall'ordinanza n. 9577 del 12 giugno 2012 e in controtendenza con la sentenza
n. 23589 del 20 dicembre 2012 della suprema Corte che, invece, aveva previsto
che i termini per presentare l'istanza per il rimborso scadessero il 1° gennaio
2005. Anche la sentenza n. 471-1-13 della Commissione tributaria provinciale di
Siracusa riconosce il beneficio a tutti i contribuenti che hanno instaurato il
contenzioso con l'Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2012.
Si segnala che il 9 luglio 2013 alla Camera
dei deputati è stata presentata la proposta di legge A.C. 1341 Zappulla, volta
a chiarire il diritto al rimborso a favore di coloro che hanno pagato le
imposte “in eccedenza”.
Con la norma in esame si chiarisce che il termine di
due anni per la presentazione dell’istanza di rimborso è calcolato a decorrere
dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di
conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248. Pertanto si
attribuisce il diritto al rimborso ai soggetti che hanno avanzato apposita
istanza entro il 1° marzo 2010.
A tal fine è autorizzata la spesa di 30 milioni di
euro per ciascuno degli anni 2015-2017. Con decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze sono stabiliti i criteri di assegnazione dei predetti fondi.
La norma, senza prevedere una formulazione analoga a
quella sopra descritta, dispone che per l'anno 2015 il complesso delle spese
finali per la regione Molise è
determinato, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, dalla somma
delle spese correnti e in conto capitale risultanti dal consuntivo al netto di
quelle effettuate per la ricostruzione e il ripristino dei danni causati dagli
eventi sismici dell'ottobre e del novembre 2002. L'esclusione opera nei limiti
complessivi di 5 milioni di euro per l'anno 2015. Alla compensazione degli effetti
finanziari sui saldi di finanza pubblica di cui al periodo precedente, pari a 5
milioni di euro per l'anno 2015, si provvede mediante corrispondente utilizzo
del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a
legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali
di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e
successive modificazioni.
Al riguardo si segnala che l’articolo 6, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla
legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha disposto una riduzione del 60% per i tributi e
i contributi a favore delle imprese aventi sede legale o operativa nei comuni
colpiti dal sisma del 2002 in Molise e in Puglia.
Articolo 1,
comma 666
(Soppressione esenzione bollo per le auto
ultraventennali)
666. All'articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, l'ultimo periodo è soppresso;
b) i commi 2 e 3 sono abrogati;
c) al comma 4, le parole: «I veicoli di cui ai commi 1 e 2» sono
sostituite dalle seguenti: «I veicoli di cui al comma 1».
Il comma 666 dispone l’eliminazione
dell’esenzione dal bollo per gli autoveicoli e per i motoveicoli
ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico.
La normativa abrogata estendeva le agevolazioni tributarie previste per i veicoli ultratrentennali (che permangono) ai veicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico: esenzione dal bollo auto (se il veicolo non circola); in caso di utilizzazione sulla pubblica strada pagamento forfettario del bollo (25,82 euro per gli autoveicoli e 5,16 euro per i motoveicoli) e dell’imposta provinciale di trascrizione (51,65 euro per gli autoveicoli e 25,82 euro per i motoveicoli).
In particolare la lettera a) sopprime la norma che prevede la predisposizione per gli autoveicoli dall'Automobilclub Storico Italiano (ASI), per i motoveicoli anche dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), di un apposito elenco indicante i periodi di produzione dei veicoli (ultimo periodo del comma 1 dell’articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342).
La lettera b) prevede l’abrogazione dei commi 2 e 3 dell’articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342. Il comma 2 (abrogato dalla norma in esame) dispone l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per gli autoveicoli e i motoveicoli di “particolare interesse storico e collezionistico” costruiti da almeno 20 anni. Il comma 3 (abrogato), dispone, inoltre, che i veicoli e i motoveicoli per i quali è possibile fruire dell’esenzione devono essere individuati dall’Automobilclub Storico Italiano (ASI) e dalla Federazione Motociclistica Italiana (FMI), con propria determinazione.
L’articolo 63, comma 2, definisce di “particolare interesse storico e collezionistico” i veicoli costruiti specificamente per le competizioni, i veicoli costruiti a scopo di ricerca tecnica o estetica, anche in vista di partecipazione ad esposizioni o mostre ed infine i veicoli che rivestono un particolare interesse storico o collezionistico in ragione del loro rilievo industriale, sportivo, estetico o di costume.
Al riguardo si segnala che l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 112/8E del 2011, ha precisato che l’esenzione dalla tassa automobilistica trova applicazione qualora il veicolo sia compreso nelle apposite determinazioni predisposte dai suddetti enti che individuano in maniera definita le tipologie di veicoli in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 63, comma 2, per beneficiare delle agevolazioni fiscali in commento. Non è necessario, invece, che il proprietario sia associato all’ASI o alla FMI.
Rimane fermo che i veicoli e i motoveicoli ultratrentennali sono esentati dal bollo e, in caso di utilizzazione sulla pubblica strada, sono assoggettati ad una tassa di circolazione forfettaria annua (articolo 63 , commi 1 e 4). E’ abrogata, invece, l’estensione della predetta disciplina ai veicoli ultraventennali di particolare interesse storico e collezionistico (lettera c)).
La tassa automobilistica (c.d. "bollo auto") è dovuta dal proprietario in ragione del possesso del veicolo. Fa eccezione il caso della locazione finanziaria (leasing) per il quale l'obbligo di pagamento è in capo all'utilizzatore. Lo stesso dicasi in caso di usufrutto e di acquisto con patto di riservato dominio: in questi casi l'obbligo di pagamento cade in capo all'usufruttuario e all'acquirente. Per quanto riguarda invece il profilo oggettivo, in un limitato numero di casi (ciclomotori, minicar), la tassa in parola è dovuta in ragione della circolazione su aree e strade pubbliche.
Su tale tributo, nel suo complesso, si è formata nel corso degli anni una articolata stratificazione di competenze che sono ripartite fra Stato e Regioni. Più precisamente, nei riguardi delle Regioni a Statuto ordinario ed delle Province Autonome di Bolzano - Alto Adige e di Trento è stata affidata ogni competenza di gestione afferente il tributo, ivi compresa la riscossione, l'accertamento, il recupero, i rimborsi e il contenzioso (articolo 17, comma 10 della legge n. 449 del 1997).
Nelle Regioni a Statuto speciale, invece, la gestione del tributo continua a essere riservata agli uffici dell'amministrazione finanziaria.
Per quanto riguarda il gettito l’articolo 23 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ha assegnato alle Regioni a Statuto ordinario, già titolari di una parte della tassa automobilistica ai sensi dell’art. 4 della L. 16 maggio 1970, n. 281, la competenza ad introitarne l’intero gettito. Rimane acquisita all’erario, invece, la tassa automobilistica relativa ai veicoli iscritti nei pubblici registri delle Regioni a statuto speciale.
Per quanto riguarda la normativa vigente, in misura preminente essa è stabilita da disposizioni statali con regole uniformi su tutto il territorio nazionale. Ciascuna Regione, tuttavia, possiede margini di manovra che consentono di intervenire con legge regionale. In particolare, l'articolo 24 del D.Lgs. n. 504 del 1992 dà facoltà a ciascuna Regione di approvare, entro il 10 novembre di ciascun anno, variazioni tariffarie (in più o in meno) nel limite del 10 per cento rispetto agli importi vigenti nell'anno precedente.
Dal 1998, il bollo auto deve essere corrisposto sulla base della potenza effettiva e non più in relazione ai cavalli fiscali (articolo 17, comma , della legge n. 449 del 1997). Più esattamente per autovetture, autoveicoli ad uso promiscuo, autobus, autoveicoli ad uso speciale e motocicli la tassa automobilistica deve essere versata in base alla potenza effettiva del veicolo espressa in kilowatt (riportato sulla carta di circolazione).
Dal 2007 per le autovetture, gli autoveicoli ad uso promiscuo e i motocicli entra nel calcolo del bollo auto un coefficiente che tiene conto delle emissioni inquinanti, secondo i livelli indicati dalle normative europee. Tale coefficiente non si applica alle autovetture ed autoveicoli con alimentazione, esclusiva o doppia, elettrica, a gas metano, a GPL, a idrogeno. L'importo da pagare cresce con l'età del veicolo ed è minore, a parità di potenza, per i veicoli di nuova produzione che emettono minori quantità di inquinanti (Legge n. 296 del 2006).
L'articolo 23, comma 21, del D.L. n. 98 del 2011 ha istituito a partire dall'anno 2011 per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose, una addizionale erariale della tassa automobilistica (c.d. “superbollo”), pari a 10 euro per ogni kw di potenza del veicolo superiore a 225 kw, da versare alle entrate del bilancio dello Stato. A partire dall'anno 2012 l'addizionale erariale della tassa automobilistica è fissata in 20 euro per ogni kw di potenza del veicolo superiore a 185 kw (articolo 16, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011). In caso di omesso o insufficiente versamento dell'addizionale si applica la sanzione pari al 30% dell'importo non versato (articolo 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).
Tale addizionale è ridotta dopo cinque, dieci e quindici anni dalla data di costruzione del veicolo, rispettivamente, al 60, al 30 e al 15 per cento e non è più dovuta decorsi venti anni dalla data di costruzione (articolo 16, comma 15- ter, del D.L. n. 201 del 2011).
Le entrate da bollo auto sono passate da 5,92 miliardi di euro del 2011 a 6,35 mld nel 2012. L'aumento delle entrate, nonostante il calo delle immatricolazioni, è collegabile all'introduzione di un primo superbollo nel 2011 (addizionale erariale di 10 euro per ciascun KW di potenza del veicolo superiore a 225 KW; D.L. n. 98 del 2011), e di un secondo superbollo nel 2012 (20 euro per ogni KW di potenza del veicolo superiore a 185 KW: D.L. n. 201 del 2011).
Articolo 1,
comma 667
(Aliquota IVA agevolata per e-book)
667. Ai fini dell'applicazione della tabella A, parte II, numero 18),
allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e
successive modificazioni, sono da considerare libri tutte le pubblicazioni
identificate da codice ISBN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o
tramite mezzi di comunicazione elettronica.
Il comma 667 assoggetta ad aliquota IVA super–ridotta al 4 per cento anche le pubblicazioni veicolate attraverso mezzi di comunicazione elettronica.
Più in particolare, la norma in esame intende fornire interpretazione autentica alla Tabella A, parte II, numero 18), allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che rece l’elenco dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota super ridotta (al 4 per cento). Ai fini dell’applicazione di detta aliquota, il comma in esame precisa che sono da considerare “libri” tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica.
In sostanza, si assoggetta ad un regime IVA agevolato la circolazione dei cd. e-book, la cui tassazione passa dal 22 per cento (aliquota ordinaria) al 4 per cento (aliquota super-ridotta).
In estrema sintesi, si rammenta che l’IVA è disciplinata a livello europeo dalla cosiddetta direttiva IVA (ora direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. In materia di aliquote, l’articolo 97 della direttiva stabilisce che l’aliquota normale d’imposta fissata da ciascun Paese membro non può essere, fino al 31 dicembre 2015, inferiore al 15 per cento.
L’aliquota normale viene fissata da ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi (articolo 96).
Gli articoli 98 e 99 consentono agli Stati membri la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Tale facoltà è ammessa esclusivamente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi delle categorie individuate nell’allegato III della direttiva. Le aliquote ridotte non si applicano ai servizi forniti per via elettronica. In ogni caso, la misura dell’aliquota ridotta non può essere inferiore al 5 per cento.
In deroga alle regole normali, alcuni Stati membri sono stati autorizzati a mantenere delle aliquote ridotte, comprese le aliquote super-ridotte e le aliquote zero, in alcuni ambiti, a condizione che tali aliquote fossero già in vigore al 1° gennaio 1991 e che la loro applicazione risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 101).
La Corte di Giustizia ha assunto un'interpretazione restrittiva dichiarando l'impossibilità per gli Stati di estendere l'ambito di applicazione delle aliquote super-ridotte a fattispecie non contemplate al 1° gennaio 1991 (caso C-462/05, Commissione c. Portogallo; caso C-240/05, Eurodental; caso C-169/00, Commissione c. Finlandia). La Corte ha inoltre affermato che uno Stato che abbia deciso di escludere determinate operazioni dall'aliquota Iva super-ridotta, riconducendole alle aliquote ordinarie o ridotte, non può più applicare a queste operazioni l'aliquota super-ridotta, pena la violazione del diritto comunitario (caso C-119/11, Commissione c. Francia; caso C-462/05, Commissione c. Portogallo; caso C-414/97, Commissione c. Spagna; caso C-74/91, Commissione c. Germania).
Gli Stati membri possono, a determinate condizioni, essere autorizzati ad introdurre misure di deroga per semplificare la riscossione dell'IVA o evitare frodi o evasioni fiscali.
Previa consultazione del comitato IVA, ciascuno Stato membro può applicare un'aliquota ridotta alle forniture di gas naturale, di energia elettrica o di teleriscaldamento (articolo 102). La direttiva 5 maggio 2009, n. 2009/47/CE è intervenuta sulla direttiva 2006/112/CE apportando, tra l’altro, modifiche all’allegato III della direttiva 2006/112/CE al fine di ampliare l’ambito delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate alle aliquote ridotte. Nel secondo considerando della direttiva 2009/47/CE viene evidenziato che la Commissione europea, nella sua Comunicazione sulle aliquote IVA diverse dall’aliquota IVA normale presentata al Consiglio e al Parlamento europeo nel luglio 2007, ha concluso che l’applicazione di aliquote ridotte ai servizi prestati localmente non pone problemi per il buon funzionamento del mercato interno e può, in presenza di determinate condizioni, produrre effetti positivi in termini di creazione di occupazione e di lotta all’economia sommersa.
In Italia, le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina
dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale
(pari al 22 per cento) si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può
essere modificata in aumento o in diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento
(che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento
della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per
oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R.
n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco
dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece
l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per
cento.
Articolo 1, commi 668-677
(Cofinanziamento nazionale dei programmi
dell’Unione europea)
668. All'articolo 1, comma 242, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
dopo le parole: «interventi complementari rispetto ai programmi cofinanziati
dai fondi strutturali» sono inserite le seguenti: «e di investimento (SIE)».
669. All'articolo 1, comma 243, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
dopo le parole: «il FEASR ed il FEAMP» sono inserite le seguenti: «ovvero con
altre linee del bilancio dell'Unione europea».
670. All'articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Alla messa in opera del sistema
informatico di supporto alle attività di monitoraggio di cui al presente comma,
anche in relazione alle attività di previsione, gestione finanziaria, controllo
e valutazione di impatto economico e finanziario degli interventi, ivi compreso
lo scambio elettronico dei dati con il sistema dell'Unione europea e con altri
sistemi nazionali, concorre, nei limiti delle proprie disponibilità, il fondo
di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183».
671. Al fine di accelerare e semplificare l'iter dei pagamenti
riguardanti gli interventi cofinanziati dall'Unione europea a titolarità delle
amministrazioni centrali dello Stato, nonchè gli interventi complementari alla
programmazione dell'Unione europea, a titolarità delle medesime amministrazioni
centrali dello Stato, il Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge
16 aprile 1987, n. 183, provvede alle erogazioni a proprio carico, riguardanti
i predetti interventi, anche mediante versamenti nelle apposite contabilità
speciali istituite presso ciascuna amministrazione titolare degli interventi
stessi.
672. All'articolo 1, comma 241, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli oneri relativi alla quota di
cofinanziamento nazionale pubblica dei programmi dell'obiettivo di cooperazione
territoriale europea di cui al regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, di cui la Repubblica italiana è
partner ufficiale, dei programmi dello Strumento europeo di vicinato di cui al
regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11
marzo 2014, con autorità di gestione italiana, nonchè dei programmi di
assistenza alla pre-adesione -- IPA II, di cui al regolamento (UE) n. 231/2014
del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, con Autorità di
gestione italiana, sono a carico del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5
della legge 16 aprile 1987, n. 183, nel limite del 25 per cento della spesa
pubblica prevista dal piano finanziario di ciascun programma».
673. In attuazione dell'Accordo di partenariato 2014-2020 con l'Unione
europea, le funzioni di autorità di audit dei programmi operativi nazionali
(PON), cofinanziati dai Fondi strutturali 2014-2020, sono svolte dal nucleo
tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici --- UVER Unità di
verifica o dal Ministero dell'economia e delle finanze --- Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato --- IGRUE, ovvero da autorità di audit
individuate presso le stesse amministrazioni centrali titolari di ciascun
programma, laddove siano soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 123 del
regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17
dicembre 2013.
674. Ai fini del rafforzamento della strategia nazionale per lo sviluppo
delle aree interne del Paese, l'autorizzazione di spesa di cui al comma 13
dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a valere sulle dotazioni
del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n.
183, è incrementata di ulteriori 90 milioni di euro per il triennio 2015-2017.
675. Per effetto di quanto disposto dal comma 674 del presente articolo,
l'autorizzazione di spesa a favore delle aree interne, a valere sulle dotazioni
del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n.
183, è pari, complessivamente, a 180 milioni di euro, di cui 3 milioni di euro
per l'anno 2014, 23 milioni di euro per l'anno 2015, 60 milioni di euro per
l'anno 2016 e 94 milioni di euro per l'anno 2017.
676. Le risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento
nazionale relativa a piani, programmi e interventi cofinanziati dall'Unione
europea per il periodo di programmazione 2014-2020 nelle regioni meno
sviluppate, precedentemente destinate a interventi previsti in programmi
paralleli rispetto a quelli cofinanziati dai Fondi strutturali europei, sono
destinate a interventi previsti nell'ambito di programmi di azione e coesione,
i cui contenuti sono definiti, sulla base di comuni indirizzi di impostazione e
articolazione, in partenariato tra le amministrazioni nazionali aventi
responsabilità di coordinamento dei Fondi strutturali e di investimento europei
e le singole amministrazioni centrali e regionali interessate, in coerenza con
la destinazione territoriale, sotto il coordinamento dell'autorità politica
delegata per le politiche di coesione territoriale. Resta fermo quanto previsto
all'articolo 12 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.
677. Parte delle risorse di cui al comma 676, fermo restando l'impiego
nel medesimo ambito territoriale, può essere destinata per la promozione,
nell'attuale fase di crisi socio-economica, dell'occupazione delle donne nelle
regioni il cui tasso di occupazione femminile risulta, sulla base della
rilevazione sulla forza di lavoro dell'ISTAT, inferiore al 40 per cento
nell'anno 2013.
I commi da 668 a 677 recano disposizioni in tema di cofinanziamento dei fondi europei per il ciclo di programmazione 2014-2020, estendendo anche al fondo per lo sviluppo rurale e a Fondo per la pesca la possibilità di attivare programmi complementari ai fondi stessi (comma 668) e prevedendo anticipazioni di bilancio anche per gli interventi cofinanziati da altre linee del bilancio comunitario (comma 669). Sono previste disposizioni in tema di sistema informatico e monitoraggio degli interventi (comma 670), di tempestività dei pagamenti (comma 671), di quota di cofinanziamento dei programmi della Cooperazione territoriale europea, (comma 672) e della funzione di audit (comma 673). I commi 674 e 675 destinano ulteriori 90 milioni nel triennio agli interventi programmati nella strategia di sviluppo delle aree interne. Infine, i commi 676 e 677 prevedono particolari destinazioni per le risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale relativa a piani e programmi degli interventi cofinanziati dall’UE del periodo di programmazione 2014-2020 nelle regioni meno sviluppate.
In particolare il comma 668, modificando l’articolo 1, comma 242 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), ricomprende - oltre ai programmi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del Fondo di sviluppo europeo (FSE) - anche i programmi cofinanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) tra gli interventi complementari finanziati dal Fondo per l’attuazione delle politiche comunitarie nell’ambito dell’Accordo di partenariato 2014-2020[198].
Il citato comma
242 prevede un ulteriore canale di accesso all’utilizzo delle disponibilità del
Fondo di rotazione, stabilendo che il Fondo medesimo possa altresì concorrere
al finanziamento degli oneri relativi all'attuazione degli interventi complementari ai programmi cofinanziati dai Fondi
strutturali 2014/2020, inseriti nella programmazione strategica definita con
l'Accordo di partenariato. Si tratta di una modalità di utilizzo che si è
realizzata nel ciclo di programmazione 2007-2013, al fine di finanziare il
Piano di Azione coesione[199], sulla base di
quanto consentito dall’articolo 23, comma 4, della legge di stabilità 2012
(legge n. 183/2011), in presenza di risorse disponibili da eventuali riduzioni
del tasso di cofinanziamento nazionale di alcuni programmi e sulla base di una
intesa con la Commissione europea. Tale modalità viene ora stabilita in via
generale per tutto il nuovo periodo di programmazione, qualora tali interventi
siano previsti nell’Accordo ed ove sussistano risorse disponibili presso il
Fondo.
In sostanza, per quei programmi nei quali la quota di
cofinanziamento nazionale è inferiore al 50%, si prevedono parallelamente degli interventi
complementari ai programmi stessi, che vengono finanziati dal Fondo IGRUE
per la quota non contabilizzata nel quadro finanziario dei fondi europei.
Il comma 668, inserendo nel testo del richiamato comma 242 il riferimento ai “fondi strutturali e di investimento (SIE)” – in luogo dei soli fondi strutturali (cioè il FSE e il FESR) viene pertanto a ricomprendere tra gli interventi “complementari” anche i programmi del FEASR e del FEAMP.
Il comma 669 amplia la possibilità, offerta dall’articolo 1, comma 243, della legge di stabilità 2014 di attivare anticipazioni su Programmi UE 2014/2020 a titolarità dei Ministeri, aggiungendo ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali, dai fondi FEASR e FEAMP (Sviluppo rurale e pesca) anche gli interventi cofinanziati da altre linee del bilancio comunitario, al fine di venire incontro alle esigenze di pronta attivazione degli stessi.
Il richiamato
comma 243 autorizza la concessione di anticipazioni
delle quote comunitarie e di cofinanziamento nazionale dei
programmi a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato, a valere
sugli stanziamenti del Fondo di rotazione, nel limite di 500 milioni di euro annui,
anche con riferimento ai programmi complementari di cui al precedente comma
242. Le quote anticipate dei finanziamenti comunitari vengono reintegrate a
valere sui successivi accrediti delle risorse comunitarie corrispondenti al
programma interessato.
Quanto al comma 670, esso integra il comma 245 della legge di stabilità 2014, precisando che alla messa in opera del sistema informatico di supporto alle attività di monitoraggio previste dallo stesso comma 245, anche in relazione alle attività di previsione, gestione finanziaria, controllo e valutazione di impatto economico e finanziario degli interventi, ivi compreso lo scambio elettronico dei dati con il sistema comunitario e con altri sistemi nazionali, concorre, nei limiti delle proprie disponibilità, il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, di cui alla legge n. 183 del 1987.
Il comma 245
pone in capo alla Ragioneria generale dello Stato il monitoraggio degli interventi cofinanziati previsti dall' Accordo di partenariato, compresi gli
interventi complementari di cui al comma 242, attraverso il proprio sistema
informativo. A tal fine le Amministrazioni competenti assicurano la rilevazione
dei dati di attuazione finanziaria, fisica e procedurale secondo le specifiche
tecniche definite dalla stessa Ragioneria generale e dalle Amministrazioni
centrali competenti per il coordinamento dei singoli fondi, attraverso il
sistema informativo della Ragioneria stessa.
Inoltre, al fine di garantire l’accelerazione e semplificazione dell’iter dei pagamenti (in favore dei beneficiari finali pubblici e privati) riguardanti la quota comunitaria e di cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione Europea a titolarità delle Amministrazioni centrali dello Stato, nonché di quelli complementari alla programmazione comunitaria, il comma 671 autorizza il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie ad effettuare le erogazioni a proprio carico anche mediante versamenti nelle apposite contabilità speciali istituite presso ciascuna Amministrazione titolare degli interventi stessi.
Attualmente la Ragioneria generale dello Stato – IGRUE
provvede a effettuare i pagamenti ai singoli beneficiari, potendo ciò
determinare, in taluni casi, tempi non rapidi. Con il comma 670 in commento
l’IGRUE trasferirà alle apposite contabilità speciali di ciascun Ministero le
somme e ciascuna amministrazione provvederà ad effettuare i relativi pagamenti.
Il comma 672 pone a carico del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie – nei limiti del 25 per cento della spesa pubblica prevista dal piano finanziario di ciascun programma - gli oneri relativi alla quota di cofinanziamento nazionale di programmi della cooperazione territoriale europea, a seguito dell’avvio della relativa programmazione. Si tratta dei:
§ programmi dell’obiettivo cooperazione territoriale europea di cui al Regolamento UE n. 1299/2013 del 17 dicembre 2013, di cui l’Italia è partner ufficiale;
§ programmi dello strumento europeo di vicinato di cui al Regolamento UE n. 232/2014 dell’11 marzo 2014, con Autorità di gestione italiana;
§ programmi di assistenza alla pre-adesione – IPA II di cui al Regolamento UE n. 231/2014 dell’11 marzo 2014, con Autorità di gestione italiana.
La disposizione
viene inserita quale periodo aggiuntivo
al comma 241 della legge di stabilità 2014, il quale stabilisce che per
interventi cofinanziati dall’Unione europea direttamente gestiti dalle
Amministrazioni centrali dello Stato, la quota di cofinanziamento è posta
interamente a carico del Fondo di rotazione (il precedente comma 240 pone gli
interventi a valere sui programmi operativi regionali a carico del Fondo di
rotazione nella misura massima del 70 per cento degli importi).
Si rammenta che l’Italia partecipa a 19 programmi di cooperazione territoriale:
4 interregionali, quattro transnazionali (Central Europe, Med, Alpine Space,
Adriatic-Ionian), 8 transfrontalieri sotto Regolamento CTE 1299/2013
(Italia-Francia marittimo, Alcotra, Italia-Svizzera, Italia-Austria,
Italia-Slovenia, Italia-Croazia, Grecia-Italia, Italia-Malta), un
transfrontaliero sotto Regolamento IPA 231/2014 (Italia-Albania-Montenegro) e 2
transfrontalieri sotto Regolamento ENI 232/2014 (Italia-Tunisia e Mediterranean
Sea Basin). La quasi totalità delle regioni italiane è interessata, in tutto o
in parte, dai Programmi transfrontalieri (sono escluse soltanto il Lazio, la
Campania, la Basilicata, la Calabria e l’Umbria). L’Italia è lo Stato Membro
che ha ottenuto l’allocazione più elevata di risorse finanziarie per la
Cooperazione territoriale, pari a 1.136,7 milioni di euro a prezzi correnti, in
ragione della elevata quota di popolazione residente nelle aree eleggibili.
In attuazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020, il comma 673 stabilisce che le funzioni di Autorità di audit dei programmi operativi nazionali (PON), cofinanziati dai Fondi strutturali 2014-2020, sono svolte:
§ dal Nucleo Tecnico di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici – Unità di verifica (UVER);
§ o dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’ Unione europea (IGRUE);
§ ovvero da Autorità di audit individuate presso le stesse Amministrazioni centrali titolari di ciascun programma, laddove siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 123 Regolamento (UE) n. 1303 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013[200].
Poiché la normativa comunitaria prevede che l’Autorità di gestione e l’Autorità di audit dei programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali possano far parte della stessa Amministrazione titolare di tali programmi solo se si verificano le condizioni di cui all’art. 123 del Regolamento UE N. 1303/2013, con la disposizione in esame si prevede che per i Programmi operativi a titolarità dei Ministeri, cofinanziati dai fondi strutturali europei, che non soddisfano tali condizioni, le funzioni di Autorità di audit sono svolte dall’UVER o dall’IGRUE in attuazione dell’Accordo di Partenariato 2014-2020.
La disposizione risulta pertanto finalizzata ad una riduzione complessiva del numero delle Autorità di audit nazionali, ad assicurare l’indipendenza tra le funzioni di gestione e controllo dei programmi, razionalizzando e migliorando l’efficacia delle attività di controllo sull’utilizzo delle risorse comunitarie.
I commi 674 e 675, aumentano le risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie destinate alla "strategia per le Aree interne[201]”.
Si rammenta che in favore di queste “aree interne” il comma 13 della legge di stabilità 2014
ha autorizzato la spesa di 3 milioni
per il 2014 e di 43,5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 a valere
sulle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche
comunitarie (complessivamente 90 milioni).
Il comma 674 incrementa tale autorizzazione di spesa di 90 milioni per il triennio 2015-2017 (sempre a valere sul Fondo di rotazione): conseguentemente il successivo comma 675 ridefinisce l’ammontare complessivo delle risorse destinate alla “Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese” nella misura complessiva di 180 milioni per il periodo 2014-2017, ripartiti in 3 milioni per il 2014, 23 milioni per il 2015 (-20,5 milioni rispetto alla precedente assegnazione), 60 milioni per il 2016 (+16,5 milioni) e in 94 milioni per il 2017.
Il comma 676 destina le risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale relativa a piani e programmi degli interventi cofinanziati dall’UE del periodo di programmazione 2014-2020 nelle regioni meno sviluppate, “precedentemente destinate ad interventi previsti in programmi paralleli”, a interventi previsti “nell’ambito dei programmi di azione e coesione”, i cui contenuti sono definiti, sulla base di comuni indirizzi, in partenariato tra le amministrazioni nazionali aventi responsabilità di coordinamento dei Fondi SIE e le singole amministrazioni centrali e regionali interessate, in coerenza con la destinazione territoriale, sotto il coordinamento dell’Autorità politica delegata per le politiche di coesione territoriale. Nel comma si specifica esplicitamente che il Presidente del Consiglio dei ministri mantiene comunque il potere sostitutivo nell'utilizzo dei fondi europei, previsto all’articolo 12 del decreto-legge n. 133, convertito con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014, che può essere esercitato in caso di inerzia, ritardo o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili dell'attuazione di piani, programmi ed interventi cofinanziati dall'UE, al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall’ordinamento dell’Unione europea.
Il comma 677 prevede che parte delle risorse di cui al comma 676 possono essere altresì destinate, fermo restando l’ambito territoriale di utilizzo, per la promozione dell’occupazione delle donne nelle regioni il cui tasso di occupazione femminile, in termini di forza lavoro rilevata dall’ISTAT, nell’anno 2013 è risultato inferiore al 40 per cento.
Sulla base dei
dati Istat[202] le regioni in
questione sono quelle del Mezzogiorno, vale a dire Campania, Molise,
Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, atteso che tale Area ha fatto
registrare nel corso del 2013 un tasso di occupazione femminile medio di circa il 31 per cento.
Articolo 1,
comma 678
(Regimi fiscali privilegiati)
678. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo 110,
comma 10, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive
modificazioni, nelle more dell'emanazione del decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 168-bis del medesimo testo
unico, l'individuazione dei regimi fiscali privilegiati è effettuata, con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, con esclusivo riferimento
alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni.
Il comma 678 affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di individuare, con decreto, gli Stati o i territori nei quali sono presenti regimi fiscali privilegiati, indicando quale criterio esclusivo per la scelta la mancanza di un adeguato scambio di informazioni.
L'individuazione è finalizzata all'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 110, comma 10, del TUIR (D.P.R. n. 917/1986) in materia di deducibilità IRES di componenti negative derivanti da operazioni intercorse con imprese estere; essa opera fino all'emanazione del decreto, di cui all'articolo 168-bis del TUIR, volto ad individuare i Paesi o territori fiscalmente virtuosi (c.d. white list).
In estrema sintesi, con la locuzione “black list” attualmente si intende l’elenco dei Paesi con un regime fiscale privilegiato, la cui caratteristica essenziale consiste nell’avere un livello di tassazione basso o addirittura nullo ovvero di non consentire un adeguato scambio di informazioni tra autorità a fini fiscali. Tale elenco viene richiamato dalla normativa fiscale nazionale al fine di applicare specifiche disposizioni.
In particolare, l’articolo 110, comma 10 del TUIR (nella formulazione antecedente alle modifiche apportate con la legge n. 244 del 2007, legge finanziaria 2008; tale formulazione continuerà ad applicarsi fino all’emanazione della disciplina attuativa delle norme novellate) impedisce di ammettere in deduzione dall’IRES le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all'Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati. A tal fine, erano considerano privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori individuati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, in ragione dei seguenti criteri:
§ livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia;
§ ovvero mancanza di un adeguato scambio di informazioni;
§ ovvero altri criteri equivalenti.
Nella formulazione attuale della norma, tuttavia non ancora operativa, è fatto divieto di dedurre le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella cosiddetta “white list”, ovvero nella lista dei Paesi coi quali vi è un adeguato scambio di informazioni, i quali dovranno essere individuati con decreto ministeriale ai sensi dell’ articolo 168-bis del TUIR. Tale decreto non è stato ancora emanato; per espressa previsione di legge, di conseguenza (articolo 1, comma 88 della predetta legge finanziaria 2008), le nuove disposizioni si applicheranno a decorrere dal periodo di imposta che inizierò successivamente alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale di tale decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
Per effetto delle norme in esame, nelle more della pubblicazione del D.M. da emanarsi ai sensi dell’articolo 168-bis del TUIR, si fornisce una precisa modalità di individuazione dei regimi fiscali privilegiati; essa dovrà essere effettuata, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, con esclusivo riferimento alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni, escludendo dunque il riferimento sia al livello di tassazione che ad “altri criteri equivalenti”.
Si rammenta in proposito che attualmente è in vigore la white list relativa al regime fiscale degli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati: l’articolo 6 del decreto legislativo n. 239/96 stabilisce in merito che non sono soggetti ad imposizione gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, percepiti da soggetti residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni. Con Decreto del ministero delle Finanze del 4 settembre 1996, ripetutamente modificato, è stato approvato l'elenco degli Stati con cui risulta attuabile lo scambio di informazioni.
Articolo 1,
comma 679
(Conferma per il 2015 del livello massimo
di imposizione della Tasi)
679. All'articolo 1, comma 677, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel secondo periodo, dopo le parole: «Per il 2014» sono inserite le
seguenti: «e per il 2015»;
b) nel terzo periodo, le parole: «Per lo stesso anno 2014» sono
sostituite dalle seguenti: «Per gli stessi anni 2014 e 2015».
Il comma 679 conferma, anche per l'anno 2015, il livello massimo di imposizione della TASI già previsto per l'anno 2014 (2,5 per mille). Per il medesimo anno 2015, viene altresì confermata la possibilità di superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni.
In estrema sintesi si ricorda che la legge di stabilità 2014 (L. 147/2013, commi 639 e seguenti) istituisce l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi:
§ uno costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore: si tratta dell'imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali;
§ l'altro collegato all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali: la componente riferita ai servizi, a sua volta si articola in un tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile; la tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.
L'IMU, che viene resa permanente, non si applica quindi all'abitazione principale (ad eccezione degli immobili di lusso), ma continua ad applicarsi agli altri immobili, compresi le seconde case e i beni strumentali, sommandosi alla TASI e alla TARI (le due componenti della IUC). Resta riservato allo Stato il gettito IMU derivante dagli immobili ad uso produttivo, che viene in parte reso deducibile dalle imposte sui redditi nella misura del 30 per cento per il 2014; successivamente, la quota deducibile a regime sarà del 20 per cento. Rispetto alla previgente disciplina IMU, la nuova imposta assoggetta a IRPEF per il 50 per cento il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati. Sono esentati da IMU, a decorrere dal 2014, i fabbricati rurali ad uso strumentale.
Per quanto riguarda il tributo per i servizi indivisibili comunali - TASI, esso viene destinato al finanziamento dei servizi comunali rivolti all'intera collettività. Soggetto passivo è il possessore o il detentore dell'immobile; la base imponibile è il valore dell'immobile rilevante a fini IMU. La TASI avrà un'aliquota base dell'1 per mille, che potrà essere azzerata o modificata dai Comuni.
Il comma 677 della legge di stabilità 2014, su cui interviene la norma in esame, in particolare disponeva che per il 2014 il livello massimo di imposizione della TASI fosse fissato al 2,5 per mille. La medesima norma (come modificata dal decreto-legge n. 16 del 2014) ha attribuito ai comuni la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI di un ulteriore 0,8 per mille rispetto al limite del 10,6 per mille fissato per la sola IMU al 31 dicembre 2013 (vale a dire con una aliquota massima pari all'11,4 per mille in caso di aliquota ordinaria ovvero la minore aliquota prevista per le specifiche tipologie di immobili). La facoltà di aumentare l'aliquota è stata condizionata al finanziamento di detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU. Le aliquote massime per la TASI sull'abitazione principale potranno essere, quindi, pari al 3,3 per mille (rispetto all'originario limite del 2,5 per mille fissato dalla legge di stabilità per il 2014).
Il decreto-legge n. 66 del 2014 è intervenuto sulla disciplina relativa al versamento della TASI per l'anno 2014, fissando diverse scadenze per il pagamento del tributo da parte dei contribuenti, a seconda della tempestività del Comune nell'adozione e comunicazione al MEF delle delibere e dei regolamenti relativi al tributo stesso. Ai comuni per i quali si applica il differimento dell'imposta viene erogata un'anticipazione pari al 50 per cento del gettito annuo stimato ad aliquota di base. La TASI dovuta dall'occupante, in casi di mancata delibera comunale, è pari al 10 per cento del tributo. Analoga norma era contenuta nel decreto-legge n. 88 del 2014, non convertito.
La legge specifica poi le esenzioni TASI (articolo 1, comma 3, ed articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto-legge n. 16 del 2014) e in particolare si riferisce a:
§ immobili dello Stato, delle regioni e degli enti territoriali posseduti sul proprio territorio nonché gli immobili dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;
§ rifugi alpini non custoditi, i punti d'appoggio e i bivacchi;
§ immobili già esenti dall'ICI e cioè: stazioni, ponti, fabbricati destinati ad esigenze pubbliche, ecc.; i fabbricati con destinazione ad usi culturali, quelli per l'esercizio del culto e i fabbricati della Santa Sede; i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali; gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali per attività non commerciali;
§ terreni agricoli.
Sono invece assoggettate a TASI le aree scoperte pertinenziali e le aree condominiali non occupate in via esclusiva.
La legge di stabilità 2014, oltre ad individuare la disciplina generale dell'Imposta unica comunale (IUC), ne demanda l'applicazione al regolamento comunale: riguardo alla TASI il regolamento comunale disciplina, oltre alle riduzioni, l'individuazione dei servizi indivisibili e l'indicazione analitica, per ciascuno di tali servizi, dei relativi costi alla cui copertura la TASI è diretta. Sono introdotte una serie di sanzioni in caso di mancata collaborazione, omissione di versamento, infedele dichiarazione e così via. Non è più prevista (articolo 1, comma 1 del D.L. n. 16 del 2014) la possibilità di affidare la gestione dell'accertamento e della riscossione della TASI ai soggetti ai quali, nel medesimo anno, risulta attribuito il servizio di accertamento e riscossione dell'IMU. Ciò al fine di consentire il predetto affidamento mediante svolgimento di una gara ad evidenza pubblica.
Articolo 1,
commi 680 e 681
(Definizione di livello di tassazione
sensibilmente inferiore
in caso di regimi fiscali speciali)
680. Al comma 4 dell'articolo 167 del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Si considera livello di
tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia un livello di
tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia. Si
considerano in ogni caso privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono
un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in
Italia, ancorchè previsti da Stati o territori che applicano un regime generale
di imposizione non inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia. Con
provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate viene fornito un elenco
non tassativo dei regimi fiscali speciali». Le disposizioni di cui al presente
comma si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31
dicembre 2014.
681. Per le finalità di cui al comma 680, l'autorizzazione di spesa di
cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa
al Fondo per interventi strutturali di politica economica è ridotta di 2,8
milioni di euro per l'anno 2016 e di 1,6 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2017.
I commi 680 e 681 introducono nella disciplina di rango primario uno specifico criterio, espresso in termini percentuali, per individuare i Paesi nei quali vige un livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, al fine di individuare i contribuenti cui si applica la speciale disciplina fiscale delle società controllate estere (disciplina CFC – controlled foreign companies).
In particolare, comma 681 reca la copertura finanziaria della disposizione: ai relativi oneri, quantificati in 2,8 milioni di euro per l'anno 2016 e in 1,6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017, si fa fronte mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
Si rammenta che gli articoli 167 e 168 del TUIR – Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 recano il regime della trasparenza sulle società estere controllate e collegate.
In particolare, ai sensi del citato articolo 167, ove un soggetto residente in Italia controlli, direttamente o indirettamente, un’impresa residente o localizzata in uno Stato o territorio “a fiscalità privilegiata”, rientrante nell’elenco di paesi black list, i redditi conseguiti dalla partecipata estera sono tassati separatamente per trasparenza in capo al socio residente, dopo che essi sono stati ricalcolati secondo le disposizioni ordinarie per la determinazione del reddito d’impresa (disciplina sulle cd. controlled foreign companies, o CFC rule). Non vi è tassazione per trasparenza se il soggetto controllante residente chiede e ottiene - presentando interpello - la disapplicazione della disciplina CFC. L’ordinamento consente la disapplicazione a due condizioni, operanti in modo autonomo e indipendente l’una dall’altra, che sono state modificate da ultimo dall’articolo 13 del decreto-legge n. 78/2009.
La prima condizione sussiste ove il soggetto controllante residente dimostri che la partecipata estera svolge un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento; per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest'ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento (articolo 167, comma 5, lettera a)). Per la dimostrazione della prima esimente, il socio residente nel territorio dello Stato deve provare il radicamento della propria partecipata nel Paese o territorio estero di insediamento. Il comma 5-bis dell’articolo 167 - introdotto dal D.L. n. 78/2009 - dispone che questa condizione non può essere invocata quando i proventi della società estera sono costituiti per oltre il 50% da passive income o derivano dalla prestazione di servizi infragruppo.
La seconda “esimente” si ha quando il soggetto controllante residente dimostra che dal possesso delle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis.
L’articolo 13 del D.L. n. 78/2009 ha altresì introdotto nell’articolo 167 del TUIR i commi 8-bis e 8-ter, che non si applicano alle società estere collegate di cui al successivo articolo 168. Il comma 8-bis estende la disciplina CFC ai soggetti controllati esteri localizzati in Stati o territori compresi nella cosiddetta white list, e beneficiano di una tassazione inferiore di oltre la metà rispetto a quella cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia e che abbiano conseguito in prevalenza passive income o proventi derivanti dalla prestazione di servizi infragruppo. Qualora si verifichino entrambe le condizioni indicate dal comma 8-bis, il comma 8-ter assicura comunque al socio controllante residente la possibilità di dimostrare, mediante la procedura di interpello di cui all’articolo 11 della legge n. 212/2000, che la propria controllata estera non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.
L’articolo 168 estende il criterio di imputazione per trasparenza - salvo quanto disposto al citato comma 8-bis - anche alle ipotesi di collegamento, ossia al caso in cui il soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, una partecipazione non inferiore al 20 per cento agli utili di un'impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato; tale percentuale è ridotta al 10 per cento nel caso di partecipazione agli utili di società quotate in borsa. Tale norma non si applica per le partecipazioni in soggetti non residenti negli Stati o territori predetti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati a regimi fiscali privilegiati. La legge (articolo 168, commi 2 e 3 ) fissa contestualmente i criteri per la determinazione forfettaria dei redditi del soggetto non residente oggetto di imputazione.
Il comma 4 dell’articolo 167 – su cui interviene la norma in esame – reca i criteri di individuazione dei regimi fiscali privilegiati.
Si rammenta che tale disposizione è stata formalmente abrogata dall'articolo 1, comma 83, lett. l), n. 3), della legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244), ma (ai sensi di quanto disposto dal successivo comma 88 della medesima legge finanziaria, ess trova applicazione fino a quando non entrerà in vigore il decreto ministeriale che individuerà i paesi “virtuosi“ (ovvero i Paesi white list, che consentono un adeguato scambio di informazioni fiscali). Nel frattempo, trova applicazione la predetta disciplina black list, cui si ricollegano le norme in esame.
In particolare, il predetto comma 4 considera “privilegiati” i regimi fiscali di Stati o territori individuati in ragione dei seguenti elementi:
§ livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia;
§ mancanza di un adeguato scambio di informazioni;
§ altri criteri equivalenti.
Per effetto delle norme in commento, viene introdotto un criterio numerico specifico per considerare un livello di tassazione quale “sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia”. Esso è tale se è inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia.
Si precisa che si considerano in ogni caso privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia, ancorché previsti da Stati o territori che applicano un regime generale di imposizione non inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia.
Si affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate viene fornito l’elenco non tassativo dei regimi fiscali speciali.
Si ricorda che l’elenco dei Paesi black list, ai fini della predetta disciplina CFC, è contenuto attualmente nel Decreto Ministeriale del 21 novembre 2001.
Il comma 681 reca la copertura finanziaria della disposizione: ai relativi oneri, quantificati in 2,8 milioni di euro per l'anno 2016 e in 1,6 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017, si fa fronte mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282.
Articolo 1,
commi 682-689
(Norme concernenti procedure di riscossione
– enti creditori
e agenti della riscossione)
682. All'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: «Ministero delle finanze» sono aggiunte
le seguenti: «, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, fatto
salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge. La
comunicazione è trasmessa anche se, alla scadenza di tale termine, le quote
sono interessate da procedure esecutive o cautelari avviate, da contenzioso
pendente, da accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali e previdenziali
in corso, da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte, ovvero da
dilazioni in corso concesse ai sensi dell'articolo 19 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive
modificazioni. In tale caso, la comunicazione assume valore informativo e deve
essere integrata entro il 31 dicembre dell'anno di chiusura delle attività in
corso ove la quota non sia integralmente riscossa»;
b) al comma 2:
1) la lettera b) è abrogata;
2) la lettera c) è sostituita dalla seguente:
«c) la mancata presentazione della comunicazione di inesigibilità
prevista dal comma 1 entro i termini stabiliti dalla legge»;
3) alla lettera e), dopo le parole: «esito della procedura» sono
aggiunte le seguenti: «o che non pregiudicano, in ogni caso, l'azione di
recupero»;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Per le quote contenute nelle comunicazioni di inesigibilità che non
sono soggette a successiva integrazione, presentate in uno stesso anno solare,
l'agente della riscossione è automaticamente discaricato decorso il 31 dicembre
del secondo anno successivo a quello di presentazione, fatte salve quelle per
le quali l'ente creditore abbia, entro tale termine, avviato l'attività di
controllo ai sensi dell'articolo 20. I crediti corrispondenti alle quote
discaricate sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore»;
d) al comma 6:
1) dopo la parola: «trasmissione» sono inserite le seguenti: «, entro
centoventi giorni,»;
2) le parole: «trenta giorni dalla richiesta» sono sostituite dalle
seguenti: «tale termine»;
e) dopo il comma 6 è aggiunto il seguente:
«6-bis. L'ente creditore adotta, nelle more dell'eventuale discarico
delle quote affidate, i provvedimenti necessari ai fini dell'esecuzione delle
pronunce rese nelle controversie in cui è parte l'agente della riscossione».
683. L'articolo 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e
successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«Art. 20. -- (Procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione
nei ruoli). --- 1. Il competente ufficio dell'ente creditore dà impulso alla
procedura di controllo con la notifica, all'agente della riscossione
competente, della comunicazione di avvio del procedimento, nella quale può
contestualmente chiedere la trasmissione della documentazione ai sensi
dell'articolo 19, comma 6. Lo stesso ufficio, se ritiene non rispettate le disposizioni
dell'articolo 19, comma 2, lettere a), d), d-bis) ed e), entro centottanta
giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, o, se richiesta, dalla
trasmissione, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, della documentazione,
notifica, a pena di decadenza, apposito atto di contestazione all'agente della
riscossione, che non oltre i successivi novanta giorni può produrre
osservazioni. L'atto di contestazione deve contenere, a pena di nullità,
l'esposizione analitica delle omissioni e dei vizi o delle irregolarità
riscontrati in rapporto alla descrizione delle corrette modalità di svolgimento
dell'attività. Decorso tale termine, l'ufficio, a pena di decadenza, entro
sessanta giorni, ammette o rifiuta il discarico con provvedimento a carattere
definitivo, ovvero, laddove le osservazioni prodotte facciano emergere la
possibilità di riattivare proficuamente le attività esecutive, assegna
all'agente della riscossione un termine non inferiore a dodici mesi per
l'espletamento di nuove azioni, riservando la decisione allo scadere di tale
termine.
2. Il controllo di cui al comma 1 è effettuato dall'ente creditore,
tenuto conto del principio di economicità dell'azione amministrativa e della
capacità operativa della struttura di controllo e, di norma, in misura non
superiore al 5 per cento delle quote comprese nelle comunicazioni di
inesigibilità presentate in ciascun anno.
3. Se l'agente della riscossione non ha rispettato le disposizioni
dell'articolo 19, comma 2, lettera c), si procede ai sensi del comma 1 del presente
articolo immediatamente dopo che si è verificata la causa di perdita del
diritto al discarico.
4. Nel termine di novanta giorni dalla notificazione del provvedimento
definitivo di cui al comma 1 del presente articolo, l'agente della riscossione
può definire la controversia con il pagamento di una somma, maggiorata degli
interessi legali decorrenti dal termine ultimo previsto per la notifica della
cartella, pari a un ottavo dell'importo iscritto a ruolo e alla totalità delle
spese di cui all'articolo 17, commi 6 e 7-ter, se rimborsate dall'ente
creditore ovvero, se non procede alla definizione agevolata, può ricorrere alla
Corte dei conti. Decorso tale termine, in mancanza di definizione agevolata o
di ricorso, la somma dovuta dall'agente della riscossione è pari a un terzo
dell'importo iscritto a ruolo con aggiunta degli interessi e delle spese di cui
al periodo precedente.
5. Le disposizioni sulla definizione agevolata di cui al comma 4 del
presente articolo non si applicano ai ruoli relativi alle risorse proprie
tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni
2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom
del Consiglio, del 26 maggio 2014, resi esecutivi dall'Agenzia delle dogane e
dei monopoli e agli atti di accertamento emessi dalla stessa Agenzia, ai sensi
dell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, per la
riscossione delle medesime risorse proprie; in caso di mancato ricorso alla
Corte dei conti, la somma dovuta dall'agente della riscossione è pari
all'importo iscritto a ruolo con aggiunta degli interessi e delle spese di cui
al citato comma 4.
6. L'ente creditore, qualora nell'esercizio della propria attività
istituzionale individui, successivamente al discarico, l'esistenza di
significativi elementi reddituali o patrimoniali riferibili agli stessi
debitori, può, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione
decennale, sulla base di valutazioni di economicità e delle esigenze operative,
riaffidare in riscossione le somme, comunicando all'agente della riscossione i
nuovi beni da sottoporre a esecuzione, ovvero le azioni cautelari o esecutive
da intraprendere. Le modalità di affidamento di tali somme sono stabilite con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. In tal caso, l'azione
dell'agente della riscossione è preceduta dalla notifica dell'avviso di
intimazione previsto dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni».
684. Le comunicazioni di inesigibilità relative a quote affidate agli
agenti della riscossione dal 1º gennaio 2000 al 31 dicembre 2014, anche da
soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del
Gruppo Equitalia, sono presentate, per i ruoli consegnati nell'anno 2014, entro
il 31 dicembre 2017 e, per quelli consegnati negli anni precedenti, per singole
annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di
ciascun anno successivo al 2017. Con decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze sono regolate le modalità per l'erogazione dei rimborsi all'agente
della riscossione, a fronte delle spese di cui al decreto direttoriale del
Ministero dell'economia e delle finanze 21 novembre 2000, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2001, concernenti le procedure
esecutive effettuate dall'anno 2000 all'anno 2010, da corrispondere in quote
costanti e tenuto conto dei tempi di presentazione delle relative comunicazioni
di inesigibilità.
685. In deroga a quanto disposto dal comma 684, la restituzione agli
agenti della riscossione delle stesse spese, maturate negli anni 2000-2013, per
le procedure poste in essere per conto dei comuni, è effettuata a partire dal
30 giugno 2018, in venti rate annuali di pari importo, con onere a carico del
bilancio dello Stato. A tale fine, fatte salve le anticipazioni eventualmente
ottenute, l'agente della riscossione presenta, entro il 31 marzo 2015, un'apposita
istanza al Ministero dell'economia e delle finanze. A seguito dell'eventuale
diniego del discarico, il recupero delle spese relative alla quota oggetto di
diniego è effettuato mediante riversamento delle stesse all'entrata del
bilancio dello Stato.
686. Fino alla data di presentazione delle comunicazioni previste dal
comma 684, l'agente della riscossione resta legittimato a effettuare la
riscossione delle somme non pagate, ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, anche per le quote relative ai soggetti
creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo
Equitalia.
687. Le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote di cui al
comma 684, presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della
presente legge, possono essere integrate entro i termini previsti dallo stesso
comma 684. In tale caso, il controllo di cui all'articolo 20 del decreto
legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come da ultimo sostituito dal comma 683 del
presente articolo, può essere avviato solo decorsi i termini previsti dal
citato comma 684.
688. Alle comunicazioni di inesigibilità relative alle quote di cui al
comma 684 del presente articolo si applicano gli articoli 19 e 20 del decreto
legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come da ultimo rispettivamente modificato e
sostituito dai commi 682 e 683 del presente articolo. Le quote inesigibili, di
valore inferiore o pari a 300 euro, con esclusione di quelle afferenti alle
risorse proprie tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a),
delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e
2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, non sono assoggettate
al controllo di cui al citato articolo 19.
689. All'articolo 1, comma 535, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, le
parole: «1º gennaio 2013» sono sostituite dalle seguenti: «1º gennaio 2015».
I commi 682-689 modificano la procedura di discarico delle quote iscritte a ruolo, che consente all’agente della riscossione di trasmettere all'ente creditore una comunicazione di inesigibilità per essere sollevato dall’obbligo di corrispondere le somme che non ha potuto riscuotere per specifiche ragioni individuate dalla legge. In sintesi:
§ si rendono più stringenti i poteri di controllo degli enti creditori sulle comunicazioni di inesigibilità presentate dai concessionari della riscossione, anche ai fini del riconoscimento dei rimborsi;
§ si definiscono le procedure per il pagamento agli agenti della riscossione dei rimborsi (maturati con il discarico) relativi alle procedure esecutive, dovuti dallo Stato (pari a 533 milioni di euro) e dai comuni, ponendo, anche per questi ultimi, gli oneri (per complessivi 150 milioni) in capo allo Stato;
§ si posticipa al 1° gennaio 2015 l’operatività del Comitato di indirizzo e verifica dell’attività di riscossione mediante ruolo.
Più in dettaglio, il comma 682 apporta anzitutto numerose modifiche all'articolo 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, che disciplina il discarico per inesigibilità.
Si rammenta che l’ordinamento, per ciò che concerne le somme non riscosse dagli agenti della riscossione, non contempla più il principio del “non riscosso per riscosso”, ai sensi del quale si addebitava automaticamente al concessionario l’intero ammontare delle somme iscritte a ruolo alla consegna del ruolo medesimo. Attualmente, infatti, l’agente della riscossione può esperire la cosiddetta procedura per il discarico (in modo tale da non dover corrispondere le somme non riscosse all’erario), ove il debitore sia irreperibile o le procedure siano infruttuose per incapienza del patrimonio del debitore. A tal fine, il concessionario deve trasmettere all'ente creditore, una cd. comunicazione di inesigibilità.
In primo luogo (lettera a) del comma 682, che modifica il primo comma del richiamato articolo 19), le norme in esame fissano un termine preciso per l’invio delle comunicazioni di inesigibilità, che deve avvenire entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, salve specifiche disposizioni di legge.
Si dispone che la comunicazione sia trasmessa anche se, alla scadenza di tale termine, le quote sono interessate da procedure esecutive o cautelari avviate, da contenzioso pendente, da accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali e previdenziali in corso, da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte, ovvero da dilazioni in corso (che sono concesse ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602). In tali ipotesi la comunicazione:
§ assume valore informativo;
§ deve essere integrata entro il 31 dicembre dell'anno di chiusura delle attività in corso, ove la quota non sia integralmente riscossa.
La lettera b), n. 1 del comma 682 abroga la lettera b) del comma 2 del richiamato articolo 19, così eliminando tra le cause di perdita del diritto al discarico la mancata comunicazione all'ente creditore dello stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli consegnati in uno stesso mese.
Con una modifica alla successiva lettera c) del comma 2 dell’articolo 19 (lettera b), n. 2 del comma 682) viene soppressa la possibilità di integrare la comunicazione dopo il terzo anno.
Il comma 682, lettera b), n. 3) pone in capo ai concessionari l’onere di dimostrare che eventuali vizi ed irregolarità non hanno pregiudicato l’azione di recupero delle somme oggetto della procedura.
La lettera
c) del comma 682 sostituisce
integralmente il terzo comma dell’articolo 19.
Nella previgente formulazione, detta norma prevedeva che decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità, totale o parziale, della quota, il concessionario fosse automaticamente discaricato.
Per effetto delle modifiche in esame si prevede invece una modalità più complessa per il discarico, conseguente alla nuova tempistica introdotta dalle norme in commento ed alla possibilità di un discarico pro quota. In particolare, per le quote contenute nelle comunicazioni di inesigibilità che non sono soggette a successiva integrazione, presentate in uno stesso anno solare, l'agente della riscossione è automaticamente discaricato decorso il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, fatte salve quelle per le quali l'ente creditore abbia, entro tale termine, avviato l'attività di controllo. Di conseguenza i crediti corrispondenti alle quote discaricate sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore.
La lettera d) del comma 682 modifica il comma 6 dell’articolo 19, al fine di fissare termini precisi per la richiesta o invio di documentazione necessaria ai fini del discarico: si fisse in particolare in 120 giorni il termine entro cui, fino al discarico, l'ufficio può richiedere al concessionario la trasmissione della documentazione relativa alle quote per le quali intende esercitare il controllo di merito (di cui all’articolo 20 del medesimo D.Lgs. n. 112 del 1999), ovvero procedere alla verifica della stessa documentazione presso il concessionario; inoltre, se entro tale termine (non più dunque trenta giorni) il concessionario non consegna, ovvero non mette a disposizione, tale documentazione perde il diritto al discarico della quota.
La lettera e) del comma 682 introduce un comma 6-bis all’articolo 19, che impone all'ente creditore di adottare, nelle more dell'eventuale discarico delle quote affidate, i provvedimenti necessari ai fini dell'esecuzione delle pronunce rese nelle controversie in cui è parte l'agente della riscossione.
Il comma 683 sostituisce integralmente l’articolo
20 del D.Lgs. n. 112 del 1999 concernente i poteri di controllo dell’ente creditore.
Nella formulazione previgente, l’ufficio competente dell’ente creditore, ove - a seguito dell'attività di controllo sulla comunicazione di inesigibilità - ritenesse che non fossero state rispettate le disposizioni che consentono il diritto automatico al discarico, doveva notificare apposito atto al concessionario, che nei successivi trenta giorni poteva produrre osservazioni. Decorso tale termine il discarico era ammesso o rifiutato con un provvedimento a carattere definitivo. Tali controlli dovevano effettuarsi a campione. Ove il concessionario non avesse rispettato i previgenti obblighi annuali di comunicazione dello stato delle procedure o non avesse presentato la comunicazione di inesigibilità tempestivamente, la procedura si sarebbe attivata immediatamente dopo il verificarsi della causa di perdita del diritto al discarico.
Si prevedeva inoltre che, in caso di diniego del discarico, il concessionario fosse tenuto a versare all'ente creditore, entro dieci giorni dalla notifica del relativo provvedimento, la somma, maggiorata degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo previsto per la notifica della cartella, pari ad un quarto dell'importo iscritto a ruolo, nonché la totalità degli oneri connessi allo svolgimento delle singole procedure e delle spese di notifica della cartella, se rimborsate dall'ente creditore.
Era fissato un termine di novanta giorni, decorrenti dalla notificazione del provvedimento di restituzione delle somme, per il versamento agevolato delle somme controverse: il concessionario poteva infatti definire la controversia con il pagamento di metà dell'importo dovuto ovvero ricorrere nello stesso termine alla Corte dei conti.
Per le entrate tributarie dello Stato l'ufficio, qualora fosse a conoscenza di nuovi elementi reddituali o patrimoniali riferibili allo stesso soggetto, era autorizzato a reiscrivere a ruolo le somme già discaricate, purché non fosse decorso il termine di prescrizione decennale; per le altre entrate, ciascun ente creditore, nel rispetto dei propri ambiti di competenza interna, determinava i criteri sulla base dei quali i propri uffici potevano provvedere alla reiscrizione delle quote discaricate
Il nuovo articolo 20 prevede l’instaurazione di un contraddittorio più articolato nell’espletamento del potere di controllo dell’ente creditore.
In primo luogo si chiarisce che l'ente creditore ha potere di impulso nei riguardi della procedura di controllo; tale potere di impulso si sostanzia nella notifica, all'agente della riscossione, della comunicazione di avvio del procedimento, nella quale può contestualmente chiedere la trasmissione di documentazione (ai sensi del richiamato e novellato articolo 19, comma 6).
Inoltre lo stesso ufficio, se ritiene non rispettate le richiamate disposizioni dell'articolo 19, entro centottanta giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, o, se richiesta, dalla trasmissione della documentazione, notifica, a pena di decadenza, apposito atto di contestazione all'agente della riscossione.
Si prevede un contraddittorio con l’agente della riscossione, che non oltre i successivi novanta giorni può produrre osservazioni.
L'atto di contestazione deve contenere, a pena di nullità, l'esposizione analitica delle omissioni e dei vizi o delle irregolarità riscontrati in rapporto alla descrizione delle corrette modalità di svolgimento dell'attività.
Decorso tale termine, l'ufficio, a pena di decadenza, entro sessanta giorni, ammette o rifiuta il discarico con provvedimento a carattere definitivo, ovvero, laddove le osservazioni prodotte facciano emergere la possibilità di riattivare proficuamente le attività esecutive, assegna all'agente della riscossione un termine non inferiore a dodici mesi per l'espletamento di nuove azioni, riservando la decisione allo scadere di tale termine (comma 1 del novellato articolo 20).
In luogo della previsione di controlli a campione, il nuovo comma 2 dell’articolo 20 prevede che il controllo sia effettuato tenuto conto del principio di economicità dell'azione amministrativa e della capacità operativa della struttura preposta al controllo; di norma, esso concerne una misura non superiore al 5 per cento delle quote comprese nelle comunicazioni di inesigibilità presentate in ciascun anno.
In caso di mancata presentazione della comunicazione di inesigibilità entro i termini di legge, la nuova procedura e il contraddittorio si attivano immediatamente dopo che si è verificata la causa di perdita del diritto al discarico (nuovo comma 3 dell’articolo 20).
Rimane ferma la possibilità di definire con modalità agevolate la controversia: in tal caso l’agente della riscossione verserà una somma inferiore a quella prevista in precedenza; si tratta di un ammontare, maggiorato degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo previsto per la notifica della cartella, pari a un ottavo (anziché un quarto) dell'importo iscritto a ruolo e alla totalità delle spese per procedure e notifica (se rimborsate dall'ente creditore). Rimane anche ferma la possibilità di ricorrere alla Corte dei conti (comma 4 del novellato articolo 20).
Rispetto alla formulazione previgente, in mancanza di definizione agevolata o di ricorso, si chiarisce che la somma dovuta dall'agente della riscossione è pari a un terzo dell'importo iscritto a ruolo con aggiunta degli interessi e delle spese di cui al periodo precedente.
Il nuovo comma 5 esclude dalla definizione agevolata i ruoli relativi - alle risorse proprie tradizionali UE (ovvero i dazi doganali e contributi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero, individuati all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014), se i ruoli sono resi esecutivi dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, ivi compresi gli atti di accertamento doganale (il cd. “accertamento doganale esecutivo” di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16) per la riscossione delle medesime risorse proprie.
Si rammenta in estrema sintesi che i commi da 3-bis a 3-sexies del citato articolo 9 del D.L. n. 16 del 2012 hanno previsto una concentrazione dell’accertamento e della riscossione in ambito doganale, in riferimento alle già elencate risorse proprie tradizionali UE (dazi e contributi zucchero) e della connessa IVA all'importazione. Tali accertamenti diventano esecutivi decorsi dieci giorni dalla notifica e, oltre a contenere l'intimazione ad adempiere entro il termine di dieci giorni dalla ricezione dell'atto, devono anche espressamente recare l'avvertimento che, decorso il termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell'esecuzione forzata.
L’accertamento dunque costituisce titolo esecutivo in base al quale l'agente della riscossione, anche senza preventiva notifica della cartella di pagamento, procede all'espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.
Il nuovo comma 6 dell’articolo 20 prevede che, se l’ente creditore nell'esercizio della propria attività istituzionale individua, successivamente al discarico, resistenza di significativi elementi reddituali o patrimoniali riferibili agli stessi debitori, può, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale, sulla base di valutazioni di economicità e delle esigenze operative, riaffidare in riscossione le somme (nella precedente formulazione l’ufficio poteva reiscriverle a ruolo), comunicando all'agente della riscossione i nuovi beni da sottoporre a esecuzione, ovvero le azioni cautelari o esecutive da intraprendere.
Resta fermo che le modalità di affidamento di tali somme sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Si precisa tuttavia che in tal caso l'azione dell'agente della riscossione è preceduta dalla notifica da apposito avviso di intimazione (ai sensi dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602).
I commi da 684 a 688 modificano la disciplina del rimborso, all’agente della riscossione degli oneri connessi allo svolgimento delle procedure esecutive, la cui richiesta è prodotta insieme alla comunicazione di inesigibilità.
La Relazione tecnica che accompagna l’A. C. 2679-bis-B (disegno di legge di Stabilità esaminato dalla Camera in terza lettura) rammenta in merito che l’articolo 17, comma 6 del D.Lgs. n. 112 del 1999 prevede il rimborso all'agente della riscossione degli specifici oneri connessi allo svolgimento delle singole procedure esecutive, quali definite dal DM 21 novembre 2000. Tale DM, all'articolo 8, stabilisce che la richiesta di rimborso viene prodotta unitamente alla comunicazione di inesigibilità e che l'ente creditore provvede all'erogazione delle somme entro il primo semestre dell'anno successivo a quello della stessa richiesta.
Il successivo comma 6-bis dell’articolo 18, introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, dispone però che il rimborso delle spese di cui al comma 6, lettera a), maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell'anno successivo, è erogato entro il 30 giugno dello stesso anno. In caso di mancata erogazione, l'agente della riscossione è autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare. In caso di diniego definitivo del discarico della quota per il cui recupero sono state svolte le procedure che determinano il rimborso, l'agente della riscossione deve restituire all'ente, entro il decimo giorno successivo alla richiesta, l'importo anticipato, maggiorato degli interessi legali. L'importo dei rimborsi spese riscossi dopo l'erogazione o la compensazione, maggiorato degli interessi legali, è riversato entro .il 30 novembre di ciascun anno. Tale disposizione opera a decorrere dai rimborsi spese maturati a partire dall'anno 2011.
Dall'anno 2012, pertanto, i rimborsi in questione sono stati richiesti agli enti entro il 30 marzo di ciascun anno, mentre restano dovute le somme per le annualità dal 2000 al 2010, le cui modalità di restituzione sono disciplinate dalle norme in commento.
In particolare, ai sensi del comma 684, le comunicazioni di inesigibilità relative a quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2014, anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia (ad es. gli enti locali, per cui è prevista la cessazione di tale avvalimento; per la proroga di tale termine si veda la scheda relativa al comma 642 del provvedimento in esame) sono presentate, per i ruoli consegnati nell'anno 2014, entro il 31 dicembre 2017 e, per quelli consegnati negli anni precedenti, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2017.
Si affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di regolare le modalità per l'erogazione dei rimborsi all'agente della riscossione, a fronte delle spese di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze 21 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 febbraio 2001, concernenti le procedure esecutive effettuate dall'anno 2000 all'anno 2010, da corrispondere in quote costanti e tenuto conto dei tempi di presentazione delle relative comunicazioni di inesigibilità.
Ai sensi del comma 685, si dispone una deroga a quanto disposto dal comma 684, che riguarda le procedure poste in essere per conto dei comuni: in tal caso la restituzione agli agenti della riscossione delle stesse spese, maturate negli anni 2000-2013 è effettuata a partire dal 30 giugno 2018, in venti rate annuali di pari importo, con onere a carico del bilancio dello Stato. A tale fine, fatte salve le anticipazioni eventualmente ottenute, l'agente della riscossione presenta, entro il 31 marzo 2015, un'apposita istanza al Ministero dell'economia e delle finanze. A seguito dell'eventuale diniego del discarico, il recupero delle spese relative alla quota oggetto di diniego è effettuato mediante riversamento delle stesse all'entrata del bilancio dello Stato.
Fino alla data di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità relative a quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2014 (disciplinate con modalità specifiche dal comma 684), l'agente della riscossione resta legittimato a effettuare la riscossione delle somme non pagate, anche per le quote relative ai soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia (comma 686).
Ai sensi del comma 687, si consente di integrare le comunicazioni di inesigibilità relative alle predette (di cui al comma 684), purché presentate anteriormente al 1° gennaio 2015, con i termini giù previsti dallo stesso comma 684. In tale caso, l’attività di controllo da parte dell’ente creditore può essere avviata solo decorsi i termini previsti dal citato comma 684.
Si precisa che la nuova disciplina delle comunicazioni di inesigibilità, come introdotta dalle norme in esame, trova applicazione (comma 688) per le quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2014.
Per le quote inesigibili di valore inferiore o pari a 300 euro (salvo quelle relative alle risorse proprie UE, ovvero dazi e “contributi zucchero”) si esclude il controllo di cui al citato articolo 19.
Si segnala che l’attività di controllo dell’ente creditore è disciplinata all’articolo 20 del D.Lgs. n. 112 del 1999, mentre è solo citata dal richiamato articolo 19 del medesimo decreto.
Da ultimo, il comma 689 posticipa dal 1° gennaio 2013 al 1° gennaio 2015 l’operatività del Comitato di indirizzo e verifica dell’attività di riscossione mediante ruolo, organo istituito dalla legge di stabilità 2013 con il compito di elaborare criteri per l’individuazione di categorie di crediti oggetto di recupero coattivo e linee guida generali per lo svolgimento mirato e selettivo dell’azione di riscossione, nonché criteri per consentire il controllo dell’attività svolta sulla base delle indicazioni così impartite.
Articolo 1,
commi 690 e 691
(Innalzamento franchigia IRPEF lavoratori
transfrontalieri)
690. A decorrere dal 1º gennaio 2015 il limite di reddito di cui
all'articolo 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è fissato in
7.500 euro.
691. Dopo il comma 3 dell'articolo 188-bis del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente:
«3-bis. Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, i
redditi di pensione e di lavoro prodotti in euro dai soggetti di cui al
presente articolo concorrono a formare il reddito complessivo per l'importo
eccedente 6.700 euro. La disposizione del primo periodo si applica a decorrere
dal 1º gennaio 2015».
Il comma 690 eleva, a decorrere dal 1° gennaio 2015, da 6.700 a 7.500 euro la franchigia IRPEF operante per i redditi da lavoro dipendente prestati all'estero in zona di frontiera o in altri paesi limitrofi al territorio nazionale da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano (cd. lavoratori frontalieri), disposta dall’articolo 1, comma 175 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).
Il comma 691 introduce il nuovo comma 3-bis all'articolo 188-bis del TUIR con il quale si prevede, a partire dal 1° gennaio 2015, una franchigia IRPEF per i redditi di pensione e di lavoro prodotti in euro dalle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d'Italia. In relazione a detti redditi, l'importo eccedente 6.700 euro concorrerà a formare il reddito complessivo dei predetti contribuenti.
Si ricorda che il comma 175 della legge n. 147 del 2013 ha introdotto a regime (a decorrere dal 1° gennaio 2014) la franchigia IRPEF di 6.700 euro per il reddito da lavoro dipendente prestato all'estero in zona di frontiera o in altri paesi limitrofi al territorio nazionale da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano (lavoratori frontalieri),.
Peraltro l’articolo 3, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001) aveva disposto la totale esclusione dei redditi in argomento dalla base imponibile fiscale, per gli anni 2001 e 2002. La franchigia di 8.000 euro è stata prevista dall’articolo 2, comma 11, della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003) per il 2003, e poi prorogata per il 2004 dall’articolo 2, comma 12, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), per il 2005 dall’articolo 1, comma 504, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005), per il 2006 dall’articolo 1, comma 122, della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) e per il 2007 dall’articolo 1, comma 398, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).
L’articolo 1, comma 204, della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244/2007) aveva introdotto una franchigia di esenzione di 8.000 euro per i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zone di frontiera. L’agevolazione, concessa per tre periodi d’imposta, 2008, 2009 e 2010, prevedeva specificamente che i redditi derivanti da lavoro dipendente prestato in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in zone di frontiera ed in altri Paesi limitrofi da soggetti residenti nel territorio dello Stato, concorressero a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente 8.000 euro.
Successivamente l’articolo 1, comma 7-bis, del D.L. n. 194 del 2009 (legge n. 25 del 2010), novellando il citato comma 204, ha esteso l’agevolazione al 2011.
Dal tenore letterale della predetta norma si evincono alcune condizioni per fruire dell’agevolazione:
§ essere persone fisiche residenti in Italia;
§ prestare lavoro dipendente in via continuativa, quindi non occasionalmente, e come oggetto esclusivo del rapporto;
§ prestare tale lavoro in zone di frontiera o in paesi limitrofi.
L’articolo 29, comma 16-sexies, del D.L. n. 216 del 2011 ha
esteso l’agevolazione anche al 2012,
abbassando la soglia della franchigia a 6.700 euro.
La disposizione era stata prorogata per il 2013 dall’articolo 1, comma 549, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), mediante novella dell’articolo 1, comma 204, della legge finanziaria per il 2008. Anche per tale annualità era prevista una franchigia di 6.700 euro.
La legge di stabilità 2014, a differenza delle disposizioni previgenti, ha introdotto a regime la predetta agevolazione IRPEF per i lavoratori frontalieri dal 1° gennaio 2014.
Per quanto riguarda l’ambito di applicazione della norma si ricorda che la circolare dell’Agenzia delle entrate 15 gennaio 2003, n. 2 (ribadendo, tra l’altro, quanto già contenuto nella circolare della medesima Agenzia del 3 gennaio 2001, n. 1, esplicativa della legge n. 388 del 2000), ha precisato che la disposizione in questione si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera (quali ad esempio, Francia, Austria, Repubblica di San Marino, Stato della Città del Vaticano) o in paesi limitrofi (quali ad esempio il Principato di Monaco) per svolgere la prestazione di lavoro.
Non rientrano, invece, nella previsione dell’articolo 1, comma 204, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia, che, in forza di uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi. A tali lavoratori si applica, invece, il regime di tassazione speciale previsto dal comma 8-bis dell'articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dall’articolo 36 della legge 21 novembre 2000, n. 342.
L’articolo 51, comma 8-bis del TUIR prevede che il reddito di lavoro dipendente, prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell'arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, sia determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398.
Con riferimento ai residenti nel comune di Campione d’Italia, si ricorda che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 631-633) ha previsto dal 2014 l’aumento dal 20 al 30 per cento della misura di riduzione del reddito imponibile ai fini IRPEF delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del Comune di Campione d'Italia, prevedendo altresì un meccanismo di adeguamento periodico di detta percentuale.
La modifica ha riguardato, come nel caso in esame, l’articolo 188-bis del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), relativo alla riduzione forfetaria della base imponibile ai fini IRPEF delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione d’Italia.
Articolo 1,
commi 692 e 693
(Differimento termine versamento IMU
agricola)
692. Il termine per il versamento dell'imposta municipale propria (IMU),
relativa al 2014, dovuta a seguito dell'approvazione del decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 4, comma 5-bis, del
decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge
26 aprile 2012, n. 44, e successive modificazioni, è prorogato al 26 gennaio
2015. Nei comuni nei quali i terreni agricoli non sono più oggetto
dell'esenzione, anche parziale, prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera h),
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, l'imposta è determinata per
l'anno 2014 tenendo conto dell'aliquota di base fissata dall'articolo 13, comma
6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a meno che in detti comuni non siano state
approvate per i terreni agricoli specifiche aliquote.
693. I comuni, in deroga all'articolo 175 del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, accertano convenzionalmente gli importi, a titolo di maggior
gettito IMU, risultanti dal decreto ministeriale di cui al citato articolo 4,
comma 5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, sul bilancio 2014, a fronte
della riduzione corrispondente dell'assegnazione dal Fondo di solidarietà
comunale. I comuni interessati dalla compensazione di cui all'ultimo periodo
del medesimo comma 5-bis, in deroga all'articolo 175 del citato testo unico,
accertano la relativa entrata quale integrazione del Fondo di solidarietà
comunale per il medesimo esercizio 2014.
I commi 692 e 693 dispongono la proroga al 26 gennaio 2015 del termine - in origine fissato al 16 dicembre 2014 dal D.M. 28 novembre 2014 - per il pagamento dell’IMU relativa all’anno 2014 sui terreni agricoli situati in zone montane e collinari.
L’imposta, dovuta sui terreni non più esenti a seguito della ridefinizione del perimetro delle esenzioni operata dal citato D.M., è calcolata ad aliquota base, salvo che non siano state approvate dagli enti per i terreni agricoli specifiche aliquote (comma 692).
Il comma 693 reca le disposizioni contabili per le variazioni di bilancio inerenti gli accertamenti di entrate a titolo di gettito IMU nell’esercizio 2014, conseguenti alla proroga del pagamento dell’IMU di cui al comma precedente, e le relative modalità di compensazione a valere sulle assegnazioni del Fondo di solidarietà comunale per il medesimo esercizio 2014.
Le norme in commento, che hanno contenuto identico alle disposizioni contenute all’articolo 1 del decreto legge 16 dicembre 2014, n.185 entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della presente legge, secondo quanto dispone il successivo comma 701.
Su tale circostanza si rinvia a quanto rilevato nella scheda relativa al
comma 701.
Si segnala che in riferimento al contenuto dei commi in esame ed ai criteri di esenzione dal versamento dell’IMU dei terreni montani e collinari è successivamente intervenuto il D.L. n. 4/2015, il quale, tra l’altro, prevede che i contribuenti siano tenuti al versamento dell’imposta dovuta per l’anno 2014, nell'ammontare definito secondo i nuovi criteri applicativi indicati dal medesimo decreto, entro il termine del 10 febbraio 2015.
Il comma 692 proroga al 26 gennaio 2015 il termine – originariamente fissato al 16 dicembre 2014 dal D.M. 28 novembre 2014 - per il versamento dell’IMU relativa all’anno 2014 sui terreni agricoli situati in zone montane e collinari dovuta a seguito di quanto previsto dal citato decreto interministeriale, che, in attuazione dell’articolo 22, comma 2 del D.L. n. 66/2014, ha ridefinito, restringendolo, il perimetro delle esenzioni previsto per i predetti terreni dall’articolo 7, comma 1, lettera h) del D.Lgs. n. 504/1992.
Nei comuni i cui terreni agricoli non sono più oggetto dell’esenzione, anche parziale, l’imposta dovuta è determinata per l'anno 2014 ad aliquota di base (0,76 per cento, come definita dall’articolo 13, comma 6 del D.L. n. 201/2011), a meno che nei predetti enti non siano state approvate per i terreni agricoli specifiche aliquote.
Si ricorda che il D.L.
n. 66/2014, articolo 22, comma 2 e 2-bis,
ha demandato ad un decreto del Ministro
dell’economia e finanze - da adottarsi entro il 24 settembre 2014 (90 giorni
dall'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 66) -
l'individuazione dei comuni nei quali - a decorrere dal periodo di imposta 2014
- si applica l'esenzione sulla base dell'altitudine (riportata nell’apposito
elenco ISTAT), diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e
imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola[203]. Il comma
altresì prevede l’esenzione dall'IMU per i terreni a immutabile destinazione
agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che,
in base al sopra citato decreto del Ministro dell'economia, non ricadono in
zone montane o di collina.
Il medesimo comma 2 ha disposto che dal complesso
delle disposizioni in esso recate e sopra descritte debba derivare un maggior
gettito complessivo annuo non inferiore a 350
milioni di euro a decorrere dal 2014[204].
L’ultimo periodo del comma, infine, ha demandato ad un
decreto del Ministero dell'interno, da adottarsi di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, di stabilire entro 90 giorni le modalità per la
compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali ricadono i
terreni a proprietà collettiva esentati.
Il D.M. 28 novembre 2014 adottato pubblicato
in G.U. del 6 dicembre 2014 ha dato attuazione a quanto previsto dall'art. 22
del D.L. n. 66/2014, stabilendo che sono esenti:
§ i terreni agricoli dei comuni ubicati a un'altitudine di 601
metri e oltre, individuati sulla base dell' "Elenco comuni
italiani", pubblicato sul sito internet dell'Istituto nazionale di
statistica (ISTAT), tenendo conto dell'altezza riportata nella colonna
"Altitudine del centro (metri)";
§ i terreni agricoli - in possesso dei coltivatori diretti e
imprenditori agricoli professionali,
iscritti nella previdenza agricola, dei
comuni ubicati a un'altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base del medesimo
elenco.
In particolare, il D.M. ha riscritto l’elenco
contenuto nella circolare
ministeriale n. 9 del 14 giugno 1993, cui in precedenza si faceva
riferimento per l’applicazione dell’esenzione prevista ai sensi dell’art. 7,
comma 1, lettera h), D.Lgs. n. 504/1992.
Il D.M. ha previsto, come l’articolo 22, l'esenzione dell'IMU per i terreni ad immutabile destinazione
agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile
che non ricadono nelle esenzioni delle zone montane e di collina.
L'allegato A del
D.M. riporta sia gli importi da recuperare verso i comuni[205], sia gli importi
da rimborsare ai comuni che subiscono una perdita di gettito per effetto delle
modifiche del perimetro applicativo dell'esenzione.
Si noti che l’allegato ha stimato in 359,5 milioni di euro il maggior gettito derivante dall'applicazione dei nuovi criteri di esenzione.
Il D.M. prevede al riguardo che il maggior gettito
rispetto all'importo di 350 milioni (dunque, 9,5 milioni), sia utilizzato per
la compensazione del minor gettito a favore dei comuni nei quali ricadono i
terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva
indivisibile e inusucapibile, cui è riconosciuta l'esenzione IMU ,e che
l'eventuale eccedenza potrà essere utilizzata per i reintegri correlati a
rettifiche puntuali delle stime indicate nel citato allegato A.
È infine previsto che i soggetti obbligati al
versamento dell'IMU per l'anno 2014 sulla base del D.M. dovessero effettuarlo
in un'unica rata entro il 16 dicembre 2014.
Il 18 dicembre 2014 la Commissione Finanze della Camera
ha approvato le risoluzioni 8-00094
Fragomeli, 8-00095 Sandra Savino e 8-00096 Pagano, volte ad impegnare il
Governo a posticipare i termini di
pagamento dell'IMU relativa ai terreni agricoli montani interessati; a
consentire ai comuni l'accertamento
convenzionale degli importi risultanti dal D.M. 28 novembre 2014 sul
bilancio 2014 a titolo di maggior gettito IMU; a prevedere una revisione dei criteri di applicazione
dell'esenzione dall'IMU per le aree agricole montane e collinari
interessate, rendendoli più equi ed equilibrati, attraverso l'eliminazione
della scelta dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di
distinzione; a mitigare gli effetti
della revisione dell'imponibilità IMU dei terreni agricoli, al fine di
salvaguardare le zone svantaggiate e quelle a rischio idrogeologico.
In data 4 dicembre, il Sottosegretario Pier Paolo Baretta aveva già fatto pervenire in VI
Commissione Finanze della Camera, in merito alle interrogazioni a risposta
immediata Causi 5-04202, Busin 5-04204 e Pagano 5-04207, una lettera a sua
firma, nella quale informava dell'intenzione
del Governo di provvedere ad una modifica delle modalità relative
all'applicazione del D.L. n. 66 del 2014, sull'IMU agricola, con l'obiettivo di
rinviarne il pagamento stabilito per il 16 dicembre 2014 e di rivederne i criteri applicativi[206].
Il 16 dicembre 2014 è stato pubblicato in gazzetta
Ufficiale il Decreto legge n. 185/2014,
che, all'articolo 1, ha disposto la proroga
al 26 gennaio 2015 del termine – già fissato al 16 dicembre 2014 - per il versamento dell'IMU relativa all'anno
2014 sui terreni agricoli situati in zone montane e collinari, dovuta a seguito
di quanto previsto dal citato decreto interministeriale[207].
Si segnala che, da ultimo, è intervenuto il D.L. n. 4/2015 il quale, in
particolare, all’articolo 1 comma 1 e 2, senza procedere ad una abrogazione o modifica dei commi in esame, dispone
che l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) si applica:
a)
ai terreni agricoli nonché a quelli
incolti ubicati nei Comuni classificati totalmente
montani di cui all’elenco dei
Comuni italiani ISTAT;
b)
ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti
e condotti – anche in comodato ed in
affitto (comma 2) - dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli
professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei Comuni
classificati parzialmente montani ai
sensi del citato elenco ISTAT (comma
1).
Torna dunque quale riferimento per l’esenzione l’elenco delle altimetrie predisposto dall’Istat e, relativamente ai terreni agricoli parzialmente montani, è richiesta la conduzione, anche in comodato ed in affitto.
L’elenco completo dei comuni montani e parzialmente
montani predisposto dall’Istat è consultabile
qui.
Rispetto al
precedente sistema, più restrittivo (per il quale erano esenti solo 1.498
Comuni), i comuni a esenzione totale sono dunque ora 3.456, mentre l’esenzione
è parziale per 655 Comuni.
I predetti criteri si applicano a decorrere dall’anno
2015, nonché (comma 3) anche all’anno
2014, ma, in tal caso, l’IMU non è
comunque dovuta se i terreni, che risultano imponibili ai sensi del nuovo
sistema, sono invece esenti in virtù del pregresso sistema di cui al D.M. 28
novembre 2014 (comma 4).
Inoltre, rimangono
esenti per il solo anno 2014 i terreni
a immutabile destinazione agro silvo
pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non
ricadono in zone montane o di collina, come definite dal D.M. 28 novembre 2014.
Per i comuni sul cui territorio ricadono i citati
terreni, un successivo D.M. dovrà essere emanato per stabilire le modalità per
la compensazione del minor gettito in loro favore. Non viene stabilito il termine di emanazione del decreto ministeriale.
Ai fini del mantenimento dell’esenzione dei terreni ad
immutabile destinazione agro silvo pastorale, il D.L utilizza a copertura le
risorse disponibili ai sensi della compensazione determinata dal precedente
sistema, di cui all’ultimo periodo del comma 5-bis dell’articolo 4 del D.L. n. 16 del 2012 (come sostituito
dall’articolo 22, comma 2, D.L. n. 66/2014) che, contestualmente, viene
abrogato (comma 6).
Dall'anno 2015, le variazioni
compensative di risorse conseguenti dall'attuazione del nuovo sistema di
esenzione, sono operate, secondo le misure riportate nell'allegato A del D.L.,
per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e
Sardegna, nell'ambito del Fondo di solidarietà comunale e per i comuni delle
Regioni a statuto speciale secondo le norme dei rispettivi statuti (comma 7)[208]. L’allegato A
determina un maggior gettito di 268,65
milioni di euro.
Tale importo è dunque inferiore di 90,85 milioni di euro rispetto al maggior gettito
stimato con il precedente sistema (359,5 milioni, dei quali 9,5 milioni da
utilizzarsi a compensazione dell’esenzione dei terreni a immutabile
destinazione agro silvo pastorale).
Per l'anno
2014, le variazioni compensative di risorse nei confronti
dei comuni conseguenti dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione sopra
descritto, sono confermate nella misura di cui all'allegato B del decreto legge.
L’allegato B determina un maggior gettito di circa 230,69 milioni di euro (comma 8).
I rimborsi ai comuni sono indicati nell'allegato C del
D.L. e tali comuni sono autorizzati, sulla base del medesimo allegato, a
rettificare gli accertamenti, a titolo di fondo di solidarietà comunale e di
gettito IMU, del bilancio 2014 (comma 9).
I rimborsi ai Comuni ammontano a 128,85 milioni di euro.
A parziale copertura dell’onere derivante dalle misure
in esame, le quali comportano un minor gettito rispetto a quello previsto dal
D.L. n. 66/2014 e relative disposizioni attuative, nonché l’obbligo di un
rimborso del taglio al Fondo di solidarietà comunale relativo al 2014 da
effettuarsi nel 2015, il D.L. in esame dispone, tra l’altro, l’abrogazione
della deduzione IRAP per lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato
nel settore agricolo, previste dai commi 13 e 14 dell’articolo 5 del D.L. n.
91/2014 e dal comma 20 della legge di stabilità in esame. Sul punto, si rinvia
alla relativa scheda di lettura.
In conseguenza della proroga al 26 gennaio 2015 del termine per il versamento dell’IMU relativa all’anno 2014 sui terreni agricoli situati in zone montane e collinari, il comma 693 consente ai comuni, in deroga alla vigente normativa contabile, l’accertamento convenzionale sul bilancio 2014 degli importi a titolo di maggior gettito IMU, derivanti della revisione dai terreni agricoli montani di cui al citato D.M. 28 novembre 2014, a fronte della corrispondente riduzione dei trasferimenti ad essi spettanti in tale anno a titolo di Fondo di solidarietà comunale.
Analogamente, posta l’esenzione dall’IMU dei terreni a proprietà collettiva indivisibile a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale (pure prevista dal citato D.M. 28 novembre 2014), si consente ai comuni interessati alla compensazione del relativo minor gettito di accertare in bilancio la relativa entrata quale integrazione del Fondo di solidarietà comunale per il medesimo esercizio 2014 (comma 693).
Tali disposizioni – precisa la norma - si applicano in deroga all’articolo 175 del Testo unico degli enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 - che disciplina i casi e le modalità secondo cui possono essere apportate variazioni al bilancio di previsione in corso di esercizio - il quale prevede che le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno[209].
Per quel che concerne le compensazioni a valere sulle assegnazioni del Fondo di solidarietà comunale, si ricorda che la definizione e la ripartizione tra i comuni delle risorse ad essi spettanti per l'anno 2014 è già stata effettata con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 dicembre 2014.
Articolo 1,
comma 694
(Rifinanziamento Fondo emergenze
nazionali)
694. Il Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma
5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è rifinanziato di 56 milioni
di euro per l'anno 2014, di 25 milioni di euro per l'anno 2015, di cui 10
milioni di euro per favorire l'opera di ricostruzione e per la ripresa
economica dei territori della regione Sardegna colpiti dagli eventi alluvionali
del mese di novembre 2013, e di 9 milioni di euro per l'anno 2016.
Il comma 694 prevede un rifinanziamento di 56 milioni di euro per l'anno 2014, di 25 milioni di euro per l’anno 2015 e di 9 milioni di euro per l’anno 2016 a favore del Fondo per le emergenze nazionali (istituito dall'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n. 225).
Il comma 694 stabilisce inoltre che 10 milioni di euro del previsto stanziamento di 25 milioni di euro per l’anno 2015 siano espressamente destinati agli interventi per la ricostruzione e per la ripresa economica dei territori della regione Sardegna colpiti dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2013.
Si segnala che anche il comma 52 dell’articolo unico della presente legge (alla cui scheda di commento si rinvia) reca un ulteriore finanziamento a favore del suddetto Fondo.
Per quanto riguarda regione gli eventi alluvionali che hanno colpito la regione Sardegna nel mese di novembre 2013, lo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 19 novembre 2013, per centottanta giorni, è stato successivamente prorogato, con la delibera del 16 maggio 2014, fino al 14 novembre 2014. Da ultimo, con l'ordinanza di protezione civile 2 dicembre 2014 (pubblicata nella G.U. n. 286 del 10 dicembre 2014) sono state dettate le necessarie disposizioni per regolare il subentro della regione Sardegna nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità[210].
Si segnala che la norma in esame, che risulta identica
a quanto previsto dall’art. 2 del D.L. 16 dicembre 2014 n. 185, nella parte in
cui dispone il rifinanziamento di 56 milioni di euro per il 2014 a favore del
suddetto Fondo, entra in vigore il
giorno successivo alla pubblicazione della presente legge, secondo quanto
dispone il successivo comma 701.
Su tale
circostanza si rinvia a quanto rilevato nella scheda relativa al comma 701.
Articolo 1,
commi 695 e 696
(Autorizzazione di spesa per supplenze
brevi
del personale docente e ATA)
695. Per garantire il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del
personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario è autorizzata la spesa
nel limite di 64,1 milioni di euro, per l'anno 2014. Nelle more dell'adozione
del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di assegnazione dei
fondi, lo stesso Ministero è autorizzato, sulla base delle vigenti procedure,
ad ammettere al pagamento entro i predetti limiti le spese per supplenze brevi
e saltuarie anche in deroga all'effettiva disponibilità delle suddette somme
sui pertinenti capitoli e piani gestionali.
696. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
provvede al monitoraggio trimestrale delle spese per supplenze brevi e
saltuarie del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario,
comunicando le relative risultanze al Ministero dell'economia e delle finanze
-- Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato entro il mese successivo
alla chiusura di ciascun trimestre. Nel caso in cui si verifichino scostamenti
rispetto al fabbisogno previsto, il Ministro dell'economia e delle finanze su
proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è
autorizzato ad apportare le necessarie variazioni compensative tra le risorse
iscritte in bilancio per le spese di funzionamento delle istituzioni
scolastiche e quelle relative al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie.
Il comma 695 autorizza la spesa fino a un massimo di 64,1 milioni di euro per il 2014, per consentire il pagamento delle supplenze brevi e saltuarie del personale scolastico[211].
A tal fine, il
Ministero dell’economia e delle finanze è stato autorizzato, nelle more
dell’emanazione del decreto ministeriale di assegnazione dei fondi e, dunque, a
prescindere dall’effettivo stanziamento delle relative risorse sui pertinenti
capitoli di bilancio, al pagamento dei relativi importi.
La relazione
tecnica all’A.C.2679-bis-B
specifica che l’importo si riferisce a supplenze brevi e saltuarie già prestate
nei mesi di settembre e ottobre (per
17 mln di euro) e nel periodo di metà
novembre 2014 (per 47,1 mln di euro).
In proposito, con Avviso del 15
dicembre 2014, il MIUR ha reso noto l’assegnazione alle singole
istituzioni scolastiche delle risorse per i pagamenti degli stipendi delle
supplenze brevi e saltuarie del personale della scuola, per le prestazioni rese
e non ancora retribuite, a partire dal mese di settembre 2014.
Con comunicato
stampa del 14 gennaio 2015, inoltre, il MIUR ha reso noto che “Con lo stipendio
di gennaio le scuole potranno pagare ai supplenti anche le rimanenze relative
al 2014”[212].
Il comma 696 affida al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca il monitoraggio trimestrale delle spese per supplenze brevi e saltuarie del personale della scuola, le cui risultanze sono trasmesse, entro il mese successivo alla chiusura di ciascun trimestre, al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze.
Introduce, altresì, una clausola di salvaguardia secondo cui, qualora si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, le occorrenti variazioni compensative tra le risorse destinate alle spese di funzionamento delle istituzioni scolastiche e quelle relative al pagamento delle supplenze brevi e saltuarie[213].
Al riguardo, si rammenta che un monitoraggio, da parte del MIUR, dei contratti per le supplenze brevi stipulati dai dirigenti scolastici
e il controllo nei confronti delle istituzioni che li sottoscrivono in misura
anormalmente alta in relazione al proprio numero di posti di organico, era
stato previsto, da ultimo, dall’art. 7, co. 38, del D.L. n. 95/2012 (L. n. 135/2012).
Le norme in commento, che hanno contenuto identico a disposizioni già vigenti, costituite dall’articolo 3 del decreto legge 16 dicembre 2014, n.185 entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della presente legge, secondo quanto dispone il successivo comma 701.
Su tale
circostanza si rinvia a quanto rilevato nella scheda relativa al comma 701.
Articolo 1,
commi 697 e 698
(Sterilizzazione clausola di salvaguardia per
minori entrate IVA
da pagamento debiti PA, di cui al D.L. n. 66/2014)
697. Una quota pari ad euro 495.706.643 degli accantonamenti disposti,
per l'anno 2014, ai sensi dell'articolo 12, comma 4, del decreto-legge 8 aprile
2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, negli
importi indicati nell'allegato n. 10 alla presente legge, è portata in
riduzione dei relativi stanziamenti iscritti in bilancio, per il medesimo anno.
698. Il miglioramento dei saldi di finanza pubblica di cui al comma 697
è destinato alla compensazione del minor gettito IVA, rispetto a quanto
previsto per l'anno 2014 in relazione ai pagamenti dei debiti pregressi
previsti dal titolo III, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89.
I commi 697 e 698 recano la sterilizzazione della clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 50, comma 11, del D.L. n. 66 del 2014, finalizzata alla compensazione degli effetti finanziari derivanti dall’eventuale mancata realizzazione dell’obiettivo di maggior gettito IVA per l’anno 2014 (stimato in 650 milioni), in relazione al pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni, a seguito delle misure introdotte dal D.L. n. 66 medesimo.
Tale clausola di salvaguardia, si ricorda, consisteva nell’aumento delle accise di cui alla direttiva 2008/118/CE, in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.
In merito, la Relazione tecnica al disegno di legge di conversione del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 (A.S. 1465, pag. 84), specificava che, rispetto al complesso delle risorse messe a disposizione delle amministrazioni interessate dalle disposizioni introdotte dal decreto-legge per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, sotto forma di anticipazioni di liquidità (circa 8,7 miliardi), si ipotizzavano possibili pagamenti di debiti per circa 5 miliardi, i quali avrebbero generato entrate da IVA per 650 milioni (applicando una aliquota media IVA del 15%).
A garanzia del conseguimento del maggior gettito IVA, il comma 11 dell’articolo 50 ha introdotto una specifica clausola di salvaguardia, prevedendo che, qualora dal monitoraggio effettuato dal Ministero dell'economia e delle finanze sulle maggiori entrate relative all’IVA derivanti dalle misure concernenti il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni di cui al titolo III del provvedimento, emerga un andamento che non consenta il raggiungimento dell’obiettivo di maggior gettito IVA pari a 650 milioni per il 2014, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, da emanare entro il 30 settembre 2014, deve stabilire l'aumento delle accise di cui alla direttiva 2008/118/CE, in misura tale da assicurare il conseguimento del predetto obiettivo.
La richiamata Direttiva
2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, attuata in Italia con il D.Lgs. n. 48 del 2010, stabilisce il
regime relativo alle accise gravanti sul consumo dei seguenti prodotti: prodotti
energetici ed elettricità; alcole e bevande alcoliche; tabacchi lavorati.
Come illustrato nella Relazione tecnica, le risultanze del monitoraggio effettuato ai sensi dell’articolo 50, comma 11, del D.L. n. 60/2014 - tenuto conto delle erogazioni effettuate agli enti territoriali a tutto il mese di novembre - hanno evidenziato che le maggiori entrate IVA riconducibili ai pagamenti dei debiti pregressi a seguito delle misure introdotte dal D.L. n. 66 medesimo, si possono stimare in circa 240 milioni di euro nel 2014 (a fronte dei 650 milioni di euro stimati).
A compensazione del minor gettito IVA conseguito, rispetto a quanto previsto per l’anno 2014 dal D.L. n. 66/2014, i commi in esame dispongono - in sostituzione dell’attivazione della clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 50, comma 11, del decreto legge n. 66 del 2014 (aumento delle accise) - che una quota parte degli accantonamenti di bilancio effettuati ai sensi dell'articolo 12 comma 4, del decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35, a garanzia del conseguimento dell’importo ascritto alle maggiori entrate IVA derivanti dai pagamenti dei debiti pregressi ai sensi del D.L. n. 35 medesimo, siano portati in riduzione degli stanziamenti dei Ministeri iscritti in bilancio per l’anno 2014 per un importo pari a 495,7 milioni, come indicato, per singolo Ministero, nell’Allegato n. 10 alla legge in esame (comma 697).
Si ricorda che l’articolo 12 del D.L. n. 35/2013 ha previsto, allo scopo di reperire le risorse per la liquidità necessaria al pagamento dei debiti pregressi delle P.A., emissioni dei titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. Alla copertura degli oneri derivanti dalle emissioni dei titoli sopradetti, costituiti dai maggiori interessi del debito pubblico - quantificati dal comma 3 dell’articolo 12 in 559,5 milioni di euro per l'anno 2014 e 570,45 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015 – si è provveduto, quanto ai 559,5 milioni per il 2014, mediante l’utilizzo delle maggiori entrate IVA che si stimava sarebbero derivate dal pagamento dei debiti grazie alle misure introdotte dal D.L. n. 35. A garanzia del reperimento delle suddette risorse, il comma 4 ha affidato al Ministero dell'economia il monitoraggio sulle maggiori entrate IVA disponendo nel frattempo, la costituzione di accantonamenti indisponibili sugli stanziamenti a legislazione vigente delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, nell'importo complessivo di 559,5 milioni di euro per l'anno 2014. In base agli esiti del monitoraggio, si sarebbe poi provveduto al disaccantonamento ovvero alla riduzione delle risorse necessarie per assicurare la copertura.
Tale sostituzione si rende possibile – secondo la Relazione tecnica - tenuto conto che i risultati del monitoraggio sui pagamenti dei debiti commerciali effettuati a valere sulle risorse del D.L. n. 35 del 2013 (pubblicati sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze), sono in linea con quanto a suo tempo previsto nel citato D.L. n. 35 per l'anno 2014, e che essi hanno generato, di conseguenza, maggiori entrate IVA di importo corrispondente a quanto a suo tempo stimato a copertura del citato decreto. Pertanto gli accantonamenti di bilancio, disposti a salvaguardia finanziaria dell’effettività delle maggiori entrate IVA, sarebbero dovuti tornare nella disponibilità delle amministrazioni.
Il miglioramento dei saldi derivante dalla riduzione degli stanziamenti di bilancio accantonati, viene dunque destinato, dal comma 698, alla compensazione del minor gettito IVA previsto per il 2014 dal D.L. n. 66 del 2014 (240 milioni di entrate a fronte di una stima di 650 milioni), con conseguente esclusione del ricorso all’aumento delle accise sui prodotti energetici ed elettricità, su alcole e bevande alcoliche, e sui tabacchi lavorati, previsto, quale clausola di salvaguardia, dall’articolo 50, comma 11, del D.L. n. 66 del 2014.
Le norme in commento, che hanno contenuto identico a disposizioni già vigenti, costituite dall’articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legge 16 dicembre 2014, n. 185, entrano in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della presente legge, secondo quanto dispone il successivo comma 701.
Su tale aspetto si rinvia a quanto segnalato nella scheda relativa al comma 701.
Articolo 1,
comma 699
(Copertura oneri commi 694 e 695)
699. Agli oneri derivanti dai commi 694 e 695 pari, nell'anno 2014, a
120,1 milioni di euro, si provvede:
a) quanto a 35,1 milioni di euro mediante corrispondente utilizzo delle
risorse di cui all'articolo 1, comma 464, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,
relative al Fondo da ripartire per fronteggiare le spese derivanti dalle
assunzioni in deroga, per l'anno 2014, di personale a tempo indeterminato per i
Corpi di polizia;
b) quanto a 20 milioni di euro mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 90, della legge 24
dicembre 2012, n. 228;
c) quanto a 15 milioni di euro mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 30, comma 2.3, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165;
d) quanto a 25 milioni di euro mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 527, della legge 27
dicembre 2006, n. 296;
e) quanto a 25 milioni di euro mediante corrispondente utilizzo di quota
parte delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi
dell'articolo 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla
data di entrata in vigore della presente legge, non sono state riassegnate ai
pertinenti programmi e che sono acquisite, nel predetto limite di 25 milioni di
euro, definitivamente al bilancio dello Stato.
Il comma 699 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 694 e 695 – concernenti rispettivamente il rifinanziamento del Fondo per le emergenze nazionali ed il pagamento delle supplenze brevi del personale scolastico - pari a 120,1 milioni di euro per l’anno 2014.
Ad essi si provvede:
a) per 35,1 milioni utilizzando una parte delle risorse stanziate sul Fondo per le assunzioni in deroga di personale a tempo indeterminato per i Corpi di polizia;
b) per 20 milioni riducendo l’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 90, della legge n. 228 del 2012 con la finalità di procedere a nuove assunzioni nel comparto Sicurezza, vigili del fuoco e soccorso pubblico;
La relazione tecnica precisa che per entrambe le
autorizzazioni le decorrenze delle assunzioni sono avvenute nel corso del 2014
con scadenze temporali ritardate rispetto a quanto previsto per l’anno,
derivandone un minor utilizzo delle risorse stanziate in bilancio pari alla
quota indicata per la copertura.
c) per 15 milioni riducendo l’autorizzazione di spesa per il Fondo per la mobilità del personale delle amministrazioni pubbliche,
In ordine a tale riduzione la relazione tecnica segnala
coma sia ormai certa l’impossibilità di utilizzare le risorse del Fondo in
questione, tenuto anche conto della ancora non intervenuta emanazione di un
DPCM sui criteri per l’utilizzazione e le risorse del Fondo.
d) per 25 milioni riducendo l’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 1, comma 527 della legge n. 296 del 2006 concernente la possibilità di stabilizzare i rapporti di lavoro del personale delle amministrazioni pubbliche;
Riduzione possibile, segnala la relazione suddetta, al
minor utilizzo delle risorse complessivamente stanziate in bilancio pari alla
quota indicata.
e) per 25 milioni utilizzando una parte delle somme versate all’entrata del bilancio dello Stato provenienti dalle sanzioni comminate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e non ancora riassegnate ai pertinenti programmi alla data di entrata in vigore della presente legge e che vengono pertanto acquisite definitivamente al bilancio dello Stato.
Il comma 699 in
commento, che ha contenuto identico all’articolo 5 del decreto legge 16 dicembre 2014, n. 185, entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione
della presente legge, secondo quanto dispone il successivo comma 701.
Su tale aspetto si rinvia a quanto segnalato nella scheda relativa al comma 701.
Articolo 1,
commi 700 e 701
(Contabilità speciale per il riacquisto
dei titoli delle regioni.
Entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi da 692 a 700)
700. All'articolo 45, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, è aggiunto,
in fine, il seguente periodo: «Per le finalità del presente comma è autorizzata
l'istituzione di apposita contabilità speciale».
701. I commi da 692 a 700 entrano in vigore il giorno successivo alla
pubblicazione della presente legge.
Il comma 700 reca una disposizione che interviene sull’articolo 45, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, nel quale si autorizza il Ministero dell’economia ad effettuare emissioni di titoli di Stato ai fini del riacquisto da parte delle regioni dei titoli obbligazionari da esse emessi e aventi specifiche caratteristiche, vale a dire una vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli obbligazionari regionali in circolazione pari o superiore a 250 milioni di euro. Per i titoli in valuta rileva il cambio fissato negli swap[214] di copertura insistenti sulle singole emissioni.
La disposizione in esame aggiunge un periodo a tale comma 2, autorizzando per le operazioni suddette l’apertura di una contabilità speciale presso il Ministero dell’economia e delle finanze.
L’operazione prevista dal comma 2 dell’articolo 45 fa riferimento, secondo quanto riferito dalla relazione tecnica al decreto-legge n. 66, ad un valore di titoli pari a circa 8,7 miliardi di euro in termini nominali, suddiviso tra 9 regioni. Si tratta di titoli, precisa la relazione, con un profilo di rimborso c.d. bullet, ossia in una unica soluzione a scadenza, che rappresentano spesso il sottostante di derivati che ne hanno trasformato sia il profilo di ammortamento, sia il tasso da fisso a variabile o viceversa. Il comma 2 suddetto consente alle regioni interessate di finanziare il riacquisto dei titoli in questione utilizzando il ricavato di un mutuo concesso dal Ministero dell’economia (ai sensi del comma 12 dell’articolo 45), con contestuale cancellazione dei derivati insistenti sui titoli medesimi. In tal modo, pertanto, il debito delle regioni verso il mercato è sostituito con un debito delle stesse verso il Tesoro. I pagamenti non più dovuti a seguito del riacquisto dei titoli obbligazionari vengono sostituiti dal rimborso del capitale e dal pagamento degli interessi relativi ai nuovi mutui erogati dal Ministero dell’economia alle regioni, mutui che possono essere rimborsati in trenta rate annuali.
Si tratta, pertanto, di una operazione di buy-back di titoli di debito delle Regioni, avente lo scopo di generare risparmi sulla spesa per interessi della pubblica amministrazione e una semplificazione delle posizioni debitorie delle Regioni. Risparmi che derivano dalla circostanza, secondo quanto espresso dal Governo in un apposito comunicato[215] sull’intervento effettuato mediante l’articolo 45 che l’operazione sostituisce titoli regionali emessi anni fa a tassi ben più alti degli attuali con mutui a tassi correnti, a sua volta finanziati agli attuali tassi di mercato da parte del Tesoro.
.
Si rammenta che
in base alla normativa vigente, gli enti territoriali non possono più emettere strumenti finanziari derivati, secondo
quanto espressamente previsto dall’articolo 62 del decreto-legge n. 112 del 2008 come da ultimo modificato
dalla legge di stabilità per il 2014[216]. Tale
disposizioni prevede infatti espressamente che alle regioni, alle province
autonome di Trento e di Bolzano e agli enti locali è fatto divieto di emettere
titoli obbligazionari o altre passività che prevedano il rimborso del capitale
in un'unica soluzione alla scadenza, nonché titoli obbligazionari o altre
passività in valuta estera.
Attualmente, in
base all’articolo 62 sopra citato gli enti territoriali possono solamente:
§ estinguere anticipatamente i contratti derivati da
essi detenuti;
§ riassegnare i medesimi contratti a controparti diverse
dalle originarie (cosiddette “novazioni soggettive”) senza che vengano
modificati i termini e le condizioni finanziarie dei contratti riassegnati;
§ ristrutturare i contratti derivati a seguito di
modifica della passività sottostante, esclusivamente nella forma di operazioni
prive di componenti opzionali e volte alla trasformazione da tasso fisso a
variabile o viceversa e con la finalità di mantenere la corrispondenza tra la
passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura;
§ perfezionare contratti di finanziamento che includono
l’acquisto di cap da parte dell’ente,
cioè di un’opzione che protegga l’ente dal rialzo dei tassi su mutui stipulati
a tasso variabile.
Per un approfondimento sulla disciplina e sull’utilizzo da parte delle regioni degli strumenti di finanza derivata si rinvia alle considerazioni contenute nelle due ultime Relazioni della Corte dei conti sulla gestione finanziaria delle Regioni, la prima del luglio 2013, riferita agli esercizi 2011 e 2012[217], e la seconda del gennaio 2015[218], riferita all’esercizio 2013.
Il comma 700 in commento, che, si segnala, ha contenuto identico ad una disposizione già vigente, costituita dall’articolo 4, comma 3, del decreto legge 16 dicembre 2014, n. 185 entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione della presente legge, secondo quanto dispone il successivo comma 701.
Più in particolare, il comma 701 dispone in merito
all’entrata in vigore delle disposizioni di cui al commi da 692 a 700, che viene fissata dal giorno successivo alla
pubblicazione della legge in esame, intervenuta il 29 dicembre 2014. In tal
modo tutte queste disposizioni sono entrate in vigore nel 2014.
Tale decorrenza al 2014 va
messa in relazione alla circostanza che i commi suddetti riproducono le disposizioni
contenute nel decreto legge 16 dicembre 2014, n. 185, trasmesso al Senato (A.S.
1709) ma il cui iter di conversione non risulta finora avviato, con la
presumibile conseguenza della mancata conversione in legge del provvedimento.
La anticipata decorrenza al 30 dicembre 2014 (rispetto all’ordinaria entrata in
vigore al 1° gennaio 2015 della legge di stabilità in esame) dei commi da 692 a
700, che riprendono i contenuti del decreto, ne comporterà comunque, anche in
caso di decadenza dello stesso, l’entrata in vigore delle disposizioni in
questione entro il 2014.
Articolo 1,
comma 702
(Partecipazione comuni all’attività di
contrasto all’evasione fiscale)
702. Per gli anni 2015, 2016 e 2017, la quota di cui all'articolo 2,
comma 10, lettera b), del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, è
determinata nel 55 per cento.
Il comma 702 fissa, per il triennio 2015-2017, nella misura del 55 per cento la quota riconosciuta ai Comuni a valere sulle maggiori somme riscosse per effetto della loro partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale.
Si tratta della somma attribuita ai Comuni, sotto forma di quota delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, a seguito dell'intervento del comune che abbia contribuito all'accertamento stesso.
La norma in esame in particolare ridetermina per il prossimo triennio la quota attribuita ai Comuni dal decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale, ai sensi dell’articolo 2, comma 10, lettera b), del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
Si rammenta che detta disposizione ha elevato detta quota dal 33 (ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203) al 50 per cento, disponendone l’attribuzione ai comuni in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo e affidando a un decreto del MEF (D.M. 8 marzo 2013) l’individuazione delle modalità di recupero delle somme attribuite ai comuni in via provvisoria e rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.
Si ricorda inoltre
che, in un momento successivo, l’articolo 2, comma 12-bis del D.L. n. 138 del 2011 ha elevato detta quota devolvendo all'ente locale che partecipa il 100 per cento delle maggiori somme
sopra richiamate, per il triennio
2012-2014.
Di conseguenza, per il prossimo triennio (2015-2017) all’ente locale spetterà un ammontare inferiore a quello temporaneamente attribuito nel triennio precedente (2012-2014), ancorché in misura più elevata (55 per cento anziché 50 per cento) di quanto stabilito, in via ordinaria, dalle norme di legge (D.Lgs. n. 23 del 2011).
Articolo 1,
commi 703-706
(Nuove procedure di programmazione delle
risorse del
Fondo di sviluppo e coesione)
703. Ferme restando le vigenti disposizioni
sull'utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di seguito denominato
FSC, per specifiche finalità e sull'impiego dell'80 per cento delle risorse
nelle regioni del Mezzogiorno, per l'utilizzo delle risorse assegnate per il
periodo di programmazione 2014-2020 e nell'ambito della normativa vigente sugli
aspetti generali delle politiche di coesione si applicano le seguenti
disposizioni:
a) la dotazione finanziaria del FSC è impiegata per
obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali, anche con
riferimento alla prevista adozione della Strategia nazionale di
specializzazione intelligente, come definita dalla Commissione europea
nell'ambito delle attività di programmazione dei Fondi strutturali e di
investimento europei, nonché alle programmazioni di settore, tenendo conto in
particolare di quelle previste dal regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013. Tale Strategia è il risultato
della somma delle specializzazioni intelligenti identificate a livello
regionale, integrate dalle aree di ricerca individuate a livello nazionale;
b) entro il 31 marzo 2015, il Ministro, o
Sottosegretario di Stato, delegato per la coesione territoriale, di seguito
denominato «Autorità politica per la coesione», in collaborazione con le
amministrazioni interessate e sentita la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
individua le aree tematiche nazionali e gli obiettivi strategici per ciascuna
area e li comunica alle competenti Commissioni parlamentari;
c) entro il 30 aprile 2015, il Comitato
interministeriale per la programmazione economica (CIPE), con propria delibera,
dispone una ripartizione della dotazione finanziaria del FSC iscritta in
bilancio tra le diverse aree tematiche nazionali. Entro la medesima data, con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell'Autorità
politica per la coesione, è istituita una Cabina di regia, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, composta da rappresentanti delle
amministrazioni interessate e delle regioni e delle province autonome di Trento
e di Bolzano, incaricata di definire specifici piani operativi per ciascuna
area tematica nazionale, con l'indicazione dei risultati attesi e delle azioni
e dei singoli interventi necessari al loro conseguimento, con relativa stima
finanziaria, dei soggetti attuatori a livello nazionale e regionale, dei tempi
di attuazione e delle modalità di monitoraggio, nonché dell'articolazione
annuale dei fabbisogni finanziari fino al terzo anno successivo al termine
della programmazione 2014-2020 in coerenza con l'analoga articolazione dello
stanziamento per ogni area tematica nazionale. Il lavoro di predisposizione dei
predetti piani è coordinato e integrato con l'adozione, tramite piani
strategici, della Strategia nazionale di specializzazione intelligente, qualora
definiti. La Strategia deve indicare per regione e per area di specializzazione
intelligente tempi di spesa e un numero limitato di obiettivi associabili a
quello generale di crescita per anno da fissare l'anno precedente e un
responsabile per regione e per area di specializzazione. Le informazioni di
dettaglio in merito ai risultati conseguiti sono illustrate nella relazione di
sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, di cui
all'articolo 10, comma 7, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive
modificazioni. I piani operativi sono redatti tenendo conto che la dotazione
complessiva deve essere impiegata per un importo non inferiore all'80 per cento
per interventi da realizzare nei territori delle regioni del Mezzogiorno. I
piani operativi, progressivamente definiti dalla Cabina di regia, di cui al periodo
precedente, sono proposti anche singolarmente dall'Autorità politica per la
coesione al CIPE per la relativa approvazione;
d) nelle more dell'individuazione delle aree
tematiche e dell'adozione dei piani operativi ai sensi delle lettere a), b) e
c), l'Autorità politica per la coesione può sottoporre all'approvazione del
CIPE un piano stralcio per la realizzazione di interventi di immediato avvio
dei lavori, con l'assegnazione delle risorse necessarie nel limite degli
stanziamenti iscritti in bilancio. Tali interventi confluiscono nei piani
operativi in coerenza con le aree tematiche cui afferiscono;
e) in attuazione delle medesime finalità di
accelerazione degli interventi di cui alla lettera d), il CIPE, entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta
dell'Autorità politica per la coesione, dispone l'assegnazione definitiva dei
fondi destinati agli interventi già approvati con delibera del CIPE in via
programmatica e a carico delle disponibilità del FSC per il periodo di
programmazione 2014-2020;
f) i piani operativi, con i relativi fabbisogni
finanziari, costituiscono la base per la predisposizione del Documento di
economia e finanza (DEF) e della relativa Nota di aggiornamento, nonché per la
definizione della manovra di finanza pubblica e della relativa legge di
bilancio;
g) successivamente all'approvazione del piano
stralcio e dei piani operativi da parte del CIPE, che deve deliberare entro
venti giorni dalla trasmissione di cui alla lettera d), l'Autorità politica per
la coesione coordina l'attuazione dei piani a livello nazionale e regionale e
individua i casi nei quali, per gli interventi infrastrutturali di notevole
complessità, si debba procedere alla stipulazione del contratto istituzionale
di sviluppo ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 6, commi 1, 2 e 3,
del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, e successive modificazioni, e
all'articolo 9-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
h) successivamente all'approvazione da parte del
CIPE dei piani operativi, sulla base dell'effettiva realizzazione degli stessi,
l'Autorità politica per la coesione può proporre al CIPE, ai fini di una sua
successiva deliberazione in merito, una diversa ripartizione della dotazione
tra le aree tematiche nazionali, la rimodulazione delle quote annuali di spesa
per ciascuna area e la revoca di assegnazioni a causa di impossibilità
sopravvenute, di mancato rispetto dei tempi o di inadempienze. L'Autorità politica
per la coesione presenta comunque al CIPE, entro il 10 settembre di ogni anno,
una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi della programmazione
2014-2020 ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e della
legge di bilancio;
i) le assegnazioni del CIPE di risorse al piano
stralcio e ai piani operativi approvati consentono a ciascuna amministrazione
l'avvio delle attività necessarie all'attuazione degli interventi e delle
azioni finanziati;
l) le risorse assegnate al piano stralcio e ai
piani operativi, di cui alla lettera i), sono trasferite dal FSC, nei limiti
degli stanziamenti annuali di bilancio, in apposita contabilità del Fondo di
rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, sulla base
dei profili finanziari previsti dalle delibere del CIPE di approvazione dei
piani stessi. Il Ministero dell'economia e delle finanze assegna le risorse
trasferite alla suddetta contabilità in favore delle amministrazioni
responsabili dell'attuazione del piano stralcio e dei piani operativi degli
interventi approvati dal CIPE, secondo l'articolazione temporale indicata dalle
relative delibere, e provvede a effettuare i pagamenti a valere sulle medesime
risorse in favore delle suddette amministrazioni, secondo le procedure
stabilite dalla citata legge n. 183 del 1987 e dal regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1988, n. 568, sulla base
delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ---
Struttura di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n.
101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottati gli
adeguamenti organizzativi necessari per la gestione delle risorse presso il
citato Fondo di rotazione. Ai fini della verifica dello stato di avanzamento
della spesa riguardante gli interventi finanziati con le risorse del FSC, le
amministrazioni titolari degli interventi comunicano i relativi dati al sistema
di monitoraggio unitario di cui all'articolo 1, comma 245, della legge 27
dicembre 2013, n. 147, sulla base di un apposito protocollo di colloquio
telematico. Entro il 10 settembre di ciascun anno, la Presidenza del Consiglio
dei ministri --- Struttura di cui al citato articolo 10, comma 5, del
decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
125 del 2013, sulla base delle comunicazioni trasmesse dall'Agenzia per la
coesione sullo stato di attuazione degli interventi, tenendo conto dei dati
forniti dalle singole amministrazioni titolari degli interventi stessi e di
eventuali decisioni assunte dal CIPE, di cui alla lettera h), aggiorna le previsioni
di spesa riguardanti le risorse trasferite alla contabilità dedicata e quelle
relative agli stanziamenti di bilancio per il successivo triennio. Sulla base
di tali comunicazioni il Ministero dell'economia e delle finanze può adottare,
ove necessario, decreti di svincolo delle risorse riferite all'esercizio in
corso e a quelli successivi. Le amministrazioni titolari degli interventi
assicurano il tempestivo e proficuo utilizzo delle risorse assegnate ai sensi
del presente comma e provvedono a effettuare i controlli sulla regolarità delle
spese sostenute dai beneficiari;
m) sono trasferite al Fondo di rotazione di cui
alla lettera l) anche le risorse del FSC già iscritte in bilancio per i
precedenti periodi di programmazione, che sono gestite secondo le modalità
indicate alla citata lettera l), ove compatibili.
704. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articolo 5, commi 4 e 5, del decreto legislativo
31 maggio 2011, n. 88, e successive modificazioni;
b) articolo 1, commi 7, 8, 9, 10 e 11, della legge
27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni.
705. Il secondo periodo del comma 8 dell'articolo
10 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni,
dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, è soppresso.
706. Gli schemi dei piani operativi e del piano
stralcio di cui al comma 703 sono trasmessi alle Camere, corredati di tutti gli
elementi istruttori necessari, per il parere delle competenti Commissioni
parlamentari. Decorsi inutilmente venti giorni dall'assegnazione, i piani possono
essere adottati in via definitiva.
Il comma 703 ridefinisce le modalità di funzionamento del Fondo di sviluppo e coesione (FSC), modificando i principali elementi di governance e di procedura relativamente alle risorse assegnate al Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il ciclo di programmazione 2014-2020, con conseguente abrogazione delle analoghe disposizioni vigenti. Si tratta di una disciplina che ha carattere aggiuntivo rispetto alla vigente disciplina sul Fondo[219], come precisa espressamente il comma 703 medesimo.
In particolare:
a) la dotazione finanziaria del FSC è impiegata per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali, anche con riferimento alla prevista adozione della Strategia nazionale di specializzazione intelligente, così come definita dalla Commissione europea nell' ambito delle attività di programmazione dei Fondi strutturali e di Investimento europei[220], tenendo conto in particolare delle attività previste dal regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio;
b) entro il 31 marzo 2015 il Ministro, o Sottosegretario di Stato, delegato alla coesione territoriale, denominato “Autorità politica per la coesione” individua le aree tematiche nazionali e gli obiettivi strategici per ciascuna area e li comunica alle Commissioni parlamentari competenti;
c) con delibera CIPE entro il 30 aprile 2015 sarà ripartita la dotazione finanziaria del FSC tra le diverse aree tematiche nazionali (il comma 8 della legge di stabilità 2014 prevedeva la delibera programmatica di ripartizione entro il 1° marzo 2014). Sempre entro il 30 aprile 2015 l'Autorità politica per la coesione disciplina ed istituisce una Cabina di regia, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, composta da rappresentanti delle Amministrazioni interessate e delle Regioni, delle Province autonome di Trento e di Bolzano, incaricata di definire specifici piani operativi per ciascuna area tematica nazionale, con l'indicazione di risultati attesi e azioni e singoli interventi necessari al loro conseguimento, con relativa stima finanziaria. Il lavoro di predisposizione dei predetti piani è coordinato e integrato con l'adozione, tramite piani strategici, della Strategia nazionale di specializzazione intelligente, qualora definiti. La Strategia deve indicare per regione e per area di specializzazione intelligente tempistiche di spesa e un numero limitato di obiettivi associabili a quello generale di crescita per anno da fissare l’anno precedente e un responsabile per regione e per area di specializzazione. Le informazioni di dettaglio in merito ai risultati conseguiti sono illustrate nella relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 10, comma 7, della legge n. 196 del 2009. I piani operativi sono predisposti tenendo conto che la dotazione complessiva deve essere impiegata per un importo non inferiore all’80 per cento per interventi nelle regioni del sud;
d) in attesa della delibera di ripartizione, il CIPE potrà approvare, su proposta dall’Autorità politica per la coesione, un piano stralcio, per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori;
e) il CIPE dispone entro il 2 marzo 2015[221] l’assegnazione definitiva dei fondi destinati a interventi già approvati dal CIPE stesso in via programmatica che siano a carico delle risorse FSC 2014-2020;
f) è previsto che i piani operativi individuati dalla precedente lettera c) debbano costituire la base per la predisposizione del Documento di economia e finanza e della Nota di aggiornamento e per la definizione della manovra di finanza pubblica;
g) in seguito all’approvazione dei piani stralcio e dei piani operativi vengono definiti l’attività di coordinamento dell’Autorità politica per la coesione (Ministro o Sottosegretario delegato), il ricorso allo strumento del contratto istituzionale di sviluppo, di cui al D.Lgs. n. 88 del 2011[222].
In particolare l’articolo 6 del decreto legislativo ha
previsto che per le finalità di superamento degli squilibri economici e sociali
tra le diverse aree del Paese, nonché allo scopo di accelerare la realizzazione
degli interventi speciali da operare a tale scopo, il Ministro delegato,
d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri
interessati, stipula con le Regioni e le amministrazioni competenti un
"contratto istituzionale di sviluppo" che destina le risorse del
Fondo assegnate dal CIPE e individua responsabilità, tempi e modalità di
attuazione degli interventi. Tale strumento è stato poi rafforzato
dall’articolo 9-bis del decreto-legge
n.69 del 2013[223], che ha
previsto la possibilità di avvalersi ai fini del contratto medesimo anche
dell’attività dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e
sviluppo d’impresa spa[224].
h) sulla base dell’effettiva realizzazione dei piani operativi già approvati dal CIPE, l’Autorità politica per la coesione può proporre al CIPE stesso ai fini di una successiva deliberazione: una diversa ripartizione della dotazione tra aree tematiche nazionali; la rimodulazione delle quote annuali di spesa per ciascuna area nonché la revoca di assegnazioni dovute ad impossibilità sopravvenute, mancato rispetto dei tempi o inadempienze. L’Autorità presenta comunque al CIPE entro il 10 settembre di ogni anno una relazione sullo stato di avanzamento degli interventi della programmazione 2014-2020 ai fini della definizione della Nota di aggiornamento del DEF e della legge di bilancio;
i) si consente alle Amministrazioni titolari degli interventi di avviare le attività necessarie all’attuazione di interventi e azioni finanziati già sulla base delle assegnazioni di risorse ai piani approvati da parte del CIPE, assicurando in tal modo un più tempestivo utilizzo delle risorse;
l) viene modificata la procedura contabile di trasferimento delle risorse FSC, che dal 2015 sono allocate nello stato di previsione del MEF (e non più del MISE): le risorse FSC assegnate al piano stralcio e ai piani operativi approvati sono trasferite in apposita contabilità speciale presso il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche nazionali, che si aggiunge alle altre contabilità speciali attraverso le quali il Fondo gestisce le risorse nazionali e dell’Unione europea dei fondi strutturali. Su richiesta del Dipartimento politiche di sviluppo DPS (ora nella Presidenza del Consiglio) la RGS provvede ad effettuare i pagamenti in favore delle amministrazioni competenti; le Amministrazioni titolari degli interventi devono provvedere a comunicare i dati, ai fini della verifica sull’avanzamento delle attività, al sistema di monitoraggio unitario, istituito dall’articolo 1, comma 245, della legge n. 147 del 2013, attraverso un apposito protocollo di colloquio telematico e provvedono ad effettuare i controlli sulla regolarità delle spese sostenute dai beneficiari. Entro il 10 settembre di ciascun anno, il DPS, sulla base delle comunicazioni trasmesse dall'Agenzia per la coesione sullo stato di attuazione degli interventi, aggiorna le previsioni di spesa riguardanti le risorse trasferite alla contabilità dedicata e quelle relative agli stanziamenti di bilancio per il successivo triennio; si dispone inoltre che sulla base delle suddette comunicazioni il Ministero dell'economia può svincolare le risorse riferite all'esercizio in corso e a quelli successivi;
m) si prevede che anche le risorse delle precedenti programmazioni (2000/2006 e 2007/2013) relative al FSC siano trasferite al Fondo di rotazione e che vengano gestite secondo le procedure previste alla precedente lettera l) ove compatibili.
Poiché si rinviano al CIPE le delibere di assegnazione delle risorse, i commi 704 e 705 abrogano alcune disposizioni della legge di stabilità 2014 che disponevano una riserva di assegnazione delle risorse FSC agli interventi di messa in sicurezza del territorio, di bonifica di siti d'interesse nazionale, di bonifica di beni contenenti amianto e di altri interventi in materia di politiche ambientali (co. 7), interventi di emergenza con finalità di sviluppo anche nel settore agricolo (co. 9), nonché le disposizioni di carattere programmatico e procedurale (commi 8, 10, e 11), nonché le disposizioni programmatiche-procedurali relative al FSC contenute all’art. 5, commi 4-5 del D.Lgs. n. 88 del 2011 ed il secondo periodo del comma 8 dell’art. 10 del D.L. n. 101 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2013.
Il comma 706 stabilisce che gli
schemi dei piani operativi e del piano
stralcio siano trasmessi alle Camere, corredati di tutti gli elementi
istruttori necessari, per il parere
delle competenti Commissioni parlamentari, che va espresso entro i
successivi 20 giorni, decorsi i quali i piani possono essere adottati anche in
assenza dello stesso.
Articolo 1,
commi 707-709
(Misure in materia di trattamenti
pensionistici)
707. All'articolo 24, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è
aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, l'importo complessivo
del trattamento pensionistico non può eccedere quello che sarebbe stato
liquidato con l'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima della data
di entrata in vigore del presente decreto computando, ai fini della
determinazione della misura del trattamento, l'anzianità contributiva
necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione, integrata da
quella eventualmente maturata fra la data di conseguimento del diritto e la
data di decorrenza del primo periodo utile per la corresponsione della
prestazione stessa».
708. Il limite di cui al comma 707 si applica ai trattamenti
pensionistici, ivi compresi quelli già liquidati alla data di entrata in vigore
della presente legge, con effetto a decorrere dalla medesima data. Resta in
ogni caso fermo il termine di ventiquattro mesi di cui al primo periodo del
comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con
modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni,
per la liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, per
i lavoratori che accedono al pensionamento a età inferiore a quella
corrispondente ai limiti di età, con esclusione delle cause di cessazione di
cui al comma 5 del medesimo articolo 3.
709. Le economie, da accertare a consuntivo sulla base del procedimento
di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni, derivanti dall'applicazione del comma 707 del presente articolo
affluiscono in un apposito fondo, istituito presso l'INPS, finalizzato a
garantire l'adeguatezza delle prestazioni pensionistiche in favore di
particolari categorie di soggetti, individuate con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con il medesimo decreto
si provvede altresì a definire i criteri e le modalità di utilizzo delle
risorse del fondo in favore delle predette categorie di soggetti.
I commi da 707 a 709 stabiliscono un limite all’entità dei trattamenti pensionistici calcolati con il
sistema contributivo.
Il comma 707, integrando il testo
dell’articolo 24, comma 2, del D.L. n. 201/2011 (che ha disposto, a decorrere
dal 1° gennaio 2012 - con riferimento alle anzianità maturate a decorrere dalla
medesima data - il calcolo della quota di pensione corrispondente a tali anzianità
secondo il metodo di calcolo contributivo, cd. calcolo pro-rata) prevede che,
in ogni caso, l’importo complessivo del trattamento pensionistico non possa eccedere quello che sarebbe stato liquidato con l’applicazione delle regole di
calcolo (retributivo) vigenti prima della data di entrata in vigore del medesimo
D.L. n. 201/2011, computando, ai fini della determinazione della misura del
trattamento, l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento del
diritto alla prestazione, integrata da quella eventualmente maturata fra la
data di conseguimento del diritto e la data di decorrenza del primo periodo
utile per la corresponsione della prestazione stessa.
Il successivo
comma 708 stabilisce che il richiamato
limite si applichi ai trattamenti pensionistici (compresi quelli già liquidati al
1° gennaio 2015) con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2015. Resta in ogni
caso fermo il termine di 24 mesi di cui al primo periodo del comma 2
dell’articolo 3 del D.L. n. 79/1997, per le modalità di liquidazione dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati,
per i lavoratori che accedono al pensionamento a età inferiore a quella
corrispondente ai limiti di età, con esclusione
delle cause di cessazione per inabilità derivante o meno da causa di servizio,
nonché per decesso del dipendente.
L’articolo 3, comma 2, del D.L. n. 79/1997 ha stabilito l’obbligo, per l’ente erogatore, di provvedere alla liquidazione dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici, loro superstiti o aventi causa, che ne hanno titolo, decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Tale termine è invece pari a 12 mesi nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d'ufficio a causa del raggiungimento dell'anzianità massima di servizio prevista da leggi o regolamenti. Alla corresponsione agli aventi diritto l'ente provvede entro i successivi 3 mesi, decorsi i quali sono dovuti gli interessi. Il successivo comma 5 ha disposto che le disposizioni dell’articolo 3 del D.L. n. 79/1997 non trovino applicazione nei casi di cessazione dal servizio per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonché per decesso del dipendente. In questi casi sussiste l’obbligo, per l'amministrazione competente, di trasmettere, entro 15 giorni dalla cessazione dal servizio, la necessaria documentazione all'ente previdenziale, il quale dovrà corrispondere il trattamento di fine servizio nei 3 mesi successivi alla ricezione della documentazione medesima. Decorso tale periodo sono dovuti gli interessi.
Infine, il comma 709 destina le economie, da accertare a consuntivo, derivanti
dalle disposizioni del precedente comma 707, ad un apposito fondo, istituito
presso l’I.N.P.S., finalizzato a garantire l’adeguatezza delle prestazioni
pensionistiche in favore di particolari categorie di soggetti, individuate con specifico
D.P.C.M.. Quest’ultimo provvedimento provvede altresì a definire i criteri e le
modalità di utilizzo delle risorse del fondo in favore delle predette categorie
di soggetti.
Articolo 1,
comma 710
(Regolarizzazione e rateizzazione del
versamento volontario
da parte delle associazioni sportive)
710. Le associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di
lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di
promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono
attività sportive dilettantistiche, che siano decadute, entro il 31 ottobre
2014, dal beneficio della rateazione delle somme dovute in base alle
comunicazioni emesse a seguito dell'attività di liquidazione e di controllo
formale di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 54-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive
modificazioni, agli avvisi di accertamento ai fini dell'imposta sul reddito
delle società, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta
sul valore aggiunto, agli accertamenti con adesione, mediazioni e conciliazioni
giudiziali, ai fini dei medesimi tributi, possono chiedere, entro sei mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, un nuovo piano di
rateazione delle somme dovute alle condizioni previste dalle specifiche leggi
vigenti.
Il comma
710 consente alle associazioni
sportive e relative sezioni non
aventi scopo di lucro – affiliate alle federazioni sportive nazionali o
agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti dalle vigenti leggi –
che svolgono attività sportive dilettantistiche e che siano decadute entro il 31 ottobre 2014 dal
beneficio della rateazione delle somme dovute a seguito dell’attività di
liquidazione delle imposte, del controllo formale sulle dichiarazioni, nonché
degli avvisi di accertamento riguardanti IRES, IRAP ed IVA, di poter chiedere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in
commento, un nuovo piano di rateazione delle
somme dovute alle condizioni previste dalle specifiche legge vigenti.
Numerose disposizioni oggi incentivano il
contribuente a rateizzare i debiti tributari, anche tramite l'eliminazione, per
quanto possibile, dell'obbligo di prestare idonea garanzia per accedere al
beneficio. Nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà il
contribuente può chiedere la rateazione delle somme iscritte a ruolo in 72 rate
mensili. Nei casi di comprovata e grave situazione di difficoltà è prevista la
possibilità di rateazione del pagamento delle imposte in 120 rate mensili
(articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973). Inoltre è stato ampliato a otto il
numero di rate non pagate, anche non consecutive, a partire dal quale il
debitore decade dal beneficio della rateizzazione del proprio debito tributari
(articolo 52 del D.L. n. 69 del 2013).
Il D.M. 6 novembre 2013, in attuazione del
richiamato articolo 52 D.L. n. 69/2013, ha individuato quattro tipi di piani di
rateizzazione: ordinario (fino a 72 rate), in proroga ordinario (ulteriori 72
rate), straordinario (fino a 120 rate) e in proroga straordinario (ulteriori
120 rate).
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 11-bis del D.L. n. 66 del 2014 ha
consentito a tutti i contribuenti, decaduti
dal beneficio della rateizzazione dei debiti fiscali non
oltre il 22 giugno 2013, di richiedere entro il 31 luglio 2014 la concessione di un nuovo piano di rateazione. L'ulteriore rateazione, fino a 72 rate mensili, non è prorogabile e i
contribuenti cessano dal beneficio in caso di mancato pagamento di due rate
anche non consecutive.
A differenza dell’articolo 11-bis del D.L. n. 66 del 2014, la norma in
esame limita il beneficio di
richiedere un nuovo piano di rateazione dei debiti tributari ad una particolare categoria di
contribuenti decaduti: le associazioni
sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro – affiliate alle
federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva
riconosciuti dalle vigenti leggi – che svolgono attività sportive
dilettantistiche. Il termine per richiedere il nuovo piano di rateazione è il 30 giugno 2015.
La norma, inoltre, richiamando le condizioni
previste dalle leggi vigenti, non prevede una disciplina specifica, più restrittiva,
per questi nuovi piani di rateazione “straordinari”, a differenza di quanto
previsto dal citato articolo 11-bis
il quale esclude la proroga della rateazione e prevede la decadenza dal
beneficio in caso di mancato pagamento di due rate, anche non consecutive.
Articolo 1,
commi 711 e 712
(Aumento Iva su pellet di legno e
incremento Fondo ISPE)
711. Al n. 98) della tabella A, parte III, allegata al decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: «compresa
la segatura» sono inserite le seguenti: «, esclusi i pellet».
712. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di
politica economica, è incrementata di 96 milioni di euro a decorrere dal 2015.
I commi 711 e 712 rispettivamente:
§ innalzano dal 10 al 22 per cento l’aliquota IVA applicabile alle cessioni dei pellet di legno;
§ destinano le relative maggiori entrate, quantificate in 96 milioni di euro dal 2015, all’incremento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (FISPE).
In Italia, le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale (pari al 22 per cento) si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per cento.
Il comma 711 in particolare modifica la Tabella A, aggiungendo alcune parole al n. 98 della parte III.
Più in dettaglio, secondo la formulazione previgente del n. 98 si assoggettavano ad IVA con aliquota ridotta le cessioni di legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie o fascine; cascami di legno, compresa la segatura.
Per effetto della norma in esame si specifica che sono escluse da tale prescrizione le cessioni di pellet, che pertanto rientreranno nell’ambito delle operazioni sottoposte ad aliquota ordinaria pari al 22 per cento.
Articolo 1,
comma 713
(Società sportive dilettantistiche)
713. Al primo periodo del comma 5 dell'articolo 25 della legge 13 maggio
1999, n. 133, le parole: «di importo superiore a lire 1.000.000» sono
sostituite dalle seguenti: «di importo pari o superiore a 1.000 euro».
Il comma 713 eleva da 516,46 a 1.000 euro il limite dei pagamenti effettuati a favore di società, enti ed associazioni sportive dilettantistiche, nonché i versamenti da questi operati, che devono essere effettuati con mezzi tracciabili.
L’articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999 impone il ricorso a mezzi di pagamento che consentano la tracciabilità delle movimentazioni di denaro al fine di garantire lo svolgimento di efficaci controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria. La seconda parte del comma ricollega la previsione delle specifiche modalità di pagamento e versamento alla possibilità di continuare ad applicare le disposizioni agevolative di cui alla legge n. 398 del 1991.
In attuazione dell’articolo 25, comma 5, della legge n. 133 del 1999, il decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473, ha individuato, all’articolo 4, le modalità di effettuazione dei versamenti effettuati dagli enti sopra richiamati, comprese le erogazioni liberali a favore degli stessi, i contributi a qualsiasi titolo concessi, le quote associative ed i proventi che non concorrono a formare il reddito imponibile, stabilendo che tali versamenti possono essere eseguiti, oltre che tramite conti correnti bancari o postali, anche mediante carte di credito o bancomat. Analoghe modalità devono essere utilizzate per l’effettuazione dei pagamenti a favore dei medesimi enti (sempre che siano di importo superiore alla soglia normativamente prevista).
Si segnala, inoltre, la risoluzione n. 102/E del 2014 dell'Agenzia delle entrate, la quale considera applicabile tale disposizione anche alle associazioni senza fini di lucro e alle associazioni pro-loco.
Articolo 1,
comma 714
(Riscossione quote latte attraverso
l’ausilio di Equitalia)
714. All'articolo 8-quinquies del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) al comma 10-bis, primo periodo, dopo le parole: «si avvale» sono
inserite le seguenti: «delle società del gruppo Equitalia ovvero»;
b) al comma 10-ter, dopo le parole: «sempre avvalendosi» sono inserite
le seguenti: «delle società del gruppo Equitalia ovvero».
Il comma 714 interviene sulla disciplina relativa alle modalità di riscossione delle somme afferenti i debiti non rateizzati degli agricoltori relativi alle cd. quote latte.
L’intervento è finalizzato a prevedere che l’AGEA - organismo incaricato della riscossione mediante ruolo ai sensi dell’articolo 8-quinquies del D.L. n. 5/2009 - si avvalga delle società del gruppo Equitalia ovvero, come già previsto dalla normativa previgente, del Corpo della guardia di finanza per:
a) le attività inerenti la notificazione della cartella di pagamento e tutte le altre attività di riscossione coattiva (modifica al comma 10-bis)
b) le procedure di riscossione coattiva che, sospese in via transitoria ai sensi del medesimo articolo 8-quinquies, comma 2 del D.L. n. 5/2009, devono essere proseguite (ai sensi di quanto già disposto dalla legge di stabilità 2013).
Il
sistema di contingentamento produttivo del latte, definito come regime delle quote latte, è stato
introdotto a decorrere dal 1984 per ridurre lo squilibrio tra offerta e domanda
in Europa e risanare il settore. La normativa europea che via via si è
susseguita sulla materia (in particolare, il Reg. UE n. 1234/2007) ha richiesto
un complesso sistema atto a ripartire il quantitativo globale garantito,
attribuito dalla UE ad ogni Stato membro, in quote individuali da assegnare ai
produttori, per poi procedere alla riscossione delle multe - il cosiddetto prelievo
supplementare - dovute dai produttori con eccesso di produzione. Va peraltro
precisato che il prelievo è stato impropriamente definito "multa",
perché il suo versamento è stato finalizzato a coprire i costi di smaltimento
del latte che supera il quantitativo di riferimento (così il Reg. (CEE) n.
857/84 sull'applicazione del prelievo).
Il meccanismo comunitario – delineato
a decorrere dalla campagna 2003/2004 con l’articolo 3 del Reg. 1788/2003 – ha
previsto la diretta responsabilità degli Stati nazionali nei confronti
dell'Unione europea circa la corretta gestione del sistema: il prelievo dovuto
dalle aziende e non versato è stato trattenuto dall’Unione decurtandolo dagli
aiuti dovuti agli agricoltori per la PAC.
In particolare, il paragrafo 3
dell’articolo 78 Reg. 1234/2007 ha disposto che la Commissione UE, in caso di
mancato versamento della multa entro la data fissata, avrebbe detratto una
somma equivalente al prelievo sulle eccedenze non versato dai pagamenti mensili
agli Stati membri relativi alla PAC.
L’applicazione tardiva del sistema (peraltro
ormai in chiusura, a fine marzo 2015, dopo una trentennale gestione del
comparto), è stata segnata, come evidenzia la Corte dei Conti[225], da “splafonamenti” della quota
produttiva assegnata al nostro Paese e da un vasto contenzioso accumulato nelle
sedi giudiziarie.
D’altra parte, l’assegnazione
effettuata dalla Comunità non è mai stata ritenuta dall'Italia adeguata alle
sue necessità né corrispondente al dato reale di produzione.
In particolare, secondo i dati Agea riportati
dalla Corte[226] e ribaditi nella recente Relazione
sul rendiconto generale dello Stato 2013, l’onere complessivo nazionale nei confronti dell'Unione europea,
accumulato fino alla campagna 2008/09, corrisponde a circa 4,4 miliardi di
euro, dei quali 1.870 milioni[227] sono multe non pagate che risultano ormai
definitivamente assorbite a carico dello Stato “per scelta politica”[228].
I restanti 2.537 milioni di euro sono
somme inerenti multe comminate agricoltori dalla campagna lattiera 1995/1996,
già anticipate dallo Stato italiano, e allo stato solo in parte a questo
“restituite”. Di tale assai consistente importo, quota parte non risulterebbe,
peraltro, più imputabile agli agricoltori.
Allo stato, le somme ancora non ancora recuperate presso gli agricoltori vengono (ottobre
2014) indicate da AGEA/Corte dei Conti in circa 1.348 milioni di euro, di
cui 532 milioni non ancora esigibili per sospensive giurisdizionali e 815 milioni esigibili.
Su tale punto, relativo all’entità
delle somme dovute, riscuotibili e riscosse si veda più precisamente
l’approfondimento, infra.
Relativamente al
meccanismo di recupero da parte dello
Stato presso gli agricoltori delle
somme da questi dovute a titolo di quote latte – punto sul quale il comma
714 della legge di stabilità in esame interviene - si sono susseguiti una serie
di interventi normativi[229].
Il D.L. n.
5/2009, in attuazione del regolamento comunitario n. 1034/2008, è
intervenuto, in duplice modo.
In primis, sul meccanismo
di recupero dei debiti, tramite la compensazione di questi con somme dovute
agli agricoltori a titolo di aiuti agricoli europei (art. 8 ter, con l’istituzione del Registro
nazionale dei debiti).
Da notare che i recuperi dello Stato per compensazione
eseguiti sugli agricoltori hanno generato un ulteriore contenzioso
giurisdizionale, in particolare in Veneto e Lombardia, ottenendo decreti
ingiuntivi di pagamento dei premi comunitari compensati.
Per dare esecuzione, quindi, a questi provvedimenti,
gli organismi pagatori che avevano effettuato il recupero hanno dovuto
procedere, nuovamente, al pagamento di tali importi, richiedendone il rimborso
all’AGEA[230].
Dall’altro lato, il D.L. n. 5/2009 ha riformato la procedura di riscossione del prelievo latte relativo alle campagne dalla 1995/96 alla 2008/09, sospendendo tutti i procedimenti in atto, al fine di permettere ai produttori – entro un dato tempo - di aderire alla rateizzazione del debito (articolo 8 quinquies, comma 2).
Il D.L. in questione, infatti, ha previsto-
all’articolo 8-quater- una seconda
rateizzazione (rispetto a quella già disposta dal D.L. n. 49/2003, cfr. nota 6)
dei debiti degli agricoltori derivanti dai mancati pagamenti del prelievo latte
per i quali si sia realizzato l’addebito al bilancio nazionale da parte della
Commissione europea. In particolare, la rateizzazione, comprensiva di una quota
interessi, è stata consentita per somme non inferiori a 25.000 euro
relativamente alle campagne lattiere fino alla 2008/09.
Si consideri, inoltre, che, con riferimento alle
rateizzazioni accettate dai produttori e consentite ai sensi del D.L. 49/2003 e
5/2009, la scadenza del versamento della prima rata fissata per il 30 giugno
2010, è stata successivamente differita, prima al 31 dicembre 2010[231] e, poi, al 30
giugno 2011[232].
La Commissione ha, sul punto, avviato, nei confronti
dell’Italia, una procedura di infrazione per aiuti di Stato (parere motivato:
procedura 2013_2092), posto che – in base alla decisione 2003/530/CE del
Consiglio, le rate dovevano essere versate con cadenza annuale.
Contestualmente,
il medesimo D.L. n. 5/2009, all'articolo
8 quinquies, comma 10, ha previsto che la riscossione del debito non rateizzato
avvenga da parte dell'AGEA e non più da parte delle Regioni, come invece era
previsto in passato.
Nello specifico, ai sensi del comma 10,
successivamente modificato dalla legge di stabilità 2013 (art.1, comma 525, legge
n. 228/2012), nei casi di mancata adesione alla rateizzazione e in quelli di
decadenza dal beneficio della dilazione, l'AGEA
procede alla riscossione mediante ruolo (e non più con le procedure di cui
al R.D. n. 639/1910 come invece inizialmente previsto dal D.L. n.
5/2009), avvalendosi, su base
convenzionale, per le fasi di formazione
del ruolo, di stampa della cartella di pagamento e degli altri atti della
riscossione, nonché per l'eventuale assistenza nella fase di gestione del
contenzioso, delle società del Gruppo
Equitalia. Tali attività sono remunerate avuto riguardo ai costi medi di
produzione stimati per le analoghe attività normalmente svolte dalle stesse
società.
Ai sensi del successivo comma 10-bis, come
introdotto dalla legge di stabilità 2013 e nella sua formulazione ante le
modifiche in esame, la notificazione della cartella di pagamento prevista
dall'articolo 25 del D.P.R. n. 602/1973, e ogni altra attività contemplata dal
titolo II del medesimo decreto sono effettuate dall'AGEA, che a tal fine si
avvale del Corpo della guardia di finanza. Il personale di quest'ultimo
esercita le funzioni demandate dalla legge agli ufficiali della riscossione.
Il comma 10-ter, come introdotto dalla legge di stabilità 2013 e ante le
modifiche in esame, ha disposto che le procedure di riscossione coattiva
sospese secondo le modalità indicate nel comma 2 del D.L. n. 5/2009, vengano
proseguite, sempre avvalendosi del Corpo della guardia di finanza, dalla stessa
AGEA, che resta surrogata negli atti esecutivi eventualmente già avviati
dall'agente della riscossione e nei cui confronti le garanzie già attivate
mantengono validità e grado.
Approfondimento:
Il regime delle quote latte e lo stato della riscossione
Come
già sopra accennato, l’onere
complessivo nazionale nei
confronti dell'Unione europea, accumulato fino alla campagna 2008/09,
corrisponde a circa 4,4 miliardi di euro, dei quali 1.870 milioni sono multe
non pagate che risultano ormai definitivamente assorbite a carico dello Stato
“per scelta politica”.
I restanti 2.537 milioni di euro sono
somme inerenti multe comminate agricoltori dalla campagna lattiera 1995/1996,
già anticipate dallo Stato italiano, e ad oggi solo in parte a questo
“restituite”. Di tale assai consistente importo, quota parte non risulterebbe,
peraltro, più imputabile agli agricoltori.
Risultano infatti effettivamente
imputabili agli agricoltori 2.207,2 milioni di euro. Ciò ai sensi di quanto risulta
dai dati 2014 di fonte AGEA riportati dalla Corte dei Conti nella relazione del
23 ottobre 2014.
La
tabella che segue – tratta dalla relazione della Corte dei Conti di ottobre
2014 - fornisce il quadro dei debiti ancora imputati a carico degli allevatori,
degli importi rateizzati, di quelli riscossi senza rateizzazione e di quelli da
riscuotere non rateizzati, aggiornati all’anno 2014.
L’importo
relativo al prelievo riscosso senza rateizzazione, pari a 285,8 milioni di euro include anche l’importo recuperato tramite l’istituto della compensazione (117,4 milioni
di euro) sul quale sono sorti vari contenziosi[233].
Le
rateizzazioni (D.L. n. 49/2003, conv. in legge 119/2003 + D.L. n. 5/2009, conv.
in legge n. 33/2009), ammontano a complessivi 466,1 milioni di euro. Di tale importo, circa 260 milioni sono stati già
pagati e versati per ripianare le anticipazioni di tesoreria.
Dunque,
a fine 2014, ammonta a circa 1.348
milioni il prelievo ancora dovuto.
Ma,
come risulta dalla successiva tabella sempre diffusa dalla Corte, di tale
importo, quota parte è irrecuperabile
(108 milioni di euro) e una quota parte
non è ancora esigibile (532 milioni di euro, per contenzioso).
Lo stato del prelievo era stato, prima dell’intervento
della Corte menzionato, aggiornato da ultimo con un comunicato del
MIPAAF diffuso il 10 luglio 2014, pubblicato in risposta alla dichiarazione della
Commissione UE (anch’essa diffusa con Comunicato stampa del 10 luglio 2014) circa la prosecuzione del procedimento giuridico
di infrazione avviato nei confronti dell’Italia per l’esiguità dei recuperi dei
prelievi dovuti dai produttori di latte che nelle campagne dal 1995 al 2009
avevano superato la rispettiva quota di produzione.
Il
MIPAAF aveva in quella sede
precisato che il ritardo nel recupero è stato causato essenzialmente dai
numerosi ricorsi presentati dai debitori e che l'Amministrazione aveva già
accelerato la definizione dei procedimenti giurisdizionali, a seguito
dell'apertura del progetto pilota (EU
Pilot) avviato nel 2010 e dal quale deriva il parere motivato della
Commissione Ue[234].
Si consideri infine che - con il provvedimento 28
agosto 2014 dell’Agenzia delle entrate - sono stati approvati nuovi modelli di cartella di pagamento e di avviso di
intimazione da utilizzare da parte di AGEA per riscuotere le
quote latte.
Notizie di stampa informano dell’invio a gennaio 2015
di cartelle esattoriali per circa 422 milioni di euro.
Per
quanto concerne le somme affluite al bilancio statale dalla rateizzazione e
finalizzate all’estinzione delle anticipazioni di tesoreria, si ricorda che sul
cap. 3325/Entata, vengono versate le
somme versate dai produttori di latte relative agli importi imputati e non
pagati a titolo di prelievo supplementare.
Mentre,
sul capitolo di spesa cap. 2741/MEF, confluiscono le somme versate
dai produttori di latte in relazione alla rateizzazione annuale da destinare ad
estinzione delle anticipazioni di tesoreria effettuate dallo Stato italiano.
Si noti infine che, secondo la Corte dei
Conti, l'importo dell'esposizione di
tesoreria da parte dello Stato attribuibile al mancato versamento del
prelievo sarebbe ancora pari a 1.693
milioni di euro[235].
Questo
modo di procedere – afferma la Corte dei Conti - consente di mantenere sommerso
un debito a carico del bilancio statale. Si pone il problema, afferma la Corte,
per tali partite, del reperimento delle
risorse per la loro riconduzione in bilancio, in considerazione della
pericolosità finanziaria delle ingenti anticipazioni di tesoreria, a meno che
non vengano intraprese forti e decise iniziative di recupero presso i
produttori eccedentari.
Articolo 1,
comma 715
(Riduzione Fondo destinato alla
concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti (cuneo
fiscale))
715. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 50, comma 6, del
decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge
23 giugno 2014, n. 89, relativa al Fondo destinato alla concessione di benefici
economici a favore dei lavoratori dipendenti, è ridotta di 1.930 milioni di
euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni
di euro in termini di indebitamento netto per l'anno 2015, di 4.680 milioni di
euro per l'anno 2016, di 4.135 milioni di euro per l'anno 2017 e di 1.990
milioni di euro a decorrere dall'anno 2018.
Il comma 715 riduce l’autorizzazione di spesa - sostanzialmente azzerandone la dotazione - relativa al Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti di 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e di 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015, di 4.680 milioni di euro per l’anno 2016, di 4.135 milioni di euro per l’anno 2017 e di 1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
Il Fondo, istituito dall’articolo 50, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, con lo scopo di rendere permanente il bonus fiscale previsto per i lavoratori dipendenti e assimilati dall’articolo 1 del medesimo decreto-legge, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo denominato Fondo destinato alla concessione di benefici economici a favore dei lavoratori dipendenti, con la seguente dotazione:
§ 1.930 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare e di fabbisogno e 2.685 milioni di euro in termini di indebitamento netto per l’anno 2015;
§ 4.680 milioni di euro per l’anno 2016;
§ 4.135 milioni di euro per l’anno 2017;
§ 1.990 milioni di euro a decorrere dall’anno 2018.
Si rammenta che i commi da 12 a 15 della legge in commento (alla cui scheda si rinvia) hanno la finalità di rendere strutturale (con un onere annuo quantificato dalla relazione tecnica in circa 9,5 miliardi di euro annui) il credito d’imposta IRPEF introdotto dall’articolo 1 del D.L. n. 66 del 2014 in favore dei lavoratori dipendenti, originariamente introdotto per il solo anno 2014.
Articolo 1,
comma 716
(Riduzione stanziamento del Fondo per la
riduzione della pressione fiscale)
716. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 431, della
legge 27 dicembre 2013, n. 147, relativa al Fondo per la riduzione della
pressione fiscale, è ridotta di 331,533 milioni di euro per l'anno 2015 e di
18,533 milioni di euro a decorre dall'anno 2016.
Il comma
716 prevede che l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all’articolo
1, comma 431, della legge di stabilità 2014 (L. n. 147/2013) è ridotta di 331,533 milioni di euro per
il 2015 e di 18,533 milioni di euro a
decorrere dal 2016.
Si segnala
preliminarmente che nel bilancio a legislazione vigente 2015 le
risorse del Fondo per la riduzione della pressione fiscale sono allocate sul
capitolo 3833 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle
finanze, con stanziamenti pari a 331,5 milioni per il 2015 e 18,5 milioni sia
per il 2016 che per il 2017.
Si ricorda che il comma
431 della legge n. 147 del 2013
(legge di stabilità 2014) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale cui sono destinate, a decorrere dal 2014, fermo restando il
conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, le seguenti risorse:
a) l'ammontare dei risparmi di spesa derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nei commi da 427 a 430 (vale a dire 488,4 milioni per il 2014, 1.448 milioni per il 2015, 1.988,1 milioni di euro per il 2016, 1.997,9 milioni per il 2017 e 1.339,6 milioni di euro a decorrere dal 2018) e delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili;
b) l'ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del DEF (Documento di economia e finanza), si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.
Le entrate derivanti da misure straordinarie di contrasto all'evasione, non computate nei saldi di finanza pubblica, sono finalizzate in corso d'anno alla riduzione della pressione fiscale sul lavoro, mediante riassegnazione al predetto Fondo e destinate in particolare all’incremento delle deduzioni IRAP e detrazioni IRPEF per reddito da lavoro dipendente e da pensione (comma 432). Per gli anni 2014 e 2015 sono escluse le detrazioni per redditi di pensione (comma 435).
Ai sensi del comma 434, la Nota di aggiornamento contiene una valutazione dell'andamento della spesa primaria corrente e degli incassi derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale. Le eventuali maggiori risorse vengono iscritte, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, limitatamente al primo anno del triennio di riferimento, nello stato di previsione delle entrate e, contestualmente, nel Fondo in commento. La legge di stabilità, sentite le parti sociali, individua gli eventuali interventi di miglioramento degli strumenti di contrasto all'evasione fiscale e di razionalizzazione della spesa, i nuovi importi delle deduzioni e detrazioni citate, definendone altresì le modalità di applicazione da parte dei sostituti d'imposta e delle imprese, in modo da garantire la neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica.
L’articolo 4, comma 3, della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) destina le maggiori entrate rivenienti dal contrasto all’evasione fiscale e dalla progressiva limitazione dell’erosione fiscale esclusivamente al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale. Al Fondo sono interamente attribuiti anche i risparmi di spesa derivanti da riduzione di contributi o incentivi alle imprese, che devono essere destinati alla riduzione dell'imposizione fiscale gravante sulle imprese. Il Governo è quindi delegato ad introdurre norme di coordinamento con le vigenti procedure di bilancio, definendo in particolare le regole di alimentazione del predetto Fondo, le cui dotazioni possono essere destinate soltanto ai fini indicati dalla normativa istitutiva del Fondo medesimo.
Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, valutate in 300 milioni di euro annui dal 2014, sono state destinate alla copertura degli oneri del citato decreto-legge che ha, tra l’altro, introdotto il credito d’imposta IRPEF in favore dei lavoratori dipendenti (cd. bonus di 80 euro).
Al riguardo la Nota di aggiornamento del DEF 2014 segnala, in sede di valutazione degli incassi derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, un gettito nel 2014 pari a circa 11 miliardi circa, con uno scostamento positivo di 1.194 milioni rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio di previsione 2014, a fronte di un gettito nel 2013 pari a 10,688 miliardi, e con un incremento rispetto all'anno precedente di 313 milioni, destinati al Fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui al comma 431 della legge di stabilità 2014.
Si segnala infine che il comma 652 della legge in commento destina, a decorrere dall'anno 2015, le maggiori entrate ricavabili dalle disposizioni in materia di giochi introdotte dai commi 643-650, quanto a 150 milioni di euro, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale. Tali risorse sono accantonate e rese indisponibili e possono essere utilizzate nella misura delle somme effettivamente incassate per la parte eccedente l'importo di 350 milioni di euro.
Articolo 1,
comma 717
(Riduzione Fondo per gli interventi
strutturali di politica economica)
717. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del
decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 dicembre 2004, n. 307, è ridotta di 728,199 milioni di euro per l'anno
2015, di 534,710 milioni di euro per l'anno 2016, di 612,957 milioni di euro
per l'anno 2017, di 388,709 milioni di euro per l'anno 2018, di 261,575 milioni
di euro per l'anno 2019, di 259,934 milioni di euro per l'anno 2020, di 234,823
milioni di euro per l'anno 2021 e di 234,519 milioni di euro per l'anno 2022,
di 234,825 milioni di euro per l'anno 2023 e di 235,142 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2024.
Il comma 717 dispone la riduzione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica dei seguenti importi: 728,199 milioni di euro per l'anno 2015, di 534,710 milioni di euro per l'anno 2016, di 612,957 milioni di euro per l'anno 2017, di 388,709 milioni di euro per l'anno 2018, di 261,575 milioni di euro per l'anno 2019, di 259,934 milioni di euro per l'anno 2020, di 234,823 mi1ioni di euro per l'anno 2021, di 234,519 milioni di euro per l'anno 2022, di 234,825 milioni di euro per l'anno 2023 e di 235,142 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024.
Si ricorda che il Fondo ISPE
è stato istituito dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282 del 2004 al fine
di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche
mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo,
iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze (cap. 3075) viene utilizzato in modo
flessibile ai fini del reperimento delle
risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri
finanziari.
Come precisato nella Relazione tecnica integrata, presentata in relazione all’A.C. 2679-bis-B il 29 dicembre 2014, le indicate riduzioni sono disposte a copertura complessiva delle singole disposizioni presenti nel provvedimento, che ne hanno previsto l'utilizzo in corrispondenza della relativa autorizzazione di spesa.
Nel bilancio di previsione per gli anni 2015-2017 (legge n. 191/2014 e relativo D.M. Economia del 29 dicembre 2014 di ripartizione del bilancio in capitoli) il Fondo presenta una dotazione pari a 271,7 milioni per il 2015, a 415 milioni per il 2016 e a 314,4 milioni per il 2017.
Articolo 1,
commi 718 e 719
(Clausola di salvaguardia: innalzamento
aliquote IVA e accise)
718. Fermo restando quanto previsto dal comma 207, e fatta salva
l'adozione dei provvedimenti normativi di cui al comma 719:
a) l'aliquota IVA del 10 per cento è incrementata di due punti
percentuali a decorrere dal 1º gennaio 2016 e di un ulteriore punto percentuale
dal 1º gennaio 2017;
b) l'aliquota IVA del 22 per cento è incrementata di due punti
percentuali a decorrere dal 1º gennaio 2016, di un ulteriore punto percentuale
dal 1º gennaio 2017 e di ulteriori 0,5 punti percentuali dal 1º gennaio 2018;
c) a decorrere dal 1º gennaio 2018, con provvedimento del direttore
dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'aliquota dell'accisa sulla benzina
e sulla benzina con piombo, nonchè l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato
come carburante, di cui all'allegato I del testo unico delle disposizioni
legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative
sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre
1995, n. 504, e successive modificazioni, sono aumentate in misura tale da
determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per
l'anno 2018 e ciascuno degli anni successivi; il provvedimento è efficace dalla
data di pubblicazione nel sito internet dell'Agenzia delle dogane e dei
monopoli.
719. Le misure di cui al comma 718 possono essere sostituite
integralmente o in parte da provvedimenti normativi che assicurino,
integralmente o in parte, gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza
pubblica attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di
spesa mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.
Il comma 718 introduce una ulteriore clausola di salvaguardia, stabilendo aumenti di aliquota riguardanti l'IVA (con effetti di maggior
gettito stimati nella relazione tecnica in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi
nel 2017) e l'accisa sui carburanti (con maggiori
entrate non inferiori a 700 milioni
di euro a decorrere dal 2018). Nel dettaglio:
a) l'aliquota IVA del 10 per cento è incrementata di due punti percentuali a decorrere dal
1° gennaio 2016 e di un ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017;
b) l'aliquota IVA del 22 per cento è incrementata di due punti percentuali a decorrere dal
1° gennaio 2016, di un ulteriore punto percentuale dal 1° gennaio 2017 e di ulteriore 0,5
punti percentuali dal 1° gennaio 2018;
L’IVA
è disciplinata a livello europeo dalla cosiddetta direttiva IVA (ora direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. In materia di aliquote, l’articolo 97 della direttiva
stabilisce che l’aliquota normale
d’imposta fissata da ciascun Paese membro non può essere, fino al 31 dicembre 2015, inferiore al 15 per
cento. L’aliquota
normale viene fissata da
ciascuno Stato membro ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni
di servizi (articolo 96).
Gli articoli 98 e 99 consentono agli Stati membri
la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Tale facoltà è ammessa esclusivamente per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
delle categorie individuate
nell’allegato III della direttiva.
In Italia, le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale (pari al 22 per cento) si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per cento.
c) a decorrere dal 1° gennaio 2018, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei
monopoli, l'aliquota dell'accisa sulla
benzina e sulla benzina con piombo, nonché l'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, sono
aumentate in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018.
Viene espressamente fatta salva la vigente clausola di salvaguardia già prevista al comma 207 della legge in commento.
Si ricorda che il comma 207 posticipa di un anno, riducendone altresì gli importi per 3 miliardi e 728 milioni di euro, gli effetti della clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014, volta a diminuire le detrazioni e le agevolazioni vigenti (cd. tax expenditures) qualora la revisione della spesa (ndr. spending review) non realizzi i risparmi previsti. Tali importi vengono ora azzerati per il 2015 e rideterminati, rispettivamente, in 3,272 miliardi di euro per il 2016 e 6,272 miliardi di euro a decorrere dal 2017.
Si ricorda infine che il comma 632 (alla cui scheda si rinvia) prevede che, in caso di mancato rilascio della misura di deroga relativa allo split payment, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, da adottare entro il 30 giugno 2015, si dispone l’aumento dell’aliquota dell’accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché l’aliquota dell’accisa sul gasolio usato come carburante in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 1.716 milioni di euro a decorrere dal 2015; il provvedimento è efficace dalla data di pubblicazione sul sito Internet dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
In base al comma 719 le misure di cui sopra possono essere sostituite integralmente o in parte da
provvedimenti normativi che assicurino, integralmente o in parte, gli stessi effetti positivi sui saldi
di finanza pubblica attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa mediante interventi di
razionalizzazione e di revisione della
spesa pubblica.
L'accisa
sui prodotti energetici
Dal 1° marzo 2014 l'accisa sulla benzina è pari a 730,80 euro per mille litri, mentre quella sul gasolio è stata aumentata a 619,80 euro per mille litri, per effetto della determinazione del Direttore dell'Agenzia delle Dogane del 23 dicembre 2013. Tale aumento è conseguente alle norme contenute nell'articolo 61, comma 1, lettera e) del decreto-legge n. 69 del 2013.
Un incremento delle accise sui carburanti era previsto a partire dal 1° gennaio 2015, in conseguenza dell'attivazione della cd. "clausola di salvaguardia" contenuta nell'articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 102 del 2013 (cd. decreto-legge IMU). Tale aumento è stato "sterilizzato" dall'articolo 10, comma 9 decreto-legge n. 192 del 2014 (cd. milleproroghe) che ha sostituito l'innalzamento delle accise sui carburanti con la destinazione, a copertura delle misure contenute nel D.L. IMU (che, tra l'altro, ha eliminato la prima rata IMU 2013 per le abitazioni principali), di parte delle risorse che deriveranno dall'introduzione dalle norme in materia di collaborazione volontaria fiscale, disciplinata dalla legge n. 186 del 2014 (cd. voluntary disclosure). Ove l'andamento delle entrate provenienti dalla procedura di collaborazione volontaria non consenta la copertura degli oneri derivanti dall'articolo 15 del decreto-legge n. 102 del 2013, si prevede la riattivazione di una clausola di salvaguardia per gli anni 2015 e 2016, con aumento degli acconti IRES e IRAP per il periodo d'imposta 2015 e un aumento delle accise a decorrere del 2016.
Si ricorda che la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 626 della legge n. 147 del 2013) stabilisce un aumento dell'accisa sulla benzina e del gasolio per il periodo dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, la cui misura è affidata a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane da adottare entro il 31 dicembre 2016, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 220 milioni di euro per l'anno 2017 e a 199 milioni di euro per l'anno 2018.
Un ulteriore aumento delle accise sui carburanti, decorrente dal 1° dicembre 2018, è contenuto dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 718 della legge n. 190 del 2014), che dispone anche un aumento delle aliquote IVA dalla stessa data. In particolare, per quanto concerne le accise sulla benzina e sul gasolio usato come carburante, la misura dell'innalzamento sarà determinata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 700 milioni di euro per l'anno 2018 e ciascuno degli anni successivi. Tale innalzamento (così come gli aumenti dell'IVA) può essere sostituito integralmente o in parte da provvedimenti normativi che assicurino, integralmente o in parte, gli stessi effetti positivi sui saldi di finanza pubblica attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica.
Si rammenta infine che l'articolo 19, comma 3 del D.L. n. 91 del 2014 prevede un ulteriore innalzamento, dal 1° gennaio 2019, delle accise sui carburanti: anche in tale caso l'incremento è affidato a un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli da adottare entro il 30 novembre 2018 ed efficace dalla data di pubblicazione sul sito internet dell'Agenzia, tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 140,7 milioni di euro nel 2019, a 146,4 milioni di euro nel 2020 e a 148,3 milioni di euro a decorrere dal 2021. Detto aumento è disposto a copertura delle misure, contenute nel medesimo articolo 19 del D.L. n. 91/2014, che rafforzano l'istituto dell'ACE - aiuto per la crescita economica, in particolare per le imprese che intendono quotarsi nei mercati regolamentati.
Per quanto invece attiene agli oli lubrificanti, si ricorda che l'articolo 14 del D.L. n. 91 del 2013, a decorrere dal 1° gennaio 2014, fissa l'aliquota dell'imposta di consumo gravante su tali prodotti nella misura di 787,81 euro per mille chilogrammi, determinando pertanto un aumento di 37,81 euro per mille chilogrammi rispetto all'aliquota previgente (750 euro per mille chilogrammi).
La richiamata legge di stabilità 2014 dispone infine (articolo 1, commi 634 e 635 della legge n. 147 del 2013) l'estensione alle annualità dal 2014 al 2019 delle vigenti disposizioni in tema di accisa ridotta per talune emulsioni stabilizzate con acqua, idonee all'impiego nella carburazione e nella combustione.
Per quanto concerne le accise sui prodotti energetici usati come combustibili per riscaldamento, si segnala che con lettera del 31 maggio 2012, le autorità italiane hanno chiesto l'autorizzazione alla Commissione europea a continuare ad applicare, in talune zone geografiche particolarmente svantaggiate, aliquote ridotte di accisa sul gasolio e sul GPL usati come combustibile per riscaldamento, mediante l'estensione della prassi seguita ai sensi della decisione 2008/318/CE in alcune zone. Le autorità italiane hanno trasmesso ulteriori informazioni e chiarimenti nel tempo e, infine, con la lettera del 19 marzo 2014 hanno chiesto il rinnovo dell'autorizzazione concessa con decisione 2008/318/CE, senza modificarne l'ambito d'applicazione territoriale, per il periodo dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2018.
Considerate le caratteristiche del territorio italiano, che hanno spinto il legislatore a introdurre aliquote di tassazione ridotte per il gasolio e il GPL al fine di compensare in parte i costi di riscaldamento eccessivamente elevati sostenuti dai residenti di alcune zone geografiche, la Commissione ha rilevato che la differenziazione delle aliquote si basa su criteri oggettivi e mira a porre la popolazione delle zone ammissibili in condizioni paragonabili al resto della popolazione.
La misura richiesta è stata esaminata dalla Commissione, la quale ha stabilito che non causa distorsioni di concorrenza, non ostacola il funzionamento del mercato interno e non è incompatibile con la politica unionale in materia di ambiente, energia e trasporti ed è dunque stata autorizzata fino al 31 dicembre 2018 con la decisione 2014/695/UE.
Detta decisione (articolo 1) autorizza l'Italia ad applicare una misura vantaggiosa di aliquota al gasolio e al GPL utilizzati per riscaldamento, purché erogate a territori classificati come svantaggiati, ossia i comuni che rientrano nella zona climatica E ed F di cui al D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412, oltre alle isole (ad eccezione della Sicilia). Nel particolare caso della Sardegna, la riduzione fiscale non può essere inferiore al prezzo praticato sul continente per lo stesso combustibile. L'aliquota ridotta è stabilita ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 2003/96/CE ed è subordinata (articolo 2), alla indisponibilità di una rete di distribuzione del gas naturale nel comune in questione.
Si ricorda che il D.P.C.M. 15 gennaio 1999 ha fissato le aliquote ordinarie di accisa per i predetti combustibili in € 403,21391 per mille litri, per il gasolio, e in € 189,94458 per mille kg relativamente al GPL.
Per quanto riguarda il gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra da parte dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, l'articolo 6 del decreto-legge n. 69 del 2013 dispone che, per il periodo 1° agosto 2013 - 31 dicembre 2015, l'accisa si applichi nella misura agevolata di 25 euro per mille litri, nel caso che gli stessi soggetti, in sede di richiesta dell'assegnazione del gasolio, ai sensi del decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, si obblighino a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali.
Articolo 1,
comma 720
(Riduzione
Fondo compensazione effetti finanziari)
720. Il Fondo per la
compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente
conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo
6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni,
è ridotto di 135 milioni di euro per il 2015, di 100 milioni di euro per il
2016 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018.
Il comma 720 dispone la riduzione del Fondo per la
compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente
conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di 135 milioni di euro per il 2015, di 100 milioni di euro per il 2016
e di 50 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2017 e 2018.
Il Fondo per la compensazione
degli effetti finanziari, istituito, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del
D.L. n. 154 del 2008, nello stato di previsione del Ministero dell'economia (cap. 7593), è finalizzato a compensare
gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi
di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di
autorizzazioni legislative. All'utilizzo del Fondo per le suddette finalità si
provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da trasmettere
al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per
materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.
Nel bilancio di previsione
per gli anni 2015-2017, il Fondo presenta una dotazione di sola cassa pari a
247,8 milioni per il 2015, 367,9 milioni per il 2016 e a 403,2 milioni per il
2017.
Si ricorda che il Fondo per
la compensazione degli effetti finanziari, oltre che dalla norma in esame è
utilizzato a copertura da altre norme del provvedimento, che ne
hanno determinato ulteriori riduzioni per 47
milioni per il 2015, e per 10,6
milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Si tratta, in particolare,
delle seguenti disposizioni:
§ Il comma
148, che riduce il Fondo di 31,6 milioni di euro per il 2015, a
compensazione degli effetti finanziari derivanti dalla diversa destinazione dei
proventi della gara per le frequenze del digitale terrestre non già assegnate
agli operatori in analogico prevista dal comma 146;
§ il comma
323, che riduce il Fondo di 1,1 milioni di euro per il 2015, a
compensazione degli effetti finanziari derivanti dalla possibilità, prevista
dalla norma, di impegnare parte degli stanziamenti già previsti per il 2014 per
il finanziamento delle elezioni dei COMITES, anche nell'esercizio 2015;
§ comma
499, che riduce il Fondo di 0,3
milioni di euro per l'anno 2015, 10,6 milioni per ciascuno degli anni 2016 e
2017 e di 14,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, a compensazione
degli effetti finanziari derivanti dalla esclusione
dal patto di stabilità interno dei comuni istituiti a seguito di fusione a
decorrere dal 2011 fino al quinto anno successivo a quello della loro
istituzione;
§ comma
502, che riduce il Fondo di 5
milioni di euro per il 2015, a compensazione degli effetti finanziari derivanti
dalla esclusione dal patto di stabilità interno delle spese sostenute dai
comuni delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto interessati dagli
eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012 finalizzate a fronteggiare gli
eccezionali eventi sismici;
§ il comma
665, che riduce il Fondo di 5 milioni di euro per il 2015, a compensazione
degli effetti finanziari derivanti della esclusione dal patto di stabilità interno della regione Molise delle spese effettuate per la
ricostruzione e il ripristino dei danni causati dagli eventi sismici
dell'ottobre e del novembre 2002;
§ il comma 724, che riduce il
Fondo di 4 milioni di euro per il 2015, a compensazione degli effetti
finanziari derivanti dal rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa relativa
al Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca.
Articolo 1, comma 721
(Riduzione risorse per benefici
previdenziali relativi a lavori usuranti)
721. All'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2011, n.
67, le parole: «e 383 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013» sono
sostituite dalle seguenti: «, 383 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014 e
233 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015». Il Fondo di cui all'articolo
1, comma 3, lettera f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è ridotto di 150
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015.
Il comma 721 riduce di 150 milioni di
euro (passando così da una dotazione, nel 2014, pari a 383 milioni di euro
ad una dotazioni pari a 233 milioni di euro annui, a decorrere dal 2015), lo
stanziamento relativo ai benefici
previdenziali per i lavoratori impegnati in attività usuranti.
Si ricorda che in attuazione della delega legislativa conferita dell’articolo 1 della L. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro), con il D.Lgs. n. 67/2011 è stata introdotta una disciplina normativa relativa al pensionamento dei soggetti che hanno svolto attività lavorative usuranti.
Il decreto legislativo
67/2011 era volto, in particolare, a consentire ai lavoratori dipendenti
impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress
psico-fisico, di maturare il diritto al
trattamento pensionistico con un anticipo di 3 anni.
Per quanto riguarda la platea dei soggetti beneficiari, il decreto dispone che possano usufruire del pensionamento anticipato quattro diverse categorie di soggetti, ossia:
§ i lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti (di cui all’articolo 2 del D.M. 19 maggio 1999);
§ i lavoratori subordinati notturni (come definiti dal D.Lgs. n. 66/2003);
§ i lavoratori addetti alla cd. “linea catena” che, nell’ambito di un processo produttivo in serie, svolgano lavori caratterizzati dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale;
§ i conducenti di veicoli pesanti adibiti a servizi pubblici di trasporto di persone.
Le condizioni per l’accesso al beneficio pensionistico sono che le attività usuranti vengano svolte al momento dell’accesso al pensionamento e che siano state svolte per una certa durata nel corso della carriera lavorativa (secondo il testo originario del decreto legislativo, nella fase transitoria, ossia fino al 2017, per un minimo di 7 anni negli ultimi 10 anni di attività lavorativa; a regime, ossia dal 2018, per un arco di tempo almeno pari alla metà dell’intera vita lavorativa).
Specifiche norme concernono gli obblighi dei datori di lavoro in ordine alla produzione della documentazione volta a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti per l’accesso al beneficio pensionistico.
Una apposita clausola di salvaguardia è volta a garantire il rispetto dei limiti di spesa fissati, prevedendo il differimento della decorrenza dei trattamenti (con criteri di priorità basati sulla data di maturazione dei requisiti) qualora emergano scostamenti tra il numero delle domande presentate e la copertura finanziaria a disposizione.
L’articolo 24, comma 17, del D.L. n. 201/2011 (riforma Fornero) è intervenuto sul decreto legislativo n.67/2011, operando una significativa modifica delle condizioni di accesso al pensionamento anticipato, con l'effetto di attenuare la portata dei benefici previdenziali in precedenza previsti.
La nuova disciplina pensionistica ha, in particolare, previsto:
§ la limitazione agli anni 2008-2011 (anziché 2008-2012) del periodo transitorio;
§ per quanto concerne la disciplina a regime (che decorre dal 1° gennaio 2012, e non più dal 1° gennaio 2013), la previsione che il pensionamento avvenga secondo il sistema delle “quote” previste dalla Tabella B di cui all'Allegato 1 della L. 247/2007 (ferma restando, comunque, la possibilità di pensionamento anticipato secondo i nuovi criteri previsti dallo stesso D.L. 201/2011) e non più con il riconoscimento dell’anticipo di 3 anni;
§ per quanto concerne, specificamente, i lavoratori turnisti che hanno prestato lavoro notturno, la disciplina previgente (sulla riduzione massima dell’età anagrafica di uno o due anni, rispettivamente per i lavoratori che abbiano svolto turni da 64 a 71 giorni all’anno, ovvero da 72 a 78 giorni all’anno) viene limitata al periodo 2009-2011; a regime, ossia dal 1° gennaio 2012, per questi lavoratori il pensionamento avviene secondo il sistema delle “quote” previste dalla Tabella B di cui all'Allegato 1 della L. 247/2007 (incrementate di due anni e due unità per i lavoratori che abbiano svolto turni notturni da 64 a 71 giorni all’anno, e di un anno ed una unità per i lavoratori che abbiano svolto turni da 72 a 78 giorni all’anno).
Per quanto concerne,
specificamente, le risorse previste per il finanziamento dei benefici
previdenziali per i c.d. lavori usuranti, l’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. n. 67/2011 prevede uno stanziamento
di 383 milioni annui a decorrere dal
2013.
Al riguardo si fa presente che la tabella relativa allo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato evidenzia la presenza di un significativo ammontare di somme non pagate, negli anni 2011, 2012 e 2013, nell'ambito del piano di gestione n. 2 (Pensionamenti anticipati attività usuranti), del capitolo 4354, relativo agli oneri derivanti da pensionamenti anticipati, e del capitolo 4377, relativo al protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l'equità e la crescita sostenibili[236].
In relazione a tale situazione contabile, la XI Commissione (lavoro) della Camera ha avviato l’esame di alcune risoluzioni[237] volte a impegnare il Governo a rivedere i criteri di accesso ai benefici previdenziali per le attività usuranti, al fine di assicurare un più alto tasso di utilizzo delle risorse a tal fine stanziate ai sensi della normativa vigente.
Articolo 1,
comma 722
(Versamento da parte dell’INPS
all’entrata del bilancio di somme derivanti dal contributo per i fondi
interprofessionali per la formazione continua)
722. Con effetto dall'anno 2015 è disposto il versamento all'entrata del
bilancio dello Stato, da parte dell'INPS, di 20 milioni di euro per l'anno 2015
e di 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016 a valere sulle
risorse derivanti dall'aumento contributivo di cui all'articolo 25 della legge
21 dicembre 1978, n. 845, a decorrere dall'anno 2015; tali risorse gravano
sulle quote destinate ai fondi interprofessionali per la formazione continua.
Il comma 722 dispone, a decorrere dal 2015, il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, da parte dell'I.N.P.S., di 20 milioni di euro (per il 2015) e di 120 milioni di euro (a decorrere dal 2016) a valere sulle risorse derivanti dall'aumento contributivo di cui all'articolo 25, quarto comma, della L. n. 845/1978, relativo alla contribuzione integrativa dello 0,30% (dovuta per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria) destinato al finanziamento del Fondo di rotazione per la formazione.
Le richiamate risorse gravano sulle quote destinate ai fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua, che quindi andranno contestualmente rideterminate.
L’articolo 25 della L. n. 845/1978 (legge-quadro sulla formazione professionale) ha istituito un Fondo di rotazione (presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) al fine di favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione regionali, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilanci.
Ai fini del finanziamento di tale Fondo, è stata introdotta una contribuzione integrativa (dello 0,30%) dovuta per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (di cui all’articolo 12, sesto comma) della L. n. 160/1975.
Si ricorda che il contributo per la disoccupazione involontaria è costituito, oltre alla richiamata addizionale dello 0,30%, anche dai contributi di cui agli articoli 12, sesto comma, e 28, primo comma, della L. n. 160/1975, che determinavano, rispettivamente, l’aliquota del contributo integrativo per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (1,30% della retribuzione imponibile), nonché la percentualizzazione del contributo base dovuto per la predetta assicurazione DS (0,01% della retribuzione imponibile), per un totale quindi pari all’1,61%. La L. n. 92/2012 (articolo 2, comma 1) ha introdotto un nuovo ammortizzatore sociale (ASpI) che a decorrere dal 2013 ha sostituito sostituisce la preesistente assicurazione contro la disoccupazione involontaria. In particolare, l’articolo 2, comma 25, della L. n. 92/2012 ha stabilito che, con effetto sui periodi contributivi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2013, al finanziamento delle indennità erogate dalla nuova assicurazione concorrono i contributi in precedenza richiamati (nonché il contributo aggiuntivo dello 0,30%).
Successivamente, in materia è intervenuta la legge finanziaria per il 2001 (L. n. 388/2000), che all’articolo 118 ha introdotto i richiamati fondi paritetici interprofessionali, costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori “maggiormente rappresentative sul piano nazionale”, per ciascuno dei seguenti settori economici (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi): industria; agricoltura; terziario; artigianato[238].
I fondi finanziano, in
tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o
individuali, concordati tra le parti sociali, "nonché eventuali ulteriori
iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani
concordate tra le parti".
I fondi - che, previo accordo tra le parti, si possono articolare su scala regionale o, in ogni caso, territoriale - sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (attualmente Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali), il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.
Si ricorda che a decorrere dal 2001[239] la quota del gettito complessivo da destinare ai fondi è stabilita al 20% a valere sul terzo delle risorse derivanti dal contributo integrativo di cui all’articolo 25 della L. n. 845/1978, destinato al Fondo di cui all'articolo medesimo (fondo di rotazione per favorire l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione professionale). Tale quota è stata poi portata al 30% per il 2002 e al 50% per il 2003.
Con riferimento ai datori che aderiscono ai medesimi fondi, le entrate derivanti dall'addizionale contributiva dello 0,30%[240] - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale - sono trasferite, in caso di adesione ai richiamati fondi, da parte dell'I.N.P.S., al fondo indicato dal datore (quest’ultimo può quindi richiedere finanziamenti per la formazione dei propri dipendenti al suddetto Fondo), nei seguenti termini e limiti:
§ le entrate corrispondenti alla quota - pari ad un terzo (cioè, a 0,1 punti percentuali) - dell'addizionale che spetterebbe, in via ordinaria[241], al Fondo di rotazione per la formazione professionale e per l'accesso al Fondo sociale europeo[242] sono attribuite in misura integrale al fondo indicato dal datore - in caso, ovviamente, di adesione da parte del medesimo;
§ le entrate corrispondenti alla restante quota (cioè, ai due terzi) sono anch'esse destinate al fondo prescelto, nel limite, tuttavia, di un importo pari a circa 103,291 milioni di euro[243]. Si ricorda che tale quota spetta, in assenza di adesione - nonché, in ogni caso, per la misura eccedente il suddetto importo - al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie[244] (ai fini del cofinanziamento degli interventi del Fondo sociale europeo).
Merita ricordare, infine, che nel recente passato vi sono stati altri interventi normativi incidenti sulle entrate derivanti dall’addizionale contributiva del 30%, quali:
§ l’articolo 4 del D.L. n. 54/2013, che ha assegnato agli ammortizzatori sociali in deroga, per il 2013, 246 milioni delle risorse derivanti dal gettito complessivo dell’addizionale contributiva;
§ l’articolo 40 del D.L. n. 133/2014, che prevede, per il 2014, una riduzione delle risorse da assegnare ai fondi interprofessionali nella misura di 292,34 milioni (tali risorse gravano per un importo massimo di 200 milioni di euro sulla quota inoptata e per la restante parte sulle quote destinate ai fondi interprofessionali per la formazione continua).
Articolo 1,
commi 723 e 724
(Riduzione del Fondo integrativo speciale
per la ricerca)
723. L'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 1, lettera
d), della legge 19 ottobre 1999, n. 370, è ridotta di 4 milioni di euro per
l'anno 2015.
724. Alla compensazione degli effetti finanziari sui saldi di finanza
pubblica, derivanti dal comma 723, pari a 4 milioni di euro per l'anno 2015, si
provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli
effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti
all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2,
del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni.
Il comma 723 riduce di 4 milioni di euro per il 2015 l’autorizzazione di spesa relativa al rifinanziamento del Fondo integrativo speciale per la ricerca, recata dall’art. 10, co. 1, lett. d), della L. n. 370/1999.
Il Fondo integrativo speciale per la ricerca è stato
previsto dall’art. 1, co. 3, del d.lgs. 204/1998 per il finanziamento di
specifici interventi di particolare rilevanza strategica, indicati nel
Programma nazionale della ricerca e nei suoi aggiornamenti[245].
Lo stanziamento è allocato sul cap. 7310 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze che, in base al Decreto 101094
del 29 dicembre 2014 - Ripartizione in capitoli delle Unità di voto
parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017 – per il 2015 reca uno
stanziamento pari a 19,7 milioni di
euro.
Si ricorda che la disposizione in esame è stata introdotta nel corso dell’esame alla Camera[246], a copertura finanziaria dell’incremento di 4 milioni di euro per il 2015 dell’autorizzazione di spesa di cui al D.Lgs. n. 204/1998[247], relativa al Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, esposto nella Tabella C della legge in esame, nell’ambito della missione Ricerca e innovazione, programma Ricerca scientifica e tecnologica di base e applicata (cap. 7236/Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca).
Come evidenziato nella relazione tecnica relativa al comma 723, la disposizione prevede, in sostanza, una variazione compensativa tra il capitolo 7310 ''Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca" (in diminuzione) iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ed il capitolo 7236 "Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca" (in aumento) iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di destinare i trasferimenti in favore del Centro per i cambiamenti climatici.
Poiché la variazione compensativa comporta oneri in termini di indebitamento netto e di fabbisogno - derivanti dalla diversa incidenza sui saldi di finanza pubblica delle due autorizzazioni di spesa interessate[248] - il successivo comma 724 ne prevede la relativa compensazione finanziaria, in termini di indebitamento netto e fabbisogno, per 4 milioni di euro nel 2015, mediante l’utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.
Il Fondo, istituito dall'articolo 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008, è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Nel bilancio di previsione per gli anni 2015-2017 (cap. 7593/Economia), il Fondo presenta una dotazione di sola cassa pari a 247,8 milioni per il 2015, 367,9 milioni per il 2016 e a 403,2 milioni per il 2017.
Articolo 1,
comma 725
(Esclusione della ritenuta sui compensi
per
taluni vettori marittimi ed aerei)
725. L'articolo 25, quarto comma, secondo periodo, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive
modificazioni, si interpreta nel senso che per la sussistenza del requisito
della territorialità non rileva l'articolo 4 del codice della navigazione.
Il comma
725 prevede che ai fini dell’effettuazione della ritenuta sui compensi corrisposti a non residenti prevista
dall’articolo 25, comma 4, del TUIR non trova applicazione, per la sussistenza
del requisito della territorialità, quanto previsto dall’articolo 4 del Codice
della navigazione, secondo cui i vettori marittimi ed aerei italiani che si
trovino in luogo non soggetto ad alcuna sovranità statuale, si ritengono in
territorio italiano. In sostanza, la norma sembra escludere i vettori in questione dalla predetta ritenuta.
Il comma 4 dell'art. 25 del D.P.R. n. 600 prevede che i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi d'impresa, ecc. di cui all'art. 23, comma 2, lett. c) del TUIR corrisposti a non residenti sono soggetti ad una ritenuta del 30% per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare. L'art. 25 comma 4 prevede altresì, una ritenuta del 30% per cento a titolo di imposta sull'ammontare dei compensi corrisposti a non residenti per l'uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che si trovano nel territorio dello Stato. Ne sono esclusi i compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.
La lettera c) del comma 2 dell'articolo 23 del TUIR afferma che, ai fini della applicazione dell'imposta sui redditi ai non residenti, si considerano redditi prodotti nel territorio dello Stato -se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti- i compensi per l'utilizzazione di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di marchi d'impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico.
La disapplicazione della norma illustrata
consentirebbe inoltre alle predette navi di accedere al regime agevolato della tonnage
tax, il quale prevede, tra i requisiti di accesso l’utilizzo in
traffico internazionale.
Si ricorda che gli articoli da 155 a 161 del TUIR recano la disciplina (opzionale) per la determinazione della base imponibile di alcune imprese marittime (cd. tonnage tax). L'opzione consente la determinazione forfetaria della base imponibile delle navi, secondo quanto previsto dal D.M. 23 giugno 2005, che reca le relative disposizioni applicative.
Con la circolare 21 dicembre 2007, n. 72 l'Agenzia delle entrate ha chiarito, tra l'altro, i requisiti oggettivi che una nave deve avere per poter beneficiare dell'agevolazione sul reddito:
§ iscrizione nel registro delle navi adibite alla navigazione internazionale, cd. registro internazionale, di cui al decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457;
§ utilizzo in traffico internazionale;
§ tonnellaggio superiore a cento tonnellate di stazza netta;
§ destinazione a determinate attività di trasporto;
§ navi armate direttamente, oppure noleggiate dall’impresa marittima, a condizione che il tonnellaggio delle navi prese a noleggio non sia superiore al 50 per cento di quello complessivamente utilizzato.
Il regime forfettario permette di calcolare l'importo giornaliero del reddito: il calcolo di quello annuo avviene quindi semplicemente moltiplicando l'importo giornaliero per i giorni di effettivo utilizzo della nave, escludendo quindi i periodi di manutenzione e di riparazione sia ordinaria che straordinaria, nonché quelli di disarmo temporaneo dello scafo.
Articolo 1,
comma 726
(Rimborsi per operazioni di controllo
preventivo)
726. All'articolo 1, comma 587, primo periodo, della legge 27 dicembre
2013, n. 147, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «non oltre il settimo
mese successivo alla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della
dichiarazione di cui ai citati articoli 16 e 17 del regolamento di cui al decreto
del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, ovvero alla data della
trasmissione della dichiarazione, ove questa sia successiva alla scadenza di
detti termini».
Il comma 726 fissa un termine massimo – in precedenza non previsto - per l’esecuzione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei rimborsi di imposta alle persone fisiche di importo complessivo superiore a 4.000 euro, conseguente allo svolgimento di controlli preventivi sulle dichiarazioni, qualora questo sia determinato da detrazioni per carichi di famiglia o da eccedenze d’imposta derivanti dalla precedente dichiarazione.
Più in dettaglio, le norme in esame in particolare aggiungono un periodo alla fine dell'articolo 1, comma 587, primo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014).
La richiamata legge di stabilità 2014 (commi da 586 a 589) ha previsto lo svolgimento, da parte dell’Agenzia delle entrate, di controlli preventivi volti a contrastare l’erogazione di indebiti rimborsi di imposte dirette a favore di persone fisiche da parte dei sostituti d’imposta. Il controllo viene effettuato prima dell’erogazione di un rimborso di importo complessivo superiore a 4.000 euro, qualora questo sia determinato da detrazioni per carichi di famiglia o da eccedenze d’imposta derivanti dalla precedente dichiarazione; i rimborsi che, a seguito del controllo preventivo, risultano comunque dovuti sono erogati direttamente dall’Agenzia delle entrate.
Più in dettaglio, il comma 586 stabilisce che - al fine di contrastare l’erogazione di indebiti rimborsi dell'IRPEF da parte dei sostituti d’imposta nell’ambito dell’assistenza fiscale - l’Agenzia delle entrate effettua controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni. I controlli sono effettuati entro sei mesi dalla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della dichiarazione.
In sostanza, a partire dalle dichiarazioni presentate nel 2014 (termine fissato dal comma 589), per le dichiarazioni che prevedono un rimborso di importo complessivo superiore a 4.000 euro, qualora questo sia determinato da detrazioni per carichi di famiglia o da eccedenze d’imposta derivanti dalla precedente dichiarazione, il rimborso non viene più effettuato dal CAF nel mese di luglio, ma viene effettuato direttamente dall’Agenzia delle entrate al termine dei controlli citati.
Ai sensi del comma 587, su cui interviene la norma in commento, il rimborso che risulta spettante al termine delle suddette operazioni di controllo preventivo viene erogato dall’Agenzia delle entrate. La norma ha dunque posticipato pertanto l'erogazione del rimborso al termine delle operazioni di controllo; nella sua formulazione previgente, non prevedeva un termine certo di erogazione del rimborso.
Per effetto delle disposizioni in esame il rimborso dovrà avvenire non oltre il settimo mese successivo alla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della dichiarazione (di cui agli articoli 16 e 17 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164), ovvero alla data della trasmissione della dichiarazione, ove questa sia successiva alla scadenza di detti termini.
Il D.M. n. 164 del 1999 (Regolamento recante norme per l'assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d'imposta e dai professionisti ai sensi dell'articolo 40 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241) disciplina all'articolo 16 l'assistenza fiscale prestata dai CAF-dipendenti che, ai sensi del comma 1, devono trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate, entro il 30 giugno di ciascun anno, le dichiarazioni predisposte e, entro il 10 novembre successivo, le dichiarazioni integrative.
L'articolo 17, concernente l'assistenza fiscale prestata dai sostituti d'imposta, prevede al comma 1 che questi ultimi trasmettano in via telematica all'Agenzia delle entrate, entro il 30 giugno di ciascun anno, le dichiarazioni elaborate e i relativi prospetti di liquidazione e consegnino le buste contenenti le schede relative alle scelte per la destinazione dell'otto per mille dell'IRPEF.
La disposizione si applica nell'ambito dell'assistenza fiscale prestata ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché dell’articolo 51-bis del decreto-legge 21 n. 69 del 2013 (norma con cui è stata estesa la possibilità di ricorrere ai CAF anche a quei soggetti che nell’anno 2013 si trovavano in una condizione di lavoratore dipendente, ma nell’anno successivo, non risultando più tali, non avrebbero potuto, ai sensi della normativa vigente, utilizzare un CAF).
Articolo 1,
comma 727
(Tabelle A e B)
727. Gli importi da iscrivere nei fondi speciali di cui all'articolo 11,
comma 3, lettera c), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per il finanziamento
dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel
triennio 2015-2017 restano determinati, per ciascuno degli anni 2015, 2016 e
2017, nelle misure indicate nelle Tabelle A e B allegate alla presente legge,
rispettivamente per il fondo speciale destinato alle spese correnti e per il
fondo speciale destinato alle spese in conto capitale.
Il comma
727 dispone in ordine all’entità dei fondi
speciali, ossia gli strumenti contabili, disciplinati dall’articolo 18
della legge di contabilità (legge n. 196 del
2009), mediante i quali si determinano le
disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si
prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi
nel bilancio pluriennale.
La determinazione degli importi dei fondi speciali in apposite Tabelle della legge di stabilità è prevista dall'articolo 11, comma 3, lettera c), della nuova legge di contabilità.
Con il comma in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella Tabella A e per quella in conto capitale nella Tabella B allegate al disegno di legge di stabilità, ripartite per Ministeri.
In sede di Relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.
Nel testo del disegno di legge di stabilità
per il 2015 presentato dal Governo (A.C. 2679) gli importi della Tabella A ammontavano complessivamente
a 255,1 milioni per il 2015, a 300,5 milioni per il 2016 e a 350,5 milioni per
il 2017.
Per effetto degli emendamenti approvati nel
corso dell’esame parlamentare (che hanno utilizzato le disponibilità della
tabella a copertura degli oneri da essi recati) le risorse complessivamente
iscritte in tabella A nella legge di
stabilità ammontano a 164,7 milioni
per il 2015, a 209,8 milioni per il 2016 e a 258,3 milioni per il 2017.
(importi
in migliaia )
Tabella A |
2015 |
2016 |
2017 |
Bilancio a legislazione vigente |
55.097 |
50.497 |
50.497 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
255.096 |
300.496 |
350.496 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
196.247 |
230.177 |
286.897 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
164.692 |
209.756 |
258.276 |
Per quanto riguarda la Tabella B, il disegno di legge di stabilità per il 2015 prevedeva importi pari a 150,9 milioni per il 2015, 538,8 milioni per il 2016 e 789,1 per il 2017. La legge di stabilità 2015 indica importi per 119,9 milioni per il 2015, 324,8 milioni per il 2016 e 450,1 milioni per il 2017.
(importi
in migliaia )
Tabella B |
2015 |
2016 |
2017 |
Bilancio a legislazione vigente |
60.911 |
203.776 |
169.068 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
150.911 |
538.776 |
789.068 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
125.711 |
374.776 |
515.068 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
119.887 |
324.776 |
450.068 |
Nelle tabelle seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale, come determinati nel bilancio a legislazione vigente (A.C. 2680), nel disegno di legge di stabilità presentato dal Governo (A.C. 2679) nonché come modificati nel corso dell’esame alla Camera (A.S. 1698) e al Senato (legge n. 190/2014).
Si riportano altresì, per completezza informativa, le finalizzazioni degli accantonamenti, come indicate nella Relazione illustrativa del disegno di legge presentato dal Governo.
TABELLA
A – FONDO SPECIALE DI PARTE CORRENTE
(migliaia
di euro)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
14.958 |
6.799 |
6.799 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
161.958 |
198.799 |
246.799 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
109.408 |
130.979 |
185.699 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
86.408 |
111.595 |
164.315 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse destinate all’attuazione del disegno di legge recante Disposizioni in
materia di donazione del corpo post
mortem ai fini di studio e di ricerca scientifica (A.C. 100 – A.S. 1534),
del disegno di legge concernente Disciplina degli orari di apertura degli
esercizi commerciali (A.C. 750), del disegno di legge concernente Istituzione
del "Premio biennale di ricerca Giuseppe Di Vagno" e disposizioni per
il potenziamento della biblioteca e dell'archivio storico della Fondazione Di
Vagno, per la conservazione della memoria del deputato socialista assassinato
il 25 settembre 1921 (A.C. 1092) e per provvedimenti normativi riguardanti il
recepimento e adeguamento alla normativa e alla giurisprudenza europea, nonché
per interventi diversi.
MINISTERO
DELLA GIUSTIZIA
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
10.000 |
10.000 |
10.000 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
- |
- |
- |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse per interventi diversi.
MINISTERO
DEGLI AFFARI ESTERI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
37.384 |
39.889 |
39.889 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
52.383 |
59.889 |
59.889 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
51.984 |
59.489 |
59.489 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
48.429 |
58.934 |
58.934 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprendeva
le risorse preordinate a numerosi disegni di legge di ratifica di accordi e
trattati già in corso di esame parlamentare, nonché le risorse per ulteriori
accordi internazionali e per interventi diversi.
MINISTERO
DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
7 |
9 |
9 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
7 |
9 |
9 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
7 |
9 |
9 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
7 |
9 |
9 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse destinate per le scuole non statali.
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL
TERRITORIO E DEL MARE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
136 |
1.000 |
1.000 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
10.136 |
11.000 |
11.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
9.536 |
10.400 |
10.400 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
9.536 |
10.018 |
10.018 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse per interventi vari.
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E
FORESTALI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
2.612 |
2.800 |
2.800 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
12.612 |
12.800 |
12.800 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
10.312 |
12.800 |
12.800 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
5.312 |
12.700 |
6.500 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è
preordinato alla copertura del disegno di legge concernente disposizioni per la
salvaguardia degli agrumeti caratteristici (A.C. 55) nonché per interventi
vari.
MINISTERO DELLA SALUTE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
8.000 |
8.000 |
10.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
5.000 |
6.500 |
8.500 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
5.000 |
6.500 |
8.500 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse destinate all’emergenza biologica a livello nazionale.
TABELLA B - FONDO SPECIALE DI CONTO CAPITALE
(migliaia
di euro)
MINISTERO
DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
20.400 |
98.400 |
98.400 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
82.400 |
229.400 |
376.400 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
59.200 |
229.400 |
376.400 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
53.376 |
206.900 |
358.900 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse destinate all’attuazione di interventi diversi e per il potenziamento
ed ammodernamento della Guardia di finanza.
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
32.753 |
32.753 |
32.753 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
32.753 |
32.753 |
32.753 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
32.753 |
32.753 |
32.753 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
32.753 |
32.753 |
32.753 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è
preordinato per la stabilizzazione dei lavoratori impiegati in ASU nella città
di Napoli e per il disegno di legge riguardante la disciplina degli orari di
apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750).
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
42 |
34.708 |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
42.949 |
34.708 |
- |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
42.949 |
34.708 |
- |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
42.949 |
34.708 |
- |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è
finalizzato al finanziamento degli interventi riguardanti la partecipazione
dell’Italia alla spesa per la ristrutturazione del Quartiere Generale
Atlantico.
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
- |
60.000 |
170.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
- |
- |
- |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
- |
- |
- |
Finalizzazioni:
L’accantonamento comprende le
risorse per interventi per il programma spaziale europeo.
MINISTERO DELL'INTERNO
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
20.000 |
30.000 |
38.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
20.000 |
30.000 |
38.000 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
20.000 |
30.000 |
38.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è
finalizzato per l’ammodernamento di protezione del Corpo nazionale dei Vigili
del fuoco e per il completamento del progetto "Numero Unico Emergenza
europea 112".
MINISTERO
DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
7.715 |
17.415 |
17.415 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
7.715 |
17.415 |
17.415 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
7.715 |
17.415 |
17.415 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
7.715 |
17.415 |
17.415 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è
finalizzato per interventi a favore della difesa del suolo, per interventi di
bonifica e ripristino dei siti inquinati, nonché per il disegno di legge
concernente legge quadro in materia di interporti (AC 730 – AS 1185).
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
20.500 |
20.500 |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
- |
30.500 |
50.500 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
- |
27.500 |
47.500 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
- |
- |
- |
Finalizzazioni:
L’accantonamento è
preordinato per la realizzazione di interventi diversi.
MINISTERO BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL
TURISMO
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
- |
100.000 |
100.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
- |
- |
- |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
- |
- |
- |
Finalizzazioni:
L’accantonamento
comprende le risorse per interventi diversi.
MINISTERO DELLA SALUTE
2015 |
2016 |
2017 |
|
Bilancio a legislazione vigente |
- |
- |
- |
Disegno di legge di stabilità (A.C. 2679) |
8.000 |
4.000 |
4.000 |
Testo approvato dalla Camera (A.S. 1698) |
6.000 |
3.000 |
3.000 |
Testo approvato dal Senato (Legge n. 190/2014) |
6.000 |
3.000 |
3.000 |
Finalizzazioni:
L’accantonamento
comprende le risorse per interventi diversi.
Articolo 1,
comma 728
(Tabella C)
728. Le dotazioni da iscrivere nei singoli stati di previsione del
bilancio 2015 e del triennio 2015-2017 in relazione a leggi di spesa permanente
la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, ai sensi
dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196,
sono indicate nella Tabella C allegata alla presente legge.
Il comma 728 reca l’approvazione della Tabella C, recante la determinazione delle dotazioni finanziarie da iscrivere in bilancio delle leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, ai sensi della nuova normativa contabile.
Si ricorda che l'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge di contabilità (legge n. 196/2009) prevede tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli stanziamenti annui (per il triennio finanziario di riferimento) delle leggi di spesa permanente, con le relative aggregazioni per programma e per missione, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, con esclusione delle spese obbligatorie.
Il contenuto della Tabella C rispetto alla precedente disciplina contabile, contenuta nell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge n. 468 del 1978, è dunque più limitato, in quanto l’attuale legge di contabilità ha escluso che essa possa contenere spese di carattere obbligatorio.
In base a quanto detto, per ogni singola autorizzazione legislativa ivi contenuta, la Tabella C ne determina lo stanziamento al netto delle eventuali spese obbligatorie.
Le restanti risorse comunque autorizzate in favore della legge, considerate di natura obbligatoria, vengono eventualmente determinate dalla legge di bilancio ed iscritte in un apposito capitolo.
Si segnala, che rispetto alla Tabella C della
precedente legge di stabilità non risultano
più esposte le seguenti voci:
§ Ministero della difesa – D.Lgs. n. 66 del 2010, art.
559: Finanziamento dell’Agenzia industrie
difesa (1.6 - cap. 1360, 7145) in quanto l’art. 2190 del medesimo decreto
ne disponeva la soppressione dei contributi;
§ Ministero del lavoro – Legge n. 448 del 1998, art. 80,
comma 1: Formazione professionale
(1.3., cap. 4161) , che non presenta stanziamenti nel bilancio a legislazione
vigente;
§ Ministero dell’economia e delle finanze – D.L. n. 97
del 2008, art. 4-septies: Scuola superiore dell’economia e delle
finanze (1.1, cap. 3935): il capitolo risulta esposto nel bilancio con uno
stanziamento di 2,3 milioni per il 2015;
§ Ministero dei beni e delle attività culturali e del
turismo – D.L. n. 262 del 2006, art. 2, co. 98: Sviluppo e competitività del turismo: si trattava di un capitolo
“generale” nel quale erano state ricomprese la gran parte delle risorse
relative al turismo quando la competenza in materia fu trasferita dall’allora
Ministero delle attività produttive alla Presidenza del Consiglio. Con
l’ulteriore passaggio al MIBAC nel 2013 si è provveduto alla creazione di
specifici piani di gestione per le numerose forme di intervento, con
conseguente esclusione dalla Tabella C.
La Tabella C del disegno di legge di stabilità per il 2015-2017 presentato dal Governo (A.C. 2679) prevedeva un ammontare complessivo di stanziamenti pari a 4.210 milioni per il 2015, a 3.663 milioni per il 2016 e a 3.665 milioni per il 2017. Rispetto alla legislazione vigente (al netto delle regolazioni debitorie di 480 milioni) la Tabella C del disegno di legge determinava maggiori assegnazioni di risorse per 617,5 milioni nel 2015 (di cui 480 milioni di regolazioni debitorie) e per circa 140 milioni in ciascuna delle due annualità successive (cfr. Allegato 1 alla Relazione tecnica dell’A.C. 2679).
A seguito delle modifiche intervenute nel corso dell’iter parlamentare, gli importi esposti nella Tabella C della legge di stabilità 2015 ammontano a 4.217,3 milioni per il 2015, a 3.664,3 milioni per il 2016 e a 3.666,1 milioni per il 2017.
Nel complesso, con riferimento all’anno 2015, rispetto agli stanziamenti a legislazione vigente, la Tabella C - come risultante dal testo presentato dal Governo e dagli emendamenti approvati nel corso dell’esame parlamentare - determina le seguenti variazioni di bilancio:
Oggetto |
2015 |
2016 |
2017 |
L. 230/1998, art. 19: Nuove norme in materia di obiezione di
coscienza - fondo nazionale per il servizio civile (MEF - 21.3 – cap.
2185) |
+50.000.000 |
+50.000.000 |
+50.000.000 |
D.Lgs. 446/1997, art. 39,
co. 3: Integrazione FSN per minori
entrate IRAP (MEF 2.4 cap.
2701) (regolazione
debitoria) |
+480.000.000 |
0 |
0 |
L. 7/1981: Stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto
pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (1.2 - capitoli vari di
parte corrente) |
+30.000.000 |
+30.000.000 |
+30.000.000 |
D.P.R. 309/1990, art. 135: Programmi di prevenzione e cura dell'AIDS, di recupero e reinserimento
detenuti tossico-dipendenti (Giustizia, 1.1-cap. 1768) |
-282.269 |
-287.032 |
-286.198 |
DL n. 93/2013, art. 10, co.
1: Fondo emergenze nazionali (MEF 6.2 - cap. 7441) |
+70.000.000 |
+70.000.000 |
+70.000.000 |
D.Lgs. 165/1999 e D.Lgs.
188/2000: Agenzia per erogazioni in
agricoltura (AGEA) (MEF 7.1–-cap. 1525) |
+20.000.000 |
+20.000.000 |
+20.000.000 |
L. 267/1991, Art. 1, co. 1: Attuazione del piano nazionale per la
pesca marittima (Pol. Agricole 1.2 - capitoli vari) |
-300.000 |
-300.000 |
-300.000 |
D.Lgs.
n. 257/2003, art. 19, co. 1, punto A: Contributo per il funzionamento dell’ENEA |
-2.500.000 |
-2.500.000 |
-2.500.000 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43:
Contributi ad enti ed altri organismi
(MISE 3.1 - cap. 2280) |
-288.058 |
-289.257 |
-288.418 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi per il sostegno
all’internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy
(MISE 4.2 - cap. 2501) |
-6.960.392 |
-6.960.393 |
-6.960.394 |
D.L. 112/2008, art. 28, co. 1: Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale (ISPRA) (Ambiente 2.1 - capp. 3621 e 8831) |
-500.000 |
-500.000 |
-500.000 |
D.Lgs. 502/1992, art. 12: Fondo da destinare ad attività di ricerca
e sperimentazione (Salute 2.1 - cap. 3392) |
-17.200.000 |
-16.848.925 |
-16.815.825 |
D.Lgs.
n. 204/1998: Programmazione e valutazione della politica
nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica (Istruzione 3.3 - cap. 7236)) |
+4.000.000 |
0 |
0 |
L. 979/1982: Disposizioni per la difesa del mare (Ambiente
1.10 - capp. 1644, 1646) |
-2.000.000 |
-2.000.000 |
-2.000.000 |
L. 549/1995, art. 1, co. 43:
Contributi ad enti ed altri organismi
(Ambiente 1.10 - cap. 1551) |
-110.000 |
-100.000 |
-100.000 |
L. 394/1977: Potenziamento
dell'attività sportiva universitaria (Istruzione 2.1 - cap. 1709) |
+1.600.000 |
+1.600.000 |
+1.600.000 |
L. 549/1995, art. 1 co. 43: Contributi ad enti ed altri organismi
(Interno 1.6 – cap. 2309) |
-816.018 |
-816.018 |
-816.018 |
L. 144/1999, art. 51: Contributo dello Stato in favore della
SVIMEZ (MEF 1.6 - cap. 7330) |
+200.000 |
0 |
0 |
Non considerando l’importo della regolazione debitoria relativa al Fondo sanitario nazionale in relazione alle minori da gettito IRAP relativo alle regioni a statuto ordinario (480 milioni per il 2015), rispetto alla legislazione vigente la Tabella C determina nel complesso variazioni di bilancio per 144,8 milioni nel 2015, di cui maggiori assegnazioni di risorse per 175,8 milioni a fronte di riduzioni di spesa per circa 31 milioni.
Articolo 1,
commi 729 e 731
(Tabella E)
729. Gli importi delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni
2015, 2016 e 2017 per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in
conto capitale, con le relative aggregazioni per programma e per missione e con
distinta e analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e
delle rimodulazioni, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera e), della
legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono indicati nella Tabella E allegata alla
presente legge.
731. A valere sulle autorizzazioni di spesa, riportate nella Tabella di
cui al comma 729, le amministrazioni pubbliche, ai sensi dell'articolo 30,
comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, possono assumere impegni
nell'anno 2015, a carico di esercizi futuri, nei limiti massimi di
impegnabilità indicati per ciascuna disposizione legislativa in apposita
colonna della stessa Tabella, ivi compresi gli impegni già assunti nei
precedenti esercizi a valere sulle autorizzazioni medesime.
Il comma 729 reca l’approvazione della Tabella E, che determina, per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, le quote destinate a gravare per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, esposte per programma e missione.
L'articolo 11, comma 3, lett. e), della legge n. 196 del 2009 di contabilità prevede, tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle leggi di spesa in conto capitale a carattere pluriennale, aggregati per programma e per missione, con specifica ed analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni, per la quota da iscrivere nel bilancio di ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale.
Il comma 731 indica i limiti massimi di impegnabilità che le amministrazioni pubbliche possono assumere nel 2015, con riferimento ai futuri esercizi, rinviando a tal fine a quanto registrato nella apposita colonna della Tabella E.
Ai sensi dell'articolo 30, comma 2, della legge di contabilità le amministrazioni possono stipulare contratti o comunque assumere impegni nei limiti dell'intera somma stanziata con leggi pluriennali di spesa in conto capitale.
La disposizione demanda tuttavia alla legge di stabilità la possibilità di indicare limiti di impegnabilità più ristretti, tenuto conto dello stato di attuazione delle procedure di spesa.
Come già per le precedenti leggi finanziarie e di stabilità, la legge di stabilità per il 2015 reca una colonna “limite impegnabilità” suddivisa secondo i seguenti numeri:
n. 1, indica le quote degli anni 2015 ed esercizi successivi non impegnabili;
n. 2, indica le quote degli anni 2015 e successivi impegnabili al 50%;
n. 3, indica le quote degli anni 2015 e successivi interamente impegnabili.
La tabella prospetta una pressoché generalizzata facoltà ad impegnare le risorse relative agli anni successivi (situazione contrassegnata con il codice n. 3 nella colonna riferita al limite di impugnabilità).
Le autorizzazioni di spesa iscritte in Tabella E ammontavano complessivamente, nel testo presentato dal Governo, a 23.338,1 milioni per il 2015, a 19.817,3 milioni per il 2016, a 19.124,9 milioni per il 2017 e a 98.824,7 milioni per il 2018 e anni successivi.
A seguito dell’approvazione di alcuni emendamenti nel corso dell’esame parlamentare le autorizzazioni pluriennali di spesa indicate in Tabella E ammontano, in termini di competenza, a 23.408,9 milioni per il 2015, a 19.889,8 milioni per il 2016, a 19.222,4 milioni per il 2017 e a 99.113,1 milioni per il 2018 e anni successivi.
Nel complesso, la Tabella E determina:
§ definanziamenti per 1.161,7 milioni nel 2015, 197,9 milioni nel 2016 e 108 milioni nel 2017;
§ rifinanziamenti per 1.715,8 milioni nel 2015, 2.942,4 milioni nel 2016 e 4.461,2 milioni nel 2017;
§
rimodulazione
delle autorizzazioni pluriennali di spesa che determinano aumenti di 100 milioni nel 2015, di 500
milioni nel 2016 e di 1.500 milioni nel 2017, con conseguente riduzione di
2.100 milioni della quota relativa al 2018 e anni successivi.
Conseguentemente, la Tabella E determina maggiori spese per 654 milioni nel 2015, per 3.245 milioni nel 2016 e per 5.853 milioni nel 2017.
Il prospetto che segue espone gli importi dei rifinanziamenti, definanziamenti e rimodulazioni operati dalla Tabella E:
(dati
in euro)
Oggetto |
2015 |
2016 |
2017 |
||
D.L.
203/2005, art. 11-quaterdecies, co.
20 - Completamento della diga foranea di Molfetta |
+10.000.000 |
0 |
0 |
||
L
183/1987, art. 5 – Fondo di rotazione
attuazione delle politiche comunitarie (-150 milioni nel 2018 e ss) |
-50.000.000 |
-50.000.000 |
-50.000.000 |
||
D.L. n. 76/2013, art. 11, co
5 - Contributo in favore del Chernobyl
Shelter Fund (Anno terminale 2019) |
+824.000 |
+2.500.000 |
+2.500.000 |
||
D.Lgs. n. 185/2000 – Assegnazioni a ISMEA per
imprenditorialità giovanile in agricoltura (108,4 milioni
per le annualità 2018 e ss sino al 2030) |
+10.000.000 |
+10.000.000 |
+10.000.000 |
||
D.Lgs.
102/2004, art. 15, co. 2 – Fondo di
solidarietà nazionale incentive assicurativi |
+120.000.000 |
0 |
0 |
||
D.L.
n. 66/2014, art. 22-bis, co. 1 – Zone
franche urbane |
-35.000.000 |
0 |
0 |
||
DL
98/2011, art. 32, co. 1, punto 4, -
Alta velocità Milano-Genova, III Valico dei Giovi, II lotto (200 milioni nel 2018 e ss) |
0 |
+100.000.000 |
+100.000.000 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 83. – Rinnovo
veicoli trasporto pubblico locale (100
milioni per le annualità 2018 e ss sino al 2019) |
+525.000.000 |
25.000.000 |
50.000.000 |
||
L. 266/2005, art. 1, co. 86 –
Contributo FF.SS |
-200.000.000 |
-50.000.000 |
-50.000.000 |
||
L. 266/2005, art. 1, co. 86 –
Contributo FF.SS (3.735 milioni nel 2018 e ss) |
0 |
+320.000.000 |
+400.000.000 |
||
D.L.
98/2011, art. 32, co. 1 – Fondo
infrastrutture ferroviarie e stradali |
-83.000.000 |
-83.000.000 |
0 |
||
D.L.
98/2011, art. 32, co. 1 – Fondo
infrastrutture ferroviarie e stradali (600 milioni nel 2018 e ss) |
0 |
+200.000.000 |
+200.000.000 |
||
L.
228/2012, art. 1, co. 176 – Contratti
programma RFI (200 milioni nel 2018 e ss) |
+70.000.000 |
+100.000.000 |
+200.000.000 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 68. – ANAS (200
milioni nel 2018 e ss) |
0 |
+50.000.000 |
+143.000.000 |
||
L. 147/2013, art. 1, co. 73 –
(2.250 milioni nel 2018 e ss) |
+500.000.000 |
+750.000.000 |
+750.000.000 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 74 – Tratta
ferroviaria Cancello Grasso Telesino e variante linea Roma –Napoli |
-25.000.000 |
0 |
0 |
||
L. 147/2013, art. 1, co. 76 – Linea ferroviaria Milano
Venezia, tratte Brescia-Verona-Padova |
-90.000.000 |
0 |
0 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 76 – Linea ferroviaria Milano Venezia, tratte Brescia-Verona-Padova (2.800
milioni nel 2018 e ss) |
0 |
0 |
+200.000.000 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 80 – Asse ferroviario Bologna-Lecce |
-135.000.000 |
0 |
0 |
||
Legge
n. 228/2012, art. 1, co. 186 – Piattaforma
d’altura davanti al porto di Venezia (55
milioni nel 2018) |
0 |
+10.000.000 |
+30.000.000 |
||
L.
448/1998, art. 50, co.1, p. c) – Edilizia
sanitaria pubblica |
+200.000.000 |
+400.000.000 |
+1.200.000.000 |
||
L. 147/2013, art. 1, co. 71 –
Sistema MOSE |
+30.000.000 |
+50.000.000 |
+57.000.000 |
||
D.L. 43/2013, art. 7-bis, co
1 – Sisma Abruzzo (2.900 milioni nel 2018 e ss) |
+200.000.000 |
+900.000.000 |
+1.100.000.000 |
||
L.
289/2001, art. 61 – Fondo per lo sviluppo
e la coesione – Risorse programmazione 2007-2013 |
-463.700.000 |
0 |
0 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 6 – Fondo per lo
sviluppo e la coesione – Risorse programmazione 2014-2020 |
-40.000.000 |
0 |
0 |
||
L.
147/2013, art. 1, co. 6 – Fondo per lo
sviluppo e la coesione – Risorse programmazione 2014-2020 (riduzione di 2.100 milioni nel 2018 e ss)
|
+100.000.000 |
+500.000.000 |
+1.500.000.000 |
||
L.
499/1999, art. 4 – Fondo per interventi
in agricoltura |
+10.000.000 |
+10.000.000 |
+10.000.000 |
||
Articolo 1,
comma 730
(Tabella D)
730. Gli importi delle riduzioni, per ciascuno degli anni del triennio
2015-2017 per le leggi che dispongono spese di parte corrente, con le relative
aggregazioni per programma e per missione, ai sensi dell'articolo 11, comma 3,
lettera f), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono indicati nella Tabella D
allegata alla presente legge.
Il comma 730 reca l’approvazione della Tabella D, che determina le riduzioni delle autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente, aggregate per programma e missione.
L'articolo 11, comma 3, lettera f), della nuova legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) prevede, tra i contenuti propri della legge di stabilità, la determinazione, in apposita tabella, degli importi delle riduzioni delle autorizzazioni legislative relative alla spesa di parte corrente, per ciascun anno considerato dal bilancio pluriennale, aggregate per programma e per missione.
Nella Tabella D del disegno di legge di stabilità per il 2015 reca riduzioni di spesa per 38,7 milioni per il 2015, 35,6 milioni per il 2016 e 35,3 milioni per il 2017.
Nella successiva tavola sono riportate le voci della tabella D suddivise per Ministero (anziché per Missione/Programma, come esposte nella legge).
(importi in euro)
|
|
BILANCIO LEGISLAZIONE
VIGENTE |
RIDUZIONI |
||||
|
|
2015 |
2016 |
2017 |
2015 |
2016 |
2017 |
MEF 3902 |
Legge n. 183/2011, art. 6,
co. 1 |
806.514 |
678.608 |
806.703 |
-84.324 |
-75.022 |
-88.218 |
MISE 2234 |
Legge n. 140/1999, art. 3 |
97.795 |
145.112 |
145.112 |
-39.118 |
-39.118 |
-39.118 |
MISE 2246 |
Legge n. 296/2006, art. 1,
co. 852 |
264.637 |
274.578 |
274.578 |
-26.464 |
-26.464 |
-26.464 |
MISE 2302 |
D.L. n. 78/2010, art. 7,
co. 31 |
1.456.335 |
83.525 |
83.283 |
- [249] |
-80.000 |
-80.000 |
MISE 2228 |
Legge n.
140/1999, art. 10 |
78.400 |
82.810 |
82.573 |
-40.000 |
-40.000 |
-40.000 |
MISE 2385 |
D.L. n. 2/2006, art. 4-bis, co. 7 |
355.693 |
691.564 |
769.725 |
-210.895 |
-210.895 |
-210.895 |
MISE 1231 |
Legge n. 140/1999, art. 10 |
172.528 |
178.429 |
177.911 |
-102.294 |
-102.294 |
-102.294 |
MISE 3121 |
Legge n. 448/2001, art.
52, co. 18 |
27.957.663 |
32.662.556 |
32.453.13 |
-3.150.329 |
-3.150.329 |
-3.150.329 |
MISE 2751 |
Legge n. 93/1997, art. 9 |
291.258 |
310.691 |
309.789 |
-51.807 |
-51.807 |
-51.807 |
LAVORO 2231 |
D.L. n. 76/2013, art. 2,
co. 6 |
1.792.253 |
0 |
0 |
-1.700.000 |
0 |
0 |
GIUSTIZIA 1478 |
D.lgs. n. 26/2006, art. 1 |
11.678.464 |
12.037.499 |
12.002.564 |
-.1.500.000 |
-.1.500.000 |
-.1.500.000 |
MIUR 3112 |
Legge n. 38/2001, art. 13,
co. 4 |
66.452 |
80.008 |
67.428 |
-66.452 |
-80.008 |
-67.428 |
MUIR 1649 |
D.L. n. 70/2011, art. 9,
co. 15, p. 2 |
922.801 |
924.912 |
924.912 |
-500.000 |
0 |
0 |
MIUR 1599 |
Legge n. 240/2010, art.
28, co. 1 |
769.004 |
772.995 |
772.995 |
-769.000 |
-769.000 |
-769.000 |
INTERNO 1331/1 |
D.L. n. 80/2004 art. 6-bis, co.61 |
214.784 |
222.043 |
232.200 |
-64.784 |
-64.784 |
-64.784 |
INTERNO 1331/2 |
D.L. n. 7/2005 art. 7-ibis
co. 1 Assistenza sanitaria per
i cittadini di Campione d'Italia |
924.841 |
956.181 |
1.000.000 |
-424.841 |
-424.841 |
-424.841 |
INTERNO 2568 |
Legge n. 7/2006, art. 5,
co. 2 |
196.116 |
214.492 |
213.179 |
-65.219 |
-71.450 |
-73.334 |
INTERNO 2632 |
Legge n. 48/2008,art. 12,
co. 1 |
1.411.061 |
1.459.296 |
1.450.361 |
-465.691 |
-492.041 |
-498.924 |
INTERNO 2762 |
Legge n. 125/2001, art. 3,
co. 4 |
98.788 |
155.285 |
154.834 |
-10.499 |
-16.503 |
-16.456 |
INTERNO 2735 |
D.L. n. 35/2005, art. 1,
co. 5 |
2.525.169 |
3.886.235 |
3.874.877 |
-770.771 |
-1.331.678 |
-1.330.724 |
INTERNO 2642 |
D.L. n. 225/2010, art. 2,
co. 6-decies |
717.220 |
729.403 |
727.286 |
-246.724 |
-250915 |
-250.186 |
INTERNO 3001 |
Legge n. 350/2003, art. 3,
co. 151 |
12.949.211 |
20.162.384 |
20.103.870 |
-2.238.848 |
-2.638.848 |
-2.638.848 |
INTERNO 2316/1 |
Legge n. 379/1993., art.
1, co. 1 |
729.385 |
725.938 |
723.831 |
-192.064 |
-192.064 |
-192.064 |
AMBIENTE 2211/3 |
Legge n. 120/2002, art. 3 |
29.602.593 |
33.868.050 |
33.911.672 |
-4.810.000 |
-7.000.000 |
-6.500.000 |
AMBIENTE 1644 |
Legge n.
228/2012, art. co. 226 |
50.298.855 |
50.298.855 |
50.918.855 |
-5.000.000 |
-3.000.000 |
-3.000.000 |
MIT 2246 |
Legge n. 388/2000, art.
145, co. 40 Promozione trasporti marittimi (nautica) |
3.414.651 |
3.387.260 |
3.553.345 |
-3.400.000 |
-3.387.260 |
-3.553.345 |
MIPAAF 3080 |
D.L. n. 136/2013, art. 3,
co. 2-sexies |
8.868.943 |
8.892.412 |
8.892.412 |
-1.000.000 |
-1.000.000 |
-1.000.000 |
MIPAAF 2109 |
D.L. n. 182/2005, art. 1-quinquies, co. 2 - Contributo all’ISMEA |
1.368.476 |
1.326.810 |
1.326.810 |
-264.000 |
-264.000 |
-280.603 |
MIPAAF 2285 |
Legge n. 244/2007, art. 3.
Co. 34 |
4.620.445 |
4.458.445 |
4.445.506 |
-733.000 |
-733.000 |
-733.000 |
MIBACT 6823 |
D.L. n. 262/2006, art. 2,
co. 98 |
10.598.371 |
10.617.376 |
10.617.376 |
-2.600.000 |
-2.600.000 |
-2.600.000 |
SALUTE 4393 |
D.L. n. 81/2004, art. 1,
co. 1, p. A, |
13.068.082 |
13.391.337 |
14.548.857 |
-2.283.751 |
-2.000.000 |
-2.000.000 |
SALUTE 5391 |
D.L. n. 335/2000, art. 1, |
12.093.939 |
12.205.238 |
12.205.238 |
-4.500.000 |
-4.000.000 |
-4.000.000 |
|
TOTALE |
|
|
|
-37.310.875 |
-35.592.411 |
-35.282.662 |
Articolo 1,
commi 732 e 733
(Copertura degli oneri correnti e prospetto
di copertura)
732. Per l'esercizio finanziario 2015, in attuazione dell'autorizzazione
richiesta ai sensi del comma 3 dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n.
243, concessa a seguito dell'approvazione, con risoluzione, dell'apposita
relazione al Parlamento 2014, le nuove o maggiori spese correnti, le riduzioni
di entrata e le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel fondo speciale di
parte corrente possono eccedere le risorse da utilizzare a copertura, ai sensi
dell'articolo 11, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive
modificazioni, nel limite massimo indicato nella medesima relazione, secondo il
prospetto allegato alla presente legge.
733. Per gli esercizi finanziari 2016 e 2017, la copertura della
presente legge per le nuove o maggiori spese correnti, per le riduzioni di
entrata e per le nuove finalizzazioni nette da iscrivere nel fondo speciale di
parte corrente è assicurata, ai sensi dell'articolo 11, comma 6, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, secondo il prospetto allegato alla presente legge.
Il comma 732 ha la finalità di consentire che la copertura del disegno di legge di stabilità, come riportata nell’apposito prospetto allegato al provvedimento sulla base di quanto dispone il comma 733, possa essere operata in disavanzo, sulla base dell’autorizzazione richiesta con la Relazione presentata alle Camere unitamente alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2014, sulla quale le Camere medesime si sono espresse favorevolmente.
Si rammenta che nella Nota di aggiornamento al DEF 2014, il Governo ha ritenuto di dover finanziare gli impegni di spesa e la riduzione della pressione fiscale da inserire nella legge di stabilità per l’anno 2015 soltanto in parte con riduzioni di spesa e maggiori entrate ricorrendo per la parte restante all’impiego di risorse in disavanzo, come derivanti dal nuovo quadro programmatico contenuto nella Nota. Quadro, questo, che comporta tuttavia un percorso di risanamento e crescita più graduale di quello contenuto nel Documento di Economia e Finanza 2014, che si riflette necessariamente sul raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, che viene ora previsto nel 2017, con un allungamento di un anno rispetto a quanto stabilito nel DEF 2014, ivi riferito all’anno 2016. In tali circostanze - vale a dire qualora il Governo proceda a scostamenti dall'obiettivo programmatico strutturale di bilancio - l’articolo 6 della legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012, dispone che il Governo sentita la Commissione europea, presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una Relazione ed una specifica richiesta di autorizzazione in cui sia indicata l’entità e la durata dello scostamento e definisca un piano di rientro verso l’obiettivo programmatico. Alla Nota è stata pertanto risulta pertanto allegata tale Relazione (Doc. LVII, n. 2-bis Allegato II), contente la richiesta di autorizzazione allo scostamento, esaminata sia dalla Camera che dal Senato nella giornata di martedì 14 ottobre ed approvata con apposite risoluzioni[250].
Sulla base di tale autorizzazione, il comma 732 in commento dispone che per l’esercizio finanziario 2015 gli oneri di parte corrente recati dalla legge di stabilità, vale a dire le nuove o maggiori spese correnti, le riduzioni di entrata e le nuove finalizzazioni da iscrivere nel fondo speciale di parte corrente “possano eccedere le risorse da utilizzare a copertura”, a differenza di quanto prevede l’articolo 11, comma 6 della legge di contabilità n. 196/2009, citato espressamente nel comma in commento.
Il comma 6 dell’articolo 46 in esame costituisce infatti una deroga, circoscritta temporalmente al 2015, alla regola di copertura recata dalla legge di contabilità, che non prevede la possibilità di coprire gli oneri di parte corrente della stessa con risorse che non siano reperite dalla legge di stabilità medesima, richiedendo pertanto che il prospetto di copertura sia almeno in pareggio.
L’articolo 11,
comma 6, della legge n. 196/2009 elenca infatti tassativamente i mezzi di
copertura, individuandoli nelle nuove o maggiori entrate tributarie,
extratributarie e contributive e nelle riduzioni permanenti di autorizzazioni
di spesa corrente, nonché nell’eventuale risparmio pubblico, i cui margini di
miglioramento (come risultanti dal bilancio di previsione a legislazione
vigente rispetto all’assestamento relativo all’esercizio precedente) possono
tuttavia essere utilizzati a condizione che sia assicurato comunque un valore
positivo del risparmio medesimo.
Quanto all’importo di tale eccedenza degli oneri sui mezzi di copertura, lo stesso, come evidenzia il prospetto di copertura recato dal comma 733 che si allega, è pari a 6,083 miliardi di euro, come espone la tabella che segue.
|
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
(importi in milioni di
euro) |
|||
|
|
|
|
|
1) ONERI DI NATURA
CORRENTE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori spese
correnti |
|
|
|
|
Articolato: |
23.722 |
32.779 |
32.425 |
|
|
|
|
|
|
Minori entrate |
|
|
|
|
Articolato: |
6.479 |
9.698 |
9.269 |
|
|
|
|
|
|
Tabella A |
141 |
180 |
236 |
|
Tabella C |
73 |
73 |
74 |
|
|
|
|
|
|
Totale oneri da coprire |
30.415 |
42.731 |
42.004 |
|
|
|
|
|
|
2) MEZZI DI COPERTURA |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nuove o maggiori entrate |
|
|
|
|
Articolato: |
16.620 |
32.949 |
40.190 |
|
|
|
|
|
|
Riduzione spese correnti |
|
|
|
|
Articolato: |
7.643 |
10.153 |
9.940 |
|
|
|
|
|
|
Tabella A |
32 |
20 |
28 |
|
Tabella D |
37 |
36 |
35 |
|
|
|
|
|
|
Totale mezzi di copertura |
24.332 |
43.157 |
50.194 |
|
|
|
|
|
|
DIFFERENZA |
-6.083 |
427 |
8.190 |
Articolo 1,
comma 734
(Clausola di salvaguardia per le regioni
a statuto speciale
e province autonome di Trento e Bolzano)
734. Le disposizioni di cui alla presente legge sono applicabili nelle
regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative norme di
attuazione.
Il comma 734, inserisce la clausola di salvaguardia per le Regioni
a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano, vale a
dire che tutte le disposizioni della legge non
sono applicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli
statuti e le relative norme di attuazione.
Le disposizioni
della legge non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti
(che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di
attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non
contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. La Corte
costituzionale, ha più volte ribadito, in passato, in una serie di pronunce
concernenti le leggi finanziarie, che «simili clausole, formulate in termini
generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potestà
legislativa regionale»[251].
Tuttavia, in più
recenti pronunce in merito a norme contenute in provvedimenti concernenti una
pluralità di materie, la Corte costituzionale, in ragione della presenza della
clausola di salvaguardia, ha dichiarato non fondate le questioni sollevate,
proprio perché le norme oggetto del contendere, in quanto in contrasto con lo
statuto speciale e con le norme di attuazione della regione ricorrente, non
sono applicabili alla regione stessa[252].
Articolo 1,
comma 735
(Entrata in vigore)
735. La presente legge, salvo quanto disposto dai commi 17, 284, 397,
406, 487, 503, 512 e 701, entra in vigore il 1º gennaio 2015.
Il comma 735 dispone circa l’entrata in vigore il 1° gennaio 2015 della legge di stabilità in esame.
Sono tuttavia presenti nel testo della legge di stabilità 2015 alcune disposizioni per le quali l’entrata in vigore è fissata dal giorno successivo alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale (29 dicembre 2014).
In particolare:
§ il comma 284 prevede la diversa entrata in vigore relativamente ai commi da 281 a 283, che provvedono a dare attuazione alla sentenza del tribunale dell’Unione europea sulla causa T-525/08, tra poste italiane contro Commissione, in materia di aiuti di Stato;
§ il comma 397 dispone la diversa entrata in vigore per il comma 396, che interviene sull’articolo 37, comma 6, del decreto-legge n.66/2014, con il quale è stato istituito presso il Ministero dell’economia un Fondo volto ad integrare le risorse del bilancio statale destinate alle garanzia rilasciate dallo Stato. Il comma in esame integra tale disposizione con un ulteriore periodo, nel quale si stabilisce, per le finalità di tale Fondo, l’istituzione di una apposita contabilità speciale;
§ il comma 406 dispone la diversa entrata in vigore dei commi da 408 a 413, i quali recepiscono l'accordo siglato il 15 ottobre 2014, con cui sono stati ridefiniti i rapporti finanziari tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le norme modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto (D.P.R. n. 670/1972);
§ il comma 487, il quale prevede che le disponibilità in conto residui iscritte in bilancio per l'anno 2014, relative all'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni, sono destinate, nel limite di 1.000.000.000 di euro, al finanziamento di un contributo alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana, alla regione Sardegna e alla regione Friuli-Venezia Giulia per il 2015;
§ il comma 503, che posticipa di due anni, senza applicazione di sanzioni e interessi, il pagamento delle rate scadenti nel 2015 dei mutui concessi agli enti locali interessati dagli eventi sismici del maggio 2012;
§ il comma 512, che dispone la diversa entrata in vigore dei commi da 513 a 523, che recepiscono il protocollo di intesa siglato il 23 ottobre 2014, al fine di regolare i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione e definire il concorso della Regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni dal 2014 al 2017. Le norme sono esplicitamente attuative dell'accordo ed entrano appunto in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge;
§ infine il comma 701 dispone la diversa entrata in vigore per i commi da 692 a 701. I commi 692 e 693 operano un differimento del termine di versamento dell’IMU sui terreni agricoli; il comma 694 dispone il rifinanziamento del Fondo emergenze nazionali; i commi 695 e 696 autorizza la spesa di 64 milioni per garantire il pagamento delle supplenze brevi del personale docente e ausiliario per l’anno 2014; i commi 697 e 698 dispongono la riduzione degli accantonamenti di bilancio per la copertura di oneri derivanti dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione destinandola alla compensazione di minori entrate IVA per l’anno 2014; il comma 699 provvede alla copertura degli oneri derivanti dai commi 694 e 695; Il comma 700 autorizza l’istituzione di una apposita contabilità speciale per il riacquisto dei titoli delle regioni. Come si è segnalato nelle corrispondenti schede, tale entrata in vigore va messa in relazione alla circostanza che i commi suddetti riproducono le disposizioni contenute nel decreto legge 16 dicembre 2014, n. 185, trasmesso al Senato (A.S. 1709) ma il cui iter di conversione non risulta finora avviato, con la presumibile conseguenza della mancata conversione in legge del provvedimento. La anticipata decorrenza al 30 dicembre 2014 (rispetto all’ordinaria entrata in vigore al 1° gennaio 2015 della legge di stabilità in esame) dei commi in questione, che riprendono i contenuti del decreto, ne comporterà comunque l’entrata in vigore delle relative disposizioni entro il 2014.
Si segnala, infine, che il comma 17 dispone l'entrata in vigore al 1° luglio 2015 della disposizione introdotta dal precedente comma 16. Il comma 16, introdotto durante l’esame parlamentare, interviene sul regime fiscale dei “buoni pasto”, elevando da 5,29 a 7 euro la quota non sottoposta a tassazione degli stessi, ove siano erogati in formato elettronico a partire dal 1° luglio 2015.
[1] La CONSIP ha proceduto all’individuazione
dei fornitori per la prestazione di servizi di pulizia ed altri servizi tesi al
mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili sede di istituti
scolastici attraverso una procedura aperta svolta in ambito comunitario
suddivisa in n. 13 Lotti geografici ed indetta con Bando di gara pubblicato
sulla G.U.U.E. n. S-134 del 14/07/2012 e sulla G.U.R.I. n. 82 del 16/07/2012,
così come modificato da Avviso di rettifica pubblicato sulla G.U.U.E. n. S-180
del 19/09/2012 e sulla G.U.R.I. n. 109 del 19/09/2012. In particolare, il bando
di gara prevedeva che, al fine di garantire il livello occupazionale esistente,
alla gara si applicava l'obbligo di cui all'articolo 4 del CCNL "per il
personale dipendente da Imprese esercenti servizi di pulizia e servizi
integrati/multiservizi", in merito all'assunzione da parte
dell'aggiudicatario del personale trasferito dall'impresa cessante.
Nella risposta del rappresentante del Governo alle interrogazioni 5-01947, 5-01949 e 5-01952 nella seduta della VII
Commissione della Camera del 23 gennaio
2014, è stato evidenziato che nel giugno 2011 è stato, poi, siglato un Accordo
tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero
dell'istruzione, i consorzi nazionali e le organizzazioni sindacali
rappresentatrici delle parti datoriali e dei dipendenti, con il quale si è
convenuta la proroga dei contratti in essere sino all'aggiudicazione dell'unica
gara europea curata dalla CONSIP.
[2] In relazione all’esternalizzazione dei
servizi nelle scuole, l’art. 4 del D.P.R. 119/2009 ha disposto, come già
ricordato nella scheda relativa ai commi 334-336, che, nelle istituzioni
scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono
assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è
indisponibile, a qualsiasi titolo, il 25% dei posti del corrispondente profilo
professionale.
[4] All'acquisto dei servizi si doveva
provvedere, in deroga al limite di spesa di cui all’art. 58, co. 5, del D.L.
69/2013, entro il limite di euro 34,6 milioni.
[5] Il medesimo Ministero si era impegnato,
altresì, a garantire, per il periodo 1.4.2014-30.6.2014, i necessari strumenti
di ammortizzazione sociale in deroga, per un importo complessivo di 60 milioni
di euro.
[6] In base al comma 2 - che non è modificato
-, gli acquisti dei servizi di cui al comma 1 avvengono nel limite della spesa
che si sosterrebbe espletando i servizi mediante esclusivo ricorso al personale
dipendente (art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013), alle condizioni tecniche
previste dalla convenzione CONSIP e alle condizioni economiche pari all’importo
del prezzo medio di aggiudicazione per ciascuna area omogenea nelle regioni in
cui la convenzione è attiva.
[7] Le informazioni dettagliate sulla
convenzione CONSIP sono reperibili alla pagina https://www.acquistinretepa.it/opencms/opencms/main/pa/strumenti/dettaglio.jsp?tipo_utente=PA&idT=81725&tipoVis=descr&nome=Servizi+di+pulizia+ed+altri+servizi+per+le+Scuole+ed+i+Centri+di+Formazione&frompage=convenzioni.jsp&orderBy=attivazione&sort=desc&__pagina=1&__element=paginazione&categoria=1&tipoStrumento=Convenzione.
[8] Al riguardo si ricorda che, nella seduta
della V Commissione della Camera del 29 maggio 2014, nell’ambito dell’esame del
D.L. 58/2014, il Governo aveva deposito la relazione tecnica aggiornata. Su tale base, nella premessa del parere reso dalla stessa Commissione, si era preso atto che gli interventi di
mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sedi di istituzioni
scolastiche ed educative statali, di cui all'articolo 2, comma 2-bis, sarebbero
stati effettuati utilizzando le risorse della delibera CIPE n. 6/2012,
all’epoca disponibili nella misura di 40 milioni di euro, secondo criteri e
parametri da definire con successiva delibera CIPE.
[9] Per l’approfondimento dei contenuti della
Strategia e delle azioni per la sua attuazione si rinvia alla scheda
illustrativa predisposta dal Ministero dell’ambiente e disponibile
all’indirizzo internet http://www.minambiente.it/pagina/strategia-nazionale-la-biodiversita.
[10] Cfr. pag. 281 del bilancio 2013, al link www.stradeanas.it/index.php?/file/download/11344.
[11] In particolare il comma 3 sopra citato ha
disposto una ulteriore riduzione:
a)
degli uffici dirigenziali di livello non generale,
e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento, entro
il 31 marzo 2012;
b)
nonché alla rideterminazione delle dotazioni
organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di
ricerca, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della
spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale.
[12] L’articolo 01 del D.L. n. 138/2011 ha
disposto un programma per la revisione integrale della spesa pubblica che
coinvolge la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dello Stato, e
per tale finalità nonché per garantire l'uso efficiente delle risorse ha
demandato al MEF-RGS, dall'anno 2012, d'intesa con i Ministeri interessati, di
dare inizio ad un ciclo di «spending
review» mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali
dello Stato.
[13] Il predetto D.Lgs. ha fatto confluire nel
CRA i preesistenti 22 Istituti di ricerca e sperimentazione agraria (IRSA) –
aventi grado pari agli istituti scientifici universitarie – e ulteriori 6
istituti indicati nell’allegato al medesimo provvedimento. La revisione degli
enti della ricerca agricola si era resa necessaria per la frammentazione del
sistema, che era stata oggetto di rilievi da parte della Corte dei Conti, la
quale aveva stigmatizzato lo spreco di risorse e l'inefficienza che ne
conseguivano.
[14] L’INCA, posto sotto la vigilanza del MISE,
aveva compiti di controllo dell’industria conserviera – di lavorazione sia di
prodotti vegetale che animali - in tutto il territorio nazionale.
[15] Peraltro lo stesso D.L. 112/2008, articolo
28, ha operato una riduzione dei preesistenti enti: con l'istituzione
dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ha
disposto che nel nuovo istituto confluissero anche due enti in precedenza
vigilati dal Dicastero agricolo: l'Istituto Nazionale per la fauna selvatica
(INFS) - che aveva compiti di ricerca e consulenza statale e regionale in tema
di conservazione e gestione del patrimonio faunistico nazionale - e l'Istituto
Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) -
cui spettava lo studio della vita biologica del mare. La fusione è stata
regolata con il D.M. n. 123/2010 del Ministero dell'Ambiente.
[16] In particolare il comma 3 dell’articolo 1
del D.L. n. 138/2011 sopra citato ha disposto una ulteriore riduzione:
a)
degli uffici dirigenziali di livello non generale,
e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento,
entro il 31 marzo 2012;
b)
nonché alla rideterminazione delle dotazioni
organiche del personale non dirigenziale, ad esclusione di quelle degli enti di
ricerca, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della
spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale.
[17] Da soggetto nato per lo studio dei mercati
agricoli, l'attuale Istituto si è trasformato in soggetto che fornisce
fondamentalmente servizi: informativi, ma soprattutto assicurativi e
finanziari, concedendo alle imprese agricole forme di garanzia creditizia e
finanziaria anche dirette al riordino fondiario.
[18] Le predetta attività sono svolte anche nel
quadro della collaborazione scientifica e tecnologica con le università e loro
strutture di ricerca, con gli istituti e laboratori del Consiglio nazionale
delle ricerche (C.N.R.), con altri enti pubblici di ricerca e con le stazioni
sperimentali per l'industria. Il CRA collabora stabilmente, mediante
convenzioni, con l'Istituto sperimentale italiano «Lazzaro Spallanzani» per la
fisiopatologia della riproduzione e la fecondazione degli animali domestici.
[19] Per il gasolio i consumi medi sono espressi
in litro su ettaro (l/ha).
[20] A norma dell'art. 24, comma 4, della legge
n. 388/2000, l'aliquota normale di riferimento è quella prevista per il gasolio
usato come carburante. Dal 1° marzo 2014 l'accisa sul gasolio è stata aumentata
a 619,80 euro per mille litri, per effetto della Direttore dell'Agenzia delle
Dogane del 23 dicembre 2013.
[21] L'articolo 66 aveva inizialmente individuato
uno strumento di intervento strategico di valenza sovraregionale finalizzato a
perseguire l'obiettivo di favorire la piena integrazione, all'interno del
sistema economico nazionale, dei sistemi agricoli ed agroalimentari delle aree
sottoutilizzate. Successivamente, l’articolo 1 della legge n. 4/2011 ha
sostituito il comma 1 dell’art. 66, estendendo lo strumento dei contratti di
filiera e di distretto a tutto il territorio nazionale.
[22] Si ricorda in proposito che per il periodo
di programmazione 2014-2020, operano a decorrere dal 1 luglio 2014 il nuovo
Regolamento di esenzione UE n. 702/2014 che dichiara compatibili con il mercato
interno alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone
rurali e che abroga il regolamento (CE) n. 1857/2006 e gli Orientamenti
dell’Unione europea per gli aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale e
nelle zone rurali 2014-2020 (2014/C 204/01) pubblicati in GUUE del 1 luglio
2014.
[23] Il Decreto fornisce, in particolare, le
seguenti definizioni:
§ è’ filiera
agroalimentare l’insieme delle fasi di produzione, di trasformazione, di
commercializzazione e di distribuzione dei prodotti agricoli ed agroalimentari;
§ i soggetti della
filiera sono: le PMI in forma consortile e le cooperative che svolgono attività
di produzione agricola e zootecnica e/o di conservazione e lavorazione di
prodotti agricoli e zootecnici; le organizzazioni di produttori agricoli; le
società costituite tra soggetti che esercitano l’attività agricola, nelle quali
possono essere presenti anche grandi imprese (purché la loro presenza nel
capitale sociale non superi il 10% del totale); consorzi di tutela
riconosciuti;
§ è contratto di
filiera il contratto tra i soggetti della filiera agroalimentare e il Ministero
delle politiche agricole e forestali finalizzato alla realizzazione di un
programma di investimenti integrato a carattere interprofessionale ed avente
rilevanza nazionale che, partendo dalla produzione agricola, si sviluppi nei
diversi segmenti;
§ le agevolazioni
concedibili sono articolate nella forma di contributo in conto capitale (fino
al 50% dell’aiuto ammesso) e di finanziamento agevolato (almeno il 50% del
contributo ammesso). La durata massima del finanziamento è di 10 anni,
comprensivi del periodo di preammortamento non superiore a 5 anni, decorrenti
dalla data di sottoscrizione del mutuo agevolato;
§ i progetti devono
avere rilevanza nazionale, più specificamente carattere di multiregionalità.
Tale carattere è assicurato quando gli investimenti suscettibili di
cofinanziamento sono distribuiti nelle diverse regioni e sono complementari tra
loro ed integrati all'interno della filiera e quando l'ammontare degli
«investimenti di filiera» non è inferiore al 30% del totale degli investimenti
previsti dal contratto. Nel caso di investimenti su tre o più regioni, gli
investimenti massimi per una regione non possono superare il 50% del totale.
Nel caso di contratto di filiera ricadente su due regioni, gli investimenti in
una delle due regioni non potranno superare il 70% del totale;
§ L'investimento
complessivo del contratto di filiera deve essere superiore a 7 milioni di euro.
I contratti di filiera che prevedono un ammontare complessivo degli
investimenti superiore a quello definito dal regime di aiuti devono essere
notificati alla Commissione europea;
§ L’iter previsto da un contratto di filiera
è il seguente: presentazione delle domande al Ministero delle politiche
agricole e forestali e alle regioni interessate all'intervento, unitamente alla
presentazione del piano progettuale; valutazione delle domande; Il Ministero
delle politiche agricole e forestali, terminate le fasi di valutazione, in caso
di esito positivo e di conseguente ammissione al finanziamento, propone al CIPE
per l'approvazione il contratto di filiera. Dopo l'approvazione del CIPE, il
Ministero provvede alla stipula dei relativi contratti. In caso di non
ammissione il Ministero delle politiche agricole e forestali comunica al
proponente la propria determinazione motivata. Per i contratti di filiera
approvati dal CIPE, il Ministero delle politiche agricole e forestali dispone
il relativo decreto di stipula del contratto stesso, che sarà sottoscritto tra
i soggetti proponenti, i beneficiari e il Ministero delle politiche agricole e
forestali.
[24] Si rinvia sul punto al sito istituzionale del Mipaaf che indica l’elenco dei contratti di filiera
e di distretto approvati dal CIPE con varie delibere del 14 febbraio 2014.
[25] Con Decreto n. 42 TRAGR I del 2.6.2006,
registrato alla Corte dei Conti in data 8/9/2006, è stata approvata la
Convenzione, sottoscritta il 21 giugno 2006 tra il Ministero ed I.S.A. S.p.A.,
con la quale sono stabilite le modalità di affidamento delle funzioni ad ISA in
materia di Contratti di Filiera (di cui all’articolo 1 del Decreto ministeriale
del 5.6.2006 n. 306). Con Decreto n. 4 dell’ 11 gennaio 2008 è stato approvato
l’atto integrativo alla Convenzione sottoscritto tra il Ministero ed ISA S.p.A.
il 10 gennaio 2008, in relazione al secondo sportello (3 nuovi Contratti di
Filiera).
Con D.M. 0023879 del 3.7.2013, la Convenzione
del 21.6.2006 che stabilisce le modalità di affidamento ad ISA delle funzioni
in materia di Contratti di Filiera, insieme all'atto integrativo del 2008, è
stata prorogata fino al 2016. Ad ISA S.p.A. è riconosciuto, a valere sulle
risorse destinate ai contratti di filiera, il rimborso delle spese di gestione
per lo svolgimento delle predette attività, che sono state stabilite con le
predette convenzioni.
[26] Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di debito pubblico.
[30] È lo strumento della Banca centrale europea
(Bce) sul quale le banche dell'Eurosistema possono depositare liquidità a
brevissimo termine (overnight).
[31] Eonia
è l'acronimo della denominazione Euro
OverNight Index Average e costituisce il tasso di
interesse medio di riferimento nelle operazioni a brevissima scadenza
(overnight) svolte sul mercato interbancario europeo. Per la zona euro è il
tasso di interesse interbancario per 1 giorno.
[32] Si tratta degli operatori che svolgono la
funzione di market maker (primary dealers) per i quali sono previsti obblighi
di sottoscrizione nelle aste dei titoli di Stato e di negoziazione di volumi
sul mercato secondario. A fronte di tali obblighi, essi godono di alcuni
privilegi, tra cui la facoltà di partecipare in maniera esclusiva ai
collocamenti supplementari delle aste di emissione. Ulteriori dettagli su tale
categoria sono rinvenibili in :
http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/specialisti_titoli_stato/
[33] I derivati sono strumenti finanziari il cui
valore deriva dai prezzi di attività scambiate sui mercati, quali attività
finanziarie (azioni, indici finanziari, valute, tassi d'interesse) ovvero
attività reali (merci, materie prime); queste variabili sono chiamate
"sottostante" del derivato. In alcuni casi, sono stati sviluppati
anche contratti derivati aventi come "sottostante" la probabilità del
verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente (nei weather
derivatives, la quantità di neve caduta o le precipitazioni in genere in
una determinata zona). Esistono tre principali tipi di contratti derivati: i futures
(impegno ad acquistare o a vendere, a una data futura, una certa quantità di
una determinata attività sottostante a un prezzo concordato), le opzioni
(facoltà di acquistare o vendere, a una data futura, una certa quantità di una
determinata attività sottostante a un prezzo concordato, dietro il pagamento
iniziale di un costo, chiamato premio) e gli swaps (scambio di
flussi di cassa tra due controparti).
[34] In ordine alle finalità perseguite con il comma 387 in questione si segnala quanto riportato al paragrafo 2.3.3 dell’Audizione della Dott.ssa Cannata – Direzione generale del Tesoro – tenutasi il 10 febbraio 2015 presso la VI Commissione finanze della Camera.
[35] https://leg16.camera.it/410?idSeduta=0605&tipo=stenografico#
sed0605.stenografico.
tit00110.sub00080
[36] Contratto attraverso il quale due parti si
scambiano, in date stabilite e per un periodo prefissato, flussi di segno
opposto determinati applicando a uno stesso capitale nozionale due diversi
tassi d'interesse. La posizione di ciascuna delle due controparti può essere
interpretata come la contemporanea assunzione di una posizione lunga relativa a
un’attività che frutta interessi attivi e di una posizione corta relativa a una
passività che comporta interessi passivi.
[37] Contratto swap in cui le parti si scambiano
pagamenti in base a due diversi tassi e due diverse valute. I flussi di
pagamento effettuati da entrambe le controparti sono denominate in valute
diverse e calcolate in base ad un tasso di riferimento variabile. Il valore
nozionale è espresso in entrambe le valute in base al tasso di cambio in vigore
al momento della stipula dello swap
[38] Le swaption (dette anche swap option) sono
opzioni su interest rate swap: il loro possessore ha il diritto di entrare, ad
una certa data, in un determinato contratto swap su tassi.
[39] https://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0346&tipo=stenografico%23sed0346.stenografico.
tit00020.sub00060.int00040
[40] Come esposto ne “Le istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato”.
[41] In proposito, ad esempio, da ultimo con decreto
del Ministero dell’economia 6 ottobre 2014 è stato stabilito che a decorrere
dal 1°gennaio 2014 il tasso d’interesse annuo da corrispondere sulle somme
depositate nelle contabilità speciali fruttifere degli enti ed organismi
pubblici è determinato nella misura dello 0,24% lordo.
[42] Eonia
è l'acronimo della denominazione Euro
OvernNight Index Average e costituisce il tasso di interesse medio di riferimento
nelle operazioni a brevissima scadenza (overnight) svolte sul mercato
interbancario europeo. Per la zona euro è il tasso di interesse interbancario
per 1 giorno.
[44] Si tratta di un programma che ha la finalità di promuovere iniziative di collaborazione tra le
regioni di frontiera appartenenti al bacino del Mare Adriatico..
[45] Nella tabella A, come di recente sostituita ai sensi del DPCM 29 novembre 2011, sono ricompresi, oltre agli enti territoriali (province, comuni, consorzi tra enti territoriali e unioni di comuni con popolazione non inferiore a 10.000 abitanti, comunità montane con popolazione non inferiore a 10.000 abitanti nonché, dal 1° marzo 2001, regioni e province autonome), tra gli altri, l’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, le autorità portuali, l’ARAN, l'ISTAT, il CNR, l’ASI, la CONSOB, l'ENEA, le Authorities, le Università statali, le Aziende sanitarie e quelle ospedaliere di cui al D.Lgs. n. 502/1992, le Aziende ospedaliere universitarie.
[46] Nella tabella B, come sostituita dal D.P.C.M. 29 novembre 2011, rientrano gli enti previdenziali ed assistenziali (INPS, INAIL), l’AGEA, il CONI, la Croce rossa italiana ed altri.
[47] Secondo la Relazione tecnica alla legge di stabilità (A.C. 2679-bis-B), le norme in esame determinano l'afflusso presso la tesoreria statale di circa 850 milioni di euro nel 2015, calcolati sulla base delle risorse detenute presso il sistema bancario nel periodo gennaio 2013-giugno 2014 da parte delle camere di commercio e tenendo conto degli effetti della progressiva riduzione della misura dei diritti camerali a partire dal 2015. Su tali somme, che costituivano risorse proprie delle Camere di commercio e che dovranno essere versate nella tesoreria statale sul sottoconto fruttifero, lo Stato è tenuto a corrispondere un interesse pari allo 0,25%, il cui onere viene stimato, dalla relazione tecnica, in circa 1,6 milioni di euro annui.
Nel complesso, la relazione tecnica, evidenzia come l'afflusso di tali risorse presso la tesoreria statale si traduce in una minore emissione di titoli del debito pubblico, con un risparmio stimato per il bilancio statale, conseguente ai minori oneri per interessi pagati, pari a 15 milioni per il 2015, 14,5 milioni per il 2016 e 13,75 milioni a partire dal 2017, al netto della ritenuta fiscale del 12,50% (utilizzando il tasso medio all’emissione pari al 2%). Lo slittamento del termine - dal 1° gennaio 2015 originariamente previsto al 1° febbraio 2015, a seguito delle modifiche apportate dalla Camera - entro il quale i tesorieri o i cassieri delle camere medesime sono tenuti a versare le rispettive disponibilità liquide presso apposite contabilità speciali, ha ridotto di 1,4 milioni nel 2015 gli effetti di risparmio ascritti alla norma.
[48] Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.
[49] Termine così prorogato dall’art. 6, comma 2, del D.L. n. 150/2013 (rispetto al 1° gennaio 2014).
[50] Recante misure urgenti per la competitività
e le giustizia sociale, convertito dalla legge n.89/2014.
[51] L’articolo 31 stabilisce espressamente che
in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e
delle finanze sono elencate le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo
Stato a favore di enti o altri soggetti.
[52] Intesa tra Governo, Regioni e Province
autonome di Trento e di Bolzano concernente i contributo alla finanza pubblica,
per l’anno 2014, di cui all’articolo 46, commi 6 e 7, del decreto-legge 24
aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia
sociale (Repertorio atti n. 65/CSR del 29 maggio 2014).
[53] Ministero dell'economia e delle finanze,
D.M. 26-6-2014, Individuazione delle risorse spettanti alle Regioni a statuto
ordinario da assoggettare a riduzione per l'anno 2014, ai sensi dell'articolo
46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 5 luglio 2014, n. 154.
[54] L'art. 27 della legge delega 42/2009,
stabilisce che l'attuazione da parte delle Regioni a statuto speciale e delle
Province autonome di Trento e di Bolzano dei principi del federalismo fiscale e
il concorso al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà
posti dalla legge stessa, avviene attraverso le norme di attuazione degli
statuti speciali, secondo le procedure concordate definite negli statuti
stessi. L'art. 27 ha inoltre previsto l’istituzione presso la Conferenza
Stato-Regioni di un apposito tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna
Regione a statuto speciale e Provincia autonoma (poi istituito con D.P.C.M. 6
agosto 2009).
[55] Per la regione Sardegna, vedi quanto scritto
in commento al comma 402.
[56] Si ricorda che per la modifica delle norme
statutarie concernenti la finanza di ciascuna regione a statuto speciale, gli
statuti (ad eccezione di quello per la Regione siciliana) contengono
disposizioni specifiche, secondo le quali le modifiche possono essere apportate
con legge ordinaria (su proposta del Governo, della Regione e di ciascun
parlamentare), in 'accordo' con la regione interessata. In tal senso sono state
interpretate le diverse formulazioni contenute negli statuti, dalla costante
giurisprudenza della Corte costituzionale. Nel caso del Trentino-Alto Adige
l'articolo 104 dello statuto stabilisce che la legge ordinaria di modifica deve
essere adottata, rispettivamente, “su concorde richiesta” e “in accordo” del
Governo e dell’ente interessato.
[57] Decreto del Ministero dell'economia e delle
finanze 11 settembre 2014, Modalità di individuazione, attraverso separata
contabilizzazione, del maggior gettito da riservare all'Erario, ai sensi
dell'articolo 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 215 del 16-9-2014).
[58] L'importo complessivo del recupero di
gettito da acquisire da parte del bilancio dello Stato è cifrato espressamente
dal comma 17, in misura pari per l'anno 2012 a 1.627,4 milioni di euro, per
l'anno 2013 a 1.762,4 milioni e per l'anno 2014 a 2.162 milioni di euro.
[59] L’articolo 27 prevede che le autonomie
speciali concorrano al nuovo assetto fiscale delineato dalla legge n.42/2009
secondo criteri da stabilire con norme di attuazione dei rispettivi statuti.
[60] Si ricorda che l’istituto giuridico del
dissesto finanziario degli enti locali, che qui non si dettaglia, si ha se
l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi
indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi
ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte (titolo VIII
della parte II del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali,
emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).
[61] Società per gli studi di settore - SOSE Spa,
istituita.
[62] Con riferimento alle tali tipologie di spese
si ricorda che, ai sensi dell’art. 6, co. 7, del D.L. n. 78/2010, a decorrere
dal 2011, la spesa annua di tutte le pubbliche amministrazioni per relazioni
pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza è attualmente fissata
in misura non superiore al 20% della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le
medesime finalità.
[63] In merito alle spese delle P.A. per studi ed
incarichi di consulenza, si ricorda che l’articolo 1, comma 5, del D.L. n.
101/2013 ha, da ultimo, ulteriormente inasprito le misure di contenimento
previste in materia, stabilendo, per tutte le pubbliche amministrazioni a
decorrere dal 2014, che il limite di spesa annua per tali finalità non possa
essere superiore all’80 per cento di quello già imposto per l’anno 2013,
dall’art. 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010, fissato, a decorrere dall'anno 2011,
nella misura massima del 20% rispetto alla spesa sostenuta nell'anno 2009.
[64] Ai sensi dell’articolo 35, comma 3-bis, del D.Lgs. 165/2001.
[65] Si tratta:
§ del personale non
dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3 anni, anche non
continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati
anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per
almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data del
1° gennaio 2007, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante
procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge
(articolo 1, comma 519, della L. 296/2006);
§ del personale non
dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella
relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione
del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al precedente
comma 519 (articolo 1, comma 526, della L. 296/2006);
§ del personale degli
enti territoriali (fermo restando il rispetto delle regole del patto di
stabilità interno) non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno 3
anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di
contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia
stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio
anteriore al 1° gennaio 2007, nonché del personale impiegato in LSU, purché sia
stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da
norme di legge (articolo 1, comma 558, della L. 296/2006);
§ personale di
specifiche amministrazioni ammesso alla procedura di stabilizzazione di cui all’articolo
1, comma 526, della L.296/2206, che consegua i requisiti di anzianità di
servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data
del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 90, lettera a), della L. 244/2007). Il
richiamato comma 526 ha ammesso la stabilizzazione del personale non
dirigenziale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella
relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente, alla stabilizzazione
del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al
precedente comma 519;
§ personale degli
enti territoriali ammessi alla procedura di stabilizzazione di cui all’
articolo 1, comma 558, della L. 296/2006 in possesso dei requisiti di anzianità
di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla
data del 28 settembre 2007 (articolo 3, comma 90, lettera b), della L.
244/2007).
[66] La norma rimanda alla legge di assestamento
ovvero ad appositi decreti di variazione del Ministro dell’economia e delle
finanze l’adozione delle variazioni compensative, in aumento o in riduzione,
della dotazione del Fondo di solidarietà comunale, al fine di tenere conto
dell’effettivo gettito IMU derivante dagli immobili ad uso produttivo
classificati nel gruppo catastale D, che, si ricorda, viene, a partire dal
2013, interamente riservata allo Stato (ai sensi del comma 380, lett. f) della legge n. 228/2012.
[67] In particolare, si ricorda la riduzione di
563,4 milioni di euro disposta, per gli anni 2015-2017, a copertura delle
misure di contenimento della spesa corrente dei comuni introdotte dall’articolo
47 del D.L. n. 66/2014. Inoltre, dal Fondo sono stati stornati 60 milioni di
euro - specificamente destinati, dal medesimo comma 380-ter, al finanziamento delle unioni e fusioni di comuni negli anni
2014, 2015 e 2016 - trasferiti al Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1316/Interno),
sul quale, in via ordinaria, sono iscritti i contributi erariali destinati a
tale finalità, ai sensi dell’art. 50, comma-9-bis, del D.L n. 66/2014. Va inoltre considerata la riduzione di
27,1 milioni per il 2015 (26,9 milioni per gli anni 2016 e 2017), inerenti le
funzioni della soppressa Agenzia per
la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, ora trasferite al
Ministero dell’interno ai sensi dell’art. 7, co. 31-ter, del D.L. n. 78/2010.
[68] Per ciascuno degli anni 2015-2017, sul Fondo
è stata apportata una rimodulazione in riduzione di 170,7 milioni di euro.
[69] Nonché, ove risulti l'esistenza del nesso
causale tra i danni e gli indicati eventi sismici, dei comuni di Castel d'Ario,
Commessaggio, Dosolo, Pomponesco, Viadana, Adria, Bergantino, Castelnovo
Bariano, Fiesso Umbertiano, Casalmaggiore, Casteldidone, Corte dè Frati,
Piadena, San Daniele Po, Robecco d'Oglio, Argenta.
[70] In particolare, la norma citata prevede che
a decorrere dall'anno 2001, i trasferimenti erariali agli enti locali sono
aumentati di lire 500.000 milioni di annue, di cui lire 30.000 milioni
destinate alle province, lire 420.000 milioni ai comuni, lire 20.000 milioni
alle unioni di comuni e alle comunità montane per l'esercizio associato delle
funzioni e lire 30.000 milioni alle comunità montane.
[71] I fondi di cui al comma 164 della legge
finanziaria 1997 sono ripartiti tra le fusioni e le unioni sulla base
dell’intesa raggiunta in sede di Conferenza Unificata il 1 marzo 2006. In
particolare, le predette risorse sono assegnate in via prioritaria alle fusioni
di comuni.
[72] Per i comuni il previsto contributo alla
finanza pubblica per il 2014, pari complessivamente a 375,6 milioni di euro, è
stato ripartito sulla base dei diversi criteri contenuti nell'istruttoria
condotta dall'A.N.C.I., approvata dalla Conferenza Stato città nella seduta del
5 agosto 2014.
[73] http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/piemonte/
delibere/2014/delibera_237_2014_pari_relazione.pdf
In particolare nella delibera si rileva come
le risorse anticipate dallo Stato per l’estinzione dei debiti pregressi della
regione al 31 dicembre 2012 siano state destinate dalle leggi regionali n.16 e
19 del 2013 parte al finanziamento del disavanzo di bilancio dell’anno 2012 e
parte a finanziare il trasferimento di risorse alle aziende sanitarie
regionali, nonché al ripiano di alcuni ammortamenti (c.d. non sterilizzati)
delle aziende medesime.
[74] http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/piemonte/
delibere/2014/ordinanza_istruttoria_parifica_49_2014.pdf
L’ordinanza muove sostanzialmente dalla considerazione
che le risorse erogate dallo Stato ai sensi del decreto-legge mn.35
costituiscono una mera anticipazione di cassa, denominata “anticipazione di
liquidità” che avviene entro un plafond determinato per legge e la cui
restituzione è prevista avvenire entro un periodo trentennale. Si tratta
pertanto di somme, ritiene il giudice contabile, che servono per pagare residui
passivi vale a dire spese già finanziate, e che quindi non possono costituire
esse stesse ulteriore finanziamento per nuove spese.
[75] Laddove si fa riferimento agli “effetti
positivi sul proprio disavanzo derivante dal trasferimento dei debiti di cui al
comma 454”.
[76] Il D.P.C.M. di riparto dovrà tener conto di
specifici fattori indicati dalla norma quali: gli effetti finanziari derivanti
dall’abolizione della riserva di gettito IMU stabilita dall’articolo 13, comma
1 del D.L. n. 201/2011 e dalla contestuale attribuzione allo Stato del gettito
derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D,
calcolato ad aliquota standard dello
0,76 per cento; la dimensione del gettito dell'imposta municipale propria ad
aliquota base di spettanza comunale; la diversa incidenza delle risorse
soppresse (di cui al Fondo sperimentale di riequilibrio comunale e ai
trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della
Regione Sardegna) sulle risorse complessive per l’anno 2012; le riduzioni
disposte ai sensi della c.d. spending
review, di cui al comma 6 dell'articolo 16 del D.L. 26 luglio 2012, n. 95;
la soppressione dell’IMU sulle abitazioni principali e l’istituzione della
TASI; l'esigenza di limitare le variazioni, in aumento ed in diminuzione, delle
risorse disponibili ad aliquota base, attraverso l'introduzione di
un'appropriata clausola di salvaguardia. La predetta clausola di salvaguardia
opera al netto della quota ripartita sulla base dei fabbisogni standard.
[77] Si ricorda che la determinazione dei
fabbisogni standard punta a promuovere un uso più efficiente delle risorse
pubbliche e passa attraverso il D.Lgs. n. 216/2010, recante disposizioni in
materia di determinazione dei Fabbisogni Standard di Comuni, Città
metropolitane e Province, adottato in attuazione della legge delega n. 42 del
2009. Il D.Lgs. affida a SOSE - Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A. - la
predisposizione delle metodologie utili all’individuazione e determinazione dei
fabbisogni standard.
[78] Restano esclusi anche i commi 470 e 471,
recanti norme di coordinamento rispetto a precedenti disposizioni.
[79] La verifica delle suddette condizioni è
affidata ai due Tavoli di verifica previsti dalla normativa sugli adempimenti
per l'erogazione delle anticipazioni per il pagamento dei debiti delle regioni
(art. 2 D.L. 35/2013) e per il pagamento dei debiti in ambito sanitario (art. 3
D.L. 35/2013) e deve essere recepita con deliberazione del Consiglio dei
ministri.
[80] D.Lgs. 23 giugno 2011 n. 118, recante
disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma
degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
[81] L’indicazione di tale importo deriva da
quanto quantificato dalla relazione tecnica sull’articolo in esame, secondo cui
le nuove regole sul pareggio di bilancio dallo stesso introdotte determinano
effetti migliorativi sull’indebitamento netto per 2.005 milioni, compensati
dagli effetti peggiorativi conseguenti all’importo, di pari ammontare, cifrato
dal comma 465 in commento.
[82] Si tratta delle entrate previste
dall’articolo 20 del D.Lgs.n.625/1996, in base al quale per ciascuna
concessione di coltivazione situata in terraferma è dovuta alle regioni una
quota della complessiva aliquota sulla produzione, la cui parte restante è dovuta
ai comuni interessati ed allo Stato; alle regioni a statuto ordinario del
Mezzogiorno è corrisposta altresì, anche l'aliquota destinata allo Stato.
[83] Commento che in questa scheda si ferma al
comma 478, in quanto i commi da 479 a 483 sono illustrati in altra scheda del
presente dossier.
[84] Vedi nota che precede.
[85] La norma specifica che la firma digitale
deve essere conforme a quanto stabilito all'articolo 24 del 'Codice
dell'amministrazione digitale' (adottato con D.Lgs. n. 82/2005) e che la
trasmissione telematica ha valore giuridico ai sensi dell'articolo 45 del
medesimo codice.
[86] Disciplinato dall’articolo 1, commi 122-125,
della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013), come successivamente
novellato dall’articolo 1-bis del D.L. n. 35/2013 e dall'articolo 1, commi
541-542 della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).
[87] Accordo tra Governo e Regioni concernente:
a) determinazione, per gli anni 2013 e 2014, del concorso finanziario delle
Regioni a Statuto ordinario di cui all’articolo 16, comma 2, del decreto-legge
6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,
n.135; b) ripartizione, per gli anni 2013 e 2014, degli importi degli spazi
finanziari ceduti dalle singole Regioni e attribuiti ai comuni ed alle province
ricadenti nel proprio territorio indicati nella tabella 1 allegata all’articolo
1, comma 122, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e successive modificazioni
(legge di stabilità 2013). Repertorio atti n. 101/CSR dell’11 luglio 2013.
[88] Compresi
gli enti locali commissariati per fenomeni di infiltrazioni mafiose, ai sensi
dell’articolo 1, comma 436, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012).
[89] Criterio
contabile in base al quale le entrate e le spese per la parte corrente sono
considerate in termini di competenza (accertamenti e impegni) e quelle in conto capitale in termini di
cassa (incassi
e pagamenti), al fine di
rendere l'obiettivo del patto di stabilità interno più coerente con quello del
Patto europeo di stabilità e crescita.
[90] Si ricorda che tale riduzione è stata quantificata, a decorrere dall’anno 2012, in 500 milioni di euro per le province e in 2.500 milioni di euro per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti. I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non coinvolti dalla riduzione dei trasferimenti erariali di cui al richiamato articolo 14, non operano, pertanto, alcuna riduzione a valere sul saldo programmatico.
[91] Presentata dal Governo con riferimento all’A.C. 2679-bis-B il 29 dicembre 2014.
[92] La Relazione tecnica alla legge di stabilità (presentata il 29 dicembre 2014 con riferimento all’A.C. 2679-bis-B), stima gli effetti positivi derivanti dall’accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità di cui al comma in esame, effettuata sulla base della metodologia dettata dal D.Lgs. n. 118/ 2011 applicata alle registrazioni presenti nei certificati di conto consuntivo del quinquennio 2008-2012, in termini di indebitamento netto, pari a 1.889 milioni di euro annui (1.750 milioni ascrivibili ai comuni e 139 milioni alle province). Tale stima è connessa all'ipotesi che gli enti locali con riferimento all'adozione delle tre diverse modalità di calcolo previste nell'appendice tecnica allegata al ''Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria" Allegato 4.2 al Decreto legislativo n.11812011, assumano un atteggiamento medio ed è effettuata tenendo conto della maggiore gradualità per la determinazione dell'accantonamento al Fondo di crediti di dubbia esigibilità, introdotta dal provvedimento in esame (cfr. quanto disposto sul punto dal comma 509).
[93] La sperimentazione (artt. 36 e 38 del D.Lgs. n. 118/2012) ha interessato (dal 1° gennaio 2012) 4 regioni, 12 province, 49 comuni, 20 enti strumentali – i quali sono stati sottoposti alla disciplina sperimentale dettata dal D.P.C.M. 28 dicembre 2011 e successive modifiche. La sperimentazione della riforma è stata estesa nel corso del 2014 ad ulteriori 300 enti.
[94] Come sostituito dall’art. 174 del D.Lgs. n. 118/2011, recante la disciplina per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, come integrato dal D.Lgs. correttivo 10 agosto 2014, n. 126. Per le regioni il Fondo crediti di dubbia esigibilità è previsto dall’art. 46 del D.Lgs. n. 118, introdotto dal D.Lgs. n. 126/2014.
[95] L’articolo 77, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. n. 126/2014, ha disposto l’abrogazione – a decorrere dal 1° gennaio 2015 – della disposizione recata dall’articolo 6, comma 17, del D.L. n. 95 del 2012, sul Fondo svalutazione crediti.
[96] Successivamente, l’art. 1, co. 17, del D.L. n. 35 del 2013 ha disposto per gli enti locali che beneficiano delle anticipazioni di liquidità per il pagamento di debiti pregressi che l’ammontare del Fondo debba essere pari (nei cinque esercizi finanziari successivi a quello in cui è stata concessa l'anticipazione) ad almeno al 30 per cento dei citati residui. Per l’anno 2014 l’articolo 3-bis del D.L. n. 16/2014 ha uniformato i criteri di determinazione del Fondo svalutazione crediti per tutti gli enti locali, fissando l’entità del Fondo in misura non inferiore al 20 per cento dei residui attivi di cui al titoli I e III dell’entrata, aventi anzianità superiore a 5 anni.
[97] Cfr. l’Allegato n. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011 - aggiunto dal D.Lgs. n. 126/2014 - relativo al “Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria”, nella parte relativa all'accertamento dell'entrata e alla relativa imputazione contabile.
[98] http://certificazionecrediti.mef.gov.it/CertificazioneCredito/home.xhtml. Si ricorda che, ai fini del pagamento dei debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni, la disciplina vigente richiede alle pubbliche amministrazioni di registrarsi sulla apposita piattaforma elettronica predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze – RGS. La piattaforma consente ai creditori della P.A. di chiedere la certificazione dei crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali e di tracciare le eventuali successive operazioni di anticipazione, compensazione, cessione e pagamento, a valere sui crediti certificati. La piattaforma consente, altresì, un monitoraggio permanente dei debiti delle pubbliche amministrazioni e dei relativi tempi di pagamento, al fine di accelerare il pagamento dei debiti arretrati e prevenire la formazione di un nuovo stock di debito.
[99] In
quanto, si ricorda, che per tali comuni – contrariamente a quanto avviene nelle
altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a
carico dello Stato.
[100] Si ricorda che una delle misure sanzionatorie
previste nelle ipotesi di mancato rispetto del patto dal comma 26 dell’articolo
31 della legge n. 183/2011, consiste proprio nella riduzione del fondo
sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla
differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato.
Tale sanzione si applica anche nei confronti degli enti locali della Regione
Siciliana e della Sardegna, che ancora beneficiano di trasferimenti erariali.
[101] Restano esclusi gli enti locali delle regioni
a statuto speciale (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle
d’Aosta), in relazione agli effetti
della sentenza della Corte Costituzionale del 19 luglio 2013, n. 219, la quale
ha dichiarato la incostituzionalità dell'articolo 7 del D.Lgs. 6 settembre 2011 n.
149, che reca le misure sanzionatorie applicabili agli enti locali in caso di
inadempienza del patto, nella parte inerente alle Autonomie speciali.
[102] Si ricorda che sulla base delle direttive europee - Direttiva 2011/7/UE (sostitutiva della precedente Direttiva 2000/35/CE) - relative ai ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali concernenti contratti di fornitura di beni e servizi sia tra privati che tra privati e pubbliche amministrazioni, recepite nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, poi successivamente modificato dal Decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, i termini ordinari per il pagamento per le transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione sono fissati in 30 giorni (termine prorogabile fino a 60 giorni solo in presenza di determinate condizioni).
[103] I riferimenti normativi sono i seguenti:
Sardegna L.Cost. 3/1948, art. 15; Sicilia R.D.Lgs 455/1946 artt. 3, 8-bis, 9;
Friuli-Venezia Giulia L.Cost. 1/1963 art. 12; Valle d'Aosta L.Cost. 4/1984 art.
15; Province autonome di Trento e di Bolzano DPR 670/1972, art. 47.
[104] Si ricorda che nel 2010 le elezioni
amministrative si svolsero assieme alle regionali il 28-29 marzo 2010. Per
consentire l’abbinamento fu emanato il decreto-legge 18 settembre 2009, n. 131
(convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 271) che anticipò i termini del
procedimento elettorale per lo svolgimento delle elezioni amministrative del
2010, al fine di consentirne lo svolgimento contemporaneo con le elezioni
regionali.
[105] Recante “Interventi urgenti in favore delle
popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio
delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il
20 e il 29 maggio 2012”.
[106] Recante “Misure urgenti per la crescita del
Paese”, il cui articolo 67-septies
richiama i seguenti comuni: comuni di Ferrara, Mantova, nonché, ove risulti
l'esistenza del nesso causale tra i danni e gli indicati eventi sismici, dei
comuni di Castel d'Ario, Commessaggio, Dosolo, Pomponesco, Viadana, Adria,
Bergantino, Castelnovo Bariano, Fiesso Umbertiano, Casalmaggiore, Casteldidone,
Corte dè Frati, Piadena, San Daniele Po, Robecco d'Oglio, Argenta.
[107] Per il 2013, la riduzione degli obiettivi del
patto di stabilità interno è stata disposta dall’articolo 6-quinquies del D.L. n. 43/2013.
[108] D.L. 15 maggio 2012, n. 59, recante Disposizioni urgenti per il riordino della
protezione civile., il quale ha novellato l’articolo 31 della legge di
stabilità (legge n. 183/2011) introducendo due nuovi commi (comma 8-bis e 8-ter).
[109] Vale a dire tra la data del 31 luglio prevista
nell’articolo 151 del TUEL per l’approvazione del bilancio consolidato e la
data del 30 settembre prevista invece nell’articolo 18 del D.Lgs.118/2011.
[110] Motivazione principale della sentenza è che le
norme non sono conformi alle disposizioni statutarie che – pur con delle
differenze tra le regioni – pongono delle condizioni affinché la riserva
all'erario sia considerata legittima.
[111] Decreto del Ministero dell'economia e delle
finanze 11 settembre 2014, Modalità di individuazione, attraverso separata
contabilizzazione, del maggior gettito da riservare all'Erario, ai sensi
dell'articolo 1, comma 508, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 215 del 16-9-2014).
[112] Il Patto della salute 2014-2016 (Conferenza
Stato–Regioni del 10 luglio 2014), determina all'articolo 1, in 109,9 miliardi
di euro il livello di finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato per il
2014. Stabilisce altresì il livello di finanziamento del SSN per il biennio a
venire in 112 miliardi per il 2015 e 115,4 per il 2016.
[113] Si deve intendere vigente fino al 2014. Per le
Regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 2015, infatti, la legge di
stabilità in esame, ai commi 460-466 e 468-478, introduce una diversa modalità
di contenimento della spesa pubblica; il nuovo obiettivo per ciascuna regione è
il conseguimento del pareggio di bilancio, anziché l'osservanza del limite
posto alle spese complessive. Alle Regioni a statuto ordinario, per tale motivo,
non si applicano più le disposizioni sulle deroghe al patto di stabilità,
intese come esclusioni di voci di spesa dal computo finale.
[114] Recante “Norme
a tutela della minoranza slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia”.
[115] Pari a 5.805 milioni di lire.
[116] Pari a circa 1.000 milioni di lire.
[117] Il comma 11 dell’articolo 41 del D.L. n.
207/2008 (Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti) ha previsto,
tra l’altro, disposizioni concernenti i contributi assegnati dallo Stato alla
regione Friuli-Venezia Giulia per gli interventi a favore della minoranza
slovena autorizzando un incremento di spesa pari a un milione di euro per
l’anno 2008.
[118] Decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61,
recante “ Ulteriori disposizione recanti attuazione dell’articolo 24 della
legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma capitale”, che fa
seguito al precedente D.Lgs. 17 settembre 2010 “Disposizioni recanti attuazione
dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento
transitorio di Roma capitale”.
[119] Con la legge 25 novembre 1964, n. 1280
(Provvidenze per il Comune di Roma) è stata autorizzata, a decorrere dall’anno
1964, la concessione di un contributo annuo di 5 miliardi di lire in favore del
comune di Roma, quale sostegno dello Stato agli oneri finanziari che il comune
sostiene quale sede della Capitale. Tale contributo è stato nel tempo
rideterminato, in 10 miliardi di lire dall’art. 1 della legge n. 99/1969, in 19
miliardi dall’art. 1 della legge n. 686/1974, in 25 miliardi di lire dall'art.
35, comma 17, della legge n. 730/1983, e, infine, a decorrere dall'anno
finanziario 1986, in 35 miliardi di lire dall’art. 32, comma 26, della legge n.
41/1986. Il contributo annuo è stato, poi, incrementato di ulteriori 200
miliardi di lire a decorrere dal 1999, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della
legge n. 494/1999.
Tale contributo (complessivi 235 miliardi di
lire), che dal 1999 era rimasto fermo – convertito in euro - a 121,4 milioni di
euro, è stato incrementato di ulteriori 175 milioni di euro dalla legge
finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 963, legge n. 296/2006).
[120] Il richiamato articolo 14 del Contratto
collettivo nazionale Regioni ed enti locali del 1° aprile 1999 prevede, in
particolare, che “a decorrere dal 31 dicembre 1999, le risorse destinate nel
medesimo anno al pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario
sono ridotte nella misura del 3% ed il limite massimo annuo individuale per le
medesime prestazioni è rideterminato in 180 ore”.
[121] Si ricorda che l’articolo 6, comma 2, del D.L.
n. 93/2013 dispone che tale limitazione non si applica alle Forze di Polizia e
alle Forze armate.
[122] Si ricorda che, successivamente, anche
l’articolo 1, comma 456, della L. n. 147/2013 ha disposto la proroga sino al 31
dicembre 2014 del richiamato art. 9, c. 2-bis, del D.L. n. 78/2010 comportando
una rilegificazione della materia.
[123] Più ampiamente,
http://www.duomomilano.it/it/infopage/che-cose-la-veneranda-fabbrica/c6e20083-b4c6-4f9d-8140-9d74ceaa0572/.
[124] La norma riproduceva di fatto, per il triennio 2008-2010, quanto
disposto per il solo 2007 dal comma 713 dell’art. 1 della legge finanziaria
2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296). L’articolo 2, comma 41, del D.L.
225/2010, ha prorogato gli effetti di tale norma fino al 2012.
[125] Il comma 2 di tale articolo prevede infatti
espressamente che alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano e
agli enti locali è fatto divieto di emettere titoli obbligazionari o altre
passività che prevedano il rimborso del capitale in un'unica soluzione alla
scadenza, nonché titoli obbligazionari o altre passività in valuta estera.
[126] In quanto il testo del comma 16 previgente
alla modifica in esame prevedeva un ripiano del disavanzo pari al 10 per cento
annuo.
[127] Per l'anno 2015, tale termine è stato
differito al 31 marzo 2015 dal D.M. 24 dicembre 2014.
[128] L’istituto giuridico del dissesto finanziario
degli enti locali, che qui non si dettaglia, si ha se l'ente non può garantire
l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei
confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa
fare validamente fronte (titolo VIII della parte II del Testo Unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, emanato con il D.Lgs. n. 267/2000).
[129] A norma dell'art. 3, comma 7, del D.L. n.
174/2012, la Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, di
cui al comma 1, dell’art. 261, ha assunto la denominazione di Commissione per
la stabilità finanziaria degli enti locali.
[130] Sul punto si ricorda che l’articolo 246, comma
4, del TUEL prevede che se, per l'esercizio nel corso del quale si rende
necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il
bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per
l'intero esercizio finanziario. Ove sia stato già approvato il bilancio
preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello
stesso.
[131] Si ricorda che, negli ultimi anni, il termine
per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali (fissato al
31 dicembre dell’anno precedente, ai sensi dell’art. 151 del TUEL) è stato più
volte differito nel corso dell’esercizio. Ad esempio, per l’anno 2013, tale
termine è stato differito inizialmente al 30 giugno 2013 dall’articolo 1, comma
381, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2013), poi al 30 settembre
2013, dall’articolo 10, comma 4-quater,
lettera b) del D.L. 35/2013, e infine
al 30 novembre 2013 dall’articolo 8, comma 1, del D.L. n. 102/2013. Per l’anno
2014, il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti
locali è stato più volte differito, da ultimo, al 30 settembre 2014.
[132] Disposizioni in materia di autonomia di
entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.
[133] Nella terminologia del D.Lgs. 68/2011, le
risorse destinate dallo Stato al finanziamento della sanità vengono definite
“fabbisogno sanitario nazionale standard”. Il fabbisogno sanitario nazionale
viene poi ripartito tra le Regioni dando origine al “fabbisogno sanitario
regionale standard”.
[134] Disposizioni urgenti per promuovere lo
sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, convertito, con modificazioni, dalla legge
189/2012.
[135] Al proposito, Settore “salute e politiche
sociali” della Segreteria della Conferenza delle Regioni, Ricognizione dei provvedimenti che prevedono procedure concertative in attuazione
del nuovo Patto per la salute per gli anni 2014-2016, settembre 2014.
[136] Disposizioni
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
[137] Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, Provvedimento 3 dicembre 2009, Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6,
della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per
gli anni 2010-2012.
[138] Si ricorda che le risorse destinate al
finanziamento del SSN sono articolate in una quota di finanziamento indistinto,
destinata al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), e in una
quota a destinazione vincolata e programmata.
[139] Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.
[140] Disposizioni
in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle
province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel
settore sanitario.
[141] Conferenza delle Regioni e delle Province
Autonome, Intesa sulla proposta del ministro della salute di deliberazione CIPE
concernente il riparto tra le regioni delle disponibilità finanziarie per il
SSN per l'anno 2013: Accordo politico, 19 dicembre 2013
[142] Disposizioni in materia di armonizzazione dei
sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e
dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42.
[143] Per informazioni puntuali sul Nuovo Sistema
informativo sanitario NSIS, si rinvia alla sezione dedicata del sito del
Ministero della salute.
[144] Il criterio generale a cui dovranno adeguarsi
le regioni per la riorganizzazione della rete ospedaliera, fissato
dall’articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge n. 95/2012 (Spending review), prevede il rispetto
del parametro nazionale di 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di
0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza
post-acuzie, ed i relativi provvedimenti attuativi, garantendo il progressivo
adeguamento agli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi
indicati, nel corso del triennio 2014-2016 e tenendo conto anche della mobilità
sanitaria interregionale.
[145] Si tratta del Comitato di cui all’articolo 9
dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, istituito presso il Ministero
della salute per la verifica dell’erogazione dei Livelli essenziali di
assistenza in condizioni di appropriatezza e di efficienza nell’utilizzo delle
risorse e per la verifica della congruità tra le prestazioni da erogare e le
risorse messe a disposizione.
[146] D.Lgs.
28 giugno 2012, n. 106, Riorganizzazione degli enti vigilati dal
Ministero della salute, a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n.
183.
[147] Si ricorda che gli Istituti zooprofilattici
sperimentali sono enti sanitari di diritto pubblico, a carattere
prevalentemente interregionale, che svolgono, quali strumenti
tecnico-scientifici dello Stato, regioni e province autonome, attività di
ricerca scientifica sperimentale veterinaria ed attività di accertamento dello
stato sanitario degli animali provvedendo, in particolare, ad assicurare la
sorveglianza epidemiologica, l'effettuazione di ricerche di base e finalizzate,
la formazione del personale, il supporto di laboratorio, la diagnostica
nell’ambito del controllo ufficiale degli alimenti e le attività correlate alla
sicurezza alimentare. Gli Istituti, con le loro 10 sedi centrali e 90 sezioni
territoriali, costituiscono una struttura sanitaria integrata, in grado di assicurare
al SSN un'articolata rete di servizi per verificare la salubrità degli alimenti
e per realizzare le azioni di polizia veterinaria e di difesa sanitaria del
patrimonio zootecnico, anche ai fini della salvaguardia della salute dell'uomo.
In alcune regioni quali Abruzzo e Molise, Campania e Calabria, Puglia e
Basilicata, non si è ancora proceduto a disciplinare le modalità gestionali,
organizzative e di funzionamento degli IZS, come richiesto dall’articolo 2,
comma 5, dal precedente decreto di riordino (D.Lgs. n. 270/1993).
[148] Per l’illustrazione dei compiti dei
dipartimenti di prevenzione si rinvia alla scheda di lettura del comma 28 che
prevede uno specifico intervento in materia.
[149] Il consiglio di amministrazione dura in carica quattro anni, è nominato
dal Presidente della Regione ed è composto di tre membri, muniti di diploma di laurea magistrale o equivalente
ed aventi comprovata professionalità ed esperienza in materia di sanità
pubblica veterinaria e sicurezza degli alimenti, di cui uno designato dal Ministro
della salute e due dalle Regioni o dalle PA territorialmente
competenti. Nel caso di Istituti interregionali i membri del consiglio di
amministrazione sono designati dalla Regione dove l’istituto ha sede legale, di
concerto con le altre Regioni e PA interessate.
[150] Il Direttore generale è nominato dal Presidente della Regione dove l'Istituto ha sede legale, sentito
il Ministro della salute e, nel caso di Istituti interregionali, di concerto
tra le Regioni e le PA, sentito il Ministro della salute. Il rapporto di lavoro
del direttore generale è regolato con contratto di diritto privato, non
superiore a cinque anni, rinnovabile una sola volta.
[151] In particolare, il direttore generale adotta
l'atto aziendale che individua le strutture operative dotate di autonomia
gestionale o tecnico-professionale soggette a rendicontazione analitica; è
responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture
operative dell'azienda; è coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni,
dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario; si avvale del Collegio
di direzione su tutte le questioni attinenti al governo delle attività
cliniche.
[152] In merito al quadro sulla normativa
comunitaria in materia si rinvia a quando indicato sul sito del Ministero della
salute alla seguente pagina WEB
[153] Per un approfondimento in materia si rinvia al
Rapporto n. 1 della Ragioneria generale dello Stato sul Monitoraggio della spesa sanitaria del giugno 2014.
[154] In proposito si segnala che, in base ai dati
dell’Annuario statistico della RGS 2014, il personale sanitario pubblico a tempo
indeterminato, nel 2012, è stato pari 673.335 unità (682.354 unità nel 2011)
mentre quello a tempo flessibile, pari a 32.038 unità (35.210 unità nel 2011),
con un costo totale pari a 40,1 miliardi (40,6 nel 2011, -1,18%). Nel 2013, in
base al Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica della corte dei
Conti, la spesa per il personale è ulteriormente diminuita dell’1,2%. Sul
punto il Rapporto aggiunge (p. 223): “Sull’evoluzione degli oneri del personale
incide il blocco del turnover nelle
regioni in piano di rientro e le politiche di contenimento delle assunzioni per
le regioni non in piano. Incidono inoltre favorevolmente gli effetti del
contenimento della spesa conseguenti all’obbligo per le regioni di garantire
con appositi accantonamenti la copertura integrale degli oneri derivanti da
rinnovi contrattuali. Ciò ha comportato una maggiore congruità nella
valutazione dei relativi costi e una riduzione delle sopravvenienze passive di
rilevante entità negli esercizi finanziari successivi a quello della
sottoscrizione del contratto”.
[155] Si ricorda che tra tali enti, che appartengono
a differenti livelli istituzionali, rientrano: il Ministero della salute a
livello centrale; gli enti e organi di livello nazionale, quali il CSS
(Consiglio superiore di sanità), l’ISS (Istituto superiore di Sanità), l’ISPEL
(Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, l’AGENAS
(Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali), gli IRCCS (Istituti di
ricovero e cura a carattere scientifico), gli Istituti zooprofilattici
sperimentali (IZS), l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA); e, a livello
territoriale e locale: le regioni e le province autonome, le aziende sanitarie
locali e le aziende ospedaliere.
[156] Con riferimento al Tavolo di verifica degli
adempimenti si ricorda che l’art. 11 del Patto per la salute 2014-2016 prevede
che annualmente il Tavolo potrà disporre l’aggiornamento degli adempimenti che
consentono alle Regioni l’accesso al finanziamento integrativo.
[157] D.L. 158/2012, Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un
più alto livello di tutela della salute, convertito con modificazioni dalla
L. 189/2012.
[158] Il Prontuario Farmaceutico Nazionale (PFN) è
lo strumento predisposto per gli operatori del settore al fine di favorire una
prescrizione e una dispensazione informata del farmaco. Comprende tutte le
informazioni essenziali sulle specialità medicinali che possono essere
prescritte a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e raccoglie tutti i
provvedimenti riguardanti l'introduzione e la rimborsabilità dei nuovi
medicinali.
[159] I farmaci di classe C, senza obbligo di
prescrizione medica sono a loro volta distinti in due sottoclassi: farmaci
utilizzati per patologie di lieve entità o considerate minori con accesso alla
pubblicità (OTC) individuati dalla L. 537/1993 nella fascia C-bis e farmaci senza obbligo di
prescrizione medica (SOP), per i quali non è possibile fare pubblicità.
[160] Nel momento in cui l’autorizzazione all’immissione
in commercio (AIC) è concessa, questa diviene la carta di identità del farmaco,
poiché stabilisce: il nome del medicinale; la sua composizione; la descrizione
del metodo di fabbricazione; le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni
e le reazioni avverse; la posologia, la forma farmaceutica, il modo e la via di
somministrazione; le misure di precauzione e di sicurezza da adottare per la
conservazione del medicinale e per la sua somministrazione ai pazienti; il
riassunto delle caratteristiche del prodotto; un modello dell'imballaggio
esterno; il foglio illustrativo; la valutazione dei rischi che il medicinale
può comportare per l'ambiente. Quando per un medicinale è stata rilasciata
un’AIC, ogni successiva modifica nel dosaggio o nella forma farmaceutica, nella
presentazione o nella via di somministrazione, comporta la richiesta di
un’ulteriore autorizzazione.
[161] Fonte
AIFA: Sezione del sito dedicata all’ABC del Farmaco.
[162] Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2012.
[163] D.Lgs.
24 aprile 2006 n. 219, Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e
successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente
i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE.
[164] D.L.
13 settembre 2012, n. 158, Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del
Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, convertito
in legge, con modificazioni, dall'art.
1, comma 1, L. 8 novembre 2012, n. 189.
[165] Termine di cui al all'articolo 6, comma 8-undecies, del decreto-legge 28 dicembre
2006, n. 300, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e
disposizioni diverse, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio
2007, n. 17.
[166] Interrogazione
a risposta immediata in commissione 5/03726, presentata il 7 ottobre 2014.
Risposta scritta pubblicata Mercoledì 8 ottobre 2014 nell'allegato al
bollettino in Commissione XII (Affari sociali).
[167] D.M.
22 dicembre 1997, Tariffe residuali di cui al D.M. 19 luglio 1993, concernente le tariffe e i diritti
spettanti al Ministero della sanità, all'Istituto superiore di sanità e
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro, per
prestazioni rese a richiesta e ad utilità dei soggetti interessati.
[168] D.M.
21 dicembre 2012, Aggiornamento degli importi delle tariffe e dei
diritti per le prestazioni rese a richiesta ed a utilità dei soggetti
interessati.
[169] Le risorse incrementali assegnate, su base
annua, alla spesa farmaceutica territoriale sono definite dalla seguente
procedura: a) calcolo della differenza tra il valore massimo della spesa
sostenuta dal SSN per la farmaceutica territoriale programmata nell'anno di
riferimento rispetto al valore dell'anno precedente; b) calcolo della
differenza tra la spesa attribuita alle molecole in scadenza brevettuale in
corso d'anno e la spesa corrispondente stimata sulla base della riduzione del
prezzo applicata al relativo medicinale generico - equivalente. Per i
medicinali generici - equivalenti i cui prezzi siano stati già definiti in sede
negoziale, la minore spesa viene calcolata applicando i prezzi negoziati; per i
medicinali generici-equivalenti il cui prezzo non è ancora stato negoziato, si
applica una riduzione media di prezzo pari al 40%.
[170] D.L. 1
ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per
lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1, L. 29
novembre 2007, n. 222 .
[171] Sull’epidemia a rapida diffusione causata dal
virus Ebola, e sulle misure adottate dall’Oms e dai diversi Governi per
fronteggiarne l’espansione si può consultare l’apposita sezione del Ministero
della salute: www.salute.gov.it/ebola.
[172] Riordino
della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23
ottobre 1992, n. 421.
[173] Come indicato per le vie brevi dagli uffici
del Ministero dell’economia, in altri termini, ai fini della definizione dei
nuovi pesi si terrà conto dei costi sostenuti dalle regioni in relazione al
fabbisogno standard e all’eventuale miglioramento registrato a livello regionale
nell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza sulla base di appositi
indicatori. A tal fine, infatti, il Ministero della salute ha costituito un
apposito gruppo di lavoro, composto da rappresentanti dei ministeri competenti
e delle regioni, per la definizione puntuale dei criteri di riparto indicati
nel comma in esame.
[174] Per una ricostruzione dettagliata degli
importi si veda la scheda di lettura relativa alla Tab. E contenuta nel
presente dossier.
[175] Pubblicato nel S.O. n. 101 della G.U.302 del
31.12.2014.
[176] I dati forniti sono contenuti in: Ragioneria
generale dello Stato, Il monitoraggio della spesa sanitaria. Rapporto n.1, giugno 2014,
pagg. 156-157. In proposito si ricorda che la legge 191/2009 (legge si
stabilità per il 2010) individua nel 5% la soglia di attenzione per
l’obbligatoria sottoscrizione del Piano di rientro. Si veda anche l’approfondimento
sul risultato di gestione consuntivo 2013 della regione Molise effettuato dalla
Corte dei conti nella Relazione sulla gestione degli enti territoriali del 19 gennaio
2015, p. 768.
[177] Corte dei Conti – Procura regionale per il
Molise, Giudizio di parificazione del Rendiconto generale della Regione Molise
per l’esercizio finanziario 2012, aprile 2014.
[178] La Direttiva
2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011, contiene
misure contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. L'articolo
10, comma 1, della L. 11 novembre 2011, n. 180 (Norme per la tutela della
libertà d'impresa. Statuto delle imprese), conferisce una delega al Governo,
per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 16 febbraio 2011, sulla base dei seguenti principi e criteri
direttivi: a) contrasto degli effetti negativi della posizione dominante di
imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel
caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese; b) previsione che
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini
e intervenire in prima istanza con diffide e irrogare sanzioni relativamente a
comportamenti illeciti messi in atto da grandi imprese.
[179] Legge
23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).
[180] Legge
27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[181] Il D.Lgs. 149/2011 sui meccanismi sanzionatori
e premiali relativi a regioni, province e comuni ha introdotto forme premiali a
valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il
finanziamento del Servizio sanitario nazionale, applicabili a decorrere
dall'anno 2012, per le regioni che istituiscono una Centrale regionale per gli
acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di
beni e servizi. L'accertamento delle condizioni per l'accesso regionale alle
forme premiali è effettuato nell'ambito del Comitato permanente per la verifica
dell'erogazione dei Lea e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti
regionali. Dal 1° gennaio 2014 la quota premiale a valere sulle risorse
ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio
sanitario nazionale, è annualmente pari allo 0,25 per cento delle risorse
stesse. Limitatamente al 2013, la percentuale è stata fissata allo 0,30%.
[182] Tali somme sono sostanzialmente riconducibili
alla fiscalità aggiuntiva, al ripiano di disavanzi sanitari, al finanziamento
di funzioni sanitarie ulteriori rispetto ai LEA, e ad altri finanziamenti
regionali comunque destinati.
[183] Il decreto ministeriale 18 ottobre 2012 ha
determinate le tariffe massime che le regioni e le province autonome possono
corrispondere alle strutture accreditate per le prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di
riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica
ambulatoriale. Le tariffe fissate dal decreto erano originariamente valide fino
al 31 dicembre 2014. L’articolo 7, comma 4, del decreto 192/2014 di proroga
termini ha differito il termine di un anno, al 31 dicembre 2015.
[184] Di cui agli articoli 9 e 12 dell'intesa Stato
regioni del 23 marzo 2005.
[185] Il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni
degli enti pubblici), è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e
dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche,
che nasce dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca
d'Italia e l' ISTAT, in attuazione dall'articolo 28 della legge n. 289/2002,
disciplinato dall’articolo 14, commi dal 6 all’11, della legge n. 196 del 2009.
Le codifiche SIOPE costituiscono una classificazione
economica delle entrate e delle spese che dedica particolare
attenzione all'individuazione del comparto di appartenenza dei soggetti da cui
provengono o a cui sono destinati i flussi finanziari, al fine di consentire il
consolidamento dei conti pubblici, nonché alle esigenze del sistema europeo dei
conti (SEC 95) al fine di fornire informazioni all'ISTAT. I codici sono
differenziati tra i diversi comparti delle amministrazioni pubbliche (Stato,
Regioni, Enti locali ed altri).
[186] Tale norma prevede che la Corte riferisca
almeno annualmente, sugli andamenti complessivi della finanza regionale e
locale, anche sulla base dell’attività svolta dalle Sezioni regionali, allo
scopo di fornire dati di sintesi rispetto ai controlli eseguiti sul territorio.
[187] Tale disposizione è stata introdotta dall’art.
2, co. 1, lett. a-bis) del D.L. n.
16/2014.
[188] Tale legge prevedeva nel testo originario la
proroga per soli 4 mesi, poi estesi a dodici dall’articolo 2 del D.L. n.
16/2014.
[189] Tale norma prevede che la Corte riferisca
almeno annualmente, sugli andamenti complessivi della finanza regionale e locale,
anche sulla base dell’attività svolta dalle Sezioni regionali, allo scopo di
fornire dati di sintesi rispetto ai controlli eseguiti sul territorio.
[190] L’articolo 149-bis del D.Lgs. n. 152/06, in materia di affidamento del servizio
idrico, è stato inserito dall’ art. 7, comma 1, lett. d), D.L. 12 settembre
2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164,
recante Misure urgenti per l'apertura dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese,
la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la
ripresa delle attività produttive.
L’art. 7 del suddetto
decreto-legge ha infatti apportato una serie di modifiche al decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativamente alla gestione delle risorse
idriche, riguardo all’obbligo per gli enti locali di aderire agli enti di
governo dell'ambito individuati dalle regioni e ha dettato ulteriori
disposizioni in materia di affidamento del servizio.
[191] Le amministrazioni cui fa riferimento la norma
sono quelle previste dall’elenco delle pubbliche amministrazioni redatto
annualmente dall’Istat, che nella voce “pubbliche amministrazioni locali”
contempla le regioni, gli enti locali, le autorità portuali, le camere di
commercio, le aziende sanitarie locali, le università ed altre tipologie di
enti operanti in ambiti territoriali delimitati.
[192] Vale a dire dal 6 maggio 2014, data di
entrata in vigore della legge 2 maggio 2014, n.88, che nell’effettuare la
conversione in legge del decreto-legge 6 marzo 2014, n.16 ha apportato allo
stesso alcune modifiche, tra cui l’introduzione del comma 568-bis in questione.
[193] Vedi nota precedente.
[194] Recante disposizioni in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni,
degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge n.42/2009 sul federalismo
fiscale. In particolare il riferimento, per le aziende speciali, è ai principi
dell’Allegato 1 di tale provvedimento.
[195] La legge n. 69/2009 ha, poi, rafforzato tali
interventi, attribuendo anche alle pubbliche amministrazioni locali e regionali
la facoltà di assegnare caselle di posta elettronica certificate ai cittadini
residenti nel loro territorio mentre il D.Lgs. n. 235/2010, riformulando il CAD
nella parte relativa a tali strumenti, ha stabilito che tutte le
amministrazioni pubbliche, nonché le società interamente partecipate da enti
pubblici o con prevalente capitale pubblico, provvedano a istituire e
pubblicare nell'Indice degli indirizzi della PA almeno una casella di PEC per
ciascun registro di protocollo. In definitiva, a seguito delle modifiche che
hanno interessato il CAD, le pubbliche amministrazioni sono tenute a utilizzare
la PEC ai fini della trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano
di una ricevuta di invio e di una di consegna a soggetti che abbiano
preventivamente dichiarato il proprio indirizzo; la trasmissione del documento
informatico tramite PEC equivale, altresì, alla notificazione a mezzo posta,
salvo che la legge disponga diversamente.
[196] In particolare, si disponeva che agli oneri si
provvede mediante l'utilizzo delle risorse finanziarie assegnate, ai sensi
dell'art. 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, al progetto «Fondo di garanzia
per le piccole e medie imprese» con decreto dei Ministri delle attività
produttive e per l'innovazione e le tecnologie 15 giugno 2004, non impegnate
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
[197] D.L. 13 maggio 2011, n. 70, "Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia", convertito, con modificazioni, dalla legge
12 luglio 2011, n. 106.
[198] Con il Regolamento (CE) n. 1303/2013, sono state definite norme comuni applicabili al FESR, al FSE, al Fondo di coesione, al FEASR e al FEAMP, che operano nell'ambito di un quadro comune, definito "fondi strutturali e di investimento europei - fondi SIE".
[199] Con il Piano di Azione coesione il Governo, di fronte ad una considerevole quantità di risorse dei fondi strutturali che nel 2011 non risultavano ancora spese e rischiavano il c.d. disimpegno automatico, ha disposto, in accordo con la Commissione (ai sensi dell’articolo 33 del regolamento CE n. 1083/2006), una riprogrammazione delle risorse dei fondi strutturali, con una diversa percentuale della quota di cofinanziamento comunitario che è stato elevato dall’originario 50 al 75 per cento (limite massimo di partecipazione), con corrispondente riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, le cui risorse vengono destinate agli obiettivi del Piano di Azione Coesione. In accordo con le Istituzioni europee, la quota di finanziamento comunitario dei programmi operativi in ritardo di attuazione, che rischiavano il disimpegno automatico delle risorse, restava invariata, in valori assoluti, pur assumendo un peso percentuale maggiore (da 50 al 75 per cento), mentre si riduceva la quota di risorse di cofinanziamento nazionale (dal 50 al 25 per cento). Le risorse nazionali, che fuoriuscivano dai programmi attuativi dei fondi strutturali, venivano utilizzate per gli obiettivi prioritari del Piano di Azione Coesione.
[200] L’articolo 123 del Regolamento UE N. 1303/2013 prevede la designazione per ciascun programma operativo (PO) di una autorità di gestione, di una autorità di certificazione e di una autorità di controllo (audit), funzionalmente indipendente dall'autorità di gestione e dall'autorità di certificazione. Per i fondi in relazione all'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione e nel caso del FEAMP, purché sia rispettato il principio della separazione delle funzioni, l'autorità di gestione, l'autorità di certificazione, se del caso, e l'autorità di audit possono fare parte della stessa autorità pubblica o dello stesso organismo pubblico. Ove l'importo complessivo del sostegno dei Fondi al programma operativo supera 250.000.000 EUR o il sostegno del FEAMP supera 100.000.000 EUR, l'autorità di audit può appartenere alla stessa autorità pubblica o allo stesso organismo pubblico dell'autorità di gestione a condizione che, ai sensi delle disposizioni applicabili per i precedenti periodi di programmazione, la Commissione abbia informato lo Stato membro, prima della data di adozione del programma operativo interessato, delle sue conclusioni, in virtù delle quali può fare affidamento principalmente sul suo parere di audit, oppure a condizione che la Commissione abbia accertato, sulla base dell'esperienza del precedente periodo di programmazione, che l'organizzazione istituzionale e la responsabilità dell'autorità di audit forniscono adeguate garanzie circa la sua indipendenza operativa e affidabilità.
[201] Le "Aree interne" rappresentano una delle opzioni strategiche di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell’ambito dell’Accordo di partenariato, in quanto riguardano tutto il territorio nazionale, senza alcuna distinzione.
Al fine di definire il concetto di aree interne, il territorio nazionale è stato suddiviso a livello comunale non in base ad un criterio minimo di popolazione, né secondo parametri altimetrici, ma secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali, che sono stati identificati nella presenza sul territorio di un istituto di scuola secondaria superiore, di una struttura ospedaliera sede di un DEA di primo livello e di una stazione ferroviaria classificata non inferiore a ”Silver”.
In base alla compresenza di questi tre requisiti sono stati individuati i “poli urbani” e poi i “poli intercomunali”, composti da quei comuni tra loro vicini nei quali erano presenti “congiuntamente” i tre servizi essenziali.
Conseguentemente i comuni non rientranti nei poli sono stati classificati in base ad un indicatore di “accessibilità”, calcolato in termini di minuti di percorrenza per raggiungere il polo più prossimo: i limiti sono stati fissati in meno di 20 minuti (aree periurbane o di cintura), tra 20 e 40 minuti (aree intermedie), tra 40 e 75 minuti (aree periferiche) e oltre i 75 minuti (aree ultra-periferiche). I comuni con tempi di accessibilità superiori ai 20 minuti dal polo più vicino sono stati classificati “aree interne”.
[203] Più in dettaglio, il comma 2 dell’articolo 22 del D.L. n. 66/2014 ha operato una novella il comma 5-bis dell’articolo 4 del D.L. n. 16/2012, il quale, nella sua versione ante modifica prevedeva che con un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, potessero essere individuati i comuni nei quali si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 504/1992, sulla base della altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT, nonché, eventualmente, anche sulla base della redditività dei terreni.
Si ricorda altresì che l’articolo 7, comma 1, lett. h) del citato D.Lgs. n. 504/1992 ha previsto l’esenzione per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina (per i quali era richiamata la delimitazione ai sensi dell’articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984).
[204] L’articolo 22, comma 2, provvede altresì ad individuare le procedure per il recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell’adozione del suddetto decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna (secondo quanto previsto dai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge n. 228/2012), nonché per i comuni delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano (secondo le procedura di cui al comma 17 dell'articolo 13 del D.L. n. 201/2011. A ciò ha poi dato attuazione il D.M. 28 novembre 2014.
[205] con le procedure indicate in nota 3.
[206] L’intervento del Governo è stato peraltro anche sollecitato dall’ANCI, la quale, in un comunicato del 3 dicembre 2014, ha rilevato criticità nella norma che esenta dall'IMU i terreni montani, ricordando come fossero state già prodotte da IFEL note tecniche e già formalmente posta la questione ai Ministri competenti, con la richiesta di un posticipo al 2015 della misura.
Secondo l'ANCI, la scelta dell'altimetria del centro abitato quale unico criterio di distinzione penalizza gravemente i territori montani di molti Comuni caratterizzati da rilevanti dislivelli.
[207] La relazione illustrativa al D.L. afferma che la misura di proroga è stata adottata in ragione del brevissimo lasso di tempo intercorrente tra il D.M. 28 novembre e la scadenza del 16 dicembre.
[208] Per le regioni a statuto ordinario la procedura e con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012 e per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le variazioni sono attuate in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del D.L. 201/2011.
[209] Si ricorda che, a decorrere dal 2015 sono a regime, per le regioni e gli enti locali, le nuove disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio, recate dal D.Lgs. n. 118/2011, attuativo della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale, e dal D.Lgs. n. 126/2014 integrativo e correttivo del decreto n. 118, che hanno profondamente innovato l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000.
Con riferimento specifico alla disciplina sulla variazioni di bilancio, le disposizioni di cui al citato art. 175 del TUEL prevedono ora che le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno, fatte salve alcune specifiche tipologie di variazioni, espressamente individuate dalla norma, che possono essere deliberate sino al 31 dicembre di ciascun anno. Si ricorda, tuttavia, ai sensi del comma 9-ter dell’art. 175, che ancora nel corso dell'esercizio 2015 si applicano, in materia, le norme concernenti le variazioni di bilancio vigenti nell'esercizio 2014 (fatta salva la disciplina del fondo pluriennale vincolato e del riaccertamento straordinario dei residui).
[210] Si rinvia alla scheda “Le principali disposizioni adottate a fronte degli eventi alluvionali verificatisi nella regione Sardegna nel mese di novembre 2013” al link www.camera.it/temiap/2014/12/18/OCD177-722.pdf, che non considera le norme contenute nella presente legge di stabilità 2015 e relative all’alluvione del 2013 in Sardegna.
[211] Al
riguardo, si veda anche la risposta del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, all’interrogazione a risposta immediata n.
3-00903 (seduta Assemblea
Camera del 25 giugno 2014).
[212] Il
medesimo comunicato evidenzia che “Quest’anno nel periodo settembre-novembre
abbiamo avuto un picco di sostituzioni, con un incremento dell’11% rispetto
allo scorso anno”.
[213] In base al Decreto 101094 del 29 dicembre 2014 - Ripartizione in capitoli delle Unità di
voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2015 e per il triennio 2015 - 2017, le risorse allocate sui capitoli dello stato di previsione del MIUR
afferenti al “cedolino unico” per le supplenze
brevi (cap. 1227 per l’istruzione prescolastica; cap. 1228 per l’istruzione
primaria; cap. 1229 per l’istruzione secondaria di primo grado; cap. 1230 per
l’istruzione secondaria di secondo grado) recano uno stanziamento complessivo pari a €
718,5
mln. Gli
stanziamenti afferenti al Fondo per il
funzionamento delle istituzioni scolastiche (cap. 1195 per l’istruzione
prescolastica; cap. 1204 per l’istruzione primaria; cap. 1196 per l’istruzione
secondaria di primo grado; cap. 1194 per l’istruzione secondaria di secondo
grado) sono pari, come già evidenziato nella scheda relativa ai commi 134 e
135, a € 761,2 mln.
[214] Tra gli swap, l’interest rate swap (IRS) è la tipologia di derivato più diffusa presso le amministrazioni territoriali. L’interest rate swap è un contratto bilaterale con cui le parti, al fine di gestire il rischio di tasso di interesse o di ridurre il costo finale del debito, prevedono di scambiarsi, per tutta la durata del contratto, flussi periodici di interessi calcolati su una determinata somma di denaro presa a riferimento (denominata capitale nozionale di riferimento): una parte riceve un flusso di interesse a tasso fisso e corrisponde alla controparte un importo periodico di interessi a tasso variabile, indicizzato e incrementato di uno spread. L’ente territoriale che corrisponde il tasso variabile, trasforma una passività a tasso fisso (come è, prevalentemente, il caso del debito degli enti locali) in una a tasso variabile, al fine di sfruttare un ribasso dei tassi di mercato e realizzare, pertanto, una operazione volta a minimizzare il costo del debito; viceversa, nel caso sia l’Ente a pagare il tasso fisso, si trasforma una passività a tasso variabile in una a tasso fisso: scopo principale dell’operazione, in questo caso, sarà la riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato derivanti da un rialzo dei tassi di interesse.
A questa forma contrattuale base, denominata anche Plain vanilla, possono essere aggiunte ulteriori termini, tra cui il collar, ovvero la clausola che limita le oscillazioni del tasso d’interesse variabile all’interno di un valore minimo (floor) o massimo (cap), mentre non sono ammesse le opzioni "digitali", ovvero le ulteriori condizioni contrattuali che, al verificarsi di determinati eventi, moltiplicano il valore dei flussi finanziari che una parte deve corrispondere all'altra.
[215] http://www.mef.gov.it/inevidenza/article_0055.html . Tale comunicato precisa inoltre che al termine della procedura si assisterà altresì ad una semplificazione delle posizioni debitorie delle Regioni, in quanto, come previsto dalla norma, qualora ai titoli oggetto del riacquisto siano associati dei derivati (swap), le Regioni dovranno obbligatoriamente procedere alla loro contestuale chiusura, avvalendosi del supporto del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
[216] Articolo 1, comma 572, della legge n.147/2013. Tale norma ha esteso e reso definitivo il divieto in questione, già introdotto dall’articolo 62 del D.L. 112/2008 come sospensione temporanea.
[217] Relazioni della Corte
dei conti sulla gestione finanziaria delle Regioni riferita agli esercizi 2011
e 2012 pagg.78 sgg.
[218] Corte dei conti - Relazione sulla gestione finanziaria degli enti
territoriali per l'esercizio 2013 - Doc. XLVI, n. 3, pagg. 502 sgg.
[219] Disciplina che in questa sede non si
dettaglia, e che è riconducibile principalmente al decreto legislativo 31
maggio 2011, n. 88, recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed
interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma
dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 sul federalismo fiscale, il
cui articolo 4 ha istituito il FSC in sostituzione del previgente Fondo per le
aree sottoutilizzate (FAS). Tale disciplina è stata poi integrata e modificata
da successivi provvedimenti, in particolare con gli articoli 9 e 9-bis del
decreto legge n.69 del 2013 e poi con l’articolo 10 del decreto-legge n.101 del
2013.
[220] Le strategie di ricerca e innovazione nazionali e regionali di
specializzazione intelligente sono programmi di trasformazione economica
integrati e basati sul territorio che svolgono cinque azioni importanti: 1)
incentrano il sostegno della politica e gli investimenti su fondamentali
priorità, sfide ed esigenze di sviluppo basato sulla conoscenza a livello
nazionale e regionale; 2) valorizzano i punti di forza, i vantaggi competitivi
e il potenziale di eccellenza di ogni paese o regione; 3) supportano
l’innovazione tecnologica e basata sulla pratica e promuovono gli investimenti
nel settore privato; 4) assicurano la piena partecipazione dei soggetti
coinvolti e incoraggiano l’innovazione e la sperimentazione; 5) sono basati su
esperienze concrete e includono validi sistemi di monitoraggio e valutazione.
[221] Vale a dire “entro sessanta giorni dalla data
di entrata in vigore della presente legge”, come recita la norma.
[222] D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88, recante
disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la
rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell'articolo 16 della
legge 5 maggio 2009, n. 42 sul federalismo fiscale.
[223] Recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia,
convertito dalla legge n.98 del 2013
[224] Istituita ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs.
n.1 del 1999.
[225] Cfr. la recente relazione “Quote latte: la
gestione delle misure finalizzate alla rimozione delle disfunzioni rilevate nel
recupero del prelievo a carico degli allevatori” di dicembre 2013.
[226] Corte dei conti, relazione approvata con del.
n. 20/2012 sulle Quote latte: la gestione degli interventi di recupero delle
somme pagate dallo Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione,
p. 33 ss.
[227] afferenti al periodo di mancata applicazione
del regime, cioè quello precedente la campagna lattiera 1994/1995.
[228] Il regime di contingentamento non trova
infatti applicazione interna fino al 1991: in tale anno l'articolo unico della
legge n. 201/91 stabilisce che le norme comunitarie sul prelievo si applicano a partire dal periodo 1991/92, ponendo a
carico dell'AIMA i saldi contabili con la Comunità economica dovuti per i
periodi dal 1987/88 al 1990/91; subito dopo la legge 468/92 - prima legge di
regolazione organica della materia - procrastina l'applicazione del sistema
alla successiva campagna 1992/93.
Va chiarito in merito che l'annata di produzione lattiera non coincide con
l'anno solare ma inizia il 1° aprile e termina il 31 marzo dell'anno
successivo.
La mancata adesione al regime
comunitario viene in ogni caso sanzionata dalla Comunità e si risolve con l'accordo Ecofin del 21/10/1994, con il quale l'Italia
accetta di pagare 3.620 mld di lire
(pari a 1.870 milioni di euro) addossando allo Stato l'onere conseguente alla
mancata riscossione del prelievo per tutto il periodo in cui sono state
disattese le norme comunitarie (periodi dal 1988/89 al 1992/93).
[229] Si consideri che già il D.L. n. 49/2003 aveva
riformato la normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel
settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari e previsto la rateizzazione
senza interessi del prelievo per le campagne tra il 1995/96 e 2001/0
(autorizzata con decisione 2003/530/Ce del Consiglio). Il medesimo D.L. ha
previsto che il versamento potesse essere effettuato in forma rateale in un
periodo non superiore a trenta anni. Il D.L. ha escluso dalla rateizzazione i
produttori che non erano in regola con gli obblighi di versamento del prelievo
supplementare per i periodi successivi al 2001-2002.
[230] L’articolo 2, primo comma del D.P.R. n.
727/1974, come sostituito dall’articolo 3 del D.L. n. 182/2005, dispone infatti
che le somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni
dell'ordinamento europeo relative a provvidenze finanziarie, la cui erogazione
sia affidata agli organismi pagatori, non possono essere sequestrate, pignorate
o formare oggetto di provvedimenti cautelari, compresi i fermi amministrativi di
cui all'articolo 69, sesto comma, del R.D. 2440/1923, tranne che per il
recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali
provvidenze
[231] Il D.L. n. 78/2010, all’articolo 40-bis, ha
infatti disposto che il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010
previsti dai piani di rateizzazione di cui al D.L. n. 49/2003 e al D.L. n.
5/2009, è prorogato fino al 31 dicembre 2010.
[232] Cfr. articolo 2, comma 12 duodecies del D.L. n. 225/2010.
[233] Il già Regolamento UE n. 1034/2008 ha disposto
– circa il recupero dei debiti - che gli Stati membri deducano “gli importi dei
debiti in essere di un beneficiario, accertati in conformità della legislazione
nazionale, dai futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario effettuati
dall’organismo pagatore incaricato di recuperare il debito.”
Come già detto però, i recuperi per
compensazione eseguiti hanno generato ulteriore contenzioso giurisdizionale, in
virtù del divieto di cui all’articolo 2, primo comma del D.P.R. n. 727/1974.
[234] Per la Commissione UE, si tratterebbe di 1.395
milioni non recuperati (cfr. Comunicato del 10 luglio 2014)
[235] Esiste dunque un disallineamento tra importo
dell’esposizione di tesoreria e importo del prelievo ancora dovuto dagli
agricoltori. Per arrivare all’importo dell’esposizione di tesoreria bisogna
infatti considerare non solo l’importo del prelievo ancora dovuto (1.348
milioni di euro), ma ad esso aggiungere le somme in rateizzazione non ancora
versate (pari a circa 206 milioni), gli interessi sulle somme ancora dovute e
il contenzioso giurisdizionale ancora in atto che rendono alcune somme non
recuperabili.
[236] In particolare, dall'interrogazione delle
risultanze contabili presenti nel sistema informativo del Ministero
dell'economia e delle finanze (dipartimento della Ragioneria generale dello
Stato), risulta che non sono stati effettuati pagamenti negli anni 2011, 2012 e
2013 riferiti alle risorse stanziate per i medesimi anni nei predetti capitoli,
mentre con riferimento all'esercizio finanziario 2014, in ragione della
confluenza delle risorse destinate alle medesime finalità, in precedenza
iscritte nel capitolo 4377, le somme stanziate in conto competenza nell'ambito
del medesimo piano di gestione ammontano a 512.114.225 euro (e, alla data del 9
settembre 2014, non risulta assunto alcun impegno con riferimento a tali
risorse). Nell'ambito del richiamato piano di gestione allo stato risultano,
pertanto, iscritti oltre 1,4 miliardi di euro, dei quali oltre 512 milioni
riferibili a stanziamenti in conto competenza e oltre 961 milioni di euro
ascrivibili a residui propri relativi a somme impegnate, ma non pagate,
relative agli stanziamenti effettuati negli esercizi precedenti.
[237] Si tratta delle risoluzioni in Commissione
7-00439 Tripiedi; 7-00464 Prataviera e 7-00469 Damiano.
[238] I fondi relativi ai dirigenti possono essere
costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori
e dei dirigenti comparativamente più rappresentative oppure come apposita
sezione all'interno dei fondi interprofessionali nazionali.
[239] Articolo 25, decimo comma, della L. n.
845/1978.
[240] L'addizionale è posta con riferimento ai
contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione, e consente alle
imprese di destinare lo 0,30% del richiamato contributo obbligatorio alla
formazione dei propri dipendenti.
[241] Per la disciplina in materia, cfr. - oltre al
citato art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni - l'art. 9, comma
5, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19
luglio 1993, n. 236, e l'art. 1, comma 72, della L. 28 dicembre 1995, n. 549.
[242] Tale Fondo è istituito presso il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali.
[243] Tale limite è previsto dal combinato disposto
dei commi 3 e 10 del suddetto art. 118 della L. n. 388/2000.
[244] Tale Fondo è istituito presso il Ministero
dell'economia e delle finanze.
[245] L'art. 2, co. 1, lett. b), del medesimo provvedimento stabilisce che il CIPE delibera in
ordine all'utilizzo del fondo speciale.
[246] Cfr.
l’emendamento del Relatore 46.05, approvato in V Commissione bilancio nella
seduta del 26 novembre 2014.
[247] Recante “Disposizioni per il coordinamento, la
programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca
scientifica e tecnologica”.
[248] L’autorizzazione di spesa che viene ridotta produce,
infatti, effetti solo sul saldo netto da finanziare, mentre il Fondo ordinario
per gli enti e le istituzioni di ricerca, cui vengono destinate le risorse,
incide anche sui saldi di fabbisogno e indebitamento.
[249] Si ricorda che per il 2015 nel disegno di
legge presentato dal Governo (A.C. 2679) era prevista una riduzione di1,4
milioni di euro.
[250] Risoluzione 6-0082 Speranza ed altri alla
Camere e risoluzione 6-0062 n.100 Zanda ed altri al Senato.
[251] Si vedano le numerose sentenze a riguardo come
la n. 326 del 2008, le nn. 165, 162 e 105 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del
2006.
[252] Valgano per tutte, due delle ultime pronunce.
Con la sentenza n. 23 del 13 febbraio 2014, la Corte dichiara non fondate e
inammissibili le questioni di legittimità poste dalle regioni Sardegna e Friuli
Venezia Giulia avverso le disposizioni dell'art. 2, commi da 1 a 5, del D.L 174
/2012 che dispongono il taglio dell'80% dei trasferimenti erariali alle regioni
che non abbiano adottato una serie di misure di risparmio elencate al comma 1.
La Corte verifica preliminarmente - e positivamente - la validità della
clausola di salvaguardia contenuta all'art. 2, comma 4, «per la quale le
disposizioni statutarie assumono la funzione di generale limite (le norme sono
applicabili solo in quanto compatibili con gli statuti)» e – in mancanza di una
specificazione della natura dei trasferimenti da tagliare - ne dà una
interpretazione «conforme alla Costituzione», vale a dire che i tagli ai
trasferimenti non possono riguardare le spettanze delle regioni a statuto
speciale, poiché esse sono definite dagli statuti e dunque neanche ledere alcun
interesse specifico; per tale motivo la questione è inammissibile. La sentenza
237 del 16 ottobre 2014, decide il ricorso della Provincia autonoma di Trento che
ha impugnato diverse disposizioni del D.L. 101/2013, la Corte dichiara per
tutte la non fondatezza della questione, in quanto la clausola di salvaguardia
contenuta nell'art. 12-bis del decreto stesso, vale ad escludere l'applicazione
diretta alle Province autonome; la motivazione si articola tuttavia in diverso
modo in relazione al contenuto di ciascuna norma impugnata.