Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per la soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali e per l'istituzione di sezioni specializzate tributarie presso i tribunali ordinari - A.C. 3734 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3734/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 447
Data: 18/05/2016
Descrittori:
COMMISSIONI TRIBUTARIE   ISTITUZIONE DI SEDI E UFFICI GIUDIZIARI
LEGGE DELEGA   SOPPRESSIONE E SCIOGLIMENTO DI ORGANI
Organi della Camera: II-Giustizia

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Delega al Governo per la soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali e per l’istituzione di sezioni specializzate tributarie presso i tribunali ordinari

A.C. 3734

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 447

 

 

 

18 maggio 2016

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148– * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: GI0492.docx

 


INDICE

Schede di lettura

§  Introduzione                                                                                                     3

Articolo 1, comma 1 (Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega)         5

§  La soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali               5

§  La soppressione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e l’attribuzione delle funzioni al CSM                                                                                                                9

§  L’attribuzione della giurisdizione tributaria al giudice ordinario                      11

§  Le disposizioni sui magistrati addetti alle sezioni specializzate tributarie del tribunale           13

§  Le disposizioni sul personale amministrativo                                                 16

§  Il rito tributario                                                                                                18

§  La mediazione tributaria                                                                                26

§  La definizione del contenzioso tributario pendente e la normativa transitoria 29

Articolo 1, commi 2-3 (Procedimento per l’esercizio della delega)           31

Articolo 1, commi 4-5 (Copertura degli oneri)                                              32

 

 


Schede di lettura

 


Introduzione

La proposta di legge A.C. 3734 si compone di un unico articolo con il quale il Governo è delegato a riformare la giurisdizione tributaria.

 

La disciplina della giurisdizione tributaria è contenuta nel decreto legislativo n. 545 del 1992 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione) e nel decreto legislativo n. 546 del 1992 (Disposizioni sul processo tributario), emanati entrambi in attuazione di una legge delega del 1991.

Entrambi i provvedimenti, peraltro, sono stati recentemente modificati dal decreto legislativo n. 156 del 2015 che, in attuazione della c.d. delega fiscale (legge n. 23 del 2014), ha riformato la disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario.

 

La riforma si caratterizza per:

-        l’eliminazione dell’attuale giurisdizione speciale delle commissioni tributarie (provinciali e regionali), con l’attribuzione della relativa giurisdizione al giudice ordinario;

-        l’individuazione dell’autorità giudiziaria ordinaria competente nelle sezioni specializzate tributarie, da istituire presso i tribunali che hanno sede nei comuni di provincia ove oggi opera una commissione tributaria provinciale;

-        la previsione che in primo grado (ovvero per i procedimenti oggi di competenza delle commissioni tributarie provinciali) le sezioni specializzate decidano in composizione monocratica e che in secondo grado (per i procedimenti oggi di competenza delle commissioni tributarie regionali) decidano in composizione collegiale;

-        l’esclusione dalla composizione delle sezioni specializzate di ogni tipo di esperti o giudici non togati;

-         la previsione di una specifica selezione dei giudici ordinari chiamati a far parte delle sezioni specializzate e di una loro particolare formazione e aggiornamento professionale;

-        l’assunzione di 750 magistrati, mediante due distinti concorsi, da bandire nell’arco di 12 mesi;

-        la soppressione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria con l’assegnazione di tutte le sue funzioni al CSM;

-        il transito del personale amministrativo addetto alle segreterie delle commissioni tributarie nei ruoli del Ministero della giustizia, amministrazione giudiziaria;

-        la conferma dell’attuale rito tributario anche con riferimento al patrocinio e agli istituti di mediazione;

-        misure organizzative ed economiche per favorire lo smaltimento dell’arretrato tributario.

 

In base alla delega, il Governo dovrà emanare i decreti legislativi entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge.

Trascorsi 2 anni dall’entrata in vigore della legge delega le commissioni tributarie provinciali e regionali cesseranno dalle funzioni e i procedimenti pendenti saranno assegnati alle sezioni specializzate dei tribunali.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1
(Principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega)

Il comma 1 dell’articolo unico detta i principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega da parte del Governo. L’emanazione dei decreti legislativi, nel rispetto del procedimento previsto dal comma 2, dovrà avvenire entro 18 mesi dall’entrata in vigore della delega.

La soppressione delle commissioni tributarie provinciali e regionali

 

L’articolo 1, comma 1, delega il Governo, entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge, ad emanare uno o più decreti legislativi attraverso i quali sopprimere le commissioni tributarie provinciali e regionali, attribuendo al giudice ordinario la relativa giurisdizione.

La lettera a) precisa che dovranno essere soppresse anche le sezioni distaccate (delle commissioni tributarie regionali) e che il Governo dovrà operare le abrogazioni e le modifiche opportune alla legislazione vigente.

 

Le Commissioni Tributarie sono organi giurisdizionali speciali giudicanti nelle controversie in materia tributaria, con competenza riguardo ai tributi di ogni genere e specie comunque denominati.

 

L’ordinamento delle commissioni tributarie è disciplinato dal decreto legislativo n. 545 del 1992.

Gli organi della giurisdizione tributaria sono:

·         le commissioni tributarie provinciali, aventi sede nel capoluogo di ogni provincia (tranne nelle nuove province di Barletta-Andria-Trani, Carbonia-Iglesias, Fermo, Medio-Campidano, Monza-Brianza, Ogliastra ed Olbia-Tempio), che pronunciano in primo grado;

·         le commissioni tributarie regionali, aventi sede nel capoluogo di ogni regione, che pronunciano in grado di appello sulle impugnazioni proposte contro le sentenze delle commissioni tributarie provinciali.
In alcuni comuni con sedi di corte d'appello e distanti almeno 100 km dal capoluogo regionale sono state, inoltre, istituite delle sezioni staccate delle Commissioni Tributarie Regionali. Sono le seguenti:

 

Regione

Sezione distaccata

Abruzzo

Pescara

Calabria

Reggio Calabria

Campania

Salerno

Lazio

Latina

Lombardia

Brescia

Puglia

Foggia

Lecce

Taranto

Sardegna

Sassari

Sicilia

Caltanissetta

Catania

Messina

Siracusa

Toscana

Livorno

Veneto

Verona

 

Presso le province di Trento e di Bolzano la giurisdizione è esercitata dalle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado con competenza sul territorio della provincia corrispondente.

A capo di ogni commissione tributaria (provinciale e regionale) è posto un Presidente ed un insieme di giudici selezionati e scelti dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (CPGT), organo di autogoverno della magistratura tributaria.

Presso ciascuna commissione è presente un Ufficio di Segreteria a cui è preposto un direttore, con il compito di supportare l'attività giurisdizionale. Gli Uffici di Segreteria  delle Commissioni tributarie sono coordinate dalla Direzione della giustizia tributaria (DGT), del Dipartimento delle Finanze presso il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF).

Infografica: www.giustiziatributaria.gov.it

 

In particolare, quanto alla composizione delle commissioni tributarie, il Presidente, che presiede anche la prima sezione, ha un incarico di durata quadriennale a decorrere dalla data di esercizio effettivo delle funzioni ed è rinnovabile per una sola volta e per un uguale periodo. Il presidente della commissione, in caso di assenza o di impedimento, è sostituito nelle funzioni non giurisdizionali dal presidente di sezione con maggiore anzianità nell'incarico. Il presidente di commissione con oltre quindici sezioni può delegare sue attribuzioni non giurisdizionali ad uno o più presidenti di sezione.

Ogni collegio giudicante è presieduto dal presidente della sezione o dal vicepresidente e giudica con numero invariabile di tre giudici.

I presidenti delle commissioni tributarie provinciali e i presidenti di sezione delle commissioni tributarie provinciali e i presidenti delle commissioni tributarie regionali e i relativi presidenti di sezione sono nominati tra i magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio o a riposo, secondo una graduatoria.

 

RUOLO UNICO NAZIONALE DEI COMPONENTI DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE
(31 dicembre 2015)

Presidenti di Commissione

86

Presidenti di sezione

428

Vice Presidenti di sezione

462

Giudici

2.308

Idonei in soprannumero (non ancora immessi nelle relative funzioni)

373

Fonte: Consiglio di presidenza della giustizia tributaria

 

I giudici delle commissioni tributarie provinciali sono nominati tra:

·      i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, e gli avvocati e procuratori dello Stato a riposo;

·      i dipendenti civili dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche in servizio o a riposo che hanno prestato servizio per almeno 10 anni, di cui almeno due in una qualifica alla quale si accede con la laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o altra equipollente;

·      gli ufficiali della Guardia di finanza cessati dalla posizione di servizio permanente effettivo prestato per almeno 10 anni;

·      coloro che sono iscritti negli albi dei ragionieri e dei periti commerciali ed hanno esercitato per almeno dieci anni le rispettive professioni;

·      coloro che sono iscritti nel ruolo o nel registro dei revisori ufficiali dei conti o dei revisori contabili, ed hanno svolto almeno 5 anni di attività;

·      coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento in materie giuridiche, economiche o tecnico-ragionieristiche ed esercitato per almeno 5 anni attività di insegnamento;

·      coloro che hanno conseguito da almeno 2 anni il diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio;

·      gli iscritti negli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei periti edili, dei periti industriali, dei dottori agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari che hanno esercitato per almeno 10 anni le rispettive professioni.

I giudici delle commissioni tributarie regionali sono scelti tra una lista di categorie analoghe ma i posti da conferire sono attribuiti in modo da assicurare progressivamente la presenza in tali commissioni di due terzi dei giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, ovvero gli avvocati dello Stato, a riposo (DL. n. 98 del 2011).

 

Per i componenti delle commissioni tributarie costituiscono requisiti generali la cittadinanza italiana, l'esercizio dei diritti civili e politici, non aver riportato condanne per delitti comuni non colposi o per contravvenzioni a pena detentiva o per reati tributari e non essere stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza, non avere superato 75 anni di età, avere idoneità fisica e psichica, essere muniti di laurea magistrale o quadriennale in materie giuridiche o economico-aziendalistiche.

La nomina a una delle funzioni dei componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali non costituisce in nessun caso rapporto di pubblico impiego.

 

I presidenti di sezione, i vice presidenti e i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali non possono essere assegnati alla stessa sezione della medesima commissione per più di 5 anni consecutivi.

 

 


 

La soppressione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e l’attribuzione delle funzioni al CSM

Coerentemente con la soppressione della giurisdizione speciale delle commissioni tributarie, la legge delega prevede, alla lettera c), anche la soppressione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con il trasferimento delle funzioni al Consiglio superiore della magistratura (lettera d).

In via transitoria, la lettera v) precisa che il Consiglio di presidenza continuerà ad operare fino alla cessazione di tutte le commissioni tributarie e comunque entro due anni dall’entrata in vigore della legge delega.

Si osserva che dall’entrata in vigore della legge il Governo ha 18 mesi per esercitare la delega. Si valuti dunque se sia adeguato il termine di 6 mesi, per attuare la riforma e conseguentemente sopprimere definitivamente le commissioni tributarie.

 

 

La composizione e le attribuzioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria sono elencate dal decreto legislativo n. 545 del 1992, agli articoli 17 e seguenti.

 

Per quanto riguarda la composizione dell’organo, costituito con DPR, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, e con sede presso lo stesso Ministero, l’art. 17 prevede 15 componenti:

-        11 eletti dai giudici tributari, cioè da tutti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali;

-        4 eletti dal Parlamento (2 dalla Camera dei deputati e 2 dal Senato) tra i professori di università in materie giuridiche o i soggetti abilitati alla difesa dinanzi alle commissioni tributarie che risultino iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno dodici anni.

Il Consiglio di Presidenza elegge il proprio presidente tra i componenti c.d. laici e la consiliatura dura 4 anni (l’ultima si è insediata nel 2014).

 

Per quanto riguarda le attribuzioni, il Consiglio di presidenza in base all’art. 24 del d.lgs. n. 545/1992:

·                    verifica i titoli di ammissione dei propri componenti e decide sui reclami attinenti alle elezioni;

·                    disciplina con regolamento interno il proprio funzionamento;

·                    delibera sulle nomine e su ogni altro provvedimento riguardante i componenti delle commissioni tributarie;

·                    formula al Ministro delle finanze proposte per l'adeguamento e l'ammodernamento delle strutture e dei servizi, sentiti i presidenti delle commissioni tributarie;

·                    predispone elementi per la redazione della relazione annuale del Ministro dell’economia al Parlamento sullo stato della giustizia tributaria;

·                    stabilisce i criteri di massima per la formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti e per la ripartizione dei ricorsi nell'ambito delle commissioni tributarie divise in sezioni;

·                    assicura l'aggiornamento professionale dei giudici tributari attraverso l'organizzazione di corsi di formazione permanente, in sede centrale e decentrata;

·                    esprime parere sugli schemi di regolamento e di convenzioni che comunque riguardano il funzionamento delle commissioni tributarie;

·                    esprime parere sulla ripartizione fra le commissioni tributarie dei fondi stanziati nel bilancio del Ministero delle finanze per le spese di loro funzionamento;

·                    esprime parere sul decreto con il quale è stabilito il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle commissioni tributarie;

·                    dispone, in caso di necessità, l'applicazione di componenti presso altra commissione tributaria o sezione staccata, rientrante nello stesso ambito regionale, per la durata massima di un anno;

·                    vigila sul funzionamento dell'attività giurisdizionale delle commissioni tributarie e può disporre ispezioni nei confronti del personale giudicante affidandone l'incarico ad uno dei suoi componenti;

·                    delibera l’applicazione di sanzioni disciplinari, che vengono poi applicate dal Ministro dell’Economia. Il procedimento disciplinare è promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal presidente della commissione tributaria regionale nella cui circoscrizione presta servizio l'incolpato; la decisione spetta al consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

 

 


 

L’attribuzione della giurisdizione tributaria al giudice ordinario

La lettera b) del comma 1 delega il Governo ad attribuire la giurisdizione tributaria ai tribunali ordinari che hanno sede in un comune capoluogo di provincia nel quale attualmente opera una commissione tributaria provinciale. La delega prevede le seguenti eccezioni a questo principio:

- per la provincia di Napoli, la giurisdizione tributaria è attribuita al solo tribunale di Napoli (e non al tribunale di Napoli Nord);

- per la provincia di Caserta, la giurisdizione tributaria è attribuita al tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

In particolare, presso ciascuno dei tribunali indicati dovranno, in base alla lettera e), essere istituite una o più sezioni specializzate tributarie, alle quali attribuire la competenza per la trattazione dei procedimenti oggi attribuiti alle commissioni tributarie (sia provinciali che regionali).

 

Le commissioni tributarie provinciali sono competenti per le controversie proposte nei confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (i soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni), che hanno sede nella loro circoscrizione. Se la controversia è proposta nei confronti di articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, è competente la commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. Le commissioni tributarie regionali sono competenti per le impugnazioni avverso le decisioni delle commissioni tributarie provinciali, che hanno sede nella loro circoscrizione.

La competenza delle commissioni tributarie è inderogabile.

 

Quanto all’oggetto della giurisdizione tributaria, essa riguarda:

      tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni, nonché gli interessi e ogni altro accessorio;

      la materia catastale concernente l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale;

      le controversie attinenti all'imposta o al canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni art. 2, comma 2 del d.lgs. n. 546/92 (modificato dall'art. 9, comma 1, lett. a) del recente d.lgs. n. 156/2015).

Sono escluse dalla giurisdizione del giudice tributario le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento.

Il difetto di giurisdizione delle commissioni tributarie è rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo ed è ammesso il regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall'art. 41, primo comma, del codice di procedura civile.

 

La lettera g) del comma 1 stabilisce che le sezioni specializzate tributarie dovranno, in primo grado, operare in composizione monocratica.

In base alla lettera h), il secondo grado di giudizio dovrà essere attribuito alla medesima sezione specializzata, che giudicherà però in composizione collegiale.

 

Si ricorda che sezioni specializzate di tribunale sono già attualmente competenti per le controversie in materia di lavoro e previdenza (art. 46 del R.D. n. 12 del 1941) e per le controversie relative alle imprese (art. 1 del D.lgs. n. 168 del 2003). Inoltre, è in corso di esame al Senato il disegno di legge per la riforma del processo civile (A.S. 2284) che delega il Governo ad istituire sezioni specializzate presso i tribunali e le corti d'appello cui devolvere le controversie relative alla persona, alla famiglia e ai minori.

 

La Relazione illustrativa sottolinea i seguenti vantaggi derivanti dal modello della sezione specializzata: «viene garantita la specializzazione dei magistrati assegnati e viene meno l'attuale modello, in base al quale i magistrati in servizio prestano la propria attività anche presso le commissioni tributarie. In tal modo, verosimilmente, i magistrati non hanno modo di dedicare tutte le proprie energie e capacità professionali all'esercizio della giurisdizione tributaria e, inoltre, assumono rilievo preponderante i magistrati onorari operanti presso le commissioni tributarie».

 

 

La lettera m) specifica che il collegio competente per le cause tributarie (e dunque la sezione tributaria quando giudica in secondo grado) dovrà essere composto esclusivamente da magistrati ordinari.

 

In merito, si ricorda che la recente legge 28 aprile 2016, n. 57, "Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace", prevede che i giudici onorari possano essere, a determinate condizioni, chiamati a far parte dei collegi di tribunale.

 

 


 

Le disposizioni sui magistrati addetti alle sezioni specializzate tributarie del tribunale

 

La lettera e) del comma 1 precisa che nell’assegnazione dei giudici alle sezioni specializzate tributarie si dovrà applicare la disciplina oggi prevista per l’assegnazione dei giudici alle sezioni del lavoro.

 

L’art. 46 dell’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941) stabilisce che a ciascuna sezione del lavoro siano destinati giudici nel numero richiesto dalle esigenze di servizio, tenuto conto del numero dei processi pendenti, dell'urgenza della definizione delle controversie, nonché del numero delle controversie sulle quali il tribunale giudica in composizione collegiale. Aggiunge che comunque i giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere meno di 5.

La principale peculiarità della sezione lavoro è però costituita dalle modalità di assegnazione dei giudici, che vi sono destinati a seguito di un apposito concorso, bandito su base nazionale dal CSM e volto a selezionare personale in possesso di sufficienti requisiti di specializzazione. L’art. 21 della legge n. 533 del 1973 stabilisce infatti che nella copertura dei posti sia data la precedenza ad eventuali candidati che abbiano, per l’esercizio pregresso si precedenti funzioni o per motivi scientifici ovvero in virtù della partecipazione a corsi di formazione organizzati dal CSM, una particolare competenza in materia. E’ anche previsto che il magistrato trasferito alla sezione lavoro sia addetto per cinque anni alla esclusiva trattazione degli affari alla stessa assegnati.

 

In base alla lettera o), peraltro, potranno essere assegnati alle sezioni tributarie solo i magistrati che abbiano conseguito la seconda valutazione di professionalità (ovvero almeno dopo 8 anni di esercizio delle funzioni).

 

Si ricorda che la riforma dell’ordinamento giudiziario, realizzata con il decreto legislativo n. 160 del 2006, prevede che tutti i magistrati siano sottoposti, a decorrere dalla nomina, a valutazione di professionalità ogni quattro anni, sino al superamento della settima valutazione di professionalità, che interviene al ventottesimo anno di servizio. La valutazione di professionalità riguarda, segnatamente: la capacità professionale, la laboriosità, la diligenza e l’impegno.

Il Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione di professionalità sulla base del parere espresso dal Consiglio Giudiziario e della documentazione acquisita.

 

Peraltro, in sede di prima applicazione della riforma, la lettera dd) delega il Governo a prevedere una corsia privilegiata per i magistrati ordinari già in servizio presso le commissioni tributarie, al fine della loro riassegnazione alle sezioni specializzate di tribunale: i magistrati che siano stati in servizio presso le commissioni tributarie per almeno due anni, e che facciano domanda per essere riassegnati al tribunale, dovranno vedersi riconosciuto un punteggio aggiuntivo.

 

Per quanto riguarda la permanenza nell’incarico, la lettera p) delega il Governo a prevedere un limite massimo per l’esercizio delle funzioni da parte dei magistrati assegnati alle sezioni specializzate tributarie; tale limite dovrà essere individuato in un numero di anni compreso tra 5 e 10.

Si osserva che la delega non prevede un termine minimo di permanenza nell’incarico previsto, invece, ad esempio, per i magistrati assegnati alle sezioni del lavoro.

 

Si ricorda che l’art. 19 del decreto legislativo n. 160 del 2006 prevede, in generale, per i magistrati che non esercitano funzioni direttive o semidirettive, che «i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal Consiglio superiore della magistratura con proprio regolamento tra un minimo di cinque e un massimo di dieci anni a seconda delle differenti funzioni». In attuazione di questa disposizione il CSM ha fissato (Delibera del 10 marzo 2008) in 10 anni il termine massimo di permanenza nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro.

 

La lettera s) delega il Governo a stabilire che la Scuola superiore della magistratura debba prevedere uno specifico programma per la formazione iniziale, l’aggiornamento e la formazione permanente dei magistrati assegnati alle sezioni specializzate tributarie. La lettera t) qualifica, in generale, cioè senza fare riferimento ad argomenti specifici, la formazione e l’aggiornamento professionale di tali magistrati come obbligatoria.

 

Si ricorda che l’art. 11 del d.lgs. n. 160 del 2006[1], che disciplina la valutazione della professionalità, stabilisce che essa attiene alla valutazione della capacità, della laboriosità, della diligenza e dell’impegno del magistrato. In particolare, la capacità è relativa anche alla preparazione giuridica e al relativo grado di aggiornamento; l'impegno è riferito anche alla frequenza di corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura.

L’art. 25 del d.lgs. n. 26 del 2006[2] stabilisce che «tutti i magistrati in servizio hanno l’obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni ad uno dei corsi» della Scuola superiore della magistratura; nei primi quattro anni di esercizio della professione «i magistrati devono partecipare almeno una volta l’anno a sessioni di formazione professionale».

 

 

Infine, in considerazione dello spostamento di giurisdizione verso la magistratura ordinaria, la lettera f) del comma 1 delega il Governo a prevedere l’assunzione di 750 magistrati, mediante due distinti concorsi, da bandire nell’arco di 12 mesi. La copertura degli oneri connessi alle nuove assunzioni dovrà essere effettuata utilizzando i risparmi di spesa derivanti dalla soppressione delle commissioni tributarie.

 


 

Le disposizioni sul personale amministrativo

 

La lettera u) del comma 1 prevede il transito del personale amministrativo oggi assegnato alle segreterie delle commissioni tributarie (Ministero dell’economia) nei ruoli del personale amministrativo dell’amministrazione giudiziaria (Ministero della giustizia).

Il principio di delega precisa che il personale transitato dovrà essere assegnato «alla qualifica funzionale corrispondente a quella del personale adibito alle medesime funzioni».

La proposta di legge non fornisce indicazioni in ordine al trattamento retributivo del personale amministrativo che sarà trasferito.

Il transito del complessivo personale non sarà immediato, ma scaglionato in due distinti momenti: metà del personale transiterà all’entrata in vigore del primo decreto legislativo attuativo della riforma; l’altra metà dopo due anni dall’entrata in vigore della legge delega.

 

Attualmente è istituito presso ogni commissione tributaria un ufficio di segreteria con funzioni di assistenza e collaborazione nell'esercizio dell'attività giurisdizionale nonché per lo svolgimento di ogni altra attività amministrativa attribuita alla stessa o ai suoi componenti.

Agli uffici di segreteria delle commissioni tributarie sono addetti dipendenti del Ministero dell’economia, Dipartimento delle finanze, compresi in un apposito contingente del personale.

Presso ciascuna commissione tributaria regionale è istituito anche un ufficio del massimario, che provvede a rilevare, classificare e ordinare in massime le decisioni della stessa e delle commissioni tributarie provinciali aventi sede nella sua circoscrizione.

In base all’art. 9 del d.lgs. n. 546 del 1992, il personale dell'ufficio di segreteria assiste la commissione tributaria secondo le disposizioni del codice di procedura civile concernenti il cancelliere. Le attività dell'ufficiale giudiziario in udienza sono disimpegnate dal personale ausiliario addetto alla segreteria.

 

In base all’ultima relazione annuale sul contenzioso tributario, relativa al 2014 (pubblicata nel giugno 2015), il personale in servizio presso gli uffici di segreteria delle commissioni tributarie è pari a 2.012 unità (al 31 dicembre 2014).

 

Uffici di segreteria – Personale il servizio al 31 dicembre 2014

 

 


 

Il rito tributario

La lettera n) del comma 1 afferma che dinanzi alle sezioni specializzate tributarie del tribunale ordinario si applicano le disposizioni sul processo tributario attualmente contenute nel decreto legislativo n. 546 del 1992, in quanto compatibili.

Rispetto a questa affermazione generale, che copre sia la fase di cognizione che quella di esecuzione, la norma di delega detta principi e criteri specifici in relazione al patrocinio dinanzi alle sezioni specializzate ed ai mezzi di impugnazione delle sentenze.

 

Il processo tributario è disciplinato dal decreto legislativo n. 546 del 1992 e, per quanto non disposto e compatibile, dalle norme del codice di procedura civile (ad esempio per l'astensione e la ricusazione dei componenti delle commissioni tributarie).

 

Sono parti del processo tributario, oltre alla parte privata, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, gli altri enti impositori, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo per l’accertamento e la riscossione delle entrate degli enti locali, che hanno emesso l'atto impugnato o non hanno emesso l'atto richiesto.

 

La parte privata ha l’obbligo di farsi assistere in giudizio da un difensore abilitato, fatta eccezione per le controversie tributarie di valore inferiore a 3.000 euro (valore del tributo al netto di interessi e sanzioni; nel caso in cui la controversia contenga solo sanzioni, il valore coincide con la sommatoria delle sanzioni irrogate).

 

Il comma 1, lettera l), conferma la previsione attuale e dunque il Governo, nell’esercizio della delega, dovrà consentire alla parte privata di stare in giudizio personalmente davanti alla sezione specializzata di tribunale se la causa tributaria ha un valore che non supera i 3.000 euro.

Anche per il patrocinio, la riforma conferma il quadro normativo attuale e la lettera r) garantisce ai soggetti attualmente abilitati a patrocinare dinanzi alle commissioni tributarie provinciali la possibilità di continuare ad operare davanti al tribunale in primo grado. Per l’assistenza tecnica in secondo grado e dunque dinanzi alla sezione specializzata in composizione collegiale la riforma circoscrive il patrocinio ad avvocati e commercialisti.

 

Attualmente molteplici sono i soggetti abilitati all'assistenza tecnica, se iscritti nei relativi albi professionali o nell'apposito elenco: gli avvocati; i commercialisti; i consulenti del lavoro; gli impiegati delle ex carriere dirigenziali, direttive e di concetto dell'Amministrazione finanziaria e gli ufficiali e i sottufficiali della Guardia di Finanza, collocati a riposo dopo almeno 20 anni di servizio effettivo; i soggetti già iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi; ecc…

Per alcune controversie sono anche abilitati all'assistenza tecnica, se iscritti nei relativi albi professionali, gli ingegneri; gli architetti; i geometri; i periti industriali; i dottori agronomi e forestali;  gli agrotecnici;  i periti agrari.

Dal 1° gennaio 2016 la possibilità di svolgere l'assistenza tecnica è stata estesa anche ai dipendenti dei Centri di Assistenza Fiscale (CAF) relativamente alle controversie inerenti alla loro attività ed è stato introdotto l'esplicito rinvio all'art. 182 c.p.c se il contribuente omette di nominare un difensore abilitato qualora richiesto (cfr. art. 9, comma 1 lett. h) del D.lgs. n. 156/2015).

 

Il difensore deve sottoscrivere il ricorso originale e tutte le copie notificate.

 

Le Agenzie delle entrate, delle dogane e dei monopoli possono essere assistite dall'Avvocatura dello Stato.

 

Il processo tributario è introdotto con ricorso alla commissione tributaria provinciale - entro 60 giorni dalla data di notificazione dell'atto impugnato – e può riguardare uno dei seguenti atti:

      l'avviso di accertamento del tributo

      l'avviso di liquidazione del tributo

      l'avviso di mora

      il provvedimento sanzionatorio

      la cartella di pagamento

      l'iscrizione di ipoteca

      il fermo amministrativo di beni mobili registrati

      gli atti catastali

      il diniego o la revoca di agevolazioni tributarie

      il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi

      il rigetto di definizione agevolata di rapporti tributari

      ogni altro atto di natura tributaria previsto dalla legge.

 

Il decreto legislativo disciplina poi la costituzione in giudizio del ricorrente (art. 22) e della parte resistente (l’ente impositore o l’agente della riscossione art. 23), la produzione di documenti e i motivi aggiunti (art. 24), l’iscrizione del ricorso nel registro generale, il fascicolo d' ufficio del processo e i fascicoli di parte (art. 25), l’assegnazione del ricorso a una delle sezioni (art. 26).

La costituzione in giudizio del ricorrente avviene mediante deposito del ricorso presso la Commissione Tributaria competente. Unitamente al ricorso, il ricorrente deve depositare presso la segreteria della Commissione Tributaria l'atto impugnato e i documenti che intende produrre in originale o in fotocopia. All'atto della costituzione in giudizio, il ricorrente deve compilare e depositare anche la nota di iscrizione a ruolo nel registro generale dei ricorsi o degli appelli.

Le disposizioni relative alla costituzione in giudizio del ricorrente si applicano anche alla costituzione in giudizio dell'appellante.

La costituzione in giudizio della parte resistente avviene entro 60 giorni dalla avvenuta notifica del ricorso tramite il deposito presso la segreteria della Commissione Tributaria adita del fascicolo contenente le controdeduzioni in cui sono esposte le proprie difese, le prove di cui intende valersi, le eccezioni processuali o di merito non rilevabili d'ufficio e l'eventuale chiamata in causa di terzi.

La parte resistente nel giudizio di appello (parte privata o ente impositore) deve costituirsi in giudizio nei modi e nei termini previsti per il primo grado, depositando le relative controdeduzioni.

 

Il decreto legislativo n. 546 del 1992 disciplina poi l’esame preliminare del ricorso e la trattazione della controversia (nomina del relatore e fissazione della data di trattazione: almeno una udienza per ogni mese e per ciascuna sezione è riservata alla trattazione di taluni tipi di controversie ).

Il presidente della sezione, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, se dopo un esame preliminare del ricorso non ritiene di adottare eventuali provvedimenti per inammissibilità o estinzione/interruzione del processo, fissa la data di trattazione della controversia e nomina il relatore.

L'avviso di trattazione dell'udienza è comunicato dalla segreteria della Commissione Tributaria alle parti almeno 30 giorni prima della data prestabilita.

Le comunicazioni alle parti sono eseguite in alternativa mediante:

·         posta elettronica certificata;

·         spedizione postale;

·         avviso della segreteria consegnato a mano.

 

La discussione della causa può avvenire in camera di consiglio, che è la modalità ordinaria di discussione della causa, o in pubblica udienza su richiesta di una delle parti.

La discussione del ricorso in camera di consiglio è esercita dalle parti osservando, a pena di decadenza, i seguenti termini:

·         20 giorni liberi prima della data di trattazione possono depositare documenti

·         10 giorni liberi prima dell'udienza possono depositare le memorie illustrative

·         5 giorni liberi prima dell'udienza per quanto riguarda il deposito di brevi repliche

Il collegio giudicante, subito dopo la discussione o, se questa non vi è stata, subito dopo l'esposizione del relatore, delibera la decisione nel segreto della camera di consiglio. La decisione è presa a maggioranza dei voti.

 

La discussione in pubblica udienza deve essere chiesta con apposita istanza da depositare in segreteria e da notificare alle parti costituite entro 10 giorni liberi prima della data dell'udienza stessa.

Nella discussione in pubblica udienza, le parti possono esercitare le proprie attività di difesa rispettando i seguenti termini, a pena di decadenza:

·         20 giorni liberi prima della data di trattazione possono depositare documenti

·         10 giorni liberi prima dell'udienza possono depositare le memorie illustrative

A differenza della discussione in Camera di consiglio, non è ammesso il deposito delle brevi repliche.

La discussione inizia con il relatore che esprime al Collegio le questioni di fatto e diritto della controversia e successivamente, il presidente ammette le parti alla discussione. 

All'udienza pubblica possono partecipare anche persone estranee al processo.

 

Sono poi previsti casi specifici di sospensione, interruzione ed estinzione del processo (art. 39). Tra le diverse ipotesi vi è la sospensione, su richiesta conforme delle parti, nel caso in cui sia iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall'Italia.

Ancora, trova una disciplina dedicata l’interruzione del processo, la ripresa del processo sospeso o interrotto, l’estinzione del processo per rinuncia al ricorso, per inattività delle parti, per cessazione della materia del contendere.

 

Le commissioni tributarie, ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari e all'ente locale da ciascuna legge d'imposta.

Le commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica. Non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale.

Le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente.

 

E’ poi prevista una specifica disciplina del litisconsorzio e dell’intervento in giudizio (art. 14), le spese del giudizio (art. 15, con rinvio all’art. 96 c.p.c.), le comunicazioni (art. 16, con rinvio agli articoli 137 e seguenti c.p.c.), anche per via telematica (art. 16-bis).

 

La sentenza è l'atto conclusivo del processo tributario. È pronunciata in nome del popolo italiano ed è intestata alla Repubblica italiana. La Commissione Tributaria dovrà giudicare nei limiti e nell'ambito delle domande e delle eccezioni di parte.

La sentenza emessa dalla Commissione Tributaria è pubblicata nel testo integrale originale, mediante deposito in segreteria, entro 30 giorni dalla deliberazione. L'avvenuto deposito è certificato dal segretario, che appone la propria firma e la data sulla sentenza. Il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti a cura della segreteria entro 10 giorni dall'avvenuto deposito.

 

La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese di giudizio liquidate con la sentenza, in virtù del principio della soccombenza nel processo tributario. Tuttavia, la commissione tributaria può dichiarare compensate, in tutto o in parte, le spese di lite quando vi è soccombenza reciproca oppure in caso di gravi eccezionali ragioni motivate dal giudice.

A seguito della riforma introdotta dal d.lgs. n. 156 del 2015 è ora richiamato anche nel processo tributario l'articolo 96, primo e terzo comma, c.p.c., in tema di condanna al risarcimento del danno per responsabilità aggravata, che si aggiunge alla condanna del pagamento delle spese di lite.

Dal 1°gennaio 2016 in materia di spese di lite è stato anche previsto:

·         la statuizione delle spese deve essere contenuta  anche nell'ordinanza con cui si definisce la fase cautelare del giudizio;

·         nelle controversie di cui all'art. 17 bis del D.Lgs. n. 546/92 le spese di giudizio sono maggiorate del 50% a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento;

·         le spese processuali sono a carico della parte che abbia rifiutato la proposta conciliativa il cui ammontare sia superiore alla pretesa invocata;

·         la riscossione delle somme liquidate a favore degli uffici impositori avviene mediante iscrizione a ruolo soltanto dopo il passaggio in giudicato della sentenza.

 

Quanto alle impugnazioni, la lettera h) delega il Governo a prevedere che avverso la sentenza che definisce il giudizio in primo grado sia esperibile il reclamo. L’impugnazione è rivolta alla stessa sezione specializzata che ha emesso la sentenza, che si pronuncerà in secondo grado in composizione collegiale.

Si valuti l’opportunità di richiamare l’obbligo di astensione del giudice che abbia già conosciuto la causa come magistrato in altro grado del processo, previsto dall’art. 51, n. 4, c.p.c.

Quanto alla forma, alla natura e al contenuto del reclamo, la delega rinvia alle caratteristiche di questo mezzo di impugnazione già previste a legislazione vigente.

La lettera i) prevede poi che la sentenza della sezione specializzata che definisce il procedimento di reclamo possa essere impugnata con ricorso in Cassazione, per i motivi già attualmente previsti per questo mezzo di impugnazione.

 

Attualmente i mezzi di impugnazione esperibili avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale sono i seguenti:

·      appello alla Commissione Tributaria Regionale competente. Nel giudizio di appello non si possono proporre nuove domande e, se proposte, si dichiarano inammissibili d'ufficio. Non possono inoltre proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili d'ufficio ed è precluso introdurre nuove prove, a meno che esse non siano ritenute necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potuto fornire nel precedente grado di giudizio per cause ad essa non imputabili. È prevista, invece, l'ammissibilità di nuovi documenti;

·      ricorso per cassazione: le sentenze pronunciate dalle commissioni tributarie regionali possono essere impugnate con ricorso per Cassazione. I motivi, tassativi, per i quali è possibile esperire il ricorso in cassazione sono  quelli dettati dall'art. 360 del c.p.c. (art. 62 del D.Lgs. 546/92). Il ricorrente deve presentare alla Commissione Tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata una istanza con cui chiede la trasmissione del fascicolo alla corte di Cassazione. La Corte di Cassazione può:

-                    rigettare il ricorso con ordinanza;

-                    dichiarare con ordinanza il ricorso inammissibile o improcedibile;

-                    dichiarare l'estinzione del giudizio;

-                    accogliere il ricorso con sentenza (con o senza rinvio alla commissione che ha emesso il provvedimento).

Dal 1° gennaio 2016, in forza delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 156/2015, se le parti sono d'accordo ad omettere l'appello, poiché ritengono che la causa dipenda dalla decisione di una questione di diritto sulla quale sarà chiamata ad esprimersi in ogni caso la Suprema Corte, la sentenza della commissione tributaria provinciale può essere impugnata con ricorso per Cassazione. In tal caso, la sentenza può essere impugnata unicamente a norma dell'articolo 360, primo comma, n° 3, c.p.c., ovvero per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (c.d. ricorso per saltum).

·      revocazione: l'impugnazione per revocazione può essere straordinaria o ordinaria. La revocazione ordinaria si fonda su vizi emergenti dalla sentenza stessa o riguardanti elementi conosciuti o conoscibili dalla parte e va proposta entro i termini di impugnazione ordinari. I motivi di revocazione ordinaria sono: l'errore revocatorio  e il conflitto teorico tra giudicati. La revocazione straordinaria può invece avere luogo per i seguenti motivi: dolo della parte, prove false, rinvenimento di documenti, dolo del giudice. Essa può essere proposta entro 60 giorni dalla scoperta del vizio revocatorio, anche successivamente alla scadenza dei termini per le impugnazioni ordinarie.

 

In fine, contro i provvedimenti del presidente è ammesso reclamo. Sul reclamo la commissione decide immediatamente in camera di consiglio. La commissione pronuncia sentenza se dichiara l’inammissibilità del ricorso o l’estinzione del processo; negli altri casi pronuncia ordinanza non impugnabile nella quale sono dati i provvedimenti per la prosecuzione del processo.

 

 

Infine, la proposta di legge delega conferma l’applicazione del decreto legislativo n. 546 del 1992 anche alla fase esecutiva del giudicato e dunque conferma la disciplina del giudizio di ottemperanza (art. 70 D.Lgs. n. 546/92), i cui presupposti sono:

·      il passaggio in giudicato della sentenza;

·      il mancato integrale adempimento da parte dell'Ufficio;

·      la notifica - tramite ufficiale giudiziario - di un atto di intimazione e messa in mora;

·      l’avvenuta scadenza del termine che la legge concede all'Amministrazione per l'adempimento e, se mancante, dopo 30 giorni dalla messa in mora;

·      la necessità per l'esecuzione della sentenza di provvedimenti amministrativi, ovvero sentenze che richiedono una specifica attività  non posta in essere dall'Ufficio soccombente (es.: rimborso, riconoscimento di un beneficio, correzione delle risultanze catastali).

Il giudice competente a pronunciarsi sull'esecuzione del giudicato divenuto irrevocabile è la commissione tributaria provinciale che ha pronunciato la sentenza non appellata o il cui appello si conclude con una dichiarazione di inammissibilità, di improcedibilità o di estinzione del giudizio di appello.

In ogni altro caso, la competenza spetta alla commissione tributaria regionale dato che la sentenza emessa dal giudice di grado superiore si sostituisce a quella emessa in primo grado.

Il ricorso in ottemperanza deve essere indirizzato al presidente della commissione e  deve contenere la sommaria esposizione dei fatti che ne giustificano la proposizione e la precisa indicazione della sentenza passata in giudicato di cui si chiede l'ottemperanza. Il ricorso, sottoscritto da difensore tecnico abilitato deve essere solo depositato, in doppio originale, presso il giudice tributario e non deve essere notificato all'Amministrazione.

La Commissione ha l'obbligo di trasmettere all'Ufficio inadempiente uno dei due originali, il quale può formulare le proprie osservazioni entro il termine ordinatorio di 20 giorni. Resta ferma, pertanto, la possibilità dell'Ufficio di provvedere alla costituzione formale in giudizio fino alla data fissata per la camera di consiglio. Scaduto il termine per il deposito di memoria da parte dell'Ufficio, il presidente della Commissione procederà alla fissazione dell'udienza camerale entro il termine ordinatorio di 90 giorni dal deposito del ricorso, e disporrà le comunicazioni alle parti che debbono avvenire almeno 10 giorni liberi prima.

La trattazione della controversia avviene sempre in camera di consiglio, non essendo prevista la possibilità di udienza pubblica neanche su istanza concorde delle parti.

Normalmente il giudice tributario provvede alla nomina di un commissario ad acta nella persona di un esperto della materia oggetto di contenzioso, i cui poteri sono quelli stabiliti dal giudice al momento della nomina.

Nell'udienza camerale di trattazione il Collegio, sentite le parti e acquisiti i documenti necessari, adotta con sentenza immediatamente esecutiva i provvedimenti indispensabili per l'ottemperanza, in luogo dell'ufficio dell'ente impositore che li ha omessi.

Il collegio conclude il giudizio mediante ordinanza che può contenere anche la condanna dell'Amministrazione soccombente alle spese di giudizio.

 

Dal 1° gennaio 2016 è prevista l'assegnazione del giudizio di ottemperanza al giudice monocratico per importi fino a 20.000 euro.

 

 

 


 

La mediazione tributaria

La lettera q) del comma 1 delega il Governo a confermare gli strumenti di mediazione tributaria attualmente vigenti.

 

Attualmente la mediazione tributaria assume, in primo luogo, la forma del reclamo, istituto deflativo del contenzioso tributario finalizzato a incentivare la risoluzione in sede amministrativa della controversia.

In base all’art. 17-bis del decreto legislativo n. 546/1992, come modificato dal recente decreto legislativo n. 156 del 2015, la mediazione tributaria si applica alle controversie di valore non superiore a 20.000 euro[3], relative a tutti gli atti impugnabili, individuati dall’art. 19 del D.lgs. n. 546 del 1992.

In tale ipotesi, il ricorso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

Possono essere oggetto di mediazione anche le controversie relative al silenzio rifiuto alla restituzione di tributi, sanzioni, interessi o altri accessori.

Il ricorso va notificato alla Direzione regionale o provinciale, o al Centro operativo dell’Agenzia delle entrate competenti, che ha emanato l’atto, con le modalità e nel termine previsti in generale per il ricorso.

L’istruttoria relativa al procedimento di mediazione è attribuita ad apposite strutture diverse e autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti impugnabili. L’ufficio, all’esito dell’istruttoria, può accogliere, anche parzialmente, o rigettare il reclamo ovvero può formulare una proposta di mediazione. E’ possibile instaurare un eventuale contraddittorio con il contribuente in base all’incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa.

La mediazione comporta il beneficio per il contribuente dell’automatica riduzione delle sanzioni amministrative al 35% del minimo previsto dalla legge. Tale beneficio può essere riconosciuto anche se il contribuente decide di pagare interamente l’imposta del procedimento di mediazione.

L’accordo di mediazione si conclude con la sottoscrizione da parte dell’ufficio e del contribuente e si perfeziona con il versamento entro venti giorni dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata, in caso di pagamento rateale.

In caso di mancato versamento delle rate successive alla prima, l’atto di mediazione costituisce titolo per la riscossione coattiva.

Trascorsi novanta giorni dal ricevimento del ricorso da parte della Direzione regionale o provinciale o del Centro operativo o dell’ufficio provinciale – Territorio dell’Agenzia, senza che sia stata conclusa la mediazione ovvero che sia intervenuto l’accoglimento, anche parziale, o il diniego dell’istanza, inizia a decorrere il termine di 30 giorni per l’eventuale costituzione in giudizio del contribuente. La costituzione avviene con il deposito presso la Commissione tributaria provinciale del ricorso, con le stesse modalità previste per il ricorso relativo a controversie non rientranti nell'ambito della mediazione tributaria.

Dunque, per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, il reclamo notificato alla amministrazione finanziaria produce gli effetti del ricorso se:

a) decorsi 90 giorni l'istanza di reclamo non è stata accolta o non si è conclusa la mediazione;

b) l'agenzia delle entrate respinge espressamente il reclamo o lo accoglie solo parzialmente.

 

Superata la fase del reclamo e dunque una volta avviato il giudizio, le parti hanno la possibilità di accedere alla conciliazione giudiziale, uno strumento deflattivo del contenzioso col quale è possibile definire tutte le controversie tributarie.

Dal 1° gennaio 2016, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 156 del 2015, è stata prevista l'estensione della conciliazione giudiziale anche ai giudizi di secondo grado e le sanzioni amministrative si applicano nella misura del 40% del minimo previsto dalla legge, se la conciliazione si perfeziona in primo grado, e nella misura del 50% se si concilia nel corso del giudizio di secondo grado.

Inoltre, altra novità, a partire dal 1° gennaio 2016, consiste nella possibilità di conciliare anche le controversie che ricadono nell'ambito di applicazione dell'istituto del reclamo/mediazione (v. sopra), cioè le cause tributarie di valore non superiore a 20.000 euro, oppure relative ad operazioni catastali, instaurate a seguito di rigetto dell'istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell'accordo di mediazione.

 

La conciliazione in udienza (art. 48-bis del d.lgs. n. 546/92) può essere proposta:

·         da ciascuna delle parti entro dieci giorni liberi prima della data di trattazione, riferibile sia al primo che al secondo grado con istanza di trattazione in pubblica udienza;

·         dal giudice che invita le parti a conciliarsi.

In caso di raggiungimento dell'accordo il giudice redige apposito processo verbale nel quale vengono analiticamente indicate le somme dovute a titolo di imposta, per le sanzioni e per gli interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme. A seguito dell'avvenuta conciliazione la Commissione Tributaria dichiara con sentenza la cessata materia del contendere.

 

La conciliazione fuori udienza, prima della riforma, poteva avvenire qualora la proposta fosse stata concordata e depositata dall'ufficio prima della fissazione della data di trattazione mentre la nuova disposizione (art. 48 del D.Lgs. n° 546/92) non fissa un termine per il deposito della conciliazione.

Se il presidente della Commissione ravvisa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, la cessata materia del contendere è dichiarata con decreto se non è stata fissata la data dell'udienza di trattazione; altrimenti, se già stabilita la data dell'udienza, provvede la Commissione Tributaria Provinciale o Regionale con sentenza, se la conciliazione è totale, o con ordinanza se parziale.

 

Dal 1° gennaio 2016, per entrambe le tipologie, la conciliazione si perfeziona non più con il versamento dell'importo ma con la sottoscrizione dell'accordo o del processo verbale.

L’art. 48-ter del d.lgs. n. 546/1992, introdotto dalla riforma, stabilisce che il versamento delle intere somme dovute o, in caso di versamento rateale, della prima rata, va effettuato entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo, per la conciliazione "fuori udienza", o di redazione del processo verbale, per la conciliazione "in udienza".

 

 

 


 

La definizione del contenzioso tributario pendente e la normativa transitoria

 

La proposta di legge delega mira a realizzare anche una rapida definizione del contenzioso tributario pendente al fine di poter più agevolmente attuare il passaggio dal giudice speciale al giudice ordinario.

 

In particolare, il comma 1, lettera z), delega il Governo a prevedere la possibile nomina di giudici ausiliari di Cassazione, per procedere alla definizione del contenzioso pendente in materia tributaria.

La nomina dei giudici ausiliari dovrà essere effettuata dal Consiglio superiore della magistratura, che potrà scegliere tra magistrati ordinari in quiescenza da non più di 2 anni che abbiano nella loro carriera svolto effettivamente almeno per 5 anni funzioni di legittimità.

La norma di delega non specifica il contingente massimo di giudici da nominare, né la durata del loro incarico né l’eventuale remunerazione.

 

In merito alla nomina di giudici ausiliari, si ricorda il recente decreto-legge n. 69 del 2013 che (artt. 62 e ss.) ha previsto la figura del giudice ausiliario, nel numero massimo di 400 unità, per lo smaltimento dell'arretrato civile presso le corti d'appello. La disposizione ha previsto che ogni giudice ausiliario dovrà definire nel collegio di corte d'appello in cui è relatore almeno 90 procedimenti all'anno (per un totale di 36.000 procedimenti definiti all'anno), con una remunerazione di 200 euro a provvedimento e un tetto massimo annuo di 20.000 euro. Di ogni collegio giudicante non può fare parte più di un giudice ausiliario. I giudici ausiliari sono designati da ciascun consiglio giudiziario e nominati per cinque anni, prorogabili per non più di altri cinque, tra magistrati e avvocati dello Stato a riposo, magistrati onorari, professori universitari in materie giuridiche di prima e seconda fascia anche a tempo definito o a riposo; ricercatori universitari in materie giuridiche, avvocati e notai.

 

Quanto all’entità del contenzioso tributario in Cassazione, in base all’ultima relazione annuale sulla giurisdizione tributaria, relativa al 2014, ogni anno vengono iscritti in cassazione circa 10.000 ricorsi tributari.

 

La Suprema Corte non riesce annualmente a definire altrettanti procedimenti (nel 2014 7.173 procedimenti) determinando così un aumento dell’arretrato.

 

La proposta di legge prevede quindi che le Commissioni tributarie esistenti possano continuare ad operare fino alla scadenza del secondo anno dall’entrata in vigore della legge delega. Per i primi due anni, dunque, dall’entrata in vigore della legge in esame, i procedimenti tributari potranno essere iscritti presso le commissioni tributarie (lettera aa) e queste dovranno operare per definirli. Allo scadere dei previsti due anni, in base alla lettera bb), le commissioni cesseranno le proprie funzioni e i procedimenti ancora pendenti saranno riassegnati alle sezioni specializzate tributarie.

Si osserva che il termine a disposizione dell’esecutivo per attuare la riforma e consentire la riassegnazione dei procedimenti presso le sezioni specializzate potrebbe essere di soli 6 mesi, essendo fissato in 18 mesi dall’entrata in vigore della legge il termine per l’esercizio della delega.

Dall’entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della riforma allo scadere dei due anni previsti, il Governo è delegato a prevedere modifiche al trattamento economico dei componenti delle commissioni tributarie, eventualmente eliminando il compenso fisso mensile, per sostituirlo con misure premiali per la sollecita definizione dell’arretrato (lett. cc).

 

Attualmente il trattamento economico dei componenti le commissioni tributarie è stabilito con proprio decreto dal Ministro dell’economia e delle finanze ed è costituito da un compenso fisso mensile e da un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, anche se riunito ad altri ricorsi, secondo criteri uniformi, che debbono tener conto delle funzioni e dell'apporto di attività di ciascuno alla trattazione della controversia, compresa la deliberazione e la redazione della sentenza, nonché, per i residenti in comuni diversi della stessa regione da quello in cui ha sede la commissione, delle spese sostenute per l'intervento alle sedute della commissione. Il compenso è liquidato in relazione ad ogni provvedimento emesso.

I compensi sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati.


 

Articolo 1, commi 2-3
(Procedimento per l’esercizio della delega)

La delega dovrà essere esercitata dal Governo entro 18 mesi dall’entrata in vigore della legge (comma 1).

Il procedimento per l’adozione dei decreti legislativi attuativi è definito al comma 2, che affida il potere di proposta al Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro dell’economia.

Sugli schemi di decreto legislativo dovrà essere acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari che avranno 45 giorni di tempo per esprimersi. La disposizione prevede la tecnica dello scorrimento, in base alla quale, se il termine di 45 giorni concesso alle Commissioni scade nei 30 giorni precedenti alla scadenza del termine per l’esercizio della delega, o successivamente, quest’ultimo termine è prorogato di 60 giorni.

 

Il comma 3 stabilisce che, entro 2 anni dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi attuativi della riforma, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive, nel rispetto degli stessi principi posti dalla legge delega.

 

 


 

Articolo 1, commi 4-5
(Copertura degli oneri)

 

Il comma 4 prevede la c.d. clausola di invarianza finanziaria, in quanto afferma che all’attuazione della riforma si dovrà provvedere nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 5 specifica che, in attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica (in particolare, secondo quanto stabilito dall’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196), e in considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi delegati, nonché dell’impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, la relativa quantificazione è effettuata al momento dell’adozione dei singoli schemi di decreto legislativo.

 

Il richiamato articolo 17, comma 2 prevede che le leggi di delega comportanti oneri rechino i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi; tuttavia, ove in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

 

Si stabilisce inoltre che, qualora eventuali nuovi o maggiori oneri derivanti da un decreto legislativo non trovino compensazione nell’ambito del medesimo decreto, il decreto è emanato solo successivamente all’entrata in vigore di un provvedimento legislativo che stanzi le occorrenti risorse finanziarie.



[1]     D.Lgs. 05/04/2006, n. 160, Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

[2]     D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell' articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

[3]     Il valore della controversia va determinato con riferimento a ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal contribuente con l’impugnazione, al netto degli interessi, delle eventuali sanzioni e di ogni altro eventuale accessorio. In caso di impugnazione esclusivamente di atti di irrogazione delle sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.