Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||||||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento affari sociali | ||||||||||
Titolo: | Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati A.C. 3235, A.C.971, A.C. 972, A.C.1203, A.C. 2015, A.C.2022, A.C. 2611, A.C. 2982, A.C. 3048, A.C. 3229 - Schede di lettura | ||||||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Appunti del Comitato per la legislazione Numero: 375 | ||||||||||
Data: | 26/11/2015 | ||||||||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni in
materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della
vendita della cannabis e dei suoi derivati A.C. 3235, A.C.971, A.C. 972, A.C.1203, A.C. 2015, A.C.2022, A.C. 2611, A.C. 2982, A.C. 3048, A.C. 3229 |
Schede di
lettura |
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n. 375 |
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26 novembre2015 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Giustizia ( 066760-9148
– * st_giustizia@camera.it |
Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali ( 066760-3266 – * st_affari_sociali@camera.it |
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INDICE
§ La disciplina sanzionatoria delle c.d. droghe leggere
§ La coltivazione della cannabis
Contenuto delle proposte di legge
La disciplina del D.P.R. n. 309 del 1990 (Testo unico in materia di stupefacenti) considera la cannabis, ai fini sanzionatori, come una “droga leggera”, l’unica compresa nella tabella II allegata al testo unico (dalla varietà indica di tale sostanza sono prodotti sia l’hashish che la marijuana).
Ciò a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità degli articoli 4-bis e 4-vicies ter, del decreto legge 30 dicembre 2005, n. 272 (conosciuto come Decreto Olimpiadi di Torino, poi convertito dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, cd. legge Fini-Giovanardi) per violazione dell’art. 77 della Costituzione, per difetto di omogeneità, e quindi di nesso funzionale, tra le disposizioni originarie del decreto-legge e quelle introdotte nella legge di conversione e poi impugnate.
La legge n. 49 del 2006 aveva soppresso, in particolare, la precedente distinzione tra droghe pesanti e leggere e il trattamento sanzionatorio delle varie condotte (dalla produzione, alla coltivazione, allo spaccio) aventi ad oggetto la cannabis era stato parificato a quello previsto per le droghe pesanti. Erano quindi risultate applicabili a tali comportamenti sanzioni tra le più elevate di quelle previste dall’ordinamento, con cornici edittali tra i 6 e i 20 anni.
La
Fini-Giovanardi
Le disposizioni della legge Fini-Giovanardi modificavano l’art. 73 del testo unico (TU) sugli stupefacenti (art. 4-bis) e numerose altre disposizioni dello stesso TU (art. 4-vicies ter). In particolare:
►l’articolo 4-bis aveva unificato il trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 73 per le violazioni concernenti tutte le sostanze stupefacenti, trattamento che in precedenza era differenziato a seconda che i reati avessero per oggetto le sostanze stupefacenti o psicotrope incluse nelle tabelle II e IV (cosiddette “droghe leggere”) ovvero quelle incluse nelle tabelle I e III (cosiddette “droghe pesanti”).
Per effetto di tali modifiche, le sanzioni per i reati concernenti le cosiddette “droghe leggere” e, in particolare, i derivati dalla cannabis, precedentemente stabilite nell’intervallo edittale della pena della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 5.164 a 77.468 euro, sono state elevate, prevedendosi la pena della reclusione da 6 a 20 anni e della multa da 26.000 a 260.000 euro;
►l’articolo 4-vicies ter ha parallelamente modificato il precedente sistema tabellare stabilito dagli articoli 13 e 14 del TU, includendo nella nuova tabella I gli stupefacenti che prima erano distinti in differenti gruppi. Peraltro, l’art. 4-vicies ter viene dichiarato costituzionalmente illegittimo nella sua interezza, e non limitatamente alle sue disposizioni sulle tabelle (commi 2, lettera a), e 3, lettera a), numero 6), sulle tabelle), come originariamente richiesto dalla Corte di cassazione, che aveva rimesso la questione alla Consulta.
Sul punto la Corte
costituzionale afferma che «trattandosi di un vizio di natura procedurale,
che peraltro […] si evidenzia solo ad un’analisi dei contenuti normativi
aggiunti in sede di conversione, la declaratoria di illegittimità
costituzionale colpisce per intero le due disposizioni impugnate e soltanto
esse, restando impregiudicata la valutazione di questa Corte in relazione ad
eventuali ulteriori impugnative aventi ad oggetto altre disposizioni della
medesima legge».
Il contenuto dell’art. 4-vicies ter è infatti molto più ampio, visto che prevede la modifica di ben 31 articoli del TU (artt. 2, 13, 14, 31, 34, 35, 36, 38, 40, 41, 42, 43, 45, 46, 47, 54, 60, 61, 62, 63, 65, 66, 69, 71, 79, 82, 114, 115, 120, 122 e 127). Tutte le modifiche a queste disposizioni del testo unico sono state dichiarate costituzionalmente illegittime.
La dichiarazione di illegittimità costituzionale degli articoli 4-bis e 4-vicies ter ha comportato – per espressa affermazione della Consulta – la reviviscenza delle disposizioni del testo unico stupefacenti, in vigore prima dell’entrata in vigore della legge di 49/2006 (c.d. legge Iervolino-Vassalli).
La Corte afferma che «In considerazione del particolare
vizio procedurale accertato in questa sede, per carenza dei presupposti ex art.
77, secondo comma, Cost., deve ritenersi che, a seguito della caducazione delle
disposizioni impugnate, tornino a ricevere applicazione l’art. 73 del d.P.R. n.
309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella
formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni impugnate».
L’efficacia delle disposizioni previgenti determina un abbassamento delle pene per le violazioni relative alle c.d. droghe leggere (punite con la pena della reclusione da due a sei anni e della multa, anziché con la pena della reclusione da sei a venti anni e della multa) e un parallelo aumento delle pene previste per le violazioni relative alla c.d. droghe pesanti (punite con la pena della reclusione da otto a venti anni, anziché con quella da sei a venti anni).
Sulla sentenza della Corte costituzionale si veda più in dettaglio il Dossier Documentazione e ricerche n. 105 del 2014.
L’effetto principale della disciplina prevista dalla legge Fini-Giovanardi è stato quello di un rilevante incremento degli ingressi in carcere (anche a titolo di custodia cautelare) per reati legati agli stupefacenti e soprattutto per piccolo spaccio, ovvero per detenzione di droghe (per lo più leggere) in quantitativi modici ma comunque superiori ai limiti tabellari e, pertanto, idonei a far presumere la finalità di cessione a terzi.
Anche in relazione a tali effetti sul sovraffollamento carcerario, il decreto legge n. 146/2013 (c.d. decreto carceri) ha introdotto alcune modifiche alla disciplina del c.d. piccolo spaccio di cui all’art. 73, comma 5, del TU stupefacenti. Infatti, prima del citato decreto-legge, il piccolo spaccio era considerato, in base alla disciplina della legge Fini-Giovanardi, come circostanza attenuante (per lieve entità del fatto) della fattispecie generale di cui all’art. 73 del TU sugli stupefacenti (DPR 309/1990); ciò portava ad effetti distorsivi dal punto di vista sanzionatorio, potendo l’attenuante essere controbilanciata con aggravanti ritenute equivalenti o prevalenti (in particolare, la recidiva, ricorrente nella quasi totalità dei casi in oggetto). Ne derivavano sanzioni dai limiti edittali molto elevati (reclusione da sei a venti anni e multa da euro 26.000 a 260.000), già previste per la produzione, il traffico e la detenzione illeciti di stupefacenti, peraltro, come già detto, senza distinzione tra droghe leggere e pesanti.
Per evitare gli indicati eccessi sanzionatori, il decreto-legge 146/2013 ha configurato il piccolo spaccio come fattispecie di reato autonoma, in tal modo sottraendola al giudizio di comparazione tra circostanze; il reato era comunque punito con la reclusione da 1 a 5 (anziché 6) anni e con la multa da 3.000 a 26.000 euro.
Il decreto-legge 36/2014 ha poi diminuito le sanzioni, prevedendo per il piccolo spaccio la reclusione da sei mesi a 4 anni e la multa da euro 1.032 a euro 10.329); il limite di 4 anni consente l’arresto in flagranza ma non ne prevede l’obbligatorietà né rende possibile l’applicazione della custodia cautelare in carcere.
Nel luglio 2013 la Commissione Giustizia della Camera ha avviato l’esame della p.d.l. A.C. 1203 (Daniele Farina), diretta a modificare il testo unico, con la finalità di mitigare gli effetti della legge Fini-Giovanardi. In particolare, la proposta di legge interviene sull’art. 73 del TU attenuando le pene per gli illeciti aventi ad oggetto hashish e marijuana, anche in relazione all’uso personale. Dopo aver abbinato la proposta A,.C. 971 (Gozi, Giachetti), la Commissione ha deliberato lo svolgimento di una ampia indagine conoscitiva, ai cui resoconti stenografici si rinvia.
L’intervento della Corte costituzionale prima, e del decreto-legge n. 36 del 2014 dopo, hanno determinato l’interruzione di quell’iter parlamentare.
Il citato decreto-legge n. 36 del 2014 -- c.d. decreto Lorenzin - ha confermato la distinzione, a fini sanzionatori, tra droghe leggere e pesanti prevista dalla legge Jervolino-Vassalli, riportata in vigore dalla sentenza 32/2014 della Consulta.
Il provvedimento d’urgenza è anzitutto intervenuto per colmare la lacuna normativa verificatasi a seguito della citata sentenza che, nel dichiarare illegittime le novelle apportate al Testo unico Stupefacenti dal DL 272/2005, ha travolto anche le tabelle allegate allo stesso testo unico e i successivi decreti ministeriali di aggiornamento, così ripristinati dal decreto.
Le nuove
tabelle introdotte dal decreto-legge n. 36 del 2014
Il decreto ha adottato una diversa configurazione degli elenchi delle sostanze soggette a controllo, sostituendo alle due tabelle previste dalla Fini-Giovanardi (una per tutte le sostanze stupefacenti e una per i medicinali) 5 tabelle:
- la tabella I è relativa alle “droghe pesanti”. Ai sensi dell'art. 14, co. 1, lettera a), la tabella I include oppio e derivati oppiacei (quali la morfina, l'eroina e il metadone), foglie di coca e derivati, amfetamina e derivati amfetaminici (ecstasy e designer drugs) e allucinogeni (fra gli altri dietilammide dell'acido lisergico - LSD, mescalina, psilocibina, fenciclidina, ketamina), le sostanze ottenute per sintesi o semisintesi che siano riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico al tetraidrocannabinolo (ovvero tutte le droghe sintetiche a base di tetraidrocannabinolo-Thc, principio attivo della cannabis), ogni altra pianta o sostanza naturale o sintetica che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale;
- la tabella II è relativa alle "droghe leggere". Ai sensi dell'art. 14, co. 1, lettera b), la tabella la cannabis, senza distinzione tra indica, sativa, ruderalis o ibrida;
- la tabella III, ai sensi dell'art. 14, co. 1, lettera c), include i barbiturici che hanno notevole capacità di indurre dipendenza fisica o psichica o entrambe, nonché altre sostanze ad effetto ipnotico-sedativo ad essi assimilabili. Sono pertanto esclusi i barbiturici a lunga durata e di accertato effetto antiepilettico e i barbiturici a breve durata di impiego quali anestetici generali, sempre che le sostanze componenti non comportino gravi pericoli di dipendenza. Ai fini sanzionatori, la tabella è pertanto equiparata alle "droghe pesanti";
- la tabella IV, ai sensi dell'art. 14, co. 1, lettera d), include le sostanze per le quali sono stati accertati pericoli di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti dalle sostanze elencate nelle tabelle I e III, è equiparata ai fini sanzionatori alle "droghe leggere";
- la tabella V non rileva ai fini dell’applicazione delle disposizioni sanzionatorie penali. Ai sensi dell'art. 14, co. 1, lettera e), riguarda infatti i medicinali, ed è suddivisa in cinque sezioni; include i medicinali a base di sostanze attive stupefacenti o psicotrope, ivi incluse le sostanze attive ad uso farmaceutico, di corrente impiego terapeutico ad uso umano o veterinario.
Ne deriva, quindi, che per le condotte, penalmente rilevanti, aventi ad oggetto le sostanze comprese nelle tabelle prima e terza (droghe pesanti), si applica la reclusione da otto a venti anni; mentre per le condotte aventi ad oggetto le sostanze di cui alle tabelle seconda e quarta (droghe leggere) si applica la reclusione da due a sei anni. Muta anche la procedura per l’integrazione e l’aggiornamento delle tabelle, per la quale si prevede il parere dell’Istituto Superiore di Sanità (e non del Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio) sul relativo schema di decreto.
Il decreto-legge ha solo in parte novellato l’art. 73 del Testo Unico, intervenendo sui commi 5 e 5-bis. Anche a seguito di tale modifica, l’art. 73 oggi prevede che
· la coltivazione senza autorizzazione, la cessione, la produzione, la fabbricazione, l’estrazione, la raffinazione, la vendita, la cessione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, la spedizione e la consegna per qualsiasi scopo di sostanze stupefacenti di cui alla tabella I prevista dalla tabella I dell’art. 14 (droghe pesanti) è punita con la reclusione da 6 a 20 anni e con la multa da 26.000 a 260.000 euro. Per la reviviscenza della precedente disciplina a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32/2014, le analoghe condotte riferite alle sostanze di cui alla tabella II e IV (droghe leggere e medicinali equiparati) sono punite con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 5.164 a 77,468 euro;
· con stesse pene è sanzionato chiunque, privo della citata autorizzazione, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute (DM 11 aprile 2006) ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale;
· le condotte illecite che appaiono di lieve entità (per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze) sono punite con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da 1.032 a 19,329 euro;
· le pene sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti;
· limitatamente ai reati compiuti da tossicodipendente, il giudice con la sentenza di condanna o patteggiamento, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità.
Il decreto-legge n. 36 del 2014 ha reintrodotto nell’art. 75 del TU la previsione espressa della non punibilità dell'uso personale di sostanze stupefacenti che, in virtù di una serie di rinvii normativi, era venuta meno con la sentenza della Corte del 2014.
Si ricorda che - per potere invocare l’uso personale - la quantità di sostanza stupefacente o psicotropa non deve essere superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute 11 aprile 2006.
L’articolo 75, come modificato, prevede inoltre:
• sanzioni amministrative di tipo interdittivo (sospensione della patente, del passaporto, del porto d’armi, sospensione del permesso di soggiorno o divieto di conseguirlo) di durata diversa in ragione dell’uso personale di droghe pesanti o leggere;
• la ritipizzazione dei criteri per l’accertamento del carattere personale della detenzione (comma 1-bis, dell’art. 75 TU);
• la reintroduzione della previsione (venuta meno con la sentenza della Corte per una serie di rinvii normativi) della sostituibilità della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità nel caso di piccolo spaccio (o comunque di fatti di lieve entità);
• la soppressione dell’obbligo, per gli operatori dei SERT, di segnalare all’autorità competente le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma terapeutico alternativo alle sanzioni.
Nel trattamento sanzionatorio del piccolo spaccio, il decreto-legge
36/2014 non distingue, tuttavia, tra droghe leggere e droghe pesanti
Ne deriva che, nonostante la sentenza della Consulta abbia ripristinato tale distinzione per tutti i reati in materia di stupefacenti, proprio quella di minor allarme sociale, caratterizzata dalla lieve entità è l’unica fattispecie fondata su una pena unica (reclusione da sei mesi a 4 anni).
La cannabis, come accennato, in quanto droga leggera, è stata inserita nella tabella II allegata al TU stupefacenti.
L'articolo 28 del D.P.R. 309/1990 prevede sanzioni penali per la coltivazione illecita di sostanze stupefacenti, inserite nelle tabelle I e II del TU.
La decisione quadro 2004/GAI/757 individua (art. 2, par. 1, lett. b) anche la coltivazione tra le condotte per le quali la normativa europea prevede che i singoli Stati membri della U.E. applichino sanzioni penali ("...coltura del papavero da oppio, della pianta di coca o della pianta della cannabis", ove non autorizzate).
In particolare, l’art. 28 distingue:
· la coltivazione non autorizzata, per la quale prevede le sanzioni penali e amministrative stabilite per la fabbricazione illecita delle sostanze stupefacenti (comma 1). In particolare, in base al vigente art. 73 del TU stupefacenti, chiunque senza l'autorizzazione coltiva sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I (si tratta delle c.d. droghe pesanti), è punito con la reclusione da 8 a 20 anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228. La coltivazione delle sostanze di cui alla tabella II (c.d. droghe leggere o, più precisamente, cannabis indica) è oggi punita, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 2012, con la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 5.164 a 77.468 euro.
· la coltivazione autorizzata che si svolge in violazione delle prescrizioni impartite. In questo caso, in base al comma 2, il colpevole è punito - salvo che il fatto costituisca più grave reato - con l'arresto fino a un anno o l'ammenda da 516 a 2.065 euro. Le piante coltivate illegalmente sono soggette a sequestro e confisca (comma 3).
L’art. 26 del TU del 1990 vieta, nel territorio dello Stato, la coltivazione delle piante comprese nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli di cui all'articolo 27, consentiti dalla normativa dell'Unione europea.
In merito, si ricorda, che la XIII Commissione Agricoltura della Camera ha approvato nella seduta del 18 novembre 2015 in sede legislativa il testo unificato di alcune proposte di legge, recante disposizioni per la promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa. La canapa a fibre, utilizzata per scopi industriali, appartiene tuttavia alla Cannabis, specie di cui fa parte la canapa stupefacente, dalla quale la canapa industriale differisce per alcune caratteristiche morfologiche e per un basso tenore di tetraidrocannabinolo (THC), l'agente psicotropo della Cannabis. La coltivazione della canapa industriale è pertanto soggetta in ogni caso ad una regolamentazione restrittiva.
La coltivazione di tali piante da parte di istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, può essere tuttavia autorizzata dal Ministro della sanità per scopi scientifici, sperimentali o didattici. Tale disciplina è integrata da quella dell’art. 17 del TU, secondo la quale chiunque intenda coltivare (produrre, fabbricare, impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per il commercio) sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle di cui all'articolo 14 deve munirsi dell'autorizzazione del Ministero della salute.
L’art. 27 TU prevede che la richiesta di autorizzazione alla coltivazione deve contenere il nome del richiedente coltivatore responsabile, l'indicazione del luogo, delle particelle catastali e della superficie di terreno sulla quale sarà effettuata la coltivazione, nonché la specie di coltivazione e i prodotti che si intende ottenere. Il richiedente deve indicare l'esatta ubicazione dei locali destinati alla custodia dei prodotti ottenuti. Sia la richiesta che l'eventuale decreto ministeriale di autorizzazione sono trasmessi alla competente unità sanitaria locale nonché al Comando generale della Guardia di finanza e al Ministero dell'agricoltura e delle foreste ai quali spetta l'esercizio della vigilanza e del controllo di tutte le fasi della coltivazione fino all'avvenuta cessione del prodotto. L'autorizzazione è valida oltre che per la coltivazione, anche per la raccolta, la detenzione e la vendita dei prodotti ottenuti, da effettuarsi esclusivamente alle ditte titolari di autorizzazione per la fabbricazione e l'impiego di sostanze stupefacenti.
La
coltivazione della cannabis per uso
terapeutico
Si ricorda che durante l'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto legge 36/2014, nella seduta del 30 aprile 2014, il Governo ha accolto gli Ordini del giorno 9/02215-AR/005; 9/02215-AR/030; 9/02215-ar/022 che invitavano il Governo ad avviare iniziative legislative volte a consentire la coltivazione della Cannabis per uso terapeutico, prendendo in considerazione la possibilità più immediata, di consentire allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze – previo Protocollo tra Ministero della difesa e Ministero della salute – la produzione di medicinali cannabinoidi per i pazienti italiani. Il 18 settembre 2014, il Ministro della salute e il Ministro della difesa hanno sottoscritto l'Accordo di collaborazione per l'avvio di un progetto pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis con l'obiettivo di garantire l'unitarietà e la sicurezza dell'impiego di preparazioni magistrali di sostanze di origine vegetale a base di cannabis e di evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali.
Si rammenta infine che 12 regioni hanno emanato specifiche disposizioni organizzative per l'erogazione, nell'ambito del servizio sanitario regionale, di farmaci a base di cannabinoidi per finalità terapeutiche. Le normative regionali in materia sono state emanate dal 2012 e si differenziano per le modalità di erogazione. Infatti, in alcune regioni l'erogazione è consentita solo sulla base della prescrizione del medico ospedaliero; nelle leggi regionali più recenti invece l'erogazione è consentita anche in ambito domiciliare, su prescrizione del medico di Medicina generale, sulla base del piano terapeutico redatto dal medico specialista ospedaliero che ha in cura il paziente. Si segnala infine che alcune leggi regionali (vedi Abruzzo e Toscana) autorizzano le Giunte regionali a stipulare convenzioni con i centri e gli istituti autorizzati ai sensi della normativa statale per la produzione e la preparazione dei medicinali cannabinoidi o ad avviare progetti di ricerca e azioni sperimentali prodromici alla produzione di sostanze e preparazioni vegetali a base di canapa, con gli atenei regionali, le associazioni di soggetti privati affetti da patologie e altri soggetti portatori di interesse o di specifiche competenze (Regione Piemonte).
Sulla liceità penale o meno della coltivazione di cannabis la giurisprudenza ha assunto diverse posizioni nel corso del tempo.
Si ricorda come già la sentenza n. 360/1995 della Corte Costituzionale abbia dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 73 e 75 del TU stupefacenti. nella parte in cui prevedono l’illiceità penale della coltivazione di piante da cui siano estraibili sostanze stupefacenti anche per uso personale degli agenti.
La linea interpretativa più severa sulla coltivazione è stata indicata dalla importante sentenza della Cassazione, Sezioni Unite, 10 luglio 2008, n. 28605. La sentenza ha precisato:
- che costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale;
- che ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile.
A sorreggere tale specifico principio le Sezioni Unite richiamano anzitutto gli argomenti svolti dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 360 del 1995, con riferimento alla mancanza di nesso di immediatezza tra la coltivazione e l'uso personale ed alla impossibilità di determinare "ex ante" la potenzialità della sostanza drogante ricavabile dalla coltivazione, così da rendere ipotetiche e comunque meno affidabili le valutazioni in merito alla destinazione della droga all'uso personale piuttosto che alla cessione. E’ stato evidenziato, inoltre, che la condotta di "coltivazione", anche dopo l'intervento normativo della legge n. 49 del 2006, non è stata richiamata nell'art. 73, comma 1-bis, né nell'art. 75, comma 1, ma solo nel comma 1 dell'art. 73 del novellato D.P.R. n. 309/1990, a riprova che il legislatore ha voluto attribuire a tale condotta comunque e sempre una rilevanza penale, quali che siano le caratteristiche della coltivazione e quale che sia il quantitativo di principio attivo ricavabile dalle parti delle piante da stupefacenti. Infine, le Sezioni Unite hanno valorizzato il dato naturalistico, riferito al fatto che qualsiasi tipo di coltivazione è caratterizzata da un’essenziale nota distintiva rispetto alle fattispecie di detenzione, che è quella di contribuire ad accrescere (in qualunque entità), pure se mirata a soddisfare esigenze di natura personale, la quantità di sostanza stupefacente esistente ed inoltre presenta la peculiarità ulteriore di dare luogo ad un processo produttivo astrattamente capace di "autoalimentarsi" attraverso la riproduzione dei vegetali. Tali caratteri, a parere dei giudici di legittimità, giustificano un trattamento sanzionatorio diverso e più grave.
Ripercorrendo le argomentazioni delle Sezioni Unite: «il principio di offensività – in forza del quale non è concepibile un reato senza offesa ("nullum crimen sine iniuria") – secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, opera su due piani, "rispettivamente, della previsione normativa, sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di un bene o interesse oggetto della tutela penale (offensività in astratto), e dell'applicazione giurisprudenziale (offensività in concreto), quale criterio interpretativo - applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l'interesse tutelato" (così testualmente Corte Cost. n. 265/05 e, in senso conforme, vedi pure le decisioni nn. 360/95, 263/00, 519/00, 354/02)».
Con riferimento alla questione problematica propostasi per i reati in materia di stupefacenti, la Corte Costituzionale ha quindi specificamente sostenuto, nella sentenza n. 360 del 1995, che la condotta di coltivazione di piante da cui sono estraibili i principi attivi di sostanze stupefacenti integra un tipico reato di pericolo presunto, connotato dalla necessaria offensività della fattispecie criminosa astratta. Partendo da tale premessa la Cassazione, con la sentenza richiamata, in ossequio al principio di offensività inteso nella sua accezione concreta, ha stabilito che spetta al giudice verificare se la condotta, di volta in volta contestata all'agente ed accertata, sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, risultando in concreto inoffensiva.
La condotta è "inoffensiva", secondo le Sezioni unite, soltanto se il bene tutelato non è stato leso o messo in pericolo anche in grado minimo (irrilevante, infatti, è a tal fine il grado dell'offesa), sicché, con riferimento allo specifico caso della coltivazione di piante, la "offensività" non ricorre soltanto se la sostanza ricavabile da essa non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile.
In tale cornice interpretativa tracciata dalle Sezioni Unite e dalla giurisprudenza costituzionale si inscrivono rilevanti pronunce sul tema specifico della coltivazione di piante da stupefacenti, che hanno confermato la necessità di ritagliare in concreto i contorni dell’offensività della condotta sottoposta al giudizio.
Tra le altre, Cassazione, sent. n. 44287 del 2008, secondo cui, per la punibilità della coltivazione abusiva non rileva….il grado di maturazione raggiunto dalle piante di cannabis, ma l'idoneità anche solo potenziale delle stesse (già con la posa dei semi) a dar luogo ad una germinazione con capacità stupefacente.
Cassazione, sentenza n. 23082 del 2013, ha enucleato una serie di “indicatori” dimostrativi della concreta offensività della condotta di coltivazione non autorizzata di piante di natura stupefacente, enucleando tra questi il quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante in relazione al loro grado di maturazione, come anche l’estensione e la struttura organizzata della piantagione, dalle quali possa derivare una produzione di sostanze potenzialmente idonea ad incrementare il mercato (nella fattispecie il reato è stato ritenuto configurabile per un quantitativo di 43 piantine di “cannabis”, dalle quali all’atto di accertamento si sarebbe ricavato un quantitativo di sostanza stupefacente sia al valore della dose singola che della dose – soglia, per la presenza di semi e di impianti di innaffiamento e riscaldamento dei locali, finalizzati a favorire la crescita e lo sviluppo della coltivazione).
La successiva Cassazione, sentenza n. 22459 del 2013, ha affrontato la questione egualmente con riferimento ai caratteri specifici della piantagione, affermando, ai fini della punibilità della coltivazione, l’irrilevanza della quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, e la rilevanza, invece, della conformità della pianta al tipo botanico previsto e della sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente.
All’impostazione delle Sezioni Unite ha fatto seguito, un consistente, diverso orientamento dei giudici di legittimità.
Sul principio in generale di offensività, Cass., sentenza n. 21120 del 2013 ha affermato che non è configurabile il reato di coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti nel caso in cui la condotta sia assolutamente inidonea (irrilevante essendo il grado dell’offesa) a ledere i beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice e, pertanto, risulti inoffensiva secondo i canoni previsti dall’art. 49 c.p. La sentenza precisa, altresì, che tale assoluta inidoneità della condotta non può dipendere da circostanze occasionali e contingenti quali la mancata produzione di sostanza stupefacente a causa della non maturazione della piantagione, magari per l’intervento tempestivo da parte della polizia giudiziaria.
In relazione all’esigenza di dimostrare l’effettiva offensività della condotta e l’idoneità della stessa a porre in pericolo il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice Cassazione, sent. n. 15191/2014 ha ritenuto ad esempio che nella coltivazione di sostanza stupefacente, se il numero delle piantine è esiguo e la sostanza da esse estraibile è minimo il reato comunque non sussiste non mettendo in pericolo la salute collettiva (nello stesso senso, tra le altre, Cassazione, sentt. n. 33835/2014; n. 25674/2014, n. 22110/2013) .
Le pronunce di legittimità più recenti si pongono, tuttavia, nel solco dell’orientamento più restrittivo espresso dalle Sezioni Unite nel 2008 (Cass. n. 28605/2008).
Si segnala, ad esempio, Cassazione, sentenza 22 gennaio 2015, n. 3177, che, in relazione alla verifica di offensività della condotta criminosa (coltivazione di tre piantine di maijuana), proprio alla luce del dictum della Sezioni Unite, in linea con la ricordata decisione n. 360/1995 della Corte Costituzionale, ha ribadito che “l’offensività non ricorre soltanto se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile” (cfr., ex multis:. Sentt. nn. 12616/2013 e 22110/2013). Eventualità, questa, da escludersi a fronte della accertata capacità produttiva di marijuana delle tre piante sequestrate al ricorrente e che rende inconferenti i rilievi in tema di congruità dell’esperita indagine chimica. In proposito, la Cassazione ha ritenuto opportuno puntualizzare che – in relazione alla specificità del fatto materiale di coltivazione – non può aversi riguardo allo stadio (iniziale, in corso, avanzato, esaurito) del processo produttivo accertato (ciò che equivarrebbe a dare ingresso ad un improprio criterio di punibilità differenziata), poiché l’offensività della condotta si radica nella sola idoneità della coltivazione a produrre la sostanza per il consumo. Con l’ovvio effetto che “non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza dell’accertamento, ma la conformità delle piante al tipo botanico previsto e la loro attitudine (anche per modalità e cura di coltivazione) a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente utilizzabile per il consumo”.
Ancor più recentemente, Cassazione, sent. 22 settembre 2015, n. 38364 - pronunciandosi sulla vicenda di un uomo analogamente condannato per aver coltivato tre piantine di cannabis nel cortile della propria abitazione - ha ritenuto come reato la coltivazione, anche ad uso personale, di piante dalle quali può estrarsi una sostanza stupefacente; la condotta risulterebbe inoffensiva soltanto se la sostanza in questione non ha effetti (stupefacenti) in concreto rilevabili.
La modesta estensione della coltivazione, continua la Suprema Corte, la qualità delle piante, nonché il loro grado di tossicità possono al più rilevare solo ai fini della considerazione della gravità del reato e della commisurazione della pena. Il legislatore ha, infatti, attribuito a tale condotta sempre e comunque una rilevanza penale, quali che siano le caratteristiche della coltivazione e quale che sia il quantitativo di principio attivo ricavabile dalle piante, al fine di escludere in radice la possibilità che il ciclo della droga possa “autoalimentarsi”. Da ultimo, la Cassazione ribadisce che la condotta di coltivazione integra un tipico reato di pericolo presunto, connotato, già in astratto, dalla necessaria offensività. Spetterà poi al giudice verificare se la condotta de qua sia assolutamente idonea, in concreto, a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.
Va segnalato, peraltro, che nel caso in questione, il coltivatore occasionale (di marijuana) avrebbe potuto fruire del beneficio della non punibilità per la particolare tenuità del fatto previsto dal nuovo art. 131-bis c.p. (introdotto dal D.Lgs. n. 28/2015), se non vi fossero stati precedenti per lo stesso reato (recidiva, presente nel caso in questione, che ha comportato una condanna di condanna a 4 mesi di reclusione).
Occorre ricordare che alcune delle proposte di legge (segnatamente, A.A.C. 971, 972, 1203, 2015 e 2022) sono state presentate prima della sentenza della Corte costituzionale e del successivo decreto-legge n. 36 del 2014.
Finalità |
Proposta di
legge |
Stabilire la liceità della coltivazione della cannabis (previa autorizzazione o
comunicazione all’autorità) |
AC. 3235
(Giachetti); 971 (Gozi); 972 (Gozi); 1203 (Farina); 2015 (Civati); AC. 2611
(Ferraresi); 2982 (Farina); 3229 (Nicchi); AC 3048 (Turco) |
Prevedere la liceità della coltivazione in forma
associata |
AC. 3235 (Giachetti); AC. 2611 (Ferraresi); 2982 (Farina);
3229 (Nicchi); AC 3048 (Turco) |
Affermare la liceità della detenzione e cessione della
cannabis, entro determinate
quantità |
AC. 3235
(Giachetti); 972 (Gozi); 1203 (Farina); 2015 (Civati); AC. 2611 (Ferraresi);
2982 (Farina); 3229 (Nicchi); AC 3048 (Turco) |
Vietare la pubblicità della cannabis |
AC. 3235 (Giachetti); 972 (Gozi); 2015 (Civati); 3229
(Nicchi) |
Introdurre un monopolio di Stato sulla coltivazione
e vendita della cannabis |
AC. 3235
(Giachetti); 2982 (Farina); |
Differenziare la pena per fatti di lieve entità
relativi alla cannabis |
AC. 3235 (Giachetti); 1203 (Farina); AC. 2611
(Ferraresi); 2982 (Farina); 2022 (Ermini) |
Prevedere un obbligo di relazione al Parlamento |
AC. 972 (Gozi);
2015 (Civati); AC. 2611 (Ferraresi) |
A.C. 3235
(Giachetti ed altri)
(Disposizioni in materia di
legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis
e dei suoi derivati)
La proposta di legge A.C. 3235 (Giachetti ed altri), composta da 10 articoli, in sintesi:
· consente, a determinate condizioni, la coltivazione della cannabis, in forma individuale o associata;
· prevede la liceità della detenzione di cannabis entro determinate quantità;
· introducendo un monopolio di Stato, consente la vendita al dettaglio della cannabis e dei prodotti derivati;
· in relazione alla lieve entità delle condotte illecite inerenti agli stupefacenti, prevede una differenziazione di pena in relazione alla tipologia delle sostanze (droghe pesanti, droghe leggere).
L'articolo 1, al comma 1, modificando l'articolo 26 del TU stupefacenti, inserisce la coltivazione in forma personale ed associata di cannabis tra le fattispecie lecite, non sottoposte ad alcun regime autorizzatorio.
L'articolo 26 del D.P.R. 309 del 1990, concernente le coltivazioni e produzioni vietate, prevede che, salvo quanto stabilito nel comma 2, è vietata nel territorio dello Stato la coltivazione delle piante comprese nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali, diversi da quelli di cui all'articolo 27, consentiti dalla normativa dell'Unione europea (comma 1).
Il comma 2 prevede che il Ministro della sanità può autorizzare istituti universitari e laboratori pubblici aventi fini istituzionali di ricerca, alla coltivazione delle piante sopra indicate per scopi scientifici, sperimentali o didattici.
In tal senso, oltre a una modifica del comma 1 del citato articolo 26, diretta ad inserire tra le coltivazioni lecite - accanto a quella della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali - quella della cannabis coltivata ai sensi delle disposizioni successive, vengono inseriti due nuovi commi (1-bis e 1-ter), diretti a specificare le modalità della condotta non sottoposta ad alcun regime autorizzatorio.
Vengono quindi consentite, a persone maggiorenni, la coltivazione e la detenzione personale di piante di cannabis di sesso femminile nel limite di cinque e del prodotto da esse ottenuto, previo invio di una comunicazione all'ufficio regionale dei monopoli di Stato territorialmente competente.
Si ricorda che le piante di cannabis di sesso maschile od ermafrodita producono una percentuale irrisoria di THC, inidonea a produrre effetti droganti; le piante di sesso femminile costituiscono la categoria che produce, tramite i fiori, il citato principio attivo.
La comunicazione, inviata dal soggetto che intende avviare la coltivazione, deve recare l'indicazione dei dati anagrafici del richiedente, del luogo in cui intende effettuare la coltivazione e deve essere corredata dalla copia di un documento di identità. Dal momento di invio della comunicazione è possibile effettuare la coltivazione e detenzione.
Viene anche consentita la coltivazione della cannabis in forma associata, ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo II del libro I del codice civile (delle persone giuridiche), nei limiti quantitativi sopra indicati, in misura proporzionale al numero degli associati. In tal caso, spetta al responsabile legale l'invio della comunicazione all'ufficio regionale dei monopoli di Stato. Oltre alla copia di un valido documento di identità dovranno essere allegate una copia dell'atto costitutivo e dello statuto che devono indicare in modo espresso la coltivazione della cannabis come attività esclusiva, l'assenza di fini di lucro, il luogo ove realizzare la coltivazione e l'elenco degli associati che devono essere maggiorenni, residenti in Italia e in numero non superiore a 50, nonché la composizione degli organi direttivi. E' possibile associarsi a uno solo di questi enti, pena la cancellazione d'ufficio da tutti quelli a cui il soggetto risulta iscritto e la decadenza dal diritto di associarsi per i cinque anni successivi alla data di accertamento della violazione. Viene poi stabilito che non possono far parte degli organi direttivi i soggetti condannati, in maniera definitiva, per alcuni reati di maggiore pericolosità sociale (associazione di tipo mafioso, art. 416-bis; illeciti penali in tema di precursori di droghe, art. 70 TU stupefacenti; associazione finalizzata al traffico illecito di droghe, art. 74 TU). Per la coltivazione e detenzione in forma associata la condotta può essere avviata decorsi trenta giorni dalla comunicazione sopracitata.
La proposta di legge, dunque, consente – previa comunicazione – la coltivazione in forma associata di un massimo di 250 piante.
Per le attività così disciplinate non si applica la disciplina sanzionatoria relativa alle agevolazioni dell’uso di sostenze stupefacenti o psicotrope, prevista dall’art. 79 TU.
Il comma 2 dell’articolo 1 interviene sul Codice della privacy (d.lgs. n. 196 del 2003) per inserire nell’elencazione dei dati ritenuti sensibili, e dunque soggetti a un particolare regime per quanto riguarda il consenso e il trattamento, anche i dati contenuti nelle comunicazioni relative alla coltivazione della cannabis.
L'articolo 2 inserisce
nel TU stupefacenti (nel Titolo III, che reca disposizioni relative alla coltivazione e produzione, alla
fabbricazione, all'impiego ed al commercio all'ingrosso delle sostanze
stupefacenti o psicotrope) un nuovo capo (Capo I-bis), costituito dal solo articolo 30-bis, concernente
alcune tipologie di condotte lecite,
relative alla detenzione personale di cannabis.
Si capovolge l'impostazione vigente consentendo, al di fuori dei casi di cui ai commi 1-bis e 1-ter dell'articolo 26 (v. sopra), e salve le disposizioni dell'articolo 73 del TU, in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, alle persone maggiorenni la detenzione di una piccola quantità di cannabis - 5 grammi lordi, innalzabili a 15 per la detenzione in privato domicilio - non subordinata ad alcun regime autorizzatorio.
I limiti sopra indicati possono essere superati nel caso di detenzione per finalità terapeutiche: in tal caso è necessaria la prescrizione medica in cui dovranno essere indicati il nome dell'assistito, la dose prescritta, la posologia e la patologia che giustificano la prescrizione. Quest'ultima deve altresì recare data firma e timbro del medico prescrittore.
In ogni caso viene posto il divieto di fumare prodotti derivati dalla cannabis negli spazi pubblici e aperti al pubblico e nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Viene poi apportata una modifica di coordinamento alla rubrica del Titolo III dl D.P.R. 309/1990.
L’articolo 3 interviene sull’art. 73 del TU stupefacenti:
· aggiungendo un comma 3-bis, che prevede - esclusi i casi in cui siano coinvolti minori o infermi di mente - la non punibilità della cessione gratuita a terzi di piccoli quantitativi di cannabis per consumo personale, fermo restando il limite quantitativo previsto dal nuovo art. 30-bis (v. sopra);
· diversificando al comma 5 le pene per i reati di lieve entità in materia di stupefacenti (tra cui la coltivazione e lo spaccio), in relazione alla loro tipologia: pene più gravi per le droghe pesanti (reclusione da 1 a 6 anni e multa da euro 2.064 a euro 13.000) e meno gravi per quelle leggere (reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da euro 1.032 a euro 6.500). Attualmente la pena è unica, ovvero la reclusione da 6 mesi a 4 anni e la multa da 1.032 a 10.329 euro, indipendentemente dal tipo di droga oggetto del reato).
L’articolo 4 interviene sull’art. 75 del TU:
· escludendo, al comma 1, la sanzionabilità per via amministrativa dell’importazione, esportazione, acquisto, coltivazione, ricezione o detenzione di droghe leggere per farne uso personale (gli stupefacenti compresi nelle tabelle II e IV allegate al TU). Attualmente tale condotta costituisce illecito amministrativo che può comportare specifiche sanzioni interdittive (come la sospensione della patente di guida, della licenza di porto d'armi del passaporto, ecc.);
·
sostituendo il comma 1-bis); prevede che le
condotte sopracitate inerenti le droghe leggere, pur finalizzate all’uso
personale, siano punite con sanzione
amministrativa pecuniaria (da 100 a 1.000 euro, in proporzione alla gravità
della violazione commessa) se commesse da persona maggiorenne in violazione dei
limiti quantitativi e delle modalità previste dagli artt. 26, comma 1-bis (v. art. 1, p.d.l.)
e 30-bis (v. art. 2, p.d.l.); in ogni caso, qualora le condotte siano state
poste in essere da un minore, si applicano alcune disposizioni dell’art. 75 TU,
concernenti il programma terapeutico, le informazioni di polizia e I poteri del
rpefetto, l’accesso agli atti, l’opposizione, l’applicazione e revoca delle
sanzioni da parte del prefetto, la particolare tenuità della violazione. La
sanzione è da 500 a 5.000 euro, in caso di violazione delle disposizioni
dell’art. 26, comma 1-ter (coltivazione
in forma associate, v. art. 1 della p.d.l.).
Ulteriori modifiche all’art. 75 hanno natura di coordinamento.
L'articolo 5 prevede che la coltivazione della cannabis, la preparazione dei prodotti da essa derivati e la loro vendita siano soggette a monopolio di Stato in tutto il territorio della Repubblica (co.1). Fanno eccezione a tale principio i casi previsti:
• dall'art. 26, co.1, del D.P.R. n.309/1990, come modificato dall'art. 1;
• dall'art. 6 del provvedimento in esame (v. infra).
In conseguenza di ciò, vengono aggiunti gli artt. 63-bis, 63-ter, 63-quater, 63-quinquies e 63-sexies alla legge n. 907 del 1942, legge sul monopolio dei sali e dei tabacchi (co.2), di cui è integrato il titolo con il riferimento alla cannabis.
Il primo articolo aggiunto (art. 63-bis), definisce l'oggetto del monopolio, individuato nella coltivazione, nella lavorazione e nella vendita della cannabis e dei suoi derivati.
Il secondo articolo (art. 63-ter) fornisce una definizione dei derivati della cannabis agli effetti fiscali: sono considerati tali i prodotti della pianta classificata botanicamente nel genere cannabis.
L'art. 63-quater individua i casi in cui non si applica il monopolio dello Stato. Sono, infatti, escluse:
• la coltivazione per uso personale di piante di cannabis di sesso femminile nel limite di cinque;
• la cessione gratuita a terzi di piccoli quantitativi dei suoi derivati destinati al consumo personale, effettuate ai sensi di quanto previsto dagli articoli 26, commi 1-bis e 1-ter, e 73, comma 3-bis, del TU stupefacenti.
Gli artt. 63-quinquies e 63-sexies prevedono, rispettivamente, che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli possa autorizzare all'interno del territorio nazionale la coltivazione della cannabis e la preparazione dei prodotti da essa derivati nonché la vendita al dettaglio della cannabis e dei prodotti da essa derivati a persone maggiorenni, in esercizi commerciali destinati esclusivamente a tale attività.
L'art. 63-septies vieta, salvo i casi previsti dall'art. 63-quater, la semina, la coltivazione e la vendita di piante di cannabis nonché la preparazione e la vendita dei prodotti da esse derivati, effettuate in violazione del monopolio previsto dal presente titolo. Sono, inoltre, vietate, in ogni caso, l'importazione e l'esportazione di piante di cannabis e dei prodotti da esse derivati, anche se effettuate da soggetti autorizzati ai sensi degli articoli 63-quinquies e 63-sexies. La violazione del monopolio comporta l'applicazione delle sanzioni penali e amministrative previste dal TU (titolo VIII, artt. 72 e ss.).
Il comma 3 dell’articolo 5 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, emanato di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e dell'interno entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la disciplina, le modalità di rilascio delle autorizzazioni e dei relativi controlli:
• per la coltivazione della cannabis, prescrivendo le modalità di acquisizione delle sementi, le procedure di conferimento all'attività di lavorazione dei suoi derivati e la tracciabilità del processo produttivo, dalla semina alla vendita dei prodotti al pubblico;
• per la preparazione dei prodotti derivati dalla cannabis, stabilendo il livello delle accise, il livello dell'aggio per la vendita al dettaglio, nonché il prezzo di vendita al pubblico;
• per l'integrazione della filiera produttiva tra la fase agricola e quella di trasformazione, stabilendo che, per il primo anno di applicazione della legge, nella preparazione dei prodotti derivati dalla cannabis ciascun produttore utilizzi piante direttamente coltivate nella misura minima del 70 per cento dell'approvvigionamento totale;
• per la vendita al dettaglio della cannabis e dei suoi derivati, determinando la tipologia degli esercizi autorizzati e la loro distribuzione nel territorio.
Il comma 4 rinvia ad un decreto del Ministro della salute, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la disciplina:
• della tipologia e della qualità dei prodotti derivati dalla cannabis ammessi alla vendita al pubblico;
• delle modalità di confezionamento dei prodotti ammessi alla vendita, per garantire un'effettiva trasparenza delle informazioni circa il livello del principio attivo delta-9- tetraidrocannabinolo (THC) presente e gli effetti dannosi per la salute connessi al consumo dei derivati dalla cannabis.
Il comma 5 rinvia ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sentite le regioni e nel rispetto delle loro competenze, la disciplina:
• delle modalità e dei criteri di individuazione delle superfici agricole utilizzabili per la coltivazione della cannabis soggetta al monopolio di Stato, privilegiando aree economicamente depresse e, in ogni caso, escludendo la sostituzione di colture destinate all'alimentazione umana o animale;
• delle caratteristiche e dei criteri di selezione e di miglioramento delle sementi utilizzabili per la coltivazione della cannabis soggetta al monopolio di Stato, avvalendosi dell'attività del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA).
Si ricorda, al riguardo, che la XIII Commissione Agricoltura della Camera ha approvato nella seduta del 18 novembre 2015 in sede legislativa il testo unificato delle proposte di legge C.1373 Lupo, C. 1797 Zaccagnini, C.1859 Oliverio e C.2987 Dorina Bianchi, recante disposizioni per la promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa. La canapa a fibre, utilizzata per scopi industriali, appartiene tuttavia alla Cannabis, specie di cui fa parte la canapa stupefacente, dalla quale la canapa industriale differisce per alcune caratteristiche morfologiche e per un basso tenore di tetraidrocannabinolo (THC), l'agente psicotropo della Cannabis. La coltivazione della canapa industriale è pertanto soggetta in ogni caso ad una regolamentazione restrittiva.
Il testo è suddiviso in 10 articoli. E' previsto che la coltivazione in Italia delle varietà di canapa iscritte nel "Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole" è consentita senza necessità di autorizzazione (art. 2, co.1). Il Corpo forestale dello Stato è autorizzato ad effettuare i controlli ai fini della verifica del quantitativo di THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) contenuto nella pianta di canapa coltivata. Qualora esso superi lo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità viene posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni contenute nel provvedimento (art. 4). Sono previsti specifici incentivi a favore della filiera della canapa industriale (art. 6) nonché la facoltà per gli enti di ricerca pubblici, le Università e le Agenzie regionali per lo sviluppo di riprodurre per un anno la semente acquistata certificata l'anno precedente (art. 7).
Il comma 6 dell’articolo 5 vieta la pubblicità della cannabis, diretta o indiretta, e sanziona la violazione della norma con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 5.000 a 25.000 euro (non costituiscon propaganda le opere dell’ingegno non destinate alla pubblicità).
L'articolo 6 rimette ad un regolamento, da emanare entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, la disciplina:
• delle modalità di individuazione delle procedure per il miglioramento genetico delle varietà di cannabis destinate alle preparazioni medicinali, qualificando il CRA (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) quale ente preposto a svolgere tali attività;
• delle aree e pratiche idonee alla coltivazione di piante di cannabis finalizzate esclusivamente a soddisfare il fabbisogno nazionale di preparati medicinali;
• delle aziende farmaceutiche legittimate alla produzione di preparazioni a base di sostanze stupefacenti, sulla base di indicazioni fornite dal Ministero della salute, di concerto con il Ministero delle politiche agricole e forestali e d'intesa con l'AIFA e con il Comando generale della guardia di finanza.
Con una modifica al comma 2 dell'articolo 26 del Testo unico viene poi consentito al Ministero della salute di autorizzare enti, persone giuridiche private istituti universitari e laboratori pubblici alla coltivazione di piante comprese nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14 del Testo Unico per scopi scientifici, sperimentali, didattici e terapeutici o commerciali finalizzati alla produzione farmacologica.
Con l'aggiunta di un comma all'articolo 38 (Vendita o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope) del Testo Unico viene rimesso al Ministero della salute, di intesa con l'Agenzia italiana del farmaco, la promozione della conoscenza e diffusione di informazioni sull'impiego appropriato dei farmaci contenenti principi naturali o sintetici della pianta di cannabis.
Con alcune modifiche agli articoli 41, 43 e 45 del Testo Unico vengono semplificate le modalità di consegna, prescrizione e dispensazione dei medicinali contenenti cannabis.
L'articolo 41 del D.P.R.309/1990 disciplina le modalità di consegna delle sostanze sottoposte a controllo, da parte degli enti o delle imprese autorizzati a commerciarle, assoggettandola ad una serie di prescrizioni e limitazioni rigorose (comma 1). Il comma 1-bis della disposizione citata prevede che in deroga alle disposizioni di cui al comma 1, la consegna di sostanze sottoposte a controllo può essere fatta anche da parte di operatori sanitari, per quantità terapeutiche di medicinali di cui all'allegato III-bis, accompagnate da dichiarazione sottoscritta dal medico di medicina generale, di continuità assistenziale o dal medico ospedaliero che ha in cura il paziente, che ne prescriva l'utilizzazione anche nell'assistenza domiciliare di malati che hanno accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore secondo le vigenti disposizioni, ad esclusione del trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza da oppiacei.
Con una modifica al comma 1-bis dell'articolo 41, la deroga alle prescrizioni rigorose sulle modalità di consegna da parte degli operatori sanitari viene estesa alle quantità terapeutiche di farmaci contenenti princìpi naturali o sintetici derivanti dalla pianta di cannabis, prescritti anche per l'assistenza di malati affetti da sintomatologia che risponda favorevolmente a tali preparati.
Con una modifica al comma 4-bis dell'articolo 43, riguardante la prescrizione di medicinali previsti dall'allegato III-bis per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, se ne estendono le disposizioni alla prescrizione di preparazioni e di sostanze vegetali a base di cannabis.
Il citato comma 4-bis prevede che per la prescrizione, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, di medicinali previsti dall'allegato III-bis per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, in luogo del ricettario di cui al comma 1, contenente le ricette a ricalco di cui al comma 4, può essere utilizzato il ricettario del Servizio sanitario nazionale, disciplinato dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 marzo 2008, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 86 dell'11 aprile 2008. Il Ministro della salute, sentiti il Consiglio superiore di sanità e l'Istituto superiore di sanità, può, con proprio decreto, aggiornare l'elenco dei medicinali di cui all'allegato III-bis.
Viene infine aggiunto un comma (5.1) dopo il comma 5 dell'articolo 43, diretto a prevedere che la prescrizione di preparazioni e sostanze vegetali a base di cannabis comprende le preparazioni ed i dosaggi per una cura non superiore a sei mesi. La ricetta contiene altresì l'indicazione del domicilio professionale e del recapito del medico da cui è rilasciata.
L’articolo 7 stabilisce che le risorse derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per le condotte in materia di stupefacenti in violazione delle modalità e dei limiti quantitativi previsti (v. art. 4), sono destinate agli interventi nel settore scolastico e ad interventi preventivi, curativi e riabilitativi. Analogamente, le risorse derivanti dal monopolio statale sulla commercializzazione della cannabis (v. art. 5) vanno destinate al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga.
L'articolo 8 prevede la presentazione annuale alle Camere, da parte del Presidente del Consiglio, di una relazione relativa allo stato di attuazione della legge con riguardo ad una serie di aspetti tra i quali l'andamento in forma personale od associata della coltivazione della cannabis, le fasce di età dei consumatori, le strategie e gli obbiettivi raggiunti, l’eventuale persistenza del mercato illegale delle sostanze disciplinate dalla riforma in commento.
E’ conseguentemente abrogato l’art. 131 TU, che attualmente disciplina l’obbligo di relazione al Parlamento in tema di stupefacenti.
Si valuti l’opportunità di
introdurre l’obbligo di relazione all’interno del testo unico sugli
stupefacenti.
L’articolo 9 prevede la riduzione di due terzi (da parte del giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio) delle pene irrogate con sentenza definitiva, per violazione dell’art. 73, comma 1, del TU del 1990, prima della data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 (che ha determinato la reintroduzione della distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti).
Come già indicato in precedenza, attualmente sono punite con la reclusione da otto a venti anni e con la multa da euro 25.822 a euro 258.228 le condotte di coltivazione, produzione, fabbricazione, vendita, detenzione, cessione, commercio, ecc… di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III (droghe pesanti). Se le condotte riguardano sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV (droghe leggere) si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 5.164 a euro 77.468.
Quanto alla rideterminazione in sede esecutiva delle pene per reati riguardanti droghe "leggere", a seguito di sentenze divenute definitive prima della sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale (cui è conseguita la reviviscenza della più mite disciplina previgente), la Cassazione - con le sentenze "Ercolano" (Cass., Sez. un. pen., 24.10.2013,, n. 18821) e "Gatto" (Cass., Sez. un. pen., 29.5.2014, n. 42858) ha sostenuto che gli effetti retroattivi dell'illegittimità costituzionale di una norma penale sostanziale diversa da quella incriminatrice non trovano il limite del giudicato, ma solo quello della totale espiazione della pena: finché la pena è in corso di esecuzione, devono essere rimosse tutte le conseguenze derivanti dall'applicazione della norma penale incostituzionale.
La sentenza "Gatto" è relativa alla disciplina del bilanciamento tra le circostanze a seguito della sentenza n. 249 del 2010, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 69, comma quarto, c.p., nella parte in cui escludeva il giudizio di prevalenza della circostanza attenuante prevista dall’art. 73, comma 5, del TU stupefacenti sulla recidiva ex art. 99, quarto comma, c.p.
La sentenza “Gatto” ha affermato il principio di diritto per cui "successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la dichiarazione d'illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la rideterminazione della pena, che non sia stata interamente espiata, da parte del giudice dell'esecuzione".
Sempre la Cassazione (sez. I, 22 dicembre 2014, n. 53793) ha poi ritenuto che, nel caso in questione sulle sanzioni penali relative agli stupefacenti, debba trovare applicazione l'art. 30, comma 4, della legge n. 87/1953 ("quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali"), interpretato nel senso che il concetto di "norma dichiarata incostituzionale" ricomprende anche le norme penali sostanziali diverse da quella incriminatrice che abbiano inciso sulla determinazione della pena.
La Corte, nell’ultima sentenza richiamata, ha poi preso posizione sia in ordine alla possibilità di rideterminare la pena quando questa risulti comunque già compatibile con i limiti edittali oggi vigenti sia in relazione ai criteri con cui deve essere operata la rideterminazione.
Coerentemente con l'indirizzo fatto proprio dalle Sezioni Unite, la Prima sezione ritiene che il giudice dell'esecuzione sia tenuto a compiere due valutazioni successive: a) verificare se la pena di cui si richiede la rideterminazione non sia stata completamente eseguita; b) ricostruire il contenuto della decisione irrevocabile nel senso della "concreta incidenza" sul trattamento sanzionatorio determinato in sede di cognizione della specifica norma dichiarata incostituzionale, con conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio, tenendo conto della compiuta ricostruzione del fatto da parte del giudice della cognizione nonché delle norme applicabili al momento della decisione in punto di commisurazione della sanzione.
Rileva la Corte che la commisurazione della pena "è frutto di una scelta che il giudice della cognizione compie, con discrezionalità guidata, in un ambito legislativamente definito tra il minimo e il massimo edittale", per cui "il profondo mutamento di "cornice" derivante dalla declaratoria di incostituzionalità rende necessaria (...) una rivalutazione piena di tale aspetto in sede esecutiva, che il giudice dell'esecuzione deve compiere tenendo conto del "fatto", così come accertato da quello della cognizione, ma non anche dei termini matematici espressi da tale giudice trattandosi di scelte operate in un quadro normativo alterato dal criterio legislativo (legge del 2006)". Per la Corte, ancora, occorre tenere conto “dei principi generali del sistema sanzionatorio (tra cui quello per cui non può essere aumentata l'afflittività della pena stabilita nella sentenza di condanna)".
Alcuni orientamenti di giudici di merito avevano invece portato a limitare l'intervento del giudice dell'esecuzione alla sola non eseguibilità della pena nella misura superiore al nuovo limite edittale massimo (es. Trib. Milano, Sez. XI pen., 3 aprile 2014) ovvero a sostenere che il giudice dell'esecuzione è chiamato a una rideterminazione della pena in misura aritmeticamente corrispondente a quella effettuata in sede di cognizione (es. Trib. Bologna, ud. 27 maggio 2014).
Il comma 2 prevede che se, per effetto della riduzione, le pene risultano in misura superiore al limite massimo edittale, esse sono ridotte a tale limite.
Si valuti se occorra chiarire
gli effetti delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 nei confronti delle
decisioni già assunte dal giudice dell’esecuzione dopo la sentenza della Corte
costituzionale e prima dell’entrata in vigore della proposta di legge in
commento.
Occorre poi considerare se,
in alcuni casi concreti, la riduzione di due terzi stabilita dalla proposta di
legge possa risultare penalizzante per il reo.
Si valuti inoltre se la
riduzione per legge di due terzi della pena già irrogata sia assimilabile a una
causa estintiva della medesima.
Si consideri, al comma 2, che
– ai fini riduzione della pena - sono considerati da un lato l’astratto limite
edittale e dall’altro la pena effettivamente irrogata nel caso concreto,
all’esito del computo delle circostanze e delle ulteriori valutazioni
discrezionali del giudice in base alle norme penali.
Il giudice, oltre alla sospensione condizionale, a seguito della rideterminazione della pena, può concedere il beneficio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale.
Analoga riduzione di due terzi della pena per i medesimi reati è prevista da parte della Corte di cassazione, ove la sentenza non debba essere annullata per altri motivi.
Si valuti se i poteri
attribuiti alla Corte di cassazione presuppongano una valutazione non di sola
legittimità.
L’articolo 10 riguarda l’entrata in vigore del provvedimento, temporalmente differenziata in ragione dei diversi istituti oggetto del provvedimento.
In particolare, le disposizioni di cui all'articolo 1 (coltivazione in forma personale e associata di cannabis) entrano in vigore novanta giorni dopo la data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale (comma 1).
Le disposizioni di cui agli articoli 2 (Detenzione personale di cannabis), 3 (Condotte non punibili e
fatti di lieve entità), 4 (illeciti amministrativi), 5, commi 3, 4, 5 e 6
(decreti attuativi su coltivazione e vendita al pubblico della cannabis e divieto di propaganda), 6 (cannabis a fini famaceutici) e 7, comma
1 (destinazione dei proventi delle sanzioni amminsitrative pecuniarie) e 9 (rideterminazione
delle pene) entrano in vigore il giorno
successivo alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta
Ufficiale (comma 2).
Occorrerebbe fare
riferimento, in questo come negli altri commi, alla data di entrata in vigore –
e non di pubblicazione – della legge. In mancanza di una diversa clausola
espressa si deve intendere che la legge entri in vigore una volta decorso
l’ordinario termine di quindici giorni dalla pubblicazione.
Le disposizioni di cui agli articoli 5, commi 1 e 2 (monopolio della cannabis) e 7, comma 2 (destinazione dei proventi da monopolio della cannabis) entrano in vigore centottanta giorni dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui all'articolo 5, commi 3, 4 e 5 (comma 3).
Le disposizioni dell'articolo 8 (relazione del Governo alle Camere) entrano in vigore dodici mesi dopo la data di entrata in vigore della presente legge (comma 4).
A.C.971 (Gozi, Giachetti)
(Modifiche al testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di
depenalizzazione della coltivazione domestica di piante dalle quali possono
essere estratte sostanze stupefacenti o psicotrope)
La proposta A.C. 971 novella il TU stupefacenti per affermare la liceità della coltivazione domestica di sostanze stupefacenti; non viene fatto specifico riferimento alla cannabis.
La proposta, modificando il quadro normativo che sanziona penalmente la coltivazione di stupefacenti senza distinguere la coltivazione domestica dalla coltivazione industriale:
· modifica gli articoli 26 e 28 del TU stupefacenti per consentire, senza autorizzazione, la "coltivazione priva di caratteristiche tecnico-agrarie o imprenditoriali" di qualsiasi pianta dalla quale è possibile ricavare sostanze stupefacenti (articoli 1 e 2);
· modifica gli articoli 73 e 75 del TU stupefacenti, per consentire l'applicazione delle disposizioni sull'uso esclusivamente personale - dal quale deriva l'applicazione di sanzioni amministrative e non penali, anche quanto la detenzione delle sostanze stupefacenti derivi da una coltivazione (articoli 3 e 4).
A.C.972 (Gozi, Giachetti)
(Norme per la legalizzazione della
coltivazione e del commercio dei derivati della cannabis indica)
La proposta A.C. 972 sottopone ad autorizzazione la coltivazione ed il commercio della cannabis indica.
L'articolo 1 consente, in deroga alle disposizioni di cui ai titoli III, IV V e VI del TU stupefacenti, la coltivazione a fini di commercio, l'acquisto, la produzione e la vendita di cannabis indica e prodotti da essa derivati, prevedendo la necessità di un’autorizzazione. Viene rimessa ad un regolamento, da emanare entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, la disciplina per il rilascio e la revoca delle autorizzazioni. Viene vietata la vendita di cannabis indica e prodotti da essa derivati, a minori di anni sedici e previsto che sulle confezioni destinate alla vendita al minuto debba essere specificato che il loro uso comporta effetti negativi per la salute; deve essere anche indicato il livello del principio attivo delta-9-tetraidrocannabinlo (THC) presente.
L'articolo 2 sanziona la violazione del divieto di vendita ai minori di anni sedici della cannabis e dei prodotti derivati con la revoca dell'autorizzazione.
In base all'articolo 3, al di fuori delle attività autorizzate, la coltivazione, l'acquisto, la vendita e la cessione di cannabis è punita ai sensi dell'art. 73 del TU stupefacenti; la coltivazione per uso personale e la cessione a terzi di piccoli quantitativi non danno luogo a responsabilità penale, purché non siano coinvolti in tali attività minori di sedici anni.
L'articolo 4 vieta la pubblicità di prodotti derivati dalla cannabis e punisce la violazione della disposizione con una sanzione amministrativa pecuniaria (da 5.165 a 25.823 euro).
L'articolo 5 prevede la presentazione annuale, da parte del Presidente del Consiglio, alle Camere di una relazione relativa allo stato di attuazione della legge.
L'articolo 6 pone la clausola di invarianza degli oneri finanziari.
A.C.1203 (Daniele Farina ed altri)
(Modifiche al testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di
coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati)
L’articolo 1 integra la formulazione dell’art. 73 TU, derogando alla severa disciplina sanzionatoria ivi prevista per le sostanze della tabella I (reclusione da 6 a 20 anni e multa da 26.000 a 260.000 euro), quando gli illeciti abbiano ad oggetto le sostanze che siano riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico al tetraidrocannabinolo; in tali ipotesi si prevede la pena della reclusione da 1 a 3 anni e la multa fino a 20.000 euro.
Allo stesso art. 73 è aggiunto un comma 3-bis che prevede la non punibilità:
- della coltivazione di cannabis indica per uso personale;
- della cessione a terzi di piccole quantità per il consumo immediato (escluso il caso di minori).
L’art. 1 prevede infine la soppressione del comma 5 dell’art. 73 (relativo ai fatti di lieve entità) disposta per coordinamento con l’introduzione nel TU del nuovo art. 73-bis, avente lo stesso oggetto (v. infra, art. 2 p.d.l.).
L’articolo 2 aggiunge al TU un nuovo art. 73-bis secondo il quale le attività illecite di cui all’art. 73 (coltivazione, detenzione, cessione, spaccio, ecc.) relative a qualsiasi tipo di stupefacente, ove di lieve entità, sono sanzionate con la pena della reclusione da 3 mesi a 2 anni e della multa da 3.000 a 10.000 euro.
Se la lieve entità concerne le sostanze riconducibili al tetraidrocannabinolo la pena è di entità minore (reclusione da un mese a un anno e multa fino a 2.000 euro).
L’articolo 3, infine, modifica l’art. 75 TU aggiungendo, al comma 1, la coltivazione di stupefacenti tra le condotte integranti illecito amministrativo. Non è invece illecito amministrativo la detenzione delle sostanze riconducibili al tetraidrocannabinolo.
A.C.2015 (Civati ed altri)
(Norme per la legalizzazione della
coltivazione e del commercio della cannabis e dei suoi derivati)
La proposta di legge A.C. 2015 è composta da 8 articoli e sottopone ad autorizzazione la coltivazione e il commercio della cannabis indica. La proposta ha un contenuto molto simile a quello della proposta di legge A.C. 972, alla quale si farà dunque in parte rinvio.
In particolare, l'articolo 1 – relativo al regime di autorizzazione concernente la cannabis - ha un contenuto pressoché identico all'articolo 1 della pdl A.C. 972. Ne differisce in quanto prevede che il quantitativo massimo di cannabis acquistabile in un'unica soluzione da un singolo soggetto è di 5 grammi e in quanto vieta la vendita di cannabis e di prodotti da essa derivati a minori di anni 18 (invece che di anni sedici, come l'articolo 2 della pdl A.C.972).
L'articolo 2 qualifica come fattispecie penale la violazione del suddetto divieto, prevedendo la reclusione da uno a quattro anni e la multa da 2.582 a 25.823 euro. La condanna comporta poi la revoca delle autorizzazioni.
In base all'articolo 3, al di fuori delle attività autorizzate, la coltivazione, l'acquisto, la vendita e la cessione di cannabis è punita ai sensi dell'art. 73 del TU stupefacenti.
L’articolo 4, con disposizione analoga a quella contenuta nell’A.C. 972, vieta la pubblicità di prodotti derivati dalla cannabis e punisce la violazione della disposizione con una sanzione amministrativa pecuniaria (da 5.165 a 25.823 euro).
L'articolo 5 prevede la presentazione annuale da parte del Presidente del Consiglio alle Camere di una relazione relativa allo stato di attuazione della legge.
L’articolo 6 modifica l’art. 73 del TU:
• per introdurre pene più lievi (reclusione da 1 a 3 anni e multa fino a 20.000 euro) quando i fatti illeciti di produzione, traffico e detenzione di stupefacenti abbiano ad oggetto “le sostanze ottenute per sintesi o semisintesi che siano riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico al tetraidrocannabinolo”;
• per depenalizzare la coltivazione per uso personale e la cessione a terzi di piccoli quantitativi di cannabis destinati al consumo immediato.
L’articolo 7 modifica l’art. 75 del TU stupefacenti,
• per consentire l'applicazione delle disposizioni sull'uso esclusivamente personale - dal quale derivano sanzioni amministrative e non penali - anche quando la detenzione delle sostanze stupefacenti derivi da una coltivazione (articoli 3 e 4);
• per escludere l’applicazione delle sanzioni amministrative quando l’uso personale riguardi “le sostanze ottenute per sintesi o semisintesi che siano riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico al tetraidrocannabinolo”.
L'articolo 8 pone la clausola di invarianza degli oneri finanziari.
A.C.2022 (Ermini)
(Modifiche al testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, al codice di
procedura penale e alle disposizioni sul processo penale a carico di imputati
minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988,
n. 448, in materia di condotte illecite di lieve entità relative alle sostanze
stupefacenti o psicotrope)
La proposta A.C. 2022 interviene, in particolare, per differenziare i limiti edittali delle pene previsti dall’art. 73 TU per le condotte illecite di lieve entità in materia di stupefacenti; tali limiti attualmente prevedono una pena indifferenziata (rispetto al tipo di stupefacente) ovverosia la reclusione da sei mesi a quattro anni e la multa da euro 1.032 a euro 10.329.
L’articolo 1, a tal fine, novella il comma 5 dell’art. 73 per prevedere, ove i fatti di lieve entità riguardino la cannabis e i suoi derivati, l’applicazione della pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni e della multa da 2.000 a 12.000 euro.
Per l’ipotesi base, ovvero ove le condotte riguardino altre tipologie di stupefacenti, è prevista la pena della reclusione da uno a 5 anni e la multa da 3.000 a 26.000 euro.
L’articolo 2, modificando l’art. 380 c.p.p., esclude l’arresto obbligatorio in flagranza negli indicati casi di condotte illecite di lieve entità che riguardino la cannabis e i suoi derivati.
Lo stesso art. 2 interviene poi sull’art. 550 c.p.p. per escludere che, negli stessi casi, il PM eserciti l'azione penale con la citazione diretta a giudizio.
Viene poi prevista una modifica all’art. 19 delle disposizioni sul processo penale minorile, che risulta già introdotta dal DL 146/2013 (L. conv. 10/2014). Tale modifica – in relazione alle indicate condotte di lieve entità di cui all’art. 73 comma 5, TU – prevede che, per la determinazione della pena agli effetti della applicazione delle misure cautelari, non si tenga conto della diminuente della minore età.
A.C.2611 (Ferraresi ed altri)
(Modifiche al testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di
coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati)
L’articolo 1 modifica gli artt. 26, 27 e 17 del TU stupefacenti.
In particolare, l’art. 26 - che attualmente vieta la coltivazione della cannabis – è integrato con un comma aggiuntivo che prevede la non punibilità della coltivazione della cannabis alle seguenti condizioni.
- che la coltivazione abbia ad oggetto un massimo di 4 piantine di sesso femminile;
- che l’autore della condotta sia maggiorenne;
- che la coltivazione avvenga per uso personale;
- che la detenzione degli stupefacenti ottenuti avvenga in domicilio comunicato preventivamente alla Prefettura.
Analoga integrazione riguarda l’art. 27 (autorizzazione alla coltivazione) che prevede, come accennato, la necessità di comunicare alla Prefettura competente il domicilio di detenzione del prodotto ottenuto dalla coltivazione di cannabis; l’art. 1 indica le modalità di tale comunicazione (raccomandata A/R o PEC) nonché il suo specifico contenuto
La modifica all’art. 17 - relativo all’obbligo di richiesta al Ministero della salute dell’autorizzazione alla coltivazione - ha natura di coordinamento con la previsione di non punibilità della coltivazione di cannabis prevista dal comma aggiuntivo dell’art. 26.
L’articolo 2 aggiunge tre commi all'art. 73 del TU prevedendo la non punibilità:
- al comma 1-bis, se relative ad uso personale, delle condotte di importazione, esportazione, acquisto o detenzione delle sostanze di cui alla tabella IV del TU (sostanze medicinali equiparate alle droghe leggere);
- al comma 1-ter, delle stesse condotte (compresa la detenzione di prodotti stupefacenti derivanti dalla coltivazione fuori dal luogo comunicato alla Prefettura), riferite a quantitativi minimi di cannabis (non superiore a 5 grammi lordi; fuori dal luogo di coltivazione, si prevede la non punibilità per la detenzione fino a 15 grammi, salvo che la cannabis sia prescritta da un medico per motivi terapeutici.
Il comma 1-quater prevede le specifiche modalità di accertamento della destinazione ad uso personale sia delle droghe pesanti (tabella I) che delle sostanze medicinali, equiparate sia a queste ultime (tabella III) che alle droghe leggere (tabella IV). Ne consegue, per coordinamento, la soppressione del comma 1-bis dell'articolo 75, TU, avente lo stesso oggetto (v. art. 4, co, 1, lett. b) della p.d.l.)
L’articolo 3 novella il comma 5 dell’art. 73 TU, introducendo una differenziazione delle sanzioni per i fatti di lieve entità in ragione della sostanza oggetto della condotta illecita, cosi uniformandosi alla reintrodotta differenza tra droghe leggere e droghe pesanti conseguente alla sentenza della Corte costituzionale del 2014.
L'articolo 4 interviene sull’art. 75 del TU per eliminare le sanzioni amministrative relative alla cannabis (tabella II) e alle analoghe sostanze medicinali (tabella IV), riportando così nell'alveo della legalità le condotte riguardanti le sostanze considerate meno pericolose.
L'articolo 5 introduce la disciplina dei Cannabis social club prevista nel nuovo art. 17-bis del TU. Si tratta della possibilità di costituire associazioni riconosciute senza scopo di lucro (minimo 3, massimo 50 associati), il cui statuto preveda la coltivazione nella sede sociale di un massimo di 100 piante di cannabis ad esclusivo uso degli iscritti (con un rapporto di 2 piante coltivate per ogni associato).
La norma prescrive che l'autorizzazione alla coltivazione sia soggetta alla sola verifica che nessuno degli associati abbia riportato condanne per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per quelli previsti dagli articoli 70 e 74 del testo unico, poiché tali soggetti sono irrimediabilmente esclusi dalla possibilità di accedere a simili aggregazioni. Viene infine prevista l’eventualità di scioglimento dell’associazione con atto del prefetto.
L'articolo 6 modifica l’art. 80 del TU prevedendo un inasprimento dell’aggravante di pena quando le sostanze stupefacenti sono consegnate o comunque destinate a minorenni.
L'articolo 7 stabilisce, infine, in capo ai Ministri dell'interno, della giustizia, della salute e dell'agricoltura, obblighi di relazione annuale alle competenti commissioni parlamentari sullo stato di attuazione della riforma.
A.C.2982 (Daniele Farina ed altri)
(Modifiche al testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e alla legge 17
luglio 1942, n. 907, in materia di monopolio della cannabis e dei suoi
derivati)
La proposta di legge A.C. 2982 (Daniele Farina ed altri) è composta da 7 articoli.
L’articolo 1 aggiunge un comma 1-bis all’art. 26 del TU stupefacenti che attualmente vieta la coltivazione della cannabis (in quanto compresa nella tabella II allegata al TU).
Il comma 1-bis esclude dal divieto la coltivazione per uso personale di cannabis fino ad un massimo di cinque piantine di sesso femminile.
Si precisa che se detta condotta è opera di un minore, questi è invitato a seguire un apposito programma terapeutico predisposto dal Sert o altra struttura privata autorizzata.
L’articolo 2 aggiunge due commi all’art. 73 TU.
Il comma 3-bis, per coordinamento con quanto stabilito dall’art. 1 della proposta di legge, prevede la non punibilità della citata coltivazione per uso personale di cannabis di un massimo di cinque piantine di sesso femminile; analoga non punibilità riguarda la cessione a terzi di piccoli quantitativi di cannabis per il consumo immediato (non si fa riferimento a specifici limiti di peso o di principio attivo della sostanza).
E’ tuttavia fatta salva l’ipotesi in cui le modalità di presentazione della cannabis, il suo confezionamento, la cessione onerosa o altre circostanze dell’azione configurino illecito di lieve entità punito, ex art. 73, comma 5, TU, con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da 1.032 a 10.329 euro. Anche in tal caso, se autore della violazione sia un minore, si prevede la sua sottoposizione a programmi terapeutici.
Il comma 3-ter consente la coltivazione della cannabis in forma associata. Fatte salvi le modalità e i limiti quantitativi previsti dal sopraillustrato comma 3-bis, la coltivazione è consentita in quantità proporzionata al numero degli associati (risulta lecito coltivare cinque piantine per ogni associato) e solo ove l’attività di coltivazione sia comunicata all’anagrafe del comune interessato (che all’uopo istituisce un apposito registro) con la composizione dell’organo direttivo e l’elenco degli associati.
L’articolo 3 introduce una disposizione analoga a quella dell’art. 3 della proposta 3235, prevedendo al comma 5 dell’art. 73 TU, pene minori per i reati di lieve entità in materia di stupefacenti quando riguardino la cannabis (reclusione fino a due anni e multa fino a 3.000 euro).
L'articolo 4 modifica l'articolo 75 del D.P.R. 309/1990, che disciplina le condotte integranti illeciti amministrativi.
Il citato articolo 75, al comma 1, prevede che chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope è sottoposto, per un periodo da due mesi a un anno, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo, a una o più delle seguenti sanzioni amministrative:
a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;
b) sospensione della licenza di porto d'armi o divieto di conseguirla; c) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli; d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario.
Vengono assoggettate alle sanzioni amministrative previste dal comma 1 dell'articolo citato anche quelle consistenti nella coltivazione delle sostanze indicate. Viene tuttavia contestualmente previsto che le sanzioni di cui alle lettere a), c) e d) del comma 1 non possono applicarsi alle condotte riguardanti sostanze di cui alla tabella II dell'articolo 14 (che include la cannabis).
Viene poi inserito un nuovo comma 2-bis, diretto a prevedere che nei casi di coltivazione per uso di cannabis effettuata da un minore quest'ultimo è invitato a seguire un programma terapeutico o educativo presso il servizio pubblico per le dipendenze territorialmente competente o presso una struttura privata autorizzata.
I Servizi per le Tossicodipendenze (SerT), o Servizi per le Dipendenze patologiche (SerD), sono i servizi pubblici del Servizio Sanitario Nazionale italiano, dedicati alla cura, alla prevenzione ed alla riabilitazione delle persone che hanno problemi conseguenti all'abuso ed alla dipendenza di sostanze psicoattive come droghe, alcool o comportamenti compulsivi come il gioco d'azzardo patologico. Essi sono istituiti presso le ASL Nei SerT operano professionisti qualificati e specializzati nella dipendenza come medici, infermieri, educatori professionali, assistenti sanitari, assistenti sociali, psicologi e personale OTA (Operatore Tecnico per l'Assistenza) I servizi offerti non sono a pagamento. Chi si rivolge è tenuto a fornire i propri dati anagrafici poiché potrebbero essere dispensati farmaci considerati dalle leggi italiane come stupefacenti (buprenorfina, metadone, γ-idrossibutirrato). Al momento della dispensazione viene rilasciato un certificato, in forma di etichetta autoadesiva o cartacea, che consente il possesso della molecola per fini terapeutici. Alcune strutture ricorrono al riconoscimento del paziente, del medico prescrivente e del dispensatore del farmaco tramite un codice identificativo. Tutti gli operatori sono tenuti al segreto professionale. I SerT attuano interventi di informazione, prevenzione, riduzione del danno, sostegno, orientamento, e cura delle dipendenze sia dei pazienti che dei loro congiunti. Nello specifico, accertano lo stato di salute psicofisica del soggetto, definendo programmi terapeutici individuali da realizzare direttamente o in convenzione con strutture di recupero sociale, e valutano periodicamente l'andamento e i risultati del trattamento e dei programmi di intervento sui singoli tossicodipendenti in riferimento agli aspetti di carattere clinico, psicologico e sociale.
L'articolo 5 rimette a un decreto del Ministro dell'interno da emanare - previo parere conforme del Garante per la protezione dei dati personali - entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge, le modalità di realizzazione delle comunicazioni nonché della tenute del registro di iscrizione cui al comma 3-ter dell'articolo 73 del testo unico, inserito dall'articolo 2 della proposta in esame.
L’articolo 6 abroga l’art. 75-bis del TU stupefacenti che prevede attualmente una serie di misure a tutela della sicurezza pubblica irrogate a soggetti che - autori dell’illecito amministrativo di cui all’art. 75, comma 1, TU (importazione, acquisto, detenzione, per uso personale di sostanze stupefacenti) - risultino già condannati, anche in via non definitiva, per altri specifici reati.
Tali misure consistono: nell’obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana preso gli uffici delle forze dell’ordine; nell’obbligo di rientrare nella propria abitazione, entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata; nel divieto di frequentare determinati locali pubblici; nel divieto di allontanarsi dal comune di residenza; nell’obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia specificamente indicato, negli orari di entrata ed uscita dagli istituti scolastici; nel divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore.
L'articolo 7 prevede che la coltivazione della cannabis, la preparazione dei prodotti da essa derivati e la loro vendita sono soggette a monopolio di Stato in tutto il territorio della Repubblica e riproduce sostanzialmente il contenuto dell'articolo 5 della pdl A.C. 3235, sopra illustrata.
Se ne differenzia in quanto il nuovo articolo 63-quinquies della legge n. 907 del 1942 rimette ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione delle modalità di concessione delle licenze di coltivazione della cannabis di acquisizione delle relative sementi e del prezzo di conferimento, del livello delle accise nonché del prezzo di vendita al dettaglio. Inoltre, il nuovo articolo 63-septies prevede che la violazione del monopolio sia punita a titolo di contrabbando secondo quanto previsto dal titolo III della citata legge n. 907.
A.C.3048 (Turco ed altri)
(Modifiche al testo unico delle leggi in
materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di
coltivazione, cessione e consumo della cannabis indica e dei suoi derivati,
nonché norme per la tassazione dei derivati della cannabis indica)
La proposta di legge modifica il TU stupefacenti per depenalizzare, a determinate condizioni e limiti, la coltivazione della cannabis, nonché la sua importazione, esportazione, acquisto e detenzione.
Si prevede, quindi (articolo 1), l’integrazione dell’art. 73 TU con due nuovi commi (3-bis e 3-ter) che prevedono la non punibilità per chiunque:
- coltivi fino a 4 piante di cannabis indica di sesso femminile finalizzate al consumo personale;
- ceda gratuitamente a terzi cannabis fino a 5 grammi di peso lordo per il consumo immediato, purché il destinatario sia un maggiorenne.
Analogamente, non viene sanzionata la detenzione, l’importazione-esportazione, l’acquisto al di fuori del luogo di coltivazione domestica di un quantitativo lordo di cannabis o di suoi derivati fino a 5 grammi lordi, nonché - se detenuti in una privata abitazione - di un quantitativo di 15 grammi lordi.
E’ invece permesso derogare a tali limiti in caso di detenzione di cannabis per uso terapeutico.
L’articolo 2 - in coordinamento con le previsioni dell’art. 1 della proposta di legge - interviene sull’art. 75 TU per escludere che chi coltiva cannabis indica per uso personale possa essere soggetto a sanzioni amministrative.
L’articolo 3 aggiunge al TU un nuovo art. 17-bis che consente la coltivazione
di cannabis in forma associata.
Si prevede che associazioni senza scopo di lucro (composte da un minimo di 3 e un massimo di 250 persone maggiorenni) possano avere come scopo sociale la coltivazione di cannabis indica (fino a 99 piante di sesso femminile) e la sua detenzione per il consumo personale degli associati. Ogni associato potrà comunque ottenere un massimo di 50 grammi lordi al mese di sostanza, salvo esigenze terapeutiche.
Specifiche disposizioni mirano a promuovere un consumo consapevole della cannabis. Così, dovranno essere specificati nelle zone di vendita agli associati il livello di principio attivo (THC) presente in percentuale al peso loro del prodotto nonchè i potenziali effetti negativi della cannabis sulla salute. I luoghi dell'associazione di vendita e consumo dovranno rispettare le normative sulla salubrità degli ambienti e sui requisiti strutturali previsti per gli esercizi pubblici di somministrazione di alimenti e bevande.
L’articolo 4 assoggetta la produzione della cannabis indica e dei suoi derivati, prodotti dalle associazioni per la coltivazione di cannabis previste dal precedente articolo 3, ad un’imposta specifica per unità di peso di prodotto e da un’imposta ad valorem sulla base del prezzo di vendita al minuto. La tassazione globale sulla produzione della cannabis e dei suoi derivati (esclusa l’IVA) non può superare il 30 per cento del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, non potendo in ogni caso essere inferiore a 2.000 euro per chilogrammo.
L’aliquota dell’IVA per la vendita della cannabis e dei suoi derivati è del 10 per cento sul prezzo di vendita.
Si ricorda che l’IVA è
disciplinata a livello europeo dalla cosiddetta direttiva IVA (ora direttiva 2006/112/CE), che ha istituito il Sistema comune d'imposta sul valore aggiunto. In Italia,
le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972,
n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.
Accanto all’aliquota normale (pari
al 22 per cento) è prevista un’aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in
diminuzione per tutti i beni interessati) e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva
IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella
Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633. In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco
dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento.
Si segnala che, ai sensi della predetta direttiva, gli Stati possono applicare una o più aliquote ridotte (non inferiori al 5 per cento) a un elenco di beni e servizi specifici di cui all’Allegato III della direttiva 2006/112/CE. La proposta in esame, tuttavia, assimila la tassazione della cannabis indica e dei suoi derivati a quella vigente per quanto riguarda i tabacchi lavorati; di conseguenza, tali prodotti non sembrano potersi ricondurre alla categoria degli alimenti, per i quali il menzionato allegato III consente l’assoggettamento ad IVA ridotta.
Di conseguenza, stante la volontà della proposta in esame di
assimilazione ai tabacchi lavorati, coerentemente occorrerebbe assoggettare ad
aliquota IVA ordinaria anche la cannabis indica e i prodotti da essa derivati,
in quanto non destinati a consumo alimentare.
Si prevede, inoltre, che l’imposta globale sia ridotta nel caso in cui l’aliquota IVA del 10 per cento sia elevata, in modo da contemperare il predetto aumento.
Si prevede un decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le Commissioni parlamentari competenti e le regioni, per disciplinare le modalità di riscossione delle imposte che gravano sulla vendita della cannabis e dei suoi derivati. Lo stesso provvedimento disciplina il controllo mensile della produzione e stabilisce le sanzioni in caso di mancato rispetto della normativa vigente.
Si osserva che le disposizioni in esame non indicano puntualmente la
misura della tassazione di tali prodotti, genericamente indicando i criteri per
l’imposizione fiscale sulla cannabis indica e sui relativi derivati. Occorrerebbe pertanto demandare alle
disposizioni attuative anche l’individuazione puntuale delle aliquote e della
misura dell’imposta così istituita.
Si osserva poi che, in ossequio al principio di legalità, le sanzioni amministrative
non dovrebbero essere stabilite con D.P.R.
A.C. 3229 (Nicchi)
(Disposizioni per la tutela della salute,
per la regolamentazione del consumo, della produzione e del commercio della cannabis
e dei suoi derivati, nonché per la prevenzione e la ricerca in materia di uso
di sostanze psicoattive)
La proposta di legge A.C. 3229 (Nicchi) è composta da 11 articoli, attraverso i quali si intende regolamentare la coltivazione, il consumo, il commercio e la produzione di cannabis nell’ottica di riduzione del danno, di protezione del bene della salute e di tutela dei minori.
L’articolo 1 deroga alla disciplina del testo unico stupefacenti (artt. 73 e 75), prevedendo la piena liceità della detenzione e dell’uso personale e collettivo di cannabis e suoi derivati. La coltivazione della cannabis, la sua produzione e distribuzione sono invece soggette ad autorizzazione.
La disciplina regolamentare, dettata con DPR, dovrà prevedere i presupposti delle autorizzazioni (e delle revoche), le caratteristiche dei prodotti e i loro standard di qualità, la tipologia dei esercizi di vendita, i locali dove è possibile il consumo, i controlli e le forme di tassazione. Lo stesso regolamento individua i requisiti e il funzionamento dell’Agenzia nazionale di regolamentazione istituita dall’art. 9 della p.d.l. (v. ultra), il potere sanzionatorio dell’autorità amministrativa competente nonché la riorganizzazione dei servizi delle tossicodipendenze sul territorio.
L'articolo 2, in tema di tutela della salute e dei minori, prescrive che sulle confezioni di cannabis e dei prodotti derivati destinati alla vendita sia specificato il livello di principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo presente e l'avvertimento che il fumo produce effetti nocivi per la salute. Ogni confezione deve poi contenere un foglio illustrativo che specifichi il nome commerciale e le proprietà della sostanza, gli effetti indesiderati, le precauzioni d'uso, la posologia. E' vietata la vendita di cannabis ai minori di sedici anni.
L’articolo 3 prevede – fatte salve le ipotesi penali associative (associazione a delinquere e di stampo mafioso) – l’irrogazione di sanzioni amministrative per la coltivazione, produzione importazione-esportazione, vendita e cessione di cannabis senza la prevista autorizzazione o fuori dei limiti da essa previsti.
Dette sanzioni consistono nella diffida, nell’adesione ad un percorso di prevenzione e riduzione del rischio gestito dal Servizio Sanitario Nazionale, nella confisca della sostanza, nella pena pecuniaria, nell’esclusione da finanziamenti e contributi, nell’interdizione dall’esercizio dell’attività, nella sospensione o revoca di licenze e autorizzazioni, nella confisca parziale della struttura, degli strumenti o dei prodotti dell’attività.
Alcune di tali sanzioni sono specificamente previste:
- per chiunque acquista e detiene cannabis provenienti da un esercizio commerciale non autorizzato;
- per il minore di 16 anni che detiene cannabis o prodotti derivati (art. 4, comma 2).
L’articolo 4 (comma 1) prevede, invece, sanzioni penali per chiunque, pur munito della prescritta autorizzazione, vende cannabis o prodotti derivati a minori di 18 anni nonché ne consente il consumo nel suo locale a minori di 16 anni (reclusione da uno a 4 anni e multa da 2.582 a 25.823 euro). Alle stesse pene è soggetto chi, nell’esercizio commerciale di cannabis, ne somministra in quantità, qualità o modalità tali da danneggiare la salute degli assuntori.
L’articolo 5 consente:
- la coltivazione individuale di cannabis per uso personale e per la cessione gratuita a terzi (sempre per uso personale); fatta salva l’illiceità della coltivazione o ricezione di cannabis da parte di minori di 16 anni;
- la coltivazione di cannabis in forma associata sempre finalizzata al consumo personale.
La forma associativa (possibile fino a un massimo di 100 persone) – per cui si esclude lo scopo di lucro - è soggetta ad autorizzazione della competente camera di commercio. E’ demandata a un regolamento del ministro della salute l’indicazione degli adempimenti organizzativi, del numero massimo di piante coltivabili e dell’ammontare della tassa di concessione.
L’art. 5 prevede, in fine, sanzioni amministrative per le violazioni della disciplina della coltivazione personale e associata nonché per la coltivazione o ricezione illecita di cannabis da parte di minore di 16 anni.
L'articolo 6 consente il consumo di cannabis negli stessi luoghi in cui è permesso il fumo di tabacco.
L’articolo 7 stabilisce un divieto generale di propaganda pubblicitaria della cannabis o dei suoi derivati, punito con sanzione amministrativa pecuniaria (da 5.165 a 25.823 euro)
L’articolo 8 prevede l’obbligo per i dirigenti scolastici di promuovere e realizzare attività di educazione alla salute fisica, psichica e sociale, in collaborazione con le autorità competenti, sulla base delle indicazioni del comitato tecnico-scientifico di cui l’art. 104 del TU stupefacenti ha previsto la costituzione presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Al riguardo, richiama anche gli artt. 105 e 106 dello stesso Testo unico.
Il complesso delle disposizioni citate ha affidato al
Ministero della pubblica istruzione la promozione
e il coordinamento, a livello
nazionale, delle attività di educazione alla salute e di informazione sui danni
derivanti dall’alcolismo, dal tabagismo, dall’uso delle sostanze stupefacenti o
psicotrope, nonché dalle patologie correlate - attraverso programmi annuali da
elaborare sulla base delle proposte formulate da un comitato
tecnico-scientifico costituito con decreto e composto da 25 membri, di cui 18
esperti nel campo della prevenzione - e ai provveditorati agli studi (le cui
funzioni sono state poi trasferite agli uffici scolastici regionali) la
promozione e il coordinamento delle iniziative a livello provinciale, nonché
l’istituzione di centri di informazione e consulenza rivolti agli studenti
all’interno delle scuole secondarie superiori. E’ stata, altresì, prevista
l’attivazione di iniziative di formazione per gli insegnanti.
Tali previsioni sono poi state riprese dall’art. 326
del d.lgs. 297/1994 (c.d. testo unico della scuola).
Al riguardo si segnala che, in
base a notizie acquisite dagli uffici ministeriali, il comitato di cui all’art.
104 del DPR 309/1990 non risulta più operante.
Occorre, inoltre, valutare la
previsione di un obbligo per i dirigenti scolastici, in virtù dell’autonomia
riconosciuta alle istituzioni scolastiche, oltre che dalla Costituzione, dall’art.
21 della L. 59/1997.
L'articolo 9 istituisce l'Agenzia nazionale per la regolamentazione delle sostanze psicoattive e per il sostegno alla ricerca e alla sperimentazione, con una serie di funzioni, tra le quali, la regolamentazione del mercato della cannabis e dei prodotti derivati, in coordinamento con l'AIFA, la predisposizione delle norme di sicurezza da applicare, la registrazione delle associazioni dei consumatori e dei gruppi autorizzati alla coltivazione, la promozione della ricerca, di interventi sociali ed assistenziali, informativi ed educativi. L'Agenzia finanzia le proprie attività con i proventi delle autorizzazioni, delle sanzioni amministrative e delle multe previste dal progetto in esame nonché con quelli derivanti da contributi statali e privati pubblicati sul sito dell'Agenzia medesima. Nell'ambito di essa è istituito un Consiglio nazionale con funzioni consultive e di monitoraggio composto anche da rappresentanti dell'esecutivo, degli enti locali, delle associazioni dei consumatori, delle ONG interessate, convocato annualmente. Ad esso spetta la gestione finanziaria dell'Agenzia. E' prevista la presentazione da parte dell'Agenzia di una relazione annuale alle Camere.
Va osservato che l'articolo in esame non precisa la natura giuridica
dell'Agenzia, né la sua composizione.
L'articolo 10 prevede la presentazione annuale, da parte del Presidente del Consiglio, alle Camere di una relazione relativa allo stato di attuazione della legge, mentre l'articolo 11 pone la clausola di invarianza degli oneri finanziari.