Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||
Titolo: | Depenalizzazione | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 237 | ||
Data: | 30/11/2015 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
Servizio Studi
Ufficio
ricerche sulle questioni istituzionali, giustizia e cultura
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Dossier n. 258
Servizio
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Atti
del Governo n. 237
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I N D I C E
Contenuto dello schema di decreto legislativo
Articolo 1 (La depenalizzazione dei reati puniti con la
sola pena pecuniaria)
Articolo 2 (La depenalizzazione di alcuni reati del
codice penale)
Articolo 3 (La depenalizzazione di alcuni reati
previsti da leggi speciali)
Articolo 4 (Le sanzioni amministrative accessorie)
Articolo 6 (Il rinvio al procedimento previsto dalla
legge n. 689 del 1981)
Articolo 7 (Le autorità competenti all’applicazione
delle sanzioni amministrative)
Articolo 8 (La norma transitoria)
Articolo 9 (Il rapporto tra procedimento penale e
procedimento amministrativo)
Articolo 10 (La clausola di invarianza)
La legge n. 67 del 2014 contiene, all’articolo 2, una delega al Governo per riformare la disciplina sanzionatoria dei reati e contestualmente introdurre sanzioni amministrative e civili, nel rispetto di una serie di principi e criteri direttivi (comma 1).
In particolare, mentre il comma 2 dell’art. 2 è relativo alla depenalizzazione, il comma 3 è prevalentemente inerente all’abrogazione di reati e alla trasformazione delle relative sanzioni penali in sanzioni civili. All’interno del comma 3 è stata peraltro inserita anche una delega per la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina (che, per argomento, avrebbe trovato più logica collocazione nel comma 2).
Il Governo ha trasmesso al Parlamento due distinti schemi di decreto legislativo:
§ l’A.G. 145, in attuazione del comma 2 dell’art. 2 della legge n. 67 del 2014, “Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di depenalizzazione”;
§ l’A.G. 146, in attuazione del comma 3 dell’art. 2 della legge n. 67 del 2014, “Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili”.
Il comma 4 prevede che i decreti legislativi siano adottati entro il termine di 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
La legge delega è entrata in vigore il 17 maggio 2014; il termine di 18 mesi scadeva dunque il 17 novembre 2015. Gli schemi sono stati trasmessi alla Presidenza della Camera il 17 novembre 2015 e dunque nei termini richiesti dalla legge, in base alla proroga concessa dallo stesso comma 4.
La disposizione prevede, infatti, che sugli schemi dei decreti legislativi debbano esprimere il parere le competenti Commissioni, entro il termine di 30 giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine di diciotto mesi di cui sopra o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
Si dispone inoltre che nella predisposizione dei decreti legislativi il Governo tenga conto delle eventuali modificazioni della normativa vigente comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega. Si prevede altresì che i decreti legislativi contengano le disposizioni necessarie al coordinamento con le altre norme legislative vigenti nella stessa materia.
Infine il comma 5 stabilisce che, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti, possono essere emanati uno o più decreti correttivi ed integrativi nel rispetto della procedura di cui al comma 4, nonché dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo in commento.
Di seguito si dà conto del contenuto dello schema di decreto legislativo A.G. 145, che – attuando la medesima legge delega – presenta rilevanti elementi di contatto con lo schema di decreto legislativo con cui è data attuazione all’articolo 2, comma 3, della legge 67/2014 (A.G. 246, in materia di abrogazione di reati e sanzioni pecuniarie civili,).
Articolo 1
(La depenalizzazione dei reati puniti con
la sola pena pecuniaria)
La norma di delega
L’art. 2, comma 2, lettera a), della legge n. 67 del 2014 delega il Governo a trasformare in illeciti amministrativi tutti i reati puniti con la sola pena pecuniaria, della multa o dell’ammenda, escludendo dalla depenalizzazione le fattispecie penali riconducibili alle seguenti materie:
§ - i reati in materia edilizia e urbanistica
§ - i reati in materia di ambiente, territorio e paesaggio
§ - i reati in materia di alimenti e bevande
§ - i reati in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
§ - i reati in materia di sicurezza pubblica
§ - reati in materia di giochi d’azzardo e scommesse
§ - reati in materia di armi ed esplosivi
§ - reati in materia elettorale e di finanziamento dei partiti
§ - reati in materia di proprietà intellettuale e industriale.
La lettera e) stabilisce poi che, nell'esercizio della delega, per i reati trasformati in illeciti amministrativi:
§ - dovranno essere previste sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità della violazione, all'eventuale reiterazione dell'illecito, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche;
§ - dovrà essere prevista come sanzione principale il pagamento di una somma compresa tra un minimo di euro 5.000 e un massimo di euro 50.000.
L’articolo 1 dello schema di decreto legislativo stabilisce che non costituiscono reato, ma illeciti amministrativi, tutte le fattispecie attualmente punite con la sola pena pecuniaria. L’illecito amministrativo sarà sanzionato con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria (comma 1). Lo schema di decreto legislativo non contiene dunque un elenco delle fattispecie depenalizzate, che dovrà essere ricostruito dall’interprete.
Nell’ipotesi in cui la fattispecie penale base preveda la sola pena pecuniaria ma per le fattispecie aggravate siano previste invece anche pene detentive, il comma 2 dispone che la fattispecie base sarà depenalizzata mentre l’aggravante andrà considerata come autonoma fattispecie di reato. In merito alcune specifiche sono previste nell’art. 5 dello schema, relativamente alla recidiva (v. infra).
Già attualmente nel codice penale esistono ipotesi simili. Si pensi, ad esempio, all’art. 676 c.p., Rovina di edifici o di altre costruzioni, che prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929 a carico di chiunque ha avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un'altra costruzione, che poi, per sua colpa, rovini e che, nell’ipotesi aggravata, individuata nel procurato pericolo alle persone, prevede l'arresto fino a sei mesi o l'ammenda non inferiore 309 euro.
Peraltro, in precedenti depenalizzazioni era stata operata una scelta diversa: si ricorda, ad esempio, che l’art. 32 della legge n. 689 del 1981 (Sostituzione della sanzione amministrativa pecuniaria alla multa o alla ammenda), escludeva la depenalizzazione per i reati che, nelle ipotesi aggravate, fossero punibili con pena detentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria (comma 2).
I commi 3 e 4 individuano le esclusioni dal campo d’applicazione del comma 1; questa specifica depenalizzazione non si applica:
§ ai reati puniti con la sola pena pecuniaria contenuti nel codice penale;
§ ai reati previsti dal TU immigrazione;
§ ai reati attinenti a specifiche materie e contenuti in specifici provvedimenti legislativi, elencati nell’allegato allo schema di decreto legislativo.
Analiticamente, la tabella che segue riporta i reati contenuti nel codice penale puniti con la sola pena pecuniaria della multa o dell’ammenda e non attinenti a materie escluse dalla depenalizzazione[1]. Si tratta dei reati ai quali, in base alla lettera della legge delega, avrebbe potuto applicarsi la depenalizzazione.
Art. |
Rubrica |
Tipo pena |
Somma minima |
Somma massima |
290 |
Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni
costituzionali e delle forze armate |
MULTA |
1.000 |
5.000 |
291 |
Vilipendio
della nazione italiana |
MULTA |
1.000 |
5.000 |
292 |
Vilipendio della bandiera o ad altro emblema dello Stato |
MULTA |
1.000 |
5.000 |
299 |
Offesa
alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero |
AMMENDA |
100 |
1.000 |
342 |
Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o
giudiziario |
MULTA |
1.000 |
5.000 |
361 |
Omessa
denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale |
MULTA |
30 |
516 |
362 |
Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico
servizio |
MULTA |
50 |
103 |
365 |
Omissione
di referto |
MULTA |
50 |
516 |
378 |
Favoreggiamento personale (nelle contravvenzioni) |
MULTA |
51 |
516 |
379 |
Favoreggiamento
reale |
MULTA |
51 |
1.032 |
390 |
Procurata inosservanza di pena |
MULTA |
51 |
1.032 |
391 |
Procurata
inosservanza di misure di sicurezza detentive |
MULTA |
50 |
1.032 |
392 |
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza
sulle cose |
MULTA |
50 |
516 |
403 |
Offese
a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone |
MULTA |
1.000 |
5.000 |
404 |
Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio
di cose |
MULTA |
1.000 |
5.000 |
500 |
Diffusione
di una malattia delle piante o degli animali |
MULTA |
103 |
2.065 |
565 |
Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della
stampa periodica |
MULTA |
103 |
516 |
581 |
Percosse |
MULTA |
258 |
2.582 |
588 |
Rissa |
MULTA |
50 |
309 |
590 |
Lesioni
personali colpose |
MULTA |
258 |
2.582 |
594 |
Ingiuria |
MULTA |
258 |
2.582 |
595 |
Diffamazione |
MULTA |
258 |
2.582 |
612 |
Minaccia |
MULTA |
50 |
1.032 |
636 |
Introduzione
o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo |
MULTA |
10 |
103 |
637 |
Ingresso abusivo nel fondo altrui |
MULTA |
50 |
103 |
639 |
Deturpamento
e imbrattamento di cose altrui |
MULTA |
50 |
103 |
690 |
Determinazione in altri dello stato di ubriachezza |
AMMENDA |
258 |
2.582 |
716 |
Omesso
avviso all'Autorità dell'evasione o fuga di minori. |
AMMENDA |
10 |
206 |
723 |
Esercizio abusivo di un giuoco non d'azzardo |
AMMENDA |
5 |
103 |
726 |
Atti
contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio |
AMMENDA |
258 |
2.582 |
727-bis |
Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di
esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette |
AMMENDA |
20 |
4.000 |
730 |
Somministrazione
a minori di sostanze velenose o nocive |
AMMENDA |
20 |
516 |
731 |
Inosservanza dell'obbligo dell'istruzione elementare dei
minori |
AMMENDA |
20 |
30 |
Il Governo, nella relazione di accompagnamento dello schema di decreto, così motiva l’esclusione dalla clausola generale di depenalizzazione delle fattispecie contenute nel codice penale: «A tale risultato si è pervenuti sulla base di due argomenti. Da un lato, e da un punto di vista letterale, non può non sottolinearsi che, nonostante il legislatore delegante abbia formulato la clausola generale di depenalizzazione facendo riferimento a "tutti" i reati puniti con la sola pena pecuniaria, tuttavia, nel dettare le direttive specifiche relative al codice (lettera b) del comma 2) dell'articolo 2), ha inserito nell'elenco dei reati da depenalizzare anche talune fattispecie punite con la sola pena pecuniaria (l'articolo 726 c.p., seppure a seguito del passaggio alla competenza del giudice di pace), lasciando così intendere chiaramente che la clausola generale non è operativa nei confronti del codice, poiché diversamente non si spiegherebbe l'inserimento delle due ipotesi contravvenzionali tra quelle da depenalizzare. Dall'altro lato, se si ritenesse che la clausola generale di depenalizzazione operasse anche nei confronti delle fattispecie del codice si produrrebbero risultati vistosamente asistematici. Ed infatti, l'effetto depenalizzante andrebbe a colpire fattispecie delittuose, sanzionate con la sola multa inserite in un complesso normativo organicamente deputato alla tutela di beni rilevanti, come a titolo esemplificativo l'amministrazione della giustizia; mentre altre fattispecie contravvenzionalì, sicuramente meno offensive, non sarebbero depenalizzate in quanto rientranti nelle materie escluse, come ad esempio quelle previste dagli articoli 727-bis, comma 2, e 703, comma 1, c.p.».
Il comma 4 esclude dalla clausola generale di depenalizzazione i reati puniti con la sola pena pecuniaria previsti nel TU immigrazione (decreto-legislativo n. 286 del 1998).
La tabella che segue riporta tutte le fattispecie penali previste dal TU immigrazione.
Art. |
Co. |
Denominazione |
Testo norma: |
Tipo pena |
05 |
8-bis |
Contraffazione
o utilizzo si documenti contraffatti |
Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero compie le stesse attività al fine di determinare il rilascio di tali documenti, oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati |
RECLUSIONE |
06 |
3 |
Mancata esibizione di documenti |
Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all'ordine di esibizione dei documenti |
ARRESTO E AMMENDA |
10-bis |
1 |
Immigrazione
clandestina |
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del TU |
AMMENDA |
12 |
5 |
Favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina |
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico |
RECLUSIONE E MULTA |
12 |
5-bis |
Cessione di
immobile a immigrato clandestino |
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione |
RECLUSIONE |
13 |
13 |
Reingresso a seguito di
espulsione amministrativa |
Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione che rientra nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno |
RECLUSIONE |
13 |
13-bis |
Reingresso a
seguito di espulsione giudiziaria |
Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione che rientra nel territorio dello Stato |
RECLUSIONE |
13 |
5.2 |
Violazione delle misure imposte
dal questore |
In caso di espulsione amministrativa, con partenza volontaria, violazione di una delle misure di sicurezza imposte dal questore |
MULTA |
14 |
5-ter |
Violazione
dell'ordine del questore di lasciare lo Stato |
Violazione dell'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato entro 7 giorni |
MULTA |
22 |
12 |
Impiego di immigrati
clandestini |
Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno |
RECLUSIONE E MULTA |
In assenza della espressa esclusione, in base alla lettera della legge delega, a quelli puniti con la sola pena pecuniaria dell’ammenda o della multa avrebbe potuto applicarsi la depenalizzazione.
In merito, si ricorda che il comma 3 dell’art. 2 della legge 67/2014 – parzialmente attuato con lo schema A.G. n. 246 – contiene una delega del Parlamento al Governo per depenalizzare il reato di immigrazione clandestina (art. 10-bis del TU), contestualmente conservando rilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia. L’A.G. 246 – contestualmente trasmesso alle Camere per il parere e al cui dossier si rinvia – non prevede la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina.
Il punto è chiarito dalla relazione illustrativa dello schema A.G. 145 nella quale si legge:
«Deve essere precisato
che non si ritiene di esercitare la
delega in riferimento al reato di cui all'articolo 10-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al reato di cui all'articolo 659 c.p. e
al reato di cui all'articolo 28, comma 2, del testo unico in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
È appena il caso di
chiarire, perché non si corra il
rischio di paventare una infedeltà alla
delega passibile di censure di
incostituzionalità del testo normativo che si confeziona, che ciascuna previsione di depenalizzazione ha autonomia strutturale
rispetto all'intero contesto di prescrizioni impartite al legislatore delegato.
Questi, pertanto, nel
momento in cui ritiene di svolgere una precisa opzione di opportunità politica,
non esercitando la delega in riguardo ad uno o più dei reati oggetto delle
previsioni di depenalizzazione, dà luogo ad un parziale recepimento della stessa, per esercizio frazionato del
potere devolutogli che non intacca la conformità alle direttive nella parte
in cui, invece, la delega è attuata.
Le ragioni politiche sottese alla scelta di non attuare le direttive di depenalizzazione in riguardo ai sopra menzionati reati sono di agevole comprensione: si tratta di fattispecie che intervengono su materia "sensibile" per gli interessi coinvolti, in cui lo strumento penale appare come indispensabile per la migliore regolazione del conflitto con l'ordinamento innescato dalla commissione della violazione».
Peraltro, l’analisi tecnico normativa che accompagna lo schema A.G. 145 deve essere stata redatta sulla base di un testo dello schema diverso da quello poi presentato al Parlamento: nel paragrafo dedicato alla qualità sistematica e redazionale del testo si legge infatti che «è prevista l’abrogazione, nell’articolo 4 del presente decreto, del reato di cui all’articolo 10-bis del Testo unico sulla immigrazione.
La terza esclusione dall’applicazione della clausola generale di depenalizzazione delle fattispecie punite con la sola pena pecuniaria è collegata alle materie escluse dalla stessa legge delega. In relazione a tali materie, il Governo ha inserito nello schema un allegato nel quale, per ciascuna delle materie indicate dalla delega, sono individuate le leggi escluse dalla depenalizzazione.
In particolare, di seguito per ciascuna materia esclusa di indicano le leggi contenenti i reati puniti con la sola pena pecuniaria ai quali non si applica la depenalizzazione.
Reati in materia
edilizia e urbanistica
Il Governo esclude dalla depenalizzazione le fattispecie previste dai seguenti provvedimenti:
§ D.P.R. n. 380 del 2001, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia;
§ L. n. 64 del 1974, Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche;
§ L. n. 1086 del 1971, Norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica.
Reati in materia di
ambiente, territorio e paesaggio
Il Governo esclude le fattispecie previste dai seguenti provvedimenti:
§ D.lgs. n. 202 del 2007, Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativa all'inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni;
§ D.lgs. n. 152 del 2006, Norme in materia ambientale;
§ D.lgs. n. 133 del 2005, Attuazione della direttiva 2000176/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti;
§ D.lgs. n. 174 del 2000, Attuazione della direttiva 98/8/CE in materia di immissione sul mercato di biocidi;
§ L. n. 157 del 1992, Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio;
§ L. n. 136 del 1983, Biodegradabilità dei detergenti sintetici;
§ L. n. 1860 del 1962, Impiego pacifico dell’energia nucleare.
Sono inoltre esclusi dalla depenalizzazione i seguenti specifici reati:
§ immissione sul mercato di preparati pericolosi per l'ambiente (ovvero di preparati che, qualora si diffondano nell'ambiente, presentino o possano presentare rischi immediati o differiti per una o più delle componenti ambientali), in violazione delle disposizioni in tema d'imballaggio, di etichettatura e di classificazione (D.lgs. n. 65 del 2003, Attuazione delle direttive 1999/45/CE e 2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura di preparati pericolosi, art. 18, comma 1, quando ha ad oggetto le sostanze e i preparati pericolosi per l'ambiente, per come definiti dall'art. 2, comma 1, lett. q).
Si osserva che, per la
definizione dei preparati pericolosi per l’ambiente, occorre fare riferimento
all’art. 2, comma 2, lett. q), del
d.lgs. 65/2002.
§ immissione sul mercato di sostanze pericolose per l'ambiente (ovvero di sostanze che, qualora si diffondano nell'ambiente, presentino o possano presentare rischi immediati o differiti per una o più delle componenti ambientali), in violazione delle disposizioni in tema d'imballaggio, di etichettatura e di classificazione (D.lgs. n. 52 del 1997, Attuazione della direttiva 92/32/CE concernente classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose, art. 36, comma 1, quando ha ad oggetto le sostanze e i preparati pericolosi per l'ambiente, per come definiti dall'art. 2, comma 1, lett. q).
Anche in questo caso
si osserva che per la definizione delle sostanze pericolose per l’ambiente
occorre fare riferimento all’art. 2, comma
2, lett. q), del d.lgs. 52/1997.
Reati in materia di
alimenti e bevande
Il Governo esclude le fattispecie previste dal decreto legislativo n. 169 del 2004 (Attuazione della direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari) e le fattispecie di violazione dei divieti di coltivazione prevista dall’art. 4, comma 8, del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito in legge con modificazioni dalla legge n. 116 del 2014.
Si osserva che occorre correggere il riferimento all’art. 4, comma 8, riportandolo al testo del decreto-legge e non – come fatto dallo schema – alla legge di conversione.
Reati in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Il Governo riconduce a questa materia, e dunque esclude dalla depenalizzazione, le fattispecie penali previste dai seguenti provvedimenti:
§ D.lgs. n. 81 del 2008, Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
§ L. n. 257 del 1992, Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto.
Sono inoltre escluse dalla depenalizzazione le seguenti violazioni della legge n. 1045 del 1939 (Condizioni per l'igiene e l'abitabilità degli equipaggi a bordo delle navi mercantili nazionali), punite con l’ammenda da 51 a 1032 euro:
§ delle disposizioni su aerazione e illuminazione delle cucine (art. 34) e dei
§ locali di lavoro (artt. 39 e 45);
§ delle disposizioni sull’installazione dei condotti di aereazione (art. 40), sulla ventilazione dei locali macchine (art. 41) e sull’aria condizionale nella sala nautica e nei locali della timoneria (art. 44, co. 2);
§ delle disposizioni sulla copertura dei posti fissi di lavoro in caso di particolari condizioni climatiche (art. 66);
§ delle disposizioni sul vestiario (artt. 73, 74, 75 e 76).
Si ricorda, invece, che la legge delega prevede espressamente la depenalizzazione delle fattispecie contenute nella legislazione sul mercato del lavoro (D.Lgs. n. 276 del 2003 ).
Reati in materia di
sicurezza pubblica
In relazione a questa materia il Governo esclude dalla depenalizzazione solo le fattispecie previste dal TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. n. 773 del 1931).
In merito, già in sede di approvazione della legge delega, si era osservato che l’espressione “sicurezza pubblica” rimanda immediatamente al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 (TULPS)[2], che all’articolo 1 attribuisce all’autorità di pubblica sicurezza il compito di vigilare sul mantenimento dell'ordine pubblico, sulla sicurezza dei cittadini, sulla loro incolumità e sulla tutela della proprietà. Se appare dunque chiaro che le fattispecie penali contenute nel TULPS non potranno essere depenalizzate, più difficile è definire i confini dell’esclusione operata dal n. 5.
Si evidenziava, peraltro, che recentemente il legislatore ha intitolato alla tutela della sicurezza pubblica numerose leggi (legge n. 94 del 2009[3]) e decreti-legge (d.l. n. 92 del 2008[4], d.l. n. 11 del 2009[5], d.l. n. 16 del 2005[6]) che, a loro volta, contengono disposizioni nelle più variegate materie.
Come evidenziato anche dalla dottrina, se «tradizionalmente si ravvisa il nucleo costitutivo della nozione di sicurezza pubblica nella finalità di conservazione dello Stato e di mantenimento dell'ordine interno, nell'ordinamento italiano la nozione di sicurezza pubblica è sempre rimasta indefinita, ed il ricorrente accostamento alla materia dell'ordine pubblico impone tuttora di individuare caratteri distintivi che ne permettano una autonoma definizione»[7].
Sulla materia della sicurezza pubblica è inoltre intervenuta la stessa Corte costituzionale a più riprese dopo l’entrata in vigore della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione (v. ad esempio le sentt. 6/2004, 95/2005, 226/2010), circoscrivendone l’ambito anche ai fini del corretto riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni.
Reati in materia di
giochi d’azzardo e scommesse
In relazione a questa materia, il Governo non ha previsto esclusioni dalla depenalizzazione, in quanto non esistono in tema disposizioni – al di fuori del TULPS - che prevedano reati puniti con la sola pena pecuniaria.
Si ricorda che l’articolo 4 della legge 401/1989 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive) punisce l’organizzazione di scommesse o concorsi pronostici abusivi e la partecipazione agli stessi; in particolare, il comma 3 punisce con l’arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 51 a euro 516 chiunque partecipa a concorsi, giuochi, scommesse gestiti abusivamente, fuori dei casi di concorso in uno dei reati più gravi, legati all’organizzazione del gioco clandestino.
Reati in materia di
armi ed esplosivi
Il Governo esclude che la clausola generale di depenalizzazione possa operare in relazione alle seguenti due leggi:
§ L. n. 110 del 1975, Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi;
§ L. n. 694 del 1974, Disciplina del porto delle armi a bordo degli aeromobili.
Reati in materia
elettorale e di finanziamento dei partiti
Lo schema di decreto esclude che possano essere depenalizzate le disposizioni penali previste dai seguenti provvedimenti:
§ L. n. 13 del 2014, Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore;
§ L. n. 459 del 2001, Norme per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero;
§ D.lgs. n. 533 del 1993, Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica;
§ L. n. 515 del 1993, Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione della Camera dei deputati e al Senato della Repubblica;
§ L. n. 81 del 1993, Elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale;
§ L. n. 659 del 1981, Modifiche ed integrazioni alla legge 2 maggio 1974, n. 195, sul contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici;
§ L. n. 18 del 1979, Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia;
§ L. n. 352 del 1970, Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo;
§ L. n. 108 del 1968, Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale;
§ D.P.R. n. 570 del 1960, Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali;
§ D.P.R. n. 361 del 1957, Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati;
§ L. n. 122 del 1951, Norme per le elezioni dei Consigli provinciali.
Reati in materia di
proprietà intellettuale e industriale
Il Governo esclude che rientri nel campo d’applicazione della depenalizzazione la legge n. 633 del 1941, Protezione del diritto d’autore e di altri diritti commessi al suo esercizio. L’unica disposizione della legge sul diritto d’autore che viene depenalizzata è la contravvenzione prevista dall’art. 171-quater, per espressa previsione della stessa legge delega (v. infra, art. 3 dello schema).
I commi 5 e 6 determinano, in attuazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), della legge delega che impone somme compresa tra 5 mila e 50 mila euro, l’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie che dovranno essere applicate in luogo delle pene pecuniarie.
In particolare, il comma 5 individua le seguenti equivalenze:
Multa
o ammenda |
Sanzione
amministrativa pecuniaria |
Fino a 5.000 |
Da 5.000 a 10.000 |
Da 5.001 a 20.000 |
Da 5.000 a 30.000 |
Da 20.001 |
Da 10.000 a 50.000 |
Il comma 6 afferma che, quando per i reati da depenalizzare è prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza una predeterminazione di limiti edittali, la somma dovuta a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda ma non può essere inferiore a 5.000 euro, né superiore a 50.000.
Lo schema di decreto non attribuisce una rilevanza specifica alle fattispecie attualmente aventi natura di delitto rispetto a quelle di natura contravvenzionale. Nello stabilire l’entità della sanzione amministrativa, infatti, rileva la somma prevista a titolo di pena, non la natura dell’illecito. In questa direzione, peraltro, si era mosso già il legislatore con la legge n. 689 del 1981.
La norma di delega
L’articolo 2, comma 2, lettera b), della legge delega individua nel codice penale alcuni reati dei quali viene disposta, in modo espresso, la trasformazione in illeciti amministrativi. Si tratta:
1) dei delitti previsti dagli articoli 527, primo comma, e 528, limitatamente alle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, in materia di atti osceni e pubblicazioni e spettacoli osceni;
2) delle contravvenzioni previste dagli articoli 652, 659, 661, 668 e 726, concernenti specificamente le ipotesi di rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto, di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, di abuso della credulità popolare, di rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive e, infine, di atti contrari alla pubblica decenza.
La lettera e) stabilisce poi che, nell'esercizio della delega, per i reati del codice penale trasformati in illeciti amministrativi dovrà essere prevista l'applicazione anche di eventuali sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.
L’articolo 2 dello schema di decreto legislativo, in puntuale attuazione della delega, novella le fattispecie richiamate, con una sola eccezione, relativa all’art. 659 del codice penale.
Analiticamente, il comma 1 interviene sull’art. 527 c.p., relativo al reato di atti osceni.
Su questa fattispecie è intervenuta anche l’ultima depenalizzazione, realizzata dall'art. 44, del decreto legislativo n. 507 del 1999, che ha sostituito al terzo comma la sanzione penale della multa con la sanzione amministrativa pecuniaria.
Codice penale vigente |
A.G. 245 |
Capo II Delle offese al pudore e all'onore sessuale |
|
Art. 527 Atti osceni |
|
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti
osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. |
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000. |
La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso
all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da
minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano. |
Si applica la pena della reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi se il fatto è commesso all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano. |
Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 51 a euro 309. |
Identico. |
Il comma 2 depenalizza il reato di pubblicazioni e spettacoli osceni, previsto dall’art. 528 c.p.
Codice penale vigente |
A.G. 245 |
Capo II Delle offese al pudore e all'onore sessuale |
|
Art. 528 Pubblicazioni e
spettacoli osceni |
|
Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di
esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato,
acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni,
immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è punito con la
reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a euro 103. |
Chiunque, allo scopo di farne
commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica,
introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero
mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di
qualsiasi specie, è soggetto alla
sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. |
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli
oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o
espone pubblicamente. |
Alla stessa sanzione
soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella
disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente. |
Tale pena si applica inoltre a chi: 1. adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la
circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di
questo articolo; 2. dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni
o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità. |
Si applicano la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa non inferiore a euro 103 a chi: 1. adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo; 2. dà pubblici spettacoli
teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che
abbiano carattere di oscenità. |
Nel caso preveduto dal n. 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso
nonostante il divieto dell'autorità. |
Identico. |
Il comma 3 interviene sul reato di rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto, previsto dall’art. 652 c.p.
Codice penale vigente |
A.G. 245 |
Capo I - Delle contravvenzioni concernenti la
polizia di sicurezza Sezione I -
Delle contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico e la tranquillità
pubblica Par. 1 - Delle contravvenzioni concernenti la
inosservanza dei provvedimenti di polizia e le manifestazioni sediziose e
pericolose |
|
Art. 652 Rifiuto di prestare
la propria opera in occasione di un tumulto |
|
Chiunque, in occasione di un tumulto o di un pubblico infortunio o di
un comune pericolo ovvero nella flagranza di un reato rifiuta, senza giusto
motivo, di prestare il proprio aiuto o la propria opera, ovvero di dare le
informazioni o le indicazioni che gli siano richieste da un pubblico
ufficiale o da una persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio
delle funzioni o del servizio, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con
l'ammenda fino a euro 309. |
Chiunque, in occasione di un tumulto o di un pubblico infortunio o di un comune pericolo ovvero nella flagranza di un reato rifiuta, senza giusto motivo, di prestare il proprio aiuto o la propria opera, ovvero di dare le informazioni o le indicazioni che gli siano richieste da un pubblico ufficiale o da una persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000. |
Se il colpevole dà informazioni o indicazioni mendaci, è punito con
l'arresto da uno a sei mesi ovvero con l'ammenda da euro 30 a euro 619. |
Se il colpevole dà informazioni o indicazioni mendaci, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 6.000 a euro 18.000. |
Il comma 4 depenalizza la contravvenzione prevista dall’art. 661 c.p., Abuso della credulità popolare.
Codice penale vigente |
A.G. 245 |
Capo I - Delle contravvenzioni concernenti la
polizia di sicurezza Sezione I -
Delle contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico e la tranquillità
pubblica Par. 1 - Delle contravvenzioni concernenti la
inosservanza dei provvedimenti di polizia e le manifestazioni sediziose e
pericolose |
|
Art. 661 Abuso della
credulità popolare |
|
Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche
gratuitamente, di abusare della credulità popolare è punito, se dal fatto può
derivare un turbamento dell'ordine pubblico, con l'arresto fino a tre mesi o
con l'ammenda fino a euro 1.032 |
Chiunque, pubblicamente, cerca
con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità
popolare è soggetto, se dal fatto
può derivare un turbamento dell'ordine pubblico, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000. |
Il comma 5 interviene sul reato di rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive, previsto dall’art. 668 c.p.
Codice penale vigente |
A.G. 245 |
Capo I - Delle contravvenzioni concernenti la
polizia di sicurezza Sezione I -
Delle contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico e la tranquillità
pubblica Par. 3 - Delle contravvenzioni concernenti la
vigilanza su talune industrie e sugli spettacoli pubblici |
|
Art. 668 Rappresentazioni
teatrali o cinematografiche abusive |
|
Chiunque recita in pubblico drammi o altre opere, ovvero dà in pubblico
produzioni teatrali di qualunque genere, senza averli prima comunicati
all'autorità, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a
euro 309. |
Chiunque recita in pubblico drammi o altre opere, ovvero dà in pubblico produzioni teatrali di qualunque genere, senza averli prima comunicati all'autorità, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000. |
Alla stessa pena soggiace chi fa rappresentare in pubblico pellicole
cinematografiche, non sottoposte prima alla revisione dell'autorità. |
Alla stessa sanzione soggiace chi fa rappresentare in pubblico pellicole cinematografiche, non sottoposte prima alla revisione dell'autorità. |
Se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, la pena
pecuniaria e la pena detentiva sono applicate congiuntamente. |
Se il fatto è commesso contro il divieto dell'autorità, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 30.000. |
Il fatto si considera commesso in pubblico se ricorre taluna delle
circostanze indicate nei numeri 2 e 3 dell'articolo 266. |
Identico. |
In relazione a questa condotta, peraltro, l’art. 4 dello schema prevede – in caso di reiterazione dell’illecito – l’applicazione di una sanzione amministrativa accessoria (v. infra).
Infine, il comma 6
modifica l’art. 726 del codice
penale, che attualmente punisce a titolo di contravvenzione gli atti contrari alla pubblica decenza e il
turpiloquio.
Codice penale vigente |
A.G. 245 |
Titolo I - Delle contravvenzioni di polizia Capo II - Delle contravvenzioni concernenti la polizia
amministrativa sociale Sezione I - Delle contravvenzioni concernenti la
polizia dei costumi |
|
Art. 726 Atti contrari alla
pubblica decenza. Turpiloquio |
|
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie
atti contrari alla pubblica decenza è punito con l'arresto fino a un mese o
con l'ammenda da euro 10 a euro 206[8]. |
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 30.000. |
Come detto, il Governo attua la delega prevista dal comma 2, lett. b), con una sola eccezione, riferita all’art. 659 c.p.
La legge n. 67 del 2014, infatti, delega il governo a trasformare in illecito amministrativo la contravvenzione di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.
L’art. 659 c.p. così dispone: «Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309.
Si applica l'ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'autorità».
Il Governo non ha esercitato questa delega e dunque la condotta prevista dall’art. 659 c.p. resta penalmente rilevante.
Si ricordano, sul punto, le motivazioni offerte dalla relazione illustrativa dello schema A.G. 145:
«Deve essere precisato
che non si ritiene di esercitare la
delega in riferimento al reato di cui all'articolo 10-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al reato di cui all'articolo 659 c.p. e al reato di cui all'articolo 28, comma 2,
del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di
tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
1990, n. 309.
È appena il caso di
chiarire, perché non si corra il
rischio di paventare una infedeltà alla
delega passibile di censure di
incostituzionalità del testo normativo che si confeziona, che ciascuna previsione di depenalizzazione ha autonomia strutturale
rispetto all'intero contesto di prescrizioni impartite al legislatore delegato.
Questi, pertanto, nel
momento in cui ritiene di svolgere una precisa opzione di opportunità politica,
non esercitando la delega in riguardo ad uno o più dei reati oggetto delle
previsioni di depenalizzazione, dà luogo ad un parziale recepimento della stessa, per esercizio frazionato del
potere devolutogli che non intacca la conformità alle direttive nella parte
in cui, invece, la delega è attuata.
Le ragioni politiche sottese alla scelta di non attuare le direttive di depenalizzazione in riguardo ai sopra menzionati reati sono di agevole comprensione: si tratta di fattispecie che intervengono su materia "sensibile" per gli interessi coinvolti, in cui lo strumento penale appare come indispensabile per la migliore regolazione del conflitto con l'ordinamento innescato dalla commissione della violazione».
Per quanto riguarda l’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie individuate in relazione a questi reati previsti dal codice penale, la relazione illustrativa chiarisce il criterio generale applicato dal Governo.
Illecito penale: entità
della pena |
Illecito
amministrativo: entità della pena |
Contravvenzioni
punite con l’arresto fino a 6 mesi |
Da 5.000 a 15.000 |
Contravvenzioni
punite con l’arresto fino a un anno |
Da 5.000 a 30.000 |
Delitti e
contravvenzioni puniti con pena detentiva superiore a un anno |
Da 10.000 a 50.000 |
Da questo criterio il Governo dichiara di essersi distaccato solo in relazione alla fattispecie dell’art. 527 c.p., ritenendo che l’attuale cornice edittale riveli una severità non più aderente all’attuale disvalore sociale dell’illecito.
Articolo 3
(La depenalizzazione di alcuni reati
previsti da leggi speciali)
La norma di delega
L’articolo 2, comma 2, lettera c), della legge delega prevede espressamente la depenalizzazione del reato previsto dall’art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 463/1983[9]: si tratta dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, attualmente punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. La depenalizzazione opera purché l’omesso versamento non ecceda complessivamente i 10.000 euro annui.
La successiva lettera d) della legge delega legge individua alcune contravvenzioni, attualmente punite con la pena detentiva alternativa alla pena pecuniaria, e ne dispone la trasformazione in illeciti amministrativi. Si tratta delle seguenti fattispecie:
- art. 11, primo comma, della legge n. 234 del 1931;
- art. 171-quater della legge sul diritto d’autore;
- art. 3 del decreto legislativo luogotenenziale n. 506 del 1945
- art. 15, secondo comma, della legge n. 1329 del 1965;
- art. 16, quarto comma, del decreto-legge 745/1970;
- art. 28, comma 2, del TU stupefacenti.
La lettera e) stabilisce poi che, nell'esercizio della delega, per i reati trasformati in illeciti amministrativi:
- dovranno essere previste sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità della violazione, all'eventuale reiterazione dell'illecito, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche;
- dovrà essere prevista come sanzione principale il pagamento di una somma compresa tra un minimo di euro 5.000 e un massimo di euro 50.000;
- in relazione alle specifiche contravvenzioni punite ora con pena alternativa (lett. d), dovrà essere prevista l'applicazione anche di eventuali sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.
L’articolo 3 dello schema di decreto legislativo, ai commi da 1 a 5, dà attuazione alla lettera d) del comma 2 della legge delega, che prevede la trasformazione in illeciti amministrativi di alcune contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 162-bis del codice penale, in caso di contravvenzione punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, prima dell’apertura del dibattimento il contravventore non recidivo né delinquente abituale o per tendenza può essere ammesso a pagare una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda prevista (oltre le spese del procedimento), così estinguendo il reato per oblazione. Il giudice può respingere la domanda di oblazione avuto riguardo alla gravità del fatto.
L’attuazione della delega non è completa, in quanto il Governo omette di depenalizzare la contravvenzione relativa alla coltivazione di piante proibite sul territorio nazionale, prevista dal TU stupefacenti (v. infra).
Il comma 6 della disposizione in commento dà invece attuazione alla lettera c) del comma 2 della legge delega, depenalizzando l’omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali.
In particolare, il comma
1 trasforma in illecito amministrativo la contravvenzione prevista
dall’art. 11 della legge n. 234 del 1931, che detta norme per l'impianto e l'uso di
apparecchi radioelettrici privati e per il rilascio delle licenze di
costruzione, vendita e montaggio di materiali radioelettrici.
Normativa vigente |
A.G. 245 |
L. 8 gennaio 1931, n. 234 Norme per l'impianto e l'uso di apparecchi
radioelettrici privati e per il rilascio delle licenze di costruzione,
vendita e montaggio di materiali radioelettrici. |
|
Art. 8 |
|
Le licenze contemplate nei precedenti articoli possono essere sospese o
revocate per abuso del titolare o quando questi non abbia più i prescritti
requisiti, senza pregiudizio della applicazione delle sanzioni penali,
qualora si tratti di fatti costituenti reato. |
Le licenze contemplate nei
precedenti articoli possono essere sospese o revocate per abuso del titolare
o quando questi non abbia più i prescritti requisiti, senza pregiudizio della
applicazione delle sanzioni penali, qualora si tratti di fatti costituenti
reato, o delle sanzioni amministrative
pecuniarie, qualora si tratti di illeciti amministrativi. |
Il provvedimento di sospensione o di revoca è disposto dal Ministero
delle comunicazioni, di concerto col Ministero dell'interno. In caso di
urgenza, la sospensione può essere disposta anche dal Prefetto. |
Identico. |
|
|
Art. 11 |
|
Le violazioni delle disposizioni dell'art. 1 del R. decreto 8 febbraio
1923, n. 1067[10], e della presente
legge sono punite, ove non costituiscono reato più grave, con una ammenda da
lire 40.000 a lire 400.000 o con l'arresto fino a due anni. |
Le violazioni delle disposizioni
dell'art. 1 del R. decreto 8 febbraio 1923, n. 1067, e della presente legge
sono punite, ove non costituiscono reato,
con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. |
In caso di recidiva la pena è aumentata fino alla metà. |
Chiunque commette
la violazione indicata nel primo comma, dopo aver commesso la stessa
violazione accertata con provvedimento esecutivo, è punito con l’arresto fino
a tre anni o con l’ammenda da euro 30 a euro 309. |
Si fa luogo alla confisca, a termini del Codice di procedura penale,
degli apparecchi abusivamente detenuti o dei quali si sia fatto indebito uso. |
Si fa luogo a confisca amministrativa degli apparecchi abusivamente detenuti o dei quali si sia fatto indebito uso. |
|
|
Art. 12 |
|
Gli ufficiali di pubblica sicurezza e gli ufficiali di polizia
giudiziaria, in caso di fondato sospetto di contravvenzione alle disposizioni
dell' art. 1 del R. decreto 8 febbraio 1923, n. 1067, e della presente
legge, possono eseguire perquisizioni domiciliari secondo le formalità
prescritte dagli articoli 167 e 171 del Codice di procedura penale. |
Gli ufficiali di pubblica sicurezza e gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di fondato sospetto di contravvenzione alle disposizioni dell' art. 1 del R. decreto 8 febbraio 1923, n. 1067, possono eseguire perquisizioni domiciliari secondo le formalità prescritte dagli articoli 167 e 171 del Codice di procedura penale. |
In tali visite debbono farsi accompagnare, possibilmente, da uno o più
funzionari governativi incaricati della ordinaria vigilanza sugli impianti
radioelettrici. |
Identico. |
Lo schema trasforma la contravvenzione in illecito amministrativo e, quanto all’ipotesi di recidiva, applica il principio dell’art. 5 dello schema (v. infra), in base al quale, quando la legge prevede ipotesi aggravate fondate sulla recidiva, per recidiva s’intende la reiterazione dell’illecito depenalizzato.
L’autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione è individuata nel Ministero dello sviluppo economico (v. infra, art. 7 dello schema).
Si osserva che la
novella dell’art. 12 della legge mantiene in vita una disposizione priva di
efficacia, in quanto il R.D. n. 1067 del 1923, Norme per il servizio delle
comunicazioni senza filo, è stato abrogato dal c.d. taglia leggi del 2008 (D.L.
n. 112 del 1998, art. 24). Occorrerebbe dunque disciplinare ex novo il sistema
dei controlli – cosa non prevista dalla legge delega - o, in alternativa,
abrogare l’art. 12 della legge n. 234 del 1931 che a seguito della
depenalizzazione risulta inapplicabile.
Il comma 2
depenalizza la contravvenzione prevista
dall’art. 171-quater della legge sul
diritto d’autore (legge n. 633 del 1941[11]), che
attualmente punisce con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da 516 a
5.164 euro chiunque abusivamente ed a fini di lucro:
a) concede in noleggio o
comunque concede in uso a qualunque titolo, originali, copie o supporti
lecitamente ottenuti di opere tutelate dal diritto di autore;
b) esegue la fissazione
su supporto audio, video o audiovideo delle
prestazioni artistiche di attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le
altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in
qualunque modo opere dell'ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico.
Lo schema di decreto legislativo prevede in tali casi la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro e, per coordinamento, novella il successivo art. 171-sexies. Il successivo art. 4 prevede – in caso di reiterazione di questo illecito – l’applicazione di una sanzione amministrativa accessoria (v. infra).
Il comma 3
trasforma in illecito amministrativo la
contravvenzione prevista dall’art. 3 del
decreto legislativo luogotenenziale n. 506 del 1945, che reca Disposizioni circa la denunzia dei beni che
sono stati oggetto di confische, sequestri o altri atti di disposizione
adottati sotto l'impero del sedicente governo repubblicano.
In particolare,
l’articolo 3 punisce con l'arresto non inferiore nel minimo a sei mesi o con
l'ammenda non inferiore a lire 2.000.000 chiunque omette di denunciare la
detenzione di beni mobili o immobili che siano stati oggetto di confisca o
sequestro disposti da qualsiasi organo amministrativo o politico sotto l'impero
del sedicente governo della Repubblica
sociale italiana. Ove l'omissione risulti colposa la pena è dell'arresto
non inferiore a tre mesi o dell'ammenda non inferiore a 516 euro.
L’autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione è individuata nel prefetto (v. infra, art. 7 dello schema).
Normativa vigente |
A.G. 245 |
D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1945, n.
506. Disposizioni circa la denunzia dei beni che sono
stati oggetto di confische, sequestri o altri atti di disposizione adottati
sotto l'impero del sedicente governo repubblicano. |
|
Art. 3 |
|
3. Chiunque omette di fare nel termine prescritto la denunzia prevista
dall'art. 1 è punito con l'arresto non inferiore nel minimo a sei mesi o con
l'ammenda non inferiore a lire 2.000.000. Ove l'omissione risulti colposa la
pena è dell'arresto non inferiore a tre mesi o dell'ammenda non inferiore a
lire 1.000.000. |
3. Chiunque omette di fare nel
termine prescritto la denunzia prevista dall'art. 1 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a
euro 50.000. Ove l'omissione risulti colposa si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro
15.000. |
Il comma 4 trasforma in illecito amministrativo la contravvenzione prevista dall’articolo 15, secondo comma, della legge n. 1329 del 1965, recante Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili. Attualmente tale disposizione punisce chiunque ometta di far ripristinare il contrassegno alterato, cancellato, o reso irriconoscibile da altri, apposto su macchina di cui abbia il possesso o la detenzione, ovvero ometta di comunicare al cancelliere del tribunale indicato nel contrassegno l'alterazione, la cancellazione, o la intervenuta irriconoscibilità del contrassegno. La pena letteralmente prevista dalla disposizione è l'ammenda da lire 150.000 a lire 600.000 o l'arresto fino a tre mesi. Peraltro, avendo l’articolo 4 del d.lgs n. 274/2000 attribuito la competenza su questa contravvenzione al giudice di pace, la pena è ora dell’ammenda da euro 258 a euro 2.582, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), dello stesso decreto legislativo. Si rileva, pertanto, che questa disposizione risulterebbe già oggetto di depenalizzazione in base all’articolo 1 dello schema di decreto legislativo.
Ciò nonostante, in attuazione della delega, il Governo prevede per questa condotta la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 15.000 euro. L’applicazione della clausola generale di depenalizzazione dell’art. 1 avrebbe comportato l’applicazione di una sanzione inferiore (da 5.000 a 10.000 euro).
Il comma 5 depenalizza la contravvenzione prevista dall’articolo 16, quarto comma, del decreto-legge 745/1970. Si tratta della disposizione che punisce con l'arresto da 2 mesi a 2 anni o con l'ammenda da 155 a 1.550 euro l'abusiva installazione o esercizio di impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione.
Lo schema di decreto legislativo sanziona la condotta con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 10.000 a 50.000 euro.
L’autorità competente a ricevere il rapporto e ad irrogare la sanzione è il Sindaco competente al rilascio dell’autorizzazione all’installazione o all’esercizio di impianti di distribuzione di carburante (v. infra, art. 7 dello schema).
Da ultimo, il comma 6, in attuazione dell’art. 2, lett. c) della legge delega, trasforma in illecito amministrativo il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali (art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 463/1983).
Si tratta dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, attualmente punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. La depenalizzazione – in base alla legge delega – dovrà essere effettuata a patto che l’omesso versamento non ecceda complessivamente i 10.000 euro annui e preservando l’attuale principio in base al quale il datore di lavoro non risponde dell’omissione se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione.
Normativa vigente |
A.G. 245 |
D.L. 12/09/1983, n. 463 Misure urgenti in materia previdenziale e
sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari
settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini. |
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Art. 2 |
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1. Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di
lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le
trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 della legge 30
aprile 1969, n. 153 , debbono essere comunque versate e non possono essere
portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di
legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni
previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni
stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a
carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a
favore del datore di lavoro. |
1. Identico. |
1-bis. L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito
con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. Il
datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di
tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento
della violazione. |
1-bis. L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l'importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. |
1-ter. La denuncia di reato è presentata o trasmessa senza ritardo dopo
il versamento di cui al comma 1-bis ovvero decorso inutilmente il termine ivi
previsto. Alla denuncia è allegata l'attestazione delle somme eventualmente
versate. |
1-ter. Identico. |
1-quater. Durante il termine di cui al comma 1-bis il corso della
prescrizione rimane sospeso. |
1-quater. Identico. |
Infine, si rileva che il Governo decide di non esercitare la delega a depenalizzare la contravvenzione prevista dall’articolo 28, comma 2, del TU stupefacenti e relativa alla coltivazione di piante dalle quali si possano trarre stupefacenti in violazione dell’autorizzazione concessa.
In particolare, si ricorda che l’art. 28 del D.P.R. n. 309 del 1990 impone a chiunque intenda coltivare le piante indicate nelle tabelle I e II del testo unico (si tratta ora sia delle droghe pesanti che delle droghe leggere) il possesso di una specifica autorizzazione, in assenza della quale si applicano le sanzioni penali previste per la fabbricazione illecita degli stupefacenti (comma 1). Il comma 2 punisce invece con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da euro 516 a euro 2.065 chiunque, pur in possesso di autorizzazione alla coltivazione, non osserva le prescrizioni e le garanzie cui l'autorizzazione è subordinata.
Anche su questo punto si riportano le considerazioni della relazione illustrativa:
«Deve essere precisato
che non si ritiene di esercitare la
delega in riferimento al reato di cui all'articolo 10-bis del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, al reato di cui all'articolo 659 c.p. e al
reato di cui all'articolo 28, comma 2,
del testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
È appena il caso di
chiarire, perché non si corra il
rischio di paventare una infedeltà alla
delega passibile di censure di
incostituzionalità del testo normativo che si confeziona, che ciascuna previsione di depenalizzazione ha autonomia strutturale
rispetto all'intero contesto di prescrizioni impartite al legislatore delegato.
Questi, pertanto, nel
momento in cui ritiene di svolgere una precisa opzione di opportunità politica,
non esercitando la delega in riguardo ad uno o più dei reati oggetto delle
previsioni di depenalizzazione, dà luogo ad un parziale recepimento della stessa, per esercizio frazionato del
potere devolutogli che non intacca la conformità alle direttive nella parte
in cui, invece, la delega è attuata.
Le ragioni politiche sottese alla scelta di non attuare le direttive di depenalizzazione in riguardo ai sopra menzionati reati sono di agevole comprensione: si tratta di fattispecie che intervengono su materia "sensibile" per gli interessi coinvolti, in cui lo strumento penale appare come indispensabile per la migliore regolazione del conflitto con l'ordinamento innescato dalla commissione della violazione».
Articolo 4
(Le sanzioni amministrative accessorie)
La norma di delega
La lettera e) del comma 2 dell'articolo 2 della legge delega stabilisce che, nell'esercizio della delega, per i reati trasformati in illeciti amministrativi:
- siano previste sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità della violazione, all'eventuale reiterazione dell'illecito, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche;
- sia prevista come sanzione principale il pagamento di una somma compresa tra un minimo di euro 5.000 e un massimo di euro 50.000;
- nelle ipotesi di cui alle precedenti lettere b) e d), ovvero per la trasformazione in illecito amministrativo di reati ora previsti dal codice penale o delle specifiche contravvenzioni punite ora con pena alternativa, sia prevista l'applicazione anche di eventuali sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.
L’articolo 4 dello schema di decreto legislativo dà attuazione all’art. 2, comma 2, lettera e) della delega, introducendo una sanzione amministrative accessoria da applicare ad alcuni specifici reati depenalizzati.
La sanzione accessoria è la sospensione della concessione, della licenza, dell’autorizzazioni o di altro provvedimento amministrativo che consente l’esercizio dell’attività dalla quale è derivato l’illecito e dovrà avere una durata minima di 10 giorni e massima di 3 mesi.
La sanzione amministrativa accessoria dovrà essere applicata – tanto dall’autorità amministrativa in sede di ordinanza ingiunzione di pagamento, quanto dall’autorità giudiziaria in caso di ricorso avverso l’ordinanza – in presenza di una reiterazione specifica dei seguenti illeciti:
§ rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive, previsto dall’art. 668 c.p., come modifica dal comma 5 dell’art. 2 (v. sopra);
§ concessione in uso di opere protette dalla legge sul diritto d’autore in violazione della legge, prevista dall’art. 171-quater della legge n. 633 del 1941, come modificata dall’art. 3, comma 2, dello schema (v. sopra).
Il comma 3 della disposizione in commento esclude, inoltre, che per questi illeciti sia ammesso il pagamento in misura ridotta.
Si ricorda che l’articolo 16 della legge n. 689 del 1981 consente il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla somma minore tra:
§ la terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa;
§ il doppio del minimo della sanzione edittale oltre alle spese del procedimento, entro 60 giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
Si chiarisca se
l’inammissibilità del pagamento in misura ridotta riguarda la commissione del
singolo illecito, ovvero la reiterazione specifica dello stesso.
L’articolo 5 disciplina l’ipotesi in cui il reato oggetto di depenalizzazione preveda attualmente una fattispecie aggravata per l’ipotesi di reiterazione dell’illecito.
Il Governo conferma in questo caso la fattispecie aggravata, riconducendola a una reiterazione dell’illecito amministrativo, invece che dell’illecito penale. La fattispecie aggravata conserverà un rilievo penale.
Sul punto, la relazione illustrativa chiarisce le ragioni di questa disposizione e fornisce un utile esempio in riferimento alla giuda senza patente.
«In assenza della norma di coordinamento, la fattispecie aggravata sarebbe stata destinata a "cadere" in quanto sarebbe venuto meno quel suo elemento costitutivo rappresentato appunto dalla "recidiva", non essendo più possibile riferire tale istituto giuridico ad un illecito amministrativo. Si è, dunque, disposto che in tali ipotesi la "recidiva" vada intesa con riferimento alla reiterazione dell'illecito depenalizzato definitivamente accertato. A titolo esemplificativo, la norma è destinata ad operare con riguardo all'articolo 116, comma 15, del codice della strada, che punisce con la sola pena pecuniaria la condotta di guida senza patente (pertanto, depenalizzata in forza dell'articolo 1 del decreto), e che contempla, poi, la pena dell'arresto fino ad un anno nel caso di recidiva nel biennio».
Articolo 6
(Il rinvio al procedimento previsto dalla
legge n. 689 del 1981)
L’articolo 6 rinvia, per il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, alla legge n. 689 del 1981, Modifiche al sistema penale, richiamandone in particolare il capo I (Sanzioni amministrative), sezione I (Principi generali) e II (Applicazione).
Per quanto riguarda i principi generali, si tratta delle disposizioni (artt. 1-12) relative al principio di legalità, alla responsabilità dell’illecito, al concorso di persone nell’illecito e alla reiterazione dello stesso, nonché ai limiti minimi e massimi delle sanzioni pecuniarie (limiti ben al di sotto di quelli previsti ora dallo schema di decreto legislativo).
Per quanto riguarda l’applicazione delle sanzioni amministrative, la legge n. 689 del 1981 (artt. 13-31) delinea il seguente schema:
§ accertamento, contestazione-notifica al trasgressore;
§ pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all’autorità amministrativa;
§ archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento da parte dell’autorità amministrativa;
§ eventuale opposizione all’ordinanza ingiunzione davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale);
§ accoglimento dell’opposizione, anche parziale o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);
§ eventuale esecuzione forzata per la riscossione delle somme.
Dal punto di vista procedimentale, occorre innanzitutto che la violazione amministrativa sia accertata dagli organi di controllo competenti o dalla polizia giudiziaria (art. 13). L'attività di accertamento può consistere nell'assunzione di informazioni, nell'ispezione della dimora privata, in rilievi segnaletici, fotografici e nel sequestro cautelare della cosa che è stata utilizzata per commettere l'illecito o che ne costituisce il prezzo o il profitto (come avviene in caso di guida di autoveicolo non coperto da assicurazione obbligatoria o senza documento di circolazione). In particolare, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, oltre che esercitare i poteri indicati, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del competente tribunale territoriale. È fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.
La violazione deve essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 giorni (art. 14); entro i successivi 60 giorni l'autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione o pagamento in misura ridotta, art. 16).
In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all'autorità competente; quest'ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l'ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (cd. ordinanza-ingiunzione, art. 18).
Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all’ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso all’autorità giudiziaria competente (art. 22, 22-bis).
In base all’art. 6 del decreto-legislativo 150/2011, l’autorità giudiziaria competente è il giudice di pace a meno che, per il valore della controversia (sanzione pecuniaria superiore nel massimo a 15.493 euro) o per la materia trattata (tutela del lavoro, igiene sui luoghi di lavoro e prevenzione degli infortuni sul lavoro; previdenza e assistenza obbligatoria; tutela dell'ambiente dall'inquinamento, della flora, della fauna e delle aree protette; igiene degli alimenti e delle bevande; valutaria; antiriciclaggio), non sussista la competenza del tribunale.
L'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un'ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento. Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito.
In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l’autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26)
Decorso il termine fissato dall’ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l’autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).
Il rinvio alla legge n. 689 del 1981 vale come parziale attuazione del principio e criterio direttivo dell’art. 2, comma 2, lett. q), della legge delega, che stabilisce che i decreti legislativi prevedano – a fronte dell’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria – la possibilità di definire il procedimento mediante il pagamento – anche rateizzato – di un importo pari alla metà della sanzione irrogata.
Si ricorda, infatti, che l’articolo 16 della legge n. 689 del 1981 consente il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla somma minore tra:
§ la terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa;
§ il doppio del minimo della sanzione edittale oltre alle spese del procedimento, entro 60 giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.
Quanto alla rateizzazione, l’articolo 26 della legge n. 689 prevede che l'autorità giudiziaria o amministrativa che ha applicato la sanzione pecuniaria possa disporre, su richiesta dell'interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, che la sanzione medesima venga pagata in rate mensili da tre a trenta; ciascuna rata non può essere inferiore a euro 15. In ogni momento il debito può essere estinto mediante un unico pagamento. Decorso inutilmente, anche per una sola rata, il termine fissato dall'autorità giudiziaria o amministrativa, l'obbligato è tenuto al pagamento del residuo ammontare della sanzione in un'unica soluzione.
Sul punto, la relazione illustrativa sottolinea che il principio di delega che fa riferimento congiunto alla "estinzione" del procedimento e alla sanzione "irrogata" rendendo «di difficile interpretazione la volontà del legislatore delegante. A ciò va aggiunto che non sembrano sussistere ragioni particolari per introdurre una nuova forma di estinzione anticipata del procedimento in rapporto solo ai nuovi illeciti depenalizzati dal presente decreto, rispetto ai quali – come già detto – non sono giustificabili esigenze peculiari per una disciplina differenziata e speciale».
Il pagamento in misura ridotta di metà della sanzione amministrativa è espressamente previsto dall’art. 9, comma 5, dello schema (v. infra), per gli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore della depenalizzazione.
Articolo 7
(Le autorità competenti all’applicazione
delle sanzioni amministrative)
La norma di delega
L’art. 2, comma 2, lettera f) della legge n. 67 del 2014 delega il Governo a individuare l’autorità competente a irrogare le sanzioni amministrative, rispettando i criteri di riparto indicati nella legge n. 689 del 1981.
Le autorità competenti a ricevere il rapporto e ad applicare la sanzione amministrativa pecuniaria sono quelle già individuate dal legislatore, nelle stesse fonti che introducono la sanzione. Se tale specifica individuazione non è fatta, è competente l'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, il prefetto (art. 17, comma 1, legge n. 689/81).
Lo stesso prefetto è individuato come autorità competente in relazione alla depenalizzazione di specifici articoli del codice penale (v. art. 2 dello schema).
Per le depenalizzazioni nominali realizzate dall’art. 3, l’autorità competente è il prefetto, tranne nei seguenti casi:
§ violazioni del diritto d’autore e violazioni della disciplina sulle ritenute previdenziali di competenza delle autorità già indicate dal legislatore;
§ violazioni relative ai materiali radioelettrici di competenza del Ministero dello sviluppo economico;
§ violazioni relative agli impianti di distribuzione dei carburanti di competenza del Sindaco.
Articolo 8
(La norma transitoria)
La norma di delega
L’art. 2 della legge n. 67 del 2014 non contiene alcuna previsione in ordine ad un'apposita normativa transitoria da accompagnare alla depenalizzazione.
In assenza di una disciplina che disponga l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative previste per gli illeciti depenalizzati, la giurisprudenza della Cassazione penale esclude che i fatti commessi quando la fattispecie costituiva reato possano essere sanzionati. Non è possibile sanzionarli né in via penale (essendosi verificata una abolitio criminis ai sensi dell’articolo 25 della Costituzione e dell’articolo 2, comma 2, del codice penale), né quali illeciti amministrativi, in quanto l’articolo 1 della legge n. 689 del 1981 stabilisce che «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione» (comma 1) e che «le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e nei tempi in esse considerati» (comma 2).
La Cassazione penale ha pertanto affermato che, nel caso in cui le leggi di depenalizzazione non contemplino norme transitorie, il giudice penale deve dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, senza tuttavia rimettere gli atti all’autorità amministrativa competente all’applicazione della sanzione pecuniaria.
L’articolo 8 prevede l’applicabilità delle sanzioni amministrative pecuniarie anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore dello schema di decreto legislativo, sempre che il procedimento penale non sia già stato definito in modo irrevocabile (comma 1).
Se il procedimento penale è stato già definito, in applicazione dell’art. 2, comma 2, c.p. («nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali»), il giudice dell’esecuzione revoca la condanna, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato (comma 2).
Per garantire il principio del favor rei, infine, il comma 3 dell’art. 8 precisa che in nessun caso potrà essere applicata in relazione a fatti commessi prima della depenalizzazione, una sanzione amministrativa pecuniaria di importo superiore al massimo della pena inflitta per il reato, anche tendo conto del ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie dell’art. 135 c.p.
Si valuti
l’opportunità di fare riferimento, oltre che alla pena inflitta, anche alla
pena prevista per il reato. Escludendo infatti che si tratti di procedimenti
penali già definiti con sentenza definitiva – per i quali opera il comma 2 – il
campo d’applicazione della disposizione riguarda i procedimenti penali in
corso, rispetto ai quali una pena non è stata ancora necessariamente inflitta.
Con l’articolo 8 dello schema il Governo ha inteso sopperire alla mancanza di uno specifico criterio di delega sul punto.
La relazione illustrativa motiva la scelta del Governo di introdurre la clausola generale dell’art. 8, comma 1 con diverse argomentazioni: «In primo luogo, si è considerato che la soluzione giurisprudenziale - peraltro, ineccepibile – consolidatasi in relazione a leggi di depenalizzazione totalmente prive di disciplina transitoria, non appare confacente con le esigenze sostanziali di tutela e neppure con quelle di parità di trattamento, dato che essa introduce una vistosa sperequazione tra chi ha commesso il fatto essendo vigente la legge penale e chi, invece, commette lo stesso fatto dopo la depenalizzazione.
In secondo luogo, si è argomentato alla luce della giurisprudenza costituzionale, e in particolare della sentenza n. 104/2014, che il rango costituzionale del principio di irretroattività delle sanzioni punitive amministrative ivi affermato presuppone l'omogeneità della natura dell'illecito penale e di quello (punitivo) amministrativo convergenti nell'identica "materia penale" come delineata, altresi, dalla giurisprudenza della Corte EDU. Proprio muovendo da quell'omogeneità, si deve ritenere che la depenalizzazione di reati "degradati" a illeciti amministrativi dia luogo ad· una vicenda sostanzialmente di successione dì leggi, nella quale deve, dunque, trovare attuazione il principio di retroattività in mitius, pienamente realizzato dall'applicazione retroattiva delle più favorevoli sanzioni amministrative in luogo di quelle originarie penali, sempre che sia garantito, come fa il comma 3 dell'articolo 8 del decreto, che la nuova sanzione sia irrogata in un ammontare non superiore al massimo di quella originaria.
In terzo luogo, si è valutato che, a fronte del silenzio serbato sul punto dal delegante, esso non può assumere un significato univoco nel senso della irretroattività della legge amministrativa alla luce della vigente disciplina in materia di segno contrario: il riferimento va, in particolare, al decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.
Pertanto, sono stati previsti nel decreto gli articoli 8 e 9, rispettivamente dedicati all'applicabilità delle sanzioni amministrative agli illeciti commessi anteriormente e alla trasmissione degli atti del procedimento penale all'autorità amministrativa, traendo decisiva ispirazione dalle già collaudate disposizioni contenute nel citato decreto legislativo n. 507 del 1999 (articoli 100-102).
Articolo 9
(Il rapporto tra procedimento penale e
procedimento amministrativo)
L’articolo 9 disciplina il passaggio dal procedimento penale al procedimento per gli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore della depenalizzazione.
In particolare:
§ entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo che realizza la depenalizzazione, l’autorità giudiziaria deve trasmettere gli atti del procedimento penale all’autorità amministrativa, salvo che il reato, a quella data, non risulti già prescritto o estinto per altra causa;
§ se non è stata ancora esercitata l’azione penale, a tale adempimento provvede il PM; contestualmente il PM chiede al giudice l’archiviazione del reato (la richiesta può essere cumulativa per diversi procedimenti penali);
§ se l’azione penale è stata esercitata, il giudice pronuncia in camera di consiglio sentenza inappellabile di assoluzione (o di non luogo a procedere) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato;
§ sul versante amministrativo, l’autorità che riceve gli atti dall’autorità giudiziaria ha 90 giorni (370 per i trasgressori che si trovino all’estero) per notificare gli estremi della violazione all’interessato;
§ dalla notificazione, il trasgressore ha tempo 60 giorni per procedere al pagamento in misura ridotta di metà della sanzione, determinando così l’estinzione del procedimento (e sul punto recuperando il principio di delega dell’art. 2, comma 2, lett. q)).
Articolo 10
(La clausola di invarianza)
Infine, l’articolo 10 contiene la consueta clausola di invarianza finanziaria. All’attuazione del provvedimento e agli adempimenti connessi le amministrazioni dovranno far fronte senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
[1] L’art. 679 c.p. (Omessa denuncia di materie esplodenti), pur prevedendo la pena dell’ammenda da 20 a 247 euro, è da ritenersi escluso dalla depenalizzazione in quanto riconducibile alla materia “armi ed esplosivi). Lo stesso può dirsi per la fattispecie prevista dall’art. 703 c.p. (Accensioni ed esplosioni pericolose), punita con l’ammenda da 20 a 103 euro.
L’art. 734 c.p. (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali) è da ritenere escluso dalla depenalizzazione – nonostante preveda la sola ammenda da 1.032 6 a 6.197 euro – in quanto riconducibile alle materia esclusa “reati in materia di ambiente, territorio e paesaggio”.
[2] R.D. 18 giugno 1931, n. 773, Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
[3] Legge 15 luglio 2009, n. 94 , Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.
[4] Decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.
[5] Decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori.
[6] Decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica.
[7] Cfr. S. Foà, Sicurezza pubblica, in Digesto (Discipline pubblicistiche), UTET, 1999.
[8] Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria dell'ammenda da euro 258 a euro 2.582, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essendo il reato attribuito alla competenza del giudice di pace.
[9] D.L. 12 settembre 1983, n. 463, Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini, convertito in legge, con modificazioni, con l'articolo unico, L. 11 novembre 1983, n. 638.
[10] Provvedimento abrogato dall' art. 24, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.
[11] Legge 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.