Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Gli interventi a sostegno del sistema bancario
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 318
Data: 19/10/2017
Organi della Camera: VI Finanze

 

GLI INTERVENTI A SOSTEGNO DEL SISTEMA BANCARIO

 

 

ottobre 2017

 


 

 

 

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Documentazione e ricerche n. 318

 

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INDICE

PREMESSA.. 2

Introduzione. 3

1. Gli interventi in materia di procedure di risoluzione di istituti bancari 8

2. Le disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio – Il decreto-legge 237/2016. 10

3. Il decreto-legge 99/2017  sulle banche venete. 60

4. Iniziative in tema di vigilanza sul sistema bancario, responsabilità degli esponenti bancari e educazione finanziaria. 99

§  La Commissione di inchiesta sul sistema bancario. 99

§  La responsabilità degli esponenti bancari 99

§  L’educazione finanziaria. 100

5. Le proposte legislative della Commissione europea in materia creditizia (“Pacchetto bancario”) 105

§  5.1 Pacchetto bancario. 108

§  5.2 Revisione delle norme in materia di vigilanza prudenziale delle banche (COM(2016) 850 e COM(2016) 853) 110

§  5.3 La proposta di modifica del regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR, COM(2016) 850) 111

§  5.4 La proposta di modifica della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD, COM(2016) 853) 117

§  5.5 Breve panoramica sugli altri documenti del pacchetto. 119

§  5.6 Gli esiti della indagine conoscitiva. 121

-     5.6.1 La valutazione della legislazione vigente e dell'iniziativa della Commissione  121

-     5.6.2 Il principio di proporzionalità. 123

-     5.6.3 I requisiti di capitale e di liquidità e l'aumento della capacità di prestito delle banche  124

-     5.6.4 La risoluzione delle crisi bancarie e la protezione dei risparmiatori 129

6. La gestione dei crediti deteriorati 137

 


 

PREMESSA

In questo dossier sono riepilogati i contenuti dei più rilevanti interventi normativi recenti in materia di crisi bancarie e di recepimento della normativa europea ed internazionale in materia di regolamentazione bancaria e finanziaria.

 

Per ulteriori aggiornamenti si rinvia al tema parlamentare Disposizioni in materia bancaria e creditizia e al dossier Normativa europea in materia bancaria e recepimento in Italia.

 


 

Introduzione

L'esigenza di fornire una normativa unica a livello di Unione europea sulla gestione delle crisi bancarie è emersa durante la crisi economica del 2007, la quale ha confermato come la gestione non oculata dei rischi derivanti dal settore bancario sia potenzialmente in grado di mettere in crisi la stabilità dell'intera area euro.

Proprio al fine di evitare tali rischi sono stati predisposte, e successivamente approvate, una serie di iniziative legislative il cui fine è dare vita ad una "Unione bancaria".

 

1) L'Unione bancaria

Il processo di costruzione dell'Unione bancaria ha preso l'avvio nel 2012 ed è in parte ancora in corso.

Per maggiori dettagli sull'Unione bancaria si rinvia, tra gli altri, al sito Internet della Commissione europea, della Banca centrale europea, del Consiglio dell'Unione e del Parlamento europeo.

 

L'Unione è fondata su tre pilastri:

1)   un meccanismo unico di vigilanza bancaria (single supervisory mechanism, SSM, istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013). Esso prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" (circa 130 su un totale di 6000 banche europee), e indirettamente – per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito.

L’11 ottobre 2017 la Commissione europea ha presentato una relazione sul meccanismo di vigilanza unico (COM(2017)591) nella quale valuta in modo complessivamente positivo i primi anni di funzionamento del SSM e chiarisce i poteri delle autorità di vigilanza riguardo alla loro facoltà di adeguare i livelli di accantonamento in relazione ai crediti deteriorati a fini della vigilanza;

2)   il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (istituito con il regolamento (UE) n. 806/2014), che mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd. bail-in).

3)   un sistema europeo di garanzia dei depositi bancari (European deposit insurance scheme, EDIS). La relativa proposta (COM(2015) 586) è stata presentata dalla Commissione europea nel novembre 2015 ed è tutt'ora all'esame del legislatore europeo. Per maggiori dettagli in merito a tale proposta, si rinvia al Dossier Sistema europeo di assicurazione dei depositi e completamento dell’Unione bancaria, a cura del Servizio studi del Senato della Repubblica e dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea della Camera dei deputati (gennaio 2016).

A tale riguardo, occorre rilevare che, a fronte delle difficoltà riscontrate nell’approvazione della suddetta proposta legislativa, l’11 ottobre 2017 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (COM(2017)592) in cui propone un’introduzione più graduale dell'EDIS. Le fasi previste sarebbero solo due: una fase di riassicurazione più limitata e quindi la coassicurazione. Tuttavia, il passaggio a questa seconda fase sarebbe subordinato ai progressi compiuti nella riduzione dei rischi bancari. Nella fase di riassicurazione l'EDIS fornirebbe la copertura della liquidità solo ai sistemi di garanzia dei depositi nazionali: in altre parole, fornirebbe temporaneamente i mezzi per garantire il pieno indennizzo in caso di crisi di una banca, mentre i sistemi di garanzia dei depositi nazionali dovrebbero rimborsare tale sostegno, garantendo che eventuali perdite continuino a essere coperte a livello nazionale. Nella fase di coassicurazione anche l'EDIS coprirebbe progressivamente le perdite.

 

2) Meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie.

Obiettivo primario del meccanismo unico è quello di assicurare che eventuali fallimenti bancari determinino un costo minimo per i contribuenti e l'economia reale.

Il meccanismo, disciplinato dal regolamento (UE) n. 806/2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010, è composto da:

1)     un'autorità unica di risoluzione al livello dell'UE, ovvero il Comitato di risoluzione unico. Si tratta (articolo 42 del regolamento (UE) n. 806/2014) di una Agenzia dell'Unione, con personalità giuridica, È composto da un Presidente, quattro membri a tempo pieno ed un membro nominato da ciascuno Stato membro partecipante. Il Comitato decide in merito ai programmi di risoluzione per le banche in dissesto; è direttamente responsabile delle fasi di pianificazione e risoluzione delle banche transfrontaliere e delle "grandi banche", soggette a vigilanza diretta della Banca centrale europea; è responsabile di tutti i casi di risoluzione per i quali si debba ricorrere al fondo unico di risoluzione; ha la responsabilità ultima per tutte le banche dell'Unione bancaria, potendo decidere in qualsiasi momento di esercitare su di esse i propri poteri. Si evidenzia che, in virtù dell'ampiezza dei poteri conferiti al Comitato, l'articolo 46 del regolamento ne prevede una forma di responsabilità anche nei confronti dei Parlamenti nazionali degli Stati membri partecipanti i quali, "tramite le proprie procedure, possono chiedere al Comitato di rispondere, e il Comitato è obbligato a rispondere per iscritto, a eventuali osservazioni o quesiti da essi sottoposti (...) con riferimento alle funzioni che gli sono attribuite (...)". Il Comitato collabora, nei modi descritti dal regolamento, con le autorità nazionali di risoluzione, designate dagli Stati membri partecipanti;

2)     un fondo di risoluzione comune, finanziato dal settore bancario. Operativo dal 1° gennaio 2016, è stato istituito con accordo intergovernativo e sarà alimentato da contributi delle banche per un totale stimato di 55 miliardi di euro. La ratifica in Italia ha avuto luogo con legge n. 188 del 26 novembre 2015. Per dettagli si rinvia alla Nota breve n. 99/2015 del Servizio studi del Senato della Repubblica del novembre 2015.

Il Fondo unico di risoluzione inizialmente è costituito di "comparti nazionali". Questi verranno gradualmente fusi nel corso di una fase transitoria della durata di otto anni. Questa messa in comune dei fondi versati inizierà con il 40% nel primo anno e un ulteriore 20% nel secondo anno, per poi aumentare continuamente con importi uniformi nei rimanenti sei anni, fintanto che i comparti nazionali non cesseranno di esistere. Al termine del processo di mutualizzazione, il Fondo dovrebbe raggiungere almeno l'1% dell'importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati membri dell'unione bancaria (pari al citato importo di circa 55 miliardi di euro).

 

Da un punto di vista operativo, l'iter di attivazione del meccanismo di risoluzione unico può essere sintetizzato come segue:

1)   la Banca centrale europea, in quanto autorità di vigilanza, comunica al Comitato di risoluzione unico che una banca è in dissesto o a rischio di dissesto;

2)   il Comitato decide se sia possibile trovare una soluzione al livello privato o se sia necessario ricorrere alla risoluzione nell'interesse pubblico. In quest'ultimo caso, il programma di risoluzione è adottato dal Comitato medesimo;

3)   il programma di risoluzione entra in vigore entro 24 ore dall'approvazione da parte del Comitato. Nelle 12 ore successive la Commissione europea ha la possibilità di presentare proposte di obiezione al Consiglio dell'Unione europea, che decide entro le successive 12 ore.

Si evidenzia che qualora si ritenesse che non siano soddisfatte le condizioni per la risoluzione, la banca sarebbe posta in liquidazione conformemente al diritto nazionale.

 

3) Risanamento e risoluzione delle banche

Accanto alla disciplina del meccanismo unico di risoluzione è opportuno richiamare la normativa introdotta dalla direttiva 2014/59/UE, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento Quest'ultima disciplina il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie, tentando di fornire alle autorità nazionali strumenti e poteri unificati per gestire le banche, nazionali o transnazionali, a rischio di dissesto. Tenta inoltre di ridurre al minimo l'impatto negativo dei fallimenti bancari sui contribuenti e istituisce fondi di risoluzione, finanziati dal settore bancario, per fornire eventuale sostegno alle banche in dissesto.

 

La direttiva cerca di limitare al minimo il default bancario introducendo strumenti di:

1)   preparazione e prevenzione attraverso la predisposizione, da parte di tutte le banche UE, di piani di risanamento aggiornati su base annuale; l'individuazione, da parte delle Autorità nazionali di risoluzione, di specifici piani per ciascuna banca; l'elaborazione di norme tecniche vincolanti, orientamenti e relazioni da parte dell'autorità bancaria europea. Si prevede, in particolare, l'istituzione di un Fondo di risoluzione nazionale ex ante, da utilizzare in caso di fallimento bancario. Questo sarà istituito dai contributi delle banche medesime e, entro il 2025, dovrà raggiungere almeno l'1 per cento dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi operanti nel loro paese;

2)   intervento precoce: le autorità nazionali di risoluzione hanno potere di intervento prima che la situazione di una banca si deteriori irreparabilmente. In particolare, possono chiedere l'attuazione di riforme urgenti; sollecitare l'elaborazione di un piano per la ristrutturazione del debito con i propri creditori; intervenire nella gestione della banca e nominare amministratori straordinari o temporanei;

3)   risoluzione della crisi di istituti in situazione critica. Le autorità nazionali dispongono di strumenti significativi di intervento, e segnatamente: la vendita di una parte dell'attività; l'istituzione di un ente-ponte a cui trasferire temporaneamente le attività sane; la separazione delle attività sane da quelle deteriorate; la conversione del debito in azioni o la sua svalutazione, in modo che le perdite siano imputate agli azionisti e ai creditori della banca e non ai contribuenti (cd. bail in).

 

Più in dettaglio, il sistema di bail in consiste nel far sostenere eventuali costi derivanti da crisi bancarie in primis da azionisti e creditori della banca. Un fondo di risoluzione copre le relative perdite e può essere usato quando siano state imputate ad azionisti e creditori perdite per almeno l'8 per cento delle passività totali della banca. Il contributo del fondo è, comunque, di norma limitato al 5 per cento delle passività stesse.

I depositi di cittadini e piccole e medie imprese fino a 100.000 euro sono esenti da perdite e protetti dal sistema di garanzia dei depositi.

La trasposizione nel diritto nazionale è intervenuta con i decreti legislativi n. 181 del 16 novembre 2015 e n. 180 del 16 novembre 2015, in attuazione della delega contenuta nella legge n. 114 del 2015 (Legge di delegazione europea 2014).

 

Si rammenta che in data 9 ottobre u.s. l'SSM ha reso noti gli esiti degli stress test sui tassi di interesse. condotti quest’anno sui bilanci dei maggiori 111 istituti europei. L'obiettivo era quello di comprendere gli effetti che la variazione della curva dei tassi di interesse può generare sui margini e sul patrimonio delle banche europee.

In sintesi, il comunicato riferisce:

La BCE pubblica i risultati di un esercizio di vigilanza basato su vari scenari ipotetici di variazione dei tassi di interesse.

Tassi di interesse più elevati determinerebbero un aumento del reddito netto da interessi nei prossimi tre anni per la maggior parte delle banche, ma anche una riduzione del valore economico del capitale proprio.

I responsabili della vigilanza daranno seguito ai risultati dell’esercizio nel dialogo di vigilanza con le singole banche.

I bilanci delle banche (con riferimento ai dati di fine 2016) sono stati testati in sei scenari di stress, immaginando rialzi o innalzamenti paralleli della curva, irripidimenti o appiattimenti.

Gli esiti appaiono essere stati positivi. La nota della Bce riferisce infatti che «La BCE ritiene appropriata la gestione del rischio di tasso di interesse presso la maggior parte delle banche europee

Va rilevato che i risultati sono stati per il momento forniti solo su base aggregata, senza dettagliare gli esiti in maniera granulare e non era in ogni caso prevista la necessità per gli istituti di superare obiettivi specifici atteso che tali analisi erano finalizzate a fornire informazioni per l'attività di vigilanza sulla capacità di far fronte a mutamenti di mercato. La BCE ha comunque previsto alcune conseguenze "premiali" in termini di richieste di capitale a fronte della capacità degli istituti di saper difendersi dai rischi potenziali. A tal fine i 111 istituti sono stati classificati in quattro classi. Le prime due classi (rispettivamente formate da 12 e 48 banche) hanno beneficiato di una riduzione nelle richieste patrimoniali che è arrivata fino a 25 punti base nella migliore delle ipotesi, mentre le altre due (34 e 17 banche) hanno registrato un aumento dei requisiti fino a 25 pb nel peggiore dei casi. Il quantum dell’eventuale modifica patrimoniale sarebbe già stato comunicato alle banche nei mesi scorsi, e diventerà parte integrante delle soglie SREP di fine anno. Da quanto riferito da fonti di stampa, l'esame, che ha visto coinvolti i 10 maggiori istituti domestici (Intesa Sanpaolo, UniCredit, BancoBpm, Ubi, Bper, Mediobanca, Popolare Sondrio, Carige, Credem e Iccrea) - vedrebbe gran parte delle banche italiane collocarsi tra le banche di classe 2 e 3, mentre nessuna italiana si troverebbe nella fascia superiore.[1]

 


 

1. Gli interventi in materia di procedure di risoluzione di istituti bancari

 

Negli ultimi anni gli utili delle banche italiane hanno risentito di una profonda crisi dovuta alle maggiori perdite su crediti e al calo dei ricavi. Per effetto delle crisi d’impresa, tra il 2008 e il 2016 le svalutazioni sui prestiti hanno assorbito l’80% del risultato di gestione[2].

Al fine di fare fronte alle situazioni di difficoltà degli istituti bancari nazionali, negli ultimi tre anni sono stati adottati alcuni provvedimenti d'urgenza intesi ad evitare le conseguenze, talvolta irreparabili, di eventuali situazioni di default di istituti di credito.

 

Il decreto - legge n. 183 del 2015 e la legge di stabilità 2016

 

Con il decreto in parola, nel quadro delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie, si è inteso agevolare l’attuazione dei programmi di risoluzione della Cassa di risparmio di Ferrara Spa, della Banca delle Marche Spa, della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa.

Con i commi da 842 a 854 della legge di stabilità 2016 il decreto-legge n. 183 del 2015 è stato abrogato, fermi restando gli atti adottati, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo provvedimento.

Più in dettaglio, il comma 842 costituisce gli enti - ponte previsti dai provvedimenti di avvio della risoluzione dei predetti istituti bancari.

Con effetto dalle ore 00,00 del 23 novembre 2015 sono state pertanto costituite quattro società per azioni: Nuova Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., Nuova Banca delle Marche S.p.A., Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio S.p.A., Nuova Cassa di risparmio di Chieti S.p.A. Tali enti hanno per oggetto lo svolgimento dell'attività di ente - ponte, con l'obiettivo di mantenere la continuità delle funzioni essenziali precedentemente svolte dalle medesime banche e, ove le condizioni di mercato siano adeguate, cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le attività o le passività acquistate, in conformità con le disposizioni nazionali. Agli enti - ponte così costituiti possono essere trasferiti azioni, partecipazioni, diritti, nonché attività e passività delle banche in risoluzione.

E' stato affidato alla Banca d'Italia il compito di adottare lo statuto, no minare i primi componenti degli organi di amministrazione e controllo e determinare i compensi degli organi apicali dei nuovi istituti. L’istituto ha adottato i provvedimenti di nomina dei primi componenti degli organi di amministrazione e di controllo degli enti così costituiti.

Sono state chiarite le modalità con cui il sistema bancario nazionale provvede a somministrare al Fondo di risoluzione nazionale i mezzi finanziari necessari all'adempimento degli obblighi assunti da questo prima dell'avvio del meccanismo di risoluzione unico, qualora le contribuzioni ordinarie e straordinarie già versate non siano sufficienti. È previsto il trattamento sanzionatori o per il caso di inadempimento dell'obbligo di versare al Fondo di risoluzione nazionale i contributi addizionali.

La trasformazione in credito d'imposta delle DTA - Deferred Tax Assets, iscritte nella situazione contabile di riferimento dell'ente sottoposto a risoluzione decorre dalla data di avvio della risoluzione ed opera sulla base dei dati della medesima situazione contabile. Sono escluse dalle sopravvenienze attive (dunque dall'IRES) i versamenti effettuati dal fondo di risoluzione agli enti ponte.

Per ulteriori approfondimenti vedi il tema parlamentare La risoluzione degli istituti bancari.

 


 

2. Le disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio – Il decreto-legge 237/2016

Il provvedimento disciplina (Capo I) la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia (articoli 1-9) e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance – ELA, articoli 10-11).

 

La garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, sulla base di una decisione positiva della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale.

Per accedere alla garanzia gli strumenti di debito devono essere emessi successivamente all'entrata in vigore del decreto legge, con durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni (o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite), e rimborso del capitale in un’unica soluzione a scadenza; essi inoltre devono essere a tasso fisso, in euro, senza clausole di subordinazione nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi, non devono essere titoli strutturati o prodotti complessi né incorporare una componente derivata.

L'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie; l'ammontare massimo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza.

L’autorità di vigilanza verifica il rispetto dei requisiti di fondi propri e l’inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress. La garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; ovvero a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte a seguito di notifica individuale alla Commissione.

La garanzia è onerosa, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta e copre il capitale e gli interessi; il valore nominale degli strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia non può eccedere un terzo del valore nominale totale degli strumenti finanziari emessi dalla banca; son escluse dalla garanzia le passività computabili nei fondi propri a fini di vigilanza.

 

Nel caso di banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, di banche in risoluzione e di ente-ponte, la garanzia può essere concessa, su strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, in deroga al limite minimo di durata di tre mesi ordinariamente fissato dalle norme.

Il corrispettivo per la garanzia è determinato caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia.

La richiesta della garanzia è presentata secondo un modello predisposto dal Dipartimento del Tesoro, il quale la concede sulla base di una valutazione positiva della Banca d’Italia. A specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico, da sottoporre alla Commissione europea.

Qualora una banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita, invia - entro 30 giorni dalla scadenza - una richiesta motivata alla Banca d’Italia e al Tesoro, il quale provvede al pagamento. La banca rimborsa le somme pagate dallo Stato con l’applicazione di interessi al tasso legale; contestualmente, essa presenta un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea.

Le somme corrisposte dal Tesoro agli istituti di credito per onorare la garanzia sono vincolate per destinazione e non aggredibili da altri creditori della banca a diverso titolo.

 

Un primo intervento di sostegno al settore bancario è stato adottato con il decreto-legge n. 18 del 2016, che ha recepito l’accordo raggiunto con la Commissione Europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).

La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze per liberare risorse da destinare al finanziamento del sistema produttivo.

In estrema sintesi, oggetto della garanzia dello Stato sono solo le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese.

Non si procede al rimborso dei titoli più rischiosi se prima non sono integralmente rimborsate le tranches di titoli coperto dalle garanzie di Stato.

Le garanzie possono essere chieste dagli istituti che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione europea al fine di non dar vita ad aiuti di Stato.

Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di introdurre nel meccanismo un incentivo a recuperare velocemente i crediti.

Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare.

Tale piano rientra in una più ampia strategia strutturale (come esposto nel comunicato del MEF del 27 gennaio 2016), basata, oltre che sul ritorno alla crescita economica, anche:

§  sul già esposto consolidamento del settore bancario, attraverso la riforma delle maggiori Banche popolari, la riforma delle Fondazioni bancarie e la riforma delle Banche di credito cooperativo;

§  riduzione dei tempi di recupero dei crediti, in Italia storicamente più alti che altrove. In particolare, con il decreto-legge n. 83 del 2015 è stata introdotta una prima revisione delle procedure concorsuali, in attesa della più ampia riforma della legge fallimentare. Tali interventi intendono ridurre i costi di recupero crediti e migliorare il prezzo potenziale dei crediti deteriorati in caso di cessione.

 

A luglio 2016 l’incertezza diffusasi sui mercati indusse il Governo italiano a notificare alla Commissione europea, che l’ha approvata, l’intenzione di concedere, entro il 2016 e solo qualora ve ne sia la necessità, la garanzia dello Stato a passività bancarie di nuova emissione, remunerata a condizioni di mercato e nel rispetto della disciplina sugli aiuti di Stato. Si segnala che la Commissione riferisce che finora nessuna banca italiana ha approfittato di questa possibilità.

La Banca d’Italia rileva come la situazione dei mercati possa creare rischi sistemici per i singoli Stati membri e per l’area nel suo complesso, che richiedono la predisposizione di un sistema di sostegno finanziario pubblico da attivare in caso di necessità; le norme comunitarie prevedono, con riferimento ai risultati delle prove di stress, la possibilità di interventi pubblici precauzionali di ricapitalizzazione nel settore bancario per evitare gravi perturbazioni dell’economia e per preservare la stabilità finanziaria.

Nell’informativa resa al Parlamento il 3 agosto 2016, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha fatto presente la strategia del Governo si è basata e si basa sullo sfruttamento delle sinergie tra intervento pubblico e iniziativa del mercato.

Il 30 dicembre 2016 la Commissione europea ha comunicato di aver concesso alle autorità italiane di prorogare di ulteriori sei mesi (fino a giugno 2017) le garanzie pubbliche per aiutare gli istituti di credito a raccogliere liquidità sui mercati finanziari. In sostanza, grazie a questa proroga, allo Stato è permesso facilitare la raccolta di denaro sui mercati da parte di un istituto di credito, garantendo l’operazione. La garanzia è a titolo oneroso e può essere concessa su strumenti di debito a tasso fisso e non subordinati nel rimborso. Inoltre i titoli garantiti potranno comunque essere utilizzati dagli istituti come collaterale per ottenere la liquidità della Bce.

Il 6 settembre 2017 la Commissione UE ha concesso, ai sensi della disciplina degli aiuti di Stato, la proroga per 12 mesi del predetto schema di garanzie.

 

L’articolo 1 disciplina la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia.

Ai sensi del comma 1, al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, il Ministero dell'economia e delle finanze può concedere, fino al 30 giugno 2017 e nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, la garanzia dello Stato su passività delle banche italiane, vale a dire le banche aventi sede legale in Italia (comma 2).

Sono espressamente richiamati l'articolo 18 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 e l'articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del Regolamento UE n. 806/2014.

 

Come anticipato nel presente lavoro, con regolamento UE n. 806/2014, pienamente operativo da gennaio 2016, è stato introdotto il Meccanismo di risoluzione unico delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (SIM) che prestano servizi che comportano l’assunzione di rischi in proprio (Single Resolution Mechanism, SRM), complementare al Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell’area dell’euro mediante una gestione centralizzata delle procedure di risoluzione. Il regolamento mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd. bail-in).

Accanto al predetto regolamento, la direttiva 2014/59/UE ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Detta direttiva (direttiva BRRD - Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di "risoluzione" della crisi.

I decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 2015 hanno recepito la direttiva 2014/59/UE. In caso di rapido deterioramento della situazione, la banca attiva i propri piani di risanamento, anche accedendo alle forme di sostegno all'interno dei gruppi bancari, nonché può essere sottoposta a misure di intervento precoce. In particolare, la Banca d’Italia può chiedere alla banca di dare attuazione, anche parziale, al proprio piano di risanamento già adottato o di preparare un piano per negoziare la ristrutturazione del debito con tutti o alcuni creditori secondo il piano di risanamento, ove applicabile, o di modificare la propria forma societaria (d.lgs. n. 181 del 2015).

Qualora la banca si trovi in dissesto o a rischio di dissesto, le Autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione possono attivare diverse misure, tra cui il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli ed il cd. bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali (d.lgs. n. 180 del 2015).

Il considerando 41 della direttiva chiarisce che la fornitura del sostegno finanziario pubblico straordinario non dovrebbe attivare la procedura di risoluzione quando, a titolo di misura cautelare, uno Stato membro rileva una quota di partecipazione azionaria di un ente, anche di proprietà pubblica, che soddisfa i suoi requisiti patrimoniali. Ciò può verificarsi, ad esempio, quando un ente deve raccogliere nuovo capitale a causa dell'esito di prove di stress basate su scenari o di un esercizio equivalente svolti da autorità macroprudenziali che comprenda il requisito di preservare la stabilità finanziaria in un contesto di crisi sistemica, ma l'ente non è in grado di raccogliere capitale sui mercati privati.

Conformemente all’articolo 32 della direttiva (par. 4, lettera d)), quindi, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, può essere concesso sostegno finanziario pubblico straordinario a una banca, senza che ciò comporti il dissesto e la conseguente risoluzione della medesima, alle seguenti condizioni (contenute anche all’articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del Regolamento n. 806/2014, e recepite dall’articolo 18 del d.lgs. n. 180 del 2015):

 

§  il sostegno pubblico è erogato in una delle seguenti forme:

§  una garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalla banca centrale alle condizioni da essa applicate;

§  una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione;

§  la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto non ricorrono i presupposti per il dissesto o per la riduzione o la conversione; in tal caso, la sottoscrizione è effettuata unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress test;

 

§  a condizione che il sostegno finanziario pubblico straordinario:

§  sia erogato previa approvazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato e sia riservato a banche con patrimonio netto positivo;

§  sia adottato su base cautelativa e temporanea, in misura proporzionale alla perturbazione dell'economia;

§  non venga utilizzato per coprire perdite che la banca ha registrato o verosimilmente registrerà nel prossimo futuro.

 

Per quanto riguarda la disciplina europea in materia di aiuti di Stato, si ricorda che il 10 luglio 2013 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato in favore delle banche nel contesto della crisi finanziaria. La comunicazione, che modifica, a partire dal 1° agosto 2013, il quadro regolamentare introdotto con la comunicazione del 6 dicembre 2011, introduce le seguenti novità: prima di ricevere il sostegno pubblico, la banca dovrà presentare un piano di ristrutturazione; il sostegno pubblico dovrà essere preceduto dal contributo di azionisti e creditori junior; nella fase di ristrutturazione, la banca dovrà applicare rigorose politiche di remunerazione dei dirigenti.

 

In particolare, si prevede che:

a)    quanto alle misure di ricapitalizzazione,

1.    in caso di carenza di capitale, (anche accertata mediante stress test o asset quality review) la banca che voglia beneficiare del sostegno pubblico attui, in primo luogo, un piano di rafforzamento patrimoniale mediante misure di mercato (approvato dall'autorità di vigilanza) della durata massima di sei mesi;

2.    a fronte di un eventuale fabbisogno residuo di capitale siano imposte ad azionisti e creditori subordinati misure di condivisione delle perdite (c.d. burden sharing) consistenti nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni; in ogni caso, è fatto salvo il principio secondo cui a nessun creditore subordinato possono essere imposte perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbe subito in caso di liquidazione (cd. principio del no creditor worse off);

3.    si può evitare l'imposizione di tali misure qualora esse mettano in pericolo la stabilità finanziaria o determinino risultati sproporzionati;

4.    la banca possa ricevere sostegno pubblico per far fronte a eventuali esigenze di capitale residue solo dopo l'attuazione delle misure sopra descritte;

 

b)   quanto alle misure di liquidità,

1.    è possibile prevedere un regime applicabile a tutte le banche che ne facciano richiesta, purché l'accesso sia limitato alle banche che non presentino carenze di capitale, o in alternativa misure su base individuale aperte anche a banche che presentino una carenza di capitale, con l'obbligo di presentare un piano di ristrutturazione entro due mesi dalla concessione della garanzia;

2.    le garanzie possono essere concesse solo su passività non subordinate di nuova emissione, con scadenze non superiori a cinque anni e con limiti quantitativi quanto a quelle con scadenze superiori a tre anni;

3.    la remunerazione deve essere in linea con quanto previsto dalla cd Comunicazione di proroga, Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione, dal 1° gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (2011/C 356/02).

 

Il comma 3 dell’articolo 1 chiarisce che la garanzia può essere concessa solo dopo la positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale.

 

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il periodo di sei mesi previsto per la concessione della garanzia può essere esteso fino a un massimo di ulteriori sei mesi; anche in tale caso è prevista la preventiva approvazione da parte della Commissione europea (comma 4).

 

Il comma 5 individua la Banca Centrale Europea (in relazione alle banche cosiddette sistemiche) e la Banca d'Italia (per le banche di minori dimensioni) quali Autorità competenti, secondo le modalità e nei casi previsti dal Regolamento (UE) del Consiglio n. 1024/2013 del 15 ottobre 2013.

 

Il già citato regolamento UE n. 1024/2013 ha istituito il Meccanismo unico di vigilanza bancaria (Single supervisory mechanism, SSM, che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" (circa 130 su un totale di 6000 banche europee), e indirettamente - per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito.

Le banche sistemiche sono quelle il cui valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro, ovvero il rapporto tra le attività totali e il PIL dello Stato membro in cui sono stabilite supera il 20%, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro (per quanto riguarda l’Italia, l’elenco comprende 15 istituti di credito: Banca Carige, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare di Vicenza, Barclays Italia, Credito Emiliano, Iccrea Holding, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit, Unione di Banche Italiane e Veneto Banca.

 

L’articolo 2 definisce le caratteristiche degli strumenti finanziari per i quali può essere concessa la garanzia dello Stato.

 

Si tratta di strumenti di debito emessi da banche italiane che presentino congiuntamente le seguenti caratteristiche, conformemente a quanto previsto dal punto 59 della Comunicazione sugli aiuti di Stato del 1° agosto 2013:

§  sono emessi successivamente all'entrata in vigore del presente decreto legge, anche nell'ambito di programmi di emissione preesistenti, e hanno durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite di cui all'articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130 (comma 1, lettera a);

 

Si ricorda che la legge 30 aprile 1999 n. 130 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico una disciplina generale e organica in materia di operazioni di cartolarizzazione di crediti, consentendone la realizzazione attraverso società di diritto italiano appositamente costituite. Le cartolarizzazioni consistono in operazioni finanziarie complesse caratterizzate dalla presenza di più negozi giuridici tra loro collegati, mediante i quali portafogli di crediti (derivanti, ad esempio, da mutui o altre forme di impiego) vengono selezionati e aggregati al fine di costituire un supporto finanziario a garanzia di titoli (asset backed securities - ABS) collocati nel mercato dei capitali.

L’articolo 7- bis della legge n. 130 del 1999, introdotto dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha dettato una disciplina delle obbligazioni bancarie garantite da specifiche attività, con l’obiettivo di contenere i costi della provvista e di conseguire i vantaggi regolamentari riconoscibili, in base alla normativa comunitaria, agli strumenti di raccolta assistiti da determinate garanzie. Le modalità applicative sono state dettate dalla Banca d’Italia con il Provvedimento 24 marzo 2010.

In tale ambito il decreto-legge n. 102 del 2013 (articolo 6), al fine di sostenere l’accesso all’abitazione e il settore immobiliare ha autorizzato Cassa depositi e prestiti ad acquistare obbligazioni bancarie garantite (covered bond) a fronte di portafogli di mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali e/o titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti derivanti da mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali, per favorire la diffusione di tali strumenti presso le banche autorizzate al fine di aumentarne le disponibilità finanziarie per l’erogazione di finanziamenti ipotecari.

 

Si segnala inoltre che il punto 59, lettera b) della Comunicazione prevede che le garanzie con scadenza superiore a tre anni, tranne nei casi debitamente giustificati, devono essere limitate a un terzo delle garanzie in essere concesse alla singola banca (condizione recepita all’articolo 5 del decreto-legge).

 

§  prevedono il rimborso del capitale in un’unica soluzione a scadenza (comma 1, lettera b);

§  sono a tasso fisso (comma 1, lettera c);

§  sono denominati in euro (comma 1, lettera d);

§  non presentano clausole di subordinazione nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi (comma 1, lettera e);

§  non sono titoli strutturati o prodotti complessi né incorporano una componente derivata (comma 1, lettera f).

 

Più in dettaglio, il punto 59 della Comunicazione stabilisce che per poter essere autorizzati dalla Commissione, le garanzie e il sostegno alla liquidità devono soddisfare i seguenti requisiti:

a.    le garanzie possono essere concesse solo per le nuove emissioni di debito di primo rango (senior) degli enti creditizi (il debito subordinato è escluso);

b.    le garanzie possono essere concesse soltanto sugli strumenti di debito con scadenze da tre mesi a cinque anni (o un massimo di sette anni in caso di obbligazioni garantite);

c.    il livello minimo di remunerazione delle garanzie statali deve essere in linea con la formula di cui alla comunicazione di proroga del 2011;

d.   si deve presentare alla Commissione un piano di ristrutturazione entro due mesi per ciascun ente creditizio al quale siano state concesse garanzie su nuove passività o su passività rinnovate e per il quale, al momento della concessione della nuova garanzia, l'importo totale delle passività garantite (incluse le garanzie concesse prima della data di tale decisione) sia superiore sia al 5 % delle passività totali che a un importo totale di 500 milioni di EUR;

e.    per ciascun ente creditizio per il quale è necessario attivare la garanzia si deve presentare un piano di liquidazione o di ristrutturazione individuale entro due mesi dalla data in cui la garanzia è stata attivata;

f.     i beneficiari di garanzie e di sostegno alla liquidità devono astenersi da qualsiasi pubblicità che faccia riferimento al sostegno statale e da qualsiasi strategia commerciale aggressiva che non avrebbe luogo senza il sostegno dello Stato membro.

 

Ai sensi del successivo punto 60, per i regimi di garanzia e di sostegno alla liquidità, devono essere soddisfatti i seguenti criteri aggiuntivi:

a.    il regime deve essere limitato alle banche che non presentano una carenza di capitale quale certificata dalle competenti autorità di vigilanza;

b.    le garanzie con scadenza superiore a tre anni devono essere limitate a un terzo delle garanzie totali concesse alle singole banche;

c.    gli Stati membri devono riferire alla Commissione con frequenza trimestrale sui seguenti aspetti: i) il funzionamento del regime, ii) le emissioni di debito garantito e iii) le spese effettivamente addebitate;

d.   gli Stati membri devono integrare le proprie relazioni sull'applicazione del regime con le informazioni aggiornate disponibili sul costo dell'emissione di debito analogo non garantito (natura, volume, rating, valuta).

 

 

L’articolo 3 introduce alcuni limiti alla concessione della garanzia statale.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, l'ammontare delle garanzie concesse è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie.

 

Il comma 2 prevede inoltre che l'ammontare massimo complessivo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza.

 

La disciplina sui requisiti patrimoniali

Allo scopo di ridurre l’eventualità di crisi bancarie di carattere sistemico suscettibili di mettere a rischio la stabilità finanziaria complessiva, sono state introdotte nell’ordinamento europeo (attraverso il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE, cosiddetta Capital Requirements Directive IV – CRD IV) norme che recepiscono l'accordo di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche.

Obiettivo della disciplina è di imporre alle banche di accantonare un capitale adeguato per far fronte ad eventuali perdite inattese e rimanere comunque solvibili in situazioni di crisi. L’importo del capitale è correlato ai rischi legati alle attività svolte; per le attività più sicure è previsto un fattore di ponderazione minore. Il capitale Tier 1 è quello previsto per consentire a ciascuna banca di svolgere la sua attività preservandone la solvibilità; il capitale Tier 2 è invece riferito al caso di cessazione di attività e risponde allo scopo di permettere alla banca di rimborsare i depositanti e i creditori privilegiati in caso di insolvenza. L’importo totale del capitale deve essere pari almeno all’8% delle attività ponderate per il rischio. La percentuale di capitale Tier 1 (di elevatissima qualità) deve rappresentare il 4,5% delle attività ponderate per il rischio. E’ inoltre previsto a carico delle istituzioni finanziarie l’obbligo di disporre di attività liquide sufficienti per far fronte a eventuali deflussi in dipendenza di forti stress. A tal fine è stabilito un coefficiente di copertura della liquidità di ammontare crescente dal 60% nel 2015 al 100% nel 2018. Da ultimo, la disciplina ha introdotto norme volte a ridurre leve finanziarie eccessive (rapporto tra il capitale e le sue attività totali), suscettibili di provocare conseguenze negative sulla solvibilità delle banche.

 

La Banca d’Italia ha quindi dato avvio all’attuazione in Italia della direttiva 2013/36/UE con l’emanazione delle disposizioni di vigilanza per le banche (circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, successivamente aggiornata nel tempo).

Le disposizioni sono entrate vigore il 1° gennaio 2014, data dalla quale è direttamente applicabile nei singoli Stati il menzionato regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) in materia di requisiti patrimoniali.

In particolare con l’aggiornamento del 6 maggio 2014 alle Disposizioni di vigilanza per le banche è stato inserito, alla parte prima, il nuovo titolo IV "Governo societario, controlli interni, gestione dei rischi", capitolo 1 "Governo societario" (comunicato stampa della Banca d'Italia). Le norme confermano principi già presenti nelle recedenti disposizioni, tra cui: la chiara distinzione di compiti e poteri tra gli organi societari; l'adeguata dialettica interna; l'efficacia dei controlli e una composizione degli organi societari coerente con le dimensioni e la complessità delle aziende bancarie.

A livello di normativa primaria, è col decreto legislativo n. 72 del 2015 che sono state apportate le modifiche al Testo Unico Bancario e al Testo Unico della Finanza volte a recepire, a livello legislativo, la direttiva 2013/36/UE, conformemente alla delega conferita dalla legge 7 ottobre 2014, n. 154 (legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre).

Le principali disposizioni del predetto decreto legislativo prevedono:

§  una complessiva riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale, valida non solo per il settore bancario e creditizio, ma che si estende anche agli enti operanti nel settore finanziario (ovvero i soggetti disciplinati dal TUF). Le linee guida della riforma prevedono l'integrazione dei vigenti requisiti con criteri di competenza e correttezza, la cui individuazione concreta spetta alla normativa di rango secondario (articoli 23 e 91 della CRD IV); il divieto di cumulo degli incarichi;

§  un rafforzamento dei poteri di intervento e correttivi delle Autorità di vigilanza (Banca d'Italia e Consob);

§  specifici meccanismi di segnalazione, sia all'interno degli intermediari che presso l'autorità di vigilanza, delle eventuali violazioni normative;

§  l'obbligo di astensione di soci e amministratori nelle delibere in cui presentino un interesse in conflitto, in luogo del vigente obbligo dell'amministratore di dare notizie al board dell'interesse di cui è portatore in una specifica operazione;

§  il rafforzamento dei poteri della Banca d'Italia;

§  in ordine alle sanzioni, oltre agli adeguamenti dei massimali e dei minimi secondo quanto previsto dalla legge delega, le disposizioni proposte differenziano inoltre tra persone fisiche e giuridiche;

§  secondo quanto previsto dalla norma di delega, si svincola il potere regolamentare della Banca d'Italia dalla necessità di una previa deliberazione del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR).

 

L’articolo 4 detta le condizioni alle quali è consentita la concessione della garanzia: l’autorità di vigilanza verifica il rispetto dei requisiti di fondi propri e l’inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress. La garanzia può essere concessa a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; ovvero anche a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte a seguito di notifica individuale alla Commissione.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, l’Autorità competente è chiamata a svolgere una valutazione caso per caso delle seguenti condizioni da parte della banca richiedente:

§  il rispetto dei requisiti di fondi propri previsti dall'articolo 92 del Regolamento n. 575/2013, su base individuale e consolidata, alla data dell'ultima segnalazione di vigilanza disponibile (lettera a));

 

L'articolo 92 del Regolamento n. 575/2013 (sopra illustrato) prevede, in particolare, i seguenti requisiti in materia di fondi propri:

a)      un coefficiente di capitale primario di classe 1 del 4,5 %;

b)      un coefficiente di capitale di classe 1 del 6 %;

c)      un coefficiente di capitale totale dell'8 %.

Gli enti calcolano i propri coefficienti di capitale come segue:

a)      il coefficiente di capitale primario di classe 1 è il capitale primario di classe 1 dell'ente espresso in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio;

b)      il coefficiente di capitale di classe 1 è il capitale di classe 1 dell'ente espresso in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio;

c)      il coefficiente di capitale totale sono i fondi propri dell'ente espressi in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio.

 

§  l’inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress condotte a livello nazionale, dell'Unione europea o del Meccanismo di Vigilanza Unico, o nell'ambito delle verifiche della qualità degli attivi o di analoghi esercizi condotti dall'Autorità competente o dall'Autorità Bancaria Europea; in tale caso, la norma chiarisce che per carenza di capitale si intende l'inadeguatezza attuale o prospettica dei fondi propri rispetto alla somma dei requisiti di legge sui fondi propri e degli eventuali requisiti specifici di carattere inderogabile stabiliti dall'Autorità competente (lettera b)).

Tale definizione ricalca quanto previsto dal punto 28 della già citata Comunicazione sugli aiuti di Stato in favore delle banche.

Le banche che hanno accesso alla garanzia devono inoltre presentare, in caso di concessione della garanzia (e in ogni caso nel caso di notifica individuale) un piano di ristrutturazione volto a confermare la redditività e la capacità di raccolta della banca a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico. Il piano non va presentato se il valore nominale degli strumenti finanziari sui quali è concessa la garanzia non è superiore a 500 milioni di euro né al 5% del totale passivo della banca richiedente (punto 59 Comunicazione).

 

La garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta i requisiti sopra illustrati, qualora la banca disponga in ogni caso di un patrimonio netto positivo, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; in questo caso è necessario che la Commissione europea si esprima favorevolmente sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alla liquidità nel contesto della crisi finanziaria (comma 2).

 

Il successivo comma 3 individua una ulteriore ipotesi di concessione della garanzia; durante l’esame al Senato è stato specificato che la garanzia può essere concessa anche a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte di cui al decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180. In questi casi, nessun supporto di liquidità garantito dallo Stato può essere fornito prima della positiva decisione della Commissione europea sulla notifica individuale.

 

Si ricorda che i già citati decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 2015 hanno recepito la direttiva 2014/59/UE.

In particolare, il d.lgs. n. 180 del 2015 stabilisce che qualora la banca si trovi in dissesto o a rischio di dissesto, le Autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione possono attivare diverse misure, tra cui il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank, ente ponte) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli ed il cd. bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.

 

Ai sensi del comma 4, le banche che ricorrono alla garanzia devono svolgere la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto né conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico.

 

Ai sensi del punto 47 della Comunicazione, a partire dal momento in cui il fabbisogno di capitale è noto o avrebbe dovuto essere noto, gli enti creditizi che abbiano individuato, o avrebbero dovuto individuare, un fabbisogno di capitale:

a)    non devono versare dividendi su azioni o cedole su strumenti di capitale ibridi (o altri strumenti per i quali il pagamento di cedole è discrezionale);

b)   non devono riacquistare le proprie azioni o esercitare un'opzione call su strumenti ibridi di capitale per l'intera durata del periodo di ristrutturazione senza previa approvazione da parte della Commissione;

c)    non devono riacquistare strumenti di capitale ibridi, salvo se una tale misura, eventualmente in combinazione con altre, consente all'ente creditizio di assorbire completamente la propria carenza di capitale e avviene a livelli sufficientemente vicini agli attuali livelli di mercato e supera di oltre il 10 % superiore al prezzo di mercato; qualsiasi riacquisto è subordinato all'approvazione previa da parte della Commissione;

d)   non devono eseguire alcuna operazione di gestione del capitale senza previa approvazione da parte della Commissione;

e)    non devono applicare pratiche commerciali aggressive;

f)    non devono acquisire partecipazioni in alcuna impresa, sia che si tratti di un trasferimento di attivi che di azioni;

g)   devono astenersi da qualsiasi pubblicità che faccia riferimento al sostegno statale e da qualsiasi strategia commerciale aggressiva che non avrebbe luogo senza il sostegno dello Stato membro.

 

L’articolo 5 stabilisce che la garanzia dello Stato è onerosa, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta (comma 1) e copre il capitale e gli interessi (comma 2).

 

Con il termine garanzia a prima richiesta si intende una promessa di pagamento da parte di un soggetto (garante) per ordine e conto di un ordinante a favore di un terzo (beneficiario) contro semplice richiesta scritta (inviata dal beneficiario stesso) da inoltrarsi entro una determinata data (scadenza).

 

Ai sensi del comma 3, per ciascuna banca, il valore nominale degli strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia dello Stato non può eccedere un terzo del valore nominale totale degli strumenti finanziari emessi dalla banca stessa.

 

Sono escluse dalla garanzia dello Stato le passività computabili nei fondi propri a fini di vigilanza (comma 4).

Tali disposizioni sono in linea con il richiamato punto 59 della Comunicazione.

 

L’articolo 6 indica le modalità per determinare - caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione - il corrispettivo per la garanzia, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia.

 

Ai sensi della Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione dal 1° gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (2011/C 356/02), le banche possono usufruire di garanzie statali per l'emissione di nuovi titoli di debito, sia assicurati che non assicurati (secured or unsecured), fatta eccezione per i titoli rappresentativi di capitale. Poiché la pressione sul finanziamento delle banche si concentra sui mercati dei finanziamenti a termine, le garanzie statali devono riguardare in linea generale solo il debito con scadenze comprese tra uno e cinque anni (sette anni in caso di obbligazioni assicurate, covered bond).

Tale Comunicazione definisce, tra l’altro, la nuova formula di determinazione delle commissioni di garanzia minime da applicare qualora le garanzie statali vengano concesse su base nazionale, senza condivisione di garanzie tra Stati membri (punto 17 e 18).

Ai sensi del punto 22, gli Stati membri sono invitati a specificare all'atto della notifica di regimi di garanzia nuovi o prorogati, la commissione indicativa per ciascuna banca ammissibile alle garanzie, sulla base della formula e utilizzando dati di mercato recenti. Gli Stati membri sono inoltre invitati a comunicare alla Commissione, entro i tre mesi successivi a ciascuna emissione di titoli garantiti, l'effettiva commissione applicata per la concessione della garanzia relativamente a ciascuna emissione di titoli garantiti.

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1, gli oneri economici a carico delle banche beneficiarie della garanzia sono determinati caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione con le seguenti modalità:

§  per passività con durata originaria di almeno 12 mesi, è applicata una commissione pari alla somma dei seguenti elementi (lettera a)):

1.    una commissione di base di 0,40 punti percentuali; e

2.    una commissione basata sul rischio eguale al prodotto di 0,40 punti percentuali per una metrica di rischio composta come segue: la metà del rapporto fra la mediana degli spread sui contratti di credit default swap (CDS) senior a 5 anni relativi alla banca o alla capogruppo nei tre anni che terminano il mese precedente la data di emissione della garanzia e la mediana dell'indice iTraxx Europe Senior Financial a 5 anni nello stesso periodo di tre anni, più la metà del rapporto fra la mediana degli spread sui contratti CDS senior a 5 anni di tutti gli Stati Membri dell'Unione Europea e la mediana degli spread sui contratti CDS senior a 5 anni dello Stato italiano nel medesimo periodo di tre anni;

L'indice iTraxx Europe Senior Financial è uno strumento finanziario derivato che offre la possibilità di prendere posizioni sulle probabilità di default (fallimento) di un paniere di titoli emessi.

 

§  per le obbligazioni bancarie garantite, la commissione sul rischio, di cui al punto 2 della lettera a), è computata per la metà (lettera b));

§  per passività con durata originaria inferiore a 12 mesi, è applicata una commissione pari alla somma dei seguenti elementi (lettera c));

1.    una commissione di base di 0,50 punti percentuali; e

2.    una commissione basata sul rischio eguale a 0,20 punti percentuali nel caso di banche aventi un rating del debito senior unsecured di A+ o A ed equivalenti, a 0,30 punti percentuali nel caso di banche aventi un rating di A- o equivalente, a 0,40 punti percentuali per banche aventi un rating inferiore a A- o prive di rating.

 

Per le banche per le quali non sono negoziati contratti di CDS o comunque non sono disponibili dati rappresentativi (comma 2), la mediana degli spread per il calcolo della commissione sul rischio di cui al comma 1), lettera a), numero 2, è calcolata nel modo seguente:

§  per banche con un rating rilasciato da agenzie esterne di valutazione del merito di credito (ECAI) riconosciute: la mediana degli spread sui contratti di CDS a cinque anni nei tre anni che terminano il mese precedente la data di emissione della garanzia registrati per un campione di grandi banche, definito dalla Commissione europea, insediate in paesi dell'area euro appartenenti alla medesima classe di rating del debito senior unsecured (lettera a));

§  per banche prive di rating: la mediana degli spread sui contratti CDS registrati nel medesimo periodo per un campione di grandi banche, definito dalla Commissione europea, insediate in paesi dell'area dell'euro e appartenenti alla più bassa categoria di rating disponibile (lettera b)).

 

Le Agenzie esterne di valutazione del merito di credito, in inglese External Credit Assessment Institution (ECAI), sono istituzioni specializzate, in possesso di determinati requisiti (credibilità e indipendenza, oggettività e trasparenza nel giudizio circa il merito creditizio della clientela), i cui giudizi possono essere utilizzati dalle istituzioni creditizie per determinare le esposizioni ponderate per il rischio, conformemente alla disciplina nazionale ed europea sui requisiti di capitale. Esse devono possedere il riconoscimento formale da parte dell’autorità di vigilanza di volta in volta competente nel paese in cui il rating dell’agenzia verrà utilizzato ai fini della verifica dei requisiti di capitale.

 

In caso di difformità delle valutazioni di rating (comma 3), il rating rilevante per il calcolo della commissione è quello più elevato. Nel caso in cui le valutazioni di rating disponibili siano più di tre, il rating rilevante è il secondo più elevato.

Ai sensi del comma 4, i rating sono quelli assegnati al momento della concessione della garanzia.

La commissione è applicata in ragione d'anno all'ammontare nominale degli strumenti finanziari emessi dalla banca per i quali è concessa la garanzia. Le commissioni dovute dalle banche interessate sono versate, in rate trimestrali posticipate. Le relative quietanze sono trasmesse dalla banca interessata al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro (comma 5).

Il comma 6 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, la facoltà di variare, tenuto conto delle condizioni di mercato, i criteri di calcolo e la misura delle commissioni in conformità delle decisioni della Commissione europea.

Le variazioni non hanno effetto sulle operazioni già in essere.

 

L’articolo 7 disciplina la procedura per accedere alla garanzia: la banca presenta una richiesta secondo un modello predisposto dal Dipartimento del Tesoro il quale la concede sulla base di una valutazione positiva della Banca d’Italia. A specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, le richieste di ammissione alla garanzia sono presentate dalle banche interessate nel medesimo giorno alla Banca d'Italia e al Dipartimento del Tesoro con modalità che assicurano la rapidità e la riservatezza della comunicazione.

La richiesta è presentata secondo un modello uniforme predisposto dal Dipartimento del Tesoro entro 15 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, che dovrà essere pubblicato sul sito internet del Dipartimento stesso e della Banca d'Italia.

Nel modello dovranno essere indicati, tra l'altro, il fabbisogno di liquidità, anche prospettico, della banca, le operazioni di garanzia a cui la banca chiede di essere ammessa e quelle alle quali eventualmente sia già stata ammessa o per le quali abbia già fatto richiesta di ammissione (comma 2).

 

La Banca d'Italia comunica tempestivamente al Dipartimento del Tesoro (comma 3), di norma entro 3 giorni dalla presentazione della richiesta:

§  le valutazioni sul rispetto dei requisiti di fondi propri e l’inesistenza di carenze di capitale (vale a dire, le condizioni previste all'articolo 4, comma 1) (lettera a));

§  nel caso di valutazione positiva di tali condizioni, sono inoltre valutati (lettera b)):

            1)          la congruità delle condizioni e dei volumi dell'intervento di liquidità richiesto, alla luce delle dimensioni della banca e della sua patrimonializzazione;

            2)          l'ammontare dei fondi propri a fini di vigilanza;

            3)          l'ammontare della garanzia;

            4)          la misura della commissione dovuta.

 

Sulla base degli elementi comunicati dalla Banca d'Italia, il Dipartimento del Tesoro conclude tempestivamente - di norma entro cinque giorni - l’esame della richiesta presentata dalla banca. Il Dipartimento del Tesoro comunica la decisione alla banca richiedente e alla Banca d'Italia, con modalità che assicurano la rapidità e la riservatezza della comunicazione (comma 4).

 

Nel caso in cui una banca che non rispetta i requisiti di capitale e fondi propri, ma dispone di un patrimonio netto positivo e ha urgente bisogno di sostegno della liquidità nonché in caso di una banca in risoluzione o di un ente-ponte (articolo 4, commi 2 e 3), ovvero qualora il valore nominale degli strumenti finanziari sui quali è concessa la garanzia sia superiore a 500 milioni di euro e al 5% del totale passivo della banca richiedente, la banca è tenuta a presentare, entro due mesi dalla concessione della garanzia, un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta della banca a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico (punto 59, lettera d) della Comunicazione). Non è in ogni caso richiesta la presentazione del piano di ristrutturazione quando le passività sono rimborsate entro due mesi dalla concessione della garanzia.

Il piano è sottoposto alla Commissione europea ai fini della valutazione della compatibilità della misura con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato (comma 5).

 

Per le banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, per le banche in risoluzione e per l’ente-ponte (articolo 4, commi 2 e 3), la banca richiedente non può - in linea con quanto previsto dal punto 47 della Comunicazione già illustrato - per tutto il tempo in cui beneficia della garanzia (comma 6):

§  distribuire dividendi (lettera a) del comma 6);

§  effettuare pagamenti discrezionali su strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (lettera b));

§  riacquistare propri strumenti di capitale primario o aggiuntivo di classe 1 anche a seguito dell'esercizio di opzioni call, senza preventiva autorizzazione della Commissione europea (lettera c));

Un'opzione call è uno strumento derivato in base al quale l'acquirente dell'opzione acquista il diritto, ma non l'obbligo, di acquistare un titolo (detto sottostante) a un dato prezzo d'esercizio (in inglese strike price). Al fine di acquisire tale diritto, l'acquirente paga una somma detta premio;

§  acquisire nuove partecipazioni, fatte salve le acquisizioni compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, comprese le acquisizioni per finalità di recupero dei crediti e di temporanea assistenza finanziaria a imprese in difficoltà (lettera d)).

Ai sensi del comma 7, nel caso di banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, di banche in risoluzione e di ente-ponte (articolo 4, commi 2 e 3) la garanzia può essere concessa,

 su strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, in deroga al limite minimo di durata di tre mesi previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera a) (che individua alcune caratteristiche degli strumenti finanziari ammessi a garanzia: emissione successiva al 23 dicembre 2016; durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni, o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite).

 

L’articolo 8 detta le modalità di escussione della garanzia: entro 30 giorni dalla scadenza, la banca invia una richiesta motivata alla Banca d’Italia e al Tesoro, il quale provvede al pagamento. La banca rimborsa le somme pagate dallo Stato con l’applicazione di interessi al tasso legale; contestualmente, essa presenta un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea.

 

Più in dettaglio, qualora una banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita, si prevede che questa presenti - almeno 30 giorni prima della scadenza della passività garantita - una richiesta motivata di attivazione della garanzia al Dipartimento del Tesoro e alla Banca d'Italia, allegando la relativa documentazione e indicando gli strumenti finanziari o le obbligazioni contrattuali per i quali richiede l'attivazione e i relativi importi dovuti (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2, dopo aver accertato la fondatezza della richiesta sulla base delle valutazioni della Banca d'Italia, il Dipartimento del Tesoro provvede alla corresponsione dell'importo dovuto dalla banca entro il giorno antecedente alla scadenza dell'obbligazione.

 

Il comma 3 prevede le modalità di rimborso da parte della banca delle somme pagate dallo Stato: in particolare, si applicano gli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso.

Inoltre, la banca deve presentare, entro e non oltre due mesi dalla richiesta di attivazione della garanzia statale, un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea ai fini della valutazione della compatibilità della misura con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

 

Il comma 3-bis stabilisce che le somme corrisposte dal Tesoro agli istituti di credito per onorare la garanzia sono vincolate per destinazione e non aggredibili da altri creditori della banca a diverso titolo.

 

Resta ferma la facoltà dei detentori delle passività garantite e dei titolari di diritti reali di garanzia sulle medesime di escutere la garanzia statale a prima richiesta (comma 4).

 

L’articolo 9 prevede che il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sulla base degli elementi fomiti dalla Banca d'Italia, presenti alla Commissione europea e alle Camere una relazione trimestrale sul funzionamento del regime.

 

Nella relazione devono essere fornite informazioni su:

§  ciascuna emissione di strumenti garantiti;

§  l'ammontare della commissione applicata per ciascuna emissione;

§  le caratteristiche degli strumenti finanziari di debito non garantiti emessi dalle banche beneficiarie.

 

Oltre alla illustrata garanzia statale sulle passività di nuova emissione, il Ministro dell'economia e delle finanze può rilasciare, secondo le modalità previste agli articoli 10 e 11, la garanzia statale sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance – ELA, articoli 10-11).

 

In particolare, il Ministro dell'economia e delle finanze può rilasciare, entro il 23 giugno 2017 (sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legge), la garanzia statale per integrare il collaterale, o il suo valore di realizzo, stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (cosiddetta erogazione di liquidità di emergenza, ELA), in conformità con gli schemi previsti dalla Banca Centrale Europea (comma 1).

 

Gli enti creditizi dell’area dell’euro possono ricevere finanziamenti dalla banca centrale non soltanto nel quadro delle operazioni di politica monetaria, ma in via eccezionale anche a titolo di liquidità di emergenza (emergency liquidity assistance, ELA).

L’ELA consiste nell’erogazione da parte delle banche centrali nazionali dell’Eurosistema di moneta di banca centrale e/o qualsiasi altra tipologia di assistenza che possa comportare un incremento della moneta di banca centrale a favore di un’istituzione finanziaria solvibile o di un gruppo di istituzioni finanziarie solvibili che si trovino ad affrontare temporanei problemi di liquidità, senza che tale operazione rientri nel quadro della politica monetaria unica. La responsabilità dell’erogazione di ELA compete alle rispettive banche centrali.

 

La garanzia statale è irrevocabile e assistita dal beneficio di preventiva escussione da parte della Banca d'Italia delle garanzie stanziate dalla banca per accedere al finanziamento ELA (comma 2).

 

Ai sensi del comma 3, la garanzia può essere rilasciata per operazioni di erogazione di liquidità di emergenza in favore di banche che rispettano, secondo la valutazione dell'Autorità competente, le condizioni di cui all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, e cioè:

·        il rispetto dei requisiti di fondi propri e l’inesistenza di carenze di capitale (articolo 4, comma 1);

·        un urgente bisogno di sostegno della liquidità da parte della banca (articolo 4, comma 2);

·        in caso di una banca in risoluzione o di un ente-ponte (articolo 4, comma 3).

 

La banca che riceve l'intervento deve presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico, in particolare per limitare l'affidamento sulla liquidità fornita dalla Banca centrale (comma 4).

 

Ai sensi del comma 5, alla garanzia statale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni introdotte per la garanzia dello Stato sulle passività delle banche agli articoli 1, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8, commi 3 e 4, e cioè:

 

·        la garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, dopo la positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale (articolo 1);

·        l'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie; l'ammontare massimo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza (articolo 3);

·        l’autorità di vigilanza verifica il rispetto dei requisiti di fondi propri l’inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress. La garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se ha urgente bisogno di sostegno della liquidità, ovvero a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte, a seguito di notifica individuale alla Commissione (articolo 4);

·        la garanzia copre il capitale e gli interessi (articolo 5, comma 2);

·        il corrispettivo per la garanzia è determinato caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia (articolo 6);

·        per accedere alla garanzia, la banca presenta una richiesta al Dipartimento del Tesoro il quale la concede sulla base di una valutazione positiva della Banca d’Italia. A specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico (articolo 7);

·        in caso di pagamento da parte dello Stato, si applicano gli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso; inoltre, la banca deve presentare, entro e non oltre due mesi dalla richiesta di attivazione della garanzia statale, un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea ai fini della valutazione della compatibilità della misura con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato (articolo 8, comma 3);

·        resta ferma la facoltà dei detentori delle passività garantite e dei titolari di diritti reali di garanzia sulle medesime di escutere la garanzia statale a prima richiesta (articolo 8, comma 4).

 

L’articolo 11 detta le modalità di escussione della garanzia statale sull'erogazione di liquidità di emergenza.

 

Ai sensi del comma 1, in caso di inadempimento della banca alle proprie obbligazioni di pagamento nei confronti della Banca d'Italia rivenienti dal contratto di finanziamento ELA, la Banca d'Italia, in esito all'escussione del collaterale stanziato a copertura del finanziamento e nei limiti dell'importo garantito, presenta richiesta di attivazione della garanzia statale al Dipartimento del Tesoro, allegando la documentazione relativa all'escussione del collaterale e indicando gli importi residuali dovuti. Il Dipartimento del Tesoro, accertata la fondatezza della richiesta, provvede entro 30 giorni alla corresponsione dell'importo dovuto dalla banca.

 

L’articolo 12 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, le misure di attuazione del presente Capo. L’adozione delle norme attuative è eventuale.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema parlamentare Il decreto-legge n. 237 del 2016.

 

Capo II - Interventi di rafforzamento patrimoniale

Il Capo II del provvedimento (articoli 13-23-bis) autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze a sottoscrivere o acquistare azioni di banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o di società italiane capogruppo di gruppi bancari che presentano esigenze di rafforzamento del proprio patrimonio, in relazione a una prova di stress basata su uno scenario avverso e condotta a livello nazionale, dell’Unione europea o del Meccanismo Unico di Risoluzione.

Le banche o le società capogruppo interessate possono chiedere l'intervento dello Stato per il rafforzamento patrimoniale.

La richiesta di ricapitalizzazione precauzionale deve essere preceduta dalla sottoposizione, all'autorità competente, di un programma di rafforzamento patrimoniale. Ove l'attuazione del programma sia ritenuta insufficiente a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale, è possibile avanzare la richiesta di intervento dello Stato.

La banca interessata dalle misure di intervento statale presenti, con la richiesta di aiuti di Stato, un'attestazione con cui assume alcuni impegni previsti dalla Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato alle banche, fino al perfezionamento della sottoscrizione delle azioni da parte del MEF, e cioè una serie di obblighi volti a evitare la fuoriuscita di risorse.

Il MEF può inoltre condizionare la sottoscrizione del capitale dell'emittente alla revoca o alla sostituzione dei consiglieri esecutivi o del direttore generale degli istituti interessati alle misure nonché alla limitazione delle retribuzioni degli organi apicali.

Il piano di ristrutturazione e le sue eventuali successive variazioni sono notificati alla Commissione europea, ai fini di una decisione sulla compatibilità delle misure con le norme in tema di aiuti di Stato.

Ad esito positivo della valutazione della Commissione UE, con provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze sono adottate le misure di burden sharing, ovvero di riparto degli oneri del risanamento tra obbligazionisti ed azionisti, nonché l'aumento di capitale degli istituti interessati e la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni da parte del MEF.

L’adozione dei predetti provvedimenti è subordinata all’assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti interessati, nonché all’assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale.

Come anticipato, l'intervento di ricapitalizzazione è realizzato mediante la sottoscrizione, da parte del MEF, di azioni ordinarie di nuova emissione, oltre che azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di burden sharing, in tal caso a specifiche condizioni e nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti, e purché tali soggetti non siano controparti qualificate.

Sono precisati i criteri di determinazione del valore delle azioni acquistate dal MEF, in particolare differenziando le modalità di computo applicabili alle banche quotate e ali istituti non negoziati su mercati regolamentati. Inoltre, nella medesima sede parlamentare, in luogo di essere genericamente demandato alle norme primarie, è stato chiarito che il prezzo delle azioni viene calcolato secondo un metodo predefinito, al fine di porvi un limite di legge.

Il provvedimento disciplina i diritti di voto nelle banche popolari durante il periodo in cui il MEF è azionista, introducendo specifiche deroghe al principio del voto capitario previsto ex lege dalle norme sulle banche popolari. Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, si prevede che le banche di credito cooperativo con sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano possono rispettivamente costituire gruppi bancari cooperativi autonomi, composti solo da banche con sede legale e operatività esclusiva nella stessa provincia autonoma, e che comunque non abbiano più di due sportelli siti in province limitrofe.

 

Sono poi disciplinate le misure di partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di risanamento della banca (cd. burden sharing) e si chiarisce che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.

Durante l’esame parlamentare è stata introdotta una norma che in seno alle misure di burden sharing consente di disporre, in luogo della conversione degli strumenti finanziari, l’azzeramento di strumenti e prestiti della banca e la contestuale attribuzione agli investitori di azioni di nuova emissione computabili nel capitale primario di prima classe.

Nella medesima sede parlamentare è stata disposta la neutralità fiscale – con esclusione dal computo IRES e IRAP – di ogni eventuale differenza (positiva o negativa) derivante alle banche dalle misure di burden sharing alle banche.

E' previsto l’obbligo del MEF di trasmettere alle Camere una relazione quadrimestrale relativa alle istanze presentate e agli interventi effettuati, nella quale sono indicati l'ammontare delle risorse erogate e le finalità di spesa. La relazione contiene le informazioni sul profilo di rischio e sul merito di credito dei debitori verso i quali l’emittente vanta crediti in sofferenza per un ammontare pari o superiore all’1 per cento del patrimonio netto.

 

Si tratta di un intervento possibile nei casi previsti dall’articolo 32, paragrafo 4, lettera d), numero iii), della direttiva BRRD (per cui si veda più diffusamente quanto esposto in sede di illustrazione del Capo I del provvedimento in esame).

Si rammenta sinteticamente in questa sede che l’articolo 32 della direttiva BRRD (par. 4, lettera d)), per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, consente di erogare un sostegno finanziario pubblico straordinario a una banca, senza che ciò comporti il dissesto e la conseguente risoluzione della medesima, purché ciò avvenga a specifiche condizioni (contenute anche all’articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del Regolamento n. 806/2014, e recepite dall’articolo 18 del d.lgs. n. 180 del 2015).

In particolare, il sostegno pubblico può essere erogato anche mediante la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto non ricorrono i presupposti per il dissesto o per la riduzione o la conversione degli strumenti finanziari. La sottoscrizione deve essere effettuata unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress test.

Inoltre, le norme del d.lgs. n. 180 del 2015 (articolo 18, comma 1 ,lettera b)) precisano che il sostegno finanziario pubblico straordinario deve essere erogato previa approvazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato ed è riservato a banche con patrimonio netto positivo; è adottato su base cautelativa e temporanea, in misura proporzionale alla perturbazione dell'economia, e non deve essere utilizzato per coprire perdite che la banca ha registrato o verosimilmente registrerà nel prossimo futuro.

 

L’articolo 13 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, a sottoscrivere o acquistare, entro il 31 dicembre 2017, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, azioni emesse da banche italiane, o da società italiane capogruppo di gruppi bancari, secondo specifiche modalità e condizioni di legge.

 

Si chiarisce preliminarmente che il Capo II in commento reca le modalità e le condizioni dell'intervento dello Stato a sostegno delle banche e dei gruppi bancari italiani (comma 1).

In particolare, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, ai sensi delle già richiamate regole nazionali ed europee sul sostegno finanziario pubblico straordinario alle banche (articolo 18 del d.lgs. n. 180 del 201 e articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del regolamento UE n. 806/2014), il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a sottoscrivere o acquistare, entro il 31 dicembre 2017, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, azioni emesse da banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o da società italiane capogruppo di gruppi bancari (cd. Emittenti), secondo le modalità e alle condizioni stabilite dal provvedimento in esame (comma 2).

Si specifica (comma 3) che per Autorità competente si intende la Banca d'Italia o la BCE, secondo le modalità e nei casi previsti dalle norme UE che ripartiscono i compiti di vigilanza tra le autorità nazionali e la Banca Centrale Europea (in particolare del regolamento UE del Consiglio n. 1024 del 15 ottobre 2013, col quale sono attribuite alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche di vigilanza prudenziale degli enti creditizi). Tale chiarimento è necessario a tener conto dell’entrata in funzione del Single Supervisory Mechanism (per il quale si veda il capitolo del presente lavoro dedicato al Capo I).

 

L’articolo 14 consente alla banca o alla società capogruppo di chiedere l'intervento dello Stato per il rafforzamento patrimoniale ad esito di una prova di stress, basata su uno scenario avverso.

A tal fine la banca deve aver sottoposto un programma di rafforzamento patrimoniale all'Autorità competente, che ne valuta l'adeguatezza a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale. Ove l'attuazione del programma risulti insufficiente a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale, l'Emittente può presentare la richiesta di intervento dello Stato.

 

In particolare, il comma 1 consente alle banche o alle società capogruppo di chiedere l'intervento dello Stato per il rafforzamento patrimoniale ad esito di una prova di stress, basata su uno scenario avverso condotta a livello nazionale, dell'Unione europea o del Meccanismo di vigilanza unico.

 

Il comma 2 consente di chiedere l'intervento dello Stato solo dopo aver sottoposto all'Autorità competente un programma di rafforzamento patrimoniale nel quale sono indicati i seguenti elementi:

§  l'entità del fabbisogno di capitale necessario;

§  misure che si intendono intraprendere per conseguire il rafforzamento;

§  il termine per la realizzazione del programma.

 

Ai sensi del comma 3, l'Autorità competente valuta l'adeguatezza del programma a conseguire, anche su base consolidata, l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale e ne informa la banca emittente e il MEF.

L’emittente deve informare (comma 4) al più presto l'Autorità competente sugli esiti delle misure adottate; a sua volta l’Autorità competente ne informa il Ministero.

La relazione illustrativa chiarisce che a tale fine sono applicabili le norme che regolano l'ordinaria attività di vigilanza; la valutazione di adeguatezza potrà riguardare la congruità della quantificazione del fabbisogno di capitale svolta dalla banca, l'idoneità a farvi fronte con le misure programmate, nonché la realizzabilità di queste ultime.

Se l'attuazione del programma risulta insufficiente a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale (comma 5), l'Emittente può presentare la richiesta di intervento dello Stato secondo la procedura stabilita dall'articolo 15 (per cui si veda infra).

Tale richiesta può essere presentata dall'Emittente già ad esito della valutazione del programma - svolta ai sensi del comma 3 – se l'Autorità competente ha ritenuto che lo stesso non sia sufficiente a conseguire gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale, ovvero durante l'attuazione del programma, se questa risulta inidonea ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di rafforzamento patrimoniale.

Si intende così evitare che nel periodo previsto per l'attuazione del programma si aggravi la situazione patrimoniale dell'intermediario.

 

L'articolo 15 disciplina la presentazione della richiesta di erogazione del sostegno pubblico, specificando la documentazione e le informazioni di cui la richiesta deve essere corredata.

 

In particolare (comma 1) la banca o la capogruppo che intende fare ricorso all'intervento dello Stato deve trasmettere al Ministero e all'Autorità competente, e anche alla Banca d'Italia qualora non sia l'Autorità competente, una richiesta contenente i seguenti elementi:

§  l'indicazione dell'importo della sottoscrizione delle azioni chiesta al Ministero (lettera a) del comma 1);

§  l'indicazione dell'entità del patrimonio netto contabile, individuale o consolidato a seconda dei casi, alla data della richiesta e l'entità del fabbisogno di capitale regolamentare che residua, se del caso, tenendo conto dell'attuazione del programma (lettera b));

§  l'indicazione degli strumenti e prestiti convertibili in azioni, secondo le misure di burden sharing – e cioè le misure di riparto degli oneri del salvataggio con azionisti e obbligazionisti della banca, disciplinate all'articolo 22, comma 2 del provvedimento - e del loro valore contabile, accompagnata dalla valutazione, predisposta da un esperto indipendente, del valore economico ad essi attribuibile, al fine della determinazione del tasso di conversione, in ipotesi di continuità aziendale (lettera c));

La continuità aziendale è il presupposto in base al quale, nella redazione del bilancio, l’impresa viene normalmente considerata in grado di continuare a svolgere la propria attività in un prevedibile futuro. Tale principio prevede che i valori iscritti in bilancio siano considerati nel presupposto che l’azienda prosegua la sua attività nel suo normale corso, senza che vi sia né l’intenzione né la necessità di porre l’azienda in liquidazione o di cessare l’attività ovvero di assoggettarla a procedure concorsuali.

§  una relazione di stima, predisposta da un esperto indipendente, dell'effettivo valore delle attività e passività dell'Emittente senza considerare alcuna forma di supporto pubblico e ipotizzando che l'Emittente sia sottoposto a liquidazione alla data di presentazione della richiesta di intervento dello Stato, nonché di quanto in tale caso verrebbe corrisposto pro quota ai titolari degli strumenti e prestiti convertibili di cui al citato articolo 22, comma 2 (lettera d));

§  l'attestazione di impegni di cui all'articolo 17 del provvedimento, ovvero la dichiarazione con la quale la banca o la capogruppo intendono ottemperare a quanto richiesto dalla Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato nel settore bancario, con particolare riferimento a quanto richiesto dal paragrafo 47 della Comunicazione per evitare il deflusso di fondi. La Comunicazione richiede infatti che, per limitare l'aiuto al minimo necessario, il deflusso di fondi dalle banche destinatarie delle misure di aiuto dovrebbe essere impedito già nella fase iniziale, imponendo alcuni divieti ed obblighi ai destinatari delle misure di aiuto (si veda il commento all’articolo 17) (lettera e));

§  il piano di ristrutturazione predisposto in conformità con la disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato e applicabile alle misure di ricapitalizzazione delle banche nel contesto della crisi finanziaria (lettera f)).

 

Ai sensi del comma 2, la Banca d'Italia acquisisce l'asseverazione, da parte di esperti indipendenti da essa nominati, a spese della banca o della capogruppo:

§  del valore economico risultante dalla valutazione trasmessa dalla banca o dalla capogruppo, ai sensi del comma 1, lettera c) (lettera a) del comma 2);

§  della stima trasmessa ai sensi del comma 1, lettera d) (lettera b) del comma 2);

§  della valutazione di cui all'articolo 18, comma 4. Tale norma dispone che sia trasmessa al MEF e alla Banca d'Italia, da parte della banca o della capogruppo interessata dalla ricapitalizzazione, l'indicazione, sulla base di una valutazione predisposta da un soggetto in possesso di specifici requisiti di indipendenza, del valore delle azioni necessario per calcolare il prezzo delle azioni che risultano dalle operazioni di conversione degli strumenti di capitale dell’emittente, ai sensi della disciplina sul burden sharing (articolo 22 del provvedimento in esame, per cui si veda infra) (lettera c) del comma 2).

 

Il comma 3 chiarisce che gli esperti indipendenti individuati dalle norme in esame non devono avere in corso né devono avere intrattenuto relazioni di affari, professionali o finanziarie con la banca o la capogruppo richiedenti le misure di ricapitalizzazione, tali da comprometterne l'indipendenza.

E' stato allungato agli ultimi tre anni (in luogo degli ultimi due anni) il lasso di tempo nel quale gli esperti predetti non devono avere intrattenuto relazioni di affari, professionali o finanziarie con gli istituti richiedenti le misure di ricapitalizzazione.

 

Ai sensi dell’articolo 16, l'autorità competente comunica al MEF il fabbisogno residuo di capitale regolamentare evidenziato dall'emittente.

 

In particolare (comma 1), entro sessanta giorni dalla ricezione della richiesta di misure straordinarie di ricapitalizzazione, l'Autorità competente comunica al Ministero e all'Emittente il fabbisogno di capitale regolamentare dell'Emittente; l’Autorità può chiedere all'Emittente chiarimenti e integrazioni ed effettuare accertamenti (comma 2). In tali casi il termine di sessanta giorni è sospeso.

 

L’articolo 17 prevede che la banca - o la capogruppo - interessata dalle misure di intervento statale presenti, con la richiesta di aiuti di Stato, un'attestazione con cui assume alcuni impegni previsti dalla Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato alle banche, fino al perfezionamento della sottoscrizione delle azioni da parte del MEF, e cioè una serie di obblighi volti a evitare la fuoriuscita di risorse. Il MEF può inoltre condizionare la sottoscrizione del capitale dell'emittente alla revoca o alla sostituzione dei consiglieri esecutivi o del direttore generale nonché alla limitazione delle retribuzioni degli organi apicali.

 

Più in dettaglio, tale disposizione stabilisce che l'emittente presenti, con la richiesta di aiuti di Stato, un'attestazione con cui assume gli impegni previsti dal paragrafo 47 della Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato alle banche, fino al perfezionamento della sottoscrizione delle azioni da parte del MEF. Si tratta di obblighi volti a evitare la fuoriuscita di risorse: ad esempio, non possono essere distribuiti dividendi né pagate cedole (ove il contratto lo consenta); è fatto divieto di acquisire azioni proprie o debito emesso dall'emittente.

La Comunicazione richiede infatti che, per limitare l'aiuto al minimo necessario, il deflusso di fondi dalle banche destinatarie delle misure di aiuto dovrebbe essere impedito già nella fase iniziale. Di conseguenza la banca deve adottare precocemente tutte le misure necessarie per conservare i fondi e, in particolare:

-       non deve versare dividendi su azioni o cedole su strumenti di capitale ibridi (o altri strumenti per i quali il pagamento di cedole è discrezionale);

-       non deve riacquistare le proprie azioni o esercitare un'opzione call su strumenti ibridi di capitale per l'intera durata del periodo di ristrutturazione senza previa approvazione da parte della Commissione;

-       non deve riacquistare strumenti di capitale ibridi, salvo se una tale misura, eventualmente in combinazione con altre, consente all'ente creditizio di assorbire completamente la propria carenza di capitale e avviene a livelli sufficientemente vicini agli attuali livelli di mercato e supera di oltre il 10 per cento superiore al prezzo di mercato; qualsiasi riacquisto è subordinato all'approvazione previa da parte della Commissione;

-       non deve eseguire alcuna operazione di gestione del capitale senza previa approvazione da parte della Commissione;

-       non deve applicare pratiche commerciali aggressive;

-       non deve acquisire partecipazioni in alcuna impresa, sia che si tratti di un trasferimento di attivi che di azioni. Tale obbligo non riguarda: i) le acquisizioni effettuate nel corso delle attività bancarie ordinarie nella gestione di crediti esistenti nei confronti di imprese in difficoltà; ii) le acquisizioni di partecipazioni in imprese a condizione che il prezzo di acquisto corrisposto sia inferiore allo 0,01 per cento dell'entità dell'ultimo stato patrimoniale dell'ente creditizio in quel determinato momento e che i prezzi d'acquisto cumulativi pagati per tutte queste acquisizioni da quel momento fino alla fine del periodo di ristrutturazione siano inferiori allo 0,025 per cento dell'entità del suo ultimo stato patrimoniale disponibile in tale momento; iii) le acquisizioni di un'attività economica, previa approvazione della Commissione, se essa è, in circostanze eccezionali, necessaria per ripristinare la stabilità finanziaria o garantire una concorrenza efficace;

-       deve astenersi da qualsiasi pubblicità che faccia riferimento al sostegno statale e da qualsiasi strategia commerciale aggressiva che non avrebbe luogo senza il sostegno dello Stato membro.

 

Il comma 2 stabilisce che – fermi restando i poteri dell'autorità di vigilanza in materia – il MEF possa subordinare la sottoscrizione del capitale dell'emittente ad alcune condizioni (in luogo di una sola condizione, relativa alla revoca degli organi apicali); è richiesta la conformità della decisione della Commissione UE sulla compatibilità dell’intervento con la disciplina degli aiuti di Stato.

Le condizioni sono le seguenti:

§   revoca o sostituzione dei consiglieri esecutivi e del direttore generale dell’emittente;

§  limitazione alla retribuzione complessiva dei membri del consiglio di amministrazione e dell’alta dirigenza dell’istituto interessato dalle misure.

 

L’articolo 18 disciplina le modalità concrete di realizzazione dell’intervento statale per la ricapitalizzazione precauzionale degli enti creditizi. Il piano di ristrutturazione e le sue eventuali successive variazioni sono notificati alla Commissione europea, ai fini di una decisione sulla compatibilità delle misure con le norme in tema di aiuti di Stato. Ad esito positivo della valutazione della Commissione, le norme affidano a un provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato su proposta della Banca d'Italia, l'applicazione delle misure di burden sharing, nonché l'aumento di capitale degli istituti interessati e la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni da parte del MEF. L’adozione dei predetti provvedimenti è subordinata all’assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti interessati, nonché all’assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale nell’ambito della risoluzione delle crisi bancarie ovvero quale misura adottata per rimediare allo stato di dissesto.

 

In particolare (comma 1), a seguito della comunicazione da parte dell'Autorità competente (ex articolo 16), il piano di ristrutturazione e le sue eventuali successive variazioni sono notificati alla Commissione europea.

 

Occorre poi (comma 2) una positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo UE in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di ricapitalizzazione delle banche nel contesto della crisi finanziaria. Ad esito della decisione positiva si affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, adottato su proposta della Banca d'Italia, l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri del salvataggio con azionisti e obbligazionisti (cd. misure di burden sharing), conformemente a quanto previsto dalle norme in esame (in particolare, dall'articolo 22 del provvedimento, per cui si veda infra).

 

Dal registro degli aiuti di Stato risulta che la Commissione europea avrebbe autorizzato le misure richieste dal Governo italiano, ma i termini dell'autorizzazione non sono ancora stati resi pubblici.

 

Inoltre (comma 3) con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato sentita la Banca d'Italia, si dispone:

§  ove necessario, l'aumento del capitale dell'Emittente a servizio della sottoscrizione delle azioni da parte del Ministero, derogando anche alle regole (articolo 2441 del codice civile) che impongono di offrire in opzione ai soci le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni, e sempre che esso non sia stato deliberato dall'Emittente (lettera a) del comma 3);

§  il prezzo di sottoscrizione o di acquisto nonché ogni altro elemento necessario alla gestione della sottoscrizione o dell'acquisto, comprese le fasi successive (lettera b) del comma 3);

§  la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni dell'Emittente (lettera c) del comma 3).

La relazione illustrativa chiarisce che tale previsione, da attivare solo nei casi in cui non vi abbia già provveduto l'emittente, consente al MEF di disporre d'imperio l'aumento di capitale, permettendo di evitare un passaggio assembleare che potrebbe dilatare eccessivamente i tempi del procedimento. Il Governo ha ritenuto applicabile nel contesto del decreto-legge il principio desumibile dall'articolo 123 della BRRD, che disapplica la direttiva 2012/30/UE (che, tra l'altro, richiede per gli aumenti di capitale la delibera assembleare assunta con quorum rafforzati), dato che la misura di supporto pubblico è giustificata, in coerenza con la disciplina degli aiuti di Stato, solo in quanto volta a evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria.

 

Si rammenta che, in attuazione delle predette norme, con il D.M. 27 luglio 2017 sono stati adottati gli interventi di rafforzamento patrimoniale della Banca Monte dei Paschi di Siena.

 

Allo scopo di assumere le determinazioni relative alle misure di burden sharing (comma 4), su richiesta del Ministero e nel termine da esso indicato, la banca o la società capogruppo trasmette al Ministero e alla Banca d'Italia l'indicazione, sulla base di una valutazione predisposta da un soggetto in possesso di specifici requisiti di indipendenza (previsti dall'articolo 15, comma 3) del valore delle azioni necessario per calcolare, in conformità con l'allegato al presente provvedimento, il prezzo delle azioni da attribuire ai titolari degli strumenti e prestiti indicati che saranno oggetto di conversione (di cui all'articolo 22, comma 2).

Sono precisati i criteri di determinazione del valore delle azioni, specificando tra l’altro le modalità applicabili per le banche non quotate.

Più in dettaglio, ove la banca non sia quotata, il valore è calcolato in base alla consistenza patrimoniale della società, alle sue prospettive reddituali, all’andamento del rapporto valore di mercato e valore contabile delle banche quotate e tenuto conto delle perdite connesse alle eventuali operazioni straordinarie, ivi inclusa la cessione di attivi, da perfezionarsi in connessione con l’intervento statale in commento.

Ove la banca sia quotata, il valore delle azioni è determinato in base all’andamento delle quotazioni nei 30 giorni antecedenti la data indicata dal Ministero, avendo riguardo alla data di prevista emanazione del decreto che dispone le misure acquisto di azioni (di cui al comma 3 dell’articolo in esame). Ove la quotazione sia sospesa per periodi complessivamente superiori a 15 giorni nel periodo di riferimento, il valore delle azioni è il minore tra il prezzo di riferimento medio degli ultimi 30 giorni di mercato nei quali l’azione è stata negoziata e quello determinato secondo i criteri previsti per le banche non quotate.

 

Il comma 5 subordina l’adozione dei provvedimenti (indicati ai commi 2 e 3) di sottoscrizione ed acquisto delle azioni e di adozione delle misure di burden sharing all’assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti interessati, nonché all’assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale nell’ambito della risoluzione delle crisi bancarie ovvero quale misura adottata per rimediare allo stato di dissesto.

 

Più precisamente, i provvedimenti predetti possono essere adottati alle seguenti condizioni:

§  la banca o la capogruppo (lettera a) del comma 5) non si trovano in dissesto o a rischio di dissesto (ai sensi di quanto disposto dall’articolo 17, comma 2, lettere a), b), c), d) o e), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 o dell'articolo 18, paragrafo 4, lettere a), b) o c), del regolamento (UE) n. 806/2014);

§  non ricorrono i presupposti per la riduzione o la conversione di azioni, partecipazioni ed altri strumenti di capitale, secondo quanto disposto dal Capo II del Titolo IV del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, né quelli previsti dall'articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014 (lettera b) del comma 5).

Il richiamato Capo II contiene la disciplina della conversione / riduzione forzosa di azioni, partecipazioni e strumenti di capitale emessi da un istituto creditizio, che può essere avviata:

a) indipendentemente dall'avvio della risoluzione o della liquidazione coatta amministrativa, ove ricorrano i presupposti di legge (articolo 20, comma 1, lettera a) del medesimo d.Lgs.), ovvero quando ciò consente di rimediare allo stato di dissesto o di rischio di dissesto;

b) in combinazione con un'azione di risoluzione, quando il programma di risoluzione prevede misure che comportano per azionisti e creditori la riduzione di valore dei loro diritti o la conversione in capitale; in questo caso, essa è disposta immediatamente prima o contestualmente all'applicazione di tali misure.

L’articolo 21, paragrafo 1 del regolamento UE 806 del 2014 consente al Comitato di risoluzione di svalutare e convertire i pertinenti strumenti di capitale degli enti creditizi, in presenza di specifiche condizioni:

a)    è stato accertato che le condizioni per la risoluzione sono state rispettate, prima che sia adottata qualsiasi azione di risoluzione;

b)   l'entità non è più economicamente sostenibile se gli strumenti pertinenti di capitale non vengono svalutati o convertiti in azioni;

c)    nel caso di strumenti di capitale pertinenti emessi da una filiazione e qualora tali strumenti di capitale pertinenti siano riconosciuti ai fini del rispetto dei requisiti di fondi propri su base individuale e su base consolidata, a meno che il potere di svalutare o convertire non sia esercitato in relazione a tali strumenti, il gruppo non è più economicamente sostenibile;

d)   nel caso di strumenti di capitale pertinenti emessi a livello di impresa madre e qualora tali strumenti siano riconosciuti ai fini del rispetto dei requisiti di fondi propri su base individuale a livello dell'impresa madre o su base consolidata, a meno che il potere di svalutare o convertire non sia esercitato in relazione a tali strumenti, il gruppo non è più economicamente sostenibile;

e)    l'entità o il gruppo richiede un sostegno finanziario pubblico straordinario, salvo le specifiche forme di sostegno che non danno luogo a risoluzione.

La valutazione delle condizioni di cui alle lettere a), c) e d) è effettuata dalla BCE, previa consultazione del Comitato. Anche il Comitato, riunito in sessione esecutiva, può effettuare tale valutazione.

 

Tali situazioni e presupposti si assumono non sussistenti (comma 6) quando non consti un accertamento in tal senso dell'Autorità competente.

 

I provvedimenti secondari (comma 7) di cui ai commi 2 e 3 sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana

 

Si dispone infine (comma 8) che il consiglio di amministrazione o il consiglio di gestione provvedano ad adeguare conseguentemente lo statuto dell'emittente interessato. Si applica l'articolo 2443, comma 3, del codice civile, ai sensi del quale il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e iscritto a norma di legge.

L'adeguamento dello statuto dell'intermediario per riflettere la nuova composizione del capitale sociale deve essere curato dal consiglio di amministrazione nel modello tradizionale o da quello di gestione nel modello duale: a tale fine viene richiamato l'articolo 2443, terzo comma, del codice civile in materia di modifiche allo statuto delegate dall'assemblea.

 

L’articolo 19 disciplina la procedura di sottoscrizione delle azioni.

 

L'intervento di ricapitalizzazione è realizzato mediante la sottoscrizione, da parte del MEF, di azioni ordinarie fornite di diritto di voto pieno computabili come Common Equity Tier 1. Si consente al MEF di sottoscrivere non solo azioni di nuova emissione, ma anche azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di burden sharing (ovvero le misure di riparto degli oneri del salvataggio con azionisti e obbligazionisti), nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti divenuti tali a seguito dell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, purché tali soggetti non siano controparti qualificate, al fine di prevenire o comporre una controversia legata al collocamento o alla negoziazione da parte dell'emittente degli strumenti finanziari a cui siano state applicate le misure di burden sharing.

La banca interessata propone agli investitori al dettaglio una transazione, limitatamente agli strumenti per la cui offerta sussisteva obbligo di pubblicare un prospetto, e salvo che siano stati acquistati da una controparte qualificata o da un investitore professionale diverso dalla banca o società del suo gruppo e senza avvalersi di servizi o attività d'investimento prestate dalla banca o società del suo gruppo.

 

Secondo le definizioni derivanti dagli accordi di Basilea e dalle norme UE che hanno sostanzialmente recepito tali accordi, il Tier 1 capital è il patrimonio di base o di qualità primaria. Ad esso concorrono sostanzialmente il capitale versato, le riserve (compreso il sovrapprezzo azioni) e utili non distribuiti. Il Common Equity Tier 1 è un parametro che misura la solidità di una banca o istituto di credito e si ottiene mettendo in rapporto il capitale a disposizione della banca e le sue attività ponderate per il rischio. Tale rapporto consente di valutare quali ordini di grandezza sono coinvolti nel bilanciamento tra mezzi propri di qualità primaria (Tier 1 capital) e impieghi (attività della banca) ponderati per il rischio.

 

In particolare, ai sensi del comma 1, il Ministero sottoscrive azioni di nuova emissione; le azioni emesse dalla banca o dalla capogruppo per la sottoscrizione da parte del Ministero sono azioni ordinarie che attribuiscono il diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite.

Entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del decreto col quale si dispone la ripartizione degli oneri (previsto dall'articolo 18, comma 2), il Ministero, in caso di transazione tra l’istituto di credito - o una società del gruppo - e gli azionisti divenuti tali a seguito dell'applicazione delle predette misure di ripartizione degli oneri (di cui all'articolo 22, comma 2), può acquistare le azioni rivenienti dall'applicazione di dette misure, a specifiche condizioni che devono ricorrere cumulativamente (comma 2).

In primo luogo (lettera a)) la transazione deve essere volta a porre fine o prevenire una lite avente a oggetto la commercializzazione degli strumenti coinvolti nell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, limitatamente a quelli per la cui offerta sussisteva obbligo di pubblicare un prospetto e con esclusione di quelli acquistati da controparti qualificate (definite come tali ai sensi dell'articolo 6, comma 2-quater, lettera d), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico Finanziario – TUF) o clienti professionali (ai sensi dell'articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, del medesimo TUF) diversi dall'Emittente o società del suo gruppo, in assenza di prestazione di servizi o attività di investimento da parte dell'Emittente o da società del suo gruppo.

In estrema sintesi, il TUF definisce controparti qualificate: le imprese di investimento, le banche, le imprese di assicurazioni, gli Oicr, i gestori, i fondi pensione, gli intermediari finanziari iscritti negli appositi elenchi, le società finanziarie ammesse al mutuo riconoscimento (di cui all’articolo 18 del testo unico bancario), gli istituti di moneta elettronica, le fondazioni bancarie, i Governi nazionali e i loro corrispondenti uffici, compresi gli organismi pubblici incaricati di gestire il debito pubblico, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali a carattere pubblico; le imprese la cui attività principale consista nel negoziare per conto proprio merci e strumenti finanziari derivati su merci; le imprese la cui attività esclusiva consista nel negoziare per conto proprio nei mercati di strumenti finanziari derivati e, per meri fini di copertura, nei mercati a pronti, a specifiche condizioni; le altre categorie di soggetti privati individuati con regolamento dalla Consob, sentita Banca d’Italia; le corrispondenti le categorie di soggetti di Paesi non appartenenti all’Unione europea.

I clienti professionali pubblici e privati (nonché i soggetti che possono essere trattati analogamente) sono rispettivamente identificati dalla Consob e dal MEF.

Durante l’esame al Senato è stata inserita un’ulteriore condizione (lettera a-bis), ai sensi della quale gli strumenti oggetto di conversione devono essere stati sottoscritti o acquistati prima del 1° gennaio 2016; se il trasferimento è a titolo gratuito, si fa riferimento al momento di acquisto del dante causa.

Si tratta della data di entrata in vigore della disciplina del bail-in; si intende in tal modo delimitare cronologicamente il presupposto del cd. misselling, che costituisce la base della transazione, al momento dal quale la rischiosità dello strumento si deve intendere nota. Tale disposizione sembra recepire le indicazioni Consob in ordine all’impatto della normativa UE sulle crisi bancarie sui mercati finanziari, come esposto nel corso dell’audizione di gennaio 2017 (per maggiori dettagli si veda la scheda di lettura dell’articolo 22).

Inoltre gli azionisti non devono essere controparti qualificateclienti professionali ai sensi delle menzionate norme del TUF (lettera b)).

La lettera c) richiede che la transazione preveda che l’emittente acquisti dagli azionisti, in nome e per conto del Ministero, le azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, e che questi ricevano dall'emittente, come corrispettivo, obbligazioni non subordinate emesse alla pari dall'Emittente o da società del suo gruppo. Il valore nominale delle obbligazioni ricevute è pari al prezzo corrisposto dal Ministero, ai sensi della successiva lettera d). Si dispone che tali obbligazioni abbiano durata comparabile alla vita residua degli strumenti e prestiti oggetto di conversione, nonché un rendimento in linea con quello delle obbligazioni non subordinate emesse dall'emittente aventi analoghe caratteristiche, come rilevato sul mercato secondario nel periodo intercorrente tra la data di pubblicazione del decreto di burden sharing e quella di acquisto delle azioni ai sensi delle norme in esame.

Ai sensi della lettera d), il prezzo per l'acquisto delle azioni da parte del Ministero è corrisposto all'emittente in relazione alle obbligazioni da questo assegnate agli azionisti. Il prezzo di acquisto è il minore tra quello utilizzato per determinare il numero di azioni da attribuire in sede di conversione (ai sensi dell’articolo 22, comma 5, lettera d) alla cui scheda si rinvia) e quello che determina un corrispettivo corrispondente a quello pagato dall’azionista per la sottoscrizione o l’acquisto degli strumenti oggetto di conversione (articolo 22, comma 2 del provvedimento) o, nel caso di acquisto a titolo gratuito, al corrispettivo pagato dal dante causa.

La transazione deve prevedere la rinuncia dell'azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti, in applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, nelle azioni acquistate dal Ministero ai sensi delle norme in commento (lettera e)).

 

Ai sensi del comma 3, le azioni dell'Emittente offerte in sottoscrizione al Ministero devono rispettare le condizioni previste dall'articolo 31 del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 575 del 26 giugno 2013, ossia sono incluse nel capitale primario di classe 1 (CET 1 menzionato all’inizio).

 

Tale articolo consente alle autorità competenti, in situazioni di emergenza, di autorizzare gli enti a includere tra gli elementi del capitale primario di classe 1 strumenti di capitale che rispettano solo alcuni requisiti per esservi inclusi, purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)    gli strumenti di capitale sono emessi prima del 1° gennaio 2014;

b)   gli strumenti di capitale sono considerati aiuti di Stato dalla Commissione;

c)    gli strumenti di capitale sono emessi nel contesto di misure di ricapitalizzazione ai sensi delle regole in materia di aiuti di Stato vigenti a tale data;

d)   gli strumenti di capitale sono interamente sottoscritti e detenuti dallo Stato o da una pubblica autorità o un ente pubblico pertinente;

e)    gli strumenti di capitale sono in grado di assorbire le perdite;

f)    nell'eventualità di una liquidazione, gli strumenti di capitale conferiscono ai loro possessori un credito sulle attività residue dell'ente, dopo il pagamento di tutti i crediti di primo rango;

g)   vi sono adeguati meccanismi di uscita per lo Stato o, se del caso, una pubblica autorità o un ente pubblico pertinente;

h)   l'autorità competente ha concesso l'autorizzazione preliminare e ha pubblicato la sua decisione corredata della relativa spiegazione.

 

Il comma 4 rinvia all’allegato al provvedimento per l’individuazione di criteri e metodologie per determinare il prezzo delle azioni offerte in sottoscrizione al Ministero; si segnala che le metodologie di calcolo contenute nell’allegato sono state modificate al Senato anche in conseguenza dei limiti di prezzo introdotti al comma 2. Si chiarisce (comma 5) che le spese di sottoscrizione e acquisto delle azioni da parte del Ministero sono interamente a carico dell'Emittente.

 

Sul punto occorre ricordare che la 6a Commissione Finanze del Senato ha approvato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sul sistema bancario italiano nella prospettiva della vigilanza europea, individuando tre principali questioni: la separazione/divisione tra la tradizionale attività bancaria e quella finanziaria; gli effetti della vigilanza europea sul sistema bancario e le prospettive di riassetto del sistema; le misure sui crediti deteriorati e le sofferenze bancarie.

Con particolare riferimento alla tutela dei risparmiatori e degli investitori, la Commissione rileva che appare quanto mai opportuna l'introduzione di sistemi di informazione corretta, sintetica e chiara dei rischi assunti dai risparmiatori nel decidere forme di investimento che, nel previgente regime, hanno tradizionalmente assunto un carattere di scarsa rischiosità, anche in relazione alla solidità finanziaria della singola banca (su tutti il contratto di deposito); contestualmente appare urgente intervenire a tutela dei risparmiatori con una misura di forte restrizione della possibilità di collocare strumenti finanziari particolarmente rischiosi da parte delle banche, con riferimento a determinate fasce di clienti.

 

L’articolo 20 disciplina alcuni effetti – prevalentemente civilistici – relativi all'assunzione di partecipazioni nelle banche da parte del MEF.

 

In particolare:

§  ove le banche siano costituite in forma di cooperativa, non si applicano le norme (articolo 2527 c.c.) che demandano all’atto costitutivo l’individuazione dei requisiti dei soci; né si applica la norma (articolo 2528 c.c.) che disciplina la procedura di ammissione dei nuovi soci;

§  non si applicano le disposizioni del TUF (articoli 106, comma 1, e 109, comma 1) che obbligano a promuovere l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria in caso di superamento delle soglie di legge;

§  non si applicano gli eventuali limiti al possesso azionario stabiliti dalla legge, compreso quello previsto dall'articolo 30, comma 2, del testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) per le banche popolari.

 

L’articolo 21 reca disposizioni volte a disciplinare i diritti di voto nelle banche popolari durante il periodo in cui il MEF è azionista, introducendo specifiche deroghe al principio del voto capitario previsto ex lege dalle norme sulle banche popolari.

 

In particolare, si stabilisce (comma 1) che nelle assemblee delle banche costituite in forma cooperativa, in cui il Ministero esercita il diritto di voto inerente alle azioni sottoscritte a seguito delle operazioni previste dal provvedimento in esame:

§  ogni azione attribuisce il diritto di voto (articolo 2351, comma 1, c.c.);

§  operano le regole civilistiche per la regolare costituzione delle assemblee nelle società per azioni (articolo 2368 c.c.);

§  trovano applicazione anche le ordinarie regole sulla regolare convocazione assembleare (articolo 2369 c.c.) nelle società per azioni e sulla rappresentanza in assemblea (articolo 2372 c.c.).

Non trovano dunque applicazione le specifiche disposizioni in tema, rispettivamente, di voto capitario e rappresentanza assembleare per le società cooperative, nonché in materia di voto capitario e quorum per le operazioni straordinarie per le banche popolari (articoli 2538, commi 2 e 5, e 2539 del codice civile e articoli 30, comma 1, e 31, comma 1, primo periodo, del Testo unico bancario).

 

Si chiarisce inoltre che le quote di capitale sociale richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea sono quelle previste dalla legge. Si applicano le ordinarie disposizioni in materia di deleghe di voto anche per le società in forma cooperativa (in deroga all'articolo 137, comma 4, del TUF).

La relazione illustrativa in proposito ritiene che il principio del voto capitario non appare sufficiente a proteggere l'investimento del MEF.

 

Il comma 1-bis modifica l’articolo 37-bis, comma 1-bis, del TUB, riguardante le banche di credito cooperativo aventi sede legale nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

Si ricorda che la norma in esame, introdotta dal decreto-legge n. 18 del 2016 di riforme del sistema del credito cooperativo, stabilisce che banche di credito cooperativo con sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano possono rispettivamente costituire gruppi bancari cooperativi autonomi, composti solo da banche con sede legale e operatività esclusiva nella stessa provincia autonoma. Il requisito minimo di patrimonio netto è stabilito dalla Banca d'Italia.

Nella relazione sull’analisi d’impatto delle disposizioni di attuazione (modifiche alla Circolare n. 285) la Banca d’Italia ha affermato che i requisiti sull’operatività territoriale previsti per le banche aderenti a un gruppo cooperativo provinciale possono essere stringenti. Infatti, l’applicazione del criterio di esclusività provinciale alle banche appartenenti al gruppo provinciale comporterebbe l’esigenza di chiusura/cessione degli sportelli fuori provincia. A questo effetto si accompagnerebbero impatti ulteriori, derivanti dalla riduzione della zona di competenza territoriale e dall’esclusione dei soci non residenti nella provincia. La previsione di una soglia di tolleranza per consentire una non minima operatività al di fuori della provincia di competenza, pur in assenza di succursali, potrebbe contribuire a mitigare gli effetti derivanti dalla ridefinizione della zona di competenza territoriale, ma sarebbe di dubbia compatibilità con il dettato legislativo.

Con la modifica in esame (comma 1-bis) viene introdotto un criterio di mitigazione: si prevede infatti che le banche di credito cooperativo con sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano possono rispettivamente costituire gruppi bancari cooperativi autonomi, composti solo da banche con sede legale e operatività esclusiva nella stessa provincia autonoma “e che comunque non abbiano più di due sportelli siti in province limitrofe”.

 

L'articolo 22 disciplina le misure di partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di ricapitalizzazione della banca (cd. burden sharing).

 

Si chiarisce che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici. Sono poi specificamente individuate le passività assoggettabili alla conversione, da effettuarsi nell’ordine indicato ex lege.

Le norme stabiliscono tra l’altro: le regole relative all’inefficacia delle garanzie rilasciate sugli strumenti oggetto di conversione e i principi applicabili alla conversione medesima. Si chiariscono i casi in cui, previo parere negativo della Commissione UE, non si dà luogo in tutto o in parte alla conversione. Viene disciplinata la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione, nonché l’insieme degli effetti del burden sharing e dell’erogazione del sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Le norme in esame vengono poi qualificate come disposizioni di applicazione necessaria.

In sostanza, dal combinato disposto degli articoli 18 e 22 del provvedimento in esame, si evince che in caso di ricapitalizzazione precauzionale con una conversione in azioni delle obbligazioni subordinate, la legge consente alla banca di offrire agli ex obbligazionisti divenuti azionisti obbligazioni non subordinate, in cambio delle azioni frutto della conversione. Il MEF in un momento successivo può acquistare tali azioni a specifiche condizioni.

 

Si ricorda brevemente che, in caso di dissesto di una banca, la direttiva BRRD prevede il bail-in, ossia la ripartizione delle partite tra azioni, obbligazioni subordinate, senior bond e depositi oltre i 100mila euro prima di un eventuale intervento pubblico.

Il burden sharing, invece, colpisce solo azionisti e obbligazioni subordinate; esso scatta quando la banca non si trova in condizioni di dissesto, ma è solvente e chiede la ricapitalizzazione precauzionale con intervento pubblico prevista dal già citato articolo 32 della BRRD.

Come chiarisce la relazione illustrativa, poiché l'intervento pubblico è limitato ai casi in cui la carenza di capitale derivi dagli esiti di una prova di stress in scenario avverso, ai sensi della Comunicazione del 2013 il burden sharing può assumere solo la forma della conversione in azioni di nuova emissione degli strumenti ibridi (Additional Tier 1) e subordinati (Tier 2) nonché degli altri strumenti subordinati.

Non può essere quindi disposta la riduzione del valore degli strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza: questa infatti può essere disposta se necessaria ad assorbire perdite che impattano anche sul bilancio e che eccedano il patrimonio netto contabile dell'emittente, mentre lo scenario avverso di uno stress test è solo una rappresentazione ipotetica che potrebbe avverarsi contabilmente solo nel caso in cui quelle condizioni avverse si materializzino.

Ai sensi del paragrafo 19 della Comunicazione, la Commissione reputa che prima di concedere ad una banca qualsiasi tipo di aiuto alla ristrutturazione dovrebbero essere esaurite tutte le misure che generano capitale, tra cui la conversione del debito di rango inferiore, a condizione che siano rispettati i diritti fondamentali e non sia messa a rischio la stabilità finanziaria. Prima di concedere aiuti per la ristrutturazione a favore di una banca, gli Stati membri dovranno pertanto garantire che gli azionisti e i detentori di capitale subordinato di detta banca provvedano a fornire il necessario contributo oppure costituire il quadro giuridico necessario per ottenere tali contributi.

 

Nel corso dell’audizione tenutasi il 19 gennaio 2017 presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato, la Consob ha sottolineato come la regolamentazione UE dei mercati finanziari si sia mossa, negli ultimi anni, a due velocità: da una parte ha accelerato l’emanazione delle normative relative alla stabilità del sistema bancario (requisiti di capitale, Brrd); dall’altra ha rallentato l’iter delle normative che riguardano la protezione degli investitori. Si pensi, ad esempio, alla Mifid 2, la nuova disciplina sui servizi di investimento, che mira ad incrementare le tutele per gli investitori dopo la crisi finanziaria, la cui entrata in vigore è slittata di un anno, dal 1° gennaio 2017 al 1° gennaio 2018. L’Autorità rileva come sia stata rinviata, ad esempio, l’introduzione di un nuovo strumento utile ai fini della tutela dei risparmiatori, ovvero il potere delle Autorità di vigilanza di vietare l’offerta e la vendita al pubblico retail di prodotti finanziari considerati opachi e complessi (la cosiddetta product intervention). Stante l’assenza di poteri cogenti e attribuiti per legge, la Consob è potuta intervenire solo nel perimetro della normativa già in vigore, adottando già nel dicembre 2014 una comunicazione per dissuadere gli intermediari dall’offrire e collocare presso il retail prodotti finanziari complessi.

Analoghe asimmetrie e ulteriori difficoltà sono state riscontrate con riferimento alla disciplina delle crisi bancarie. La Consob, nella medesima occasione, ha affermato che l’introduzione del bail-in, in vigore in Italia dal primo gennaio 2016, ha creato di fatto uno shock normativo senza precedenti per le modalità con le quali quel principio è stato declinato in concreto. L’Autorità reputa opinabile la scelta delle autorità europee di adottare una regola che si applica in modo retroattivo anziché – come sarebbe sembrato più logico – esplicare i propri effetti per il futuro e a partire dal momento della sua entrata in vigore, in quanto l’elemento della retroattività si è subito rivelato un fattore di instabilità per il mercato finanziario e, in particolare, per il comparto bancario. La nuova disciplina ha mutato di colpo il profilo di rischio dei titoli in portafoglio ai risparmiatori, peggiorandone la posizione rispetto al momento in cui i titoli sono stati sottoscritti o acquistati. Secondo la Consob, il risultato di tale impatto è che uno strumento finanziario emesso e collocato anni fa in condizioni di mercato e in un contesto del tutto diverso rispetto a quello attuale (talvolta addirittura pre-Lehman Brothers) può trasformarsi da prodotto finanziario a rischio basso o medio-basso a prodotto finanziario a rischio alto o medio-alto. L’innovazione normativa ha avuto un impatto sulla disciplina nazionale ed europea in materia di prestazione dei servizi d’investimento, la cosiddetta Mifid, e ha determinato una sorta di “inadeguatezza sopravvenuta” rispetto alla propensione al rischio del risparmiatore valutata a suo tempo in fase di emissione e collocamento. Il fenomeno della retroattività si è presentato in Italia anche prima che il bail-in entrasse in vigore, in particolare con il salvataggio di quattro banche regionali (Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti), che ha effettuato una sorta di anticipazione della disciplina del bail-in, con effetti a cascata appena descritti.

La Consob ha altresì rammentato che già nel luglio 2013 la Commissione europea aveva introdotto il principio della “condivisione degli oneri” (il cosiddetto burden sharing), che prevede la conversione in azioni delle obbligazioni subordinate e dei titoli ibridi quale condizione per la concessione di aiuti di Stato alle banche in crisi. Nel giugno 2014, è stata poi approvata la direttiva BRRD, che ha codificato il principio del bail-in. L’Autorità di vigilanza rileva in merito la probabile carenza di una verifica circa i reali impatti sugli interessi degli investitori: come già sottolineato in precedenti occasioni, reputa che la scelta di far prevalere il principio della stabilità, a scapito della trasparenza, ingeneri effetti controproducenti.

 

Coerentemente con la disciplina UE, quindi, l’articolo 22, al comma 1 chiarisce che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri secondo quanto previsto dall’articolo 22 allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.

 

Il comma 2 specifica le passività assoggettabili alla conversione. In particolare, con il già menzionato decreto del MEF sono disposte le misure di ripartizione degli oneri, secondo il preciso ordine indicato dalle norme, nonché l'aumento del capitale a servizio delle misure stesse.

 

Preliminarmente occorre ricordare che il Tier 1 capital, chiamato anche patrimonio di base o di qualità primaria, è costituito dal capitale versato, dalle riserve e dagli utili non distribuiti. Sono esclusi dal Tier 1: le azioni proprie, l’avviamento, le immobilizzazioni immateriali e le perdite dei vari esercizi (compreso quello in corso). Dal Tier 1 capital rimangono escluse anche le rettifiche di valore operate sul portafoglio di negoziazione.

Il Tier 1 Capital risulta, a sua volta, costituito dal c.d. Common Equity Tier 1 Capital (“CET1”), ossia il capitale di qualità primaria costituito dagli strumenti con la più spiccata capacità di assorbimento delle perdite e dall’Additional Tier 1 Capital (“AT1”), costituto da “nuovi” strumenti ibridi la cui principale caratteristica qualitativa è una più spiccata capacità di assorbimento delle perdite. Si tratta, tra l’altro, di strumenti innovativi di capitale che, in caso di necessità, interrompono la distribuzione delle cedole per andare a rimpinguare il capitale primario della banca. Tali ibridi appartengono alla categoria in evoluzione dei titoli “quasi-equity”, ossia dei titoli posti nella zona di confine tra il patrimonio e i debiti.

I cosiddetti ibridi sono invece parte fondamentale del cosiddetto Tier 2 capital (o patrimonio supplementare), composto da riserve di valutazioni e da un’ampia schiera di strumenti innovativi di capitale (oltre che ibridi). Vi è anche un Tier 3 capital (prestiti subordinati di terzo livello) in cui confluiscono strumenti di capitale non riconducibili alle prime due categorie.

 

E' stato espunto il riferimento all’ordine con cui vanno emanate le misure di burden sharing.

In primo luogo (lettera a) del comma 2) sono convertiti in azioni ordinarie di nuova emissione - computabili nel capitale primario di classe 1 dell'Emittente - gli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (ai sensi del regolamento UE n. 575 del 26 giugno 2013, Additional Tier1), aventi le caratteristiche indicate nell'articolo 19, comma 1 (azioni ordinarie con diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite). Sono inclusi negli strumenti convertibili quelli qualificati come strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi della cd. “clausola di grandfathering” del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché delle altre passività dell'Emittente aventi un grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale uguale o superiore. In sintesi, la clausola di grandfathering consente di computare nell’Additional Tier 1 alcuni strumenti che secondo le regole ordinarie ne sarebbero esclusi, per un periodo limitato di tempo e a specifiche condizioni.

Inoltre, qualora la predetta misura (di cui alla lettera a)) non sia sufficiente, sono convertiti, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione, computabili nel capitale primario di classe 1, gli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi delle citate norme UE, ivi inclusi gli strumenti coperti dalla clausola di grandfathering, nonché gli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale (lettera b)).

Ove la misura di cui alla lettera b) non sia sufficiente, sono convertite in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 gli strumenti e i prestiti diversi da quelli indicati dalle lettere a) e b), il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell'Emittente (lettera c)).

 

Il comma 2-bis rende fiscalmente neutra - escludendola dal computo a fini IRES e IRAP - ogni eventuale differenza (positiva o negativa) derivante dalle predette misure di burden sharing alle banche che hanno emesso strumenti finanziari oggetto delle predette operazioni di condivisione degli oneri.

 

Ai sensi del comma 3, l’adozione delle misure di conversione rende inefficaci le garanzie rilasciate dall’istituto di credito emittente, purché ricorrano cumulativamente alcune condizioni.

La garanzia deve avere a oggetto passività emesse da soggetti direttamente o indirettamente controllati dall'emittente (lettera a)); le passività garantite indicate alla lettera a) sono state emesse nell'ambito di un'operazione unitaria di finanziamento dell'emittente che include un finanziamento all’emittente da parte di un soggetto da questo controllato (lettera b)); alle passività dell'Emittente derivanti dal finanziamento concessogli di cui alla lettera b), è applicata la misura di conversione (di cui al comma 2).

In sostanza, si intende così evitare che l'esistenza di specifici obblighi di garanzia renda sostanzialmente inefficace il burden sharing applicato su determinate passività dell'emittente.

 

Il comma 4 mira invece a disattivare eventuali clausole contrattuali (come precisato dall’altro ramo del Parlamento) o di altro tipo stipulate dall'emittente, aventi ad oggetto proprie azioni o strumenti di capitale di cui al comma 2 sopra indicato (ossia oggetto della conversione o azzeramento) e relative ai diritti patrimoniali ad essi correlati, che ne impediscono o limitano la computabilità nel capitale primario di classe 1 dell'emittente.

 

Il comma 5 chiarisce i principi applicabili alle misure di conversione degli strumenti di capitali. Esse sono disposte:

§  nei confronti di tutte le passività indicate dalle norme, ove possibile in base alla legge a esse applicabile, secondo la gerarchia applicabile in sede concorsuale (lettera a));

§  in modo uniforme nei confronti di tutti i creditori che siano titolari di passività assoggettabili alle misure di conversione, in base alla legge loro applicabile e appartenenti alla stessa categoria - salvo quanto previsto al comma 7, per cui si veda infra - e proporzionalmente al valore nominale dei rispettivi strumenti finanziari o crediti (lettera b));

§  in misura tale da assicurare che nessun titolare degli strumenti e prestiti convertibili riceva, tenuto conto dell'incremento patrimoniale conseguito dall'Emittente per effetto dell'intervento dello Stato, un trattamento peggiore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione dell'Emittente, assumendo che essa avvenga senza supporto pubblico (lettera c));

§  determinando il numero di azioni da attribuire in sede di conversione sulla base della metodologia indicata nell’allegato al provvedimento in esame, fermo restando il rispetto di quanto previsto dalle lettere a), b) e c) (lettera d));

§  a condizione che la banca o la capogruppo abbia provveduto a convertire in azioni o altri strumenti di capitale primario di classe 1 gli strumenti finanziari convertibili eventualmente emessi, nel rispetto delle condizioni previste dai relativi contratti. A tal fine, l'Emittente include nella richiesta di ripatrimonializzazione (di cui all'articolo 15) l'attestazione di aver provveduto a convertire in azioni o altri strumenti di capitale primario di classe 1 gli strumenti finanziari convertibili eventualmente emessi, nel rispetto delle condizioni previste dai relativi contratti (lettera e)).

 

Ai sensi del comma 6, i titolari di strumenti e prestiti convertibili non ricevono un trattamento peggiore rispetto a quello che si riceverebbe in caso di liquidazione quando, tenuto conto della stima dell’effettivo valore delle attività e passività dell’Emittente, il valore delle azioni assegnate in conversione è almeno pari a quanto verrebbe corrisposto ai titolari degli strumenti di capitale aggiuntivo, degli elementi di classe 2 e degli altri strumenti e prestiti subordinati convertibili, nel caso in cui l'Emittente venisse sottoposto a liquidazione alla data di presentazione della richiesta di intervento dello Stato.

 

Il comma 7 chiarisce che non si dà luogo, del tutto o in parte, all'applicazione delle misure di conversione ove la Commissione europea abbia stabilito che la loro adozione può mettere in pericolo la stabilità finanziaria o determinare risultati sproporzionati.

In caso di esclusione parziale dall'applicazione delle misure previste nel presente articolo, il decreto che dispone le misure di conversione ed aumento di capitale deve indicare gli strumenti o le classi di strumenti esclusi, fermo il rispetto dei criteri stabiliti dalla legge per l’effettuazione del burden sharing. La valutazione sull'applicabilità delle ipotesi di esclusione indicate nel presente comma è compiuta, per ciascun intervento, dalla Commissione europea.

 

Ai sensi del comma 8, in relazione all'assunzione di partecipazioni da parte del MEF conseguente alle misure di conversione, si deroga alla disciplina ordinaria in materia di autorizzazioni e comunicazioni relative all'acquisto o all'incremento di partecipazioni qualificate (applicando l’articolo 53 del d.lgs. n. 180 del 2015); non trovano applicazione i limiti codicistici, ovvero le altre limitazioni previste dalla legge, da contratti o dallo statuto, che possono ostacolare la conversione (articolo 58, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 180 del 2015). Non si applicano i divieti di acquisto previsti dal codice civile nel caso di controllo societario, né si applica il divieto di sottoscrizione reciproca di azioni (articolo 2359-bis e 2359-ter, 2359-quinquies e 2360 c.c.), né l’articolo 121 del TUF in tema di disciplina delle partecipazioni reciproche.

 

Per quanto concerne la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione forzosa e aumento del capitale, il comma 9 rinvia alla tutela giurisdizionale prevista dalle norme nazionali di recepimento della direttiva BRRD in tema di risoluzione degli enti creditizi.

In particolare, l’articolo 95 del D.Lgs. n. 190 del 2015, cui si fa rinvio, dispone che la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo sia disciplinata dal Codice del processo amministrativo. Ove sia violato il principio della parità di trattamento rispetto al caso di liquidazione dell’ente (comma 5, lettera c)), in applicazione dell'articolo 89, comma 1, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, ciascun creditore ha diritto a ricevere un indennizzo, corrisposto dall'Emittente mediante l'attribuzione di nuove azioni.

 

Il comma 10 disciplina gli effetti dell'azione delle misure di burden sharing e di erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. A tale proposito, si estende a tale fattispecie l'articolo 65 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, e viene prevista in primo luogo l'inefficacia delle pattuizioni contrattuali che ricollegano a tali misure conseguenze negative per l'intermediario o per altro componente del gruppo bancario di appartenenza (clausole risolutive espresse, clausole di event of default; di cross-default o di acceleration event). In secondo luogo, viene chiarito che le misure disposte dal MEF non costituiscono di per sé inadempimento contrattuale e pertanto non consentono ai creditori di attivare i rimedi previsti in tali casi (ad esempio risoluzione, decadenza dal beneficio del termine, escussione delle garanzie e altro).

 

Ai sensi del comma 11, le norme in esame vengono qualificate come disposizioni di applicazione necessaria ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 593 del 17 giugno 2008 (Regolamento "Roma I” che disciplina l'individuazione delle legge applicabile, in caso di conflitti di legge in materia di obbligazioni contrattuali civili e commerciali) e dell'articolo 17 della legge 31 maggio 1995, n. 218 (norme che disciplinano il diritto internazionale privato).

Si tratta dunque di norme la cui applicazione è ritenuta irrinunciabile in virtù dell’oggetto o della finalità perseguita.

Esse costituiscono provvedimenti di risanamento ai sensi della direttiva n. 24 del 4 aprile 2001 in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi; applicano e producono i loro effetti negli altri Stati comunitari, secondo le regole contenute nel Titolo IV, Sezione III-bis, del Testo unico bancario in tema di applicazione UE delle procedure di crisi bancaria.

Come riferisce in proposito la relazione illustrativa, per rendere applicabili anche agli strumenti finanziari di debito disciplinati da un diritto straniero le misure di burden sharing, le disposizioni contenute nel decreto-legge sono state espressamente qualificate come provvedimenti di risanamento ai sensi della direttiva (CE) 24/2001 (cosiddetta «Winding-up Directive»). Per effetto di tale qualificazione le misure adottate dal MEF ai sensi del decreto-legge dovrebbero essere riconosciute automaticamente negli Stati membri secondo il regime di circolazione previsto dalla Winding-up Directive. È tuttavia possibile che un'autorità (giurisdizionale o amministrativa) extraeuropea investita della questione escluda l'applicabilità agli strumenti disciplinati da un ordinamento non appartenente all'Unione europea. Infatti, l'individuazione del diritto applicabile avviene in base alla lex fori (diritto nazionale dell'autorità investita della questione). Benché inidonea a vincolare l'autorità straniera, la circostanza che il decreto-legge sia stato qualificato in Italia come disciplina di applicazione necessaria potrebbe comunque essere presa in considerazione al fine di individuare il diritto applicabile.

 

L'articolo 23 consente di emanare disposizioni di attuazione delle norme sull’intervento dello Stato di cui al Capo II in esame e autorizza il MEF ad avvalersi di esperti in materia finanziaria, contabile e legale. Inoltre, in sede di prima applicazione, stabilisce il valore da attribuire alle passività di MPS assoggettabili alle misure di ripartizione degli oneri fra i creditori ai fini della determinazione del tasso di conversione.

 

In particolare, il comma 1 consente di emanare disposizioni di attuazione delle norme sull’intervento dello Stato disciplinate dal Capo II in commento.

Viene poi autorizzato il MEF, ai fini della strutturazione degli interventi previsti dal capo II nonché della gestione dell'eventuale contenzioso, ad avvalersi, a spese dell'emittente, di esperti in materia finanziaria, contabile e legale (comma 2) che non abbiano in corso o non abbiano intrattenuto negli ultimi due anni relazioni di affari, professionali o finanziarie con l'Emittente tali da comprometterne l'indipendenza.

Il periodo in cui gli esperti non devono avere intrattenuto relazioni professionali o finanziarie con gli istituti interessati è pari a tre anni.

Inoltre, in sede di prima applicazione (comma 3), è la legge stessa a prevedere, con riferimento alla probabile esigenza di adottare una misura di sostegno pubblico a favore della Banca Monte dei Paschi di Siena, il valore da attribuire alle passività assoggettabili alle misure di ripartizione degli oneri fra i creditori ai fini della determinazione del tasso di conversione.

 

Conseguentemente (comma 4) l’eventuale richiesta di MPS non contiene la valutazione delle passività (di cui all’articolo 15, comma 1, lettera c)).

 

L'articolo 23-bis prescrive che il Ministro dell’economia e delle finanze trasmetta alle Camere una relazione quadrimestrale relativa alle istanze presentate e agli interventi effettuati, nella quale sono indicati l'ammontare delle risorse erogate e le finalità di spesa. La relazione contiene le informazioni sul profilo di rischio e sul merito di credito dei debitori verso i quali l’emittente vanta crediti in sofferenza per un ammontare pari o superiore all’1 per cento del patrimonio netto.

 

In particolare, il comma 1 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze presenti, ogni quattro mesi, una relazione al Parlamento relativa alle istanze presentate e agli interventi effettuati, nella quale sono indicati l'ammontare delle risorse erogate e le finalità di spesa, ai sensi del Capo in esame.

Nella relazione devono essere indicate, con riferimento agli interventi effettuati nel semestre, le informazioni attinenti al profilo di rischio e al merito di credito, riferite alla data nella quale sono stati concessi i finanziamenti, dei soggetti nei cui confronti l'Emittente vanta crediti, classificati in sofferenza, per un ammontare pari o superiore all'1 per cento del patrimonio netto (comma 2).

 

L'articolo 24 istituisce un Fondo, con una dotazione di 20 miliardi di euro per l'anno 2017, destinato a coprire gli oneri delle operazioni di sottoscrizione e acquisto di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale (capo II) e delle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione e sull'erogazione di liquidità di emergenza (capo I) a favore delle banche e dei gruppi bancari italiani.

 

L'articolo 25 integra la disciplina relativa alle contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione nazionale, chiarendo il perimetro delle obbligazioni ad esse connesse, i costi, gli oneri e le spese che possono essere coperti dal citato Fondo, nonché le modalità per richiamare le predette contribuzioni addizionali.

 

L'articolo 26 stabilisce che qualora la Banca d'Italia - al fine di soddisfare esigenze di liquidità - eroghi finanziamenti garantiti mediante pegno o cessione di credito, la garanzia si intende prestata, con effetto nei confronti dei terzi aventi causa, all'atto della sottoscrizione del contratto di garanzia finanziaria. A tal fine sono introdotte deroghe alla normativa civilistica sulle garanzie. La garanzia prestata, inoltre, è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione della legge fallimentare che esclude la revocatoria stessa nei confronti dell'istituto di emissione.

L'articolo 26-bis, ai commi 1-3, novella alcune disposizioni contenute nel Capo I del decreto-legge n. 59 del 2016, in materia di accesso al Fondo di solidarietà istituito in favore degli investitori delle Banche poste in risoluzione a fine 2015 (Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, CariChieti). In particolare le norme ampliano la nozione di "investitore" che può accedere alle tutele del Fondo; prorogano al 31 maggio 2017 il termine temporale per la presentazione dell'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario; stabiliscono la gratuità del servizio di assistenza agli investitori per la compilazione e la presentazione delle istanze.

 

L'articolo 26-bis, al comma 4, modifica la disciplina sulla attività per imposte anticipate (DTA – Deferred Tax Assets). Le norme incidono sulle disposizioni che consentono di trasformare in credito di imposta le DTA qualificate - ove ad esse non corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (cd. DTA "di tipo 2") - mediante il pagamento di un canone, in particolare modificando la decorrenza della relativa disciplina, nonché i termini e le modalità per il versamento del canone.

 

L'articolo 26-ter dispone che alle banche di credito cooperativo, in relazione alla trasformazione in crediti d'imposta delle DTA da perdite fiscali connesse ai componenti negativi di reddito, non si applichino i limiti alla riportabilità delle perdite di cui all'articolo 84 TUIR; più precisamente, non si applica la norma che stabilisce, per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile, che la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti.

 

L'articolo 27 incrementa, per l'anno 2017, di 20 miliardi di euro il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa, nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, quantificando gli oneri delle maggiori emissioni di titoli pubblici e prevedendone la relativa copertura.

 

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier sulla normativa bancaria nazionale ed europea approvata in questa legislatura.

 


 

3. Il decreto-legge 99/2017  sulle banche venete

Premessa

 

Il provvedimento ha introdotto disposizioni urgenti per facilitare la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

Tali misure consistono anzitutto nella vendita di parte delle attività delle due banche a un acquirente - individuato in Intesa Sanpaolo - ed il trasferimento del relativo personale.

Per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione, si dispone:

una iniezione di liquidità pari a circa 4,8 miliardi di euro;

la concessione di garanzie statali, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro, sul finanziamento della massa liquidatoria dei due istituti da parte di Intesa Sanpaolo.

Per i creditori subordinati delle banche che siano investitori al dettaglio è previsto un meccanismo di ristoro analogo a quello stabilito dal decreto legge n. 59 del 2016 per gli istituti posti in risoluzione nel novembre 2015; le prestazioni sono a carico del Fondo interbancario di tutela dei depositanti.

Sono introdotte misure per rendere fiscalmente neutre le operazioni di cessione e gli interventi pubblici che le possono accompagnare. Si intende inoltre consentire il trasferimento dei crediti per le imposte differite delle banche in liquidazione al cessionario dell'azienda bancaria.

Nel corso dell'esame parlamentare è stato rifuso nel provvedimento in esame il contenuto del decreto-legge n. 89 del 2017Detto provvedimento ha modificato la disciplina dell'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari recata dal decreto-legge n. 237 del 2016, intervenendo in particolare sulla normativa che concerne il riparto degli oneri di risanamento delle banche tra azionisti e creditori subordinati (cd. burden sharing).

 

Si ricorda che il 23 giugno 2017 la Banca Centrale Europea ha dichiarato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail).

Secondo le regole UE, una banca in dissesto ordinariamente viene sottoposta a liquidazione secondo le ordinarie procedure di insolvenza, salvo il caso in cui il Comitato unico di risoluzione reputi che vi sia un interesse pubblico a sottoporre l'istituto a risoluzione, in quanto la liquidazione ordinaria potrebbe compromettere la stabilità finanziaria, interrompere la prestazione di funzioni essenziali e pregiudicare la tutela dei depositanti (considerando 45 della direttiva 2014/59/UE, cd. BRRD, che reca la disciplina europea dei salvataggi bancari).

 

Nella medesima data, il predetto Comitato di risoluzione unico (SRB – Single Resolution Board), richiesto di valutare se vi fossero tutti i requisiti per una risoluzione secondo la disciplina europea per i salvataggi bancari (direttiva 2014/59/UE, cd. BRRD), è giunto alla conclusione che non è possibile dichiarare la risoluzione, in quanto non sussiste il requisito dell'interesse pubblico.

In tali circostanze le regole europee prevedono l'applicazione delle procedure di insolvenza di ciascuno Stato, sotto l'egida della competente autorità nazionale di vigilanza a specifiche condizioni.

 

Si ricorda in proposito che la citata direttiva BRRD (articolo 32, par.1, lettera c) della direttiva 2014/59/UE) e i decreti legislativi di recepimento (in particolare il D.Lgs. n. 180 del 2015, all'articolo 20, comma 2) prevedono che la risoluzione è disposta quando la relativa autorità ha accertato la sussistenza dell'interesse pubblico.

La disciplina della crisi degli istituti bancari è stata profondamente modificata dalla predetta direttiva BRRD, che ha introdotto una nuova modalità di gestione delle crisi: la cd. risoluzione, con cui viene avviato un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che, attraverso l'utilizzo di tecniche e poteri offerti dalle disposizioni europee, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento); ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca; liquidare le parti restanti.

Secondo le regole UE, una banca in dissesto è ordinariamente sottoposta a liquidazione secondo le ordinarie procedure di insolvenza, salvo il caso in cui il Comitato unico di risoluzione reputi che vi sia un interesse pubblico a sottoporre l'istituto a risoluzione, in quanto la liquidazione ordinaria potrebbe mettere a repentaglio la stabilità finanziare, interrompere lo svolgimento di funzioni critiche e mettere a repentaglio la tutela dei depositanti (considerando 45 della direttiva BRRD).

La normativa italiana di recepimento riconosce sussistente detto interesse pubblico ove la risoluzione è necessaria e proporzionata per conseguire uno o più obiettivi indicati all'articolo 21 del D.Lgs. n. 180/2015 (continuità delle funzioni essenziali dei soggetti in crisi, stabilità finanziaria, contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela) e la sottoposizione della banca a liquidazione coatta amministrativa non consentirebbe di realizzare questi obiettivi nella stessa misura.

Di conseguenza in presenza di uno stato di dissesto, anche solo prospettico, le autorità competenti devono valutare se è possibile attivare la procedura ordinaria di liquidazione coatta amministrativa o se è utile avviare la procedura di risoluzione.

 

Fuori dal contesto della risoluzione, le regole europee prevedono la possibilità di richiedere l'approvazione della Commissione UE sull'uso di aiuti pubblici per facilitare la liquidazione.

Più in dettaglio, ove gli Stati membri ritengano necessario prendere in considerazione un intervento pubblico per mitigare gli effetti dell'uscita dal mercato di un istituto bancario, trovano applicazione le regole europee in tema di aiuti di Stato: in particolare, per il settore bancario le regole sono individuate nella Comunicazione della Commissione UE del luglio 2013 (cd. Banking Communication).

Essa richiede che i possessori di azioni e di obbligazioni subordinate contribuiscano pienamente ai costi di risanamento (cd misure di burden sharing), in modo tale che le distorsioni della concorrenza siano limitate.

Dall'altro lato, le medesime regole UE stabiliscono che i possessori di obbligazioni seniornon devono contribuire al risanamento e i depositantirimangono pienamente tutelati, coerentemente alle regole UE.

 

La Commissione UE riferisce che l'Italia, in tale contesto, ha ritenuto che la liquidazione delle due banche possa avere un forte impatto sull'economia reale delle regioni in cui esse sono maggiormente operative.

Il Governo ha dunque ritenuto necessario applicare la normativa del Testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993, articoli 80-95), che prevede l'avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa e contestualmente adottare misure di aiuto pubblico volte a sostenere una gestione ordinata della crisi delle due banche, nel contesto di una speciale procedura d'insolvenza.

Il 24 giugno 2017 l'Italia ha notificato alla Commissione Europea il piano di aiuti per facilitare la liquidazione di BPVi e Veneto Banca.

Il 25 giugno 2017 la Commissione ha approvato le misure predisposte dall'Italia e contenute nel provvedimento in esame.

 

Come riferito dal Commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, la decisione della Commissione consente all'Italia di adottare misure volte a facilitare la liquidazione di entrambi gli istituti. In particolare, lo Stato italiano intende supportare la vendita e l'integrazione degli asset, così come il trasferimento dei dipendenti, ad Intesa Sanpaolo. Secondo quanto riportato dal Commissario, i possessori di azioni e i creditori junior hanno pienamente contribuito al risanamento, così riducendo i costi a carico dello Stato, mentre i depositanti rimangono pienamente tutelati. Tali misure, come affermato dal Commissario, contribuiranno a rimuovere 18 miliardi di crediti deteriorati (non performing loans) dal sistema bancario italiano, sostenendo così il suo consolidamento.

 

Come anticipato, le misure consistono anzitutto nella vendita di parte delle attività delle due banche a Intesa Sanpaolo, ivi incluso il trasferimento del relativo personale. Sotto il profilo finanziario, le misure adottate dal Governo per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione consistono in iniezioni di liquidità pari a 4,8 miliardi di euro. A questa cifra si aggiungono circa 400 milioni, quale eventuale costo da sostenere per le garanzie prestate dallo Stato sugli impegni delle banche in liquidazione, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro.

 

La Commissione ha reputato tali misure in linea con la regolamentazione europea in materia di aiuti di Stato alle banche e, in particolare, con la citata Comunicazione della Commissione di luglio 2013 sugli aiuti di Stato al settore bancario, in quanto i possessori di azioni e di obbligazioni subordinate hanno pienamente contribuito ai costi del risanamento, riducendo così il costo dell'intervento per lo Stato.

Entrambi gli istituti destinatari degli aiuti sono dunque liquidati in modo ordinato e destinati a uscire dal mercato; le attività trasferite a Intesa San Paolo sono ristrutturate e significativamente ridotte; queste misure limitano le distorsioni della concorrenza che vengono da tali aiuti.

La Commissione riferisce che sia le garanzie sia gli apporti di capitale sono coperti dai crediti di rango più elevato (senior) vantati dallo Stato italiano sulle attività comprese nella massa fallimentare. Di conseguenza, il costo netto per lo Stato italiano è stato ritenuto nettamente inferiore all'importo nominale dei provvedimenti previsti.

Inoltre, a parere della Commissione, il soggetto acquirente (Intesa) è stato scelto in una procedura aperta, equa e trasparente, gestita interamente dalle autorità italiane, che hanno assicurato la vendita degli asset secondo la migliore offerta ricevuta: non si tratta dunque di un aiuto di Stato nei confronti di Intesa. Le autorità europee reputano che detta vendita consentirà di abbassare l'ammontare della rimanente massa liquidatoria, finanziata da crediti forniti da Intesa.

Si ricorda in questa sede che la Banca d'Italia ha pubblicato, sul proprio sito internet, un dossier (sotto forma di domande e risposte) relativo alla crisi delle banche venete.

 

A seguito delle decisioni delle Autorità europee e in conformità al provvedimento in commento, entrambi gli istituti sono stati posti in liquidazione il 26 giugno 2017.

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta della Banca d'Italia, ha sottoposto Veneto Banca e BPVI a liquidazione coatta amministrativa. La Banca d’Italia ha nominato gli Organi liquidatori nelle persone dei sigg. dott. Claudio Ferrario, prof. avv. Giustino Di Cecco e dott. Fabrizio Viola, quali Commissari liquidatori, e dei sigg. avv. Maria Elisabetta Contino, prof. avv. Francesco De Santis e prof. avv. Raffaele Lener quali componenti del Comitato di sorveglianza. I Commissari liquidatori, in attuazione delle indicazioni ministeriali e con il sostegno dello Stato Italiano, hanno provveduto alla cessione di attività e passività aziendali a Intesa SanPaolo S.p.A., che è subentrata nei rapporti della cedente con la clientela senza soluzione di continuità. I crediti deteriorati della banca, esclusi dalla cessione, saranno successivamente trasferiti a una società a partecipazione pubblica. I diritti degli azionisti e le passività subordinate resteranno in capo alla Liquidazione.

 

Articolo 01 - Modifiche al decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237

Come anticipato, il contenuto del decreto-legge n. 89 del 2017 è stato rifuso nel decreto-legge in esame (introdotto articolo 01).

Detto provvedimento ha modificato la disciplina dell'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari recata dal decreto-legge n. 237 del 2016, intervenendo in particolare sulla normativa che concerne il riparto degli oneri di risanamento delle banche tra azionisti e creditori subordinati (cd. burden sharing); esso consiste nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni.

Si prevede in particolare che, ove la banca abbia presentato o formalmente comunicato l'intenzione di presentare richiesta di intervento dello Stato, sia prorogato di sei mesi il termine di scadenza delle passività oggetto delle predette misure di burden sharing, se tale termine di scadenza ricade nei sei mesi successivi alla presentazione dell'istanza o della formale comunicazione dell'intenzione di presentarla.

La norma in esame interviene inoltre sulle misure di ricapitalizzazione degli istituti bancari da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, effettuata mediante l'acquisto di azioni o altri strumenti rappresentativi del capitale: in particolare, si allunga (di 60 giorni, da 60 a 120) il periodo concesso per il completamento, da parte del MEF, delle operazioni di acquisto delle azioni delle banche interessate al risanamento, ove tali azioni derivino dalle predette misure di burden sharing.

Conseguentemente, il comma 2 dell'articolo 1 del ddl di conversione abroga il decreto-legge 16 giugno 2017, n. 89, confermando la validità degli atti e dei provvedimenti adottati e facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge.

 

La crisi delle banche venete

 

Con nota tecnica del 15 aprile 2016, la Banca d'Italia ha fornito alcuni chiarimenti relativi agli intermediari Banca Popolare di Vicenza (BPV) e Veneto Banca (VB). Le predette banche sono state investite da due tipologie di problematiche, legate alla loro originaria natura di banche popolari non quotate: la modalità di determinazione del prezzo delle azioni e i finanziamenti concessi dalle banche alla clientela per la sottoscrizione delle azioni della banca medesima. Relativamente al prezzo delle azioni, per le banche popolari non quotate il codice civile (articolo 2528) attribuisce la responsabilità di fissare il prezzo all'assemblea dei soci, su proposta degli amministratori. Riguardo alla raccolta di capitale (ed emissione di azioni) a fronte di finanziamenti erogati dalle stesse banche emittenti ai sottoscrittori delle azioni (cosiddette 5 "azioni finanziate"), la normativa di settore prevede che le azioni acquistate grazie a un finanziamento della banca emittente non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Tale patrimonio è considerato dalla normativa di settore come il primo cuscinetto di sicurezza per assorbire eventuali perdite; deve essere quindi costituito da risorse sicure, non da elementi a elevato rischio di essere vanificate da un finanziamento non restituito.

Per quanto concerne la Banca Popolare di Vicenza, le controversie hanno riguardato principalmente l'operatività in azioni proprie che, dal gennaio del 2014 (a seguito dell'entrata in vigore del regolamento europeo n. 575 del 26 giugno 2013), richiede in ogni caso un'autorizzazione della Vigilanza, la quale subordina la decisione ad una valutazione prudenziale, poiché nel momento in cui la banca riacquista le proprie azioni dai suoi soci riduce il patrimonio.

Nel corso del 2014, come rileva la Banca d'Italia, è emerso che la Banca Popolare di Vicenza acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l'autorizzazione alla Vigilanza. Le ispezioni del 2015 hanno rilevato, oltre ai riacquisti di azioni proprie effettuati senza la necessaria autorizzazione, anche il problema delle "azioni finanziate" non dedotte per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza. La Banca d'Italia ha rilevato come ciò abbia comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale di circa 1 miliardo di euro, registrato dalla banca nella relazione semestrale al 30 giugno e nel bilancio d'esercizio 2015. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di 1,3 miliardi di euro di rettifiche di valore nel bilancio 2015 (+54% rispetto all'anno precedente). Come riferito dalla Banca d'Italia, l'alta dirigenza di BPV è stata rinnovata e la banca, in coerenza con il nuovo piano industriale, ha poi deliberato un piano complessivo di rafforzamento patrimoniale o di modifica radicale della corporate governance che comprende la trasformazione in S.p.A. (approvata dall'Assemblea il 3 marzo 2016), un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro e la quotazione in Borsa delle azioni (tramite un'operazione di Initial Public Offering, IPO). Il cambio di forma giuridica e l'obbligo di trasformazione in società quotata hanno comportato una significativa svalutazione delle azioni, il cui valore è passato dai 62,50 euro nel 2014 (approvazione bilancio 2013) ai 6,3 euro di febbraio 2016.

Con l'intervento del fondo Atlante nell'aprile del 2016 è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con l'ulteriore abbassamento del prezzo di ciascuna azione a 10 centesimi di euro.

Con comunicato stampa del 9 gennaio 2017 l'istituto ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva rivolta agli azionisti che hanno investito in azioni BPVi negli ultimi 10 anni. L'offerta pubblica di transazione prevede un riconoscimento economico pari a 9 euro per ogni azione acquistata tramite una banca del Gruppo Banca Popolare di Vicenza a partire dal 1° gennaio 2007 e sino al 31 dicembre 2016, al netto delle vendite; il riconoscimento sarà erogato a fronte della rinuncia dell'azionista a qualsiasi pretesa in relazione all'investimento in (o mancato disinvestimento di) titoli azionari Banca Popolare di Vicenza, titoli che rimarranno comunque di proprietà dell'azionista. La platea è stata stimata in circa 94.000 azionisti, individuati secondo criteri oggettivi, che comprendono principalmente persone fisiche, società di persone, fondazioni, ONLUS ed enti senza fine di lucro. Contestualmente BPVI ha costituto un fondo, per complessivi 30 milioni di euro, a sostegno degli azionisti che versano in condizioni disagiate.

L'iniziativa si basa sulla consapevolezza della presenza di situazioni di impoverimento e grave disagio sociale che coinvolgono alcuni azionisti risparmiatori di BPVi, oltreché sulla volontà di ricostruire un rapporto di fiducia tra la Banca e i suoi soci risparmiatori. Il fondo è riservato esclusivamente agli azionisti che rientrano nel perimetro dell'Offerta di Transazione e che rinunciano ad azioni risarcitorie, l'attivazione del fondo è subordinata all'esito positivo della stessa Offerta di Transazione. Il termine di adesione all'Offerta di Transazione, in origine fissato al 22 marzo 2017, è stato prorogato al 28 marzo 2017.

Il 9 aprile 2017 l'istituto ha reso noto che a tale offerta hanno aderito 66.770 azionisti (71,9%), portatori del 68,7% delle azioni comprese nell'Offerta di Transazione .

L'istituto, il 1° febbraio 2017, ha comunicato di aver ricevuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze il decreto con il provvedimento di concessione della garanzia dello Stato su nuove emissioni obbligazionarie ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016 e di aver contestualmente avviato l'operatività necessaria per l'emissione di titoli garantiti.

Il 17 marzo 2017 BPVI ha reso noto che è in fase di finalizzazione il nuovo Piano industriale 2017-2021 - già sottoposto alle Autorità di Vigilanza - nel quale è previsto un progetto di fusione con il Gruppo Veneto Banca unitamente ad un intervento di rafforzamento patrimoniale da realizzarsi nel 2017. Nella medesima occasione la Banca Popolare di Vicenza, nell'ambito delle modalità di reperimento dei capitali necessari ad implementare la citata ricapitalizzazione, ha comunicato al MEF, Banca d'Italia e BCE l'intenzione di accedere alle già citate misure di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016.

Il 1° giugno 2017 l'istituto ha effettuato una seconda emissione obbligazionaria con garanzia dello Stato, ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016, per un importo complessivo di 2,2 miliardi di euro nominali, tasso nominale annuo lordo 0,50% e scadenza 1 giugno 2020 (ISIN: IT0005247645). Il titolo è stato sottoscritto interamente dall'emittente e verrà utilizzato per incrementare i buffer di liquidità del Gruppo. Con questa emissione le obbligazioni in essere con garanzia statale emesse dalla Banca ammontano a 5,2 miliardi di euro nominali (di cui 3,0 miliardi di euro emessi nel febbraio 2017).

Con riferimento a Veneto Banca, la problematica illustrata dalla Banca d'Italia concerne in particolare il fenomeno delle "azioni finanziate" non dedotte, reiterato nel tempo nonostante i solleciti delle Autorità di vigilanza e le sanzioni irrogate. Nella richiamata nota tecnica, la Banca d'Italia rileva che detta prassi ha comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale per circa 300 milioni di euro, registrato dalla banca nella relazione trimestrale al 30 settembre 2015 e nel bilancio d'esercizio 2015; ulteriori 56 milioni di euro sono emersi dal completamento delle analisi svolte dalla funzione di revisione interna della banca su richiesta della Vigilanza. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito anche del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di oltre 700 milioni di euro di rettifiche di valore su crediti nel bilancio 2015. La necessità di "squalificare" le "azioni finanziate" e di recepire le ulteriori perdite emerse ha imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. Ai cambiamenti di governance del 2015 sono seguiti la definizione di un piano di rafforzamento patrimoniale, per 1 miliardo di euro, nonché la trasformazione in società per azioni, ai sensi delle nuove norme sulle banche popolari (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con legge 24 marzo 2015, n. 33) e la quotazione in borsa. Nel corso del 2016 la governance aziendale ha avuto un sostanziale rinnovo, conclusosi con l'avvio dell'azione di responsabilità il 16 novembre 2016 nei confronti degli ex componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale nonché dell'ex Direttore Generale di Veneto Banca S.p.A. Analogamente a quanto disposto da BPVi, Veneto Banca ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva, mediante un'Offerta di Transazione con un indennizzo forfettario ed onnicomprensivo pari al 15% della perdita teorica sofferta in conseguenza degli acquisti di Azioni Veneto Banca (al netto delle vendite effettuate e dei dividendi percepiti) avvenuti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2016, a fronte della rinuncia dell'azionista a promuovere azioni legali. L'iniziativa si rivolge a circa 75.000 azionisti, pari a circa l'85% del totale. Il Consiglio di Amministrazione di Veneto Banca ha deliberato inoltre la costituzione di un Fondo di solidarietà di 30 milioni di euro per sostenere i Soci che versano in comprovate situazioni di particolare disagio socio-economico, rivolto ai medesimi destinatari dell'Offerta Pubblica di Transazione; anche in questo caso i beneficiari dovranno rinunciare ad azioni risarcitorie nei confronti della Banca. Il fondo diventa effettivo a seguito dell'esito positivo dell'Offerta stessa. L'Offerta si è conclusa il 28 marzo, a seguito della proroga dei termini.

Si ricorda che la Banca ha effettuato nel febbraio 2017 due emissioni garantite dallo Stato ai sensi del D.L. n. 237 del 2016.

A seguito della richiesta presentata nella medesima data di BPVi (17 marzo 2017) di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016, anche Veneto Banca ha manifestato l'intenzione di accedere al sostegno finanziario straordinario e temporaneo da parte dello Stato italiano ("ricapitalizzazione precauzionale"), ai sensi del D.L 237/2016.

Il 23 giugno scorso, la Banca Centrale Europea ha dichiarato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail). Successivamente il Comitato di risoluzione unico (SRB – Single Resolution Board) ha valutato se vi fossero tutti i tre requisiti per una risoluzione secondo la direttiva europea per i salvataggi bancari (BRRD), giungendo alla conclusione che non è possibile dichiarare la risoluzione in quanto non sussiste il requisito dell'interesse pubblico. Per ulteriori informazioni si rinvia al commento dell'articolo 1 del provvedimento in esame.

Come riferito dalla Banca d'Italia nel dossier relativo alla crisi delle banche venete, alla data della liquidazione le banche avevano emesso obbligazioni garantite dallo Stato per 8,6 miliardi.

 

Più in dettaglio, le norme in commento intervengono sul meccanismo di compensazione per i detentori di obbligazioni coinvolte nelle misure di burden sharing, che non siano controparti qualificate o investitori professionali (articolo 01, comma 1, lettera a), che novella l'articolo 19, comma 2 del decreto-legge n. 237 del 2016). In particolare, si allunga da 60 a 120 giorni – decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto che dispone le misure di burden sharing - il periodo concesso per il completamento dell'operazione di acquisto, da parte del MEF, delle azioni derivanti dall'applicazione dei predetti strumenti di riparto degli oneri.

 

L'articolo 19 richiamato disciplina la procedura che consente al MEF di ricapitalizzare gli istituti bancari, mediante la sottoscrizione di azioni ordinarie fornite di diritto di voto pieno, computabili come Common Equity Tier 1.

Il MEF può sottoscrivere non solo azioni di nuova emissione, ma anche azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di riparto degli oneri (cd. burden sharingper cui si veda ai paragrafi successivi) nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti divenuti tali a seguito dell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, purché tali soggetti non siano controparti qualificate, al fine di prevenire o comporre una controversia legata al collocamento o alla negoziazione da parte dell'emittente degli strumenti finanziari a cui siano state applicate le predette misure di burden sharing. La banca interessata propone agli investitori al dettaglio una transazione, limitatamente agli strumenti per la cui offerta sussisteva obbligo di pubblicare un prospetto, e salvo che siano stati acquistati da una controparte qualificata o da un investitore professionale diverso dalla banca o società del suo gruppo e senza avvalersi di servizi o attività d'investimento prestate dalla banca o società del suo gruppo.

 

Tale allungamento, come riferito dal Governo nella relazione illustrativa al decreto-legge n. 89 del 2017, intende consentire un'adeguata valutazione da parte degli investitori coinvolti.

 

Con un secondo gruppo di modifiche, di cui all'articolo 01, comma 1, lettera b) (il quale interviene sull'articolo 22 del decreto-legge n. 237, con l'aggiunta di un comma 2-ter) si dispone che, ove l'istituto emittente abbia presentato o abbia formalmente comunicato l'intenzione di presentare, a seguito dell'accertamento dei requisiti di accesso, la richiesta di intervento dello Stato, sia automaticamente prorogato di sei mesi il termine di scadenza delle passività oggetto di burden sharing, se tale termine di scadenza ricade nei sei mesi successivi alla presentazione dell'istanza o della formale comunicazione dell'intenzione di presentarla.

Scopo dichiarato della norma è quello di assicurare la parità di trattamento nella ripartizione degli oneri.

Tale proroga, per espressa previsione normativa, non comporta inadempimento ai sensi di legge o di clausole contrattuali, ivi incluse quelle relative ad altri rapporti di cui è parte l'Emittente o una componente del gruppo bancario di cui esso è parte.

 

Il richiamato articolo 22 disciplina le misure di partecipazione, da parte di azionisti e creditori subordinati, agli oneri di ricapitalizzazione della banca, chiarendo che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.

Le norme richiamate stabiliscono tra l'altro: le regole relative all'inefficacia delle garanzie rilasciate sugli strumenti oggetto di conversione e i principi applicabili alla conversione medesima. Si illustrano i casi in cui, previo parere negativo della Commissione UE, non si dà luogo in tutto o in parte alla conversione. Viene disciplinata la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione, nonché l'insieme degli effetti del burden sharing e dell'erogazione del sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Le norme in esame vengono poi qualificate come disposizioni di applicazione necessaria.

 

In proposito occorre preliminarmente ricordare che il Tier 1 capitalchiamato anche patrimonio di base o di qualità primaria, è costituito dal capitale versato, dalle riserve e dagli utili non distribuiti. Sono esclusi dal Tier 1: le azioni proprie, l'avviamento, le immobilizzazioni immateriali e le perdite dei vari esercizi (compreso quello in corso). Dal Tier 1 capital rimangono escluse anche le rettifiche di valore operate sul portafoglio di negoziazione.

Il Tier 1 Capital risulta, a sua volta, costituito dal c.d.  Common Equity Tier 1 Capital ("CET1"), ossia il capitale di qualità primaria costituito dagli strumenti con la più spiccata capacità di assorbimento delle perdite e dall'Additional Tier 1 Capital ("AT1"), costituto da "nuovi" strumenti ibridi la cui principale caratteristica qualitativa è una più spiccata capacità di assorbimento delle perdite. Si tratta, tra l'altro, di strumenti innovativi di capitale che, in caso di necessità, interrompono la distribuzione delle cedole per andare a rimpinguare il capitale primario della banca. Tali ibridi appartengono alla categoria in evoluzione dei titoli "quasi-equity", ossia dei titoli posti nella zona di confine tra il patrimonio e i debiti. I cosiddetti ibridi sono invece parte fondamentale del cosiddetto Tier 2 capital (o patrimonio supplementare), composto da riserve di valutazioni e da un'ampia schiera di strumenti innovativi di capitale (oltre che ibridi). Vi è anche un Tier 3 capital (prestiti subordinati di terzo livello) in cui confluiscono strumenti di capitale non riconducibili alle prime due categorie.

 

Oggetto della conversione in azioni ordinarie di nuova emissione, ai sensi della disciplina del burden sharing, sono (articolo 22, comma 2):

·         gli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier1), aventi le caratteristiche indicate nell'articolo 19, comma 1 (azioni ordinarie con diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite). Sono inclusi negli strumenti convertibili quelli qualificati come strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi della cd. "clausola di grandfathering" del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché le altre passività dell'Emittente aventi un grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale uguale o superiore. In sintesi, la clausola di grandfathering consente di computare nell'Additional Tier 1 alcuni strumenti che secondo le regole ordinarie ne sarebbero esclusi, per un periodo limitato di tempo e a specifiche condizioni;

·         gli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi delle citate norme UE (strumenti subordinati, Tier 2), ivi inclusi gli strumenti coperti dalla clausola di grandfathering, nonché gli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale (lettera b));

·         gli strumenti e i prestiti diversi a quelli indicati dalle lettere a) e b), il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell'Emittente (altri strumenti subordinati).

 

La Relazione illustrativa del decreto-legge n. 89 rileva come il decreto-legge n. 237 non contenga una norma (cd. freezing) che cristallizzi a una certa data la situazione delle passività suscettibili di burden sharing. Intento del Governo è ovviare a tale mancanza; "in considerazione della non prevista durata delle negoziazioni con le istituzioni dell'Unione Europea" competenti a valutare la conformità della misura di intervento pubblico con il quadro normativo comunitario. A parere dell'esecutivo, l'assenza di una norma di freezing può rivelarsi pregiudizievole per la parità di trattamento dei creditori, ove vengano a scadenza, nelle more della procedura di autorizzazione, alcune delle passività coinvolte.

 

Alla proroga si applica, in quanto compatibile, il comma 10 dell'articolo 22, che disciplina gli effetti dell'azione delle misure di burden sharing e di erogazione del sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Tale comma dispone, tra l'altro, l'inefficacia delle pattuizioni contrattuali che ricollegano a tali misure conseguenze negative per l'intermediario o per altro componente del gruppo bancario di appartenenza (clausole risolutive espresse, clausole di event of default; di cross-default o di acceleration event). In secondo luogo, viene chiarito che le misure disposte dal MEF non costituiscono di per sé inadempimento contrattuale e pertanto non consentono ai creditori di attivare i rimedi previsti in tali casi (ad esempio risoluzione, decadenza dal beneficio del termine, escussione delle garanzie e altro).

Le norme in commento chiariscono infine che, durante la proroga, le passività producono interessi secondo le previsioni contrattuali applicabili.

La citata relazione illustrativa chiariva che la proroga della scadenza non avrebbe avuto effetti retroattivi; essa riguardava infatti solo le passività scadenti dopo l'entrata in vigore del decreto legge.

 

Si segnala che la normativa europea in materia di sostegno al settore bancario, con particolare riferimento alla direttiva BRRD ed alla Comunicazione della Commissione del luglio 2013, non sembra specificamente contemplare lo strumento della sospensione prevista dalle norme in esame, sebbene dette fonti normative non vietino espressamente il ricorso al cd. freezing. Il punto 41 della comunicazione della Commissione UE del luglio 2013, relativa all'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria luglio 2013 dispone che un'adeguata condivisione degli oneri deve comportare di norma contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato, i quali devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile. 

In tale ambito la Comunicazione precisa che, in ogni caso, i deflussi di liquidità dal beneficiario ai detentori di tali titoli devono essere evitati, nella misura in cui ciò sia giuridicamente possibile.

In considerazione delle modifiche apportate con l'articolo in esame, il titolo del decreto-legge in commento è stato integrato col riferimento alle misure per assicurare la parità di trattamento dei creditori nel contesto di una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio.

 

Il contenuto del provvedimento

 

L'articolo 1 del decreto-legge n.99 del 2017 individua l'ambito di applicazione del provvedimento, precisando che lo stesso disciplina l'avvio e lo svolgimento della liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A., nonché le modalità e le condizioni delle misure a sostegno delle stesse, in conformità alla disciplina europea in materia di aiuti di Stato (comma 1).

 

In considerazione della rifusione del decreto-legge n. 89 del 2017 nel provvedimento in esame (introdotto articolo 01), il comma 1-bis dell'articolo 1 dispone l'abrogazione del predetto decreto-legge, mantenendo la validità degli atti e dei provvedimenti adottati e facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge. 

Il comma 2 prevede che le misure del decreto che integrano la fattispecie di aiuto di Stato, ai sensi dell'articolo 107 del TFUE, sono adottate subordinatamente alla positiva decisione della Commissione europea che stabilisca la loro compatibilità con la relativa disciplina europea.

L'articolo 107, paragrafo 3, lett. b), del TFUE consente agli Stati membri di effettuare interventi pubblici ritenuti aiuti compatibili con il mercato interno quando sono volti a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro. Con la comunicazione della Commissione UE del 2013, relativa all'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, sono state individuate le condizioni per l'autorizzazione degli aiuti alla liquidazione.

Per essere ritenuto compatibile, nel caso di banche in liquidazione, si richiede che: i costi della liquidazione siano ridotti al minimo necessario; le distorsioni alla concorrenza siano limitate; siano previste misure di condivisione degli oneri a carico di azionisti e creditori subordinati. In particolare, al momento di determinare se vi è un aiuto a favore dell'acquirente dell'ente creditizio o di parti di esso, la Commissione valuta se: a) il processo di vendita è aperto, incondizionato e non discriminatorio; b) la vendita avviene a condizioni di mercato; c) l'ente creditizio (o il governo, in funzione della struttura scelta) massimizza il prezzo di vendita delle attività e passività interessate.

Si ricorda che il 19 luglio 2016 la Corte di giustizia dell'UE ha emanato una sentenza nella quale rileva la legittimità della comunicazione della Commissione europea sugli aiuti al settore bancario. In particolare, secondo la Corte, la ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell'autorizzazione, da parte della Commissione, degli aiuti di Stato a favore di una banca sottocapitalizzata, non viola il diritto dell'Unione.

 

Come anticipato in premessa, il 24 giugno 2017 l'Italia ha notificato alla Commissione Europea il piano di aiuti per facilitare la liquidazione di BPVi e Veneto Banca.

Il 25 giugno 2017 la Commissione ha approvato le misure predisposte dall'Italia e contenute nel provvedimento in esame.

 

Il comma 3 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d'Italia, debba presentare alla Commissione europea una relazione annuale, sino al termine della procedura, con le informazioni dettagliate riguardo agli interventi dello Stato effettuati in esecuzione del decreto in esame.

 

L'articolo 2 del provvedimento, ad esito della positiva decisione della Commissione UE sulle misure adottate dall'Italia per agevolare l'uscita dal mercato di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, consente al Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, di:

-         sottoporre le due banche a liquidazione coatta amministrativa, disponendo altresì la continuazione dell'esercizio dell'impresa (articolo 2, comma 1, lettere a) e b));

-         prevedere la cessione dell'azienda bancaria o di rami di essa ad un acquirente (articolo 2, comma 1, lettera c));

-         adottare misure di sostegno pubblico per la predetta cessione.

Sono previste specifiche misure (comma 2) per l'accertamento del passivo dei soggetti in liquidazione e viene chiarita la decorrenza (comma 3) dei provvedimenti di liquidazione, cessione degli asset e di sostegno pubblico disposti ai sensi delle norme in esame.

 

Più in dettaglio il comma 1, a seguito del parere positivo della Commissione UE, affida a uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, adottati su proposta della Banca d'Italia, il compito di disporre:

a) la liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza;

b) la continuazione, ove necessario, dell'esercizio dell'impresa o di determinati rami di attività, per il tempo tecnico necessario ad attuare le cessioni previste ai sensi del provvedimento in esame. In deroga all'articolo 90, comma 3, del decreto legislativo 1°; settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario), la continuazione è disposta senza necessità di acquisire autorizzazioni o pareri della Banca d'Italia o del comitato di sorveglianza.

Ai sensi del richiamato comma 3, infatti, in via ordinaria la continuazione dell'impresa bancaria o di determinati rami di essa è richiesta dai commissari liquidatori, nei casi di necessità e per il miglior realizzo dell'attivo; essa viene concessa previa autorizzazione della Banca d'Italia, secondo le cautele indicate dal comitato di sorveglianza;

c) la cessione da parte dei commissari liquidatori degli asset all'acquirente individuato (Intesa Sanpaolo) in conformità all'offerta vincolante formulata dal cessionario medesimo. Con l'offerta il cessionario assume gli impegni ai fini del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, identificati nell'offerta stessa. Con comunicato stampa del 26 giugno 2017, Intesa Sanpaolo ha reso noto di aver firmato con i commissari liquidatori di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca il contratto di acquisto, al prezzo simbolico di un euro, di alcune attività e passività e alcuni rapporti giuridici facenti capo alle due banche;

d) gli specifici interventi pubblici a sostegno della cessione degli asset, in conformità all'offerta vincolante di cui alla lettera c).

 

Con decreto n. 185 del 25 giugno 2017, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha disposto, su proposta della Banca d’Italia, la sottoposizione di Banca Popolare di Vicenza S.p.A., con sede in Vicenza (VI), a liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a).

Conformemente all’articolo 2, comma 1, lettera b), il medesimo decreto ministeriale ha altresì disposto la continuazione dell’esercizio dell’impresa per il tempo tecnico necessario ad attuare le cessioni previste dal D.L. citato. Con separato decreto n. 187 in pari data, su proposta della Banca d’Italia, sono state adottate le misure di cui alle lettere c) e d).

Con decreto n. 186 del 25 giugno 2017, il Ministro  dell'economia e delle finanze ha disposto, su proposta  della  Banca  d'Italia,  la sottoposizione di Veneto  Banca  S.p.A a liquidazione coatta amministrativa. Ai  sensi  dell'art.  2,  comma  1,  lettera  b)   del   predetto decreto-legge, il medesimo decreto ministeriale ha disposto la continuazione dell'esercizio dell'impresa  per  il  tempo  tecnico necessario ad attuare le cessioni previste dal decreto-legge in commento.

 

In estrema sintesi, si ricorda che l'articolo 4 autorizza il MEF ad effettuare i seguenti interventi pubblici a sostegno dell'operazione: concessione della garanzia dello Stato a copertura dello sbilancio di cessione; erogazione di un supporto finanziario per ricostituire i fondi propri del cessionario per un ammontare idoneo a fronteggiare l'assorbimento patrimoniale derivante dalle attività ponderate per il rischio acquisito; concessione della garanzia dello Stato sull'adempimento di obblighi assunti dalle due banche in relazione a impegni, dichiarazioni e garanzie da esse assunti; erogazione al cessionario di fondi a sostegno di misure di ristrutturazione aziendale.

Si rammenta che l'articolo 4, commi 4 e 5 del provvedimento in esame consentono al cessionario degli asset delle banche in liquidazione di retrocedere al cedente alcuni beni, a specifiche condizioni di legge o nei casi previsto dal contratto di cessione.

 

L’articolo 86 del TUB (come modificato dal D.Lgs. n. 181 del 2015, che ha recepito la normativa europea sulla crisi bancaria per la parte di modifica del TUB) reca la procedura di accertamento del passivo da parte di commissari liquidatori. La procedura prevede anzitutto che i commissari comunichino a ciascun creditore le somme risultanti a credito, con riserva di eventuali contestazioni. Analoga comunicazione viene inviata a coloro che risultino titolari di diritti reali su beni e strumenti finanziari relativi ai servizi di investimento. Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione, i creditori e i titolari dei diritti possono presentare i reclami ai commissari, allegando i documenti giustificativi.

Successivamente i commissari presentano alla Banca d'Italia, sentiti i cessati amministratori della banca, l'elenco dei creditori ammessi e delle somme riconosciute a ciascuno, indicando i diritti di prelazione e l'ordine degli stessi, nonché gli elenchi dei titolari dei diritti e di coloro cui è stato negato il riconoscimento delle pretese. Si prevede inoltre che i commissari depositino in cancelleria, a disposizione degli aventi diritto, gli elenchi dei creditori privilegiati, dei titolari di diritti reali sui beni e sugli strumenti finanziari relativi ai servizi di investimento, nonché dei soggetti appartenenti alle medesime categorie cui è stato negato il riconoscimento delle pretese. Ai commissari spetta altresì il compito di comunicare senza indugio, a mezzo posta elettronica certificata, a coloro ai quali è stato negato in tutto o in parte il riconoscimento delle pretese, la decisione presa nei loro riguardi. Espletati tali adempimenti, lo stato passivo diventa esecutivo.

 

Il comma 3 dispone che l'efficacia dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 1 decorre, relativamente a quanto previsto in base alle lettere b), c) e d) del medesimo comma (quindi con l'esclusione del provvedimento di liquidazione), dalla data di insediamento degli organi liquidatori e, comunque, dal sesto giorno lavorativo successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta (ai sensi del richiamato articolo 83, comma 1, del Testo unico bancario).

Con una disposizione di chiusura, per quanto non disposto dal decreto in esame si rimanda alla disciplina della liquidazione contenuta nel Testo unico bancario.

 

La risoluzione e la liquidazione coatta amministrativa nel quadro della direttiva BRRD

 

Si rammenta che la Direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento è stata recepita in Italia con due decreti legislativi distinti:

il D.Lgs. n. 181 del 2015, che introduce nel Testo unico bancario le disposizioni relative ai piani di risanamento, alle forme di sostegno all'interno dei gruppi bancari, alle misure di intervento precoce; sono inoltre modificate le norme sull'amministrazione straordinaria delle banche e la disciplina della liquidazione coatta amministrativa. Le stesse materie sono inserite nel Testo unico in materia di intermediazione finanziaria con riferimento alle società di intermediazione mobiliare (SIM); sono inoltre dettate le disposizioni sulle procedure di risoluzione delle SIM non incluse in un gruppo bancario o che non rientrino nell'ambito della vigilanza consolidata (SIM stand alone);

il D.Lgs. n. 180 del 2015, che reca la disciplina in materia di predisposizione di piani di risoluzione, avvio e chiusura delle procedure di risoluzione, adozione delle misure di risoluzione, gestione della crisi di gruppi cross-border, poteri e funzioni dell'autorità di risoluzione nazionale e disciplina del fondo dì risoluzione nazionale.

La nuova disciplina europea anticipa alla fase fisiologica dell'attività bancaria la gestione dell'eventuale crisi. Nei periodi di ordinaria operatività deve quindi essere svolta un'attività preparatoria continua della gestione di una crisi, sia da parte di banche e gruppi, sia da parte delle Autorità competenti. Da un lato, le banche ed i gruppi devono predisporre - ed aggiornare almeno annualmente - un piano di risanamento contenente misure idonee a fronteggiare un deterioramento significativo della situazione finanziaria. Già durante la fase di normale operatività della banca, le autorità di risoluzione devono preparare piani di risoluzione che individuino le strategie e le azioni da intraprendere in caso di crisi.

Alla luce del quadro delle norme comunitarie e nazionali di attuazione, viene introdotta una nuova modalità di gestione delle crisi bancarie: la cd. risoluzione, con cui viene avviato un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che, attraverso l'utilizzo di tecniche e poteri offerti dalle disposizioni europee, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento); ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca; liquidare le parti restanti.

La misura della liquidazione coatta amministrativa rimane in vigore in alternativa alla risoluzione.

Secondo le regole UE, una banca in dissesto è ordinariamente sottoposta a liquidazione secondo le ordinarie procedure di insolvenza, salvo il caso in cui il Comitato unico di risoluzione reputi che vi sia un interesse pubblico a sottoporre l'istituto a risoluzione, in quanto la liquidazione ordinaria potrebbe mettere a repentaglio la stabilità finanziare, interrompere lo svolgimento di funzioni critiche e mettere a repentaglio la tutela dei depositanti (considerando 45 della direttiva BRRD).

Di conseguenza in presenza di uno stato di dissesto, anche solo prospettico, le autorità competenti devono valutare se è possibile attivare la procedura ordinaria di liquidazione coatta amministrativa o se è utile avviare la procedura di risoluzione. Con la risoluzione viene avviato un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti – le autorità di risoluzione – che, attraverso l'utilizzo di tecniche e poteri offerti dalle disposizioni europee, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento); ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca; liquidare le parti restanti.

Come anticipato, lo stato di dissesto è presupposto per l'avvio della liquidazione coatta amministrativa, alla luce delle modifiche necessarie al recepimento della BRRD, in assenza dei presupposti per la risoluzione. La liquidazione coatta può essere disposta anche su istanza motivata degli organi amministrativi, dell'assemblea straordinaria, dei commissari straordinari o dei liquidatori (articolo 80 del Testo Unico Bancario)

Organi della liquidazione (articolo 81 TUB), nominati dalla Banca d'Italia, sono:

a) uno o più commissari liquidatori (che hanno la rappresentanza legale della banca, esercitano tutte le azioni a essa spettanti e procedono alle operazioni della liquidazione e, nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali ai sensi dell'articolo 84 TUB)

b) un comitato di sorveglianza composto da tre a cinque membri, che nomina a maggioranza di voti il proprio presidente (ai sensi del richiamato articolo 84, esso assiste i commissari nell'esercizio delle loro funzioni, controlla l'operato degli stessi e fornisce pareri nei casi previsti dalla presente sezione o dalle disposizioni della Banca d'Italia).

Possono essere nominati come liquidatori anche società o altri enti.

Il principale effetto della liquidazione (articolo 83 TUB) consiste nel fatto che, dalla data di insediamento degli organi liquidatori, e comunque dal sesto giorno lavorativo successivo alla data di adozione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta, sono sospesi il pagamento delle passività di qualsiasi genere e le restituzioni di beni di terzi. Contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione, salvo specifiche eccezioni di legge, né, per qualsiasi titolo, può essere parimenti promosso né proseguito alcun atto di esecuzione forzata o cautelare.

I commissari liquidatori prendono in consegna l'azienda dai precedenti organi di amministrazione o di liquidazione ordinaria con un sommario processo verbale, acquisiscono una situazione dei conti e formano quindi l'inventario (articolo 85 TUB). Procedono poi all'accertamento del passivo (articolo 86 TUB).

Dolo la liquidazione dell'attivo e l'effettuazione di riparti ai creditori ed alla restituzione ai clienti della banca (articoli 90-91 del TUB), i commissari sottopongono il bilancio finale di liquidazione, il rendiconto finanziario e il piano di riparto (articolo 92 TUB) alla Banca d'Italia.

 

 L'articolo 3 del provvedimento consente ai commissari liquidatori nominati dalla Banca d'Italia di cedere l'azienda delle banche venete poste in liquidazione, o parti di essa (comma 1), a un soggetto selezionato sulla base di una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione (comma 3) dell'offerta di acquisto più conveniente.

Tale soggetto è stato in particolare individuato in Intesa Sanpaolo, come annunciato dalla banca in un comunicato stampa del 26 giugno.

La Banca d'Italia, nel dossier sulla crisi delle due banche, ha chiarito che per la scelta del contraente, seguendo le consuete indicazioni della Commissione Europea, è stata avviata una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria, con l'ausilio di un consulente indipendente scelto dopo una gara. E' stata predisposta una "data room" con i dati analitici delle due banche; cinque gruppi bancari e un gruppo assicurativo hanno fatto richiesta di accedervi. Al termine del periodo concesso sono state avanzate due offerte vincolanti: una di Unicredit, riferita soltanto a una parte molto piccola del complesso da vendere, l'altra da parte di Intesa Sanpaolo, risultata vincente. Nel complesso, pur nei ristrettissimi tempi a disposizione, la procedura ha consentito agli acquirenti potenzialmente interessati di valutare l'opportunità e di formulare una proposta. I tempi per la selezione dell'acquirente sono stati condizionati, tra l'altro, dall'evoluzione delle negoziazioni sul progetto di ricapitalizzazione precauzionale, abbandonato solo pochi giorni prima dell'avvio della procedura di selezione.

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nel proprio Bollettino del 10 luglio 2017 ha ritenuto che la cessione a Banca Intesa e la relativa concentrazione non sia idonea a pregiudicare l'assetto concorrenziale dell'offerta in alcuno dei mercati rilevanti. L'Autorità ha reputato che, nella valutazione complessiva dell'operazione, rilevano la marginalità delle quote post-merger nella maggior parte dei mercati interessati, ovvero la marginalità dell'incremento, nonché le specificità riscontrate nei mercati in cui le quote detenute dalle parti risultano significative, senza che ciò si traduca in un reale potere di mercato delle stesse anche in ragione dell'andamento decrescente dell'ultimo triennio e alla luce della presenza di numerosi e qualificati concorrenti in grado di condizionare le dinamiche strategiche e commerciali del settore.

Per assicurare la continuità dell'esercizio dell'impresa, sono previste misure speciali - anche in deroga alle disposizioni civilistiche - per garantire l'immediata efficacia della cessione nei confronti dei terzi (articolo 3, comma 2).

Il comma 4 prevede che, se la concentrazione che deriva dalla cessione non è disciplinata dal regolamento comunitario sulle concentrazioni tra imprese, essa si intende autorizzata anche in deroga alle procedure stabilite dalla legislazione nazionale antitrust, per rilevanti interessi generali dell'economia nazionale.

Il comma 5 dispone che, se la cessione comprende titoli assistiti da garanzia dello Stato su passività di nuova emissione (disciplinate dal decreto-legge n. 237 del 2016), il corrispettivo della garanzia è riconsiderato per tener conto della rischiosità del soggetto garantito. Il cessionario può altresì rinunciare, in tutto o in parte, alla garanzia dello Stato per i titoli da esso acquistati; in questo caso, la garanzia si estingue e, in relazione alla rinuncia, non è dovuto alcun corrispettivo.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 3 dispone che i commissari liquidatori cedano le aziende bancarie di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza, o singoli rami, nonché i beni, i diritti e i rapporti giuridici individuabili in blocco, ovvero attività e passività anche parziali o per una quota di ciascuna di esse, ad un soggetto individuato sulla base di una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione dell'offerta di acquisto più conveniente, ai sensi del comma 3.

Alla cessione non si applica la speciale disciplina di vigilanza prevista dal Testo Unico Bancario per le cessioni di banche (articolo 58, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7 del TUB), salvo per quanto espressamente richiamato nel decreto in esame.

 

In sintesi, l'articolo 58 (comma 1) TUB prevede che la Banca d'Italia emani istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Tali istruzioni possono stabilire che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione (comma 1). Si prevede una specifica forma di pubblicità (comma 2) dell'avvenuta cessione, che dopo la pubblicazione produce efficacia nei confronti del debitore (comma 4). I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari predetti, di esigere dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva (comma 5). Le disposizioni di vigilanza si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata e in favore degli intermediari finanziari iscritti all'albo (comma 7).

Dalla lettera della norma sembrano trovare applicazione nel caso di specie:

·        il comma 3 dell'articolo 58, che mantiene ferma la validità dei privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione; restano altresì applicabili, ai sensi di detto comma 3, le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti;

·        il comma 6 dell'articolo 58, il quale prevede che le parti di contratti ceduti possano recedere entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari suddetti, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente.

 

Non si applica inoltre, stante la specialità della disciplina in esame, la norma sulla cessione dell'impresa nel contesto delle ordinarie operazioni di liquidazione coatta amministrativa (di cui all'articolo 90, comma 2 TUB).

 

Le norme in esame espressamente escludono dalla cessione, anche in deroga al principio della par condicio creditorum (sancito dall'articolo 2741 c.c.):

·        determinate passività indicate dalle norme sul bail-in nel quadro di una procedura di risoluzione (art. 52, comma 1, lettera a), punti i), ii), iii) e iv), del D.Lgs. n. 180 del 2015).

Si tratta, in particolare: delle riserve e del capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché dagli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1, con conseguente estinzione dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali; del valore nominale degli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1, anche per la parte non computata nel capitale regolamentare; del valore nominale degli elementi di classe 2, anche per la parte non computata nel capitale regolamentare; del valore nominale dei debiti subordinati diversi dagli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 o dagli elementi di classe 2.

·        i debiti delle banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati, derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse;

·        le passività derivanti da controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa.

 

Il comma 2 prevede norme speciali per assicurare l'immediata efficacia della cessione nei confronti dei terzi, anche in considerazione della necessità di assicurare la continuità dell'esercizio dell'impresa per evitare lo scioglimento dei contratti conseguente all'avvio della procedura concorsuale.

In particolare si dispone l'efficacia della cessione verso i terzi a seguito della pubblicazione sul sito della Banca d'Italia della notizia della cessione.

Al riguardo si evidenzia che il 26 giugno 2017 sul sito della Banca d'Italia è stata pubblicata la notizia del contratto di cessione a Intesa Sanpaolo S.p.A. di ramo delle aziende bancarie Veneto Banca S.p.A. in l.c.a. e Banca Popolare di Vicenza S.p.a. in l.c.a..

 

Sono esclusi dal perimetro della cessione, tra l'altro, i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute) e ulteriori attività e passività delle banche in liquidazione, come specificate nel contratto di cessione. Sono altresì esclusi i diritti degli azionisti, gli strumenti di capitale (computabili e non nei fondi propri) e le passività subordinate. Il cessionario succede, senza soluzione di continuità, alle banche in liquidazione coatta amministrativa nei diritti, nelle attività, nelle passività, nei rapporti, nei privilegi e nelle garanzie, nonché nei giudizi, oggetto di cessione, secondo quanto previsto nell'offerta dallo stesso formulata e oggetto di accettazione da parte dei commissari liquidatori delle banche medesime. L'acquisto delle suddette attività e passività prevede il pagamento del corrispettivo simbolico di 1 euro da parte del cessionario ed è stato da questi condizionato all'attivazione di talune misure di intervento pubblico a sostegno della cessione, come disciplinate dal provvedimento in esame.

 

Non è dunque necessario svolgere altri adempimenti previsti dalla legge, anche a fini costitutivi, di pubblicità notizia o dichiarativa, ivi inclusi quelli previsti dagli articoli 1264 (per l'efficacia della cessione nei confronti del debitore), 2022 (sui trasferimenti dei titoli nominativi), 2355 (sugli adempimenti per la circolazione delle azioni), 2470 (sui trasferimenti di quote di s.r.l.), 2525 (sul passaggio delle quote in società cooperative), 2556 (sui trasferimenti di imprese soggette a registrazione) e 2559, primo comma (sulla cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta), del codice civile, né adempiere a quanto previsto dal già illustrato articolo 58, comma 2, del Testo unico bancario.

 

Ferme restando la validità dei privilegi e delle garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione (già illustrato articolo 58, comma 3, TUB), il cessionario effettua gli adempimenti eventualmente richiesti a fini costitutivi, di pubblicità notizia o dichiarativa, così come l'indicazione di dati catastali e confini per gli immobili trasferiti, entro 180 giorni dalla pubblicazione sul sito (dunque entro il 23 dicembre 2017).

Restano fermi gli obblighi di comunicazione previsti dall'articolo 120 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in tema di decorrenza delle valute e calcolo degli interessi.

Nei confronti dei debitori ceduti la pubblicazione sul sito produce gli effetti indicati dall'articolo 1264 del codice civile, diventando dunque efficace nei loro confronti.

Inoltre, non si applicano i termini previsti dalla legge (articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428) per le comunicazioni relative ai trasferimenti d'azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici lavoratori.

Il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione; questi non è obbligato solidalmente con il cedente, nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso un reato, al pagamento della sanzione pecuniaria prevista dalla legge (non si applica dunque l'articolo 31 del D.lgs. n. 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa di enti e società).

Si chiarisce che al cessionario si applica l'articolo 47, comma 9, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180 in tema di cessione di enti sottoposti a risoluzione.

In tali ipotesi il cessionario succede all'ente risolto, limitatamente ai diritti, alle attività o alle passività ceduti:

a) nel diritto alla libera prestazione dei servizi in un altro Stato membro;

b) nel diritto allo stabilimento in un altro Stato membro;

c) nei diritti di partecipazione dell'ente sottoposto a risoluzione a infrastrutture di mercato, a sedi di negoziazione, a sistemi di indennizzo degli investitori e a sistemi di garanzia dei depositanti, purché il cessionario rispetti i requisiti per la partecipazione a detti sistemi.

 

Sono previste regole specifiche per i beni culturali, come definiti ai sensi del relativo codice (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). In particolare, ai fini dell'esercizio della prelazione di acquisto da parte del MIBACT o degli enti territoriali autorizzati ex lege, la denuncia di trasferimento (di cui all'articolo 59) è effettuata dal cessionario entro trenta giorni dalla conclusione del contratto di cessione. Inoltre, la condizione sospensiva prevista dall'articolo 61, comma 4, del medesimo decreto legislativo si applica alla sola clausola del contratto di cessione relativa al trasferimento dei beni culturali.

In sintesi, ai sensi dell'articolo 60 del codice dei beni culturali, il Ministero o, ove previsto dalla legge, la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento. La prelazione è esercitata nel termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento. 4. In pendenza del predetto termine, l'atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all'esercizio della prelazione e all'alienante è vietato effettuare la consegna della cosa.

Non si applica il comma 6 del medesimo articolo, che, nel caso in cui il Ministero eserciti la prelazione su parte delle cose alienate, consente all'acquirente di recedere dal contratto.

 

Al contratto di cessione, nella parte in cui esso ha ad oggetto il trasferimento di beni immobili, non si applicano:

l'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (in tema di obbligo di allegare all'atto di vendita l'attestato di prestazione energetica degli edifici); l'articolo 29, comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985, n. 52 (relativo all'obbligo di allegare all'atto di trasferimento le planimetrie ed altri dati catastali); l'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica, 6 giugno 200, n.. 380 (relativo all'obbligo di allegare il certificato di destinazione urbanistica agli atti di trasferimento di beni immobili); l'articolo 36, nella parte in cui prevede il diritto del locatore ceduto di opporsi alla cessione del contratto di locazione da parte del conduttore, per il caso in cui gli immobili siano parte di un'azienda, e l'articolo 38 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (quest'ultimo in tema di prelazione del conduttore nell'acquisto di un immobile locato) (comma 2, lettera a) dell'articolo 3 in esame);

le nullità di cui agli articoli 46 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e 40, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (rispettivamente riferite ai trasferimenti di edifici, o loro parti, senza estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, ovvero senza licenza o concessione ad edificare). Si chiarisce che, ove l'immobile ceduto si trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il cessionario presenta domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla conclusione del contratto di cessione (comma 2, lettera b) dell'articolo 3 in esame);

le altre ipotesi di nullità previste dalla vigente disciplina in materia urbanistica, ambientale o relativa ai beni culturali e qualsiasi altra normativa nazionale o regionale, comprese le regole dei piani regolatori o del governo del territorio degli enti locali e le pianificazioni di altri enti pubblici che possano incidere sulla conformità urbanistica, edilizia, storica ed architettonica dell'immobile (comma 2, lettera c) dell'articolo 3 in esame).

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Il comma 3 stabilisce che il cessionario sia individuato, anche sulla base di trattative a livello individuale, nell'ambito di una procedura, anche se svolta prima dell'entrata in vigore del decreto, aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione dell'offerta di acquisto più conveniente, nonché avendo riguardo agli impegni che esso dovrà assumersi ai fini del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato. Le spese per la procedura selettiva, incluse quelle per la consulenza di esperti in materia finanziaria, contabile, legale, sono a carico del soggetto in liquidazione e possono essere anticipate dal Ministero. Una volta recuperate, dette somme sono acquisite all'erario mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato.

 

In proposito si veda supra la comunicazione della Banca d'Italia sul proprio sito internet. L'acquirente è stato individuato in Intesa Sanpaolo, come annunciato dalla banca in un comunicato stampa del 26 giugno.

Inoltre, a parere della Commissione UE, il soggetto acquirente è stato scelto in una procedura aperta, equa e trasparente, gestita interamente dalle autorità italiane, che hanno assicurato la vendita degli asset secondo la migliore offerta ricevuta: non si tratta dunque di un aiuto di Stato nei confronti di Intesa. Le autorità europee reputano che detta vendita consentirà di abbassare l'ammontare della rimanente massa liquidatoria, finanziata da crediti forniti da Intesa.

 

Il comma 4 prevede che, se la concentrazione che deriva dalla cessione non è disciplinata dal regolamento comunitario sulle concentrazioni tra imprese (regolamento (UE) n. 139/2004), essa si intende autorizzata, in deroga alle procedure stabilite dalla legislazione nazionale antitrust, per rilevanti interessi generali dell'economia nazionale.

 

Infine, il comma 5 dispone che se la cessione comprende titoli assistiti da garanzia dello Stato su passività di nuova emissione (disciplinate dal decreto-legge n. 237 del 2016), il corrispettivo della garanzia è riconsiderato per tener conto della rischiosità del soggetto garantito. Il cessionario può altresì rinunciare, in tutto o in parte, alla garanzia dello Stato per i titoli da esso acquistati; in questo caso, la garanzia si estingue e, in relazione alla rinuncia, non è dovuto alcun corrispettivo.

 

Si ricorda in questa sede che il Capo I del decreto-legge. n. 237 del 2016 ha disciplinato la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia (articoli 1-9) e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance – ELA, articoli 10-11).

La garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, sulla base di una decisione positiva della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale.

Per accedere alla garanzia gli strumenti di debito devono essere emessi successivamente all'entrata in vigore del decreto legge, con durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni (o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite), e rimborso del capitale in un'unica soluzione a scadenza; essi inoltre devono essere a tasso fisso, in euro, senza clausole di subordinazione nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi, non devono essere titoli strutturati o prodotti complessi né incorporare una componente derivata.

L'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie; l'ammontare massimo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza.

L'autorità di vigilanza verifica il rispetto dei requisiti di fondi propri e l'inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress. La garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; ovvero a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte a seguito di notifica individuale alla Commissione.

La garanzia è onerosa, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta e copre il capitale e gli interessi; il valore nominale degli strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia non può eccedere un terzo del valore nominale totale degli strumenti finanziari emessi dalla banca; sono escluse dalla garanzia le passività computabili nei fondi propri a fini di vigilanza.

Nel caso di banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, di banche in risoluzione e di ente-ponte, la garanzia può essere concessa, su strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, in deroga al limite minimo di durata di tre mesi ordinariamente fissato dalle norme in commento.

Il corrispettivo per la garanzia è determinato caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia.

La richiesta della garanzia è presentata secondo un modello predisposto dal Dipartimento del Tesoro, il quale la concede sulla base di una valutazione positiva della Banca d'Italia. A specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico, da sottoporre alla Commissione europea.

Qualora una banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita, invia - entro 30 giorni dalla scadenza - una richiesta motivata alla Banca d'Italia e al Tesoro, il quale provvede al pagamento. La banca rimborsa le somme pagate dallo Stato con l'applicazione di interessi al tasso legale; contestualmente, essa presenta un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea.

Le somme corrisposte dal Tesoro agli istituti di credito per onorare la garanzia sono vincolate per destinazione e non aggredibili da altri creditori della banca a diverso titolo.

Si rinvia all'articolo 1 del provvedimento in esame per ulteriori dettagli sulle emissioni obbligazionarie garantite effettuate dalle banche in liquidazione ai sensi della predetta disciplina.

 

L'articolo 4 autorizza il Ministro ad effettuare specifici interventi pubblici a sostegno dell'operazione di liquidazione delle banche venete (comma 1). Più in dettaglio si tratta dei seguenti interventi:

·        concessione della garanzia dello Stato a copertura dello sbilancio di cessione;

·        erogazione di un supporto finanziario per ricostituire i fondi propri del cessionario, per un ammontare idoneo a fronteggiare l'assorbimento patrimoniale derivante dalle attività ponderate per il rischio acquisito;

·        concessione della garanzia dello Stato sull'adempimento di obblighi delle due banche in liquidazione, in relazione a impegni, dichiarazioni e garanzie da esse assunti;

·        erogazione al cessionario di fondi a sostegno di misure di ristrutturazione aziendale.

Il cessionario anticipa al commissario liquidatore le spese necessarie per il funzionamento della procedura di liquidazione coatta amministrativa (comma 2); è previsto uno specifico ordine per il pagamento dei crediti concessi dal cessionario degli asset e per l'escussione delle garanzie statali (comma 3). Si prevede poi lo svolgimento di una due diligence sul compendio ceduto, con possibilità di retrocedere al cedente alcuni beni ed asset aziendali (commi 4 e 7), a specifiche condizioni di legge oppure secondo quanto appositamente previsto dal contratto di cessione (commi 5 e 6).

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1 il Ministro dell'economia e delle finanze, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, con uno o più decreti dispone le seguenti misure:

a) concessione della garanzia dello Stato, autonoma e a prima richiesta, sull'adempimento, da parte del soggetto in liquidazione:

·        degli obblighi derivanti dal finanziamento, erogato dal cessionario o da società che, al momento dell'avvio della liquidazione coatta amministrativa, appartenevano al gruppo bancario di una delle banche, a copertura dello sbilancio di cessione, definito in esito alla procedura - appositamente prevista - di due diligence, disciplinata al comma 4 del presente articolo, e alle retrocessioni di beni ed asset dal cessionario al cedente (di cui al comma 5, lettera a): si tratta di partecipazioni detenute da società che, all'avvio della liquidazione coatta amministrativa, erano controllate da una delle banche, nonché di crediti di dette società classificati come attività deteriorate). La garanzia può essere concessa per un importo massimo di 5.351 milioni di euro, elevabile fino a 6.351 milioni di euro, a seguito della predetta due diligence;

·        degli obblighi di riacquisto dei crediti ad alto rischio non classificati come attività deteriorate, indicati dal comma 5, lettera b), per un importo massimo di 4.000 milioni di euro;

b) fornitura di supporto finanziario al cessionario delle banche in liquidazione, a fronte del fabbisogno di capitale generato dall'operazione di cessione, per un importo massimo di 3.500 milioni di euro;

c) concessione della garanzia dello Stato, autonoma e a prima richiesta, sull'adempimento degli obblighi a carico del soggetto in liquidazione derivanti da impegni, dichiarazioni e garanzie concesse dal soggetto in liquidazione nel contratto di cessione, per un importo massimo pari alla somma tra 1.500 milioni di euro e il risultato della differenza tra il valore dei contenziosi pregressi dei soggetti in liquidazione, come indicato negli atti di causa, e il relativo accantonamento a fondo rischi, per un importo massimo di euro 491 milioni;

d) l'erogazione al cessionario di risorse a sostegno di misure di ristrutturazione aziendale, in conformità agli impegni assunti dal cessionario necessari ai fini del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, per un importo massimo di euro 1.285 milioni.

 

Complessivamente, dunque, l'iniezione di liquidità è pari a circa 4,8 miliardi di euro e la concessione di garanzie statali arriva ad un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro.

 

Ai sensi del comma 2, i provvedimenti ministeriali di adozione delle misure in esame devono stabilire uno specifico contenuto del contratto di cessione: occorre che tale contratto preveda l'anticipazione da parte del cessionario, al commissario liquidatore, delle spese necessarie per il funzionamento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, incluse le indennità spettanti agli organi liquidatori.

 

Il decreto prevede quindi che il Ministero rimborsi al cessionario quanto anticipato. Il Ministero acquisisce un credito nei confronti del soggetto sottoposto a liquidazione coatta amministrativa per il rimborso. Il credito derivante dall'anticipo concesso dal cessionario o dal rimborso effettuato dal Ministero è prededucibile ai sensi delle specifiche regole della legge fallimentare (articolo 111, comma 1, numero 1) e articolo 111-bis della legge fallimentare)

 

L'articolo 111, primo comma, della L.F. reca l'ordine con cui sono erogate le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo, ponendo in prima posizione quelle per il pagamento dei crediti prededucibili. Si tratta di crediti qualificati come tali dalla legge e soddisfatti con preferenza rispetto agli altri.

Ai sensi dell'articolo 111-bis, i crediti prededucibili vanno anzitutto accertati secondo le modalità di legge, salvo specifiche esclusioni. Essi vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, tenuto conto delle rispettive cause di prelazione, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento. I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l'attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato. Se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge.

 

Il comma 3 dispone che il credito del cessionario derivante dal finanziamento a copertura dello sbilancio di cessione, nella misura garantita dallo Stato, e il relativo credito di regresso dello Stato derivante dall'escussione della garanzia, siano pagati dopo i crediti prededucibili, ai sensi degli illustrati articoli 111, comma 1, numero 1) e 111-bis della legge fallimentare, e prima di ogni altro credito.

Per i pagamenti effettuati ai sensi delle altre misure di cui al comma 1 (lettera a), punto ii., e lettere b),c) e d)), il Ministero acquisisce un credito nei confronti del soggetto sottoposto a liquidazione coatta amministrativa.

Il credito del Ministero e il credito del cessionario derivante da violazione, inadempimento o non conformità degli impegni, dichiarazioni e garanzie concesse dal soggetto in liquidazione e garantiti dallo Stato, sono pagati con preferenza rispetto ai crediti chirografari, ma dopo i crediti per il finanziamento dello sbilancio di cessione. Il medesimo trattamento è riservato alla parte non garantita del credito del cessionario derivante dal finanziamento dello sbilancio di cessione.

 

Il comma 4 disciplina, come anticipato, la procedura di due diligence.

Entro il termine previsto dal contratto di cessione, un collegio di esperti indipendenti effettua una due diligence sul compendio ceduto, secondo quanto previsto nel contratto di cessione e applicando i criteri di valutazione ivi previsti, anche ai sensi dell'articolo 1349, primo comma, del codice civile.

La richiamata norma del codice prevede che, ove la determinazione della prestazione dedotta in contratto sia deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento.

Il collegio è composto da tre componenti, di cui uno nominato dal Ministero, uno dal cessionario ed il terzo, con funzione di Presidente, designato di comune accordo dagli esperti nominati dalle parti o, in mancanza di accordo, dal Presidente del Tribunale di Roma.

Tali esperti possiedono i requisiti indicati dall'articolo 15, comma 3, del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237, ovvero non devono avere in corso né devono avere intrattenuto relazioni di affari, professionali o finanziarie con la banca o la capogruppo richiedenti l'intervento statale, tali da comprometterne l'indipendenza.

 

Ad esito della due diligence:

a) il Ministro dell'economia e delle finanze dispone con decreto l'eventuale adeguamento dell'importo dell'intervento, nei limiti del comma 1, lettera b), ovvero 3.500 milioni di euro;

b) il cessionario può restituire o retrocedere al soggetto in liquidazione attività, passività o rapporti dei soggetti in liquidazione o di società appartenenti ai gruppi bancari delle banche, entro il termine e alle condizioni definiti dal decreto ministeriale di adozione delle misure in commento. Si applica la predetta lettera a) in ordine agli adeguamenti dell'importo.

 

Il comma 5 autorizza il contratto di cessione a prevedere, in favore del cessionario, la possibilità di retrocedere alle banche in liquidazione i seguenti beni:

a) partecipazioni detenute da società che, all'avvio della liquidazione coatta amministrativa, erano controllate da una delle banche, nonché i crediti di dette società classificati come attività deteriorate;

b) crediti ad alto rischio non classificati come attività deteriorate, entro tre anni dalla cessione.

 

Il comma 6 dispone che alle restituzioni e retrocessioni stabilite ex lege o contrattualmente si applicano le specifiche norme derogatorie, in tema di cessioni di beni, indicate all'articolo 3, comma 2, per i trasferimenti di asset dai soggetti in liquidazione al cessionario. Si rinvia alla relativa scheda di lettura per la loro puntuale individuazione.

 

Nel caso di restituzioni e retrocessioni ad esito della due diligence, (comma 7) così come nel caso di restituzioni al soggetto in liquidazione in forza di condizioni risolutive della cessione pattuite nel contratto, il soggetto in liquidazione risponde dei debiti e delle passività restituiti o retrocessi, con piena liberazione del cessionario retrocedente anche nei confronti dei creditori e dei terzi.

 

L'articolo 5 disciplina la cessione alla Società per la Gestione di Attività S.p.A., da parte dei commissari liquidatori, dei crediti deteriorati e di altri attivi non ceduti o retrocessi. Il corrispettivo della cessione è rappresentato da un credito della liquidazione nei confronti della società, pari al valore di iscrizione contabile dei beni e dei rapporti giuridici ceduti nel bilancio della SGA S.p.A.. A quest'ultima è attribuita l'amministrazione degli stessi.

La Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. è stata costituita in occasione del salvataggio del Banco di Napoli nel 1997 allo scopo di recuperare i crediti in sofferenza. Tale Società è stata acquisita da parte del Ministero dell'economia e delle finanze con l'articolo 7 del decreto-legge n. 59 del 2016. A fronte del trasferimento delle azioni della Società è riconosciuto un corrispettivo non superiore a 600.000 euro, pari al loro valore nominale. La norma ha previsto che successivamente all'acquisizione la Società può estendere la sua operatività, acquistando e gestendo crediti e altre attività finanziarie anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli.

 Si ricorda che la Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. è stata utilizzata nel 1997 nell'ambito dell'operazione di salvataggio e risanamento del Banco di Napoli: in sostanza si tratta di una sorta di bad bank alla quale sono state trasferite le sofferenze bancarie dell'istituto con lo scopo di recuperare i crediti in sofferenza. Il Banco di Napoli spa ha ceduto alla SGA crediti incagliati a titolo oneroso e pro soluto che, al netto della svalutazione per le perdite previste, ammontavano a circa 12.378 miliardi di lire (circa 6,4 miliardi di euro). Tale operazione è stata in gran parte attuata: infatti la SGA è riuscita a rientrare di circa il 90 per cento delle esposizioni cedute dal Banco di Napoli (fonte Borsa Italiana). La S.G.A. ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER S.p.A. (Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale) in liquidazione.

Si ricorda che tramite il decreto-legge n. 497 del 1996 lo Stato ha provveduto alla ricapitalizzazione del Banco di Napoli per 2.000 miliardi di lire; sono state inoltre fornite anticipazioni di cassa da parte della Banca d'Italia. Tale operazione è stata sottoposta al vaglio della Commissione europea la quale, con la decisione del 29 luglio 1998 ha approvato, con alcune condizioni, l'aiuto concesso dall'Italia al Banco di Napoli.

La Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A., con sede a Napoli, risulta attualmente iscritta, in quanto intermediario finanziario di credito, nell'Albo unico degli intermediari finanziari (art. 106 del TUB). Precedentemente all'attuazione della riforma del TUB (ad opera del D.Lgs. n. 141 del 2010), la SGA era iscritta sia nell'elenco generale di cui all'articolo 106 sia nell'elenco speciale di cui all'articolo 107. Essa, pertanto, è sempre stata sottoposta a controlli di vigilanza prudenziale da parte della Banca d'Italia.

Il capitale sociale, interamente versato, ammonta a 600.000 euro. Da notizie informali si apprende che la Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. al 31 dicembre 2014 aveva 484 milioni tra cassa e disponibilità liquide, più altri 238 milioni alla voce crediti, secondo la più recente visura camerale disponibile. Gran parte delle attività finanziarie disponibili per la vendita sono costituite da titoli di stato.

 

Ai sensi del comma 1, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si prevede che i commissari liquidatori cedano alla Società per la Gestione di Attività S.p.A. (di seguito SGA), crediti deteriorati e altri attivi delle banche poste in liquidazione non ceduti (secondo l'articolo 3 del provvedimento in esame) o retrocessi (secondo l'articolo 4), unitamente ad eventuali altri beni, contratti, rapporti giuridici accessori o connessi ai crediti ceduti alla SGA.

Sullo stato di avanzamento di tale attività si veda la risposta all’interrogazione 5-12429 svolta presso la Commissione Finanze della Camera, nel corso della quale il Governo ha annunciato che il decreto ministeriale propedeutico alla cessione è in via di perfezionamento.

 

La disposizione prevede una deroga alle norme del Testo unico bancario in tema di cessioni di rami d'azienda bancaria (articoli 58, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7 e 90, comma 2). Si applica l'articolo 3, comma 2 il quale prevede che, in caso di urgenza, il Ministro dell'economia e delle finanze sostituisca il CICR e dei provvedimenti assunti dia notizia al CICR nella prima riunione successiva, che deve essere convocata entro trenta giorni.

 

Si ricorda che le disposizioni - oggetto di deroga - di cui all'articolo 58 TUB riguardano, in particolare: la disciplina della cessione di rapporti giuridici, con particolare riferimento alle istruzioni emanate dalla Banca d'Italia per la cessione a banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco; le disposizioni in materia di pubblicità e trasparenza dell'avvenuta cessione per le quali il TUB prevede l'iscrizione nel registro delle imprese e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, nonché la possibilità che Banca d'Italia stabilisca forme integrative di pubblicità; gli effetti civilistici di cui all'art. 1264 in termini di efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto degli adempimenti pubblicitari stessi; la facoltà dei creditori ceduti, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari, di esigere dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione; la possibilità da parte di coloro che sono parte dei contratti ceduti di recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente. Infine, la disposizione oggetto di deroga di cui all'articolo 90 (liquidazione dell'attivo), si riferisce invece alla possibilità, prevista dal TUB, che i commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d'Italia, possano cedere attività e passività, l'azienda, rami d'azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco.

 

Il comma 2 stabilisce che il corrispettivo della cessione sia rappresentato da un credito della liquidazione coatta amministrativa nei confronti della SGA S.p.A,. pari al valore di iscrizione contabile dei beni e dei rapporti giuridici ceduti nel bilancio della SGA S.p.A..

 

Il comma 3 prevede che la SGA S.p.A. amministri i crediti e gli altri beni e rapporti giuridici acquistati ai sensi del comma 1. In tal senso è prevista una deroga alle disposizioni di carattere generale emanate dalla Banca d'Italia, aventi ad oggetto l'adeguatezza patrimoniale, di cui all'articolo 108 in materia di vigilanza del Testo unico bancario.

 

Il comma 4 prevede che:

·        la SGA possa costituire uno o più patrimoni destinati esclusivamente all'esercizio dell'attività di amministrazione dei crediti e degli altri beni e rapporti giuridici acquistati ai sensi del presente articolo;

·        i patrimoni destinati possano essere costituiti per un valore anche superiore al 10 per cento del patrimonio netto della società;

·        la relativa deliberazione dell'organo di amministrazione determini i beni e i rapporti giuridici compresi nel patrimonio destinato;

·        detta deliberazione sia depositata, iscritta e pubblicata secondo le previsioni civilistiche (articolo 2436 del codice civile, che disciplina gli adempimenti pubblicitari per le modifiche statutarie nelle società per azioni);

·        ai sensi del secondo comma dell'articolo 2447?quater del codice civile, nel termine di sessanta giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, i creditori sociali anteriori all'iscrizione possano fare opposizione. Il tribunale, nonostante l'opposizione, può disporre che la deliberazione sia eseguita previa prestazione da parte della società di idonea garanzia;

·        decorsi 60 giorni dall'iscrizione della deliberazione, ovvero dopo l'iscrizione nel registro delle imprese del provvedimento del tribunale, i beni e i rapporti giuridici individuati siano destinati esclusivamente al soddisfacimento del credito della liquidazione coatta amministrativa nei confronti della SGA (comma 2 dell'articolo 5 in commento) e costituiscano patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della SGA e dagli altri patrimoni destinati eventualmente costituiti;

·        per le obbligazioni contratte in relazione al patrimonio destinato, la SGA risponda nei limiti del patrimonio stesso, salvo che la deliberazione dell'organo di amministrazione non disponga diversamente;

·        si applichino le disposizioni di cui all'articolo 2447?quinquies, cc. 2, 3 e 4 del codice civile in materia di diritti dei creditori;

·        i beni e i rapporti compresi nel patrimonio destinato siano distintamente indicati nello stato patrimoniale della società;

·        si applichino le disposizioni dell'articolo 2447?septies del codice civile, in materia di bilancio che impongono una separata evidenziazione dei rendiconti riferiti ai diversi patrimoni;

·        il rendiconto separato sia redatto in conformità ai principi contabili internazionali;

·        infine, per quanto non diversamente disposto dall'articolo in esame, ai patrimoni destinati si applichino le disposizioni del codice civile sopra richiamate.

 

Il comma 5 prevede che la costituzione dei patrimoni destinati possa essere disposta anche con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze pubblicato per estratto e per notizia nella Gazzetta Ufficiale. In questo caso, la costituzione ha efficacia dal giorno della pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale o, se precedente, da quello della pubblicazione effettuata da parte della Banca d'Italia sul proprio sito (cfr. art. 3, c. 2, primo periodo, del provvedimento in esame). E' prevista a riguardo una deroga al regime civilistico di cui all'articolo 2447-quater, secondo comma, in materia di pubblicità della costituzione del patrimonio destinato e all'articolo 2447-quinquies, commi primo e secondo, in materia di diritti dei creditori.

Il comma 5 stabilisce altresì che i patrimoni destinati costituiti con decreto possano essere modificati con deliberazione dell'organo di amministrazione della SGA S.p.A. in conformità a quanto previsto al comma 4.

 

Il comma 6 dispone che alla società SGA S.p.A. si applichi la disposizione ai sensi della quale il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'esercizio dei propri diritti di azionista, provvede a nominare i nuovi consigli, prevedendo la composizione degli stessi con tre membri, di cui due dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria e il terzo con funzioni di amministratore delegato (ultimi due periodi dell'articolo 23-quinquies, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, Decreto Revisione spesa pubblica).

 

L'articolo 6 disciplina le misure di ristoro a favore degli investitori che, al momento dell'avvio della liquidazione coatta amministrativa, detenevano strumenti finanziari di debito subordinato emessi dalle banche poste in liquidazione col presente provvedimento, sottoscritti o acquistati entro la data del 12 giugno 2014 nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con le medesime Banche emittenti. Tali soggetti possono accedere alle prestazioni del Fondo di solidarietà, istituito dalla legge di stabilità per il 2016, in favore dei soggetti che avevano investito in strumenti finanziari subordinati delle istituzioni bancarie poste in risoluzione alla fine di novembre 2015.

Si segnala che la Banca d'Italia, nel più volte menzionato dossier sulla crisi delle banche venete, ha illustrato le conseguenze dell'operazione su azionisti e investitori.

 

Il comma 1 in esame stabilisce altresì che l'accesso al Fondo di solidarietà avviene secondo quanto stabilito dall'articolo 1, commi da 855 a 861 della legge medesima, come nel tempo modificate e integrate.

 

Il fondo di solidarietà in favore degli investitori

I commi da 855 a 861 della richiamata legge di stabilità 2016 hanno istituito un Fondo di solidarietà in favore degli investitori persone fisiche, imprenditori individuali, coltivatori diretti o imprenditori agricoli che, alla data del 23 novembre 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche poste in risoluzione alla fine di novembre 2015.

L'accesso alle prestazioni è stato riservato agli investitori persone fisicheimprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti. Il Fondo di solidarietà è alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi – FIDT in conformità con le norme europee sugli aiuti di Stato e da questo gestito con risorse proprie.

La legge ha demandato a provvedimenti di rango secondario la definizione, tra l'altro, delle modalità di gestione del Fondo, delle modalità e le condizioni di accesso, inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanza, delle procedure da esperire che possono anche essere di natura arbitrale (cfr. D.M. 9 maggio 2017, n. 83, Regolamento disciplinante la procedura di natura arbitrale di accesso al Fondo di solidarietà) e le ulteriori disposizioni attuative (comma 857).

In caso di ricorso alla procedura arbitrale, le prestazioni del Fondo sono subordinate all'accertamento delle violazioni degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal Testo Unico Finanziario (D.Lgs. n. 58 del 1998) per quanto riguarda i servizi e le attività di investimento concernenti i predetti strumenti finanziari subordinati (comma 858). Con D.P.C.M. del 28 aprile 2017, n. 82 del 13 giugno 2017 è stato emanato il regolamento recante i criteri e le modalità di nomina degli arbitri per l'erogazione, da parte del Fondo di solidarietà, di prestazioni in favore degli investitori. Esso è stato adottato sentite le Commissioni parlamentari competenti. Si ricorda che detti arbitri devono avere specifici requisiti di imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità (comma 859).

 

Gli articoli da 8 a 10 del decreto-legge n. 59 del 2016 hanno introdotto una disciplina di dettaglio in favore dei soggetti che hanno investito nelle banche sottoposte a procedure di risoluzione, che consente a specifiche condizioni di legge e in presenza di determinati presupposti di ordine patrimoniale e reddituale, di chiedere l'erogazione di un indennizzo forfetario. Si veda infra per ulteriori dettagli.

L'articolo 26-bis, commi 1-3 del decreto-legge n. 237 del 2016 ha novellato le disposizioni del decreto-legge n. 59 del 2016 in materia di accesso al Fondo di solidarietà. In particolare le norme hanno ampliato la nozione di "investitore" che può accedere alle tutele del Fondo e hanno stabilito la gratuità del servizio di assistenza agli investitori per la compilazione e la presentazione delle istanze.

La legge di stabilità 2016 ha comunque fatto salvo il diritto al risarcimento del danno, prevedendo la surroga del Fondo nel risarcimento e nel limite delle somme eventualmente corrisposte (comma 860). La gestione del Fondo di solidarietà è stata affidata al Fondo interbancario di tutela dei depositi, chiarendo che ai relativi oneri e spese di gestione si provvede esclusivamente con le risorse finanziarie del Fondo di solidarietà (comma 861).

Il secondo periodo del comma 1 prevede che per investitori si intendono anche il coniuge, il convivente more uxorio e i parenti entro il secondo grado in possesso dei citati strumenti finanziari a seguito di trasferimento con atto tra vivi.

Il terzo periodo del comma 1 chiarisce che esso si applica solo quando gli strumenti finanziari di debito subordinato sono stati sottoscritti o acquistati entro la data del 12 giugno 2014 e che, in caso di acquisto a titolo gratuito, si faccia riferimento al momento in cui lo strumento è stato acquistato dal dante causa.

 

Il comma 2 stabilisce che agli investitori di cui al comma precedente si applichino le disposizioni in materia di accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta di cui all'articolo 9 del richiamato decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59. Il comma prevede altresì che l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario (comma 6 del citato articolo 9) debba essere presentata, a pena di decadenza, entro il 30 settembre 2017.

Più in dettaglio, l'articolo 9 disciplina l'accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta. L'articolo stabilisce che gli investitori - in possesso di un patrimonio mobiliare di proprietà inferiore a 100.000 euro o con un reddito complessivo ai fini dell'IRPEF nell'anno 2014 inferiore a 35.000 euro - che abbiano acquistato gli strumenti finanziari delle banche poste in risoluzione, entro la data del 12 giugno 2014 e che li detenevano alla data della risoluzione delle Banche in liquidazione possono chiedere al Fondo l'erogazione di un indennizzo forfetario pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri. Viene inoltre precisato che la presentazione dell'istanza di indennizzo forfetario preclude la possibilità di esperire la procedura arbitrale (ex commi da 857 a 860, legge stabilità 2016). Parimenti l'attivazione della procedura arbitrale preclude la possibilità di esperire la procedura di cui all'articolo 9 e laddove la predetta procedura sia stata già attivata, la relativa istanza è improcedibile. Limitatamente agli strumenti finanziari acquistati oltre il 12 giugno 2014 gli investitori possono accedere alla procedura arbitrale, anche laddove abbiamo fatto istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfetario in relazione agli strumenti acquistati in data anteriore al 12 giugno 2014. Il Consiglio del Fondo interbancario di tutela dei depositi il 1° agosto 2016 ha approvato il Regolamento per gli indennizzi forfetari del Fondo di solidarietà, che definisce le modalità di invio delle istanze di indennizzo e le verifiche sulla completezza della documentazione e sulla sussistenza delle condizioni per l'accesso alla procedura di rimborso.

Si ricorda che il termine per accedere all'indennizzo forfettario relativamente agli strumenti finanziari delle banche poste in risoluzione a novembre 2015 è stato prorogato al 31 maggio 2017 dall'articolo 26-bis del D.L. n. 237 del 2016.

 

In questa sede si ricorda che Intesa Sanpaolo, con comunicato stampa del 10 ottobre 2017, ha stabilito di stanziare un plafond di 100 milioni di euro a favore di clienti del Gruppo che hanno perduto una parte dei loro risparmi investiti in azioni delle ex banche venete.

Tale iniziativa prevede erogazioni in più tranches nell’arco di 5 anni ed è destinata ai clienti con un reddito annuo lordo non superiore a 30.000 euro e con un patrimonio mobiliare massimo di 15.000 euro (senza comprendere l’investimento effettuato in azioni delle ex banche venete). Ogni anno l’erogazione è subordinata al mantenimento di una relazione di clientela con il Gruppo, ferme restando le erogazioni già effettuate. Un elemento preferenziale è costituito da gravi situazioni personali di difficoltà. L’ammontare massimo previsto per ogni singolo cliente è pari a 15.000 euro. Intesa Sanpaolo stima di poter erogare l’intero plafond di 100 milioni di euro nell’arco di 5 anni, ipotizzando che le persone che aderiranno all’offerta rimangano clienti del Gruppo per tutta la sua durata. Le erogazioni sono effettuate mediante l’assegnazione di strumenti finanziari.

 

 L'articolo 7 introduce apposite norme in materia fiscale riguardanti il trattamento delle cessioni previste dall'articolo 3, in riferimento ai profili relativi alle DTA, all'IVA, all'IRES e all'IRAP.

In sinesi si dispone che le cessioni di azienda previste dall'articolo 3 determinano anche la cessione delle DTA. Le stesse cessioni sono considerate cessioni di rami d'azienda e quindi escluse dall'IVA. Le eventuali plusvalenze sono inoltre esenti ai fini IRES e IRAP. I contributi erogati dal Ministero dell'economia e delle finanze al soggetto cessionario non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette e al valore della produzione netta ai fini IRAP; mentre le spese sostenute dal cessionario nell'ambito delle misure di ristrutturazione aziendale sono comunque deducibili dal reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e dal valore della produzione netta ai fini IRAP.

 

La disciplina delle DTA

La disciplina delle Deferred Tax Assets – DTA (imposte differite attive) consente di qualificare come crediti d'imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio in presenza di perdita civilistica, fiscale, oppure in caso di liquidazione volontaria o assoggettamento a procedure concorsuali o di gestione delle crisi.

La disciplina delle DTA è stata introdotta nell'ottica di migliorare il trattamento fiscale degli enti creditizi e finanziari, in sostanza per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei. La finalità della disciplina per quanto riguarda gli enti creditizi, infatti, è quella di assicurare, attraverso la trasformazione, una "qualità" patrimoniale sufficiente a evitare, in presenza di perdite, eventuali necessarie ricapitalizzazioni, imposte dalle regole di Basilea 3.

La normativa prevede un meccanismo di conversione automatica in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 241/1997; in tal modo, le DTA sono "smobilizzabili" e, pertanto, concorrerebbero all'assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo per tale via pienamente riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell'affrancamento del valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali effettuato ai sensi dell'art. 15 del D.L. n. 185 del 2008.

In particolare la normativa è contenuta nell'articolo 2, commi da 55 a 57, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, al fine di consentire la trasformazione in credito di imposta delle attività per imposte anticipate(DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta. Sul punto è intervenuto successivamente l'articolo 9 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell'articolo 84 del TUIR, e l'articolo 1, commi da 167 a 171, della L. 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che ha esteso l'originario ambito applicativo della disciplina sulle DTA a quelle relative all'IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal D.L. n. 83 del 2015; specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), come si vedrà in seguito.

Le richiamate disposizioni del decreto-legge n. 225 del 2010 differenziano la disciplina delle diverse fattispecie di trasformazione delle imposte anticipate in crediti d'imposta.

 

L'articolo 8 (unico comma) prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze possa dettare disposizioni tecniche di attuazione del provvedimento con uno o più decreti di natura non regolamentare.

 

 L'articolo 9 stabilisce che le misure all'esame siano adottate a valere e nei limiti delle disponibilità del Fondo istituito dall'articolo 24 decreto legge n. 237 del 2016 "Tutela del risparmio nel settore creditizio". L'articolo individua inoltre ulteriori misure di carattere ordinamentale al fine di attuare il provvedimento in esame.


 

4. Iniziative in tema di vigilanza sul sistema bancario, responsabilità degli esponenti bancari e educazione finanziaria

La Commissione di inchiesta sul sistema bancario

La legge 12 luglio 2017, n. 107 istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.

La legge prevede che la Commissione d'inchiesta sia costituita da venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere in proporzione al numero dei componenti dei gruppi. Essa deve concludere i propri lavori entro un anno dalla sua costituzione e comunque entro la fine della XVII legislatura (articoli 1 e 2).

La Commissione è chiamata a verificare (articolo 3) gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano; la gestione degli Istituti bancari coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto, destinatari anche in forma indiretta di risorse pubbliche o posti in risoluzione; l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui  mercati finanziari; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie. Il provvedimento disciplina (articolo 4) l'attività di indagine della Commissione e la richiesta di atti e documenti da parte della stessa (articolo 5).

I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa, nonché ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono vincolati al segreto (articolo 6).

L'articolo 7 disciplina il funzionamento dell'organo e in particolare pone il limite alle spese per suo il funzionamento in 150.000 euro. Gli oneri sono posti per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Può essere autorizzato, su richiesta della Commissione e con determinazione dei Presidenti delle due Camere, un incremento delle predette spese in misura non superiore al 30 per cento, per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

 

La responsabilità degli esponenti bancari

Nella seduta n. 883 del 26/09/2017 il Senato della Repubblica ha approvato un ordine del giorno (G1) in tema di responsabilità degli esponenti bancari.

 

In particolare, l’ordine del giorno G1 a firma Augello, Barani, Bonfrisco, Cappelletti, De Petris, Guerra, Luigi Marino, Mauro Maria Marino, Quagliariello, Tosato, Zanda, impegna il Governo:

1) a favorire tempestivamente un'iniziativa normativa sulla responsabilità degli amministratori, degli organi di controllo e dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili delle banche, finalizzata ad adottare adeguate misure affinché, ove venga esercitata l'azione di responsabilità, ai sensi dell'articolo 2394-bis del codice civile nei confronti dei medesimi soggetti e ne risultino accertate le responsabilità, sia resa più agevole la facoltà di attivare le pene accessorie, con particolare riferimento all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, dall'esercizio delle professioni, dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese ovvero a stabilire l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

2) a realizzare in tempi rapidi una ricognizione del complesso delle norme sanzionatone, sia di rango penale che amministrativo, al fine di verificarne l'adeguatezza, tenendo conto del quadro normativo dell'Unione europea in materia, compresa, per quanto riguarda le banche beneficiarie di aiuti di Stato, la Banking Communication del 2013 ;

3) ad attuare nei tempi previsti le misure per la promozione e l'effettiva diffusione dell'educazione finanziaria - consentendo la piena operatività del comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, di cui al decreto-legge n. 237, convertito dalla legge n. 15 del 17 febbraio 2017 - allo scopo di aumentare la conoscenza da parte dei cittadini degli strumenti e dei servizi finanziari immessi sul mercato, nonché la loro capacità di valutazione dei profili di rischio associati alle diverse tipologie di prodotti offerti. A tal fine ad assumere iniziative, con il coinvolgimento delle autorità nazionali di vigilanza, per garantire la corretta applicazione, da parte di tutti i soggetti abilitati a prestare servizi di investimento, delle regole finalizzate ad impedire il collocamento degli strumenti finanziari più rischiosi presso clienti al dettaglio non in grado di comprenderne l'effettivo rischio, e al contempo a rafforzare le sanzioni per il mancato rispetto di tali regole;

4) a favorire, nell'ambito di quanto previsto dalle procedure europee e dai criteri stabiliti dalla legislazione vigente, il posticipo del termine previsto per accedere al beneficio del ristoro.

 

L’educazione finanziaria

L’articolo 24-bis del D.L. n. 237 del 2017 reca misure ed interventi intesi a sviluppare l'educazione finanziaria, previdenziale ed assicurativa. Viene allo scopo prevista l’adozione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, di un programma per una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

Per l'attuazione della predetta Strategia si istituisce e si disciplina presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Comitato nazionale per la diffusione dell'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, che opera attraverso riunioni periodiche e in seno al quale possono essere costituiti specifici gruppi di ricerca cui potranno partecipare accademici e esperti della materia.

Agli oneri derivanti dall’attività del Comitato si provvede, nel limite di un milione di euro l’anno a decorrere dal 2017, mediante la corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Con riferimento alle iniziative a livello nazionale, la Banca d'Italia ha dedicato specifiche iniziative al tema dell'educazione finanziaria, dedicandovi un'apposita sezione del proprio sito internet: essa contiene un'area dedicata all'educazione finanziaria e ai rapporti con il cittadino. Tali prodotti, opportunamente adattati, sono messi a disposizioni anche del mondo della scuola, sulla base del memorandum d'intesa firmato tra Ministero dell'istruzione e Banca d'Italia il 6 novembre 2007 per la realizzazione congiunta di iniziative di educazione finanziaria rivolte ai giovani. L'istituto ha altresì pubblicato delle apposite guide con le quali, attraverso un linguaggio semplice e chiaro, si intende favorire la comprensione e l'accesso dei cittadini ad alcuni prodotti di ampia diffusione per consentire scelte consapevoli e informate attraverso il confronto tra le diverse offerte presenti sul mercato.

Anche la Consob dedica una sezione del proprio sito web all'educazione finanziaria dei consumatori e del pubblico. Tale sezione fornisce ai risparmiatori alcuni strumenti per conoscere meglio i prodotti finanziari ed orientarsi più agevolmente nelle scelte di investimento, recando informazioni di carattere generale utili per coloro che si accingono ad investire. Per alcuni prodotti, nuovi o particolarmente complessi o diffusi, sono state approntate schede informative monografiche di approfondimento. Alcuni strumenti di calcolo mettono a disposizione supporti tecnici per effettuare comparazioni fra prodotti simili o avere indicazioni sull'investimento da effettuare.

Alcuni enti privati, in particolare i rappresentanti di categoria, portano avanti da tempo iniziative di educazione finanziaria. L'iniziativa educativa Io&irischi, realizzata da Forum ANIA - Consumatori, si rivolge alle scuole italiane per promuovere una maggiore consapevolezza del rischio e una cultura della sua prevenzione e gestione nel percorso di vita, con un importante obiettivo: educare al rischio per educare al futuro. Si tratta di un'iniziativa pluriennale articolata in diversi moduli e in continua evoluzione, sviluppata in collaborazione con partner istituzionali e scientifici e patrocinata da INDIRE, Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. Per quanto concerne il settore bancario, dopo l'iniziativa PattiChiari, attiva dal 2003 al 2014 per migliorare la reputazione del sistema bancario e per interventi di educazione finanziaria l'ABI ha varato la Fondazione per l'educazione finanziaria e il risparmio, che promuove l'educazione finanziaria, nel più ampio concetto di educazione alla cittadinanza economica consapevole e attiva, per sviluppare e diffondere la conoscenza finanziaria ed economica.

 

Il comma 1 chiarisce che le disposizioni dell’articolo 24-bis sono volte, in particolare, ad assicurare l'efficacia, l'efficienza e la sistematicità delle azioni dei soggetti pubblici e privati e riconoscono l’importanza dell’educazione finanziaria quale strumento per la tutela del consumatore e un utilizzo più consapevole degli strumenti e dei servizi finanziari presenti sul mercato.

 

Il comma 2 a tale scopo definisce, in conformità con quanto già espresso in sede internazionale dall’OCSE, il concetto di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

Essa in particolare consiste nel processo attraverso il quale le persone:

§  migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari, ivi compresi quelli di natura assicurativa e previdenziale

§  sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie.

 

Il comma 3 affida al Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, il compito di adottare, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente ed entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, un programma per una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

 

Detta Strategia si conforma ai seguenti princìpi:

§  organizzare in modo sistematico il coordinamento dei soggetti pubblici e privati già attivi sulla materia, ovvero di quelli che saranno attivati dal programma, garantendo che gli interventi siano continui nel tempo, promuovendo lo scambio di informazioni tra i soggetti e la diffusione delle relative esperienze, competenze e buone pratiche e definendo le modalità con cui le iniziative di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale possano entrare in sinergia e collegarsi con le attività proprie del sistema nazionale dell'istruzione;

§  definire le politiche nazionali in materia di comunicazione e di diffusione di informazioni volte a promuovere l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale;

§  prevedere la possibilità di stipulare convenzioni atte a promuovere interventi di formazione con associazioni rappresentative di categorie produttive, ordini professionali, organizzazioni senza fini di lucro e università, anche con la partecipazione degli enti territoriali.

 

Ai sensi del comma 4, lo schema di programma (di cui al comma 3) è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti e per i profili finanziari, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo del programma alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione.

I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari sono espressi entro trenta giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine il programma può comunque essere adottato.

 

Il comma 5 prevede la trasmissione annuale (entro il 31 luglio) alle Camere, da parte del Governo, di una relazione sullo stato di attuazione della Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. La relazione può contenere le eventuali proposte di modifica e di aggiornamento del programma di cui al comma 3, da adottare con le medesime procedure previste al già commentato comma 4.

 

Il comma 6 istituisce, per l'attuazione della Strategia nazionale, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria.

Esso viene istituito con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro tre mesi dalla legge di conversione del provvedimento in esame.

Il Comitato ha il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione in tema di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.

 

Il comma 7 dispone che dall’istituzione del Comitato non debbano derivare oneri alla finanza pubblica.

 

Ai sensi del comma 8, il Comitato è composto da undici membri ed è presieduto da un direttore, nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con il Ministro dell’istruzione, università e ricerca scientifica tra personalità con comprovate competenze ed esperienza nel settore.

I membri diversi dal direttore, scelti con i medesimi criteri, sono designati: uno dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, uno dalla Banca d'Italia, uno dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), uno dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), uno della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), uno dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti ed uno dall’Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo dei consulenti finanziari (OCF).

I membri del Comitato, nonché il direttore, durano in carica tre anni e l'incarico può essere rinnovato per una sola volta.

 

Il comma 9 disciplina l’attività del Comitato, che opera attraverso riunioni periodiche. Si prevede, ove necessario, la costituzione di specifici gruppi di ricerca cui potranno partecipare accademici e esperti della materia. La partecipazione al Comitato non dà titolo ad alcun emolumento, compenso o gettone di presenza.

 

Ai sensi del comma 10, il Comitato individua obiettivi misurabili, programmi e azioni da porre in essere, valorizzando le esperienze, le competenze e le iniziative maturate dai soggetti attivi sul territorio nazionale e favorendo la collaborazione tra i soggetti pubblici e privati.

 

Con decreto interministeriale del 3 agosto 2017 è stato costituito il comitato e sono stati avviati i lavori[3].

 

5. Le proposte legislative della Commissione europea in materia creditizia (“Pacchetto bancario”)

Il 23 novembre 2016 la Commissione europea ha presentato alcune proposte di modifica della legislazione dell'Unione attualmente in vigore, con l'obiettivo di conseguire un'ulteriore riduzione dei rischi nel settore bancario[4].

L'iniziativa della Commissione[5] mira a completare il programma di regolamentazione post-crisi, affinché il quadro normativo sia idoneo a fronteggiare le sfide per la stabilità finanziaria e le banche possano continuare a sostenere l'economia reale.

Tra le questioni irrisolte che hanno reso necessario l'intervento legislativo, la Commissione europea ha indicato il rischio di adozione da parte delle banche di una leva finanziaria troppo elevata; il rischio di un'eccessiva dipendenza delle banche dai finanziamenti di breve termine per finanziare le attività a lungo termine; il rischio di definizione di requisiti patrimoniali penalizzanti per le esposizioni verso le piccole e medie imprese; l'insufficiente armonizzazione di talune disposizioni in materia di risoluzione degli enti come quelle relative alla classificazione dei creditori in caso di insolvenza. Oltre ad affrontare questi elementi di debolezza comuni, le proposte assicurano la coerenza dell'ordinamento dell'Unione con gli indirizzi recentemente definiti dagli enti internazionali di settore, in particolare dal Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria e dal Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board), e rappresentano un progresso nella direzione della costituzione di un'Unione bancaria coerente.

Il pacchetto di proposte, noto come "Pacchetto bancario"[6], riguarda tanto la fase di ordinaria attività di una banca, quanto quella di crisi ed eventuale risoluzione. Le proposte modificano, in particolare, il regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) e la direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD), adottati nel 2013, che stabiliscono i requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese d'investimento e le disposizioni in materia di governance e vigilanza; modificano, inoltre, la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD) e il regolamento concernente il meccanismo di risoluzione unico (SRM), adottati nel 2014, che fissano le norme in materia di risanamento e risoluzione degli enti in dissesto e stabiliscono il meccanismo di risoluzione unico. Sono, infine, previste nuove disposizioni relative al risanamento e alla risoluzione delle controparti centrali.

Nella citata comunicazione (COM(2017)592) dell’11 ottobre scorso, la Commissione invita il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’UE ad adottare quanto prima il pacchetto di proposte.

 

Schema di sintesi delle principali misure di riforma proposte dalla Commissione europea

Fonte: prof. Giuseppe Lusignani

 

Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno deciso di sottoporre a un iter di approvazione accelerato (fast-track) le misure transitorie per mitigare l’impatto dell'adozione del principio contabile internazionale IFRS 9[7], l'introduzione di una nuova classe di passività per il rispetto dei requisiti di MREL[8] e la revisione della normativa sui grandi fidi al fine di evitare effetti indesiderati per i paesi europei non appartenenti all'area dell'euro. Le proposte in materia di gestione delle crisi riguardano solo aspetti specifici; una più organica di revisione sarà proposta dalla Commissione europea nel 2018.

 

Di seguito sono illustrate in maggiore dettaglio due delle sei proposte legislative (i due atti vengono dapprima presentati negli elementi che li accomunano (base giuridica e sussidiarietà; campo di applicazione; valutazione d'impatto) e contestualizzati all'interno del pacchetto organico di norme in cui la Commissione europea li ha inseriti.

Seguono due ulteriori capitoli, dedicati rispettivamente al COM(2016) 850 ed al COM(2016) 853.

In fine, una brevissima sintesi degli altri quattro documenti che fanno parte del pacchetto.

 

5.1 Pacchetto bancario

A seguito della crisi economica del 2008 l'Unione europea ha dispiegato i propri sforzi per creare un sistema bancario sicuro e affidabile, predisponendo una struttura in cui gli istituti economicamente non sostenibili siano soggetti a risoluzione senza ricorrere al denaro dei contribuenti e con il minimo impatto sull'economia reale. Alla costruzione dell'"Unione bancaria" hanno contribuito una gran quantità di testi legislativi, approvati nel corso degli anni[9].

L'esigenza di intervenire per garantire un'ulteriore riduzione dei rischi era già stata preannunciata dalla Commissione europea nella Comunicazione del 24 novembre 2015 ("Verso il completamento dell'Unione bancaria", COM(2015) 587). Al tema era interamente dedicato il cap. 5 della Comunicazione medesima ("Ridurre ulteriormente i rischi nell'Unione bancaria").

Il pacchetto di novembre 2016 mira proprio a completare il programma di regolamentazione post-crisi, facendo in modo che il quadro normativo vigente sia in grado di:

1)     far fronte alle sfide per la stabilità finanziaria;

2)     assicurare che le banche possano continuare a sostenere l'economia reale;

3)     procedere nella costituzione di un'Unione bancaria coerente;

4)     assicurare coerenza con le raccomandazioni internazionali di settore. Infatti le proposte, oltre ad affrontare elementi di debolezza comuni, danno attuazione a raccomandazioni che solo recentemente sono stati finalizzati dagli enti internazionali di settore (Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria e Financial Stability Board).

Il pacchetto è composto dai seguenti documenti legislativi:

1)     proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (COM(2016) 850). Per maggiori dettagli, si rinvia ai capitoli 2) e 3);

2)     proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2016) 851). Per maggiori dettagli, si rinvia al capitolo 5);

3)     proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE sulla capacità degli istituti di credito e delle imprese di investimento di assorbire le perdite e di ricapitalizzare e che modifica le direttiva 98/26/CE, 2002/47/CE, 2012/30/UE, 2011/35/UE, 2005/56/CE, 2004/25/CE e 2007/36/CE (COM(2016) 852, documento disponibile ancora solo in lingua inglese). Per maggiori dettagli, si rinvia al capitolo 5);

4)     proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la classificazione degli strumenti di debito non garantiti nella gerarchia dei crediti in caso di insolvenza (COM(2016) 853). Per maggiori dettagli, si rinvia ai paragrafi 2) e 4);

5)     proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale (COM(2016) 854). Per maggiori dettagli, si rinvia al capitolo 5);

6)     proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un quadro di risanamento e risoluzione delle controparti centrali e recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1095/2010, (UE) n. 648/2012 e (UE) 2015/2365 (COM(2016) 856). Per maggiori dettagli, si rinvia al capitolo 5).

Si evidenza, peraltro, la probabilità che, nel medio-lungo periodo, gli atti di base a cui le proposte si riferiscono siano oggetto di ulteriori modifiche. Sono infatti in corso, a livello internazionale, rinnovate discussioni, ad esempio relative ad un'eventuale riserva del coefficiente di leva finanziaria per le banche a rilevanza sistemica a livello globale (G-SIB).

 

5.2 Revisione delle norme in materia di vigilanza prudenziale delle banche (COM(2016) 850 e COM(2016) 853)

Due degli atti legislativi che compongono il pacchetto sono finalizzati alla modifica di norme che hanno istituito, nella ricostruzione della Commissione europea, un solido quadro di risoluzione delle banche per gestire efficacemente le crisi bancarie e ridurne l'impatto negativo sulla stabilità finanziaria e le finanze pubbliche. Si tratta del regolamento (UE) n. 575/2013 (COM(2016) 850) e della direttiva 2014/59/UE (COM(2016) 853).

 

Base giuridica, sussidiarietà e proporzionalità

Entrambe le proposte indicano come base giuridica l'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), ai sensi del quale "il Parlamento europeo ed il Consiglio , deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno".

La Commissione europea ha dichiarato il documento in esame conforme al principio di sussidiarietà in termini di:

1)     necessità dell'intervento delle istituzioni dell'Unione: solo queste ultime sono competenti a modificare la legislazione UE vigente;

2)     valore aggiunto per l'Unione: un'ulteriore azione al livello dell'UE potrebbe promuovere un'applicazione uniforme delle norme regolamentari e la convergenza delle pratiche di vigilanza. Permetterebbe inoltre di garantire parità di condizioni in tutta l'UE.

Per quanto concerne il principio di proporzionalità, la proposta è dichiarata congrua agli obiettivi che si intende perseguire.

Il termine utile per l'adozione di pareri motivati sul mancato rispetto del principio di sussidiarietà ai sensi del Protocollo II del Trattato di Lisbona è scaduto il 24 marzo 2017 per il COM(2016) 850 e l'8 marzo 2017 per il COM(2016) 853. Eventuali ulteriori contributi potranno comunque essere rilevanti nell'ambito del dialogo politico tra la Commissione ed i Parlamenti nazionali.

 

Dibattito in corso

Risulta che in Consiglio la discussione sul pacchetto abbia già avuto inizio. Alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, avrebbero messo in luce l'opportunità di:

1)     condurre progressi paralleli su riduzione e condivisione dei rischi;

2)     adeguare la normativa sul portafoglio di negoziazione all'attività delle banche di minori dimensioni;

3)     ponderare, nella calibrazione dei requisiti (es.TLAC, MREL), gli obiettivi di una risoluzione ordinata di eventuali crisi con quello di evitare eccessiva severità, tale da aumentare i costi di raccolta delle banche e ridurne la capacità di finanziare l'economia;

4)     valutare la possibilità di prevedere un congruo periodo transitorio per l'entrata in vigore dei nuovi requisiti.

Valutazione d’impatto

I servizi della Commissione europea hanno curato una valutazione d’impatto unica per i due documenti, disponibile in lingua inglese (documento SWD(2016) 377). Una brevissima sintesi è disponibile anche in lingua italiana (SWD(2016) 378).

 

5.3 La proposta di modifica del regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR, COM(2016) 850)

Normativa proposta

La proposta in oggetto modifica il regolamento (UE) n. 575/2013[10] e costituisce l'elemento portante dell'intero pacchetto. Se ne riassumono di seguito, in estrema sintesi, le norme principali:

1)     introduzione di un requisito vincolante del coefficiente di leva finanziaria[11] che impedisca un aumento eccessivo della leva finanziaria, ad esempio per compensare una scarsa redditività.

·        All'articolo 92, infatti, la lista dei requisiti di fondi propri richiesti agli enti viene integrata con un coefficiente di leva finanziaria pari al 3 per cento del capitale di classe 1. Le autorità competenti, comunque, continuano ad essere responsabili del monitoraggio delle politiche e dei processi dei singoli enti in materia di leva finanziaria e possono imporre ulteriori misure - ove ciò sia giustificato - per affrontare i rischi di una leva finanziaria eccessiva.

·        Nelle Premesse del documento in esame (punto n. 9) il requisito del 3 per cento è stato definito "un meccanismo di protezione credibile". Una correzione è, nonostante ciò, prevista per alcuni modelli aziendali e linee di business (ad esempio i prestiti pubblici da parte delle banche pubbliche di sviluppo e i crediti all'esportazione che beneficiano di una garanzia pubblica), a cui deriverebbero significative limitazioni.

·        Risulta che una particolare attenzione sia stata riservata, nei dibattiti in corso, proprio alla norma che esclude le esposizioni derivanti dai crediti all'esportazione garantiti al livello pubblico dal calcolo dell'esposizione complessiva utile per l'applicazione del coefficiente della leva finanziaria (articolo 429-bis, par. 1, lettera f). In virtù del richiamo fatto (nel punto ii) all'articolo 114, par. 4, del regolamento (UE) n. 575/2013[12], l'esclusione avrebbe luogo solo per le esposizioni denominate e finanziate nella valuta nazionale dello Stato membro interessato. E' stato, però, evidenziato che un buon numero di crediti all'esportazione, pur garantiti ufficialmente, non sono espressi nella valuta nazionale degli Stati membri;

2)     introduzione dell'obbligo, per le imprese finanziarie madri, di sostenere le filiazioni stabilite in altri Stati membri. In questa maniera si vogliono evitare possibili conseguenze di bilancio per gli Stati ospitanti derivanti da carenze di liquidità o di capitale a livello di filiazioni in difficoltà;

3)     attuazione della cosiddetta "norma TLAC" (acronimo inglese per "total loss absorbing capacity", capacità totale di assorbimento delle perdite). Predisposta dal Financial Stability Board nel 2015 e successivamente adottata al vertice G20 in Turchia, la norma prevede che le banche a rilevanza sistemica a livello globale (G-SIB o, nel sistema UE, G-SII) abbiano un numero sufficiente di passività, con un'elevata capacità di assorbimento delle perdite e assoggettabili al bail-in[13]. La finalità perseguita è quella di far sì che l'assorbimento delle perdite e la ricapitalizzazione siano adeguati e rapidi.

·        Il nuovo articolo 92-bis introduce requisiti di fondi propri e passività ammissibili armonizzati pari a:

-         un coefficiente basato sul rischio del 18 per cento, che rappresenta i fondi propri e le passività ammissibili dell'ente espressi in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio;

-         un coefficiente non basato sul rischio del 6,75 per cento, che rappresenta i fondi propri e le passività ammissibili dell'ente espressi in percentuale della misura dell'esposizione complessiva.

Il nuovo Capo V-bis (articoli 72-bis - 72-terdecies) specifica quali passività siano ammissibili.

·        Si evidenzia che l'attuazione della norma TLAC nell'Unione deve tenere conto dell'attuale requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (MREL), specifico per ente, applicabile a tutti gli enti creditizi e a tutte le imprese di investimento dell'Unione in base alla direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[14]; le relative norme di coordinamento sono oggetto della proposta COM(2016) 853, per maggiori dettagli sulla quale si rinvia al capitolo 4.

4)     esposizioni verso controparti centrali (CCP)[15]. Si vuole adattare il diritto dell'Unione alla norma adottata dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, che tra l'altro migliora il trattamento delle esposizioni degli enti verso le controparti centrali qualificate (CCPQ)[16].

·        Le principali modifiche proposte riguardano:

-         un trattamento specifico per le esposizioni degli enti verso una controparte centrale dovute a operazioni in contante (articolo 301);

-         i metodi di calcolo del valore delle esposizioni in strumenti derivati (articolo 304);

-         il trattamento delle operazioni di finanziamento tramite titoli (articolo 305);

-         un nuovo metodo di calcolo dei requisiti di fondi propri per i contributi prefinanziati al fondo di garanzia di una QCCP (articolo 308);

5)     norme maggiormente sensibili al rischio e che promuovano la trasparenza in relazione alle esposizioni sottostanti agli organismi di investimento collettivi (OIC), in attuazione di norme concordate in sede di Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria[17];

6)     adattamento della normativa dell'Unione al cosiddetto "metodo standardizzato per il rischio di controparte" (SA-CCR) per quanto concerne le esposizioni in strumenti derivati, elaborato dal Comitato di Basilea (articoli 274-280-septies).

·        Il punto n. 26 delle Premesse rileva che il metodo SA-CCR è più sensibile al rischio rispetto alle metodologie attualmente contenute nel regolamento (UE) n.575/2013. Dovrebbe, quindi, "condurre a requisiti di fondi propri che riflettono meglio i rischi connessi alle operazioni in strumenti derivati degli enti". Per contro, in virtù della sua complessità e delle possibili difficoltà a cui potrebbero incorrere alcuni istituti, ne è prevista anche una versione semplificata (articolo 281), "calibrata per garantire che il valore delle operazioni in strumenti derivati non sia sottostimato";

7)     intervento chiarificatore sul confine tra il portafoglio di negoziazione[18] (l’insieme di strumenti e prodotti finanziari detenuti nell’ambito di una negoziazione) e il portafoglio bancario. L'incertezza circa il confine tra le due figure ha infatti determinato - riferisce la Commissione europea - possibilità di arbitraggio regolamentare. Alla stregua delle indicazioni provenienti dal Comitato di Basilea (gennaio 2016), si è rafforzata la sensibilità al rischio del rischio di mercato, fissando un importo dei requisiti dei fondi propri più proporzionato al rischio delle posizioni. I diversi metodi utilizzabili per determinare i requisiti dei fondi propri per il rischio di mercato sono descritti nell'articolo 325 e approfonditi nei successivi articoli 325-bis - 325-septuagies.

·        E' previsto un periodo di applicazione graduale (nuovo articolo 501-ter) per evitare un brusco calo delle attività di negoziazione;

8)     la revisione del quadro in materia di grandi esposizioni[19] . La base patrimoniale per il calcolo del limite dovrebbe essere costituita da capitale di qualità superiore e le esposizioni verso i derivati su crediti dovrebbero essere calcolate con il metodo SA-CCR (articolo 390). E' inoltre stabilito un limite alle esposizioni che le banche a rilevanza sistemica a livello globale (G-SIB) possono avere l'una nei confronti dell'altra, in modo da limitare i rischi sistemici legati alle interconnessioni tra i grandi enti (articolo 395);

9)     in tema di informazioni, si segnalano le seguenti norme:

-         l'introduzione di un regime di informativa e segnalazione regolamentare più proporzionato, che tenga conto delle diverse dimensioni e complessità degli enti. Per quanto concerne, in particolare, le informative, i relativi obblighi vengono articolati sulla base delle dimensioni degli enti (articoli 433-bis, 433-ter);

-         il migliore allineamento degli obblighi di informativa con le norme concordate al livello internazionale (articoli da 435 a 455);

10)l'introduzione di un coefficiente netto di finanziamento stabile (NSFR)[20], vincolante per gli enti creditizi e le imprese di investimento sistemiche. Questi ultimi dovranno finanziare le proprie attività di lungo termine con forme di finanziamento stabile, in modo da aumentare la resistenza delle banche ad eventuali ristrettezze sopravvenute.

·        In quest'ambito, le regole individuate dal Comitato di Basilea, però, vengono adattate al contesto europeo, con trattamenti specifici per l'emissione di obbligazioni garantite, le attività di finanziamento al commercio, i risparmi regolamentati centralizzati, i prestiti garantiti su immobili residenziali e le cooperative di credito (articolo 428-quinquies). La percentuale del fattore di finanziamento stabile richiesta varia dal 100 per cento nel caso dei contratti derivati (qualora le attività derivate siano superiori ai derivati passivi, articolo 428-quatertricies) al cinque per cento per le attività con durata inferiore a sei mesi risultanti da operazioni con clienti finanziari e garantite da attività liquide di qualità elevata di livello 1 (articolo 428-vicies);

11)la concessione di un trattamento preferenziale alle esposizioni da finanziamenti specializzati per il finanziamento di progetti infrastrutturali sicuri e solidi. Si vuole così promuovere la realizzazione di progetti in settori come i trasporti, l'energia, l'innovazione, l'istruzione e la ricerca;

12)un regime ancora temporaneo per le imprese di investimento, essendo ancora in corso la valutazione (prevista dall'articolo 508 del regolamento (UE) n. 575/2013) per stabilirne lo status.

Il Consiglio ECOFIN del 16 giugno ha raggiunto un accordo politico sulla proposta, in vista dell’avvio dei negoziati con il PE: l’accordo mira a mitigare il potenziale impatto negativo sulle banche derivante dall'introduzione dei nuovi standard contabili IFRS 9 (prevista dal 1° gennaio 2018), che prevedono che la svalutazione dei crediti non avvenga soltanto sulla base delle perdite emerse, ma anche di quelle attese. Una rapida implementazione dell'IFRS 9 potrebbe portare infatti a una crescita immediata degli accantonamenti per perdite attese sui crediti, con un deterioramento dei ratio patrimoniali. L’ECOFIN ha dunque introdotto un periodo transitorio di cinque anni che consentirebbe alle banche di riportare al proprio capitale equity Tier 1 una parte degli accantonamenti di cui sopra.

 

5.4 La proposta di modifica della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD, COM(2016) 853)

Il COM(2016) 853 modifica la direttiva 2014/59/UE (BRRD)[21], che ha tra l'altro istituito lo strumento del bail-in. Si tratta di un procedimento che procede a valutare il debito o a convertire le passività in capitale in base ad una gerarchia predefinita. In questa maniera, a sostenere il peso dell'eventuale dissesto di un ente saranno gli azionisti e gli altri creditori anziché i contribuenti.

La direttiva ha previsto che tutte le banche siano tenute a soddisfare un requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL). Il MREL dovrebbe assicurare la disponibilità di risorse finanziarie sufficienti per la svalutazione o la conversione in capitale.

Normativa proposta

Come già accennato, le modifiche proposte alla direttiva 2014/59/UE mirano a coordinare le norme sulla TLAC, introdotte dal COM(2016) 850, e quelle vigenti sul MREL.

Poiché TLAC e MREL perseguono lo stesso obiettivo (assicurare che gli enti creditizi e le imprese di investimenti dell'UE dispongano di una capacità sufficiente di capitale da consentire l'assorbimento delle perdite), i due requisiti sono stati pensati dalla Commissione europea come elementi complementari di un quadro comune.

La sostanza della proposta è contenuta nell'articolo 1, che propone di modificare l'articolo 108 della direttiva BRRD, introducendo una gerarchia di priorità nella procedura ordinaria di insolvenza.

Si mantiene l'attuale classe di debito di rango non garantito, inserita al rango più elevato tra gli strumenti di debito in caso di insolvenza.

Si crea, per contro, ex novo il debito di primo rango "non privilegiato".

I crediti non garantiti ordinari - stabilisce il nuovo paragrafo 2 dell'articolo 108 - avranno un livello di priorità più elevato rispetto a quello dei crediti non garantiti derivanti da strumenti di debito la cui durata contrattuale originaria copra un anno, che non "presentano caratteristiche di derivato" e la cui documentazione contrattuale faccia esplicito riferimento al loro rango nell'ambito della procedura ordinaria di insolvenza.

La norma si applica agli enti stabiliti nell’Unione, anche come filiazioni di un ente creditizio o di un’impresa di investimento o di una società, soggetti alla vigilanza dell’impresa madre su base consolidata; a società di partecipazione finanziaria, anche miste, e società di partecipazione mista stabilite nell’Unione; a società di partecipazione finanziaria madri in uno Stato membro, società di partecipazione finanziaria madri nell’Unione, società di partecipazione finanziaria mista madri in uno Stato membro, società di partecipazione finanziaria mista madri nell’Unione (articolo 1, par. 1, lettere a) - d), della direttiva 2014/59/UE).

Il paragrafo 3 specifica che i crediti non garantiti ordinari derivanti dagli strumenti di debito sopra elencati saranno caratterizzati da un livello di priorità più elevato rispetto agli elementi di capitale primario di classe 1, al valore nominale degli strumenti aggiuntivi di classe 1, al valore nominale degli strumenti di classe 2 ed al valore nominale del debito subordinato diverso dal capitale aggiuntivo di classe 1 o capitale di classe 2 (articolo 48, paragrafo 1, lettere da a) a d) della direttiva 2014/59/UE).

Per garantire la certezza del diritto e ridurre il più possibile i costi di transizione, il paragrafo 4 stabilisce che il trattamento di tutte le passività ancora pendenti prima della data in vigore della proposta in esame sia disciplinato dalle rispettiva leggi nazionali vigenti al 31 dicembre 2016.

Il fatto che il termine ipotizzato nell'articolo per il recepimento della proposta di direttiva sia piuttosto prossimo (giugno 2017) testimonia l'auspicio della Commissione europea di un'approvazione celere. Analogamente, la data di applicazione ipotizzata è il luglio 2017.

Risulta, infatti, che i lavori di esame del testo abbiano già avuto inizio in sede di Consiglio.

Si segnala che il Consiglio ECOFIN del 16 giugno 2017 ha raggiunto sulla proposta un accordo politico che costituirà la base dei negoziati con il Parlamento europeo.

 

5.5 Breve panoramica sugli altri documenti del pacchetto

Il COM(2016) 851 (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento) modifica il regolamento sul meccanismo di risoluzione unico (SRMR), introducendo norme armonizzate al meccanismo per l'attuazione della norma TLAC. In particolare, si interviene sulla pianificazione delle risoluzioni di gruppo. Si impone al Comitato di risoluzione unico ("Comitato") di identificare le entità ed i gruppi di risoluzione all'interno di un gruppo e tenere debitamente conto delle implicazioni di tutte le azioni programmate per assicurare una risoluzione efficace del gruppo. Gli articoli da 12 a 12-undecies riscrivono i requisiti di fondi propri e passività ammissibili per allinearli a quelli stabiliti nel regolamento (UE) n. 575/2013 per il requisito minimo TLAC (si veda la proposta COM(2016) 850).

Il COM(2016) 852 (Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE sulla capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e le direttive 98/26/CE, 2002/47/CE, 2012/30/UE, 2011/35/UE, 2005/56/CE, 2004/25/CE e 2007/36/CE) interviene anch'esso, come il COM(2016) 853, sulla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD). E' però focalizzato sulla capacità di assorbimento di perdite e di ricapitalizzazione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Anche in questo caso si intende migliorare la programmazione delle risoluzioni dei gruppi, nel tentativo di assicurarne una risoluzione efficace, e regolare ex novo i requisiti di fondi propri e passività ammissibili. A quest'ultima finalità rispondono la modifica dell'articolo 45 e l'introduzione dei nuovi articoli da 45-bis a 45-terdecies. Ulteriori modifiche proposte riguardano la garanzia di adeguate comunicazioni a fini di vigilanza e la comunicazione al pubblico dei requisiti.

Si evidenzia che mentre il COM(2016) 851 pone i requisiti generali applicabili all'Unione bancaria[22], il COM(2016) 852) pone invece requisiti per tutte le banche dell'Unione.

 

Il COM(2016) 854 (proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale) propone modifiche alla direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD). Le norme introdotte vogliono risolvere questioni sorte su disposizioni non sufficientemente chiare, che sono state oggetto di interpretazioni divergenti o risultate eccessivamente onerose per determinati enti. Ad esempio, l'articolo 104 che elenca i poteri delle autorità competenti viene riformulato per arginare le diverse interpretazioni che hanno determinato l'imposizione di requisiti patrimoniali diversi ai singoli enti nei singoli Stati membri. L'obiettivo perseguito è, in estrema sintesi, quello di "rafforzare e perfezionare la normativa UE vigente per garantire l'applicazione dei requisiti prudenziali uniformi agli enti creditizi e alle imprese di investimento in tutta l'Unione" (paragrafo n. 19 delle Premesse).

 

Il COM(2016) 856 (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un quadro di risanamento e risoluzione delle controparti centrali e recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1095/2010, (UE) n. 648/2012 e (UE) 2015/2365). La proposta attribuisce poteri e strumenti alle CCP al fine di permettere, in diversi scenari di difficoltà finanziarie, il risanamento ordinato della controparte centrale attraverso l'attuazione di un piano di risanamento concordato tra la CCP medesima ed i suoi partecipanti diretti. A tal fine ogni CCP è tenuta a predisporre un piano di risanamento completo, efficace, trasparente e misurabile per tutti i soggetti che possono risentirne. Il piano dovrebbe minimizzare gli effetti negativi per tutti i portatori di interessi e per il sistema finanziario in generale.

Vengono quindi istituite apposite autorità di risoluzione (possono essere Banche centrali, Ministeri competenti o altre autorità amministrative pubbliche), dotate di un complesso armonizzato di poteri che permette loro di intraprendere una serie di azioni, preparatorie e di risoluzione.

5.6 Gli esiti della indagine conoscitiva

Allo scopo di valutare la portata e le implicazioni delle proposte legislative in questione e di definire indirizzi per i futuri sviluppi della regolamentazione del settore bancario, la Commissione Finanze e tesoro del Senato ha deliberato un'indagine conoscitiva, nel corso della quale sono state svolte undici audizioni[23].

5.6.1 La valutazione della legislazione vigente e dell'iniziativa della Commissione

Le misure adottate dall'Unione in risposta alla crisi hanno migliorato lo stato del settore bancario e reso più stabile il settore finanziario nel suo complesso[24]. In particolare, le banche europee hanno compiuto notevoli passi avanti nell'aumentare la qualità del proprio capitale, nel ridurre la leva finanziaria e nell'orientarsi verso più stabili fonti di finanziamento, ridimensionando nel complesso quell'eccessivo affidamento su fonti di finanziamento a breve termine che è stato una causa di contagio durante la crisi. Rispetto al periodo 2009-2011, il rischio sistemico appare superato, ma è necessario affrontare i rischi idiosincratici per rendere il sistema ancora più sicuro, evitare il ritorno dei rischi sistemici e garantire una crescita stabile, migliorando le condizioni affinché le banche continuino a finanziare l’economia reale[25]. La revisione del quadro normativo è ritenuta opportuna anche per tenere conto sia dell'esperienza maturata in sede applicativa che dell'avvio dell'Unione bancaria[26].

Le proposte della Commissione - in particolare le disposizioni che rendono obbligatori i requisiti di leva finanziaria (leverage ratio) [27], quelle che introducono misure di equilibrio dei flussi finanziari nel medio periodo (net stable funding ratio, NSFR)[28] e quelle che introducono requisiti di passività prontamente assoggettabili a bail-in per gli intermediari a rilevanza sistemica[29] - vanno nella direzione di intensificare la reattività del quadro regolamentare ai rischi degli intermediari[30].

 

Le valutazioni critiche riguardano, innanzitutto, l'instabilità del quadro regolamentare in cui operano le banche dell’Unione e la conseguente difficoltà per gli operatori del settore di formulare aspettative coerenti e attendibili[31]. La complessità, il numero crescente e le continue revisioni delle regole applicabili rendono la compliance sempre più onerosa in termini di addetti e di costi per le banche medio-piccole e creano uno svantaggio competitivo artificiale, che non trova giustificazioni nel perseguimento della stabilità finanziaria e che contrasta con il principio del levelling the playing field[32].

Nella stessa ottica, è stato sottolineato che un inasprimento del sistema dei vincoli regolamentari renderebbe più onerosa l’erogazione del credito e ancor più preoccupanti le condizioni di redditività del settore, già estremamente fragili per il sostanziale azzeramento dei tassi di interesse e il perdurare di una crisi ormai decennale. Per tali motivi, è stato invocato il definitivo superamento, da parte delle Autorità europee di una prospettiva di stretta vigilanza prudenziale, in favore della presa in considerazione degli impatti che un qualsiasi intervento sul credito può provocare sull’economia reale, nonché, date le dinamiche occupazionali e il disagio crescente di interi strati della popolazione, sulla tenuta dello stesso sistema sociale. Si ritiene, infatti, che anche in ottica prudenziale il vero problema da risolvere sia quello della crisi congiunturale e che soltanto una stabile ripresa della crescita possa creare i presupposti per ridurre i rischi sistemici della gestione bancaria[33].

 

Una reale integrazione del mercato finanziario dell’area Euro richiede un’unificazione e semplificazione normativa da attuare tramite la redazione di Testi unici europei per banca e finanza[34]. L’importanza dell'adozione di Testi Unici europei è stata evidenziata anche con riguardo all’attività di produzione normativa svolta dalle tre Autorità di vigilanza europee[35]. Un diritto societario, bancario e finanziario europeo effettivamente comune consente di sviluppare una cornice di regole, anche secondarie, coerente e congrua; allo stesso tempo, la predisposizione di Testi unici elimina la possibilità di arbitraggi regolamentari e interpretazioni nazionali divergenti, in grado di incidere sulla parità concorrenziale e sull’integrazione dei mercati nazionali, così ponendo basi solide per l’Unione Bancaria e l’Unione Finanziaria[36].

 

5.6.2 Il principio di proporzionalità

La predisposizione nel settore bancario di unico insieme di regole che attuano gli standard internazionali[37] e che sono valide per tutte le banche che operano nell’Unione europea (European Single Rulebook) rappresenta un traguardo importante nell'ottica di evitare arbitraggi regolamentari e garantire standard comuni di tutela.

 

È stato, tuttavia, osservato che l’approccio unitario a regole e supervisione delle imprese bancarie crea svantaggi per le piccole-medie banche e, di conseguenza, per il credito alle famiglie e alle PMI a livello locale e che la sorveglianza “one-size-fits-all” delle banche risulta meno appropriata rispetto al “tiered approach” adottato negli Stati Uniti[38]. L'adozione di un approccio normativo unico per tutti gli intermediari finanziari e indipendente dal modello di business e dalla dimensione e dalla capacità di servizio determina delle conseguenze estremamente negative per alcune tipologie di banche; l’impatto della rivoluzione normativa ha, infatti, pesato in modo tutto sommato tenue sul modello di banca capitalistica, mentre ha inciso in modo indubbiamente intenso sul modello e sulla governance cooperativi, rischiando di travolgerli[39]. La regolamentazione deve piuttosto tenere conto della diversità degli intermediari cui viene applicata, dettando regole opportunamente differenziate e assicurandone al contempo un’applicazione coerente con le specificità degli stessi. Ciò rileva in particolar modo per le banche di dimensioni medie e minori, caratterizzate da una forma giuridica e da un modello operativo, come le banche cooperative, non orientate in modo prevalente alla massimizzazione del profitto[40].

 

Il principio di proporzionalità, inteso come un’applicazione delle regole comuni che tiene conto dei modelli di business più semplici e non amplifica in maniera indebita i costi operativi e amministrativi, è stato recepito in vari aspetti del Pacchetto bancario[41], in particolare attraverso l’applicazione, per alcuni rischi, di metodologie semplificate per il calcolo dei requisiti patrimoniali e la riduzione degli oneri informativi connessi agli adempimenti regolamentari, in particolare in tema di segnalazioni.

Il rafforzamento del criterio della proporzionalità, sostenuto dalla delegazione italiana nel corso dei negoziati, è stato accolto in sede di Consiglio e ha condotto all'ampliamento del novero di banche sottoposte a metodi di calcolo semplificati[42]. Si ritiene necessario che il principio di proporzionalità guidi anche la fissazione del requisito MREL, che dovrebbe essere adeguato alle effettive necessità della risoluzione[43].

 

5.6.3 I requisiti di capitale e di liquidità e l'aumento della capacità di prestito delle banche

La revisione delle norme in materia di requisiti di capitale e di liquidità è ispirata essenzialmente dall'esigenza di recepire standard globali nell'ordinamento dell'Unione[44]. Fra questi rilevano il coefficiente netto di finanziamento stabile (Net Stable Funding Ratio, NSFR); il coefficiente di leva finanziaria (leverage ratio); il riesame sostanziale del trattamento prudenziale del portafoglio di negoziazione (Fundamental Review of the Trading Book, FRTB); lo standard in materia di capacità di assorbimento delle perdite (Total Loss Absorbency Capacity, TLAC), che si applica alle banche di rilevanza sistemica globale (Global Systemically Important Banks, G-SIBs), e le regole per la valutazione del rischio di tasso di interesse sulle posizioni del portafoglio bancario (Interest rate risk in the Banking Book, IRRBB).

Nel complesso, le misure concorrono a definire un’impostazione prudenziale maggiormente attenta al rischio, limitano il ricorso eccessivo all’indebitamento e all’espansione degli attivi, incrementano la solidità patrimoniale delle banche e assicurano un controllo più efficace e trasparente[45]. Nel perseguire l'obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria, le proposte di modifica della direttiva e del regolamento sul capitale delle banche e delle imprese di investimento non risultano accrescere significativamente i requisiti patrimoniali, orientamento ritenuto opportuno in una fase congiunturale ancora delicata[46].

La determinazione di un coefficiente massimo di leva finanziaria pari al 3% come requisito patrimoniale vincolante mira a impedire un aumento eccessivo delle attività rispetto alle disponibilità di capitale di migliore qualità. L'introduzione di tale requisito è generalmente condivisa. In proposito, è stato osservato che la gestione della maggior parte delle banche italiane è connotata dall’adozione di una bassa leva finanziaria, grazie ad un modello tradizionale d’intermediazione che prevede un’esposizione contenuta verso il trading finanziario e, in particolare, verso la finanza strutturata[47]. Peraltro, l'esposizione verso molte PMI, poco capitalizzate e quindi più rischiose, il minor utilizzo dei modelli interni per la valutazione del rischio di credito e il minor sostegno pubblico al consolidamento[48] fanno sì che il coefficiente di solidità patrimoniale (Tier 1 ratio)[49] delle banche italiane resti basso nel confronto internazionale[50].

Fonte: prof. Giuseppe Lusignani

Per quanto riguarda la struttura di finanziamento delle banche italiane, è stata osservata una contrazione significativa dei titoli di debito. La minore incidenza delle obbligazioni, in particolare della componente collocata presso la clientela retail, è attribuita alla maggiore rischiosità di questo strumento finanziario in forza del meccanismo del bail-in[51].

Fonte: prof. Giuseppe Lusignani

Nella definizione dei requisiti di capitale e di liquidità la Commissione europea ha scelto in alcuni casi di discostarsi dagli standard internazionali, ad esempio prevedendo trattamenti meno stringenti o esenzioni per determinate entità o tipi di transazione, rispetto ai quali le autorità nazionali dispongono di margini di interpretazione anche ampi. In relazione a tali casi, è stato osservato che una sufficiente armonizzazione del quadro prudenziale dell’Unione, con una limitazione delle opzioni e delle discrezionalità nazionali, è indispensabile per garantire parità di condizioni tra gli Stati membri[52]. Al fine di assicurare un’applicazione sufficientemente armonizzata e prudente delle esenzioni, è stata avanzata la proposta di affidare all'Autorità bancaria europea il monitoraggio del funzionamento delle deviazioni rispetto agli standard internazionali[53].

Sotto il profilo della vigilanza, è stato osservato che regole rigide non consentono sempre di affrontare le situazioni e i tipi di rischio che si incontrano nella pratica; in un settore bancario come quello europeo, estremamente differenziato sotto il profilo dei modelli operativi, appare essenziale mantenere la flessibilità dei requisiti patrimoniali e salvaguardare la possibilità di raccogliere informazioni essenziali[54].

Nel corso dei negoziati in sede di Consiglio la delegazione italiana ha sostenuto il mantenimento della disciplina di favore per le esposizioni verso le PMI (cosiddetto SME supporting factor) e il trattamento preferenziale per i titoli di Stato e per il requisito sul rischio di credito; è stato, così, esteso alle esposizioni verso PMI superiori a 1,5 milioni il trattamento di favore vigente per i crediti inferiori a tale importo[55] e sono state esentate dal calcolo dell'indicatore di funding stabile (NSFR) le esposizioni verso il rischio sovrano[56].

Al riguardo, è stata sottolineata l'esigenza che la disciplina sulle esposizioni verso le PMI sia applicabile immediatamente dopo l'approvazione dell'atto legislativo dell'Unione[57]. Ciò in quanto si tratta di una disposizione che potrebbe portare benefici in termini di assorbimento patrimoniale anche significativi, con un impatto in termini di possibile maggiore crescita del credito compresa tra il 3,6% e il 5,6% rispetto ai livelli di fine 2016[58]. Al contrario, appare indispensabile un'introduzione graduale dello standard contabile IFRS9[59], che avrebbe un impatto importante sul livello di rettifiche di valore sui prestiti delle banche italiane, determinando una riduzione del credito potenziale del 3% circa rispetto ai livelli di fine 2016; tale impatto potrebbe essere ridimensionato in caso di miglioramento dello scenario macroeconomico[60].

Per rafforzare la capacità delle banche di concedere prestiti alle PMI, erogare mutui fondiari e finanziare progetti infrastrutturali, sono stati sollecitati il miglioramento del trattamento prudenziale richiesto per alcune forme di finanziamento, quali la concessione dei mutui garantiti da ipoteche, e, più in generale, la riduzione dei coefficienti prudenziali per bassi livelli di rapporto tra importo del prestito e valore del bene a garanzia (loan to value ratio, LTV); uno specifico trattamento prudenziale di favore è richiesto anche per le operazioni di credito al consumo garantite da cessione dello stipendio e della pensione, che presentano un livello di rischio inferiore a quello proprio di altre forme di finanziamento al dettaglio[61]. È stata, inoltre, proposta l’introduzione di un fattore di riduzione della ponderazione per gli investimenti delle banche in imprese in fase di avvio (start up) e di crescita, ritenendo la disciplina prudenziale europea in merito alle esposizioni delle banche nel capitale di rischio delle imprese troppo penalizzante per questa categoria di investimenti[62].

5.6.4 La risoluzione delle crisi bancarie e la protezione dei risparmiatori

Le modifiche proposte alle norme sulla gestione delle crisi bancarie (BRRD) hanno l’obiettivo di facilitare il corretto funzionamento del meccanismo del bail-in e di uniformare le discipline dei requisiti per l’assorbimento delle perdite (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL) tra i diversi paesi europei. A tal fine, le norme sul MREL vengono allineate a quelle del TLAC, così da evitare che le banche sistemiche siano costrette a soddisfare due coefficienti che hanno lo stesso obiettivo ma differenti regole di calcolo[63].

Per accrescere la comparabilità e la parità di trattamento fra investitori e banche nell'Unione europea e facilitare le procedure di risoluzione di banche che operano in più Stati membri viene, inoltre, armonizzata la gerarchia dei creditori attraverso l'introduzione di regole di subordinazione omogenee e la creazione nei bilanci delle banche di risorse per l’assorbimento delle perdite. Poiché non realizza una armonizzazione della complessiva gerarchia dei creditori, la proposta della Commissione è stata ritenuta compatibile con il mantenimento della preferenza generalizzata per i depositi introdotta in Italia con il recepimento della BRRD; in ogni caso, la preferenza ai depositi continua ad apparire una soluzione opportuna per contenere i rischi di liquidità per le banche in caso di tensioni[64].

In particolare, la proposta introduce una nuova categoria di debito bancario di primo rango non privilegiato (non preferred senior debt), che si colloca in posizione intermedia fra i debiti subordinati esistenti e le passività di rango superiore, compresi i depositi. Questa asset class sarà soggetta a bail-in prima delle altre obbligazioni senior; pertanto, oltre a rappresentare uno strumento aggiuntivo per consentire alle banche di conformarsi agli standard TLAC e MREL, le obbligazioni in questione rappresentano una forma di protezione dei depositi non garantiti (sopra i 100.000 euro) e delle altre obbligazioni, le quali, avendo una posizione più elevata nella gerarchia dei creditori, diventerebbero in tal modo più sicure. Al riguardo, è stata sottolineata l'importanza di assicurare massima trasparenza alla consistenza delle diverse classi di passività destinate ad assorbire le perdite ai fini della corretta valutazione del rischio di bail-in per le diverse classi di creditori e della determinazione dei prezzi dei vari strumenti[65]. È stata, al tempo stesso, sottolineata l'esigenza di mettere quanto prima le banche in condizioni di emettere il nuovo strumento di debito, destinato solo ad investitori in grado apprezzarne il rischio, al fine di costituire in tempi brevi il requisito di passività facilmente sottoponibili a bail-in[66].

Con riguardo alla gestione delle crisi bancarie, è stata evidenziata la rilevanza del rapporto reciproco tra risoluzione e liquidazione ai fini del completamento dell'Unione bancaria. Attualmente, la procedura di risoluzione è un'opzione alternativa all’insolvenza; la scelta fra l’una e l’altra procedura è rimessa all’Autorità di risoluzione, che nell’ambito della Unione Bancaria è il Comitato di risoluzione unico, che opta per la risoluzione quando ritenga che la liquidazione non sia idonea a conseguire gli obiettivi di interesse pubblico a cui deve essere finalizzata la gestione della crisi. Sul punto, si suggerisce di rendere la risoluzione disponibile per un numero potenzialmente elevato di banche, perché sono ben rari i casi di crisi bancarie in cui non sia necessario assicurare la continuità delle funzioni essenziali e in cui la liquidazione metta al riparo da inutili distruzioni di valore[67]. In tale ottica, si ritiene che l’alternativa alla risoluzione sia la liquidazione ordinata, dal momento che se l’unica liquidazione ammessa fosse quella atomistica e senza aiuti pubblici diretti, la liquidazione risulterebbe sempre inidonea a conseguire gli obiettivi di interesse pubblico della gestione della crisi e la procedura di risoluzione dovrebbe essere disponibile per la quasi totalità dei casi di dissesto. Un assetto di questo tipo è ritenuto coerente con l’Unione bancaria perché evita che i costi della gestione delle crisi, in un contesto di vigilanza unica, siano scaricati unicamente sui contribuenti a livello nazionale[68].

È stato escluso che la limitazione delle possibilità dell'intervento pubblico a sostegno delle banche possa causare instabilità, facilitando crisi di fiducia fra i depositanti e contagio dagli enti più deboli a quelli più solidi. Al contrario, è stato riscontrato che alla perdita di fiducia da parte di depositanti e investitori nelle banche considerate deboli si accompagna un rafforzamento delle banche concorrenti che il mercato giudica più forti, segnatamente nei flussi di liquidità, determinando la selezione degli istituti più forti e favorendo, indirettamente, il rafforzamento del sistema nel suo insieme [69].

 

In proposito, è stato ricordato che prima dell'adozione da parte della Commissione europea della Comunicazione relativa all'applicazione, dal 10 agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, tutti i principali paesi dell'Unione hanno risanato e ristrutturato profondamente i propri sistemi bancari con un massiccio ricorso a risorse pubbliche, mentre l’Italia non ha affrontato il problema se non facendo ricorso alle garanzie pubbliche sulle obbligazioni, anche se il nodo delle sofferenze stava già esplodendo[70]. È stata, inoltre, oggetto di critica la mancanza di una solida disciplina che, in caso di seri rischi per la stabilità sistemica, consenta di derogare su base temporanea ai limiti stringenti della disciplina degli aiuti di Stato[71]. In senso contrario è stata evidenziata l'opportunità di mantenere, in questa fase transitoria, la flessibilità garantita dalla Comunicazione della Commissione del 2013, che consente di accompagnare l’uscita dal mercato delle banche con aiuti pubblici nella misura, da valutare caso per caso, idonea a garantirne la liquidazione ordinata e la disponibilità di modalità di gestione della liquidazione diverse dalla mera liquidazione atomistica[72].

 

In passato strumenti rischiosi, in quanto esposti a bail-in o burden sharing, sono stati acquistati a livello retail in diversi paesi dell’area dell’euro da investitori non adeguatamente preparati[73]. Questo tema è particolarmente sensibile per il sistema delle banche italiane, le quali risultano fra le più dipendenti nel panorama internazionale dalla raccolta obbligazionaria, raccolta finanziata in misura preponderante attraverso collocamenti destinati agli investitori retail. Benché il fenomeno sia in netta riduzione, lo stock di obbligazioni bancarie in circolazione presso la clientela retail è ancora considerevole e resta elevata in valori assoluti l’esposizione dei fondi comuni aperti alle obbligazioni subordinate[74].

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Fonte: CONSOB

Per fare fronte a tale situazione, è importante che le banche interessate si attivino per favorire la ricollocazione di tali strumenti presso investitori professionali e che le autorità svolgano un’opportuna opera di stimolo e coordinamento in tale direzione[75]. Le banche dovrebbero anche prendere in considerazione esercizi di gestione delle passività (liability management exercises, LME), offrendo ad esempio ai risparmiatori non a proprio agio con il livello di rischio degli strumenti che detengono la sostituzione con altre forme di investimento meno rischiose e ovviamente meno remunerative[76]. Il coinvolgimento degli investitori privati nel processo di risoluzione dovrebbe comunque assicurare un’allocazione delle perdite coerente con il grado di rischio assunto e il corrispettivo rendimento goduto dalle diverse categorie di investitori[77].

 

Per rafforzare la tutela del risparmio, è stato proposto un regime preferenziale generalizzato per tutti i depositi di persone fisiche e piccole e medie imprese (PMI) per la parte eccedente la soglia di protezione attualmente prevista; consentire l’applicazione del bail-in ad altri strumenti di debito prima dei depositi contribuisce, infatti, a rafforzare l'efficacia complessiva del meccanismo e a ridurre il rischio di contagio[78].

 

Si segnala, per completezza, la proposta di riconoscere alle obbligazioni sotto la soglia dei 100mila euro la stessa tutela che spetta ai depositi, sia perché in un contesto di tassi negativi o prossimi allo zero le obbligazioni bancarie sono forme di investimento del risparmio retail analoghe ai depositi, sia in quanto la piena aggredibilità delle obbligazioni bancarie penalizza e rende più costosa questa importante forma di raccolta a medio-lungo termine delle banche[79].

 

Il problema dell'applicazione delle norme sul bail-in a strumenti emessi, anche molti anni fa, in contesti profondamente diversi da quello attuale resta una delle principali criticità dell'attuale assetto normativo[80]; è stato, pertanto, chiesto di escludere dal bail-in gli strumenti finanziari emessi prima del 1° gennaio 2016[81]. Su questo tema, è stato fatto presente che quando, in caso di crisi bancaria, obbligazionisti subordinati al dettaglio sono chiamati ad assorbire le perdite, non è corretto indirizzare le critiche alle nuove disposizioni europee; il problema risiede, piuttosto, nel mancato rispetto delle regole a tutela degli investitori[82] da parte di alcune banche, che hanno collocato questi strumenti alla clientela al dettaglio senza spiegare chiaramente il loro profilo di rischio[83]. Infatti, già nel primo accordo di Basilea del 1988, recepito nell’ordinamento dell'Unione nel 1989 con la direttiva sui fondi propri degli enti creditizi[84], è stato previsto che in caso di liquidazione gli azionisti sono responsabili per le perdite dell’ente fino a concorrenza del capitale e i detentori di prestiti subordinati succedono immediatamente nella gerarchia dei creditori per l’assorbimento delle perdite ulteriori. Pertanto, la direttiva sulla gestione delle crisi bancarie non ha in alcun modo modificato la rischiosità degli strumenti in modo retroattivo[85].

 

Per quanto riguarda la determinazione del MREL, la fissazione del requisito dovrebbe soddisfare criteri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alle effettive esigenze di patrimonializzazione a seguito della risoluzione della banca, che potrebbe avere dimensioni più ridotte e un profilo di rischio più contenuto rispetto al momento dell'avvìo della procedura di crisi[86]. La funzione del MREL è, infatti, quella di assicurare che ci sia un ammontare sufficiente di passività che possono essere sottoposte a bail-in senza che questo strumento sia esso stesso fonte di instabilità e contagio[87].

È stata, inoltre, evidenziata l'importanza della previsione di un periodo transitorio sufficientemente lungo tra l'entrata in vigore della nuova disciplina e il termine previsto per la piena costituzione del requisito, in modo da consentire alle banche europee di formare progressivamente la propria dotazione di strumenti computabili nel MREL, senza costringere gli intermediari a stravolgere le proprie strategie di funding e i mercati ad assorbire ingenti quantità di titoli[88].

In effetti, la necessità di adeguamento al requisito MREL è destinata a incidere sull’operatività delle banche sia in termini di incremento del costo della raccolta sia in termini di capacità del mercato di assorbire in tempi brevi le emissioni di strumenti finanziari computabili nel coefficiente MREL. Per questi motivi, oltre che per consentire la sostituzione degli strumenti finanziari già in circolazione alla data dell’entrata in vigore della disciplina, è stato chiesto un percorso graduale in più anni per assolvere al requisito, eventualmente in modo scalare[89]. Sarà, così, possibile evitare che il processo di costituzione del MREL produca effetti macroeconomici avversi. Per le stesse ragioni, è importante consentire quanto prima alle banche europee di emettere titoli computabili nel MREL, anche attraverso la preventiva armonizzazione della gerarchia dei creditori[90].

 

Nel corso del periodo transitorio dovrebbe essere permesso un più ampio ricorso a fonti esterne di finanziamento, come il fondo di risoluzione unico o i fondi pubblici nazionali, così da escludere l'applicazione del bail-in, se necessario, a strumenti privi delle caratteristiche di computabilità nel MREL, in particolare ai depositi di valore superiore a 100 mila euro[91]. In proposito, è stato affermato che se le autorità ritengono che i titoli obbligazionari sottoscritti da clientela al dettaglio non possano essere facilmente assoggettati a svalutazione o conversione in azioni in caso di crisi, questi strumenti non dovrebbero essere computati ai fini dei requisiti di MREL; tanto più i requisiti di MREL verranno soddisfatti con strumenti chiaramente in grado di assorbire le perdite, collocati a investitori professionali o al dettaglio bene informati, tanto più protetti saranno i creditori senior e i depositanti non assicurati in caso di crisi[92].

 

In relazione alla ricapitalizzazione precauzionale, chiarezza e flessibilità delle regole sono ritenute insufficienti[93]. In tale ambito è stato anche proposto di riconsiderare l'utilizzo degli stress test, che si basano su ipotesi penalizzanti per le banche con modelli di business tradizionali e non valutano adeguatamente le esposizioni in attività finanziarie, piuttosto contenute per le banche italiane[94].

 

Fonte: CONSOB

È stato, inoltre, espresso parere contrario alla revisione in senso restrittivo della ricapitalizzazione precauzionale, opzione che si ritiene debba rimanere pienamente disponibile, soprattutto in relazione agli esercizi di stress in scenario avverso[95]. Questa modalità di vigilanza combinata con l’identificazione di una carenza di capitale, solo ipotetica ma da colmare con risorse reali, infatti, pone banche solventi in una situazione di incertezza e le espone a rischi mercato, che potrebbero rendere una ricapitalizzazione privata non accessibile; del resto, le condizioni di accesso alla ricapitalizzazione precauzionale sono già estremamente restrittive e tali da limitarne l’operatività alle banche solventi[96]. Sono stati, invece, ritenuti opportuni miglioramenti della procedura, in quanto la disciplina recata dalla BRRD richiede un’attività integrativa e interpretativa da parte della BCE e della Commissione europea e una continua, complessa interazione con e tra le istituzioni europee, non sempre in grado di esprimere posizioni tra loro coordinate, con inevitabile prolungamento dei tempi e la creazione di una situazione di incertezza[97].


 

6. La gestione dei crediti deteriorati

I crediti deteriorati rappresentano una delle principali sfide per il settore bancario. Anche se il rapporto tra i crediti deteriorati e gli impieghi ha iniziato a diminuire fin dalla fine del 2014, il volume complessivo dei crediti deteriorati rimane ancora eccessivamente elevato, attestandosi poco al di sotto dei 1.000 miliardi di euro per tutta l’Unione[98].

 

 

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Fonte: CONSOB

In Italia il tasso di crediti deteriorati è di gran lunga superiore alla media europea. Il rapido deterioramento della qualità dei crediti è stato ascritto prevalentemente a una contrazione del 20% del settore produttivo italiano a seguito della crisi finanziaria internazionale[99].

I dati più recenti segnalano una riduzione dell'incidenza dei crediti deteriorati. Per il complesso dei gruppi classificati come significativi ai fini di vigilanza, nel primo trimestre l’incidenza dei prestiti deteriorati sul totale dei finanziamenti si è infatti ridotta rispetto al trimestre precedente, sia al lordo sia al netto delle rettifiche di valore (dal 17,6 al 17,5 per cento e dal 9,4 al 9,2 per cento, rispettivamente). Il tasso di copertura (misurato dal rapporto tra le rettifiche e la consistenza dei prestiti deteriorati) ha continuato a crescere, salendo dal 51,7 al 52,8 per cento; è superiore di circa otto punti percentuali rispetto a quello medio delle principali banche europee. Secondo la banca d'Italia, le operazioni di cessione o cartolarizzazione attualmente in corso determineranno un’ulteriore marcata flessione della consistenza delle esposizioni deteriorate nette[100].

 

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Fonte: CONSOB

Poiché un rapporto tra crediti deteriorati e impieghi superiore al 10% determina un effetto negativo sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di erogazione di nuovi crediti, in tali circostanze si ritiene necessario attivare politiche attive che accelerino la pulizia dei bilanci bancari[101]. In effetti, l’avanzamento dell’Unione bancaria è strettamente legato alla riduzione dei rischi del sistema bancario europeo e il volume dei crediti deteriorati che appesantisce i bilanci delle banche italiane è ancora percepito come un significativo fattore di rischio del settore bancario nazionale[102]. Per queste ragioni, appare fondamentale che le banche adottino, con molta maggiore determinazione e incisività che nel recente passato, una gestione attiva di queste esposizioni e definiscano una strategia credibile per la progressiva riduzione dell'ammontare di crediti deteriorati e per evitare l’accumulo di nuovi[103].

 

La proposta di istituire una società pubblica di gestione delle attività deteriorate a livello europeo, che possa aiutare nel completamento dell’opera di pulizia dei bilanci bancari, si scontra con le resistenze politiche degli Stati membri a una piena integrazione degli strumenti di intervento pubblico sul sistema bancario europeo prima del completamento dell'aggiustamento post-crisi[104]. In assenza di consenso su questa proposta, l'Autorità bancaria europea ha proposto di elaborare un modello comune per società di gestione dei crediti deteriorati a livello nazionale. È stato, tuttavia, osservato che i tassi di recupero delle posizioni chiuse mediante cessione sul mercato sono nettamente inferiori a quelli registrati per le posizioni chiuse in via ordinaria (23% contro 47% in media nel biennio 2014-2015)[105].

 

Uno Studio sulla risoluzione dei crediti deteriorati in Europa è stato pubblicato dal Comitato europeo per il rischio sistemico il giorno 11 luglio[106]. Nello stesso giorno, sulla base di una Relazione elaborata da un sottogruppo del Comitato per i servizi finanziari del Consiglio, il Consiglio ha adottato il "Piano d'azione per affrontare la questione dei crediti deteriorati in Europa". Nel Piano si sottolinea che per affrontare la questione dei crediti deteriorati è necessario intervenire su vari fronti, ovvero vigilanza bancaria, riforma dei quadri in materia di insolvenza e di recupero dei crediti, sviluppo di mercati secondari per i crediti deteriorati e ristrutturazione del settore bancario. In particolare, occorrerebbe rafforzare gli incentivi a favore delle banche per far fronte in modo proattivo alla questione dei crediti deteriorati, evitando nel contempo gli effetti destabilizzanti delle vendite di emergenza. Oltre a gestire gli attuali stock di crediti deteriorati è, poi, necessario prevenire l'ulteriore accumulazione di crediti deteriorati in futuro.

 

Sulla base degli indirizzi contenuti nel Piano d’azione, la Commissione europea, nella citata comunicazione dell’11 ottobre scorso (COM(2017)592), preannuncia la presentazione di un pacchetto completo di misure intese a ridurre il livello dei crediti deteriorati esistenti ed evitare il loro accumulo in futuro,. L’adozione di tale pacchetto è prevista per la primavera del 2018 e dovrebbe comprendere:

In proposito, si ritiene necessario esaminare attentamente le condizioni e i requisiti di accesso allo strumento in questione[107];

 

Nel marzo scorso, la BCE ha emanato apposite linee guida per le banche sui crediti deteriorati (NPL) destinate agli enti creditizi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation, CRR)[108]. Tali indicazioni sono rivolte in generale a tutti gli enti significativi (significant institutions, SI) sottoposti a vigilanza diretta nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico (SSM), incluse le loro controllate internazionali. Trovano tuttavia applicazione i principi di proporzionalità e rilevanza. Alcune parti delle linee-guida (segnatamente i capitoli 2 e 3 del documento di marzo della BCE) sulla strategia, sulla governance e sull’assetto operativo per la gestione degli NPL, possono riguardare maggiormente le banche con livelli elevati di crediti deteriorati (“banche con NPL elevati”) che devono affrontare questa situazione straordinaria. Ai fini delle linee guida, la vigilanza bancaria della BCE definisce “banche con NPL elevati” gli enti creditizi che presentano livelli di crediti deteriorati notevolmente superiori alla media dell’UE. Si tratta tuttavia di una forte semplificazione. Anche enti creditizi che non rientrano nel perimetro di questa definizione possono infatti beneficiare della piena applicazione del contenuto delle linee guida di propria iniziativa o su richiesta delle autorità di vigilanza, soprattutto in caso di afflussi significativi di NPL, alti livelli di esposizioni oggetto di concessioni (forbearance) o garanzie escusse (foreclosed assets), un basso grado di copertura mediante accantonamenti o un coefficiente Texas elevato . Le linee guida non sono al momento vincolanti. Le autorità di vigilanza possono tuttavia richiedere alle banche di illustrare e motivare qualsiasi scostamento rispetto al loro contenuto. Il regolare processo di revisione e valutazione prudenziale (supervisory review and evaluation process, SREP) dell’MVU tiene conto di queste linee guida; in caso di non conformità possono intervenire misure di vigilanza. Le linee guida non intendono sostituire né inficiare alcun requisito normativo o contabile applicabile, le linee guida sancite con regolamenti o direttive vigenti dell’UE e le relative trasposizioni o disposizioni equivalenti a livello nazionale, né gli orientamenti emanati dall’Autorità bancaria europea (ABE). Le linee guida rappresentano piuttosto uno strumento di vigilanza allo scopo di chiarire le aspettative della vigilanza riguardo all’individuazione, gestione, misurazione e cancellazione degli NPL in settori non disciplinati o specificamente trattati dai regolamenti, dalle direttive o dalle linee guida vigenti. Laddove la materia sia oggetto di disposizioni legislative, norme contabili e regolamentazione nazionale di carattere vincolante, le banche sono chiamate ad aderirvi. Inoltre, ci si attende che le banche non accrescano le divergenze già esistenti fra la prospettiva regolamentare e quella contabile alla luce delle presenti linee guida, bensì che, per quanto possibile, promuovano sempre una rapida convergenza fra le due prospettive, laddove vi siano sostanziali differenze. Le linee guida si dovrebbero applicare a decorrere dalla loro data di pubblicazione. Gli SI possono tuttavia porre rimedio successivamente alle lacune individuate, sulla base di adeguati piani di azione accompagnati da precise scadenze, da concordarsi con i rispettivi GVC. Per assicurare coerenza e comparabilità, l’informativa societaria sugli NPL dovrebbe essere migliorata, secondo le attese, a partire dalle date di riferimento dell’esercizio 2018.  

 

Sullo stesso tema la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica che si concluderà il 20 ottobre 2017[109]. Attraverso la consultazione, la Commissione intende acquisire dalle parti interessate contributi sulle iniziative volte a migliorare il funzionamento del mercato secondario con particolare riguardo ai crediti deteriorati. La Commissione intende, inoltre, ricevere pareri sull’introduzione di un nuovo strumento europeo, denominato accelerated loan security, che mira a rafforzare la protezione dei creditori a fronte del fallimento delle società debitrici, riconoscendo alla banca il diritto di acquisire la proprietà dei beni a garanzia del prestito.

La consultazione pubblica è funzionale alla richiesta alla Commissione europea, contenuta nel Piano d'azione, di elaborare, entro l'estate del 2018, un approccio europeo per promuovere lo sviluppo di mercati secondari per i crediti deteriorati. Gli obiettivi perseguiti sono l'eliminazione degli ostacoli al trasferimento di crediti deteriorati da parte delle banche a soggetti non bancari e alla possibilità per questi ultimi di detenere crediti deteriorati, salvaguardando i diritti dei consumatori, nonché la semplificazione e possibilmente l'armonizzazione dei requisiti in materia di autorizzazioni per la gestione dei crediti da parte di terzi, adottando, se del caso, iniziative legislative in materia.

 

 



[1]     https://www.bankingsupervision.europa.eu/press/pr/date/2017/html/ssm.pr171009.it.html

[2]     In rapporto al totale delle attività, il margine di interesse è oggi inferiore di un terzo rispetto ai livelli prevalenti alla metà dello scorso decennio; anche gli altri ricavi hanno subito una contrazione. Cfr. Governatore della Banca d'Italia, intervento all'ABI del 12 luglio 2017.

[3]     La composizione del comitato è la seguente:

      Dr.ssa Annamaria Lusardi – Direttore del Comitato – Denit Trust Endowed Chair of Economics and Accountancy at The George Washington University School of Business

      Dr. Roberto Basso - In rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze

      Dr. Rocco Pinneri - In rappresentanza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca

      Avv. Mario Fiorentino – In rappresentanza del Ministero dello sviluppo economico

      Dr.ssa Concetta Ferrari - In rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali

      Dr.ssa Magda Bianco - In rappresentanza della Banca d’Italia

      Dr. Giuseppe D’Agostino - In rappresentanza della CONSOB

      Dr.ssa Elena Bellizzi - In rappresentanza dell’IVASS

      Dr.ssa Elisabetta Giacomel - In rappresentanza della COVIP

      Avv. Antonio Tanza - In rappresentanza dell’ADUSBEF

      Dr.ssa Carla Rabitti Bedogni - In rappresentanza dell’OCF

      Nell'ambito del presente paragrafo viene dato conto altresì delle principali risultanze emerse nel corso delle audizioni svolte dalla 6a Commissione, Finanze e tesoro, del Senato della Repubblica In particolare, il paragrafo offre un quadro delle posizioni emerse nel corso delle audizioni, nonché delle valutazioni e proposte formulate in relazione ai principali contenuti del pacchetto e ai possibili sviluppi della regolamentazione di settore.

[5]     L'iniziativa legislativa è stata preannunciata nella Comunicazione del 24 novembre 2015, "Verso il completamento dell'Unione bancaria" (COM(2015) 587); cfr. cap. 5: "Ridurre ulteriormente i rischi nell'Unione bancaria".

[6]     Il Pacchetto è composto dai seguenti documenti: proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 per quanto riguarda il coefficiente di leva finanziaria, il coefficiente netto di finanziamento stabile, i requisiti di fondi propri e passività ammissibili, il rischio di controparte, il rischio di mercato, le esposizioni verso controparti centrali, le esposizioni verso organismi di investimento collettivo, le grandi esposizioni, gli obblighi di segnalazione e informativa e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (COM(2016) 850); proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 per quanto riguarda la capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2016) 851); proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE sulla capacità degli istituti di credito e delle imprese di investimento di assorbire le perdite e di ricapitalizzare e che modifica le direttiva 98/26/CE, 2002/47/CE, 2012/30/UE, 2011/35/UE, 2005/56/CE, 2004/25/CE e 2007/36/CE (COM(2016) 852); proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la classificazione degli strumenti di debito non garantiti nella gerarchia dei crediti in caso di insolvenza (COM(2016) 853); proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale (COM(2016) 854); proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un quadro di risanamento e risoluzione delle controparti centrali e recante modifica dei regolamenti (UE) n. 1095/2010, (UE) n. 648/2012 e (UE) 2015/2365 (COM(2016) 856). Il contenuto delle singole proposte è illustrato in dettaglio nel dossier europeo n. 65 del Servizio studi del Senato: Proposte di revisione del regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR, COM(2016) 850) e della direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD, COM(2016) 853).

[7]     L'adozione del principio IFRS 9 risponde all'esigenza di migliorare in termini di attendibilità la rilevazione, valutazione e informativa di bilancio, con particolare riguardo agli strumenti finanziari. Il nuovo principio contabile sostituisce al modello retrospettivo basato sulle perdite subite (incurred loss) un modello basato sulla probabilità che si verifichino perdite nel futuro (expected loss) secondo logiche di gestione del rischio (risk management).

[8]     Come si vedrà meglio in seguito, il MREL (minimum requirement for own funds and eligible liabilities) è il requisito minimo di fondi propri e altre passività soggette a bail-in, la cui funzione è di assicurare che, in caso di risoluzione, una banca disponga di risorse patrimoniali e passività in grado di assorbire le perdite e ricostituire il capitale.

[9]     Per maggiori dettagli sull'Unione bancaria si rinvia, tra l'altro, al sito del Consiglio dell'Unione ed alla scheda di approfondimento ("Note sintetiche sull'Unione europea") sul sito del PE. Si segnala, inoltre, la pubblicazione della Banca d'Italia "Scritti sull'Unione bancaria", luglio 2016.

[10]    Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012.

      Si segnala che sulla proposta che ha poi da origine al regolamento (COM(2011) 452) era stato pubblicato un Dossier di documentazione (n. 84\DN), curato dall'Ufficio dei rapporti con le istituzioni dell'Unione europea del Senato della Repubblica. Il 15 maggio 2012 la 6a Commissione permanente del Senato ha adottato sulla relativa proposta un'articolata risoluzione (Doc XVIII, n. 160 della XVI Legislatura).

[11]    In un Glossario on-line predisposto sul sito della Consob, si specifica che "attraverso l'utilizzo della leva finanziaria (o "leverage") un soggetto ha la possibilità di acquistare o vendere attività finanziarie per un ammontare superiore al capitale posseduto e, conseguentemente, di beneficiare di un rendimento potenziale maggiore rispetto a quello derivante da un investimento diretto nel sottostante e, di converso, di esporsi al rischio di perdite molto significative".

      L'articolo 4, par. 1, n. 93 del regolamento (UE) N. 575/2013 definisce la "leva finanziaria" come "il rapporto tra le dimensioni relative delle attività di un ente, delle sue obbligazioni fuori bilancio e delle sue obbligazioni potenziali a pagare, a consegnare o a fornire garanzie reali, comprese le obbligazioni derivanti da finanziamenti (funding) ricevuti, impegni assunti, derivati o contratti di vendita con patto di riacquisto, ma escluse le obbligazioni che possono essere fatte valere solo durante la liquidazione dell'ente, rispetto ai fondi propri di tale ente". Il par. 1, n. 94, specifica che per "rischio di leva finanziaria eccessiva" si intende "il rischio risultante dalla vulnerabilità di un ente dovuta alla leva finanziaria, attuale o potenziale, che può richiedere misure correttive non previste del suo piano di impresa, tra cui la dismissione immediata di attività, con conseguenti perdite o aggiustamenti della valutazione delle restanti attività".

[12]    Nell'elencare i fattori di ponderazione del rischio relativi, in particolare, alle esposizioni verso le Amministrazioni centrali e le banche centrali, l'articolo 114, par. 4, del regolamento (UE) n. 575/2013 stabilisce che "Alle esposizioni verso le amministrazioni centrali e le banche centrali degli Stati membri denominate e finanziate nella valuta nazionale di dette amministrazioni centrali e banche centrali si attribuisce un fattore di ponderazione del rischio dello 0 %".

[13]    Si ricorda che con il termine "bail-in" (letteralmente "salvataggio dall'interno"), si intende il meccanismo che impone la partecipazione degli investitori/risparmiatori - qualora possessori di determinate attività finanziarie emesse dalla banca stessa - alle perdite patrimoniali da questa subite. Si veda, per maggiori dettagli, il paragrafo 4.

[14]    Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio.

[15]    L'articolo 2, par. 1, n. 1, del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012 sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni definisce la controparte centrale (CPP) come "una persona giuridica che si interpone tra le controparti di contratti negoziati su uno o più mercati finanziari agendo come acquirente nei confronti di ciascun venditore e come venditore nei confronti di ciascun acquirente".

      L'articolo 14 disciplina l'iter di autorizzazione per persone giuridiche dell'UE che intendano svolgere servizi di compensazione; l'articolo 25, invece, regola il riconoscimento nell'UE delle persone giuridiche stabilite in Paesi terzi.

[16]    L'articolo 4, par. 1, n. 88, del regolamento (UE) N. 575/2013 definisce le "controparti centrali qualificate" come " una controparte centrale che è stata autorizzata conformemente all'articolo 14 del regolamento (UE) n. 648/2012 o riconosciuta conformemente al l'articolo 25 di tale regolamento".

[17]    Per la definizione di "organismi di investimento collettivi" l'articolo 4, par. 1, n. 7 del regolamento (UE) N. 575/2013 rinvia all'articolo 1, par. 2, della direttiva 2009/65/UE del Parlamento europeo e del consiglio del 13 luglio 2009 concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). Si tratta di "strumenti: a) il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari o in altre attività finanziarie liquide (...) e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi; e b) le cui quote sono, su richiesta dei detentori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a valere sul patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un OICVM agisca per impedire che il valore delle sue quote sul mercato si allontani sensibilmente dal valore patrimoniale netto".

[18]    L'articolo 4, par. 1, n. 86, del regolamento (UE) n. 575/2013 definisce il portafoglio di negoziazione come "l'insieme delle posizioni in strumenti finanziari e su merci detenute da un ente per la negoziazione o per la copertura del rischio inerente a posizioni detenute a fini di negoziazione".

[19]    Si parla di "larga esposizione" quando un istituto è esposto - nei confronti di un singolo cliente o di un gruppo di clienti connessi - per una percentuale maggiore del 10 per cento del proprio capitale di classe 1 (articolo 392 del testo in esame).

[20]    Il coefficiente netto di finanziamento stabile è il rapporto tra l'importo del finanziamento stabile disponibile di un ente (PSA) e l'importo del finanziamento stabile ad esso richiesto su un orizzonte temporale di un anno (RSF) (articolo 428-ter del documento in esame). All'individuazione ed al calcolo dei due elementi (PSA e RSF) di cui è composto il rapporto sono dedicati, rispettivamente, gli articoli 428-decies - 428-sexdecies e gli articoli 428-sept-decies - 428-quater-tricies) del COM(2016) 850.

[21]    Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio.

[22]    Si ricorda che all'Unione bancaria appartengono tutti i paesi della zona euro e gli Stati membri dell'UE che hanno scelto di parteciparvi. Per maggiori dettagli, si vedano i siti Internet del Consiglio dell'Unione europea e del Parlamento europeo.

[23]    Nel corso dell’indagine conoscitiva sono stati auditi: Vito Lorenzo Augusto Dell'Erba, presidente di Federcasse; Giovanni Sabatini, direttore generale dell'Associazione Bancaria Italiana; Carlo Del Serrone, dirigente di Assopopolari (23 maggio 2017); Rainer Masera, preside della Facoltà di Economia e professore ordinario di Politica economica presso l'Università degli Studi "Guglielmo Marconi" (30 maggio 2017); Mario Nava, direttore per la sorveglianza del sistema finanziario e gestione della crisi, Direzione generale Stabilità finanziaria, servizi finanziari e Unione dei mercati dei capitali della Commissione europea (15 giugno 2017); Giuseppe Vegas, presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (20 giugno 2017); Carmelo Barbagallo, capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria della Banca d'Italia (21 giugno 2017); Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di Vigilanza della Banca centrale europea (28 giugno 2017); Andrea Enria, presidente dell’Autorità bancaria europea (5 luglio 2017); Giuseppe Lusignani, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso l'Università di Bologna (12 luglio 2017); Pier Carlo Padoan, Ministro dell'Economia e delle Finanze (18 luglio 2017).

[24]    Commissione europea, Banca centrale europea, Autorità bancaria europea.

[25]    Commissione europea.

[26]    Banca centrale europea.

[27]    La leva finanziaria è il rapporto tra il capitale netto di una banca e il totale delle attività. Una leva elevata significa che la banca opera senza utilizzare capitali propri e quindi presenta un maggior profilo di rischio; infatti, se la leva è molto alta, una svalutazione di parti dell'attivo può determinare una significativa erosione del patrimonio.

[28]    Il parametro NSFR è lo standard di liquidità che deve essere rispettato dagli enti creditizi in un orizzonte temporale annuale.

[29]    Come si vedrà meglio in seguito, l'attuazione della norma TLAC (Total Loss Absorbing Capacity) prevede per le banche con rilevanza sistemica globale (Global Systemically Important Banks - G-SIBs) l’obbligo di detenere un ammontare adeguato di passività facilmente disponibile, in caso di insolvenza, per l’assorbimento delle perdite e la ricapitalizzazione.

[30]    Banca d'Italia.

[31]    Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, Associazione Bancaria Italiana.

[32]    Prof. Rainer Masera.

[33]      Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.

[34]    Associazione Bancaria Italiana, Federcasse.

[35]    L'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), l'Autorità bancaria europea (ABE) e l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA).

[36]    Associazione Bancaria Italiana.

[37]    Gli standard in questione sono stati definiti dal Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board, FSB), sviluppati dal Comitato di Basilea e approvati dai Paesi del G20.

[38]    Prof. Rainer Masera.

[39]    Federcasse.

[40]    Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.

[41]    Autorità bancaria europea, Banca d'Italia, prof. Giuseppe Lusignani.

[42]    Banca d'Italia.

[43]    Ministro dell'Economia e delle Finanze, Banca d'Italia.

[44]    Si tratta essenzialmente degli standard approvati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ("Basilea III").

[45]    Banca centrale europea, prof. Giuseppe Lusignani.

[46]    Banca d'Italia.

[47]    Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.

[48]    Sull'utilizzo di risorse pubbliche per i salvataggi bancari nell'Unione europea cfr. par. 5.

[49]    Questo indicatore è calcolato rapportando il patrimonio di base o di qualità primaria dell’istituto di credito (core equity capital o Tier 1 capital) al totale delle attività ponderate per il rischio (total risk-weighted assets). Al Tier 1 capital concorrono il capitale versato, le riserve e gli utili non distribuiti; sono esclusi dal Tier 1 capital: le azioni proprie, l’avviamento, le immobilizzazioni immateriali e le perdite dei vari esercizi, nonché le rettifiche di valore operate sul portafoglio di negoziazione (trading book).

[50]    Prof. Giuseppe Lusignani.

[51]    Prof. Giuseppe Lusignani.

[52]    Banca centrale europea.

[53]      Autorità bancaria europea.

[54]    Banca centrale europea.

[55]    La riduzione dei requisiti di capitale sarà del 15% per le esposizioni verso PMI superiori a 1,5 milioni, del 23,81% per quelle inferiori.

[56]    Banca d'Italia.

[57]    Associazione Bancaria Italiana, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari.

[58]    Prof. Giuseppe Lusignani.

[59]    Banca d'Italia, Associazione Bancaria Italiana.

[60]    Prof. Giuseppe Lusignani.

[61]    Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, Associazione Bancaria Italiana

[62]    Associazione Bancaria Italiana.

[63]    Il requisito TLAC e il coefficiente MREL differiscono per natura e ambito di applicazione: il TLAC riguarda unicamente le banche di rilevanza sistemica globale (G-SIBs) ed è calcolato in base alle attività ponderate per il rischio (risk-weighted assets, RWA); il MREL si applica a tutte le banche europee, a prescindere dalla rilevanza sistemica, con una calibrazione che si differenzia per singola banca in relazione ai fondi propri e alle passività totali dell'istituto.

[64]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[65]    Autorità bancaria europea.

[66]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[67]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[68]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[69]    Banca centrale europea.

[70]    CONSOB.

[71]    Banca d'Italia.

[72]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[73]    Banca centrale europea.

[74]    CONSOB.

[75]    Banca centrale europea.

[76]    Autorità bancaria europea.

[77]    Autorità bancaria europea.

[78]    Banca centrale europea.

[79]    CONSOB.

[80]    Banca d'Italia.

[81]    Associazione Bancaria Italiana, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, Federcasse.

[82]    Precisamente della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (Markets in Financial Instruments Directive, MiFID 1).

[83]    Autorità bancaria europea.

[84]    Direttiva 89/299/CEE del Consiglio del 17 aprile 1989 concernente i fondi propri degli enti creditizi.

[85]    Autorità bancaria europea.

[86]    Banca d'Italia.

[87]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[88]    Ministro dell'Economia e delle Finanze; Banca d'Italia.

[89]    CONSOB, Associazione Bancaria Italiana, Federcasse, Associazione Nazionale fra le Banche Popolari, prof. Giuseppe Lusignani.

[90]    Commissione europea, Autorità bancaria europea, Banca d'Italia.

[91]    Banca d'Italia.

[92]    Autorità bancaria europea.

[93]    Banca d'Italia.

[94]    CONSOB.

[95]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[96]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[97]    Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[98]    Autorità bancaria europea.

[99]    CONSOB.

[100] Banca d'Italia, Bollettino economico, n. 3, 2017, pg. 34.

[101] Autorità bancaria europea.

[102] Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[103] Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[104] Autorità bancaria europea.

[105] CONSOB, Fonte dati: Banca d’Italia.

[106] Sul tema dei crediti deteriorati era intervenuta anche la Banca centrale europea con la pubblicazione, nel marzo 2017, delle Linee guida per le banche sui crediti deteriorati.

[107] Ministro dell'Economia e delle Finanze.

[108] https:/?/?www.bankingsupervision.europa.eu/?legalframework/?publiccons/?html/?npl_addendum2.it.html

[109] "Public consultation on the development of secondary markets for non-performing loans and distressed assets and protection of secured creditors from borrowers’ default", avviata il 10 luglio scorso.