Disposizioni per l'esercizio delle attività di compro oro - D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 92 4 ottobre 2017 |
Indice |
Premessa|L'iter legislativo|Sintesi del contenuto|La disciplina del commercio dell'oro|La previgente disciplina dei compro oro|Il decreto legislativo n. 92 del 2017| |
PremessaIl decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 92 attua la delega contenuta nell'articolo 15, comma 2, lettera l) della legge di delegazione europea 2015, legge n.170 del 2016. Detta norma prevede, a fini di contrasto dei fenomeni criminali con particolare riferimento al riciclaggio, l'adozione di una disciplina organica sulle attività di compravendita di oro e oggetti preziosi usati, svolto da operatori non soggetti alla disciplina generale prevista dalla legge 17 gennaio 2000, n. 7 recante Nuova disciplina del mercato dell'oro (cd. compro oro). La nuova normativa, volta alla piena tracciabilità e registrazione delle operazioni di compravendita dell'oro e alla rapida acquisizione dei dati da parte delle forze di polizia, prevede inoltre uno specifico apparato sanzionatorio. Nella premessa al decreto viene citato l'articolo 2, paragrafo 7 della nuova direttiva antiriciclaggio (Direttiva 849/2015/UE) che vincola gli Stati membri, nel valutare il rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo ai fini del presente articolo, a prestare attenzione alle attività finanziarie considerate particolarmente suscettibili, per loro natura, di uso o abuso a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Si rammenta al riguardo che il decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 90, ha attuato la direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Il decreto, nel recepire la predetta normativa UE, sostanzialmente riscrive il D.Lgs. n. 231 del 2007. Tratto fondamentale della riforma è l'ampliamento del principio dell'approccio basato sul rischio (risk based approach), diretto ad identificare e valutare i rischi di riciclaggio e finanziamento al terrorismo insiti nell'esercizio delle attività, finanziarie e professionali, svolte dai destinatari della normativa. Il legislatore europeo vincola gli Stati membri ad assumere misure per mitigare il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo esistente in ogni paese e a tenere aggiornata la valutazione del rischio. In particolare, agli Stati membri è affidata la valutazione dei rischi a livello nazionale e la definizione di adeguate politiche di mitigazione. A loro volta, i destinatari degli obblighi antiriciclaggio sono chiamati a valutare i rischi cui sono esposti e a dotarsi di presidi commisurati alle proprie caratteristiche. Nelle situazioni a più elevato rischio trovano applicazione misure rafforzate di adeguata verifica della clientela. In sostanza, l'applicazione dell'approccio basato sul rischio informa con maggiore chiarezza gli assetti nazionali, l'azione delle autorità competenti e quella dei soggetti obbligati, e rende necessario, in seno allo Stato membro, lo svolgimento di un esercizio di valutazione delle normative, delle strutture e delle istituzioni di contrasto al riciclaggio, aggiornato su base periodica. Si segnala che nel richiamato decreto legislativo n. 90 del 2017 non è più contenuto il riferimento ai "compro oro" tra i soggetti obbligati, che vengono ora sottoposti a disciplina speciale, contenuta nelle norme in esame. |
L'iter legislativoLo schema di decreto legislativo n. 390 è stato esaminato dalle competenti Commissioni parlamentari, come da prescrizione della legge delega. In particolare, alla Camera:
Al Senato:
Occorre preliminarmente ricordare che il decreto legislativo in esame non accoglie l'osservazione di cui alla lettera a) del parere approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di ricollocare le disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo nell'ambito del decreto legislativo n. 231 del 2007, come novellato dal citato decreto legislativo n. 90 del 2017. Né è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera b) del parere approvato dalla 10° Commissione Industria e commercio del Senato, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di tenere distinta, differenziando le modalità di applicazione dello schema di decreto legislativo in titolo, l'attività degli orafi artigiani svolta nell'ambito di imprese artigiane, iscritte nell'apposito albo. |
Sintesi del contenutoL'articolo 1 reca le definizioni rilevanti: si definisce l'attività di compro oro come l'attività commerciale consistente nel compimento di operazioni di compro oro, esercitata in via esclusiva ovvero in via secondaria rispetto all'attività prevalente. Le operazioni di compro oro consistono nella compravendita, all'ingrosso o al dettaglio, ovvero nella permuta di oggetti preziosi usati. L'articolo 2 chiarisce le finalità e l'ambito applicativo dello schema. L'articolo 3 istituisce e disciplina un apposito registro degli operatori compro oro tenuto e gestito dall'OAM - Organismo degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, di cui all'articolo 128-undecies del Testo Unico Bancario – TUB (inserito dall'art. 11, D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 e successivamente modificato dall'art. 6, c. 1, lett. f), D.Lgs. 19 settembre 2012, n. 169) di cui al Decreto legislativo n. 385 del 1993. L'articolo 4 individua gli obblighi di identificazione della clientela a carico dei compro oro; l'articolo 5 disciplina la tracciabilità delle transazioni effettuate nell'esercizio dell'attività di compro oro. Con l'articolo 6 si disciplinano gli obblighi di conservazione dei dati acquisiti nell'esercizio dell'attività. All'articolo 7 si prevede l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette secondo la procedura e nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto antiriciclaggio. L'articolo 8 punisce l'esercizio abusivo dell'attività di compro oro, mentre l'articolo 9 fissa le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi di comunicazione all'OAM. Anche l'articolo 10 si occupa di sanzioni irrogate per mancato rispetto degli obblighi posti dalle norme in esame in capo agli operatori compro oro. L'articolo 11 reca la disciplina dei controlli e del procedimento sanzionatorio, mentre l'articolo 12 individua i criteri per la quantificazione delle sanzioni. All'articolo 13 sono specificate ulteriori disposizioni procedurali; l'articolo 14 contiene le norme transitorie e finali; l'articolo 15 reca la clausola di invarianza finanziaria. |
La disciplina del commercio dell'oroLa legge n. 7 del 2000 (articolo 1 della legge 17 gennaio 2000, n. 7, recante Nuova disciplina del mercato dell'oro) qualifica come operatore professionale in oro il soggetto che esercita in via professionale, per conto proprio o di terzi, il commercio dell'oro. In sostanza l'operatore professionale esercita l'acquisto e le vendita, in via professionale, per conto proprio o di terzi di:
L'esercizio in via professionale del commercio di oro, per conto proprio o di terzi, deve essere preventivamente comunicato alla Banca d'Italia; i soggetti che possono svolgere tale attività devono (articolo 1, comma 3, della legge n. 7 del 2000) essere in possesso dei seguenti requisiti:
Sono esclusi dalla disciplina (articolo 1, comma 4) gli operatori che acquistano oro al fine di destinarlo alla propria lavorazione industriale o artigianale o di affidarlo, esclusivamente in conto lavorazione, ad un titolare del marchio di identificazione dei metalli. Il soggetto che intende esercitare in via professionale il commercio di oro deve darne comunicazione alla Banca d'Italia (Ufficio Italiano Cambi) prima dell'avvio dell'attività (articolo 1, comma 3). Per gli operatori professionali in oro sussistono gli obblighi antiriciclaggio. L'esercizio abusivo dell'attività di commercio di oro - senza averne dato comunicazione alla Banca d'Italia, ovvero in assenza dei requisiti richiesti - è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2.065 a 10.329 euro (articolo 4, comma 1, della legge n. 7 del 2000). Inoltre, chiunque dispone o effettua il trasferimento di oro da o verso l'estero, ovvero il commercio di oro nel territorio nazionale ovvero altra operazione in oro anche a titolo gratuito, ha l'obbligo di dichiarare l'operazione all'Ufficio italiano dei cambi, qualora il valore della stessa risulti di importo pari o superiore a 12.500 euro; la violazione di tale obbligo di dichiarazione è punita con una sanzione amministrativa da un minimo del 10% ad un massimo del 40% del valore negoziato (articolo 1, comma 2).
Si segnala in questa sede che non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera b) del parere reso dalla VI Commissione Finanze della Camera, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di omogeneizzare il regime degli obblighi e dei controlli applicabile agli operatori professionali in oro e ai compro oro, in particolare rendendo applicabile agli obblighi di dichiarazione delle operazioni in oro la disciplina dettata per le comunicazioni oggettive previste dall'articolo 47 del decreto legislativo n. 231 del 2007, come novellato dal decreto legislativo n. 90 del 2017, recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849.
In estrema sintesi, l'articolo 47 impone che i soggetti obbligati trasmettano alla UIF, con cadenza periodica, dati e informazioni individuati in base a criteri oggettivi, concernenti operazioni a rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
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La previgente disciplina dei compro oroPrima dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, l'attività di compro oro non soggiaceva a specifici requisiti, come anche sottolineato dai chiarimenti forniti dalla Banca d'Italia. Di conseguenza, l'esercizio di attività di acquisto di oggetti preziosi usati o avariati da clientela privata e successiva rivendita (c.d. compro oro), anche nel caso di rivendita a fonderie, non rientrava poteva essere svolta previa licenza amministrativa rilasciata dalle Questure. In particolare, l'Istituto aveva chiarito che l'oro il cui commercio era legittimamente consentito ai c.d. compro oro poteva essere dedotto, per esclusione, da quello non riservato agli "operatori professionali in oro". Non occorreva per tali soggetti la comunicazione di avvio dell'attività – e quindi il possesso dei requisiti di forma societaria, oggetto sociale e onorabilità degli esponenti di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 7 del 2000 – per quei soggetti che limitavano la propria attività al commercio di oro da gioielleria. Secondo la disciplina precedente, i compro oro entravano in rapporto con la Banca d'Italia solo per il tramite della struttura dedicata al contrasto del riciclaggio (Unità di Informazione Finanziaria, UIF); la Banca d'Italia non esercitava sui compro oro alcuna forma di vigilanza o di controllo in relazione allo svolgimento delle attività. L'attività dei compro oro era dunque regolata da altre norme di rango primario, contenute principalmente nel Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza - TULPS (R.D. 18 giugno 1931, n. 773), segnatamente negli articoli 127 e 128, nonché nelle norme di esecuzione (R.D. 6 maggio 1940, n. 635). L'articolo 127, come si dirà infra, è tuttora applicabile ai compro oro in virtù del rinvio operato dall'articolo 3 del D.lgs. n. 92 del 2017 in esame. In primo luogo (ai sensi dell'articolo 127 TULPS e articolo 242 del relativo regolamento di esecuzione) il commercio di cose usate è sottoposto a Segnalazione Certificata di Inizio Attività - SCIA, previa dichiarazione all'Autorità locale di Pubblica Sicurezza. Più in particolare, l'articolo 127 TULPS e il regolamento di esecuzione stabiliscono che i commercianti di oggetti preziosi hanno l'obbligo di munirsi di licenza del Questore territorialmente competente. Detta licenza viene rilasciata previa verifica di alcuni requisiti oggettivi e soggettivi del titolare, affinché non sia rilasciata a soggetti aventi precedenti penali per specifici reati. L'obbligo della licenza spetta anche agli esercenti stranieri che intendono fare commercio, nel territorio dello Stato, di oggetti preziosi.
Il successivo articolo 128 TULPS (e 247 del regolamento di esecuzione) consente ai commercianti di compiere operazioni su cose usate solo con soggetti provvisti della carta d'identità o di altro documento munito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato. Essi devono tenere un
registro delle operazioni che compilano giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute, trascrizione che deve sempre avvenire con tempestività e senza alcuna omissione, cosi come affermato anche dalla giurisprudenza. Tuttavia, il
D.Lgs. n. 92 del 2017 ora prevede specifici obblighi di identificazione, dettagliati nell'articolo 4.
Il TULPS (articolo 9) affida al Questore il potere di impartire discrezionalmente prescrizioni di dettaglio a salvaguardia del pubblico interesse. |
Il decreto legislativo n. 92 del 2017L'articolo 1 contiene le definizioni rilevanti ai fini della disciplina in esame. In particolare (comma 1, lettera b)) la disciplina definisce l'attività di compro oro come l'attività commerciale consistente nel compimento di operazioni di compro oro, esercitata in via esclusiva ovvero in via secondaria rispetto all'attività prevalente. Le operazioni di compro oro consistono nella compravendita, all'ingrosso o al dettaglio, ovvero nella permuta di oggetti preziosi usati.
Si rammenta che la formulazione originaria dello schema di decreto (
A.G. 390) individuava l'attività di compro oro come l'attività commerciale consistente nel compimento di operazioni di compravendita o la permuta di oggetti preziosi usati, senza distinzione tra esercizio esclusivo / prevalente ed esercizio occasionale.
In proposito si rileva che è stata parzialmente accolta l'unica condizione posta nel parere approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera per la parte in cui si riteneva necessario porre in essere "meccanismi atti a distinguere efficacemente i soggetti che svolgono prevalentemente attività di compro oro, per i quali sussistono più rilevanti profili di delicatezza ai fini del rischio di riciclaggio". Non è stata accolta la predetta condizione, così come l'analoga condizione n. 1 posta dalla 6° Commissione Finanze e Tesoro del Senato, nella misura in cui il il Governo avrebbe dovuto riferire la definizione di operatore compro oro al soggetto, diverso dall'operatore professionale in oro (di cui alla legge 17 gennaio 2000, n.7), il quale, in possesso di specifico codice ATECO per la categoria dei compro oro e previa iscrizione nel registro apposito, eserciti l'attività di compravendita o permuta di oggetti preziosi usati. La legge dunque definisce come operatore compro oro il soggetto (articolo 1, comma 1, lettera n)), anche diverso dall'operatore professionale in oro - la cui disciplina è contenuta nella legge 17 gennaio 2000, n. 7, già illustrata - che esercita l'attività di compro oro, previa iscrizione nel registro degli operatori compro oro. Per operazioni di compro oro (lettera o)) si intendono la compravendita ovvero la permuta di oggetti preziosi usati e, cioè (lettera m)) di oggetti in oro o in altri metalli preziosi nella forma di prodotti finiti o di gioielleria, ovvero nella forma di rottami, cascami o avanzi di oro e materiali gemmologici.
L'articolo 2, nell'enumerare le finalità e l'ambito applicativo del decreto, chiarisce che esso introduce norme specifiche per la definizione degli obblighi di tracciabilità della compravendita e permuta di oggetti preziosi usati e la prevenzione dell'utilizzo del relativo mercato per finalità illegali, in particolare di riciclaggio di denaro e reimpiego di proventi di attività illecite (comma 1). Si chiarisce (comma 2) che restano fermi i poteri e le funzioni attribuiti al Ministero dell'interno dalla vigente normativa di pubblica sicurezza, come illustrati nel paragrafo introduttivo. L'articolo 3 istituisce e disciplina un apposito registro degli operatori compro oro, ai fini dell'esercizio in via professionale dell'attività, tenuto e gestito dall'OAM, ovvero l'Organismo degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, di cui all'articolo 128-undecies del decreto legislativo n. 385 del 1993, Testo Unico Bancario – TUB.
In particolare, oltre alla tenuta degli albi, tale Organismo verifica il rispetto da parte degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi della disciplina cui essi sono sottoposti; per lo svolgimento dei propri compiti, l'Organismo può effettuare ispezioni e può chiedere la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini. Esso è sottoposto alla vigilanza della Banca d'Italia (Art. 128-
terdecies TUB).
Il possesso della licenza di Pubblica Sicurezza ai sensi dell'articolo 127 TULPS (per cui si veda al paragrafo relativo alla disciplina previgente) costituisce requisito per l'iscrizione nel registro (comma 1 dell'articolo 3). Sono individuate le modalità di iscrizione nel registro, e l'invio dei dati identificativi dell'operatore compro oro (comma 2) e le relative variazioni (comma 3). L'OAM, verificata la completezza della documentazione inviata, dispone l'iscrizione dell'operatore nel registro e assegna a ciascun iscritto un codice identificativo unico (comma 2). Si rimette ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 5 ottobre 2017 (tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, ai sensi del comma 4), l'individuazione delle specifiche tecniche relative alle modalità di alimentazione del registro e di invio dei relativi dati, affinché ne sia garantito il costante aggiornamento e la tempestiva disponibilità alle autorità competenti. Il decreto ministeriale individua tra l'altro l'entità e i criteri di determinazione del contributo, dovuto dagli iscritti, a copertura integrale dei costi di istituzione, sviluppo e gestione del registro, nonché le modalità e i termini entro cui provvedere al relativo versamento. Il mancato versamento del contributo annuo (comma 5) costituisce causa ostativa all'iscrizione ovvero alla permanenza nel registro. Il comma 6 intende coordinare la disciplina introdotta con gli adempimenti prescritti dalla legge n. 7 del 2000 posti a carico degli operatori professionali in oro. In particolare, si prescrive che gli obblighi di iscrizione e comunicazione nel registro si applicano anche agli operatori professionali in oro, diversi dalle banche, che svolgono in via professionale l'attività di commercio di oro, per conto proprio o per conto di terzi (ai sensi dell'articolo l, comma 3, della legge 17 gennaio 2000, n. 7) ove svolgano o intendano svolgere l'attività di compro oro. Per essi restano ferme la disciplina specifica della legge n. 7 del 2000 e le disposizioni dettate dalla normativa antiriciclaggio, in funzione di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo (D.Lgs. n. 90 del 2017). Non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera c) del parere approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di far confluire nel registro dei compro oro anche quello degli operatori professionali in oro istituito presso la Banca d'Italia, al fine di assoggettare entrambe tali figure professionali a un regime omogeneo, nonché di prevedere la piena collaborazione di tutte le autorità competenti con l'OAM, ai fini dello svolgimento, da parte di quest'ultimo, dei compiti relativi alla gestione dei predetti registri. L'articolo 4 individua le specifiche modalità con cui i compro oro sono obbligati a identificare la clientela (comma 1). In particolare si rinvia all'articolo 18, comma l, lettera a), del decreto antiriciclaggio (D.Lgs. n. 231 del 2007); rispetto allo schema di decreto originario si rinvia altresì all'articolo 19, comma 1, lettera a), del medesimo. In proposito, il menzionato D.Lgs. n. 90 del 2017 (per cui si veda il paragrafo introduttivo) ha tra l'altro novellato l'articolo 18 predetto, rinforzando le modalità di riscontro documentale attualmente previste dalla legge. Il previgente articolo 18, comma 1, lettera a) disponeva che gli obblighi di adeguata verifica della clientela consistessero- tra l'altro - nell'attività di identificazione del cliente e verifica della sua identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente. La novella invece specifica che l'identificazione del cliente e la verifica della sua identità avvengono attraverso riscontro di un documento d'identità o di altro documento di riconoscimento equipollente, nonché sulla base di documenti, dati o informazioni da una fonte affidabile e indipendente. Le medesime misure si attuano nei confronti dell'esecutore materiale delle operazioni, anche in relazione alla verifica dell'esistenza e dell'ampiezza del potere di rappresentanza in forza del quale opera in nome e per conto del cliente. L'articolo 19, comma 1, lettera a), a seguito delle novelle apportate dal D.Lgs. n. 90 del 2017, in estrema sintesi dispone che gli obblighi di adeguata verifica della clientela siano svolti non solo tramite documento d'identità in corso di validità o altro documento di riconoscimento equipollente, ma anche mediante le più recenti modalità identificative digitali o elettroniche; è specificata la disciplina applicabile nel caso in cui i dati identificativi risultino da dichiarazione della rappresentanza e dell'autorità consolare italiana, così come quella che trova applicazione per i clienti già identificati in precedenza, tenendo conto dell'evoluzione delle tecniche di identificazione a distanza. In accoglimento della condizione n. 4 posta nel parere approvato dalla 6° Commissione Finanze del Senato, si pone l'obbligo di utilizzo di strumenti di pagamento diversi dal denaro contante per operazioni di compro oro eccedenti la soglia dei cinquecento euro (mille euro nella formulazione originaria dello schema di decreto), al fine di garantire la piena tracciabilità soggettiva dell'operazione medesima e la sua univoca riconducibilità al disponente (comma 2). Non è stata accolta l'osservazione formulata sia dalla 10° Commissione Industria e Commercio del Senato alla lettera c) che dalla 14° Commissione Politiche dell'Unione Europea - prima osservazione - in riferimento all'articolo 4, che suggeriva di ridurre a 100 euro il predetto limite.
L'articolo 5 disciplina la tracciabilità delle transazioni effettuate nell'esercizio dell'attività di compro oro. In particolare, viene disposto l'obbligo (comma 1) dell'uso di un conto corrente dedicato in via esclusiva a tali transazioni, così come quello di compilare e numerare progressivamente le schede relative a ciascuna operazione (comma 2) con specifici elementi che descrivano l'oggetto della transazione, corredate tra l'altro di due fotografie digitali (in accoglimento della condizione n. 5, lettera a) del parere approvato dalla 6° Commissione del Senato) dell'oggetto e dell'indicazione della specifica destinazione dell'oggetto prezioso, per ricostruire pienamente l'ulteriore impiego e l'eventuale cessione ad operatori professionali in oro autorizzati alla trasformazione e/o fusione dell'oggetto in metallo. Si rilascia al cliente (comma 3), a conclusione dell'operazione, una ricevuta riepilogativa delle informazioni acquisite. È stata accolta la seconda osservazione formulata dalla 14° Commissione Politiche dell'Unione Europea del Senato, che ha ritenuto opportuno assicurare la tracciabilità anche delle attività di cessione dei metalli preziosi alle fonderie, da parte degli operatori compro oro; il decreto legislativo dispone infatti che la scheda contenga l'integrazione con le informazioni relative alla destinazione data all'oggetto prezioso usato, completa dei dati identificativi delle fonderie o di altre aziende specializzate nel recupero di materiali preziosi, cui l'oggetto è stato ceduto. Di analogo tenore è il parere reso dalla 10° Commissione Industria del Senato (pertanto risulta accolta la condizione di cui alla lettera a)).
Si osserva che non sono state accolte le osservazioni rispettivamente contenute nelle lettere d) ed e) del parere approvato dalla 10° Commissione del Senato, rispettivamente relative a:
L'articolo 6 disciplina gli obblighi di conservazione dei dati acquisiti nell'esercizio delle attività (informazioni sui clienti, schede relative alle operazioni e copia delle ricevute rilasciate), che – in accoglimento della condizione n. 5, lettera b) del parere approvato dalla 6° Commissione del Senato) - valgono per 10 anni (comma 1), in luogo dei 5 previsti in origine dallo schema di decreto legislativo (A.G. n. 390).
Gli operatori devono adottare sistemi di conservazione che - tra l'altro - siano idonei a garantire l'accessibilità completa e tempestiva ai dati da parte delle autorità competenti, l'integrità e la non alterabilità dei medesimi dati nonché il mantenimento della storicità dei medesimi, in modo che, rispetto a ciascuna operazione, sia assicurato il collegamento tra i dati e le informazioni acquisite (comma 2). I sistemi di conservazione adottati garantiscono il rispetto delle norme e delle procedure dettate dal codice in materia di protezione dei dati personali nonché il trattamento dei medesimi esclusivamente per le finalità previste dal provvedimento in esame (comma 3). Con l'adempimento di tali obblighi di conservazione (comma 4) sono adempiuti anche gli obblighi previsti dall'articolo 128 del TULPS, relativi alla tenuta del già citato registro delle operazioni avente finalità di pubblica sicurezza. Non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera d) del parere approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di specificare che le informazioni conservate fossero utilizzabili ai fini fiscali.
All'articolo 7 si prevede l'obbligo di segnalazione di operazioni sospette secondo la procedura e nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto antiriciclaggio. Si rileva che le norme in commento fanno riferimento all'articolo 35 del D.Lgs. n. 231 del 2007, come novellato dal decreto legislativo n. 90 del 2017. A seguito della modifica, infatti, nell'articolo 35 confluisce la normativa riguardante gli obblighi di segnalazione. Non è stata accolta la condizione n. 3 posta dalla 6° Commissione del Senato, che intendeva aggiungere all'articolo 7 un ultimo comma, volto ad estendere gli obblighi di segnalazione a tutti i soggetti che effettuano la fabbricazione, la mediazione e il commercio, comprese l'esportazione e l'importazione di oggetti preziosi, per i quali è prevista la licenza di cui all'articolo 127 del TULPS.
L'articolo 8 punisce l'esercizio abusivo dell'attività di compro oro - ovvero l'attività svolta in assenza dell'iscrizione al registro dei relativi operatori - con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da 2.000 a 10.000 euro. L'articolo 9 fissa le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi di comunicazione all'Organismo degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi: la mancata ottemperanza all'obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria di 1.500 euro. Se le violazioni sono gravi, ripetute o sistematiche, la sanzione è triplicata. Se la comunicazione avviene in ritardo, ossia nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione è ridotta a 500 euro. L'Organismo definisce la procedura per la contestazione delle violazioni e l'irrogazione e riscossione delle sanzioni. Non è stata accolta l'osservazione di cui al n. 1 del parere reso dalla 6° Commissione Finanze del Senato, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di rendere la previsione normativa sanzionatoria meno generica.
Anche l'articolo 10 si occupa di sanzioni irrogate per mancato rispetto degli obblighi posti dalle norme in esame in capo agli operatori compro oro. L'omessa identificazione del cliente con le modalità di legge (comma 1) comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro. Tale sanzione (comma 2) si applica anche agli operatori compro oro che, in violazione di quanto disposto dall'articolo 6, non effettuano, in tutto o in parte, la conservazione dei dati, dei documenti e delle informazioni. Ai sensi del comma 3, l'omissione di segnalazione di operazione sospetta ovvero la segnalazione tardiva comportano la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro. Per violazioni gravi o ripetute o sistematiche ovvero plurime, tutte le suddette sanzioni amministrative pecuniarie sono raddoppiate nel minimo e nel massimo edittali (comma 4). Sono previste norme specifiche (comma 5) per le violazioni ritenute di minore gravità, con possibilità di ridurre la sanzione fino a un terzo. L'articolo 11 reca la disciplina dei controlli e del procedimento sanzionatorio. Organo competente (comma 1) a irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie è il Ministero dell'economia e delle finanze, udito il parere della Commissione consultiva per le infrazioni valutarie ed antiriciclaggio (articolo 1 del D.P.R. n. 114 del 2007).
Tale Commissione svolge attività istruttoria e di consulenza obbligatoria per l'adozione dei decreti di determinazione ed irrogazione delle sanzioni per violazioni di norme in materie valutaria ed economica (violazione delle norme in materia di valuta e antiriciclaggio; di misure restrittive per contrastare l'attività di Stati, individui o organizzazioni che minacciano la pace e la sicurezza internazionale; di rilevazione, a fini fiscali, di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori; di disciplina del mercato dell'oro; di sistema statistico nazionale e nelle altre materie previste da legge o da regolamento).
Più in dettaglio, il procedimento sanzionatorio per le violazioni in tema di identificazione della clientela e conservazione di documenti (articoli 4 e 6) è svolto dagli Uffici delle Ragionerie territoriali dello Stato. La citata Commissione consultiva per le infrazioni valutarie ed antiriciclaggio formula pareri di massima (comma 1). È prevista (comma 2) la comunicazione all'Organismo del decreto che irroga la sanzione, per l'annotazione in apposita sottosezione del registro degli operatori compro oro. Si consente l'accesso a tale sottosezione anche alle autorità competenti (MEF, UIF e Guardia di finanza, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera c)), all'autorità giudiziaria, al Ministero dell'interno e alle altre amministrazioni interessate, per l'esercizio delle rispettive competenze. Sono disciplinati (commi 3 e 4) i poteri della Guardia di finanza e la sanzione accessoria della sospensione dell'attività. In particolare, la Guardia di finanza esercita il controllo sull'osservanza delle disposizioni in esame da parte degli operatori compro oro, anche esercitando i poteri di accesso, ispezione e verifica, fermi restando i poteri di controllo attribuiti agli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza dalle disposizioni vigenti. Ove la Guardia di finanza accerti e contesti gravi violazioni delle disposizioni in esame e riscontri la sussistenza, a carico del medesimo soggetto, di due distinte annotazioni nella menzionata sottosezione del registro degli operatori, avvenute nel corso dell'ultimo triennio, propone la sanzione accessoria della sospensione da quindici giorni a tre mesi dell'esercizio dell'attività. Tale sospensione è adottata dagli uffici centrali del Ministero dell'economia e delle finanze e notificato all'interessato nonché comunicato all'Organismo, per l'annotazione nella sottosezione del registro e per la sospensione dell'efficacia dell'iscrizione, per un periodo di pari durata. Del predetto provvedimento è data, altresì, notizia al Questore che ha rilasciato la licenza di PS. L'inosservanza del provvedimento di sospensione è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 30.000 euro. Ai sensi del comma 6, se dopo l'esecuzione del provvedimento di sospensione dell'attività sono commesse altre violazioni degli obblighi di cui alla normativa in esame, il Ministero dell'economia e delle finanze, con il decreto di irrogazione della sanzione - tenuto conto della rilevanza della violazione - richiede all'Organismo la cancellazione dell'operatore compro oro dal registro. Per i tre anni successivi al provvedimento di cancellazione, l'iscrizione nel registro è interdetta all'operatore compro oro nonché ai suoi familiari, per tali intendendosi il coniuge, la persona legata in unione civile o convivenza di fatto, i figli e i genitori. Tale specificazione intende accogliere la condizione n. 2 posta nel parere approvato dalla 6° Commissione del Senato; nella formulazione originaria dello schema di decreto, tale sanzione era infatti estesa all'operatore, ai suoi affini e congiunti entro il terzo grado.
È stata accolta la condizione n. 6 posta dalla 6° Commissione Finanze del Senato e l'analoga osservazione di cui alla lettera e) del parere reso dalla VI Commissione Finanze della Camera, consentendo al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza di agire anche con i poteri attribuiti al Corpo dalle norme di legge (decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148). I medesimi poteri sono attribuiti ai militari appartenenti alla Guardia di Finanza ai quali il nucleo speciale di polizia valutaria delega le operazioni di controllo. Ciò consente alla stessa Guardia di finanza di continuare a utilizzare, nell'ambito di tale attività di controllo, anche i poteri di polizia valutaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988, recante il Testo unico delle norme di legge in materia valutaria, in linea con quanto previsto dalla legislazione vigente. Non è stata accolta l'osservazione n. 2 della 6° Commissione Finanze del Senato che suggeriva un minimo edittale più alto delle sanzioni previste dallo schema di decreto.
L'articolo 12 individua i criteri per la quantificazione delle sanzioni. In particolare (comma 1) nell'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie o delle sanzioni accessorie il MEF è tenuto a considerare ogni circostanza rilevante e, in particolare, tenuto conto del fatto che il destinatario della sanzione sia una persona fisica o giuridica: a) la gravità e durata della violazione; b) il grado di responsabilità della persona fisica o giuridica; c) la capacità finanziaria della persona fisica o giuridica responsabile; d) l'entità del vantaggio ottenuto o delle perdite evitate per effetto della violazione, nella misura in cui siano determinabili; e) l'entità del pregiudizio cagionato a terzi per effetto della violazione, nella misura in cui sia determinabile; f) il livello di cooperazione con le autorità competenti prestato della persona fisica o giuridica responsabile; g) le precedenti violazioni. Ai sensi del comma 3, trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 8 e 8-bis della legge 21 novembre 1981, n. 689 in tema, rispettivamente, di violazioni plurime con la medesima azione e di reiterazione di violazioni. L'articolo 8 è relativo alle ipotesi in cui con un'azione od omissione siano violate diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o siano commesse più violazioni della stessa disposizione; in tale ipotesi si soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo. Alla stessa sanzione soggiace anche chi, con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.
L'articolo 8-
bis disciplina la reiterazione delle violazioni: si ha reiterazione quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione amministrativa, accertata con provvedimento esecutivo, lo stesso soggetto commette un'altra violazione della stessa indole. Si ha reiterazione anche quando più violazioni della stessa indole commesse nel quinquennio sono accertate con unico provvedimento esecutivo. Si considerano della stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono o per le modalità della condotta, presentano una sostanziale omogeneità o caratteri fondamentali comuni. La reiterazione è specifica se è violata la medesima disposizione. Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria. La reiterazione determina gli effetti che la legge espressamente stabilisce. Essa non opera nel caso di pagamento in misura ridotta. Gli effetti conseguenti alla reiterazione possono essere sospesi fino a quando il provvedimento che accerta la violazione precedentemente commessa sia divenuto definitivo. La sospensione è disposta dall'autorità amministrativa competente, o in caso di opposizione dal giudice, quando possa derivare grave danno. Gli effetti della reiterazione cessano di diritto, in ogni caso, se il provvedimento che accerta la precedente violazione è annullato.
L'articolo 13 reca ulteriori disposizioni procedurali, in particolare disponendo (comma l) che al procedimento sanzionatorio di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze si applichino le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative contenute nella legge 24 novembre 1981, n. 689. Si dispone inoltre (comma 2) che i decreti sanzionatori siano assoggettati alla giurisdizione del giudice ordinario. I provvedimenti che irrogano le sanzioni amministrative pecuniarie sono comunicati dall'autorità irrogante all'OAM e alle amministrazioni interessate, ivi compreso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, per le iniziative di rispettiva competenza. |