Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: La riforma del sistema dei confidi - A.C. 3209-a e abb. - Elementi per l'esame in Assemblea
Riferimenti:
AC N. 3209/XVII   AC N. 3209-A/XVII
Serie: Progetti di legge    Numero: 421    Progressivo: 1
Data: 24/06/2016
Organi della Camera: VI-Finanze


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La riforma del sistema dei confidi

24 giugno 2016
Elementi per l'esame in Assemblea


Indice

La normativa sui confidi|La delega per la riforma dei confidi (A.C. 3209 e A.C. 1730)|


La proposta di legge A.C. 3209-1121-1730-A , approvata in prima lettura al Senato (A.S. 1259), reca una delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi, al fine di favorire l'accesso al credito per le piccole e medie imprese (PMI) e per i liberi professionisti. Alla proposta di legge A.C. 3209approvata dal Senato, sono state abbinate le proposte di legge A.C. 1121 Pagano e A.C. 1730 Giulietti. 

La VI Commissione permanente (Finanze), il 23 giugno 2016, ha deliberato di riferire favorevolmente sulla proposta di legge n. 3209, nel testo trasmesso dal Senato.

La normativa sui confidi

I confidi - consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi – sono i soggetti che, ai sensi della cosiddetta legge sui confidi (art. 13 del decreto-legge n. 269 del 2003), svolgono Cosa fannol'attività di rilascio di garanzie collettive dei fidi e i servizi connessi o strumentali a favore delle piccole e medie imprese o dei liberi professionisti associati, nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legge. La garanzia dei confidi è rappresentata da un fondo al quale contribuiscono tutti i soci del consorzio.

I confidi sono costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, come definite dalla disciplina comunitaria, nonché da liberi professionisti (articolo 13, comma 8, del decreto-legge n. 269 del 2003). 

Il La riformaD.Lgs. n. 141 del 2010, attuativo della direttiva n. 48/2008 in tema di credito al consumo, ha riformato la disciplina relativa ai confidi, confermando la previsione di due distinte tipologie di confidi sottoposti a regimi di controllo differenziati: i confidi maggiori vigilati dalla Banca d'Italia e i confidi minori che devono essere iscritti in un elenco gestito da un apposito Organismo.

I confidi maggiori, con volumi di attività pari o superiori ai 150 milioni di euro, sono autorizzati all'iscrizione nell'albo unico degli intermediari finanziari (art. 106 del TUB), previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla nuova disciplina.

I confidi minori esercitano in via esclusiva l'attività di garanzia collettiva dei fidi, e devono essere iscritti in un nuovo elenco dei confidi, anche di secondo grado, tenuto da un organismo disciplinato dal D.M. 23 dicembre 2015, n. 228.

Attualmente risultano attivi I numeri51 confidi sottoposti a vigilanza della Banca d'Italia (''confidi vigilati") e 448 confidi minori. La grande maggioranza dei confidi vigilati risulta insediata nelle regioni settentrionali, prevalentemente in Lombardia e in Veneto, e in quelle centrali. Di converso, più della metà dei confidi minori è insediata nelle regioni meridionali e insulari. Oltre il 75 per cento del totale delle garanzie in essere è riconducibile ai confidi vigilati (dati Banca d'Italia; si segnala inoltre lo studio I confidi in Italia elaborato nel 2015 dalla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Torino).

Confidi maggiori vigilati

Il D.Lgs. n. 141 del 2010  (in attuazione della direttiva 2008/48/UE  relativa ai contratti di credito ai consumatori, che ha tra l'altro modificato la disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario) ha sostituito il precedente sistema, caratterizzato da un doppio elenco (uno generale e uno speciale), prevedendo l'obbligo di iscrizione per i Le caratteristicheconfidi maggiori nell'albo unico per gli intermediari finanziari autorizzati (nuovo articolo 106 del TUB). Tali soggetti sono sottoposti all'attività di vigilanza della Banca d'Italia (art. 108). I confidi tenuti all'iscrizione all'albo sono quelli con volumi di attività pari o superiori a 150 milioni di euro, i quali esercitano nei confronti del pubblico l'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma. Tale soglia è stata individuata dall'articolo 4 D.M. n. 53 del 2015 (in precedenza la soglia che differenziava i due tipi di confidi era il volume di attività finanziaria pari o superiore a 75 milioni di euro).

La riforma introdotta dal D.Lgs. n. 141 del 2010 ha previsto una La disciplina transitoriadisciplina transitoria per i soggetti già iscritti nell'elenco generale o nell'elenco speciale di cui rispettivamente agli artt. 106 e 107 del TUB nella versione antecedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 141/2010. Tali soggetti restano sottoposti alle norme, con le relative disposizioni di attuazione, del vecchio TUB abrogate o sostituite dal D.Lgs. n. 141/2010 fino alla cancellazione dagli elenchi stessi. Per i confidi maggiori il periodo transitorio è terminato il 12 maggio 2016 (un anno dalla pubblicazione della circolare della Banca d'Italia n. 288 del 2015 che ha completato l'attuazione della normativa primaria sul tema; cfr. art. 10 del D.Lgs. n. 141 del 2010). La Banca d'Italia ha precisato che dal 12 maggio 2015 non possono essere iscritti nuovi soggetti negli attuali elenchi generale e speciale. Fino al 12 maggio 2016 la Banca d'Italia ha continuato a tenere gli elenchi speciale e generale e i soggetti ivi iscritti hanno potuto continuare a operare.
I confidi iscritti nell'elenco speciale che, alla data di entrata in vigore del D.M. n. 53 del 2015, presentavano un volume di attività finanziaria compreso tra 75 e 150 milioni di euro hanno potuto presentare istanza di autorizzazione nell'albo unico nel periodo previsto per gli altri intermediari iscritti nell'elenco speciale (tra l'11.7.2015 e l'11.10.2015), (cfr. art. 4, commi 2 e 3 del D.M. 53/2015). A seguito dell'accoglimento della domanda, il confidi è sottoposto a tutti gli effetti al regime di controlli delineato dal Titolo V del TUB e dalla Circolare n. 288.

 

Con il D.M. n. 53 del 2015 , emanato in attuazione dell'articolo 112, comma 3, del TUB, sono stati determinati i criteri oggettivi, riferibili al volume di attività finanziaria in base ai quali sono individuati i confidi che sono tenuti a chiedere l'autorizzazione per l'iscrizione nell'albo previsto dall'articolo 106. Il D.M. n. 53 del 2015 ha sostituito il D.M. n. 29 del 2009. Successivamente, la Banca d'Italia ha emanato le Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari con la Circolare n. 288 del 3 aprile 2015 (Bollettino di vigilanza della Banca d'Italia n. 5, maggio 2015).

La citata disciplina (TUB, D.M. n. 53 del 2015, circolare della Banca d'Italia n. 288 del 2015) consente ai soggetti iscritti una Le attività esercitabilimaggiore operatività rispetto agli altri confidi, tenuto conto del loro assoggettamento a forme di vigilanza prudenziale.

I confidi iscritti nell'albo esercitano in via prevalente l'attività di garanzia collettiva dei fidi. Inoltre possono svolgere, prevalentemente nei confronti delle imprese consorziate o socie, le seguenti attività:

  1. prestazione di garanzie a favore dell'amministrazione finanziaria dello Stato, al fine dell'esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie;
  2. gestione di fondi pubblici di agevolazione;
  3. stipula di contratti con le banche assegnatarie di fondi pubblici di garanzia per disciplinare i rapporti con le imprese consorziate o socie, al fine di facilitarne la fruizione.

I confidi iscritti nell'albo possono, in via residuale, concedere altre forme di finanziamento, anche a soggetti diversi dai soci, entro un limite pari al 20 per cento del totale dell'attivo. Entro tale limite complessivo, i confidi possono anche garantire l'emissione di strumenti di debito da parte delle PMI socie.

I confidi vigilati, infine, possono svolgere, prevalentemente nei confronti delle imprese consorziate o socie, attività connesse e strumentali. Le attività connesse e strumentali rappresentano attività accessorie che consentono di sviluppare l'attività esercitata (ad esempio, la prestazione del servizio di informazione commerciale) e attività che hanno carattere ausiliario a quella esercitata (quali studio, ricerca e analisi in materia economica e finanziaria, gestione di immobili a uso funzionale, ecc.). Sono ricomprese in tali attività anche quelle di informazione, di consulenza e di assistenza alle imprese consorziate o socie ovvero non associate per il reperimento e il miglior utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni di servizi per il miglioramento della gestione finanziaria delle stesse imprese. L'attività nei confronti delle imprese non socie deve essere funzionale allo sviluppo dell'attività prevalente di concessione di garanzie collettive dei fidi o dell'attività svolta in via residuale ai sensi dell'art. 106, comma 1, TUB. I confidi possono acquisire immobili di proprietà ad uso strumentale; sono tali gli immobili che rivestono carattere di ausiliarietà all'esercizio dell'attività finanziaria (Circolare n. 288 del 3 aprile 2015).

La stessa Circolare n. 288 ha previsto che i confidi vigilati possono contribuire all'apporto di capitale di rischio in favore delle PMI tramite l'assunzione di partecipazioni nelle imprese socie, nel rispetto di condizioni e limiti normativi volti a evitare un'eccessiva immobilizzazione degli attivi e a prevenire la commistione con i soggetti partecipati. In particolare i confidi vigilati possono assumere partecipazioni in:

  1. banche, società finanziarie e assicurative in misura non superiore al 20 per cento del capitale della società partecipata; è preclusa la detenzione, anche indiretta di partecipazioni di controllo in tali soggetti;
  2. società strumentali;
  3. piccole e medie imprese socie (PMI) nel limite dell'1 per cento dei fondi propri del partecipante o del 3 per cento nel caso di partecipazioni in organismi di categoria.

Nel disegno del D.Lgs. 141/2010, i confidi maggiori sono autorizzati all'iscrizione nel nuovo albo unico degli intermediari finanziari, previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla nuova disciplina. Rispetto al previgente assetto di La vigilanzavigilanza, che è confermato nel suo impianto, la supervisione sugli intermediari finanziari e, quindi, anche sui confidi maggiori, risulta in via generale rafforzata. Infatti i soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 106 del nuovo TUB sono sottoposti a un regime di vigilanza prudenziale equivalente a quello delle banche, finalizzato a perseguire obiettivi di stabilità finanziaria e di salvaguardia della sana e prudente gestione, declinato secondo il principio di proporzionalità per tener conto della complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli operatori nonché della natura dell'attività svolta. In particolare si segnala:

  • la previsione di un formale provvedimento di autorizzazione all'esercizio dell'attività;
  • l'introduzione di poteri di controllo sugli assetti proprietari, subordinando ad autorizzazione della Banca d'Italia l'acquisizione di partecipazioni rilevanti nel capitale;
  • l'incremento dei poteri di intervento (ad es. restrizione della struttura territoriale, divieto di effettuare determinate operazioni, anche di natura societaria);
  • l'introduzione della disciplina di vigilanza consolidata, con la definizione della nozione di gruppo finanziario;
  • l'applicazione di procedimenti di gestione delle crisi (gestione provvisoria, revoca dell'autorizzazione e liquidazione coatta amministrativa).

Confidi minori

I Le caratteristicheconfidi minori, con un volume di attività finanziaria inferiore a 150 milioni di euro, possono svolgere esclusivamente l'attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi ad essa connessi o strumentali. A tali operatori è precluso l'esercizio di prestazioni di garanzie diverse da quelle indicate e, in particolare, nei confronti del pubblico nonché l'esercizio delle altre attività riservate agli intermediari finanziari di cui all'art. 106.

Il D.M. n. 53 del 2015, oltre a individuare le soglie per l'iscrizione nell'elenco di cui all'art. 106 TUB e la disciplina transitoria, ha definito i Le attività esercitabiliservizi connessi e strumentali all'attività di garanzia collettiva dei fidi che possono essere svolti dai confidi minori. I servizi connessi sono quelli che consentono di sviluppare l'attività di garanzia collettiva dei fidi, sono svolti in via accessoria a quest'ultima e hanno finalità coerenti con essa, tra i quali: a) i servizi di consulenza in materia di finanza d'impresa nei confronti esclusivamente dei propri soci, a condizione che sia strettamente finalizzata al rilascio della garanzia mutualistica propria o di terzi; b) la stipula di convenzioni con banche, intermediari finanziari ed altri soggetti operanti nel settore finanziario finalizzate a favorire l'accesso al credito delle imprese associate (ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera c), del D.Lgs. n. 141 del 2010). Per servizi strumentali, si intendono i servizi ausiliari all'attività svolta, quali: a) l'acquisto di immobili, esclusivamente funzionali all'esercizio dell'attività principale; gli immobili non funzionali eventualmente già detenuti prima dell'iscrizione nell'elenco di cui all'articolo 112 TUB, possono essere concessi in locazione ovvero devono essere alienati nel più breve tempo possibile; b) l'assunzione di partecipazioni esclusivamente in altri confidi o banche di garanzia collettiva fidi ovvero in altri intermediari finanziari che in base a specifici accordi rilascino garanzie ai propri soci nonché in società costituite per la prestazione di servizi strumentali.

Si segnala che il D.Lgs. n. 136 del 2015, in attuazione della direttiva 2013/34/UE, relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese dei Paesi membri dell'Unione europea, ha disciplinato la normativa a cui devono attenersi anche i confidi minori per quanto riguarda la redazione dei bilanci e delle scritture contabili.

Il D.Lgs. n. 141 del 2010 ha introdotto una nuova forma di La vigilanzavigilanza sui confidi minori. I confidi, anche di secondo grado, sono iscritti in un elenco tenuto da un Organismo dotato di autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria competente per la gestione dell'elenco dei confidi. L'iscrizione nell'elenco è subordinata al ricorrere delle condizioni di legge (articolo 13 del D.L. 269/2003) nonché al possesso da parte degli amministratori di requisiti di onorabilità.

Il D.M. 23 dicembre 2015, n. 228 ha disciplinato la struttura, i poteri e le modalità di funzionamento dell'Organismo per la tenuta dell'elenco dei confidi, previsto dall'articolo 112-bis del TUB. Lo stesso regolamento ha inoltre individuato i requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti degli organi e relativi criteri. L'Organismo svolge ogni attività necessaria per la gestione dell'elenco e vigila sul rispetto, da parte degli iscritti, della disciplina cui sono sottoposti. Nell'esercizio di tali attività può avvalersi delle federazioni di rappresentanza dei confidi espressione delle organizzazioni nazionali di impresa. All'Organismo sono attribuiti maggiori poteri di controllo sui confidi minori rispetto a quelli previsti in precedenza: ha la possibilità di richiedere dati e altre informazioni, verificare, anche mediante ispezioni, la conformità dell'operatività svolta con le disposizioni di legge, procedere alla cancellazione dall'elenco nei casi previsti (articolo 11 del D.M. n. 228 del 2015). Resta fermo il coinvolgimento della Banca d'Italia nel comparto, chiamata a sua volta a vigilare, secondo criteri di proporzionalità ed economicità, sull'Organismo al fine di verificare l'adeguatezza delle procedure adottate per lo svolgimento dell'attività.

Il D.Lgs. n. 169 del 2012 (correttivo del D.Lgs. n. 141 del 2010) ha eliminato l'obbligo per tale soggetto di costituirsi in forma di associazione e ha affidato al MEF, sentita la Banca d'Italia, sia l'approvazione del relativo statuto, sia la nomina di un proprio rappresentante nell'organo di controllo. L'Organismo dei confidi si intende costituito, ai fini dell'applicazione della nuova disciplina, alla data di avvio della gestione dell'elenco che deve essere comunicata alla Banca d'Italia e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. In caso di violazioni legislative o amministrative da parte degli iscritti all'elenco tenuto dall'Organismo, il medesimo (e non più la Banca d'Italia, previa istruttoria dell'Organismo) può irrogare sanzioni, nella forma del divieto di intraprendere nuove operazioni o dell'obbligo di ridurre le attività.

Al Ministro dell'economia e delle finanze – su proposta della Banca d'Italia – è assegnato il potere di scioglimento degli organi di gestione e di controllo dell'Organismo, qualora risultino gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l'attività dello stesso.


La delega per la riforma dei confidi (A.C. 3209 e A.C. 1730)

La proposta di legge A.C. 3209 , approvata in prima lettura al Senato (S. 1259), reca una delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi, al fine di favorire l'accesso al credito per le piccole e medie imprese (PMI) e per i liberi professionisti. La delega si propone di realizzare tale obiettivo tramite la valorizzazione del ruolo dei confidi, la semplificazione degli adempimenti e il contenimento dei costi a loro carico. Nel corso dell'esame al Senato è stato svolto un lungo ciclo di audizioni (luglio 2014), delle cui principali risultanze si dà conto nel paragrafo sul contenuto della proposta di legge.

La proposta di legge n. 3209 si compone di un unico articolo.

Patrimonializzazione (lettera a))

Il primo criterio di delega (lettera a)) individua i seguenti obiettivi:

  • rafforzare la Gli obiettivipatrimonializzazione dei confidi;
  • favorire la raccolta di risorse pubbliche, private e del terzo settore;
  • individuare strumenti e modalità che rendano tali risorse esigibili, nel rispetto della normativa comunitaria attuativa degli accordi di Basilea in materia di requisiti patrimoniali delle banche e di accesso all'attività creditizia.

I princìpi della regolamentazione prudenziale europea, validi per i confidi maggiori come per ogni altra categoria di intermediari vigilati, sono ricavati dal regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) e nella direttiva 2013/36/UE (CRD IV) in materia di requisiti patrimoniali delle banche e di accesso all'attività creditizia: tali atti comunitari, infatti, traspongono nell'ordinamento europeo i principi dell'Accordo di Basilea e costituiscono il quadro normativo di riferimento per gli intermediari italiani.

In estrema sintesi, il regolamento (UE) n. 575/2013 fa obbligo: 1) alle banche di accantonare capitale sufficiente per coprire perdite inattese e rimanere solvibili in situazioni di crisi ("requisito dei fondi propri"). Al capitale delle banche viene, inoltre, imposta una classificazione in base alla sua qualità ed al rischio: a) il capitale tier 1 è definito "capitale di continuità aziendale", consentendo alla banca di proseguire le proprie attività e mantenendone la solvibilità; b) il capitale tier 2 è considerato "capitale in caso di cessazione di attività", che consente ad un ente di rimborsare i depositanti e i creditori privilegiati nel caso in cui una banca diventi insolvibile; 2) alle istituzioni finanziarie di disporre di attività liquide sufficienti a ricoprire i deflussi netti di liquidità in condizioni di forte stress su un periodo di 30 giorni; 3) alle banche di comunicare il loro coefficiente di leva finanziaria7 al fine di ridurre una leva finanziaria eccessiva, che può avere un effetto negativo sulla solvibilità della banca.

La direttiva 2013/36/UE disciplina le riserve di capitale, stabilendo che tutte le banche devono accumulare una riserva sufficiente a coprire le perdite in caso di crisi. In particolare, vengono introdotte: 1) per tutte le banche la riserva di conservazione del capitale di qualità elevatissima pari al 2,5 per cento dell'esposizione al rischio complessiva della banca; 2) per tutte le banche la riserva di capitale anticiclica, ovvero un capitale aggiuntivo da vincolare nelle fasi di crescita del credito, da liberare in caso di crisi in modo da consentire alla banca di continuare a finanziare l'economia reale; 3) un'eventuale riserva di capitale a fronte del rischio sistemico su iniziativa degli Stati membri; 4) una riserva per gli enti a rilevanza sistemica globale per le banche individuate come tali dalle autorità competenti. Questa ulteriore riserva dovrebbe compensare il rischio maggiore che rappresentano per il sistema finanziario globale e il potenziale impatto per il loro fallimento; 5) una riserva per gli enti a rilevanza sistemica, categoria determinata rispetto a una serie di criteri definiti dalla direttiva. Ulteriori norme hanno posto un limite al bonus dei banchieri, che non potrà essere superiore al livello della loro retribuzione fissa, potendo raggiungere il doppio di quell'ammontare solo previa deliberazione degli azionisti.

La direttiva 2013/36 /UE è stata recepita nel nostro Paese con il D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 72 con il quale sono stati modificati il TUB e il TUF relativamente all'accesso all'attività degli enti creditizi, nonché alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Le principali disposizioni hanno previsto: una complessiva riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale, valida non solo per il settore bancario e creditizio, ma che si estende anche agli enti operanti nel settore finanziario (ovvero i soggetti disciplinati dal TUF). Le linee guida della riforma prevedono l'integrazione dei vigenti requisiti con criteri di competenza e correttezza, la cui individuazione concreta spetta alla normativa di rango secondario (articoli 23 e 91 della CRD IV); il divieto di cumulo degli incarichi; un rafforzamento dei poteri di intervento e correttivi delle Autorità di vigilanza (Banca d'Italia e Consob). Tali poteri sono stati integrati con il potere di removal (rimozione di uno o più esponenti aziendali a specifici presupposti di legge); si segnala che il removal non è previsto dalla CRD IV ma è espressamente disposto dall'articolo 3, comma 1, lettera e) della legge 154 del 2014 Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre). Specifici meccanismi di segnalazione (whisleblowing), sia all'interno degli intermediari che presso l'autorità di vigilanza, delle eventuali violazioni normative; l'obbligo di astensione di soci e amministratori nelle delibere in cui presentino un interesse in conflitto, in luogo del vigente obbligo dell'amministratore di dare notizie al board dell'interesse di cui è portatore in una specifica operazione il rafforzamento dei poteri della Banca d'Italia; in ordine alle sanzioni, oltre agli adeguamenti dei massimali e dei minimi secondo quanto previsto dalla legge delega, le disposizioni differenziano tra persone fisiche e giuridiche.

La circolare n. 288 del 2015 della Banca d'Italia ha esteso agli intermediari finanziari, ivi inclusi i confidi vigilati, la disciplina degli strumenti di patrimonio dettata dai citati provvedimenti europei, tenendo conto delle caratteristiche degli intermediari finanziari. Si mira, in tal modo, ad assicurare a un tempo l'equivalenza delle regole di vigilanza, il rispetto della proporzionalità, il presidio dei rischi di shadow banking. In continuità con il principio di vigilanza, volto ad assicurare la sana e prudente gestione degli intermediari vigilati, le regole sul patrimonio dei confidi prevedono che i fondi assegnati ai confidi siano riconosciuti ai fini del patrimonio di vigilanza, ove rispettino i necessari requisiti di stabilità e capacità di assorbire le perdite, per qualsiasi causa e in qualsiasi tempo esse si determinino.

 

A seguito della entrata in vigore delle disposizioni di vigilanza prudenziale successive all'Accordo di Basilea II le garanzie dei confidi vigilati hanno avuto un importante riconoscimento. Infatti, nel caso dei confidi vigilati (iscritti nell'elenco speciale ex art. 107 del TUB) e qualora la garanzia fosse "a prima richiesta", era possibile per le banche applicare un La ponderazione per le banchefattore di ponderazione più basso alla quota garantita rispetto al fattore di ponderazione corrispondente al prenditore finale di fondi. Tuttavia, a seguito dei ripetuti downgrading del merito di credito della Repubblica Italiana dovuti alla crisi del debito sovrano, i fattori di ponderazione associati con le esposizioni verso banche e intermediari vigilati si sono alzati progressivamente, fino ad arrivare all'attuale livello pari al 100 per cento. Attualmente, pertanto, non sussiste più alcuna convenienza per le banche a ottenere la garanzia personale a prima richiesta dei confidi, al fine di ridurre i propri assorbimenti patrimoniali. Rimane la possibilità di ponderare a zero la quota della garanzia dei confidi (vigilati e non) controgarantita dal Fondo centrale di garanzia per le PMI. Tuttavia i confidi possono trovarsi in una situazione di spiazzamento, in quanto le banche possono ottenere il medesimo beneficio chiedendo al Fondo una garanzia diretta sul singolo finanziamento (si vedano al riguardo l'audizione del prof. Erzegovesi e D'Auria, Porretta "La garanzia consortile e le regole di vigilanza prudenziale", in Diritto Bancario, 2015).

 

Il comparto dei confidi ha evidenziato negli ultimi anni un marcato Il deterioramento delle garanziedeterioramento delle garanzie rilasciate (si veda l'audizione della Banca d'Italia). Le cause di questo indebolimento sono imputabili: alla crescita dei fallimenti delle imprese e la conseguente insolvenza dei confidi; al fatto di rientrare nella categoria dei confidi vigilati dalla Banca d'Italia che comporta costi crescenti; ai requisiti di Basilea in base ai quali, non tutti i contributi dati ai confidi vengono attribuiti al patrimonio ma sono considerati debito, il che comporta l'obbligo di una maggiore patrimonializzazione per la società (dato che il capitale deve essere proporzionato al credito garantito).

Alla luce del deterioramento del patrimonio dei confidi, che riduce la possibilità di concedere garanzie alle imprese, le associazioni di categoria hanno chiesto di poter computare strumenti ibridi di patrimonio derivanti dalla contribuzione pubblica, a patrimonio di primo pilastro dei confidi.

 

Tra le La recente normativa per la patrimonializzazione dei confidimisure volte a rafforzare il patrimonio dei confidi, si ricorda l'articolo 39, comma 7, del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale ha consentito alle imprese non finanziarie di grandi dimensioni e agli enti pubblici e privati l'ingresso nel capitale sociale dei confidi e delle banche cooperative di garanzia collettiva dei fidi, anche in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione. Tale ingresso, tuttavia, deve essere minoritario: le piccole e medie imprese socie devono disporre di almeno la metà più uno dei voti esercitabili nell'assemblea; inoltre la nomina dei componenti degli organi che esercitano funzioni di gestione e di supervisione strategica deve essere riservata all'assemblea. Successivamente, l'articolo 10 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha esteso tale facoltà anche ai confidi costituiti tra liberi professionisti, la cui costituzione era stata precedentemente prevista dall'articolo 8, comma 12-bis, del decreto-legge n. 70 del 2011.
L'articolo 36, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 179 del 2012 ha poi introdotto norme volte a rafforzare patrimonialmente i confidi, senza porre oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, consentendo di imputare al fondo consortile, al capitale sociale o ad apposita riserva, i fondi rischi alimentati da contributi pubblici oggetto di vincoli di destinazione esistenti alla data del 31 dicembre 2012, mediante una delibera dell'assemblea ordinaria. Le risorse sono attribuite unitariamente al patrimonio, anche a fini di vigilanza, dei relativi confidi, senza vincoli di destinazione, nel caso siano destinati ad incrementare il patrimonio; la relativa delibera è di competenza dell'assemblea ordinaria. La disposizione si applica: ai confidi sottoposti entro il 31 dicembre 2013 a vigilanza diretta da parte della Banca d'Italia, nei termini sopra specificati; ai confidi che si sono rafforzati patrimonialmente e organizzativamente a seguito di operazioni di fusione realizzate a partire dal 1° gennaio 2007 ovvero di operazioni di fusione realizzate entro il 31 dicembre 2013.
La legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013, articolo 1, commi 54 e 55) ha disposto il rafforzamento patrimoniale dei confidi mediante l'utilizzo del Fondo di Garanzia per le PMI nel limite di 225 milioni. I beneficiari delle suddette disposizioni sono: i confidi sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia; i confidi che realizzano operazioni di fusione al fine di ottenere l'iscrizione nell'albo degli intermediari vigilati dalla Banca d'Italia; i confidi che stipulano contratti di rete finalizzati al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia operativa dei confidi aderenti i quali, nel loro complesso, erogano garanzie in misura pari ad almeno 150 milioni di euro. Si evidenzia che la norma (comma 54) prevede per la sua attuazione un decreto del MiSE, di concerto con il MEF, previa notifica alla Commissione UE e autorizzazione della stessa: tale decreto non è stato emanato. Il comma 55 destina 70 milioni per ciascuno degli anni 2014-2016 alle Camere di Commercio per il sostegno al credito alle PMI tramite il rafforzamento dei confidi (anche di quelli non sottoposti a vigilanza della Banca d'Italia). Anche tale comma prevede un decreto di attuazione che non risulta emanato. La Corte costituzionale, con sentenza 13 gennaio-11 febbraio 2016, n. 28 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 55, nella parte in cui si applica alle Province autonome di Bolzano e di Trento.
Con riferimento al calcolo del patrimonio di vigilanza dei Confidi, e in particolare, sulla non imputabilità a patrimonio di vigilanza degli stessi dei contributi pubblici finalizzati alla loro patrimonializzazione, si segnala la risposta del Governo del 16 settembre 2014 all'interrogazione in Commissione Finanze n. 5-03563 Sottanelli. In tale occasione il Governo ha sottolineato che nel quadro normativo attuale, osta all'inclusione in via generale nel patrimonio di vigilanza dei confidi dei fondi pubblici la presenza di vincoli di destinazione che li rendono non pienamente disponibili, dato che sarebbero utilizzabili soltanto a copertura delle perdite che si manifestano su determinati portafogli di attività e non su tutte le perdite aziendali.
Modalità di contribuzione degli enti pubblici (lettera b))

La lettera b) delega il Governo a disciplinare le modalità di La contribuzione degli enti pubblicicontribuzione degli enti pubblici finalizzate alla patrimonializzazione dei confidi anche nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, stabilendo altresì il divieto di previsione di vincoli territoriali che possano pregiudicare l'accesso di confidi nuovi o attivi in altri territori

 

Nel corso delle audizioni svolte al Senato (16 luglio 2014) è stato espresso da parte del rappresentante della Banca d'Italia l'auspicio di un intervento legislativo che sancisca il principio secondo cui i contributi pubblici a sostegno dei confidi vanno destinati in via prioritaria ai soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale della Banca d'Italia o a quelli che pongono in essere operazioni di concentrazione (analogamente a quanto previsto dalla legge di stabilità 2014, n. 147 del 2013, articolo 1, commi 54). Gli interventi di sostegno pubblico del credito non possono che essere indirizzati verso soggetti che diano prova di veicolarli a imprese meritevoli di essere sostenute e di non disperderli in costi di struttura eccedenti lo stretto necessario. La Banca d'Italia ritiene inoltre auspicabile l'introduzione di obblighi di rendicontazione (accountability) da parte dei confidi sulle modalità e sui risultati di utilizzo dei citati interventi di sostegno pubblico; in particolare, l'accountability andrebbe riferita, anche per i confidi minori, allo stato delle garanzie rilasciate e alle perdite presumibilmente latenti sul portafoglio. Sempre nell'ottica del rafforzamento patrimoniale dei confidi, potrebbe essere valutata l'opportunità di intervenire sulla disciplina dei partecipanti al capitale e sui relativi limiti di partecipazione, ad esempio consentendo l'ingresso nel capitale dei confidi, con quote limitate, delle banche e di altri operatori finanziari, possibilità non prevista nel quadro normativa vigente. Infine, preso atto della concreta articolazione dei soggetti operanti nel settore delle garanzie, si potrebbe valutare un intervento che razionalizzi il quadro normativa tramite l'eliminazione della fattispecie, mai realizzatasi, della banca di garanzia collettiva (si veda, al riguardo, il provvedimento della Banca d'Italia del 28 febbraio 2008).
Anche Confindustria ritiene che nel definire misure per rafforzare la patrimonializzazione e nel disciplinare le modalità di contribuzione pubbliche occorre individuare meccanismi premiali a favore di confidi che realizzino processi di aggregazione ovvero che stipulino contratti di rete in grado di accrescere effettivamente l'efficacia operativa degli intermediari e abbattere i costi per le imprese.
Confapi considera opportuno indirizzare le risorse a disposizione verso strutture più efficienti, parametrando la contribuzione in base ai fondi propri posseduti o al volume delle garanzie in essere rilasciate e anche in base al volume di soci rappresentati.
Assoconfidi ha rimarcato che per i confidi che hanno acquisito lo status di intermediari finanziari, specifica attenzione dovrebbe essere posta nell'individuare forme tecniche di contribuzione esigibili secondo i principi dell'Accordo di Basilea 2, ossia tali da soddisfare i requisiti indicati dalla Banca d'Italia per essere computati nel patrimonio di vigilanza, che per tali confidi rappresenta il parametro di riferimento per determinare il volume massimo di operatività. Qualora infatti gli interventi adottati dagli enti pubblici non rispondano a tali requisiti, i contributi non possono essere inclusi nel patrimonio di vigilanza e quindi non riescono ad essere utilizzati pienamente per concedere nuove garanzie, vanificando gli effetti dell'intervento e disperdendo risorse pubbliche.

 

L'applicabilità ai confidi della normativa in materia di aiuti di Stato

(a cura del Servizio Studi del Senato)

I consorzi di garanzia collettiva (confidi) rientrano nella nozione di impresa ai fini delle norme in materia di concorrenza previste nel Trattato ("qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento") e sono, come tali, soggetti all'applicazione dell'articolo 107 TFUE. I finanziamenti pubblici volti a permettere ai confidi di realizzare operazioni a favore delle imprese, come la concessione di garanzie, possono, dunque, configurare un aiuto di Stato.

Alcuni specifici finanziamenti, quali quelli a favore del patrimonio dei confidi potrebbero essere qualificati come aiuti al funzionamento, che sono in linea di principio incompatibili con il mercato interno. I contributi diretti ai confidi potrebbero, comunque, rientrare nell'esenzione per gli aiuti di importanza minore (Regolamento (UE) N. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis»), o in un altro regolamento di esenzione (cfr. Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato), oppure essere oggetto di notifica alla Commissione europea per la valutazione di compatibilità.

Se i vantaggi inerenti ai finanziamenti vengono totalmente trasferiti alle imprese beneficiarie del dispositivo di agevolazione, senza alcun vantaggio economico per i confidi, i finanziamenti concessi tramite risorse statali non configurano aiuti a favore dei confidi. In questo caso, infatti, i confidi assumono la veste di mero intermediario per la realizzazione di operazioni a favore di altri soggetti, ovvero le imprese che ricevono, ad esempio, garanzie o prestiti concessi dai confidi 6 avvalendosi dei finanziamenti pubblici. Ciò accade, in particolare, quando i contributi pubblici ricevuti dai confidi e gli eventuali utili realizzati su tali risorse sono destinati interamente alla fornitura di garanzie alle imprese e non sono utilizzati a finanziamento di eventuali spese di gestione e/o investimenti dei confidi.

Peraltro, quando i confidi operano come una struttura veicolare e l'aiuto viene trasferito alle imprese, che risultano quindi essere le destinatarie effettive, rientrano nell'ambito di applicazione della disciplina degli aiuti di Stato le misure di sostegno erogate alle imprese beneficiarie, ad esempio nella forma di concessione di garanzie. Gli aiuti concessi alle imprese possono essere ritenuti compatibili con il mercato interno sulla base dei principi generali della materia, e dunque attraverso l'applicazione di un regolamento di esenzione per categoria o sulla base di un'autorizzazione concessa dalla Commissione europea all'esito di un'analisi specifica sulla sussistenza di una delle deroghe previste dal Trattato.

Il finanziamento pubblico dei confidi è, altresì, ritenuto compatibile con l'articolo 107 TFUE ogniqualvolta il finanziamento non costituisce aiuto né a favore dei confidi né a favore delle imprese beneficiarie delle agevolazioni. Ciò accade, in particolare, quando le operazioni connesse al finanziamento vengano realizzate a condizioni di mercato, cioè nel rispetto del principio del buon investitore privato operante in normali condizioni di mercato; si presume, infatti, che un privato che agisce in normali condizioni di concorrenza abbia un comportamento in linea di principio ispirato al conseguimento di un profitto e il massimo rendimento dell'investimento. Se l'operazione viene realizzata a condizioni di mercato non vi è alcun vantaggio illegittimo a favore del beneficiario e la misura non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del TFUE; in questi casi non sussiste, infatti, la condizione della concessione di un vantaggio selettivo a talune imprese o talune produzioni.

Riordino della filiera della garanzia (lettera c))

Il principio di delega di cui alla lettera c) mira alla razionalizzazione e valorizzazione delle attività svolte dai soggetti operanti nella filiera della garanzia e della controgaranzia, con l'obiettivo di rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse pubbliche e favorire la sinergia tra il Fondo centrale di garanzia e i confidi.

 

Il sistema delle garanzie a favore delle PMI in Italia si basa essenzialmente su due componenti: una pubblica, rappresentata in particolare dal Fondo di garanzia per le PMI, e una privata, costituita dai confidi, i quali tuttavia possono beneficiare di contributi pubblici, in particolare a livello locale.
Il Il Fondo centrale di garanziaFondo di garanzia per le PMI (di cui all'art. 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662) è gestito per conto del Ministero dello Sviluppo Economico da un raggruppamento temporaneo di imprese facente capo al Mediocredito Centrale. Il ricorso al Fondo è aumentato soprattutto in relazione al riconoscimento della garanzia dello Stato di ultima istanza che consente alle banche di azzerare l'assorbimento di patrimonio della quota dei prestiti coperta dal Fondo. Da ultimo è stato inoltre reso possibile il rilascio della garanzia pubblica a favore di portafogli di prestiti e di obbligazioni emesse da PMI non quotate (minibond).
L'intervento è concesso, fino ad un massimo dell'80 per cento del finanziamento, su tutti i tipi di operazioni sia a breve sia a medio-lungo termine, tanto per liquidità che per investimenti. Il Fondo garantisce a ciascuna impresa o professionista un importo massimo di 2,5 milioni di euro, un plafond che può essere utilizzato attraverso una o più operazioni, fino a concorrenza del tetto stabilito, senza un limite al numero di operazioni effettuabili. Il limite si riferisce all'importo garantito, mentre per il finanziamento nel suo complesso non è previsto un tetto massimo.
Il Fondo permette ai confidi di controgarantire la propria esposizione aumentandone la capacità di fornire garanzie alle imprese. Con riguardo ai confidi vigilati la controgaranzia è particolarmente importante ai fini del calcolo del patrimonio di vigilanza. Il Fondo interviene anche in cogaranzia, ossia prestando una garanzia direttamente ai soggetti finanziatori e congiuntamente ai confidi.
 
Nel corso delle audizioni al Senato è emersa la necessità di favorire la sinergia tra il Fondo centrale di garanzia e i confidi: conseguentemente è stato ampliato il criterio di delega in esame.
Confapi ha evidenziato che tradizionalmente al fondo ricorrevano i confidi per controgarantire le garanzie rilasciate a favore delle PMI, ma progressivamente anche a causa dell'emanazione da parte del Governo e del Fondo stesso di regolamenti sempre più favorevoli all'accesso diretto da parte delle banche, queste ultime preferiscono accedere direttamente alla garanzia del Fondo, disintermediando i confidi, potendo così applicare alle imprese le condizioni economiche ordinarie e non quelle migliorative previste dalle convenzioni con i confidi stessi. Si è determinato in tal modo un effetto di "spiazzamento" dei confidi.
Potenziamento dei servizi a favore delle PMI (lettera d))

Il criterio di delega di cui alla lettera d) prevede diI servizi ulteriori sviluppare, nell'ambito delle finalità tipiche dei confidi, strumenti innovativi, forme di garanzia e servizi, finanziari e non, che rispondano alle nuove esigenze delle PMI e dei professionisti. E' fatti divieto ai confidi di trattare i derivati e gli strumenti finanziari complessi.

 

Nel corso delle audizioni al Senato è emersa l'esigenza di valutare, con riferimento ai confidi vigilati, la possibilità di favorire lo svolgimento di alcune attività a più alta redditività, oggi limitate dalla disciplina che consente loro di svolgere attività finanziarie diverse dalla prestazione di garanzie alle banche per l'accesso al credito delle PMI nei limiti del 20% del totale (Confindustria).
Un'ipotesi di intervento potrebbe attenere alla possibilità per i confidi di rilasciare garanzie a favore di soggetti interessati a intervenire nel capitale delle imprese (la cosiddetta garanzia equity). Ciò sarebbe utile anche per incentivare le PMI a ricorrere a strumenti innovativi e alternativi al credito bancario, agevolandone la patrimonializzazione e l'equilibrio economico e finanziario. Sarebbe proficuo altresì valorizzare ulteriormente, anche con forme innovative, i servizi di assistenza e consulenza finanziaria, che rappresentano forme di intervento fondamentali per facilitare il raggiungimento di un più duraturo equilibrio economico, finanziario e patrimoniale per l'impresa, propedeutico a una migliore relazione con il sistema bancario (Assoconfidi).

 

Semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti (lettere e) e i))

I criteri di cui alle lettere e) e i) prevedono la semplificazione e la razionalizzazione degli La semplificazione degli adempimentiadempimenti a carico dei confidi, con un correlato contenimento dei costi. Si prevede, inoltre, di eliminare le duplicazioni di attività già svolte da banche o da altri intermediari finanziari ovvero quelle relative alle procedure di accesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI.

 

Per quanto riguarda gli adempimenti in materia di trasparenza il vigente articolo 127, comma 2, TUB, stabilisce che le norme del titolo VI del TUB (trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti) si applicano ai confidi minori secondo quanto stabilito dal CICR. Le disposizioni emanate dal CICR stabiliscono che la Banca d'Italia individua le disposizioni del titolo VI che si applicano ai confidi minori "tenendo conto delle specificità dell'attività svolta e del carattere accessorio delle garanzie prestate dai confidi rispetto a finanziamenti assoggettati alla disciplina prevista ai sensi del medesimo titolo VI". Le richiamate previsioni normative e regolamentari rappresentano la base giuridica per disposizioni più dettagliate dell'autorità di vigilanza, volte ad assicurare un'applicazione proporzionale delle regole di trasparenza ai confidi minori.
Per quanto concerne l'antiriciclaggio, i confidi possono avvalersi della previsione generale che, al fine di evitare la duplicazione degli adempimenti per l'adeguata verifica del cliente, considera comunque assolti tali obblighi quando essi siano stati già adempiuti da soggetti terzi "qualificati" (quali, ad esempio, le banche), che rilasciano a tal fine un'idonea attestazione.
Si ricorda, inoltre, che il D.Lgs. 169 del 2012, mediante modifiche all'articolo 25 del D.Lgs. 231 del 2007 ha incluso i confidi tra i soggetti che possono avvalersi del regime semplificato di adeguata verifica della clientela. È stato inoltre allineato l'impianto sanzionatorio previsto dagli articoli 55, 56, 58 e 60 del D.Lgs. 231 del 2007 alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 141 del 2010.
Tanto sul versante degli adempimenti per la trasparenza, quanto su quelli per il contrasto al riciclaggio, la Banca d'Italia ha evidenziato la necessità di mantenere il giusto equilibrio tra le esigenze di contenere i costi a carico dei confidi e quelle di mantenere presidi robusti a tutela della clientela e dell'integrità del sistema.
 
Nel corso delle audizioni al Senato è emerso che, in attuazione di tale criterio, potrebbero essere previsti o rimodulati obblighi normativi a carico dei confidi sulla base della specificità del sistema, in modo da renderli coerenti con l'effettivo profilo di rischio e da commisurarli alla loro struttura organizzativa e operativa. Potrebbe in tal modo essere lasciata a esclusivo carico delle banche una vasta categoria di adempimenti attualmente duplicata dai confidi, come ad esempio gran parte degli adempimenti in materia di antiriciclaggio, ponendo in capo ai confidi la sola previsione di segnalazione delle operazioni sospette ed il connesso obbligo di formazione, segnalazioni alla Centrale dei Rischi, trasparenza, anagrafe dei rapporti finanziari (Assoconfidi).
 
Con particolare riferimento alle duplicazioni insite nelle procedure per l'accesso al Fondo di Garanzia per le PMI, esse prevedono che ciascun soggetto – banca, confidi e Fondo Centrale – svolga una autonoma valutazione del merito creditizio dell'impresa.
Nel corso delle audizioni al Senato è stato evidenziato che tali procedure comportano un quadro di complessiva inefficienza dello strumento, un aggravio di funzioni per ciascun attore, nonché un allungamento dei tempi e dei costi per le imprese nell'accesso alla controgaranzia e quindi ai finanziamenti. Sarebbe opportuno rivedere tale modello, per i confidi autorizzati a certificare il merito di credito dell'impresa, adeguando al sistema dei confidi il metodo di accreditamento già in uso presso alcuni strumenti europei di controgaranzia, che sottopongono alla valutazione del merito creditizio solo il soggetto incaricato di veicolare gli interventi alle PMI, riservandosi di valutare la singola domanda unicamente nel caso di default (Assoconfidi).
Criteri di proporzionalità e specificità (lettere f) e g))

Le lettere f) e g) prevedono - rispettivamente - il rafforzamento dei criteri di proporzionalità e specificità già previsti dall'articolo 108, comma 6, del TUB e la loro estensione all'intera normativa in materia di confidi.

 

Il principio di La proporzionalità della vigilanzaproporzionalità, inteso come criterio di esercizio del potere di vigilanza adeguato al raggiungimento del fine con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari, è sancito dall'articolo 23, comma 2, della legge n. 262 del 2005 ("legge sul risparmio"). Relativamente agli intermediari finanziari, è ribadito dall'art. 108, comma 6, del TUB, secondo il quale la Banca d'Italia esercita i propri poteri osservando criteri di proporzionalità, avuto riguardo alla complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli intermediari, nonché alla natura specifica dell'attività svolta.
In sede di audizione è stato affermato che i principi di proporzionalità e specificità, seppure già previsti dalle norme primarie, rischiano di essere vanificati nella applicazione, quando ai confidi sono richiesti procedure e adempimenti inadeguati rispetto alla loro natura, nonostante l'attività del rilascio delle garanzie assuma connotazioni meno impattanti sul mercato finanziario di quella che può essere l'attività bancaria (Rete Imprese Italia).
Accessorietà della garanzia (lettera h))

Il criterio previsto dalla lettera h) richiede di assicurare una maggiore tutela al carattere L'accessorietà della garanziaaccessorio della garanzia rilasciata dai confidi rispetto alla operazione di finanziamento principale.

 

Il carattere accessorio della garanzia è comprovato, tra l'altro, dal fatto che oggi una parte consistente delle garanzie deliberate dai confidi non viene tradotta in effettivi finanziamenti da parte del sistema bancario, il che determina una riduzione della redditività delle operazioni e un aumento dei relativi costi operativi, traslati, da ultimo, sulle imprese (Rete Imprese Italia).
Una particolare declinazione dell'accessorietà della garanzia potrebbe derivare dal riconoscimento al confidi di uno specifico diritto di privilegio speciale in relazione alla quota di finanziamento da questo garantita. Tale diritto assicurerebbe la possibilità, in caso di escussione della garanzia da parte della banca, di rivalersi su beni mobili non iscritti in pubblici registri e posti a garanzia del finanziamento bancario. Tale privilegio, da stabilire contrattualmente con le banche, nonostante risulti postergato rispetto a quello bancario, garantirebbe al confidi un grado di solvibilità superiore rispetto ai creditori chirografari (Assoconfidi).
Valutazione degli impatti delle politiche pubbliche (lettera l))

Si prevede, infine, alla lettera l) di introdurre specifici criteri di L'efficacia degli interventi pubblicimisurazione dell'impatto generato dalla garanzia nel mercato finanziario, soprattutto con riferimento alla valutazione di efficacia degli interventi pubblici connessi al sistema nel suo complesso. Nella verifica degli impatti della garanzia sui sistemi economici locali può essere coinvolta la rete delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

 
Nel corso delle audizioni al Senato è stato evidenziato l'opportunità di istituire una banca dati nazionale per censire i programmi (statali, regionali, del sistema camerale, del FEI, di altri sponsor) e misurarne l'impatto sui beneficiari finali (prof. Erzegovesi).
Le norme procedurali (commi 2 e 3)

Il comma 2 dell'articolo 1 reca i passaggi procedurali per l'approvazione dei decreti legislativi. In particolare, gli schemi dei decreti, corredati di relazione tecnica, devono essere trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei I pareri delle Commissioni parlamentaripareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Le Commissioni possono richiedere al Presidente della rispettiva Camera di prorogare di trenta giorni il termine per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia. Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri parlamentari, o quello eventualmente prorogato, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

Il Governo, qualora non intenda conformarsi al parere parlamentare, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione, perché su di esso sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, entro trenta giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto legislativo può comunque essere adottato in via definitiva.

Il Governo può adottare, entro un anno dall'entrata in vigore di ciascuno dei decreti, un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi indicati dalla legge in esame.

 

Il comma 3 contiene la clausola di La neutralità finanziarianeutralità finanziaria: dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. È richiamata inoltre la norma che prevede che qualora un decreto legislativo determini nuovi o maggiori oneri che non trovano compensazione al proprio interno, il decreto è emanato solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie (articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009).