Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Normativa europea in materia bancaria e recepimento in Italia
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 224
Data: 21/03/2016
Descrittori:
BANCHE ISTITUTI E AZIENDE DI CREDITO   DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA
Organi della Camera: VI-Finanze
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Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Normativa europea in materia bancaria
e recepimento in Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 224

 

 

 

18 marzo 2016

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Finanze

Tel. 06 6760-9496 – * st_finanze@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_finanze

 

Documentazione e ricerche n. 224

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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FI0440.docx


 

I N D I C E

 

 

 

Premessa. 1

Normativa europea in materia bancaria e recepimento in Italia. 3

Proposte dell’UE in materia bancaria. 11

La legislazione in materia bancaria: gli interventi nella XVII Legislatura  14

La situazione delle banche europee in sintesi: i dati eba relativi al terzo trimestre 2015  22

 

EBA (European Banking Authority), Risk Dashboard, data as of Q3 2015

 

 

 


Premessa

La legislatura in corso è caratterizzata da una produzione normativa consistente nel settore bancario e creditizio, stante l'attuale contesto socioeconomico.

 

In primo luogo il legislatore è intervenuto allo scopo di garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e, complessivamente, per potenziare gli strumenti di tutela dei consumatori.

 

Sotto un diverso fronte, è stato avviato un processo di riforma complessiva del sistema bancario nazionale, dapprima con il decreto-legge n. 3 del 2015 con riferimento alle banche popolari, continuando poi con le fondazioni bancarie e con l'autoriforma delle banche di credito cooperativo, confluita nel decreto-legge n. 18 del 2016.

 

È inoltre proseguita l'attività di recepimento della disciplina europea in materia bancaria e creditizia, soprattutto alla luce del nuovo quadro dell'Unione Bancaria.

 

Il presente dossier dà quindi conto innanzitutto dell’evoluzione normativa a livello europeo e a livello nazionale, nonché delle proposte normative in discussione a livello europeo e, nella seconda parte, della situazione delle banche italiane ed europee, sulla base di alcuni indicatori significativi, quali:

-     il capitale di migliore qualità;

-     la qualità dei portafogli bancari;

-     il tasso di copertura delle sofferenze;

-     la redditività;

-     il rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione;

-     il margine netto di interesse;

-     il loan-to-deposit ratio, vale a dire, il rapporto tra l’ammontare totale degli impieghi e l’ammontare totale della raccolta diretta,

-     le attività liquide e passività a breve termine.

 

È allegato infine il documento dell’Eba (Autorità bancaria europea) che espone la situazione dei rischi degli istituti bancari in Europa.


Normativa europea in materia bancaria
e recepimento in Italia

Il Sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziarie (SEVIF)

Nel corso del 2010 è stato creato un sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziarie (SEVIF) mediante l'istituzione, con appositi regolamenti di tre nuove autorità di vigilanza europee competenti, rispettivamente per le banche, i mercati finanziari e le assicurazioni, e di un Comitato europeo per il rischio sistemico incaricato della vigilanza macroprudenziale.

In particolare il regolamento (UE) n. 1093/2010 ha istituito l'Autorità bancaria europea (EBA); il regolamento n. 1094/2010 ha istituito  l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) ed il regolamento n. 1095/2010 ha istituito l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Con il regolamento n. 1092/2010 relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell'Unione europea è stato istituto il Comitato europeo per il rischio sistemico(CERS).

La creazione del SEVIF fa seguito alle proposte elaborate da un gruppo di esperti (cd. gruppo "de Larosière") incaricato dalla Commissione europea, nel novembre 2008, di formulare delle raccomandazioni su come rafforzare i meccanismi di vigilanza europei a fronte della crisi finanziaria.

La disciplina sui requisiti patrimoniali

Allo scopo di ridurre l’eventualità di crisi bancarie di carattere sistemico suscettibili di mettere a rischio la stabilità finanziaria complessiva, sono state introdotte nell’ordinamento europeo (attraverso il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE, cosiddetta Capital Requirements Directive IV – CRD IV) norme che recepiscono l'accordo di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche.

Obiettivo della disciplina è di imporre alle banche di accantonare un capitale adeguato per far fronte ad eventuali perdite inattese e rimanere comunque solvibili in situazioni di crisi. L’importo del capitale è correlato ai rischi legati alle attività svolte; per le attività più sicure è previsto un fattore di ponderazione minore. Il capitale Tier 1 è quello previsto per consentire a ciascuna banca di svolgere la sua attività preservandone la solvibilità; il capitale Tier 2 è invece riferito al caso di cessazione di attività e risponde allo scopo di permettere alla banca di rimborsare i depositanti e i creditori privilegiati in caso di insolvenza. L’importo totale del capitale deve essere pari almeno all’8% delle attività ponderate per il rischio. La percentuale di capitale Tier 1 (di elevatissima qualità) deve rappresentare il 4,5% delle attività ponderate per il rischio. E’ inoltre previsto a carico delle istituzioni finanziarie l’obbligo di disporre di attività liquide sufficienti far fronte a eventuali deflussi in dipendenza di forti stress. A tal fine è stabilito un coefficiente di copertura della liquidità di ammontare crescente dal 60% nel 2015 al 100% nel 2018. Da ultimo, la disciplina ha introdotto norme volte a ridurre leve finanziarie (rapporto tra il capitale e le sue attività totali) eccessive, suscettibili di provocare conseguenze negative sulla solvibilità delle banche.

Le banche italiane negli anni più recenti hanno realizzato diversi interventi per aumentare la propria dotazione di capitale e per adeguarsi ai requisiti richiesti.

 

La Banca d’Italia ha quindi dato avvio all’attuazione in Italia della direttiva 2013/36/UE con l’emanazione delle disposizioni di vigilanza per le banche (circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, successivamente aggiornata nel tempo).

Le disposizioni sono entrate vigore il 1° gennaio 2014, data dalla quale è direttamente applicabile nei singoli Stati il menzionato regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) in materia di requisiti patrimoniali.

In particolare con l’aggiornamento del 6 maggio 2014 alle Disposizioni di vigilanza per le banche è stato inserito alla parte prima il nuovo titolo IV "Governo societario, controlli interni, gestione dei rischi", capitolo 1 "Governo societario" (comunicato stampa della Banca d'Italia). Le norme confermano principi già presenti nelle recedenti disposizioni, tra cui: la chiara distinzione di compiti e poteri tra gli organi societari; l'adeguata dialettica interna; l'efficacia dei controlli e una composizione degli organi societari coerente con le dimensioni e la complessità delle aziende bancarie.

A livello di normativa primaria, è col decreto legislativo n. 72 del 2015 che sono state apportate opportune modifiche al Testo Unico Bancario e al Testo Unico della Finanza volte a recepire, a livello legislativo, la direttiva 2013/36/UE sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (c.d. CRD IV), conformemente alla delega conferita dalla legge 7 ottobre 2014, n. 154 (legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre).

Le principali disposizioni del predetto decreto legislativo prevedono:

§  una complessiva riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale, valida non solo per il settore bancario e creditizio, ma che si estende anche agli enti operanti nel settore finanziario (ovvero i soggetti disciplinati dal TUF). Le linee guida della riforma prevedono l'integrazione dei vigenti requisiti con criteri di competenza e correttezza, la cui individuazione concreta spetta alla normativa di rango secondario (articoli 23 e 91 della CRD IV); il divieto di cumulo degli incarichi;

§  un rafforzamento dei poteri di intervento e correttivi delle Autorità di vigilanza (Banca d'Italia e Consob);

§  specifici meccanismi di segnalazione, sia all'interno degli intermediari che presso l'autorità di vigilanza, delle eventuali violazioni normative;

§  l'obbligo di astensione di soci e amministratori nelle delibere in cui presentino un interesse in conflitto, in luogo del vigente obbligo dell'amministratore di dare notizie al board dell'interesse di cui è portatore in una specifica operazione il rafforzamento dei poteri della Banca d'Italia;

§  in ordine alle sanzioni, oltre agli adeguamenti dei massimali e dei minimi secondo quanto previsto dalla legge delega, le disposizioni proposte differenziano inoltre tra persone fisiche e giuridiche;

§  secondo quanto previsto dalla norma di delega, si svincola il potere regolamentare della Banca d'Italia dalla necessità di una previa deliberazione del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR).

L’unione bancaria

La crisi economico-finanziaria ha prodotto significativi effetti negativi sui bilanci delle banche, derivanti dalla rilevante quantità di titoli di debito pubblico detenuti in portafoglio per i quali è emersa una forte criticità e dall’aumento delle sofferenze, provocato dalla crescita delle insolvenze.  L’UE è intervenuta con strumenti regolamentari e normativi eterogenei, al fine di creare un meccanismo normativo e regolamentare valido a contrastare gli effetti della crisi finanziaria.

Per porre fine al circolo vizioso tra crisi dei sistemi bancari e crescita del debito sovrano, è stata avviata la costruzione dell’Unione bancaria, fondata su tre pilastri:

§  un sistema unico di vigilanza;

§  un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, dotato anche di un fondo comune;

§  un sistema europeo di garanzia dei depositi bancari.

 

Allo stato attuale, il progetto dell’Unione bancaria vede realizzati i primi due pilastri, e nello specifico:

§  il meccanismo unico di vigilanza bancaria (single supervisory mechanism, SSM, istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013), che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. "sistemiche" (circa 130 su un totale di 6000 banche europee), e indirettamente – per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali - su tutti gli istituti di credito.

Le banche sistemiche sono quelle il cui valore totale delle attività supera i 30 miliardi di euro, ovvero il rapporto tra le attività totali e il PIL dello Stato membro in cui sono stabilite supera il 20%, a meno che il valore totale delle attività sia inferiore a 5 miliardi di euro (per quanto riguarda l’Italia, l’elenco comprende 15 istituti di credito: Banca Carige , Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare , Banca Popolare dell’Emilia Romagna , Banca Popolare di Milano , Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare di Vicenza, Barclays Italia, Credito Emiliano, Iccrea Holding, Intesa Sanpaolo , Mediobanca , Unicredit , Unione di Banche Italiane e Veneto Banca);

§  il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (istituito con il regolamento (UE) n. 806/2014), che mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cd. bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cd.bail-in). Si è provveduto inoltre ad istituire, con accordo intergovernativo, il fondo unico di risoluzione (operativo dal 1° gennaio 2016), che sarà alimentato da contributi delle banche per un totale stimato di 55 miliardi di euro. Il Fondo unico di risoluzione inizialmente è costituito di "comparti nazionali". Questi verranno gradualmente fusi nel corso di una fase transitoria della durata di otto anni. Questa messa in comune dei fondi versati inizierà con il 40% nel primo anno e un ulteriore 20% nel secondo anno, per poi aumentare continuamente con importi uniformi nei rimanenti sei anni, fintanto che i comparti nazionali non cesseranno di esistere. Al termine del processo di mutualizzazione, il Fondo dovrebbe raggiungere almeno l'1% dell'importo dei depositi protetti di tutti gli enti creditizi autorizzati in tutti gli Stati membri dell'unione bancaria (pari al citato importo di circa 55 miliardi di euro).

 

Sul punto si ricorda che la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 880-885) ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze a stipulare con l'organo competente alla gestione del Meccanismo di risoluzione unico degli istituti bancari (SRM), ovvero il Comitato di risoluzione, gli accordi necessari a dare attuazione alla dichiarazione Ecofin del 18 dicembre 2013, la quale tra l'altro stabilisce che gli Stati membri partecipanti all'Unione bancaria assicurino finanziamenti ponte al Fondo di risoluzione unico previsto dal predetto regolamento, ove le risorse del medesimo siano insufficienti. Con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze si dispone l'erogazione di finanziamenti ponte fino a 5.735 milioni di euro. Ove non si possa procedere mediante le ordinarie procedure di gestione dei pagamenti, i decreti del MEF che dispongono l'erogazione dei finanziamenti autorizzano il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

Viene dunque istituito, per assicurare la disponibilità delle somme eventualmente richieste, nello stato di previsione del MEF un apposito fondo con dotazione iniziale di 2.500 milioni di euro per il 2016, per cui si prevede una contabilità speciale. La dotazione del fondo è così costituita:

§  per 1.500 milioni, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato delle somme giacenti sulla contabilità speciale istituita per il riacquisto da parte delle regioni dei titoli obbligazionari da esse emessi, ivi compreso il contributo MEF a tale scopo, nella parte non utilizzata per la ristrutturazione del debito regionale;

§  per i restanti 1.000 milioni, mediante corrispondente riduzione del rifinanziamento al Fondo destinato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.

 

Accanto al predetto regolamento UE) n. 806/2014, la direttiva 2014/59/UE ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Detta direttiva (definita BRRD - Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di "risoluzione" della crisi.

Il recepimento della direttiva BRRD è stato affidato a due distinti provvedimenti:

§  il decreto legislativo n. 181 del 2015 (atto del Governo n. 208), che introduce nel Testo unico bancario le disposizioni relative ai piani di risanamento, alle forme di sostegno all'interno dei gruppi bancari, alle misure di intervento precoce; sono inoltre modificate le norme sull'amministrazione straordinaria delle banche e la disciplina della liquidazione coatta amministrativa. Le stesse materie sono inserite nel Testo unico in materia di intermediazione finanziaria con riferimento alle società di intermediazione mobiliare (SIM); sono inoltre dettate le disposizioni sulle procedure di risoluzione delle SIM non incluse in un gruppo bancario o che non rientrino nell'ambito della vigilanza consolidata (SIM stand alone);

§  il decreto legislativo n. 180 del 2015 (atto del Governo n. 209), che reca la disciplina in materia di predisposizione di piani di risoluzione, avvio e chiusura delle procedure di risoluzione, adozione delle misure di risoluzione, gestione della crisi di gruppi cross-border, poteri e funzioni dell'autorità di risoluzione nazionale e disciplina del fondo di risoluzione nazionale. Le Autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione delle banche potranno attivare una serie di misure, tra cui il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli ed il cd. bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.

 

Il legislatore italiano, in tema di risoluzione delle crisi bancarie, è poi puntualmente intervenuto con il decreto-legge n. 183 del 2015, recante disposizioni urgenti per il settore creditizio, il cui testo è poi è confluito nella legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi 842-854 della legge n. 208 del 2015).

Tali norme, nel quadro delle procedure di risoluzione delle crisi bancarie, hanno inteso consentire la tempestiva ed efficace attuazione dei programmi di risoluzione di alcuni istituti bancari, segnatamente della Cassa di risparmio di Ferrara Spa, della Banca delle Marche S.p.A., della Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti S.p.A., tutte in amministrazione straordinaria. In particolare sono dettate misure e procedure specifiche ed eccezionali per la costituzione di quattro enti ponte, in corrispondenza delle summenzionate banche.

Nel quadro di tali misure, la Banca d’Italia – quale Autorità di Risoluzione individuata dalla normativa UE e nazionale – ha tempestivamente adottato i provvedimenti di risoluzione nei confronti dei predetti istituti.

 

Per quanto concerne la garanzia dei depositi, il decreto legislativo n. 30 del 2016 (Atto del Governo n. 241) ha recepito le nuove norme europee sui Sistemi di Garanzia dei Depositi - SGD, in attuazione della direttiva 2014/49/UE. Le norme UE dispongono che entro il 2024 il termine per i rimborsi sia abbreviato a 7 giorni (dagli attuali venti), aumentano le informazioni fornite ai depositanti e introducendo meccanismi di finanziamento dei SGD ex ante, fissati in linea di massima allo 0,8% dei depositi coperti. Si prevede che il finanziamento dei fondi dei sistemi di garanzia venga assicurato dal settore bancario.

Credito ipotecario e credito al consumo

Con l'atto del Governo n. 256 si intende recepire nell'ordinamento interno la direttiva sul credito ipotecario 2014/17/UE (cd. Mortgage Credit Directive), adottata il 4 febbraio 2014, adottata per garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivano contratti di credito relativi a beni immobili (mutui ipotecari). Lo schema di decreto legislativo intende attuare la delega contenuta nell'Allegato B, punto 13), della legge 9 luglio 2015, n. 114 (legge di delegazione europea 2014), sulla base dei principi e criteri generali contenuti nella legge stessa. La Direttiva definisce un quadro comune per alcuni aspetti concernenti i contratti di credito garantiti da un'ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali, al fine di accrescere il livello di protezione del consumatore e di potenziare i presidi prudenziali riguardanti la valutazione del merito di credito dei consumatori stessi. Sono quindi definiti standard qualitativi per alcuni servizi, in particolare per quanto riguarda la distribuzione e l'erogazione di crediti attraverso creditori e intermediari del credito. Sono inoltre dettate disposizioni in materia di abilitazione, vigilanza e requisiti prudenziali per gli intermediari.

Si rammenta che in materia di credito al consumo il D.Lgs. 141/2010 (successivamente modificato e integrato nel tempo), oltre al recepire la direttiva 2008/48/CE sui contratti di credito ai consumatori, ha introdotto norme in materia di trasparenza dei contratti e, più in generale, in materia di tutela dei consumatori. Ha altresì recato una compiuta disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario. Si rinvia all'apposito tema web per ulteriori informazioni.

In questa sede si ricorda inoltre che il citato A.G. n. 256 disciplina i c.d. consulenti del credito, soggetti professionali cui è riservata la prestazione in via esclusiva di servizi di consulenza indipendente, che costituiscono un nucleo specifico nell'ambito della consulenza e che vengono ricondotti all'interno della categoria, già esistente, del mediatore creditizio, alle condizioni di legge.

Normativa europea sui bilanci

I decreti legislativi n. 136 e 139 del 2015 hanno recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese.

In particolare, con il D.Lgs. n. 139 del 2015  (A.G. n. 171, qui il parere reso dalla Commissione VI Finanze della Camera) è stata recepita la disciplina del bilancio di esercizio e di quello consolidato per le società di capitali e per gli altri soggetti individuati dalla legge, mentre il D.Lgs. n. 136 del 2015 (A.G. n. 172; qui il parere della Commissione VI Finanze della Camera) dà attuazione alla direttiva per la parte relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, nonché in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro.

Conti correnti di base

La direttiva 2014/92/UE reca specifiche prescrizioni sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull'accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base.

Essa in particolare reca una disciplina relativa alla trasparenza e alla comparabilità delle spese addebitate ai consumatori per i conti di pagamento detenuti nell'Unione, nonché la disciplina del trasferimento del conto di pagamento all'interno di uno Stato membro e le norme per agevolare l'apertura di un conto di pagamento transfrontaliero da parte dei consumatori. Inoltre viene fissato il quadro di riferimento di norme e condizioni in base al quale gli Stati membri devono garantire nell'Unione il diritto dei consumatori di aprire e utilizzare un conto di pagamento con caratteristiche di base.

In merito ai conti di base, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che almeno un prestatore di servizi di pagamento offra conti di pagamento con caratteristiche di base, comprendenti servizi quali i prelievi, i bonifici bancari e una carta di debito.

Il disegno di legge di delegazione europea 2015 (A.C. 3540) all'articolo 13 reca i principi e criteri direttivi per il recepimento completo, nell'ordinamento nazionale, della citata Direttiva 2014/92/UE.

In ordine al conto corrente di base, si ricorda che sul fronte interno tale strumento è stato già previsto dall'articolo 12, comma 3 e seguenti del decreto-legge n. 201 del 2011. La predetta norma disponeva che il MEF, la Banca d'Italia, l'ABI, Poste Italiane S.p.A. e le associazioni dei prestatori di servizi di pagamento definissero con apposita convenzione le caratteristiche di un conto di base, che le banche, Poste italiane S.p.A. e gli altri prestatori di servizi di pagamento abilitati ad offrire servizi a valere su un conto di pagamento sarebbero stati tenuti a offrire ai consumatori.

La convenzione è stata firmata il 28 marzo 2012: è stato dunque previsto un conto di pagamento pensato per chi ha limitate esigenze di operatività, aperto a tutti, offerto gratuitamente per le fasce svantaggiate (ISEE fino a 7.500 euro) e per i pensionati fino a 1.500 euro al mese. Tale prodotto standard, le cui caratteristiche sono state individuate dalla convenzione (sottoscritta da MEF, Banca d'Italia, ABI, Poste Italiane e Associazione Istituti di pagamento e moneta elettronica) è stato offerto a partire dal 1° giugno 2012.


 

Proposte dell’UE in materia bancaria

Completamento dell’Unione bancaria: il sistema comune di assicurazione dei depositi

Allo scopo di completare l’architettura dell’Unione bancaria (che poggia sui due pilastri del sistema unico di vigilanza e del meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie), il 24 novembre 2015 la Commissione europea ha presentato:

§  una comunicazione “Verso il completamento dell’Unione bancaria”, nella quale prospetta ulteriori misure che dovrebbero rispondere all’obiettivo di ridurre i rischi residui nel settore bancario. In particolare, si sottolinea che:

-     sono necessari ulteriori interventi per garantire che il meccanismo unico di vigilanza possa operare nel modo più efficace possibile, riducendo le opzioni e le discrezionalità nazionali nell'applicazione delle norme prudenziali;

-     l'armonizzazione dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi dovrà progredire contemporaneamente all'istituzione del sistema comune di assicurazione dei depositi (European deposit insurance scheme, EDIS);

-     il Comitato di risoluzione unico[1] deve poter intervenire in modo tempestivo ed efficace nel caso di banche in dissesto o a rischio di dissesto, per salvaguardare la stabilità finanziaria e limitare i costi potenziali per l'intero settore bancario e per i contribuenti.

-     è essenziale che l'uso dei finanziamenti pubblici per mantenere la solvibilità e la resilienza del settore bancario sia ridotto al minimo e sia disponibile solo in ultima istanza;

-     va rafforzata la convergenza fra gli Stati membri per quanto riguarda la normativa sull'insolvenza e le procedure di ristrutturazione, come evidenziato nel piano d'azione per la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali presentato dalla Commissione europea il 30 settembre 2015;

-     dovrebbero essere adottate ulteriori misure prudenziali volte a limitare la leva finanziaria delle banche, garantire la stabilità dei finanziamenti bancari e migliorare la comparabilità degli attivi ponderati per il rischio;

-     si dovrebbe infine riesaminare l'adeguatezza del trattamento prudenziale delle esposizioni delle banche al rischio sovrano;

 

§  una proposta di regolamento che istituisce un sistema comune di assicurazione dei depositi bancari (il sopra citato EDIS), che si applicherebbe a tutti i sistemi di garanzia dei depositi (SGD) ufficialmente riconosciuti in uno Stato membro partecipante e a tutti gli enti creditizi affiliati a tali sistemi. Non dovrebbero esservi costi aggiuntivi per gli istituti di credito europei. Le banche continueranno a finanziare il loro fondo nazionale che poco alla volta confluirà al fondo europeo. L’EDIS verrebbe introdotto in tre fasi:

-     nella fase di riassicurazione (fino al 2020), l’EDIS fornirà finanziamenti limitati e coprirà una quota limitata della perdita di un SGD partecipante. In sostanza, in questa fase, un sistema nazionale potrà chiedere l’intervento del DIF (fondo di assicurazione dei depositi che sostiene l’EDIS) fino al 20% del suo ammanco di liquidità; la restante parte (80%) dovrà essere coperta con altre risorse;

-     coassicurazione: la quota iniziale del contributo dell'EDIS sarà relativamente bassa (20%), per crescere al 40% il secondo anno, al 60% il terzo e all’80% dal quarto anno. Viene pertanto introdotto un maggior grado di condivisione dei rischi tra i sistemi nazionali attraverso l'EDIS;

-     assicurazione: a partire dal 2024, l'EDIS assicurerà integralmente i SGD nazionali. Nello stesso anno è previsto anche il completamento del Fondo unico di risoluzione.

In base alla proposta, l’amministrazione dell’EDIS sarebbe affidata al Comitato unico di risoluzione e al SGD partecipante.

L'iter presso le istituzioni europee

L'esame della proposta di regolamento ha conosciuto un avvio particolarmente contrastato in sede di Consiglio, mentre il Parlamento europeo si è per ora limitato a incardinare la proposta stessa presso la Commissione ECON.

In particolare, sia in sede di Consiglio europeo che in sede di Consiglio ECOFIN, sarebbe emersa una posizione nettamente contraria alla proposta sull'EDIS da parte della Germania (supportata da Finlandia e Austria), che avrebbe evidenziato come i rischi dei sistemi bancari nazionali dell'area euro vadano ridotti prima di pensare a qualunque forma di mutualizzazione, e come sia pertanto opportuno attendere la piena operatività del Meccanismo unico di risoluzione con l'entrata in vigore del criterio del bail-in.

Il Ministro Padoan, nel pronunciarsi a sostegno della proposta della Commissione, avrebbe sottolineato come essa, essendo fondata su un approccio graduale verso l'obiettivo di una piena mutualizzazione, rappresenti già il frutto di un compromesso, non dunque un punto di partenza per ulteriori accordi al ribasso.

La proposta in materia di riforma strutturale del settore bancario

Il 29 gennaio 2014 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento sulla riforma strutturale del settore bancario.

La proposta mira alla separazione delle attività finanziarie più rischiose delle banche da quelle di intermediazione tradizionale. In particolare, la disciplina proposta prevede:

§  il divieto di negoziazione per conto proprio in strumenti finanziari e in merci, al solo scopo di ottenere un utile per la banca;

§  il potere dell’autorità di vigilanza, e addirittura l’obbligo in determinate circostanze, d’imporre il trasferimento di attività di negoziazione ad alto rischio a entità giuridiche di negoziazione distinte all’interno del gruppo bancario.

La proposta, che segue la procedura legislativa ordinaria, è ancora all’esame del Consiglio dell’UE e del Parlamento europeo.


 

La legislazione in materia bancaria:
gli interventi nella XVII Legislatura

Oltre al recepimento della normativa europea, gli interventi normativi nel settore bancario hanno anzitutto avuto lo scopo di garantire una maggiore trasparenza nei rapporti tra banche e clienti e, complessivamente, di potenziare gli strumenti di tutela dei consumatori: si è intervenuti su un ampio raggio di materie, dalla portabilità dei conti di pagamento senza oneri o spese, al diritto di ripensamento per l'offerta fuori sede, alla revisione del sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela.

Sono stati specificati i principi generali di diligenza e trasparenza che dovranno essere rispettati dal finanziatore e dall’intermediario del credito, il comportamento dei quali dovrà tenere conto dei diritti e degli interessi del consumatore. Inoltre i medesimi soggetti sono chiamati a valutare tutte le informazioni riguardanti la situazione del consumatore e le specifiche esigenze da questi comunicate, nonché le ipotesi ragionevoli con riguardo ai rischi cui è esposta la situazione del consumatore per la durata del contratto di credito (A.G. 256). Sono definiti i contenuti necessari dell’informazione pubblicitaria, che deve essere chiara, corretta e non ingannevole. Nell’ambito degli obblighi precontrattuali si introduce il Prospetto informativo europeo standardizzato e si assicura al consumatore un periodo di riflessione di almeno sette giorni prima della conclusione del contratto di credito ai fini di una decisione informata e per favorire il confronto tra le offerte sul mercato. Sono definiti gli obblighi di informazione relativi agli intermediari del credito e i principi sulla verifica del merito creditizio.

Sotto un diverso e più consistente fronte, è stato avviato un processo di riforma complessiva del sistema bancario nazionale, dapprima con il decreto-legge n. 3 del 2015 con riferimento alle banche popolari, continuando poi con le fondazioni bancarie e con l'autoriforma delle banche di credito cooperativo, sostanzialmente confluita nel decreto-legge n. 18 del 2016.

La riforma del sistema bancario

L'esigenza di rifondare il sistema bancario italiano, come conseguenza della crisi economico-finanziaria e alla luce dell'attuale contesto socioeconomico e di vigilanza, si è concretizzata anzitutto in misure legislative di rango primario e secondario (riforma delle banche popolari). Dall'altro lato, il Governo ha avviato un dialogo con i rappresentanti di categoria (in particolare delle fondazioni bancarie e delle banche di credito cooperativo) al fine di avviare un processo di autoriforma che coinvolga non solo la governance, ma il complessivo assetto sostanziale degli istituti di credito italiani.

Il decreto-legge n. 3 del 2015 ha inteso riformare le banche popolari, prevedendo, tra l'altro:

§  l'introduzione di limiti dimensionali per l'adozione della forma di banca popolare, con l'obbligo di trasformazione in società per azioni delle banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro;

§  una disciplina delle vicende straordinarie societarie (trasformazioni e fusioni) che si applica alle banche popolari, con lo scopo di introdurre una normativa uniforme per tutte le banche popolari, sottraendo agli statuti la determinazione delle maggioranze previste per tali vicende societarie;

§  l'introduzione della possibilità, per tali istituti, di emettere strumenti finanziari con specifici diritti patrimoniali e di voto;

§  l'allentamento dei vincoli sulla nomina degli organi di governo societario, con l'attribuzione di maggiori poteri agli organi assembleari;

§  l'introduzione di limiti al voto capitario, consentendo agli atti costitutivi di attribuire ai soci persone giuridiche più di un voto.

Per quanto riguarda le banche di credito cooperativo, il 10 febbraio 2016 il Governo ha approvato un decreto-legge di riforma del settore, in continuità con la proposta di autoriforma presentata da Federcasse l'8 giugno 2015. Le linee guida dell’intervento riformatore sono:

§  confermare il ruolo delle BCC come banche cooperative delle comunità e dei territori;

§  migliorare la qualità della governance e semplificare l’organizzazione interna;

§  assicurare una più efficiente allocazione delle risorse all’interno del sistema;

§  consentire il tempestivo reperimento di capitale in caso di  tensioni patrimoniali, anche attraverso l’accesso di capitali esterni al mondo cooperativo;

§  garantire l’unità del sistema per accrescere la competitività e la stabilità nel medio-lungo periodo.

Il decreto-legge n. 18 del 2016 recepisce gli indirizzi emersi in sede di autoriforma delle banche di credito cooperativo, prevedendo che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo è consentito solo alle BCC appartenenti un gruppo bancario cooperativo; parallelamente vengono innalzati i limiti al numero minimo di soci (500) e al valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro) in una BCC.

 

Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo può continuare l'attività bancaria solo a seguito di un'autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A..

In deroga alla disciplina sulla devoluzione del patrimonio della cooperativa, che si applica nei casi di fusione e trasformazione di BCC, le banche di credito cooperativo coinvolte in dette operazioni straordinarie possono conferire l'azienda bancaria a una SpA autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria, purché al 31 dicembre 2015 il patrimonio netto sia superiore a 200 milioni di euro. All'atto del conferimento, la BCC conferente deve versare allo Stato il 20 per cento del proprio patrimonio netto. Le riserve indivisibili riconducibili alla BCC, al netto di quanto versato allo Stato, restano nella società cooperativa conferente, che acquisisce la partecipazione nella società bancaria conferitaria. La BCC conferente si obbliga a mantenere le clausole mutualistiche, nonché ad assicurare ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la SpA conferitaria, di formazione e informazione sui temi del risparmio e di promozione di programmi di assistenza.

Le banche di credito cooperativo presenti nelle province autonome di Trento e Bolzano possono costituire autonomi gruppi bancari cooperativi, composti solo da banche aventi sede e operanti esclusivamente nella medesima provincia autonoma. Si consente inoltre la costituzione nel gruppo bancario cooperativo di eventuali sottogruppi territoriali facenti capo a una banca costituita in forma di SpA. Tale soluzione tiene conto delle specificità territoriali del paese e dell'arricchimento che esse potranno fornire al gruppo, anche in termini di maggiore consolidamento del gruppo stesso.

Per quanto riguarda la riforma delle fondazioni bancarie, il Ministero dell'economia e delle finanze (autorità di vigilanza sulle fondazioni di origine bancaria) e l'ACRI, l'associazione rappresentativa delle stesse, hanno firmato il 23 aprile 2015 un Protocollo d'intesa che definisce in modo più analitico della legge i parametri di riferimento cui le fondazioni conformeranno i comportamenti, con l'obiettivo di migliorare le pratiche operative e rendere più solida la governance.

Tra i principi cardine contenuti nel protocollo vi è la diversificazione degli investimenti: una fondazione non può concentrare più del 33% dell'attivo patrimoniale in un singolo soggetto. Inoltre, è previsto un divieto generale di indebitamento, salvo in caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità, e non è permesso l'uso di derivati se non per finalità di copertura o in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali. In ogni caso, l'esposizione debitoria complessiva non può superare il dieci per cento della consistenza patrimoniale (secondo i dati relativi al 2013 sono 27 le fondazioni indebitate, di cui 5 sopra il tetto del 10%). In relazione alla governance, l'organo di amministrazione, il presidente e l'organo di controllo durano in carica per un periodo massimo di quattro anni, rinnovabile una sola volta. Con il protocollo le fondazioni si impegnano a garantire trasparenza nelle loro attività pubblicando sui rispettivi siti web i bilanci, le informazioni sugli appalti, i bandi per le erogazioni, le procedure attraverso le quali si possono avanzare richieste di sostegno finanziario e i criteri di selezione delle iniziative.

 

La gestione dei crediti bancari deteriorati

La eccezionale gravità della recessione ha inciso significativamente sulla qualità degli attivi delle banche italiane, divenuta il principale fattore di vulnerabilità del sistema. A fine giugno i prestiti deteriorati ammontavano a 360 miliardi di euro, pari al 18 per cento del totale; all’interno di questo aggregato, le “sofferenze” ammontavano a 210 miliardi (10,3 per cento degli impieghi). Nel 2008, prima della doppia recessione, l’incidenza dei crediti deteriorati era del 6 per cento, quella delle sofferenze del 3,8.

Tuttavia il livello di sofferenze non è l'unico criterio per valutare il livello di rischio associabile a un istituto di credito o al settore di uno specifico paese. Le banche di altri Paesi, per esempio, risultano molto più esposte di quelle italiane verso i paesi emergenti, che stanno affrontando una difficile fase economica. O ancora sono molto più esposte su quegli strumenti derivati da cui ha preso le mosse la crisi finanziaria tra il 2007 e il 2008, per poi contagiare il comparto del debito sovrano e l'economia reale.

Ma anche restando nell'ambito dei crediti, le statistiche mettono in luce un tasso di copertura dei crediti deteriorati da parte delle banche italiane superiore a quello che si registra in altri Paesi. Gli stessi indici relativi alla leva finanziaria collocano i nostri istituti di credito in una posizione di vantaggio rispetto a quelli degli altri Paesi dell'Eurozona.

Il già richiamato decreto-legge n. 18 del 2016 recepisce l’accordo raggiunto con la Commissione Europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).

La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze per liberare risorse da destinare al finanziamento del sistema produttivo.

In estrema sintesi, oggetto della garanzia dello Stato sono solo le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese.

Non si procede al rimborso dei titoli più rischiosi se prima non sono integralmente rimborsate le tranches di titoli coperto dalla garanzie di Stato.

Le garanzie possono essere chieste dagli istituti che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione europea al fine di non dar vita ad aiuti di Stato.

Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di introdurre nel meccanismo un incentivo a recuperare velocemente i crediti.

Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare.

 

Inoltre, per favorire il recupero dei crediti, è stata inserita una misura che agevola la vendita di immobili in esito a procedure esecutive, prevedendo una netta riduzione dell’imposta di registro che deve essere versata nella misura fissa di 200 euro (anziché del 9% per valore di assegnazione). L'agevolazione è fruibile a condizione che l'immobile sia rivenduto nei due anni successivi.

Tale piano rientra in una più ampia strategia strutturale (come esposto nel comunicato del MEF del 27 gennaio 2016), basata, oltre che sul ritorno alla crescita economica, anche:

§  sul già esposto consolidamento del settore bancario, attraverso la riforma delle maggiori Banche popolari, la riforma delle Fondazioni bancarie, la prossima riforma delle Banche di credito cooperativo;

§  riduzione dei tempi di recupero dei crediti, in Italia storicamente più alti che altrove. In particolare, con il decreto-legge n. 83 del 2015 è stata introdotta una prima revisione delle procedure concorsuali, in attesa della più ampia riforma della legge fallimentare. Tali interventi intendono ridurre i costi di recupero crediti e migliorare il prezzo potenziale dei crediti deteriorati in caso di cessione.

Sul punto si ricorda che il decreto-legge n. 83 ha introdotto disposizioni fiscali relative agli istituti di credito. In particolare, con una modifica alla disciplina delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione, ne viene consentita la deducibilità in un unico esercizio (rispetto ai precedenti 5 anni) ai fini delle imposte dirette; viene bloccata parzialmente l'applicazione delle disposizioni sui Deferred Tax Assets – DTA (che consentono di qualificare come crediti d'imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio). In particolare, si prevede che esse non trovino applicazione per le attività per imposte anticipate, relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all'esercizio in corso al 27 giugno 2015.

 

Nel solco del processo di riforma inaugurato con il D.L. n. 83 del 2015, il 10 febbraio 2016 Governo ha approvato un disegno di legge delega per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, con l’obiettivo di affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale al fine di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l’azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo. Nel disegno di legge di riforma del diritto fallimentare:

§  viene eliminato il concetto di “fallimento” mettendo al centro i concetti di gestione della crisi e dell’insolvenza;

§  vengono semplificate le regole processuali con la riduzione delle incertezze interpretative e applicative che nuocciono alla celerità delle procedure concorsuali;

§  vengono inserite norme per la revisione delle amministrazioni straordinarie (leggi Prodi e Marzano), vengono innalzate le soglie per l'accesso alla procedura e si prevede che i commissari vengano scelti da un apposito albo, il tutto allo scopo di contemperare la continuità produttiva e occupazionale delle imprese con la tutela dei creditori.

 

Lo stato di salute del sistema bancario italiano

Nonostante sia essenzialmente orientato verso la tradizionale attività di intermediazione creditizia, il sistema bancario italiano ha retto, nel complesso, all’urto della crisi, pur con difficoltà, anche gravi, di singoli istituti. Il sistema si è adeguato rapidamente al marcato inasprimento della regolamentazione internazionale, adattandosi altrettanto rapidamente al nuovo regime di Vigilanza europeo.

Le banche hanno fatto fronte alla diminuzione dei ricavi in larga parte attraverso riduzioni dei costi operativi, soprattutto quelli per il personale (-10 per cento, -23 punti base in rapporto all'attivo). Il riassetto organizzativo è stato di ampie dimensioni: dal 2008 il numero di sportelli è diminuito dell'8 per cento e quello dei dipendenti del 12.

Dalla fine del 2008 il capitale di migliore qualità del sistema bancario, la cui definizione è nel frattempo divenuta più restrittiva, è aumentato di oltre 50 miliardi di euro e del 40 per cento, portandosi a quasi 190 miliardi; in rapporto alle attività a rischio è cresciuto dal 7,1 al 12,3 per cento.

Le principali banche hanno raccolto sul mercato dei capitali – in condizioni spesso sfavorevoli – risorse per oltre 40 miliardi di euro.

Al sistema bancario italiano siano state complessivamente indirizzate risorse pubbliche largamente inferiori rispetto ai partner europei.

Come riferito dalla Banca d’Italia nel corso della recente audizione svoltasi presso la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati (in data 9 dicembre 2015) alla fine del 2014, gli aiuti di Stato concessi alle banche ammontavano a 238 miliardi di euro in Germania (8,2 per cento del PIL), 52 miliardi in Spagna (5,0 per cento), 42 miliardi in Irlanda (22,6 per cento), 40 miliardi in Grecia (22,2 per cento), 36 miliardi nei Paesi Bassi (5,5 per cento), 28 miliardi in Austria (8,4 per cento), 19 miliardi sia in Portogallo (11,0 per cento) sia in Belgio (4,6 per cento). A quella stessa data era di circa 1 miliardo il sostegno pubblico in Italia, oggi integralmente restituito.

A fronte del pur ridotto sostegno, lo Stato italiano ha conseguito guadagni netti, a differenza degli altri paesi, che hanno subito forti perdite. Come chiarito dalla BCE nell’articolo “L’impatto fiscale degli interventi a sostegno del settore finanziario durante la crisi”,  pubblicato sul Bollettino economico BCE numero 6 del 2015, in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, le entrate cumulate derivanti dalle misure di assistenza finanziaria sono state lievemente superiori alle uscite.

Si ricorda che il decreto legge n. 95 del 2012 ha introdotto misure finalizzate alla ripatrimonializzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS). L’intervento normativo si inseriva nel solco delle indicazioni e delle direttive fornite in sede europea per il rafforzamento dei requisiti di capitale degli istituti di credito, stante le perduranti tensioni sui mercati finanziari con particolare riferimento ai titoli di debito sovrano. Le citate norme hanno autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze a sottoscrivere nuovi strumenti finanziari, emessi da MPS, per l’importo massimo di 2 miliardi; a tale importo si aggiunge l’emissione di ulteriori 1,9 miliardi, destinata a sostituire le obbligazioni emesse dalla banca nel 2009 (ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008) e non ancora rimborsati. L’importo complessivo dell’emissione autorizzato è stato dunque pari ad un massimo di 3,9 miliardi. Nel luglio 2016 MPS ha emesso a favore del Ministero dell'Economia, a titolo di interessi maturati al 31 dicembre 2014, 117.997.241 azioni ordinarie, pari al 4% del capitale sociale, con contestuale aumento del capitale sociale per euro 243.073.800, rendendo lo Stato azionista di Mps.

 

Di fatto, il costo della crisi dell’economia italiana è stato assorbito in ampia misura dalle banche e dai loro azionisti, anche attraverso un eccezionale aumento delle rettifiche su crediti.

Già l’esito della valutazione approfondita dei bilanci delle banche di tutta l'area euro, svoltasi nell’anno 2014 ai fini dell'avvio della vigilanza unica e reso possibile anche grazie al notevole impegno della Banca d'Italia, sia stato complessivamente positivo per le banche italiane, evidenziando carenze di capitale solo per 4 istituti di credito.

Di recente, in parallelo con la ripresa congiunturale, la redditività delle banche italiane ha registrato un miglioramento, pur contenuto. Nei primi sei mesi dell’anno il rendimento del capitale e delle riserve (ROE) è cresciuto di circa due punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi a poco più del 5 per cento. Il ritorno alla redditività potrà consentire alle banche di irrobustire ulteriormente il patrimonio, attraverso l’autofinanziamento.

Il Bollettino economico della Banca d’Italia di gennaio 2016 evidenzia un miglioramento delle condizioni del credito: viene riportato come la dinamica dei finanziamenti al settore privato si è rafforzata in autunno; i prestiti alle imprese sono cresciuti per la prima volta dopo quasi quattro anni. È proseguito l’allentamento delle condizioni di offerta: il costo medio dei nuovi prestiti alle aziende si colloca su livelli storicamente molto contenuti e il differenziale sul corrispondente tasso medio nell’area dell’euro si è annullato (era pari a circa un punto percentuale alla fine del 2012). Resta tuttavia elevata, pur se in riduzione rispetto ai picchi raggiunti durante la recessione, la dispersione delle condizioni del credito fra settori di attività e per classe dimensionale di impresa.


 

La situazione delle banche europee in sintesi: i dati eba relativi al terzo trimestre 2015

I dati dell’EBA – European Banking Authority (“Risk dashboard data – Q3 2015) sulla situazione delle banche UE, diffusi nel mese di febbraio 2016 con riferimento al terzo trimestre del 2015, mostrano le risultanze di seguito esposte.

Miglioramenti nel capitale delle banche UE.

Il capitale di migliore qualità (Common equity tier 1 - CET1) è aumentato del 13 per cento rispetto al secondo trimestre del periodo di riferimento. Si segnala tuttavia un’ampia dispersione con riferimento ai vari Paesi, sebbene in nessun Paese UE si riscontri un livello di CET 1 inferiore al 10 per cento.

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 9 – Solvency, CET1 Ratio

 

La qualità dei portafogli bancari

L’EBA rileva un miglioramento nella qualità dei portafogli di prestiti bancari, che tuttavia rimane preoccupante: le sofferenze (cd. non performing loans - NPLs) sono scese al 5,9 per cento, con un abbassamento di circa 10 punti-base rispetto al trimestre recedente. Si riscontra tuttavia che le banche più grandi presentano un numero più basso di sofferenze (4,0 per cento) contro le percentuali significativamente più elevate per le istituzioni di minori dimensioni (21,7 per cento). Inoltre, anche con riferimento alle sofferenze il tasso di dispersione per Paese risulta significativo, con un range compreso tra l’1 ed il 50 per cento.

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 10– Credit Risk and Asset Quality; Ratio of nonperforming loans and advances (NPL ratio)

 


 

Tasso di copertura delle sofferenze

Il livello di copertura delle sofferenze è rimasto invariato (43,6 per cento nel terzo trimestre 2015) rispetto al periodo precedente, in quanto sia il numeratore che il denominatore del rapporto coperture/sofferenze si sono abbassati. Anche con riferimento a tale valore si riscontra un ampio tasso di dispersione con riferimento ai vari Paesi, mentre la dispersione non è così significativa in relazione alla dimensione delle banche.

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 11– Credit Risk and Asset Quality; Coverage ratio of nonperforming loans and advances

 

 


 

La redditività delle banche UE: RoE

La redditività delle banche europee rimane bassa. Il return on common equity - RoE, ossia l’indice di redditività del capitale proprio, si è abbassato di 40 punti base rispetto al secondo trimestre 2015, attestandosi al 6,4 per cento; tale percentuale è valida per gli istituti più piccoli, mentre per le banche più grandi esso è risultato pari al 7,3 per cento.

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 14 – Profitability; return on equity (RoE)

 


 

La redditività delle banche UE: RoA

Dall’altro lato, gli istituti più piccoli presentano un più alto indice RoA (return on asset, che misura la redditività relativa al capitale investito o all'attività svolta), pari allo 0,58 per cento, rispetto alle banche di maggiori dimensioni (per le quali è stato pari allo 0,42 per cento).

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 15 – Profitability; return on assets (RoA)

 


 

Rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione

Per quanto riguarda il rapporto cd. cost/income, ovvero il rapporto tra i costi operativi (ad es. costi amministrativi e per il personale) e il margine di intermediazione, nel terzo trimestre 2015 esso ha interrotto il trend in discesa, aumentando nuovamente fino a raggiungere il 59,8 per cento (contro il 59,.2 per cento nel precedente trimestre). Con riferimento alle dimensioni degli istituti, il tasso di dispersione per tale indice è diminuito.

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 16 – Profitability; cost to income ratio

 


 

Margine netto di interesse

Il margine netto di interesse (in sostanza, la differenza tra l’interesse incamerato e quello pagato dagli istituti) è rimasto stabile all’1,6 per cento nel terzo trimestre 2015, più alto per le banche piccole (1,9 per cento) senza particolari differenze riscontrabili a livello dimensionale.

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 17 – Profitability; Net interest income to total operating income

 

 


 

Loan-to-deposit ratio

Il cd. loan to deposit ratio (LTD), che esprime il rapporto tra l’ammontare totale degli impieghi e l’ammontare totale della raccolta diretta, è risultato in diminuzione, attestandosi al 123,3 per cento nel terzo trimestre 2015, di 1,6 punti-base più basso che nel secondo trimestre, e più basso in relazione agli istituti più piccoli (105,2 per cento). Ciò enfatizza l’importanza dei depositi per le banche di minori dimensioni. Così come nei periodi di riferimento precedenti, la leva finanziaria (leverage) è risultata più bassa per le banche piccole (circa 10, contro il valore di 13 delle banche di medie dimensioni e 16 per i grandi istituti).

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 21 - Balance Sheet Structure and Liquidity; loantodeposit ratio for households and nonfinancial corporations

 


 

Attività liquide e passività a breve termine

Il rapporto attività liquide / passività a breve termine è ulteriormente aumentato rispetto al secondo trimestre (20,7 per cento rispetto al 19.7 per cento nel periodo precedente).

 

 

Fonte: EBA, Risk dashboard data, pag. 22 - Balance Sheet Structure and Liquidity; liquid assets to short-term liabilities

 

 

 

 

 


EBA (European Banking Authority), Risk Dashboard,
data as of Q3 2015

 

 

TESTO NON DISPONIBILE



[1]     Il Comitato, istituito dal regolamento UE/2014/806, è pienamente operativo da gennaio 2016.