Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||||
Titolo: | Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati e dei loro succedanei, nonché di fiammiferi - Schema di D.Lgs. n. 106 | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Atti del Governo Numero: 111 | ||||
Data: | 12/09/2014 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VI-Finanze | ||||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Disposizioni in materia di tassazione Schema di D.Lgs. n. 106 |
(artt. 1e 13, L. 23/2014) |
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n. 111 |
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12 settembre 2014 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Finanze ( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it |
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§
Tassazione delle sigarette: il quadro normativo
e l’andamento del mercato.
§
Tassazione di trinciati per sigarette, sigari e
sigaretti (nuovo articolo 39-octies, comma 5, TUA)
§
Disposizioni di coordinamento, finanziarie e
finali (articolo 2)
§
Abrogazione dell’imposta di consumo sui
fiammiferi (articolo 1, comma 1, lettera f))
La legge
11 marzo 2014, n. 23, conferisce una delega al Governo per la
realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla
crescita da attuare entro dodici mesi (26 marzo 2015).
La legge,
che persegue l’obiettivo della riduzione della pressione tributaria sui
contribuenti (articolo 16), si compone di 16 articoli concernenti i
principi generali e le procedure di delega (art. 1); la revisione del catasto
dei fabbricati (art. 2); le norme per la stima e il monitoraggio dell’evasione
e il riordino dell’erosione fiscale (artt. 3 e 4); la disciplina dell'abuso del
diritto e dell'elusione fiscale (art. 5); la cooperazione rafforzata tra
l’amministrazione finanziaria e le imprese, con particolare riguardo al
tutoraggio, alla semplificazione fiscale e alla revisione del sistema
sanzionatorio (artt. 6-8); il rafforzamento dell’attività conoscitiva e di
controllo (art. 9); la revisione del contenzioso tributario e della riscossione
degli enti locali (art. 10); la revisione dell'imposizione sui redditi di
impresa e la previsione di regimi forfetari per i contribuenti di minori
dimensioni, nonché la razionalizzazione della determinazione del reddito
d'impresa e delle imposte indirette (artt. 11-13); la disciplina dei giochi
pubblici (art. 14); le nuove forme di fiscalità ambientale (art. 15).
Nell’esercizio
della delega il Governo deve attenersi, oltre che ai singoli criteri direttivi
esplicitati in ciascun articolo, al rispetto dei princìpi costituzionali,
in particolare di quelli di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione
(uguaglianza e capacità contributiva), nonché del diritto dell’Unione
europea; al rispetto dei princìpi dello statuto dei diritti del
contribuente, con particolare riferimento al rispetto del vincolo di irretroattività
delle norme tributarie; le nuove norme devono inoltre essere coerenti con
quanto stabilito dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo
fiscale.
Ulteriori principi di delega riguardano: la tendenziale uniformità della
disciplina delle obbligazioni tributarie; il coordinamento e la
semplificazione degli obblighi contabili e dichiarativi dei contribuenti;
la coerenza e uniformità dei poteri in materia tributaria; la generalizzazione
del meccanismo della compensazione tra crediti d’imposta vantati dal
contribuente e debiti tributari a suo carico.
Quanto alla
procedura per l’emanazione dei decreti legislativi attuativi, si prevede che le
Commissioni parlamentari competenti hanno 30 giorni (prorogabili
di altri 20) per l’espressione del parere, trascorsi i quali il
provvedimento può essere comunque adottato. Si prevede altresì una procedura
rafforzata analoga a quella prevista per i decreti attuativi della legge
sul federalismo fiscale: qualora non intenda conformarsi ai pareri
parlamentari, il Governo è tenuto a trasmettere nuovamente i testi alle
Camere con le sue osservazioni e con eventuali modifiche. I pareri
definitivi delle Commissioni competenti per materia sono espressi entro
dieci giorni, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati.
Il Governo, nei 18 mesi successivi dalla data di entrata in vigore di ciascun
decreto attuativo, può adottare eventuali decreti correttivi e integrativi.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 3, almeno uno degli schemi dei decreti legislativi deve essere deliberato in via preliminare dal Consiglio dei ministri entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge (27 giugno 2014).
Il Governo è inoltre tenuto a riferire ogni quattro mesi alle Commissioni parlamentari competenti in ordine all'attuazione della delega (in sede di prima applicazione entro due mesi).
Nei decreti legislativi, il Governo deve provvedere all'introduzione delle nuove norme mediante la modifica o l'integrazione dei testi unici e delle disposizioni organiche che regolano le relative materie, provvedendo ad abrogare espressamente le norme incompatibili (articolo 1, comma 9). Il comma 10 prevede inoltre l’emanazione di decreti legislativi recanti le norme necessarie per il coordinamento formale e sostanziale con le altre leggi dello Stato e l'abrogazione delle norme incompatibili con i nuovi decreti.
L’articolo 16 della legge n. 23 (come riformulato dall’ art. 1, comma 11, della legge 23 giugno 2014, n. 89) dispone che dall'attuazione della delega non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, né un aumento della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti.
In considerazione della complessità della materia trattata dai decreti legislativi attuativi e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schema di decreto legislativo la relazione tecnica evidenzia i suoi effetti sui saldi di finanza pubblica.
Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009 ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.
A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Il richiamato comma 2 dell’articolo 17 della legge di contabilità stabilisce che le leggi di delega comportanti oneri devono recare i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.
I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
Il comma 1-bis stabilisce che i decreti legislativi attuativi che recano maggiori oneri entrano in vigore contestualmente o successivamente a quei decreti attuativi che recano la necessaria copertura finanziaria.
In sostanza, tale formulazione permette che uno schema di decreto legislativo attuativo recante maggiori oneri per la finanza pubblica possa essere esaminato dalle Commissioni parlamentari per l’emanazione del parere, ma entrerà in vigore nell’ordinamento contestualmente (o successivamente) all’entrata in vigore di un altro schema di decreto attuativo che invece genererà maggiori entrate per la finanza pubblica.
Alla fine la somma degli effetti finanziari di tutti i decreti attuativi della legge delega dovrà essere pari a zero, in quanto diversamente altererebbe in negativo i saldi della finanza pubblica, o finirebbe con l’aumentare la pressione fiscale complessiva a carico del contribuente.
Il 6 agosto 2014 la Commissione VI Finanze ha espresso parere favorevole, con alcune osservazioni e condizioni, sull'Atto del Governo n. 100, recante lo schema di decreto legislativo per la revisione delle Commissioni censuarie, non ancora emanato.
Il 7 agosto 2014 la Commissione VI Finanze ha espresso parere favorevole, con alcune osservazioni e condizioni, sull'Atto del Governo n. 99, recante lo schema di decreto legislativo in materia di semplificazioni fiscali, anch’esso non emanato. Tra le misure previste nello schema di decreto, si ricorda l'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata, la revisione della disciplina concernente i rimborsi IVA e lo snellimento degli adempimenti connessi ad operazioni intracomunitarie e con i Paesi esteri.
L’articolo 13, comma 2, della legge n. 23 delega il Governo ad
introdurre norme per la revisione delle imposte sulla produzione e sui
consumi, di cui al Testo unico delle
disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi
e relative sanzioni penali e amministrative, (decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504), - oltre che delle imposte di registro, di bollo,
ipotecarie e catastali e delle altre imposte di trascrizione e di
trasferimento, delle imposte sulle concessioni governative, sulle assicurazioni
e sugli intrattenimenti (argomenti non trattati dal presente schema) - secondo
i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) semplificazione degli adempimenti e razionalizzazione
delle aliquote;
b) accorpamento
o soppressione di fattispecie particolari;
c) coordinamento con le disposizioni attuative
della legge 5 maggio 2009, n. 42 in materia di federalismo fiscale. Tale ultimo
criterio sembra peraltro riferirsi alle imposte non trattate dallo schema in
esame.
Si segnala che in materia di accise (ma non con riguardo ai tabacchi), l’articolo 15, in considerazione delle politiche e delle misure adottate dall'Unione europea per lo sviluppo sostenibile e per la green economy, delega il Governo ad introdurre nuove forme di fiscalità, in raccordo con la tassazione già vigente a livello regionale e locale e nel rispetto del principio della neutralità fiscale, finalizzate a orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili, e a rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull'energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo, in conformità con i princìpi che verranno adottati con l'approvazione della proposta di modifica della direttiva 2003/96/CE di cui alla comunicazione COM (2011) 169 della Commissione, del 13 aprile 2011, prevedendo, nel perseguimento della finalità del doppio dividendo, che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili.
Lo schema di decreto legislativo in esame, emanato in attuazione dell'articolo 13 della legge delega per la riforma fiscale (legge n. 23 del 2014), contiene norme dirette a ridefinire l'imposizione sui tabacchi, sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo e sui fiammiferi, contenute essenzialmente nel decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle accise).
Con riguardo alla tassazione delle sigarette, lo schema incide sulla struttura dell’accisa, modificando il rapporto tra componente fissa e proporzionale, innalzando le aliquote dell’accisa globale (al 58,7%) e della componente specifica e riferendo le modalità di calcolo dell’accisa al solo prezzo medio ponderato (PMP) per le sigarette in luogo della classe di prezzo più richiesta (MPPC - Most Popular Price Class).
Per effetto di tale modifica si prevede anzitutto che tanto la componente specifica che quella ad valorem dell'accisa delle sigarette siano determinate con riferimento al PMP-sigarette. Contemporaneamente, viene innalzata la percentuale per il calcolo della componente specifica dall'attuale livello del 7,5 per cento al 10 per cento della somma dell'accisa globale e dell'imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al PMP-sigarette.
Si introduce inoltre un onere fiscale minimo, che prende in considerazione, per fissare un importo minimo di tassazione, sia l'accisa sia l'IVA, pari a euro 170 il chilogrammo convenzionale, che si applica a tutti i prezzi di sigarette per i quali la somma dell'accisa, calcolata in base alle due componenti specifica e ad valorem, e dell'IVA, calcolata con l'applicazione dell'aliquota ordinaria, sia inferiore a euro 170 il chilogrammo.
Per effetto delle modifiche proposte, dunque, la variazione dell’imposta dovrebbe - complessivamente - risultare meno influenzabile dalla variazione del prezzo dei prodotti.
L’esplicito scopo delle norme è dì superare la questione di pregiudizialità sollevata innanzi alla Corte di Giustizia, di perseguire politiche sanitarie di riduzione dell'accessibilità del tabacco, porre in sicurezza l'attuale gettito erariale e generare nuove entrate per l'Erario.
Si introduce un regime di modificabilità delle aliquote consentendone la variazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto dell'andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal presente decreto. Tale variazione riguarda:
a) le aliquote di base sui tabacchi lavorati fino a 0,5 punti percentuali;
b) la misura della componente fissa dell’accisa sulle sigarette, fino a 2,5 punti percentuali;
c) le accise minime per sigarette e tabacchi lavorati, fino a 5 euro.
Per quanto riguarda la tassazione dei tabacchi lavorati diversi dalle sigarette viene modificata la misura dell'accisa minima del tabacco trinciato fino per arrotolare le sigarette, eliminando i possibili profili di censura di illegittimità (essendo l'accisa minima determinata in base a criteri analoghi a quella vigente per le sigarette e, quindi, anch'essa a rischio di dichiarazione di incompatibilità comunitaria). Si prevede quindi l'applicazione di un'accisa minima pari a 115 euro per chilogrammo per i trinciati per sigarette (l'accisa minima, in precedenza pari a euro 105,30 il chilogrammo, è stata elevata a 108 euro al kg dalla Determinazione direttoriale del 15 luglio 2014) e a 25 euro al chilogrammo per sigari e i sigaretti (rispetto alla vigente misura di 22 euro per kg).
Si prevede inoltre la nuova categoria dei “tabacchi da inalazione senza combustione”, definiti come prodotti del tabacco non da fumo che possono essere consumati senza processo di combustone. Si tratta di prodotti idonei a sostituire il consumo di sigarette, ricompresi nell'ambito dei tabacchi lavorati e quindi, in base alla normativa nazionale, assoggettabili ad accisa. Il livello di tassazione della nuova categoria viene calibrato in base a quello che grava sulle sigarette, fissando una accisa in misura fissa per unità dì prodotto, pari al 60 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, calcolata con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale rilevato per l'anno 2013.
Sono sottoposti ad analoga imposta di consumo, pari al 60 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, anche i liquidi costituiti da sostanze diverse dal tabacco, che non hanno una funzione medica, immessi nelle c.d. "sigarette elettroniche", vale a dire quelle sostanze prodotte con l'obiettivo di fornire un'alternativa al fumo di tabacchi lavorati, che funzionano mediante inalazione di una soluzione a base di liquidi (ad esempio, acqua, glicole propilenico, glicerolo, aromi alimentari e nicotina in quantità variabile ovvero assente) vaporizzati da un atomizzatore alimentato da una batteria. La disposizione in esame non fa più riferimento alla succedaneità dei prodotti, bensì alla loro destinazione d'uso. Deve infatti trattarsi di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze diverse dal tabacco, esclusi quelli autorizzati all’immissione in commercio come medicinali. Viene, inoltre, ancorata l'equivalenza con le sigarette tradizionali a criteri oggettivi fissati con determinazione direttoriale.
Anche in tale caso è prevista la possibilità, con decreto ministeriale, di variare l’aliquota dell’imposta di consumo sui prodotti da inalazione per le sigarette elettroniche e dell’accisa sui tabacchi da inalazione senza combustione (60 per cento dell’accisa sulle sigarette) fino a cinque punti percentuali, tenuto conto dell’andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal decreto in esame.
I dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, sono esclusi dalla tassazione.
E’ abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 2015, l'imposta di fabbricazione sui fiammiferi, liberalizzandone pertanto la fabbricazione e la vendita.
Al fine di contrastare più efficacemente fenomeni di elusione, si prevede che con regolamento del Ministro dell'economia delle finanze siano emanate disposizioni sulla rintracciabilità e legittimazione della circolazione dei prodotti del tabacco, conformi a quelle previste dalla direttiva 2014/40/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014.
Le maggiori entrate prodotte dalle norme in commento, quantificate in 163 milioni di euro, confluiranno in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze volto a compensare eventuali nuovi o maggiori oneri introdotti da altri decreti di attuazione della delega fiscale.
Le nuove norme trovano applicazione delle nuove disposizioni a decorrere dal 1° gennaio 2015.
Si rammenta in via preliminare che il prezzo di vendita al pubblico delle sigarette è ripartito tra le seguenti componenti, in applicazione degli articoli del Testo unico delle accise (decreto legislativo n. 504/1995):
§ aggio al rivenditore, che ai sensi dell’articolo 39-septies del TUA è pari al 10 per cento del prezzo di vendita;
§ imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell’articolo 39-sexies del TUA, che è pari al 18,03 per cento del prezzo di vendita al pubblico (c.d. “aliquota di scorporo”, corrispondente all’aliquota del 22 per cento applicata alla base imponibile, cioè al prezzo di vendita al netto della stessa imposta);
§
accisa (articolo
39-octies del TUA);
§
ricavo
del fornitore, che è residuale ed
è pari al prezzo di vendita dedotte tutte le altre componenti.
La Commissione VI Finanze della Camera ha recentemente tenuto numerose audizioni informali in materia di accise e, in particolare, sulla struttura dell’accisa gravante sui tabacchi lavorati. Si darà conto delle principali questioni emerse (e delle soluzioni eventualmente prospettate) durante le audizioni nel corso dei paragrafi successivi.
In via preliminare occorre chiarire che
l’attuale struttura delle accise sulle sigarette è armonizzata
sulla base delle Direttive comunitarie (da ultimo dalla Direttiva n.
2011/64/UE) ed è di tipo misto, ovvero vi è una componente specifica
(in cui la tassazione è calcolata come un ammontare fisso secondo la quantità
di prodotto, che è uguale per tutti i prodotti indipendentemente dal prezzo) ed
una componente ad valorem (calcolata
in percentuale rispetto ad un determinato parametro, generalmente il prezzo di
vendita del prodotto).
Come anche evidenziato da alcuni soggetti auditi presso la VI Commissione Finanze della Camera (Analisi dell’elasticità della domanda nel mercato dei tabacchi lavorati in Italia, Working Paper n. 6 dell’ottobre 2011, CASMEF Working Paper Series- Arcelli Centre for Monetary and Financial Studies della LUISS), se si applica solo una accisa specifica il gettito dell’erario varia in funzione prevalentemente dei volumi di prodotto venduti. Inoltre gli aumenti di prezzo favoriscono i prodotti di prezzo più alto, a causa della minore incidenza percentuale sul prezzo di vendita di un ammontare di tassazione uguale per tutti i livelli di prezzo.
Per quanto riguarda la componente ad valorem, se fosse applicata in via esclusiva il gettito dell’erario sarebbe funzione in prevalenza dei prezzi di vendita dei prodotti. In tal caso gli aumenti di prezzo non comportano una diversa incidenza fiscale a seconda del prezzo, data la natura proporzionale per definizione di questo tipo di tassazione.
L’accisa mista, vigente in UE, si presenta dunque come una combinazione delle due categorie: vi è coesistenza di una componente specifica, uguale per tutte le classi di prezzo, ed una componente ad valorem, variabile in percentuale sul prezzo.
A seconda della predominanza dell’una o dell’altra componente si favoriscono le classi di prezzo più alte oppure l’accisa risulta neutrale. E’ preponderante la componente ad valorem nei Paesi ex monopolisti, quali Italia e Spagna, ed è invece preponderante quella specifica nei Paesi non monopolisti (UK). Un altro elemento di raffronto fra l’accisa (o la componente) specifica e l’accisa (o la componente) ad valorem riguarda l’ effetto moltiplicatore presente nell’imposta ad valorem e non in quella specifica. Questo effetto si verifica quando i prodotti hanno prezzi di fabbrica diversi, in quanto l’accisa (componente) ad valorem “moltiplica” le differenze fra i prezzi finali di vendita e i prezzi di fabbrica.
L’ordinamento
italiano adotta un sistema di tassazione
delle sigarette prevalentemente ad
valorem, ossia in prevalenza
commisurato al prezzo delle sigarette. Le relative disposizioni sono
disciplinate dagli articoli 39-bis e
seguenti del Testo Unico Accise, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995.
Di conseguenza, tale combinazione comporta
una diversa incidenza dell’accisa secondo il prezzo di vendita del
prodotto.
Sulle sigarette della classe di prezzo più
richiesta (articolo 39-octies, comma
2) l'accisa è calcolata applicando la relativa aliquota di base, attualmente
pari al 58,6 per cento, al prezzo di
vendita al pubblico: tale importo costituisce “l'importo di base”.
La misura dell’aliquota
di base è stata elevata dal 58,5 al 58,6 per cento a decorrere dal 15 luglio
2014, in virtù della determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e
dei monopoli adottata nella medesima data, in ottemperanza all’articolo 14,
comma 3 del D. L. n. 91 del 2013, per esigenze di copertura finanziaria delle
misure contenute nel medesimo D.L.
Per le sigarette aventi un prezzo di
vendita al pubblico superiore a quello relativo alle sigarette
della classe di prezzo più richiesta, l'ammontare dell'accisa è
costituito dalla somma dei seguenti elementi:
§ elemento specifico, cioè fisso per unità di prodotto. L’elemento specifico dal 1° gennaio 2014 è pari al 7,5 per cento della fiscalità complessiva (accisa ed IVA) gravante sul “prezzo medio ponderato” (c.d. “WAP” o “PMP”) di tutte le sigarette (attualmente pari a € 228 il chilogrammo). Tale componente specifica è pari a circa 13 euro per 1.000 sigarette (corrispondente ad 1 kg convenzionale).
L’articolo 8, n. 2 della direttiva 2011/64/UE stabilisce che il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è calcolato in riferimento al valore totale di tutte le sigarette immesse in consumo, basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, diviso per la quantità totale di sigarette immesse in consumo; l’articolo 39-quinquies, comma 2-bis del TUA affida a una determinazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottarsi entro il primo marzo di ogni anno solare, il prezzo medio ponderato di vendita al minuto per chilogrammo convenzionale ("PMP-sigarette") in misura pari al rapporto, espresso in euro con troncamento dei decimali, tra il valore totale, calcolato con riferimento al prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, delle sigarette immesse in consumo nell'anno solare precedente e la quantità totale delle medesime sigarette;
§ elemento ad valorem, cioè rapportato al prezzo di vendita, espresso in un valore percentuale. Si calcola applicando alla “classe di prezzo più richiesta” (MPPC, pari a € 215,00 il chilogrammo) l’aliquota di base. Dall’importo così ottenuto viene poi tolto l’elemento specifico; l’ammontare risultante viene rapportato alla classe di prezzo più richiesta e il rapporto così determinato costituisce la misura dell’accisa.
Questo sistema è detto ordinario, per distinguerlo da quello dell’accisa minima (per cui si veda in seguito) che si applica a sigarette aventi un prezzo di vendita inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta, in conformità alle norme europee di riferimento contenute nella citata direttiva 2011/64/UE (articoli 7 e successivi ).
Accanto al regime ordinario, l'articolo 39-octies, comma 4 del decreto legislativo n. 504 del 1995 stabilisce il regime dell'accisa minima.
Il regime dell’accisa minima ha superato il criterio del prezzo minimo, che è stato ritenuto non compatibile con il diritto UE dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione (Causa C-571/08 del 24 giugno 2010); la Corte aveva stabilito infatti che la fissazione di un prezzo minimo di vendita dei prodotti del tabacco non fosse comunitariamente compatibile, precisando che le politiche finalizzate al perseguimento di prezzi elevati sul mercato dei tabacchi lavorati, per ragioni di tutela dell'interesse erariale e della salute pubblica, possono essere basate esclusivamente sulla leva fiscale.
Si rammenta in proposito che la direttiva 2011/64/UE consente agli Stati membri di stabilire un'accisa minima o un onere fiscale minimo, senza prevedere disposizioni particolari in ordine ai criteri o parametri per la loro quantificazione.
Tale regime risponde alla finalità di tutelare anche la salute pubblica (conformemente alla "convenzione quadro" OMS per il controllo del tabacco (FCTC), recepita nell'ordinamento comunitario con la Decisione del 2 giugno 2004 e in quello nazionale con la legge 18 marzo 2008, n. 75): il "considerando" 2 della direttiva 2011/64/UE specifica infatti che la normativa dell'Unione in materia in di tassazione dei prodotti del tabacco deve garantire sia il corretto funzionamento del mercato interno, sia un livello elevato di protezione della salute.
L’articolo 8, n. 6 della Direttiva prevede che gli Stati membri possano infatti stabilire un importo minimo di accisa; l’articolo 7, n. 4 consente, nella misura in cui ciò risulti necessario, che l'accisa sulle sigarette comporti un onere fiscale minimo, sempre che la struttura mista della tassazione e la fascia dell'elemento specifico dell'accisa siano rigidamente rispettate.
Nel silenzio della norma europea, si intende che l’importo dell’accisa minima applicabile possa essere superiore a quanto prescritto dall'articolo 10, comma 2, della Direttiva richiamata: tale norma fissa, in particolare, un livello minimo di accisa che deve essere pari al 60 per cento di incidenza sul prezzo medio ponderato e a 90 euro/chilogrammo convenzionale (pari a 1.000 sigarette), ferma restando la facoltà per gli Stati membri, che applicano sul prezzo medio ponderato un'accisa di almeno 115 euro per chilogrammo convenzionale, di non rispettare il predetto livello dì incidenza.
Come già visto supra, la norma primaria (articolo 39-octies del decreto legislativo n. 504 del 1995), sulle sigarette della classe dì prezzo più richiesta (MPPC) l'accisa è calcolata applicando la relativa aliquota di base al prezzo di vendita al pubblico. Tale importo costituisce il cd. “importo di base”.
Per le sigarette aventi un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta si applica la cd. “accisa minima”, pari al centoquindici per cento del richiamato importo di base (comma 4 del vigente articolo 39-octies)
Tuttavia il regime dell’accisa minima, nella formulazione adottata dal citato articolo 39-octies è stato sospettato di non compatibilità comunitaria dalla Commissione europea che, per questo, ha avviato una procedura dì infrazione nei riguardi dell'Italia (n. 2011/4175, per cui si veda ai paragrafi successivi).
Dall’altro lato il giudice nazionale (Consiglio dì Stato, Sezione IV, ordinanza n. 3885/2013 del 17 luglio 2013, su appello proposto avverso la sentenza del Tar Lazio, Sezione n, n. 3142 del 5 aprile 2012, già sfavorevole all'Amministrazione e pronunciata su ricorso di un produttore) ha rimesso alla Corte di Giustizia la valutazione della compatibilità comunitaria del regime dell'accisa minima.
In particolare, il CdS ha osservato che l'articolo 8, n. 2 della direttiva n. 95179/CE e ara l'articolo 7, n. 2 della direttiva 2011/64/CE sanciscono che l'accisa proporzionale (ora accisa "ad valorem' ), oltre che l'importo dell'accisa specifica, devono essere eguali per tutte le sigarette. Si deve intendere dunque che l'aliquota di applicazione dell'accisa (ossia il rapporto tra la misura dell'accisa e il prezzo base) non possa divergere a seconda della classe di prezzo delle sigarette.
Il Consiglio di Stato ha inoltre ritenuto che, stante l’esplicita possibilità per gli Stati membri di fissare una misura minima dell'accisa, occorre chiarire se tale misura possa essere fissata in misura più che proporzionale (115%) rispetto all'importo di base, gravante sulle sigarette aventi un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta.
Tale regime determina, a parte dei giudici, un duplice effetto:
- costringe i produttori a vendere a prezzi più elevati di quelli che potrebbero altrimenti praticare, e quindi di rinunciare a eventuali vantaggi concorrenziali connessi alla propria organizzazione tecnico-produttiva e alla capacità di approvvigionarsi di materie prime a costi inferiori e/o di sostenere costi inferiori di lavorazione;
- rendere relativamente indifferenti per consumatori l'acquisto delle sigarette aventi prezzo di vendita inferiore a quelle delle sigarette della classe di prezzo più richiesta, in funzione della minore convenienza del loro prezzo d'acquisto connesso al correlato aumento in misura pari alla più elevata accise imposta. Ciò finisce per orientarli, quale effetto indiretto, verso le sigarette di classe di prezzo più elevata.
In attesa della ulteriore pronuncia della Corte dì Giustizia, i giudici nazionali hanno tuttavia già provveduto a disapplicare il regime dell’accisa minima. A causa della dovuta ottemperanza alle decisioni del giudice nazionale l'accisa minima sulle sigarette, nella misura prevista dalla normativa vigente (cioè pari attualmente ad euro 144,65 il chilogrammo per tutti i prezzi inferiori alla classe di prezzo più richiesta) è di fatto disapplicata nella quasi generalità dei casi; trova dunque applicazione l'accisa minima pari a 125,78 euro, calcolata secondo il sistema previgente (pari al 100 per cento, e non al 115 per cento, dell'accisa sulla classe di prezzo più richiesta).
Si rammenta in materia che la già richiamata determinazione direttoriale del 15 luglio 2014 ha poi fissato l’accisa minima prevista dall’articolo 8, comma 6, della direttiva del Consiglio 21 giugno 2011, n. 2011/64/UE in misura pari a 126,80 euro per chilogrammo convenzionale, qualora l’accisa risulti inferiore a detto importo, a decorrere dal 1° agosto 2014.
La struttura dell’accisa vigente in Italia ha influenzato profondamente le tendenze del mercato dei tabacchi e, di conseguenza, anche l’andamento delle entrate erariali derivanti dalla vendita delle sigarette.
La storica tendenza di tali entrate è stata caratterizzata (fino al 2011) da un costante incremento, coerentemente ai costanti aumenti operati dai. L’aumento si è infatti registrato anche in presenza di un calo nei consumi: dal 2006 al 2011 il consumo delle sigarette è diminuito di circa 8,3 milioni di chilogrammi (dell’8,89 per cento) mentre il gettito, a titolo di accisa, è aumentato del 10,65 per cento, con un maggior gettito, nei sei anni, di 1.025 milioni di euro. Agli aumenti di prezzo, tuttavia, sono corrisposte contenute ripercussioni sui volumi venduti, comunque in costante calo.
Dal 2011 al 2013 in poi è stata invece rilevata una riduzione dei consumi di circa 11,5 milioni di kg, cui è conseguita una contrazione del gettito, a titolo di accisa, di circa 500 milioni di euro.
Nel luglio del 2011 i produttori di sigarette hanno chiesto un incremento generalizzato dei prezzi di euro 0,10 il pacchetto, cui hanno fatto seguito aumenti di euro 0,20 e di euro 0,10 il pacchetto; tali aumenti sono stati indotti, rispettivamente, dall'aumento dal 20 al 21 per cento (settembre 2011) dell'aliquota ordinaria dell'IV A e della tassazione per effetto della modifica della classe di prezzo più richiesta (febbraio-marzo 2012).
In relazione a tali aumenti di prezzo il mercato ha successivamente registrato una forte riduzione dei consumi e, di conseguenza, la diminuzione delle entrate erariali.
La Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento ha imputato ulteriori conseguenze negative per le entrate erariali alla richiamata disapplicazione comunitaria dell’accisa minima, operata dal giudice nazionale. Infatti le vicende giudiziarie sulla accisa minima e la nuova misura applicata non si sono dimostrate un efficace contrasto alla riduzione dei prezzi. Quasi tutti ì produttori hanno ridotto i prezzi di alcune marche di sigarette.
Tale riduzione dei prezzi non è stata limitata alle sigarette assoggettate ad accisa minima (nel qual caso non si sarebbero registrate conseguenze per l'Erario particolarmente rilevanti, poiché l'accisa dovuta sarebbe stata comunque pari a quella minima ed il minor prezzo di vendita avrebbe solo diminuito le entrate da IVA).
Essa ha invece riguardato anche importanti marche dì sigarette (il cui prezzo è stato abbassato da 4,60 a 4 euro per pacchetto da 20 sigarette), cui si applicava un'accisa superiore a quella minima, con un pregiudizio erariale rilevante.
I soggetti auditi presso la VI Commissione Finanze della Camera – principalmente i rappresentanti della categoria economica dei produttori –, pur condividendo le preoccupazioni per il suesposto trend del mercato del tabacco, hanno esposto posizioni diverse relativamente ai problemi del settore e, in particolare, alle soluzioni da proporre.
I rappresentanti dei produttori di sigarette di fascia di prezzo più bassa, durante le audizioni in Commissione Finanze, hanno apertamente espresso la propria contrarietà a modificare la vigente struttura dell’accisa e, in particolare, all’eventuale incremento della quota dell’elemento specifico, a svantaggio della quota dell’elemento proporzionale: tale cambiamento beneficerebbe i prodotti più costosi a scapito dei prodotti meno cari.
Tali produttori (Gruppo Imperial Tobacco) sembrano attribuire un ruolo chiave nel declino dei consumi all’inasprimento dell’IVA del settembre 2011 (dal 20% al 21%). L’aumento dell’IVA ha spinto il livello dei prezzi della classe di prezzo più richiesta al di sopra della soglia dei 4,00 euro. A parere dei rappresentanti di categoria, tale prezzo costituisce la soglia al di sopra del quale i consumatori avrebbero iniziato a ricercare alternative di acquisti più economiche, anche nel mercato illecito. Hanno rilevato inoltre che, in questo contesto, il segmento che più avrebbe sofferto è stato quello dei prodotti di fascia prezzo più bassa, che ha provocato anche una consistente perdita di gettito. I prezzi più elevati, infatti, e la conseguente riduzione della capacità di spesa avrebbero infatti motivato i consumatori con reddito minore a cercare soluzioni più economiche, anche al di fuori del mercato legale.
Altri (British American Tobacco Italia)
hanno ritenuto che le soluzioni alternative rispetto allo “status quo”, oltre a
non generare incrementi di gettito fiscale, piuttosto possano ingenerare effetti
negativi sulle entrate del comparto, ritenendo più opportuno il contrasto al
mercato illegale.
I rappresentanti dei produttori di sigarette aventi prezzo più elevato categoria (Philip Morris Italia) hanno rilevato come, fino al 2010-2011 l’elasticità della domanda all’offerta nel mercato dei tabacchi fosse stata sempre inferiore all’unità, con una netta inversione di tendenza dal 2012. Il consumatore si sarebbe rivelato, negli ultimi anni, particolarmente sensibile agli aumenti di prezzo e maggiormente attratto da segmenti di consumo a minor costo (sigarette a basso prezzo, trinciati, sigarette elettroniche o mercato illecito). La struttura del prezzo delle sigarette in Italia e la prevalenza della componente ad valorem avrebbero accentuato una spinta al ribasso dei prezzi, con impatti negativi sui ricavi di tutti i partecipanti alla filiera e soprattutto sul gettito erariale. Raffrontando l’esperienza Italiana con quella di altri Paesi europei (Grecia), si è auspicato un adeguamento dell’imposizione alle mutate dinamiche di mercato, con il ripristino di un trend di crescita delle entrate fiscali; ciò perseguendo sia la massimizzazione del gettito fiscale che le politiche di salute pubblica che mirano ad un aumento dei prezzi - non ad una diminuzione di essi - al fine di ridurre i consumi. In Grecia nel novembre 2012 il Governo ha avviato una riforma radicale del sistema delle accise sui tabacchi lavorati, impostata su due cardini: ristrutturazione delle accise con il conferimento di maggior peso della componente specifica e l’avvicinamento della imposizione su sigarette e trinciati.
Il 24 ottobre 2012 la Commissione europea ha
inviato all’Italia un parere motivato, nell’ambito della procedura di
infrazione n. 2011/4175, con il quale rileva l’incompatibilità dell'art. 39-octies
del decreto legislativo del 504/95, modificato dal D.Lgs. n. 90/2010, con gli
artt. 7 e 14 della Direttiva 2011/64/UE.
La Commissione ricorda preliminarmente che la direttiva
in questione intende eliminare, nel settore dei tabacchi lavorati, le discriminazioni
che i singoli Stati potrebbero applicare nei confronti dei prodotti
importati da altri Stati dell'Unione. Pertanto, onde creare un'uniformità
di trattamento, A questo scopo i citati artt. 7 e 14 dispongono che ogni
Stato membro possa applicare, a tali merci, solo i due seguenti tipi di accisa:
§
un'accisa "ad valorem",
operante mediante applicazione di un'unica aliquota ad una base imponibile
rappresentata dal prezzo delle rispettive categorie di prodotti, pertanto
generatrice di un gettito fiscale variabile a seconda della diversità dei
prezzi;
§
un'accisa "specifica",
fissata sempre nel medesimo importo per tutti i prodotti di una categoria, a
prescindere dall'entità dei rispettivi prezzi e, quindi, generatrice di un
introito invariabile.
La normativa italiana sopra menzionata prevede
l'applicazione, alle sigarette e al tabacco tagliato "fino", di
un'accisa definita "minima", la quale, in quanto fissa nel suo
ammontare, costituisce un tipo particolare di accisa "specifica".
Detta accisa minima non è applicata a tutte le classi di tabacchi lavorati
compresi in una categoria omogenea, ma solo alle classi più economiche. In
particolare, infatti, le sigarette e il tabacco tagliato "a taglio
fino" - il cui prezzo risulti inferiore al prezzo della classe di prodotti
analoghi più richiesta - sopportano un'accisa maggiorata rispettivamente del
25% e del 9% rispetto all'accisa riferita alla predetta classe più richiesta.
Secondo la Commissione ne deriva che, in quanto l'accisa produce una
lievitazione del prezzo del prodotto e si scarica pertanto sul consumatore, i prodotti
più economici finiscono per perdere la loro competitività, a tutto
vantaggio del prodotto appartenente ad una classe di prezzo superiore. Di
conseguenza, poiché i prodotti meno costosi sono importati prevalentemente
da altri Stati UE, la normativa italiana finisce per incoraggiare il
consumo dei prodotti interni a scapito di quelli transfrontalieri,
introducendo quelle discriminazioni la cui eliminazione costituisce l'obiettivo
della disciplina UE.
Inoltre, la Commissione rileva come, in base
ai medesimi artt. 7 e 14, l'applicazione dell'accisa "specifica" (di
cui l'accisa "minima" italiana costituisce un sottotipo) debba
coinvolgere tutti i prodotti di un certo tipo, senza distinzione relativa ai
diversi prezzi delle singole classi.
Infine, la Commissione osserva che, a rigore terminologico e giuridico, un'accisa "minima" presupporrebbe che, nell'ambito della tassazione di una certa tipologia di prodotti, venga stabilito che il gettito fiscale non possa essere inferiore ad un certo livello, che è quello derivato dall'accisa "minima" stessa. L'accisa in questione non potrebbe pertanto definirsi "minima", in quanto di importo superiore a quella applicata ai prodotti del tabacco più costosi facenti parti della stessa tipologia.
Alla luce del quadro così delineato, con particolare riferimento alla crisi del mercato del tabacco e al contenzioso relativo all’accisa minima, il legislatore delegato intende apportare modifiche complessive alla tassazione del settore. L’esplicito scopo delle norme dello schema in esame è dì superare !a questione di pregiudizialità sollevata innanzi alla Corte di Giustizia, di perseguire politiche sanitarie di riduzione dell'accessibilità del tabacco, porre in sicurezza l'attuale gettito erariale e generare nuove entrate per l'Erario.
In estrema sintesi, si intende incidere sulla struttura dell’accisa sulle sigarette, modificando il rapporto tra componente fissa e proporzionale, innalzando le aliquote dell’accisa globale e della componente specifica e riferendo le modalità di calcolo dell’accisa al solo prezzo medio ponderato per le sigarette.
Per effetto delle modifiche proposte, dunque, la variazione dell’imposta dovrebbe - complessivamente – risultare meno influenzabile dalla variazione del prezzo dei prodotti.
Si rammenta preliminarmente che le norme in commento nei paragrafi successivi dovrebbero trovare applicazione dal 1°gennaio 2015.
Fino alla predetta data, le disposizioni in esame confermano gli aumenti di accisa previsti dalla Determinazione Direttoriale del 15 luglio 2014, già operativi dal 1° agosto 2014, relativi sia all’aliquota di base (58,6 per cento) che per l’accisa minima (126,8 euro per kg convenzionale) (articolo 2, comma 2, lettera b) dello schema in esame).
Con un primo gruppo di norme (articolo 1,
comma 1, lettera b)) viene
modificato il comma 2 dell'articolo 39-quinquies
del TUA, che definisce le modalità con cui vengono fissate le tabelle di ripartizione dei prezzi di
vendita al pubblico delle sigarette, eliminando il riferimento al parametro
della "classe di prezzo più richiesta" ("MPPC”) che viene
sostituito con quello del "prezzo
medio ponderato" ("PMP" o “WAP”) di vendita per chilogrammo
convenzionale. Dal momento che si trasfonde nel comma 2 il contenuto
dell’attuale comma 2-bis (in relazione alle modalità di calcolo del PMP), tale comma è
conseguentemente soppresso.
Di conseguenza, le tabelle di riparto dei prezzi di vendita saranno stabilite con riferimento al prezzo medio ponderato di vendita per kg convenzionale, determinato annualmente entro il primo marzo dell’anno solare successivo, sulla base del rapporto (in euro) tra il valore totale, calcolato con riferimento al prezzo di vendita comprensivo di tutte le imposte, delle sigarette immesse in consumo nell'anno solare precedente e la quantità totale delle medesime sigarette.
Il secondo gruppo di modifiche (articolo 1, comma 1, lettera c)), sostituendo integralmente l’articolo 39-octies, modifica la struttura dell’accisa sulle sigarette - in quanto incide sul rapporto tra componente fissa e proporzionale - innalza le aliquote dell’accisa globale e della componente specifica e semplifica le modalità di calcolo dell’accisa, riferendola al solo PMP.
Per effetto delle modifiche proposte, la variazione dell’imposta diventa complessivamente meno influenzata dalla variazione del prezzo.
I commi 1 e 2 dell’articolo 39-octies non vengono sostanzialmente modificati rispetto alla normativa vigente.
In primo luogo sono modificate le modalità di calcolo della cd. accisa globale (novellato articolo 39-octies, comma 4), elemento che – alla luce delle modifiche proposte – sarà utilizzato nel calcolo dell’accisa complessiva.
L’accisa globale verrà calcolata
applicando l'aliquota dì base,
la cui misura è fissata nel 58,7 per cento (ai sensi dell’articolo 1,
comma 1, lettera g) dello schema
in esame) al prezzo medio ponderato vigente per le sigarette (novellato
comma 4 dell’articolo 39-octies).
Si rammenta che la norma vigente (articolo 39-octies, comma 3 del TUA) fissa il cosiddetto “importo di base” come elemento per il calcolo dell’accisa combinata, che si ottiene applicando l’aliquota di base alle sigarette della classe di prezzo più richiesta.
Essa (novellato articolo 39-octies, comma 10) non
potrà comunque essere inferiore a euro 90 per mille sigarette,
indipendentemente dal PMP delle sigarette.
In secondo luogo, la composizione dell'accisa sulle sigarette continuerà ad essere mista, ossia costituita dalla somma di una componente fissa e di una ad valorem. Viene tuttavia eliminato il riferimento alle diverse modalità di calcolo riferita alla classe di prezzo dei vari prodotti.
Per quanto riguarda la componente specifica (novellato articolo 39-octies, comma 3, lettera a)) per unità di prodotto, essa sarà pari al 10 per cento (soglia così innalzata dall’attuale 7,5 per cento) della somma di accisa globale ed IVA, calcolate con riferimento al “PMP-sigarette”, con modalità di computo analoghe alla legislazione vigente. Per tale componente, dunque, l’elemento innovativo consiste nell’innalzamento dell’aliquota.
Come già evidenziato nei paragrafi precedenti, la struttura impositiva dell’accisa sulle sigarette in Italia è prevalentemente "proporzionale"; ciò consente al legislatore di mantenere tra prezzi le differenze sussistenti nei costi complessivi. A ciò corrisponde, secondo la Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, una maggiore opportunità di competizione, in un settore in cui sono vietate dalla legge attività pubblicitarie e promozionali.
Dal punto di vista del gettito, in una congiuntura che vede i prezzi in costante crescita (come è accaduto sino al 2011) la tassazione "proporzionale" è foriera di maggiore rendimento fiscale, in quanto adegua immediatamente la fiscalità ai nuovi livelli dì prezzo.
La Relazione illustrativa motiva l’innalzamento dell’aliquota della componente specifica con la congiuntura attuale del mercato delle sigarette che, come già visto, evidenzia un rischio di ulteriore riduzione dei prezzi di vendita. Di conseguenza, appare opportuno al legislatore delegato attenuare il grado di proporzionalità del sistema fiscale.
Viene altresì innovata la modalità di computo della componente ad valorem. In particolare (novellato articolo 39-octies, comma 3, lettera b)), l’importo di tale elemento verrà calcolato applicando un'aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico, che corrisponde all'incidenza percentuale sul prezzo medio ponderato delle sigarette (PMP) dell'accisa globale sul medesimo PMP, diminuita della componente fissa.
Come già visto nei paragrafi precedenti, anche a legislazione vigente la componente proporzionale deriva dall'applicazione di una aliquota proporzionale al prezzo di vendita al pubblico, con una sostanziale differenza: attualmente essa corrisponde all'incidenza percentuale del cd. “importo di base” (aliquota di base applicata al prezzo di vendita al pubblico), sul prezzo di vendita al pubblico delle sigarette della classe di prezzo più richiesta, diminuito dell'importo specifico fisso.
Di conseguenza per la determinazione della componente ad valorem si intende superare il parametro della "classe di prezzo più richiesta" ("MPPC”) sostituendolo con quello del "prezzo medio ponderato" ("PMP" o “WAP”) di vendita per chilogrammo convenzionale, ovvero del medesimo parametro che, ai sensi del citato articolo 39-quinquìes, comma 2-bis, rileva per il calcolo dell'elemento specifico, in coerenza con l'articolo 8, comma 1, della direttiva 2011/64/UE.
Tale modifica comporta un aumento della fiscalità (intorno a 0,3 punti percentuali) su tutti i prezzi non gravati dall’onere fiscale minimo (introdotto in sostituzione dell’accisa minima). A tale proposito, l’opportunità della modifica risiede anche nella possibilità di calcolare le due componenti della tassazione delle sigarette con riferimento ad un unico oggettivo parametro (WAP), in linea con la maggioranza dei Paesi UE.
Il prezzo medio ponderato infatti, per sua natura, come sostenuto dalia Commissione nella relazione al Parlamento europeo e al Consiglio del 16 luglio 2008, presentata per la modifica delle direttive 92179/CE, 92/80/CE e 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati, costituisce un parametro uniforme per l'applicazione di un livello minimo di accisa in tutti gli Stati membri e non è soggetto a fluttuazioni a seconda delle variazioni nei modelli di consumo come la classe di prezzo più richiesta ed è meno influenzabile dalle politiche tariffarie praticate dai produttori.
Le disposizioni in commento introducono poi
un cosiddetto “onere fiscale minimo” per le sigarette, in luogo della
vigente “accisa minima”, per contemperare le esigenze di gettito fiscale con la
necessità sia di superare i rilievi mossi dalla Commissione europea e sia di
evitare la disapplicazione della normativa vigente da parte delle autorità
nazionali.
Si ricorda che a legislazione vigente l’accisa minima corrisponde al centoquindici per cento dell’imposta di base e grava sulle sigarette aventi un prezzo di vendita al pubblico inferiore a quello delle sigarette della classe di prezzo più richiesta. Per effetto della suesposta pronuncia giurisdizionale del Consiglio di Stato, tale misura è di fatto stata disapplicata, ripristinando il sistema previgente (100 per cento dell’importo di base, 125,78 euro). La richiamata determinazione direttoriale del 15 luglio 2014 ha poi fissato la misura dell’accisa minima sulle sigarette in 128,6 euro a decorrere dal 1° agosto 2014.
Per effetto delle modifiche in commento (novellato articolo 39-octies, comma 6), le sigarette sono colpite da un onere fiscale minimo pari a 170 euro per chilogrammo convenzionale (1000 sigarette); esso si applica (comma 7) ai prodotti i cui prezzi di vendita per i quali la somma dell’IVA (ad “aliquota di scorporo” del 18,03 per cento del prezzo di vendita al pubblico ai sensi dell’articolo 39-sexies TUA, non modificato dalle norme in commento) e dell’accisa, sia inferiore a 170 euro/chilo (cioè fino al prezzo di circa 220 euro/chilogrammo). L’accisa su tali prezzi di vendita è quindi pari alla differenza tra l’onere fiscale minimo e l’importo dell’IVA (comma 8).
Oltre tale livello di prezzo, infatti, l'onere fiscale complessivo (accisa più IVA) risulta di importo superiore all'onere fiscale minimo di 170 euro/chilogrammo.
A parere del legislatore delegato, la previsione dell'onere fiscale minimo pari a 170 euro/chilogrammo risulta coerente con gli obiettivi propri di un onere minimo di tassazione (esigenza di tutela degli interessi erariali e della salute pubblica), in quanto incide in misura più rilevante sui prezzi molto bassi ed in misura più attenuata sui prezzi via via più elevati, così da implicare un riposizionamento verso l'alto dei prodotti di prezzo basso e molto basso (fermo restando che taluni produttori potrebbero decidere di assorbire in tutto o in parte il maggior tributo e non applicare al prodotto alcun aumento o un aumento più contenuto). Tale sistema è applicato in Germania dal 2010, in un contesto nel quale, a seguito di incrementi significativi della tassazione sul settore, si era verificato, come in Italia, un decremento delle relative entrate erariali. La modifica in tal modo della tassazione dei tabacchi ha prodotto i suoi primi risultati positivi in termini di gettito in Germania già a partire dall'anno successivo (con un incremento di circa il 7 per cento rispetto al 2010) ed è considerato uno dei modelli più in grado di tutelare la salute pubblica e garantire la stabilità alle entrate erariali, anche in presenza dello spostamento dei consumi da prodotti collocati nelle fasce di prezzo alto a quelli più economici, assicurando comunque la concorrenzialità del mercato.
Le norme in commento introducono altresì un regime di modificabilità delle aliquote così previste (articolo 1, comma 2 dello schema) consentendone la variazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto dell'andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal presente decreto.
Tale variazione riguarda:
a) le aliquote di base sui tabacchi lavorati (di cui al comma 1 dell'articolo 39-octies del TUA, nella nuova formulazione) fino a 0,5 punti percentuali;
b) la misura della componente fissa dell’accisa sulle sigarette, fino a 2,5 punti percentuali;
c) le accise minime per sigarette e tabacchi lavorati, fino a 5 euro.
Per il solo anno 2015 tali variazioni potranno essere effettuate, nel corso dell'anno 2015, con riferimento alle aliquote, alla misura percentuale e agli importi stabiliti con le norme in commento; dal 2016 le variazioni potranno essere effettuate con riferimento alle aliquote, alla misura percentuale e agli importi in vigore alla data della loro ultima modificazione (comma 3).
Si rammenta da ultimo che rimane pressoché invariata l’assimilazione normativa di altri prodotti alle sigarette (ai sensi del novellato comma 9 dell’articolo 39-octies, corrispondente al comma 6 dell’articolo vigente), che sottopone ad accisa sulle sigarette, in misura diversa, i prodotti aventi alcune specifiche tecniche di dimensioni. In particolare, un prodotto è considerato come due sigarette quando ha una lunghezza, esclusi filtro e bocchino, maggiore di 8 centimetri, ma non superiore a 11 centimetri, come tre sigarette quando ha una lunghezza, esclusi filtro e bocchino, maggiore di 11 centimetri ma non superiore a 14 centimetri, e così via.
Lo schema di decreto in esame apporta alcune modifiche concernenti la tassazione dei tabacchi lavorati diversi dalle sigarette. In particolare viene modificata la misura dell'accisa minima del tabacco trinciato fino per arrotolare le sigarette, eliminando i possibili profili di censura di illegittimità (essendo l'accisa minima determinata in base a criteri analoghi a quella vigente per le sigarette e, quindi, anch'essa a rischio di dichiarazione di incompatibilità comunitaria).
La direttiva 21 giugno 2011, n. 2011/64/UE consente infatti (articolo 14), la facoltà per gli Stati membri di stabilire un importo minimo di accisa anche per i prodotti diversi dalle sigarette, per le medesime finalità di cui si è detto (tutela del gettito erariale e della salute pubblica).
Si rammenta che il vigente articolo 39-octies (comma 2-bis) fissa un valore minimo di imposta di consumo, gravante sul tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette, che riguarda i prodotti aventi un prezzo inferiore alla classe di prezzo più richiesta: essa è pari al centonove per cento dell'imposta di consumo applicata su tale classe di prezzo.
Tale “classe di prezzo più richiesta” è determinata il primo giorno di ciascun trimestre secondo i dati di vendita rilevati al trimestre precedente.
Per i sigari e sigaretti di peso inferiore a 3 grammi, l'accisa dovuta sui prezzi inferiori al prezzo medio ponderato è fissata nella misura del 100 per cento dell'accisa applicata su tale prezzo (comma 2-quater dell’articolo 39-octies).
Il prezzo medio ponderato di tali prodotti è espresso in euro con troncamento dei decimali ed è determinato trimestralmente secondo i dati di vendita rilevati nel trimestre precedente.
Lo schema di decreto legislativo in esame (articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso articolo 39-octies, comma 5) prevede l'applicazione di un'accisa minima pari a 115 euro per chilogrammo, per i trinciati per sigarette (l'accisa minima, in precedenza pari a euro 105,30 il chilogrammo, è stata elevata a 108 euro al kg dalla Determinazione direttoriale del 15 luglio 2014) e a 25 euro al chilogrammo per sigari e i sigaretti (rispetto alla vigente misura di 22 euro per kg).
Si ricorda che anche tali aliquote sono modificabili (articolo 1, comma 2 dello schema) con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto dell'andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal presente decreto.
Tale variazione riguarda:
a) le aliquote di base sui tabacchi lavorati (di cui al comma 1 dell'articolo 39-octies del TUA, nella nuova formulazione) fino a 0,5 punti percentuali;
b) la misura della componente fissa dell’accisa sulle sigarette, fino a 2,5 punti percentuali;
c) le accise minime per sigarette e tabacchi lavorati, fino a 5 euro;
Per il solo anno 2015 tali variazioni potranno essere effettuate, nel corso dell'anno 2015, con riferimento alle aliquote, alla misura percentuale e agli importi stabiliti con le norme in commento; dal 2016 le variazioni potranno essere effettuate con riferimento alle aliquote, alla misura percentuale e agli importi in vigore alla data della loro ultima modificazione (comma 3).
L’articolo 2 dello schema completa il quadro della riforma delle accise, con norme di coordinamento e disposizioni finanziarie.
Il comma 1, in virtù delle modifiche apportate dalle norme in esame, dispone che non siano aggiornate sino al 31 dicembre 2014 le tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico dei tabacchi lavorati.
Il comma 2 recepisce, fino al 31 dicembre 2014, le modifiche alla misura delle accise già disposte con la Determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 15 luglio 2014, prot. 4691.
Tale determinazione è stata assunta in ottemperanza a quanto previsto dal D.L. 91 del 2013 (articolo 14, comma 3, modificato dal D.L. n. 66 del 2014) dispone l'incremento dal 1° agosto 2014 del prelievo fiscale sui prodotti da fumo in misura tale da assicurare maggiori entrate pari a 23.000.000 di euro per l'anno 2014 e a 50.000.000 di euro a decorrere dall'anno 2015, a copertura delle disposizioni finanziarie ivi recate.
In sostanza, lo schema in esame, con efficacia decorrente dal giorno successivo alla pubblicazione in GU e fino al 31 dicembre 2014, recepisce i seguenti aumenti di accisa:
a) per il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette, si fissa l'accisa minima prevista dall'articolo 14, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 giugno 2011, n. 2011/64/UE, in misura pari a 108,00 euro per chilogrammo, qualora l'accisa risulti inferiore a detto importo;
b) per le sigarette, come già visto in precedenza, l'aliquota di base per il calcolo dell'accisa rimane elevata dal 58,5 per cento al 58,6 per cento e l'accisa minima prevista dall'articolo 8, comma 6, della direttiva del Consiglio 21 giugno 2011, n. 2011/64/UE è pari a 126,80 euro per chilogrammo convenzionale, qualora l'accisa risulti inferiore a detto importo.
Si dispone inoltre la sostituzione delle tabelle allegate a precedenti determinazioni direttoriali in materia di accise con quelle allegate al decreto in commento.
Il comma 3 descrive gli effetti finanziari derivanti dal provvedimento in esame. In particolare, l’obiettivo di gettito (50 milioni di euro) di cui al citato articolo 14, comma 3 del D.L. n. 91 del 2013 è assicurato dalle maggiori entrate conseguenti alla riforma in commento.
Ulteriori maggiori entrate rispetto a detta quota sono quantificate in 163 milioni di euro, che confluiranno nell’apposito fondo disciplinato dall’articolo 16, comma 1, ultimo periodo della legge delega.
Si ricorda che il richiamato articolo 16 stabilisce l’invarianza per la finanza pubblica delle disposizioni emanate in attuazione della delega, demandando alla relazione tecnica relativa a ciascuno schema di decreto legislativo il compito di evidenziare gli effetti sui saldi di finanza pubblica.
Inoltre, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009 ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi, adottati ai sensi della legge delega, presentati prima o contestualmente a quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.
A tal fine le maggiori entrate confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Di conseguenza, le disposizioni proposte, con finalità di coordinamento, abrogano il richiamato articolo 14, comma 3 del decreto-legge n. 91 del 2014 e la determinazione direttoriale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli adottata ai sensi della predetta disposizione (prot. 4691 del 15 luglio 2014).
Infine, il comma 4 sancisce l’applicazione delle nuove disposizioni dal 1° gennaio 2015.
L'articolo 1, comma 1, lettera a), dello schema di decreto integra l'articolo 39-bis del D.Lgs. n. 504 del 1995 (Testo unico sulle accise – TUA) in materia di tabacchi lavorati, prevedendo la nuova categoria dei “tabacchi da inalazione senza combustione” (nuova lettera e-bis) del comma 1), definiti come prodotti del tabacco non da fumo che possono essere consumati senza processo di combustone (nuova lettera e-bis) del comma 2). Si tratta di prodotti idonei a sostituire il consumo di sigarette, ricompresi nell'ambito dei tabacchi lavorati e quindi, in base alla normativa nazionale, assoggettabili ad accisa.
Le nuove tecnologie e le ricerche industriali stanno facendo emergere taluni prodotti che, con diverse modalità, consentono di inalare prodotti del tabacco senza combustione. Si tratta di una nuova categoria merceologica diversa sia dalle normali sigarette (pur essendo costituita da tabacco lavorato), sia dalle c.d. "sigarette elettroniche" (le quali consentono l'inalazione di sostanze liquide diverse dal tabacco lavorato), sia dal tabacco da fiuto (già contemplato dal vigente articolo 39-bis).
In particolare dovrebbe trattarsi di una nuova
sigaretta elettronica a cialda di
tabacco senza combustione, in arrivo sul mercato dal 2015 (prodotta da
Philips Morris).
Ai sensi del nuovo articolo 39-terdecies del Testo unico accise, introdotto dall’articolo 1, comma 1, lettera d) dello schema in esame, il livello di tassazione della nuova categoria viene calibrato in base a quello che grava sulle sigarette. I prodotti in esame sono quindi sottoposti ad accisa in misura fissa per unità dì prodotto, pari al 60 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, calcolata con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale rilevato per l'anno 2013 (comma 2).
La disposizione in commento, quindi, sottopone ad accisa solo le c.d. “cialde di tabacco”, e non le sigarette elettroniche utilizzate per la loro inalazione.
Per i tabacchi da inalazione senza combustione non si applicano le norme previste per i tabacchi lavorati in materia di tariffe di vendita, tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico, Iva, aggio ai rivenditori e accise (articoli da 39-quater a 39-octies). Per quanto riguarda l’etichettatura tali prodotti sono assimilati ai prodotti del tabacco “non da fumo”, e pertanto devono recare sulla parte più visibile della confezione, e su ogni imballaggio esterno utilizzato per la vendita al dettaglio, solo l'avvertenza: «Questo prodotto del tabacco può nuocere alla tua salute e provoca dipendenza». Non soggiacciono, invece, agli obblighi di avvertenze previste per i prodotti da fumo (avvertenze generali: “Il fumo uccide” oppure “Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”; oltre alle avvertenze supplementari) (comma 1 dell’articolo 39-terdecies).
Al riguardo si evidenzia che sarebbe opportuno chiarire, per tale nuova
tipologia di prodotto, le norme applicabili in tema di divieto di pubblicità,
divieto di vendita ai minori e divieto di utilizzo nei luoghi pubblici.
Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli verrà stabilito a quanto equivale un determinato quantitativo di prodotto, rispetto ad un chilogrammo convenzionale di sigarette, in ragione del tempo necessario per il consumo in condizioni di aspirazione conformi a quelle utilizzate per l'analisi dei contenuti delle sigarette.
L'equivalenza dichiarata può essere rettificata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli entro i sei mesi successivi a quello della dichiarazione nel caso di scostamento superiore al 10 per cento rispetto all'equivalenza dichiarata, e la maggiore accisa dovuta è versata entro i sessanta giorni successivi alla notifica dell'atto di rettifica, maggiorata degli interessi di mora (comma 3).
La minore tassazione rispetto a quella gravante sulle sigarette è giustificata dalla minore nocività del prodotto rispetto alle sigarette tradizionali, dovuta alla mancanza di combustione (senza produzione di catrame e sostanze similari).
La norma stabilisce che il soggetto obbligato al pagamento dell'accisa, vale a dire colui che la immette in commercio (depositi fiscali), è tenuto a dichiarare, prima dell'immissione in consumo, l'equivalenza del tabacco ad un chilogrammo convenzionale dì sigarette (comma 3).
Lo schema di decreto legislativo sottopone ad un’imposta di consumo pari al 60 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette anche i liquidi, che non hanno una funzione medica, immessi nelle c.d. "sigarette elettroniche", vale a dire quelle sostanze prodotte con l'obiettivo di fornire un'alternativa al fumo di tabacchi lavorati, che funzionano mediante inalazione di una soluzione a base di liquidi (ad esempio, acqua, glicole propilenico, glicerolo, aromi alimentari e nicotina in quantità variabile ovvero assente) vaporizzati da un atomizzatore alimentato da una batteria. (articolo 1, comma 1, lettera e), che introduce i nuovi commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 62-quater del TUA).
I dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, non sono sottoposti a tassazione (articolo 1, comma 6 dello schema).
Si ricorda che l'articolo 11, comma 22, del D.L. n. 76 del 2013 ha introdotto, nell'ambito del TUA, l'articolo 62-quater, prevedendo un'imposta di consumo del 58,5 per cento sia sui dispositivi, e relative parti di ricambio, sia sui liquidi. In attuazione del predetto articolo, sono stati adottati il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 16 novembre 2013 e quello 12 febbraio2014 di modificazione del primo.
L'applicazione di tale tributo, prevista dal 1° gennaio 2014, non ha ancora trovato concreta attuazione in quanto i citati decreti attuativi sono stati sospesi dal giudice amministrativo (TAR e Consiglio di Stato), a seguito di ricorso presentato da alcuni soggetti che producono o commercializzano i prodotti in esame.
In particolare, il TAR Lazio, con ordinanza n. 4510 del 29 aprile 2014, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 62-quater.
Secondo il TAR remittente tale norma si pone in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione in quanto non individua in maniera oggettiva, ovvero secondo categorie tecnico-giuridiche, i “prodotti succedanei dei prodotti da fumo” colpiti dall'imposta.
Il TAR sostiene, inoltre, che l'indeterminatezza del precetto normativo lede anche il diritto di libera iniziativa economica in quanto gli operatori del settore si trovano nell'impossibilità di pianificare correttamente i propri investimenti e di adeguare le strutture aziendali alla nuova imposizione, per cui risulterebbero violati anche gli articoli 23, 41 e 97 della Costituzione.
Si evidenzia che il 30 aprile 2014 è entrata in vigore la direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE. La direttiva fissa le norme relative alla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati. Questi comprendono le sigarette, il tabacco da arrotolare, il tabacco da pipa, i sigari, i sigaretti, il tabacco non da fumo, le sigarette elettroniche e i prodotti da fumo a base di erbe.
Con riferimento, in particolare alle sigarette elettroniche, la direttiva fissa una serie di requisiti di sicurezza e di qualità. Le nuove regole sono volte ad assicurare la parità di trattamento nell'UE per le sigarette elettroniche contenenti nicotina (i prodotti che non contengono nicotina non rientrano nel campo di applicazione della direttiva).
La direttiva contiene una definizione di “sigaretta elettronica”: un prodotto utilizzabile per il consumo di vapore contenente nicotina tramite un bocchino o qualsiasi componente di tale prodotto, compresi una cartuccia, un serbatoio e il dispositivo privo di cartuccia o di serbatoio; le sigarette elettroniche possono essere usa e getta o ricaricabili mediante un contenitore di ricarica o un serbatoio oppure ricaricabili con cartucce monouso.
La disposizione in esame (nuovi commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 62-quater del T.U. accise) non fa più riferimento alla succedaneità dei prodotti, bensì alla loro destinazione d'uso. Deve infatti trattarsi di prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze diverse dal tabacco, esclusi quelli autorizzati all’immissione in commercio come medicinali.
Come detto, vengono esclusi dalla tassazione i cosiddetti "dispositivi", ossia gli strumenti utilizzati per il consumo dei prodotti, che la norma vigente invece sottopone a tassazione. Viene, inoltre, ancorata l'equivalenza con le sigarette tradizionali a criteri oggettivi fissati con determinazione direttoriale.
La sottoposizione di tali prodotti ad imposta di consumo parte dal presupposto, reso esplicito nella relazione governativa, che i prodotti da inalazione senza combustione, i tabacchi senza combustione (sottoposti come visto sopra ad un’accisa equivalente) e le sigarette costituiscono un unico mercato di riferimento, corrispondendo ad una domanda sostanzialmente omogenea di inalazione di tabacco o di vapori, contenenti o meno nicotina. A giudizio del Governo l’esclusione dal campo impositivo di uno di questi prodotti potrebbe comportare spostamenti di consumo, dovuti solo alla mancanza di uno specifico carico fiscale su di essi, con alterazione della concorrenza e pregiudizio economico degli operatori, oltreché degli interessi erariali.
Si sottolinea che i prodotti che non contengono nicotina sono esclusi dal campo di applicazione della citata direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 (direttiva sui prodotti del tabacco), la quale tra l’altro fissa una serie di requisiti di sicurezza e di qualità per le sigarette elettroniche.
Al riguardo si segnala che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato il 26 agosto 2014 un rapporto sulle sigarette elettroniche raccomandando di vietarne la vendita ai minorenni e il loro uso negli spazi pubblici chiusi.
Divieti di fumo nei locali pubblici, di
pubblicità, di vendita ai minori
In un primo momento ai prodotti
succedanei di quelli da fumo si applicavano le disposizioni vigenti per i
tabacchi lavorati in materia di divieto pubblicitario e promozionale, nonché di
tutela della salute dei non fumatori (articolo 11, comma 23, del D.L. n. 76 del
2013). Tale norma è stata abrogata ed è stata operata una revisione della
disciplina in materia di pubblicità relativa alle sigarette elettroniche
(articolo 4, comma 5-sexies, del D.L.
n. 104 del 2013).
La normativa vigente affida al
Ministero della salute il compito di monitorare gli effetti dei prodotti
succedanei dei prodotti da fumo, al fine di promuovere le necessarie iniziative
anche normative a tutela della salute (articolo 51, comma 10-bis, della legge n. 3 del 2013).
L’articolo 51 della legge n.
3 del 2003 (Disposizioni ordinamentali
in materia di pubblica amministrazione), attiene alla tutela della salute dei non fumatori, sancendo il divieto di fumo nei locali chiusi,
salvo alcune eccezioni, e stabilendo alcune regole a tutela dei non fumatori
relative ai luoghi di lavoro ed agli esercizi di ristorazione. Sono anche
definite, mediante rinvio, le sanzioni amministrative da applicarsi per la
violazione del divieto.
Si ricorda che in tema di “sigarette elettroniche” è stata emanata l’ordinanza del Ministro della salute del 2 aprile 2013 che reca e disciplina il Divieto di vendita sigarette elettroniche con nicotina ai minori di anni 18, analogamente a quanto previsto in tema di divieto di vendita ai minorenni di prodotti del tabacco dall’articolo 7, commi 1 e 3, del D.L. n. 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189/2012.
Nell'ordinamento vige poi un divieto
generale di propaganda pubblicitaria relativa ai prodotti da fumo (legge n. 165
del 1962, D.L.gs. n. 300 del 2004).
I nuovi commi dal 10-ter al 10-decies dell’articolo 51 della legge n. 3 del 2003 (inseriti
dall’articolo 4, comma 5-sexies, del
D.L. n. 104 del 2013) per le sigarette elettroniche non fanno riferimento a
tale divieto, essendo stato soppresso il secondo periodo del comma 10-bis. Per le sigarette elettroniche si
introduce una disciplina più articolata.
In particolare è consentita la
pubblicità di marchi di liquidi o ricariche per sigarette elettroniche
contenenti nicotina, a condizione che essa riporti, in modo chiaramente
visibile: a) la dicitura "presenza di nicotina"; b) l'avvertimento
sul rischio di dipendenza da nicotina. Resta fermo il divieto di pubblicità di
liquidi o ricariche per sigarette elettroniche contenenti nicotina qualora
ricorra uno dei seguenti casi: la pubblicità sia svolta all’interno di
programmi (radiofonici o televisivi) rivolti ai minori o nei quindici minuti
precedenti o successivi alla trasmissione degli stessi; la pubblicità
attribuisca efficacia o indicazioni terapeutiche che non siano espressamente
riconosciute dal Ministero della salute; essa rappresenti minori di anni
diciotto intenti all’impiego di sigarette elettroniche; essa si effettui in
programmi radiotelevisivi nella fascia oraria dalle ore 16 alle ore 19 ovvero
sulla stampa quotidiana e periodica destinata ai minori o nelle sale
cinematografiche, in occasione della proiezione di film destinati
"prevalentemente" alla visione da parte dei minori; essa si svolga
(in forma diretta o indiretta) nei luoghi frequentati
"prevalentemente" dai minori.
La norma in esame, analogamente a quanto sopra previsto per i tabacchi da inalazione senza combustione, prevede un procedimento per "misurare" l'equivalenza con un chilogrammo convenzionale di sigarette e, da qui, determinare l’imposta di consumo pari al 60 per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette sui liquidi, che non hanno una funzione medica, immessi nelle c.d. "sigarette elettroniche".
Anche per i prodotti in esame l'equivalenza dichiarata può essere rettificata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli entro i sei mesi successivi a quello della dichiarazione nel caso di scostamento superiore al 10 per cento rispetto all'equivalenza dichiarata, e la maggiore accisa dovuta è versata entro i sessanta giorni successivi alla notifica dell'atto di rettifica, maggiorata degli interessi di mora.
L'imposta di consumo del 58,5 per cento sui dispositivi, relative parti di ricambio e sui liquidi (prevista dal comma 1 dell’articolo 62-quater) non viene abrogata: continua ad avere applicazione esclusivamente per la disciplina delle obbligazioni sorte in vigenza del regime di imposizione previsto dal medesimo comma 1 e cessa di avere applicazione dall’entrata in vigore del decreto legislativo in esame.
Il comma 6 dell'articolo 1 dello schema prevede espressamente che i dispositivi meccanici ed elettronici per il consumo delle sostanze sono sottratti all'imposizione.
Il comma 2, lettera b), dello schema prevede che con decreto ministeriale possa essere variata l’aliquota prevista per l’imposta di consumo sui prodotti da inalazione per le sigarette elettroniche e per l’accisa sui tabacchi da inalazione senza combustione (60 per cento dell’accisa sulle sigarette) fino a cinque punti percentuali, tenuto conto dell’andamento dei consumi e del livello dei prezzi di vendita, anche al fine di assicurare la realizzazione del maggior gettito complessivo netto derivante dal decreto in esame.
Il comma 3 dello schema prevede che nel 2015 tali variazioni possono essere effettuate con riferimento alle aliquote, alla misura percentuale e agli importi stabiliti con il decreto in esame. Dal 2016, invece, le variazioni saranno effettuate sulla base delle aliquote, della misura percentuale e degli importi in vigore alla data della loro ultima modificazione.
La norma in esame stabilisce l’abrogazione dell’imposta di consumo sui fiammiferi (articolo 62-bis del T.U. accise) e del regime di tariffe di vendita degli stessi (articolo 62-ter).
Conseguentemente si prevede la liberalizzazione della produzione e della vendita dei fiammiferi.
La normativa vigente prevede un regime di tariffe di vendita stabilito dallo Stato. Si veda, al riguardo il tariffario vigente.
L’imposta di fabbricazione sui fiammiferi è costituita da un elenco di aliquote (contenuto nell’allegato I del T.U. accise) che si applicano al prezzo di vendita.
La relazione illustrativa afferma che il gettito di tale imposta ha subito negli anni una continua contrazione, attestandosi nel 2013 in circa 2,5 milioni di euro. La relazione tecnica stima una perdita di gettito derivante dalla abrogazione dell’imposta sui fiammiferi di 3 milioni di euro.
Al fine di contrastare più efficacemente fenomeni di elusione, si prevede che con regolamento del Ministro dell'economia delle finanze siano emanate disposizioni sulla rintracciabilità e legittimazione della circolazione dei prodotti del tabacco, conformi a quelle previste dalla direttiva 2014/40/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 (che abroga la direttiva 2001/37/CE).
La direttiva 2014/40/UE all’articolo 15 ha introdotto un sistema europeo di tracciabilità e di rintracciabilità per combattere il traffico illecito di prodotti del tabacco. Sono definite le caratteristiche di sicurezza visibili e invisibili (come gli ologrammi) che dovrebbero agevolare l'enforcement e aiutare le autorità e i consumatori a riconoscere i prodotti illeciti. Le misure previste dalla direttiva contribuiranno a reincanalare il commercio del tabacco sui percorsi legali e potranno anche aiutare gli Stati membri a recuperare il gettito fiscale perduto. La tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti del tabacco verranno introdotte progressivamente: dapprima saranno le sigarette e il tabacco da arrotolare a dover rispettare le relative regole; seguiranno poi tutti gli altri prodotti del tabacco.
Conseguentemente, il comma 5 dell’articolo 1 dello schema prevede l'abrogazione, al momento dell'entrata in vigore del regolamento ministeriale, delle disposizioni attinenti ai contrassegni tradizionali, disciplinati dall'articolo 39-duodecies del TU. n. 504 del 1995, e alla tracciabilità, di cui all'articolo 6 del D.L. n. 417 del 1991.