Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle riduzioni annuali delle emissioni di gas a effetto serra nel periodo 2021-2030 (COM(2016)482)
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 65
Data: 27/09/2016
Descrittori:
CONSIGLIO EUROPEO   INQUINAMENTO ATMOSFERICO
PARLAMENTO EUROPEO   REGOLAMENTI DELL'UNIONE EUROPEA

27 settembre 2016

 

n. 65

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle riduzioni annuali delle emissioni di gas a effetto serra nel periodo 2021-2030 (COM(2016)482)

 

Tipo di atto

Proposta di regolamento

Data di adozione

20 luglio 2016

Settori di intervento

Ambiente, consumatori e protezione della salute, inquinamento e fattori inquinanti, monitoraggio dell'inquinamento atmosferico

Esame presso le istituzioni dell’UE

Trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo il 20 luglio 2016 e assegnata alla Commissione Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo

Assegnazione

21 luglio 2016 --- Commissione VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici

Segnalazione da parte del Governo

4 agosto 2016

 


Finalità/Motivazione

La proposta di regolamento in esame fissa gli obiettivi a carico di ciascuno degli Stati membri di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nei settori non coperti dal sistema già vigente di scambio di quote di emissione ETS (Emissions trading system). Si tratta dei seguenti settori: energia (in cui rientrano le emissioni da carburanti e da combustibili), agricoltura, processi industriali e uso dei prodotti e rifiuti, vale a dire i cosiddetti settori ESD (in quanto disciplinati dalla cd. Effort sharing decision n. 406/2009/CE).

Gli obiettivi nazionali sono fissati in coerenza con l’obiettivo di riduzione del 30% rispetto al 2005 delle emissioni nei settori ESD entro il 2030.

Secondo la Commissione, la revisione degli obiettivi si rende necessaria poiché, in base alle attuali tendenze e alla vigente disciplina in materia di efficienza energetica, prestazione energetica nell’edilizia, emissioni dei veicoli stradali, economia circolare, discariche e gas fluorurati, le emissioni in tali settori diminuirebbero entro il 2030 soltanto del 24% rispetto ai valori del 2005.

Tutti gli Stati membri dovranno contribuire alla riduzione globale delle emissioni a livello UE con obiettivi compresi tra lo 0% e il 40% rispetto ai livelli del 2005.

Anche la Norvegia e l’Islanda hanno manifestato l’intenzione di partecipare all’azione congiunta dell’UE e degli Stati membri per la riduzione delle emissioni nei settori non ETS.

La proposta in esame sarà accompagnata entro la fine del 2016 da proposte legislative complementari, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi concordati in sede di Consiglio europeo relativi all’utilizzo di energia rinnovabile e al miglioramento dell’efficienza energetica, pari ad almeno il 27% entro il 2030. Tali proposte dovrebbero contribuire al raggiungimento degli obiettivi principalmente nel settore edile.

Per quanto riguarda il settore dei trasporti la Commissione ha presentato una comunicazione recante una Strategia europea per una mobilità a basse emissioni COM(2016)501, che intende contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra provenienti dai trasporti di almeno il 60% rispetto al 1990 entro il 2050. In particolare, essa fa riferimento a tre ambiti di intervento: miglioramento dell’efficienza del sistema di trasporto; energia alternative a basse emissioni; veicoli a basse o zero emissioni.

Le dimensioni del fenomeno

Sulla base dei dati forniti dall’Agenzia europea per l’ambiente, le emissioni totali di gas ad effetto serra nel 2014 (esclusi uso del suolo, cambiamenti di destinazione dell’uso del suolo e silvicoltura, cosiddetti settori LULUCF) nell’UE a 28 sono diminuiti di 1383 milioni di tonnellate rispetto al 1990 (pari al 24,4%) raggiungendo il livello totale di 4282 Mt CO2 eq., mentre il PIL nel medesimo periodo è aumentato di circa il 47%. La riduzione delle emissioni è dovuta ad una varietà di fattori, tra i quali la crescente percentuale di energia da fonti rinnovabili, l’utilizzo di combustibili a minor intensità di carbonio e i miglioramenti in termini di efficienza energetica, così come cambiamenti strutturali nell’economia e nel clima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte EEA

Variazioni nelle emissioni totali, esclusi i settori LULUCF, tra il 1990 e il 2014 da parte degli Stati membri [kt CO2 equivalenti]

 

 


 

In tale contesto, la citata decisione ESD copre gli stessi gas ad effetto serra del protocollo di Kyoto, con l’eccezione del trifluoruro di azoto NF3. Le emissioni dal trasporto marittimo internazionale non sono coperte né dalla decisione ESD, né dal sistema ETS.

I settori previsti dalla ESD sono stati responsabili, nel 2013, di oltre il 55% del totale delle emissioni di gas ad effetto serra dell’UE.

Come previsto dall’articolo 14 della decisione, nel luglio 2016 la Commissione ha reso pubblici i risultati scaturiti dalla valutazione sulla sua attuazione. Benchè la decisione sia ancora in una fase iniziale di attuazione – la maggior parte delle prescrizioni di comunicazione per gli Stati membri ai sensi dell’ESD è entrata in vigore per la prima volta nel 2015 e il controllo di conformità per i primi due anni (2013-2014) è previsto nel 2016 - è comunque possibile individuare le principali tendenze negli Stati membri e a livello UE.

In primo luogo, tra il 2005 e il 2013 sono state realizzate riduzioni di emissioni in tutti i settori, dal -3% in agricoltura per arrivare al -25% nel settore dei rifiuti. In totale nel 2013 si è registrata una diminuzione del 9,7% rispetto ai livelli del 2005; nel 2014 tale riduzione ha raggiunto il 12,9%.

 

Anche le emissioni ESD per Stato membro sono diminuite notevolmente a partire dal 2005.

In particolare, nel 2013 e nel 2014 in tutti gli Stati membri le emissioni ESD sono state inferiori ai limiti annuali.

Le eccedenze sono state generalmente superiori nei Paesi autorizzati ad aumentare le emissioni rispetto al 2005. Le emissioni dei Paesi che hanno conosciuto una recessione economica particolarmente grave (quali Grecia, Portogallo e Spagna) si sono situate ben al di sotto dei propri limiti per il 2014.

Secondo le proiezioni comunicate dagli Stati membri nel 2015, si prevede che le emissioni ESD totali continueranno a diminuire fino al 2020, restando continuamente al di sotto dei valori target a livello dell’UE. Si prevede in particolare che 24 Stati membri soddisferanno i propri obiettivi nazionali a livello interno, mentre ci si attende che quattro Stati membri – Lussemburgo, Irlanda, Belgio e Austria - necessiteranno di ulteriori misure o dovranno ricorrere agli strumenti di flessibilità previsti dall’ESD per raggiungere i loro obiettivi.

Divario tra le stime delle emissioni e gli obiettivi nel 2014 e tra le emissioni previste (con le misure vigenti) e gli obeittivi per il 2020 nei settori esclusi dal sistema ETS. I valori negativi e positivi indicano rispettivamente il superamento e la mancata realizzazione degli obiettivi.

 

Le riduzioni conseguite rappresentano un notevole miglioramento dei risultati rispetto alla situazione di status quo in cui sono stati fissati per la prima volta gli obiettivi 2020. Ad oggi, anche la recessione economica ha prodotto un effetto sulle emissioni in alcuni settori ESD (in particolare quello del trasporto merci) e si prevede che tali effetti continueranno a sussistere fino al 2020. Tuttavia molti settori (quali quelli dell’edilizia e dell’agricoltura) contemplati dall’ESD non sono direttamente interessati dalle fluttuazioni nel PIL e sono maggiormente soggetti all’influenza delle strategie politiche.

La conclusione della Commissione è che la decisione ESD si è rivelata efficace nello stimolare nuove politiche nazionali e cambiamenti tecnologici che hanno determinato progressi verso un’economia a basso tenore di carbonio. Come rilevato dalla Commissione, tale effetto è stato rafforzato dal fatto che l’ESD è stata avviata insieme ad una serie di altre iniziative in materia di clima ed energia nell’ambito del pacchetto 2020, in particolare per quanto riguarda efficienza energetica ed energie rinnovabili.

Un’analisi disaggregata dei dati svolta dalla Commissione per il periodo 2005-2012 in relazione alle emissioni CO2 derivanti dalla combustione di combustibili fossili (all’origine di circa l’80% delle emissioni totali, in entrambi i settori ETS ed ESD) ha concluso che sono state le evoluzioni tecnologiche ad ever contribuito in massima parte ad abbattere le emissioni (per il 18,5%), superando di gran lunga il contributo dei trasferimenti all’interno e tra i settori economici.

 

Sintesi dei fattori che hanno contributo alla riduzione delle emissioni nei settori ESD

 

 

Risparmi di emissioni da politiche UE – Fonte AEA

 

A fronte di tali preliminari valutazioni sostanzialmente positive, il problema di carattere generale evidenziato dalla Commissione è che la dimunizione delle emissioni nei settori ESD non sarà comunque sufficiente per raggiungere il nuovo obiettivo del 30% entro il 2030. Nell’EU Reference scenario 2016, che effettua una proiezione al 2050 dei risultati delle misure UE in materia di clima ed energia, si evidenzia come le attuali politiche e condizioni di mercato non permetteranno di raggiungere né l’obiettivo del 2030 né quello del 2050 in tema di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Proiezione dei principali indicatori delle politiche UE: RES (energie rinnovabili), GHG (emissioni di gas ad effetto serra), EE (efficienza energetica)

Evoluzione delle emissioni totali

In particolare, le emissioni nei settori ESD dovrebbero diminuire del 16% nel 2020 e del 24% nel 2030 rispetto ai livelli del 2005. In tali proiezioni il contribuito dei diversi settori ricalca le attuali tendenze, con il settore edilizio al di sopra della media - soprattutto grazie all’impatto dei continui miglioramenti in materia di efficienza energetica – insieme al settore dei rifiuti.

Secondo tale proiezione, si registra un gap di 6 punti percentuali, che richiederà un’ulteriore riduzione di circa 1 miliardo di tonnellate nel periodo 2021-2030.

 

Quadro normativo

L’attuale decisione sulla condivisione degli sforzi (ESD) n. 406/2009/CE – entrata in vigore nel giugno 2009 – concorre, insieme al sistema ETS, al raggiungimento dell’obiettivo che l’UE si è data nel 2007, nell’ambito del pacchetto energia-clima, vale a dire la riduzione entro il 2020 delle emissioni di CO2 del 20 per cento rispetto ai livelli del 1990.

L’impegno dell’UE in materia è stato rafforzato nel 2014 in vista della COP21 di Parigi, che nel dicembre 2015 ha raggiunto un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, fissando l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C, rispetto ai livelli pre-industriali, e di perseverare negli sforzi per mantenerlo al di sotto dell'1,5°C. Il contributo dell’UE consiste nella riduzione delle emissioni di gas serra dell'80-95% rispetto al 1990 entro il 2050, con le tappe intermedie del 40% entro il 2030 e del 60% entro il 2040, come descritto nella tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 della Commissione europea.

A differenza dei settori del sistema ETS, che sono regolati direttamente a livello UE, la decisione ESD non fissa obiettivi specifici per i singoli settori, lasciando agli Stati membri la responsabilità di decidere come e dove attuare le necessarie riduzioni.

In particolare, gli Stati membri sono tenuti a limitare le loro emissioni tra il 2013 e il 2020, rispettando limiti vincolanti annuali stabiliti sulla base di una traiettoria lineare e noti come assegnazioni annuali di emissioni (AEA). Le AEA per ciascuno Stato membro e per ciascun anno sono state approvate dal Comitato per il cambiamento climatico[1] nell’ottobre 2012, adottate dalla Commissione europea nel marzo 2013 e da ultimo adeguate a ottobre 2013.

Tali limiti sono stabiliti sulla base della capacità economica degli Stati membri calcolata sul PIL pro capite (misurato nell’anno 2005). L’obiettivo finale al 2020 varia da una riduzione delle emissioni del 20% (a partire dai livelli del 2005) per i Paesi con PIL pro capite più elevato fino ad un limite all’incremento del 20% per i Paesi con PIL pro capite più basso. In particolare, a tali Paesi è consentito di incrementare le emissioni in considerazione del fatto che la loro crescita economica prevedibilmente sarà associata ad una quota maggiore di emissioni; tuttavia gli obiettivi fissati per loro dalla decisione ESD rappresentano comunque un limite alle loro emissioni, se paragonate a quelle che avrebbero prodotto in uno scenario business as usual. Uno sforzo di riduzione è dunque richiesto a tutti gli Stati membri.

Complessivamente, gli impegni di tutti gli Stati corrispondono ad una riduzione totale a livello dell’UE di circa il 10% rispetto ai valori del 2005, per i settori coperti dalla decisione. Tale percentuale, unita alla riduzione del 21%, rispetto al 2005, prevista dal sistema ETS, contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo generale del 20% rispetto al 1990 entro il 2020, previsto dal pacchetto clima-energia.

La decisione ESD prevede, ai fini del raggiungimento dei limiti stabiliti, tre meccanismi di flessibilità (i cosiddetti banking, borrowing, buying and selling) che sono stati ripresi in maniera sostanzialmente analoga nella nuova proposta (per la loro descrizione, si rinvia al paragrafo: Meccanismi di flessibilità).

Il progresso verso gli obiettivi del 2020 viene assicurato attraverso gli obblighi di comunicazione annuale e i controlli di conformità. Gli Stati membri sono tenuti a comunicare le proprie emissioni di gas a effetto serra e i progressi previsti per quanto concerne l’assolvimento dei propri obblighi ESD.

Contenuto

Oggetto e campo di applicazione

L’articolo 1 definisce l’oggetto del provvedimento, ossia la fissazione dei contributi degli Stati membri per la riduzione delle emissioni nel periodo 2021-2030, le norme per la determinazione delle assegnazioni annuali massime consentite di emissioni e la valutazione dei progressi compiuti.

L’articolo 2 stabilisce, confermando la disciplina vigente, il campo di applicazione della proposta di regolamento, che riguarda le seguenti categorie di fonti di emissione: energia (combustione di carburanti - emissioni fuggitive provenienti da combustibili), processi industriali e uso dei prodotti, agricoltura e rifiuti, con l’esclusione delle emissioni provenienti dalle attività coperte dal sistema di scambio di quote di emissioni ETS e di quelle risultanti dalle attività di uso del suolo, dai cambiamenti di uso del suolo e dalla silvicoltura (settori LULUCF). Le emissioni derivanti dal trasporto aereo, per la parte non rientrante nel campo di applicazione dell’ETS, in virtù del valore esiguo rispetto alle emissioni totali di gas a effetto serra, vengono considerate pari a zero.

L’articolo 3 contiene la definizione di “emissioni di gas a effetto serra”, vale a dire le emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC), trifluoruro di azoto (NF3) e esafluoruro di zolfo (SF6), espresse in tonnellate di biossido di carbonio equivalente.

Livelli annuali di emissioni

L’articolo 4 riguarda i livelli annuali massimi di emissioni per il periodo 2021-2030 e prevede che gli Stati membri limitino le loro emissioni di gas serra almeno della percentuale stabilita per ognuno di essi nell’allegato I.

Più in dettaglio, viene fissato per ogni Stato membro un limite annuale di emissioni disposto lungo una traiettoria lineare che avrà inizio nel 2020 con il livello medio delle sue emissioni del periodo 2016-2018 e terminerà nel 2030 con il traguardo finale indicato per ciascuno di essi.

 

2021-2030 target trajectory

 

Le assegnazioni annuali delle emissioni, espresse in tonnellate di CO2 equivalente, saranno stabilite da un atto di esecuzione della Commissione, assistita dal Comitato sui cambiamenti climatici, basandosi su un riesame dell’ultimo inventario nazionale presentato dagli Stati membri per il 2005 e per gli anni 2016-2018.

Si segnala che l’uscita del Regno Unito dall’UE potrebbe comportare anche la necessità di ripartire tra gli altri Stati membri la quota di riduzione delle emissioni spettanti a tale Paese, aggravando ulteriormente l’onore già previsto.

Per l’Italia si prevede una riduzione delle emissioni pari a -33%. Per quanto riguarda gli altri Stati membri, le riduzioni oscillano tra lo 0% della Bulgaria e il 40% di Svezia e Lussemburgo.

Analogamente a quanto già previsto nella vigente disciplina, il parametro assunto a riferimento è costituito dal PIL pro capite. Il target per lo Stato membro con il PIL pro capite più basso (Bulgaria), è pari allo 0%, mentre quello degli Stati con il PIL pro capite più elevato (Lussemburgo e Svezia) è pari al 40%. Gli obiettivi degli altri Stati membri sono definiti secondo valori compresi tra lo 0% e il 40%, al fine del raggiungmento dell’obiettivo complessivo del 30%.

Per ragioni di equità, per gli Stati membri con un PIL pro capite superiore alla media europea gli obiettivi vengono adeguati al fine di riflettere l'efficacia delle azioni rispetto ai costi.

Si segnala che gli obiettivi dei singoli Stati membri non sono stati fissati in modo direttamente proporzionale allo scostamento del suo PIL pro capite rispetto al valore medio dell’UE. È stato, infatti, applicato un sistema semplificato che ha attribuito ai Paesi con PIL pro capite più elevato l’obiettivo forfettario del 40% e a quelli con PIL pro capite più basso l’obiettivo forfettario dello 0% ed ha successivamente distribuito la restante parte tra gli altri Paesi. Rispetto alla disciplina vigente, si registra, quindi, una attenuazione della misura massima rispetto a quella media. Mentre, infatti, nella disciplina vigente il tetto massimo è pari al doppio della media (20% a fronte di una riduzione media del 10%), con la proposta di regolamento il tetto massimo è fissato al 40% a fronte di una media del 30%.  Ciò comporta che si preveda un regime più favorevole per i Paesi con PIL pro capite più elevato, fermo restando che in ogni caso i nuovi obiettivi sono più impegnativi di quelli vigenti. Contestualmente, viene meno l’agevolazione, attualmente concessa ai Paesi in ritardo di sviluppo, con PIL significativamente più basso di quello medio, consistente nella possibilità di aumentare le emissioni.

Da tale metodo emerge, peraltro, una condizione anomala per l’Italia la quale si trova ad essere l’unico dei Paesi membri che, pur avendo un PIL pro capite più basso di quello medio, sarebbe tenuto a sostenere una riduzione delle emissioni superiore a quella media.

La stessa Commissione europea ammette l’anomalia della condizione in cui si troverebbe l’Italia, alla quale tuttavia non ha ritenuto di dover porre rimedio in prima battuta.

Confrontando le situazioni di Italia e Germania, risulterebbe che:

-      la Germania, pur avendo nel 2005 un PIL superiore del 3,6% della media UE, in base alla normativa vigente è chiamata a sopportare un taglio delle emissioni superiore al 40% di quello medio;

-      l’Italia, la quale nel 2005 aveva unPIL pro capite identico a quello della Germania, è chiamata a sopportare un taglio superiore del 30% a quello medio.

Con la proposta di regolamento in esame:

-      la Germania, che nel 2013 aveva un PIL pro capite superiore del 5,3% di quello medio, sarebbe chiamata a sopportare un taglio superiore del 26% a quello medio (38% rispetto al 30%);

-      l’Italia, che nel 2013 registrava un PIL pro capite  leggermente inferiore a quello medio (98%), si troverebbe chiamata a sopportare un taglio superiore a quello medio.

La criticità sopra descritta è stata evidenziata anche dal Governo nella relazione sul provvedimento in esame, trasmessa alla Camera ai sensi dell’art. 6, co. 4, della legge n. 234 del 2012. Nella relazione si afferma che l'Italia non avrebbe la possibilità di adeguare il proprio target di riduzione, in quanto il suo PIL pro capite riferito al 2013 (26.400 euro) è di poco inferiore al PIL medio della UE28 (27.000 euro).

Come riportato nella relazione, questo aspetto è stato posto all'attenzione della Commissione, che avrebbe preso atto della situazione particolare dell'Italia e, per quanto possibile, dovrebbe tenerne conto negli sviluppi futuri.

Meccanismi di flessibilità

Rispondendo ad esigenze di equità e di solidarietà, vengono introdotti alcuni strumenti di flessibilità a favore degli Stati membri.

L’articolo 5, in linea con la disciplina vigente valevole per gli obiettivi per il 2020, continua a prevedere dei meccanismi di flessibilità temporale a disposizione degli Stati membri relativamente al raggiungimento degli obiettivi annuali. In particolare, ciascuno Stato membro può accumulare le quote di emissioni non utilizzate nell’anno di riferimento per utilizzarle negli anni successivi (il cosiddetto banking) ovvero può prendere in prestito fino al 5% delle quote dalla sua assegnazione per l’anno successivo per utilizzarle nel periodo di riferimento (il cosiddetto borrowing).

Sempre ai fini del raggiungimento degli obiettivi annuali, lo stesso tipo di flessibilità continua ad essere previsto anche tra Stati membri, i quali possono trasferire agli altri fino al 5% della loro assegnazione annuale ovvero la parte in eccesso loro assegnata rispetto alle emissioni effettive del periodo di riferimento.

Gli Stati membri possono, inoltre, ancora utilizzare i crediti di carbonio generati da meccanismi di progetto finalizzati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra non disciplinate dal sistema unionale, senza limiti quantitativi ed evitando che vengano contabilizzati due volte (articolo 5, paragrafo 6).

Un’importante novità è contenuta all’articolo 6, che prevede un meccanismo di flessibilità per alcuni Stati membri (Belgio, Danimarca, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Svezia), i quali, ai fini della conformità agli obiettivi di riduzione, potranno decidere, entro il 31 dicembre 2019, di ricorrere una tantum ad una cancellazione limitata delle quote di emissione ETS fino ad una percentuale massima prevista per ciascuno di essi, che oscilla tra il 4% di Lussemburgo e Malta e il 2% degli altri, fino ad un massimo di 100 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.

Tale meccanismo di flessibilità (cosiddetto one-off flexibility mechanism tra l’ETS e i settori ESD), come stabilito in sede di Consiglio europeo, riguarda solo gli Stati con un target di riduzione significativamente superiore sia alla media europea sia al loro potenziale di riduzione efficiente in termini di costi. Inoltre, tale meccanismo può essere applicato anche agli Stati membri che non hanno beneficiato di assegnazioni di quote gratuite per gli impianti industriali nel 2013 (l’unico Stato che soddisfa tale requisito è Malta).

Come rilevato dal Governo nella citata relazione, ancora una volta per motivi legati al PIL pro capite, l'Italia non potrà usufruire di tale flessibilità.

Sempre in materia di strumenti di flessibilità (articolo 7) viene introdotto un importante elemento di novità al fine di incentivare misure nel settore agro-forestale. Si prevede la possibilità per gli Stati membri che superano la loro assegnazione annuale nei settori ESD di tener conto, a determinate condizioni, dei crediti di carbonio derivanti dal settore LULUCF (uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura). Più specificamente, potranno essere contabilizzati gli assorbimenti netti totali tramite pozzi dei gas a effetto serra e delle emissioni nette totali risultanti dalle categorie “terreni disboscati”, “terreni imboschiti”, “terre coltivate gestite” e “pascoli gestiti”.

Per il periodo 2021-2030 è stato stabilito un limite di quote trasferibili dal settore LULUCF ai settori ESD per tutta la UE, che ammonta a 280 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Tale quota verrà distribuita tra gli Stati membri in maniera proporzionale alle emissioni complessive del settore "Agricoltura" di ciascun Paese. In base a questo metodo di ripartizione, l'Italia potrà trasferire 11,5 milioni di tonnellate di C02 dal settore LULUCF ai settori ESD nel corso dell'intero periodo di adempimento.

Come rilevato dal Governo nella nota trasmessa, per l’Italia tale meccanismo potrà essere utilizzato solo dopo aver "saldato i debiti emissivi" del settore medesimo (no debt rule). La Commissione, infatti, consentirà l'utilizzo dei crediti solo dopo aver comprovato la validità della contabilizzazione dei terreni forestali sottoposti a gestione. Questo approccio cautelativo, ad avviso del Governo, è stato adottato dalla Commissione per evitare il generarsi del "surplus" di crediti di carbonio che si è verificato in passato a causa di una cattiva applicazione del metodo di contabilizzazione del "reference level' utilizzato per le foreste.

In conclusione, ad avviso del Governo, le flessibilità previste non consentirebbero all'Italia un agevole conseguimento dei propri oneri emissivi che, da quanto riportato nell'allegato al DEF 2016 "Stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra", risultano essere difficilmente raggiungibili con le misure attualmente in vigore. Nel documento, infatti, lo scenario elaborato per il 2030 in base all'attuale scenario di riferimento al 2016, stima una riduzione del solo 20% delle emissioni di gas a effetto serra, rispetto al 2005, a fronte del 33% previsto dalla proposta di regolamento.

Il Governo sottolinea, inoltre, che in occasione della presentazione del "Pacchetto estivo" di cui fa parte la proposta normativa in esame, avvenuta durante il Coreper del 20 luglio, la Rappresentanza permanente italiana presso la UE ha fatto presente alla Commissione che la proposta di regolamento per i settori ESD non riconosce gli sforzi fatti sino ad ora dagli Stati membri che per primi si sono impegnati nella riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra. È stata, quindi, sottolineata la necessità di prevedere un meccanismo premiale per gli Stati membri che vengono definiti "early movers".

Controlli e misure correttive

Come già previsto dalla normativa vigente (regolamento UE n. 525/2013, cosiddetto MMR, relativo ad un sistema di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra), la Commissione europea valuta annualmente i progressi realizzati dall’Unione e dagli Stati membri per il conseguimento degli obiettivi (Relazione sui progressi).

All’articolo 15 della proposta di regolamento in esame, modificando il suddetto regolamento, viene aggiunto che: nella valutazione la Commissione terrà conto dell'evoluzione delle politiche e delle misure dell'Unione e delle informazioni comunicate dagli Stati membri; ogni due anni la valutazione riguarderà anche le proiezioni dei progressi compiuti dall'Unione nel mantenimento degli impegni di riduzione assunti dagli Stati membri nell'adempimento dei loro obblighi.

Si prevede poi (articolo 8) che se, sulla base della valutazione annuale svolta dalla Commissione, i progressi compiuti da uno Stato membro si discostano dalla sua assegnazione annuale, lo Stato membro, entro tre mesi, è tenuto a presentare un piano d'azione che deve comprendere gli interventi predisposti al fine dell’adempimento degli obblighi, accompagnato da un calendario di attuazione che consenta la valutazione dei progressi annuali. Sui piani d’azione la Commissione può formulare pareri.

Oltre alla relazione annuale sui progressi compiuti dagli Stati membri, già prevista dalla normativa vigente, è previsto che la Commissione europea effettui controlli di conformità (articolo 9) ogni cinque anni, nel 2027 (per gli anni relativi al periodo 2021-2025) e nel 2032 (per gli anni 2026-2030). Se le emissioni di uno Stato membro supereranno la sua assegnazione annuale per uno degli anni del periodo, si applicheranno le seguenti misure:

·        alle emissioni dello Stato membro dell'anno successivo si aggiungerà una quantità pari all'ammontare delle emissioni eccedentarie moltiplicata per un fattore di 1,08;

·        fino a quando non ottemperi agli obblighi previsti, allo Stato membro è vietato trasferire una parte dell'assegnazione annuale di emissioni a un altro Stato membro.

 

Adeguamenti tra ESD e ETS

Al fine di garantire coerenza nel raggiungimento dell’obiettivo finale di riduzione dei gas a effetto serra nel 2030, pari al 40%, si prevede un adeguamento delle assegnazioni delle emissioni nei settori ESD in corrispondenza di una variazione nel numero quote di emissione assegnate nell’ambito dell’ETS, ad esempio per una modifica nel numero degli impianti o delle fonti di produzione di gas serra (articolo 10).

L’assegnazione delle quote sarà, inoltre, adeguata per effetto di variazioni nel numero di quote rilasciate in casi specifici disciplinati dalla direttiva ETS n. 87/2003/CE (attività non ricomprese nella direttiva ETS, alle quali gli Stati dal 2008 possono decidere di applicare il sistema ETS; progetti gestiti dagli Stati membri finalizzati a ridurre le emissioni non disciplinate dal sistema unionale; impianti di ridotte dimensioni con emissioni inferiori a 25.000 tonnellate di CO2, che sono esclusi dal sistema di scambio di quote).

Contabilizzazione delle assegnazioni

Le assegnazioni annuali di emissioni, gli strumenti di flessibilità utilizzati e gli adeguamenti effettuati saranno riportati in apposito Registro, già istituito a norma del citato regolamento (UE) n.525/2013. Tutte le transazioni eseguite a norma della proposta in esame saranno soggette al controllo dell’amministratore centrale del registro, che, nel caso in cui riscontri delle irregolarità, bloccherà le transazioni (articolo 11).

Esercizio della delega e riesame

L’articolo 12 conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati per una durata indeterminata, revocabile in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio, a decorrere dalla data di entrata in vigore della proposta di regolamento in esame. È previsto che prima dell’adozione di un atto delegato la Commissione consulti gli esperti designati dagli Stati membri.

Il funzionamento del regolamento e il suo contributo effettivo alla riduzione delle emissioni di gas serra saranno sottoposti a riesame entro il 28 febbraio 2024 e successivamente ogni 5 anni. La Commissione europea riferirà al Parlamento europeo e al Consiglio.

Obblighi di comunicazione

Infine, all’articolo 15, come sopra menzionato, sono previste alcune modifiche al regolamento (UE) n.525/2013, cosiddetto MMR, al fine di garantire che gli obblighi di comunicazione attualmente previsti siano mantenuti e adeguati alla luce della proposta di regolamento in esame.

Gli Stati membri continuano ad essere tenuti a comunicare:

·        entro il 15 gennaio, annualmente, le proprie emissioni di gas a effetto serra (Inventari dei gas a effetto serra);

·        entro il 15 marzo, ogni due anni, le proiezioni, le politiche e le misure attuate per garantire la conformità con i loro obiettivi.

Viene, invece, apportata una modifica all’articolo 7 del regolamento MMR, relativo agli inventari dei gas a effetto serra, prevedendo che gli Stati membri informino la Commissione europea nelle rispettive relazioni dell’intenzione di avvalersi degli strumenti di flessibilità di cui all’articolo 5, con riferimento ai volumi di quote che intendono scambiare.

Inoltre viene integrato l’articolo 13 dello stesso regolamento MMR, relativo alla comunicazione biennale delle politiche e delle misure, prevedendo che gli Stati membri entro il 2023 comunichino alla Commissione europea anche informazioni riguardanti le politiche e le misure nazionali supplementari programmate per limitare le emissioni di gas a effetto serra, al di là degli impegni assunti a norma della presente proposta di regolamento.

Base giuridica

La base giuridica della proposta in esame è individuata nell'articolo 192 del TFUE. Ai sensi dell'articolo 191 e dell'articolo 192, paragrafo 1, del TFUE, l'Unione europea deve contribuire al perseguimento dei seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente e promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.

Sussidiarietà

Ad avviso della Commissione europea, gli obiettivi della proposta di regolamento in oggetto non possono essere conseguiti in misura sufficiente dai singoli Stati membri, ma per la loro portata possono essere realizzati più adeguatamente a livello dell'Unione. Pertanto, la Commissione europea sarebbe legittimata ad intervenire adottando misure ai sensi del principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.

Proporzionalità

La proposta di regolamento, ad avviso della Commissione, ottempera al principio di proporzionalità, in quanto non va oltre quanto è necessario per conseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra dell'UE relativo al periodo 2021-2030, in modo efficace rispetto ai costi, garantendo al contempo equità e integrità ambientale. La Commisisone ritiene, inoltre che l’obiettivo della proposta sarà raggiunto meglio mediante un regolamento, considerato che la proposta riguarda più della metà delle emissioni di gas serra.

Valutazione d’impatto

La valutazione d'impatto che accompagna la proposta SWD(2016)248 ha considerato varie opzioni per l'attuazione della riduzione delle emissioni nei settori non ETS (esclusi i suddetti settori cosiddetti LULUCF). In particolare, la valutazione ha esaminato l'impatto della proposta sull'equità, l'efficienza dei costi e l'integrità ambientale.

Essa valuta in quale misura potrebbero essere modificati gli obiettivi all'interno del gruppo degli Stati membri con un PIL pro-capite superiore alla media e per quali Stati membri il raggiungimento degli obiettivi possa costituire una particolare preoccupazione.

Sebbene i meccanismi di flessibilità consentano di tenere conto di eventuali circostanze specifiche degli Stati membri, la valutazione d'impatto dimostra che le flessibilità nei settori ETS e LULUCF devono essere limitate, al fine di garantire un intervento più incisivo ed efficace nei settori non ETS.

Si ritiene inoltre necessario che qualsiasi miglioramento tenga conto dei potenziali impatti amministrativi sia a carico degli Stati membri sia a carico dell’UE. Finora si è riscontrato che l'ESD ha determinato un onere amministrativo limitato: i costi a carico della Commissione per il sistema di monitoraggio e conformità ammontano a 650.000 euro l'anno, mentre i costi annuali per l'insieme dei 28 Stati membri sono stimati in 500.000 euro l'anno. Tali costi dovrebbero essere ulteriormente ridotti quando si passerà ad un controllo di conformità quinquennale. In particolare, è stato stimato che una riduzione interna del 40% delle emissioni di gas a effetto serra comporterebbe costi supplementari per

il sistema energetico compresi tra lo 0,15 e lo 0,54% del PIL nel 2030. Tale valutazione tiene conto degli impatti distributivi, in particolare in quale misura gli obiettivi non ETS degli Stati membri determinati sulla base del PIL pro capite si discostino dal potenziale, efficiente sotto il profilo dei costi, di ridurre le emissioni nei settori non inclusi nell'ESD e in quale misura le flessibilità o gli adeguamenti degli obiettivi possano aiutare a minimizzare tali scostamenti.

le politiche nazionali per il raggiungimento degli obiettivi previsti per il 2020 e il 2030
(a cura del Servizio Studi)

Il primo periodo di impegno (2008-2012)Dopo aver provveduto alla ratifica del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) con la legge n. 120/2002, l’Italia si è impegnata a raggiungere l’obiettivo di ridurre entro il 2012 le proprie emissioni, rispetto al 1990, del 6,5% (percentuale fissata a livello europeo sulla base di una ripartizione differenziata tra i vari Paesi membri dell’obiettivo assunto dall’UE).

Dal Report on the individual review of the report upon expiration of the additional period for fulfilling commitments (true-up period) for the first commitment period of the Kyoto Protocol of Italy, inviato ufficialmente all'Italia dall'UNFCCC nel marzo 2016, si evince che gli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto per il primo periodo di impegno (2008-2012) sono stati raggiunti dall'Italia, con una limitata quantità in eccedenza, traslata al secondo periodo di riferimento, quantificata in circa 800 mila AAU[2], poco più di 2 milioni di CER e di 1 milione di ERU[3].

Il raggiungimento dell'obiettivo è stato reso possibile dall'accordo siglato nell'ottobre 2015 tra Italia e Polonia con il quale l'Italia ha potuto acquistare le unità di quantità assegnate (AAU) necessarie a coprire il gap precedentemente certificato nella relazione del Ministro dell’ambiente sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (allegata al DEF 2015, cd. “allegato Kyoto” (Doc. LVII, n. 3 - Allegato III), pari a 23,4 MtCO2Eq (milioni di tonnellate di CO2 equivalente).

Il secondo periodo di impegno (2013-2020)

Poiché il Protocollo di Kyoto regolamenta le emissioni solo per il periodo 2008-2012, a livello internazionale si è ritenuto necessario avviare il negoziato per giungere all'adozione di uno strumento vincolante per la riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo post-2012. Tale accordo, raggiunto nel corso della Conferenza delle Parti (COP 18-COP/MOP8), conclusasi a Doha (Qatar) l'8 dicembre 2012, è stato assunto dall’UE e da un gruppo ristretto di altri Paesi ed è noto come Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto.

La ratifica e l'esecuzione, da parte dell'Italia, dell'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto è prevista dalla legge 3 maggio 2016, n. 79.

Tale legge non si limita a prevedere la ratifica citata, ma contiene anche rilevanti disposizioni in materia di programmazione e monitoraggio delle politiche in materia di cambiamenti climatici. L'art. 4 prevede l'adozione, da parte del CIPE, della Strategia nazionale di sviluppo a basse emissioni di carbonio (prevista dall'art. 4 del regolamento dell'UE n. 525/2013) e che lo stesso Comitato invii alle Camere, entro il mese di giugno di ciascun anno, una relazione sullo stato di attuazione della Strategia volta ad illustrare i risultati raggiunti in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra, gli interventi e le politiche adottati e lo scostamento tra i risultati ottenuti e gli obiettivi di contenimento dell'aumento della temperatura media globale entro i limiti definiti dagli accordi internazionali stipulati nell'ambito dell'UNFCCC. Il successivo art. 5 istituisce il Sistema (informativo) nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni, conformemente alle decisioni applicabili adottate dagli organi dell'UNFCCC o del Protocollo di Kyoto e all'art. 12 del regolamento (UE) n. 525/2013. L'art. 6 prevede che il Ministero dell'ambiente assicuri la raccolta delle informazioni concernenti le emissioni di gas-serra e delle altre informazioni in materia di cambiamenti climatici e ne curi la diffusione, nonché adegui alle nuove disposizioni la citata relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, allegata al Documento di economia e finanza.

Informazioni circa il raggiungimento degli obiettivi per il 2020 sono fornite dalla Relazione del Ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra allegata al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2016, in cui viene riportata, per i settori non-ETS, una stima delle emissioni nazionali di gas-serra per gli anni 2013-2015 e 2020 (c.d. scenario di riferimento) che tiene conto degli effetti, in termini di riduzione delle emissioni, delle misure attuate e adottate fino al dicembre 2014.

In apposito paragrafo (il paragrafo III.2), viene fornito un elenco di provvedimenti ed atti, completati e in corso di definizione, su efficienza energetica e fonti rinnovabili, considerati come "azioni da attuare in via prioritaria per il raggiungimento degli obiettivi annuali di cui alla decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio". Tali misure "prioritarie" riguardano, in sintesi:

·        proroga delle detrazioni fiscali al 65% degli interventi di riqualificazione energetica degli immobili privati (c.d. ecobonus) sino al 31 dicembre 2016, prevista dai commi 74, 87 e 88 della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015);

·        misure in materia di efficienza energetica degli edifici quali: quelle recate dai tre decreti del 26 giugno 2015; la predisposizione dei decreti attuativi del D.Lgs. 102/2014 (di attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica) e l'attivazione della Cabina di regia sull'efficienza energetica (D.M. 9 gennaio 2015) per la predisposizione di tali decreti;

·        decreto 16 febbraio 2016 recante "Aggiornamento della disciplina per l'incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l'incremento dell'efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili" (c.d. conto termico);

·        elaborazione per l'aggiornamento delle linee guida per i c.d. certificati bianchi;

·        approvazione del decreto interdirettoriale sui programmi regionali di audit di efficienza energetica alle PMI;

·        attuazione dell'art. 9 del D.L. 91/2014, per il finanziamento (per un importo di 350 milioni di euro, a valere sul c.d. Fondo rotativo Kyoto) di interventi di efficientamento energetico su immobili pubblici destinati all'istruzione;

·        predisposizione dei documenti di supporto alle attività e misure per l'efficienza energetica (in particolare nel documento vengono ricordati STREPIN e PANZEB, vale a dire la Strategia per la riqualificazione energetica del parco immobiliare e il Piano per l'incremento degli edifici a energia quasi zero).

Gli impegni per il 2030

La seguente tabella (tratta dalla citata relazione del Ministro dell’ambiente sullo stato di attuazione della riduzione delle emissioni di gas serra, allegata al DEF 2016, presentata al Parlamento nel mese di aprile 2016) mostra le proiezioni al 2030 delle emissioni nazionali di gas serra sulla base dello scenario di riferimento (che tiene conto di una serie di misure attuate e adottate fino al dicembre 2014, elencate nell’allegato 2 di tale documento ).

N.B. I valori riportati in tabella non includono le emissioni/assorbimenti derivanti da uso dei suoli, cambiamenti dell'uso dei suoli e dalle foreste (c.d. LULUCF).

Esame presso le Istituzioni dell’UE

La proposta in esame è stata assegnato alla Commissione Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare del Parlamento europeo. È stato nominato relatore Gerben-Jan Gerbrandy del gruppo Alliance of Liberals and Democrats for Europe (ALDE).

Il Commissario competente è Miguel Arias Cañete (Azione per il clima e l’energia).

Esame presso altri Parlamenti nazionali

Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l’esame dell’atto risulta concluso da parte della Lituania, mentre l’esame è stato avviato da parte di: Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Polonia, Slovacchia e Svezia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’ UE, n. 65, 27 settembre 2016

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)

 



[1] Il Comitato è un organo tecnico in cui tutti gli Stati membri sono rappresentati.

[2] Le AAU (Assigned Amount Units) sono le quantità di emissioni che un Paese può emettere gratuitamente nel periodo 2008-2012.

[3] CER è l'acronimo di Certified Emissions Reductions (Riduzioni di emissioni certificate), mentre ERU di Emissions Reduction Units (Unità di riduzione di emissioni). Si tratta di crediti di emissione generati dalla realizzazione di un progetto finalizzato a ridurre le emissioni, rispettivamente, in un Paese in via di sviluppo o in un Paese con economia in transizione.