Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo - (COM(2015)625) | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE Numero: 51 | ||||
Data: | 30/03/2016 | ||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
esame di atti e documenti dell’unione europea
Proposta di direttiva sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI
sulla lotta contro il terrorismo
(COM(2015)625)
n. 51
30 marzo 2016
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
Il capitolo ‘L’evoluzione del quadro normativo nazionale’ è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Giustizia (' 066760.9148)
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I N D I C E
Proposta di direttiva sulla lotta al terrorismo
· Le novità introdotte nel diritto internazionale
· La decisione quadro UE in materia di antiterrorismo
· Viaggi all’estero a fini terroristici
· Organizzazione o agevolazione di viaggi all’estero a fini terroristici
· Finanziamento del terrorismo
· Disposizioni in materia di protezione, sostegno e diritti delle vittime del terrorismo
· Esame presso le Istituzioni dell’UE
L’evoluzione del quadro normativo nazionale (a cura del Servizio Studi)
· Raffronto tra i contenuti della proposta di direttiva e la normativa vigente
Tipo di atto |
Proposta di direttiva |
Data di adozione |
2 dicembre 2015 |
Base giuridica |
Articoli 83, paragrafo 1 e 82, paragrafo 2, del Tratatto sul funzionamento dell’Unione europea |
Settori di intervento |
Finanziamento, lotta contro la criminalità, cooperazione transfrontaliera, terrorismo, diritto dell'individuo, diritti umani, scambio d'informazioni, spazio di libertà, sicurezza e giustizia, aiuto alle vittime |
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Esame presso le istituzioni dell’UE |
Il Consiglio UE ha espresso un orientamento generale |
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Assegnazione |
11 gennaio 2016--- II Commissione (Giustizia) |
Termine per il controllo di sussidiarietà |
17 febbraio 2016 |
Segnalazione da parte del Governo |
Si |
Il 2 dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva che fornisce un nuovo quadro giuridico penale in materia di contrasto al terrorismo.
La nuova disciplina si è resa necessaria al fine di allineare il diritto dell’Unione europea al diritto internazionale alla luce della risoluzione 2178(2014) adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) il 24 settembre 2014 sulle minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici, e del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, del maggio 2015, che attua alcune disposizioni della citata risoluzione ONU, e che è stato firmato dall’Unione europea il 22 ottobre 2015.
In particolare, il Protocollo addizionale, al fine di attuare il paragrafo n. 6 della risoluzione ONU, prevede che siano qualificati come reato i seguenti atti: la partecipazione a un’associazione o a un gruppo a fini terroristici (articolo 2), l’atto di ricevere un addestramento a fini terroristici (articolo 3), i viaggi o i tentativi di intraprendere viaggi all’estero a fini terroristici (articolo 4), la fornitura o la raccolta di fondi che consentono tali viaggi (articolo 5) e l’organizzazione o l’agevolazione di tali viaggi (articolo 6). Il Protocollo addizionale richiede inoltre alle Parti di rafforzare lo scambio tempestivo di informazioni tra loro (articolo 7).
Il fenomeno dei foreign fighter
La previsione a livello internazionale di nuovi strumenti per l’attività di contrasto al terrorismo è dovuta, tra l’altro, all’emergere in misura crescente del fenomeno delle persone che si recano all’estero a scopi terroristici, e che spesso al loro ritorno in patria rappresentano una forte minaccia per l’ordine e la sicurezza interni. Negli ultimi anni il problema dei cosiddetti combattenti terroristi stranieri (foreign fighter) si è particolarmente intensificato e ha riguardato in particolare i viaggi in zone di conflitto in Siria e in Iraq, Paesi terzi dove si è consolidata la presenza del Califfato ISIS/Daesh, viaggi sostanzialmente finalizzati a combattere o a ricevere addestramento ai fini terroristici. Secondo Europol, alla fine del 2014, il numero totale di persone partite dall’UE verso tali zone di conflitto avrebbe superato le 3 mila unità e nell’arco di un anno sarebbe aumentato fino a 5 mila. L’Agenzia ha analizzato ad esempio il dato relativo alla Francia, Paese che nel 2014 ha registrato un aumento dell’86 per cento di partenze verso la Siria.
Oltre alla Siria e all’Iraq, il rapporto Europol registra la presenza di combattenti stranieri provenienti dall’Europa in Afghanistan, Pakistan, Libia, Mali, Somalia e Yemen; secondo l’Agenzia molti foreign fighter provengono inoltre da regioni extraeuropee come l’Afghanistan/Pakistan e il Caucaso del nord.
Per quanto riguarda le rotte utilizzate dai combattenti stranieri il principale hub di transito verso Siria e Iraq è la Turchia, Stato raggiunto sia per via aerea sia tramite rotte stradali; in particolare, molti combattenti stranieri partono dagli Stati europei occidentali e attraversano Paesi come l’Austria, l’Ungheria, la Repubblica ceca, la Slovacchia, la Polonia, la Croazia, la Romania, la Serbia, la Slovenia, l’Ex Repubblica jugoslava di Macedonia, e la Bulgaria; sono altresì impiegate le rotte via mare dalla Grecia e dall’Italia.
Più in generale, secondo uno studio dell’ONU del maggio 2015 i foreign fighter sarebbero oltre 25 mila e sarebbero provenienti da più di cento Paesi.
La proposta della Commissione europea mira inoltre ad adeguare il diritto dell’UE ai più recenti orientamenti espressi dal gruppo GAFI/FAFT.
Il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) o Financial Action Task Force (FATF) è un organismo intergovernativo, sorto nel 1989 in occasione del G7 di Parigi, il cui scopo è la promozione di politiche per il contrasto del riciclaggio di denaro di origine illecita, del finanziamento al terrorismo e del finanziamento della proliferazione di armi di distruzione di massa. Il Segretariato del GAFI è ospitato presso l`OCSE mentre la presidenza, di durata annuale, è assegnata a funzionari di livello apicale espressi dagli Stati membri.
L’organismo, il cui mandato è stato rinnovato per il 2012-2020 da parte dei Ministri delle Finanze dei Paesi membri, durante gli Spring Meetings di Washington del 2012, si propone di:
• realizzare strumenti giuridici che possano concretamente contrastare l’utilizzo criminale del sistema finanziario
• monitorare l’implementazione dei presidi (normativi e organizzativi) antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento al terrorismo e di verificare l’efficacia degli stessi nelle giurisdizioni aderenti.
Secondo le raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI/FATF) pubblicate nel 2012 riguardo al finanziamento del terrorismo, e più specificamente la raccomandazione n. 5 sul “reato di finanziamento del terrorismo”, i “Paesi devono criminalizzare il finanziamento del terrorismo sulla base della Convenzione sul Finanziamento del Terrorismo, e devono criminalizzare non solo il finanziamento di atti terroristici ma anche il finanziamento di organizzazioni terroristiche e di terroristi individuali, anche in assenza di un legame con uno specifico atto o atti terroristici”.
Alla luce dell’urgente necessità di affrontare la minaccia posta dai combattenti terroristi stranieri, il GAFI/FATF ha riveduto la nota interpretativa della raccomandazione n. 5 sul reato di finanziamento del terrorismo per tenere conto degli elementi pertinenti della risoluzione UNSCR 2178. Ha pertanto chiarito che la raccomandazione n. 5 invita i Paesi a criminalizzare il finanziamento dei viaggi di coloro che si recano in uno Stato diverso da quello in cui risiedono o di cui hanno la cittadinanza allo scopo di perpetrare, pianificare o partecipare ad atti terroristici o di impartire o ricevere addestramento terroristico.
Il diritto dell’Unione europea già prevede una normativa penalistica in materia di antiterrorismo, contenuta, in particolare, nella decisione quadro 2002/475/GAI, come modificata dalla decisione quadro 2008/919/GAI. Tale normativa richiede agli Stati membri di allineare le loro normative e introdurre pene minime per i reati terroristici. La disciplina definisce i reati terroristici, i reati riconducibili a organizzazioni terroristiche e i reati connessi ad attività terroristiche.
In particolare, la decisione definisce:
· la nozione di reato terroristico come una combinazione di:
- elementi oggettivi (attentato alla vita o all’integrità fisica delle persone, cattura di ostaggi, estorsioni, attacchi di varia natura, minaccia di realizzare uno di questi comportamenti, ecc.);
- elementi soggettivi (atti commessi al fine di intimidire gravemente la popolazione, destabilizzare o distruggere le strutture di un paese o un’organizzazione internazionale, oppure costringere i poteri pubblici ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto);
· un’organizzazione terroristica come un’associazione strutturata di due o più persone, stabilita nel tempo e che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici.
La decisione richiede inoltre che ogni paese dell’UE:
o renda punibili gli atti preparatori come reati connessi alle attività terroristiche. Esempi sono l’istigazione pubblica a commettere reati terroristici, il reclutamento e l’addestramento a scopi terroristici, il furto, l’estorsione e la formazione di documenti amministrativi falsi al fine di commettere reati terroristici;
o renda punibili l’istigazione, il concorso e il tentativo di commettere determinati tipi di reati;
o stabilisca la responsabilità penale delle persone giuridiche e norme e soglie per pene e sanzioni;
o stabilisca la giurisdizione dei reati terroristici qualora il reato sia commesso nel proprio territorio o a bordo di una nave battente la propria bandiera o di un aeromobile ivi registrato (principio di territorialità);
o stabilisca la giurisdizione nel caso in cui l’autore del reato sia cittadino o residente di tale paese, il reato sia commesso a vantaggio di un’entità giuridica stabilita nel proprio territorio, il reato sia commesso contro la popolazione o le istituzioni di un paese dell’UE o contro un’istituzione dell’Unione con sede in tale paese;
o stabilisca la giurisdizione nei casi in cui si rifiuti di consegnare o estradare una persona sospettata o condannata per un reato terroristico;
o collabori con gli altri Paesi dell’UE e decida quale di essi si assuma la giurisdizione qualora più Paesi siano coinvolti in un determinato caso;
o adotti misure per garantire l’assistenza adeguata alle famiglie delle vittime.
L’Agenda europea sulla sicurezza dell’aprile 2015, indicando tra le priorità UE l’attività di contrasto al terrorismo e alla radicalizzazione, ha impegnato la Commissione europea a valutare l’aggiornamento della decisione quadro sopra descritta.
Nelle conclusioni del 13 ottobre 2014, il Consiglio ha invitato la Commissione a studiare modi per colmare eventuali carenze della decisione quadro 2002/475/GAI alla luce, in particolare, della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU 2178(2014)7. Nella dichiarazione congiunta rilasciata a seguito del Consiglio “Giustizia e affari interni” di Riga, i ministri dell’UE hanno riconosciuto l’importanza di prendere in considerazione possibili misure legislative per stabilire un’interpretazione comune dei reati di terrorismo alla luce della risoluzione UNSCR 2178(2014).
Anche il Parlamento europeo ha sottolineato, nella risoluzione dell’11 febbraio 2015, la necessità di armonizzare la qualificazione penale dei reati connessi ai combattenti stranieri e di evitare lacune sul piano dell’azione penale aggiornando la decisione quadro sul terrorismo.
Infine, la Commissione europea ha preannunciato, nel Programma di lavoro per il 2016, la presentazione di una proposta di riesame della decisione quadro volta ad affrontare il fenomeno dei combattenti stranieri.
Si ricorda inoltre che, alla stessa data dell’adozione della proposta di direttiva in esame, la Commissione europea ha presentato un Piano d’azione contro il traffico illecito di armi e l’uso di esplosivi con l’obiettivo di migliorare l’individuazione, la ricerca e il sequestro di armi da fuoco, esplosivi e precursori di esplosivi usati per i fini criminali e terroristici.
La Commissione europea ha altresì presentato una proposta di direttiva relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, che rivede e completa l'attuale direttiva 91/47/CEE alla luce dei recenti attacchi terroristici.
Si ricorda altresì che il 2 febbraio 2016 la Commissione europea ha presentato la comunicazione Piano d'azione per rafforzare la lotta contro il finanziamento del terrorismo”.
ll Piano d'azione si concentra su due principali filoni d'azione:
- individuare i terroristi attraverso i loro movimenti finanziari e impedire loro di spostare fondi o altri beni;
- smantellare le fonti di entrata usate dalle organizzazioni terroristiche, in primo luogo colpendo le capacità di raccolta fondi.
Deve inoltre ricordarsi che in materia di misure contro il terrorismo è all’esame delle Istituzioni legislative europee la proposta di direttiva che disciplina l'uso dei dati del codice di prenotazione (PNR).
I dati del codice di prenotazione (PNR) sono informazioni non verificate fornite dai passeggeri che vengono raccolte e conservate dai vettori aerei. Il PNR contiene informazioni quali il nome, la data di viaggio, l'itinerario, il posto assegnato, i bagagli, i dati di contatto e le modalità di pagamento.
Il 4 dicembre 2015 il Consiglio ha approvato il testo di compromesso concordato a seguito dei negoziati con il Parlamento europeo.
In materia di misure europee volte, tra l’altro, a contrastare il fenomeno dei foreign fighter si segnala, infine, la proposta di regolamento del 15 dicembre 2015, che modifica il Codice frontiere Schengen per quanto riguarda il rafforzamento delle verifiche nelle banche dati pertinenti alle frontiere esterne.
La proposta introduce l’obbligo di effettuare alle frontiere esterne verifiche sistematiche sui beneficiari del diritto alla libera circolazione ai sensi del diritto UE (ossia i cittadini dell’Unione e i loro familiari che non sono cittadini dell’Unione), basati sul raffronto con banche dati, quali il sistema d'informazione Schengen, la banca dati dell'Interpol sui documenti di viaggio rubati e smarriti e i pertinenti sistemi nazionali, al fine di verificare che le persone in arrivo non rappresentino una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza interna.
La proposta, infine, obbliga gli Stati membri ad effettuare verifiche sui cittadini di Paesi terzi all’uscita, allineandosi all’attuale obbligo di effettuare verifiche sistematiche sui cittadini di Paesi terzi nelle banche dati all’ingresso.
La proposta di direttiva mira a sostituire la disciplina contenuta nella decisione quadro citata, riproducendone larga parte specialmente per quanto riguarda i reati terroristici e i reati riconducibili a una organizzazione terroristica.
L’articolo 1 enuncia la finalità e il campo di applicazione del progetto di direttiva e precisa in particolare che la direttiva stabilisce norme minime in materia di reati terroristici, reati riconducibili a un gruppo terroristico e reati connessi ad attività terroristiche nonché misure specifiche di protezione e assistenza per le vittime del terrorismo.
L’articolo 2 reca le definizioni di: “capitali” (in relazione al reato di finanziamento del terrorismo), “persone giuridiche”, “gruppo terroristico”, e “associazione strutturata”.
L’articolo 3 stabilisce quali reati debbano essere considerati terroristici; la disposizione figurava già all’articolo 1 della decisione quadro 2002/475/GAI.
L’articolo 4 impone agli Stati membri di perseguire penalmente la direzione di un gruppo terroristico o la partecipazione alle sue attività nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose del gruppo terroristico. La disposizione figurava già all’articolo 2 della citata decisione quadro.
L’intervento normativo più rilevante riguarda la parte della disciplina relativa ai reati connessi ad attività terroristiche: in tale sezione la proposta, oltre a confermare fattispecie penali già previste dalla decisione quadro, obbliga gli Stati membri ad introdurre nuove fattispecie, di cui fornisce gli elementi minimi.
In linea generale potrebbe risultare opportuno valutare se le modifiche prospettate rispetto alla normativa vigente, con particolare riguardo alle nuove fattispecie di reato che vengono individuate, siano sufficientemente dettagliate, fermo restando il principio secondo il quale la competenza penale dell’UE comporta l’elaborazione di norme minime, da assicurare un effettivo avanzamento sotto il profilo dell’efficienza del contrasto al terrorismo e un sostanziale allineamento delle norme nazionali. La persistenza di margini per quanto riguarda la definizione puntuale delle fattispecie criminali potrebbe ingenerare incertezze sul piano attuativo. Non a caso, il testo attribuisce notevole rilievo all’elemento finalistico rispetto a quello materiale nell’individuazione del reati.
Come testé accennato, gli artt. da 5 a 7 relativi ai reati di pubblica provocazione a commettere un reato di terrorismo, reclutamento a fini terroristici, e atto di impartire un addestramento ai fini terroristici riproducono disposizioni già previste nella citata decisione quadro.
L’articolo 8 della proposta introduce la fattispecie relativa all’atto di ricevere un addestramento a fini terroristici. In particolare, gli Stati membri devono adottare misure necessarie per assicurare che costituisca reato, se compiuto intenzionalmente, l’atto di ricevere istruzioni da un’altra persona per la fabbricazione o l’uso di esplosivi, armi da fuoco o altre armi o sostanze nocive o pericolose ovvero altre tecniche o metodi specifici al fine di commettere o di contribuire alla commissione di reati terroristici.
Tale disposizione attua l’articolo 3 del Protocollo addizionale richiamato, prevedendo una fattispecie penale che si affianca al reato di atto di impartire un addestramento a fini terroristici.
Secondo la relazione introduttiva alla proposta, l’atto di ricevere addestramento a fini terroristici può svolgersi in presenza (ad esempio la partecipazione a un campo di addestramento gestito da un’associazione o un gruppo terroristico), oppure tramite i media elettronici, compreso internet. Il semplice fatto di visitare siti web contenenti informazioni o di ricevere comunicazioni che potrebbero essere utilizzate per l’addestramento a fini terroristici non è tuttavia sufficiente per commettere il reato di ricevere un addestramento a fini terroristici. L’autore del reato deve di norma partecipare attivamente alla formazione. Gli Stati membri possono tuttavia decidere di considerare reato nel loro ordinamento interno forme di autoapprendimento.
Inoltre, l’atto di ricevere un addestramento a fini terroristici deve essere praticato per commettere un reato terroristico o contribuire alla sua commissione, come definito all’articolo 3, e l’autore del reato deve avere l’intenzione di agire in tal modo. Anche la partecipazione ad attività altrimenti lecite, quali seguire un corso di chimica all’università, prendere lezioni di volo o ricevere un addestramento militare da uno Stato, può essere considerata come commissione illecita del reato di ricevere un addestramento a fini terroristici se è possibile dimostrare che il destinatario dell’addestramento ha l’intento criminoso di usare l’addestramento ricevuto per commettere un reato terroristico.
Ai sensi dell’articolo 9 gli Stati membri devono qualificare come reato l’atto di recarsi in un altro paese al fine di commettere o contribuire a commettere un reato terroristico (come definito dalla direttiva) la partecipazione alle attività di un gruppo terroristico o l’atto di impartire o ricevere un addestramento a fini terroristici.
Si tratta del principale strumento di contrasto al fenomeno dei foreign fighter, in attuazione dell’articolo 4 del citato Protocollo addizionale; la disposizione riguarda i viaggi verso Paesi terzi e anche gli Stati membri dell’UE, compresi quelli di cui l’autore del reato ha la cittadinanza o in cui risiede. Il viaggio verso lo Stato di destinazione può essere effettuato per via diretta o indiretta, transitando in altri Stati membri. Tutte le persone che si recano in un altro paese sono potenzialmente interessate dalle disposizioni riguardanti la qualifica di reato dell’atto di viaggiare all’estero a fini terroristici ai sensi della direttiva.
Ai sensi dell’articolo 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che costituiscano reato, se compiuti intenzionalmente, tutti gli atti connessi all’organizzazione o agevolazione per assistere una persona che si reca all’estero a fini terroristici, come definito all’articolo 9, nella consapevolezza che l’assistenza è prestata a tal fine.
La disposizione attua l’articolo 6 del citato Protocollo aggiuntivo. Secondo la relazione introduttiva il termine “organizzazione” comprende una serie di atti che riguardano aspetti pratici connessi con il viaggio, come ad esempio l’acquisto dei biglietti e la pianificazione degli itinerari. Il termine “agevolazione” indica tutti gli atti diversi da quelli designati sotto “organizzazione” che aiutano il viaggiatore a raggiungere la sua destinazione. Viene in particolare citato come esempio l’atto di aiutare il viaggiatore ad attraversare illegalmente una frontiera. Oltre ad agire intenzionalmente, l’autore del reato deve essere a conoscenza del fatto che l’assistenza è prestata a fini terroristici.
L’articolo 11 impone agli Stati membri di perseguire penalmente la fornitura di capitali che sono utilizzati per commettere reati di terrorismo e reati connessi a gruppi terroristici o attività terroristiche. La definizione è in linea con la definizione di finanziamento del terrorismo nell’ambito della direttiva 2015/849/UE, che riguarda il finanziamento di tutti i reati, quali definiti agli articoli da 1 a 4 della decisione quadro 2002/475/GAI, come modificata dalla decisione quadro 2008/919/GAI. La nozione di “capitali” è definita all’articolo 2 della proposta di direttiva.
Si ricorda che la decisione quadro 2002/475/GAI attualmente criminalizza il finanziamento del terrorismo soltanto nella misura in cui esso sia destinato ad una organizzazione terroristica (art.2, paragrafo 2, lettera b), ma non anche al compimento di una atto di terrorismo o di una altro reato connesso ad attività terroristiche quale il reclutamento, l’addestramento o il viaggio all’estero a fini terroristici.
In particolare, l’inclusione del finanziamento dei viaggi all’estero a fini terroristici, un reato non precedentemente previsto dalla decisione quadro 2002/475/GAI), attua l’articolo 5 del Protocollo addizionale e la raccomandazione 5 del GAFI/FATF). Ai sensi dell’articolo 15 della proposta non è necessario che il reato sia stato commesso né stabilire un collegamento con uno specifico reato di terrorismo o con reati connessi ad attività terroristiche. L’articolo 11, in combinato disposto con l’articolo 15, attua la suddetta raccomandazione del GAFI/FATF, secondo la quale il finanziamento del terrorismo costituisce reato anche in assenza di un legame con uno o più atti terroristici specifici.
Secondo la relazione introduttiva i capitali possono provenire da un’unica fonte, ad esempio un prestito o un dono forniti al viaggiatore da una persona o da un’entità giuridica, o da varie fonti attraverso un qualsiasi tipo di raccolta organizzata da una o più persone o entità giuridiche.
La proposta di direttiva non contiene novità di rilievo, rispetto alla decisione quadro citata, per quanto riguarda le sanzioni nei confronti di persone fisiche e giuridiche, e gli istituti del concorso, l’istigazione e il tentativo, nonché le norme che stabiliscono la giurisdizione degli Stati membri.
La proposta, riproducendo quanto già disposto dall’articolo 10, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475/GAI, prevede che gli Stati membri dispongano che le indagini o l’azione penale relative ai reati contemplati nella direttiva non dipendano da una denuncia o accusa formulata da una vittima, almeno nei casi in cui i reati siano stati compiuti sul territorio dello Stato membro (articolo 22, paragrafo 1).
La vigente disciplina già prevede genericamente l’obbligo a carico di ciascuno Stato membro di adottare ogni possibile misura per garantire un’appropriata assistenza alla famiglia della vittima.
La proposta di direttiva riforma tale previsione specificando con maggiore dettaglio gli obblighi a carico degli Stati membri in materia di protezione e sostegno delle vittime, in linea con la direttiva in materia di diritti delle vittime. In particolare l’articolo 22, paragrafo 2, della proposta obbliga gli Stati membri a disporre che siano in funzione i servizi specifici per assistere e sostenere le vittime del terrorismo; tali servizi devono avere la capacità e la struttura organizzativa necessaria per fornire assistenza e sostegno a tali vittime immediatamente dopo un attentato e, in seguito, per tutto il tempo necessario secondo le esigenze specifiche di ciascuna vittima. La disposizione prevede servizi riservati, gratuiti e facilmente accessibili a tutte le vittime del terrorismo. Tali servizi devono comprendere in particolare:
(a) sostegno emotivo e psicologico, ad esempio sostegno e consulenza psicologica per il trauma subito;
(b) consulenza e informazioni su ogni pertinente questione finanziaria, giuridica o pratica.
Ai sensi del paragrafo 3 della medesima disposizione, tale regime si applica in aggiunta e fatte salve le misure di cui alla direttiva 2012/29/UE in materia di diritti delle vittime.
La nuova disciplina è coerente in particolare con l’articolo 9 paragrafo 2, della direttiva sui diritti delle vittime, ai sensi del quale gli Stati membri sono obbligati a incoraggiare i servizi di assistenza alle vittime a prestare particolare attenzione alle specifiche esigenze delle vittime che hanno subito un notevole danno a motivo della gravità del reato.
L’articolo 23 della proposta indica, inoltre, i diritti delle vittime del terrorismo in un altro Stato membro. In particolare, gli Stati membri devono disporre affinché le rispettive autorità competenti cooperino tra loro per garantire l’accesso alle informazioni da parte delle vittime del terrorismo residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato commesso il reato terroristico. L’accesso alle informazioni deve comprendere, in particolare, le informazioni sui diritti delle vittime, i servizi di sostegno disponibili e i regimi di indennizzo esistenti.
Infine, secondo la medesima disposizione, gli Stati membri devono provvedere a che tutte le vittime del terrorismo abbiano accesso, sul territorio dello Stato membro di residenza, all’assistenza e ai servizi di sostegno (indicati nel citato articolo 22), anche se il reato di terrorismo è stato commesso in un altro Stato membro.
La proposta di direttiva sostituisce la decisione quadro citata. La scelta dello strumento normativo è indicata specificamente dall’articolo 83, paragrafo 1 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ove si prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni. La medesima disposizione, al paragrafo 2, include tra i reati a dimensione transnazionale (elencandolo per primo) il terrorismo.
Inoltre l’articolo 82, paragrafo 2 del TFUE autorizza il Parlamento europeo e il Consiglio a stabilire norme minime sui diritti delle vittime della criminalità, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria.
Sulla proposta il Consiglio dell’UE giustizia e affari interni del 10-11 marzo 2016 ha espresso un orientamento generale che costituisce la base dei futuri negoziati con il Parlamento europeo nel quadro della procedura legislativa ordinaria.
Presso il Parlamento europeo, la Commissione LIBE, libertà civili, giustizia e affari interni, deve ancora pronunciarsi sulla proposta.
Nella relazione, ex articolo 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, il Governo esprime sulla proposta una valutazione complessiva positiva, considerando il progetto di particolare urgenza, data la necessità di migliorare il quadro giuridico UE per aumentare la sicurezza alla luce dei recenti attentati terroristici. L’Esecutivo ritiene che la proposta non abbia implicazioni di bilancio immediate per l’Unione europea; tuttavia evidenzia che per procedere ad una compiuta analisi dei costi eventualmente gravanti sul bilancio nazionale, appare necessario attendere i futuri sviluppi negoziali relativi alla proposta. Infine, secondo il Governo l’intervento di adeguamento dell’ordinamento interno alla proposta di direttiva in esame non presenta profili di criticità, risultando la legislazione italiana alquanto avanzata in materia.
(a cura del Servizio Studi)
A partire dalla XIV legislatura, in risposta alla crisi internazionale determinatasi in seguito ai gravissimi attentati dell’11 settembre 2001, il Parlamento ha svolto una intensa attività legislativa volta a contrastare il terrorismo internazionale. I provvedimenti adottati si sono collocati in un contesto in cui è stata la stessa comunità internazionale, con l’Unione Europea, a sottolineare la necessità di adeguare gli ordinamenti dei singoli Stati all’esigenza di svolgere un’azione globale per combattere le nuove violente manifestazioni di attacco alle istituzioni democratiche.
Già nel 2001, con il decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374 (Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale), il legislatore ha introdotto norme di carattere penale e processuale dirette a consentire una più efficace prevenzione e repressione degli atti di terrorismo a carattere transnazionale che, travalicando i confini del singolo Stato, non risultavano agevolmente perseguibili sul piano penale interno. In particolare, risalgono al 2001 le modifiche alle disposizioni relative al terrorismo contenute nel codice penale (artt. 270-bis c.p. e seguenti).
In sintesi, il provvedimento ha:
- ridenominato il reato di cui all’art. 270-bis c.p. che è ora volto a sanzionare le Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico; il nucleo essenziale della fattispecie penale (abbia o meno essa carattere internazionale) è rappresentato, come già in precedenza, dall’esistenza di un’associazione, di un gruppo di persone collegate tra loro da una struttura, anche rudimentale, idonea ad attuare la continuità del programma criminoso avuto di mira dall’associazione. All’interno di tale organizzazione sono poi state distinte le condotte di “rango superiore” (promotore, costituente, dirigente, organizzatore e finanziatore) punite con una sanzione più grave, da quelle di “rango inferiore” (partecipe) punite con una sanzione meno grave. Merita rilievo l’inserimento, tra le condotte punibili, della condotta di finanziamento, non contemplata nell’originario articolo 270-bis, precedente all’intervento del decreto legge 374/2001.
- inserito nel codice penale l’art. 270-ter, rubricato Assistenza agli associati;
- introdotto specifiche misure in tema di intercettazioni, misure di prevenzione, perquisizioni, attività della polizia sottocopertura e coordinamento delle indagini. In particolare, il provvedimento prevede la possibilità di ricorrere, per l’accertamento delle fattispecie di terrorismo allo strumento delle intercettazioni senza l’osservanza dei rigorosi parametri previsti dal codice di rito per la legittima limitazione del diritto alla riservatezza; estende poi alle indagini antiterrorismo (nazionale e internazionale) la normativa speciale in materia di intercettazioni preventive, sino ad allora prevista per il contrasto alla criminalità mafiosa.
Pur non avendo proceduto all’attuazione della decisione quadro 2002/475/GAI, con il decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale) il legislatore nazionale ha introdotto nel codice penale nuove fattispecie delittuose riferite al terrorismo:
· l’arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (articolo 270-quater), che punisce chiunque, al di fuori dell’ipotesi di associazione con finalità di terrorismo (art. 270-bis c.p.), arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali;
· l’addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (articolo 270-quinquies), che punisce chiunque, al di fuori dell’ipotesi di associazione con finalità di terrorismo (art. 270-bis c.p.), addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo;
· l’art. 270-sexies, che definisce le condotte con finalità di terrorismo. In particolare, questa disposizione ha fornito, per la prima volta nel nostro ordinamento, la definizione di terrorismo individuando specifiche condotte illecite, in accordo con quanto previsto dalla decisione quadro 2002/475/GAI. Nello specifico, l’art. 270-sexies c.p. (Condotte con finalità di terrorismo) prevede che siano considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia.
Il decreto-legge del 2005 si è inoltre caratterizzato per:
- l’estensione alle indagini anti-terrorismo – anche relative al terrorismo internazionale – della facoltà di tenere i c.d. colloqui investigativi. I colloqui investigativi consistono in veri e propri confronti diretti con il detenuto finalizzati ad ottenere notizie utili alle indagini; svolgendosi in assenza del difensore, quindi senza le garanzie difensive ordinariamente previste, non hanno valore processuale; l’esperienza delle indagini di mafia ha, tuttavia, mostrato come da tali colloqui possano derivare significativi spunti investigativi;
- l’introduzione di un particolare tipo di permesso di soggiorno a fini investigativi, in favore degli stranieri che prestino la loro collaborazione all’autorità giudiziaria o agli organi di polizia in relazione a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico;
- l’integrazione delle disposizioni in materia di espulsione amministrativa dello straniero, qualora vi siano fondati motivi di ritenere che la permanenza del destinatario nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali;
- il potenziamento dell’attività di intelligence antiterrorismo, con maggiori possibilità di effettuare le intercettazioni e i controlli preventivi sulle comunicazioni (anche per via telematica);
- la costituzione, ad opera del Ministro dell'interno, di apposite unità investigative interforze, “per le esigenze connesse alle indagini di polizia giudiziaria conseguenti ai delitti di terrorismo di rilevante gravità”;
- l’introduzione temporanea di nuove disposizioni in materia di traffico telefonico e telematico, nonché di norme relative all’apertura di esercizi pubblici di telefonia e Internet e volte al monitoraggio delle operazioni svolte dall’utente presso tali esercizi;
- una più rigorosa disciplina sugli esplosivi. In particolare, sono previste limitazioni al trattamento di detonatori e esplosivi e l’introduzione del nuovo reato di addestramento all’uso di esplosivi ed armi chimico-batteriologiche;
- un’integrazione della disciplina amministrativa dell’attività di volo e maggiori stanziamenti per spese di investimento dell’ENAC (Ente nazionale di aviazione civile) finalizzati anche al completamento dei necessari interventi per la sicurezza ai fini della prevenzione antiterroristica negli aeroporti;
- l’introduzione di nuove disposizioni in materia di identificazione personale;
- la modifica, con finalità anticontraffazione, dei modelli del permesso di soggiorno e della carta di soggiorno;
- l’introduzione di nuove disposizioni in materia di arresto e fermo: in particolare, viene ampliato l’ambito di applicazione dell’arresto obbligatorio in flagranza per i reati di terrorismo.
La legge 16 marzo 2006, n. 146, ha, poi, autorizzato la ratifica e dato esecuzione alla Convenzione ed ai Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001. In particolare, il provvedimento (art. 9) stabilisce la non punibilità degli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti agli organismi investigativi di Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza i quali commettano reati nel corso di specifiche operazioni sotto copertura volte al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo.
Successivamente - in attuazione della direttiva 2005/60/CE e dell’art. 26 della legge comunitaria 2005 (legge 25 gennaio 2006, n. 29) - è stato emanato il decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, contenente misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.
A distanza di pochi mesi è stato emanato il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, il quale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE (nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione), ha introdotto disposizioni volte a prevenire l'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Con la legge 30 giugno 2009, n. 85, relativa alla ratifica del Trattato di Prüm, è stata poi prevista l’istituzione di una banca dati nazionale del DNA, presso il Ministero dell'interno, e di un Laboratorio centrale, presso il Ministero della giustizia, con finalità di identificazione degli autori dei reati; è stato disciplinato lo scambio di informazioni e altre forme di cooperazione tra gli Stati contraenti. I regolamenti attuativi della banca dati, presupposto per la sua operatività, sono stati adottati dal Governo solo pochi giorni fa.
Infine, in questa legislatura, l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista ha determinato il legislatore ad adottare ulteriori provvedimenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale.
Tra questi si segnala, in particolare, il decreto-legge n. 7 del 2015 che prevede una serie di misure di contrasto del terrorismo, anche internazionale, il coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo e la proroga delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia e delle iniziative di cooperazione allo sviluppo. Di seguito si riportano i principali interventi previsti dal decreto-legge.
Il provvedimento interviene in primo luogo sulle disposizioni del codice penale relative ai delitti di terrorismo, anche internazionale, per punire:
· con la reclusione da 5 a 8 anni i c.d. foreign fighter, ovvero coloro che si arruolano per il compimento di atti di violenza, con finalità di terrorismo; l'entità della pena consente l'applicazione della custodia cautelare in carcere;
· con la reclusione da 5 a 8 anni chiunque organizzi, finanzi o propagandi viaggi all'estero finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo (art. 270-quater.1 c.p.);
· con la reclusione da 5 a 10 anni colui che, dopo avere autonomamente acquisito le istruzioni relative alle tecniche sull'uso di armi da fuoco o di esplosivi nonché alla commissione di atti di violenza con finalità terroristiche, pone in essere comportamenti finalizzati in maniera univoca alla commissione di tali atti (art. 270-quinquies c.p.).
La riforma, inoltre, aggrava la pena prevista per il delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo (art. 270-quinquies c.p.) quando le condotte di chi addestra o istruisce siano commesse attraverso strumenti telematici o informatici. Una ulteriore disposizione specifica che alla condanna per associazione terroristica, assistenza agli associati, arruolamento e organizzazione di espatrio a fini di terrorismo consegue obbligatoriamente la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale «quando è coinvolto un minore».
Sono poi introdotte misure per il contrasto alle attività di proselitismo attraverso Internet dei c.d. foreign fighter. Quando i reati di terrorismo, l'istigazione e l'apologia del terrorismo sono commessi tramite strumenti informatici e telematici, sono anzitutto previste aggravanti di pena. Analoghe aggravanti sono introdotte per il possesso e la fabbricazione di documenti falsi, delitti per i quali viene previsto l'arresto obbligatorio in flagranza (anziché, come ora, facoltativo).
Viene modificata, poi, la disciplina delle norme di attuazione del codice processuale penale sulle intercettazioni preventive, anche in relazione ad indagini per delitti in materia di terrorismo commessi con l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche, e con riguardo all'acquisizione di documenti e dati informatici conservati all'estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico.
Si stabilisce poi che la polizia postale e delle comunicazioni debba costantemente tenere aggiornata una black-list dei siti Internet che vengano utilizzati per la commissione di reati di terrorismo, anche al fine di favorire lo svolgimento delle indagini della polizia giudiziaria, effettuate anche sottocopertura.
Sono introdotti in capo agli Internet providers specifici obblighi di oscuramento dei siti e di rimozione dei contenuti illeciti connessi a reati di terrorismo pubblicati sulla rete.
Sulla black list e sui provvedimenti di oscuramento e rimozione adottati, sono introdotti obblighi di relazione in capo al Ministro dell'interno in apposita sezione della Relazione annuale sull'attività delle forze di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il decreto-legge, inoltre:
· introduce nel codice penale due nuove contravvenzioni relative alla detenzione di precursori di esplosivi, e sono introdotte modifiche al Testo unico di pubblica sicurezza (R.D. n. 773 del 1931) in tema di armi;
· modifica l'ordinamento penitenziario (L. 354/1975) e l'art. 380 del codice di procedura penale. Con la prima modifica si prevede che anche i promotori, organizzatori e finanziatori del trasporto di stranieri nel territorio dello Stato nonché coloro che materialmente provvedono a tale trasporto ovvero compiono altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio nazionale possano godere dei benefici penitenziari solo se collaborano con la giustizia. Con la modifica dell'art. 380 c.p.p., si prevede l'arresto obbligatorio in flagranza dei citati delitti in materia di immigrazione clandestina;
· interviene sul Codice antimafia (D.Lgs. 159/2011) per modificare la disciplina delle misure di prevenzione e in materia di espulsione dallo Stato per motivi di terrorismo. Tra le molteplici misure è previsto un nuovo delitto, relativo alla violazione del divieto di espatrio conseguente alla violazione della sorveglianza speciale (con obbligo o divieto di soggiorno) o conseguente al ritiro del passaporto o alla sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente (reclusione da 1 a 5 anni);
· prevede nel testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998) l'espulsione amministrativa da parte del prefetto per motivi di prevenzione del terrorismo nei confronti degli stranieri che svolgano rilevanti atti preparatori diretti a partecipare ad un conflitto all'estero a sostegno di organizzazioni che perseguono finalità terroristiche;
· introduce una deroga alla disciplina relativa alla conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico contenuta nel Codice della privacy: per finalità di accertamento e repressione dei reati di terrorismo, infatti, a decorrere dalla conversione del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2016, il fornitore dovrà conservare i dati relativi al traffico telematico (esclusi i contenuti della comunicazione) ed i dati relativi al traffico telefonico. Analogamente, dovranno essere conservati, fino a tale data, anche i dati sulle chiamate senza risposta, trattati temporaneamente dai fornitori dei servizi di comunicazione elettronica accessibile al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione;
· introduce, in via transitoria, la possibilità per i servizi di informazione e sicurezza di effettuare colloqui investigativi con detenuti per prevenire delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
Il provvedimento interviene poi sul Coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale, prevedendo l'attribuzione al Procuratore nazionale antimafia anche delle funzioni in materia di antiterrorismo e disciplinandone gli adeguamenti organizzativi.
Invece è tuttora all'esame del Parlamento il disegno di legge del Governo A.S. 2223, approvato dalla Camera, che riguarda la ratifica di cinque diversi atti internazionali[1], tutti volti a prevenire e contrastare il terrorismo. Il provvedimento prevede anche disposizioni di adeguamento del nostro ordinamento interno e, segnatamente, la modifica del codice penale.
In particolare, il disegno di legge:
- inserisce, tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato, nuove fattispecie relative al terrorismo internazionale (Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, punita con la reclusione da 7 a 15 anni; Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro, punita con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro); il personale dei servizi di informazione e sicurezza potrà essere autorizzato a porre in essere attività che configurano il nuovo reato di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo: viene così esteso quanto già consentito dalla legge, fino al 31 gennaio 2018, con riguardo a taluni reati relativi al terrorismo;
- rende obbligatoria, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto (è autorizzata anche la confisca per equivalente, cioè la confisca di altri beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto o profitto). La confisca non potrà riguardare i beni che appartengono a terzi estranei al reato;
- inserisce nel capo sui delitti contro la personalità interna dello Stato, la nuova fattispecie penale di atti di terrorismo nucleare, punita con la reclusione da 6 a 12 anni e punendo con la reclusione non inferiore a 15 anni chiunque, con le medesime finalità di terrorismo, utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare o utilizza o danneggia un impianto nucleare, così da rilasciare o con il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva.
Di seguito sono posti a confronto i contenuti della proposta con il quadro normativo vigente, evidenziando le disposizioni che, in caso di definitiva approvazione, comporterebbero per il nostro Paese un obbligo di adeguamento.
Tralasciando gli articoli 1 e 2 della proposta di direttiva, relativi all’oggetto e alle definizioni:
· l’articolo 3 della Proposta definisce il concetto di reato di terrorismo, in modo sostanzialmente analogo a quanto già previsto dall’art. 270-sexies del codice penale;
· l’articolo 4 richiede agli Stati di considerare reato non solo la direzione ma anche la partecipazione all’associazione terroristica. Si tratta di concetti ampiamente acquisiti dal nostro codice penale, in particolare per quanto riguarda il terrorismo, dall’art. 270-bis del codice penale;
· l’articolo 5 prevede che costituisca reato l’istigazione a commettere un reato di terrorismo. In merito si ricordano gli articoli 302 e 414 del codice penale.
L’art. 302 c.p. (Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo) punisce con la reclusione da uno a otto anni chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi primo e secondo di questo titolo (tra i quali rientrano i delitti di terrorismo internazionale previsti dagli articoli 270-bis e ss.), per i quali la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
L’art. 414 c.p. (Istigazione a delinquere) punisce chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati e stabilisce pene diverse a seconda che l’istigazione riguardi la commissione di delitti o di contravvenzioni. La disposizione inoltre stabilisce che, fuori dei casi previsti all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità la pena è aumentata della metà; la pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
· Gli articoli 6, 7 e 8 della proposta di direttiva richiedono agli Stati di qualificare come reato le condotte di reclutamento a fini terroristici e di addestramento a fini terroristici. In relazione a queste condotte si ricordano nel nostro ordinamento gli articoli 270-quater c.p., relativo all’arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale, e 270-quinquies c.p. (Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale); quest’ultima disposizione, a seguito della conversione del decreto-legge n. 7 del 2015 punisce oggi anche la condotta di colui che riceve l’addestramento. Peraltro, in relazione a tutte e tre le fattispecie vigenti, si rileva che il campo d’applicazione della normativa penale italiana è più ristretto rispetto a quanto richiesto dalla proposta di direttiva. La norma europea, infatti, chiede agli Stati di considerare come penalmente rilevante ogni atto volto a sollecitare un’altra persona a commettere uno dei reati di terrorismo, ovvero a impartire un addestramento o a ricevere un addestramento per commettere uno dei reati di terrorismo come definiti dall’art. 3 della Proposta. Si tratta di un’ampia serie di condotte che spaziano dagli atti di violenza a quelli di sabotaggio, passando per la fabbricazione di esplosivi e la minaccia di commettere uno qualsiasi di detti reati. Gli artt. 270-quater e 270-quinquies, invece, puniscono l’arruolamento e l’addestramento esclusivamente quando finalizzati al compimento di atti di violenza o di atti di sabotaggio di servizi pubblici essenziali. Sul punto la normativa italiana potrebbe richiedere un adeguamento;
· gli articoli 9 e 10 della Proposta richiedono agli Stati di qualificare come reato la condotta di colui che si reca in un altro Paese (qualsiasi altro Paese, anche altro Paese UE o proprio Stato di residenza) al fine di commettere un atto terroristico o per partecipare alle attività di un gruppo terroristico o per ricevere o impartire un addestramento (Viaggi all’estero a fini terroristici) e di colui che organizza, agevola o assiste quanti compiano tali viaggi (Organizzazione o agevolazione di viaggi all’estero a fini terroristici). In merito, nel nostro ordinamento, con il decreto-legge n. 7 del 2015, è stato inserito nel codice penale il reato di organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo (art. 270-quater.1, c.p.), che corrisponde alla fattispecie auspicata dall’art. 10 della Proposta, punendo però solo l’organizzazione, il finanziamento o la propaganda di viaggi in territorio estero finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo. Al momento nel nostro ordinamento penale il singolo spostamento, finalizzato a commettere un reato di terrorismo non è punito, a meno che non sia riconducibile alla fattispecie di arruolamento (art. 270-quater, secondo comma). Sul punto la normativa italiana potrebbe richiedere un adeguamento;
· l’articolo 11 della Proposta intende qualificare come reato la condotta di colui che finanzia, in qualsiasi modo, anche indirettamente, il compimento di un reato di terrorismo. Nel nostro ordinamento il finanziamento del terrorismo è punito quando è realizzato sotto forma di finanziamento dell’associazione terroristica (art. 270-bis c.p.) o di finanziamento dei viaggi con finalità di terrorismo (art. 270-quater.1 c.p.); non è al momento punito il finanziamento di singoli atti terroristici. In merito, peraltro, si ricorda che il disegno di legge del Governo AS. 2223, all’esame del Senato (v. sopra) prevede l’inserimento nel codice penale del delitto di finanziamento di condotte con finalità di terrorismo, per il quale prevede la reclusione da 7 a 15 anni. Sul punto, al momento, la normativa italiana potrebbe richiedere un adeguamento;
· l’articolo 12 richiede che sia introdotta una aggravante quando un furto è commesso allo scopo di commettere un reato di terrorismo. In merito nel nostro ordinamento opera l’art. 1, del decreto-legge n. 625 del 1979.
L’articolo 1 del decreto-legge, convertito dalla legge n. 15 del 1980, stabilisce che «per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, punibili con pena diversa dall'ergastolo, la pena è sempre aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato».
· L’articolo 13 richiede invece agli Stati di introdurre una autonoma fattispecie di reato per punire l’estorsione commessa intenzionalmente allo scopo di commettere un reato di terrorismo. Sul punto la normativa italiana potrebbe richiedere un adeguamento; l’art. 1 del decreto-legge n. 625 del 1979 prevede infatti un’aggravante quando l’estorsione sia finalizzata a commettere un atto di terrorismo, non un’autonoma fattispecie di reato;
· l’articolo 14 richiede agli Stati di prevedere una fattispecie penale per punire la produzione di falsi documenti allo scopo di compiere un reato di terrorismo. In merito si ricorda che il recente decreto-legge n. 7 del 2015 ha aumentato le pene previste per il delitto di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis, c.p.) e che l’aggravante per la finalità di terrorismo opera anche in relazione a questa fattispecie. Come detto in relazione al delitto di estorsione, anche in questo caso non c’è nel nostro ordinamento una autonoma fattispecie penale e dunque, in base alla lettera della Proposta, la normativa italiana potrebbe richiedere un adeguamento;
· l’articolo 15 della Proposta afferma la punibilità di uno dei reati di terrorismo anche a prescindere dall’effettiva commissione di uno specifico atto terroristico. In merito, tutte le richiamate norme del codice penale prescindono dalla commissione di atti di terrorismo essendo costruite come fattispecie di pericolo;
· l’articolo 16 richiede agli Stati di prevedere la perseguibilità del concorso , dell’istigazione e del tentativo; in merito nel nostro ordinamento operano gli articoli 56 (delitto tentato), 110 (pena per coloro che concorrono nel reato), 302 e 414 del codice penale (v. sopra);
· gli articoli 17 e 18 della Proposta richiedono agli Stati di graduare le pene previste per le persone fisiche, in particolare prevedendo aggravanti quando i reati siano commessi con finalità di terrorismo e attenuanti per la collaborazione con le autorità. Nel nostro ordinamento tali principi sono già attuati dall’art. 1 del decreto-legge n. 625 del 1979 (aggravante) e dal decreto-legge n. 8 del 1991 (attenuanti in caso di collaborazione).
In particolare, si ricorda che l’art. 16-quinquies (attenuanti in caso di collaborazione) del decreto-legge stabilisce che le circostanze attenuanti che il codice penale e le disposizioni speciali prevedono in materia di collaborazione, relativa ai delitti commessi con finalità di terrorismo, possono essere concesse soltanto a coloro che hanno sottoscritto il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione.
· Gli articoli 19 e 20 riguardano la responsabilità delle persone giuridiche e sono dunque attualmente già attuati nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 231 del 2001 che, all’articolo 25-quater prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie a carico dell’ente, quando siano commessi delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, e sanzioni interdittive per una durata non inferiore ad un anno. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei suddetti reati si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività.
· l’articolo 21 richiede agli Stati di affermare la propria giurisdizione in relazione ai reati di terrorismo e prevede, se il reato rientra nella giurisdizione di più Stati membri, forme di cooperazione e di coordinamento delle azioni attraverso Eurojust. In merito nel nostro ordinamento operano i primi articoli del codice penale, sull’applicabilità della legge penale italiana.
· Gli articoli 22 e 23 della Proposta riguardano i diritti delle vittime dei reati di terrorismo, anche se residenti in diverso Stato membro. In merito opera nel nostro ordinamento il recente decreto legislativo n. 212 del 2015 (Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI); in particolare, tale provvedimento ha inserito nel codice di procedura penale l’art. 90-quater, rubricato “Condizione di particolare vulnerabilità”, con il quale ha previsto che agli effetti del codice di rito, la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa (dalla quale derivano una serie di cautele nell’ambito del procedimento penale) è desunta anche dal tipo di reato per cui si procede; in particolare, «per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto […] è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale […]».
· Gli articoli da 24 a 28 della Proposta non pongono problemi di compatibilità con l’ordinamento nazionale, riguardando le disposizioni finali.
[1] La Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; il relativo protocollo addizionale, fatto a Riga il 22 ottobre 2015; la Convenzione ONU per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York 14 il settembre 2005; il Protocollo di emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; la Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005.