Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Modifica della disciplina per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra (COM(2015)337)
Serie: Bollettino commissioni    Numero: 37
Data: 20/10/2015

20 ottobre 2015

 

n. 37

Modifica della disciplina per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra (COM(2015)337)

 

Tipo di atto

Direttiva

Data di adozione

15 luglio 2015

Base giuridica

Articolo 192 TFUE

Settori di intervento

Politica energetica, Politica dell’ambiente, Permesso di inquinamento negoziabile, Riduzione delle emissioni gassose

Assegnazione

8 settembre 2015 --- Commissione VIII (Ambiente)

Termine per il controllo di sussidiarietà

28 ottobre 2015

Segnalazione da parte del Governo

1 settembre 2015

 

 


Finalità/Motivazione

L'obiettivo generale della politica contro i cambiamenti climatici, e dell'Emission trading system (ETS), ossia il sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra, è di limitare l'aumento medio della temperatura globale al massimo ai 2ºC rispetto ai livelli del periodo pre-industriale.

L'obiettivo specifico della proposta di direttiva in esame è perfezionare e migliorare le norme dell'EU ETS per il post 2020, allineandole all'obiettivo di riduzione delle emissioni. Le tappe per raggiungere il risultato sono: una riduzione delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 di almeno il 40% entro il 2030 e del 60% entro il 2040, fino ad arrivare a una riduzione dell’80% entro il 2050.

In particolare, il Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 ha approvato un obiettivo UE vincolante di riduzione delle emissioni nazionali di gas a effetto serra almeno del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. L'obiettivo dovrà essere raggiunto collettivamente dall'Unione europea nel modo più efficace in termini di costi, con riduzioni, entro il 2030, sia nei settori coperti dall’EU ETS, sia in quelli non coperti da esso, pari rispettivamente al 43% e al 30% rispetto al 2005.

Lo scorso 25 febbraio la Commissione europea ha presentato il pacchetto “Unione dell’energia”, un insieme articolato di proposte che ha lo scopo di integrare la politica energetica e la politica ambientale dell’Unione per il raggiungimento di obiettivi per il periodo successivo al 2020. Al suo interno figurano misure riguardanti cinque settori chiave, quali la sicurezza energetica, il rafforzamento del mercato interno dell'energia, l’efficienza energetica, la ricerca, l'innovazione e la competitività, con particolare riferimento alle tecnologie energetiche sicure, pulite ed efficienti, e la decarbonizzazione. La cornice entro cui si inseriscono tutte le iniziative del pacchetto è costituita dalla comunicazione che delinea una “Strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici” (COM(2015)80.

Il 15 luglio scorso, quindi, nel quadro della strategia dell’Unione dell’energia, la Commissione ha presentato una serie di provvedimenti, tra i quali la proposta di direttiva in esame COM(2015)337.

La disciplina vigente

L’Emission Trading System

L’Emission trading system (ETS) è il sistema di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dell'UE ed è uno dei perni della politica climatica europea.

Il sistema è stato istituito dalla direttiva 2003/87/CE, di cui l’atto all’esame propone la modifica, a partire dal 2005, ed applica all’Europa il meccanismo di cap&trade introdotto a livello mondiale dal Protocollo di Kyoto. In sintesi, l’EU-ETS prevede un tetto massimo (cap) alle emissioni aggregate permesse ai settori europei più inquinanti (primi tra tutti l’industria pesante) durante periodi di tempo predefiniti. Nell’ambito del tetto massimo, viene distribuita una certa quantità di emission allowances (permessi di emissione), ognuno corrispondente ad una tonnellata di CO2 equivalente, in alcuni casi a titolo gratuito, in altri casi tramite aste, ai principali emettitori, i quali possono poi scambiarli con gli altri soggetti del mercato. L’impianto che inquina, pertanto, acquisterà permessi e pagherà un prezzo per le proprie emissioni. L’allocazione dei permessi è determinata, quindi, dal mercato: ogni impresa può, infatti, decidere se investire nella riduzione delle proprie emissioni adottando tecnologie più efficienti, ed eventualmente vendere l’eccesso di permessi a sua disposizione, o acquistare permessi da altri operatori del mercato, pagando per l’inquinamento prodotto.

L’EU ETS opera nei 28 paesi dell’UE e nei tre Stati EEA-EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia) e copre circa il 45% delle emissioni di gas a effetto serra dell’Unione. Secondo i dati forniti dal Gestore dei servizi energetici, esso coinvolge a livello europeo circa 11.000 operatori (dal 1° gennaio 2012 anche del settore dell’aviazione; le relative prescrizioni sono però valide dal 1° gennaio 2013). Si tratta di impianti industriali nel settore della produzione di energia e nel settore manifatturiero (in Italia, sono circa 1.300 i soggetti coinvolti, di cui il 71 per cento nel settore manifatturiero).

Dal 2013, sono coinvolti gli impianti di produzione di alluminio, calce viva, acido nitrico, acido adipico, idrogeno, carbonato e bicarbonato di sodio e gli impianti per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2. Possono essere esclusi dall’EU ETS ospedali e piccoli emettitori, ovvero impianti con emissioni inferiori a 25.000 tonnellate di CO2 equivalente e, nel caso di impianti di combustione, con potenza termica nominale inferiore a 35 MW, escluse le emissioni da biomassa.

L’EU-ETS costituisce il primo e il maggior mercato delle emissioni di carbonio e rappresenta un’esperienza basilare per i sistemi di mercato del carbonio nel resto del mondo. Peraltro, in dieci anni di esperienza sono emersi diversi punti deboli del sistema.

Uno degli aspetti da evidenziare riguarda una cattiva allocazione dei permessi. L’EU-ETS, infatti, ha spesso sofferto di uno sbilanciamento tra l’offerta e la domanda di permessi sul mercato.

Nella prima fase (2005-2007), per effetto dell’imprecisione dei dati sulle emissioni forniti da diversi Paesi, sui quali si basava l’allocazione dei permessi, sono stati distribuiti permessi in eccesso. I permessi in eccesso al termine della prima fase, che ha rappresentato una fase di “learning by doing”, non essendo trasferibili a quella successiva (attraverso i meccanismi del banking – la conservazione di permessi inutilizzati per usi futuri – e del borrowing la presa in prestito di permessi da allocazioni future per l’utilizzo nel periodo attuale) non sono però la causa del surplus di permessi sul mercato. Ciò nonostante, la non trasferibilità dei permessi da una fase all’altra ha determinato un’ingente riduzione del relativo prezzo - alla scadenza i permessi non avevano più alcun valore - con effetti negativi sull’attendibilità dell’ETS europeo e sulle aspettative degli investitori, i quali decidono soprattutto in base al prezzo del carbonio se e quanto investire in tecnologie ed energie a basso tenore di carbonio.

Durante la seconda fase (2008-2012), la concomitanza della crisi economica e di politiche sulle energie rinnovabili e l’efficienza energetica ha prodotto nuovamente un’eccedenza di permessi di emissione sul mercato, aggravata dal fatto che, nelle prime due fasi dell’ETS europeo, la maggior parte dei permessi sono stati assegnati gratuitamente anziché collocati all’asta.

Con la vendita dei permessi tramite asta (auctioning), quale criterio prevalente per l’allocazione dei permessi nella terza fase (2013-2020), l’efficienza del mercato è, infatti, migliorata, riducendo il numero di permessi ripartiti a titolo gratuito, che sono scesi al 43% rispetto alla quasi totalità dei periodi antecedenti.

La direttiva 2003/87/CE

La citata direttiva 2003/87/CE ha previsto che dal 1° gennaio 2005, tutti gli impianti che esercitano una delle attività indicate nell'allegato I della stessa direttiva (tra le quali, attività nel settore dell'energia, della produzione e della trasformazione dei metalli ferrosi, dell'industria dei prodotti minerali e della fabbricazione di pasta per carta, di carta e di cartone) e che emettono i gas a effetto serra in relazione a tali attività devono avere ottenuto un'apposita autorizzazione rilasciata dalle autorità nazionali competenti. L’autorità nazionale competente (ANC) concede l'autorizzazione qualora ritenga che il gestore dell'impianto sia in grado di controllare e di comunicare le emissioni. L’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra viene riesaminata almeno ogni cinque anni, apportandovi le modifiche necessarie. Gli impianti in possesso di un permesso all’emissione in atmosfera di gas serra devono, inoltre, rendere alla fine dell’anno un numero di quote d’emissione pari alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno, pena una sanzione pecuniaria.

In Italia, l'organo che assolve alla funzione di Autorità nazionale competente per la gestione della direttiva ETS è il Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per il supporto nella gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto, presieduto dal Ministero dell’ambiente, mentre al Ministero dello sviluppo economico è riservata la vicepresidenza. Responsabile nazionale del Collocamento (Auctioneer) delle quote di emissione italiane sulla piattaforma centralizzata a livello europeo è il Gestore dei servizi energetici (GSE) Spa, società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze. Le aste si svolgono su piattaforme d’asta dedicate gestite da mercati regolamentati operanti sul mercato del carbonio e selezionate tramite gara d’appalto europea.

Fino al 2012, l’assegnazione delle quote nell’EU ETS è avvenuta prevalentemente a titolo gratuito e sulla base delle emissioni storiche (grandfathering). Dal 2013 il collocamento a titolo oneroso tramite asta (auctioning) è divenuto il meccanismo cardine per l’assegnazione delle quote, salvo eccezioni legate alla tutela della competitività sui mercati internazionali di alcuni settori.

Le aste sono utilizzate per collocare: il 50% delle European Union Allowances (EUA), utilizzabili per adempiere agli obblighi di compensazione delle emissioni di tutti gli operatori soggetti alla direttiva ETS, sia installazioni fisse che operatori aerei; il 15% delle European Union Allowances Aviation (EUA A), utilizzabili solo dagli operatori aerei.

I quantitativi esatti delle quote da collocare sono pubblicati annualmente dalla Commissione, a valle della quantificazione delle quote da collocare gratuitamente. Le aste sono partite nel novembre 2012; quelle di quote EUA A nel settembre 2014, dopo una lunga sospensione legata ai negoziati internazionali di settore in sede di International Civil Aviation Organization (ICAO).

Il quantitativo totale delle quote in circolazione nel sistema è definito a livello europeo in funzione degli obiettivi UE al 2020 (meno 20% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990). Il cap per il 2013 è 2,084 miliardi ed è ridotto annualmente di un fattore lineare pari all’1,74% del quantitativo medio annuo totale di quote rilasciato dagli Stati membri nel periodo 2008-2012, e pari a oltre 38 milioni di quote.

Con riferimento all’Italia, di seguito si riporta l’ammontare delle allocazioni in favore degli impianti stazionari e per il settore dell’aviazione, secondo il Piano nazionale di allocazione (PNA), predisposto dai Ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico e sottoposto alla Commissione europea ai fini dell’adozione della relativa decisione.

Installazioni fisse: Fase I (2005-2007) 624.455.563 tonnellate di CO2 equivalente di quote; Fase II (2008-2012) 1.009.223.343 tonnellate di CO2 equivalente; Fase III (2013-2020) 587.299.215 tonnellate di CO2 equivalente. Settore aereo: Fase II (2008-2012) 4.909.375 tonnellate di CO2 equivalente; Fase III (2013-2020) 6.020.223 tonnellate di CO2 equivalente (fonte: EU Transaction Log).


 

La seguente tabella evidenzia, invece, il rapporto tra le emissioni verificate, il numero di permessi messi all’asta e quelli allocati gratuitamente, dal 2005 al 2014, in alcuni paesi dell’UE e, in particolare, in Italia (fonte: European Environment Agency).


 




 

Nel corso del 2014, l’Italia ha collocato oltre 61 milioni di EUA, con proventi per oltre 361 milioni di euro e interessi netti maturati pari a circa 3,7 milioni. Sono inoltre state collocate 873 mila EUA A, con proventi per 5,2 milioni di euro. Rispetto agli altri Stati membri l’Italia si è confermata il terzo paese per EUA all’asta e proventi generati, mentre è solamente il quinto rispetto alle EUA A. Ciò in quanto le emissioni del settore aereo di competenza nazionale pesano meno di quelle legate alla produzione industriale ed energetica italiana in proporzione a quelle degli altri Stati membri.


 

 

La tabella seguente riporta i proventi d’asta derivanti dalla vendita di EUA nel 2014 per Stato membro, al netto degli interessi (fonte: GSE).

 


In particolare, nel 2014, rispetto al 2013, il dibattito sulle regole del settore, e in particolare l’intensificazione dell’esame della proposta della Commissione sulla riserva di stabilità del mercato, ha dato una spinta al rialzo dei prezzi delle quote di emissione, che a fine anno hanno riportato valori che non si registravano dal 2012 (intorno ai 7 €). I prezzi per le EUA a fine anno sono stati di oltre il 30% superiori a quelli registrati nello stesso periodo del 2013, con un prezzo medio annuo di 5,90 €, ossia +34% rispetto alla media dell’anno precedente (4,39 €). Tuttavia, il persistere del surplus delle quote ha fatto sì che i prezzi siano rimasti ancora lontani dal riflettere il trade-off tra opzioni tecnologiche a diversa intensità di carbonio.

Segue una tabella che riporta i proventi generati per l’Italia dalle aste a partire dal 2012. Complessivamente, l’EU ETS ha generato risorse finanziarie per oltre 836,5 milioni di euro (fonte: GSE).

 

 

Proventi d’asta per l’Italia da novembre 2012 a dicembre 2014 – EUA

*Valori al netto di ritenute fiscali

Periodo d’asta

Periodo d’asta

 

EUA

all'asta

 

Prezzo medio

ponderato

 

Ricavi

IV trimestre 2012

11.324.000

€ 6,76

€ 76.497.240,00

 

Interessi 2012*

 

 

€ 95.902,07

Totale 2012

 

11.324.000

€ 6,76

€ 76.593.142,07

I trimestre 2013

 

23.004.000

€ 4,50

€ 103.578.565,00

II trimestre 2013

 

23.004.000

€ 3,83

€ 88.028.640,00

III trimestre 2013  €

 

20.767.500

€ 4,61

95.680.665,00

IV trimestre 2013 

21.097.500

€ 4,68

€ 98.691.780,00

Interessi 2013*

 

 

€ 3.742.952,45

Totale 2013

87.873.000

€ 4,39

€ 389.722.602,45

 

I trimestre 2014

23.281.000

€ 5,91

€ 137.676.580,00

 

II trimestre 2014

13.020.000

€ 5,25

€ 68.373.600,00

III trimestre 2014

12.648.000

€ 6,01

€ 75.990.300,00

IV trimestre 2014

12.226.500

€ 6,48

€ 79.209.165,00

Interessi 2014*

 

 

€ 3.772.218,59

Totale 2014

61.175.500

€ 5,91

€ 365.021.863,59

Totale 20122014

160.372.500

€ 5,14

€ 831.337.608,11

 

 

Proventi d’asta per l’Italia da novembre 2012 a dicembre 2014 – EUA A

*Valori al netto di ritenute fiscali

Periodo d’asta

 

EUA A

all'asta

 

Prezzo medio

ponderato

 

Ricavi

III trimestre 2014

218.000

€ 5,70

€ 1.242.600,00

IV trimestre 2014

655.000

€ 6,11

€ 4.000.660,00

Interessi 2014*

 

 

€ 5.658,55

 

 

 

€ 5.658,55

Totale 2014

61.175.500

€ 5,91

€ 5.248.918,55

 

Totale 20122014

160.372.500

€ 5,14

€ 5.248.918,55

 

 

Gli Stati membri mettono all’asta tutte le quote che non sono assegnate gratuitamente. Almeno il 50% dei proventi della vendita all’asta di quote deve essere utilizzato per scopi specifici, quali ad esempio ridurre le emissioni dei gas a effetto serra e sviluppare le energie rinnovabili e altre tecnologie che contribuiscono alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

L'articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea richiede che la politica dell'Unione sia fondata sul principio "chi inquina paga" e, su questa base, la direttiva 2003/87/CE prevede una transizione verso la messa all'asta integrale. Peraltro, l'esigenza di evitare il rischio di carbon leakage, ossia il rischio di delocalizzazione a causa dei costi del carbonio verso paesi con politiche ambientali meno rigorose, ha giustificato il rinvio del passaggio all'asta integrale. I settori ad elevato rischio di carbon leakage, infatti, ricevono una parte di quote a titolo gratuito in base a parametri di riferimento (benchmark), generalmente definiti per prodotto, armonizzati a livello europeo e quantificati in base alla performance del 10% degli impianti più efficienti per ciascun settore industriale.

In particolare, la direttiva, all’articolo 10-bis, paragrafo 15, stabilisce che un settore è ritenuto esposto al rischio di rilocalizzazione se: l’attuazione della direttiva stessa comporta un aumento dei costi di produzione di almeno il 5%; l’intensità degli scambi con i paesi terzi (trade intensity) è superiore al 10%.

La Commissione europea stima che tali settori rappresentino il 77% delle emissioni da produzione industriale.

Gran parte della produzione manifatturiera italiana è stata ad oggi riconosciuta a rischio carbon leakage: produzione di macchine ed apparecchi meccanici, elettrici ed ottici, laterizi e ceramiche, filiera tessile e abbigliamento, lavorazione della pelle e gioielleria, acciaio, cemento e carta.

L’elenco dei settori esposti a rischio di carbon leakage può essere integrato annualmente su richiesta degli Stati membri. Esso sarà comunque integralmente aggiornato ogni 5 anni o in caso di conclusione di un accordo internazionale sul clima che ristabilisca l’equilibrio competitivo tra i paesi, riallineandone l'approccio alle politiche di contenimento delle emissioni.

Registri e relazioni

La Commissione ha adottato il regolamento (UE) n. 920/2010 per l'istituzione di un sistema di registri sotto forma di banche dati elettroniche che consentono di controllare il rilascio, la detenzione, il trasferimento e la cancellazione delle quote. Tali registri garantiscono, inoltre, l'accesso dei cittadini all'informazione, la riservatezza e il rispetto delle disposizioni del Protocollo di Kyoto.

Ogni anno, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'applicazione della direttiva.

Backloading e Market Stability Reserve

Negli anni più recenti, anche per effetto della crisi economica che ha determinato una riduzione delle emissioni, si è accumulata nel sistema un’eccedenza di quote di emissione - pari a circa 2,1 miliardi di quote nel 2013 - e ciò ha ridotto notevolmente il prezzo del carbonio. Si prevede peraltro che l’eccedenza strutturale rimarrà nel sistema fino al 2020 e oltre. La causa di tale squilibrio va ricercata soprattutto nel disallineamento fra l'offerta di quote di emissione nelle aste, il cui volume è fissato in maniera molto rigida, e la domanda di quote, che è invece flessibile e influenzata dal ciclo economico, dai prezzi dei combustibili fossili e da altri fattori. A una domanda debole corrisponde in genere un calo dell'offerta, ma questo non si verifica sul mercato europeo del carbonio proprio a causa della predetta rigidità dell’offerta nella vigente disciplina.

In tale ottica, come provvedimento a breve termine, su proposta della Commissione, si è deciso nel dicembre 2013, il rinvio (backloading), della vendita all'asta di alcune quote (900 milioni, di cui 400 milioni nel 2014, 300 milioni nel 2015 e 200 milioni nel 2016).

Dato, però, il carattere strutturale e duraturo dell'eccedenza, la Commissione ha predisposto una proposta di decisione COM(2014)20, già approvata dal Parlamento e dal Consiglio e in attesa di pubblicazione, relativa alla costituzione di una riserva stabilizzatrice del mercato (Market Stability Reserve) nel sistema di scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra, al fine di rendere più flessibile l’offerta tramite asta.

In particolare, la decisione propone di ritirare automaticamente dal mercato una percentuale di quote ETS e di integrarle in una riserva se il numero totale di quote supera una determinata soglia. Nel caso contrario, le quote sarebbero reimmesse sul mercato. La riserva stabilizzatrice si configura come meccanismo oggettivo che permetterà, a partire dal 1° gennaio 2019 di adeguare "automaticamente" i volumi di quote destinati all'asta in presenza di determinate condizioni. Dal 2019, qualora il loro numero dovesse superare gli 833 milioni, sarà rimosso un numero di permessi pari al 12% di quelli in circolazione due anni prima.

Il provvedimento, inoltre, lega il backloading (la quota di permessi in eccesso rimossa dal mercato e reintrodotta in un secondo momento) con la Market Stability Reserve, prevedendo che i 900 milioni di tonnellate di carbonio backloaded e i 600 milioni di tonnellate di carbonio non ancora utilizzati finiscano tutti nella Market Stability Reserve, anziché essere reintrodotti nel mercato nel 2021.

Fondo nuovi entranti e programma NER300 (New entrants reserve)

Si definisce nuovo entrante:

·          l’impianto che ha ottenuto un’autorizzazione ad emettere gas a effetto serra per la prima volta dopo il 30 giugno 2011;

·          l’impianto che esercita per la prima volta un’attività inclusa nel sistema comunitario;

·          l’impianto che ha subito un ampliamento sostanziale dopo il 30 giugno 2011, solo nella misura in cui riguarda l’ampliamento in questione.

La direttiva prevede che il 5% del quantitativo comunitario totale di quote per il periodo dal 2013 al 2020 sia accantonato per i nuovi entranti.

Fino a 300 milioni di quote provenienti dalla riserva per i nuovi entranti confluiscono nel programma NER300 dell’UE, un programma di finanziamento per progetti energetici innovativi a basse emissioni di carbonio. Istituito dall’articolo 10-bis, paragrafo 8, della direttiva sullo scambio di quote di emissioni e ulteriormente sviluppato mediante la decisione 2010/670/UE della Commissione (decisione NER300), il programma prevede il cofinanziamento di progetti dimostrativi su scala commerciale mirati alla cattura e allo stoccaggio geologico in modo ambientalmente sicuro del CO2 (CCS), nonché di progetti dimostrativi relativi alle tecnologie innovative per le energie rinnovabili (FER).

I 300 milioni di quote, che valgono tra i 4 e i 5 miliardi di euro, saranno monetizzati e distribuiti attraverso due cicli di inviti a presentare proposte, che riguarderanno rispettivamente 200 e 100 milioni di quote. Il programma intende sostenere almeno otto progetti CCS e almeno 34 progetti FER in otto diverse categorie di tecnologie (bioenergie, energia solare concentrata, energia fotovoltaica, energia geotermica, energia eolica, energia marina, energia idroelettrica, gestione delle energie rinnovabili decentralizzate), ciascuna suddivisa in varie sottocategorie. In ciascuno Stato membro sarà sostenuto almeno un progetto, fino a un massimo di tre. Il NER300 coprirà il 50% dei costi pertinenti, entro un limite massimo del 15% delle quote disponibili complessive per ciascun progetto.

Il programma ha totalizzato 2,1 miliardi di euro per progetti innovativi in energie rinnovabili e 1 miliardo per progetti CCS.

CONTENUTO

La proposta di direttiva in esame COM(2015)337 è accompagnata da tre allegati e da una valutazione di impatto (SWD(2015)136). In particolare, la proposta in esame, modificando l’articolo 9 del testo vigente, traduce l'obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra del 43% entro il 2030 prevedendo che il quantitativo totale delle quote consentite (tetto massimo) diminuisca nella misura annuale del 2,2% a partire dal 2021. Tale modifica corrisponde ad una riduzione supplementare di circa 556 milioni di tonnellate di biossido di carbonio nel periodo 2021-2030 (a fronte dell’attuale calo annuo dell'1,74%).

Al riguardo, si può osservare che la definizione del tetto massimo di emissioni in misura fissa, ancorché produca un effetto virtuoso, potrebbe risultare viziata da un certo grado di rigidità, a fronte di un sistema fondato sul principio della domanda e dell’offerta. Ciò potrebbe giustificare, quindi, la proposta di inserire un cap flessibile al verificarsi di variazioni inattese sia da parte della domanda che dell’offerta. Sebbene nel 2013 sia stato introdotto un certo grado di flessibilità, il cap rimane ancora piuttosto statico.

Appare, inoltre, opportuno acquisire l’avviso del Governo sull’ipotesi di assumere a riferimento un periodo più ampio (es. un triennio) fissando contestualmente una percentuale complessiva di riduzione più elevata, alla luce dei limiti del sistema EU ETS emersi in passato, con particolare riferimento all’eccedenza di offerta di quote rispetto alla domanda.

Modificando l’articolo 10 del testo vigente, la proposta stabilisce che dal 2021 in poi la percentuale di quote destinate ad essere messe all’asta dagli Stati membri sarà pari al 57%. Viene quindi fissato un valore percentuale della quota, laddove il testo vigente prevede che gli Stati membri mettano all’asta tutte le quote non assegnate gratuitamente in base alle disposizioni della direttiva stessa. La percentuale del 57% proposta dalla Commissione ripropone la quota dell’attuale fase dell’ETS (Fase 3: 2013-2020).

Al riguardo, si può osservare che la percentuale prevista, cristallizzando sostanzialmente la situazione attuale, non comporta un progresso significativo in termini di riduzione di quote assegnate a titolo gratuito. D’altra parte, alcuni ambienti produttivi hanno segnalato l’esigenza di garantire una percentuale di quote a titolo gratuito adeguata a soddisfare le esigenze degli operatori che ne hanno diritto e che, per il periodo di scambio attuale, il valore della percentuale di quote destinate al mercato delle aste si aggirerebbe intorno al 52%.

È poi previsto che il 2% del quantitativo totale dei permessi collocati all’asta (il 2 % del 57% messo all’asta) confluisca in un Fondo per la modernizzazione per gli Stati membri che nel 2013 avevano un PIL pro capite inferiore al 60% della media UE (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Croazia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia). La ripartizione di tale percentuale tra gli Stati membri interessati è stabilita nell’allegato II ter.

In precedenza si prevedeva che il 2% del quantitativo totale delle quote da mettere all’asta fosse distribuito tra gli Stati membri le cui emissioni di gas a effetto serra nel 2005 fossero inferiori almeno del 20% rispetto alla base del protocollo di Kyoto. La distribuzione rifletteva, quindi, gli sforzi anticipati di taluni Stati membri di conseguire una riduzione delle emissioni.

Per quanto riguarda il quantitativo rimanente, pari al 55% delle quote collocate all’asta, la proposta prevede che il 90% (in luogo dell’88 per cento prima previsto) sia distribuito tra gli Stati membri in percentuali corrispondenti alla rispettiva percentuale di emissioni, mentre il restante 10% continuerà ad essere distribuito tra determinati Stati membri a reddito più basso ai fini della solidarietà e della crescita.

Modificando il paragrafo 3 dell’articolo 10 del testo vigente, che prevede che almeno il 50% dei proventi della vendita all’asta da parte degli Stati membri venga utilizzato per determinati scopi (ad esempio, ridurre le emissioni dei gas a effetto serra, sviluppare le energie rinnovabili), vengono aggiunte ulteriori finalità, quali:

·       realizzare misure finanziarie a favore dei settori esposti a un rischio concreto di rilocalizzazione;

·       erogare finanziamenti a favore di paesi terzi vulnerabili;

·       promuovere competenze e il ricollocamento occupazionale in un’economia in via di decarbonizzazione.

All’articolo 10-bis del testo vigente vengono apportate modifiche volte a stabilire assegnazioni aggiuntive per aumenti significativi di produzione. Si stabilisce, inoltre, che i parametri di riferimento (benchmark) per la determinazione dell'assegnazione gratuita all'industria (basati sul criterio della media del 10% degli impianti best performers all’interno di ogni settore) saranno periodicamente aggiornati al fine di evitare profitti eccezionali imprevisti (windfall profits) e di tenere conto dei progressi tecnologici realizzati nel frattempo nei settori interessati. A tal fine, sarà applicata una percentuale standard (riduzione dell’1% dei valori dei parametri di riferimento) con possibilità di modifica, in caso di comprovato scostamento del tasso effettivo da tale percentuale, attraverso un fattore di correzione fissato tra un minimo di 0,5% e un massimo di 1,5%.

Al riguardo, si può osservare che la previsione di un fattore di correzione unico sembrerebbe non tener conto di alcuni elementi, come l’obsolescenza dei macchinari, generando in tal modo sperequazioni.

Il primo comma del paragrafo 6 dell’articolo 10-bis viene sostituito prevedendo che gli Stati membri “adottano” (in luogo di “possono adottare”, come previsto dalla normativa vigente) misure finanziarie a favore di settori o sottosettori considerati esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa dei costi connessi alle emissioni trasferiti sui prezzi dell’energia elettrica (costi indiretti), al fine di compensare tali costi, purché conformi alle norme sugli aiuti di Stato.

La nuova formulazione, stando al tenore letterale della stessa, sembrerebbe avere un carattere più stringente rispetto a quella vigente, secondo la quale la compensazione dei costi indiretti ha carattere volontario e dipendente dai vincoli di bilancio nazionali. Al riguardo, occorrerebbe acquisire l’avviso del Governo sull’effettiva portata della norma.

Si segnala che l’Italia non ha finora previsto alcuna forma di compensazione di questi costi, a differenza di Germania, Regno Unito e Spagna, il che pone le imprese italiane in una situazione di svantaggio competitivo. Come evidenziato anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in una segnalazione inviata al Governo (la n. 1165 del 13 gennaio 2015), infatti, l’applicazione diversificata da parte degli Stati membri della normativa può determinare una distorsione della concorrenza.

La proposta propone, poi, una modifica del paragrafo 7, prevedendo che per le quote assegnate ai nuovi entranti e agli aumenti significativi della produzione si attingerà da un'apposita riserva. Tale riserva sarà istituita con 250 milioni di euro di quote non assegnate della riserva stabilizzatrice del mercato e integrata da quote inutilizzate a causa della chiusura di impianti o di modifiche significative della produzione a partire dal 2021. Anche le quote non assegnate gratuitamente della parte distribuita all'industria fino al 2020 e non integrate nella riserva stabilizzatrice del mercato confluiranno nella riserva per i nuovi entranti.

Per il sostegno all’innovazione nelle tecnologie e nei processi industriali a basse emissioni di carbonio viene modificato il paragrafo 8, rendendo disponibili 400 milioni di quote (in aumento rispetto al testo vigente, che prevede “fino a 300 milioni di quote”) da destinare a tale scopo, non più limitatamente a progetti su scala commerciale, mirati alla cattura e allo stoccaggio del carbonio e a progetti relativi alle energie rinnovabili, ma anche ad innovazioni industriali pionieristiche, non ancora sostenibili dal punto di vista commerciale. Inoltre, 50 milioni di quote non assegnate della riserva stabilizzatrice del mercato integrano eventuali risorse rimanenti.

All’articolo 10-ter, come modificato dalla proposta in esame, si prevedono misure a sostegno di settori ritenuti a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Esse prevedono che fino al 2030 tali industrie beneficino di quote gratuite pari al 100% del quantitativo determinato in base ai parametri di riferimento. Viene inoltre messa a punto una metodologia per determinare tali settori basata sulla combinazione di due criteri: l'intensità degli scambi con i paesi terzi (intesa come il rapporto tra il volume delle esportazioni e quello delle importazioni verso paesi terzi) e l'intensità delle emissioni.

In particolare, il criterio quantitativo introdotto per la definizione dei settori in questione è pari al prodotto tra l’intensità degli scambi e l’intensità emissiva, che deve essere superiore a 0,2. È inoltre prevista una limitazione dell’applicazione della valutazione qualitativa del rischio, ai fini dell’ammissione all’allocazione gratuita, ai soli settori e sottosettori per i quali il suddetto prodotto è superiore a 0,18.

La normativa vigente (articolo 10-bis, paragrafo 15), come sopracitato, stabilisce, invece, che un settore è ritenuto esposto al rischio di rilocalizzazione se: l’attuazione della direttiva stessa comporta un aumento dei costi di produzione di almeno il 5%; l’intensità degli scambi con i paesi terzi (trade intensity) è superiore al 10%.

Al riguardo, si osserva che la modifica proposta potrebbe determinare una riduzione delle categorie merceologiche inserite nella lista dei settori considerati a rischio di carbon leakage, che potrebbe riguardare anche alcuni importanti comparti del nostro tessuto produttivo. In merito, occorrerebbe acquisire l’avviso del Governo sull’impatto di tale disposizione.

Viene, inoltre, istituito (articolo 10-quinquies) un Fondo speciale per favorire gli investimenti nella modernizzazione dei sistemi energetici negli Stati membri a reddito più basso (PIL pro-capite inferiore al 60% della media dell’Unione nel 2013), che si aggiunge alla prosecuzione dell’assegnazione gratuita delle quote agli impianti del settore energetico che gli stessi Stati possono disporre per un periodo transitorio (articolo 10-quater), sempre ai fini della modernizzazione.

Viene modificata la disciplina concernente la validità delle quote rilasciate dal 1° gennaio 2013 (articolo 13), prevedendo che esse siano valide a tempo indeterminato, laddove il testo attuale prevede che le quote siano valide per le emissioni prodotte durante periodi di otto anni a decorrere dal 1° gennaio 2013. Inoltre, si prevede che le quote rilasciate dopo il 1° gennaio 2021 indicheranno in quale periodo di dieci anni sono state rilasciate e saranno valide per le emissioni prodotte dal primo anno di quel periodo.

L’articolo 23 della direttiva in esame viene interamente sostituito, inserendo norme per l’esercizio della delega da parte della Commissione. In particolare, la proposta prevede l’attribuzione alla Commissione del potere di adottare atti delegati per un periodo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. Tale potere può essere revocato in qualsiasi momento dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Se da un lato la proposta aggiorna il testo della direttiva alle disposizioni del Trattato di Lisbona - che all’articolo 290 TFUE prevede che un atto legislativo possa delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo - dall’altro, si può osservare che lo stesso articolo 290 TFUE prevede che gli atti legislativi delimitino esplicitamente, tra gli altri elementi, la durata della delega di potere. Andrebbe, pertanto, valutata la conformità a tale previsione della delega conferita alla Commissione.

L’articolo 2 della proposta stabilisce che gli Stati membri debbano provvedere al recepimento entro il 31 dicembre 2018.

Infine, si evidenzia che la proposta non affronta le questioni relative all’estensione dell’ETS alle emissioni prodotte dal trasporto aereo. L’entrata in vigore dei previsti adeguamenti per le attività di trasporto aereo dovrebbe essere subordinata al raggiungimento di un accordo internazionale in seno all’assemblea dell’International Civil Aviation Organization (ICAO) nel 2016.

Base giuridica

Gli articoli da 191 a 193 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) definiscono le competenze dell'UE in materia di cambiamenti climatici. La base giuridica della presente proposta è individuata nell'articolo 192 del TFUE, concernente le procedure decisionali per l’adozione di azioni, disposizioni, misure e programmi generali d’azione per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 191.

Sussidiarietà

La Commissione afferma che, conformemente al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, gli obiettivi della proposta di direttiva possono essere raggiunti solo tramite una proposta della Commissione a livello di UE. I cambiamenti climatici sono un problema di natura transfrontaliera, pertanto è necessario un coordinamento dell'azione per il clima a livello europeo. Gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente con interventi unilaterali degli Stati membri, ma possono, in ragione della portata e degli effetti della direttiva, essere conseguiti meglio a livello dell'Unione.

Proporzionalità

La Commissione afferma che la proposta soddisfa il principio di proporzionalità, in quanto si limita a quanto è necessario per conseguire l'obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nell'UE entro il 2030. La direttiva è lo strumento giuridico adeguato per conseguire gli obiettivi della presente proposta, poiché impone agli Stati membri di raggiungere gli obiettivi prefissati e di recepire le misure nei loro sistemi legislativi nazionali e, rispetto al regolamento, concede agli Stati membri maggiore libertà nell'attuazione delle misure. In questo modo gli Stati membri possono garantire che le nuove norme siano coerenti con il loro quadro giuridico sostanziale e procedurale di attuazione dell'ETS UE, in particolare nella regolamentazione dell'autorizzazione degli impianti, nonché nelle misure di esecuzione e nelle sanzioni. Infine, la scelta di una direttiva è anche in linea con il principio che auspica un intervento più limitato possibile, a condizione che si conseguano gli obiettivi.

Valutazione d’impatto

La proposta di direttiva è accompagnata da una valutazione d'impatto, basata prevalentemente sugli esiti della valutazione d'impatto globale relativa al quadro per il 2030. Al suo interno sono state elaborate diverse opzioni strategiche per ciascuno degli elementi del sistema di assegnazione gratuita e di compensazione dei costi indiretti, seguendo i principi guida contenuti nelle conclusioni del Consiglio europeo.

Sul piano dell’impatto, l'assegnazione gratuita di quote di emissione per far fronte al rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio si ripercuote direttamente sugli impianti industriali non coperti dall'ETS e sui bilanci degli Stati membri. I costi di adeguamento a carico dei settori dipendono dal prezzo del carbonio, dal livello di assegnazione gratuita e dalle emissioni generate dalla produzione. Il prezzo del carbonio non risente direttamente delle norme per l'assegnazione gratuita, poiché il numero totale di quote disponibili (tetto massimo) è fissato a monte. I costi totali del carbonio a livello macroeconomico sono determinati dall'obiettivo di riduzione delle emissioni globali del 40% e dall'obiettivo di riduzione specifico del 43% per il sistema ETS.

In termini di impatto ambientale non sono emerse notevoli differenze tra i pacchetti di opzioni strategiche per l'assegnazione gratuita delle quote, dal momento che tale impatto è legato alla riduzione delle emissioni globali del 43% nel 2030 prevista dal tetto massimo.

Sono state poi analizzate diverse opzioni in relazione ai meccanismi di finanziamento di investimenti a favore di basse emissioni di carbonio (fondo per l’innovazione, fondo per la modernizzazione, assegnazione facoltativa di quote a titolo gratuito per la modernizzazione del settore energetico).

 

 

 

 

valutazione del governo

Il 23 settembre 2015 il Governo ha trasmesso alle Camere, ai sensi dell'art 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2014, n. 234 una relazione sulla proposta di direttiva. Nella relazione si osserva che l’ETS ha effettivamente consentito di stabilire un prezzo per il carbonio ed è ampiamente utilizzato come modello per sistemi di scambio delle emissioni in tutto il mondo, che beneficiano così dell’esperienza maturata dall’UE. Quanto ai contenuti della proposta, si afferma che la stessa, nella sua attuale formulazione, presenta elementi che andranno ulteriormente analizzati e discussi. Vengono, quindi, annunciate riunioni di coordinamento interministeriale al fine di definire la posizione italiana. A seguito di tali riunioni verranno formulate delle proposte di modifica del testo. La relazione contiene, inoltre, una tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e la normativa nazionale vigente.

Esame presso altri Parlamenti nazionali

Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l’esame dell’atto risulta concluso da parte di: Austria, Spagna e Lituania.

Esame presso IL senato

La Commissione ambiente del Senato nella seduta del 14 ottobre 2015 ha concluso l’esame dell’atto, iniziato nella seduta del 1° ottobre 2015. La Commissione ha approvato una risoluzione pronunciandosi in senso favorevole, con le seguenti integrazioni:

·      valutare la sostenibilità economico-finanziaria della proposta in relazione alle esigenze delle aziende energivore soggette al sistema EU-ETS;

·      in via transitoria, non escludere dall'ambito degli interventi che danno titolo a certificati bianchi (titoli di efficienza energetica negoziabili, equivalenti al risparmio di una tonnellata equivalente di petrolio), quelli concernenti la produzione di calore da fonti di energia rinnovabile e da calore di scarto, quando sia sostitutiva di fonti fossili, o da gas naturale quando sia in sostituzione del carbone in ambito industriale;

·      valutare l'opportunità di disincentivi e di forme di tassazione per tutte le attività che emettono gas serra.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’ UE, n. 37, 20 ottobre 2015

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)