Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea |
Titolo: | Equilibrio tra attività professionale e vita familiare (COM(2017)252 e 253) |
Serie: | Bollettino commissioni Numero: 89 |
Data: | 28/06/2017 |
28 giugno 2017 |
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n. 89 |
Equilibrio tra attività professionale e vita familiare (COM(2017)252 e 253) |
Tipo di atto |
Comunicazione e proposta di direttiva |
Data di adozione |
26 aprile 2017 |
Base giuridica |
Art. 153 del Trattato sul funzionamento dell’UE |
Settori di intervento |
Congedo per motivi sociali, mercato del lavoro, eguaglianza uomo-donna |
Esame presso le istituzioni dell’UE |
Assegnato alla Commissione EMPL (Occupazione e affari sociali) del Parlamento europeo |
Assegnazione |
4 maggio 2017 |
Termine per il controllo di sussidiarietà |
28 giugno 2017 |
Segnalazione da parte del Governo |
24 maggio 2017 |
Il 26 aprile 2017, nell’ambito delle iniziative per promuovere l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, la Commissione europea ha presentato una comunicazione e una proposta di direttiva relative all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, prevedendo l'abrogazione della direttiva 2010/18/UE, con le quali intende proporre una serie di azioni prioritarie al fine di:
· aumentare il numero di uomini che si avvalgono di congedi per motivi familiari e di modalità di lavoro flessibili.
Nelle intenzioni della Commissione europea queste misure dovrebbero contribuire ad alleviare l’onere gravante prevalentemente sulle
donne di assicurare assistenza ai figli minori e agli altri familiari bisognosi, in tal modo precludendo loro la possibilità di accedere al mercato del lavoro ovvero ad occupazioni meglio retribuite.
Secondo i dati Eurostat, il problema sottorappresentanza delle donne nel mondo del lavoro continua ad avere dimensioni significative (anche in Italia), come risulta dalla seguente tabella relativa al tasso di occupazione di donne e uomini (anno 2016):
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Donne % |
Uomini % |
UE-28 |
65,3 |
76,9 |
Eurozona |
64,4 |
75,6 |
Austria |
70,9 |
78,7 |
Belgio |
63,0 |
72,3 |
Bulgaria |
64,0 |
71,3 |
Cipro |
64,1 |
73,9 |
Croazia |
56,6 |
66,2 |
Danimarca |
74,0 |
80,7 |
Estonia |
72,6 |
80,8 |
Finlandia |
71,7 |
75,0 |
Francia |
66,3 |
73,8 |
Germania |
74,5 |
82,8 |
Grecia |
46,8 |
65,8 |
Irlanda |
64,2 |
76,5 |
Italia |
51,6 |
71,7 |
Lettonia |
71,8 |
76,2 |
Lituania |
74,3 |
76,2 |
Lussemburgo |
65,1 |
76,1 |
Malta |
55,5 |
83,1 |
Paesi Bassi |
71,6 |
82,6 |
Polonia |
62,2 |
76,4 |
Portogallo |
67,4 |
74,2 |
Regno Unito |
72,1 |
83,1 |
Rep. Ceca |
68,6 |
84,6 |
Romania |
57,4 |
75,0 |
Slovacchia |
62,7 |
76,9 |
Slovenia |
66,7 |
73,3 |
Spagna |
58,1 |
69,6 |
Svezia |
79,2 |
83,0 |
Ungheria |
64,6 |
78,6 |
Il divario di genere nei livelli di occupazione risulta più marcato per i genitori e per chi ha altre responsabilità di assistenza: come risulta dal grafico seguente, nel 2015 il tasso di occupazione delle donne con un figlio di età inferiore a 6 anni era inferiore al tasso di occupazione delle donne senza figli piccoli di circa il 9% in media e in alcuni Paesi la differenza superava il 30%:
Fonte:Eurostat
Impatto della genitorialità sull'occupazione in presenza di un figlio di età inferiore ai 6 anni, 2015
Le donne sono le principali responsabili della cura degli anziani e dei familiari che necessitano di assistenza, con percentuali che variano dal 71% in Ungheria, al 66-64% in Estonia, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia e Repubblica ceca; 62-60% in Francia, Austria, Germania, Slovenia e Belgio; 58-57% nei Paesi Bassi e nel Regno Unito; 54% in Danimarca.
Secondo i dati forniti dalla Commissione europea proprio la cura dei bambini e dei familiari che necessitano di assistenza costituisce la prima causa di inattività delle donne (oltre il 18%), mentre per gli uomini incide in meno del 2% dei casi.
La Commissione europea evidenzia, inoltre, che nell’UE è molto più frequente che siano le donne a ricorrere al lavoro a tempo parziale rispetto agli uomini (31,3% delle donne contro l’8,3% degli uomini).
I seguenti grafici mostrano, per ciascun Paese membro, il numero di settimane garantite per il congedo di maternità ed il numero di settimane/giorni per il congedo di paternità, nonché l’indennità percepita in percentuale della retribuzione. In particolare, per il congedo di maternità sono indicate in blu scuro le settimane di congedo obbligatorio e in celeste quelle di congedo facoltativo. Analogamente, per il congedo di paternità sono indicati in arancio i giorni di congedo obbligatorio e in giallo quelli di congedo facoltativo:
Fonte:Parlamento europeo
Fonte:Parlamento europeo
In linea generale (vedi grafico seguente), gli uomini (colonna di sinistra) ricorrono al congedo parentale in misura ridotta rispetto alle donne (colonna di destra); in questa classifica, l’Italia registra percentuali piuttosto basse sia riguardo al congedo femminile sia riguardo a quello maschile:
Fonte: ICF international Maternity and Paternity Leave Policies
Riassumendo, ad avviso della Commissione europea, la maggiore concentrazione negli impieghi a tempo parziale e le interruzioni di carriera dovute a responsabilità di assistenza rendono molte donne economicamente più dipendenti dai propri partner o dallo Stato e contribuiscono notevolmente al divario retributivo di genere (ovvero la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne, in media il 16% nell'UE, vedi grafico sottostante) e al divario pensionistico di genere (in media il 40% nell'UE). Ciò si traduce in un maggior rischio di povertà e di esclusione sociale per le donne.
Divario retributivo di genere
Fonte: Commissione europea
In sostanza, si può rilevare che la proposta della Commissione europea si fonda sul presupposto che la disponibilità di condizioni più vantaggiose per la fruizione del congedo da parte degli uomini possa concorrere all’aumento dell’occupazione femminile. Tuttavia, il confronto tra i dati sull’occupazione femminile riportati nella prima tabella e i dati sulla fruizione del congedo parentale da parte degli uomini riportati nel grafico a pagina 4, non sembrano suffragare pienamente tale ipotesi. Vi sono, infatti, Paesi (come la Francia e la Finlandia) dove il tasso di occupazione femminile risulta piuttosto elevato pur in assenza di un ricorso frequente al congedo parentale da parte degli uomini; al contrario, in altri Paesi (ad esempio, Romania e Belgio), il tasso di occupazione femminile è più basso di quello medio dell’UE, anche se la percentuale degli uomini che fruiscono del congedo parentale è elevata.
In altre parole, non sembra potersi dedurre una correlazione diretta e costante tra il ricorso al congedo parentale da parte degli uomini e l’incremento dell’occupazione femminile.
La comunicazione individua i settori prioritari di intervento, e per ciascuno di essi indica quali misure l’UE intende assumere. Tra le misure legislative è contemplata solo la proposta di direttiva in esame, mentre tra le azioni non legislative, la Commissione indica, tra gli altri:
· sostegno finanziario, nell'ambito del programma “Diritti, uguaglianza e cittadinanza”, a progetti transnazionali volti a migliorare l'applicazione della normativa dell'UE in materia di equilibrio tra attività professionale e vita familiare;
· avvio di uno studio specifico sull'attuazione della protezione dal licenziamento e dal trattamento sfavorevole, per valutare la situazione negli Stati membri;
· nell'ambito del programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI), finanziare nuovi progetti pilota rivolti ai datori di lavoro per l'elaborazione di meccanismi di lavoro innovativi quali congedi familiari e modalità di lavoro flessibili (con risorse esistenti);
· garantire, in collaborazione con gli Stati membri, che il Fondo sociale europeo e altri fondi di investimento e strutturali sostengano adeguatamente misure per l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, nonché un'offerta di servizi di assistenza all'infanzia, al di fuori dell'orario scolastico e a lungo termine, di qualità e accessibili;
· elaborare con gli Stati membri un approccio volto a incoraggiare il ricorso al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS, cd. “Piano Juncker”) per finanziare le infrastrutture sociali, in particolare i servizi
di assistenza all'infanzia, anche mediante partenariati pubblico-privato;
· valutare la possibilità di inserire degli stanziamenti ad hoc per questi settori nei programmi di finanziamento dell'UE post-2020.
Come menzionato, la proposta in oggetto abroga la direttiva 2010/18/UE, che attualmente disciplina il congedo parentale dando attuazione a un accordi concluso tra le parti sociali europee (Businesseurope, UEAPME, CEEP per le associazioni dei datori di lavoro, e Confederazione europea dei sindacati-CES per le associazioni dei lavoratori), salvaguardando nel contempo i diritti e gli obblighi esistenti.
Si riportano di seguito gli elementi più qualificanti della proposta di direttiva:
· campo di applicazione: la direttiva si applica a tutti i lavoratori, uomini e donne, che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro (art.2);
· definizioni (art. 3):
- "congedo di paternità": un congedo dal lavoro per i padri da fruirsi in occasione della nascita di un figlio;
- "congedo parentale": un congedo dal lavoro a seguito della nascita o dell'adozione di un figlio per prendersene cura;
- "prestatore di assistenza": un lavoratore che fornisce assistenza o sostegno personali in caso di malattia grave o di dipendenza di un familiare;
- "familiare": un figlio, una figlia, la madre, il padre di un lavoratore, come pure il suo coniuge o partner in un'unione civile, se tali unioni sono previste dalla legislazione nazionale;
- "dipendenza": una situazione in cui una persona necessita, in via temporanea o permanente, di assistenza a causa di disabilità o di gravi condizioni di salute diverse dalla malattia grave;
- "modalità di lavoro flessibili": la possibilità per i lavoratori di adattare l'organizzazione della vita professionale, anche mediante l'uso del lavoro a distanza, calendari di lavoro flessibili, o una riduzione dell'orario di lavoro;
· congedo di paternità (art. 4): l’attuale disciplina europea non prevede norme per il congedo di paternità. La proposta in oggetto introdurrebbe la possibilità per i padri di avvalersi del congedo di paternità sotto forma di un breve periodo, di durata non inferiore a 10 giorni lavorativi, in occasione della nascita di un figlio. Al fine di evitare discriminazioni tra coppie sposate e non sposate e tra coppie eterosessuali e omosessuali, il diritto al congedo di paternità dovrebbe prescindere dallo stato civile o di famiglia come definiti dalla legislazione nazionale;
Al riguardo, la relazione trasmessa dal Governo ai sensi dell’art. 6, comma 4 della legge 234/2012, evidenzia la necessità di adeguare la legislazione nazionale vigente (vedi infra), che prevede l'astensione dal lavoro per i padri, in occasione della nascita di un figlio, solo per i primi due giorni successivi all'evento per il 2017 e per 4 giorni per il 2018 (elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante);
· congedo parentale (art. 5): la citata direttiva 2010/18/UE prevede già diritti individuali al congedo parentale di almeno quattro mesi in seguito alla nascita o adozione di un figlio per prendersene cura. Tuttavia, dato che non garantisce un'indennità durante il congedo parentale, molte famiglie non possono permettersi di usufruirne. Inoltre, i dati sopra esposti dimostrano che la maggior parte dei padri non si avvale del diritto al congedo parentale e trasferisce una parte considerevole del proprio diritto alle madri. La proposta in esame mira a colmare queste lacune:
- stabilendo un periodo minimo di congedo parentale di almeno quattro mesi non trasferibile tra i genitori, da sfruttare prima che il bambino raggiunga un’età non inferiore a 12 anni;
- introducendo maggiore flessibilità per quanto riguarda le forme in cui il congedo parentale può essere preso (a tempo pieno o parziale o secondo altre forme flessibili);
- prevedendo un’indennità almeno pari a quella di malattia (art. 8 della proposta).
La relazione del Governo segnala che la necessità di un adeguamento della legislazione nazionale vigente, la quale prevede la corresponsione di un’indennità pari al 30% della retribuzione per i genitori con bambini di età fino a 6 anni.
Peraltro, occorre rilevare che l’indennità per eventi di malattia viene erogata dall’INPS a partire dal quarto giorno di malattia, mentre l’indennizzo dei primi tre giorni (cd. carenza) è disciplinato dalla contrattazione collettiva la quale prevede, nella quasi totalità dei casi, che sia il datore di lavoro a retribuire tali giornate (attraverso la corresponsione del normale trattamento economico contrattuale o parte di esso). In linea generale, l’indennità è corrisposta ai lavoratori dipendenti nella misura del 50% della retribuzione media giornaliera dal 4° al 20° giorno e del 66,66% dal 21° al 180° giorno.
Al riguardo, appare opportuno acquisire l’avviso del Governo sull’impatto finanziario che potrebbe derivare dall’aumento della misura dell’indennità per il congedo parentale.
La proposta di direttiva prevede che siano gli Stati membri a decidere:
- in merito alla lunghezza del periodo di preavviso che il lavoratore deve dare;
- se il diritto al congedo parentale possa o meno essere subordinato a una determinata anzianità lavorativa e/o di servizio;
- in quali circostanze il datore di lavoro è autorizzato a rinviare la concessione del congedo parentale per un periodo di tempo ragionevole.
· congedo per i prestatori di assistenza (art. 6): la proposta introdurrebbe la possibilità per i lavoratori di usufruire di un congedo di almeno cinque giorni lavorativi all’anno in caso di malattia grave o di dipendenza di un familiare. Tale diritto può essere subordinato a un’adeguata attestazione della condizione medica del familiare.
Per quanto riguarda la normativa nazionale, l’articolo 33 della legge 104/1992 dispone che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap (inteso come minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione) in situazione di gravità (debitamente accertata e certificata, e a condizione che la stessa non sia ricoverata a tempo pieno), ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.
I predetti permessi possono essere richiesti dal genitore, coniuge o familiare che assista il coniuge, un parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.
Il richiamato art. 33, comma 2 (in combinato disposto con l’art. 33, c. 1, del decreto legislativo 151/2001), riconosce, per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata, alla lavoratrice madre (o, in alternativa, al lavoratore padre) il diritto, entro il compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo non superiore a tre anni (a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore). Gli stessi soggetti, in alternativa al predetto prolungamento fino a 3 anni del periodo di astensione facoltativa, possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.
· assenza dal lavoro per cause di forza maggiore (art. 7): tale diritto, già previsto dalla direttiva 2010/18/UE, può essere esercitato da tutti i lavoratori (non solo dai genitori o dai prestatori di assistenza) per motivi familiari urgenti;
· adeguatezza del reddito (art. 8): la proposta di direttiva introduce il diritto dei lavoratori che usufruiscono dei diversi tipi di congedo (di paternità, parentale, per i prestatori di assistenza) di percepire un’indennità adeguata, pari almeno al livello dell’indennità di malattia.
Come rileva il Governo nella relazione ex art. 6 della legge 234/12, la legislazione nazionale vigente prevede che nei due giorni di congedo straordinario di paternità l'indennità sia corrisposta al 100% della retribuzione percepita dal lavoratore.
Al riguardo, si rinvia alle osservazioni già svolte in relazione all’art. 5, con riferimento alle possibili conseguenze di ordine finanziario di un incremento dell’indennizzo nel caso di fruizione del congedo parentale.
Più in generale, per quanto concerne l’impatto sul piano finanziario della proposta, la relazione del Governo, elaborata dal Ministero del lavoro, presumibilmente senza coinvolgere la Ragioneria generale dello Stato, si limita ad osservare che “la proposta potrebbe avere un effetto positive sul PIL, sull'occupazione e sulla forza lavoro che potrà interessare in particolare le donne”. Tale affermazione dovrebbe, tuttavia, essere corredata da elementi di dettaglio, in particolare con riferimento agli artt. 5 (congedo parentale) e 8 (adeguatezza del reddito), il cui recepimento appare suscettibile di comportare aumenti di costo a carico dei datori di lavoro (e, nel caso dei dipendenti pubblici, a carico della P.A.). La relazione del Governo, sembra, in sostanza, trascurare l’eventualità della emersione di nuovi oneri che dovrebbero trovare adeguata compensazione, in base alla disciplina contabile, non potendosi considerare sufficiente, in assenza di puntuali elementi informativi a supporto, una generica compensazione di tipo macroeconomico in relazione all’aumento atteso del PIL e dell’occupazione, (e, conseguentemente, del gettito fiscale) che la Commissione europea stima di conseguire con l’applicazione della proposta (vedi paragrafo sulla valutazione d’impatto). Considerata l’importanza della questione, potrebbe essere utile chiedere un’integrazione della relazione del Governo da concordare con il Ministero dell’economia – Ragioneria generale dello Stato;
· modalità di lavoro flessibili (art. 9): la proposta conferma la possibilità per i lavoratori con figli con età non inferiore ai 12 anni, già prevista dalla direttiva 2010/18/UE, di avvalersi della riduzione dell’orario di lavoro e di un calendario di lavoro flessibile, e introduce anche la possibilità del lavoro a distanza. Al fine di tener conto delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, la disposizione offre agli Stati membri la possibilità di limitare la durata delle modalità di lavoro flessibili.
La relazione del Governo sottolinea che tale norma non avrebbe un impatto significativo sull’ordinamento nazionale, dal momento che nella legislazione italiana esiste un diritto di priorità rispetto alla trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, disciplinato dall'articolo 8, comma 5, del decreto legislativo n. 81/2015 (vedi infra), in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap ai sensi del citato articolo 3 della legge n. 104 del 1992.
Infine, riguardo all’ipotesi del lavoro a distanza, il Governo rileva che nel nostro ordinamento si rinvengono previsioni relative a tale diritto subordinate alla flessibilità dell'orario e alla richiesta di lavoro da remoto (telelavoro o smart-working, vedi infra);
· diritti in materia di lavoro (art. 10): la disposizione consente a chi usufruisce dei congedi di ritornare al proprio posto di lavoro (o a un lavoro equivalente), di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro occorsi durante la propria assenza, di conservare i diritti alla sicurezza sociale;
· non discriminazione (art. 11): La protezione contro trattamenti meno favorevoli e fenomeni di discriminazione, attualmente prevista dalla direttiva 2010/18/UE per il congedo parentale, viene estesa ai lavoratori che si avvalgono di altri tipi di congedo o di modalità di lavoro flessibili.
Al riguardo, si segnala che l’art. 3 del decreto legislativo 151/2001 (TU maternità e paternità) vieta qualsiasi discriminazione per ragioni connesse al sesso, con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti;
· protezione dal licenziamento e onere della prova (art. 12): la disposizione della direttiva 2010/18/UE che protegge il lavoratore dal licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale viene estesa ai lavoratori che si avvalgono del congedo di paternità , del congedo per prestatori di assistenza e di modalità di lavoro flessibili. Spetta al datore di lavoro l'onere di dimostrare che il licenziamento era dovuto ad altre ragioni obiettive;
· sanzioni (art. 13): la disposizione impone agli Stati membri di stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che si tratti di ammende e/o indennizzi, in caso di violazione degli obblighi risultanti dalla proposta direttiva e di garantire che siano applicate;
· protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli (art. 14): la disposizione impone agli Stati membri di offrire ai lavoratori che lamentano violazioni delle disposizioni nazionali adottate a norma della proposta di direttiva un'adeguata tutela giurisdizionale contro il trattamento o le conseguenze sfavorevoli da parte del datore di lavoro;
· organismi per la parità (art. 15): gli organismi nazionali per la parità, previsti dalla direttiva 2006/54/CE, sono incaricati di monitorare l’attuazione delle misure contenute nella proposta di direttiva.
In l’Italia l’organismo in questione è il Comitato nazionale di parità, istituito presso il Ministero del lavoro dal decreto legislativo 198/2006 (Codice per le pari opportunità), come modificato dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 5, di attuazione della direttiva 2006/54/CE;
· livello di protezione (art. 16): gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai lavoratori rispetto a quelle stabilite nella proposta di direttiva. Essi devono tuttavia provvedere affinché almeno quattro mesi di congedo parentale rimangano non trasferibili;
· divulgazione delle informazioni (art. 17): gli Stati membri provvedono affinché le disposizioni adottate a norma della proposta di direttiva, unitamente alle pertinenti disposizioni già in vigore, siano portate con tutti i mezzi adeguati a conoscenza delle persone interessate in tutto il territorio nazionale;
· relazioni e riesame (art. 18): al più tardi entro cinque anni dall'entrata in vigore della proposta di direttiva gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni riguardanti la sua applicazione; sulla base di tali informazioni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio dell’UE una relazione in cui esamina l'applicazione della direttiva stessa, accompagnata, se del caso, da una proposta legislativa.
Il decreto legislativo 80/2015 (attuativo del decreto legislativo 183/2014, cd. Jobs act) contiene misure dirette, in particolare, alla tutela della maternità e a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, allo scopo di garantire adeguato sostegno alle cure parentali.
Di seguito, le principali novità introdotte:
· viene ampliato l'ambito temporale di applicazione del congedo di maternità in caso di parto anticipato e di ricovero del neonato;
· il congedo di paternità è riconosciuto anche se la madre è una lavoratrice autonoma e, in caso di adozione internazionale, il congedo previsto per la lavoratrice per il periodo di permanenza all'estero può essere utilizzato dal padre anche se la madre non è una lavoratrice;
· il congedo parentale viene esteso dall'ottavo al dodicesimo anno di vita del bambino e la fruizione può essere anche su base oraria. L'indennizzo (nella misura del 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi) viene esteso dal terzo al sesto anno di vita del bambino.
Tale indennizzo è dovuto, per i periodi di congedo ulteriore, fino all’ottavo anno di vita del bambino a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
Si ricorda che i congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi (elevabile a undici qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi). Nell'ambito di tale limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete:
- alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
- al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
- qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi.
· l'indennità di maternità viene corrisposta anche alle lavoratrici iscritte alla Gestione separata INPS:
- anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente (cd. automaticità delle prestazioni);
- anche in caso di adozione o affidamento (per i 5 mesi successivi all'ingresso del minore in famiglia);
· per le lavoratrici autonome, l'indennità di maternità viene estesa ai casi di adozione e affidamento (alle stesse condizioni previste per le altre lavoratrici);
· tra le lavoratrici che non possono essere obbligate a svolgere lavoro notturno viene inserita anche la lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore;
· in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, si prevede che parte delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello sia destinato alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata (38,3 milioni di euro per l'anno 2016, 36,2 milioni di euro per l'anno 2017 e 35,6 milioni di euro per l'anno 2018).
In tema di congedi, si segnala che la legge di bilancio 2017 ha prorogato il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, già previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2016. Il congedo deve essere goduto (anche in via non continuativa) entro i cinque mesi dalla nascita del figlio e la sua durata è pari a 2 giorni per il 2017 (analogamente a quanto già disposto per il 2016) e a 4 giorni per il 2018 (elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante).
Nelle misure volte a favorire la conciliazione vita-lavoro rientra anche quanto previsto dall'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 81/2015 (attuativo del decreto legislativo 183/2014, cd. Jobs act), secondo cui il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento; il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.
Anche la legge delega di riforma della P.A. (L. 124/2015) ha introdotto alcune disposizioni volte a favorire la conciliazione tra vita e lavoro. In particolare, in tema di passaggio di personale tra amministrazioni diverse, dispone:
· che il genitore, dipendente di amministrazioni pubbliche, con figli minori fino a tre anni di età può chiedere di essere assegnato (a determinate condizioni) ad una sede presente nella stessa provincia o regione nella quale lavora l'altro genitore. L'eventuale dissenso deve essere motivato.
In tema di cure parentali, dispone che le amministrazioni pubbliche:
· adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro e stipulino convenzioni con asili nido e scuole dell'infanzia e organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica.
In materia di disposizioni volte a favorire il telelavoro, si ricorda che anche il legge 81/2017 contiene una disciplina dettagliata (applicabile, fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) del lavoro agile (telelavoro e smart working) e dei suoi elementi costitutivi, proprio al fine di agevolare la conciliazione vita-lavoro.
Nell'ambito delle politiche dirette alla conciliazione vita-lavoro rientra anche il cosiddetto voucher babysitting, ossia una misura sperimentale (introdotta dall'art. 4, c. 24, lett. b), della legge 92/2012 per il triennio 2013-2015, prorogata dapprima per il 2016 dall'articolo 1, comma 282, della legge 208/2015 e successivamente per il 2017 e 2018 dall'articolo 1, comma 356, della legge 232/2016) che riconosce alla madre lavoratrice dipendente, pubblica o privata, nonché alle madre lavoratrice iscritta alla gestione separata, la possibilità di richiedere (al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi), in sostituzione, anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico (pari ad un importo massimo di 600 euro mensili, per un periodo complessivo non superiore a sei mesi) da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia (erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati).
Il suddetto voucher babysitting è stato poi esteso - dapprima per il 2016 (dalla legge di Stabilità 2016) e successivamente anche per il 2017 e 2018 (dalla legge di bilancio per il 2017) - anche alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici.
Da ultimo, si segnala che il legge 81/2017 (contenente la disciplina del lavoro autonomo) è intervenuto apportando alcune modifiche sostanziali alla disciplina dei congedi parentali per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione separata (non iscritti ad altre forme obbligatorie, né titolari di trattamento pensionistico), disponendo, in particolare:
· che le lavoratrici iscritte alla Gestione separata possono fruire del trattamento di maternità a prescindere (per quanto concerne l'indennità di maternità spettante per i 2 mesi antecedenti la data del parto e per i 3 mesi successivi) dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa (come già previsto per le lavoratrici autonome);
· il prolungamento della durata del congedo parentale da 3 a 6 mesi, prevedendo che se ne possa fruire fino al terzo anno di vita del bambino per un periodo complessivo pari ad un massimo di 6 mesi (anche se fruiti in altra gestione o cassa di previdenza);
· l'applicazione delle nuova disciplina anche ai casi di adozione e affidamento preadottivo.
La proposta di direttiva si fonda sull'articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), in base al quale Parlamento europeo e Consiglio dell’UE, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione), possono adottare in alcuni settori (tra cui la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro) prescrizioni minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative esistenti in ciascuno Stato membro. Tali direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
Con riferimento alla proposta di direttiva, la Commissione europea sottolinea che solo un’azione a livello UE può:
· garantire che tutti gli Stati membri conseguano progressi sufficienti;
· attenuare le tendenze attualmente presenti in alcuni Stati membri di ridurre le disposizioni a favore dell'equilibrio tra attività professionale e vita familiare;
· affrontare le divergenze tra le disposizioni giuridiche nazionali vigenti, senza tuttavia impedire a gli Stati membri di offrire livelli di protezione più elevati.
La scelta dello strumento della direttiva consente agli Stati membri che hanno disposizioni già in vigore più favorevoli di quelle proposte nella presente direttiva di non modificare la propria legislazione. Per altro verso, i Paesi membri possono decidere di andare oltre le prescrizioni minime stabilite dalla direttiva medesima.
Per quanto riguarda l'impatto atteso della combinazione delle misure previste dalla proposta della Commissione europea:
· le disposizioni sui congedi e sulle modalità di lavoro flessibili dovrebbero portare a una diminuzione dei costi di sostituzione (pari a 100 miliardi di euro) e delle assenze dal lavoro (con un beneficio pari a 23 miliardi) fra il 2015 e il 2055;
· riduzione delle prestazioni di disoccupazione (18 miliardi di euro), aumento delle entrate fiscali (381 miliardi) e a una diminuzione della spesa sanitaria (2 miliardi) fra il 2015 e il 2055 (valore attuale netto);
· un incremento complessivo del PIL pari a (840 miliardi di EUR in valore attuale netto tra il 2015 e il 2055), dell’occupazione (+1,6 milioni nel 2050), della forza lavoro (+1,4 milioni nel 2050) e dei redditi reali (120 miliardi di euro nel 2050).
Le stime di costo (in valore attuale netto) della combinazione preferita di opzioni per il periodo 2015-2055 sono sintetizzate dalla Commissione come segue:
· imprese: costi di adeguamento (3 miliardi di euro), costi amministrativi (109 miliardi), costi dovuti al pagamento di prestazioni sociali (27 miliardi), spese per l'assunzione di personale (7 miliardi) e costi dovuti al calo della produzione (144 miliardi);
· amministrazione centrale e sicurezza sociale: i costi previsti sono dovuti principalmente al pagamento di prestazioni sociali (55 miliardi di euro) e a costi amministrativi (1,3 miliardi).
Sia la comunicazione sia la proposta di direttiva sono incardinate nella Commissione EMPL (Occupazione e affari sociali) del Parlamento europeo e non sono ancora state esaminate dal Consiglio dell’UE.
Sulla base dei dati forniti dal sito, l’esame della comunicazione risulta concluso da parte del Bundestag tedesco e del parlamento irlandese. Per quanto riguarda la proposta di direttiva, è stata esaminata da: Federal Council austriaco; Parlamento irlandese; Senato Polacco (che ha approvato un parere motivato, rilevando una violazione del principio di sussidiarietà); Parlamento spagnolo.
La Commissione XI (Lavoro e previdenza sociale) ha esaminato la proposta di direttiva, approvando una risoluzione in cui esprime parere favorevole senza osservazioni.
XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’ UE, n. 89, 28 giugno 2017
Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)