Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e assicura il corretto funzionamento del mercato interno (COM(2017)142)
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 87
Data: 05/06/2017

5 giugno 2017

 

n. 87

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e assicura il corretto funzionamento del mercato interno (COM(2017)142)

 

Tipo di atto

Proposta di direttiva

Data di adozione

22 marzo 2017

Base giuridica

Articoli 103 e 114 del TFUE

Settori di intervento

Politica della concorrenza dell'UE, posizione dominante, mercato unico, cartelli, violazione del diritto dell'UE

Esame presso le istituzioni dell’UE

Assegnata alla Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo

Assegnazione

31 marzo 2017 -X Commissione Attività produttive

Termine per il controllo di sussidiarietà

19 giugno 2017

Segnalazione da parte del Governo

3 maggio 2017

 


Finalità/Motivazione

Il 22 marzo 2017 la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva COM(2017)142, che intende armonizzare gli strumenti e i poteri a disposizione delle Autorità garanti della concorrenza degli Stati membri (ANC) al fine di renderli più efficaci nel contrastare condotte anticoncorrenziali, sul modello di quelli attribuiti alla Commissione europea dal regolamento (CE) n. 1/2003 nei procedimenti di sua competenza. Attualmente, infatti, le procedure per l'applicazione delle norme dell'UE in materia di concorrenza da parte delle ANC sono ampiamente disciplinate dal diritto nazionale, con la conseguenza che le norme dell'UE sono applicate dalle ANC sulla base di procedure e sanzioni differenti. Nonostante molti Stati membri abbiano allineato volontariamente le loro norme, in misura più o meno ampia, alle procedure stabilite per la Commissione nel citato regolamento (CE) n. 1/2003, permangono ancora notevoli differenze in gran parte dovute alle disparità nella posizione istituzionale e nel livello di autonomia delle ANC nei singoli Stati membri.

Ad avviso della Commissione, quindi, per migliorare l’applicazione delle norme dell’UE in materia di concorrenza, occorre consolidare la posizione istituzionale delle ANC e al tempo stesso garantire la convergenza delle procedure e delle sanzioni nazionali applicabili alle violazioni delle norme antitrust.

In particolare, la Commissione intende garantire che le ANC:

·        dispongano di strumenti di indagine e decisionali efficaci e dei poteri necessari per raccogliere qualunque prova pertinente, tenendo conto anche delle nuove tecnologie digitali;

·        siano in grado di imporre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazioni delle norme antitrust dell'UE, anche nei confronti di imprese che non abbiano sede legale nel loro territorio, dato il numero sempre crescente di società operanti a livello internazionale;

·        dispongano di programmi di trattamento favorevole coordinati, miranti ad incoraggiare le imprese a denunciare l'esistenza di cartelli illegali presentando prove al riguardo;

·        agiscano in maniera autonoma e imparziale;

·        dispongano di risorse finanziarie ed umane adeguate e sufficienti.

Infine, la proposta di direttiva intende incentivare una più stretta collaborazione tra la Commissione europea e le ANC nell’ambito della Rete europea della concorrenza (ENC).

Contesto normativo

articoli 101-102 del TFUE

Il TFUE vieta i comportamenti anticoncorrenziali (antitrust) sotto forma di:

·        accordi e procedure commerciali che limitano la concorrenza (articolo 101);

·        abuso di posizione dominante (articolo 102).

Ai sensi dell’articolo 101, sono incompatibili con il mercato interno e vietati gli accordi tra imprese (ad esempio, volti a fissare prezzi o a ripartire mercati), le associazioni di imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza all’interno del mercato interno. Si distinguono, a tal fine, le intese orizzontali (o cartelli) tra imprese concorrenti dalle intese verticali (operanti ad un livello differente della catena di produzione o distribuzione: per esempio tra fornitori e distributori).

Perché un’intesa ricada nel divieto ex articolo 101, essa deve:

·        recare pregiudizio al commercio tra gli Stati membri (portata transfrontaliera);

·        alterare la concorrenza nel mercato.

Ai sensi dell’articolo 102, è incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o sua una parte sostanziale di esso.

Sono considerate abusive le pratiche che:

·        impongono, direttamente o indirettamente, prezzi d'acquisto, di vendita o altre condizioni di transazione non eque;

·        limitano la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

·        applicano, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

·        subordinano la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

regolamento (CE) n. 1/2003

Il regolamento (CE) n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza, ha introdotto un decentramento, in capo alle autorità e alle giurisdizioni nazionali antitrust, del sistema di controllo delle regole di concorrenza, in precedenza interamente affidato alla competenza della Commissione europea.

In tal modo, il regolamento ha rafforzato il ruolo delle autorità nazionali nell’attuazione della normativa UE sulla concorrenza, permettendo alla Commissione di concentrarsi sul rispetto delle violazioni più gravi aventi una dimensione transfrontaliera. Il criterio attualmente applicato è quello cosiddetto “best or well placed” per cui la competenza a trattare singoli casi spetta all’autorità nazionale o alla Commissione europea che meglio può esercitare i poteri ispettivi e acquisire i relativi documenti istruttori ed eventualmente intervenire per rimuovere la violazione.

dati sull’applicazione delle norme antitrust ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003

Secondo la Commissione (COM(2014)453), il regolamento (CE) n. 1/2003 ha contribuito a un'applicazione più rigorosa delle norme antitrust all'interno dell'UE, modernizzando l'applicazione delle disposizioni, e ha consentito alle ANC e alle autorità giurisdizionali degli Stati membri di dare un maggior contributo all'applicazione delle norme europee in questo settore.

In base ai dati forniti dalla Commissione, dal 2004 sono state adottate oltre 1000 decisioni di applicazione, di cui l’85% da parte delle ANC. In linea generale, la Commissione esamina gli accordi o le pratiche anticoncorrenziali che incidono sulla concorrenza in almeno tre Stati membri oppure quando è utile stabilire un precedente a livello europeo, mentre le ANC si trovano nella posizione idonea per intervenire qualora la concorrenza venga pregiudicata in modo sostanziale sul loro territorio. Ogni anno, tuttavia, sempre secondo i dati forniti dalla Commissione europea, l'esistenza di cartelli non scoperti provocherebbe perdite che vanno da 181 a 320 miliardi di euro, che si tradurrebbe in un aumento dei prezzi tra il 17 e il 30%.

In base a tali dati, la Commissione e le ANC hanno assegnato priorità alle pratiche anticoncorrenziali più gravi e dannose, in particolare i cartelli, che rappresentano una quota significativa dei casi di applicazione. Una parte considerevole delle loro attività è stata dedicata anche alla lotta agli abusi di posizione dominante nei mercati liberalizzati come quello dell'energia, delle telecomunicazioni e dei trasporti e, in particolare, alle pratiche che tendono ad escludere la concorrenza dal mercato.

 


 

 


La Commissione ha considerato prioritaria la lotta contro i cartelli, che costituiscono la violazione anticoncorrenziale più nociva e sono all'origine di quasi il 48% dei suoi provvedimenti di applicazione. Gli altri accordi orizzontali rappresentano il 15% dei casi di applicazione delle norme da parte della Commissione, che si è occupata di pratiche che si ripercuotono significativamente sui consumatori, quali le clausole di non concorrenza nel settore delle telecomunicazioni e la fissazione orizzontale dei prezzi nel settore dei pagamenti. Gli accordi verticali rappresentano il 9% delle attività della Commissione e comprendono le restrizioni alla concorrenza praticate dai costruttori di autoveicoli e dai loro partner nell'ambito dell'assistenza post-vendita allo scopo di escludere i riparatori indipendenti dal mercato dell'assistenza alla clientela. Al pari della Commissione, anche le ANC hanno concentrato sui cartelli il loro impegno di applicazione delle norme (27%). Inoltre, le ANC hanno fatto fronte a una quantità significativa di altre pratiche orizzontali (19%), inclusi scambi autonomi di informazioni che non facevano parte di un accordo di cartello più ampio. Le ANC sono state inoltre molto attive nella lotta alle pratiche verticali (27%), tra cui in particolare il sistema di prezzi imposti, le forme anticoncorrenziali di fornitura e di acquisto in esclusiva e le limitazioni del commercio parallelo.

L'applicazione dell'articolo 102 del TFUE rappresenta il 20% dell’applicazione delle norme da parte della Commissione. L'attività si è concentrata principalmente sulle pratiche preclusive (84%), che escludono i concorrenti o impediscono una concorrenza effettiva. La Commissione ha contrastato pratiche preclusive quali il rifiuto di trattativa, le riduzioni, le pratiche di vendita abbinata/collegata, la compressione dei margini e le clausole di esclusiva, nonché forme meno convenzionali come l'effettuazione di pagamenti al fine di rinviare o annullare il lancio di prodotti da parte di un concorrente. Sono stati perseguiti con minore frequenza casi riguardanti lo sfruttamento abusivo di posizione dominante (16%), tra cui i prezzi eccessivi. Analogamente, la maggior parte delle decisioni previste dalle ANC ha riguardato pratiche abusive di esclusione della concorrenza (65%). Le ANC si sono inoltre occupate di una percentuale elevata di casi riguardanti sia pratiche abusive di esclusione della concorrenza e di sfruttamento di posizione dominante (22%) sia il solo abuso di posizione dominante (15%). Le pratiche abusive di esclusione della concorrenza esaminate dalle ANC comprendono tutta la gamma degli abusi classici, nonché forme meno tipiche come la denigrazione dei prodotti della concorrenza. I casi sollevati dalle ANC contro abusi di posizione dominante comprendono la determinazione di prezzi eccessivamente elevati da parte di produttori dominanti di energia e le tariffe eccessive imposte da società di gestione collettiva.

I grafici seguenti mostrano la suddivisione per settore delle attività di applicazione delle norme da parte della Commissione e delle ANC.

 

 


 

 


Il settore maggiormente soggetto a indagini da parte della Commissione e delle ANC è quello delle industrie di base e delle industrie manifatturiere (con 42 e 92 decisioni rispettivamente). Ciò rispecchia ampiamente la priorità attribuita alla lotta ai cartelli che sono stati principalmente individuati in questo settore. Sia la Commissione che le ANC hanno concentrato il proprio impegno sui settori liberalizzati recentemente o in corso di liberalizzazione, come le telecomunicazioni, i media, l'energia e i trasporti, spesso caratterizzati da un'elevata concentrazione del mercato e/o dalla presenza di operatori dominanti. Per esempio, il settore dell'energia è il secondo per numero di decisioni (18 da parte della Commissione e 80 da parte delle ANC).

Le ANC sono state particolarmente attive nel settore dei trasporti (69) e in quello alimentare (70). Tra gli altri settori principali soggetti all'applicazione delle norme figurano i media (66), le telecomunicazioni (48), i prodotti al consumo (42), altri servizi (35) e le libere professioni (31). La Commissione è stata particolarmente attiva nel settore delle tecnologie dell'informazione (12), che presenta molti operatori di portata mondiale. Le altre 50 decisioni della Commissione riguardano 13 settori diversi, con una prevalenza di casi nel settore alimentare e in quello del commercio al dettaglio (8).

La figura seguente mostra, per il periodo 1° maggio 2004-31 dicembre 2015, il numero di indagini antitrust avviate dalla Commissione e dalle autorità nazionali e il numero dei casi in cui è stata adottata una decisione da parte delle ANC, suddivisi per Stato membro.

 


 

 


Dalla tabella emerge un’asimmetria nei dati che sembrerebbe confermare l’osservazione della Commissione europea per cui le autorità nazionali dei diversi Stati membri avrebbero un diverso approccio sulla materia. In particolare, dal confronto tra il numero delle indagini avviate e quello delle decisioni adottate, l’autorità nazionale italiana sembrerebbe essere più attiva rispetto a quelle di altri Stati membri, come Francia e Germania, dove, a fronte di un più elevato numero di indagini avviate, è stato adottato un numero proporzionalmente inferiore di decisioni. Infatti, mentre in Italia, a fronte di 135 indagini avviate, sono state adottate 112 decisioni, in Francia il rapporto è di 119 su 246 e in Germania di 113 su 200.

 

Sotto altro profilo, dalle valutazioni della Commissione risulta che, nonostante il regolamento (CE) n. 1/2003 abbia rafforzato il ruolo delle autorità nazionali e razionalizzato l’assetto delle competenze, permangono ancora alcune significative criticità che il regolamento non è riuscito a risolvere:

·        alcune ANC non dispongono di sufficienti garanzie di autonomia e prendono istruzioni da organismi pubblici o privati;

·        alcune ANC sono carenti di risorse umane e finanziarie;

·        molte ANC non dispongono di fondamentali poteri di indagine per raccogliere elementi di prova contenuti su dispositivi digitali;

·        non tutte le ANC possono comminare sanzioni efficaci;

Ad esempio, in alcuni Stati membri le imprese possono ristrutturarsi per eludere il pagamento di ammende; in altri, le sanzioni sono esigue o inesistenti; infine, l’importo delle ammende varia notevolmente, per cui una sanzione per la stessa infrazione può essere molto più elevata in uno Stato membro rispetto a un altro, senza che tale differenza sia giustificata da circostanze oggettive;

·        le divergenze nei programmi di trattamento favorevole scoraggiano le imprese dal rivelare la propria partecipazione a pratiche anticoncorrenziali e dal fornire le prove al riguardo;

·        le lacune e le limitazioni degli strumenti e delle garanzie di cui dispongono le ANC compromettono anche il sistema di competenze parallele nell’ambito dell’ECN e incidono sulla capacità delle autorità di fornirsi assistenza reciproca.

Ad esempio, le ANC amministrative incontrano difficoltà nel chiedere l’esecuzione transfrontaliera delle loro decisioni nei confronti delle imprese che non siano giuridicamente presenti nel loro territorio o che effettuino transazioni online con utenti ubicati in diversi Stati membri.

 

Come rileva la Commissione, a causa delle suddette lacune e limitazioni, i procedimenti avviati contro le imprese che adottano pratiche anticoncorrenziali possono sfociare in esiti difformi, a seconda dello Stato membro in cui tali imprese operano, e l’applicazione degli articoli 101 o 102 del TFUE potrebbe risultare inefficace, ad esempio perché non si possono raccogliere le prove delle pratiche anticoncorrenziali o perché le imprese possono sottrarsi alla responsabilità per l’ammenda. A giudizio della Commissione, l’applicazione disomogenea delle norme dell’UE in materia di concorrenza provoca pertanto una distorsione della concorrenza nel mercato interno e mina il sistema di applicazione decentrata che è stato istituito dal regolamento (CE) n. 1/2003.

rete europea della concorrenza

Il suddetto regolamento ha istituito la Rete europea delle autorità antitrust (European Competition Network, “ECN”), costituita dalla Commissione europea e dalle autorità nazionali.

L’ECN è stata istituita come forum per la discussione e la cooperazione tra le ANC per l’applicazione degli articoli 101 e 102 del TFUE. Essa dovrebbe garantire una divisione del lavoro e un'applicazione efficace e coerente delle norme unionali in materia di concorrenza. La Commissione europea e le ANC degli Stati membri dell'UE cooperano tra loro attraverso la Rete:

·        informandosi reciprocamente sui nuovi casi e sulle decisioni di esecuzione previste;

·        coordinando le indagini, ove necessario;

·        aiutandosi reciprocamente nelle indagini;

·        scambiando prove e altre informazioni;

·        discutendo delle questioni di interesse comune.

direttiva 2014/104/UE

La direttiva 2014/104/UE stabilisce alcune norme necessarie per garantire che chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o un'associazione di imprese possa esercitare in maniera efficace il diritto di chiedere a tale impresa o associazione il pieno risarcimento del danno.

In particolare, la direttiva prevede:

·        che l’accertamento di una violazione del diritto della concorrenza, contenuto in una decisione definitiva di una ANC o di un’autorità giurisdizionale, abbia valore di accertamento definitivo ai fini dell'azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai giudici nazionali;

·        il diritto al pieno risarcimento del danno subito, comprendente sia il danno emergente che il lucro cessante, nonché il pagamento degli interessi dal momento in cui il danno si è verificato fino al pagamento dell'indennità;

·        la responsabilità solidale delle imprese che abbiano violato il diritto antitrust attraverso un comportamento congiunto, ad esempio un cartello.

Contenuti

La proposta di direttiva si compone di 10 Capi e di 34 articoli.

Il Capo I concerne l’oggetto e l’ambito di applicazione e le principali definizioni utilizzate nella proposta. Per quanto riguarda l’oggetto e l’ambito di applicazione (articolo 1), la proposta prevede norme per garantire che le ANC dispongano delle necessarie garanzie di indipendenza e risorse nonché dei poteri di applicazione delle norme e di imposizione delle ammende per poter applicare efficacemente gli articoli 101 e 102 del TFUE, al fine di garantire che la concorrenza nel mercato interno non sia falsata. Inoltre, la proposta di direttiva stabilisce alcune norme in materia di assistenza reciproca a tutela del sistema di stretta cooperazione nell’ambito della rete europea della concorrenza.

Circa le definizioni (articolo 2), esse rispecchiano ampiamente quelle utilizzate nel regolamento (CE) n. 1/2003 e nella direttiva 2014/104/UE sul risarcimento del danno per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza.

Il Capo II della proposta, concernente i diritti fondamentali, si compone del solo articolo 3, che mira a garantire che gli Stati membri forniscano alle ANC garanzie adeguate per l’esercizio dei loro poteri, compreso il rispetto del diritto di difesa e del diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice da parte delle imprese, conformemente ai principi generali del diritto e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Il Capo III della proposta riguarda l’indipendenza e le risorse a disposizione delle ANC. Circa l’indipendenza (articolo 4), viene stabilito che gli Stati membri devono predisporre garanzie affinchè:

•         il personale e i membri dell’organo decisionale delle ANC svolgano i loro compiti ed esercitino i loro poteri in modo indipendente da ingerenze politiche e da altre influenze esterne; non sollecitino né accettino istruzioni da alcun Governo o da altre entità pubbliche o private; si astengano da qualsiasi azione incompatibile con lo svolgimento dei loro compiti e l’esercizio dei loro poteri;

•         i dirigenti delle ANC possano essere sollevati dall’incarico soltanto se non soddisfano più le condizioni richieste per lo svolgimento dei loro compiti o hanno commesso gravi illeciti fissati preventivamente nel diritto nazionale e non possono essere rimossi dall’incarico per motivi connessi al corretto svolgimento dei loro compiti o all’esercizio dei loro poteri;

•         le ANC abbiano il diritto di fissare un ordine di priorità dei procedimenti, con la conseguente possibilità di respingere le denunce per motivi di priorità, oltre che per altri motivi definiti dalla legislazione nazionale.

Circa le risorse (articolo 5), viene stabilito l’esplicito obbligo per gli Stati membri di garantire che le ANC dispongano delle risorse umane, finanziarie e tecniche necessarie per svolgere efficacemente i loro compiti quando applicano gli articoli 101 e 102 del TFUE relativamente allo svolgimento di indagini, all’adozione di decisioni e alla stretta collaborazione nell’ambito della rete europea della concorrenza.

Il Governo, nella Relazione di cui all’articolo 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, sostiene che le misure introdotte dagli articoli 4 e 5 della proposta, pur risultando condivisibili sotto il profilo degli obiettivi, suscitano, a causa della loro genericità, qualche perplessità quanto alle prospettive di efficacia. A giudizio del Governo, un profilo di particolare criticità riguarda l’obbligo degli Stati membri di garantire alle ANC le "risorse umane, finanziarie e tecniche necessarie per l'efficace svolgimento dei loro compiti e l’esercizio dei loro poteri", che costituiscono l’elemento chiave a presidio dell’autonomia decisionale delle autorità. La relatività del parametro adottato, che fa perno sul concetto di necessarietà delle risorse, giustificherebbe, ad avviso del Governo, l'esigenza di un confronto in sede di discussione volto alla ricerca di un possibile puntellamento del testo, pur nei limiti consentiti dal rispetto delle sensibilità nazionali.

Più articolati sono i rilievi critici mossi dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato che, nelle osservazioni allegate alla Relazione del Governo, sostiene che la codificazione del principio di indipendenza a livello unionale consentirebbe di rimediare alla fragilità delle tutele approntate da norme nazionali, facilmente derogabili, e fornirebbe alla Commissione europea una base giuridica adeguata per intervenire nei confronti dei Governi che cerchino di orientare il processo decisionale delle ANC.

Tuttavia, ad avviso dell’Autorità garante, la norma relativa alle risorse necessarie, appare generica e di per sé insufficiente a garantire efficacemente l'indipendenza delle ANC. A giudizio dell’Autorità garante, in assenza di qualsiasi parametro quantitativo definito ex ante, la Commissione europea dovrebbe dimostrare di volta in volta che le risorse umane e finanziarie allocate dal Governo sono inadeguate allo svolgimento dei compiti istituzionali delle autorità, eventualmente promuovendo una procedura di infrazione dagli esiti incerti e tardivi.

Inoltre, l’Autorità garante rileva che in assenza di una garanzia di rango unionale sulla forma di finanziamento, sulla possibilità di decidere autonomamente l’allocazione delle somme disponibili e sull'inquadramento del personale, anche le ANC che allo stato non dipendano da uno stanziamento annuale di bilancio, godranno di un limitato margine di autonomia, che i Governi potrebbero legittimamente comprimere in misura significativa.

Infine, ad avviso dell'Autorità garante, la proposta di direttiva dovrebbe almeno prevedere che la Commissione elabori, sulla base di un’analisi comparativa, un documento che illustri le implicazioni concrete dei vari meccanismi di finanziamento delle ANC.

 

Il Capo IV della proposta concerne i poteri a disposizione delle ANC che gli Stati membri sono tenuti a garantire.

Potere di effettuare accertamenti nei locali dell’impresa (articolo 6): gli Stati membri garantiscono che le autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza possano svolgere tutti gli accertamenti a sorpresa necessari presso le imprese e le associazioni di imprese e che ai fini dell’accertamento dispongano almeno dei seguenti poteri:

·        accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto;

·        controllare i libri e qualsiasi altro documento, su qualsiasi forma di supporto, e acquisirne copie o estratti;

·        apporre sigilli ai locali, libri e documenti aziendali per la durata dell’accertamento;

·        chiedere a rappresentanti o membro del personale spiegazioni su fatti o documenti.

Qualora un’impresa o un’associazione di imprese si opponga a un accertamento, le ANC possono ottenere l’assistenza necessaria per l’esecuzione dell’accertamento ricorrendo alla forza pubblica o a un’autorità equivalente, anche in via preventiva.

Il potere di effettuare accertamenti in altri locali (articolo 7): gli Stati membri devono garantire che le autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza, in caso di infrazione grave agli articoli 101 e 102 del TFUE, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, possano effettuare accertamenti a sorpresa in locali, terreni e mezzi di trasporto diversi da quelli dell’impresa, se vi sono motivi ragionevoli di sospettare che in tali locali siano conservati libri o altri documenti connessi all’azienda e all’oggetto dell’accertamento. Tali locali comprendono anche il domicilio di direttori, amministratori e altri membri del personale. In tal caso, i poteri di cui dispongono i funzionari dell’accertamento sono più circoscritti in quanto non includono il potere di apporre sigilli e quello di richiedere spiegazioni ai soggetti interessati.

A giudizio del Governo, si tratterebbe di una misura destinata ad un uso molto limitato, perché: è subordinata alla sussistenza di specifici indizi (ad esempio, le specifiche rivelazioni di un richiedente dei benefici del trattamento favorevole) circa la conservazione di elementi probatori in locali diversi da quelli commerciali; è prevista la preventiva autorizzazione giudiziaria; è limitata ai casi di grave violazione degli articoli 101 e 102 del TFUE. Con riferimento alla preventiva autorizzazione giudiziaria, il Governo rileva che la proposta non fa uno specifico riferimento al contenuto del sindacato giurisdizionale, forse a suo giudizio per evitare di limitarne la portata, facendo rinvio alla giurisprudenza. Pertanto, un argomento di possibile dibattito in sede di negoziato potrebbe riguardare l'eventualità di una codificazione dell'attuale giurisprudenza relativa alla portata del sindacato giurisdizionale.

Infine, il Governo evidenzia che tale misura è presente nella quasi totalità degli ordinamenti degli Stati membri, ad eccezione di tre di essi, tra cui l'Italia.

 

Inoltre, il Capo IV prevede anche i seguenti poteri che gli Stati membri devono garantire alle ANC:

·        il potere di richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie per l’applicazione degli articoli 101 e 102 del TFUE entro un determinato termine (articolo 8);

·        il potere di imporre alle imprese e associazioni di imprese interessate l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali necessari a far cessare un’infrazione constatata (articolo 9);

·        il potere di imporre misure cautelari (articolo 10) alle imprese almeno nei casi di urgenza dovuta al rischio di danno grave e irreparabile per la concorrenza e ove constatino prima facie la sussistenza di una violazione dell’articolo 101 o dell’articolo 102 del TFUE;

·        il potere di rendere obbligatori gli impegni offerti dalle imprese (articolo 11) nell’ambito di un procedimento volto a far cessare una violazione dell’articolo 101 o dell’articolo 102 del TFUE.

 

Il Governo, con riferimento ai rimedi comportamentali e strutturali stabiliti dall’articolo 9 della proposta, evidenzia che si tratta di strumenti, di cui l’ANC italiana non dispone in base alla normativa nazionale vigente, che potrebbero costituire un possibile completamento dei poteri in materia di intese restrittive e di abusi di posizione dominante. Peraltro, il Governo rileva che si tratta comunque di una misura estrema, specie in materia di intese ed abusi e più comune in sede di controllo preventivo delle concentrazioni, il cui uso, infatti, è generalmente subordinato alla verifica dell’insussistenza di rimedi alternativi, di natura comportamentale, altrettanto efficaci per far cessare effettivamente l'infrazione stessa.

Per quanto riguarda l’Autorità garante, in via generale condivide e sostiene le proposte avanzate dalla Commissione in tema di poteri investigativi e decisori delle ANC. A suo avviso, infatti, il completamento ed il consolidamento degli strumenti investigativi e repressivi potrebbe: accrescere l'efficacia dell'attività di enforcement, agevolando l'acquisizione degli elementi di prova dell'illecito e favorendo la definizione del procedimento amministrativo; facilitare una convergenza tra poteri istruttori minimi, funzionale ad assicurare l'efficace cooperazione investigativa nell'ambito della Rete europea della concorrenza.

 

Il Capo V della proposta concerne le ammende e le penalità di mora.

L’articolo 12 stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché le autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza possano imporre in un procedimento amministrativo, ovvero chiedere l’imposizione in un procedimento giudiziario non penale, di ammende efficaci, proporzionate e dissuasive alle imprese o associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettono un’infrazione alle disposizioni degli articoli 101 o 102 del TFUE. La stessa facoltà è prevista anche in caso di violazioni di natura procedurale da parte di imprese o associazioni di imprese, nel qual caso le ammende sono stabilite in proporzione al loro fatturato totale. Le violazioni procedurali riguardano:

·        opposizione a un accertamento;

·        infrazione ai sigilli apposti;

·        risposta inesatta o fuorviante o rifiuto di rispondere a richieste di spiegazioni;

·        risposte inesatte, incomplete o fuorvianti a una richiesta di informazioni;

·        inottemperanza alle misure cautelari e agli impegni assunti e resi obbligatori dalle ANC.

 

Infine, l’articolo 12 prevede che la nozione di impresa dovrebbe essere applicata facendo riferimento ad un’unità economica, anche qualora essa sia costituita da più persone fisiche o giuridiche. Di conseguenza, le ANC dovrebbero poter applicare la nozione di impresa per stabilire la responsabilità e infliggere un’ammenda a una società madre per sanzionare il comportamento di una delle sue controllate. Ciò al fine di evitare che le imprese si sottraggano alla responsabilità operando cambiamenti di natura giuridica o organizzativa.

L’articolo 13, relativo al calcolo delle ammende, stabilisce che gli Stati membri assicurino che le ANC, nel determinare l’importo dell’ammenda per un’infrazione agli articoli 101 e 102 del TFUE, tengano conto sia della gravità che della durata dell’infrazione. Per quanto riguarda, invece, l’irrogazione ad associazioni di imprese insolvibili di ammende che tengano conto del fatturato dei loro membri, gli Stati membri devono assicurare che le associazioni richiedano ai propri membri contributi a concorrenza dell’importo dell’ammenda. Inoltre, se necessario per garantire il pagamento integrale dell’ammenda, le ANC dovrebbero avere il diritto di richiedere il pagamento dell’importo dell’ammenda ancora dovuto da qualsiasi impresa i cui rappresentanti erano membri degli organi decisionali dell’associazione. Infine, le ANC dovrebbero avere anche il diritto di esigere il pagamento dell’importo ancora dovuto da qualsiasi membro dell’associazione che operava sul mercato nel quale si è verificata l’infrazione. Tuttavia, non dovrebbe esigersi il pagamento dai membri dell’associazione che non hanno commesso l’infrazione o non ne erano a conoscenza, o che si sono attivamente dissociati da essa prima dell’inizio dell’indagine.

In merito il Governo segnala che la responsabilità patrimoniale in caso di insolvibilità dell'associazione, che prevede una copertura di natura sussidiaria/solidale a carico delle imprese interessate, non è contemplata dal diritto interno e di conseguenza necessiterà di un intervento legislativo di adeguamento.

 

L’articolo 14, relativo all’importo massimo delle ammende, stabilisce che gli Stati membri devono assicurare che l’importo massimo delle ammende inflitte dalle ANC a ciascuna impresa o associazione di imprese per violazione degli articoli 101 o 102 del TFUE sia fissato a un livello non inferiore al 10% del fatturato mondiale totale dell’impresa, realizzato durante l’esercizio sociale precedente. Inoltre, qualora l’infrazione sia commessa da un’associazione di imprese e riguardi le attività dei suoi membri, l’importo massimo dell’ammenda deve essere fissato a un livello non inferiore al 10% della somma dei fatturati mondiali totali di ciascun membro. Comunque, la responsabilità finanziaria di ciascuna impresa per il pagamento dell’ammenda non dovrebbe superare l’importo massimo fissato dalle ANC per le ammende inflitte a ciascuna impresa o associazione di imprese per violazione degli articoli 101 o 102 del TFUE.

In merito, il Governo sottolinea che le norme sulle ammende alle associazioni di imprese, che ancorano il calcolo del massimo edittale al fatturato delle imprese associate, renderanno necessarie, oltre che opportune, modifiche alla legge n. 287/1990, considerato che l’importo massimo delle ammende previsto in ambito nazionale è di gran lunga inferiore a quello prospettato dalla Commissione europea, in quanto calcolato sulla base delle quote associative versate.

 

L’articolo 15 stabilisce che gli Stati membri devono assicurare alle autorità amministrative nazionali garanti della concorrenza il potere di infliggere penalità di mora efficaci, proporzionate e dissuasive, stabilite in proporzione al rispettivo fatturato totale giornaliero, alle imprese e associazioni di imprese che:

·        rifiutino di sottoporsi all'accertamento ispettivo;

·        non adempiano in modo corretto, completo e tempestivo ad una richiesta di informazioni;

·        si sottraggano all'ottemperanza delle decisioni di accertamento di un’infrazione (pronunciando una diffida e imponendo rimedi  strutturali o comportamentali), di adozione di misure cautelari o che rendano obbligatori impegni proposti dalle parti.

 

L'Autorità garante condivide la proposta della Commissione di irrogare sanzioni dotate di una più intensa efficacia deterrente, assicurandone inoltre la proporzionalità rispetto alla complessiva capacità economica del soggetto colpito. Tuttavia, l’Autorità garante rileva un’asimmetria nel trattamento sanzionatorio dell’inottemperanza tra le decisioni di accertamento della violazione, da un lato, e le misure cautelari e le decisioni relative agli impegni delle parti, dall'altro. Per queste ultime, infatti, la proposta stabilisce sia l'imposizione di sanzioni commisurate al fatturato globale sia l'applicazione di penalità di mora, mentre sono previste solo penalità di mora in caso di mancato rispetto della diffida e degli eventuali rimedi strutturali o comportamentali associati all'accertamento dell'infrazione.

Ad avviso dell’Autorità garante, infine, tale asimmetria potrebbe essere portata all'attenzione della Commissione nel corso del negoziato.

 

Il Capo VI della proposta (articoli 16-22) concerne i programmi di trattamento favorevole, in base ai quali un partecipante a un cartello segreto, indipendentemente dalle altre imprese coinvolte nel cartello, collabora a un’indagine dell’autorità garante della concorrenza presentando volontariamente elementi di propria conoscenza sul cartello, ricevendo in cambio l’immunità dalle ammende irrogate per il suo coinvolgimento nel cartello o una loro riduzione.

Attualmente, ad avviso della Commissione, sussistono notevoli differenze tra i programmi di trattamento favorevole applicabili negli Stati membri, che causano incertezza giuridica e disincentivano i potenziali interessati dal chiedere il trattamento favorevole.

Al fine di ridurre le suddette differenze, la proposta recepisce i principi fondamentali del programma di clemenza comunitario e del modello di trattamento favorevole dell’ECN (Model Leniency Programme), garantendo così un’armonizzazione delle condizioni alle quali le ANC possano concedere l’immunità e la riduzione delle ammende ed accettare le domande redatte in forma semplificata.

Ad avviso del Governo, il presente Capo della proposta suscita forti perplessità per l'indebita compressione dell'autonomia degli Stati membri, nonché per le possibili ripercussioni sotto i profili di flessibilità dell'istituto e di adattabilità alle specificità nazionali.

L’Autorità garante sostiene che il presente Capo costituisce il più rilevante elemento di criticità della proposta di direttiva. La Commissione, ritenendo insoddisfacente il livello di convergenza dei programmi di clemenza nazionali, propone una codificazione quasi integrale del modello di programma ECN, che vincoli gli Stati membri ad applicare regole uniformi. Sarebbe invece auspicabile, a giudizio dell’Autorità, che le ANC restassero libere di modulare alcuni aspetti del programma, in particolare per quanto riguarda le soglie di accesso ai benefici.

 

L’articolo 16, concernente l’immunità dalle ammende, stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché le ANC concedano l’immunità dalle ammende alle imprese solo se:

·        soddisfano le condizioni generali per l’applicazione del trattamento;

·        rivelano la loro partecipazione ad un cartello segreto;

·        forniscono per prime elementi probatori che: consentano alle ANC, nel momento della ricezione della domanda di trattamento favorevole, di effettuare un accertamento mirato riguardo al cartello segreto; ovvero, a giudizio della ANC, consentano di constatare una violazione del diritto della concorrenza purché a nessuna impresa sia già stata accordata l’immunità in relazione allo stesso cartello.

Al riguardo, l’Autorità garante rileva che il sistema proposto dalla Commissione, basato sulla differenziazione delle soglie probatorie rilevanti per accedere all’immunità, si discosti dal sistema previsto dall’Autorità stessa, che collega l’immunità ad un’unica soglia probatoria, garantendo il beneficio alla prima impresa che decida di cooperare, indipendentemente dalla fase procedimentale. Tuttavia l'Autorità, pur preferendo l'attuale formulazione del programma nazionale, ritiene ad ogni modo che l'introduzione di una doppia soglia per la concessione del beneficio dell'immunità non ponga problemi interpretativi ed applicativi insormontabili: pertanto, in un'ottica di compromesso, la proposta della Commissione potrebbe essere accolta.

Infine, l’articolo 16 prevede che non possano beneficiare dell’immunità dalle ammende le imprese che hanno esercitato coercizione su altre imprese perché aderissero al cartello segreto.

Al riguardo, si segnala che l’Autorità garante non condivide la scelta di escludere le imprese che hanno esercitato coercizione dal beneficio dell’immunità totale in quanto la norma appare piuttosto ambigua in ordine alla natura delle condotte che priverebbero l'impresa della possibilità di accedere al trattamento clemenziale.

 

L’articolo 17, concernente la riduzione delle ammende alle imprese che non possono beneficiare dell’immunità, stabilisce che gli Stati membri devono provvedere affinché le ANC possano concedere la riduzione soltanto se sono soddisfatte le condizioni generali per l’applicazione del trattamento e il richiedente rivela la sua partecipazione ad un cartello segreto e fornisce elementi probatori che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto a quelli già in possesso dell’ANC al momento della presentazione della domanda di trattamento favorevole.

Inoltre, viene prevista un’ulteriore riduzione dell’ammenda se il richiedente fornisce elementi probatori per dimostrare ulteriori circostanze che determinano l’aumento delle ammende ai partecipanti al cartello segreto. La riduzione deve essere proporzionata all’aumento di tali ammende.

L’articolo 18, riguardante le condizioni generali per l’applicazione del trattamento favorevole, stabilisce che gli Stati membri devono provvedere affinché, per poter beneficiare del trattamento favorevole, il richiedente soddisfi le seguenti condizioni cumulative:

·        aver posto fine, immediatamente dopo la presentazione della domanda, alla sua partecipazione al presunto cartello segreto (a meno che non sia ritenuta ragionevolmente necessaria per preservare l’integrità delle ispezioni);

·        cooperare effettivamente, integralmente, su base continuativa e sollecitamente con l’ANC dal momento della presentazione della domanda fino alla chiusura del procedimento;

·        al momento della presentazione della domanda, non aver distrutto, falsificato o celato elementi probatori riguardanti il presunto cartello né aver rivelato l’intenzione di presentare la domanda.

L’articolo 19, concernente la forma della domanda di trattamento favorevole, prevede che il trattamento favorevole possa essere richiesto per iscritto e che le ANC accettino le domande verbalmente o mediante altri mezzi senza la produzione di documenti, informazioni o altri materiali in possesso, in custodia o sotto il controllo del richiedente.

L’articolo 20, concernente il marker (numero d’ordine) per la domanda formale d’immunità, prevede che l’impresa possa presentare una domanda di immunità non completa e chiedere che le venga attribuito un marker per salvaguardare la propria posizione nell’elenco di coloro che chiedono l’immunità. Se il richiedente produce le informazioni e gli elementi probatori (perfeziona il marker) entro il periodo stabilito dall’ANC, essi si considerano presentati alla data di attribuzione del marker.

L’articolo 21 riguarda la possibilità di presentare domande di clemenza in forma semplificata, ovvero senza produrre contestualmente le prove a sostegno della dichiarazione confessoria, nel caso in cui il richiedente abbia interesse a presentare una domanda di trattamento favorevole a più di una ANC, qualora ritenga siano nella posizione idonea ad intervenire. Tale possibilità è già prevista dal modello di programma ECN e dal programma di clemenza nazionale ed ha l’obiettivo di attenuare gli oneri amministrativi per le imprese e le autorità riceventi, contemperando l’esigenza di assicurare l’impiego efficace delle risorse delle amministrazioni e delle imprese con l’interesse delle ANC ad essere comunque informate del caso, in modo da poter valutare l’opportunità di un intervento.

Ciò premesso, l’articolo 21 prevede che, qualora il richiedente il trattamento favorevole presenti una domanda completa alla Commissione europea e parallelamente una domanda semplificata ad una o più ANC, queste ultime non possano chiedere integrazioni della domanda, con il relativo corredo probatorio, o informazioni supplementari, prima che la Commissione europea abbia fatto presente che non intende intervenire, integralmente o parzialmente, sul caso.

Inoltre, la norma prevede che se il richiedente presenta la domanda semplificata non oltre 5 giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda di trattamento favorevole alla Commissione, questa si considera presentata alla data e all’ora in cui è stata presentata la domanda alla Commissione.

 

Ad avviso dell’Autorità garante, l'articolo 21 della proposta suscita notevoli preoccupazioni nella parte in cui consente ai richiedenti che abbiano presentato una domanda di clemenza alla Commissione di presentare domande semplificate alle ANC che ritengano nella posizione più idonea per trattare il caso. Ne consegue, a giudizio dell’Autorità garante, che le ANC saranno obbligate ad accettare domande di clemenza prive di supporto probatorio anche quando siano esse - e non la Commissione - nella posizione migliore per svolgere l’eventuale accertamento istruttorio.

Inoltre, secondo l’Autorità, l'articolo 21 della proposta è in contrasto con la normativa vigente in quanto priva le ANC del potere di richiedere informazioni supplementari all'impresa prima della presentazione della domanda completa e dispone che l'integrazione della domanda (attualmente rimessa alla valutazione discrezionale dell'autorità procedente) possa avvenire solo quando la Commissione abbia informato le autorità nazionali che non intende intervenire sul caso. Infine, il paragrafo 7 del medesimo articolo, secondo l’Autorità deroga al principio secondo il quale le domande di clemenza si analizzano nell'ordine in cui pervengono in quanto prevede che la domanda semplificata presentata alla ANC entro 5 giorni dalla domanda alla Commissione dovrà considerarsi presentata alla data e all’ora in cui è stata presentata la domanda alla Commissione.

A giudizio dell’Autorità garante, l'effetto combinato delle suddette disposizioni sottrae nei fatti alle ANC la gestione delle domande di accesso al trattamento favorevole. La mera presentazione della domanda di clemenza alla Commissione, infatti, priva le ANC della competenza a conoscere della fattispecie, richiedendo all'impresa interessata altre informazioni e/o l'integrazione della domanda; competenza che rivive soltanto quando la Commissione non intende intervenire sul caso.

In particolare l'Autorità garante ritiene che le citate disposizioni siano in conflitto con l'articolo 11 del regolamento n. 1/2003, in forza del quale solo "l'avvio di un procedimento da parte della Commissione per l'adozione di una decisione priva le ANC della competenza ad applicare gli articoli 101 e 102 del TFUE" e non la semplice presentazione - anche incompleta - della domanda. Ad avviso dell’Autorità, la volontà della Commissione di ritagliarsi una competenza esclusiva sulle fattispecie che ricadono nell'ambito del proprio programma di clemenza non sembra compatibile con il principio di leale collaborazione che deve informare i rapporti tra Commissione e ANC nell'ambito della rete europea della concorrenza.

Ad avviso dell’Autorità, inoltre, la proposta condurrebbe ad esiti inefficienti considerato che la competenza esclusiva, ancorché rinunciabile della Commissione, sussisterebbe anche rispetto alle ipotesi in cui l’impresa richiedente ritenesse discrezionalmente di presentare la domanda di clemenza alla Commissione, con l’esito paradossale che le ANC si troverebbero nell’impossibilità di procedere rispetto a violazioni del diritto antitrust che esse sarebbero nella posizione più idonea per reprimere con efficacia.

La formulazione del testo della proposta, ad avviso dell’Autorità garante, determina un vulnus evidente del principio di reciproca autonomia dei programmi di clemenza. Infatti, se l'autorità nazionale non ha il potere di richiedere il completamento della domanda fin quando la Commissione non rinunci alla trattazione del caso, il programma nazionale risulterebbe di fatto subordinato a quello unionale.

Infine l’Autorità garante ritiene di particolare gravità la disposizione che prevede la retroattività degli effetti della domanda semplificata alla ANC alla data in cui la domanda completa sia stata presentata alla Commissione, purché tra i due adempimenti non trascorrano più di cinque giorni. Infatti, secondo l’Autorità vi è il rischio che il soggetto che ha presentato per primo una domanda completa alla ANC sia pretermesso al soggetto che ha presentato successivamente una domanda semplificata alla stessa ANC, qualora quest’ultimo abbia presentato per primo una domanda completa alla Commissione.

Per i motivi esposti, secondo l'Autorità garante occorrerebbe insistere per un radicale ripensamento del VI Capo della proposta in modo da renderlo più rispettoso dell'autonomia reciproca dei programmi di clemenza e del principio di leale collaborazione tra Commissione europea e ANC.

 

L’articolo 22, riguardante l’interazione tra i programmi di trattamento favorevole e le sanzioni inflitte alle persone fisiche, prevede che gli attuali ed ex dipendenti e dirigenti delle imprese che presentano richiesta di immunità siano protetti da eventuali sanzioni penali e amministrative se collaborano attivamente con le ANC interessate e la richiesta di immunità precede l’inizio del procedimento penale.

Il Governo rileva che il suddetto articolo comporterebbe la necessità di una modifica al codice penale, con specifico riferimento alla fattispecie di turbativa d'asta (articolo 353 del codice penale), in relazione agli illeciti da bid rigging (alterazione anticoncorrenziale di procedure di gara).

 

Il Capo VII della proposta prevede meccanismi di assistenza reciproca tra le ANC per la notifica e l’esecuzione transfrontaliera delle decisioni assunte in applicazione degli articoli 102 e 102 del Trattato.

L’articolo 23, concernente la cooperazione tra le ANC, prevede che, quando un’ANC effettua un accertamento su richiesta di altre ANC, in nome e per conto di queste ultime, i funzionari dell’ANC richiedente possano assistere all’accertamento e parteciparvi attivamente.

L’articolo 24, concernente le richieste di notifica degli addebiti e delle decisioni, prevede che, su richiesta di un’autorità richiedente, l'autorità adita notifichi all'impresa destinataria stabilita sul proprio territorio le decisioni relative all'applicazione degli articoli 101 e 102 del Trattato, gli addebiti riguardanti una presunta violazione di tali disposizioni, nonché la documentazione relativa all'esecuzione delle decisioni che impongono ammende e/o penalità di mora. Inoltre, le notifiche devono eseguirsi conformemente alla legislazione dello Stato membro adito.

In merito, l’Autorità garante sottolinea l’importanza della norma dato che a livello unionale non vi è uno strumento normativo generale che regoli la notifica di atti amministrativi nei Paesi membri. Il regolamento n. 1/2003, infatti, limita la capacità delle ANC di prestarsi reciprocamente assistenza alle ipotesi in cui un’amministrazione adita formuli richieste di informazioni o svolga accertamenti ispettivi sul proprio territorio per conto dell'autorità richiedente. Con riferimento alla notifica degli atti amministrativi all’estero, il quadro che emerge a livello europeo risulta estremamente frammentato. Il principale strumento pattizio impiegato è la Convenzione di Strasburgo del 24 novembre 1977 sulla notifica all'estero dei documenti in materia amministrativa, ratificata soltanto da alcuni Stati membri, tra cui l’Italia.

 

L’articolo 25, riguardante le richieste di esecuzione delle decisioni che impongono ammende o penalità di mora, prevede che, su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità adita dia esecuzione alle decisioni che impongono ammende o penalità di mora adottate dall’autorità richiedente. È previsto che tale disposizione si applichi soltanto quando le imprese destinatarie delle ammende o delle penalità di mora non sono giuridicamente presenti nel territorio dell’ANC richiedente o non dispongono di beni sufficienti per l’esecuzione di ammende in quel territorio. Inoltre, le esecuzioni devono effettuarsi conformemente alla legislazione dello Stato membro adito. Infine, l’articolo 25 stabilisce che:

·        le decisioni di imposizione delle ammende possono essere eseguite solo quando sono definitive e non possono più essere impugnate con mezzi ordinari;

·        la prescrizione sarà disciplinata dalla legge dello Stato membro richiedente;

·        l’autorità adita non è tenuta ad applicare le decisioni in materia di ammende se ciò è manifestamente contrario all’ordine pubblico di tale Stato membro.

 

In merito, l’Autorità garante segnala che le disposizioni in tema di assistenza reciproca riflettono gli esiti di un approfondimento, coordinato proprio dall'Autorità italiana, nell'ambito del gruppo di lavoro "Cooperation Issues and Due Process" della rete europea della concorrenza.

L'Autorità garante considera con particolare favore le norme della proposta di direttiva relative all’assistenza reciproca nell'esecuzione delle decisioni sanzionatorie, in quanto il vigente quadro regolamentare rende particolarmente difficoltosa la riscossione delle ammende irrogate dalle ANC ad imprese stabilite in altri Stati membri.

 

L’articolo 26 sulle controversie riguardanti le richieste di notifica e di applicazione delle decisioni che impongono ammende o penalità di mora prevede che:

·        le controversie riguardanti la legittimità di una misura da notificare o di una decisione che impone ammende e penalità di mora adottata dall’autorità richiedente rientrano nella competenza dello Stato membro dell’autorità richiedente e sono disciplinate dalle norme nazionali di tale Stato;

·        le controversie riguardanti le misure di esecuzione o la validità di una notifica adottate dall’autorità adita rientrano nella competenza dello Stato membro dell’autorità adita e sono disciplinate dalle norme di tale Stato.

 

Il Capo VIII della proposta si compone del solo articolo 27 che riguarda la sospensione dei termini di prescrizione in materia di imposizione di sanzioni. La norma stabilisce che i termini di prescrizione per l’imposizione di ammende o di penalità di mora da parte delle ANC rimangano sospesi nell’ipotesi in cui sia in corso, dinanzi ad un’altra ANC o alla Commissione europea, un procedimento riguardante la medesima condotta. Inoltre, la durata di tale periodo di sospensione lascia impregiudicati i termini di prescrizione assoluti previsti dal diritto nazionale (che iniziano a decorrere indipendentemente dal danno e dal momento in cui il danneggiato ne viene a conoscenza, ma determinante è soltanto il momento in cui l’atto dannoso si verifica).

 

L’Autorità garante, pur reputando opportuno chiedere chiarimenti in merito alla Commissione nel corso del negoziato, osserva in via preliminare che l’esigenza di assicurare la piena applicazione delle regole di concorrenza in un contesto in cui più ANC siano astrattamente competenti a conoscere della fattispecie non può comportare una compressione eccessiva del principio di certezza giuridica, sotteso all'istituto della prescrizione, che discenderebbe da una dilatazione indefinita dei relativi termini. A giudizio dell’Autorità, infatti, è ragionevole che l'impresa, anche se responsabile di una violazione del diritto antitrust, non rimanga esposta per un periodo indeterminato all'esercizio del potere pubblico repressivo per il solo fatto che alcune delle numerose autorità competenti, già a conoscenza dell'esistenza dell’illecito, ritengano di attivarsi soltanto in esito all'istruttoria condotta dalle altre.

Infine, l’Autorità garante ritiene che l’introduzione di termini assoluti di prescrizione, oggi non previsti dalla legge italiana (legge n. 689/81), potrebbe forse ovviare al problema. Tuttavia, ritiene che tale soluzione in materia di sanzioni amministrative irrogate per le infrazioni antitrust andrebbe vagliata con particolare cura.

 

Il Capo IX della proposta riguarda disposizioni generali.

L’articolo 28 sul ruolo delle ANC amministrative dinanzi alle giurisdizioni nazionali dispone che negli Stati membri che designano sia un’autorità nazionale giudiziaria garante della concorrenza, competente ad adottare decisioni, sia un’autorità nazionale amministrativa garante della concorrenza, competente a indagare, queste ultime possano promuovere direttamente l’azione dinanzi alle autorità nazionali giudiziarie. La stessa norma prevede che nei procedimenti contro le decisioni di esecuzione delle autorità nazionali giudiziarie dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali, le autorità nazionali amministrative siano autorizzate a partecipare in veste di magistrato del pubblico ministero.

L’articolo 29, concernente i limiti all’uso delle informazioni, prospetta un’estensione del regime di tutela a talune categorie di documenti contenuti nel fascicolo istruttorio dell'autorità procedente sul modello della direttiva 2014/104/UE riguardante le controversie in sede civile per il risarcimento del danno da illecito concorrenziale. In particolare prevede che:

·        le informazioni raccolte possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state acquisite e non possono essere usate per l’imposizione di sanzioni nei confronti di persone fisiche;

·        l’accesso alle dichiarazioni connesse ad un programma di trattamento favorevole sia concesso soltanto ai fini dell’esercizio dei diritti di difesa nei procedimenti dinanzi ad una ANC;

·        determinate categorie di informazioni a acquisite nel corso di un procedimento dinanzi ad una ANC non possano essere utilizzate davanti alle giurisdizioni nazionali prima che l'ANC abbia chiuso il relativo procedimento nei confronti di tutte le parti interessate;

·        le condizioni alle quali le dichiarazioni legate a un programma di trattamento favorevole possono essere scambiate tra le ANC.

 

L’articolo 30 prevede che i tipi di prove ammissibili dinanzi a un’ANC comprendano i documenti, le dichiarazioni verbali, le registrazioni e tutti gli altri oggetti contenenti informazioni, indipendentemente dal supporto sul quale le informazioni sono conservate.

L’articolo 31 stabilisce che i costi del sistema della rete europea della concorrenza sono a carico del bilancio generale dell’Unione.

Il Capo X contiene le disposizioni finali circa il recepimento (articolo 31), l’entrata in vigore (articolo 32) e i destinatari della proposta (articolo 33).

Base giuridica

Secondo la Commissione, la proposta di direttiva si basa: sull’articolo 103, che mira ad assicurare la piena efficacia delle norme di concorrenza, conferendo al Consiglio il potere di adottare regolamenti o direttive ai fini dell’applicazione dei principi di cui agli articoli 101 e 102 del TFUE; e sull’articolo 114 del TFUE, concernente le misure, adottate in base alla procedura legislativa ordinaria, relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno.

Sussidiarietà

Ad avviso della Commissione, soltanto un’iniziativa a livello unionale può conferire alle ANC il potere di applicare le norme dell’UE in materia di concorrenza con maggiore efficacia, garantendo che dispongano di mezzi e strumenti adeguati.

Proporzionalità

Secondo la Commissione, la previsione di norme minime che consentano alle ANC di far rispettare efficacemente le norme dell'UE in materia di concorrenza permette di garantire un equilibrio tra il conseguimento degli obiettivi generali e specifici, evitando ogni interferenza indebita nelle competenze nazionali. Gli Stati membri, infatti, potrebbero continuare a prevedere disposizioni più stringenti e adattare le norme alle specificità nazionali.

Valutazione d’impatto

Valutazione della Commissione europea

Nella valutazione d’impatto la Commissione ha esaminato quattro opzioni:

1.    nessun intervento da parte dell'UE (scenario di base);

2.    unicamente misure non vincolanti;

3.    un intervento legislativo dell'UE per dotare le ANC dei mezzi e degli strumenti minimi necessari per un'applicazione efficace delle norme, accompagnato, se del caso, da misure non vincolanti e modalità di applicazione (opzione prescelta).

4.    un intervento legislativo dell'UE per dotare le ANC di mezzi e strumenti dettagliati e uniformi.

Secondo la Commissione, la valutazione dei benefici dell’opzione prescelta, in termini qualitativi e quantitativi (ad esempio l’impatto positivo sulla crescita della produttività totale dei fattori - una componente essenziale del PIL) indica che i benefici superano di gran lunga i costi di attuazione.

La proposta di direttiva potrebbe generare dei costi supplementari per le ANC, ad esempio per la formazione e la familiarizzazione con le modifiche introdotte, nonché per dotarsi dei necessari strumenti informatici, ma si prevede che tali costi siano trascurabili. Non tutte le ANC, peraltro, saranno interessate allo stesso modo, poiché le modifiche che si renderanno necessarie dipenderanno dalla precisa situazione di partenza in ciascun ordinamento giuridico nazionale.

Le imprese dovrebbero far fronte a costi di adeguamento iniziali limitati (variabili a seconda dello Stato membro in cui esercitano le loro attività) per familiarizzare con le nuove norme procedurali. Nel contempo, tuttavia, si avrebbe un abbassamento dei costi di adeguamento ai diversi ordinamenti giuridici degli Stati membri a carico delle imprese che svolgono un’attività transfrontaliera.

Esame presso altri Parlamenti nazionali

Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l’esame dell’atto risulta avviato da parte di: Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia, Germania (Bundestag), Irlanda, Olanda, Polonia, Slovacchia, Svezia e Gran Bretagna, mentre risulta concluso da parte di: Germania (Bundesrat), Lituania e Spagna.

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’ UE, n. 87, 5 giugno 2017

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 06 6760.2145 - * cdrue@camera.it)