Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | Riforma del sistema europeo comune di asilo: 'Rifusione del regolamento Dublino (COM(2016)270) 'Riforma dell'Ufficio europeo per il sostegno all'asilo (COM(2016)271) 'Modifiche al sistema Eurodac (COM(2016)272) | ||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE Numero: 63 | ||
Data: | 19/09/2016 | ||
Descrittori: |
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19 settembre 2016 |
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n. 63 |
Riforma del sistema europeo comune di asilo:· Rifusione del regolamento Dublino (COM(2016)270)· Riforma dell’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo (COM(2016)271)· Modifiche al sistema Eurodac (COM(2016)272) |
Tipo di atto |
Proposte di regolamento |
Data di adozione |
4 maggio 2016 |
Base giuridica |
Articoli 78 e 79 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Settori di intervento |
Asilo |
Esame presso le istituzioni dell’UE |
Assegnate alla Commissione LIBE (Libertà civili, giustizia e affari interni) del Parlamento europeo |
Assegnazione |
I Commissione Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (COM(2016)270): 5 settembre 2016 (COM(2016)271): 5 luglio 2016 (COM(2016)272): 5 settembre 2016 |
Termine per il controllo di sussidiarietà |
(COM(2016)270): 18 ottobre 2016 (COM(2016)271):29 settembre 2016 (COM(2016)272):27 ottobre 2016 |
Segnalazione da parte del Governo |
Si |
In base alle stime dell’UNHCR, dal 1° gennaio al 30 agosto 2016 hanno attraversato il Mediterraneo verso l’Europa oltre 271 mila migranti; di questi oltre 163 mila sono sbarcati in Grecia e circa 106 mila in Italia (solo 2.500 in Spagna).
Peraltro, i rispettivi trend nei due principali Stati membri di immigrazione nei primi otto mesi del 2016 appaiono profondamente diversi: in Grecia negli ultimi mesi si è registrato un sostanziale arresto degli arrivi (solo circa 2 mila a luglio a fronte dei 67 mila dello scorso gennaio); in Italia durante il periodo estivo si è registrato un picco di arrivi (circa 21 mila a giugno, 23 mila a luglio e 22 mila ad agosto),
dopo i flussi più contenuti di gennaio (circa 5 mila arrivi) e marzo-aprile (circa 10 e 9 mila).
UNHCR e OIM stimano che nel 2015 siano arrivate nell’Unione europea via Mediterraneo oltre un milione di persone, di cui oltre 850 mila in Grecia e circa 154 mila in Italia.
Il crollo degli arrivi in Grecia viene attribuito alla chiusura della cosiddetta rotta dei Balcani occidentali, con particolare riferimento agli accordi UE Turchia, che avrebbero determinato un disincentivo alle partenze dalla Turchia verso le isole elleniche, soprattutto da parte dei profughi siriani.
L’aumento degli arrivi in Italia non dipenderebbe dallo spostamento dei flussi da una rotta all’altra, atteso che la nazionalità dei migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale (provenienti per lo più dal continente africano, in particolare dalla regione subsahariana e dal Corno d’Africa) differisce rispetto alla rotta del Mediterraneo orientale, percorsa soprattutto dai profughi siriani, ed in parte anche da cittadini afgani e iracheni.
Si ricorda che secondo UNHCR nei primi otto mesi del 2016 son morte o scomparse in mare 3.169 persone, con un trend peggiore rispetto al 2015, anno durante il quale sono scomparsi 3.771 migranti.
Secondo l’EASO-Ufficio europeo per il sostegno all’asilo, nel luglio del 2016 gli Stati membri hanno registrato 117.459 domande di asilo, di cui il 96 per cento riguardavano richiedenti asilo di prima istanza (persone che non avevano ancora presentato domanda di protezione in uno Stato membro). Il 2 per cento di tutte le domande sono state presentate da minori non accompagnati.
I cittadini siriani, dall’aprile 2015, costituiscono il principale gruppo di richiedenti asio nell’Unione europea. Nel luglio 2016 i siriani hanno presentato 28.662 domande; afgani e iracheni sono il secondo e terzo gruppo, rispettivamente con 20.579 e 11.294 domande. Seguno con un numero significativamente minore di domande da cittadini della Nigeria, Iran, Eritrea e Pakistan (circa 4.500 per ciascuna nazionalità).
Per quanto riguarda il dato specifico dell’Italia, secondo il Ministero dell’interno, nel luglio 2016 sono state presentate circa 11 mila domande, con un aumento del 10 per cento rispetto al mese precedente.
La seguente tabella riporta le principali nazionalità dei richiedenti asilo (nel mese di giugno e luglio) che, in linea di massima, confermano quanto detto circa la diversa composizione dei flussi rispetto alle rotte verso l’Europa: fonte Ministero dell’Interno.
A partire dal maggio 2015, la Commissione europea ha prodotto vari tentativi di stabilire un sistema più equo e solidale di gestione degli ingenti flussi di richiedenti asilo registrati negli ultimi anni.
Il dibattito si è concentrato, in particolare, sulle possibili opzioni volte ad adeguare le norme UE sulla competenza a trattare le domande di asilo (cosiddetto sistema di Dublino) al fine di alleggerire il peso delle domande che sta gravando in maniera sproporzionata sugli Stati membri più esposti alle rotte dei migranti. La discussione ha riguardato soprattutto il cosiddetto principio dello Stato di primo approdo, in base al quale (laddove non sussistano criteri considerati prioritari, come quelli relativi alla presenza di legami familiari sul territorio dell’UE) assegna la competenza per la domanda di asilo allo Stato membro in cui il migrante entra per la prima volta.
La Commissione europea ha dunque riproposto a più riprese dei correttivi a tale sistema, volti a redistribuire i richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri in base a quote e criteri prestabiliti, di fatto derogando al principio suddetto.
Dando seguito alle proposte della Commissione, nel settembre 2015, il Consiglio ha adottato due meccanismi temporanei di ricollocazione (relocation) per complessivi 160 mila richiedenti asilo in evidente stato di bisogno di protezione.
I programmi di ricollocazione prevedevano che una parte dei richiedenti asilo che avevano presentato domanda in Italia, Grecia (o in eventuali altri Stati membri successivamente considerati in stato di emergenza-rifugiati) dovessero essere presi in carico da altri Stati membri secondo chiavi di distribuzione predefiniti, basati su parametri come il PIL, la popolazione, il tasso di disoccupazione, la media delle domande di asilo presentate e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014.
Successivamente l’Unione europea ha stabilito di impiegare quota dei posti assegnati in relocation (54 mila) nel programma di reinsediamento nell’ambito degli accordi UE Turchia per quanto riguarda i rifugiati siriani sfollati in Turchia.
Nel luglio 2015 il Consiglio ha adottato una raccomandazione volta al reinsediamento di ulteriori 22 mila richiedenti asilo.
Il programma di reinsediamento prevede il trasferimento in Stati membri di richiedenti asilo individuati in Stati terzi (in particolare in campi profughi) .
Sulla scorta di tali provvedimenti, la Commissione, il 9 settembre 2015, presentava una proposta di regolamento recante un meccanismo di ricollocazione di crisi per tutti gli Stati membri e che modifica il regolamento Dublino.
Con la proposta la Commissione intendeva stabilizzare il sistema di relocation contenuto nei due precedenti provvedimenti a carattere temporaneo, prevedendo, ogniqualvolta uno Stato membro si trovasse in situazioni di emergenza dovute al flussi sproporzionato di domande di asilo, la redistribuzione per quote dei richiedenti protezione tra tutti gli Stati membri, secondo un procedimento attivabile tramite atto delegato della Commissione stessa.
Nonostante gli sforzi della Commissione europea, il grado di attuazione dei provvedimenti in materia di ricollocazione è tuttora fortemente deficitario.
Infatti, secondo la quinta relazione sulla ricollocazione e il reinsediamento, pubblicata dalla Commissione europea il 13 luglio 2016, dall’Italia sono stati effettivamente ricollocate in altri Stati membri soltanto 843 persone, a fronte di circa 2.438 posti messi a disposizione dagli altri Stati membri, e di un impegno accettato in sede di Consiglio per circa 35 mila richiedenti asilo.
Alcuni Paesi (tra gli altri, Ungheria e Slovacchia), nonostante gli impegni, presi non hanno ancora messo a disposizione alcun posto per la relocation.
Si è registrato un trend analogo per quanto riguarda la ricollocazione dei richiedenti asilo dalla Grecia da cui sono state effettivamente ricollocate 2.213 persone, a fronte di circa 6.700 mila posti messi a disposizione dagli altri Stati membri e di un impegno che li vincolerebbe alla relocation di 63 mila richiedenti asilo.
Le relazione conclude che, nonostante gli Stati membri stiano intensificando i loro sforzi, si è ancora molto lontani dall'obiettivo fissato dalla Commissione di ricollocare 6 mila persone al mese.
La Commissione ha altresì diffuso i dati relativi all’attuazione del programma di resettlement. In particolare, entro l'11 luglio 2016 sono state reinsediate 8.268 persone provenienti prevalentemente da Turchia, Libano e Giordania. Queste sono state accolte da 20 Stati (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Spagna, Svezia e Svizzera).
Si segnala, infine, che la proposta sul meccanismo di ricollocazione di crisi ha conseguito scarsi progressi nel processo di adozione soprattutto a causa dell’aperta ostilità manifestata da alcuni Stati membri rispetto al sistema di quote obbligatorie di presa in carico dei richiedenti asilo.
Alla luce del sostanziale mancato raggiungimento degli obiettivi già prefissi, la Commissione europea ha presentato due pacchetti di riforma del sistema comune in attuazione della comunicazione del
I principali obiettivi dell’insieme nuove misure sono:
- una redistribuzione più equa del carico delle domande di asilo tra tutti gli Stati membri, o comunque il sostegno agli Stati membri più esposti da parte di quelli meno coinvolti nei flussi;
- la riduzione dei fenomeni dell’asylum shopping e dei movimenti secondari;
- il rafforzamento delle garanzie per i richiedenti asilo, in particolare per i minori non accompagnati.
Il pacchetto, presentato a maggio 2016, include: una proposta di rifusione del regolamento Dublino (COM(2016)270); una riforma dell’Ufficio europeo per il sostegno all’asilo (COM(2016)271; una riforma del sistema Eurodac (COM(2016)272.
Si segnala che con il secondo pacchetto, presentato a luglio 2016, la Commissione ha inteso riformare la disciplina in materia di procedure di asilo, di requisiti per l’ottenimento dello status e i diritti che ne conseguono, nonché di condizioni minime di accoglienza dei richiedenti asilo e beneficiari.
Il regolamento Dublino III (regolamento (UE) n. 604/2013) individua in primo luogo il paese dell'UE responsabile dell'esame di una domanda di asilo.
I criteri di determinazione della responsabilità vengono valutati in base a vari fattori tra cui, in ordine di importanza:
- legami familiari;
- recente possesso di un visto o di un permesso di residenza in un paese dell'UE;
- regolarità o irregolarità dell'ingresso nell'UE.
Di particolare importanza l’articolo 13 ai sensi del quale, in sintesi, quando è accertato che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Detta responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera.
Tale disposizione, pur operando in funzione subordinata rispetto agli altri criteri, determina quasi inevitabilmente la competenza preponderante dei Paesi membri collocati sulla frontiera esterna dell’UE. Ciò è quanto avvenuto in via di fatto negli ultimi anni.
Nel caso in cui lo Stato membro competente non possa essere designato sulla base dei criteri precedentemente indicati, la competenza è attribuita al primo Stato nel quale è stata presentata la domanda (art. 3, par. 2).
Il regolamento contiene alcune misure a tutela per i richiedenti, come ad esempio:
· il diritto di informazione, ai colloqui personali;
· speciali garanzie per i minori;
· assistenza legale gratuita e, su richiesta, diritto di fare ricorso contro decisioni di trasferimento in un altro paese dell'UE, compresa l'opzione di concedere un effetto sospensivo.
Il regolamento prevede inoltre il trattenimento dei richiedenti in presenza di rischio di fuga (ad esempio in caso di trasferimento in un altro paese dell'UE), e un meccanismo di allerta rapido, di preparazione e di gestione delle crisi progettato per:
- contrastare il malfunzionamento dei sistemi di asilo nazionali, oppure
- aiutare i paesi dell'UE che devono gestire un elevato numero di richiedenti protezione internazionale alle loro frontiere.
La proposta di regolamento apporta una serie di modifiche alla citata disciplina vigente che si traducono, a seconda dei casi, in integrazioni e in alcune correzioni a procedure e istituti. Nella relazione illustrativa si afferma che le modifiche prospettate mirano a rendere più rapida ed efficace la procedura di valutazione delle domande di asilo allo stesso tempo scoraggiando comportamenti opportunistici. In particolare:
a) si introduce l’obbligo, a carico del richiedente, di presentare la domanda nello Stato membro in cui sia entrato per la prima volta in modo irregolare ovvero, nello Stato già si trovi a soggiornare legalmente (art. 4);
b) in ogni caso, prima ancora di individuare lo Stato competente a trattare la domanda, lo Stato membro in cui la domanda sia stata presentata è tenuto preliminarmente a valutarne l’ammissibilità (art. 3) considerando se il richiedente proviene da un Paese di asilo o da uno dei Paesi cosiddetti sicuri.
In base alla proposta di regolamento della Commissione europea (COM(2015) 452), tuttora all’esame delle istituzioni europee, si propone di istituire una lista comune europea che designi come “sicuri” i seguenti Paesi: Albania, Bosnia Erzegovina, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Kosovo, Montenegro, Serbia e Turchia, con la possibilità di aggiungere in futuro altri Paesi.
La qualità di Paese sicuro comporterebbe che le eventuali domande presentate da soggetti provenienti da tali Paesi molto probabilmente dovrebbero essere respinte in base ad una presunzione relativa di rispetto dei diritti fondamentali da parte dei medesimi Paesi. Peraltro, la proposta sta registrando un iter assai faticoso per le forti riserve espresse da alcuni Stati membri su alcuni dei Paesi individuati come sicuri; ciò vale, in particolare, per la Turchia.
Il vaglio di ammissibilità è finalizzato, nelle intenzioni della Commissione europea, a velocizzare la procedura e a scoraggiare richieste che non abbiano fondamento.
Al riguardo, si segnala che nella relazione trasmessa dal Ministero dell’interno ai sensi del art. 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, si afferma che la previsione dell’obbligo di esame preliminare, nel caso in cui lo Stato che vi è tenuto dichiari l’inammissibilità o accerti la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della procedura accelerata, di cui alla direttiva 2013/32/UE (provenienza da un paese di origine sicuro, straniero pericoloso per la sicurezza nazionale o per l’ordine pubblico), comporta la conseguenza di trasformare lo stesso Stato in Stato competente. Ciò si traduce anche nell’obbligo di provvedere al rimpatrio del soggetto la cui domanda sia inammissibile. La relazione prosegue rilevando che tale nuova procedura preliminare rischia di aumentare considerevolmente il numero delle domande da esaminare e i casi in cui l’Italia diventerebbe Stato competente, considerato che il nostro Paese è un paese di primo ingresso. Più in generale, l’introduzione di questo nuovo passaggio procedurale costituirebbe, a giudizio del Ministero dell’interno, un aggravio piuttosto che una semplificazione laddove può allungare i temi di attesa per l’esame della domanda di asilo.
c) lo Stato membro competente a valutare la domanda mantiene la sua competenza anche nel caso di ulteriori dichiarazioni o domande dello stesso soggetto ovvero ne caso in cui il richiedente abbia lasciato il territorio degli Stati membri o se ne sia allontanato.
Le disposizioni in materia di individuazione e persistenza della competenza che, in sostanza, rafforzano e ampliano la incidenza del principio del primo ingresso, sono valutate negativamente nella relazione trasmessa dal Ministero dell’interno, in quanto suscettibili di penalizzare gli Stati membri come l’Italia che costituiscono Paesi di frontiera. Tali rischi sono riferiti anche relativamente alla soppressione, disposta dall’art. 15, delle disposizioni che, in base alla normativa vigente, prevedono la cessazione della responsabilità dopo 12 mesi dall’attraversamento clandestino delle frontiere. Negli stessi termini è valutata la prevista soppressione dell’art. 19 che nel testo vigente prevede la cessazione della competenza dello Stato membro in caso di allontanamento volontario dello straniero oppure in esecuzione della decisione di rimpatrio o di ritiro o di rigetto della domanda. In proposito, si rileva che le preoccupazioni manifestate dal nostro Paese trovano riscontro anche nelle valutazioni espresse da Spagna, Grecia, Cipro, Polonia, Bulgaria e Romania.
Il Ministero dell’interno propone, quindi, che i criteri di individuazione dello Stato competente dovrebbero essere radicalmente modificati facendo prevalere, piuttosto che il principio di primo ingresso, una chiave di distribuzione che rifletta le dimensioni, la ricchezza e la capacità di assorbimento degli Stati membri;
d) per quanto concerne i minori non accompagnati, si stabilisce che la competenza sia dello Stato membro in cui il minore ha presentato per la prima volta la domanda, salvo che ciò non corrisponda all’ “interesse superiore del minore” (art. 10).
Al riguardo, si segnala che nella relazione trasmessa dal Ministero dell’interno, viene sottolineato che tali disposizioni risulterebbero in contrasto con la decisione della Corte di giustizia C-648/11 n. 648/2013 in forza della quale per il minore non accompagnato che ha presentato domanda di asilo in più di uno Stato membro, la competenza è posta a carico dello Stato in cui il minore si trova. La relazione auspica quindi che tale orientamento venga mantenuto modificando in tal senso la disposizione richiamata.
In base a una disposizione inserita all’art. 8, par. 4, in ogni caso, lo Stato membro che provveda al trasferimento è tenuto ad accertare che quello competente ovvero quello assegnatario assicuri adeguate garanzie quanto alla tutela del minore stesso;
e) sono poi stabiliti nuovi obblighi a carico del richiedente che si traducono nella necessità di presentare e fornire tempestivamente tutti gli elementi e le informazioni utili ad individuare lo Stato competente a trattare la domanda. E’ altresì previsto che anche il colloquio personale debba mirare, tra le altre cose, a acquisire le informazioni necessarie per individuare lo Stato membro competente. I richiedenti asilo devono inoltre risultare a disposizione delle competenti autorità e rispettare l’eventuale decisione di trasferimento. A questi obblighi corrisponde la previsione di specifiche conseguenze in caso di mancato adempimento (art. 5);
f) la gerarchia prevista per quanto concerne i criteri da adottare in base alla proposta di regolamento varrebbe una sola volta (art. 9); conseguentemente, nel caso di una seconda domanda, si applicherebbero senza eccezioni le regole della cosiddetta ripresa in carico. Non appaiono tuttavia chiare le ragioni per le quali al medesimo art. 9 si sopprime il capoverso 3 in base al quale gli Stati membri avrebbero dovuto considerare tutti gli elementi di prova disponibili per quanto concerne la presenza nel territorio di familiari e parenti;
g) la nozione di familiari rilevante ai fini dei criteri è ampliata includendo i fratelli e le sorelle del richiedente e i parenti che risultavano esistenti dopo la partenza dal Paese di origine ma comunque prima dell’arrivo nello Stato membro dell’UE (art. 2, lett. g)). Tale seconda categoria viene ammessa in ragione della frequenza con la quale durante i tragitti prima di approdare nel territorio dell’Unione europea i migranti formano nuovi nuclei familiari al di fuori del paese d’origine; ciò avviene in particolare nei campi profughi;
h) sono inoltre apportate una serie di modifiche agli articoli 14, 15 e 16 per razionalizzare il regime relativo alla competenza e stabiliti termini più brevi per le procedure di esame delle domande di asilo, ivi comprese le eventuali decisioni di trasferimento; connessa alla riduzione dei termini ordinari è la prevista soppressione della procedura di urgenza (art. 24);
i) la richiesta di ripresa in carico è semplificata trasformandosi in semplice notifica, non essendoci dubbi circa la competenza dello Stato membro. Le notifiche non richiedono una risposta esplicita ma una conferma del ricevimento. Tali ultime novità vengono giustificate in ragione dell’obiettivo di contrastare i cosiddetti movimenti secondari. Al riguardo, la Commissione ricorda che nel 2014 le richieste di presa in carico e ripresa in carico sono state in tutto 84.586, con una diminuzione rispetto agli anni precedenti. Il 33% di tutte le richieste risulta respinto dallo Stato membro destinatario, il che sembra indicare che con l’entrata in vigore del regolamento Dublino III nel 2014 gli Stati membri hanno avuto maggiori difficoltà a raggiungere un consenso in materia di competenza. Nel 2014 solo un quarto circa del numero totale di richieste di presa e ripresa in carico è effettivamente terminato con un trasferimento fisico delle persone in questione. Questi numeri contenuti denotano problemi nell’applicazione pratica del regolamento Dublino III ma possono trovare parziale giustificazione nei ritardi di trasferimento, che non sono rispecchiati nei dati annuali usati per la valutazione. Un’altra ragione importante della bassa percentuale di trasferimenti, come confermato da molti Stati membri, è l’alto tasso di fuga durante le procedure Dublino, con conseguente trasferimento di competenze tra Stati membri;
j) lo Stato membro competente risulterebbe obbligato anche a riprendere in carico un beneficiario di protezione internazionale che abbia presentato una domanda o si trovi irregolarmente in altro Stato membro. Anche in questo caso si tratta di una novità che mira a evitare i cosiddetti movimenti secondari (art. 20, par. 1, lett. e);
k) per i ricorsi avverso decisioni di trasferimento, o di revisione delle stesse, è stabilito un termine di sette giorni a decorrere dalla notifica, entro il quale l’interessato può esercitare il diritto di impugnazione - limitato a specifici presupposti - , mentre è fissato a 15 giorni il termine entro il quale l’organo giurisdizionale è tenuto a decidere sul merito dei ricorsi o delle revisioni (art. 28). La disciplina vigente (art. 27), nel regolamentare i mezzi di impugnazione, prevede invece, in entrambi i casi, che gli Stati stabiliscano un termine “ragionevole”, senza definirlo ulteriormente;
l) è prevista l’istituzione di una rete di unità Dublino finalizzata a promuovere la cooperazione e la condivisione delle informazioni;
m) sono poi introdotte, nell’apposita sezione II, un complesso di disposizioni mirate a prevedere la registrazione delle domande e il loro monitoraggio nel sistema automatizzato istituito ai sensi dell’art. 44. In particolare, gli Stati membri sono tenuti ad inserire le domande presentate ed altre informazioni ai fini della loro registrazione attraverso l’attribuzione di un numero unico di domanda (art. 22) e la creazione di un documento elettronico per ciascuna domanda. Il sistema automatizzato costituisce una novità volta a consentire la disponibilità di informazioni aggiornate e puntuali sul numero totale delle domande presentate nell’Unione e in ciascuno Stato membro; sulle persone reinsediate; sul numero di domande che ogni Stato è tenuto ad esaminare in ragione della sua competenza e sulla quota spettante ad ogni Stato secondo la chiave di riferimento. Il sistema automatizzato rappresenta quindi uno strumento di informazione e monitoraggio costituito da un sistema centrale e dall’infrastruttura di comunicazione tra questo e le infrastrutture nazionali gestite dagli Stati membri. Incaricato dello sviluppo e della gestione del sistema centrale è l’Agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala di cui al regolamento UE/1077/2011. Anche le autorità competenti in materia di asilo degli Stati membri e l’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo possono ovviamente accedere al sistema automatizzato (art. 45);
n) l’aspetto più significativo della riforma prospettata concerne il nuovo sistema che si applicherebbe automaticamente quando un paese stia trattando un numero sproporzionato di richieste di asilo, in quanto vengono stabilite delle quote che fanno riferimento alle dimensioni e alla ricchezza del paese (inteso quale PIL totale). Se un paese sta accogliendo un numero sproporzionato di persone, ben superiore alla quota di riferimento (oltre il 150% della quota di riferimento), tutti i nuovi richiedenti asilo nel paese in questione (indipendentemente dalla nazionalità), dopo una verifica dell’ammissibilità della domanda presentata, vengono ricollocati in tutta l’UE finché il numero di domande non sarà ridisceso al di sotto di quel livello (art. 34).
Al riguardo, si segnala che nella relazione trasmessa dal Ministero dell’interno, si propone di abbassare la misura del 150% in modo da consentire un più ampio ricorso alla ricollocazione a favore dei Paesi di primo ingresso.
Tuttavia, uno Stato membro avrà la possibilità di non partecipare temporaneamente al ricollocamento. In tal caso, dovrà versare un contributo di solidarietà di 250 000 euro (per ciascun richiedente non trattato) allo Stato membro in cui è ricollocato il richiedente del quale sarebbe stato responsabile ai sensi del meccanismo di equità. Il meccanismo tiene conto anche degli sforzi compiuti da uno Stato membro per reinsediare persone bisognose di protezione internazionale direttamente da un paese terzo.
In proposito, si segnala che nella relazione trasmessa dal Ministero dell’interno, si esprime una netta contrarietà alla previsione della possibilità di non partecipare al meccanismo correttivo per un’equa distribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, previa corresponsione del contributo di 250 mila euro. Si chiede quindi di limitare tale facoltà a una percentuale, ad esempio il 30%, dei richiedenti che dovrebbero essere assegnati.
L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, istituito dal regolamento (UE) n. 439/20101, si occupa essenzialmente di tre compiti:
Ø sostenere la cooperazione pratica fra gli Stati membri in materia di asilo soprattutto attraverso attività di formazione e per la qualità, informazioni sui paesi di origine (COI), statistiche e analisi, reti di esperti specializzati, workshop finalizzati alla cooperazione pratica, sostegno tematico sui minori non accompagnati, sulla tratta di esseri umani e sulle questioni di genere;
Ø sostenere gli Stati membri sottoposti a una pressione particolare mettendo a disposizione forme di sostegno d'emergenza, tra cui team di sostegno per l'asilo che affianchino gli Stati membri dell'UE nel compito di gestire le domande di asilo e di rendere operative strutture di accoglienza adeguate;
Ø contribuire all'attuazione del sistema comune europeo di asilo attraverso la raccolta e lo scambio di informazioni sulle migliori prassi, l'elaborazione di una relazione annuale sulla situazione dell'asilo nell'UE riguardante tutta la procedura di asilo negli Stati membri dell'UE e l'adozione di documenti tecnici sull'attuazione del nuovo acquis dell'UE in materia di asilo.
La sede dell’EASO è a Malta (La Valletta). Lo staff è costituito da 136 dipendenti; l’Ufficio ha un bilancio che, per il 2016, ammonta a 26.854.807, con un consistente aumento rispetto all’anno precedente.
L’EASO, infatti, già attualmente collabora insieme a FRONTEX con le autorità competenti degli Stati membri per la gestione delle procedure di riconoscimento e di prima valutazione delle domande di asilo pressi i c.d. hotspot.
La proposta amplia il mandato attuale dell’EASO in modo da trasformare l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo in una vera e propria agenzia dotata dei necessari strumenti per: 1) intensificare la cooperazione pratica e lo scambio di informazioni in materia di asilo; 2) promuovere il diritto e le norme operative dell’Unione per garantire un alto grado di uniformità nell’applicazione del quadro giuridico relativo all’asilo; 3) garantire una maggiore convergenza nelle valutazioni delle esigenze di protezione nell’Unione; 4) monitorare e valutare l’attuazione del CEAS; 5) fornire una maggiore assistenza operativa e tecnica agli Stati membri per la gestione dei sistemi di asilo e di accoglienza, in particolare nei casi di pressioni sproporzionate. La proposta ribattezza l’EASO “Agenzia dell’Unione europea per l’asilo”, per rispecchiarne il rafforzamento del mandato.
1) Intensificare la cooperazione pratica e lo scambio di informazioni
Attualmente il sostegno da parte dell’EASO allo scambio di informazioni e alla cooperazione pratica tra Stati membri si basa attualmente sulla comunicazione volontaria delle informazioni da parte degli Stati membri; il nuovo regime prevede un vero e proprio obbligo a carico dell’Agenzia e degli Stati membri di cooperare e di scambiarsi le informazioni.
Nelle intenzioni della Commissione europea l’Agenzia dovrà sviluppare la propria capacità di raccolta e di analisi di informazioni sulla situazione riguardante l’asilo nell’Unione, e nei paesi terzi nella misura in cui ciò possa avere un impatto sull’Unione, così come sull’attuazione del CEAS. L’Agenzia dovrebbe inoltre lavorare in stretta cooperazione non solo con gli Stati membri ma anche con le altre agenzie dell’Unione competenti, il Servizio europeo per l’azione esterna e con organizzazioni internazionali come l’UNHCR.
La proposta prevede infine compiti e obblighi supplementari derivanti dalla riforma del sistema Dublino, in particolare per quanto riguarda il sostegno agli Stati membri per far funzionare e gestire il meccanismo correttivo sopra descritto.
2) Garantire una maggiore convergenza nelle valutazioni delle esigenze di protezione nell’Unione
Finora l’Ufficio era tenuto a organizzare, promuovere e coordinare attività riguardanti le informazioni sui paesi d’origine, e anche a fornire un’analisi di tali informazioni. L’Agenzia continuerà a svolgere questo compito, ma garantirà anche il coordinamento delle iniziative nazionali di predisposizione di informazioni sui paesi d’origine creando reti per le informazioni su tali paesi. Queste reti dovranno servire allo scambio e all’aggiornamento delle relazioni nazionali, nonché come sistema per inviare e porre all’Agenzia specifiche questioni di fatto che possono emergere dalle domande di protezione internazionale.
Un altro nuovo compito per l’Agenzia è assistere la Commissione nel rivedere regolarmente la situazione dei paesi terzi inclusi nell’elenco comune dell’UE di paesi di origine sicuri. Quando ipotizza l’inserimento di un altro paese terzo in tale elenco dell’UE, la Commissione può chiedere all’Agenzia di fornirle informazioni su tale specifico paese terzo.
3) Promuovere il diritto e le norme operative dell’union in materia di asilo
La proposta rafforza l’’attuale potere di adottare documenti tecnici sull’attuazione degli strumenti UE di asilo, in particolare conferendo alla nuova agenzia la competenza di elaborare norme operative sull’attuazione degli strumenti di diritto dell’Unione e in materia di asilo e di indicatori per monitorare l’osservanza di tali norme. la proposta.
Sembra opportuno acquisire l’avviso del Governo sulla opportunità di demandare tale competenza all’Agenzia piuttosto che operare tramite atti delegati adottati dalla Commissione europea .
4) Monitorare e valutare l’attuazione del sistema comune di europeo di asilo (CEAS)
La proposta prevede un nuovo compito per l’Agenzia, ossia: monitorare e valutare tutti gli aspetti del CEAS, in particolare le procedure d’asilo, il sistema Dublino, i tassi di riconoscimento e la qualità e la natura della protezione internazionale accordata; monitorare l’osservanza delle norme operative e degli orientamenti; verificare i sistemi di asilo e di accoglienza e la capacità degli Stati membri di gestire efficacemente tali sistemi, soprattutto nei periodi di pressione sproporzionata.
5) Fornire una maggiore assistenza operativa e tecnica agli Stati membri
Analogamente a quanto proposto dalla Commissione per l’agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, il ruolo e le funzioni dell’agenzia per l’asilo in materia di assistenza tecnica e operativa sono ampliati. Si prevede, in particolare, la possibilità di inviare squadre di sostegno per l’asilo da una riserva di esperti composta da un minimo di 500 esperti degli Stati membri e da esperti distaccati dall’agenzia, nonché la capacità di fornire assistenza tecnica e operativa nei casi in cui uno Stato membro sia sottoposto a una pressione sproporzionata che implichi un onere eccezionalmente pesante e urgente a carico dei suoi sistemi di asilo o di accoglienza.
Istituito nel 2000, e rivisto nel 2013, il sistema Eurodac (European Dactyloscopie) è il database europeo delle impronte digitali per coloro che richiedono asilo politico e per le persone fermate mentre varcano irregolarmente una frontiera esterna dell'Unione Europea.
Confrontando le impronte, gli Stati membri possono verificare se un richiedente asilo o un cittadino straniero, che si trova illegalmente sul suo territorio, ha già presentato una domanda in un altro Stato membro o se un richiedente asilo è entrato irregolarmente nel territorio dell'Unione.
Oltre alle impronte digitali, i dati trasmessi dagli Stati membri indicano lo Stato membro d'origine, il luogo e la data dell'eventuale domanda d'asilo, il sesso, un numero d'identificazione, nonché la data in cui sono state prese le impronte digitali e la data in cui sono stati trasmessi i dati ad EURODAC. Le impronte sono rilevate per ogni persona di più di 14 anni.
Per i richiedenti asilo, i dati sono conservati per dieci anni, salvo se l'interessato ottiene la cittadinanza di uno degli Stati membri; in tal caso gli elementi che lo riguardano devono essere immediatamente cancellati non appena ottenuta la cittadinanza. Per i cittadini stranieri fermati in occasione dell'attraversamento irregolare di una frontiera esterna, sono conservati per diciotto mesi a decorrere dalla data alla quale le impronte digitali sono state rilevate.
Essi vengono invece cancellati immediatamente, prima dello scadere dei diciotto mesi, se lo straniero:
Ø ottiene un permesso di soggiorno;
Ø ha lasciato il territorio degli Stati membri;
Ø ha acquisito la cittadinanza di uno Stato membro.
Per i cittadini stranieri che si trovano illegalmente sul territorio di uno Stato membro, EURODAC permette soltanto il confronto delle impronte con quelle contenute nella base di dati centrale per verificare se l'interessato non abbia presentato una domanda d'asilo in un altro Stato membro. Queste impronte, una volta trasmesse per il confronto, non vengono più conservate da EURODAC.
La proposta in esame mira ad adeguare e rafforzare il sistema e espanderne le finalità agevolando i rimpatri e contribuendo a contrastare la migrazione irregolare. In particolare, con la proposta si intende ampliare il campo di applicazione del regolamento Eurodac per includere la possibilità per gli Stati membri di salvare e consultare dati di cittadini di paesi terzi o di apolidi che non richiedono protezione internazionale e il cui soggiorno irregolare nell’UE viene scoperto, affinché possano essere identificati a fini di rimpatrio e riammissione. Compatibilmente con il rispetto delle norme sulla protezione dei dati, il nuovo sistema consente agli Stati membri di salvare più dati personali in Eurodac, quali nomi, date di nascita, nazionalità, particolari sull’identità o documenti di viaggio, e immagini dei volti delle persone.
Secondo la Commissione l’aumento delle informazioni nel sistema permetterà alle autorità di immigrazione e asilo di identificare facilmente un cittadino irregolare di un paese terzo o un richiedente asilo senza dover richiedere le informazioni ad un altro Stato membro separatamente, come avviene ora.
Nella relazione trasmessa dal Ministero dell’interno ai sensi dell’articolo 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, si afferma, sostanzialmente riprendendo la relazione illustrativa della proposta della Commissione europea, che “dalla sua istituzione, EURODAC ha conseguito in modo soddisfacente l’obiettivo di fornire prove dattiloscopiche che consentono di determinare lo Stato membro competente per l’esame delle domande di asilo”. Peraltro, la stessa relazione ricorda che con la crescita dei flussi dei migranti alcuni Stati membri, tra cui evidentemente l’Italia, sono stati “sopraffatti” dal compito di rilevare le impronte digitali.
La crescita esponenziale dei migranti “invisibili” ha indotto la Commissione europea e gli Stati membri più esposti ad avviare una valutazione sui correttivi da apportare per facilitare l’identificazione dei cittadini che attraversano le frontiere dell’Unione europea in maniera irregolare e che risultino sprovvisti di documenti di identità, facendo ricorso ai dati biometrici. Tale soluzione, nella valutazione del Ministero dell’interno, semplificherebbe le procedure per il rilascio di nuovi documenti e ridurrebbe la durata delle procedure di rimpatrio e di riammissione oltre a combattere il furto di identità. Il problema è particolarmente acuto per quanto concerne i minori non accompagnati o separati dalle loro famiglie, il cui numero è cresciuto enormemente dal 2015. EURODAC ha sempre registrato le impronte digitali dei minori a partire dai 14 anni. La relazione del Ministero dell’interno esprime apprezzamento sulle modifiche prospettate dalla Commissione europea concordando sulla necessità di raccogliere elementi biometrici dei minori a partire da un’età inferiore, per facilitarne l’identificazione, come peraltro già effettuato da alcuni Paesi membri ai fini del rilascio del visto o del passaporto. Si propone, quindi, (artt. 10, 13 e 14) che le impronte digitali siano rilevate a partire dall’età di 6 anni.
La Commissione europea giustifica l’abbassamento dell’età non soltanto con riferimento a esigenze di un controllo più efficace dei movimenti, ma anche per la maggiore vulnerabilità dei minori, sempre più spesso vittime, anche all’interno dell’Unione europea, di traffico di esseri umani e di sfruttamento, se non addirittura di sparizioni. La misura proposta risponderebbe, dunque, anche ad un obiettivo di rafforzare la protezione di minori, più esposti a tali pratiche.
Si prospetta, poi, la necessità di prevedere un termine più lungo di quello di 18 mesi attualmente previsto per la conservazione dei dati per le persone fermate alla frontiera esterna, mentre non è conservato nessun dato di quanti sono trovati in situazione di soggiorno irregolare in uno Stato membro. Ciò è dovuto al fatto che l’attuale regolamento Eurodac non mira a conservare le informazioni sui migranti irregolari più a lungo di quanto sia necessario per determinare il primo paese di ingresso, ai sensi del regolamento Dublino, qualora una domanda d’asilo sia stata presentata in un secondo Stato membro. Tenuto conto dell’estensione dell’ambito di applicazione di Eurodac per finalità più vaste in materia di migrazione, si afferma la necessità di conservare più a lungo tali dati, in modo da poter monitorare adeguatamente i movimenti secondari all’interno dell’UE, in particolare nei casi in cui un migrante irregolare cerchi in ogni modo di passare inosservato, a tale fine si prospetta il periodo di cinque anni (art. 17). Inoltre, si prospetta la necessità degli Stati membri di rilevare un altro dato biometrico: l’immagine del volto, in modo da consentire il riconoscimento facciale, quando i polpastrelli risultino danneggiati o non venga rispettato, anche per le resistenze del soggetto interessato, il processo di rilevamento delle impronte (artt. 2 e seguenti).
Il Parlamento europeo ha di recente avviato l’esame delle tre proposte di Regolamento che sono state assegnate alla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE).
Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l’esame del COM (2016) 270 risulta concluso dal Parlamento ungherese, che ha adottato un parere motivato (http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/scrutiny/COD20160133/huors.do), mentre il Senato ceco ha concluso l’esame del COM (2016) 271 (http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/scrutiny/COD20160131/czsen.do) e del COM (2016) 272 (d http://www.ipex.eu/IPEXL-WEB/scrutiny/COD20160132/czsen.do) senza raccomandazioni.
Le proposte sono attualmente in corso di esame presso i Parlamenti di Svezia, Finlandia, Paesi Bassi (Senato), Regno Unito (Camera dei Comuni), Grecia, Romania, Polonia, Germania, Belgio (Camera dei rappresentanti) e Lussemburgo.
XVII legislatura – Documentazione per le Commissioni – Esame di atti e documenti dell’ UE, n. 63, 19 settembre 2016
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