Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: 'Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali' e relativo annesso "Prima stesura del pilastro dei diritti sociali" (Comunicazione COM(2016)127 e COM(2016)127 Annesso)
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 62
Data: 21/06/2016


Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

esame di atti e documenti dell’unione europea

 

 

 

 

 

 

“Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali” e relativo annesso "Prima stesura del pilastro dei diritti sociali"

(Comunicazione COM(2016)127 e COM(2016)127 Annesso)

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 62

 

21 giugno 2016

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

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I N D I C E

 

Dati identificativi 1

Scheda di lettura   3

Il “Pilastro europeo dei diritti sociali”  5

Premessa  5

I dati di contesto   11

1. Struttura demografica e spesa sociale  11

2. Nuovo mercato del lavoro e impatto tecnologico  35

3. Occupazione  43

4. Disoccupazione  46

5. Gli effetti della crisi sul reddito e sulla sua distribuzione  59

6. Disuguaglianze  63

Consultazione pubblica sul pilastro europeo dei diritti sociali 75

Prima stesura del Pilastro dei diritti sociali 77

Esame presso altri Parlamenti 85

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dati identificativi

Tipo di atto

Comunicazione e relativo annesso

Data di adozione

8 marzo 2016

Base giuridica

 

Settori di intervento

Aiuto sociale, mercato del lavoro, politica dell'occupazione dell'UE, politica economica, politica sociale europea, diritti sociali, dialogo sociale (UE), iniziativa dell'UE, zona euro, condizioni di lavoro

 

Esame presso le istituzioni dell’UE

Trasmesso al Consiglio e al Parlamento l’8 marzo 2016

 

Assegnazione

14 marzo 2016 Commissioni riunite XI Lavoro pubblico e privato e XII Affari sociali 

Termine per il controllo di sussidiarietà

 

Segnalazione da parte del Governo

22 marzo 2016

 


 

 

Scheda di lettura


 

 



Il “Pilastro europeo dei diritti sociali”

 

Premessa

La “Tripla A sociale”Il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, in occasione del proprio intervento al Parlamento europeo per il voto del collegio dei Commissari (22 ottobre 2014), ha auspicato che l'Europa avesse una "Tripla A sociale", accanto a quella finanziaria.

Il concetto è stato ripreso nel cd. Rapporto dei cinque Presidenti[1] del 22 giugno 2015 e dallo stesso Presidente della Commissione europea Juncker, nel discorso sullo stato dell'Unione, pronunciato di fronte al Parlamento europeo il 9 settembre 2015. In quella occasione il Presidente Juncker ha ribadito la centralità della dimensione sociale e affermato la necessità di sviluppare un processo di convergenza, sia tra gli Stati membri che all'interno delle singole società, al centro del quale porre la produttività, la creazione di occupazione e l'equità sociale.

L'ipotesi della creazione di un Pilastro europeo sui diritti sociali si inserisce nel solco di un dibattito da tempo avviato sulla possibilità di creare un corpo di standard minimi europei per i diritti sociali.

Già tra il 2005 ed il 2007 la Commissione europea avrebbe finanziato un progetto di scambio transnazionale, avente appunto per oggetto la possibile individuazione di criteri sociali comuni in Europa ("Setting minimum standards across Europe"). Si ricorda anche la proposta della European Trade Union Confederation (ETUC) di dare vita ad un "Social compact" europeo per includere un'ampia gamma di norme sul dialogo sociale e sulla contrattazione collettiva.

La consultazione
 


Con la comunicazione COM(2016)127 dell’8 marzo 2016 la Commissione europea ha avviato un'ampia consultazione e ha presentato una prima stesura di massima di quello che dovrebbe diventare il Pilastro europeo dei diritti sociali.

Nel corso del 2016 la Commissione europea si ripromette di avviare un dibattito con le altre istituzioni dell’UE, con le autorità e i parlamenti nazionali, con le parti sociali, la società civile, gli esperti del mondo accademico e con i cittadini dell'Unione. I risultati di tale dibattito confluiranno nella fondazione del pilastro europeo dei diritti sociali che, nei programmi della Commissione europea, vedrà la luce all'inizio del 2017. La natura giuridica del pilastro europeo dei diritti sociali propriamente detto dovrà tener conto del quadro giuridico dell'Unione e porrà l'accento sulla zona euro. Se da un lato per stabilire il pilastro è possibile considerare vari strumenti, la Commissione europea ritiene indispensabile coinvolgere il Parlamento e il Consiglio, come pure le altre istituzioni dell’UE, e raccogliere un ampio sostegno per la sua attuazione.

Il Pilastro è concepito per la zona euro, ma contempla la possibilità dell'adesione volontaria degli altri Stati membri.

Competenza a legiferare e sussidiarietàSi ispira agli obiettivi e ai diritti sociali iscritti nel diritto primario dell'UE: il Trattato sull'Unione europea (TUE), il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.

Per garantire alla consultazione una base sufficientemente ampia, il Pilastro contempla sia settori nei quali l'UE ha competenza a legiferare, sia altri nei quali la responsabilità compete in primo luogo agli Stati membri.

Nel rispetto del principio di sussidiarietà spetta agli Stati membri la competenza principale in materia di politica sociale e del lavoro, che comprende il diritto del lavoro e l'organizzazione dei sistemi previdenziali.

Tale competenza è riconosciuta nei trattati dell'UE nei quali, sin dalla costituzione della Comunità economica europea, è previsto che l'Unione sostenga e completi l'azione degli Stati membri. L’art. 3 del TUE rispecchia l’obiettivo generale perseguito dagli Stati membri dell’UE nel rispetto del principio di sussidiarietà, ovvero la definizione delle politiche sociali e per l’occupazione, e quindi il diritto al lavoro e l’organizzazione dei sistemi di protezione sociale[2].

La Carta diritti fondamentali e diritti socialiLa Carta dei diritti fondamentali dell’UE è vincolante e garantisce i diritti sociali di tutti i cittadini residenti nell’UE, tra cui:

·         il diritto dei lavoratori di essere informati e consultati dai loro datori di lavoro;

·         il diritto di contrattazione e di sciopero;

·         il diritto di accesso ai servizi di collocamento;

·         il diritto alla tutela in caso di licenziamento arbitrario;

·         il diritto a condizioni di lavoro eque e dignitose;

·          il divieto del lavoro minorile;

·          la protezione dei giovani sul lavoro;

·          la conciliazione tra vita familiare evita professionale attraverso la tutela contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto al congedo di maternità retribuito e al congedo parentale.

L’azione a livello dell’UE riflette i principi fondanti dell’Unione e si basa sulle convinzioni che lo sviluppo economico deve tradursi in progresso sociale e maggiore coesione e che la politica sociale deve essere concepita come fattore in grado di ridurre le disuguaglianze.

Il Semestre europeoLa Commissione europea ricorda, in particolare, di essersi attivata sui seguenti fronti:

·        maggiore attenzione alle considerazioni di ordine sociale nell'ambito del Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche, l'uso di indicatori sociali nella cosiddetta procedura per gli squilibri macroeconomici, la promozione di parametri di riferimento sociali e la valutazione dell'impatto sociale del nuovo programma di sostegno alla stabilità della Grecia.

Il Semestre europeo è un ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio che ha l’obiettivo di allineare gli obiettivi delle politiche nazionali in materia di bilancio, crescita ed occupazione agli obiettivi stabiliti a livello di Unione europea. Più specificamente, nell’analisi annuale della crescita, pubblicata la fine di ogni anno, la Commissione europea esamina i progressi compiuti dall'UE nella realizzazione delle sue priorità strategiche di lungo termine e definisce le priorità dell’UE per l’anno a venire. Contestualmente, la relazione sul meccanismo di allerta individua i Paesi che potrebbero subire degli squilibri, macroeconomici che, in mancanza di interventi, potrebbero arrecare danno ai singoli Stati membri o all'Unione economica e monetaria.

Pertanto, il Semestre è articolato su tre nuclei di coordinamento:

-       politiche di bilancio, con l'obiettivo di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche in linea con il Patto di stabilità e crescita;

-       prevenzione degli squilibri macroeconomici eccessivi;

-       riforme strutturali, con un accento sulla promozione della crescita e dell'occupazione in linea con la Strategia UE 2020.

In questa cornice, il cd. il “six-pack" - sei atti legislativi che hanno riformato il Patto di stabilità e crescita – e il successivo Fiscal Compact disciplinano in maniera rigorosa gli obiettivi di finanza pubblica che devono perseguire i Paesi dell’UE (e, soprattutto, gli Stati membri dell’area euro), prevedendo obiettivi quantitativamente definiti in materia di saldi di finanza pubblica e meccanismi sanzionatori nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi stessi. Analogamente, la procedura per gli squilibri macroeconomici imporrebbe agli Stati di presentare, in caso di squilibri, piani d'azione correttivi.

Alla luce del quadro giuridico vigente, indicatori sociali quali la percentuale di popolazione a rischio povertà o il tesso di disoccupazione sono tenuti in considerazione dalla Commissione europea nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici ma – in caso di perfomances negative - non costituiscono di per sè il presupposto per un alleggerimento dei vincoli di finanza pubblica.

Occorerebbe chiarire se nelle intenzioni della Commissione europea si intenda integrare la disciplina vigente seguendo le indicazioni contenute nel Rapporto dei cinque Presidenti che, tra le altre cose, prospetta, con riferimento al Semestre europeo, una maggiore concentrazione sull'occupazione e sulla performance sociale, attraverso una migliore integrazione dei mercati nazionali del lavoro, la facilitazione della mobilità professionale e geografica, un più agevole accesso all'impiego per i cittadini di altri paesi e un miglior coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

Quanto alla Grecia va ricordato che nella stesura del memorandum d’intesa relativo al nuovo programma di aiuti, la Commissione europea ha dedicato particolare attenzione alla dimensione sociale, per garantire un'equa ripartizione dell'aggiustamento e tutelare gli elementi più vulnerabili della società.

In particolare, la Commissione ha raccomandato i seguenti obiettivi:

-       introdurre gradualmente un reddito minimo garantito e assicurare l'accesso universale all'assistenza sanitaria;

-       concentrare i risparmi nei settori che non hanno un'incidenza diretta sul reddito del cittadino, come la riduzione della spesa per la difesa, oppure ovviare alle inefficienze in molti settori della spesa pubblica;

-       eliminare gradualmente i trattamenti fiscali favorevoli per gli armatori o gli agricoltori o le numerosissime esenzioni e sovvenzioni ingiustificate;

-     lottare contro la corruzione, l'evasione fiscale e il lavoro sommerso;

-     promuovere una maggiore trasparenza ed efficienza nella pubblica amministrazione.

 

·        integrazione degli obiettivi sociali nelle iniziative faro quali il Piano di investimenti per l'Europa (il c.d. Piano Junker, l'Unione dell'energia e il Mercato unico digitale;

·        un impegno strategico a favore della parità di genere per il periodo 2016-2019;

·        anticipazione del sostegno finanziario agli Stati membri a favore della Garanzia per i giovani[3];

·        redazione di orientamenti agli Stati membri sulla reintegrazione nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo[4];

·        proposta di un atto europeo sull'accessibilità al fine di facilitare l'accesso ai beni e servizi essenziali alle persone con disabilità nel mercato unico;

·        proposta di una revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori al fine di promuovere il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto in un medesimo luogo[5].

 

Nel 2016, in parallelo alla consultazione, la Commissione prevede di lavorare su promozione dell'equilibrio tra vita professionale e vita familiare per i genitori che lavorano, un'agenda europea delle competenze, e una valutazione approfondita delle 24 direttive in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro[6].

Nella comunicazione si sottolinea che l’Ue può dunque svolgere un ruolo di sostegno, orientamento e inquadramento generale in campo sociale.

Per la Commissione è inoltre fondamentale incoraggiare il dialogo sociale a tutti i livelli.

Una volta creato, il Pilastro dovrebbe diventare un quadro di riferimento per esaminare le performance occupazionali e sociali degli Stati membri aderenti, per stimolare le riforme a livello nazionale e più specificamente per fungere da bussola per una rinnovata convergenza nella zona euro. La creazione del Pilastro è, quindi, un'occasione per indirizzare la riflessione sui diritti sociali esistenti, sulle esigenze peculiari della zona euro, sulle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, nonché sulle riforme necessarie a tutti i livelli.

Libro bianco sul futuro dell’UEMIl lavoro per la creazione del Pilastro dovrebbe articolarsi attraverso una precisa scansione temporale che prevede in primo luogo l'elaborazione del Libro bianco sul futuro dell'UEM previsto per la primavera del 2017. Il Rapporto dei cinque Presidenti ha posto in evidenza la necessità di perseguire il processo di convergenza verso strutture economiche più resilienti e di rendere tali processi più vincolanti a medio termine. Ciò verrebbe conseguito fissando un insieme di norme comuni di alto livello che dovrebbe riguardare, tra l'altro, i mercati del lavoro.

Obiettivi della consultazioneIl processo consultivo persegue tre obiettivi principali:

1.       procedere ad una valutazione dell'attuale acquis dell'UE. La consultazione dovrebbe in particolare contribuire a determinare in quale misura i diritti esistenti sono esercitati e conservano rilevanza o se si debbano esaminare nuove modalità per garantirne il rispetto;

2.       riflettere sulle nuove tendenze nei modelli del lavoro e della società connesse all'impatto delle tendenze demografiche, delle nuove tecnologie e di altri fattori importanti per la vita professionale e le condizioni sociali. Si dovrebbe incoraggiare attivamente l'individuazione delle migliori pratiche e degli insegnamenti ricavabili dall'innovazione sociale;

3.       Settori di interventoe, obiettivo diretto, raccogliere opinioni e osservazioni sul progetto del Pilastro europeo dei diritti sociali. La consultazione dovrebbe inoltre aiutare gli Stati membri che non appartengono alla zona euro a decidere se partecipare al Pilastro.

I settori dei diritti sociali d'intervento sono raggruppati in tre rubriche:

·        pari opportunità e accesso al mercato del lavoro: sviluppo delle competenze e apprendimento permanente, sostegno attivo all'occupazione per aumentare le opportunità di occupazione, per agevolare la transizione tra status differenti e migliorare l'occupabilità individuale;

·        eque condizioni di lavoro ed equilibrio adeguato e stabile tra diritti ed obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, come pure tra flessibilità e sicurezza per agevolare la creazione di posti di lavoro, le assunzioni e l'adattabilità delle imprese e promuovere il dialogo sociale;

·        protezione sociale adeguata e sostenibile e accesso a servizi essenziali di elevata qualità, comprese l’assistenza sanitaria e l’assistenza a lungo termine, per garantire una vita dignitosa e la protezione contro i rischi e per consentire alle persone di partecipare pienamente al mondo del lavoro e più in generale alla società.

Nell'ambito di queste tre rubriche vengono identificati 20 settori d'intervento ai quali sono connessi differenti principi. Tali principi sono dettati da una serie di diritti già iscritti nell'acquis dell’Unione e da altre fonti di diritto pertinenti e definiscono con maggiore precisione le possibili modalità per renderli operativi (vedi ultimo capitolo: “Prima stesura del Pilastro dei diritti sociali”).


 

I dati di contesto

 

Il quadro di riferimento è caratterizzato dal consolidamento di alcune tendenze strutturali che riguardano gli andamenti demografici (con particolare riguardo all’innalzamento dell’età media dei cittadini dell’Unione europea); l’aumento dei flussi migratori; l’evoluzione del mercato del lavoro e dei sistemi produttivi. Su queste tendenze si sono innestati gli effetti prodotti dalla crisi economica esplosa nel 2007 che a sua volta ha determinato conseguenze che sembrano destinate a durare nel tempo.

1. Struttura demografica e spesa sociale

Secondo uno studio sulle proiezioni demografiche condotto da Eurostat (People in EU, 2015), nel 2014, nell'UE-28, le persone in età lavorativa rappresentatavano quasi due terzi (65,9%) della popolazione totale. Questa percentuale sarebbe destinata a scendere al 56,9% entro il 2050 per poi diminuire ulteriormente e raggiungere il 56,2% entro il 2080 a causa dell’invecchiamento della popolazione.

Invecchiamento della popolazioneIn tutti i 31 paesi per i quali le proiezioni sono disponibili (28 Stati membri dell'UE, Islanda, Norvegia e Svizzera), la percentuale di popolazione in età lavorativa è prevista in riduzione per il periodo 2014 - 2080. Il ritmo di questa riduzione probabilmente sarà accelerato rispetto alla media UE-28 (-9,7 punti percentuali) in almeno 17 Stati membri dell'UE, con un declino più sensibile in Portogallo, Polonia e Slovacchia.

La percentuale di anziani sul totale della popolazione è, in proiezione, destinata ad aumentare in tutti i 31 paesi (periodo 2014 – 2080). In tutta l'UE-28, la percentuale di anziani sulla popolazione totale dovrebbe aumentare dal 18,5% al 28,7%.

Questi dati sembrano confliggere con gli obiettivi previsti dalla Strategia Europa 2020 che prevede di raggiungere un tasso di occupati pari al 75% entro quella data[7].

La diminuzione del numero di persone in età lavorativa e il numero crescente di persone anziane aggraverebbero il rapporto di dipendenza previsto in aumento dal 28,1% del 2014 al 51,0% del 2080.

 

 

 

Struttura della popolazione per fasce d'età, UE-28, periodo 2014-2080,% sul totale della popolazione

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/images/d/d0/Population_structure_by_broad_age_groups%2C_EU-28%2C_2014%E2%80%9380_%28%25_of_total_population%29_PF15.png

Indici di dipendenza di età, per fasce di età in rapporto al gruppo in età lavorativa (15-64 anni), UE-28, anni 2014 – 80

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/images/9/95/Age_dependency_ratios%2C_EU-28%2C_2014%E2%80%9380_%28%25%29_PF15.png

 

 

 

 

 

 

 

Rapporto di dipendenza degli anziani, 2014 e 2050

http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/images/9/9d/Old-age_dependency_ratio%2C_2014_and_2050_%28%25%29_PF15.png

Occupazione oltre i 65 anni
 


Andrebbe, peraltro, tenuto conto che quote crescenti di ultrasessantacinquenni sono, dal punto di vista dell’occupazione, “attivi”.

Secondo una ricerca Eurofound nel 2014 (Eurofound (2014), Preferenze sul lavoro dopo i 50 anni di età), quasi 5 milioni di persone oltre i 65 anni erano in stato di occupazione, con un incremento del 48% rispetto al 2004 quando erano circa 3,3 milioni: il tasso di occupazione delle persone della fascia 65-69 anni di età ha raggiunto l'11,7%, mentre il tasso di occupazione sull’intera popolazione sopra i 65 anni raggiunge il 5,5%.

Lo studio segnala che quasi tutti questi lavoratori di età superiore a 65 anni hanno, comunque, diritto a una pensione giacché le recenti riforme tese ad innalzare l'età pensionabile sopra 65 anni non hanno ancora, sostanzialmente, trovato applicazione a questo gruppo di età.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tassi di occupazione nella fascia di età dai 65 ai 69 anni, UE-28 (%)

Fonte: Eurofound (2014), Preferenze sul lavoro dopo i 50 anni di età

Partecipazione della forza lavoro dei lavoratori anziani,% sulla popolazione attiva, gruppo di età 55-64 anni

2015 (%)

UE-28

57,3

EA-19

58

Austria

48,6

Belgio

46,6

Bulgaria

58

Cipro

57,1

Croazia

44,1

Danimarca

67,6

Estonia

68,7

Finlandia

65,2

Francia

52,5

Germania

69,4

Grecia

41,6

Irlanda

60,1

Italia

51,1

Lettonia

65,5

Lituania

66,2

Lussemburgo

40,4

Malta

42,4

Paesi Bassi

67,1

Polonia

46,9

Portogallo

57

Regno Unito

64,4

Republica Ceca

58

Romania

42,7

Slovacchia

51,8

Slovenia

39,7

Spagna

57,6

Svezia

78,7

Ungheria

48,1

Fonte: Eurostat [lfsi_emp_a], agg. 6 giugno 2016, dati estratti il 15 giugno 2016

Comunque, per quanto l’indice di dipendenza degli anziani possa essere interpretato anche alla luce del tasso di attività degli ultrasessantacinquenni, si stima che il mutamento della struttura della popolazione UE potrebbe comportare che già nel 2060, da quattro persone in età lavorativa per ogni persona di età superiore a 65 anni, si passerebe a due persone in età lavorativa per ultrasessantacinquenne.

Conseguenza inevitabile sarà una maggiore spesa per finalità sanitarie e pensionistiche ciò che rappresenta, comunque, una grande sfida per l'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi di Welfare.

La figura che segue, raffigura la proiezione relativa alla struttura della popolazione nel 2060.

 

Change in population structure, 2000-2060 Source: Eurostat

 

 

 

 

 

 

 

 

La spesa socialeLa ripartizione dettagliata delle spese per il 2014 delle amministrazioni pubbliche nell'Unione europea ripartita per funzioni principali già indica che la funzione di «protezione sociale» (19,5% del PIL) è stata di gran lunga la più importante. Essa rappresenta almeno il 20% del PIL in Finlandia, Francia, Danimarca, Austria, Italia, Svezia, Grecia e Slovacchia. A seguire, in termini grandezza, sono le funzioni 'salute' (7,2%), 'servizi pubblici generali' (quali affari esterni e il servizio del debito pubblico) (6,7%), 'educazione' (4,9%) e 'economia' (4,2%).

Spese delle amministrazioni pubbliche per funzione nell'UE, 2014

 

Il peso delle spese pubbliche per la protezione sociale tra Stati membri dell'UE variava dall'11,4% del PIL della Romania al 25,4% della Finlandia. Otto Stati membri – Finlandia, Francia, Danimarca, Austria, Italia, Svezia, Grecia e Slovacchia – hanno dedicato almeno il 20% del PIL a questa funzione, mentre la Romania e i tre Stati baltici vi hanno dedicato meno del 12% del PIL. La categoria delle spese di protezione sociale può essere suddivisa in sottocategorie di dettaglio: tra queste quella relativa alla 'vecchiaia', che comprende le pensioni e che assorbe la maggior parte della spesa sociale in quasi tutti gli Stati membri. Alle spese per 'vecchiaia' nel 2014 è stata dedicata una sostanziosa quota del PIL in Grecia (15,3%), Italia (14,0%), Francia (13,7%) e Austria (13,2%); l’incidenza più bassa sul PIL si è verificata in Irlanda (3,7%). Per quanto riguarda l’incidenza media sul PIL dell'UE nel 2014, le spese raggruppate sotto la voce 'Vecchiaia' sono state pari al 10,3%.

 

Spese delle amministrazioni pubbliche per funzione negli Stati membri UE, 2014, in percentuale sul PIL

 

 

L’impatto dei migranti

Un recente studio OCSE[8], afferma che negli ultimi dieci anni gli immigrati avrebbero rappresentato il 70% di tutti i nuovi posti di lavoro creati in Europa e il 47% negli Stati Uniti. Secondo questo studio gli immigrati pagherebbero più tasse e contributi previdenziali di quanto non ricevano dal welfare nazionale, questi ultimi nella forma di sussidi di disoccupazione, pensioni, o altre prestazioni sanitarie. In tal senso, i migranti del lavoro avrebbero un impatto positivo sulle finanze pubbliche. La stima dell’OCSE dell’impatto dei lavoratori migranti sulla finanza pubblica è rappresentata nella figura sotto.

Stima dell’impatto fiscale netto degli immigrati, con e senza sistema pensionistico e procapite, allocazione delle voci di entrata e di spesa maturate collettivamente

Tratta da Ocse, Migration Policy Debates, maggio 2014

 

La migrazione ha effetti diretti e indiretti sulla crescita economica. Non c'è dubbio che, se la migrazione espande la forza lavoro, il PIL aggregato dovrebbe essere destinato a crescere. Tuttavia, la situazione è meno chiara quando si tratta di crescita procapite del PIL. Innanzitutto, la migrazione produce effetti, non soltanto accrescendo la dimensione della popolazione, ma anche modificando la struttura della piramide delle età dei paesi riceventi. I migranti appartengono soprattutto alle classi di età più giovani e sono economicamente più attivi dei nativi, contribuendo quindi a ridurre gli indici di dipendenza. D’altra parte, è stato segnalato che i migranti occupano prevalentemente posti di lavoro meno retribuiti, quando non sono assorbiti nel sommerso. Né si può sottovalutare l’incidenza, che può avere ai fini dell’integrazione nel mercato del lavoro, del livello di competenze e capacità dei migranti.

 

 

 

 

 

 

Le componenti della crescita totale della popolazione nei paesi OCSE, 1960-2020, ogni mille abitanti

La Commissione europea, in occasione della presentazione delle Previsioni economiche di autunno 2015[9], ha voluto smentire i frequenti luoghi comuni sull'impatto dell'arrivo di migliaia di immigrati sull'economia europea. Ha definito l'impatto economico dell'immigrazione leggero ma positivo, con un aumento del prodotto interno lordo per l'Unione dello 0,2-0,3% tra il 2015 e il 2017. Altri fattori che influenzano l'impatto economico sono i livelli di istruzione degli immigrati e la struttura economica dei paesi di accoglienza.

Nel Rapporto dedicato alle stime economiche d'autunno, la Commissione europea nota che nel breve termine l'impatto economico positivo è dettato dalla maggior spesa pubblica. Nel medio termine è determinato soprattutto dall'aumento della domanda. La Commissione europea ipotizza due scenari: il primo basato sull'arrivo di immigrati istruiti, il secondo fondato sull'arrivo di migranti meno preparati. Nel primo caso, l'aumento annuo del PIL dal 2016 al 2020 oscilla in media poco sopra lo 0,25%. Nel secondo caso, l'incremento annuo del PIL è più basso, intorno allo 0,17%. La Commissione europea ritiene, comunque, che gli effetti sull'andamento dei conti pubblici siano, tutto sommato, limitati.

Nei fatti, l'arrivo di migliaia di rifugiati contribuisce a un graduale rafforzamento della crescita nella zona euro, secondo le stime della Commissione europea: dall'1,6% del 2015, al 1,8% nel 2016, all'1,9% nel 2017.

 

 

 

Tendenze e dati statistici di contesto nella edificazione del pilastroIl Pilastro europeo dei diritti sociali contiene una serie di principi essenziali anche a supporto dell’efficienza dei mercati del lavoro e dei sistemi di Welfare nell'area dell'euro. Alcune tendenze sono nuove, altre di vecchia data, ma richiedono comunque un'ulteriore azione per affrontarle. Di seguito sono illustrate alcune di queste tendenze chiave e indicati dati statistici e informazioni relativi alle materie che costituiscono il quadro di riferimento in cui si inserisce l’edificazione del cosiddetto “Pilastro europeo dei diritti sociali”. Essi si riferiscono alla produzione procapite del reddito dei paesi membri UE, alla produttività del lavoro, ai livelli di disparità di reddito e disuguaglianza anche come fattore sfavorevole alla crescita economica, al rischio di povertà ed esclusione sociale, alla struttura demografica e alla struttura e distribuzione della spesa per finalità sociali e della spesa per la salute delle persone, ai livelli di occupazione e di disoccupazione, alla segmentazione del mercato del lavoro e all’impatto dello sviluppo tecnologico su di esso.

 

Spesa sanitaria

Secondo elaborazioni OCSE (gli ultimi dati disponibili sono relativi al 2013), la spesa sanitaria complessiva corrente nel 2013 (sia in termini relativi che assoluti) variava in modo significativo tra i 23 Stati membri dell'UE per i quali sono disponibili i dati. La quota della spesa sanitaria corrente ha superato il 10 per cento del prodotto interno lordo (PIL) in sette Stati membri dell'UE (Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Austria, Svezia e Belgio), quasi il doppio della quota di spesa sanitaria corrente rispetto al PIL registrato in Lettonia (meno del 5,3 per cento del PIL). La tabella che segue evidenzia la spesa sanitaria corrente in rapporto al PIL nel periodo 2009-2013 (%).

 

 

2010

2011

2012

2013

Austria

10,1

9,9

10,1

10,1

Belgio

9,9

10,1

10,2

10,2

Repubblica Ceca

6,9

7

7,1

7,1

Danimarca

10,4

10,2

10,4

10,4

Estonia

6,1

5,7

5,8

6

Finlandia

8,2

8,2

8,5

8,6

Francia

10,8

10,7

10,8

10,9

Germania

11

10,7

10,8

11

Grecia

9,2

9,7

9,1

9,2

Irlanda

8,5

8

8,1

 

Italia

8,9

8,8

8,8

8,8

Lettonia

6,1

5,6

5,4

5,3

Lituania

6,8

6,5

6,3

6,1

Lussemburgo

7,2

6,8

6,6

..

Paesi Bassi

10,4

10,5

11

11,1

Polonia

6,5

6,3

6,3

6,4

Portogallo

9,8

9,5

9,3

9,1

Regno Unito

8,6

8,5

8,5

8,5

Slovacchia

7,8

7,5

7,7

7,6

Slovenia

8,6

8,5

8,7

8,7

Spagna

9

9,1

9

8,8

Svezia

8,5

10,6

10,8

11

Ungheria

7,7

7,6

7,5

7,4

Fonte OCSE (estrazione dati: marzo 2016)

Il livello di spesa sanitaria in rapporto al PIL, fotografata dall’OCSE, appare in costante riduzione negli anni più recenti in quasi tutti i Paesi europei salvo che per Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Slovenia e Svezia la cui spesa è invariata ovvero in leggera crescita.

Come in molti altri Paesi europei, la spesa sanitaria in Italia, negli ultimi anni, è diminuita a seguito delle misure adottate per ridurre gli squilibri di bilancio a causa della crisi economica.

Il grafico che segue illustra tale tendenza (2004-2013), ponendo a confronto la spesa sanitaria italiana e quella media OCSE, in termini reali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La quota di PIL rappresentata dalla spesa sanitaria in Italia, pur essendo vicina alla media OCSE (le differenze tra la tabella precedente e la figura sovrastante sono dovute ai progressivi aggiornamenti dei dati, più recenti nella tabella), risulta assai inferiore a quella di Paesi quali la Francia e la Germania. Il settore pubblico è la principale fonte di finanziamento della sanità in quasi tutti i Paesi dell’OCSE. Nel 2014 la spesa sanitaria pubblica italiana è stata pari al 77 per cento della spesa sanitaria complessiva, con un tasso al di sopra della media OCSE, pari circa al 72 per cento.

Fabbisogni insoddisfatti di assistenza sanitariaSecondo l’indagine UE-SILC 2011 la percentuale di persone con quintile di reddito più basso che segnalano un fabbisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria (a causa del costo eccessivo del trattamento, del periodo di attesa troppo lungo o della distanza eccessiva dal luogo della sua erogazione) nell’UE-27 è aumentata solo in modo moderato dal 2008 al 2011, mentre alcuni paesi quali Lettonia, Grecia, Italia e Portogallo hanno riportato un ulteriore peggioramento a partire da un livello elevato di accesso ai servizi, a differenza di altri paesi come Cipro, Belgio, Finlandia, Francia e Slovacchia che hanno registrato massicci incrementi a partire da bassi livelli di accesso.

Fabbisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria, quintile di reddito più basso, 2008-2011

Fonte: Eurostat, indagine UE-SILC 2011

 

I dati Eurostat più recenti confermano il predetto trend. La tabella che segue mostra che tra il 2011 e il 2014 i cittadini dell’Unione europea, appartenenti al quintile più basso, hanno percepito un’insoddisfazione nei propri fabbisogni di assistenza sanitaria via via crescente, con le sole eccezioni di Bulgaria, Croazia, Romania, Finlandia, Germania, Lettonia e Austria; livelli di peggioramento sostenuti sono stati registrati in Grecia, Estonia e Portogallo (aumenti pari a, rispettivamente, 5,7%, 4,9% e 4,7%) mentre in Italia si è registrata una percentuale d’insoddisfatti pari al 14,4% (+ 2,4%).

 

Percentuale di insoddisfatti rispetto ai fabbisogni di assistenza sanitaria, quintile di reddito più basso, anni 2011-2014 (per costi e distanze eccessive ovvero per la lunghezza delle liste di attesa)

 

2011

2012

2013

2014

UE-28

6,1

5,9

6,4

6,4

Austria

1

0,7

1

0,3

Belgio

4,2

4,8

5,5

7,2

Bulgaria

21,2

16,9

21,1

11,1

Cipro

6,9

6,3

6,7

7,7

Croazia

10,7

7,8

7,8

8,2

Danimarca

1,5

1,7

1,6

2,8

Estonia

7,5

10,9

10,8

12,4

Finlandia

6,3

6,4

6

4,5

Francia

5,4

5,2

5,7

6,6

Germania

4,6

3,5

3,3

3

Grecia

11,6

11,7

14,9

17,3

Irlanda

2,7

4,1

3,8

4

Italia

12

11,6

14,6

14,4

Lettonia

27,3

22,8

25,4

25,8

Lituania

3,4

3

4,6

6,3

Lussemburgo

1,5

2

2,5

2,2

Malta

1,9

1,9

1,4

1,9

Paesi Bassi

0,8

0,9

0,8

1,6

Polonia

10,5

11,1

11,8

11

Portogallo

2,5

5,7

5,1

7,2

Regno Unito

1,7

2,4

1,5

2

Repubblica Ceca

2

2

1,9

2,5

Romania

14,9

14,6

14

12,9

Slovacchia

3,8

4,1

2,9

3,8

Slovenia

0,2

0,1

0

0,4

Spagna

1

1,2

1,6

1,7

Svezia

2,4

2,6

3,2

2,5

Ungheria

6,4

6,7

6,5

7,5

Fonte: Eurostat, agg. 18 marzo 2016, dati estratti il 14 giugno 2016

 

 

 



Istruzione

Negli ultimi decenni, l'accesso a livelli sempre più elevati d'istruzione ha interessato la stragrande maggioranza della popolazione europea, migliorando le opportunità per tutti: i tassi di partecipazione al processo educativo della prima infanzia sono aumentati, mentre i livelli di abbandono dell'istruzione e della formazione negli ultimi decenni sono in calo.

Partecipazione all’istruzione formale - iniziale - per età (2013) e obiettivi ET 2020

 

3 anni di età

4 anni di età

5 anni di età

ET 2020 obiettivi

UE-28

85,3

91,8

96,0

93,9

Austria

71,3

91,4

96,5

93,9

Belgio

97,7

98,0

98,1

98,1

Bulgaria

72,7

79,6

92,1

87,8

Cipro

41,4

72,2

97,2

84,3

Croazia

56,7

57,8

78,6

71,4

Danimarca

96,3

97,5

99,1

98,3

Estonia

87,4

91,0

90,0

90,4

Finlandia

68,2

74,7

88,7

84,0

Francia

99,5

100,0

100,0

100,0

Germania

91,6

96,3

97,7

97,0

Grecia

15,9

58,0

95,7

76,4

Irlanda

45,6

94,5

100,0

97,2

Italia

94,4

98,5

98,9

98,7

Lettonia

82,6

89,3

96,6

94,1

Lituania

74,8

80,7

89,6

86,5

Lussemburgo

70,9

99,3

99,6

99,4

Malta

97,0

100,0

-

100,0

Paesi Bassi

83,2

99,7

99,3

99,5

Polonia

52,3

66,4

93,4

83,8

Portogallo

77,8

90,4

97,5

93,9

Regno Unito

96,9

96,1

-

96,1

Repubblica Ceca

58,9

82,7

88,9

85,7

Romania

79,5

83,3

89,5

86,4

Slovacchia

62,6

73,8

81,4

77,5

Slovenia

84,3

89,0

90,7

89,8

Spagna

95,8

96,7

97,5

97,1

Svezia

92,9

94,5

96,4

95,7

Ungheria

75,3

93,1

96,2

94,7

Nota: il tasso di partecipazione dai tre anni non fa parte dei benchmark di ET 2020. - Fonte: Eurostat (UOE, 2013) [educ_uoe_enra10 e educ_uoe_enrp07]

 

 

Partecipazione all’istruzione formalePer i bambini più piccoli, di età compresa tra 0-2 anni, la Commissione europea si propone di raggiungere l'obiettivo di Barcellona e cioè un tasso di partecipazione di almeno il 33%. Nel 2013, la media UE era ancora al di sotto dell'obiettivo, con il 28% dei bambini di età compresa tra 0-2 che frequentavano l'assistenza all'infanzia formale. Nove Stati membri hanno raggiunto l'obiettivo di Barcellona (DK, SE, LU, NL, BE, SI, FR, PT, ES). Per contro, il tasso di presenza nei servizi di custodia per i bambini di età inferiore ai 3 anni è molto basso in CZ (3%), SK (5%) e PL (6%)[10].

Partecipazione all’educazione formale dei bambini da 0 a 2 anni

Fonte: Eurostat (SILC, 2013) [ilc_caindformal]

Partecipazione all’istruzione d’infanzia

(dai 4 anni all’età scolare obbligatoria),

UE-28, 2002-2012

 

Abbandono scolastico UE-28, 2002-2015

Fonte: Eurostat

 

Abbandono scolasticoTuttavia, nonostante la tendenza in diminuzione, ci sono ancora più di 4,4 milioni di abbandoni scolastici in tutta Europa, e circa il 60% di questi riguarda disoccupati o inattivi.

Circa il 60% di chi abbandona il percorso scolastico è inattivo o disoccupato

 

Nell'Unione europea, il 23,4% della popolazione di età compresa tra 25-64 anni (64 milioni) non ha frequentato o completato cicli di istruzione secondaria superiore, e solo il 29,9% ha conseguito una laurea universitaria. Queste cifre nascondono ampie differenze tra gli Stati membri dell'UE in termini di livelli di istruzione (vedi figura sottostante). In particolare, per quanto riguarda l’istruzione secondaria inferiore si registrano paesi con percentuali inferiori al 10% (Lituania, Repubblica Ceca, Estonia, Slovacchia, Polonia e Lettonia) e paesi con percentuali che superano il 40% (Malta, Portogallo, Spagna e Italia). All'altra estremità, la quota di popolazione che possiede un livello di istruzione terziaria varia dal meno del 20% di Romania, Italia e Malta a percentuali che superano il 40% di Svezia, Lussemburgo, Finlandia, Irlanda, Regno Unito e Cipro[11].

 

 

 

Distribuzione dei livelli di istruzione tra la popolazione di età compresa tra 25-64 anni (2015)

Fonte: Eurostat [lfsa_pgaed], estratto da SWD(2016)195  

 

Nel 2015, l’11% (pari a circa 4,5 milioni) di giovani europei (18-24 anni) ha abbandonato l’istruzione formale senza conseguire almeno il diploma di scuola secondaria superiore. Anche se il tasso di abbandono scolastico è costantemente in calo dal 2004, quando era pari a 16%, per molti Stati membri sono auspicabili ampi margini di miglioramento: ad esempio, la percentuale di abbandoni scolastici è ancora pari, o superiore, al 14,7% in Italia, Romania, Malta e Spagna (per altro va segnalato che una certa convergenza sembra essersi verificata: in particolare, in Italia, Portogallo, Malta e Spagna, l'abbandono scolastico è fortemente diminuito negli ultimi decenni).

Abbandono scolastico gruppo di età 18-24 anni, percentuale negli anni 2014 e 2015, e obiettivi di Europa 2020

2014

2015

TARGET 2020

UE-28

11,2

11

10

EA-19

11,9

11,6

Austria

7

7,3

9,5

Belgio

9,8

10,1

9,5

Bulgaria

12,9

13,4

11

Cipro

6,8

5,3

10

Croazia

2,7

2,8

4

Danimarca

7,8

7,8

10

Estonia

11,4

11,2

9,5

Finlandia

9,5

9,2

8

Francia

9

9,3

9,5

Germania

9,5

10,1

10

Grecia

9

7,9

9,7

Irlanda

6,9

6,9

8

Italia

15

14,7

16

Lettonia

8,5

9,9

13,4

Lituania

5,9

5,5

9

Lussemburgo

6,1

9,3

10

Malta

20,3

19,8

10

Paesi Bassi

8,7

8,2

8

Polonia

5,4

5,3

4,5

Portogallo

17,4

13,7

10

Regno Unito

11,8

10,8

Repubblica Ceca

5,5

6,2

5,5

Romania

18,1

19,1

11,3

Slovacchia

6,7

6,9

6

Slovenia

4,4

5

5

Spagna

21,9

20

15

Svezia

6,7

7

10

Ungheria

11,4

11,6

10

Fonte: Eurostat [t2020_40], dati estratti il 15 giugno 2016

 

Livelli di istruzione universitariaIn Europa quasi il 38,7% di persone di età compresa tra 30-34 anni è possesso di un diploma universitario; anche in questo caso si registrano ampie divergenze tra Stati membri: così, ad esempio, il livello d'istruzione terziaria varia dal 25,3% dell’Italia al 57,6% della Lituania.

 

 

 

 

 

 

Istruzione terziaria gruppo di età 30-34 anni, livelli raggiunti dai paesi UE negli anni 2014 e 2015, e obiettivi di Europa 2020 (%)

2014

2015

TARGET 2020

UE-28

37,9

38,7

40

EA-19

36,5

37,3

Austria

40

38,7

38

Belgio

43,8

42,7

47

Bulgaria

30,9

32,1

36

Cipro

52,5

54,6

46

Croazia

32,2

30,9

35

Danimarca

44,9

47,6

40

Estonia

43,2

45,3

40

Finlandia

45,3

45,5

42

Francia

43,7

45,1

50

Germania

31,4

32,3

42

Grecia

37,2

40,4

32

Irlanda

52,2

52,3

60

Italia

23,9

25,3

26

Lettonia

39,9

41,3

34

Lituania

53,3

57,6

48,7

Lussemburgo

52,7

52,3

66

Malta

26,5

27,8

33

Paesi Bassi

44,8

46,3

40

Polonia

42,1

43,4

45

Portogallo

31,3

31,9

40

Regno Unito

47,7

47,8

Repubblica Ceca

28,2

30,1

32

Romania

25

25,6

26,7

Slovacchia

26,9

28,4

40

Slovenia

41

43,4

40

Spagna

42,3

40,9

44

Svezia

49,9

50,2

40

Ungheria

34,1

34,3

30,3

Fonte: Eurostat [t2020_41], dati estratti il 15 giugno 2016

 

 

 

 

Livelli di istruzione per fascia di età (2014)

Fonte: Eurostat [t2020_4 e t2020_41]

Nota: la dispersione scolastica misura la% di popolazione di età compresa tra 18-24 anni, in possesso, al massimo, di un livello di istruzione secondaria inferiore che non prosegue con ulteriori attività di studio o formazione

Tassi di dispersione scolastica e obiettivi nazionali e unionali di Europa 2020

Fonte: Eurostat (LFS, 2014) [t2020_40]

Abbandono scolastico degli studenti di origine stranieraL’abbandono scolastico rappresenta una perdita potenziale sia nel breve che nel lungo periodo, sul piano sociale ed economico, in quanto ha effetti negativi sullo sviluppo sociale e la crescita economica, che si basa ormai sulla forza lavoro qualificata. La riduzione del tasso di abbandono scolastico su scala europea rafforzerebbe l'economia europea fornendo un numero considerevole di giovani qualificati con prospettive occupazionali migliori. Nella maggior parte degli Stati membri, gli studenti di origine straniera sono meno performanti dei loro coetanei comunitari. Il rendimento scolastico non è infatti equamente distribuito tra i sottogruppi di popolazione e taluni di essi hanno maggiori probabilità di occupare la parte bassa delle classifiche: per esempio, circa il 44% dei cittadini di paesi terzi residenti nell'UE è privo di diploma di istruzione secondaria superiore, con un’incidenza percentuale molto maggiore che tra i native UE. Per altro, taluni gruppi sociali risultano maggiormente colpiti dal fenomeno della dispersione scolastica, soprattutto i giovani di paesi terzi (25,7% nel 2014) e, in una certa misura, i bambini nativi UE figli di genitori nati all'estero (la cosiddetta "seconda generazione"). L'abbandono scolastico è doppio tra i giovani nati al di fuori dell'UE.

 

Abbandono scolastico dei nati all'estero per anni dall'arrivo nel territorio comunitario

Fonte: Eurostat (IFL, 2014), dati estratti a maggio 2015. Nota: l'indicatore mostra il tasso medio UE di abbandono scolastico (18/24 anni) 

 

 

Persistenti vulnerabilità nel tessuto della società europea sono testimoniate dai livelli di scarse conoscenze matematiche e scientifiche nonché nelle capacità di lettura da parte degli alunni europei, specialmente tra quelli provenienti da contesti svantaggiati[12].

 

 

 

 

Percentuali di difficoltà matematiche e status socio-economico

 

 

Secondo il “Monitoraggio 2015 dell’istruzione e della formazione” della Commissione europea, il 20% dei quindicenni nell'UE incontra difficoltà in lettura, scienze e matematica; il 20% degli adulti ha bassi livelli di alfabetizzazione linguistica e matematica e il 25% ha bassi livelli di competenze digitali; tuttavia solo il 10,7% – tra cui pochissimi adulti scarsamente qualificati – usufruisce dell'apprendimento permanente.

 

Percentuale di quindicenni che incontra difficoltà in lettura (a), matematica (b) e scienze (c), per paese (%)

 

a)           lettura

 

 

 

 

b)          matematica

 

c)           scienze

Fonte: documento di lavoro della Commissione SWD/2015/0169 final: Situazione dei giovani nella UE – di accompagnamento al COM(2015)429 Progetto di relazione congiunta del Consiglio e della Commissione sull'attuazione di un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il 2015 (2010-2018)

 

 

 


2. Nuovo mercato del lavoro e impatto tecnologico

I cambiamenti strutturali nell'occupazione hanno favorito il ricorso a forme flessibili di contratti di lavoro, determinando un aumento dei contratti di lavoro temporanei in tutti gli Stati membri. Tuttavia solo il 22% dei lavoratori temporanei riesce ad accedere all'occupazione permanente. Il fenomeno è stato parzialmente contrastato dalle diverse legislazioni nazionali e la segmentazione del mercato sembra essere diminuita rimanendo, tuttavia, elevata in tutta l'area dell'euro.

 

Variazione dell'occupazione in permanente, temporanea e lavoro autonomo, UE 28

 

Fonte: Eurostat

 

 

 

 

 

 

Percentuale di contratti a tempo determinato e trasformazione dei contratti a tempo determinato a contratti a tempo indeterminato

Le sfide legate alla flessibilitàSe, per un verso, la flessibilità nelle condizioni di occupazione può offrire maggiori opportunità per i lavoratori, anche in termini di lavoro a tempo parziale, lavoro autonomo e imprenditorialità, per altro verso, può anche esporre gli occupati a una maggiore insicurezza e vulnerabilità, per esempio quando il lavoro flessibile comporta l’accesso ai benefici goduti dai lavoratori strutturati nelle aziende (assicurazione sanitaria, pensioni, indennità di disoccupazione, congedo di maternità, ecc.) a costi più elevati.

Il lavoro part-time sul totale dell’occupazione,%

Fonte: Eurostat

I nuovi modelli di business e le disposizioni contrattuali che si vanno sempre più frequentemente imponendo generano ormai una certa confusione sulla definizione di lavoratori, sia dal punto di vista statistico che economico e giuridico.

Per esempio, la distinzione tra 'lavoratore' e 'autonomo' e tra 'autonomo' e 'imprenditore' non sempre è chiara. Il caso dell'economia collaborativa è per certi versi esemplare basato com’è su un modello di business che prevede, o almeno consente, che il prestatore d’opera “capitalizzi” un proprio bene economico (esempio, la propria casa o la propria automobile) per svolgere un “servizio” che il cliente richiede ad una società terza. Ciò pone nuove problematiche sulle necessità di riconsiderare e ridefinire l'identità e la responsabilità del datore di lavoro nei rapporti con il dipendente e il cliente, nonché di rivedere le definizioni di contratto e rapporto di lavoro (anche come strumento di lotta per combattere il lavoro sommerso). Allo stesso tempo, le piattaforme di economia collaborativa creano posti di lavoro e nuove opportunità di (auto-)impiego abbassando le barriere di accesso a prestazione di servizi e a nuove forme di occupazione o di attività che rappresentano un’alternativa all’occupazione tradizionale.

FlessicurezzaDa più parti si pone l’esigenza di aggiornare i contenuti del concetto di 'flessicurezza', vale a dire flessibili e affidabili accordi contrattuali, strategie di apprendimento permanente, politiche attive del mercato del lavoro e sistemi moderni di sicurezza sociale, sono particolarmente pertinenti viste le predette tendenze, alla luce della nuova realtà, anche in considerazione della presenza di un doppio mercato del lavoro in diversi Stati membri.

Competenze non routinarieUna delle risposte avanzate è costituita dalla attenzione posta sull’acquisizione di competenze è centrale nella costruzione di strutture economiche più resiliente e per aumentare i posti di lavoro nell'economia della conoscenza[13]. Migliori livelli di istruzione accrescono la produzione del reddito, tanto più solidamente quanto maggiore è la capacità di rispondere adeguatamente alle mutevoli esigenze dell’economia e della società. Una ricerca OCSE[14] mostra che le economie avanzate richiedono lavoratori le cui abilità siano di tipo 'non-routinario e interpersonali', mentre la maggior parte degli europei è ancora addestrata per acquisire competenze 'routinarie e manuali'. La quota di occupazione per posti di lavoro non routinarie, quali le occupazioni di progettazione, è cresciuta dal 28% al 38% tra il 1995 e il 2010, e la quota di lavori tradizionali a contenuto routinario è scesa dal 53% al 41%. L’investimento mirato nel capitale umano, sembra particolarmente rilevante per i lavoratori scarsamente qualificati, maggiormente colpiti dalla crisi e per i quali è necessario assicurare riqualificazione per ricollocarli al lavoro. Nella realtà produttiva si deve registrare che questa sfida è aggravata dal fatto che alcuni tipi di contratto non incoraggiano l’investimento nell'apprendimento permanente L’accesso alla formazione nel lavoro resta fortemente dipendente dal tipo di contratto cui si è legati: quasi un dipendente su due con contratto a tempo indeterminato ha ricevuto formazione rispetto al 32% di dipendenti con contratti a termine e al 19% di lavoratori autonomi[15].

Le ricadute della digitalizzazione sull’occupazioneAllo stato attuale, solo metà della forza lavoro dell'UE ritiene che il proprio livello di abilità nell’uso del computer e/o di internet sia sufficiente a consentirgli di cercare o cambiare un lavoro a breve periodo. In media il 14% degli europei ha competenze informatiche di livello basso (30% nell’uso di internet), il 25% di livello medio (32% nell’uso di internet) e il 27% di alto livello (11% nell’uso di internet): possedere abilità di alto piuttosto che di basso livello in tali materie è tutt’altro che indifferente giacché praticamente il 90% dei posti di lavoro richiede sempre più l'alfabetizzazione ICT.

La tecnologia e l’automazione digitali stanno producendo cambiamenti a lungo termine nei livelli e nelle tipologie di occupazione, con la metà dei posti di lavoro UE a rischio-automazione. La quota di occupazione a prevalente attività routinaria è in diminuzione, mentre i lavori che richiedono competenze digitali e di alto livello sono in aumento. Entro il 2025 meno del 15% di nuovi lavori sarà accessibile a soggetti con bassa qualifica. Secondo uno studio del 2014,[16] quasi la metà delle professioni esistenti saranno parzialmente, se non interamente, informatizzate e automatizzate a medio termine (v. figura seguente).

 

 

 

Tanto più le “macchine” saranno capaci di tradurre in modo accurato un compito in una serie di passaggi codificati, quindi facilmente automatizzabili, tanto più tenderanno a scomparire le attività di routine che sono maggiormente processabili e, quindi, vulnerabili. Queste trasformazioni dovrebbero interessare in particolare le linee di produzione nel settore manifatturiero, che costituisce una quota rilevante dell’industria europea ma non solo. Investiranno anche specifiche occupazioni altamente qualificate: per esempio, i suoi effetti sono già visibili in professioni di elevata qualificazione come quelle giornalistiche, contabili, fiscali e di consulenza aziendale, legali, ecc. (v. figura seguente).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tasso di crescita cumulativa della distribuzione della popolazione per occupazione: “Vincitori” e “vinti” tra le professioni

Fonte: Eurostat

 

 

Nel contesto, come sempre avviene nelle fasi di transizione tecnologica, emergono nuove attività e posti di lavoro. Tali cambiamenti hanno consentito l’aumento della produttività nei settori knowledge-intensive, generando crescita ma anche riallocazione e mobilità del lavoro tra i diversi settori. Il lavoro manuale – in particolare nella produzione e nell'agricoltura –negli ultimi anni ha perso terreno, certamente per effetto della crisi ma anche come riflesso del processo di automazione. Le differenze di competenza e i limiti di riqualificazione costituiscono barriere significative per la riallocazione del lavoro all'interno dei settori tradizionali.

 

 

 

 

 

Variazione dell'occupazione totale per settore in UE-28, 2010-14 (valori assoluti)

Fonte: OSCE, 2015

A causa di tale processo innovativo si prevede che, entro il 2020, la maggior parte dei posti di lavoro saranno persi nei settori manifatturiero, gestionale, amministrativo e agricolo, mentre cresceranno i posti di lavoro nel settore delle scienze, dell’ingegneria, dei trasporti e della logistica. Il bilancio di tali sviluppi industriali sul mercato del lavoro, in termini costi/benefici, non è ancora chiaro giacché dipenderà da come saranno riallocati, tra i settori, i posti di lavoro.

 

Previsioni sugli effetti dell’impatto tecnologico entro il 2020 (posti di lavoro in più/persi, in migliaia), Francia, Germania, Italia e Regno Unito

 

Fonte: World Economic Forum (2016), Future of Work Report. Based on Survey of CHROs of largest employers by industry. Focus paesi: Francia, Germania, Italia, Regno Unito

 

Le previsioni effettuate da Boston Consulting nello studio “Man and Machine in Industry 4.0” nel caso della Germania, ipotizzano che, per effetto della maggiore applicazione della robotica e della computerizzazione, il numero dei posti di lavoro verrà presumibilmente ridotto nei settori dell’assemblaggio e della produzione di 610.000 unità, ma compensato dalla creazione di oltre 960.000 nuovi posti di lavoro, in particolare in Information Technology e data science.

Sul versante opposto, il lavoro del 2013 “The future of employment” di due studiosi dell’Università di Oxford prevede modifiche drammatiche nell’occupazione a causa del progresso tecnologico. In particolare, gli autori ritengono che negli USA il 47% delle occupazioni presenti un alto rischio di computerizzazione, essendo probabile la loro automatizzazione nei prossimi anni.

http://bruegel.org/wp-content/uploads/imported/articles/RTEmagicC_140717_comp1.png.png

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Applicando all’Europa gli stessi parametri, il think tank Bruegel calcola un valore medio del 54% per i paesi dell’UE. Si prevede che i paesi settentrionali siano i meno colpiti: la Svezia presenta il valore più basso (46,69%), seguita dalla Gran Bretagna (47,17%), dai Paesi Bassi (49,50%), dalla Francia e dalla Danimarca (entrambe al 49,54%). La Romania sarebbe il paese con la percentuale più alta (61,93%), dietro a Portogallo (58,94%), Croazia (57,9%) e Bulgaria (56,56%). L’Italia presenterebbe un rischio di computerizzazione del 56,18%.

 

 

3. Occupazione

La tabella che segue, riferita al 2015, evidenzia i tassi di occupazione degli Stati dell’UE confrontati al target della Strategia di Europa 2020 (gruppo di età 20-64 anni):

 

Tasso di occupazione (2015)

2015

(%)

TARGET 2020 (%)

UE-28

70,1

75

EA-19

69,0

Austria

74,3

77

Belgio

67,2

73,2

Bulgaria

67,1

76

Cipro

68,0

75

Croazia

60,5

62,9

Danimarca

76,5

80

Estonia

76,5

76

Finlandia

72,9

78

Francia

69,5

75

Germania

78,0

77

Grecia

54,9

70

Irlanda

68,8

69

Italia

60,5

67

Lettonia

72,5

73

Lituania

73,4

72,8

Lussemburgo

70,9

73

Malta

67,8

70

Paesi Bassi

76,4

80

Polonia

67,8

71

Portogallo

69,1

75

Regno Unito

76,9

Repubblica Ceca

74,8

75

Romania

66,0

70

Slovacchia

67,7

72

Slovenia

69,1

75

Spagna

62,0

74

Svezia

80,5

80

Ungheria

68,9

75

Fonte: Eurostat [t2020_10], agg. 13 giugno 2016, dati estratti il 15 giugno 2016

 

 

Tasso di occupazione: femminilePer raggiungere l’obiettivo del 75% fissato dalla Strategia Europa 2020 occorrerebbe inserire nella vita attiva non solo i giovani qualificati, ma anche la forza lavoro potenziale costituita in larga parte da donne, persone più anziane o adulti rimasti inattivi, compresi gli immigrati. Un trend positivo degli ultimi anni è rappresentato proprio dalla crescita costante e convergente della partecipazione al mercato del lavoro delle donne e dei lavoratori più anziani, che ha almeno parzialmente compensare il calo della forza lavoro in molti paesi.

Il tasso di partecipazione della forza lavoro femminile è salito costantemente (dal 62,2% nel 2005 al 66,8% nel 2015 [popolazione attiva nel gruppo di età 15-64 anni]).

 

Partecipazione della forza lavoro femminile,% sulla popolazione attiva, gruppo di età 15-64 anni

2014

(%)

2015

(%)

UE-28

66,5

66,8

EA-19

66,7

66,9

Austria

70,8

70,9

Belgio

63,0

63,0

Bulgaria

65,0

65,4

Cipro

69,1

69,3

Croazia

61,3

62,2

Danimarca

75,0

75,3

Estonia

71,3

73,0

Finlandia

73,9

74,4

Francia

67,2

67,3

Germania

72,9

73,1

Grecia

59,0

59,9

Irlanda

62,6

62,8

Italia

54,4

54,1

Lettonia

71,6

72,8

Lituania

71,6

72,5

Lussemburgo

64,2

65,6

Malta

52,2

53,8

Paesi Bassi

73,9

74,7

Polonia

61,1

61,4

Portogallo

70,0

70,3

Regno Unito

71,3

71,7

Repubblica Ceca

65,6

66,5

Romania

56,9

56,7

Slovacchia

62,9

64,3

Slovenia

67,2

67,9

Spagna

68,8

69,0

Svezia

79,3

79,9

Ungheria

60,7

62,2

Fonte: Eurostat [lfsi_emp_a], agg. 6 giugno 2016, dati estratti il 15 giugno 2016

 

Tasso di occupazione: lavoratori anzianiA sua volta, come ricordato supra, il tasso di partecipazione della forza lavoro dei lavoratori anziani è salito costantemente[17].

 

La disoccupazio-ne nel 2016 è tornata ai livelli del 20094. Disoccupazione

La disoccupazione nel 2013 aveva raggiunto livelli senza precedenti nell’UE-28. Il tasso di disoccupazione, che era diminuito di oltre 2 punti percentuali tra il 2003 e il 2008 ma che la crisi economica e finanziaria ha innalzato ai massimi, ha iniziato a ridursi dal terzo trimestre 2013 conformandosi al trend in discesa della disoccupazione che USA e Giappone avevano anticipato dal 2010. A gennaio 2016 la disoccupazione è tornata ai livelli del 2009, nell’UE 28, e a quelli del 2011 nell’EA-19:

 

Andamento dei tassi di disoccupazione dal 2000 al 2016 (gennaio) nell’UE-28, EA-19 USA e Giappone (Fonte: Eurostat)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Andamento dei tassi di disoccupazione dal 2000 al 2016 (aprile) nell’UE-28 e EA-19

Fonte: Eurostat

 

Disoccupazio-ne in calo nel 2016: - 0,9% rispetto aprile 2015Secondo quanto pubblicato da Eurostat il 31 maggio 2016[18], nell'area dell'euro (EA-19) il tasso di disoccupazione ad aprile 2016 era pari a 10,2%, stabile rispetto al marzo 2016, e in sensibile calo rispetto al mese di aprile 2015 (11,0%). Si tratta del livello più basso registrato nella zona euro da agosto 2011. Il tasso di disoccupazione registrato nell’Unione europea nel mese di aprile 2016 è pari all’8,7%, in calo dello 0,1% su marzo 2016, e dello 0,9% rispetto ad aprile 2015: si tratta del tasso più basso registrato nell’UE-28 da aprile 2009.

Come riportato nella tabella seguente, in termini assoluti, Eurostat stima che in aprile 2016 nell’UE-28 si trovavano nella condizione di disoccupazione 21,224 milioni di persone, di cui 16,420 milioni nella zona Euro; rispetto al mese precedente si registra, dunque, un calo, rispettivamente, di 106.000 e 63.000 unità. In un anno, da aprile 2015, la disoccupazione è quindi calata di 2,096 milioni di unità nell’UE-28 e di 1,309 milioni nella zona euro.

 


Disoccupazione in% e in cifre assolute (migliaia di unità), primo quadrimestre 2016 e aprile 2015

[note: * Febbraio 2015; ** Marzo 2015]

 

Tassi (%)

Numero disoccupati (in migliaia)

Aprile 2015

Gennaio 2016

Febbraio 2016

Marzo 2016

Aprile 2016

Aprile 2015

Gennaio 2016

Febbraio 2016

Marzo 2016

Aprile

2016

EU-28

9.6

8.9

8.9

8.8

8.7

23 320

21 693

21 581

21 330

21 224

EA-19

11.0

10.4

10.4

10.2

10.2

17 729

16 741

16 695

16 483

16 420

Austria

5.9

6.0

6.1

5.9

5.8

256

268

269

262

258

Belgio

8.7

8.7

8.6

8.6

8.7

432

433

426

423

429

Bulgaria

10.0

7.5

7.4

7.3

7.1

335

251

247

242

235

Cipro

15.7

12.5

12.3

12.0

11.6

68

52

50

49

47

Croazia

16.3

15.2

15.1

14.9

14.6

310

288

287

285

282

Danimarca

6.3

5.9

5.9

5.9

6.0

184

177

177

178

180

Estonia

6.7**

6.3

6.3

6.8

:

45**

43

43

46

:

Finlandia

9.2

9.3

9.2

9.1

9.1

247

249

247

245

244

Francia

10.3

10.1

10.2

10.1

9.9

3 023

2 995

3 022

2 964

2 910

Germania

4.7

4.3

4.3

4.2

4.2

1 984

1 837

1 815

1 794

1 778

Grecia

25.8*

24.4

24.2

:

:

1 229*

1 166

1 159

:

:

Irlanda

9.7

8.9

8.8

8.6

8.4

209

192

190

187

184

Italia

12.1

11.7

11.7

11.5

11.7

3 079

2 993

2 988

2 936

2 986

Lettonia

9.5

10.0

9.8

9.6

9.6

95

100

98

96

96

Lituania

9.4

8.6

8.5

8.4

8.2

138

127

124

124

121

Lussemburgo

6.5

6.3

6.2

6.3

6.2

18

17

17

17

17

Malta

5.5

5.2

5.0

4.6

4.3

11

10

10

9

9

Paesi Bassi

7.0

6.5

6.5

6.4

6.4

625

574

581

574

572

Polonia

7.6

6.6

6.5

6.3

6.3

1 324

1 149

1 119

1 094

1 083

Portogallo

12.8

12.1

12.2

12.0

12.0

657

616

622

612

610

Regno Unito

5.5*

5.0

4.9

:

:

1 791*

1 631

1 620

:

:

Repubblica Ceca

5.3

4.3

4.2

4.1

4.1

280

229

225

219

220

Romania

6.8

6.5

6.4

6.4

6.4

633

590

577

573

573

Slovacchia

11.7

10.5

10.4

10.3

10.2

320

288

285

283

282

Slovenia

9.4

8.3

8.2

8.1

7.8

95

82

81

80

78

Spagna

22.7

20.5

20.4

20.3

20.1

5 219

4 697

4 667

4 621

4 596

Svezia

7.6

7.0

7.0

7.0

6.9

395

369

368

367

366

Ungheria

7.3**

5.9

5.7

5.6

:

329**

269

262

258

:

Islanda

4.1

3.2

3.2

3.1

:

8

6

6

6

:

Norvegia

4.2**

4.7

4.7

4.7

:

115**

133

130

130

:

Stati Uniti

5.4

4.9

4.9

5.0

5.0

8 485

7 736

7 818

7 945

7 916


Tra gli Stati membri, i tassi di disoccupazione più bassi in aprile 2016 sono stati registrati in Repubblica Ceca (4,1%), Germania (4,2%) e Malta (4,3%). I tassi di disoccupazione più alti sono stati osservati in Grecia (24,2% nel Febbraio 2016) e Spagna (20,1%). Rispetto all’anno precedente, il tasso di disoccupazione in aprile 2016 è sceso in venticinque Stati membri mentre è restato stabile in Belgio e aumentato in Estonia (da 6,7% di marzo 2015 a 6,8% di marzo 2016) e Lettonia (da 9,5% a 9,6%). Le diminuzioni più rilevanti sono state registrate da Cipro (da 15,7% a 11,6%), Bulgaria (da 10,0% a 7,1%) e Spagna (da 22,7% a 20,1%). Si segnala che in aprile 2016 il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è stato pari al 5,0%, stabile rispetto a marzo 2016, e in calo rispetto al 5,4% del mese di aprile del 2015.

Tasso di disoccupazione – aprile 2016 (dati destagionalizzati) (Fonte: Eurostat)

Va segnalato che il tasso di disoccupazione non solo è notevolmente diversificato nei diversi Stati membri ma che anche il suo trend, comunque ora convergente al ribasso, ha avuto livelli differenziati per le diverse aree della zona euro. La figura seguente illustra l’andamento del tasso di disoccupazione nel periodo 2000-2015 a livello di Unione europea, di Zona Euro, dei paesi del Sud ed Est Europa della Zona Euro e dei paesi del Centro e del Nord Europa della Zona Euro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In sostanza con la crisi si sono accentuati i divari all’interno dell’Unione europea:

2007

2015

UE-28

7,2

9,4

Germania

8,5

4,6

Grecia

8,4

24,9

Italia

6,1

11,9

Spagna

8,2

22,1

Fonte: Eurostat, dati agg. al 13 giugno 2016 [une_rt_a]

 

Disoccupazione giovanile

Secondo Eurostat[19], nel mese di aprile 2016, la disoccupazione giovanile nell’UE-28 (giovani sotto i 25 anni) ha raggiunto la cifra di 4,235 milioni di unità, delle quali 2.932.000 appartenenti alla zona euro. Rispetto ad aprile 2015, la disoccupazione giovanile è quindi diminuita di 495.000 unità, nell’UE-28, e di 261.000 nella zona euro. Le rilevazioni statistiche indicano che, nel mese di aprile 2016, il tasso di disoccupazione giovanile è pari a 18,8% nella UE-28 e a 21,1% nella zona euro, in sensibile calo sull’aprile 2015 quando ammontavano, rispettivamente a 20,7% e 22,5%. In sintesi, per quanto riguarda gli Stati membri, i tassi più bassi riguardano Germania (7,0%), Malta (8,9%) e Repubblica Ceca (9,5%), mentre i più alti si registrano in Grecia (51,4% a febbraio 2016), Spagna (45,0%), Croazia (38,9% nel primo trimestre 2016) e Italia (36,9%).


Disoccupazione giovanile, in% e in cifre assolute (migliaia di unità), primo quadrimestre 2016 e confronto con aprile 2015

 

Tassi

Numero disoccupati (in migliaia)

 

Aprile 2015

Gennaio 2016

Febbraio 2016

Marzo 2016

Aprile 2016

Aprile 2015

Gennaio 2016

Febbraio 2016

Marzo 2016

Aprile 2016

EU-28

20.7

19.5

19.3

19.0

18.8

4 730

4 395

4 375

4 288

4 235

EA-19

22.5

21.9

21.8

21.4

21.1

3 193

3 048

3 040

2 966

2 932

Austria

10.9

11.9

11.9

10.6

10.4

61

68

67

59

58

Belgio

21.8

24.6

24.6

24.6

:

86

99

99

99

:

Bulgaria

22.6

21.1

20.5

18.6

17.4

43

36

34

30

27

Cipro

32.6

27.7

27.7

27.7

:

13

10

10

10

:

Croazia

43.2

38.9

38.9

38.9

:

68

67

67

67

:

Danimarca

10.4

11.0

11.2

11.2

11.6

46

52

53

52

54

Estonia

12.5

14.6

12.8

11.6

:

7

8

7

6

:

Finlandia

22.1

22.1

22.1

22.1

22.2

72

71

71

71

71

Francia

24.3

24.7

24.8

24.3

23.5

671

688

691

670

647

Germania

7.1

7.1

7.1

7.0

7.0

292

284

283

282

280

Grecia

51.6

51.9

51.4

:

:

145

130

130

:

:

Irlanda

21.0

20.2

19.9

19.1

18.0

40

37

36

34

32

Italia

41.4

39.0

38.4

36.7

36.9

646

601

595

567

578

Lettonia

14.7

17.6

15.7

14.4

14.3

13

14

13

11

11

Lituania

17.4

13.6

13.9

14.2

13.8

22

17

17

18

17

Lussemburgo

16.8

13.8

14.0

14.2

13.8

4

4

4

4

3

Malta

11.6

10.8

10.4

9.4

8.9

3

3

3

2

2

Paesi Bassi

10.9

11.2

11.3

11.4

11.2

154

155

158

159

159

Polonia

21.0

18.6

18.1

17.7

17.1

291

263

258

252

243

Portogallo

31.7

29.9

30.1

31.1

29.9

117

109

110

115

109

Regno Unito

15.5

13.1

13.0

:

:

694

589

587

:

:

Repubblica Ceca

13.5

10.3

9.8

9.7

9.5

48

34

33

33

32

Romania

21.8

20.9*

:

:

:

150

140*

:

:

:

Slovacchia

26.6

24.5

24.2

24.0

24.2

56

50

50

49

49

Slovenia

16.6

16.3

16.3

16.3

:

13

11

11

11

:

Spagna

49.7

46.0

46.0

45.6

45.0

778

686

684

673

663

Svezia

20.9

19.1

19.1

18.9

19.0

137

124

124

123

123

Ungheria

18.1

14.5

14.1

14.2

:

61

49

49

49

:

Islanda

8.5

7.3

7.2

7.2

:

3

2

2

2

:

Norvegia

10.0

11.2

11.2

11.8

:

38

42

42

44

:

 


Disoccupazione giovanile in%, 2015

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Eurostat

 

La Garanzia giovaniCon l’obiettivo di favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, l’UE ha adottato la Raccomandazione, cosiddetta, “Garanzia giovani” istituita dal Consiglio del 22 aprile 2013. Essa è diretta a consentire a tutti i giovani di età inferiore ai 25 anni – iscritti o meno ai servizi per l'impiego – di ottenere un'offerta valida entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall'inizio della disoccupazione. Per offerta si intende un impiego, apprendistato, tirocinio, o ulteriore corso di studi e adeguata alla situazione e alle esigenze dell'interessato. Essa dovrebbe contribuire a raggiungere tre degli obiettivi della strategia Europa 2020: livello di occupazione (75% delle persone tra 20 e 64 anni); abbandono scolastico inferiore al 10%; sottrazione di almeno 20 milioni di persone alla povertà e all'esclusione sociale. Le finalità proprie di “Garanzia giovani” sono finanziate dal Fondo sociale europeo con il quale l’UE integra le spese nazionali a favore di questi sistemi nonché dall'”Iniziativa per l'occupazione giovanile” (IOG, con una dotazione di 6,4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020) che punta a fornire un sostegno supplementare ai giovani di età inferiore ai 25 anni che vivono in regioni in cui la disoccupazione giovanile superava nel 2012 il 25%. Si segnala che il Regolamento UE 2015/779 del maggio 2015 ha aumentato al 30% il prefinanziamento iniziale dalla dotazione specifica. Entro il 23 maggio 2016 gli Stati membri possono presentare domande di pagamento intermedio in cui il contributo dell'Unione dall'IOG sia pari ad almeno il 50% del prefinanziamento iniziale supplementare. Ove il termine non venga rispettato sono tenuti a rimborsare alla Commissione l'importo totale del prefinanziamento iniziale supplementare.

“Garanzia giovani” è rivolta, in particolare, ai giovani che non si trovano né in situazione lavorativa, né seguono un percorso di studi o formativo (NEET), inclusi i disoccupati di lunga durata e quelli che non sono iscritti presso i servizi per l’impiego.

Il fenomeno NEETL'attuazione della Garanzia per i giovani è stata identificata come un'iniziativa ad elevata priorità dagli accordi di partenariato che, adottati dalla Commissione per tutti gli Stati membri, definiscono il quadro strategico per l'attuazione dei Fondi strutturali e di investimento europei nel periodo 2014-2020 in ciascuno Stato membro. L'attuazione della garanzia per i giovani ha preso avvio in tutti gli Stati membri che hanno presentato piani completi rispettando le scadenze fissate dal Consiglio europeo. Rispetto ad altre riforme strutturali in Europa, la garanzia per i giovani è probabilmente tra quelle di più rapida attuazione. Per fondare i sistemi di garanzia per i giovani su dati credibili e consentire il monitoraggio e il miglioramento costante, il comitato per l'occupazione ha sviluppato un quadro di indicatori per il monitoraggio della garanzia per i giovani che ha ricevuto il sostegno politico dei ministri del Lavoro al Consiglio EPSCO dell'11 dicembre 2014.

Fenomeno peculiare nell’ambito dell’impoverimento del panorama socio-economico è quello comunemente noto come NEET, l'acronimo inglese di "Not (engaged) in Education, Employment or Training", riferito alle persone che non risultano impegnate nello studio, nel lavoro e nella formazione. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, a livello unionale il fenomeno è in leggera remissione e nel 2015 si registra un calo di mezzo punto. Tuttavia è da segnalare la situazione di Grecia e Italia dove oltre un quarto dei giovani tra 15 e 34 anni non risulta impegnato in alcuna attività, anche se negli ultimi due anni si è registrato un certo calo (nel caso della Grecia, anche in considerazione della nota crisi economica che l’ha colpita, la diminuzione dei NEET è stata marcata: il loro numero si è ridotto del -3,7%). Per altro gli sviluppi positivi NEET non sembrano essere condivisi da tutti gli individui di questo gruppo: infatti il gruppo di NEET “inattivi” non ha, sostanzialmente, modificato il proprio trend nei diversi paesi. Questo modello può essere osservato in quasi tutti gli Stati membri, con una percentuale di NEET “inattivi” che va da poco meno del 3% nei Paesi Bassi, a circa il 12% in Romania e in Italia e al 14,3% in Bulgaria. Così, mentre gli effetti di un miglioramento dell'economia mostrano buoni risultati per NEET “disoccupati”, la situazione per i NEET “inattivi” è ancora in stasi[20].

 

 

 

 

 

 

Quota di giovani (età 15-34 anni) che non lavorano, non studiano o non seguono attività di formazione (NEET)

2010

2011

2012

2013

2014

2015

UE-28

16,4

16,6

17,1

17,1

16,6

16,1

EA-19

16,6

16,7

17,3

17,5

17,1

16,6

Austria

10,2

9,6

9,0

9,8

10,0

9,9

Belgio

13,7

14,5

15,1

15,6

14,8

15,5

Bulgaria

24,0

25,6

25,4

26,1

24,7

23,0

Cipro

12,9

15,0

17,4

20,3

19,5

18,7

Croazia

18,2

20,4

21,7

23,2

22,2

21,2

Danimarca

8,0

8,4

8,7

8,2

8,1

8,4

Estonia

19,4

16,6

16,5

15,3

15,2

13,3

Finlandia

11,5

11,1

11,5

12,1

12,9

13,1

Francia

15,4

15,6

16,1

14,7

15,2

15,8

Germania

12,4

11,3

10,9

10,4

10,4

10,2

Grecia

20,4

25,0

29,1

30,8

29,5

27,1

Irlanda

22,0

22,8

22,1

20,0

18,9

17,6

Italia

23,3

23,7

24,8

27,2

27,4

26,9

Lettonia

21,4

20,2

18,2

16,3

16,6

14,7

Lituania

18,4

16,1

15,3

14,1

13,5

12,6

Lussemburgo

7,7

7,4

8,4

8,5

8,1

8,4

Malta

14,9

14,2

14,1

13,7

13,7

13,1

Paesi Bassi

6,7

7,0

7,7

8,8

8,8

8,1

Polonia

15,9

16,4

16,9

17,4

16,7

15,8

Portogallo

14,2

14,2

16,6

17,1

15,2

13,5

Regno Unito

15,2

15,8

15,5

15,0

13,7

13,2

Repubblica Ceca

15,7

15,0

15,8

15,6

15,0

14,9

Romania

19,2

20,0

20,1

20,5

20,0

21,1

Slovacchia

20,9

20,9

21,2

21,5

21,4

19,9

Slovenia

9,6

9,6

11,8

13,2

13,6

12,5

Spagna

20,9

21,7

23,6

24,0

22,4

20,9

Svezia

8,3

7,9

8,3

7,9

7,7

7,4

Ungheria

20,6

20,2

20,9

20,4

18,1

16,9

Fonte: Eurostat, agg. 29 aprile 2016, dati estratti il 9 giugno 2016

 

 

 

 

 

 

 

NEET% età 15-34 anni, periodo 2010-2015

Elaborazione su dati eurostat, agg. 29/4/16)

 

 

 

 

Disoccupazione di lungo periodo

Dopo sei anni di crescita contenuta e bassa domanda di lavoro la disoccupazione rimane elevata in particolare tra i disoccupati di lungo periodo. La disoccupazione di lungo periodo (più di un anno)[21] è raddoppiata rispetto al 2007 e rappresenta la metà della disoccupazione totale: essa colpisce 12,1 milioni di persone, pari al 5% della popolazione attiva dell'UE, il 62% delle quali nel 2014 era senza lavoro da almeno due anni consecutivi[22].

 

 

 

 

 

 

Tasso generale disoccupazione di lungo periodo e di tasso disoccupazione di lungo periodo giovanile,%, 2000-2014

Fonte: Eurostat

 

A livello di UE, la disoccupazione di lunga durata è rimasta a livelli molto elevati nel 2013 e nel 2014, contrariamente al trend della disoccupazione di breve periodo (v. figure sottostanti). Ben più preoccupante è l’incidenza della disoccupazione di lungo periodo se considerata in rapporto al numero dei disoccupati: in questo caso, di fatto, un disoccupato su due è di lungo periodo e il relativo tasso, espresso in percentuale sul numero dei disoccupati, nel 2014 era pari, nell’area UE-28, al 49,5 per cento e, nell’EA-19, al 52,5 per cento (in netto aumento sul 2012 quando erano pari, rispettivamente, al 44,5 per cento e al 46,5 per cento). Il dato evidenzia un aumento generalizzato; tra i paesi più grandi si registra una leggera controtendenza per la Germania con un meno 1,1 per cento nel biennio.

La disoccupazione di lungo periodo, infatti, riguarda gli Stati membri in misura disuguale a seconda dell'impatto della crisi, della situazione macroeconomica, della struttura economica e del funzionamento dei mercati nazionali del lavoro. Essa colpisce una serie di persone caratterizzate in generale da una bassa occupabilità, molte delle quali si trovano ad affrontare molteplici difficoltà. I lavoratori con un livello basso di competenze o qualifiche e i cittadini di paesi terzi hanno una probabilità due volte maggiore di trovarsi in una situazione di disoccupazione di lungo periodo. Anche le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate, come i rom, sono colpite in modo molto più accentuato rispetto al resto della popolazione.

Tassi di disoccupazione a lungo termine e percentuale tra disoccupati, UE-28

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Eurostat

L'evoluzione della disoccupazione breve termine (STU) contro la disoccupazione di lungo periodo (LTU), 2008-2014

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Eurostat LFS [lfsa_upgan]; nota: età 25-74 anni

 

La disoccupazione di lungo periodo può portare alla povertà e all'esclusione sociale. Essa rende inoltre più probabile che i bambini delle famiglie di disoccupati diventino poveri a loro volta, poiché è stato dimostrato che tra i figli dei disoccupati i risultati scolastici sono peggiori. Trovare un posto di lavoro permetterebbe di uscire dalla povertà sia ai lavoratori interessati che alle loro famiglie, dal momento che la metà delle persone che trovano un impiego sfugge al rischio di povertà.

 

Tasso di disoccupazione di lunga durata 2012- 2014 (%) in rapporto al numero di disoccupati

 

2012

2013

2014

UE-28

44,5

47,3

49,5

EA-19

46,5

49,7

52,5

Germania

45,4

44,7

44,3

Spagna

44,4

49,7

52,8

Francia

40,0

40,5

42,8

Italia

53,2

56,9

61,4

Polonia

40,3

42,5

42,7

Regno Unito

34,7

36,2

35,8

 

Tasso di disoccupazione di lunga durata 2012- 2014 (%) in rapporto al numero della popolazione attiva

 

2012

2013

2014

UE-28

4,7

5,1

5,1

EA-19

5,3

6,0

6,1

Germania

2,4

2,3

2,2

Spagna

11,0

13,0

12,9

Francia

3,9

4,2

4,4

Italia

5,7

6,9

7,8

Polonia

4,1

4,4

3,8

Regno Unito

2,7

2,7

2,2

Fonte: Eurostat

 

 

In questo contesto, la Commissione europea ha avanzato una proposta di raccomandazione del Consiglio (COM(2015)462), proposta adottata dal Consiglio con Raccomandazione del 15 febbraio 2016 (GU C 67 del 20 febbraio 2016) che consiste nel fornire agli Stati membri indicazioni sull'erogazione di servizi al fine di aumentare il tasso di transizione dalla disoccupazione di lungo periodo all'occupazione. La raccomandazione definisce azioni specifiche per rafforzare il sostegno personalizzato a favore dei disoccupati di lungo periodo, attuato a cura dei servizi sociali e per l'impiego. Sostanzialmente raccomanda agli Stati membri: di sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e dare un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento, tra l’altro tramite un più stretto legame con i datori di lavoro; di fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; di offrire un accordo di inserimento lavorativo specifico quando i disoccupati abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. Per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra un disoccupato di lungo periodo registrato e un punto di contatto unico avente l’obiettivo di facilitare la transizione dell’interessato verso l’occupazione sul mercato del lavoro.

Disoccupa-zioneDopo la crisi esplosa nel 2007, la disoccupazione sta lentamente diminuendo, ma la disoccupazione di lunga durata, nonché la quota di giovani che non lavorano, studiano o seguono attività di formazione (NEET) rimane elevata. Inoltre, anche se l'Europa si è dotata di uno dei più avanzati sistemi di Welfare, circa un quarto della popolazione dell'UE – 122 milioni di persone – è a rischio di povertà o di esclusione sociale, e i bambini sono tra i più vulnerabili.

 

5. Gli effetti della crisi sul reddito e sulla sua distribuzione

La crisi economico finanziaria, oltre a produrre una contrazione del PIL che nell’area euro è stata partyicolarmente vistosa e che per alcuni paesi ha assunto dimensioni assai rilevanti, ha anche aggravato i divari tra i diversi Stati membri.

Il PIL procapite nell’Unione europea

PIL procapite, potere d’acquisto standard, in euro

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

UE-28

100

100

100

100

100

100

100

100

100

EA-19

108

108

108

108

108

107

107

107

106

Austria

123

124

125

126

127

131

131

129

127

Belgio

115

114

116

119

119

120

120

118

117

Bulgaria

42

45

46

45

45

46

46

47

46

Cipro

100

105

105

102

96

91

84

82

81

Croazia

61

63

61

59

59

60

59

59

58

Danimarca

121

123

122

126

125

126

126

125

124

Estonia

68

68

62

63

69

74

75

76

74

Finlandia

117

120

116

115

116

115

113

110

108

Francia

107

106

107

108

108

107

108

107

106

Germania

117

118

116

121

124

124

124

126

125

Grecia

92

94

94

87

77

74

74

73

71

Irlanda

146

132

129

130

132

131

131

134

145

Italia

105

105

104

103

102

101

98

96

95

Lettonia

60

60

52

52

56

60

62

64

64

Lituania

60

63

56

60

65

70

73

75

74

Lussemburgo

259

255

247

254

263

258

264

266

271

Malta

78

80

84

86

84

84

86

86

89

Paesi Bassi

137

139

137

134

134

132

132

131

129

Polonia

53

54

59

62

64

66

67

68

69

Portogallo

79

79

81

81

78

77

77

78

77

Regno Unito

117

114

112

108

106

107

108

109

110

Repubblica Ceca

83

81

83

81

83

82

83

84

85

Romania

41

48

49

50

51

54

54

55

57

Slovacchia

67

71

71

73

73

74

76

77

77

Slovenia

87

89

85

83

82

81

80

82

83

Spagna

103

101

101

97

94

92

91

91

92

Svezia

127

126

122

125

126

127

124

123

123

Ungheria

61

63

64

65

65

65

66

68

68

Fonte Eurostat [tec00114], agg. 20 giugno 2016

 

Mentre il PIL procapite, a parità di potere d’acquisto, della Germania è passato dal 117% al 125% di quello medio UE, quello italiano è passato da 105% a 95%, quello spagnolo da 103% a 92% e quello greco da 92% a 71%:

 

PIL procapite, ai prezzi di mercato, in euro

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

UE-28

25.900

26.000

24.400

25.400

26.100

26.500

26.700

27.500

28.700

EA-19

28.400

28.900

27.800

28.500

29.200

29.200

29.500

29.900

30.700

Austria

34.000

35.100

34.300

35.200

36.800

37.600

38.100

38.500

39.100

Belgio

32.500

33.100

32.300

33.500

34.500

35.000

35.400

35.900

36.500

Bulgaria

4.300

5.000

5.000

5.100

5.600

5.700

5.800

5.900

6.100

Cipro

22.800

23.900

22.900

23.000

23.000

22.500

21.000

20.400

20.600

Croazia

10.200

11.200

10.500

10.500

10.400

10.300

10.200

10.200

10.400

Danimarca

42.800

43.900

41.700

43.500

44.200

45.200

45.500

46.200

46.900

Estonia

12.100

12.300

10.600

11.000

12.500

13.600

14.400

15.200

15.600

Finlandia

35.300

36.500

33.900

34.900

36.500

36.900

37.400

37.600

37.800

Francia

30.400

31.000

30.000

30.800

31.500

31.800

32.100

32.200

32.800

Germania

31.000

31.700

30.600

32.100

33.700

34.300

35.000

36.000

37.100

Grecia

21.100

21.800

21.400

20.300

18.600

17.300

16.500

16.300

16.200

Irlanda

44.800

41.700

37.300

36.400

38.000

38.100

39.000

41.000

46.200

Italia

27.400

27.600

26.400

26.800

27.300

26.700

26.500

26.500

26.900

Lettonia

10.300

11.200

8.700

8.500

9.800

10.800

11.300

11.800

12.300

Lituania

9.000

10.200

8.500

9.000

10.300

11.200

11.800

12.400

12.800

Lussemburgo

76.500

77.000

72.800

77.900

81.300

82.000

85.300

87.600

91.600

Malta

14.200

15.000

14.900

15.900

16.500

17.200

18.100

18.900

20.400

Paesi Bassi

37.400

38.900

37.400

38.000

38.500

38.500

38.700

39.300

40.100

Polonia

8.200

9.500

8.200

9.400

9.900

10.100

10.200

10.700

11.100

Portogallo

16.600

16.900

16.600

17.000

16.700

16.000

16.300

16.700

17.300

Regno Unito

35.400

30.900

26.800

28.900

29.500

32.200

31.900

34.900

39.500

Repubblica Ceca

13.400

15.400

14.100

14.900

15.600

15.300

14.900

14.700

15.600

Romania

6.000

6.900

5.900

6.300

6.600

6.700

7.200

7.500

8.100

Slovacchia

10.400

12.200

11.800

12.400

13.000

13.400

13.600

13.900

14.400

Slovenia

17.400

18.800

17.700

17.700

18.000

17.500

17.400

18.100

18.700

Spagna

23.900

24.300

23.300

23.200

22.900

22.300

22.100

22.400

23.300

Svezia

39.000

38.200

33.300

39.400

42.900

44.500

45.400

44.400

45.400

Ungheria

10.100

10.700

9.300

9.800

10.100

10.000

10.200

10.600

11.100

Fonte Eurostat [tec00114], agg. 7 giugno 2016

Trasformazio-ne dei mercati del lavoro e nuovi modi di lavorare
 


È aumentata la segmentazione dei mercati del lavoro tra categorie di lavoratori, quelli più e quelli meno protetti, e la persistenza di offerte di lavoro in determinati settori e regioni che, nonostante l'alto tasso di disoccupazione, non trovano soddisfazione per carenza di competenze[23].

Divergenti livelli di prestazioni sociali possono gravare pesantemente sull’assetto dei paesi dell’aera euro. Durante la crisi, la capacità di adeguamento dei diversi Stati membri dell'EA-19 si è mostrata debole o comunque limitata. Ciò ha contribuito ad aumentare le differenze tra i paesi di questa area in materia di occupazione e di disparità sociali e ha sottoposto a dura prova la capacità di resilienza nonché la stabilità della zona euro nel suo complesso. Negli ultimi anni, gli Stati membri della zona euro hanno convenuto un più rigoroso coordinamento delle politiche economiche e fiscali, ma tale più profonda integrazione all'interno dell'Unione economica e monetaria deve necessariamente comprende anche una dimensione sociale. 

 

La crisi economica e finanziaria ha generalmente decelerato il processo di convergenza all’interno dell’UE in materia di occupazione

Tasso di occupazione: differenze per aree geograficheTasso di occupazione, in EU28 e altri raggruppamenti territoriali, 2000-2015,% sul gruppo di età 15-64 anni [Fonte: Eurostat. Nota: basato su dati relativi al primo trimestre 2015]

 

Come evidenziato nel Rapporto dei cinque Presidenti il completamento dell’Unione economica e monetaria, in una area della moneta unica, passa anche attraverso la necessità di costruire meccanismi di regolazione, di ammortizzazione e di capacità di assorbimento dei mercati del lavoro degli Stati membri. Migliorare la convergenza tra un solido mercato del lavoro e le infrastrutture sociali può facilitare la resilienza, la coesione sociale oltre che concorrere ad un aggiustamento macroeconomico nell'EA-19. 

La proposta del Governo italiano di un fondo contro la disoccupazioneA questo proposito, si ricorda che il Ministro dell’economia italiano, Pier Carlo Padoan, nel quadro della costruzione di un sistema di stabilizzatori comuni per  reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno completato le rispettive riforme strutturali, ha presentato il progetto per l’istituzione di un fondo europeo di assicurazione contro la disoccupazione (European unemployment insurance scheme). La proposta viene richiamata, sia pure in forma più generica, anche nel documento sul futuro dell’integrazione europea che il Governo italiano ha presentato alle Istituzioni UE il 22 febbraio scorso.

Il fondo, la cui istituzione non richiederebbe modifiche dei Trattati vigenti, avrebbe le seguenti caratteristiche:

-       verrebbe attivato in caso di incrementi del tasso di disoccupazione di una certa rilevanza;

-       costituirebbe una misura di sostegno minimo, eventualmente integrato da misure nazionali;

-       l’accesso al fondo sarebbe subordinato a condizioni di attivazione/ricerca di lavoro, imprimendo così un'accelerazione all’armonizzazione dei servizi per l’impiego e ai progressi nella portabilità dei diritti sociali e delle qualifiche;

-       verrebbe amministrato da un unico soggetto (ad esempio, la Commissione europea) in coordinamento con le autorità nazionali. Le parti sociali nazionali ed europee parteciperebbero alla definizione delle caratteristiche e al monitoraggio;

-       verrebbe inizialmente alimentato da risorse degli Stati membri. In prospettiva, potrebbe essere finanziato da nuove risorse proprie dell’UE ed evolvere in un vero Fondo di stabilizzazione con possibilità di emissioni e funzioni più ampie.

 

6. Disuguaglianze

Nelle analisi prevalenti, la disuguaglianza produce effetti negativi sulla crescita. Le politiche a favore dell’uguaglianza si rivelano più efficaci ai fini della crescita quando favoriscono: la partecipazione delle donne, la promozione dell'occupazione e la creazione di posti di lavoro di buona qualità, le competenze e l'istruzione, misure fiscali e trasferimenti equi (rapporto OSCE “In It Together: Why Less Inequality Benefits All”, 2015).

In quasi la metà dei paesi dell'UE, tra il 2007 e il 2012, le disparità di reddito tra le famiglie europee è aumentato. La disoccupazione, in particolare, è stata un fattore chiave della crescente disuguaglianza durante la crisi. La crescente polarizzazione tra posti di lavoro ben pagati e a bassa paga contribuisce all’ampliamento del divario reddituale e alla diseguaglianza. 

 

 

Indice di Gini La tabella inserita tra due pagine (Tabella 1.A.1) contiene dati OCSE sulla distribuzione del reddito. I dati si riferiscono alla popolazione totale e si basano sul reddito disponibile delle famiglie. Il coefficiente di Gini assume valori tra 0 (in cui ogni persona ha lo stesso reddito) e 1 (dove tutto il reddito va a una sola persona). Il rapporto tra decili di reddito, detto anche rapporto S90/S10, misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito calcolata come rapporto tra il reddito totale percepito dal 10% della popolazione con il reddito più alto (decile superiore) e quello percepito dal 90% della stessa popolazione con il reddito più basso (decile inferiore). La soglia di povertà è il 50% del reddito mediano disponibile in ogni paese. Per lavoratori poveri si intendono quelli con reddito sotto la soglia di povertà, che vivono in famiglie con una persona in età di lavoro e con almeno un lavoratore.

 

 

 

 

 

La disparità di reddito varia notevolmente tra i paesi OCSE e le economie emergenti - Livello di disuguaglianza (Gini coefficient), 2013 o ultimo dato disponibile

 

Rischio povertà e esclusione socialeLa crisi ha modificato notevolmente la dinamica della disuguaglianza e ha colpito le diverse fasce della popolazione in modi diversi. Mentre in media il rapporto S80/S20[24] è rimasto sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2013 nell’UE-27 (con una crescita dello 0,2 per cento nel 2014), emergono una certa dispersione e un crescente divario in termini di disuguaglianza tra gli Stati membri. La disuguaglianza, tra il 2013 e il 2014, è rimasta stabile ovvero è cresciuta in quasi tutti gli Stati membri (salvo che Francia, Croazia, Lussemburgo, Ungheria e Malta). Nonostante i recenti miglioramenti, la disuguaglianza continua ad essere un problema particolarmente preoccupante anche in Bulgaria, Estonia, Grecia, Spagna, Lettonia, Lituania, Portogallo e Romania, che hanno un rapporto tra quintili maggiore di 6.

Obiettivo di Europa 2020: ridurre la quota di popolazione a rischio povertàIl tasso di rischio di povertà e di esclusione sociale è aumentato in modo significativo, con differenze crescenti tra gli Stati membri. Tra l’inizio della crisi, nel 2008, e il 2014, il numero di europei a rischio di povertà o di esclusione sociale è salito di 4,7 milioni, raggiungendo una percentuale del 24,5 per cento della popolazione UE-28 nel 2014. L’andamento dei tassi di rischio di povertà o di esclusione sociale nel biennio 2013-2014 ha registrato un leggero miglioramento nell’UE-28, così come nella maggior parte degli Stati membri, in particolare Bulgaria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Slovacchia.

Obiettivo della Strategia Europa 2020 è di sottrarre almeno 20 milioni di persone al rischio di cadere o restare in situazione di povertà ed emarginazione sociale.

 

 



Disuguaglianza nella distribuzione del reddito (rapporto tra quintili di reddito), 2013-2014 (Fonte: Eurostat, Code: tessi180, (SILC))

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE – a rischio di povertà o esclusione sociale, anni 2013-2014 (Fonte: Eurostat, Code: t2020_50, (UE-SILC))

 

 

 



Rischio povertàNel 2014 era considerato a rischio povertà e esclusione sociale, ai fini della verifica dello stato di attuazione della Strategia 2020, il 24,4% della popolazione dell'UE-28. Tale percentuale, calcolata come media ponderata dei dati nazionali, nasconde rilevanti differenze tra gli Stati membri dell'UE. In tre Stati membri, ossia Bulgaria (40,1%), Romania (39,5%) e Grecia (36%), oltre un terzo della popolazione era considerato a rischio povertà e esclusione sociale. La quota meno elevata di persone a rischio di povertà era registrata nella Repubblica ceca (14,8%), nei Paesi Bassi (16,5%) e in Svezia (16,9%), comunque in crescita rispetto al 2013. La tabella che segue riporta le percentuali di rischio di povertà per ciascuno Stato membro.

 

Anno 2014

%

Anno 2014

%

UE-28

24,4

Lettonia

32,7

EA-19

23,5

Lituania

27,3

Austria

19,2

Lussemburgo

19,0

Belgio

21,2

Malta

23,8

Bulgaria

40,1

Paesi Bassi

16,5

Cipro

27,4

Polonia

24,7

Croazia

29,3

Portogallo

27,5

Danimarca

17,9

Regno Unito

24,1

Estonia

26,0

Repubblica Ceca

14,8

Finlandia

17,3

Romania

39,5

Francia

18,5

Slovacchia

18,4

Germania

20,6

Slovenia

20,4

Grecia

36,0

Spagna

29,2

Irlanda

27,6

Svezia

16,9

Italia

28,3

Ungheria

31,8

Fonte: Eurostat, ilc_peps01, agg. dati 7 giugno 2016

 

 

Alcuni gruppi sociali sono più esposti di altri al rischio di povertà in termini monetari. Nel 2014 il differenziale tra il tasso di rischio di povertà (dopo i trasferimenti sociali) per i due sessi nell'UE-28 era relativamente contenuto: 16,7% per gli uomini e 17,7% per le donne. Il divario maggiore (di 3,2 punti percentuali) è stato osservato in Estonia. Nel 2014 anche Italia (2,1%), Lettonia (3%), Lituania e Cipro (2,5%) nonché Svezia (2,4%) hanno registrato tassi di rischio di povertà per le donne superiori di almeno 2,0 punti percentuali rispetto a quelli per gli uomini. Per contro, in sei Stati membri dell'UE (Danimarca, Grecia, Spagna, Polonia, Romania e Slovacchia) il tasso di rischio di povertà era lievemente superiore per gli uomini rispetto alle donne.

Rischio povertà: differenze per sesso 


Persone a rischio povertà per paese, disaggregazione per età e sesso, 2014,% sulla popolazione

Fonte Eurostat

 

Rischio povertà: differenze per condizione lavorativaIl differenziale tra i tassi di povertà (dopo i trasferimenti sociali) aumenta se la popolazione viene classificata secondo la condizione lavorativa (cfr. tabella seguente). Un gruppo particolarmente vulnerabile è costituito dai disoccupati: nel 2014 quasi la metà (47,4%) dei disoccupati nell'UE-28 era esposta al rischio di povertà, con il tasso di gran lunga più elevato in Germania (67,6%) e Lituania (62,6%), mentre in altri sette Stati membri (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Regno Unito, Romania e Ungheria) era a rischio di povertà più della metà dei disoccupati. Nell'UE-28 più di un pensionato su dieci (10,7%) era esposto al rischio di povertà nel 2014: nei paesi baltici (Estonia 36,7%, Lituania 27,8% e Lettonia 26,4%) sono stati registrati tassi più che doppi rispetto alla media dell'UE-28. Il rischio di povertà è molto inferiore tra gli occupati (una media del 9,6% nell'intera UE-28). Percentuali relativamente elevate di occupati a rischio di povertà sono state registrate in Romania (19,7%) e, in misura minore, in Grecia (13,2%) e Spagna (12,6%), mentre Estonia, Italia, Lussemburgo, Polonia e Portogallo sono sostanzialmente in linea con la media dell’UE rilevavando che, nel 2014, più di un occupato su dieci era esposto al rischio di povertà.

 

Tassi di povertà classificati secondo la condizione lavorativa (%) – anno 2014

Totale Popolazione

Occu-pati

Non occupati

Disoccu-pati

Pensio-nati

Altri inattivi

UE-28

17,2

9,6

30,5

47,4

10,7

28,3

EA-19

17,5

9,4

30,7

47,0

10,3

27,3

Austria

12,9

7,2

24,9

44,7

14,9

25,2

Belgio

14,6

4,8

30,3

43,2

6,7

31,2

Bulgaria

18,9

9,3

34,1

50,5

13,0

28,2

Cipro

13,2

7,8

21,0

32,7

9,9

16,1

Croazia

18,0

5,7

30,3

43,0

15,6

27,0

Danimarca

13,3

4,9

28,6

28,1

9,0

31,3

Estonia

19,5

11,8

36,0

54,7

36,7

31,3

Finlandia

12,4

3,7

28,4

46,4

7,1

25,5

Francia

13,4

8,0

22,7

31,4

5,7

26,6

Germania

17,3

9,9

34,3

67,6

22,4

26,7

Grecia

23,2

13,2

32,6

46,0

6,8

31,2

Irlanda

16,6

5,5

30,7

35,7

17,7

29,8

Italia

19,8

11,1

31,3

48,2

7,0

28,1

Lettonia

17,6

8,3

35,5

53,4

26,4

28,7

Lituania

17,8

8,4

35,1

62,6

27,8

24,7

Lussemburgo

16,2

11,1

26,1

50,1

2,4

26,8

Malta

13,8

5,7

25,8

48,7

17,4

24,3

Paesi Bassi

12,5

5,3

27,4

36,7

20,4

25,4

Polonia

16,7

10,7

26,5

42,9

8,4

26,2

Portogallo

19,4

10,7

32,0

40,6

11,2

31,9

Regno Unito

15,8

8,6

33,6

57,7

18,4

31,6

Repubblica Ceca

9,1

3,6

19,7

47,8

6,0

14,8

Romania

24,4

19,7

32,7

51,3

10,2

41,8

Slovacchia

12,5

5,7

25,2

48,8

7,8

17,1

Slovenia

13,8

6,4

24,4

45,4

11,8

19,7

Spagna

23,3

12,6

36,1

48,1

6,5

27,3

Svezia

14,6

7,8

35,7

41,1

19,6

36,5

Ungheria

15,0

6,7

26,2

54,2

5,9

23,5

Fonte: Eurostat (SILC) [ilc_li04], dati aggiornati al 7 giugno 2016

 

Rischio povertà: differenze per condizione familiareI tassi di rischio di povertà sono distribuiti non uniformemente tra tipologie familiari a seconda della loro composizione tra numero di adulti e figli a carico, come si può osservare nella tabella che segue. Per quanto riguarda l'UE-28 nel suo complesso, le famiglie costituite da una sola persona con figli a carico rappresentano il gruppo maggiormente esposto al rischio di povertà (32,5%), seguite da quelle con due adulti e tre o più figli a carico (26,6%) e da quelle costituite da un solo adulto (26,9%). Al contrario, le persone che vivono in una famiglia con due adulti, di cui almeno uno di età uguale a superiore ai 65 anni (10,2%), seguite da quelle che vivono in una famiglia con due o più adulti senza figli a carico (10,9%) o in una famiglia con due adulti e un figlio a carico (13,6%) sono quelle meno esposte al rischio di povertà. In sintesi, maggiore è il numero dei figli a carico in una famiglia (con due adulti o una sola persona), maggiore è il rischio di povertà. Questo è all'incirca il quadro che si presenta nella maggior parte degli Stati membri, seppur con alcune eccezioni. In Bulgaria, Romania, Spagna, Polonia, Grecia, Ungheria, Croazia e Regno Unito le famiglie maggiormente a rischio sono quelle composte da due adulti con tre o più figli a carico. Inoltre, in Danimarca, Finlandia, Germania, Estonia, Slovenia, Croazia e Lettonia la percentuale delle famiglie a rischio di povertà costituite da una sola persona senza figli a carico è superiore a quella delle famiglie composte da un solo adulto con figli a carico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tassi di rischio di povertà per tipologie familiari – Anno 2014

Famiglie senza figli a carico

Famiglie con figli a carico

 

Singolo adulto

Due adulti di cui uno con 65 anni o più

Due o più adulti senza figli a carico

Singolo adulto con figli a carico

Due adulti con un figlio a carico

Due adulti con tre o più figli a carico

UE-28

25,1

10,2

10,9

32,5

13,6

26,9

EA-19

25,1

10,1

10,9

34,0

14,0

22,9

Austria

23,6

11,7

11,1

31,6

7,3

29,6

Belgio

22,4

14,1

10,9

36,4

10,3

20,0

Bulgaria

31,0

16,3

14,8

42,9

16,2

78,9

Cipro

26,5

20,8

18,5

27,9

12,8

14,5

Croazia

31,2

21,5

20,5

29,6

14,2

31,3

Danimarca

27,2

6,0

6,4

13,0

7,9

12,4

Estonia

49,4

13,0

14,8

37,2

20,0

23,6

Finlandia

32,0

4,7

6,8

20,7

5,6

12,2

Francia

17,0

5,9

6,9

35,5

12,2

19,1

Germania

32,9

11,4

11,5

29,4

11,5

14,0

Grecia

22,6

11,3

14,3

27,8

22,6

32,4

Irlanda

23,5

10,2

10,1

34,4

10,3

19,7

Italia

23,0

10,6

12,3

37,5

15,3

31,8

Lettonia

42,2

15,9

16,3

41,1

12,1

27,7

Lituania

34,9

7,1

10,3

46,0

20,1

39,8

Lussemburgo

15,3

3,8

6,7

44,6

15,0

32,4

Malta

20,4

21,2

16,0

46,3

10,8

44,4

Paesi Bassi

20,6

5,1

7,1

25,6

8,5

17,8

Polonia

20,3

7,7

11,0

27,6

10,8

35,8

Portogallo

23,1

13,1

15,1

38,4

15,4

38,4

Regno Unito

27,1

13,6

11,5

28,6

13,6

30,8

Repubblica Ceca

15,4

3,7

5,8

35,9

8,0

24,0

Romania

26,0

8,8

12,2

30,7

15,7

73,1

Slovacchia

15,7

4,9

7,5

30,6

13,2

28,4

Slovenia

33,0

8,9

11,3

27,4

14,7

15,4

Spagna

20,7

13,0

14,8

42,0

20,2

44,1

Svezia

33,6

6,0

7,3

33,7

10,2

16,9

Ungheria

12,9

4,1

8,6

32,4

13,9

33,0

Fonte: Eurostat (SILC) [ilc_li03], dati aggiornati al 7 giugno 2016


 

 


 

 

Consultazione pubblica sul pilastro europeo dei diritti sociali

La Consultazione pubblica sul Pilastro europeo dei diritti sociali è destinata ai cittadini, alle organizzazioni e alle amministrazioni pubbliche. Il periodo in cui sarà possibile partecipare alla consultazione va dall’8 marzo 2016 al 31 dicembre 2016; il processo consultivo è volto a fornire le basi affinché la Commissione formuli una proposta definitiva relativa al Pilastro all'inizio del 2017. Persegue i seguenti obiettivi:

·        effettuare una valutazione dell’attuale acquis sociale dell'Unione per determinare in quale misura i diritti vigenti sono esercitati, se sono ancora pertinenti oppure se si debbano considerare nuovi modi di formularli;

·        riflettere sui nuovi sviluppi dell'organizzazione del lavoro e delle società derivanti dagli effetti delle nuove tecnologie, dalle tendenze demografiche o da altri fattori importanti per la vita lavorativa e le condizioni sociali;

·        raccogliere opinioni e osservazioni sul ruolo del Pilastro europeo dei diritti sociali come parte di un’Unione economica e monetaria più profonda e più equa. Ciò servirà per discutere il ruolo del Pilastro, il suo campo di applicazione e il suo contenuto nonché per riflettere sulle esigenze specifiche della zona euro e discutere la specificità dei principi proposti. Infine, questo esercizio di riflessione dovrebbe aiutare gli Stati membri non appartenenti alla zona euro a decidere se aderire.

 

Le domande proposte dalla Commissione europea oggetto della consultazione sono le seguenti:

 

·         Sulla situazione sociale e sull'acquis sociale dell'UE

1. Quali sono secondo Lei le priorità più urgenti in campo sociale e nell'ambito dell'occupazione?

2. Come possiamo tenere presenti le diverse situazioni occupazionali e sociali in Europa?

3. Ritiene aggiornato l'acquis dell'UE e vi è spazio per ulteriori interventi dell'UE?

 

·         Sul futuro del lavoro e dei sistemi di protezione sociale:

4.    Quali tendenze secondo Lei produrranno importanti trasformazioni?

5.    Quali potrebbero essere i maggiori rischi e le principali opportunità correlati a tali tendenze?

6.    Vi sono pratiche a livello politico, istituzionale o di impresa (esistenti o emergenti) che raccomanderebbe come riferimenti?

 

·         Sul Pilastro europeo dei diritti sociali

7.    Condivide l'approccio qui delineato per la creazione di un Pilastro europeo dei diritti sociali?

8.    È d'accordo con il campo d'applicazione del Pilastro, i settori e i principi qui proposti? Vi sono aspetti non ancora espressi o non trattati adeguatamente?

9.    Quali settori e principi sono più importanti nell'ambito di una rinnovata convergenza per la zona euro?

10. Come dovrebbero essere espressi e resi operativi? In particolare, ravvisa opportunità e valore aggiunto nell'adozione di norme minime o parametri di riferimento in determinati settori, e se sì in quali?

Potranno anche essere espressi commenti su ogni settore e principio del Pilastro proposto compilando un questionario online più specifico presente sulla pagina web dedicata alla consultazione.

Tutti i contributi saranno pubblicati su Internet con l'indicazione dell'identità dell'autore, a meno che quest'ultimo non si opponga alla pubblicazione dei dati personali perché ritiene che ciò potrebbe ledere i suoi interessi legittimi. In tal caso, il contributo sarà pubblicato in forma anonima. In tutti gli altri casi, il contributo non sarà pubblicato e in linea di massima non si terrà conto del suo contenuto.

Nei mesi a venire la Commissione europea sarà impegnata in discussioni con le altre istituzioni dell'UE, le autorità e i parlamenti nazionali, i sindacati e le associazioni imprenditoriali, le ONG, i prestatori di servizi sociali, esperti del mondo accademico e con il pubblico. A livello nazionale la Commissione europea faciliterà il dibattito tramite le proprie rappresentanze negli Stati membri. Le parti sociali dell'UE potranno svolgere un ruolo attivo nella formulazione del Pilastro. La Commissione europea chiederà altresì il parere del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni.

 


 

Prima stesura del Pilastro dei diritti sociali

 

La comunicazione reca in allegato (Annesso 1) una prima stesura di massima del Pilastro europeo dei diritti sociali. Esso si ispira agli obiettivi e ai diritti sociali iscritti nel diritto primario dell'UE: il Trattato sull'Unione europea (TUE), il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nonché a pratiche a livello nazionale e a fonti internazionali del diritto.

Ad avviso della Commissione europea, il progetto del Pilastro è mirato a integrare i diritti esistenti precisando alcuni principi essenziali che dovrebbero diventare patrimonio comune degli Stati membri aderenti per l'attuazione della loro politica occupazionale e sociale, con un'attenzione particolare per le esigenze e le sfide cui deve far fronte la zona euro. Non costituisce, quindi, una mera enunciazione dei diritti esistenti. Una volta creato, il Pilastro dovrebbe diventare un quadro di riferimento per esaminare le performance occupazionali e sociali degli Stati membri aderenti, per stimolare le riforme a livello nazionale e più specificamente per fungere da bussola per una rinnovata convergenza nella zona euro.

Il testo del “Pilastro” è suddiviso in tre capitoli. Nell'ambito di questi tre capitoli sono stati identificati 20 settori d'intervento ai quali sono connessi differenti principi. Tali principi sono dettati da una serie di diritti già iscritti nell'acquis dell’Unione e da altre fonti di diritto pertinenti e definiscono con maggiore precisione le possibili modalità per renderli operativi. I capitoli sono questi:

     I.            Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, con i seguenti settori d’intervento: 1. Competenze, istruzione e apprendimento permanente; 2. Contratti di lavoro flessibili e sicuri; 3. Cambiamenti di professione in sicurezza; 4. Sostegno attivo all'occupazione; 5. Parità di genere ed equilibrio tra vita professionale e vita familiare; 6. Pari opportunità;

   II.            Condizioni di lavoro eque, con i seguenti settori d’intervento: 7. Condizioni di impiego; 8. Retribuzioni; 9. Salute e sicurezza sul luogo di lavoro; 10. Dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori;

  III.            Protezione sociale adeguata e sostenibile, con i seguenti settori d’intervento: 11. Prestazioni e servizi sociali integrati; 12. Assistenza sanitaria e prestazioni di malattia; 13. Pensioni; 14. Prestazioni di disoccupazione; 15. Reddito minimo; 16. Prestazioni di invalidità; 17. Assistenza di lunga durata; 18. Assistenza all'infanzia; 19. Alloggi; 20. Accesso ai servizi essenziali.

 

Per i suddetti settori di intervento la Commissione europea propone taluni principi citando, se del caso, i diritti corrispondenti nel diritto primario (qui riportati in parentesi):

1.       COMPETENZE, ISTRUZIONE E APPRENDIMENTO PERMANENTE: ogni persona ha accesso a istruzione e formazione di qualità durante tutta la vita per acquisire un livello adeguato di conoscenze di base e competenze chiave e partecipare attivamente alla società e al mondo del lavoro. I giovani poco qualificati e gli adulti in età lavorativa sono incoraggiati a migliorare le proprie competenze. (Art. 14 della Carta dei diritti fondamentali sul diritto di "Ogni persona [al] diritto all'istruzione e […] alla formazione professionale […]". – Artt. 165 e 166 TFUE: l'Unione attua una politica di formazione professionale e contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri, sostenendo ed integrando la loro azione).

2.       CONTRATTI DI LAVORO FLESSIBILI E SICURI: a - Si assicura parità di trattamento, a prescindere dal contratto di lavoro, a meno che la differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive. Va prevenuto l'uso improprio o l'abuso dei rapporti di lavoro precari e non permanenti. b - La flessibilità delle condizioni di impiego può agevolare l'ingresso nel mercato del lavoro e salvaguardare la capacità dei datori di lavoro di reagire rapidamente alle variazioni della domanda; si assicura però la transizione a contratti di lavoro a tempo indeterminato. (Art. 153 TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore delle condizioni di lavoro).

3.       CAMBIAMENTI PROFESSIONALI IN SICUREZZA: a - Ogni persona in età lavorativa ha accesso a un'assistenza individuale per la ricerca di lavoro ed è incoraggiata a ricevere formazione e migliorare le proprie competenze al fine di migliorare le prospettive di occupabilità o imprenditoriali e velocizzare il passaggio ad altro lavoro e professione. b - Si assicurano il mantenimento e la portabilità dei diritti a prestazioni sociali e a formazione accumulati nel corso della carriera, in modo da agevolare il passaggio ad altro lavoro e altra professione (Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la promozione dell'occupazione. - Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).

4.       SOSTEGNO ATTIVO ALL'OCCUPAZIONE: a - Tutti i giovani di età inferiore a 25 anni ricevono un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio entro quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale. b - Si assicura che i disoccupati di lungo periodo iscritti ricevano una valutazione individuale approfondita, orientamento e un accordo di reinserimento lavorativo con un'offerta individuale di servizi nonché l'indicazione di un punto di contatto unico al più tardi dopo 18 mesi di disoccupazione (Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la promozione dell'occupazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri per promuovere l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro).

5.       PARITÀ DI GENERE ED EQUILIBRIO TRA VITA PROFESSIONALE E VITA FAMILIARE: a - Si promuove la parità di genere nel mercato del lavoro e nell'istruzione, garantendo parità di trattamento in tutti i settori, compresa la retribuzione, contrastando gli ostacoli alla partecipazione femminile e prevenendo la segregazione occupazionale. b - Tutti i genitori e tutte le persone con responsabilità di assistenza hanno accesso a modalità adeguate di congedo per occuparsi di figli o altri familiari da assistere, e accesso a servizi di assistenza. Si incoraggia l'uso paritario dei congedi tra i sessi , anche con la concessione di congedi parentali retribuiti sia agli uomini sia alle donne. c - Di comune accordo tra datori di lavoro e lavoratori, sono offerte e incoraggiate modalità di lavoro flessibili, anche in relazione all'orario di lavoro, tenendo conto delle esigenze sia dei lavoratori sia dei datori di lavoro (Art. 33 Carta dei diritti fondamentali: "Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha il diritto di essere tutelata contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l'adozione di un figlio." – Art. 153 TFUE: l’Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nei settori dell'ambiente di lavoro, delle condizioni di lavoro e della parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro. – Art. 23 Carta dei diritti fondamentali: "La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato." – Art. 3 TUE: l'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni. – Art. 8 TFUE: l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra donne e uomini. – Art. 19 TFUE: l'Unione può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri in merito all'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e promuove la parità tra donne e uomini per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro).

6.       PARI OPPORTUNITÀ: La partecipazione al mercato del lavoro dei gruppi sottorappresentati è rafforzata assicurando parità di trattamento in tutti i settori, anche mediante la sensibilizzazione e la lotta contro le discriminazioni (Art. 21 Carta dei diritti fondamentali: "È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale." Art. 3 TUE: l'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni. – Art. 8 TFUE: l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne. – Art. 19 TFUE: l'Unione può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri in merito all'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e promuove la parità tra donne e uomini per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro).

7.       CONDIZIONI DI IMPIEGO: a - Ogni lavoratore è informato in forma scritta prima dell'inizio dell'impiego in merito ai diritti e agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro. b - Il periodo di prova, se previsto, ha una durata ragionevole; prima del suo inizio i lavoratori sono informati in merito alle relative condizioni. c - Il licenziamento di un lavoratore è motivato, preceduto da un periodo ragionevole di preavviso e comporta un'adeguato risarcimento, unitamente all'accesso a forme rapide ed efficaci di ricorso ad un sistema imparziale di risoluzione delle controversie (Art. 30 Carta dei diritti fondamentali: "Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali." Art. 153 TFUE: l'Unione adotta direttive che determinano le prescrizioni minime, e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore delle condizioni di lavoro e per la protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro).

8.       RETRIBUZIONI: Ogni impiego è retribuito equamente in modo da consentire un livello di vita dignitoso. Le retribuzioni minime sono fissate con un meccanismo trasparente e prevedibile in modo da salvaguardare l'accesso al lavoro e la motivazione a cercare lavoro. Le retribuzioni evolvono in linea con le variazioni della produttività, in consultazione con le parti sociali e conformemente alle pratiche nazionali.

9.       SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO: Si assicura un livello adeguato di protezione da tutti i rischi che possono presentarsi sul lavoro, con il debito sostegno all'attuazione, segnatamente nelle microimprese e nelle piccole imprese (Art. 31 Carta dei diritti fondamentali: "Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose." - Art. 153 TFUE: l'Unione adotta direttive che determinano le prescrizioni minime, e sostiene e completa l'azione degli Stati membri per il miglioramento dell'ambiente di lavoro per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori).

10.    DIALOGO SOCIALE E COINVOLGIMENTO DEI LAVORATORI: a - Le parti sociali sono consultate per l'elaborazione e l'attuazione delle politiche dell'occupazione e sociali. Esse sono incoraggiate a concludere accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel rispetto delle tradizioni nazionali, della loro autonomia e del diritto all'azione collettiva. b - Si garantiscono informazione e consultazione in tempo utile a tutti i lavoratori, anche a coloro che lavorano con strumenti digitali e/o operano a livello transfrontaliero, o ai loro rappresentanti, in particolare in caso di esuberi collettivi, trasferimenti, ristrutturazioni e fusioni aziendali (Artt. 12, 27e 28 Carta dei diritti fondamentali: "Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni persona di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi."[Art. 12]; "Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l'informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto dell'Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali." [Art. 27]; "I lavoratori e i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero." [Art. 28] - Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la promozione del dialogo sociale. – Art. 152 del TFUE: l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali e facilita il loro dialogo. – Art. 153 del TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime, e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore dell'informazione e della consultazione dei lavoratori, della rappresentanza e della difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro. - Artt. 154 e 155 TFUE: attribuiscono alle parti sociali un ruolo nel processo legislativo).

11.    PRESTAZIONI E SERVIZI SOCIALI INTEGRATI: Le prestazioni e i servizi di protezione sociale sono integrati per quanto possibile al fine di rafforzarne la coerenza e l'efficacia e di sostenere l'integrazione sociale e l'inserimento nei mercati del lavoro (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la modernizzazione dei regimi di protezione sociale e l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro).

12.    ASSISTENZA SANITARIA E PRESTAZIONI DI MALATTIA: a - Ogni persona ha accesso in tempo utile all'assistenza sanitaria di qualità, preventiva e terapeutica, e la necessità di cure mediche non deve condurre alla povertà o né a difficoltà finanziarie. b - I sistemi di assistenza sanitaria incoraggiano l'erogazione di prestazioni efficaci in termini di costi, la promozione della salute e la prevenzione delle malattie, con l'obiettivo di migliorare la propria resilienza e sostenibilità finanziaria. c - A tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto, è garantita una retribuzione adeguata durante i periodi di malattia; si incoraggia la partecipazione dei lavoratori autonomi a regimi assicurativi. Si incoraggiano l'efficace reinserimento e la riabilitazione al fine di un rapido ritorno al lavoro (Artt. 34 e 35 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale [...] in casi quali [...] la malattia." [Art. 34]; "Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana." [Art. 34] – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale. - Art. 168 TFUE: nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana).

13.    PENSIONI: a - Le pensioni assicurano ad ogni persona un livello di vita dignitoso all'età pensionabile. Si prendono misure per contrastare il divario di genere tra i trattamenti pensionistici, ad esempio riconoscendo adeguatamente i periodi dedicati alle attività di assistenza. Nel rispetto delle specificità nazionali si incoraggia la partecipazione dei lavoratori autonomi ai regimi pensionistici. b - I sistemi pensionistici si adoperano per salvaguardare la sostenibilità e l'adeguatezza futura delle pensioni assicurando una base contributiva ampia, correlando l'età pensionabile per legge alla speranza di vita e riducendo il divario tra l'età di pensionamento effettiva e l'età pensionabile per legge evitando l'uscita precoce dalla forza lavoro (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale [...] in casi quali [...] la vecchiaia [...] [e] il diritto all'assistenza sociale a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata [...] e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).

14.    PRESTAZIONI DI DISOCCUPAZIONE: Le azioni a sostegno dei disoccupati prevedono l'obbligo della ricerca attiva di lavoro e della partecipazione a misure attive di sostegno unitamente a prestazioni di disoccupazione adeguate. La durata delle prestazioni consente un lasso di tempo sufficiente per la ricerca di lavoro, salvaguardando al contempo gli incentivi per un rapido ritorno all'occupazione (Art. 34 della Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale [...] in caso di perdita del posto di lavoro." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).

15.    REDDITO MINIMO: Si assicura un adeguato reddito minimo garantito a coloro che non dispongono di risorse sufficienti per un livello di vita dignitoso. Per le persone in età lavorativa tali prestazioni prevedono l'obbligo della partecipazione a misure attive di sostegno per incoraggiare l'inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro (Art. 34 della Carta dei diritti fondamentali: "Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per lottare contro l'esclusione sociale e per l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro).

16.    DISABILITÀ: Alle persone con disabilità sono assicurati servizi abilitanti ed una sicurezza basilare in termini di reddito che consenta loro un livello di vita dignitoso. Le condizioni relative a tali prestazioni non creano barriere all'occupazione (Art. 26 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).

17.    ASSISTENZA DI LUNGA DURATA: a - Si assicura l'accesso a servizi di assistenza a lungo termine di qualità e non eccessivamente costosi, compresa l'assistenza fornita a domicilio erogata da professionisti adeguatamente qualificati. b - L'erogazione e il finanziamento di servizi di assistenza a lungo termine è rafforzata e migliorata al fine di assicurare l'accesso all'assistenza adeguata in modi finanziariamente sostenibili (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali [...] la dipendenza." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata. – Art. 153 TFUE: stabilisce che l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).

18.    ASSISTENZA ALL'INFANZIA: a - Si assicura a tutti i bambini l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia di qualità e non eccessivamente costosi, erogati da professionisti adeguatamente qualificati. b - Si prendono misure tempestive e si adottano approcci preventivi per contrastare la povertà infantile, tra cui misure specifiche per incoraggiare la frequenza dei bambini provenienti da situazioni svantaggiate (Art. 24 Carta dei diritti fondamentali: "I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).

19.    ALLOGGI: a - I soggetti in condizioni di bisogno hanno accesso ad alloggi sociali o all'assistenza abitativa. Si assicura la protezione contro lo sgombero delle persone vulnerabili e il sostegno all'accesso alla proprietà dell'abitazione per le famiglie a reddito medio e basso. b - Si fornisce ricovero a coloro che sono privi di abitazione e si provvede al collegamento con altri servizi sociali al fine di promuovere l'integrazione sociale (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto [...] all'assistenza abitativa volta a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti." Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la lotta contro l'emarginazione. Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri contro l'esclusione sociale).

20.    ACCESSO AI SERVIZI ESSENZIALI: Si assicura all'intera popolazione l'accesso a prezzi non eccessivi ai servizi essenziali, tra i quali le comunicazioni elettroniche, l'energia, i trasporti e i servizi finanziari. Per le persone in stato di bisogno si adottano misure che facilitino l'accesso a tali servizi (Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata [...] e la lotta contro l'emarginazione).

 

 


 

Esame presso altri Parlamenti

Alla data del 16 giugno 2016, l'esame del COM(2016)127 è iniziato presso dodici Parlamenti di otto Stati membri (Camera dei rappresentanti belga; Camera dei deputati e Senato della Repubblica Ceca; Bundestag e Bundesrat tedeschi; Sejm polacco; Camera dei deputati e Senato rumeni; Parlamento slovacco; Parlamento svedese; Camera dei comuni e Camera dei Lords britannici). La Camera dei deputati della Repubblica Ceca, il Sejm polacco e la Camera dei Lord del Regno Unito hanno terminato il loro scrutinio. Per maggiori dettagli ed aggiornamenti, si rinvia al sito IPEX.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] "Completare l'Unione economica e monetaria", relazione di Jean Claude Juncker in stretta collaborazione con Donald Tusk (Presidente del vertice euro), Jeroen Dijsselbloem (Presidente dell'Eurogruppo), Mario Draghi (Presidente della Banca centrale europea) e Martin Schulz (Presidente del Parlamento europeo): http://ec.europa.eu/priorities/publications/five-presidents-report-completing-europes-economic-and-monetary-union_en.

[2]     Esso recita: “L’unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”. Il Trattato stabilisce, inoltre, che nello sviluppo e nell’attuazione di tutte le politiche dell’UE occorre garantire un elevato livello di occupazione e un’adeguata protezione sociale e combattere l’emarginazione.

[3]     Vedi capitolo successivo.

[4]     Vedi capitolo successivo.

[5]     La Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva, COM(2016)128. L'iniziativa consiste nella revisione mirata della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi della direttiva sul distacco dei lavoratori. Si segnala che la proposta di modifica è sottoposta alla c.d. procedura del “cartellino giallo” dal 10 maggio 2016.

[6]     In tal senso la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva in materia volta a migliorare la protezione della salute dei lavoratori riducendone l'esposizione professionale agli agenti chimici cancerogeni: Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro COM(2016)248.

[7] V. infra, tabella Tasso di occupazione.

[8] Ocse, Migration Policy Debates, maggio 2014, Immigration is good for Economy?

[9] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5996_it.htm

[10] Commissione europea, Monitoraggio istruzione e formazione 2015.

[11] Cfr. Commission staff working document SWD(2016)195 “ Analytical underpinning for a New Skills Agenda for Europe” http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1465996537619&uri=CELEX:52016SC0195.

[12] Commissione europea, Monitoraggio istruzione e formazione 2015.

[13] Il 10 giugno 2016 la Commissione europea ha presentato la Comunicazione “Una nuova agenda per le competenze per l'europa - Lavorare insieme per promuovere il capitale umano, l'occupabilità e la competitività” COM(2016)381 volto ad accrescere la qualità e la pertinenza della formazione delle competenze, a rendere le competenze e le qualifiche più visibili e comparabili  e a migliorare l'analisi del fabbisogno di competenze e le informazioni correlate per migliorare le scelte professionali. La cd. Agenda per le nuove competenze era stata annunciata nel programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 “ È il momento di andare oltre l'ordinaria amministrazione”, COM(2015)610; del pacchetto presentato fanno parte anche il COM(2016)382 (Proposta di Raccomandazione del Consiglio sull'istituzione di una garanzia per le competenze) e il COM(2016)383 (Proposta di Raccomandazione del Consiglio sul Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente, che abroga la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente).

[14] Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, (2013), OSCE Skills Outlook 2013.

[15] Dati citati in Commission staff working document, Key economic, employment and social trends behind a European Pillar of Social Rights, pag. 32, SWD(2016) 51

[16] Bowles, J. (2014), “The Computerisation of European Jobs”, Bruegel online. 

[17] V. supra, tabella “Partecipazione della forza lavoro dei lavoratori anziani,% sulla popolazione attiva, gruppo di età 55-64 anni”

[18] Eurostat, Newsrelease euroindicators n. 105 del 2016.

[19] Ibidem.

[20] Dati web della Commissione europea, Occupazione, affari sociali e inclusione http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=fr&catId=89&newsId=2551&furtherNews=yes

[21] Il tasso di disoccupazione di lungo periodo si riferisce al numero di persone che non hanno un lavoro e lo cercano attivamente da almeno un anno, v. Eurostat: http://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php/Glossary:Long-term_unemployment.

[22] Dati dell'indagine sulla forza lavoro, 2014.

[23] Queste tendenze sono rafforzate da quella che viene indicata come la quarta rivoluzione industriale, un cambio di paradigma nella creazione del valore economico, che inciderà strutturalmente nella vita lavorativa con la probabile, progressiva, scomparsa delle figure professionali scarsamente specializzate (“digital disruption”). Per minimizzare le preoccupazioni dell’effetto di sostituzione con i nuovi lavori causato dall’automazione ma, soprattutto, per cogliere le opportunità che tale cambiamento potrà offrire, sarà sempre più necessario ampliare le competenze e essere formati adeguatamente con continuità lungo tutto il corso della vita. Nel futuro, dunque, le sfide sono significative. Il ciclo (o, più verosimilmente, i cicli) di vita lavorativa sarà più lungo e meno lineare: l’arco della vita attiva lavorativa sarà marcato da numerose transizioni tra lavori e professioni, nonché dall'evoluzione dei bisogni, con interruzioni che dovrebbero essere gestite con responsabilità assistenziali e accedendo a opportunità di riqualificazione. La capacità dei sistemi di Welfare di garantire equità e consentire la mobilità verso l'alto non è ancora a regime, e a parte l’impegno assistenziale, è comunque necessario investire in competenze e sul capitale umano dell'Europa. Anche se gli interventi politici renderanno visibili i possibili risultati solo a distanza di molto tempo, i costi derivanti dall’inazione si manifesterebbero, senza dubbio, ancora più acutamente.

[24] Il rapporto tra quintili di reddito, detto anche rapporto S80/S20, è una misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito calcolata come rapporto tra il reddito totale percepito dal 20% della popolazione con il reddito più alto (quintile superiore) e quello percepito dal 20% della stessa popolazione con il reddito più basso (quintile inferiore). Tutti i redditi sono calcolati come redditi disponibili equivalenti.