Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea |
Titolo: | 'Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali' e relativo annesso "Prima stesura del pilastro dei diritti sociali" (Comunicazione COM(2016)127 e COM(2016)127 Annesso) |
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE Numero: 62 |
Data: | 21/06/2016 |
Camera dei deputati
XVII LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
esame di atti e documenti dell’unione europea
“Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali” e relativo annesso "Prima stesura del pilastro dei diritti sociali"
(Comunicazione COM(2016)127 e COM(2016)127 Annesso)
n. 62
21 giugno 2016
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)
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I N D I C E
Il “Pilastro europeo dei diritti sociali”
1. Struttura demografica e spesa sociale
2. Nuovo mercato del lavoro e impatto tecnologico
5. Gli effetti della crisi sul reddito e sulla sua distribuzione
Consultazione pubblica sul pilastro europeo dei diritti sociali
Prima stesura del Pilastro dei diritti sociali
Tipo di atto |
Comunicazione e relativo annesso |
Data di adozione |
8 marzo 2016 |
Base giuridica |
|
Settori di intervento |
Aiuto sociale, mercato del lavoro, politica dell'occupazione dell'UE, politica economica, politica sociale europea, diritti sociali, dialogo sociale (UE), iniziativa dell'UE, zona euro, condizioni di lavoro |
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Esame presso le istituzioni dell’UE |
Trasmesso al Consiglio e al Parlamento l’8 marzo 2016 |
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Assegnazione |
14 marzo 2016 Commissioni riunite XI Lavoro pubblico e privato e XII Affari sociali |
Termine per il controllo di sussidiarietà |
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Segnalazione da parte del Governo |
22 marzo 2016 |
Il Presidente della Commissione europea,
Jean Claude Juncker, in occasione del proprio intervento al
Parlamento europeo per il voto del collegio dei Commissari (22
ottobre 2014), ha auspicato che l'Europa avesse una "Tripla A
sociale", accanto a quella finanziaria.
Il concetto è stato ripreso nel cd. Rapporto dei cinque Presidenti[1] del 22 giugno 2015 e dallo stesso Presidente della Commissione europea Juncker, nel discorso sullo stato dell'Unione, pronunciato di fronte al Parlamento europeo il 9 settembre 2015. In quella occasione il Presidente Juncker ha ribadito la centralità della dimensione sociale e affermato la necessità di sviluppare un processo di convergenza, sia tra gli Stati membri che all'interno delle singole società, al centro del quale porre la produttività, la creazione di occupazione e l'equità sociale.
L'ipotesi della creazione di un Pilastro europeo sui diritti sociali si inserisce nel solco di un dibattito da tempo avviato sulla possibilità di creare un corpo di standard minimi europei per i diritti sociali.
Già tra il 2005 ed il 2007 la Commissione europea avrebbe finanziato un progetto di scambio transnazionale, avente appunto per oggetto la possibile individuazione di criteri sociali comuni in Europa ("Setting minimum standards across Europe"). Si ricorda anche la proposta della European Trade Union Confederation (ETUC) di dare vita ad un "Social compact" europeo per includere un'ampia gamma di norme sul dialogo sociale e sulla contrattazione collettiva.
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Con la comunicazione COM(2016)127 dell’8 marzo 2016 la Commissione europea ha avviato un'ampia consultazione e ha presentato una prima stesura di massima di quello che dovrebbe diventare il Pilastro europeo dei diritti sociali.
Nel corso del 2016 la Commissione europea si ripromette di avviare un dibattito con le altre istituzioni dell’UE, con le autorità e i parlamenti nazionali, con le parti sociali, la società civile, gli esperti del mondo accademico e con i cittadini dell'Unione. I risultati di tale dibattito confluiranno nella fondazione del pilastro europeo dei diritti sociali che, nei programmi della Commissione europea, vedrà la luce all'inizio del 2017. La natura giuridica del pilastro europeo dei diritti sociali propriamente detto dovrà tener conto del quadro giuridico dell'Unione e porrà l'accento sulla zona euro. Se da un lato per stabilire il pilastro è possibile considerare vari strumenti, la Commissione europea ritiene indispensabile coinvolgere il Parlamento e il Consiglio, come pure le altre istituzioni dell’UE, e raccogliere un ampio sostegno per la sua attuazione.
Il Pilastro è concepito per la zona euro, ma contempla la possibilità dell'adesione volontaria degli altri Stati membri.
Si
ispira agli obiettivi e ai diritti sociali iscritti nel diritto primario dell'UE:
il Trattato sull'Unione europea (TUE), il Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), la Carta dei diritti fondamentali e
la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.
Per garantire alla consultazione una base sufficientemente ampia, il Pilastro contempla sia settori nei quali l'UE ha competenza a legiferare, sia altri nei quali la responsabilità compete in primo luogo agli Stati membri.
Nel rispetto del principio di sussidiarietà spetta agli Stati membri la competenza principale in materia di politica sociale e del lavoro, che comprende il diritto del lavoro e l'organizzazione dei sistemi previdenziali.
Tale competenza è riconosciuta nei trattati dell'UE nei quali, sin dalla costituzione della Comunità economica europea, è previsto che l'Unione sostenga e completi l'azione degli Stati membri. L’art. 3 del TUE rispecchia l’obiettivo generale perseguito dagli Stati membri dell’UE nel rispetto del principio di sussidiarietà, ovvero la definizione delle politiche sociali e per l’occupazione, e quindi il diritto al lavoro e l’organizzazione dei sistemi di protezione sociale[2].
La Carta dei
diritti fondamentali dell’UE è vincolante e garantisce i diritti sociali di
tutti i cittadini residenti nell’UE, tra cui:
· il diritto dei lavoratori di essere informati e consultati dai loro datori di lavoro;
· il diritto di contrattazione e di sciopero;
· il diritto di accesso ai servizi di collocamento;
· il diritto alla tutela in caso di licenziamento arbitrario;
· il diritto a condizioni di lavoro eque e dignitose;
· il divieto del lavoro minorile;
· la protezione dei giovani sul lavoro;
· la conciliazione tra vita familiare evita professionale attraverso la tutela contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto al congedo di maternità retribuito e al congedo parentale.
L’azione a livello dell’UE riflette i principi fondanti dell’Unione e si basa sulle convinzioni che lo sviluppo economico deve tradursi in progresso sociale e maggiore coesione e che la politica sociale deve essere concepita come fattore in grado di ridurre le disuguaglianze.
La
Commissione europea ricorda, in particolare, di essersi attivata sui seguenti fronti:
· maggiore attenzione alle considerazioni di ordine sociale nell'ambito del Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche, l'uso di indicatori sociali nella cosiddetta procedura per gli squilibri macroeconomici, la promozione di parametri di riferimento sociali e la valutazione dell'impatto sociale del nuovo programma di sostegno alla stabilità della Grecia.
Il Semestre europeo è un ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio che ha l’obiettivo di allineare gli obiettivi delle politiche nazionali in materia di bilancio, crescita ed occupazione agli obiettivi stabiliti a livello di Unione europea. Più specificamente, nell’analisi annuale della crescita, pubblicata la fine di ogni anno, la Commissione europea esamina i progressi compiuti dall'UE nella realizzazione delle sue priorità strategiche di lungo termine e definisce le priorità dell’UE per l’anno a venire. Contestualmente, la relazione sul meccanismo di allerta individua i Paesi che potrebbero subire degli squilibri, macroeconomici che, in mancanza di interventi, potrebbero arrecare danno ai singoli Stati membri o all'Unione economica e monetaria.
Pertanto, il Semestre è articolato su tre nuclei di coordinamento:
- politiche di bilancio, con l'obiettivo di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche in linea con il Patto di stabilità e crescita;
- prevenzione degli squilibri macroeconomici eccessivi;
- riforme strutturali, con un accento sulla promozione della crescita e dell'occupazione in linea con la Strategia UE 2020.
In questa cornice, il cd. il “six-pack" - sei atti legislativi che hanno riformato il Patto di stabilità e crescita – e il successivo Fiscal Compact disciplinano in maniera rigorosa gli obiettivi di finanza pubblica che devono perseguire i Paesi dell’UE (e, soprattutto, gli Stati membri dell’area euro), prevedendo obiettivi quantitativamente definiti in materia di saldi di finanza pubblica e meccanismi sanzionatori nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi stessi. Analogamente, la procedura per gli squilibri macroeconomici imporrebbe agli Stati di presentare, in caso di squilibri, piani d'azione correttivi.
Alla luce del quadro giuridico vigente, indicatori sociali quali la percentuale di popolazione a rischio povertà o il tesso di disoccupazione sono tenuti in considerazione dalla Commissione europea nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici ma – in caso di perfomances negative - non costituiscono di per sè il presupposto per un alleggerimento dei vincoli di finanza pubblica.
Occorerebbe chiarire se nelle intenzioni della Commissione europea si intenda integrare la disciplina vigente seguendo le indicazioni contenute nel Rapporto dei cinque Presidenti che, tra le altre cose, prospetta, con riferimento al Semestre europeo, una maggiore concentrazione sull'occupazione e sulla performance sociale, attraverso una migliore integrazione dei mercati nazionali del lavoro, la facilitazione della mobilità professionale e geografica, un più agevole accesso all'impiego per i cittadini di altri paesi e un miglior coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Quanto alla Grecia va ricordato che nella stesura del memorandum d’intesa relativo al nuovo programma di aiuti, la Commissione europea ha dedicato particolare attenzione alla dimensione sociale, per garantire un'equa ripartizione dell'aggiustamento e tutelare gli elementi più vulnerabili della società.
In particolare, la Commissione ha raccomandato i seguenti obiettivi:
- introdurre gradualmente un reddito minimo garantito e assicurare l'accesso universale all'assistenza sanitaria;
- concentrare i risparmi nei settori che non hanno un'incidenza diretta sul reddito del cittadino, come la riduzione della spesa per la difesa, oppure ovviare alle inefficienze in molti settori della spesa pubblica;
- eliminare gradualmente i trattamenti fiscali favorevoli per gli armatori o gli agricoltori o le numerosissime esenzioni e sovvenzioni ingiustificate;
- lottare contro la corruzione, l'evasione fiscale e il lavoro sommerso;
- promuovere una maggiore trasparenza ed efficienza nella pubblica amministrazione.
· integrazione degli obiettivi sociali nelle iniziative faro quali il Piano di investimenti per l'Europa (il c.d. Piano Junker, l'Unione dell'energia e il Mercato unico digitale;
· un impegno strategico a favore della parità di genere per il periodo 2016-2019;
· anticipazione del sostegno finanziario agli Stati membri a favore della Garanzia per i giovani[3];
· redazione di orientamenti agli Stati membri sulla reintegrazione nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo[4];
· proposta di un atto europeo sull'accessibilità al fine di facilitare l'accesso ai beni e servizi essenziali alle persone con disabilità nel mercato unico;
· proposta di una revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori al fine di promuovere il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto in un medesimo luogo[5].
Nel 2016, in parallelo alla consultazione, la Commissione prevede di lavorare su promozione dell'equilibrio tra vita professionale e vita familiare per i genitori che lavorano, un'agenda europea delle competenze, e una valutazione approfondita delle 24 direttive in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro[6].
Nella comunicazione si sottolinea che l’Ue può dunque svolgere un ruolo di sostegno, orientamento e inquadramento generale in campo sociale.
Per la Commissione è inoltre fondamentale incoraggiare il dialogo sociale a tutti i livelli.
Una volta creato, il Pilastro dovrebbe diventare un quadro di riferimento per esaminare le performance occupazionali e sociali degli Stati membri aderenti, per stimolare le riforme a livello nazionale e più specificamente per fungere da bussola per una rinnovata convergenza nella zona euro. La creazione del Pilastro è, quindi, un'occasione per indirizzare la riflessione sui diritti sociali esistenti, sulle esigenze peculiari della zona euro, sulle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, nonché sulle riforme necessarie a tutti i livelli.
Il
lavoro per la creazione del Pilastro dovrebbe articolarsi attraverso una
precisa scansione temporale che prevede in primo luogo l'elaborazione
del Libro bianco sul futuro dell'UEM previsto per la primavera del
2017. Il Rapporto dei cinque Presidenti ha posto in evidenza la necessità
di perseguire il processo di convergenza verso strutture economiche più
resilienti e di rendere tali processi più vincolanti a medio termine. Ciò
verrebbe conseguito fissando un insieme di norme comuni di alto livello che
dovrebbe riguardare, tra l'altro, i mercati del lavoro.
Il
processo consultivo persegue tre obiettivi principali:
1. procedere ad una valutazione dell'attuale acquis dell'UE. La consultazione dovrebbe in particolare contribuire a determinare in quale misura i diritti esistenti sono esercitati e conservano rilevanza o se si debbano esaminare nuove modalità per garantirne il rispetto;
2. riflettere sulle nuove tendenze nei modelli del lavoro e della società connesse all'impatto delle tendenze demografiche, delle nuove tecnologie e di altri fattori importanti per la vita professionale e le condizioni sociali. Si dovrebbe incoraggiare attivamente l'individuazione delle migliori pratiche e degli insegnamenti ricavabili dall'innovazione sociale;
3. e, obiettivo diretto, raccogliere
opinioni e osservazioni sul progetto del Pilastro europeo dei diritti
sociali. La consultazione dovrebbe inoltre aiutare gli Stati membri che non
appartengono alla zona euro a decidere se partecipare al Pilastro.
I settori dei diritti sociali d'intervento sono raggruppati in tre rubriche:
· pari opportunità e accesso al mercato del lavoro: sviluppo delle competenze e apprendimento permanente, sostegno attivo all'occupazione per aumentare le opportunità di occupazione, per agevolare la transizione tra status differenti e migliorare l'occupabilità individuale;
· eque condizioni di lavoro ed equilibrio adeguato e stabile tra diritti ed obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro, come pure tra flessibilità e sicurezza per agevolare la creazione di posti di lavoro, le assunzioni e l'adattabilità delle imprese e promuovere il dialogo sociale;
· protezione sociale adeguata e sostenibile e accesso a servizi essenziali di elevata qualità, comprese l’assistenza sanitaria e l’assistenza a lungo termine, per garantire una vita dignitosa e la protezione contro i rischi e per consentire alle persone di partecipare pienamente al mondo del lavoro e più in generale alla società.
Nell'ambito di queste tre rubriche vengono identificati 20 settori d'intervento ai quali sono connessi differenti principi. Tali principi sono dettati da una serie di diritti già iscritti nell'acquis dell’Unione e da altre fonti di diritto pertinenti e definiscono con maggiore precisione le possibili modalità per renderli operativi (vedi ultimo capitolo: “Prima stesura del Pilastro dei diritti sociali”).
Il quadro di riferimento è caratterizzato dal consolidamento di alcune tendenze strutturali che riguardano gli andamenti demografici (con particolare riguardo all’innalzamento dell’età media dei cittadini dell’Unione europea); l’aumento dei flussi migratori; l’evoluzione del mercato del lavoro e dei sistemi produttivi. Su queste tendenze si sono innestati gli effetti prodotti dalla crisi economica esplosa nel 2007 che a sua volta ha determinato conseguenze che sembrano destinate a durare nel tempo.
Secondo uno studio sulle proiezioni demografiche condotto da Eurostat (People in EU, 2015), nel 2014, nell'UE-28, le persone in età lavorativa rappresentatavano quasi due terzi (65,9%) della popolazione totale. Questa percentuale sarebbe destinata a scendere al 56,9% entro il 2050 per poi diminuire ulteriormente e raggiungere il 56,2% entro il 2080 a causa dell’invecchiamento della popolazione.
In tutti i 31 paesi per i quali le proiezioni sono
disponibili (28 Stati membri dell'UE, Islanda, Norvegia e Svizzera), la
percentuale di popolazione in età lavorativa è prevista in riduzione per il
periodo 2014 - 2080. Il ritmo di questa riduzione probabilmente sarà accelerato
rispetto alla media UE-28 (-9,7 punti percentuali) in almeno 17 Stati membri
dell'UE, con un declino più sensibile in Portogallo, Polonia e Slovacchia.
La percentuale di anziani sul totale della popolazione è, in proiezione, destinata ad aumentare in tutti i 31 paesi (periodo 2014 – 2080). In tutta l'UE-28, la percentuale di anziani sulla popolazione totale dovrebbe aumentare dal 18,5% al 28,7%.
Questi dati sembrano confliggere con gli obiettivi previsti dalla Strategia Europa 2020 che prevede di raggiungere un tasso di occupati pari al 75% entro quella data[7].
La diminuzione del numero di persone in età lavorativa e il numero crescente di persone anziane aggraverebbero il rapporto di dipendenza previsto in aumento dal 28,1% del 2014 al 51,0% del 2080.
Struttura della popolazione per fasce d'età, UE-28, periodo 2014-2080,% sul totale della popolazione
Indici di dipendenza di età, per fasce di età in rapporto al gruppo in età lavorativa (15-64 anni), UE-28, anni 2014 – 80
Rapporto di dipendenza degli anziani, 2014 e 2050
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Andrebbe, peraltro, tenuto conto che quote crescenti di ultrasessantacinquenni sono, dal punto di vista dell’occupazione, “attivi”.
Secondo una ricerca Eurofound nel 2014 (Eurofound (2014), Preferenze sul lavoro dopo i 50 anni di età), quasi 5 milioni di persone oltre i 65 anni erano in stato di occupazione, con un incremento del 48% rispetto al 2004 quando erano circa 3,3 milioni: il tasso di occupazione delle persone della fascia 65-69 anni di età ha raggiunto l'11,7%, mentre il tasso di occupazione sull’intera popolazione sopra i 65 anni raggiunge il 5,5%.
Lo studio segnala che quasi tutti questi lavoratori di età superiore a 65 anni hanno, comunque, diritto a una pensione giacché le recenti riforme tese ad innalzare l'età pensionabile sopra 65 anni non hanno ancora, sostanzialmente, trovato applicazione a questo gruppo di età.
Tassi di occupazione nella fascia di età dai 65 ai 69 anni, UE-28 (%)
Fonte: Eurofound (2014), Preferenze sul lavoro dopo i 50 anni di età
Partecipazione della forza lavoro dei lavoratori anziani,% sulla popolazione attiva, gruppo di età 55-64 anni
2015 (%) |
|
UE-28 |
57,3 |
EA-19 |
58 |
Austria |
48,6 |
Belgio |
46,6 |
Bulgaria |
58 |
Cipro |
57,1 |
Croazia |
44,1 |
Danimarca |
67,6 |
Estonia |
68,7 |
Finlandia |
65,2 |
Francia |
52,5 |
Germania |
69,4 |
Grecia |
41,6 |
Irlanda |
60,1 |
Italia |
51,1 |
Lettonia |
65,5 |
Lituania |
66,2 |
Lussemburgo |
40,4 |
Malta |
42,4 |
Paesi Bassi |
67,1 |
Polonia |
46,9 |
Portogallo |
57 |
Regno Unito |
64,4 |
Republica Ceca |
58 |
Romania |
42,7 |
Slovacchia |
51,8 |
Slovenia |
39,7 |
Spagna |
57,6 |
Svezia |
78,7 |
Ungheria |
48,1 |
Fonte: Eurostat [lfsi_emp_a], agg. 6 giugno 2016, dati estratti il 15 giugno 2016
Comunque, per quanto l’indice di dipendenza degli anziani possa essere interpretato anche alla luce del tasso di attività degli ultrasessantacinquenni, si stima che il mutamento della struttura della popolazione UE potrebbe comportare che già nel 2060, da quattro persone in età lavorativa per ogni persona di età superiore a 65 anni, si passerebe a due persone in età lavorativa per ultrasessantacinquenne.
Conseguenza inevitabile sarà una maggiore spesa per finalità sanitarie e pensionistiche ciò che rappresenta, comunque, una grande sfida per l'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi di Welfare.
La figura che segue, raffigura la proiezione relativa alla struttura della popolazione nel 2060.
Change in population structure, 2000-2060 Source: Eurostat
La
ripartizione dettagliata delle spese per il 2014 delle amministrazioni
pubbliche nell'Unione europea ripartita per funzioni principali già indica che
la funzione di «protezione sociale» (19,5% del PIL) è stata di gran
lunga la più importante. Essa rappresenta almeno il 20% del PIL in Finlandia,
Francia, Danimarca, Austria, Italia, Svezia, Grecia e Slovacchia. A
seguire, in termini grandezza, sono le funzioni 'salute' (7,2%),
'servizi pubblici generali' (quali affari esterni e il servizio del debito
pubblico) (6,7%), 'educazione' (4,9%) e 'economia' (4,2%).
Spese delle amministrazioni pubbliche per funzione nell'UE, 2014
Il peso delle spese pubbliche per la protezione sociale tra Stati membri dell'UE variava dall'11,4% del PIL della Romania al 25,4% della Finlandia. Otto Stati membri – Finlandia, Francia, Danimarca, Austria, Italia, Svezia, Grecia e Slovacchia – hanno dedicato almeno il 20% del PIL a questa funzione, mentre la Romania e i tre Stati baltici vi hanno dedicato meno del 12% del PIL. La categoria delle spese di protezione sociale può essere suddivisa in sottocategorie di dettaglio: tra queste quella relativa alla 'vecchiaia', che comprende le pensioni e che assorbe la maggior parte della spesa sociale in quasi tutti gli Stati membri. Alle spese per 'vecchiaia' nel 2014 è stata dedicata una sostanziosa quota del PIL in Grecia (15,3%), Italia (14,0%), Francia (13,7%) e Austria (13,2%); l’incidenza più bassa sul PIL si è verificata in Irlanda (3,7%). Per quanto riguarda l’incidenza media sul PIL dell'UE nel 2014, le spese raggruppate sotto la voce 'Vecchiaia' sono state pari al 10,3%.
Spese delle amministrazioni pubbliche per funzione negli Stati membri
UE, 2014, in percentuale sul PIL
Un recente studio OCSE[8], afferma che negli ultimi dieci anni gli immigrati avrebbero rappresentato il 70% di tutti i nuovi posti di lavoro creati in Europa e il 47% negli Stati Uniti. Secondo questo studio gli immigrati pagherebbero più tasse e contributi previdenziali di quanto non ricevano dal welfare nazionale, questi ultimi nella forma di sussidi di disoccupazione, pensioni, o altre prestazioni sanitarie. In tal senso, i migranti del lavoro avrebbero un impatto positivo sulle finanze pubbliche. La stima dell’OCSE dell’impatto dei lavoratori migranti sulla finanza pubblica è rappresentata nella figura sotto.
Stima dell’impatto
fiscale netto degli immigrati, con e senza sistema pensionistico e procapite,
allocazione delle voci di entrata e di spesa maturate collettivamente
Tratta da Ocse, Migration Policy Debates, maggio 2014
La migrazione ha effetti diretti e indiretti sulla crescita economica. Non c'è dubbio che, se la migrazione espande la forza lavoro, il PIL aggregato dovrebbe essere destinato a crescere. Tuttavia, la situazione è meno chiara quando si tratta di crescita procapite del PIL. Innanzitutto, la migrazione produce effetti, non soltanto accrescendo la dimensione della popolazione, ma anche modificando la struttura della piramide delle età dei paesi riceventi. I migranti appartengono soprattutto alle classi di età più giovani e sono economicamente più attivi dei nativi, contribuendo quindi a ridurre gli indici di dipendenza. D’altra parte, è stato segnalato che i migranti occupano prevalentemente posti di lavoro meno retribuiti, quando non sono assorbiti nel sommerso. Né si può sottovalutare l’incidenza, che può avere ai fini dell’integrazione nel mercato del lavoro, del livello di competenze e capacità dei migranti.
Le componenti della crescita totale della popolazione nei paesi OCSE, 1960-2020, ogni mille abitanti
La Commissione europea, in occasione della presentazione delle Previsioni economiche di autunno 2015[9], ha voluto smentire i frequenti luoghi comuni sull'impatto dell'arrivo di migliaia di immigrati sull'economia europea. Ha definito l'impatto economico dell'immigrazione leggero ma positivo, con un aumento del prodotto interno lordo per l'Unione dello 0,2-0,3% tra il 2015 e il 2017. Altri fattori che influenzano l'impatto economico sono i livelli di istruzione degli immigrati e la struttura economica dei paesi di accoglienza.
Nel Rapporto dedicato alle stime economiche d'autunno, la Commissione europea nota che nel breve termine l'impatto economico positivo è dettato dalla maggior spesa pubblica. Nel medio termine è determinato soprattutto dall'aumento della domanda. La Commissione europea ipotizza due scenari: il primo basato sull'arrivo di immigrati istruiti, il secondo fondato sull'arrivo di migranti meno preparati. Nel primo caso, l'aumento annuo del PIL dal 2016 al 2020 oscilla in media poco sopra lo 0,25%. Nel secondo caso, l'incremento annuo del PIL è più basso, intorno allo 0,17%. La Commissione europea ritiene, comunque, che gli effetti sull'andamento dei conti pubblici siano, tutto sommato, limitati.
Nei fatti, l'arrivo di migliaia di rifugiati contribuisce a un graduale rafforzamento della crescita nella zona euro, secondo le stime della Commissione europea: dall'1,6% del 2015, al 1,8% nel 2016, all'1,9% nel 2017.
Il
Pilastro europeo dei diritti sociali contiene una serie di principi
essenziali anche a supporto dell’efficienza dei mercati del lavoro e dei
sistemi di Welfare nell'area dell'euro. Alcune tendenze sono nuove, altre
di vecchia data, ma richiedono comunque un'ulteriore azione per affrontarle. Di
seguito sono illustrate alcune di queste tendenze chiave e indicati dati
statistici e informazioni relativi alle materie che costituiscono il quadro di
riferimento in cui si inserisce l’edificazione del cosiddetto “Pilastro europeo
dei diritti sociali”. Essi si riferiscono alla produzione procapite del
reddito dei paesi membri UE, alla produttività del lavoro, ai livelli di
disparità di reddito e disuguaglianza anche come fattore
sfavorevole alla crescita economica, al rischio di povertà ed esclusione
sociale, alla struttura demografica e alla struttura e
distribuzione della spesa per finalità sociali e della spesa per la salute
delle persone, ai livelli di occupazione e di disoccupazione, alla segmentazione
del mercato del lavoro e all’impatto dello sviluppo tecnologico su
di esso.
Secondo elaborazioni OCSE (gli ultimi dati disponibili sono relativi al 2013), la spesa sanitaria complessiva corrente nel 2013 (sia in termini relativi che assoluti) variava in modo significativo tra i 23 Stati membri dell'UE per i quali sono disponibili i dati. La quota della spesa sanitaria corrente ha superato il 10 per cento del prodotto interno lordo (PIL) in sette Stati membri dell'UE (Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Austria, Svezia e Belgio), quasi il doppio della quota di spesa sanitaria corrente rispetto al PIL registrato in Lettonia (meno del 5,3 per cento del PIL). La tabella che segue evidenzia la spesa sanitaria corrente in rapporto al PIL nel periodo 2009-2013 (%).
|
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
Austria |
10,1 |
9,9 |
10,1 |
10,1 |
Belgio |
9,9 |
10,1 |
10,2 |
10,2 |
Repubblica Ceca |
6,9 |
7 |
7,1 |
7,1 |
Danimarca |
10,4 |
10,2 |
10,4 |
10,4 |
Estonia |
6,1 |
5,7 |
5,8 |
6 |
Finlandia |
8,2 |
8,2 |
8,5 |
8,6 |
Francia |
10,8 |
10,7 |
10,8 |
10,9 |
Germania |
11 |
10,7 |
10,8 |
11 |
Grecia |
9,2 |
9,7 |
9,1 |
9,2 |
Irlanda |
8,5 |
8 |
8,1 |
|
Italia |
8,9 |
8,8 |
8,8 |
8,8 |
Lettonia |
6,1 |
5,6 |
5,4 |
5,3 |
Lituania |
6,8 |
6,5 |
6,3 |
6,1 |
Lussemburgo |
7,2 |
6,8 |
6,6 |
.. |
Paesi Bassi |
10,4 |
10,5 |
11 |
11,1 |
Polonia |
6,5 |
6,3 |
6,3 |
6,4 |
Portogallo |
9,8 |
9,5 |
9,3 |
9,1 |
Regno Unito |
8,6 |
8,5 |
8,5 |
8,5 |
Slovacchia |
7,8 |
7,5 |
7,7 |
7,6 |
Slovenia |
8,6 |
8,5 |
8,7 |
8,7 |
Spagna |
9 |
9,1 |
9 |
8,8 |
Svezia |
8,5 |
10,6 |
10,8 |
11 |
Ungheria |
7,7 |
7,6 |
7,5 |
7,4 |
Fonte OCSE (estrazione dati: marzo 2016)
Il livello di spesa sanitaria in rapporto al PIL, fotografata dall’OCSE, appare in costante riduzione negli anni più recenti in quasi tutti i Paesi europei salvo che per Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Slovenia e Svezia la cui spesa è invariata ovvero in leggera crescita.
Come in molti altri Paesi europei, la spesa sanitaria in Italia, negli ultimi anni, è diminuita a seguito delle misure adottate per ridurre gli squilibri di bilancio a causa della crisi economica.
Il grafico che segue illustra
tale tendenza (2004-2013), ponendo a confronto la spesa sanitaria italiana e
quella media OCSE, in termini reali.
La quota di PIL rappresentata dalla spesa sanitaria in Italia, pur essendo vicina alla media OCSE (le differenze tra la tabella precedente e la figura sovrastante sono dovute ai progressivi aggiornamenti dei dati, più recenti nella tabella), risulta assai inferiore a quella di Paesi quali la Francia e la Germania. Il settore pubblico è la principale fonte di finanziamento della sanità in quasi tutti i Paesi dell’OCSE. Nel 2014 la spesa sanitaria pubblica italiana è stata pari al 77 per cento della spesa sanitaria complessiva, con un tasso al di sopra della media OCSE, pari circa al 72 per cento.
Secondo
l’indagine UE-SILC 2011 la percentuale di persone con quintile di reddito più
basso che segnalano un fabbisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria
(a causa del costo eccessivo del trattamento, del periodo di attesa troppo
lungo o della distanza eccessiva dal luogo della sua erogazione) nell’UE-27 è
aumentata solo in modo moderato dal 2008 al 2011, mentre alcuni paesi quali
Lettonia, Grecia, Italia e Portogallo hanno riportato un ulteriore
peggioramento a partire da un livello elevato di accesso ai servizi, a
differenza di altri paesi come Cipro, Belgio, Finlandia, Francia e Slovacchia
che hanno registrato massicci incrementi a partire da bassi livelli di accesso.
Fabbisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria, quintile di reddito più basso, 2008-2011
Fonte: Eurostat, indagine
UE-SILC 2011
I dati Eurostat più recenti confermano il predetto trend. La tabella che segue mostra che tra il 2011 e il 2014 i cittadini dell’Unione europea, appartenenti al quintile più basso, hanno percepito un’insoddisfazione nei propri fabbisogni di assistenza sanitaria via via crescente, con le sole eccezioni di Bulgaria, Croazia, Romania, Finlandia, Germania, Lettonia e Austria; livelli di peggioramento sostenuti sono stati registrati in Grecia, Estonia e Portogallo (aumenti pari a, rispettivamente, 5,7%, 4,9% e 4,7%) mentre in Italia si è registrata una percentuale d’insoddisfatti pari al 14,4% (+ 2,4%).
Percentuale di insoddisfatti rispetto ai fabbisogni di assistenza sanitaria, quintile di reddito più basso, anni 2011-2014 (per costi e distanze eccessive ovvero per la lunghezza delle liste di attesa)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
UE-28 |
6,1 |
5,9 |
6,4 |
6,4 |
Austria |
1 |
0,7 |
1 |
0,3 |
Belgio |
4,2 |
4,8 |
5,5 |
7,2 |
Bulgaria |
21,2 |
16,9 |
21,1 |
11,1 |
Cipro |
6,9 |
6,3 |
6,7 |
7,7 |
Croazia |
10,7 |
7,8 |
7,8 |
8,2 |
Danimarca |
1,5 |
1,7 |
1,6 |
2,8 |
Estonia |
7,5 |
10,9 |
10,8 |
12,4 |
Finlandia |
6,3 |
6,4 |
6 |
4,5 |
Francia |
5,4 |
5,2 |
5,7 |
6,6 |
Germania |
4,6 |
3,5 |
3,3 |
3 |
Grecia |
11,6 |
11,7 |
14,9 |
17,3 |
Irlanda |
2,7 |
4,1 |
3,8 |
4 |
Italia |
12 |
11,6 |
14,6 |
14,4 |
Lettonia |
27,3 |
22,8 |
25,4 |
25,8 |
Lituania |
3,4 |
3 |
4,6 |
6,3 |
Lussemburgo |
1,5 |
2 |
2,5 |
2,2 |
Malta |
1,9 |
1,9 |
1,4 |
1,9 |
Paesi Bassi |
0,8 |
0,9 |
0,8 |
1,6 |
Polonia |
10,5 |
11,1 |
11,8 |
11 |
Portogallo |
2,5 |
5,7 |
5,1 |
7,2 |
Regno Unito |
1,7 |
2,4 |
1,5 |
2 |
Repubblica Ceca |
2 |
2 |
1,9 |
2,5 |
Romania |
14,9 |
14,6 |
14 |
12,9 |
Slovacchia |
3,8 |
4,1 |
2,9 |
3,8 |
Slovenia |
0,2 |
0,1 |
0 |
0,4 |
Spagna |
1 |
1,2 |
1,6 |
1,7 |
Svezia |
2,4 |
2,6 |
3,2 |
2,5 |
Ungheria |
6,4 |
6,7 |
6,5 |
7,5 |
Fonte: Eurostat, agg. 18 marzo 2016, dati estratti il 14 giugno 2016
Negli ultimi decenni, l'accesso a livelli sempre più elevati d'istruzione ha interessato la stragrande maggioranza della popolazione europea, migliorando le opportunità per tutti: i tassi di partecipazione al processo educativo della prima infanzia sono aumentati, mentre i livelli di abbandono dell'istruzione e della formazione negli ultimi decenni sono in calo.
Partecipazione all’istruzione formale - iniziale - per età (2013) e obiettivi ET 2020
|
3 anni di età |
4 anni di età |
5 anni di età |
ET 2020 obiettivi |
UE-28 |
85,3 |
91,8 |
96,0 |
93,9 |
Austria |
71,3 |
91,4 |
96,5 |
93,9 |
Belgio |
97,7 |
98,0 |
98,1 |
98,1 |
Bulgaria |
72,7 |
79,6 |
92,1 |
87,8 |
Cipro |
41,4 |
72,2 |
97,2 |
84,3 |
Croazia |
56,7 |
57,8 |
78,6 |
71,4 |
Danimarca |
96,3 |
97,5 |
99,1 |
98,3 |
Estonia |
87,4 |
91,0 |
90,0 |
90,4 |
Finlandia |
68,2 |
74,7 |
88,7 |
84,0 |
Francia |
99,5 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
Germania |
91,6 |
96,3 |
97,7 |
97,0 |
Grecia |
15,9 |
58,0 |
95,7 |
76,4 |
Irlanda |
45,6 |
94,5 |
100,0 |
97,2 |
Italia |
94,4 |
98,5 |
98,9 |
98,7 |
Lettonia |
82,6 |
89,3 |
96,6 |
94,1 |
Lituania |
74,8 |
80,7 |
89,6 |
86,5 |
Lussemburgo |
70,9 |
99,3 |
99,6 |
99,4 |
Malta |
97,0 |
100,0 |
- |
100,0 |
Paesi Bassi |
83,2 |
99,7 |
99,3 |
99,5 |
Polonia |
52,3 |
66,4 |
93,4 |
83,8 |
Portogallo |
77,8 |
90,4 |
97,5 |
93,9 |
Regno Unito |
96,9 |
96,1 |
- |
96,1 |
Repubblica Ceca |
58,9 |
82,7 |
88,9 |
85,7 |
Romania |
79,5 |
83,3 |
89,5 |
86,4 |
Slovacchia |
62,6 |
73,8 |
81,4 |
77,5 |
Slovenia |
84,3 |
89,0 |
90,7 |
89,8 |
Spagna |
95,8 |
96,7 |
97,5 |
97,1 |
Svezia |
92,9 |
94,5 |
96,4 |
95,7 |
Ungheria |
75,3 |
93,1 |
96,2 |
94,7 |
Nota: il tasso di partecipazione dai tre anni non fa parte dei benchmark di ET 2020. - Fonte: Eurostat (UOE, 2013) [educ_uoe_enra10 e educ_uoe_enrp07]
|
Per i bambini più
piccoli, di età compresa tra 0-2 anni, la Commissione europea si propone
di raggiungere l'obiettivo
di Barcellona e cioè un tasso di partecipazione di almeno il 33%.
Nel 2013, la media UE era ancora al di sotto dell'obiettivo, con il 28% dei
bambini di età compresa tra 0-2 che frequentavano l'assistenza all'infanzia
formale. Nove Stati membri hanno raggiunto l'obiettivo di Barcellona
(DK, SE, LU, NL, BE, SI, FR, PT, ES). Per contro, il tasso di presenza nei
servizi di custodia per i bambini di età inferiore ai 3 anni è molto basso in
CZ (3%), SK (5%) e PL (6%)[10].
Partecipazione all’educazione formale dei bambini da 0 a 2 anni
Fonte: Eurostat (SILC, 2013) [ilc_caindformal]
Partecipazione all’istruzione d’infanzia (dai 4 anni all’età scolare obbligatoria), UE-28, 2002-2012
|
Abbandono scolastico UE-28, 2002-2015 |
Fonte: Eurostat
Tuttavia,
nonostante la tendenza in diminuzione, ci sono ancora più di 4,4 milioni di
abbandoni scolastici in tutta Europa, e circa il 60% di questi riguarda
disoccupati o inattivi.
Circa il 60% di chi abbandona il percorso scolastico è inattivo o disoccupato
Nell'Unione europea, il 23,4% della popolazione di età compresa tra 25-64 anni (64 milioni) non ha frequentato o completato cicli di istruzione secondaria superiore, e solo il 29,9% ha conseguito una laurea universitaria. Queste cifre nascondono ampie differenze tra gli Stati membri dell'UE in termini di livelli di istruzione (vedi figura sottostante). In particolare, per quanto riguarda l’istruzione secondaria inferiore si registrano paesi con percentuali inferiori al 10% (Lituania, Repubblica Ceca, Estonia, Slovacchia, Polonia e Lettonia) e paesi con percentuali che superano il 40% (Malta, Portogallo, Spagna e Italia). All'altra estremità, la quota di popolazione che possiede un livello di istruzione terziaria varia dal meno del 20% di Romania, Italia e Malta a percentuali che superano il 40% di Svezia, Lussemburgo, Finlandia, Irlanda, Regno Unito e Cipro[11].
Distribuzione dei livelli di istruzione tra la popolazione di età compresa tra 25-64 anni (2015)
Fonte: Eurostat [lfsa_pgaed], estratto da SWD(2016)195
Nel 2015, l’11% (pari a circa 4,5 milioni) di giovani europei (18-24 anni) ha abbandonato l’istruzione formale senza conseguire almeno il diploma di scuola secondaria superiore. Anche se il tasso di abbandono scolastico è costantemente in calo dal 2004, quando era pari a 16%, per molti Stati membri sono auspicabili ampi margini di miglioramento: ad esempio, la percentuale di abbandoni scolastici è ancora pari, o superiore, al 14,7% in Italia, Romania, Malta e Spagna (per altro va segnalato che una certa convergenza sembra essersi verificata: in particolare, in Italia, Portogallo, Malta e Spagna, l'abbandono scolastico è fortemente diminuito negli ultimi decenni).
Abbandono scolastico gruppo di età 18-24 anni, percentuale negli anni 2014 e 2015, e obiettivi di Europa 2020
2014 |
2015 |
TARGET 2020 |
|
UE-28 |
11,2 |
11 |
10 |
EA-19 |
11,9 |
11,6 |
|
Austria |
7 |
7,3 |
9,5 |
Belgio |
9,8 |
10,1 |
9,5 |
Bulgaria |
12,9 |
13,4 |
11 |
Cipro |
6,8 |
5,3 |
10 |
Croazia |
2,7 |
2,8 |
4 |
Danimarca |
7,8 |
7,8 |
10 |
Estonia |
11,4 |
11,2 |
9,5 |
Finlandia |
9,5 |
9,2 |
8 |
Francia |
9 |
9,3 |
9,5 |
Germania |
9,5 |
10,1 |
10 |
Grecia |
9 |
7,9 |
9,7 |
Irlanda |
6,9 |
6,9 |
8 |
Italia |
15 |
14,7 |
16 |
Lettonia |
8,5 |
9,9 |
13,4 |
Lituania |
5,9 |
5,5 |
9 |
Lussemburgo |
6,1 |
9,3 |
10 |
Malta |
20,3 |
19,8 |
10 |
Paesi Bassi |
8,7 |
8,2 |
8 |
Polonia |
5,4 |
5,3 |
4,5 |
Portogallo |
17,4 |
13,7 |
10 |
Regno Unito |
11,8 |
10,8 |
|
Repubblica Ceca |
5,5 |
6,2 |
5,5 |
Romania |
18,1 |
19,1 |
11,3 |
Slovacchia |
6,7 |
6,9 |
6 |
Slovenia |
4,4 |
5 |
5 |
Spagna |
21,9 |
20 |
15 |
Svezia |
6,7 |
7 |
10 |
Ungheria |
11,4 |
11,6 |
10 |
Fonte: Eurostat [t2020_40], dati estratti il 15 giugno 2016
In Europa quasi il 38,7% di
persone di età compresa tra 30-34 anni è possesso di un diploma universitario;
anche in questo caso si registrano ampie divergenze tra Stati membri: così, ad
esempio, il livello d'istruzione terziaria varia dal 25,3% dell’Italia al
57,6% della Lituania.
Istruzione terziaria gruppo di età 30-34 anni, livelli raggiunti dai paesi UE negli anni 2014 e 2015, e obiettivi di Europa 2020 (%)
2014 |
2015 |
TARGET 2020 |
|
UE-28 |
37,9 |
38,7 |
40 |
EA-19 |
36,5 |
37,3 |
|
Austria |
40 |
38,7 |
38 |
Belgio |
43,8 |
42,7 |
47 |
Bulgaria |
30,9 |
32,1 |
36 |
Cipro |
52,5 |
54,6 |
46 |
Croazia |
32,2 |
30,9 |
35 |
Danimarca |
44,9 |
47,6 |
40 |
Estonia |
43,2 |
45,3 |
40 |
Finlandia |
45,3 |
45,5 |
42 |
Francia |
43,7 |
45,1 |
50 |
Germania |
31,4 |
32,3 |
42 |
Grecia |
37,2 |
40,4 |
32 |
Irlanda |
52,2 |
52,3 |
60 |
Italia |
23,9 |
25,3 |
26 |
Lettonia |
39,9 |
41,3 |
34 |
Lituania |
53,3 |
57,6 |
48,7 |
Lussemburgo |
52,7 |
52,3 |
66 |
Malta |
26,5 |
27,8 |
33 |
Paesi Bassi |
44,8 |
46,3 |
40 |
Polonia |
42,1 |
43,4 |
45 |
Portogallo |
31,3 |
31,9 |
40 |
Regno Unito |
47,7 |
47,8 |
|
Repubblica Ceca |
28,2 |
30,1 |
32 |
Romania |
25 |
25,6 |
26,7 |
Slovacchia |
26,9 |
28,4 |
40 |
Slovenia |
41 |
43,4 |
40 |
Spagna |
42,3 |
40,9 |
44 |
Svezia |
49,9 |
50,2 |
40 |
Ungheria |
34,1 |
34,3 |
30,3 |
Fonte: Eurostat [t2020_41], dati estratti il 15 giugno 2016
Livelli di istruzione per fascia di età (2014)
Fonte: Eurostat [t2020_4 e t2020_41]
Nota: la dispersione scolastica misura la% di popolazione di età compresa tra 18-24 anni, in possesso, al massimo, di un livello di istruzione secondaria inferiore che non prosegue con ulteriori attività di studio o formazione
Tassi di dispersione scolastica e obiettivi nazionali e unionali di Europa 2020
Fonte: Eurostat (LFS, 2014) [t2020_40]
L’abbandono
scolastico rappresenta una perdita potenziale sia nel breve che nel lungo
periodo, sul piano sociale ed economico, in quanto ha effetti negativi sullo
sviluppo sociale e la crescita economica, che si basa ormai sulla forza lavoro
qualificata. La riduzione del tasso di abbandono scolastico su scala europea
rafforzerebbe l'economia europea fornendo un numero considerevole di
giovani qualificati con prospettive occupazionali migliori. Nella maggior parte
degli Stati membri, gli studenti di origine straniera sono meno performanti
dei loro coetanei comunitari. Il rendimento scolastico non è infatti
equamente distribuito tra i sottogruppi di popolazione e taluni di essi hanno
maggiori probabilità di occupare la parte bassa delle classifiche: per esempio,
circa il 44% dei cittadini di paesi terzi residenti nell'UE è privo di diploma
di istruzione secondaria superiore, con un’incidenza percentuale molto maggiore
che tra i native UE. Per altro, taluni gruppi sociali risultano maggiormente
colpiti dal fenomeno della dispersione scolastica, soprattutto i giovani di
paesi terzi (25,7% nel 2014) e, in una certa misura, i bambini nativi UE figli
di genitori nati all'estero (la cosiddetta "seconda generazione"). L'abbandono
scolastico è doppio tra i giovani nati al di fuori dell'UE.
Abbandono scolastico dei nati all'estero per anni dall'arrivo nel territorio comunitario
Fonte: Eurostat (IFL, 2014), dati estratti a maggio 2015. Nota: l'indicatore mostra il tasso medio UE di abbandono scolastico (18/24 anni)
Persistenti vulnerabilità nel tessuto della società europea sono testimoniate dai livelli di scarse conoscenze matematiche e scientifiche nonché nelle capacità di lettura da parte degli alunni europei, specialmente tra quelli provenienti da contesti svantaggiati[12].
Percentuali di difficoltà matematiche e status socio-economico
Secondo il “Monitoraggio 2015 dell’istruzione e della formazione” della Commissione europea, il 20% dei quindicenni nell'UE incontra difficoltà in lettura, scienze e matematica; il 20% degli adulti ha bassi livelli di alfabetizzazione linguistica e matematica e il 25% ha bassi livelli di competenze digitali; tuttavia solo il 10,7% – tra cui pochissimi adulti scarsamente qualificati – usufruisce dell'apprendimento permanente.
Percentuale di quindicenni che incontra difficoltà in lettura (a), matematica (b) e scienze (c), per paese (%)
a)
lettura
b)
matematica
c)
scienze
Fonte: documento di lavoro della Commissione SWD/2015/0169 final: Situazione dei giovani nella UE – di accompagnamento al COM(2015)429 Progetto di relazione congiunta del Consiglio e della Commissione sull'attuazione di un quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù per il 2015 (2010-2018)
I cambiamenti strutturali nell'occupazione hanno favorito il ricorso a forme flessibili di contratti di lavoro, determinando un aumento dei contratti di lavoro temporanei in tutti gli Stati membri. Tuttavia solo il 22% dei lavoratori temporanei riesce ad accedere all'occupazione permanente. Il fenomeno è stato parzialmente contrastato dalle diverse legislazioni nazionali e la segmentazione del mercato sembra essere diminuita rimanendo, tuttavia, elevata in tutta l'area dell'euro.
Variazione
dell'occupazione in permanente, temporanea e lavoro autonomo, UE 28
Fonte: Eurostat
Percentuale di contratti a tempo determinato e trasformazione dei contratti a tempo determinato a contratti a tempo indeterminato
Se,
per un verso, la flessibilità nelle condizioni di occupazione può offrire
maggiori opportunità per i lavoratori, anche in termini di lavoro a tempo
parziale, lavoro autonomo e imprenditorialità, per altro verso, può
anche esporre gli occupati a una maggiore insicurezza e vulnerabilità,
per esempio quando il lavoro flessibile comporta l’accesso ai benefici goduti
dai lavoratori strutturati nelle aziende (assicurazione sanitaria, pensioni,
indennità di disoccupazione, congedo di maternità, ecc.) a costi più elevati.
Il lavoro part-time sul totale dell’occupazione,%
Fonte: Eurostat
I nuovi modelli di business e le disposizioni contrattuali che si vanno sempre più frequentemente imponendo generano ormai una certa confusione sulla definizione di lavoratori, sia dal punto di vista statistico che economico e giuridico.
Per esempio, la distinzione tra 'lavoratore' e 'autonomo' e tra 'autonomo' e 'imprenditore' non sempre è chiara. Il caso dell'economia collaborativa è per certi versi esemplare basato com’è su un modello di business che prevede, o almeno consente, che il prestatore d’opera “capitalizzi” un proprio bene economico (esempio, la propria casa o la propria automobile) per svolgere un “servizio” che il cliente richiede ad una società terza. Ciò pone nuove problematiche sulle necessità di riconsiderare e ridefinire l'identità e la responsabilità del datore di lavoro nei rapporti con il dipendente e il cliente, nonché di rivedere le definizioni di contratto e rapporto di lavoro (anche come strumento di lotta per combattere il lavoro sommerso). Allo stesso tempo, le piattaforme di economia collaborativa creano posti di lavoro e nuove opportunità di (auto-)impiego abbassando le barriere di accesso a prestazione di servizi e a nuove forme di occupazione o di attività che rappresentano un’alternativa all’occupazione tradizionale.
Da più parti
si pone l’esigenza di aggiornare i contenuti del concetto di 'flessicurezza',
vale a dire flessibili e affidabili accordi contrattuali, strategie di
apprendimento permanente, politiche attive del mercato del lavoro e sistemi
moderni di sicurezza sociale, sono particolarmente pertinenti viste le predette
tendenze, alla luce della nuova realtà, anche in considerazione
della presenza di un doppio mercato del lavoro in diversi Stati membri.
Una
delle risposte avanzate è costituita dalla attenzione posta sull’acquisizione
di competenze è centrale nella costruzione di strutture economiche più
resiliente e per aumentare i posti di lavoro nell'economia della conoscenza[13].
Migliori livelli di istruzione accrescono la produzione del reddito, tanto più
solidamente quanto maggiore è la capacità di rispondere adeguatamente alle
mutevoli esigenze dell’economia e della società. Una ricerca OCSE[14] mostra che le economie
avanzate richiedono lavoratori le cui abilità siano di tipo 'non-routinario
e interpersonali', mentre la maggior parte degli europei è ancora
addestrata per acquisire competenze 'routinarie e manuali'. La quota di
occupazione per posti di lavoro non routinarie, quali le occupazioni di
progettazione, è cresciuta dal 28% al 38% tra il 1995 e il 2010, e la quota
di lavori tradizionali a contenuto routinario è scesa dal 53% al 41%. L’investimento
mirato nel capitale umano, sembra particolarmente rilevante per i lavoratori
scarsamente qualificati, maggiormente colpiti dalla crisi e per i quali è
necessario assicurare riqualificazione per ricollocarli al lavoro. Nella realtà
produttiva si deve registrare che questa sfida è aggravata dal fatto che alcuni
tipi di contratto non incoraggiano l’investimento nell'apprendimento permanente
L’accesso alla formazione nel lavoro resta fortemente dipendente dal tipo di
contratto cui si è legati: quasi un dipendente su due con contratto a tempo
indeterminato ha ricevuto formazione rispetto al 32% di dipendenti con
contratti a termine e al 19% di lavoratori autonomi[15].
Allo stato
attuale, solo metà della forza lavoro dell'UE ritiene che il proprio livello di
abilità nell’uso del computer e/o di internet sia sufficiente a consentirgli di
cercare o cambiare un lavoro a breve periodo. In media il 14% degli europei
ha competenze informatiche di livello basso (30% nell’uso di internet), il
25% di livello medio (32% nell’uso di internet) e il 27% di alto livello
(11% nell’uso di internet): possedere abilità di alto piuttosto che di basso
livello in tali materie è tutt’altro che indifferente giacché praticamente il
90% dei posti di lavoro richiede sempre più l'alfabetizzazione ICT.
La tecnologia e l’automazione digitali stanno producendo cambiamenti a lungo termine nei livelli e nelle tipologie di occupazione, con la metà dei posti di lavoro UE a rischio-automazione. La quota di occupazione a prevalente attività routinaria è in diminuzione, mentre i lavori che richiedono competenze digitali e di alto livello sono in aumento. Entro il 2025 meno del 15% di nuovi lavori sarà accessibile a soggetti con bassa qualifica. Secondo uno studio del 2014,[16] quasi la metà delle professioni esistenti saranno parzialmente, se non interamente, informatizzate e automatizzate a medio termine (v. figura seguente).
Tanto più le “macchine” saranno capaci di tradurre in modo
accurato un compito in una serie di passaggi codificati, quindi facilmente
automatizzabili, tanto più tenderanno a scomparire le attività di routine che
sono maggiormente processabili e, quindi, vulnerabili. Queste trasformazioni
dovrebbero interessare in particolare le linee di produzione nel settore
manifatturiero, che costituisce una quota rilevante dell’industria europea
ma non solo. Investiranno anche specifiche occupazioni altamente qualificate:
per esempio, i suoi effetti sono già visibili in professioni di elevata
qualificazione come quelle giornalistiche, contabili, fiscali e di consulenza
aziendale, legali, ecc. (v. figura seguente).
Tasso di crescita cumulativa della distribuzione della popolazione per occupazione: “Vincitori” e “vinti” tra le professioni
Fonte: Eurostat
Nel contesto, come sempre avviene nelle fasi di transizione tecnologica, emergono nuove attività e posti di lavoro. Tali cambiamenti hanno consentito l’aumento della produttività nei settori knowledge-intensive, generando crescita ma anche riallocazione e mobilità del lavoro tra i diversi settori. Il lavoro manuale – in particolare nella produzione e nell'agricoltura –negli ultimi anni ha perso terreno, certamente per effetto della crisi ma anche come riflesso del processo di automazione. Le differenze di competenza e i limiti di riqualificazione costituiscono barriere significative per la riallocazione del lavoro all'interno dei settori tradizionali.
Variazione dell'occupazione totale per settore in UE-28, 2010-14 (valori
assoluti)
Fonte: OSCE, 2015
A causa di tale processo innovativo si prevede che, entro il 2020, la maggior parte dei posti di lavoro saranno persi nei settori manifatturiero, gestionale, amministrativo e agricolo, mentre cresceranno i posti di lavoro nel settore delle scienze, dell’ingegneria, dei trasporti e della logistica. Il bilancio di tali sviluppi industriali sul mercato del lavoro, in termini costi/benefici, non è ancora chiaro giacché dipenderà da come saranno riallocati, tra i settori, i posti di lavoro.
Previsioni sugli effetti dell’impatto tecnologico entro il 2020 (posti di lavoro in più/persi, in migliaia), Francia, Germania, Italia e Regno Unito
Fonte: World Economic
Forum (2016), Future of Work Report. Based on Survey of CHROs of largest
employers by industry. Focus paesi:
Francia, Germania, Italia, Regno Unito
Le previsioni effettuate da Boston Consulting nello studio “Man and Machine in Industry 4.0” nel caso della Germania, ipotizzano che, per effetto della maggiore applicazione della robotica e della computerizzazione, il numero dei posti di lavoro verrà presumibilmente ridotto nei settori dell’assemblaggio e della produzione di 610.000 unità, ma compensato dalla creazione di oltre 960.000 nuovi posti di lavoro, in particolare in Information Technology e data science. Sul versante opposto, il lavoro del 2013 “The future of employment” di due studiosi dell’Università di Oxford prevede modifiche drammatiche nell’occupazione a causa del progresso tecnologico. In particolare, gli autori ritengono che negli USA il 47% delle occupazioni presenti un alto rischio di computerizzazione, essendo probabile la loro automatizzazione nei prossimi anni.
Applicando all’Europa gli stessi parametri, il think tank Bruegel calcola un valore medio del 54% per i paesi dell’UE. Si prevede che i paesi settentrionali siano i meno colpiti: la Svezia presenta il valore più basso (46,69%), seguita dalla Gran Bretagna (47,17%), dai Paesi Bassi (49,50%), dalla Francia e dalla Danimarca (entrambe al 49,54%). La Romania sarebbe il paese con la percentuale più alta (61,93%), dietro a Portogallo (58,94%), Croazia (57,9%) e Bulgaria (56,56%). L’Italia presenterebbe un rischio di computerizzazione del 56,18%. |
La tabella che segue, riferita al 2015, evidenzia i tassi di occupazione degli Stati dell’UE confrontati al target della Strategia di Europa 2020 (gruppo di età 20-64 anni):
Tasso di occupazione (2015)
2015 (%) |
TARGET 2020 (%) |
|
UE-28 |
70,1 |
75 |
EA-19 |
69,0 |
|
Austria |
74,3 |
77 |
Belgio |
67,2 |
73,2 |
Bulgaria |
67,1 |
76 |
Cipro |
68,0 |
75 |
Croazia |
60,5 |
62,9 |
Danimarca |
76,5 |
80 |
Estonia |
76,5 |
76 |
Finlandia |
72,9 |
78 |
Francia |
69,5 |
75 |
Germania |
78,0 |
77 |
Grecia |
54,9 |
70 |
Irlanda |
68,8 |
69 |
Italia |
60,5 |
67 |
Lettonia |
72,5 |
73 |
Lituania |
73,4 |
72,8 |
Lussemburgo |
70,9 |
73 |
Malta |
67,8 |
70 |
Paesi Bassi |
76,4 |
80 |
Polonia |
67,8 |
71 |
Portogallo |
69,1 |
75 |
Regno Unito |
76,9 |
|
Repubblica Ceca |
74,8 |
75 |
Romania |
66,0 |
70 |
Slovacchia |
67,7 |
72 |
Slovenia |
69,1 |
75 |
Spagna |
62,0 |
74 |
Svezia |
80,5 |
80 |
Ungheria |
68,9 |
75 |
Fonte: Eurostat [t2020_10], agg. 13 giugno 2016, dati estratti il 15 giugno 2016
Per
raggiungere l’obiettivo del 75% fissato dalla Strategia Europa 2020 occorrerebbe
inserire nella vita attiva non solo i giovani qualificati, ma
anche la forza lavoro potenziale costituita in larga parte da donne,
persone più anziane o adulti rimasti inattivi, compresi gli immigrati.
Un trend positivo degli ultimi anni è rappresentato proprio dalla crescita
costante e convergente della partecipazione al mercato del lavoro delle donne e
dei lavoratori più anziani, che ha almeno parzialmente compensare il calo della
forza lavoro in molti paesi.
Il tasso di partecipazione della forza lavoro femminile è salito costantemente (dal 62,2% nel 2005 al 66,8% nel 2015 [popolazione attiva nel gruppo di età 15-64 anni]).
Partecipazione della forza lavoro femminile,% sulla popolazione attiva, gruppo di età 15-64 anni
2014 (%) |
2015 (%) |
|
UE-28 |
66,5 |
66,8 |
EA-19 |
66,7 |
66,9 |
Austria |
70,8 |
70,9 |
Belgio |
63,0 |
63,0 |
Bulgaria |
65,0 |
65,4 |
Cipro |
69,1 |
69,3 |
Croazia |
61,3 |
62,2 |
Danimarca |
75,0 |
75,3 |
Estonia |
71,3 |
73,0 |
Finlandia |
73,9 |
74,4 |
Francia |
67,2 |
67,3 |
Germania |
72,9 |
73,1 |
Grecia |
59,0 |
59,9 |
Irlanda |
62,6 |
62,8 |
Italia |
54,4 |
54,1 |
Lettonia |
71,6 |
72,8 |
Lituania |
71,6 |
72,5 |
Lussemburgo |
64,2 |
65,6 |
Malta |
52,2 |
53,8 |
Paesi Bassi |
73,9 |
74,7 |
Polonia |
61,1 |
61,4 |
Portogallo |
70,0 |
70,3 |
Regno Unito |
71,3 |
71,7 |
Repubblica Ceca |
65,6 |
66,5 |
Romania |
56,9 |
56,7 |
Slovacchia |
62,9 |
64,3 |
Slovenia |
67,2 |
67,9 |
Spagna |
68,8 |
69,0 |
Svezia |
79,3 |
79,9 |
Ungheria |
60,7 |
62,2 |
Fonte: Eurostat [lfsi_emp_a], agg. 6 giugno 2016, dati estratti il 15 giugno 2016
A sua volta, come
ricordato supra, il tasso di partecipazione della forza lavoro dei
lavoratori anziani è salito costantemente[17].
La disoccupazione nel 2013 aveva raggiunto livelli senza precedenti nell’UE-28. Il tasso di disoccupazione, che era diminuito di oltre 2 punti percentuali tra il 2003 e il 2008 ma che la crisi economica e finanziaria ha innalzato ai massimi, ha iniziato a ridursi dal terzo trimestre 2013 conformandosi al trend in discesa della disoccupazione che USA e Giappone avevano anticipato dal 2010. A gennaio 2016 la disoccupazione è tornata ai livelli del 2009, nell’UE 28, e a quelli del 2011 nell’EA-19:
Andamento dei tassi di disoccupazione dal 2000 al 2016 (gennaio) nell’UE-28, EA-19 USA e Giappone (Fonte: Eurostat)
Andamento dei tassi di disoccupazione dal 2000 al 2016 (aprile) nell’UE-28 e EA-19
Fonte: Eurostat
Secondo
quanto pubblicato da Eurostat il 31 maggio 2016[18], nell'area dell'euro (EA-19)
il tasso di disoccupazione ad aprile 2016 era pari a 10,2%,
stabile rispetto al marzo 2016, e in sensibile calo rispetto al mese di
aprile 2015 (11,0%). Si tratta del livello più basso registrato nella
zona euro da agosto 2011. Il tasso di disoccupazione registrato nell’Unione
europea nel mese di aprile 2016 è pari all’8,7%, in calo dello 0,1%
su marzo 2016, e dello 0,9% rispetto ad aprile 2015: si tratta del tasso
più basso registrato nell’UE-28 da aprile 2009.
Come riportato nella tabella seguente, in termini assoluti, Eurostat stima che in aprile 2016 nell’UE-28 si trovavano nella condizione di disoccupazione 21,224 milioni di persone, di cui 16,420 milioni nella zona Euro; rispetto al mese precedente si registra, dunque, un calo, rispettivamente, di 106.000 e 63.000 unità. In un anno, da aprile 2015, la disoccupazione è quindi calata di 2,096 milioni di unità nell’UE-28 e di 1,309 milioni nella zona euro.
Disoccupazione in% e in cifre assolute (migliaia di unità), primo quadrimestre 2016 e aprile 2015
[note: * Febbraio 2015; ** Marzo 2015]
|
Tassi (%) |
Numero disoccupati (in migliaia) |
||||||||
Aprile 2015 |
Gennaio 2016 |
Febbraio 2016 |
Marzo 2016 |
Aprile 2016 |
Aprile 2015 |
Gennaio 2016 |
Febbraio 2016 |
Marzo 2016 |
Aprile 2016 |
|
EU-28 |
9.6 |
8.9 |
8.9 |
8.8 |
8.7 |
23 320 |
21 693 |
21 581 |
21 330 |
21 224 |
EA-19 |
11.0 |
10.4 |
10.4 |
10.2 |
10.2 |
17 729 |
16 741 |
16 695 |
16 483 |
16 420 |
Austria |
5.9 |
6.0 |
6.1 |
5.9 |
5.8 |
256 |
268 |
269 |
262 |
258 |
Belgio |
8.7 |
8.7 |
8.6 |
8.6 |
8.7 |
432 |
433 |
426 |
423 |
429 |
Bulgaria |
10.0 |
7.5 |
7.4 |
7.3 |
7.1 |
335 |
251 |
247 |
242 |
235 |
Cipro |
15.7 |
12.5 |
12.3 |
12.0 |
11.6 |
68 |
52 |
50 |
49 |
47 |
Croazia |
16.3 |
15.2 |
15.1 |
14.9 |
14.6 |
310 |
288 |
287 |
285 |
282 |
Danimarca |
6.3 |
5.9 |
5.9 |
5.9 |
6.0 |
184 |
177 |
177 |
178 |
180 |
Estonia |
6.7** |
6.3 |
6.3 |
6.8 |
: |
45** |
43 |
43 |
46 |
: |
Finlandia |
9.2 |
9.3 |
9.2 |
9.1 |
9.1 |
247 |
249 |
247 |
245 |
244 |
Francia |
10.3 |
10.1 |
10.2 |
10.1 |
9.9 |
3 023 |
2 995 |
3 022 |
2 964 |
2 910 |
Germania |
4.7 |
4.3 |
4.3 |
4.2 |
4.2 |
1 984 |
1 837 |
1 815 |
1 794 |
1 778 |
Grecia |
25.8* |
24.4 |
24.2 |
: |
: |
1 229* |
1 166 |
1 159 |
: |
: |
Irlanda |
9.7 |
8.9 |
8.8 |
8.6 |
8.4 |
209 |
192 |
190 |
187 |
184 |
Italia |
12.1 |
11.7 |
11.7 |
11.5 |
11.7 |
3 079 |
2 993 |
2 988 |
2 936 |
2 986 |
Lettonia |
9.5 |
10.0 |
9.8 |
9.6 |
9.6 |
95 |
100 |
98 |
96 |
96 |
Lituania |
9.4 |
8.6 |
8.5 |
8.4 |
8.2 |
138 |
127 |
124 |
124 |
121 |
Lussemburgo |
6.5 |
6.3 |
6.2 |
6.3 |
6.2 |
18 |
17 |
17 |
17 |
17 |
Malta |
5.5 |
5.2 |
5.0 |
4.6 |
4.3 |
11 |
10 |
10 |
9 |
9 |
Paesi Bassi |
7.0 |
6.5 |
6.5 |
6.4 |
6.4 |
625 |
574 |
581 |
574 |
572 |
Polonia |
7.6 |
6.6 |
6.5 |
6.3 |
6.3 |
1 324 |
1 149 |
1 119 |
1 094 |
1 083 |
Portogallo |
12.8 |
12.1 |
12.2 |
12.0 |
12.0 |
657 |
616 |
622 |
612 |
610 |
Regno Unito |
5.5* |
5.0 |
4.9 |
: |
: |
1 791* |
1 631 |
1 620 |
: |
: |
Repubblica Ceca |
5.3 |
4.3 |
4.2 |
4.1 |
4.1 |
280 |
229 |
225 |
219 |
220 |
Romania |
6.8 |
6.5 |
6.4 |
6.4 |
6.4 |
633 |
590 |
577 |
573 |
573 |
Slovacchia |
11.7 |
10.5 |
10.4 |
10.3 |
10.2 |
320 |
288 |
285 |
283 |
282 |
Slovenia |
9.4 |
8.3 |
8.2 |
8.1 |
7.8 |
95 |
82 |
81 |
80 |
78 |
Spagna |
22.7 |
20.5 |
20.4 |
20.3 |
20.1 |
5 219 |
4 697 |
4 667 |
4 621 |
4 596 |
Svezia |
7.6 |
7.0 |
7.0 |
7.0 |
6.9 |
395 |
369 |
368 |
367 |
366 |
Ungheria |
7.3** |
5.9 |
5.7 |
5.6 |
: |
329** |
269 |
262 |
258 |
: |
Islanda |
4.1 |
3.2 |
3.2 |
3.1 |
: |
8 |
6 |
6 |
6 |
: |
Norvegia |
4.2** |
4.7 |
4.7 |
4.7 |
: |
115** |
133 |
130 |
130 |
: |
Stati Uniti |
5.4 |
4.9 |
4.9 |
5.0 |
5.0 |
8 485 |
7 736 |
7 818 |
7 945 |
7 916 |
Tra gli Stati membri, i tassi di disoccupazione più bassi in aprile 2016 sono stati registrati in Repubblica Ceca (4,1%), Germania (4,2%) e Malta (4,3%). I tassi di disoccupazione più alti sono stati osservati in Grecia (24,2% nel Febbraio 2016) e Spagna (20,1%). Rispetto all’anno precedente, il tasso di disoccupazione in aprile 2016 è sceso in venticinque Stati membri mentre è restato stabile in Belgio e aumentato in Estonia (da 6,7% di marzo 2015 a 6,8% di marzo 2016) e Lettonia (da 9,5% a 9,6%). Le diminuzioni più rilevanti sono state registrate da Cipro (da 15,7% a 11,6%), Bulgaria (da 10,0% a 7,1%) e Spagna (da 22,7% a 20,1%). Si segnala che in aprile 2016 il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è stato pari al 5,0%, stabile rispetto a marzo 2016, e in calo rispetto al 5,4% del mese di aprile del 2015.
Tasso di disoccupazione – aprile 2016 (dati destagionalizzati) (Fonte: Eurostat)
Va segnalato che il
tasso di disoccupazione non solo è notevolmente diversificato nei diversi Stati
membri ma che anche il suo trend, comunque ora convergente al ribasso, ha avuto
livelli differenziati per le diverse aree della zona euro. La figura seguente
illustra l’andamento del tasso di disoccupazione nel periodo 2000-2015 a
livello di Unione europea, di Zona Euro, dei paesi del Sud ed Est Europa della
Zona Euro e dei paesi del Centro e del Nord Europa della Zona Euro.
In sostanza con la crisi si sono accentuati i divari all’interno dell’Unione europea:
2007 |
2015 |
|
UE-28 |
7,2 |
9,4 |
Germania |
8,5 |
4,6 |
Grecia |
8,4 |
24,9 |
Italia |
6,1 |
11,9 |
Spagna |
8,2 |
22,1 |
Fonte: Eurostat, dati agg. al 13 giugno 2016 [une_rt_a]
Disoccupazione giovanile
Secondo Eurostat[19], nel mese di aprile 2016, la disoccupazione giovanile nell’UE-28 (giovani sotto i 25 anni) ha raggiunto la cifra di 4,235 milioni di unità, delle quali 2.932.000 appartenenti alla zona euro. Rispetto ad aprile 2015, la disoccupazione giovanile è quindi diminuita di 495.000 unità, nell’UE-28, e di 261.000 nella zona euro. Le rilevazioni statistiche indicano che, nel mese di aprile 2016, il tasso di disoccupazione giovanile è pari a 18,8% nella UE-28 e a 21,1% nella zona euro, in sensibile calo sull’aprile 2015 quando ammontavano, rispettivamente a 20,7% e 22,5%. In sintesi, per quanto riguarda gli Stati membri, i tassi più bassi riguardano Germania (7,0%), Malta (8,9%) e Repubblica Ceca (9,5%), mentre i più alti si registrano in Grecia (51,4% a febbraio 2016), Spagna (45,0%), Croazia (38,9% nel primo trimestre 2016) e Italia (36,9%).
Disoccupazione giovanile, in% e in cifre assolute (migliaia di unità), primo quadrimestre 2016 e confronto con aprile 2015
|
Tassi |
Numero disoccupati (in migliaia) |
||||||||
|
Aprile 2015 |
Gennaio 2016 |
Febbraio 2016 |
Marzo 2016 |
Aprile 2016 |
Aprile 2015 |
Gennaio 2016 |
Febbraio 2016 |
Marzo 2016 |
Aprile 2016 |
EU-28 |
20.7 |
19.5 |
19.3 |
19.0 |
18.8 |
4 730 |
4 395 |
4 375 |
4 288 |
4 235 |
EA-19 |
22.5 |
21.9 |
21.8 |
21.4 |
21.1 |
3 193 |
3 048 |
3 040 |
2 966 |
2 932 |
Austria |
10.9 |
11.9 |
11.9 |
10.6 |
10.4 |
61 |
68 |
67 |
59 |
58 |
Belgio |
21.8 |
24.6 |
24.6 |
24.6 |
: |
86 |
99 |
99 |
99 |
: |
Bulgaria |
22.6 |
21.1 |
20.5 |
18.6 |
17.4 |
43 |
36 |
34 |
30 |
27 |
Cipro |
32.6 |
27.7 |
27.7 |
27.7 |
: |
13 |
10 |
10 |
10 |
: |
Croazia |
43.2 |
38.9 |
38.9 |
38.9 |
: |
68 |
67 |
67 |
67 |
: |
Danimarca |
10.4 |
11.0 |
11.2 |
11.2 |
11.6 |
46 |
52 |
53 |
52 |
54 |
Estonia |
12.5 |
14.6 |
12.8 |
11.6 |
: |
7 |
8 |
7 |
6 |
: |
Finlandia |
22.1 |
22.1 |
22.1 |
22.1 |
22.2 |
72 |
71 |
71 |
71 |
71 |
Francia |
24.3 |
24.7 |
24.8 |
24.3 |
23.5 |
671 |
688 |
691 |
670 |
647 |
Germania |
7.1 |
7.1 |
7.1 |
7.0 |
7.0 |
292 |
284 |
283 |
282 |
280 |
Grecia |
51.6 |
51.9 |
51.4 |
: |
: |
145 |
130 |
130 |
: |
: |
Irlanda |
21.0 |
20.2 |
19.9 |
19.1 |
18.0 |
40 |
37 |
36 |
34 |
32 |
Italia |
41.4 |
39.0 |
38.4 |
36.7 |
36.9 |
646 |
601 |
595 |
567 |
578 |
Lettonia |
14.7 |
17.6 |
15.7 |
14.4 |
14.3 |
13 |
14 |
13 |
11 |
11 |
Lituania |
17.4 |
13.6 |
13.9 |
14.2 |
13.8 |
22 |
17 |
17 |
18 |
17 |
Lussemburgo |
16.8 |
13.8 |
14.0 |
14.2 |
13.8 |
4 |
4 |
4 |
4 |
3 |
Malta |
11.6 |
10.8 |
10.4 |
9.4 |
8.9 |
3 |
3 |
3 |
2 |
2 |
Paesi Bassi |
10.9 |
11.2 |
11.3 |
11.4 |
11.2 |
154 |
155 |
158 |
159 |
159 |
Polonia |
21.0 |
18.6 |
18.1 |
17.7 |
17.1 |
291 |
263 |
258 |
252 |
243 |
Portogallo |
31.7 |
29.9 |
30.1 |
31.1 |
29.9 |
117 |
109 |
110 |
115 |
109 |
Regno Unito |
15.5 |
13.1 |
13.0 |
: |
: |
694 |
589 |
587 |
: |
: |
Repubblica Ceca |
13.5 |
10.3 |
9.8 |
9.7 |
9.5 |
48 |
34 |
33 |
33 |
32 |
Romania |
21.8 |
20.9* |
: |
: |
: |
150 |
140* |
: |
: |
: |
Slovacchia |
26.6 |
24.5 |
24.2 |
24.0 |
24.2 |
56 |
50 |
50 |
49 |
49 |
Slovenia |
16.6 |
16.3 |
16.3 |
16.3 |
: |
13 |
11 |
11 |
11 |
: |
Spagna |
49.7 |
46.0 |
46.0 |
45.6 |
45.0 |
778 |
686 |
684 |
673 |
663 |
Svezia |
20.9 |
19.1 |
19.1 |
18.9 |
19.0 |
137 |
124 |
124 |
123 |
123 |
Ungheria |
18.1 |
14.5 |
14.1 |
14.2 |
: |
61 |
49 |
49 |
49 |
: |
Islanda |
8.5 |
7.3 |
7.2 |
7.2 |
: |
3 |
2 |
2 |
2 |
: |
Norvegia |
10.0 |
11.2 |
11.2 |
11.8 |
: |
38 |
42 |
42 |
44 |
: |
Disoccupazione giovanile in%, 2015
Fonte: Eurostat
Con
l’obiettivo di favorire l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani,
l’UE ha adottato la Raccomandazione,
cosiddetta, “Garanzia giovani” istituita dal Consiglio del 22 aprile
2013. Essa è diretta a consentire a tutti i giovani di età inferiore ai 25
anni – iscritti o meno ai servizi per l'impiego – di ottenere un'offerta
valida entro 4 mesi dalla fine degli studi o dall'inizio della disoccupazione.
Per offerta si intende un impiego, apprendistato, tirocinio, o ulteriore
corso di studi e adeguata alla situazione e alle esigenze
dell'interessato. Essa dovrebbe contribuire a raggiungere tre degli
obiettivi della strategia Europa 2020: livello di occupazione (75%
delle persone tra 20 e 64 anni); abbandono scolastico inferiore al 10%; sottrazione
di almeno 20 milioni di persone alla povertà e all'esclusione sociale. Le
finalità proprie di “Garanzia giovani” sono finanziate dal Fondo sociale
europeo con il quale l’UE integra le spese nazionali a favore di questi sistemi
nonché dall'”Iniziativa per l'occupazione giovanile” (IOG, con una dotazione di
6,4 miliardi di EUR per il periodo 2014-2020) che punta a fornire un sostegno
supplementare ai giovani di età inferiore ai 25 anni che vivono in
regioni in cui la disoccupazione giovanile superava nel 2012 il 25%. Si segnala
che il Regolamento
UE 2015/779 del maggio 2015 ha aumentato al 30% il prefinanziamento
iniziale dalla dotazione specifica. Entro il 23 maggio 2016 gli Stati membri
possono presentare domande di pagamento intermedio in cui il contributo
dell'Unione dall'IOG sia pari ad almeno il 50% del prefinanziamento iniziale
supplementare. Ove il termine non venga rispettato sono tenuti a rimborsare
alla Commissione l'importo totale del prefinanziamento iniziale supplementare.
“Garanzia giovani” è rivolta, in particolare, ai giovani che non si trovano né in situazione lavorativa, né seguono un percorso di studi o formativo (NEET), inclusi i disoccupati di lunga durata e quelli che non sono iscritti presso i servizi per l’impiego.
L'attuazione
della Garanzia per i giovani è stata identificata come un'iniziativa ad elevata
priorità dagli accordi di partenariato che, adottati dalla Commissione per
tutti gli Stati membri, definiscono il quadro strategico per l'attuazione dei
Fondi strutturali e di investimento europei nel periodo 2014-2020 in ciascuno
Stato membro. L'attuazione della garanzia per i giovani ha preso avvio in tutti
gli Stati membri che hanno presentato piani
completi rispettando le scadenze fissate dal Consiglio europeo. Rispetto ad
altre riforme strutturali in Europa, la garanzia per i giovani è probabilmente
tra quelle di più rapida attuazione. Per fondare i sistemi di garanzia per i
giovani su dati credibili e consentire il monitoraggio e il miglioramento
costante, il comitato per l'occupazione ha sviluppato un quadro
di indicatori per il monitoraggio della garanzia per i giovani che ha
ricevuto il sostegno politico dei ministri del Lavoro al Consiglio EPSCO
dell'11 dicembre 2014.
Fenomeno peculiare nell’ambito dell’impoverimento del panorama socio-economico è quello comunemente noto come NEET, l'acronimo inglese di "Not (engaged) in Education, Employment or Training", riferito alle persone che non risultano impegnate nello studio, né nel lavoro e né nella formazione. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, a livello unionale il fenomeno è in leggera remissione e nel 2015 si registra un calo di mezzo punto. Tuttavia è da segnalare la situazione di Grecia e Italia dove oltre un quarto dei giovani tra 15 e 34 anni non risulta impegnato in alcuna attività, anche se negli ultimi due anni si è registrato un certo calo (nel caso della Grecia, anche in considerazione della nota crisi economica che l’ha colpita, la diminuzione dei NEET è stata marcata: il loro numero si è ridotto del -3,7%). Per altro gli sviluppi positivi NEET non sembrano essere condivisi da tutti gli individui di questo gruppo: infatti il gruppo di NEET “inattivi” non ha, sostanzialmente, modificato il proprio trend nei diversi paesi. Questo modello può essere osservato in quasi tutti gli Stati membri, con una percentuale di NEET “inattivi” che va da poco meno del 3% nei Paesi Bassi, a circa il 12% in Romania e in Italia e al 14,3% in Bulgaria. Così, mentre gli effetti di un miglioramento dell'economia mostrano buoni risultati per NEET “disoccupati”, la situazione per i NEET “inattivi” è ancora in stasi[20].
Quota di giovani (età 15-34 anni) che non lavorano, non studiano o non seguono attività di formazione (NEET)
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
UE-28 |
16,4 |
16,6 |
17,1 |
17,1 |
16,6 |
16,1 |
EA-19 |
16,6 |
16,7 |
17,3 |
17,5 |
17,1 |
16,6 |
Austria |
10,2 |
9,6 |
9,0 |
9,8 |
10,0 |
9,9 |
Belgio |
13,7 |
14,5 |
15,1 |
15,6 |
14,8 |
15,5 |
Bulgaria |
24,0 |
25,6 |
25,4 |
26,1 |
24,7 |
23,0 |
Cipro |
12,9 |
15,0 |
17,4 |
20,3 |
19,5 |
18,7 |
Croazia |
18,2 |
20,4 |
21,7 |
23,2 |
22,2 |
21,2 |
Danimarca |
8,0 |
8,4 |
8,7 |
8,2 |
8,1 |
8,4 |
Estonia |
19,4 |
16,6 |
16,5 |
15,3 |
15,2 |
13,3 |
Finlandia |
11,5 |
11,1 |
11,5 |
12,1 |
12,9 |
13,1 |
Francia |
15,4 |
15,6 |
16,1 |
14,7 |
15,2 |
15,8 |
Germania |
12,4 |
11,3 |
10,9 |
10,4 |
10,4 |
10,2 |
Grecia |
20,4 |
25,0 |
29,1 |
30,8 |
29,5 |
27,1 |
Irlanda |
22,0 |
22,8 |
22,1 |
20,0 |
18,9 |
17,6 |
Italia |
23,3 |
23,7 |
24,8 |
27,2 |
27,4 |
26,9 |
Lettonia |
21,4 |
20,2 |
18,2 |
16,3 |
16,6 |
14,7 |
Lituania |
18,4 |
16,1 |
15,3 |
14,1 |
13,5 |
12,6 |
Lussemburgo |
7,7 |
7,4 |
8,4 |
8,5 |
8,1 |
8,4 |
Malta |
14,9 |
14,2 |
14,1 |
13,7 |
13,7 |
13,1 |
Paesi Bassi |
6,7 |
7,0 |
7,7 |
8,8 |
8,8 |
8,1 |
Polonia |
15,9 |
16,4 |
16,9 |
17,4 |
16,7 |
15,8 |
Portogallo |
14,2 |
14,2 |
16,6 |
17,1 |
15,2 |
13,5 |
Regno Unito |
15,2 |
15,8 |
15,5 |
15,0 |
13,7 |
13,2 |
Repubblica Ceca |
15,7 |
15,0 |
15,8 |
15,6 |
15,0 |
14,9 |
Romania |
19,2 |
20,0 |
20,1 |
20,5 |
20,0 |
21,1 |
Slovacchia |
20,9 |
20,9 |
21,2 |
21,5 |
21,4 |
19,9 |
Slovenia |
9,6 |
9,6 |
11,8 |
13,2 |
13,6 |
12,5 |
Spagna |
20,9 |
21,7 |
23,6 |
24,0 |
22,4 |
20,9 |
Svezia |
8,3 |
7,9 |
8,3 |
7,9 |
7,7 |
7,4 |
Ungheria |
20,6 |
20,2 |
20,9 |
20,4 |
18,1 |
16,9 |
Fonte: Eurostat, agg. 29 aprile 2016, dati estratti il 9 giugno 2016
NEET% età 15-34 anni, periodo 2010-2015
Elaborazione su dati eurostat, agg. 29/4/16)
Disoccupazione di lungo periodo
Dopo sei anni di crescita contenuta e bassa domanda di lavoro la disoccupazione rimane elevata in particolare tra i disoccupati di lungo periodo. La disoccupazione di lungo periodo (più di un anno)[21] è raddoppiata rispetto al 2007 e rappresenta la metà della disoccupazione totale: essa colpisce 12,1 milioni di persone, pari al 5% della popolazione attiva dell'UE, il 62% delle quali nel 2014 era senza lavoro da almeno due anni consecutivi[22].
Tasso generale
disoccupazione di lungo periodo e di tasso disoccupazione di lungo
periodo giovanile,%, 2000-2014
Fonte: Eurostat
A livello di UE, la disoccupazione di lunga durata è rimasta a livelli molto elevati nel 2013 e nel 2014, contrariamente al trend della disoccupazione di breve periodo (v. figure sottostanti). Ben più preoccupante è l’incidenza della disoccupazione di lungo periodo se considerata in rapporto al numero dei disoccupati: in questo caso, di fatto, un disoccupato su due è di lungo periodo e il relativo tasso, espresso in percentuale sul numero dei disoccupati, nel 2014 era pari, nell’area UE-28, al 49,5 per cento e, nell’EA-19, al 52,5 per cento (in netto aumento sul 2012 quando erano pari, rispettivamente, al 44,5 per cento e al 46,5 per cento). Il dato evidenzia un aumento generalizzato; tra i paesi più grandi si registra una leggera controtendenza per la Germania con un meno 1,1 per cento nel biennio.
La disoccupazione di lungo periodo, infatti, riguarda gli Stati membri in misura disuguale a seconda dell'impatto della crisi, della situazione macroeconomica, della struttura economica e del funzionamento dei mercati nazionali del lavoro. Essa colpisce una serie di persone caratterizzate in generale da una bassa occupabilità, molte delle quali si trovano ad affrontare molteplici difficoltà. I lavoratori con un livello basso di competenze o qualifiche e i cittadini di paesi terzi hanno una probabilità due volte maggiore di trovarsi in una situazione di disoccupazione di lungo periodo. Anche le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate, come i rom, sono colpite in modo molto più accentuato rispetto al resto della popolazione.
Tassi di disoccupazione a lungo termine e percentuale
tra disoccupati, UE-28
Fonte: Eurostat
L'evoluzione della disoccupazione breve termine (STU) contro la disoccupazione di lungo periodo (LTU), 2008-2014
Fonte: Eurostat LFS [lfsa_upgan]; nota: età 25-74 anni
La disoccupazione di lungo periodo può portare alla povertà e all'esclusione sociale. Essa rende inoltre più probabile che i bambini delle famiglie di disoccupati diventino poveri a loro volta, poiché è stato dimostrato che tra i figli dei disoccupati i risultati scolastici sono peggiori. Trovare un posto di lavoro permetterebbe di uscire dalla povertà sia ai lavoratori interessati che alle loro famiglie, dal momento che la metà delle persone che trovano un impiego sfugge al rischio di povertà.
Tasso di disoccupazione di lunga durata 2012- 2014 (%) in rapporto al numero di disoccupati
|
2012 |
2013 |
2014 |
UE-28 |
44,5 |
47,3 |
49,5 |
EA-19 |
46,5 |
49,7 |
52,5 |
Germania |
45,4 |
44,7 |
44,3 |
Spagna |
44,4 |
49,7 |
52,8 |
Francia |
40,0 |
40,5 |
42,8 |
Italia |
53,2 |
56,9 |
61,4 |
Polonia |
40,3 |
42,5 |
42,7 |
Regno Unito |
34,7 |
36,2 |
35,8 |
Tasso di disoccupazione di lunga durata 2012- 2014 (%) in rapporto al numero della popolazione attiva
|
2012 |
2013 |
2014 |
UE-28 |
4,7 |
5,1 |
5,1 |
EA-19 |
5,3 |
6,0 |
6,1 |
Germania |
2,4 |
2,3 |
2,2 |
Spagna |
11,0 |
13,0 |
12,9 |
Francia |
3,9 |
4,2 |
4,4 |
Italia |
5,7 |
6,9 |
7,8 |
Polonia |
4,1 |
4,4 |
3,8 |
Regno Unito |
2,7 |
2,7 |
2,2 |
Fonte: Eurostat |
|
In questo contesto, la Commissione europea ha avanzato una proposta di raccomandazione del Consiglio (COM(2015)462), proposta adottata dal Consiglio con Raccomandazione del 15 febbraio 2016 (GU C 67 del 20 febbraio 2016) che consiste nel fornire agli Stati membri indicazioni sull'erogazione di servizi al fine di aumentare il tasso di transizione dalla disoccupazione di lungo periodo all'occupazione. La raccomandazione definisce azioni specifiche per rafforzare il sostegno personalizzato a favore dei disoccupati di lungo periodo, attuato a cura dei servizi sociali e per l'impiego. Sostanzialmente raccomanda agli Stati membri: di sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e dare un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento, tra l’altro tramite un più stretto legame con i datori di lavoro; di fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; di offrire un accordo di inserimento lavorativo specifico quando i disoccupati abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. Per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra un disoccupato di lungo periodo registrato e un punto di contatto unico avente l’obiettivo di facilitare la transizione dell’interessato verso l’occupazione sul mercato del lavoro.
Dopo la
crisi esplosa nel 2007, la disoccupazione sta lentamente diminuendo, ma
la disoccupazione di lunga durata, nonché la quota di giovani che non
lavorano, studiano o seguono attività di formazione (NEET) rimane elevata.
Inoltre, anche se l'Europa si è dotata di uno dei più avanzati sistemi di
Welfare, circa un quarto della popolazione dell'UE – 122 milioni di
persone – è a rischio di povertà o di esclusione sociale, e i bambini
sono tra i più vulnerabili.
La crisi economico finanziaria, oltre a produrre una contrazione del PIL che nell’area euro è stata partyicolarmente vistosa e che per alcuni paesi ha assunto dimensioni assai rilevanti, ha anche aggravato i divari tra i diversi Stati membri.
Il PIL procapite nell’Unione europea
PIL procapite, potere d’acquisto standard, in euro
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
UE-28 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
EA-19 |
108 |
108 |
108 |
108 |
108 |
107 |
107 |
107 |
106 |
Austria |
123 |
124 |
125 |
126 |
127 |
131 |
131 |
129 |
127 |
Belgio |
115 |
114 |
116 |
119 |
119 |
120 |
120 |
118 |
117 |
Bulgaria |
42 |
45 |
46 |
45 |
45 |
46 |
46 |
47 |
46 |
Cipro |
100 |
105 |
105 |
102 |
96 |
91 |
84 |
82 |
81 |
Croazia |
61 |
63 |
61 |
59 |
59 |
60 |
59 |
59 |
58 |
Danimarca |
121 |
123 |
122 |
126 |
125 |
126 |
126 |
125 |
124 |
Estonia |
68 |
68 |
62 |
63 |
69 |
74 |
75 |
76 |
74 |
Finlandia |
117 |
120 |
116 |
115 |
116 |
115 |
113 |
110 |
108 |
Francia |
107 |
106 |
107 |
108 |
108 |
107 |
108 |
107 |
106 |
Germania |
117 |
118 |
116 |
121 |
124 |
124 |
124 |
126 |
125 |
Grecia |
92 |
94 |
94 |
87 |
77 |
74 |
74 |
73 |
71 |
Irlanda |
146 |
132 |
129 |
130 |
132 |
131 |
131 |
134 |
145 |
Italia |
105 |
105 |
104 |
103 |
102 |
101 |
98 |
96 |
95 |
Lettonia |
60 |
60 |
52 |
52 |
56 |
60 |
62 |
64 |
64 |
Lituania |
60 |
63 |
56 |
60 |
65 |
70 |
73 |
75 |
74 |
Lussemburgo |
259 |
255 |
247 |
254 |
263 |
258 |
264 |
266 |
271 |
Malta |
78 |
80 |
84 |
86 |
84 |
84 |
86 |
86 |
89 |
Paesi Bassi |
137 |
139 |
137 |
134 |
134 |
132 |
132 |
131 |
129 |
Polonia |
53 |
54 |
59 |
62 |
64 |
66 |
67 |
68 |
69 |
Portogallo |
79 |
79 |
81 |
81 |
78 |
77 |
77 |
78 |
77 |
Regno Unito |
117 |
114 |
112 |
108 |
106 |
107 |
108 |
109 |
110 |
Repubblica Ceca |
83 |
81 |
83 |
81 |
83 |
82 |
83 |
84 |
85 |
Romania |
41 |
48 |
49 |
50 |
51 |
54 |
54 |
55 |
57 |
Slovacchia |
67 |
71 |
71 |
73 |
73 |
74 |
76 |
77 |
77 |
Slovenia |
87 |
89 |
85 |
83 |
82 |
81 |
80 |
82 |
83 |
Spagna |
103 |
101 |
101 |
97 |
94 |
92 |
91 |
91 |
92 |
Svezia |
127 |
126 |
122 |
125 |
126 |
127 |
124 |
123 |
123 |
Ungheria |
61 |
63 |
64 |
65 |
65 |
65 |
66 |
68 |
68 |
Fonte Eurostat [tec00114], agg. 20 giugno 2016
Mentre il PIL procapite, a parità di potere d’acquisto, della Germania è passato dal 117% al 125% di quello medio UE, quello italiano è passato da 105% a 95%, quello spagnolo da 103% a 92% e quello greco da 92% a 71%:
PIL procapite, ai prezzi di mercato, in euro
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
UE-28 |
25.900 |
26.000 |
24.400 |
25.400 |
26.100 |
26.500 |
26.700 |
27.500 |
28.700 |
EA-19 |
28.400 |
28.900 |
27.800 |
28.500 |
29.200 |
29.200 |
29.500 |
29.900 |
30.700 |
Austria |
34.000 |
35.100 |
34.300 |
35.200 |
36.800 |
37.600 |
38.100 |
38.500 |
39.100 |
Belgio |
32.500 |
33.100 |
32.300 |
33.500 |
34.500 |
35.000 |
35.400 |
35.900 |
36.500 |
Bulgaria |
4.300 |
5.000 |
5.000 |
5.100 |
5.600 |
5.700 |
5.800 |
5.900 |
6.100 |
Cipro |
22.800 |
23.900 |
22.900 |
23.000 |
23.000 |
22.500 |
21.000 |
20.400 |
20.600 |
Croazia |
10.200 |
11.200 |
10.500 |
10.500 |
10.400 |
10.300 |
10.200 |
10.200 |
10.400 |
Danimarca |
42.800 |
43.900 |
41.700 |
43.500 |
44.200 |
45.200 |
45.500 |
46.200 |
46.900 |
Estonia |
12.100 |
12.300 |
10.600 |
11.000 |
12.500 |
13.600 |
14.400 |
15.200 |
15.600 |
Finlandia |
35.300 |
36.500 |
33.900 |
34.900 |
36.500 |
36.900 |
37.400 |
37.600 |
37.800 |
Francia |
30.400 |
31.000 |
30.000 |
30.800 |
31.500 |
31.800 |
32.100 |
32.200 |
32.800 |
Germania |
31.000 |
31.700 |
30.600 |
32.100 |
33.700 |
34.300 |
35.000 |
36.000 |
37.100 |
Grecia |
21.100 |
21.800 |
21.400 |
20.300 |
18.600 |
17.300 |
16.500 |
16.300 |
16.200 |
Irlanda |
44.800 |
41.700 |
37.300 |
36.400 |
38.000 |
38.100 |
39.000 |
41.000 |
46.200 |
Italia |
27.400 |
27.600 |
26.400 |
26.800 |
27.300 |
26.700 |
26.500 |
26.500 |
26.900 |
Lettonia |
10.300 |
11.200 |
8.700 |
8.500 |
9.800 |
10.800 |
11.300 |
11.800 |
12.300 |
Lituania |
9.000 |
10.200 |
8.500 |
9.000 |
10.300 |
11.200 |
11.800 |
12.400 |
12.800 |
Lussemburgo |
76.500 |
77.000 |
72.800 |
77.900 |
81.300 |
82.000 |
85.300 |
87.600 |
91.600 |
Malta |
14.200 |
15.000 |
14.900 |
15.900 |
16.500 |
17.200 |
18.100 |
18.900 |
20.400 |
Paesi Bassi |
37.400 |
38.900 |
37.400 |
38.000 |
38.500 |
38.500 |
38.700 |
39.300 |
40.100 |
Polonia |
8.200 |
9.500 |
8.200 |
9.400 |
9.900 |
10.100 |
10.200 |
10.700 |
11.100 |
Portogallo |
16.600 |
16.900 |
16.600 |
17.000 |
16.700 |
16.000 |
16.300 |
16.700 |
17.300 |
Regno Unito |
35.400 |
30.900 |
26.800 |
28.900 |
29.500 |
32.200 |
31.900 |
34.900 |
39.500 |
Repubblica Ceca |
13.400 |
15.400 |
14.100 |
14.900 |
15.600 |
15.300 |
14.900 |
14.700 |
15.600 |
Romania |
6.000 |
6.900 |
5.900 |
6.300 |
6.600 |
6.700 |
7.200 |
7.500 |
8.100 |
Slovacchia |
10.400 |
12.200 |
11.800 |
12.400 |
13.000 |
13.400 |
13.600 |
13.900 |
14.400 |
Slovenia |
17.400 |
18.800 |
17.700 |
17.700 |
18.000 |
17.500 |
17.400 |
18.100 |
18.700 |
Spagna |
23.900 |
24.300 |
23.300 |
23.200 |
22.900 |
22.300 |
22.100 |
22.400 |
23.300 |
Svezia |
39.000 |
38.200 |
33.300 |
39.400 |
42.900 |
44.500 |
45.400 |
44.400 |
45.400 |
Ungheria |
10.100 |
10.700 |
9.300 |
9.800 |
10.100 |
10.000 |
10.200 |
10.600 |
11.100 |
Fonte Eurostat [tec00114], agg. 7 giugno 2016
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È aumentata la segmentazione dei mercati del lavoro tra categorie di lavoratori, quelli più e quelli meno protetti, e la persistenza di offerte di lavoro in determinati settori e regioni che, nonostante l'alto tasso di disoccupazione, non trovano soddisfazione per carenza di competenze[23].
Divergenti livelli di prestazioni sociali possono gravare pesantemente sull’assetto dei paesi dell’aera euro. Durante la crisi, la capacità di adeguamento dei diversi Stati membri dell'EA-19 si è mostrata debole o comunque limitata. Ciò ha contribuito ad aumentare le differenze tra i paesi di questa area in materia di occupazione e di disparità sociali e ha sottoposto a dura prova la capacità di resilienza nonché la stabilità della zona euro nel suo complesso. Negli ultimi anni, gli Stati membri della zona euro hanno convenuto un più rigoroso coordinamento delle politiche economiche e fiscali, ma tale più profonda integrazione all'interno dell'Unione economica e monetaria deve necessariamente comprende anche una dimensione sociale.
La crisi economica e finanziaria ha generalmente decelerato il processo di convergenza all’interno dell’UE in materia di occupazione
Tasso di occupazione, in EU28 e altri raggruppamenti
territoriali, 2000-2015,% sul gruppo di età 15-64 anni [Fonte: Eurostat.
Nota: basato su dati relativi al primo trimestre 2015]
Come evidenziato nel Rapporto dei cinque Presidenti il completamento dell’Unione economica e monetaria, in una area della moneta unica, passa anche attraverso la necessità di costruire meccanismi di regolazione, di ammortizzazione e di capacità di assorbimento dei mercati del lavoro degli Stati membri. Migliorare la convergenza tra un solido mercato del lavoro e le infrastrutture sociali può facilitare la resilienza, la coesione sociale oltre che concorrere ad un aggiustamento macroeconomico nell'EA-19.
A
questo proposito, si ricorda che il Ministro dell’economia italiano, Pier
Carlo Padoan, nel quadro della costruzione di un sistema di stabilizzatori
comuni per reagire agli shock, cui potranno accedere i Paesi che avranno
completato le rispettive riforme strutturali, ha presentato il progetto per
l’istituzione di un fondo europeo di assicurazione contro la disoccupazione (European
unemployment insurance scheme). La proposta viene richiamata, sia pure in
forma più generica, anche nel documento sul futuro dell’integrazione europea
che il Governo italiano ha presentato alle Istituzioni UE il 22 febbraio
scorso.
Il fondo, la cui istituzione non richiederebbe modifiche dei Trattati vigenti, avrebbe le seguenti caratteristiche:
- verrebbe attivato in caso di incrementi del tasso di disoccupazione di una certa rilevanza;
- costituirebbe una misura di sostegno minimo, eventualmente integrato da misure nazionali;
- l’accesso al fondo sarebbe subordinato a condizioni di attivazione/ricerca di lavoro, imprimendo così un'accelerazione all’armonizzazione dei servizi per l’impiego e ai progressi nella portabilità dei diritti sociali e delle qualifiche;
- verrebbe amministrato da un unico soggetto (ad esempio, la Commissione europea) in coordinamento con le autorità nazionali. Le parti sociali nazionali ed europee parteciperebbero alla definizione delle caratteristiche e al monitoraggio;
- verrebbe inizialmente alimentato da risorse degli Stati membri. In prospettiva, potrebbe essere finanziato da nuove risorse proprie dell’UE ed evolvere in un vero Fondo di stabilizzazione con possibilità di emissioni e funzioni più ampie.
Nelle analisi prevalenti, la disuguaglianza produce effetti negativi sulla crescita. Le politiche a favore dell’uguaglianza si rivelano più efficaci ai fini della crescita quando favoriscono: la partecipazione delle donne, la promozione dell'occupazione e la creazione di posti di lavoro di buona qualità, le competenze e l'istruzione, misure fiscali e trasferimenti equi (rapporto OSCE “In It Together: Why Less Inequality Benefits All”, 2015).
In quasi la metà dei paesi dell'UE, tra il 2007 e il 2012, le disparità di reddito tra le famiglie europee è aumentato. La disoccupazione, in particolare, è stata un fattore chiave della crescente disuguaglianza durante la crisi. La crescente polarizzazione tra posti di lavoro ben pagati e a bassa paga contribuisce all’ampliamento del divario reddituale e alla diseguaglianza.
La tabella
inserita tra due pagine (Tabella 1.A.1) contiene dati OCSE sulla distribuzione
del reddito. I dati si riferiscono alla popolazione totale e si basano sul
reddito disponibile delle famiglie. Il coefficiente di Gini assume valori tra 0
(in cui ogni persona ha lo stesso reddito) e 1 (dove tutto il reddito va a una
sola persona). Il rapporto tra decili di reddito, detto anche rapporto S90/S10,
misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito calcolata come
rapporto tra il reddito totale percepito dal 10% della popolazione con il
reddito più alto (decile superiore) e quello percepito dal 90% della stessa
popolazione con il reddito più basso (decile inferiore). La soglia di povertà è
il 50% del reddito mediano disponibile in ogni paese. Per lavoratori poveri si
intendono quelli con reddito sotto la soglia di povertà, che vivono in famiglie
con una persona in età di lavoro e con almeno un lavoratore.
La disparità di reddito varia notevolmente tra i paesi OCSE e le economie emergenti - Livello di disuguaglianza (Gini coefficient), 2013 o ultimo dato disponibile
La crisi ha modificato
notevolmente la dinamica della disuguaglianza e ha colpito le diverse fasce
della popolazione in modi diversi. Mentre in media il rapporto S80/S20[24] è
rimasto sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2013 nell’UE-27 (con una
crescita dello 0,2 per cento nel 2014), emergono una certa dispersione e
un crescente divario in termini di disuguaglianza tra gli Stati
membri. La disuguaglianza, tra il 2013 e il 2014, è rimasta stabile ovvero
è cresciuta in quasi tutti gli Stati membri (salvo che Francia, Croazia,
Lussemburgo, Ungheria e Malta). Nonostante i recenti miglioramenti, la
disuguaglianza continua ad essere un problema particolarmente preoccupante
anche in Bulgaria, Estonia, Grecia, Spagna, Lettonia, Lituania, Portogallo e
Romania, che hanno un rapporto tra quintili maggiore di 6.
Il
tasso di rischio di povertà e di esclusione sociale è aumentato in modo
significativo, con differenze crescenti tra gli Stati membri. Tra
l’inizio della crisi, nel 2008, e il 2014, il numero di europei a rischio di
povertà o di esclusione sociale è salito di 4,7 milioni,
raggiungendo una percentuale del 24,5 per cento della popolazione UE-28 nel
2014. L’andamento dei tassi di rischio di povertà o di esclusione sociale
nel biennio 2013-2014 ha registrato un leggero miglioramento nell’UE-28, così
come nella maggior parte degli Stati membri, in particolare Bulgaria, Irlanda,
Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Slovacchia.
Obiettivo della Strategia Europa 2020 è di sottrarre almeno 20 milioni di persone al rischio di cadere o restare in situazione di povertà ed emarginazione sociale.
Disuguaglianza nella
distribuzione del reddito (rapporto tra quintili di reddito), 2013-2014
(Fonte: Eurostat, Code: tessi180, (SILC))
Tasso di rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE – a rischio di povertà o esclusione sociale, anni 2013-2014 (Fonte: Eurostat, Code: t2020_50, (UE-SILC))
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Nel 2014
era considerato a rischio povertà e esclusione sociale, ai fini
della verifica dello stato di attuazione della Strategia 2020, il 24,4%
della popolazione dell'UE-28. Tale percentuale, calcolata come media ponderata
dei dati nazionali, nasconde rilevanti differenze tra gli Stati membri dell'UE.
In tre Stati membri, ossia Bulgaria (40,1%), Romania (39,5%) e Grecia (36%),
oltre un terzo della popolazione era considerato a rischio povertà e esclusione
sociale. La quota meno elevata di persone a rischio di povertà era registrata
nella Repubblica ceca (14,8%), nei Paesi Bassi (16,5%) e in Svezia (16,9%),
comunque in crescita rispetto al 2013. La tabella che segue riporta le
percentuali di rischio di povertà per ciascuno Stato membro.
Anno 2014 |
% |
Anno 2014 |
% |
UE-28 |
24,4 |
Lettonia |
32,7 |
EA-19 |
23,5 |
Lituania |
27,3 |
Austria |
19,2 |
Lussemburgo |
19,0 |
Belgio |
21,2 |
Malta |
23,8 |
Bulgaria |
40,1 |
Paesi Bassi |
16,5 |
Cipro |
27,4 |
Polonia |
24,7 |
Croazia |
29,3 |
Portogallo |
27,5 |
Danimarca |
17,9 |
Regno Unito |
24,1 |
Estonia |
26,0 |
Repubblica Ceca |
14,8 |
Finlandia |
17,3 |
Romania |
39,5 |
Francia |
18,5 |
Slovacchia |
18,4 |
Germania |
20,6 |
Slovenia |
20,4 |
Grecia |
36,0 |
Spagna |
29,2 |
Irlanda |
27,6 |
Svezia |
16,9 |
Italia |
28,3 |
Ungheria |
31,8 |
Fonte: Eurostat, ilc_peps01, agg. dati 7 giugno 2016 |
Alcuni gruppi sociali sono più esposti di altri al rischio di povertà in termini monetari. Nel 2014 il differenziale tra il tasso di rischio di povertà (dopo i trasferimenti sociali) per i due sessi nell'UE-28 era relativamente contenuto: 16,7% per gli uomini e 17,7% per le donne. Il divario maggiore (di 3,2 punti percentuali) è stato osservato in Estonia. Nel 2014 anche Italia (2,1%), Lettonia (3%), Lituania e Cipro (2,5%) nonché Svezia (2,4%) hanno registrato tassi di rischio di povertà per le donne superiori di almeno 2,0 punti percentuali rispetto a quelli per gli uomini. Per contro, in sei Stati membri dell'UE (Danimarca, Grecia, Spagna, Polonia, Romania e Slovacchia) il tasso di rischio di povertà era lievemente superiore per gli uomini rispetto alle donne.
Persone a rischio povertà
per paese, disaggregazione per età e sesso, 2014,% sulla popolazione
Fonte Eurostat
Il
differenziale tra i tassi di povertà (dopo i trasferimenti sociali) aumenta
se la popolazione viene classificata secondo la condizione lavorativa
(cfr. tabella seguente). Un gruppo particolarmente vulnerabile è
costituito dai disoccupati: nel 2014 quasi la metà (47,4%) dei
disoccupati nell'UE-28 era esposta al rischio di povertà, con il tasso
di gran lunga più elevato in Germania (67,6%) e Lituania (62,6%), mentre in
altri sette Stati membri (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Regno
Unito, Romania e Ungheria) era a rischio di povertà più della metà dei
disoccupati. Nell'UE-28 più di un pensionato su dieci (10,7%) era esposto al
rischio di povertà nel 2014: nei paesi baltici (Estonia 36,7%, Lituania 27,8%
e Lettonia 26,4%) sono stati registrati tassi più che doppi rispetto alla media
dell'UE-28. Il rischio di povertà è molto inferiore tra gli occupati (una media
del 9,6% nell'intera UE-28). Percentuali relativamente elevate di occupati a
rischio di povertà sono state registrate in Romania (19,7%) e, in misura
minore, in Grecia (13,2%) e Spagna (12,6%), mentre Estonia, Italia,
Lussemburgo, Polonia e Portogallo sono sostanzialmente in linea con la media
dell’UE rilevavando che, nel 2014, più di un occupato su dieci era
esposto al rischio di povertà.
Tassi di povertà classificati secondo la condizione lavorativa (%) – anno 2014
Totale Popolazione |
Occu-pati |
Non occupati |
Disoccu-pati |
Pensio-nati |
Altri inattivi |
|
UE-28 |
17,2 |
9,6 |
30,5 |
47,4 |
10,7 |
28,3 |
EA-19 |
17,5 |
9,4 |
30,7 |
47,0 |
10,3 |
27,3 |
Austria |
12,9 |
7,2 |
24,9 |
44,7 |
14,9 |
25,2 |
Belgio |
14,6 |
4,8 |
30,3 |
43,2 |
6,7 |
31,2 |
Bulgaria |
18,9 |
9,3 |
34,1 |
50,5 |
13,0 |
28,2 |
Cipro |
13,2 |
7,8 |
21,0 |
32,7 |
9,9 |
16,1 |
Croazia |
18,0 |
5,7 |
30,3 |
43,0 |
15,6 |
27,0 |
Danimarca |
13,3 |
4,9 |
28,6 |
28,1 |
9,0 |
31,3 |
Estonia |
19,5 |
11,8 |
36,0 |
54,7 |
36,7 |
31,3 |
Finlandia |
12,4 |
3,7 |
28,4 |
46,4 |
7,1 |
25,5 |
Francia |
13,4 |
8,0 |
22,7 |
31,4 |
5,7 |
26,6 |
Germania |
17,3 |
9,9 |
34,3 |
67,6 |
22,4 |
26,7 |
Grecia |
23,2 |
13,2 |
32,6 |
46,0 |
6,8 |
31,2 |
Irlanda |
16,6 |
5,5 |
30,7 |
35,7 |
17,7 |
29,8 |
Italia |
19,8 |
11,1 |
31,3 |
48,2 |
7,0 |
28,1 |
Lettonia |
17,6 |
8,3 |
35,5 |
53,4 |
26,4 |
28,7 |
Lituania |
17,8 |
8,4 |
35,1 |
62,6 |
27,8 |
24,7 |
Lussemburgo |
16,2 |
11,1 |
26,1 |
50,1 |
2,4 |
26,8 |
Malta |
13,8 |
5,7 |
25,8 |
48,7 |
17,4 |
24,3 |
Paesi Bassi |
12,5 |
5,3 |
27,4 |
36,7 |
20,4 |
25,4 |
Polonia |
16,7 |
10,7 |
26,5 |
42,9 |
8,4 |
26,2 |
Portogallo |
19,4 |
10,7 |
32,0 |
40,6 |
11,2 |
31,9 |
Regno Unito |
15,8 |
8,6 |
33,6 |
57,7 |
18,4 |
31,6 |
Repubblica Ceca |
9,1 |
3,6 |
19,7 |
47,8 |
6,0 |
14,8 |
Romania |
24,4 |
19,7 |
32,7 |
51,3 |
10,2 |
41,8 |
Slovacchia |
12,5 |
5,7 |
25,2 |
48,8 |
7,8 |
17,1 |
Slovenia |
13,8 |
6,4 |
24,4 |
45,4 |
11,8 |
19,7 |
Spagna |
23,3 |
12,6 |
36,1 |
48,1 |
6,5 |
27,3 |
Svezia |
14,6 |
7,8 |
35,7 |
41,1 |
19,6 |
36,5 |
Ungheria |
15,0 |
6,7 |
26,2 |
54,2 |
5,9 |
23,5 |
Fonte: Eurostat (SILC) [ilc_li04], dati aggiornati al 7 giugno 2016
I tassi di rischio
di povertà sono distribuiti non uniformemente tra tipologie familiari
a seconda della loro composizione tra numero di adulti e figli a carico,
come si può osservare nella tabella che segue. Per quanto riguarda l'UE-28 nel
suo complesso, le famiglie costituite da una sola persona con figli a carico
rappresentano il gruppo maggiormente esposto al rischio di povertà (32,5%),
seguite da quelle con due adulti e tre o più figli a carico (26,6%) e da quelle
costituite da un solo adulto (26,9%). Al contrario, le persone che vivono in
una famiglia con due adulti, di cui almeno uno di età uguale a superiore
ai 65 anni (10,2%), seguite da quelle che vivono in una famiglia con due o più
adulti senza figli a carico (10,9%) o in una famiglia con due adulti e un
figlio a carico (13,6%) sono quelle meno esposte al rischio di povertà.
In sintesi, maggiore è il numero dei figli a carico in una famiglia (con due
adulti o una sola persona), maggiore è il rischio di povertà. Questo è
all'incirca il quadro che si presenta nella maggior parte degli Stati membri,
seppur con alcune eccezioni. In Bulgaria, Romania, Spagna, Polonia, Grecia,
Ungheria, Croazia e Regno Unito le famiglie maggiormente a rischio sono quelle
composte da due adulti con tre o più figli a carico. Inoltre, in Danimarca,
Finlandia, Germania, Estonia, Slovenia, Croazia e Lettonia la percentuale delle
famiglie a rischio di povertà costituite da una sola persona senza figli a
carico è superiore a quella delle famiglie composte da un solo adulto con figli
a carico.
Tassi di rischio di povertà per tipologie familiari – Anno 2014
Famiglie senza figli a carico |
Famiglie con figli a carico |
|||||
|
Singolo adulto |
Due adulti di cui uno con 65 anni o più |
Due o più adulti senza figli a carico |
Singolo adulto con figli a carico |
Due adulti con un figlio a carico |
Due adulti con tre o più figli a carico |
UE-28 |
25,1 |
10,2 |
10,9 |
32,5 |
13,6 |
26,9 |
EA-19 |
25,1 |
10,1 |
10,9 |
34,0 |
14,0 |
22,9 |
Austria |
23,6 |
11,7 |
11,1 |
31,6 |
7,3 |
29,6 |
Belgio |
22,4 |
14,1 |
10,9 |
36,4 |
10,3 |
20,0 |
Bulgaria |
31,0 |
16,3 |
14,8 |
42,9 |
16,2 |
78,9 |
Cipro |
26,5 |
20,8 |
18,5 |
27,9 |
12,8 |
14,5 |
Croazia |
31,2 |
21,5 |
20,5 |
29,6 |
14,2 |
31,3 |
Danimarca |
27,2 |
6,0 |
6,4 |
13,0 |
7,9 |
12,4 |
Estonia |
49,4 |
13,0 |
14,8 |
37,2 |
20,0 |
23,6 |
Finlandia |
32,0 |
4,7 |
6,8 |
20,7 |
5,6 |
12,2 |
Francia |
17,0 |
5,9 |
6,9 |
35,5 |
12,2 |
19,1 |
Germania |
32,9 |
11,4 |
11,5 |
29,4 |
11,5 |
14,0 |
Grecia |
22,6 |
11,3 |
14,3 |
27,8 |
22,6 |
32,4 |
Irlanda |
23,5 |
10,2 |
10,1 |
34,4 |
10,3 |
19,7 |
Italia |
23,0 |
10,6 |
12,3 |
37,5 |
15,3 |
31,8 |
Lettonia |
42,2 |
15,9 |
16,3 |
41,1 |
12,1 |
27,7 |
Lituania |
34,9 |
7,1 |
10,3 |
46,0 |
20,1 |
39,8 |
Lussemburgo |
15,3 |
3,8 |
6,7 |
44,6 |
15,0 |
32,4 |
Malta |
20,4 |
21,2 |
16,0 |
46,3 |
10,8 |
44,4 |
Paesi Bassi |
20,6 |
5,1 |
7,1 |
25,6 |
8,5 |
17,8 |
Polonia |
20,3 |
7,7 |
11,0 |
27,6 |
10,8 |
35,8 |
Portogallo |
23,1 |
13,1 |
15,1 |
38,4 |
15,4 |
38,4 |
Regno Unito |
27,1 |
13,6 |
11,5 |
28,6 |
13,6 |
30,8 |
Repubblica Ceca |
15,4 |
3,7 |
5,8 |
35,9 |
8,0 |
24,0 |
Romania |
26,0 |
8,8 |
12,2 |
30,7 |
15,7 |
73,1 |
Slovacchia |
15,7 |
4,9 |
7,5 |
30,6 |
13,2 |
28,4 |
Slovenia |
33,0 |
8,9 |
11,3 |
27,4 |
14,7 |
15,4 |
Spagna |
20,7 |
13,0 |
14,8 |
42,0 |
20,2 |
44,1 |
Svezia |
33,6 |
6,0 |
7,3 |
33,7 |
10,2 |
16,9 |
Ungheria |
12,9 |
4,1 |
8,6 |
32,4 |
13,9 |
33,0 |
Fonte: Eurostat (SILC) [ilc_li03], dati aggiornati al 7 giugno 2016
La Consultazione pubblica sul Pilastro europeo dei diritti sociali è destinata ai cittadini, alle organizzazioni e alle amministrazioni pubbliche. Il periodo in cui sarà possibile partecipare alla consultazione va dall’8 marzo 2016 al 31 dicembre 2016; il processo consultivo è volto a fornire le basi affinché la Commissione formuli una proposta definitiva relativa al Pilastro all'inizio del 2017. Persegue i seguenti obiettivi:
· effettuare una valutazione dell’attuale acquis sociale dell'Unione per determinare in quale misura i diritti vigenti sono esercitati, se sono ancora pertinenti oppure se si debbano considerare nuovi modi di formularli;
· riflettere sui nuovi sviluppi dell'organizzazione del lavoro e delle società derivanti dagli effetti delle nuove tecnologie, dalle tendenze demografiche o da altri fattori importanti per la vita lavorativa e le condizioni sociali;
· raccogliere opinioni e osservazioni sul ruolo del Pilastro europeo dei diritti sociali come parte di un’Unione economica e monetaria più profonda e più equa. Ciò servirà per discutere il ruolo del Pilastro, il suo campo di applicazione e il suo contenuto nonché per riflettere sulle esigenze specifiche della zona euro e discutere la specificità dei principi proposti. Infine, questo esercizio di riflessione dovrebbe aiutare gli Stati membri non appartenenti alla zona euro a decidere se aderire.
Le domande proposte dalla Commissione europea oggetto della consultazione sono le seguenti:
· Sulla situazione sociale e sull'acquis sociale dell'UE
1. Quali sono secondo Lei le priorità più urgenti in campo sociale e nell'ambito dell'occupazione?
2. Come possiamo tenere presenti le diverse situazioni occupazionali e sociali in Europa?
3. Ritiene aggiornato l'acquis dell'UE e vi è spazio per ulteriori interventi dell'UE?
· Sul futuro del lavoro e dei sistemi di protezione sociale:
4. Quali tendenze secondo Lei produrranno importanti trasformazioni?
5. Quali potrebbero essere i maggiori rischi e le principali opportunità correlati a tali tendenze?
6. Vi sono pratiche a livello politico, istituzionale o di impresa (esistenti o emergenti) che raccomanderebbe come riferimenti?
· Sul Pilastro europeo dei diritti sociali
7. Condivide l'approccio qui delineato per la creazione di un Pilastro europeo dei diritti sociali?
8. È d'accordo con il campo d'applicazione del Pilastro, i settori e i principi qui proposti? Vi sono aspetti non ancora espressi o non trattati adeguatamente?
9. Quali settori e principi sono più importanti nell'ambito di una rinnovata convergenza per la zona euro?
10. Come dovrebbero essere espressi e resi operativi? In particolare, ravvisa opportunità e valore aggiunto nell'adozione di norme minime o parametri di riferimento in determinati settori, e se sì in quali?
Potranno anche essere espressi commenti su ogni settore e principio del Pilastro proposto compilando un questionario online più specifico presente sulla pagina web dedicata alla consultazione.
Tutti i contributi saranno pubblicati su Internet con l'indicazione dell'identità dell'autore, a meno che quest'ultimo non si opponga alla pubblicazione dei dati personali perché ritiene che ciò potrebbe ledere i suoi interessi legittimi. In tal caso, il contributo sarà pubblicato in forma anonima. In tutti gli altri casi, il contributo non sarà pubblicato e in linea di massima non si terrà conto del suo contenuto.
Nei mesi a venire la Commissione europea sarà impegnata in discussioni con le altre istituzioni dell'UE, le autorità e i parlamenti nazionali, i sindacati e le associazioni imprenditoriali, le ONG, i prestatori di servizi sociali, esperti del mondo accademico e con il pubblico. A livello nazionale la Commissione europea faciliterà il dibattito tramite le proprie rappresentanze negli Stati membri. Le parti sociali dell'UE potranno svolgere un ruolo attivo nella formulazione del Pilastro. La Commissione europea chiederà altresì il parere del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni.
La comunicazione reca in allegato (Annesso 1) una prima stesura di massima del Pilastro europeo dei diritti sociali. Esso si ispira agli obiettivi e ai diritti sociali iscritti nel diritto primario dell'UE: il Trattato sull'Unione europea (TUE), il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la Carta dei diritti fondamentali e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea nonché a pratiche a livello nazionale e a fonti internazionali del diritto.
Ad avviso della Commissione europea, il progetto del Pilastro è mirato a integrare i diritti esistenti precisando alcuni principi essenziali che dovrebbero diventare patrimonio comune degli Stati membri aderenti per l'attuazione della loro politica occupazionale e sociale, con un'attenzione particolare per le esigenze e le sfide cui deve far fronte la zona euro. Non costituisce, quindi, una mera enunciazione dei diritti esistenti. Una volta creato, il Pilastro dovrebbe diventare un quadro di riferimento per esaminare le performance occupazionali e sociali degli Stati membri aderenti, per stimolare le riforme a livello nazionale e più specificamente per fungere da bussola per una rinnovata convergenza nella zona euro.
Il testo del “Pilastro” è suddiviso in tre capitoli. Nell'ambito di questi tre capitoli sono stati identificati 20 settori d'intervento ai quali sono connessi differenti principi. Tali principi sono dettati da una serie di diritti già iscritti nell'acquis dell’Unione e da altre fonti di diritto pertinenti e definiscono con maggiore precisione le possibili modalità per renderli operativi. I capitoli sono questi:
I. Pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, con i seguenti settori d’intervento: 1. Competenze, istruzione e apprendimento permanente; 2. Contratti di lavoro flessibili e sicuri; 3. Cambiamenti di professione in sicurezza; 4. Sostegno attivo all'occupazione; 5. Parità di genere ed equilibrio tra vita professionale e vita familiare; 6. Pari opportunità;
II. Condizioni di lavoro eque, con i seguenti settori d’intervento: 7. Condizioni di impiego; 8. Retribuzioni; 9. Salute e sicurezza sul luogo di lavoro; 10. Dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori;
III. Protezione sociale adeguata e sostenibile, con i seguenti settori d’intervento: 11. Prestazioni e servizi sociali integrati; 12. Assistenza sanitaria e prestazioni di malattia; 13. Pensioni; 14. Prestazioni di disoccupazione; 15. Reddito minimo; 16. Prestazioni di invalidità; 17. Assistenza di lunga durata; 18. Assistenza all'infanzia; 19. Alloggi; 20. Accesso ai servizi essenziali.
Per i suddetti settori di intervento la Commissione europea propone taluni principi citando, se del caso, i diritti corrispondenti nel diritto primario (qui riportati in parentesi):
1. COMPETENZE, ISTRUZIONE E APPRENDIMENTO PERMANENTE: ogni persona ha accesso a istruzione e formazione di qualità durante tutta la vita per acquisire un livello adeguato di conoscenze di base e competenze chiave e partecipare attivamente alla società e al mondo del lavoro. I giovani poco qualificati e gli adulti in età lavorativa sono incoraggiati a migliorare le proprie competenze. (Art. 14 della Carta dei diritti fondamentali sul diritto di "Ogni persona [al] diritto all'istruzione e […] alla formazione professionale […]". – Artt. 165 e 166 TFUE: l'Unione attua una politica di formazione professionale e contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri, sostenendo ed integrando la loro azione).
2. CONTRATTI DI LAVORO FLESSIBILI E SICURI: a - Si assicura parità di trattamento, a prescindere dal contratto di lavoro, a meno che la differenza di trattamento sia giustificata da ragioni obiettive. Va prevenuto l'uso improprio o l'abuso dei rapporti di lavoro precari e non permanenti. b - La flessibilità delle condizioni di impiego può agevolare l'ingresso nel mercato del lavoro e salvaguardare la capacità dei datori di lavoro di reagire rapidamente alle variazioni della domanda; si assicura però la transizione a contratti di lavoro a tempo indeterminato. (Art. 153 TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore delle condizioni di lavoro).
3. CAMBIAMENTI PROFESSIONALI IN SICUREZZA: a - Ogni persona in età lavorativa ha accesso a un'assistenza individuale per la ricerca di lavoro ed è incoraggiata a ricevere formazione e migliorare le proprie competenze al fine di migliorare le prospettive di occupabilità o imprenditoriali e velocizzare il passaggio ad altro lavoro e professione. b - Si assicurano il mantenimento e la portabilità dei diritti a prestazioni sociali e a formazione accumulati nel corso della carriera, in modo da agevolare il passaggio ad altro lavoro e altra professione (Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la promozione dell'occupazione. - Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).
4. SOSTEGNO ATTIVO ALL'OCCUPAZIONE: a - Tutti i giovani di età inferiore a 25 anni ricevono un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio entro quattro mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale. b - Si assicura che i disoccupati di lungo periodo iscritti ricevano una valutazione individuale approfondita, orientamento e un accordo di reinserimento lavorativo con un'offerta individuale di servizi nonché l'indicazione di un punto di contatto unico al più tardi dopo 18 mesi di disoccupazione (Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la promozione dell'occupazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri per promuovere l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro).
5. PARITÀ DI GENERE ED EQUILIBRIO TRA VITA PROFESSIONALE E VITA FAMILIARE: a - Si promuove la parità di genere nel mercato del lavoro e nell'istruzione, garantendo parità di trattamento in tutti i settori, compresa la retribuzione, contrastando gli ostacoli alla partecipazione femminile e prevenendo la segregazione occupazionale. b - Tutti i genitori e tutte le persone con responsabilità di assistenza hanno accesso a modalità adeguate di congedo per occuparsi di figli o altri familiari da assistere, e accesso a servizi di assistenza. Si incoraggia l'uso paritario dei congedi tra i sessi , anche con la concessione di congedi parentali retribuiti sia agli uomini sia alle donne. c - Di comune accordo tra datori di lavoro e lavoratori, sono offerte e incoraggiate modalità di lavoro flessibili, anche in relazione all'orario di lavoro, tenendo conto delle esigenze sia dei lavoratori sia dei datori di lavoro (Art. 33 Carta dei diritti fondamentali: "Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha il diritto di essere tutelata contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l'adozione di un figlio." – Art. 153 TFUE: l’Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nei settori dell'ambiente di lavoro, delle condizioni di lavoro e della parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro. – Art. 23 Carta dei diritti fondamentali: "La parità tra donne e uomini deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato." – Art. 3 TUE: l'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni. – Art. 8 TFUE: l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra donne e uomini. – Art. 19 TFUE: l'Unione può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri in merito all'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e promuove la parità tra donne e uomini per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro).
6. PARI OPPORTUNITÀ: La partecipazione al mercato del lavoro dei gruppi sottorappresentati è rafforzata assicurando parità di trattamento in tutti i settori, anche mediante la sensibilizzazione e la lotta contro le discriminazioni (Art. 21 Carta dei diritti fondamentali: "È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale." – Art. 3 TUE: l'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni. – Art. 8 TFUE: l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità tra uomini e donne. – Art. 19 TFUE: l'Unione può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime e sostiene e completa l'azione degli Stati membri in merito all'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e promuove la parità tra donne e uomini per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il trattamento sul lavoro).
7. CONDIZIONI DI IMPIEGO: a - Ogni lavoratore è informato in forma scritta prima dell'inizio dell'impiego in merito ai diritti e agli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro. b - Il periodo di prova, se previsto, ha una durata ragionevole; prima del suo inizio i lavoratori sono informati in merito alle relative condizioni. c - Il licenziamento di un lavoratore è motivato, preceduto da un periodo ragionevole di preavviso e comporta un'adeguato risarcimento, unitamente all'accesso a forme rapide ed efficaci di ricorso ad un sistema imparziale di risoluzione delle controversie (Art. 30 Carta dei diritti fondamentali: "Ogni lavoratore ha il diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali." – Art. 153 TFUE: l'Unione adotta direttive che determinano le prescrizioni minime, e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore delle condizioni di lavoro e per la protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro).
8. RETRIBUZIONI: Ogni impiego è retribuito equamente in modo da consentire un livello di vita dignitoso. Le retribuzioni minime sono fissate con un meccanismo trasparente e prevedibile in modo da salvaguardare l'accesso al lavoro e la motivazione a cercare lavoro. Le retribuzioni evolvono in linea con le variazioni della produttività, in consultazione con le parti sociali e conformemente alle pratiche nazionali.
9. SALUTE E SICUREZZA SUL LUOGO DI LAVORO: Si assicura un livello adeguato di protezione da tutti i rischi che possono presentarsi sul lavoro, con il debito sostegno all'attuazione, segnatamente nelle microimprese e nelle piccole imprese (Art. 31 Carta dei diritti fondamentali: "Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose." - Art. 153 TFUE: l'Unione adotta direttive che determinano le prescrizioni minime, e sostiene e completa l'azione degli Stati membri per il miglioramento dell'ambiente di lavoro per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori).
10. DIALOGO SOCIALE E COINVOLGIMENTO DEI LAVORATORI: a - Le parti sociali sono consultate per l'elaborazione e l'attuazione delle politiche dell'occupazione e sociali. Esse sono incoraggiate a concludere accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel rispetto delle tradizioni nazionali, della loro autonomia e del diritto all'azione collettiva. b - Si garantiscono informazione e consultazione in tempo utile a tutti i lavoratori, anche a coloro che lavorano con strumenti digitali e/o operano a livello transfrontaliero, o ai loro rappresentanti, in particolare in caso di esuberi collettivi, trasferimenti, ristrutturazioni e fusioni aziendali (Artt. 12, 27e 28 Carta dei diritti fondamentali: "Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni persona di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi."[Art. 12]; "Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l'informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto dell'Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali." [Art. 27]; "I lavoratori e i datori di lavoro, o le rispettive organizzazioni, hanno, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali, il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi, ai livelli appropriati, e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero." [Art. 28] - Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la promozione del dialogo sociale. – Art. 152 del TFUE: l'Unione riconosce e promuove il ruolo delle parti sociali e facilita il loro dialogo. – Art. 153 del TFUE: l'Unione adotta le prescrizioni minime, e sostiene e completa l'azione degli Stati membri nel settore dell'informazione e della consultazione dei lavoratori, della rappresentanza e della difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro. - Artt. 154 e 155 TFUE: attribuiscono alle parti sociali un ruolo nel processo legislativo).
11. PRESTAZIONI E SERVIZI SOCIALI INTEGRATI: Le prestazioni e i servizi di protezione sociale sono integrati per quanto possibile al fine di rafforzarne la coerenza e l'efficacia e di sostenere l'integrazione sociale e l'inserimento nei mercati del lavoro (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la modernizzazione dei regimi di protezione sociale e l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro).
12. ASSISTENZA SANITARIA E PRESTAZIONI DI MALATTIA: a - Ogni persona ha accesso in tempo utile all'assistenza sanitaria di qualità, preventiva e terapeutica, e la necessità di cure mediche non deve condurre alla povertà o né a difficoltà finanziarie. b - I sistemi di assistenza sanitaria incoraggiano l'erogazione di prestazioni efficaci in termini di costi, la promozione della salute e la prevenzione delle malattie, con l'obiettivo di migliorare la propria resilienza e sostenibilità finanziaria. c - A tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto, è garantita una retribuzione adeguata durante i periodi di malattia; si incoraggia la partecipazione dei lavoratori autonomi a regimi assicurativi. Si incoraggiano l'efficace reinserimento e la riabilitazione al fine di un rapido ritorno al lavoro (Artt. 34 e 35 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale [...] in casi quali [...] la malattia." [Art. 34]; "Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana." [Art. 34] – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale. - Art. 168 TFUE: nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana).
13. PENSIONI: a - Le pensioni assicurano ad ogni persona un livello di vita dignitoso all'età pensionabile. Si prendono misure per contrastare il divario di genere tra i trattamenti pensionistici, ad esempio riconoscendo adeguatamente i periodi dedicati alle attività di assistenza. Nel rispetto delle specificità nazionali si incoraggia la partecipazione dei lavoratori autonomi ai regimi pensionistici. b - I sistemi pensionistici si adoperano per salvaguardare la sostenibilità e l'adeguatezza futura delle pensioni assicurando una base contributiva ampia, correlando l'età pensionabile per legge alla speranza di vita e riducendo il divario tra l'età di pensionamento effettiva e l'età pensionabile per legge evitando l'uscita precoce dalla forza lavoro (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale [...] in casi quali [...] la vecchiaia [...] [e] il diritto all'assistenza sociale a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata [...] e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).
14. PRESTAZIONI DI DISOCCUPAZIONE: Le azioni a sostegno dei disoccupati prevedono l'obbligo della ricerca attiva di lavoro e della partecipazione a misure attive di sostegno unitamente a prestazioni di disoccupazione adeguate. La durata delle prestazioni consente un lasso di tempo sufficiente per la ricerca di lavoro, salvaguardando al contempo gli incentivi per un rapido ritorno all'occupazione (Art. 34 della Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale [...] in caso di perdita del posto di lavoro." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).
15. REDDITO MINIMO: Si assicura un adeguato reddito minimo garantito a coloro che non dispongono di risorse sufficienti per un livello di vita dignitoso. Per le persone in età lavorativa tali prestazioni prevedono l'obbligo della partecipazione a misure attive di sostegno per incoraggiare l'inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro (Art. 34 della Carta dei diritti fondamentali: "Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per lottare contro l'esclusione sociale e per l'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro).
16. DISABILITÀ: Alle persone con disabilità sono assicurati servizi abilitanti ed una sicurezza basilare in termini di reddito che consenta loro un livello di vita dignitoso. Le condizioni relative a tali prestazioni non creano barriere all'occupazione (Art. 26 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata e la lotta contro l'emarginazione. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).
17. ASSISTENZA DI LUNGA DURATA: a - Si assicura l'accesso a servizi di assistenza a lungo termine di qualità e non eccessivamente costosi, compresa l'assistenza fornita a domicilio erogata da professionisti adeguatamente qualificati. b - L'erogazione e il finanziamento di servizi di assistenza a lungo termine è rafforzata e migliorata al fine di assicurare l'accesso all'assistenza adeguata in modi finanziariamente sostenibili (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "L'Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali [...] la dipendenza." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata. – Art. 153 TFUE: stabilisce che l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).
18. ASSISTENZA ALL'INFANZIA: a - Si assicura a tutti i bambini l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia di qualità e non eccessivamente costosi, erogati da professionisti adeguatamente qualificati. b - Si prendono misure tempestive e si adottano approcci preventivi per contrastare la povertà infantile, tra cui misure specifiche per incoraggiare la frequenza dei bambini provenienti da situazioni svantaggiate (Art. 24 Carta dei diritti fondamentali: "I minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata. – Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri per la sicurezza sociale e la protezione sociale dei lavoratori, la lotta contro l'esclusione sociale e la modernizzazione dei regimi di protezione sociale).
19. ALLOGGI: a - I soggetti in condizioni di bisogno hanno accesso ad alloggi sociali o all'assistenza abitativa. Si assicura la protezione contro lo sgombero delle persone vulnerabili e il sostegno all'accesso alla proprietà dell'abitazione per le famiglie a reddito medio e basso. b - Si fornisce ricovero a coloro che sono privi di abitazione e si provvede al collegamento con altri servizi sociali al fine di promuovere l'integrazione sociale (Art. 34 Carta dei diritti fondamentali: "Al fine di lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, l'Unione riconosce e rispetta il diritto [...] all'assistenza abitativa volta a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti." – Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo la lotta contro l'emarginazione. Art. 153 TFUE: l'Unione sostiene e completa l'azione degli Stati membri contro l'esclusione sociale).
20. ACCESSO AI SERVIZI ESSENZIALI: Si assicura all'intera popolazione l'accesso a prezzi non eccessivi ai servizi essenziali, tra i quali le comunicazioni elettroniche, l'energia, i trasporti e i servizi finanziari. Per le persone in stato di bisogno si adottano misure che facilitino l'accesso a tali servizi (Art. 151 TFUE: l'Unione e gli Stati membri hanno come obiettivo una protezione sociale adeguata [...] e la lotta contro l'emarginazione).
Alla data del 16 giugno 2016, l'esame del COM(2016)127 è iniziato presso dodici Parlamenti di otto Stati membri (Camera dei rappresentanti belga; Camera dei deputati e Senato della Repubblica Ceca; Bundestag e Bundesrat tedeschi; Sejm polacco; Camera dei deputati e Senato rumeni; Parlamento slovacco; Parlamento svedese; Camera dei comuni e Camera dei Lords britannici). La Camera dei deputati della Repubblica Ceca, il Sejm polacco e la Camera dei Lord del Regno Unito hanno terminato il loro scrutinio. Per maggiori dettagli ed aggiornamenti, si rinvia al sito IPEX.
[1] "Completare l'Unione economica e monetaria", relazione di Jean Claude Juncker in stretta collaborazione con Donald Tusk (Presidente del vertice euro), Jeroen Dijsselbloem (Presidente dell'Eurogruppo), Mario Draghi (Presidente della Banca centrale europea) e Martin Schulz (Presidente del Parlamento europeo): http://ec.europa.eu/priorities/publications/five-presidents-report-completing-europes-economic-and-monetary-union_en.
[2] Esso recita: “L’unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”. Il Trattato stabilisce, inoltre, che nello sviluppo e nell’attuazione di tutte le politiche dell’UE occorre garantire un elevato livello di occupazione e un’adeguata protezione sociale e combattere l’emarginazione.
[3] Vedi capitolo successivo.
[4] Vedi capitolo successivo.
[5] La Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva, COM(2016)128. L'iniziativa consiste nella revisione mirata della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi della direttiva sul distacco dei lavoratori. Si segnala che la proposta di modifica è sottoposta alla c.d. procedura del “cartellino giallo” dal 10 maggio 2016.
[6] In tal senso la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva in materia volta a migliorare la protezione della salute dei lavoratori riducendone l'esposizione professionale agli agenti chimici cancerogeni: Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro COM(2016)248.
[7] V. infra, tabella Tasso di occupazione.
[8] Ocse, Migration Policy Debates, maggio 2014, Immigration is good for Economy?
[9] http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-5996_it.htm
[10] Commissione europea, Monitoraggio istruzione e formazione 2015.
[11] Cfr. Commission staff working document SWD(2016)195 “ Analytical underpinning for a New Skills Agenda for Europe” http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1465996537619&uri=CELEX:52016SC0195.
[12] Commissione europea, Monitoraggio istruzione e formazione 2015.
[13] Il 10 giugno 2016 la Commissione europea ha presentato la Comunicazione “Una nuova agenda per le competenze per l'europa - Lavorare insieme per promuovere il capitale umano, l'occupabilità e la competitività” COM(2016)381 volto ad accrescere la qualità e la pertinenza della formazione delle competenze, a rendere le competenze e le qualifiche più visibili e comparabili e a migliorare l'analisi del fabbisogno di competenze e le informazioni correlate per migliorare le scelte professionali. La cd. Agenda per le nuove competenze era stata annunciata nel programma di lavoro della Commissione europea per il 2016 “ È il momento di andare oltre l'ordinaria amministrazione”, COM(2015)610; del pacchetto presentato fanno parte anche il COM(2016)382 (Proposta di Raccomandazione del Consiglio sull'istituzione di una garanzia per le competenze) e il COM(2016)383 (Proposta di Raccomandazione del Consiglio sul Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente, che abroga la raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente).
[14] Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, (2013), OSCE Skills Outlook 2013.
[15] Dati citati in Commission staff working document, Key economic, employment and social trends behind a European Pillar of Social Rights, pag. 32, SWD(2016) 51
[16] Bowles, J. (2014), “The Computerisation of European Jobs”, Bruegel online.
[17] V. supra, tabella “Partecipazione della forza lavoro dei lavoratori anziani,% sulla popolazione attiva, gruppo di età 55-64 anni”
[18] Eurostat, Newsrelease euroindicators n. 105 del 2016.
[19] Ibidem.
[20] Dati web della Commissione europea, Occupazione, affari sociali e inclusione http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=fr&catId=89&newsId=2551&furtherNews=yes
[21] Il tasso di disoccupazione di lungo periodo si riferisce al numero di persone che non hanno un lavoro e lo cercano attivamente da almeno un anno, v. Eurostat: http://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php/Glossary:Long-term_unemployment.
[22] Dati dell'indagine sulla forza lavoro, 2014.
[23] Queste tendenze sono rafforzate da quella che viene indicata come la quarta rivoluzione industriale, un cambio di paradigma nella creazione del valore economico, che inciderà strutturalmente nella vita lavorativa con la probabile, progressiva, scomparsa delle figure professionali scarsamente specializzate (“digital disruption”). Per minimizzare le preoccupazioni dell’effetto di sostituzione con i nuovi lavori causato dall’automazione ma, soprattutto, per cogliere le opportunità che tale cambiamento potrà offrire, sarà sempre più necessario ampliare le competenze e essere formati adeguatamente con continuità lungo tutto il corso della vita. Nel futuro, dunque, le sfide sono significative. Il ciclo (o, più verosimilmente, i cicli) di vita lavorativa sarà più lungo e meno lineare: l’arco della vita attiva lavorativa sarà marcato da numerose transizioni tra lavori e professioni, nonché dall'evoluzione dei bisogni, con interruzioni che dovrebbero essere gestite con responsabilità assistenziali e accedendo a opportunità di riqualificazione. La capacità dei sistemi di Welfare di garantire equità e consentire la mobilità verso l'alto non è ancora a regime, e a parte l’impegno assistenziale, è comunque necessario investire in competenze e sul capitale umano dell'Europa. Anche se gli interventi politici renderanno visibili i possibili risultati solo a distanza di molto tempo, i costi derivanti dall’inazione si manifesterebbero, senza dubbio, ancora più acutamente.
[24] Il rapporto tra quintili di reddito, detto anche rapporto S80/S20, è una misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito calcolata come rapporto tra il reddito totale percepito dal 20% della popolazione con il reddito più alto (quintile superiore) e quello percepito dal 20% della stessa popolazione con il reddito più basso (quintile inferiore). Tutti i redditi sono calcolati come redditi disponibili equivalenti.