Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri |
Titolo: | Missione di una delegazione della Commissione Affari esteri in Estonia e Norvegia - (11-18 giugno 2017) Profili generali ed approfondimenti tematici |
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 300 |
Data: | 09/06/2017 |
Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
Nota: | Questo dossier contiene materiale protetto dalla legge sul diritto d'autore, pertanto la versione html è parziale. La versione integrale in formato pdf può essere consultata solo dalle postazioni della rete Intranet della Camera dei deputati (ad es. presso la Biblioteca) |
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Missione di
una delegazione (11-18 giugno 2017) |
Profili
generali ed approfondimenti tematici |
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n. 300 |
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9 giugno 2017 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi Dipartimento
Affari esteri ( 066760-4939 – * st_affari_esteri@camera.it Dipartimento
Difesa ( 066760-4939 – * st_difesa@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi ed Uffici della Camera: |
Servizio
Rapporti Internazionali ( 066760-3948 – * cdrin1@camera.it Ufficio
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File:
ES0599.docx |
INDICE
Rapporti tra l’Unione europea e la Norvegia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione
europea)
Rapporti parlamentari Italia-Estonia (a cura del Servizio Rapporti
internazionali)
Rapporti parlamentari Italia-Norvegia (a cura del Servizio Rapporti
internazionali)
Il Tallinn
Nato Cooperative Cyber Defence Centre of
Excellence (a cura del Servizio
Studi)
Il Consiglio artico (a cura del Servizio Studi)
La Conferenza dei parlamentari della Regione
artica (a cura del Servizio Studi)
Il Parlamento della Comunità sami in Norvegia (a cura del Servizio Studi)
Lo status giuridico-internazionale dell’Arcipelago delle Svalbard (a cura del Servizio Studi)
La Base artica del CNR “Dirigibile Italia” (a cura
del Servizio Studi)
Profili
generali
Scheda-Paese
sulla Repubblica di Estonia (a cura del Ministero
degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale) 3
Scheda-Paese
sul Regno di Norvegia (a cura del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale) 53
Rapporti
tra l’Unione europea e la Norvegia (a cura dell’Ufficio
Rapporti con l’Unione europea) 111
Rapporti
parlamentari Italia-Estonia (a cura del Servizio
Rapporti internazionali) 115
Rapporti
parlamentari Italia-Norvegia (a cura del Servizio
Rapporti internazionali) 119
Approfondimenti tematici
Le
priorità della Presidenza estone del Consiglio dei ministri dell’Unione euorpea
(a cura
dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea) 125
Il Tallinn Nato Cooperative Cyber Defence
Centre of Excellence (a cura del Servizio
Studi) 129
Il
Consiglio artico (a cura del Servizio Studi) 133
La
Conferenza dei parlamentari della Regione artica (a cura del Servizio
Studi) 137
Il
Parlamento della Comunità sami in Norvegia (a cura del Servizio
Studi) 139
Lo
status giuridico-internazionale
dell’Arcipelago delle Svalbard (a cura del Servizio
Studi) 141
La Base
artica del CNR “Dirigibile Italia” (a cura del Servizio
Studi) 145
La
Strategia dell’Unione europea per la regione artica (a cura dell’Ufficio
Rapporti con l’Unione europea) 147
L’italia
e l’Artico (a cura
del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale) 153
Profili biografici
Enn
Eesmaa, Primo vicepresidente del
Parlamento estone 157
Hannes
Hanso, Presidente della Commissione Difesa nazionale del Parlamento estone 159
Anniken
Huitfeld, Presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Parlamento norvegese 161
Irene
Johansen, deputata al Parlamento norvegese 163
Kersti
Kaklulaid, Presidente della Repubblica d’Estonia 165
Kirsti
Methi, Segretaria generale del Movimento europeo norvegese 167
Marko
Mihkelson, Presidente della Commissione Affari esteri del Parlamento estone 169
Eiki
Nestor Presidente del Parlamento estone 171
Inga-Lill
Sundset, rappresentante della Comunità sami 173
Jüri
Ratas, Primo Ministro estone 174
Marit
Berger Røsland, Segretaria di Stato
agli Affari esteri norvegese 175
Toomas
Vitsut, Presidente della Commissione Affari
dell’Unione europea del Parlamento estone 177
Profili generali
Scheda-Paese
sulla Repubblica di Estonia (a cura del Ministero degli Affari esteri e della
Cooperazione internazionale) 3
Scheda-Paese
sul Regno di Norvegia (a cura
del Ministero degli Affari esteri e
della Cooperazione internazionale) 53
Rapporti
tra l’Unione europea e la Norvegia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea) 111
Rapporti
parlamentari Italia-Estonia (a cura del Servizio Rapporti internazionali) 115
Rapporti
parlamentari Italia-Norvegia (a cura del Servizio Rapporti internazionali) 119
Approfondimenti tematici
Le
priorità della Presidenza estone del Consiglio dei ministri dell’Unione euorpea
(a cura
dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea) 125
Il
Tallinn Nato Cooperative Cyber Defence
Centre of Excellence (a cura del Servizio
Studi) 129
Il
Consiglio artico (a cura
del Servizio Studi) 133
La
Conferenza dei parlamentari della Regione artica (a cura del Servizio
Studi) 137
Il
Parlamento della Comunità sami in Norvegia (a cura del Servizio
Studi) 139
Lo
status giuridico-internazionale
dell’Arcipelago delle Svalbard (a cura del Servizio Studi) 143
La
Base artica del CNR “Dirigibile Italia”
(a cura
del Servizio Studi) 147
La
Strategia dell’Unione europea per la regione artica (a cura dell’Ufficio
Rapporti con l’Unione europea) 149
L’italia
e l’Artico (a cura
del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale) 155
Profili biografici
Enn
Eesmaa, Primo vicepresidente del
Parlamento estone 159
Hannes
Hanso, Presidente della Commissione Difesa nazionale del Parlamento estone 161
Anniken
Huitfeld, Presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Parlamento
norvegese 163
Irene
Johansen, deputata al Parlamento norvegese 165
Kersti
Kaklulaid, Presidente della Repubblica d’Estonia 167
Kirsti
Methi, Segretaria generale del Movimento europeo norvegese 169
Marko
Mihkelson, Presidente della Commissione Affari esteri del Parlamento estone 171
Eiki
Nestor Presidente del Parlamento estone 173
Jüri
Ratas, Primo Ministro estone 175
Marit
Berger Rosland, Segretaria di Stato agli Affari esteri norvegese 177
Toomas
Vitsut, Presidente della Commissione Affari
dell’Unione europea del Parlamento estone 179
Inga-Lill
Sundset, rappresentante della Comunità sami 181
CENNI
STORICI
I primi antenati degli estoni furono i cacciatori
ugro-finnici, insediatisi nella regione oltre 5.000 anni fa. Agli inizi del
XIII secolo l'Estonia dovette difendersi dal tentativo di cristianizzazione, ma
la sua resistenza fu piegata nel 1227, anno in cui i Cavalieri Portaspada di
Livonia e le truppe danesi conquistarono la fortezza di Tallinn, che si unì
alla Lega Anseatica nel 1248. Nel 1346 i danesi cedettero i loro possedimenti
ai Cavalieri di Livonia, che nel frattempo si erano uniti ai Cavalieri
Teutonici, e la nobiltà germanica mantenne il controllo del Paese fino al 1524
introducendo la riforma protestante. Il Regno di Svezia si impadronì
dell’Estonia settentrionale nel 1561, mentre la Livonia fu annessa nel 1583 dal
ducato polacco di Curlandia per finire anch’essa sotto il controllo svedese nel
1625. Gli svedesi introdussero delle riforme a vantaggio dei contadini e della
lingua e cultura estone, con l’istituzione nel 1632 della prima Università a
Tartu. Dopo la sconfitta del 1721, con il Trattato di Nystad, la Svezia cedette
l’Estonia all’Impero russo, anche se il sistema giuridico, la Chiesa luterana e
le amministrazioni municipali rimasero in mano alla nobiltà tedesca fino al
tardo Ottocento. Nel 1819 fu abolita la servitù della gleba, e l’afflusso di
contadini verso le città risvegliò i sentimenti nazionali. In occasione delle
rivoluzioni russe del 1905 e del 1917 gli indipendentisti estoni acquisirono
sempre maggior seguito.
La battaglia per l’indipendenza sembrava ormai
vinta nel 1920, quando l’URSS firmò a Tartu un trattato di pace con la
Repubblica estone, riconoscendone l'indipendenza. Tuttavia, stretta tra
l'emergente URSS e le mire espansionistiche naziste, l'Estonia passò presto
dalla democrazia all’autoritarismo: nel 1934 il Primo Ministro Konstantin Päts
instaurò un regime dittatoriale. In seguito agli accordi Molotov-Ribbentropp
nel 1940 l'Estonia fu invasa dall’Armata Rossa e divenne una delle repubbliche
dell’URSS. Dopo un breve periodo (1941-44) di occupazione tedesca, l’URSS
riconquistò l’Estonia ripristinando il suo status di Repubblica Socialista
Sovietica.
Nel 1988, sull’onda delle speranze suscitate dalla perestrojka gorbacioviana, una folla di
300.000 persone si riunì a Tallinn per cantare le canzoni nazionali proibite,
in quella che è comunemente nota come la 'Rivoluzione del Canto', la quale aprì
la strada all’indipendenza in Estonia e nelle altre due repubbliche baltiche.
Nel novembre del 1988 il Soviet supremo estone approvò una dichiarazione di
sovranità.
Il 20 agosto 1991 l'Estonia dichiarò l'indipendenza
dall'URSS e la ri-acquisizione dell’originaria indipendenza del 1918 secondo il
principio della continuità: gli anni sovietici sono dunque considerati un
periodo di occupazione coatta da parte di una potenza straniera. Il 31 agosto
1994 venne completata l'espulsione delle truppe militari russe dal territorio
estone.
STRUTTURA ISTITUZIONALE E
POPOLAZIONE[1]
Struttura istituzionale e
dati di base
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Popolazione
ed indicatori sociali
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ASSETTO
ISTITUZIONALE
In base alla Costituzione, adottata con referendum
popolare il 28 giugno 1992 e basata in larga parte sul testo del 1938, la
Repubblica di Estonia è una democrazia
parlamentare.
Il Parlamento
(Riigikogu), monocamerale, è
la suprema istanza legislativa ed è composto da 101 membri, eletti ogni quattro
anni a suffragio universale. L’Assemblea ha il potere, tra gli altri, di
approvare le leggi, concedere e revocare la fiducia al Governo o ai singoli
Ministri e sottoporre a referendum popolare i provvedimenti di legge.
L’iniziativa legislativa spetta ai singoli membri, ai gruppi parlamentari ed
alle Commissioni del Riigikogu, al
Governo ed al Presidente della Repubblica - quest’ultimo limitatamente agli
emendamenti costituzionali.
L’attuale Presidente del Parlamento estone, il
socialdemocratico Eiki Nestor, detiene
la carica ininterrottamente dal marzo 2014, data in cui fu eletto in
sostituzione alla Signora Ene Ergma, dell’Unione Pro Patria/Res Publica.
Secondo la Costituzione estone, infatti, lo Speaker è eletto con mandato annuale rinnovabile
senza limiti (ad esempio, Ergma fu riconfermata per ben dieci volte).
Il Riigikogu
eletto nel 2015 ha visto l’ingresso in Parlamento di due nuovi partiti: quello
della Libertà e quello conservatore. Pertanto, i partiti rappresentati ora
nell’Assemblea Nazionale sono sei. Le
prossime elezioni per il rinnovo del Riigikogu
sono previste nella primavera del 2019.
L’attuale legislatura è la tredicesima nella storia
della Repubblica di Estonia. Da notare che il
conto non si effettua partendo dalla seconda indipendenza del 1991, bensì
considerando come primo Parlamento quello che fu convocato nel dicembre 1920
dopo la dichiarazione di indipendenza del febbraio 1918 e la guerra contro la
Russia bolscevica conclusasi con il Trattato di Tartu. Il filo rosso che
conduce al 1920 non si è spezzato né durante il periodo di governo autoritario del Presidente Päts
(che tra il 1934 ed il 1937 sospese la democrazia parlamentare per reazione
alla minaccia della presa del potere da parte del partito fascista estone) né,
ancor più significativamente, durante gli anni dell’Estonia sovietica. Così,
tra l’ultima seduta del sesto Riigikogu (luglio
1940) e la prima del settimo (settembre 1992) sono passati più di cinquantadue
anni, e quasi due generazioni.
Il sistema elettorale è proporzionale con
sbarramento al 5%. L’elettorato attivo si raggiunge ai 18 anni, quello passivo
a 21.
Tra i poteri del Parlamento vi è anche quello di
eleggere il Capo dello Stato. E’ richiesta la maggioranza dei 2/3 dei deputati
ma qualora, dopo tre scrutini, nessun candidato la raggiunga, il Presidente del
Parlamento convoca entro un mese uno speciale organo elettorale, composto dai
parlamentari e dai rappresentanti dei governi locali, che è chiamato ad
eleggere a maggioranza semplice il Capo dello Stato tra i due candidati più
votati in Assemblea. Se neppure questa assemblea ad hoc riesce nell’intento, la procedura ritorna allora al
Parlamento (ed eventualmente ancora allo speciale organo elettorale) con le
stesse originarie modalità sopra descritte. La procedura è così complessa da
aver quasi provocato una crisi istituzionale in occasione dell’elezione del
nuovo Capo dello Stato nel 2016 ed ha spinto più parti del sistema politico
estone a volerla emendare prima delle
prossime elezioni presidenziali (a tal proposito è stato
già presentato un disegno di legge di modifica costituzionale in
Parlamento).
Il Riigikogu
elegge anche altre alte cariche dello Stato: il Presidente della Corte Suprema
(che nel sistema estone accorpa le competenze delle nostre Corte di Cassazione
e Corte Costituzionale), il Governatore della Banca Centrale, il Ragioniere
Generale, il Capo di Stato Maggiore della Difesa ed il Garante Legislativo (o
“Cancelliere di Giustizia”: v. poi) - peculiare figura istituzionale
paragonabile ad un ombudsman ma con
poteri significativamente maggiori.
Oltre ai rapporti internazionali bilaterali,
facilitati dall’esistenza di ben 47 gruppi di amicizia (tra cui quello
italo-estone, v. poi), significativa è l’attività internazionale del Parlamento
nei fori multilaterali. In particolare, le tematiche attinenti all’Unione
Europea sono appannaggio, oltre che della Commissione Esteri, anche e soprattutto
di una Commissione permanente esclusivamente dedicata agli Affari Europei il
cui numero di membri (15) è molto superiore a quello medio delle altre
Commissioni (quella Esteri, per esempio, ne ha soltanto nove). La Commissione
per gli Affari Europei è l’unica i cui membri possono appartenere anche ad
un’altra Commissione. L’attività internazionale del Parlamento estone si
esplica anche attraverso l’invio di delegazioni nazionali presso le assemblee
parlamentari della NATO, del Consiglio d’Europa, dell’OSCE, dell’Unione per il
Mediterraneo e l’Unione Interparlamentare. Il Riigikogu mantiene stretti contatti, istituzionalizzati nella
cosiddetta Assemblea Baltica, con i parlamenti di Lettonia e Lituania.
L’iter di approvazione legislativa prevede votazioni
nelle Commissioni competenti e tre
votazioni finali in Assemblea. Il Presidente della Repubblica può rimandare un testo di legge al Riigikogu ma se il Parlamento non lo
modifica secondo le indicazioni del Capo dello Stato quest’ultimo può chiedere
alla Corte Suprema una pronuncia sulla costituzionalità del progetto di legge.
Attualmente le Commissioni permanenti sono 11 cui se ne aggiungono quattro ad hoc con attività di controllo.
Il mandato del Presidente
della Repubblica dura cinque anni, rinnovabile una sola volta per altri
cinque. La Costituzione estone conferisce al Presidente il potere di designare
il Primo Ministro ed i suoi Ministri (dopo che sulla composizione dell’intero
esecutivo si è espresso favorevolmente
il Parlamento), di promulgare le leggi ed i decreti, di svolgere le funzioni di
Comandante in capo della Difesa Nazionale dell’Estonia, di proporre al
Parlamento la nomina del Consiglio e del Governatore della Banca di Estonia e
del Presidente della Corte Suprema di Giustizia e di indire le elezioni per il
rinnovo del Riigikogu. Il 3 ottobre
2016 il Parlamento, dopo due tornate elettorali infruttuose (una delle quali
aveva coinvolto l’assemblea ad hoc:
v. sopra), ha eletto Presidente la Signora Kersti Kaljulaid, fino a quel
momento rappresentante estone alla Corte dei Conti della UE a Lussemburgo. La
nuova Presidente succede a Toomas Hendrik Ilves, Capo di Stato per due mandati
consecutivi dall’ottobre 2006.
Il Governo
è composto dal Primo Ministro - nominato dal Presidente e confermato entro 14
giorni con un voto di fiducia a scrutinio palese dal Riigikogu - e dai Ministri. Una volta ricevuta la fiducia
dall’Assemblea, il Primo Ministro deve presentare entro sette giorni la lista
dei Ministri al Presidente della Repubblica, il quale nell’arco di tre giorni
deve nominare i titolari dei dicasteri. L’esecutivo decade qualora il
Parlamento esprima la sfiducia con voto
a maggioranza assoluta su una mozione presentata da almeno 1/5 dei membri
dell’Assemblea. L’attuale Primo Ministro
è Jüri Ratas, nato nel 1978 e leader del Partito di Centro. E’ in carica dal 23
novembre 2016, alla guida di una coalizione di governo composta da tre partiti:
il Partito di Centro, il Partito Socialdemocratico e l’Unione Pro Patria/Res
Publica. Tale governo segue a quello del riformista Taavi Roivas, sfiduciato
dal Parlamento in seguito alla rottura della coalizione da cui era composto.
La Costituzione e le norme di procedura penale
garantiscono l’indipendenza della Magistratura.
I giudici sono nominati a vita e la Costituzione proibisce esplicitamente la
formazioni di Tribunali speciali. Il sistema
giudiziario si articola in tre gradi: i Tribunali cittadini,
provinciali ed amministrativi rappresentano il primo grado; le Corti
distrettuali d’Appello costituiscono il secondo grado; e la Corte Suprema
svolge le funzioni di Corte di Cassazione. La Corte Suprema rappresenta anche l’ultima istanza di
sindacato sulla costituzionalità delle leggi e degli atti approvati da
Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica ed enti locali. In prima istanza, la
supervisione sulla conformità della legislazione al dettato costituzionale è
esercitata dal Garante Legislativo
(o “Cancelliere di Giustizia”, per usare la traduzione italiana più vicina alla
definizione estone originaria) – un funzionario nominato per sette anni dal
Parlamento su proposta del Presidente della Repubblica – che svolge anche il
ruolo di ombudsman. Se il Garante
rileva una difformità tra un atto approvato da un organo istituzionale e la
Costituzione, egli deve chiedere a tale organo di modificare l’atto nell’arco
di 20 giorni; qualora l’organo istituzionale non modifichi l’atto viziato il
Garante si rivolge allora alla Corte Suprema. La Corte Suprema può essere adita
anche dal Presidente della Repubblica, dagli esecutivi degli enti locali, dalle corti di prima e seconda
istanza e dai privati cittadini.
POLITICA
INTERNA
Dopo la
riacquisizione dell’indipendenza nel 1991, in Estonia si verificò una
proliferazione di partiti che rese il sistema politico estremamente
frammentato. Successivamente il quadro
si è semplificato, fino a giungere alle elezioni parlamentari del 27 marzo 2011 quando solo quattro formazioni
politiche ottennero seggi in Parlamento e si poté formare una solida coalizione
di governo tra Partito della Riforma e Unione Pro Patria/Res Publica. Si
riconfermò allora come Primo Ministro Andrus Ansip (già in carica nella
precedente legislatura), il quale permise all’Estonia di raggiungere una serie
non indifferente di successi.
Dei più significativi tra essi si possono
annoverare: la solidità del consenso elettorale nonostante i sacrifici imposti
al Paese negli anni della crisi economico-finanziaria (quando la crescita del
PIL diminuì, in soli 12 mesi dal 2008 al 2009, del 14,7%); l’entrata nell’Euro
nel gennaio 2011; nonché l’impetuoso
sviluppo del settore ICT in un Paese ora noto nel mondo come “e-Estonia” e già
culla di società celeberrime quali Skype Technologies e TransferWise.
Uno sviluppo, quest’ultimo, che Ansip non ha
iniziato ma che certo ha contribuito a coltivare ed a rendere sempre più
vincente. La lista dei risultati della rivoluzione cibernetica estone (in
ordine sparso e assolutamente non gerarchico)
è lunga: e-banking, firma
digitale, e-taxing, e-government, anagrafe elettronica, e-school, interconnessione orizzontale
delle banche dati di tutte le Amministrazioni dello Stato attraverso la
piattaforma “X-Road”, e-police, e-voting (utilizzato anche nelle
elezioni politiche), e-business register,
e-residency, e-health. Nel 2015 in Estonia il 100% delle organizzazioni
governative e delle istituzioni educativo-culturali era connesso ad Internet;
il 99% delle transazioni bancarie effettuato per via informatica; il 98% di
start-up imprenditoriali realizzato per via cibernetica; il 94% delle
dichiarazioni dei redditi effettuato con l’e-taxing;
l’83% della popolazione (tra i 16 ed i 75 anni) perfettamente competente
nell’uso di Internet (il 98% tra gli under 35).
Sebbene le ultime tre tornate elettorali per il
rinnovo del Parlamento abbiano visto il Partito della Riforma confermarsi come
prima formazione politica del Paese, l’elettorato estone è caratterizzato da
una certa fluidità. Alle elezioni europee del 2009, ad esempio, la vittoria era
stata ottenuta dal maggior partito di opposizione, il Partito di Centro, ed un
ottimo risultato era stato anche conseguito dal candidato indipendente Indrek
Tarand, conduttore televisivo che aderisce al gruppo dei Verdi a Strasburgo.
Egli è stato rieletto all’Europarlamento anche nel 2014. Il Partito di Centro è risultato il più votato anche in occasione del voto
amministrativo dell’ottobre 2013; in particolare, esso ha mantenuto il
controllo del consiglio comunale di Tallinn ed ha visto riconfermato come
sindaco della capitale il proprio leader Edgar Savisaar fino al settembre 2015.
Alla vigilia dell’inizio della campagna elettorale
per il rinnovo del Parlamento Europeo la politica interna estone ha conosciuto,
nel marzo 2014, un’improvvisa accelerazione che vide, in poche settimane, non
soltanto la nomina di un nuovo Primo Ministro ma anche un inopinato cambio
nella coalizione di governo. La crisi dell’esecutivo, nelle originarie
intenzioni del Partito della Riforma, avrebbe dovuto essere pilotata con le
annunciate dimissioni di Ansip (motivate dal lungo tempo trascorso al governo
ma anche dalle sue ambizioni di essere nominato Commissario Europeo in quota
estone, cosa che è poi avvenuta) e la
sua sostituzione, decisa da tempo con l’assenso di tutto il partito, con Siim Kallas, in quel momento Commissario
Europeo per i Trasporti e Vice Presidente della Commissione Europea. La vicenda
ha avuto invece uno sviluppo del tutto diverso: Kallas è stato infatti
costretto a rinunciare alla candidatura a causa di un campagna stampa a lui
avversa e relativa a presunte sue malversazioni
- mai comprovate - nel periodo in cui, agli inizi degli anni Novanta,
egli era Governatore della Banca Centrale estone. Al suo posto il Partito della
Riforma ha dunque scelto il giovane Ministro degli Affari Sociali del governo
uscente, Taavi Roivas, il quale il 27 marzo 2014 è così divenuto, a 34 anni, il nuovo Primo
Ministro estone. Il cambio di governo ha portato anche ad un cambio di
alleanze: il Partito Socialdemocratico ha infatti sostituito come partner di
minoranza l’“Unione Pro Patria/Res Publica” nella colazione di governo guidata
dal Partito della Riforma.
La nuova coalizione di
centrosinistra affrontò con successo nel maggio 2014 le elezioni per il
Parlamento Europeo. Innanzitutto, esse segnarono la vittoria del Partito della
Riforma di Roivas, che guadagnò ben nove punti ed un seggio in più (da 1 a 2)
rispetto al 2009 e tornò il partito
estone più votato alle europee
riprendendosi il titolo dal Partito di Centro. Inoltre, il suo
capolista Ansip (ex Primo Ministro poi nominato Commissario UE in quota estone)
fu il candidato estone maggiormente
votato con il 13,8% delle preferenze (anche in questo il Partito della Riforma
si era riappropriato della primazia: nel 2009 il più votato era stato l’indipendente Tarand).
Buono il risultato anche dei socialdemocratici che confermarono a livello
nazionale le buone prove nelle amministrative del 2013 con un guadagno di quasi
il 5% rispetto alle elezioni europee del 2009 e con il ritorno di un suo
deputato a Strasburgo dopo lo iato della precedente eurolegislatura. Di contro
il Partito di Centro, vincitore nelle amministrative del 2013 e delle europee
del 2009, ottenne un risultato deludente perdendo un seggio e quasi il 4% dei
voti espressi -ma pur sempre restando il
secondo partito del Paese. L’”Unione Pro Patria/Res Publica”, nonostante la sua
uscita dalla maggioranza, raggiunse la stessa percentuale di voti rispetto al
2009 e mantenne l’unico seggio con la riconferma di Tunne-Valdo Kelam, ex
dissidente ai tempi dell’URSS. Il primo dei partiti che non riuscirono ad
ottenere seggi fu quello conservatore
(allora di recente fondazione e nel 2014 non ancora presente nel Parlamento
nazionale; vi sarebbe entrato l’anno successivo), il meno europeista delle
formazioni politiche estoni.
Si riporta a seguire la
lista dei candidati eletti a Strasburgo in quota estone (tra parentesi il
partito di appartenenza, il numero totale dei voti ottenuti, la percentuale
rispetto ad i voti totali espressi e l’indicazione dell’eventuale rielezione
rispetto al 2009, il gruppo politico di appartenenza a Strasburgo):
1) Andrus Ansip (Partito
della Riforma, 45.037, 13,8%, nuovo), ALDE
2) Indrek Tarand
(Indipendente, 43.390, 13,2%, rieletto), Verdi
3) Marju Lauristin (Part.
Socialdemocratico, 26.871, 8,0%, nuova), Socialdemocratici
4) Yana Toom (Partito di
Centro, 25.263, 7,7%, nuova), ALDE
5) Kaja Kallas (Partito
della Riforma, 21.504, 6,5%, nuova), ALDE
6) Tunne-Valdo Kelam
(Unione Pro Patria/Res Publica, 18.773, 5,5%, rieletto). Popolari
A seguito della nomina di
Andrus Ansip a Commissario Europeo (e Vice Presidente della Commissione) il
secondo seggio spettante al Partito della Riforma è stato ricoperto dal primo dei non eletti,
l’ex Ministro degli Esteri Urmas Paet.
Da allora e fino
alle elezioni politiche del primo marzo 2015 il governo ha mostrato
compattezza e realizzato alcune importanti riforme come quella sulle coppie di
fatto. Da segnalare in quel periodo le dimissioni del Ministro degli Esteri
Paet, in carica ininterrottamente dal 2005 e che (v. sopra) ha optato per il
seggio a Strasburgo. Dal novembre 2014 lo ha sostituito Keit Pentus-Rosimannus,
vice Presidente del Partito della Riforma, a sua volta dimissionaria il primo
luglio successivo. Si riportano qui di seguito i risultati del voto
politico indicando, per ciascun partito che ha superato la soglia del 5%, il
numero totale dei voti ottenuti, la percentuale rispetto ai voti validamente
espressi (con il confronto dei risultati in percentuali del precedente voto
parlamentare del 2011) ed il numero di seggi ottenuti (con il confronto dei
risultati in percentuali del precedente voto parlamentare del 2011).
1. Partito della Riforma: 158.970 voti; 27,7% (28,6%,-0,9%); 30 seggi
(33,-3)
2. Partito di Centro: 142.458
voti; 24,8% (23,3%,+1,5%); 27 seggi (26,+1)
3. Partito Socialdemocratico 87.189
voti; 15,2% (17,1%,-1,9%); 15 seggi (19,-4)
4. “Unione Pro Patria/Res Publica”: 78.699 ; 13,7% (20,5%,-6,8%); 14
seggi (23,-9)
5. Partito della Liberta’: 49.882 ; 8,7%; 8 seggi (non presente nella
XII legislat.)
6. Partito Conservatore: 46.772 ; 8,1%; 7 seggi (non presente nella
XII legislat.)
Non hanno superato la
soglia del 5% e pertanto non hanno ottenuto seggi:
7. Verdi: 5.193 ; 0,9% (3,8%, -2,9%)
8. Partito del Popolo Unito: 2.289; 0,4% (non presente nella XII
legislat.)
9. Partito dell’Indipendenza: 1.047; 0,2% (0,9%, -0,7%)
10. Partito della Sinistra Unita: 764; 0,1% (non presente nella XII
legislat.)
Candidati indipendenti:
887; 0,2% (0,9%, -0,7%) (nessun candidato indipendente era presente nella XII legislatura)
Affluenza: 64,2% (+0,7%
rispetto al 2011) pari a 578.104 votanti sugli 899.793 aventi diritto (il 19,2%
dei voti sono stati espressi elettronicamente).
Nonostante la
percepita volontà di cambiamento
nell’elettorato estone, dunque, i due principali partiti nel Parlamento eletto
nel 2011 hanno mantenuto il predominio anche nel nuovo. Tra i due è il Partito di Centro - formazione politica di riferimento della comunità russofona - ad ottenere il miglior risultato,
qualificandosi peraltro come il solo
partito già presente nel Riigikogu uscente a guadagnare consensi
ed un seggio. I riformisti hanno
tuttavia conservato la maggioranza relativa. La propensione al cambiamento ha
trovato parziale realizzazione con l’entrata in Parlamento di due nuovi
partiti, entrambi fondati dopo il 2011: quello della Libertà ed il
conservatore. Insieme, le due neonate formazioni politiche hanno ottenuto quasi
il 17% dei consensi: un estone su sei ha
dunque abbandonato i quattro partiti che davano vita alla legislatura trascorsa
e che nelle elezioni del 2011 avevano ottenuto quasi il 90% dei voti espressi
complessivi (ora ne hanno poco più
dell’81%).
Il grande sconfitto delle
elezioni è stato il partito nazionalista
Unione Pro Patria/Res Publica, il quale, rispetto al 2011, ha perso quasi un
terzo dei voti. Anche la prova dei socialdemocratici è stata deludente e così pure quella degli ex comunisti: il
Partito della Sinistra Unita, che li rappresenta, ottiene meno di 800 voti in
totale.
Il resto del panorama politico
si è polverizzato in una serie di
piccolissimi partiti del tutto irrilevanti e
destinati probabilmente a scomparire. Complessivamente il peso di questi
ultimi è stato pari a circa l’1,5%
dell’elettorato. Altrettanto ininfluente il ruolo degli undici candidati
indipendenti, di numero totale e di peso elettorale ancor più bassi che nel 2011.
Il negoziato per la
formazione del nuovo governo dopo il voto non fu né breve né facile.
Ostracizzati il Partito del Centro (per le sue percepite posizioni prorusse
soprattutto da parte del suo leader Savisaar) ed il Partito Conservatore (per
il suo populismo ed euroscetticismo), l’inizio dei colloqui vide protagonisti
gli altri quattro partiti presenti in Parlamento, poi rimasti in tre dopo il forfait del Partito della Libertà, quest’ultimo consapevole che un
ruolo subalterno nel governo avrebbe leso la sua immagine di propugnatore di un
rinnovamento della politica nazionale. Tale rinuncia sembrò poter accelerare la conclusione
dell’accordo da parte dei tre partiti rimasti ma così non avvenne. Ostavano infatti differenze
su punti qualificanti non solo su temi etico-sociali, ma anche in merito a
fisco e welfare soprattutto tra
socialdemocratici ed Unione Pro Patria/Res Publica, e non solo su temi
etico-sociali. Le divergenze sono state poi appianate e, complice anche
l’alchimia dell’assegnazione delle principali poltrone ministeriali, il nuovo
governo del riconfermato Premier Roivas si
è insediato il 9 aprile 2015.
La composizione
dell’esecutivo è tuttavia mutata più volte. Notevole è il triplice cambio di Ministri degli Esteri
in poco più di un anno. Dapprima le
dimissioni della Sig.ra Keit Pentus-Rosimannus (appartenente al Partito della
Riforma e già a capo della diplomazia
estone dal novembre 2014 nel primo gabinetto Roivas) a seguito della sua
condanna in sede civile per appropriazione indebita e frode ai creditori di
un’azienda fallita di proprietà del
padre. Dal 16 luglio 2015 le è succeduta
Marina Kaljurand, diplomatico di carriera, che
però ha presentato anch’essa le proprie dimissioni il 9 settembre 2016 a
seguito della propria decisione di candidarsi alle elezioni presidenziali (v.
poi). L’ha sostituita, dal 12 settembre 2016, l’autorevole esponente riformista
e Ministro dell’Educazione uscente Jurgen Ligi.
Più significativo e di natura affatto politica
il rimpasto che ha portato, il 14 settembre 2015, alla sostituzione di tre dei
quattro Ministri socialdemocratici: Sven Mikser (Difesa), Urve Palo (Commercio
Estero) e Rennar Vassiljev ( Sanità e Lavoro). Il nuovo leader del Partito
socialdemocratico Jevgeni Ossinovski, eletto nel maggio 2015 scalzando il
predecessore Mikser, aveva infatti inopinatamente deciso di confermare la
partecipazione del partito all’alleanza con riformisti e “Unione Pro Patria/Res
Publica” provocando le immediate dimissioni del Ministro Palo, contraria a tale
linea politica. Sorprendendo i più,
Ossinovski non si è limitato a
sostituire la collega dimissionaria ma ha provveduto a tre nuove nomine: Hannes
Hanso (Presidente uscente della Commissione Esteri in Parlamento, che
sostituisce nella carica proprio l’ex leader socialdemocratico Mikser) alla
Difesa, Liisa Oviir (avvocato con una consolidata esperienza nell’imprenditoria
pubblica e privata) al Commercio Estero (contestualmente ridenominato
“Ministero della Imprenditorialita’”) e se stesso alla Sanità e Lavoro. Con questa operazione
Ossinovski ha rafforzato il controllo sul partito.
Il 9 novembre 2016 il
Primo Ministro Roivas si è dimesso dopo una mozione parlamentare di
sfiducia nei suoi confronti proposta dai tre partiti di opposizione e approvata
(63 i voti favorevoli, 28 i contrari, 10 le assenze) da tutti i partiti tranne,
ovviamente, il Partito della Riforma: un’ unanimità che rappresenta un evento
inedito nella storia politica estone, con due partiti che addirittura hanno
votato la sfiducia contro il Premier di un governo di cui in quel momento
facevano ancora parte.
Due le cause detonanti
della crisi. Innanzitutto l’elezione pochi giorni prima, del nuovo leader del
Partito di Centro nella persona del Vice Speaker Juri Ratas. Ciò ha posto il
partito- per anni
ai margini della vita politica nazionale a causa delle scelte del suo ex
leader Savisaar - nuovamente al centro della scena. Secondariamente, la
polemica in seno all’alleanza di governo sulla presenza, nei consigli di
probiviri delle principali aziende di Stato, di parlamentari indicati
direttamente dai partiti- una presenza giudicata incostituzionale dal
“Cancelliere di Giustizia” per violazione del principio della separazione tra i
poteri.
In seguito alla caduta
della coalizione di Roivas a guida socialdemocratica, dal 23 novembre le redini
del potere sono passate nelle mani del Partito di Centro, il quale era riuscito
come secondo partito più votato dalle elezioni del marzo 2015. Il neoeletto leader del Partito di Centro Jüri Ratas
ha assunto la carica di Primo Ministro, componendo un governo tricolore che
vede la partecipazione anche dell’Unione Pro Patria/Res Publica e del Partito
Socialdemocratico. Qui di seguito la composizione del nuovo gabinetto,
entro il quale ciascun partito della coalizione si vede assegnati cinque
ministeri:
-
Jüri
Ratas – Primo Ministro;
-
Kadri
Simson – Ministro degli Affari Economici ed Infrastrutture;
-
Mailis
Reps – Ministro dell’Educazione e Ricerca;
-
Mikhail
Korb – Ministro della Pubblica Amministrazione;
-
Tarmo
Tamm – Ministro degli Affari Rurali.
-
Sven
Mikser – Ministro degli Affari Esteri;
-
Andres
Anvelt – Ministro dell’Interno;
-
Jevgeni
Ossinovski – Ministro della Sanità e del Lavoro (confermato nel proprio
dicastero);
-
Urve
Palo – Ministro per l’Imprenditorialità e la Tecnologia Informativa;
-
Indrek
Saar – Ministro della Cultura (confermato nel proprio dicastero).
-
Sven
Sester – Ministro delle Finanze (confermato nel proprio dicastero);
-
Margus
Tsahkna – Ministro Difesa (già Ministro degli Affari Sociali nel precedente
Governo);
-
Urmas
Reinsalu – Ministro della Giustizia (confermato nel proprio dicastero);
-
Kaia Iva
– Ministro degli Affari Sociali;
-
Marko
Pomerants – Ministro dell’Ambiente (confermato nel proprio dicastero).
L’uscita di scena di
Roivas ha insomma costretto il Partito
della Riforma all’opposizione per la prima volta dal 1999, dopo 17 anni
consecutivi al governo e nonostante esso continui a rappresentare il partito di
maggioranza relativa in Estonia. Opposte invece le sorti del Partito di Centro,
che vede riconfermata la propria progressiva ripresa di prestigio politico. Da
notarsi come il Partito di Centro sia tradizionalmente orientato verso la
ricerca di un maggiore dialogo non solo con Mosca ma, prima ancora, con la
minoranza russofona in Estonia. Il nuovo governo potrebbe dunque aprire la
strada ad un appianamento delle frizioni sociali interne al Paese e ad un
ridimensionamento dell’annoso problema degli apolidi. In questo senso, risulta
emblematica la proposta di Ratas, espressa nel gennaio 2017, di estendere la
cittadinanza a chiunque avesse vissuto e lavorato regolarmente in Estonia negli
ultimi 25 anni, indipendentemente dall’estrazione etno-linguistica. La proposta
cade chiaramente al di fuori del consueto spettro di politiche sociali adottato
dalla politica estone ed è fondamentalmente in contrasto con la costruzione
identitaria nazionale; non a caso, è stata opposta fermamente da più
parti.
L’appuntamento
politico-istituzionale più importante
del 2016 è stato l’elezione da parte
del Riigikogu del nuovo Capo dello
Stato, in data 3 ottobre. La Signora Kersti Kaljulaid è risultata eletta al
primo scrutino con 81 voti a favore e 17 astensioni (più 3 assenze) superando
agevolmente la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione dei due
terzi dei deputati.
Si è tuttavia trattato di
un processo elettorale lungo e politicamente complesso che ha portato il Paese
sull’orlo di una crisi istituzionale. Il Riigikogu
infatti non era riuscito a fine agosto ad eleggere subito il Capo dello Stato
per mancanza della maggioranza qualificata richiesta. L’assemblea di grandi
elettori, composta dai 101 deputati e da 234 rappresentanti degli enti locali,
successivamente convocata, si era resa protagonista di un ulteriore fallimento
quando, il 24 settembre, per due volte si era mostrata incapace di raccogliere
il necessario consenso su uno dei cinque candidati in lizza - tra i quali i
favoriti erano l’ex Primo Ministro e Commissario Europeo Siim Kallas e la
dimissionaria Ministro degli Esteri Marina Kaljurand.
Come previsto dalla
Costituzione il processo elettorale era tornato nell’aula del Riigikogu dove si sarebbe nuovamente
votato come nell’agosto precedente: ma ormai tutti i cinque candidati sconfitti
nel voto dell’assemblea ad hoc si
erano ritirati dalla corsa. Si imponeva pertanto la necessità di trovare in
tempi brevissimi un candidato gradito, o almeno non totalmente alieno, a tutte
le formazioni politiche. L’emergenza aveva appunto portato alla candidatura
congiunta, da parte dei gruppi parlamentari (con l’unica riserva del Partito
Conservatore), della Signora Kaljulaid. La relativa estraneità alla sfera politica della nuova
candidata, oltre al fattore di genere, ha rappresentato uno dei fattori
decisivi a favore della sua elezione.
Il curriculum del nuovo
Capo dello Stato è infatti fortemente tecnocratico: nata a Tartu nel 1969 e ivi
laureatasi prima in biologia e poi in amministrazione d’impresa, si è costruita
una solida esperienza in questioni economico-finanziarie sia nel settore
pubblico che in quello privato. Ha infatti lavorato per molti anni in una banca
di investimento ma anche, nel 1999, come consigliere dell’allora Primo Ministro
Mart Laar per i rapporti tra governo, Banca di Estonia e Fondo Monetario
Internazionale. Laar a quel tempo era anche leader del Partito “Pro Patria”,
l’antenato dell’attuale “Unione Pro Patria/Res Publica” e nello stesso periodo
la Signora Kaljulaid fu iscritta a quella formazione politica: unica seppur
breve eccezione a quella “apoliticità” che ne ha facilitato l’ascesa alla
massima magistratura del Paese. Dopo un biennio in Eesti Energia e nel
Consiglio di Amministrazione dell’”Estonia Genome Centre, dal 7 maggio 2004-
ossia una settimana dopo l’adesione dell’Estonia all’Unione Europea- Kersti
Kaljulaid ha ininterrottamente rappresentato il proprio Paese in seno alla
Corte dei Conti Europea.
Kersti Kaljulaid è la
prima donna che riveste la carica di Presidente della Repubblica nella storia
quasi centenaria dell’Estonia indipendente, nonché primo Capo di Stato non
espressione diretta di una forza politica nazionale. L’inaugurazione del nuovo
Presidente è avvenuta il 10 ottobre 2016.
SITUAZIONE ECONOMICA
L’Estonia
è membro dell’Unione Europea dal 2004. Dal 1 gennaio 2011 ha adottato l’Euro.
Dal 9 dicembre 2010 è membro dell’OCSE. L’Estonia è stata oggetto inoltre di
una riclassificazione nell’ambito della “Country
Risk Classification” stilata dall’OCSE nell’ambito dell’accordo sul
sostegno pubblico ai crediti all’esportazione, passando dal grado di rischio
3-4 al grado 0. Dal 1 gennaio 2013 l’Estonia è annoverata tra i Paesi OCSE e
dell’Eurozona ad alto reddito non classificati o soggetti ad esame.
Nel 2016
la crescita tendenziale del PIL ha registrato un incremento del valore aggiunto
nei settori dell’informazione e comunicazione, delle vendite al dettaglio e dei
trasporti. Le principali ripercussioni sul prodotto sono state determinate
dall’andamento negativo sull’anno del valore aggiunto nel comparto delle
costruzioni e nell’agricoltura, pesca e silvicoltura. Riguardo alla domanda
interna i dati dell’Ufficio di Statistica pubblicati a febbraio 2017 indicano
un aumento su base annua del 2,6%. Nello scorso anno la spesa per consumi
privati e delle Amministrazioni pubbliche si è rispettivamente attestata al 2,0
e 0,2%. L’incremento dei consumi finali delle famiglie è stato influenzato
nello scorso anno dal positivo andamento dell’occupazione, da una maggiore
disponibilità di reddito e dall’andamento del tasso d’inflazione. Il
rilevamento statistico indica inoltre per il 2016 una diminuzione nella
formazione di capitale fisso lordo dello 0,8%. Secondo le attuali previsioni
del FMI, nel 2017 è attesa una crescita della domanda interna in rapporto al
PIL del 2,7%.
Con
riferimento all’inflazione, il rilevamento dell’Ufficio di statistica estone indica per il 2016 un tasso dello 0,1% sul
totale dei gruppi di prodotto (-0,5% nel 2015). Nel 2016 i principali
aumenti dell’indice hanno riguardato bevande alcoliche e tabacco,
abbigliamento, alloggi e ristorazione, sanità. I decrementi registrati hanno
riguardato i settori dell’istruzione e
trasporti.
Passando all’analisi del mercato del lavoro,
secondo l’Ufficio di Statistica estone nel 2016
il tasso di disoccupazione medio annuo è stato del 6,8%, in aumento dello 0,6%
rispetto al 2015, invertendo il costante decremento del tasso registrato a
decorrere dal 2011. Il dato è tuttavia legato ad una diversa classificazione
della popolazione inattiva e disoccupata conseguente all’attuazione della Work Ability Reform. Per il 2017 è al
momento atteso un ulteriore aumento della disoccupazione all’8,2%.
Nonostante
la forte riduzione del tasso di disoccupazione, che nel 2010 aveva raggiunto il
16,7%, il mercato del lavoro in Estonia presenta ancora alcuni altri aspetti di
criticità legati al livello di disoccupazione strutturale, all'inadeguatezza
della manodopera qualificata ed ai livelli di tassazione sui salari, fattori
che sembrano contribuire a mantenere elevata la disoccupazione anche in periodi
di congiuntura favorevole. Tuttavia, l’attuazione di
alcune misure finalizzate ad affrontare gli squilibri e favorire una effettiva
partecipazione alla forza lavoro da parte dei giovani, disabili e disoccupati
di lunga durata hanno già contribuito nel corso di questi ultimi anni a ridurne
il tasso.
Riguardo
al costo del lavoro, nel 2016 la retribuzione media lorda mensile è stata pari
a 1.146 Euro. Rispetto al 2015, l’aumento rilevato dall’Ufficio di Statistica,
il sesto consecutivo dal 2010, è stato del 7,5% (+6,0% nel 2015). Nel 2016
l'importo medio mensile della retribuzione di fatto pagata dai datori di lavoro
è ammontata a 1.548 Euro. Nello scorso anno i principali aumenti delle
retribuzioni hanno riguardato i servizi amministrativi (+16,4%), le attività
immobiliari (+14,3%), agricoltura, pesca e silvicoltura (+11,7%), i servizi di
informazione e comunicazione (+10,2%), alloggio e ristorazione (+9,5%), salute
e lavori sociali (+9,0%), nonché l’istruzione (+7,7%). Le attuali previsioni
indicano per il 2017 un ulteriore aumento annuo della retribuzione media lorda
del 5%.
Per ciò che concerne l’interscambio commerciale i
dati preliminari dell'Ufficio di Statistica estone indicano per il 2016 un
aumento dei flussi, in controtendenza rispetto agli ultimi tre anni. In
particolare, le esportazioni di beni a
prezzi correnti sono ammontate a 11,9 miliardi di Euro mentre le importazioni
si sono attestate a 13,5 miliardi di Euro, entrambe con una variazione del 3%
rispetto al 2015. Il deficit commerciale ammonta a circa 1,6 miliardi di
Euro e presenta rispetto al 2015 un aumento di circa 73 milioni di Euro.
In relazione alle
transazioni economiche con l’estero, sulla base dei dati preliminari pubblicati
dalla Banca di Estonia il 9 marzo 2017, la bilancia dei pagamenti ha registrato
nel 2016 un surplus del conto corrente di circa 555 milioni di Euro, pari al 2,7%
del PIL annuo (+108 milioni di Euro rispetto al 2015). La crescita del surplus
è stata determinata dal saldo attivo dei
beni e servizi e da un minore flusso netto in uscita dei redditi da
investimento di cui al conto dei redditi primari. Riguardo al conto
capitale che presenta un surplus pari a 181 milioni di Euro, l’aumento
registrato è stato il più basso dell’ultima decade. Nel periodo di riferimento
il conto finanziario si è attestato a 554 milioni di Euro ed ha registrato
relativamente agli investimenti diretti un saldo di 354 milioni di Euro.
Riguardo alle altre componenti del conto i saldi sono rispettivamente ammontati
alle voci portafoglio investimenti a poco più di 2,4 miliardi di Euro, agli
strumenti derivati a 13 milioni di Euro e, relativamente alla voce prestiti ed
altri investimenti, a circa 1,5 milioni di Euro. Nel 2016 la variazione delle
riserve è stata pari a 48 milioni di Euro.
Alla fine del 2016 le consistenze delle attività e
passività finanziarie sull'estero sono ammontate rispettivamente a 29,5 e 37,3
miliardi di Euro.
Il
sistema economico dell’Estonia è caratterizzato da un regime liberale negli
scambi con l’estero. Il primo gennaio 2011 l'Estonia ha adottato l'Euro come
propria moneta nazionale: l'approdo alla moneta unica ha rappresentato il
termine di un percorso complesso, caratterizzato da grandi sacrifici per
centrare i criteri di Maastricht negli anni in cui la crisi
economico-finanziaria internazionale ha provocato una forte recessione
dell’economia estone, con notevoli ripercussioni sulle entrate erariali.
Grazie
alla politica fiscale adottata durante la crisi, il disavanzo di finanza
pubblica in Estonia non ha mai superato la soglia del 3% del PIL e, da allora,
il bilancio è stato quasi in pareggio. Le misure di politica fiscale hanno
contribuito a contenere il debito pubblico ma hanno anche alimentato una
inclinazione pro-ciclica alla politica economica.
Riguardo al bilancio di
previsione 2017, la spesa è stimata in 9,65 miliardi di Euro mentre le entrate
previste ammonterebbero a 9,48 miliardi di Euro. Le principali misure
riguardano un aumento delle risorse finanziarie al Ministero degli Affari Sociali
circa 253 milioni rispetto al 2016 (3,84 miliardi di Euro complessivi pari al
17,5% del PIL) ed a favore della Difesa che registra un incremento
dell’allocazione di bilancio di circa 28 milioni di Euro rispetto allo scorso
anno (2,17% in rapporto al PIL). Per la sicurezza interna è stato stanziato un
importo di 20 milioni di Euro per il rafforzamento delle infrastrutture dei
confini orientali.
Tra le altre misure è
stata innalzata la soglia di esenzione della tassazione IRPEF da 170 a 180 Euro
e l’importo minimo lordo per il calcolo dei contributi sociali da 390 a 430
Euro mensili. In aumento la retribuzione minima degli insegnanti da 958 Euro
mensili rispettivamente a 1.000 Euro a decorrere dal 1 gennaio e 1.050 dal 1
settembre 2017.
Le previsioni del Governo contenute nel budget per
il 2017-2020 indicano per il corrente anno il saldo strutturale in avanzo dello
0,2%.
Secondo
il FMI la stabilità della finanza pubblica
consentirebbe di sostenere programmi destinati ad
incrementare la produttività. Ciò, in quanto, in mancanza di
un debito pubblico netto e con avanzi del
saldo strutturale in essere dal 2009 sarebbe più opportuno aumentare la spesa anziché favorire il
risparmio. Pur rimanendo nel rigoroso rispetto delle regole di bilancio, l'Estonia potrebbe
quindi adottare una politica fiscale più flessibile nel lungo
termine in linea con i requisiti europei.
Le
previsioni di crescita dell’economia del Paese e l’andamento della finanza
pubblica hanno consentito in questi ultimi anni un miglioramento dell’indice di
solvibilità del debito sovrano nel lungo periodo da parte delle Agenzie
internazionali di rating. Sia Fitch che Standard & Poor’s hanno infatti
migliorato il profilo di rischio elevando il Paese rispettivamente ad A+ e ad
AA- con prospettiva stabile. Moody’s classifica il Paese in categoria A1 con
prospettiva stabile.
Grazie
al suo sistema impositivo semplificato ed alla chiarezza della regolamentazione
l’Estonia si colloca tra le prime posizioni delle classifiche di “business climate”. Nel 2017 l’Estonia è
annoverata tra i Paesi “mostly free”,
ricoprendo infatti il sesto posto (nono nel precedente rilevamento del 2016)
nella classifica annuale sulla libertà economica (Index of Economic Freedom) riguardante 186 Paesi predisposta dal
Wall Street Journal e dalla Heritage Foundation di Washington. Secondo la
rilevazione dell’ottobre 2016 il Paese si posiziona inoltre al 12° posto,
mantenendo la stessa posizione del precedente anno, nella classifica “Doing Business 2017” - elaborata dalla
Banca Mondiale e riguardante 189 Paesi - sui costi per avviare un’attività
imprenditoriale nel mondo.
Riguardo al settore finanziario, il Paese è ormai a
buon punto nel processo di istituzione di un più completo e rafforzato sistema
di misure. Gli istituti di credito estoni (e quelli scandinavi
ad essi collegati: circostanza che ha limitato i danni della crisi
finanziaria internazionale del 2008-2009) sono ben
capitalizzati, dispongono di liquidità, hanno bassi livelli di sofferenze. Nel
complesso, il sistema bancario sembra aver raggiunto un equilibrio sostenibile.
La concessione di contributi a questi istituti di credito nei propri Paesi di
origine ha conseguentemente garantito, anche in Estonia, nel corso della crisi
economica, il buon funzionamento del settore. Il sistema bancario estone è
dominato da due banche commerciali, appartenenti a gruppi svedesi, la Swedbank
e la SEB Pank, che controllano la prima il 40% dell’intero mercato, la seconda
il 22%. A seguire si colloca la Nordea Pank,
affiliata del gruppo finlandese, con una quota di mercato del 15% e la
danese Danske che detiene l’8%. Il Gruppo “UniCredit”, che ha operato come
istituto di credito in Estonia fino al luglio 2013 attraverso la filiale AS
UniCredit Bank, deteneva alla data del 31 marzo 2013 una quota di mercato pari
all’1,20%[2].
Riguardo alla
competitività, l’Estonia continua a registrare un
incremento cumulativo dei costi relativi all’unità di lavoro ben superiore alla
crescita della produttività. Da ciò deriva che ulteriori incrementi potrebbero
ridurre la competitività sui costi, i margini di profitto delle aziende con
possibili ripercussioni sugli investimenti e sul potenziale di crescita, nonché
un progressivo indebolimento della posizione del paese verso l’estero, essendo
l’Estonia particolarmente soggetta alla volatilità degli scambi commerciali.
Principali indicatori macroeconomici
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Relazioni commerciali con i principali partner
Come molti piccoli Paesi ad economia di mercato
l'Estonia ha un alto grado di apertura al commercio internazionale. Secondo
dati diffusi dall'Ufficio di statistica estone relativi al 2016 i flussi
commerciali hanno registrato un consistente aumento su base annua. Nel periodo
di riferimento le esportazioni a prezzi
correnti sono infatti ammontate a 11,9 miliardi di Euro mentre le importazioni
a 13,5 miliardi di Euro, con un aumento rispetto al 2015 rispettivamente del
2,8% e 3,0%. Nel 2016 il disavanzo commerciale è stato pari a 1,6
miliardi di Euro.
Nel 2016, secondo la
classificazione dei prodotti della Tariffa Integrata Comunitaria (TARIC), le principali categorie dell’export estone in rapporto al valore sul totale complessivo
sono state le macchine ed apparecchi, il materiale elettrico e loro parti
(29,4%), il legno, il carbone di legna ed i lavorati in legno (10,2%), merci e
prodotti diversi (9,0%), i prodotti minerali (7,8%). I principali aumenti delle
esportazioni sull’anno hanno riguardato le seguenti categorie: strumenti ed
apparecchi d’ottica, di controllo e precisione (+15%), materie tessile e loro
manufatti (+9,1%), macchine ed apparecchi, il materiale elettrico e loro parti
e il legno, il carbone di legna ed i lavorati in legno (+5,6%). I decrementi
più consistenti su base annua sono stati registrati alle voci prodotti minerali
(-13,3%), prodotti del regno vegetale (-12,2%), animali vivi e prodotti del
regno animale (-11,6%).
Passando alla distribuzione geografica, i
principali Paesi di destinazione delle esportazioni estoni nel 2016 sono stati
Svezia (17,9% del totale dell'export), Finlandia (16,0%) e Lettonia (9,2%).
Rispetto al 2015 gli aumenti più consistenti si sono registrati con il Belgio
(+25,6%) e Cina (+24,4%), mentre i maggiori decrementi hanno riguardato Paesi
Bassi (-13,8%), Stati Uniti (-12,3%) e Regno Unito (-12,2%).
Anche la struttura merceologica delle importazioni sulla base della classificazione
TARIC vede nel 2016 al primo
posto, in rapporto al valore sul totale complessivo, le macchine e gli
apparecchi, il materiale elettrico e loro parti (28,0%), il materiale da
trasporto (10,7%), i prodotti minerali (8,8%) ed i prodotti delle industrie
chimiche e industrie connesse (8,3%). Rispetto al 2015, i principali aumenti
delle importazioni hanno riguardato il materiale da trasporto (+18,4), metalli
comuni e loro lavori (+6,4%), prodotti delle industrie alimentari (+4.7%). Le
principali diminuzioni sull’anno sono state registrate nei settori dei prodotti
minerali (-16,9%), strumenti ed apparecchi d’ottica, di controllo e precisione
(-10,7%), animali vivi e del regno animale (-6,1%).
I principali Paesi fornitori dell'Estonia sono
stati la Finlandia (13% del totale dell'import), la Germania (11%) e la
Lituania (9,5%). I maggiori aumenti del flusso delle importazioni rispetto al
2015 hanno riguardato Ungheria (+29,5%), Francia (+26,1%) e Paesi Bassi
(+18,2%). Le principali diminuzioni sono state registrate nei confronti di
Finlandia (-7,6%), Federazione Russa (-4,8%) e Regno Unito (-4,8%).
Nel 2016 l’incidenza dell’interscambio commerciale
dell’Estonia con i Paesi dell’Unione Europea ammonta per le esportazioni al
73,8% e per le importazioni al 82,4%.
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Fonte: dati Ufficio di Statistica estone (marzo 2017)
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Per quanto riguarda gli investimenti esteri, l’Estonia continua a mantenere nonostante le
sue ridotte dimensioni, una buona capacità di attrazione grazie ad una serie di
condizioni favorevoli quali la collocazione geografica strategica nella regione
baltico-scandinava, la disponibilità di manodopera, la presenza di
infrastrutture, l'assenza di conflitti sociali ed una normativa fiscale
semplificata accolta con favore dagli investitori esteri (in Estonia la
tassazione sui dividendi si applica solo in caso di redistribuzione).
Secondo
i dati della Banca di Estonia aggiornati a marzo 2017 l’afflusso cumulato degli
IDE stranieri nel Paese ha raggiunto alla fine del 2016 i 18.208,4 milioni di
Euro (+4,3% rispetto al 2015). Circa l’83% degli IDE in Estonia provengono dai
Paesi dell'Unione Europea. I principali Paesi investitori sono la Svezia (25,6%
del totale degli IDE), la Finlandia (23,0%) ed i Paesi Bassi (9,4%). Alla fine
del 2016 lo stock degli investimenti diretti estoni all'estero ammonta a
6.117,8 milioni di Euro (+8,2% rispetto al 2015). Le principali destinazioni
degli investimenti hanno riguardato la Lituania (20,9%), Cipro (20,5%) e la
Lettonia (19,4%). L'Italia si colloca alla 20ma posizione nella graduatoria
degli IDE in entrata in Estonia ed al 9o posto quale destinazione
degli IDE estoni.
Dal punto di vista settoriale, l’afflusso cumulato
degli IDE in Estonia alla fine del 2016 ha riguardato le attività finanziarie e
assicurative (27,5%), il settore immobiliare (18,2%), il comparto
manifatturiero (13,7%) ed il commercio all’ingrosso ed al dettaglio (12,7%).
Nello stesso periodo, gli investimenti diretti estoni si sono concentrati nelle
attività amministrative ed i servizi (20,7%), nel comparto manifatturiero
(15,9%), nel settore immobiliare (13,5%) e nelle attività finanziarie e
assicurative (13,3%).
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POLITICA
ESTERA: QUADRO GENERALE
La rete estone di sedi all’estero è attualmente
composta da 34 Ambasciate, 7 Rappresentanze Permanenti e 4 Consolati Generali.
L’Estonia ha inoltre sezioni diplomatiche in Ambasciate UE accreditate in Paesi
dove non vi è un’Ambasciata estone residente.
I capisaldi della politica estera estone sono
l’appartenenza all’ Alleanza Atlantica
(dal 29 marzo 2004) ed all'Unione
Europea (dal 1° maggio 2004) - della
quale assumerà la Presidenza di turno nel secondo semestre del 2017. L’Estonia
è anche membro di altre Organizzazioni
Internazionali quali ONU, OSCE e Consiglio d’Europa. Oltre ad un rapporto
particolarmente solido con gli Stati Uniti, Tallinn privilegia il
consolidamento delle relazioni con tutti i Paesi
della regione baltica anche tramite la partecipazione ad
organizzazioni/iniziative regionali quali il Consiglio Baltico, la Cooperazione
Nordico-Baltica (NB8) ed il Consiglio degli Stati del Mar Baltico. In tale
contesto vanno ricordate le relazioni che legano strettamente l’Estonia alla Finlandia e la Svezia, partner privilegiati non solo in ambito politico ma anche
nell’interscambio commerciale. I due Paesi scandinavi sono anche i principali
investitori esteri in Estonia. Il legame con Helsinki si sostanzia altresì
nella collaborazione in campo energetico, come dimostrato dall’intesa del
novembre 2014, sulla costruzione del gasdotto Baltic-connector entro il 2019.
Problematiche le relazioni con la Russia, soprattutto dopo la crisi
ucraina. Innanzitutto, la presenza di una folta minoranza russofona pari a
circa il 25% della popolazione nazionale ed i relativi problemi integrazione
emergono ad intermittenza come causa di frizioni tra Mosca e Tallinn. Vi sono
tuttavia altri ostacoli al buon intercorso tra i due Paesi. A titolo
illustrativo si possono citare la vicenda non ancora del tutto metabolizzata
della rimozione del monumento al soldato sovietico nel 2007 e del successivo
attacco cibernetico per il quale qui si sospetta una responsabilità almeno
indiretta da parte di Mosca, la crisi ucraina, nonché l’arresto e la successiva
incarcerazione a Mosca, il 5 settembre 2014, di un ufficiale dei servizi di
sicurezza estoni accusato di spionaggio -poi rilasciato il 26 settembre
dell’anno successivo.
L’Estonia segue con preoccupazione l’evolversi
delle crisi regionali, soprattutto in Africa
mediterranea e Medio Oriente (Libia, MEPP, Siria, Iraq, Daesh) pur non
nutrendo interessi immediati nella regione al di là di qualche limitata
attività di cooperazione allo sviluppo concentrata sul settore IT (come in
Tunisia ed Egitto). In ambito multilaterale, oltre al sostegno dell’azione in
favore dei rifugiati siriani in seno ad ONU, UNICEF ed UE, l’Estonia partecipa alla coalizione che combatte il
jihadismo internazionale e contribuì nel 2014 al riarmo dei peshmerga curdi.
Viva è l’attenzione verso più solidi rapporti,
soprattutto economico-commerciali, con i Paesi di Estremo Oriente (in particolare con la Cina, dove l’Estonia ha
aperto un’Ambasciata nel gennaio 2015),
India e Asia Centrale.
Limitata invece la presenza in America Latina. Ne è rappresentativa la deludente vicenda relativa
al Brasile: aperta nell’agosto 2014
un’Ambasciata a Brasilia, prima sede diplomatica estone in un Paese
dell’America Latina, della stessa è stata decisa la chiusura solo due anni più
tardi, con decorrenza 1 gennaio 2017.
Articolato anche il programma di cooperazione allo sviluppo, a favore
del quale l’Estonia nel 2015 ha aumentato la percentuale del PIL dedicata,
portandola allo 0,17%. Spicca anche la sensibilità per le questioni ambientali: recentemente, da un’iniziativa ecologista
locale è nato infatti il movimento globale “Let’s Do It!”, il quale ha raccolto
migliaia di tonnellate di rifiuti grazie all’impegno di cento milioni di
volontari in quasi 100 Paesi.
Una menzione particolare è meritata dalla vocazione
estone per l’information technology , la quale permea anche la politica
estera. Le discussioni dedicate all’IT nei vari fori bilaterali e
multinazionali vedono l’Estonia quasi sempre alla ribalta. Dal 2008 è attivo a
Tallinn il NATO Cooperative Cyber Defence Centre of Excellence, nonché, dal
dicembre 2012, l'Agenzia UE per la gestione operativa dei sistemi IT su larga
scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA). Tallinn ha
inoltre ospitato nell’aprile del 2014 una nuova sessione della Conferenza sulla
libertà della Rete (“Freedom Online”),
di cui l’Estonia è stata per il 2014 coordinatrice. L’Estonia è anche Paese
fondatore, insieme a Corea del Sud, Israele, Nuova Zelanda e Regno Unito, del
cosiddetto “D-5”, il gruppo dei Paesi più avanzati nel mondo nella tecnologia
digitale. Il ruolo dell’IT nella politica estera estone conferma la volontà del
paese di ritagliarsi una nicchia di competenza specifica entro la quale poter raccogliere
fiducia internazionale e poter svolgere un ruolo leader, così ridimensionando
in modo collaterale i consistenti limiti di natura geopolitica che la
caratterizzano.
E’
infine significativa, anche per le ridotte dimensioni delle sue Forze Armate, la
partecipazione alle missioni internazionali di pace. L’impegno per il 2016 ha previsto un totale di 69
militari assegnati in 8 missioni, così distribuiti: 34 per UNIFIL in Libano
all’interno di un battaglione finnico-irlandese; un totale di 18 in Mali rispettivamente
per la missione addestrativa EUTM (8) e per la Stabilizzazione Integrata
Multidimensionale ONU MINUSMA (10); 6 nell’operazione anti-ISIS Operation Inherent Resolve (OIR) avviata
nell’agosto 2016 ,nell’ambito del contingente danese; 4 nella missione UNTSO in
Medio Oriente; 4 nella missione Resolute
Support (RSM) in Afghanistan;3 nella K-FOR in Kossovo. Inoltre, uno staff officer estone è dal 2015 in
servizio nel quartier generale di EUNAVFOR.
POLITICA ESTERA: RELAZIONI
CON L’UNIONE EUROPEA
L’Estonia
è membro dell’UE dal primo maggio 2004 e di questo fa un caposaldo della propria politica
estera. Con l’ingresso nell’Unione ha anche immediatamente aderito all’Accordo
di Schengen, dandogli applicazione nel dicembre 2007. Il Trattato di Lisbona fu
invece ratificato dal Riigikogu con
un solo voto contrario e 9 astenuti. L’Estonia assumerà la Presidenza
semestrale dell’UE dal luglio 2017 avendo accettato di sostituire, a seguito
della Brexit, l’altrimenti prevista presidenza britannica.
Presenza
estone nelle istituzioni europee. Siim Kallas, già Primo Ministro estone e membro
del Partito della Riforma, è stato Vice Presidente della Commissione Europea
durante entrambi i mandati del Presidente Barroso - cioè dal 2004 al 2014; nel
primo mandato fu Commissario per gli Affari Amministrativi, nel secondo
Commissario per i trasporti. Nella nuova Commissione Junker l’Estonia è
rappresentata dall’ex Primo Ministro Andrus Ansip, il quale riveste
l’importante incarico di Vice Presidente con delega per il Mercato Digitale
Unico. L’Estonia ha 6 rappresentanti nel Parlamento europeo.
Unione
Monetaria. Dal
primo gennaio 2011 l’Estonia ha adottato l’Euro, nonostante la crisi
finanziaria degli anni precedenti avesse compromesso l’obiettivo. Tallinn ha
ratificato il Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità nel luglio 2012 (59
voti favorevoli, 34 contrari e 6 astenuti). Subito dichiaratasi favorevole ad
un’unione bancaria strettamente regolata da un’autorità di supervisione, in
ambito fiscale è allineata alla posizione tedesca di austerità e responsabilità
nazionale. Pur non auspicando la “Grexit” dall’Euro, l’Estonia si è sempre
schierata con i Paesi più rigidi durante il negoziato sul debito di Atene.
Allargamento. L’Estonia sostiene senza riserve il processo di
allargamento dell’UE al fine di favorire la stabilità del vicinato -
soprattutto nella regione balcanica. E’ membro fondatore del cosiddetto
“Tallinn Group”, il gruppo informale che riunisce i 12 Stati Membri (oltre
all’Estonia: Finlandia, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito,
Repubblica Ceca, Romania, Spagna, Svezia ed Ungheria) considerati
tradizionalmente favorevoli all’allargamento dell’Unione ad altri Stati.
Politica europea di sicurezza e difesa. L’Estonia è favorevole ad una Difesa europea
comune in stretta collaborazione con la struttura NATO. Tale posizione è
divenuta particolarmente forte in seguito alla recente recrudescenza delle
relazioni tra schieramento euro-atlantico e Russia. Tallinn ha partecipato alle
missioni EUNAVFOR, alla missione di polizia EUPOL in Afghanistan e ad EUFOR RCA
nella Repubblica Centrafricana. Truppe estoni fanno inoltre parte del
cosiddetto Nordic Battlegroup - unità
da schieramento rapido a disposizione dell’UE composta da militari provenienti
anche da Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Norvegia e Svezia.
Politica
Europea di Vicinato.
L’Estonia sostiene con convinzione le politiche di vicinato sia con lo spazio
post-sovietico che con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo ed auspica in
particolare un avvicinamento tra UE e Georgia, Moldova e Ucraina, seguite da
Armenia, Azerbaijan e Bielorussia.
Agenda
europea sulla Migrazione. Inizialmente, l’Estonia si è dimostrata chiusa in
merito alle quote di redistribuzione dei migranti, ritenendo che i 1064 rifugiati
a sé destinati (pari all’1,84% del totale) non fossero un numero coerente, ma
sovrabbondante, rispetto al proprio peso in termini di popolazione e PIL
rispetto all’UE nel proprio complesso. Tuttavia,
dopo l’aggravarsi della crisi migratoria, Tallinn ha mostrato più flessibilità
sulla questione dell’obbligatorietà delle quote e dei meccanismi e dunque
accettando le cifre aggiuntive dal secondo Piano Junker (373 rifugiati più i
150 già assegnati); i primi arrivi sono cominciati nella primavera del 2016 ma
i numeri sono ancora limitati. Funzionari governativi sono stati inviati in
Italia e in Grecia per collaborare con le autorità locali nel processo di
selezione dei rifugiati da ricollocare. Tallinn auspica una partecipazione più
diretta a tale processo e si è impegnata a partecipare con 2,8 milioni di Euro
al fondo di tre miliardi a favore della Turchia. Nessun rifugiato è stato
ricollocato dall’Italia.
Cooperazione
regionale.
L’Estonia partecipa insieme agli altri 7 Paesi UE dell’area baltico-scandinava alla “Strategia per la Regione del Mar
Baltico”, approvata nel 2007 e riguardante i settori di ambiente,
infrastrutture e competitività. E’ stata molto attiva anche nella cosiddetta “Dimensione Nordica”
dell’UE, la politica comune adottata nel 1999 per rafforzare il dialogo dei
Paesi UE della regione con l’Islanda, la Norvegia e la Russia. In seguito alla
crisi ucraina il dialogo con Mosca si è chiaramente ridimensionato ma la natura
tecnica della Dimensione le permette di procedere nonostante le frizioni di
tipo politico.
Politica Agricola Comune. Molto
positivo per Tallinn l’aumento dei fondi comunitari (+40% rispetto al
2007-2013) a favore dell’agricoltura estone decisi nel bilancio pluriennale dell'UE per il
periodo 2014-2020.
Budget
dell’UE. Nel periodo
2007-2013 l’Estonia ha ricevuto fondi comunitari per un totale di circa 4.5
miliardi di Euro, utilizzati in vari settori, dall’educazione all’agricoltura,
dall’energia ai trasporti; ha invece contribuito al bilancio UE con circa 900
milioni di Euro. Nel corso del negoziato sul nuovo budget 2014-2020, Tallinn ha
proposto un aumento delle entrate tramite fonti di finanziamento comunitario
quali, ad esempio, una tassa europea. Il nuovo budget UE prevede 5,89 miliardi
di Euro di finanziamenti per l’Estonia.
Energia. L’Estonia sostiene il Baltic Energy Market Interconnection Plan (BEMIP), il progetto
approvato nel 2009 dalla Commissione UE per aumentare la sicurezza energetica
del nord Europa rafforzando i collegamenti energetici tra i Paesi della
regione. Tallinn intende liberarsi dall’eccessiva dipendenza dalla Russia
reperendo nuove fonti sia nell’UE (in particolare nel settore rinnovabili), sia
fuori (soprattutto, negli Stati Uniti), nonché creando nuove interconnessioni
energetica tra i membri dell’UE. Si inserisce in tale strategia la firma
dell’accordo di cofinanziamento UE-Estonia-Finlandia per il Baltic-connector avvenuta il 21 ottobre
2016 a Bruxelles. L’Unione contribuirà al 75,5% dei costi totali con 187,5
milioni di Euro alla costruzione di un gasdotto sottomarino di 152 chilometri
(capacita prevista: 7,2 milioni di m2 al giorno) e di due stazioni di
decompressione.
Alta
tecnologia.
L’Estonia sostiene l’Agenda Digitale Europea e dal dicembre 2012 ospita a
Tallinn l’eu-LISA, l’Agenzia UE per la gestione operativa dei sistemi IT. Il
Commissario estone nella Commissione Junker, Andrus Ansip, è Vice Presidente
con delega per il Mercato Digitale Unico.
Infrastrutture
e trasporti.
L’Estonia attribuisce grande importanza al progetto Rail Baltica, così da ridurre l’isolamento del Paese connettendolo
alla rete ferroviaria dell’Europa centrale. E’ stata creata in proposito una joint venture per la gestione dei fondi
comunitari stanziati nel luglio 2015 e pari a circa 540 milioni di Euro - di
cui 179 riguardanti la parte di tracciato di competenza estone.
POLITICA
ESTERA: RELAZIONI CON LA NATO
L’Estonia è membro della
NATO dal 29 marzo 2004. Tallinn ha sostenuto il nuovo
Concetto Strategico del 2010, apprezzandone in particolare l’enfasi sulla
difesa collettiva, sui rischi di attacchi militari convenzionali e sulla
cooperazione rafforzata con l’UE, con i partner non-NATO e con gruppi regionali
quali il Dialogo Mediterraneo e la Istanbul
Cooperation Initiative. Dopo la crisi ucraina sono invece emerse forti riserve
sul proseguimento del partenariato con la Russia. Tallinn auspica inoltre il
proseguimento di programmi come l’Euro-Atlantic
Partnership Council e la Partnership
for Peace.
L’Estonia attribuisce
grande importanza alla Baltic Air Policing Mission, la quale
assicura il controllo da parte dell’Alleanza dello spazio aereo di Estonia,
Lettonia e Lituania. Tallinn ha messo a disposizione della missione la propria
base aerea di Ämari, tra le più moderne della regione. Tra i Paesi che in tale
ambito hanno utilizzato la base per i propri velivoli, Danimarca, Germania,
Spagna, Regno Unito e Belgio. La stessa base di Ämari è inoltre centro di
dislocamento degli asset aerei statunitensi in seno all’operazione Atlantic Resolve (2015).
Tallinn condivide
l’attenzione della NATO verso le minacce
non convenzionali: oltre al terrorismo, quelle contro la sicurezza
energetica e quella cibernetica. L’attenzione verso quest’ultima tematica si
deve anche dal fatto che l’Estonia fu nel 2007 vittima di un massiccio attacco
di hackeraggio. Dal maggio 2008 Tallinn ospita il NATO Cooperative Cyber
Defence Centre of Excellence.
Il maggiore contributo dell’Estonia alle missioni internazionali di pace si è
realizzato in ambito NATO. Il contingente militare estone più numeroso mai impegnato
all’estero è stato quello facente parte di una compagnia di artiglieria in
Afghanistan, nella provincia di Helmand, sotto il comando britannico. L’impegno
di Tallinn in quel quadrante era iniziato nel 2003 ed ha visto nel 2009, in
concomitanza alle elezioni presidenziali afghane, la presenza massima di 289
militari. Durante la missione combattente, conclusasi nel 2014, nove soldati
estoni sono caduti e 92 feriti. L’impegno di Tallinn si è poi ridotto dal 2014 a circa 20 unità, nessuna delle quali
combattente. Attualmente 4 militari estoni operano nella missione Resolute Support. Tra le partecipazioni
precedenti, ricordiamo quella a KFOR (1999-2010) e alle operazioni in Libia
(agosto-settembre 2011).
L’Estonia contribuisce anche, dal 2005, con proprie
unità e personale militare della Marina e dell’Esercito, alla NATO
Response Force.
Tallinn ha ospitato la Ministeriale Esteri della
NATO nell’aprile 2010 ed una sessione dell’Assemblea parlamentare NATO nel
maggio 2012. Il Segretario Generale Stoltenberg ha effettuato una visita in
Estonia il 20 novembre 2014. L’8 dicembre 2016, invece, è stata la Presidente
Kersti Kaljulaid a prestare visita al NATO HQ.
Ancor più in seguito alla crisi ucraina, il rafforzamento delle strutture di sicurezza
euro-atlantiche è per il governo di Tallinn una priorità assoluta. A tal
proposito, i risultati del Vertice di Celtic Manor del settembre 2014 sono
stati considerati adeguati dalle autorità estoni: la realizzazione concreta di
tali decisioni rappresenteranno per Tallinn la vera priorità del prossimo
futuro della NATO. L'Estonia è impegnata al massimo onde assicurare supporto
alle truppe alleate presenti sul proprio territorio; a tal proposito nel 2015
ha ulteriormente aumentato la percentuale del PIL per le spese dal 2 al 2,18%.
Ciò risulta significativo nella misura in cui l’Estonia è tra i pochi membri–
assieme a Stati Uniti, Grecia, Regno Unito e Polonia – ad investire in Difesa
quanto richiesto dall’Alleanza, a chiara dimostrazione delle proprie
aspettative in termini di sicurezza collettiva da parte della stessa.
Nel giugno 2015 ha avuto inizio l’attività della NATO
Force Integration Unit Estonia (NFIU-Estonia), stabilita nell’ambito
delle decisioni dell’Alleanza relative alla forza ad altissima prontezza (VJTF)
del Vertice NATO di Celtic Manor. L’unità sarà impegnata nell’identificazione
dei migliori network logistici e dei
più adeguati nodi infrastrutturali e di trasporto allo scopo di assicurare il
più rapido schieramento, nelle regioni individuate, della VJTF. Oltre che in
Estonia, analoghe unità saranno operative negli altri due Paesi baltici, in
Bulgaria, Polonia e Romania. NFIU-Estonia è composta da 41 unità, di cui 21
fornite da altri nove Paesi alleati; è
attiva dal 1 settembre 2015..
Positive le valutazioni estoni sugli esiti del Vertice NATO di Varsavia del luglio
2016 ed in particolare sulle decisioni assunte relativamente ad una presenza
militare più robusta nella regione baltica - già seguite al Summit gallese di
due anni prima, in risposta alla crisi ucraina. Tale evoluzione rappresenta per
Tallinn l’applicazione concreta di un approccio di lungo termine che permetterà
di trovare risposte adeguate e
concertate alle minacce provenienti da Est. La cerimonia di insediamento del
contingente NATO, composto da truppe britanniche e francesi per un totale di
circa 1200 uomini, ha avuto luogo il 20 aprile 2017. Nel 2018 il nucleo
francese sarà sostituito da forze danesi.
L’Estonia sostiene infine la necessità di
proseguire nella politica di “open door” dell’Alleanza. Infatti,
Tallinn ha recentemente sostenuto il processo di avvicinamento del Montenegro
alla NATO ed apprezza l’intensificazione della cooperazione militare con
Finlandia e Svezia – definiti dall’Estonia i “partner più stretti” della NATO.
POLITICA
ESTERA: RELAZIONI CON LA RUSSIA
Le relazioni tra Estonia e Russia hanno conosciuto
dal 1991 ad oggi fasi alterne. Alla distensione nei rapporti bilaterali
avvenuta nella seconda metà degli anni Novanta è seguito un riaccendersi dei
dissapori dei due Paesi, causato da un crescendo di eventi che ha portato fino
all’odierna condizione di scarsa fiducia reciproca. Qui di seguito sono
presentati alcuni elementi chiave per la definizione dei rapporti politici tra
Estonia e Russia.
a)
L’integrazione economico-sociale e politica della comunità russofona. Il
fenomeno dell’apolidia.
Il trattamento della minoranza di lingua e cultura
russa, o russofona, residente in Estonia – pari a circa un quarto della
popolazione totale ed in gran parte concentrata nella capitale e nella contea
orientale di Ida-Viru - ha subito un’evoluzione significativa negli ultimi
decenni.
Dal 1991, in conformità con l’indirizzo politico di
un Paese nuovamente indipendente che intendeva difendere la propria ritrovata
identità nazionale, la cittadinanza fu concessa solo a chi la possedeva prima
dell’annessione sovietica ed ai discendenti: nella stragrande maggioranza,
pertanto, alla popolazione di etnia estone. Tale scelta politica fu sancita da
un referendum pubblico seguito direttamente a quello costituzionale.
Nel 1995 una successiva legge sulla cittadinanza ha
modificato nella forma – ma non nella sostanza – il precedente disposto,
contemplando la naturalizzazione anche per altre categorie di residenti ma
soltanto previo esame di conoscenza della lingua estone. Quest’ultimo requisito
ha costituito per molto tempo, a causa della complessità della lingua estone,
un ostacolo significativo all’acquisizione della cittadinanza da parte della
popolazione di etnia russa, soprattutto quella di età più avanzata. Da questo è
scaturito il fenomeno dei residenti russofoni apolidi in territorio estone.
Secondo il Ministero dell’Interno estone, a gennaio 2016 essi sono circa 82
mila su una comunità russa complessiva di circa 300 mila persone: il resto di
tale comunità o ha la cittadinanza russa o quella estone. Il fenomeno dei
russofoni apolidi in Estonia ha un’aggravante nel fatto che i nuovi nati ed i
figli minorenni di tale segmento di popolazione possono essere naturalizzati
solo su espressa richiesta dei genitori – una richiesta che spesso incontra
ostacoli ideologici alla propria espressione.
Di conseguenza, poiché i non-cittadini estoni non potevano ascendere a
posizioni di responsabilità in settori importanti della società come le Forze
Armate e la Pubblica Amministrazione, lo sviluppo dell’Estonia post-sovietica
fu quasi esclusivo appannaggio dell’etnia estone con la conseguente parziale
marginalizzazione politico-economica di circa un quarto dei residenti.
Chiaramente, questo ha avuto ricadute in termini di integrazione tra le
comunità.
Tuttavia, a partire dalla fine degli anni Novanta,
anche a seguito delle pressioni della comunità internazionale e delle proteste
russe, il governo estone ha affrontato il problema dell’integrazione della
minoranza apolide con maggiore impegno ed efficacia: una recente riforma della
legge sulla cittadinanza ha alleggerito le difficoltà dei test linguistico per
gli “over 65” (con l’abolizione tout
court della prova scritta, quella oggettivamente più difficile) e previsto
la concessione automatica della cittadinanza agli individui di età inferiore ai
15 anni o nati dopo il primo gennaio 2016, anche senza l’assenso dei genitori -
i quali possono sempre chiederne però la revoca.
Dal punto di vista strettamente giuridico, la limitazione
dei diritti fondamentali, civili e politici per gli apolidi in Estonia riguarda
soltanto l’elettorato attivo e passivo per il Parlamento, mentre è ammessa la
partecipazione alle elezioni amministrative. Vi sono ancora limitazioni,
tuttavia, per ciò che riguarda l’interesse legittimo ad un’occupazione nella
Pubblica Amministrazione estone dove, per le posizioni di maggiore
responsabilità decisionale, è ancora richiesto il possesso della cittadinanza
estone. Nessun ostacolo, invece, alla libera attività imprenditoriale o
all’accesso ad educazione scolastica, assistenza sanitaria, diritti di
proprietà, ecc. L’apolidia è considerata da alcuni residenti senza cittadinanza
estone addirittura uno status privilegiato poiché permette di evitare il
servizio di leva (che in Estonia è obbligatorio e prevede un servizio “di
riserva” prolungato) e di viaggiare senza necessità di visto sia nei Paesi
dell’Unione Europea che in Russia.
Nonostante lo status di apolidia non arrechi dunque
nessun danno significativo, di per sé, alla qualità della vita della comunità
russa, la questione continua ad essere un “irritante” nelle relazioni tra
Tallinn e Mosca. Quest’ultima infatti considera la situazione come
un’inaccettabile violazione dei diritti umani, risolvibile soltanto con la
concessione automatica del passaporto estone a tutti i residenti di etnia e
lingua russe, indipendentemente dalla loro età e dalle loro circostanze
famigliari. Di conseguenza Mosca saluta favorevolmente le modifiche espansive
delle norme sulla cittadinanza estone, ma non ritiene quanto fatto ancora
sufficiente.
Nel tentativo di dare un’ulteriore spinta alla
faccenda, il Primo Ministro Ratas ha annunciato ai microfoni di Radio Svoboda (tele-emittente russa) la proposta di voler ampliare la
cittadinanza a tutti i residenti in Estonia da almeno 25 anni, dunque dal
termine dell’occupazione sovietica, a prescindere dall’appartenenza
etnico-linguistica di origine – ma fermo restando gli altri requisiti stabiliti
dalla legge. Tale progetto, tuttavia, è stato accolto sfavorevolmente da più
parti dello spettro politico estone e dunque risulta scarsamente probabile che
possa essere avviata una riforma in tal senso nel breve periodo.
b) Il “Soldato di Bronzo”.
Un episodio cruciale nei
rapporti russo-estoni degli ultimi anni è rappresentato dalle manifestazioni, avvenute a Tallinn nell’aprile
2007 e culminate in episodi di violenza e saccheggio, organizzate da alcuni
esponenti della minoranza russofona per protestare contro la decisione
dell’allora governo estone di rimuovere dal centro della capitale il monumento
celebrativo della vittoria dell’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale
(il cosiddetto “Soldato di Bronzo”) e una dozzina di circostanti tombe di
caduti (presumibilmente russi) onde trasferirli all’interno di un cimitero
militare alla periferia della capitale.
Tale decisione fu motivata ufficialmente dalle
autorità estoni con l’intenzione di dare al memoriale una più adeguata
sistemazione ma, ufficiosamente, l’obiettivo era quello di togliere dal centro
della città un retaggio dell’occupazione sovietica divenuto nel tempo un luogo
di incontro e di manifestazioni antigovernative). L’evento fu percepito da
Mosca e dalla comunità russa residente in Estonia come un’offesa alla memoria
dei caduti russi della Seconda Guerra Mondiale, e da lì ne seguirono appunto le
violenze. Dopo tale episodio analoghe tensioni sociali su base etnica non si
sono più ripetute ma il ricordo della vicenda continua a danneggiare i rapporti
bilaterali , se non altro perché Tallinn ha sempre sospettato che il massiccio
attacco informatico di hacker che
immediatamente seguì le proteste fosse stato eterodiretto dal Cremlino.
c)
Delimitazione della frontiera di Stato.
Il negoziato fu avviato nel 2004 e si giunse alla
firma di un testo nel 2005. L´accordo, il primo di tale natura nei rapporti
bilaterali, definiva con due diversi trattati la demarcazione terrestre e
marittima previo uno scambio di territori. L´Estonia accettava una riduzione
del proprio territorio di circa il 5% rispetto al confine tracciato nel 1920
dal Trattato di Pace di Tartu e la definitiva assegnazione al territorio russo
della regione di Petseri/Pechory - abitato in gran parte dal gruppo etnico
ugro-finnico dei Setu, minoranza di religione cristiano-ortodossa e dall’idioma
affine all’estone.
Il Parlamento estone ratificò l’accordo nel giugno
2005 con un’ampia maggioranza, fatto non scontato data la reticenza con cui
alcuni Partiti di centro-destra avevano accettato la pur limitata cessione di
territorio alla Russia. La Duma rifiutò invece la ratifica a causa
dell’introduzione nella legge di ratifica estone di un preambolo che richiamava
la continuità giuridica con l’Estonia repubblicana nata alla fine della Grande
Guerra: un impasse relativo dunque
non a contenuti specifici dell’accordo ma ad una questione storico-identitaria
relativa al momento fondante dell’Estonia - momento che Mosca identifica nella
dissoluzione dell'URSS e non, come invece sostiene Tallinn, nella Dichiarazione
di Indipendenza del 24 febbraio 1918.
Dopo anni di stallo la situazione si sbloccò nel
2013 con il riavvio dei negoziati a
livello di delegazioni parlamentari e di alti funzionari dei rispettivi
Ministeri degli Esteri. Rispetto ai testi del 2005 furono aggiunti due nuovi
paragrafi in cui Russia ed Estonia rinunciavano “ora e per sempre” a
rivendicazioni territoriali. Il governo di Tallinn ha dato nel maggio 2013 la
propria approvazione al testo concordato dalle due delegazioni governative ed
il 18 febbraio 2014 i due Ministri degli Esteri Paet e Lavrov hanno firmato i
due Accordi a Mosca.
La crisi ucraina che seguì poco dopo sembrò mettere
a rischio la ratifica degli Accordi, benché l’Estonia avesse reiterato
ufficialmente la propria contrarietà a qualsiasi collegamento tra le questioni.
Ed in effetti nel Riigikogu l’iter di
ratifica non fu formalmente revocato e anzi si è proceduto ad una approvazione
in prima lettura. Tallinn sta ora attendendo che Mosca si muova in parallelo.
d) La
crisi ucraina, il referendum in Crimea e le sanzioni.
La crisi ucraina è stata accolta sin dall’inizio
con preoccupazione da Tallinn, a maggior ragione in virtù delle proprie
precedenti frizioni con Mosca. Il referendum indipendentista è stato definito
senza indugio dall’Estonia come illegale, ricorrendo a due ordini di
argomentazioni: da un lato, la sua inconciliabilità con il dettato della
Costituzione ucraina; dall’altro, perché svoltosi in presenza delle truppe di
un Paese aggressore. Stando così le cose, Tallinn ha supportato le decisioni
dell’UE in materia di sanzioni, le quali sono qui considerate come una misura
dovuta e modulabile solo nella misura in cui il contesto di crisi rispecchi dei
concreti miglioramenti. In tal contesto, è auspicato un ruolo sempre più attivo
dell’Unione nella vicenda, sia tramite l’invio di missioni di osservazione, sia
con l’accelerazione del processo di avvicinamento dell’Ucraina all’UE.
Le prime reazioni ufficiali ai risultati del
negoziato “Minsk-II” del febbraio 2015 sono state improntate a relativa
soddisfazione ma anche al sospetto dell’inaffidabilità del Cremlino e dei
secessionisti. Riguardo alla fornitura di armi a Kiev, l’Estonia ha finora
mostrato cautela sottolineando l’impossibilità propria a provvedervi, data la
mancanza di materiale adeguato nel proprio arsenale. Tuttavia, Tallinn sostiene
l’Ucraina con aiuti finanziari ed umanitari, al contempo sottolineando la
necessità che le autorità ucraine si impegnino con sempre maggiore risolutezza
nel cammino di riforma istituzionale e nella lotta contro la corruzione.
Le esercitazioni ed i movimenti di truppe russe
lungo il confine orientale ucraino ed i sempre più frequenti episodi di
violazione dello spazio aereo NATO nel Baltico da parte di velivoli militari
russi sono guardati con crescente apprensione dall’Estonia. Essa non ritiene
probabile una riproposizione della crisi ucraina all’interno dei propri
confini, data la garanzia di sicurezza collettiva implicata dall’appartenenza
alla NATO. Tuttavia, Tallinn non sottovaluta i possibili rischi derivanti da
ulteriori recrudescenze delle tensioni Est-Ovest o ad errori di calcolo della
Russia; è per tale ragione che ha salutato con soddisfazione le decisioni dei
vertici di Galles (settembre 2014) e Varsavia (luglio 2016) riguardo alla crisi
e alla presenza di truppe NATO nella regione baltica.
A fronte di reazioni istituzionali esplicitamente
critiche verso il Cremlino, la comunità russa residente in Estonia ha finora
seguito gli sviluppi della crisi con relativo distacco. Anche se per motivi
etno-nazionali essa guarda con generica simpatia alla Russia ed alla sua
attuale dirigenza, nessuna pulsione secessionista è al momento percepibile:
d’altronde, anche i più filorussi comprendono ed apprezzano i molti vantaggi
della propria residenza in Estonia, soprattutto se confrontati con le
condizioni ben peggiori delle popolazioni delle regioni della Federazione Russa
adiacenti al confine. Anche a Tallinn - dove metà della popolazione è di etnia
russa - le poche manifestazioni pro-Mosca organizzate dopo l’inizio della crisi
ucraina hanno avuto un seguito modesto. E’ un segno positivo anche il fatto che
nessun agente provocatore abbia voluto approfittare di tali occasioni per
provocare incidenti. Inoltre, i leader politici estoni continuano a dar segno
di temperanza evitando di strumentalizzare la crisi a fini interni, come ha
confermato l’assenza del tema dei rapporti colla Russia nelle più recenti
campagne elettorali per il rinnovo del Parlamento europeo e del Riigikogu. Resta infatti viva la
preoccupazione delle autorità riguardo ai pericoli di un’offensiva mediatica di
disinformazione da parte del Cremlino; giocando in anticipo rispetto ad una
simile eventualità, la TV nazionale ha creato il primo canale estone
completamente in lingua russa - un tentativo che pur rimane velleitario nella
misura in cui l’emittente dispone di risorse limitate e propone un palinsesto
meno accattivante rispetto alla TV russa.
Le contromisure di Mosca alle sanzioni UE hanno
avuto effetti anche sull’economia estone, soprattutto nel settore (caseario)
dell’agroindustria - nel quale si
concentrava la quasi totalità delle esportazioni estoni verso la Russia. Meno
colpiti altri settori caratterizzati da mercati di esportazione meglio
diversificati. Secondo le stime delle autorità locali, le ripercussioni sulla
crescita economica del Paese sono state tuttavia limitate (circa lo 0,5% del
PIL annuo).
e) Il
“caso Kohver”.
Il 5 settembre 2014 Eston Kohver, un funzionario
dei servizi segreti estoni di livello medio-alto, fu arrestato dal Servizio di
Sicurezza Federale russo (FSB) lungo la linea di confine vicino a Luhamaa, nel
sud-est dell’Estonia, area prospicente all’oblast
russo di Pskov. Si è trattato del primo caso in assoluto di incidente del
genere lungo la frontiera tra i due Paesi.
Sulla dinamica dell’arresto circolarono versioni
contrastanti. Secondo i servizi estoni esso si sarebbe svolto nel proprio
territorio nazionale e quindi si configurerebbe come un vero e proprio
rapimento, peraltro perpetrato a mano armata e preceduto da azioni di interferenza
delle telecomunicazioni nell’area dell’incidente. I servizi russi hanno invece
sostenuto che Kohver si trovasse al momento del fatto già sul loro territorio.
L’accusa di Mosca contro Kohver - per la quale un tribunale di Pskov ha poi
comminato una pena a 15 anni di carcere - era di spionaggio e traffico di armi;
per Tallinn egli era invece in servizio, legittimamente, per raccogliere
informazioni utili al contrasto alla criminalità organizzata transfrontaliera.
Le reazioni istituzionali estoni, seppur preoccupate,
furono relativamente moderate evitando di strumentalizzare la vicenda e dare
spazio ad ulteriore retorica antirussa. Contemporaneamente, però, l’Estonia avviò una strategia diplomatica bilaterale e
multilaterale per condividere le pressioni sulla Russia anche con il resto
della comunità internazionale.
Kohver è stato rilasciato
, in buone condizioni psicofisiche, il 26 settembre 2015 in cambio della
liberazione da parte estone di un altro funzionario dei servizi di sicurezza
nazionali, Alexei Dressen, detenuto in Estonia dal 2012 dopo la sua condanna a
16 anni di reclusione per spionaggio a favore della Federazione Russa. Lo
scambio è fisicamente avvenuto sul ponte sul fiume Piusa, nell’Estonia
sudorientale, ed era stato preceduto dalla grazia per i due funzionari a firma
dei Presidenti Ilves e Putin.
POLITICA
ESTERA: COOPERAZIONE REGIONALE NEL BALTICO
La cooperazione regionale nel Baltico si sviluppa
attraverso un’articolazione “a centri concentrici” su tre livelli:
1. Il primo è il Consiglio Baltico, i cui prodromi risalgono addirittura al 1934.
Esso raggruppa soltanto i tre Paesi baltici propriamente detti e trova nella
geografia e nella comune storia sovietica la propria ragion d’essere –
nonostante le numerose le differenze culturali, linguistiche, economiche e
sociali che al contempo diversificano Estonia, Lettonia e Lituania. Il
Consiglio Baltico continua la propria attività anche se il centro di gravità
della collaborazione regionale si è spostato, secondo le priorità di Tallinn,
verso istituzioni di ampiezza e rilevanza maggiore (v. poi). Tale istituzione
ha anche una dimensione parlamentare, la quale si concretizza in riunioni
congiunte di rappresentanti dei rispettivi Parlamenti.
2. Il secondo è rappresentato dalla Cooperazione Nordico-Baltica (NB8), la
quale comprende, oltre ai tre Baltici, anche Danimarca, Finlandia, Islanda,
Norvegia e Svezia. Il formato non prevede strutture istituzionalizzate ma si
estrinseca in una Presidenza annuale ed in riunioni a vari livelli,
analogamente a gruppi simili come il G8 o il G20. Fino al 2000 il gruppo si
riuniva nel formato 5+3 ma su iniziativa dell’Estonia tale separazione è stata
eliminata onde enfatizzare la sempre maggiore integrazione tra i paesi
partecipanti.
3. Nel cerchio concentrico più esterno vi è infine
il Consiglio degli Stati del Mar Baltico
cui partecipano, oltre ai Paesi del “NB8”, anche Germania, Polonia, Russia, più
la Commissione Europea. Hanno status di Paesi osservatori, tra gli altri,
Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti.
Il 2014 ha rappresentato un anno particolarmente
rilevante per la politica regionale di Tallinn nel Baltico, essendo che
l’Estonia ha avuto, nella seconda parte dell’anno, la presidenza di tutti e tre
i gruppi sopracitati.
Inoltre, tra le priorità dell’Estonia in seno
all’Unione Europea vi sono l’applicazione sia della Strategia UE per la regione del Mar Baltico, lanciata nel 2009, sia
della Dimensione Nordica, la politica comune adottata nel 1999 al fine di
rafforzare il dialogo tra Paesi i UE della regione con Islanda, Norvegia e
Russia.
I rapporti politici bilaterali sono positivi e
costanti. L’Italia, che non aveva mai riconosciuto la sovranità dell’Unione
Sovietica sui Paesi baltici, nel 1991 ha subito preso atto della rinnovata
indipendenza dell’Estonia inviandovi un Ambasciatore residente e poi
sostenendone l’ammissione ad UE e NATO. La positiva cooperazione è proseguita
anche nel più ampio contesto dei fori multilaterali di cui entrambi i Paesi
sono membri.
Oltre alla visita di Stato del Presidente della
Repubblica Ciampi il 20-21 aprile 2004 (che restituiva quella del Presidente
Rüütel nel novembre 2002) sono da ricordare anche altre visite istituzionali di
alto livello: della Speaker Ergma in occasione del 150° anniversario dell’Unità
d’Italia nel 2011 e due volte nel 2014 (in gennaio per un incontro bilaterale
ed in marzo per partecipare alla riunione a Roma di tutti gli Speaker dei Paesi
UE); del Ministro degli Esteri Frattini nel 2009 e nel 2010; dell’omologo Paet
nel giugno 2011 e nell’aprile 2014; del Ministro delle Infrastrutture e
Trasporti Lupi in occasione della Conferenza sulle reti TEN-T nell’ottobre
2013; dei Ministri della Cultura estoni a Venezia per la Biennale
dell’Architettura (Lang due volte nel 2012 e 2013, Saar nel giugno 2015); del
Ministro degli Interni Vaher nel febbraio 2014 per raccogliere dati sulle
esperienze italiane nella lotta antidroga e requisizione dei beni posseduti
dalla criminalità organizzata; del suo successore Pevkur nell’ottobre 2015
(quando ha firmato con il Ministro Alfano una dichiarazione sulla cooperazione
bilaterale per il trasferimento dei richiedenti asilo: a seguito di ciò
funzionari estoni sono stati inviati in Italia per aiutare in loco il processo
di selezione dei rifugiati da riallocare in Estonia). Da ricordarsi anche
l’incontro tra i due Ministri degli Esteri Mogherini e Paet svoltosi a Roma il
29 aprile 2014 e le visite non ufficiali effettuate a Milano per l’EXPO dal
Capo dello Stato Ilves (7 giugno 2015, in occasione dell’”Estonia Day”) e dal
Premier Roivas (6-7 ottobre 2015). In precedenza Ilves aveva già compiuto altre
due visite in Italia, in quei casi di natura ufficiale, nel 2009 e nel 2012.
Il 29 aprile 2017, il Presidente del Consiglio
Gentiloni ha incontrato, a Bruxelles, il Premier Estone, Ratas, il quale ha
presentato al nostro Presidente del Consiglio le priorità della presidenza
estone dell’UE per il secondo semestre 2017. Il 31 maggio 2017 ha poi avuto
luogo a Roma un incontro tra Ministri della Difesa, Pinotti e Tsahkna.
Qualificati i rapporti anche a livello
parlamentare. Nel Riigikogu è stato
creato dal 1993 un gruppo di amicizia italo-estone, poi riconfermato ad ogni
legislatura: l’attuale gruppo di amicizia è composto da deputati in rappresentanza
dei principali partiti presenti in Parlamento. Il gruppo è attualmente
presieduto da Oudekki Loone, esponente del Partito di Centro. Dal lato italiano
è stato attivo negli anni scorsi un gruppo di amicizia collettivo Italia-Paesi
Baltici nel contesto della nostra partecipazione all’Unione Interparlamentare:
attualmente il gruppo non risulta tuttavia essere stato ricostituito. A Tallinn
sarebbe comunque apprezzato che anche in Italia si potesse dar vita in futuro
ad un gruppo di amicizia parlamentare italo-estone autonomo..
Dal
gennaio 2016 è vigente un Accordo di rappresentanza per il rilascio di visti
Schengen per l’Estonia da parte delle rappresentanze consolari italiane in
Pristina, Quito, Doha, San Francisco, Los Angeles, Houston Chicago e Miami.
Accordi
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Il 18 marzo 2009 è stata
inoltre firmata una Dichiarazione congiunta per il rafforzamento della
cooperazione tra i rispettivi Ministeri degli Esteri.
Relazioni economiche,
finanziarie e commerciali
A seguito della contrazione dei flussi commerciali
estoni registrata nel 2015 che si era riflessa anche sull'interscambio con il nostro Paese, nel 2016 è invece ripreso il
trend di crescita positiva che aveva caratterizzato l’interscambio commerciale
dal 2010 al 2014. Nello scorso anno le esportazioni italiane sono ammontate a 355
milioni di Euro con una crescita rispetto al 2015 del 7,1%. Nello stesso
periodo, le importazioni italiane (per un valore di 111,5 milioni di Euro)
hanno invece registrato un aumento sull’anno dell’1,1%. Il saldo commerciale ha
presentato nel 2016 un surplus per l’Italia di circa 243 milioni di Euro con un
aumento del 10,1% rispetto al 2015.
Nel 2016 le principali voci delle esportazioni
italiane hanno riguardato in termini di valore macchine ed apparecchi,
materiale elettrico e loro parti con un’incidenza sul totale complessivo del 25,2%, metalli comuni e loro lavori
(13,4%), materie tessili e loro manufatti (10,4%), materiale da trasporto
(7,8%), prodotti dell’industria alimentare e bevande (6,7%). Quanto alle
importazioni italiane dall'Estonia, le principali voci sono state macchine ed
apparecchi, materiale elettrico e loro parti (28,1% sul totale), paste di legno
o di altre materie fibrose, carta (15,3%), animali vivi e altri prodotti del
regno animale (11,2%), legno, carbone di legna e lavorati in legno (10,3%).
Secondo i dati della Banca di Estonia aggiornati a
marzo 2017, nella graduatoria degli investimenti diretti esteri in Estonia
l’Italia occupa alla data del 31 dicembre 2016 la 20ma posizione con
un ammontare complessivo di 116,1 milioni di Euro, pari allo 0,6% del totale
degli IDE in entrata. Rispetto al 2015, anno in cui si sono registrati
investimenti italiani pari a 95,2 milioni di Euro, l’aumento tendenziale è
stato del 22,0%. Nello stesso periodo di riferimento lo stock di IDE estoni in
Italia ammonta a 106,6 milioni di Euro (l’1,7% del totale e nono posto nella
classifica delle principali destinazioni degli investimenti esteri del Paese).
Rispetto ai 99,8 milioni di Euro rilevati al 31 dicembre 2015 lo stock di
investimenti verso l’Italia è aumentato del 6,8%.
La nostra presenza
imprenditoriale in Estonia in cui si registra una partecipazione societaria è
assicurata da poco più di 350 imprese di diritto locale. I settori interessati
sono concentrati fondamentalmente nel commercio all’ingrosso e al dettaglio
(circa il 24% sul totale delle imprese), nelle attività professionali,
scientifiche e tecniche (22%) e nelle attività immobiliari (16%). Si registra
inoltre una presenza di imprese nei settori delle attività finanziarie e
assicurative (8%), nei servizi di informazione e comunicazione (8%), nelle
attività artistiche, di intrattenimento e divertimento (6%) e nelle attività
amministrative e di servizi di supporto (5%).
Passando in esame le classi del settore del
commercio all’ingrosso e al dettaglio si assiste ad una prevalenza
dell’intermediazione non specializzata, cui segue il commercio dei prodotti
alimentari e bevande, dei prodotti tessili, abbigliamento, calzature e articoli
in pelle, delle apparecchiature informatiche e dei macchinari, attrezzature e
forniture per l’industria. Riguardo alle attività professionali, scientifiche e
tecniche si registra una maggiore presenza di imprese nelle classi della
consulenza gestionale, degli studi di architettura, ingegneria e altri studi
tecnici, della ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle scienze naturali
e dell'ingegneria. Per ciò che concerne le attività immobiliari le classi del
settore riguardano in ordine di importanza la compravendita, l’affitto e la
gestione di beni immobili propri.
Con riferimento al settore finanziario prevalgono
le attività delle società di partecipazione (holding) rispetto a quelle delle società fiduciarie, fondi e di
analoghi enti finanziari. Nei servizi di informazione e comunicazione, la
programmazione e le attività di consulenza informatica rappresentano per
importanza le principali classi.
Per
quanto riguarda la presenza di grandi gruppi economici italiani, Finmeccanica è
coinvolta in Estonia da alcuni anni con due società del gruppo per la
realizzazione di forniture e progetti legati all'industria della difesa. In
Estonia sono impiegati attualmente 3 elicotteri (AW139) forniti tra il 2005 ed
il 2010 dall’Agusta Westland alla Guardia di Frontiera ed al Ministero degli
Interni. In passato, un interesse specifico per lo stesso modello era stato
manifestato anche dal Ministero della Difesa. [F1] Finmeccanica (SELEX ES) vanta da tempo un
posizionamento consolidato: nel dicembre 2012 ha fornito al Ministero della
Difesa estone un sistema di assistenza alla navigazione, supporto logistico e
documentazione per l’ammodernamento della Base aerea di Ämari, cui ha fatto
seguito a fine 2013 la vendita di un ulteriore set di parti di ricambio.
Ulteriori attività di assistenza post-vendita sono state svolte nel periodo di
garanzia del sistema fino a giugno 2015. Nel gennaio 2014 è stato firmato il
MoU bilaterale nel campo degli approvvigionamenti per la Difesa, in
sostituzione del precedente sottoscritto nel 1998, che si prefigge di
intensificare i rapporti tra Italia e Estonia sia nel settore operativo che in
quello dei materiali della Difesa.
In
Estonia si annovera anche la presenza del Gruppo Prysmian, leader mondiale nel
settore dei cavi e dei sistemi ad alta tecnologia per l'energia e
telecomunicazioni. Questo nel 2011 era entrato come azionista di minoranza
nell’azienda estone Draka Keila Cables e
nel luglio 2014 ha finalizzato l'acquisizione del rimanente 34% delle azioni
divenendone l'azionista unico. Presente inoltre il Gruppo Menarini, che opera
nel Paese dal 2005 attraverso la controllata Berlin-Chemie Menarini Estonia. Da
segnalare anche la Pro Kapital Grupp AS attiva nel settore immobiliare,
soprattutto nello sviluppo di progetti relativi a centri commerciali e
complessi residenziali.
La partecipazione dell’Estonia, con un proprio padiglione nazionale,
all’EXPO Milano 2015 (unico Paese europeo nordico ad assicurare una tale
presenza) ha contribuito ad offrire ulteriori opportunità di rafforzamento dei
rapporti bilaterali in campo economico commerciale. Il padiglione estone ha
attirato oltre 2,5 milioni di visitatori risultando uno dei più apprezzati
dell’EXPO e vincendo anche un premio di qualità.
Anche il turismo
svolge un ruolo importante nelle relazioni italo-estoni. L’Italia resta una tra le destinazioni turistiche preferite in Estonia: nel 2015, ultimo anno di riferimento a
disposizione, sono stati registrati 64.390 arrivi dall’Estonia in Italia (in
aumento del 21,7% rispetto ai 52.918 rilevati nel 2014). Si è inoltre
registrato un buon incremento sull’anno delle presenze estoni con un totale di
190.395 (in aumento del 17,4% rispetto alle 162.132 rilevate nel 2014).
Tuttavia, anche l’Estonia sta diventando sempre più popolare tra i turisti
italiani grazie soprattutto alle navi da crociera che in estate fanno tappa a Tallinn
durante i loro tragitti nel Mar Baltico.
Le relazioni in campo culturale tra Italia ed
Estonia sono disciplinate dall’Accordo sulla Cooperazione culturale,
scientifica e tecnologica firmato il 22 maggio 1997 a Tallinn ed in vigore dal
30 gennaio 2000. Il Protocollo esecutivo dell'accordo, firmato a Tallinn il 5
gennaio 2005, era previsto coprire il periodo 2005-2008. E’ attualmente in fase
di negoziazione il nuovo programma esecutivo per gli anni 2016-2018.
Le principali università estoni hanno manifestato
interesse al rafforzamento della cooperazione con le controparti italiane anche
attraverso il ricorso a borse di studio del programma comunitario ERASMUS
grazie al quale numerosa è la presenza di studenti italiani in vari atenei
dell’Estonia.
Per l’anno accademico 2015-2016 è stata concessa
una borsa di studio per un totale di 3 mesi. I dati per il prossimo anno
accademico non sono ancora stati resi noti dalle competenti autorità italiane
(le richieste sono state otto). Nei due anni precedenti erano state concesse 5
borse di studio per un totale di 21 mensilità. Per ciò che riguarda la diffusione della lingua italiana, vi
è presso l'Università di Tallinn un
corso di laurea in lingua italiana. Per circa venti anni è stato inoltre attivo
un lettorato di ruolo presso l’Università di Tartu, la principale università
del Paese ed una delle istituzioni accademiche più prestigiose del Baltico;
tuttavia, il lettorato è stato chiuso nel contesto delle riduzioni complessive
nella rete dei lettorati italiani all’estero, a partire dall’anno scolastico
2015-2016. Dal settembre 2016 è nuovamente presente un’insegnante dall’Italia a
seguito dell’avvio anche in Estonia del recente progetto “Laureati per
l’Italiano”, finanziato dalla Farnesina. A Tallinn sono inoltre disponibili
corsi di italiano offerti a scopo di lucro dalla Società Dante Alighieri e da
altri enti privati.
Tra le iniziative
culturali più rilevanti promosse dall’Ambasciata d’Italia in Estonia è da
ricordare innanzitutto la presentazione dell’edizione in lingua italiana dell’Hõbevalge di Lennart Meri, tenutasi
presso la residenza dell’Ambasciatore nella serata del 21 febbraio 2017, alla
presenza del Presidente del Riigikogu
Eiki Nestor e di numerose personalità del mondo politico, accademico, artistico
ed imprenditoriale, Opera fondamentale per la cultura estone, il libro
ricostruisce le origini dei popoli baltici ed i loro movimenti, attraverso una
narrazione dei contatti con genti diverse, provenienti dal Mediterraneo. Se si
esclude l’edizione in finlandese, quella italiana è la prima versione ad essere
realizzata in lingua straniera - un successo che permette di mettere in
ulteriore contatto le culture del Nord e del Sud dell’Europa.
Il 2 marzo 2017 si è poi celebrata, presso la
prestigiosa sede della Biblioteca Centrale di Tallinn, la giornata
internazionale del design italiano. L’iniziativa ha riscosso grande successo,
raccogliendo un folto pubblico in rappresentanza del mondo della cultura,
dell’accademia, dell’imprenditoria e numerosi studenti. I partecipanti hanno
avuto occasione di assistere alla proiezione del suggestivo corto “Delightful”
di Matteo Garrone e di interagire con i relatori – esponenti di punta del
design italiano ed estone. Grafica editoriale, qualità della vita in ambito
urbano e cooperazione tra Università sono stati i temi di maggiore interesse.
Tale occasione è stata proficua per rafforzare i numerosi contatti già
esistenti tra le realtà del design italiano ed estone, nonché proporre idee per
stabilire nuovi progetti.
Merita menzione anche la mostra del cinema italiano
da noi organizzata e tenutasi a Tallinn dal 2 al 6 maggio, durante la quale
sono stati proiettati cinque film italiani di recente produzione. L’intento è
stato di promuovere la cinematografia contemporanea, in modo da favorirne la
diffusione ed incrementarne i rapporti in campo cinematografico.
La collettività italiana residente in Estonia è
andata aumentando nel corso degli ultimi anni. Se, infatti, nel 1991,
risultavano residenti soltanto due connazionali, gli italiani di passaporto
(per nascita o matrimonio) residenti in Estonia ed iscritti negli schedari
consolari sono, alla data del 19 aprile 2017, quattrocentocinquantacinque (455)
. Circa il 70% dei cittadini italiani residenti in Estonia si è stabilito nel
Paese a seguito di matrimonio o convivenza con cittadine estoni.
Nell’insieme, il livello di istruzione e le
condizioni socio-economiche dei connazionali residenti in Estonia possono
considerarsi buone. Anche se l’integrazione nella società estone, agevolata nei
casi di legami familiari, può essere a volte difficile per via del clima e
dell’apprendimento della lingua locale, nell’insieme si registra soddisfazione
da parte dei connazionali.
Non è presente alcun COMITES (Comitato degli
Italiani all’Estero). La comunità italiana in Estonia non è rappresentata nel
CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero). Non vi sono associazioni o
club italiani, ad eccezione di un comitato della Società Dante Alighieri, che è
tuttavia frequentata prevalentemente da italianisti estoni.
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CENNI STORICI
L’inizio
della storia norvegese viene fatto tradizionalmente coincidere con
l’unificazione dei piccoli regni esistenti sotto re Harald I Bellachioma nel IX
secolo. L'epoca vichinga (dal IX all'XI secolo) è infatti un periodo di
unificazione oltre che di ampliamento territoriale. Nel 994, per opera di Re
Olav Tryggvason, la Norvegia si converte al Cristianesimo. Con la Riforma, la
religione luterana si diffonde in tutto il Paese.
La Casa
Reale norvegese si estingue nel 1387 e dal 1380 la Norvegia entra a far parte
di un’unione con la Danimarca nella quale rimane fino al 1814, quando, a
seguito delle guerre napoleoniche, la Danimarca cede la Norvegia alla Svezia
(la pace di Kiel).
La
Norvegia si oppone aIl' unione con la Svezia e il 17 maggio del 1814 adotta una
propria Costituzione. Dopo qualche scontro armato, l'unione è inevitabile,
anche se la Norvegia mantiene la propria Costituzione e Assemblea Parlamentare
e una completa autonomia nella politica interna ed economica. L’unione dura fino alla sua dissoluzione nel 1905,
anno in cui la Norvegia riacquista la piena indipendenza. Nello stesso anno il Governo norvegese offre
il trono al Principe danese Carlo che, a seguito di un plebiscito a favore
della instaurazione della monarchia, viene eletto all'unanimità Re di Norvegia
dall'Assemblea Parlamentare. Egli sale al trono con il nome di Haakon VII. Alla
sua morte, nel 1957, gli succede il figlio Olav V e alla morte di questi, nel
gennaio 1991, diviene Re l'attuale Sovrano Harald V.
Durante
la Seconda Guerra Mondiale la Norvegia è un Paese non belligerante, ma viene
invasa dalla Germania nel 1940 ed occupata fino all'8 maggio del 1945. Nel 1945
la Norvegia partecipa alla Conferenza di San Francisco per l’istituzione
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il cui primo Segretario Generale è il
norvegese Trygve Lie. Nel 1949 la Norvegia è uno dei Paesi firmatari del Patto Atlantico.
STRUTTURA ISTITUZIONALE E
POPOLAZIONE
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POLITICA INTERNA
Dal 1945
ad oggi la Norvegia ha avuto 23 governi, con un’alternanza di governi
monocolori laburisti (14) e, per più brevi periodi, di varie coalizioni di
partiti di centro-destra: conservatore, cristiano-democratico, centro-agrario,
liberale e, dal 2013, progressista (9).
Nel
corso del dopoguerra la Norvegia, parallelamente alle altre democrazie
scandinave, ha consolidato la costruzione di uno stato sociale. Il pilastro del
sistema di welfare del Paese è il Fondo Petrolifero, denominato Fondo
Pensioni – Globale, alimentato dagli introiti dello sfruttamento degli
idrocarburi e gestito dal Ministero delle Finanze e dalla Banca Centrale.
Il 9 settembre 2013, con un’affluenza al voto del 77,9% degli aventi
diritto (+4,2 rispetto al 2009), si sono svolte le ultime elezioni politiche
per il rinnovo del Parlamento norvegese (Storting). Esse hanno fatto registrare
la vittoria dei quattro partiti di centro-destra che hanno ottenuto una chiara
maggioranza di seggi (96 sui 169 di cui si compone il Parlamento norvegese),
battendo la coalizione uscente di centro-sinistra, passata da 86 seggi a 72.
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Il
Governo, in carica dal 16 ottobre 2013, è attualmente (dopo il rimpasto
del 20 dicembre 2016) così composto:
- Sig.ra Erna SOLBERG (P. Conservatore), Primo
Ministro
- Sig.ra Siv JENSEN (P. del Progresso),
Ministro delle Finanze
- Sig. Jon Tore SANNER (P. Conservatore),
Ministro per le Amministrazioni locali e regionali
- Sig. Kjetil SOLVIK-OLSEN (P. del Progresso),
Ministro dei Trasporti
- Sig. Børge BRENDE (P. Conservatore), Ministro
degli Affari Esteri
- Sig.ra Monica MÆLAND (P. Conservatore),
Ministro dell'Industria e Commercio
- Sig. Vidar HELGESEN (P. Conservatore),
Ministro del Clima e dell’Ambiente
- Sig.ra Solveig HORNE (P. del Progresso),
Ministro dell'Infanzia e delle Pari Opportunità
- Sig. Bent HØIE (P. Conservatore), Ministro
della Sanita' e dei Servizi Sociali
- Sig.ra Ine Marie ERIKSEN SØREIDE (P.
Conservatore), Ministro della Difesa
- Sig.ra Sylvi LISTHAUG (P. del Progresso),
Ministro dell’Immigrazione e dell’Integrazione
- Sig. Torbjorn RØE ISAKSEN (P. Conservatore),
Ministro dell'Istruzione
- Sig. Per SANDBERG (P. del Progresso),
Ministro della Pesca
- Sig.ra Anniken HAUGLIE (P. Conservatore), Ministro
del Lavoro e degli Affari Sociali
- Sig.ra Linda Cathrine Hofstad HELLELAND (P.
Conservatore), Ministro della Cultura
- Sig. Jon Georg DALE (P. del Progresso),
Ministro dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
- Sig. Frank BAKKE-JENSEN (P. Conservatore),
Ministro per il coordinamento degli affari SEE e le relazioni con l’UE e
Ministro per la Cooperazione nordica
- Sig. Terje SØVIKNES (P. del Progresso),
Ministro del Petrolio e dell'Energia
- Sig. Per-Willy AMUNDSEN (P. del Progresso),
Ministro della Giustizia e della Sicurezza Pubblica
I punti
principali del programma politico del Governo sono i seguenti:
·
diversificazione
dell'economia nazionale;
·
semplificazione;
·
istruzione;
·
sviluppo infrastrutturale;
·
sicurezza interna;
·
welfare;
·
sicurezza sociale;
·
riforma dei poteri locali
La
politica interna norvegese si caratterizza per un approccio sostanzialmente
condiviso ai problemi. Le differenze ideologiche e programmatiche tra i partiti
moderati e quelli progressisti, che pure esistono, sono tuttavia meno marcate
rispetto ad altri Paesi europei.
L’attuale
Governo di centro-destra, in carica dal 16 ottobre 2013, ha finora guidato il
Paese in una logica di sostanziale continuità con il Governo precedente di
centro-sinistra, sconfitto all’elezioni più a causa di una certa “stanchezza”
dell’elettorato che per aver governato male. L’unica reale differenza che si
percepisce tra l’attuale Governo e quello precedente riguarda l’approccio
all’Europa. L’attuale Governo, con la nomina di un Ministro per gli Affari
Europei, ha voluto visivamente marcare la differenza con il Governo precedente,
che invece comprendeva, oltre ai Laburisti (in maggioranza sostenitori
dell’adesione del Paese all’UE), le due forze più euroscettiche del panorama
politico norvegese (il Partito di Centro, espressione della potente lobby
agricola; i Socialisti di Sinistra, contrari all’UE per motivi ideologici).
In
politica economica, il rallentamento dell’attività produttiva nella piattaforma
continentale norvegese, nonché la riduzione dei prezzi dei prodotti
petroliferi, hanno accelerato la
necessità di una progressiva diversificazione del tessuto industriale del
Paese, che è peraltro uno dei cardini della piattaforma programmatica del
Governo di centro-destra.
L’accelerazione della crisi economica, a seguito del rallentamento del
settore oil&gas sta imponendo al Governo una politica economica volta a
sostenere l’economia ed evitare conseguenze sul fronte dell’occupazione. Tale
politica si dispiega su due livelli: un’azione, concertata con le parti
sociali, mirante a favorire la “riorganizzazione” del sistema economico
norvegese dall’oil&gas (che pure rimane l’industria nazionale di
riferimento) ad altri settori, ad alto valore aggiunto. Tale riorganizzazione
richiede anche un intervento deciso sul fronte dei costi, al fine di garantire
competitività all’economia norvegese. Si imporrà quindi anche un intervento sul
costo del lavoro (rinnovi contrattuali senza aumenti delle retribuzioni reali)
cui i lavoratori norvegesi non erano più abituati dopo tanti anni di crescita
sostenuta, che si rifletteva anche concretamente sul reddito disponibile delle
famiglie.
Il
Governo intende anche accelerare sul fronte dell’ammodernamento
infrastrutturale delle reti di trasporto del Paese. Sarà presentato in
primavera il nuovo Piano nazionale trasporti, che prevede una serie di
interventi da qui al 2030 per l’ammodernamento della rete stradale e
ferroviaria norvegese, ma anche misure per ridurre le emissioni in un settore,
quello dei trasporti, che da solo costituisce quasi il 18% del totale delle
emissioni norvegesi di CO2.
Il tema
dell’immigrazione non aveva assunto particolare rilevanza durante la campagna
elettorale del 2013. Persino il Partito del Progresso (che sul tema negli anni
scorsi aveva guadagnato visibilità e consensi) si era reso conto come la
questione non si sia dimostrata pagante ed ora che è al Governo in coalizione
con i Conservatori, mantiene sul tema un profilo basso e in linea con il
programma di Governo condiviso. Se fino al 2011, evocare i temi migratori
poteva essere una strategia pagante, le stragi del 22 luglio 2011 sembrano
avere per il momento ridimensionato l'allarme verso la minaccia ai valori
norvegesi derivanti dal “pericolo islamista”. Anche l'afflusso in Norvegia di
lavoratori dai Paesi dell'Europa centro-orientale (e dell'Europa meridionale in
crisi), pur essendo sicuramente percepito come problematico soprattutto dai
sindacati ("non possiamo essere l'Ufficio di sicurezza sociale per
l'intera Europa"), non è diventato un tema importante durante la campagna
elettorale. La linea del Governo a questo riguardo è che, sebbene la questione
meriti attenzione, occorre studiare formule che evitino gli abusi mantenendo il
pieno rispetto della libera circolazione delle persone e del principio di non
discriminazione, che sono alla base della costruzione europea, cui la Norvegia
è pienamente associata grazie alla partecipazione allo Spazio Economico Europeo
e a Schengen.
Tuttavia,
l’esplodere della crisi migratoria in Europa nell’autunno 2015, l’aumentato
afflusso di profughi in Norvegia, transitanti sia dai Paesi UE (compresi
Danimarca e Svezia) sia direttamente dalla Russia, attraverso il valico di
Boris Gleb/Storskog, nell’estremo nord-est norvegese, ha avuto significative
conseguenze sulla politica norvegese. Il Partito del Progresso, che alle
elezioni locali era stato ridimensionato, ha riacquistato un elevato profilo
proprio sul tema migratorio, facendosi promotore di misure di irrigidimento
della normativa in materia di accoglienza che, di fronte all’aumento
significativo degli arrivi, hanno trovato sostegno anche nelle forze politiche
tradizionalmente più solidali, a cominciare dai Laburisti. Il rimpasto di
Governo del 16 dicembre 2015 e la nomina di una Ministra apposita per l’Immigrazione
e l’Integrazione, la progressista Sylvi Listhaug, hanno simboleggiato il “nuovo
corso” del Governo, sostenuto da crescenti consensi nell’opinione pubblica,
secondo i sondaggi.
Il tema
migratorio rimane al centro dell’attenzione politica, sebbene gli arrivi di
profughi nel 2016 siano stati ben inferiori alle attese. Ciò è dovuto da un
lato all’impatto delle misure di irrigidimento della normativa, ma anche ai
controlli alle frontiere che molti Paesi hanno introdotto a seguito degli
afflussi del 2015. La Norvegia mantiene dal novembre 2015 i controlli agli
arrivi dei traghetti provenienti da Danimarca, Germania e Svezia e effettua
controlli a campione ai principali posti di frontiera con la Svezia. Tali
controlli sono stati prorogati, su autorizzazione della Commissione Europea,
fino al 12 maggio 2017.
Le
elezioni locali del 14 settembre 2015 hanno invece visto un arretramento delle
posizioni dell’attuale coalizione di Governo. L’opposizione laburista ha
confermato la posizione di partito di maggioranza relativa nel Paese ed è
riuscita inoltre a strappare ai Conservatori la guida da alcuni delle
principali città del Paese, fino ad oggi amministrate dal centro-destra. Sono
passate alla sinistra Bergen, Tromsø, oltre a Trondheim, già controllata dai Laburisti.
Ha Stavanger ha prevalso il centro-destra, mentre nella capitale Oslo, a
seguito dell’affermazione del Partito ambientalista “I Verdi”, si è costituita
una giunta comunale rosso-verde, che ha mandato all’opposizione, dopo 18 anni,
i Conservatori. Tra le ragioni della sconfitta, oltre a fenomeni locali (uno
scandalo che ha coinvolto la candidata Sindaco conservatrice a Bergen; una
lotta interna ai Conservatori a Tromsø), vi è anche la preoccupazione
dell’elettorato per una politica economica apparentemente poco attenta alle
esigenze sociali, in un contesto segnato da maggiore incertezza sulla
situazione economica, a seguito del crollo del prezzo del petrolio e
dell’impatto che questo ha sull’industria oil&gas, anche in termini
occupazionali.
Elemento centrale della politica interna, come
anche della proiezione esterna di questo Paese, è tradizionalmente la forte
sensibilità alle tematiche dell’ambiente, anche perché sul suo territorio
artico ha modo di sperimentare gli effetti dei cambiamenti climatici legati
allo scioglimento dei ghiacci artici. Sin dal gennaio 2008 è stato raggiunto in
materia un accordo al riguardo tra l’allora Governo di centro-sinistra e
l’opposizione di centro-destra, i cui contenuti principali mirano a rendere la
Norvegia “Carbon-neutral” entro il 2030, in particolare sviluppando
tecniche innovative per il sequestro del carbonio nell’utilizzazione dal gas
naturale ed aumentando la produzione di energia eolica con centrali off-shore e
promuovendo l’uso dei trasporti pubblici. Si è peraltro innescato un vivo
dibattito per quanto riguarda lo sviluppo delle tecnologie CCS (Carbon
Capture and Storage). Il Governo Stoltenberg ha annunciato nel settembre
2013 la chiusura dell'impianto pilota CCS di Mongstad, lanciato nel 2007 con
grande enfasi e dimostratosi alla fine eccessivamente oneroso. La Norvegia
conferma tuttavia l’impegno ad investire nello sviluppo di tecnologia di
cattura e stoccaggio del carbonio. Il Governo ha presentato nel febbraio 2015
la propria strategia sulla riduzione delle emissioni, in vista della COP 21 di
Parigi a fine 2015. Gli ambiziosi obiettivi adottati dall’UE al Consiglio
Europeo dell’ottobre 2014 sono stati un significativo benchmark per un
Paese che ama essere nel “gruppo di testa” dei Paesi con una maggiore coscienza
ambientale ma che è allo stesso tempo consapevole di come possa essere
difficile allinearsi agli obiettivi UE, data la rilevanza dell’industria degli
idrocarburi per la prosperità di questo Paese. Il Governo ha pertanto deciso di
seguire la leadership europea e di promuovere una strategia nazionale di
allineamento agli obiettivi europei.
La Norvegia è stata il primo Paese industrializzato
a ratificare l’Accordo raggiunto alla COP di Parigi ed è pronta ad allinearsi
agli obiettivi UE, attraverso – come annunciato dal Ministro dell’Ambiente
Helgesen – l’incorporazione degli impegni UE nell’Accordo SEE attraverso il
meccanismo del Protocollo 31 di tale Accordo. Ciò consente una più rapida
attuazione degli impegni, senza dover attendere la conclusione di un’intesa ad
hoc.
Inoltre, è in preparazione una legge ad hoc in base
alla quale la Norvegia si impegna, da un lato, a raggiungere la riduzione del
40% delle emissioni 1990 entro il 2030 e, dall’altro, a rendere l’intero
sistema economico “a basse emissioni”, entro il 2050. In concreto, i settori
dove la Norvegia deve svolgere un’azione decisa sul fronte della riduzione
delle emissioni, sono l’agricoltura e i trasporti. Già oggi, il Paese è
all’avanguardia per quanto riguarda l’immatricolazione di autovetture
elettriche. Il trasporto merci su gomma però continua ad avvalersi di mezzi a
propulsione tradizionale ed è proprio su questo fronte che si concentrano gli
sforzi. Inoltre, la Norvegia sta cercando di rendere “verde” anche la propria
flotta commerciale, con l’introduzione dei primi traghetti elettrici e con
l’adozione di soluzioni ecocompatibili per la propulsione della flotta merci.
Il 22 luglio 2011 la capitale norvegese Oslo è
stata oggetto di un duplice attentato terroristico di matrice interna:
l’esplosione di un furgone carico di esplosivo nel Quartiere governativo al
centro della città (sede dell’Ufficio del Primo Ministro e della maggior parte
dei Ministeri) e, a distanza di poche ore, l’attacco da parte dello stesso
attentatore (un integralista cristiano dell’ultradestra) contro i giovani
laburisti riuniti nell’isola di Utøya per il tradizionale meeting estivo. Il
bilancio delle vittime è stato di 8 morti causati dall’autobomba e di 69
vittime nell’isola di Utøya. L’attentatore, Anders Behring Breivik, è stato
condannato, con sentenza passata in giudicato, a ventuno anni di reclusione
(pena massima prevista dal codice penale norvegese) con possibilità di
estensione della detenzione in caso di acclarata permanente pericolosità
sociale (cosiddetto istituto del forvaring).
Con il sostegno trasversale dei partiti di
maggioranza ed opposizione, l’allora Primo Ministro Stoltenberg aveva
annunciato l'istituzione di una Commissione indipendente sugli attentati del 22
luglio, che ha pubblicato il 13 agosto 2012 un rapporto fortemente critico di
tutta la performance degli organi dello Stato prima durante e dopo gli
attentati, nel quale si identifica una serie di misure correttive. Il rapporto
è stato esaminato dal Parlamento. La Commissione Affari Costituzionali del
Parlamento ha adottato all’unanimità il 19 febbraio 2013 un rapporto fortemente
critico della performance del Governo e degli apparati dello Stato, sulla base
delle conclusioni della Commissione di inchiesta. La Commissione non si spinge
però fino a chiedere le dimissioni dell’esecutivo. Il rapporto della
Commissione è stato fatto proprio dall’Aula il 5 marzo 2013. Il Parlamento, per
la prima volta nella storia recente norvegese, ha unanimemente censurato il
Governo (con il sostegno quindi anche dei tre partiti dell’allora maggioranza)
"per non avere attuato quelle misure di sicurezza che avrebbero potuto
impedire gli attacchi del 22 luglio e la perdita di vite umane ad Oslo e
Utøya". A seguito della mozione parlamentare, il Governo ha presentato il
21 marzo 2013 un “Libro Bianco” sulle misure per il rafforzamento della
sicurezza interna, in funzione antiterrorismo, che costituisce la risposta
formale dell’Esecutivo alle raccomandazioni operative contenute nella relazione
della Commissione indipendente d'inchiesta sui fatti del 22 luglio 2011.
Breivik ha citato in giudizio lo Stato norvegese
perché ritiene che le condizioni di detenzione (che prevedono in rigoroso
regime di isolamento personale) violino gli obblighi internazionali della
Norvegia in materia di tutela dei diritti umani, a cominciare dalla Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo. In primo grado, il Tribunale di Oslo ha dato
parzialmente ragione a Breivik, riconoscendo una violazione da parte dello
Stato dell’Articolo 3 della Convenzione. Lo Stato ha fatto ricorso in appello.
La Corte d’Appello di Oslo ha pienamente accolto il ricorso dello Stato e ha
quindi riconosciuto che il regime di detenzione di Breivik, per quanto
particolarmente rigido, sia compatibile con gli obblighi internazionali della
Norvegia e con il dettato della Convenzione Europea. Breivik ha già annunciato
l’intenzione di presentare ricorso alla Corte Suprema.
SITUAZIONE ECONOMICA
Cenni
sul sistema economico
La
Norvegia è un Paese aperto agli scambi con il resto del mondo (escluso il
settore agricolo, fortemente protetto), dotato di un sistema legale efficiente
ed in grado di assicurare un'adeguata protezione dei diritti commerciali ed
intellettuali.
L’economia
nazionale è caratterizzata da due principali aspetti:
1)
Rilevante peso del settore
energetico specializzato nella estrazione, raffinazione e vendita all’estero
degli idrocarburi (petrolio e gas naturale) presenti nella propria piattaforma
continentale (NCS, Norwegian Continental Shelf). Il comparto Oil & Gas
genera infatti il 21,5% del Prodotto Interno Lordo (dato 2013) ed assorbe il
30,7% degli investimenti complessivi effettuati nel Paese. Le vendite di
idrocarburi e dei prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio
rappresentano il 49% circa dell’intero export norvegese. La “rendita
petrolifera”, ovvero l’ammontare di risorse finanziarie introitato dallo Stato
attraverso sia la tassazione diretta ed indiretta del settore, che nel quadro
della distribuzione dei dividendi delle Società partecipate (principalmente
Statoil e Petoro) impegnate nell’offshore norvegese, corrisponde a circa il 29,1% delle entrate
statali.
1)
Un'estesa presenza dello
Stato, maggiore che nel resto d’Europa. In aggiunta al controllo dei gestori
dei servizi di “rete” (Ferrovie, strade e autostrade, energia elettrica,
servizi postali), lo Stato ha infatti
mantenuto una partecipazione azionaria di controllo nelle principali
aziende norvegesi operanti nei seguenti settori: petrolifero (Statoil),
metallifero (Norsk Hydro), ingegneristico (Aker), bancario (DNB e Kommunal
Banke), chimico (Yara International), immobiliare (Entra Eiendom), ittico
(Cermaq), difesa (Konsberg e Nammo),
trasporto e realizzazione di infrastrutture ferroviarie (NSB, Flytoget e
Baneservice), vettori aerei (SAS Norge), infrastrutture stradali e portuali
(Mesta e Secora). Complessivamente, lo
Stato norvegese detiene un terzo del valore di mercato delle Società quotate
nella Borsa valori di Oslo.
Le
partecipazioni statali - sebbene gestite con trasparenza e per quanto possibile
con un approccio di mercato - hanno in parte favorito la creazione di mercati
oligopolistici nei settori sopracitati, formalmente non protetti da barriere
tariffarie o regolamentari, nei quali tuttavia le Società partecipate dallo
Stato hanno una predominante quota di mercato. Lo Stato, azionista di
maggioranza con prospettive d’investimento di lungo termine e non orientato
esclusivamente al conseguimento del profitto, ha consentito la realizzazione
d’investimenti e programmi di sviluppo difficilmente pianificabili da parte di
soggetti privati, rafforzandone la
posizione delle società partecipate.
Ciò tuttavia non ha impedito una progressiva
riduzione della base industriale del Paese. L’elevato livello dei ha eroso
la produttività del lavoro, in particolare per quanto concerne i comparti a
basso valore aggiunto (metallifero, cartario, tessile e del legno). La
struttura produttiva permane circoscritta ai settori basati sullo sfruttamento
delle materie prime (energetiche, ittiche, metallifere) e ad alcune nicchie
industriali avanzate, connesse - in varia misura – all’estrazione degli
idrocarburi presenti nella piattaforma continentale (ingegneristica,
realizzazione di piattaforme petrolifere, trivelle e unità navali di supporto),
nei quali le industrie norvegesi hanno acquisito know-how e competenze riconosciute a livello internazionale. Tra
questi, si segnala in particolare l’azienda Vard operante nella realizzazione
di unità navali e piattaforme mobili per il settore Oil & Gas offshore, che
nel 2013 e’ stata acquisita dal gruppo italiano Fincantieri. In sede di
proposta del Bilancio 2015 l’Esecutivo conservatore-progressista ha richiesto
l’autorizzazione alla vendita – intera o parziale – delle proprie quote
azionarie nelle seguenti Società con l’obiettivo di ottimizzarne le prospettive
di mercato di lungo termine: Ambita, Baneservice, Cermaq, Entra Holding,
Flytoget, Mesta, SAS, Veterinærmedisinsk
Oppdragssenter AS, Kongsberg Gruppen, Telenor (per queste due ultime Società è
stato richiesta l’autorizzazione a ridurre la partecipazione azionaria pubblica
del 34%).
Beneficiato
dalla forte domanda domestica, il comparto edile si è consolidato (costituisce
il 6% del PIL) e progressivamente specializzato nella realizzazione di edifici
ed infrastrutture residenziali eco-efficienti. Tuttavia, le ridotte dimensioni,
e la limitata esperienza nella costruzione di grandi infrastrutture, non
consentono ancora un’estensione dell’attività di queste aziende al di fuori dei
confini nazionali. Consapevoli di tale gap, le Autorità e gli enti norvegesi
hanno nell’ultimo biennio richiamato l’attenzione dei principali gruppi
internazionali del settore infrastrutture per coinvolgerle nella realizzazione
di opere strategiche nel campo dei trasporti. In tale contesto si segnala
l’assegnazione di contratti alle Società italiane Soc. Condotte d’Acqua SpA e
Ghella SpA (quest’ultima in partnership con la spagnola
Acciona Infraestructuras) nelle prime tre gare aggiudicate nell’ambito del
progetto per la realizzazione della linea ferroviaria sotterranea ad alta
capacità Oslo-Ski, principale progetto mai varato in Norvegia nel settore
trasporti. Per quanto concerne i servizi, l’introduzione - graduale - di
maggiore concorrenza nel mercato domestico e gli investimenti nel campo della
“information and communications technology” effettuati dalle Società del
settore bancario e delle telecomunicazioni hanno innalzato negli ultimi anni la
competitività dei principali operatori norvegesi (DNB e Telenor), favorendo la
loro espansione all’estero.
Del
tutto peculiare la situazione relativa al settore agroalimentare. Il dazio
medio all'importazione applicato dalla Norvegia sui prodotti agricoli pari al
40,9%, valore superiore alla media del 2008 (35,8%) e tra i più elevati a
livello mondiale. Il sostegno pubblico al settore, realizzato attraverso la
protezione doganale, la fissazione di prezzi di riferimento ed il trasferimento
di risorse a vario titolo alle unità produttive, assicura circa il 60-65% del
reddito dei lavoratori del comparto. In tale contesto, si attira l'attenzione
sul protezionismo garantito al comparto lattiero-caseario, che beneficia di un
dazio medio superiore al 45% e nel quale
una sola cooperativa (TINE, forte di 16.000 soci) esercita il controllo del
mercato in qualità di effettivo monopsonista per la commercializzazione della
produzione nazionale (oltre a commercializzare i propri prodotti, TINE funge
anche da regolatore del mercato, a danno anche dei piccoli produttori
indipendenti norvegesi che hanno difficoltà di accesso) ostacolando in vari
modi l'ingresso di prodotti esteri in concorrenza - diretta o indiretta - con i
propri prodotti, anche attraverso pratiche commerciali opache.
Sempre
nel settore lattiero-caseario, va rilevato che la Norvegia è tra i pochi Paesi
al mondo (insieme a Canada, Svizzera, Stati Uniti) a prevedere dei sussidi
all’esportazione per determinate tipologie di formaggi. In linea con gli
impegni presi dal Paese nell’ambito del Doha Round, l’allora Ministro
dell’Agricoltura Sylvi Listhaug aveva ribadito nel 2015 l’impegno
dell’Esecutivo a eliminare i sussidi all’export entro il 2019. Notevole la
protezione assicurata anche al comparto carni e salumi ed alla cooperativa del
settore Nortura.
Tale
politica di sostegno alle esigenze degli allevatori e degli agricoltori,
giustificata dalle Autorità norvegesi con la necessità di assicurare la
sopravvivenza della produzione agricola nazionale, si sta peraltro rilevando
sempre più inefficace nella sua azione di contrasto all'inesorabile declino del
settore. Esso costituisce oggi solo lo 0,3% del prodotto nazionale (trent'anni
fa era pari al 3%). Le importazioni di prodotti agroalimentari hanno superato
nel 2016 il valore di 5.2 miliardi di euro. Ancor più evidente risulta
l'insuccesso di tali politiche se si volge lo sguardo agli effetti negativi da
esse generati sui consumatori norvegesi, costretti a pagare la produzione
nazionale, spesso mediocre, quasi il doppio dei prezzi della media europea. Il
costo dei prodotti agricoli contribuisce pertanto in misura considerevole a
mantenere elevato il livello generale dei prezzi nel Paese.
I prezzi
più elevati ed il limitato assortimento nei negozi hanno indotto la popolazione
locale ad effettuare sempre più di frequente viaggi al confine con la Svezia
con l’obiettivo di acquistare prodotti alimentari a costi sensibilmente
inferiori (il 30% circa). In base alle indagini condotte da Statistics Norway
(istituto nazionale di statistica norvegese) gli acquisti – prevalentemente
alimentari - effettuati dai norvegesi in
Svezia nel 2015 hanno raggiunto il valore complessivo 1,57 miliardi di euro.
Nel 2016 si è però registrato un calo (1,49 miliardi di euro), probabilmente
soprattutto a causa del deprezzamento della corona norvegese rispetto a quella
svedese, che può aver reso meno convenienti gli acquisti in Svezia. Lo stesso
Istituto di Statistica norvegese però ritiene il calo all’interno della forbice
di errore, per cui non si può con certezza indicare un’effettiva riduzione del
commercio transfrontaliero.
2. Andamento congiunturale
Tabella n. 1:
Principali Indicatori macroeconomici
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Fonte: IMF, OCSE, EUROSTAT e Statistics Norway
(Debito Pubblico e Saldo delle Partite Correnti)
*= Il
PIL “Mainland” esclude l’attività di produzione petrolifera nella piattaforma
continentale norvegese e la
cantieristica.
**=L’indicatore
CPI –ATE non considera l’andamento dei prezzi nel settore petrolifero.
Aggiornamento sulla
situazione economica generale.
La riduzione dell’attività petrolifera
nell’offshore norvegese (NCS) ha ridimensionato le prospettive di crescita di
breve e medio termine del Paese. Tale fenomeno, atteso dalle Autorità norvegesi
e riconducibile al completamento di alcuni grandi progetti petroliferi del
passato, è coinciso con un - inaspettato nelle dimensioni - calo dei prezzi dei
prodotti energetici: il costo del barile di petrolio (varietà Brent del Mare
del Nord) è passato dai 111 USD al barile del giugno 2014, agli attuali (16
marzo 2017) 48 USD (con picchi al ribasso addirittura al di sotto dei 30 USD al
barile). Nel contempo, i prezzi di vendita del gas naturale norvegese si sono
ridotti nel 2014 del -11,9% .
In conseguenza di ciò, la crescita nel 2015 è
rallentata. Si prevede che tale tendenza sarà confermata anche nel 2016. Come
ha sintetizzato icasticamente il Governatore della Banca di Norvegia nel suo
discorso annuale sullo stato dell’economia norvegese nel febbraio 2016: “the
winter is coming”. Tuttavia, nel discorso del febbraio 2017, lo stesso
Governatore ha indicato che “l’inverno è stato più mite di quanto temuto”.
Il rallentamento dell’economia, causato in primo
luogo dalla riduzione dell’attività nel settore offshore, si sta ripercuotendo,
seppure in modalità non uniformi, sul resto dell’economia. Gli effetti del
rallentamento sono però in parte compensati dal deprezzamento della NOK nei
confronti di EUR e USD, che aumenta la competitività dei prodotti norvegesi. Il
deprezzamento della NOK, inoltre, fa crescere il valore dei beni importati,
contribuendo all’aumento dell’inflazione, che è stata, nel 2016, stabilmente
tra il 3 e il 4% su base annua. Nei primi mesi del 2017, l’inflazione sta
mostrando segnali di riduzione (a febbraio il tasso tendenziale annuo è stato
del 2,5%), in coincidenza con una tendenza all’apprezzamento della NOK.
Inoltre, la crescita robusta degli anni precedenti,
guidata certamente dal settore offshore, ha anche consentito di “mettere da
parte” risorse che potranno essere utilizzate per attutire gli effettui della
crisi: stabilizzatori sociali, ma anche banche robuste (con livelli di
capitalizzazione significativi) e in grado quindi di sostenere attività
economica anche in una contingenza non positiva.
Per il 2016 e il 2017, secondo la Banca di
Norvegia, le prospettive di crescita pur non tornando ai livelli degli anni
scorsi, sembrano essere migliori di quanto temuto.
Rimane l’enfasi del Governo ma anche delle parti
sociali sulla necessità di provvedere ad una “ristrutturazione” del sistema
economico, un adattamento alla nuova realtà e il sostegno ad attività
economiche “innovative”, ad alto valore aggiunto, che siano anche in grado di
mettere a frutto il capitale di conoscenza sviluppato in questi decenni sulla
piattaforma continentale e che ora andrà utilizzato in sempre maggior grado
anche sulla terraferma. Un bagno di realismo che vede finora, come detto, un
elevato senso di responsabilità delle parti sociali, con un’unità d’intenti
ormai quasi compiuta tra organizzazioni imprenditoriali e sindacati. Il primo
banco di prova è stato il negoziato sui rinnovi contrattuali della primavera
2016, in cui le parti sociali si sono accordate per una crescita nominale delle
retribuzioni del 2,4%, inferiore quindi al tasso d’inflazione. Per la prima
volta da venti anni vi è stata una “crescita reale zero” delle retribuzioni.
Prioritario per il Governo e per i sindacati anche
prevenire una crescita fuori controllo del tasso di disoccupazione. Se fino
all’anno scorso, esso oscillava intorno al 3,5% (ai livelli “naturali” con in
aggiunta un’elevata capacità di assorbimento di manodopera straniera UE – quasi
l’8% della forza lavoro complessiva), ora si sta attestando tra il 4 e il 5% -
sempre un tasso invidiabile per la stragrande maggioranza dei Paesi europei –
ma che è sintomatica di una maggiore vischiosità del mercato del lavoro nel
riassorbire in tempi ragionevoli la perdita del lavoro di migliaia di
ingegneri, tecnici e operai fino ad ora impiegati nel settore oil&gas e
servizi annessi.
In linea con quanto evidenziato dalla Banca
Centrale, anche gli esperti del Fondo Monetario Internazionale giunti nel Paese
nel giugno 2015 hanno evidenziato che la contrazione dell’attività nella NCS
(che riguarda per lo più l’esplorazione e lo sviluppo dei giacimenti, mentre la
produzione si sta assestando sui livelli dell’anno precedente) ha finora
determinato ricadute negative minori del previsto sul resto dell’economia.
Politica monetaria
Al fine di contrastare tale tendenza e sostenere
crescita ed occupazione, la Banca Centrale norvegese ha avviato, in linea con
l’eurozona, una politica monetaria fortemente espansiva, con una riduzione del
tasso di interesse di riferimento nel 2015 complessivamente di 1 punto
percentuale. Il tasso, deciso nella riunione del Consiglio della Banca di
Norvegia del 17 marzo 2016 e successivamente confermato, da ultimo il 16 marzo
scorso, è dello 0,5%.
Gli ultimi dati sull’inflazione (febbraio 2016)
indicano, come detto, un aumento del livello medio generale dei prezzi del
2,5%, in linea con il target
inflattivo della Banca Centrale. Nei mesi scorsi il tasso d’inflazione era
giunto anche al 4% su base annua, un dato che induceva alcuni osservatori a
ritenere possibile una stretta creditizia nei prossimi mesi, anche al fine di
indurre un raffreddamento dei prezzi degli immobili, la cui spirale al rialzo non
dà alcun segno di cedimento. L’apprezzamento della NOK nelle ultime settimane
nei confronti dell’EUR è sintomatico, secondo quanto indicato dalla stessa
Banca di Norvegia, sia delle aspettative di un possibile rialzo dei tassi, sia
del differenziale positivo esistente tra i tassi in Norvegia (+0,5%) rispetto a
quelli in vigore nell’Eurozona (0%). Esso però ha contribuito a ridurre le
pressioni inflazionistiche, riducendo la pressione sulla Banca Centrale nel
rialzare i tassi, che rimangono quindi bloccati da un anno.
Competitività del sistema
economico norvegese
Le esportazioni della mainland economy (che
esclude l’export di prodotti energetici, piattaforme e unità navali per il
settore oil and gas) hanno ben reagito allo stimolo dato dal deprezzamento del
cambio registratosi nell’ultimo anno. Il deprezzamento della NOK ha però
contribuito in modo deciso ad un aumento del valore delle importazioni.
L’assestamento dei prezzi energetici su valori
inferiori potrebbe ridurre il livello degli investimenti delle oil companies
operanti nella NCS più del previsto, con nuove ripercussioni sulla crescita
(gli investimenti nella piattaforma continentale norvegese superano il livello
cumulato dei capitali immessi nel settore ittico e metallurgico). “L’era
petrolifera” non sta giungendo al termine, ma in futuro il Paese dovrà fare
minore affidamento sul positivo apporto proveniente dall’offshore energetico,
che difficilmente beneficerà dei prezzi
di vendita elevati del passato.
Nelle sue dichiarazioni annuali del 2015 e del
2016, il Governatore Olsen ha posto al centro dell’attenzione pubblica e delle
parti sociali il tema della revisione del modello di crescita economica che ha
caratterizzato la Norvegia negli ultimi 40 anni, reso – a suo parere – più
impellente dalla situazione contingente. Lo sviluppo della NCS ha garantito
prosperità alla popolazione norvegese e favorito il crearsi di un’industria
locale legata a questo settore che oggi impiega - tra lavoro diretto ed indotto
- il 12% della popolazione attiva. Il settore Oil and Gas ha fatto ricorso alla
manodopera locale assicurando occupazione e dei livelli salariali elevati, a
cui gli altri comparti dell’economia hanno dovuto adeguarsi. Nel contempo,
l’elevata mole di investimenti (25,6 miliardi di euro nel 2014) in un’economia
di ridotte dimensioni ha “spiazzato” gli altri settori, spingendo al
rialzo il livello generale dei prezzi,
dei beni come dei fattori della produzione. Tali fattori limitano oggi la
competitività dell’industria non legata all’estrazione e vendita dei prodotti
energetici nel contesto internazionale, che sarà chiamata in futuro a
compensare il minor gettito del settore petrolifero.
Il primo passo in questa direzione è la moderazione
salariale ed una stabilizzazione dell’inflazione sul livello di lungo periodo
del +2,5%. Come detto, il round negoziale tra le parti sociali della scorsa
primavera è stato, per la prima volta, non favorevole, in termini reali, ai
lavoratori. In un’ottica di maggiore competitività, è presumibile, come
peraltro auspicato anche dal Fondo Monetario Internazionale, che anche i
rinnovi contrattuali dei prossimi anni proseguano questa tendenza, favorendo
quindi una riduzione dei salari in termini reali anche nei settori maggiormente
protetti dalla concorrenza internazionale.
Nel 2017, il Governatore ha anche sottolineato, da
un lato, la sfida che il sistema economico norvegese incontra nel favorire una
crescita sostenibile nel rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni;
dall’altro i rischi derivanti, per un’economia tutto sommato aperta quale è
quella norvegese, dall’emergere a livello internazionale di pulsioni
protezionistiche.
Politica Fiscale del
Governo
Il Governo in carica dal 2013 si trova nella
difficile situazione (non preventivata certamente in questi termini) di dover
gestire una situazione economica complessa, ulteriormente complicata dal fatto
che la crisi migratoria in Europa ed il suo impatto in Norvegia hanno imposto
oneri non preventivati a carico delle finanze pubbliche.
Già la legge di bilancio 2016, approvata a fine
2015, era stata focalizzata sulla necessità di sostenere l’economia favorendo
nel contempo la “ristrutturazione” della stessa: un processo necessariamente di
lungo periodo, finalizzato a favorire la riduzione dell’importanza dell’industria
estrattiva quale principale motore della crescita – e della prosperità del
Paese – sostenendo al contrario settori innovativi e ad alto valore aggiunto.
Il ridimensionamento nel lungo termine del settore oil & gas si rende
necessario anche per consentire al Paese di ottemperare agli obblighi di
riduzione dell’Accordo di Parigi, adottato al termine della COP21 a fine 2015 e
che la Norvegia è stato il primo Paese industrializzato a ratificare, nel
giugno 2016.
Tali tendenze sono uscite sostanzialmente confermato
dalla legge di bilancio 2017, approvata, non senza difficoltà di ordine
politico, dal Parlamento a fine dicembre 2016. La legge del 2017 risponde a tre
esigenze: a) proseguire nell’opera di ristrutturazione dell’economia; b)
sostenere l’occupazione (in calo a seguito del rallentamento delle attività
estrattive offshore); c) dare al bilancio un taglio “elettorale”, in linea con
le aspettative di coloro che sostengono, nell’anno delle elezioni politiche, le
posizioni dei Partiti di governo (Conservatori e Progressisti), attraverso un
programma di sgravi fiscali a beneficio delle imprese ma anche dei contribuenti
(ad esempio con la ridefinizione dei criteri di imposizione dell’imposta
patrimoniale, con la conseguenza che si riduce il numero di contribuenti
obbligati a pagare tale imposta).
Per la prima volta, inoltre, il raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica presentati dal Governo con la proposta di
legge di bilancio richiede esplicitamente un trasferimento di risorse dal Fondo
Sovrano al bilancio pubblico. La legge di bilancio 2017 limita tale prelievo al
3% del valore del Fondo, in linea con la cosiddetta “regola aurea” che, dal
2001, vincola i Governi a non prelevare dal Fondo più del 4% del suo valore.
Tale cifra costituisce il rendimento percentuale atteso su base annua. La
logica di tale “regola” è che tali trasferimenti sono “sterilizzati”, dato che
non intaccano direttamente il capitale del Fondo Scopo di tale “regola aurea” è
quello di prevenire un utilizzo indiscriminato delle risorse del Fondo, con
grave pregiudizio per la stabilità dell’economia norvegese.
PROSPETTIVE FUTURE
Le Autorità politiche e monetarie locali seguono
con particolare attenzione le ripercussioni negative che la contrazione
dell’attività nella piattaforma continentale norvegese potrebbe generare
sull’economia norvegese. Al riguardo, va premesso che l’economia norvegese
rallenta ma non si contrae, anche grazie ad una politica fiscale e monetaria
che finora è stata molto accomodante. Il mercato immobiliare non dà segni di un
immediato ridimensionamento. Al contrario, la domanda di unità immobiliari
continua ad aumentare, trainando i prezzi. Il sistema bancario dispone di
riserve prudenziali sufficienti per far fronte ad un aumento temporaneo dei
default sui mutui ipotecari, senza ridurre il credito a persone ed aziende.
Infine, il sistema sociale norvegese è in grado di fornire un concreto appoggio
alle famiglie che dovessero attraversare situazioni di difficoltà. Il Paese si
appresta a modificare il proprio paradigma di sviluppo industriale partendo da
una condizione ottimale. Autorità, imprese e lavoratori dovranno però
collaborare al fine di accelerare l’attuale fase di transizione e di limitarne
le ricadute negative, soprattutto dal punto di vista occupazionale.
3. Relazioni economiche e commerciali con i
principali paesi partner
Gli
indicatori di commercio estero relativi agli ultimi anni confermano il
carattere essenzialmente aperto dell’economia norvegese. Il Paese accorda
ancora un alto livello di protezione alla produzione agricola nazionale e in
misura minore alle attività di pesca, entrambe escluse dall’applicazione delle
regole del Trattato sullo Spazio Economico Europeo di cui la Norvegia fa parte.
Sul piano generale,
l’interscambio norvegese con l’estero si sviluppa su linee direttrici
consolidate e dipendenti dall’andamento del commercio intra-industriale nei
seguenti comparti economici:
-
energetico
(idrocarburi e relativi prodotti raffinati), settore che assicura alla Norvegia
importanti surplus di bilancia commerciale (circa 33 miliardi di euro nel
2014);
-
macchinari industriali e
mezzi di trasporto;
-
metallifero;
-
agroalimentare e ittico
(settori entrambi esclusi dall'applicazione delle regole del Trattato sullo
Spazio Economico Europeo).
La Norvegia
esporta prevalentemente materie prime e semilavorati ed importa prodotti
finiti.
Per tale
ragione, ad esclusione del settore Oil & Gas e del settore ittico, negli
altri comparti sopracitati il Paese registra saldi negativi.
3.1.
Andamento interscambio di beni con l’estero nel 2015.
Tabella n. 2: Interscambio commerciale con l’estero
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Fonte:
elaborazioni ICE su dati GIT. Valori in dollari convertiti in euro al tasso di
cambio medio annuale fornito
dall’Eurostat Database relativo agli anni 2014-2016.
Premessa: i dati
statistici per il 2016 relativi al commercio estero della Norvegia forniti da Statistics Norway (questi ancora non
consolidati) e dall'Agenzia ICE differiscono in parte sui valori specifici.
Essi adottano diverse classificazioni merceologiche e divergono nel computo
delle oscillazioni del tasso di cambio della corona norvegese, in cui sono
espressi i dati Statistics Norway (mentre i dati ICE/GTI sono calcolati in
dollari americani). Considerato che i dati di fonte norvegese consentono una
comparazione dell’andamento dell’interscambio commerciale della Norvegia con i
singoli Paesi partner, nonché un maggior dettaglio sulle vendite norvegesi di
idrocarburi, si è ritenuto opportuno integrare l’analisi dei dati ICE/GTI con i
valori forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica norvegese.
Commercio con l’estero
della Norvegia:
Export. Secondo
i dati diffusi da Statistics Norway, nel 2016 la Norvegia ha registrato una
riduzione delle esportazioni norvegesi nel mondo (-10,6%) rispetto all’anno
precedente (confermando la tendenza del 2015), dovuto in primo luogo ad un calo
delle esportazioni di idrocarburi. Secondo Statistics Norway, il valore delle
vendite di prodotti petroliferi si è ridotto del -5,6%, mentre gli acquisti
esteri di gas naturale e liquefatto vedono rispettivamente un drastico calo sia
dei primi (-27,4%) e che dei secondi (-25,9%) rispetto al 2015. Anche nel 2016
quindi, come nell’anno precedente, il calo dei prezzi dei prodotti energetici
non è stato dunque compensato dalla maggiore produzione registrata nella
piattaforma continentale norvegese nell’anno in esame. In calo anche le
esportazioni dei settori non direttamente legati allo sfruttamento degli
idrocarburi ubicati nella piattaforma continentale norvegese, la cosiddetta mainland economy. Il saldo negativo è
stato del -4,3%. In controtendenza l’andamento dell’export per quanto concerne
il settore ittico, cresciuto di un robusto +23,9% rispetto all’anno precedente
e pari a circa 9,6 miliardi di EUR.
Import.
Volgendo lo sguardo alle importazioni, il dato relativo al 2016 fa stato di una
riduzione delle importazioni del -1,5% secondo Statistics Norway. In base ai
dati diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica Norvegese, il valore in
valuta locale si è ridimensionato nel 2016 rispetto all’anno precedente. Va
anche detto che nel 2015 vi era stato l’arrivo in Norvegia della piattaforma
costruita in Corea del Sud per conto di ENI, destinata ad estrarre il petrolio
del giacimento Goliat nel Mare di Barents.
Saldo commerciale. A fronte
di tale dinamiche, il saldo commerciale con l’estero della Norvegia si
drasticamente ridotto del -36,3%.
Esso permane
tuttavia positivo per la Norvegia (140,4 miliardi di NOK, pari a circa 15,1
miliardi di EUR). Escludendo però dal computo i prodotti legati all’offshore,
la Norvegia ha presentato nel 2016 un deficit di 203,3 miliardi di NOK (circa
21,9 miliardi di EUR) con un peggioramento del saldo del 10,3% rispetto al
2015.
Resta
sullo sfondo la crescente difficoltà dei settori non legati allo sfruttamento
delle risorse energetiche offshore a competere a livello internazionale. Il
deprezzamento del tasso di cambio ha sostenuto questi settori, consentendo loro
di tornare a crescere. Tuttavia, su 27 macrosettori analizzati nelle
statistiche fornite da ICE/GTI, soltanto in 7 - due dei quali legati
direttamente al comparto Oil and Gas - la Norvegia ha conseguito nel 2016 un
surplus commerciale. Tra questi, spicca il comparto metallurgico, che però,
secondo i dati ICE/GTI, ha avuto un saldo di entità ridotta rispetto all’anno
precedente.
3.2. Investimenti diretti
esteri.
Lo stock
di IDE in entrata nell’anno 2015 (ultimo dato disponibile diffuso da Statistics
Norway) ha raggiunto i 1217 miliardi di NOK complessivi, registrando un calo
dell’1,34% rispetto all’anno precedente. L’Unione Europea si conferma la
principale area di provenienza degli investimenti con una quota del 59% sul
totale (nel 2014 la quota dell’UE è stata del 69,05%). La componente azionaria
degli asset ha rappresentato il 65,49% del totale investito in Norvegia (era il
56,06% nel 2014). I dividendi distribuiti hanno raggiunto i 90,4 miliardi di
NOK, assicurando un ritorno sull’equity del 7,4%.
Tabella n.
3: Investimenti diretti esteri in entrata (stock). Provenienza geografica
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Fonte: Statistics Norway,
Relativamente
agli IDE in uscita, i dati Statistics Norway indicano una crescita rispetto ai
valori 2014 del 16,1%, per un valore complessivo di stock in uscita nel 2015 di
circa 1.493 miliardi di NOK (circa 166 miliardi di EUR). Tale crescita è però
in gran parte imputabile al deprezzamento della NOK, che rivaluta gli
investimenti espressi in valuta estera.
Il 59,2%
degli IDE in uscita è diretto verso Paesi dell’Unione Europea, con un lieve
calo in termini di incidenza percentuale rispetto al 2014 (64,3% del totale
investito). Sempre secondo quanto riportato da Statistics Norway, nel 2015 la
totalità dell’ammontare degli asset all’estero acquisiti da soggetti norvegesi
è capitale azionario. Essi hanno
assicurato dividendi di circa 71,7 miliardi di NOK, corrispondenti ad un tasso
di ritorno sull’equity del 4,8%.
Tabella n. 4: Investimenti diretti esteri in uscita
(stock). Principali destinazioni
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Fonte:
Statistics Norway, Valori in Corone norvegesi
Il Fondo Sovrano norvegese – Government Pension
Fund Global (GPFG)
Quadro generale.
Il Fondo Petrolifero norvegese, denominato
Government Pension Fund Global, GPFG, è
amministrato dalla Banca di Norvegia (attraverso la separata unità
Norges Bank Investment Management – NBIM) su delega del Ministro delle Finanze.
Quale responsabile della gestione del Fondo, il
Ministero delle Finanze fissa le linee strategiche di investimento del Fondo
(ripartizione percentuale per tipo di investimento e per area geografica,
fissazione del portafoglio di riferimento, stabilito sulla base di indici di
mercato internazionalmente riconosciuti, e dei
limiti di assunzione di rischio ecc.), che la Banca di Norvegia deve
applicare nell’espletamento del suo mandato, volto ad ottenere il miglior
risultato possibile in termini di plusvalenze.
Il Governo si è impegnato nel proprio programma a
spendere solo il 4% del valore di mercato del Fondo nel proprio budget annuale,
a copertura del disavanzo pubblico calcolato senza tenere in considerazione gli
introiti derivanti dalla cosiddetta “rendita energetica”. Tuttavia, in momenti
di recessione o rallentamento della crescita il Governo ha la facoltà di
superare tale soglia al fine di limitare l’impatto negativo della crisi per il
Paese (come accaduto nel 2009-2010 nei momenti più difficili della crisi
economico-finanziaria internazionale, che ha peraltro avuto in Norvegia
ricadute marginali).
Degna di nota è la modalità etica che controlla le
scelte effettuate dal NBIM per quanto riguarda le aziende oggetto di
investimenti da parte del Fondo. L’Esecutivo ha istituito un apposito Comitato
Etico con l’obiettivo di verificare che - sulla base di linee guida etiche
stabilite dal Governo e dal Parlamento - le imprese incluse nel portafoglio
titoli non commettano o siano complici di azioni in violazione dei diritti
umani o nocive per l’ambiente. A seguito delle proprie indagini, il Comitato
può raccomandare alla Norges Bank di escludere o meno l’azienda “investigata”
dal portafoglio del GPFG. L’esclusione, in passato decisa dal Ministero delle
Finanze, su proposta del Governo è stata trasferita a partire dal 1° gennaio
2015 alla Banca centrale norvegese al fine di rendere più spedito il processo
di valutazione e di eventuale esclusione delle aziende.
Il Fondo nel 2016
Il valore di mercato complessivo del Fondo al 31
dicembre 2016 è stato di 7.510 miliardi di NOK, cosi’ ripartiti: 62,5%
investito in titoli azionari e a reddito variabile; 34,3% in titoli obbligazionari;
3,2% in proprietà immobiliari. A fine 2015, il valore di mercato era stato di
7.475 miliardi di NOK.
Il rendimento del Fondo al 31 dicembre 2016,
espresso nel paniere di valute in cui sono investite le diverse attività del
Fondo, è stato positivo, con un aumento di valore in percentuale del 6,9%
rispetto al 31 dicembre dell’anno precedente. Un risultato che i vertici del
Fondo ritengono più che soddisfacente, nonostante il 2016 sia stato un anno
particolarmente turbolento sui mercati. Se espresso in corone norvegesi, il
rendimento del Fondo è stato però meno positivo. Il rendimento reale del Fondo
(al netto cioè dell’inflazione e dei costi di gestione) è stato del 5,7%, con
un miglioramento rispetto all’anno precedente (quando il rendimento reale del
Fondo era stato inferiore al 2%).
Nonostante i rendimenti nel 2016 siano stati
migliori rispetto all’anno precedente, il valore complessivo del Fondo è
passato da 7.475 miliardi di NOK a fine 2015 a 7.510 miliardi di NOK a fine
2016 (in termini assoluti, + 35 miliardi di NOK). Tale risultato è dovuto a due
fattori. Da un lato vi sono i prelievi
effettuati dal Ministero delle Finanze sul Fondo a fini
anticongiunturali. Come lo stesso Governatore Olsen aveva previsto un anno fa,
nel 2016, il Ministero delle Finanze ha dovuto prelevare dal Fondo 101 miliardi
di NOK, a causa del rallentamento dell’attività estrattiva, mentre negli anni
scorsi i proventi dell’industria estrattiva erano tali da assicurare
trasferimenti verso il Fondo. Un ulteriore impatto negativo sul valore in NOK è
stato causato dall’altro lato dall’apprezzamento della valuta norvegese negli
ultimi mesi rispetto alle principali valute internazionali. Poiché’ il Fondo
non investe in titoli norvegesi (per cui tutte le sue attività sono denominate
in valuta estera), l’andamento del tasso di cambio tra NOK e le principali
valute internazionali (in primis USD e EUR, ma anche GBP e JPY) si ripercuote
inevitabilmente in modo inverso sul valore in NOK del Fondo (quando la corona
si apprezza, il valore del Fondo si riduce, e viceversa).
Guardando ai rendimenti per tipologia di
investimenti, il positivo risultato del 2016 è stato dovuto in buona parte
all’ottima prestazione del comparto azionario (+8,7%) e al buon andamento
dell’obbligazionario (+4,3%); sostanzialmente stabili invece i rendimenti per
quanto riguarda il comparto immobiliare (+0,8%).
Per quanto riguarda la ripartizione geografica
degli investimenti, nel 2016 si è confermato il sorpasso del Nord America
rispetto all’Europa. Il 36% degli investimenti del Fondo è nel Vecchio
Continente, in calo rispetto al 38,1% del 2015. Il Nord America ammonta ora al
42,3% del totale, mentre nell’anno precedente totalizzava il 40%. In lieve calo
Asia e Oceania, al 17,9% (erano il 18,1% nel 2015). La riduzione
dell’esposizione verso l’Europa rafforza una tendenza in corso da anni, e
avallata anche dalla dirigenza politica, volta a favorire un’esposizione del
Fondo sempre più convergente con il peso effettivo delle diverse regioni del
mondo nell’economia mondiale.
Passando ad una ripartizione per Paese, i primi
dieci in percentuale sono nell’ordine: Stati Uniti (37,2%), Regno Unito (9,1%),
Giappone (8,3%), Germania (6.8%), Francia (5,2%), Svizzera (3,7%), Canada
(2,8%), Australia (2,1%), Cina (2,0%), e Corea del Sud (1,9%). L’Italia ha
visto una conferma della propria esposizione percentuale complessiva, pari
all’1,6%, come nel 2015.
In lieve crescita la quota di investimenti nei
cosiddetti “mercati emergenti”, passata al 10% nel 2016 rispetto al 9,8% del
2015. Tale crescita è dovuta, oltre ad effetti legati alle oscillazioni dei
tassi di cambio, anche all’aumento di valore di alcuni di tali investimenti.
In totale, il Fondo, alla fine del 2016, deteneva
attività in 77 Paesi, uno in più rispetto all’anno precedente (l’Argentina), e
in 50 diverse valute.
Passando ad un’analisi per tipologia di
investimento, anche nel 2016 i migliori risultati sono giunti dai mercati
azionari, soprattutto quelli nordamericani (in primis gli Stati Uniti e dei
cosiddetti “mercati emergenti”.). In Nord America il rendimento è stato del
+16,1%, mentre nei “mercati emergenti” il rendimento è stato dal 13,2%. Meno
positiva la performance dei titoli europei (+2,0%), il che contribuisce anche a
spiegare il motivo per cui l’esposizione verso i titoli europei si sia
relativamente ridotta rispetto all’anno precedente.
Complessivamente, il Fondo detiene l’1,3% delle
società quotate a livello mondiale, e il 2,4% delle società quotate europee.
Detiene quote di 9.050 aziende in tutto il mondo.
Per quanto riguarda segnatamente l’Europa, il
rendimento medio sull’azionario è stato, come detto, del 2,0%, con una
riduzione in termini percentuali del portafoglio azionario complessivo rispetto
al 2015 (36,3% del totale, mentre era al 39,1% alla fine dello scorso anno). I
Paesi con l’esposizione più significativa sono stati il Regno Unito (9.9% del
portafoglio complessivo azionario e un rendimento del -0,4%, ma un +16,5% se
espresso in GBP), Germania (5,4% del portafoglio globale e +4,8% di rendimento,
+5,9% se espresso in EUR), Francia (5,1% del portafoglio complessivo e +8,0% di
rendimento, +9,1% se espresso in EUR), Svizzera (4,9% del totale azionario e
-2,4% di rendimento, -2,9% in CHF), Svezia (2,0% del totale azionario e +5,4%
di rendimento, +11,4 se espresso in SEK). Come termine di paragone, gli
investimenti in titoli azionari italiani sono stati pari all’1,54% del totale
(valore complessivo in NOK è di 72,35 miliardi, pari a EUR 7,79 miliardi al
tasso di cambio medio per il 2016). Nel 2015, essi ammontavano a 73,8 miliardi
di NOK pari a EUR 8,24 miliardi.
L’ottima performance complessiva sull’azionario è
dovuta principalmente ai risultati ottenuti nei comparti oil & gas
(rendimento del 29,1%), prodotti di base (+25,1%), tecnologia (+14,9%) e industria
(+14,0%). L’unico comparto con un segno negativo è quello farmaceutico, che ha
registrato un -4,6%. Il comparto oil & gas e’ quindi tornato a produrre
rendimenti positivi (nel 2015 quel settore aveva registrato i tassi piu’
negativi, con un -13,7%), un risultato che gli analisti del Fondo spiegano con
la stabilizzazione dei prezzi dopo alcuni anni di cali, il taglio alla
produzione deciso a fine anno dall’OPEC e da altri produttori, nonché’ l’opera
di ristrutturazione e di taglio dei costi promossa della principali aziende
dell’industria.
Le principali aziende destinatarie degli
investimenti del Fondo nel 2016 (valore superiore a 25 miliardi di NOK) sono
state Nestle’, Shell, Apple, Alphabet (parent company di Google), Microsoft,
Roche, Novartis, il fondo Blackrock, Exxon Mobil, Johnson & Johnson e HSBC.
Il Fondo detiene il 2,1% di Nestle’, con un investimento che al 31 dicembre
2016 valeva 51,0 miliardi di NOK.
Rispetto al 2015, il risultato degli investimenti
sui titoli a reddito fisso (principalmente titoli obbligazionari) è stato
migliore, con un rendimento positivo del 4,3%.
Per quanto riguarda i titoli di Stato (il 56,7% del
paniere totale dei titoli a reddito fisso detenuti dal Fondo), essi hanno reso
nel 2016 il 4,2%: una prestazione ben migliore rispetto al deludente +0,2% del
2015. Si conferma il primato dei titoli del Tesoro statunitense quale
principale investimento singolo nel comparto dei titoli di Stato (18,9% del
totale dei titoli obbligazionari), con un rendimento del 3,1% se espresso nel
paniere valutario utilizzato dal Fondo e dell’1,1% se espresso in USD. I titoli
in EUR costituiscono il 12,4% del totale e hanno reso il 3,3% (+4,3% se
espresso in EUR).
Al 31 dicembre 2016, l’esposizione del Fondo in
titoli di Stato era la seguente: Stati Uniti (579,3 miliardi di NOK); Giappone
(161,5 miliardi di NOK); Germania (137,2 miliardi di NOK); Regno Unito (88,9
miliardi di NOK); Messico (54,2 miliardi di NOK); Repubblica di Corea (52
miliardi di NOK); Francia (49,1 miliardi di NOK); Italia (43,3 miliardi di NOK,
pari a 4,66 miliardi di EUR); Spagna (34,9 miliardi di NOK); Kreditanstalt für
Wiederaufbau (34,5 miliardi di NOK); India (30,6 miliardi di NOK).
Nel settore immobiliare, continua la politica
prudente dei gestori del Fondo, con investimenti in proprietà tuttora limitati
a pochi Paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Svizzera).
Significativi sono anche gli investimenti in società multinazionali del settore
della logistica (alcune delle quali hanno proprietà anche in Italia).
Il rendimento del settore e’ stato positivo (+0,8%)
ma senza i picchi mostrati dall’azionario e dall’obbligazionario. Il numero di
operazioni nel 2016 è stato inferiore rispetto all’anno precedente, a causa del
calo dei tassi d’interesse e della volatilità del mercato.
Da quest’anno, gli investimenti nel capitale di
società immobiliari torneranno ad essere conteggiati sotto la voce
“investimenti azionari”, lasciando al comparto immobiliare solo gli
investimenti diretti in proprietà.
Prospettive future
Presentando il rapporto annuale, sia il Governatore
Olsen che il CEO di NBIM Slyngstad hanno sottolineato come la Banca di Norvegia
- e in ultima analisi i decisori politici - non si nutra troppe illusioni sulla
capacità del Fondo di continuare a crescere ai ritmi degli ultimi anni. Ciò sia
per le dimensioni raggiunte dal Fondo sia perché’ l’attività estrattiva sta
mostrando segni di rallentamento, con la conseguenza che il Fondo non viene più
costantemente alimentato (anzi, nel 2016 si è registrato per la prima volta un
prelievo di risorse dal Fondo da parte del Governo a fini anticongiunturali) e
che quindi dipenderà sempre di più sulla bravura (o la fortuna) degli asset managers nell’ottenere i migliori
rendimenti dagli investimenti. Slyngstad ha fatto riferimento proprio a questo
nel ricordare come, nonostante il prelievo di risorse dal Fondo, il valore
complessivo di mercato sia cresciuto a causa proprio dei rendimenti conseguiti,
migliori di quanto solo un anno fa ci si poteva attendere.
Il dibattito è vivo in Norvegia su come far
crescere i rendimenti del Fondo senza peraltro far aumentare il profilo di
rischio del Fondo in modo irresponsabile. La Commissione nominata nel 2016 dal
Ministero delle Finanze ha raccomandato di aumentare la quota di titoli azionari
dal 60% al 70% con conseguente riduzione del portafoglio di titoli a reddito
fisso (ritenuti in linea generale meno remunerativi). Nessuna decisione è stata
però ancora presa al riguardo. E’ possibile che nel Libro Bianco sulla gestione
del Fondo che il Governo presenterà in primavera al Parlamento, l’Esecutivo
possa far propria tale proposta e modificare quindi le linee guida gestionali
cui la Banca di Norvegia e il NBIM devono attenersi. Già ora, comunque, il
portafoglio di titoli a reddito variabile supera in termini percentuali il
“benchmark”, attualmente fissato al 60% del totale. Slyngstad ha comunque già
indicato che la crescita del portafoglio azionario, se autorizzata, avverrà in
modo graduale e prudente, nell’arco di diversi anni.
Altro aspetto significativo e su cui il Governo si
è già espresso nelle scorse settimane riguarda l’entità dei prelievi dal Fondo
e l’applicazione in futuro della cosiddetta “regola aurea” che da oltre
quindici anni guida la politica economica norvegese e che si basa su un Fondo
in grado di produrre rendimenti reali (al netto dell’inflazione) di almeno il
4% del capitale. Su questo 4% si calcola la quota di utilizzo dei proventi
derivanti dalle attività estrattive nel bilancio dello Stato, al fine di
prevenire un surriscaldamento dell’economia. Ora, il Governo si rende conto che
una remunerazione reale del 4% non e’ più realistica e che invece sarebbe
meglio ridurre tale soglia al 3% (ritenuta più in linea con l’attuale andamento
dei mercati e con le prospettive di rendimento nei prossimi anni), onde evitare
eccessivi surriscaldamenti dell’economia, a maggior ragione in una congiuntura
che prevede una riduzione dei trasferimenti dei proventi dell’attività
estrattiva al Fondo.
Olsen che Slyngstad si sono anche soffermati sul
ruolo del Fondo quale “investitore responsabile”. Un ruolo che ormai da alcuni
anni viene fatto valere in modo sempre più assertivo, dato il peso che ormai il
Fondo ha acquisito in alcune importanti aziende. In sostanza, il Fondo “punta a
massimizzare i rendimenti nel lungo termine e ridurre i rischi finanziari
collegati ad aspetti ambientali, sociali e di governance” delle aziende destinatarie di investimenti, promuovendo
“una buona governance aziendale e
mercati ben funzionanti, legittimi ed efficienti”.
Quest’anno, il management del Fondo ha anche
indicato le tre aree su cui si intende focalizzare l’attenzione e che sono i
diritti dei bambini, il cambiamento climatico e la gestione delle risorse
idriche.
Tale filosofia d’azione viene fatta valere in sede
di assemblea, sulla base di linee guida che sono note ai Consigli
d’Amministrazione (e in alcuni casi votando anche contro i pareri dei CdA),
mantenendo un dialogo con i vertici aziendali. Da ricordare al riguardo il
dialogo avviato con ENI e Shell, messe sotto osservazione nel 2013 per presunte
attività di “oil spills” nella zona
del delta del Niger; un dialogo che il management del Fondo ritiene stia
portando a risultati positivi, nonostante le difficoltà legate al contesto
nigeriano nel quale le due aziende operano.
Vi è poi lo strumento dell’esclusione dal
portafoglio del Fondo di quelle aziende che non rispettano gli standard etici
ritenuti accettabili dal Parlamento norvegese. Nel corso del 2016, il Fondo è
uscito da 23 aziende per violazioni degli standard ambientali e da 59 aziende
perché’ più del 30% del loro fatturato deriva da attività legate all’estrazione
del carbone.
Inoltre, il Fondo ha fornito propri contributi di
idee per la definizione di standard di governance
e di regolamentazione dei mercati finanziari e sostiene finanziariamente
progetti di ricerca in questi ambiti promossi da importanti centri accademici e
di ricerca riconosciuti a livello internazionale.
POLITICA ESTERA
Priorità
di politica estera
I punti
di riferimento della politica estera norvegese sono il rapporto transatlantico
e la sua configurazione di sicurezza (NATO), i rapporti con l’Europa (SEE/UE) e
con la Russia. Ad essi occorre aggiungere una vocazione internazionalista che
ha nella collaborazione nordica, nel sistema delle Nazioni Unite e nelle
collaborazioni regionali e sub-regionali un fermo ancoraggio. In tema di governance
globale, la Norvegia, in particolare tramite il Ministro Gahr Støre (titolare
degli Esteri dal 2005 al 2012), ha insistito in piu’ occasioni sull’opportunità
della creazione di una "constituency nordica" nel G20, organo da cui
le singole economie nordiche, pur floride come quella norvegese, sono escluse
per le ridotte dimensioni in termini assoluti, ma in cui entrerebbero a far
parte se considerate nel loro insieme.
Nel
programma dell’attuale esecutivo di centro-destra, uscito dalle elezioni del 9
settembre 2013, (c.d. “Dichiarazione di Sundvolden”) sono indicate le seguenti
priorità in tema di politica estera:
·
Innanzitutto l’ambizione a
condurre una politica estera “realistica”, ancorata ai valori del liberalismo e
mirante in primo luogo a promuovere “l’interesse nazionale”. La politica estera
deve “contribuire alla riduzione della tensione internazionale, alla promozione
della sicurezza e della stabilità, del libero commercio, dello sviluppo
economico e del rispetto dei diritti umani fondamentali”, in un sistema basato
sul diritto internazionale.
·
Conferma del ruolo
centrale dell’ONU e della NATO quali principali organizzazioni all’interno
delle quali si dispiega l’azione della politica estera norvegese.
·
Sostegno all’ONU e al suo
processo di riforma. Promuovere nel quadro dell’azione di politica estera, la
democrazia, i diritti umani, i principi dello stato di diritto.
·
Importanza del “Grande
Nord” nella politica estera norvegese, attraverso un rafforzamento delle
relazioni con i Paesi artici, compresa la Russia e una particolare attenzione
agli aspetti ambientali (cambiamenti climatici) e al loro impatto sulla
situazione nell’Artico (scioglimento dei ghiacci, apertura di nuove rotte per i
traffici marittimi, accessibilità delle risorse naturali ed energetiche).
·
Il servizio diplomatico
norvegese dovrà sempre più diventare uno “strumento di promozione degli
interessi economici norvegesi all’estero”.
·
Conferma dell’importanza
del ruolo norvegese nei processi di pace e riconciliazione, cercando di
selezionare quei processi e quei Paesi “dove la Norvegia ha risorse e
competenze tali da contribuire al raggiungimento di risultati” e intervenendo
in raccordo con gli alleati e con importanti organizzazioni multilaterali.
·
Impegno nel campo del
disarmo e della non proliferazione, settori dove la Norvegia svolge
storicamente un ruolo di primo piano a livello internazionale.
·
Conferma dell’impegno nel
processo di pace in Medio Oriente, a sostegno di una soluzione pacifica del
conflitto, basata sulla visione di due Stati, Israele e Palestina, che
convivono in pace e all’interno di confini sicuri e riconosciuti
internazionalmente.
Un
capitolo a parte è dedicato alla politica europea, in un Governo che per la
prima volta da molti anni non ha un approccio che escluda a priori la
possibilità di un’adesione della Norvegia all’UE (sebbene sia convinzione
condivisa dei partiti politici che non vi siano al momento le condizioni
neppure per cominciare ad aprire un dibattito nazionale sul tema, alla luce dei
sondaggi di opinione dai quali emerge una chiarissima maggioranza di contrari a
tale ipotesi). Il Governo intende promuovere una “politica europea più attiva”
per difendere gli interessi nazionali norvegesi nei confronti dell’Unione
Europea, segnatamente attraverso l’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.
L’Accordo SEE e gli altri Accordi che la Norvegia ha con l’UE sono “il quadro
di riferimento della politica europea del Governo”. In questo contesto si pone
quindi la decisione del Primo Ministro Solberg di nominare, per la prima volta,
un Ministro competente per gli Affari Europei (Ministro Vidar Helgesen, dal 16
dicembre 2015 divenuto Ministro per il Clima e l’Ambiente).
In
particolare, il Governo si pone i seguenti obiettivi:
·
Ambizione a intervenire
nei processi decisionali dell’UE nelle loro fasi iniziali, per tutelare e
rappresentare gli interessi norvegesi.
·
Rafforzamento delle
relazioni con i “Paesi chiave” dell’Unione Europea.
·
Migliore coordinamento
interno tra le amministrazioni dello Stato sui temi europei.
·
Importanza della
partecipazione norvegese ai fori formali ed informali cui la Norvegia può
accedere in virtù dell’Accordo SEE.
·
Maggiore coinvolgimento
del Parlamento sulle questioni europee.
·
Partecipazione al
dibattito in corso nell’UE sulla sostenibilità della libera circolazione delle
persone (che rimane un caposaldo per la Norvegia) in particolare per quanto
riguarda l’accesso alle prestazioni sociali.
Sulla
cooperazione, il nuovo Governo intende marcare alcune novità rispetto a come la
politica di sviluppo norvegese è stata gestita negli ultimi anni (soprattutto
dai vari governi a guida laburista). E’ stato abolito il posto di Ministro
dello Sviluppo, per cui la competenza sul tema torna nelle mani del Ministro
degli Esteri (quasi a compensare il passaggio della competenza sui temi europei
al Ministro per gli Affari Europei).
Operativamente,
si punta a ridurre il numero dei Paesi a vario titolo beneficiari di aiuto allo
sviluppo norvegese, e si intende concentrare gli interventi in alcuni settori
prioritari (istruzione, salute, lotta alla povertà, lotta alle discriminazioni,
buona amministrazione). Il Governo intende sostenere l’avvio di attività
imprenditoriali nei Paesi beneficiari e ridurre il fenomeno della “dipendenza”
dall’assistenza internazionale attraverso interventi limitati nel tempo.
In
particolare, il Governo intende:
·
condurre una politica di
sviluppo coerente, in cui le misure adottate nei vari settori siano indirizzate
nella maggior misura possibile verso gli stessi obiettivi;
·
basare la politica di
sviluppo sui risultati, condurre valutazioni sistematiche con conseguenze di
bilancio e aprire la strada alla piena trasparenza sull’entità, l’attuazione e
gli effetti della politica di sviluppo norvegese;
·
praticare una tolleranza
zero contro corruzione e frodi;
·
rafforzare l’interscambio
commerciale verso i Paesi poveri. Aprire la strada a facilitazioni sulle
importazioni e sull’interscambio;
·
assumere un ruolo di
leader globale sul tema dell'istruzione per tutti;
·
sviluppare ulteriormente
l'impegno sul tema della salute globale, soprattutto riguardo le donne e
l’infanzia;
·
dare priorità a settori
tematici quali diritti umani, lotta alla povertà, sviluppo della società civile
e buona amministrazione (governance), insieme all'assistenza umanitaria;
·
porre maggiori condizioni
ai Paesi beneficiari su progressi in tema di democratizzazione, sviluppo dello
stato di diritto e diritti umani;
·
presentare una relazione
annuale al Parlamento al fine di promuovere un più ampio dibattito sui fini e
sui mezzi della politica di sviluppo, se il Parlamento lo desidera;
·
dare peso allo sviluppo
economico, agli investimenti e alla crescita economica dei Paesi di cooperazione
attraverso un volet di interventi moderno e diversficato;
·
dare priorità al capacity
building, al trasferimento di competenze e all'assistenza tecnica nei Paesi di
cooperazione al fine di mettere questi Paesi in grado a gestire le proprie
risorse;
·
contribuire alla riduzione
del debito dei Paesi poveri attraverso accordi sia bilaterali che
multilaterali.
La
politica estera norvegese è particolarmente attiva e visibile, sicuramente al
di là di quanto le dimensioni del Paese potrebbero suggerire. Possono farsi
risalire alla sua vocazione internazionalista e multilateralista, largamente
condivisa dall’opinione pubblica, le numerose iniziative diplomatiche volte a
facilitare la soluzione dei conflitti internazionali ed a favore dei processi
di pace, anche nei confronti di conflitti ai quali la Norvegia non è
direttamente interessata. Fra di essi Sri Lanka, Guatemala, Colombia, Haiti,
Cipro, Filippine e Sudan).
La
Norvegia è presente in Afghanistan, partecipando alla Resolute
Support Mission a guida NATO e succeduta ad ISAF dal 2015, con una presenza
complessiva di circa 50 unità. dislocate principalmente nella regione di Kabul
in un’azione di formazione delle forze speciali di Polizia afghane. Il
contributo norvegese a Resolute Support
Mission continua, in linea con le decisioni prese in ambito NATO. Fino al
2014 il dispiegamento in Afghanistan ha rappresentato il più importante impegno
all’estero delle truppe norvegesi.
La
Norvegia ha avuto fino a settembre 2012 la responsabilità del PRT della
provincia di Faryab; la responsabilità del mantenimento della sicurezza nella
provincia è stata poi trasferita alle Afghan
National Security Forces. Il 5 febbraio 2013, in occasione della visita ad
Oslo dell’allora Presidente afghano Karzai, è stato firmato l’Accordo di
Partenariato Strategico tra Norvegia e Afghanistan, regolante le modalità di
assistenza norvegese in Afghanistan dal 2014 al 2017.
La Norvegia è presente anche nell’area dei Balcani
con personale in Kosovo (KFOR, con 2 ufficiali distaccati presso il Comando) e
Bosnia-Erzegovina (NATO HQ Sarajevo, di cui tradizionalmente ricopre l’incarico
di Vice Comandante e nel quale guida il programma di sostegno alle autorità
bosniache nella riforma del settore della Difesa).
Una Generale di Divisione norvegese (Magg. Gen.
Kristin Lund) ha comandato dal luglio 2014 al luglio 2016 le forze di peace-keeping
dell’ONU a Cipro (UNFICYP), quale prima donna a guidare una missione
di mantenimento della pace delle Nazioni Unite. La partecipazione norvegese a
UNFICYP si è ora conclusa.
La presenza norvegese in Medio Oriente
consiste in 13 osservatori nell’ambito della missione UNTSO, e 3 nella MFO del
Sinai, cui si devono aggiungere 20 tra poliziotti e funzionari civili in
servizio nella TIPH di Hebron (guidata dal Generale di Brigata norvegese Einar
Johnsen). Da lungo tempo coinvolta attivamente nel processo di pace in Medio
Oriente (si ricordino a titolo esemplificativo gli accordi di Oslo tra Israele
e Palestina del 1993, promossi dall’allora Ministro degli Esteri norvegese
Johan Jørgen Holst) la Norvegia rimane attiva anche nell’attuale fase
negoziale, anche in qualità di presidente dell’Ad Hoc Liaison Committee
(AHLC) che coordina le attività dei donatori a sostegno della popolazione e
dell’Autorità palestinese. Tradizionalmente aperta al dialogo con tutte le
parti coinvolte, anche quelle più difficili come Hamas (ad esclusione però dei
contatti politici) la Norvegia viene riconosciuta come interlocutore di primo
piano da tutti i protagonisti della crisi, inclusa Israele, nei cui confronti
pure ha assunto sovente un atteggiamento critico. La Norvegia ha votato favorevolmente alla risoluzione sullo status
della Palestina in Assemblea Generale il 29 novembre 2012 mentre non
intende per ora procedere al riconoscimento dello Stato di Palestina
(diversamente da quanto fatto dalla Svezia alla fine del 2014). La Norvegia ha
co-presieduto, insieme all’Egitto e al Presidente palestinese Mahmoud Abbas, la
Conferenza dei Donatori per la Palestina e la ricostruzione di Gaza, svoltasi al
Cairo il 12 ottobre 2014.
La Norvegia ha deciso di
partecipare alla coalizione internazionale anti ISIL/Daesh, con circa 60
unità di personale distaccato in Iraq (nella zona di Erbil) in missione di
addestramento e capacity building a
beneficio delle forze armate curdo-irachene impegnate nel contrasto a Daesh. La
missione prevista fino a marzo 2017, è stata ora prorogata per un ulteriore
anno. Le forze norvegesi però sono trasferite nella provincia di Anbar (Iraq
occidentale). Il mandato attribuito alle forze norvegesi esclude l’uso della
forza (se non per autodifesa) né consente lo svolgimento di attività in
territorio siriano. Oslo ha distaccato anche un contingente di ufficiali di
Stato Maggiore presso il Quartier Generale della Coalizione anti ISIL/Daesh,
anche per rispondere al dettato della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza n.
2249 (2015), adottata immediatamente dopo gli attentati di Parigi del 13
novembre 2015 e ha deciso nel maggio 2016 di distaccare circa 60 unità in
Giordania, impegnate in attività addestrative in favore di forze
dell’opposizione siriana che combattono Daesh. A questi si aggiungerà un numero
non precisato di unità di forze speciali norvegesi.
La crisi in Siria è
una delle priorità dell’attuale politica estera norvegese. Già oggi la Norvegia
è tra i principali Paesi donatori per le attività di assistenza umanitaria in
quel Paese. Nel 2015, sono stati stanziati 1,25 miliardi di corone, per
interventi umanitari in Siria e nei Paesi vicini, anche a sostegno dei profughi
provenienti da quel Paese. La Norvegia ha proposto al Segretario Generale delle
Nazioni Unite l’organizzazione di un’apposita Conferenza dei donatori per la
Siria e i Paesi vicini. Tale Conferenza si è tenuta a Londra il 4 febbraio
2016. Essa ha permesso di raccogliere pledges
per 11,1 miliardi di USD. La sola Norvegia ha messo a disposizione 1,159
miliardi di USD da qui al 2020. La Norvegia sarà nuovamente co-host della Conferenza internazionale
sulla Siria prevista a Bruxelles il 5 aprile prossimo, seguito della Conferenza
di Londra del febbraio 2016.
In Africa, la Norvegia è particolarmente
attiva nel quadro del processo di pace in Sudan (dove è “witness” del
Comprehensive Peace Agreement fra Nord e Sud Sudan e membro della Troika
assieme ad USA e Regno Unito; l’ex Ministro dello Sviluppo norvegese Hilde
Frafjord Johnson è stata fino al 7 luglio 2014 Rappresentante Speciale del
Segretario Generale dell’ONU in Sud Sudan) ed in generale in tutta la regione.
È particolarmente attiva in Somalia, grazie ad una generosa cooperazione e
contribuisce al processo di consolidamento delle nuove Autorità del Governo
federale somalo. Il Primo Ministro somalo è anche cittadino norvegese.
Contribuisce con forze militari e di polizia alla missione UNMISS in Sud Sudan
(16 unità di personale) e ha partecipato alla United Nations Organization
Stabilization Mission (MONUSCO, già conosciuta come MONUC) nella Repubblica
Democratica del Congo. Partecipa con circa 70 tra ufficiali e soldati alla
Missione ONU in Mali (MINUSMA), cui ha messo a disposizione dal settembre 2015
un aereo da trasporto C-130 dell’Aeronautica Militare norvegese. Nel secondo
semestre del 2013 ha partecipato nuovamente (come fatto nel 2011) con una
fregata alla missione NATO di contrasto alla pirateria al largo della Somalia Operation
Ocean Shield. Nel 2011 la Norvegia ha preso attiva parte nell’operazione
militare Unified Protector in Libia.
La Norvegia ha anche promosso la Conferenza
umanitaria in favore della Nigeria e dei Paesi rivieraschi del Lago Ciad,
tenutasi ad Oslo il 24 febbraio 2017. Alla Conferenza ha partecipato, per
l’Italia, il Vice Ministro degli Esteri Mario Giro.
Per
quanto riguarda il settore difesa, l'Esecutivo norvegese, al contrario di
quanto fatto dalla maggior parte dei Governi europei, ha incrementato anche nel
2017 gli stanziamenti per le proprie Forze Armate (+3,8% rispetto al 2016, il
Paese presenta oggi il più alto livello
di spesa pro capite per la difesa in ambito NATO). In termini assoluti, il bilancio
della difesa norvegese per il 2017 ammonta a 50,9 miliardi di corone (circa
5,65 miliardi di euro al tasso di cambio attuale), pari a circa l’1,56% del
PIL, lontano dal benchmark NATO del 2%. Una quota rilevante del bilancio
della difesa è legata al programma di
acquisizione dei nuovi aerei F-35 per l’Aeronautica norvegese. La Norvegia è
però tra i Paesi che maggiormente sostiene il raggiungimento dell’obiettivo del
2%. Sia il Partito Conservatore al governo che il Partito Laburista
all’opposizione (di cui è stato leader per dodici anni l’attuale Segretario
Generale della NATO, Jens Stoltenberg) sostengono in linea di principio il
conseguimento dell’obiettivo NATO da parte della Norvegia.
La
Norvegia è tradizionalmente Paese antesignano dell’assistenza ai Paesi in via
di sviluppo, attività che trae le sue origini proprio dalle iniziative assunte
alla fine del diciannovesimo secolo scorso dalle missioni luterane norvegesi.
Attualmente, Oslo si pone in primissimo piano in termini di finanziamento
pubblico dell’aiuto allo sviluppo, cui ha finora dedicato l’1% del PIL,
percentuale raggiunta per la prima volta nel 2008 e mantenuta negli anni
successivi. La legge di bilancio 2017 prevede uno stanziamento di 33,9 miliardi
di corone, in linea con l’obiettivo dell’1% del PIL.
2. Rapporti con i principali Paesi partner
La
Norvegia intrattiene rapporti privilegiati con i Paesi Nordici, con cui
collabora attraverso consultazioni rafforzate e tramite la comune
partecipazione in numerosi organismi regionali, di cui il più importante è il
Consiglio Nordico, organo di collaborazione a livello parlamentare, e il
Consiglio dei Ministri Nordici, organi di collaborazione a livello governativo,
di cui la Norvegia ha assunto la presidenza il 1 gennaio 2017 (precedente
presidenza nel 2012). La membership UE di Svezia e Finlandia accentua
l’importanza della collaborazione nordica per la Norvegia, quale foro di
consultazione ed informazione sugli sviluppi delle politiche dell’Unione nei
vari settori di interesse norvegese.
La Norvegia – insieme agli altri Paesi nordici –
mantiene un rapporto privilegiato con i Paesi Baltici, che si articola a
livello operativo in diverse forme di collaborazione nordico-baltiche, anche
nel settore della sicurezza e difesa, inclusa la partecipazione al Consiglio
Baltico.
Importante è anche la cooperazione tra Norvegia e
Regno Unito su questioni climatiche ed energetiche, per lo sviluppo di
tecnologie che contribuiscano alla riduzione delle emissioni di CO2 (la
Norvegia è stata il primo paese ad introdurre un’imposta sulle emissioni di CO2
già nel 1991).
Il rapporto con gli Stati Uniti è naturalmente
molto forte in virtù della comune appartenenza alla NATO. Le critiche mosse in
passato alla politica americana su diverse questioni (dall’intervento in Iraq
nel 2003 alla mancata partecipazione ad importanti accordi multilaterali, quali
il Protocollo di Kyoto, il CTBT, e lo Statuto della Corte Penale
Internazionale) non hanno peraltro mai scalfito la solidità del profondo
rapporto verso gli Stati Uniti sia sul piano bilaterale che nel quadro
dell’Alleanza Atlantica. I rapporti sono ulteriormente migliorati con la
presidenza Obama, di cui questo Governo ha in più occasioni sottolineato la
vocazione multilateralista, peraltro sancita proprio ad Oslo dalla consegna del
Premio Nobel per la Pace, assegnatogli nel 2009.
La Norvegia aveva intensificato negli ultimi anni i
rapporti con la Cina, soprattutto nel settore commerciale: è tuttora in fase di
negoziato un Accordo di Libero Scambio tra i due Paesi. Il rapporti bilaterali
hanno però subito un sostanziale stallo (pressoché totale assenza di contatti
politici ad alto livello, ritorsioni contro interessi norvegesi in Cina in
ambito commerciale, politica più restrittiva riguardo alla concessione di
visti) a causa delle frizioni createsi a seguito del conferimento del Premio
Nobel per la Pace 2010 all’attivista Liu Xiaobo, decisione che, pur chiaramente
non attribuibile al Governo norvegese, ha irritato molto Pechino. L’allora
Primo Ministro Stoltenberg ha avuto un breve incontro con l’omologo cinese Wen
Jiaobao a margine del Vertice ASEM di Vientiane nel novembre 2012.
Dopo alcuni anni di negoziato riservatissimo, il 19
dicembre 2016 è stata firmata da Norvegia e Cina, in coincidenza con la visita
del Ministro degli Esteri Brende a Pechino, una “dichiarazione congiunta” nella
quale le parti si dicono d’accordo nel normalizzare le relazioni. Da parte sua, la Norvegia
“fully respects China’s development path and social system, and highly commends
its historic and unparalleled development that has taken place. The Norwegian
Government reiterates its commitment to the one-China policy, fully respects
China’s sovereignty and territorial integrity, attaches high importance to
China’s core interests and major concerns, will not support actions that
undermine them, and will do its best to avoid any future damage to the
bilateral relations.
3. Rapporti con la Russia
Particolare
importanza rivestono per Oslo le relazioni con la Russia, sia per quanto
attiene l'interesse di Oslo al rafforzamento della stabilità ai propri confini
nord-orientali sia per le prospettive di collaborazione economica e di sviluppo
dell’area del Barents (regioni settentrionali della Norvegia, Svezia e
Finlandia e regioni russe di Murmansk, Arcangelo e Carelia). Le conseguenze
della crisi ucraina stanno creando difficoltà anche all’andamento delle
relazioni bilaterali con la Russia, sebbene il Governo norvegese abbia sempre
pubblicamente sostenuto il desiderio di preservare buone relazioni con Mosca
almeno sul piano strettamente bilaterale.
Il Governo norvegese ha posto il Grande Nord (“High North”) ai vertici della sua
agenda politica, accrescendo la presenza in loco della Guardia Costiera, della
Marina e dell’Aeronautica Militare e, di conseguenza, la sua capacità di
esercitarvi la propria sovranità in particolare in casi di emergenze
ambientali. Punto centrale della politica norvegese nel Nord è stata finora la
collaborazione con la Russia.
I
rapporti tra Oslo e Mosca avevano registrato una svolta positiva dopo il
raggiungimento dell’accordo, durante la visita del Presidente Medvedev ad Oslo
(26-27 aprile 2010) sulla delimitazione della piattaforma continentale nel Mare
di Barents, che ha posto fine ad una controversia pluridecennale e ha aperto
prospettive per un rafforzamento delle relazioni economiche. L’intesa si è
concretizzata sotto forma di una Dichiarazione congiunta, i cui contenuti sono
stati in seguito formalizzati in un Trattato sulla Delimitazione Marittima e la
Cooperazione nel Mare di Barents e nell’Oceano Artico, firmato a Murmansk il 15
settembre 2010 ed entrato in vigore il 7 luglio 2011. La soluzione adottata
prevede una spartizione dell’area contesa in due settori pressoché uguali,
giungendo ad un’interpretazione a metà strada tra le due finora portate avanti
dai due Stati (linea mediana per la Norvegia; linea di settore per la Russia).
Con l’avvento alla guida del Ministero degli Esteri
di Espen Barth Eide nel settembre 2012, si è notata una maggiore assertività
norvegese rispetto all’approccio più prudente del precedente Ministro Gahr
Støre sul tema del rispetto dei diritti umani in Russia. Con l’attuale Ministro
Brende tale linea è stata confermata.
La crisi ucraina ha incrinato l’andamento
delle relazioni bilaterali tra Oslo e Mosca. La Norvegia non intende dare una caratterizzazione
bilaterale al raffreddamento dei rapporti (allineamento alle sanzioni UE,
congelamento delle visite ad alto livello e della collaborazione militare
bilaterale), giustificato esclusivamente come una reazione alla violazione da
parte russa del diritto internazionale (con l’annessione della Crimea e
l’interventismo russo in Ucraina orientale). Le ritorsioni commerciali nel
settore agro-alimentare decise dalla Russia all’inizio di agosto 2014
colpiscono anche la Norvegia (in particolare nel comparto pesca, per il quale
la Russia costituiva il primo mercato di sbocco per l’export norvegese).
Ciò
nonostante, permangono molte le aree concrete di collaborazione tra i due
Paesi. La Norvegia collabora con la Russia in numerosi progetti volti a migliorare
la situazione ambientale nei territori russi al confine con la
Norvegia, con particolare riferimento allo smaltimento dei rifiuti nucleari ed
al controllo dell’inquinamento delle coste settentrionali, allo scopo di
scongiurare il pericolo di un disastro ambientale.
Nel
corso del 2005, Oslo ha concordato con Francia e Canada programmi di
collaborazione per lo svolgimento di progetti relativi alla sicurezza nucleare
in Russia, essenzialmente volti allo smantellamento delle batterie radioattive
di numerosi fari nella regione del Barents. A tale riguardo, Norvegia e Russia
hanno di recente concluso un accordo per la sostituzione con pannelli solari
delle suddette batterie nucleari.
Nell’aprile
2010, il Governo norvegese ha presentato un Libro Bianco sulla cooperazione per
la sicurezza nucleare con la Russia nell'High North (in particolare per quanto
riguarda la gestione e lo smaltimento delle scorie radioattive). Gli obiettivi
principali di tale collaborazione nella Russia nord-occidentale consistono nel
proteggere la salute umana, l'ambiente e le attività economiche dalla
contaminazione radioattiva e nell'impedire che il materiale nucleare venga
adoperato per finalità terroristiche. In questo ambito, la Norvegia ha concluso
il 19 febbraio 2013 un accordo con la Difesa russa, con il quale si impegna a
fornire assistenza alle autorità russe per la messa in sicurezza (safety)
dei sommergibili nucleari obsoleti nelle basi della penisola di Kola. A margine
della Conferenza Generale dell’AIEA è stato firmato, il 15 settembre 2015, un
accordo tra l’Autorità Norvegese di Sicurezza Nucleare (Norwegian Radiation
Protection Authority) e ROSATOM per la definizione di procedure di notifica in
caso di incidenti nucleari. Le consultazioni tra Norvegia e Russia sulla sicurezza
nucleare proseguono regolarmente. Il Vice Ministro degli Esteri norvegese
Hattrem ha visitato a metà settembre 2016 San Pietroburgo, alla guida della
delegazione norvegese alla Commissione bilaterale sulla sicurezza nucleare. A
fine marzo 2017 è prevista la visita in Russia, nella città di Arkhangelsk, del
Ministro degli Esteri Brende, per partecipare ad una conferenza internazionale
su temi artici. Si tratterà della prima visita in Russia del Ministro degli
Esteri norvegese dopo l’annessione della Crimea.
Sono
attivi anche numerosi progetti in diversi altri settori (energia,
comunicazioni, trasporti, sanità). Difficoltà esistono relativamente alla
realizzazione concreta dei progetti e alla gestione dell’ecosistema, in
particolare delle risorse ittiche, nel Mare di Barents e nelle acque intorno
all’arcipelago delle Svalbard, per le quali la Norvegia ha adottato nel 2001
una precisa legislazione ambientale, dichiarandola zona di protezione ittica.
La Russia opera nelle Svalbard con propri insediamenti per lo sfruttamento di
giacimenti minerari ai sensi del Trattato del 1920, che concede agli Stati
parte (tra cui vi è anche l’Italia, che è altresì presente nelle Svalbard, a
Ny-Ålesund, con una base scientifica del CNR) il diritto di svolgere alcune attività
produttive e di ricerca nell’arcipelago.
Proprio
la presenza nelle Svalbard è emersa negli ultimi mesi come un potenziale
ulteriore irritante nelle relazioni bilaterali tra Oslo e Mosca, a causa della
visita non concordata del Vice Primo Ministro russo Rogozin (inserito tra i
destinatari delle misure restrittive UE recepite anche dalla Norvegia)
nell’aprile 2015 e dell’irrigidimento, da parte norvegese, delle procedure di
ingresso nell’arcipelago nel luglio 2015, duramente condannato dal Ministero degli
Esteri russo. Inoltre, da parte russa non si condivide la posizione norvegese
secondo cui alla piattaforma continentale e alla zona economica esclusiva
adiacente alle Svalbard non si applicano le norme di non discriminazione del
Trattato del 1920: aquestione tornata di attualità a seguito delle concessioni
del XXIII round di licenze esplorative sulla piattaforma continentale
norvegese, che hanno per la prima volta incluso aree attigue all’arcipelago.
Un
ulteriore fattore di difficoltà in una relazione già oltremodo complessa è
costituito dalla questione migratoria e dal ruolo svolto dalla Russia, a causa
dell’afflusso di profughi in Norvegia attraverso il posto di frontiera
russo-norvegese di Boris Gleb/Storskog. Nei mesi di ottobre e novembre 2015,
tale afflusso ha raggiunto punte di 200 ingressi giornalieri. Dalla fine di
novembre, il flusso è cessato. Si è però aperto il problema di avviare un
processo di restituzione alla Russia di tali migranti, con la Norvegia che ha
invocato il rispetto dell’accordo di riammissione tra i due Paesi del 2007. La
situazione sembra ora normalizzata, sia perché gli afflussi sono cessati, sia
perché, nonostante alcune resistenze, da parte russa si è di fatto accettato il
ritorno di quei profughi di cui si poteva dimostrare il lungo soggiorno in
Russia. Da parte norvegese, inoltre, si è deciso di rafforzare le misure di
sicurezza fisica al posto di frontiera, costruendo una barriera lunga
quattrocento metri (duecento metri per lato), che dovrebbe prevenire ogni
tentativo di passaggio non autorizzato nella zona. Finora da parte russa non si
sono manifestate difficoltà al riguardo, anche perché analoghe, se non più
rigide, misure di sicurezza sono da decenni presenti sul lato russo del
confine.
4. Relazioni con le principali Organizzazioni
Internazionali
L'appartenenza
alla NATO rimane il cardine della politica di sicurezza del Paese. A
causa della conformazione geografica, la difesa del territorio norvegese
dipende dal tempestivo arrivo di rinforzi dei Paesi dell'Alleanza, in primo
luogo degli Stati Uniti. In tale ottica, rimane centrale il rapporto con
Washington. Oslo è favorevole e partecipa per quanto possibile alla PSDC,
ponendo però l’accento sulla necessità di salvaguardare la stabilità dei
tradizionali rapporti con gli Stati Uniti, che continuano ad essere qui
considerati i garanti ultimi della sicurezza nazionale. Dal 1 ottobre 2014, l’ex
Primo Ministro norvegese Jens Stoltenberg è Segretario Generale della NATO
in sostituzione del danese Anders Fogh Rasmussen. Il suo mandato durerà quattro
anni, con possibilità di una proroga di un ulteriore anno.
In tale
contesto, si segnalano le iniziative organizzate e in programmazione da parte
di questa Ambasciata per promuovere il ruolo italiano nel Grande Nord. In primo
luogo, la partecipazione dell’Ambasciatore Novello quale key-note speaker
alla Conferenza internazionale Arctic Frontiers tenutasi a Tromsø nel gennaio
2014.
Nel
giugno 2014, sempre a Tromsø (“capitale artica” della Norvegia), l’Ambasciata
ha organizzato, in collaborazione con la locale Università, una “Giornata
italiana” volta a presentare le nostre eccellenze scientifiche ed economiche
nell’Artico.
L’Ambasciata
mantiene anche regolari contatti con la Senior Arctic Official norvegese. Una
qualificata delegazione scientifica norvegese ha partecipato al seminario
sull’Artico che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione
Internazionale ha organizzato a Venezia dal 10 al 12 dicembre 2014.
Altrettanto
attiva è la Norvegia nel Consiglio Euro-Artico di Barents (di cui la
Norvegia ha detenuto la Presidenza nel 2005 e la ha assunta nuovamente dal 2011
al 2013, con un focus particolare diretto, tra gli altri, ai temi
dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili; l’Italia è
osservatore), nonché nel Consiglio degli Stati del Mar Baltico (CBSS, di
cui sono membri gli Stati rivieraschi, la Norvegia e l’Islanda; l’Italia ha il
ruolo di osservatore), di cui la Norvegia ha detenuto la presidenza fino al 30
giugno 2011. Molta attenzione viene dedicata anche allo sviluppo della Dimensione
Settentrionale dell’UE: il 2 novembre 2010 si è tenuta ad Oslo la Seconda
Riunione Ministeriale della Dimensione Settentrionale dell'UE, mentre l’8
aprile 2014 Oslo ha ospitato la IV Riunione a livello Alti Funzionari della
Dimensione.
L’Ambasciata
ha organizzato il 12 maggio 2014, in collaborazione con il Ministero degli
Esteri norvegese e con le Ambasciate di Austria, Serbia ed Ungheria, un
seminario sul ruolo dell’Iniziativa Centro-Europea e sullo scambio di
esperienze tra l’InCE e i fori di cooperazione euro-artici (Consiglio
Euro-Artico del Barents, Consiglio Artico, Dimensione Settentrionale dell’UE).
La Norvegia è tradizionalmente uno dei più convinti
sostenitori del sistema delle Nazioni Unite e dei valori tutelati
tramite di esso: da parte norvegese è stato più volte indicato come priorità
principale la realizzazione dei Millennium Development Goals, con particolare
attenzione della Norvegia verso gli obiettivi 4 e 5, relativi alla mortalità
infantile e alla salute materna. La Norvegia ha svolto un ruolo particolarmente
profilato a New York nel processo che ha portato, nel settembre 2015,
all’adozione dei nuovi Sustainable
Development Goals.
Il
rilievo accordato a questi temi fa sì che la Norvegia figuri molto spesso ai
primi posti delle differenti graduatorie prodotte in ambito onusiano, ad
esempio in termini di aiuti umanitari e allo sviluppo (1% del PIL) e
nell'Indice di Sviluppo Umano (1° posto); grazie a questa spiccata sensibilità,
ma anche alla consistente disponibilità di risorse finanziarie, il Paese
scandinavo contribuisce significativamente (con una quota pari allo 0,849%) al
bilancio ordinario e a quello per operazioni di peacekeeping, raggiungendo il
sesto posto in termini assoluti per finanziamenti all'organizzazione, il terzo per
contributi volontari e il primo posto per contributi pro-capite. L’impegno
norvegese nella sfera del ”peace-keeping” e dell’aiuto allo sviluppo, oltre a
iniziative come quelle di facilitazione in Sri Lanka e Sudan o di sostegno
sociale nei Territori Palestinesi, finiscono per dare al Paese un rilievo
internazionale superiore al suo peso specifico. ‘
La
Norvegia è candidata alle elezioni per uno dei due seggi non permamenti del
Consiglio di Sicurezza riservati al WEOG per il biennio 2021-2022, in un’elezione
competitiva che si annuncia particolarmente complessa.
Per quanto riguarda la riforma del CdS, la
posizione norvegese è in evoluzione. Pur avendo sostenuto negli anni le
posizioni del G4, ora la Norvegia ha assunto un atteggiamento più articolato
che, prendendo atto dello stallo a New York, sta ora convergendo su taluni
punti con quanto tradizionalmente propugnato dal gruppo Uniting for Consensus.
In un Libro Bianco sulle Nazioni Unite presentato nel settembre 2012 dal
precedente Governo, si afferma testualmente: “La politica norvegese
sull'eventuale riforma del CdS è stata rivista. Nel Libro Bianco presentiamo
una nuova posizione di principio norvegese, che sostiene una riforma più
radicale del CdS rispetto ad un modello di riforma che preveda solo l'aggiunta
di nuovi seggi permanenti a quelli attuali mentre il CdS continuerebbe ad
operare come adesso. Alla luce dell'evoluzione della politica internazionale
dopo il 1945 e dei nuovi rapporti di forza, riteniamo ora che si debba
riflettere in modo nuovo sulla rappresentanza regionale e che si debba tenere
nella dovuta considerazione lo sviluppo di organizzazioni o attori a carattere
regionale in molte parti del mondo. Ove una tale riforma ad ampio spettro non
fosse possibile, allora la Norvegia continuerebbe a sostenere come prima
candidature individuali, ma ora come una posizione di ripiego.".
Thorbjørn Jagland, già Presidente del Parlamento
norvegese, è dal 1° ottobre 2009 Segretario Generale del Consiglio d’Europa ed
è stato riconfermato nel giugno 2015 per un nuovo mandato quinquennale.
5.
Questioni migratorie
La crisi migratoria in corso sta suscitando viva
emozione in Norvegia, Paese fuori dall’UE ma partecipante alla cooperazione
Schengen/Dublino. Rispondendo alle sollecitazioni della società civile e
dell’Associazione norvegese degli Armatori, il Governo ha deciso nella
primavera 2015 di inviare due unità navali da dispiegare nel quadro delle
operazioni Triton (Mediterraneo centrale a guida italiana) e Poseidon (a
sostegno delle autorità greche) di Frontex. Tali unità hanno contribuito al
salvataggio di numerose vite umane. La partecipazione a Triton è stata
prorogata ulteriormente fino all’autunno 2016. Il Governo è anche pronto a
partecipare, sia pure su base volontaria quale Paese non membro dell’Unione
Europea, alle procedure di ricollocamento in Europa dei richiedenti asilo
siriani decise dal Consiglio ed è iniziato ad accogliere 1500 profughi
provenienti da Italia e Grecia. Inoltre, la Norvegia ha deciso di accogliere
ottomila rifugiati siriani, ammessi ai programmi di resettlement di UNHCR.
Sulla questione migratoria si è registrata negli
ultimi due anni un’intensificazione dei contatti tra i due Paesi: visite al
Comando Generale della Guardia Costiera italiana nel quadro delle missioni in
Italia della Primo Ministro (giugno 2014) e del Ministro degli Esteri (aprile
2015) e della Ministra dell’Immigrazione (maggio 2016), nonché la visita in
Italia (Roma e Sicilia) della Delegazione parlamentare norvegese presso
l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa nel settembre 2015.
L’Ambasciata ha organizzato nel giugno 2016, in
collaborazione con il Consiglio Norvegese dei Rifugiati (principale ONG
umanitaria del Paese), l’Ufficio di Stoccolma dell’UNHCR e la Comunità di
Sant’Egidio un seminario di presentazione dei “corridoi umanitari”.
RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA
La
Norvegia ha respinto per due volte, con referendum (nel 1972 con il 53,3% e nel
1994 con il 52,2% dei voti), la progettata adesione all’Unione Europea.
Malgrado questo doppio rifiuto, ogni Governo norvegese si è costantemente
impegnato a coltivare con l’Unione i legami più stretti compatibili con la sua
posizione di non-membro. Dal gennaio 1994 la Norvegia fa parte dello Spazio
Economico Europeo (SEE), partecipando al Mercato Unico e al relativo
Consiglio (28+3: Norvegia, Islanda e Liechtenstein) ed impegnandosi a recepire
la legislazione UE nei settori previsti dall’Accordo SEE.
Dal 25 marzo 2001 la Norvegia - insieme agli altri
Paesi nordici - partecipa alla cooperazione Schengen.
La
mancata adesione all'Unione Europea non ha quindi impedito alla Norvegia di
intrattenere eccellenti relazioni con i Paesi UE e di seguire con particolare
interesse gli sviluppi dell’Unione, tra cui la Dimensione Settentrionale
dell’UE. La Norvegia intrattiene regolari consultazioni con la Presidenza di
turno dell’UE (incontri tra i Ministri degli Esteri, degli Affari Europei e
Primi Ministri all’inizio di ogni semestre di presidenza e partecipazione dei
Ministri competenti ai Consigli informali dell'UE su temi specifici di
interesse SEE).
L’euroscetticismo
norvegese ha molteplici cause. Paese di giovane indipendenza (dal 1905), la
Norvegia, traumatizzata anche dall’esperienza dell’occupazione tedesca durante
il secondo conflitto mondiale, ha una diffidenza quasi innata verso l’ipotesi
di cessioni di sovranità in favore di organismi sopranazionali, nel timore che
ciò possa indebolire il livello di democraticità e di responsabilizzazione (accountabilty)
della classe politica e amministrativa. L'improvviso benessere conosciuto dal
Paese a partire dagli anni 70 è anche tra le cause del persistente sentimento
contrario della popolazione nei riguardi di un'adesione all'Unione Europea, un
sentimento che l’attuale crisi economica e le difficoltà di alcuni Paesi dell’Eurozona
hanno certamente contribuito a rafforzare ulteriormente.
Rimane
però sempre presente nella classe dirigente e nei settori più avvertiti
dell’opinione pubblica il timore di una marginalizzazione strisciante della
Norvegia in Europa, causata dai recenti allargamenti e dalla rapida evoluzione
istituzionale dell'Unione Europea. Anche la prospettiva di un progressivo
esaurimento, a medio termine, delle risorse petrolifere e di gas contribuisce a
riproporre all’attenzione dell’opinione pubblica il problema del collocamento
futuro del Paese.
L’Accordo
SEE e la conferma dello status della Norvegia di non-membro dell'UE restano
centrali nella politica del Governo norvegese. Come detto, l’attuale Esecutivo
è il primo da molti anni a non avere esplicitamente escluso nel suo programma
l’ipotesi dell’adesione; la sua praticabilità pare comunque remota, dato il
chiaro atteggiamento dell’opinione pubblica al riguardo e le fibrillazioni
interne all’Unione.
Una
posizione che è resa ancora più difficile dall’esito del referendum del 23
giugno 2016 sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. La Norvegia
aveva chiaramente espresso l’auspicio di un voto favorevole alla permanenza
nell’UE da parte di Londra. Ora, da parte norvegese si cerca di analizzare le
conseguenze del recesso, sia nei rapporti tra Londra e Bruxelles, che nelle
relazioni tra Londra e i Paesi EFTA/SEE, nonché nelle relazioni bilaterali tra
i due Paesi. E’ stato istituito presso il Ministero degli Esteri norvegesi un
comitato interministeriale, a livello tecnico, incaricato di analizzare le
conseguenze del voto per la Norvegia e i possibili scenari. A livello politico,
l’indicazione – confermata dalla Primo Ministro Solberg dopo il suo incontro a
New York a settembre con l’omologa britannica May – è quella di auspicare la
più stretta relazione possibile tra Oslo e Londra anche dopo la Brexit. Come
questo si potrà ottenere rimane da vedere. Vi è qui la consapevolezza,
tuttavia, che la palla al momento sia nel campo britannico (in attesa dell’attivazione
formale della procedura di recesso prevista dall’articolo 50 del Trattato
sull’Unione Europea) e che moltissimo dipenderà naturalmente da come Regno
Unito e UE riusciranno a disciplinare la propria futura relazione. La Norvegia
si sta preparando al negoziato. Il 25 gennaio 2017 ha visitato Oslo Michel
Barnier, Capo Negoziatore della Commissione Europea per la Brexit.
Nel
corso del 2012, il precedente Governo ha presentato due importanti documenti
sulla relazione tra la Norvegia e l’UE: una dettagliata analisi del rapporto
tra Oslo e Bruxelles, sintetizzata dalla formula “la Norvegia come il più
integrato tra gli Stati non membri dell’Unione Europea” (c.d. “Rapporto
Sejerstad”); un Libro Bianco sulle relazioni con l’UE, nel quale si conferma tra
l’altro l’importanza dell’Accordo SEE senza però nascondere alcuni aspetti
critici di una relazione che vede la Norvegia recepire più o meno passivamente
il corpus iuris prodotto dall’UE su tutte le questioni afferenti il mercato
interno e coperte dall’Accordo SEE.
L’attuale
Governo intende come detto promuovere una politica europea più attiva, cercando
in particolare di influenzare in modo più efficace il processo decisionale
interno dell’UE nelle materie di interesse norvegese e di rendere più snello all’interno
il processo di recepimento della legislazione comunitaria adottata dalla
Norvegia in virtù dell’Accordo SEE. Importante per Oslo anche promuovere una
diplomazia più attiva sia verso Bruxelles (non solo verso la Commissione,
tradizionale interlocutore, ma anche verso altre istituzioni quali il
Parlamento, sempre più importanti nell’architettura istituzionale dell’Unione
dopo Lisbona) che verso importanti Stati Membri (i nordici, la Germania, il
Regno Unito, la Francia, la Polonia e l’Italia).
La
Norvegia contribuisce alla politica europea di coesione attraverso i cosiddetti
EEA Grants e i Norwegian Grants. In totale Oslo ha versato attraverso i due
strumenti circa 1,75 miliardi di euro nel periodo 2009-2014. Il negoziato per
la definizione del contingente 2014-2020 tra SEAE e Paesi EFTA è stato chiuso
lo scorso luglio, e sono in via di finalizzazione le procedure interne europee
per la ratifica dell’’Accordo. Secondo l’Accordo, La Norvegia stanzierà
complessivamente circa 388 milioni di euro annui per progetti in 15 Paesi
europei (i tredici degli allargamenti dal 2004 in poi più Grecia e Portogallo,
mentre la Spagna, che fino all’anno scorso era beneficiaria anch’essa dei fondi
SEE e norvegesi, con il nuovo meccanismo finanziario non rientrerà più tra i
Paesi destinatari degli interventi). Nell’Accordo si prevede anche il
finanziamento norvegese e degli altri Paesi EFTA/SEE ad uno specifico fondo per
il contrasto alla disoccupazione giovanile, di cui potrebbe beneficiare anche
il nostro Paese.
La
Norvegia ha curato in modo particolare i rapporti con l’Italia durante il
semestre di presidenza dell’Unione Europea (luglio-dicembre 2014). In questo
contesto, hanno già visitato l’Italia nel 2014 la Primo Ministro Solberg (23
giugno), la Ministro delle Finanze Jensen (24 giugno) e il Ministro degli
Affari Europei Helgesen (22 aprile). Il Ministro degli Esteri Brende si è
recato a Roma il 21 aprile 2015 per incontrare il Ministro degli Esteri On.
Gentiloni. Il Ministro degli Affari Europei Bakke-Jensen sarà a Roma il 20
marzo 2017 per incontrare il Sottosegretario alle Politiche Europee Sandro
Gozi.
RAPPORTI BILATERALI
1. Rapporti politici
La
distanza geografica e la diversa dimensione geopolitica hanno pesato
negativamente sulla frequenza dei contatti bilaterali. Dopo i positivi sviluppi
registrati sull’onda dello scambio di visite a livello di Capi di Stato (visita
dei Reali norvegesi in Italia nel 2001 e visita del Presidente Ciampi in
Norvegia nel 2004), negli anni successivi il dialogo politico ha subito un
sensibile rallentamento. Nell’ottobre 2006 il Vice Presidente del Consiglio e
Ministro degli Esteri D’Alema ha ricevuto il suo omologo norvegese Jonas Gahr
Støre. Si è trattato del primo incontro tra i Ministri degli Esteri dei due
Paesi dopo un’assenza di contatti protrattasi per oltre tre anni. L’ultimo incontro
bilaterale tra i due Ministri degli Esteri risaliva infatti alla visita in
Italia del Ministro Petersen, nel luglio 2003. In occasione di tale incontro è
stata adottata una “Dichiarazione Congiunta”, che registra l’impegno dei due
Paesi a rilanciare ed approfondire le relazioni bilaterali, anche tramite
consultazioni più frequenti su temi internazionali ed europei di comune
interesse.
Il 30
settembre 2008 il Ministro Frattini ha incontrato a Roma il suo omologo
norvegese Støre, ponendo le basi per lo sviluppo delle relazioni bilaterali nel
settore energetico. Nell’occasione è stato inoltre confermato l’appoggio
norvegese per l’adesione dell’Italia al Consiglio Artico in qualità di Paese
osservatore.
Un
successivo incontro tra i due Ministri degli Esteri ha avuto luogo a Tromsø il
29 aprile 2009, a margine della riunione ministeriale dello stesso Consiglio
Artico.
Recentemente
i contatti a livello politico hanno conosciuto un’intensificazione. Il 10
dicembre 2012, il Presidente del Consiglio Monti ha partecipato alla cerimonia
di conferimento del Premio Nobel per la Pace all’Unione Europea ed ha
successivamente avuto un incontro bilaterale con il Primo Ministro Stoltenberg.
Nel
2013, la Ministro degli Esteri Bonino ha incontrato sia il Ministro degli
Esteri laburista Barth Eide, a margine della 68ma UNGA, sia l’attuale Ministro
Brende (conservatore), a margine della Ministeriale Esteri della Nato del 3 e 4
dicembre 2013.
Nel 2014
le citate visite norvegesi ad alto livello (Primo Ministro Solberg, Ministra
delle Finanze Jensen, Ministro degli Affari Europei Helgesen), mentre da parte
italiana si sono recati in Norvegia i Presidenti del Senato e della Camera.
Nel 2015
ha visitato Roma il Ministro degli Esteri Brende. Nel 2016, il momento più
solenne è stato costituito dalla visita di Stato dei Reali di Norvegia dal 5
all’8 aprile. I Reali erano accompagnati dal Ministro degli Esteri Brende, per
la tappa di Roma, e dal Ministro del Petrolio e dell’Energia Lien per la tappa
di Milano. Hanno visitato l’Italia anche la Ministra dell’Immigrazione e
Integrazione Listhaug e il Ministro della Pesca Sandberg.
Nel
2017, la visita ad Oslo del Vice Ministro Giro (23-24 febbraio) e la visita a
Roma del Ministro degli Affari Europei Bakke-Jensen (20 marzo).
-
3 giugno - Visita a Roma del Sottosegretario ai
Trasporti e Comunicazioni John-Ragnar Aarset ed incontro con Sottosegretario
allo sviluppo economico Antonello Giacomelli.
2.
Rapporti economici bilaterali
2.1. Interscambio commerciale bilaterale
Tabella n.
5: interscambio commerciale Italia – Norvegia. Quadro Generale
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(…)
Fonte: Dati Statistics
Norway e dati ICE/ISTAT.
Saldo commerciale: anche
nel 2016 si conferma il saldo attivo della nostra bilancia commerciale con la
Norvegia, sebbene con una lieve riduzione del nostro avanzo rispetto al 2015 un
miglioramento delle posizioni rispetto al 2014 (da 1,2 miliardi di EUR a 0,91
miliardi di EUR), secondo i dati di Statistics Norway. Un risultato importante,
causato in primo luogo dal ridimensionamento del nostro import di idrocarburi
dalla piattaforma continentale norvegese, ma al quale hanno contribuito anche
le positive prestazioni conseguite dalle nostre imprese negli ultimi 5 anni in
questo mercato.
Esportazioni Italiane in
Norvegia: il dato
di fonte Agenzia ICE (elaborazione su dati ISTAT), fa stato di una stabilizzazione del nostro
export, dopo alcuni anni di fase espansiva. Anche per l’Istituto Nazionale di
Statistica norvegese il valore complessivo delle nostre esportazioni è in lieve
calo rispetto all’anno precedente, da 2,06 miliardi di EUR a 1,96. Anche in
NOK, si registra una lieve riduzione del valore delle nostre esportazioni (da
18,4 miliardi di NOK a 18,2 miliardi di NOK). L’Italia è tornata ad essere il
decimo fornitore della Norvegia (undicesimo nel 2015 e decimo nel 2014), con una
quota di mercato del 3% (come nel 2015, mentre nel 2014 era del 3,1%, nel 2013
del 3%, e del 2,6% nel 2011). Il deprezzamento della NOK ha portato ad un
aumento generalizzato del valore delle importazioni norvegesi per tutti i
principali Paesi partner.
Tra i settori più
importanti del nostro export in Norvegia (secondo dati ICE su fonti ISTAT), si
conferma l’importanza del settore dalle aziende produttrici di macchinari e
attrezzature generici (520 milioni di euro, sostanzialmente stabile rispetto al
2015, ma in calo rispetto al 2014, a causa dell’intervenuto rallentamento del
settore oil & gas norvegese). In evidenza anche (secondo i dati ICE su
fonti GTI 2016, in USD convertiti in EUR ai tassi medi annui di cambio) la
nostra industria alimentare (130 milioni di euro, +2.1% rispetto al
corrispondente periodo del 2015), le bevande (133,6 milioni di euro, -1.7%), i
prodotti della metallurgia (91 milioni di euro, +2 %), gli autoveicoli (116,5
milioni di euro, -5.8%).
Rimangono constistenti i
margini di miglioramento delle nostre esportazioni nel comparto beni di
consumo, dato che la maggior parte del nostro export è riconducibile al
comparto macchinari ed apparecchiature elettriche, in buona parte destinata
all’industria offshore. Per quanto concerne il settore automotive, il risultato
dell’export italiano nel 2016, nonostante il calo in percentuale, si conferma
significativo, dato che l’Italia ha una produzione di nicchia di auto
elettriche (di marca Tazzari, vendute a poche decine in Norvegia), è sostanzialmente
assente dal segmento alta gamma (in mano ai produttori tedeschi) e paga, dal
punto di vista statistico, il fatto che la Fiat 500 è considerata come prodotta
in Serbia. Chiaramente robusto invece il comparto dei veicoli commerciali.
In prospettiva futura, l’export con la Norvegia è
destinato a registrare un notevole innalzamento di livello, man mano che
entreranno nella fase esecutiva i rilevanti contratti stipulati tra aziende
italiane ed enti norvegesi in settori ad elevato contenuto tecnologico. Dopo
gli importanti successi di AgustaWestland (elicotteri SAR, per la cui
realizzazione saranno coinvolte numerose aziende italiane del gruppo
Finmeccanica anche se gli apparecchi sono in produzione in Inghilterra),
Fincantieri (nuova nave oceanografica “Kronprins Haakon” la cui consegna è
prevista nell’estate 2017), Rebaioli e Consorzio Italia (linee elettriche ad
alto voltaggio nel difficile contesto settentrionale). Nel 2015 la Società
Italiane Condotte d’Acqua e Ghella SpA (in partnership con la spagnola Acciona
Infraestructuras) si sono aggiudicate tre (due per Condotte e uno per
Ghella/Acciona) dei quattro lotti del più grande progetto infrastrutturale
finora mai realizzato in Norvegia, la linea ferroviaria sotterranea ad alta
capacità Oslo – Ski. L’industria italiana ha pertanto visto il successo di sue
aziende nei primi contratti assegnati dalle Ferrovie norvegesi, ulteriore
conferma dell’importante complementarità esistente tra la nostra capacità
produttiva e collaborativa da un lato e la domanda di prodotti e servizi
altamente avanzati delle Autorità norvegesi dall’altro. Con riguardo ad altri
settori, si intravedono ulteriori grandi potenzialità di consolidamento in
ambiti in cui la nostra presenza è già radicata, come nella subfornitura
energetica (in cui si registra l’entrata del gruppo IREM SpA nell’ambito del progetto di ammodernamento
della raffineria Exxon di Slagen) e nell’enoagroalimentare. Il notevole
successo riscosso in ambito eno-agroalimentare è un chiaro indice del valore
positivo attribuito al made in Italy
ed allo stile italiano, e attraverso azioni di comunicazione mirate esso
potrebbe riverberare i suoi positivi effetti anche su altri beni
(moda-abbigliamento e accessori, gioielleria, beni di lusso).
Importazioni italiane
dalla Norvegia. Sul
versante import dalla Norvegia nel 2016 si è registrata una ripresa del valore
delle nostre importazioni, in controtendenza rispetto al calo del 2015. Secondo
i dati di Statistics Norway, si registra una ripresa dei nostri acquisti di
idrocarburi (passati da 67 milioni di EUR del 2015 a 169 milioni di EUR del
2016, ma erano pari a 244,5 milioni nel 2014).
Significativa inoltre la
crescita delle esportazioni norvegesi di prodotti ittici nel 2016, per un
valore di 388 milioni di EUR, con un +42% rispetto al 2015. Sostanzialmente
stabili i settori chimico, della raffinazione energetica, plastico e
metallurgico.
2.2. Presenza italiana in Norvegia
Il
centro gravitazionale degli interessi economici italiani in Norvegia è
rappresentato dagli idrocarburi estratti nella piattaforma continentale del
Mare del Nord e di Norvegia. Il gruppo ENI è uno dei principali protagonisti.
Giunto in Norvegia negli anni '60 a seguito dello scambio di partecipazioni con
la major americana Conoco Phillips, pioniere americano dello sfruttamento del
petrolio nel Mare del Nord, L'ENI ha nel corso degli anni consolidato la sua
presenza, prima come Norsk Agip e, a partire dal 2003, come ENI Norge AS.
Questa società ha riunito le aziende locali del gruppo facenti capo a SAIPEM e
SNAM, nonché le controllate norvegesi MOSS e SONSUB rilevate con l'acquisizione
della compagnia finlandese Fortum.
Ad oggi,
nel Mare del Nord e di Norvegia, l’ENI Norge possiede il 12,39% della
produzione del giacimento di Ekofisk e partecipa attivamente alla produzione
dei giacimenti Åsgård (14,82 %), Mikkel (14,9%), Norne (6,9 %), Urd (11,5 %),
Kristin (8,25 %) e Heidrun (5,12 %). L'ENI Norge svolge il ruolo di operatore
in 12 licenze e possiede interessi in 50 licenze. Grazie all'acquisizione della
licenza di esplorazione del giacimento Goliat (dove la produzione è stata
avviata il 12 marzo 2016), l'ENI è diventata la prima impresa straniera
direttamente impegnata nelle attività petrolifere del Mar di Barents, nell'area
artica, in cui sarebbero presenti secondo stime affidabili importanti
giacimenti di idrocarburi. Inoltre, ENI è partner di un consorzio che ha
scoperto un nuovo importante giacimento sottomarino di petrolio e gas, situato
a Skrugard, non lontano da quello di Goliat.
Oltre
all'ENI Norge AS, sono presenti in Norvegia le filiali estere di alcune
primarie società italiane: Ansaldobreda, Becromal Norway, Brevini Norge,
Ferrero, iGuzzini, Iveco Norge, Luxottica, Petrolvalves, Rescon Mapei, Saipem,
Consorzio Italia 2000, MerMec, Cimberio.
Sono
assenti filiali ed uffici di rappresentanza di banche ed organi di stampa
italiani.
In tema
di collaborazione industriale e di joint-ventures, si segnalano le
considerevoli prospettive offerte da questo mercato nel campo dell’alta
tecnologia e dei sistemi di difesa e sicurezza. AgustaWestland – società del
gruppo Finmeccanica – si è aggiudicata nel dicembre 2013 l’importante gara
per la fornitura di elicotteri per operazioni di ricerca e soccorso (SAR)
destinati alla regione Artica (valore complessivo della commessa dell’ordine di
2,2 miliardi di euro). Sempre nel dicembre 2013, Fincantieri è risultata
vincitrice del tender internazionale lanciato dal Ministero della Pesca per la
realizzazione della nuova nave di ricerca polare norvegese. Ulteriori opportunità
potrebbero dischiudersi in futuro per l’azienda IVECO DV nel campo dei veicoli
terrestri blindati speciali (configurazioni Special Corps e/o Ambulance) a
seguito della finalizzazione da parte delle Forze Armate norvegesi dell’ultima
tranche di acquisto dei blindati Lince, qui particolarmente apprezzati. Nei
primi mesi del 2015 la Società Italiane Condotte d’Acqua e Ghella SpA (in
partnership con la spagnola Acciona Infraestructuras) si sono aggiudicate tre
contratti (due per Condotte e uno per Acciona-Ghella) del più grande progetto
infrastrutturale finora mai realizzato in Norvegia, la linea ferroviaria
sotterranea a medio-alta velocità Oslo – Ski.
In
relazione a queste ultime affermazioni di nostre Società, si segnala che
nell’ultimo anno la presenza industriale italiana in Norvegia si è arricchita
di medio - grandi aziende (Ghella, IREM,
Rebaioli, Rosetti Marino, Società Condotte d’Acqua) che hanno acquisito
importanti contratti in questo selettivo mercato nei settori infrastrutture,
trasporti, Oil and Gas. Esse svilupperanno in Norvegia rilevanti attività e
movimenteranno un gran quantitativo di
mezzi e di personale altamente specializzato. L’intenzione di queste
Società è di cogliere l’opportunità offerta dalle commesse in corso per
radicarsi stabilmente nel Paese.
Si
segnala anche la presenza in Norvegia del gruppo Cimberio. Il 22 settembre
scorso è stato inaugurato dal Presidente del Consiglio Renzi, in
video-collegamento da Roma, un innovativo impianto di climatizzazione e
riscaldamento, denominato SMARTCIM, presso il Centro Spaziale di Andøya, nel
nord della Norvegia, oltre il circolo polare. Alla cerimonia ha partecipato
anche l’Ambasciatore Novello.
Un’analisi
della presenza italiana in Norvegia non può non considerare inoltre
l’insediamento indiretto – tramite importatori locali e/o grossisti – di
aziende - per lo più del settore enoagroalimentare e dell’arredamento - che non
hanno stabilito in Norvegia delle vere e proprie filiali ma che da decenni
hanno qui sviluppato una fiorente attività di business, spesso proprio grazie
all’ottimo rapporto instaurato con i partner locali, con i quali vengono
condivise le strategie promozionali in questo mercato.
Al fine
di promuovere un coordinamento del sistema-Italia in campo economico, sarà
lanciata l’8 ottobre 2015 la “Consulta
degli Affari”, un foro di consultazione cui hanno finora aderito cinque
importanti aziende italiane operanti in Norvegia. Il lancio della Consulta è
avvenuto nel quadro della “Giornata Italiana” che l’Ambasciata ha tenuto a Bergen
presso la prestigiosa Norwegian School of Economics.
L’Ambasciata
ha lanciato un Evento Itinerante destinato a durare un intero anno (maggio
2016-giugno 2017), un Roadshow
articolato in oltre cinquanta eventi di qualità nei settori politico,
economico, culturale, scientifico, sociale, gastronomico, da svolgere nelle
principali città norvegesi. Sono inclusi alcuni eventi di outreach nel nord,
centro e sud d’Italia. Oltre all’Istituto di Cultura, l’Evento Itinerante si
avvale della collaborazione di partner italiani, norvegesi ed internazionali,
tra i quali la Società Dante Alighieri. Il titolo “Under the Sign of
Excellence: Italia presenterer seg i et roadshow gjennom norske byer” ed il
logo del Roadshow sono stati ideati da Paolo Mocci e sono stati scelti con una
consultazione pubblica in rete svoltasi nel maggio 2016.
La tappa
di Oslo si è conclusa nel dicembre 2016, mentre è attualmente (marzo 2017) in
corso la tappa di Trondheim.
2.3. Investimenti norvegesi in Italia
Attualmente
le società norvegesi presenti in Italia sono circa 40.
Tra
queste si segnalano in particolare alcuni dei principali gruppi internazionali
norvegesi quali Hydro (alluminio), Yara (fertilizzanti e prodotti per il
settore agricolo), Laerdal (apparecchiature mediche), Kongsberg Maritime
(settore difesa-sicurezza), Stokke (prodotti per l’infanzia), Det Norske
Veritas – Germanischer Lloyd (certificazione industriale). Nutrita inoltre la
presenza di filiali di vendita di società norvegesi operanti nel settore
dell’informatica e delle telecomunicazioni.
2.4. Il Fondo Sovrano norvegese – Government
Pension Fund Global (GPFG)
Investimenti del GPFG in Italia.
L’esposizione del Fondo in attività italiane è
sostanzialmente stabile rispetto al 2015, con una tenuta dell’obbligazionario,
e di una lieve riduzione sull’azionario, che risente inevitabilmente del fatto
che nel 2016 la quota di titoli azionari europei sul totale di quelli detenuti
dal Fondo si sia ridotta in termini percentuali rispetto all’anno precedente.
Più nel dettaglio, al 31 dicembre 2016, il valore
degli investimenti del Fondo in titoli azionari italiani era di 72,35 miliardi
di NOK (pari a circa 7,79 miliardi di EUR al tasso medio NOK/EUR per il 2016).
Nel 2015, esso era stato di 73,81 miliardi di NOK (circa 8,24 miliardi di EUR).
Sebbene Norges
Bank Investment Management pubblichi i dati dettagliati sulle singole
attività detenute dal Fondo sia in NOK che in USD (e usando l’USD come termine
di riferimento, il valore delle attività azionarie italiane e’ aumentato a fine
2016 rispetto all’anno precedente), ai fini dell’analisi si farà riferimento al
valore in NOK e al controvalore in EUR. (desunto dalla conversione in base al
tasso medio annuo per gli anni di riferimento), che ha la sua validità in
quanto tali asset sono originariamente
denominati in EUR.
Il confronto tra il dato relativo all’Italia e
quello degli altri grandi Paesi dell’eurozona mostra una riduzione in termini
di valore delle attività detenute dal Fondo di entità paragonabile a quella
registrata da Germania (passato a 28,5 miliardi di EUR dai 30,4 miliardi del
2015), Francia (da circa 27 miliardi di EUR nel 2015 a 26,7 miliardi di EUR nel
2016) e Spagna (da 8,7 miliardi di EUR nel 2015 agli 8,2 miliardi del 2016).
Analizzando nel dettaglio le partecipazioni
italiane detenute dal Fondo, se nel 2015 le aziende in cui il Fondo aveva
investito erano state 128, nel 2016 tale numero è leggermente diminuito (118).
Si ha tuttavia un aumento del numero di aziende destinatarie degli investimenti
più significativi (sopra i 500 milioni di NOK): erano state 28 nel 2015 e sono
state invece 33 nel 2016. Un segnale in linea con la tendenza degli ultimi anni
di una crescita degli investimenti rilevanti, pur in un contesto di maggiore
selettività delle aziende da investire.
Con i suoi investimenti, il Fondo e’ presente nel
capitale azionario delle principali aziende quotate in Borsa Italiana. In
ordine alfabetico esse sono (con investimenti di valore superiore ai 500
milioni di NOK): A2A, Assicurazioni Generali, Atlantia, Autogrill, Banca
Popolare di Milano, Banco Popolare, BPER Banca, Brembo, Buzzi Unicem, CNH
Industrial, Campari, Enel, Eni, EXOR, Ferrari, Fiat Chrysler Automobiles,
HeidelbergCement, Hera, Intesa Sanpaolo, Italgas, Leonardo-Finmeccanica,
Luxottica Group, Mediaset, Mediobanca, Moncler, Prysmian, Recordati, Saipem,
Snam, Telecom Italia, Tenans, Unicredit e UnipolSai.
Per valore, il principale investimento è quello in
ENI (8,75 miliardi di NOK), seguito da Intesa Sanpaolo (8,53 miliardi di NOK),
Enel (4,86 miliardi di NOK), AssicurazioniGenerali (3,78 miliardi di NOK),
Telecom Italia (2,77 miliardi di NOK), HeidelbergCement (2,43 miliardi di NOK),
Unicredit (2,34 miliardi di NOK) e Luxottica (2,08 miliardi di NOK).
Gli investimenti di maggior valore (sopra i 500 milioni
di NOK) sono anche, generalmente, quelli che attribuiscono al Fondo la maggiore
percentuale rispetto al totale del pacchetto azionario di ciascuna azienda, una
percentuale che oscilla generalmente tra l’1% e il 3,5%. Ad esempio, il Fondo
norvegese detiene (al 31 dicembre 2016), il 2,31% di Intesa Sanpaolo.
Percentuali simili anche per quanto riguarda Eni (1,72%), Unicredit (1,53%),
Enel (1,26%), Telecom Italia (1,95%), ma anche Ferrari (1,51%) e Fiat Chrysler
Automobiles (1,15%). La società presso cui il Fondo investe maggiormente, in
percentuale rispetto al totale del pacchetto azionario, è Banco Popolare
(3,61%). Rilevante anche l’investimento in Leonardo-Finmeccanica (1,52%, per un
valore complessivo di 1,07 miliardi di NOK), in SAIPEM (1,68%, con un valore di
823 milioni di NOK) e Prysmian (2,77% per un valore di 1,33 miliardi di NOK).
Sul fronte delle obbligazioni, il dato di fine 2016
relativo alle attività italiane è sostanzialmente stabile. Significativa la
crescita nel portafoglio del Fondo dei nostri titoli di Stato. Essi sono
passati da 41,02 miliardi di NOK, pari a 4,58 miliardi di EUR, nel 2015 a 43,3
miliardi di NOK, pari a 4,66 miliardi di EUR, nel 2016.
Complessivamente invece, il totale dei titoli a
reddito fisso italiani nel 2016 è stato di 48,92 miliardi di NOK (circa 5,26
miliardi di EUR al tasso di cambio medio NOK/EUR per il 2016), mentre nel 2015
esso era stato di 48.89 miliardi di NOK (circa 5,46 miliardi di EUR, al tasso
di cambio medio NOK/EUR per il 2015). Se il numero degli investimenti in titoli
obbligazionari italiani nel 2015 era stato di 22, nel 2016 tale numero è sceso
a 19. Oltre al Ministero dell’Economia e Finanze, il principale ente emettitore
di “bonds” è stato Enel Finance International, di cui il Fondo detiene titoli
per un valore di 1,94 miliardi di NOK (208 milioni di EUR). Meno rilevante il
portafoglio di titoli emessi da altri soggetti, tra cui Enel, Intesa Sampaolo e
Pirelli.
Analizzando i dati relativi al 2016, per quanto
riguarda i titoli di Stato, nonostante il decrescente peso che tale tipologia
di investimento avrà nel portafoglio complessivo del Fondo negli anni a venire,
l’aumento di titoli italiani riflette senza dubbio la capacità dei gestori del
Fondo di valutare adeguatamente le prospettive di redditività dei singoli
prodotti (vedasi la riduzione di titoli di Stato tedeschi o spagnoli e invece
l’aumento di quelli francesi e italiani, per limitarci all’eurozona). Non va
infatti dimenticato come la missione primaria del Fondo sia quella di
guadagnare, a beneficio della collettività norvegese e delle generazioni
future. I gestori del Fondo guardano quindi quotidianamente in primo luogo alle
opportunità di profitto.
Per quanto riguarda i titoli a reddito variabile,
il calo delle attività italiane riflette in primo luogo la riduzione della
quota europea di investimenti. Ma ciò non esclude che in futuro, in seguito ad
un rafforzamento della presenza delle nostre aziende in Borsa (il Fondo investe
solo in titoli di società quotate), il Fondo possa aumentare in termini
relativi la propria quota di investimenti in titoli italiani rispetto a quella
dei Paesi a noi più vicini. E’ certamente nella filosofia dei gestori del Fondo
controllare con attenzione gli sviluppi del mercato alla ricerca di nuove e
redditizie opportunità di investimento. Il Fondo Sovrano norvegese rimane
(secondo quanto riportato dal Corriere della Sera a fine 2015) il terzo
investitore straniero complessivo in Borsa Italiana, dietro Blackrock (fondo
peraltro in cui il Fondo Sovrano norvegese ha una rilevante quota) e Vanguard.
Da ricordare anche come le grandi imprese italiane
operanti in Norvegia abbiano una presenza del Fondo Sovrano norvegese nel
proprio azionariato. E’ il caso di Eni, ma anche di Leonardo-Finmeccanica (che
sta assemblando in Inghilterra gli elicotteri AW101 per la ricerca e soccorso
da fornire al Governo norvegese) ovvero di Prysmian (che costruirà
l’elettrodotto sottomarino che collegherà la Norvegia alla Gran Bretagna).
Riguardo alle prospettive future, si rileva che nel
2016 circa un quinto della spesa pubblica è stata finanziata mediante
trasferimenti dal Fondo sovrano, e per la prima volta si è dovuto far ricorso
al prelievo di risorse finanziarie dal capitale del Fondo (cioè dalla sua
consistenza complessiva) per finanziare il deficit pubblico del settore
"non-oil". Nel periodo 2001-2016 la spesa governativa dei proventi
petroliferi sia aumentata dall'1,5% all'8% circa rispetto al volume della
"mainland economy", percentuale questa non piu' sostenibile sia per
la rilevante riduzione dei prezzi petroliferi sia per l'impossibilità che il
capitale del GPFG continui a crescere in maniera rilevante (cioè in termini
percentuali rispetto al PIL). Secondo il Governatore della Banca Centrale,
Oysten Olsen, un aumento del livello di spesa dei proventi petroliferi dal 3 al
4% del valore del Fondo comporterebbe, nelle attuali condizioni di bassa
crescita e contenuti tassi di interesse, un forte incremento (tre volte di più)
della possibilità che il valore complessivo del Fondo si dimezzi in un arco
temporale di 10 anni. Ragioni di prudenza consigliano quindi un uso più cauto
dei proventi petroliferi. Il Governo ha quindi annunciato di voler proporre un
aumento del 70% della quota del Fondo che sarà riservata ad investimenti
azionari da preferire nelle attuali condizioni a quelli obbligazionari meno
remunerativi nonché di rivedere al ribasso, cioè al 3%, il tasso reale atteso
di remunerazione degli investimenti effettuati dal GPFG.
3.
Turismo
In base ai dati ISTAT, gli
arrivi in Italia di norvegesi nel 2014 (ultimi dati pubblicati) sono stati
406.191 per un totale di 1.502.191 presenze, quindi una piccola flessione
rispetto all’anno precedente (arrivi 407.673 e presenze 1.534.189).
Il mercato turistico
norvegese presenta una notevole dinamicità, in linea con i rapidi mutamenti
sociali ed economici attraversati da questo Paese, che si distingue per essere
una delle nazioni con il PIL pro-capite più alto al mondo, anche se l’economia
da recente sta subendo delle difficoltà, una realtà e che si rispecchia nei
numero di viaggi.
Per l’anno 2015 i dati
finora presentati dalla Banca d’Italia indicano una situazione piuttosto
stabile in confronto con il 2014 parlando di arrivi, ma un leggero calo ancora
(circa 2,3 %) per quanto riguarda le presenze – si continua quindi a scegliere
il Bel Paese ma per soggiorni di durata più breve.
L’Italia è una delle principali destinazioni
mediterranee per il turista norvegese, sebbene il gap rispetto alla Spagna
rimane ancora molto elevato, l’Italia ha nel 2015 sorpassata la Francia, come
emerge dal grafico sottostante.
Il nostro Paese si è nel
2015 posizionato al sesto posto come destinazione turistica norvegese, per
numero di viaggi effettuati, preceduta da Svezia, Spagna, Danimarca, Regno
Unito e Germania.
Rispetto ai concorrenti
mediterranei, l’Italia risente in modo particolare del minor numero di
collegamenti aerei diretti da/per la Norvegia. Tale carenza non consente
infatti un pieno sfruttamento delle potenzialità del nostro Paese in questo
dinamico mercato.
4. Relazioni
culturali, scientifiche e tecnologiche
Insegnamento della lingua italiana
In Norvegia la lingua italiana è insegnata presso
tre Università: Oslo, Bergen e Trondheim. Ha operato a Bergen fino all’agosto
2014 un lettore di ruolo inviato dal Ministero degli Affari Esteri. Il
lettorato di Bergen è stato soppresso con la fine dell’anno accademico
2014-2015, mentre quello di Oslo era stato soppresso con la fine dell’anno
accademico 2012-2013. La lingua italiana è inoltre insegnata in diverse scuole
pubbliche e private.
Nonostante
negli ultimi anni si evidenzi una lieve regressione dello studio dell`italiano
nei paesi scandinavi, dovuta al fatto che la scelta facoltativa della seconda
lingua straniera nelle scuole di vario livello debba competere con numerose
discipline, tra cui quelle sportive, si registra sempre un numero piuttosto
elevato di iscritti ai corsi di lingua italiana presso le Università di Oslo,
Bergen e Trondheim. Presso l`Università di Oslo è possibile ottenere una laurea
triennale in lingua e letteratura italiana e una laurea magistrale con
specializzazioni in letteratura o linguistica italiana. A Bergen è invece
presente un corso completo, comprensivo di programma di dottorato (PhD).
L’italiano
è, per numero di studenti iscritti, l’ottava disciplina su sedici presenti
nella sezione ILOS (Department of Literature, Area Studies and European
Languages) dell’Università di Oslo, con un numero di studenti leggermente
inferiore al tedesco e decisamente superiore al portoghese. L`italiano è
sicuramente una lingua popolare tra gli studenti norvegesi, anche se lo staff
dei docenti risulta talvolta ridotto rispetto alle esigenze della sezione
linguistica.
Si
evidenzia in generale un rilevante interesse per l’apprendimento della lingua italiana,
derivante in gran misura anche dal notevole flusso turistico della collettività
norvegese verso il nostro Paese a testimonianza della conoscenza e
dell’apprezzamento che la società scandinava rivolge in generale alla nostra
cultura.
Organizzazioni culturali
La
Società "Dante Alighieri" è presente in Norvegia con sei Comitati,
molto attivi, nelle città di Oslo, Bergen, Stavanger, Trondheim e Halden. Nel
2014 è stato costituito un nuovo Comitato sull’isola di Røst, nelle Isole
Lofoten, il primo oltre il Circolo Polare Artico e il più settentrionale del
mondo.
E' in
vigore tra Italia e Norvegia un accordo culturale firmato il 15 giugno 1955.
L’ultimo Protocollo Esecutivo è scaduto nel dicembre 2003, senza essere stato
in seguito rinnovato.
In
Norvegia, l’interesse nei confronti della cultura italiana è in costante
crescita, risalendo ai molti contatti e soggiorni di grandi personalità della
cultura e dell'arte norvegese in Italia (basti ricordare, fra tutti, Henrik
Ibsen). Dal dicembre 2007 sono state estese ai cittadini della Norvegia le
agevolazioni per l’ingresso nelle istituzioni culturali pubbliche italiane già
previste per i cittadini dell’Unione Europea.
Più in
generale, l'attenzione nei confronti dell'Italia è dimostrata dalle numerose
traduzioni di opere letterarie, dalla distribuzione nelle sale cinematografiche
di alcuni film italiani ogni anno, dalla messa in scena di alcune tra le opere
teatrali più conosciute, dalle esposizioni di arte italiana nei musei di Oslo,
anche grazia all’attenta azione promozionale condotta dall’Istituto Italiano di
Cultura nei confronti delle principali istituzioni culturali norvegesi. Ampia
diffusione e prestigio godono inoltre il design, la moda e la gastronomia
italiana.
Cooperazione scientifica
Nel
dicembre 1994 è stato firmato a Tromsø un M.o.U. tra i Governi italiano e
norvegese sulle ricerche nell’Artico. Tale accordo è stato ratificato dal
Parlamento italiano nel novembre 1997 ed è entrato in vigore nel maggio 1998.
Nel
maggio 1997 è stato firmato ad Oslo tra il CNR ed il corrispondente ente
norvegese un M.o.U. (immediatamente esecutivo) sulla collaborazione scientifica
tra i due Paesi e nell'aprile 1999 si è riunito il Comitato scientifico
congiunto.
Nel
maggio 1997 è stata inaugurata a Ny Ålesund nelle isole Svalbard la Base del
CNR «Dirigibile Italia», nella quale sono continuamente presenti sette o otto
ricercatori italiani.
Nello
stesso sito, è entrata nel 2010 nella fase operativa una stazione per il
monitoraggio del cambiamento climatico, denominata Amundsen-Nobile Climate
Change Tower.
5.
Comunità italiana e comunità del Paese in Italia
La
collettività italiana residente in Norvegia è composta da oltre 5700 persone,
di cui oltre 2000 risiedono nella capitale Oslo. Tra questi, circa 200
dipendenti delle aziende Ghella e Condotte, che hanno vinto la gara per la
costruzioni di tre lotti della linea ferroviaria ad alta capacità Follo Line.
La Norvegia, un paese certamente non di primo piano per la nostra emigrazione,
ha visto comunque i primi italiani giungere, anche se in numero molto limitato,
già alla fine dell’Ottocento. In questa prima fase tra i migranti vi erano
soprattutto persone che venivano impiegati da artisti locali e soprattutto
artigiani.
Tra le
due guerre il numero di immigrati italiani è rimasto ancora molto ridotto e gli
italiani trasferitisi in Norvegia sono motivati da scopi commerciali o dalla
conclusione di matrimoni misti. La comunità italiana è diventata la prima vera
comunità di stranieri facilmente individuabile tra gli anni Cinquanta e gli
anni Sessanta, fornendo manodopera in particolare nel settore dell’industria e
dell’artigianato.
Con l’inizio dell’importazione delle automobili
Fiat, giungono in Norvegia anche operai meccanici specializzati ed alcuni
impiegati. Altri gruppi professionali includono barbieri, parrucchieri e
musicisti, soprattutto di piccole bande musicali, impiegati a contratto in
ristoranti e alberghi. Arrivati in Norvegia essenzialmente per motivi di
lavoro, molti italiani a seguito di matrimoni con norvegesi, rimangono
stabilmente in questo Paese.
Dall’inizio
degli anni Settanta, con lo sviluppo dell’industria petrolifera norvegese, si
verifica l’arrivo di nuovi gruppi di italiani, altamente specializzati, che
lavorano sia per la società italiana Agip che per altre compagnie petrolifere,
e che si concentrano in gran parte nella regione di Stavanger. Negli anni
Ottanta, con la diffusione della cucina italiana e l’apertura di molti
ristoranti italiani, un numeroso gruppo di persone arriva in Norvegia per lavorare
nel settore della ristorazione. Negli anni Novanta, infine, diventa sempre più
forte, anche in conseguenza dei programmi di scambi culturali ed accademici a
tutti i livelli, la presenza in Norvegia di studenti, ricercatori ed esperti
italiani, nonché personale medico e paramedico.
Attraverso lo Spazio Economico Europeo i cittadini
dell'UE possono risiedere, lavorare, studiare e svolgere attività indipendenti
in Norvegia e, con i loro familiari conviventi, rientrano nel sistema
previdenziale norvegese ai fini della malattia e, al termine del rapporto di
lavoro, ai fini pensionistici. In Norvegia non esistono scuole italiane.
La
comunità italiana in Norvegia è in generale ben inserita, relativamente giovane
(qui attirata soprattutto dal boom economico del Paese a partire dai primi anni
settanta) e ormai presente ad adeguato livello in taluni settori chiave del
Paese. Spicca per la sua composizione la comunità di Stavanger (circa 450
persone), collegata alla presenza di ENI Norge, Saipem e sempre più di Edison,
tra gli altri, ma anche di consulenti individuali e PMI nel settore
dell’energia. Tromsø (circa 70 iscritti) conta una vivace comunità accademica
presso la locale Universita’ Artica. Hammerfest, nell’estremo nord del Paese,
potrebbe vedere un significativo aumento della comunità italiana a seguito
dell’entrata in produzione del giacimento Goliath gestito da ENI, avvenuta nel
marzo 2016.
Il 17
aprile 2015 è eletto per la prima volta in Norvegia un Comitato per gli
Italiani all’Estero (Com.It.Es).
Sono circa 2000 i norvegesi residenti in Italia.
La
Norvegia ha indetto due referendum
per l'entrata nell'Unione Europea, nel 1973 e nel 1994, ed entrambe le volte i cittadini hanno bocciato la proposta,
sebbene con un lieve margine.
Al primo
referendum, tenutosi il 24 e 25 settembre 1972, il 53,5 percento dei votanti fu
contrario all'adesione all'UE. Nel secondo referendum, tenutosi il 28 novembre
1994, la maggioranza scese al 52,2 percento dei votanti. In alcune zone, come
Oslo, la maggioranza dei cittadini ha votato a favore dell'adesione all'UE.
La Norvegia ha comunque firmato un accordo nel 1994 per la partecipazione alla Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA) e allo Spazio Economico Europeo (SEE).
Obiettivo dell’Accordo SEE è quello di creare regole comuni e condizioni
di concorrenza paritarie fra le
imprese dei paesi Parte, nonché di istituire un apparato istituzionale e giurisdizionale in grado di garantire il
corretto funzionamento e l’omogenea applicazione delle regole comuni.
I Paesi
contraenti hanno assunto l’impegno di recepire la normativa UE per la
realizzazione del mercato interno: allo stato attuale, oltre l'80 per cento
della legislazione dell’UE sul mercato unico si applica all'area SEE. L’Accordo
garantisce un elevato grado di armonizzazione nei settori della politica
sociale, dell’ambiente, del diritto societario e della protezione del consumatore.
L'Accordo prevede politiche "di accompagnamento" del mercato unico,
come ad esempio la politica della concorrenza e la politica sociale, la tutela
dei consumatori e la protezione dell'ambiente, l'istruzione, la ricerca e lo
sviluppo. Tuttavia, a differenza del mercato unico della Comunità europea, l’Accordo SEE esclude, in linea di
massima, i prodotti agricoli e della
pesca, le imposte indirette (IVA e accise) e non contempla una politica
economica esterna comune (tariffa esterna comune, misure antidumping, ecc.).
La Norvegia fa parte
dell'area Schengen.
Il 19 dicembre 1996 la Norvegia ha
firmato, insieme all’Islanda, un Accordo
di cooperazione nell’ambito dell’Accordo
di Schengen che ha conferito a questi due paesi lo status di membri associati e che ha esteso
l’applicazione della Convenzione di Schengen al loro territorio, con
l’eccezione delle disposizioni relative al controllo delle merci. A seguito
dell’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che ha integrato
nell’ordinamento dell’Unione Europea l’Accordo di Schengen, il 18 maggio 1999 è stato firmato un Accordo con l'Islanda e la Norvegia –
entrato in vigore il 25 marzo 2001 - sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo
sviluppo dell'acquis di Schengen.
La Norvegia partecipa al cosiddetto sistema
di Dublino volto a gestire le domande dei richiedenti
asilo ed ad Europol ed Eurojust.
Dal 1° aprile 2004 tra UE, Norvegia e Islanda è in
vigore un accordo relativo al meccanismo di esame delle richieste di asilo, che associa la Norvegia alla convenzione di Dublino[3] e a Eurodac[4]. Inoltre, la Norvegia ha firmato accordi di
cooperazione con Europol[5] e con Eurojust[6] rispettivamente
il 28 giugno 2001 e il 28 aprile 2005.
La Norvegia partecipa ai programmi di ricollocamento dei
richiedenti asilo adottati dal Consiglio dell’UE nel 2015. In particolare, al
12 maggio 2017, sono stati finora ricollocate
in Norvegia circa 680 persone dalla Grecia e 470 dall’Italia.
In Norvegia sono stati altresì reinsediati circa 3.350 rifugiati provenienti da Libano, Turchia e Giordania
La Norvegia, partecipa, infine, come paese associato, all’Agenzia europea delle frontiere (Frontex) istituita nel ottobre 2004 per coordinare la
cooperazione operativa alle frontiere, fornire aiuto tecnico per le espulsioni
organizzate dagli Stati membri, elaborare analisi dei rischi, collaborare con i
paesi terzi.
La
Norvegia partecipa ai programmi dell’UE
in materia di ricerca e sviluppo tecnologico sin dal 1987.
La
cooperazione della Norvegia con l’UE si estende anche alle politiche di
sicurezza; la Norvegia partecipa,
infatti, alle missioni di peacekeeping
promosse dall’UE.
Ad Oslo è presente una delegazione ufficiale dell'Unione europea.
I rapporti economici con l’UE
Si riportano di seguito i principali dati macroeconomici della Norvegia (popolazione; PIL in miliardi di euro, PIL pro capite in euro; tasso di crescita del PIL; tasso di inflazione; bilancio delle partite correnti in percentuale del PIL):
Fonte:
Fondo monetario internazionale
La Norvegia è il 5° partner importatore dall'UE (dopo Cina, Russia, USA e Svizzera) e il 7° mercato di esportazione per l'UE (dopo USA, Cina, Svizzera, Russia, Turchia e Giappone; fonte: Commissione europea).
Per quanto riguarda la merci, l’UE ha registrato nel 2016 un disavanzo di oltre 14 miliardi di euro:
Per quanto riguarda i servizi, invece, l’UE ha registrato nel 2015 (ultimo dato disponibile) un avanzo di circa 12 miliardi di euro:
Dopo la Russia, la Norvegia è il principale fornitore europeo dei prodotti energetici (petrolio e gas naturale), che rappresentano circa la metà delle importazioni totali dell'UE dalla Norvegia (per un valore di circa 30 miliardi di euro). L'UE, da parte sua, esporta in Norvegia soprattutto macchinari e mezzi di trasporto, per un valore complessivo di circa 20 miliardi di euro.
Sebbene, come accennato sopra, i settori della pesca e dell'agricoltura non facciano parte dell'accordo SEE, l'articolo 19 del medesimo accordo specifica che la Norvegia e l'UE si impegnano a liberalizzare gradualmente il commercio dei prodotti agricoli.
Nel 2015 l’UE ha esportato prodotti agricoli in Norvegia per un valore di 4,1 miliardi di euro, mentre le esportazioni agricole della Norvegia verso l'UE ammontavano a 488 milioni di euro. La Norvegia è il principale fornitore europeo di prodotti ittici: l'UE nel 2015 ha importato pesce norvegese per un valore di 5,6 miliardi di euro.
Il 5 aprile 2017, nell’ambito del SEE, è stato siglato un accordo tra l'Unione europea e la Norvegia relativo alla concessione di preferenze commerciali supplementari per i prodotti agricoli, che dovrebbe portare ad un ulteriore incremento degli scambi nel settore agricolo.
Presidente del
Parlamento monocamerale (Riigikogu) |
Eiki NESTOR
(eletto il 20 marzo 2014, sempre
riconfermato, da ultimo il 23 marzo 2017) |
Rappresentanze
diplomatiche |
|
Ambasciatore d’Italia in Estonia |
Filippo FORMICA |
Ambasciatore di Estonia in Italia |
Celia KUNINGAS-SAAGPAKK (dal 17 settembre 2014) |
XVII legislatura
Si segnala che presso
il Parlamento estone è stato formato un Gruppo di cooperazione parlamentare
Estonia–Italia.
Il Gruppo è presieduto dall’onorevole Laine
Randjärv ed è composto dagli onorevoli Heljo Pikhof (Vice Presidente), Siret Kotka,
Imre Sooäär, Heidy Purga, Kalle Palling, Terje Trei, Mailis Reps, Martin
Repinski, Maire Aunaste, Tarmo Tamm, Marika Tuus-Laul e Toomas Kivimägi[7].
Dal lato italiano,
nel contesto della
nostra partecipazione all’Unione Interparlamentare, è attivo un gruppo di amicizia Italia-Paesi Baltici (Estonia,
Lettonia e Lituania) che nella XVII legislatura è presieduta dal deputato
Nicola STUMPO (ART.1-MDP).
Corrispondenza |
Il 21 marzo 2013
l’allora Presidente del Riigikogu (il Parlamento estone), Ene Ergma, ha inviato alla Presidente
della Camera, Laura Boldrini,
una lettera di congratulazioni per il
Suo Alto Incarico. Con l’occasione la Presidente Ergma ha espresso
l’auspicio di un rafforzamento della collaborazione e dei rapporti sia a
livello bilaterale che multilaterale tra i rispettivi paesi.
La Presidente Boldrini ha risposto il successivo 30 aprile, ringraziando per i graditi
auguri e ricordando il cordiale e
proficuo colloquio avuto con la Presidente Ergma a margine del Vertice dei
Presidenti dei Parlamenti dell'Unione per il Mediterraneo (AP-UpM) svoltosi
il 7 aprile 2013 a Marsiglia. La
Presidente ha concordato circa l’opportunità di sviluppare ulteriormente le
relazioni tra il Riigikogu e la
Camera dei deputati, sia sul piano bilaterale che nell’ambito dell’Unione
europea e delle altre sedi di cooperazione parlamentare multilaterale.
Il 17 ottobre 2013
la Presidente Boldrini ha trasmesso
all’allora Presidente Ergma un invito a recarsi in visita alla Camera dei
deputati per procedere ad uno scambio di opinioni sulle principali
questioni che si pongono nell’ambito delle relazioni tra Italia ed Estonia e
per sviluppare ulteriormente i rapporti di amicizia e collaborazione tra le
rispettive Assemblee legislative.
Incontri
bilaterali |
Si segnala che il
Presidente del Riigikogu, Eiki Nestor, ha preso parte alla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea che si
è svolta a Bratislava il 23 e 24 aprile 2017, a Lussemburgo il 22-24 maggio
2016 e a Roma il 20-21 aprile 2015.
A margine della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti
dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, che ha avuto luogo a Oslo l’11 e 12 settembre 2014, si è svolto un incontro bilaterale tra la Presidente
della Camera, Laura Boldrini, e il
Presidente del Parlamento estone, Eike
Nestor. L’incontro si è incentrato principalmente sulla situazione ucraina
e sulle possibili ripercussioni sulle Repubbliche Baltiche.
La Presidente
Boldrini e il Presidente Eiki Nestor si sono anche incontrati in occasione del Vertice dei Presidenti dei Parlamenti dei
Paesi dell'Unione per il Mediterraneo (AP-UpM), svoltosi a svoltosi a
Lisbona l’11 maggio 2015.
Il 23 gennaio 2014 la Presidente della
Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha incontrato l’allora Presidente del
Riigikogu, Ene Ergma, che era
accompagnata da una delegazione di parlamentari estoni.
Durante l’incontro
le due Presidenti hanno affrontato, tra gli altri, il tema della presenza
femminile nelle istituzioni rappresentative dei rispettivi paesi e quello del
ruolo di internet e del rischio di violenza nel web.
La Presidente
Boldrini aveva altresì incontrato
diverse volte il precedente Presidente del Parlamento estone, signora Ene Ergma:
Commissioni |
Il 15 settembre 2015, il Presidente della
Commissione Politiche dell’Unione europea, Michele
Bordo, ha ricevuto il suo omologo estone, Kalle Palling.
Il 15 gennaio 2015, il Presidente della
Commissione Affari esteri, Fabrizio Cicchitto, ha ricevuto la visita
dall’ambasciatrice estone a Roma, Celia
Kuningas-Saagpakk.
Il 23 gennaio 2014 l’allora Presidente del Parlamento di Estonia, Ene
Ergma, accompagnata da una delegazione di parlamentari estoni, ha svolto un
incontro informale con le Commissioni
riunite Affari esteri e Politiche dell'Unione europea.
Cooperazione
multilaterale |
L'Estonia prende
parte alla cooperazione parlamentare
nell'ambito dell'Unione europea.
Il Parlamento
estone partecipa alla Conferenza
Parlamentare del Mar Baltico (BSPC) e prende parte alla cooperazione
euromediterranea e, quindi, all'Assemblea
Parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo (AP-UpM) di cui il Parlamento
italiano ha esercitato il turno di Presidenza che si è concluso il 13 maggio 2017, con l’Assemblea
Plenaria svoltasi presso Palazzo Montecitorio. Alla riunione ha partecipato la
delegazione estone.
L'Estonia invia
proprie delegazioni alle Assemblee
parlamentari del Consiglio d'Europa (a cui ha aderito nel 1993), dell'OSCE (di cui è membro dal 1991) e della NATO (di cui è membro dal
2004).
Unione
Interparlamentare (UIP) |
Nell’ambito
dell’Unione Interparlamentare (UIP) è attivo il gruppo di amicizia Italia-Paesi
Baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), presieduto dal deputato Nicola STUMPO
(ART.1-MDP) e di cui è membro il deputato Alessandro PAGANO (LNA).
Attività
legislativa |
Legge n. 179/14 del 21 novembre 2014: “Ratifica ed
esecuzione dell'Accordo di cooperazione fra il Governo della Repubblica
italiana ed il Governo della Repubblica di Estonia sulla lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico
illecito di droga”, fatto a Tallinn l'8 settembre 2009.
Presidente dello Storting |
Olemic THOMMESSEN
eletto l’8 ottobre
2013 |
Ambasciatore italiano ad Oslo |
Ambasciatore norvegese a Roma |
S.E Giorgio NOVELLO
dal 5 settembre
2013 |
S.E. Bjoern Trygve
GRYDELAND dal 7 novembre 2011 |
XVII
LEGISLATURA
Corrispondenza
Il 20 ottobre 2014 la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha scritto al Presidente
del Parlamento norvegese, Olemic Thommessen,
per comunicargli l’adozione da parte della Commissione di studio per i diritti
e i doveri di Internet, istituita presso la Camera, di una prima bozza di Dichiarazione per i diritti in Internet,
che allegava.
Con l’occasione la Presidente ricordava che la bozza
era stata sottoposta all’attenzione dei partecipanti alla riunione dei
Presidenti delle Commissioni dei Parlamenti membri dell’Unione europea e del
Parlamento europeo sul tema dei diritti fondamentali, ospitata dalla Camera il
13 e 14 ottobre 2014 nell’ambito della Presidenza italiana dell’Unione europea.
Dopo aver sottolineato il grande interesse suscitato dall’iniziativa, auspicava
che anche il Parlamento norvegese offrisse un proprio contributo di idee e
proposte considerato che, in virtù della natura stessa della rete che supera i
confini nazionali, iniziative di questo genere non possono limitarsi
esclusivamente a livello nazionale o europeo.
Incontri
bilaterali
ll 6 aprile 2016
la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato il Re Harald V e la Regina Sonja di Norvegia,
in visita di Stato in Italia.
Oggetto dell’incontro sono stati il fenomeno
migratorio e la risposta dei paesi europei allo stesso e alla contemporanea
crisi economica. In particolare è stata citata la necessità di arrivare ad una governance effettiva del problema, che
non si risolva nella semplice chiusura delle frontiere respingendo indietro i
migranti. Allo scopo, è stata condivisa la necessità che l’Europa punti sulla
crescita e sull’occupazione, mettendo a punto degli strumenti in grado di
proteggerla in caso di una nuova crisi. È stato infine evidenziato come l’Ue
abbia tuttora una grande reputazione e come continui ad essere considerata
“attraente” dai paesi terzi.
L'11 settembre 2014, la Presidente Boldrini, a margine della Conferenza dei Presidenti dei
Parlamenti del Consiglio d'Europa che ha avuto luogo ad Oslo, ha incontrato suo
omologo norvegese Thommessen. In quell’occasione la
Presidente è intervenuta in qualità di relatore sul tema "Diritti costituzionali e libertà
fondamentali - partecipazione, fiducia e dibattito pubblico come condizioni
della democrazia".
Il 20 marzo 2014
il Vice Presidente della Camera,
Luigi Di Maio, ha incontrato una delegazione di Ministri Consiglieri delle
Ambasciate di Danimarca, Finlandia,
Norvegia e Svezia.
Il 24 maggio 2013 l'Ambasciata norvegese ha ospitato un incontro della Presidente Boldrini con gli
Ambasciatori dei Paesi scandinavi: Bjørn
T. Grydeland (Norvegia), Birger Riis-Jørgensen, (Danimarca), Petri
Tuomi-Nikula (Finlandia), Ruth Jacoby (Svezia).
Incontri
delle Commissioni
Il 16 marzo 2016, l’Ambasciatore di Norvegia in Italia, Bjørn Trygve Grydeland, è stato audito dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione
dell'Accordo di Schengen nell’ambito
dell’indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area
Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti
relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni.
Il 9 marzo 2016 una delegazione della Commissione permanente per il Governo locale e
l’Amministrazione pubblica del Parlamento norvegese è stata ricevuta dal
Presidente della Commissione parlamentare sulle questioni regionali, Gianpiero
D’Alia.
Oggetto
dell’incontro, oltre alle politiche rurali, anche le questioni relative al
governo regionale e locale. La delegazione norvegese ha illustrato
l’organizzazione amministrativa della Norvegia, con particolare riferimento
alla riforma attualmente in discussione sulla riduzione del numero dei comuni
e delle contee e sull’aumento delle responsabilità a livello locale. Si
è poi discusso dell’emergenza migratoria, con particolare riferimento al ruolo
dei comuni nell’accoglienza dei migranti.
Il 27 gennaio 2016 una delegazione del Parlamento
norvegese ha incontrato la Presidente
del Comitato Schengen, Laura Ravetto.
Cooperazione multilaterale
La Norvegia invia
proprie delegazioni presso le Assemblee
parlamentari del Consiglio d'Europa, della NATO e dell'OSCE.
Dal 9 al 12
ottobre 2015 il Parlamento norvegese ha
ospitato a Stavanger la 61ma sessione annuale
dell’Assemblea parlamentare della NATO. La Norvegia ha già ospitato una
sessione dell’Assemblea nel 2009 ad Oslo.
Si ricorda altresì che Thorbjørn
Jagland (ex Presidente del Parlamento norvegese) è l'attuale Segretario generale del Consiglio d'Europa.
La Presidente Boldrini ha
incontrato il Segretario Generale Jagland il 29 settembre 2015, in
occasione della sua visita ufficiale
all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) a Strasburgo, dove
è intervenuta nel corso della plenaria, nell'ambito del dibattito dedicato al
tema "Risposta umanitaria e politica alla crisi migratoria in
Europa".
Unione Interparlamentare
Nell’ambito
dell’Unione Interparlamentare, nella XVII legislatura opera la sezione di amicizia Italia-Paesi nordici (Danimarca,
Finlandia, Islanda, Norvegia,
Svezia), presieduta dal deputato Andrea Colletti (M5S) e composta dai deputati Giancarlo Giorgetti (LNA), Monica
Gregori (SI-SEL), Florian Kronbichler (Art.1-MDP), Lia Quartapelle (PD) e
Giorgio Sorial (M5S) e dal senatore Francesco Amoruso (ALA).
Attività legislativa
S.2807 - 17ª
Legislatura
Governo
Renzi-I
Ratifica
ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo euromediterraneo nel settore del
trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il
Governo dello Stato d'Israele, dall'altro, fatto a Lussemburgo il 10 giugno
2013; b) Accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati
membri e la Repubblica moldova, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012; c) Accordo sui trasporti aerei fra
l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, gli Stati Uniti d'America,
d'altro lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, con Allegato, fatto a Lussemburgo
e Oslo il 16 e il 21 giugno 2011, e Accordo addizionale fra l'Unione europea e
i suoi Stati membri, da un lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di
Norvegia, d'altro lato, riguardante l'applicazione dell'Accordo sui trasporti
aerei fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, gli Stati Uniti
d'America, d'altro lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia,
d'altro lato, fatto a Lussemburgo e Oslo il 16 e il 21 giugno 2011
3
maggio 2017: Trasmesso dalla Camera
9
maggio 2017: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)
C.2277 - 17ª
Legislatura
Governo
Letta-I
Ratifica
ed esecuzione dell'Accordo di
cooperazione in materia di navigazione satellitare tra l'Unione europea e i
suo i Stati membri e il Regno di
Norvegia, fatto a Bruxelles il 22 settembre 2010
3
aprile 2014: Trasmesso dal Senato
22
ottobre 2014: Approvato definitivamente. Legge
Il programma
di lavoro della Presidenza estone del Consiglio dei ministri dell’UE (1°
luglio – 31 dicembre 2017) individua le seguenti priorità:
·
economia aperta ed innovativa;
·
sicurezza;
·
mercato unico digitale
·
inclusione sociale e sostenibilità
economica e ambientale.
In via generale, la Presidenza estone
considera prioritaria ogni iniziativa volta ad agevolare la vita delle imprese e dei cittadini e ridurre la burocrazia.
Economia aperta ed innovativa
Secondo la Presidenza estone un'economia
europea aperta ed innovativa significa sviluppare un ambiente imprenditoriale che promuova la crescita basata sulla conoscenza e la competitività.
A questo scopo, la Presidenza intende
concentrarsi sui seguenti obiettivi:
·
proteggere
e promuovere le quattro libertà dell'UE
(libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e del capitale);
·
assicurarsi
che la fornitura di servizi e l'avvio di
un'impresa nell'UE sia il più semplice possibile;
·
far
avanzare i negoziati commerciali con i
Paesi terzi;
·
creare
nuove opportunità di finanziamento per
le imprese e assicurare la stabilità
del settore bancario.
A tale riguardo, si ricorda che è in corso la revisione di medio termine del Piano
d’azione per l’Unione dei mercati dei
capitali (UMC), attesa per giugno 2017.
L’UMC, elaborata nel corso del 2015 anche in risposta
alla crisi economico- finanziaria esplosa nel 2008, individua oltre trenta iniziative, legislative e non (da completare entro
la fine del 2019), per la creazione di un mercato dei capitali integrato
dell’UE, con i seguenti obiettivi:
- ’eliminazione
delle barriere nazionali e armonizzazione delle regole inerenti alla libera
circolazione dei capitali;
- aumentare le possibilità di scelta dei risparmiatori nell’impiego dei loro risparmi e,
allo stesso tempo, dei soggetti che necessitano di accedere al credito anche
attraverso una riduzione dei costi;
- eliminare il rischio di “circoli viziosi” tra sofferenze bancarie e
indebitamento pubblico, riducendo il
banking
lending
e canalizzando il risparmio verso impieghi più redditizi del sistema
produttivo, nonché potenziando il ruolo degli investitori istituzionali come i
fondi pensione e assicurativi nel finanziamento dell’economia reale (in
particolare di PMI e start-up);
·
creare
un mercato dell’elettricità ben
funzionante e che tuteli i consumatori;
·
assicurare
una concorrenza leale e combattere
l'evasione fiscale.
A tale riguardo, è opportuno ricordare che a livello UE
sono già state approvate una serie di norme che:
- introducono l'obbligo di uno scambio
automatico di informazioni sui ruling fiscali transfrontalieri e sugli
accordi preventivi sui prezzi di trasferimento emanati nei confronti delle società;
- limitano
l'importo degli interessi che le multinazionali sono
autorizzate a dedurre in un esercizio
fiscale
- prevengono
l'erosione della base imponibile nello Stato di origine: che si
verifica allorché le società trasfericono la propria residenza fiscale e/o i
propri attivi semplicemente a fini di pianificazione fiscale aggressiva;
- consentono alle autorità fiscali di negare ai contribuenti il beneficio di
eventuali meccanismi fiscali abusivi;
- riattribuiscono
i redditi di una società controllata estera soggetta a bassa tassazione alla sua
società madre, generalmente soggetta a tassazione più elevata.
Sicurezza
Le Presidenza estone intende promuovere la
pace, la prosperità e la stabilità perseguendo i seguenti obiettivi:
· rafforzare la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, migliorando la sicurezza
interna e la protezione delle frontiere esterne dell’UE, promuovendo la
cooperazione e utilizzando sistemi di
informazione all'avanguardia;
Di recente approvazione le
nuove norme recanti il rafforzamento del quadro giuridico europeo in materia di
terrorismo, in particolare
qualificando come reato le azioni
preparatorie quali l'addestramento e i
viaggi all'estero per scopi terroristici, nonché la disciplina aggiornata sul controllo dell’acquisizione e della
detenzione di armi.
·
dare seguito alle iniziative per affrontare la crisi migratoria e riformare il sistema comune europeo di
asilo;
La riforma del sistema europeo
comune di asilo è tuttora all’esame delle Istituzioni europee. Essa include: il
meccanismo che regola la competenza
degli Stati membri a trattare le domande di asilo (cosiddetto regolamento Dublino), il regime in
materia di condizioni di accoglienza
dei richiedenti asilo, la procedura
unica per ottenere la protezione, la disciplina sullo status di rifugiato, la riforma della banca dati Eurodac, e la realizzazione dell’Agenzia europea per l’asilo (in
sostituzione dell’ufficio EASO).
· rafforzare i rapporti con i Paesi partner dell'Est;
·
incrementare le spese nel settore della difesa, sviluppare la
cooperazione europea e il partenariato
UE-NATO.
Mercato unico digitale
Le priorità della Presidenza estone in tale
settore sono:
·
sviluppare
il commercio elettronico
transfrontaliero;
·
assicurare
moderne e sicure comunicazioni
elettroniche in tutta Europa;
·
promuovere servizi pubblici digitali
transfrontalieri.
Inclusione sociale e sostenibilità
economico-ambientale
Ad avviso della Presidenza estone un'Europa
inclusiva e sostenibile dovrebbe garantire pari opportunità nell’ambito
dell'istruzione superiore, dell'occupazione e dell'accesso ai servizi. Inoltre,
l’Unione europea dovrebbe impegnarsi per garantire standard ambientali di
livello elevato.
Pertanto, gli obiettivi prioritari in tale ambito sono:
· promuovere la mobilità del lavoro e la libera circolazione
delle persone
· garantire pari opportunità per l’accesso al mercato del
lavoro e ai servizi sociali;
·
assicurare un ambiente più
sostenibile.
Successivamente all’attacco cyber che ha colpito
l’Estonia nel 2007, la NATO ha dato vita
nella città di Tallin al NATO Cooperative Cyber Defence Centre of
Excellence[8].
Come si può leggere nello stesso sito del Centro
(https://ccdcoe.org/history.html), sin dal 2002, con il Summit di Praga, la Cyber Defence aveva cominciato a far
parte del Concetto Strategico della NATO.
Nel 2004,
l'Estonia aveva avanzato proposte in questo senso e, nel 2006, il Supreme Allied Command Transformation (comando
per le trasformazioni, situato a Norfolk, in Virginia) aveva approvato tale
idea ed il concetto strategico ad esso sotteso.
Nel 2007,
le Sponsoring Nations candidate, tra
le quali figura anche l'Italia, avviarono i negoziati che, nel 2008, hanno
portato all'apertura delle attività del Centro. Tali attività sono iniziate con
la firma del Memorandum of Understanding
ad opera di Estonia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Spagna
e con l'accreditamento del Centro presso la NATO, quale Organizzazione Militare
Internazionale, il 28 ottobre 2008.
Il 2016 è
stato un anno di svolta per il CCDCOE. Il Belgio è diventato Paese sponsor
del Centro NATO e la Svezia vi è entrata ufficialmente a far parte. Con queste
ultime acquisizioni, Cooperative Cyber
Defence Centre of Excellence di Tallinn è formato oggi da 20 nazioni. Inoltre, al vertice dell’Alleanza atlantica di Varsavia, i capi di stato e di
governo hanno riconosciuto il cyberspazio come un dominio di operazioni, in cui
la NATO si deve difendere in modo efficace.
Come fa già in relazione alle minacce aeree,
terrestri e marittime. “Questa decisione – ha scritto Sven Sakkov, direttore
del Centro – evidenzia ulteriormente il motivo per cui abbiamo bisogno di
essere una risorsa fondamentale per l’Alleanza. Ciò nel fornire uno sguardo a
360 gradi sulla difesa informatica, con competenze nei settori della
tecnologia, strategia, operazioni e legale”.
Sempre nel sito si
legge che il centro è accredited research
and training facility dealing with education, consultation, lessons learned,
research and development in the field of cyber security’ .
Il Centro, funziona, infatti come polo di
formazione, ricerca e sviluppo della dottrina, tanto che, nel 2009, ha prodotto
il cosiddetto manuale di tallin recante le norme del diritto internazionale e
del diritto bellico applicabili alla cyber
warfare.
Scopo del Centro consiste nello sviluppare una
conoscenza a tutto tondo e condivisa, nonché una capacità di interazione tra
Paesi, alla luce di un bagaglio culturale comune, basato sulle cosiddette lessons learned.
Sotto la guida di un Direttivo, è diviso in cinque
sezioni, ossia “Law and Politics”, “Technology”, “Strategy”, “Education and Exercise”, “Support”.
All'interno del Centro, hanno luogo le seguenti
attività:
Ø Legal & Policy Support to NATO and
Nations, ossia attività di sostegno ed integrazione per le le
politiche legali e strategiche
nazionali;
Ø Legal & Policy Research, ossia attività di studio e ricerca
legate alle aree legali e politiche, sempre, ovviamente, sui temi cyber security, defence, warfare;
Ø Strategy and Capability Development, ossia sviluppo di capacità, singole
(afferenti ai singoli Paesi) ed integrate, con lo
Ø studio
di scenari futuri e casistiche;
Ø Military Doctrine and Capability
Development, ossia sviluppo di capacità di analisi, prevenzione,
contrasto e adattamento in collegamento con la dottrina ed il Concetto
Strategico NATO;
Ø External Exercise Support, ossia sostegno ad alcune delle più
note esercitazioni multinazionali.
Lo scorso 28 aprile ha avuto luogo presso il centro
di Tallin la più grande esercitazione
internazionale tecnica di Cyber Defense. Con venticinque nazioni, 800
partecipanti e più di 2000 attacchi virtuali, la Locked Shields è una esercitazione che ha lo scopo di addestrare
gli esperti del campo della sicurezza dei sistemi informatici nazionali
attraverso una serie di simulazioni di attacchi cyber alle reti informatiche di
una base militare di uno Stato non esistente: attacchi ad aeromobili a
pilotaggio remoto, al sistema elettrico, al sistema di comando e controllo ed
altre infrastrutture operative essenziali per la sopravvivenza di una base
militare.
L’Italia ha partecipato
con una squadra di informatici provenienti dalle tre Forze Armate, dall’Arma
dei Carabinieri, insieme con i ricercatori del CINECA (Consorzio
Interuniversitario per la gestione del Centro di Calcolo Elettronico), delle
Università degli studi di Roma La Sapienza e di Genova nonché esperti
provenienti dall'industria di settore. Presente anche il Ministero degli
Interni il quale ha partecipato con un gruppo di analisti del Centro nazionale
anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche
(CNAIPIC). Accanto agli esperti informatici anche addetti stampa, consulenti
legali e tutti gli attori che nel mondo reale potrebbero essere coinvolti in
situazioni simili.
Fonti: le informazioni contenute
in questa scheda sono riprese da: Gori Le nuove minacce cyber, in Lo spazio cibernetico tra esigenze di
sicurezza nazionale e tutela delle libertà individuali, Informazioni della
Difesa, supplemento al n.6/2014
Il Consiglio
artico trae la propria ragion d’essere dalla Strategia di
protezione ambientale dell’Artico firmata nel 1991 da otto Stati i cui
territori si affacciano sulle regioni artiche: solo dopo, tuttavia, la Dichiarazione di
Ottawa del 1996 istituì il Consiglio artico quale forum per la promozione della
cooperazione, del coordinamento e dell’interazione fra gli Stati artici, con il
coinvolgimento delle comunità indigene e di altri gruppi umani regionali su
questioni come la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile.
Gli Stati membri
del Consiglio artico sono otto: Canada (che rappresenta i
Territori del Nord-Ovest, il Nunayut e lo Yukon), Danimarca (che rappresenta la Groenlandia e le Isole Fær Øer), Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione
russa, Svezia, Stati Uniti d’America (che rappresentano l’Alaska).
Godono altresì dello status di Partecipanti
permanenti sei organizzazioni che rappresentano popoli indigeni della
regione artica - che in tal modo possono partecipare attivamente ed essere
consultati su tutte le questioni esaminate dal Consiglio.
Lo status
di osservatore del Consiglio artico
è altresì aperto a sei Stati non artici: Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Singapore
e, dal maggio 2'013, il nostro Paese,,
come anche a organizzazioni non governative, intergovernative,
interparlamentari, globali o regionali ritenute utili per i lavori del
Consiglio Artico medesimo. Il contributo degli osservatori si esplica
principalmente all’interno dei gruppi di lavoro.
Altri Stati osservatori (ma non membri) sono: Francia,
Germania, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito (che rappresenta la Scozia), Spagna
e l'Unione europea.
Il Segretariato
permanente del Consiglio artico ha iniziato ad operare
nel 2013: la sua funzione è quella di assicurare capacità amministrative e di comunicazione,
nonché supporto generale, alle attività del Consiglio Artico.
Tali attività si svolgono principalmente in sei diversi gruppi di lavoro:
ACAP, un meccanismo volto a incoraggiare azioni a
livello nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e
l’abbattimento dei livelli di altri agenti inquinanti;
AMAP, incaricato del monitoraggio dell’ambiente
artico, nonché degli ecosistemi e delle popolazioni umane, e inoltre di fornire
consulenza scientifica ai governi nella loro azione di contrasto
all’inquinamento e agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
CAF, che si rivolge alla conservazione della
biodiversità dell’Artico e lavora per mantenere la sostenibilità delle risorse
nella regione;
EPPR, impegnato a proteggere l’ambiente artico
dalla minaccia o dall’impatto di rilasci accidentali di agenti inquinanti o
radioattivi;
PAME, nel quale si concentrano le attività del
Consiglio Artico rivolte alla protezione e all’utilizzazione sostenibile
dell’ambiente marino della regione;
SDWG, che lavora espressamente per accrescere lo
sviluppo sostenibile nell’Artico e migliorare le condizioni delle comunità
umane regionali.
In relazione a specifici compiti il Consiglio artico
ha anche facoltà di istituire alcune task force di esperti. Nella presidenza
biennale attualmente ricoperta fino al 2019 dalla Finlandia risultano operanti
la task force sulla
cooperazione marina nell’Artico e la task force per il
miglioramento della connettività nella regione. Sempre nel
quadro della presidenza finlandese risulta operante un gruppo di
esperti per il supporto all’attuazione del quadro di azione sul carbone e sul
metano.
Le valutazioni e le raccomandazioni del Consiglio artico
sono per lo più il risultato delle analisi e delle iniziative intraprese dai
diversi gruppi di lavoro. In seno al
Consiglio artico le decisioni sono prese per
consensus tra gli otto Stati membri, in piena consultazione e con il
pieno coinvolgimento dei Partecipanti Permanenti.
Come già accennato, la presidenza del Consiglio artico è a rotazione biennale tra gli
otto Stati membri: il secondo ciclo di presidenze è iniziato nel 2013, e l’11
maggio 2017 si è conclusa la presidenza
biennale statunitense, con l’inizio di quella della Finlandia, che si concluderà nel 2019 per cedere il posto
all’Islanda.
Il carattere di forum
del Consiglio artico lo priva di capacità di programmazione: qualunque progetto
o iniziativa è sponsorizzato da uno o più degli Stati membri, e può ricevere
sostegno da altre entità. Conseguentemente, anche per quanto concerne le
indicazioni e le raccomandazioni del Consiglio artico, la responsabilità della
loro attuazione è in capo agli Stati membri. Il mandato del Consiglio artico quale risulta dalla Dichiarazione
di Ottawa del 1996 esclude inoltre esplicitamente la materia militare.
Va infine ricordato come il Consiglio artico sia
stato la sede di negoziazione e conclusione di tre importanti accordi internazionali vincolanti tra gli otto Stati
membri: in particolare, si tratta dell’Accordo sulla cooperazione nella
ricerca e salvataggio aeronautici e marittimi nell’Artico, firmato nel 2011 ed
in vigore dal 2013; dell’Accordo sulla cooperazione nell’allerta e nella
risposta nei confronti dell’inquinamento petrolifero marino nella regione
artica, firmato nel maggio 2013; e dell’Accordo sul rafforzamento della
cooperazione scientifica internazionale nell’Artico, firmato l’11 maggio 2017,
proprio allo scadere della presidenza biennale statunitense.
La Conferenza dei parlamentari della regione artica
(CPAR) è l’organismo rappresentativo formato da delegazioni designate dai
Parlamenti nazionali di otto Stati
artici (Canada, Danimarca, Federazione russa, Finlandia, Islanda, Norvegia,
Stati Uniti e Svezia) e dall’Unione europea.
La Conferenza - integrata da Partecipanti
permanenti che rappresentano le popolazioni
indigene e da osservatori, in rappresentanza di istituzioni governativa ed
organizzazioni internazionali – si riunisce a scadenza binnale: la prima riunione si svolse a Reykjavik nel 1993,
le successive conferenze si sono tenute a Yellowknife, (Canada), Salekhard (Russia), Rovaniemi (Finland), Tromsø (Norway),
Nuuk, (Gorenlandia), Kiruna (Sweden), Fairbanks (Stati Uniti). La XII Conferenza si è svolta a Ulan-Ude
(Russia) dal 14 al 17 giugno 2016.
La Commissione permanente della CPAR, che assicura lo svolgimento
delle attività ordinarie dell’organismo tra una riunione e l’altra del suo plenum, si riunisce 3-4 volte l’anno in
differenti Stati artici per discutere le questioni di comune interesse della
regione e l’attuazione delle decisioni assunte bel documento finale adottato
dalla Conferenza.
Una delle principali priorità della Commissione permanente era
originariamente rappresentata dal sostegno all’istituzione del Consiglio
artico: a seguito della creazione di questo organismo di cooperazione
regionale, la Commissione permanente prende parte ai lavori ed alle attività
del Consiglio ed attualmente concentra la sua attenzione sulle problematiche
dei trasporti, sulla ricerca e la formazione, lo sviluppo umano ed il contrasto
al cambiamento climatico.
La delegazione Delegazione
norvegese per la cooperazione parlamentare artica
Nell’ottobre 2009 il Parlamento
norvegese ha istituito la Delegazione parlamentare artica per dare seguito
al forte interesse politico e nell’opinione pubblica per le tematiche artiche e
per dare rappresentanza ad una migliore cooperazione tra gli Stati artici nel
campo dell’energia, del cambiamento climatico, dell’ambiente, dei trasporti
marittini, della salute e della formazione.
La Delegazione, formata da sei membri effettivi e da sei
supplenti, è attualmente presieduta da Eirik Sivertsen (Partito del lavoro),
Janne Nordås, Janne Sjelmo (Partito di centro), Margunn Ebbesen (Partito
conservatore), Jan-Henrik Fredriksen (Partito del Progresso), Ingrid Heggø
(Partito del lavoro). I suoi membri supplenti sono Siri A: Meling (Partito
conservatore), Regina Alexandrova (Partito conservatore), Rigmor Eide (Partito
cristiano-democratico), Hårek Elvenes, (Partito conservatore), Eva Hansen
(Partito del lavoro), Martin Henriksen (Partito del lavoro), Tor André Johnsen, (Partito del
progresso).
Il Parlamento della
Comunità sami in Norvegia (in norvegese:Sametinget,
in sami settentrionale Sámediggi) è l’organisno rappresentativo delle
popolazioni di origini sami residenti in Norvegia ed opera come istituzione per
la tutela delle tradizioni culturali delle popolazioni sami.
Alle origini dell’organismo si pone la creazione nel 1964 di un Consiglio per le
questioni sami in Norvegia, i cui membri erano perè nominati dalle autorità statali. Nel 1978 Sámi Council was
established to address Sámi matters. The members of the body
were appointed by state authorities. This body was replaced by the Sami Parliament.
Nel 1987, dopo una lunga controversia legata alla costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Alta nella Norvegia settentrionale che registrò una forte opposizione delle popolazioni sami, il Parlamento norvegese adottò una modifica costituzionale ed una normativa (il cd. Sámi Act) che configurava i poteri della nuova assemblea rappresentativa che fu inaugurata ufficialmente il 8 ottobre 1989 dal re Olav V.
L’Assemblea – che ha
sede a Kárášjohka, centro
storico della presenza culturale sami - è formata da 39 rappresentanti, eletti direttamente
in 7 circoscrizioni ed elegge un Presidente, un Vicepresidente ed il Consiglio esecutivo (Sámediggeráđi), che da attuazione alle decisioni adottate dal
plenun dell’Assemblea durante i
periodi di aggiornamento di quest’ultimo.
I rappresentanti sono
eletti direttamente dai cittadini che hanno dichiarato, in sede di censimento,
di essere di ascendenza sami: secondo il Parlamento
della Comunità, i cittadini norvegesi di origini
sami circa 40.000.
Nel Parlamento sono
rappresentati dieci gruppi, i principali dei quali sono espressione
dell’Associazione norvegese sami (13 seggi, al governo), del Partito del lavoro (10 seggi, all’opposzone) e di Árja (“Impegno”) un movimento d’impronta
tradizionalista (4 seggi, al governo).
The parliament works with
political issues it considers relevant or of interest to the Sami people. The
responsibilities of the Sami Parliament in Norway are: "(1) to serve as the Sámis’ elected
political body to promote political initiatives and (2) to carry out the
administrative tasks delegated from national authorities or by law to the Sámi
Parliament.".[2]
Originariamente (1989) le
competenze dell’Assemblea erano
piuttosto modeste: attualmente esse sono sensibilmente
più ampie e
comprendono la gestione del Fondo di
sviluppo per le popolazioni sami, le
politiche di salvaguardia e tutela della lingua sami in Norvegia, The
extent of responsibility that was assigned and transferred from the Norwegian
government at the time of establishment
was modela gestione delle risorse
per la cultura tradizionale sami nel quadro del Fondo del Consiglio norvegese
per gli Affari culturali, la salvaguardia dei siti culturali sami, la
designazione del 50% dei membri del consiglio d’amministrazione della Finnmark
Estate, l’impresa che gestisce larga parte delle risorse
naturali della Contea di Finnmark, all’estremo nord della
Norvegia.st
(1989). However,
more responsibilities have been added including:[7]
Management of the Sámi
Development Fund, which is used for grants to Sámi organizations and Sámi duodji (1989).
Responsibility for the
development of the
Sámi language in Norway, including allocation of funds to Sami language
municipalities and counties (1992).
Responsibility for Sámi
culture with a Sámi culture, including a fund from the Norwegian Council for
Cultural Affairs (1993).
Protection of Sámi
cultural heritage sites (1994).
Development of Sámi
teaching aids, including allocation of grants for this purpose (2000).
Election of 50% of the
members to the board in the Finnmark
Estate (2006).
The
library of the Sámi Parliament in Norway.
One of
the responsibilities is ensuring that the section 1–5 of the Saami Act
(1987:56) is upheld, i.e., that the Sami
languages and Norwegian
continue to have the same status. A good example of this is the current
situation in Tysfjord, where
speakers of Lule Sami cannot
conduct their official business in that language as the municipality has not
provided anyone who can speak it to assist them.[citation needed] This is
the only municipality in Norway where
speakers of that language should theoretically be
able to speak it with officials, but this has not come to fruition; therefore,
the Saami Parliament must fight for this cause with Tysfjord and must bring it
to the attention of the Norwegian Government, if Tysfjord fails to rectify the
situation.
The Sami
Parliament of Norway is located in Kárášjohka
(Karasjok), and the building was inaugurated on 2 November 2000. There are also
offices in Guovdageaidnu
(Kautokeino), Unjárga
(Nesseby), Gáivuotna
(Kåfjord), Divtasvuodna
(Tysfjord), and Snåase
(Snåsa).
The town
of Kárášjohka is considered an important
center of Sami culture in Norway. Approximately 80% of the town's population is
Sami-speaking, and the town also hosts Sami broadcasting stations and several
public and private Sami institutions such as the Sami Museum and the Sami
chamber of commerce (Sami
Trade and Industry).[3][4]
In 2006
about 115 people were employed.
Funding is
granted by the Norwegian state over various national budget lines. But the
parliament can distribute the received funds according to its own priorities.
In the Norwegian government the main responsibility for Sami affairs, including
the allocation of funds,
is the Ministry
of Labour and Social Inclusion.[2]
The
total budget for the Norwegian Sami Parliament has been about:
In
addition the parliament controls the 75 million NOK in "Samefolkets
fond", a fund established in 2000 as compensation
for the governments Norweganization policy.
To be
eligible to vote or be elected to the Norwegian Sami Parliament a person needs
to be included in the Sámi census. In order to be included the following
criteria must be met as stipulated in Section 2–6 of
the Sámi Act: "Everyone who declares that they consider themselves to be
Sámi, and who either has Sámi as his or her home language, or has or has had a
parent, grandparent or great-grandparent with Sámi as his or her home language,
or who is a child of
someone who is or has been registered in the Sámi census, has the right to be
enrolled in the Sámi census in the municipality of residence." [9]
Nel quadro degli accordi di pace sottoscritti al termine
del Primo conflitto mondiale, la questione del controllo dell’Arcipelago delle
Svalbard fu oggetto di una composizione fino ad allora rifiutata, a più
riprese, dalla Russia, che rivendicava la sovranità sulle isole.
Il Trattato delle
Svalbard del 9 febbraio 1920 (in norvegese Svalbardtraktaten, Traité
concernant le Spitzberg in francese e Treaty concerning Spitsbergen, in inglese, le due lingue dell’accordo)
ha riconosciuto la sovranità norvegese sull’Arcipelago (articolo 1) e ne ha
sancito la demilitarizzazione.
I dieci articoli del Trattato prevedono pertanto:
·
il riconoscimento della sovranità norvegese
sull’Arcipelago e sull’Isola degli orsi;
·
la garanzia, su un piano d’eguaglianza, dei diritti
di caccia e di pesca dei cittadini degli Stati firmatari del Trattato, sia a
terra che nelle acque territoriali prospicienti le isole;
·
il diritto di accesso e di sfruttamento delle
risorse naturali per i cittadini di tutti gli Stati firmatari ;
·
il divieto d’introdurre monopoli e dazi
d’esportazione ;
·
il divieto d’installare basi navali, costruire
fortificazioni o utilizzare il terrritorio per finalità strategiche e
militari ;
·
l’esigenza d’installare una stazione metereologica
internazionale.
Gli Stati
firmatari dell’accordo erano originariamente l’Australia, il Canada, la
Francia, l’Italia, il Giappone, i
Paesi Bassi, la Norvegia, il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Svezia. L’Unione
sovietica vi aderì nel 1924 mentre la Germania nel 1925. Attualmente gli Stati
firmatari sono 42.
Oslo recuperò effettivamente il controllo delle isole in
seguito all’entrata in vigore dell’accordo nel 1925: il Parlamento norvegese
adottò la legge 17 luglio 1925, n. 11, Lov
om Svalbard, che ribadisce la sovranità norvegese
sull’Arcipelago ed estendendovi l’applicazione del diritto civile e del diritto
penale norvegesi e richiamando espressamente tutte le altre normative norvegesi
in vigore sulle isole.
La legge istituisce inoltre la funzione di Governatore delle Svalbard (Syssenlmann) che ha sede nel capoluogo,
Longyearbyen, e, a seguito di una riforma introdotta nel 2002, il Consiglio della Comunità di
Longyearbyen.
Come accennato, a norma del Trattato, pertanto, i
cittadini degli Stati parte dell’Accordo hanno il diritto di sfruttare le
risorse naturali (soprattutto giacimenti carboniferi) dell’Arcipelago “sur un pied d'égalité absolu” :
attualmente solamente la Norvegia e, in misura ridotta, la Federazione russa,
si avvalgono di questo diritto. In passato, invece, l'Unione sovietica ha sostenuto gli insediamenti di Barentsburg e
di Pyramiden che avevano raggiunto alcune migliaia di abitanti: per un periodo
la lingua più parlata sulle Svalbard è stato il russo.
A seguito della dissoluzione dell'Unione sovietica e
dell'interruzione dei sussidi da Mosca, la popolazione russa (ed ucraina) si è
ridotta a circa 500 unità, e Pyramiden è stata del tutto abbandonata; dal 2009
a Pyramiden alcuni russi provenienti da Barentsburg stanno tentando di
riattivare a scopi turistici l'arcipelago.
L’antagonismo
sovietico-norvegese per il ccontrollo delle Svalbard si collegava al più ampio
contenzioso he opponeva la Norvegia
all’URSS per lo sfruttamento delle
risorse viventi e minerali del Mare di Barents. Nel corso di un
quarantennio i due paesi si sono fronteggiati per il controllo del pesce e del
petrolio nelle zone adiacenti le isole Svalbard, riuscendo comunque a non far
trascendere toni e livello della disputa.
L’Unione sovietica
aveva rivendicato diritti nel Mare di Barents sin dal 1928, in un’area che
dalle proprie isole giungeva sino alla c.d. “linea di settore”, confine tracciato - per meridiano - dal punto
più occidentale della frontiera terrestre sino al Polo.
La pretesa era
speculare a quella secondo cui la sovranità riconosciuta alla Norvegia sulle
isole Svalbard dal Trattato del 1920, fosse limitata alle sole acque
territoriali. La Norvegia sosteneva invece che alle Svalbard competessero anche
aree di piattaforma continentale e di zona economica esclusiva (Zee), e che
queste si estendessero sino alla mediana con i territori russi.
Per rimediare ai
continui incidenti di pesca, nel 1978
i due Stati avevano stipulato un accordo provvisorio che, senza pregiudizio delle
rispettive pretese, considerava l’area in contestazione una “zona grigia” in
cui esercitare in modo coordinato giurisdizione verso i battelli nazionali e di
paesi terzi. Negli anni settanta, infatti, si è scoperto che la zona, oltre ad
essere ricca di pesce, lo è anche di idrocarburi, con riserve stimate di circa
seimila miliardi di metri cubi. I siti minerari sono principalmente nel
giacimento di “Stokman”, che ricade sul lato russo della piattaforma
continentale, sia in quello di “Snohvit”, posizionato sulla piattaforma
norvegese.
Il 14 settembre
2010 si è giunti ad un nuovo accordo tra i due Stat che sono finalmente alla
definizione di una linea di demarcazione, grazie alla rinuncia delle rispettive
pretese di principio nel rispetto del diritto internazionale codificato nella
Convenzione del diritto del mare del 1982 (UNCLOS).
Invece di
protrarre per altri decenni un contenzioso che avrebbe ostacolato ricerca e
sfruttamento degli idrocarburi nella zona contesa, le due parti hanno stipulato
un accordo di delimitazione marittima
che ripartisce l’area in questione. Il confine stabilito, valevole sia per la
piattaforma continentale che per la Zee, è costituito dalla mediana, con
aggiustamenti volti a tener conto della diversa lunghezza delle rispettive coste:
il risultato è una ripartizione dell’area in parti eguali.
L’assetto raggiunto nel Mare di Barents conferma la leadership norvegese nel settore energetico e rafforza la
proiezione russa nell’area artica e ribdisce l’attitudine di Oslo a condurre
negoziati nel pieno rispetto del diritto internazionale, sta anche nell’impegno
delle due Parti a gestire congiuntamente i giacimenti posti a cavallo del
confine. Di rilievo è anche la previsione che continui per altri 15 anni
l’attuale regime di cooperazione nella pesca.
La Base "Dirigibile
Italia" è un centro di ricerca
multidisciplinare aperto nel 1997 che prende il nome dalla spedizione
del 1928 del generale mberto Nobile.
La stazione è gestita
dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e le attività
sono coordinate dal Dipartimento CNR Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per
l’Ambiente.
Dirigibile Italia è una costruzione di c.a. 300 mq, che può ospitare
diversi laboratori scientifici: la struttura è stata ceduta in occasione della “European Networking Conference of Research
in the North (Longyearbyen, Svalbard 12-16 Settembre 1995)”, promossa dal Governo
norvegese in collaborazione con la Commissione Europea DG-XII e con il supporto
dell’Istituto polare norvegese.
La Base può ospitare fino a sette persone e le attività
di ricerca riguardano le seguenti discipline: chimica e fisica dell’atmosfera; biologia
marina; fisica dell’alta atmosfera; ricerca tecnologica, geologia e geofisica; glaciologia,
nivologia e permafrost; paleoclima; oceanografia/limnologia; ecosistemi
terrestri; studi ambientali; biologia dell’uomo e medicina.
A partire dal 2009,
annesse alla stazione sono state realizzate tre importanti piattaforme
osservative multidisciplinari: la Amundsen-Nobile Climate Change Tower
(CCT), il laboratorio per aerosol e processi all'interfaccia Gruvebadet (GVB),
un mooring (MD1) nella parte interna del fiordo di NY Alesund (Kongsfjiorden).
Le attività che sono
previste nella Base sono molto differenziate, spaziando in
diversi settori di grande interesse per le scienze ambientali, biologiche, per
la tecnologia ed anche per le scienze umane. Un aspetto importante delle
ricerche in corso riguarda lo studio delle proprietà chimiche dell'atmosfera
con particolare riferimento ai composti contenenti zolfo e azoto.
Questi studi, oltre a chiarire i meccanismi di grande
interesse anche per lo studio dell'inquinamento urbano, contribuiscono a
caratterizzare il livello di
contaminazione dell'atmosfera nelle zone artiche in funzione del trasporto
di inquinanti dalle sorgenti.
I programmi relativi alle proprietà fisiche e chimiche
dell'atmosfera includono anche lo studio dei processi di trasferimento di
energia radiativa in un sistema nel quale nubi e ghiaccio giocano un ruolo
fondamentale. Tale parametrizzazione è molto importante per lo sviluppo dei
modelli di cambiamento globale e degli effetti ad essi conseguenti, nonché per
l'interpretazione di dati telerilevati.
I vantaggi offerti
dalla base sono notevoli. Essa può essere
raggiunta durante tutto l'anno con poche ore di volo di linea, offrendo quindi
l'opportunità di sviluppare ricerche tipiche delle notti polari. Il materiale
spedito verso la base può essere disponibile entro poche ore e le comunicazioni
telefoniche o di trasmissione dati offrono, ad un prezzo irrisorio, la
possibilità di collegamento diretto nelle reti informatiche.
La parte logistica
è gestita da un'apposita struttura norvegese che rende servizi di varia
natura a tutti gli insediamenti scientifici di Ny Ålesund su base continua
ormai da molti anni.
Tra l'altro il Governo norvegese ha stabilito che la località di Ny Ålesund è quella selezionato
per la ricerca sperimentale artica e per questo le Isole Svalbard, oltre ad
essere sede d’importanti istituzioni scientifiche, offrono anche l'opportunità
culturale di una Università (UNIS: University of Svalbard) con corsi tipici
delle scienze polari e notevoli finanziamenti governativi per il supporto della
ricerca.
La volontà di promuovere scientificamente la località di
Ny Ålesund è sfociata in un programma LSF (Large
Scale Facility) nel quale, tra altri enti, il CNR partecipa allo sviluppo
delle ricerche sull'inquinamento dell'atmosfera. Queste opportunità possono
svilupparsi nel prossimo futuro grazie all'accordo che il CNR ha sottoscritto
con il suo omologo norvegese e che consentirà contatti e scambi scientifici
finalizzati alla ricerca artica molto qualificati.
Fonti: Ministero degli affari esteri e della cooperazione
internazionale, Consiglio nazionale delle ricerche.
La Commissione
europea ha presentato nel 2008 una
comunicazione intitolata “L’Unione
europea e la regione artica” (COM(2008)763) nella quale ha
delineato per la prima volta una strategia organica dell’UE nei confronti
della regione artica[9] imperniata su tre obiettivi strategici principali:
·
tutelare e preservare l'Artico di concerto con la sua popolazione;
·
promuovere
l'uso sostenibile delle risorse;
·
contribuire
a una migliore governance multilaterale nell'Artico.
Nel 2012,
la Commissione europea e l’Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e
la sicurezza hanno presentato una comunicazione
congiunta intitolata “Definire una
politica dell’Unione europea per la regione artica: progressi compiuti dal 2008
e prossime tappe” (JOIN(2012)19) nella quale l’UE
ha ulteriormente articolato la sua strategia nei confronti di tale regione
proponendo di sviluppare la politica dell’Ue nei confronti della regione artica
lungo tre assi:
·
promuovere la ricerca e utilizzare le conoscenze per affrontare le sfide connesse ai cambiamenti ambientali e climatici nell'Artico;
·
garantire
che lo sviluppo economico nell'Artico sia basato sull'uso sostenibile delle risorse e sulle competenze ambientali;
·
intensificare
l'impegno e il dialogo costruttivo con
gli Stati artici, le popolazioni
indigene e gli altri partner.
Su richiesta del Parlamento europeo e del
Consiglio, nell’aprile del 2016 la
Commissione europea e l’Alta Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la
sicurezza hanno presentato la comunicazione
congiunta “Una politica integrata
dell’Unione europea per l’Artico” (JOIN(2016)21), con la quale
hanno ribadito la necessità di una
politica dell’UE volta a promuovere la cooperazione
internazionale in risposta agli effetti dei cambiamenti climatici sul fragile ambiente dell’Artico e a
contribuire allo sviluppo sostenibile, specialmente nella parte europea dell’Artico.
Per rispondere a questa richiesta viene, quindi,
proposta una politica integrata dell’UE
sull’Artico costituita da una serie
di azioni in tre ambiti prioritari
strettamente interconnessi:
1. cambiamenti climatici e tutela dell’ambiente
artico:
·
l’UE
si è già impegnata a ridurre le sue
emissioni totali di gas a effetto serra del 40% entro il 2030 e dell’80%
entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990. Intende, inoltre, adoperarsi per un’attuazione a livello internazionale dell’accordo sul clima raggiunto a Parigi nel dicembre dello scorso anno.
Infine, il 20% del bilancio
dell’Unione è già stato stanziato per misure di mitigazione e adattamento ai
cambiamenti climatici;
·
l’UE
intende cooperare con gli Stati artici,
comprese le comunità locali e le popolazioni indigene, e con gli opportuni
consessi internazionali per sviluppare un’agenda per l’adattamento ai
cambiamenti climatici nella regione artica;
·
l’UE
intende contribuire alle iniziative internazionali per limitare le emissioni di
particolato carbonioso e di metano;
·
l’UE
vuole mantenere gli attuali livelli di
finanziamento nell’ambito di Horizon
2020 destinati alla ricerca
nell’Artico (in media 20 milioni di euro all’anno). Circa 40 milioni di euro sono già stati
stanziati per il 2016 e il 2017 per progetti sull’osservazione,
sui fenomeni meteorologici e legati ai cambiamenti climatici nell’emisfero
boreale nonché sulla diminuzione del permafrost;
·
22
tra i maggiori istituti di ricerca europei sulla regione artica sono chiamati a
sviluppare un programma integrato
europeo di ricerca polare nel quadro dell’iniziativa EU-PolarNet;
·
l’UE
intende sostenere l’accesso
transnazionale alle infrastrutture di ricerca nella regione artica
(stazioni di ricerca, navi per ricerche scientifiche, osservazioni satellitari)
e il libero accesso alle risorse di dati.
Nelle intenzioni della Commissione, il programma spaziale Copernicus dell’UE
sosterrà la ricerca internazionale sui cambiamenti climatici nella regione
artica;
·
l’UE
intende favorire l’attuazione di una serie di accordi internazionali in materia
di ambiente, come la Convenzione delle
Nazioni Unite sulla diversità biologica, ritenuti di grande importanza per
la regione artica, che sono ancora lontani dall’essere attuati dai loro
firmatari;
·
l’UE
intende impregnarsi affinchè entro il 2020 i metalli pesanti e le sostanze
inquinanti che attualmente inquinano la rete alimentare della regione artica
siano gradualmente eliminati;
·
nel
quadro della gestione sostenibile del Mar Glaciale Artico, l’UE appoggia lo
sviluppo di una rete di zone marine
protette nella regione artica.
L’UE intende anche promuovere l’elaborazione di un accordo internazionale al
fine di impedire una pesca non regolamentata nel Mar Glaciale Artico centrale.
A giudizio della Commissione, nel lungo periodo le risorse biologiche marine
devono essere gestite attraverso un’organizzazione o un accordo regionale di
gestione della pesca.
2. sviluppo sostenibile nell’Artico e nella
zona circostante:
· secondo la Commissione, la parte europea dell’Artico risente di un
sottoinvestimento, mentre un certo
numero di strumenti finanziari e di
servizi dell’UE sono pronti a sostenere l’innovazione, lo sviluppo delle
infrastrutture - migliorando per esempio i collegamenti di trasporto - e le
imprese (attraverso, rispettivamente ma non solo, il piano di investimenti per
l’Europa, TEN-T, InnovFin e la rete europea delle imprese). La Commissione
intende potenziare il coordinamento tra i programmi di finanziamento dell’UE
destinati alla regione artica, per individuare le principali priorità di ricerca e investimento,
nonché per facilitare lo sviluppo delle capacità dei portatori di interesse al
fine di massimizzare il sostegno finanziario per la regione;
·
nelle
intenzioni della Commissione, i programmi
spaziali dell’UE e i suoi progetti di ricerca mirati devono apportare un
contributo essenziale alla sicurezza marittima nella regione attraverso la
sorveglianza e il monitoraggio del traffico navale e dei movimenti del ghiaccio
(Copernicus) e fornire servizi di
navigazione satellitare (Galileo).
3. cooperazione internazionale sulle questioni
riguardanti la regione artica:
·
l’UE
intende continuare ad impegnarsi attivamente nei consessi internazionali
pertinenti alla regione artica, quali il Consiglio
artico[10], il Consiglio euroartico di
Barents[11] e la dimensione settentrionale;
·
l’UE
intende collaborare con tutti i partner
artici, non solo i Paesi terzi che hanno territori nella regione artica, ma
anche i Paesi con crescenti interessi artici come la Cina, l’India e il Giappone,
ad esempio in materia di scienza e ricerca;
·
l’UE
intende continuare a dialogare con le
popolazioni indigene della regione artica e con le comunità locali per garantire che i loro diritti siano rispettati e
che i loro punti di vista siano presi in considerazione nell’ulteriore
elaborazione delle politiche dell’UE.
Parlamento
europeo
Il 17 marzo
2017 l’Assemblea plenaria del Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non legislativa
su una politica integrata dell'Unione
europea per l'Artide. Nella risoluzione gli eurodeputati chiedono, tra
l’altro, norme per salvaguardare l’ecosistema dell’Artico, introdurre il divieto di estrazione di petrolio e
mantenere l’area come zona di
cooperazione a bassa tensione.
Nella risoluzione si sottolinea che l’Artico si sta
riscaldando a velocità doppia rispetto alla media mondiale e che il mare
ghiacciato è diminuito in maniera significativa a partire dal 1981, al punto da
essere circa il 40% più piccolo rispetto all’estate di 35 anni fa.
Per tale motivo il Parlamento europeo ribadisce che
il vulnerabile ambiente artico e i diritti fondamentali dei popoli indigeni
devono essere rispettati e protetti con salvaguardie più rigorose.
In particolare si propone di vietare trivellazioni petrolifere nelle acque
ghiacciate artiche dell'UE e del SEE, come pure l’utilizzo di combustibili fossili che potrebbe
accelerare ulteriormente il cambiamento climatico. Si reitera inoltre la
richiesta già avanzata nel 2014 di bloccare
l’uso di olio combustibile nei trasporti
marittimi nel Mar Artico. Se ciò non fosse possibile data la situazione
internazionale, il Parlamento europeo ritiene che la Commissione dovrebbe
creare norme volte a proibire l’uso e il
trasporto di olio combustibile (HFO) su navi dirette verso i porti dell’UE.
Nella risoluzione si evidenzia infine la crescente presenza di forze armate russe nell’Artico, che dal 2015 hanno
fondato almeno sei nuove basi nord del
Circolo Polare Artico, inclusi sei porti in acque profonde e 13 aerodromi, e si
nota altresì il crescente interesse
della Cina nell’accesso a nuove rotte commerciali e a nuove risorse
energetiche.
Sottolineando gli sforzi per mantenere l’Artico una
zona a bassa tensione, il Parlamento
europeo ha infine evidenziato il ruolo importante del Consiglio Artico nel mantenere una cooperazione costruttiva, bassa
tensione e stabilità nella regione.
Consiglio
dell’UE
Sulla base della comunicazione presentata nel 2016
dalla Commissione europea, il 20 giugno 2016 il Consiglio è tornato sui temi
della politica integrata dell'UE per l'Artico, approvando una serie di
conclusioni recanti tra l’altro l’obiettivo di migliorare la resilienza socioeconomica ed ambientale della regione
artica.
Il Consiglio, accogliendo con favore la
comunicazione citata, ha convenuto che
l'UE debba mantenere stretti contatti
con le popolazioni indigene e le comunità locali dell'Artico per garantire che
le loro opinioni e i loro diritti siano rispettati e promossi nelle politiche
dell'Unione in fase di elaborazione che hanno un'incidenza sull'Artico.
Nel settore della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell'adattamento agli
stessi, secondo il Consiglio, l'UE e i suoi Stati membri dovrebbero garantire
soluzioni ambiziose e coerenti aventi un impatto locale e globale, anche
tramite l'attuazione degli impegni
assunti negli accordi ambientali regionali e multilaterali, non da ultimo l'accordo di Parigi sui cambiamenti
climatici del dicembre 2015.
Il Consiglio ha altresì accolto con favore
l'intenzione di mantenere livelli di
finanziamento elevati per la ricerca relativa all'Artico nel quadro di
Orizzonte 2020, nonché invitato la Commissione europea a operare a tutti i
livelli per conseguire sinergie nell'ambito dei programmi di finanziamento
dell'UE nonché tra i programmi di monitoraggio e ricerca nazionali,
circumpolari e internazionali, inclusi quelli spaziali.
Il Consiglio ha inoltre accolto con favore la partecipazione dell'UE ai negoziati su
un accordo internazionale volto a prevenire la pesca non regolamentata nel Mar Glaciale Artico centrale, e
l'impegno dell'UE e dei suoi Stati membri nelle attività relative alla gestione
per zona, incluse le aree marine
protette, in stretta cooperazione con i portatori d'interesse, le
organizzazioni e i processi regionali e nel rispetto degli stessi, nonché
nell'ambito di quadri istituzionali multilaterali.
Per quanto concerne la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento, il
Consiglio ha altresì apprezzato l'adozione, da parte dell'Organizzazione
marittima internazionale, del codice
internazionale per le navi che incrociano
nelle acque polari e ne ha incoraggiato l'attuazione e applicazione.
Il Consiglio ha infine invitato la Commissione a
esplorare in che modo l'UE possa contribuire allo sviluppo sostenibile nell'Artico dell'industria e di infrastrutture
resilienti ai cambiamenti climatici, incluse tecnologie e telecomunicazioni
a basse emissioni di carbonio, innovative e adatte ai climi freddi,
conformemente, tra l'altro, ai piani e alle politiche TEN-T.
Il Consiglio ha, da ultimo, invitato l'Alta
rappresentante e la Commissione a sollevare regolarmente questioni attinenti
alla regione artica nei quadri regionali
e multilaterali, nonché nell'ambito della cooperazione e dei dialoghi politici bilaterali con i partner dell'Artico e altri partner
che si occupano di questioni relative all'Artico.
L’Italia e l’Artico hanno
alle spalle una lunga storia risalente al 1899, quando il Duca degli Abruzzi, a bordo della Stella Polare, salpò da
Arcangelo per approdare nella Terra di Francesco Giuseppe e da lì raggiungere
il polo, a bordo di slitte trainate da cani. La spedizione non riuscì a
raggiungere l’obiettivo, ma arrivò a latitudini mai toccate prima.
Nel 1926 Umberto Nobile
attraversò per la prima volta il Mar Glaciale Artico (o Oceano Artico)
dall'Europa all'Alaska, partendo da Roma, insieme al norvegese Roald Amundsen e
allo statunitense Lincoln Ellsworth a bordo del dirigibile Norge
progettato dallo stesso Nobile. Arrivati per la prima volta nella storia nei
pressi del polo nord geografico, i tre esploratori calarono dal dirigibile le
rispettive bandiere nazionali. Nobile ripeté l’impresa due anni dopo a bordo
del dirigibile Italia, sorvolando quattro volte il polo, facendo base a
Baia del Re.
Obiettivo: esplorare zone
sino ad allora sconosciute effettuando rilievi scientifici. Sulla via del
ritorno il dirigibile si schiantò sul pack, a nord delle Isole Svalbard,
causando la morte di metà equipaggio. L’incidente fu causato da una forte
corrente che spirava a nord delle Svalbard verso la Terra di Francesco Giuseppe:
tale corrente, sconosciuta sino ad allora, venne soprannominata Italia,
in onore della spedizione che ne provò l’esistenza.
Le
spedizioni di Nobile possono essere considerate le prime missioni scientifiche
italiane nell’Artico, avendo gettato le basi
per l’approfondimento in quel contesto di materie come l’oceanografia, la
meteorologia, la geografia e la geofisica. Grazie a Nobile, l’Italia scopriva
la sua “dimensione nordica”.
Le azioni congiunte con
altri Stati, artici e non, per trarre in salvo i superstiti del dirigibile Italia
rappresentano inoltre il primo esempio di cooperazione internazionale in
condizioni meteorologiche estreme: Amundsen stesso perse la vita nel tentativo
di prestare soccorso ai superstiti.
L’attività di Nobile non
si limitò alle due spedizioni. Fu invitato in Russia per prendere parte al
viaggio che il rompighiaccio Malyghin avrebbe intrapreso nella regione
della Terra di Francesco Giuseppe per effettuare osservazioni oceanografiche e
meteorologiche. Al ritorno, si fermò a Mosca per esaminare alcuni progetti di
aeronavi, rimanendovi sei anni, supervisionando e dirigendo la costruzione di
dirigibili, sotto la direzione dell’Aeroflot russa.
La
multiforme presenza italiana nell’Artico è testimoniata anche, fra
gli altri esempi, dagli studi di Silvio Zavatti, esploratore e antropologo
italiano che ha dedicato la sua vita allo studio dei popoli del Nord, in
particolare degli Inuit, fondando l’Istituto Geografico Polare Silvio
Zavatti, che gestisce il Museo Polare di Fermo, l'unico museo
esistente in Italia interamente dedicato alle regioni artiche, e che pubblica
regolarmente la rivista Il Polo. Zavatti organizzò tra il 1961 e il 1969
cinque spedizioni nella regione, in particolare tre in Canada, una in Lapponia
e una in Groenlandia. I suoi studi etnografici contribuiscono all’arricchimento
del Museo Polare. Negli anni Sessanta il conte Guido Monzino, imprenditore
milanese, effettuò missioni polari partendo dalla Groenlandia, dove è tuttora
ricordato con grande simpatia. Nel 1970, si spinse da Qaanaaq a Cape Columbia
(Canada) e nel 1971, dopo una missione di sei mesi, con il supporto di sherpa
locali raggiunse il polo nord. Le sue imprese sono illustrate nel Museo delle
Spedizioni di Villa Balbaniello sul lago di Como.
La
storia dell’Italia nell’Artico è quindi centenaria e la presenza del nostro
Paese è andata costantemente aumentando. Grazie al lavoro di
Nobile, alla successiva istituzione di una base scientifica del Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR) nelle Isole Svalbard (Stazione Artica Dirigibile Italia), alle spedizioni
oceanografiche artiche della nave da ricerca OGS Explora, nonché
all’attività di numerose aziende italiane, tra cui Eni e Finmeccanica, la
candidatura dell’Italia al Consiglio Artico in qualità di Paese osservatore è
stata accolta nel 2013. L’Italia del resto può considerarsi, nel novero dei
Paesi non artici, uno fra i più attivi nella regione.
Alle motivazioni che
legittimano la presenza italiana nella regione si affiancano considerazioni
legate alle sfide cui l'Artico si deve oggi confrontare, che in larga parte
derivano dal fenomeno del riscaldamento globale - i cui effetti si ripercuotono
in maniera evidente anche sulla regione.
(…)
(…)Enn
Eesmaa,
Primo vicepresidente del Parlamento estone
Nato a
Tallinn il 7 giugno 1946, si è laureato in letteratura inglese nel 1969 presso
l’Università della capitale baltica.
E’ stato vicedirettore del
programma televisivo estone, direttore della testata giornalistica televisiva Aktuaalne
Kaamera, presentatore e commentatore televisivo (1970-1993).
Corrispondente
dai paesi baltici per la televisione finlandese Mainos TV (1989-1993).
Consigliere per i mass media del Presidente della Repubblica (1993-1994), Direttore generale della
rete televisiva EVTV (1994-1996), Direttore del Dipartimento informazione e
responsabile delle news internazionali della rete
televisiva TV3 (1996-2003).
Esponente del Partito di
centro dal 2003, è componente della direzione del partito.
E’ stato consigliere del
Comune della città di Tallinn (2005-2013), Vicepresidente (2003-2005) e
Presidente (2005-2007) della Commissione Affari esteri del Riigikogu e nuovamente
Vicepresidente della stessa Commissione (2007-2016).
Vedovo,
un figlio.
Hannes Hanso,
Presidente della Commissione Difesa nazionale
del Parlamento estone
Nato nella municipalità
rurale di Nõo (Tartu) il 6 ottobre
1971 è un esponente del Partito socialdemocratico.
Ha conseguito una laurea
in lingua cinese presso la Sichuan Union University
1996–1998 e successivamente un master presso la Scuola di studi orientali ed
africani (SOAS) dell’Università di Londra (2005).
Dopo avere lavorato come
agente di vendita in Australia, insegnante d’inglese, è stato giornalista
free-lance dalla Gran Bretagna e commentatore per le informazioni dal Medio
Oriente e dall’Asia per l’emittente radiotelevisiva pubblica estone
(1998-2005), consigliere per la
cooperazione internazionale presso il Ministero della Difesa (2005-2007),
consigliere del Ministro delle Finanze (2007-2009), funzionario presso la
Rappresentanza dell’Unione europea in Cina e Mongolia (2009-2011), ricercatore
presso l’International Centre for Defence Studies (2011-2013).
Dal 2013
al 2015 è stato sindaco della città di Kuressaare 2013–2015.
Ministro
della Difesa dal 2015 al 2016.
Autore di alcuni libri sul
cicloturismo.
Sposato,
padre di quattro figli.
Anniken
Huitfeld,
Presidente della Commissione Affari esteri
e Difesa del Parlamento norvegese
Nata a Bærum nel
1969 (contea di Akerhus) da
una famiglia di politici e magistrati, è stata
attiva nella Lega dei giovani lavoratori, il movimento giovanile del Partito
laburista norvegese. Nel 1996 si è laureata in storia presso l’Università di
Oslo, dopo avere seguito corsi presso la London School of Economics.
A livello politico ha
proseguito il suo impegno della Lega dei giovani lavoratori che ha guidato dal
1996 al 2000. Dal 2000 al 2001 è stata vicepresidente dell’Unione
internazionale della gioventù socialista.
E’ entrata nel comitato
nazionale del Partito laburista nel 2001 ed è stata ricercatrice presso la
Fondazione FAFO (2000-2005) dove si è occupata di lotta al lavoro minorile ed
ai matrimoni forzati e di diritti delle
donne. Parallelamente è stata
componente dei consigli direttivi della Fondazione del Memoriale del Campo di
concentramento di Falstad (2000-2005) e di Save the
Children Norvegia (2001-2005).
Eletta deputata supplente
allo Storting
nella legislatura
1993-1997 ed in quella 2001-2005, è stata eletta deputata titolare nel 2005,
quindi nuovamente eletta nel 2009 e nel 2013.
Dal 2005 al 2008 è stata
vicecapogruppo nella Commissione per l’istruzione, la ricerca e gli affari
ecclesiastici mentre dal 2013 presiede la Commissione Affari esteri e difesa.
Nel febbraio 2008 è stata
Ministra dell’infanzia e dell’eguaglianza nel secondo governo Stoltenberg e
nell’ottobre 2009, a seguito di un rimpasto, è stata nominata Ministra della
cultura. Nel settembre 2012 è stata nominata Ministra del lavoro
dell’inclusione sociale, incarico che ha tenuto fino alla caduta del governo
nell’ottobre 2013.
Irene Johansen,
deputata al Parlamento norvegese
Nata il 7 gennaio 1961 a
Nord-Aurdal (contea di Oppland) è un’esponente del Partito laburista norvegese.
Eletta per la prima volta
al Parlamento nel 2005 per la circoscrizione di Østfold, è stata rieletta nel
2009 e nel 2013.
Da 2003 al 2011 ha fatto
parte del Consiglio comunale di Moss e nel 2003-2005 nella Giunta regionale di Østfold.
Dal 1986 al 1994 Ha
lavorato nel settore della gestione risorse umane nel Consiglio norvegese per
la ricerca scientifica e nella direzione generale del personale delle Ferrovie
norvegesi (1996-2003).
E’ Vicepresidente del
Movimento europeo norvegese.
Kersti Kaklulaid,
Presidente della Repubblica d’Estonia
Nata a Tartu il 30
settembre 1969, si è diplomata nel 1987 presso la scuola secondaria n. 44 di Tallinn e durante gli studi
superiori è stata membro dell'associazione scientifica studentesca.
Nel 1992, si è laureata in
biologia preso l'Università
di Tartu. Nel 2001 ha conseguito
un Master
in business administration presso lo stesso ateneo
con una tesi in inglese intitolata "The Improvement of
the Management System of State-Founded Foundations"
Dal 1996 al 1997 è stata
direttrice vendite presso la società statale Eesti
Telefon e dal 1997 al 1998
project manager della Hoiupanga Investeeringute AS. Dal 1998 al 1999 ha
lavorato presso la divisione investment
banking della Hansabank.
Dal 1999 al 2002 è stata
consigliere economico del Primo ministro estone Mart
Laar. Dal 2002 al 2004 è stata
direttrice della Iru Power Plant che fa parte dell'azienda
energetica statale estone Eesti Energia. È stata la prima donna a
dirigere una centrale elettrica in Estonia.
Nel 2004, quando l'Estonia
entrò nell'Unione Europea fu nominata rappresentate estone presso la Corte
dei conti europea.
Durante le elezioni
presidenziali estoni del 2016, in seguito a tre votazioni parlamentari e due
consultazioni elettorali tramite uno speciale collegio composto da parlamentari
ed esponenti degli enti locali estoni, che non avevano portato all’elezione del
Capo dello Stato, un gruppo di parlamentari deputati tra i quali il presidente,
il vicepresidente del Riigikogu ed i rappresentati di tutti i
partiti dei partiti ha chiesto a Kersti Kaljulaid di presentarsi come
candidata.
La candidatura divenne
ufficiale il 30 settembre. Il 3 ottobre 2016 Kersti Kaljulaid è stata eletta
con 81 voti a favore, 17 astenuti e nessun voto contrario,
È la prima presidente
donna dello Stato baltico da quando il Paese ha dichiarato l'indipendenza nel
1918, nonché la più giovane ad accedere all'ufficio, a 46 anni.
Kersti Kaljulaid è sposata
e ha quattro figli. Parla inglese, francese, finlandese e tedesco.
Kirsti Methi,
Segretaria generale del Movimento europeo norvegese
Nata il 24 febbraio 1960, consulente
aziendale, ha diretto l’ufficio di Bruxelles della Confederazione
dell’industria norvegese (NHO). In precedenza aveva lavorato nel
sistema delle Nazioni Unite e nell’ambito della cooperazione allo sviluppo.
A partire dal 2008 si
trasferita a Tromso per lavorare nel Comitato preparatore dei Giochi olimpici
invernali del 2018.
Nel 2011 è stata eletta Vicepresidente
del Movimento europeo in Norvegia, e nel maggio 2012 è stata nominata
Segretaria generale del Movimento.
Marko Mihkelson,
Presidente della Commissione Affari esteri
del Parlamento estone
Nato il
30 novembre 1963 a Valga (Estonia meridionale), ha conseguito nel 1999 un master
in storia presso l’Università di Tartu.
E’ stato redattore di
politica estera (1993-1994) w
corrispondente da Mosca (1993-1994) ed redattore capo per il grande quotidiano
estone Posttimees.
Direttore del Baltic
Centre for Russian Studies nel 2002-2003.
E’ attualmente
Vicepresidente della formazione politica Res
Publica-Pro Patria.
In precedenza è stato
Presidente della Commissione Affari esteri e Presidente della Commissione
Affari dell’Unione europea.
E’ autore di numerosi
saggi di storia contemporanea e di un libro sulla Russia.
Nel 2004 è stato insignito
del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.
Eiki Nestor
Presidente del Parlamento estone
Nato a Tallinn, il 5
settembre 1963, si è laureato in ingegneria meccanica presso l’Università
tecnica di Tallinn nel 1976.
Ha lavorato nel settore
dei trasporti e successivamente è stato presidente del Sindacato dei lavoratori
dei trasporti stradali (1989-1992), Ministro degli Affari regionali
(1994-1995), Presidente del Consiglio nazionale del Sindacato dei lavoratori
dei trasporti stradali estoni (dal 1997) e Ministro degli Affari sociali
(1999-2002).
Ha guidato il Partito
socialdemocratico dal 1994 al 1996 ed è deputato al Parlamento dal 1993: a più
riprese è stato Presidente del gruppo socialdemocratico in Parlamento. E’ stato
eletto Presidente del Parlamento nel marzo 2014 e rieletto nel
Coniugato, padre di due
figli.
Inga-Lill Sundset,
rappresentante della Comunità sami
Inga-Lill Sundset (nata il 20 luglio 1974) è un’esponente politica
norvegese di etnia sami che ha rappresentato il partito laburista al Parlamento
Sami per il periodo 2009-2013.
A livello locale Inga-Lill Sundset è un membro
direttivo del Consiglio del Partito laburista a Bodø, oltre ad essere membro
del locale Consiglio comunale.
Inga-Lill Sundset lavora come consulente nella contea di Nordland.
E’ impegnata in una convivenza e ha due figli.
Jüri Ratas,
Primo Ministro estone
Nato a
Tallinn il 2 luglio 1978, ha conseguito un master
in scienze economiche presso l’Università tecnologica di Tallinn ed ha lavorato
dapprima nel settore privato per impegnarsi in seguito nell’amministrazione
locale della capitale baltica. E’ stato vicesindaco di Tallinn dal 2003 al
2005. Eletto in Parlamento per la prima volta nel 2007, ne è stato
vicepresidente dal 2007 al 2016.
Esponente
storico del Partito di centro, il 5 novembre scorso il congresso
straordinario della sua formazione lo ha eletto come nuovo
leader, succedendo al fondatore Edgar
Savisaar.
Considerato
più moderato e filo-occidentale di Savisaar, a seguito della crisi di governo
del novembre 2016 e dell'accordo raggiunto dai tre partiti della nuova
coalizione (il Partito
di centro, il Partito socialdemocratico ed il conservatore Unione
della Patria-Res Publica), il 20 novembre 2016 è
stato nominato dalla presidente Kersti
Kaljulaid come successore di Taavi
Rõivas nell'incarico di Primo Ministro
dell'Estonia.
Dopo
aver ricevuto l'approvazione del Riigikogu il 21 novembre con 53
voti a favore, 33 contrari e 7 astenuti[ Ratas ha presentato il suo
nuovo esecutivo alla presidente Kaljulaid
nel pomeriggio del 22 novembre e ha ottenuto la fiducia
del parlamento il giorno successivo, entrando così in carica.
Marit Berger Røosland,
Segretaria di Stato agli Affari esteri norvegese
Nata nel 1978, si è
laureata in giurisprudenza presso l'Università di Oslo nel 2006, e ha lavorato in
alcuni studi legali. Ha svolto le funzioni di magistrato presso il Tribunale
distrettuale della capitale norvegese dal 2009 al 2010.
Nel
periodo 1998-2000 Røsland era stata leader ad Akershus dei giovani conservatori ed ,
. Hha
fatto parte altresì del Consiglio della contea di Akershus, nel periodo
1999-2003 . Dal 2000 al 2002 è stata Vicepresidente dei Giovani Conservatori,
nonché redattrice della rivista dei giovani conservatori Xtra.
Nello
stesso periodo è stata commissaria per il welfare ed i servizi sociali nonché
consigliera politica nel Ministero degli Affari esteri dal 2003 al 2005 e
membro del comitato di programma del partito conservatore di Oslo. E’ stata
infine membro del Consiglio comunale di Oslo dal 2003 al 2007.
Dal 17
ottobre 2014, è stata Segretaria di Stato presso l’Ufficio della premier Erna Solberg, e dal 16 dicembre 2015 ha svolto
lo stesso incarico presso la il Ministero dell’integrazione, guidato
dall’on. Sylvi Listhaug.
Il 23
settembre 2016 è stata nominata Segretaria di Stato agli Affari esteri.
E'
sposata con l'avvocato ed ex sindaco
di Oslo, Stian Berger Røsland. La coppia ha due figli.
Toomas Vitsut,
Presidente della Commissione Affari
dell’Unione europea del Parlamento estone
Nato il
1 gennaio 1960 a Tallinn, si è laureato nel 1993 nell’Università della capitale
baltica in scienze educative.
E’ stato componente della
Commissione esecutiva del Soviet dei deputati del popolo del distretto di
Tallinn (1982-1987), student e poi docente insegnante presso l’Università
pedagogica di Tallinn dal 1987 al 1995, consigliere del Ministro dell’Interno
(1995-1996), presidente del Consiglio direttivo dell’Istituto di studi
interdisciplinari (1999-2001), vicesindaco della capitale baltica (2001-2004) e
presidente del Consiglio cimunale (2005-2015).
Esponente del Partito di
centro, al quale ha aderito nel 2004, è attualmente presidente della
Commissione Affari dell’Unione europea.
Inga-Lill Sundset,
rappresentante della Comunità sami
Inga-Lill
Sundset (nata
il 20 luglio 1974) è un’esponente politica norvegese di etnia sami che ha
rappresentato il partito laburista al Parlamento Sami per il periodo 2009-2013.
A livello locale Inga-Lill
Sundset è un membro direttivo del Consiglio del Partito laburista a Bodø, oltre
ad essere membro del locale Consiglio comunale.
Inga-Lill Sundset lavora come consulente nella contea di Nordland.
E’ impegnata in una
convivenza e ha due figli.
[1] Fonte:
Ufficio di Statistica estone. Aggiornamento aprile 2016.
[2]
Associazione Bancaria Estone. Dati aggiornati al 14 marzo 2017.
[3] La Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, alla quale aderiscono tutti gli Stati membri dell’UE, prevede un meccanismo per la determinazione dello Stato competente ad esaminare la richiesta di asilo avanzata in uno degli Stati membri.
[4] Eurodac istituisce un sistema di comparazione delle impronte digitali dei richiedenti asilo e degli immigrati illegali per facilitare l’applicazione della convenzione di Dublino.
[5] Europol è l’organizzazione comunitaria che si prefigge di rafforzare la cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri nella lotta e nella prevenzione del terrorismo, nel contrasto al traffico di droga e ad altre attività criminali.
[6] Eurojust è l’organizzazione comunitaria che si prefigge di facilitare il coordinamento delle attività di investigazione e di persecuzione dei crimini transfrontalieri, favorendo la cooperazione giudiziaria.
[7] Fonte: sito internet del Parlamento estone (www.riigikogu.ee).
[8] Il 27 aprile del 2007 una serie di attacchi
cibernetici ha colpito l'Estonia.
L'attacco, probabilmente proveniente dalla Russia a seguito della disputa sulla
riallocazione della statua bronzea del Soldato Sovietico (Pronkssõdur o
Bronzovyj Soldat) di Tallinn, fu perpetrato contro siti di organizzazioni
estoni, pubbliche e private, ivi comprese le maggiori banche ed il Parlamento.
Per questo attacco, l'Estonia ha chiesto l'applicazione dell'Articolo 5 del
Trattato NATO. La richiesta non è stata accolta, pur tuttavia a aprtire da tale
attacco la Nato ha potenziato le proprie iniziative in materia di cyber defence
dando vita, in particolare, nel 2008 al centro di studi cibernetici di Tallin.
[9] Per “regione artica” si intende la zona circostante il Polo Nord, a nord del Circolo polare artico (66 gradi, 32 minuti, latitudine nord). Questa zona comprende il Mar Glaciale Artico e i territori degli otto Stati artici: Canada, Regno di Danimarca (comprese Groenlandia e isole Fær Øer), Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione russa, Svezia e Stati Uniti.
[10]
È la principale organizzazione intergovernativa
per promuovere la cooperazione tra gli Stati artici, le comunità indigene e la
popolazione dell’Artico sui temi dello sviluppo sostenibile e della tutela
ambientale nella regione. Sono Paesi membri: Canada, Danimarca, Finlandia,
Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti d’America. Sono invece Paesi
osservatori: Olanda, Polonia, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Italia e Cina. In particolare, nel 2013 l’Italia è stata ammessa nel
Consiglio artico in qualità di membro osservatore
permanente per la considerevole attività svolta da tempo nella regione, sia
a livello scientifico che economico.
[11]
È il forum per la cooperazione intergovernativa
su questioni riguardanti la regione di Barents. Sono membri permanenti: Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia,
Svezia e la Commissione europea. Sono invece Paesi osservatori: Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Polonia, Gran Bretagna e Stati Uniti
d’America.
[F1]Informazioni non confermate e probabilmente superate