Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Trattati internazionali, basi e servitù militari - A.C. 2
Riferimenti:
AC N. 2/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 480
Data: 27/07/2016
Descrittori:
CONTENUTO DEI TRATTATI   DIFESA NAZIONALE
TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Trattati internazionali, basi e servitù militari

27 luglio 2016
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Giurisprudenza costituzionale di rilievo|Relazioni allegate|Collegamento con i lavori legislativi in corso|


Contenuto

La proposta di legge di iniziativa popolare A.C. 2 - presentata originariamente alla Camera dei deputati nella XVI legislatura il 7 agosto 2008 e mantenuta all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 107, comma 4, del Regolamento - si articola in due titoli ed è composta di 13 articoli.

Il Titolo I è dedicato ai trattati di carattere militare, e comprende gli articoli da 1 a 4.

Articolo 1, comma 1L'articolo 1, comma 1 prevede la necessità dell'autorizzazione parlamentare alla ratifica per tutti i trattati e accordi internazionali di tipo militare cui partecipa il nostro Paese, anche qualora riguardino soltanto il settore della ricerca nel campo militare. Tale autorizzazione alla ratifica deve essere rinnovata ogni due anni.

Viene poi posto il divieto della stipula di accordi militari segreti, nonché l'obbligo di pubblicità per quelli eventualmente esistenti entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Si ricorda che nell'ordinamento italiano esistono dueProcedure per la stipulazione di accordi internazionali tipologie procedurali per la stipulazione degli accordi internazionali: una procedura solenne ed una procedura semplificata. La prima comporta che l'accordo - negoziato dall'Escutivo - venga sottoposto al Parlamento (art. 80 Cost.): ad esso spetta il potere di  autorizzare il Presidente della Repubblica, mediante una legge ad hoc, a ratificare l'accordo internazionale  (art. 87, VIII comma): la riserva parlamentare di autorizzazione ex art. 80 Cost. riguarda cinque categorie di trattati internazionali: quelli di natura politica, che riguardino aribitrati p regolamenti giudiziari, che importino variazioni del territori, od oneri finanziari o modificazioni di legge). La procedura semplificata – che non è disciplinata esplicitamente dalla Costituzione ma che è invalsa nella prassi – comporta invece che l'accordo entri immediatamente in vigore non appena sottoscritto dai rappresentanti dell'esecutivo; ovvero che entri in vigore in un secondo momento, subordinatamente ad adempimenti normativi interni delle Parti, ma senza il passaggio parlamentare. La legge 11 dicembre 1984, n. 839, prescrive la pubblicazione degli accordi, inclusi quelli in forma semplificata. E' opportuno segnalare che l'accordo fondamentale che disciplina lo status delle basi americane in Italia  (v. infra) è l'Accordo bilaterale sulle infrastrutture (Bia), stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954; esso si configura come un accordo in forma semplificata, che stabilisce, tra l'altro,  il tetto massimo delle forze Usa che possono stazionare in Italia.
La dottrina ha cercato di dare contenuto concreto alla I trattati di natura politicalocuzione "trattati di natura politica" facendovi rientrare, tra gli altri, quelli che contribuiscono a qualificare la collocazione internazionale dello Stato nell'ambito degli schieramenti mondiali, e tra questi quelli che attengono alle "discipline di materie, come la difesa nazionale e la sicurezza esterna, che sono al vertice degli interessi garantiti dell'ordinamento italiano rispetto a qualsiasi altro interesse internazionalmente rilevante" (Marchisio). Rientrebbero così tra i trattati in parola talune categorie-tipo di accordi, considerati in ogni caso di natura politica, tra cui i trattati di alleanza, di organizzazione internazionale (Bernardini), di collaborazione politica e di collaborazione militare, compresi gli accordi che prevedano la concessione di basi militari, gli accordi di collaborazione tecnico-militare ed i trattati sulle limitazioni degli armamenti (A. Cassese).
La questione della Legittimità costituzionale dei trattati segreti legittimità di trattati segreti nel vigente sistema costituzionale è stata approfondita dalla dottrina. Se alcuni autori (Ferrari Bravo) ritengono compatibile con il sistema l'esistenza di trattati segreti, la dottrina nettamente maggioritaria (Mortati, Cassese, Barbera, Barile) la esclude, ritenendola illegittima (anche parzialmente: Labriola). Alcuni studiosi (Fois) giungono a chiedersi se un trattato segreto, in quanto tale, abbia effetti giuridicamente vincolanti (escludendolo, per ricondurre invece tali accordi nella specie delle intese non vincolanti, e in particolare dei gentlemen's agreements). La tesi dominante, ossia quella dell'illegittimità dei trattati segreti, in estrema sintesi, poggia sulla ricostruzione dei principi costituzionali in materia, su quella dei rapporti tra Organi costituzionali (in particolare tra Governo, Presidenza della repubblica e Camere) e normativamente fa fulcro sull'articolo 80 Cost. Deve peraltro segnalarsi che in sede parlamentare è stato affermato che gli accordi bilaterali con i quali installazioni militari italiane sono state messe a disposizione di forze alleate "hanno classifica di segretezza a livello di ‘segreto", che entrambi i contraenti hanno l'obbligo di rispettare. Non è quindi possibile una loro divulgazione senza il preventivo consenso degli organi di sicurezza competenti delle due Parti" (Risposta del Ministro della difesa al Presidente della Commissione difesa del Senato, 4 marzo 1986, prot. 244/4)
Più recentemente il Ministro della difesa, con riferimento ad analoghi accordi, ha affermato che "tali accordi hanno elevata classifica di segretezza e non possono essere declassificati unilateralmente, poiché il regime di segretezza è stato stabilito di comune accordo dai governi italiano e statunitense" (seduta del 21 gennaio 2003 delle Commissioni riunite difesa della Camera e del Senato). Simili fattispecie – e in particolare l'utilizzazione di terminologia analoga a quella tradizionalmente usata per indicare gli atti conclusivi di negoziati internazionali - appaiono tuttavia non strettamente riconducibili alla tematica degli accordi internazionali propriamente intesi.
Occorre, infatti, distinguere tra trattato (atto per il quale la pubblicità è requisito di legittimità ed unico atto che vincola internazionalmente) ed intese che in varie forme e con varia denominazione sono dirette all'attuazione di quanto stabilito dal trattato stesso. Queste ultime fattispecie, infatti, non sono la fonte del vincolo internazionale ma lo strumento grazie al quale il vincolo può essere rispettato e l'obbligazione adempiuta. Non pare dunque incoerente ritenere che in certi casi e ratione materiae il vincolo di riservatezza, più o meno graduato, possa far premio sull'ordinario regime di pubblicità, peraltro in analogia a quanto avviene in altri rami dell'ordinamento giuridico interno.
Il comma 2 dell'articolo 1 prevede che il nostro Paese debba considerarsi receduto dall'accordo di tipo militare, qualora non sia intervenuta la nuova autorizzazione parlamentare ovvero il rinnovo di detta autorizzazione.
Il Recesso da un accordo internazionalerecesso (o denuncia, termine più spesso utilizzato con riferimento ai trattati bilaterali) è l'atto con il quale lo Stato manifesta unilateralmente di non sentirsi più vincolato ad un accordo. Nei trattati bilaterali si ha l'estinzione di tutti gli effetti tra le Parti, mentre in quelli multilaterali, al contrario, il recesso opera solo per la parte proponente. Molti trattati tuttavia prevedono un numero minimo di partecipanti: se attraverso successivi recessi tale soglia viene meno, il trattato cessa di essere valido nei confronti di tutte le Parti contraenti. Occorre peraltro soggiungere che molti trattati non prevedono esplicitamente la possibilità di recesso: in questo caso essa è riconosciuta dall'art. 56 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, in deroga al principio che sancisce l'illiceità del recesso se non previsto dal trattato, solo nell'ipotesi in cui sia implicitamente ammessa dall'accordo e deducibile sia dall'operato delle Parti, che dalla natura del trattato stesso.
L'articolo 13 del Trattato del Nord Atlantico dispone che dopo 20 anni dall'entrata in vigore del Trattato ciascuna delle Parti possa ritirare la propria adesione dopo un anno dalla notifica del relativo avviso al Depositario (gli Stati Uniti d'America), il quale provvederà a notificare alle altre Parti il deposito di tale avviso.
Sotto il profilo costiuzionale, la dottrina più recente ha sostenuto la tesi favorevole alla necessaria compartecipazione parlamentare anche per la denuncia o recesso da accordi internazionali (Mortati, La Pergola, Bernardini). In particolare è legittimo ritenere che il fondamento dell'intervento parlamentare anche per la denuncia di un accordo internazionale vada ricavato dal valore normativo attribuito alla partecipazione delle Camere nella stiipulazione dell'accordo internazionale che non consentirebbe all'Esecutivo di disporre degli atti emanati dal potere legislativo (Mortati, Bernardini).
Si richiama a tale proposito la norma di cui all'art. 10, 1° comma, Cost., che delinea un procedimento di adattamento automatico e permanente, in base al quale l'ordinamento, nella sua interezza, si conforma costantemente al diritto internazionale generale ed alle sue modificazioni. Viene altresì in rilievo la disposizione di cui all'art. 117, 1° comma, cost., che impone alla potesta legislativa dello stato e delle regioni il rispetto, tra gli altri, dei vincoli derivanti agli obblighi internazionali.
si segnala altresì che ai sensi dell'art. 80 Cost., il Parlamento non ratifica direttamente, così come riportato nella formulazione della proposta di legge in commento, ma autorizza con legge la ratifica del trattato internazionale , in quanto l'organo competente alla ratifica dei trattati internazionali è il presidente della repubblica (art. 87, 8° comma), che agisce nella posizione tipica di garanzia dal punto di vista dell'ordinamento costituzionale italiano, e come organo rappresentativo dello stato sul piano dei rapporti giuridico-internazionali.

Articolo 2L'articolo 2, comma unico elenca una serie di tipologie di trattati e accordi militari per i quali vige, a norma della proposta di legge in esame, il divieto di stipula, e comunque, in caso di necessità di rinnovo, il divieto di autorizzazione alla ratifica; si tratta in particolare dei trattati e accordi militari che prevedano:

a) la possibilità dell'uso di armi nucleari, anche a scopo difensivo;

b) la possibilità dell'uso, anche a scopo difensivo, di armi di distruzione di massa: vengono qui citate la Convenzione per la messa al bando delle armi chimiche e la Convenzione sul divieto di armi batteriologiche, e, inoltre, la Convenzione di Ginevra per i profili che riguardano la necessità di evitare inutili sofferenze alle popolazioni civili - come quelle derivanti dall'utilizzazione di uranio impoverito, di munizioni a grappolo, di testate nucleari di piccola portata, di bombe al fosforo, di armi laser;

c) la possibilità di impiego di mezzi militari nel territorio di un Paese terzo, salvo il caso di difesa dall'attacco diretto del medesimo Paese;

d) la possibilità di permanenza o di transito in Italia di armi nucleari, chimiche, batteriologiche, e di altre armi che siano in contrasto con la Convenzione di Ginevra per la protezione della popolazione civile e con l'obbligo di evitare sofferenze inutili alle popolazioni quali già in precedenza illustrate;

e) lo sviluppo di ricerche nel campo di nuove tecnologie a fini militari;

f) l'acquisto e la produzione di armamenti nella prospettiva della proiezione di potenza e di piani militari offensivi;

g) lo sviluppo di ricerche su armamenti chimici e batteriologici – viene a questo scopo precisato che i laboratori di ricerca di questo tipo eventualmente presenti sul territorio nazionale dovranno essere chiusi e riconvertiti ad uso civile entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, e ciò anche qualora siano nella disponibilità di Paesi terzi alleati dell'Italia.

Nell'ambito del cosiddetto diritto internazionale umanitario, la Convenzioni di GinevraPrima e la Seconda Convenzione di Ginevra impegnano gli Stati firmatari a proteggere i feriti, i malati, i naufraghi, il personale medico, le ambulanze e gli ospedali; la Terza Convenzione di Ginevra regola il trattamento dei prigionieri di guerra, mentre la Quarta Convenzione di Ginevra contiene norme a protezione dei civili che si trovino in mano nemica o in territorio occupato: le quattro Convenzioni furono adottate il 12 agosto 1949: il Parlamento italiano ne ha autorizzato la ratifica con la legge 27 ottobre 1951, n. 1739. Nel 1977 sono stati approvati due Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni del 1949: il Primo Protocollo aggiuntivo completa il dispositivo della Quarta Convenzione di Ginevra con regole sulla condotta della guerra, quali il divieto di attaccare persone e installazioni civili e la limitazione dei mezzi e dei metodi autorizzati; il Secondo Protocollo aggiuntivo, relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali, sviluppa e completa l'art. 3 comune alle Convenzioni di Ginevra e si applica a tutti i conflitti armati che non rientrano nella sfera del Primo Protocollo (l'autorizzazione alla ratifica è intervenuta con la legge 11 dicembre 1984, n. 762).
La Convenzione sulle armi chimicheConvenzione sulle armi chimiche (CWC), conclusa a Parigi il 13 gennaio 1993, primo tra gli accordi multilaterali sul disarmo delle armi chimiche, proibisce qualsiasi attività rivolta a sviluppo, produzione, acquisizione, detenzione, conservazione, trasferimento di armi chimiche e dei materiali ad esse collegati. Assieme al Trattato di non proliferazione nucleare ed alla Convenzione per il bando delle armi biologiche, la CWC costituisce uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda il sistema di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione di massa.
La CWC è entrata in vigore il 29 aprile 1997: il nostro Paese ha autorizzato la ratifica con la legge 18 novembre 1995, n. 496, modificata ed integrata con legge 4 aprile 1997, n. 93. Le due norme di ratifica hanno identificato nel Ministero degli Affari Esteri l'Autorità Nazionale, tenuta a sovrintendere e coordinare le complesse misure per l'applicazione della Convenzione sul territorio nazionale. Per garantire il rispetto della Convenzione è previsto un sistema di dichiarazioni, redatte periodicamente dagli Stati Parte dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), che contemplano attività civili e militari che in base alla Convenzione devono essere internazionalmente sorvegliate, rientrando negli obblighi di notifica. Ad essi si affiancano le verifiche, visite ispettive "di routine" nei paesi membri svolte con breve preavviso dagli ispettori dell'OPAC. Tali ispezioni hanno l'obiettivo di accertare la corrispondenza tra le situazioni riscontrate e quanto riportato nelle dichiarazioni periodiche. In determinati casi, sospetti o su specifica richiesta di uno Stato membro, l'OPAC può svolgere accertamenti attraverso ispezioni sul posto per verificare le possibili violazioni riguardanti obblighi della Convenzione, situazioni non indicate nelle dichiarazioni periodiche o l'uso presunto di armi chimiche.
La Convenzione sulle armi batteriologicheConvenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e sulle armi tossiche e sulla loro distruzione (Convenzione per le armi biologiche - BWC, secondo l'acronimo inglese), è stato il primo trattato multilaterale sul disarmo che vieta la produzione di una intera categoria di armi.Secondo la definizione fornita dalle Nazioni Unite nel 1969, le armi biologiche sono organismi viventi, di qualsiasi natura, o sostanze infette derivate da questi organismi, che hanno lo scopo di produrre malattie e morte in uomini, animali o piante, e la cui efficacia dipende dalla capacità di moltiplicarsi nella persona, nell'animale o nella pianta attaccata. Le armi biologiche si suddividono in 5 tipologie fondamentali: 1) virus; 2) batteri; 3) microrganismi rickettsiae; 4) veleni ricavati da funghi; 5) tossine. La BWC è stata aperta alla firma il 10 aprile 1972 ed è entrata in vigore il 26 marzo 1975, al raggiungimento della soglia di 22 ratifiche. L'Italia ha autorizzato la ratifica con la legge 8 ottobre 1974, n. 618.

Articolo 3L'articolo 3, comma unico prevede il divieto di stipula, e, in caso di rinnovo, di autorizzazione alla ratifica, di trattati e accordi militari con i Paesi la cui legislazione non escluda l'utilizzo di armi nucleari e di distruzione di massa, e che non abbiano sottoscritto i trattati internazionali per la messa al bando delle armi chimiche e di distruzione di massa.

Il Trattato di non proliferazione nucleareTrattato di non proliferazione nucleare, approvato dall'Assemblea generale dell'ONU il 1° luglio 1968 ed entrato in vigore il 5 marzo 1970,  prevede che gli Stati in possesso di armamenti nucleari si impegnino a non cedere a terzi materiale fissile e tecnologia nucleare. Gli Stati non-nucleari, viceversa, sono tenuti a non mettere a punto armi di distruzione di massa o a non procurarsene. Inoltre, il trasferimento di materiale e tecnologie nucleari utilizzabili per scopi pacifici deve avvenire sotto lo stretto controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Il trattato fu sottoscritto da Stati Uniti, Regno Unito ed Unione sovietica il 1º luglio 1968, mentre Francia e Cina (che possiedono armamenti nucleari) vi aderirono nel 1992. Il Trattato di non proliferazione, peraltro, appare manifestamente datato, sia per quanto riguarda le condotte vietate, e più in generale gli obblighi derivanti dall'adesione, sia per quel che concerne i poteri di ispezione e di controllo dell'AIEA, che vanno disciplinati volta per volta tramite intese bilaterali con i Paesi interessati. Ciò è, in particolare, attestato dalle più recenti Conferenze di riesame del Trattato che, tuttavia, non sono sinora giunte a concreti risultati, a motivo delle divergenti posizioni espresse dalle Parti. Attualmente sono 189 gli Stati firmatari, tra cui il nostro Paese (legge 24 aprile 1975, n. 131).

Articolo 4L'articolo 4, comma unico prevede che tutti i trattati e accordi militari esistenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame vengano necessariamente sottoposti all'autorizzazione parlamentare alla ratifica entro un anno da quella data, tenendo conto delle preclusioni e delle modalità contenute nella legge stessa. Gli accordi e i trattati non autorizzati alla ratifica s'intendono revocati.

Il Titolo II, che comprende i restanti articoli 5-13, è dedicato alle basi, caserme ed installazioni.

Articolo 5L'articolo 5, comma unico prevede che nessun progetto di costruzione o di ampliamento di basi, caserme e installazioni militari sul territorio italiano, in mare, nelle isole o sulla terraferma, e anche eventualmente formulato da Paesi terzi alleati, possa essere autorizzato senza la preventiva valutazione ambientale strategica quale disciplinata dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

Per quanto concerne i progetti di costruzione o di ampliamento di installazioni a carattere militare già autorizzati alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, essi vanno riconsiderati per garantire il pieno recepimento delle direttive comunitarie in materia di valutazione d'impatto ambientale, nonché per prevedere un sistema di controlli idoneo ad accertare il rispetto effettivo delle prescrizioni ambientali e di sicurezza. I progetti già autorizzati dovranno altresì essere sottoposti alla valutazione di impatto ambientale nelle modalità e nelle forme previste dagli articoli 26 e seguenti del già citato decreto legislativo 152 del 2006.

In ogni caso, ogni due anni, tutte le basi, caserme e installazioni militari dovranno attestare il rispetto delle prescrizioni e la loro regolarità ambientale, mediante certificazione rilasciata dall'Agenzia regionale per l'ambiente competente per territorio.

In via generale si osserva che le basi militari, o meglio le basi e infrastrutture, sono istituite  in territorio altrui mediante un accordo, che contiene il regime della base stessa e dettaglia i diritti e gli obblighi dello Stato o dell'Organizzazione titolare della base dello Stato territoriale (cioè lo Stato che ospita la base). Per quanto riguardaBasi militari in Italia l'Italia, l'accordo è la fonte dei diritti e degli obblighi tanto delle basi sottoposte al regime NATO quanto delle basi USA. Il Trattato NATO non contiene precise disposizioni per quanto riguarda le basi. Come rilevato dalla dottrina, dall'obbligo di cooperazione non discende l'obbligo di concedere una base. Il fondamento della base resta pur sempre un accordo bilaterale (Le basi americane in Italia, problemi aperti, a cura del Senato, giugno 2007).
Il trattato fondamentale che disciplina lo status delle basi americane in Italia è l'Accordo bilaterale sulle infrastrutture (per brevità a volte denominato con l'acronimo BIA). Si tratta di un accordo adottato con procedura cosiddetta semplificata, stipulato tra Italia e Stati Uniti il 20 ottobre 1954. Tale trattato non è stato pubblicato. L'altro accordo che disciplina la presenza dei contingenti militari in Italia e l'uso delle basi è il Memorandum d'intesa tra il Ministero della difesa della Repubblica italiana ed il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d'America, relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle forze statunitensi in Italia (c.d. Shell Agreement). Tale accordo è stato concluso il 2 febbraio 1995 ed è stato sottoscritto dal Sottocapo di Stato maggiore della difesa e dal Vice-comandante delle Forze armate statunitensi in Europa. Anche in questo caso si tratta di un accordo in forma semplificata.
Esistono otto basi statunitensi in Italia, disciplinate sulla base di accordi bilaterali Italia-Stati Uniti:1. Aeroporto di Capodichino (attività di supporto navale);2. Aeroporto di Aviano, Pordenone (31° stormo e 61° gruppo di supporto regionale); 3. Camp Darby (Livorno);4. Base di Gaeta;5. Base dell'Isola della Maddalena;6. Stazione navale di Sigonella;7. Osservatorio di attività solare in San Vito dei Normanni;8. Presenza in Vicenza e Longare.
Nel quadro della NATO, le strutture militari dell'Organizzazione coesistono con quelle derivanti da accordi bilaterali stipulati dagli Stati Uniti. Talvolta è difficile distinguere se si tratti di una base NATO o di una base USA, poiché può darsi che nella base NATO esistano aree riservate agli Stati Uniti (ad esempio è da classificare tra le infrastrutture comuni la base aerea di Decimomannu in Sardegna, mentre è una base USA quella di Camp Darby vicina a Livorno. La base di Camp Ederle, vicino a Vicenza, è infrastruttura comune (NATO), ma è anche utilizzata dagli Stati Uniti, e quindi riproduce la dicotomia struttura comune-base bilaterale.
Nessuna forma di extraterritorialità è concessa alle basi alleate presenti in Italia: i terreni e le infrastrutture non sono di proprietà della nazione ospitata ma vengono a quest'ultima concessi in uso dallo Stato di soggiorno, che ne mantiene la piena proprietà anche quando realizzati con risorse finanziarie esclusive dello Stato alleato (Le basi militari alleate in Italia aspetti di rilevanza per l'attività di Polizia Militare in "Il Carabiniere", n. 3/2011).
I poteri di polizia all'interno della base sono esercitati da elementi della forza straniera che vi soggiorna (art. VII, par. 10 della Convenzione del 1951, sopra citata), ma un comandante italiano è sempre presente per sottolineare la sovranità italiana e la non extra-territorialità della base. Per quanto riguarda la sorveglianza esterna della base, questa è esercitata dagli organi di Polizia dello Stato di sede.
La disciplina in materia di valutazione d'impatto ambientale (VIA), di valutazione ambientale strategica (VAS) e di autorizzazione integrata ambientale (AIA), di derivazione europea, è contenuta nella parte seconda del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell'ambiente). Valuazione d'impatto strategicaTale disciplina è stata oggetto di numerose modifiche nel corso della presente Legislatura, e altre modifiche dovranno essere approvate in sede di recepimento della nuova direttiva sulla VIA (n. 2014/52/UE). In particolare, la VAS è un processo finalizzato ad integrare considerazioni di natura ambientale nei piani e nei programmi di sviluppo, per migliorare la qualità decisionale complessiva. In particolare l'obiettivo principale della VAS è valutare gli effetti ambientali dei piani o dei programmi, prima della loro approvazione (ex ante), durante ed al termine del loro periodo di validità (in-itinere, ex post). Ciò serve soprattutto a sopperire alle mancanze di altre procedure parziali di valutazione ambientale, introducendo l'esame degli aspetti ambientali già nella fase strategica che precede la progettazione e la realizzazione delle opere. Altri obiettivi della VAS riguardano sia il miglioramento delle informazioni fornite alle persone sia la promozione della partecipazione pubblica nei processi di pianificazione-programmazione.

Articolo 6, comma 1L'articolo 6, comma 1 pone l'obbligo per tutti i progetti di costruzione o di ampliamento di basi, caserme e installazioni militari sul territorio nazionale, anche eventualmente nella disponibilità di Paesi terzi, e anche se già autorizzati, di presentare un progetto di riconversione civile di ciascuna struttura al termine della sua destinazione militare, che comprenda la garanzia del riassorbimento di tutti i lavoratori civili impiegati, con l'indicazione contestuale delle modalità di reperimento delle necessarie risorse economiche.

Articolo 5, comma 2Il comma 2 prevede inoltre che gli accordi internazionali di carattere militare per la messa a disposizione di parte del territorio nazionale in favore di Paesi terzi debbano prevedere l'impegno economico di ciascun Paese terzo, in misura non inferiore ai quattro quinti dell'intera somma prevista per le attività di costruzione e installazione e le successive attività di riconversione, inclusi gli oneri accessori di adeguamento urbanistico.

In base all'articolo 7, comma unico la destinazione militare non può in nessun caso superare la durata di cinque anni, con una sola possibilità di rinnovo: conseguentemente tutte le basi, poligoni, installazioni e servitù militari in essere da più di dieci anni dovranno essere chiuse e riconvertite a scopi esclusivamente civili a far data da un anno dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.

Articolo 8L'articolo 8, comma unico stabilisce che ogni due anni tutte le basi, caserme e installazioni militari dovranno fornire attestazione del rispetto delle prescrizioni e di regolarità ambientale mediante certificazione rilasciata dall'Agenzia regionale per l'ambiente competente per territorio.

Articolo 9L'articolo 9, comma unico prevede che le autorizzazioni per la costruzione, l'installazione, l'ampliamento di basi, caserme e installazioni militari sul territorio nazionale - anche se nella disponibilità di Paesi terzi alleati - possono essere concesse esclusivamente con il parere favorevole di un comitato misto: tale comitato è composto dal Ministro della difesa e dal Ministro dell'ambiente - o da loro delegati -, dal Presidente della Regione e dai sindaci interessati territorialmente. In ogni caso, la decisione è subordinata al parere favorevole dei rappresentanti degli enti locali nel Comitato.

Articolo 10L'articolo 10, comma unico conferisce al Comitato misto di cui al precedente articolo 9 la facoltà di valutare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l'opportunità della permanenza o dell'ampliamento di basi, caserme, installazioni e servitù militari già esistenti sul territorio nazionale, eventualmente nella disponibilità di Paesi terzi alleati. Tale valutazione va effettuata anche in deroga alla normativa vigente in materia e ad accordi internazionali eventualmente in corso. Tutti i progetti in corso devono essere sospesi in attesa dell'adeguamento alla normativa di cui alla proposta di legge all'esame della Camera.

Si ricorda che il termine «Servitù mlitariservitù militare» ha un preciso significato tecnico-giuridico, sebbene nella comune accezione esso venga impiegato in modo molto più esteso ed associato alla complessiva presenza militare sul territorio ed ai vari gravami da questa derivati.Di tali gravami, la servitù militare propriamente intesa rappresenta solo una delle possibili forme. La presenza militare conosce, essenzialmente, quattro modalità: la prima consiste in stabili e superfici appartenenti all'amministrazione della Difesa; la seconda è la servitù militare vera e propria, ovvero quella serie di limitazioni imposte ad aree non appartenenti al demanio militare ma ad esso in genere adiacenti. Queste limitazioni, in realtà, vengono applicate solo in alcuni casi, e sempre per motivi di salvaguardia e sicurezza per i cittadini. Malgrado ciò, esse limitano in vario modo la libera fruizione della proprietà pubblica e privata. La terza forma, dopo quelle della pertinenza demaniale e della servitù in senso tecnico, si concretizza nelle zone di sgombero sul mare per motivi di sicurezza. Una quarta forma di limitazione alla libera fruizione dello spazio da parte della collettività è infine rappresentata dai cosiddetti spazi aerei militari, ovvero dall'utilizzazione variabile degli spazi militari da parte di vettori adibiti al traffico commerciale, che non ha tuttavia un diretto impatto sul territorio e sulle popolazioni locali.
Quanto alle servitù militari vere e proprie, esse sono fondamentalmente riconducibili a tre casi: possono infatti insistere nelle zone adiacenti a depositi, munizioni e carburanti; nelle aree soggette ad emissione elettromagnetica, per presenza di radar o trasmittenti per le comunicazioni ovvero per gli impianti di assistenza al volo; infine, in aree adiacenti a poligoni di tiro, che possono essere interdette durante le attività. L'interpretazione fornita dal Ministro della Difesa sulla accezione giuridica di servitù militare trova un significativo riscontro dottrinale. La maggior parte dei giuristi propende per un inquadramento giuridico che intende la servitù militare come un'insieme di limitazioni amministrative della proprietà privata. La dottrina maggioritaria tende quindi ad escludere la natura di diritto reale quale quello proprio delle servitù prediali pubbliche, anche in considerazione del fatto che le limitazioni sottese all'imposizione di una servitù militare possono gravare, dal punto di vista del soggetto passivo, non solo sul proprietario, ma anche sull'enfiteuta e sul locatario, e possono altresì incidere sui cd. usi civici.
Si segnala, inoltre, che le servitù militari di diritto interno emergono in relazione agli accordi internazionali sulle basi militari, in quanto la servitù è uno degli strumenti di cui si avvale l'amministrazione militare per eseguire tali accordi. Solitamente, sono quindi poste a disposizione dello Stato beneficiario installazioni, terreni, locali, facilitazioni, che possono appartenere al demanio militare e su cui possono gravare, o si possono imporre, delle servitù.Sul tema delle servitù militari  la Commissione Difesa della Camera ha svolto Indagine conoscitivaun'indagine conoscitiva, il cui documento conclusivo è stato approvato nella seduta del  31 luglio 2014, 

Articolo 11L'articolo 11, comma unico prevede che per tutte le basi, installazioni militari, poligoni e campi di tiro marini o terrestri esistenti alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame - anche eventualmente nella disponibilità di Paesi terzi -, venga predisposto un piano di riconversione ad usi civili con il completo riassorbimento di tutti i lavoratori civili in precedenza impiegati. Tale piano va formulato entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.

Articolo 12 L'articolo 12, comma unico pone un divieto assoluto all'utilizzazione per scopi militari, ivi incluso il passaggio di armamenti e truppe per missioni militari fuori confine, di qualunque struttura civile, porto, aeroporto o ferrovia.

Infine, l'Articolo 13articolo 13, comma unico prevede l'entrata in vigore del provvedimento in esame 15 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale: dal momento dell'entrata in vigore tutti i progetti di installazione, costruzione e ampliamento di basi militari in corso, nonché l'uso di strutture militari esistenti per esercitazioni a fuoco di carattere terrestre, navale o aereo, sono sospesi in attesa del loro adeguamento alla nuova normativa.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta in esame incide sulle materie "politica estera" e "difesa e Forze armate", di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, 2° comma, rispettivamente lett. a) e d) Cost.


Giurisprudenza costituzionale di rilievo

La Corte costituzionale è intervenuta sulla portata dell''art. 117, 1° comma Cost. - che impone alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni il rispetto, tra gli altri, dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali  - con le sentenze n. 348 e 349 del 24 ottobre 2007: in particolare la norma di cui all'art. 117, 1° comma, così come introdotta dalla riforma costituzionale del 2001, ha inciso sul sistema delle fonti del diritto, in particolare attraverso l'attribuzione alle norme dei trattati (o meglio alle norme di adattamento agli stessi) di "una maggior forza di resistenza [all'abrogazione] rispetto a leggi ordinarie successive". In particolare il giudice delle leggi osserva come la struttura della norma costituzionale appare "simile a quella di altre norme costituzionali, le quali sviluppano la loro concreta operatività solo se poste in stretto collegamento con altre norme, di rango sub-costituzionale, destinate a dare contenuti ad un parametro che si limita ad enunciare in via generale una qualità che le leggi in esso richiamate devono possedere. Le noPosizione delle norme internazionali di origine pattizia nel sistema delle fontirme necessarie a tale scopo sono di rango subordinato alla Costituzione, ma intermedio tra questa e la legge ordinaria".

La Corte inoltre chiarisce che "proprio perché si tratta di norme che integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur sempre ad un livello sub-costituzionale, è necessario che esse siano conformi a Costituzione. La particolare natura delle stesse norme, diverse sia da quelle comunitarie sia da quelle concordatarie, fa sì che lo scrutinio di costituzionalità non possa limitarsi alla possibile lesione dei principi e dei diritti fondamentali o dei principi supremi , ma debba estendersi ad ogni profilo di contrasto".

Successivamente la Corte costituzionale, con la sentenza n. 311 del 2009, rivendicava il compito di verificare che le norme internazionali - nel caso di specie le norme CEDU, nell'interpretazione della Corte di Strasburgo - non siano in contrasto con la Costituzione: "il verificarsi di tale ipotesi (…) esclude l'operatività del rinvio alla norma internazionale e, dunque, la sua idoneità ad integrare il parametro dell'art. 117, primo comma, Cost: e, non potendosi evidentemente incere sulla sua legittimità, comporta (…) l'illegittimità (…) della legge di adattamento (sentenze n. 348 e n. 349 del 2007)".

Relazioni allegate

Il progetto di legge, di iniziativa popolare, è corredato della sola relazione illustrativa.

Collegamento con i lavori legislativi in corso

Si segnala che è all'esame delle Commissioni riunite I e IV la proposta di legge A.C. 1520, d'iniziativa del deputato Artini ed altri, concernente Proposta di legge in materia di accesso dei parlamentari alle basi militaril'accesso dei parlamentari alle strutture militari. In particolare l'articolo 3 prevede che il Governo, entro 30 giorni dalla entrata in vigore della legge, avvii ogni iniziativa per modificare gli "accordi tecnici" stipulati ai sensi dell'art. 302 del codice militare, al fine di consentire le visite dei parlamentari senza restrizioni, ma con preavviso, a tutte le installazioni concesse in uso dallo Stato italiano a Forze armate straniere, comprese quelle concesse in uso esclusivo. La disposizione si applica anche alle installazioni considerate riservate ai fini del segreto di Stato.