Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | I recenti sviluppi della crisi siriana | ||
Serie: | Note di politica internazionale Numero: 81 | ||
Data: | 11/07/2016 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
I recenti sviluppi della crisi siriana
11 luglio 2016
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L'intervento russo nello scenario sirianoUn dato indubbiamente nuovo e importante degli ultimi mesi è rappresentato dall'intervento russo nello scenario siriano: dopo alcune indirette aperture a questa ipotesi, la realtà dei fatti riscontrava in margine ai lavori dell'apertura della sessione annuale dell'Assemblea generale dell'ONU un confronto piuttosto duro tra le posizioni russe e quelle americane. I rispettivi presidenti, che tra l'altro avevano anche un incontro diretto nella serata del 28 settembre, si trovavano in contrasto soprattutto in merito al ruolo del presidente Assad e del suo regime. Il 30 settembre la Russia avviava i raid aerei sul territorio siriano, entrando subito in contrasto con gli Stati Uniti, che accusavano Mosca di non aver coordinato le mosse con le forze americane già impegnate nella coalizione contro l'ISIS e di aver colpito a Homs soprattutto basi degli oppositori moderati al regime di Assad, più che dello "Stato islamico". L'intervento russo era stato autorizzato dalla Camera alta del Parlamento russo, competente ad autorizzare gli interventi militari fuori dai confini nazionali della Federazione, in risposta a una richiesta scritta del presidente siriano Assad. Oltre a quanto denunciato dall'opposizione siriana - ovvero che i primi raid russi avrebbero provocato una quarantina di morti tra i civili - sarebbe emerso l'equivoco di fondo di una Russia impegnata in azioni militari contro formazioni che il suo alleato Assad definisce comunque terroristiche, e quindi non solo e non prevalentemente contro l'ISIS. Peraltro Putin confermava quanto immediatamente prima chiarito dal capo dell'amministrazione presidenziale Ivanov, ovvero che l'intervento di Mosca sarebbe stato limitato solo all'invio di forze aeree per il tempo dell'offensiva delle forze governative siriane; quanto ad Assad, il Presidente russo si augurava che da parte sua si arrivasse prima o poi ad accettare un compromesso per il bene della Siria. Va rilevato come una determinante non secondaria dell'intervento russo potrebbe essere stato l'allarme destato dalle rLe rivelazioni dell'intelligence russo sulla minaccia dei foreign fighters ivelazioni dell'intelligence di Mosca sull'arrivo in Siria di migliaia di foreign fighters dall'Asia centrale e dal Caucaso, che potrebbero poi tornare nella Federazione russa come foreign fighters e costituire un gravissimo pericolo. Nessun avvicinamento tra la posizione della Russia e quelle occidentali in merito allo scenario siriano si registrava nell'incontro di Parigi del 2 ottobre, principalmente dedicato all'evoluzione dello scenario ucraino, ma nel quale la questione siriana non poteva non avere un ruolo centrale. Il Presidente francese sottolineavala necessità del coinvolgimento di esponenti moderati dell'attuale regime siriano, ritenendo al tempo stesso assolutamente indispensabile l'uscita di scena di Assad; peraltro secondo Hollande molti degli attacchi aerei russi in Siria sarebbero stati finalizzati non a colpire le basi dell'ISIS ma quelle dei ribelli al regime di Assad. La Germania per bocca della cancelliera Merkel si manteneva prudente, ma escludendo divergenze con Parigi sul destino del presidente Assad. Da parte statunitense, con l'appoggio di Gran Bretagna, Francia, Germania, Turchia, Arabia Saudita e Qatar, si poneva l'accento sulla necessità che la Russia attaccasse esclusivamente obiettivi dell'ISIS, perché in caso contrario invece si sarebbe rafforzato lo "Stato islamico" colpendo gli oppositori di Assad. Nel vertice di Parigi la posizione della Russia veniva espressa direttamente dal presidente Putin, per il quale il sostegno alla permanenza al potere di Assad sarebbe pienamente funzionale alla lotta allo "Stato islamico", contro cui unicamente sarebbero stati diretti i raid di Mosca, che peraltro poteva vantare un attacco diretto alla roccaforte dell'ISIS di Raqqa, al terzo giorno dall'inizio dell'azione militare in Siria. Assai importante per l'evoluzione dello scenario siriano e per la questione dei grandi flussi di profughi in fuga dal paese era la Visita di Erdogana a Bruxellesvisita del presidente turco Erdogan a Bruxelles: qui il 5 ottobre Erdogan ha gettato sul piatto della bilancia la strategicità del suo paese - che peraltro dall'inizio della crisi siriana ha accolto centinaia di migliaia di profughi, arrivando a un totale attuale di circa 2 milioni - per il quale ha richiesto l'assistenza finanziaria dell'Unione europea, riscontrando l'assenso delle autorità di Bruxelles. Non è però sfuggito che la Turchia nel trattare della questione siriana ha mantenuto ben fermo il proprio proposito di evitare la costituzione di qualunque forte entità territoriale a base curda, e non a caso non solo ha combattuto l'opposizione curda interna del PKK, ma ha anche mantenuto un atteggiamento quanto meno distaccato rispetto ai curdi siriani impegnati nella lotta contro l'ISIS. Si spiega in tal modo l'insistenza turca sulla creazione di una vasta fascia di sicurezza in territorio siriano prospiciente al confine turco, non solo e non tanto per il contenimento dell'ondata di profughi, quanto piuttosto per inserire un cuneo nelle dinamiche militari in corso, impedendo il costituirsi di un forte arco territoriale a direzione curda. Il 3 ottobre si era intanto verificato il primo episodio preoccupante a partire dall'intervento russo nello scenario siriano, quando un jet di Mosca sarebbe sconfinato nello spazio aereo turco. Relativamente blande le proteste di Ankara, che tuttavia sottotraccia si trovava in contrasto potenziale assai forte con l'azione militare russa, avendo sempre costantemente appoggiato le correnti jihadiste contrarie al presidente Assad e ispirate alla Fratellanza islamica, le quali costituivano uno degli obiettivi dell'azione militare russa, anche se non dichiarato. In ogni modo l'ambasciatore russo ad Ankara era convocato presso il ministero degli esteri per esprimere la protesta per la violazione dello spazio aereo. Da parte della NATO, invece, dopo una riunione di emergenza dei rappresentanti dei 28 Stati membri, veniva una forte condanna sia della violazione dello spazio aereo turco sia degli attacchi contro l'opposizione e i civili siriani da parte dei jet russi. Il 7 ottobre un'ulteriore escalation caratterizzava l'intervento russo nello scenario siriano: nGli attacchi missilistici dal Mar Caspioavi ubicate nel Mar Caspio lanciavano 26 missili, asseritamente contro le posizioni dell'ISIS, i quali avrebbero colpito tutti i loro bersagli. A fronte di ciò gli Stati Uniti tornavano ad accusare la Russia di sostenere ad oltranza il regime di Assad e di colpire tutti i suoi nemici, quindi non solo l'ISIS - come sarebbe emerso dall'offensiva lanciata il 7 ottobre dall'esercito siriano nella provincia di Hama, nella quale l'ISIS era praticamente assente. La Russia ha ribattuto che in un anno di attacchi anche la coalizione a guida occidentale non avrebbe sempre colpito l'ISIS. L'8 ottobre la NATO tornava a reagire con forza alle iniziative russe, nella riunione ministeriale dell'Alleanza tenuta a Bruxelles: la NATO si è detta pronta a difendere il territorio turco, il cui spazio aereo era stato già violato dagli aviogetti russi, e contestualmente a rafforzare la propria presenza nell'Europa orientale. I pericoli dell'intervento russo sarebbero stati suffragati secondo il governo americano da un ulteriore errore, poiché quattro dei missili lanciati dal Mar Caspio sarebbero finiti in Iran invece che in Siria. La Russia ha tuttavia smentito questa circostanza. In ogni modo, anche con notevoli divisioni tra i paesi orientali dell'Alleanza atlantica e i paesi, tra cui l'Italia, attenti all'instabilità sul fronte meridionale della NATO; l'Alleanza ha deciso di raddoppiare il numero di effettivi della forza d'intervento NATO Response Force, che è così salita a 40.000 unità, parte dei quali dispiegabili rapidamente in 48 ore ovunque vi sia una minaccia. Il segretario generale Stoltenberg ha parlato al proposito del più importante rafforzamento dell'apparato di difesa della NATO dalla fine della Guerra Fredda. Particolare allarme destava comunque nuovamente il 9 ottobre l'avvicinamento di due velivoli americani e due jet russi a distanza di puntamento. Sul terreno, nonostante la sottolineatura della Russia di aver aumentato la pressione proprio nei confronti dell'ISIS, i combattenti dell'opposizione al regime di Assad tornavano a sostenere che gli attacchi russi avevano indirettamente rafforzato lo "Stato islamico", colpendo proprio in prevalenza l'opposizione ad Assad. A riprova di ciò lo "Stato islamico" si impadroniva di alcuni villaggi dei dintorni di Aleppo, arrivando in qualche modo a minacciare la grande città siriana, non più difesa dai ribelli al regime di Assad, impegnati a contrastare le azioni del regime e dei russi nella zona di Hama. Quanto all'Unione europea, il 12 ottobre il La condanna dell'intervento russo da parte dell'Unione europeavertice ministeriale tenutosi in Lussemburgo pronunciava una chiara condanna dell'intervento russo, rivolto non solo contro l'ISIS ma anche contro l'opposizione moderata, auspicandone l'immediata cessazione, a pena di prolungare il conflitto, pregiudicare l'eventuale soluzione politica di esso e aggravare la situazione umanitaria. L'appoggio dei ministri europei all'azione di mediazione delle Nazioni Unite nei confronti di Assad non riusciva a nascondere le consuete divergenze in merito al ruolo dell'attuale capo del regime siriano, che per la Francia avrebbe dovuto comunque essere sollecitamente rimosso, mentre paesi come la Germania e l'Italia dimostravano di temere maggiormente il vuoto di potere che potrebbe seguire alla dipartita di Assad, configurando anche per la Siria uno scenario di tipo libico. |
I negoziati di pace e la nascita del Gruppo internazionale di sostegno alla Siria (ISSG)Il combinato disposto della consapevolezza internazionale dell'insostenibilità di una ulteriore prosecuzione del conflitto siriano, unitamente a un "ammorbidimento" della posizione statunitense nei confronti del regime di Assad e al ruolo di primo piano che la Russia riteneva di avere acquisito con il proprio intervento nel conflitto rendevano possibile il costituirsi di un panel negoziale internazionale con i maggiori protagonisti, ma allargato anche ad altri Paesi: in tal modo nNasce l'ISSGasceva il Gruppo di sostegno internazionale alla Siria (ISSG), riunitosi a Vienna alla fine di ottobre del 2015 con la partecipazione dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dell'Unione europea, della Lega araba, di protagonisti indiretti ma decisivi del conflitto siriano come Iran, Arabia Saudita, Turchia, e di altri paesi come Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Giordania, Libano, Oman, Qatar, Italia e Germania. IlIl documento dell'ISSG 30 ottobre 2015 l'ISSG, in una dichiarazione congiunta alla fine dei lavori di Vienna, ribadiva la necessità di salvaguardare l'unità, l'indipendenza e l'integrità territoriale della Siria, assicurando nel contempo la sopravvivenza delle istituzioni statali in un ambito politico non settario, tale da assicurare il rispetto dei diritti di tutti i siriani; il documento sosteneva inoltre l'assoluta necessità di sconfiggere lo "Stato islamico" e altri gruppi di azione terroristica, consentendo l'accesso umanitario nel paese e il sostegno ai rifugiati, in vista dell'accelerazione degli sforzi diplomatici per porre fine in via definitiva al conflitto. In particolare, secondo il documento redatto a Vienna, si sarebbe dovuto procedere a misure di de-escalation per giungere a un completo cessate il fuoco su scala nazionale: in parallelo, si sarebbe dovuto riavviare il dialogo politico tra governo e opposizione vista della formazione di un governo inclusivo, della redazione di una nuova Costituzione e dello svolgimento di libere elezioni sotto l'egida dell'ONU. L'ISSG tornava a riunirsi a Vienna il 14 novembre - il giorno dopo, si ricorda, dei tragici attentati perpetrati dall'ISIS a Parigi -, rilanciando sull'obiettivo del cessate il fuoco a livello nazionale, contestuale all'inizio delle tappe verso la transizione avviate congiuntamente dai rappresentanti del regime siriano e delle opposizioni. Mentre rimaneva ancora sullo sfondo la questione del futuro politico di Assad, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite assumevano l'impegno per una risoluzione volta allo stabilimento di una missione di sorveglianza del cessate il fuoco in Siria, dal quale beninteso sarebbero state escluse le operazioni militari contro lo "Stato islamico" e contro Jabat al-Nusra ed altri gruppi terroristici, individuati dal Consiglio di Sicurezza sulla base del lavoro intrapreso, in particolare dalla Giordania, per una identificazione condivisa di gruppi e individui qualificabili come terroristi prima del decollo del processo politico guidato dalle Nazioni Unite. L'incontro di novembre fissava inoltre lL'avvio dei negoziati ufficiali e diretti'avvio, entro il 1° gennaio 2016, di negoziati ufficiali diretti tra il governo siriano e le forze di opposizione, per giungere a formare entro sei mesi un esecutivo di transizione e a convocare entro 18 mesi elezioni politiche generali.
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Le nuove risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e le posizioni di alcuni Stati occidentaliIl 20 novembre 2015 veniva approvata all'unanimità - soprattutto per iniziativa della Francia impegnata nella risposta ai fatti di Parigi - lLa risoluzione 2249 del Consiglio di Sicurezzaa risoluzione 2249 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU,che prendeva atto degli ultimi sviluppi negoziali e faceva appello agli Stati membri affinché adottassero tutte le misure necessarie sul territorio controllato dall'ISIS in Siria e Iraq per un coordinamento degli sforzi volti a combattere lo "Stato islamico" e gli altri gruppi terroristici. A testimonianza della potenziale esplosività internazionale del conflitto siriano, va ricordato che il 24 novembre le ripetute tensioni tra Russia e Turchia dopo l'intervento dell'aviazione di Mosca in Siria culminavano nell'L'abbattimento di un velivolo russo da parte dell'aviazione turcaabbattimento di un aereo militare russo da parte di due caccia F-16 turchi: il velivolo russo avrebbe effettivamente violato, anche se soltanto per pochi secondi, lo spazio aereo turco, mentre era impegnato nei cieli della Siria. All'inizio di dicembre, a seguito dell'azione diplomatica francese impegnata nella risposta ai tragici attacchi terroristici del 13 novembre, anche la La Germania aderisce alla coalizione anti-ISISGermania si univa alla coalizione contro l'ISIS in territorio siriano, dicendosi disponibile a impegnare circa 1.200 uomini per il dispiegamento di una nave da guerra, di sei tornado da ricognizione e di vari satelliti: la decisione del governo tedesco era tuttavia subordinata al via libera da parte del Bundestag. Anche il premier israeliano Netanyahu riferiva di un intervento in territorio siriano per evitare la saldatura di un fronte anti-israeliano sul Golan, catalizzato dall'Iran. Il 2 dicembre, dopo un dibattito-fiume alla Camera dei Comuni, il governo Cameron riceveva il via libera per l'effettuazione di attacchi aerei contro l'ISIS in territorio siriano, paralleli a quelli che il Regno Unito conduceva da un anno in territorio iracheno. L'acceso dibattito registrava una spaccatura interna ai laburisti, con diverse decine di deputati favorevoli al nuovo coinvolgimento militare britannico, che compensavano abbondantemente i pochi conservatori contrari. Il premier Cameron aveva caldeggiato la decisione parlamentare favorevole sottolineando con forza il legame tra l'ISIS e quasi tutte le trame terroristiche scoperte nel Regno Unito negli ultimi mesi. Sul fronte opposto il leader laburista Corbyn si era detto fortemente contrario al nuovo coinvolgimento militare non il nome del pacifismo, ma del buon senso: alla gran parte dei laburisti si associavano anche gli scozzesi dello Scottish National Party, e, nella Camera dei Lord, la figura apicale della Chiesa anglicana, l'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. A seguito della decisione della Camera Dei Comuni, già il 3 dicembre Raid aerei britannici contro l'ISISaviogetti britannici decollati dalla base della Royal Air Force di Cipro colpivano obiettivi dell'ISIS in Siria. Accanto alle scontate minacce di ritorsioni dell'ISIS, l'iniziativa riscontrava il plauso del presidente francese Hollande: la Russia dal canto suo dava il benvenuto ad ogni azione volta a combattere il terrorismo, ma il regime siriano, da Mosca fortemente sostenuto, criticava l'intervento della Royal Air Force, avvenuto senza l'autorizzazione formale di Damasco. La nuova risoluzione del Consiglio di SicurezzaIl Consiglio di sicurezza dell'ONU il 18 dicembre approvava all'unanimità la risoluzione 2254, sostenuta con forza dai partecipanti al Gruppo di sostegno internazionale alla Siria, per l'avvio del processo di pace e il cessate il fuoco. La risoluzione impegna il Segretario generale Ban Ki-moon, per mezzo del suo inviato speciale in Siria Staffan de Mistura, a convocare i rappresentanti del regime siriano e dell'opposizione per l'inizio di negoziati formali su un processo di transizione politica urgente, da prevedere a partire dal mese di gennaio del 2016. Lo stesso Ban Ki-moon constatava l'importanza del documento, trattandosi della prima risoluzione del Consiglio di sicurezza riguardante direttamente il processo politico in Siria. La risoluzione, tuttavia, non fa alcuna menzione del futuro politico del presidente siriano Assad, che costituisce un punto di indubbia frizione con la Russia, così come dell'individuazione in corso, per iniziativa soprattutto giordana, delle organizzazioni da considerare terroristiche - e quindi al di fuori del cessate il fuoco - e della composizione delle delegazioni dell'opposizione per la partecipazione ai negoziati. Altrettanto suscettibile di accrescere i contrasti con la Russia era quanto emerso il 23 dicembre da un rapporto presentato da I rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch sull'emergenza umanitaria in SiriasAmnesty International, che denunciava la morte di centinaia di civili siriani a seguito degli attacchi aerei russi su obiettivi residenziali, moschee e perfino ospedali, durante i quali sarebbero state utilizzate anche bombe a grappolo - su quest'ultimo punto anche Human Rights Watch aveva attirato l'attenzione una settimana prima. Se anche gli attacchi della coalizione a guida occidentale in 13 mesi avrebbero provocato la morte di più di 200 civili (secondo cifre diffuse dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria), in soli due mesi l'intervento russo avrebbe provocato un pari numero di vittime, e si ricorda in particolare il bombardamento su un mercato nella provincia di Idlib e su un edificio residenziale nella provincia di Homs, in cui avrebbero perso la vita complessivamente 81 civili, tra cui molte donne e bambini. Secondo Amnesty International questi attacchi potevano configurare da parte di Mosca crimini di guerra, in quanto gli obiettivi civili sarebbero stati colpiti deliberatamente. La Russia sarebbe stata poi, al di là della rivendicazione da parte del regime siriano, anche alla base dell'uccisione del capo di un'importante formazione islamista di opposizione al regime di Assad, l'"Esercito dell'Islam", avvenuta il 25 dicembre alle porte di Damasco. Ispirato a un'ideologia fondamentalista ed accusata di violenze contro gli alawiti, l'"Esercito dell'Islam" aveva tuttavia partecipato qualche tempo prima a una riunione nella capitale saudita per preparare la strategia delle forze di opposizione ad Assad in previsione dei colloqui sotto l'egida dell'ONU, che l'uccisione di L'uccisione del capo dell'Zahran Allush - questo il nome del capo dell'"Esercito dell'Islam" - sarebbe stata un tentativo di boicottare. Alla metà di gennaio, nonostante il dispiegarsi di una controffensiva su vasta scala da parte delle forze del regime coadiuvate dai bombardamenti aerei russi, l'ISIS forniva Nuova offensiva dell'ISIS in Siria orientaleuna prova di forza nell'area di Dayr az Zor, il polo petrolifero siriano quasi completamente nelle mani dello "Stato islamico": i miliziani dell'ISIS hanno attaccato alcuni sobborghi vicini a un aeroporto militare, prendendo di mira soprattutto famiglie di militari e paramilitari filogovernativi, e provocando circa 300 morti, molti dei quali decapitati. Un numero ancora maggiore di persone sarebbero state sequestrate. Mentre proseguiva incessante l'avanzata verso nord-ovest delle forze governative siriane con l'appoggio russo, Stallo nei negoziatiemergevano tutte le difficoltà dell'avvio della trattativa mediata dalle Nazioni Unite: infatti la Russia richiedeva la formazione di una delegazione alternativa delle opposizioni, diversa da quella in via di costituzione a Riad, mentre la Turchia si diceva contraria alla partecipazione al tavolo di Ginevra delle milizie siriane di ispirazione curda. Sul terreno, queste controversie erano confermate dal fatto che gran parte degli attacchi lealisti e russi colpivano gruppi armati sostenuti da Turchia ed Arabia Saudita, e solo marginalmente territori controllati dall'ISIS. |
La conferenza dei donatori e l'accordo del 12 febbraioLa presa d'atto delle difficoltà dei negoziati avveniva all'inizio di febbraio, quando de Mistura annunciava una loro sospensione fino al 25 del mese. Intanto il progredire dell'offensiva lealista consentiva alle forze del regime di Assad di occupare una zona tra il confine turco e le aree di Aleppo controllate dagli oppositori, probabilmente in previsione di un attacco decisivo alla seconda città della Siria per riconquistarla integralmente. In questo contesto importanza necessariamente minore rivestiva il pur evidente successo della Conferenza dei donatori per la Siria svoltasi a Londra, che il 4 febbraio registrava impegni per oltre 11 miliardi di dollari, al di sopra dei 9 miliardi previsti. La Russia, in particolare,accusava la Turchia di preparare un'invasione del territorio siriano contiguo al proprio confine, allo scopo di neutralizzare le formazioni curdo-siriane. In questo scenario anche l'Arabia Saudita si spingeva a ipotizzare un proprio intervento diretto nel conflitto siriano. Si aggravava frattanto la situazione della regione siriana tra il confine turco e Aleppo: con la Turchia che procedeva a chiudere i posti di frontiera, consentendo solo accessi strettamente controllati, aumentava il numero di civili siriani in fuga dai bombardamenti aerei russi e dai combattimenti provocati dalla controffensiva del regime siriano: le Nazioni Unite paventavano il rischio di una La tragedia umanitaria di Alepponuova tragedia umanitaria , con oltre 300.000 persone intrappolate ad Aleppo e prive di accesso agli aiuti umanitari, qualora le forze del regime fossero riuscite ad accerchiare la città. La Russia era intanto accusata dalla NATO e dalpresidente del Consiglio europeo Donald Tusk di essere la causa diretta, con gli attacchi aerei su vasta scala, della nuova emergenza umanitaria: in particolare, secondo la NATO, Mosca correva il rischio di minare gli sforzi per una soluzione politica del conflitto siriano. Anche la Turchia e la cancelliera tedesca Merkel, in visita ad Ankara l'8 febbraio, denunciavano la valenza negativa degli attacchi aerei russi. Ciononostante il 12 febbraio, in margine all'appuntamento annuale di Monaco di Baviera per la Conferenza sulla sicurezza, L'accordo del 12 febbraioun tavolo negoziale di 17 Stati raggiungeva un accordo per la cessazione delle ostilità in Siria entro una settimana e un accesso sollecito degli aiuti umanitari ancor prima della scadenza del 19 febbraio. Come sostenuto dal Ministro degli esteri italiano Paolo Gentiloni in dichiarazioni alla stampa, l'intesa presentava caratteri di grande fragilità, pur suscitando speranze in un contesto estremamente difficile. La prima verifica avrebbe riguardato proprio la possibilità di un immediato accesso degli aiuti umanitari, che avrebbe dovuto essere seguito non da un cessate il fuoco, ma da una più prudente formulazione di "cessazione delle ostilità". Gentiloni non nascondeva la difficoltà di mantenere l'azione militare contro lo "Stato islamico" e Jabat al-Nusra, vista la contiguità dei territori da essi controllati rispetto a quelli interessati dalla fine dei combattimenti. Quanto all'intervento russo, l'accentuazione di esso nelle ultime due settimane, secondo Gentiloni, non aveva certo contribuito a risolvere la crisi politica e umanitaria in Siria, e anche Mosca avrebbe dovuto adottare un atteggiamento più costruttivo. La posizione italianaLa prudenza del capo della diplomazia italiana era confermata dalle immediate reazioni all'intesa di Monaco, con il presidente siriano Assad che asseriva di voler continuare a combattere fino alla vittoria totale, mentre per converso l'Arabia Saudita dichiarava quale proprio obiettivo qualificante la destituzione di Assad. Le opposizioni siriane in esilio, a loro volta, rifiutavano la proposta di tregua, esattamente perché non menzionava il destino di Assad. Effettivamente nelle ore successive la tensione sul terreno si accentuava, nonostante il contatto telefonico diretto tra il presidente USA Obama e il presidente russo Putin, che davano il via a contatti stretti e diretti tra i rispettivi ministeri della difesa in funzione anti-ISIS. Era anche ribadita la volontà di contribuire con le proprie strutture all'attuazione dell'intesa del 12 febbraio, senza però che Obama si astenesse dall'ammonire Putin a porre fine agli attacchi aerei contro le forze dell'opposizione moderata in Siria. L'offensiva governativa siriana su RaqqaL'offensiva governativa siriana proseguiva intanto in direzione della capitale dell'ISIS in territorio siriano, Raqqa, mentre la Turchia procedeva a bombardare le postazioni curdo-siriane attestate in una base aerea 30 km a nord di Aleppo. Al proposito Damasco accusava i turchi di aver colpito con questi bombardamenti anche postazioni dell'esercito regolare siriano, nonché di aver sconfinato con un centinaio di soldati a bordo di veicoli leggeri. Peraltro il premier turco Davutoglu, accusando i curdo-siriani di essere legati ai terroristi del PKK turco, annunciava la prosecuzione dei bombardamenti. Si rafforzavano anche i segnali di un possibile coinvolgimento militare di Riad nel conflitto siriano, con l'arrivo di alcuni velivoli militari sauditi nella base turca di Incirlik e con l'intensificarsi dei preparativi per un possibile intervento di terra in territorio siriano, chea vrebbe avuto obiettivi completamente opposti rispetto a quelli della Russia, impegnata a puntellare il regime di Assad. |
Il nuovo round negoziale ed il documento di "punti comuni" di de MisturaLa nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONUIl 26 febbraio 2016 il Consiglio di sicurezza adottava la Risoluzione 2268, in cui si esprime unanime consenso alla Dichiarazione congiunta di Russia e Stati Uniti in quanto copresidenti dell'ISSG, che aveva stabilito la sospensione delle ostilità in Siria a partire dal 27 febbraio. La tregua non si applicava né alle azioni di contrasto all'ISIS, né a quelle contro il fronte al-Nusra che fa capo ad al-Qaida . Il Consiglio di Sicurezza ha invitato inoltre tutti i paesi membri delle Nazioni Unite, e in particolare quelli facenti parti del Gruppo sulla Siria, ad usare la loro influenza sulle parti in conflitto, al fine di mantenere gli impegni e creare le condizioni per un cessate il fuoco durevole e definitivo, e ha invitato tutte le parti a consentire agli aiuti umanitari di raggiungere tutte le persone che ne hanno bisogno, in particolare in tutte le aree assediate. Dal 14 al 24 marzo si svolgeva una nuova tornata dei colloqui di pace sulla Siria, focalizzata sui temi di un nuovo governo nazionale inclusivo, della nuova Costituzione e dello svolgimento di elezioni. La delegazione del governo siriano in carica era guidata da Bachar el Jafari, rappresentante della Siria presso le Nazioni Unite, e ha sollevato inizialmente questioni di procedura e di rappresentatività della delegazione delle opposizioni. Le opposizioni da parte loro erano riunite nell'Alto Comitato per i negoziati (Hnc) nel quale non erano comprese le rappresentanze curde. I colloqui sono avvenuti in forma di "prossimità", ovvero attraverso la mediazione dell'Inviato speciale dell' ONU che ha incontrato separatamente le delegazioni. L'Inviato speciale delle Nazioni Unite ha preso atto positivamente della posizione negoziale avanzata dalle opposizioni che a suo giudizio hanno presentato punti sostanziali relativi alla transizione politica della Siria, mentre ha chiesto alla delegazione governativa di superare il richiamo alle questioni di principio per entrare più decisamente nel merito del negoziato. I colloqui sono inoltre coincisi con una significativa riduzione delle violenze sul terreno. Al termine della seconda settimana Il documento De Misturade Mistura ha presentato un documento di "punti comuni" che, sebbene non avessero ancora il pieno consenso delle parti, costituivano un terreno di convergenza sulla cui base i colloqui sarebbero ripartiti alla metà di aprile. Il documento, che non entrava nei dettagli della transizione politica, si articolava nei seguenti 12 punti: sovranità, indipendenza, unità e integrità territoriale del Paese; principi di autodeterminazione e non ingerenza esterna; sistema istituzionale democratico e basato sullo Stato di diritto; principi di tolleranza e convivenza religiosa, culturale ed etnica; pari opportunità per le donne; governo di transizione, elezioni e nuova Costituzione - come stabilito dalla Risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza dell'ONU; pluralismo politico; rispetto dei diritti umani e lotta alla corruzione; rifiuto del terrorismo e contrasto ad esso; ricostituzione di un esercito siriano per la difesa della nazione sulla base del diritto; possibilità per tutti i rifugiati e gli sfollati di far ritorno alle loro case, e rilascio di tutte le persone detenute arbitrariamente; previsione di riparazioni e restituzione di diritti e proprietà perse a causa del conflitto; convocazione di una Conferenza internazionale di donatori per la ricostruzione della Siria. Cionondimeno, uno dei principali punti di discordia tra il governo e le opposizioni continuava a riguardare la figura del presidente Assad. Il comitato delle opposizioni esigeva una sua uscita di scena prima che si costituisse il governo provvisorio entro i sei mesi stabiliti dall'ONU; d'altro canto il governo siriano, naturalmente, considerava ineludibile la permanenza di Assad al potere. Inoltre l'annuncio unilaterale del regime siriano di volere indire elezioni legislative il mese successivo era in chiaro contrasto con la Roadmap dell'ONU e con il dichiarato obiettivo dei negoziati di portare le parti a intraprendere un percorso di transizione istituzionale. Non meno difficile il nodo negoziale rappresentato dalla questione curda: il 16 marzo, infatti, i curdi del nord della Siria, che non partecipavano al tavolo negoziale di Ginevra, La costituzione di una federazione autonoma nel Curdistan sirianoannunciavano alla stampa la costituzione di una federazione autonoma da Damasco. Secondo un portavoce l'accordo era stato raggiunto in una conferenza tra responsabili curdi in corso nella località di Rmelan. La nuova "Federazione del nord della Siria" dovrebbe comprendere i tre cantoni di Al Jazira, Kobane e Afrin, controllati dalle milizie curde dell'YPG, il braccio armato dei curdi siriani, che combattono contro DAESH con il sostegno del regime siriano e degli USA. La Turchia reagiva duramente, con una presa di posizione del Ministero degli esteri che definiva la decisione curda priva di valore e validità, ritenendo fondamentale l'unità territoriale siriana Nello stesso giorno della ripresa dei colloqui a Ginevra, il 14 marzo, il presidente russo Vladimir Il ritiro delle truppe russe dalla SiriaPutin annunciava l'inizio del ritiro delle truppe dalla Siria, avendo a suo dire la missione raggiunto gli obiettivi stabiliti e avendo posto le basi per una soluzione diplomatica del conflitto. Secondo il Ministro della difesa Sergei Shoigu l'intervento russo aveva portato all'eliminazione di circa 2.000 guerriglieri e aveva consentito al governo siriano di liberare oltre 400 località, riconquistando più di 10.000 km quadrati di territorio. Restavano comunque operative le basi militari russe nel porto mediterraneo di Tartus e nell'aeroporto di Jmeimim a Latakia, e lo stesso Putin dichiarava che, in caso di necessità, la Russia avrebbe potuto ricostituire in breve tempo la sua presenza militare in Siria. L'annunciato ritiro russo dal teatro siriano è stato considerato come una presa di distanza e una forma di pressione nei confronti del regime di Assad che continuava a mostrarsi non disponibile a fare concessioni alle opposizioni e così a tenere bloccato il negoziato. D'altra parte la mossa di Putin è stata considerata come un'azione di distensione nei confronti di Arabia Saudita e Turchia, con cui la tensione era salita notevolmente dopo l'intervento. |
Gli ultimi avvenimentiIl 24 marzo, lo stesso giorno di conclusione dei colloqui di Ginevra, l'esercito siriano, insieme alle milizie sciite iraniane e agli Hezbollah libanesi che affiancano il regime, riconquistava, anche con l'appoggio decisivo dell'aviazione russa, lRiconquista di Palmiraa zona settentrionale della città storica di Palmira, famosa per la presenza di aree archeologiche di pregio e patrimonio mondiale dell'UNESCO. Domenica 27 marzo Damasco annunciava che tutti i jihadisti erano stati allontanati dalla città, la quale era stata occupata da DAESH dal mese di maggio del 2015. L'esercito di Damasco aveva certamente tratto vantaggio dalla tregua del 27 febbraio, che gli aveva permesso di concentrare contro DAESH forze militari che prima erano impiegate in altri fronti della ribellione siriana. Una vittoria militare di alto valore simbolico che ha prodotto un vantaggio di immagine per Assad e inciso in maniera significativa sul processo negoziale in corso e sul dibattito che nei paesi occidentali si è sviluppato riguardo all'opportunità della permanenza al potere del presidente siriano. Relativamente poco preoccupante per Assad, invece, la presa di posizione di aPresa di posizione delle correnti alawitelcuni gruppi elitari dell'alawismo, che all'inizio di aprile, in un documento di 35 punti, ipotizzavano un'uscita di scena di Assad, preconizzando una riforma identitaria della comunità alawita che superi le tradizionali forme e atteggiamenti della minoranza, in vista di un ordinamento democratico della Siria capace di per sé di assicurare il rispetto a tutti dei diritti fondamentali e di pari opportunità. In realtà, ha notato la maggior parte degli analisti, il cemento del potere di Assad già da parecchio tempo non è principalmente l'appartenenza dei suoi dignitari all'alawismo, quanto piuttosto ad una cerchia familiare ed economica strettamente interessata alla sopravvivenza del regime e soprattutto della figura del presidente, che nell'ultimo decennio ha acquistato sempre maggiore peso nei confronti delle altre istanze istituzionali. Oltretutto per la maggior parte degli alawiti della costa mediterranea siriana, il vero nerbo del sostegno di Assad, il presidente siriano appare come il baluardo contro la radicalizzazione dei sunniti, per i quali gli alawiti rappresentano degli eretici. L'inizio di aprile ha visto una recrudescenza dei combattimenti, dopo che per settimane vi era stata una relativa calma a partire dalla tregua del 27 febbraio. La ripresa degli scontri ha caratterizzato l'intera regione settentrionale siriana, con particolare forza ad Aleppo: i miliziani ribelli al regime di Assad hanno anche abbattuto un jet governativo, catturando almeno uno dei due piloti. Con il trascorrere dei giorni la tregua è apparsa sempre più precaria: intensi scontri armati tra miliziani dell'ISIS e loro rivali filoqaidisti di al-Nusra si sono sviluppati a sud di Damasco nel campo profughi palestinesi di Yarmuk. Nella zona meridionale di Aleppo divampavano frattanto gli scontri tra le forze lealiste, appoggiate da Iran e Russia, e le opposizioni armate al regime di Assad, sostenute dalla Turchia e dall'Arabia Saudita. Ripresa dei negoziati a GinevraIl 13 aprile sono ripresi a Ginevra i colloqui indiretti mediati dalle Nazioni Unite tra il governo le opposizioni siriane - nello stesso giorno in cui hanno avuto luogo in Siria elezioni parlamentare cui gli osservatori internazionali non danno ormai più alcun peso, per di più nella situazione di disfacimento del paese -: a Ginevra la delegazione delle opposizioni ha contrastato l'opinione di Staffan De Mistura su una sostanziale tenuta della tregua. Il governo siriano, dal canto suo, prima ancora di recarsi in delegazione a Ginevra ha chiuso la porta ad ogni ipotesi di governo di transizione, qualificato alla stregua di un colpo di Stato. Mentre nel nord del paese l'ISIS mostrava una notevole capacità di contrattacco tanto contro gli insorti antigovernativi che contro le truppe del governo di Damasco - senza risparmiarsi anche di colpire ripetutamente la provincia sudorientale turca di confine, provocando diverse vittime -; i già difficilissimi equilibri diplomatici a Ginevra venivano ulteriormente compromessi il 19 aprile, quando a seguito di bombardamenti dell'aviazione governativa siriana della provincia di Idlib perdevano la vita più di 40 civili. La delegazione delle opposizioni, l'Alto comitato negoziale, comunicava di non voler più partecipare agli incontri di Ginevra, mantenendo nella città elvetica solo una delegazione di livello tecnico. Secondo gli oppositori rimaneva quale punto fondamentale quello della fine del potere di Assad, nonché la necessità della formazione di un calendario chiaro per la transizione. In questo quadro, risultava impossibile La rottura delle trattativeun rilancio dei negoziati prima dell'inizio del Ramadan. Alla fine di aprile appariva chiaro come tanto le prospettive negoziali quanto la tenuta della tregua fossero ormai compromesse: in particolare la città di Aleppo era teatro di furiosi combattimenti, con la morte sempre più frequente di decine di civili, cui non giovava nemmeno essere ricoverati in ospedale o trovarsi in preghiera nelle moschee. Un rilancio dei negoziati era tentato il 17 maggio dal vertice di Vienna sulla Siria, sulla base di un documento finale che rinnovava l'impegno per avviare la transizione politica del paese e la riforma costituzionale. Il Vertice tentava di giocare la carta di un maggiore coinvolgimento delle Nazioni Unite, cui era affidato il monitoraggio della tenuta effettiva del cessate il fuoco con cadenza settimanale, per riportare eventuali violazioni sul tavolo del Consiglio di sicurezza, pronto ad ampliare le pressioni sulle parti in lotta. Neanche una settimana dopo, tuttavia, si verificava il più grave attacco terroristico dall'inizio guerra civile siriana, quando l'ISIS, con numerosi attentatori suicidi, provocava un centinaio di morti in prossimità della Gli attacchi suicidi di Tartusbase navale russa di Tartus, proprio nella zona della costa mediterranea siriana più fedele ad Assad. L'azione terroristica perpetrata dall'ISIS era probabilmente in correlazione con l'aumento della pressione di forze curde appoggiate dagli Stati Uniti una cinquantina di km. a nord della capitale siriana del "Califfato", Raqqa: L'offensiva della coalizione anti-ISIS e delle forze curde su Raqqal'azione di terra dei curdo-siriani è stata appoggiata da intensi raid aerei della coalizione guidata proprio dagli Stati Uniti, che nella zona avevano comunque già dispiegato circa 200 consiglieri militari. L'azione dei curdo-siriani, va ricordato, è sempre suscettibile di urtare la sensibilità turca, in quanto la guida sostanziale delle truppe impegnate contro l'ISIS viene fatta risalire all'ala siriana del PKK, che Ankara considera organizzazione terroristica. Un'altra controffensiva dell'ISIS si palesava dopo alcuni giorni in direzione del confine turco-siriano, con l'obiettivo di interrompere un corridoio di rifornimento delle forze ribelli proprio dal territorio turco. I nuovi attacchi del "Califfato" avrebbero provocato la fuga di oltre 150.000 civili, che tuttavia salvo eccezioni non hanno potuto entrare in territorio turco, vista la chiusura della frontiera. La pressione su Raqqa cresceva ancora all'inizio di giugno, quando anche le forze governative siriane appoggiate dalla Russia iniziavano ad operare nella regione. Frattanto ad Aleppo continuava a infuriare la battaglia, caratterizzata da molteplici schieramenti che rendevano talvolta difficile l'interpretazione degli avvenimenti: ad esempio una direttrice degli scontri riguardava le forze arabe sunnite contrarie ad Assad contrapposte ai curdo-siriani, sostanzialmente schierati con le autorità di Damasco e i russi. Un'altra faglia degli scontri riguardava l'ISIS, contrapposto agli insorti siriani appoggiati dalla Turchia. A sud della città di Aleppo, inoltre, le postazioni filogovernative rafforzate dai pasdarani iraniani e dagli Hezbollah libanesi sono state attaccate da una coalizione di insorti appoggiata da Turchia e Arabia Saudita e – e ciò è il termometro della situazione - capeggiata a quanto pare dall'ala siriana di al-Qaida (al-Nusra). L'obiettivo dell'attacco era quello di precludere alle forze lealiste l'unico accesso loro rimasto alla parte occidentale di Aleppo, da loro controllata. Nelle stesse ore gli Stati Uniti disponevano l'invio della portaerei Harry S. Truman nel Mediterraneo orientale, per aumentare la potenza di fuoco sugli obiettivi dell'ISIS. La crescente pressione da molteplici parti su Raqqa determinava dopo la metà di giugno un forte La contoffensiva dell'ISIScontrattacco da parte dei miliziani dell'ISIS sulla direttrice sudoccidentale rispetto alla città: le truppe lealiste siriane erano costrette ad arretrare notevolmente, e anche nella zona di Palmira i contrattacchi dell'ISIS provocavano il ristagno delle offensive russe e governative. I contrattacchi del "Califfato" registravano successi anche nel nord della Siria, resistendo alla pressione delle forze curdo-siriane sostenute dagli USA. Il regime siriano intanto procedeva alla nomina del nuovo primo ministro nella persona di Imad Khamis, già ministro dell'elettricità, in sostituzione di Wael Halqi. L'avvicendamento nell'esecutivo solo formalmente conseguiva alle elezioni parlamentari di aprile, di nessun impatto nei confronti deli assetti sostanziali del potere siriano. Le truppe governativeLa liberazione di Aleppo hanno conseguito l'8 luglio un notevole successo ad Aleppo, riuscendo dopo quattro anni a chiudere l'assedio attorno alla zona della città controllata dagli insorti contro il regime di Assad – che sono sempre stati l'unico vero bersaglio degli attacchi russi e governativi, assai più dei quartieri controllati dall'ISIS e di quelli occupati dai curdo-siriani, ormai di fatto in stato di non belligeranza con il regime di Damasco.
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