Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Missione in Israele e Palestina (3-6 agosto 2014) | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 133 | ||||
Data: | 01/08/2014 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||||
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Camera dei deputati |
XVII LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Missione in Israele e Palestina |
(3-6 agosto 2014) |
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n. 133 |
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1 agosto 2014 |
Servizio responsabile: |
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File: ES0261.doc |
INDICE
La crisi di Gaza (a cura del Ministero degli Affari esteri)
§
Gli sforzi diplomatici
in atto
§
Presidential statement
of the Security Council
Sintesi cronologica
della crisi
§
Persistenti tensioni nel
2012 tra Israele e Gaza
§
Il nuovo esecutivo israeliano
§
La mediazione USA e il rilancio e il successivo fallimento del negoziato
§
Gli ultimi sviluppi e la nuova guerra di Gaza
Gli insediamenti
israeliani nei Territori palestinesi (a
cura del Ministero degli Affari esteri)
I principali movimenti politici palestinesi (a cura del
Ministero degli Affari esteri)
I rapporti bilaterali con Israele (a cura del Ministero degli Affari
esteri)
I rapporti bilaterali con la Palestina (a cura del Ministero degli Affari esteri)
Gli Interventi umanitari di emergenza promossi dalla
Cooperazione italiana in Palestina (a cura del Ministero degli Affari esteri)
Rapporti parlamentari
Italia-Israele (a cura del Servizio
Rapporti Internazionali)
Rapporti parlamentari
Italia - Palestina
Profili biografici (a cura del Ministero degli Affari esteri)
§
Saeb M. Erakat
§
Tzipi Livni
Pubblicistica
§
U. De Giovannangeli ‘Hamas, i ragazzi uccisi in Israele e l’Intifada eterodiretta’, in:
Limes, 1° luglio 2014
§
P. Caridi ‘La
morte dei tre ragazzi israeliani apre un vaso di Pandora’, in: www.affarinternazionali.it, 2 luglio 2014
§
R. Petroni ‘Israele
VS Hamas: venti di guerra e risvolti politico-sociali’, in: Equilibri, 5
luglio 2014
§
L. Mirachian ‘Italia
possibile promotrice della stabilizzazione in Medio Oriente’, in: www.affarinternazionali.it, 6 luglio 2014
§ B. Berti ‘Sada – Analysis on Arab Reform - Hamas and Israel at the Brink’, in:
Carnegie Endowment for International Peace, 8 luglio 2014
§
L. Caracciolo ‘La spirale infinita nel caos mediorientale’, in: Limes, 10 luglio
2014
§
G. Dentice ‘Crisi
di Gaza: il ritorno al passato di Al-Sisi?’, in: Commentary ISPI, 10 luglio
2014
§
E. Dacrema ‘Tel
Aviv teme il contagio ISIS’, in: Commentary ISPI, 10 luglio 2014
§
P. Caridi ‘Gerusalemme:
la questione sospesa’, in: Commentary ISPI, 10 luglio 2014
§
A. Picasso ‘
‘Not in my Name’, paradossi di un paese diviso’, in: Commentary ISPI, 10
luglio 2014
§
L. Nannetti ‘Lo
stallo di Gaza’, in: www.ispionline.it,
11 luglio 2014
§ A. H. Cordesman ‘Gaza: The Human Dimension’, in: CSIS (Center for Strategic
International Studies), 11 luglio 2014
§
R. Aliboni ‘Medioriente
in fiamme - L’ondata jihadista dietro il nuovo conflitto in Palestina’, in:
www.affarinternazionali.it, 11 luglio
2014
§ P. Scham ‘The New Wave of Violence between Israelis and Palestinians: The View
from Israel’, in: Middle East Institute, 11 luglio 2014
§
A. Dessě, A. Meringolo ‘Conflitto israelo-palestinese - Egitto, mediatore fantasma’, in: www.affarinternazionali.it, 13 luglio 2014
§
J. Dempsey ‘European
Leaders, Go to Gaza’, in: Carnegie Europe, 14 luglio 2014
§ Policy Briefing ‘Gaza and Israel: New Obstacles, New Solutions’, in: International
Crisis Group, 14 luglio 2014
§ S. Simon ‘Why Securing a Cease-Fire Wil Be Harder This Time’, in: Middle
East Institute, 15 luglio 2014
§
M. Di Donato ‘Hamas
e il ritorno alla resistenza’, in: www.aspeninstitute.it,
16 luglio 2014
§
M. Molinari ‘I
nuovi fattori dell’equitazione israelo-palestinese’, in: www.aspeninstitute.it, 16 luglio 2014
§
M. Di Donato ‘Hamas
e il ritorno alla resistenza’, in: www.aspeninstitute.it,
16 luglio 2014
§
M. Molinari ‘I
nuovi fattori dell’equazione israelo-palestinese’, in: www.aspeninstitute.it, 16 luglio 2014
§ A. H. Cordesman ‘Hamas and the New Round of Fighting in Gaza: Both Sides are Escalating
to Nowhere’, in: CSIS – Center for Strategic International Studies, 17
luglio 2014
§ P. Wilcox ‘Israel’s Unwinnable War’, in: Middle East Institute, 18 luglio
2014
§ N. J. Brown ‘Five Myths About Hamas’, in: Carnegie Endowment for International Peace,
18 luglio 2014
§ ’In Gaza, the Israeli Military Advances Cautiously’, in: www.stratfor.com,
18 luglio 2014
§
U. De Giovannangeli ‘La quarta guerra di Gaza serve sia a Israele sia ad Hamas’, in: Limes,
18 luglio 2014
§
A.Dessě ‘L’offensiva
di Israele e l’impotenza dell’Egitto’, in: www.affarinternazionali.it,
18 luglio 2014
§
P. Schiavazzi ‘Tra Gaza e Mosul, la 1° sconfitta geopolitica di papa Francesco’,
in: Limes, 21 luglio 2014
§ ’Hezbollah Closely Watches Israel’s Incursion into Gaza’, in: www.stratfor.com,
21 luglio 2014
§ ’Israel Faces Difficult Choices in Gaza’, in: www.stratfor.com,
21 luglio 2014
§ ’Hamas Attempts to Expand Its Rocket Campaign Against Israel’, in: www.stratfor.com,
22 luglio 2014
§ L. Khatib ‘Why Sisi Cannot Let Egypt’s Gaza Deal Fail’, in: Carnegie Middle
East Center, in: 23 luglio 2014
§
R. Iannuzzi ‘Medio
Oriente - Mediatori per Gaza, tutti e nessuno’, in: www.affarinternazionali.it, 25 luglio 2014
§
R. Aliboni ‘Intervento
di Israele a Gaza – La fine della diplomazia in Medio Oriente’, in: www.affarinternazionali.it, 18 luglio 2014
§
R Iannuzzi ‘Mediatori
per Gaza, tutti e nessuno’, in: www.affarinternazionali.it,
25 luglio 2014
§
R. Petroni ‘Israele: l’operazione ‘Margine
Progettivo’ e il dibattito sull’uso della forza’, in: Equilibri, 28 luglio 2014
§
L. Kamel ‘Il
monologo travestito da dialogo: Israele, Hamas e la guerra di Gaza’, in:
Limes, 1° agosto 2014
Allegati
Statuto di Hamas (testo in
inglese)
Cartine dell’area
§
Israel/West Bank/Gaza
§
Cisgiordania in “coriandoli”
§
Nuovi insediamenti
§
Il muro
·
Dalla
mezzanotte di lunedě 28 luglio si sono registrate a Gaza altre 120 vittime
palestinesi. E’ stata colpita nuovamente una scuola di UNRWA, "Abu
Hasseen", che ospitava dozzine di rifugiati, con 17 vittime e 70 feriti.
In precedenza 13 persone erano morte nel bombardamento avvenuto nei pressi
della moschea di Jabalia. Cio' porta il conto delle perdite a 1.231 persone, di
cui 821 civili, con 232 bambini e 124 donne, oltre a 7.000 feriti. La
situazione sul terreno e' catastrofica. Gli sfollati sono 215.000, quattro
volte quelli dell'operazione “Cast Lead” del 2008-2009. Quelli ospitati nelle
82 scuole dell'UNRWA sono 182.000. Essi hanno bisogno di coperte, materassi,
cibo, acqua, e materiale per l'igiene personale. Chi e' fuori dagli shelter sta anche peggio, e sopravvive
con una bottiglia d'acqua al giorno, pagata a prezzo carissimo, dopo lunghe
peregrinazioni per trovarla.
·
L'appello
lanciato da UNRWA per 115 milioni di dollari ha ricevuto una risposta
incoraggiante da parte dei donatori, che ne hanno versati 70, ma l'Agenzia
lamenta di essere arrivata ad un punto critico nello svolgimento delle
operazioni, in quanto i rifugi hanno raggiunto la massima capacita'. 180.000
persone in 80 scuole, vogliono dire 2.100 persone per scuola, 70 persone per
classe. Non e' una situazione che puo' continuare a lungo. In difficolta' anche
il WFP, che sta distribuendo buoni pasto alla popolazione.
·
A
complicare ulteriormente le cose, la centrale elettrica di Gaza e' stata
distrutta da un bombardamento. Rimangono attive soltanto tre linee su dieci che
arrivano da Israele ed Egitto. La fascia di rispetto di 3 km costituita dagli
israeliani lascia agli abitanti della sovrappopolata Striscia soltanto il 44%
di Gaza, pregiudicando le attivita' agricole vitali per il sostentamento della
popolazione.
· Si č registrato anche il ritrovamento di un
terzo quantitativo di armamenti all'interno di una struttura non utilizzata di
UNRWA, su cui l’Agenzia ONU ha subito emesso un comunicato di condanna.
·
Sabato 26 luglio si č svolto un vertice tra i principali paesi
interessati alla crisi nella Striscia di Gaza, organizzato a Parigi al quale
hanno partecipato i Ministri degli Esteri di Francia, Italia, Germania, Regno
Unito, Stati Uniti, Qatar e Turchia. E' stato un incontro utile per fare il
punto della situazione; si č deciso di coordinare gli sforzi per far sě che si
arrivi all'obiettivo immediato di un'estensione del cessate il fuoco,
sostenibile nel lungo periodo. All’appello alla tregua č stato affiancato anche
l’unanime appoggio ad un cessate-il-fuoco “sostenibile” - quindi durevole e non
unilaterale - capace di conciliare le esigenze israeliane di sicurezza e quelle
palestinesi in materia di accessi e di ricostruzione economica.
·
L'ultimo weekend di iniziative diplomatiche č poi sfociato nella
conferenza stampa di Ban Ki-moon e Kerry al Cairo. La proposta di cessate il
fuoco di Kerry, che e' stata fatta percolare sui giornali israeliani,
rappresentava il piano A: arrivare ad una pausa delle ostilitŕ che consentisse
di cominciare un negoziato per conseguire un cessate il fuoco piu' durevole da
concludere entro una settimana. Non ha funzionato perche' sia israeliani che
Hamas non si sono voluti impegnare al riguardo. Si e' passati dunque al piano
B, fondato sulla richiesta alle parti di pause addizionali nelle ostilita', a
partire dalla prima, di 12 ore, cominciata nella giornata di sabato, con
l'auspicio che cio' potesse innescare un circolo virtuoso tale da consentire
l'inizio di discussioni piu' sostanziali. Dapprima e' sembrato funzionare,
perche' la tregua e' stata estesa, fino a durare un totale di 26 ore. Tuttavia,
da quel momento in poi, ciascuna delle parti ha cominciato a dichiarare propri
cessate il fuoco unilaterali, con una mancanza di sincronia nelle pause
militari che, al primo incidente, ha determinato la nuova escalation.
·
L’UNSCO Serry ha smentito annunci frettolosi di tregue, ribadendo che
l'equazione resta quella della riapertura dei valichi in cambio di garanzie di
sicurezza agli israeliani. Tuttavia, ha detto di ritenere che il meccanismo per
il disarmo delle milizie non possa consistere semplicemente nel ritorno di
EUBAM a Gaza. La chiave di volta e' rappresentata dal rientro dell'Autorita'
Palestinese. In questo senso l'accettazione da parte di Hamas di essere inclusa
nella delegazione che andra' a negoziare al Cairo e' senza dubbio positiva.
Cio' indica due cose. In primis, che
Hamas viene nuovamente ricevuta in Egitto; in secondo luogo, che e' pronta ad
impegnarsi nella direzione giusta. Tuttavia, in questo momento non c'e' ancora
un sostegno sufficiente da parte di tutti gli attori per creare le condizioni
utili ad un'iniziativa a guida egiziana. Solo quando tutte le parti sosterranno
tale sforzo, esso potra' produrre i suoi frutti.
·
Nella
notte del 27 luglio inoltre il Consiglio di Sicurezza ha adottato all’unanimitŕ
un Presidential Statement per un immediato cessate il fuoco umanitario
nel periodo della festivitŕ di Eid el Fitr e nei giorni a seguire. Il Presidential
Statement fa riferimento al rispetto del diritto internazionale umanitario
e alla protezione dei civili ed esprime sostegno ad un cessate il fuoco
durevole che si basi sulla proposta egiziana.
· The Security Council expresses grave
concern regarding the deterioration in the situation as a result of the crisis
related to Gaza and the loss of civilian lives and casualties.
· The Security Council calls for full
respect of international humanitarian law, including the protection of civilian
population, and reiterates the need to take appropriate steps to ensure the
safety and well-being of civilians and their protection.
· The Security Council expresses
strong support for the call by international partners and the Secretary-General
of the United Nations for an immediate and unconditional humanitarian
ceasefire, allowing for the delivery of urgently needed assistance, and they
urged all parties to accept and fully implement the humanitarian ceasefire into
the Eid period and beyond. The Security Council commends the efforts of
the Secretary-General of the United Nations and the U.S. Secretary of State
John Kerry for their efforts in this regard.
· The Security Council also calls on
parties to engage in efforts to achieve a durable and fully respected
ceasefire, based on the Egyptian initiative. In this regard, the Security
Council welcomes the convening of the international meeting to support the
ceasefire held in Paris on July 26, 2014 and urges all concerned regional
and international parties to vigorously support efforts to consolidate an
agreement between the parties.
· The Security Council emphasizes that
civilian and humanitarian facilities, including those of the UN, must be
respected and protected, and called on all parties to act consistently with
this principle.
· The Security Council calls for the
full implementation of resolution 1860 (2009) and stressed the need for
immediate provision of humanitarian assistance to the Palestinian civilian
population in the Gaza Strip, including through urgent additional contribution
to UNRWA. The Security Council recognizes and commends the vital role played by
the Agency, along with other United Nations agencies and humanitarian
organizations, in addressing the critical humanitarian needs in Gaza.
· The Security Council urges the
parties and the international community to achieve a comprehensive peace based
on the vision of a region where two democratic states, Israel and Palestine,
live side by side in peace with secure and recognized borders as envisioned in
Security Council resolution 1850 (2008).
·
Sulla
crisi a Gaza, l’Unione Europea si č giŕ espressa al piů alto livello con la
dichiarazione del Consiglio Europeo del 16 luglio scorso, che ha posto
l’accento sulla necessitŕ del cessate il fuoco e soprattutto sul rilancio del
binario politico.
·
Il
Consiglio Affari Esteri dell’UE del 22 luglio ha adottato alcune Conclusioni
che contengono un forte richiamo ad entrambe le parti per un cessate il fuoco
immediato che ponga fine alle ostilitŕ, con la ferma condanna del lancio di
razzi e il richiamo all’osservanza dei principi del diritto internazionale
umanitario. Riconosciuto il legittimo diritto di Israele all’autodifesa dinanzi
ai continui lanci di razzi da parte di Hamas ed esortato Israele ad esercitare
questo diritto in modo proporzionato minimizzando al massimo le perdite
civili.
·
Le
Conclusioni adottate dal CAE guardano al di lŕ di Gaza e sollecitano ad
affrontare le cause profonde dell’escalation
militare sia nella Striscia (apertura dei valichi nel rispetto della sicurezza
di Israele), sia in un orizzonte piů ampio (invito alle parti a riprendere i
negoziati per la soluzione due Stati). Significativi il richiamo dei parametri
negoziali e la disponibilitŕ dell’UE a lavorare con gli USA e gli altri partner
a un’iniziativa che consenta il riavvio dei negoziati sulla base di principi
certi.
·
I
palestinesi hanno avviato una serie di iniziative in seno alle Nazioni Unite.
Oltre a quella presso l'UNHRC, la Palestina, in virtů della recente adesione
alla IV Convenzione di Ginevra sulla protezione delle vittime di guerra del
1949, ha richiesto al Governo della Federazione Elvetica, in qualitŕ di
depositario della Convenzione, di convocare una conferenza delle Alte Parti
contraenti. La richiesta palestinese č stata trasmessa dalla Svizzera intanto
agli Stati parti ai fini di cominciare le consultazioni volte alla convocazione
richiesta.
·
Il 28
luglio il Presidente Renzi ha partecipato ad una conference call convocata dal Presidente Obama, cui hanno preso
parte anche i primi Ministri di Francia, Regno Unito e Germania, mirante
proprio a rafforzare gli sforzi ed il coordinamento dei principali attori
internazionale verso una composizione della crisi. Hollande, Obama, Merkel,
Cameron e Renzi hanno convenuto di raddoppiare gli sforzi per ottenere il
cessate il fuoco a Gaza in quanto il peggioramento della situazione favorisce
il gioco degli estremisti.
·
Prospettive
di breve e medio periodo. Quello che appare chiaro č che il ciclo
della violenza a Gaza č una triste tragica ricorrenza. Ciň perché negli anni
non sono state avviate a risoluzione le questioni irrisolte che determinano il
conflitto. La comunitŕ internazionale č ben consapevole che non č possibile
tornare allo status quo ante. Lo
scioglimento dei nodi socio-economici all'interno della Striscia č questione
ormai indifferibile.
·
La
soluzione passa per il ritorno del Presidente Abbas nella Striscia. L'Autoritŕ
Palestinese dovrebbe idealmente dare seguito alle intese sulla riconciliazione
palestinese dello scorso 23 aprile avviando un percorso di graduale presa in
carico dell’Amministrazione a Gaza. Israele ed Egitto dovrebbero concedere le
invocate misure abilitative (riapertura dei valichi, permessi d'importazione
dei materiali da costruzione). Va inoltre elaborato un meccanismo che consenta
alle banche palestinesi di trasferire il denaro nella Striscia per avviare a
soluzione la questione dei pagamenti degli stipendi del personale pubblico.
Attenzione particolare dovrŕ essere dedicata alle garanzie di sicurezza per
Israele che non puň accettare la permanenza di minacciosi arsenali di razzi e
il proliferare di tunnel clandestini sotterranei che si insinuano dalla
Striscia fino al proprio territorio.
·
In tale
contesto la Norvegia ha annunciato lo svolgimento di una conferenza dei
donatori per Gaza, con la co-presidenza dell’Italia e dell’ONU. Da parte
norvegese si sta pensando alla data del 1° settembre (o primi di settembre,
dipende da quando vi sarŕ il cessate il fuoco). La conferenza avrŕ luogo ad Oslo.
La cornice sarŕ quella dell'AHLC, di cui l’Italia fa parte. I Paesi arabi
sarebbero rappresentati da Lega Araba. I dettagli devono essere ancora
formalizzati dalla Norvegia
·
Nel contesto di riavvio delle iniziative
internazionali volte al conseguimento del cambiamento fondamentale nelle
condizioni della Striscia va inserita anche la auspicata riattivazione della
missione UE di monitoraggio EUBAM Rafah, sul cui pronto ridispiegamento da
parte italiana non si mancherŕ di fornire un decisivo appoggio, ove le circostanze
lo rendessero necessario.
Dal 18 al 23 giugno 2012 si verificava
una ripresa delle violenze tra Israele e
Gaza, che si innestava perň nel nuovo clima egiziano determinato
dall’elezione alla presidenza di Mohamed
Morsi, esponente di spicco della Fratellanza musulmana.
L’elemento di novitŕ era proprio la mancanza di un ruolo mediatore dell’Egitto,
impegnato in un critico snodo istituzionale: semmai, dopo la conferma della vittoria di Morsi, erano cresciute le
inquietudini di Israele, accanto alle speranze di Hamas di ottenere
appoggio e protezione dal nuovo corso della politica al Cairo. Per di piů, il ripetersi in settembre di attacchi
terroristici dal Sinai contro il territorio di Israele manteneva alto il
livello delle tensioni che in Israele pure esistevano, sin dalla caduta di
Mubarak, nei confronti del futuro comportamento delle autoritŕ egiziane. Era infatti possibile che il ripetersi dei raid terroristici dal territorio della penisola potesse ad un
certo punto essere attribuito indirettamente all'Egitto, almeno per
un'incapacitŕ repressiva e di controllo.
Il
contrasto con Gaza riesplodeva alla metŕ di novembre,
con l’uccisione di al Jabari
- leader
delle Brigate al-Qassam,
il braccio militare di Hamas
- avvenuta dopo un crescendo di lanci di razzi dalla Striscia di Gaza sul
territorio israeliano: aveva cosě inizio l’operazione
militare israeliana denominata “Colonna di fumo” o “Pilastro di difesa”,
con massicci bombardamenti aerei dal 14 al 22 novembre. Il bilancio
dell’operazione era di oltre 150 morti e
migliaia di feriti tra i palestinesi e di sei vittime israeliane.
La tregua, senza
precondizioni, era negoziata dal presidente Obama e dal presidente egiziano Morsi,
che segnava un notevole successo per sé e per l’Egitto. Tuttavia la tregua tra
Israele e Gaza restava molto fragile, ed entrambe le parti minacciavano una
ripresa ancora piů feroce delle ostilitŕ nel caso di una sua violazione. Anche
allo scopo di consolidare il cessate-il-fuoco, il 26 novembre riprendevano al Cairo i colloqui indiretti tra Israele e
Hamas, che vedevano sul tavolo molte questioni, tra le quali la richiesta
di libera circolazione di persone e beni nella Striscia e la soppressione della "fascia di sicurezza"
al confine con Israele - che occupava quasi il 17 per cento del
territorio di Gaza. Sulla tregua aleggiava anche lo spettro del legame tra
Hamas, il gruppo Jihad Islamica e l’Iran, pubblicamente ringraziato per il
rifornimento di armi: una delle condizioni poste dai gruppi armati della
Striscia consisteva proprio nell’abbandono da parte di Israele di qualsiasi
tentazione di attaccare Teheran e i suoi siti nucleari.
La seconda
guerra di Gaza – cosě definita per il numero
altissimo delle vittime, che sembrava riportare ai tempi dell’operazione
“Piombo fuso” di quasi quattro anni prima - rendeva evidente un cambiamento nei rapporti di forza fra le
fazioni palestinesi, dove l’interlocutore principale risultava ora essere
Hamas, con il suo leader Khaled Meshaal,
in esilio da molti anni e protagonista delle trattative per il cessate-il-fuoco
al Cairo. La popolaritŕ di Hamas, dopo il recente conflitto e, ancor piů, dopo
la firma della tregua, si estendeva anche in Cisgiordania. Fatah, al contrario, il partito laico maggioritario nell’ANP che
governa la Cisgiordania, nonostante il riconoscimento di Israele, sembrava
avere di fatto perso ruolo e visibilitŕ con l’arrestarsi del processo,
sostenuto dagli Stati Uniti, che avrebbe dovuto condurre alla firma di un
trattato di pace. Il voto del 29
novembre all’ONU, con l’ammissione della Palestina quale Stato osservatore non
membro riapriva i giochi per Fatah che, negli ultimi giorni, aveva del
resto ricevuto anche il sostegno di Hamas. Nell’ottica di Abu Mazen, il
cambiamento di status era
l’ultima opportunitŕ per la ripresa della strada dei “due Stati”. I palestinesi
speravano inoltre che l’accesso agli organi delle Nazioni Unite potesse portare
nuovi diritti, anche se le opinioni in materia erano piuttosto contrastanti.
Khaled
Meshaal, che insieme ad Abu Mazen aveva
sostenuto nel 2011 un piano egiziano per la riconciliazione fra Hamas e Fatah, si recava l’8 dicembre nella Striscia di Gaza, da dove mancava dal 1967, per
un tour
di tre giorni. La visita di Meshaal faceva pensare ad un riavvicinamento tra le
due leadership
di Hamas, quella in esilio e quella basata a Gaza. Quanto ai rapporti con i
palestinesi della Cisgiordania, in una sua recentissima dichiarazione alla
Reuters, Meshaal aveva affermato che, sebbene fossero fino a quel momento
falliti tutti i tentativi di formare un governo di unitŕ nazionale, esistevano
perň adesso le condizioni per una riconciliazione.
Secondo
Israele, peraltro, l’iniziativa di Fatah all’ONU aveva violato gli Accordi
di Oslo del 1993, in base ai quali era stata
istituita l’Autoritŕ nazionale palestinese. Il portavoce del governo, Mark
Regev, dichiarava inoltre che la vicenda poneva palestinesi e israeliani fuori
dal processo negoziale. Israele annunciava poi di voler proseguire con la
costruzione di 3.000 nuovi appartamenti in Cisgiordania e, soprattutto, in
un’area di Gerusalemme est fortemente contesa (Area “E1”, che collega
Gerusalemme al resto della Cisgiordania), a lungo considerata come il maggior
ostacolo alla realizzazione della soluzione dei due Stati. In aggiunta,
decideva di trattenere le tasse destinate all'ANP che, in base ad appositi
accordi, vengono riscosse da Israele – č questa un’arma di pressione
frequentemente utilizzata da Tel Aviv nei confronti dei palestinesi.
Il 22
gennaio 2013 si svolgevano le elezioni politiche israeliane,
alle quali il premier
Netanyahu si era presentato unitamente al partito della destra laica di Avigdor
Lieberman: il risultato non era perň incoraggiante per Netanyahu, che vedeva la propria coalizione perdere 11 seggi rispetto al
risultato del 2009, pur restando nettamente la prima forza politica del nuovo
parlamento, con 12 seggi di vantaggio sulla seconda, la vera
sorpresa, il partito centrista Yesh Atid guidato da Yair Lapid. Il
complesso delle forze di destra – difficili da ricondurre
sotto un’unica direzione di marcia – riportava comunque una risicata maggioranza di 62 seggi su un totale di 120
della Knesset. Nel voto emergeva anche una
notevole differenziazione regionale, con l’affermazione netta dei partiti
confessionali a Gerusalemme, con la tenuta sostanziale di Netanyahu e Lieberman
a Haifa - precedentemente considerata la “cittŕ rossa” di Israele - e con la
netta affermazione di Lapid a Tel Aviv, cittŕ tradizionalmente laica e
modernista. Il 2 febbraio Netanyahu riceveva l'incarico per formare il nuovo
governo, le cui trattative si rivelano tuttavia assai difficili e dagli sbocchi
imprevisti.
Sempre piů
chiaramente emergevano intanto le preoccupazioni
di Israele e della Comunitŕ internazionale per un possibile passaggio di
armamenti anche letali dalla Siria ormai in disfacimento al forte alleato in
territorio libanese, Hezbollah.
In questo senso il 29 gennaio 2013 il
capo dell'aviazione militare israeliana aveva senz'altro ammesso che lo Stato
di Israele era impegnato in una efficace lotta contro il trasferimento di
armamenti agli Hezbollah
attraverso il confine siro-libanese: solo poche ore dopo fonti estere che non
hanno perň ricevuto conferma ufficiale in Israele riferivano di un attacco di
caccia israeliani sul confine tra Libano e Siria per impedire che una batteria
di missili AS-17 giungessero in possesso di Hezbollah.
Proprio alla fine
di febbraio sembrava riaccendersi poi la tensione
con Gaza, dopo che giŕ in Cisgiordania erano scoppiati tumulti
in solidarietŕ ad alcuni detenuti palestinesi che in carcere avevano iniziato
uno sciopero della fame. Gli scontri assumevano maggiore gravitŕ dopo la morte
in carcere di un palestinese arrestato il 18 febbraio, che secondo l’ANP era
deceduto in seguito a percosse e torture. Il 26 febbraio un razzo proveniente
da Gaza raggiungeva la cittŕ israeliana di Ashqelon, e le autoritŕ chiudevano i due valichi con Gaza di Erez
e Kerem Shalom.
Solo
tre giorni prima della scadenza imposta dal presidente Peres, ovvero il 13
marzo 2013, Netanyahu riusciva a formare il nuovo governo, tenendo conto
della notevole affermazione del partito centrista e laicizzante Yesh Atid di Yair Lapid: la nuova
compagine – con una maggioranza di 68 seggi – ha visto infatti la convergenza
tra il Likud Beitenu di
Netanyahu e Lieberman e “Focolare ebraico” di Naftali Bennett da un lato, e di Yesh Atid e Ha-Tnua – facente capo quest’ultimo a Tzipi Livni - che ha avuto
il dicastero della Giustizia e la delega (non esclusiva) per il processo di
pace con i palestinesi. Mentre il partito di Lapid ha avuto ministeri con
impatto prevalentemente interno alla societŕ israeliana (Finanze e Istruzione),
i dicasteri rilevanti per la sicurezza del paese e per le questioni piů
delicate sono rimasti nelle mani della destra, con Moshe Yaalon alla
Difesa, un esponente del Likud all’Interno
e un rappresentante di Bennett all’Edizilia – di cruciale rilevanza per la
questione degli insediamenti e delle colonie ebraiche.
Dal
20 al 22 marzo il presidente USA Obama si recava in Israele per una visita di
tre giorni, durante la quale non interveniva alla Knesset, ma incontrava numerosi esponenti
israeliani e palestinesi. Obama riusciva in qualche modo a ristabilire un
rapporto assai deteriorato, negli ultimi tempi, con il premier Netanyahu, che otteneva dagli USA il via libera alle
iniziative di autodifesa nei confronti della minaccia nucleare iraniana – senza
peraltro piů parlare di “linea rossa” invalicabile, e quindi implicitamente
riaprendo spazi all’iniziativa diplomatica.
Piů in
generale, Obama teneva a rassicurare il governo israeliano, preannunciando con
enfasi la volontŕ di prorogare le relazioni militari tra i due paesi, in
scadenza peraltro solo nel 2017; ma anche, nel contempo, il popolo e i giovani,
ai quali rivolgeva un vibrante discorso all’Universitŕ di Gerusalemme,
invitandoli a premere sulla politica per ottenere risultati a vantaggio di un
futuro di pace. Nei confronti dei palestinesi Obama ribadiva la condanna della
politica di espansione degli insediamenti ebraici e la teoria dei due Stati-due
popoli, ma senza fissare alcuna particolare scadenza. Nell’ultima giornata della
sua visita, subito prima di recarsi in Giordania, Obama si rendeva protagonista
del riavvicinamento tra Israele e
Turchia, assistendo a una telefonata di Netanyahu all’omologo turco
Erdogan, con la quale il premier israeliano
si scusava per gli accadimenti del 2010 concernenti la Mavi Marmara e la flottiglia per Gaza, assicurando anche il
proprio interessamento per i risarcimenti ai parenti delle vittime.
La visita di Obama veniva seguita da
un’intensa attivitŕ diplomatica del segretario di Stato John Kerry, che si
recava piů volte nella regione. Solo dopo la metŕ di luglio, tuttavia, si
annunciava con enfasi la ripresa dei negoziati israelo-palestinesi, con un
calendario iniziale che prevedeva almeno nove mesi di trattative. Il successo
della diplomazia USA era reso possibile dall’accettazione israeliana del
rilascio progressivo di un centinaio di prigionieri palestinesi da oltre venti
anni nelle carceri israeliane, anche per reati molto gravi contro la
popolazione ebraica. Dal canto loro, i palestinesi facevano tacere per il
momento la pregiudiziale sullo stop agli insediamenti in Cisgiordania e a
Gerusalemme est. Il primo round dei
negoziati si svolgeva alla fine di luglio a Washington.
L’attivismo
americano si dispiegava peraltro proprio negli stessi giorni della forte
presa di posizione dell’Unione europea, che il 19 luglio pubblicava gli
“Orientamenti sull’ammissibilitŕ delle entitŕ israeliane e relative attivitŕ
nei territori occupati da Israele da giugno 1967 alle sovvenzioni, ai premi e
agli strumenti finanziari dell’UE a partire dal 2014”: si tratta di nuove
linee-guida, in base alle quali enti o imprese pubbliche o private di Israele
che vorranno in futuro stipulare accordi con la UE dovranno accettare in essi
una clausola territoriale di non applicabilitŕ ai territori occupati con la
guerra dei Sei Giorni del 1967. Israele protestava vivacemente, minacciando
ritorsioni contro l’Unione europea.
La
ripresa dei negoziati registrava perň subito nuove difficoltŕ: il
13 agosto si dava luce verde, da parte israeliana, alla costruzione di un
migliaio di nuovi alloggi nell’insediamento di Gilo a Gerusalemme est, e
nell’imminenza della seconda tornata negoziale di Gerusalemme del 14 agosto si
annunciava la costruzione di tremila nuove case nelle colonie ebraiche in
Cisgiordania, diritto indubbio di Israele anche durante i negoziati, secondo il
ministro nazionalista Uri Ariel di “Focolare ebraico”. Inoltre, l’aviazione
israeliana tornava a colpire due siti a Gaza, in risposta a lanci di razzi
dalla Striscia. Il 16 agosto il premier
Netanyahu, incontrando a Tel Aviv il segretario generale dell’ONU Ban
Ki-moon, rincarava la dose, sostenendo che il vero macigno sul processo di pace
non sono gli insediamenti, ma il mancato riconoscimento del carattere di
Israele quale unico Stato ebraico.
Alla fine di agosto veniva annullato l’appuntamento negoziale previsto a Gerico, dopo
che un intervento delle forze di sicurezza israeliane per arrestare un sospetto
nel campo profughi di Qalandyia si era concluso con l’uccisione di tre
giovani palestinesi e il ferimento di numerosi altri. Dopo i fatti di
Qalandyia la strada negoziale si mostrava obiettivamente a rischio, e Abu
Mazen, pur di superare le resistenze nella stessa al-Fatah nei confronti di un
negoziato apparentemente senza sbocco, prometteva (2 settembre) innanzi al
Consiglio del partito che guida di sottoporre a referendum qualunque risultato delle trattative con Israele,
coinvolgendo anche i palestinesi della diaspora.
Intanto
la svolta politica al Cairo dopo la caduta di Morsi cominciava a dispiegare
effetti anzitutto nei confronti di Hamas, che perdeva l’appoggio
oggettivo accordato dalla Fratellanza musulmana egiziana – di cui Hamas č appunto una derivazione.
Anche nei rapporti intra-palestinesi il cambio della guardia al vertice
egiziano sembrava aver approfondito il solco, poiché al-Fatah appariva favorevole al nuovo corso del Cairo.
Dopo un incontro interlocutorio del 22 ottobre a Roma, il 2 dicembre i
capi dei governi italiano e israeliano Letta e Netanyahu si incontravano
nuovamente nella capitale italiana per presiedere congiuntamente il quarto vertice intergovernativo
italo-israeliano, nel corso del quale venivano firmati 12 accordi di
collaborazione e veniva approfondito in modo particolare il tema della
cooperazione energetica, con l’Italia possibile futuro punto di smistamento
europeo per il gas estratto dai nuovi giacimenti scoperti nel 2010 al largo
delle coste israeliane.
Sulla situazione mediorientale piů complessiva i due paesi riscontravano
posizioni analoghe nei confronti della situazione in Siria e in Libia, mentre
maggiore distanza si registrava con riferimento ai negoziati sul nucleare
iraniano – rilanciati dopo il riavvicinamento tra Washington e Teheran iniziato
in settembre -, rispetto ai quali il premier israeliano ribadiva tutte le sue
perplessitŕ, a fronte dell’omologo italiano che esprimeva fiducia, pur con
grande cautela. Il premier israeliano si recava anche in visita in Vaticano,
ove il Papa auspicava una rapida soluzione del conflitto con i palestinesi, nel
rispetto dei diritti di entrambe le parti e per una pace giusta e duratura.
L’11 gennaio 2014 si spegneva, dopo otto anni di coma, l’ex
premier israeliano Ariel Sharon.
Il 16
gennaio i difficili rapporti tra Israele e UE subivano ulteriori tensioni
a seguito della convocazione simultanea in Italia, Regno Unito, Spagna e
Francia dei rappresentanti diplomatici di Israele, ai quali veniva palesata
l'insoddisfazione dei quattro paesi sul progetto della costruzione di 1800
nuove case negli insediamenti di Gerusalemme est e Cisgiordania, che la
Comunitŕ internazionale nella sua generalitŕ definisce illegittimi.
Il giorno
successivo gli ambasciatori dei quattro paesi in Israele venivano convocati al
ministero degli esteri a Tel Aviv per raccogliere la viva protesta di Israele
contro la posizione, che sarebbe sempre unilaterale, dei quattro paesi a favore
dei palestinesi, e ciň con grave pregiudizio anche dell'equilibrio dei
negoziati tra le due parti. Anche la
visita del presidente dell’Europarlamento (12 febbraio) alla Knesset registrava un incidente
con le autoritŕ israeliane, che accusavano Martin Schulz di aver dato troppo
facilmente credito a lamentele palestinesi sulla discriminazione nell’accesso
alle risorse idriche.
All’inizio di
febbraio il municipio di Gerusalemme deliberava la costruzione di ulteriori 558
alloggi negli insediamenti ebraici della parte orientale della cittŕ, destando
l’ira dei palestinesi e oggettivamente rendendo piů difficili gli sforzi del segretario di Stato USA John Kerry per la
ripresa del processo negoziale.
Durante la visita
in Israele della fine di febbraio la
cancelliera Angela Merkel, celebrando il cinquantennale delle
relazioni diplomatiche con Tel Aviv, ribadiva il giudizio negativo sulle
colonie ebraiche per il processo di pace, assicurando nel contempo la non
adesione della Germania a forme di boicottaggio verso i prodotti israeliani.
Sul fronte della
sicurezza il mese di marzo si apriva il giorno 5 con il sequestro, al largo delle coste
sudanesi del Mar Rosso, di una nave
iraniana da parte della marina israeliana: la nave sarebbe
stata diretta a Port Sudan, e il suo
carico di armi, attraversando il Sinai, avrebbe dovuto raggiungere la Striscia
di Gaza. Il governo israeliano ha dato grande risalto a questo
episodio, evidenziando come le decine di missili
M-302 che facevano parte del carico siano tali da poter raggiungere da Gaza qualsiasi parte del
territorio israeliano. Israele annunciava una protesta formale
al Consiglio di sicurezza dell'ONU contro l'Iran, che inviando le armi avrebbe
violato diverse risoluzioni volte ad impedire il commercio clandestino di armi
verso la Striscia di Gaza.
Il 9 marzo il premier israeliano Netanyahu chiedeva
con asprezza al capo della diplomazia europea Catherine Ashton, che si trovava
in missione in Iran, perché non chiedesse conto alle autoritŕ di Teheran delle
spedizioni di armi alle organizzazioni terroristiche. Il giorno successivo, con
grande apparato, Netanyahu si recava nella base della marina militare di Eilat,
per mostrare alla stampa il carico di armi rinvenuto a bordo della nave
iraniana, esortando il mondo a prendere coscienza della doppiezza dell'Iran,
che mentre si impegna diplomaticamente in colloqui “distensivi” con le potenze
occidentali continuerebbe a fomentare il terrorismo. Netanyahu ha sfidato
apertamente il ministro degli esteri di Teheran Zarif, qualificandolo
indirettamente come mentitore.
Nella stessa
giornata in diverse circostanze e luoghi l'esercito
israeliano uccideva due palestinesi: una delle due vittime era
un giudice palestinese che lavorava in Giordania e che stava rientrando in
Cisgiordania, a pochi chilometri da Gerico, su un autobus da cui sarebbe sceso
aggredendo un militare israeliano e perdendo la vita nella successiva
degenerazione della colluttazione. L'uccisione del giudice ha provocato una
protesta diplomatica da parte di Amman, dove il ministro degli esteri giordano
ha convocato l’incaricato d’affari israeliano per spiegazioni. Nella capitale
giordana vi č stata anche una manifestazione di protesta di fronte
all'ambasciata israeliana, che si č inserita nel clima teso delle scorse
settimane, dopo che il parlamento
giordano aveva chiesto la rottura delle relazioni con Israele.
L'11 marzo
tre miliziani di Gaza appartenenti alla Jihad islamica venivano uccisi dalle
forze di sicurezza israeliane: il giorno successivo decine di razzi venivano
lanciati dalla Striscia contro Israele,
una escalation definita dall'esercito israeliano la piů grave dal novembre
2012. I lanci di razzi non provocavano vittime né feriti, ma il premier
Netanyahu reagiva subito con energia, mentre il ministro degli esteri Lieberman
si spingeva a sostenere la necessitŕ di occupare completamente la Striscia di
Gaza - il cui territorio veniva frattanto colpito da tiri di artiglieria
israeliana nel nord e nel sud. I valichi di frontiera tra Israele e Gaza
venivano chiusi fino a nuovo ordine. Dopo un ulteriore attacco israeliano,
stavolta da parte dell'aviazione, che colpiva sette siti nella parte
meridionale della Striscia, il 13 marzo veniva proclamata dalla Jihad islamica
una tregua, anche grazie alla
mediazione dell’Egitto. Tuttavia alcuni razzi continuavano a
raggiungere il territorio israeliano, seppure sporadicamente. La rinnovata
tensione con Gaza provocava scambi di accuse reciproche tra Netanyahu e il
leader dell’ANP Abu Mazen.
Nemmeno le
alture del Golan - area che, seppure rivendicata
dalla Siria, č sempre stata una delle piů tranquille nel difficile scenario
israeliano - rimanevano immuni da
tensioni: dopo che il 5 e il 14 marzo elementi identificati
dagli israeliani come Hezbollah, partiti dal territorio siriano, avevano
piazzato o tentato di piazzare ordigni sulla frontiera, il 18 marzo un altro
ordigno, esploso su uno dei reticolati di confine, provocava il ferimento di
quattro soldati israeliani, uno dei quali in modo assai grave. Il premier
Netanyahu denunciava la convergenza di elementi jihadisti e appartenenti a
Hezbollah - che nello scenario siriano tuttavia si combattono aspramente -
nell'attaccare Israele in una zona finora piů tranquilla. La reazione
israeliana, prima con lanci di razzi e poi con raid aerei nella notte, veniva
rivendicata in Consiglio dei ministri da Netanyahu, sostenendo che gli
obiettivi colpiti in Siria erano stati scelti tra elementi che avevano
collaborato alla preparazione degli attacchi alle forze israeliane sui
reticolati di confine.
Nella
notte tra 21 e 22 marzo l'esercito israeliano
irrompeva in un campo profughi cisgiordano a Jenin e, dopo un prolungato
conflitto a fuoco, uccideva tre miliziani
palestinesi rappresentativi di tutte le brigate armate di
Hamas, al-Fatah e Jihad islamica. I tre palestinesi erano sospettati di
progettare un attacco contro un insediamento ebraico, ed erano stati
localizzati in una palazzina della cittŕ di Jenin, ove i funerali dei tre
miliziani sono stati seguiti da migliaia di persone che hanno richiesto la fine
dei negoziati di pace con Israele.
Per quanto
concerne proprio i negoziati di pace,
che in base agli accordi del luglio 2013 avrebbero dovuto produrre risultati
entro la fine di aprile, nel mese di marzo acquistava sempre piů credito
l’ipotesi di un rinvio di tale scadenza. Il presidente USA Obama, incontrando
alla Casa Bianca il 3 marzo il premier israeliano Netanyahu, aveva messo in
guardia Israele dal proseguire nella politica degli insediamenti, le cui
conseguenze internazionali potrebbero essere tali da soverchiare persino la
capacitŕ di controllo degli Stati Uniti.
Le consuete
distanze tra i due leader venivano
confermate anche nel giudizio sul dossier iraniano. Il 17 marzo era Abu Mazen a
recarsi negli Stati Uniti, e nel colloquio con Obama emergeva soprattutto la
richiesta palestinese ad Israele di mantenere l'impegno a liberare un nuovo
gruppo di detenuti palestinesi - su questo punto e sulla questione del rifiuto
palestinese di riconoscere Israele come Stato ebraico sembravano in effetti continuare a ristagnare le
prospettive di un esito positivo.
Il 12
marzo intanto era stata apparentemente
chiusa una questione che aveva agitato il fronte interno israeliano per
parecchi anni: infatti la Knesset
approvava una legge che per la prima volta impone anche ai giovani ebrei
ortodossi la coscrizione obbligatoria, a partire dal 2017.
Contro tale ipotesi vi era stata il 2 marzo una grande manifestazione di
centinaia di migliaia di ebrei ortodossi a Gerusalemme, nel corso della quale i
rabbini avevano prescritto di opporsi anche con la disobbedienza civile
all'eventuale approvazione dell'obbligo della leva. Peraltro l'arruolamento dei
giovani zeloti avverrŕ gradualmente, e sono previste esenzioni per gli studenti
rabbinici piů meritevoli, nonché la possibilitŕ di optare per un servizio
civile e sussidi per gli ortodossi arruolati – gli ortodossi infatti si sposano
e hanno figli molto precocemente.
Il 31
marzo il segreto di Stato USA John Kerry tornava in Israele, in un tentativo di
rianimare il negoziato sempre piů difficile.
Kerry si č trovato subito di fronte all'ultimatum palestinese in base al quale,
in mancanza del rilascio previsto dell'ultimo gruppo di 30 detenuti da parte di
Israele, l’ANP avrebbe rimesso in moto le pratiche per l'adesione a pieno
titolo della Palestina alle Nazioni Unite. In tal modo l'obiettivo di un
prolungamento della data limite del negoziato č diventato assai piů difficile,
stante anche la minaccia israeliana di bloccare il rilascio dei detenuti
palestinesi se l’ANP non avesse accettato tale prolungamento. Tuttavia si
innescava qui un meccanismo di recriminazioni incrociate, per il quale i
palestinesi esigevano prima la liberazione dei prigionieri, riservandosi solo
in un secondo tempo di accettare il prolungamento delle trattative.
Il mese di
aprile registrava un ulteriore deterioramento nei rapporti tra Israele e
dirigenza palestinese, con grave pregiudizio per le possibilitŕ di ripresa dei
negoziati, e frustrazione da parte dell’Amministrazione USA.
Il 1° aprile,
asseritamente in risposta al rifiuto israeliano di liberare entro marzo la
prevista quarta tranche di detenuti palestinesi, il presidente dell’ANP Abu
Mazen compiva un passo in direzione dell’affermazione
unilaterale di elementi di sovranitŕ palestinese, con la
richiesta di aderire a 15 Trattati internazionali delle Nazioni Unite. La
risposta del segretario di Stato USA Kerry, immediata, si concretizzava
nell’annullamento della visita fissata per il giorno dopo a Ramallah e
Gerusalemme, e dunque nell’ulteriore slittamento dell’agenda per la pace in
Medio Oriente.
Il 3 aprile,
subito dopo l’ennesimo fallimento di una riunione tra le parti mediata
dall’inviato USA Indyk, il governo israeliano comunicava di aver deciso la cancellazione del rilascio degli ultimi detenuti
palestinesi – decisione bollata dalla casa Bianca alla stregua
di una sfida al processo di pace. Ciononostante, il 4 aprile Israele approvava
il progetto, caldeggiato dalla destra nazionalista, di un museo e di un grande
parco archeologico, da allestire proprio nel mezzo di un rione arabo di
Gerusalemme est.
A dimostrazione
della crisi gravissima dei negoziati, il 6 aprile il ministro degli esteri Lieberman, da New York, si
diceva pronto a far cadere il governo e ad affrontare nuove
elezioni piuttosto che riprendere le trattative con i palestinesi, e
specialmente contrario al punto del rilascio di quelli che Lieberman definiva
terroristi.
Il premier
Netanyahu, tre giorni dopo, bloccava le attivitŕ di cooperazione con i
palestinesi, eccettuate quelle diplomatiche e di
sicurezza, lasciando cosě solo uno spiraglio aperto ai negoziati: la mossa di
Netanyahu č apparsa chiaramente quale replica alle affermazioni di poche ore
prima rese da John Kerry al Senato americano, secondo le quali Israele
porterebbe la maggiore responsabilitŕ nel fallimento del negoziato, non avendo
voluto rispettare gli impegni sul rilascio dei detenuti e avendo ulteriormente
ampliato i progetti di insediamenti ebraici a Gerusalemme est.
Il 20 aprile la Spianata delle
Moschee tornava al centro delle tensioni fra
israeliani e palestinesi: la ricorrenza della Pasqua ebraica era stata
preceduta da tentativi di ebrei radicali di compiervi sacrifici rituali -
considerati una profanazione dai musulmani -, peraltro prontamente sventati
della polizia. Decine di palestinesi si erano barricati da giorni
nell’antistante Moschea di al-Aqsa, proprio al fine di prevenire eventuali
indesiderate visite di estremisti ebrei; in relazione a ciň, la polizia
israeliana aveva vietato l'ingresso alla Spianata delle Moschee ai musulmani al
di sotto dei cinquant'anni di etŕ. Nella mattinata del 20 aprile l'afflusso di
fedeli ebrei e turisti nella Spianata mediante l'apertura di una porta ha fatto
scoppiare disordini sfociati nel ferimento di decine di islamici, nonché di due
ufficiali di polizia israeliani.
Il 21 aprile a Gaza, proprio mentre la dirigenza di Hamas attendeva la
visita di una delegazione dell’OLP nell'ottica di una riconciliazione con
al-Fatah e con la stessa OLP, si verificava un improvviso breve riaccendersi
della tensione tra la Striscia e il territorio israeliano, con il lancio di una
decina di razzi da Gaza e la reazione israeliana con elicotteri da combattimento
e bombardieri F-16. Ciononostante, il 23
aprile veniva siglato tra al-Fatah e Hamas un accordo di riconciliazione
nazionale apparso subito di portata assai rilevante. Alla gioia palestinese
ha fatto da pendant la reazione negativa
di Israele, secondo le cui autoritŕ Abu Mazen avrebbe scelto, nel
riconciliarsi con Hamas, di abbandonare i negoziati di pace, in quanto la
stessa Hamas, considerata organizzazione terroristica sia dagli USA che dalla
UE, predica la distruzione di Israele. Anche negli Stati Uniti la reazione č
stata di preoccupazione, poiché l’accordo intrapalestinese sarebbe suscettibile
di complicare ulteriormente i giŕ difficilissimi sforzi per giungere a una pace
negoziata. Nelle stesse ore poi non cessavano le scaramucce tra l'aviazione israeliana
e il territorio di Gaza, dal quale venivano sparati altri tre razzi verso la
cittŕ israeliana di Ashqelon.
L'accordo tra le fazioni
palestinesi ha previsto l'avvio immediato di
consultazioni per dar vita in breve a un governo di unitŕ nazionale, composto
perň da tecnocrati. Successivamente, dovranno svolgersi nuove elezioni per la
presidenza dell'Autoritŕ nazionale palestinese, per il Consiglio legislativo e
per il Consiglio nazionale palestinese - una sorta di parlamento in esilio.
L'accordo č stato reso possibile anche dalla previsione di una profonda
ristrutturazione delle strutture dell’OLP, con la confluenza in esse di Hamas e
della Jihad islamica, nonché da precise intese sull'assetto futuro delle forze
di sicurezza palestinesi.
Tra i punti problematici dell'accordo vi sarebbe anzitutto la difficoltŕ
di integrare nella ristrutturazione delle forze di sicurezza il braccio armato
di Hamas, ovvero le brigate Ezzeddin el-Qassam, oltre ai dubbi
sull’atteggiamento del nuovo corso politico egiziano in ordine alla
riconciliazione palestinese dopo aver espressamente definito Hamas
organizzazione terroristica - l'atteggiamento dell'Egitto rimane cruciale anche
per le speranze di una riapertura al transito del valico di Rafah, che mette in
comunicazione proprio Gaza e il territorio egiziano. A testimonianza della
contrarietŕ netta di Israele al nuovo corso palestinese veniva subito deciso
l'annullamento di un incontro di negoziatori che avrebbe dovuto aver luogo
nella serata del 23 aprile.
In questo difficile clima nei rapporti tra israeliani e palestinesi non
sembra aver giovato la netta presa di posizione di Abu Mazen, da molti qualificata come una vera e propria svolta, che il 27 aprile, in coincidenza con le
celebrazioni in Israele della Shoah, si spingeva a definirla come il crimine
piů odioso contro l'umanitŕ nell'intera era moderna. Il primo ministro
israeliano Netanyahu reagiva definendo la presa di posizione di Abu Mazen come
una mossa meramente propagandistica. Va comunque ricordato che nel mese di
marzo vi era stata la visita di una trentina di studenti universitari
palestinesi al campo di sterminio di Auschwitz, per iniziativa di un professore
di studi americani, a seguito della quale peraltro dopo la metŕ di aprile vi
erano state in Cisgiordania forti polemiche.
Il 29 aprile, senza
destare ormai sorpresa, scadeva la data
finale fissata nel luglio del 2013 Washington, allorché l'Amministrazione USA
aveva ottenuto di rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi.
Il 15 maggio l’annuale
celebrazione della Naqba - la “Catastrofe” che per i palestinesi
rappresenta la nascita dello Stato d’Israele e la dispersione di centinaia di
migliaia di essi - era segnata
dall’uccisione di due giovani palestinesi nei pressi di Ramallah durante
violenti scontri con l’esercito israeliano, a seguito dei quali vi sarebbero
stati anche tre feriti tra i manifestanti. La giornata della Naqba ha
registrato numerose manifestazioni in tutta la Cisgiordania e nella Striscia di
Gaza: proprio a Ramallah hanno avuto luogo le commemorazioni ufficiali con
esponenti di tutte le fazioni dell’Autoritŕ nazionale palestinese, e anche in
altre localitŕ si sono verificati scontri tra manifestanti ed esercito
israeliano.
Nei giorni successivi i fatti del
15 maggio mettevano in serio imbarazzo il governo israeliano poiché un
video ripreso da una telecamera di sorveglianza in possesso dell’organizzazione
non governativa DCI-Palestine mostrava sostanzialmente l’uccisione a freddo dei
due giovanissimi palestinesi. L’esercito israeliano veniva pertanto accusato di
aver utilizzato in modo sproporzionato proiettili veri contro i manifestanti,
contrariamente a quanto assicurato dagli ambienti militari - i quali peraltro
non sembravano attribuire veridicitŕ al filmato divulgato, contrariamente perň
a un’altra organizzazione non governativa, B’tselem, pacifista e israeliana.
L’imbarazzo israeliano era accresciuto dalla richiesta degli Stati Uniti e
dell’ONU di accertare pienamente le circostanze, mentre l’Unione europea
esprimeva dal canto suo preoccupazione per l’accaduto.
Inoltre, nell’imminenza della visita del Papa in Terrasanta, destava preoccupazione anche l’onda
montante degli atti vandalici e blasfemi perpetrati da estremisti ebrei contro
musulmani e cristiani, tanto che l’esecutivo israeliano, allertato dai
servizi segreti, prospettava la possibilitŕ di un’ampia utilizzazione della
detenzione amministrativa per bloccare sul nascere le iniziative dei coloni
estremisti.
Il 25 maggio, dopo
la visita in Giordania del giorno precedente – nella quale in primo piano erano
stati i ripetuti appelli alla pace nella regione mediorientale e all’aiuto
umanitario -, aveva luogo la giornata
piů importante del viaggio del Papa in Terrasanta, nel corso del quale il Pontefice, constatando il grave
stallo del dialogo tra israeliani e palestinesi, esortava le parti a rinnovati sforzi per giungere a un’intesa sulla
base della soluzione dei due Stati.
Con un’iniziativa che sembrava riscuotere ampio consenso anche da parte
degli osservatori internazionali il Papa
invitava il presidente israeliano Shimon Peres e il suo omologo palestinese Abu
Mazen a un incontro di preghiera in Vaticano a favore del processo di pace
- incontro successivamente fissato per l’8 giugno. Inoltre il Papa, nel viaggio
mattutino a Betlemme per celebrare una messa sulla Piazza della Mangiatoia,
compiva un gesto di raccoglimento e preghiera proprio a ridosso del muro di
separazione tra Betlemme il territorio israeliano, destando in questo caso approvazione
solo da parte palestinese.
Il 29 maggio il premier in
carica dell’Autoritŕ nazionale palestinese Rami Hamdallah ha ricevuto dal
presidente Abu Mazen l’incarico ufficiale per formare il governo di unitŕ
nazionale previsto dopo la riconciliazione del 23
aprile tra al-Fatah e Hamas. Il mandato di Hamdallah riguarda la formazione di un esecutivo di transizione con il
compito principale di organizzare le elezioni generali palestinesi entro la
fine del 2014: il nuovo governo dovrebbe essere composto da una quindicina di
ministri scelti tra personalitŕ indipendenti.
Il 2 giugno giurava il nuovo
esecutivo palestinese derivato dall’accordo di riconciliazione, composto da
tecnici ma con l’appoggio esterno di al Fatah e di Hamas. Il giorno successivo
il nuovo esecutivo palestinese riceveva vasto appoggio internazionale, a
cominciare da quello statunitense - per la veritŕ manifestato giŕ nella serata
del 2 giugno -, cui si accompagnavano sollecitamente i consensi delle Nazioni
Unite e dell’Unione europea, come anche di Cina, India e Russia.
Tra i paesi europei si distinguevano in particolare la Francia e la Gran
Bretagna: per quanto concerne l’Italia
il Ministro degli esteri Mogherini assicurava l’appoggio del nostro paese al
nuovo governo palestinese in base alle garanzie fornite dal presidente Abu
Mazen in ordine al rifiuto del terrorismo, al riconoscimento di Israele, al
mantenimento degli accordi internazionali e della disponibilitŕ al negoziato.
L’isolamento in cui governo israeliano sembrava trovarsi provocava la reazione dura di Netanyahu, che si
diceva profondamente turbato dall’atteggiamento della Comunitŕ internazionale,
e preannunciava che Israele avrebbe impedito il libero transito dei nuovi
ministri tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, oltre a bloccare il
trasferimento ai palestinesi delle tasse per loro conto raccolte
dall’amministrazione israeliana.
Nei giorni successivi la
reazione israeliana si concretizzava nell’annuncio del via libera a progetti
per 2900 nuove costruzioni a favore dei coloni in Cisgiordania e 400 nuove
abitazioni a Gerusalemme est: queste decisioni, oltre a provocare il
preannuncio palestinese di un ricorso formale alle Nazioni Unite contro di
esse, destavano malumore anche nella parte centrista del governo israeliano, in
particolare da parte del ministro della giustizia Tzipi Livni, che parlava di
una mossa capace solo di accrescere l’isolamento di Israele sulla scena
internazionale.
L’8 giugno, mentre il governo israeliano ignorava sostanzialmente la
partecipazione del presidente Peres all’incontro di preghiera in Vaticano,
anche il leader centrista Yair Lapid, ministro delle finanze, si dissociava
dalla rigida linea dell’esecutivo nei confronti dei palestinesi. Cionondimeno,
Netanyahu decideva di autorizzare la presentazione al parlamento di un
emendamento volto a restringere la possibilitŕ di concessione della grazia
presidenziale a detenuti riconosciuti colpevoli di gravi fatti di sangue - una
mossa evidentemente volta a contrastare la recente prassi della liberazione di
prigionieri in cambio di israeliani rapiti dalle milizie palestinesi. Va
segnalato che il presidente Shimon Peres coglieva l’occasione di trovarsi a
Roma per consegnare personalmente la Medaglia
d’onorificenza presidenziale al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, quale
figura guida in Europa nella lotta al negazionismo e all’antisemitismo, e
personalitŕ sempre attenta alle ragioni e all’esistenza dello Stato di Israele.
Dal canto suo il presidente Napolitano rinnovava un forte appello a chiudere il
sanguinoso conflitto israelo-palestinese incontrando al quirinale Abu Mazen e
lo stesso Peres, idealmente rafforzando la portata del momento di preghiera
consumato in Vaticano il giorno precedente.
Il 10 giugno
Netanyahu poteva esultare per il compattamento di tutta la destra parlamentare
a favore di Reuven Rivlin, eletto alla
Presidenza della Repubblica proprio in sostituzione dell’uscente Peres - va
tuttavia ricordato che Rivlin era stato lungo osteggiato proprio da diversi
esponenti della destra, incluso lo stesso Netanyahu, nei confronti del quale
aveva avuto espressioni di asprezza dopo la sua mancata rielezione a presidente
della Knesset all’inizio del 2013.
Il 12 giugno il quotidiano Haaretz riferiva di una parziale marcia indietro del governo israeliano sui progetti di nuove
costruzioni in Cisgiordania, che sarebbe stata da correlare alle pressioni
esercitate da diversi ambasciatori di paesi europei, inclusa l’Italia, nei
confronti delle autoritŕ di Tel Aviv. Ciň non serviva perň a stemperare le
tensioni, che il giorno dopo venivano drammaticamente riaccese dalla notizia
della scomparsa di tre giovani
appartenenti ai gruppi di coloni ebrei nella Cisgiordania meridionale, nei
pressi di Hebron: i tre, studenti sedicenni di un collegio rabbinico, erano
scomparsi nella notte precedente mentre facevano l’autostop sulla strada di
collegamento tra Gerusalemme e Hebron. Immediatamente veniva formulata
l’ipotesi di un loro rapimento ad opera
di un commando palestinese, ed
effettivamente vi erano diverse manifestazioni di entusiasmo da parte di
ambienti legati a Hamas - mentre la fazione palestinese, peraltro, si diceva
estranea all’accaduto.
Le forze di sicurezza israeliane facevano scattare una vasta operazione di blocco attorno a Hebron e a Gaza, per
impedire il trasferimento dei tre giovani da parte dei loro presunti rapitori. Il governo israeliano intanto addossava
apertamente a Hamas la responsabilitŕ del rapimento, e disponeva il
richiamo di un numero limitato di riservisti. L’attribuzione a Hamas della
scomparsa dei tre studenti rabbinici veniva corroborata anche dal segretario di
Stato americano John Kerry. Il blocco di Hebron e delle zone circostanti della
Cisgiordania era accompagnato da vaste retate
che portavano all’arresto nei giorni successivi di centinaia di militanti di
Hamas, tra cui molti dirigenti e lo stesso presidente del Parlamento
palestinese Aziz Dweik.
Il portavoce del nuovo esecutivo di unitŕ palestinese nazionale
palestinese a Ramallah rifiutava peraltro la responsabilitŕ della scomparsa dei
tre studenti, in quanto la zona ove era avvenuta non sarebbe stata soggetta al
controllo di forze palestinesi, e nel contempo condannava quella che definiva una punizione collettiva dei
palestinesi attuata con il blocco e le retate in Cisgiordania. La crescente tensione tra le forze israeliane
e gli abitanti della Cisgiordania iniziava a dare luogo a gravi incidenti:
in uno di questi perdeva la vita il 16 giugno un giovane palestinese di 19
anni. Il giorno successivo l’Unione europea, pur in contrasto con la politica
israeliana degli insediamenti, esprimeva tramite l’ambasciatore in loco Andersen il sostegno al popolo
israeliano e la richiesta di una liberazione senza condizioni dei tre giovani
rapiti.
Il 18 giugno, di fronte all’aggravarsi della pressione israeliana sulla
Cisgiordania e della tensione tra i palestinesi il presidente dell’ANP Abu Mazen invocava il rilascio dei tre
studenti, definendo interesse dei palestinesi la cooperazione di sicurezza con
Israele. A questa presa di posizione replicava con durezza Hamas, un cui
esponente la definiva contraria allo spirito della recente riconciliazione tra
i palestinesi.
Il 20 giugno si apprendeva dell’uccisione la notte precedente di altri
due palestinesi, tra i quali un ragazzo di appena 14 anni. Anche in
Cisgiordania, intanto, la disponibilitŕ di Abu Mazen a collaborare con Israele
provocava forti accuse e anche manifestazioni di derisione del presidente
dell’ANP, mentre saliva progressivamente la resistenza dei palestinesi ai
controlli sempre piů serrati dell’esercito israeliano – il 22 giugno si aveva
notizia di altri due morti palestinesi nella notte precedente, uno a Nablus e
l’altro a Ramallah, dove la notizia della morte dell’attivista della Jihad
islamica Mahmud Tarifi, di trent’anni, provocava nuovi tumulti, durante i quali i manifestanti si scontravano anche con
forze di sicurezza della stessa Autoritŕ nazionale palestinese. In questa
situazione Abu Mazen, recependo lo scontento palestinese, definiva
ingiustificata la grande operazione messa in piedi per ritrovare i tre ragazzi
israeliani, asserendo anche non esservi alcuna informazione attendibile sulla
responsabilitŕ di Hamas per il rapimento-su questo punto il premier israeliano
Netanyahu ribadiva tuttavia con forza di essere in possesso di prove
incontrovertibili. Inoltre Netanyahu, sfruttando le oggettive nuove difficoltŕ
nei rapporti tra al-Fatah e Hamas, provocava Abu Mazen a trarre le conclusioni
dall’atteggiamento di Hamas.
Mentre iniziavano a circolare voci sull’identificazione di due membri di
Hamas ben conosciuti a Hebron, resisi entrambi irreperibili dal giorno della
scomparsa dei tre studenti rabbinici israeliani; il 30 giugno i corpi dei tre giovani venivano ritrovati nelle
vicinanze di Hebron. Le prime indagini rivelavano che i tre giovani
sarebbero stati uccisi subito dopo il sequestro. Il ritrovamento dei corpi dei
tre giovani era stato preceduto giŕ nella notte da una nuova impennata di violenze tra il territorio meridionale di
Israele e la Striscia di Gaza, da cui partivano una ventina di razzi, con
la risposta dell’artiglieria israeliana che provocava tra l’altro la morte di
un miliziano di Hamas - i combattenti della fazione islamica avevano infatti
proprio in questo frangente ripreso a partecipare ai combattimenti e ai lanci
di razzi contro Israele.
L’inizio di luglio confermava la progressiva
crescita della tensione tra coloni e palestinesi, mentre il governo
israeliano registrava notevoli divisioni al proprio interno sul tipo di
risposta da dare al rapimento e assassinio dei tre giovani studenti del
collegio rabbinico: il premier
Netanyahu cercava comunque di tener ferma la barra sull’obiettivo di una dura
punizione di Hamas, ritenuta colpevole del triplice omicidio. Nella notte fra
30 giugno e 1° luglio un ragazzo palestinese veniva ucciso a Jenin dai militari
israeliani, secondo i quali era stato colpito dal fuoco di reazione mentre
lanciava un ordigno esplosivo.
Il 2 luglio un nuovo grave fatto di sangue moltiplicava le tensioni:
veniva infattirapito e ucciso a
Gerusalemme est un giovane arabo di 17 anni, Mohammed Khdeir, e i
palestinesi interpretavano logicamente l’accaduto come vendetta da parte dei
coloni. Netanyahu definiva l’uccisione del giovane palestinese un crimine
abominevole, disponendo tramite il ministro dell’interno un’immediata
inchiesta, mentre a Gerusalemme est si verificavano lunghi scontri tra la
popolazione e l’esercito di Tel Aviv.
Secondo i palestinesi giŕ nella serata del 1° luglio, dopo i funerali
dei tre studenti rabbinici, centinaia di coloni avevano dato luogo a
manifestazioni di aggressivitŕ e intolleranza antiaraba, e avrebbero inoltre
tentato di rapire un bambino nelle vicinanze del campo di Shufat, dove poi
sarebbe stato sequestrato il giovane diciassettenne successivamente
assassinato. In questo difficile contesto continuavano i colpi di mortaio e i
lanci di razzi dal territorio di Gaza verso Israele.
Nei due giorni successivi continuavano gli scontri a Gerusalemme est,
che si estendevano anche a Ramallah, mentre il territorio israeliano continuava
ad essere bersagliato da razzi provenienti dalla Striscia di Gaza, dove l’aviazione di Tel Aviv iniziava
a colpire i primi obiettivi.
Quando il 5 luglio il procuratore generale palestineserendeva noto che
le prime risultanze dell’autopsia sul giovane Mohammed Khdeir indicavano che
sarebbe stato bruciato vivo, i lanci di razzi e gli scontri con le forze di
sicurezza israeliane crescevano ulteriormente: tuttavia nella mattinata del 6 luglio venivano tratti in arresto sei giovani
estremisti ebrei, anch’essi come i tre rapiti e uccisi in giugno
appartenenti agli ambienti dei collegi rabbinici, ritenuti responsabili dell’assassinio di Mohammed Khdeir – e
probabilmente del fallito sequestro del bambino presso Shufat. Il 7 luglio arrivavano le prime confessioni,
che implicavano la formulazione delle accuse piů gravi per tre degli arrestati,
mentre gli altri sarebbero stati perseguiti principalmente per complicitŕ. Dagli ambienti rabbinici e dei coloni
giungevano durissime parole di condanna verso gli arrestati.
Ma proprio il 7 luglio si
verificava una escalation nei lanci
di razzi, sia per il numero che per il raggio d’azione, che raggiungeva la zona
centrale di Israele: la rivendicazione era stavolta aperta, da parte del
braccio militare di Hamas. Il governo israeliano disponeva un
limitato richiamo di riservisti e un progressivo incremento dei raid aerei su Gaza, ma i disaccordi
interni portavano alla rottura
dell’alleanza elettorale tra il ministro degli esteri Lieberman e il premier
Netanyahu – Lieberman restava comunque nell’esecutivo, pur criticando
aspramente la linea da lui giudicata troppo debole del governo (su posizioni
analoghe si schierava anche il ministro dell’economia Naftali Bennett, vicino
ai coloni). L’Egitto, pur mantenendo
cautela, condannava gli attacchi aerei su Gaza e quella che definiva – in
accordo con quanto sostenuto nei giorni precedenti dalla leadership palestinese
– una punizione collettiva.
Nella notte tra 7 e 8 luglio
Israele lanciava l’operazione “Margine Protettivo”, dando
il via a decine di raid aerei su Gaza inrisposta al continuo lancio di razzi
dalla Striscia contro il territorio israeliano. 40.000 riservisti
venivanoinoltre richiamati dal governo di Tel Aviv in vista di una possibile
offensiva di terra. Cautelativamente, a Tel Aviv e Gerusalemme venivano aperti
decine di rifugi pubblici per proteggere la popolazione dai razzi provenienti
da Gaza, mentre le rotte dei voli in arrivo e in partenza da Tel Aviv venivano
fatte spostare piů a nord.
Il premier israeliano Netanyahu affermava inoltre di ritenere
Hamas responsabile per le vittime collaterali dei raid aerei sulla Striscia di
Gaza, poiché deliberatamente dissemina armamenti e rampe di lancio in mezzo
alla popolazione civile, trattata alla stregua di scudi umani. La reazione dell’Autoritŕ
nazionale palestinese era immediata: il presidente Abu Mazen chiedeva a Israele
di porre fine immediatamente alla nuova operazione militare, mentre la Lega
Araba richiedeva una urgente riunione delle Nazioni Unite.
Il 9 luglio i lanci di razzi
da Gaza raggiungevano in pratica tutto il territorio israeliano,
minacciando Tel Aviv, Gerusalemme e persino Haifa, posta nell’estremo Nord:
venivano infatti impiegati missili a piů lunga gittata, gli M302, secondo
Israele forniti a Hamas dall’Iran. Mentre il sistema antimissile Iron Dome
intercettava i razzi diretti in zone piů densamente abitate, due di questi
puntavano alla centrale nucleare di Dimona, ma venivano ugualmente distrutti in
volo. Il presidente Abu Mazen accusava
Israele di vero e proprio genocidio, mentre il segretario generale delle
Nazioni Unite Ban Ki-moon richiamava Tel Aviv alla moderazione nella reazione.
D’altra parte lo stesso presidente uscente di Israele, Shimon Peres,
notoriamente moderato, ammoniva Hamas a porre fine ai lanci di razzi, pena
l’invasione di terra della Striscia. Vi erano intanto i primi contatti delle
diplomazie occidentali con le parti in conflitto per giungere a una tregua,
mentre l’Egitto si manteneva ancora cauto, pur richiamando Israele alla
moderazione e condannando i raid su Gaza. La Lega Araba, peraltro, si spingeva
a chiedere agli USA di costringere Israele a porre fine agli attacchi aerei.
Lo stesso Ban Ki-moon il 10
luglio, aprendo la riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza
dell’ONU, chiedeva l’immediato cessate il fuoco, riscontrando peraltro un
diniego da parte di Netanyahu. Il
bilancio delle vittime superava a Gaza il numero di 90, mentre piů di 800
raid erano stati ormai compiuti sulla Striscia dall’aviazione israeliana e
circa 500 razzi avevano raggiunto il
territorio israeliano, senza peraltro provocare vittime, anche per
l’intercettazione di quelli piů pericolosi da parte del sistema
antimissilistico Iron Dome. Dopo giorni di diniego, l’Egitto apriva finalmente il valico di Rafah per consentire
l’afflusso di palestinesi feriti e bisognosi di cure in territorio egiziano. Si
moltiplicavano gli appelli per una tregua immediata: in particolare, gli USA
chiedevano a Israele di non invadere la Striscia, mentre Ban Ki-moon definiva
non tollerabile un eccessivo uso della forza da parte israeliana.
L’11 luglio i morti a Gaza
superavano il centinaio, con piů di 500 feriti. Ciononostante Hamas annunciava
di voler continuare i lanci di razzi e avvertiva le compagnie
aeree straniere di sospendere i voli da e per Tel Aviv. Ulteriori 210 raid
aerei punteggiavano la giornata, a fronte di quasi duecento nuovi razzi
palestinesi lanciati da Gaza. Due razzi lanciati dal Libano meridionale
cadevano in territorio israeliano a nord della cittŕ di Kiryat Shmona: il responsabile,
membro di un gruppo estremista, rimaneva ferito nel tentativo di lanciare un
terzo razzo e veniva prontamente arrestato dalle autoritŕ libanesi. Ciň
consentiva a Hezbollah di dissociarsi apertamente dall’accaduto, richiamando
indirettamente sui pericoli rappresentati dal jihadismo sunnita, pur ribadendo
il proprio sostegno politico e morale alla resistenza palestinese.
Il 12 luglio la
prosecuzione dei combattimenti faceva salire a 150 il numero delle vittime a
Gaza, e a piů di mille i feriti: nelle stesse ore oltre 60 razzi colpivano il
territorio centrale meridionale di Israele senza provocare vittime, e alcuni di
essi raggiungevano anche zone fortunatamente disabitate della Cisgiordania
palestinese, nei pressi di Hebron e di Betlemme.
La rappresentanza palestinese alle
Nazioni Unite denunciava che quattro quinti delle vittime di Gaza erano civili. In
questo contesto si moltiplicavano affannosamente gli sforzi diplomatici, e il Consiglio di sicurezza dell’ONU
approvava all’unanimitŕ una dichiarazione per un rientro progressivo della
situazione alla normalitŕ, citando in particolare la ripresa del cessate il
fuoco che aveva posto fine nel novembre 2012 alla Seconda guerra di Gaza.
L’appello del Consiglio di sicurezza esprimeva profonda preoccupazione per la
crisi in corso a Gaza e per i civili di entrambe le parti, richiamando al
rispetto del diritto umanitario internazionale - con particolare riguardo alle
norme per la protezione dei civili -, nonché il sostegno per la ripresa di
negoziati diretti tra israeliani e palestinesi. Cresceva intanto il ruolo di mediazione dell’Egitto, che si faceva
attore della presentazione alle parti di una bozza di documento per il
raggiungimento di una tregua. Sul terreno tuttavia assumeva sempre maggiore
probabilitŕ l’ipotesi di un imminente ingresso delle truppe di terra israeliane
nella Striscia, che veniva progressivamente accerchiata: ripetuti messaggi
venivano indirizzati dalle forze armate israeliane alla popolazione di Beit
Lahya, nella parte settentrionale di Gaza, ad abbandonare rapidamente le
proprie case, che in breve si sarebbero trovate in zona di combattimento.
Il giorno successivo, 13 luglio,
la popolazione palestinese - nonostante i contrordini di Hamas - sembrava dare
credito agli avvertimenti israeliani, sgomberando in massa Beit Lahya.
Frattanto a Vienna i rappresentanti di Francia, Germania, Regno Unito e Stati
Uniti si riunivano per discutere del conflitto in atto, e in serata il segretario di Stato americano John Kerry,
in una conversazione telefonica con il premier israeliano Netanyahu, offriva la
disponibilitŕ degli USA ad un’azione di facilitazione del cessate il fuoco, per
il ripristino dell’accordo del 2012, agendo nel contempo per arrestare i lanci
di razzi contro Israele. I combattimenti intanto portavano il totale delle
vittime palestinesi a quasi 170, mentre Israele nella sola giornata del 13
luglio riceveva oltre 70 razzi sul proprio territorio, ancora una volta senza
vittime né feriti: il totale dei raid aerei superava la cifra di 1300. In questo
contesto il presidente palestinese Abu
Mazen chiedeva alle Nazioni Unite di porre la Palestina sotto protezione
internazionale nei confronti dell’azione militare israeliana su Gaza,
giudicata di portata eccessiva.
La gravitŕ del conflitto in atto emergeva in tutta la sua drammaticitŕ
il 14 luglio, quando il numero delle vittime a Gaza superava
quello della crisi del 2012, con piů di 180 morti e oltre 1.100 feriti.
Nella stessa giornata un centinaio di
razzi raggiungevano da Gaza lo spazio aereo israeliano, accompagnati anche da
colpi di mortaio diretti soprattutto nel sud del paese – nel Negev una
bambina veniva ferita in modo grave. Dal
territorio siriano inoltre alcuni razzi raggiungevano la zona delle alture del
Golan occupata da Israele, e dal Libano un altro razzo cadeva nel Nord di
Israele, nei pressi della cittadina di Nahariya. Una novitŕ era rappresentata
da alcuni droni di Hamas che sorvolavano
il territorio israeliano, uno dei quali veniva abbattuto sui cieli di
Ashdod. D’altra parte proseguivano incessantii raid aerei dell’aviazione
israeliana sulla Striscia.
Sul fronte diplomatico l’Egitto
lanciava una proposta di tregua, dicendosi disposto ad accogliere dopo
l’eventuale stipula di essa delegazioni delle parti in lotta ad alto livello
per un’apertura di negoziato.
Nella mattinata del 15 luglio
Israele sospendeva gli attacchi aerei su Gaza in risposta alla proposta
egiziana di tregua: tuttavia, dopo circa cinque ore gli attacchi
riprendevano, dopo la constatazione della non
adesione di Hamas alla tregua, con il proseguire incessante dei lanci di
razzi sul territorio israeliano. Nell’esecutivo di Tel Aviv, peraltro, anche la
sospensione degli attacchi aveva incontrato la consueta opposizione di
Lieberman e Naftali Bennett. La giornata registrava poi la prima vittima
israeliana, un civile ucciso da colpi di mortaio sparati in prossimitŕ del
valico di Erez tra Israele e Gaza. Complessivamente le vittime nella Striscia
toccavano ormai quasi il numero di 200, e i feriti quello di 1.400.
In serata il ministro degli
esteri italiano Federica Mogherini, in visita in Israele, si incontrava con
il presidente dell’ANP Abu Mazen, esprimendo apprezzamento per il supporto del
presidente palestinese alla proposta egiziana di tregua. In precedenza la
Mogherini, accompagnata nel sud d’Israele, aveva espresso con chiarezza la
posizione italiana favorevole alla cessazione immediata delle ostilitŕ anche al
ministro degli esteri israeliano Lieberman.
Intanto, dopo che nella notte tra 14 e 15 luglio altri razzi avevano raggiunto
il territorio israeliano dal Sinai e dal Libano - provocando le consuete
risposte dell’artiglieria israeliana -, all’alba un attacco aereo israeliano sul Golan siriano provocava nei pressi di
Quneitra quattro vittime, in risposta ai razzi che il giorno precedente avevano
raggiunto la porzione del Golan occupata dalle truppe israeliane.
Il 16 luglio la recrudescenza
dei combattimenti portava il numero delle vittime a Gaza a piů di 220:
particolarmente tragica appariva la morte di sei bambini, quattro dei quali
colpiti da aerei israeliani mentre si davano alla fuga su una spiaggia per
quello che successivamente Israele definiva un errore di identificazione, sul
quale era disposta un’inchiesta. La situazione veniva fotografata dal capo negoziatore israeliano Tzipi Livni
incontrando il ministro degli esteri italiano Mogherini: la Livni affermava che
in mancanza dell’accettazione, da parte di Hamas, della tregua promossa
dall’Egitto, Israele sarebbe stato costretto a una risposta ancora piů forte -
alla quale sembrava alludere il richiamo di ulteriori 8.000 riservisti nelle
forze armate, probabile preludio di un massiccio ingresso di forze di terra
nella Striscia. La determinazione di Israele veniva ribadita al ministro
Mogherini anche dal premier Netanyahu, in un incontro di un’ora e mezza.
Nella giornata un altro centinaio di razzi venivano diretti verso il
territorio israeliano, compresi i cieli di Tel Aviv. La situazione umanitaria
nella Striscia si aggravava progressivamente, anche in ragione dello sgombero
almeno parziale di interi quartieri nelle cittadine settentrionali di Gaza dopo
avvisi israeliani di imminenti bombardamenti per la presenza in quei rioni di
massicci arsenali di armi.
Il 17 luglio al Cairo i
mediatori egiziani incontravano separatamente esponenti israeliani e
palestinesi - incluso Hamas - ma, dopo uno spiraglio positivo, proprio dal
movimento islamico egemone a Gaza arrivava un nuovo stop, con la motivazione di
apportare ulteriori modifiche al piano di pace egiziano.
In serata, dopo una nuova serie di raid aerei e colpi di artiglieria, si
verificava un massiccio ingresso di
forze di terra israeliane nella Striscia di Gaza, appoggiate da pezzi
d’artiglieria e mezzi corazzati, mentre in parallelo sbarcavano truppe anfibie
sulla costa di Gaza. L’obiettivo dichiarato di Israele erano le installazioni
da cui venivano lanciati i razzi e soprattutto, in un primo tempo, la
distruzione dei tunnel nei quali Hamas aveva occultato ingenti armamenti e che
tra l’altro consentivano ai terroristi di infiltrarsi persino in territorio
israeliano - come avvenuto all’alba, quando un commando palestinese era
riuscito a sbucare oltre le linee israeliane, a circa un chilometro da un
kibbutz di frontiera, ma era stato neutralizzato dalle forze di sicurezza israeliane. Intanto il bilancio delle vittime a Gaza
toccava la cifra di 240.
Il 18 luglio il pur limitato
ingresso nel territorio di Gaza provocava ulteriori vittime, portando il totale
ormai a quasi trecento, e 2.200 feriti. Perdeva la vita anche il primo soldato
israeliano, probabilmente vittima di fuoco amico. Di fronte a questa tragica
situazione il segreto generale dell’ONU richiamava Israele a una maggiore
attenzione nei confronti di civili, con una pronta protesta del premier
Netanyahu. Su iniziativa turca il
Consiglio di sicurezza era convocato con urgenza nella serata del 18 luglio.
Anche il Papa telefonava ai due protagonisti dell’incontro di preghiera
tenutosi a Roma all’inizio di giugno, Shimon Peres e Abu Mazen, esternando le
sue gravissime preoccupazioni sugli sviluppi del conflitto.
L’ingresso di truppe di terra
israeliane a Gaza accresceva il panico della popolazione in
cerca di scampo, che andava ad affollare oltremisura le strutture umanitarie
dell’ONU presenti a Gaza. Peraltro ben lungi dall’esaurirsi sembravano i lanci
di razzi sul territorio israeliano, che mantenevano un numero costante.
Sul piano degli sforzi diplomatici per giungere a un cessate il fuoco
non giovava certo la dura polemica turca
nei confronti dell’Egitto, accusato di fare sostanzialmente il gioco di
Israele, e anzi addirittura di agire d’intesa con Tel Aviv, come dimostrerebbe
il fatto che Israele aveva prontamente accettato la proposta di tregua
egiziana. Nelle ore precedenti, del resto, il ministro degli esteri egiziano Shoukri
aveva dal canto suo accusato Turchia e Qatar di sabotaggio deliberato degli
sforzi di mediazione egiziani, ai quali del resto non sembrava giovare la
posizione abbastanza defilata degli Stati Uniti nei confronti delle autoritŕ
egiziane.
L’Egitto, preso atto dei contrasti di notevole portata con la Turchia e
il Qatar, provava a sorpresa a rilanciare il piano negoziale, richiedendo il
sostegno di Teheran durante un colloquio telefonico tra il ministro degli
esteri egiziano e l’omologo iraniano Zarif. Nell’iniziativa egiziana non va
dimenticato il recente processo di riavvicinamento tra Hamas e l’Iran, i cui
legami si erano invece allentati temporaneamente nel periodo in cui l’Egitto
aveva visto la presidenza di Morsi, esponente di primo piano della Fratellanza
musulmana: probabilmente la richiesta di sostegno all’Iran potrebbe produrre
secondo il Cairo opportune pressioni su Hamas per un via libera al piano di
pace egiziano. A riprova della volontŕ di premere su Hamas va ricordato anche
l’invito al capo politico in esilio del movimento islamico Meshaal a recarsi in
Egitto per negoziati diretti sul cessate il fuoco.
La posizione cruciale dell’Egitto negli sforzi diplomatici
internazionali restava comunque forte in ragione di vasti appoggi, a partire
dalla Lega araba e dal presidente
dell’ANP Abu Mazen. Il sostegno italiano
č stato ribadito al ministro degli esteri egiziano nell’incontro del 19 luglio
al Cairo con l’omologo italiano Mogherini, nonché dal collega francese Fabius.
Il 19 luglio proseguiva l’offensiva
di terra israeliana, sempre diretta prevalentemente contro i tunnel sotterranei
di Hamas: dei 34 scoperti, cinque erano finalizzati proprio a raggiungere il
territorio israeliano - e proprio contrastando uno di questi tentativi
perdevano la vita due soldati israeliani, oltre a un civile colpito da un razzo
nella parte meridionale di Israele. Proseguivano intanto anche i raid aerei
sulla Striscia e i lanci di razzi da Gaza, uno dei quali feriva un soldato
egiziano distanza nel Sinai. Il bilancio delle vittime a Gaza superava intanto
la cifra di 340, con quasi 3.300 feriti, mentre il numero degli sfollati era
salito a 55.000, e nuovi flussi di profughi si annunciavano in seguito
all’ordine dell’esercito israeliano di sgomberare diversi campi profughi del
territorio di Gaza, prossime zone di combattimento.
Frattanto in Europa la
situazione di Gaza cominciava a provocare manifestazioni di piazza, la
principale delle quali si svolgeva pacificamente a Londra, in analogia a quanto
avvenuto anche a Bruxelles. Piů problematica la situazione francese, dove un
corteo vietato per i rischi di attacchi contro istituzioni ebraiche nella
capitale si svolgeva ugualmente con la partecipazione di centinaia di
manifestanti, che si scontravano con le forze dell’ordine, con un bilancio di
diversi feriti e una trentina di arresti. Il giorno successivo, 20 luglio,
nuovi incidenti si registravano nella periferia settentrionale di Parigi,
fortemente caratterizzata dalla presenza ebraica, mentre altre manifestazioni
pacifiche si svolgevano ad Amsterdam e a Vienna. In Marocco la protesta si
allineava alla presa di posizione delle autoritŕ che giŕ avevano condannato
l’escalation militare israeliana contro Gaza, destinando alla popolazione
palestinese urgenti aiuti umanitari: a Rabat un corteo unitario si č diretto
pacificamente verso il Parlamento.
Il 20 luglio la situazione
faceva registrare nuove gravi tragedie, con le vittime di Gaza che superavano
il numero di 430, con oltre 3.000 feriti. Nel
solo rione di Sajaya, limitrofo di Gaza City, perdevano la vita sotto i
bombardamenti piů di 60 persone, la metŕ delle quali donne e bambini. I
fatti di Sajaya provocavano unanime condanna del mondo arabo: dalla capitale
del Qatar Abu Mazen, impegnato in sforzi diplomatici, sollecitava una riunione
straordinaria del Consiglio di sicurezza dell’ONU, mentre il segretario
generale della Lega Araba el-Araby definiva barbari i bombardamenti israeliani,
qualificati altresě come crimine di guerra contro i civili. L’aggravarsi dei
combattimenti veniva testimoniato anche dalla parte israeliana, con la perdita
nella sola giornata del 20 luglio di 13 soldati, e con il giallo legato alla
scomparsa di un carrista del quale Hamas rivendicava la cattura, rinnovando i
fantasmi della vicenda di Gilad Shalit del 2006.
Rispetto ai fatti di Sajaya Israele reiterava l’accusa a Hamas usare i
civili come scudi umani, poiché dal rione bombardato sarebbero partiti
dall’inizio del conflitto ben 140 razzi verso il territorio israeliano, e
comunque gli abitanti erano stati piů volte avvisati dell’imminente
bombardamento. Sempre difficile la posizione statunitense che, a fronte
dell’appoggio al diritto di Israele all’autodifesa, prospettavano al premier
Netanyahu la necessitŕ immediata di un cessate il fuoco sulla base della tregua
mediata nel 2012 con un ruolo determinante dell’Egitto.
Sul piano umanitario si
presentava sempre piů grave la situazione dei profughi civili, che secondo
alcune fonti potevano aver raggiunto ormai la cifra di 80.000, stipati in
edifici dell’Agenzia umanitaria delle Nazioni Unite in Palestina. In questo
contestol’Egitto procedeva a riaprire il
valico di Rafah come segno di solidarietŕ verso la popolazione di Gaza.
Infine l’asilo-mensa e ambulatorio pediatrico della cooperazione
italiana “Terra dei bimbi”, secondo l’Organizzazione non governativa incaricata
della gestione di esso,“Vento di terra”, veniva raso al suolo da bulldozer
dell’esercito israeliano nel quadro di altre demolizioni programmate: la
distruzione dell’asilo sarebbe stata completamente priva di motivazione, e
veniva chiesto un passo deciso dei principali finanziatori del progetto
umanitario (il Ministero italiano degli esteri, l’Unione europea e la CEI) nei
confronti del governo israeliano.
Il 21 luglio il conflitto ha
assunto forme sempre piů ravvicinate fra le parti in lotta: colpi di
artiglieria israeliani hanno centrato un ospedale nella parte centrale della
Striscia e un grattacielo a Gaza City, in entrambi i casi con vittime civili.
D’altra parte nella mattinata un tentativo di infiltrazione nel Negev
attraverso un tunnel ha portato allo scontro ravvicinato tra forze di sicurezza
israeliane e commando palestinesi, con la morte di 10 miliziani e quattro
soldati israeliani. Altri tre soldati hanno perso la vita a Gaza proseguendo nella
caccia ai tunnel nascosti. E’ salito cosě a 25 il numero dei militari israeliani morti dall’inizio dell’operazione
di terra a Gaza, a fronte di circa 150
miliziani palestinesi.
Nelle cittŕ arabe in territorio israeliano l’Alto comitato di controllo arabo
ha indetto uno sciopero in varie forme contro l’azione militare israeliana a
Gaza: in Cisgiordania, come anche a Nazaret e altre piccole cittŕ vi sono state
proteste,sono state sospese attivitŕ e chiusi negozi: a Nazaret si č svolta
anche una manifestazione con incidenti che hanno portato all’arresto di 10
persone.
Il 22 luglio le vittime a Gaza
hanno superato la cifra di 600, mentre continua un imponente sfollamento dal
nord della Striscia per sfuggire all’artiglieria israeliana: le
forze di sicurezza di Israele hanno registrato altre tre vittime, oltre a non
avere ancora notizie del carrista scomparso il 20 luglio. Č proseguito intanto
il collasso umanitario, con ormai oltre
130.000 sfollati che le strutture dell’ONU a Gaza non riescono piů a contenere,
e che quindi si sono sparpagliati anche per le strade e nei giardini pubblici.
Un discorso a parte merita la
situazione dei bambini: oltre alle 121 vittime denunciate dall’Unicef, la
piů giovane delle quali aveva appena cinque mesi, e 80 meno di 12 anni, oltre 900 bambini palestinesi sono stati
feriti dall’inizio della nuova guerra di Gaza, e decine di migliaia di essi
risultano traumatizzati dalle tragiche vicende che stanno vivendo. Piů in
generale, sulla popolazione pesano
carenze di prestazioni ospedaliere e di medicinali, mentre problematico per
oltre un milione di persone sarebbe ormai l’accesso all’acqua, con gravi
conseguenze sul piano igienico-sanitario.
Peraltro Israele ha registrato un successo quando il segretario generale delle Nazioni Unite ha pronunciato una condanna
verso Hamas per l’utilizzazione di siti civili a scopi militari, con il
coinvolgimento nei combattimenti di scuole, ospedali e moschee: in tal modo Ban
Ki-moon ha dato ragione alle ripetute accuse del governo israeliano verso Hamas
di usare civili come scudi umani, per comprovare le quali il 21 luglio erano
state anche pubblicate fotografie aeree nelle quali si vedevano lanci di razzi
dalle immediate vicinanze di moschee, ospedali, cimiteri e anche campi giochi
per bambini.
Il 23 luglio, nel protrarsi
del conflitto di Gaza frammezzo alla sostanziale sterilitŕ degli sforzi
diplomatici internazionali, il Consiglio
dei diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che
dispone per un’indagine su presunti crimini di guerra e contro l’umanitŕ
commessi a Gaza: nella risoluzione si condanna la vasta, sistematica violazione
dei diritti umani e delle libertŕ fondamentali derivante dall’operazione
militare israeliana nei territori palestinesi occupati dal 13 giugno. Il documento
č stato approvato da 29 dei 47 membri del Consiglio ONU per i diritti umani,
mentre ha ricevuto il voto contrario degli Stati Uniti e 17 astensioni, tra le
quali quella del nostro Paese. Al documento ha
replicato seccamente il premier
israeliano Netanyahu, definendolo una parodia da rigettare, e invitando
polemicamente piuttosto a indagare sulle
violazioni commesse da Hamas sia con i lanci di razzi verso Israele che con
l’occultamento di armamenti in luoghi abitati da civili.
Mentre sul fronte palestinese č sembrato che il leader palestinese Abu
Mazen si avvicinasse alle richieste di Hamas per una tregua - al proposito il
leader in esilio di Hamas Meshaal ha posto come condizione preliminare la
rimozione del blocco israeliano sulla Striscia -, la tragicitŕ dello scontro a
Gaza non accennava a diminuire: era infatti bombardato l’ospedale al-Wafa, nelle vicinanze di Sajaya, con la
motivazione che da tale sito sarebbero partiti colpi di artiglieria palestinesi
contro i soldati israeliani.
Hamas poteva invece salutare come vittoria la moratoria di fatto dei
voli internazionali sull’aeroporto principale di Israele, lo scalo ben Gurion
di Tel Aviv, dopo le compagnie aeree europee e americane hanno confermato per
ulteriori 24 ore la sospensione dei voli da e per l’aeroporto di Tel Aviv.
Il 24 luglio i combattimenti
hanno raggiunto anche una scuola dell’Agenzia umanitaria delle Nazioni Unite a
Gaza, nella quale si trovavano numerosissimi
profughi palestinesi, con un bilancio di 17 morti e un centinaio di feriti, tra
i quali alcuni membri dello staff dell’ONU. Il bilancio delle vittime ha
superato nella Striscia la cifra di 760, con piů di 4.000 feriti e una
situazione umanitaria sempre piů grave. Dall’altro lato i soldati israeliani
morti sono saliti a 32, mentre č proseguita, anche se attenuata, la pioggia di
razzi su Israele. Un parziale successo per Tel Aviv č stata la riapertura dei
voli sull’aeroporto Ben Gurion. In
serata si sono avuti violenti scontri tra forze di sicurezza israeliane e i
palestinesi anche a Gerusalemme est e nella localitŕ Cisgiordana di Qalandia,
dove ha perso la vita un manifestante.
Il giorno successivo, 25 luglio,
la tensione č ulteriormente salita, e cinque
palestinesi sono rimasti uccisi in Cisgiordania durante manifestazioni di solidarietŕ
con la popolazione di Gaza degenerate in violenti scontri con le forze di
sicurezza israeliane. La tensione si č mantenuta alta anche nella Cittŕ vecchia
di Gerusalemme, dove i fedeli musulmani sono giunti a forzare il blocco di
polizia che impediva l’ingresso ai piů giovani di cinquant’anni nella Spianata
delle moschee, al fine di prevenire incidenti.
Intanto Israele ha dichiarato ufficialmente ucciso in combattimento il
soldato di cui si era temuto il 20 luglio il rapimento - che Hamas aveva effettivamente
rivendicato -, senza peraltro comunicarne il luogo di sepoltura.
Sul piano diplomatico va registrato il dissenso di Israele sulla
proposta del segretario di Stato americano per un cessate il fuoco a Gaza,
ritenuta insufficiente da Netanyahu soprattutto perché le truppe israeliane non
sarebbero disposte a lasciare il territorio di Gaza, ove intendono continuare
la distruzione dei tunnel scavati da Hamas a scopi militari. Ciň che č stato
effettivamente accettato č stata una
tregua umanitaria di 12 ore, dalle 7 alle 19 il 26 luglio, e su questa
proposta Hamas ha dato parere favorevole.
In Europa il
protrarsi del conflitto tra Israele e Gaza ha provocato il 25 luglio nuove manifestazioni di protesta contro
l’occupazione israeliana di territori palestinesi: queste si sono svolte
pacificamente in Germania - dove invece nei giorni precedenti si erano
verificati alcuni episodi di stampo antisemita, messi in atto perň soprattutto
da dimostranti immigrati di religione islamica. Il giorno successivo, tuttavia,
nel tardo pomeriggio nuovi scontri si sono verificati a Parigi in occasione di
un altro corteo, vietato dalle autoritŕ, indetto per protestare contro
l’operazione militare israeliana a Gaza. Senza incidenti invece altre
manifestazioni a Lione, Marsiglia, Lilla e Tolosa. Una nuova manifestazione ha
avuto luogo il 26 luglio anche a
Londra, ove diecimila persone sono sfilate pacificamente.
A Parigi poche ore prima dei nuovi incidenti si era svolto un vertice guidato dal ministro degli esteri
francese con gli omologhi di altri paesi, tra i quali John Kerry e Federica
Mogherini, dal quale č uscito un appello per un prolungamento di 24 ore della
tregua del 26 luglio, eventualmente rinnovabile. Alla proposta ha perň
replicato Hamas lanciando alcuni razzi su Israele nella serata, e in tal modo
facendo cadere il prolungamento alla mezzanotte che Tel Aviv sembrava aver
accettato. Frattanto il numero delle
vittime a Gaza superava il migliaio, e gli sfollati raggiungevano la cifra di
circa 165.000. Israele vedeva salire il numero dei militari morti a 40 e quello
dei feriti a 138.
Il 27 luglio, nel
proseguire dei combattimenti a minore intensitŕ, emergeva piů marcato il contrasto tra le proposte
dell’Amministrazione americana e la risposta di Israele, che aveva per
l’ennesima volta rifiutato le proposte del segretario di Stato John Kerry,
definendo la mediazione egiziana l’unica possibile e accettabile: Israele
infatti non vede adeguatamente considerate le proprie ragioni rispetto alla
sicurezza del proprio territorio, e vede inoltre gli Stati Uniti sbilanciati
verso la mediazione prevalente di Turchia e Qatar, apertamente schierati con
Hamas, mentre trascurerebbero il ruolo dell’Egitto e dell’ala palestinese
moderata incarnata da Abu Mazen. A queste posizioni di Israele ha reagito il presidente Barack Obama, chiedendo
con nettezza al premier israeliano, in una conversazione telefonica, un cessate
il fuoco umanitario immediato e incondizionato, accennando tuttavia anche la
necessitŕ della smilitarizzazione di Gaza e del disarmo dei gruppi terroristici
che nella Striscia sono attivi.
Nella notte tra 27 e 28 luglio
il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato una Dichiarazione unanime per
chiedere un "cessate il fuoco
umanitario immediato e senza condizioni" a Gaza. Nella Dichiarazione
si invitano Israele e Hamas a una piena applicazione della tregua per tutta la
durata della festa musulmana dell'Eid al Fitr (la fine del Ramadan) ed oltre.
Si richiede inoltre il "pieno
rispetto del diritto umanitario internazionale, in particolare per quanto
riguarda la protezione dei civili", nonché la protezione delle
strutture civili e umanitarie, comprese quelle delle Nazioni unite. Il CdS
esorta a rinnovati sforzi per "la messa in pratica di un cessate il fuoco
duraturo e pienamente rispettato, basato sulla proposta egiziana" di
mediazione.
Tuttavia la giornata del 28 luglio ha visto il riaccendersi dei lanci di razzi
su Israele e dei raid israeliani su Gaza, dove la fine del Ramadan ha dato
ben poche occasioni per festeggiare:
otto bambini sono stati uccisi da un razzo in un parco giochi a Shati,
mentre č esploso anche l’ambulatorio in disuso nei pressi dell’ospedale piů
grande della Striscia, quello di Shifa. In entrambi i casi Israele ha perň accusato Hamas, dai cui razzi sarebbero stati
colpiti i due siti - il portavoce militare di Tel Aviv ha segnalato come
dall’inizio delle ostilitŕ di questa tornata a Gaza circa 200 razzi lanciati
dalla Striscia sarebbero caduti all’interno del territorio di essa. Nel
frattempo un commando di Hamas, infiltratosi nel Negev da un tunnel sotterraneo
veniva neutralizzato, con la morte di cinque palestinesi.
La difficoltŕ nei rapporti tra Israele e gli
Stati Uniti emergeva ulteriormente dalle parole di Netanyahu, per il quale il paese deve prepararsi a una lunga operazione
fino alla neutralizzazione a Gaza di tutti tunnel e dei siti per i lanci di
razzi, in forte contrasto all’esortazione del presidente Obama, e in polemica
con le proposte avanzate da John Kerry, che secondo Tel Aviv sarebbero
inaccettabili poiché porrebbero sullo stesso piano Israele e Hamas - lo stesso
Kerry in effetti sembra aver avuto un momento di ripensamento sottolineando la
necessitŕ del disarmo di Hamas contestuale al cessate il fuoco, e rimettendo
sul tappeto un riferimento al piano egiziano per la tregua, che Israele aveva
accettato.
Il 29 luglio, le voci di una possibile tregua lasciavano ancora il posto al
prevalere dei combattimenti: dopo che nella giornata precedente numerosi razzi
avevano nuovamente attinto lo spazio aereo e il territorio israeliani, Gaza
veniva sottoposta a un forte bombardamento che provocava un centinaio di morti,
portando il totale a quasi 1.200, e tra questi 230 bambini. Tra gli obiettivi
dei bombardamenti l’unica centrale elettrica ancora attiva a Gaza, la cui
disattivazione sicuramente ha contribuito a ulteriori disagi per la popolazione
civile, all’interno della quale sarebbero ormai quasi 300.000 gli sfollati –
non a caso iniziano a verificarsi episodi di disperazione come l’assalto ad
alcuni forni. Dal canto suo l’esercito israeliano č arrivato a contare 53
soldati vittime del conflitto. Un nuovo tentativo di infiltrazione da un tunnel
nel Nord della Striscia č stato sventato con l’uccisione di cinque palestinesi.
Sul fronte internazionale, oltre all’incessante
proseguire del lavorio diplomatico soprattutto al Cairo, va segnalata la presa di posizione delle massime
autoritŕ iraniane, con la guida suprema Ali Khamenei che ha attaccato
Israele, qualificato alla stregua di cane rabbioso che attacca persone
innocenti e bambini, e che starebbe commettendo un vero e proprio genocidio a
Gaza. Khamenei ha esortato il mondo musulmano a compiere ogni sforzo per armare
il popolo palestinese, il quale costituirebbe un esempio per tutti nella sua
disperata resistenza nella ridotta di Gaza ormai in gran parte priva di acqua e
di elettricitŕ. Dal canto suo il presidente iraniano Rohani non č stato da
meno, spingendosi a paragonare lo Stato ebraico a un tumore infetto, da
combattere con lo stesso vigore con il quale Rohani ha chiamato alla
mobilitazione contro l’Isis, impegnato a stabilire il califfato nei territori a
cavallo tra Iraq e Siria, e che nel frattempo massacra musulmani in nome
dell’Islam.
Il 30 luglio
si č verificato un nuovo gravissimo episodio che ha coinvolto i civili di Gaza:
un colpo di artiglieria israeliano ha
centrato una scuola dell’Agenzia umanitaria dell’ONU per i rifugiati a Jabaliya,
provocando 23 morti e decine di feriti: l’episodio ha provocato una dura
reazione del segretario generale dell’ONU, che ha definito l’attacco
ingiustificabile e vergognoso. Con toni piů morbidi anche gli Stati Uniti hanno
condannato l’attacco contro civili innocenti. Inoltre nel mercato di Sajaya,
localitŕ giŕ duramente colpita nei giorni precedenti, fonti palestinesi riferiscono
esservi stati altri 17 morti e 160 feriti. Il
totale delle vittime a Gaza dall’inizio del conflitto ha superato le 1.300
vittime e il numero dei feriti la cifra di 7.000. Frattanto nella giornata
del 30 luglio l’esercito israeliano ha perso altri tre soldati nell’esplosione
di un tunnel nella parte meridionale della Striscia, con un totale di 56: negli
ospedali israeliani risultano ricoverati oltre 100 feriti per i lanci di razzi
da Gaza, che sono proseguiti sul territorio israeliano.
A fronte dell’apparente volontŕ del governo di Tel
Aviv di proseguire nell’azione militare a Gaza fa spicco l’avviso contrario
dell’ex presidente Shimon Peres, per
il quale la soluzione del conflitto deve tornare alla diplomazia, e l’opzione
militare avrebbe esaurito la propria funzione: secondo Peres l’obiettivo
dovrebbe essere ricondurre la leadership della Striscia di Gaza all’ala
moderata dei palestinesi guidata da Abu Mazen.
Frattanto la
situazione umanitaria a Gaza si avvicina a quella che sembra davvero una catastrofe,
con circa 400.000 sfollati: l’Ufficio ONU
per gli affari umanitari ha reso noto che i civili palestinesi a Gaza affollano
le strutture dell’Agenzia delle Nazioni Unite in misura quadrupla rispetto alla
precedente crisi del novembre 2012.
In questo difficile contesto anche la diplomazia vaticana sembra dare segnali di preoccupazione,
con l’invio di una Nota verbale della Segreteria di Stato alle ambasciate
accreditate presso la Santa sede, per richiamare gli appelli sul Medio Oriente
che negli ultimi tempi il Papa ha rivolto a piů riprese.
Il 31 luglio
Israele ha proceduto al richiamo di altri 16.000 riservisti, segnale indiretto di una non imminente cessazione
dell’operazione a Gaza, dove intanto il precipitare della situazione umanitaria
ha indotto il presidente palestinese Abu Mazen a dichiarare Gaza area disastrata, per la quale č stata
richiesta la protezione dell’ONU.
Su un altro versante, l’Alto commissario ONU per i
diritti umani Navi Pillay č tornata
ad accusare Israele che deliberatamente violerebbe il diritto internazionale e
per di piů sarebbe fortemente appoggiata dagli Stati Uniti con forniture di
artiglieria pesante. Secondo l’Alto commissario peraltro anche Hamas
commetterebbe gravi violazioni dei diritti umani, fino a sfiorare (come Israele)
i crimini contro l’umanitŕ. La responsabile per gli affari umanitari delle
Nazioni Unite Valerie Amos ha richiamato le parti in conflitto agli obblighi
derivanti dal diritto internazionale umanitario, in margine ad un’ennesima riunione di emergenza del
Consiglio di sicurezza. Mentre Israele per bocca del proprio rappresentante
all’ONU ha respinto vibratamente le accuse, il portavoce della Casa Bianca Earnest ha rincarato la dose sulla
condanna del giorno precedente, definendo il bombardamento di edifici dell’ONU
stipati di civili inaccettabile e indifendibile. Il primo ministro turco Erdogan si č spinto a paragonare
l’operazione militare israeliana a quelle dei nazisti.
Solo sullo sfondo si mantiene la diplomazia, al
centro dei cui sforzi sembra rimasta
solo la proposta di mediazione egiziana, che il Presidente del consiglio Matteo
Renzi, in procinto di recarsi in visita al Cairo, ha definito l’unica carta da
giocare nello scenario attuale.
Il processo di costruzione degli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi ha subito un’accelerazione nel corso degli ultimi anni.
Secondo i dati dell’Israeli Central Bureau of Statistics, nel periodo giugno 2011-settembre 2013 sono stati avviati lavori per la costruzione di 3.720 unitŕ abitative e altre 2.832 unitŕ sono state completate. A tali cifra vanno aggiunte le unitŕ costruite senza autorizzazione, ciň che secondo l’organizzazione Peace Now porterebbe le unitŕ di cui sono stati iniziati i lavori a 5.087 nel periodo in considerazione.
La stessa organizzazione rileva come nel 2013 gli insediamenti sono cresciuti del 123% rispetto al 2012 e nei nove mesi dei negoziati israelo- palestinesi su iniziativa americana (luglio 2013 – aprile 2014) sono stati promossi piani per la costruzione di 8.983 unitŕ abitative e pubblicati bandi per altre 4.868 a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. Si tratta in totale di circa 14.000 unitŕ.
Oltre all’accelerazione dell’attivitŕ legata agli insediamenti, nei 9 mesi in parola si sono registrati la creazione di un nuovo insediamento e di due avamposti (insediamento non autorizzato), la legalizzazione di 4 avamposti e la prima grande espansione dagli Anni 80 di un insediamento nel cuore di Hebron, l’incremento delle demolizioni (931 tra il 2013 e il 2014) e la promozione di due parchi turistici a Gerusalemme Est.
Il mese di giugno 2014 si č rivelato particolarmente intenso, con la pubblicazione delle gare d’appalto per la costruzione di 1.466 unitŕ abitative in Cisgiordania e Gerusalemme Est e l’avanzamento di sei piani per la costruzione di 1.083 unitŕ in sei insediamenti in Cisgiordania. Alcune componenti del governo israeliano hanno chiesto ulteriori massicce costruzioni a seguito della scoperta dell’uccisione dei tre giovani israeliani rapiti il 12 giugno.
Alle fine del 2012 (si tratta degli ultimi dati disponibili) in Area C vivevano 341.400 coloni (rispetto a 297.000 palestinesi), in 130 insediamenti e circa 100 avamposti. Circa 300.000 coloni risiedono ad Gerusalemme est.
La continua espansione degli insediamenti, come sottolineato sia a livello bilaterale che dall’Unione europea, pone una seria minaccia non solo al dialogo di pace fra palestinesi e israeliani, ma rischia di compromettere concretamente la soluzione dei due-Stati, ponendo un serio ostacolo alla continuitŕ territoriale all’interno di un futuro Stato palestinese e rendendo sempre piů difficile l’ipotesi dell’evacuazione dei coloni da insediamenti le cui dimensioni crescono progressivamente. La Comunitŕ internazionale guarda poi con particolare apprensione alla possibilitŕ di creazione di insediamenti nella cosiddetta zona E1 (a nord est di Gerusalemme est), ciň che impedirebbe l’espansione di Gerusalemme Est e ne sancirebbe l’isolamento dalla Cisgiordania.
1. Fatah (centro-sinistra). Organizzazione politica e paramilitare palestinese facente parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), č stata fondata nel 1959 da Yaser Arafat. Pur non avendo mai raccolto l'unanimitŕ dei consensi palestinesi, Fatah č stata fino al 2006 la maggior organizzazione palestinese, fin quando, a partire dalla fine degli anni Novanta, la sua popolaritŕ č stata insidiata da Hamas, che gode di grande credito, a fronte di ricorrenti accuse di corruzione di cui sono stati oggetto i membri di Fatah. Ciň nonostante, Fatah séguita a coagulare intorno a sé numerosi giovani palestinesi, continuando a godere dei finanziamenti dei Palestinesi emigrati nell'area del Golfo Persico e della solidarietŕ politica e dell'appoggio finanziario di quasi tutto il mondo arabo-islamico. Dispone di 45 seggi all’interno del Consiglio legislativo palestinese (PLC).
2.
Fronte popolare per la liberazione della Palestina, FPLP (estrema sinistra).
Č una formazione politica e militare palestinese d’ispirazione
marxista-leninista. Fondato nel 1967, l’anno successivo aderě alla OLP, che
radunava tutte le organizzazioni palestinesi militanti, diventando la seconda
organizzazione piů numerosa al suo interno. Nel 1974, il Fronte lasciň il
Comitato esecutivo (CE) dell'OLP (ma non l'OLP), accusandolo di abbandonare il
fine della distruzione di Israele in cambio di una soluzione bi-nazionale della
questione palestinese, avversata decisamente dal FPLP. Il Fronte tornň a far
parte del CE dell'OLP nel 1981. Il FPLP si rese responsabile di atti di
terrorismo contro Israele. Secondo l'ex
Presidente della Repubblica italiana Francesco Cossiga, il Fronte, con la
collaborazione del gruppo filo-palestinese tedesco diretto dal terrorista
venezuelano Carlos, sarebbe il vero responsabile della strage di Bologna. Il
partito, risulta essere un’organizzazione listata dall’UE dal 2007. Dispone di 3 seggi all’interno del PLC
3. Partito popolare palestinese, PPP (estrema sinistra). Č un partito politico socialista, fondato nel 1982 nei territori occupati con il nome di Partito Comunista Palestinese. Si creň una posizione importante all'interno del movimento sindacale in Palestina, ed ebbe una considerevole popolaritŕ durante gli anni settanta, anche se da quel momento la sua penetrazione politica tra i palestinesi andň scemando. Il PPP nacque come gruppo di sinistra inserito all'interno di una logica democratica e secolare, pronto a rappresentare, di fronte ad un governo eletto, le richieste della classe operaia palestinese, piuttosto che lavorare per la rivoluzione proletaria.
Nei princěpi e nella struttura era abbastanza simile al Partito Comunista Italiano e, piů in generale, ai partiti comunisti occidentali. Il PPP partecipň ai negoziati di Oslo e, aderendo con convinzione agli accordi, da quel momento rinunciň alla lotta armata contro Israele. Dispone di un seggio all’interno del PLC.
4. Fronte democratico per la liberazione della Palestina, FDLP (estrema sinistra). Č un’organizzazione politica e militare laica palestinese, d’ispirazione marxista-leninista, sovente indicata come Fronte democratico, e membro della OLP. E’ stato fondato nel 1969 da una fazione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, accusando quest’ultimo di essere troppo incentrato su questioni militari.
Dalla metŕ degli anni Settanta, il gruppo si collocň in una posizione politica a metŕ strada fra quelle di Arafat e gli estremisti della OLP, condannando in particolar modo gli attacchi all'esterno di Israele. Il Fronte fu, inoltre, fondamentale per la definizione della soluzione dello stato bi-nazionale come obiettivo dell'OLP, insistendo sul bisogno di cooperazione fra arabi ed ebrei. Dispone di un seggio all’interno del PLC.
5. Iniziativa nazionale palestinese (centro-sinistra). Č un partito politico palestinese socialdemocratico, fondato da Mustafa Barghouthi nel 2002. Nelle elezioni legislative del 2006, Iniziativa nazionale palestinese ha corso sotto il nome di Palestina Indipendente. Dispone di 2 seggi all’interno del PLC.
6. La Terza Via (centro). Č un piccolo partito politico palestinese di tendenza centrista, guidato dall'ex Primo Ministro Salam Fayyad e da Hanan Ashrawi. L'obiettivo del partito č quello di spezzare il duopolio politico generato dalla competizione tra Hamas e Fatah. Dispone di 2 seggi all’interno del PLC.
7. Hamas (estrema destra). Organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare, Hamas č considerata un’organizzazione terroristica dall’Unione europea, Israele, Giappone e Stati Uniti, ed č bandita dalla Giordania. Australia e Regno Unito elencano solo la sua ala militare come organizzazione terroristica. Č stata fondata nel 1987 sotto la pressione dell'inizio della Prima Intifada come braccio operativo dei Fratelli Musulmani, per combattere lo Stato di Israele. Durante la Seconda Intifada (2000-2005) ha effettuato svariati attentati suicidi contro lo Stato ebraico, provocando centinaia di vittime civili e militari.
Lo Statuto di Hamas si propone la cancellazione dello Stato di Israele e la sua sostituzione con uno Stato islamico palestinese. Ciononostante, nel luglio 2009, Khaled Mesh'al,capo dell'ufficio politico di Hamas, ha dichiarato di essere disposti a cooperare con una "soluzione del conflitto arabo-israeliano che includesse uno Stato palestinese sui confini del 1967", a condizione che ai rifugiati palestinesi venisse riconosciuto il diritto al ritorno in Israele e che Gerusalemme est fosse riconosciuta come capitale del nuovo stato.
A seguito della vittoria di Hamas alle elezioni del 2006, grande preoccupazione č stata manifestata nel mondo occidentale a causa della natura del movimento. Il Quartetto (UE, USA, Russia e ONU) ha vincolato la prosecuzione del sostegno all'Autoritŕ nazionale palestinese a tre princěpi, definiti dalla comunitŕ internazionale:
· Hamas deve rinunciare alla lotta armata;
· Hamas deve riconoscere il diritto di Israele ad esistere;
· Hamas deve appoggiare chiaramente il processo di pace nel Vicino Oriente, come deciso in base agli Accordi di Oslo.
Dispone di 74 seggi all’interno del PLC.
Attraverso il meccanismo dei Vertici bilaterali, inaugurato a Gerusalemme il 2
febbraio 2010, l’Italia ha conferito maggiore sistematicitŕ e spessore al
dialogo politico con Israele, coronando un percorso di consolidamento
progressivo delle relazioni, che puntano al rafforzamento dei flussi reciproci
di investimento e alle collaborazioni culturali, di difesa e
tecnologico-industriali.
In occasione del IV Vertice tenutosi a Villa
Madama il 2 dicembre scorso, oltre alla Dichiarazione Congiunta firmata dai due
Capi Delegazione, che copre temi politici regionali e temi bilaterali trattati
dai Ministri ed oggetto degli accordi, a livello ministeriale sono stati
firmati i seguenti accordi e/o intese: Accordo in materia di Cooperazione di
Polizia; MoU tra Dipartimento della Protezione Civile e il Ministero della
Difesa Civile israeliano; Accordo di Coproduzione Cinematografica; Memorandum
di Intesa tra il Miur e l’Istituto ‘Yad Vashem’ sulla Shoah (Rinnovo);
Dichiarazione congiunta tra il MIUR e il Ministero dell’Istruzione sulla
cooperazione in materia di tecnologia per l’istruzione; Dichiarazione di sulla
cooperazione in materia di Energia; Dichiarazione congiunta sulla Sicurezza
Cibernetica.
Il prossimo vertice, il V, si dovrebbe tenere
in Israele; da primi contatti con la Presidenza del Consiglio č stata ravvisata
una difficoltŕ di agenda del PdC Renzi per tutto il periodo prima della fine
del 2014. Da parte israeliana probabilmente verrŕ invece manifestato il forte
auspicio di svolgere a Gerusalemme durante il periodo di presidenza italiana
dell’UE, se non il Vertice, almeno una visita del Presidente del Consiglio. Pur
con questi caveat potranno essere discussi in via del tutto
preliminare con la controparte gli eventuali “highlight” del prossimo Vertice
nonché ipotesi di eventi a margine, ove possibile associandoli ai temi
dell’expo di Milano.
L’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica
Italia-Israele
Israele č lo Stato che al mondo investe nella
ricerca la maggior percentuale del proprio PIL. L’Accordo di cooperazione
industriale, scientifica e tecnologica bilaterale (firmato nel 2000 e
ratificato nel 2002) rappresenta un decisivo volano delle relazioni italo
israeliane, permettendo di finanziare progetti di ricerca congiunti attraverso
la pubblicazione di due bandi all’anno: un bando di tipo industriale aperto
prioritariamente alle imprese dei due Paesi; un bando di tipo accademico per il
finanziamento di progetti di ricerca scientifica pura, che vede coinvolti
Universitŕ e Centri/Istituti di ricerca, pubblici e privati. Sebbene il track
industriale si rivolga prioritariamente alle imprese, non sono comunque esclusi
dalla relativa partecipazione gli Enti di Ricerca e/o le Universitŕ, che
potranno affiancare i “soggetti industriali” nella realizzazione di progetti di
ricerca congiunta. Quest’anno per il track industriale sono pervenute 14
domande, mentre per il track scientifico ne sono arrivate 76. La valutazione
dei progetti candidati č in corso. La Commissione Mista italo-israeliana si
riunirŕ il prossimo 4 novembre a Tel Aviv per stilare la graduatoria dei
progetti selezionati ed eligibili al finanziamento.
L’accordo ha consentito, a tutt’oggi, il
finanziamento diretto di oltre un centinaio di progetti di ricerca tecnologica
e industriale che coinvolgono le principali aziende e centri di ricerca dei due
Paesi in uno svariato numero di settori ad alta innovazione.
Nell’edizione di quest’anno č stato dato
particolare rilievo alla Sicurezza Cibernetica (Cyber Security), settore di
estremo interesse non solo per quelle imprese giŕ attive in ambito Cyber e/o
impegnate nel dialogo bilaterale sul Cyber, ma anche per le aziende che si
vogliano affacciare in questo ambito per la prima volta.
Merita menzione il Seminario italo-israeliano
dal titolo “Brain matter(s)”, svoltosi a Tel Aviv il 22 maggio u.s.,
concernente scambi scientifico-industriali nel settore della diagnosi e del
trattamento delle malattie neurodegenerative. Tale iniziativa, promossa nel
quadro di attuazione dell’Accordo di Cooperazione Industriale, Scientifica e
Tecnologica tra i due Paesi, č stata organizzata dallo Sportello Unico
dell’Ambasciata di Tel Aviv ed ha visto la partecipazione di importanti
aziende, di esperti del mondo accademico e della ricerca ospedaliera di Italia
e Israele.
Lo stesso Accordo ha, inoltre, consentito
l’organizzazione di numerose conferenze, seminari e workshop italo-israeliani
su varie tematiche, che hanno visto la partecipazione di docenti universitari,
ricercatori, rappresentanti di imprese e di istituzioni pubbliche e private.
L’Accordo ha poi stimolato importanti programmi di collaborazione tra ospedali
israeliani e italiani. I Laboratori Congiunti e i Core-Programs, realizzati a
partire dal 2010 tra enti accademici e di ricerca italiani ed israeliani,
rappresentano uno strumento di grande valore per ampliare ed approfondire il
partenariato tra attori di eccellenza nella ricerca scientifica dei due Paesi,
incrementando la mobilitŕ dei ricercatori e creando nuove opportunitŕ di
collaborazione in grado di migliorare la qualitŕ e l’attrattivitŕ della ricerca
italiana anche nel contesto europeo.
Sulla falsariga dell’accordo governativo
Italia-Israele, il 26 marzo 2012 č stato firmato l’accordo per la cooperazione
industriale, scientifica e tecnologica tra la Provincia Autonoma di Trento e lo
Stato d’Israele.
Un piano d'azione in via di
definizione prevede l'organizzazione di un evento nel corso del semestre di
Presidenza italiana dell'Unione Europea che potrebbe coincidere con la
partecipazione del Sistema Italia in un contesto UE alla Conferenza
Internazionale sulla Sicurezza cibernetica, principale evento di networking del
settore, che avra' luogo in Israele nel Settembre 2014. Nell’ambito delle
relazioni bilaterali č in crescita la collaborazione nel settore del cyber
security, dossier chiave per Israele. Nel settembre 2013, una delegazione del
National Cyber Bureau si e' recata in visita a Roma per un articolato programma
di incontri istituzionali (Ministero degli Esteri, Presidenza del Consiglio,
Ministero della Difesa, Ministero dello Sviluppo Economico) e con
rappresentanze imprenditoriali (Selex/Finmeccanica, Telecom Italia, Intesa
Sanpaolo, Edison, Intecs e Associazione delle PMI nel settore aerospaziale) ed
accademiche (Universita' di Roma), registrando una convergenza di interessi per
un maggiore sviluppo della cooperazione.
In occasione del Vertice del 2
dicembre 2013, il Commissario incaricato dell'esecuzione dell'Agenda digitale
italiana e il Capo del National Cyber Bureau hanno firmato una Dichiarazione
congiunta in materia di ciberspazio, che prevede missioni periodiche degli enti
competenti in materia di sicurezza informatica dei rispettivi Paesi, nonche' la
partecipazione ad eventi ed incontri a livello di esperti e funzionari
governativi, con l'obiettivo di promuovere lo scambio di informazioni e i
progetti tra imprese e esponenti del mondo accademico. E' inoltre prevista
l'istituzione di un gruppo consultivo composto, tra gli altri, da aziende e
start-up di questo settore nonche' istituzioni accademiche ed enti di ricerca
dei rispettivi Paesi. A latere del Vertice, si sono svolti anche un incontro
bilaterale a livello governativo, nel corso del quale sono state illustrate le
strategie nazionali sulla sicurezza informatica e un seminario dal tema
"Cyber Security for Energy Infrastructures" al quale hanno preso
parte rappresentanti dei settori imprenditoriale e accademico allo scopo di
discutere le possibili iniziative da inserire nel bando di cooperazione
industriale del 2014, nonche' delle problematiche incontrate dalle strutture
nazionali in campo energetico nel contrasto alle minacce informatiche. Per
parte italiana, tra gli altri partecipanti, erano presenti Finmeccanica, Selex
Es, Enel, il Politecnico di Torino, l'Universita' "La Sapienza" e
l'Universita' degli Studi di Genova.
La dichiarazione congiunta ha
accelerato il dialogo sui temi della cyber security, sfociato nella qualificata
partecipazione italiana all'evento "CyberTech 2014" svoltosi a Tel
Aviv nel gennaio 2014, a cui hanno partecipato Finmeccanica/Selex-ES, Enel, Intesa
SanPaolo, Telecom Italia e nel corso della quale e' stato organizzato un
incontro bilaterale con il National Cyber Bureau, incentrato sui temi della
protezione delle infrastrutture critiche in ambito energetico e finanziario. Le
controparti israeliane guardano con interesse a concretizzare la cooperazione
nel settore cibernetico, in particolare promuovendo intese operative con i
grandi attori italiani interessati alla protezione delle infrastrutture
critiche in ambito energetico e finanziario ed iniziative nel settore
accademico e della ricerca e sviluppo.
Un piano d'azione in via di
definizione prevede l'organizzazione di un evento nel corso del semestre di
Presidenza italiana dell'Unione Europea che potrebbe coincidere con la
partecipazione del Sistema Italia in un contesto UE alla Conferenza
Internazionale sulla Sicurezza cibernetica, principale evento di networking del
settore, che avra' luogo in Israele nel settembre 2014. In linea con l’obiettivo di dare attuazione
alle intese bilaterali sul cyber space, per quanto riguarda la parte
accademica, si intende favorire i contatti fra i partecipanti italiani ed i
loro omologhi israeliani coinvolgendo in particolare il Dipartimento Ingegneria, l’Universitŕ di Modena,
il Politecnico di Torino e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Quanto
all’aspetto istituzionale, si rivolgerŕ particolare attenzione alla strategia
europea di cyber security. L’obiettivo di un dialogo UE-Israele in materia di
cyber security prevede, altresě, la sensibilizzazione di interlocutori nelle
istituzioni europee, inclusi il Vice Segretario Generale dell’European External
Action Service e del Vice Direttore Generale per le reti di comunicazione,
contenuti e tecnologie della Commissione Europea.
Israele č la nazione delle start up. I risultati conseguiti da
Israele hanno costituito il presupposto della cooperazione con il nostro Paese.
L'Italia ha firmato con Israele
nell’ottobre 2012 la "Joint Declaration between Italy and Israel
Concerning Bilateral Relations in the Field of Start-Up Companies and High
Technology Industries", documento di avvio di una collaborazione
strutturata, che ha previsto la costituzione di un Gruppo di Lavoro bilaterale
incaricato della sua attuazione. Sarŕ fondamentale mantenere vivo (e non
operante solo in occasione dei Vertici) tale strumento di dialogo.
Riunitosi in occasione del Vertice Bilaterale del 2 dicembre 2013, il Gruppo di
Lavoro ha deciso il rafforzamento della cooperazione nel settore e soprattutto
la promozione di attivitŕ formative per giovani imprenditori, tuttora in via di
definizione e concentrate nei settori: a) scambio di tecnologie ed
organizzazione di eventi congiunti nel settore energetico ed in particolare
delle risorse idriche e dei carburanti alternativi; b) scambio tecnologico in
ambito di "smart government"
e "smart cities"; c) eventi
congiunti nel settore della sicurezza cibernetica; d) sistemi sanitari ed
assistenza sanitaria.
Relazioni economiche e commerciali
Il saldo commerciale italiano con Israele č
strutturalmente positivo. In base ai dati Istat relativi al 2013,
l’interscambio commerciale č ammontato a 3.094,7 milioni di euro (+2%). Le
esportazioni italiane verso Israele sono state di 2.149,5 milioni di euro (+4%
rispetto al 2012); le importazioni italiane da Israele sono state 945,2 milioni
di euro (-2,3% rispetto al 2012). Il saldo, a favore dell'Italia, č stato di
1.204,3 milioni di euro. Le variazioni delle principali voci dell’export sono
state i macchinari per impieghi speciali (+9,3%) e le macchine di impiego generale
(+8%); dal lato delle importazioni italiane, i prodotti petroliferi raffinati
(+106,8%) e i prodotti chimici di base (-17,6).
Nella classifica dei principali fornitori di
Israele, l'Italia si posiziona come secondo partner a livello UE (dopo la Germania),
mentre a livello globale si colloca nella sesta posizione. Per contro, nel 2013
l'Italia si e' collocata al decimo posto fra gli acquirenti delle esportazioni
israeliane.
Da un punto di vista merceologico, l’export
italiano (2.151 milioni di Euro) nel Paese č ampiamente diversificato tra i
vari settori. Dal lato delle importazioni, nel 2013, l’Italia ha acquistato
merci israeliane per un valore pari a 945 milioni di Euro (- 2,3% rispetto al
2012). I beni di importazione di maggior rilevanza sono prodotti chimici,
prodotti petroliferi raffinati e tecnologia. I rapporti economici bilaterali
tra Italia ed Israele hanno visto affiancarsi al volume di scambi un flusso
crescente di iniziative volte a stimolare la cooperazione scientifica,
finanziaria e tecnologica tra i due Paesi. La collaborazione con l’industria
italiana viene sempre piů considerata dagli ambienti hi-tech israeliani come un
naturale complemento nel passaggio dalla fase di ricerca e brevettazione a
quella di realizzazione e commercializzazione dei prodotti finiti. Il
tessuto industriale israeliano, infatti, non č molto articolato e l’Italia č
vista come un valido partner nella fase di industrializzazione dei prodotti e
delle tecnologie, grazie alla diversificazione, flessibilitŕ ed estensione del
nostro sistema industriale.
Accanto alle evoluzioni della bilancia
commerciale, acquistano importanza crescente alcuni settori nei quali č emerso
l'interesse ad una collaborazione strutturata quali i settori della difesa e
del turismo, dove si č avuta nel
2013 una crescita dei flussi "outgoing";nonostante il rallentamento
economico, l’Italia č una delle mete privilegiate dal turismo israeliano, con
circa 500.000 presenze.
In
materia di difesa,l’aggiudicazione della commessa di 30
velivoli da addestramento da parte
di Alenia Aermacchi (forniture iniziate il 9 luglio) colloca l'Italia su
un piano privilegiato nelle relazioni bilaterali con Israele nel settore
dell'industria della difesa. Il contratto, firmato nel luglio 2012, prevede la
consegna dei velivoli a partire da luglio 2014 nell’ambito di un pacchetto (che
oltre alla fornitura comprende servizi di manutenzione, logistica e sistemi di
terra) il cui valore complessivo ammonta a circa un miliardo di dollari.
L’affermazione di Alenia Aermacchi in Israele potrebbe svolgere un effetto
traino su altri mercati esteri in cui l’azienda concorre con il suo M346
(Polonia e Stati Uniti in primis). La
commessa riveste grande importanza per l’impulso fornito allo sviluppo di un partenariato bilaterale di lungo periodo e
di alto profilo tecnologico in grado di rafforzare la proiezione delle
aziende italiane e israeliane nei mercati piů evoluti (Paesi europei e NATO).
Al riguardo sono stati istituiti
tavoli di lavoro tra Finmeccanica e SIBAT (ente del Ministero della Difesa
Israeliano responsabile dello sviluppo della cooperazione ed export nel
settore), al fine identificare possibili iniziative congiunte in Italia, in
Israele e verso Paesi terzi. Nel corso degli incontri connessi alla definizione tecnica del contratto
č emersa inoltre la disponibilitŕ israeliana ad avviare un'iniziativa per lo
sviluppo congiunto di velivoli senza pilota (UAV).
Resta inoltre
aperta la possibilitŕ di trattative sulla fornitura di siluri e pattugliatori
navali destinati a garantire la sicurezza delle installazioni per l'estrazione
di gas naturale nel Mediterraneo orientale. La fornitura dei siluri sarebbe
strutturalmente collegata a quella dei sommergibili, giŕ attribuita alla
Germania, e pertanto piů difficile sarebbe una attribuzione ad aziende di altri
Paesi. Rispetto invece ai pattugliatori, č piů probabile che vi sia un'asta
internazionale e un'eventuale opzione
italiana potrebbe avere concrete possibilitŕ.
Un altro settore cresciuto in maniera
significativa č quello dello Spazio dove le due Agenzie Spaziali
lavorano a progetti focalizzati sull'osservazione iperspettrale. Le industrie
italiane e israeliane (anche di piccole e medie dimensioni) condividono sempre
piů spesso tecnologie e in questi mesi č stato anche aperto un canale per i
nostri ingegneri per lavorare su progetti di ricerca sotto la guida delle due
Agenzie Spaziali.
Particolarmente promettente č la cooperazione nel settore dell'energia e
dell'acqua, tra i temi qualificanti del Vertice di Roma del 2 dicembre
scorso, quando e' stata firmata una Dichiarazione sulla collaborazione
bilaterale in tale settore. Di particolare interesse sono i contatti per
promuovere l'Italia quale hub principale per il transito verso 1'Europa
centrosettentrionale del gas israeliano destinato all'esportazione. Sul settore
acqua, rispetto al quale Israele vanta esperienze che ne fanno un esempio
insuperato, l'impegno congiunto potrebbe riverberarsi in mercati terzi
riguardando un settore in rapida espansione e tra l'altro strettamente collegato
al tema dell'Expo.
Per quanto riguarda l’energia, le rilevanti scoperte di gas
offshore avutesi di recente nelle acque profonde israeliane sono solo una parte
dei nuovi campi a gas nel cosiddetto “Levantine basin” nel Mediterraneo
orientale. A seguito dei successi delle attivitŕ esplorative, Israele č
diventato produttore di gas naturale e la Corte Suprema Israeliana ha
autorizzato la decisione governativa di esportare il 40% del gas naturale
prodotto verso i mercati esteri (assicurando comunque al Paese un'autonomia
energetica di almeno 25 anni). Forte č
l’interesse di Edison ad incrementare le proprie attivitŕ esplorazione e
produzione nell’area, tenendo anche conto delle sensibilitŕ politiche
interessate (tensioni con la Turchia riguardo l’attivitŕ di prospezione delle
acque cipriote).
In merito alle modalitŕ di esportazione, la scelta non
dipende solo dal Governo israeliano, ma anche dalle compagnie cui sono affidate
le attivitŕ di estrazione. L’interesse
dell’Italia č quello di rendere il nostro paese un hub energetico nel Mediterraneo, cosě come previsto dalla Strategia
Energetica Nazionale (SEN-marzo 2013).
Le possibilitŕ che si stanno al
momento profilando sono: 1. un
gasdotto che da Cipro giunga alla Grecia per agganciarsi al TAP (Trans-Adriatic
Pipeline), un’opzione politicamente sicura ma economicamente molto costosa. 2. La costruzione di un gasdotto
collegato alla Turchia che poi si aggancerebbe al TANAP e attraverso questo al TAP.
Trattasi di opzione
difficilmente percorribile per ragioni politiche in quanto Israele non intende
porsi in una situazione di dipendenza dalla Turchia che, oltretutto, potrebbe
pretendere di ricevere una quota sostanziale del gas in transito. 3. Impianto di liquefazione a Cipro o in Egitto nel quale verrebbe convogliato il gas naturale proveniente
dal giacimento israeliano per essere liquefatto e poi esportato sotto forma di
GNL. Quest’ultima opzione sarebbe la piů semplice da realizzare perché in Egitto ci sono giŕ impianti ENI, ma
di contro permane la situazione fortemente instabile del Sinai. L’Italia
potrebbe avere interesse ad essere coinvolta nel trasporto verso la UE sia
utilizzando propri impianti di rigassificazione del GNL. 4. La costruzione di un nuovo gasdotto
che colleghi i giacimenti direttamente alla costa egiziana. 5. Infine, č stato anche suggerito da parte italiana che Israele
si avvalga della soluzione di esportazione di gas in formato CNG (“compressed
natural gas”), per cui l’industria anche cantieristica italiana ha sviluppato
diverse soluzioni.
Nel corso delle due visite in Israele del
Presidente del Consiglio (luglio 2013) e del VM Pistelli (settembre 2013), da
parte israeliana si č manifestato l’indirizzo a una collaborazione con il
nostro Paese nel campo dello sfruttamento dei giacimenti di gas naturale.
Il tema delle
risorse energetiche č stato un argomento centrale del Vertice del dicembre
2013, nel corso del quale č stata firmata la Dichiarazione congiunta
del Ministro dello Sviluppo Economico e del Ministro dell’Acqua e delle Risorse
Energetiche, sulla cooperazione nei settori dell’energia e dell’acqua.
Gli israeliani sembrano pronti ad individuare
concretamente le controparti contrattuali e le modalitŕ di distribuzione di
mercato. Una collaborazione con l’Italia, anche attraverso il gasdotto TAP,
riscuote favore. La scoperta dei
giacimenti di gas ha creato nuove prospettive anche per le relazioni tra
Grecia, Israele e Cipro, che hanno firmato un Memorandum di Intesa che rafforza
la collaborazione tra i tre Paesi sia in campo energetico sia dello
sfruttamento delle risorse idriche. Questo progressivo avvicinamento potrebbe
creare le premesse per un terzo corridoio energetico che si potrebbe aggiungere
al Nord Stream e ai gasdotti che attraverseranno il sud Europa (South Stream e
TAP).
Si segnala che recentemente alcune societŕ
israeliane “Solangia ltd” e “Ellomay Capital ltd” hanno espresso forti
preoccupazioni circa il piano, cd. “Spalma incentivi” che il Ministero dello
Sviluppo Economico starebbe per approvare al fine di alleggerire la bolletta
energetica per le PMI. Tale piano,
infatti, prevederebbe un taglio agli incentivi per le fonti rinnovabili di
energia , fotovoltaico, e ciň secondo gli israeliani metterebbe a rischio
gli investimenti esteri nel settore. Esse infatti basano il loro ritorno
economico sulla stabilitŕ della regolamentazione del settore. Le imprese
israeliane non escludono azioni legali a tutela dei loro investimenti La
questione č stata posta anche all’attenzione del Presidente del Senato Grasso.
Il decreto-legge 24 giugno 2014 n. 91 prevede
un contenimento della bolletta energetica per le PMI.
Il contenimento della bolletta energetica
riguarderŕ una platea di circa 700 mila
soggetti (connessi in Media Tensione oppure in Bassa Tensione con potenza
impegnata non inferiore a 16,5 kW). Puň essere utile far presente che,
attualmente, le PMI italiane pagano per l’energia elettrica prezzi tra i piů
elevati in Europa: nel secondo semestre 2013 una PMI italiana (con consumo nel
range di 500-2000 MWh / anno) spendeva per l’energia elettrica mediamente 199,5
€/MWh, contro una media Ue pari a 147,1 €/MWh (+35,6%). In tutta Europa, solo a
Cipro e in Danimarca si riscontrano valori superiori.
Ai
produttori del settore fotovoltaico viene indubbiamente chiesto un sacrificio,
ma va ricordato che: a) l’Italia č uno tra i Paesi europei che eroga al settore
del fotovoltaico incentivi tra i piů generosi in Europa (6,7 miliardi nel 2013); b)
la spesa media per incentivi riconducibili al solo fotovoltaico č cresciuta da 5,4 €/MWh nel 2010 a 21,1 €/MWh nel
2013; c) tutto ciň č oltretutto avvenuto in un momento di forte crisi economica
e di crollo della domanda (-7,5% tra 2010 e 2013).
Per ridurre il costo della bolletta
energetica, il decreto 91/2014 (e gli atti amministrativi connessi) interviene
su una molteplicitŕ di voci: rimodulazione obbligatoria degli incentivi al
Fotovoltaico (FV), rimodulazione volontaria degli incentivi alle fonti
rinnovabili non FV, riduzione delle agevolazioni per le Ferrovie dello Stato,
riduzione della remunerazione del servizio di interrompibilitŕ per i grandi
consumatori energivori, compartecipazione agli oneri generali di sistema per i
consumatori connessi a reti private, riduzione o eliminazione di una serie di
altre agevolazioni, trasferimenti o esenzioni quali, a titolo di esempio, i
trasferimenti alle imprese elettriche minori, la socializzazione degli sconti
sul prezzo elettrico per gli ex dipendenti di alcune societŕ di distribuzione
elettrica, l’eliminazione di alcuni colli di bottiglia infrastrutturali, la
promozione della concorrenza, ecc.
In particolare, per gli impianti FV di grandi
dimensioni (>200 kW), che assorbono il 60% degli incentivi (circa 4,1
miliardi di €/anno su un totale di 6,7 miliardi di €/anno nel 2014) viene disposto dal comma 3
dell’art. 26, una rimodulazione degli stessi incentivi, che vengono spalmati su
un periodo di 24 anni, rispetto all’attuale durata ventennale, con conseguente
riduzione delle tariffe incentivanti spettanti, cioč dell’incentivo unitario.
Per tali impianti, č prevista la possibilitŕ di accedere a finanziamenti
bancari, per un importo massimo pari alla differenza tra l’incentivo spettante
al 31 dicembre 2014 e l’incentivo rimodulato, sulla base di apposite
convenzioni con il sistema bancario, di provvista dedicata e di garanzia
concessa, cumulativamente o alternativamente, dalla Cassa Depositi e prestiti
SpA. Č previsto, inoltre, che le regioni e gli enti locali adeguino i permessi
rilasciati, comunque denominati, per la costruzione e l’esercizio degli
impianti fotovoltaici, alla nuova durata dell’incentivo.
Si prevede, infine, che il produttore possa
optare, in alternativa al predetto allungamento a 24 anni, per una riduzione
volontaria di una quota pari all’8 per cento dell’entitŕ residua dell’incentivo
di spettanza alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
Al fine di una corretta contestualizzazione
della misura in esame occorre ricordare che:
·
L’Italia č uno tra i paesi europei che
eroga al settore del fotovoltaico incentivi tra i piů generosi in Europa:
secondo Acer (2013) l’incentivo medio unitario nel 2011 (anno a cui si
riferisce l’analisi) era pari a 367,20 € / MWh, tra i piů elevati in Europa in
valore assoluto. Per completezza di confronto, inoltre, occorre tenere presente
che la cd. insolazione in Italia č superiore ad altri paesi: mediamente 1178
h/yr contro 937 h/yr nello stesso anno, per esempio, rispetto alla Francia,
paese con gli incentivi unitari piů alti in assoluto (477,22 €/MWh nel 2011),
secondo dati desumibili da Iea (2014). Di conseguenza il flusso atteso degli
incentivi generati da 1 kW FV in Italia (432.562 €/kW/yr), nel 2011, era
inferiore solo a Francia (447.155 €/kW/yr) e Spagna (493.452 €/kW/yr). Tuttavia
la capacitŕ FV installata in Francia č molto inferiore a quella italiana (nel
2013 risultavano installati circa 18 GW in Italia contro 4,7 GW in Francia).
Per quel che riguarda la Spagna, il paese ha introdotto negli anni scorsi
significativi tagli retroattivi al valore dell’incentivo, fortemente criticati
e oggetto di numerosi ricorsi.
·
Buona parte dell’attuale volume degli
incentivi č attribuibile a una misura assimilabile a un aumento retroattivo degli
incentivi, dovuto al c.d. Salva Alcoa che ha prolungato il periodo di validitŕ
del Secondo Conto Energia alla prima fase di applicazione del Terzo Conto
Energia, determinando una forte crescita di investimenti, tale da far esplodere
la capacitŕ installata da circa 900 MW a fine 2009 a circa 13 GW a fine 2012.
·
Di conseguenza, la spesa per incentivi č
passata da circa 1.700 M € nel 2010 a circa 6.700 M € nel 2013, con un tasso di
crescita annuale composto del 57% e una crescita cumulata del 287,6%.
·
Contemporaneamente la domanda elettrica –
a causa della crisi economica – č calata da 342,9 TWh nel 2010 a 317,1 TWh nel
2013 (-7,5%). Di conseguenza l’onere medio dell’incentivazione del FV č
cresciuto da 5,0 €/MWh a 21,1 €/MWh (+319%) con un CAGR (Compound Annual Growth Rate) pari al 61%.
Rapporti culturali
La promozione della cultura e della lingua
italiana č curata dall’Istituto Italiano di Cultura (IIC) di Tel Aviv e dalla
Sezione di Haifa sotto il coordinamento dell’Ambasciata.
Il contesto particolarmente dinamico e
vivace, oltre ad assicurare il successo delle iniziative riguardanti il
patrimonio artistico e letterario italiano, incoraggia anche la produzione
sperimentale contemporanea, come mostrano, ad esempio in campo musicale, gli
eventi di musica jazz e elettronica che si aggiungono alla programmazione
dedicata al bicentenario verdiano tuttora in corso, frutto della collaborazione
con l’Opera di Tel Aviv. Particolarmente intenso inoltre lo scambio nel settore
cinematografico, con un’ampia partecipazione italiana ai piů importanti
festival del Paese. I due IIC assicurano anche una costante e articolata
offerta di corsi di lingua.
Fondazione Italia-Israele per la cultura e le arti
La Fondazione “Italia-Israele per la cultura
e le arti” (IIFCA) č stata costituita nel 2012 su iniziativa dei due Ministeri
degli Esteri, assieme all’Associazione di Amicizia Culturale Italia–Israele,
presieduta dalla Signora Anita Friedman, intellettuale israeliana residente a
Roma. Presidente č il Prof. Piergaetano Marchetti. La Fondazione ha la finalitŕ
di promuovere progetti bilaterali innovativi in campo culturale. La sua
specificitŕ č la presenza nel Consiglio di Amministrazione dei due Ministeri
degli Esteri oltre che di privati.
Al momento della creazione della Fondazione
la parte israeliana conferě 120.000 € per le attivitŕ mentre da parte italiana
non si forně un contributo finanziario ma si mise a disposizione l’esperto
culturale a Tel Aviv, con un “doppio cappello” quale Direttore Generale, sino
ad aprile 2014. La carica di DG č attualmente ricoperta ad interim dalla dottoressa Friedman.
Il MAE israeliano sta attualmente valutando
la proposta, sostenuta da parte italiana, di rimodulazione della composizione
del CdA, che vedrebbe diminuire i membri appartenenti ai due Ministeri,
favorendo l’ingresso di personalitŕ e soggetti privati capaci di mobilitare
risorse e di ampliare le relazioni culturali e artistiche della Fondazione.
Seguirŕ a tale modifica la selezione e nomina di un nuovo Direttore Generale.
La Fondazione ha in particolare organizzato
presso il Museo d'Israele a Gerusalemme la mostra dell'Annunciazione di
Botticelli proveniente dagli Uffizi (visitata dall’allora Ministro Bray
nell'ottobre 2013). E’ stato anche creato l'Osservatorio sulla lingua italiana,
volto, attraverso una compresenza di pubblico e privato, ad individuare una
strategia promozionale della lingua italiana facendone uno strumento sistemico
per le relazioni bilaterali in ogni settore.
Vanno poi segnalati i puntuali progressi dei
lavori di restauro del ponte medievale di Gesher, frutto della collaborazione
trilaterale tra Italia, Israele e Giordania. L'opera, di cui č evidente il
valore simbolico anche con ricadute politiche ed economiche per il turismo,
potrebbe completarsi in autunno con la gratitudine di israeliani e giordani che
apprezzano il nostro impegno tecnico, finanziario e nella facilitazione di una
non scontata collaborazione tra i due paesi confinanti.
Durante l’ultimo Vertice č stato anche
firmato l'Accordo sulla cooperazione cinematografica, fondato sull'interesse a
produzioni cinematografiche comuni.
E' stato inoltre rinnovato il
"Memorandum sull'educazione sulla Shoah", volto a promuovere le
attivitŕ formative sull'Olocausto a beneficio di studenti e docenti, tra MIUR,
Ministero dell'Istruzione israeliano e il Memoriale dello Yad VaShem di
Gerusalemme. Tale memoriale č il fulcro dell'identitŕ ebraica contemporanea e
la collaborazione in campo educativo tra l'Italia e Yad VaShem costituisce un
segno della nostra sensibilitŕ; proprio con Yad VaShem, nell'ambito della
nostra Presidenza dell'unione Europea.
Il MIUR organizzerŕ a Roma il 15 dicembre prossimo un convegno con la
partecipazione di educatori europei impegnati sul tema della Shoah.
Promozione
linguistica
Lo studio della lingua italiana č sempre piů
diffuso in Israele, dal liceo all’universitŕ.
A livello universitario, sono attivi tre
lettorati MAE di ruolo presso le Universitŕ di Tel Aviv, di Gerusalemme e di
Haifa, e un lettorato locale presso l’Interdisciplinary Center di Herzliya, che
beneficia di un contributo ministeriale. Nei prossimi mesi, beneficerŕ di
contributo ministeriale anche la Universitŕ Ben Gurion del Negev di Beer Sheva.
Sette atenei israeliani (Universitŕ Ebraica
di Gerusalemme, Universitŕ Ben Gurion del Negev di Beer Sheva, Universitŕ di
Haifa, Technion di Haifa , Universitŕ di Tel Aviv, Universitŕ Interdisciplinary
Center Herzliya, Universitŕ di Barilan) con 807 studenti iscritti nell’A.A.
2012/2013, includono corsi di lingua e cultura italiana.
A partire dal 2011 vi č stato l’inserimento
ufficiale della lingua e della cultura italiana come materia di studio e per l’
esame di maturitŕ nelle scuole secondarie israeliane, nonché la creazione
presso il Ministero israeliano dell’istruzione di un "Commissione
Superiore per l'insegnamento della lingua italiana".
Cooperazione
interuniversitaria
Gli atenei italiani hanno stipulato 98
accordi con universitŕ israeliane, di cui 82 bilaterali. L’universitŕ col
maggior numero di accordi č il Politecnico di Milano (n. 12). Nel corso
dell’a.a. 2012-13 risultavano iscritti 1467 studenti israeliani presso
universitŕ italiane (157 immatricolati nell’a.a. 2012-13) e 31 iscritti presso
le accademie di formazione artistica e musicale.
Nell’a.a. 2013/14 il MAE ha offerto borse di
studio per complessive 18 mensilitŕ e tale ammontare resta invariato per l’anno
accademico 2014/2015. Israele a sua volta offre 4 borse di 8 mesi ciascuna per
progetti di ricerca in vari campi e 4 borse estive per corsi di ebraico.
Il 25 ottobre 2012, in occasione del Terzo
Vertice bilaterale, č stato firmato tra il MIUR ed il Ministero dell’Educazione
dello Stato di Israele un “Memorandum of Understanding on Co-operation in the
Field of Students and Youth Policy”, teso a sviluppare e potenziare gli scambi
giovanili tra i due Paesi.
Borse
di studio offerte da Israele a studenti italiani:
4 borse
2014-2015 della durata di 8 mesi ciascuna per un progetto di ricerca (da
novembre 2013 a giugno 2014). Totale 32 mensilitŕ. 4 borse estive 2013 di 4 settimane
ciascuna per un corso di lingua ebraica (Ulpan) presso l’Universitŕ di Haifa.
Totale 4 mensilitŕ.
Borse di studio offerte dal MAE
a studenti israeliani AA 2013/14: mensilitŕ offerte: 18, successivamente
elevate a 30 grazie a reintegro delle disponibilitŕ sul capitolo di bilancio in
corso d’anno. AA 2014/15: mensilitŕ offerte 18.
Alla luce della situazione dei capitoli di
bilancio relativi alle Borse di Studio, che quest'anno hanno visto un calo
delle disponibilitŕ di oltre il 24% rispetto all'anno precedente, il MAE, per
l'anno accademico 2014-15, ha dovuto attuare attuato una specifica politica di
tagli alle Borse di studio.
Ciň nonostante, per Israele ed altri Paesi
prioritari si č ritenuto di non applicare nessuna riduzione rispetto a quanto
concesso l’anno precedente, confermando lo stesso numero di mensilitŕ (18).
Inoltre, ci si riserva la possibilitŕ, in caso di disponibilitŕ aggiuntive nel
corso dell’anno, di concedere integrazioni ulteriori.
Il MAE israeliano lamenta l’avvenuta
decurtazione dei contingenti di borse di studio italiane a beneficio degli
studenti israeliani per corsi universitari in Italia. A partire dal 2012 si
sarebbe passati da 42 mensilitŕ a sole
18 mensilitŕ. Gli israeliani manifestano duplice disagio, da un lato il fatto che
tale decurtazione non sia stata adeguatamente preventivata, dall’altro il fatto
che č essa evidenzia ora un grande squilibrio tra quanto offerto da parte
israeliana agli italiani (32+4 mensilitŕ) e quanto corrisposto da parte
italiana.
Cooperazione
archeologica
Il MAE finanzia per il 2014 due missioni di
ricerca, attive dal 2006, operanti nell’antico sito di Qesem Cave e nel
quartiere medievale di Akko, quest’ultima in collaborazione con l'Israel
Antiquities Autority. Le indagini, in buona parte condotte collaborando con
ricercatori e studenti dell’Universitŕ di Tel Aviv, sono finalizzate allo
studio, al recupero ed alla valorizzazione del notevole patrimonio archeologico
e culturale del Paese.
Expo Milano 2015
147 Partecipanti ufficiali hanno
confermato la loro adesione a Expo 2015, 133 Commissari Generali sono stati
nominati e 103 sono i contratti di partecipazione firmati.
Israele č stato il 25° Partecipante Ufficiale ad aderire a Expo Milano 2015 (12 aprile 2012).
Il Commissario
Generale, Elazar Cohen, ha siglato il 12 marzo 2013 il contratto di
partecipazione con la Societŕ Expo 2015, che comporta la realizzazione di un
Padiglione individuale su un lotto di oltre 2.300 metri quadri, con un
investimento previsto intorno ai 10 milioni di euro. Anche in virtů dello
speciale rapporto bilaterale esistente, il padiglione sarŕ ubicato nel cuore
del sito espositivo, in una posizione di notevole capacitŕ di richiamo, in uno
dei quattro angoli della Piazza principale, antistante “Palazzo Italia”.
Il Commissario
Generale ha giŕ consegnato la versione dettagliata del progetto per la
realizzazione del Padiglione, rispettando pienamente le tempistiche individuate
a tale scopo dall’Organizzatore; il lotto su cui sorgerŕ il padiglione č stato
consegnato nel dicembre scorso.
A conferma della
specialitŕ riconosciuta ad Israele, nel contesto delle iniziative di
comunicazione e promozione dell’EXPO, il Ministro dell’Istruzione, Giannini, e
l’AD di Expo 2015 e Commissario Unico Delegato del Governo, Sala, hanno preso parte alle celebrazioni
organizzate dall’Ambasciata a Tel Aviv.
In occasione delle
celebrazioni del 2 giugno il Premier israeliano Netanyahu ha reiterato la
volontŕ di Israele di essere protagonista nell’esposizione universale di
Milano.
E’ stato piů volte manifestato, da parte
israeliana, l'interesse non solo a costituire un Padiglione di grande
significato ma anche a poter organizzare eventi satelliti durante l’Esposizione
(“added value events”), che possano esibire selezionate tecnologie israeliane
di successo, in particolare applicate all’agricoltura.
Candidatura
dell’Italia in Consiglio di Sicurezza
La collaborazione con Israele in materia di candidature č molto positiva. Tel Aviv sosterrŕ la candidatura italiana in Consiglio di Sicurezza per il biennio 2017-18 sulla base di un accordo di reciproco sostegno concluso nel 2009 con la candidatura israeliana al medesimo organo per il 2019-20. Entrambe le elezioni si presentano competitive e, tenuto conto della presenza di un quorum minimo di 129 voti per essere eletti, in entrambi i casi č possibile un secondo turno elettorale. Mentre l’Italia, come noto, si confronterŕ con Paesi Bassi e Svezia in una sfida tutta europea, Israele competerŕ con le candidature di Belgio e Germania. Tel Aviv attribuisce grande importanza alla propria elezione che permetterebbe per la prima volta ad Israele di sedere in Consiglio di Sicurezza.
In coincidenza con l’affermarsi del Piano di institution building palestinese del PM
Fayyad, l’Italia ha innalzato nel 2011 lo status
della rappresentanza palestinese da “Delegazione Generale” a “Missione
Diplomatica”. Ciň in linea con l’orientamento di gran parte dei partner europei;
l’innalzamento č stato infatti disposto, fra gli altri, da Francia, Spagna,
Regno Unito, Belgio, Danimarca, Portogallo, Irlanda, Grecia, Svezia, Norvegia e
da ultimo Germania. Il voto positivo dell’Italia il 29 novembre 2012 alle
Nazioni Unite per il riconoscimento dello status di Stato non membro č stato
indubbiamente un momento chiave nel processo di rafforzamento delle
relazioni bilaterali.
Sul piano dei rapporti bilaterali,
l’istituzione del Comitato Ministeriale Congiunto italo-palestinese (Joint Ministerial Committee) presieduta
dai Ministri degli Esteri, che si č riunito a Roma il 23 novembre 2012,
rappresenta un significativo sviluppo. Il Comitato ministeriale si iscrive,
infatti, pienamente nella logica della soluzione dei due Stati e del continuo
sostegno dell’Italia al processo di costruzione delle istituzioni del futuro
Stato Palestinese. In parallelo al JMC del 2012, si č tenuta anche una Country Presentation dell’economia
palestinese, nell’intento di sostenere il settore privato e promuovere la
presenza economica italiana in Palestina, giŕ oggi significativa nonostante i
limiti del contesto politico e operativo. In occasione della riunione di Roma
furono firmati diversi accordi tra cui il Memorandum
di Intesa tra Ministeri degli Affari Esteri per lo stabilimento di un meccanismo
di consultazioni politiche bilaterali, da svolgersi in maniera alternata a Roma
e Ramallah a livello di Delegati dei Ministri o Altri Funzionari.
La Palestina ha siglato il proprio contratto
di partecipazione con la Societŕ Expo 2015 il 21 febbraio 2013, confermando in
tale occasione la realizzazione di uno spazio individuale all’interno del
“Cluster” tematico “Agricoltura e Nutrizione nelle Zone Aride”, attraverso il
contributo garantito dal Programma di assistenza ai Paesi in via di sviluppo e
ai Paesi prioritari per la Cooperazione italiana, predisposto dalla stessa
Societŕ Expo a copertura dei costi di costruzione, design e allestimento dello
spazio dedicato. Il budget richiesto per la copertura delle spese non
finanziate dal citato Programma di assistenza, corrispondenti, in larga misura,
ai costi del personale destinato all’animazione dello spazio nazionale durante
i sei mesi di Expo, č stato rimodulato nei mesi scorsi per consentirne
l’allineamento alle effettive capacitŕ finanziarie del Governo palestinese;
dovrebbe assestarsi intorno ai 400.000 dollari, circa la metŕ dello
stanziamento inizialmente previsto.
Durante la visita in Medio Oriente del luglio
scorso, il Ministro degli Affari Esteri, Federica Mogherini, insieme al Ministro degli Esteri Affari
Palestinese, Riad Malki, ha siglato quattro accordi: il primo riguarda la
formazione dei diplomatici palestinesi e prevede una settimana di training all'ILO di Torino per dieci
diplomatici l'anno, per un periodo di tre anni. Gli altri tre riguardano
importanti programmi di cooperazione per i programmi Posit (sostegno al settore
sanitario), Welod 3 (sostegno al settore Genere) e Start Up Palestine (sostegno allo sviluppo economico delle fasce
piů vulnerabili attraverso una linea di credito dedicata).
In risposta al
drammatico aggravarsi della crisi umanitaria nella Striscia di Gaza determinata
dall’avvio da parte delle Forze di Sicurezza Israeliane della operazione
militare “Protective Edge”, la Cooperazione Italiana ha immediatamente attivato
il seguente pacchetto di aiuti umanitari:
a. Canale
multilaterale
· contributo del valore di 300.000 euro a valere sul Fondo
Bilaterale di Emergenza in essere presso l’Ufficio di Coordinamento per gli
Affari Umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), a sostegno del Fondo
multi-donatori per la risposta di emergenza (“Emergency Response Fund - ERF)”.
Tale fondo permetterŕ alle Agenzie delle Nazioni Unite ed alle ONG operanti in
loco di rispondere ai bisogni prioritari della popolazione, in base
all’evolversi della situazione sul terreno;
· un contributo di 200.000 euro č stato inoltre erogato a
valere sul Fondo Bilaterale di Emergenza in essere presso il Comitato
Internazionale di Croce Rossa (CICR/ICRC), per sostenere le attivitŕ di prima
emergenza che il Comitato sta svolgendo in collaborazione con la Mezza Luna
Rossa Palestinese;
· un contributo del valore di 200.000 euro č stato erogato a
valere sul Fondo Bilaterale di Emergenza in essere presso l’OMS, in risposta
all'appello lanciato dal Ministero della Salute palestinese alla comunitŕ
internazionale per assicurare la fornitura urgente di medicine ed
equipaggiamenti medici di primo soccorso. A tal fine, č stata istituita a
Ramallah una “Operation room” per Gaza volta ad assicurare il coordinamento
degli aiuti di emergenza in ambito sanitario.
b. Canale
bilaterale:
· Un fondo in loco del valore di 2 milioni di euro č in fase
di accreditamento e potrŕ essere utilizzato dal nostro Consolato Generale a
Gerusalemme per la realizzazione - anche in collaborazione con le ONG italiane
presenti in Palestina - di attivitŕ umanitarie a favore della popolazione
civile di Gaza, nonché della Cisgiordania e di Gerusalemme Est. Di questo
ammontare circa 900.000 euro verranno indirizzati alla realizzazione di
interventi nella Striscia di Gaza. Inoltre, nelle more dell'arrivo dei fondi in
questione, una somma pari a 250.000 euro verrŕ anticipata attingendo alle somme
non spese per programmi sul canale ordinario per realizzare micro interventi in
gestione diretta di estrema urgenza quali l’acquisto di farmaci, e di beni
consumabili di prima necessitŕ. Si č giŕ provveduto alla fornitura di 1.250
materassi da consegnare alle famiglie sfollate presso le scuole UNRWA.
L’Ufficio di Cooperazione a Gerusalemme ha inoltre provveduto all’acquisto di
medicinali e dispositivi medici in risposta all’appello sanitario sopra
menzionato, coordinandosi con la Operation Room istituita a Ramallah. Ad oggi
sono stati acquistati e consegnati presso l’Operation Room 30.000 Euro di
medicinali/consumabili e 40.000 euro di attrezzature per sala operatoria su
fondi giŕ disponibili in loco su precedenti Programmi di Emergenza e Sviluppo.
c. Canale
multilaterale:
· E’ stata approvato, in occasione del Comitato Direzionale
del 29 Luglio, un finanziamento di 2 milioni di Euro a favore di UNRWA per la
realizzazione di progetti a forte impatto sociale a favore dei rifugiati
palestinesi colpiti dalla crisi siriana sia all’interno della Siria, sia in
Libano, nonche’ in Giordania.
Future iniziative
Anche in vista
della Conferenza dei donatori in
programma ad Oslo ai primi di settembre, abbiamo definito un piano
articolato di ulteriori interventi umanitari a favore della popolazione
palestinese del valore di 2,5 milioni di euro per attivitŕ da realizzare sul
canale bilaterale in collaborazione con le ONG italiane presenti i Palestina,
nonche’ con la Mezza Luna rossa palestinese ed UNRWA. E’ inoltre in fase di
predisposizione un volo umanitario della Cooperazione Italiana che trasporterŕ
generi di prima necessitŕ (tende, generatori di emergenza, potabilizzatori,
taniche) del Deposito delle Nazioni Unite di Brindisi per un importo
complessivo di circa 300.000 Euro.
Conclusioni del Consiglio Affari esteri dell’UE
Il Consiglio affari esteri dell’UE ha adottato il 22 luglio 2014 delle conclusioni sul processo di pace in Medio oriente, nelle quali - ribadendo le preoccupazioni per la situazione in Israele e Gaza e gli inviti alla ripresa del processo di pace giŕ espressi nelle conclusioni del Consiglio europeo nella riunione straordinaria del 16 luglio 2014 - si indica in particolare che l’UE:
·
č preoccupata
per l’escalation della violenza a
Gaza e chiede l'immediata cessazione
delle ostilitŕ e il ritorno all'accordo di cessate il fuoco del novembre 2012;
·
condanna fermamente il lancio indiscriminato di razzi su Israele
da parte di Hamas e di gruppi militanti della striscia di Gaza, che
costituiscono atti criminali e ingiustificabili;
·
pur riconoscendo
il legittimo diritto di Israele a difendersi da qualsiasi attacco, l'UE rileva
che l'operazione militare di Israele
deve essere proporzionata e conforme al diritto internazionale umanitario.
L'UE sottolinea la necessitŕ di proteggere i civili in qualsiasi momento. Tutte
le parti devono rispettare i propri obblighi e consentire immediatamente un accesso umanitario pieno e sicuro a Gaza per
l'urgente distribuzione degli aiuti;
·
constata che l’escalation delle ostilitŕ conferma l'insostenibilitŕ dello status quo in relazione alla situazione
nella striscia di Gaza. Pur riconoscendo pienamente le esigenze legittime
di Israele in materia di sicurezza, l'UE sottolinea che la situazione
umanitaria e socioeconomica a Gaza deve essere affrontata. Ribadisce l'appello all'apertura immediata, duratura e
incondizionata dei valichi per consentire il flusso di aiuti umanitari, merci e
persone da e verso la striscia di Gaza. L'UE č pronta, anche attraverso la riattivazione della missione EUBAM Rafah,
se le condizioni lo consentono, a contribuire a una soluzione globale e
sostenibile;
·
rileva che i
recenti eventi nella regione
mediorientale pongono serie minacce
per l'UE e per i suoi immediati vicini. L'Unione europea ribadisce il
proprio impegno fondamentale per la sicurezza di Israele, anche in relazione
alle minacce attuali ed emergenti nella regione;
·
ricorda che ha
sostenuto gli sforzi di pace a guida
statunitense e sottolinea che essi non
devono essere vanificati. L'UE č convinta che il contesto regionale e
l'attuale crisi rendano piů che mai necessaria una soluzione al conflitto israelo-palestinese fondata sulla coesistenza di
due Stati. L'UE esorta le parti a riprendere negoziati al fine di
raggiungere un accordo globale di pace basato sulla coesistenza di due Stati e
che ponga fine all'occupazione cominciata nel 1967 e a tutte le rivendicazioni
e che soddisfi le aspirazioni di ambo le parti;
·
ricorda che una soluzione duratura del conflitto deve
essere raggiunta in base alle pertinenti risoluzioni
del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ai principi di Madrid compreso il principio "terra in cambio
della pace", alla tabella di marcia, agli accordi precedentemente
raggiunti dalle parti e all'iniziativa di pace araba, e deve prevedere che lo Stato di Israele e uno Stato di Palestina indipendente,
democratico, contiguo, sovrano e vitale coesistano
fianco a fianco in pace e sicurezza e si riconoscano reciprocamente. L'UE č
disposta a lavorare con gli Stati Uniti e altri partner ad un'iniziativa volta a rilanciare i negoziati di pace, sulla base dei seguenti parametri:
-
un accordo sulle frontiere dei due Stati,
in base alle linee di confine del 4 giugno 1967 con eventuali scambi di
territori equivalenti concordati tra le parti. L'UE riconoscerŕ i cambiamenti
dei confini precedenti al 1967, anche riguardo a Gerusalemme, solo quando siano
stati concordati dalle parti;
-
accordi in materia di sicurezza che
garantiscano ai palestinesi il rispetto della loro sovranitŕ e dimostrino che
l'occupazione č cessata e che tutelino la sicurezza degli israeliani, evitino
la recrudescenza del terrorismo e contrastino efficacemente le minacce alla
sicurezza, comprese le minacce nuove e vitali nella regione;
-
una soluzione giusta, equa, concordata e
realistica alla questione dei rifugiati;
-
la soddisfazione
delle aspirazioni di ambo le parti per Gerusalemme.
Si dovrŕ trovare un modo, tramite negoziati, per risolvere lo status di
Gerusalemme quale futura capitale di due Stati;
·
ritiene che sia prioritario mantenere la praticabilitŕ
della soluzione dei due Stati. Si invita
pertanto Israele: ad arrestare la costante espansione degli
insediamenti, incluso a Gerusalemme est, soprattutto in aree sensibili
quali Har Homa, Givat Hamatos e il settore E1, che minaccia seriamente la
soluzione dei due Stati; a porre fine
alla violenza dei coloni, al peggioramento
delle condizioni di vita dei palestinesi nel settore C, alle demolizioni - incluso riguardo ai progetti
finanziati dall'UE -, agli sfratti e ai trasferimenti forzati e alle crescenti tensioni e minacce allo
status quo nel Monte del Tempio/Haram
al-Sharif. L’UE ritiene necessario
il cambiamento fondamentale di linea politica su tali sviluppi
negativi per impedire la perdita
irreversibile della soluzione dei due Stati;
·
accoglie favorevolmente la formazione di un governo
palestinese composto da personalitŕ indipendenti e la dichiarazione del
presidente Abbas secondo cui questo nuovo governo č impegnato a favore della
soluzione dei due Stati basata sui confini del 1967, del riconoscimento del
diritto legittimo di Israele ad esistere, dell'adesione alla non violenza e del
rispetto dei precedenti accordi. L'UE sottolinea la necessitŕ che il governo palestinese assuma la responsabilitŕ della striscia di Gaza e
ponga fine alla divisione interna. L'UE invita il nuovo governo palestinese
a lavorare alla tenuta di elezioni vere
e democratiche per tutti i palestinesi. L'Unione europea rinnova l'invito
ai dirigenti palestinesi ad utilizzare
costruttivamente lo status in seno all'ONU;
·
farŕ tutto il
possibile per sostenere il
conseguimento di una soluzione giusta e
duratura del conflitto. Al riguardo l'UE ribadisce l'offerta ad ambo le
parti di un pacchetto di sostegno
politico, economico e in materia di sicurezza dell'Unione europea e di un partenariato privilegiato speciale con
l'UE nel caso di un accordo di pace
definitivo.
Aiuti umanitari alla popolazione della striscia di Gaza
La Commissione europea ha deciso il 25 luglio 2014 uno stanziamento supplementare di 5 milioni di euro per aiuti umanitari per la popolazione della striscia di Gaza. In totale nel 2014 la Commissione ha previsto uno stanziamento complessivo di 23,5 milioni di euro per aiuti umanitari alla striscia di Gaza.
Missioni in ambito della politica estera e di sicurezza dell’UE
EUBAM- Rafah
Il Consiglio dell’UE ha deciso il 3 luglio 2014 di estendere il mandato della missione UE di assistenza alle frontiere al punto di passaggio di Rafah (EU BAM Rafah) al 30 giugno 2015.
La missione EUBAM Rafah č stata istituita nel 2005, sulla base di un accordo concluso il 14 novembre 2005 tra il governo d’Israele e l’autoritŕ palestinese sull’accesso e il transito al punto di passaggio di Rafah, alla frontiera tra la striscia di Gaza e l’Egitto.
Il mandato della missione č quello di assicurare una presenza come parte terza al valico di Rafah al fine di contribuire, in coordinamento con gli sforzi dell’UE per la costruzione istituzionale, all’apertura del valico stesso e di rafforzare la fiducia tra il governo di Israele e l’Autoritŕ palestinese.
La missione EU BAM Rafah ha i seguenti compiti: a) monitorare, verificare e
valutare attivamente i risultati conseguiti dall’Autoritŕ Palestinese
nell’attuazione degli accordi quadro, in materia di sicurezza e doganale
conclusi dalle parti in ordine al funzionamento del posto di frontiera di
Rafah; b) contribuire, fornendo una guida, allo sviluppo delle capacitŕ
palestinesi riguardo a tutti gli aspetti della gestione delle frontiere a
Rafah; c) contribuire a mantenere il collegamento tra le autoritŕ palestinesi
,israeliane ed egiziane riguardo a tutti gli aspetti della gestione del valico
di Rafah.
L’operativitŕ della missione č stata sospesa il 13 giugno 2007, a seguito della presa di controllo della striscia di Gaza da parte di Hamas e della decisione di Israele di chiudere il valico di Rafah, ed č in attesa di tornare nuovamente operativa.
EUPOL COPPS
Il Consiglio dell’UE ha deciso il 9 luglio 2014 di estendere il mandato della missione UE di polizia per i territori palestinesi (EUPOL COPPS) al 30 giugno 2015.
La missione EUPOL COPPS č volta ad sostenere la costruzione di una capacitŕ istituzionale palestinese. Creata nel gennaio 2006 e con sede a Ramallah, EUPOL COPPS contribuisce alla creazione di un dispositivo di polizia sostenibile ed efficace, presta consulenza alle autoritŕ palestinesi in materia di giustizia penale e aspetti dello stato di diritto volta a promuovere la creazione di un efficiente sistema penale e giudiziario palestinese.
Risoluzione del Parlamento europeo
Il Parlamento europeo ha approvato il 17 luglio 2014, con 459 voti in favore, 113 contrari e 60 astensioni, una risoluzione sull'escalation della violenza tra Israele e Palestina nella quale, in particolare:
·
chiede la cessazione degli attacchi missilistici
contro Israele dalla Striscia di Gaza, ai quali Hamas e gli altri gruppi
armati devono porre immediatamente fine, e dell'azione militare israeliana contro Gaza;
·
sottolinea il diritto sia dei cittadini israeliani che di quelli palestinesi a vivere in pace
e in condizioni di sicurezza; pone
l'accento sulla necessitŕ che tutte le
parti rispettino pienamente il diritto
umanitario internazionale e sul fatto che nulla puň giustificare un attacco
rivolto deliberatamente contro civili innocenti (cosa che costituisce un
crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale) e la distruzione delle
infrastrutture civili;
·
sollecita un
allentamento immediato delle tensioni mediante un accordo di cessate il fuoco tra le due parti e invita l’Alto rappresentante dell'Unione per
gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli Stati membri a intensificare
la pressione diplomatica in tal senso;
·
esorta la comunitŕ internazionale, e in
particolare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, a fornire senza
indugio una risposta adeguata e una
soluzione alla crisi attuale; incoraggia gli attori chiave della regione,
segnatamente l'Egitto e la Giordania,
a proseguire gli sforzi tesi a riportare la calma; accoglie favorevolmente la
decisione delle autoritŕ egiziane di aprire il valico di Rafah per agevolare
l'accesso degli aiuti umanitari a Gaza e consentire il transito dei civili
palestinesi;
·
ribadisce il
proprio fermo sostegno a favore della
soluzione a due Stati, basata sui confini
del 1967, che prevede Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati e la
coesistenza, all'insegna della pace e della sicurezza, di uno Stato di Israele
sicuro e di uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente
contiguo e capace di esistenza autonoma, cosa che implicherebbe l'abolizione
del blocco della Striscia di Gaza; sottolinea ancora una volta che l'unico modo
per giungere a una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi consiste
nel ricorrere a mezzi non violenti;
·
invita entrambe
le parti e la comunitŕ internazionale a profondere sforzi seri e credibili in
vista di una ripresa dei colloqui di
pace diretti tra israeliani e palestinesi e del conseguimento di risultati
concreti nell'ambito di tali colloqui; esorta nuovamente l'Unione europea a svolgere un ruolo piů attivo per quanto concerne
gli sforzi tesi a conseguire una pace giusta e duratura.
Presidente della Knesset |
Yuli-Yoel
EDELSTEIN (Likud), |
Rappresentanti diplomatici |
Ambasciatore dello Stato d’Israele in Italia:
Naor
GILON, (dal 15 marzo 2012)
Ambasciatore d’Italia nello Stato d’Israele:
Francesco
Maria TALŇ (dal 16 agosto 2012)
**************
Corrispondenza |
Il 19 marzo 2013, il neo
Presidente della Knesset, Yuli-Yoel Edelstein, ha inviato una lettera di
congratulazioni alla Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, per la sua
recente elezione. A tale lettera la Presidente Boldrini ha risposto in data 23
aprile 2013. Il successivo 25 aprile, il Presidente Edelstein ha ringraziato la
Presidente Boldrini, esprimendo inoltre l’auspicio di rafforzare ulteriormente
le relazioni tra la Camera dei deputati e la Knesset.
Inoltre, in occasione del
tragico incidente stradale di Avellino, avvenuto il 29 luglio scorso, il
Presidente Edelstein ha inviato alla Presidente Boldrini una lettera di
cordoglio, a cui la Presidente ha risposto in data 7 agosto.
Si ricorda che l’11 gennaio
2013, l’ambasciatore dello Stato di Israele in Italia, Naor Gilon, aveva
rivolto un invito al Presidente della Camera a partecipare, in qualitŕ di
ospite d’onore, alla celebrazione del 65° anniversario dell’Indipendenza dello
Stato di Israele che si č tenuto a Villa Miani, il 18 aprile scorso. La
Presidente Boldrini non č potuta intervenire per sopraggiunti impegni
istituzionali.
Incontri del Presidente della Camera |
La Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha effettuato
una visita ufficiale in Israele dal 13
al 15 gennaio 2014. La Presidente Laura Boldrini ha effettuato
incontri con lo Speaker della Knesset, Yuli Yoel Edelstein e con la parte
israeliana del Gruppo di collaborazione parlamentare Italia - Israele, guidata
da Orly Levi. Ha inoltre incontrato il Ministro dell'intelligence, delle
relazioni internazionali e degli affari strategici, Yuval Steinitz. Ha altresě
incontrato il Leader dell'opposizione Yithak Herzog e la Leader del Partito
Meretz, Zehava Galon. Inoltre ha effettuato una visita al Tempio italiano di
Gerusalemme, dove ha incontrato la comunitŕ italiana. La Presidente si č
altresě recata presso il Centro Peres per la pace dove ha incontrato i
rappresentanti di numerose associazioni e ONG operative nel campo della tutela
dei diritti umani e della ricerca della pace. La Presidente ha infine visitato
la Tel Aviv University, dove ha incontrato esponenti del Corpo accademico e dei
ricercatori compresi alcuni studenti italiani.
L’8 ottobre 2013, Presidente
della Camera, Laura Boldrini, ha
incontrato il Presidente della Knesset, Yuli-Yoel Edelstein, in visita ufficiale
a Roma. Durante l’incontro č stata espressa da entrambe le parti preoccupazione
per la crisi che ha generato sfiducia dei cittadini nelle istituzioni e sulla
necessitŕ di rilanciare la collaborazione tra parlamenti e cittadini sulla base
di istanze condivise. Il Presidente della Knesset si č poi soffermato ad
illustrare la composizione della nuova Knesset, in cui sono presenti molti
giovani e molte donne. Il Presidente Edelstein ha espresso la ferma protesta di
Israele per la recente approvazione da parte del Consiglio d’Europa di una
risoluzione che condanna la pratica della circoncisione, che viene considerata
una violazione dell’integritŕ fisica dei bambini, paragonandola
all’infibulazione. Il Presidente ha poi riferito sulal situazione in Medio oriente
e sulla questione iraniana, nei confronti della quale ha espresso profonda
preoccupazione.
La Presidente della Camera, Laura
Boldrini, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon, l’8 aprile 2013. Nel colloquio, la Presidente Boldrini ha ribadito il
suo sostegno al rafforzamento delle relazioni tra Italia ed Israele, che
vantano una consolidata tradizione di rapporti bilaterali tra le rispettive
assemblee parlamentari, nonché il suo fermo impegno contro ogni forma di
intolleranza e di discriminazione. Al centro del colloquio, oltre ai rapporti
bilaterali tra i due Paesi, il processo di pace in Medio Oriente, la crisi
siriana e la situazione dei rifugiati.
Incontri delle Commissioni |
Il 28 luglio 2014, il
Presidente della Commissione Affari esteri, Fabrizio Cicchitto, ha ricevuto la
visita dell'Ambasciatore di Israele, Naor Gilon.
L’8 ottobre 2013, il
Presidente della Knesset, Yuli-Yoel
Edelstein, č stato audito dalle Commissioni riunite per gli Affari esteri
di Camera e Senato sulla situazione in Medio oriente.
Il 3 giugno 2013, il Presidente
della Commissione Affari esteri, Fabrizio Cicchitto, ha ricevuto la visita dell'Ambasciatore
di Israele, Naor Gilon. Durante il colloquio, dopo uno scambio sulle questioni
interne di ciascun Paese, sono state affrontate questioni relative alla
politica estera ed in particolare alla criticitŕ della sicurezza nell’area
medio orientale. L’ambasciatore Gilon ha espresso preoccupazione per la
situazione complessiva in medio-oriente, in cui l’unico elemento positivo č
dato, a suo avviso, dall’indebolimento dell’asse Siria-Iran. La primavera
araba, infatti, non ha raggiunto un punto di equilibrio, ma dopo la caduta dei
dittatori, si sono messe in moto forze non solo democratiche, ma anche estremiste
che rappresentano un notevole rischio per la regione. L’ambasciatore ha
riaffermato la volontŕ israeliana di non tollerare nessu attacco nel proprio
territorio.
Il 12 maggio 2013, il Presidente
della Commissione Cultura, Giancarlo
Galan, ha ricevuto la visita del Professor Manuel Trajtenberg, docente di economia presso l’Universitŕ di Tel
Aviv, Capo della Commissione governativa per il cambiamento economico e sociale
e Presidente della Commissione Bilancio e Programmazione del Consiglio per
l'istruzione superiore in Israele. Al centro del colloquio l’innovazione
tecnologica come start-up per le
nuove generazioni.
Protocollo di collaborazione |
Il 6 ottobre 2009, l’allora Presidente della Camera, Gianfranco Fini, e l’allora Presidente della Knesset, Reuven Rivlin, hanno firmato un Protocollo di collaborazione tra la Camera dei deputati e la Knesset. Il Protocollo prevede la costituzione di un Gruppo di collaborazione tra la Camera dei deputati e la Knesset, copresieduto da parlamentari designati dai Presidenti di ciascuna Assemblea, e composto da altri sei parlamentari per parte.
Nella
XVI legislatura, la parte italiana del Gruppo č stata presieduta dall'on.
Fiamma Nirestein - che in precedenza aveva avuto l'incarico di coordinare i
rapporti parlamentari con la Knesset - ed era composta dai deputati Ferdinando
Adornato, Luca Barbareschi, Augusto Di Stanislao, Emanuele Fiano, Enrico
Pianetta, Massimo Polledri, Gianni Vernetti. La parte israeliana era presieduta
dall'on. Orly Levi. La prima riunione del Gruppo si č svolta a Gerusalemme il 23 e 24 giugno 2010. Al
termine č stata approvata una Dichiarazione finale che
sancisce tra l'altro l'impegno a portare avanti azioni di comprensione
internazionale e di sostegno delle due nazioni.
Attualmente la parte italiana del Gruppo č
in fase di ricostituzione.
Cooperazione multilaterale
Assemblea parlamentare
dell’Unione del Mediterraneo (AP-UpM)
Israele partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito dell’Assemblea parlamentare dell’Unione per il
Mediterraneo (AP-UpM), prendendo parte a tutte le sedi ove si svolge tale
cooperazione. Ad Israele č assegnata la Vice Presidente della Commissione
politica e di sicurezza. L’ultima Sessione
Plenaria, si č svolta in Giordania, nel Mar Morto l’8 e 9 febbraio 2014.
Assemblea parlamentare del
Mediterraneo (PAM)
La Knesset partecipa altresě all'Assemblea Parlamentare Mediterranea
(PAM), nell’ambito dell'Unione interparlamentare.
Assemblea parlamentare del
Consiglio d'Europa
La Knesset ha ottenuto lo status
di "osservatore" presso l’Assemblea
parlamentare del Consiglio d'Europa il 2 dicembre 1957.
NATO ed OSCE
Israele č altresě membro associato
mediterraneo dell’Assemblea parlamentare della NATO ed č Partner
mediterraneo per la cooperazione in seno all’Assemblea parlamentare dell’OSCE.
Unione
Interparlamentare
Nell’ambito dell’Unione interparlamentare (UIP) opera la sezione di
amicizia Italia-Israele.
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO LEGISLATIVO
PALESTINESE
Abdel Aziz Dweik
(Hamas, scarcerato dalle autoritŕ
israeliane nel giugno 2010, nuovamente arrestato il 19 gennaio 2012 e rilasciato nel successivo
mese di luglio)
Rappresentanti
diplomatici |
Consolato generale di Gerusalemme: Ambasciatore Davide La Cecilia, dal 2013 (il consolato assicura la presenza bimensile
di un desk italiano a Ramallah).
Missione diplomatica
palestinese in Italia: Ambasciatore Mai Alkaila (da agosto 2013).
********
INCONTRI DELLA PRESIDENTE |
• Il 29 luglio scorso, l’ambasciatore della
Palestina in Italia, signora Mai Alkila, ha inviato una lettera alla Presidente
Boldrini nella quale rivolge un appello al Governo italiano, all’Unione europea
e a tutti gli organismi internazionali, affinché si impegnino per porre fine ai
massacri che attualmente in corso.
Il 14
luglio 2014, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato
l’Ambasciatore della Palestina, signora Mai
Alkila, insieme ad una delegazione di ambasciatori della Lega araba.
L’Ambasciatore, signora Alkila, ha illustrato la drammatica situazione dei
civili palestinesi a Gaza ed ha rivolto un appello affinché si possa realizzare
un cessate il fuoco immediato. Ha sottolineato inoltre che occorre un’azione
congiunta degli organismi internazionali per mettere fine a una delle piů gravi
crisi umanitarie mai viste nella regione e che per questo č stato chiesto al
Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon di mettere la popolazione
palestinese sotto la protezione delle Nazioni Unite.
L'11
giugno 2014 la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha incontrato il
Patriarca latino di Gerusalemme, Fuad Twal. In tale occasione il Patriarca ha
anche incontrato l'Ufficio di Presidenza ed i rappresentanti dei Gruppi della
Commissione Esteri.
La Presidente Boldrini ha effettuato una visita ufficiale nei Territori Palestinesi dal 16
al 17 gennaio 2014. Durante tale visita, la Presidente ha avuto incontri
con i Gruppi parlamentari del Consiglio Legislativo Palestinese, con il
Patriarca latino di Gerusalemme, Fuad Twal e con i funzionari italiani operanti
nelle organizzazioni internazionali, nonché con esponenti della Comunitŕ
italiana presente nel Paese. Si č recata poi nella striscia di Gaza, dove ha
visitato un asilo finanziato dalla Cooperazione italiana e realizzato dalla ONG
- Vento di Terra, incontrando altresě gli esponenti delle ONG italiane operanti
nell'area. Inoltre, la Presidente ha effettuato una visita alla Beach
Preparatory Girls School, gestita da UNRWA, dove ha incontrato il Commissario
generale dell'UNRWA, Filippo Grandi, nonché rappresentanze delle studentesse e
delle imprenditrici di Gaza.
Il 24
ottobre 2013, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha partecipato a un Convegno, organizzato presso la
Camera dei deputati con l’Agenzia delle Nazioni Unite per l'Assistenza ai
Rifugiati Palestinesi (UNRWA), sulla situazione
umanitaria nei Territori palestinesi. Al Convengo sono intervenuti Filippo
Grandi, Commissario Generale dell’UNRWA, l’Ambasciatrice della Palestina a
Roma, Mai Al-Kailah, e Lapo Pistelli, Vice Ministro degli Affari Esteri
Italiano.
Il 17
ottobre 2013, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, ha ricevuto il Presidente
dell’Autoritŕ Nazionale Palestinese, Mahmoud
Abbas (detto Abu Mazen). Durante l’incontro grande attenzione č stata prestata
alla questione dei rifugiati palestinesi. Il Presidente Abbas ha espresso la
propria gratitudine all’Italia per il sostegno offerto in sede ONU per il
riconoscimento alla Palestina come Stato. Sul processo di pace, il Presidente
palestinese ha indicato che i problemi maggiori sono costituiti dai confini e
dalla questione della sicurezza. Sullo status
di Gerusalemme la situazione appare bloccata. Sulla questione delle elezioni in
Palestina, il Presidente Abbas afferma che saranno possibili solo quando sarŕ
realizzato il processo di riconciliazione interno. La Presidente Boldrini
indica la disponibilitŕ dell’Italia a sostenere iniziative di Istitutional Building.
INCONTRI delle commissioni |
• Il 1° agosto scorso, il Presidente della
III Commissione, on. Fabrizio Cicchitto, ha incontrato l’ambasciatrice della
Palestina in Italia, signora Mai Al Kaila,
Cooperazione multilaterale |
Assemblea parlamentare
dell’Unione del Mediterraneo (AP-UpM)
L’Autoritŕ Nazionale Palestinese partecipa
alla cooperazione parlamentare nell’ambito dell’Assemblea parlamentare dell’Unione del Mediterraneo (AP-UpM),
prendendo parte a tutte le sedi ove si svolge tale cooperazione. In tale ambito
l’on. Hassan Khreishi, Vice
Presidente del Consiglio Legislativo Palestinese, esercita la Vice Presidenza
della Commissione politica, di sicurezza e dei diritti umani dell’Assemblea
parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo (AP-UpM). Tuttavia Khreishi non ha
potuto partecipare alle ultime riunioni perché lo Stato d’Israele non ha
rilasciato il visto per uscire dal Paese. Si ricorda che l’AP-UpM
costituisce l’unica sede multilaterale
cui partecipano delegazioni parlamentari israeliane e palestinesi.
In occasione dell’ultima Sessione Plenaria dell’AP-UpM, che si č tenuta in Giordania, nel Mar Morto, l’8 e 9 febbraio 2014, la delegazione
palestinese era composta dai seguenti membri del Consiglio nazionale
palestinese: Abdullah Abdullah, Taysir
Quba'a, Zuhair Al-Khatib e Zuhair Sanduqa.
CdE
Si segnala che nella Sessione del 4 ottobre 2011, l’Assemblea Parlamentare
del Consiglio d’Europa ha riconosciuto lo status di partner per la
democrazia al Consiglio Legislativo
Palestinese.
NATO
Una delegazione dell'Assemblea parlamentare
della NATO ha realizzato una visita in Israele e nei Territori dal 4 al 7
novembre 2013.
UNIONE INTERPARLAMENTARE
In ambito UIP opera la sezione di amicizia Italia-Mediterraneo Orientale (Giordania,
Libano, Siria, Autoritŕ Palestinese).
Profili biografici
(a cura
del Ministero degli Affari esteri)
Personal
details:
·
Date
of Birth: 28th April 1955
· Place of Birth: Jerusalem
· Citizenship: Palestinian
· Resident in Jericho
Objective: Solve the Palestinian-Israeli conflict based on a two state negotiated
solution through diplomatic offices
Education: [1982] Bradford University-UK
PhD in Peace Studies
[1977-1979] University of San
Francisco-USA
BA /Political Science and
MA /International Relations
Positions: [2003-Present]
Chief Palestinian Negotiator and Head of the Negotiations Affairs Department
[1996- Present]
Head of the Palestinian Side of the Steering and Monitoring Committee
[1994-1996]
Chairman of the Palestinian
Negotiating Delegation – Elections
[1996-Present]
Elected member to the Palestinian Legislative Council
[June 1994- April 2003]
Minister of Local Government – Palestinian National Authority
[1993-1996]
Head of the Palestinian Election Commission
[1991-1993]
Vice-Chairman of the Palestinian
Negotiating Delegation
[1979-1991] Al-Najah University/Nablus
Professor of Political Science
Since 1991 Dr. Erakat has been on leave of absence from the University
[1980-1992] East-Jerusalem
Member of the Editorial Staff at
Al-Quds Newspaper
[1989-1994]
Secretary General of the Arab
Studies Society
Publications:
Author of eight Books, in addition to numerous researches on foreign
policy, oil, and conflict resolution
Languages:
Arabic: mother tongue
English: excellent command in both written and spoken
Leader
Partito Hatnuŕ
Tzipi Livni č nata a Tel Aviv il 5 luglio 1958. Ha fatto il servizio militare nell'IDF con il grado di tenente e ha lavorato per il Mossad dal 1980 al 1984.
Laureata in Giurisprudenza, ha diversi anni di pratica come Avvocato, specializzandosi in Diritto Pubblico e Commerciale.
Eletta alla Knesset nelle fila del Likud nel 1999, č stata Ministro della Cooperazione Regionale dal marzo 2001 fino all'agosto dello stesso anno, quindi nominata Ministro senza Portafoglio, responsabile per l'Informazione. Nel dicembre 2002 č nominata Ministro dell'Agricoltura e dello Sviluppo Rurale. Nel febbraio 2003 viene nominata Ministro dell'Immigrazione. Nel luglio 2004 le č affidato il portafoglio dell'Edilizia, che ha detenuto fino al gennaio 2005. Nel dicembre 2004 č nominata Ministro della Giustizia.
Nel 2004 ha ricevuto il premio "Qualitŕ di Governo", conferito ogni anno a persone il cui comportamento ed operato servono da esempio civico e contribuiscono a rafforzare la democrazia e correttezza dell'Amministrazione pubblica in Israele.
Č stata una ferma sostenitrice del Piano di Disimpegno di Ariel Sharon. In generale, č sempre stata considerata tra i moderati del Likud e ha spesso mediato tra falchi e colombe in seno al partito, anche in occasione della ratifica del ritiro da Gaza da parte della Knesset.
Il 20 novembre 2005 ha seguito Sharon nella secessione dal Likud, entrando nel nuovo partito Kadima.
Nel gennaio 2006 č diventata Ministro degli Esteri, incarico che ha conservato dopo la vittoria di Kadima alle elezioni del 28 aprile, nel governo guidato da Ehud Olmert. Ha mantenuto l’incarico fino al marzo 2009. Dal novembre 2006 al febbraio 2007 č stata anche Ministro della Giustizia.
Nel settembre 2008 č stata eletta leader del partito Kadima. Alle elezioni politiche del 2009, sotto la sua guida, Kadima ha ottenuto la maggioranza dei seggi (28, rispetto ai 27 del Likud). Ma con la formazione del governo Netanyahu, il 31 marzo 2009, č divenuta leader dell’opposizione.
Alle elezioni interne per la leadership di Kadima, il 27 marzo 2012, viene sconfitta da Shaul Mofaz ed il 1 maggio 2012 si dimette dalla Knesset.
Il 27 novembre 2012, in vista delle elezioni politiche del 22 gennaio 2013, fonda il suo nuovo partito, Hatnuŕ, che sostiene fortemente il ritorno al processo di pace con i palestinesi e la soluzione di due Stati per due popoli.
Il partito di Livni, Hatnua, ha ottenuto 6 seggi alle elezioni. Dopo il voto, ha stretto un accordo di coalizione con il Likud di Netanyahu in base al quale ella č stata nominata Ministro della Giustizia con l’incarico di condurre i negoziati con i Palestinesi.
Tizpi Livni vive a Tel Aviv, č sposata e ha due figli.
Hamas Covenant 1988
The Covenant of the Islamic Resistance Movement
18 August 1988
In The
Name Of The Most Merciful Allah
"Ye
are the best nation that hath been raised up unto mankind: ye command that
which is just, and ye forbid that which is unjust, and ye believe in Allah. And
if they who have received the scriptures had believed, it had surely been the
better for them: there are believers among them, but the greater part of them
are transgressors. They shall not hurt you, unless with a slight hurt; and if
they fight against you, they shall turn their backs to you, and they shall not
be helped. They are smitten with vileness wheresoever they are found; unless
they obtain security by entering into a treaty with Allah, and a treaty with
men; and they draw on themselves indignation from Allah, and they are afflicted
with poverty. This they suffer, because they disbelieved the signs of Allah,
and slew the prophets unjustly; this, because they were rebellious, and
transgressed." (Al-Imran - verses 109-111).
Israel
will exist and will continue to exist until Islam will obliterate it, just as
it obliterated others before it" (The Martyr, Imam Hassan al-Banna, of
blessed memory).
"The
Islamic world is on fire. Each of us should pour some water, no matter how
little, to extinguish whatever one can without waiting for the others."
(Sheikh Amjad al-Zahawi, of blessed memory).
In The Name Of The Most Merciful Allah
Introduction
Praise be unto Allah, to whom we resort for help, and whose forgiveness,
guidance and support we seek; Allah bless the Prophet and grant him salvation,
his companions and supporters, and to those who carried out his message and
adopted his laws - everlasting prayers and salvation as long as the earth and
heaven will last. Hereafter:
O People:
Out of the midst of troubles and the sea of suffering, out of the palpitations
of faithful hearts and cleansed arms; out of the sense of duty, and in response
to Allah's command, the call has gone out rallying people together and making
them follow the ways of Allah, leading them to have determined will in order to
fulfill their role in life, to overcome all obstacles, and surmount the
difficulties on the way. Constant preparation has continued and so has the
readiness to sacrifice life and all that is precious for the sake of Allah.
Thus it
was that the nucleus (of the movement) was formed and started to pave its way
through the tempestuous sea of hopes and expectations, of wishes and yearnings,
of troubles and obstacles, of pain and challenges, both inside and outside.
When the
idea was ripe, the seed grew and the plant struck root in the soil of reality,
away from passing emotions, and hateful haste. The Islamic Resistance Movement
emerged to carry out its role through striving for the sake of its Creator, its
arms intertwined with those of all the fighters for the liberation of
Palestine. The spirits of its fighters meet with the spirits of all the
fighters who have sacrificed their lives on the soil of Palestine, ever since
it was conquered by the companions of the Prophet, Allah bless him and grant him
salvation, and until this day.
This
Covenant of the Islamic Resistance Movement (HAMAS), clarifies its picture,
reveals its identity, outlines its stand, explains its aims, speaks about its
hopes, and calls for its support, adoption and joining its ranks. Our struggle
against the Jews is very great and very serious. It needs all sincere efforts.
It is a step that inevitably should be followed by other steps. The Movement is
but one squadron that should be supported by more and more squadrons from this
vast Arab and Islamic world, until the enemy is vanquished and Allah's victory
is realised.
Thus we
see them coming on the horizon "and you shall learn about it
hereafter" "Allah hath written, Verily I will prevail, and my
apostles: for Allah is strong and mighty." (The Dispute - verse 21).
"Say
to them, This is my way: I invite you to Allah, by an evident demonstration;
both I and he who followeth me; and, praise be unto Allah! I am not an
idolator." (Joseph - verse 107).
Hamas (means) strength
and bravery -(according to) Al-Mua'jam al-Wasit: c1.
Definition of the Movement
Ideological Starting-Points
Article One:
The
Islamic Resistance Movement: The Movement's programme is Islam. From it, it
draws its ideas, ways of thinking and understanding of the universe, life and
man. It resorts to it for judgement in all its conduct, and it is inspired by
it for guidance of its steps.
The Islamic Resistance Movement's Relation
With the Moslem Brotherhood Group:
Article Two:
The
Islamic Resistance Movement is one of the wings of Moslem Brotherhood in
Palestine. Moslem Brotherhood Movement is a universal organization which
constitutes the largest Islamic movement in modern times. It is characterised
by its deep understanding, accurate comprehension and its complete embrace of
all Islamic concepts of all aspects of life, culture, creed, politics,
economics, education, society, justice and judgement, the spreading of Islam,
education, art, information, science of the occult and conversion to Islam.
Structure and Formation
Article Three:
The basic
structure of the Islamic Resistance Movement consists of Moslems who have given
their allegiance to Allah whom they truly worship, - "I have created the
jinn and humans only for the purpose of worshipping" - who know their duty
towards themselves, their families and country. In all that, they fear Allah
and raise the banner of Jihad in the face of the oppressors, so that they would
rid the land and the people of their uncleanliness, vileness and evils.
"But
we will oppose truth to vanity, and it shall confound the same; and behold, it
shall vanish away." (Prophets - verse 18).
Article Four:
The
Islamic Resistance Movement welcomes every Moslem who embraces its faith,
ideology, follows its programme, keeps its secrets, and wants to belong to its
ranks and carry out the duty. Allah will certainly reward such one.
Time and Place Extent of the Islamic
Resistance Movement:
Article Five:
Time
extent of the Islamic Resistance Movement: By adopting Islam as its way of
life, the Movement goes back to the time of the birth of the Islamic message,
of the righteous ancestor, for Allah is its target, the Prophet is its example
and the Koran is its constitution. Its extent in place is anywhere that there
are Moslems who embrace Islam as their way of life everywhere in the globe.
This being so, it extends to the depth of the earth and reaches out to the
heaven.
"Dost
thou not see how Allah putteth forth a parable; representing a good word, as a
good tree, whose root is firmly fixed in the earth, and whose branches reach
unto heaven; which bringeth forth its fruit in all seasons, by the will of its
Lord? Allah propoundeth parables unto men, that they may be instructed."
(Abraham - verses 24-25).
Characteristics and Independence:
Article Six:
The
Islamic Resistance Movement is a distinguished Palestinian movement, whose
allegiance is to Allah, and whose way of life is Islam. It strives to raise the
banner of Allah over every inch of Palestine, for under the wing of Islam
followers of all religions can coexist in security and safety where their
lives, possessions and rights are concerned. In the absence of Islam, strife
will be rife, oppression spreads, evil prevails and schisms and wars will break
out.
How
excellent was the Moslem poet, Mohamed Ikbal, when he wrote:
"If
faith is lost, there is no security and there is no life for him who does not
adhere to religion. He who accepts life without religion, has taken
annihilation as his companion for life."
The Universality of the Islamic Resistance
Movement:
Article Seven:
As a
result of the fact that those Moslems who adhere to the ways of the Islamic
Resistance Movement spread all over the world, rally support for it and its
stands, strive towards enhancing its struggle, the Movement is a universal one.
It is well-equipped for that because of the clarity of its ideology, the
nobility of its aim and the loftiness of its objectives.
On this
basis, the Movement should be viewed and evaluated, and its role be recognised.
He who denies its right, evades supporting it and turns a blind eye to facts,
whether intentionally or unintentionally, would awaken to see that events have
overtaken him and with no logic to justify his attitude. One should certainly
learn from past examples.
The
injustice of next-of-kin is harder to bear than the smite of the Indian sword.
"We
have also sent down unto thee the book of the Koran with truth, confirming that
scripture which was revealed before it; and preserving the same safe from
corruption. Judge therefore between them according to that which Allah hath
revealed; and follow not their desires, by swerving from the truth which hath
come unto thee. Unto every of you have we given a law, and an open path; and if
Allah had pleased, he had surely made you one people; but he hath thought it
fit to give you different laws, that he might try you in that which he hath
given you respectively. Therefore strive to excel each other in good works;
unto Allah shall ye all return, and then will he declare unto you that
concerning which ye have disagreed." (The Table, verse 48).
The
Islamic Resistance Movement is one of the links in the chain of the struggle
against the Zionist invaders. It goes back to 1939, to the emergence of the
martyr Izz al-Din al Kissam and his brethren the fighters, members of Moslem
Brotherhood. It goes on to reach out and become one with another chain that
includes the struggle of the Palestinians and Moslem Brotherhood in the 1948
war and the Jihad operations of the Moslem Brotherhood in 1968 and after.
Moreover,
if the links have been distant from each other and if obstacles, placed by
those who are the lackeys of Zionism in the way of the fighters obstructed the
continuation of the struggle, the Islamic Resistance Movement aspires to the
realisation of Allah's promise, no matter how long that should take. The
Prophet, Allah bless him and grant him salvation, has said:
"The
Day of Judgement will not come about until Moslems fight the Jews (killing the
Jews), when the Jew will hide behind stones and trees. The stones and trees
will say O Moslems, O Abdulla, there is a Jew behind me, come and kill him.
Only the Gharkad tree, (evidently a certain kind of tree) would not do that
because it is one of the trees of the Jews." (related by al-Bukhari and
Moslem).
The Slogan of the Islamic Resistance
Movement:
Article Eight:
Allah is
its target, the Prophet is its model, the Koran its constitution: Jihad is its
path and death for the sake of Allah is the loftiest of its wishes.
Objectives
Incentives and Objectives:
Article Nine:
The
Islamic Resistance Movement found itself at a time when Islam has disappeared
from life. Thus rules shook, concepts were upset, values changed and evil
people took control, oppression and darkness prevailed, cowards became like
tigers: homelands were usurped, people were scattered and were caused to wander
all over the world, the state of justice disappeared and the state of falsehood
replaced it. Nothing remained in its right place. Thus, when Islam is absent
from the arena, everything changes. From this state of affairs the incentives
are drawn.
As for
the objectives: They are the fighting against the false, defeating it and
vanquishing it so that justice could prevail, homelands be retrieved and from
its mosques would the voice of the mu'azen emerge declaring the establishment
of the state of Islam, so that people and things would return each to their
right places and Allah is our helper.
"...and
if Allah had not prevented men, the one by the other, verily the earth had been
corrupted: but Allah is beneficient towards his creatures." (The Cow -
verse 251).
Article Ten:
As the
Islamic Resistance Movement paves its way, it will back the oppressed and
support the wronged with all its might. It will spare no effort to bring about
justice and defeat injustice, in word and deed, in this place and everywhere it
can reach and have influence therein.
Strategies and Methods
Strategies of the Islamic Resistance
Movement: Palestine Is Islamic aqf:
Article Eleven:
The
Islamic Resistance Movement believes that the land of Palestine is an Islamic
Waqf consecrated for future Moslem generations until Judgement Day. It, or any
part of it, should not be squandered: it, or any part of it, should not be
given up. Neither a single Arab country nor all Arab countries, neither any
king or president, nor all the kings and presidents, neither any organization
nor all of them, be they Palestinian or Arab, possess the right to do that.
Palestine is an Islamic Waqf land consecrated for Moslem generations until Judgement
Day. This being so, who could claim to have the right to represent Moslem
generations till Judgement Day?
This is
the law governing the land of Palestine in the Islamic Sharia (law) and the
same goes for any land the Moslems have conquered by force, because during the
times of (Islamic) conquests, the Moslems consecrated these lands to Moslem
generations till the Day of Judgement.
It
happened like this: When the leaders of the Islamic armies conquered Syria and
Iraq, they sent to the Caliph of the Moslems, Umar bin-el-Khatab, asking for
his advice concerning the conquered land - whether they should divide it among
the soldiers, or leave it for its owners, or what? After consultations and
discussions between the Caliph of the Moslems, Omar bin-el-Khatab and
companions of the Prophet, Allah bless him and grant him salvation, it was
decided that the land should be left with its owners who could benefit by its
fruit. As for the real ownership of the land and the land itself, it should be
consecrated for Moslem generations till Judgement Day. Those who are on the
land, are there only to benefit from its fruit. This Waqf remains as long as
earth and heaven remain. Any procedure in contradiction to Islamic Sharia,
where Palestine is concerned, is null and void.
"Verily,
this is a certain truth. Wherefore praise the name of thy Lord, the great
Allah." (The Inevitable - verse 95).
Homeland and Nationalism from the Point of
View of the Islamic Resistance Movement in Palestine:
Article Twelve:
Nationalism,
from the point of view of the Islamic Resistance Movement, is part of the
religious creed. Nothing in nationalism is more significant or deeper than in
the case when an enemy should tread Moslem land. Resisting and quelling the
enemy become the individual duty of every Moslem, male or female. A woman can
go out to fight the enemy without her husband's permission, and so does the
slave: without his master's permission.
Nothing
of the sort is to be found in any other regime. This is an undisputed fact. If
other nationalist movements are connected with materialistic, human or regional
causes, nationalism of the Islamic Resistance Movement has all these elements
as well as the more important elements that give it soul and life. It is
connected to the source of spirit and the granter of life, hoisting in the sky
of the homeland the heavenly banner that joins earth and heaven with a strong
bond.
If Moses
comes and throws his staff, both witch and magic are annulled.
"Now
is the right direction manifestly distinguished from deceit: whoever therefore
shall deny Tagut, and believe in Allah, he shall surely take hold with a strong
handle, which shall not be broken; Allah is he who heareth and seeth."
(The Cow - Verse 256).
Peaceful Solutions, Initiatives and
International Conferences:
Article Thirteen:
Initiatives,
and so-called peaceful solutions and international conferences, are in
contradiction to the principles of the Islamic Resistance Movement. Abusing any
part of Palestine is abuse directed against part of religion. Nationalism of
the Islamic Resistance Movement is part of its religion. Its members have been
fed on that. For the sake of hoisting the banner of Allah over their homeland
they fight. "Allah will be prominent, but most people do not know."
Now and
then the call goes out for the convening of an international conference to look
for ways of solving the (Palestinian) question. Some accept, others reject the
idea, for this or other reason, with one stipulation or more for consent to
convening the conference and participating in it. Knowing the parties
constituting the conference, their past and present attitudes towards Moslem
problems, the Islamic Resistance Movement does not consider these conferences
capable of realising the demands, restoring the rights or doing justice to the
oppressed. These conferences are only ways of setting the infidels in the land
of the Moslems as arbitraters. When did the infidels do justice to the
believers?
"But
the Jews will not be pleased with thee, neither the Christians, until thou
follow their religion; say, The direction of Allah is the true direction. And
verily if thou follow their desires, after the knowledge which hath been given
thee, thou shalt find no patron or protector against Allah." (The Cow -
verse 120).
There is
no solution for the Palestinian question except through Jihad. Initiatives,
proposals and international conferences are all a waste of time and vain
endeavors. The Palestinian people know better than to consent to having their
future, rights and fate toyed with. As in said in the honourable Hadith:
"The
people of Syria are Allah's lash in His land. He wreaks His vengeance through
them against whomsoever He wishes among His slaves It is unthinkable that those
who are double-faced among them should prosper over the faithful. They will
certainly die out of grief and desperation."
The Three Circles:
Article Fourteen:
The
question of the liberation of Palestine is bound to three circles: the
Palestinian circle, the Arab circle and the Islamic circle. Each of these
circles has its role in the struggle against Zionism. Each has its duties, and
it is a horrible mistake and a sign of deep ignorance to overlook any of these
circles. Palestine is an Islamic land which has the first of the two kiblahs
(direction to which Moslems turn in praying), the third of the holy (Islamic)
sanctuaries, and the point of departure for Mohamed's midnight journey to the
seven heavens (i.e. Jerusalem).
"Praise
be unto him who transported his servant by night, from the sacred temple of
Mecca to the farther temple of Jerusalem, the circuit of which we have blessed,
that we might show him some of our signs; for Allah is he who heareth, and
seeth." (The Night-Journey - verse 1).
Since
this is the case, liberation of Palestine is then an individual duty for very
Moslem wherever he may be. On this basis, the problem should be viewed. This
should be realised by every Moslem.
The day
the problem is dealt with on this basis, when the three circles mobilize their
capabilities, the present state of affairs will change and the day of
liberation will come nearer.
"Verily
ye are stronger than they, by reason of the terror cast into their breasts from
Allah. This, because they are not people of prudence." (The Emigration -
verse 13).
The Jihad for the Liberation of Palestine is
an Individual Duty:
Article Fifteen:
The day
that enemies usurp part of Moslem land, Jihad becomes the individual duty of
every Moslem. In face of the Jews' usurpation of Palestine, it is compulsory
that the banner of Jihad be raised. To do this requires the diffusion of
Islamic consciousness among the masses, both on the regional, Arab and Islamic
levels. It is necessary to instill the spirit of Jihad in the heart of the
nation so that they would confront the enemies and join the ranks of the
fighters.
It is
necessary that scientists, educators and teachers, information and media
people, as well as the educated masses, especially the youth and sheikhs of the
Islamic movements, should take part in the operation of awakening (the masses).
It is important that basic changes be made in the school curriculum, to cleanse
it of the traces of ideological invasion that affected it as a result of the
orientalists and missionaries who infiltrated the region following the defeat
of the Crusaders at the hands of Salah el-Din (Saladin). The Crusaders realised
that it was impossible to defeat the Moslems without first having ideological
invasion pave the way by upsetting their thoughts, disfiguring their heritage
and violating their ideals. Only then could they invade with soldiers. This, in
its turn, paved the way for the imperialistic invasion that made Allenby
declare on entering Jerusalem: "Only now have the Crusades ended."
General Guru stood at Salah el-Din's grave and said: "We have returned, O
Salah el-Din." Imperialism has helped towards the strengthening of
ideological invasion, deepening, and still does, its roots. All this has paved
the way towards the loss of Palestine.
It is
necessary to instill in the minds of the Moslem generations that the
Palestinian problem is a religious problem, and should be dealt with on this
basis. Palestine contains Islamic holy sites. In it there is al- Aqsa Mosque
which is bound to the great Mosque in Mecca in an inseparable bond as long as
heaven and earth speak of Isra` (Mohammed's midnight journey to the seven
heavens) and Mi'raj (Mohammed's ascension to the seven heavens from Jerusalem).
"The
bond of one day for the sake of Allah is better than the world and whatever
there is on it. The place of one's whip in Paradise is far better than the
world and whatever there is on it. A worshipper's going and coming in the
service of Allah is better than the world and whatever there is on it."
(As related by al-Bukhari, Moslem, al-Tarmdhi and Ibn Maja).
"I
swear by the holder of Mohammed's soul that I would like to invade and be
killed for the sake of Allah, then invade and be killed, and then invade again
and be killed." (As related by al-Bukhari and Moslem).
The Education of the Generations:
Article Sixteen:
It is
necessary to follow Islamic orientation in educating the Islamic generations in
our region by teaching the religious duties, comprehensive study of the Koran,
the study of the Prophet's Sunna (his sayings and doings), and learning about
Islamic history and heritage from their authentic sources. This should be done
by specialised and learned people, using a curriculum that would healthily form
the thoughts and faith of the Moslem student. Side by side with this, a
comprehensive study of the enemy, his human and financial capabilities,
learning about his points of weakness and strength, and getting to know the
forces supporting and helping him, should also be included. Also, it is
important to be acquainted with the current events, to follow what is new and
to study the analysis and commentaries made of these events. Planning for the
present and future, studying every trend appearing, is a must so that the
fighting Moslem would live knowing his aim, objective and his way in the midst
of what is going on around him.
"O
my son, verily every matter, whether good or bad, though it be the weight of a
grain of mustard-seed, and be hidden in a rock, or in the heavens, or in the
earth, Allah will bring the same to light; for Allah is clear-sighted and knowing.
O my son, be constant at prayer, and command that which is just, and forbid
that which is evil: and be patient under the afflictions which shall befall
thee; for this is a duty absolutely incumbent on all men. Distort not thy face
out of contempt to men, neither walk in the earth with insolence; for Allah
loveth no arrogant, vain-glorious person." (Lokman - verses 16-18).
The Role of the Moslem Woman:
Article Seventeen:
The
Moslem woman has a role no less important than that of the moslem man in the battle
of liberation. She is the maker of men. Her role in guiding and educating the
new generations is great. The enemies have realised the importance of her role.
They consider that if they are able to direct and bring her up they way they
wish, far from Islam, they would have won the battle. That is why you find them
giving these attempts constant attention through information campaigns, films,
and the school curriculum, using for that purpose their lackeys who are
infiltrated through Zionist organizations under various names and shapes, such
as Freemasons, Rotary Clubs, espionage groups and others, which are all nothing
more than cells of subversion and saboteurs. These organizations have ample
resources that enable them to play their role in societies for the purpose of
achieving the Zionist targets and to deepen the concepts that would serve the
enemy. These organizations operate in the absence of Islam and its estrangement
among its people. The Islamic peoples should perform their role in confronting
the conspiracies of these saboteurs. The day Islam is in control of guiding the
affairs of life, these organizations, hostile to humanity and Islam, will be
obliterated.
Article Eighteen:
Woman in
the home of the fighting family, whether she is a mother or a sister, plays the
most important role in looking after the family, rearing the children and
embuing them with moral values and thoughts derived from Islam. She has to
teach them to perform the religious duties in preparation for the role of
fighting awaiting them. That is why it is necessary to pay great attention to
schools and the curriculum followed in educating Moslem girls, so that they
would grow up to be good mothers, aware of their role in the battle of
liberation.
She has
to be of sufficient knowledge and understanding where the performance of
housekeeping matters are concerned, because economy and avoidance of waste of
the family budget, is one of the requirements for the ability to continue
moving forward in the difficult conditions surrounding us. She should put
before her eyes the fact that the money available to her is just like blood
which should never flow except through the veins so that both children and
grown-ups could continue to live.
"Verily,
the Moslems of either sex, and the true believers of either sex, and the devout
men, and the devout women, and the men of veracity, and the women of veracity,
and the patient men, and the patient women, and the humble men, and the humble
women, and the alms-givers of either sex who remember Allah frequently; for
them hath Allah prepared forgiveness and a great reward." (The
Confederates - verse 25).
The Role of Islamic Art in the Battle of
Liberation:
Article Nineteen:
Art has
regulations and measures by which it can be determined whether it is Islamic or
pre-Islamic (Jahili) art. The issues of Islamic liberation are in need of
Islamic art that would take the spirit high, without raising one side of human
nature above the other, but rather raise all of them harmoniously an in
equilibrium.
Man is a
unique and wonderful creature, made out of a handful of clay and a breath from
Allah. Islamic art addresses man on this basis, while pre-Islamic art addresses
the body giving preference to the clay component in it.
The book,
the article, the bulletin, the sermon, the thesis, the popular poem, the poetic
ode, the song, the play and others, contain the characteristics of Islamic art,
then these are among the requirements of ideological mobilization, renewed food
for the journey and recreation for the soul. The road is long and suffering is
plenty. The soul will be bored, but Islamic art renews the energies, resurrects
the movement, arousing in them lofty meanings and proper conduct. "Nothing
can improve the self if it is in retreat except shifting from one mood to
another."
All this
is utterly serious and no jest, for those who are fighters do not jest.
Social Mutual Responsibility:
Article Twenty:
Moslem
society is a mutually responsible society. The Prophet, prayers and greetings
be unto him, said: "Blessed are the generous, whether they were in town or
on a journey, who have collected all that they had and shared it equally among
themselves."
The
Islamic spirit is what should prevail in every Moslem society. The society that
confronts a vicious enemy which acts in a way similar to Nazism, making no
differentiation between man and woman, between children and old people - such a
society is entitled to this Islamic spirit. Our enemy relies on the methods of
collective punishment. He has deprived people of their homeland and properties,
pursued them in their places of exile and gathering, breaking bones, shooting
at women, children and old people, with or without a reason. The enemy has
opened detention camps where thousands and thousands of people are thrown and
kept under sub-human conditions. Added to this, are the demolition of houses,
rendering children orphans, meting cruel sentences against thousands of young
people, and causing them to spend the best years of their lives in the dungeons
of prisons.
In their
Nazi treatment, the Jews made no exception for women or children. Their policy
of striking fear in the heart is meant for all. They attack people where their
breadwinning is concerned, extorting their money and threatening their honour.
They deal with people as if they were the worst war criminals. Deportation from
the homeland is a kind of murder.
To
counter these deeds, it is necessary that social mutual responsibility should
prevail among the people. The enemy should be faced by the people as a single
body which if one member of it should complain, the rest of the body would
respond by feeling the same pains.
Article Twenty-One:
Mutual
social responsibility means extending assistance, financial or moral, to all
those who are in need and joining in the execution of some of the work. Members
of the Islamic Resistance Movement should consider the interests of the masses
as their own personal interests. They must spare no effort in achieving and
preserving them. They must prevent any foul play with the future of the
upcoming generations and anything that could cause loss to society. The masses
are part of them and they are part of the masses. Their strength is theirs, and
their future is theirs. Members of the Islamic Resistance Movement should share
the people's joy and grief, adopt the demands of the public and whatever means
by which they could be realised. The day that such a spirit prevails,
brotherliness would deepen, cooperation, sympathy and unity will be enhanced
and the ranks will be solidified to confront the enemies.
Supportive
Forces Behind the Enemy:
Article Twenty-Two:
For a
long time, the enemies have been planning, skillfully and with precision, for
the achievement of what they have attained. They took into consideration the
causes affecting the current of events. They strived to amass great and
substantive material wealth which they devoted to the realisation of their
dream. With their money, they took control of the world media, news agencies,
the press, publishing houses, broadcasting stations, and others. With their
money they stirred revolutions in various parts of the world with the purpose
of achieving their interests and reaping the fruit therein. They were behind
the French Revolution, the Communist revolution and most of the revolutions we
heard and hear about, here and there. With their money they formed secret
societies, such as Freemasons, Rotary Clubs, the Lions and others in different
parts of the world for the purpose of sabotaging societies and achieving
Zionist interests. With their money they were able to control imperialistic
countries and instigate them to colonize many countries in order to enable them
to exploit their resources and spread corruption there.
You may
speak as much as you want about regional and world wars. They were behind World
War I, when they were able to destroy the Islamic Caliphate, making financial
gains and controlling resources. They obtained the Balfour Declaration, formed
the League of Nations through which they could rule the world. They were behind
World War II, through which they made huge financial gains by trading in
armaments, and paved the way for the establishment of their state. It was they
who instigated the replacement of the League of Nations with the United Nations
and the Security Council to enable them to rule the world through them. There
is no war going on anywhere, without having their finger in it.
"So
often as they shall kindle a fire for war, Allah shall extinguish it; and they
shall set their minds to act corruptly in the earth, but Allah loveth not the
corrupt doers." (The Table - verse 64).
The
imperialistic forces in the Capitalist West and Communist East, support the
enemy with all their might, in money and in men. These forces take turns in
doing that. The day Islam appears, the forces of infidelity would unite to
challenge it, for the infidels are of one nation.
"O
true believers, contract not an intimate friendship with any besides
yourselves: they will not fail to corrupt you. They wish for that which may
cause you to perish: their hatred hath already appeared from out of their
mouths; but what their breasts conceal is yet more inveterate. We have already
shown you signs of their ill will towards you, if ye understand." (The
Family of Imran - verse 118).
It is not
in vain that the verse is ended with Allah's words "if ye
understand."
Our Attitudes Towards:
A. Islamic Movements:
Article Twenty-Three:
The
Islamic Resistance Movement views other Islamic movements with respect and
appreciation. If it were at variance with them on one point or opinion, it is
in agreement with them on other points and understandings. It considers these
movements, if they reveal good intentions and dedication to Allah, that they
fall into the category of those who are trying hard since they act within the
Islamic circle. Each active person has his share.
The
Islamic Resistance Movement considers all these movements as a fund for itself.
It prays to Allah for guidance and directions for all and it spares no effort
to keep the banner of unity raised, ever striving for its realisation in
accordance with the Koran and the Prophet's directives.
"And
cleave all of you unto the covenant of Allah, and depart not from it, and
remember the favour of Allah towards you: since ye were enemies, and he
reconciled your hearts, and ye became companions and brethren by his favour:
and ye were on the brink of a pit of fire, and he delivered you thence. Allah
declareth unto you his signs, that ye may be directed." (The Family of
Imran - Verse 102).
Article Twenty-Four:
The
Islamic Resistance Movement does not allow slandering or speaking ill of
individuals or groups, for the believer does not indulge in such malpractices.
It is necessary to differentiate between this behaviour and the stands taken by
certain individuals and groups. Whenever those stands are erroneous, the
Islamic Resistance Movement preserves the right to expound the error and to
warn against it. It will strive to show the right path and to judge the case in
question with objectivity. Wise conduct is indeed the target of the believer
who follows it wherever he discerns it.
"Allah
loveth not the speaking ill of anyone in public, unless he who is injured call
for assistance; and Allah heareth and knoweth: whether ye publish a good
action, or conceal it, or forgive evil, verily Allah is gracious and
powerful." (Women - verses 147-148).
B. Nationalist Movements in the Palestinian
Arena:
Article Twenty-Five:
The
Islamic Resistance Movement respects these movements and appreciates their
circumstances and the conditions surrounding and affecting them. It encourages
them as long as they do not give their allegiance to the Communist East or the
Crusading West. It confirms to all those who are integrated in it, or
sympathetic towards it, that the Islamic Resistance Movement is a fighting
movement that has a moral and enlightened look of life and the way it should
cooperate with the other (movements). It detests opportunism and desires only
the good of people, individuals and groups alike. It does not seek material
gains, personal fame, nor does it look for a reward from others. It works with
its own resources and whatever is at its disposal "and prepare for them
whatever force you can", for the fulfilment of the duty, and the earning
of Allah's favour. It has no other desire than that.
The
Movement assures all the nationalist trends operating in the Palestinian arena
for the liberation of Palestine, that it is there for their support and
assistance. It will never be more than that, both in words and deeds, now and
in the future. It is there to bring together and not to divide, to preserve and
not to squander, to unify and not to throw asunder. It evaluates every good
word, sincere effort and good offices. It closes the door in the face of side
disagreements and does not lend an ear to rumours and slanders, while at the
same time fully realising the right for self-defence.
Anything
contrary or contradictory to these trends, is a lie disseminated by enemies or
their lackeys for the purpose of sowing confusion, disrupting the ranks and
occupy them with side issues.
"O
true believers, if a wicked man come unto you with a tale, inquire strictly
into the truth thereof; lest ye hurt people through ignorance, and afterwards
repent of what ye have done." (The Inner Apartments - verse 6).
Article Twenty-Six:
In
viewing the Palestinian nationalist movements that give allegiance neither to
the East nor the West, in this positive way, the Islamic Resistance Movement
does not refrain from discussing new situations on the regional or
international levels where the Palestinian question is concerned. It does that
in such an objective manner revealing the extent of how much it is in harmony
or contradiction with the national interests in the light of the Islamic point
of view.
C. The Palestinian Liberation Organization:
Article Twenty-Seven:
The Palestinian Liberation Organization is the
closest to the heart of the Islamic Resistance Movement. It contains the father
and the brother, the next of kin and the friend. The Moslem does not estrange
himself from his father, brother, next of kin or friend. Our homeland is one,
our situation is one, our fate is one and the enemy is a joint enemy to all of
us.
Because
of the situations surrounding the formation of the Organization, of the
ideological confusion prevailing in the Arab world as a result of the
ideological invasion under whose influence the Arab world has fallen since the
defeat of the Crusaders and which was, and still is, intensified through
orientalists, missionaries and imperialists, the Organization adopted the idea
of the secular state. And that it how we view it.
Secularism
completely contradicts religious ideology. Attitudes, conduct and decisions
stem from ideologies.
That is
why, with all our appreciation for The Palestinian Liberation Organization - and
what it can develop into - and without belittling its role in the Arab-Israeli
conflict, we are unable to exchange the present or future Islamic Palestine
with the secular idea. The Islamic nature of Palestine is part of our religion
and whoever takes his religion lightly is a loser.
"Who
will be adverse to the religion of Abraham, but he whose mind is infatuated?
(The Cow - verse 130).
The day The Palestinian Liberation Organization adopts
Islam as its way of life, we will become its soldiers, and fuel for its fire
that will burn the enemies.
Until
such a day, and we pray to Allah that it will be soon, the Islamic Resistance
Movement's stand towards the PLO is that
of the son towards his father, the brother towards his brother, and the
relative to relative, suffers his pain and supports him in confronting the
enemies, wishing him to be wise and well-guided.
"Stand
by your brother, for he who is brotherless is like the fighter who goes to
battle without arms. One's cousin is the wing one flies with - could the bird
fly without wings?"
D. Arab and Islamic Countries:
Article Twenty-Eight:
The
Zionist invasion is a vicious invasion. It does not refrain from resorting to
all methods, using all evil and contemptible ways to achieve its end. It relies
greatly in its infiltration and espionage operations on the secret
organizations it gave rise to, such as the Freemasons, The Rotary and Lions
clubs, and other sabotage groups. All these organizations, whether secret or
open, work in the interest of Zionism and according to its instructions. They
aim at undermining societies, destroying values, corrupting consciences,
deteriorating character and annihilating Islam. It is behind the drug trade and
alcoholism in all its kinds so as to facilitate its control and expansion.
Arab
countries surrounding Israel are asked to open their borders before the
fighters from among the Arab and Islamic nations so that they could consolidate
their efforts with those of their Moslem brethren in Palestine.
As for
the other Arab and Islamic countries, they are asked to facilitate the movement
of the fighters from and to it, and this is the least thing they could do.
We should
not forget to remind every Moslem that when the Jews conquered the Holy City in
1967, they stood on the threshold of the Aqsa Mosque and proclaimed that
"Mohammed is dead, and his descendants are all women."
Israel,
Judaism and Jews challenge Islam and the Moslem people. "May the cowards
never sleep."
E. Nationalist and Religious Groupings,
Institutions, Intellectuals, The Arab and Islamic World:
The
Islamic Resistance Movement hopes that all these groupings will side with it in
all spheres, would support it, adopt its stand and solidify its activities and moves,
work towards rallying support for it so that the Islamic people will be a base
and a stay for it, supplying it with strategic depth an all human material and
informative spheres, in time and in place. This should be done through the
convening of solidarity conferences, the issuing of explanatory bulletins,
favourable articles and booklets, enlightening the masses regarding the
Palestinian issue, clarifying what confronts it and the conspiracies woven
around it. They should mobilize the Islamic nations, ideologically,
educationally and culturally, so that these peoples would be equipped to
perform their role in the decisive battle of liberation, just as they did when
they vanquished the Crusaders and the Tatars and saved human civilization.
Indeed, that is not difficult for Allah.
"Allah
hath written, Verily I will prevail, and my apostles: for Allah is strong and
mighty." (The Dispute - verse 21).
Article Thirty:
Writers,
intellectuals, media people, orators, educaters and teachers, and all the various
sectors in the Arab and Islamic world - all of them are called upon to perform
their role, and to fulfill their duty, because of the ferocity of the Zionist
offensive and the Zionist influence in many countries exercised through
financial and media control, as well as the consequences that all this lead to
in the greater part of the world.
Jihad is
not confined to the carrying of arms and the confrontation of the enemy. The
effective word, the good article, the useful book, support and solidarity - together
with the presence of sincere purpose for the hoisting of Allah's banner higher
and higher - all these are elements of the Jihad for Allah's sake.
"Whosoever
mobilises a fighter for the sake of Allah is himself a fighter. Whosoever
supports the relatives of a fighter, he himself is a fighter." (related by
al-Bukhari, Moslem, Abu-Dawood and al-Tarmadhi).
F. Followers of Other Religions: The Islamic
Resistance Movement Is A Humanistic Movement:
Article Thirty-One:
The
Islamic Resistance Movement is a humanistic movement. It takes care of human
rights and is guided by Islamic tolerance when dealing with the followers of
other religions. It does not antagonize anyone of them except if it is
antagonized by it or stands in its way to hamper its moves and waste its
efforts.
Under the
wing of Islam, it is possible for the followers of the three religions - Islam,
Christianity and Judaism - to coexist in peace and quiet with each other. Peace
and quiet would not be possible except under the wing of Islam. Past and
present history are the best witness to that.
It is the
duty of the followers of other religions to stop disputing the sovereignty of
Islam in this region, because the day these followers should take over there
will be nothing but carnage, displacement and terror. Everyone of them is at
variance with his fellow-religionists, not to speak about followers of other
religionists. Past and present history are full of examples to prove this fact.
"They
will not fight against you in a body, except in fenced towns, or from behind
walls. Their strength in war among themselves is great: thou thinkest them to
be united; but their hearts are divided. This, because they are people who do
not understand." (The Emigration - verse 14).
Islam
confers upon everyone his legitimate rights. Islam prevents the incursion on
other people's rights. The Zionist Nazi activities against our people will not
last for long. "For the state of injustice lasts but one day, while the
state of justice lasts till Doomsday."
"As
to those who have not borne arms against you on account of religion, nor turned
you out of your dwellings, Allah forbiddeth you not to deal kindly with them,
and to behave justly towards them; for Allah loveth those who act justly."
(The Tried - verse 8).
The Attempt to Isolate the Palestinian
People:
Article Thirty-Two:
World
Zionism, together with imperialistic powers, try through a studied plan and an
intelligent strategy to remove one Arab state after another from the circle of
struggle against Zionism, in order to have it finally face the Palestinian
people only. Egypt was, to a great extent, removed from the circle of the
struggle, through the treacherous Camp David Agreement. They are trying to draw
other Arab countries into similar agreements and to bring them outside the
circle of struggle.
The
Islamic Resistance Movement calls on Arab and Islamic nations to take up the
line of serious and persevering action to prevent the success of this
horrendous plan, to warn the people of the danger eminating from leaving the
circle of struggle against Zionism. Today it is Palestine, tomorrow it will be
one country or another. The Zionist plan is limitless. After Palestine, the
Zionists aspire to expand from the Nile to the Euphrates. When they will have
digested the region they overtook, they will aspire to further expansion, and
so on. Their plan is embodied in the "Protocols of the Elders of
Zion", and their present conduct is the best proof of what we are saying.
Leaving
the circle of struggle with Zionism is high treason, and cursed be he who does
that. "for whoso shall turn his back unto them on that day, unless he
turneth aside to fight, or retreateth to another party of the faithful, shall
draw on himself the indignation of Allah, and his abode shall be hell; an ill
journey shall it be thither." (The Spoils - verse 16). There is no way out
except by concentrating all powers and energies to face this Nazi, vicious
Tatar invasion. The alternative is loss of one's country, the dispersion of
citizens, the spread of vice on earth and the destruction of religious values.
Let every person know that he is responsible before Allah, for "the doer
of the slightest good deed is rewarded in like, and the does of the slightest
evil deed is also rewarded in like."
The
Islamic Resistance Movement consider itself to be the spearhead of the circle
of struggle with world Zionism and a step on the road. The Movement adds its
efforts to the efforts of all those who are active in the Palestinian arena.
Arab and Islamic Peoples should augment by further steps on their part; Islamic
groupings all over the Arab world should also do the same, since all of these
are the best-equipped for the future role in the fight with the warmongering
Jews.
"..and
we have put enmity and hatred between them, until the day of resurrection. So
often as they shall kindle a fire of war, Allah shall extinguish it; and they
shall set their minds to act corruptly in the earth, but Allah loveth not the
corrupt doers." (The Table - verse 64).
Article Thirty-Three:
The
Islamic Resistance Movement, being based on the common coordinated and
interdependent conceptions of the laws of the universe, and flowing in the
stream of destiny in confronting and fighting the enemies in defence of the
Moslems and Islamic civilization and sacred sites, the first among which is the
Aqsa Mosque, urges the Arab and Islamic peoples, their governments, popular and
official groupings, to fear Allah where their view of the Islamic Resistance
Movement and their dealings with it are concerned. They should back and support
it, as Allah wants them to, extending to it more and more funds till Allah's
purpose is achieved when ranks will close up, fighters join other fighters and
masses everywhere in the Islamic world will come forward in response to the
call of duty while loudly proclaiming: Hail to Jihad. Their cry will reach the
heavens and will go on being resounded until liberation is achieved, the
invaders vanquished and Allah's victory comes about.
"And
Allah will certainly assist him who shall be on his side: for Allah is strong
and mighty." (The Pilgrimage - verse 40).
The Testimony of History
Across History in Confronting the Invaders:
Article Thirty-Four:
Palestine
is the navel of the globe and the crossroad of the continents. Since the dawn
of history, it has been the target of expansionists. The Prophet, Allah bless
him and grant him salvation, had himself pointed to this fact in the noble
Hadith in which he called on his honourable companion, Ma'adh ben-Jabal,
saying: O Ma'ath, Allah throw open before you, when I am gone, Syria, from
Al-Arish to the Euphrates. Its men, women and slaves will stay firmly there
till the Day of Judgement. Whoever of you should choose one of the Syrian
shores, or the Holy Land, he will be in constant struggle till the Day of
Judgement."
Expansionists
have more than once put their eye on Palestine which they attacked with their
armies to fulfill their designs on it. Thus it was that the Crusaders came with
their armies, bringing with them their creed and carrying their Cross. They
were able to defeat the Moslems for a while, but the Moslems were able to
retrieve the land only when they stood under the wing of their religious
banner, united their word, hallowed the name of Allah and surged out fighting
under the leadership of Salah ed-Din al-Ayyubi. They fought for almost twenty
years and at the end the Crusaders were defeated and Palestine was liberated.
"Say
unto those who believe not, Ye shall be overcome, and thrown together into
hell; an unhappy couch it shall be." (The Family of Imran - verse 12).
This is
the only way to liberate Palestine. There is no doubt about the testimony of
history. It is one of the laws of the universe and one of the rules of
existence. Nothing can overcome iron except iron. Their false futile creed can
only be defeated by the righteous Islamic creed. A creed could not be fought
except by a creed, and in the last analysis, victory is for the just, for
justice is certainly victorious.
"Our
word hath formerly been given unto our servants the apostles; that they should
certainly be assisted against the infidels, and that our armies should surely
be the conquerors." (Those Who Rank Themselves - verses 171-172).
Article Thirty-Five:
The Islamic
Resistance Movement views seriously the defeat of the Crusaders at the hands of
Salah ed-Din al-Ayyubi and the rescuing of Palestine from their hands, as well
as the defeat of the Tatars at Ein Galot, breaking their power at the hands of
Qataz and Al-Dhaher Bivers and saving the Arab world from the Tatar onslaught
which aimed at the destruction of every meaning of human civilization. The
Movement draws lessons and examples from all this. The present Zionist
onslaught has also been preceded by Crusading raids from the West and other
Tatar raids from the East. Just as the Moslems faced those raids and planned
fighting and defeating them, they should be able to confront the Zionist
invasion and defeat it. This is indeed no problem for the Almighty Allah, provided
that the intentions are pure, the determination is true and that Moslems have
benefited from past experiences, rid themselves of the effects of ideological
invasion and followed the customs of their ancestors.
The Islamic Resistance Movement is Composed
of Soldiers:
Article Thirty-Six:
While
paving its way, the Islamic Resistance Movement, emphasizes time and again to
all the sons of our people, to the Arab and Islamic nations, that it does not
seek personal fame, material gain, or social prominence. It does not aim to
compete against any one from among our people, or take his place. Nothing of
the sort at all. It will not act against any of the sons of Moslems or those
who are peaceful towards it from among non-Moslems, be they here or anywhere else.
It will only serve as a support for all groupings and organizations operating
against the Zionist enemy and its lackeys.
The
Islamic Resistance Movement adopts Islam as its way of life. Islam is its creed
and religion. Whoever takes Islam as his way of life, be it an organization, a
grouping, a country or any other body, the Islamic Resistance Movement
considers itself as their soldiers and nothing more.
We ask
Allah to show us the right course, to make us an example to others and to judge
between us and our people with truth. "O Lord, do thou judge between us
and our nation with truth; for thou art the best judge." (Al Araf - Verse
89).
The last
of our prayers will be praise to Allah, the Master of the Universe.