Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Gli sviluppi della crisi nella Repubblica centrafricana
Serie: Note di politica internazionale    Numero: 59
Data: 23/06/2014


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Gli sviluppi della crisi nella Repubblica centrafricana

23 giugno 2014



Da circa un anno la Repubblica centrafricana (RCA) è attraversata da un violento conflitto interreligioso nel corso del quale oltre un milione di persone – quasi un quarto dell’intera popolazione - sono state costrette a lasciare le proprie case.

Il conflitto è cominciato quando la formazione, in prevalenza musulmana, di Seleka ha conquistato il potere con un colpo di stato (24 marzo 2013) che ha sconvolto il paese, a maggioranza cristiana, già molto provato dalla guerra civile degli anni 2005-2007.

L’alleanza Seleka ha continuato a terrorizzare la popolazione uccidendo uomini, donne e bambini fino a quando, all’inizio di quest’anno, è stata costretta a lasciare il potere. Le milizie prevalentemente cristiane, denominate “anti-balaka” (anti-machete), hanno intrapreso azioni di ritorsione, altrettanto sanguinose, sulla popolazione musulmana, massacrando migliaia di persone e costringendo centinaia di migliaia a fuggire.

La sconfitta di Michel Djotodia,primo presidente musulmano della RCA e leader di Seleka e la sua sostituzione il 20 gennaio 2014, con Catherine Samba Panza, eletta dal Parlamento presidente di transizione con l’intento di pacificare il paese non hanno sortito per il momento grandi effetti. A seguire, è stato costituito anche un governo ad interim, alla guida del quale è stato posto André Nzapayeke, fino a quel momento vicepresidente della Banca di Sviluppo degli Stati dell’Africa Centrale (BDEAC). Del governo fanno parte anche un rappresentante delle milizie cristiane anti-balaka e tre rappresentanti di Seleka provenienti dall’esecutivo precedente.

Un rapporto della commissione internazionale nominata dal Segretario generale dell’Onu, del quale l’AFP è venuta in possesso lo scorso 5 giugno, afferma che ci sono ampie prove che individui di entrambe le parti in conflitto continuano a perpetrare serie violazioni del diritto umanitario internazionale e commettono crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Gli stessi investigatori delle Nazioni Unite, però, affermano che parlare di genocidio o di pulizia etnica nella Repubblica centrafricana è prematuro.

Questa affermazione contrasta con quanto dichiarato, nel mese di febbraio, dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, António Guterres, secondo il quale nella Repubblica Centrafricana si stava svolgendo una “massiccia pulizia etnico-religiosa”, mentre Amnesty International avvertiva di un “esodo di musulmani di proporzioni storiche”.

Il Rapporto citato avverte anche che se la comunità internazionale non reagirà con tempestività e determinazione inviando altre forze di peacekeeping, ci si troverà presto a dover fronteggiare una situazione che potrebbe rapidamente degenerare trasformandosi in genocidio e pulizia etnica.

Il 10 aprile 2014 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha adottato la risoluzione 2149 che istituisce la missione MINUSCA (Multidimensional Integrated Stabilisation Mission in the Central African Republic) con un dispiegamento iniziale di 10.000 militari e 1.800 elementi di polizia. MINUSCA rileverà anche i compiti di MISCA, la missione dell’Unione Africana, entro il 15 settembre prossimo. I compiti di MINUSCA includono: la protezione dei civili; la facilitazione delle attività umanitarie; la protezione dei diritti umani; il sostegno della rule of law; il supporto nelle attività di disarmo; la reintegrazione e il rimpatrio degli ex combattenti. A richiesta delle autorità centrafricane, MINUSCA dovrà anche adottare misure temporanee per mantenere l’ordine, fra le quali la possibilità di arrestare e trattenere individui. La risoluzione inoltre accoglie con favore la raccomandazione del Segretario generale di adattare il mandato di MINUSCA all’evoluzione della situazione sul terreno. La risoluzione 2149 sollecita inoltre le autorità interinali ad accelerare la preparazione di elezioni presidenziali e legislative, libere, giuste, trasparenti e inclusive, che dovranno svolgersi entro il 15 febbraio 2015.

La risoluzione autorizza poi le forze francesi dell’Operazione Sangaris ad usare tutti i mezzi necessari per il sostegno a MINUSCA. BINUCA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Peacebuilding nella RCA, diviene la componente civile di MINUSCA.

Fino all’effettivo dispiegamento di MINUSCA, restano sul terrenoi 2.000 militari francesi impegnati nell'Operazione Sangaris ed i 6.000 soldati dei paesi dell’Unione africana. A questi si affiancano 700 militari della missione dell’Unione europea EUFOR-RCA impiegati per assicurare la sicurezza di alcuni quartieri di Bangui e dell’aeroporto. Si tratta della nona operazione militare europea nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) e della settima svolta sul Continente africano, alla quale l'Italia - come precisato dal ministro della Difesa Pinotti nell'audizione presso le Commissioni Affari esteri e difesa riunite delle due Camere il 30 aprile scorso, contribuisce con una componente di militari appartenenti al Genio.

Secondo alcuni analisti internazionali prima ancora che le istituzioni statali, è l’economia ad essere stata distrutta e se l’intervento condotto dalla comunità internazionale, che è focalizzato principalmente sugli aspetti della sicurezza, non affronterà anche l’aspetto predatorio così radicato, è destinato ad essere un nuovo fallimento.

Il conflitto però, che dura a fasi alterne dal momento dell’indipendenza dalla Francia, non nasce come fondato su divisioni religiose, ma sembra affondare le sue radici in altre cause. Nella storia della Repubblica centrafricana infatti non sono presenti significativi contrasti a sfondo religioso; al contrario, leader religiosi come l’arcivescovo della RCA e l’imam capo Layama, che lavorano insieme per superare la crisi, asseriscono che il conflitto è generato dall’insicurezza e dalla lotta per il potere.

Ricordano inoltre alcuni osservatori che negli ultimi trent’anni si rintraccia una tendenza verso la politicizzazione dell’aspetto etnico e non certo di quello religioso. Per fare un esempio, André Kolingba, presidente dal 1981 al 1993, favorì esplicitamente il gruppo etnico Yakoma al quale apparteneva, mentre il suo successore Patassé fece lo stesso con il suo gruppo etnico Sara-Kaba e il presidente Bozizé riservò un trattamento di favore al gruppo Gbaya.

Il 10 maggio le Nazioni Unite hanno imposto sanzioni all’ex presidente Bozizé oltre che ad un leader di Seleka e al coordinatore politico anti-Balaka per aver minato la pace e diffuso la violenza nel paese. Le sanzioni consistono nel divieto di spostamento e nel congelamento di beni. A distanza di pochi giorni anche gli Stati Uniti hanno adottato le stesse sanzioni nei confronti di Bozizé e di altri quattro uomini ritenuti responsabili di violenze e di violazione dei diritti umani nella RCA.