Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||||
Titolo: | Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell'UE, in applicazione dell'Accordo di partenariato ACP-UE, fatto a Lussemburgo il 24 giugno 2013 - A.C. 2083 - Schede di lettura | ||||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 142 | ||||||
Data: | 08/04/2014 | ||||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
Accordo interno tra i rappresentanti dei Governi degli Stati membri dell’UE, in applicazione dell’Accordo di partenariato ACP-UE, fatto a Lussemburgo il 24 giugno 2013
8 aprile 2014
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Indice |
Contenuto dell'accordo|Contenuto del disegno di legge di ratifica| |
Contenuto dell'accordoIl Protocollo è finalizzato a dare continuità al partenariato UE-ACP (Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico), stante la scadenza del precedente di tali Protocolli nel 2013: il nuovo Protocollo costituisce dunque il punto centrale dell'Accordo interno attualmente all'esame della Commissione Esteri, volto all'istituzione dell'XI Fondo europeo di sviluppo (FES[1]). L'Accordo di Cotonou sopracitato si inserisce nel solco della ormai storica cooperazione europea con i paesi del gruppo Africa, Caraibi e Pacifico, a partire dalla Convenzione di Yaoundé del 1963, seguita poi dalle cinque Convenzioni di Lomé (1975-1995). L'Accordo di Cotonou è stato sua volta emendato una prima volta nel 2005 a Lussemburgo, e successivamente, nel 2010, nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou. Nonostante l'evoluzione degli strumenti istituzionali, è rimasto costante l'obiettivo della cooperazione UE-ACP, ovvero la promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei paesi dell'Africa, Caraibi e Pacifico, contribuendo alla pace e alla sicurezza, nonché alla stabilizzazione del clima politico in senso democratico, con speciale attenzione allo sviluppo sostenibile. Lo strumento finanziario che costantemente ha reso possibile la realizzazione della cooperazione UE-ACP è rappresentato dal Fondo europeo di sviluppo (FES), finanziato dagli Stati membri attraverso contributi obbligatori in ragione – attualmente - dell'Accordo di Cotonou. Il Fondo europeo di sviluppo (FES) rappresenta lo strumento principale degli aiuti comunitari per la cooperazione allo sviluppo con gli Stati ACP, nonché con i paesi e territori d'oltremare (PTOM). Il trattato di Roma del 1957 ne aveva previsto la creazione per la concessione di aiuti tecnici e finanziari, inizialmente ai paesi africani all'epoca ancora colonizzati e con i quali alcuni Stati hanno avuto dei legami storici. Benché, su richiesta del Parlamento europeo, sia riservato al Fondo un titolo nel bilancio comunitario fin dal 1993, il FES non rientra ancora nel bilancio generale della Comunità; esso è finanziato dagli Stati membri, dispone di regole finanziarie proprie ed è diretto da un comitato specifico. Per il periodo 2008-2013 gli aiuti concessi ai paesi ACP e ai PTOM continueranno a essere finanziati tramite il FES. Ciascun FES viene concluso per un periodo di circa cinque anni. Dalla conclusione della prima convenzione di partenariato nel 1964, i cicli del FES seguono, in generale, quelli degli accordi/convenzioni di partenariato.
L'Accordo interno all'esame della Commissione Esteri è volto (art. 1, c. 1) a istituire l'XI versione del FES: l'Accordo interno è stato votato facendo seguito alla Decisione del Consiglio europeo del febbraio 2013, che ha destinato nel periodo 2014-2020 l’ammontare di 30,5 miliardi di euro al finanziamento della cooperazione con i paesi ACP (art. 1, c. 2) - con un incremento lieve dello 0,2% rispetto alle risorse del X FES. L'Accordo interno stabilisce una ripartizione dei contributi a carico di ciascuno Stato, come anche le risorse messe a disposizione dalla Banca europea degli investimenti (BEI): a questo proposito, la relazione introduttiva al disegno di legge chiarisce come l’Italia manterrà la propria posizione di quarto contributore al FES dopo Germania, Francia e Regno Unito, con un esborso obbligatorio di circa 3.822,429 milioni di euro in sette anni, pari al 12,53% del totale - la percentuale di contribuzione italiana cala rispetto al 12,86% del X FES. L'articolo 1 dell'Accordo interno in esame prevede altresì che, in caso di adesione di uno Stato all’Unione europea, le quote di ripartizione dei contributi degli Stati membri all'XI FES siano riviste con Decisione del Consiglio, adottata all'unanimità su proposta della Commissione europea (comma 7). Il Consiglio potrà altresì adeguare con Decisione unanime l'ammontare totale delle risorse finanziarie (comma 8). E’ del pari prevista la possibilità di versare contributi volontari alla Commissione europea o alla BEI da parte di ciascuno Stato membro della UE, che potrà altresì cofinanziare progetti o programmi da esse gestiti (comma 9). Infine, su proposta della Commissione europea, tanto la UE quanto gli Stati membri verificheranno i risultati, con valutazione del grado di esecuzione degli impegni e degli esborsi, oltre che degli effetti dell'aiuto fornito (comma 10). Come nota la relazione tecnica, nella dotazione complessiva dell’XI FES potranno confluire a determinate condizioni anche risorse residue dei FES precedenti. L’XI FES avrà durata settennale, così da farne coincidere l’anno di scadenza con quello dell'Accordo di Cotonou, nonché con la cessazione del quadro finanziario pluriennale della UE per il 2014-2020. La relazione introduttiva chiarisce infine che l'Accordo interno appare del tutto coerente con la Posizione comune dell'Unione europea adottata in vista del Quarto Forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti, svoltosi a Busan tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre del 2011. La citata Relazione tecnica registra la ripartizione dell'importo complessivo di 30,5 miliardi, nei termini seguenti: 29.089 milioni assegnati al gruppo degli Stati Africa, Caraibi, Pacifico; 364,5 milioni ai paesi e territori d'oltremare del gruppo PTOM[2]; 1.052,5 milioni assegnati (art. 6 dell’Accordo interno)alla Commissione europea per le spese di supporto associate alla programmazione e all'esecuzione dell'XI FES. Una parte (1.134 milioni) delle risorse destinate ai paesi ACP è inoltre assegnata alla BEI (Banca europea degli investimenti) per il finanziamento del Fondo investimenti[3] -ad eccezione di tale ultimo Fondo, tutte le risorse destinate all'XI FES saranno gestite dalla Commissione europea. In base all’art. 5, c. 3 proventi e redditi derivanti dalla gestione del Fondo investimenti a titolo del IX, X e XI FES vengono utilizzati per ulteriori operazioni del Fondo. I ventuno paesi e territori d'oltremare (PTOM) dipendono costituzionalmente da quattro Stati membri dell'Unione europea (UE): la Danimarca, la Francia, i Paesi Bassi e il Regno Unito. Sebbene i loro cittadini siano cittadini europei, questi paesi non fanno parte del territorio dell’UE e di conseguenza non sono direttamente soggetti al diritto europeo: essi beneficiano bensì di uno statuto di associati agli Stati membri, conferitogli dal trattato di Lisbona. Lo scopo principale di questa associazione è quello di contribuire al loro sviluppo economico e sociale.
Il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) è stato istituito nel 1994 per sostenere le piccole e medie imprese. Il suo azionista di maggioranza è la Banca europea per gli investimenti, con la quale il Fondo forma il "Gruppo BEI". Il FEI fornisce capitale di rischio alle piccole e medie imprese (PMI), in particolare alle aziende di nuova costituzione e alle attività orientate alla tecnologia. Offre inoltre garanzie a istituzioni finanziarie, ad esempio le banche, a copertura dei loro prestiti alle PMI. Il FEI non è un istituto di credito e non concede pertanto prestiti o sovvenzioni alle imprese, né investe direttamente in alcun tipo di società. Opera invece attraverso banche e altri soggetti d'intermediazione finanziaria avvalendosi dei propri fondi o di quelli affidatigli dalla BEI o dall'Unione europea. Il Fondo opera negli Stati membri dell'Unione europea, in Turchia e nei tre paesi EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia).
L’art. 2 dell’Accordo interno concerne la ripartizione delle risorse per gli Stati ACP: in particolare, 24.365 milioni di euro sono destinati a programmi nazionali e regionali, questi ultimi miranti a potenziare la cooperazione e l’integrazione regionale tra gli Stati interessati. Qualora gli Stati interessati siano numerosi, ad essi verranno destinati 3.590 milioni. Una parte di tali risorse potrebbe poi riguardare interventi a carattere umanitario e di emergenza, qualora non finanziabili a valere sull’orsinario bilancio della UE. Sempre la Relazione tecnica riferisce che la Commissione europea stabilisce e comunica al Consiglio (art. 7 dell’Accordo interno), entro il 20 ottobre di ciascun anno, lo stato degli impegni, dei pagamenti e delle richieste annuali di contributi da presentare nell'esercizio in corso e con proiezione ai due esercizi seguenti. Tali quantificazioni dipendono dallo stato di esecuzione dei vari progetti e programmi. Nel medesimo termine del 20 ottobre la Commissione trasmette al Consiglio uno schema di preventivo degli impegni, esborsi e contributi riguardanti i tre esercizi finanziari successivi (art. 7, c. 5). Le contribuzioni previste dall'Accordo interno all'esame della Commissione Esteri sono obbligatorie, poiché derivano da accordi internazionali: pertanto, in caso di inadempienza lo Stato membro è tenuto al pagamento di interessi di mora, come previsto dal regolamento finanziario contemplato dall'Accordo interno. Come si è visto, i contributi richiesti agli Stati membri sono basati su previsioni di spesa variabili effettuate dalla Commissione europea, ed è dunque impossibile conoscere anticipatamente lo stanziamento necessario per ciascuno Stato membro della UE - stanziamento che verrà parametrato sulle stime della Commissione europea, e deve essere pertanto quantificato con il disegno di legge di bilancio annuale. La Relazione si spinge tuttavia a ipotizzare uno stanziamento medio di 425 milioni annui per circa nove anni. Gli artt. 8 e 9 riguardano rispettivamente il Comitato dell’XI FES – istituito presso la Commissione europea – e il Comitato del Fondo investimenti (presso la BEI), delineandone le procedure di voto e la composizione. L’art. 10 prevede l’adozione all’unanimità, da parte del Consiglio, del regolamento di esecuzione dell’XI FES, su proposta della Commissione europea e sentita la BEI; nonché, a maggioranza qualificata del Consiglio, di un regolamento finanziario, con il parere anche della Corte dei conti europea. L’art. 11 prevede che, per ciascun esercizio finanziario, la Commissione approvi i conti del FES, inviandoli altresì al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Corte dei Conti. Anche la BEI invia annualmente una relazione alla Commissione e al Consiglio sulle operazioni finanziate con risorse da essa gestite. Su raccomandazione a maggioranza qualificata del Consiglio, il Parlamento europeo procede al discarico della gestione finanziaria del FES nei confronti della Commissione. Al discarico nei confronti delle operazioni gestite dalla BEI provvede la medesima Banca ai sensi del suo Statuto. La revisione di alcune parti dell’Accordo interno (art. 12) può avvenire da parte del Consiglio – all’unanimità – su proposta della Commissione ed eventualmente della BEI. L’Accordo interno, prevede l’art. 13 di esso, si applica in conformità alla Decisione 2010/427/UE, con la quale sono stati stabiliti organizzazione e funzionamento del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Depositario dell’Accordo in esame è il Segretario generale del Consiglio UE: l’Accordo cesserà nel 2020, corrispondentemente al quadro finanziario pluriennale della UE. Esso resterà tuttavia in vigore per il tempo necessario alla completa esecuzione di tutte le operazioni finanziate. |
Contenuto del disegno di legge di ratificaIl disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea, relativo al finanziamento degli aiuti forniti in applicazione dell'Accordo di partenariato UE-ACP per il periodo 2014-2020, si compone di quattro articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica dell'accordo, il secondo il relativo ordine di esecuzione. L’articolo 3 contiene le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento, per i cui oneri – come già osservato non preventivamente quantificabili - si rimanda alle risorse individuate in bilancio per la cooperazione UE-ACP, ai sensi della legge n. 81 del 1986 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, cap. 1647 – si segnala a tale proposito che il cap. 1647 risulta finanziato, per ciascuna annualità del triennio 2014-2016, con 470 milioni di euro. L’articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si ricorda che l’Analisi tecnico-normativa spiega la necessità dell’autorizzazione parlamentare alla ratifica (art. 80 Cost.) dell’Accordo in esame con il comportare l’Accordo medesimo oneri finanziari. |