Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori - A.C. 1589
Serie: Progetti di legge    Numero: 78
Data: 08/10/2013
Descrittori:
GENITORI   MINORI
TRATTATI ED ACCORDI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori

A.C. 1589

 

 

 

 

 

 

n. 78

 

 

8 ottobre 2013

 


Servizio responsabile:

 

Servizio Studi

Dipartimento Affari esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: ES0108.doc

 


INDICE

 

 

Scheda di sintesi

Dati identificativi del disegno di legge di ratifica                                            3

Contenuto dell’accordo                                                                                     4

Contenuto del disegno di legge                                                                      13

 

 


Scheda di sintesi


Dati identificativi del disegno di legge
di ratifica

Numero del progetto di legge

A.C. 1589

Titolo del progetto di legge

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all'Aja il 19 ottobre 1996, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

Iniziativa

Governativa

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

14

Date del ddl di ratifica

 

§ Presentazione alla Camera

17 settembre 2013

§ Assegnazione

4 ottobre 2013

Commissione competente

II (Giustizia) e III (Affari esteri)

Sede

Referente

Pareri previsti

1ª (Aff. costituzionali), 5ª (Bilancio), 12ª (Aff. sociali), 14ª (Pol. Unione europea)

Oneri finanziari

No

 


Contenuto dell’accordo

La Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori in esame, conclusa all'Aja il 19 ottobre 1996 e in vigore dal 1° gennaio 2002[1] è stata firmata dall’Italia il 1° aprile 2003: successivamente alla firma, tuttavia, trascorreva un lasso di tempo considerevole prima che il Parlamento fosse investito dell’autorizzazione alla ratifica della Convenzione in oggetto.

Infatti solo nella XVI Legislatura veniva avviato il 13 luglio 2011, dalla Commissione Affari esteri della Camera, l’esame di quattro progetti di legge di iniziativa parlamentare volti ad autorizzare la ratifica della Convenzione del 1996 – si trattava specificamente degli AA. CC. 3739, 3858, 3906 e 3947 –, in attesa della presentazione del disegno di legge del Governo.

L’iter delle quattro proposte di legge proseguiva fino alla seduta del 6 novembre 2012, e in seguito decadeva per la conclusione della legislatura.

Prima e dopo la discussione alla Camera delle quattro proposte di legge, una serie di atti di indirizzo approvati dal Senato cercavano di accelerare la presentazione del disegno di legge governativo di l’autorizzazione alla ratifica della Convenzione - considerando anche il ritardo italiano nell’adeguamento alla Decisione del Consiglio dei ministri UE 2008/431/CE del 5 giugno 2008, che aveva fissato in due anni il termine per la ratifica da parte degli Stati membri della UE. Alla Camera analoghe istanze venivano prospettate da alcuni atti di sindacato ispettivo presentati presso la Commissione Affari esteri rispettivamente il 6 ottobre ed il 22 dicembre 2010, nonché il 29 giugno 2011.

E’ ora all’esame delle Commissioni riunite Esteri e Giustizia il disegno di legge del Governo (A.C. 1589) per l’autorizzazione alla ratifica della Convenzione de l’Aja sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.

Si segnala altresì che in data 4 aprile 2013 è stata presentata, per iniziativa dei deputati Caruso e Chaouki, la proposta di legge A.C. 648, anch’essa volta ad autorizzare la ratifica della Convenzione del 1996, assegnata alla sola Commissione Affari esteri.

La Convenzione in esame consta di 63 articoli. Nella premessa all’articolato, richiamata l’importanza della cooperazione internazionale per la protezione dei minori, viene evidenziata la necessità di una revisione della Convenzione sulla competenza delle autorità e la legge applicabile sulla protezione dei minori del 5 ottobre 1961[2]; viene altresì sottolineato l’intento di stabilire disposizioni comuni che tengano conto della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989[3].

Con riferimento al contenuto della Convenzione, gli articoli 1- 4 (capitolo I) ne delineano il campo di azione.

In particolare l’articolo 1 ne individua le finalità, che sono la determinazione dello Stato le cui autorità sono competenti ad adottare le misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore;  la determinazione della legge applicabile da tali autorità nell'esercizio della loro competenza; la determinazione della legge applicabile alla responsabilità genitoriale; la garanzia del riconoscimento e dell’esecuzione delle misure di protezione del minore in tutti gli Stati contraenti; lo stabilimento, fra le autorità degli Stati contraenti, della cooperazione necessaria alla realizzazione degli obiettivi della Convenzione.

L’articolo 2 dispone l’applicazione della Convenzione ai minori dal momento della nascita fino al compimento dei 18 anni.

Ai sensi dell’articolo 3 rientrano nel campo di applicazione della Convenzione l’attribuzione, l’esercizio e la revoca – totale o parziale – della responsabilità genitoriale; il diritto di affidamento; la tutela, la curatela e gli istituti analoghi; la designazione e le funzioni di qualsiasi persona od organismo incaricato di occuparsi del minore o dei suoi beni; il collocamento del minore in famiglia di accoglienza o in istituto anche mediante Kafala[4] o istituto analogo; la supervisione da parte delle autorità pubbliche dell'assistenza fornita al minore da qualsiasi persona se ne faccia carico; l’amministrazione, conservazione o disposizione dei beni del minore.

Sono esclusi dal campo della Convenzione l’accertamento e la contestazione della filiazione; la decisione e la revoca sull’adozione e le misure preparatorie; il cognome e nome del minore; l’emancipazione; gli obblighi agli alimenti; le amministrazioni fiduciarie e le successioni; la previdenza sociale; le misure pubbliche generali in materia di istruzione e sanità; le misure adottate in conseguenza della commissione di reati da parte del minore; le decisioni in materia di diritto d’asilo e di immigrazione (articolo 4).

 

Gli articoli 5-14 (capitolo II) della Convenzione in esame riguardano la competenza.

In particolare l’articolo 5 individua nelle autorità giudiziarie ed amministrative dello Stato contraente di residenza abituale del minore quelle competenti all’adozione di misure tendenti alla protezione della sua persona e dei suoi beni.

Tale competenza, ai sensi dell’articolo 6, è attribuita alle autorità dello Stato contraente sul cui territorio si vengono a trovare i minori rifugiati o trasferiti a livello internazionale a seguito di gravi disordini nel proprio Paese nonché a quelli la cui residenza non può essere accertata.

L’articolo 7 dispone la conservazione della competenza in capo alle autorità dello Stato contraente di abituale residenza del minore in caso di trasferimento o di mancato ritorno illecito del minore, e ciò fino al momento in cui questi abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato. Ai sensi della norma è considerato illecito il trasferimento o il mancato ritorno del minore se avviene in violazione di un diritto di affidamento effettivamente esercitato.

L’articolo 8 prevede la possibilità, in via eccezionale, che l’autorità dello Stato contraente competente in applicazione dell’articolo 5 o 6, ove ritenga che l'autorità di un altro Stato contraente sarebbe meglio in grado di valutare il superiore interesse del minore in un caso particolare, possa chiedere a quell'autorità di accettare la competenza ad adottare le misure di protezione che riterrà necessarie, o sospendere la decisione e invitare le parti a investire di tale richiesta l'autorità dell'altro Stato. La norma individua, altresì, le condizioni sottese alla possibilità che l’autorità dell’altro Stato venga richiesta o adita.

Con l’articolo 10 si stabilisce che, senza pregiudizio degli articoli 5 e ssgg., le autorità di uno Stato contraente, nell’esercizio della loro competenza a conoscere di un’istanza di divorzio o separazione legale dei genitori di un minore che risieda abitualmente in un altro Stato contraente, o di annullamento del matrimonio, possono adottare, in presenza di taluni requisiti, misure di protezione della persona o dei beni del minore consentite dalla legge del loro Stato.

In tutti i casi di urgenza, competenti ad adottare le misure di protezione necessarie saranno le autorità di ogni Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o i suoi beni (articolo 11).

L’articolo 12 dispone che, fatto salvo l’articolo 7, le autorità di uno Stato contraente sul cui territorio si trovino il minore o beni ad esso appartenenti, saranno competenti ad adottare misure di protezione della persona o dei beni del minore provvisorie e di efficacia territoriale limitata a tale Stato, sempre che esse non siano incompatibili con quelle già adottate dalle autorità competenti ai sensi degli articoli 5-10.

Ai sensi dell’articolo 14 è stabilito che le misure adottate in applicazione degli articoli 5-10 restino in vigore nei limiti loro propri anche quando un mutamento delle circostanze dovesse far scomparire l'elemento sul quale si basava la competenza, fino a quando le autorità competenti ai sensi della Convenzione non le abbiano modificate, sostituite o abrogate.

 

Con gli articoli 15-22 (capitolo III) si dettano disposizioni in materia di legge applicabile.

L’articolo 15 dispone che, nell’esercizio della competenza loro attribuita dalle disposizioni del capitolo II, le autorità degli Stati contraenti applichino la propria legge. Qualora tuttavia la protezione della persona o dei beni del minore lo richieda, esse potranno eccezionalmente applicare o prendere in considerazione la legge di un altro Stato con il quale la situazione presenti uno stretto legame.

L’attribuzione o l’estinzione di pieno diritto di una responsabilità genitoriale, senza l'intervento di un’autorità giudiziaria o amministrativa, è disciplinata dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore. L’attribuzione o l’estinzione di una responsabilità genitoriale mediante accordo o atto unilaterale, senza l’intervento di un’autorità giudiziaria o amministrativa, è disciplinata dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore nel momento in cui l’accordo o l’atto unilaterale prende effetto. La responsabilità genitoriale esistente secondo la legge dello Stato di residenza abituale del minore sussiste dopo il trasferimento di tale residenza abituale in un altro Stato (articolo 16).

Quanto all’esercizio della responsabilità genitoriale, esso è disciplinato dalla legge dello Stato di residenza abituale del minore e, in caso di trasferimento di essa, è retto dalla legge dello Stato di nuova residenza abituale (articolo 17).

L’articolo 18 prevede che la responsabilità genitoriale di cui all’articolo 16 possa essere revocata o le sue condizioni di esercizio possano essere modificate da misure adottate in applicazione della Convenzione.

Ai sensi dell’articolo 20 le disposizioni sulla legge applicabile, di cui al capitolo III in esame, sono applicabili anche se la legge che esse designano è quella di uno Stato non contraente.

L’articolo 22 stabilisce la legge designata dalle disposizioni in esame può non essere applicata solo se tale applicazione sia manifestamente contraria all'ordine pubblico, tenuto conto del superiore interesse del minore.

 

Gli articoli 23-28 (capitolo IV) si incentrano su riconoscimento ed esecuzione.

In particolare con l’articolo 23 è stabilito che le misure adottate dalle autorità di uno Stato contraente saranno riconosciute di pieno diritto negli altri Stati contraenti. La norma prevede, tuttavia, una serie di ipotesi all’inverarsi delle quali  il riconoscimento potrà essere negato.

Senza pregiudizio dell’articolo 23, ogni persona interessata può chiedere alle autorità competenti di uno Stato contraente di pronunciarsi sul riconoscimento o il mancato riconoscimento di una misura adottata in un altro Stato contraente (articolo 24).

Ai sensi dell’articolo 26 se comportano atti esecutivi in un altro Stato contraente, le misure adottate in uno Stato contraente e in esso esecutive saranno dichiarate esecutive o registrate ai fini dell'esecuzione in quest'altro Stato, su richiesta di qualsiasi parte interessata, secondo la procedura stabilita dalla legge di questo Stato. Per la dichiarazione di exequatur o la registrazione ciascuno Stato contraente è tenuto a servirsi di una procedura semplice e rapida.

L’articolo 28 dispone che le misure adottate in uno Stato contraente e dichiarate esecutive, o registrate ai fini dell’esecuzione in un altro Stato contraente, sono eseguite in quest'ultimo come se fossero state adottate dalle proprie autorità. L'esecuzione delle misure avviene conformemente alla legge dello Stato richiesto nei limiti che vi sono previsti, tenuto conto del superiore interesse del minore.

 

La cooperazione è considerata dagli articoli 29-39 (capitolo V).

L’articolo 29 prevede che ogni Stato contraente designi un’autorità centrale incaricata di adempiere gli obblighi derivanti dalla Convenzione.

Le Autorità centrali devono cooperare fra loro e promuovere la cooperazione fra le autorità competenti del proprio Stato per realizzare gli obiettivi della Convenzione. Esse, nell’ambito dell’applicazione della Convenzione, adottano le disposizioni idonee a fornire informazioni sulla loro legislazione, nonché sui servizi disponibili nel loro Stato in materia di protezione del minore (articolo 30).

Ai sensi dell’articolo 31 l'Autorità centrale di uno Stato contraente adotta tutte le disposizioni idonee ad agevolare le comunicazioni e offrire l’assistenza prevista dalle norme dell’Accordo in esame (articoli 8 e 9 e capitolo V); ad agevolare con la mediazione, la conciliazione o qualsiasi altra analoga modalità, accordi amichevoli sulla protezione della persona o dei beni del minore neIle situazioni in cui si applica la Convenzione; ad aiutare, su richiesta di un’autorità competente di un altro Stato contraente, la localizzazione del minore quando appare che questi sia presente sul territorio dello Stato richiesto e abbia bisogno di protezione.

 Su richiesta motivata dell’Autorità centrale o di altra autorità competente di uno Stato contraente con il quale il minore abbia uno stretto legame, l’Autorità centrale dello Stato contraente in cui il minore ha la sua residenza abituale e in cui si trova potrà fornire un rapporto sulla situazione del minore; potrà altresì chiedere all'autorità competente del suo Stato di esaminare l'opportunità di adottare misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore (articolo 32).

Ai sensi dell’articolo 33 quando prospetta il collocamento del minore in una famiglia di accoglienza o in un istituto, o la sua assistenza legale tramite kafala o istituto analogo in un altro Stato contraente, l’autorità competente ai sensi degli articoli 5-10 della Convenzione è tenuta a consultare preliminarmente l'Autorità centrale o altra autorità competente di quest'ultimo Stato, comunicando, a tal fine, un rapporto sul minore nonché i motivi della sua proposta di collocamento o assistenza. La decisione sul collocamento o l'assistenza potrà essere presa nello Stato richiedente solo se l'Autorità centrale o un'altra autorità competente dello Stato richiesto avrà approvato tale collocamento o assistenza, tenuto conto del superiore interesse del minore.

Informazioni utili per la protezione del minore potranno essere chieste a ogni autorità di un altro Stato dalle autorità competenti ai sensi della Convenzione in previsione di una misura di protezione e se la situazione del minore lo richiede (articolo 34).

L’articolo 35 stabilisce che le autorità competenti di uno Stato contraente possano chiedere alle autorità di un altro Stato contraente di prestare la loro assistenza nell’attuazione di misure di protezione adottate in applicazione della Convenzione, in particolare per assicurare l'esercizio effettivo di un diritto di visita, nonché del diritto di mantenere regolari contatti diretti.

Nel caso in cui il minore sia esposto ad un grave pericolo, le autorità competenti dello Stato contraente in cui siano state o stiano per essere adottate misure di protezione del minore in questione, se informate di un trasferimento di residenza o della presenza del minore in un altro Stato contraente, avviseranno le autorità di quest'ultimo Stato del suddetto pericolo e delle misure adottate o in via di adozione (articolo 36).

L’articolo 38 prevede che, ferma restando la possibilità di esigere la rifusione di spese ragionevoli corrispondenti ai servizi forniti, le Autorità centrali e le altre autorità pubbliche degli Stati contraenti sostengano le proprie spese derivanti dall’applicazione delle disposizioni del capitolo V in esame. E’ altresì prevista la possibilità che uno Stato contraente concluda accordi ripartizione delle spese con uno o più Stati contraenti.

E’ inoltre prevista la possibilità che ogni Stato contraente concluda con altri Stati accordi volti ad agevolare l’applicazione delle norma contenute nel capitolo V, trasmettendone copia al depositario della Convenzione (articolo 39).

 

Gli articoli 40-56 (capitolo VI) recano le disposizioni generali.

In particolare, l’articolo 40 riguarda il rilascio di certificati attestanti la qualità di detentore della responsabilità genitoriale o di persona cui sia affidata la protezione della persona o dei beni del minore.

Ai sensi dell’articolo 41 i dati personali raccolti o trasmessi conformemente alla Convenzione non possono essere usati ad altro fine se non quello per cui sono stati raccolti o trasmessi.

L’articolo 42 pone un obbligo di riservatezza alle autorità che ricevono informazioni, conformemente alla legge del loro Stato.

L’articolo 44 prevede che ogni Stato contraente possa designare le autorità alle quali devono essere presentate le richieste di cui agli articoli 8, 9 e 33.

Ai sensi dell’articolo 46 uno Stato contraente in cui vengano applicati ordinamenti giuridici o normative divergenti in materia di protezione del minore e dei suoi beni non è tenuto ad applicare le norme della Convenzione ai conflitti che riguardino unicamente tali ordinamenti o normative divergenti.

L’articolo 47 fornisce precisazioni per quegli Stati nelle cui diverse unità territoriali vengano applicati due o più ordinamenti giuridici o normative in riferimento alle questioni rette dalla Convenzione in esame.

L’articolo 48 riguarda l’individuazione della legge applicabile ai sensi del capitolo III quando uno Stato comprende due o più unità territoriali di cui ciascuna abbia il proprio ordinamento giuridico o una normativa relativa alle questioni rette dalla presente Convenzione. L’articolo 49 riguarda l’individuazione della legge applicabile quando uno Stato comprende due o più ordinamenti giuridici o normative applicabili a diverse categorie di persone per le questioni rette dalla presente Convenzione.

Con l’articolo 50 si esplicita che la Convenzione in esame non interferisce con la Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori[5],nelle relazioni fra le Parti di entrambe le Convenzioni. La norma precisa, tuttavia, che nulla impedisce che disposizioni della presente Convenzione siano invocate per ottenere la consegna di un minore che sia stato trasferito o trattenuto illecitamente, o per organizzare il diritto di visita.

A norma dell’articolo 51 la Convenzione in esame sostituisce, nei rapporti fra gli Stati contraenti, la Convenzione del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e la legge applicabile in materia dì protezione dei minorenni e la Convenzione per regolare la tutela dei minorenni firmata all'Aia il 12 giugno 1902[6], fermo restando il riconoscimento delle misure adottate secondo la citata Convenzione del 5 ottobre 1961.

L’articolo 52 dispone che:

1.     la Convenzione in esame non deroga agli strumenti internazionali dei quali siano Parti gli Stati contraenti e che contengano disposizioni sulle materie da essa rette, salvo che venga fatta una dichiarazione contraria da parte degli Stati vincolati da tali strumenti;

2.     la Convenzione non pregiudica la possibilità per uno o più Stati contraenti di concludere accordi che contengano, per quanto riguarda i minori abitualmente residenti in uno degli Stati Parti di tali accordi, disposizioni sulle materie rette dalla presente Convenzione;

3.     gli accordi conclusi da uno o più Stati contraenti su materie rette dalla presente Convenzione non pregiudicano l’applicazione delIe disposizioni della presente Convenzione, nell’ambito dei rapporti di questi Stati con gli altri Stati contraenti;

4.     i paragrafi 1-3 si applicano anche alle leggi uniformi che poggiano sull’esistenza fra gli Stati interessati dì vincoli speciali, segnatamente di tipo regionale.

 

Ai sensi dell’articolo 53 la Convenzione si applica esclusivamente alle misure adottate in uno Stato dopo la sua entrata in vigore in tale Stato. La Convenzione, inoltre, si applica al riconoscimento e all'esecuzione delle misure adottate dopo la sua entrata in vigore, nell'ambito dei rapporti fra lo Stato in cui siano state adottate le misure e lo Stato richiesto.

L’articolo 55 prevede che, conformemente a quanto previsto nell’articolo 60, uno Stato contraente potrà riservarsi la competenza delle proprie autorità ad adottare misure volte alla protezione dei beni di un minore che si trovino sul suo territorio e riservarsi di non riconoscere una responsabilità genitoriale o una misura che sia incompatibile con una misura adottata dalle sue autorità riguardo a tali beni.

Il Segretario generale della Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato[7] convoca periodicamente una Commissione speciale al fine di esaminare il funzionamento della Convenzione (articolo 56).

 

Gli articoli 57-63 (capitolo VII) recano le clausole finali.

In particolare, l’articolo 57 stabilisce che la Convenzione è aperta alla firma degli Stati che erano Membri della Conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato al momento della sua Diciottesima sessione. Ogni altro Stato potrà aderire alla Convenzione dopo la sua entrata in vigore (articolo 58).

L’articolo 61 dispone in materia di entrata in vigore della Convenzione.

La possibilità di denuncia da parte di ogni Stato Parte della Convenzione con notificazione inviata per scritto al depositario, che è il Ministero degli Affari esteri dei Paesi Bassi[8] è prevista dall’articolo 62. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di 12 mesi dalla data di ricevimento della notificazione.

L’articolo 63, infine, pone in capo al depositario l’onere di notificare agli Stati membri della Conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato, nonché agli Stati aderenti ex articolo 58 il quadro generale delle ratifiche, adesioni, entrata n vigore, dichiarazioni, riserve, denunce[9].

 

 


Contenuto del disegno di legge

Gli articoli 1 e 2 del disegno di legge contengono, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica della Convenzione e l’ordine di esecuzione.

 

Gli articoli seguenti sono volti a dettare alcune norme di adeguamento dell’ordinamento nazionale ai principi espressi dalla Convenzione, in particolare per dare una veste giuridica a quella sorta di affidamento familiare, previsto come unica misura di protezione del minore in stato di abbandono negli ordinamenti islamici, la c.d. kafala.

 

Nei Paesi che ispirano la propria legislazione ai precetti coranici non esiste rapporto di filiazione diverso dal legame biologico di discendenza che derivi da un rapporto sessuale lecito. La legge islamica, inoltre, vieta l'adozione, in quanto artificioso legame giuridico creato dall'uomo e, come tale, non equiparabile alla procreazione che, invece, è determinata dal volere divino. Per evitare che figli senza genitori restino del tutto sprovvisti di tutela, il diritto islamico prevede un istituto di derivazione dottrinale, tramite il quale è garantita la protezione ai minori orfani, abbandonati o, comunque, privi di un ambiente familiare idoneo alla loro crescita. Per effetto della kafala un adulto musulmano (o una coppia di coniugi) ottiene la custodia del minorenne, in stato di abbandono, che non sia stato possibile affidare alle cure di parenti, nell'ambito della famiglia estesa.

La disciplina dell'istituto assume connotazioni specifiche nei diversi ordinamenti islamici; è, tuttavia, possibile individuare i tratti essenziali e comuni di questa particolare forma di affidamento. Il rapporto che si instaura tra affidatario (kafil) e minore (makfoul) non crea vincoli ulteriori rispetto all'obbligo del primo di provvedere al mantenimento e all'educazione del secondo, fino a quando questi raggiunga la maggiore età. Tra i due non si determina alcun rapporto di filiazione e, quindi, non si producono effetti legittimanti: il bambino non assume il cognome di chi ne ha ottenuto la custodia; non acquista diritti né aspettative successorie nei suoi confronti; non instaura legami giuridici con la famiglia di accoglienza, né interrompe i rapporti con il proprio nucleo familiare di origine.

La kafala è in sostanza un affidamento che si protrae fino alla maggiore età, e non trova ad oggi espresse corrispondenze nell’ordinamento giuridico italiano.

Per questo la Corte di Cassazione, da ultimo con la sentenza della Sez. I, n. 19450 del 23 settembre 2011, ha affermato che «Deve essere dichiarata inammissibile la domanda, proposta ai sensi degli artt. 66 e 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218, di riconoscimento in Italia del provvedimento di affidamento in "kafala" di un minore in stato d'abbandono, ad una coppia di coniugi italiana, emessa dal Tribunale di prima istanza di Casablanca (in Marocco), atteso che l'inserimento di un minore straniero, in stato d'abbandono, in una famiglia italiana, può avvenire esclusivamente in applicazione della disciplina dell'adozione internazionale regolata dalle procedure richiamate dagli artt. 29 e 36 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (come modificata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476, di ratifica ed attuazione della Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993), con la conseguenza che, in tale ipotesi, non possono essere applicate le norme generali di diritto internazionale privato relative al riconoscimento dei provvedimenti stranieri, ma devono essere applicate le disposizioni speciali in materia di adozione ai sensi dell'art. 41, secondo comma, della legge n. 218 del 1995».

La giurisprudenza non è peraltro univoca, in quanto se da una parte si registrano pronunce analoghe a quella del 2011, che negano il riconoscimento alla kafala nel nostro ordinamento, come ha fatto il Tribunale di Torino (Sez. IX), con la pronuncia del 4 maggio 2007[10], dall’altro la stessa Corte di Cassazione, nel 2008 era andata in contrario avviso (Sezione I, sentenza n. 7472 del 20 marzo 2008) riconoscendo nella kafala di diritto islamico, come disciplinata dalla legislazione del Marocco, il presupposto per il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'art. 29, comma 2, T.U. immigrazione, poiché l'istituto è equiparabile all'affidamento.

 

 

L’articolo 3 del disegno di legge, che apre le disposizioni di adeguamento interno, è dedicato alle definizioni e consente di:

 

§  individuare nel Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia minorile, l’autorità centrale italiana, incaricata di adempiere gli obblighi derivanti dalla Convenzione ai sensi dell’art. 29 della stessa.

 

L’articolo 30 della Convenzione specifica che le Autorità centrali devono cooperare fra loro e promuovere la cooperazione fra le autorità competenti del proprio Stato per realizzare gli obiettivi della Convenzione. Esse, nell’ambito dell’applicazione della Convenzione, adottano le disposizioni idonee a fornire informazioni sulla loro legislazione, nonché sui servizi disponibili nel loro Stato in materia di protezione del minore.

 

§  individuare nella Commissione per le adozioni internazionali l’autorità competente italiana.

Si osserva che nella prospettiva della Convenzione i compiti principali sono assegnati all’autorità centrale, che il disegno di legge individua nel Ministero. In più occasioni, peraltro, la Convenzione fa riferimento anche alle autorità competenti dello Stato aderente, che non vengono però definite.

 

 

 

Si ricorda che la Commissione per le adozioni internazionali rappresenta attualmente l'Autorità centrale italiana per l'applicazione della Convenzione de L'Aja del 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. La Commissione (la cui disciplina è contenuta del DPR n. 108 del 2007) garantisce che le adozioni di bambini stranieri avvengano nel rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione a tutela dei minori stranieri e delle aspiranti famiglie adottive.

Attualmente la Commissione – istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - è composta da 23 membri. Oltre al Presidente (attualmente il Ministro Cécile Kyenge) e un vice presidente (magistrato minorile, nominato con DPCM) ne fanno parte: 3 rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri; 1 rappresentante del Ministero degli Affari esteri; 1 rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione; 1 rappresentante del Ministero del Lavoro; 1 rappresentante del Ministero dell'Interno; 2 rappresentanti del Ministero della Giustizia; 1 rappresentante del Ministero della Salute; 1 rappresentante del Ministero dell'Economia e delle Finanze; 4 rappresentanti della Conferenza unificata Stato-Regioni; 3 rappresentanti delle associazioni familiari; 3 esperti.

La Commissione ha numerosi e rilevanti compiti: autorizza l'ingresso in Italia dei minori adottati o affidati a scopo di adozione; collabora con le Autorità centrali degli altri Stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie ai fini dell'attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione; predispone il testo di accordi bilaterali in materia di adozione e lo propone al Governo per la firma a meno che non si tratti di intese semplificate che vengono firmate dal Presidente della Commissione con le Autorità competenti in materia di adozione; autorizza gli enti allo svolgimento delle procedure di adozione in Italia e all'estero nel campo dell'adozione internazionale dopo aver accertato che possiedano i requisiti della legge richiesti; e successivamente verifica che tali requisiti permangano nel tempo; cura la pubblicazione e la tenuta dell'albo degli enti autorizzati; vigila sull'operato degli stessi e li sottopone a controlli e verifiche che possono portare a provvedimenti limitativi, sospensivi o anche di revoca dell’autorizzazione; organizza incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati e assicura che questi siano omogeneamente diffusi sul territorio nazionale; organizza incontri periodici con i dirigenti degli uffici giudiziari minorili; organizza incontri periodici con i rappresentanti degli enti locali e delle regioni per verificare lo stato di attuazione della legge; controlla l'andamento delle procedure adottive nelle varie fasi garantendo che l'adozione risponde al superiore interesse del minore; promuove la cooperazione fra soggetti che operano nel campo dell’adozione e della protezione dei minori; - raccoglie in forma anonima, per esigenze statistiche e di studio, i dati relativi ai minori stranieri adottati o affidati a scopo di adozione ed ogni altro dato utile per la conoscenza del fenomeno delle adozioni internazionali; conserva gli atti e le informazioni relativi alla procedura, comprese quelle sull'origine del bambino, sull’anamnesi sanitaria e sull'identità dei suoi genitori naturali; cura la stesura della relazione biennale al Parlamento sull'andamento delle adozioni internazionali, sullo stato di attuazione delle Convenzione dell'Aja e sulla stipula di eventuali accordi bilaterali con paesi non aderenti che viene presentata dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato.

 

In particolare il disegno di legge attribuisce alla Commissione l’approvazione della proposta di assistenza legale, tramite kafala o istituto analogo, di un minore in stato di abbandono, emessa dall’autorità giudiziaria di altro Stato contraente (v. infra, art. 5).

 

§  definire le autorità competenti straniere come le autorità competenti ad adottare le misure di protezione del minore e dei suoi beni (ai sensi degli articoli 5-10 della Convenzione).

 

Si ricorda che l’articolo 5 individua nelle autorità giudiziarie ed amministrative dello Stato contraente di residenza abituale del minore quelle competenti all’adozione di misure tendenti alla protezione della sua persona e dei suoi beni. Tale competenza, ai sensi dell’articolo 6, è attribuita alle autorità dello Stato contraente sul cui territorio si vengono a trovare i minori rifugiati o trasferiti a livello internazionale a seguito di gravi disordini nel proprio Paese nonché a quelli la cui residenza non può essere accertata.

L’articolo 7 dispone la conservazione della competenza in capo alle autorità dello Stato contraente di abituale residenza del minore in caso di trasferimento o di mancato ritorno illecito del minore, e ciò fino al momento in cui questi abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato. L’articolo 8 prevede la possibilità, in via eccezionale, che l’autorità dello Stato contraente competente in applicazione dell’articolo 5 o 6, ove ritenga che l'autorità di un altro Stato contraente sarebbe meglio in grado di valutare il superiore interesse del minore in un caso particolare, possa chiedere a quell'autorità di accettare la competenza ad adottare le misure di protezione che riterrà necessarie, o sospendere la decisione e invitare le parti a investire di tale richiesta l'autorità dell'altro Stato. Con l’articolo 10 si stabilisce che, senza pregiudizio degli articoli 5 e ss., le autorità di uno Stato contraente, nell’esercizio della loro competenza a conoscere di un’istanza di divorzio o separazione legale dei genitori di un minore che risieda abitualmente in un altro Stato contraente, o di annullamento del matrimonio, possono adottare, in presenza di taluni requisiti, misure di protezione della persona o dei beni del minore consentite dalla legge del loro Stato.

 

 

§  definire il concetto di assistenza legale di un minore. Si tratta dell’assistenza disposta ai sensi dell’articolo 33 della Convenzione dall’autorità giudiziaria previa autorizzazione dell’autorità centrale o dell’autorità competente.

 

Ai sensi dell’articolo 33 quando prospetta il collocamento del minore in una famiglia di accoglienza o in un istituto, o la sua assistenza legale tramite kafala o istituto analogo in un altro Stato contraente, l’autorità competente ai sensi degli articoli 5-10 della Convenzione è tenuta a consultare preliminarmente l'Autorità centrale o altra autorità competente di quest'ultimo Stato, comunicando, a tal fine, un rapporto sul minore nonché i motivi della sua proposta di collocamento o assistenza. La decisione sul collocamento o l'assistenza potrà essere presa nello Stato richiedente solo se l'Autorità centrale o un'altra autorità competente dello Stato richiesto avrà approvato tale collocamento o assistenza, tenuto conto del superiore interesse del minore.

 

Si osserva che a locuzione “assistenza legale del minore” è qui utilizzata con un significato analogo all’affidamento e non invece alla nomina di un difensore.

 

§  Ricordare che con l’espressione decreto di idoneità si intende il decreto di idoneità ad adottare previsto dall’art. 30 della legge sulle adozioni[11].

 

 

Gli articoli 4 e 5 delineano le diverse procedure da seguire per il collocamento in Italia di minori stranieri a seconda che gli stessi si trovino o meno in stato di abbandono.

In particolare, l’articolo 4 delinea la procedura da seguire quando debba essere collocato in Italia  un minore straniero che non si trovi in stato di abbandono. La disposizione precisa che questa procedura non si applica ai minori che giungono in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea (comma 8).

Il disegno di legge delinea il seguente percorso:

§  l’autorità competente straniera propone all’autorità centrale italiana (Ministero della Giustizia) il collocamento o l’assistenza legale del minore presso una persona, una famiglia o una struttura di accoglienza in Italia, motivando la proposta e illustrando la situazione del minore (comma 1);

§  il Ministero della Giustizia - Dipartimento per la giustizia minorile trasmette gli atti al tribunale per i minorenni. L’autorità giudiziaria competente è individuata in base alla residenza della famiglia o struttura di accoglienza (comma 1);

§  Il tribunale per i minorenni può chiedere ulteriori informazioni sul minore, tramite il Ministero, e deve assumere informazioni, tramite i servizi sociali o le ASL, sulle persone o la struttura individuata per l’assistenza (comma 2). In particolare (comma 3), il tribunale dovrà verificare che persone e struttura siano capaci di provvedere all’educazione, all’istruzione e al mantenimento del minore; siano disponibili a favorire il contatto tra il minore e la famiglia e cultura d’origine; rispettino specifici requisiti di onorabilità e relativi alla normativa sull’immigrazione.

 

Quanto ai requisiti di onorabilità, le persone fisiche non devono essere sottoposte a misure di sicurezza o di prevenzione, né aver riportato condanne (o aver patteggiato la pena) per delitti per i quali sia previsto l’arresto in flagranza (obbligatorio o facoltativo), per reati contro la moralità pubblica e il buon costume (atti osceni o pubblicazioni e spettacoli osceni ex artt. 527 e 528 c.p.), la famiglia (artt. da 556 a 574-bic c.p.), la persona (artt. da 575 a 623-bis) o in materia di stupefacenti o immigrazione.

In relazione ai requisiti previsti dal TU immigrazione, il disegno di legge richiede che la persona fisica o un componente della famiglia o la struttura di accoglienza sia in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 29 del testo unico (d.lgs. 286/1998). Si tratta della disposizione che individua i requisiti necessari affinché un cittadino straniero regolarmente soggiornante in Italia possa richiedere il ricongiungimento familiare dei parenti più stretti. In particolare, ai sensi del comma 3, lo straniero deve dimostrare la disponibilità: a) di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali; b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari dei titolari dello status di protezione sussidiaria è richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale. Al fine di dimostrare la disponibilità del reddito si tiene conto, non solo del reddito specifico del richiedente, ma anche di quello prodotto dai familiari conviventi. Nel caso di richiesta di ricongiungimento di un ascendente ultrasessantacinquenne è richiesta un’assicurazione sanitaria (lett. b-bis), in attesa di un decreto che stabilisca l’importo del contributo per l’iscrizione volontaria al SSN.

Quando le persone individuate per l’accoglienza non sono cittadine dell’Unione europea, la legge di ratifica prescrive anche il possesso dei requisiti dell’articolo 28, comma 1, del testo unico. Si tratta della disposizione che riconosce la possibilità di fare richiesta di ricongiungimento familiare in capo agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari.

 

§  In esito a tale istruttoria, il tibunale per i minorenni approva o respinge con decreto motivato la proposta, comunicando la decisione al Ministero (comma 2);

§  Il Ministero trasmette il decreto del tribunale all’autorità competente straniera, all’ufficio consolare italiano all’estero, al giudice tutelare e ai servizi socio-assistenziali e alla questura del luogo in cui si stabilirà il minore, nonché alla persona, famiglia o struttura di accoglienza identificata (comma 4);

§  l’ufficio consolare italiano nel paese in cui si trova il minore rilascia il visto d’ingresso (comma 5); spetta al Ministero della giustizia dare comunicazione del visto alle competenti autorità straniere;

§  il questore rilascia al minore che non sia cittadino dell’Unione europea un permesso di soggiorno (ai sensi dell’art. 5 del TU immigrazione) per assistenza legale, della durata di 2 anni, rinnovabile per periodi di uguale durata se permangono le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio (comma 6);

§  Il minore che entra in Italia in base a questa procedura può beneficiare di tutti i diritti riconosciuti al minore in affidamento familiare.

 

 

L'istituto dell’affidamento del minore è disciplinato dagli articoli da 2 a 5 della legge n. 184 del 1983, e trova il suo presupposto nella temporanea situazione di inidoneità del nucleo familiare d'origine, nonostante gli interventi di sostegno ed aiuto di cui all’art. 1 della legge, ad assicurare al minore mantenimento, educazione, istruzione e necessarie relazioni affettive.

L'art. 2 della legge prevede due distinti tipi di affidamento: quello familiare (comma 1) e quello presso una comunità di tipo familiare (casa-famiglia) o un istituto di assistenza (comma 2). Il primo, che qui interessa, si realizza con l'affidamento del minore ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona singola in grado di assistere materialmente ed affettivamente il bambino. Il secondo, cui si ricorre nei casi in cui non sia possibile un conveniente affidamento familiare, consiste nell'affidamento-ricovero del minore o ad una comunità di tipo familiare.

Con riferimento ai poteri e agli obblighi dell'affidatario, va preliminarmente osservato che la potestà affidataria consiste in sostanza in una funzione espletata, ora in assenza ora in concorso con la potestà genitoria, al fine di garantire il mantenimento, l'educazione e l'istruzione del minore affidato. L’affidatario provvede alla cura del minore tenendo conto delle indicazioni dei genitori o del tutore e osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante. Proprio in considerazione della temporaneità e strumentalità dell'istituto, fondamento comune di tutte le ipotesi di affidamento, sia in famiglia, sia in comunità, sia in istituto, è l'obbligo di agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia d'origine.

Ai sensi dell'art. 4, l'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale; esso può avvenire:

1) previo assenso dei genitori esercenti la potestà ovvero del tutore, sentito il minore che abbia compiuto i dodici anni, o, in considerazione delle sue capacità di comprensione, anche di età inferiore (il provvedimento è reso esecutivo con decreto dal giudice tutelare);

2) senza l’assenso dei genitori; in tal caso, provvede il tribunale per i minorenni. In tale ipotesi, trova applicazione l'art. 330 c.c. (per effetto del quale il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio).

Nel provvedimento di affidamento devono essere indicate specificamente le motivazioni del provvedimento stesso, anche al fine di consentire il necessario controllo del giudice tutelare, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario; deve inoltre essere indicata la presumibile durata dell'affidamento (che, dopo la riforma del 2001, non può comunque superare i due anni, salvo proroga giustificata) rapportabile in relazione agli interventi volti al recupero della famiglia di origine: Il servizio sociale locale deve esercitare la vigilanza sull’affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informata l'autorità che ha emesso il provvedimento (giudice tutelare, nel caso dell’affido familiare; tribunale per i minorenni, negli altri casi) su ogni evento di rilievo essendo, inoltre, tenuto a presentare una relazione semestrale sull’andamento del programma di assistenza e la situazione della famiglia in difficoltà; inoltre, il servizio sociale dovrà svolgere funzione di sostegno educativi e psicologico agevolare i rapporti del minore con la famiglia di origine ed il suo rientro nel nucleo famigliare originario.

Al servizio sociale che lo ha disposto compete, peraltro, ordinare, con apposito provvedimento, la cessazione dell’affidamento quando siano venuti meno i presupposti che lo hanno legittimato ovvero quando sia cessata la difficoltà temporanea della famiglia d'origine o quando la sua prosecuzione rechi pregiudizio al minore. La cessazione dell'affidamento può inoltre essere disposta in base ad autonoma valutazione dell'autorità giudiziaria circa l'opportunità della sua prosecuzione. In questa ipotesi, così come nel caso di decorso della durata prevista per l'affidamento, il giudice tutelare può richiedere, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore. L'ultimo comma dell'art. 4 precisa al riguardo che il tribunale per i minorenni provvede o su richiesta del giudice tutelare, nell'ipotesi in cui sia trascorso il periodo di durata dell'affidamento, o d'ufficio, nel caso in cui il tribunale stesso sia intervento in difetto di assenso dei genitori o del tutore o in applicazione del citato art. 330 cc.

 

 

L’articolo 5 disciplina invece l’ipotesi di assistenza legale al minore straniero che si trova nel proprio paese in stato di abbandono ed è consentita a coniugi residenti in Italia rispetto ai quali il tribunale abbia emesso un decreto di idoneità all’adozione.

 

Il presupposto è dunque il possesso dei requisiti per adottare, disciplinati dall’art. 6 della legge sull’adozione (n. 184 del 1983), ovvero:

-        stabilità del rapporto di coppia, individuata nel rapporto coniugale almeno triennale e in assenza di separazione personale neppure di fatto. Il requisito della stabilità è realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni;

-        idoneità e capacità ad educare, istruire e mantenere i minori che si intendono adottare;

-        età degli adottanti. Il legislatore prescrive che l’età degli adottanti deve superare di almeno 18 e di non più di 45 anni l'età dell'adottando. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato. Deroghe sono concesse quando il tribunale accerta che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

 

In tale ipotesi, il procedimento da seguire è il seguente:

§  la richiesta degli interessati è presentata alla Commissione per le adozioni internazionali, con indicazione dell’ente  o del servizio che li assistono nelle procedure (ai sensi degli articoli 39-bis e39-ter della legge n. 184/1983);

§  la Commissione per le adozioni internazionali inoltra la richiesta all’autorità competente straniera, unitamente alla documentazione comprovante l’idoneità dei richiedenti (comma 3);

§  l’ente autorizzato o il servizio pubblico svolgono le attività previste dall’art. 31 della legge sulle adozioni.

 

In particolare, ai sensi dell’art. 31, comma 3, della legge n. 184, l’ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione: a) informa gli aspiranti sulle procedure che inizierà e sulle concrete prospettive di adozione; b) svolge le pratiche di adozione presso le competenti autorità del Paese straniero; c) raccoglie dall'autorità straniera la proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore; d) trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie riguardanti il minore agli aspiranti genitori adottivi; e) riceve il consenso scritto all'incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare; f) riceve dall'autorità straniera attestazione della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e concorda con la stessa, qualora ne sussistano i requisiti, l'opportunità di procedere all'adozione ovvero, in caso contrario, prende atto del mancato accordo e ne dà immediata informazione alla Commissione; g) informa immediatamente la Commissione, il tribunale per i minorenni e i servizi dell'ente locale della decisione di affidamento dell'autorità straniera e richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria, l'autorizzazione all'ingresso e alla residenza permanente del minore o dei minori in Italia; h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi affidatari o i genitori adottivi; i) riceve dall'autorità straniera copia degli atti e della documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al tribunale per i minorenni e alla Commissione; l) vigila sulle modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinché questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti; m) svolge in collaborazione con i servizi dell'ente locale attività di sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso del minore in Italia su richiesta degli adottanti; o) certifica le spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione.

 

§  la Commissione per le adozioni internazionali riceve dall’autorità competente straniera la proposta di accoglienza del minore in regime di assistenza legale, unitamente a tutte le informazioni relative allo stato di abbandono del minore, all’impossibilità di un suo collocamento familiare nel paese di provenienza, al consenso degli interessati, alle informazioni sulla situazione personale del minore, le sue necessità particolari e le informazioni che gli sono state fornite tenendo conto dell’età e della maturità personale (comma 5);

§  la Commissione decide dunque, sulla scorta di tali informazioni, di approvare o respingere la richiesta di assistenza legale dandone, in caso di esito positivo, comunicazione all’ente autorizzato (o al servizio pubblico), al tribunale per i minorenni e ai servizi sociali (comma 6);

§  la stessa Commissione riceve dall’autorità straniera l’autorizzazione al trasferimento permanente del minore in Italia e ne autorizza a sua volta l’ingresso in Italia (dandone comunicazione all’ufficio consolare, al tribunale per i minorenni, al giudice tutelare, all’ente autorizzato e alla questura (comma 8));

§  l’ufficio consolare italiano nel paese in cui si trova il minore rilascia il visto d’ingresso (comma 9);

§  il questore rilascia al minore che non sia cittadino dell’Unione europea un permesso di soggiorno (ai sensi dell’art. 5 del TU immigrazione) per assistenza legale, della durata di 2 anni, rinnovabile per periodi di uguale durata se permangono le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio (comma 10);

§  anche il minore che entra in Italia in base a questa procedura può beneficiare di tutti i diritti riconosciuti al minore in affidamento familiare (comma 11). I servizi sociali assistono il minore e la famiglia che lo accoglie, riferendo periodicamente al tribunale per i minorenni;

§  il giudice tutelare conferisce ai coniugi le funzioni di tutore e di protutore e si applicano, ove compatibili, le disposizioni sulla scelta del tutore previste dall’art. 348 del codice civile. Si ricorda che questa disposizione è oggetto di novella da parte dello schema di decreto legislativo di riforma della filiazione (A.G. n. 25), ai sensi della legge n. 219 del 2012.

 

In base all’art. 348 c.c., il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà genitoriale (primo comma) e, se manca la designazione, stabilisce che la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore (secondo comma). La stessa disposizione obbliga il giudice a sentire il minore interessato dalla nomina (terzo comma) e afferma che in ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore (quarto comma).

 

L’articolo 5 specifica che nelle more della procedura non può esservi alcun contatto tra la famiglia che richiede l’assistenza legale del minore e i genitori del minore o chiunque altro di cui sia necessario il consenso (comma 8).

Con previsione di chiusura, infine, la norma in commento aggiunge che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sull’ingresso nel territorio nazionale in possesso di visto (art. 33) sulle informazioni di salute (art. 37) e sull’applicazione al minore straniero in stato di abbandono in Italia della nostra normativa su adozione e affidamento (art. 37-bis) previste dalla legge n. 184 del 1983, Diritto del minore ad una famiglia.

Si osserva che, per non ingenerare incertezze applicative, sarebbe utile che venisse precisata l’estensione della clausola di compatibilità, cui è subordinata l’applicazione degli articoli 33, 37 e 37-bis della legge sull’adozione.

 

L’articolo 6 stabilisce quali disposizioni della normativa in tema di immigrazione possano trovare applicazione in caso di minore presente nel nostro paese per assistenza legale.

In particolare, il comma 1 dispone che al minore di Paesi non UE, entrato in Italia in base agli articoli 4 e 5, si applicano le disposizioni sulla conversione del permesso di soggiorno di cui all’articolo 32 del TU immigrazione.

 

L’articolo 32 del testo unico sull’immigrazione disciplina la possibilità per i minori stranieri di ottenere la conversione del permesso di soggiorno una volta che abbiano raggiunto la maggiore età. Le tipologie di permesso di soggiorno previste dalla legge sono le seguenti: studio; accesso al lavoro; lavoro subordinato; lavoro autonomo; cure mediche (co. 1). Ad eccezione di quest’ultima tipologia, il rilascio del permesso di soggiorno è subordinato al rispetto di una serie di condizioni (co. 1-bis). In particolare esso è rilasciato ai: a) minori non accompagnati che risultano affidati ad una famiglia; b) minori non accompagnati sottoposti a tutela[12], ed in questo caso è richiesto il parere del Comitato per i minori stranieri; c) nelle ipotesi residuali di minori stranieri non accompagnati, purché siano stati ammessi per almeno due anni ad un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nell'apposito registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’ente gestore dei progetti deve garantire che i minori: a) sono presenti in Italia da almeno 3 anni; b) hanno partecipato ad un progetto di integrazione della durata di almeno 2 anni; c) hanno disponibilità di un alloggio: d) frequentano corsi di studio o svolgono attività lavorativa regolare oppure sono in possesso di un contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.

 

Il comma 2 esclude invece che ai medesimi minori si possano applicare le disposizioni dell’articolo 29, commi 2 e 5, del TU immigrazione, in tema di ricongiungimento familiare.

 

L’articolo 29 del testo unico immigrazione, che disciplina la richiesta di ricongiungimento familiare, prevede, al comma 2, l’equiparazione ai figli, ai fini del ricongiungimento, dei minori adottati o affidati o sottoposti a tutela. Precisa, inoltre, che si considerano minori i figli di età inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell'istanza di ricongiungimento.

Ai sensi del successivo comma 5 è possibile ricongiungere il genitore naturale di figlio minore regolarmente soggiornante in Italia con l’altro genitore, purché si dimostri il possesso da parte di quest’ultimo dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3 (per i quali si v., supra, il commento all’articolo 4 della proposta di legge in esame).

 

Sul punto dunque il disegno di legge pare discostarsi dai più recenti approdi giurisprudenziali, che hanno riconosciuto il ricongiungimento familiare anche utilizzando come presupposto un rapporto di kafalah[13].

 

 

L’articolo 7 disciplina l’ipotesi in cui il minore che necessita di assistenza legale sia residente in Italia e la sua collocazione debba essere effettuata all’estero, presso una persona, una famiglia  o una struttura di accoglienza in un altro Stato contraente. In questo caso l’esigenza di collocamento sarà rilevata dall’autorità giudiziaria italiana che, per il tramite del Ministero della giustizia - Dipartimento per la giustizia minorile, inoltrerà la richiesta e la documentazione all’autorità competente dello Stato estero (comma 1).

La stessa autorità centrale italiana, ovvero il Ministero, inoltrerà all’autorità giudiziaria il provvedimento emesso dallo Stato estero (comma 2); l’autorità giudiziaria, adotterà quindi il provvedimento di affidamento del minore (comma 3).

 

Si osserva che il testo non individua direttamente quale sia l’autorità giudiziaria italiana.

 

 

L’articolo 8 novella le disposizioni penali della legge n. 184 del 1983, Diritto del minore ad una famiglia al fine di estendere le sanzioni penali – già previste per la violazione della legge in materia di adozione - alle fattispecie commesse in violazione della legge in commento, di ratifica della Convenzione dell’Aja.

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 1589

Legge n. 184 del 1983

Articolo 71

Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero lo avvia all'estero perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni

Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero delle disposizioni di cui alla legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all’Aja il 19 ottobre 1996, nonché delle relative norme di adeguamento dell’ordinamento interno, ovvero lo avvia all'estero perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni

Se il fatto è commesso dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di educazione, di istruzione, di vigilanza e di custodia, la pena è aumentata della metà.

Identico.

Se il fatto è commesso dal genitore la condanna comporta la perdita della relativa potestà e l'apertura della procedura di adottabilità; se è commesso dal tutore consegue la rimozione dall'ufficio; se è commesso dalla persona cui il minore è affidato consegue la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Identico.

Se il fatto è commesso da pubblici ufficiali, da incaricati di un pubblico servizio, da esercenti la professione sanitaria o forense, da appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati nei casi di cui all' articolo 61, numeri 9 e 11, del codice penale, la pena è raddoppiata.

Identico.

La pena stabilita nel primo comma del presente articolo si applica anche a coloro che, consegnando o promettendo denaro od altra utilità a terzi, accolgono minori in illecito affidamento con carattere di definitività. La condanna comporta la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Identico.

Chiunque svolga opera di mediazione al fine di realizzare l'affidamento di cui al primo comma è punito con la reclusione fino ad un anno o con multa da euro 258 a euro 2.582.

Identico.

 

 

Articolo 72

Chiunque, per procurarsi denaro o altra utilità, in violazione delle disposizioni della presente legge, introduce nello Stato uno straniero minore di età perché sia definitivamente affidato a cittadini italiani è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Chiunque, per procurarsi denaro o altra utilità, in violazione delle disposizioni della presente legge, ovvero delle disposizioni di cui alla legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all’Aja il 19 ottobre 1996, nonché delle relative norme di adeguamento dell’ordinamento interno, introduce nello Stato uno straniero minore di età perché sia definitivamente affidato a cittadini italiani , ovvero a soggetti stabilmente residenti nel territorio italianoè punito con la reclusione da uno a tre anni.

La pena stabilita nel precedente comma si applica anche a coloro che, consegnando o promettendo danaro o altra utilità a terzi, accolgono stranieri minori di età in illecito affidamento con carattere di definitività. La condanna comporta l'inidoneità a ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

Identico.

 

 

Articolo 72-bis

1. Chiunque svolga per conto di terzi pratiche inerenti all'adozione di minori stranieri senza avere previamente ottenuto l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera c), è punito con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da euro 516 a euro 5.164.

1. Chiunque svolga per conto di terzi pratiche inerenti all'adozione di minori stranieri, ovvero all’assistenza legale di minori in situazione di abbandono di cui all’articolo 5 della legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all’Aja il 19 ottobre 1996, senza avere previamente ottenuto l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera c), è punito con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da euro 516 a euro 5.164.

2. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 1.033 a euro 3.099 per i legali rappresentanti ed i responsabili di associazioni o di agenzie che trattano le pratiche di cui al comma 1.

Identico.

3. Fatti salvi i casi previsti dall'articolo 36, comma 4, coloro che, per l'adozione di minori stranieri, si avvalgono dell'opera di associazioni, organizzazioni, enti o persone non autorizzati nelle forme di legge sono puniti con le pene di cui al comma 1 diminuite di un terzo.

3. Fatti salvi i casi previsti dall'articolo 36, comma 4, coloro che, per l'adozione di minori stranieri, ovvero per l’assistenza legale di minori in situazione di abbandono di cui all’articolo 5 della legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, fatta all’Aja il 19 ottobre 1996, si avvalgono dell'opera di associazioni, organizzazioni, enti o persone non autorizzati nelle forme di legge sono puniti con le pene di cui al comma 1 diminuite di un terzo.

 

 

 

 

L’articolo 9 novella la legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, n. 218 del 1995, aggiornando il riferimento alla Convenzione dell’Aja del 1961, che disciplinava la medesima materia, con quello alla Convenzione dell’Aja del 1996, oggetto di ratifica (art. 42).

 

 

 

Normativa vigente

A.C. 1589

Legge n. 218 del 1995

Articolo 2

Convenzioni internazionali

1. Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia.

1. Identico.

 

1-bis. Il richiamo a convenzioni nominatamente indicate, fatto nella presente legge, deve intendersi sempre riferito a quelle sostitutive delle stesse, se firmate e ratificate dall’Italia ovvero se firmate e ratificate dall’Unione europea, qualora vincolanti per l’Italia

2. Nell'interpretazione di tali convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza della loro applicazione uniforme.

2. Identico.

 

 

Articolo 42

Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori

1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la legge 24 ottobre 1980, n. 742.

1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla  Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, resa esecutiva con la relativa legge di ratifica ed esecuzione. Si applicano le norme di adeguamento dell’ordinamento interno previste nella medesima legge.

2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti.

2. Identico.

 

 

L’articolo 10 riguarda le misure di protezione disposte da Stati non aderenti alla Convenzione, secondo un modello analogo a quello adottato con riguardo alla Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993 (v. art. 36 della legge n. 184 del 1983, e successive modificazioni). Prevede pertanto che le disposizioni contenute negli articoli 4, 5 e 6 della legge (l’affidamento o l’assistenza legale di un minore non in situazione di abbandono, l’assistenza legale di un minore in stato di abbandono e le norme relative alla conversione, nei casi suddetti, del permesso di soggiorno), si applicheranno, in quanto compatibili, anche alle misure di protezione che comportino il collocamento nel territorio italiano di un minore residente in un Paese non aderente alla Convenzione dell’Aja del 1996, né firmatario di altri accordi bilaterali.

Similmente, le disposizioni dell’articolo 7, relative al collocamento all’estero di un minore residente in territorio italiano, si applicheranno – in quanto compatibili - anche qualora il collocamento del minore debba avvenire nel territorio di un Paese non aderente alla Convenzione, né firmatario di accordi bilaterali.

Come si legge nella relazione illustrativa, “in tal modo si assicureranno uniformità di trattamento e pari garanzia di tutela dei minori, nell’ipotesi di situazioni sostanzialmente analoghe”.

Si osserva che, per evitare incertezze applicative, sarebbe utile che sia precisata l’estensione della clausola di compatibilità cui è subordinata l’applicazione delle disposizioni degli articoli 7 e 8 del disegno di legge.

 

L’articolo 11 stabilisce che, con regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano disciplinate le modalità operative per l’attuazione degli articoli 4 e 5.

I regolamenti sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’interno, della giustizia, del lavoro e delle politiche sociali e per l’integrazione.

In base all’art. 17, comma 1, della legge 400/1988, i regolamenti debbono essere adottati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta. Tali regolamenti debbono essere sottoposti al visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

L’articolo 12 contiene la clausola di invarianza finanziaria: dall’attuazione della legge non debbono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le pubbliche amministrazioni interessate all’attuazione delle disposizioni della legge vi provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Il Ministero della giustizia – Dipartimento per la giustizia minorile e la Commissione per le adozioni internazionale già svolgono, ognuno nel proprio ambito di competenza, compiti analoghi a quelli indicati nella legge e tali strutture vi provvederanno con le risorse attuali. Inoltre rientrano già nelle competenze proprie del Ministero degli affari esteri e del Ministero dell’interno il rilascio, rispettivamente, del visto d’ingresso e del permesso di soggiorno.

 

L’articolo 13 detta disposizioni transitorie. L’articolo fa salvo in primo luogo quanto previsto dall’articolo 8 della legge n. 218 del 1995.

In base all’art. 8, per la determinazione della giurisdizione italiana si applica l'articolo 5 del codice di procedura civile (giurisdizione e competenza sono determinate con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della domanda e non hanno rilevanza i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo). Tuttavia la giurisdizione sussiste se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del processo.

 

Prevede poi che si applichino ai giudizi instaurati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di ratifica le disposizioni di modifica dell’articolo 42 della legge n. 218 del 1995 (art. 9, comma 1, lettera b), del disegno di legge), nella parte in cui stabilisce che nel nostro diritto internazionale privato la Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996 sia la fonte regolatrice delle misure di protezione dei minori, con riguardo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento, all’esecuzione e alla cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.

Appare utile valutare se, in base alla disciplina transitoria, le disposizioni della Convenzione dell’Aja del 1996 che determinano la giurisdizione italiana debbano applicarsi anche ai procedimenti in corso, in base all’art. 5 c.p.c., oppure se esse si debbano applicare esclusivamente ai giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore della legge di ratifica.

 

Analogamente, il comma 2 dell’articolo 13 stabilisce che le nuove disposizioni si applicano alle istanze finalizzate all’ingresso di un minore straniero, in affidamento o in assistenza legale, presentate a decorrere dalla data della loro entrata in vigore.

 

L’articolo 14 reca la clausola di immediata entrata in vigore della legge.

 

 


 



[1]     Ai sensi dell’articolo 61 della Convenzione la sua entrata in vigore è fissata al primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data del deposito del terzo strumento di ratifica. Il 1° gennaio 2002 è decorso il termine previsto dal deposito degli strumenti dei  primi tre paesi, ossia Monaco, Repubblica Ceca e Slovacchia.

[2]     Firmata dall’Italia il 5 dicembre 1961, ratificata con la legge n. 742 del 24 ottobre 1980, entrata in vigore il 22 aprile 1995.

[3]     Approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York ed entrata in vigore il 2 settembre 1990.  L'Italia ha ratificato la Convenzione il 27 maggio 1991 con la legge n. 176.

[4]     La Kafala (letteralmente accoglimento) è un istituto giuridico derivato dal diritto islamico. Attraverso tale negozio giuridico, un giudice affida la protezione e la cura di un minore ad un altro soggetto (detto Kafil) che non ne sia il genitore naturale. Tale soggetto affidatario della kafala è per lo più un parente che curerà la crescita e l'istruzione del minore. L’istituto islamico della kafala è espressamente citato all’articolo 20, par. 3, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia del 1989.

[5]     La Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori firmata all’Aja il 25 ottobre 1980 e resa esecutiva in Italia con la legge 15 gennaio 1994, n. 64 è quella più utilizzata, soprattutto per le istanze di rimpatrio dei minori (per es. quando uno dei due genitori sottrae o trattiene illecitamente il figlio in un altro Paese) e per quelle relative all’esercizio del diritto di visita. Obiettivo è la protezione del minore contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro.

[6]     Approvata dalla legge n. 523 del 7 settembre 1905 e ratificata il 17 maggio 1905, è in vigore dal 16 settembre dello stesso anno.

[7]     Istituita nel 1893 la Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato HCCH (Hague Conference on Private International Law) conta oggi 72 membri (71 Stati e l'Unione europea) in rappresentanza di tutti i continenti: Si tratta di un'organizzazione inter-governativa che sviluppa strumenti giuridici multilaterali in risposta alle esigenze globali nelle aree della tutela internazionale dei minori, della famiglia e rapporti di proprietà, della cooperazione legale internazionale e contenzioso e del commercio e finanza internazionale.

[8]     Ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 2 della Convenzione in esame.

[9]     Lo status table della Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996 è rinvenibile all’indirizzo web: http://www.hcch.net/index_en.php?act=conventions.status&cid=70

[10]   Il Tribunale di Torino ha affermato che il minore legato a una persona o una famiglia da quel particolare vincolo giuridico costituito dalla kafala «non può essere equiparato ad un minore adottato, o affidato, o sottoposto a tutela. Ed infatti, la kafala del minore abbandonato non dà diritto né alla filiazione né alla successione; è istituto che - in quanto tendenzialmente privo di limiti temporali - si basa su principi assolutamente diversi e contrastanti rispetto a quelli su cui si fonda l'affidamento familiare di cui agli artt. 2-5 della L. 4 maggio 1983, n. 184; e non può essere equiparato alla tutela del minore ex art. 343 c.c. e segg. in quanto, per la costituzione della kafala, occorre che il kefil sia di religione musulmana, e, allorché il minore è una femmina, non è previsto un termine di cessazione della kafala: il che è in contrasto con l'art. 3 Cost., e rende pertanto il vincolo di cui al predetto istituto non riconoscibile dal nostro ordinamento, tenuto presente il limite costituito dall'ordine pubblico»

[11]   L. 4 maggio 1983, n. 184, Diritto del minore ad una famiglia.

[12]   La possibilità di rilascio del permesso di soggiorno si estende anche all’affidamento “di fatto”, riconducibile all’art. 9, co. 4, L. 184/1983 (Consiglio di Stato n. 2545/2009).

[13]   Si veda, oltre alla citata Corte di Cassazione del 2008 (Sez. I, Sent. n. 7472 del 20-03-2008), da ultimo il Tribunale per i minorenni di Brescia, che con la pronuncia del 12 marzo 2010 ha affermato che « Un provvedimento straniero di kafala può essere riconosciuto in Italia ai sensi dell'art. 66 della legge n. 218/1995 e può fungere da presupposto per il ricongiungimento familiare in base all'art. 29 comma 2 del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286».