Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Le iniziative delle Nazioni Unite per il contrasto alla violenza sessuale in situazioni di conflitto armato
Serie: Note di politica internazionale    Numero: 20
Data: 24/07/2013
Descrittori:
GUERRA   REATI SESSUALI
ZONE DI GUERRA E DI OPERAZIONI MILITARI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


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Le iniziative delle Nazioni Unite per il contrasto alla violenza sessuale in situazioni di conflitto armato

23 luglio 2013




 

La risoluzione 1325 (2000)

 

Il 31 ottobre 2000 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all'unanimità la risoluzione 1325 su donne, pace e sicurezza, primo documento del Consiglio che menziona esplicitamente l'impatto dei conflitti armati sulle donne e sottolinea il contributo femminile per la risoluzione dei conflitti e per la costruzione di una pace durevole.

La risoluzione, considerata "madre" di risoluzioni ONU successive dal contenuto più specifico (per le quali si veda infra), delinea un sistema ampio di obiettivi a garanzia della prevenzione, della partecipazione e protezione delle donne nei contesti di conflitto (paradigma delle 3"P"), focalizzando tre elementi:

  1. le donne ed i fanciulli rappresentano i gruppi più colpiti dai conflitti armati;
  2. le donne svolgono un ruolo imprescindibile sia nella prevenzione e risoluzione dei conflitti, sia nelle attività di ricostruzione della pace;
  3. gli Stati membri dell'Onu sono invitati ad assicurare una più ampia partecipazione delle donne a tutti i livelli decisionali, con particolare riferimento ai meccanismi di prevenzione, gestione e risoluzione del conflitto.

Il principio ispiratore della risoluzione - la "tolleranza zero" rispetto a tali forme di violenza che violano le norme internazionali e costituiscono comportamenti di rilievo penale - si applica ai militari, alle parti in conflitto nonché al personale militare e civile dell'Onu responsabile di abusi sessuali nelle aree di conflitto.

 

A fronte dell'ampiezza del mandato della risoluzione 1325 e della mancanza di indicazioni precettive in ordine all'attuazione delle sue disposizioni, e mentre si  continuavano a registrare numerosi casi di violenza sessuale nelle aree di conflitto armato e post conflitto, il Consiglio di Sicurezza ha previsto, nel Presidential Statement  del 28 ottobre 2004, la possibilità che gli Stati membri  proseguissero sulla strada dell'attuazione della Risoluzione 1325 anche attraverso lì adozione di "National Action Plans".

Un rapporto del Segretario generale Onu dà conto ogni anno dei progressi compiuti.

Si segnala che nell'ultimo report (rilasciato il 2 ottobre 2012) viene evidenziato che 37 Stati membri (su un totale di 193, pari al 19%), tra i quali il nostro Paese, hanno adottato un piano d'azione nazionale.

In Italia, in particolare, il Piano di Azione Nazionale su "Donne Pace e Sicurezza" 2010-2013 è stato adottato il 23 dicembre 2010.

 

 

La risoluzione 1820 (2008)

 

La prima risoluzione delle Nazioni Unite dove si afferma che la violenza sessuale in situazioni di conflitto armato può costituire crimine di guerra, crimine contro l'umanità e prefigurare genocidio è la risoluzione 1820 adottata all'unanimità il 19 giugno 2008 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel corso del dibattito su donne, pace e sicurezza. L'Italia, membro non permanente del Consiglio di Sicurezza nel biennio 2007-2008, aveva profuso un intenso impegno in fase negoziale, con particolare riguardo al riconoscimento del nesso tra sicurezza internazionale e violenza sessuale nei casi in cui questa viene impiegata come tattica di guerra.

 

La risoluzione 1820 del 2008 chiede a tutte le parti nei conflitti armati di cessare immediatamente e del tutto la violenza sessuale contro i civili evidenziando che, nonostante le reiterate condanne, la violenza e l'abuso sessuale di donne e bambini intrappolati in zone di guerra è praticata con un'ampiezza ed una sistematicità tali da configurare livelli di "spaventosa brutalità". Il documento, stabilito che l'utilizzo della violenza sessuale come tattica di guerra può profondamente esacerbare i conflitti armati ed impedire il ripristino della pace e della sicurezza internazionale, afferma che lo stupro e le altre forme di violenza sessuale possono rappresentare crimini di guerra, crimini contro l'umanità ed anche atti costitutivi di genocidio. Nella premessa, inoltre, il documento richiama l'inclusione di una serie di offese sessuali nello Statuto di Roma, atto fondativo della Corte penale internazionale dell'Aja.

La risoluzione, che prevede la possibilità di imporre sanzioni mirate contro fazioni che commettono stupri e altre forme di violenza contro donne e ragazze, chiedeva al Segretario generale Onu di dare conto del quadro della situazione e dell'attuazione della disposizioni in essa contenute entro il 30 giugno 2009, nonché di formulare proposte volte a "minimizzare la suscettibilità" delle donne e delle ragazze a tale violenza. Il Segretario era inoltre richiesto di sviluppare linee guida e strategie efficaci per migliorare le capacità delle operazioni di peacekeeping Onu nella protezione dei civili da ogni forma di violenza sessuale.

 

 

Le risoluzioni 1960 (2010) e 1888 (2009)

 

Una ulteriore risoluzione (1960/2010) è stata adottata all'unanimità il 16 dicembre 2010 dal Consiglio di Sicurezza il quale ha chiesto alle parti coinvolte in conflitti armati di assumere specifici impegni ed indicare precise scadenze della lotta alla violenza sessuale, sollecitandole sul lato della prevenzione a proibire tali crimini attraverso la somministrazione di ordini precisi alle catene di comando e l'imposizione di codici di condotta e, sul versante giudiziario, ad indagare i presunti abusi affidandone tempestivamente alla giustizia i responsabili. Il Segretario generale è tenuto a monitorare il perfezionamento di tali impegni nonché, sulla base di una analisi più approfondita, a favorire una migliore cooperazione tra tutti gli attori Onu finalizzata a fornire una risposta sistemica alla questione della violenza sessuale, nel frattempo procedendo a più nomine femminili tra i protection advisers delle missioni di peacekeeping.

 

Il complesso delle risoluzioni sopra richiamate, alle quali va aggiunta anche la risoluzione 1888 (2009) con la quale il Consiglio di Sicurezza tra le misure atte a fornire protezione a donne e bambini contro la violenza sessuale in situazioni di conflitto, individua la figura del rappresentante speciale del Segretario Generale Onu incaricato di dirigere e coordinare l'operato delle Nazioni Unite sul tema, rappresenta la cornice predisposta dal Consiglio per la prevenzione e repressione della violenza sessuale conflict-related.

 

 

Rappresentante speciale dell'ONU per i crimini sessuali in situazioni di conflitto

 

La carica di Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i crimini sessuali in situazioni di conflitto è ricoperta dal 22 giugno 2012 da Zainab Hawa Bangura, cittadina della Sierra Leone, che è subentrata a Margot Wallström.

I focal points del mandato della Rappresentante Speciale sono costituiti, come già per la Wallström, dal contrasto all'impunità dei responsabili, dall'empowerment delle donne colpite al fine di ristabilire il godimento dei loro diritti, dall'implementazione di politiche idonee a sostenere un approccio globale alla violenza sessuale, dall'armonizzazione su scala internazionale della risposta alle violenze e dal miglioramento della comprensione della violenza sessuale nella sua dimensione di tattica di guerra. La Rappresentante, inoltre, dovrà metterà in risalto la necessità che sia condotta a livello nazionale titolarità, leadership e responsabilità nel contrasto della violenza sessuale.

 

 

Il Team of Experts on the Rule of Law/Sexual Violence in Conflict - TOE

 

La risoluzione 1888 (2009), a fronte della mancanza di progressi sul contrasto alla violenza sessuale conflict-related ha istituito il Team of Experts on the Rule of Law/Sexual Violence in Conflict - TOE da dispiegare in presenza di situazioni di particolarmente gravi come strumento di assistenza per le autorità nazionali nel rafforzamento della rule of law. Nel novembre 2009 il comitato direttivo di UN Action Against Sexual Violence ha coinvolto nel progetto TOE  il Dipartimento delle Operazioni di Peacekeeping (DPKO), l'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR) l'UNDP (United Nation Development Programme).

 

 

UN Action Against Sexual Violence

 

UN Action Against Sexual Violence unisce 13 organismi delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di porre fine alla violenza sessuale nei conflitti in uno sforzo concertato per migliorare il coordinamento e la responsabilità, ampliare la programmazione e sostenere gli sforzi nazionali per prevenire la violenza sessuale, rispondendo in modo efficace alle esigenze dei sopravvissuti. E' promotore della International Campaign to Stop Rape & Gender Violence in Conflict (http://www.stoprapenow.org/take-action/).

 

 

 

Gli sviluppi più recenti

 

Nel rapporto sull'implementazione delle risoluzioni 1960 (2010), 1820 (2008) e 1888 (2009) presentato il 14 marzo 2013 e relativo al periodo dicembre 2011-dicembre 2012 il Segretario generale Ban Ki-moon ha sottolineato che nonostante i progressi nell'abbattimento del muro di silenzio che  circonda l'uso sistematico della violenza sessuale come tattica di guerra, questa persiste anche a lungo dopo la fine della fase in armi dei conflitti, con atti di violenza che colpiscono donne e ragazze in modo sproporzionato ma che si rivolgono anche contro uomini e ragazzi. D'accordo con la sostanza di tale analisi si è dichiarata anche la Rappresentante speciale Zainab Hawa Bangura che ha sottolineato, tuttavia, la necessità di un chiaro messaggio di condanna nei riguardi della violenza sessuale anche da parte del Consiglio di Sicurezza.


Da ultimo, il 24 giugno 2013 il Consiglio di sicurezza ha adottato all'unanimità la risoluzione 2106 (2013) specificamente focalizzata sul tema della violenza sessuale in situazioni di conflitto armato. Il documento aggiunge ulteriori dettagli operativi alle precedenti risoluzioni sul tema e ribadisce la necessità di sforzi più intensi da parte di tutti gli attori, non solo il Consiglio di Sicurezza e le parti di un conflitto armato, ma tutti gli Stati membri e gli enti delle Nazioni Unite, per l'attuazione dei mandati promananti dal complesso delle risoluzioni sul tema e per la lotta all'impunità per questi crimini.

 

Sulla prevenzione della violenza sessuale nei conflitti i Ministri degli Esteri dei Paesi del G8 riuniti a Londra hanno rilasciato una dichiarazione (11 aprile 2013) nella quale si legge "(…) international humanitarian law maintains a long-standing prohibition of sexual violence in armed conflict and (…) sexual violence when it is part of a widespread or systematic attack against a civilian population can constitute a crime against humanity and can be a constitutive act with respect to genocide". I Ministri si sono accordati – riferiscono notizie di agenzia – per destinare alle finalità di contrasto alla violenza in situazioni di conflitto fondi per 27,5 milioni di euro.