Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2015 - Doc. LVII, n. 3-bis
Riferimenti:
DOC LVII, N. 3-BIS     
Serie: Documentazione di finanza pubblica    Numero: 10
Data: 28/09/2015
Descrittori:
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA N. 10

 

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA:

 

Servizio Studi

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Servizio del Bilancio

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CAMERA DEI DEPUTATI:

 

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In copertina: Piazza San Macuto in una stampa d’epoca

 


INDICE

PREMESSA.. 1

1. Il quadro macroeconomico.. 5

1.1. La congiuntura internazionale. 5

1.2. Lo scenario macroeconomico nazionale. 10

1.2.1. Lo scenario tendenziale. 11

1.2.2. Lo scenario programmatico. 21

1.2.3. Il mercato del lavoro. 22

1.2.4. I confronti con i principali paesi europei 26

2. L'indebitamento netto e il debito pubblico.. 29

2.1. Le previsioni a legislazione vigente. 29

2.1.1. I saldi della P.A. 29

2.1.2. Le entrate. 41

2.1.3. Le spese. 47

2.2. Il percorso programmatico di finanza pubblica. 50

2.2.1. L'aggiornamento del piano di rientro verso l'OMT.. 51

2.2.2. La correzione del saldo strutturale, la regola della spesa e la spending review   55

2.2.3. I margini di flessibilità del Patto di stabilità e crescita. La clausola delle riforme strutturali e la clausola degli investimenti 57

2.2.4. Gli indicatori di finanza pubblica. 62

2.3. L’evoluzione del debito. 67

2.4. La regola del debito e gli altri fattori rilevanti 70

2.5. La spesa per interessi 73

3. La Strategia nazionale e le raccomandazioni del Consiglio europeo   76

3.1. Gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità. 77

3.1.1. Gli aggiustamenti di bilancio. 77

3.1.2. La fiscalità. 78

3.2. Il piano strategico della logistica e l'Agenzia per la coesione territoriale  82

3.2.1. Il piano strategico nazionale della portualità e della logistica. 82

3.2.2. Il piano nazionale degli aeroporti 85

3.2.3. L'Agenzia per la coesione territoriale. 86

3.2.4. Il monitoraggio della gestione dei fondi UE.. 87

3.2.5. Il Programma Governance e Capacità Istituzionale. 90

3.3. Le istituzioni, la pubblica amministrazione e la giustizia civile. 90

3.3.1. Le riforme istituzionali 91

3.3.2. La riforma della pubblica amministrazione. 92

3.3.3. Gli interventi per l’efficienza del processo civile. 95

3.3.4. Gli interventi nel settore penale. 98

3.3.5. La riforma della giustizia tributaria. 100

3.4. Il settore bancario e finanziario. 101

3.5. Il mercato del lavoro e l'educazione. 104

3.6. Le semplificazioni e la concorrenza. 113

3.6.1. Le misure di semplificazione amministrativa. 113

3.6.2. Le politiche per la concorrenza. 117

3.6.3. I servizi pubblici locali 118

4. APPROFONDIMENTI 121

4.1. Il piano di valorizzazione del patrimonio pubblico e le privatizzazioni 121

4.1.1. I proventi da privatizzazioni 121

4.1.2. La dismissione e la valorizzazione del patrimonio pubblico. 122

4.1.3. Le privatizzazioni 125

4.2. I contenuti del Patto di Stabilità interno. 127

4.3. Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano  128

 

 


PREMESSA

Normativa: il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

 

L’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009 prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

·         l’eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il periodo di riferimento, nonché le eventuali modifiche e integrazioni al Documento di economia e finanza conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma;

·         l’eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal Documento di economia e finanza, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

·         gli obiettivi di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

·         il contenuto del Patto di stabilità interno e le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto del Patto medesimo, nonché il contenuto del Patto di convergenza, e le misure volte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall'articolo 18 della legge n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale;

·         l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

In coerenza con quanto previsto per la presentazione del DEF[1], qualora si renda necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, il Governo è tenuto ad inviare, entro il 10 settembre, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi. Le linee guida sono altresì trasmesse, entro il 10 settembre, alle Camere, cui è in seguito trasmesso anche il parere espresso su di esse dalla Conferenza.

 

 

 

 

 

 

 

I documenti all'esame

 

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (di seguito anche: Nota di aggiornamento[2]) (Doc. LVII, n. 3‑bis) aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quinquennio 2015-2019 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile (di seguito anche: DEF).

 

Con riferimento ai documenti all'esame, alla Nota di aggiornamento risultano allegati:

·      le Relazioni sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali – anno 2015 (Doc. LVII, n. 3‑bis/Allegato I), ai sensi dell'art. 10‑bis della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, come modificata dalla L. 39/2011;

·      il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell’evasione fiscale - Aggiornamento 2014 (Doc. LVII, n. 3‑bis/Allegato II), ai sensi dell’art. 2, c. 36.1, del D.L. n. 138/2011, inserito dall’art 1, c. 299, lett. b), della legge n. 228/2012);

·      la Relazione al Parlamento 2015 (Doc. LVII, n. 3‑bis/Allegato III) redatta ai sensi dell'art. 6, co. 5, della L. 243/2012, che illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo programmatico strutturale (MTO), già autorizzato con la Relazione al Parlamento 2014, contenuto nel Documento di Economia e Finanza 2015, presentato alle Camere nel mese di aprile, e confermato dalla Relazione al Parlamento del 9 giugno 2015 (redatta ai sensi dell’art. 10‑bis, comma 6, della L. 196 del 2009).

 

L'Italia è attualmente sottoposta al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e un’azione politica vigorosa ed è soggetta alla regola del debito transitoria nel periodo 2013-2015.

Nel programma di stabilità 2015 l'Italia ha chiesto una deviazione temporanea pari a 0,4 punti percentuali di PIL dal percorso di avvicinamento richiesto verso l'obiettivo a medio termine nel 2016 per tenere conto di significative riforme strutturali con ricadute positive sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.

 

Nella Nota di aggiornamento, il Governo dichiara di voler utilizzare pienamente i margini di flessibilità in materia di riforme strutturali con riferimento al 2016 (ulteriore 0,1 punti percentuali di Pil in aggiunta agli 0,4 sopra citati) e di chiedere l’applicazione della clausola per gli investimenti per 0,3 punti percentuali di Pil.

Complessivamente il margine di flessibilità richiesto ammonta a 0,8 punti percentuali di Pil ed è volto a irrobustire i primi segnali di ripresa della crescita del PIL e rafforzare per questa via il processo di consolidamento fiscale.

Tale scelta, che comporta un percorso di risanamento più graduale di quello contenuto nel DEF di aprile, si riflette necessariamente sul raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, che viene ora previsto nel 2018, con un allungamento di un anno rispetto a quanto stabilito nel DEF 2015, ivi riferito all’anno 2017.

Nella Nota viene dichiarato altresì che verrà richiesto un ulteriore margine di manovra pari a 0,2 punti percentuali di PIL per far fronte ai costi relativi all'accoglienza degli immigrati, tale margine addizionale è escluso dalle stime.

 

In conseguenza alla volontà del Governo di aggiornare il piano di rientro verso l’obiettivo programmatico strutturale, unitamente alla Nota di aggiornamento è stata trasmessa alle Camere la Relazione prescritta dall’articolo 6 della legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012[3]. Tale articolo prevede infatti che, qualora il Governo, al fine di fronteggiare eventi eccezionali, ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea, presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento, stabilisca le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello stesso e definisca il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico, commisurandone la durata alla gravità degli eventi. La deliberazione con la quale ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro è adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

 

Si rammenta che tale procedura ha finora già trovato attuazione in due circostanze vale a dire:

·      in occasione del posticipo dell’obiettivo del pareggio di bilancio operato con il Documento di Economia e Finanza 2014, che recava la connessa Relazione ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243/2012, con la quale si posponeva il raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo (MTO) dal 2015 al 2016. Sulla base di tale relazione ciascuna delle due Camere, con propria risoluzione del 17 aprile 2014 (rispettivamente n. 6-00050 al Senato e n. 6-00064 alla Camera) ha autorizzato lo scostamento in questione, unitamente al piano di rientro.

·      in occasione della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014, al cui riguardo è stata presentata la Relazione prevista dall’articolo 6 della legge n.243 del 2012, con la quale, in conseguenza dell’eccezionalità del prolungarsi del deterioramento delle previsioni di crescita per l’anno 2014 e per gli anni successivi, è stato operato un aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio periodo (MTO), prevedendosi il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale nel 2017, anziché nel 2016 come previsto dal DEF 2014. La Relazione è stata approvata presso ciascuna Camera, con apposita risoluzione 6‑00062, n. 100 al Senato e 6-00082 presso la Camera.

 

Il dossier tiene conto dell'errata corrige trasmessa con comunicazione del 25 settembre u.s..

1. Il quadro macroeconomico

La Nota 2015 presenta una revisione al rialzo delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2015, in considerazione dei segnali di ripresa dell’economia italiana nella prima parte dell’anno.

Anche per gli anni successivi, a partire dal 2017, la Nota espone una revisione verso l’alto delle previsioni, in considerazione delle prospettive più positive della domanda mondiale, sebbene in un contesto internazionale che presenta un recupero meno accentuato nel medio periodo di quanto previsto.

1.1. La congiuntura internazionale

La Nota evidenzia uno scenario macroeconomico internazionale che, benché in graduale espansione, mostra, nel suo complesso, una ripresa più debole rispetto alle attese e molto differenziata tra le varie aree economiche.

I segnali di rallentamento, emersi nei mesi più recenti, sono essenzialmente riconducibili al deterioramento delle prospettive dei paesi emergenti e, più in particolare, al calo della domanda cinese, che hanno inciso sulla dinamica del commercio mondiale risultata, nel complesso, inferiore alle aspettative.

La dinamica favorevole dell’economia risulta legata, sostanzialmente, al recupero delle economie avanzate e, in particolare, al buon andamento dell’economia statunitense, avviata verso una solida ripresa, confermata dalla variazione positiva del PIL registrata nel secondo trimestre dell’anno (+0,9 per cento rispetto al primo trimestre, che già registrava una crescita dello 0,2 per cento), e dalla costante riduzione del tasso di disoccupazione, sceso al 5,1 per cento, su livelli pre-crisi. Di contro, la Nota evidenzia un indebolimento significativo in Giappone, che ha registrato, dopo i risultati positivi del primo trimestre, una inattesa caduta del PIL.

Le grandi economie emergenti manifestano, invece, ancora un rallentamento dell’attività economica rispetto ai ritmi di qualche anno fa. In Cina, l’instabilità finanziaria manifestatasi con un brusco calo sul mercato azionario, interrotto solo da massicci interventi delle autorità, ha acuito l’incertezza circa le sue prospettive economiche.

Nell'area dell'euro, la crescita si è stabilizzata, pur rimanendo molto contenuta, discontinua e diseguale tra i paesi.

Il quadro delle variabili esogene sottostanti la Nota di aggiornamento risulta dunque, nel complesso, meno favorevole rispetto a quanto ipotizzato in primavera. Si rileva, in particolare, un ribasso delle ipotesi di crescita del commercio mondiale di circa 1 punto percentuale di PIL per il 2015 e di 0,8 punti per il 2016. Anche il prezzo medio annuo del petrolio è ipotizzato in riduzione rispetto a quanto illustrato nel DEF, sebbene in graduale recupero nel periodo considerato, come riportato nella Tabella che segue:

Tabella 1. Andamento del PIL e del commercio mondiale

(variazioni percentuali)

 

2013

2014

2015

2016

2017

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

Commercio mondiale

3,3

3,2

4,0

3,0

5,3

4,5

5,4

5,1

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/Barile)

108,6

99,0

56,7

53,7

57,4

54,1

57,4

61,9

Cambio dollaro/euro

1,33

1,33

1,08

1,12

1,07

1,13

1,07

1,13

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2015 (settembre 2015).

Per quanto concerne la crescita economica mondiale, le ultime proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse nel World Economic Outlook Update del 9 luglio 2015 e riportate nella seguente tabella, ipotizzano una crescita del PIL mondiale all’incirca del 3,3 per cento nel 2015 - di circa 0,2 punti in meno rispetto a quanto previsto in primavera - e del 3,8 per cento nel 2016.

Tabella 2. Andamento del PIL mondiale

(variazioni percentuali)

 

2013

2014

2015

2016

PIL mondiale

3,4

3,4

3,3

3,8

Fonte: FMI, World Economic Outlook Update (9 luglio 2015).

Il FMI, nel WEO Update, indica una crescita globale nel 2015 più rallentata e disomogenea rispetto alle attese, seguita da un’accelerazione nel 2016.

La modesta crescita del 2015 riflette una graduale accelerazione delle economie avanzate ed un persistente rallentamento dei mercati e delle economie emergenti, dovuto a diversi fattori, quali il ribasso dei prezzi delle materie prime e l’inasprimento delle condizioni di finanziamento esterno, l’instabilità della Cina, nonché, per alcuni paesi, la sussistenza di ostacoli strutturali e di squilibri macroeconomici e tensioni legate a fattori geopolitici. In particolare, l’FMI sottolinea come la marcata contrazione degli scambi delle economie emergenti, solo parzialmente compensata dalla dinamica positiva di quelle avanzate, abbia determinato nel primo trimestre del 2015 una contrazione del commercio mondiale di beni e servizi molto ampia. Le stime dell’FMI per l’anno in corso restano comunque ottimistiche, collocando l’espansione del commercio mondiale al 4,1 per cento.

 

Tali considerazioni sono state evidenziate anche dall’OCSE, nell’Interim Economic Outlook del 16 settembre 2015, che illustra un quadro dell’economia mondiale in cui le prospettive di crescita risultano leggermente indebolite e si sta evidenziando un crescente grado di divergenza tra le principali economie. Nel complesso, la crescita del commercio mondiale è in una fase di stagnazione e le condizioni finanziarie si sono deteriorate. Tuttavia, mentre la ripresa sta progredendo nelle economie avanzate, le prospettive sono invece peggiorate per molte economie emergenti.

La ripresa negli Stati Uniti appare solida e l'espansione dei consumi continua a essere sostenuta da robusti incrementi dell'occupazione, ma l’Ocse manifesta perplessità circa lo sviluppo delle altre maggiori economie. Dati imprevedibili sull’andamento del PIL in Giappone fanno emergere interrogativi circa la robustezza della ripresa in quel paese; le dinamiche di crescita in Cina fanno difficoltà ad assestarsi, con segnali discordanti tra i diversi indicatori. La crescita dell’area dell’Euro è migliorata, ma non così come ci sarebbe potuti aspettare, considerata la caduta dei prezzi del petrolio, dei tassi di interesse a lungo termine e del valore dell’euro.

Le aspettative per la crescita globale si sono leggermente indebolite e sull'outlook pesano alcune incertezze, legate soprattutto alla vulnerabilità delle economie emergenti al rallentamento dell’economia cinese, che, se associato a turbolenze sui mercati finanziari, finirebbe col ripercuotersi anche sulle economie avanzate. Crescenti dubbi riguardano, inoltre, il potenziale di crescita nel medio termine sia delle economie avanzate che di quelle emergenti, dato la debole crescita, ormai da tempo, degli investimenti e della produttività.

Il grafico che segue evidenzia il ritmo moderato di espansione del commercio mondiale negli ultimi anni.

Figura 1. Andamento del commercio mondiale di beni

Fonte: BCE, Bollettino economico n. 6/2015 - Andamenti economici e monetari (17 settembre 2015)

La Nota sottolinea pertanto che i fattori di rischio associati allo scenario internazionale si sono nel complesso intensificati. Accanto alla prosecuzione delle tensioni geopolitiche e al rallentamento del commercio mondiale, essa evidenzia le incertezze legate alle elezioni politiche in Grecia e i possibili effetti dell’interazione delle politiche monetarie influenzate dalla recente evoluzione dell’economia cinese.

 

Per ciò che concerne specificamente l’Area dell’Euro, la Nota riporta i più recenti dati congiunturali forniti da Eurostat[4], che registra una crescita del PIL dell’Area, nel secondo trimestre dell’anno in corso, dello 0,4 per cento –ad un ritmo più contenuto rispetto alla crescita dello 0,5 per cento del precedente trimestre – cui hanno contribuito principalmente i consumi privati e le esportazioni nette.

La crescita del prodotto interno lordo è generalizzata, sebbene con andamenti differenziati tra i vari Paesi dell’Area, fatta eccezione per la Francia dove il PIL nel secondo trimestre è rimasto stabile.

Nel complesso la ripresa economica e il miglioramento delle condizioni finanziarie hanno inciso positivamente sulle componenti della domanda interna e sulla riduzione del tasso di disoccupazione. Si indebolisce la dinamica dei prezzi: ad agosto la stima dell’indice armonizzato per l’Area dell’Euro mostra un rallentamento marginale (0,1 per cento).

Figura 2. Incremento del PIL nel secondo trimestre del 2015

Fonte: Eurostat, Newsrelease Euroindicators – n. 152/2015 – 8 settembre 2015

Per quanto concerne le prospettive di crescita dell’Area dell’euro, la Nota evidenzia che, a inizio settembre, la Banca Centrale Europea ha rivisto leggermente al ribasso le previsioni di crescita (nell’ordine di 0,1 punti percentuali per il 2015 e di 0,2 punti per il 2016-2017), principalmente per effetto della minore domanda esterna riconducibile alla più debole espansione nei mercati emergenti, stimando un incremento annuo del PIL dell’1,4 per cento nel 2015, dell’1,7 nel 2016 e dell’1,8 nel 2017.

 

In particolare, la BCE, nel Bollettino Economico n. 6/2015 del 17 settembre 2015, rileva che le ultime proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE[5] e una valutazione provvisoria delle recenti oscillazioni nei mercati segnalano una perdurante, ancorché lievemente più debole, ripresa economica nell’area dell’euro e un incremento dell’inflazione più contenuto rispetto alle precedenti aspettative.

Il cambiamento delle prospettive dipende prevalentemente da andamenti esterni. L’economia mondiale, benché in graduale espansione, continua a seguire un profilo disomogeneo. Per un verso, l’attività economica nei paesi avanzati è sostenuta dai bassi prezzi del petrolio e dal perdurare di condizioni finanziarie accomodanti. Per altro verso, si osserva un deterioramento delle prospettive nelle economie emergenti, in presenza di una maggiore incertezza.

I dati delle ultime indagini congiunturali indicano per la seconda metà dell’anno un ritmo di espansione del prodotto analogo a quello del secondo trimestre.

In una prospettiva più lunga, la ripresa dell’area dell’euro dovrebbe proseguire, sebbene a un ritmo in certa misura più debole di quanto previsto in precedenza. Ciò riflette soprattutto il rallentamento delle economie emergenti, che grava sulla crescita mondiale e, di conseguenza, sulla domanda di esportazioni dell’area dell’euro. Secondo gli esperti della BCE, il recupero sarà sostenuto da andamenti interni favorevoli. In particolare, la domanda interna si rafforzerebbe gradualmente, sorretta dalla politica monetaria della BCE, ivi comprese le misure non convenzionali.

Nondimeno, diversi fattori seguitano a gravare sulle prospettive di crescita secondo la BCE. L’indebitamento dei settori pubblico e privato resta molto alto in alcuni paesi. Anche la disoccupazione strutturale permane su livelli elevati, specie in alcune delle economie dell’area dell’euro sottoposte a tensioni. La spesa per investimenti sarà ancora frenata dai timori riguardanti il potenziale di crescita a lungo termine e i lenti progressi nell’attuazione delle riforme strutturali.

 

Il relazione alle prospettive di crescita dell’Area dell’euro, il Governo osserva che, almeno nel breve termine, il rallentamento delle economie emergenti potrebbe avere un effetto più limitato di quanto atteso sulla domanda estera rivolta all’Area dell’Euro in quanto compensato dal deprezzamento del cambio, da un ulteriore calo del prezzo del greggio e da condizioni monetarie e finanziarie accomodanti.

In particolare, il miglioramento delle condizioni finanziarie dovuto alle decisioni assunte dalla Banca Centrale Europea a luglio scorso (bank lending survey) può costituire – secondo il Governo - uno stimolo alla ripresa maggiore di quanto ipotizzato, in quanto sia la domanda sia l’offerta di credito nel secondo trimestre del 2015 sono aumentate e le condizioni di accesso al credito per famiglie e imprese si sono allentate[6].

 

Per quanto concerne le prospettive di crescita dell’Area dell’euro, l’Ocse nell’Interim di settembre evidenzia come la crescita dell’area della moneta unica, pur avanzando, si sta rivelando inferiore alle attese, frenata dal nodo dei crediti deteriorati.

"La mancanza di progressi nel ridurre il debito del settore privato" dall'inizio della crisi è una delle ragioni per cui il ritmo di crescita è "deludente", indica il rapporto. L'Ocse da un lato riconosce che il miglioramento della zona euro quest'anno è "incoraggiante", ma dall'altro rileva che è inferiore a quanto si potesse sperare considerando l’insieme dei fattori favorevoli, visto il calo dei prezzi del petrolio e dei tassi di interesse a lungo termine, e l’euro debole.

1.2. Lo scenario macroeconomico nazionale

Per quanto concerne l’Italia, la Nota di aggiornamento rivede il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico, evidenziando un miglioramento delle prospettive di crescita dell’economia italiana, pur in un contesto internazionale meno favorevole di quanto previsto ad aprile, sulla base dei segnali positivi emersi nel corso dell’anno e del rafforzamento della domanda interna, nonché, per quanto concerne il quadro programmatico, in relazione alla politica fiscale più favorevole alla crescita che il Governo intende impostare con la prossima legge di stabilità per il 2016.

 

Si ricorda che la Nota di aggiornamento presenta, in analogia con il DEF 2015, due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, che, fermo restando le assunzioni relative al quadro delle variabili esogene internazionale, coerenti con le più recenti previsioni delle principali istituzioni internazionali, differiscono per le assunzioni relative alle riforme economiche.

In particolare, le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia del quadro normativo vigente (che – precisa la Nota – include gli effetti sull’economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte per il 2016, 2017 e 2018).

Il quadro macroeconomico programmatico, invece, include l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di stabilità per il 2016.

Le due previsioni, che coincidono dunque per l’anno in corso, si differenziano gradualmente negli anni successivi.

 

Si ricorda che nel rispetto dei regolamenti europei[7] le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nella Nota di Aggiornamento al DEF 2015 sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012, di attuazione del principio del pareggio del bilancio[8].

Lo scenario macroeconomico tendenziale ha già ottenuto la validazione dell’UPB il 16 settembre 2015[9]. Il quadro programmatico otterrà la validazione entro il 15 di ottobre, in tempo utile per la presentazione alla Commissione europea del Documento Programmatico di bilancio 2016.

1.2.1. Lo scenario tendenziale

La Nota evidenzia un miglioramento delle stime di crescita del PIL per l’anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2015, in relazione agli andamenti congiunturali della prima parte dell’anno, che confermano la fase di ripresa dell’economia in atto.

In particolare, la previsione di crescita del PIL reale per il 2015 sale dallo 0,7 per cento del DEF di aprile allo 0,9 per cento.

Anche le previsioni per gli anni successivi sono lievemente riviste rispetto al DEF, indicando una crescita del PIL intorno all’1,3 per cento per l’intero periodo previsivo, leggermente più positiva rispetto al DEF a partire dal 2017.

Tabella 3. Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF sulle previsioni di crescita del PIL

 (variazioni percentuali)

 

DEF 2015
Previsioni Tendenziali

Nota agg. DEF 2015
previsioni tendenziali

 

2015

2016

2017

2018

2019

2015

2016

2017

2018

2019

PIL

0,7

1,3

1,2

1,1

1,1

0,9

1,3

1,3

1,3

1,2

 

La Nota precisa che le previsioni aggiornate del quadro tendenziale sopra riportate, che incorporano gli effetti sull’economia del quadro normativo vigente, includono gli effetti sull’economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte per il 2016, 2017 e 2018, i cui effetti stimati portano a un aumento dei prezzi e a una conseguente riduzione dei redditi disponibili delle famiglie che frena la dinamica dei consumi e, in minor misura, del PIL.

 

Il miglioramento delle stime di crescita è da porre in relazione all’andamento positivo dell’economia italiana nella prima metà dell’anno, che si è mostrato lievemente più favorevole del previsto, sia a livello di domanda interna che di esportazioni, nonostante il rallentamento della dinamica internazionale.

Nei primi due trimestri dell’anno, infatti, il PIL ha registrato una variazione congiunturale positiva, rispettivamente pari a +0,4 e +0,3 per cento.

Il Governo sottolinea come nei recenti segnali di ripresa dell’economia abbia assunto un ruolo decisivo il rafforzamento della domanda interna, che, al netto delle scorte, ha fornito un contributo positivo alla crescita; anche le esportazioni continuano ad essere un importante fattore trainante, nel generale miglioramento del contesto internazionale.

Relativamente alla domanda interna, la Nota evidenzia un andamento favorevole, in particolare, dei consumi privati, che nei primi due trimestri dell’anno hanno registrato dati positivi, beneficiando, in particolare, della ripresa della domanda di beni durevoli. Per contro, gli investimenti fissi lordi hanno mostrato un andamento ancora incerto, in diminuzione nel secondo trimestre, per la flessione della spesa per mezzi di trasporto e costruzioni.

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT[10], nel secondo trimestre del 2015 il PIL, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,7% nei confronti del secondo trimestre del 2014. La variazione acquisita per il 2015 è pari a 0,6%.

Rispetto al trimestre precedente, tra i principali aggregati della domanda interna, i consumi finali nazionali hanno registrato una variazione in aumento dello 0,3% mentre gli investimenti fissi lordi sono risultati in diminuzione, con un calo dello 0,3%. Nell’ambito dei consumi finali, segnali positivi emergono dalla spesa delle famiglie residenti e delle ISP (istituzioni sociali private), cresciuta dello 0,4%, mentre quella della PA è scesa dello 0,2%. La diminuzione degli investimenti è stata determinata da una flessione della spesa per mezzi di trasporto (-2,7%) e di quella in costruzioni (-0,8%), mentre la spesa per macchinari, attrezzature e prodotti vari è cresciuta dello 0,6%.

Riguardo alle componenti estere, si è registrata nel secondo trimestre una crescita più intensa per le importazioni (+2,2%) che per le esportazioni (+1,2%).

Rispetto al trimestre precedente, il valore aggiunto dell'industria è rimasto stazionario e quello dei servizi è aumentato dello 0,3%, mentre quello dell'agricoltura è diminuito dell'1,1%. La stabilità congiunturale del settore industriale deriva da una crescita dello dell'industria in senso stretto (+0,2%) e da una flessione delle costruzioni (-0,7%).

 

I segnali di rafforzamento del ciclo economico emersi negli ultimi mesi, consentono alla Nota di ipotizzare una crescita congiunturale del prodotto interno lordo anche nel terzo trimestre, ai ritmi attuali.

Ciò anche perché, nel corso dei mesi estivi, gli indicatori di fiducia delle famiglie[11] sono tornati a crescere, con incrementi più significativi per la componente economica e per la componente legata alle aspettative, delineando un miglioramento per le prospettive dei consumi; si sono lievemente ridotte le attese di disoccupazione. Anche l’ultimo dato disponibile, relativo al mese di luglio, dell’indice della produzione industriale[12] evidenzia un aumento particolarmente consistente della produzione che riguarda tutti i principali settori produttivi, confermando l’espansione del settore manifatturiero.

 

Relativamente ai citati indicatori, l’ISTAT, nell’ultimo Comunicato disponibile del 28 agosto 2015, evidenzia che l'indice composito del clima di fiducia dei consumatori aumenta ad agosto a 109,0 rispetto a 106,7 del mese precedente . Il clima di fiducia delle imprese italiane invece scende lievemente, passando a 103,7 da 104,3 di luglio. L’ISTAT sottolinea comunque che entrambi gli indici permangono ai livelli massimi osservati negli ultimi due anni.

Figura 3. Clima di fiducia dei consumatori e attese sulla disoccupazione

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, settembre 2015.

Anche l’indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato a luglio dell’1,1% rispetto a giugno e del 2,7%, in termini tendenziali, su base annua, secondo quanto esposto nell’ultimo Comunicato ISTAT dell’11 settembre 2015. Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è cresciuta dello 0,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Anche l’indice della produzione nelle costruzioni, secondo i dati forniti nel relativo comunicato ISTAT del 18 settembre 2015, ha registrato a luglio, rispetto al mese precedente, un incremento dello 0,3%. Il segnale congiunturale è quindi di una ripresa lieve dei livelli produttivi del settore, dopo due mesi consecutivi di cali. L'indice corretto per gli effetti di calendario a luglio 2015 è diminuito in termini tendenziali dello 0,6%.

 

Nel complesso, nella Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana di agosto 2015, l’ISTAT conferma la fase di ripresa dell’economia italiana emersa a d inizio anno. Il miglioramento è stato trainato dalla dinamica positiva nell’industria manifatturiera e nel comparto dei servizi. Il clima di fiducia delle imprese e dei consumatori indicatori si mantiene su livelli elevati. La crescita economica è dunque attesa proseguire a ritmi moderati. Sulla base del modello di previsione di breve termine dell’Istat, la variazione congiunturale reale del PIL prevista per il terzo trimestre è pari a +0,3%, con un intervallo di confidenza compreso tra +0,1 e +0,5%.

In presenza di un rallentamento delle esportazioni, condizionate dalla decelerazione delle economie dei paesi emergenti, la domanda nazionale (al netto delle scorte) è attesa fornire il principale contributo positivo al PIL. In questo scenario, la crescita acquisita per il 2015 sarebbe pari allo 0,7%.

 

A sostegno della ripresa, inoltre, il Governo ribadisce il ruolo determinante della politica monetaria espansiva della BCE che – osserva la Nota - avrebbe iniziato a dare risultati aggiuntivi a quelli determinati dal deprezzamento del cambio, grazie a una riduzione della frammentazione finanziaria che danneggiava i paesi periferici.

Le condizioni del mercato del credito in Italia hanno continuato a migliorare, con un’ulteriore riduzione dei tassi bancari alla clientela e il miglioramento del flusso di crediti all’economia. Le condizioni finanziarie favorevoli dovrebbero protrarsi e consolidarsi: la stance dichiarata dalla Banca Centrale tramite il suo Presidente, dovrebbe mettere in buona parte al riparo il sistema dell’euro dall’accentuarsi della volatilità sui mercati e da un eventuale rialzo dei tassi di interesse internazionali.

Meno rilevante delle attese nel facilitare la ripresa si potrebbe invece rivelare, secondo il Governo, l’apporto derivante dal tasso di cambio. Osserva la Nota che, pur nel generale miglioramento del contesto internazionale, la domanda mondiale ha stentato a decollare e, rispetto al minimo toccato ad aprile in occasione della formulazione delle previsioni del DEF, il cambio si è parzialmente apprezzato, anche a fronte delle svalutazioni verificatesi nei paesi emergenti.

 

Il tasso di cambio effettivo dell’euro si è apprezzato del 4,8% fra gli inizi di giugno e il 2 settembre. In termini bilaterali, l’euro è aumentato del 2,0 per cento contro il dollaro USA e si è apprezzato anche nei confronti di sterlina, franco svizzero, corona svedese e renminbi. Nello stesso periodo la flessione dei prezzi del petrolio e la debolezza dell’attività economica in Russia hanno gravato sul rublo russo, portando a un conseguente apprezzamento del 30 per cento dell’euro nei suoi confronti. L’euro ha guadagnato terreno anche rispetto alle valute di varie altre economie emergenti e di paesi esportatori di materie prime. Per contro, si è deprezzato rispetto allo yen giapponese e alla corona ceca. La corona danese ha continuato a oscillare in prossimità della parità centrale[13].

 

In questo scenario, la Nota conferma per il 2016 l’andamento della dinamica tendenziale del PIL già previsto nel DEF di aprile, all’1,3 per cento.

Per gli anni successivi l’attività economica è prevista crescere mediamente intorno all’1,3 per cento, con una dinamica leggermente più positiva rispetto al DEF, dunque, a partire dal 2017.

Tale previsione sconta l’ipotesi – sottolinea la Nota - che in tutto il periodo previsivo l’economia continui ad espandersi ai ritmi attuali.

Sulle previsioni per gli anni 2016-2019, pesano inoltre - ricorda la Nota - gli aumenti di imposte previsti dalle clausole salvaguardia. Gli effetti i cui effetti potrebbero portare, stima il Governo, a un aumento dei prezzi e ad una conseguente riduzione dei redditi disponibili delle famiglie che si ripercuoterebbe negativamente sulla dinamica dei consumi e, in misura minore, del PIL.

 

Rispetto alle nuove previsioni tendenziali, l’Ufficio Parlamentare di bilancio, nella lettera di validazione del quadro macroeconomico tendenziale, ha espresso alcune considerazioni sulla previsione contenuta nella Nota per gli anni successivi al 2016, legati soprattutto a possibili evoluzioni meno favorevoli delle esogene internazionali.

 

La validazione delle previsioni macroeconomiche

Com’è noto, la legge n.243 del 2012[14], nell’istituire all’articolo 16 l’Ufficio parlamentare di bilancio(UPB)[15], include tra i compiti dell’Ufficio quello di effettuare analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica (articolo 18, comma 1,lettera a).

In ottemperanza a tale norma - ed anche in riferimento al Regolamento UE n.473/2013[16], in cui si richiede che le previsioni macroeconomiche siano validate da una istituzione nazionale indipendente – l’Ufficio in data 16 settembre 2015 ha comunicato al Ministro delle economia e delle finanze l’esito positivo della validazione[17] del quadro macroeconomico tendenziale contenuto nella Nota di aggiornamento in quanto, precisa espressamente la lettera in questione, “le previsioni tendenziali per gli anni 2015-2016 (…) si collocano nell’intervallo accettabile sullo stato delle informazioni attualmente disponibili”.

Alla lettera di validazione è allegata una Nota recante alcune indicazioni sull’analisi operata dall’Ufficio, nella quale, nell’affermare come il quadro macroeconomico tendenziale per il suddetto biennio 2015-2016 risulti nelle sue componenti essenziali in linea con le stime UPB, si segnalano alcuni possibili rischi al ribasso della previsione contenuta nella Nota, in particolare per gli anni successivi al suddetto biennio. Per quest’ultimo, infatti, l’Ufficio rileva principalmente come la crescita del PIL nel 2016, pari all’1,3%, si collochi al limite più elevato dell'intervallo delle stime dei previsori del panel UPB, mentre per gli anni successivi il quadro macroeconomico tendenziale presenta maggiori fattori di rischio, costituiti:

·      da una stima della crescita del PIL dell’1,3% per entrambi gli anni 2017 e 2018, che è al di sopra del limite superiore del range dei previsori UPB (1,2% in entrambi gli anni), ed è riconducibile alla dinamica dei consumi delle famiglie, che risulta nelle ipotesi MEF significativamente al di sopra del limite superiore dell'intervallo UPB;

·      da possibili evoluzioni delle esogene internazionali meno favorevoli di quelle assunte nella previsione del MEF, a causa principalmente di un andamento del commercio internazionale che, a seguito della frenata delle economie emergenti, è visto nel 2016 da molti previsori al ribasso più di quanto considerato dal MEF;

·      da un andamento del tasso di cambio dollaro/euro che dal 2017, anziché rimanere stabile come ritenuto nella Nota, potrebbe evolvere con un apprezzamento dell’euro, riflettendosi sulla stima dell’inflazione contenuta nel quadro macroeconomico.

 

Circa i fattori alla base della revisione delle stime di crescita tendenziali del nuovo quadro macroeconomico rispetto al DEF e l’analisi di rischio, si rinvia all’apposito focus contenuto nella Nota (cfr. pag. 29-32, del Doc. LVII, n. 3-bis).

In sintesi, nel focus, si sottolinea come “la spinta al ribasso delle previsioni, proveniente dal quadro esogeno, sia stata considerata contenuta e limitata al periodo 2015-2016. Tuttavia, le previsioni di crescita contenute nel DEF erano estremamente prudenziali e non incorporavano pienamente gli stimoli alla crescita provenienti da un tasso di cambio e da una domanda estera particolarmente favorevoli. In ragione di ciò si è ritenuto di lasciare sostanzialmente inalterato nel breve periodo il quadro macroeconomico tendenziale. Infine, occorre tenere presente che il quadro tendenziale incorpora ora gli effetti di riforme strutturali che sono state legiferate negli scorsi mesi e che facevano parte del quadro programmatico del DEF; questo aggiornamento ha un impatto solo sull’ultimo biennio di previsione. Nel suo insieme, il nuovo quadro comporta degli impulsi sostanzialmente neutrali sulla crescita; ai contempo però i risultati di dettaglio delle simulazioni determinano uno spostamento a favore della domanda interna dei contributi alla crescita; queste indicazioni sono state recepite nella costruzione del nuovo quadro tendenziale”.

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2015.

Tabella 4. Il quadro macroeconomico

 (variazioni percentuali)

 

DEF 2015
previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2015
previsioni tendenziali

 

2015

2016

2017

2018

2019

2015

2016

2017

2018

2019

PIL

0,7

1,3

1,2

1,1

1,1

0,9

1,3

1,3

1,3

1,2

Importazioni

2,9

3,5

3,8

3,9

3,6

5,3

3,8

4,1

3,8

3,6

Consumi finali nazionali

0,3

0,7

0,7

0,8

0,8

0,6

1,0

0,8

0,8

0,9

- spesa famiglie e ISP

0,8

0,8

0,9

1,0

1,0

0,8

1,1

1,1

1,0

1,1

- spesa P.A.

-1,3

0,4

-0,1

0,0

0,3

-0,2

0,9

-0,1

0,0

0,2

Investimenti fissi lordi

1,1

2,1

2,3

2,2

2,1

1,2

2,0

3,1

2,7

1,8

- macchinari, attrezz. e vari*

2,5

3,0

2,9

2,8

2,7

3,4

3,2

4,2

3,6

2,2

- costruzioni

-0,3

1,2

1,6

1,6

1,4

-1,1

0,9

2,0

1,8

1,4

Esportazioni

3,8

4,0

4,0

3,8

3,6

4,1

3,8

3,9

4,0

3,8

 

Deflatore PIL

0,7

1,7

1,8

1,8

1,8

0,3

1,5

1,7

1,7

1,6

Inflazione programmata

0,3

1,0

1,5

-

-

0,3

1,0

1,5

-

-

 

PIL nominale

1.639,0

1.687,7

1.738,4

1.788,6

1.840,9

1.635,1

1.681,9

1.733,0

1.784,6

1.834,7

 

* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, trasporti e beni immateriali.

Come si evince dalla tabella, rispetto alle previsioni contenute nel DEF, tutte le variabili del quadro macroeconomico manifestano un miglioramento per il 2015. Anche le previsioni di medio termine presentano un recupero lievemente accentuato rispetto a quanto ipotizzato ad aprile.

Il grafico seguente mostra l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Nota.

Figura 4. Conto economico delle risorse e degli impieghi 2008-2019

(variazioni % a prezzi costanti)

 

Per quanto concerne il dettaglio delle proiezioni sulla crescita del PIL, la Nota stima, come già accennato, i consumi finali nazionali in rafforzamento rispetto alle previsioni di aprile. In particolare, nell’anno in corso ed anche nel 2016, i consumi aumenterebbero di 0,3 punti percentuali rispetto quanto stimato nel DEF.

Tale trend positivo dei consumi nazionali è decisamente più accelerato nello scenario programmatico, che ipotizza una crescita dei consumi finali superiore all’1 per cento a partire dal 2016. In tale ambito, la spesa delle famiglie residenti e delle istituzioni sociali private si posizionerebbe su un incremento medio di circa l’1,5 per cento per ciascuno degli anni considerati; ciò anche in relazione all’aumento del reddito disponibile e al miglioramento delle prospettive del mercato del lavoro.

 

Per gli investimenti fissi lordi, la Nota conferma sostanzialmente i valori già indicati nel DEF per il 2015 e il 2016. Per gli anni successivi, l’andamento risulta complessivamente più positivo rispetto al DEF, con un picco nel 2017 (3,1 anziché 2,3 per cento) che poi diminuisce nel biennio successivo, fino all’1,8 per cento del 2019.

L’andamento congiunturale del secondo trimestre ha registrato, infatti, un calo degli investimenti fissi lordi dello 0,3%, ascrivibile sia alla dinamica degli investimenti nel settore delle costruzioni (-0,8%) che dei mezzi di trasporto (-2,7%), sebbene l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni sia aumentato a luglio dello 0,3% rispetto al mese precedente.

Per quanto riguarda l’indice destagionalizzato della produzione industriale, esso è aumentato a luglio dell’1,1%. Anche per gli ordinativi totali, si registra un incremento congiunturale dello 0,6%, sintesi di un aumento del 3,1% per gli ordinativi interni e di una flessione del 2,9% per quelli esteri. Il fatturato dell'industria, al netto della stagionalità, registra, secondo i dati ISTAT del Comunicato del 24 settembre scorso, registra invece una flessione dell'1,1% rispetto a giugno. Al netto dell'energia, il calo del fatturato totale si ridimensiona a -0,5%. Nella media degli ultimi tre mesi, l'indice complessivo aumenta dell'1,4% rispetto ai tre mesi precedenti (+1,7% per il fatturato interno e +1,0% per quello estero).

 

Per ciò che concerne gli scambi con l’estero, la Nota conferma il positivo andamento positivo già delineato nel DEF. In particolare, per l’anno in corso, la Nota evidenzia una crescita importante delle importazioni al 5,3 per cento (+2,4 punti percentuali rispetto alla Nota), più elevata di quella delle esportazioni, che si situa al 4,1 per cento (+0,3 punti percentuali rispetto al DEF).

Per quanto concerne il commercio estero, ad agosto 2015 entrambi i flussi commerciali con i paesi extra-Ue presentano una diminuzione congiunturale, più marcata per le esportazioni (-8,1%) che per le importazioni (-3,2%). Considerando i primi otto mesi dell’anno, nonostante la flessione registrata ad agosto, la crescita tendenziale dell'export dall'inizio dell'anno rimane sostenuta (+5,6%, con un incremento in valore di 6,5 miliardi rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente). Nello stesso periodo l'import è solo lievemente crescente (+0,6%); al netto dei prodotti energetici è però in forte espansione (+12,0%). (-0,5%) (Comunicato ISTAT, 24 settembre 2015).

 

Il commercio estero e i conti con l’estero

Nella Nota si evidenzia come negli ultimi anni le esportazioni italiane hanno mostrato una sostanziale ripresa, confermata, anche nel 2014, dall’aumento della quota italiana nel commercio internazionale.

Come commentato nell’apposito focus contenuto nella Nota (cfr. pag. 21-23, del Doc. LVII, n. 3-bis), nel primo semestre del 2015, si è verificata una leggera contrazione rispetto allo stesso periodo del 2014 legato al deprezzamento dell’euro che ha generato una riduzione dei prezzi relativi inferiore a quanto avvenuto per le quantità, andamento peraltro diffuso anche ai principali partner europei.

Le esportazioni complessive in valore hanno continuato a registrare un ritmo sostenuto rispetto allo stesso periodo dell’anno passato (5,0 per cento), così come le importazioni (4,7 per cento). La buona tenuta delle esportazioni è sostanzialmente dovuta all’incremento dell’export verso l’area extra-UE (6,5 per cento), in particolare i flussi verso gli Stati Uniti (+27,5 per cento). Continuano ad aumentare anche le esportazioni verso alcuni paesi UE, in particolare verso il Regno Unito, la Spagna, e il Belgio.

Nel complesso, il saldo commerciale è risultato in avanzo per circa 18,4 miliardi, in miglioramento rispetto a quello registrato nella prima metà dello scorso anno (17,2 miliardi).

 

Inflazione

Per quanto concerne l’inflazione la Nota segnala come l’indice dei prezzi abbia toccato un minimo nei primi mesi dell’anno, per poi registrare un lieve recupero, con una inflazione al consumo che, alla luce degli ultimi dati di agosto, si situa sullo 0,2 per cento su base annua

Tale dato è esposto nel comunicato Istat sui prezzi al consumo rilasciato il 14 settembre 2015, che attesta come l’inflazione acquisita per il 2015 fosse dello 0,1 a luglio, per salire poi al suddetto livello dello 0,2. Nel comunicato si precisa altresì che al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici l’inflazione di fondo scende allo 0,7% (era +0,8% a luglio), mentre rimane stabile l'inflazione al netto dei soli beni energetici (+0,8%).

L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) diminuisce dello 0,1% su base mensile e aumenta dello 0,4% su base annua (la stima preliminare era 0,5%), in accelerazione dallo 0,3% di luglio.

Sulla base di tali indicazioni le previsioni sull’andamento dell’inflazione iscritte nel DEF dello scorso aprile, che indicavano per gli anni 2015, 2016 e 2017 una inflazione pari rispettivamente a 0,3, 1,0 e 1,5 punti percentuali, sono confermate nella Nota in esame.

 

La sostanziale stabilità dell’attuale andamento inflazionistico è stata segnalata nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia[18], in cui si osserva come dopo aver toccato un minimo storico all’inizio dell’anno, l’inflazione al consumo abbia mostrato nel corso della primavera un lento recupero, continuando tuttavia a risentire del calo dei prezzi dei beni energetici. La dinamica delle componenti di fondo rimane pertanto modesta, e nelle valutazioni degli analisti l’inflazione si manterrebbe nel 2015 su valori molto bassi nel confronto storico.

In termini analoghi si presenta il quadro dell’area euro, alla luce dell’ultimo Bollettino economico della Banca centrale Europea n. 6 del 2015[19] L’inflazione misurata sullo IAPC si è recentemente stabilizzata in territorio positivo su livelli contenuti. In base alle informazioni disponibili e ai prezzi correnti dei contratti future per il greggio, l’inflazione al consumo sui dodici mesi si manterrà su valori molto bassi nel breve periodo e dovrebbe aumentare verso la fine dell’anno, anche per via di effetti base connessi al calo delle quotazioni petrolifere al termine del 2014. Si prevede che l’inflazione crescerà ancora durante il 2016 e il 2017, sostenuta dall’atteso recupero dell’economia, dalla trasmissione dei passati deprezzamenti nel tasso di cambio dell’euro e dall’ipotesi di un rincaro del petrolio nei prossimi anni, come emerge attualmente dai mercati dei contratti future per il greggio. Secondo le proiezioni macroeconomiche di settembre 2015 formulate per l’area dell’euro dagli esperti della BCE, l’inflazione annuale misurata sullo IAPC si collocherebbe allo 0,1 per cento nel 2015, all’1,1 nel 2016 e all’1,7 nel 2017. Rispetto alle proiezioni macroeconomiche dello scorso giugno elaborate dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per l’inflazione armonizzata sono state riviste al ribasso, in gran parte per effetto della riduzione dei prezzi petroliferi.

Figura 5. Inflazione dell’area dell’euro misurata sullo IAPC (incluse le proiezioni)

Fonte: BCE, Bollettino Economico n. 6/2015 - Andamenti economici e monetari (17 settembre 2015).

1.2.2. Lo scenario programmatico

Come già sopra ricordato, la Nota di aggiornamento al DEF distingue tra uno scenario tendenziale e uno programmatico che, fermo restando le assunzioni relative al quadro internazionale, differiscono per le assunzioni relative alle misure economiche che il Governo intende assumere con la prossima manovra di finanza pubblica .

Il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2016 e successivi presentato nella Nota include, infatti, l’impatto sull’economia delle misure che saranno adottate con la prossima legge di stabilità per il 2016, caratterizzata – illustra il Governo - da una strategia di politica fiscale più favorevole alla crescita e da misure di stimolo agli investimenti.

Il profilo della attuale manovra indicata nella Nota avrebbe effetti leggermente più espansivi sull’economia di quanto stimato nel DEF e, pertanto, il profilo del programmatico viene marginalmente rivisto al rialzo.

Il nuovo quadro programmatico evidenzia, infatti, una maggiore previsione di crescita del PIL per il 2016 rispetto a quanto indicato nel quadro programmatico del DEF, dall’1,4 per cento all’1,6 per cento.

Anche le proiezioni per gli anni seguenti sono indicate più positive rispetto al programmatico del DEF (nell’ordine di 0,1 punti percentuali), nell’ambito comunque di una valutazione che – sottolinea la Nota - rimane prudenziale dato il pesante lascito della crisi degli ultimi anni.

Tabella 5. Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento sulle previsioni programmatiche di crescita del PIL

 (variazioni percentuali)

 

previsioni programmatiche
DEF 2015

previsioni programmatiche
Nota agg DEF 2015

 

2016

2017

2018

2019

2016

2017

2018

2019

PIL

1,4

1,5

1,4

1,3

1,6

1,6

1,5

1,3

 

Dal punto di vista macroeconomico, le misure di maggiore impatto della manovra programmata, sono indicate nella disattivazione delle clausole di salvaguardia previste dalle precedenti leggi di stabilità per il 2016 e dei relativi aumenti di imposte[20].

 

Nella tavola che segue è riportato l’impatto macroeconomico delle misure di cui si compone la manovra programmata sull’andamento tendenziale del PIL.

Rispetto allo scenario tendenziale, gli effetti delle misure adottate dal Governo per il rilancio dell’economa, volte ad accrescere la competitività e a sostenere la domanda interna, si tradurrebbero in un aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,3 per cento nel 2016 e nel 2017, allo 0,2 per cento nel 2018 e allo 0,1 per cento nel 2019.

Tabella 6. Impatto macroeconomico delle misure programmatiche sul tasso di crescita tendenziale del PIL

 (variazioni percentuali)

 

2016

2017

2018

2019

Previsione PIL tendenziale

1,3

1,3

1,3

1,2

Disattivazione clausole di salvaguardia

0,2

0,4

0,4

0,2

Misure con effetti espansivi

0,1

0,1

0,0

0,0

Riduzione carico fiscale per famiglie e imprese

0,1

0,1

0,1

0,0

Revisione della spesa e degli sgravi fiscali

-0,1

-0,2

-0,1

0,0

Coperture finanziarie

0,0

-0,1

-0,2

-0,1

Previsione PIL programmatico

1,6

1,6

1,5

1,3

1.2.3. Il mercato del lavoro

Rispetto alle previsioni formulate nella prima parte dell’anno dalla maggior parte degli analisti di settore e contenute nel Documento di economia e finanza di aprile, la Nota espone un andamento del mercato del lavoro in miglioramento, alla luce delle recenti rilevazioni Istat rilasciate il 15 settembre[21]. Il tasso di occupazione viene pertanto rivista in rialzo rispetto al DEF sia per l’anno in corso che per quelli successivi, come espone la tabella.

Tabella 7. Mercato del lavoro

 (variazioni percentuali)

 

Consunt.

DEF 2015
Previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2015
Previsioni tendenziali

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2015

2016

2017

2018

2019

CLUP (misurato sul PIL)

0,6

0,4

1,1

0,9

1,3

0,9

0,7

0,4

0,8

1,2

1,1

Occupazione (ULA)

0,2

0,6

0,9

0,6

0,5

0,5

0,6

0,9

0,5

0,5

0,5

Tasso di disoccupazione

12,7

12,3

11,8

11,4

11,1

10,9

12,2

11,9

11,5

11,2

10,9

Tasso di occupazione (15-64 anni)

55,7

55,8

56,2

56,5

56,8

57,0

56,1

56,4

56,7

57,0

57,2

 

Nel biennio 2015-2016 si prevede – anche tenuto conto del dato di consuntivo - un incremento degli occupati misurati in unità standard di lavoro (ULA), ed andamenti analogamente positivi si hanno anche per quanto concerne i tassi di occupazione e disoccupazione.

Nel Comunicato dell’Istat sopra citato si rileva in proposito come il consolidarsi dei segnali di ripresa dell’attività economica – che ha dato luogo ad una crescita congiunturale dello 0,3 per cento nel secondo trimestre – si sia accompagnata nel medesimo periodo ad un miglioramento degli indicatori sul mercato del lavoro, con: - un incremento delle ore lavorate dello 0,2% su base congiunturale e dello 0,8% in termini tendenziali[22]; - una occupazione stimata dall’indagine sulle forze di lavoro al netto degli effetti stagionali pari a 22 milioni 446mila persone , in aumento sul trimestre precedente di 103mila unità (+0,5 percento) e corrispondente ad un tasso di occupazione del 56,2 %, in aumento di 0,3 punti percentuali; - un lieve aumento del tasso di disoccupazione al 12,4% nella media del trimestre, cui fa però seguito una diminuzione fino al 12,0 a luglio.

L’Istituto osserva come tale oscillazione della disoccupazione sia stata influenzata dall’andamento degli inattivi, in diminuzione nel secondo trimestre e poi nuovamente in aumento nel mese di luglio.

Va segnalato come la questione degli inattivi sia espressamente richiamata nelle premesse della Nota di aggiornamento, laddove si sottolinea l’importanza di reintegrare il più rapidamente possibile nel mercato del lavoro non solo i disoccupati ma anche gli inattivi, al fine di evitare fenomeni di scoraggiamento e dequalificazione che incidono negativamente sul potenziale di crescita dell’economia nel lungo periodo.

In proposito nella Nota si segnala come il tasso di inattività sia diminuito nel primo semestre 2015 di 0,4 punti percentuali, giungendo al 35,9 per cento (valore più basso dal 1993) e come tale diminuzione sia stata determinata in misura percentuale più significativa dalle fasce anagrafiche 55-64 e 25-34 anni di età.

Anche su tale aspetto merita richiamare alcune indicazioni contenute nel comunicato Istat, ove si precisa come il calo degli inattivi prosegua ormai da sei trimestri, con una intensificazione nel II trimestre 2015 (-271 mila unità), associato alla discesa del tasso di inattività, attestatosi ora al 35,8%. L’inattività si riduce soprattutto perché diminuiscono coloro che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare (371 mila in meno, di cui quasi due terzi tra i 55 e i 64 anni); un calo molto meno intenso interessa quanti cercano un impiego ma non sono immediatamente disponibili a lavorare (33 mila in meno). Fra gli inattivi, diminuiscono anche gli scoraggiati (-114 mila in un anno), soprattutto nel Mezzogiorno e tra i giovani di 15-34 anni. Di contro, aumentano gli inattivi per motivi di studio (+77 mila unità) e quelli in attesa degli esiti di passate azioni di ricerca (+41 mila). Prosegue la forte riduzione delle persone ritirate dal lavoro o non interessate a lavorare (‑238 mila), che in quasi nove casi su dieci coinvolge i 55-64enni ed è generata anche dall’innalzamento dell’età pensionabile.

Figura 6. Occupati e tasso disoccupazione

(dati mensili destagionalizzati; milioni di persone e valori percentuali)

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, settembre 2015.

Quanto ai profili di costo del lavoro, la Nota, nel rammentare come per il periodo 2008-2015 le retribuzioni di fatto per ULA abbiano avuto un incremento cumulato del 12,8 per cento a fronte di un aumento dei prezzi del 13,7 per cento, osserva che solo a partire dal 2015 sono emersi segnali di ripresa, con un incremento delle retribuzioni di fatto dello 0,7 per cento.

Dati più di dettaglio sono rinvenibili nel comunicato Istat, secondo cui le retribuzioni in questione nel secondo trimestre sono aumentate complessivamente dello 0,2% su base congiunturale, a sintesi di una riduzione dello 0,1% nell’industria e di una crescita dello 0,3% nei servizi. Su base annua si è avuta una crescita complessiva dell’1,3%, corrispondente a un +1,8% nell’industria e un +1,0% nei servizi. Segnano invece un calo congiunturale dello 0,3% gli oneri sociali per Ula (0,2 per cento su base annua), contribuendo per tale via ad attenuare la dinamica del costo del lavoro per Ula: questo è cresciuto complessivamente dello 0,1% su base congiunturale e dello 0,9% in termini tendenziali.

 

Rispetto ai suesposti dati tendenziali del mercato del lavoro, il quadro programmatico ne conferma gli andamenti occupazionali per il primo biennio, mentre una evoluzione più favorevole viene perseguita per gli anni successivi, con un tasso di disoccupazione che alla fine del periodo, nel 2019, dovrebbe venire a situarsi sui 10,2 punti percentuali (anziché a 10,9 punti come prevede il tendenziale), e con un tasso di occupazione che al medesimo anno terminale è previsto al 57,6 per cento, rispetto al 57,2 del tendenziale.

La Nota segnala inoltre la crescita della quota di nuovi contratti a tempo indeterminato, che si attesta ormai al 18-19 per cento dopo essere diminuita costantemente dal 2010 fino alla fine del 2014 (dal 18 al 15 per cento circa), cui hanno contribuito gli incentivi fiscali introdotti a partire da gennaio 2015 e il Jobs Act ,avviato a marzo del 2015. Riferisce inoltre che secondo i dati INPS tra gennaio e luglio 2015, il 21,5 per cento del totale dei nuovi rapporti instaurati nel settore privato e il 55,6 per cento dei contratti a tempo determinato trasformati senza scadenza hanno usufruito dello sgravio contributivo ex Legge 190/2014, benché l’effetto di questa stabilizzazione tardi ancora a manifestarsi sullo stock complessivo degli occupati (come evidenzia il dato 2015 nella tabella riportata all’inizio).

Si tratta di un andamento che trova riscontro nel comunicato Istat, nel quale si rileva come l’occupazione a tempo indeterminato abbia cominciato a mostrare robusti segnali di ripresa nella prima metà del 2015: nel secondo trimestre dell’anno infatti i dipendenti permanenti sono cresciuti più di quelli a termine in valore assoluto (+106 mila contro +77mila) anche se in termini relativi è il lavoro temporaneo ad aumentare maggiormente. La crescita dell’occupazione stabile è stata anche facilitata, osserva l’Istituto, dagli incentivi fiscali e dal cambiamento normativo sul mercato del lavoro.

Alla crescita tendenziale del lavoro a tempo indeterminato del secondo trimestre 2015 hanno contribuito esclusivamente gli ultra 50enni e in misura maggiore le donne, le regioni centro-meridionali, i laureati, il terziario e le professioni esecutive nel commercio e nei servizi. Il calo del lavoro permanente è stato invece generalizzato per i giovani con meno di 35 anni, mentre nella classe centrale dei 35-49 anni si è registrata una crescita non trascurabile della componente femminile (+51 mila), esclusivamente tra le laureate e per lo più in professioni qualificate. Tra gli ultra 50enni, invece, l’aumento del lavoro a tempo indeterminato ha riguardato sia gli uomini sia le donne, e in tre casi su quattro gli occupati italiani. Tuttavia, in questo caso si tratta per circa la metà individui con basso titolo di studio, e per circa l’80% di occupati in professioni a qualifica medio bassa, soprattutto nei servizi alle famiglie e alle imprese.

Il grafico che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia posto a raffronto con l’euro zona e con gli Stati Uniti.

Figura 7. Andamento del tasso di disoccupazione in Italia e in Europa

(variazione percentuale)

Fonte: Per i paesi UE, dati della Commissione Europea (Spring Forecasts – maggio 2015), per USA, dati FMI (World Economic Outlook - aprile 2015).

1.2.4. I confronti con i principali paesi europei

La tabella che segue indica le stime di crescita più aggiornate elaborate dall’OCSE e dall’FMI per i principali paesi europei, nonché per USA e Giappone.

Tabella 8. OCSE ed FMI: Previsioni di crescita del PIL 2015-2016

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Nota agg. DEF
settembre 2015

OCSE
Interim EO
settembre 2015

FMI
WEO Update
luglio 2015


 

2014

2015

2016

2015

2016

2015

2016

Italia

-0,4

0,9

1,3

0,7

1,3

0,7

1,2

Francia

0,2

 

 

1,0

1,4

1,2

1,5

Germania

1,6

 

 

1,6

2,0

1,6

1,7

Spagna

1,4

 

 

-

-

3,1

2,5

Area euro

0,9

 

 

1,6

1,9

1,5

1,7

Regno Unito

2,8

 

 

2,4

2,3

2,4

2,2

USA

2,4

 

 

2,4

2,6

2,5

3,0

Giappone

-0,1

 

 

0,6

1,2

0,8

1,2

Fonte: Consuntivi paesi europei, Eurostat. Previsioni, Ocse, Interim Economic Outlook (16 settembre 2015), FMI: World Economic Outlook Update (9 luglio 2015).

L’OCSE, nell’Interim Economic Outlook del 16 settembre 2015, che ha aggiornato le stime di crescita delle principali economie per gli anni 2015-2016, sottolinea come l’aumento della crescita dell’Area dell’euro, sebbene incoraggiante nel suo complesso, resti inferiore alle aspettative nel 2015, soprattutto in considerazione dei fattori favorevoli di cui ha beneficiato: prezzi del petrolio più bassi, euro più debole e tassi di interesse più bassi a lungo termine.

Il tasso di crescita dell’area è stato, secondo l’OCSE, intorno ad un punto percentuale in meno di quello che ci si sarebbe potuti aspettare in base all’impulso fornito dai molteplici fattori favorevoli.

Per quello che riguarda l’Italia, l'OCSE ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita del PIL per il 2015 allo 0,7 per cento (era +0,6 a giugno), ridimensionando le previsioni di crescita per il 2016, all’1,3 per cento rispetto all’1,5 previsto a giugno.

Si tratta di livelli comunque più bassi di quanto indicato dal Governo italiano nella Nota di aggiornamento del DEF 2015.

Le previsioni di crescita per l’Italia risultano al di sotto della media dell’Area Euro, per la quale è prevista dall’OCSE una crescita dell’1,6 per cento nel 2015 e dell’1,9 per cento nel 2016.

 

Anche il quadro delineato dall’FMI, nelle revisioni elaborate a luglio scorso, hanno stimato per l’Italia una crescita del PIL dello 0,7 per cento nel 2015 e dell’1,2 per cento nel 2016, al rialzo, rispettivamente di 0,2 e 0,1 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile.

Nell’Update dell’FMI, la crescita dell’Area Euro è stimata all’1,5 per cento (identica a quella avanzata ad aprile), mentre è prevista al rialzo, all'1,7 per cento, la previsione per il 2016, rispetto alla previsione di aprile. La ripresa economica nell'area euro, secondo l’FMI, è sulla strada giusta, con una robusta ripresa della domanda interna e l'inflazione che inizia a crescere.

Tuttavia il Fondo rileva che i recenti rialzi dei rendimenti dei titoli sovrani in alcuni paesi dell'area dell'euro riducono l'attività economica in questi paesi e allo stesso tempo restano rischi di ritorno di stress finanziari.

2. L'indebitamento netto e il debito pubblico

2.1. Le previsioni a legislazione vigente

2.1.1. I saldi della P.A.

La Nota di aggiornamento presenta le stime relative al quinquennio 2015-2019 riviste – rispetto a quelle, di aprile, del DEF 2015 – sulla base dell’aggiornamento del quadro macroeconomico (con particolare riferimento ai dati ISTAT sui primi due trimestri dell’anno, all’economia internazionale e alla deludente dinamica dei prezzi), dei risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica e degli effetti dei provvedimenti successivi alla presentazione del DEF 2015.

 

Per quanto riguarda, specificamente, quest’ultimo punto, la Nota di aggiornamento riporta gli effetti sul saldo di indebitamento netto dei principali provvedimenti adottati dopo il DEF 2015, di seguito elencati:

-         decreto-legge n. 65/2015, recante disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzie TFR;

-         decreto-legge n. 78/2015, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio, nonché la razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale e norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali;

-         decreto-legge n. 83/2015, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria;

-         legge n. 107/2015, recante la riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti.

 

La Nota precisa che, complessivamente, i provvedimenti adottati, in linea con gli obiettivi programmatici indicati nel DEF 2015, comportano un peggioramento dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, rispetto alle stime del DEF 2015, di circa 2,1 miliardi nel 2015 e 0,4 miliardi in ciascuno degli anni del periodo 2016-2019, come indicato nella tabella che segue.

Tabella 9. Effetti netti cumulati sull’indebitamento netto degli ultimi provvedimenti varati nel 2015

(milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

D.L. 65/2015

 

 

 

 

 

Variazione netta entrate

659

242

237

233

229

Variazione netta spese

-2.839

-730

-716

-703

-689

Effetto sull'indebitamento netto

-2.180

-488

-479

-470

-460

 

 

 

 

 

 

D.L. 78/2015

 

 

 

 

 

Variazione netta entrate

9

-16

13

21

25

Variazione netta spese

13

24

-8

-14

-17

Effetto sull'indebitamento netto

22

8

5

7

8

 

 

 

 

 

 

D.L. 83/2015

 

 

 

 

 

Variazione netta entrate

0

-548

-1.333

-1.310

-2.158

Variazione netta spese

20

573

1.368

1.355

2.203

Effetto sull'indebitamento netto

20

25

35

45

45

 

 

 

 

 

 

LEGGE 107/2015

 

 

 

 

 

Variazione netta entrate

-209

-544

-510

-498

-483

Variazione netta spese

209

555

509

500

482

Effetto sull'indebitamento netto

0

11

-1

2

-1

 

 

 

 

 

 

EFFETTO SULL'INDEBITAMENTO NETTO

-2.138

-444

-440

-416

-408

Variazione netta entrate

459

-866

-1.593

-1.554

-2.387

Variazione netta spese

-2.597

422

1.153

1.138

1.979

 

 

 

 

 

 

(segno “-“ = effetti negativi per la finanza pubblica).

Fonte. Elaborazione su dati tavole III.8, III.9, A1, A2, A3 e A4 della Nota di aggiornamento DEF 2015.

Tali effetti sono ascrivibili principalmente, come evidenziato dalla Nota in esame, alle misure contenute nel decreto legge n. 65 del 2015 che ha disciplinato gli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità delle disposizioni contenute nel decreto legge n. 201 del 2011, che prevedevano la deindicizzazione totale nel biennio 2012-2013 per le pensioni di importo complessivamente superiore a tre volte il trattamento minimo. Con il decreto legge n. 65 del 2015 è stata disposta, tra l’altro, la modifica della disciplina della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici dovuti per gli anni 2012-2013, prevedendo un meccanismo di rivalutazione parziale.

Il 9 giugno 2015 è stata presentata al Parlamento la Relazione redatta ai sensi dell’articolo 10-bis della legge di contabilità, che ha esplicitato le variazioni del quadro tendenziale di finanza pubblica a seguito della pronuncia della Corte costituzionale e dell’emanazione del D.L. 65/2015. Coerentemente con la relazione tecnica che correda il decreto-legge n. 65 del 2015, la Relazione presentata al Parlamento ha evidenziato che gli oneri connessi alla sentenza n. 70 del 2015 della Corte costituzionale sono pari, nel 2015, a 17,6 miliardi di euro netti, che per effetto del D.L. si riducono di 15,4 miliardi, con un onere residuale pari a 2.180 milioni di euro[23].

Complessivamente, per il 2015, l’incremento netto delle entrate dovuto ai provvedimenti indicati risulta pari a 459 milioni a fronte di un incremento netto di spese per 2.597 milioni.

Le correzioni alla Nota di aggiornamento da ultimo trasmesse alle Camere il 25 settembre 2015, fermi restando gli effetti complessivi di spesa indicati nella tabella sopra riportata, hanno comportato per il 2015 una rimodulazione tra spese correnti e spese in conto capitale ascritte ai predetti provvedimenti intervenuti dopo il DEF 2015: in  particolare, un importo pari a 2.650 milioni di euro è stato portato a riduzione delle spese correnti e, corrispondentemente, ad incremento delle spese di parte capitale. Tale modifica, come si legge nelle correzioni trasmesse, è disposta in coerenza con quanto rappresentato nel conto economico della P.A.  riportato nella Nota di aggiornamento in esame – che non risulta quindi modificato - e  si rende necessaria per considerare la corretta classificazione delle maggiori spese per l’adeguamento alla sentenza sui trattamenti pensionistici (DL 65/2015) relativamente alla quota di oneri per arretrati, secondo le indicazioni delle autorità statistiche.

Peraltro poiché l’importo corrisposto a titolo di arretrati per la mancata rivalutazione risulta pari a circa 1.980 mln (come evidenziato dal dibattito parlamentare sul DL 65/2015 e nella Tav. III.4, riportata nella Nota di aggiornamento in esame, riguardante gli effetti delle misure una tantum), sarebbe utile un chiarimento in merito agli ulteriori fattori relativi alla riclassificazione del predetto importo di 2.650 mln dalla parte corrente al conto capitale.

 

A seguito della predetta rimodulazione le spese in conto capitale registrano un incremento netto di 2.508 milioni mentre le spese correnti un incremento netto di 89 milioni.

Nella tabella che segue si pongono a confronto le stime tendenziali relative all’indebitamento netto contenute nel DEF 2015, l’impatto sul saldo dei provvedimenti adottati dopo il DEF e il valore tendenziale del medesimo saldo indicato nella Nota di aggiornamento in esame.

Tabella 10. Indebitamento netto - confronto DEF 2015, provvedimenti varati nel 2015 e Nota di aggiornamento 2015

(milioni di euro - %)

 

2015

2016

2017

2018

2019

DEF 2015

 

 

 

 

 

Indebitamento netto tendenziale

-41.189

-23.486

-3.772

8.836

17.099

%PIL

-2,5%

-1,4%

-0,2%

0,5%

0,9%

Indebitamento netto programmatico (%PIL)

-2,6%

-1,8%

-0,8%

0,0%

0,4%

(per memoria)

 

 

 

 

 

Effetti provvedimenti

 

 

 

 

 

Effetti sull'Indebitamento netto tendenziale

-2.138

-444

-440

-416

-408

%PIL

-0,1%

0,0%

0,0%

0,0%

0,0%

Indebitamento netto + provvedimenti

-43.327

-23.930

-4.212

8.420

16.691

%PIL

-2,6%

-1,4%

-0,2%

0,5%

0,9%

 

 

 

 

 

 

Nota aggiornamento DEF 2015

 

 

 

 

 

Indebitamento netto tendenziale

-42.820

-23.061

609

12.913

18.694

%PIL

-2,6%

-1,4%

0,0%

0,7%

1,0%

Indebitamento netto programmatico (%PIL)

(per memoria)

-2,6%

-2,2%

-1,1%

-0,2%

0,3%

Fonte. Elaborazione su dati tavole III.8, III.9, A1, A2, A3 e A4 della Nota di aggiornamento 2015.

Per l’anno 2015, sommando al valore dell’indebitamento netto tendenziale indicato nel DEF 2015 gli effetti dei provvedimenti in esame, si osserva un peggioramento del saldo che, in valore assoluto, passa da 41.189 milioni a 43.327 milioni di euro. La differenza, pari a 2.138 milioni, corrisponde in massima parte all’onere residuale della sentenza della Corte costituzionale dopo la conversione del D.L. 65/2015, onere parzialmente compensato da effetti netti positivi imputabili ai D.L. 78/2015 e 83/2015. Il rapporto indebitamento netto/PIL per effetto di tali provvedimenti passa dal 2,5% al 2,6%, con un peggioramento di 0,1 punti percentuali, che conferma, per il 2015, l’andamento programmatico già indicato nel DEF 2015 e riprodotto dalla Nota di aggiornamento in esame.

 

Le attuali stime del quadro tendenziale evidenziano per il 2015 un livello di indebitamento netto pari a 42.820 milioni di euro con un miglioramento di 507 milioni di euro rispetto al valore ottenuto aggiornando la precedente stima del DEF alla luce dei provvedimenti prima richiamati. La nuova stima appare pertanto più favorevole rispetto al precedente quadro tendenziale anche scontando gli effetti peggiorativi dei provvedimenti in esame.

Il predetto miglioramento, sulla base delle indicazioni complessivamente fornite dalla Nota, dovrebbe essere imputabile, al netto di eventuali ulteriori fattori legislativi di carattere residuale, alla revisione del quadro macroeconomico e al monitoraggio di finanza pubblica.

In merito alla specifica incidenza di tali fattori sarebbe utile acquisire ulteriori elementi di valutazione.

 

L’aggiornamento delle stime per l’esercizio in corso si accompagna ad una revisione anche per il periodo successivo. Il quadro tendenziale (che, come noto, tiene conto della normativa vigente senza considerare gli interventi prefigurati dalla Nota nella parte relativa al percorso programmatico) evidenzia che, in mancanza di ulteriori interventi, si avrebbe un sentiero di costante riduzione dell’indebitamento netto, che passerebbe dal –1,4% del 2016 al pareggio nel 2017, registrando un avanzo dello 0,7% nel 2018 e dell’1% nel 2019 (esercizi nei quali si verificherebbe dunque un accreditamento netto).

 

In valore assoluto, sempre con riferimento al quadro tendenziale, la Nota assume per il 2017 un avanzo di 609 milioni di euro, crescente fino a 18.694 milioni di euro nel 2019. Per un confronto analitico tra le stime del DEF 2015 e quelle aggiornate dalla Nota in esame, si rinvia alle tabelle riportate in calce al presente paragrafo, relative al conto economico della PA a legislazione vigente.

 

In termini grafici, se si pongono a confronto le previsioni del DEF e della Nota in esame relative al rapporto percentuale fra l’indebitamento netto tendenziale e il PIL (v. grafico di seguito riportato), si osserva che, dopo la conferma dei dati relativi al 2015 (-2,6%) e al 2016 (-1,4%), per gli ulteriori esercizi del quinquennio esaminato (2017-2019) si evidenzia una sorta di “traslazione” della curva verso l’alto, mentre resta sostanzialmente ferma la sua inclinazione.

Figura 8. Indebitamento netto tendenziale: raffronto DEF 2015-Nota di aggiornamento

 

Tale andamento evidenzia che il complesso dei fattori sottostanti la revisione delle stime di indebitamento netto (quali il quadro macroeconomico, gli effetti finanziari dei provvedimenti intervenuti e il monitoraggio di finanza pubblica) si riflette in misura pressoché identica nei diversi esercizi. Infatti, la revisione annua della stima nel 2017 e nel 2018 è pari allo 0,2% del PIL e resta sostanzialmente confermata anche nel 2019 (0,1%).

 

Il saldo primario, pari all’1,7% del PIL per il 2015, conferma la previsione contenuta nel DEF 2015. Per gli anni successivi, le nuove stime mostrano un costante miglioramento del saldo, che – sempre positivo – cresce dal 2,9% del 2016 al 5% del 2019. Questo andamento del saldo primario, nel quinquennio in esame, determina pressoché integralmente il percorso di miglioramento dell’indebitamento netto tendenziale, mentre la spesa per interessi (su cui si rinvia al paragrafo 2.5) rimane pressoché costante in rapporto al PIL.

 

Coerentemente con il percorso sopra prefigurato, anche per l’indebitamento netto strutturale (calcolato al netto delle misure una tantum e depurato della componente ciclica del saldo) il quadro tendenziale riportato nella Nota in esame prevede un costante e progressivo miglioramento nel quinquennio considerato, passando dal –0,4% del 2015 al segno positivo nel 2016 (avanzo strutturale dello 0,1%) fino all’1,0% del 2018 e allo 0,9% del 2019.

 

L’andamento evidenziato nella Nota di aggiornamento è, anche con riferimento a tale saldo, più favorevole rispetto a quello relativo al DEF 2015 che evidenziava un percorso di miglioramento, da –0,5% del 2015 a 0,8% del 2019: il raggiungimento del pareggio era previsto nel 2016 e l’avanzo strutturale nel 2017 (+0,5%).

 

Nelle tabelle che seguono vengono riportati, nell’ordine, i dati relativi a: le voci del conto economico della PA a legislazione vigente, espresse in valori assoluti e in percentuale del PIL; le variazioni annuali, in valori assoluti e percentuali, delle medesime voci di entrata e di spesa.

Viene quindi offerto un raffronto tra le stime riportate nel DEF 2015 e quelle contenute nella Nota di aggiornamento, con le relative differenze espresse in valore assoluto.

Si evidenzia che i dati riferiti al 2014, contenuti nelle tabelle e utilizzati ai fini della presente analisi, sono quelli riportati nella Nota di aggiornamento al DEF 2015. Tali dati non considerano quindi le revisioni pubblicate il 23 settembre 2015 dall’ISTAT[24] relative al periodo 2013-2014.

A tal proposito sarebbe utile acquisire dal Governo elementi volti a verificare se le revisioni intervenute siano idonee ad influenzare in misura apprezzabile il quadro tendenziale relativo agli esercizi considerati dalla Nota di aggiornamento in esame.

 


Tabella 3. Conto economico della PA a legislazione vigente

 (milioni di euro)

2014

2015

2016

2017

2018

2019

SPESE

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

163.874

164.868

166.333

165.644

165.497

165.928

Consumi intermedi

134.063

129.905

132.002

133.984

135.139

137.916

Prestazioni sociali

328.304

335.500

341.400

349.280

357.850

365.330

 Pensioni

256.902

258.950

261.980

268.370

275.840

282.440

 Altre prestazioni sociali

71.402

76.550

79.420

80.910

82.010

82.890

 Altre uscite correnti

66.090

66.916

66.698

64.478

64.820

66.372

Totale spese correnti netto interessi

692.331

697.188

706.432

713.385

723.307

735.546

 Interessi passivi

75.182

70.031

71.349

71.163

71.890

72.949

Totale spese correnti

767.513

767.219

777.781

784.548

795.197

808.495

 di cui : Spesa sanitaria

111.028

111.289

113.372

115.509

117.709

120.094

Totale spese in conto capitale

58.749

64.299

62.642

58.093

58.546

57.603

Investimenti fissi lordi

35.993

37.473

38.368

39.308

39.226

39.951

Contributi in c/capitale

12.947

15.114

14.681

11.898

12.648

12.981

Altri trasferimenti

9.809

11.712

9.594

6.887

6.672

4.671

Totale spese netto interessi

751.080

761.487

769.075

771.478

781.853

793.149

Totale spese finali

826.262

831.517

840.424

842.641

853.743

866.098

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

Tributarie

485.837

496.553

521.784

542.410

556.893

567.564

 Imposte dirette

237.539

248.986

256.170

261.700

267.350

272.793

 Imposte indirette

246.991

245.588

264.546

279.754

288.579

293.799

 Imposte in c/capitale

1.307

1.979

1.068

956

964

972

Contributi sociali

216.408

217.901

221.003

226.101

233.715

239.741

 Contributi sociali effettivi

212.383

213.793

216.833

221.867

229.420

235.389

 Contributi sociali figurativi

4.025

4.108

4.170

4.234

4.295

4.352

Altre entrate correnti

68.945

69.063

69.116

70.280

71.673

72.893

Totale entrate correnti

769.883

781.538

810.835

837.836

861.317

879.226

Entrate in conto capitale non tributarie

6.016

5.181

5.460

4.459

4.375

4.594

Totale entrate finali

777.206

788.698

817.363

843.251

866.656

884.792

 Pressione fiscale

43,4

43,7

44,2

44,3

44,3

44,0

Saldo primario

26.126

27.211

48.288

71.772

84.802

91.643

Saldo di parte corrente

2.370

14.319

33.054

53.287

66.120

70.731

Indebitamento netto

-49.056

-42.820

-23.061

609

12.913

18.694

PIL nominale

1.616.254

1.635.144

1.681.893

1.732.988

1.784.568

1.834.657

Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

 

Tabella 4. Conto economico della PA a legislazione vigente

 (% del PIL)

 

2014

2015

2016

2017

2018

2019

SPESE

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

10,1

10,1

9,9

9,6

9,3

9,0

Consumi intermedi

8,3

7,9

7,8

7,7

7,6

7,5

Prestazioni sociali

20,3

20,5

20,3

20,2

20,1

19,9

 Pensioni

15,9

15,8

15,6

15,5

15,5

15,4

 Altre prestazioni sociali

4,4

4,7

4,7

4,7

4,6

4,5

 Altre uscite correnti

4,1

4,1

4,0

3,7

3,6

3,6

Totale spese correnti netto interessi

42,8

42,6

42,0

41,2

40,5

40,1

 Interessi passivi

4,7

4,3

4,2

4,1

4,0

4,0

Totale spese correnti

47,5

46,9

46,2

45,3

44,6

44,1

 di cui : Spesa sanitaria

6,9

6,8

6,7

6,7

6,6

6,5

Totale spese in conto capitale

3,6

3,9

3,7

3,4

3,3

3,1

Investimenti fissi lordi

2,2

2,3

2,3

2,3

2,2

2,2

Contributi in c/capitale

0,8

0,9

0,9

0,7

0,7

0,7

Altri trasferimenti

0,6

0,7

0,6

0,4

0,4

0,3

Totale spese netto interessi

46,5

46,6

45,7

44,5

43,8

43,2

Totale spese finali

51,1

50,9

50,0

48,6

47,8

47,2

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

Tributarie

30,1

30,4

31,0

31,3

31,2

30,9

 Imposte dirette

14,7

15,2

15,2

15,1

15,0

14,9

 Imposte indirette

15,3

15,0

15,7

16,1

16,2

16,0

 Imposte in c/capitale

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

Contributi sociali

13,4

13,3

13,1

13,0

13,1

13,1

 Contributi sociali effettivi

13,1

13,1

12,9

12,8

12,9

12,8

 Contributi sociali figurativi

0,2

0,3

0,2

0,2

0,2

0,2

Altre entrate correnti

4,3

4,2

4,1

4,1

4,0

4,0

Totale entrate correnti

47,6

47,8

48,2

48,3

48,3

47,9

Entrate in conto capitale non tributarie

0,4

0,3

0,3

0,3

0,2

0,3

Totale entrate finali

48,1

48,2

48,6

48,7

48,6

48,2

 Pressione fiscale

43,4

43,7

44,2

44,3

44,3

44,0

Saldo primario

1,6

1,7

2,9

4,1

4,8

5,0

Saldo di parte corrente

0,1

0,9

2,0

3,1

3,7

3,9

Indebitamento netto

-3,0

-2,6

-1,4

0,0

0,7

1,0

Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 5. Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

 (milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

SPESE

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

994

1.465

-689

-147

431

Consumi intermedi

-4.158

2.097

1.982

1.155

2.777

Prestazioni sociali

7.196

5.900

7.880

8.570

7.480

 Pensioni

2.048

3.030

6.390

7.470

6.600

 Altre prestazioni sociali

5.148

2.870

1.490

1.100

880

 Altre uscite correnti

826

-218

-2.220

342

1.552

Totale spese correnti netto interessi

4.857

9.244

6.953

9.922

12.239

 Interessi passivi

-5.151

1.318

-186

727

1.059

Totale spese correnti

-294

10.562

6.767

10.649

13.298

 di cui : Spesa sanitaria

261

2.083

2.137

2.200

2.385

Totale spese in conto capitale

5.550

-1.657

-4.549

453

-943

Investimenti fissi lordi

1.480

895

940

-82

725

Contributi in c/capitale

2.167

-433

-2.783

750

333

Altri trasferimenti

1.903

-2.118

-2.707

-215

-2.001

Totale spese netto interessi

10.407

7.588

2.403

10.375

11.296

Totale spese finali

5.255

8.907

2.217

11.102

12.355

ENTRATE

 

 

 

 

 

Tributarie

10.716

25.231

20.626

14.483

10.671

 Imposte dirette

11.447

7.184

5.530

5.650

5.443

 Imposte indirette

-1.403

18.958

15.208

8.825

5.220

 Imposte in c/capitale

672

-911

-112

8

8

Contributi sociali

1.493

3.102

5.098

7.614

6.026

 Contributi sociali effettivi

1.410

3.040

5.034

7.553

5.969

 Contributi sociali figurativi

83

62

64

61

57

Altre entrate correnti

118

53

1.164

1.393

1.220

Totale entrate correnti

11.655

29.297

27.001

23.481

17.909

Entrate in conto capitale non tributarie

-835

279

-1.001

-84

219

Totale entrate finali

11.492

28.665

25.888

23.405

18.136

 Pressione fiscale

0,2

0,5

0,2

0,0

-0,3

Saldo primario

1.085

21.077

23.484

13.030

6.841

Saldo di parte corrente

11.949

18.735

20.233

12.833

4.611

Indebitamento netto

6.236

19.759

23.670

12.304

5.781

PIL nominale

18.890

46.749

51.095

51.580

50.089

Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 6. Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

 (variazioni %)

 

2015

2016

2017

2018

2019

SPESE

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

0,6

0,9

-0,4

-0,1

0,3

Consumi intermedi

-3,1

1,6

1,5

0,9

2,1

Prestazioni sociali

2,2

1,8

2,3

2,5

2,1

 Pensioni

0,8

1,2

2,4

2,8

2,4

 Altre prestazioni sociali

7,2

3,7

1,9

1,4

1,1

 Altre uscite correnti

1,2

-0,3

-3,3

0,5

2,4

Totale spese correnti netto interessi

0,7

1,3

1,0

1,4

1,7

 Interessi passivi

-6,9

1,9

-0,3

1,0

1,5

Totale spese correnti

0,0

1,4

0,9

1,4

1,7

 di cui : Spesa sanitaria

0,2

1,9

1,9

1,9

2,0

Totale spese in conto capitale

9,4

-2,6

-7,3

0,8

-1,6

Investimenti fissi lordi

4,1

2,4

2,5

-0,2

1,8

Contributi in c/capitale

16,7

-2,9

-19,0

6,3

2,6

Altri trasferimenti

19,4

-18,1

-28,2

-3,1

-30,0

Totale spese netto interessi

1,4

1,0

0,3

1,3

1,4

..Totale spese finali

0,6

1,1

0,3

1,3

1,4

ENTRATE

 

 

 

 

 

Tributarie

2,2

5,1

4,0

2,7

1,9

 Imposte dirette

4,8

2,9

2,2

2,2

2,0

 Imposte indirette

-0,6

7,7

5,7

3,2

1,8

 Imposte in c/capitale

51,4

-46,0

-10,5

0,8

0,8

Contributi sociali

0,7

1,4

2,3

3,4

2,6

 Contributi sociali effettivi

0,7

1,4

2,3

3,4

2,6

 Contributi sociali figurativi

2,1

1,5

1,5

1,4

1,3

Altre entrate correnti

0,2

0,1

1,7

2,0

1,7

Totale entrate correnti

1,5

3,7

3,3

2,8

2,1

Entrate in conto capitale non tributarie

-13,9

5,4

-18,3

-1,9

5,0

Totale entrate finali

1,5

3,6

3,2

2,8

2,1

 Pressione fiscale

0,6

1,1

0,4

-0,1

-0,7

PIL nominale

1,2

2,9

3,0

3,0

2,8

Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 7. Conto economico della PA a legislazione vigente - Raffronto tra DEF 2015 e Nota di aggiornamento

 (milioni di euro)

DEF 2015

Nota di aggiornamento DEF 2015

Differenza Nota di aggiornamento - DEF

SPESE

2015

2016

2017

2018

2015

2016

2017

2018

2015

2016

2017

2018

Redditi da lavoro dipendente

164.752

166.428

165.742

165.771

164.868

166.333

165.644

165.497

116

-95

-98

-274

Consumi intermedi

129.116

131.199

133.224

134.223

129.905

132.002

133.984

135.139

789

803

760

916

Prestazioni sociali

338.050

342.630

350.990

359.960

335.500

341.400

349.280

357.850

-2.550

-1.230

-1.710

-2.110

 Pensioni

259.500

262.480

269.350

277.180

258.950

261.980

268.370

275.840

-550

-500

-980

-1.340

 Altre prestazioni sociali

78.550

80.150

81.640

82.780

76.550

79.420

80.910

82.010

-2.000

-730

-730

-770

 Altre uscite correnti

65.651

66.953

65.463

65.837

66.916

66.698

64.478

64.820

1.265

-255

-985

-1.017

Totale spese correnti netto interessi

697.569

707.210

715.419

725.791

697.188

706.432

713.385

723.307

-381

-778

-2.034

-2.484

 Interessi passivi

69.386

71.227

69.251

68.201

70.031

71.349

71.163

71.890

645

122

1.912

3.689

Totale spese correnti

766.955

778.437

784.670

793.992

767.219

777.781

784.548

795.197

264

-656

-122

1.205

Totale spese in conto capitale

60.191

63.735

59.967

60.416

64.299

62.642

58.093

58.546

4.108

-1.093

-1.874

-1.870

Investimenti fissi lordi

36.671

38.327

39.253

39.501

37.473

38.368

39.308

39.226

802

41

55

-275

Contributi in c/capitale

14.758

15.094

12.342

12.383

15.114

14.681

11.898

12.648

356

-413

-444

265

Altri trasferimenti

8.762

10.314

8.372

8.532

11.712

9.594

6.887

6.672

2.950

-720

-1.485

-1.860

Totale spese netto interessi

757.760

770.945

775.386

786.207

761.487

769.075

771.478

781.853

3.727

-1.870

-3.908

-4.354

Totale spese finali

827.146

842.172

844.637

854.408

831.517

840.424

842.641

853.743

4.371

-1.748

-1.996

-665

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tributarie

496.531

525.861

542.768

554.312

496.553

521.784

542.410

556.893

22

-4.077

-358

2.581

 Imposte dirette

247.285

258.647

263.308

266.758

248.986

256.170

261.700

267.350

1.701

-2.477

-1.608

592

 Imposte indirette

247.267

266.147

278.505

286.592

245.588

264.546

279.754

288.579

-1.679

-1.601

1.249

1.987

 Imposte in c/capitale

1.979

1.067

955

962

1.979

1.068

956

964

0

1

1

2

Contributi sociali

216.031

218.253

223.366

232.898

217.901

221.003

226.101

233.715

1.870

2.750

2.735

817

Altre entrate correnti

68.213

69.113

70.272

71.659

69.063

69.116

70.280

71.673

850

3

8

14

Totale entrate correnti

778.796

812.160

835.451

857.907

781.538

810.835

837.836

861.317

2.742

-1.325

2.385

3.410

Entrate in conto capitale non tributarie

5.182

5.459

4.459

4.375

5.181

5.460

4.459

4.375

-1

1

0

0

Totale entrate finali

785.957

818.686

840.865

863.244

788.698

817.363

843.251

866.656

2.741

-1.323

2.386

3.412

 Pressione fiscale

43,5

44,1

44,1

44,0

43,7

44,2

44,3

44,3

0,2

0,1

0,3

0,3

Pressione fiscale netto bonus 80 euro e clausole

 

43,1

42,6

42,3

42,1

 

 

 

 

Saldo primario

28.197

47.741

65.479

77.037

27.211

48.288

71.772

84.802

-986

547

6.293

7.765

in percentuale del PIL

1,7

2,8

3,8

4,3

1,7

2,9

4,1

4,8

-0,1

0,0

0,4

0,4

Saldo di parte corrente

11.841

33.723

50.781

63.915

14.319

33.054

53.287

66.120

2.478

-669

2.506

2.205

in percentuale del PIL

0,7

2,0

2,9

3,6

0,9

2,0

3,1

3,7

0,2

0,0

0,1

0,1

Indebitamento netto

-41.189

-23.486

-3.772

8.836

-42.820

-23.061

609

12.913

-1.631

425

4.381

4.077

in percentuale del PIL

-2,5

-1,4

-0,2

0,5

-2,6

-1,4

0,0

0,7

-0,1

0,0

0,3

0,2

PIL nominale

1.638.983

1.687.708

1.738.389

1.788.610

1.635.144

1.681.893

1.732.988

1.784.568

-3.839

-5.815

-5.401

-4.042

Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti


2.1.2. Le entrate

Le previsioni tendenziali aggiornate delle entrate finali della p.a. riflettono, come specificato nella Nota di aggiornamento, gli effetti derivanti dai seguenti tre fattori:

1.      aggiornamento del quadro macroeconomico;

2.      risultati dell’attività di monitoraggio sulla finanza pubblica;

3.      impatto dei provvedimenti adottati successivamente al DEF 2015.

In merito all’ultimo dei predetti fattori, come già evidenziato nel precedente paragrafo relativo ai saldi della p.a., la Nota di aggiornamento riporta gli effetti finanziari attribuiti ai principali provvedimenti adottati dopo aprile 2015.

 

Nel rinviare in proposito all’analisi svolta in precedenza, si riportano, nella seguente tabella, i dati relativi al valore delle entrate finali indicato nel DEF 2015, cui vengono sommati algebricamente gli effetti finanziari (riportati nella Nota di aggiornamento in esame), in termini di maggiori e minori entrate, attribuiti ai suddetti provvedimenti.

 

Il totale ottenuto viene quindi posto a confronto con le previsioni di entrata evidenziate nella Nota al fine di individuare la quota di aggiornamento delle previsioni che dovrebbe essere imputabile ai primi due fattori sopra indicati (quadro macroeconomico e monitoraggio sulla finanza pubblica).

Tabella 11. Aggiornamento delle previsioni di entrata a legislazione vigente

(importi in milioni di euro)

 

 

 

2015

2016

2017

2018

2019

DEF 2015- Entrate totali

785.957

818.686

840.865

863.244

881.218

 

D.L. n. 65/2015

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

659

242

237

233

229

 

 

Minori entrate

0

0

0

0

0

 

D.L. n. 78/2015

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

22

10

13

21

25

 

 

Minori entrate

13

26

0

0

0

 

D.L. n. 83/2015

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

0

2.547

2.475

4.129

45

 

 

Minori entrate

0

3.095

3.808

5.439

2.203

 

L. n. 107/2015

 

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

276

1.043

1.021

1.033

1.048

 

 

Minori entrate

485

1.587

1.531

1.531

1.531

 

Variazione netta entrate

459

-866

-1.593

-1.553

-2.387

Entrate totali rettificate con provvedimenti

786.416

817.820

839.272

861.690

878.831

Nota di aggiornamento 2015 - Entrate totali

788.698

817.363

843.251

866.656

884.792

Aggiornamento previsioni di entrate non imputabile ai provvedimenti indicati

2.282

-457

3.979

4.966

5.961

Fonte: elaborazione su dati del DEF 2015 e della Nota di aggiornamento al DEF 2015.

L’elaborazione dei dati illustrata nella precedente tabella evidenzia la quota di aggiornamento delle stime di gettito non attribuibile ai provvedimenti intervenuti dopo il DEF, citati dalla Nota di aggiornamento in esame. Detta quota sembra pertanto imputabile al nuovo quadro macroeconomico e ai risultati dell’attività di monitoraggio sulla finanza pubblica. In proposito, appaiono utili informazioni in merito all’incidenza sulle previsioni aggiornate di ciascuno dei due fattori considerati nonché di eventuali variazioni residuali indotte da ulteriori fattori normativi intervenuti dopo l’adozione del DEF 2015.

 

Classificazione delle voci di entrata

Si segnala che con uno dei provvedimenti adottati successivamente al DEF 2015 (D.L. n. 83/2015), si è intervenuti sulla disciplina relativa alla deducibilità fiscale delle svalutazioni dei crediti nel settore bancario e assicurativo.

Il decreto legge n. 83/2015 ha infatti previsto l’integrale deducibilità delle perdite su crediti nell’esercizio in cui le stesse sono rilevate (in luogo della previgente disciplina che disponeva la deducibilità in 5 anni), con conseguente ridimensionamento delle DTA iscritte nei bilanci. Contestualmente, il medesimo decreto ha previsto una rimodulazione dell’utilizzo delle DTA maturate fino alla data di entrata in vigore della disposizione attraverso la fissazione dei limiti massimi di utilizzo dei crediti d’imposta iscritti in bilancio. Ai fini della imputazione degli effetti finanziari, alla disposizione sono stati attribuiti:

-          una perdita di gettito ordinaria (IRES ed IRAP) in quanto le svalutazioni dei crediti effettuate a decorrere dal 2015 beneficiano di norme di favore – rispetto alle previgenti – in termini di deducibilità fiscale;

-          effetti positivi per la finanza pubblica in relazione ai criteri – più penalizzanti per le imprese rispetto alla normativa previgente – di recupero delle DTA riferite alle svalutazioni operate nei periodi d’imposta precedenti.

In particolare, gli effetti finanziari attribuiti alla diversa modalità di fruizione dei crediti per imposte anticipate (Deferred Tax Asset o DTA) pregressi risultavano qualificati, nel prospetto riepilogativo allegato al provvedimento, come maggiori entrate. Tale criterio di classificazione contabile appare confermato anche nella tabella (Tav. A3) relativa agli effetti del D.L. n. 83/2015, riportata nell’allegato alla Nota di aggiornamento.

Peraltro, la Nota afferma che la voce relativa agli altri trasferimenti in conto capitale risulta in riduzione nel quadro tendenziale in quanto sconta le misure introdotte dal decreto legge n. 83/2015 che determinano un ridimensionamento dei crediti fiscali (DTA) maturati dagli enti creditizi e finanziari contabilizzati a riduzione delle spese per trasferimenti in conto capitale.

In merito ai criteri contabili adottati con riferimento alla imputazione degli effetti del decreto-legge e, in particolare, agli importi ascritti a riduzione dei trasferimenti in conto capitale, appare quindi opportuno un chiarimento.

Si segnala che le nuove regole contabili introdotte dal SEC 2010 prevedono, tra l’altro, che i crediti fiscali chiesti a rimborso (inclusi quelli utilizzati mediante compensazione) siano contabilizzati in base al criterio di competenza e classificati tra gli “altri trasferimenti in conto capitale”. Rientrano tra questi i crediti per imposte anticipate, ossia crediti vantati dai contribuenti che, in applicazione di norme che dispongono un differimento temporale della deducibilità di alcuni componenti negativi di reddito, pagano imposte in relazione ad un imponibile fiscale superiore a quello che si sarebbe ottenuto in caso di piena deducibilità dei medesimi costi. In base al SEC 95, i medesimi crediti erano invece contabilizzati per cassa tra le poste correttive che nettizzano le entrate tributarie del Bilancio dello Stato.

 

Clausole di salvaguardia

La Nota di aggiornamento afferma che le stime indicate riflettono l’aumento del gettito atteso dall’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia introdotte da precedenti disposizioni legislative che prevedono la variazione delle aliquote d’imposta e delle detrazioni vigenti, l’aumento delle aliquote IVA e delle accise sugli oli minerali: la Nota evidenzia l’impegno a bloccarne l’attivazione, per evitare che la ripresa economica in atto e il processo di attuazione delle riforme strutturali iniziato vengano frenati da misure restrittive.

Più in particolare, viene evidenziato[25] che, nel complesso, le clausole di salvaguardia previste dalla legge di stabilità 2015 (aumento aliquote IVA e aumento accise oli minerali per la mancata autorizzazione della Commissione europea sul reverse charge al settore della grande distribuzione) e dalla legge di stabilità 2014 (variazione di aliquote d’imposta e detrazioni vigenti) determinerebbero un gettito pari a circa 16,8 mld nel 2016, a 26,2 mld nel 2017 e di poco inferiori a 29 mld nel 2019.

Peraltro, come evidenziato dalla seguente tabella, il gettito complessivo indicato dalla Nota sembrerebbe attribuibile alle sole clausole di salvaguardia disposte dalla legge di stabilità 2015.

Tabella 12. Clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2015

(importi in milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

Aumento aliquote IVA

0

16.086

25.493

28.237

28.237

Aumento delle accise carburanti per mancata autorizzazione reverse charge

728

728

728

728

728

Totale

728

16.814

26.221

28.965

28.965

 

Sarebbe quindi utile acquisire un dettaglio delle clausole di salvaguardia cui la Nota fa effettivo riferimento. Ciò in quanto nella parte discorsiva del documento sono richiamate anche le disposizioni contenute nella legge di stabilità 2014 (legge n. 147/2013), mentre l’ammontare complessivo degli effetti indicati non sembrerebbe includere quelli attribuiti a tali ultime disposizioni.

I valori indicati, in particolare, non sembrerebbero comprendere gli effetti ascritti all’art.1, co. 430, della legge n. 147/2013, che ha previsto interventi di variazione di aliquote d’imposta e di riduzione delle agevolazioni e delle detrazioni (c.d. tax expenditure) in modo tale da assicurare effetti positivi per la finanza pubblica pari a 3.272 milioni nel 2016 e a 6.272 milioni annui dal 2017. Peraltro, la stessa disposizione prevede che le predette misure non siano adottate o siano adottate per importi inferiori qualora, entro il 1° gennaio 2016, siano approvati provvedimenti suscettibili di assicurare, in tutto o in parte, i medesimi effetti attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi attraverso la razionalizzazione e la revisione della spesa pubblica.

In merito agli effetti attribuiti alle predette misure della legge di stabilità 2014 sarebbe quindi utile un chiarimento.

Inoltre, rispetto a quanto indicato nella Nota, andrebbero fornite ulteriori indicazioni in merito agli effetti finanziari attribuiti, nella legge di stabilità 2014 con riferimento all’esercizio 2015, all’applicazione del reverse charge nella grande distribuzione tenuto conto della mancata approvazione da parte della Commissione europea.

 

Pressione fiscale

Con riferimento alla pressione fiscale, la Nota afferma che, sulla base delle previsioni tendenziali contenute nel Conto economico della p.a., l’indicatore presenta un andamento crescente fino al 2017 (dal 43,4% del 2014 si arriva al 44,3% nel 2017), rimane costante nel 2018 (44,3%), per poi decrescere nel 2019 (44%).

Poiché i suddetti valori risentono degli effetti di gettito tributario relativi alle clausole di salvaguardia e tenuto conto che è prevista la disapplicazione delle stesse mediante sostituzione con riduzioni di spesa, la Nota di aggiornamento ritiene utile evidenziare i valori della pressione fiscale ricalcolata considerando:

-         la disattivazione delle clausole di salvaguardia;

-         l’impatto del provvedimento relativo al c.d. bonus 80 euro.

In proposito la Nota afferma che, tenendo conto dei predetti fattori, la pressione fiscale scende da 43,1% nel 2015 a 42,6% nel 2016, con ulteriori riduzioni negli anni successivi.

Tali valori sembrerebbero ottenuti escludendo, oltre al bonus 80 euro, l’aumento dell’aliquota IVA e l’incremento delle accise conseguente alla mancata autorizzazione del reverse charge, come risulta dalle elaborazioni contenute nella seguente tabella.

Tabella 13. Pressione fiscale ricalcolata

 (importi in milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

Entrate tributarie e contributive

714.454

742.787

768.511

790.608

807.305

Pressione fiscale (% PIL)

43,7

44,2

44,3

44,3

44,0

Aumento aliquote IVA

 

16.086

25.493

28.237

28.237

Entrate al netto effetto aumento aliquote IVA

714.454

726.701

743.018

762.371

779.068

Aumento accise carburanti per mancata autorizzazione reverse charge

728

728

728

728

728

Bonus 80 euro

9.503

9.503

9.503

9.503

9.503

Entrate tributarie e contributive ricalcolate

704.223

716.470

732.787

752.140

768.837

Pressione fiscale ricalcolata (% del PIL)

43,1

42,6

42,3

42,1

41,9

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2015.

Non sembrano quindi  inclusi nel ricalcolo della pressione fiscale gli effetti delle disposizioni  della legge di stabilità 2014 relative alla revisione delle aliquote e delle detrazioni (tax expenditure). In proposito si rinvia a quanto già in precedenza osservato.

Si segnala, infine, che le predette stime scontano l’iscrizione come minori entrate degli effetti finanziari relativi al c.d. bonus 80 euro i quali – in base ai criteri di contabilità economica – sono qualificati tra le voci di spesa.

 

Voluntary disclousure

La Nota indica, nel prospetto delle entrate una tantum, la stima del gettito previsto per la emersione dei capitali detenuti all’estero (voluntary disclousure) che risulta pari a 671 milioni nel 2015 e a 18 milioni nel 2016.

La legge n. 186/2014 ha introdotto una procedura volontaria finalizzata all’emersione e al rientro di capitali detenuti all’estero (c.d. volontary disclousure). Il provvedimento stabilisce che gli effetti finanziari positivi, non scontati ai fini dei saldi di finanza pubblica, devono essere versati ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.

Il decreto legge n. 192/2014, intervenendo su specifiche clausole di salvaguardia, ha stabilito l’utilizzo prioritario di una quota delle risorse attese dalla disciplina sul rientro dei capitali. Tale quota, in particolare, risulta pari a 671,1 milioni per l’anno 2015 e 17,8 milioni per l’anno 2016.

In proposito sarebbe utile chiarire se la quota di risorse utilizzata dal D.L. n. 192/2014 esaurisca o meno l’ammontare complessivo delle entrate che si stima di realizzare per effetto delle disposizioni in materia di voluntary discolusure introdotte dalla legge n. 186/2014.

 

Interventi previsti in materia di entrate

La Nota di aggiornamento al DEF 2015 non fornisce le previsioni programmatiche delle voci di entrata ed afferma che il quadro programmatico include, rispetto alle previsioni tendenziali, anche gli effetti delle misure che saranno presentate al Parlamento nel disegno di legge di stabilità 2016.

In più parti viene evidenziata l’intenzione di adottare interventi di politica fiscale favorevoli alla crescita, che comportino un alleggerimento del carico tributario su famiglie e imprese. In particolare, la Nota afferma che:

- l’aumento dei redditi disponibili reali delle famiglie produce uno stimolo ai consumi privati, con conseguenti effetti moltiplicativi sul PIL;

- la riduzione della pressione fiscale determina effetti positivi sul lato dell’offerta dell’economia, inducendo, nel tempo, ad un aumento permanente del PIL.

Gli effetti finanziari determinati dalle misure di stimolo fiscale saranno in parte controbilanciate da risparmi di spesa finalizzati ad aumentare l’efficienza del settore pubblico: la revisione della spesa, infatti, proseguirà nel 2016 e anni seguenti, assicurando gran parte della copertura dei tagli d’imposta. Pur considerando che la riduzione della spesa limita l’impatto favorevole sulla crescita determinato dalla cancellazione delle clausole di salvaguardia, la Nota ritiene che l’adozione di un profilo più graduale di tali tagli faccia sì che gli impatti depressivi sul PIL siano leggermente inferiori a quanto stimato in sede di elaborazione del DEF.

Tra gli interventi che si prevede di adottare nella manovra 2016 sono indicati i seguenti:

-         la disapplicazione degli aumenti d’imposta previsti dalle clausole di salvaguardia poste a garanzia dei saldi di finanza pubblica dalle legge di stabilità 2014 e 2015. La copertura della perdita di gettito sarà assicurata dai tagli di spesa;

-         interventi in favore delle famiglie, consistenti nella cancellazione dell’IMU e della TASI sulla prima casa;

-         in favore delle imprese, si prevede la cancellazione dell’IMU sui macchinari c.d. imbullonati, l’introduzione di misure di stimolo agli investimenti e la riduzione dell’IRES.

Non vengono fornite specifiche indicazioni riguardo agli effetti attesi dalle predette misure. Sul punto si rinvia al successivo capitolo relativo al percorso programmatico di finanza pubblica.

2.1.3. Le spese

Dalle Tabelle riguardanti il conto economico a legislazione vigente, riportate al precedente paragrafo 2.1.1, si evidenzia come la previsione relativa alle spese finali registri, per il 2015, un incremento di circa 4,4 miliardi rispetto alle previsioni del DEF 2015. Concorrono a tale revisione della stima soprattutto le spese in conto capitale (per 4,1 mld. circa) e un incremento di 645 milioni degli interessi passivi. Nel rinviare, con riguardo alla spesa per interessi, all’apposito paragrafo 2.5, si osserva che la previsione della spesa corrente al netto degli interessi mostra una riduzione di circa 380 milioni.

 

Più in dettaglio, per quanto concerne il raffronto tra le previsioni, in valore assoluto, recate dal DEF e quelle contenute nelle Nota di aggiornamento, si evidenzia quanto segue:

·        la spesa per redditi da lavoro dipendente registra soltanto lievi scostamenti rispetto a quella quantificata nel DEF. La Nota chiarisce che ciò è dovuto al fatto che le stime, costruite secondo il criterio della legislazione vigente, non includono gli oneri che deriveranno dallo sblocco della contrattazione collettiva conseguente alla sentenza di illegittimità costituzionale delle misure di congelamento dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici. Per effettuare tali rinnovi dovranno, secondo la Nota, essere effettuati specifici appostamenti di bilancio. Tale impostazione è in linea con i criteri adottati negli anni passati per la valutazione della spesa per redditi da lavoro;

·        nel 2015 la spesa per la voce “Pensioni” si riduce di circa 0,5 miliardi di euro nonostante l’incremento di spesa collegato alla sentenza della Corte costituzionale n. 70/2015 e al D.L. n. 65/2015, in materia di rivalutazione dei trattamenti pensionistici di importo più ridotto. Peraltro, come evidenziato nelle correzioni alla Nota di aggiornamento da ultimo trasmesse il 25 settembre scorso, le erogazioni effettuate a tale titolo hanno inciso in misura prevalente (per l’importo corrispondente alla quota di arretrati) sulla spesa in conto capitale (cfr. infra). Anche la spesa attesa per il 2015 a titolo di “Altre prestazioni sociali” si riduce di circa 2 miliardi. Tale previsione è confermata per gli anni successivi, per i quali la Nota di aggiornamento ipotizza livelli di spesa inferiori a quelli previsti nel DEF. In particolare, nel 2018, la spesa si riduce di circa 1,3 miliardi per quanto concerne le “Pensioni” e di 0,8 miliardi per quanto concerne le “Altre prestazioni sociali”;

·        evidenzia un trend opposto la spesa sostenuta per i “Consumi intermedi”, che risulta incrementata di 789 milioni nel 2015 nelle nuove stime. Tale incremento annuo si riflette in misura pressoché analoga nel triennio 2016-2018;

·        la voce “Altre uscite correnti” mostra un incremento nel 2015 di 1,3 miliardi circa per poi attestarsi sempre sotto il dato stimato nel DEF, evidenziando una riduzione nel 2018 di oltre 1 miliardo;

·        la spesa in conto capitale, come già segnalato, registra un consistente incremento nel 2015, imputabile soprattutto alla voce “Altri trasferimenti”, che aumenta di circa 3 miliardi nel 2015, per poi evidenziare riduzioni in tutti gli esercizi successivi, in particolare nel 2018, nel quale la previsione di spesa è ridotta di circa 1,9 miliardi.

Come già osservato nel precedente paragrafo 2.1.1 relativo ai saldi della p.a., un incremento netto per 2.508 milioni delle spese in conto capitale è ascrivibile ai provvedimenti legislativi intervenuti dopo il DEF 2015. Una quota rilevante (circa 1.980 milioni di spesa per arretrati) sembra derivare dalle già richiamate misure pensionistiche; tale quota potrebbe risultare classificata proprio tra gli “altri trasferimenti in conto capitale” sulla base dei criteri contabili europei. In proposito appare utile una conferma.

In merito agli altri fattori di incremento della spesa in conto capitale ascrivibile ai provvedimenti legislativi adottati dopo il DEF 2015,  si rinvia a quanto osservato nel paragrafo 2.1.1.

Ulteriori chiarimenti appaiono opportuni in merito alla nuova stima riferita alla voce “Altre uscite correnti”.

 

Per quanto attiene al trend di spesa nell’arco temporale considerato dalla Nota di aggiornamento (2015-2019), i dati relativi all’incidenza rispetto al PIL delle voci del conto economico (vedi tabelle riportate al paragrafo 2.1.1.), evidenziano per la spesa corrente, un percorso di costante riduzione dai valori del 2014 (47,5%) a quelli stimati nel 2019 (44,1%) con un profilo più marcato dal 2016 al 2017 (allorché la riduzione è pari a circa -0,9 % del PIL).

Sostengono tale tendenza soprattutto le spese per redditi da lavoro dipendente, i consumi intermedi e gli interessi passivi, mentre l’incidenza rispetto al PIL della spesa pensionistica rimane più stabile, evidenziando un profilo di riduzione più graduale.

 

Per la spesa in conto capitale, l’incidenza sul PIL aumenta nell’esercizio 2015 (3,9%) rispetto al 2014 (3,6%), per poi proseguire lungo un percorso di graduale flessione negli esercizi successivi (fino al 3,1% nel 2019). A fronte di tale graduale riduzione dell’aggregato rimane sostanzialmente costante la spesa per investimenti fissi lordi (2,3% annuo nel periodo 2015-2017 e 2,2% annuo nel biennio 2018-2019); una più evidente flessione è riscontrabile per la voce degli “Altri trasferimenti in conto capitale” che passa dallo 0,7% del 2015 allo 0,3% del 2019. In merito all’incidenza su tale voce degli effetti del D.L. 83/2015, si rinvia alle osservazioni e alle richieste di chiarimenti formulate nel precedente paragrafo, riferito alle entrate.

 

Nella tabella che segue sono riportati i valori relativi all’incidenza rispetto al PIL delle principali voci del conto economico nel primo e nell’ultimo esercizio del periodo considerato. Sono quindi effettuati raffronti con le precedenti stime riportate nel DEF 2015, riguardanti i medesimi esercizi.

Tabella 14. Variazioni delle previsioni di spesa nel periodo 2015-2019 - Incidenza rispetto al PIL e raffronto tra DEF 2015 e Nota di aggiornamento

(in % del PIL)

 

Nota di

aggiornamento

DEF

Variazione nel periodo

 

2015

2019

2015

2019

Nota

DEF

 

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

10,1

9,0

10,1

9,0

-1,1

-1,1

Consumi intermedi

7,9

7,5

7,9

7,4

-0,4

-0,5

Pensioni

15,8

15,4

15,8

15,4

-0,4

-0,4

Altre prestazioni

4,7

4,5

4,8

4,5

-0,2

-0,3

Altre spese correnti

4,1

3,6

4,0

3,6

-0,5

-0,4

Spese correnti al netto degli interessi

42,6

 40,1

42,6

 40,0

-2,5

-2,6

Investimenti fissi lordi

2,3

2,2

2,2

2,2

-0,1

-

Contributi in conto capitale

0.9

0,7

0.9

0,7

-0,2

-0,2

Altri trasferimenti

0,7

0,3

0,5

0,4

-0,4

-0,1

Spese in conto capitale

3,9

3,1

3,7

3,2

-0,8

-0,5

 

Come si può osservare le variazioni tra il primo e l’ultimo esercizio del periodo di riferimento confermano sostanzialmente le previsioni del DEF , con l’eccezione della spesa per altri trasferimenti in conto capitale, rispetto alla quale è già stata segnalata, nel paragrafo 2.1.2 relativo alle entrate,  l’opportunità di acquisire ulteriori elementi informativi.

2.2. Il percorso programmatico di finanza pubblica

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quinquennio 2015-2019 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza (DEF) dello scorso aprile.

L'analisi del quadro programmatico del DEF e della relativa Nota di aggiornamento si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio[26]. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum, riflette l’impegno del Paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico.

2.2.1. L'aggiornamento del piano di rientro verso l'OMT[27]

Il Governo, come anticipato in Premessa, accompagna la presentazione della Nota di aggiornamento con una Relazione al fine di chiedere un aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio periodo[28] e rinviare l'obiettivo di pareggio al 2018.

La Nota di aggiornamento coerentemente aggiorna gli obiettivi programmatici per il quinquennio 2015-2019.

In particolare, viene dichiarato che per il 2016 il Governo è intenzionato a utilizzare pienamente i margini di flessibilità in materia di riforme strutturali (ulteriori 0,1 punti percentuali di PIL, rispetto agli 0,4 punti già accordati con le raccomandazioni del Consiglio, luglio 2015) e a chiedere l’applicazione della clausola per gli investimenti per 0,3 punti percentuali di PIL, cfr. infra il paragrafo su "I margini di flessibilità del Patto di Stabilità e Crescita".

Complessivamente il margine di flessibilità richiesto ammonta a 0,8 punti percentuali di PIL.

Nella Relazione viene dichiarato che verrà richiesto un ulteriore margine di manovra pari a 0,2 punti percentuali di PIL per far fronte ai costi relativi all'accoglienza degli immigrati, qualora la Commissione dovesse accordarlo il margine di flessibilità complessivo potrebbe arrivare all'1 per cento.

Si segnala che tale margine addizionale (0,2 per cento) è escluso dai quadri programmatici.

Il margine ulteriore richiesto con riferimento alla cd. clausola delle riforme è motivato dal Governo sulla base del presupposto che "le riforme strutturali già attuate e quelle in corso di implementazione avranno effetti diretti sulla crescita potenziale e sulla sostenibilità del debito, consentendo di deviare temporaneamente dal sentiero di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Periodo." Mentre il margine di flessibilità connesso con il riconoscimento della cd. clausola per gli investimenti pubblici è giustificato dall'intenzione dell'esecutivo di accelerare "la realizzazione di investimenti pubblici cofinanziati con risorse strutturali [NdA] rilevanti sia per la ripresa del prodotto potenziale del Paese nel medio periodo, sia per la domanda nel breve periodo". Si cfr. il capitolo sul quadro macroeconomico per un'analisi dell'impatto delle esogene internazionali sulle prospettive di crescita italiana e sull'opportunità di un suo sostegno.

Il posticipo dell’obiettivo del pareggio di bilancio si riflette tuttavia sulle regole di bilancio stabilite, in coerenza con i principi europei, dalla legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012, in cui si prevede (articolo 6) l’eventualità di scostamenti temporanei del saldo strutturale dagli obiettivi programmatici in presenza di eventi eccezionali. Al riguardo al comma 2 viene chiarito che per eventi eccezionali debbano intendersi periodi di grave recessione economica relativi anche all'area dell'euro o all'intera Unione europea; eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi crisi finanziarie nonché le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese.

 

Il Governo configura come "eventi eccezionali" rilevanti ai sensi del citato art. 6: la gravità della contrazione subita dall’economia italiana nel periodo 2011-2014, con un gap di prodotto di quasi 20 punti rispetto al trend pre-crisi; i bassi livelli di inflazione registrati malgrado gli stimoli della politica monetaria e la pur timida ripresa del PIL; i rischi di deflazione insiti nell’attuale situazione dell’economia mondiale (con pressioni al ribasso sui prezzi delle materie prime, dei prodotti manufatti e perfino dei servizi).

 

Il citato articolo al comma 3 chiarisce inoltre che il Governo, qualora ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico per fronteggiare tali eventi eccezionali, sentita la Commissione europea, presenta alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari[29], una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione.

Sul punto nel documento trasmesso alle Camere non risultano fornite indicazioni.

 

Per quanto riguarda la coerenza della Relazione con le prescrizioni dell'articolo 6 della Legge 243/2012 si osserva quanto segue.

Coerentemente al dettato normativo la relazione indica la misura e la durata dello scostamento precisando che gli obiettivi di indebitamento netto sono rivisti, in senso peggiorativo, per il 2016 di 0,4 punti percentuali di PIL, per il 2017 di 0,3 punti percentuali di PIL, per il 2018 di 0,2 punti percentuali di PIL, per il 2019 di 0,1 punti percentuali di PIL.

La relazione fornisce gli scostamenti in termini di punti percentuali di PIL, nella Tabella 15 si stima una quantificazione dello scostamento anche in valore assoluto.

Tabella 15 – Revisione degli obiettivi di indebitamento netto programmatico

Fonti: elaborazioni su Nota di aggiornamento del DEF 2015, DEF 2015 e Relazione al Parlamento 2015 (ai sensi dell'art. 6, co. 5, L. 243/2012)

L'illustrazione dell'entità dell'indebitamento netto e della manovra è descritto nel paragrafo "Gli indicatori di finanza pubblica".

 

Tornando all'analisi della Relazione, a risposta della prescrizione normativa (art. 6, c. 3) il Governo elenca le finalità alle quali destinare le risorse. In particolare, per il 2016 sono previste: i. Misure di alleviamento della povertà e stimolo all’occupazione, agli investimenti privati, all’innovazione, all’efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell’economia anche meridionale; ii. Sostegno alle famiglie e alle imprese anche attraverso l’eliminazione dell’imposizione fiscale sulla prima casa, i terreni agricoli e i macchinari cosiddetti ‘imbullonati’; iii. l’azzeramento delle clausole di salvaguardia previste da precedenti disposizioni legislative. Per il 2017 si prevede una riduzione della tassazione gravante sugli utili aziendali, con l’obiettivo di avvicinarla agli standard europei e di accrescere l’occupazione e la competitività dell’Italia nell’attrarre imprese ed investimenti.

 

Per quanto riguarda l'esplicitazione delle finalità alle quali destinare le risorse disponibili si osserva che, ancorché queste siano definite in maniera puntuale da un punto di vista qualitativo, la relazione non fornisce alcun tipo di informazione circa la composizione quantitativa delle misure, limitandosi a indicare l'entità complessiva della manovra in termini di scostamento tra l'indebitamento tendenziale e quello programmatico.

 

Il Governo afferma che al finanziamento delle misure descritte e al miglioramento qualitativo della spesa contribuiranno in misura prevalente la riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica.

 

Sarebbe opportuno che tale affermazione fosse supportata da indicazioni qualitative e quantitative in ordine alla tipologia e all'entità delle misure di revisione della spesa e alla fonte delle ulteriori risorse necessarie al finanziamento complessivo delle misure descritte.

 

Da ultimo, in coerenza con quanto previsto dal citato comma 3, art. 6, la Relazione definisce il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico[30].

 

Il percorso di avvicinamento all’OMT è attuato a decorrere dall'esercizio successivo a quelli per i quali è autorizzato lo scostamento per gli eventi di cui al comma 2 e viene dunque ripreso nel 2017, anno in cui il saldo strutturale è programmato al livello di -0,3 per cento del PIL, quindi in miglioramento di 0,4 punti percentuali rispetto al 2016, (cfr. Tabella 16 ).

Tabella 16 – Percorso di avvicinamento all'OMT

(in percentuale del PIL)

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2015, Tavole I.1 e III.3.

Si ricorda in questa sede che ai fini della valutazione della coerenza di tale percorso con le regole europee è opportuno valutare sia le correzioni del saldo strutturale[31], sia il rispetto della regola della spesa[32]: tale analisi è svolta nel paragrafo "La correzione del saldo strutturale, la regola della spesa e la spending review".

 

Nella Figura 9 vengono messe a confronto gli obiettivi di saldo strutturale indicati nel DEF 2014, nel DEF 2015 e nella Nota di aggiornamento 2015. Si ricorda in particolare che, già in sede di presentazione del DEF 2014, il quadro programmatico posponeva il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di tre anni – dal 2013 al 2016 – rispetto all'obiettivo contenuto nel DEF 2013, e di due anni – dal 2014 al 2016 – rispetto alla raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013. Successivamente, con la Nota di aggiornamento al DEF 2014, per effetto del peggioramento delle condizioni di crescita dell'economia italiana l'obiettivo è stato ulteriormente prorogato al 2017[33].

Figura 9 – saldo strutturale programmatico (2014-2019)

Fonti: Nota di aggiornamento del DEF 2015, DEF 2015 e DEF 2014.

2.2.2. La correzione del saldo strutturale, la regola della spesa e la spending review

Al fine di valutare la coerenza delle correzioni del saldo strutturale con le regole europee si tiene conto dell'output gap, del rapporto debito/PIL e del tasso di crescita del PIL e del PIL potenziale.

 

Per il 2015 la correzione stimata di 0,3 punti percentuali di PIL è in linea con le regole del braccio preventivo. Si è infatti in presenza di un output gap stimato pari a -4,0 per cento e di un rapporto debito/PIL superiore al 60 per cento, quindi in condizioni di congiuntura molto sfavorevole per le quali la correzione richiesta è limitata a 0,25 punti percentuali di PIL.

Per il 2016 si registra un peggioramento dell'indebitamento netto strutturale rispetto al 2015 di 0,4 punti percentuali di PIL.

In questo caso non si è in presenza di una deviazione solamente a condizione che vengano accordate l’applicazione della clausola delle riforme e della clausola degli investimenti. In assenza di tali deroghe, la correzione richiesta sarebbe stata di mezzo punto di PIL (condizioni di crescita sfavorevole e tasso di crescita del PIL maggiore di quello del PIL potenziale).

 

Come osservato in precedenza, nel 2017 l'Italia riprende il percorso di riavvicinamento all'OMT con una correzione stimata in 0,4 punti percentuali di PIL.

Nondimeno, considerato un livello di output gap pari a -1,3 per cento, che segnala la presenza di condizioni di cd. "tempi normali", e un rapporto debito/PIL superiore al 60 per cento, la correzione richiesta sarebbe superiore a 0,5 punti di PIL.

Nel 2018, grazie a una correzione di 0,3 punti percentuale, viene stimato il raggiungimento del pareggio strutturale, posizione che viene mantenuta anche per il 2019.

Il Governo giustifica la scelta di operare nel 2017 una correzione inferiore a quanto previsto sostenendo che una "riduzione ancora più corposa del deficit strutturale sarebbe controproducente e che un calo complessivo di 0,7 punti nel biennio 2017-2018 (e di due punti di PIL in termini di disavanzo nominale) costituisca già uno sforzo fiscale straordinario".

 

In questa sede si ricorda che l'attuazione delle misure e il rispetto del relativo cronoprogramma (riforme e investimenti in cofinanziamento) sono monitorati nel contesto del Semestre europeo o della procedura per squilibri macroeconomici eccessivi e che, nel caso in cui lo Stato non attui le riforme concordate, la deviazione temporanea dall'OMT non sarebbe più garantita.

A riguardo si rammenta che la mancata attivazione delle clausole (o il suo venir meno) comporterebbe, per il 2016, la necessità di una correzione dell'indebitamento netto strutturale verso l'OMT dello 0,1 per cento creando quindi i presupposti per riportare il pareggio del bilancio strutturale al 2017, così come previsto nel DEF di aprile.

 

Come è noto i regolamenti europei che costituiscono il c.d. six pack hanno introdotto nell'ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita un vincolo alla crescita della spesa (expenditure benchmark), diretto a rafforzare il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine, parametrato al tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale. Tale vincolo è stato recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio di pareggio del bilancio.

Per quanto riguarda il rispetto della regola della spesa si osserva che, nel 2015, il Governo stima una crescita reale dell'aggregato spesa dello 0,8 per cento a fronte di una riduzione richiesta dello 0,7 per cento, tuttavia, non vengono segnalate deviazioni significative sulla media di due anni.

Per il 2016 la nota stima che l’aggregato di spesa a legislazione vigente si riduca dell’1,6 per cento, quindi ben al di sotto del limite massimo di crescita fissato allo 0,5 per cento.

Più lacunosa è invece la nota riguardo al rispetto della regola nel triennio 2017-2019, periodo per il quale si può desumere unicamente che "le misure di finanza pubblica per il prossimo triennio assicureranno che la crescita dell’aggregato di spesa per l’anno prossimo sia ricondotta all’interno dei limiti posti dalla regola".

 

Per quanto concerne infine l'obiettivo di conseguire per il 2016 ulteriori risparmi dalla revisione della spesa fissato nel DEF di aprile a 10 miliardi di euro, circa 0,6 punti di PIL, la Nota di aggiornamento si limita a rilevare che per il 2016 è prevista l’adozione di un profilo più graduale di tali misure di risparmio. A giustificazione di questa scelta viene osservato che in questo modo gli impatti depressivi sul PIL del taglio delle spese saranno leggermente inferiori a quanto stimato in sede di elaborazione del DEF.

Il Governo precisa inoltre che le misure di copertura utilizzate, prevalentemente nel 2016, a compensare gli effetti sul bilancio del diverso profilo della spending review rispetto a quello ipotizzato nel DEF, avranno effetti depressivi minori (i moltiplicatori ad essi associati sono inferiori rispetto a quelli sottostanti ai tagli di spesa).

 

Si rimarca che il documento dovrebbe chiarire: 1. il "nuovo profilo" delle misure di revisione della spesa, sia in termini qualitativi che in particolare quantitativi; 2. l'impatto di tale revisione in termini di minori risparmi conseguiti; 3. le conseguenti misure di copertura che si prevede di utilizzare.

2.2.3. I margini di flessibilità del Patto di stabilità e crescita. La clausola delle riforme strutturali e la clausola degli investimenti

Nel DEF 2015[34] il Governo ha previsto l’utilizzo, nel 2016, degli spazi di flessibilità derivanti dall’attivazione della cosiddetta clausola delle riforme strutturali, che consente l’adozione di un percorso di miglioramento del saldo strutturale più graduale rispetto a quello previsto nell’ambito del Patto di stabilità e crescita. La deviazione dal percorso di convergenza verso l’Obiettivo di medio periodo che il Governo aveva previsto di utilizzare risultava pari allo 0,4 per cento del PIL nel 2016.

 

La Nota di aggiornamento 2015 conferma tale indirizzo ed afferma inoltre che, per il medesimo esercizio 2016:

·      con riferimento alle riforme strutturali già attuate e a quelle in corso di implementazione, il Governo intende avvalersi di un ulteriore margine di flessibilità, pari ad un decimo di punto percentuale di PIL, concesso dalle regole del Patto di stabilità e crescita per l’implementazione di significative riforme strutturali. Pertanto la deviazione dal percorso di convergenza verso l’Obiettivo di medio termine nel 2016 richiesta dal Governo per le riforme (cosiddetta clausola delle riforme strutturali) sarà pari allo 0,5 per cento del PIL (DEF+Nota di aggiornamento);

·      il Governo è intenzionato ad accelerare la realizzazione di investimenti pubblici e a chiedere la maggiore flessibilità, fino a 0,3 punti di PIL, prevista dal Patto di stabilità e crescita per talune spese in cofinanziamento di progetti che beneficiano del finanziamento delle risorse strutturali europee (cosiddetta clausola sugli investimenti pubblici)[35];

·      i predetti spazi sarebbero ulteriormente elevati di 0,2 punti di PIL, ove la Commissione europea accogliesse la richiesta del Governo di riconoscere la natura eccezionale dei costi relativi all’accoglienza degli immigrati e, più in generale, l’impatto economico-finanziario di tale fenomeno, anche ai fini del calcolo del saldo di bilancio strutturale, ossia riconoscendo la natura una tantum della relativa spesa. Tale ipotesi risulterebbe percorribile nel caso in cui l’opzione fosse adottata a livello europeo.

Per l’esercizio 2016 il totale degli scostamenti sopra richiamati (DEF+Nota di aggiornamento) consentirebbe il possibile utilizzo di un margine di flessibilità, nel percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine, di circa 1 punto percentuale di PIL (valore approssimativo in ragione degli arrotondamenti effettuati dal DEF e dalla Nota di aggiornamento).

 

Si ricorda che nella Comunicazione del 13 gennaio 2015[[36]] la Commissione europea ha chiarito le modalità e le condizioni di utilizzo dei margini di flessibilità nel perseguimento dell’obiettivo di medio termine nell’ambito delle regole vigenti del Patto in presenza dell’adozione di riforme strutturali, di spese per investimenti pubblici e di andamenti sfavorevoli del ciclo economico.

 

Clausola delle riforme strutturali

Con particolare riferimento alla clausola delle riforme strutturali, la comunicazione del 13 gennaio ha chiarito le tipologie di riforme che possono essere considerate nell’ambito del Patto e ha precisato le condizioni che rendono possibile l’attivazione della clausola. In particolare, nella comunicazione vengono prescritti i seguenti requisiti: le riforme devono risultare rilevanti per la crescita e la sostenibilità delle finanze pubbliche e inoltre devono comportare effetti positivi a lungo termine sul bilancio e sulla crescita; le riforme devono essere attuate integralmente; devono rientrare in un piano globale e dettagliato a medio termine, con scadenze definite e affidabili; le riforme devono determinare effetti a medio termine quantificati sia sul bilancio sia sulla crescita potenziale. Una volta stabilita la conformità a detti requisiti, la Commissione potrà raccomandare che allo Stato membro sia concesso più tempo per raggiungere l’Obiettivo di medio termine, con la possibilità di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento strutturale verso di esso. A tal fine: la deviazione temporanea dal MTO non dovrebbe superare lo 0,5% del PIL; l’obiettivo di medio termine dovrebbe comunque essere raggiunto entro i quattro anni coperti dal programma di stabilità; la deviazione dall’obiettivo a medio termine non dovrebbe determinare il superamento del valore di riferimento del 3% del PIL fissato per il disavanzo.

Tra le principali aree di intervento delle riforme strutturali indicate con il DEF 2015 si ricordano la pubblica amministrazione, la semplificazione, la competitività, il mercato del lavoro, la giustizia, la rimodulazione dei carichi fiscali fra diverse tipologie di imposte (tax shift), la riforma dell’istruzione. Ulteriori aree indicate nella Nota di aggiornamento riguardano il settore del credito, la valorizzazione e la dismissione di beni patrimoniali[37].

Clausola sugli investimenti pubblici

In ordine alla clausola sugli investimenti pubblici la Comunicazione del 13 gennaio 2015 afferma che nel braccio preventivo del Patto alcuni investimenti sono considerati equivalenti a importanti riforme strutturali e possono giustificare, a determinate condizioni, una deviazione temporanea dello Stato membro dall’Obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento ad esso. La Comunicazione chiarisce i profili applicativi della clausola con riferimento alle condizioni prescritte ed alle diverse tipologie di spesa. La clausola può essere attivata indipendentemente dalla situazione economica della zona euro o dell’UE nel suo complesso, ed essere collegata esclusivamente alla situazione congiunturale nel singolo Stato membro. Una prima categoria di spese oggetto di considerazione è rappresentata dai contributi degli Stati membri al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), i quali, secondo la Comunicazione, non avranno alcuna incidenza nel braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita. Saranno infatti considerati spese una tantum, in quanto tali prive di effetti sul percorso di avvicinamento all’OMT, che è definito facendo riferimento al saldo strutturale.

Riguardo invece alle altre spese di investimento - compresi i cofinanziamenti di Stati membri per progetti di investimento finanziati anche dal FEIS - la comunicazione precisa che questi potranno essere considerati ai fini dell'applicazione della clausola sugli investimenti, a condizione che siano rispettati i seguenti requisiti:

·      crescita del PIL negativa o significativamente al di sotto del potenziale;

·      rispetto del valore di riferimento del 3% fissato per il disavanzo;

·      finalizzazione delle spese a progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della politica strutturale e di coesione, delle reti transeuropee e del meccanismo per collegare l’Europa, nonché al cofinanziamento di progetti di investimento finanziati anche dal FEIS;

·      effetti a lungo termine positivi, diretti e verificabili sul bilancio;

·      effettivo incremento del livello nazionale di investimenti pubblici totali;

·      temporaneità della deviazione e conseguimento dell’Obiettivo a medio termine entro i quattro anni coperti dal programma di stabilità o di convergenza.

 

La Nota di aggiornamento conferma che fra le spese di investimento ammissibili per una deviazione temporanea dal percorso di avvicinamento all’Obiettivo di medio termine figurano quelle per i progetti cofinanziati dall'Unione europea nel quadro della Politica strutturale e di coesione (inclusa l'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile), per le Reti Transeuropee (Trans-European Network) per il Meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe Facility), nonché per i cofinanziamenti nazionali di progetti cofinanziati anche dal FEIS. In presenza delle condizioni richieste dalla Commissione UE, la deviazione temporanea consentita è pari all’intero importo del cofinanziamento nazionale nel primo anno di applicazione della clausola, mentre per gli anni successivi è possibile sommare alla deviazione iniziale esclusivamente le variazioni incrementali nei cofinanziamenti nazionali. Il Governo intende usufruire della flessibilità per la quota nazionale di cofinanziamento in progetti europei pari ad un ammontare dello 0,3 per cento del PIL nel 2016.

Quanto alla sussistenza dei requisiti per l’attivazione della clausola, la Nota precisa quanto segue:

·      secondo le stime del Governo, l’output gap dell’Italia sarà nel 2016 pari a -2,5 per cento del potenziale, mentre le Spring Forecast della Commissione prevedono che l’output gap si attesti al -2,0 per cento. Pertanto si intende rispettato il requisito dell’esistenza di condizioni cicliche sfavorevoli[38] ;

·      è previsto che nel 2016 il deficit strutturale dell’Italia si attesti ad un livello pari allo 0,7 per cento del PIL, mentre le Spring Forecast della Commissione prevedono un deficit strutturale pari a 0,8 per cento del PIL. Pertanto si intende rispettato il margine di sicurezza rispetto al limite di disavanzo indicato dalla Commissione europea (deficit strutturale non superiore all’1,5 per cento del PIL);

·      il Governo ritiene che per il 2016 sussistano le condizioni di eleggibilità delle spese di investimento indicate nella Nota;

·      simulazioni effettuate attraverso il modello econometrico del Tesoro ITEM e il modello di stima del prodotto potenziale concordato a livello europeo mostrano come gli investimenti cofinanziati contribuiscano ad aumentare in modo permanente il prodotto potenziale dell’economia italiana nel medio periodo. Infatti, se il totale degli investimenti del 2016 fosse ridotto per la quota di cofinanziamento pari allo 0,3 per cento del PIL, il prodotto potenziale risulterebbe permanentemente più basso lungo tutto l’orizzonte di previsione;

·      a legislazione vigente - secondo quanto evidenziato nell’apposito focus della Nota di aggiornamento - gli investimenti fissi lordi previsti dal Governo negli anni 2015-2019 si mantengono costanti in rapporto al PIL intorno ad un valore del 2,3 per cento, mentre in termini assoluti gli investimenti pubblici totali sono previsti in crescita del 4,1 per cento tra il 2015 e il 2016 e di circa il 2,5 per cento nei due anni successivi[39].

2.2.4. Gli indicatori di finanza pubblica

Nel paragrafo vengono analizzati le dinamiche previste dei principali indicatori di finanza pubblica riportati nella Tabella 17 .

Tabella 17 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici

Fonti: DEF 2015 e Nota di aggiornamento del DEF 2015

L’avanzo primario nominale fa registrare, nel 2015, un miglioramento del saldo che passa dall'1,6 per cento (DEF) all'1,7 per cento (Nota di aggiornamento). Nel biennio 2016-2017, invece, i dati della Nota sono in peggioramento rispetto a quelli previsti dal DEF (indicati tra parentesi) attestandosi rispettivamente al 2 per cento (2,4%) e al 3 per cento (3,2%), per poi migliorare negli ultimi due anni dell'orizzonte di previsione dove il saldo è stimato al 3,9 per cento (3,8%) e al 4,3 per cento (4%).

 

La dinamica degli interessi passivi prospettata dalla Nota di aggiornamento, pur attestandosi su valori sensibilmente più bassi rispetto al picco del 2014, 4,7 per cento, è in peggioramento rispetto ai dati del DEF (valori tra parentesi). In particolare, nel biennio 2015-2016 si stima un peso degli interessi in rapporto al PIL pari al 4,3 per cento (4,2%), nel 2017 il rapporto scende al 4,1 per cento (4%), dato confermato nel 2018 a fronte di un 3,8 per cento indicato nel DEF, infine nel 2019 si stima un valore del 4 per cento (3,7%).

 

I dati recati dalla Nota di aggiornamento mostrano un peggioramento dell'indebitamento netto programmatico, rispetto al DEF (valori tra parentesi), in tutti gli anni del periodo 2016-2019. In particolare, il saldo si colloca al -2,2 per cento (‑1,8%) nel 2016, al -1,1 per cento (-0,8%) nel 2017, al -0,2 per cento (0%) nel 2018, per poi passare  ad un accreditamento netto dello 0,3 per cento (0,4%) nel 2019.

 

Il confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e indebitamento netto programmatico ( Tabella 18 e Figura 10 ) evidenzia come, nel periodo 2016-2019, i vincoli posti dai saldi tendenziali vengano allentati al fine di incrementare i saldi programmatici.

Tabella 18 – Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico (2016-2019)

(in percentuale del PIL)

Nota: la quantificazione della correzione è espressa in miliardi di euro.

Fonti: elaborazioni su Nota di aggiornamento del DEF 2015 e Relazione al Parlamento 2015 (ai sensi dell'art. 6, co. 5, L. 243/2012)

In termini assoluti, con riferimento al PIL nominale stimato, tali variazioni percentuali si sostanziano in un maggior indebitamento netto per circa 14,6 miliardi di euro nel 2016, 19,2 miliardi di euro nel 2017, 16,2 miliardi di euro nel 2018 e 13,9 miliardi di euro nel 2019. Si consideri a riguardo che il miglioramento dei tendenziali nel triennio 2017-2019 rispetto ai dati del DEF di aprile amplifica l'entità della manovra.

Figura 10. Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico (2016-2019)

Fonti: elaborazioni su Nota di aggiornamento del DEF 2015 e Relazione al Parlamento 2015 (ai sensi dell'art. 6, co. 5, L. 243/2012)

Ai sensi dell'art. 10-bis, c.1, lett. b), la Nota dichiara che il saldo netto da finanziare programmatico del bilancio dello Stato, al netto delle regolazioni contabili, debitorie e dei rimborsi IVA è fissato nel limite massimo di -32 miliardi nel 2016, -20 miliardi nel 2017 e -11 miliardi nel 2018, precisando che questo potrà aumentare fino a -35,4 miliardi nel 2016 in relazione al all’impiego del citato margine connesso all’emergenza immigrazione.

 

L'avanzo primario nominale programmatico coincide con quello nominale negli anni 2014 e 2015, cfr. Tabella 19 . Nel 2016 lo scostamento tra avanzo primario tendenziale e programmatico (0,9 punti percentuali di PIL) è superiore di 0,1 punti percentuali a quello tra indebitamento tendenziale e programmatico, da cui si deduce che parte della correzione dell'indebitamento tendenziale ricadrà sulla spesa per interessi, che infatti mostra un andamento programmatico diverso rispetto al tendenziale per 0,1 punti percentuali di PIL. Nel triennio 2017-2019, invece, le differenze tra i valori tendenziali e programmatici di indebitamento netto e avanzo primario tornano a coincidere[40].

Tabella 19 - Misura della correzione dell'indebitamento netto e del saldo primario tendenziale

(in percentuale del PIL)

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2015.

L'output gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale, rimane negativo nel quadriennio 2015-2018, evidenziando però una costante riduzione passando dal -4,0 per cento del 2015 al -0,2 per cento del 2018 per poi passare in terreno positivo nell'ultimo anno dell'orizzonte di previsione (0,5 per cento, cfr. Figura 11 )[41]. Analoga dinamica è seguita dalla componente ciclica che passa dal -2,1 per cento del 2015 al -0,1 per cento del 2018 per poi passare in terreno positivo nel 2019 (0,3 per cento).

 

La Figura 11 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap, cioè della misura del divario tra andamento economico effettivo e potenziale. Esso evidenzia che – in presenza di pareggio strutturale – l'entità dell’output gap determina la misura del disavanzo nominale consentito, cioè la misura della stabilizzazione consentita per far fronte alla posizione ciclica negativa. Gli obiettivi nominali – dopo un picco nel 2014 – si riducono di entità, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.

 

Figura 11 - Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2015

L'entità in rapporto al PIL delle misure una tantum indicata nel DEF è confermata nella Nota di aggiornamento nell'intero periodo di previsione ad eccezione del 2018 dove si osserva un dato pari al -0,1 per cento, (cfr. Tabella 17 ).

 

Per quanto riguarda la dinamica del saldo strutturale si rinvia a quanto illustrato in relazione al percorso di avvicinamento all'OMT.

 

Da ultimo si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10-bis, comma 1, che la Nota di Aggiornamento del DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.

L'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in relazione all'obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione europea e all'Eurogruppo il Documento programmatico di bilancio contenente, tra l'altro, le informazioni circa l'obiettivo di saldo di bilancio per la PA ripartito per sottosettori, le proiezioni a politiche invariate nonché gli obiettivi dell'entrata e della spesa per la PA e le relative componenti principali.

2.3. L’evoluzione del debito

L'evoluzione del rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe portare tale valore per il 2015 al 132,8 per cento, rispetto al 132,5 stimato nel DEF di aprile. Il lieve incremento è da attribuire in gran parte ad una minore stima di crescita del PIL nominale (-0,2%), dovuta ad una riduzione del deflatore del PIL, solo parzialmente compensata dalla revisione al rialzo della crescita reale (dallo 0,7 allo 0,9%). Il livello nominale del debito dovrebbe essere in linea con la precedente stima, stante la conferma rispetto ad essa sia dei livelli di fabbisogno (3,6% del PIL), sia degli introiti da privatizzazioni (0,4%).

A latere si segnala che - confermate le stime in ordine al valore nominale del debito e al tasso di crescita reale (-0,4%) del PIL per l'anno 2014 riportate nella presente Nota di aggiornamento - l'ISTAT, proprio in relazione a una correzione nel livello del deflatore del PIL per tale anno (corretto in ribasso), ha recentemente[42] ricalcolato il valore del rapporto debito/PIL per l'anno scorso, determinandolo in misura pari al 132,3%, a fronte del 132,1% indicato nel documento in esame.

Si fa presente inoltre che il valore degli introiti da privatizzazioni include il rimborso integrale dei cd. "Monti-bond" da parte di MPS, la cui restituzione era inizialmente prevista sotto forma di pagamento rateizzato nel 2015-2017.

Alla luce degli attuali bassi costi di finanziamento sul mercato, che hanno indotto una modesta accelerazione del ritmo delle emissioni, si prevede un lieve aumento delle giacenze di tesoreria rispetto alle stime del DEF, effetto che sarà comunque neutralizzato dalla riduzione del debito correlato agli aiuti finanziari alla Grecia.

Il processo di rientro del rapporto debito/PIL mostra un leggero peggioramento rispetto a quanto stimato nel DEF, cfr. Tabella 20 .

Per il 2016 la riduzione stimata sarà inferiore di 0,5 punti percentuali rispetto al valore del DEF 2015, a causa di un aumento del fabbisogno pubblico e del livello inferiore del PIL nominale, nonostante la sua maggiore crescita reale.

Nel 2017 il rapporto debito/PIL scenderà significativamente grazie essenzialmente a una più accentuata crescita economica, registrando però sempre uno scarto di 0,5 punti percentuali rispetto al valore del DEF di aprile.

Nel 2018 il rapporto dovrebbe raggiungere il 123,7 per cento (-4,2% rispetto al valore del 2017), sempre al di sopra delle stime del DEF, in virtù di una crescita reale ulteriormente vivace, di un ritmo di riduzione del fabbisogno lievemente più accelerato e di entrate da privatizzazioni pari allo 0,5% del PIL rispetto allo 0,3% indicato nel DEF.

Sul punto, rinviando più in generale agli appositi capitoli, si ricorda che i proventi derivanti dalla cessione delle partecipazioni dirette dello Stato sono destinati alla riduzione del debito pubblico, mentre non è prevista tale finalizzazione per il collocamento delle partecipazioni detenute indirettamente dal MEF. Il programma di riduzione del debito è poi alimentato dal piano straordinario di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare. Il complesso di tali linee di intervento è riportato nella tavola IV.2 della Nota di aggiornamento quali misure finalizzate a garantire la sostenibilità del debito pubblico nazionale, aderendo alla raccomandazione del Consiglio europeo in ordine proprio all'attuazione rapida ed accurata del programma di privatizzazioni e di acquisizione di entrate straordinarie per assicurare un percorso adeguato di riduzione del rapporto debito/PIL.

Nel 2019, infine, l'ulteriore discesa è stimata in 3,9 punti percentuali rispetto ai 3,4 del DEF, grazie principalmente a un sensibile miglioramento del saldo di cassa, che dovrebbe risultare positivo.

Tabella 20. Andamento programmatico del rapporto debito/PIL delle amministrazioni pubbliche – Confronto tra Nota di aggiornamento del DEF 2015 e DEF 2015

(in percentuale del PIL)

(1) La stima del 2016 non include un margine addizionale di disavanzo che potrebbe arrivare fino allo 0,2 per cento del PIL in riconoscimento dei costi relativi all'accoglienza degli immigrati, in coerenza con il Patto di Stabilità e Crescita. Qualora questo margine fosse utilizzato, il relativo aumento dell’indebitamento netto non impatterebbe il saldo strutturale per il 2016.

(2) Al netto delle misure una tantum e della componente ciclica.

(3) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2014 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 60,3 miliardi, di cui 46,0 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM. Il rimborso di parte dei titoli emessi dall’EFSF mirati al sostegno del sistema finanziario della Grecia per 2,1 miliardi, registrato lo scorso febbraio, ha determinato una corrispondente riduzione del debito nel corrente anno (cfr. Banca d’Italia, ‘Supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ n. 48 del 14 settembre 2015).

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2015, pag. 39, Tavola III.2.

Come desumibile dagli indicatori di finanza pubblica il rapporto programmatico debito/PIL al lordo dei sostegni ai fondi salva-Stati e del pagamento dei debiti commerciali delle PP.AA. sconta un peggioramento rispetto a quello tendenziale a partire dal 2016, evidenziando un gap che si allarga dall'1,1 per cento di tale anno fino a raggiungere il 2,4 per cento nel 2019.

Tali differenze sono ascrivibili sostanzialmente al peggioramento dell'indebitamento netto programmatico rispetto a quello tendenziale, evidentemente non compensato dal miglioramento delle prospettive di crescita e dall'atteso incremento delle entrate da privatizzazioni, perlomeno per la parte terminale del periodo di riferimento.

 

Nella Tabella 21. è riportata la ripartizione del debito al lordo e al netto dei sostegni finanziari all’area dell’euro per sottosettori, con la precisazione che la quota relativa a tali sostegni è posta interamente a carico delle Amministrazioni centrali.

Per quanto riguarda la composizione del debito per sottosettori, le stime contenute nella Nota non evidenziano, per quanto concerne i sottosettori delle Amministrazioni locali e degli enti di previdenza, rispetto ai dati contenuti nel DEF, variazioni sostanziali.

Prendendo in considerazione la variazione annua, i dati mostrano che l’andamento complessivo del debito della P.A. risulta determinato pressoché integralmente dalla componente delle Amministrazioni centrali. Quest’ultima registra una crescita annua in termini assoluti per l'intero periodo di previsione fino al 2017, per poi sostanzialmente stabilizzarsi sul medesimo livello nominale già a partire dal 2018. In termini di incidenza sul PIL, si registra invece una flessione a partire dal 2016.

La componente delle Amministrazioni locali è invece prevista in costante diminuzione nell'intero periodo.

La componente degli enti di previdenza denota un valore fisso pari a 213 milioni per l'intero periodo (l'omologa stima era di 158 milioni di euro nel DEF 2015).

Si segnala che la somma dei debiti dei sottosettori risulta più elevata del debito complessivo della PA per tutto il periodo 2015-2019, per un importo costante, pari a quasi 52 mld di euro annui. Analogo scostamento, ma per un importo di 39,5 mld nel 2014 e di 24,8 mld nel 2013 era stato registrato rispettivamente nel DEF 2015 e nella precedente Nota di aggiornamento, ed era stato attribuito dal “Gruppo informazione debito pubblico” al fatto che mentre il debito complessivo della PA è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività che costituiscono al tempo stesso attività di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche – quali, ad esempio, i titoli di debito pubblico detenuti dagli Enti previdenziali -, il debito dei singoli sottosettori è espresso al lordo degli elementi di consolidamento[43].

Tabella 21. Debito programmatico delle Amministrazioni pubbliche per sottosettori (1)

(in milioni di euro e in percentuale del PIL)

     1)     Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

     2)     Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2014 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 60,3 miliardi, di cui 46,0 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM. Il rimborso di parte dei titoli emessi dall’EFSF mirati al sostegno del sistema finanziario della Grecia per 2,1 miliardi, registrato lo scorso febbraio, ha determinato una corrispondente riduzione del debito nel corrente anno (cfr. Banca d’Italia, ‘Supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ n. 48 del 14 settembre 2015). Le stime programmatiche considerano proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,43 per cento di PIL nel 2015, 0,5 per cento di PIL negli anni 2016-2018, nonché ulteriori risparmi destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato. Tali proventi includono anche la quota residua pari a 1.071 milioni di rimborsi dei bond emessi dal Monte dei Paschi di Siena e acquistati dal Tesoro, già incassata nel 2015. Inoltre tali stime scontano l’ipotesi di un’uscita graduale dalla Tesoreria Unica a partire dal 2017 e una modesta riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per circa 0,17 per cento di PIL nel 2017 e per circa 0,14 per cento di PIL nel 2018. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

     3)     Al lordo degli interessi non consolidati.

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2015, pag. 48, tavola III.5.

2.4. La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

Il quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011 (six pack) e richiamato nel fiscal compact, rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del PIL.

In particolare, l' articolo 2 del regolamento 1467/97 stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari a 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (criterio backward looking).

In caso negativo, viene chiesto di valutare: a) se il mancato rispetto è riconducibile alla posizione dell'economia, depurando cioè dall’effetto del ciclo sia il numeratore che il denominatore del rapporto; b) se il limite stesso è rispettato nei due anni successivi all’anno di riferimento (cosiddetto forward-looking benchmark).

Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cd. fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3 del TFUE, nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni “qualitative” relative a un certo insieme di “altri fattori rilevanti”. L’analisi di tali fattori rappresenta, quindi, un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare una procedura per disavanzi eccessivi a causa di una mancata riduzione del debito a un “ritmo adeguato”.

Nel caso di Stati membri che siano stati sottoposti alla procedura di deficit eccessivo (PDE), è previsto un periodo di transizione di tre anni (dall’uscita della PDE) per l’applicazione della regola. È il caso dell'Italia per gli anni 2013-2015. In tale periodo, gli Stati devono prevedere un aggiustamento fiscale strutturale “minimo” (Minimum linear structural adjustment - MLSA), cioè una correzione del saldo di bilancio che garantisca un progresso continuo e realistico verso il benchmark del debito, considerando la regola meno stringente. L’aggiustamento deve essere tale da rispettare le seguenti condizioni: l’aggiustamento strutturale annuo del saldo di bilancio non deve scostarsi più dello 0,25 per cento del PIL dall’aggiustamento richiesto per assicurare la regola del debito a fine periodo; in qualsiasi momento del periodo di transizione, il restante aggiustamento strutturale annuo non deve superare lo 0,75 per cento del PIL.

Ciò opera indipendentemente dalle correzioni del saldo richieste per raggiungere l’obiettivo di medio termine. In base agli esercizi di simulazione compiuti dai Servizi della Commissione, la correzione del saldo richiesta dalla regola del debito sarebbe inferiore o al massimo uguale a quella necessaria per raggiungere l’OMT.

 

Come detto, nel triennio 2013-2015, l'Italia dovrebbe operare un aggiustamento lineare e costante (MLSA) per convergere verso il benchmark del debito (cfr. Tabella 22 ).

Tabella 22 - Minimum Linear Structural Adjustment e variazione necessaria del saldo strutturale per garantire il rispetto della regola del debito

1) La “variazione ereditata dall’anno precedente” presentata alla riga (b) è pari al valore della riga (d) ‘Ulteriore variazione necessaria’ riferito all’anno t-1. In sostanza, l’aggiustamento non effettuato nell’anno t‑1 viene riportato all’anno t.

2) La ‘variazione programmata del saldo strutturale’ presentata alla riga (c) è identica al quella presentata nella tavola III.3 della Nota di aggiornamento del DEF 2015.

Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Fonte: Tav III.6, Nota di aggiornamento del DEF 2015

Per il 2015, nello scenario a legislazione vigente l'aggiustamento necessario del saldo strutturale è pari a 1,6 punti percentuali di PIL e pari a 1,2 punti percentuali di PIL nello scenario programmatico.

Il Governo, così come dichiarato lo scorso anno, giudica tale aggiustamento "non auspicabile né fattibile data l’esistenza dei cosiddetti “fattori rilevanti”". Nel documento inviato nel mese di febbraio 2015 alla Commissione il Governo italiano supportava tale scelta adducendo i seguenti fattori rilevanti: 1) il perdurare degli effetti della crisi economica, visto che nel 2013 e nel 2014 l’Italia ha registrato una contrazione del tasso di crescita del PIL reale; 2) la necessità di evitare che l’eccessivo consolidamento fiscale richiesto ai fini dell’osservanza delle condizioni stabilite dalla regola peggiorasse ulteriormente la dinamica del debito pubblico in rapporto al PIL, a causa dell’impatto negativo sull’attività economica dovuto agli elevati moltiplicatori fiscali; 3) il perdurare dei rischi di deflazione che avrebbero reso la richiesta riduzione del debito ancora più ardua e controproducente; 4) i costi connessi all’implementazione di un ambizioso piano di riforme strutturali in grado di favorire la ripresa della crescita potenziale e la sostenibilità del debito nel medio periodo.

A riguardo, il 27 febbraio 2015 la Commissione ha pubblicato una relazione a norma dell'articolo 126, paragrafo 3, TFUE, dalle cui conclusioni è emerso che in quel momento il criterio del debito doveva essere considerato soddisfatto.

 

A partire dal 2016, il Governo dichiara di riprendere il percorso di riduzione del debito in maniera compatibile con la regola del debito e in particolare con riferimento al forward looking benchmark e dunque rispetto alle proiezioni al 2018, dove il rapporto debito/PIL si attesterà su di un valore del 123,7 per cento al di sotto del valore benchmark pari a 123,8 per cento.

2.5. La spesa per interessi

Per gli anni 2015-2019 le stime contenute nella Nota collocano la spesa annua per interessi su livelli medi superiori rispetto alle previsioni contenute nel DEF di aprile 2015: in percentuale del PIL, tale spesa passa dal 4,3 per cento del 2015 al 4 per cento nel 2018 e nel 2019 (il DEF 2015 indicava una riduzione dal 4,2 del 2015 al 3,7 per cento nel 2019).

In valori assoluti la spesa per l’anno 2015 risulta pari a 70.031 milioni di euro, un valore leggermente superiore a quello indicato nelle previsioni di aprile 2015, pari a 69.386 milioni di euro.

L’incidenza in rapporto al PIL passa, nel medesimo anno, dal 4,2 per cento, valore indicato nel DEF, al 4,3 per cento. In proposito si evidenzia che il ddl di assestamento, tuttora in corso di esame presso la Camera[44] ha ridotto la previsione per il 2015 della spesa per interessi, in termini di competenza, in misura pari a circa 7,8 miliardi di euro. La previsione assestata per il 2015 risulta pari quindi a 79.588 milioni di euro.

 

La differenza rispetto al corrispondente dato indicato nella Nota in esame appare in parte imputabile ai criteri di contabilizzazione SEC 2010, che si discostano dai criteri contabili utilizzati per la registrazione della spesa nel bilancio dello Stato. Un’ulteriore quota della differenza rilevata potrebbe essere attribuita ad una riduzione dei tassi di interesse nel periodo giugno-settembre. In ordine a tale ricostruzione e alla specifica incidenza dei predetti fattori sarebbe utile acquisire elementi di valutazione dal Governo.

 

Per quanto riguarda il periodo 2016-2019, nel confronto con le previsioni del DEF, le stime mostrano una correzione in aumento della spesa per interessi, di importo annuo crescente. Tale correzione, infatti, in valore assoluto, risulta piuttosto contenuta nel 2016 (122 milioni di euro), per poi aumentare nel periodo 2017-2019, raggiungendo un valore medio annuo di circa 3,6 miliardi. Analogo andamento si evidenzia anche per quanto attiene alla differenza rispetto alle precedenti stime riferite all’incidenza della spesa sul PIL: rispetto alle previsioni di aprile, si evidenzia un incremento medio annuo nel periodo 2017-2019 pari allo 0,2 per cento.

In proposito la Nota osserva che tale aumento rispetto alle previsioni del DEF si deve essenzialmente ai titoli di Stato i cui tassi d’interesse attesi presentano una dinamica di incremento più accentuata rispetto allo scenario utilizzato per il DEF.

 

In proposito, sarebbero utili elementi informativi circa la curva dei tassi d’interesse e gli ulteriori parametri utilizzati ai fini delle nuove previsioni.

Tabella 23. Spesa per interessi tendenziale: confronto tra DEF 2015 e Nota di aggiornamento

(milioni di euro - % PIL)

 

2014

2015

2016

2017

2018

2019

Nota agg.

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

75.182

70.031

71.349

71.163

71.890

72.949

Variazione assoluta

-2.760

-5.151

 1.318

-186

 727

1.059

Variazione %

-3,5

-6,9

1,9

-0,3

1,0

1,5

in % del PIL

4,7

4,3

4,2

4,1

4,0

4,0

PIL nominale

1.616.300

1.635.144

1.681.893

1.732.988

1.784.568

1.834.700

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2015

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

 75.182

 69.386

 71.227

 69.251

 68.201

 67.638

Variazione assoluta

-2.760

-5.796

 1.841

-1.976

-1.050

-563

Variazione %

-3,5

-7,7

2,7

-2,8

-1,5

-0,8

in % del PIL

4,7

4,2

4,2

4,0

3,8

3,7

PIL nominale

 1.616.048

 1.638.983

 1.687.708

 1.738.389

 1.788.610

 1.840.954

Fonte: Elaborazioni su dati della Nota di aggiornamento del DEF 2015 e del DEF 2015.

Con riferimento al mercato finanziario, la Banca d’Italia[45] evidenzia che dopo il forte calo riconducibile alle attese e all’avvio degli acquisti di titoli pubblici da parte dell’Eurosistema, dalla seconda metà di aprile i rendimenti sui titoli di Stato a media e a lunga scadenza sono tornati a salire. Nel complesso del secondo trimestre il tasso sul titolo decennale italiano è aumentato di 89 punti base (al 2,1 per cento). Lo spread rispetto al corrispondente titolo tedesco è salito di 17 punti base, risentendo in misura contenuta della protratta incertezza circa l’esito delle trattative sui programmi di aiuto alla Grecia.

La pubblicazione della Banca d’Italia evidenzia che le tensioni in Grecia hanno avuto effetti nel complesso limitati anche sul mercato primario dei titoli di Stato. Il tasso medio di rendimento all’emissione è aumentato dallo 0,4 per cento di aprile allo 0,7 di giugno; nelle aste successive condotte con data di regolamento fino al 14 luglio il tasso si è attestato allo 0,9 per cento. L’Istituto sottolinea comunque che il tasso medio delle nuove emissioni resta ampiamente inferiore al costo medio all’emissione dei titoli in circolazione.

 

Con riferimento al mercato dei titoli di Stato, si rileva che a fine giugno 2015 la vita residua media ponderata dei titoli di Stato si attestava ad un valore inferiore a sette anni (6,46 anni), confermando l’andamento decrescente iniziato a metà del 2010 quando si era attestata ad un valore pari a 7,20 anni.

 

In base ai dati aggiornati al 31 agosto 2015, i titoli di debito pubblico in circolazione[46] con scadenze fino a dicembre 2015 ammontano a circa 128 miliardi, mentre nel 2016 scadranno titoli per circa 256 miliardi[47].

 

Infine, con riferimento alle emissioni di titoli di Stato, si segnala che il comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 191/2014 (legge di bilancio 2015) ha fissato l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie in 79.000 milioni di euro per l'anno 2015. Tale valore non risulta oggetto di modifica nel ddl di assestamento per il 2015[48], tuttora in corso di esame presso la Camera[49].

3. La Strategia nazionale e le raccomandazioni del Consiglio europeo

Il 28 aprile 2015 l'Italia ha presentato il programma nazionale di riforma 2015 e il programma di stabilità 2015.

Successivamente il 13 maggio la Commissione europea ha adottato le raccomandazioni di politica economica specifiche per ciascun paese per il biennio 2015-2016[50] (di seguito: raccomandazioni) che sono state poi adottate il 14 luglio dal Consiglio[51]. In tale documento viene raccomandata l'adozione di misure nazionali volte a creare occupazione e a stimolare la crescita, per rendere l'economia europea meno dipendente dai fattori congiunturali esterni che, attualmente, favoriscono la ripresa.

 

Le raccomandazioni

Il Trattato stabilisce che l'azione degli Stati membri e dell'Unione comprende l'adozione di una politica economica fondata sullo stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati, (art. 119). Inoltre, è previsto che il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, elabori un progetto di indirizzi per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione, e ne riferisca le risultanze al Consiglio europeo. Quest'ultimo, deliberando sulla base di detta relazione del Consiglio, discute delle conclusioni in merito agli indirizzi per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione. Il testo delle conclusioni torna al Consiglio che adotta una raccomandazione che definisce i suddetti indirizzi (art. 121, TfUE).

Sulla base di tali norme si è sviluppato il braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita che mira ad assicurare che gli Stati membri seguano politiche di bilancio sostenibili nel medio periodo, attraverso la definizione di procedure di sorveglianza (cioè di una vigilanza ex ante dei parametri di riferimento delle politiche stesse).

Le procedure e la tempistica di azione della sorveglianza sono definite nell'ambito del c.d. Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche[52].

 

Nel testo approvato dal Consiglio vengono indirizzate all'Italia sei raccomandazioni riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I), il Piano strategico porti e logistica e l'Agenzia per la coesione territoriale (II), le istituzioni, la pubblica amministrazione e la giustizia civile (III), il settore bancario e finanziario (IV), il mercato del lavoro e l'educazione (V), le semplificazioni e la concorrenza (VI).

Nelle pagine seguenti il contenuto di ciascuna raccomandazione viene messo in relazione alle azioni di risposta del Governo.

3.1. Gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità

La Raccomandazione n. 1 invita l’Italia a conseguire un aggiustamento di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari ad almeno lo 0,25 % del PIL nel 2015 e allo 0,1 % del PIL nel 2016, adottando le necessarie misure strutturali sia nel 2015 che nel 2016, tenuto conto dello scostamento consentito per l'attuazione di importanti riforme strutturali; assicurare che la revisione della spesa costituisca parte integrante del processo di bilancio; attuare in modo rapido e accurato il programma di privatizzazioni e ricorrere alle entrate straordinarie per compiere ulteriori progressi al fine di assicurare un percorso adeguato di riduzione del rapporto debito pubblico/PIL; attuare la legge delega di riforma fiscale entro settembre 2015, con particolare riguardo alla revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali e alle misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria.

3.1.1. Gli aggiustamenti di bilancio

Con riferimento agli aggiustamenti strutturali nella prima raccomandazione il Consiglio riconosceva l'applicazione della clausola delle riforme e confermava i target previsti dal Governo nel DEF di aprile, esortando l'Italia a conseguire un aggiustamento di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari ad almeno lo 0,25 per cento del PIL nel 2015 e allo 0,1 per cento del PIL nel 2016. Tuttavia, come meglio descritto nelle premesse e nel paragrafo "Il percorso programmatico di finanza pubblica", l'intenzione del Governo di richiedere più ampi margini di flessibilità (riconoscimento contestuale della clausola delle riforme e di quella sugli investimenti) porterà il disavanzo strutturale allo 0,7 per cento nel 2016 e determinerà un rinvio al 2018 (dal 2017) del pareggio del saldo strutturale.

In relazione alla sostenibilità del debito come già osservato nei paragrafi 2.3 e 2.4 il sentiero di riduzione del rapporto debito/PIL, pur nel rispetto delle regole, è inferiore a quello prospettato nel DEF 2015. Si segnala che nelle premesse alle raccomandazioni la Commissione aveva giudicato plausibile il percorso di riduzione di tale rapporto nel periodo 2015-2019, osservando però che l'Italia doveva precisare gli ulteriori tagli di spesa che consentiranno al paese di evitare l'entrata in vigore nel 2016 degli incrementi delle aliquote IVA previsti e dei quali è stata dichiarata la disattivazione. Sul punto la Nota di aggiornamento si limita a ribadire l'impegno del Governo già formulato in sede di DEF.

La Commissione rilevava inoltre l'importanza di dare attuazione al piano di privatizzazioni, ciò in considerazione dei ritardi registrati nel 2014 con proventi pari allo 0,2 per cento del PIL, a fronte di un obiettivo di 0,5 punti più alto. A riguardo la nota di aggiornamento puntualizza che attraverso il programma di privatizzazione di ENEL, FS, ENAV, Poste Italiane, STMicroelectronics; al trasferimento di beni demaniali agli enti locali, e al processo di valorizzazione e cessione di immobili pubblici, gli obiettivi del Governo indicati nel DEF 2015 saranno confermati i proventi stimati ammonteranno a 0,4 punti percentuali di PIL nel 2015 (attualmente conseguiti al 50 per cento) e a 0,5 punti percentuali di PIL in ciascun anno del triennio 2016-2018, per un maggiore approfondimento si cfr. l'Approfondimento 4.1.

Sul tema efficienza della spesa pubblica il Governo segnala che sono state avviate misure di revisione della spesa sanitaria (sul punto sarebbe auspicabile che venissero forniti elementi quantitativi). In materia di razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, l’art. 9 del D.L. 66/2014 ha introdotto la disciplina per la centralizzazione delle procedure di acquisto prevedendo l’istituzione, nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, dell'elenco soggetti aggregatori. Tale elenco è stato recentemente definito con la Delibera ANAC n. 58 del 22 luglio 2015[53]. L'art. 9, c. 3 prevede l’individuazione delle categorie di beni e servizi e delle soglie al superamento delle quali le amministrazioni debbano ricorrere ai soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure e l’istituzione (avvenuta con il D.P.C.M. 14 novembre 2014) del Tavolo dei soggetti aggregatori con importanti compiti di pianificazione, armonizzazione, monitoraggio e promozione in tema di centralizzazione e informatizzazione dei processi di acquisto. L’art. 9 ha altresì disciplinato la procedura per l’individuazione di prezzi di riferimento (l’art. 10, comma 3, del medesimo decreto, ha inoltre previsto la pubblicazione dei prezzi “benchmark Consip”).

Nella Nota di aggiornamento, in maniera sintetica, vengono inoltre indicati nella lista delle misure: risorse per il pagamento dei debiti delle PA, programma di rinegoziazione del debito delle Regioni ad opera di CDP e per la spending review: risparmi strutturali programmati fino al 2019.

Su tutti questi punti, stante la particolare criticità delle tematiche elencate, sarebbe auspicabile un maggiore dettaglio informativo.

3.1.2. La fiscalità

Sul fronte delle politiche fiscali, nelle raccomandazioni di maggio la Commissione riconosce che l'Italia stia procedendo ad alleggerire l'onere fiscale sul lavoro[54]. Nondimeno, evidenzia che: il numero e la portata delle agevolazioni fiscali sia ancora eccessivamente elevato (in particolare le aliquote ridotte dell'IVA); la presenza di valori catastali obsoleti richieda un'accelerazione della riforma del catasto; nonostante l'istituzione di un comitato per la fiscalità ambientale, non si registrino progressi nell'ambito dell'imposizione ambientale dove sussistono ancora sovvenzioni dannose per l'ambiente. Da ultimo, vengono registrati bassa efficienza del sistema fiscale, alti costi di adempimento e elevata evasione fiscale (pari al 5,6 per cento del PIL)[55]

 

Con riguardo alla sostenibilità del sistema fiscale, la Nota afferma che la crescita sarà supportata anche da un piano di riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese, che è stato avviato nel 2014 con l’incremento del reddito dei lavoratori a parità di costo per le imprese (bonus fiscale di 80 euro mensili ai lavoratori con i redditi più contenuti), proseguito nel 2015 con la riduzione del costo del lavoro delle imprese, a parità di reddito per i lavoratori (attraverso la cancellazione della componente lavoro dell’IRAP).

Tale piano dovrà essere realizzato per il 2016 con l’eliminazione delle imposte sull’abitazione principale e su alcuni fattori produttivi e quindi nel 2017 e 2018 con interventi sulla fiscalità d’impresa (mediante un taglio dell’imposizione sugli utili d’impresa) e per le persone fisiche.

In particolare, tra le misure definite di stimolo e aiuto ai redditi disponibili delle famiglie, è prevista la cancellazione IMU e TASI “prima casa”; tra le misure di aiuto alle imprese, è prevista la cancellazione IMU sui macchinari cosiddetti ‘imbullonati', e tra le misure di stimolo agli investimenti sono contemplati i tagli di IRES, nell'ottica di una strategia pluriennale di riduzione della pressione fiscale.

Il cronoprogramma delle riforme esposto nella Nota di aggiornamento al DEF conferma il quadro programmatorio collocando, nell’area di policy “Sistema fiscale”, la riforma della tassazione locale e TASI-IMU, nel 2016; IRES-IRAP nel 2017 e IRPEF nel 2018. Le misure in questione - si legge sempre nella Nota - portano ad innalzare ulteriormente le previsioni di crescita, sebbene il cronoprogramma per le riforme non quantifichi per esse l’impatto sul PIL.

 

Ai fini della crescita, i tagli alle imposte dovranno essere selettivi e mirati in modo tale da stimolare gli investimenti privati.

Tra i principali interventi adottati nel 2015 a questo fine, la Nota richiama le misure introdotte dal decreto legge n. 83 del 2015 che hanno rivisto la disciplina fiscale per la deducibilità ai fini IRES e IRAP delle svalutazioni crediti e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione. La revisione della normativa prevede la deducibilità integrale di tali componenti negative di reddito nell’esercizio in cui sono rilevati, determinando un ridimensionamento dei crediti fiscali (Deferred Tax Asset o DTA) maturati dagli enti creditizi e finanziari contabilizzati tra le spese per trasferimenti in conto capitale.

Per sostenere ulteriori interventi espansivi, altre fonti di finanziamento sono rappresentate dal gettito IRPEF connesso alla disposizione sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici (decreto-legge n. 65 del 2015) e alle misure si assunzione di personale nella scuola, nel settore della giustizia e nelle forze armate e di polizia (decreti-legge n. 78 e 83 del 2015, legge n. 107 del 2015).

 

Come già preannunciato nel DEF 2015, il Governo intende evitare l’entrata in vigore nel 2016 degli aumenti di imposta previsti dalle clausole di salvaguardia poste a garanzia dei saldi di finanza pubblica dalle Leggi di Stabilità 2014 e 2015, prevedendo la copertura della riduzione del gettito, tramite tagli di spesa. La Nota precisa, peraltro, che il percorso dei tagli sarà più graduale, al fine di mitigare gli impatti depressivi sul PIL.

Tenendo conto della disattivazione delle clausole e dell’impatto del provvedimento degli ottanta euro a riduzione dell’IRPEF (contabilizzato quindi come sconto fiscale e non come aumento di spesa), la pressione fiscale scende, nello scenario tendenziale, dal 43,1 per cento nel 2015 al 42,6 nel 2016 con ulteriori riduzioni negli anni successivi (a fronte della crescita stimata a legislazione vigente dal 43,7 per cento nel 2015 al 44,3 nel 2017, fino al 44 per cento nel 2019). Nello scenario programmatico, la riduzione della pressione fiscale dovrebbe produrre effetti positivi sul lato dell’offerta dell’economia, inducendo un aumento permanente del livello del PIL.

Alla riduzione della pressione fiscale sono destinati anche gli incassi realizzabili nel 2015 dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale, che vengono quantificati in 143 milioni di euro, che confluiscono nel Fondo appositamente costituito.

 

In tale contesto, si ricorda che la legge 11 marzo 2014, n. 23 ha conferito una delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. In attuazione della delega sono stati emanati i seguenti provvedimenti:

§  il Decreto Legislativo n. 175 del 2014, relativo alle semplificazioni fiscali e alla dichiarazione dei redditi precompilata;

§  il Decreto Legislativo n. 188 del 2014, in materia di tassazione dei tabacchi lavorati, dei loro succedanei, nonché di fiammiferi;

§  il Decreto Legislativo n. 198 del 2014, riguardante la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle Commissioni censuarie;

§  il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori;

§  il Decreto Legislativo n. 128 del 2015, recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente;

§  il Decreto Legislativo n. 147 del 2015, recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese.

 

Il 27 giugno 2015 il Governo ha presentato in Parlamento ulteriori cinque schemi di decreto attuativi della delega, sui quali le Commissioni si sono espresse favorevolmente e che sono ora in attesa di pubblicazione:

§  lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali;

§  lo schema di decreto legislativo recante norme in materia di stima e monitoraggio dell'evasione fiscale e in materia di monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale;

§  lo schema di decreto legislativo recante revisione del sistema sanzionatorio;

§  lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario;

§  lo schema di decreto legislativo recante misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione.

Si rammenta che il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega. Restano quindi inattuate o parzialmente attuate le seguenti norme:

§  revisione del catasto dei fabbricati, fatta salva la riforma delle Commissioni censuarie (ai sensi dell’articolo 2 della legge delega);

§  revisione della riscossione degli enti locali (articolo 10, comma 1, lettera c));

§  revisione dell'imposizione sui redditi di impresa (articolo 11, comma 1, lettera a));

§  razionalizzazione dell'imposta sul valore aggiunto e di altre imposte indirette, fatta salva la revisione delle accise sui tabacchi lavorati (articolo 13);

§  revisione della disciplina dei giochi pubblici e rilancio del settore ippico (articolo 14);

§  revisione della fiscalità energetica e ambientale (articolo 15).

Non è stata quindi attuata la parte della Raccomandazione riguardante la revisione dei valori catastali, mentre il processo di revisione delle agevolazioni fiscali viene inserito in modo sistematico nelle procedure di bilancio. Ciò consentirà di ridiscutere pubblicamente ogni anno l'utilità delle spese fiscali, eliminando o ridimensionando quelle che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o sorpassate, alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche, o quelle che costituiscono una duplicazione con interventi di spesa. I proventi della revisione delle spese fiscali confluiranno nel Fondo destinato a finanziare la riduzione strutturale della pressione fiscale.

 

In relazione alle misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria, si segnalano i già menzionati provvedimenti di attuazione della delega fiscale, in particolare i decreti sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle operazioni IVA, nonché quelli riguardanti la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, la revisione del sistema sanzionatorio, la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione.

 

Si segnala, infine, che la Nota non ascrive alcun impatto positivo sul PIL con riguardo alla legge di delega fiscale.

3.2. Il piano strategico della logistica e l'Agenzia per la coesione territoriale

La Raccomandazione n. 2 richiede di adottare il piano strategico nazionale della portualità e della logistica previsto, in particolare per contribuire alla promozione del trasporto intermodale mediante migliori collegamenti; assicurare la piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale in modo da determinare un sensibile miglioramento della gestione dei fondi dell'UE.

3.2.1. Il piano strategico nazionale della portualità e della logistica

La Nota di aggiornamento richiama l’approvazione in via preliminare, il 3 luglio 2015, del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, riassumendo contenuti e finalità del documento.

La redazione del Piano è prevista dall’articolo 29 del decreto legge n.133 del 2014.Il piano ha l’obiettivo di migliorare la competitività del sistema portuale e logistico, di agevolare la crescita dei traffici delle merci e delle persone e di promuovere l'intermodalità nel traffico merci, anche in relazione alla razionalizzazione, al riassetto e all'accorpamento delle Autorità portuali esistenti. Il Piano è stato presentato alle Camere e sottoposto al parere della Commissione Trasporti della Camera dei deputati nella seduta del 5 agosto 2015. La Commissione Trasporti della Camera dei deputati ha espresso sul documento un parere favorevole con alcune osservazioni. Il Piano è stato approvato in via definitiva il 7 agosto 2015.

Il Piano si presenta come un documento assai articolato, che, successivamente ad una puntuale disamina del sistema portuale nazionale, inquadrato nel contesto competitivo europeo ed internazionale, prevede 10 obiettivi, riportati sinteticamente nella nota, ed alcune azioni che il Governo si ripropone di porre in essere in relazione a ciascuno dei 10 obiettivi. Si riportano di seguito in sintesi le azioni più significative in relazione ai dieci obiettivi indicati nel piano:

a)   semplificazione e snellimento degli oneri amministrativi: con riferimento all’obiettivo si prevedono, tra le azioni di implementazione, il completamento dello sportello unico dei controlli doganali; la semplificazione delle procedure per il dragaggio dei fondali e il monitoraggio del traffico navale attraverso l’uso generalizzato della trasmissione elettronica delle informazioni e la razionalizzazione delle formalità di dichiarazione;

b)  concorrenza trasparenza e promozione dei servizi: si prevedono, tra l’altro, la riforma dei servizi tecnico nautici, di ormeggio, di rimorchio e di pilotaggio; la riforma delle concessioni per attività di terminale portuale; la gestione in capo alle nuove autorità di sistema portuale dei carichi di contingenti di manodopera;

c)   migliore accessibilità e collegamenti mare-terra: vengono previsti diversi interventi di grande rilievo anche infrastrutturale, tra i quali si segnalano l’estensione dei corridoi ferroviari sino all’interno dei porti gateway internazionali; l’introduzione del fast corridor ferroviario, che consente una migliore efficienza nella gestione del traffico container; lo sviluppo di progetti di logistica integrata con riferimento al trasporto RO-RO (trasporto marittimo con carico e scarico merci su gomma) e lo sviluppo delle autostrade del mare.

d)  integrazione del sistema logistico: sono previste tre attività: l’istituzione di Aree logistiche Integrate (ALI) nelle quali le nuove autorità di sistema portuale saranno soggetti promotori di interventi cofinanziati con i fondi strutturali; lo sviluppo del partenariato di filiera con l’utilizzo di risorse nazionali quale meccanismo premiale, fra sistemi portuali e gestori di piattaforme logistiche e di servizi e l’individuazione di incentivi alla localizzazione di attività nelle aree portuali ed in quelle logistiche integrate del Mezzogiorno.

e)   miglioramento delle prestazioni infrastrutturali: si prevedono quattro attività volte a razionalizzare le procedure ed i metodi di programmazione per la realizzazione delle infrastrutture. Nello specifico si sottolinea da un punto di vista metodologico la definizione, a livello centrale, del criterio di selezione degli investimenti; la predisposizione di studi di fattibilità relativi ad opere destinate a migliorare l’accessibilità ai porti; l’analisi dei costi e dei tempi di realizzazione degli investimenti, anche a mezzo di un apposito osservatorio, e l’utilizzo di aree militari demaniali abbandonate e recupero di servitù militari per aumentare le aree retroportuali.

f)    innovazione: sono previste molteplici attività che riguardano sia la digitalizzazione della catena logistica, che la promozione della ricerca ed i programmi di alta formazione a livello nazionale; in particolare si delinea l’obiettivo di migliorare l’integrazione e l’interoperabilità tra i molteplici sistemi informatici oggi esistenti, e si prevede la diffusione dell’utilizzo della piattaforma logistica nazionale.

g)   sostenibilità: si prevedono misure per l’efficientamento energetico e la sostenibilità ambientale dei porti e si ipotizza, in particolare, un intervento normativo per introdurre l’obbligo da parte delle nuove autorità di sistema portuale di redazione dei piani energetici e ambientali volti ad incrementare la dotazione infrastrutturale dei porti dal punto di vista energetico

h)  certezza e programmabilità delle risorse: le azioni prevedono la creazione di un sistema bilanciato di allocazione delle risorse generate all’interno dei porti. Si prefigura la possibilità di destinare le entrate pubbliche da tasse, diritti, canoni nonché una quota dell’IVA, in una misura minima da determinare, ai singoli ambiti portuali in cui tali risorse vengono generate.

i)    coordinamento nazionale: si prevedono una serie di attività di riorganizzazione che coinvolgono sia il MIT, che le nuove Autorità di Sistema Portuale (AdSP), nonché la nascita di un sistema di monitoraggio e pianificazione del sistema della portualità e della logistica e del trasporto marittimo, con la costituzione di una nuova direzione generale con poteri rafforzati. Oltre a questa azione si prevede l’implementazione di un sistema di monitoraggio e di pianificazione nazionale della portualità e della logistica; la creazione di un Forum del partenariato logistico e portuale, la promozione del marketing strategico del sistema portuale e logistico italiano, la revisione e l’armonizzazione delle norme sulla programmazione dei porti e delle perimetrazioni delle Autorità di Sistema Portuale e infine la predisposizione di norme quadro nonché di apposite linee guida per la predisposizione dei Piani regolatori e dei Piani Operativi Triennali.

j)    riforma della governance: il piano prospetta la creazione, in luogo delle attuali autorità portuali, di autorità di sistema portuale in numero non superiore a quello dei porti inseriti nel Core Network (ossia 14), alle quali dovrebbero essere attribuite tutte le principali funzioni di promozione, pianificazione, gestione e controllo oggi attribuite alle Autorità portuali. La riforma della governance è descritta in maniera assai precisa nel piano. Per una dettagliata descrizione del nuovo modello di governance portuale si veda qui.

Sempre con riferimento alla governance del sistema portuale nella nota si dà conto inoltre dell’inserimento, all’articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, della delega per la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, con particolare riferimento al numero, all'individuazione di autorità di sistema nonché alla governance tenendo conto del ruolo delle regioni e degli enti locali e alla semplificazione e unificazione delle procedure doganali e amministrative in materia di porti. Tale intervento si pone in linea con l’attuazione di quanto previsto nel Piano.

Occorre inoltre segnalare che nella nota il Governo dà conto, ancora una volta in linea con gli obiettivi del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica, della semplificazione della procedura di pre-clearing, che consente la presentazione delle dichiarazioni doganali precedentemente all’arrivo della nave in porto.

3.2.2. Il piano nazionale degli aeroporti

La Nota di aggiornamento fa riferimento all’individuazione, nel piano degli aeroporti, dei 38 aeroporti di interesse nazionale, essenziali per l’esercizio delle competenze esclusive dello Stato, 12 dei quali inseriti nella rete transeuropea.

Nella seduta del 18 giugno 2015, la IX Commissione della Camera ha avviato, ai sensi dell'articolo 698 del codice della navigazione, lo schema di DPR recante il piano nazionale degli aeroporti approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 30 settembre 2014. L’esame si è concluso nella seduta del 15 luglio 2015, mediante l’espressione del parere favorevole, con osservazioni, sul Piano. Nella seduta del Consiglio dei ministri del 27 agosto del 2015 è stato approvato, infine, in via definitiva, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica.

Ai sensi della citata norma del Codice della navigazione, il piano deve prevedere la distinzione tra aeroporti di interesse nazionale e aeroporti regionali. L'art. 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010 ha disposto il trasferimento al demanio regionale degli aeroporti non di interesse nazionale. L'iter di adozione del piano è stato avviato con la presentazione il 29 gennaio 2013 da parte del Ministro delle Infrastrutture e trasporti, dell'atto di indirizzo per la definizione del Piano Nazionale per lo sviluppo aeroportuale, che proponeva un riordino organico del settore aeroportuale sia sotto il profilo infrastrutturale che dei servizi e delle gestioni ed una nuova classificazione degli aeroporti di interesse nazionale. Lo schema di piano individua 12 aeroporti strategici (10 + Pisa/Firenze a condizione che realizzino una gestione unica) e ulteriori 26 aeroporti di interesse nazionale, a specifiche condizioni. Gli aeroporti strategici, inseriti nella rete transeuropea sono: Milano Malpensa, Venezia, Roma Fiumicino, Bologna, Pisa-Firenze, Napoli, Bari, Lamezia, Catania, Palermo, Cagliari.

3.2.3. L'Agenzia per la coesione territoriale

Al fine di superare i ritardi e le difficoltà che caratterizzano l’attuazione delle politiche di coesione, anche in considerazione dell’avviamento del nuovo ciclo di programmazione delle risorse comunitarie 2014-2020, il decreto-legge n.101 del 2013 all’articolo 10 ha ridefinito il quadro di governance delle politiche medesime sia ridefinendo competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri per la politica di coesione 2014-2020, sia mediante l’istituzione della Agenzia per la coesione territoriale.

In attuazione della norma istitutiva, con D.P.C.M. 9 luglio 2014 è stato approvato lo Statuto dell’Agenzia - sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri – nel quale si dispone che la stessa operi ai fini degli obiettivi definiti dagli atti di indirizzo e programmazione della Presidenza del Consiglio dei ministri relativamente ai fondi strutturali e di investimento europei ed al Fondo per lo sviluppo e la coesione, con lo scopo di rafforzare l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione. L’Agenzia, con riferimento sia ai fondi strutturali europei che al Fondo per lo sviluppo e la coesione, e nel rispetto delle competenze di altre amministrazioni:

a) opera in raccordo con le amministrazioni competenti il monitoraggio sistematico e continuo dei programmi operativi e degli interventi della politica di coesione, vigilando altresì sull'attuazione dei programmi medesimi e sulla realizzazione dei progetti che utilizzano i fondi strutturali;

b) svolge azioni di sostegno e di assistenza tecnica alle amministrazioni che gestiscono programmi europei o nazionali, sia con riferimento alla formazione del personale delle amministrazioni interessate, che con l'intervento di qualificati soggetti pubblici di settore per l'accelerazione dei programmi medesimi;

c) promuove, il miglioramento della qualità, della tempestività, dell'efficacia e della trasparenza delle attività di programmazione e attuazione degli interventi;

d) può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione per la conduzione di specifici progetti a carattere sperimentale nonché in presenza dell’attribuzione di compiti di accelerazione dei programmi ovvero di poteri sostitutivi.

L’operatività dell’Agenzia è stata successivamente assicurata con il successivo D.P.C.M. 15 dicembre 2014, mediante cui si è provveduto al trasferimento dal Dipartimento dello sviluppo del Ministero dello Sviluppo economico delle necessarie risorse umane, finanziarie e strumentali disponendosi altresì il trasferimento alla stessa di risorse pari a 10,3 milioni di euro per le spese di personale, ed a 6,23 milioni per le spese di funzionamento e beni strumentali.

3.2.4. Il monitoraggio della gestione dei fondi UE

I vincoli temporali alla spendibilità delle risorse derivanti dai Fondi UE, che ne comportano la revoca qualora gli stessi non siano utilizzati entro determinate scadenze temporali (che per il periodo di programmazione 2007-2013, vengono a scadenza al 31 dicembre di quest’anno) rendono necessario un attento e continuo monitoraggio dello stato di effettivo impiego dei finanziamenti, incentrato principalmente sul Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, le cui funzioni sono ora presso l’Agenzia per la coesione territoriale. I dati sull’erogazione delle risorse sono altresì tenuti presso l’Ispettorato generale per i rapporti con l’Unione Europea (IGRUE) della Ragioneria generale dello Stato, che è il centro contabile di gestione di tutte le risorse in essere per le politiche di coesione

Secondo quanto riportato nel sito dell’Agenzia per la coesione,[56], dati di monitoraggio finanziario al 30 giugno 2015 mostrano che la spesa sostenuta dai 52 Programmi Operativi Nazionali e Regionali, cofinanziati da FESR e FSE, sono pari a 37,3 miliardi di euro, il 79,8% delle risorse complessivamente programmate. A sei mesi dalla data limite per la ammissibilità delle spese dei Programmi Operativi rimangono ancora da spendere 9,4 miliardi di euro.

Gli stessi dati attestano un incremento di spesa rispetto al 31 dicembre 2014 pari a 3,1 miliardi di euro, 6,5 punti percentuali delle risorse complessivamente programmate. Nello stesso periodo del 2014 l’incremento di spesa si era attestato a 4,3 punti percentuali, per poi quasi triplicare nel corso del secondo semestre del 2014 (12,3 punti percentuali). La ripetizione di un incremento di spesa nel semestre in corso della stessa intensità di quello dello scorso anno potrebbe consentire, viene segnalato, di centrare l’obiettivo del pieno utilizzo delle risorse.

I dati di monitoraggio sono rinvenibili anche con riguardo alla spesa certificata e, secondo quanto risulta sul sito Opencoesione[57], sono riferiti alla data del 31 maggio 2015. Ivi risulta che tale spesa è pari a 34,3 miliardi di euro, con un incremento di 1,3 miliardi rispetto alla data del 31 dicembre 2014[58]. La quota di spesa certificata all’Unione Europea è pari al 73,6%, un valore inferiore al target nazionale fissato al 76,6% per il 31 maggio 2015. L'ammontare della spesa certificata dei 52 Programmi Operativi ha superato il livello di target in 23 casi, è rimasto entro la soglia di tolleranza del 5 per cento in 7 casi, non ha raggiunto il livello minimo in 22 casi.

Figura 12. Avanzamento della spesa certificata all’UE per i Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali - Totale Italia

(% della spesa certificata all’UE rispetto alla dotazione finanziaria disponibile. Aggiornamento al 31 maggio 2015)

 

Con riguardo al ciclo di programmazione 2014-2020 la Commissione europea, ha stanziato circa 325 miliardi (in riduzione di circa l’8% rispetto al periodo 2007-2013). All’Italia sono assegnati 32,2 miliardi di euro a prezzi correnti (con un incremento rispetto ai 28,5 miliardi della precedente programmazione 2007-2013), così ripartiti:

§  regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia): 22,2 miliardi;

§  regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna): 1,35 miliardi;

§  regioni più sviluppate (restanti regioni del centro-nord): 7,6 miliardi;

§  cooperazione territoriale: 1,1 miliardi.

Per il principio dell’addizionalità, alle risorse comunitarie destinate al finanziamento dei fondi strutturali si affiancano le risorse nazionali destinate al cofinanziamento degli interventi comunitari nelle aree oggetto degli interventi dei fondi strutturali. La normativa comunitaria prevede un ammontare teoricamente pari di cofinanziamento nazionale attraverso le risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. Nel complesso, la legge di stabilità 2014 ha stanziato per il ciclo 2014-2020 una quota complessiva di cofinanziamento nazionale dei fondi comunitari 2014-2020 pari a 24,5 miliardi.

Il CIPE con la delibera n. 10 del 28 gennaio 2015 ha definito i criteri di cofinanziamento nazionale dei programmi europei per il periodo 2014-2020.

Il 29 ottobre 2014 la Commissione Europea ha adottato l’Accordo di Partenariato con l’Italia, , che reca l'impianto strategico e la selezione degli obiettivi tematici su cui si concentrano gli interventi finanziati dai fondi strutturali (FESR e FSE) e di investimento europei per il ciclo di programmazione 2014-2020.

L’Accordo individua, nel complesso, 60 Programmi regionali e 14 Programmi nazionali attuativi dei fondi, i cui contenuti specifici saranno definiti a conclusione del negoziato attualmente ancora in corso con la Commissione Europea su ciascuno di essi.

Una prima tranche di PON relativi al Fondo sociale europeo sono stati approvati nel periodo 12-17 dicembre 2014 ed hanno interessato i programmi delle regioni Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto, nonché il programma operativo delle Provincia autonoma di Trento. Il 17 dicembre 2014 sono stati altresì approvati il PON “Scuola”, il PON “Inclusione sociale” e il PON “Sistemi di politiche attive per l’occupazione”.

Il 12 febbraio 2015 la Commissione europea ha adottato 11 Programmi operativi regionali relativi al FESR delle regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche e Lazio e le due provincie autonome di Trento e di Bolzano, nonché il PON "Cultura e Sviluppo" (quest’ultimo operativo nelle sole regioni in ritardo di sviluppo). Il 23 febbraio è stato quindi adottato il PON “Governance e capacità istituzionale”.

Il 15 luglio 2015 sono stati approvati 3 Programmi Operativi Regionali (Sardegna, Friuli Venezia-Giulia e Molise) e a due programmi operativi nazionali (“Città metropolitane” e “Ricerca e Innovazione”).

Con riferimento alla gestione dei Fondi UE la Nota di aggiornamento segnala infine l’intervenuto avvio del Programma operativo Nazionale (PON) “Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”.

3.2.5. Il Programma Governance e Capacità Istituzionale

La Commissione europea ha adottato il Programma Operativo Nazionale Governance e Capacità Istituzionale con Decisione C(2015) 1343 del 23 febbraio 2015.

Si tratta dello strumento che in tale ciclo di programmazione contribuirà agli obiettivi della Strategia dell’Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva attraverso interventi di rafforzamento della capacità amministrativa e istituzionale, di modernizzazione della PA nonché miglioramento della governance multilivello nei programmi di investimento pubblico.

Il programma reca una dotazione finanziaria complessiva (risorse comunitarie e cofinanziamento nazionale) di oltre 827 milioni di euro, per circa il 70% a carico delle risorse UE

Due gli Obiettivi tematici di riferimento: - OT 11 Rafforzare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e delle parti interessate e un’amministrazione pubblica efficiente;- OT 2 Migliorare l’accesso alle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime

Il Programma, rivolto all’intero territorio nazionale, sarà focalizzato su 4 assi di intervento, che in questa sede non si dettagliano, rinviandosi a quanto esposto nell’apposito sito[59].

3.3. Le istituzioni, la pubblica amministrazione e la giustizia civile

Con la Raccomandazione n. 3 il Consiglio europeo ha invitato l’Italia ad adottare e attuare le leggi in discussione intese a migliorare il quadro istituzionale e a modernizzare la pubblica amministrazione; riformare l'istituto della prescrizione entro la metà del 2015; fare in modo che le riforme adottate per migliorare l'efficienza della giustizia civile contribuiscano a ridurre la durata dei procedimenti.

3.3.1. Le riforme istituzionali

Nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2015 - entro il capitolo IV: “La strategia nazionale e le raccomandazioni del Consiglio europeo” - figura menzione delle riforme istituzionali.

Invero, esse compaiono per prime nell'elenco reso dal “Cronoprogramma per le riforme”, contenuto in quel capitolo IV.

Si legge in un passaggio della Nota di aggiornamento [a p. 69] che “il percorso di riforme istituzionali, avviato dal Governo al momento del suo insediamento, si è in parte completato con l’approvazione del disegno di legge di riforma elettorale, condizione primaria per avere un quadro normativo caratterizzato da certezza e stabilità, necessarie per attrarre gli investimenti esteri e quindi per sostenere la crescita”. La nuova legge elettorale (legge 6 maggio 2015, n. 52) è stata seguita dalla rideterminazione dei collegi plurinominali in essa previsti (effettuata dal decreto legislativo 7 agosto 2015, n. 122).

Così come si legge, ancor nella Nota di aggiornamento: “la riforma costituzionale, parte integrante delle modifiche all’architettura istituzionale su cui il Governo punta per modernizzare il Paese, si concluderà entro il prossimo anno con il referendum confermativo”.

“Si tratta di due passaggi basilari - conclude la Nota - per il corretto ed efficace funzionamento dello Stato da cui dipende l’efficacia delle decisioni pubbliche e l’efficienza della spesa, essenziali per mantenere il controllo sulle finanze pubbliche”.

Secondo il Governo dunque l’attuazione delle riforme istituzionali, nell’ambito del più ampio contesto delle riforme strutturali già annunciate nei precedenti documenti di programmazione, avrebbe effetti diretti sul potenziale di crescita e sulla sostenibilità del debito. Si ricorda che - sulla base di tale programma di riforme strutturali - nel 2016 al nostro Paese sarà consentito di avvalersi, nell’ambito dell’interpretazione del Patto di stabilità e crescita fornita dalla Commissione europea, di una speciale clausola di flessibilità, che consentirà di deviare dal percorso di convergenza all’obiettivo di medio termine per un importo pari allo 0,5 per cento del PIL.

Può valere altresì ricordare come, sul versante dell’Unione europea, le raccomandazioni del Consiglio (del 14 luglio 2015) sul programma nazionale di riforma 2015 dell’Italia ed il parere del Consiglio sul programma di stabilità 2015 dell’Italia, accennino al tema istituzionale.

In particolare, la n. 17 delle ‘considerazioni’ scandisce: “La pubblica amministrazione italiana è ancora caratterizzata da significative inefficienze che gravano sul contesto imprenditoriale e sulla capacità del Paese di attuare efficacemente le riforme. Sono stati compiuti e continuano ed essere profusi sforzi intesi a migliorare il quadro istituzionale e la qualità complessiva della pubblica amministrazione. Per la fine del 2015 è prevista un’ambiziosa riforma della Costituzione, particolarmente volta a chiarire la ripartizione delle competenze tra i vari livelli dell’amministrazione”.

L’approvazione della riforma costituzionale è indicata, dal citato “Cronoprogramma per le riforme”, riportato nella Nota di aggiornamento, entro il 2016.

3.3.2. La riforma della pubblica amministrazione

Tra le azioni che il Governo indica in risposta alla raccomandazione del Consiglio europeo, la nota richiama, in secondo luogo, l’approvazione da parte del Parlamento, della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124), definita già nel PNR 2015 come asse principale per l’ammodernamento strutturale e l’efficientamento della p.a.

Come previsto dal cronoprogramma, l’esame parlamentare del provvedimento si è concluso prima della pausa estiva (il PNR indicava entro luglio 2015), mentre con la Nota di aggiornamento il Governo conferma che l’adozione dei decreti delegati avverrà entro dicembre 2015.

Anche per quanto riguarda gli effetti prevedibili in termini di crescita, il Governo conferma la stima (già prevista nel DEF 2015) in base alla quale il completamento della riforma dovrebbe determinare un incremento pari allo 0,4 per cento del PIL nel 2020 e all’1,2 per cento nel lungo periodo.

 

In merito ai contenuti principali della riforma, si ricorda, tra gli interventi strutturali, che il provvedimento prevede:

§  il riordino della normativa per il reclutamento del personale pubblico e del sistema della dirigenza pubblica. La delega dispone, in particolare, l’istituzione dei ruoli unici della dirigenza statale, regionale e locale e si estende anche alla riforma del sistema di valutazione dei dirigenti e delle ipotesi di responsabilità, nonché del trattamento economico, mediante omogeneizzazione del trattamento economico e accessorio nell’ambito di ciascun ruolo;

§  la revisione dell’organizzazione statale centrale e periferica, in sintonia con la riforma delle province prevista dalla legge n. 56/2014. In particolare, si propone di continuare con il processo di razionalizzazione delle strutture amministrative (riduzione uffici con funzioni strumentali, eliminazione duplicazioni) e di introdurre maggiore flessibilità nella disciplina dell'organizzazione dei ministeri. Si intende inoltre rafforzare il ruolo di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio nei confronti dell'attività dei ministri secondo precisi criteri e riordinare la disciplina delle autorità indipendenti per definire criteri uniformi in materia di personale e finanziamento. Il Governo è inoltre delegato a riordinare le funzioni nel campo della sicurezza, ridefinire le strutture periferiche dell’amministrazione statale, mediante riduzione del numero delle prefetture –UTG e loro trasformazione in Uffici territoriali dello Stato, in cui confluiscono tutti gli uffici periferici statali;

§  il riordino delle partecipazioni pubbliche e il riassetto della disciplina dei servizi pubblici locali attraverso la predisposizione di due distinti testi unici, con la finalità di garantire la chiarezza e la semplificazione normativa, cui si aggiunge quella di tutelare e stimolare la concorrenza, con particolare riferimento al superamento dei regimi transitori;

§  l’implementazione del processo di digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione, in modo da assicurare la accessibilità on line alle informazioni e ai documenti in possesso delle amministrazioni pubbliche, ai pagamenti nei loro confronti, nonché all'erogazione dei servizi;

§  la ridefinizione della disciplina processuale delle diverse tipologie di contenzioso davanti alla Corte dei conti, in particolare, provvedendo ad adeguare la normativa vigente alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, coordinandola con i principi del codice di procedura civile e assicurando la concentrazione delle tutele spettanti alla cognizione della giurisdizione contabile.

 

L’azione di riforma del Governo finalizzata al miglioramento del quadro istituzionale e alla modernizzazione della P.A. interessa anche il settore agricolo ed agroalimentare. Il Governo richiama a questo proposito le misure programmate e quelle di recente approvazione dirette ad agire sulla modernizzazione e l’efficienza della pubblica amministrazione nel suo complesso nonché i provvedimenti ad hoc sul riordino delle società e delle agenzie vigilate dal Ministero delle politiche agricole (MIPAAF).

In tale quadro, rilievo assume la citata legge delega in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (124/2015), che ha impatto sul settore agroalimentare, nonché sull’assetto organizzativo del MIPAAF, in quanto demanda al Governo l’adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino delle funzioni di polizia di tutela dell'ambiente, del territorio e del mare, nonché per il riordino delle funzioni nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato con l’eventuale assorbimento dello stesso in altra Forza di polizia (art. 8, co. 1, lett. a)).

Si ricorda, inoltre, che nel DEF 2015, l’Esecutivo dichiarava l’intenzione di incidere con ulteriori misure per la semplificazione e il riassetto della normativa in materia di agricoltura e pesca e la razionalizzazione degli enti del MIPAAF, confermando quale provvedimento collegato alla decisione di bilancio il disegno di legge in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività del settore agricolo, agroalimentare e della pesca. Il disegno di legge è da maggio 2015 all’esame in seconda lettura della Camera e prevede apposite deleghe al Governo in materia (art. 5 e art. 9, A.C. 3119).

Sul piano della riorganizzazione degli enti vigilati dal Mipaaf, la legge di stabilità 2015 ha anticipato parte degli interventi previsti nel sopra citato disegno di legge delega, disponendo l’incorporazione di INEA nel CRA e l’Istituzione del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. L’operazione, finalizzata all'ottenimento di risparmi di spesa da conseguire all'esito del perfezionamento della procedura di riorganizzazione, è ancora in corso.

 

A sostegno dell’efficienza della pubblica amministrazione, il Governo richiama, infine, l’approvazione della legge di iniziativa governativa in materia di corruzione, voto di scambio, falso in bilancio e riciclaggio. Insieme al completamento della riforma della giustizia civile e penale, la Nota di aggiornamento al DEF ritiene tali misure “un passaggio essenziale per chiudere il gap di efficienza che impatta negativamente su cittadini e imprese”.

Successivamente alla presentazione del DEF, il Parlamento ha approvato la legge 27 maggio 2015, n. 69, intervenuta con finalità di contrasto alla corruzione. Elementi che caratterizzano l’intervento legislativo sono l’aumento delle pene per i reati contro la PA, lo sconto di pena per chi collabora con la magistratura nonché l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite. Ulteriori modifiche rafforzano il ruolo dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), attribuendogli compiti di vigilanza su specifiche categorie di appalti pubblici e individuando nuovi obblighi informativi da parte dell’autorità giudiziaria e delle stazioni appaltanti.

 

Nello specifico, la legge 69:

§  aumenta l’afflittività delle pene accessorie previste per tali reati (incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, l'estinzione del rapporto di lavoro, sospensione dall'esercizio di una professione);

§  incrementa le pene previste dal codice penale per il peculato (art. 314), per la corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318), per la corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319), per la corruzione in atti giudiziari (art. 319‑ter) e per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater);

§  introduce una nuova attenuante (art. 323-bis c.p.) che consente una diminuzione di pena (da un terzo a due terzi) per chi collabora con la giustizia (chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite);

§  modifica la fattispecie di concussione (art. 317 c.p.) per ampliarne l'ambito soggettivo di applicazione, ricomprendervi anche "l'incaricato di un pubblico servizio" e dunque tornare alla formulazione precedente alla c.d. legge Severino (L. 190/2012).

Inoltre, il provvedimento subordina l'accesso alla sospensione condizionale della pena per una serie di reati contro la pubblica amministrazione (artt. 314, 317, 318, 319, 319‑ter e quater, 320 e 322-bis c.p.) al pagamento, a titolo di riparazione pecuniaria, di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito, fermo restando il diritto all'eventuale risarcimento del danno.

La riparazione pecuniaria viene in particolare disciplinata dal nuovo art. 322‑quater c.p., che stabilisce che con la sentenza di condanna per un delitto contro la p.a., viene sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale (o dall'incaricato di un pubblico servizio), a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione di appartenenza, ovvero, in caso di corruzione in atti giudiziari, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.

La legge n. 69 del 2015 condiziona inoltre l'accesso al patteggiamento, in relazione ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a., alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.

 

Parte della citata legge 27 maggio 2015, n. 69 è dedicata alla riforma della disciplina del falso in bilancio. Le novità principali previste dal provvedimento riguardano:

§  il fatto che il falso in bilancio torna ad essere un delitto per tutte le imprese, non solo per quelle quotate in borsa;

§  la scomparsa delle soglie di non punibilità.

 

Aumenta la reclusione per il falso in bilancio nelle società quotate: va da 3 a 8 anni (oggi è fra i 6 mesi e i 3 anni), mentre in quelle non quotate va da 1 a 5 anni (oggi la pena è l'arresto fino a 2 anni). Il testo prevede anche un inasprimento delle sanzioni amministrative a carico delle società. Sempre per le società non quotate, la legge 69 prevede pene ridotte per il falso in bilancio di lieve entità nonché, negli stessi casi, una ipotesi di non punibilità per particolare tenuità sulla base di una valutazione del giudice relativa, prevalentemente, all'entità dell'eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori.

 

Già prima della presentazione del DEF, il Parlamento era intervenuto sul cd. voto di scambio politico-mafioso con la legge n. 62 del 2014. La legge ha modificato l'art. 416-ter del codice penale definendo in modo più specifico la fattispecie penale ed ampliandone la portata.

La legge 186 del 2014, in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero, ha poi introdotto nel codice penale l’art. 648‑ter.1 relativo all’autonomo reato di autoriciclaggio che consente anche nel nostro Paese di sanzionare con un’ulteriore pena chi reinveste il denaro frutto di un reato da lui stesso commesso, mentre finora si era chiamati a rispondere soltanto del riciclaggio di denaro proveniente da reato altrui.

3.3.3. Gli interventi per l’efficienza del processo civile

La Raccomandazione del Consiglio europeo auspica che le riforme introdotte per l’efficienza della giustizia civile contribuiscano alla riduzione dei tempi del processo.

La Nota di aggiornamento al DEF rileva come i dati della performance della giustizia civile a fine 2014 dimostrino già, sia pur parzialmente, l’efficacia delle nuove misure (in particolare, il riferimento riguarda il D.L. 132 del 2014): l’iscrizione a gennaio 2015 delle nuove cause civili è scesa del 20% rispetto all’anno precedente (quelle di separazione e divorzio addirittura del 40%); le stesse pendenze che a fine 2013 risultavano quantificate in 5,2 milioni di cause, a fine 2014 risultavano essere pari a 4,9 milioni (-6,8%).

 

Già con il decreto-legge 132 del 2014 (convertito dalla legge 162/2014) – rispettando il cronoprogramma delle riforme che ne prevedeva la vigenza entro il novembre 2014 – il Parlamento ha introdotto misure di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile. In particolare, il decreto ha previsto il trasferimento in sede arbitrale di procedimenti civili pendenti; un nuovo istituto denominato “convenzione di negoziazione assistita”, quale accordo mediante il quale le parti intendono risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati (ipotesi speciali dell’istituto disciplinate le controversie di separazione e divorzio); ulteriori semplificazioni del procedimento di separazione e divorzio, con la possibilità per i coniugi di concludere un accordo davanti al sindaco; misure per la funzionalità del processo civile di cognizione, concernenti la compensazione delle spese, il passaggio dal rito ordinario al rito sommario, la riduzione del periodo di sospensione feriale dei termini processuali e delle ferie dei magistrati; la tutela del credito e l'accelerazione del processo di esecuzione forzata e delle procedure concorsuali.

 

Dopo la presentazione del DEF, con il decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (convertito con modificazioni, dalla legge 132/2015), il Parlamento ha introdotto una serie di misure in materia fallimentare, civile e processuale civile nonché di natura organizzativa.

In particolare, il provvedimento d’urgenza, oltre ad intervenire per migliorare il processo esecutivo, ha introdotto nuove disposizioni di completamento del c.d. processo civile telematico, per il quale è autorizzata nel 2015, la spesa di 44,8 milioni di euro.

 

In tale ambito, il Governo riferisce nella Nota che è terminata l’assistenza di Invitalia al Ministero della giustizia per la realizzazione del S.N.T. (il sistema di notificazioni telematiche) che permetterà agli uffici giudiziari il rispetto della normativa introdotta per la dematerializzazione degli atti giudiziari, con conseguente riduzione dei temi e risparmi nella quantità di documenti cartacei.

 

Per finalità di deflazione del contenzioso civile, viene incentivato l’accesso alla negoziazione assistita e all’arbitrato, introdotti dal citato D.L. 132/2014, attraverso l’introduzione di credito d’imposta in relazione agli oneri sostenuti dalle parti.

Più in generale, per migliorare l’efficienza della giustizia, il decreto ha previsto l’ingresso nel ruolo dell’amministrazione giudiziaria di 2.000 unità di personale proveniente dalle soppresse province e aree metropolitane

 

Tra le misure in corso d’esame va ricordata la delega al Governo per l’efficienza del processo civile attualmente all’esame della Camera (AC 2953).

Il disegno di legge, che mira a riformare organicamente il processo civile secondo parametri di maggiore efficienza e specializzazione, si muove lungo quattro fondamentali linee direttrici:

§  specializzazione dell'offerta di giustizia, attraverso l'ampliamento delle competenze del tribunale dell'impresa e l'istituzione del tribunale della famiglia e della persona;

§  accelerazione dei tempi del processo civile, attraverso la razionalizzazione dei termini processuali e la semplificazione dei riti; a tal fine è attribuito un ruolo centrale alla prima udienza, è potenziato il carattere impugnatorio dell'appello, sono accelerati i tempi del giudizio in Cassazione mediante un uso più diffuso del rito camerale;

§  introduzione del principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice;

§  adeguamento delle norme processuali al processo civile telematico.

Uno dei punti più rilevanti del provvedimento è la valorizzazione dei positivi risultati raggiunti dalle Sezioni specializzate in materia di impresa.

 

La delega, infatti, mantiene inalterato il loro numero, ne cambia la denominazione in sezioni specializzate per l’impresa e il mercato e, soprattutto, ne estende l’ambito di competenza ad una serie di ulteriori materie. Tale ampliamento è diretto a rendere tale competenza più organica nonché a definire più puntualmente il ruolo delle sezioni specializzate nel sistema della giustizia civile.

 

Altro profilo del provvedimento è la realizzazione di una Sezione specializzata per la famiglia, i minori e la persona con competenza su tutti gli affari relativi alla famiglia, anche non fondata sul matrimonio, e su tutti i procedimenti attualmente non rientranti nella competenza del Tribunale per i minorenni in materia civile.

 

Si prevede l’impiego, all’interno delle sezioni specializzate, della professionalità di tecnici specializzati nelle materie minorili; analoga, prevalente specializzazione è richiesta ai magistrati del pubblico ministero che operano presso le sezioni. Il rito davanti a queste ultime è improntato, infine, a criteri di flessibilità e semplificazione.

 

La delega prevede, inoltre, interventi per rendere prevedibile la durata del processo assicurandone anche una riduzione dei tempi dal primo grado alla Cassazione.

 

Di particolare rilievo risulta la revisione della disciplina della trattazione della causa e della rimodulazione dei termini secondo criteri di concentrazione ed effettività della tutela, con la previsione, tra l’altro, dell’efficacia provvisoria ma immediata di tutte le sentenze di primo grado. Con la delega si interviene poi sull’esecuzione forzata e sui procedimenti speciali in una prevalente ottica di semplificazione.

 

Il cronoprogramma del Governo prevede l’approvazione del disegno di legge delega entro marzo 2016.

3.3.4. Gli interventi nel settore penale

Nell’ambito delle misure di riforma nel settore, rispettando il cronoprogramma per le riforme – che ne prevedeva l’approvazione entro agosto 2014 - era già intervenuto il decreto-legge n. 92 del 2014 (convertito, con modificazioni, dalla legge 117/2014) che ha dettato disposizioni urgenti concernenti il risarcimento in favore dei detenuti, la custodia cautelare in carcere e ulteriori interventi in materia penitenziaria.

 

 

In particolare, il provvedimento:

§  prevede rimedi di tipo risarcitorio in favore di detenuti e internati che siano stati sottoposti a trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo – CEDU;

§  disciplina le modalità di esecuzione del provvedimento che dispone gli arresti domiciliari;

§  estende ai maggiorenni di età inferiore a 25 anni la disciplina dell'esecuzione di provvedimenti limitativi della libertà personale nei confronti dei minorenni;

§  modifica l'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria, con misure concernenti l'organico, la disciplina della formazione del personale e il divieto per un biennio di ogni comando o distacco presso altre amministrazioni;

§  amplia i presupposti che non consentono l'applicazione della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari.

 

In relazione all’invito a intervenire sull’istituto della prescrizione contenuto nella Raccomandazione del Consiglio europeo si segnala che - dopo essere stata già approvata in prima lettura dalla Camera nel marzo 2015 - tale riforma è in corso d’esame al Senato (AS 1844).

Il provvedimento, in particolare determina un aumento del termine di prescrizione per i reati di corruzione; prevede che la decorrenza della prescrizione per taluni reati concernenti i minori decorra dal raggiungimento della maggiore età della vittima; introduce nuove ipotesi di sospensione dei termini di prescrizione, tra cui quelle conseguenti a condanna non definitiva; precisa che anche l'interrogatorio reso alla polizia giudiziaria, su delega del PM, determina l'interruzione del corso della prescrizione; stabilisce che la sospensione ha effetto solo per gli imputati nei cui confronti si sta procedendo.

 

Appena approvato dalla Camera in prima lettura (il 23 settembre 2015), un più organico intervento di riforma intende garantire l'efficienza del sistema giudiziario penale, la durata ragionevole del processo (pur nel mantenimento delle garanzie difensive) nonché l'effettiva finalità rieducativa della pena (AC 2798-A).

Con il provvedimento trasmesso al Senato, in particolare, viene delegato il Governo ad una complessiva riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario.

 

Il provvedimento approvato dalla Camera interviene sul codice penale prevedendo:

§  l'estinzione del reato per condotte riparatorie;

§  l'inasprimento delle pene per il reato di scambio elettorale politico-mafioso e per alcuni reati contro il patrimonio;

§  una delega al Governo per rivedere la disciplina del casellario giudiziale, modificare: il regime di procedibilità per alcuni reati nonché la disciplina delle misure di sicurezza.

Il provvedimento interviene anche sul processo penale. In particolare, modifica: il procedimento per incapacità dell'imputato; le disposizioni del c.p.p. concernenti le indagini preliminari, l'archiviazione e l'udienza preliminare; la disciplina dell'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, che viene riarticolata su un doppio grado di giudizio; il procedimento di alcuni riti speciali (rito abbreviato e patteggiamento; per il primo è tra l'altro aumentata la riduzione di pena per le contravvenzioni); la disciplina della richiesta di prove nel dibattimento; il contenuto necessario della sentenza; il ragguaglio tra pene detentive e pene pecuniarie; la disciplina generale delle impugnazioni. L’AC 2798-A delega, inoltre, il Governo a riformare le intercettazioni ed i giudizi di impugnazione.

Altre disposizioni del provvedimento approvato dalla Camera modificano gli obblighi informativi alla p.a. in capo al PM, con riguardo ai reati ambientali; riorganizzano l'ufficio del PM con riferimento alla iscrizione delle notizie di reato; individuano casi nei quali la partecipazione al dibattimento a distanza costituisce la regola (tali disposizioni entreranno in vigore dopo un anno dalla pubblicazione della riforma in Gazzetta Ufficiale); individuano principi e criteri direttivi di delega per la riforma dell'ordinamento penitenziario (specifici criteri riguardano le esigenze rieducative dei detenuti minori).

 

Il cronoprogramma per le riforme prevede l’approvazione definitiva del provvedimento entro dicembre 2015.

 

Lo stesso cronoprogramma prevede l’approvazione definitiva nel marzo 2016 del disegno di legge del Governo per il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti (AS 1687).

Il provvedimento, all’esame del Senato, trae origine dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie a partire dall'inizio della legislatura in materia di gestione dei beni confiscati e di misure di prevenzione. Il d.d.l. ripropone, nel proprio articolato, i contenuti della relazione conclusiva approvata dalla predetta Commissione, in ordine ad una revisione organica - sui temi in questione - del codice delle leggi antimafia di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011.

 

Tra le misure in corso d’esame per il contrasto alla criminalità organizzata e ai patrimoni illeciti si ricordano anche alcune proposte di legge (AC 1138 e abbinate) in materia di gestione di aziende sequestrate e confiscate attualmente all’esame della Camera.

 

L'emersione alla legalità dell'azienda mafiosa è pagata, in primis, dai dipendenti che spesso perdono il proprio posto di lavoro. Più in generale, la governance dell'azienda, sia nella fase giudiziaria che in quella sotto il controllo dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, incontra gravi difficoltà nel proseguire l'attività imprenditoriale. Il riordino della normativa attuata con il cd. Codice antimafia (D.Lgs. 159/2011) e con il suo correttivo (D.Lgs. 218/2012) non sembra, infatti, al momento avere risolto tali problematiche.

I provvedimenti all’esame della Camera propongono interventi di diversa natura finalizzati a porre rimedio alle illustrate problematiche che si trova ad affrontare la gestione dell'azienda sottratta al controllo della criminalità organizzata.

3.3.5. La riforma della giustizia tributaria

In relazione alla durata dei procedimenti di giustizia tributaria, il Governo rileva che, a fine 2014, il contenzioso pendente si è attestato al di sotto delle 600 mila cause (- 9,5% rispetto all'anno precedente). I dati al 30 giugno 2015 confermano la tendenza alla riduzione delle controversie tributarie complessivamente pendenti: -2,3% rispetto a fine 2014 e a -8,1 % rispetto al 30 giugno 2014. Per quanto riguarda i nuovi ricorsi tributari, nel 2014 il numero di quelli presentati in primo grado: -10,1 % rispetto al 2013.

 

Quanto alla informatizzazione del processo tributario, il Governo segnala che le comunicazioni processuali a mezzo PEC hanno anticipato, di fatto, l’attuazione dell’informatizzazione del processo tributario, introdotta dall'articolo 39, comma 8, del decreto-legge n. 98 del 2011. E’ stata inoltre avviata la prima fase del processo tributario telematico, che sarò operativo dal 1° dicembre 2015 nelle Commissioni tributarie provinciali e regionali di Toscana ed Umbria.

 

Si ricorda che lo schema di decreto legislativo recante la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario (Atto n. 184-bis), approvato in via definitiva, ha previsto il rafforzamento della tutela giurisdizionale del contribuente mediante l'estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso, l'estensione della tutela cautelare al processo tributario, l'immediata esecutività delle sentenze per tutte le parti, l'ampliamento della difesa personale e delle categorie di soggetti abilitati all’assistenza tecnica dinnanzi alle Commissioni tributarie nonché tramite l’incremento della funzionalità della giurisdizione tributaria.

Viene sancito il principio in base al quale le spese del giudizio tributario seguono la soccombenza.

Sono rafforzati gli istituti del processo telematico, quali la posta elettronica certificata (PEC) e il deposito telematico.

In materia di reclamo e mediazione, ferma restando la soglia di ventimila euro per accedere al reclamo, si chiarisce che il ricorso stesso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Viene altresì statuito che le controversie di valore indeterminabile non sono reclamabili, ad eccezione di alcune controversie in materia catastale. Rispetto alle norme vigenti, l'istituto viene esteso a tutti gli enti impositori.

La conciliazione viene resa esperibile per tutta la durata del giudizio di merito, anche mediante l’introduzione di disposizioni premiali che riducono l’entità delle sanzioni irrogabili.

3.4. Il settore bancario e finanziario

La Raccomandazione n. 4 invita l'Italia ad introdurre entro la fine del 2015 misure vincolanti per risolvere le debolezze che permangono nel governo societario delle banche, dare attuazione alla riforma concordata delle fondazioni e adottare provvedimenti per accelerare la riduzione generalizzata dei crediti deteriorati.

 

In particolare, nelle premesse del raccomandazioni di maggio, poi recepite dal Consiglio, la Commissione rilevava come dalla fine del 2008 la quota dei crediti deteriorati del settore bancario italiano fosse aumentata vertiginosamente, principalmente in relazione alle esposizioni delle banche verso le imprese e segnalava come il tasso di riassorbimento delle attività deteriorate fosse stato fino ad allora troppo lento. La Commissione ricordava altresì la normativa che affronta le debolezze del governo societario delle banche popolari, rilevando comunque come il ruolo delle fondazioni e quello delle piccole banche di credito cooperativo siano definiti mediante accordi di autoregolamentazione di natura non vincolante. In proposito segnala la necessità di ulteriori misure di ristrutturazione e consolidamento del settore bancario italiano per migliorare l'efficacia dell'intermediazione finanziaria e sostenere la ripresa economica.

In merito al ruolo delle fondazioni si rammenta che lo scorso 22 aprile è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra il Ministro dell’Economia e il Presidente dell’ACRI per la riforma della regolazione delle fondazioni bancarie che risponde alla necessità che le stesse svolgano il ruolo di azionista nel rispetto dell’autonomia delle banche partecipate e diversifichino i propri investimenti. A tal fine è stato stabilito che una fondazione non può concentrare più del 33% dell’attivo patrimoniale in un singolo soggetto (ad oggi, fra gli 88 enti che possiedono quote nelle banche, 67 hanno un livello di investimento in un solo soggetto pari al 40,5%).

Inoltre, il protocollo ha introdotto un divieto generale di indebitamento, salvo in caso di temporanee e limitate esigenze di liquidità, e non è più permesso l’uso di derivati se non per finalità di copertura.

In ogni caso, l’esposizione debitoria complessiva non può superare il dieci per cento della consistenza patrimoniale (secondo i dati relativi al 2013 sono 27 le fondazioni indebitate, di cui 5 sopra il tetto del 10%).

In relazione alla governance, l’organo di amministrazione, il presidente e l’organo di controllo durano in carica per un periodo massimo di quattro anni, rinnovabile una sola volta. Con il decreto legislativo n. 72 del 2015 il Governo ha recepito la direttiva 2013/36/UE sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento (c.d. ‘CRD IV’) modificando il Testo Unico Bancario e il Testo Unico della Finanza. Il decreto legislativo introduce requisiti di competenza e correttezza dei manager e dei partecipanti al capitale, pone limiti al cumulo degli incarichi, amplia i poteri di intervento e correttivi della Banca d’Italia, inserendo la possibilità di rimuovere uno o più esponenti del management della banca, quando la loro permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione della banca stessa e non sia possibile pronunciare la decadenza per perdita dei requisiti, prevede meccanismi per la segnalazione di eventuali violazioni normative da parte del personale delle banche e l’obbligo di astensione di soci e amministratori nelle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto. Infine, si passa ad un regime sanzionatorio volto in primis verso l’ente e si accompagna tale processo con un inasprimento delle sanzioni stesse.

A metà giugno 2015, la Banca d’Italia ha emanato le disposizioni secondarie di attuazione della riforma delle banche popolari (D.L. 3/2015). Con questo atto normativo è possibile avviare le operazioni societarie necessarie per darvi attuazione (in primo luogo le trasformazioni in S.p.A.) secondo le modalità previste dalla legge. Dall’entrata in vigore delle disposizioni secondarie decorre il termine di 18 mesi entro cui le banche popolari con attivo superiore a 8 miliardi devono assicurare l’adeguamento alla riforma. Le disposizioni della Banca d’Italia, secondo quanto previsto dalla legge, definiscono i criteri di determinazione del valore dell’attivo ai fini del rispetto della soglia massima di 8 miliardi di euro e le condizioni di limitazione del rimborso delle azioni del socio uscente, anche in caso di recesso a seguito della trasformazione della banca popolare in società per azioni.

A inizio luglio 2015 il Parlamento ha approvato la Legge di Delegazione europea 2014. Tra le norme recepite vi è la direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (la cosiddetta BRRD - Bank Recovery and Resolution Directive)[60].

È stata potenziata l’attività di contrasto al riciclaggio e alle infiltrazioni criminali nell’economia legale svolta dalla Banca d’Italia, attraverso più efficaci meccanismi di scambio di informazioni a livello europeo.

In merito alla riduzione dei crediti bancari deteriorati la Nota fa presente che nel mercato del credito emergono segnali di miglioramento. Si è attenuata la contrazione dei prestiti bancari alle imprese, mentre tornano in terreno positivo quelli alle famiglie, per la prima volta dall’agosto 2012. La politica di QE adottata dalla BCE ha consentito una diminuzione significativa del costo della raccolta bancaria, traducendosi in un graduale miglioramento del costo del credito. I tassi di interesse dei nuovi prestiti alle imprese sono scesi di oltre un punto percentuale rispetto a inizio 2014. Il differenziale rispetto ai tassi medi praticati nell’Area-Euro si è più che dimezzato rispetto ai livelli massimi raggiunti 2 anni fa.

Nel primo semestre 2015 la qualità del credito e la redditività dei maggiori gruppi bancari hanno mostrato segnali di miglioramento, tuttavia l’eredità della crisi è ancora pesante.

Lo smobilizzo dei crediti deteriorati è cruciale per liberare risorse da destinare al finanziamento dell’economia. Il MEF, insieme alla Banca d’Italia, sta discutendo possibili linee di azione con un dialogo continuo con la Commissione Europea, al fine di facilitare la creazione di un mercato per questo tipo di attività che finora ha visto transazioni sporadiche. Le nuove norme introdotte dal Governo sui fallimenti bancari e sulla deducibilità delle perdite sono utili per accelerare la pulizia dei bilanci e liberare risorse per la crescita dell’economia.

Con il D.L. 83/2015, il Governo ha modificato il regime di deducibilità ai fini IRES e IRAP delle svalutazioni crediti e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione introducendo, al posto della deducibilità annuale in misura di un quinto per ciascun anno, la deducibilità integrale di tali componenti negativi di reddito nell’esercizio in cui sono rilevati in bilancio. In questo modo si incentivano le imprese del credito a dismettere crediti incagliati così da alimentare il margine patrimoniale per la concessione di nuovo credito.

 

La nota dà poi conto di una serie di altre misure nel settore finanziario e per il supporto alle imprese.

Gli interventi volti a sostenere le imprese al fine di consentire loro un migliore accesso al credito e un maggiore accesso al mercato dei capitali esulano dal contenuto della raccomandazione in esame. A titolo meramente semplificativo si ricordano comunque i mini bond emessi da parte delle PMI, che hanno raggiunto i 5 miliardi di euro, i molteplici fondi di garanzia pubblici finalizzati a facilitare i finanziamenti bancari per attività di ricerca, innovazione e investimento, un complesso di nuove misure (facilitazioni e maggiore competitività in caso di concordato preventivo, un nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti nei confronti di creditori finanziari con una moratoria dei crediti, un’azione revocatoria semplificata per atti a titolo gratuito pregiudizievoli dei creditori, requisiti più stringenti per i curatori nel fallimento, rateizzazione del prezzo delle vendite, una serie di novità in materia di esecuzione forzata con la finalità di velocizzare le procedure) finalizzate a risolvere il problema dell'accesso al credito per le imprese.

Il monitoraggio definitivo sull’Accordo per il credito 2013, iniziativa attiva fino allo scorso 31 marzo, ha poi evidenziato che tra ottobre 2013 e marzo 2015 sono state circa 43.000 le domande di sospensione del pagamento delle rate di mutuo, per un controvalore complessivo di debito residuo pari a 14,6 miliardi e una maggior liquidità a disposizione delle imprese di 1,8 miliardi. Il nuovo Accordo per il credito 2015 tra l’ABI e tutte le altre Associazioni di Impresa ha di fatto prorogato il precedente fino al 31 dicembre 2017. Tale nuovo Accordo consente di sospendere anche i finanziamenti che hanno già beneficiato di tale strumento negli anni passati.

3.5. Il mercato del lavoro e l'educazione

La Raccomandazione n. 5 invita l’Italia ad adottare i decreti legislativi riguardanti la configurazione e il ricorso alla cassa integrazione guadagni, la revisione degli strumenti contrattuali, l'equilibrio tra attività professionale e vita privata e il rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro; promuovere, di concerto con le parti sociali e conformemente alle prassi nazionali, un quadro efficace per la contrattazione di secondo livello; nell'ambito degli sforzi per ovviare alla disoccupazione giovanile, adottare e attuare la prevista riforma della scuola e ampliare l'istruzione terziaria professionalizzante.

 

Con riferimento all’educazione, la Nota di aggiornamento del DEF ricorda innanzitutto l’approvazione della L. 107/2015, di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, stimando un conseguente impatto sul PIL dello 0,3% nel 2020 e del 2,4% nel lungo periodo.

 

Tra gli obiettivi della L. 107/2015 più strettamente collegati alla raccomandazione n. 5 del Consiglio UE vi sono quelli di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica - anche attraverso il potenziamento del tempo scuola e la definizione di un sistema di orientamento - e di incremento dell'alternanza scuola-lavoro. In particolare, per rafforzare il collegamento fra istruzione e mondo del lavoro, la L. 107/2015 ha previsto, fra l’altro:

·      una durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro - introdotti nell’ordinamento italiano con il d.lgs. 77/2005 - negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali e almeno 200 ore nei licei);

·      la possibilità di stipulare convenzioni finalizzate all’attivazione di tali percorsi anche con gli ordini professionali, i luoghi della cultura e gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI;

·      la possibilità di svolgere l’alternanza durante la sospensione delle attività didattiche, all’estero e anche con la modalità dell’impresa formativa simulata;

·      la costituzione presso le Camere di commercio, a decorrere dall’a.s. 2015/2016, del registro nazionale per l'alternanza scuola-lavoro;

·      l'adozione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro riconoscendo allo studente, tra l'altro, la possibilità di esprimere una valutazione sull'efficacia e sulla coerenza dell'esperienza in azienda con il proprio indirizzo di studio. Analogamente, al termine di ogni anno scolastico, il dirigente scolastico dovrà redigere una scheda di valutazione sulle strutture con le quali sono state stipulate convenzioni;

·      una maggiore integrazione fra i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e i percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale;

·       la possibilità per le scuole di dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità.

Il 7 settembre 2015 il MIUR ha comunicato la firma del decreto che stanzia 45 milioni di euro per l’attivazione dei laboratori territoriali.

In base al comunicato, i laboratori dovranno essere attivati da reti di almeno tre scuole con il coinvolgimento di almeno un ente locale e di un ente pubblico. La valutazione dei progetti terrà conto, in particolare, della capacità di favorire il rapporto con il mondo del lavoro e di contrastare la dispersione e diffondere le nuove competenze, fra cui quelle digitali. Il MIUR potrà erogare un contributo massimo di 750.000 euro per ciascuna struttura.

Secondo quanto dispone l’avviso pubblico, le istituzioni scolastiche ed educative che intendono presentare la propria manifestazione di interesse devono far pervenire la propria candidatura entro il 7 ottobre 2015.

·      la possibilità di iscrizione ai percorsi degli Istituti tecnici superiori (ITS) anche per gli studenti in possesso del diploma professionale conseguito al termine dei percorsi quadriennali di istruzione e formazione professionale (IeFP), purché integrato da un percorso di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) di durata annuale;

·      l’unificazione delle prove di verifica finale dei percorsi ITS dell’area della mobilità sostenibile – relativamente ad alcuni ambiti – con le prove di esame di abilitazione allo svolgimento della professione di Ufficiale di marina mercantile, di coperta e di macchina;

·      l’introduzione, fra i titoli richiesti ai tecnici abilitati per le attività di certificazione energetica degli edifici, del diploma di tecnico superiore relativo all’Area Efficienza energetica;

·       la partecipazione agli esami di Stato per le professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale anche dei soggetti in possesso di un diploma conseguito al termine dei percorsi ITS;

·      ulteriori interventi di promozione degli ITS, tra i quali: l’introduzione, dal 2016, di un meccanismo premiale per l’assegnazione di parte delle risorse finanziarie; la semplificazione delle procedure per lo svolgimento delle prove conclusive dei percorsi; la disponibilità di un patrimonio minimo per il riconoscimento della personalità giuridica.

Per consentire l’espansione dell’offerta formativa e l’attuazione dell’autonomia scolastica, la L. 107/2015 ha previsto l'istituzione dell'organico (docente) dell'autonomia, composto da posti comuni, posti di sostegno e – appunto - posti per il potenziamento dell'offerta formativa (i cui obiettivi sono, tra l’altro, oltre a quelli già ante indicati, il potenziamento dell'insegnamento linguistico in italiano e in altre lingue europee, e delle competenze matematiche, logiche e scientifiche, di musica e arte, giuridiche ed economiche, e digitali; l'alfabetizzazione e il perfezionamento dell'italiano come lingua seconda L2 per alunni e studenti di cittadinanza e/o di lingua non italiana) e l'avvio per l’a.s. 2015/2016 di un piano straordinario di assunzioni di docenti a tempo indeterminato.

Il piano - rivolto a vincitori ed idonei del concorso del 2012 e agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento ed articolato in varie fasi - è finalizzato, anzitutto, a coprire i posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili. Per lo stesso a.s. 2015/2016, si prevede poi la copertura di ulteriori posti destinati al potenziamento dell'offerta formativa e di ulteriori posti di potenziamento per il sostegno.

L’indizione delle procedure di assunzione secondo il Piano straordinario è avvenuta con DDG prot. n. 767 del 17 luglio 2015.

Qui le informazioni sullo svolgimento della procedura. Si veda anche la risposta del 18 settembre 2015 all’interpellanza urgente 2-01077.

 

Ulteriori interventi previsti dalla L. 107/2015 riguardano, fra l’altro:

§  l’obbligatorietà della formazione in servizio dei docenti in ruolo e l'istituzione della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione degli stessi, da utilizzare per acquisti o iniziative di carattere culturale.

Il 22 settembre 2015, il MIUR ha comunicato la firma del decreto ministeriale relativo all’attivazione della Carta elettronica: in particolare, il comunicato evidenzia che “In attesa della distribuzione materiale della Carta, i 500 euro saranno assegnati, per l’anno scolastico 2015/2016, con una erogazione diretta ai beneficiari”.

§  l'istituzione di un fondo per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo, le cui risorse saranno assegnate dal dirigente scolastico sulla base di criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti;

§  l’assegnazione ai dirigenti scolastici di nuove competenze – in particolare in tema di conferimento di incarichi triennali ai docenti a decorrere dall’a.s. 2016-2017 –, prevedendo, altresì, che la valutazione degli stessi debba essere connessa alla retribuzione di risultato;

§  l’incremento delle risorse per il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali e la definizione di una nuova tempistica per l’assegnazione.

Con nota prot. n.13439 dell'11 settembre 2015, il MIUR ha comunicato l’assegnazione delle risorse per il periodo settembre-dicembre 2015 e ha provveduto a fornire la comunicazione preventiva dell’importo del Fondo di funzionamento per il periodo gennaio-agosto 2016.

§  lo sviluppo delle competenze digitali, nell’ambito del quale si prevede l’adozione di un Piano nazionale per la scuola digitale, al fine di sviluppare e di migliorare le competenze degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in generale. Con riguardo all’attuazione del Piano, il cronoprogramma per le riforme della Nota di aggiornamento indica il periodo 2015-2018.

 

A livello di agevolazioni fiscali, la legge prevede:

§  un credito d'imposta del 65% per il 2015 e il 2016 e del 50% per il 2017 per chi effettua erogazioni liberali in denaro, nel limite massimo di € 100.000 per ogni periodo di imposta, per la realizzazione di nuove scuole, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e il sostegno a interventi per l'occupabilità degli studenti (c.d. school bonus);

§  una detrazione IRPEF, per un importo annuo non superiore a € 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché delle scuole paritarie e statali del secondo ciclo di istruzione.

 

Ulteriori disposizioni riguardano l'edilizia scolastica. In particolare, si prevede:

§  lo stanziamento di € 40 milioni per il 2015 per il finanziamento di indagini diagnostiche dei solai e dei controsoffitti degli edifici scolastici;

§  la realizzazione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell'incremento dell'efficienza energetica, della sicurezza strutturale e antisismica e caratterizzate da nuovi ambienti di apprendimento.

In base ad un comunicato stampa del MIUR del 7 agosto 2015, in occasione, nella stessa data, della presentazione dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha firmato i decreti concernenti l’assegnazione delle risorse per le indagini diagnostiche di solai e controsoffitti e per l’assegnazione dei fondi per la realizzazione di scuole innovative.

§  il recupero di risorse già stanziate e non utilizzate, ovvero di economie realizzate, da destinare sempre a interventi in materia di edilizia scolastica.

 

In risposta alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea, la Nota fa riferimento anche alla elaborazione del primo Rapporto di autovalutazione degli istituti scolastici.

Le finalità e la struttura del nuovo Sistema nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (SNV) sono state definite con DPR 80/2013. A seguire, con Direttiva n. 11 del 18 settembre 2014 sono state definite le priorità strategiche della valutazione del sistema educativo di istruzione per gli aa.ss. dal 2014/2015 al 2016/2017.

Il procedimento di valutazione si articola nelle fasi di autovalutazione delle istituzioni scolastiche, valutazione esterna, azioni di miglioramento, rendicontazione sociale.

Con nota 7904 del 1 settembre 2015 il MIUR ha reso noto che il 30 settembre 2015 il rapporto di autovalutazione di ogni scuola verrà pubblicato nell'apposita sezione del portale "Scuola in chiaro" dedicata alla valutazione.

Qui maggiori specifiche sul procedimento di valutazione.

 

Infine, il cronoprogramma per le riforme conferma quanto già indicato nel Documento di economia e finanze circa l’approvazione del Piano nazionale della Ricerca entro il 2015.

 

Per quanto concerne il mercato del lavoro, la Nota richiama in primo luogo i decreti attuativi della legge delega n.183/2014 (Jobs act), il cui processo di attuazione si è pertanto concluso.

 

I decreti legislativi sono:

·         il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, concernente una revisione della disciplina generale dei trattamenti di disoccupazione;

·         il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante la definizione di una disciplina, per i nuovi contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di tutele crescenti dal licenziamento in relazione all’anzianità di servizio;

·         il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, concernente la revisione e l’aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità delle lavoratrici ed a sostenere le cure parentali e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;

·         il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante la revisione della disciplina delle tipologie dei contratti di lavoro e di quella in materia di attribuzione di mansioni e di variazioni delle stesse.

·         il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 recante la revisione della disciplina degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, fondi di solidarietà bilaterali e contratti di solidarietà di tipo difensivo - la disciplina di questi ultimi confluisce, in base al medesimo decreto legislativo, nell'àmbito del trattamento straordinario di integrazione salariale e dei fondi suddetti -);

·         il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, recante l'istituzione di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività.

·         il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, recante riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. Il decreto, tra l'altro, istituisce l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL); ad essa spettano, in via di sintesi, funzioni di coordinamento, a livello nazionale, dei servizi pubblici per l'impiego e delle politiche di attivazione dei disoccupati, di accreditamento dei servizi per l'impiego privati, di gestione diretta di alcuni programmi, di assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali, di determinazione delle modalità operative e dell'ammontare dell'assegno individuale di ricollocazione. Quest'ultimo istituto è introdotto dal medesimo decreto legislativo; l'assegno può essere "speso" dal soggetto disoccupato presso un centro per l'impiego o un soggetto accreditato al fine di ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro;

·         il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, concernente la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti (relativi al rapporto di lavoro) a carico dei cittadini e delle imprese, nonché altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

 

La Nota di aggiornamento stima (ricalcando sul punto quanto già previsto dal Documento di economia e finanza 2015) che il complesso di tali decreti legislativi avrà un impatto positivo sul PIL pari allo 0,6% nel 2020 ed all'1,3% nel lungo periodo.

 

Tra le altre misure adottate in attuazione della Raccomandazione n. 5 la Nota fa riferimento all'implementazione del programma comunitario "Garanzia per i Giovani" (Youth Guarantee)[61], alla digitalizzazione della certificazione relativa al Documento unico di regolarità contributiva (DURC)[62] e alla revisione della disciplina dell’apprendistato[63].

La Nota fa inoltre riferimento, come misura inerente all'attuazione della Raccomandazione n. 5, alla "contrattazione tra le parti sociali sulla rappresentatività dei sindacati e sul rafforzamento della contrattazione decentrata[64].

Merita segnalare, infine, che la Nota reca un ampio focus relativo al “Miglioramento del mercato del lavoro”.

 

In tale sezione il Documento rileva che nel primo semestre del 2015 gli occupati sono aumentati dello 0,8% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente, con un incremento tendenziale pari allo 0,9% nel secondo trimestre, e che al miglioramento dell’occupazione hanno contribuito lo sgravio contributivo summenzionato, i primi effetti dei citati decreti legislativi in materia di lavoro ed una ripresa della produzione, "lievemente più rapida del previsto". Nel suddetto primo semestre del 2015, il tasso di disoccupazione si è attestato al 12,4% per cento; esso risulta in diminuzione - osserva la Nota - anche nel Mezzogiorno (-0,2 punti percentuali), dopo oltre 3 anni di incrementi consecutivi.

In particolare, secondo il Documento, l’elevata reattività dell’occupazione rispetto alle variazioni del PIL si spiega, almeno in parte, con il fisiologico recupero della domanda di lavoro dopo una prolungata fase di recessione e "sembra essere associata ad una maggiore flessibilità dei salari e ad una più elevata efficienza del mercato del lavoro". A quest'ultimo riguardo, la Nota sottolinea che "una maggiore efficienza del mercato del lavoro è testimoniata dalla riduzione del rapporto tra persone in cerca di lavoro e posti vacanti nel settore privato non agricolo, che si è ridotto di circa un terzo rispetto al picco raggiunto a metà del 2013".

In merito alla tipologia dei rapporti di lavoro, la Nota osserva, da un lato, che lo sgravio contributivo ed i primi effetti dei decreti legislativi hanno contribuito all'incremento - verificatosi nel primo semestre del 2015 - del rapporto percentuale tra i nuovi contratti a tempo indeterminato ed il totale dei nuovi contratti di lavoro; tale rapporto si è attestato intorno al 18-19%, mentre negli anni precedenti era diminuito fino al 15%. Dall'altro lato, il rapporto tra il numero complessivo di lavoratori con contratto a tempo indeterminato ed il totale dei lavoratori - dato che riflette naturalmente anche i flussi di cessazione dei rapporti - risulta, nel primo semestre del 2015, ancora in lieve flessione (-0,3% rispetto allo stesso periodo del 2014).

Riguardo alla scomposizione per fasce anagrafiche, il Documento rileva che le recenti variazioni positive del numero degli occupati si riflettono, sostanzialmente, solo nella fascia di lavoratori con più di 54 anni di età, anche a causa dell'elevamento dei requisiti per il pensionamento, previsto dalla cosiddetta riforma Fornero (di cui all'art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni). Tuttavia - ricorda la Nota -, nel secondo trimestre del 2015, per "la fascia degli occupati 35-54 anni" si è registrato "per la prima volta dalla metà del 2012" un incremento - sia pur lieve - del numero di occupati (+0,1 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2014).

La Nota fa altresì riferimento allo sgravio contributivo concernente i contratti a tempo indeterminato stipulati entro il 31 dicembre 2015 (sgravio di cui ai commi 118 e seguenti dell'art. 1 della L. 23 dicembre 2014, n. 190). Si ricorda che il beneficio consiste nell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL), nel limite di 8.060 euro su base annua e per un periodo massimo di 36 mesi (il beneficio si applica con misure, condizioni e modalità di finanziamento specifiche nel settore agricolo, mentre non è riconosciuto per i contratti di apprendistato e nel settore del lavoro domestico).

 

Per quanto riguarda, specificamente, il lavoro pubblico, la Nota richiama innanzitutto la recente approvazione della legge delega n. 125 del 2015, che segna l’avvio di un vasto processo di riforma della pubblica amministrazione, la cui conclusione, con l’adozione di tutti i decreti legislativi di attuazione, è prevista entro dicembre 2015.

La Nota stima che il complesso di tali decreti legislativi avrà un impatto positivo sul PIL pari allo 0,4% nel 2020 ed all'1,2% nel lungo periodo.

Con specifico riferimento al pubblico impiego, nell’ambito delle misure adottate in relazione alla Raccomandazione n. 3 del Consiglio europeo, la Nota richiama le misure assunte per l’efficientamento della dotazione organica della P.A. In particolare, la Nota ricorda che si è conclusa la fase di raccolta delle informazioni sulle dotazioni organiche; sono state definite le tabelle di equiparazione del personale, nell’ambito degli ordinamenti professionali dei diversi comparti, al fine di agevolare i percorsi di mobilità interna; sono state adottate varie misure per la ricollocazione del personale delle Province presso Regioni ed enti locali.

Nell’ambito dello scenario programmatico, infine, la Nota richiama la recente sentenza della Corte costituzionale n. 178/2015 che ha dischiarato l’illegittimità del blocco dei trattamenti economici dei dipendenti pubblici, osservando che le stime, costruite secondo il criterio della legislazione vigente, non considerano gli oneri che deriveranno dalla ripresa della dinamica retributiva nel pubblico impiego, per i quali si dovranno effettuare specifici appostamenti di bilancio.

3.6. Le semplificazioni e la concorrenza

La Raccomandazione n. 6 invita l’Italia ad attuare l'«Agenda per la semplificazione 2015-2017» al fine di snellire gli oneri amministrativi e normativi; adottare misure finalizzate a favorire la concorrenza in tutti i settori contemplati dal diritto della concorrenza e intervenire in modo deciso sulla rimozione degli ostacoli che ancora permangono; garantire la rettifica entro la fine del 2015 dei contratti di servizi pubblici locali che non ottemperano alle disposizioni sugli affidamenti «in-house».

3.6.1. Le misure di semplificazione amministrativa

Tra le condizioni che il Governo considera indispensabili per sostenere l’ambiente imprenditoriale e l’operare dei cittadini figurano le misure di semplificazione amministrativa, che già nel PNR di aprile 2015 erano indicate parte integrante delle azioni necessarie per recuperare il ritardo competitivo dell’Italia.

A tale riguardo, nella Nota di aggiornamento, in risposta alla raccomandazione n. 6 del Consiglio europeo, il Governo evidenzia il consolidamento dell’azione di riduzione degli oneri amministrativi, richiamando innanzitutto lo stato di avanzamento nell’attuazione dell’“Agenda per la semplificazione per il 2015-2017”, con la quale il Governo, le regioni, i comuni, le province e le città metropolitane si sono assunti un comune impegno ad assicurare l’effettiva realizzazione degli obiettivi individuati, nonché alla definizione di alcuni interventi di settore.

In particolare, il Governo indica i risultati del secondo report pubblicato dal ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione (MIPA), sullo stato di attuazione dell’Agenda (il primo era aggiornato al 30 aprile), dal quale risulta che al 31 agosto 2015 sono state rispettate 36 su 40 (pari al 90%) delle scadenze previste dalla Agenda e dalla pianificazione di dettaglio delle attività.

 

Si ricorda che l’Agenda raccoglie 37 azioni che riducono tempi e oneri burocratici, organizzate in 5 aree tematiche: Cittadinanza digitale, Welfare e salute, Fisco, Edilizia e Impresa. Con l’Agenda il Governo, le Regioni, i Comuni, le Province e le Città Metropolitane si sono assunti un comune impegno ad assicurare l’effettiva realizzazione degli obiettivi individuati, nonché a definire alcuni interventi di settore.

Per ogni azione l’Agenda individua tempi di realizzazione, amministrazioni coinvolte e risultati attesi. È inoltre previsto un calendario dettagliato delle attività, che fissa, per ciascuna misura, precise scadenze e responsabilità.

 

Tra i risultati raggiunti, il Governo richiama la predisposizione della modulistica standardizzata relativa ai titoli abilitativi edilizi.

In particolare, è stata completata l’adozione da parte di tutte le Regioni a statuto ordinario dei moduli semplificati e standardizzati per l’edilizia più utilizzati dai cittadini (CIL e CILA).

Altri risultati indicati come prossimi alla realizzazione sono l’adozione da parte delle Regioni del modulo unico per l’autorizzazione unica ambientale (AUA), dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 30 giugno 2015, mentre il modulo della denuncia di inizio attività (DIA) alternativa al permesso di costruire è stato approvato in Conferenza Unificata.

 

L’art. 24, comma 3, del D.L. 90/2014 ha previsto la conclusione, tra Governo, regioni ed enti locali, in sede di Conferenza unificata, di accordi per l’adozione di una modulistica unificata e standardizzata su tutto il territorio nazionale per la presentazione alle pubbliche amministrazioni regionali e agli enti locali di istanze, dichiarazioni e segnalazioni con riferimento all'edilizia e all'avvio di attività produttive.

In attuazione di tale disposizione, nella G.U. del 19 febbraio 2015 è stato pubblicato l’accordo 18 dicembre 2014 tra il Governo, le regioni e gli enti locali, concernente l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione della comunicazione di inizio lavori (CIL) e della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per gli interventi di edilizia libera. Tale accordo fissa un termine di 60 giorni per l’adeguamento da parte di regioni e comuni, vale a dire entro il 16 febbraio 2015[65].

Si segnala che in precedenza era stato pubblicato (G.U. n. 161 del 14 luglio 2014, supplemento ordinario n. 56) l'accordo siglato in data 12 giugno 2014, tra Governo, regioni ed enti locali, concernente l'adozione di moduli unificati e semplificati per la presentazione dell'istanza del permesso di costruire e della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) in edilizia.

 

In relazione alla semplificazione fiscale, il Governo segnala l’operatività della dichiarazione dei redditi precompilata per dipendenti e pensionati, l’attivazione del servizio di prenotazione dell’assistenza fiscale e il potenziamento del canale telematico di assistenza fiscale.

 

Al riguardo si ricorda che il decreto legislativo n. 175 del 2014 reca norme in materia di semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata, in attuazione delle prescrizioni della legge di delega fiscale che impongono - tra l'altro - la revisione e il riordino dei regimi fiscali, nonché la semplificazione e lo snellimento degli adempimenti dei contribuenti.

Tra le misure previste, si ricorda l’introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata, la revisione della disciplina concernente i rimborsi IVA e lo snellimento degli adempimenti connessi ad operazioni intracomunitarie e con i Paesi esteri. Sono state introdotte norme in materia di società in perdita e di responsabilità solidale negli appalti. Il decreto legislativo ha altresì innovato profondamente la materia dei compensi, del ruolo e della responsabilità dei soggetti che svolgono assistenza fiscale (in particolare, dei CAF). In particolare, sono modificati i requisiti necessari per lo svolgimento dell'attività di CAF e società che svolgono assistenza fiscale, al fine di garantirne l'idoneità tecnico-organizzativa.

 

Inoltre, le azioni dell’Agenda per la semplificazione sono rafforzate dalla approvazione della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (Legge 7 agosto 2015, n. 124) che contiene alcune misure di semplificazione con immediata applicazione. Due sono le novità più significative al riguardo.

Da un lato, l’introduzione del nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazione pubbliche e gestori di pubblici servizi (articolo 3). Esso trova applicazione nelle ipotesi in cui per l’adozione di provvedimenti normativi o amministrativi sia prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni e/o servizi pubblici. Questi ultimi sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni all'amministrazione proponente entro 30 giorni (suscettibili di interruzione per una sola volta), decorsi inutilmente i quali, l’assenso, il concerto o il nulla osta s'intende acquisito.

Dall’altro, la legge interviene direttamente anche in materia di autotutela amministrativa, delimitando meglio i poteri dell’amministrazione nei confronti dei privati in seguito all’avvio dell’attività sulla base di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Per effetto delle modifiche introdotte, inoltre, si circoscrive il tempo entro il quale l’amministrazione può annullare d’ufficio i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, specificando che si possa agire entro diciotto mesi al massimo, salvo che si tratti di provvedimenti conseguiti sulla base di dichiarazioni false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato.

Per quanto riguarda, invece, le deleghe contenute nella legge n. 124/2015 tese a semplificare i procedimenti amministrativi, il Governo, nelle more dell’adozione dei decreti delegati, richiama il fatto di aver proceduto ad istruire le proposte di riforma della Conferenza dei servizi per tagliare i tempi delle decisioni pubbliche e delle autorizzazioni per le attività d’impresa.

 

Si ricorda, al riguardo, che la legge n. 124/2015 delega il Governo:

§  a riordinare la disciplina della conferenza di servizi in modo da: ridurre i casi di convocazione obbligatoria; semplificare e rendere più celeri i tempi della conferenza, anche attraverso l'utilizzo di strumenti informatici; rivedere i meccanismi decisionali, con la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse, di meccanismi di silenzio assenso e di superamento del dissenso; introdurre modelli di istruttoria pubblica, per garantire la partecipazione degli interessati al procedimento; nonché introdurre strumenti di composizione degli interessi pubblici in caso di partecipazione di amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità (articolo 2);

§  ad operare una ricognizione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività, di silenzio assenso, di autorizzazione espressa dell'amministrazione, e di comunicazione preventiva del privato, i cui ambiti di applicazione risultano incerti, ed a dettare una disciplina generale delle attività non soggette ad autorizzazione preventiva espressa (articolo 5).

È infine previsto un regolamento di delegificazione per la semplificazione ed accelerazione dei procedimenti amministrativi relativi a rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale o avvio di attività imprenditoriali.

 

Tra gli altri interventi di settore, oltre a quelli già indicati, il PNR di aprile 2015 considerava inoltre quale veicolo per la realizzazione di un cambiamento del sistema agricolo - sostenuto in misura prevalente dalle risorse provenienti dalla politica agricola comune (PAC) - la semplificazione e la riduzione degli adempimenti per le aziende relative alla gestione della PAC 2014-2020, sia sul versante dei pagamenti diretti che dello sviluppo rurale, nonché dell’efficacia dei controlli sull’erogazione delle forme di incentivazione al settore. La semplificazione veniva finalizzata alla riduzione del rischio di correzioni finanziarie da parte dell’Unione europea.

Misure di semplificazione in tal senso sono state introdotte con il DM Mipaaf 12 gennaio 2015, n. 162, approvato d'intesa tra Stato - Regioni, e il DM 20 marzo 2015 n. 1922 che costituiscono, nella sostanza, la base normativa che sostiene il «Piano Agricoltura 2.0» avviato il 23 marzo scorso.

Nella Nota di aggiornamento i provvedimenti in materia di attuazione e semplificazione della PAC sono infatti considerati realizzati a marzo 2015.

La Nota di aggiornamento opera poi un richiamo all’assistenza tecnica, i cui contenuti saranno riorientati in modo da privilegiare la consulenza aziendale, sia nel settore zootecnico sia nel settore agronomico.

Al riguardo, il disegno di legge collegato agricolo delega il Governo al riordino dell’assistenza tecnica agli allevatori e alla revisione della disciplina della riproduzione animale(A.C. 3119, articolo 9). Lo stesso disegno di legge interviene sul sistema consulenza aziendale in agricoltura (introdotto dal D.L. n. 91/2014, articolo 1-ter ai sensi della nuova disciplina PAC Reg. (UE) n. 1306/2013), precisandone gli ambiti operativi (articolo 1).

3.6.2. Le politiche per la concorrenza

Il disegno di legge sulla concorrenza (A.C. 3012), attualmente all’esame dell'Assemblea della Camera, è il primo disegno di legge annuale per la concorrenza e l’apertura dei mercati, ed è volto alla rimozione degli ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, nella promozione della concorrenza e nella garanzia della tutela dei consumatori, anche in applicazione dei principi del diritto dell’Unione europea, nonché delle politiche europee in materia di concorrenza.

L’adozione di una legge annuale per il mercato e la concorrenza è stata prevista dall'articolo 47 della legge 23 luglio 2009, n. 99 con le specifiche finalità di porre in atto un’attività periodica di rimozione dei tanti ostacoli e freni, normativi e non, che restano nei mercati dei prodotti e dei servizi, sulla base delle specifiche indicazioni dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato.

Al riguardo il Governo specifica di aver dato attuazione, almeno parziale, alla segnalazione dell'Autorità del luglio 2014, che, proprio ai fini della predisposizione del disegno di legge annuale per la concorrenza, evidenzia gli ambiti di mercato ove sono presenti tuttora barriere alla competizione, in cui la trasparenza è insufficiente o la domanda è ingessata, anche alla luce delle raccomandazioni della Commissione Europea e delle altre istituzioni internazionali in tema di concorrenza e apertura dei mercati.

Il citato disegno di legge sulla concorrenza recepisce le proposte contenute dalla segnalazione dell'AGCM, in alcuni casi introducendo norme di portata anche più ampia rispetto agli obiettivi della segnalazione.

In particolare, il disegno di legge reca norme in materia di assicurazioni intervenendo sulla disciplina delle polizze RC auto e anche per contrastare le frodi assicurative. Con riguardo al settore delle comunicazioni si interviene nei contratti per servizi di telefoni, televisivi e di comunicazioni elettroniche; inoltre viene istituito il Registro dei soggetti che utilizzano indirettamente risorse nazionali di numerazione e si prevede l'utilizzo del Sistema Pubblico dell'Identità Digitale (SPID). Con riferimento ai pagamenti digitali, si introduce la possibilità di utilizzare la bigliettazione elettronica. Con riguardo al settore cinematografico, sono attribuiti alcuni poteri all'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Con riferimento ai servizi postali è soppressa, a decorrere dal 10 giugno 2016, l'attribuzione in esclusiva alla società Poste italiane S.p.A. (quale fornitore del Servizio universale postale) dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni del codice della strada. Con riferimento al settore energetico si elimina, a partire dal 2018, il regime di "maggior tutela" che opera transitoriamente nei settori del gas e dell’energia elettrica. Si interviene anche con specifico riguardo alla distribuzione dei carburanti. Nel corso dell'esame parlamentare, è stata inserita una norma che riguarda l'accesso da parte dei produttori al mercato di gestione autonoma degli imballaggi.

Con riguardo ai servizi professionali si è intervenuti nelle società tra avvocati e nella professionale notarile. In materia di servizi bancari, si è intervenuti nel contenimento delle tariffe telefoniche per l’assistenza al cliente e più concorrenzialità per le polizze connesse all’erogazione dei finanziamenti. Con riguardo al settore della distribuzione farmaceutica si consente l'ingresso di società di capitali nella titolarità dell'esercizio della farmacia privata e si rimuove il limite delle quattro licenze, attualmente previsto, in capo ad una stessa società.

In materia di trasporti si interviene nella disciplina dei rimborsi per i fruitori d servizi di linea di trasporto passeggeri su gomma o rotaia e di trasporto marittimo e si inseriscono i velocipedi nelle tipologie di veicoli che possono effettuare servizi pubblici non di linea di noleggio con conducente.

3.6.3. I servizi pubblici locali

Per quanto riguarda il richiamo dell’Unione europea al rispetto dei contratti di servizi pubblici locali alla normativa sugli affidamenti “in house”, il Governo non indica nella Nota di aggiornamento elementi di novità rispetto a quanto già previsto nel PNR di aprile 2015.

La riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica prosegue la fase di avanzamento dopo l’approvazione ad agosto 2015 della citata legge di riforma della pubblica amministrazione (L. 124/2015), che delega il Governo a riordinare la disciplina generale in materia di regolazione e di organizzazione dei servizi, compresa la definizione dei criteri per l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi, in base ai princìpi di concorrenza, adeguatezza, sussidiarietà, anche orizzontale, proporzionalità e in conformità alle direttive europee.

 

In sede di attuazione della delega legislativa, l’Esecutivo dovrà in particolare prevedere:

§  meccanismi di premialità o di riequilibrio economico-finanziario nei rapporti con i gestori per gli enti locali che favoriscono l'aggregazione delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza, ovvero l'eliminazione del controllo pubblico;

§  criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini e sulle imprese;

§  modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali, inclusi strumenti di tutela non giurisdizionale e forme di consultazione e partecipazione diretta;

§  introduzione e potenziamento di forme di consultazione dei cittadini e di partecipazione diretta alla formulazione di direttive alle amministrazioni pubbliche e alle società di servizi sulle qualità e sui costi degli stessi; tale criterio di delega, introdotto con un emendamento approvato nel corso dell'esame in sede referente, è in gran parte contenuto anche nella precedente previsione; - una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e controllo (il riferimento al controllo è stato introdotto da un emendamento approvato in sede referente) e le funzioni di gestione dei servizi, anche attraverso la modifica della disciplina sulle incompatibilità o sull’inconferibilità di incarichi o cariche;

§  una revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di subentro;

§  l'attribuzione dei poteri di regolazione e controllo tra i diversi livelli di governo e le autorità indipendenti;

§  strumenti per la trasparenza e la pubblicizzazione dei contratti di servizio, relativi a servizi pubblici locali di interesse economico generale, da parte degli enti affidanti anche attraverso la definizione di contratti di servizio tipo per ciascun servizio pubblico locale di interesse economico generale criterio introdotto nel corso dell'esame in sede referente;

§  strumenti di rilevazione, anche attraverso banche dati nazionali già costituite, dei dati economici, industriali, degli obblighi di servizio pubblico imposti e degli standard di qualità, nel rispetto dei principi dettati dalla normativa nazionale in materia di trasparenza, criterio introdotto nel corso dell'esame in Commissione;

§  una disciplina transitoria per l'adeguamento degli attuali regimi alla nuova disciplina e la definizione del regime delle sanzioni e degli interventi sostitutivi, in caso di violazione della disciplina in materia.

 

Il Governo ritiene di approvare il decreto attuativo entro dicembre 2015.

Nella Raccomandazione si evidenzia in particolare l’esigenza di garantire la rettifica, entro la fine del 2015, dei contratti di servizi pubblici locali che non ottemperano alle disposizioni sugli affidamenti ‘in-house’.

 

Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 8 della legge n. 115 del 2015 (sostituendo il comma 22 dell'articolo 34 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179) è intervenuto in merito agli affidamenti diretti alla data del 31 dicembre 2004 – a seguito delle procedure di infrazione UE n. 2012/2050 e 2011/4003 - prevedendo che:

a) nel caso di società a partecipazione pubblica già quotate in mercati regolamentati a tale data e a quelle da esse controllate gli affidamenti cessano:

-     alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto;

-     improrogabilmente entro il 31 dicembre 2020 se gli affidamenti non prevedono una data di scadenza;

b) nel caso di società poste, successivamente al 31 dicembre 2004, sotto il controllo di società quotate a seguito di operazioni societarie effettuate in assenza di procedure conformi ai principi e alle relative disposizioni dell'Unione europea, gli affidamenti cessano:

-     alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto, se anteriore al 31 dicembre 2018;

-     improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante il 31 dicembre 2018.

 

4. APPROFONDIMENTI

4.1. Il piano di valorizzazione del patrimonio pubblico e le privatizzazioni

4.1.1. I proventi da privatizzazioni

Lo strumento delle privatizzazioni, al quale si fa espresso riferimento anche nella Raccomandazione n.1 della Commissione[66], rientra nell’ambito delle misure volte alla sostenibilità delle finanze pubbliche, con particolare riguardo alle politiche volte alla riduzione del debito.

Nel percorso di riduzione del debito esposto nel quadro programmatico della Nota di aggiornamento DEF 2015, che nel quadriennio 2015-2018 è previsto decrescere di oltre 9 punti percentuali di PIL (dal 132,8 per cento al 123,7 per cento) è infatti previsto un significativo concorso dei proventi da privatizzazioni pari, per ciascuno degli anni considerati, allo 0,43% di PIL nel 2015 e poi allo 0,5% annuo nel triennio 2016-2018. Per questo aspetto, anzi, la Nota prefissa obiettivi lievemente più ambiziosi in termini di proventi attesi rispetto al Documento di economia e finanza 2015, nel quale per il 2015 sono iscritte entrate per lo 0,41 % di PIL (0,43 nella Nota) e per il 2018 pari allo 0,3 (ora 0,5 per cento).

 

Va peraltro rammentato come il conseguimento degli obiettivi programmatici affidati allo strumento in esame non sia risultato esente da difficoltà negli ultimi anni, atteso che il DEF 2013 includeva nel percorso di riduzione del debito ivi previsto un concorso delle privatizzazioni per il quinquennio 2013-2017 pari a circa 1 punto percentuale di PIL annuo; successivamente nel DEF 2014 tale concorso veniva diminuito a 0,7 punti percentuali di PIL per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017, obiettivo poi ulteriormente circoscritto (nella Nota di aggiornamento) per il 2014 ad un importo pari a poco meno dello 0,3 per cento; infine tali obiettivi sono stati poi da ultimo ridimensionati dal DEF 2015 per il periodo 2015-2017 ove risultano stabiliti in 0,41 punti percentuali di PIL nel 2015 e 0,5 punti percentuali per il biennio successivo.

 

Nella tavola seguente sono sintetizzati i risultati raggiunti nell’anno 2014 e gli obiettivi prefissati per il 2015 nei precedenti documenti di programmazione e confermati dalla Nota di aggiornamento. Come precisa quest’ultima, il valore dei proventi 2015 è inclusivo del rimborso integrale dei Monti bond da parte di MPS, anticipato nell’anno in corso contro l’iniziale previsione di pagamento rateizzato nel triennio 2015-2017:

Tabella 24. Proventi da privatizzazione 2014 e 2015 a legislazione vigente

 

2014

2015

Importi

In %di PIL

Importi

In % di PIL

Partecipazioni dirette dismissioni immobiliari e altri proventi finanziari realizzati

3 mld

0,2

3,4 mld

0,2

Partecipazioni indirette

3,2 mld

0,2

 

 

Totale proventi realizzati

6,2 mld

0,4

3,4 mld

0,2

Obiettivo

 

0,4

 

0,4

 

Per raggiungere l’obiettivo del 2015, considerando le operazioni già concluse e le attuali previsioni di crescita del PIL, la Nota osserva che le transazioni in corso dovrebbero produrre proventi per almeno 3,7 miliardi.

4.1.2. La dismissione e la valorizzazione del patrimonio pubblico

Si rammenta che la legge di stabilità 2014 ha previsto la definizione da parte del Governo di un programma straordinario di cessioni di immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali. Tale programma avrebbe dovuto consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui. Sulla base dei dati esposti, le operazioni di vendita straordinaria di immobili pubblici hanno reso 498 milioni di euro nel 2013 e 235 milioni nel 2014. L'obiettivo del Governo era quello di realizzare uno smobilizzo del patrimonio in tempi rapidi, attraverso l'utilizzo della liquidità a disposizione di Cassa Depositi e Prestiti nonché garantire condizioni di vendita adeguate, che non potrebbero essere altrimenti assicurate in un mercato immobiliare in grave difficoltà.

Nel corso del 2014 il D.M. 19 dicembre 2014 di tale anno ha poi autorizzato l'Agenzia del demanio a vendere, entro il 31 dicembre 2014, determinati immobili statali, elencati nel provvedimento. Altri due decreti del 23 dicembre hanno autorizzato alcuni enti territoriali, la Croce Rossa e l'INAIL a vendere determinati immobili da loro individuati. La Cassa Depositi e Prestiti Investimenti SGR (FIV – Comparto Extra) nel dicembre 2014 ha acquisito 26 immobili, di cui 16 dallo Stato e 10 dagli altri enti, per un importo totale pari a circa 240 milioni di euro. Si segnala sul punto che la Nota di aggiornamento al DEF 2015 afferma che CDP ha rivenduto nel corso del 2015 sei immobili in precedenza acquistati da amministrazioni pubbliche, il cui prezzo di cessione è stato pari a 125,5 milioni.

Successivamente la legge di stabilità 2015 ha previsto la possibilità di vendere determinati immobili pubblici a trattativa privata tramite una procedura ristretta, più concorrenziale, alla quale sono invitati a partecipare e a presentare offerte dei soggetti qualificati in possesso di requisiti e caratteristiche da stabilire con decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze in relazione alla singola procedura di dismissione. Con il decreto 20 luglio 2015 sono stati individuati gli investitori qualificati da ammettere a queste procedure ristrette.

 

Si tratta in particolare di: imprese di investimento, banche, società di gestione del risparmio, società di investimento a capitale variabile ovvero a capitale fisso; forme pensionistiche complementari; imprese di assicurazione; società immobiliari di investimento quotate; fondi sovrani; imprese edili e imprese turistico-alberghiere; forme di aggregazione tra i soggetti prima citati, quali società di scopo partecipate in via maggioritaria dai predetti soggetti, raggruppamenti temporanei di concorrenti, consorzi ordinari di concorrenti, anche in forma di società, reti di impresa, gruppi europei di interesse economico (GEIE), altri investitori istituzionali la cui attività principale è investire in proprio in immobili ed iniziative del settore immobiliare; fondazioni di origine bancaria.

 

L'obiettivo dichiarato dal Governo nel DEF 2015 è di realizzare introiti non inferiori a 220 milioni nel 2015 e a 100 milioni in ciascuno degli anni 2016 e 2017 attraverso la dismissione degli immobili del Ministero della difesa non più utilizzati per finalità istituzionali (alloggi di servizio e altri immobili).

La Nota di aggiornamento al DEF 2015. afferma che al fine di realizzare tali introiti, il Ministero della difesa ha messo a disposizione alcuni immobili già valorizzati e disponibili per la vendita. Attualmente sono in corso contatti con gli investitori e, in particolare, con Cassa Depositi e Prestiti per concludere le operazioni di vendita entro la fine del corrente anno. Essa inoltre conferma l’importanza del Piano di valorizzazione del patrimonio pubblico, il quale, congiuntamente alla vendita di partecipazioni azionarie, è volto a reperire risorse aggiuntive da destinare alla riduzione del debito e al finanziamento degli investimenti

 

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia del Demanio con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno inoltre avviato il progetto ‘Proposta Immobili 2015' per coinvolgere attivamente gli Enti territoriali e gli altri soggetti del settore pubblico nell'individuazione di portafogli immobiliari di proprietà pubblica da utilizzare per operazioni di valorizzazione e dismissione. La prima fase si è conclusa il 31 maggio con l'individuazione di 686 immobili candidati da Regioni, Province, Comuni e altri Enti pubblici: castelli, ville, ex caserme, ex ospedali, scuole, teatri, conventi, palazzi, edifici storici, alberghi, impianti sportivi, per un valore complessivo di circa 2,7 miliardi. Il portafoglio immobiliare è stato successivamente frazionato in portafogli omogenei per essere destinato alla vendita o valorizzazione attraverso i diversi canali previsti dalla normativa (asta pubblica, procedura ristretta, vendita a trattativa diretta, conferimento in fondi immobiliari gestiti da INVIMIT).

 

Si ricorda che INVIMIT SGR (Investimenti Immobiliari Italiani, Società di gestione del risparmio) ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio pubblico attraverso quattro fondi diretti (i3-Inail, i3- Regione Lazio, i3-Inps, i3-Università), il Fondo Stato/Difesa e il Fondo dei fondi ‘i-3 Core’. La Nota di aggiornamento al DEF 2015 afferma che è stata conclusa la procedura di apporto di immobili pubblici ai fondi relativi a INAIL e Regione Lazio, che risultano in tal modo pienamente operativi. In particolare, secondo i dati del business plan, gli immobili pubblici apportati hanno un valore pari, rispettivamente, a 67 e 73 milioni. Con decreto del MEF è stato inoltre avviato il Fondo Stato/Difesa, a cui verranno apportati immobili dismessi dal Ministero della difesa e da altre amministrazioni dello Stato. L’INVIMIT è inoltre coinvolta, attraverso il comparto territorio del Fondo di fondi i3-Core, nel processo di dismissione degli immobili delle province, che dovrebbe fornire a queste ultime la liquidità necessaria a gestire il delicato processo di transizione verso il nuovo assetto istituzionale.

 

Sempre in tema di dismissioni va rammentato che a norma del decreto legislativo n. 85 del 2010, concernente il federalismo demaniale, continua la procedura di individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città metropolitane e regioni, che ne dispongono nell'interesse della collettività rappresentata favorendone la "massima valorizzazione funzionale". L'articolo 56-bis del D.L. n. 69 del 2013 ha rinnovato la procedura di trasferimento di beni immobili, demaniali o patrimoniali, di proprietà dello Stato, attribuendo agli enti territoriali la possibilità, entro un periodo determinato, di richiedere all'Agenzia del demanio l’attribuzione di tali beni, eccetto alcune tipologie specificamente indicate. La Nota di aggiornamento al DEF 2015 afferma che al 28 agosto 2015 l’Agenzia del Demanio ha completato al 50 per cento il trasferimento a titolo gratuito e in via definitiva di 2.578 beni su 5.628 domande accolte su tutto il territorio nazionale.

Per quanto riguarda infine il trasferimento dei beni appartenenti al demanio storico-artistico (articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 85 del 2010) la Nota informa che i tavoli tecnici attivi tra i comuni richiedenti e il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo per la definizione di programmi di valorizzazione con finalità culturali sono 227. Su 133 programmi presentati dagli Enti locali, ne sono stati approvati 87 mentre si è concluso l’iter di trasferimento per 48 immobili definitivamente devoluti ai comuni.

4.1.3. Le privatizzazioni

Come si è esposto all’inizio del paragrafo, nel DEF 2015 è previsto un significativo concorso dei proventi da privatizzazioni al percorso di riduzione del debito. La Nota di aggiornamento espone alcune indicazioni circa le numerose procedure in corso a tali fini, segnalando in primo luogo come, siano ancora in fase di definizione le operazioni di cessione relative a Grandi Stazioni e Cento Stazioni, società entrambe partecipate da Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., attive nel settore della gestione, valorizzazione e riqualificazione delle stazioni ferroviarie. Sono state altresì avviate le attività preparatorie al fine di individuare le modalità più idonee per la realizzazione della privatizzazione stessa. È stato, inoltre, costituito un tavolo tecnico di lavoro, composto da rappresentanti di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con l’obiettivo di analizzare gli assetti giuridici e regolatori del mercato in cui opera la società, valutare il loro impatto sulla privatizzazione ed individuare le più appropriate soluzioni per la realizzazione dell’operazione.

Alcuni progressi sono segnalati con riguardo alle operazioni connesse alla privatizzazione delle partecipazioni detenute direttamente dallo Stato relative ad ENAV, Poste Italiane ed STMicroelectronics.

Per tali operazioni, trattandosi di società direttamente controllate dallo Stato, la normativa prevede che i proventi derivanti dalla cessione delle partecipazioni dirette dello Stato siano destinate alla riduzione del debito pubblico. Con riferimento, invece, a quelli derivanti dal collocamento delle partecipazioni detenute indirettamente dal MEF, oltre a poter essere distribuiti all’azionista pubblico sotto forma di pagamento di un dividendo, è possibile che gli stessi possano contribuire al rafforzamento patrimoniale delle capogruppo. L’attuazione delle operazioni è in ogni caso condizionata alla presenza di condizioni di mercato favorevoli, che permettano di valorizzare al meglio tali asset.

Per quanto concerne Poste Italiane, lo scorso agosto la società ed il MEF hanno provveduto a depositare alla CONSOB la domanda di approvazione del Prospetto informativo concernente l’offerta pubblica di vendita delle azioni della società, finalizzata alla quotazione del titolo che, in presenza di adeguate condizioni di mercato e subordinatamente sia all’approvazione del citato Prospetto da parte della CONSOB sia all’ammissione a quotazione ad opera di Borsa Italiana S.p.A., potrà concludersi entro l’autunno 2015.

Relativamente ad ENAV, il processo preparatorio alla quotazione è stato avviato con la selezione, da parte del MEF, dei consulenti legale e finanziario. Conformemente alle indicazioni fornite dall’advisor finanziario, al fine di assicurare alla società una adeguata composizione della struttura finanziaria, sono state completate le procedure per la riduzione del capitale sociale di ENAV in misura pari a 180 milioni. È, infine, imminente la conclusione del procedimento per l’individuazione delle banche cui affidare il ruolo di guida del consorzio di garanzia e collocamento, per poter procedere all’offerta dei titoli e alla conseguente quotazione entro il primo semestre del 2016.

Con riferimento alla partecipazione detenuta in STMicroelectronics Holding, sono in fase di realizzazione gli adempimenti necessari per la cessione di tale quota al Gruppo CDP, individuato quale soggetto destinatario per mantenere il controllo pubblico paritetico con l’Azionista pubblico francese, nel rispetto degli impegni definiti negli accordi parasociali in essere con lo stesso socio. L’operazione sarà completata entro l’anno. Sono, inoltre, già state avviate le attività preliminari per la definizione della cessione a CDP della partecipazione, pari al 12,50 per cento, detenuta dal MEF nel Fondo Italiano di Investimento.

Infine, in febbraio 2015, il MEF ha ceduto a primarie banche nazionali e internazionali, attraverso una procedura di vendita accelerata (accelerated book building), un pacchetto di azioni ENEL pari al 5,74 per cento del capitale della società, riducendo la propria partecipazione dal 31,24 per cento al 25,50 per cento. Il corrispettivo della vendita delle azioni ENEL è ammontato complessivamente a circa 2,2 miliardi.

Come già segnalato relativamente alla tabella sopra riportata nel 2014, i rimborsi dei bond da parte del Monte dei Paschi di Siena hanno concorso alla riduzione del debito pubblico. Tali proventi, congiuntamente a quelli realizzati dalle privatizzazioni di partecipazioni indirette, hanno consentito di raggiungere e superare l’obiettivo prefissato (0,4% del PIL). I proventi da partecipazioni indirette sono stati interamente destinati al rafforzamento patrimoniale delle società capogruppo. Per raggiungere l'obiettivo del 2015, considerando le operazioni già concluse e le attuali previsioni di crescita del PIL, le transazioni in corso dovrebbero produrre proventi per almeno 3,7 miliardi.

Nel corso del 2015 sono proseguite le attività collegate al piano di razionalizzazione delle partecipazioni locali. La Legge di Stabilità 2015 ha a tal fine previsto l’avvio, a partire dal 2015, di un processo di razionalizzazione delle partecipazioni detenute direttamente o indirettamente da regioni, province autonome, enti locali, camere di commercio, università, istituti di istruzione universitaria pubblici e autorità portuali. La legge ha richiesto alle amministrazioni interessate di definire e pubblicare sui rispettivi siti internet, entro il 31 marzo dell’anno corrente, i piani operativi contenenti modalità, tempi di attuazione e risparmi attesi. Tali piani sono stati trasmessi alla competente sezione regionale della Corte dei Conti per un controllo di legalità e regolarità. La Nota segnala in proposito come dalla ricognizione della Corte dei Conti aggiornata a maggio 2015 si evinca una forte variabilità tra le regioni circa l’adempimento di tale obbligo: in talune regioni ha adempiuto oltre la metà degli enti, mentre in altre si osservano percentuali molto più basse. In ogni caso, entro il 31 dicembre del presente anno, gli enti interessati dovranno provvedere alla riduzione delle partecipazioni possedute, attraverso dismissione o aggregazione, mentre entro il 31 marzo 2016 dovranno predisporre una relazione sui risultati conseguiti dal processo di razionalizzazione, da pubblicare sul sito internet da sottoporre nuovamente alla Corte dei Conti.

4.2. I contenuti del Patto di Stabilità interno

Con riferimento alle regole di bilancio che governano l’andamento della finanza pubblica locale, la Nota rende conto del progressivo passaggio da un patto di stabilità interno (PSI) basato su obiettivi programmatici espressi in termini di saldi finanziari per gli enti locali e di crescita nominale della spesa finale per le regioni, alla regola dell'equilibrio di bilancio da conseguire mediante il pareggio di bilancio in termini nominali. La Nota presenta poi un riepilogo delle misure adottate, nel corso dell'anno 2015, con il decreto-legge n. 78 del 2015 e rilevanti ai fini della disciplina del patto di stabilità interno. In particolare:

§  gli obiettivi dei comuni per gli anni 2015-2018 sono rimodulati, senza variare il contributo complessivo del comparto (art. 1, comma 1);

§  sono attribuiti 100 milioni annui nel periodo 2015-2018 di maggiori spazi finanziari ai comuni che sostengono spese per eventi calamitosi e di messa in sicurezza del territorio e degli edifici scolastici, per l'esercizio della funzione di enti capofila nel caso di gestione associata di funzioni e per le sentenze passate in giudicato relative a determinati contenziosi (art. 1, comma 2);

§  per il solo 2015 è prevista la riduzione degli obiettivi del PSI per i comuni della regione Emilia Romagna interessati dal sisma del 2012 (art. 13, comma 3);

§  sono escluse dal PSI le spese sostenute dai comuni sede delle città metropolitane a valere sulla quota di cofinanziamento dei fondi strutturali europei, per un importo massimo di 700 milioni di euro (art. 1, comma 8);

§  sono attenuate le sanzioni per il mancato rispetto del PSI nel 2014 (art. 1, comma 7);

§  per il solo 2015 non sono rilevanti, ai fini del conseguimento del pareggio di bilancio, gli impegni per investimenti diretti e per contributi in conto capitale sostenuti dalle regioni che nel 2014 hanno registrato indici di tempestività nei pagamenti più virtuosi rispetto a quelli previsti dalla normativa nazionale (art. 1-bis);

§  viene incrementato di 2 mld il fondo per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibile della PA e contestualmente sono esclusi dai saldi di cassa, rilevanti ai fini del raggiungimento del pareggio di bilancio, i maggiori pagamenti in conto residui effettuati a valere sulle predette anticipazioni di liquidità (art. 8, comma 1 e 5);

§  nell'ambito del patto verticale incentivato, viene ridefinita la procedura per la modulazione degli obiettivi all'interno delle singole regioni e si provvede a riorientare l'utilizzo degli spazi finanziari concessi agli enti locali verso maggiori pagamenti in conto capitale (art. 9, comma 2 e 3).

Con riferimento alle politiche attive sull'occupazione contenute nel decreto-legge n. 78 del 2015, la Nota evidenzia la possibilità per le province e le città metropolitane di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, al fine di assicurare continuità ai servizi erogati dai centri per l'impiego (art. 15, comma 6-bis) e per la Regione Calabria di estendere le procedure di stabilizzazione ai lavoratori socialmente utili (art. 16-quater). Entrambe le misure sono previste anche nel caso di mancato rispetto del PSI.

 

Si ricorda, che, oltre al decreto-legge n. 78 del 2015 menzionato dalla Nota, una ulteriore deroghe al patto di stabilità interno, è stata introdotta dall'articolo 1, comma 164, della legge n. 107 del 2015 che prevede nel 2015 un'attenuazione delle sanzioni per mancato rispetto del patto per l'anno 2014 pari all'importo della spesa per edilizia scolastica sostenuta nel corso dell'anno 2014.

Con riferimento al progressivo superamento dell'attuale assetto del patto di stabilità interno per gli enti locali con l'adozione della regola del pareggio di bilancio, andrebbero chiarito se l'estensione della regola sarà generalizzata per tutti gli enti o interesserà solo una parte degli stessi, come sembrerebbe presupporre il termine "progressivamente" citato nella Nota.

Sul punto, si rammenta che in caso di eventuali modifiche alla legge n. 243 del 2012 tali innovazioni richiedono di essere approvate con maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, in quanto trattasi di legge c.d. "rinforzata".

4.3. Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano

La previsione dell’andamento di medio-lungo periodo della spesa pensionistica in rapporto al PIL recepisce le ipotesi di fecondità, mortalità e flusso migratorio netto sottostanti lo scenario centrale elaborato dall’ISTAT, con base 2011[67].

Oltre alla normativa vigente, che include gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati, la previsione sconta l’adeguamento su base triennale (biennale dal 2021) dei coefficienti di trasformazione e, con medesima periodicità, dei requisiti di accesso al pensionamento in funzione della speranza di vita. Tale procedimento rientra interamente nella sfera di azione amministrativa, garantendo la certezza delle date prefissate per le future revisioni.

 

In particolare, l’adeguamento dei requisiti avente decorrenza dall’anno 2016 (4 mesi ulteriori), ai sensi dell’articolo 12, comma 12-bis, del D.L. 78/2010, è stato adottato con decreto direttoriale del 16 dicembre 2014. L’adeguamento dei coefficienti di trasformazione avente decorrenza dal medesimo 2016 è stata adottato con decreto direttoriale del 22 giugno 2015 e pubblicato sulla GU n.154 del 6 luglio 2015.

 

Come si evince dal grafico sotto riportato, il trend del rapporto tra spesa per pensioni e PIL risulta in ascesa fino all’annualità 2014, in ragione della profonda fase recessiva determinatasi dal 2008, con conseguente contrazione del PIL, ulteriormente acuitasi nel triennio 2012-2014.

A partire dal 2015-2016, le previsioni di crescita più favorevoli, l’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e il progressivo passaggio al sistema di calcolo contributivo determinano una decrescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL per un periodo di circa quindici anni; il rapporto si dovrebbe attestare al 15 per cento in prossimità del 2030, pur in presenza di una sfavorevole dinamica demografica.

Nei quindici anni successivi (2030-2044), il rafforzamento delle tendenze negative delle dinamiche demografiche e gli effetti sugli importi di pensione conseguenti al posticipo del pensionamento degli anni precedenti determinano una ripresa della crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL che raggiunge il 15,5% nel 2044.

L’ultimo segmento del periodo di previsione vede una più marcata decrescita del rapporto spesa per pensioni/PIL che si attesta al 13,7 per cento nel 2060: tale trend è dovuto essenzialmente al completamento del passaggio dal sistema di calcolo misto a quello contributivo, che determina un’attenuazione della dinamica degli importi di pensione di nuova liquidazione (anche per effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione), nonché alla progressiva uscita dal sistema pensionistico delle classi dei pensionati nati negli anni del baby boom.

Cumulativamente, la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 ammonta a circa 60 punti percentuali del PIL al 2050. Tali risultati sono da ascrivere per circa 1/3 alla riforma introdotta con il decreto-legge n. 201 del 2011 (estensione del metodo contributivo di calcolo, innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti per il pensionamento, con ulteriore accelerazione del processo in rapporto alle variazioni dell'aspettativa di vita) e per circa 2/3 a precedenti interventi.

Figura 13. Spesa pubblica per pensioni in % PIL

 

 

Per quanto riguarda l'età media al pensionamento (che comprende sia il pensionamento di vecchiaia che il pensionamento anticipato), la stessa – risultata pari a circa 60-61 anni durante il periodo 2006-2010, si innalza fino a circa 64 anni nel 2020, a 67 nel 2040, per poi raggiungere 68 anni nel 2050.


 



[1]     Si veda l’articolo 10-bis, comma 2, della legge n. 196/2009.

[2]     Con riferimento ai documenti (nota di aggiornamento e DEF) in assenza di indicazione dell'anno si intende il documento riferito al 2015, in tutti gli altri casi l'anno è sempre esplicitato.

[3]     Legge 24 dicembre 2012 “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio, ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione”.

[4]     Cfr. Comunicato EUROSTAT dell’8 settembre 2015.

[5]     Cfr. l’articolo Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel settembre 2015, pubblicato sul sito Internet della BCE il 3 settembre 2015.

[6]     La Nota ricorda inoltre che la BCE, nella riunione del 3 settembre, nell’ambito delle misure non convenzionali di politica monetaria, ha deciso di aumentare il limite relativo alla quota-parte di un’emissione applicabile agli acquisti di attività del settore pubblico, dal 25 per cento al 33 per cento. Ha inoltre deciso che gli acquisti mensili di attività per 60 miliardi di euro proseguiranno sino alla fine di settembre 2016, o anche dopo se necessario, compatibilmente con l’obiettivo di conseguire tassi di inflazione su livelli prossimi al 2 per cento nel medio termine.

[7]     Si veda, in particolare, il Reg(EU)473/2013, facente part del c.d.d Two-Pack.

[8]     La legge costituzionale n. 1/2012 ha previsto l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio (si veda, in particolare, il Reg(EU)473/2013, facente part del c.d.d Two-Pack).

[9]     Cfr. più in dettaglio l’apposito riquadro riportato più avanti.

[10]    ISTAT, Comunicato “Conti economici trimestrali”, del 1 settembre 2015.

[11]    ISTAT, Comunicato mensile sulla “Fiducia dei consumatori e delle imprese”, 28 agosto 2015.

[12]    ISTAT, Comunicato mensile sulla “Produzione industriale”, dell’11 settembre 2015.

[13]    BCE, Bollettino economico, n. 6/2015 (settembre 2015).

[14]    Legge 24 dicembre 2012, n.243 “Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione”.

[15]    Definito da tale articolo come “organismo indipendente per l'analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio”.

[16]    Regolamento (UE) n. 473/2013 del 21 maggio 2013 sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro.

[17]    La lettera di validazione è pubblicata sul sito dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio http://www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2015/09/UPB_Lettera-validazione-QMT-NADEF-2015-con-allegato.pdf.

[18]    Bollettino n. 3 del 2015, del mese di luglio: https:/​/​www.bancaditalia.it/​pubblicazioni/​bollettino-economico/​2015-3/​index.html.

[19]    https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-eco-bce/2015/bol-eco-6-2015/bolleco-bce-06-15.pdf.

[20]    In particolare, si tratta di una ipotesi di clausola di salvaguardia sulle aliquote IVA ed altre imposte indirette per un ammontare di circa 16,8 miliardi nel 2016, 26,2 miliardi nel 2017 e di 28,9 miliardi nel 2018 e nel 2019.

[21]    Si tratta di un nuovo prodotto dell’Istituto di statistica, costituito da un comunicato trimestrale “Il mercato del lavoro”, http://www.istat.it/it/archivio/168024

[22]    La variazione congiunturale si riferisce al periodo immediatamente precedente – nel caso in esame il primo trimestre dell’anno – mentre quella tendenziale è calcolate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

[23]    Tale importo comprende la quota di arretrati per gli anni 2012-2015 erogati tutti nell’esercizio in corso, pari a 1.982 milioni di euro.

[24]    Cfr. http://www.istat.it/it/archivio/168823

[25]    Cfr. nota 3 a pagina 31 della Nota di aggiornamento al DEF 2015.

[26]    Per una illustrazione delle regole di bilancio europee cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, Elementi di documentazione n.3, giugno 2013.

[27]    L'Obiettivo di medio termine (OMT) è un obiettivo per il saldo di bilancio strutturale, cioè definito al netto della componente ciclica e degli effetti delle misure una tantum e temporanee, che uno Stato membro della UE si impegna a realizzare in un certo orizzonte temporale.

[28]    Il percorso di cui si chiede la revisione è contenuto nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2015 ed è stato già autorizzato con la Relazione al Parlamento 2014 e confermato dalla Relazione al Parlamento del 9 giugno 2015 redatta ai sensi dell’art. 10‑bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009.

[29]    La deliberazione, adottate a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, che autorizzano lo scostamento e approvano il piano di rientro.

[30]    Il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico viene definito in termini di miglioramento progressivo del saldo strutturale fino al conseguimento dell'obiettivo stesso. Nel definire questo percorso occorre quindi tener conto, oltre che del saldo di partenza e della distanza rispetto all’OMT, delle condizioni cicliche dell’economia, del livello del rapporto debito/PIL e dell’esistenza di rischi rispetto alla sostenibilità di medio periodo delle finanze pubbliche.

[31]    Cfr. paragrafo 3 della Nota breve n. 10, del febbraio 2015 (Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica) e l'allegato 2 della cd. Comunicazione sulla flessibilità della Commissione europea.

[32]    Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Elementi di documentazione n.3, XVII legislatura.

[33]    Cfr. Servizio del bilancio del Senato della Repubblica e Servizio Studi – Dipartimento bilancio – della Camera dei deputati, Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2-bis), Documentazione di finanza pubblica n. 8, ottobre 2014; Servizio del bilancio del Senato della Repubblica, Servizio del bilancio dello Stato e Servizio Studi – Dipartimento bilancio – della Camera dei deputati, Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3), Documentazione di finanza pubblica n. 9, aprile 2015.

[34]    Premessa e sezione I - Programma di stabilità dell’Italia.

[35]    Nel DEF 2015 il Governo aveva preannunciato tale indirizzo, rispetto al quale però non erano stati previsti effetti ai fini dei saldi di finanza pubblica: “Nel rispetto delle regole europee, precondizione per l’attuazione efficace dell’ampio programma di spesa sostenuto dai fondi strutturali è la possibilità di utilizzare gli spazi di flessibilità nell’applicazione del Patto di stabilità e crescita”.[…] “Considerata l’elevata concentrazione di spesa da rendicontare nel 2015 a valere sulla programmazione 2007-2013 dei fondi strutturali europei (di cui circa lo 0,3 per cento del PIL di cofinanziamento nazionale), occorre utilizzare tutti gli spazi di flessibilità possibili nell’applicazione del Patto di stabilità e crescita per consentire i pagamenti della quota di cofinanziamento nazionale” (DEF 2015 - Sezione III - Programma Nazionale di Riforma 2015 - “La strategia: politica di coesione, Mezzogiorno e competitività dei territori”).

[36]    La comunicazione del 13 gennaio 2015 riguarda l’utilizzo di margini di flessibilità nel perseguimento dell’Obiettivo di medio termine per “tenere conto in modo ottimale di tre dimensioni politiche specifiche, concernenti rispettivamente: i) gli investimenti, in particolare riguardo all’istituzione del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici nel quadro del piano di investimenti per l’Europa; ii) le riforme strutturali e iii) la situazione congiunturale”.

[37]    Ai sensi dell’articolo 2-bis del regolamento (CE) n. 1466/97 (Rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche), “Ciascuno Stato membro ha uno specifico obiettivo a medio termine calcolato sulla base della propria posizione di bilancio. Questi obiettivi di bilancio a medio termine specifici per paese possono divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, offrendo al tempo stesso un margine di sicurezza rispetto al rapporto tra disavanzo pubblico e PIL del 3%. Gli obiettivi di bilancio a medio termine assicurano la sostenibilità delle finanze pubbliche o rapidi progressi verso la sostenibilità consentendo margini di manovra finanziaria, in particolare in relazione alla necessità di investimenti pubblici”. Il successivo articolo 5 del medesimo stabilisce che “[…] il Consiglio e la Commissione tengono conto soltanto dell’attuazione di importanti riforme strutturali idonee a generare benefici finanziari diretti a lungo termine, compreso il rafforzamento del potenziale di crescita sostenibile”.

      Il DEF 2015 (Sezione Programma di stabilità) contiene un’analisi dei costi-benefici a breve termine e dei benefici indiretti a lungo termine (maggiori entrate future) che le riforme avranno sul bilancio. Espone inoltre le stime degli effetti macroeconomici e di finanza pubblica delle riforme strutturali più recenti, nonché le ipotesi di variazioni del PIL indotte dalle principali riforme: elementi volti a dimostrare che le riforme migliorano nel tempo il saldo strutturale di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico. In particolare, secondo il DEF, l’impatto complessivo sul PIL rispetto ad uno scenario “base” di assenza di riforme risulta pari all’1,8 per cento nel 2020, al 3,0 per cento nel 2025 e al 7,2 per cento nel lungo periodo. La Nota di aggiornamento espone a sua volta, in apposita sezione del documento (“Cronoprogramma per le riforme”), lo stato di avanzamento delle riforme e il loro impatto sul PIL nel medio e lungo periodo.

[38]    A tal fine la definizione della Commissione prevede che nell’anno di attivazione della clausola il Paese debba sperimentare un tasso di crescita del PIL negativo o che l’output gap sia più ampio di -1,5 per cento del potenziale.

[39]    Se osserva che, in base alla Tavola III.1c della Nota di aggiornamento l’incremento del 4,1 per cento andrebbe in realtà riferito alla variazione registrata nel 2015 rispetto al precedente anno e l’incremento di circa il 2,5 per cento andrebbe riferito al biennio 2016-2017.

[40]    Invero anche nel 2018 la spesa per interessi mostra un andamento programmatico diverso rispetto al tendenziale per 0,1 punti percentuali di PIL, è ragionevole ritenere che tale differenza non sia colta dagli scostamenti tra i saldi tendenziali e programmatici dell'avanzo e dell'indebitamento netto riportati in tabella per problemi di arrotondamento.

[41]    Il prolungarsi della recessione ha contribuito a ridurre il tasso di crescita del PIL potenziale. In tale contesto un aumento sia pure contenuto del PIL effettivo consente la chiusura dell'output gap.

[42]    ISTAT, Conti economici nazionali, 23 settembre 2015, pagina 6.

[43]    Cfr. in proposito la Tavola 6 del Bollettino della Banca d’Italia relativo al debito e al fabbisogno (Banca d'Italia, Supplementi al Bollettino Statistico, Indicatori monetari e finanziari, n. 49, Finanza pubblica, fabbisogno e debito, Nuova serie, Anno XXIV, 12 settembre 2014).

[44]    C.3305

[45]    Bollettino economico n. 3 del 17 luglio 2015.

[46]    L’ammontare dei titoli di Stato in circolazione rappresenta una parte del debito pubblico complessivo. Quest’ultimo, infatti, è costituito da biglietti, monete, depositi, titoli diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti. Al 31 agosto 2015, circa l’83 per cento del debito pubblico era rappresentato da titoli di Stato.

[47]    Gli ammontari sono desunti dal sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Titoli in scadenza nei prossimi 12 mesi e Scadenze titoli suddivise per anno, dati aggiornati al 31 agosto 2015.

[48]    Si ricorda che la legge di assestamento provvede generalmente a ridefinire il limite di emissione dei titoli per tenere conto delle modifiche degli obiettivi di fabbisogno intervenute o previste nel corso dell'esercizio.

[49]    C. 3305.

[50]    Commissione europea, COM (2015) 262 final, 13 febbraio 2015.

[51]    Consiglio dell'Unione Europea, 2015/C 272/16, 14 luglio 2015.

[52]    Per approfondimenti cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013, e Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, Le raccomandazioni europee sul Programma nazionale di riforma e sul Programma di stabilità 2015 dell'Italia, Nota breve n. 12, maggio 2015, paragrafo 2.

[53]    L'elenco comprende 34 soggetti aggregatori, in esso sono inclusi, ex art. 9, c.1., Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione.

[54]    Per un'analisi comparata a livello internazionale si veda OECD (2015), Taxing Wages 2015, OECD Publishing, Paris.

[55]    Per un'analisi del Tax gap e dei suoi effetti redistributivi si veda Braiotta A., et Al., (2015), "Tax Gap and Redistributive Aspects across Italy", Argomenti di discussione, n.2/2015, Agenzia delle Entrate.

[56]    http://www.dps.gov.it/it/Notizie_e_documenti/news/2015/agosto/Monitoraggio_30giu15

[57]    http://www.opencoesione.gov.it/spesa-certificata/

[58]    Opencoesione precisa che la data del 31 maggio 2015 costituisce una scadenza intermedia, fissata a livello nazionale per monitorare l'avanzamento della spesa certificata, cui seguirà una successiva scadenza intermedia nazionale prevista al 31 ottobre, prima della conclusione dell'attuazione dei Programmi a fine 2015.

[59]    http://www.dps.gov.it/it/pongat/PON_Governance_e_Capacita_Istituzionale/

[60]    Con il recepimento della direttiva BRRD la legge nazionale disciplinerà una procedura di risoluzione di nuova introduzione, in alternativa all’esistente liquidazione coatta amministrativa. La possibilità di attuare misure di sostegno pubblico risulterà fortemente limitata. Si applicherà il bail-in, uno strumento di risoluzione che si attiva qualora l’azzeramento del capitale non sia sufficiente a coprire le perdite. Questo strumento consentirà alla Banca d’Italia di svalutare alcune categorie di crediti vantati da terzi nei confronti della banca, così come di convertire quei crediti in azioni al fine di soddisfare esigenze di ricapitalizzazione. Il coinvolgimento nel processo di risoluzione di quei crediti non esclusi dalla direttiva è applicato alle varie categorie secondo un ordine preciso. La Banca d’Italia può utilizzare anche le risorse del Fondo nazionale di risoluzione. La direttiva BRRD ha introdotto dei criteri di privilegio dei crediti (la cosiddetta depositor preference), escludendo esplicitamente alcune categorie di crediti dal contributo alla risoluzione della crisi bancaria.

[61]    Tale programma prevede che ogni giovane, entro quattro mesi dalla conclusione del suo ciclo di scuola o di università (o entro quattro mesi dalla perdita di un posto di lavoro), riceva l'offerta di un lavoro, di un tirocinio, di un modulo di formazione o di un nuovo percorso d'istruzione. Per tale programma, vi è uno stanziamento globale comunitario, destinato ai Paesi che, come l'Italia, hanno un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25 per cento. Dati sullo stato di attuazione del programma sono reperibili all’indirizzo http://www.lavoro.gov.it/ProgettiAzioni/GaranziaGiovani.

[62]    Il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell'edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili. Con l’articolo 4 del D.L. 34/2014 sono state introdotte disposizioni volte alla cosiddetta “smaterializzazione” del DURC, attraverso una semplificazione dell’attuale sistema di adempimenti richiesti alle imprese per la sua acquisizione. In particolare, dispone che la verifica della regolarità contributiva nei confronti dell'INPS, dell'INAIL e, per le imprese operanti nel settore dell'edilizia, delle Casse edili, avvenga, da parte di chiunque vi abbia interesse, in tempo reale e con modalità esclusivamente telematiche, attraverso un’interrogazione negli archivi dei citati enti. Il risultato dell’interrogazione ha una validità di 120 giorni, a decorrere dalla data di acquisizione, e sostituisce ad ogni effetto il DURC, eccetto per i casi di esclusione previsti dal decreto interministeriale da emanarsi ai sensi del comma 2 dello stesso articolo. L’interrogazione assolve all’obbligo di verificare presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici la sussistenza del requisito di regolarità contributiva. Si ricorda, infine, che l’articolo 1, comma 18, della L. 190/2014, ha stabilito che la regolarità contributiva del cedente dei crediti certificati mediante piattaforma elettronica sia definitivamente attestata dal DURC.

[63]    La disciplina dell’apprendistato è stata sostanzialmente rivista dal D.Lgs. 81/2015 (cd. Codice dei contratti) che, in attuazione dell’art. 1, c. 7, della legge delega in materia di lavoro n. 183/2014, ha riordinato la normativa in materia di contratti di lavoro.

      L'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani che si articola in tre tipologie:

      1) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;

      2) apprendistato professionalizzante;

      3) apprendistato di alta formazione e ricerca.

      L'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e quello di alta formazione e ricerca integrano organicamente, in un sistema duale, formazione e lavoro, con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali (art. 8 del D.Lgs. 13/2013), nell'ambito del Quadro europeo delle qualificazioni. Il contratto di apprendistato è stipulato in forma scritta ai fini della prova, contiene, in forma sintetica, il piano formativo individuale e ha una durata minima non inferiore a sei mesi, fatte salve determinate ipotesi collegate ai contratti stipulati nell'ambito di attività stagionali. Per quanto concerne il licenziamento, durante l'apprendistato trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo. Nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi come attestato dall'istituzione formativa. Al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere dal contratto, con preavviso decorrente dal termine del periodo di formazione (ex art. 2118 c.c.). Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Salvo quanto sopra richiamato, la disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad accordi interconfederali o ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto di specifici principi (art. 42, c. 5, D.Lgs. 81/2015). Per quanto riguarda i limiti dimensionali, il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione autorizzate, non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro. Tale rapporto non può superare il 100 per cento per i datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a dieci unità. E' in ogni caso esclusa la possibilità di utilizzare apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato. Il datore di lavoro che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, può assumere apprendisti in numero non superiore a tre. I suddetti limiti non trovano applicazione nei confronti delle imprese artigiane (per le quali vale quanto disposto dall’art. 4 della L. 443/1985). Ferma restando la possibilità per i CCNL di individuare limiti diversi, esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti, l'assunzione di nuovi apprendisti con contratto di apprendistato professionalizzante è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, restando esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, dimissioni o licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è in ogni caso consentita l'assunzione di un apprendista con contratto professionalizzante. Gli apprendisti assunti in violazione dei suddetti limiti sono considerati ordinari lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

[64]    Si ricorda che l’attuale Accordo interconfederale tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil relativo al Testo Unico in materia di rappresentanza (attuativo delle intese del 28/6/2011 e del 31/5/2013) è stato stipulato il 10 gennaio 2014.

[65]    L’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 24 del D.L. 90/2014 dispone che “Le pubbliche amministrazioni regionali e locali utilizzano i moduli unificati e standardizzati nei termini fissati con i suddetti accordi o intese; i cittadini e le imprese li possono comunque utilizzare decorsi trenta giorni dai medesimi termini”.

[66]    Che in proposito richiede di “attuare in modo rapido ed accurato il programma di privatizzazioni” al fine di compiere, unitamente al ricorso ad altre entrate straordinarie, ulteriori progressi nel percorso di riduzione del rapporto debito/PIL.

[67]    Per quanto riguarda le ipotesi, di carattere macroeconomico, sottostanti lo scenario utilizzato, si assume che: il tasso di crescita reale del PIL si attesta, nel lungo periodo, attorno all’1,5 per cento medio annuo. Il tasso di occupazione aumenta di 9-10 punti percentuali, nella fascia di età 15-64 anni, rispetto al valore del 2010. Per il periodo 2015-2019, le ipotesi di crescita sono coerenti con quelle delineate nel presente documento nell’ambito del quadro macroeconomico tendenziale. In particolare, si assume: un aumento della speranza di vita, al 2060, di 6,7 anni per gli uomini e di 6,5 anni per le donne, rispetto ai valori del 2011; un tasso di fecondità che converge gradualmente a 1,6; un flusso netto di immigrati che passa da un valore medio annuo di circa 280 mila unità, nel primo decennio di previsione, a un valore annuo di circa 180 mila unità alla fine del periodo di previsione.