Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: (Doc 57 n. 1-bis) Nota di aggiornamento al DPEF 2013
Riferimenti:
DOC LVII, N. 57-BIS     
Serie: Documentazione di finanza pubblica    Numero: 2
Data: 01/10/2013
Descrittori:
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA     

 

XVII legislatura

 

 

 

 

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2013

(Doc. LVII, n. 1-bis)

 

 

 

 

 

 

Ottobre 2013

n. 2

 


DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA

 

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA:

 

Servizio del bilancio

Tel. 066706-5790

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CAMERA DEI DEPUTATI:

 

Servizio Bilancio dello Stato

Tel. 066760-2174 – 066760-9455

bs_segreteria@camera.it

 

Servizio Studi – Dipartimento bilancio e politica economica

Tel. 066760-9932 – 066760-2233

st_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari.

Si declina ogni responsabilità per l’eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

 


 


INDICE

 

Premessa. 3

1. Il quadro macroeconomico. 3

1.1 La congiuntura internazionale. 3

1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale. 3

1.3 Confronti internazionali 3

2. Il quadro programmatico. 3

2.1 Il saldo di bilancio strutturale. 3

2.2 L'indebitamento netto. 3

2.3 L’evoluzione del debito. 3

2.4 Il bilancio programmatico dello Stato. 3

3. Il conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente. 3

3.1 L’indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni 3

3.2 La spesa al netto degli interessi 3

3.3 Le entrate. 3

4. La spesa per interessi il fabbisogno e il debito. 3

4.1 La spesa per interessi 3

4.2 Il fabbisogno del settore pubblico. 3

4.3 Il debito pubblico. 3

 

 

 

Approfondimenti:

 


1. L’analisi della fiscal stance e della sostenibilità del debito pubblico................ 39

2. Le misure una tantum........................................................................................ 46

3. Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano.............. 68

4. Il patto di stabilità interno................................................................................. 70

5. Le recenti condizioni di accesso al credito in Italia.......................................... 84


 

 

 



Premessa

Il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

La legge di contabilità pubblica n.196/2009 dispone, in relazione al calendario previsto nell’ambito del cosiddetto Semestre europeo, che il processo di programmazione economica inizi il 10 aprile, data di presentazione alle Camere del Documento di Economia e Finanza (DEF), al fine di consentire al Parlamento di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l’invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma (PNR) che sono contenuti nel DEF.

Per quanto riguarda il PNR e il Patto di Stabilità contenuti nel DEF 2013, la Commissione europea il 29 maggio 2013 ha elaborato le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati, che nel mese di luglio il Consiglio ECOFIN ha provveduto ad esaminare ed approvare, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno[1]. Si tratta di 6 Raccomandazioni[2], concernenti:

§      la riduzione del debito,

§      l’efficienza e qualità della pubblica amministrazione,

§      il sistema finanziario,

§      il sistema fiscale,

§      il mercato del lavoro

§      la concorrenza.

 

Anche al fine di tener conto delle raccomandazioni formulate dalle autorità europee, la legge di contabilità prevede la presentazione, entro il 20 settembre di ogni anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.

L’articolo 10-bis della legge di contabilità prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

-        l’eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il periodo di riferimento, nonché le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR;

-        l’eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

-        l’obiettivo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

-        il contenuto del Patto di stabilità interno e le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto del Patto medesimo, nonché il contenuto del Patto di convergenza, e le misure volte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall'articolo 18 della legge n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale;

-        l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

 

In coerenza con quanto previsto per la presentazione del DEF[3], qualora si renda necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, il Governo è tenuto ad inviare, entro il 10 settembre, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi. Le linee guida sono altresì trasmesse, entro il 10 settembre, alle Camere, cui è in seguito trasmesso anche il parere espresso su di esse dalla Conferenza.

Alla Nota di aggiornamento del DEF sono allegate, sulla base dell’articolo 10-bis della legge di contabilità, le relazioni programmatiche sulle spese di investimento per ciascuna missione di spesa del bilancio dello Stato e le relazioni sullo stato di attuazione delle relative leggi pluriennali (Doc. LVII, n.1-bis – Allegato I, vol. 1 e 2).

Si ricorda che in allegato alle predette relazioni, il Ministro dell'economia e finanze è tenuto a presentare un quadro riassuntivo di tutte le leggi di spesa a carattere pluriennale, con indicazione, per ciascuna legge, degli eventuali rinnovi e della relativa scadenza e delle somme complessivamente autorizzate, indicando quelle effettivamente erogate e i relativi residui di ciascun anno, nonché quelle che restano ancora da erogare;

In apposita sezione del suddetto quadro riassuntivo, deve essere altresì esposta la ricognizione puntuale di tutti i contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato, con specifica indicazione di quelli attivati e delle eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che concorrono al finanziamento dell'opera, nonché dell’ammontare utilizzato.

 

Con riferimento alla Nota di aggiornamento del DEF 2013 in esame, si rileva che ad essa risultano allegati:

§      in attuazione dell’articolo 2, comma 36, del D.L. n. 138/2011 (come modificato dall’articolo 1, comma 299, della legge n. 228/2012), il Rapporto concernente i risultati conseguiti in materia di contrasto all’evasione fiscale (Doc. LVII, n.1-bis – Allegato II);

§      l’aggiornamento del Programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge obiettivo - già presentato in allegato al Documento di economia e finanze di aprile 2013, come previsto dall’articolo 10 della legge di contabilità nazionale - predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Doc. LVII, n.1-bis – Allegato III)[4].

 

Inoltre, secondo quanto previsto dal D.L. 8 aprile 2013, n. 35, la Nota di aggiornamento del DEF 2013 incorpora la Relazione sullo stato di attuazione dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni,, contenente gli elementi informativi relativi allo stato dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche e alla ricognizione dello stock dei debiti ancora in essere, nonché alle iniziative da intraprendere al fine di completare il pagamento dei debiti delle P.A. maturati alla data del 31 dicembre 2012.

 

Per quanto concerne l’indicazione dei disegni di legge collegati, nella Nota è data indicazione dei disegni di legge che, a completamento della manovra di bilancio 2014-2016, il Governo considera collegati alla decisione di bilancio:

§      Lavoro ed equità sociale;

§      Giustizia civile;

§      Green economy e lotta agli sprechi ambientali;

§      Sviluppo e semplificazioni;

§      Enti locali;

§      Interventi per il rilancio del settore agricolo e agroalimentare.

 

Sugli stessi non sono fornite al momento indicazioni di maggior dettaglio.


1. Il quadro macroeconomico

La Nota 2013 presenta una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2014 rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2013, in considerazione dell’andamento recessivo dell’economia italiana nella prima parte dell’anno.

Per gli anni successivi, la Nota espone, invece, una revisione verso l’altro delle previsioni, in considerazione delle prospettive positive della domanda mondiale che prefigurano un recupero più accentuato nel medio periodo.

1.1 La congiuntura internazionale

La Nota evidenzia come lo scenario macroeconomico internazionale mostri una ripresa graduale e differenziata tra le varie aree geografiche, sebbene, nel secondo trimestre dell’anno, il commercio e la produzione mondiale abbiano registrato un lieve rallentamento rispetto al primo trimestre.

 

Secondo quanto esposto nella Nota, le principali organizzazioni internazionali imputano, nel breve termine, la lenta ripresa delle economie avanzate al deleveraging che caratterizza ancora il sistema bancario e quello delle imprese, oltre al proseguimento del consolidamento fiscale. Le prospettive della domanda mondiale prefigurano nel medio periodo un recupero più accentuato.

 

Tabella 1.1

Andamento del PIL e del commercio mondiale                                                    (variazioni percentuali)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

PIL mondiale
(dati FMI)

3,1

3,1

3,8

-

-

-

Prezzo del petrolio
(Drent FOB dollari/Barile)

111,6

109,9

113,6

113,6

113,6

113,6

Commercio mondiale

2,5

3,0

4,9

6,0

6,1

6,2

Cambio dollaro/euro

1,286

1,317

1,322

1,322

1,322

1,322

Fonte: PIL mondiale: FMI, World Economic Outlook (Update, luglio 2013); prezzo del petrolio, commercio mondiale e cambio dollaro/euro: Nota di aggiornamento del DEF 2013 (settembre 2013).

 

Come indicato nella Tabella, secondo le ultime proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse nel World Economic Outlook Update del 9 luglio 2013, il PIL mondiale è previsto crescere all’incirca del 3,1 per cento nel 2013 e del 3,8 per cento nel 2014, di circa 0,2 punti in meno rispetto a quanto previsto in primavera.

Si osserva, peraltro, che recenti notizie di stampa, indicano come l’FMI nel prossimo WEO outlook di ottobre 2013, prospetti una crescita del PIL mondiale più contenuta, del 2,9% nel 2013 e del 3,6% nel 2014, con un taglio, rispettivamente, di 0,3 e 0,2 punti percentuali rispetto alle ultime stime di luglio.

 

La Nota evidenzia come i principali rischi del quadro internazionale riguardino: le tensioni geopolitiche in Medio-Oriente con possibili ripercussioni sui prezzi delle materie prime; l’eventualità di un cambiamento di segno della politica monetaria con rialzi dei tassi di interesse e un rallentamento ulteriore della crescita dei paesi emergenti; nuove tensioni nei mercati finanziari e del credito.

 

L’OCSE nell’Interim Assessment del 3 settembre 2013, indica un quadro di lenta crescita globale caratterizzato da una moderata ripresa delle economie avanzate e da un rallentamento della crescita di diverse economie emergenti. I rischi rimangono persistenti.

In particolare, il ritmo della ripresa nelle maggiori economie avanzate è migliorato nel secondo trimestre e la crescita dovrebbe mantenersi ad un tasso simile nella seconda metà dell'anno. L'attività si sta espandendo a ritmi incoraggianti in Nord America, Giappone e Regno Unito, mentre l'Area dell'euro –globalmente presa- non è più considerata in recessione. In particolare, l’economia degli Stati Uniti ha continuato a recuperare nonostante i venti contrari dell’aspro consolidamento fiscale e l’economia giapponese si è risollevata nella prima metà dell’anno sotto politiche più espansive.

 

Tuttavia, in diverse economie emergenti, quali in particolare India, Cina e Russia, la crescita è rallentata. Per i paesi BRICS considerati come gruppo, la contrazione del trend di crescita riflette in una certa misura fattori demografici, ma anche una declino della crescita di produttività, che può in parte essere attribuibile ad un calo di slancio delle riforme strutturali.

Inoltre, la turbolenza dei mercati finanziari ha inciso su quei paesi emergenti con ampi disavanzi delle partite correnti, che hanno fatto affidamento su investimenti di portafoglio per finanziare tali ampi disavanzi. Dunque, come le economie emergenti hanno contribuito fortemente al dinamismo economico negli ultimi anni, così il rallentamento della domanda in queste economie sta contribuendo alla perdurante debolezza della ripresa del commercio mondiale.

Anche in relazione a tale fattore, l’espansione del commercio mondiale risulta debole nel secondo trimestre del 2013. I dati del CPB Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis, riportati anche dalla BCE nell’ultimo Bollettino mensile di settembre 2013, mostrano come l’interscambio di beni è cresciuto dello 0,3 per cento sul periodo precedente, in calo rispetto all’incremento dello 0,8 del primo trimestre.

 


Grafico 1.1

Andamento del commercio mondiale                                                                                 

Fonte: OCSE,  Interim Assessment, 3 settembre 2013. Dati del CPB

 

La BCE, nel citato Bollettino mensile, evidenzia, inoltre, che sebbene gli indicatori delle indagini congiunturali sembrino in ripresa, il clima di fiducia resta debole e le prospettive globali rimangono incerte. La Banca centrale conferma il miglioramento delle prospettive di crescita per le principali economie avanzate non appartenenti all’area dell’euro, mentre indica in peggioramento le attese per le economie emergenti, laddove la crescita si mantiene comunque superiore rispetto ai paesi avanzati.

 

Per ciò che specificamente concerne l’Area dell’Euro, la Nota mette in rilievo come l’economia sia tornata a crescere dopo sei trimestri di contrazione. Secondo i recenti dati Eurostat[5], infatti, il PIL dell’Area, nel secondo trimestre dell’anno in corso è cresciuto dello 0,3 per cento rispetto al precedente trimestre, in cui si era registrata una variazione negativa del tasso di crescita di -0,2 per cento.

Tale andamento non è tuttavia generalizzato, in quanto alcuni paesi dell’Area, tra cui l’Italia e la Spagna, continuano a rimanere in recessione. La Germania e la Francia, invece, hanno registrato tassi di crescita più elevati della media, rispettivamente, dello 0,7 e 0,5 per cento

 

Sulla base dei risultati congiunturali forniti da Eurostat, la Banca Centrale Europea, nel Monthly Bullettin di settembre 2013, stima per il 2013 una contrazione del PIL dell’Area dell’Euro dello 0,4 per cento e una crescita dell’1 per cento nel 2014, rivedendo le proprie precedenti previsioni di giugno, rispettivamente, al rialzo di 0,2 punti percentuali e al ribasso di 0,1 punti.

Permangono nell’Area, tuttavia - osserva la Nota riprendendo le considerazioni della Banca centrale - una debole domanda interna e una elevata disoccupazione alla quale si aggiungono i timori di una minore domanda proveniente dai paesi emergenti.

In particolare, la BCE, nel citato Bollettino rileva che, la recente evoluzione delle condizioni nei mercati monetari e finanziari mondiali e le relative incertezze potrebbero incidere negativamente sulla situazione economica. I rischi al ribasso riguardano inoltre rincari delle materie prime a fronte di rinnovate tensioni geopolitiche, una domanda mondiale inferiore alle attese e una lenta o insufficiente attuazione delle riforme strutturali nei paesi dell’area dell’euro.

 

Allo stesso tempo, rileva la Nota, segnali di una normalizzazione nel mercato finanziario provengono dalla restituzione da parte degli istituti di credito di una parte dei fondi ottenuti dalle operazioni di rifinanziamento a tre anni. Tuttavia, si rilevano rigidità sul mercato del credito, cui peraltro si associa la il calo della domanda dei fondi da parte di famiglie ed imprese, che viene imputato alle prospettive incerte per il futuro.

1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale

Per quanto concerne l’Italia, la Nota di aggiornamento, pur rilevando i primi segnali di una progressiva stabilizzazione del ciclo economico, rivede il quadro macroeconomico evidenziando un peggioramento delle stime di crescita dell’economia italiana per l’anno in corso e per l’anno 2014 rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2013.

Soltanto a partire dal 2015 la Nota evidenzia una crescita dell’economia italiana superiore alle previsioni del DEF, che dovrebbe attestarsi, in media all’1,8 per cento negli anni 2015-2017.

 

Tabella 1.2

Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF sulle previsioni di crescita del PIL

                                                                                                                                    (variazioni percentuali)

 

DEF 2013
aprile 2013

Nota agg. DEF 2013
settembre 2013

 

2013

2014

2015

2016

2017

2013

2014

2015

2016

2017

PIL

-1,3

1,3

1,5

1,3

1,4

-1,7

1,0

1,7

1,8

1,9

§      Le nuove stime per il 2013

In particolare, per il 2013, la contrazione del PIL italiano è stimata pari a -1,7 per cento, rispetto a -1,3 per cento precedentemente indicato dal DEF.

Il peggioramento delle stime di crescita sono da porre in relazione alla fase recessiva che ha interessato l’economia italiana e che ha raggiunto la sua maggiore intensità nella parte finale del 2012. Secondo la Nota, il trascinamento negativo ereditato dall’anno precedente, è pari ad 1 punto percentuale.

L’economia italiana ha, peraltro, mantenuto un andamento recessivo anche nella prima parte dell’anno, con una contrazione del PIL nel primo trimestre del 2013 dello 0,6 per cento, ben superiore alle aspettative, poi attenuatasi nel trimestre successivo (-0,3 per cento).

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT, nel secondo trimestre del 2013 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,3%, rispetto al trimestre precedente, e del 2,1% nei confronti del secondo trimestre del 2012. La variazione acquisita per il 2013 è pari a -1,8%.

Rispetto al trimestre precedente, i principali aggregati della domanda interna (consumi finali nazionali e investimenti fissi lordi) risultano ancora in diminuzione, con un calo dello 0,3% entrambi, sebbene in attenuazione rispetto al trimestre precedente. Anche le importazioni hanno subito una flessione dello 0,3%. Soltanto le esportazioni continuano a manifestare un andamento positivo, con un aumento dell’1,2%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,3 punti percentuali alla crescita del PIL (negativo per 0,3 punti  il contributo dei consumi delle famiglie mentre quello degli investimenti fissi lordi e della spesa della Pubblica Amministrazione è stato nullo), mentre il contributo della domanda estera netta è stato positivo (+0,4 punti).

Tutti i grandi comparti di attività economica registrano una diminuzione congiunturale del valore aggiunto (-2,2% per l’agricoltura, -0,1% per l’industria, -0,3% per i servizi e 0,9% per le costruzioni) (Fonte: Comunicato ISTAT del 10 settembre 2013).

 

In merito all’andamento congiunturale del PIL italiano, va considerato che secondo i recenti dati forniti da Eurostat[6], l’Italia, insieme alla Spagna, risultano essere i soli paesi dell’aera Euro ad aver manifestato ancora un andamento recessivo nel secondo trimestre del 2013. Nel complesso, il Pil dell’Area Euro nel secondo trimestre dell’anno in corso è cresciuto dello 0,3 per cento rispetto al precedente trimestre.

 

La contrazione del PIL nel 2013 - maggiore di 0,4 punti percentuali rispetto a quanto previsto nel DEF di aprile - è stata, peraltro, già prefigurata dal Governo nella Relazione al Parlamento, trasmessa alle Camere il 3 settembre 2013, in cui si indicava una cosiddetta “crescita acquisita[7] fino a tutto il secondo trimestre del 2013 pari a -1,7%, prevalentemente a causa del risultato fortemente negativo del primo trimestre dell’anno.

 

Nella Nota, il Governo ipotizza una stabilizzazione del prodotto interno lordo nel terzo trimestre, dopo otto trimestri consecutivi di contrazione. Nel quarto trimestre, si prevede infatti che il PIL possa finalmente tornare a segnare un aumento, seppure moderato.

Dopo la fase recessiva di questi ultimi anni, che ha comportato, per l’Italia, la perdita di oltre 8 punti[8] percentuali di PIL, l’economia italiana, secondo la Nota, sembra pertanto avviata verso una ripresa, anche sulla base dei segnali favorevoli relativi al livello della produzione industriale, agli ordinativi e agli indicatori di fiducia.

In particolare, gli indicatori di fiducia delle famiglie e l’andamento delle vendite al dettaglio prefigurano un miglioramento della domanda interna nei prossimi trimestri, con effetti benefici nel settore dei servizi.

E’ atteso anche un progressivo rafforzamento della produzione industriale nei prossimi mesi che dovrebbe portare ad una piena ripresa dell’attività economica del Paese entro fine anno. Tuttavia, l’ultimo dato relativo al mese di luglio sull’indice della produzione industriale induce il Governo ad una certa prudenza nelle stime di crescita del PIL per il terzo trimestre.

Secondo il Comunicato mensile ISTAT del 12 settembre 2013 a luglio l’indice destagionalizzato della produzione industriale è, infatti, diminuito dell’1,1% rispetto a giugno e, in termini tendenziali, del 4,3% su base annua. Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è scesa del 4,0% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

§      Le previsioni per il 2014 e per gli anni 2015-2017

Per il 2014, si confermano le prospettive favorevoli di ripresa dell’economia, già prefigurate nel DEF di aprile. Tuttavia, la previsione di crescita del PIL è rivista al ribasso, pari all’1,0 per cento rispetto all’1,3 per cento previsto nel DEF, principalmente per l’effetto di trascinamento negativo del 2013 sul 2014.

 

La previsione di crescita nel 2014 riflette anche il rafforzamento della congiuntura economica mondiale e il graduale venir meno dei fattori specifici che hanno penalizzato l’evoluzione congiunturale nel 2013.

Potrebbe tuttavia agire da freno alla ripresa la dinamica ancora negativa della concessione del credito al settore privato dell’economia, che rischia di attenuare gli effetti espansivi delle misure introdotte dai provvedimenti adottati dal Governo.

 

La Nota rileva in proposito come sul sistema creditizio non si siano ancora pienamente esplicati i benefici effetti dell’allentamento delle tensioni nei mercati finanziari – grazie al programma straordinario di acquisto di titoli di stato (Outright Monetary Transactions) deciso dal Consiglio direttivo BCE - e della significativa riduzione a partire dall’autunno 2012, dello spread tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi.

Peraltro, l’andamento dello spread rimane, comunque, anomalo. Alla stabilizzazione del differenziale tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi (intorno ai 250 punti base), si è contrapposto un restringimento e un sostanziale annullamento dell’analogo differenziale di segno opposto con la Spagna. Tale andamento viene attribuito alle incertezze politiche e alle incertezze sulla stabilità del Governo, che in qualche modo pesano ancora nella percezione degli operatori finanziari.

Il grafico che segue mostra l’andamento dello “spread” Italia-Germania sui titoli di Stato decennali nel corso dell’ultimo anno.

 

Grafico 1.2

Andamento del differenziale Italia-Germania sui titoli di Stato decennali

 

Fonte: Finanza e mercati, Il Sole 24 ore, 25 settembre 2013.

 

In proposito, la Banca d’Italia, nel Bollettino Economico di luglio 2013, osserva che dopo l’estate del 2012 l’andamento dello spread BTP-Bund – che durante l’anno precedente aveva determinato il rialzo del costo del credit – ha esercitato una spinta al ribasso sui tassi bancari, che si è attenuata nei mesi di marzo e aprile 2013, quando è riemersa una certa volatilità sui mercati. Per contro, il costo dei prestiti è stato spinto al rialzo dal progressivo peggioramento del rischio di credito e dai suoi riflessi sulla qualità degli attivi bancari. Questo effetto avrebbe pressoché annullato quello, di segno opposto, derivante dalla diminuzione dello spread tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e tedeschi.

 

Circa lo stallo del mercato del credito, in Italia come in altri paesi, esso viene attribuito all’aumento dei crediti in sofferenza e ad una accresciuta avversione al rischio delle banche, fattori questi che si aggiungono alle esigenze di ricapitalizzazione legate alle indicazioni delle autorità finanziarie e ai nuovi regolamenti internazionali. Le condizioni di credito hanno continuato a deteriorarsi nel secondo trimestre del 2013, soprattutto nel caso di finanziamenti a lungo termine. Secondo il Rapporto congiunturale della BCE di luglio 2013 (Bank Lending Survey) la percentuale netta di banche che segnalano un ulteriore irrigidimento dei criteri di credito sui prestiti alle società non finanziarie rimane invariata rispetto alla precedente rilevazione di aprile.

La Nota rileva inoltre come continuino a persistere notevoli differenze nel costo medio di finanziamento di nuovi prestiti alle imprese in Italia rispetto ad altri paesi europei (1,3 punti percentuali per l'Italia contro la Germania nel mese di giugno). Tali differenze sono alte per i prestiti alle piccole e medie imprese, che di fatto rappresentano la spina dorsale dell'economia italiana e vengono legate alle esigenze relative al recupero di margini di profitto, ma anche alla frammentazione ancora presente nel mercato monetario dell’euro.

I dati diffusi della Banca d'Italia nel Rapporto sulla stabilità finanziaria di aprile 2013 indicano una riduzione del credito bancario non solo alle imprese in condizioni finanziarie fragili, ma anche a quelle con bilanci solidi.

A tale situazione hanno in parte ovviato le imprese di maggiori dimensioni, finanziandosi con emissioni obbligazionarie, mentre, anche da questo punto di vista, sono le piccole imprese che maggiormente scontano gli effetti della restrizione creditizia.

Grafico 1.3

Prestiti bancari alle imprese

Fonte. Bollettino economico Banca d’Italia, n. 73 (luglio 2013).

Infine, si richiama l’analisi dell’impatto sulla crescita economica delle condizioni restrittive di credito in Italia, condotta dall’FMI, nel suo recente Rapporto elaborato il 26 settembre 2013, “Italy-Article IV Consultation”.

L’FMI rileva che, nonostante i tagli del tasso ufficiale, le condizioni monetarie si sono solo marginalmente alleggerite rispetto al 2009. Nel periodo, il differenziale tra il tasso ufficiale di sconto e il “lending rate” italiano è cresciuto di circa 160 punti.

Al contrario, l’indice delle condizioni monetarie (Monetary Conditions Index-MCI) di altri paesi, quali la Germania, è diminuito di più nel corso del periodo, trainato dalla caduta dei tassi di prestito.

Un'analisi basata sulle indagini sul credito bancario suggerisce che i fattori di offerta stanno diventando sempre più importanti nel guidare gli sviluppi di credito. Dopo gli interventi di rifinanziamento della Banca centrale nel 2012 (LTRO), la domanda di fondi è scesa ben al di sotto dell’offerta. Pur tuttavia, dalla fine del 2012 i fattori dell’offerta stanno diventando più importanti e, insieme alla debole domanda hanno guidato la riduzione della leva finanziaria.

Secondo le indagini, le aspettative di crescita debole sono state un fattore limitante nell’offerta di denaro e la stretta delle condizioni di credito è un fattore chiave per spiegare l’intensità della crisi. Secondo l’FMI, in termini annualizzati, una contrazione dell’1,2 per cento nel credito ridurrebbe la crescita di 0,68 punti percentuali, sebbene tale contrazione potrebbe essere sovrastimata in virtù del parametro utilizzato.

 

Nonostante il mercato del credito sia ancora fragile, il Governo rileva nella Nota che sembrano esserci i presupposti per una sua graduale normalizzazione, anche in considerazione del miglioramento delle prospettive di crescita, che dovrebbe determinare un progressivo aumento della richiesta di prestiti da parte delle imprese e condizioni di credito più distese dovute alla minore percezione del rischio connesso all’attività d’impresa. Inoltre, sebbene la raccolta complessiva risulti ancora in contrazione, sembra essersi riavviato il funding sull’estero.

 

Per gli anni successivi al 2014, la Nota evidenzia un rafforzamento progressivo della dinamica del PIL. L’attività economica è prevista crescere a ritmi sostenuti, attestandosi su livelli medi intorno all’1,8 per cento (1,7% nel 2015, 1,8% nel 2016 e 1,9% nel 2017), beneficiando, secondo il Governo, sia del miglioramento della domanda mondiale che degli effetti positivi determinati delle riforme introdotte nelle ultime due legislature. La Nota specifica, al riguardo, che lo scenario presentato si fonda sulla prosecuzione dell’azione riformatrice del Governo.

Sul punto viene inoltre precisato che la revisione verso l’alto delle previsioni di medio termine è stata effettuata sulla base di una attenta valutazione degli effetti delle riforme introdotte sino ad ora.

Il DEF, presentato in aprile scorso, incorporava soltanto in parte l’effetto delle riforme effettuate nel corso della passata legislatura – in quanto molte misure risultavano ancora non pienamente attuate. Ad esse, si sono inoltre aggiunte ulteriori misure, adottate nel corso degli ultimi mesi, in materia di riforme strutturali (iniziative per migliorare la qualità della spesa pubblica (spending review), le iniziative in campo fiscale che di fatto anticipano alcune delle misure della delega, il processo di privatizzazione avviato e le ulteriori riforme istituzionali in atto).

Ulteriori misure verranno introdotte nell’ambito o contestualmente alla Legge di Stabilità. Il Documento Programmatico di Bilancio (Draft Budgetary Plan, DBP), che conterrà le stime degli effetti sui saldi di bilancio e sull’economia dei principali provvedimenti destinati ad essere inseriti nella Legge di Stabilità, sarà predisposto e inviato alla Commissione Europea entro il 15 ottobre.

 

Nella Nota è riportata la valutazione dell’impatto macroeconomico determinato dai principali provvedimenti finora varati dal Governo successivamente all’approvazione del Documento di Economia e Finanza 2013, a partire dal D.L. n. 35/2013, di accelerazione dei pagamenti dei debiti della P.A.., cui si sono aggiunti in corso d’anno le seguenti misure per il rilancio dell’economia:

-        Il D.L. 54/2013 recante interventi per il finanziamento degli ammortizzatori sociali e la sospensione dell’IMU;

-        Il D.L. 63/2013 recante disposizioni in materia di prestazione energetica nell’edilizia e di agevolazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio;

-        Il D.L. 69/2013 recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia (c.d. “Decreto del fare”);

-        Il disegno di legge in materia di Semplificazioni;

-        Il D.L. 76/2013 recante interventi per l’occupazione, in particolare giovanile, e in materia di IVA;

-        Il D.L. 102/2013 recante interventi in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici.

 

Rispetto allo scenario base l’insieme delle misure per il rilancio dell’economa contenute nei provvedimenti indicati si tradurrebbe in un aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,1 per cento a partire dal 2013. Per il 2013 tale incremento è ascrivibile quasi esclusivamente agli incentivi per il risparmio energetico e per le ristrutturazioni edilizie (D.L. 63/2013) che concorrono a espandere gli investimenti. Dal 2014 in poi, invece, l’impatto maggiore discende dalle misure in materia di semplificazione che accrescono sia i consumi delle famiglie sia gli investimenti.

Per quanto concerne i provvedimenti di accelerazione dei pagamenti della P.A., l’impatto sull’economia del D.L. n. 35/2013 e del successivo D.L. n. 102/2013 - che ha autorizzato per quest’anno un incremento del pagamento dei debiti pregressi degli enti territoriali per ulteriori 7,2 miliardi di euro in aggiunta ai pagamenti previsti dal D.L. n.35/2013, pari a 20 miliardi – sono valutati nell’ordine di un aumento complessivo del PIL dello 0,3% nel 2013, circa dello 0,9% nel 2014 e dello 0,3% nel 2015.

L’impatto sull’economia è stato già oggetto di valutazione all’interno della Relazione al Parlamento, effettuata ai sensi dell’art. 10 bis, comma 6, della L.196/2009, trasmessa alle Camere il 3 settembre[9].

 

Tabella 1.3

Impatto sull’economia del pagamento dei debiti della P.A. e dei provvedimenti di rilancio dell’economia

(scostamento nei tassi di crescita rispetto alla simulazione base)

PIL

2013

2014

2015

Impatto pagamenti ex DL 35

0,2

0,7

0,3

Impatto maggiori pagamenti ex DL 102

0,1

0,3

0,1

Impatto provvedimenti di rilancio dell’economia

0,1

0,1

0,1

§      La Relazione sul pagamento dei debiti PA

La Nota sottolinea che sui tempi e l’intensità della ripresa inciderà in modo particolare la buona attuazione del provvedimento di accelerazione dei pagamento dei debiti commerciali delle Amministrazioni Pubbliche, volto ad iniettare liquidità ed allentare le difficoltà di finanziamento delle imprese, le cui risorse complessive (40 miliardi) sono state implementate con il recente D.L. n. 102/2013, che ha autorizzato pagamenti per ulteriori 7,2 miliardi. Sono già state attivate le procedure per l'attuazione di questa ulteriore immissione di liquidità nel sistema economico. Nella Relazione, si precisa l’impegno del Governo di pervenire alla cifra complessiva di 50 miliardi, sebbene la necessità di individuare ulteriori misure potrà essere compiutamente valutata allorché saranno disponibili le quantificazioni definitive dei debiti ancora in essere, derivanti dalla ricognizione disposta dalla normativa.

In merito alla stato di attuazione del D.L. n. 35/2013, si ricorda che la Nota reca la Relazione contenente elementi informativi relativi allo stato dei pagamenti effettuati dalle amministrazioni pubbliche e alla ricognizione dello stock dei debiti ancora in essere, nonché alle iniziative da intraprendere al fine di completare il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni maturati al 31 dicembre 2012.

In base ai dati aggiornati al 18 settembre 2013[10], risultano messi a disposizione degli enti pubblici debitori 17,9 miliardi (90% delle risorse complessive), i quali hanno provveduto a pagare ai propri creditori i debiti scaduti per un importo pari a 11,3 miliardi, pari al 57% delle risorse stanziate. I pagamenti riguardano per 2,6 miliardi i debiti dello Stato (per la gran parte, in forma di rimborsi fiscali), per 5,3 miliardi i debiti delle regioni (di cui 4,2 miliardi per debiti sanitari), per 3,4 miliardi i debiti di province e comuni (di cui 1,1 miliardi le province e 2,3 miliardi i comuni).

 

L’ulteriore elemento indispensabile perché si rafforzi l’inversione delle tendenze recessive nei prossimi trimestri è il miglioramento del contesto in cui operano le imprese italiane, posto che, nei vent’anni precedenti la crisi, il peggioramento dell’ambiente imprenditoriale è considerato – nella Nota - come uno dei fattori principali di rallentamento della crescita dell’economia italiana.

§      Il confronto con le previsioni dei principali istituti

Le nuove previsioni di crescita dell’economia italiana riportate nella Nota risultano più positive rispetto a quelle rilasciate dai principali istituti italiani e organismi internazionali.

Tabella 1.4

Previsioni degli istituti sulla crescita del PIL italiano          (variazioni percentuali)

 

2013

2014

2015

GOVERNO (settembre ’13)

-1,7

1,0

1,7

CER (luglio ’13)

-1,8

0,8

1,2

PROMETEIA (luglio ’13)

-1,9

0,7

1,3

REF.IRS (luglio ’13)

-1,9

0,8

-

CONFINDUSTRIA (settembre ’13)

-1,6

0,7

-

BANCA D’ITALIA (luglio ’13)

-1,9

0,7

-

CONSENSUS FORECASTS (settembre ’13) *

-1,7

0,5

-

OCSE (Interim Assessment) (settembre ‘13)

-1,8

-

-

FMI (Article IV) (settembre ‘13)

-1,8

0,7

1,1

* Fonte per “Consensus Forecasts”: Nota di aggiornamento al DEF 2013.

 

In particolare, per quanto concerne il biennio 2013-2014, i dati previsionali esposti dagli istituti stimano per l’anno in corso una diminuzione del Pil più sostenuta, pari a circa 1,8–1,9 punti percentuali rispetto all’anno precedente (con l’eccezione di Confindustria, che stima una contrazione dell’1,6%), con un ritorno in territorio positivo nel 2014, in cui si evidenzia una crescita che dovrebbe posizionarsi tra lo 0,7 e lo 0,8 per cento, come risulta dalla tabella che segue.

Per il 2015, le previsioni disponibili degli istituti si presentano meno favorevoli rispetto alle ipotesi del Governo.

§      Analisi delle componenti del quadro macroeconomico italiano

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2013.

 

Tabella 1.5

Il quadro macroeconomico                                                                                     (variazioni percentuali)

 

DEF 2013
aprile 2013

Nota agg. DEF 2013
settembre 2013

 

2013

2014

2015

2016

2017

2013

2014

2015

2016

2017

PIL

-1,3

1,3

1,5

1,3

1,4

-1,7

1,0

1,7

1,8

1,9

Importazioni

-0,3

4,7

4,4

4,1

3,8

-2,9

4,2

4,8

4,5

4,5

Consumi finali nazionali

-1,7

0,9

1,0

0,9

1,0

-1,9

0,3

1,0

1,2

1,4

- spesa delle famiglie

-1,7

1,4

1,1

1,1

1,2

-2,5

0,5

1,1

1,5

1,8

- spesa delle P.A. e I.S.P.

-1,7

-0,4

0,7

0,3

0,1

-0,3

-0,1

0,7

0,3

0,1

Investimenti fissi lordi

-2,6

4,1

3,2

2,6

2,4

-5,3

2,0

3,6

3,8

3,5

- macchinari, attrezzature e vari*

-3,0

5,1

4,4

3,8

3,4

-3,5

3,4

4,7

5,1

4,6

- costruzioni

-2,2

3,1

2,0

1,5

1,4

-7,0

0,6

2,5

2,4

2,4

Esportazioni

2,2

3,3

4,1

4,0

3,9

0,2

4,2

4,5

4,4

4,3

 

Occupazione (ULA)

-0,3

0,6

0,8

0,7

0,8

-1,8

-0,1

0,9

0,9

1,0

Tasso di disoccupazione

11,6

11,8

11,6

11,4

10,9

12,2

12,4

12,1

11,8

11,4

 

Deflatore PIL

1,8

1,9

1,8

1,8

1,8

1,2

1,9

1,9

1,7

1,7

Inflazione programmata

1,5

1,5

1,5

 

 

1,5

1,5

1,5

 

 

* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, in trasporti e in beni immateriali.

 

Come si evince dalla tabella, rispetto alle previsioni contenute nel DEF, nel 2013 e nel 2014 tutte le variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento. In particolare, per l’anno 2014, le previsioni, pur mantenendosi positive, scontano l’effetto del trascinamento negativo ereditato dal 2013. Le previsioni di medio termine presentano, invece, un recupero più accentuato di quanto ipotizzato ad aprile.

Il grafico seguente mostra l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Nota.

Grafico 1.4

Conto economico delle risorse e degli impieghi                                  (variazioni % a prezzi costanti)

Consumi finali nazionali

Per quanto concerne il dettaglio delle proiezioni sulla crescita del PIL, la Nota stima i consumi finali nazionali in rallentamento rispetto alle previsioni di aprile.

In particolare, nell’anno in corso, la domanda interna risulterebbe particolarmente debole. I consumi finali si ridurrebbero del -1,9 per cento nel 2013 (0,2 punti percentuali in meno di quanto stimato nel DEF). Dall’anno successivo, i consumi tornerebbero su valori positivi, mantenendosi tuttavia ancora deboli nel 2014, con una crescita dello 0,3 per cento rispetto all’ipotizzato 0,9 per cento del DEF.

Soltanto a partire dal 2015 i consumi tornerebbero su valori di crescita superiori all’1 per cento (1,0 per cento nel 2015, 1,2 per cento nel 2016 e 1,4 per cento nel 2017, superiori rispetto a quanto ipotizzato ad aprile).

In tale ambito, la spesa delle famiglie residenti scenderebbe del -2,5 per cento nel 2013. A partire dal 2014 si ipotizza una lenta ripresa, molto contenuta nel 2014 (+0,5 per cento) e più accentuata nel medio periodo fino all’1,8 per cento nel 2017. Le decisioni di spesa delle famiglie continuano ad essere frenate dalla debolezza del reddito disponibile e dall’elevata incertezza sulle prospettive del mercato del lavoro.

A tale ultimo riguardo, si evidenza come i dati ISTAT indichino un miglioramento del clima di fiducia degli operatori rispetto ai mesi precedenti.

Grafico 1.5

Clima di fiducia dei consumatori

 

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, settembre 2013.

 

Per ciò che concerne, in particolare, l’indice del clima di fiducia dei consumatori, secondo i dati più recenti diffusi da ISTAT, esso migliora da 98,4 del mese di agosto a 101,1 a settembre. Crescono sia la componente riferita al clima economico generale (da 97,7 a 99,7) sia, in misura più ampia, quella relativa al clima personale (da 98,9 a 102,4) (Comunicato ISTAT del 25 settembre 2013).

I giudizi sulla situazione economica dell'Italia risultano in miglioramento (il saldo passa da -117 a -108), mentre le aspettative future registrano un peggioramento (da -7 a -11). Per le aspettative sulla disoccupazione si rileva un miglioramento (il saldo passa a 68 da 72). Anche le opinioni sulla situazione economica della famiglia migliorano (da -66 a -58), così come le attese (da -15 a -11) (Comunicato ISTAT 25 settembre 2013).

Per ciò che attiene il clima di fiducia delle imprese italiane (Iesi - economic sentiment indicator), le informazioni diffuse dall’Istituto di statistica segnano a settembre 2013 un miglioramento: l'indice sale a 83,3, da 82,0 di agosto.

L'andamento positivo rispecchia un miglioramento della fiducia diffuso nei diversi settori economici delle imprese manifatturiere (93,4 di agosto a 96,6 di settembre) e delle costruzioni (76,4 di agosto a 78,6 di settembre) e del commercio al dettaglio (Comunicato ISTAT, Clima di fiducia delle imprese, 27 settembre 2013).

Investimenti

Nell’anno in corso gli investimenti fissi lordi sono attesi in netta riduzione nel 2013, -5,3 per cento rispetto al -2,6 stimato ad aprile.

Negli anni successivi, gli investimenti fissi lordi tornerebbero su valori positivi, pari a 2,0 per cento nel 2014 (rispetto al 4,1 per cento previsto per il 2014 nel DEF), per poi risalire al 3,6 per cento nel 2015, 3,8 per cento nel 2016 e al 3,5 per cento nel 2017, circa un punto percentuale più rispetto alle previsioni del DEF.

La revisione al ribasso delle previsioni è ascrivibile soprattutto alla dinamica negativa settore delle costruzioni, che continua a manifestare una forte debolezza nel biennio 2013-2014, più ampia rispetto a quanto ipotizzato nel DEF di aprile.

Nel 2013, in particolare, si prevede un calo del 7,0 per cento del settore (invece del -2,2 per cento precedentemente stimato). La ripresa per essi comincia, tuttavia, a manifestarsi già a partire dal 2014, sebbene più lenta del previsto, per poi consolidarsi negli anni successivi.

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT a luglio 2013, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è diminuito, rispetto a giugno 2013, del 2,0%. Nella media del trimestre maggio-luglio l’indice ha registrato un aumento dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. L’indice corretto per gli effetti di calendario a luglio 2013 è diminuito in termini tendenziali del 10,8%. Nella media dei primi sette mesi dell’anno la produzione si è ridotta dell’11,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (ISTAT, Produzione nelle costruzioni, 19 settembre 2013).

Più recenti dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI), segnalano, inoltre, che nel II trimestre 2013, continui, ma con un tasso di calo rallentato, la flessione del mercato immobiliare nazionale. Le compravendite sono diminuite del 7,7% rispetto al II trimestre 2012. In particolare, le compravendite nel comparto residenziale sono scese del 9,3% e, nei comparti non residenziali, le compravendite di immobili in maggior flessione sono quelle relative al terziario (- 10,6%)(OMI, Nota Trimestrale del 24 settembre 2013).

 

Anche gli investimenti in macchinari e attrezzature (-3,5 per cento), particolarmente sensibili alla congiuntura, sono previsti in riduzione nel 2013 in maniera più sostenuta di quanto stimato nel DEF. Il recupero nel 2014 si presenta più lento rispetto alle indicazioni del DEF, con una crescita netta nel medio periodo superiore alle precedenti previsioni.

La ripresa per essi comincia, tuttavia, a manifestarsi già a partire dal 2014, sebbene inizialmente più lenta del previsto, per poi consolidarsi negli anni successivi.

Per quanto concerne la produzione industriale, secondo gli ultimi dati ISTAT, a luglio 2013 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dell’1,1% rispetto a giugno. Nella media del trimestre maggio-luglio l'indice ha registrato una flessione dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Nei primi sette mesi dell'anno, la produzione è diminuita del 4,0% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (Comunicato del 12 settembre 2013).

Il fatturato e ordinativi dell’industria, sempre secondo i dati ISTAT, a luglio 2013 il fatturato dell'industria è diminuito, al netto della stagionalità, dello 0,8% rispetto a giugno, con variazioni negative dello 0,9% sul mercato interno e dello 0,6% su quello estero. Gli ordinativi totali registrano una flessione congiunturale dello 0,7%, sintesi di un calo del 2,6% degli ordinativi interni e di un incremento dell’1,8% di quelli esteri. Nel confronto con il mese di luglio 2012, l'indice grezzo degli ordinativi segna un calo del 2,2% (Fonte: Comunicato ISTAT 20 settembre 2013).

Il grafico che segue mostra l’andamento della produzione industriale in Italia negli ultimi anni.

Grafico 1.6

Produzione industriale e tendenza degli ordini

Fonte: Banca d’Italia, L’economia italiana in breve, settembre 2013                       

Commercio estero

Per ciò che concerne gli scambi con l’estero, le esportazioni nette, sebbene frenate nel breve periodo dal rallentamento del commercio mondiale, si mantengono positive in tutto l’orizzonte di previsione.

In particolare, le esportazioni sono previste crescere anche nell’anno in corso dello 0,2 per cento, sebbene più contenute rispetto a quanto previsto nel DEF, fornendo in tal modo un contributo positivo alla crescita.

Una accelerazione, rispetto alla previsione di aprile, si registrerebbe negli anni successivi, in cui la crescita delle esportazioni si attesterebbe a un livello medio del 4,3 per cento rispetto al 3,8 per cento ipotizzato nel DEF.

Le importazioni sono invece stimate contrarsi nell’anno in corso, attestandosi a -2,9 per cento, un risultato più negativo rispetto a quello prospettato nel DEF di aprile. Per gli anni successivi è prevista una graduale ripresa.

Per quanto concerne il commercio estero, secondo i dati ISTAT, a luglio 2013 si rileva si registra una diminuzione dell'export (-2,3%) e un aumento dell'import (+0,4%).

Rispetto al trimestre precedente, nel periodo maggio-luglio 2013, le esportazioni sono in crescita (+0,9%) mentre l'import è in lieve diminuzione (-0,2%).

A luglio 2013 il saldo commerciale (+5,9 miliardi) è più ampio di quello conseguito a luglio 2012 (+4,7 miliardi), con avanzi sia con i paesi UE (+3,1 miliardi) sia con quelli extra UE (+2,8 miliardi) (Fonte: Comunicato ISTAT 16 settembre 2013).

Mercato del lavoro

Per quanto concerne il mercato del lavoro, la Nota sottolinea come malgrado l’intensità e l’ampiezza degli interventi dedicati dal Governo al problema occupazionale, esso rimane un elemento di debolezza per l’Italia.

La ripresa economica che pure s’intravede dalla seconda metà dell’anno non permetterà comunque, a breve, di assorbire la disoccupazione, la sottoccupazione e l’inattività che la crisi dell’ultimo quinquennio ha generato.

 

Tabella 1.6

Mercato del lavoro                                                                                                   (variazioni percentuali)

 

DEF 2013
aprile 2013

Nota agg. DEF 2013
settembre 2013

 

2013

2014

2015

2016

2017

2013

2014

2015

2016

2017

Costo del lavoro

1,0

1,2

1,5

1,6

1,6

1,4

1,0

1,4

1,3

1,3

CLUP (misurato sul Pil)

2,0

0,5

0,8

1,1

1,1

1,3

-0,1

0,5

0,4

0,5

Occupazione (ULA)

-0,3

0,6

0,8

0,7

0,8

-1,8

-0,1

0,9

0,9

1,0

Tasso di disoccupazione

11,6

11,8

11,6

11,4

10,9

12,2

12,4

12,1

11,8

11,4

Tasso di occupazione (15-64 anni)

56,5

56,8

57,2

57,6

58,1

55,9

55,8

56,3

56,8

57,4

 

In particolare, la Nota di aggiornamento rivede in senso peggiorativo le stime del tasso di disoccupazione, il quale si attesterebbe nel 2013 al 12,2 per cento (un valore più alto di circa 0,6 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile) e registrerebbe una ulteriore crescita nel 2014, raggiungendo l’12,4 per cento.

Nel biennio successivo il tasso dovrebbe tornare a ridursi, fino all’11,9 per cento nel 2017.

Secondo i dati congiunturali diffusi dall’ISTAT, nel secondo trimestre 2013, il numero dei disoccupati, pari a 3.075.000, è in ulteriore aumento su base tendenziale (13,7%, pari a +370.000 unità). L'incremento, su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre la metà dei casi persone con almeno 35 anni. Il 55,7% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più.

Il tasso di disoccupazione trimestrale è pari al 12,0%, in crescita di 1,5 punti percentuali rispetto a un anno prima. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale al 37,3% (+3,4 punti percentuali).

Dopo sette trimestri di discesa, torna ad aumentare il numero di inattivi 15-64 anni (+1,2%, pari a 172.000 unità). L'aumento in più di nove casi su dieci riguarda gli uomini, e coinvolge soprattutto i giovani di 15-34 anni (ISTAT, Comunicato “Occupati e disoccupati” del 30 agosto 2013).

Gli occupati, misurati in unità standard di lavoro (ULA), sono previsti ridursi nel 2013 di -1,8 per cento, in netto peggioramento di 1,5 punti percentuali rispetto alla stima di aprile. Il dato si mantiene negativo anche per il 2014.

Nel triennio 2015-2017, l’occupazione (ULA) mostrerebbe segnali di ripresa, prossima ad un valore positivo dell’1,0 per cento.

Secondo i dati ISTAT, nel secondo trimestre 2013 si accentua la diminuzione su base annua del numero degli occupati (-2,5%, pari a -585.000 unità), soprattutto nel Mezzogiorno (-5,4%, pari a -335.000 unità). L'aumento dell'occupazione più adulta (di almeno 50 anni), soprattutto a tempo indeterminato, si contrappone al persistente calo su base annua di quella più giovane e dei 35-49enni. Prosegue la dinamica negativa degli occupati a tempo pieno (-3,4 per cento pari a -644.000 unità rispetto al secondo trimestre 2012), che in quasi metà dei casi riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (-2,5%, pari a -312.000 unità). Gli occupati a tempo parziale aumentano meno rispetto al recente passato (+1,5 per cento), e si tratta in gran parte di part-time involontario.

Nell'industria in senso stretto prosegue la flessione dell'occupazione, in discesa del 2,4% (-111.000 unità), con una più marcata contrazione nelle costruzioni (-12,7%, pari a -230.000 unità) (ISTAT, Comunicato “Occupati e disoccupati”, 30 agosto 2013).

Il grafico che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia posto a raffronto con l’euro zona.

Grafico 1.7

Andamento del tasso di disoccupazione in Italia                                            (variazione percentuale)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Confindustria, Le sfide della politica economica, Scenari economici n. 18, settembre 2013.

Inflazione

La Nota di aggiornamento, rispetto alle stime del DEF, registra una minore pressione inflativa nell’anno in corso.

 

Tabella 1.7

Prezzi                                                                                                                          (variazioni percentuali)

 

DEF 2013
aprile 2013

Nota agg. DEF 2013
settembre 2013

 

2013

2014

2015

2016

2017

2013

2014

2015

2016

2017

Deflatore PIL

1,8

1,9

1,8

1,8

1,8

1,2

1,9

1,9

1,7

1,7

Deflatore dei consumi

2,0

2,0

1,9

1,8

1,8

1,5

2,1

1,9

1,7

1,7

Inflazione programmata

1,5

1,5

1,5

 

 

1,5

1,5

1,5

 

 

 

Pur permanendo i rischi di pressioni inflazionistiche esterne legate al contesto geopolitico, il deflatore dei consumi privati per l’anno in corso, rispetto al DEF, è rivisto al ribasso, attestandosi all’1,5 per cento.

Anche il deflatore del PIL è previsto in ribasso all’1,2 per cento nel 2013 (rispetto all’1,8 stimato nel DEF), mentre dovrebbe attestarsi all’1,9 per cento nel 2014 e nel 2015.

L’inflazione programmata rimane stabile all’1,5 per cento per tutto il periodo previsionale.

Grafico 1.8

Indice dei prezzi al consumo e alla produzione                             (variazioni percentuali)

Fonte: Banca d’Italia, L’economia italiana in breve, settembre 2013

 

Per quanto concerne i prezzi al consumo, l’ISTAT evidenzia, sulla base dei aggiornati ad agosto 2013, che l'inflazione acquisita per il 2013 sale all'1,4% dall'1,2% di luglio.

Al netto dei soli beni energetici, la crescita tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo resta stazionaria all'1,3%. L'inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, si porta all'1,2% (dal +1,1% nel mese precedente).

Ad agosto 2013, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) non varia su base mensile, registrando un tasso di crescita annuo stazionario all'1,2%.

L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, aumenta dello 0,4% su base mensile e dell'1,1% rispetto a luglio 2012. (Comunicato del 12 settembre 2013).

1.3 Confronti internazionali

La tabella che segue indica le stime di crescita più aggiornate elaborate dall’OCSE e dall’FMI per i principali paesi europei, nonché per USA e Giappone.

 

Tabella 1.8

OCSE ed FMI: Previsioni di crescita del PIL 2013-2015                                      (variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Nota agg. DEF 2013
settembre 2013

OCSE
Interim Assessment
sett. 2013

FMI
WEO Update/Article IV
luglio/settembre 2013

 

2012

2013

2014

2015

2013

2013

2014

2015

Italia

-2,4

-1,7

1,0

1,7

-1,8

-1,8

0,7

1,1

Francia

0,0

 

 

 

0,3

-0,2

0,8

1,5

Germania

0,7

 

 

 

0,7

0,3

1,3

-

Spagna

-1,4

 

 

 

-

-1,6

0,0

0,3

Area euro

-0,6

 

 

 

-

-0,6

0,9

-

Regno Unito

0,3

 

 

 

1,5

0,9

1,5

-

USA

2,2

 

 

 

1,8

1,7

2,7

-

Giappone

1,9

 

 

 

1,6

2,0

1,2

-

Fonte:  Ocse, Interim Assessment, 3 settembre 2013. FMI: per l’Italia, Article IV Consultation Report, 26 settembre 2013. Per gli altri paesi, World Economic Outlook Update (luglio 2013). Le previsioni 2015 per Francia e Spagna sono tratte dai relativi Article IV Consultation Report, di agosto 2013.

 

L’OCSE, nell’Interim Assessment del 3 settembre 2013, ha aggiornato le stime di crescita per l’anno in corso delle principali economie, rilevando come, sebbene l’Area dell’euro globalmente considerata stia riemergendo dalla crisi, diversi paesi che ne fanno parte continuino a rimanere in recessione. Tra essi compare l’Italia, che registrerebbe nel 2013 il risultato più negativo tra le principali economie europee.

In particolare, l’OCSE stima per l’Italia una contrazione del PIL dell’1,8 per cento, leggermente più marcata di quanto indicato dal Governo italiano nella Nota di aggiornamento del DEF 2013.

 

Il quadro delineato per l’Italia dall’OCSE appare in linea con quanto poi  prospettato dall’FMI, che nel Rapporto del 26 settembre 2013 elaborato nell’ambito dell’Article IV Consultation conferma per l’Italia una decrescita dell’1,8 per cento nel 2013. Il Fondo peraltro osserva come, pur in presenza di tale andamento negativo,  l’economia italiana cominci a mostrare segni di stabilità dopo circa due anni di recessione, anche se continua a subire gli effetti avversi  causati dalle negative condizioni di credito delle banche.

Per gli anni successivi, l’FMI indica una la crescita dell’economia italiana minore di quando esposto nella Nota di aggiornamento, prevedendola non superiore allo 0,7 per cento nel 2014 ed all’1,1 per cento nel 2015.

L’FMI, pur prevedendo per l’Italia una ripresa, seppur modesta, nella fase finale del 2013, trainata dalle esportazioni, rileva, tuttavia, che senza riforme strutturali la crescita è destinata a rimanere debole, in quanto, sebbene l’economia italiana sia state colpita duramente dalla crisi, le origini della sua bassa crescita risalgono a prima della crisi stessa, dovute “alla produttività stagnante, a condizioni strutturali poco favorevoli all’imprenditoria in generale e a un settore pubblico eccessivamente indebitato”. L’FMI considera dunque prioritario, per rivitalizzare la crescita economica, l’accelerazione delle riforme strutturali nel nostro paese.

Sul punto si rammenta come anche la Commissione europea - che al momento non ha provveduto ad aggiornare le stime di crescita elaborate a maggio scorso - nel parere del 29 maggio 2013, elaborato sul programma di stabilità dell’Italia (COM(2013)362 final)), avesse già rilevato che lo scenario macroeconomico alla base delle proiezioni di bilancio presentate dal Governo italiano nel DEF 2013, risultasse ottimistico per il 2014 (nelle Spring forecasts si ipotizza una crescita del PIL italiano nel 2014 dello 0,7 per cento, anziché dell’1,3 per cento previsto nel DEF 2013). Lo scenario macroeconomico veniva considerato plausibile dal 2015 in poi, ferma restando la piena attuazione delle riforme strutturali adottate.

 


2. Il quadro programmatico

La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2013 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quinquennio 2013-2017 rispetto a quello contenuto nel Documento di Economia e Finanza (DEF) dello scorso aprile.

 

Nel DEF, in coerenza con l'Obiettivo di medio termine (OMT) dell'Italia, il Governo, oltre a prevedere il pareggio di bilancio strutturale della Pubblica Amministrazione per il 2013, fissava un saldo strutturale positivo pari allo 0,4 per cento per il 2014 e un ritorno al pareggio nel 2015. A seguito della revisione delle previsioni di crescita, la Nota di Aggiornamento corregge al ribasso la stima prevedendo un disavanzo strutturale pari a -0,4 per cento del PIL nel 2013 e a -0,3 per cento nel 2014, confermando il pareggio di bilancio nel 2015.

 

Poiché le stime di finanza pubblica presentate nel DEF già includevano l'effetto delle misure di accelerazione dei pagamenti dei debiti pregressi della PA, e poiché gli interventi successivi hanno avuto un impatto trascurabile sul saldo di bilancio della PA, la Nota in esame sconta soltanto una revisione negativa delle stime di crescita del PIL reale per il biennio 2013-2014 (rispettivamente da -1,3 a -1,7 per cento per il 2013 e da 1,3 a 1 per il 2014) alla luce della evoluzione della economia nazionale e mondiale. La revisione delle stime per gli anni dal 2015 al 2017 mostra, invece, un incremento rispetto alle precedenti (rispettivamente dall'1,5 all'1,7 per cento per il 2015, dall'1,3 all'1,8 per il 2016 e dall'1,4 all'1,9 per cento per il 2017).

 

Il DEF e la relativa Nota di Aggiornamento ruotano intorno ad un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio[11]. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretto per il ciclo economico e per le misure una-tantum, riflette l’impegno del paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico. Dato l'obiettivo strutturale e considerata la posizione dell'economia rispetto al ciclo, ne deriva l’obiettivo di indebitamento netto della PA (in termini nominali), cioè quel valore di saldo nominale che consente di realizzare il percorso di consolidamento desiderato. Tale schema logico è illustrato nella tabella 2.1, la quale mette a confronto gli obiettivi programmatici 2013-2017 per i principali saldi di finanza pubblica in rapporto al PIL (saldo strutturale, avanzo primario, indebitamento netto) della Nota di aggiornamento con quelli del DEF

 

Tabella 2.1

Saldi di bilancio programmatici strutturali e nominali

Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento DEF 2013 e del DEF 2013

 

Con riferimento specifico al 2013, viene indicato un indebitamento netto (nominale) programmatico pari a -3 per cento del PIL (-2,9 nel DEF). Rispetto all'indebitamento netto a legislazione vigente (-3,1 per cento) ciò richiede una correzione pari a 0,1 punti percentuali di PIL corrispondenti a circa 1,6 miliardi di euro (cfr. il paragrafo 2.2 per maggiori dettagli).

 

La legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10-bis, comma 1, che la Nota di Aggiornamento del DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.

L'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in vista dell'applicazione del regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due regolamenti del two-pack), il quale all'articolo 6 stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione europea e all'Eurogruppo un documento programmatico di bilancio contenente, tra l'altro, le informazioni circa l'obiettivo di saldo di bilancio per la PA ripartito per sottosettori, le proiezioni a politiche invariate nonché gli obiettivi dell'entrata e della spesa per la PA e le relative componenti principali.

2.1 Il saldo di bilancio strutturale

Gli obiettivi del saldo di bilancio strutturale indicati nella Nota di aggiornamento pospongono l'impegno di realizzare il pareggio di bilancio assunto con il DEF di aprile scorso dal 2013 al 2015. Il Governo sottolinea, tuttavia, che il saldo di bilancio strutturale è migliorato di 0,9 punti percentuali nel 2013 e, mediamente, di 1,6 punti percentuali nel biennio 2012-2013, delineando un processo di convergenza all'OMT più rapido di quello richiesto dalle regole europee (superiore a 0,5 punti percentuali di PIL all'anno).

 

Le raccomandazioni rivolte all'Italia dal Consiglio Ecofin nel luglio 2013 (cfr. riquadro 2.2) ravvisano la necessità di conseguire e mantenere l'OMT già a partire dal 2014 mediante un aggiustamento strutturale avente ritmo adeguato.

La legge costituzionale sul pareggio di bilancio, così come attuata dalla legge n. 243 del 2012, prevede, analogamente, che il saldo di bilancio strutturale sia in equilibrio, e cioè corrispondente all'OMT, a partire dal 2014.

 

Negli anni 2013-2014 il disavanzo strutturale programmatico passa da -0,4 per cento nel 2013 a -0,3 nel 2014, per poi raggiungere il pareggio nel 2015 e attestarsi su questo livello nei due anni successivi.

I saldi strutturali programmatici della Nota di Aggiornamento risultano peggiori rispetto a quanto previsto dal DEF per il 2013 (peggioramento di 0,4 punti percentuali di PIL) e il 2014 (peggioramento di 0,7 punti), mentre sono coincidenti nel resto dell'orizzonte di programmazione (cfr. il grafico 2.1).

 

La Nota di Aggiornamento presenta, altresì, il quadro di finanza pubblica a legislazione vigente, nel quale viene evidenziata una differenza tra valori strutturali, programmatici e tendenziali, su tutto l'orizzonte temporale 2013-2017.

 

In relazione all'esercizio 2014, a fronte di un obiettivo di saldo strutturale pari a -0,3, il valore corrispondente a legislazione vigente è pari a -0,1 punti percentuali di PIL. A questa differenza ne corrisponde una di uguale misura tra l'indebitamento netto programmatico (-2,5) e quello a legislazione vigente (-2,3). Ciò sembrerebbe riflettere l'intenzione di utilizzare, nella prossima decisione di bilancio, l'avanzo strutturale disponibile. La Nota di Aggiornamento precisa che il Governo intende finanziare, utilizzando 0,2 punti percentuali di PIL, alcune voci di spesa in conto capitale non incluse nel saldo a legislazione vigente (cfr. la nota n. 5 alla Tavola I.1 della Nota di Aggiornamento). Il Governo dovrebbe fornire maggiori dettagli al riguardo.

 

In relazione al periodo 2015-2017, la differenza tra saldo programmatico e saldo tendenziale implica una correzione pari a 0,2 punti percentuali di PIL nel 2015, 0,5 nel 2016 e 0,6 nel 2017. La Nota non menziona interventi specifici al riguardo, se non un riferimento a manovre correttive che dovranno far perno sulla riduzione della spesa pubblica. Sarebbe utile acquisire dal Governo indicazioni al riguardo.

 

L'indicata evoluzione dei saldi (programmatici e tendenziali) é fortemente condizionata dalle ipotesi relative alla crescita dell'economia e all'evoluzione dei rendimenti dei titoli di Stato. Data l'elevata incertezza delle stime di tali variabili nell'attuale contesto interno ed internazionale, sarebbe opportuno valutare l'utilità di disporre di scenari alternativi rispetto a quello base contenuto nella Nota.

 

L'output-gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale, pur rimanendo negativo durante il quinquennio 2013-2017, evidenzia una costante riduzione passando dal -4,8 per cento del 2013 al -0,2 per cento nel 2017[12]. Rispetto al DEF, la previsione di output gap rimane invariata per il 2013, presenta un leggero peggioramento per il 2014 e il 2015, e infine migliora per il 2016 e il 2017. Tale dinamica si riflette nell'andamento della previsione del PIL potenziale e di quello effettivo.

 

Va ricordato che a causa della sua non osservabilità, la stima del prodotto potenziale (e di conseguenza dell'output gap) presenta numerose difficoltà. Potrebbe essere, pertanto, opportuno esplicitare se il risultato ottenuto sia suscettibile di variare in relazione all'utilizzo di eventuali nuove metodologie di stima attualmente allo studio[13].

 

Rispetto al DEF, inoltre, la fiscal stance assume un carattere meno restrittivo sia per il 2013 che per il 2014, mentre rimane in sostanza invariata in posizione di neutralità per il periodo 2015-2017 (cfr. infra l'approfondimento sull'analisi della fiscal stance).

Grafico 2.1

Indebitamento netto strutturale

Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento DEF 2013 e del DEF 2013

 

 

Riquadro 2.1. Le variabili utilizzate per l’analisi della finanza pubblica corretta per il ciclo: alcuni elementi definitori

Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza che si verifichino tensioni inflazionistiche. Esso esprime, pertanto, i fattori fondamentali dell’economia e la componente strutturale della crescita. Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma risulta, secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri per il calcolo degli indicatori strutturali richiesti dai Programmi di stabilità, dalla stima statistica prodotta utilizzando sia il valore del PIL effettivamente registrato a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore atteso nel periodo di previsione. Da ciò derivano due conseguenze: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili) determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap, anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa). A parità di sensibilità del bilancio al ciclo e di valore nominale dell’indebitamento netto o del saldo primario effettivo (o atteso), si verifica pertanto una variazione nel saldo strutturale.

La deviazione del PIL effettivo, che misura l’andamento registrato in un determinato momento del ciclo economico, rispetto al valore potenziale è rappresentato dall’output gap (pari alla differenza in livello tra PIL effettivo e PIL potenziale, rapportata al PIL potenziale).

Il prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo del saldo di bilancio costituisce la componente ciclica del saldo stesso. La sensibilità del saldo di bilancio all’andamento del PIL è un parametro, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato in sede europea; esso è attualmente pari per l’Italia a 0,55, quale somma delle elasticità delle entrate e delle spese[14].

Per ottenere il saldo strutturale (l’indebitamento netto o il saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente migliora il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.

Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure una tantum (cfr. infra), sottraendo sia le entrate che le spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate.

 

La tabella 2.2  riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nella Nota di Aggiornamento del DEF 2013 con quelli contenuti nei precedenti Documenti programmatici.

Tabella 2.2

Indicatori strutturali - Confronto documenti programmatici

Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori in tabella.

N.B. I valori dell'indebitamento netto e del saldo primario sono quelli effettivi per gli esercizi passati e quelli programmatici per il periodo di previsione. Fa eccezione la Nota di aggiornamento del DEF 2012, in cui il calcolo dei saldi strutturali si basa sui valori tendenziali a legislazione vigente.

2.2 L'indebitamento netto

Nel 2013 la Nota di Aggiornamento prevede un indebitamento netto programmatico pari -3,0 per cento del PIL, pari, quindi, alla soglia definita dalle regole di bilancio europee.

Rispetto agli obiettivi di aprile, la flessione del saldo strutturale combinata con il peggioramento dell'output-gap implica obiettivi nominali meno ambiziosi per il periodo 2013-2015. La Nota, infatti, fissa un obiettivo programmatico per l'indebitamento netto pari a -2,5 per cento nel 2014 (contro -1,8 nel DEF) e -1,6 nel 2015 (contro -1,5 nel DEF) per poi indicare valori leggermente migliori rispetto a quelli del DEF nel 2016 (-0,8 nella Nota contro -0,9 nel DEF) e nel 2017 (-0,1 nella Nota contro -0,4 nel DEF).

 

In relazione al 2013, l'indebitamento netto a legislazione vigente è pari a 3,1 per cento di PIL, 0,2 punti percentuali in più rispetto a quanto indicato nel DEF. La Nota precisa che l'aumento deriva dall'evoluzione delle entrate che, a loro volta, risentono delle previsioni di crescita del PIL meno favorevoli rispetto al DEF. Il Governo preannuncia misure correttive (pari a circa 1,6 miliardi di euro) per mantenere l'indebitamento netto entro la soglia del 3 per cento del PIL nel 2013.

 

Nel quinquennio 2013-2017 l'avanzo primario passa dal 2,4 per cento del 2013 al 5,1 per cento del 2017. Rispetto alle previsioni di aprile l'obiettivo per il 2013 rimane invariato mentre si registra un significativo peggioramento negli anni successivi (0,9 punti percentuali di PIL nel 2014 e 0,6 punti in media all'anno nel periodo 2015-2017).

La Nota di Aggiornamento prevede, invece, un significativo miglioramento del trend della spesa per interessi dal 2014 al 2017 rispetto a quello riportato dal DEF, mentre la previsione per il 2013 è leggermente peggiore. Nel periodo in esame il rapporto sul PIL passa, in media, dal 5,8 per cento del DEF al 5,3 per cento della Nota.

 

La differenza di 0,2 punti percentuali nel 2014 tra l'indebitamento netto programmato (-2,5) e quello tendenziale (-2,3) corrisponde alla differenza tra il saldo strutturale programmatico e tendenziale già evidenziata nel precedente commento.

 


 

Riquadro 2.2. Le raccomandazioni del Consiglio europeo

 

Il Consiglio Europeo nel luglio 2013 ha approvato le raccomandazioni sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia con il relativo parere sul programma di stabilità. Il Consiglio raccomanda, sulla base delle analisi e valutazioni della Commissione europea, di assicurare il mantenimento del disavanzo entro la soglia del 3 per cento del PIL oltre al conseguimento dell'OMT entro il 2014, realizzando avanzi primari strutturali adeguati per instradare il rapporto debito/PIL su una traiettoria in discesa, soprattutto attraverso un miglioramento della qualità e dell'efficienza dell'intervento pubblico ottenuto mediante revisioni periodiche della spesa (spending review).

Il Consiglio pone l'attenzione sulla rapida attuazione delle riforme in atto per potenziare l'efficacia della pubblica amministrazione, semplificare il quadro amministrativo e normativo, rendere più efficiente la giustizia civile, potenziare il quadro giuridico di repressione della corruzione e migliorare la gestione dei fondi UE nel mezzogiorno.

Una raccomandazione riguarda il mercato dei capitali, richiedendo di estendere buone pratiche di governo societario per l'intero settore bancario, le cui attività devono continuare ad essere sottoposte a controllo qualitativo anche agevolando la risoluzione dei prestiti in sofferenza iscritti in bilancio, e di promuovere lo sviluppo del mercato dei capitali per diversificare e facilitare l'accesso delle imprese ai finanziamenti.

Prioritari sono il mercato del lavoro e la disoccupazione giovanile. Le raccomandazioni incoraggiano il Governo all'adozione di misure idonee a ridurre il tasso di disoccupazione giovanile e riformare il mercato del lavoro. Viene rilevata la necessità di adottare ulteriori provvedimenti volti a migliorare l'accesso nel mercato del lavoro alle donne, programmando servizi sufficienti per l'infanzia e per l'assistenza agli anziani.

In relazione al sistema fiscale, il Consiglio raccomanda di trasferire il carico fiscale da lavoro e capitale a consumi, beni immobili e ambiente, a parità di gettito complessivo, anche attraverso la revisione delle agevolazioni fiscali, la riforma del catasto e la prosecuzione della lotta all'evasione e all'economia sommersa.

Il Consiglio, infine, si sofferma sulla corretta attuazione delle riforme volte all'apertura del mercato nel settore dei servizi, in particolare di quelli professionali e di quelli pubblici locali, al miglioramento dell'accesso al mercato nelle industrie di rete e al potenziamento della capacità infrastrutturale per i trasporti e le telecomunicazioni.

 


2.3 L’evoluzione del debito

La Nota rivede al rialzo rispetto al DEF gli andamenti programmatici del rapporto debito/PIL per il periodo 2013-2017, pur confermandone il profilo decrescente (cfr. tabella 2.3).

Al lordo dei prestiti diretti alla Grecia e delle quote di partecipazione all’ESFS e all’ESM, il debito è previsto ridursi in rapporto al PIL dal 132,9 per cento del 2013 al 120,1 per cento del 2017. Al netto delle suddette operazioni finanziarie straordinarie, il rapporto è previsto variare dal 129,3 per cento del 2013 al 116,6 per cento del 2017.

 

Tabella 2.3

Andamento programmatico del rapporto debito/PIL delle PA

Confronto tra Nota di Aggiornamento e  DEF 2013                                                                                        (% PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

 

 

 

 

 

 

 

Nota aggiornamento

 

 

 

 

 

 

al lordo dei sostegni

127,0

132,9

132,8

129,4

125,0

120,1

al netto dei sostegni

124,3

129,3

129,0

125,7

121,4

116,6

DEF 2013

 

 

 

 

 

 

al lordo dei sostegni

127,0

130,4

129,0

125,5

121,4

117,3

al netto dei sostegni

124,3

126,9

125,2

121,8

117,8

113,8

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

Nota:

-     il quadro programmatico indicato nella Nota di aggiornamento del DEF 2013 sconta per gli anni 2014-2017 un ammontare di proventi da privatizzazioni e dismissioni immobiliari pari a circa 0,5 punti percentuali di PIL all’anno. Nel DEF 2013, tali effetti sono, invece, presi in considerazione in misura pari a 1 punto percentuale di PIL all’anno per tutto il periodo 2013-2017;

-     i valori indicati nella Nota di aggiornamento scontano, rispetto al DEF, maggiori emissioni

    per circa 7,2 miliardi di euro nel 2013 per ulteriori pagamenti dei debiti pregressi della PA.

 

La conformità da parte dell'Italia alla regola del debito[15] - introdotta dalla nuova governance economica europea - verrà valutata dalla Commissione e dal Consiglio europeo al termine del triennio di transizione previsto dopo la chiusura della procedura per deficit eccessivo: poiché la procedura ha preso in considerazione i risultati relativi all’esercizio 2012, il rapporto debito/PIL sarà valutato nel 2015.

Si ricorda che tale regola richiede di verificare se la riduzione del rapporto debito/PIL è pari a 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (cosiddetto backward-looking benchmark); in caso negativo, viene chiesto di valutare: a) se il mancato rispetto è riconducibile alla posizione dell'economia, depurando cioè dall’effetto del ciclo sia il numeratore che il denominatore del rapporto; b) il limite stesso è rispettato nei due anni successivi all’anno di riferimento (cosiddetto forward-looking benchmark). Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cd. fattori rilevanti.

Secondo i valori programmatici indicati dalla Nota di aggiornamento, il debito programmatico lordo per il 2015 è stimato pari al 129,4 per cento del PIL, superiore quindi al valore corrispondente al backward-looking benchmark pari al 124,1 per cento. Applicando la correzione per la componente ciclica del rapporto, il limite sarebbe invece sostanzialmente rispettato (nel 2015 il rapporto debito/PIL si attesterebbe al 124,3 per cento). Analogamente, il profilo temporale del rapporto debito/PIL risulterebbe conforme alla regola del debito applicata con riferimento agli anni successivi al 2015: nel 2017 il debito è pari al 120,1 per cento del PIL, rispetto ad un forward-looking benchmark del 122,3 per cento.

2.4 Il bilancio programmatico dello Stato

In ottemperanza alla legge di contabilità, la Nota di aggiornamento riporta, in valore assoluto e in percentuale del PIL, gli obiettivi programmatici del saldo netto da finanziare e degli altri saldi del bilancio dello Stato. La tabella 2.4 mostra, per il quadriennio 2013-2016, gli andamenti di entrate, spese e saldi del bilancio dello Stato coerenti con gli obiettivi di indebitamento netto della PA. Le voci di spesa e di entrata sono esposti al netto delle regolazioni contabili, debitorie e dei rimborsi IVA.

 

Il saldo netto da finanziare (differenza tra entrate e uscite finali) e l'avanzo primario (differenza tra entrate finali e spese finali al netto della spesa per interessi) mostrano un peggioramento nel 2014 rispetto al 2013 e un successivo, progressivo, miglioramento nel 2015 e nel 2016. In particolare, il saldo netto da finanziare peggiora inizialmente di circa 8 miliardi (da -31,1 miliardi nel 2013 a -39,1 nel 2014) per poi migliorare nel biennio successivo. Tale dinamica è riconducibile a quella dell'avanzo primario, il quale diminuisce di quasi 6 miliardi tra il 2013 e il 2014 per poi tornare a crescere fino a 100,3 miliardi nel 2016. Il risparmio pubblico (differenza tra entrate e uscite correnti), pur positivo su tutto il periodo di programmazione, diminuisce sensibilmente nel 2014 (da 24,3 miliardi nel 2013 a 14,5 miliardi) per poi tornare ad aumentare negli esercizi successivi.

 

Il peggioramento dei saldi tra il 2013 e il 2014 è prevalentemente riconducibile alle spese, il cui aumento previsto sopravanza quello delle entrate. Il successivo miglioramento dei saldi nel biennio 2015-2016 è dovuto, in previsione, all'aumento delle entrate finali a cui corrisponde una riduzione delle spese finali.

 

Le entrate finali mostrano un valore assoluto crescente per il quadriennio 2013-2016, con un tasso di variazione medio pari al 2,1 per cento dovuto esclusivamente alle entrate tributarie, le quali presentano un tasso di variazione medio del 2,8 per cento, mentre le altre entrate si riducono in media del 2,2 per cento all'anno. Data la dinamica accentuata prevista per il PIL, tuttavia, il valore percentuale in rapporto al PIL delle entrate tributarie e di quelle finali risulta in leggera diminuzione nel quadriennio.

 

Le spese finali presentano una riduzione media, in valore assoluto, dell'1,4 per cento nel quadriennio, aumentando da 540,3 miliardi nel 2013 a 552,7 nel 2014, per poi diminuire progressivamente fino a 537,1 miliardi nel 2016. Tale dinamica è riconducibile prevalentemente a quella della spesa corrente al netto degli interessi, prevista in aumento nel 2014 e poi in progressiva diminuzione fino a 397,6 miliardi nel 2016 (nel quadriennio la variazione media annua è pari a -1,1 per cento) che riesce a controbilanciare il previsto aumento delle spese per interessi da 89,2 miliardi nel 2013 a 101,5 miliardi nel 2016 (con un aumento medio annuo del 5,3 per cento). Molto accentuata la riduzione percentuale media annua delle spese in conto capitale (-16,4 nel quadriennio), che diminuiscono da 57,4 miliardi nel 2014 a 38 miliardi nel 2016.

 

Le informazioni disponibili non consentono di identificare il rapporto che intercorre tra il conto economico a legislazione vigente della PA e il bilancio programmatico dello Stato. Sarebbe utile che il governo esplicitasse le ipotesi adottate ai fini dei raccordi (tra sottosettori, comparti e criteri contabili) necessari per evidenziare la coerenza dei due aggregati di riferimento.

Tabella 2.4

Il bilancio programmatico dello Stato

 


Approfondimento

1. L’analisi della fiscal stance e della sostenibilità del debito pubblico

 

Il confronto tra l’andamento dell’avanzo primario strutturale (cioè il saldo primario corretto per il ciclo e al netto delle una tantum) e l’output gap, che evidenzia la distanza tra il PIL effettivo e il PIL potenziale, consente un’analisi della fiscal stance, la quale misura l’indirizzo espansivo o restrittivo della politica di bilancio a fronte dell’andamento macroeconomico.

Le variabili utilizzate nell’analisi grafica sono riportate nella tabella 1.

 

Tabella 1

Output gap e avanzo primario strutturale programmatico

                                                                                                            (% PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

Output gap

-3,4

-4,8

-4,0

-2,7

-1,4

-0,2

variazioni output gap

-1,7

-1,4

0,8

1,3

1,3

1,2

 

 

 

 

 

 

 

Avanzo primario strutturale

4,3

5,0

5,1

5,3

5,3

5,2

Variazioni avanzo primario strutturale

2,9

0,7

0,1

0,2

0,0

-0,1

 

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013, Tavola IV.3

 

Il grafico 1 confronta la variazione dell’avanzo primario strutturale con l’output gap nel periodo 2012-2017. Esso si compone di quattro quadranti. Quello in alto a sinistra contiene i punti che rappresentano situazioni di restrizione di bilancio e di ciclo economico negativo. In basso a sinistra, si posizionano le combinazioni di manovre espansive e ciclo economico negativo. I due quadranti a destra, corrispondenti a situazioni economiche favorevoli, illustrano, quello in alto, una politica di bilancio restrittiva, quello in basso, una politica di bilancio espansiva.

Secondo la teoria economica, la politica di bilancio dovrebbe svolgere una funzione di stabilizzazione e avere pertanto un carattere anticiclico, attraverso l’adozione di misure di consolidamento fiscale nella fasi positive del ciclo e viceversa nelle fasi recessive. La recente crisi economica e finanziaria, e in particolare l'aumentato livello di rischio sui titoli di debito sovrano, suggeriscono, tuttavia, la necessità per la politica di bilancio di mantenere un compromesso tra l'esigenza di incidere sulla domanda aggregata a fini di stabilizzazione anticiclica dell'economia e quella di garantire, al contempo, la sostenibilità di medio e lungo termine della finanza pubblica.

In questa ottica, le regole europee[16] prevedono che solo gli Stati membri che abbiano già raggiunto l’obiettivo di medio termine (OMT) e che presentino pertanto un bilancio pubblico in pareggio strutturale possono lasciare operare liberamente gli stabilizzatori automatici (in termini del grafico 1, ciò implica che tali Paesi si trovino sull’asse orizzontale che rappresenta una stance neutrale), o eventualmente adottare misure discrezionali per contenere le fluttuazioni cicliche, nei limiti del rispetto del loro OMT.

Ai Paesi che non abbiano raggiunto il pareggio di bilancio sono richiesti, invece, aggiustamenti annui in termini di aumento dell’avanzo primario strutturale pari o superiori allo 0,5 per cento. Essi dovrebbero pertanto trovarsi in punti situati nei due quadranti superiori del grafico, corrispondenti a politiche di bilancio restrittive.

Per l’Italia, l’OMT è fissato nel pareggio di bilancio strutturale, da raggiungere entro il 2014[17].

 

Grafico 1

Variazione dell'avanzo primario strutturale e output gap, Nota di aggiornamento del DEF 2013

Fonte: Elaborazioni su dati della Nota di aggiornamento del DEF 2013

 

Il grafico 1 evidenzia come, nel 2012 e 2013, la politica di bilancio abbia un’impronta restrittiva: in presenza di un output gap che accentua la sua connotazione negativa, l’avanzo primario aumenta, sia pure con ritmi annui diversi (rispettivamente, + 2,9 punti di PIL nel primo anno e +0,7 punti nel secondo). Negli anni dal 2014 al 2017 l’avanzo tende a stabilizzarsi su valori prossimi al 5 per cento del PIL (con variazioni annue intorno allo 0,1 per cento), consentendo di raggiungere il pareggio di bilancio strutturale nel 2015, a fronte di un output gap che si riduce.

Un secondo metodo per valutare la fiscal stance mette in relazione le variazioni dell'avanzo primario strutturale con le variazioni dell'output gap anziché con il suo livello. Un simile approccio permette di porre maggiore enfasi sulla dinamica del ciclo economico e di cogliere in modo più puntuale i cambiamenti della politica di bilancio.

 

Grafico 2

Variazione dell'avanzo primario strutturale e variazione dell’output gap, Nota di aggiornamento del DEF 2013

Fonte: Elaborazioni su dati della Nota di aggiornamento del DEF

 

Nel Grafico 2 si nota come, all’inizio del periodo in esame (2012 e 2013), la restrizione di bilancio si collochi in una fase di forte peggioramento del ciclo (l’output gap aumenta il proprio valore negativo di 1,7 punti di PIL nel primo anno e di 1,4 punti nel secondo). Già dal 2014, tuttavia, il consolidamento di bilancio è previsto stabilizzarsi su variazioni minime dell’avanzo primario in presenza di un output gap che comincia a chiudersi[18], configurando, nel quadriennio 2014-2017, una politica di bilancio neutrale.

 

Come già accennato, i timori dei mercati finanziari circa la possibile insostenibilità della finanza pubblica nel medio-lungo termine possono manifestarsi anche nel brevissimo termine attraverso un aumento dei tassi di interesse. Questo riflette la maggiore remunerazione per il rischio associato alla detenzione di titoli pubblici di paesi ritenuti rischiosi rispetto a quelli di paesi ritenuti solvibili (i c.d. spread sui titoli sovrani). Gli elevati spread sui titoli sovrani tendono a trasmettersi velocemente ai mercati creditizi aumentando i tassi di interesse sui prestiti concessi alle imprese e alle famiglie[19]. Le condizioni di credito maggiormente restrittive, a loro volta, tendono a esacerbare la recessione ostacolando i piani di investimento e di consumo di imprese e famiglie[20].

Una valutazione della fiscal stance non può prescindere, pertanto, dall'analisi della sostenibilità della finanza pubblica. Tale analisi è di norma contenuta nel Documento di economia e finanza – aggiornamento annuale del Programma di stabilità[21] e si basa sull'applicazione di alcuni indicatori utilizzati dalla Commissione europea[22].

 

Gli indicatori di sostenibilità del debito nel lungo periodo

L’analisi contenuta nel DEF

Il calcolo degli indicatori di sostenibilità del debito nel lungo periodo contenuta nel DEF si basa su ipotesi, costruite secondo la metodologia concordata in sede europea (Economic and Policy Committee, Working Group on Ageing - EPC-WGA), relative all’evoluzione delle variabili demografiche e macroeconomiche.

La simulazione si basa, inoltre, sui seguenti parametri:

- tasso di crescita del PIL in termini reali pari, nella media del periodo 2013-2060, a +1,4 per cento. Tale andamento sconta la chiusura dell’output gap entro il 2020;

- tasso di interesse reale costante per tutto il periodo di riferimento e pari al 3 per cento. Ipotizzando che il deflatore PIL converga al 2 per cento nel triennio successivo al 2017, il tasso di interesse nominale si colloca al 5 per cento dal 2020;

- livelli del rapporto debito/PIL e dell’avanzo primario strutturale corrispondenti a quelli indicati dal Governo nel DEF per l’anno 2017 (scenario programmatico) pari, rispettivamente, al 117,3 ed al 6,1 per cento del PIL;

- variazione dell’avanzo primario strutturale per effetto delle (sole) variazioni delle spese correlate all’invecchiamento della popolazione e dei redditi proprietari. L’ipotesi che il PIL effettivo si allinei al potenziale, e conseguentemente si chiuda l’output gap, fa sì che nel medio-lungo periodo, in assenza di misure una tantum, non vi sia differenza tra saldi nominali e strutturali, se non per la variazione delle spese correlate all’invecchiamento della popolazione e dei redditi proprietari. Con questi ultimi si intendono i redditi da capitale (titoli azionari ed obbligazionari) e le rendite da proprietà di risorse naturali.

Gli indicatori di sostenibilità consistono in:

- S1, il quale misura l'aggiustamento permanente del saldo primario strutturale, in percentuale del PIL, necessario a raggiungere un livello di debito pari al 60 per cento del PIL nel 2030 ipotizzando un miglioramento lineare dal 2018 al 2020 e poi il suo mantenimento per un decennio;

- S2, che misura l'aggiustamento permanente del saldo primario strutturale necessario affinché la dinamica del debito pubblico rispetti il vincolo di bilancio intertemporale su un orizzonte infinito;

- required primary balance (RPB), il quale misura l'avanzo primario strutturale medio nei primi 5 anni del periodo di proiezione (ovvero dal 2018 al 2022) coerente con l'aggiustamento suggerito dal valore dell'indicatore S2.

Più alti e positivi i valori degli indicatori di sostenibilità S1 e S2, maggiore è l'aggiustamento di bilancio necessario e quindi il rischio di sostenibilità.

I risultati dell'analisi del DEF 2013, basati su specifiche ipotesi sul quadro macroecomico e di bilancio mostrano sia per S1 che per S2 un valore negativo (rispettivamente -1,7 e -4,5 per cento), da cui risulta che il consolidamento di bilancio programmato si dimostra sufficiente ad assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo. Nella stessa direzione va anche l'RPB che, con un valore del 2,3 per cento risulta inferiore all'avanzo primario previsto per il 2017 (pari al 6,1 per cento nel DEF).

 

Indicatori di sostenibilità di lungo periodo del DEF 2013

 

 

 

 

Fonte: DEF 2013, Tavola V.2

 

 

Può essere utile integrare l’analisi di medio-lungo termine contenuta nel DEF con indicatori alternativi basati su proiezioni di breve periodo. A tal fine, si propongono di seguito due tipi di misure che si basano sulla previsione di brevissimo periodo (in questo caso per l'anno in corso) delle variabili rilevanti contenuta nella Nota di aggiornamento: un tasso di interesse implicito (o costo del debito, cioè il rapporto tra la spesa per interessi e il debito pubblico) pari al 4,2 per cento, e un tasso di crescita del PIL nominale pari a -0,5 per cento. L'analisi assume, inoltre, un aggiustamento stock-flusso pari a zero (ciò implica, ad esempio, l'assenza di dismissioni del patrimonio pubblico) e nessuna variazione nel livello di spesa connessa all'invecchiamento della popolazione. Si considera, pertanto, una situazione ipotetica in cui il debito pubblico varia soltanto in relazione all'azione combinata del tasso di interesse e del tasso di crescita del PIL nominale, oltre che dell'intervento di politica di bilancio che si esplicita nella variazione dell'avanzo primario strutturale.

Gli aggregati di finanza pubblica rilevanti ai fini del calcolo e le misure stesse sono riportate nelle tabelle 2 e 3.

 

Tabella 2

Divario dello sforzo di consolidamento per stabilizzare il debito/PIL al livello attuale (2013)

(% PIL)

Effetto snowball

Avanzo primario strutturale

Divario

6,1

5,0

0,9

 

 

 

Fonte: Elaborazioni su dati della Nota di aggiornamento del DEF 2013 – Quadro programmatico

 

La prima misura[23] individua lo sforzo di consolidamento che consentirebbe di stabilizzare il rapporto debito/PIL al valore attuale, ed è data dalla differenza tra il c.d. effetto snowball[24] e l'avanzo primario strutturale. L'effetto snowball indica la variazione inerziale del rapporto debito/PIL, quella, cioè, determinata dalle dinamiche del tasso di interesse (che agisce sul numeratore mediante la spesa per interessi) e il tasso di crescita del PIL nominale (che agisce sul denominatore), mentre l'avanzo primario strutturale indica lo sforzo di consolidamento del bilancio. Se la differenza tra queste due grandezze è negativa, il rapporto debito/PIL decresce, viceversa se positiva. La Nota di aggiornamento prevede nel 2013 un effetto snowball pari a 6,1 per cento e un avanzo primario strutturale pari al 5 per cento del PIL. Qualora il tasso di crescita del PIL ed il costo medio del debito si attestassero stabilmente sui valori dell’esercizio in corso, un avanzo primario strutturale pari al 6,1 per cento consentirebbe di neutralizzare l’effetto snowball: il rapporto debito/PIL si stabilizzerebbe quindi sui valori raggiunti nel 2013 (132,9 per cento del PIL).

 

La seconda misura[25], consiste nel livello di aggiustamento di bilancio minimo che garantirebbe la sostenibilità della finanza pubblica intesa come convergenza del debito nel lungo periodo verso la soglia del 60 per cento del PIL[26]. L'analisi suggerisce che una condizione sufficiente per la sostenibilità consiste nel correggere l'eccesso di deficit nominale, rispetto alla soglia del 3 per cento, in misura non minore del tasso di interesse aggiustato per la crescita economica. Ciò si traduce in un aggiustamento di bilancio minimo, pari al prodotto tra l'eccesso di deficit nominale per un coefficiente pari alla differenza tra il costo medio del debito pubblico e il tasso di crescita nominale dell'economia[27], sufficiente a garantire la convergenza del debito.

Poiché nella Nota il Governo prevede per il 2013 un disavanzo nominale a legislazione vigente in eccesso rispetto alla soglia per 0,1 punti percentuali di PIL, l'aggiustamento di bilancio minimo in termini di avanzo primario strutturale risulta pari a -0,47 per cento, indicando che nell’esercizio l'avanzo primario strutturale dovrebbe essere migliorato di almeno 0,47 punti percentuali di PIL rispetto all'esercizio precedente perché la condizione di sostenibilità della finanza pubblica (convergenza del debito verso la soglia del 60 per cento) risulti soddisfatta. Pertanto, la correzione programmata nella Nota di aggiornamento pari ad un miglioramento dell'avanzo primario strutturale dello 0,7 per cento del PIL (tra il 2012 e il 2013), risulterebbe maggiore di quella minima richiesta sulla base del metodo descritto.

 

Tabella 3

Aggiustamento minimo richiesto per la convergenza del rapporto debito/PIL al 60%

(% PIL)

Eccesso del disavanzo nominale rispetto al 3%

Costo medio del debito

Tasso di crescita del PIL nominale

Differenza tra costo del debito e crescita del PIL

Aggiustamento minimo richiesto

(1)

(2)

(3)

(4=2-3)

(5=1∙4)

0,1

4,2

-0,5

4,7

0,47

 

 

 

 

 

Fonte: Elaborazioni su dati della Nota di aggiornamento del DEF 2013

 

L'analisi si concentra sulla convergenza del livello del debito verso la soglia del 60 per cento del PIL mostrando che essa può essere conseguita nel lungo termine rispettando una condizione minima di aggiustamento dell'avanzo primario strutturale. La convergenza, pertanto, non richiede di per sé di intervenire direttamente sul livello del debito, ma è assicurata dalla correzione del disavanzo. E' opportuno sottolineare che, come per la precedente misura, anche in questo caso si fa l'ipotesi semplificatrice che gli aggiustamenti stock-flusso siano nulli e che non vi siano variazioni nelle spese relative all'invecchiamento della popolazione.

E’ da rilevare che la correzione dell’avanzo primario strutturale indicata nella Nota ed il mantenimento di un saldo superiore al 5 per cento anche oltre il periodo di previsione preso in considerazione nel documento risultano più elevati dell’aggiustamento minimo richiesto dalla misura descritta nella tabella 3. Mentre questa fa riferimento ad una convergenza del rapporto debito/PIL al valore del 60 per cento senza imporre il vincolo di una scadenza precisa od un ritmo di avvicinamento annuo a tale soglia, nei documenti programmatici indicati dal Governo si tiene conto, da un lato, dei vincoli imposti dalla regola del debito e, dall’altro, di quelli (più stringenti) richiesti dall’obiettivo di medio termine, che comporta l’azzeramento del saldo di bilancio strutturale.

Tali più stringenti vincoli, richiesti dalle regole europee ed in particolare dal Fiscal compact, derivano dalla necessità di accelerare il processo di aggiustamento nei paesi con elevato debito pubblico per ingenerare fiducia da parte degli investitori chiamati a rifinanziare il debito stesso. Da qui anche l’esigenza di integrare l'analisi di sostenibilità del debito pubblico con considerazioni riguardanti la liquidità dei relativi titoli sui mercati finanziari. Un peggioramento delle condizioni di liquidità, infatti, può spingere in default anche un Governo fondamentalmente solvente.

 


Approfondimento

2. Le misure una tantum

La Nota di aggiornamento al DEF 2013 riporta il quadro delle misure una tantum[28] con riferimento all’esercizio di consuntivo 2012 e al periodo di previsione 2013-2017.

Si segnala che, come di consueto, la tabella ricognitiva delle misure una tantum, di seguito riprodotta, non è corredata di alcun commento. L’analisi di seguito operata necessiterebbe pertanto di conferma da parte del Governo.

 

Tabella n. 1

Le misure una tantum nella Nota di aggiornamento al DEF 2013

(mln di euro)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

Totale One-Offs

1.511

403

-244

-2.288

-239

536

 In % del Pil

0,1

0,0

0,0

-0,1

0,0

0,0

- a ) Entrate

2.122

390

275

10

0

0

 In % del Pil

0,1

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Imposte sostitutive varie

770

360

255

0

0

0

Allineamento bilancio ai principi IAS

643

0

0

0

0

0

Contributo U.E. per sisma Emilia

670

0

0

0

0

0

Condono edilizio

39

30

20

10

 

 

- b) Spese

-1.820

-1.487

-1.969

-3.748

-1.289

-364

 In % del Pil

-0,1

-0,1

-0,1

-0,2

-0,1

0,0

- Dividendi in uscita

-133

-140

-70

0

0

0

Interventi per calamità naturali

-1.585

-1.285

-1.899

-3.748

-1.289

-364

 - Compensazioni emittenti

-103

-62

0

0

0

0

- IVA auto aziendali

0

0

0

0

0

0

- c ) Dismissioni immobiliari

1.210

1.500

1.450

1.450

1.050

900

 In % del Pil

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

Ripartizione per Sottosettori

 

 

 

 

 

 

 - Amministrazioni Centrali

244

-847

-1.494

-3.438

-1.139

-264

 - Enti di previdenza

372

450

450

450

300

300

 - Amministrazione Locali

895

800

800

700

600

500

PIL[29] (x 1.000)

1.565,9

1.557,3

1.602,9

1.660,7

1.718,4

1.779,6

Fonte: Nota di aggiornamento al DEF 2013 - Tavola IV.4

 

Rispetto all’analisi contenuta nel DEF 2013[30], l’incidenza complessiva sul PIL delle misure una tantum registra significative variazioni sia per il 2013 che per il 2014: in tali esercizi il DEF 2013 prevedeva che le misure una tantum concorressero a migliorare la componente strutturale del saldo dell’indebitamento netto in misura rispettivamente pari a circa 2 decimi e 1 decimo di punto di PIL, in ragione, essenzialmente, delle spese a sostegno delle aree colpite da calamità naturali[31]. Tale previsione non è confermata dalla Nota in esame che, in relazione ad una sensibile flessione delle spese per calamità naturali rispetto alla precedente stima, prevede l’assenza di effetti netti una tantum per gli esercizi 2013 e 2014 in termini di incidenza sul PIL[32].

Altre variazioni operate, rispetto alla stima del DEF, appaiono in larga misura riconducibili ad alcune incongruenze contenute nel precedente documento, già oggetto di segnalazione nel relativo dossier di verifica e ora rettificate.

In particolare risultano essere state corrette le voci relative:

§         alle entrate per condono edilizio: nel DEF tale voce non veniva autonomamente evidenziata, ma risultava comunque computata nei totali delle entrate una tantum nella misura corrispondente agli importi evidenziati nella precedente Nota di aggiornamento al DEF 2012, con l’unica eccezione del dato relativo al 2013 (20 mln) che non era invece calcolato. L’omissione di tale dato puntuale è ora rettificata e l’intera voce relativa al condono edilizio è nuovamente presente nella tabella.

§         al riparto delle misure una tantum tra sottosettori, che registrava nel DEF  diversi fattori di errore, tra cui un’inversione di importi, per gli esercizi 2013-2017, tra i due comparti degli Enti previdenziale e delle Amministrazioni locali, nonchè una sovrastima dell’importo attribuito alle Amministrazioni locali.

 

Le ulteriori variazioni apportate riguardano, sul lato dell’entrata[33], la cancellazione delle code di gettito previste dal DEF con riferimento :

§      all’imposta sui maggiori valori iscritti in bilancio nel caso di riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS per il 2013 e il 2014 (per importi rispettivamente pari a 70 e 100 mln di euro),[34];

§         alle altre imposte sostitutive con riferimento al 2015, per un importo pari a 110 mln.

 

Al riguardo andrebbe in primo luogo fornito un elenco esaustivo delle imposte sostitutive considerate una tantum, dando conto in modo puntuale dei criteri che sottendono all’inclusione o esclusione dal predetto ambito delle singole imposte in conto capitale previste dall’ordinamento tributario.

Nel caso specifico andrebbe assicurato che nessuna delle imposte in conto capitale considerate nel conto economico della Pubblica Amministrazione, il cui gettito complessivo registra nell’anno in corso un incremento di quasi 2,4 mld rispetto alla previsione del DEF[35], possa essere reputata in ambito europeo, in sede di revisione, quale una tantum, con conseguente rettifica al ribasso del saldo dell’indebitamento netto strutturale.

Appare inoltre opportuno acquisire chiarimenti in merito al raccordo tra i valori delle imposte sostitutive considerati nella tavola in esame e i dati del bilancio di previsione, i quali, anche a seguito dell’assestamento, indicano valori difformi rispetto a quelli considerati nella tavola in esame.

Sono ad esempio considerate code di gettito con riferimento ai tributi (riallineamento ai valori IAS e rivalutazione dei terreni edificabili e agricoli) e agli esercizi per il quali la tavola in esame ha operato la cancellazione delle corrispondenti voci.

 

Sul lato della spesa, come già anticipato, risultano apportate significative modifiche agli interventi per calamità naturali. In particolare viene operata una revisione al ribasso di 2.080 mln delle spese complessive previste per l’intero periodo di previsione. Viene inoltre operata una rimodulazione delle spese, con una cospicua riduzione di quelle imputate agli esercizi 2013 e 2014, ridotte rispettivamente di 3,2 mld e 816 mld, parzialmente compensata da un aumento per gli esercizi 2015 e 2016 (rispettivamente incrementati di 1 mld e di 941 mln).

Al riguardo andrebbero acquisiti chiarimenti con riferimento ai fattori posti alla base della variazione nuovamente[36] apportata alla stima delle spese per calamità naturali. Si osserva in proposito che la stessa Nota, elencando le misure adottate dal Governo, ricorda che con il DL 43/2013 sono state stanziate ulteriori risorse nel periodo 2013-2018 per circa 1,4 mld complessivi, di cui circa 1 mld in favore dell’Abruzzo. Tale informazione sembra in controtendenza rispetto alla variazione apportata alla voce in esame.

Si segnala peraltro che nella relazione tecnica al citato provvedimento veniva evidenziato uno scarso tiraggio (pari a circa 800 milioni di euro, secondo i dati forniti dalla regione Emilia Romagna) dei finanziamenti riconosciuti a favore dei soggetti danneggiati dal sisma dell’Emilia.

 

Ulteriori variazioni, di portata più contenuta, riguardano:

§         i rimborsi IVA per le auto aziendali, per i quali viene eliminata la previsione di una coda di rimborsi di 100 mln per il 2013;

§         le erogazioni per compensazioni alle emittenti locali, rispetto alle quali risulta una flessione della spesa  per il 2013 (-38 mln) rispetto a quanto stimato nel DEF 2013.

 

Al riguardo, andrebbero acquisiti gli elementi informativi sottostanti le variazioni sopra indicate.

 

Nessuna variazione è apportata alle previsioni di incasso da dismissioni immobiliari.

La Nota, affermando espressamente[37] la mancata realizzazione nell’esercizio in corso dell’operazione di conferimento di immobili pubblici a fondi immobiliari, con conseguente riaffitto, chiarisce i passi procedurali intrapresi a tal fine, con la costituzione della InvImit SGR[38], finalizzata a:

§         partecipare a fondi di investimento immobiliari chiusi (cd. Fondo di fondi), promossi da enti pubblici o società da questi partecipate;

§         valorizzare sia gli immobili non utilizzati di proprietà sia statale (cd. Fondo diretto), sia del Ministero della difesa (cd. Fondo difesa), sia di altri enti, anche territoriali.

La Nota precisa inoltre che è prevista la sottoscrizione di quote di capitale dei Fondi da parte di investitori istituzionali, in particolare Enti previdenziali, attraverso l'apporto di liquidità.

 

Al riguardo andrebbe confermato se, con riferimento all’importo delle entrate “ordinarie” da dismissione immobiliare, evidenziate nella tabella in esame e non derivanti da operazioni di carattere straordinario, si preveda una destinazione, anche parziale, a riduzione del debito.

Con riferimento alle future entrate derivanti dalle operazioni straordinarie da realizzarsi a mezzo della InvImit SGR, andrebbe chiarito se la mancata evidenziazione di effetti nella tabella delle una tantum derivi da un rinvio della relativa valutazione in sede di consuntivo, o da incertezze circa la natura, reale o finanziaria, delle entrate conseguibili.

Si segnala inoltre che, in caso di sottoscrizione delle quote dei fondi da parte degli enti previdenziali, il processo di valorizzazione del patrimonio immobiliare sembrerebbe operare attraverso meri passaggi di proprietà tra comparti interni alla Pubblica amministrazione.

 


3. Il conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente

3.1 L’indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni

La Nota presenta le stime relative al periodo 2013-2017 aggiornate - rispetto a quelle presentate nell’aprile scorso con il DEF 2013 - sulla base della revisione del quadro macroeconomico, dell'impatto delle normative introdotte successivamente al D.L. 35/2012 sull’accelerazione del rimborso dei debiti della PA, i cui effetti erano già scontati nel Documento, e delle risultanze dell’attività di monitoraggio.

 

I dati di pre-consuntivo indicano un indebitamento netto della PA per il 2013 pari a 48.723 milioni (-3,1 per cento del PIL), con un aumento di 2 decimi di punto rispetto al DEF (-2,9 per cento) e di un decimo rispetto alla Relazione al Parlamento presentata all’inizio del mese di settembre. Come si è detto, il Governo conferma l’impegno di mantenere il saldo al di sotto della soglia del 3 per cento.

Rispetto alle stime oggetto del DEF, il deficit tendenziale risulta più elevato per effetto di una dinamica più sfavorevole delle entrate correnti (-9 miliardi, pari a circa 0,6 punti percentuali), solo parzialmente compensata dalle maggiori entrate in conto capitale (+ 2,8 miliardi, pari a 0,18 punti percentuali) e da una minore spesa primaria (- 3 miliardi, pari a -0,2 punti), a fronte della conferma delle stime relative alla spesa per interessi (+ 57 milioni).

Tali variazioni si riflettono sull’avanzo primario, pari al 2,3 per cento del PIL (2,5 per cento nel DEF), mentre l’aumento di un decimo di punto dell’incidenza sul prodotto della spesa per interessi (dal 5,3 al 5,4 per cento), è interamente riconducibile all’effetto denominatore.

 

 

L’aggiornamento delle stime per l’esercizio in corso si accompagna ad una revisione per il periodo successivo. Mentre si conferma la riduzione delle entrate che si attestano su un profilo più basso (-11,8 miliardi nel 2014 e oltre -10 miliardi in ciascuno degli anni dal 2015 al 2017 rispetto alle previsioni del DEF), la spesa al netto degli interessi evidenzia un aumento nel 2014 (+1,3 miliardi) per poi mantenersi negli anni successivi poco al di sopra delle precedenti previsioni.

Ne consegue una contrazione dell’avanzo primario di circa 0,8 decimi di punto nel 2014 (+3 per cento del PIL rispetto al +3,8 per cento del DEF) e di 0,6 decimi negli anni successivi: +3,5 per cento nel 2015, +4,1 per cento nel 2016 e +4,5 per cento nel 2017 (rispettivamente, +3,8 per cento, +4,1 per cento, +4,7 per cento e +5,1 per cento nel DEF).

L’accentuata riduzione della spesa per interessi in valore assoluto (-4,3 miliardi nel 2014, -8,6 miliardi nel 2015, -12,6 miliardi nel 2016 e -16,8 miliardi nel 2017) consente, nonostante il più basso livello del PIL nominale, di ridurne l’incidenza sul prodotto dai 0,2 decimi di punto nel 2014 (5,4 per cento invece di 5,6 per cento) ai 0,9 decimi di fine periodo (5,2 per cento invece di 6,1 per cento).

Tale andamento consente di limitare prima e di più che compensare poi gli effetti negativi sull’indebitamento netto derivanti dalla contrazione del gettito: dopo un peggioramento del deficit di 5 decimi di punto nel 2014 (da -1,8 per cento del DEF a -2,3 per cento nella Nota) e di 0,1 punti nel 2015 (da -1,7 a -1,8 per cento), nel biennio successivo il deficit si posiziona “al di sotto” dei valori indicati nelle precedenti previsioni (-1,2 per cento nel 2013 e -0,7 per cento nel 2014 rispetto a -1,3 e -1 per cento del DEF).

3.2 La spesa al netto degli interessi

All’andamento dei saldi nel periodo in esame contribuisce una dinamica contenuta della spesa al netto degli interessi: dopo una riduzione in valore assoluto nel 2012 (-0,5 per cento) e un aumento dell’1,3 per cento nel 2013 essa cresce nel triennio successivo a ritmi inferiori al PIL nominale (+0,3 per cento nel 2014, +1,8 per cento nel 2015, +1,2 per cento nel 2016 e +1,7 per cento nel 2017).

Si conferma pertanto la riduzione dell’incidenza della spesa sul prodotto, che passa dal 46,5 per cento nel 2013 al 42,8 a fine periodo. Della complessiva riduzione (-3,7 punti percentuali), 2,8 punti sono spiegati dalla evoluzione della spesa corrente e 0,9 da quella in conto capitale.

 

Rispetto alle precedenti stime contenute nel DEF, la Nota evidenzia nell’esercizio in corso una riduzione dell’aggregato pari complessivamente a 3 miliardi, a fronte di un aumento di 1,3 miliardi nel 2014 e più contenuto negli anni successivi. Come evidenziato nel documento in esame, tale dinamica è in parte riconducibile agli effetti delle misure adottate negli ultimi mesi, che hanno comportato una riduzione netta di spesa di 542 milioni nell’esercizio in corso, a fronte di un aumento negli anni successivi (+370 milioni nel 2014, +515 milioni nel 2015, +863 milioni nel 2016 e +1.049 milioni nel 2017)[39].

Va al riguardo rilevato come la Nota, pur presentando una ricostruzione puntuale delle misure adottate negli ultimi mesi, non contiene elementi esplicativi circa le ipotesi alla base delle nuove previsioni. Pertanto, non è possibile chiarire quanta parte delle variazioni rispetto al DEF dipenda dai provvedimenti intervenuti e quanto, invece, da una revisione dei tendenziali.

 

In particolare, per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, dopo una contrazione in valore assoluto tra il 2012 e il 2014 (-1 per cento medio annuo), essi evidenziano un lieve aumento nel 2014 (+1 per cento) per poi stabilizzarsi nel biennio successivo.

L’aggregato riduce pertanto l’incidenza sul prodotto, passando dal 10,5 per cento nel 2013 al 9,2 per cento nel 2017.

Rispetto alle stime contenute nel DEF, nell’esercizio in corso si evidenzia una maggiore spesa pari a 585 milioni. Tale incremento si attenua negli anni successivi, passando dai 38 milioni del 3014 ai 58 milioni del 2017. Tali variazioni non sembrano ascrivibili alle disposizioni intervenute successivamente alla presentazione del DEF, ma piuttosto conseguenza di una revisione delle stime effettuata sulla base delle risultanze dell’attività di monitoraggio svolta dal Ministero dell’Economia.

 

Per quanto riguarda i consumi intermedi sulla cui evoluzione pesano le manovre di contenimento degli anni scorsi, la Nota evidenzia una riduzione in valore assoluto negli anni 2012-2013 (in media circa -2,3 per cento l’anno), a fronte di un valore stazionario nel 2014 e in ripresa nel triennio successivo (+2,2 per cento in media). L’aggregato vede pertanto ridurre la propria incidenza sul PIL dall’8,3 per cento dell’esercizio in corso al 7,8 per cento di fine periodo.

Rispetto alle previsioni contenute nel DEF, le nuove stime evidenziano un aumento di oltre 1 miliardo nel 2013 e di 122 milioni nel 2014, mentre sono sostanzialmente in linea per quanto riguarda gli anni successivi.

Non è chiaro al riguardo in quale misura tali variazioni siano riconducibili, rispettivamente, al monitoraggio o alle misure adottate negli ultimi mesi quali, ad esempio, la riduzione delle dotazioni dei Ministeri e di precedenti autorizzazioni di spesa, e delle risorse destinate a consulenze e alle convenzioni per servizi esternalizzati. Al contempo, sono state approvate  misure espansive i cui effetti potrebbero essere in parte scontati in tale voce.

 

Analoghe considerazioni valgono per le variazioni relative alle Altre spese correnti (in riduzione rispetto al DEF nel 2013 e in aumento nel 2014-2015), su cui pesano di norma anche effetti di riclassificazioni.

 

Le variazioni rilevate in ordine alle precedenti voci (redditi da lavoro dipendente e consumi intermedi) non sembrano ascrivibili al comparto sanitario, per il quale la Nota conferma le stime contenute nel DEF. L’aggregato passa da 111,1 miliardi nel 2013 a 119,8 miliardi nel 2017. A fronte di una crescita media annua dell’1,6 per cento, si riduce l’incidenza sul PIL, che passa dal 7,1 per cento del 2013 al 6,7 per cento di fine periodo.

Tenuto conto che i Tavoli di verifica concluderanno il monitoraggio annuale 2013 nei mesi di marzo-aprile 2014, non appare tuttavia chiaro se i dati contenuti nella Nota possano considerarsi effettivamente un pre-consuntivo per l’esercizio in corso e, su tale base, una conferma delle precedenti stime per gli anni successivi, o se il documento rinvii l’aggiornamento delle previsioni all’acquisizione di dati definitivi.

 

Per quanto riguarda le prestazioni sociali in denaro, la Nota evidenzia un tasso di crescita nel periodo 2013-2017 pari a circa il 2,7 per cento medio annuo, che porta l’aggregato al 20 per cento del prodotto a fine periodo.

Rispetto alle stime del DEF, nell’esercizio in corso non si registrano variazioni relativamente alla spesa per pensioni, mentre per gli anni successivi lo scostamento coincide con i maggiori oneri derivanti dalle misure di cui all’articolo 11 del D.L. 102/2013 (pari a 151 milioni di euro per l’anno 2014, a 164 milioni per l’anno 2015, a 124 milioni di euro per l’anno 2016 e a 85 milioni di euro per l’anno 2017), attualmente all’esame della Camera dei deputati. La norma ha incrementato la platea dei cosiddetti “salvaguardati” che avevano interrotto il proprio rapporto di lavoro prima dell’applicazione della “riforma Fornero” sulle pensioni e che per effetto di essa si sono trovati al contempo privi di stipendio e di pensione[40].

 

Per quanto attiene alla spesa per altre prestazioni sociali[41], la Nota evidenzia scostamenti rispetto al DEF pari a 629 milioni di euro nel 2013, a 187 milioni nel 2014 e a 27 milioni di euro nel 2015. Tali differenze sembrano sostanzialmente ascrivibili a modifiche normative introdotte dopo la pubblicazione del DEF in materia di rifinanziamento della cassa integrazione in deroga e di altre forme di sostegno al reddito (D.L. n. 54 del 2013, D.L. n. 63 del 2013, D.L. n. 76 del 2013 e D.L. n. 102 del 2013).

 

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, dopo l’aumento tra il 2012 e il 2013 (+3,1 miliardi), si evidenzia una riduzione dell’aggregato negli anni successivi, passando dai 50,9 miliardi nel 2013 ai 43,1 miliardi nel 2017. Conseguentemente, l’incidenza sul PIL si riduce di 0,9 punti (dal 3,3 per cento nel 2013 al 2,4 per cento di fine periodo).

Rispetto al DEF, fatta eccezione per il 2013 in cui la spesa complessiva segna una riduzione di 4,4 miliardi, le variazioni tra le varie componenti tendono a compensarsi vedendo in aumento - dopo una lieve riduzione nell’esercizio in corso - gli investimenti fissi lordi, ed in riduzione la spesa per contributi. Su tale evoluzione incidono sia gli effetti del monitoraggio che, come sottolineato nella Nota, le misure intervenute: da un lato, la riprogrammazione di alcuni interventi compresi quelli a valere sui fondi strutturali e, dall’altro, lo sblocco delle risorse relative a opere già cantierate, il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori esecutivi di opere pubbliche, e i nuovi stanziamenti per l’edilizia scolastica.

Per quanto riguarda in particolare i contributi in conto capitale, la Nota evidenzia un aumento della spesa tra il 2012 e il 2013 pari a 4.183 milioni a fronte dell’aumento di 8.179 milioni previsto dal DEF che, come si è detto, scontava pienamente gli effetti del D.L. 35/2013.

Il D.L. n. 35 del 2013 dispone il pagamento di debiti della PA per 20 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di cui 7,2 miliardi di parte capitale con effetti sull’indebitamento netto nell’esercizio in corso, contabilizzati nella voce in esame[42]. Tali maggiori pagamenti, in deroga al patto di stabilità interno, riguardano per 5 miliardi gli enti locali, per 1,4 miliardi le regioni e per 800 milioni il cofinanziamento nazionale degli interventi a valere sui fondi strutturali.

La riduzione di circa 4 miliardi nella spesa rispetto alle previsioni del DEF evidenziata dalla Nota sembrerebbe, pertanto, denotare un effetto aggiuntivo in termini di pagamenti in conto capitale inferiore rispetto a quello derivante dagli spazi finanziari concessi alle autonomie locali.

3.3 Le entrate

L’aggiornamento delle previsioni delle entrate della P.A. registra una revisione al ribasso delle stime contenute nel DEF conseguente, secondo la Nota, ad una crescita meno favorevole di quella prevista ad aprile 2013. La Nota chiarisce inoltre che le stime indicate sono riferite ad uno scenario fondato sulla prosecuzione dell’azione riformatrice del Governo.

In merito agli interventi già operati, finalizzati a contrastare gli effetti della crisi, la Nota ricorda che – in materia fiscale – sono stati introdotte misure in favore delle famiglie (abrogazione della prima rata IMU sulle abitazioni principali) e misure dirette al rilancio dell’economia (agevolazioni fiscali a favore della riqualificazione e dell’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare italiano).

Nell’arco del periodo considerato, la stima delle entrate complessive della PA – in valore assoluto - passa da 758,9 miliardi nel 2013 a 841,9 miliardi nel 2017 registrando una contrazione rispetto alle previsioni indicate nel DEF che indicavano valori compresi tra 765,1 miliardi nel 2013 e 852,2 miliardi nel 2017.

L’incidenza delle entrate finali sul PIL passa dal 48,7 per cento del 2013 (48,6 per cento nel DEF) al 47,3 per cento del 2017 (rispetto alla previsione del DEF di 47,7 per cento).

Le grandezze considerate nella seguente tabella (entrate finali, entrate correnti e PIL) sono state oggetto di revisione al ribasso delle stime rispetto a quelle indicate nel DEF. L’analisi dell’andamento del rapporto entrate finali/PIL conferma una tendenza al ribasso, nell’arco del periodo considerato, che risulta più accentuata nelle previsioni contenute nella Nota.

Le rettifiche operate rispetto alle previsioni del DEF evidenziano che, a decorrere dal 2014, la variazione, in percentuale del valore DEF, del prodotto interno lordo – che rappresenta una base di riferimento anche per la determinazione delle entrate – risulta inferiore rispetto alla variazione percentuale delle entrate calcolata sul dato DEF. Sul punto appaiono necessari dei chiarimenti circa gli elementi e le ipotesi adottate per la costruzione dei predetti tendenziali.

 

Tabella 3.1

Entrate della PA

(milioni di euro - %PIL)

 

2013

2014

2015

2016

2017

ENTRATE TOTALI P.A. (leg.vig.)

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

765.158

786.656

807.952

829.762

852.206

- stime Nota agg. DEF 2013

758.895

774.833

797.815

819.158

841.871

Differenza (in valore assoluto)

-6.263

-11.823

-10.137

-10.604

-10.335

Differenza (in % del dato DEF)

-0,82

-1,50

-1,25

-1,28

-1,21

DI CUI ENTRATE CORRENTI

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

757.855

780.226

802.022

823.945

846.351

- stime Nota agg. DEF 2013

748.817

768.807

791.889

813.342

836.013

Differenza

-9.038

-11.419

-10.133

-10.603

-10.338

PIL NOMINALE

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

1.573.233

1.624.012

1.677.735

1.731.311

1.785.918

- stime Nota agg. DEF 2013

1.557.307

1.602.937

1.660.701

1.718.365

1.779.568

Differenza (in valore assoluto)

-15.926

-21.075

-17.034

-12.946

-6.350

Differenza (in % del dato DEF)

-1,01

-1,30

-1,02

-0,75

-0,36

Rapporto Entrate/PIL

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

48,6%

48,4%

48,2%

47,9%

47,7%

- stime Nota agg. DEF 2013

48,7%

48,3%

48,0%

47,7%

47,3%

 

 

La revisione al ribasso delle stime sono attribuibili, in via prevalente, all’aggiornamento delle previsioni delle entrate tributarie e contributive.

Prima di procedere ad un’analisi dei dati relativi alle sole entrate tributarie e contributive, si segnala che, come precisato dalla Nota, le previsioni delle entrate considerano la prosecuzione del regime sperimentale di tassazione degli immobili istituito dal D.L. 201/2011 (IMU). In base alla normativa vigente, il suddetto regime – che prevede, tra l’altro, l’imposizione dell’abitazione principale e l’incremento dei coefficienti per la determinazione della base imponibile IMU - ha carattere transitorio fino al 2014.

In altre parole, le previsioni tendenziali indicate nella Nota indicate come “previsioni a legislazione vigente” sono effettuate ipotizzando la proroga – che al momento non risulta normativamente disposta - della disciplina IMU almeno fino al 2017. In proposito, andrebbe indicato l’ammontare del gettito stimato ed incluso nei tendenziali a decorrere dal 2014.

Tale informazione appare rilevante tanto più che una eventuale modifica del regime corrente di tassazione degli immobili potrebbe trovare compensazione in altre entrate, oltre che in riduzioni di spesa, determinando quindi una variazione nell’ammontare complessivo del gettito e nella sua composizione.

Sul punto si ricorda che secondo quanto affermato dal Dipartimento delle finanze[43] “nel quadro tendenziale dei conti delle pubbliche amministrazioni l’IMU è inclusa per una previsione di gettito pari a circa 22,5 miliardi nel 2012, a 23 miliardi nel 2013 e a 23,3 miliardi nel 2014”.

 

Tabella 3.2

Entrate fiscali

(milioni di euro - %PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

ENTRATE TRIBUTARIE

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

472.164

477.841

494.499

508.237

522.835

538.258

- stime Nota agg. DEF 2013

472.164

472.313

487.439

501.887

515.679

530.845

di cui:

 

 

 

 

 

 

1) Imposte dirette

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

237.235

235.836

243.454

247.024

255.016

263.642

- stime Nota agg. DEF 2013

237.235

233.827

239.951

243.503

250.229

257.809

2) Imposte indirette

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

233.554

241.181

250.113

260.472

267.070

273.858

- stime Nota agg. DEF 2013

233.554

235.287

246.560

257.646

264.701

272.275

3) Imposte in conto capitale

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

1.375

824

932

741

749

758

- stime Nota agg. DEF 2013

1.375

3.199

928

738

749

761

ENTRATE CONTRIBUTIVE

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

216.669

220.420

225.251

231.630

237.655

243.301

- stime Nota agg. DEF 2013

216.669

218.167

221.149

228.017

234.394

240.505

TOT. ENTRATE TRIB. E CONTRIB.

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

688.833

698.261

719.750

739.867

760.490

781.559

- stime Nota agg. DEF 2013

688.833

690.480

708.588

729.904

750.073

771.350

PRESSIONE FISCALE

 

 

 

 

 

 

- stime DEF 2013

43,99%

44,38%

44,32%

44,10%

43,93%

43,76%

- stime Nota agg. DEF 2013

43,99%

44,34%

44,21%

43,95%

43,65%

43,34%

 

 

Nella Nota il totale delle entrate tributarie riferito al 2013 (imposte dirette, indirette e in conto capitale) viene rivisto al ribasso e stimato di ammontare pressoché corrispondente al valore 2012 (472 miliardi). Tuttavia, nella sua composizione, le previsioni indicano una contrazione, rispetto all’anno precedente, delle imposte dirette e un incremento delle imposte indirette e delle imposte in conto capitale.

Come già ricordato, le nuove previsioni – oltre ad incorporare gli effetti dei provvedimenti approvati dopo aprile - sono riferite ad uno scenario fondato sulla prosecuzione dell’azione legislativa del Governo.

Nell’ambito della revisione delle stime sono state incrementate le previsioni di entrata di imposte in conto capitale per l’anno 2013 che sono passate da un valore indicato nel DEF di 824 milioni ad un valore stimato nella Nota di 3.199 milioni. Sul punto andrebbero forniti maggiori chiarimenti.

Tali maggiori valori potrebbero essere in parte determinati dall’imposta sostitutiva versata a seguito di operazioni straordinarie di cui all’art. 15, c. 10-bis e 10-ter, del DL n. 185/2008 sui maggiori valori delle attività immateriali. Infatti, secondo quanto indicato nel bollettino delle entrate tributarie del mese di luglio 2013, il versamento della predetta imposta sostitutiva ha segnato un incremento di 1.863 milioni di euro.

 

Si riporta, di seguito, una tabella riepilogativa degli effetti finanziari relativi alle voci di entrata indicati nella Nota in esame. La ricostruzione è finalizzata ad evidenziare quale quota della revisione delle stime di entrata possa essere imputata agli effetti dell’attuale congiuntura economica.

Tabella 3.3

Previsione delle entrate: dal DEF alla Nota di aggiornamento

(milioni di euro)

 

2013

2014

2015

2016

2017

ENTRATE TOTALI DEF (*)

765.158

786.656

807.952

829.762

852.206

  D.L. n. 54/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

259

 

 

 

 

- Minori entrate

-1

-2

-2

 

 

  D.L. n. 63/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

66

244

229

229

229

- Minori entrate

-18

-188

-380

-265

-262

  D.L. n. 69/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

24

311

235

125

125

- Minori entrate

-24

-49

-153

-30

-30

  D.L. n. 76/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

865

273

243

123

188

- Minori entrate

-1.214

-700

-464

-157

-73

  D.L. n. 91/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

 

84

125

125

125

- Minori entrate

 

 

-9

-14

-10

  D.L. n. 101/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

3

18

23

23

23

- Minori entrate

-3

-15

-20

-20

-20

  D.L. n. 102/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

2.075

459

661

490

490

- Minori entrate

-2.519

-114

-105

-105

-105

  D.L. n. 104/2013

 

 

 

 

 

- Maggiori entrate

13

390

535

560

561

- Minori entrate

 

-15

-20

-25

-25

ENTRATE DEF + PROVVEDIMENTI

764.684

787.352

808.850

830.821

853.422

 

 

 

 

 

 

STIME INDICATE NELLA NOTA

758.895

774.833

797.815

819.158

841.871

 

 

 

 

 

 

Differenza

-5.789

-12.519

-11.035

-11.663

-11.551

(*) I valori indicati nel DEF, secondo quanto affermato nel medesimo documento, includono gli effetti del decreto legge n. 35/2013 pari, in termini di entrate nette, a +193 mln nel 2013, +569 mln nel 2014, -93 mln nel 2015, -89 mln nel 2016 e –86 mln nel 2017.

.

 

In merito alla ricostruzione indicata nella tabella 3.3, basata sui dati contenuti nella Nota, andrebbe chiarito quale quota delle minori entrate previste – rispetto a quelle ricavabili sommando algebricamente la stima delle entrate DEF e le stime indicate nelle relazioni tecniche dei provvedimenti approvati dopo aprile – possa essere attribuita agli effetti negativi dell’attuale congiuntura economica. Ciò in quanto, è presumibile ritenere che tale differenza incorpori anche gli “effetti di trascinamento”, basati sulla verifica di minori entrate effettivamente realizzate.

 

La Nota evidenzia l’intenzione del Governo di ridurre la pressione fiscale. A tal fine afferma che le manovre correttive prefigurate dal 2015 in poi dovranno fare perno sulla riduzione della spesa pubblica e già a partire dal 2014 verrà avviata una intensa attività di spending review per ridurre la pressione fiscale.

La Nota non fornisce ulteriori informazioni circa le modalità con le quali si intende ridurre la pressione fiscale. Sul punto sarebbero opportuni alcuni chiarimenti al fine di individuare sia la tipologia di intervento (imposte dirette, indirette, contributi sociali) sia i possibili beneficiari.

 

 


Tabella 3.4

Conto economico della P.A. a legislazione vigente                                                         (milioni di euro)

S P E S E

 

 

 

 

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

Redditi da lavoro dipendente

165.366

164.172

161.948

163.666

163.908

163.929

Consumi intermedi

132.279

129.580

129.730

132.263

135.752

138.659

Pensioni e altre prestazioni

311.413

320.549

330.128

338.871

347.564

356.435

Pensioni

249.471

255.200

262.671

269.764

277.104

284.785

Altre prestazioni

61.942

65.349

67.457

69.107

70.460

71.650

Altre spese correnti

57.480

58.451

58.806

59.040

58.738

59.401

Totale spese correnti netto interessi

666.538

672.752

680.612

693.840

705.962

718.424

Interessi passivi

86.717

83.949

86.087

88.827

91.858

92.500

Totale spese correnti

753.255

756.701

766.699

782.667

797.819

810.924

Investimenti fissi

29.224

28.194

28.884

29.274

29.219

28.957

Contributi c/capitale

17.487

21.670

14.746

14.709

12.349

13.112

Altri trasferimenti

1.116

1.054

1.782

1.656

1.069

1.078

Totale spese in conto capitale

47.827

50.918

45.411

45.639

42.637

43.147

Totale spese al netto interessi

714.365

723.670

726.023

739.479

748.599

761.571

Totale spese complessive

801.082

807.618

812.110

828.306

840.457

854.071

 

 

 

 

 

 

 

di cui spesa sanitaria

     110.842

     111.108

     113.029

     115.424

     117.616

     119.789

 

 

 

 

 

 

 

E N T R A T E

 

 

 

 

 

 

Imposte indirette

233.554

235.287

246.560

257.646

264.701

272.275

Imposte dirette

237.235

233.827

239.951

243.503

250.229

257.809

Contributi sociali

216.669

218.167

221.149

228.017

234.394

240.505

Altre entrate correnti non tributarie

59.649

61.536

61.147

62.723

64.018

65.424

Totale entrate correnti

747.107

748.816

768.807

791.888

813.341

836.013

Imposte in conto capitale

1.375

3.199

928

738

749

761

Entrate in c/capitale non tributarie

4.967

6.880

5.098

5.189

5.068

5.097

Totale entrate in conto capitale

6.342

10.079

6.026

5.927

5.817

5.858

Totale entrate

753.449

758.895

774.833

797.815

819.158

841.871

 

 

 

 

 

 

 

Saldo corrente

-6.148

-7.885

2.108

9.221

15.522

25.089

Indebitamento netto

-47.633

-48.723

-37.277

-30.491

-21.298

-12.200

Saldo primario

39.084

35.226

48.810

58.336

70.560

80.300

PIL

1.565.916

1.557.307

1.602.937

1.660.701

1.718.365

1.779.568

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013


Tabella 3.5

Conto economico della P.A. in percentuale del PIL                                                         (% PIL)

S P E S E

 

 

 

 

2013

2014

2015

2016

2017

Redditi da lavoro dipendente

10,5

10,1

9,9

9,5

9,2

Consumi intermedi

8,3

8,1

8,0

7,9

7,8

Pensioni e altre prestazioni

20,6

20,6

20,4

20,2

20,0

Pensioni

16,4

16,4

16,2

16,1

16,0

Altre prestazioni

4,2

4,2

4,2

4,1

4,0

Altre spese correnti

3,8

3,7

3,6

3,4

3,3

Totale spese correnti netto interessi

43,2

42,5

41,8

41,1

40,4

Interessi passivi

5,4

5,4

5,3

5,3

5,2

Totale spese correnti

48,6

47,8

47,1

46,4

45,6

Investimenti fissi

1,8

1,8

1,8

1,7

1,6

Contributi c/capitale

1,4

0,9

0,9

0,7

0,7

Altri trasferimenti

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

Totale spese in conto capitale

3,3

2,8

2,7

2,5

2,4

Totale spese al netto interessi

46,5

45,3

44,5

43,6

42,8

Totale spese complessive

51,9

50,7

49,9

48,9

48,0

 

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

di cui spesa sanitaria

7,1

7,1

7,0

6,8

6,7

 

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

E N T R A T E

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Imposte indirette

15,1

15,4

15,5

15,4

15,3

Imposte dirette

15,0

15,0

14,7

14,6

14,5

Contributi sociali

14,0

13,8

13,7

13,6

13,5

Altre entrate correnti non tributarie

4,0

3,8

3,8

3,7

3,7

Totale entrate correnti

48,1

48,0

47,7

47,3

47,0

Imposte in conto capitale

0,2

0,1

0,0

0,0

0,0

Entrate in c/capitale non tributarie

0,4

0,3

0,3

0,3

0,3

Totale entrate in conto capitale

0,6

0,4

0,4

0,3

0,3

Totale entrate

48,7

48,3

48,0

47,7

47,3

 

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Saldo corrente

-0,5

0,1

0,6

0,9

1,4

Indebitamento netto

-3,1

-2,3

-1,8

-1,2

-0,7

Saldo primario

2,3

3,0

3,5

4,1

4,5

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

 


Tabella 3.6

Conto economico della P.A. variazione percentuale annua

                                                                                                                                           (var.%)

S P E S E

 

 

 

 

2013

2014

2015

2016

2017

Redditi da lavoro dipendente

-0,7

-1,4

1,1

0,1

0,0

Consumi intermedi

-2,0

0,1

2,0

2,6

2,1

Pensioni e altre prestazioni

2,9

3,0

2,6

2,6

2,6

Pensioni

2,3

2,9

2,7

2,7

2,8

Altre prestazioni

5,5

3,2

2,4

2,0

1,7

Altre spese correnti

1,7

0,6

0,4

-0,5

1,1

Totale spese correnti netto interessi

0,9

1,2

1,9

1,7

1,8

Interessi passivi

-3,2

2,5

3,2

3,4

0,7

Totale spese correnti

0,5

1,3

2,1

1,9

1,6

Investimenti fissi

-3,5

2,4

1,4

-0,2

-0,9

Contributi c/capitale

23,9

-32,0

-0,3

-16,0

6,2

Altri trasferimenti

-5,6

69,1

-7,1

-35,4

0,8

Totale spese in conto capitale

6,5

-10,8

0,5

-6,6

1,2

Totale spese al netto interessi

1,3

0,3

1,9

1,2

1,7

Totale spese complessive

0,8

0,6

2,0

1,5

1,6

 

 

 

 

 

 

di cui spesa sanitaria

0,2

1,7

2,1

1,9

1,8

 

 

 

 

 

 

E N T R A T E

 

 

 

 

 

Imposte indirette

0,7

4,8

4,5

2,7

2,9

Imposte dirette

-1,4

2,6

1,5

2,8

3,0

Contributi sociali

0,7

1,4

3,1

2,8

2,6

Altre entrate correnti non tributarie

3,2

-0,6

2,6

2,1

2,2

Totale entrate correnti

0,2

2,7

3,0

2,7

2,8

Imposte in conto capitale

132,7

-71,0

-20,5

1,5

1,6

Entrate in c/capitale non tributarie

38,5

-25,9

1,8

-2,3

0,6

Totale entrate in conto capitale

58,9

-40,2

-1,6

-1,9

0,7

Totale entrate

0,7

2,1

3,0

2,7

2,8

 

 

 

 

 

 

Saldo corrente

28,3

-126,7

337,4

68,3

61,6

Indebitamento netto

2,3

-23,5

-18,2

-30,1

-42,7

Saldo primario

-9,9

38,6

19,5

21,0

13,8

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

 

 


Tabella 3.7

Conto economico della P.A. - differenza tra Nota aggiornamento e DEF 2013                                                                                                                                                                                                                                                          (milioni di euro)

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

 


Tabella 3.8

Conto economico della P.A. - differenza tra Nota aggiornamento e DEF 2013  -percentuale  PIL

(% PIL)

 

 

Nota di aggiornamento al DEF

 

DEF

S P E S E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2013

2014

2015

2016

2017

2013

2014

2015

2016

2017

Redditi da lavoro dipendente

10,5

10,1

9,9

9,5

9,2

10,4

10,0

9,8

9,5

9,2

Consumi intermedi

8,3

8,1

8,0

7,9

7,8

8,2

8,0

7,9

7,8

7,8

Pensioni e altre prestazioni

20,6

20,6

20,4

20,2

20,0

20,3

20,3

20,2

20,1

20,0

Pensioni

16,4

16,4

16,2

16,1

16,0

16,2

16,2

16,1

16,0

15,9

Altre prestazioni

4,2

4,2

4,2

4,1

4,0

4,1

4,1

4,1

4,1

4,0

Altre spese correnti

3,8

3,7

3,6

3,4

3,3

3,8

3,6

3,5

3,4

3,3

Totale spese correnti netto interessi

43,2

42,5

41,8

41,1

40,4

42,7

41,8

41,3

40,8

40,2

Interessi passivi

5,4

5,4

5,3

5,3

5,2

5,3

5,6

5,8

6,0

6,1

Totale spese correnti

48,6

47,8

47,1

46,4

45,6

48,0

47,4

47,1

46,8

46,3

Investimenti fissi

1,8

1,8

1,8

1,7

1,6

1,8

1,7

1,7

1,7

1,6

Contributi c/capitale

1,4

0,9

0,9

0,7

0,7

1,6

1,0

1,0

0,7

0,7

Altri trasferimenti

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

Totale spese in conto capitale

3,3

2,8

2,7

2,5

2,4

3,5

2,8

2,7

2,5

2,4

Totale spese al netto interessi

46,5

45,3

44,5

43,6

42,8

46,2

44,6

44,1

43,2

42,6

Totale spese complessive

51,9

50,7

49,9

48,9

48,0

51,5

50,2

49,9

49,3

48,7

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di cui spesa sanitaria

7,1

7,1

7,0

6,8

6,7

7,1

7,0

6,9

6,8

6,7

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E N T R A T E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Imposte indirette

15,1

15,4

15,5

15,4

15,3

15,3

15,4

15,5

15,4

15,3

Imposte dirette

15,0

15,0

14,7

14,6

14,5

15,0

15,0

14,7

14,7

14,8

Contributi sociali

14,0

13,8

13,7

13,6

13,5

14,0

13,9

13,8

13,7

13,6

Altre entrate correnti non tributarie

4,0

3,8

3,8

3,7

3,7

3,8

3,8

3,7

3,7

3,7

Totale entrate correnti

48,1

48,0

47,7

47,3

47,0

48,2

48,0

47,8

47,6

47,4

Imposte in conto capitale

0,2

0,1

0,0

0,0

0,0

0,1

0,1

0,0

0,0

0,0

Entrate in c/capitale non tributarie

0,4

0,3

0,3

0,3

0,3

0,4

0,3

0,3

0,3

0,3

Totale entrate in conto capitale

0,6

0,4

0,4

0,3

0,3

0,5

0,4

0,4

0,3

0,3

Totale entrate

48,7

48,3

48,0

47,7

47,3

48,6

48,4

48,2

47,9

47,7

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Saldo corrente

-0,5

0,1

0,6

0,9

1,4

0,2

0,6

0,7

0,8

1,1

Indebitamento netto

-3,1

-2,3

-1,8

-1,2

-0,7

-2,9

-1,8

-1,7

-1,3

-1,0

Saldo primario

2,3

3,0

3,5

4,1

4,5

2,4

3,8

4,1

4,7

5,1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

 


Tabella 3.9

Conto economico della P.A. - differenza tra Nota aggiornamento e DEF 2013 - variazione % annua

 

 

Nota di aggiornamento al DEF

 

DEF

S P E S E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2013

2014

2015

2016

2017

2013

2014

2015

2016

2017

Redditi da lavoro dipendente

-0,7

-1,4

1,1

0,1

0,0

-1,1

-1,0

1,1

0,1

0,0

Consumi intermedi

-2,0

0,1

2,0

2,6

2,1

-2,8

0,8

2,1

2,6

2,1

Pensioni e altre prestazioni

2,9

3,0

2,6

2,6

2,6

2,7

3,1

2,7

2,6

2,6

Pensioni

2,3

2,9

2,7

2,7

2,8

2,3

2,9

2,7

2,7

2,8

Altre prestazioni

5,5

3,2

2,4

2,0

1,7

4,5

3,9

2,7

2,0

1,7

Altre spese correnti

1,7

0,6

0,4

-0,5

1,1

3,2

-2,1

1,0

0,2

1,0

Totale spese correnti netto interessi

0,9

1,2

1,9

1,7

1,8

0,7

1,2

2,0

1,8

1,8

Interessi passivi

-3,2

2,5

3,2

3,4

0,7

-3,3

7,7

7,8

7,1

4,7

Totale spese correnti

0,5

1,3

2,1

1,9

1,6

0,3

1,9

2,7

2,5

2,1

Investimenti fissi

-3,5

2,4

1,4

-0,2

-0,9

-3,3

-0,4

0,5

1,3

0,3

Contributi c/capitale

23,9

-32,0

-0,3

-16,0

6,2

46,8

-39,8

3,8

-20,5

1,9

Altri trasferimenti

-5,6

69,1

-7,1

-35,4

0,8

23,1

28,9

-6,5

-35,4

0,8

Totale spese in conto capitale

6,5

-10,8

0,5

-6,6

1,2

15,6

-17,9

1,3

-7,6

0,8

Totale spese al netto interessi

1,3

0,3

1,9

1,2

1,7

1,7

-0,3

2,0

1,2

1,7

Totale spese complessive

0,8

0,6

2,0

1,5

1,6

1,2

0,6

2,6

1,9

2,1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di cui spesa sanitaria

0,2

1,7

2,1

1,9

1,8

0,2

1,7

2,1

1,9

1,8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E N T R A T E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Imposte indirette

0,7

4,8

4,5

2,7

2,9

3,3

3,7

4,1

2,5

2,5

Imposte dirette

-1,4

2,6

1,5

2,8

3,0

-0,6

3,2

1,5

3,2

3,4

Contributi sociali

0,7

1,4

3,1

2,8

2,6

1,7

2,2

2,8

2,6

2,4

Altre entrate correnti non tributarie

3,2

-0,6

2,6

2,1

2,2

1,3

1,6

2,4

2,1

2,1

Totale entrate correnti

0,2

2,7

3,0

2,7

2,8

1,4

3,0

2,8

2,7

2,7

Imposte in conto capitale

132,7

-71,0

-20,5

1,5

1,6

-40,1

13,1

-20,5

1,1

1,2

Entrate in c/capitale non tributarie

38,5

-25,9

1,8

-2,3

0,6

30,4

-15,1

-5,6

-2,3

0,6

Totale entrate in conto capitale

58,9

-40,2

-1,6

-1,9

0,7

15,2

-12,0

-7,8

-1,9

0,7

Totale entrate

0,7

2,1

3,0

2,7

2,8

1,6

2,8

2,7

2,7

2,7

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

 

 


Approfondimento

3. Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano

La Nota di aggiornamento al DEF dedica un apposito approfondimento all’illustrazione dell’andamento della spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL fino al 2060, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 5, della legge n. 335/1995.

Per quanto riguarda il quadro demografico, le previsioni recepiscono le ipotesi di fecondità, mortalità e flusso migratorio netto sottostanti lo scenario centrale elaborato dall’ISTAT con base 2011[44], e scontano il quadro macroeconomico aggiornato, per il periodo 2013-2017, con le ipotesi di crescita coerenti con quelle delineate dalla Nota di aggiornamento. Per il periodo successivo, il tasso di crescita del PIL è stimato intorno all’1,5 per cento medio annuo, mentre il tasso di occupazione aumenta di 9-10 punti percentuali nella fascia di età 15-64 anni, rispetto al valore del 2010. Per quanto riguarda la cornice normativa, le previsioni incorporano gli effetti delle misure recate dagli interventi di riforma adottati nel corso del 2011[45], nonché l’adeguamento su base triennale (biennale dal 2021) dei coefficienti di trasformazione e dei requisiti di accesso al pensionamento in base alla speranza di vita..

Sulla base di tali premesse, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL, cresciuto nel triennio 2008-2010 a causa della recessione, continua a risentire negativamente dell’andamento dell’economia (in particolare, della contrazione del 2012 e di quella attesa per il 2013), parzialmente compensata, negli anni 2014-2015, anche dagli effetti di contenimento conseguenti all’elevazione dei requisiti di accesso al pensionamento.

A partire dal biennio 2015-2016 e per circa quindici anni, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL decresce in modo significativo, attestandosi intorno al 14,9 per cento intorno al 2030, per l’effetto di contenimento dovuto all’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento e all’introduzione del sistema di calcolo contributivo, in presenza di un andamento di crescita dell’economia più favorevole. Tali effetti compensano significativamente quelli negativi indotti dalla transizione demografica.

Nel periodo successivo, tali ultimi effetti della transizione demografica uniti a quelli, altrettanto negativi, dei maggiori importi di pensione conseguenti al posticipo del pensionamento comportano la crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL che si protrae fino al 2045, quando raggiunge il picco massimo del 15,6 per cento.

Nella parte finale del periodo di previsione, il rapporto decresce significativamente, fino ad attestarsi al 13,9 per cento nel 2060. Tale andamento è da ascriversi essenzialmente al completamento del passaggio dal sistema di calcolo misto a quello interamente contributivo, che determina un’attenuazione della dinamica degli importi di pensione di nuova liquidazione (anche per effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione), ed alla progressiva scomparsa dei pensionati nati negli anni del baby boom.

In sintesi, a seguito delle modifiche normative introdotte nel sistema a partire dal 2004, l’Italia presenta una variazione della spesa pensionistica in rapporto al PIL migliore rispetto alla media dei paesi UE, nonostante una dinamica demografica meno favorevole.

In particolare, mentre per l’insieme dei paesi dell’area UE la spesa pensionistica in rapporto al PIL cresce in media di 1,6 punti percentuali nel periodo 2010-2060, nel caso dell’Italia, il rapporto scende di 0,9 punti percentuali[46].

 

 


Approfondimento

4. Il patto di stabilità interno

Con riferimento alle regole di bilancio che governano l’andamento della finanza pubblica locale, la Nota presenta un riepilogo delle misure approvate nel corso della XVII legislatura, ricordando in particolare i seguenti provvedimenti, rilevanti ai fini della disciplina del patto di stabilità interno:

-     il D.L. 35/2013 che al fine di agevolare i pagamenti dei debiti degli enti locali[47], oltre ad alleggerire i vincoli del patto per l’importo di 6,4 miliardi, ha incentivato il cosiddetto Patto verticale[48], incrementando sino a circa 1.272 milioni, per ciascuno degli anni 2013 e 2014, il contributo attribuito alle Regioni che cedono spazi finanziari agli enti locali ubicati nel proprio territorio;

-       il D.L. 102/2013 che, all’articolo 9, prevede una modifica per il 2014 degli incentivi previsti dalla normativa vigente per gli enti virtuosi[49], prevedendo che il beneficio connesso alla virtuosità sia destinato agli enti in sperimentazione[50], al fine di dare attuazione al federalismo fiscale in materia di armonizzazione dei bilanci delle Amministrazioni pubbliche a decorrere dall’anno 2015;

-       il D.L. 101/2013 che ha ridotto la platea delle istituzioni assoggettate al Patto di stabilità interno, escludendo le aziende speciali e gli enti che gestiscono servizi scolastici e per l’infanzia, confermando invece l’assoggettamento al Patto di stabilità interno delle società in house, delle aziende speciali e delle restanti istituzioni che non gestiscono i predetti servizi.

 

Si ricorda, che, oltre ai provvedimenti di carattere generale menzionati dalla Nota, sono state approvate ulteriori deroghe al patto di stabilità interno sia di carattere locale, quali quelle riguardanti le aree terremotate (D.L. 43/2013), sia di carattere settoriale, quali l’esclusione dal patto delle spese delle regioni per il rilancio dell’edilizia scolastica, nei limiti dei corrispondenti finanziamenti statali (D.L. 104/2013[51]).

Sempre con riferimento al patto di stabilità interno, si segnala inoltre che appare suscettibile di incidere sugli andamenti di finanza pubblica delle amministrazioni locali la spesa per interessi a carico di queste ultime conseguente al pagamento dei debiti di fornitura delle stesse  amministrazioni. Si ricorda infatti che, a fronte delle anticipazioni ottenute a valere sui fondi costituiti presso la Cassa depositi e prestiti, ai sensi dei D.L. 35 e 102 del 2013, le amministrazioni beneficiarie sono tenute a retrocedere un interesse allo Stato[52]. Tale spesa per interessi non è esclusa dal patto di stabilità interno e risulterà pertanto sostitutiva di altre spese delle amministrazioni stesse[53]. Peraltro, mentre la maggiore spesa per interessi retrocessi allo Stato non peggiora i saldi di finanza pubblica, in quanto è destinata a rimanere all’interno della PA, le minori spese, compensative della precedente, risultano suscettibili di incidere in senso migliorativo sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto. Trattandosi di importi significativi[54], andrebbe chiarito se gli andamenti di finanza pubblica scontino tale fattore.

In merito ai profili di interesse per la finanza locale derivanti da altri provvedimenti recentemente approvati[55] o in fase di predisposizione[56], non strettamente connessi con i vincoli del patto di stabilità interno e non analizzati dalla Nota, si ricordano in particolare i profili connessi:

§      alla soppressione della prima rata Imu sull’abitazione principale, con compensazione ai comuni del minor gettito comprensivo dello sforzo fiscale attuato nel 2012 (maggiorazione delle aliquote rispetto all’aliquota standard). Si segnala in proposito l’inversione di tendenza rispetto all’attuazione del federalismo fiscale, con attribuzione di trasferimenti in luogo di entrate proprie e con attribuzione di risorse premiali agli enti che avevano aumentato le aliquote nel 2012 e che non sono tenuti a replicare tale sforzo nel 2013;

§         alla preannunciata riforma tassazione immobili e alla previsione di una componente aggiuntiva alla tassazione sui rifiuti, correlata alla copertura degli oneri connessi ai servizi locali di carattere generale. Si segnala in proposito che l’eventuale introduzione di elementi di progressività all’interno dei tributi locali, considerata la disomogenea distribuzione della ricchezza sul territorio, potrebbe determinare un corrispondente aumento dell’esigenza di risorse di carattere perequativo.

 


4. La spesa per interessi il fabbisogno e il debito

4.1 La spesa per interessi

Per gli anni 2013-2017 le stime contenute nella Nota collocano la spesa per interessi su livelli medi inferiori rispetto alle previsioni contenute nel DEF di aprile 2013: in percentuale del PIL, essa passa dal 5,5 per cento del 2012 al 5,2 per cento del 2017 (il DEF 2013 indicava un valore per il 2017 pari al 6,1 per cento - cfr. tabella 4.1). In valori assoluti la spesa per interessi per l’anno 2013 risulta pari a 83.949 milioni di euro, un valore leggermente superiore a quello indicato nelle previsioni di aprile 2013, pari a 83.892 milioni di euro. Negli anni successivi la spesa per il servizio del debito continuerebbe ad aumentare, ma ad un tasso medio annuo pari al 2,5 per cento inferiore a quello che emergeva dalle previsioni di aprile 2013, pari al 6,8 per cento.

Nel confronto con le previsioni del DEF, le stime mostrano una correzione in diminuzione della spesa per interessi di importo crescente per tutto il periodo 2014-2017. Nell’anno 2017, tale correzione raggiunge circa 17 miliardi. In rapporto al PIL, il confronto con le stime del DEF mostra una riduzione per tutti gli anni del medesimo periodo, che passa da 0,2 punti percentuali nell’anno 2014 a 0,9 punti dell’ultimo anno.

 

Si ricorda, inoltre, che rispetto alle previsioni di aprile, le stime attuali scontano una maggiore spesa per interessi pari a 190 milioni nel 2014, 248 milioni nel 2015 e a 257 milioni nel 2016, dovuta alle maggiori emissioni necessarie per assicurare il rifinanziamento del Fondo per i pagamenti dei debiti della PA, in misura pari a 7,2 miliardi nel 2013, effettuata dall’articolo 13 del DL 102/2013.

 

Tabella 4.1

Spesa per interessi: confronto tra Nota di aggiornamento e DEF 2013

(milioni di euro - % PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

 

 

 

 

 

 

 

Nota agg.

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

 86.717

 83.949

 86.087

 88.827

 91.858

 92.500

Variazione assoluta

 8.366

-2.768

 2.138

 2.740

 3.031

 642

Variazione %

10,7

-3,2

2,5

3,2

3,4

0,7

in % del PIL

5,5

5,4

5,4

5,3

5,3

5,2

PIL nominale

 1.565,9

 1.557,3

 1.602,9

 1.660,7

 1.718,4

 1.779,6

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2013

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

 86.717

 83.892

 90.377

 97.465

 104.387

 109.289

Variazione assoluta

 8.366

-2.825

 6.485

 7.088

 6.922

 4.902

Variazione %

10,7

-3,3

7,7

7,8

7,1

4,7

in % del PIL

5,5

5,3

5,6

5,8

6,0

6,1

PIL nominale

 1.565,9

 1.573,2

 1.624,0

 1.677,7

 1.731,3

 1.785,9

 

Fonte: Elaborazioni su dati della Nota di aggiornamento del DEF 2013 e del DEF 2013.

 

La Nota precisa che le previsioni attuali ipotizzano una graduale chiusura degli spread di rendimento a dieci anni dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi a 200 punti base nel 2014, 150 nel 2015 e 100 nel 2016 e 2017. Il documento aggiunge che la spesa per interessi tiene conto del mancato conferimento degli immobili dello Stato nel 2013 a fondi immobiliari con conseguente riaffitto.

 

In proposito si rileva che l’andamento dello spread sui titoli di Stato negli ultimi sei mesi è stato caratterizzato da alcune oscillazioni con una complessiva tendenza alla riduzione. In data 24 settembre 2013, lo spread tra BTP decennali e Bund tedeschi ha registrato un valore pari a 240 punti base.

 

La Nota non aggiunge altre informazioni circa l’entità della correzione apportata all’aggregato della spesa tendenziale per interessi. In particolare non vengono fornite indicazioni circa la curva dei tassi d’interesse utilizzata ai fini delle previsioni. In proposito appare opportuno disporre di più analitiche informazioni, tenuto conto della rilevanza dell’andamento della spesa in esame ai fini della tenuta complessiva del saldo di bilancio.

 

Con riferimento al mercato dei titoli di Stato, si rileva che a fine giugno 2013 la vita residua media ponderata dei titoli di Stato si attesta ad un valore inferiore a sette anni (6,46) confermando l’andamento decrescente iniziato a metà del 2010 quando si era attestata ad un valore pari a 7,20 anni. La Banca d’Italia[57] precisa che essa rimane comunque una delle più elevate nell’area euro

In base ai dati aggiornati al 31 agosto 2013, i titoli di debito pubblico in circolazione con scadenze comprese tra settembre 2013 e agosto 2014 ammontano a circa 330 miliardi, quelli con scadenza compresa tra settembre e dicembre 2013 ammontano invece a circa 127 miliardi[58]. Il Rapporto della Banca d’Italia afferma che le scadenze di titoli nell’anno non presentano addensamenti e l’ammontare dei titoli di Stato a medio e a lungo termine da rimborsare nel 2013 è in riduzione rispetto al 2012 e non presenta picchi nel corso dell’anno.

 

L’ammontare dei titoli di Stato in circolazione rappresenta una parte del debito pubblico complessivo. Quest’ultimo, infatti, è costituito da biglietti, monete, depositi, titoli diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti. Al 31 agosto 2013 l’86 per cento del debito pubblico era rappresentato da titoli di Stato, pari a circa il 110 per cento del PIL.

 

Si segnala, inoltre, che nelle aste di metà settembre, in cui sono stati offerti BTP a 15 anni, BTP a 3 anni, BOT flessibile, BOT a 12 mesi  e CCTeu con vita residua di 5 anni, non si sono presentate criticità in termini di raccolta e i diversi titoli sono stati collocati con rendimenti lordi compresi tra lo 0,5 e il 4,88 per cento[59] .

Infine, con riferimento alle emissioni di titoli di Stato, si segnala che con un emendamento all’articolo 2 del d.d.l.[60] di assestamento per il 2013, tuttora in corso di esame in seconda lettura alla Camera, è stato modificato l’importo massimo di emissione di titoli pubblici[61] in Italia e all’estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, portandolo da 80.000 milioni di euro stabiliti nel testo originario del disegno di legge  (che aumentava in tal senso l’importo di 24.000 milioni previsto dalla legge 229/2012) a 98.000 milioni di euro.

Sulla base di quanto esplicitato dal  Ministero dell’economia e delle finanze[62], tale incremento è dovuto:

-             alla necessità di assicurare la copertura del maggior fabbisogno dello Stato che sta emergendo negli ultimi mesi rispetto a quanto riscontabile al momento della predisposizione dell’assestamento;

-             a permettere l’emissione di un maggior quantitativo di titoli di Stato destinati a finanziare il Fondo per i pagamenti dei debiti pregressi delle amministrazioni pubbliche, la cui dotazione è stata incrementata per 7,218 miliardi nel 2013 ad opera dell’articolo 13 del DL n. 102/2013;

-             a permettere di affrontare i primi mesi del 2014 con una riserva di liquidità tale da non mettere sotto pressione le emissioni di inizio anno.

4.2 Il fabbisogno del settore pubblico

La Nota fornisce i dati relativi al fabbisogno[63] del settore statale e del settore pubblico in termini programmatici (cfr. tabella 4.2). Non vengono, invece, forniti i dati tendenziali del fabbisogno – indicati nel DEF – e pertanto non risulta possibile effettuare un confronto puntuale tra le previsioni.

 

Tabella 4.2

Fabbisogno programmatico

(% del PIL)

 

2013

2014

2015

2016

2017

Fabbisogno settore statale

-5,3

-3,6

-1,5

-0,3

0,4

Fabbisogno settore pubblico

-5,5

-3,5

-1,7

-0,8

-0,2

Fonte: Nota aggiornamento DEF 2013, Tavola IV, 2B

 

Sono tuttavia fornite le stime sul fabbisogno del settore pubblico[64] - in linea con quanto indicato nelle Relazioni al Parlamento dello scorso marzo e dei primi di settembre – attribuibili ai provvedimenti (decreto legge n. 35/2013 e decreto legge n. 102/2013[65]) che hanno disciplinato il pagamento dei debiti pregressi della PA.

In proposito, si ricorda che il DEF 2013 indicava le previsioni tendenziali per il periodo 2013-2017 del fabbisogno di cassa del settore pubblico distinguendo gli effetti al netto e al lordo del decreto legge n. 35/2013. Tuttavia, poiché il suddetto decreto era – al momento di pubblicazione del DEF – ancora all’esame parlamentare per la conversione in legge (avvenuta il 6 giugno 2013) e tenuto conto che nel corso dell’iter parlamentare sono state apportate alcune modifiche al testo originario, si riportano di seguito le previsioni del DEF ante D.L. 35/2013 e il valore dell’aggiornamento indicato nella Nota in esame.

Si fa presente che a fronte dei maggiori pagamenti dei debiti per 7,2 miliardi di cui al D.L. n. 102, sono state autorizzate dal medesimo decreto legge n. 102, maggiori emissioni per 8 miliardi.

 

Tabella 4.3

Fabbisogno del settore pubblico

(milioni di euro - % PIL)

 

2013

2014

2015

2016

2017

DEF 2013

- Fabbisogno settore pubblico

(al netto degli effetti del D.L. 35/2013*)

-54.635

-31.770

-24.359

-16.099

-14.631

   in percentuale del PIL

-3,5

-2,0

-1,5

-0,9

-0,8

Nota aggiornamento.

- variazioni dovute ai provvedimenti su

pagamento debiti pregressi della PA (decreti legge n. 35 e 102 del 2013) (**)

-26.351

-17.534

573

514

738

   in percentuale del PIL

-1,7

-1,1

0

0

0

(*) La stima del fabbisogno indicata nel DEF 2013, comprensiva degli effetti del citato decreto legge (testo originario), prevedeva un incremento di 20 miliardi in ciascuno degli anni 2013 e 2014

(**) I valori indicati nella Nota sono riferiti al decreto legge n. 35/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 64 del 6 giugno 2013 e al decreto legge n. 102/2013, attualmente all’esame parlamentare per la conversione in legge

 

Si ricorda che, in occasione dell’esame del disegno di legge di assestamento (approvato in prima lettura dal Senato e attualmente all’esame della Camera[66]), è stato accolto un emendamento del Governo che aumenta di 18 miliardi l’importo massimo di emissioni nette di titoli pubblici fissato dalla legge di bilancio[67]. La Nota del MEF-RGS illustrativa dell’emendamento afferma che tale incremento si rende necessario per assicurare la copertura del maggior fabbisogno emerso negli ultimi mesi e  la liquidità per i pagamenti dei debiti della PA autorizzati dal D.L. 102/2013 (8 miliardi). Esso inoltre “permetterà di affrontare i primi mesi del 2014 con una sufficiente riserva di liquidità (…) tale da non mettere sotto pressione le emissioni a inizio anno”.

Si ricorda inoltre che, con riferimento alla variazione nella previsione del debito rispetto al DEF, nella Nota si afferma che essa è attribuibile tra l’altro ad un “lieve rialzo” (al netto dell’effetto dei maggiori pagamenti dei debiti della PA) del fabbisogno nell’esercizio in corso ed un aumento di 0,6 punti di PIL nel 2014. Non vengono tuttavia forniti elementi per spiegare tali variazioni, né quelle riguardanti il maggior fabbisogno atteso per gli anni successivi.

Andrebbero, pertanto, indicati gli elementi che determinano le variazioni del fabbisogno nel periodo 2013-2017, in relazione all’aggiornamento degli altri indicatori di finanza pubblica e più in generale della congiuntura economica.

4.3 Il debito pubblico

La Nota di aggiornamento colloca il rapporto debito/PIL programmatico, (al lordo delle misure di sostegno adottate nell’area euro ai fini della stabilizzazione finanziaria) per l’anno in corso a 132,9 punti percentuali, con un incremento di 2,5 punti percentuali rispetto all’analogo dato del DEF. Il documento in esame precisa che tale incremento è da attribuire in egual misura ad una minore stima di crescita del PIL nominale per l’anno (per 1,3 punti percentuali) e ad un più alto livello atteso del debito (per 1,2 punti percentuali). Quest’ultimo è riconducibile in parte ad un più elevato volume di pagamenti dei debiti pregressi delle PA (7,2 miliardi autorizzati dal D.L. 102/2013, pari allo 0,46 per cento del PIL), e in parte al combinato disposto di minori entrate da privatizzazioni e di una dinamica del fabbisogno del settore statale (al netto dei pagamenti dei debiti della PA) in rialzo rispetto a quanto ipotizzato ad aprile.

In particolare, con riferimento alle entrate da privatizzazioni, a fronte di una previsione del DEF di maggiori introiti pari a 1 punto percentuale di PIL all’anno dal 2013 al 2017, la Nota ridefinisce la stima in 0,5 punti per gli anni 2014-2017; non sono invece fornite indicazioni relativamente all’esercizio in corso. Per il 2013, si evidenzia, inoltre, il mancato conferimento degli immobili dello Stato a fondi immobiliari con conseguente riaffitto.

 

In proposito, si rileva che al netto dell’effetto dei maggiori pagamenti dei debiti della PA, pari a circa 0,5 punti di PIL, lo scostamento tra le previsioni aggiornate e quelle di aprile, per l’anno 2013, risulta pari allo 0,7 per cento, attribuibile, secondo quanto affermato dalla Nota, al combinato disposto di minori entrate da privatizzazioni e di una dinamica del fabbisogno del settore statale (al netto dei pagamenti dei debiti della PA) in lieve rialzo. Andrebbe chiarito in quale misura operino singolarmente tali fattori, considerato che le previsioni contenute nel DEF scontavano maggiori introiti da privatizzazioni in misura pari a 1 punto percentuale già nell’anno 2013.

 

Con riferimento al piano pluriennale di valorizzazione del patrimonio pubblico, la Nota afferma che, in base alle ultime rilevazioni, il valore del patrimonio immobiliare pubblico, comprensivo dei terreni, è stimabile nell'ordine di circa 350 miliardi. Si  segnala, inoltre, la costituzione della Società 'Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio Società per Azioni (Invlmlt SGR), il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Con riferimento alle operazioni effettuate, la Nota precisa che nel corso del 2012 è stato dato impulso alla strategia di cessione dei patrimoni pubblici, attraverso l'avvio di una prima serie di operazioni di privatizzazione delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato, che si sono concluse nel corso del 2013, mediante la cessione alla Cassa Depositi e Prestiti (CDP) delle partecipazioni in Sace, Fintecna e Simest. L'operazione è stata perfezionata in più tranches per complessivi 8.831 milioni. La prima tranche, pari a circa 5.423 milioni (di cui 109 milioni per Simest, 3.721 milioni per SACE e 1.592 milioni per Fintecna), è stata corrisposta dalla CDP nel mese di novembre 2012 per un importo equivalente al 60 per cento del patrimonio netto contabile delle tre società risultante dai rispettivi bilanci al 31 dicembre 2011. Le risorse sono state interamente destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato per la riduzione del debito pubblico. La seconda tranche, pari a circa 2.500 milioni, è stata corrisposta alla fine del mese di dicembre 2012 a titolo di saldo per l'acquisto di SACE e SIMEST. L'ultima tranche, pari a circa 908 milioni, è stata versata in aprile 2013 a titolo di saldo per l'acquisizione di Fintecna. Le risorse della seconda e terza tranche sono state destinate per il 30 per cento al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato e, per la rimanente parte, al rimborso dei debiti della PA nei confronti delle imprese.

 

Per gli anni successivi al 2013, il rapporto è previsto crescere di 3,9 punti percentuali, rispetto alle stime contenute nel DEF,  negli anni 2014 e 2015 e rispettivamente di 3,6 e 2,8 punti percentuali nel 2016 e 2017. La Nota, con riferimento all’anno 2014, attribuisce tale differenza ad un incremento del debito (che incide per circa 2,2 punti percentuali) rispetto alle più contenute stime della crescita (che incidono per circa 1,7 punti percentuali). Si precisa, inoltre, che oltre all’effetto di trascinamento dall’anno precedente, incidono sul debito anche la revisione al ribasso (-0,5 punti) delle previsioni di entrata da privatizzazioni sopra richiamato e un dato di fabbisogno più alto di circa 0,6 punti. Per gli anni successivi la Nota afferma che gli incrementi sono riconducibili ai medesimi fattori con una più forte incidenza dell’effetto di trascinamento degli anni precedenti.

Nella tabella 4.4 che segue è riportato il confronto tra le previsioni contenute nel DEF e nella Nota di aggiornamento del rapporto debito/PIL per il periodo 2012-2017. I dati sono, rispettivamente, al netto ed al lordo della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF, diretti alla Grecia, e della capitalizzazione dell’ESM[68].

 

Tabella 4.4

Debito delle PA in rapporto al PIL: confronto tra DEF 2013 e Nota di Aggiornamento

                                                                                                                                                        (% PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

 

 

 

 

 

 

 

Nota agg. DEF 2013:

 

 

 

 

 

 

 legislazione vigente

 

 

 

 

 

 

al lordo dei sostegni

127,0

133,0

133,2

130,5

127,1

123,2

al netto dei sostegni

124,3

129,5

129,4

126,8

123,5

119,7

 quadro programmatico

 

 

 

 

 

 

al lordo dei sostegni

127,0

132,9

132,8

129,4

125,0

120,1

al netto dei sostegni

124,3

129,3

129,0

125,7

121,4

116,6

DEF 2013

 

 

 

 

 

 

quadro programmatico

 

 

 

 

 

 

al lordo dei sostegni

127,0

130,4

129,0

125,5

121,4

117,3

al netto dei sostegni

124,3

126,9

125,2

121,8

117,8

113,8

N.B.:

-     il quadro programmatico indicato nella Nota di aggiornamento al DEF 2013 sconta per gli anni 2014-2017 un ammontare di proventi da privatizzazioni e dismissioni immobiliari pari a circa 0,5 punti percentuali di PIL all’anno. Nel DEF 2013, tali effetti sono, invece, presi in considerazione in misura pari a 1 punto percentuale di PIL all’anno per tutto il periodo 2013-2017;

-     i valori indicati nella Nota di aggiornamento scontano (sia nel quadro legislazione vigente che in quello programmatico), rispetto al DEF, maggiori emissioni per circa 7,2 miliardi di euro nel 2013 per ulteriori pagamenti dei debiti pregressi della PA.

 

-     Fonte: Nota di aggiornamento al DEF 2013

 

Nella tabella 4.5 è riportata la ripartizione del debito al lordo e al netto dei sostegni finanziari all’area dell’euro per sottosettori, con la precisazione che la quota relativa a tali sostegni è posta interamente a carico delle Amministrazioni centrali.

Per quanto riguarda la composizione del debito per sottosettori, le stime contenute nella Nota non evidenziano rispetto ai dati contenuti nel DEF variazioni sostanziali.

 

Tabella 4.5

Debito programmatico delle Amministrazioni pubbliche per sottosettori                (milioni di euro- %PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

Debito netto sostegni

 

 

 

 

 

 

P.A.

 1.945.964

 2.014.034

 2.067.341

    2.087.083

 2.086.855

 2.075.371

%PIL

124,3

129,3

129,0

125,7

121,4

116,6

 

 

 

 

 

 

 

Amm.C.

 1.838.856

 1.905.697

 1.958.025

    1.977.038

 1.976.380

 1.964.605

%PIL

117,4

122,4

122,2

119,0

115,0

110,4

variazione

 

4,9

-0,2

-3,1

-4,0

-4,6

Amm.L.

    131.780

    133.009

    133.988

       134.717

    135.147

    135.439

%PIL

7,2

7,0

6,8

6,8

6,8

6,9

variazione

 

-0,2

-0,1

0,0

0,0

0,1

Enti prev.

          149

          149

          149

             149

          149

          149

 

 

 

 

 

 

 

Debito lordo sostegni

 

 

 

 

 

 

P.A.

 1.988.629

 2.069.470

 2.128.800

    2.148.715

 2.148.678

 2.137.425

%PIL

127,0

132,9

132,8

129,4

125,0

120,1

 

 

 

 

 

 

 

Amm.C.

 1.881.521

 1.961.133

 2.019.484

    2.038.670

 2.038.203

 2.026.658

%PIL

120,2

125,9

126,0

122,8

118,6

113,9

variazione

 

5,8%

0,1%

-3,2%

-4,1%

-4,7%

Amm.L.

    131.780

    133.009

    133.988

       134.717

    135.147

    135.439

%PIL

8,4

8,5

8,4

8,1

7,9

7,6

variazione

 

0,1

-0,2

-0,2

-0,2

-0,3

Enti prev.

149

149

149

149

149

149

 

 

 

 

 

 

 

Nota: il debito delle amministrazioni centrali, locali e degli enti di previdenza è da considerarsi al lordo degli interessi non consolidati

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2013

 

Prendendo in considerazione la variazione annua, i dati mostrano che l’andamento complessivo del debito della PA risulta determinato pressoché integralmente dalla componente delle Amministrazioni centrali. Quest’ultima registra una crescita annua in termini assoluti fino al 2015, dal 2016 subentra, invece, una lieve flessione. In termini di incidenza sul PIL, tale flessione si registra già dal 2015.

In particolare, concorre a spiegare l’incremento del debito delle Amministrazioni centrali per gli esercizi 2013 e 2014 l’importo corrispondente alle emissioni finalizzate a finanziare i pagamenti dei debiti di fornitura delle Pubbliche amministrazioni. Il corrispondente importo in valore assoluto non è espressamente evidenziato dalla Nota, ma può implicitamente desumersi dalle percentuali di incidenza sul PIL al lordo e al netto dei predetti pagamenti, riportate nella Tavola I.1 della Nota stessa, da cui si desume un ammontare pari, all’incirca, a 27 miliardi per il 2013 e 50 miliardi a decorrere dal 2014, sostanzialmente in linea con le risorse stanziate dai D.L. nn. 35 e 102 del 2013.

 

La componente delle Amministrazioni locali è sostanzialmente stabile fino al 2015, per poi ridursi nell’ultimo biennio portandosi nel 2017 su un valore del 7,6 per cento.

Si evidenzia in proposito che il debito delle Amministrazioni locali nei confronti di quelle centrali non è contabilizzato nella tabella sopra riportata, che considera unicamente i debiti di ciascun comparto nei confronti di soggetti esterni alla PA. Non rilevano pertanto, per il comparto delle Amministrazioni locali, le posizioni debitorie corrispondenti alle citate anticipazioni finalizzate al pagamento dei debiti di fornitura. Dalla nota n. 2 della tavola in esame sembra invece desumersi che siano considerati “gli interessi non consolidati”. Appare in proposito opportuno che sia chiarito a quali interessi la Nota faccia riferimento e se essi includano anche quelli relativi alle predette anticipazioni[69]

 

Si segnala che la somma dei debiti dei sottosettori risulta più elevata del debito complessivo della PA per tutto il periodo 2012-2017, per un importo costante, pari a 24.821 milioni annui. Alla luce di chiarimenti forniti dal dipartimento del Tesoro del MEF[70], tale scostamento per un importo fisso è ascrivibile al fatto che mentre il debito complessivo della PA è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività che costituiscono al tempo stesso attività di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche - quali, ad esempio, i titoli di debito pubblico detenuti dagli Enti previdenziali -, il debito dei singoli sottosettori è espresso al lordo degli elementi di consolidamento. Tali elementi ammontano appunto a 24.821 milioni a dicembre 2012[71]. L’invarianza di tale valore nel corso degli anni, è presumibilmente ascrivibile all’assunzione, in sede di previsione, dell’ipotesi di sostanziale costanza nel tempo di tali elementi.

Dal raffronto dei dati contenuti nella tavola in esame e quelli del Bollettino della Banca d’Italia riferiti al 31/12/2012 emerge che, mentre il dato relativo al debito delle Amministrazioni locali e quello relativo all’ammontare complessivo degli elementi di consolidamento risultano pienamente coincidenti, si evidenziano discrasie con riferimento al debito degli altri comparti. Apparirebbe pertanto utile acquisire informazioni sugli elementi di raccordo tra i dati della Banca d’Italia e quelli della Nota.

Nella tabella 4.6 è riportata, con riferimento alle previsioni programmatiche contenute nel DEF e nella Nota di aggiornamento, un’analisi delle componenti che determinano la variazione del rapporto debito/PIL. Il segno algebrico delle singole componenti indica l’effetto, ad incremento o a riduzione del rapporto, esercitato dalle medesime.

 

Tabella 4.6

Determinanti della variazione del rapporto debito /PIL programmatico

(% PIL)

 

2012

2013

2014

2015

2016

2017

Nota di aggiornamento:

Rapporto debito/PIL  

127,0

132,9

132,8

129,4

125,0

120,1

Variazione rapporto debito/PIL

6,2

5,9

-0,1

-3,4

-4,3

-4,9

Di cui:

 

 

 

 

 

 

Saldo primario
 (segno “-“ indica l’avanzo)

-2,5

-2,4

-2,9

-3,7

-4,5

-5,1

Snow ball effect (*),di cui:

6,5

6,1

1,6

0,7

1,0

0,9

 

Onere medio del debito

4,5

4,2

4,2

4,2

4,3

4,3

 

Tasso di crescita PIL

-0,8

-0,5

2,9

3,6

3,5

3,6

Stock flow adjustment

2,1

2,2

1,2

-0,4

-0,8

-0,7

DEF 2013

Rapporto debito/PIL  

127,0

130,4

129,0

125,5

121,4

117,3

Variazione rapporto debito/PIL

6,2

3,4

-1,4

-3,5

-4,1

-4,1

Di cui:

 

 

 

 

 

 

Saldo primario
 (segno “-“ indica l’avanzo)

-2,5

-2,4

-3,8

-4,3

-5,1

-5,7

Snow ball effect (*),di cui:

6,5

4,7

1,5

1,7

2,1

2,4

 

Onere medio del debito

4,5

4,2

4,4

4,7

5,0

5,2

 

Tasso di crescita del PIL

-0,8

0,5

3,2

3,3

3,2

3,2

Stock flow adjustment

2,1

1,1

0,9

-0,8

-1,1

-0,8

(*) Lo snow ball effect è calcolato moltiplicando il rapporto debito/PIL dell'anno precedente (t-1) per il fattore (r-g)/(1+g), dove r è il costo medio del debito e g è il tasso di crescita nominale del PIL dell’anno in corso (t)

Fonte: elaborazione su dati MEF

 

Rilevato che entrambe le previsioni indicano una riduzione del rapporto a partire dall’anno 2014 pari a circa 3 punti percentuali nella media del periodo 2014-2017, l’analisi evidenzia, nelle previsioni aggiornate, una minore incidenza del saldo primario, che contribuisce alla riduzione del rapporto in misura pari a 3,5 punti percentuali nella media del periodo (nelle previsioni contenute nel DEF tale valore risulta pari a 4 punti percentuali).

L’effetto più contenuto dell’avanzo primario è tuttavia compensato da una minore incidenza dello snowball effect, il quale contribuisce all’incremento del rapporto in misura pari a 2,8 punti percentuali nella media del periodo nelle previsioni aggiornate, rispetto a 3,2 punti percentuali medi nelle previsioni di aprile: al più contenuto costo del debito (4,3 punti percentuali in media nella Nota, rispetto a 4,7 punti nelle previsioni di aprile) si affianca, dal 2015, una più rapida crescita del PIL.

Per quanto riguarda l’aggiustamento stock-flussi, la differenza rispetto alle precedenti previsioni risulta pari, per l’anno in corso, a 1,1 punti percentuali, attribuibili in parte (circa 0,5 punti percentuali) ad un più elevato volume di pagamenti dei debiti pregressi della PA, e in parte a minori entrate da privatizzazioni e ad una dinamica del fabbisogno in rialzo rispetto alle previsioni di aprile. Negli anni successivi si registra una differenza rispetto al DEF pari a 0,3 punti percentuali nel 2014, 0,4 nel 2015, 0,3 nel 2016 e 0,1 nel 2017.

 

Rilevato che la Nota riduce di 0,5 punti percentuali la stima dei maggiori introiti da privatizzazioni, andrebbe chiarito a quali fattori siano attribuibili tali scostamenti.

 

 


Approfondimento

5. Le recenti condizioni di accesso al credito in Italia

La contrazione dei prestiti alle imprese e alle famiglie è proseguita nel 2013 principalmente a causa della debole domanda di finanziamenti e dell'elevato rischio di credito percepito dalle banche (Cfr. l'analisi contenuta nel capitolo 1)[72].

In particolare, a luglio 2013 i prestiti alle imprese non finanziarie risultavano in diminuzione del 4,1 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, mentre i prestiti alle famiglie si sono ridotti nello stesso periodo dell'1,1 per cento (in particolare i finanziamenti per l'acquisto di immobili sono diminuiti dello 0,9 per cento) [73]. La Banca d'Italia, nell'ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria, evidenzia che la riduzione di credito si è estesa dalle imprese in condizioni finanziarie fragili a quelle più solide. Secondo l'indagine sul credito bancario (Bank Lending Survey) di luglio 2013, la riduzione del credito, che riguarda soprattutto i finanziamenti a lungo termine, risente sia della riduzione di domanda di finanziamenti da parte del settore privato (il numero delle domande di finanziamenti da parte delle imprese italiane è diminuito dell'1,1 per cento nei primi sette mesi del 2013) che dell'elevata percezione di rischio di credito da parte delle banche, i cui attivi di bilancio e la cui redditività è negativamente influenzata dalle incerte prospettive economiche.

Le imprese di maggiori dimensioni hanno in parte sostituito, quale fonte di finanziamento, il credito bancario con il ricorso alle emissioni obbligazionarie, reso più agevole dal parziale miglioramento delle condizioni dei mercati finanziari: le emissioni lorde sul mercato internazionale effettuate da gennaio a maggio di quest'anno ammontano a 7,6 miliardi. Il ricorso alle obbligazioni si conferma, invece, trascurabile per le piccole imprese[74].

I tassi di interesse sui prestiti, sia con riferimento al totale che alle nuove erogazioni, sono in leggera flessione. Ad agosto 2013 il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese era pari al 3,37 per cento, mentre il tasso medio sui nuovi prestiti in euro alle famiglie per l'acquisto di abitazioni era pari al 3,6 per cento.

Le difficoltà del mercato del credito sono in gran parte riconducibili alla deteriorata qualità dei prestiti legata al perdurare della fase di recessione del paese: le sofferenze lorde in rapporto al totale degli impieghi era pari al 7,2 per cento a luglio 2013. Il rapporto sofferenze lorde/impieghi raggiunge il 12,9 per cento per i piccoli operatori economici, l'11,3 per cento per le imprese e il 6 per cento per le famiglie consumatrici.

Dal periodo pre-crisi il rapporto sofferenze lorde/impieghi del settore privato è quasi triplicato, passando dal 3 per cento del luglio 2008 all'8,3 per cento del luglio di quest'anno. Nel primo trimestre del 2013 il flusso di nuove sofferenze in rapporto ai prestiti è aumentato di quattro decimi di punto percentuale rispetto ai tre mesi precedenti (al 2,8 per cento, il valore più alto dall'inizio della crisi). La crescita è principalmente riconducibile ai finanziamenti alle imprese il cui tasso di ingresso in sofferenza ha raggiunto il 4,5 per cento nel primo trimestre dell'anno. Nello stesso periodo le nuove sofferenze sui prestiti alle famiglie in rapporto agli impieghi ammontano all'1,5 per cento.

Un ulteriore fattore determinante della contrazione del credito consiste nella ridotta redditività delle banche. Il rendimento annualizzato del capitale e delle riserve dei primi cinque gruppi bancari italiani era pari al 2,7 per cento a maggio di quest'anno, in riduzione di due punti percentuali rispetto a tre mesi prima. La posizione patrimoniale degli stessi gruppi bancari rimane, invece, solida, come segnalato dalla stabilità dei coefficienti patrimoniali: alla fine di marzo il coefficiente relativo alla componente patrimoniale di più elevata qualità (core tier 1 ratio) era pari al 10,8 per cento (11,5 quello relativo al patrimonio di base e 14,4 quello relativo al patrimonio complessivo).

 



[1]     Vedasi la RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO sul programma nazionale di riforma 2013 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell'Italia 2012-2017 - COM(2013) 362, del 29 maggio 2013.

[2]     Ad esse è dedicato un apposito paragrafo della Nota di aggiornamento presentata dal Governo, con l’indicazione delle azioni intraprese per attuarle.

[3]     Si veda l’articolo 10-bis, comma 2, della legge n. 196/2009.

[4]     Si osserva, al riguardo, che l’articolo 10 della legge di contabilità nazionale prevede che il programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo sia presentato in allegato al DEF e non alla Nota di aggiornamento del DEF. Esso non è, infatti, tra i documenti allegati previsti dall’articolo 10-bis.

[5]     Cfr. Comunicato EUROSTAT n. 130/2013, del 4 settembre 2013. Secondo il predetto Comunicato il tasso di crescita dell’Unione europea, nel secondo trimestre dell’anno è stato pari a 0,4 per cento rispetto alla contrazione dello 0,1 del primo trimestre.

[6]     Cfr. Comunicato EUROSTAT n. 130/2013, del 4 settembre 2013.

[7]     Variazione annuale del PIL per il 2013 se nella seconda parte dell’anno il livello dell’attività economica si stabilizzasse sui valori registrati nel secondo trimestre.

[8]     Secondo i dati ISTAT, dal 2008 il PIL ha registrato le seguenti variazioni percentuali:

2008

2009

2010

2011

2012

2013 (stime)

-1,2

-5,5

1,7

0,4

-2,4

-1,7

 

[9]     Sui contenuti della Relazione al Parlamento (DOC. LVII_bis, n. 2), cfr. il dossier Documentazione e ricerche n. 52, predisposto dal Servizio studi il 6 settembre 2013.

[10]    Si segnala che i dati di monitoraggio sullo stato dei pagamenti dei debiti della Pubblica Amministrazione ai soggetti creditori sono pubblicati periodicamente sul sito del Ministero dell’economia e finanze, secondo quanto disposto dal D.L. n. 35/2013. I dati attualmente disponibili sul sito sono aggiornati al 24 settembre. Il prossimo aggiornamento è previsto per l'11 ottobre 2013.

[11]    Per una illustrazione delle regole di bilancio europee cfr. Servizio del bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013.

[12]    Il prolungarsi della recessione ha contribuito a ridurre il tasso di crescita del PIL potenziale. In tale contesto un aumento sia pure contenuto del PIL effettivo consente la chiusura dell'output gap.

[13]    Cfr., ad esempio, Cacciotti, M., Frale, C. e Teobaldo, S., A new methodology for a quarterly measure of the output gap, Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro, Working Papers n. 6, agosto 2013.

[14]    La metodologia concordata in sede europea per il calcolo della componente ciclica è recentemente cambiata. A decorrere dal 2013, invece di misurare l’impatto di variazioni della crescita del PIL sul livello assoluto del saldo di bilancio, si prende in considerazione la variazione del saldo (in percentuale del PIL) rispetto a variazioni della crescita. A livello aggregato il parametro, pari a 0,55 per l’Italia, non è significativamente diverso rispetto a quello fino ad ora applicato (0,5); mutano tuttavia le semi-elasticità che si posizionano ora su valori, rispettivamente, prossimi a zero per le entrate e a 0,5 per le spese.

[15]    Per la metodologia, cfr. il dossier predisposto sul DEF 2013 dai Servizi Bilancio e Studi della Camera dei deputati e dal Servizio Bilancio del Senato della Repubblica, Documento di economia e finanza 2013 (Doc. LVII, n. 1), Documentazione di finanza pubblica n. 1, aprile 2013, approfondimento n. 7.

[16]    Regolamento (CE) n. 1466/97 come modificato dal regolamento (UE) n. 1175/2011 del 16 novembre 2011 e Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria (c.d. Fiscal compact).

[17]    Cfr. Raccomandazione del Consiglio sul PNR e PdS 2012-2017 dell'Italia, Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, 30 luglio 2013, (2013/C 217/11).

[18]    Secondo la Nota di aggiornamento al DEF, nel quadriennio 2014-2017 il PIL potenziale è previsto crescere a tassi annui compresi tra lo 0,1 e lo 0,6 per cento. Rispetto a tale evoluzione, aumenti compresi tra l’1 e l'1,9 per cento annuo del PIL effettivo consentono una tendenziale chiusura dell’output gap, collocando l’economia in una posizione ciclica relativamente più favorevole.

[19]    Cfr. Zoli, E. (2013), Italian sovereign spreads: their determinants and pass-through to bank funding costs and lending conditions, IMF Working Paper, WP/13/84 e Banca d'Italia, The sovereign debt crisis and the euro area, Seminari e convegni, n. 14, 2013, Sezione 2.

[20]    Cfr. Corsetti, G., Kuester, K., Meier, A. e Muller, G. (2012) Sovereign risk, fiscal policy and macroeconomic stability, IMF Working Paper, WP/12/33.

[21]    L’ultima analisi disponibile è contenuta nella Sezione I del DEF, relativa all’aggiornamento annuale del PdS, aprile 2013.

[22]    Per una descrizione dettagliata cfr. European Commission, Fiscal sustainability report 2012, European Economy n. 8, 2012. Si veda anche il dossier predisposto sul DEF 2013 dai Servizi bilancio e studi della Camera dei deputati e dal Servizio bilancio del Senato della Repubblica, Documento di economia e finanza 2013 (Doc. LVII, n. 1), Documentazione di finanza pubblica n. 1, aprile 2013.

[23]    Cfr. Centro Europa Ricerche, Europe's choice: austerity or growth, Rapporto n. 1, 2013.

[24]    L'effetto snow-ball riflette l'azione combinata dei tassi di interesse e del tasso di crescita del PIL. A parità di altre condizioni, un aumento dei tassi di interesse produce un aumento del rapporto debito/PIL, mentre un aumento del tasso di crescita del PIL agisce in direzione contraria. Si evidenzia che nella tabella 2 si fa riferimento all'avanzo primario strutturale, mentre nell'analisi svolta nel capitolo 4, tabella 4.6 si fa riferimento all'avanzo primario nominale.

[25]    La misura é stata proposta in Collignon, S., Fiscal policy rules and the sustainability of public debt in Europe, International Economic Review, vol. 53, n. 2, 2012 e ripresa poi dal Centro Europa Ricerche, Europe's choice: austerity or growth, Rapporto n, 1, 2013.

[26]    I due parametri di convergenza di bilancio (3 per cento del PIL per il disavanzo e 60 per cento per il debito) sono stati introdotti con il Trattato di Maastricht. Le motivazioni possono ricondursi (cfr. Paul De Grauwe, Economia dell'unione monetaria, Il Mulino, 2010) al fatto che, per quanto riguarda il debito, il 60 per cento del PIL era il livello medio in ambito UE al momento della stesura del testo del Trattato mentre, per quanto riguarda il disavanzo, il 3 per cento è il livello che stabilizza il debito al 60 per cento in presenza di un tasso di crescita del PIL nominale che allora si ipotizzava potesse essere pari al 5 per cento.

[27]    Nel caso in cui il deficit nominale sia pari o inferiore al 3 per cento del PIL, secondo l’indicatore in esame non è necessaria alcuna correzione.

[28]    Con riferimento alla definizione e al trattamento contabile delle misure in esame si rinvia a quanto riportato nel Dossier di inizio legislatura del Servizio bilancio dello Stato del marzo 2013. Cfr. in particolare il paragrafo 2.2 della Prima Parte in cui è inoltre riportato il quadro delle misure una tantum attuate nel corso della XVI Legislatura.

[29]    Si segnala che nella tavola contenuta nel testo cartaceo della Nota, ufficialmente presentato al Parlamento, sono indicati, per un errore materiale, valori del PIL nominale diversi da quelli della tabella sopra riportata. Tale refuso è stato inseguito corretto nel testo pubblicato sul sito del MEF, ma non è pervenuto al Parlamento un documento di Errata corrige con riferimento alla correzione apportata. In ogni caso i valori dell’incidenza percentuale delle misure una tantum sul PIL non risentivano di scostamenti dovuti al predetto errore materiale contenuto nel testo ufficialmente depositato.

[30]    Cfr. in proposito il Dossier n. 1 dell’aprile 2013, approfondimento n. 6.

[31]    Tali spese infatti, in quanto considerate una tantum, concorrono a peggiorare l’indebitamento netto ma non la sua componente strutturale.

[32]    Ciò si riflette in una minore distanza, nella Nota di aggiornamento rispetto al DEF, tra il saldo dell’indebitamento netto nominale e la sua componente strutturale.

[33]    Sono classificabili tra tali misure le imposte connesse all’esercizio di opzioni da parte dei contribuenti, quali la rivalutazione volontaria dei cespiti dell’attivo patrimoniale (immobili, terreni e beni d’impresa), e il riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS (Cfr. l’art. 15 del D.L. n. 185/2008), nonché i tributi richiesti per singoli esercizi (come l’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale sui contratti di locazione finanziaria di immobili in essere al 1° gennaio 2011, di cui all’art. 1, co. 15 e 16 della L. n. 220/2010). Non sono invece incluse talune imposte sostitutive che, pur avendo natura volontaria, hanno carattere ricorrente. Cfr. infra in merito alla necessità di chiarimenti in proposito.

[34]    Le previsioni inerenti la citata imposta sostitutiva erano state riviste al rialzo nel DEF 2012, a seguito dei risultati migliori delle attese conseguiti nel 2011. Nel corso di tale esercizio era stato previsto un ampliamento della base applicativa del tributo facoltativo, senza peraltro modificarne le date di scadenza (cfr. art, 23, commi da 15 a 17 del DL n. 98/2011). Nel Dossier di verifica n. 17/XVI Leg., relativo al DEF 2012, si evidenziava che il tributo in questione avrebbe dovuto comunque esaurire la maggior parte dei propri effetti nel corso dell’esercizio 2011, salvo marginali code dei versamenti negli esercizi successivi. Pertanto si osservava che la citata disposizione non appariva suscettibile di determinare effetti di gettito per un importo complessivo di 4,5 mld circa sul triennio 2012-2014 come previsto nel DEF 2012. Tali effetti erano stati successivamente ridotti, per il medesimo arco temporale, a circa 800 mln dal DEF 2013 e ora ulteriormente ridotti a 643 mln nel 2012, esercizio nel quale si prevede l’esaurimento degli effetti della misura in questione.

[35]    Cfr. in proposito la tavola IV.1a, relativa al Conto della Pubblica Amministrazione a legislazione vigente. Si rinvia, per un’analisi di tale voce, al paragrafo riguardante l’analisi delle entrate.

[36]    Si ricorda in proposito che la voce in questione ha subito continue revisioni, in entrambi i segni e per importi cospicui.

[37]    Nella nota a pg 28, in merito ai criteri di stima della spesa per interessi.

[38]    Società “Investimenti immobiliari italiani – Società di gestione del risparmio” s.p.a.

[39]    Cfr. la tavola IV.7, p. 41 della Nota.

[40]    Non sono inclusi viceversa gli effetti del DPR relativo all’armonizzazione dei requisiti minimi di accesso al sistema pensionistico per alcune tipologie di lavoratori. Si tratta di categorie tra cui il personale viaggiante dei servizi di trasporto, alcuni lavoratori marittimi, gli sportivi professionisti e i lavoratori dello spettacolo. Il decreto porterà risparmi di spesa, quantificati complessivamente in circa 526 milioni di euro nel decennio 2014-2023.

Il DPR – licenziato dal Consiglio dei ministri in via preliminare nell’ottobre del 2012 - è stato approvato definitivamente dal CdM in data 9 settembre 2013, dopo l’esame presso il Consiglio di Stato e presso le competenti Commissioni parlamentari. Il decreto - che non risulta allo stato pubblicato in Gazzetta ufficiale - è stato emanato in attuazione dell’articolo 24, comma 18, del DL 201/2011, cui la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione non aveva ascritto prudenzialmente effetti finanziari.

[41]    Come specificato nella nota metodologica allegata al DEF, la spesa per prestazioni sociali in denaro ingloba la spesa per pensioni e quella per altre prestazioni sociali in denaro. La prima componente è riconducibile alla spesa pensionistica, costituita dal complessivo sistema pensionistico obbligatorio cui si aggiunge la spesa per pensioni sociali o assegni sociali per i cittadini con età pari o superiore a 65 anni; la spesa per altre prestazioni sociali in denaro include: le rendite infortunistiche, le liquidazioni per fine rapporto a carico di Istituzioni pubbliche, le prestazioni di maternità, malattia ed infortuni, le prestazioni di integrazione salariale (cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga), le prestazioni di sussidio al reddito nei casi di disoccupazione (indennità di disoccupazione, indennità di mobilità, ecc.), i trattamenti di famiglia, le pensioni di guerra, le prestazioni per invalidi civili, ciechi e sordomuti e, in via residuale, gli altri assegni a carattere previdenziale ed assistenziale.

[42]    Cfr. la Nota della Ragioneria Generale dello Stato del 2 maggio 2013 in risposta alle osservazioni contenute nel dossier sul DEF 2013 predisposto dai Servizi della Camera e del Senato.

[43]    IMU: analisi dei versamenti 2012, Dipartimento delle finanze, luglio 2013.

[44]    Si precisa, a questo proposito, che le previsioni assumono: un aumento della speranza di vita, al 2060, di 6,7 anni per gli uomini e di 6,5 anni per le donne, rispetto ai valori del 2011; un tasso di fecondità che converge gradualmente a 1,6; un flusso netto di immigrati che passa da un valore medio annuo di circa 280.000 unità, nel primo decennio di previsione, ad un valore annuo di circa 180.000 unità alla fine del periodo di previsione.

[45]    Come specificato dalla Nota, le previsioni includono gli effetti oltre che delle misure previste nel D.L. 201 del 2011, anche dei successivi interventi adottati negli anni 2012 e 2013 finalizzati a incrementare ulteriormente il numero di lavoratori salvaguardati dall’incremento dei requisiti di accesso al pensionamento, di cui al D.L. 201.

[46]    A tale proposito, la Nota di aggiornamento rinvia a: European Commission, Economic Policy Committee,), “The 2012 Ageing Report Economic and Budgetary Projections for the EU-27 Member Staes (2010-2060)”, 2012.

[47]    D.L. 35/2013 convertito dalla L. n. 64/2013.

[48]    Tramite il Patto verticale, introdotto dalla L. n.220/2010 art. 1, comma 138, le Regioni a statuto ordinario, la Sicilia e la Sardegna possono mettere a disposizione dei Comuni del proprio territorio spazi finanziari, con conseguente peggioramento del proprio obiettivo, nel rispetto dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica.

[49]    Cfr. l’art. 20, commi 2, 2-bis e 3, del D.L. 98/2011 che prevede in particolare i seguenti parametri di virtuosità: a) rispetto del Patto di stabilità interno; b) autonomia finanziaria; c) equilibrio di parte corrente; d) rapporto tra le entrate di parte corrente riscosse e accertate.

[50]    Di cui all’articolo 36 del D.Lgs. 118/2011.

[51]     Cfr. in particolare l’art. 10.

[52]    Tale interesse è parzialmente compensativo della maggiore spesa per interessi sostenuta da quest’ultimo a fronte dell’aumento del proprio debito.

[53]    La spesa per interessi retrocessi allo Stato, dovrebbe, almeno in parte, sostituire la spesa per interessi moratori nei confronti dei fornitori.

[54]    Si ricorda in proposito che la relazione tecnica riferita al D.L. 35/2013 quantificava gli interessi attivi per lo Stato centrale e passivi per le amministrazioni locali (inclusi gli enti del comparto sanitario) in circa 363 milioni per il 2014 e in oltre 1 miliardo a decorrere dal 2015. A tali importi occorre poi aggiungere l’ulteriore spesa per interesse conseguente all’aumento delle anticipazioni (per 7,2 miliardi per il 2013), disposto dal D.L. 102/2013 e non quantificata dalla relativa relazione tecnica.

[55]    Ai sensi del D.L. 102/2013.

[56]    Cfr. in proposito il documento del Ministero dell’economia e delle finanze dell’agosto 2013, inerente la riforma della tassazione degli immobili.

[57]    Banca d’Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 5 aprile 2013.

[58]    Gli ammontari sono desunti dal sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Titoli di Stato in circolazione suddivisi per anno di scadenza, dati aggiornati al 31 agosto 2013.

[59]    Sito MEF, Dipartimento del tesoro, Risultati delle aste in data 12-13 settembre 2013. Con riferimento ai rendimenti in asta, la Banca d’Italia (Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 5 aprile 2013) afferma che, in aprile, essi sono tornati a scendere nel complesso, riportando il rendimento medio all’emissione attorno al 2 per cento; il rendimento medio calcolato sull’intera consistenza dei titoli domestici resta attorno al 4 per cento.

[60]    A.C. 1573.

[61]    Di cui al comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 229 del 2012.

[62]    Nota del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro del 5 settembre 2013.

[63]    Il fabbisogno, corrispondente alla differenza (negativa) tra il totale degli incassi e il totale dei pagamenti (correnti, in conto capitale e finanziari), è un indicatore utilizzato per il monitoraggio e la gestione della finanza pubblica secondo il profilo di cassa. Esso rappresenta l’ammontare di liquidità necessaria per finanziare l’attività pubblica. Poiché tale liquidità è reperita sul mercato con l’emissione di titoli del debito pubblico, il fabbisogno rappresenta la principale componente della variazione annuale dello stock di debito pubblico.

[64]    Tale comparto rappresenta in termini soggettivi un universo quasi coincidente con quello delle amministrazioni pubbliche contenute nell’elenco (lista S13) elaborato dall’ISTAT per la costruzione del conto economico della pubblica amministrazione secondo le regole contabili europee.

[65]    Il D.L. 102/2013 attualmente all’esame parlamentare per la conversione in legge.

[66]    A.C. 1573.

[67]     Articolo 2, comma 3, della legge 229/2012.

[68]    Per gli anni 2011 e 2012, l’ammontare di tali prestiti agli Stati membri dell’UEM (bilaterali o attraverso EFSF) è pari rispettivamente a 13.118 e a 36.932 miliardi.

[69]    Si rinvia in proposito a quanto osservato nel paragrafo relativo al Patto di stabilità interno.

[70]     In particolare dal “Gruppo informazione debito pubblico”.

[71]    Cfr. in proposito la Tavola 6 del Bollettino della Banca d’Italia relativo al debito e al fabbisogno n. 47 del settembre 2013.

[72]    Banca d'Italia, Bollettino economico n. 69, luglio 2013.

[73]    Cfr. ABI, Economia e mercati finanziari-creditizi, settembre 2013 - sintesi.

[74]    Banca d'Italia, Bollettino economico n. 69, luglio 2013.