Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2017
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 18
Data: 27/09/2017
Organi della Camera: V Bilancio

 

 


NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2017

 

 

 

Doc. LVII, n. 5-bis

 

settembre 2017

 

 

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Documentazione di finanza pubblica n. 18

 

 

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DFP018.docx

 

 

 

 

 

 

 

 

 


INDICE

 

Premessa.. 3

1. Il quadro macroeconomico.. 7

1.1. La congiuntura internazionale. 7

1.2. Il quadro macroeconomico nazionale. 13

2. Indebitamento netto e debito pubblico.. 33

2.1 Dati di consuntivo e previsioni a legislazione vigente. 33

2.2 Percorso programmatico di finanza pubblica. 55

2.3 La relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012. 55

2.4 I saldi di finanza pubblica. 59

2.5 Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa. 67

2.6 Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento. 70

2.7 L’evoluzione del debito. 74

2.8 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti 81

2.9 Piano di valorizzazione del patrimonio pubblico e privatizzazioni 86

3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo   89

3.I Gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità. 90

3.II Giustizia, pubblico impiego, concorrenza. 103

3.III Sistema bancario e mercati finanziari 125

3.IV Mercato del lavoro, welfare, spesa sociale. 130

4. Approfondimenti 143

4.1 Il rapporto programmatico sulle spese fiscali 143

4.2 Il Rapporto sui risultati della lotta all'evasione fiscale. 150

 

 


Premessa

Il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

L’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009, come modificato dalla legge n.163 del 2016[1] prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

§  l'eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il restante periodo di riferimento;

§  l'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

§  le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR;

§  l'obiettivo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

§  l'indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo, con una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra stessa in termini di entrata e di spesa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici;

Tale disposizione, inserita dall’articolo 1, comma 7, lettera b) della legge n.163/2016, costituisce una delle modifiche più significative apportate dalla legge medesima ai contenuti della Nota, finalizzata ad esporre nel Documento una prima informazione in ordine ai contenuti ed alla composizione della manovra che verrà poi operata con la legge di bilancio.

§  l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

 

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2017-2020 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile.

Con riferimento ai documenti all'esame, alla Nota di aggiornamento risultano allegati:

§  le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali (Doc.LVII, n.5-bis – Allegato I) ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell'art. 10?bis della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009;

§  il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali, ai sensi dell'art. 10 bis, comma 5, della legge di contabilità n. 196/2009 medesima (Doc. LVII, n. 5-bis - Allegato II);

§  il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, ai sensi dell’articolo 10-bis.1, comma 1, della predetta legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 5-bis - Allegato III);

§  la relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva, predisposta ai sensi del comma 3 del citato articolo 10-bis1 (Doc. LVII, n. 5-bis - Allegato IV).

 

È altresì presentata in concomitanza con la Nota di aggiornamento del DEF la Relazione al Parlamento redatta ai sensi dell'art. 6, co. 5, della L. 243/2012, (DOC. LVII, n. 5-bis – Annesso) che illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo programmatico strutturale (MTO[2]), già autorizzato con le risoluzioni parlamentari di approvazione del Documento di Economia e Finanza 2017.

In tal senso si esprime l’articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità, in cui si dispone che qualora nell'imminenza della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF si verifichino gli eventi eccezionali di cui all’articolo 6 medesimo, la Relazione in questione può essere presentata alle Camere come annesso alla Nota.

In riferimento a tale Relazione – per la quale si rinvia a quanto più diffusamente illustrato nell’apposito paragrafo del presente dossier - va rammentato che, come anche riportato nelle premesse delle Raccomandazioni per l’Italia sul programma di stabilità 2017 approvate dal Consiglio UE lo scorso 11 luglio (2017/C 261/11) l'Italia è attualmente sottoposta al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita[3], ed è soggetta alla regola del debito.

Nella Relazione il Governo rileva come, rispetto al Piano di rientro verso l’Obiettivo di Medio Termine previsto dal DEF 2017 dello scorso mese di aprile, la necessità di tener conto, nel perseguimento della sostenibilità delle finanze pubbliche, anche della necessità di assicurare il sostegno alla ripresa economica porti a ritenere opportuno un aggiornamento del suddetto Piano, sulla base di quanto consentito dall’articolo 6, comma 5, della legge n.243 del 2012.

Tale norma dispone che il Piano di rientro possa essere aggiornato, oltre che al verificarsi di eventi eccezionali ulteriori rispetto a quelli che hanno determinato l’adozione del Piano medesimo, anche qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

Il Governo prevede pertanto di ridurre l’aggiustamento strutturale del bilancio del 2018 di 0,3 punti percentuali, in luogo degli attuali 0,8 punti, fermo restando - come precisato nel Piano di rientro contenuto nella Relazione - il sostanziale conseguimento del già previsto pareggio strutturale di bilancio nel 2020, con un saldo che si posizionerebbe a -0,2 punti percentuali di Pil[4]. Tale nuovo percorso si riflette ovviamente nei nuovi obiettivi nominali dell’indebitamento, che è rivisto dall’1,2 all’1,6 per cento nel 2018, dallo 0,2 allo 0,9 per cento per il 2019 ed dallo 0,0 allo 0,2 per cento nel 2020.

Com’è noto, ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, su tale Relazione dovranno esprimersi le Camere con apposite deliberazioni da approvare a maggioranza assoluta dei propri componenti.

Per quanto concerne infine gli eventuali disegni di legge collegati, la Nota conferma quelli già indicati nei precedenti documenti programmatici.

Si segnala che al momento risultano in corso di esame i seguenti provvedimenti collegati:

§  delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile (A.S. 2284);

§  delega al Governo per il codice dello spettacolo (A.S. 2287-bis).

 


1. Il quadro macroeconomico

La Nota 2017 presenta una revisione al rialzo delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il triennio successivo rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, in considerazione dei segnali di rafforzamento dell’economia italiana emersi a partire dall’ultimo trimestre del 2016, in un contesto di crescita più dinamica a livello europeo e globale.

1.1. La congiuntura internazionale

Lo scenario macroeconomico internazionale illustrato nella Nota evidenzia, nel suo complesso, una crescita dell’economia nel 2017 più robusta di quanto ipotizzato ad aprile, in conseguenza del rafforzamento del ciclo economico dei primi sei mesi dell’anno.

La congiuntura economica del primo semestre del 2017 è stata positiva sia nei paesi emergenti che nelle economie avanzate.

La crescita mondiale è diventata nel complesso più diffusa e più solida ed il commercio internazionale ha accelerato trainato dalla ripresa dei mercati emergenti. Secondo le indicazioni fornite dagli indici PMI mondiali di agosto – sottolinea la Nota – il trend positivo del commercio mondiale della prima parte dell’anno dovrebbe proseguire anche nel secondo semestre.

Tra le economie avanzate, negli Stati Uniti l’economia ha registrato nel secondo trimestre una robusta accelerazione (+0,8 per cento dopo lo 0,3 del primo trimestre), trainata dai consumi delle famiglie e dagli investimenti, favoriti dal rafforzamento del mercato del lavoro e da un solido clima di fiducia delle famiglie. Gli indicatori anticipatori suggeriscono che l’economia statunitense si attesterà anche nei prossimi mesi su ritmi di crescita analoghi a quelli del primo semestre. Sulla crescita pesa tuttavia l’incertezza sulla dimensione e sulla tempistica delle misure espansive di politica di bilancio annunciate.

In Giappone l’economia ha registrato una forte crescita nel secondo trimestre, sostenuta dal contesto esterno e dalla politica fiscale espansiva. È attesa tuttavia una decelerazione nel 2018, per l’aspettativa di una restrizione fiscale.

Nell’Area dell’euro la crescita prosegue su ritmi relativamente sostenuti: il PIL nel secondo trimestre ha mostrato un'accelerazione (+0,6% sul trimestre precedente rispetto al +0,5% nel primo trimestre), trainato dalla domanda interna e in particolare dagli investimenti, supportati dal miglioramento delle condizioni del mercato del credito e spinti dal rafforzamento della fase ciclica. Gli indicatori suggeriscono un ulteriore rafforzamento della crescita per i prossimi mesi.

Per quanto riguarda le economie emergenti, in Brasile e in Russia l’attività economica ha avviato una fase di ripresa dopo le profonde recessioni, mentre la crescita economica ha mostrato una buona tenuta in India e soprattutto in Cina, dove il PIL, nel secondo trimestre è cresciuto più di quanto atteso (6,9 per cento).

Il quadro delle variabili esogene sottostanti la Nota di aggiornamento risulta, nel complesso, più favorevole rispetto a quello presentato nel DEF.

Si rileva, in particolare, una revisione al rialzo delle ipotesi di crescita del commercio mondiale di 1,3 punti percentuali nel 2017 (al 4,7 per cento) e di 0,4 punti percentuali nel 2018 (al 3,9 per cento). Si segnala un graduale incremento del prezzo del petrolio, legato anche ai timori di un calo della produzione negli Stati Uniti per la serie di eventi naturali che ha colpito le zone ad alta attività di estrazione e raffinazione petrolifera della costa est del Nord America, ma con una revisione al ribasso dell’incremento rispetto alle ipotesi del DEF.

Si ipotizza, infine, un marginale apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, ipotizzando un tasso di cambio verso il dollaro di 1,19 circa per i prossimi tre anni contro l’1,06 utilizzato ad aprile. Tale apprezzamento – rileva la Nota - potrà comportare un’attenuazione delle previsioni di crescita del prezzo del petrolio, con effetti lievemente positivi sulla crescita del PIL reale nell’area dell’euro.

Nel complesso, sottolinea la Nota, l’effetto netto della revisione delle variabili esogene internazionali sulla crescita dell’economia italiana è di segno moderatamente positivo in confronto alle previsioni di aprile, ma ciò si riferisce soprattutto al 2017, poiché gli effetti dell’apprezzamento dell’euro diventeranno più significativi nel 2018.

La spinta alla crescita del PIL italiano derivante dall’economia internazionale tende dunque a ridursi durante i tre prossimi anni.

Tabella 1. Esogene internazionali

(variazioni percentuali)

 

2016
Cons.

2017

2018

2019

2020

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

Commercio mondiale

3,1

3,4

4,7

3,5

3,9

3,9

4,0

3,7

3,7

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/Barile)

43,6

54,4

51,4

53,8

52,2

53,4

53,2

53,6

53,2

Cambio dollaro/euro

1,107

1,060

1,132

1,060

1,186

1,060

1,186

1,060

1,186

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2017 (settembre 2017).

Il profilo della revisione è coerente con le valutazione espresse dai principali istituti previsori che – riporta la Nota - ipotizzano un rallentamento della crescita negli anni a venire.

Per il 2018, infatti, pur nell’ambito di una valutazione nel complesso positiva, le previsioni di crescita dell’economia mondiale dei principali organismi internazionali e degli analisti di mercato sono più caute.

Secondo le proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse nel World Economic Outlook Update del 23 luglio 2017, si prevede una crescita del PIL mondiale al 3,5 per cento nel 2017 e al 3,6 per cento nel 2018 (invariata rispetto a quanto previsto in primavera nel WEO di aprile).

Le più recenti previsioni dell’OCSE, diffuse nell’Interim Economic Outlook del 20 settembre, ipotizzano una crescita globale leggermente più sostenuta nel 2018 (3,7 per cento).

Tabella 2. PIL mondiale

(variazioni percentuali)            

 

2016

2017

2018

FMI - luglio 2017

3,2

3,5

3,6

OCSE –settembre 2017

3,1

3,5

3,7

      Fonte: FMI, WEO Update (23 luglio 2017); OCSE, Interim Economic Outlook (20 settembre 2017).

Il FMI, nel WEO Update di luglio 2017, conferma la fase positiva di recupero ciclico dell’economia globale, sottolineando come i risultati di crescita nel primo trimestre del 2017 siano stati superiori alle aspettative sia nelle grandi economie emergenti e in via di sviluppo, come Brasile, Cina e Messico, che in diverse economie avanzate, tra cui Canada, Francia, Germania, Italia e Spagna. Gli indicatori per il secondo trimestre forniscono segnali di rafforzamento dell'attività globale. In particolare, la crescita del commercio mondiale e della produzione industriale è rimasta ben al di sopra dei tassi del 2015-16, nonostante un rallentamento registrato alla fine del 2016 e all'inizio del 2017.

L’invarianza delle previsioni di crescita globale per il 2017 e 2018 rispetto al WEO di aprile ricomprende tuttavia prospettive tra esse diversificate. Mentre per gli Stati Uniti le previsioni di crescita sono riviste al ribasso rispetto ad aprile, riflettendo principalmente l'ipotesi che la politica fiscale sia meno espansiva rispetto a quanto precedentemente previsto, la crescita viene invece rivista verso l’alto per il Giappone, la Cina e soprattutto per l'area dell'euro, dove sorprese positive per l'attività alla fine del 2016 e all'inizio del 2017 indicano uno slancio solido.

Tuttavia, se i rischi sulle prospettive di crescita mondiale nel medio termine sembrano bilanciarsi, nel medio termine sembrano tendere al ribasso. Da un lato, sottolinea il FMI, il rimbalzo ciclico potrebbe essere più forte e più sostenuto del previsto in Europa, dove il rischio politico è diminuito, dall’altro però le elevate valutazioni del mercato e la scarsa volatilità in un contesto di elevata incertezza politica aumentano la probabilità di correzione del mercato, il che potrebbe smorzare la crescita e la fiducia. Inoltre, la normalizzazione delle politiche monetarie in alcune economie avanzate potrebbe innescare un rallentamento più rapido di quanto previsto nelle condizioni finanziarie globali.

In ultima analisi, il FMI rileva come i tassi di crescita globali previsti per il 2017-18, sebbene più alti del 3,2% stimato per il 2016, sono ancora inferiori alle medie pre-crisi, soprattutto per le economie più avanzate e per le economie emergenti e in via di sviluppo esportatrici di materie prime.

L’OCSE, nell’Interim Economic Outlook del 20 settembre 2017, definisce un quadro dell’economia mondiale più solido rispetto a quanto previsto nell’Economic Outlook di giugno, con una ripresa più sincronizzata tra i diversi paesi e con investimenti, occupazione e commercio in espansione. In tale contesto, le previsioni di crescita per il Giappone, il Canada e soprattutto per l’Area dell’euro sono state riviste verso l'alto, riflettendo una performance più forte del previsto nella prima metà del 2017. Gli sviluppi delle economie dei mercati emergenti sono più diversificati, con sorprese positive in Cina e Russia e una revisione in ribasso in India parte dovuta a fattori transitori.

Tuttavia, l’OCSE sottolinea come lo slancio di breve termine non sia una garanzia di crescita sostenuta nel medio periodo, in quanto il recupero degli investimenti e degli scambi commerciali resta ancora più debole di quanto necessario per sostenere una sana crescita della produttività. L'economia globale deve ancora ritrovare i suoi livelli di crescita precedenti alla crisi finanziaria. la politica monetaria da sola non basta. L'implementazione di riforme strutturali è cruciale per migliorare la produttività e riallineare le politiche globali e i contesti economici.

Per ciò che concerne specificamente l’Area dell’Euro, la Nota riporta i più recenti dati congiunturali forniti da Eurostat[5], che registra una crescita del PIL dell’Area nel secondo trimestre dell’anno in corso dello 0,6 per cento – in accelerazione rispetto alla crescita del precedente trimestre (0,5 per cento) – trainata dal contributo decisamente positivo dei consumi delle famiglie e degli investimenti fissi.

La crescita del prodotto interno lordo si è consolidata nel secondo trimestre, con andamenti tuttavia differenziati tra i vari Paesi dell’Area. La crescita del PIL reale è aumentata sul trimestre precedente soprattutto nei Paesi baltici, nei Paesi bassi e in Spagna, mentre è rimasta invariata in Francia e in Italia. In leggero rallentamento la Germania (+0,6% dopo lo 0,7% del primo trimestre).

Figura 1. Incremento del PIL dei paesi europei nel secondo trimestre del 2017

      Fonte: Eurostat, Newsrelease Euroindicators – n. 135/2017 – 7 settembre 2017

La fase di consolidamento registrata nel secondo trimestre delinea, in prospettiva, una crescita più sostenuta dell’area nel 2017 rispetto alle attese.

Nelle sue previsioni più recenti, diffuse a inizio settembre[6], la Banca Centrale Europea ha rivisto al rialzo le prospettive di crescita dell’area dell’euro per il 2017 rispetto a quanto ipotizzato a giugno (nell’ordine di +0,3 punti percentuali), mentre ha mantenuto pressoché invariata la previsione per il periodo successivo, anticipando una decelerazione nei prossimi due anni. Ciò in quanto si ritiene, in via generale, che le migliori prospettive per la domanda interna, in linea con il favorevole clima di fiducia di imprese e consumatori e con i livelli inferiori dei tassi di interesse, verranno sostanzialmente compensate dall’impatto negativo sulle esportazioni derivante dalla perdita di competitività di prezzo dovuta al recente apprezzamento dell’euro.

Le ultime proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE indicano un incremento del PIL in termini reali per l’area dell’euro del 2,2 per cento nel 2017, dell’1,8 nel 2018 e dell’1,7 per cento nel 2019.

 

La BCE (Bollettino Economico n. 6 del 21 settembre 2017) rileva che l’espansione economica dell’area dell’euro, che ha accelerato oltre le attese nella prima metà del 2017, prosegue e mostra segni di crescente tenuta. La crescita del PIL in termini reali è sostenuta in prevalenza dalla domanda interna. I consumi privati sono sospinti dagli incrementi dell'occupazione, che beneficia delle passate riforme del mercato del lavoro, e dall'aumento della ricchezza delle famiglie. La ripresa degli investimenti continua a essere sostenuta da condizioni di finanziamento favorevoli e da miglioramenti della redditività delle imprese.

I rischi per le prospettive di crescita nell’area dell’euro rimangono tuttavia sostanzialmente bilanciati. Da un lato, l'attuale dinamica positiva del ciclo accresce la probabilità di una ripresa economica più vigorosa rispetto alle attese; dall’altro, permangono rischi al ribasso, riconducibili prevalentemente a fattori di carattere internazionale e all’evoluzione dei mercati valutari.

Analoghe considerazioni sono espresse dall’OCSE nel già citato Interim di settembre 2017, che evidenzia come la crescita del PIL dell’area euro nella prima metà del 2017 abbia superato le aspettative in tutti i paesi, in un contesto di aumento dei tassi di occupazione, di una politica monetaria accomodante e di una riduzione delle incertezze politiche. Per l’area euro la previsione è al rialzo rispetto alla precedente di 0,3 punti per quest’anno (2,1 per cento) e di 0,1 punti per il prossimo (1,9 per cento).

La tabella che segue indica le stime di crescita più aggiornate per i principali paesi dell’Area euro, nonché per USA e Giappone, elaborate da OCSE e FMI.

Tabella 3. OCSE ed FMI: Previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)                  


 

2016

FMI -WEO Update
luglio 2017

OCSE - Interim
settembre 2017

2017

2018

2017

2018

Italia

0,9

1,3

1,0

1,4

1,2

Francia

1,2

1,5

1,7

1,7

1,6

Germania

1,9

1,8

1,6

2,2

2,1

Spagna

3,2

3,1

2,4

2,8

2,4

Area euro

1,8

1,9

1,7

2,1

1,9

Regno Unito

1,8

1,7

1,5

1,6

1,0

USA

1,6

2,1

2,1

2,1

2,4

Giappone

1,0

1,3

0,6

1,6

1,2

                         * Previsioni di giugno

 

Il relazione alle prospettive di crescita dell’Area dell’euro, il Governo sottolinea come sembrano essersi ridotti i timori circa gli effetti della Brexit e come appaia ormai superato il rischio di un processo deflazionistico nell’area. Inoltre, la linea prudenziale della BCE nel prospettare la possibilità di una uscita graduale dalla politica di accomodamento quantitativo (QE) ha sostanzialmente rassicurato i mercati.

Come ribadito nel Bollettino economico di settembre, il Consiglio direttivo BCE ha concluso che è necessario continuare a fornire un grado molto elevato di accomodamento monetario per assicurare un ritorno durevole dei tassi di inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento. In particolare, il Consiglio direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE e si attende che rimangano sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo e ben oltre l'orizzonte degli acquisti netti di attività. Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo ha confermato l'intenzione di condurre acquisti netti di attività, all'attuale ritmo mensile di 60 miliardi di euro, sino alla fine di dicembre, o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché non riscontrerà un aggiustamento durevole dell'evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione.

 

Nel complesso, la Nota sottolinea che il rafforzamento del ciclo economico globale dei primi sei mesi del 2017 è stato supportato dal ridimensionamento del rischio politico europeo e dei timori legati agli esiti del referendum sulla Brexit nonché delle elezioni americane. Le politiche monetarie caute e graduali hanno peraltro mitigato le tensioni sui mercati internazionali e le condizioni finanziarie mondiali sono migliorate.

I rischi associati allo scenario internazionale sono tuttavia ancora prevalentemente al ribasso, rappresentati principalmente da crescenti tendenze protezionistiche (anche in paesi tradizionalmente di libero scambio) e dalle numerose tensioni geopolitiche. Pesa inoltre sulle aspettative anche l’apprezzamento dell’euro, conseguentemente al rafforzamento della congiuntura europea e alle politiche annunciate dalla nuova amministrazione USA.

1.2. Il quadro macroeconomico nazionale

Si ricorda che la Nota di aggiornamento presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali.

Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia del quadro normativo vigente che – precisa la Nota – include gli effetti sull’economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte indirette per il 2018 e 2019.

Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2018. Si precisa peraltro che, come sarà indicato nel quadro programmatico, con la prossima legge di bilancio si procederà alla disattivazione delle suddette clausole relativamente all’anno 2018.

Le due previsioni, che coincidono dunque per l’anno in corso, si differenziano gradualmente negli anni successivi, in relazione alle future misure di politica fiscale.

Nel rispetto dei regolamenti europei, le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nella Nota sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012, di attuazione del principio del pareggio del bilancio.

Lo scenario macroeconomico tendenziale ha già ottenuto la validazione dell’UPB il 25 settembre 2017[7]. Il quadro programmatico otterrà la validazione entro il 15 di ottobre, in tempo utile per la presentazione alla Commissione europea del Documento Programmatico di bilancio 2018.

1.2.1. Lo scenario tendenziale

Relativamente all’anno in corso, la Nota mette in rilievo il rafforzamento della ripresa dell’economia italiana a partire dall’ultimo trimestre del 2016, in virtù di un contesto di crescita più dinamica a livello europeo e globale, che emerge sia dai dati di prodotto interno lordo, sia da quelli di occupazione e ore lavorate.

Nei tre trimestri più recenti il PIL reale è aumentato a un ritmo congiunturale superiore alle attese, di circa lo 0,4 per cento; il tasso di crescita tendenziale nel secondo trimestre ha raggiunto l’1,5 per cento. Sul fronte del lavoro, nella prima metà dell’anno gli occupati sono cresciuti dell’1,1 per cento su base annua, mentre le ore lavorate sono aumentate del 2,8 per cento.

Dopo anni di profonda recessione – sottolinea la Nota - la ripresa dell’economia, iniziata nel 2014 e consolidata nel biennio 2015-2016, ha preso vigore nell’anno in corso mostrando, anche in virtù di un contesto di crescita positivo a livello internazionale, crescenti segnali di irrobustimento strutturale.

Figura 2. Andamento del PIL italiano – anni 2010-2017

(tasso di crescita percentuale)

In considerazione del nuovo quadro internazionale (descritto nel paragrafo precedente) e delle nuove informazioni sull’andamento dell’economia italiana in atto, la Nota rivede al rialzo la previsione di crescita del PIL per il 2017, contenuta nello scenario tendenziale, all’1,5 per cento rispetto all’1,1 per cento previsto nel DEF di aprile.

Nel triennio, la previsione tendenziale di crescita del PIL reale sale di circa due decimi di punto in media nei prossimi tre anni rispetto al DEF. La nuova previsione tendenziale del PIL per il 2018 riflette anche il maggior effetto di trascinamento derivante dalla revisione al rialzo del profilo trimestrale di crescita reale durante il 2017, il quale vale circa 0,1 punti percentuali di crescita.

Tabella 4. Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF
sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

2016

2017

2018

2019

2020

Consuntivo

0,9

 

 

 

 

DEF 2017
Previsioni Tendenziali

 

1,1

1,0

1,1

1,1

Nota agg. DEF 2017
previsioni tendenziali

 

1,5

1,2

1,2

1,3

 

La Nota precisa che tale nuova previsione risulta in linea, o al più lievemente superiore, coi principali previsori indipendenti, che forniscono previsioni all’interno di una forbice dell’1,2-1,5 per cento per il 2017, con un rallentamento nell’intervallo 0,9-1,3 per cento per il 2018, coerentemente con la tendenza prevista per l’Europa.

I principali previsori vedono un rallentamento della crescita del PIL italiano nel 2018. In aggiunta ai fattori internazionali, i previsori esprimono preoccupazioni riguardo all’impatto sull’Italia della eventuale uscita della BCE da una politica di accentuato accomodamento monetario e riguardo all’esito delle elezioni politiche, che avranno luogo entro maggio 2018.

 

I dati relativi ai primi sei mesi dell’anno confermano l’accelerazione della crescita del PIL rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, sostenuta principalmente dalla domanda interna.

In particolare, la Nota sottolinea la dinamica di crescita dei consumi privati, nonostante il rallentamento registrato nel secondo trimestre, e degli investimenti, sostenuti in particolare dal settore dei trasporti. Quelli relativi al settore delle costruzioni progrediscono invece più lentamente.

Anche le esportazioni sono cresciute più del previsto, favorite dalla ripresa della domanda mondiale.

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT[8], nel II trimestre del 2017 il PIL, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, registrando la crescita tendenziale più alta degli ultimi sei anni (+1,5% rispetto al secondo trimestre 2016). La variazione acquisita per il 2017 al secondo trimestre è pari a +1,2%.

Rispetto al trimestre precedente, tutti i principali aggregati della domanda interna registrano aumenti, con una crescita dello 0,2% dei consumi finali nazionali e dello 0,7% degli investimenti fissi lordi, che, dopo l’interruzione del primo trimestre dell’anno, hanno ripreso la fase positiva iniziata nel terzo trimestre 2014. La ripresa degli investimenti è stata determinata dal recupero della spesa per macchine, attrezzature e altri prodotti (+0,6%) e, in misura maggiore, di quella per mezzi di trasporto (+8,2%); gli investimenti in costruzioni hanno segnato una diminuzione (-0,4%).

L’apporto della domanda estera netta è stato invece nullo, con aumenti congiunturali di intensità simile delle importazioni di beni e servizi (+0,7%) e delle esportazioni (+0,6%).

 

Le indicazioni incoraggianti emerse nei ultimi mesi inducono la Nota a ritenere che nella seconda parte del 2017 l’espansione economica continui quantomeno in linea con il ritmo del primo semestre, trainata dal settore manifatturiero e da alcuni comparti dei servizi, quali i trasporti e il turismo.

Secondo il Governo, la congiuntura può evolvere anche ulteriormente in chiave positiva, in quanto la ripresa si sta diffondendo a tutti i settori dell’economia, con l’unica eccezione di comparti ancora soggetti a processi di ristrutturazione, quali i servizi di informazione e quelli bancari. Dal lato della domanda, la tendenza dei settori sensibili al livello dei tassi di interesse è già stata molto positiva nel 2016, quando si è registrato un incremento del 15,9 per cento delle immatricolazioni di nuove autovetture e del 17,3 per cento delle compravendite immobiliari. Questo trend è proseguito nel corso di quest’anno, sia pure a ritmi meno elevati.

Dal lato dei consumi si rafforzano le indicazioni incoraggianti emerse nei ultimi mesi: anche in agosto il clima di fiducia delle famiglie aumenta grazie al miglioramento di tutte le componenti. Gli indicatori disponibili forniscono segnali molto positivi anche per gli investimenti. I dati ISTAT evidenziano anche valutazioni favorevoli riferite agli ordini e alle attese sulla produzione, il che consente di ipotizzare per i prossimi trimestri – secondo la Nota - tassi di crescita più sostenuti rispetto alla prima parte dell’anno.

Sotto questo profilo la Nota mette in evidenzia che le valutazioni delle imprese manifatturiere circa ordinativi e produzione si attestano ai livelli più elevati dall’inizio della ripresa. In particolare, si rileva che il fatturato è cresciuto fortemente nei primi cinque mesi dell’anno, mentre la produzione di beni strumentali è decollata in giugno e luglio.

Dunque, evidenze suggeriscono, afferma la Nota, che - a dispetto dell’apparente lentezza della ripresa degli investimenti in macchinari e attrezzature nella prima metà dell’anno - sia invece in atto un rafforzamento che è stato inizialmente colto dai dati di fatturato delle imprese produttrici di beni strumentali e solo in seguito dall’andamento della produzione.

Più incerte le prospettive del settore delle costruzioni: dopo il lieve recupero mostrato nel 2016 e all’inizio del 2017 la produzione è calata nei mesi primaverili per aumentare lievemente in luglio. Anche gli indicatori di fiducia del settore risultano meno ottimistici.

Il settore produttivo conferma l’espansione nel secondo trimestre dell’anno. Il valore aggiunto, in termini tendenziali, è cresciuto del 2,3% annuo, mentre gli investimenti fissi lordi hanno segnato un +2,6%. Entrambi i valori sono in miglioramento rispetto al primo trimestre 2017 8 ISTAT, (Comunicato “Conti economici trimestrali”, del 1 settembre 2017).

I dati mensili confermano l’andamento positivo. L’indice destagionalizzato della produzione industriale (ISTAT, Comunicato dell’11 settembre 2017) ha segnato a luglio una crescita sebbene di lieve entità (+0,1% rispetto a giugno, +4,4% su base annua) che si aggiunge a quella più robusta dei mesi precedenti (+1,1% a giugno). Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è aumentata del 2,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. L'indice destagionalizzato mensile registra variazioni congiunturali positive nei raggruppamenti dei beni strumentali (+1,6%), dei beni di consumo (+0,5%) e dei beni intermedi (+0,3%); segna invece una variazione negativa il comparto dell'energia (-3,6%).

Per quanto concerne il fatturato dell’industria, a maggio l’ISTAT rilevava un significativo incremento congiunturale del fatturato (+1,5%), che riportava l'indice sugli elevati livelli di dicembre.

Il più recente Comunicato ISTAT del 27 settembre 2017, rileva per il fatturato dell'industria una leggera flessione congiunturale a luglio, pari allo 0,3%, che segue il calo dello 0,7% registrato a giugno. Dopo il picco rilevato a maggio (+1,5%), i livelli degli indici destagionalizzati si assestano a giugno e luglio su valori elevati facendo registrare nell'ultimo trimestre un aumento congiunturale dello 0,8%. In termini tendenziali, il fatturato totale cresce del 4,0%, con un incremento del 2,3% sul mercato interno e del 7,0% su quello estero.

Gli ordinativi registrano, invece, a luglio un aumento (+0,2%) dopo la flessione di giugno (-0,7%). L'incremento congiunturale nella media degli ultimi tre mesi rimane sostenuto (+2,1%).

Con riferimento particolare alla produzione nelle costruzioni (ISTAT, Comunicato del 19 settembre 2017), l’indice destagionalizzato ha registrato a luglio un debole aumento (+0,1%), dopo la flessione congiunturale rilevata a giugno (-1,6%). Su base annua, a luglio 2017 si registra una diminuzione dello 0,4% sia per l'indice della produzione nelle costruzioni corretto per gli effetti di calendario che per quello grezzo.

 

Le indagini congiunturali disponibili mostrano un miglioramento sia del clima di fiducia delle imprese (IESI), che si è collocato sui valori medi del 2007 (pre-crisi), sia del clima di fiducia delle famiglie, che aumenta grazie al miglioramento di tutte le componenti.

Relativamente ai citati indicatori, il recente Comunicato ISTAT del 27 settembre 2017, evidenzia che a settembre 2017 l'indice del clima di fiducia dei consumatori aumenta in misura consistente, passando da 111,2 a 115,5 e tornando ad allinearsi sui livelli del primo trimestre 2016; anche l'indice composito del clima di fiducia delle imprese sale da 107,1 a 108,0 confermando la dinamica positiva rilevata nei mesi precedenti. Con riferimento alle imprese, si segnala un aumento del clima di fiducia in tutti i settori ad eccezione dei servizi. In particolare, il clima di fiducia migliora nel settore manifatturiero, in quello delle costruzioni e nel commercio al dettaglio (i climi passano, rispettivamente, da 108,5 a 110,4, da 128,4 a 132,1 e da 105,3 a 108,8); nei servizi l'indice rimane invariato rispetto al mese precedente (a quota 107,0).

Analizzando le componenti dei climi di fiducia si evidenzia che, nel comparto manifatturiero, l'aumento dell'indice è dovuto essenzialmente ad un deciso miglioramento dei giudizi sul livello degli ordini in presenza di una stabilità delle attese sulla produzione e di un lieve aumento del saldo relativo alle scorte di magazzino. Anche nel settore delle costruzioni, l'incremento dell'indice è trainato da un significativo miglioramento dei giudizi sugli ordini mentre le aspettative sull’occupazione presso l'impresa diminuiscono.

Figura 3. Clima di fiducia delle imprese italiane (IESI)

Fonte: ISTAT, Fiducia dei consumatori e delle imprese (27 settembre 2017).

 

Un ulteriore fattore che induce all’ottimismo, circa le prospettive future, è indicato dalla Nota nella spinta che potrà derivare all’economia ed alla produttività dagli investimenti pubblici e dalle misure inquadrate nella strategia del Piano nazionale Impresa 4.0.

La Nota, nella proiezione di finanza pubblica presentata nel Capitolo III, pone la crescita nominale degli investimenti pubblici nel 2018 al 5,1 per cento, dopo un lieve incremento quest’anno (0,4 per cento). Se questa proiezione si realizzerà - sostiene la Nota - gli investimenti e i contributi in conto capitale nel 2018 aumenteranno complessivamente di 2,1 miliardi di euro, pari allo 0,12 per cento del PIL.

L’incremento delle risorse a disposizione delle Amministrazioni pubbliche fungerà da stimolo alla domanda aggregata, migliorando il potenziale di crescita dell’economia.


 

L’andamento degli investimenti fissi lordi

Gli investimenti fissi lordi (IFL) hanno subìto una forte caduta durante il periodo di recessione attraversato dall’economia italiana, scendendo dal 21,8 per cento del PIL nel 2006-2007 ad un minimo di 16,8 per cento nel 2014, anche a causa di una forte contrazione della componente pubblica.

L’ultimo triennio ha registrato una ripresa degli IFL, che dopo la contrazione (-2,3%) del 2014, sono cresciuti dell’1,9 per cento nel 2015 e del 2,8 per cento nel 2016 in termini reali. I dati di contabilità nazionale trimestrale mostrano per il primo semestre del 2017 i una crescita media tendenziale degli IFL del 2,3 per cento, inferiore alla previsione formulata nel DEF 2017 per l’anno nel complesso (3,7 per cento). Mentre gli investimenti in mezzi di trasporto appaiono ancora in crescita molto superiore alle previsioni nel primo semestre (38,1 per cento tendenziale), la componente dei macchinari, attrezzature, ricerca e sviluppo e altri beni immateriali si contrae dell’1,4 per cento e le costruzioni crescono dell’1,5 per cento – in entrambi i casi al di sotto delle aspettative.

Nel focus apposito (cfr. pagg. 32-35 del Doc. LVII, n. 5-bis), il Governo esplicita le valutazioni statistiche secondo le quali ritiene, non solo che probabilmente i dati sull’andamento degli IFL nel primo semestre dell’anno saranno rivisti al rialzo nei futuri aggiornamenti dei conti trimestrali, ma anche che il secondo semestre del 2017 sarà caratterizzato da una crescita più elevata rispetto al primo. L’accelerazione che il Governo ipotizza nel secondo semestre, dovrebbe dare luogo ad un significativo effetto di trascinamento sul 2018.

A fronte di questi dati di contabilità nazionale, uno studio recentemente diffuso dal Governo (19 settembre 2017) circa i primi risultati delle misure di sostegno agli investimenti in macchinari e in nuove tecnologie ascrivibili al Piano Industria 4.0 (elaborazioni sulla base di dati ISTAT relativi a luglio 2017), indica che la produzione industriale di macchinari presenta una crescita da inizio 2016 a luglio 2017 di circa +4%, a fronte di un fatturato che nello stesso periodo è aumentato del +15% e di una forte riduzione delle scorte che hanno raggiunto il livello minimo. Esaurite le scorte, nella seconda metà del 2017 si prospetta, dunque, un andamento della produzione industriale più allineato a quello del fatturato.

Per ciò che attiene agli ordinativi interni, lo stesso studio, basato sulle stime preliminari ISTAT, evidenzia che nel primo semestre 2017, rispetto allo stesso semestre 2016, gli ordinativi di macchinari e altri apparecchi sono cresciuti del +11,6%.

Anche le indagini di Banca d’Italia e ISTAT suggeriscono tendenze positive sia per i piani di investimento delle imprese, sia per gli ordinativi domestici e le importazioni di beni strumentali. In particolare, Banca d’Italia, nella Relazione Annuale 2017, di maggio scorso (cfr. il riquadro “L’Andamento degli investimenti e la ripresa ciclica”, pag. 68 e ss.), afferma che “le misure di incentivo disposte dal Governo con le leggi di bilancio per il 2016 e il 2017 al fine di stimolare gli investimenti in beni strumentali (super ammortamento) e in tecnologie avanzate (iper ammortamento), hanno contribuito a sostenere la dinamica degli investimenti. Secondo stime del medesimo Istituto (cfr. Bollettino economico, 1, 2017) tali agevolazioni fornirebbero un impulso all’accumulazione di capitale produttivo complessivamente pari a 3,5 punti percentuali nel triennio 2016-18, riconducibile principalmente a un anticipo dei piani di spesa delle imprese. A corroborare tale valutazione contribuiscono i giudizi positivi espressi dalle imprese nell’indagine Invind e nei sondaggi congiunturali”.

 

Figura 4. Investimenti fissi lordi per componenti

Fonte: Banca d’Italia – L’economia italiana in breve, n. 126 – settembre 2017

 

La Nota sottolinea, infine, tra i fattori di impulso alla ripresa dell’economia il continuo miglioramento delle condizioni del mercato del credito.

Nel ricordare le riforme intraprese nel biennio precedente sul sistema bancario - e i recenti interventi per risolvere la crisi di alcune banche - la Nota rileva infatti come le condizioni di maggiore certezza del sistema determinino un minor costo e un più agevole accesso al credito.

Gli ultimi dati sul settore bancario – riporta la Nota - evidenziano un ritorno alla crescita dei prestiti alle famiglie e, in minor misura, alle imprese. Le indagini presso queste ultime suggeriscono che la disponibilità di credito è già gradualmente migliorata negli ultimi trimestri.

Simulazioni effettuate con il modello econometrico del Tesoro indicano, secondo il Governo, che il solo fattore costo del credito possa incrementare il tasso di crescita del PIL in misura pari a 0,1 punti nel 2018 e a 0,2 punti nei due anni seguenti. Come evidenzia il grafico seguente, nel corso dell’anno è proseguito il processo di graduale miglioramento dell’offerta di credito, in particolare per quanto riguarda i prestiti alle famiglie.

 

Figura 5. Prestiti bancari al settore privato

Fonte: Banca d’Italia – L’economia italiana in breve, n. 126 – settembre 2017

 

Si rinvia su tale punto a quanto illustrato nel focus relativo a “I recenti interventi sul settore bancario e le dismissioni di crediti deteriorati”, riportato nel Capitolo II.2 della Nota (pagg. 35-37 del Doc. LVII, n. 5-bis).

 

Relativamente alla domanda estera, i livelli degli ordini desumibili dalle indagini PMI risultino elevati, tuttavia va considerato – rileva la Nota - l’effetto dell’apprezzamento del tasso di cambio effettivo nominale, più significativo dal 2018, che implica una stabilizzazione della crescita delle esportazioni in volume.

Nonostante la performance positiva mostrata dalle esportazioni italiane nel primo semestre del 2017, la Nota conferma la presenza anche di fattori di rischio per il futuro andamento del settore estero dell’Italia. In particolare, pesa l’incertezza connessa al perdurare delle tensioni geo-politiche nonché all’eventualità di un ulteriore apprezzamento della valuta europea, che potrebbe frenare le esportazioni. Il cambiamento in corso nel mercato unico legato alla Brexit non sembra invece costituire – secondo la Nota - un elemento di particolare preoccupazione.

 

Nel complesso, tutti questi segnali incoraggianti, in aggiunta ai fattori internazionali, consentono – secondo la Nota - di rivedere al rialzo la previsione di crescita tendenziale del PIL per il 2017 all’1,5 per cento rispetto all’1,1 per cento previsto nel Documento di Economia e Finanza (DEF) di aprile, sostenuta, principalmente, come già detto, dal contributo positivo della domanda interna, comprese le scorte, mentre le esportazioni nette sottrarranno circa 1 decimo di punto alla crescita del PIL.

Anche le prospettive per il triennio successivo migliorano, ma in rallentamento rispetto al 2017, e vengono riviste all’1,2 per cento per gli anni 2018 e 2019, rispettivamente di +0,2 e +0,1 punti percentuali.

Nel 2020 si prevede una crescita dell’1,3 per cento (+0,2 punti).

 

Come già sopra ricordato, le nuove proiezioni tendenziali si basano sulla legislazione vigente e pertanto tengono conto degli effetti sull’economia degli aumenti di imposte indirette (c.d. clausole di salvaguardia) per il 2018 e 2019.

In particolare, l’aumento dell’IVA derivante dalle suddette clausole impatterebbe in misura significativa sull’andamento del PIL nel 2018-2019 per circa 0,3 punti percentuali e in minor grado su quello del 2020, quando il ritmo di crescita salirebbe lievemente malgrado un contesto internazionale meno dinamico.

 

Rispetto ai fattori di rischio indicati dai principali previsori circa la crescita del 2018, che esprimono preoccupazioni riguardo all’impatto sull’Italia della eventuale uscita della BCE da una politica di accentuato accomodamento monetario, la Nota sottolinea come percezioni riguardo alle prospettive politiche e di riforma dell’economia in Italia, e all’eventuale uscita della Banca Centrale Europea (BCE) dalla politica di quantitative easing (QE), hanno da tempo influenzato la valutazione dei mercati riguardo all’Italia.

In merito, il Governo ribadisce che le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica dei documenti ufficiali, inclusa la presente Nota di Aggiornamento, sono formulate sulla base degli attuali livelli di mercato. L’eventuale transizione nella politica monetaria europea non costituirà – secondo quanto espressamente illustrato nella Nota- un fattore di rischio nella misura in cui l’Italia “resterà agganciata al ciclo economico europeo e manterrà il giusto equilibrio fra consolidamento di bilancio e politiche per il futuro, ovvero la crescita, i giovani, l’ambiente e l’inclusione sociale”.

 

Rispetto a tali previsioni tendenziali, l’Ufficio Parlamentare di bilancio, nella lettera di validazione del quadro macroeconomico tendenziale, ha espresso alcune considerazioni sul quadro previsionale della Nota come di seguito si indica.


 

La validazione delle previsioni macroeconomiche

Com’è noto, la legge n. 243/2012, nell’istituire all’articolo 16 l’Ufficio parlamentare di bilancio(UPB), include tra i compiti dell’Ufficio quello di effettuare analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica[9].

In ottemperanza a tale norma - ed anche in riferimento al Regolamento UE n. 473/2013[10] in cui si richiede che le previsioni macroeconomiche siano validate da una istituzione nazionale indipendente – l’Ufficio in data 15 settembre 2017 ha comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze l’esito positivo della validazione del quadro macroeconomico tendenziale per gli anni 2017-2018 contenuto nella Nota di aggiornamento in quanto, precisa espressamente la lettera in questione “tenuto conto dell’incertezza che caratterizza le previsioni, ha valutato la plausibilità del quadro macroeconomico tendenziale sulla base di intervalli di valori accettabili per le singole grandezze che lo compongono”.

La lettera segnala nel contempo la presenza di significativi fattori di rischio per gli anni successivi, vale a dire il 2019 ed il 2020, che si trovano però al di fuori del periodo previsivo considerato nel Documento programmatico di bilancio 2017[11], e dunque non oggetto di validazione.

Nella nota allegata alla lettera di validazione viene precisato che per gli anni 2017-2018 il quadro macroeconomico tendenziale MEF è nelle sue principali componenti sostanzialmente in linea con le stime dei previsori considerati dall’UPB. La stima MEF del PIL reale tendenziale 2017/2018 (+1,5% nel 2017 e + 1,2% nel 2018) rientra, secondo l’UPB, in un intervallo complessivamente accettabile di valutazione, anche se si colloca nel 2018 al di sopra, seppure marginalmente, dell’estremo superiore delle previsioni del panel UPB.

Nell’insieme, quindi, il principale elemento di rischio del quadro tendenziale 2017-18 riguarda il livello del tasso di crescita del PIL reale 2018 e, in stretta connessione, l’intensità del rallentamento atteso per il prossimo anno.

Per quanto riguarda il biennio 2019-2020, al di fuori dell’orizzonte di validazione, emergono maggiori fattori di perplessità relativamente alle ipotesi di crescita, in quanto tra il 2019 e il 2020, il PIL reale del quadro tendenziale MEF è atteso in accelerazione (dall?1,2 del 2019 all?1,3% del 2020), in parziale controtendenza rispetto agli andamenti del prodotto globale ipotizzati nello scenario internazionale.

 

Circa i fattori alla base della revisione delle stime di crescita tendenziali del nuovo quadro macroeconomico rispetto al DEF e l’analisi di rischio, si rinvia agli appositi focus contenuti nella Nota, Capitolo II.2 (cfr. pagg. 45-48 del Doc. LVII, n. 5-bis).

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2017.

Come si evince dalla tabella, rispetto alle previsioni contenute nel DEF, molte delle variabili del quadro macroeconomico manifestano un miglioramento per il 2017 e per gli anni successivi.

Tabella 5. Il quadro macroeconomico

 (variazioni percentuali)

 

Cons.

DEF 2017
previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2017
previsioni tendenziali

 

2016

2017

2018

2017

2020

2017

2018

2017

2020

PIL

0,9

1,1

1,0

1,1

1,1

1,5

1,2

1,2

1,3

Importazioni

3,1

4,4

2,8

3,6

3,8

5,5

3,4

3,7

4,5

Consumi finali nazionali

1,3

0,8

0,4

0,7

0,8

1,2

0,8

0,9

1,1

- spesa famiglie e I.S.P

1,5

1,0

0,5

0,8

0,8

1,4

1,0

1,0

1,2

- spesa P.A.

0,5

0,3

-0,1

0,2

0,8

1,0

0,1

0,3

0,8

Investimenti

2,8

3,7

3,1

3,4

3,5

3,1

2,7

2,2

3,0

- macchinari, attrezzature, vari*

1,6

3,4

3,7

3,6

3,8

1,4

3,6

2,8

3,6

- mezzi di trasporto

28,1

11,6

1,5

3,7

4,6

26,3

4,3

2,5

2,7

- costruzioni

1,1

2,6

2,7

3,1

3,2

1,4

1,4

1,6

2,4

Esportazioni

2,4

3,7

3,2

3,3

3,1

4,8

3,5

3,6

3,6

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deflatore PIL

0,8

1,1

1,8

1,8

1,7

0,6

1,8

1,8

1,7

Inflazione programmata

0,2

1,2

1,7

-

-

1,2

1,7

-

-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIL nominale
(mld di euro)

1.680,5

1.709,5

1.758,6

1.810,4

1.861,9

1.716,5

1.768,7

1.821,7

1.876,6

* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, trasporti e beni immateriali.

 

Relativamente alla domanda interna, come già prima precisato, la Nota evidenzia un andamento più positivo rispetto al DEF dei consumi delle famiglie, all’1,4 per cento nel 2017 e all’1 per cento per il triennio successivo (1,2 nel 2020).

Per gli investimenti, si segnala un rallentamento degli investimenti in macchinari, più marcato nel 2017, in cui la previsione scende dal 3,4 all’1,4 per cento rispetto al DEF. Gli investimenti in mezzi di trasporto dovrebbero invece proseguire su un sentiero di crescita sostenuta (26,3 per cento nel 2017) mentre quelli relativi al settore delle costruzioni continuano a manifestare un rallentamento nella crescita (nel 2017, 1,4 per cento rispetto al 2,6 per cento previsto nel DEF) per tutto il periodo.

Positivo l’andamento delle esportazioni, più ottimistico rispetto al DEF soprattutto nel 2017, in cui le esportazioni crescono del 4,8 per cento rispetto all’anno precedente (+1,1 punti percentuali rispetto al DEF), in relazione al miglioramento del contesto internazionale. Per l’anno in corso, la Nota stima anche una crescita delle importazioni del 5,5 per cento (+1,1 punti percentuali rispetto al DEF). Il profilo di crescita delle importazioni resta elevato per tutto il periodo.

Per ciò che concerne, in particolare, gli scambi con l’estero, la Nota evidenzia l’aumento del valore delle esportazioni italiane nei primi sei mesi del 2017 (+8,0 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Nei primi sette mesi del 2017 l’avanzo commerciale è sceso a 25,6 miliardi (rispetto a 31,1 nello stesso periodo del 2016) e il surplus è salito a circa 45,3 miliardi al netto della componente energetica. Nello stesso periodo, le partite correnti della bilancia dei pagamenti hanno mostrato un andamento favorevole (surplus di 28,4 miliardi, in aumento di 5,4 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2016).

 

La performance delle esportazioni italiane

La Nota evidenzia come le esportazioni italiane (in termini di volumi) hanno mostrato nel corso del primo semestre, una performance positiva e superiore alle attese, favorite dalla ripresa della domanda mondiale.

Come esposto nell’apposito focus contenuto nella Nota (cfr. pag. 38-41 del Doc. LVII, n. 5-bis),), è stato particolarmente positivo l’aumento del valore delle esportazioni italiane nei primi sei mesi del 2017 (+8,0 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), grazie ad una crescita diffusa in tutti i mercati di sbocco, con il maggior contributo proveniente dall’area extra-europea (9,1 per cento) rispetto a quello dei paesi europei (7,2 per cento).

Considerando il ranking nel contesto internazionale, secondo l’ultimo Rapporto dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), nel 2016 l’Italia è stata il nono esportatore mondiale (con una quota del 2,9 per cento), guadagnando una posizione rispetto al 2015[12].

A livello di composizione settoriale delle esportazioni, la crescita ha interessato sia i settori tradizionali del Made in Italy che i comparti più moderni. Infatti, oltre all’aumento registrato nei macchinari (6,4 per cento), nei metalli di base (7,8 per cento) e nei beni alimentari (7,2 per cento), si conferma il ruolo di traino degli autoveicoli (19,8 per cento), già emerso negli ultimi anni, seguiti dai prodotti farmaceutici e chimici che hanno raggiunto incrementi superiori al 12 per cento.

Secondo i dati più recenti (Comunicato Istat del 18 settembre 2017), la crescita tendenziale dell'export a luglio si mantiene positiva (+5,1%) e riguarda sia l'area Ue (+6,2%) sia quella extra Ue (+3,8%); l'aumento dell'import (+10,5%) è determinato da un forte dinamismo degli acquisti da entrambe le aree di sbocco (+12,1% per l'area Ue e +8,2% per l'area extra Ue). Peraltro, gli andamenti congiunturali a luglio mostrano andamenti divergenti dei flussi commerciali, con un calo delle esportazioni (-1,4%) e un aumento delle importazioni (+0,9%).

 

Il grafico seguente mostra l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico dal 2007 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Nota.

Figura 6. Conto economico delle risorse e degli impieghi 2007-2020

 

 

Con riferimento alla crescita nominale, la Nota evidenzia che il punto di partenza della previsione riflette un andamento del deflatore del PIL nella prima metà dell’anno in corso meno favorevole di quanto previsto nel DEF. Secondo le stime preliminari dell’ISTAT il deflatore è infatti sceso in media dello 0,1 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2016, in particolare a causa di una temporanea accelerazione dei prezzi degli input, in particolare all’importazione. Nell’aggiornamento della stima annuale per il 2017, si è ipotizzato un rimbalzo del deflatore nel terzo e quarto trimestre di quest’anno, in corrispondenza di una caduta nei dati sui prezzi all’import già evidente nelle più recenti statistiche mensili. Anche così, la crescita media stimata del deflatore nel 2017 sarebbe di solo lo 0,6 per cento, contro l’1,1 per cento previsto nel DEF. Di conseguenza, il PIL nominale è stimato crescere lievemente meno di quanto previsto nel quadro programmatico del DEF, 2,1 anziché 2,3 per cento.

 

Per quanto concerne, infine, il tasso di inflazione, la Nota sottolinea che, dopo il picco registrato in aprile (1,9 per cento), il tasso di inflazione si sia ridimensionato all’1,2 per cento secondo i dati di agosto. Nel corso dell’anno l’inflazione totale ha mantenuto un profilo superiore alla componente core, che è rimasta sotto l’1 per cento.

Secondo i dati Istat (Comunicato sui prezzi al consumo del 14 settembre 2017), rileva che nel mese di agosto 2017, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile e dell'1,2% rispetto ad agosto 2016 (era +1,1% a luglio). La lieve ripresa dell'inflazione si deve principalmente ai prezzi dei beni energetici non regolamentati, la cui crescita si porta a +4,3% (da +2,1% del mese precedente) e alla dinamica dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+4,4%, in accelerazione dal +3,2% di luglio). L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,1% su base mensile e dell'1,4% su base annua (era +1,2% a luglio), confermando la stima preliminare.

 

Nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia di luglio si prevede che l’inflazione al consumo rimarrà di importo contenuto, pari all’1,4 per cento quest’anno e all’1,1 il prossimo; nel 2019 salirebbe all’1,6, per effetto di una moderata accelerazione delle retribuzioni. La dinamica di fondo rimane contenuta: famiglie e imprese hanno rivisto al rialzo le aspettative di inflazione, ma non se ne attendono un rafforzamento significativo nei prossimi dodici mesi rispetto agli attuali livelli.

In termini analoghi si presenta il quadro dell’area euro, alla luce dell’ultimo Bollettino economico della Banca centrale Europea di settembre. Ad agosto 2017 l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC si è collocata all’1,5 per cento, in aumento rispetto all’1,3 per cento per cento di luglio. Tale incremento riflette rincari dei beni energetici e, in misura minore, un aumento dell’inflazione dei prodotti alimentari trasformati. Sulla base dei prezzi correnti dei contratti future sul petrolio, è probabile che l’inflazione complessiva diminuisca temporaneamente verso il volgere dell’anno, in prevalenza di riflesso agli effetti base dei prezzi dell’energia, per poi risalire nuovamente. Le proiezioni macroeconomiche di settembre formulate dagli esperti della BCE indicano un tasso annuo di inflazione misurato sullo IAPC dell’1,5 per cento nel 2017, dell’1,2 nel 2018 e dell’1,5 nel 2019.

L'inflazione di fondo nell'area dell'euro dovrebbe aumentare gradualmente nel medio termine, sostenuta dalle misure di politica monetaria della BCE, dal perdurare dell’espansione economica, nonché dalla progressiva riduzione della capacità inutilizzata nell'economia e dall’incremento dei salari associati a tale espansione.

Figura 7. IAPC dell’area dell’euro

(Variazioni percentuali sui 12 mesi)

                   Fonte: BCE, Bollettino Economico n. 6/2017 (settembre 2017).

Il mercato del lavoro

La Nota di aggiornamento espone un andamento positivo del mercato del lavoro che, in linea con la crescita economica, è migliorato in misura maggiore di quanto atteso.

Nella prima metà dell’anno gli occupati sono cresciuti dell’1,1 per cento su base annua, mentre le ore lavorate sono aumentate del 2,8 per cento. La crescita dell’occupazione è stata sospinta da quella dipendente: secondo i dati della Rilevazione delle Forze di lavoro, in luglio il numero degli occupati ha superato il livello di 23 milioni di unità. Sono proseguiti i segnali di miglioramento della domanda di lavoro da parte delle imprese ed ha continuato a ridursi il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni.

La produttività del lavoro (misurata sulle unità di lavoro) è risultata lievemente positiva nella prima parte dell’anno con andamenti difformi tra settori. Nella prima parte del 2017 è proseguita la moderazione salariale, il costo del lavoro è cresciuto poco sopra il mezzo punto percentuale su base annua e le retribuzioni contrattuali hanno mantenuto un profilo sostanzialmente piatto. Nonostante la debole dinamica della produttività, l’evoluzione del costo del lavoro per unità di prodotto resta piuttosto contenuta.

Tabella 6 - Mercato del lavoro

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

DEF 2017
Previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2017
Previsioni tendenziali

 

2016

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

Occupazione (ULA)

1,4

0,8

0,8

0,7

0,7

1,0

0,8

0,9

0,9

Tasso di disoccupazione

11,7

11,5

11,2

10,8

10,2

11,2

10,8

10,3

9,8

Tasso di occupazione (15-64 anni)

57,2

57,9

58,3

58,8

59,5

58,1

58,7

59,3

60,0

 

Il comunicato Istat “Occupati e disoccupati” di luglio registra la tendenza all’aumento del numero di occupati (+1,3%, +294 mila). La crescita interessa uomini e donne e riguarda i lavoratori dipendenti (+378 mila, di cui +286 mila a termine e +92 mila permanenti), mentre calano gli indipendenti (-84 mila).

Gli ultimi dati rilasciati dall’ISTAT il 12 settembre su Il mercato del lavoro confermano i segnali di crescita congiunturale della domanda di lavoro, con un aumento delle posizioni lavorative dipendenti pari all’1,1% sul trimestre precedente, sintesi della crescita sia dell’industria sia dei servizi. Le ore lavorate per dipendente crescono (+0,2%) rispetto al trimestre precedente, mentre diminuiscono su base annua (-0,7%), anche se continua la flessione del ricorso alla Cassa integrazione.

 

Figura 8 - Occupati e tasso disoccupazione

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, n. 125 – settembre 2017.

Il quadro programmatico punta ad un’evoluzione più rapida delle tendenze in aumento per il tasso di occupazione e in discesa per quello di disoccupazione, già rilevate nei suesposti dati tendenziali, come espone la tabella che segue:

Tabella 7 - Mercato del lavoro - quadro programmatico

 (variazioni percentuali)

 

Previsioni Programmatiche

 

2017

2018

2019

2020

Occupazione (ULA)

1,0

0,9

1,1

0,9

Tasso di disoccupazione

11,2

10,7

10,0

9,5

Tasso di occupazione (15-64 anni)

58,1

58,7

59,5

60,2

Il grafico che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia a raffronto con l’euro zona e con gli Stati Uniti.

Figura 9. Andamento del tasso di disoccupazione in Italia e in Europa

(variazione percentuale)

Fonte: Per i Paesi europei: dati Commissione UE; per Usa: dati FMI.

1.2.2. Lo scenario programmatico

Il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2018 e successivi presentato nella Nota include l’impatto sull’economia delle misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2018.

Il profilo della manovra indicata nella Nota avrebbe un impatto positivo sulla crescita di 0,3 punti percentuali rispetto alla previsione tendenziale nel biennio 2018-2019. La crescita programmatica risulta invece sostanzialmente pari a quella tendenziale nel 2020, con un impatto della manovra in tale anno prossimo allo zero.

Nello scenario programmatico, la crescita del PIL reale è prevista pari all’1,5 per cento sia nel 2018 che nel 2019. Nell’anno finale della previsione si prevede una decelerazione all’1,3 per cento.

Tabella 8. Confronto previsioni tendenziali e programmatiche di crescita del PIL

 (variazioni percentuali)

 

2018

2019

2020

previsioni tendenziali

1,2

1,2

1,3

previsioni programmatiche

1,5

1,5

1,3

 

Il diverso profilo della crescita dello scenario tendenziale rispetto al programmatico è dovuto alla rimodulazione della tempistica del consolidamento fiscale, che impatterebbe diversamente sul biennio 2019-2020, sia a livello di crescita reale, sia in termini di andamento del deflatore e della crescita nominale del PIL.

La Nota evidenzia, in particolare, che il processo di riduzione dell’indebitamento netto nello scenario programmatico è più graduale nei primi due anni e più accentuato nell’ultimo anno del periodo, ma la politica fiscale più restrittiva nel 2020 è largamente compensata dagli effetti di stimolo su investimenti e esportazioni delle misure programmatiche introdotte anche negli anni precedenti.

La Nota sottolinea che la crescita programmatica dell’economia italiana nel 2017 e negli anni seguenti riportata nel documento ha carattere prudenziale.

 

Nella tavola che segue è riportato l’impatto macroeconomico delle misure di cui si compone la manovra sull’andamento tendenziale del PIL.

Dal punto di vista macroeconomico, rispetto allo scenario tendenziale, le misure di maggiore impatto della manovra programmata, sono indicate nella disattivazione delle clausole di salvaguardia e dei relativi aumenti di imposte per l’anno 2018[13], pari a circa 0,3 per cento nel triennio.

Gli effetti delle misure per il rilancio dell’economa, volte ad accrescere la competitività e l’occupazione, si tradurrebbero in un aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,1 per cento nel 2018-19 e 0,2 per cento nel 2020.

Tabella 9. Impatto macroeconomico delle misure programmatiche sul tasso di crescita tendenziale del PIL

 (variazioni percentuali)

 

2018

2019

2020

Previsione PIL tendenziale

1,2

1,2

1,3

Rimodulazione imposte indirette

0,3

0,3

-0,3

Misure con effetti espansivi

0,1

0,1

0,2

Politiche invariate

0,1

0,0

0,0

Coperture finanziarie

-0,2

-0,1

0,0

Previsione PIL programmatico

1,5

1,5

1,3

*eventuali discrepanze derivano dagli arrotondamenti.

 

 


2. Indebitamento netto e debito pubblico

2.1 Dati di consuntivo e previsioni a legislazione vigente

2.1.1 I saldi della p.a.

La Nota di aggiornamento presenta una revisione del quadro di finanza pubblica incorporando, per l’esercizio 2016, l’aggiornamento delle stime di consuntivo diffuso dall’Istat con il Comunicato del 22 settembre scorso.

La stima del deficit 2016 viene rivista al 2,5 per cento del PIL, rispetto al 2,4 già indicato nel DEF (aprile 2017); il dato risulta comunque in miglioramento rispetto al saldo registrato per il 2015 (2,6 per cento), a sua volta aggiornato rispetto al precedente dato di consuntivo del 2,7 per cento.

Contribuiscono al risultato del 2016 un avanzo primario pari all’1,5 per cento e una spesa per interessi pari al 4,0 per cento del PIL.

 

Sono quindi presentate le previsioni aggiornate per il periodo 2017-2020, basate sulla legislazione vigente, che indicano un miglioramento della stima annua di indebitamento netto per tutti gli esercizi considerati. Per il 2017, in particolare, si evidenzia che la riduzione del saldo ammonta a circa lo 0,2% del PIL (3,1 miliardi). Rispetto alle previsioni contenute nel precedente Documento, i dati riflettono la revisione del quadro macroeconomico, i risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica e gli effetti di alcuni provvedimenti introdotti nei primi mesi dell’anno e non considerati dal DEF 2017.

 

Per quanto riguarda, specificamente, quest’ultimo punto, la Nota di aggiornamento riporta gli effetti sul saldo di indebitamento netto dei principali provvedimenti approvati nel corso del 2017, di seguito elencati:

§  decreto legge 9 febbraio 2017, n. 8, recante nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017;

§  decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale;

§  decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo;

§  decreto legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno.

Come si evince dalla successiva tabella, complessivamente i provvedimenti adottati determinano effetti di miglioramento sui saldi, di modesta entità per gli anni 2018 e seguenti e di importo più elevato per il 2017.

Tabella 10. Effetti cumulati netti sull’indebitamento netto degli ultimi provvedimenti varati nel 2016

(segno “-” = effetti negativi per la finanza pubblica).

                                                                                                                                           (milioni di euro)

 

2017

2018

2019

2020

DL 8/2017

 

 

 

 

Variazione netta entrate

-27

19

12

2

Variazione netta spese

29

24

-10

0

Effetto sull'indebitamento netto

2

43

2

2

 

 

 

 

 

DL 13/2017

 

 

 

 

Variazione netta entrate

9

30

35

35

Variazione netta spese

-6

-22

-29

-29

Effetto sull'indebitamento netto (*)

2

7

7

7

 

 

 

 

 

DL 50/2017

 

 

 

 

Variazione netta entrate

2.912

1.228

1.047

220

Variazione netta spese

191

-1.211

-1.013

-181

Effetto sull'indebitamento netto (**)

3.103

17

33

39

 

 

 

 

 

DL 91/2017

 

 

 

 

Variazione netta entrate

0

1

-45

-72

Variazione netta spese

0

0

45

72

Effetto sull'indebitamento netto

0

1

0

0

 

 

 

 

 

EFFETTO SULL'INDEBITAMENTO NETTO

3.107

68

42

48

Variazione netta entrate

2.894

1.278

1.049

185

Variazione netta spese

214

-1.209

-1.007

-138

Fonte. Elaborazione su dati tavole III.7, III.10, A1, A2 e A3 della Nota di aggiornamento DEF 2017.

(*)  Per gli importi riferiti all’effetto complessivo sul saldo di indebitamento netto nel quadriennio si è fatto riferimento ai dati riportati nella tavola III.7 di pagina 78, non pienamente coincidenti con quelli derivanti dalla somma algebrica dei dati parziali per effetto degli arrotondamenti operati.

(**)      Per gli importi riferiti all’effetto complessivo sul saldo di indebitamento netto dell’anno 2019 si è fatto riferimento ai dati riportati nella tavola III.10 di pagina 80, non pienamente coincidenti con quelli derivanti dalla somma algebrica dei dati parziali per effetto degli arrotondamenti operati.

 

La revisione delle stime per gli esercizi 2018-2020 appare quindi essenzialmente riconducibile all’aggiornamento del quadro macroeconomico rispetto al Documento di aprile, nonché ai risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica. Per l’esercizio 2017, invece concorrono al miglioramento dell’indebitamento netto per circa 3 miliardi le misure previste dal DL 50/2017. Gli effetti del DL spiegano infatti pressoché integralmente il miglioramento della stima di indebitamento rispetto al DEF, pari a circa lo 0,2% del PIL (ossia 3.115 milioni di euro in valore assoluto, dei quali 3.103 imputabili al DL 50/2017).

 

Rispetto al precedente quadro previsionale, si evidenziano miglioramenti anche per gli esercizi successivi al 2017, con riduzioni del saldo di indebitamento di 0,3 punti percentuali sia nel 2018 sia nel 2019. Per il 2020, infine, il miglioramento della previsione dello 0,4 per cento determina il sostanziale annullamento del disavanzo (-0,1 per cento del PIL).

A tale aggiornamento contribuiscono sia l’andamento dell’avanzo primario (le cui stime sono riviste verso l’alto per tutti gli esercizi del quadriennio considerato) sia l’andamento della spesa per interessi (le cui stime sono, viceversa, riviste al ribasso per l’intero periodo di previsione). Il peso delle due componenti varia invece per i diversi esercizi considerati: mentre, infatti, la revisione delle stime per il 2017 è attribuibile pressoché integralmente al miglioramento del saldo primario e nel 2018 lo è in misura prevalente, la revisione per il 2019 risulta attribuibile in misura pressoché eguale all’avanzo primario e alla spesa per interessi. Nel 2020, infine, prevale il miglioramento della spesa per interessi (su cui si rinvia, comunque, al paragrafo 2.1.3).

Le nuove previsioni di finanza pubblica a legislazione vigente confermano quindi l’andamento complessivo di miglioramento del saldo di indebitamento netto, che passa dal 2,1 per cento del PIL nel 2017 all’1,0 per cento nel 2018 e allo 0,3 per cento nel 2019, per attestarsi sostanzialmente sul pareggio nel 2020 (0,1 per cento).

L’indebitamento netto strutturale (calcolato al netto delle misure una tantum e depurato della componente ciclica del saldo) – che risulta circa pari all’1 per cento in rapporto al PIL nei dati riferiti al 2016 – registra un miglioramento nelle previsioni per il 2017 (attestandosi all’1,4 per cento rispetto all’1,5 stimato dal DEF 2017) e per il 2018 (rispettivamente, lo 0,3 per cento a fronte dello 0,7), per poi evidenziare una stima sostanzialmente invariata per il 2019 (0,2 per cento a fronte dello 0,1) e invariata per il 2020 (0,0 per cento).

Nelle tabelle che seguono vengono riportati, nell’ordine, i dati relativi a:

§  le voci del conto economico della PA a legislazione vigente, espresse in valori assoluti e in percentuale del PIL;

§  le variazioni annuali, in valori assoluti e percentuali, delle medesime voci di entrata e di spesa.

Viene quindi offerto un raffronto tra le stime riportate nel DEF 2017 e quelle contenute nella Nota di aggiornamento in esame, con le relative differenze espresse in valore assoluto; per i soli dati riferiti ai saldi viene anche offerto un raffronto in termini di incidenza sul PIL.

 


Tabella 11 - Conto economico della PA a legislazione vigente

(importi in milioni di euro)

 

2016

2017

2018

2019

2020

SPESE

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

163.960

166.726

166.403

166.771

167.064

Consumi intermedi

135.187

137.419

137.744

138.540

141.060

Prestazioni sociali

337.513

343.850

352.740

361.290

370.730

        Pensioni

261.190

264.610

270.910

278.340

286.700

        Altre prestazioni sociali

76.323

79.240

81.830

82.950

84.030

 Altre uscite correnti

68.212

67.827

67.674

68.438

68.197

Totale spese correnti netto interessi

704.872

715.823

724.561

735.038

747.050

 Interessi passivi

66.475

65.866

63.579

64.511

66.849

Totale spese correnti

771.347

781.689

788.140

799.549

813.899

   di cui : Spesa sanitaria

112.542

114.138

115.068

116.105

118.570

Totale spese in conto capitale

58.764

61.885

61.000

59.979

58.537

Investimenti fissi lordi

35.394

35.541

37.356

38.626

38.113

Contributi agli investimenti

16.448

15.641

15.892

15.903

16.300

36

Altre spese in conto capitale

6.922

10.702

7.752

5.451

4.125

Totale spese netto interessi

763.636

777.708

785.561

795.017

805.588

Totale spese finali

830.111

843.574

849.140

859.528

872.437

ENTRATE

 

 

 

 

 

Tributarie

495.749

504.512

521.783

534.705

544.355

       Imposte dirette

247.788

250.459

247.374

253.372

257.736

      Imposte indirette  

242.668

252.243

273.534

280.450

285.727

      Imposte in c/capitale

5.293

1.810

875

883

892

Contributi sociali

221.524

226.173

233.730

242.928

249.001

       Contributi sociali effettivi

217.577

222.280

229.760

238.883

244.883

       Contributi sociali figurativi

3.947

3.893

3.970

4.045

4.118

Altre entrate correnti

69.448

72.461

72.870

73.360

74.344

Totale entrate correnti

781.428

801.336

827.508

850.110

866.807

Entrate in conto capitale non tributarie

1.453

3.989

3.393

3.666

3.598

Totale entrate finali

788.174

807.135

831.776

854.659

871.297

    Pressione fiscale

42,7

42,6

42,7

42,7

42,3

Saldo primario

24.538

29.427

46.215

59.642

65.709

Saldo di parte corrente

10.081

19.647

39.368

50.561

52.908

Indebitamento netto

-41.937

-36.439

-17.364

-4.869

-1.140

PIL nominale

1.680.523

1.716.479

1.768.679

1.821.689

1.876.584

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 12 - Conto economico della PA a legislazione vigente

 (% del PIL)

 

2016

2017

2018

2019

2020

SPESE

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

9,8

9,7

9,4

9,2

8,9

Consumi intermedi

8,0

8,0

7,8

7,6

7,5

Prestazioni sociali

20,1

20,0

19,9

19,8

19,8

        Pensioni

15,5

15,4

15,3

15,3

15,3

        Altre prestazioni sociali

4,5

4,6

4,6

4,6

4,5

 Altre uscite correnti

4,1

4,0

3,8

3,8

3,6

Totale spese correnti netto interessi

41,9

41,7

41,0

40,3

39,8

 Interessi passivi

4,0

3,8

3,6

3,5

3,6

Totale spese correnti

45,9

45,5

44,6

43,9

43,4

  di cui : Spesa sanitaria

6,7

6,6

6,5

6,4

6,3

Totale spese in conto capitale

3,5

3,6

3,4

3,3

3,1

Investimenti fissi lordi

2,1

2,1

2,1

2,1

2,0

Contributi agli investimenti

1,0

0,9

0,9

0,9

0,9

Altre spese in conto capitale

0,4

0,6

0,4

0,3

0,2

Totale spese netto interessi

45,4

45,3

44,4

43,6

42,9

Totale spese finali

49,4

49,1

48,0

47,2

46,5

ENTRATE

 

 

 

 

 

Tributarie

29,5

29,4

29,5

29,4

29,0

       Imposte dirette

14,7

14,6

14,0

13,9

13,7

      Imposte indirette  

14,4

14,7

15,5

15,4

15,2

      Imposte in c/capitale

0,3

0,1

0,0

0,0

0,0

Contributi sociali

13,2

13,2

13,2

13,3

13,3

       Contributi sociali effettivi

12,9

12,9

13,0

13,1

13,0

       Contributi sociali figurativi

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

Altre entrate correnti

4,1

4,2

4,1

4,0

4,0

Totale entrate correnti

46,5

46,7

46,8

46,7

46,2

Entrate in conto capitale non tributarie

0,1

0,2

0,2

0,2

0,2

Totale entrate finali

46,9

47,0

47,0

46,9

46,4

   Pressione fiscale

42,7

42,6

42,7

42,7

42,3

Saldo primario

1,5

1,7

2,6

3,3

3,5

Saldo di parte corrente

0,6

1,1

2,2

2,8

2,8

Indebitamento netto

-2,5

-2,1

-1,0

-0,3

-0,1

37

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti


 

Tabella 13 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

 (importi in milioni di euro)

 

2017

2018

2019

2020

SPESE

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

2.766

-323

368

293

Consumi intermedi

2.232

325

796

2.520

Prestazioni sociali

6.337

8.890

8.550

9.440

        Pensioni

3.420

6.300

7.430

8.360

        Altre prestazioni sociali

2.917

2.590

1.120

1.080

 Altre uscite correnti

-385

-153

764

-241

Totale spese correnti netto interessi

10.951

8.738

10.477

12.012

 Interessi passivi

-609

-2.287

932

2.338

Totale spese correnti

10.342

6.451

11.409

14.350

   di cui : Spesa sanitaria

1.596

930

1.037

2.465

Totale spese in conto capitale

3.121

-885

-1.021

-1.442

Investimenti fissi lordi

147

1.815

1.270

-513

Contributi agli investimenti

-807

251

11

397

Altre spese in conto capitale

3.780

-2.950

-2.301

-1.326

Totale spese netto interessi

14.072

7.853

9.456

10.571

Totale spese finali

13.463

5.566

10.388

12.909

ENTRATE

 

 

 

 

Tributarie

8.763

17.271

12.922

9.650

       Imposte dirette

2.671

-3.085

5.998

4.364

      Imposte indirette  

9.575

21.291

6.916

5.277

      Imposte in c/capitale

-3.483

-935

8

9

Contributi sociali

4.649

7.557

9.198

6.073

       Contributi sociali effettivi

4.703

7.480

9.123

6.000

       Contributi sociali figurativi

-54

77

75

73

Altre entrate correnti

3.013

409

490

984

Totale entrate correnti

19.908

26.172

22.602

16.697

Entrate in conto capitale non tributarie

2.536

-596

273

-68

Totale entrate finali

18.961

24.641

22.883

16.638

    Pressione fiscale

-0,1

0,1

0,0

-0,4

Saldo primario

4.889

16.788

13.427

6.067

Saldo di parte corrente

9.566

19.721

11.193

2.347

Indebitamento netto

5.498

19.075

12.495

3.729

PIL nominale

35.956

52.200

53.010

54.895

38

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 14 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

 (% del PIL)

 

2017

2018

2019

2020

SPESE

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

1,7

-0,2

0,2

0,2

Consumi intermedi

1,7

0,2

0,6

1,8

Prestazioni sociali

1,9

2,6

2,4

2,6

        Pensioni

1,3

2,4

2,7

3,0

        Altre prestazioni sociali

3,8

3,3

1,4

1,3

 Altre uscite correnti

-0,6

-0,2

1,1

-0,4

Totale spese correnti netto interessi

1,6

1,2

1,4

1,6

 Interessi passivi

-0,9

-3,5

1,5

3,6

Totale spese correnti

1,3

0,8

1,4

1,8

   di cui : Spesa sanitaria

1,4

0,8

0,9

2,1

Totale spese in conto capitale

5,3

-1,4

-1,7

-2,4

Investimenti fissi lordi

0,4

5,1

3,4

-1,3

Contributi agli investimenti

-4,9

1,6

0,1

2,5

Altre spese in conto capitale

54,6

-27,6

-29,7

-24,3

Totale spese netto interessi

1,8

1,0

1,2

1,3

Totale spese finali

1,6

0,7

1,2

1,5

ENTRATE

 

 

 

 

Tributarie

1,8

3,4

2,5

1,8

       Imposte dirette

1,1

-1,2

2,4

1,7

      Imposte indirette  

3,9

8,4

2,5

1,9

      Imposte in c/capitale

-65,8

-51,7

0,9

1,0

Contributi sociali

2,1

3,3

3,9

2,5

       Contributi sociali effettivi

2,2

3,4

4,0

2,5

       Contributi sociali figurativi

-1,4

2,0

1,9

1,8

Altre entrate correnti

4,3

0,6

0,7

1,3

Totale entrate correnti

2,5

3,3

2,7

2,0

Entrate in conto capitale non tributarie

174,5

-14,9

8,0

-1,9

Totale entrate finali

2,4

3,1

2,8

1,9

    Pressione fiscale

-0,3

0,3

-0,1

-1,0

Saldo primario

19,9

57,0

29,1

10,2

Saldo di parte corrente

94,9

100,4

28,4

4,6

Indebitamento netto

-13,1

-52,3

-72,0

-76,6

PIL nominale

2,1

3,0

3,0

3,0

39

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 15 - Conto economico della PA a legislazione vigente – Raffronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento

 (importi in milioni di euro)

 

DEF 2017

Nota di aggiornamento al DEF 2017

Differenza NADEF - DEF

 

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

2017

2018

2019

2020

SPESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

166.733

165.921

166.468

166.749

166.726

166.403

166.771

167.064

-7

482

303

315

Consumi intermedi

136.530

136.079

136.987

139.502

137.419

137.744

138.540

141.060

889

1.665

1.553

1.558

Prestazioni sociali

344.850

353.740

362.940

372.380

343.850

352.740

361.290

370.730

-1.000

-1.000

-1.650

-1.650

        Pensioni

264.610

271.160

279.240

287.600

264.610

270.910

278.340

286.700

0

-250

-900

-900

        Altre prestazioni sociali

80.240

82.580

83.700

84.780

79.240

81.830

82.950

84.030

-1.000

-750

-750

-750

 Altre uscite correnti

67.377

66.827

67.141

67.782

67.827

67.674

68.438

68.197

450

847

1.297

415

Totale spese correnti netto interessi

715.490

722.567

733.536

746.413

715.823

724.561

735.038

747.050

333

1.994

1.502

637

 Interessi passivi

65.979

65.531

67.422

71.089

65.866

63.579

64.511

66.849

-113

-1.952

-2.911

-4.240

Totale spese correnti

781.469

788.098

800.958

817.502

781.689

788.140

799.549

813.899

220

42

-1.409

-3.603

di cui spesa sanitaria

114.138

115.068

116.105

118.570

114.138

115.068

116.105

118.570

0

0

0

0

Totale spese in conto capitale

57.676

61.213

60.347

56.715

61.885

61.000

59.979

58.537

4.209

-213

-368

1.822

Investimenti fissi lordi

36.038

38.389

38.903

36.502

35.541

37.356

38.626

38.113

-497

-1.033

-277

1.611

Contributi agli investimenti

16.195

16.372

16.193

16.088

15.641

15.892

15.903

16.300

-554

-480

-290

212

Altri trasferimenti

5.443

6.452

5.251

4.125

10.702

7.752

5.451

4.125

5.259

1.300

200

0

Totale spese netto interessi

773.166

783.781

793.883

803.128

777.708

785.561

795.017

805.588

4.542

1.780

1.134

2.460

Totale spese finali

839.145

849.311

861.305

874.217

843.574

849.140

859.528

872.437

4.429

-171

-1.777

-1.780

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tributarie

499.102

519.550

533.305

541.921

504.512

521.783

534.705

544.355

5.410

2.233

1.400

2.434

       Imposte dirette

249.050

245.691

251.238

255.026

250.459

247.374

253.372

257.736

1.409

1.683

2.134

2.710

      Imposte indirette  

247.146

272.945

281.145

285.964

252.243

273.534

280.450

285.727

5.097

589

-695

-237

      Imposte in c/capitale

2.906

914

922

931

1.810

875

883

892

-1.096

-39

-39

-39

Contributi sociali

224.565

232.861

241.740

247.417

226.173

233.730

242.928

249.001

1.608

869

1.188

1.584

       Contributi sociali effettivi

220.672

228.891

237.695

243.299

222.280

229.760

238.883

244.883

1.608

869

1.188

1.584

       Contributi sociali figurativi

3.893

3.970

4.045

4.118

3.893

3.970

4.045

4.118

0

0

0

0

Altre entrate correnti

70.559

70.706

71.912

72.892

72.461

72.870

73.360

74.344

1.902

2.164

1.448

1.452

Totale entrate correnti

791.320

822.203

846.035

861.299

801.336

827.508

850.110

866.807

10.016

5.305

4.075

5.508

Entrate in conto capitale non tributarie

5.365

3.393

3.666

3.598

3.989

3.393

3.666

3.598

-1.376

0

0

0

Totale entrate finali

799.591

826.510

850.623

865.828

807.135

831.776

854.659

871.297

7.544

5.266

4.036

5.469

    Pressione fiscale

42,3

42,8

42,8

42,4

42,6

42,7

42,7

42,3

0,2

-0,1

-0,1

-0,1

Saldo primario

26.425

42.730

56.740

62.700

29.427

46.215

59.642

65.709

3.002

3.485

2.902

3.009

in percentuale del PIL

1,5

2,4

3,1

3,4

1,7

2,6

3,3

3,5

 

 

 

 

Saldo di parte corrente

9.851

34.105

45.077

43.797

19.647

39.368

50.561

52.908

9.796

5.263

5.484

9.111

in percentuale del PIL

0,6

1,9

2,5

2,4

1,1

2,2

2,8

2,8

 

 

 

 

Indebitamento netto

-39.554

-22.801

-10.682

-8.389

-36.439

-17.364

-4.869

-1.140

3.115

5.437

5.813

7.249

in percentuale del PIL

-2,3

-1,3

-0,6

-0,5

-2,1

-1,0

-0,3

-0,1

 

 

 

 

PIL nominale

1.709.547

1.758.562

1.810.380

1.861.903

1.716.479

1.768.679

1.821.689

1.876.584

6.932

10.117

11.309

14.681

40

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti


2.1.2 Le entrate

La revisione delle stime di consuntivo evidenzia per l’anno 2016, rispetto a quanto indicato nel DEF, una riduzione delle entrate finali pari a 328 milioni determinata da una contrazione delle entrate correnti (434 milioni) e da un incremento delle entrate in conto capitale (106 milioni).

Rispetto al PIL, le entrate finali nel 2016 rappresentano il 46,9 per cento a fronte del 47,1 per cento indicato nel DEF. La riduzione interessa sia le entrate tributarie (che passano dal 29,6 per cento del DEF al 29,5 per cento) sia le altre entrate correnti (da 4,2 per cento a 4,1 per cento).

 

La Nota afferma che le nuove previsioni, riferite al periodo 2017-2020, tengono conto del quadro macroeconomico aggiornato e degli effetti finanziari recati dalle disposizioni contenute nel decreto legge n. 50 del 2017 (cd. manovrina) che non erano state considerate ai fini del DEF 2017.

La tavola III.10 della Nota illustra gli effetti sull’indebitamento netto recati dalle disposizioni contenute nel decreto legge n. 50 del 2017. Si riportano, nella seguente tavola, le principali voci rilevanti ai fini delle entrate.

milioni di euro

 

2017

2018

2019

2020

Maggiori entrate

3.774

9.163

9.442

6.592

di cui

 

 

 

 

-       Estensione split payment

1.548

5.319

5.319

2.660

-       Contrasto alle compensazioni indebite

975

1.930

1.930

1.930

-       Tassazione su giochi e vincite

238

459

459

459

-       Rimodulazione accise tabacchi

83

125

125

125

Minori entrate

862

7.935

8.395

6.372

di cui

 

 

 

 

-       Estensione split payment (rimborsi e compensazioni)

502

3.764

3.764

2.156

-       Sterilizzazione parziale aumenti aliquote IVA

0

3.829

4.363

4.088

EFFETTO NETTO ENTRATE

2.912

1.228

1.047

220

 

In merito agli effetti netti complessivi sulle entrate del DL n. 50 del 2017, si segnala che la relazione tecnica riferita al predetto provvedimento, nonché la relazione tecnica relativa al disegno di legge di assestamento di bilancio, riportano un valore superiore di 10 milioni nelle annualità 2017 e 2018. Tuttavia poiché gli effetti sul saldo restano invariati, i dati della Nota sembrano incorporare una riclassificazione tra entrata e spesa di alcune voci. In proposito sarebbe utile acquisire ulteriori elementi.

Il seguente grafico considera le entrate finali ed evidenzia il confronto fra le previsioni di aprile e quelle aggiornate con riguardo sia agli importi in valore assoluto (milioni di euro) che all’andamento delle entrate totali in valore percentuale rispetto al PIL.

Figura 10 - Entrate finali: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

 

In termini di valore assoluto, hanno concorso al rialzo delle previsioni quasi tutte le voci di entrata. Le eccezioni sono rappresentate dalle “imposte in conto capitale” e dalle “entrate in conto capitale non tributarie”: le prime registrano una contrazione delle previsioni di 1.096 milioni per l’anno 2017 (da 2.906 milioni nel DEF 2017 a 1.810 milioni) ed una più attenuata riduzione per le annualità successive; le seconde si riducono, per il solo anno 2017, di 1.376 milioni (da 5.365 milioni del DEF a 3.989 milioni) mentre vengono confermate le stime di aprile per le annualità successive.

Sarebbero utili elementi diretti a chiarire i fattori sottostanti la revisione al ribasso delle voci sopra indicate. Per quanto concerne le imposte in conto capitale, si rinvia anche a quanto evidenziato nella presente scheda, con riguardo all’andamento delle entrate tributarie.

 

Complessivamente, le nuove previsioni di entrata per il periodo 2017-2020 confermano, in valore assoluto, l’andamento crescente già evidenziato in sede di DEF.

Tenuto conto degli effetti finanziari imputati al decreto legge n. 50/2017, la quota residua di incremento delle previsioni attribuibile al nuovo quadro macroeconomico dovrebbe quindi ammontare a circa 4,6 miliardi nel 2017, 4 miliardi nel 2018, 3 miliardi nel 2019 e 5,2 miliardi nel 2020.

 

In rapporto al PIL, le nuove previsioni evidenziano un incremento di 0,2 punti percentuali nel 2017 (da 46,8 nel DEF a 47,0), mentre per gli anni successivi si registrano lievi scostamenti rispetto alle stime di aprile in quanto l’incremento delle entrate è sostanzialmente proporzionale a quello stimato del PIL.

 

La medesima dinamica, riferita sia ai valori assoluti che all’incidenza sul PIL, si riscontra con riferimento alle previsioni aggiornate delle entrate tributarie.

 

Figura 11 - Entrate tributarie: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

 

Nei seguenti grafici sono evidenziati le previsioni di entrata relative al periodo 2017-2020, indicate nel DEF e nella NADEF, riferite alle singole variabili che incidono sulla determinazione della pressione fiscale (imposte dirette, imposte indirette, imposte in conto capitale e contributi sociali).

 

    

 

    

 

Le previsioni delle entrate tributarie hanno subito, in valore assoluto, una generale revisione al rialzo, attribuibile, nel 2017, in via prevalente alle imposte indirette e, negli anni 2018-2020, alle imposte dirette. In particolare, per quanto concerne le imposte indirette, oltre agli effetti imputabili al quadro macroeconomico, la Nota ricorda i principali interventi del decreto legge n. 50 che, nel 2017, hanno comportato un maggior gettito (estensione delle transazioni cui si applica il meccanismo dello split payment, norme più stringenti per il contrasto alle compensazioni indebite per l’IVA, aumento delle accise sui tabacchi e inasprimento dei prelievi sui giochi). A decorrere dal 2018, tali effetti positivi sono in parte compensati dalle riduzioni di gettito dovute alla parziale sterilizzazione delle c.d. clausole di salvaguardia che comportano una rimodulazione degli aumenti delle aliquote IVA.

Le previsioni 2017 delle imposte in conto capitale si riducono da 2.906 mln (dato DEF) a 1.810 milioni; negli anni successivi la contrazione delle stime è più contenuta. In proposito, la Nota afferma che “le imposte in conto capitale, sostenute nel 2016 principalmente dal gettito derivante dalla voluntary disclosure, sono attese in calo nell’anno in corso e nel successivo”.

Si evidenzia che, per l’anno 2016, le imposte in conto capitale passano da 5.199 milioni del DEF a 5.293 della presente Nota.

 

Appare opportuno acquisire ulteriori elementi in merito al gettito da voluntary disclosure effettivamente acquisito nel 2016 e a quello previsto negli esercizi successivi. Ciò anche al fine di chiarire l’incidenza dell’andamento di tale voce di entrata rispetto all’aggregato complessivo delle “imposte in conto capitale” e alle revisioni apportate a tale voce della Nota in esame.

 

Si ricorda che l’art. 1, co. 633, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) quantifica in 1.600 milioni di euro, per il 2017, le maggiori entrate derivanti dalla riapertura dei termini per la collaborazione volontaria operata dall’articolo 7 del decreto legge n. 193 del 2016. Il successivo comma 634 prevede l’attivazione di un monitoraggio sulla base delle istanze presentate alla data del 31 luglio 2017; qualora da tale monitoraggio risulti che il gettito atteso non consenta la realizzazione dell’importo di cui al comma 633, si debba provvedere alla compensazione dell'eventuale differenza con D.P.C.M., previa deliberazione del Consiglio dei ministri da adottarsi entro il 31 agosto 2017.

 

Le previsioni relative ai contributi sociali riflettono sia la crescita dei redditi di lavoro dipendente derivante dalle previsioni del quadro macroeconomico, sia il venir meno degli effetti della decontribuzione per le nuove assunzioni previste.

 

I dati della Nota sulla pressione fiscale evidenziano una riduzione dei valori di consuntivo per il 2016 (da 42,9 del DEF a 42,7), un incremento delle previsioni relative al 2017 (da 42,3 del DEF a 42,6) ed una riduzione per gli anni successivi (da 42,8 a 42,7 negli anni 2018 e 2019 e da 42,4 a 42,3 nel 2020).

Al netto delle misure riguardanti l’erogazione del beneficio degli 80 euro, la pressione fiscale è prevista diminuire dal 42,1 per cento del 2016 al 41,8 per cento nel 2020 (da 42,3 nel 2016 a 41,9 nel 2020 secondo le previsioni DEF).

2.1.3 Le spese

La revisione dei dati di consuntivo operata dall’Istat comporta, rispetto alle precedenti stime per l’anno 2016 un incremento delle spese finali pari a 800 milioni di euro. La revisione delle uscite complessive è dovuta all’effetto combinato della rettifica in riduzione della spesa corrente (-626 milioni) e in aumento della spesa in conto capitale, che cresce di circa 1,4 miliardi.

 

Per quanto attiene al periodo di previsione 2017-2020 nelle stime aggiornate dalla Nota in esame si registra un incremento della spesa corrente primaria[14] rispetto alle previsioni del DEF.

Nel grafico che segue viene mostrato il raffronto tra le previsioni, in valore assoluto e in percentuale del PIL, recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento.

 

Figura 12 - Spesa corrente primaria: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2017.

 

Come emerge dalla rappresentazione grafica, nelle nuove previsioni si conferma la dinamica crescente della spesa corrente primaria, che si attesta, in termini nominali, su valori superiori rispetto alle precedenti stime per ciascun anno del periodo considerato. Si conferma, peraltro, l’andamento decrescente dell’incidenza della spesa corrente primaria sul PIL. Quest’ultima risulta ulteriormente ridotta rispetto alle previsioni di aprile: nel 2017, infatti, tale incidenza scende al 41,7 per cento (rispetto al 41,9 per cento del DEF) per attestarsi al 39,8 per cento a fine periodo (rispetto al 40,1 per cento del DEF).

La predetta revisione al ribasso, pur a fronte di una crescita in valore assoluto dell’aggregato di spesa, è dovuta alla revisione della crescita del PIL nominale, che nelle nuove stime si attesta al 2,1 per cento per l’anno 2017 e al 3,0 per cento per ciascun anno del triennio 2018-2020.

Nei grafici che seguono è evidenziato l’andamento delle principali componenti della spesa corrente primaria in termini di incidenza sul PIL, ponendo a raffronto le previsioni recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento.

 

Figura 13 - Componenti della spesa corrente primaria: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2017.

Per quanto attiene alla composizione della spesa corrente primaria, la revisione dell’aggregato rispetto alle stime del DEF, è imputabile soprattutto alla riduzione della spesa per prestazioni sociali, pari a 1 miliardo per il biennio 2017-2018 e a circa 1,6 miliardi per il biennio 2019-2020, come si evince dalle voci del conto economico (vedi tabelle riportate al paragrafo 2.1.1). Le nuove stime confermano il profilo decrescente della spesa per prestazioni sociali, già delineato nel DEF, che si attesta su valori più bassi rispetto alle vecchie stime. L’incidenza della spesa per prestazioni sociali passa dal 20 per cento nel 2017 (20,2 per cento nel DEF) al 19,8 per cento nel biennio 2019-2020 (20,0 per cento nel DEF).

La riduzione di tale componente è dovuta, per il 2017, interamente alla variazione della spesa per “altre prestazioni sociali” che scende di 1 miliardo, mentre per il biennio 2019-2020 è la spesa pensionistica a trainare il miglioramento dell’aggregato con una riduzione pari a 900 milioni di euro per ciascun anno.

 

Con riferimento alle altre componenti della spesa corrente primaria, le nuove stime mostrano nel complesso un incremento delle singole voci. In particolare, si evidenzia quanto segue.

§  La spesa per redditi da lavoro dipendente registra nell’anno 2017 una crescita, rispetto al 2016, su base nominale di circa 1,7 per cento per effetto dei rinnovi contrattuali comprensivi della quota degli arretrati, come spiegato nella Nota. Nel 2018 la spesa torna a contrarsi dello 0,2 per cento per poi riprendere a crescere nel 2019-2020, ma ad un ritmo più contenuto (0,2 per cento per ciascun anno del biennio). L’incidenza sul PIL risulta in riduzione dal 9,7 del 2017 all’8,9 del 2020 confermando sostanzialmente le stime del DEF.

§  I consumi intermedi sono previsti in crescita per tutto l’arco previsionale. Nelle nuove stime la loro incidenza sul PIL si conferma decrescente, attestandosi su valori più elevati rispetto alle precedenti previsioni.

§  Anche la voce “altre uscite correnti” mostra un incremento rispetto alle stime del DEF per tutti gli anni del periodo di previsione. Tra le revisioni più significative del periodo, si segnalano gli incrementi dell’aggregato per gli anni 2018-2019 (847 milioni di euro per l’anno 2018 e di circa 1,3 miliardi nell’anno 2019, mentre nel 2020 la variazione risulta di 415 milioni). Anche per tale aggregato nelle nuove stime l’incidenza sul PIL si conferma decrescente, attestandosi su valori più elevati rispetto al precedente quadro previsionale.

 

Sarebbero utili elementi riguardo ai fattori sottostanti le revisioni apportate alla voce “altre uscite correnti” per gli anni 2018-2019 (rispettivamente pari a 0,8 miliardi e 1,3 miliardi).

 

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, si registra per l’anno 2017 una revisione della stima, in aumento per circa 4,2 miliardi rispetto alle previsioni del DEF. Anche l’incidenza rispetto al PIL passa dal 3,4 per cento del DEF al 3,6 per cento nelle attuali stime, come si evince dal grafico che segue.

 

Figura 14 - Spesa in conto capitale: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2017.

Per gli anni 2018-2019 si registra invece una diminuzione, sia in valore assoluto che in rapporto al PIL, della spesa in conto capitale rispetto alle precedenti stime, confermando il trend già previsto nel DEF di aprile. Viene altresì confermato per il 2020 l’andamento decrescente della spesa in conto capitale, che si attesta peraltro su un valore più elevato rispetto alle stime del DEF: l’aggregato sale infatti, rispetto alle precedenti stime, di circa 1,8 miliardi, con una incidenza rispetto al PIL del 3,1 per cento.

 

Nei grafici che seguono è evidenziato l’andamento delle singole componenti della spesa in conto capitale in termini di incidenza sul PIL ponendo a raffronto le previsioni recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento.

 

 

Figura 15 - Componenti della spesa in conto capitale: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2017.

Analizzando le diverse componenti, per l’anno 2017, si evince che la correzione della spesa in conto capitale operata con le nuove stime è dovuta essenzialmente alla voce “altri trasferimenti”, che cresce di circa 5,3 miliardi, rispetto alle stime del DEF. Tale variazione è solo parzialmente compensata dalla revisione al ribasso delle altre due componenti di spesa (-497 milioni per gli investimenti fissi lordi e -554 milioni per i contributi agli investimenti).

 

Al riguardo appaiono utili chiarimenti sulle determinanti alla base della nuova stima relativa alla voce “altri trasferimenti” per l’anno 2017 che viene rivista in aumento per un importo di circa 5,3 miliardi (il dato passa da 5.443 milioni di euro del DEF a 10.702 milioni di euro della Nota).

 

Con riferimento al 2018 si registra, rispetto alle precedenti stime, una diminuzione in valore assoluto (pari a circa 1 miliardo) della spesa per investimenti fissi lordi, alla quale si aggiunge la riduzione dei contributi agli investimenti (pari a 480 milioni di euro): tale riduzione risulta parzialmente compensata dall’incremento della voce “altri trasferimenti” (per circa 1,3 miliardi).

 

Al riguardo appaiono altresì utili chiarimenti sulla rettifica delle predette voci, che determinano variazioni di importo elevato, ma di segno opposto (- 1 miliardo circa per gli “investimenti fissi lordi” a fronte di +1,3 miliardi per gli “altri trasferimenti”), precisando se le variazioni riflettano effetti di riclassificazione tra le stesse voci.

 

Nel 2019, rispetto alle stime del DEF, si registra una revisione in diminuzione degli investimenti fissi lordi di 277 milioni di euro e dei “contributi agli investimenti” di 290 milioni di euro. Come spiegato nella Nota, le nuove stime tengono conto del venir meno degli interventi di sostegno previsti negli anni passati (con orizzonte temporale fino al 2019) e nel decreto di aprile.

Nell’ultimo anno del periodo di osservazione la revisione al rialzo dell’aggregato di spesa in conto capitale, (che sale di 1,8 miliardi rispetto alle precedenti stime) è imputabile soprattutto all’aumento della spesa per gli investimenti fissi lordi di circa 1,6 miliardi, che incrementa anche la sua incidenza sul PIL, come evidenziato dal precedente grafico.

§  La spesa per interessi

Dai dati riportati nella Nota per il 2016, la spesa per interessi risulta pari a 66.475 milioni, con una riduzione rispetto al dato del 2015, di 1.591 milioni. Dal confronto con le precedenti stime si osserva un incremento di 203 milioni rispetto al valore indicato per il 2016 nel DEF 2017.

 

Per quanto attiene alle previsioni relative al periodo 2017-2020, le nuove stime assumono, per tutto il periodo considerato, valori inferiori a quelli del DEF 2017: in particolare, la correzione dell’incidenza rispetto al PIL è di circa lo 0,1 per cento annuo negli anni 2017 e 2018 e si attesta su uno 0,2 per cento annuo negli esercizi successivi considerati nel quadro tendenziale (2019 e 2020).

 

La nuova previsione mostra quindi una spesa per interessi pari, in valore assoluto, a 65.866 milioni nel 2017 e a 63.579 milioni nel 2018. Pur scontando la riduzione rispetto alla stima del DEF, si evidenzia nel 2019 e nel 2020 una crescita dell’aggregato che raggiunge i 66,8 miliardi circa nel 2020. Il Documento precisa infatti che la spesa per interessi tornerà a crescere in termini nominali, dopo sei anni di riduzioni consecutive, a causa di una graduale ripresa dei tassi di interesse correlata al rialzo delle aspettative di crescita dell’economia europea e italiana.

 

In termini di incidenza sul PIL, la spesa si colloca, rispettivamente, al 3,8 e al 3,6 per cento nel 2017 e 2018, per passare al 3,5 per cento nel 2019 ed attestarsi ad un valore lievemente più alto nel 2019 pari a 3,6 punti percentuali di PIL.

 

Nella tabella e nel grafico sottostanti si evidenzia l’andamento della spesa per interessi per tutto il periodo di previsione considerato (2017-2020) ed il raffronto, in termini assoluti ed in percentuale del PIL rispetto al DEF di aprile.

Tabella 16. Spesa per interessi: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

(importi in milioni di euro)

 

2016

2017

2018

2019

2020

Nota di aggiornamento al DEF 2017

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

66.475

65.866

63.579

64.511

66.849

Variazione assoluta annua

-1.591

-609

-2.287

932

2.338

Variazione %

-2,3

-0,9

-3,5

1,5

3,6

in % del PIL

4,0

3,8

3,6

3,5

3,6

PIL nominale

1.680,5

1.716,5

1.768,7

1.821,7

1.876,6

 

 

 

 

 

 

DEF 2017

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

66.272

65.979

65.531

67.422

71.089

Variazione assoluta annua

-1.794

-293

-448

1.891

3.667

Variazione %

-2,6

-0,4

-0,7

2,9

5,4

in % del PIL

4,0

3,9

3,7

3,7

3,8

PIL nominale

1.672,4

1.709,5

1.758,6

1.810,4

1.861,9

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2017.

 

Figura 16 - Spesa per interessi: confronto tra DEF 2017 e Nota di aggiornamento al DEF 2017

 

 


 

2.2 Percorso programmatico di finanza pubblica

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2017-2020 e, in particolare, il percorso di avvicinamento all'obiettivo medio periodo (cfr. il par. 2.3 sulla Relazione ex art. 6, c. 5)[15].

Si rammenta che l'analisi del quadro programmatico del DEF e della relativa Nota di aggiornamento si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio[16]. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum, riflette l’impegno del Paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico.

Preliminarmente si evidenzia che, in relazione ai contenuti obbligatori (ex art. 10?bis della legge n. 196 del 2009), la Nota di aggiornamento del DEF indica, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza e di saldo netto da finanziare in termini di cassa.

Il primo saldo è determinato nel limite massimo di:

§  -46 miliardi nel 2018, (a fronte di -28,1 indicati nella NADEF 2016);

§  -26 miliardi nel 2019, (-9,7 miliardi, NADEF 2016);

§  -14 miliardi nel 2020

Il corrispondente SNF in termini di cassa è determinato nel limite massimo di:

§  -104 miliardi nel 2018, (-78,3 miliardi, NADEF 2016);

§  -74 miliardi nel 2019; (-58,1 miliardi, NADEF 2016);

§  -57 miliardi nel 2020.

2.3 La relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012

A norma del Patto di Stabilità e crescita (PSC), ciascuno Stato membro deve raggiungere e mantenere il proprio Obiettivo a medio termine (OMT o MTO, medium term objective) oppure attuare un percorso di avvicinamento verso l’OMT stesso.

L’OMT è definito in termini strutturali, non nominali: pertanto esso si calcola come il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche corretto per l’impatto previsto del ciclo economico (saldo corretto per il ciclo) e al netto delle misure una tantum.

Per l’Italia, l’OMT è il pareggio di bilancio.

 

Il Governo presenta come annesso alla Nota in esame una relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012.

L'articolo 6 della Legge 24 dicembre 2012, n. 243 prevede che eventuali scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali e previa autorizzazione approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti (comma 3,) indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine, mentre al comma 5 stabilisce che il piano di rientro può essere aggiornato al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora, in relazione all'andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

 

Si tratta della relazione con cui il Governo chiede al Parlamento di approvare a maggioranza assoluta un aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo programmatico e lo spostamento in avanti dell'obiettivo stesso dal 2019 al 2020[17].

In concreto, il Governo si impegna a creare le condizioni affinché a metà della prossima legislatura possa essere conseguito il sostanziale pareggio di bilancio in termini strutturali (-0,2%), sfruttando in tal modo il margine di tolleranza pari a 0,25 punti percentuali di PIL consentito dalle regole europee.

Nella Relazione il Governo prospetta un nuovo percorso di avvicinamento all'OMT migliorando di 0,2 p.p. di Pil l'indebitamento netto strutturale per il 2017, stimato al -1,3% (-1,5% nel DEF di aprile) e rendendo meno ripido il sentiero negli anni successivi, l'indicatore viene infatti fissato nel 2018 al -1% dal -0,7% del Def, nel 2019 al -0,6% dal +0,1% e infine nel 2020 al -0,2% da un livello di pieno pareggio.

 

Il Governo premette che «Il quadro che emerge dai dati più recenti sul PIL consente di rivedere al rialzo la previsione di crescita del PIL reale per il 2017 della Nota di aggiornamento di 0,4 p.p. in confronto al DEF, all’1,5%. D’altro canto, la crescita del PIL nominale è rivista lievemente al ribasso, al 2,1%, a fronte di una crescita del deflatore al di sotto delle attese (0,6% a fronte dell’1,2% previsto nel DEF».

Si ricorda come nel dossier sulla Nota di aggiornamento del DEF 2016 si era osservato che con riferimento all'ipotesi di sostanziale invarianza del deflatore del PIL per gli anni 2016 e 2017 può essere utile muovere due ordini di considerazioni. Il primo attiene al livello del deflatore del 2015, rivisto al ribasso dallo 0,8% del DEF di aprile [2016] allo 0,6% della presente Nota, il secondo scaturisce dall'andamento sostanzialmente piatto dell'indice nazionale dei prezzi al consumo, che difficilmente migliorerà il valore raggiunto nel 2015 (sul 2014), pari allo 0,1%, al quale corrispose un deflatore del PIL pari, come detto, allo 0,6%[18].

 

Al fine di attestare i presupposti di tale richiesta, il Governo evidenzia quanto segue:

§  il ritmo di crescita è ancora al di sotto dei principali partner europei;

§  il tasso di disoccupazione, pur in discesa, rimane elevato;

§  le riforme adottate non hanno ancora esplicato completamente i loro effetti, anche con riferimento a quelle per promuovere un ambiente più favorevole agli investimenti produttivi e incentivare la capitalizzazione delle imprese, e ai recenti interventi sul settore bancario;

§  gli investimenti nel settore privato seguono una tendenza positiva, ma sono ancora al di sotto dei livelli pre-crisi;

§  gli investimenti del settore pubblico necessitano di ulteriori risorse per il necessario rilancio;

§  un’eccessiva restrizione fiscale metterebbe a rischio la ripresa economica e la coesione sociale.

 

Al fine di meglio inquadrare tali considerazioni, il Governo inoltre ricorda come la Commissione europea ha recentemente sostenuto l’importanza di assicurare una fiscal stance nell’Area dell’Euro appropriata al contesto economico, per bilanciare meglio l’obiettivo della sostenibilità delle finanze pubbliche e quello del sostegno alla ripresa economica, e a tal fine utilizzerà più ampi margini di discrezionalità nel valutare il rispetto delle regole europee, consentendo agli Stati Membri che presentano obiettivi di consolidamento sfidanti e al contempo un’economia meno dinamica, di discostarsi dalla correzione strutturale richiesta dalla c.d. matrice alla base del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita. Per il 2018, tale matrice richiederebbe una correzione del deficit strutturale superiore a 0,5 p.p. di PIL nel caso dell’Italia, anche a causa dell’elevato debito pubblico.

Nelle sue Raccomandazioni al Programma di Stabilità e al Programma Nazionale di Riforma 2017, la Commissione ha richiesto per il 2018 un ragguardevole sforzo di aggiustamento fiscale (substantial fiscal effort).

Nella lettera inviata dal Ministro dell’Economia e Finanze alla Commissione è stato annunciato che l'aggiustamento del saldo strutturale sarebbe stati pari a 0,3 p.p. di PIL nel 2018, a fronte degli 0,8 p.p. previsti nel DEF 2017. La Commissione ha preso atto di questo orientamento, sottolineando l’importanza di attuare ampie riforme strutturali e di ridurre il deficit di bilancio e il rapporto debito/PIL.

La relazione elenca inoltre le finalità alle quali destinare le risorse. In particolare viene chiarito che le risorse verranno destinate alla crescita attraverso l’incentivazione degli investimenti privati e il potenziamento di quelli pubblici, supportando la competitività e stimolando la domanda aggregata, al sostegno dell'occupazionale, in particolare giovanile, e dei redditi delle famiglie più povere.

Come evidenziato dal Governo, le risorse rese disponibili in conseguenza della revisione dell'obiettivo di indebitamento netto sono finalizzate ad evitare l'entrata in vigore nel 2018 degli aumenti IVA previsti dalla legislazione vigente, in parte già disattivati dalla manovra di aprile. L'indebitamento netto per il 2019 è rivisto al rialzo da ?0,2% a ?0,9%. La differenza verrà utilizzata per disattivare parte degli aumenti IVA previsti a legislazione vigente e per misure di sostegno agli investimenti pubblici e privati, inclusi quelli in capitale umano e ricerca. Infine, per il 2020 tale indicatore viene corretto da 0,0% a ?0,2%, in questo caso lo scarto verrà utilizzato in favore di investimenti pubblici e per il sostegno agli investimenti privati e all'innovazione.

 

La Figura 17 illustra gli aggiornamenti del piano di aggiustamento verso l'obiettivo programmatico presentati dal Governo e approvati dalle Camere.

Figura 17 - Saldo strutturale programmatico (2013-2020)

(% del PIL)

Fonte: Elaborazione su tavole "Indicatori di finanza pubblica" da: DEF 2013, DEF 2014, NADEF 2014, NADEF 2015, DEF 2016, NADEF 2016, DEF 2017, NADEF 2017.

Il percorso di avvicinamento all'OMT: un'analisi dei precedenti

Questo box riassume sinteticamente i precedenti riferiti alla fissazione dell'obiettivo del pareggio di bilancio strutturale e del percorso di avvicinamento a tale obiettivo.

Con il DEF 2013 il Governo fissava il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013.

Nel 2014 in sede di presentazione del DEF, il Governo chiedeva di posporre il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di tre anni - dal 2013 al 2016, e di due anni - dal 2014 al 2016 - rispetto alla raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013. In tale occasione veniva presentata una Relazione ex art. 6 con la quale si posponeva il raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo (OMT) al 2016, sulla base di tale relazione ciascuna delle due Camere con propria risoluzione del 17 aprile 2014 ha autorizzato a maggioranza assoluta lo scostamento in questione, unitamente al piano di rientro.

Sempre nel 2014, a causa di una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2015, il Governo era spinto a chiedere di rinviare il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio dal 2016 al 2017, presentando una Relazione ex art. 6, approvata presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Nel settembre del 2015, il Governo accompagnava la presentazione della Nota di aggiornamento con una Relazione ex art. 6 al fine di chiedere un aggiornamento del piano di rientro verso l’OMT e rinviare l'obiettivo di pareggio al 2018. La Relazione è stata approvata Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti presso entrambe le Camere.

In sede di presentazione del DEF 2016, il Governo ha domandato di rinviare l'obiettivo programmatico portandolo a un sostanziale pareggio di bilancio al 2019. La Relazione ex articolo 6 della legge n.243 del 2012 è stata approvata da ciascuna Camera in data 27 aprile 2016 a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Nel settembre 2016, il Governo ha presentato come annesso alla Nota una relazione ex art. 6 con la quale ha chiesto di aggiornare il percorso di avvicinamento all'OMT senza modificare l'obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio al 2019, in data 12 ottobre, ciascuna Camera ha approvato la predetta relazione a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Con il Documento di economia e finanza 2017 il Governo ha aggiornato il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2017-2020, rafforzando il percorso di riduzione dell’indebitamento netto fino a prevedere il conseguimento di un saldo nullo nel 2020 e il pareggio di bilancio strutturale sia nel 2019 (+0,1%) che nel 2020 (0,0%). Si tratta, dunque, di un aggiornamento del percorso di avvicinamento all'OMT che - contrariamente a quanto avvenuto in passato (scostamenti in senso "peggiorativo" accordabili solo in caso di "eventi eccezionali") - non aveva richiesto una procedura rafforzata di approvazione presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti ex art. 6, legge n. 243 del 2012.

2.4 I saldi di finanza pubblica

La Tabella 17 mette a confronto le stime dei principali indicatori di finanza pubblica contenute nella Nota in esame rispetto a quelle prospettate nel DEF dello scorso aprile e nella Nota dell'anno scorso.

La dinamica degli indicatori di finanza pubblica riflette le stime sia sui principali saldi che sul PIL nominale; a riguardo, con riferimento alle stime su PIL reale, deflatore e PIL nominale e alle differenze rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, si rinvia all'analisi della parte I "Il quadro macroeconomico".

Tabella 17 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici

(in percentuale del PIL)

 

 

2016

 

2017

 

2018

 

2019

 

2020

NADEF

2016

DEF

2017

NADEF

2017

NADEF

2016

DEF

2017

NADEF

2017

NADEF

2016

DEF

2017

NADEF

2017

NADEF

2016

DEF

2017

NADEF

2017

NADEF

2016

DEF

2017

NADEF

2017

Saldo di bilancio strutturale

-1,2

-1,2

-0,9

-1,2

-1,5

-1,3

-0,7

-0,7

-1,0

-0,2

0,1

-0,6

n.d.

0,0

-0,2

Avanzo primario strutturale

2,8

2,8

3,0

2,5

2,4

2,6

2,8

3,0

2,6

3,3

3,8

2,9

n.d.

3,8

3,3

Indebitamento netto

-2,4

-2,4

-2,5

-2,0

-2,1

-2,1

-1,2

-1,2

-1,6

-0,2

-0,2

-0,9

n.d.

0,0

-0,2

di cui

avanzo primario

1,5

1,5

1,5

1,7

1,7

1,7

2,4

2,5

2,0

3,2

3,5

2,6

n.d.

3,8

3,3

interessi passivi

4,0

4,0

4,0

3,7

3,9

3,8

3,6

3,7

3,6

3,4

3,7

3,5

n.d.

3,8

3,5

Componente ciclica

-1,3

-1,5

-1,8

-0,9

-1,0

-1,2

-0,4

-0,6

-0,7

0,0

-0,3

-0,2

n.d.

0,0

0,1

Output gap

-2,5

-2,7

-3,3

-1,7

-1,8

-2,2

-0,7

-1,1

-1,3

0,0

-0,5

-0,4

n.d.

0,0

0,1

Misure una tantum

0,1

0,2

0,2

0,1

0,3

0,4

-0,1

0,1

0,0

-0,1

0,0

-0,1

n.d.

0,0

-0,1

Tasso di crescita del PIL

0,8

0,9

0,9

1,0

1,1

1,5

1,3

1,0

1,5

1,2

1,0

1,5

n.d.

1,1

1,3

Tasso di crescita del PIL potenziale

-0,2

-0,2

-0,1

0,2

0,1

0,4

0,3

0,3

0,5

0,4

0,4

0,6

n.d.

0,6

0,7

 

Fonti: Elaborazione su dati NADEF 2017, tavole III.2 e III.3; DEF 2017, tavole III.8 e I.3; NADEF 2016, tavole III.2 e III.3.

L’avanzo primario nominale continua, nell'orizzonte programmatico, a mostrare una dinamica con tassi di crescita a ritmi crescenti, sia pure meno robusta rispetto alle previsioni formulate lo scorso aprile. L'indicatore passa dall'1,5% del PIL (2016) al 3,3% del PIL (2020), la flessione rispetto alle stime di aprile oscilla da 0,5 punti percentuali (p.p.) di PIL per il 2018 e il 2020 ad un massimo di 0,9 p.p. di PIL per il 2019.

 

La dinamica degli interessi passivi prospettata dalla Nota di aggiornamento, si conferma su valori sensibilmente più bassi rispetto al picco del 2014 (4,6%). Le stime mostrano un miglioramento rispetto ai dati del DEF (valori tra parentesi). In particolare, nel 2017 e nel 2018 il rapporto scende di 0,1 p.p. portandosi rispettivamente al 3,8% e al 3,6% (3,9% e 3,7%), il dato 2019 è di 0,2 p.p. inferiore alle stime di aprile è pari al 3,5% (3,7%). Infine nel 2020 il miglioramento è di ben 0,3 p.p. collocando la spesa per interessi al 3,5% (3,8%).

La spesa programmatica coincide con quella tendenziale per tutti gli anni del periodo considerato ad eccezione del 2020 dove il dato programmatico è inferiore di 0,1 p.p. di PIL.

Si osserva in particolare che mentre con riferimento allo scenario tendenziale viene chiarito che la spesa è attesa crescere dal 3,5% (2019) al 3,6% (2020) «a causa di una graduale ripresa dei tassi di interesse correlata al rialzo delle aspettative di crescita dell’economia europea e italiana» per quanto riguarda la dinamica del quadro programmatico non vengono forniti chiarimenti a riguardo.

Il contributo della minore spesa per interessi per 0,3 p.p. di PIL prospettata nella Nota rispetto al DEF 2017 consente di compensare il minor avanzo primario (mezzo p.p. di PIL), portando l'indebitamento netto a -0,2% dunque a un valore appena sufficiente a raggiungere il sostanziale pareggio di bilancio.

 

Nel 2017, si evidenzia un saldo dell'indebitamento netto programmatico al -2,1% in miglioramento di 0,4 p.p. di PIL rispetto al -2,5% del 2016[19], per poi evidenziarsi un ulteriore calo al -1,6% (-1,2%, DEF 2017 valori tra parentesi) nel 2018, al -0,9% (-0,2%) nel 2019 e al -0,2% (zero) nel 2020.

 

Si osserva quindi un percorso di riduzione del saldo più graduale rispetto a quanto prospettato nell'aprile scorso, il raggiungimento del sostanziale pareggio nominale è rinviato al 2020.

 

Dal confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e indebitamento netto programmatico (Tabella 18 e Figura 18) si evidenzia come, nell'orizzonte previsionale 2017-2020 i vincoli posti dai saldi tendenziali vengano leggermente allentati al fine di incrementare i saldi programmatici.

Tabella 18 – Indebitamento netto: confronto tra tendenziale e programmatico

(in percentuale del PIL)

 

2017

2018

2019

2020

Indebitamento netto tendenziale

-2,1

-1,0

-0,3

-0,1

Indebitamento netto programmatico

-2,1

-1,6

-0,9

-0,2

Differenza programmatico - tendenziale

0,0

-0,6

-0,6

-0,1

Fonti: elaborazioni su NADEF 2017, sez. I, tavola I.4

 

In termini assoluti, con riferimento al PIL nominale stimato per le annualità, tali variazioni percentuali si sostanziano in un maggior indebitamento netto di poco inferiore agli 11 miliardi di euro nel 2018 e nel 2019 e di quasi 2 miliardi di euro nel 2020.

Figura 18 - Indebitamento netto: differenza tendenziale e programmatico

Fonti: elaborazioni su NADEF 2017, sez. I, tavola I.4 (Indicatori di finanza pubblica).

La Tabella 19, nel mettere a confronto gli indicatori tendenziali con quelli programmatici, evidenzia la correzione dell'indebitamento netto e del saldo primario. In particolare, nell'intero orizzonte temporale i dati tendenziali degli interessi coincidono con quelli programmatici ad eccezione, come detto, del 2020. Con riferimento al saldo primario e all'indebitamento netto si registra una perfetta coincidenza degli indicatori solamente con riferimento al triennio 2015-2017. Nel 2018 si registra invece uno scarto di 0,6 p.p. di PIL tra i dati del quadro tendenziale e del programmatico sia con riferimento all'indebitamento netto che al saldo primario, nel 2019 tale differenza si porta a 0,7 p.p. di PIL per il saldo primario.

A riguardo si chiede se lo scarto di 0,1 p.p. è dovuto o meno ad arrotondamenti.

 

La differenza tra i valori programmatici e tendenziali dell'indebitamento netto e del saldo primario si riduce rispettivamente a 0,1 e 0,2 p.p. di PIL nel 2020. Per le ragioni di tale differenza si vedano le considerazioni relative alla spesa per interessi.

Tabella 19 - Correzione saldi tendenziale - programmatico (2015-2020)

(in percentuale del PIL)

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Quadro tendenziale

Indebitamento netto tendenziale

-2,6

-2,5

-2,1

-1,0

-0,3

-0,1

di cui saldo primario tendenziale

1,5

1,5

1,7

2,6

3,3

3,5

interessi tendenziali

4,1

4,0

3,8

3,6

3,5

3,6

Quadro programmatico

Indebitamento netto programmatico

-2,6

-2,5

-2,1

-1,6

-0,9

-0,2

di cui saldo primario programmatico

1,5

1,5

1,7

2,0

2,6

3,3

interessi programmatici

4,1

4,0

3,8

3,6

3,5

3,5

Correzione dell'indebitamento netto

0,0

0,0

0,0

-0,6

-0,6

-0,1

Correzione del saldo primario

0,0

0,0

0,0

-0,6

-0,7

-0,2

 

Fonte: NADEF 2017, tavola I.4 (Indicatori di finanza pubblica).

L'output gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale, evidenzia un profilo evolutivo in miglioramento, mostrando una costante riduzione, atteso che il dato previsionale passa dal -2,2% del 2017, al +0,1 dell'ultimo anno dell'orizzonte di previsione (cfr. Figura 19)[20]. Analoga dinamica è seguita dalla componente ciclica che passa dal -1,2% a +0,1% del 2020.

A riguardo si osserva che, rispetto alle previsioni dello scorso aprile, la dinamica dei due indicatori evidenzia un peggioramento con riferimento al triennio 2016-2018.

 

La Figura 19 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap. Gli obiettivi nominali si riducono di entità rispetto al 2016, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.

Figura 19 - Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap

(in percentuale del PIL)

Fonti: NADEF 2017, tavole III.2 (Quadro programmatico sintetico di finanza pubblica) e III.3 (La finanza pubblica corretta per il ciclo).

L'entità in rapporto al PIL delle misure una tantum indicata nel DEF viene modificata nella Nota di aggiornamento in particolare per il 2017, dove è indicata pari allo 0,4% a fronte dello 0,3% del DEF e per il triennio 2018-2020 dove i valori del DEF vengono rivisti tutti al ribasso di 0,1 p.p. di PIL (cfr. Tabella 17).

Da ultimo si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10?bis, comma 1, che la Nota di Aggiornamento del DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.

La Tabella 20 riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nella Nota di aggiornamento con quelli dei precedenti documenti programmatici.

Tabella 20 - Indicatori strutturali. Confronto documenti programmatici

 

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti

NADEF 2017

1,0

0,9

1,5

1,5

1,5

1,3

DEF 2017

0,8

0,9

1,1

1,0

1,0

1,1

NADEF 2016

0,7

0,8

1,0

1,3

1,2

DEF 2016

0,8

1,2

1,4

1,5

1,4

NADEF 2015

0,9

1,6

1,6

1,5

1,3

DEF 2015

0,7

1,4

1,5

1,4

1,3

Tasso di crescita del PIL potenziale

NADEF 2017

-0,1

-0,1

0,4

0,5

0,6

0,7

DEF 2017

-0,1

-0,2

0,1

0,3

0,4

0,6

NADEF 2016

-0,3

-0,2

0,2

0,3

0,4

DEF 2016

-0,2

-0,2

0,2

0,4

0,5

NADEF 2015

0,0

0,1

0,3

0,4

0,6

DEF 2015

-0,1

0,0

0,2

0,3

0,5

Output gap

NADEF 2017

-4,3

-3,3

-2,2

-1,3

-0,4

0,1

DEF 2017

-3,8

-2,7

-1,8

-1,1

-0,5

0,0

NADEF 2016

-3,5

-2,5

-1,7

-0,7

0,0

DEF 2016

-3,5

-2,3

-1,1

-0,1

0,7

NADEF 2015

-4,0

-2,5

-1,3

-0,2

0,5

DEF 2015

-3,8

-2,5

-1,3

-0,3

0,5

Componente ciclica del saldo di bilancio

NADEF 2017

-2,3

-1,8

-1,2

-0,7

-0,2

0,1

DEF 2017

-2,1

-1,5

-1,0

-0,6

-0,3

0,0

NADEF 2016

-1,9

-1,3

-0,9

-0,4

0,0

DEF 2016

-1,9

-1,2

-0,6

-0,1

0,4

NADEF 2015

-2,1

-1,4

-0,7

-0,1

0,3

DEF 2015

-2,0

-1,4

-0,7

-0,1

0,3

Indebitamento netto

NADEF 2017

-2,6

-2,5

-2,1

-1,6

-0,9

-0,2

DEF 2017

-2,7

-2,4

-2,1

-1,2

-0,2

0,0

NADEF 2016

-2,6

-2,4

-2,0

-1,2

-0,2

DEF 2016

-2,6

-2,3

-1,8

-0,9

0,1

NADEF 2015

-2,6

-2,2

-1,1

-0,2

0,3

DEF 2015

-2,6

-1,8

-0,8

0,0

0,4

Saldo primario

NADEF 2017

0,0

1,5

1,7

2,0

2,6

3,3

DEF 2017

1,5

1,5

1,7

2,5

3,5

3,8

NADEF 2016

1,5

1,5

1,7

2,4

3,2

DEF 2016

1,6

1,7

2,0

2,7

3,6

NADEF 2015

1,7

2,0

3,0

3,9

4,3

DEF 2015

1,6

2,4

3,2

3,8

4,0

Misure una tantum

NADEF 2017

-0,2

0,2

0,4

0,0

-0,1

-0,1

DEF 2017

-0,2

0,2

0,3

0,1

0,0

0,0

NADEF 2016

-0,1

0,1

0,1

-0,1

-0,1

DEF 2016

-0,1

0,1

0,0

0,0

0,0

NADEF 2015

-0,1

-0,1

0,0

-0,1

0,0

DEF 2015

-0,1

-0,1

0,0

0,0

0,0

Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2017

-0,1

-0,9

-1,3

-1,0

-0,6

-0,2

DEF 2017

-0,5

-1,2

-1,5

-0,7

0,1

0,0

NADEF 2016

-0,7

-1,2

-1,2

-0,7

-0,2

DEF 2016

-0,6

-1,2

-1,1

-0,8

-0,2

NADEF 2015

-0,3

-0,7

-0,3

0,0

0,0

DEF 2015

-0,5

-0,4

0,0

0,1

0,2

Variazione saldo di bilancio corretto per ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2017

0,3

-0,8

-0,4

0,3

0,4

0,4

DEF 2017

0,3

-0,7

-0,3

0,8

0,8

-0,1

NADEF 2016

0,2

-0,5

0,0

0,5

0,6

DEF 2016

0,2

-0,7

0,1

0,3

0,6

NADEF 2015

0,3

-0,4

0,4

0,3

0,0

DEF 2015

0,2

0,1

0,3

0,2

0,0

Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2017

4,0

3,0

2,6

2,6

2,9

3,3

DEF 2017

3,7

2,8

2,4

3,0

3,8

3,8

NADEF 2016

3,5

2,8

2,5

2,8

3,3

DEF 2016

3,6

2,8

2,7

2,8

3,3

NADEF 2015

4,0

3,5

3,8

4,1

4,1

DEF 2015

3,7

3,9

4,0

4,0

3,8

Variazione avanzo primario corretto per ciclo e al netto delle una tantum

NADEF 2017

n.d.

-1,0

-0,4

0,0

0,3

0,4

DEF 2017

n.d.

-0,9

-0,4

0,6

0,8

0,0

NADEF 2016

-0,3

-0,7

-0,3

0,3

0,5

DEF 2016

-0,2

-0,8

-0,1

0,1

0,5

NADEF 2015

0,0

-0,5

0,3

0,3

0,0

DEF 2015

-0,2

0,2

0,1

0,0

-0,2

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: n.d. = dato non disponibile.

Fonti: Tavole "La finanza pubblica corretta per il ciclo" e "Indicatori di finanza pubblica" in: NADEF 2017, DEF 2017, NADEF 2016, DEF 2016, NADEF 2015, DEF 2015 e NADEF 2014 ed elaborazioni sulle tavole citate.

L'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in relazione all'obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione europea e all'Eurogruppo il progetto di documento programmatico di bilancio contenente, tra l'altro, le informazioni circa l'obiettivo di saldo di bilancio per la PA ripartito per sottosettori, le proiezioni a politiche invariate nonché gli obiettivi dell'entrata e della spesa per la PA e le relative componenti principali[21].

2.5 Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa

L'Italia è sottoposta al braccio preventivo del PSC: in tale quadro di regole il percorso di avvicinamento all'obiettivo programmatico (OMT)[22] è valutato in base alla variazione del saldo strutturale e alla regola di spesa.

 

In relazione alla variazione del saldo strutturale, in ciascun anno, il percorso verso l'OMT viene valutato sulla base della variazione del saldo strutturale e viene modulato in funzione delle condizioni cicliche dell'economia (sinteticamente indicata dal livello dell'output gap; del livello del saldo strutturale di partenza e del rapporto debito/PIL; nonché dell'esistenza di rischi di medio periodo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche valutati sulla base dell'indicatore S1[23]).

Le modifiche del Patto di stabilità e crescita del 2011 hanno introdotto un vincolo sull'evoluzione della spesa, esso è stato recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012. Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT (come l'Italia), l'aggregato della spesa di riferimento dovrebbe seguire un'evoluzione commisurata alla differenza tra il tasso crescita medio del PIL potenziale e il cosiddetto margine di convergenza, a sua volta calibrato in relazione alle condizioni cicliche dell'economia[24].

 

Si riportano di seguito le tabelle della Nota di aggiornamento che in maniera molto efficace consentono di apprezzare:

§  il quadro degli aggiustamenti richiesti al nostro Paese così come determinato dal quadro analitico della cd. Matrice della Commissione anche in relazione alla flessibilità di bilancio accordata[25] (Tabella 21)

§  le eventuali deviazioni significative dalle prescritte variazioni del saldo strutturale (Tabella 22) e dal rispetto della regola della spesa (Tabella 23).

Tabella 21 - Flessibilità accordata all'Italia nel Patto di stabilità

Fonte: NADEF 2017, pag. 68.

Tabella 22 - Deviazioni significative: Convergenza del saldo strutturale verso l'OMT

Fonte: NADEF 2017, pag. 68.

Tabella 23 - Deviazioni significative: Regola di spesa

Fonte: NADEF 2017, pag. 68.

Circoscrivendo l'analisi ai soli casi di deviazione significativa nell'ambito del quadro programmatico, si rileva quanto segue.

Con riferimento all'anno 2017 in relazione alla convergenza del saldo strutturale verso l’OMT si registra una deviazione significativa (0,4 p.p.) sulla media dei due anni, mentre la deviazione in media di anno (0,5 p.p.) coincide con il margine di scostamento consentito. Per quanto riguarda la regola della spesa si registra una deviazione significativa sia su base annua (0,7 p.p.) che su due anni (0,3 p.p.).

 

Per il 2018 si registra una deviazione significativa solamente nelle medie su due anni sia in relazione alla convergenza del saldo strutturale verso l’OMT (0,4 p.p.) che alla regola della spesa (0,3 p.p.), in entrambi i casi a fronte di un margine massimo di tolleranza di 0,25 p.p.

2.6 Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento

La presente Nota di aggiornamento propone poi, aggiornandone ampiamente il contenuto rispetto alle precedenti versioni, il focus sulle spese connesse all'invecchiamento in uno scenario di medio-lungo termine.

In particolare, lo scenario nazionale base recepisce i parametri demografici sottostanti lo scenario mediano rielaborato recentemente dall'Istat con base 2016, superando quello precedente con base 2011.

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il tasso di crescita reale del PIL è previsto all'1,2% medio annuo (1,5% nel precedente scenario).

Lo scenario definito in sede di EPC[26]-WGA[27] (2018-Ageing Report) per le nuove previsioni delle spese connesse all'invecchiamento (pensioni, sanità, LTC[28], ammortizzatori sociali e istruzione) reca significative modifiche in peius delle determinanti di tali spese per l'Italia, contribuendo a determinare il quadro delineato nella tabella seguente.

Tabella 24 - Previsione della spesa pubblica age-related in percentuale del PIL - scenario baseline EPC-WGA 2018

Fonti: NADEF 2017, tavola R1; DEF 2016, sez. I, tavola IV.4.

Riguardo al quadro macroeconomico, le ipotesi di scenario partono dalle previsioni elaborate dalla Commissione (Spring forecast 2017) sulla base della metodologia definita in ambito OGWG (Output Gap Working Group), ed approvata da EPC. Tali ipotesi evidenziano:

1)  una crescita della produttività, ed in particolare della produttività totale dei fattori (PTF), sostanzialmente nulla nel decennio, il che si riflette negativamente anche nel ventennio successivo in ragione del posticipo della fase di convergenza del tasso di crescita della PTF sui livelli strutturali di lungo periodo comuni a tutti i paesi (la convergenza all'1% avverrebbe nel 2045, con un decennio di ritardo rispetto al precedente scenario);

2)  un tasso di disoccupazione strutturale di lungo periodo più alto di 0,6 p.p. e pari al 7,9%, a fronte del 7,3% del precedente scenario;

3)  la conferma dei precedenti tassi di attività.

Riguardo al quadro demografico, Eurostat ha elaborato e pubblicato a fine febbraio 2017 le nuove previsioni della popolazione, con base 2015, per tutti paesi dell’UE. Per quanto riguarda l’Italia, tutti i parametri demografici sono stati rideterminati in senso peggiorativo rispetto alle precedenti previsioni del 2013. In particolare:

1)  il tasso di fecondità parte da un livello più basso;

2)  la speranza di vita di uomini e donne parte da un livello più elevato;

3)  il flusso migratorio netto risulta fortemente ridimensionato (in misura di poco inferiore al 50% per i primi 25 anni considerati, rispetto al precedente scenario).

Per effetto della revisione delle ipotesi demografiche, e principalmente della riduzione del flusso netto di immigrati, la popolazione italiana al 2060 è prevista contrarsi di oltre 9 milioni rispetto al livello stimato nelle precedenti previsioni (quindi dovrebbe attestarsi intorno ai 46 milioni) e l'indice di dipendenza degli anziani aumentare di oltre 8 p.p..

Ne deriva una notevole riduzione delle proiezioni di crescita di lungo termine, il cui potenziale passerebbe da un livello medio annuo di circa l'1,4% ad un livello di circa lo 0,7%.

 

Come già anticipato nel DEF 2017 e nel Rapporto n. 18 "Le tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario" della RGS la strutturale contrazione della crescita economica italiana, che emerge dall’aggiornamento delle ipotesi di scenario, si traduce ovviamente in un peggioramento della previsione delle principali componenti di spesa pubblica connessa all'invecchiamento in rapporto al PIL e, in particolare, della spesa pensionistica.

Rispetto ai risultati del DEF 2017, il livello della spesa pensionistica in rapporto al PIL aumenta di circa 2 p.p. nel 2035, raggiunge un massimo di 2,6 p.p. intorno al 2045, per poi ridursi a circa 1,2 p.p. al 2060 e a 0,5 p.p. al 2070.

Aumenta anche l’incidenza delle spese per le prestazioni sanitarie e per long term care (circa 0,3 p.p. di PIL dal 2048), mentre scende l’incidenza della spesa per istruzione (circa 0,3 p.p. in prossimità del 2040 e 0,2 p.p. alla fine del periodo di previsione).

Complessivamente - prosegue la NADEF -, il totale delle spese pubbliche connesse all'invecchiamento (considerando anche gli ammortizzatori sociali) in rapporto al PIL registra un peggioramento rispetto alle precedenti previsioni fino a un massimo di 2,7 p.p. attorno al 2045. L’aumento si riduce a 1,4 p.p. di PIL al 2060 e a 0,5 p.p. al 2070.

Si osserva che i gap appena indicati sembrano leggermente superiori (di 0,2 - 0,3 p.p.) a quelli ricavabili dalla tabella sopra riportata.

 

Tale incremento determina un sensibile deterioramento sia dell’indicatore di sostenibilità della finanza pubblica di medio periodo S1 sia dell’indicatore di lungo periodo S2, con riferimento al quale si verificherebbe il passaggio del nostro paese dalla categoria a basso rischio a quella a medio rischio.

La NADEF prosegue affermando che l’impatto sugli indicatori di sostenibilità non mette in discussione la validità dell’assetto normativo istituzionale italiano. L’architettura del nostro sistema pensionistico può contare su un avanzato meccanismo di correzione e adeguamento automatico dei parametri di calcolo e dei requisiti, che ne garantisce la tenuta complessiva. Su un piano più generale, l’obiettivo di migliorare gli indici di sostenibilità delle finanze pubbliche può essere realizzato proseguendo le politiche volte all’accrescimento della produttività e dei livelli occupazionali.

 

In relazione al nuovo scenario demografico consegnato all'esame parlamentare, si ricorda che già in occasione del DEF 2016 si era evidenziato da parte dei servizi di documentazione che già "dal 2011 il flusso di nuovi ingressi di cittadini non comunitari verso il nostro Paese risulta in flessione. Durante il 2014 sono stati rilasciati 248.323 nuovi permessi, quasi il 3% in meno rispetto all'anno precedente. Il decremento riguarda, in particolare, proprio i permessi per motivi di lavoro, mentre aumentano i permessi per asilo/motivi umanitari". Si ricordava poi che già il "Quarto rapporto annuale sugli immigrati nel mercato del lavoro in Italia" aveva evidenziato per il 2012 circa 264.000 ingressi (di cui solo 71.000 per motivi di lavoro, meno della metà del corrispondente dato del 2007).

Si sottolineava poi la continua diminuzione del tasso di fecondità totale (1,37 nel 2015): tale tendenza, confermata anche per il 2016 (1,34 figli per donna - v. Il futuro demografico del Paese, pubblicato dall'ISTAT il 26 aprile 2017), suscitava notevoli perplessità circa le ipotesi e il profilo temporale di una risalita del tasso di fecondità fino a circa 1,6 figli per donna nel 2060.

Entrando nel merito, sarebbe auspicabile un supplemento d'informazioni circa l'origine dell'ipotesi formulata sulla produttività, specificando se il suo calo risenta dei più sfavorevoli scenari demografici (e in tal caso andrebbe acquisita contezza attraverso quali meccanismi, atteso che viene contestualmente rivista in peius la condizione di sotto-utilizzo della forza lavoro disponibile, che pertanto potrebbe a sua volta essere una conseguenza, piuttosto che una causa, del calo della produttività) ovvero di altre cause.

D'altronde, preso atto delle nuove ipotesi demografiche, andrebbero fornite maggiori delucidazioni circa i meccanismi d'impatto del calo demografico atteso, considerando il permanere di una significativa disoccupazione strutturale, il che induce ad escludere problemi legati ad una carenza dell'offerta di lavoro.

Il complesso delle interazioni in gioco dovrebbe essere esplicitato, chiarendo i meccanismi causali alla base delle nuove previsioni sul PIL e sulla spesa age-related.

Inoltre, andrebbe indicata separatamente la quota del gap fra la crescita potenziale stimata nelle nuove previsioni (circa lo 0,7% annuo) e quella precedentemente stimata (circa l'1,4% annuo) riconducibile al calo, da un lato, della produttività e, dall'altro, della popolazione in attività in valore assoluto (vengono invece confermati i tassi di attività). Comunque si fa presente che, in termini di PIL potenziale (verosimilmente in termini di PIL reale il gap sarebbe inferiore), la perdita rispetto allo scenario precedente nell'arco di 40 anni ammonterebbe a circa il 25% (mentre la popolazione è attesa in calo di poco più del 16%).

Si prende atto, infine, dei chiarimenti forniti sui due indicatori di sostenibilità S1 e S2.

2.7 L’evoluzione del debito

La recente revisione del PIL operata dall'ISTAT per il 2015 e il 2016 impatta significativamente, come prevedibile, sul rapporto debito/PIL. A differenza dell'anno scorso, non sono invece state effettuate dalla Banca d'Italia revisioni sullo stock del debito delle PP.AA..

Per il 2015 il rapporto passerebbe dal 132,1% al 131,5%. Anche per il 2016 il ribasso del rapporto è pari a circa 0,6 p.p.: pertanto il rapporto scende dal 132,6% al 132%.

Nel 2017 il debito pubblico è previsto scendere al 131,6%, in ulteriore riduzione rispetto all'obiettivo programmatico del DEF di aprile (132,5%), parzialmente in virtù della citata revisione al rialzo del PIL nominale derivante dalle nuove stime ISTAT.

Ulteriori determinanti del miglioramento sono da rinvenire nella prevista riduzione del fabbisogno di cassa del settore pubblico (0,3 p.p.) rispetto alle previsioni di aprile e nell'aggiornamento della stima degli aggi di emissione relativi ai collocamenti dei titoli di Stato, che nell'ultimo semestre è salita per via di tassi di interesse risultati inferiori alle previsioni del DEF di aprile (0,2 p.p.). In senso negativo opererà la riduzione degli introiti da privatizzazioni, pari allo 0,2% del PIL, a fronte di una previsione primaverile dello 0,3%. Invariato è l'impatto degli interventi relativi al sistema bancario, già attuati.

Nel complesso, il miglioramento del valore assoluto del debito, rispetto alle previsioni di aprile, è stimato pari a circa 7 miliardi di euro, coerentemente con le stime sulle determinanti appena riportate (fabbisogno, aggi di emissione ed entrate da privatizzazioni). Mentre merita un chiarimento la considerazione della NADEF circa l'aggiornamento della stima degli aggi di emissione relativi ai collocamenti dei titoli di Stato, si rileva che l'ultimo comunicato del MEF relativo al fabbisogno, attestatosi a circa 40 miliardi di euro nei primi 8 mesi dell'anno (+9,9 miliardi rispetto all'omologo periodo del 2016), afferma che il suo andamento è "in linea con le previsioni sottostanti il DEF 2017", che lo stimava pari, a fine anno, a circa 3,5 p.p. di PIL (59,5 miliardi di euro). Appare pertanto auspicabile un chiarimento circa l'origine della stima di un miglioramento di 0,3 p.p. (5 miliardi di euro) del valore del fabbisogno, evidentemente da conseguire nell'ultimo quadrimestre del 2017, pur considerando che al decreto legge n. 50 del 24 aprile 2017 erano ascritti effetti migliorativi sul fabbisogno pari a 2,8 miliardi di euro. Modesti gli effetti ascrivibili alla maggiore crescita del PIL reale rispetto al DEF (+1,5%, in luogo dell'1,1%), atteso che la stessa è in parte neutralizzata dalla revisione al ribasso del deflatore del PIL (0,6% rispetto allo 0,8% di aprile).

Infine, con riferimento alle privatizzazioni, si chiede a quanto ammontino ad oggi i proventi effettivamente realizzati nel presente anno.

Il rapporto debito/PIL prosegue la sua discesa nell'intero periodo considerato, restando in sostanza ancorato alle previsioni del DEF, migliorandole significativamente soltanto nel 2020.

Tabella 25 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore(1)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2017, Sez. I, tavola III.5.

1) Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2016 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 15 settembre 2017). I valori di consuntivo del 2015 e del 2016 tengono conto delle revisioni del PIL contenute nelle Tabelle allegate al comunicato stampa Istat “Conti economici nazionali del 2016” del 22 settembre 2017. Le stime considerano proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,2% nel 2017 e 0,3% del PIL annuo nel periodo 2018-2020. Le stime scontano l’ipotesi di una riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per circa 0,7% del PIL nel 2017 e per oltre lo 0,1% di PIL nel 2018 e nel 2019. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento. Le stime programmatiche scontano l'ipotesi di una uscita graduale dalla Tesoreria Unica solo a partire dal 2021.

3) Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

Più nel dettaglio, nel 2018 il rapporto è previsto pari al 130% (-1,6% rispetto al 2017), grazie alla contrazione del fabbisogno di cassa del settore pubblico (0,5 p.p.), ai più rilevanti introiti da privatizzazioni (pari allo 0,3% del PIL) e alla risalita della crescita nominale oltre il 3%.

Per motivi di chiarezza, giova evidenziare che le stime incidenti sull'ammontare in termini nominali del debito non rappresentano un ulteriore miglioramento rispetto alle previsioni del DEF di aprile, tanto che, in realtà, pur partendo da un livello assoluto più basso nel 2017 rispetto alle precedenti previsioni (cfr. sopra), il debito è previsto attestarsi, in valore assoluto, sui medesimi livelli stimati ad aprile (circa 2.302 miliardi di euro), annullando pertanto il dato migliorativo del 2017. Il miglioramento di 1 p.p rispetto alle stime di aprile è pertanto ascrivibile, oltre che alla revisione statistica 2015-2016 (che ovviamente continua ad esplicare i suoi effetti sul denominatore del rapporto), alla maggiore crescita attesa del PIL nominale. Per quanto attiene alla componente reale, stimata pari, in termini di programmatico, all'1,5%, valore che appare coerente con il miglioramento registrato nel presente anno, andrebbero fornite informazioni aggiuntive sui fattori programmatici che dovrebbero rappresentare il boost per la conferma anche nel 2018 del dato sulla crescita reale relativo al 2017. Maggiormente problematica appare, invece, la stima relativa al deflatore del PIL, che, pur rivista al ribasso in termini programmatici (1,6%) rispetto ai tendenziali (1,8%) (verosimilmente ascrivibile all'ulteriore sterilizzazione delle clausole di salvaguardia), ricalca in sostanza quella del DEF 2017. Sul punto, infatti, va rilevato che i dati di consuntivo del deflatore del PIL si palesano spesso inferiori rispetto alle previsioni, come già evidenziato in precedenti dossier. Comunque, il dato sconta un incremento di circa 1 p.p. rispetto ai valori registrati nell'ultimo triennio. La questione merita un approfondimento in ordine alle sue causali, stante la sua rilevanza.

 

Nel 2019 il rapporto dovrebbe scendere di quasi 3 p.p., attestandosi al 127,1%, grazie a una riduzione del fabbisogno per circa 1 p.p. di PIL e ad una crescita nominale che dovrebbe raggiungere il 3,4%.

La NADEF sconta una crescita del debito in valore assoluto significativamente superiore alle stime di primavera: infatti essa sarebbe pari a circa 24,5 miliardi (per un debito totale di 2.326,5 miliardi di euro), a fronte di una precedente stima di circa 17 miliardi (per un debito totale di 2.319,3 miliardi di euro circa). Anche per il 2019, quindi, il miglioramento scaturisce dalla maggiore crescita del PIL nominale e, in misura quasi equivalente, dagli effetti della citata revisione statistica. Valgono anche per tale anno le considerazioni già svolte per il 2018 in relazione alla crescita reale e, soprattutto, al deflatore del PIL, che viene stimato in ulteriore crescita all'1,9%, fra l'altro in aumento tanto rispetto al tendenziale che alle previsioni del DEF 2017 (1,8%).

 

Nel 2020 la discesa dell'indicatore dovrebbe confermarsi nella sua intensità, con un rapporto previsto pari al 123,9%. Le determinanti saranno da rinvenire in un'ulteriore riduzione del fabbisogno e in una stabilizzazione della crescita nominale al 3,4%. Tali fattori tenderanno a compensare ampiamente l'incremento della rivalutazione del debito dovuto all'inflazione (attraverso i titoli indicizzati), che si prevede risalire significativamente sia in Italia che in Europa.

Analizzando i dati in valori assoluto, si evince che la crescita dello stock di debito pubblico resta confermata sul medesimo valore del DEF 2017, pari a circa 19 miliardi di euro. Appare pertanto implicito l'effetto compensativo dell'ulteriore riduzione del fabbisogno, da un lato, e dell'incremento del debito determinato dai titoli indicizzati, in un quadro di inflazione più elevata, dall'altro. Sotto tale ultimo profilo, si rappresenta che l'ultimo Bollettino economico della BCE (pagina 5) stima un tasso annuo d'inflazione misurato sullo IACP pari all'1,2% nel 2018 e all'1,5% nel 2019, con prospettive riviste lievemente al ribasso rispetto allo scorso giugno, il che rende più che prudenziale la valutazione del Governo. L'ulteriore, netta discesa del rapporto, comunque, deriverebbe esclusivamente dall'impatto della revisione statistica (circa 0,6 p.p.) e dalla maggiore crescita del PIL nominale. Pertanto, resta meritevole di approfondimento la stima del deflatore del PIL, previsto in ulteriore crescita al 2,1%.

 

In sostanza, riepilogando, si osserva che il migliorato profilo del rapporto debito/PIL per il quinquennio 2016-2020 rispetto alle stime di aprile scaturisce dalle revisioni statistiche del PIL operate dall'ISTAT (tale componente è quella che, ovviamente, opera in via esclusiva per il biennio 2015-2016) e dalla maggiore crescita registrata quest'anno, che dovrebbe facilitare un più vivace profilo di crescita dell'economia nazionale. Un ulteriore, più netto miglioramento dell'andamento del PIL nominale viene invece ipotizzato soltanto per il 2020 (+0,2% in termini reali e +0,4% il deflatore del PIL rispetto alle stime di aprile).

Tabella 26 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore(1)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2017, Sez. I, tavola III.5.

Note: 1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti, 2) e 3) vedi note tabella precedente.

Prendendo in considerazione la variazione annua, i dati mostrano che l’andamento crescente del debito complessivo delle PP.AA. risulta determinato integralmente dalla componente delle Amministrazioni centrali. La componente delle Amministrazioni locali è invece confermata come nelle precedenti previsioni in costante diminuzione nell'intero periodo (raggiungendo, a partire dai 131,6 miliardi del 2016, il valore di 117,9 miliardi nel 2020). Irrilevante e invariato, dal punto di vista strettamente contabile, sul saldo in questione il ruolo degli enti previdenziali.

Si segnala che la somma dei debiti dei sottosettori risulta più elevata del debito complessivo della PA per tutto il periodo 2016-2020, per un importo costante, pari a quasi 52 miliardi di euro annui. Tale scostamento è attribuito dal “Gruppo informazione debito pubblico” al fatto che mentre il debito complessivo della PA è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività che costituiscono al tempo stesso attività di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche – quali, ad esempio, i titoli di debito pubblico detenuti dagli Enti previdenziali -, il debito dei singoli sottosettori è espresso al lordo degli elementi di consolidamento.

2.7.1 L'evoluzione del rapporto debito/PIL dopo la fine del Quantitative Easing

In relazione all'eventuale uscita della Banca Centrale Europea dalla politica di quantitative easing (QE), che peraltro sarà verosimilmente implementata in modo ordinato e graduale, la NADEF ricorda che le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica di tutti i documenti ufficiali del Governo sono formulate sulla base degli attuali rendimenti di mercato e scontano già tutte le informazioni attualmente a disposizione degli investitori. Pertanto, essendo la curva dei rendimenti italiana più ripida di quella tedesca (ed anche di quella dei tassi swap in euro), essa già incorpora una salita dei tassi ed un ampliamento dei differenziali contro Bund e swap nei prossimi tre anni, tenendo conto, pertanto, dell’impatto “atteso” della exit strategy della BCE.

 

Andrebbe quindi confermato che gli oneri per interessi contabilizzati nel presente documento siano stati calcolati tenendo conto del progressivo abbandono della politica del QE da parte della BCE.

 

Per tenere conto di un quadro più incerto per motivi politici, il Governo presenta due ulteriori scenari di simulazione dell’evoluzione del rapporto debito/PIL nel medio periodo alternativi rispetto a quello base, sopra accennato.

Il primo scenario assume una uscita più rapida e inattesa dal programma di QE della BCE.

Il secondo somma agli effetti del precedente scenario l’impatto derivante dall’incertezza sulla situazione post-elettorale e il possibile significativo peggioramento del rischio di credito.

Nel primo scenario alternativo (scenario 1 – uscita inattesa da QE) si assume che i mercati potrebbero richiedere un premio molto più elevato su tutte le scadenze. Conseguentemente, a partire da metà del 2018, la curva dei rendimenti è prevista aumentare parallelamente di 200 punti base rispetto ai livelli dello scenario programmatico. Tale shock si protrae fino a metà del 2019 e viene poi gradualmente riassorbito, fino a convergere ai tassi forward dello scenario base nel 2021.

A seguito di tali ipotesi, le previsioni di crescita del PIL e le stime dell'avanzo primario vengono riviste a ribasso.

Nel secondo scenario alternativo (scenario 2 – uscita inattesa da QE e rischio di credito innescato dall'incertezza post-elettorale) si assume anche che, a partire da metà del 2018 e fino alla fine del prossimo anno, la curva dei rendimenti si appiattisca a causa di un significativo aumento dei tassi sui titoli di stato a breve-medio termine. Lo shock sui tassi a breve viene gradualmente riassorbito nel corso del 2019 fino a convergere ai tassi forward dello scenario base nel 2021. Anche in questo scenario, per effetto della minore crescita attesa, si registrano conseguenze avverse nel rapporto debito/PIL.

La figura riportata sotto mostra come in entrambi gli scenari, pur rimanendo su livelli elevati nel medio-periodo, il rapporto non presenti comunque tendenze esplosive ma, sebbene a ritmi lenti, continui a ridursi come nel caso dello scenario 1, raggiungendo il 120% a fine periodo, oppure si stabilizzi intorno al 128%, come nello scenario 2.

Figura 20 - Debito/PIL negli scenari di forti tensioni di mercato

(in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2017, Sez. I, figura R.1.

Ne risulta che, grazie anche alla elevata vita media residua e alla durata finanziaria del debito pubblico (6,9 e 5,5 anni, rispettivamente) - prosegue la NADEF-, l’impatto di una crisi di fiducia di ragionevole durata sull’economia e sul rapporto debito/PIL sarebbe ampiamente gestibile.

In relazione alla presente ricostruzione, sottolineata la correttezza, sulla base delle ipotesi formulate, delle stime previsionali sul rapporto debito/PIL, il cui andamento non assumerebbe comunque un andamento esplosivo, registrando invece anche nello scenario peggiore un lieve miglioramento al termine del periodo considerato rispetto al valore attuale, si richiedono innanzitutto chiarimenti circa le assunzioni relative all'andamento della crescita reale e degli interessi sui titoli di nuova emissione. Infatti, posto che l'ipotesi assunta in relazione al deflatore del PIL appare prudenziale e quella sul calo dell'avanzo primario coerente con l'asserito andamento del PIL, meritano un approfondimento gli scenari alternativi a quello base prospettati nella NADEF in rapporto alla crescita reale della ricchezza nazionale e all'andamento dei tassi di interesse, onde valutare più compiutamente i rischi correlati agli eventi sfavorevoli che dovessero accompagnare il tapering da parte della BCE.

Rilevante appare poi nel determinare il quadro consegnato all'attenzione del Parlamento l'asserzione che lo shock sui tassi sarebbe riassorbito già nel 2021 (in un arco di tempo, cioè, paragonabile a quello necessario dopo la crisi finanziaria del 2011). Tale assunto, pur ragionevole, non sembra tuttavia tener conto del fatto che al superamento del precedente shock finanziario ha ampiamente contribuito proprio la politica del QE da parte della BCE, di cui - in questa sede - si assume viceversa l'abbandono.

Infine, andrebbe approfondita la questione legata agli effetti sul potenziale di crescita economica di medio-lungo periodo di un prolungarsi ed aggravarsi (ovviamente scontati negli scenari in esami) del gap fra PIL effettivo e potenziale.

2.8 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

La presente sezione, dopo aver ricostruito il quadro istituzionale e normativo e ricordato che ormai è a regime l'applicazione della regola del debito (che scandisce il processo di rientro del rapporto debito/PIL sotto la soglia del 60%), sottolinea che, nel caso di mancata osservanza della suddetta regola, lo stesso TFUE (articolo 126.3) prevede che la Commissione elabori, prima dell'eventuale apertura di una procedura per disavanzi eccessivi, un rapporto ad hoc nel quale sono riportati tutti i fattori rilevanti a piegare la devozione rispetto al benchmark. Anche in tale documento il benchmark più favorevole all'Italia per la valutazione del rispetto della regola del debito è rappresentato da quello forward looking, in cui la valutazione viene effettuata quantificando il gap prodotto sulla base delle proiezioni del rapporto debito/PIL nei due anni successivi a quello di riferimento (si ricorda che la riduzione dovrebbe essere pari a 1/20 della quota eccedente la soglia del 60%). Per quanto riguarda il 2017 (anno di riferimento), il rapporto debito/PIL del 2019 è previsto attestarsi al 127,1%, con un gap del 2,8% del PIL rispetto al benchmark forward looking. Per quanto riguarda il 2018, si dovrà valutare il dato atteso per il 2020, che eccederà il benchmark di 1,5 p.p. di PIL nello scenario tendenziale e di 1,1 p.p. nello scenario programmatico.

Tabella 27 - Rispetto della regola del debito: criterio forward looking

Fonte: NADEF 2017, tavola III.6.

Pur evidenziandosi il permanere di un gap rispetto al benchmark, giova segnalare la significativa riduzione di tale divario, tanto in termini tendenziali che programmatici, sia per il 2017 che per il 2018, rispetto alle stime del DEF di aprile. I miglioramenti sono compresi fra un minimo di 0,3 p.p. ed un massimo di 1,4 p.p. di PIL.

 

Come sintetizzato graficamente nelle figure riportate nella NADEF e di seguito riprodotte, il Governo afferma che la convergenza del rapporto verso il benchmark risulterà guidata dal crescente contributo dell'avanzo primario, che si consoliderà a partire dal 2019. Parallelamente la quota di convergenza assicurata dal differenziale tra crescita nominale e tasso d'interesse implicito comincerà a rallentare nel 2018, per arrestarsi completamente negli anni successivi.

Figura 21 - Sentieri di aggiustamento e regola del debito

 

Scenario a legislazione vigente

2017

2018

 

 

Scenario programmatico

2017

2018

Fonte: NADEF 2017, figura III.2 e figura III.3.

Nota: BF sta per Benchmark Forward Looking

Atteso che fin dall'entrata a regime della regola del debito l'Italia ha presentato una deviazione rispetto al benchmark, la Commissione aveva redatto già nel febbraio del 2015 un rapporto per valutare la presenza di fattori rilevanti che potessero giustificare la deviazione ed evitare l'apertura di una procedura di infrazione. All'esito dello scambio di valutazioni con il Governo italiano, la Commissione aveva ritenuto di non procedere riconoscendo come fattori mitiganti, che giustificavano la deviazione:

1)  il rispetto del braccio preventivo del PSC;

2)  la bassa crescita e la bassa inflazione, che sconsigliavano l'adozione di politiche di bilancio eccessivamente restrittive, che avrebbero potuto aggravare la situazione;

3)  l'avvio di riforme strutturali capaci di aumentare il PIL potenziale.

Un analogo sviluppo dei rapporti fra Governo e Commissione si è riproposto nel 2016, con la conferma che la bassa inflazione e l'ambizioso piano di riforme continuavano a costituire fattori mitiganti della deviazione, pur rappresentandosi che la convergenza verso l'obiettivo di medio termine fosse a rischio.

Con il Parere sul Documento programmatico di bilancio pubblicato a novembre 2016, la Commissione ha concluso che lo sforzo fiscale pianificato dall’Italia non sembrava sufficiente per garantire il rispetto della regola del debito nel 2016 e nel 2017, preannunciando un nuovo rapporto sui fattori rilevanti. Il Governo italiano ha presentato lo scorso gennaio le proprie valutazioni riguardo la mancata compliance con la regola del debito, ribadendo, in particolare, i rischi di deflazione che rendono molto difficile ridurre rapidamente il rapporto debito/PIL, l’incertezza delle stime dell’output gap (ritenuto grossolanamente sottovalutato), i crescenti costi delle riforme strutturali e della crisi dei migranti.

Nel rapporto sui fattori rilevanti dello scorso febbraio, la Commissione Europea ha concluso che le condizioni macroeconomiche, tra cui la bassa inflazione, permangono sfavorevoli ma, al contempo, sono in graduale miglioramento. Inoltre, ha evidenziato un marcato rallentamento nell'azione di stimolo alla crescita economica attraverso l’adozione di riforme strutturali. Infine, ha evidenziato il rischio per il 2016 e il 2017 di non conformità delle finanze pubbliche italiane con l’aggiustamento richiesto dal braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita per convergere verso l’OMT. In particolare la Commissione affermava che il debito pubblico italiano "continua a rappresentare una delle maggiori fonti di vulnerabilità nel medio periodo e le misure adottate di recente non sono in linea con la piena attuazione delle passate riforme pensionistiche che sarebbero necessarie per migliorare la sostenibilità del debito, insieme alle altre riforme strutturali intese a promuovere la crescita potenziale nel medio/lungo periodo e a un ulteriore aggiustamento di bilancio". A fronte di ciò, la concessione dei fattori rilevanti per la mancata compliance con la regola del debito è stata legata alla ripresa della convergenza verso l’OMT attraverso l’introduzione di un pacchetto di misure correttive in grado di ridurre il saldo strutturale di almeno 0,2 p.p. di PIL, che il Governo italiano ha presentato congiuntamente al DEF dello scorso, approvando il decreto-legge n. 50 del 2017.

Alla luce di tali misure supplementari, la Commissione europea, nella fase di valutazione del DEF 2017 ha ritenuto non necessari ulteriori passi per garantire la conformità alla regola del debito per il 2015. Tuttavia, la conformità dell'Italia alla regola del debito verrà nuovamente valutata nell'autunno 2017 sulla base dei dati notificati per il 2016, delle proiezioni per il 2017 relative anche all’esecuzione delle misure adottate e alle misure di bilancio annunciate dal Governo per il 2018.

In aggiunta, si considerino gli esiti dell'interlocuzione fra il Governo e le istituzioni comunitarie dei mesi passati in merito alla politica di bilancio dell'Italia, riassunti nel paragrafo sulla Relazione ex articolo 6.

A sostegno dell'atteggiamento più graduale assunto dal Governo in relazione alla correzione del saldo strutturale e al rispetto della regola del debito, si ricorda anche in questa sede che la stessa relazione della Commissione del 22 febbraio u.s., pur ascrivendoli alle condizioni macroeconomiche sfavorevoli (destinate ad attenuarsi, ma comunque non a cessare), segnala l'esistenza per l'Italia di "moltiplicatori fiscali piuttosto elevati", che vanno ad amplificare l'effetto negativo sul denominatore di manovre correttive volte a ridurre lo stock di debito.

 


 

2.9 Piano di valorizzazione del patrimonio pubblico e privatizzazioni

È in corso un piano pluriennale di valorizzazioni e dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico che, congiuntamente alla vendita di partecipazioni azionarie, è volto a reperire risorse aggiuntive da destinare alla riduzione del debito e al finanziamento degli investimenti.

Nel DEF 2017 il Governo ha dichiarato che nel periodo 2011-2015 le vendite di immobili di proprietà pubblica sono ammontate a circa 6,2 miliardi, di cui 625 milioni per immobili delle amministrazioni centrali e 5,6 miliardi per le vendite effettuate dagli enti territoriali e previdenziali. Nel corso del 2016 i proventi derivanti dalle dismissioni di immobili pubblici ammontano a 783 milioni, (29 milioni derivanti dalle vendite di immobili delle amministrazioni centrali e 754 milioni derivanti da dismissioni immobiliari di enti territoriali e previdenziali).

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2017 il Governo dichiara che per il 2017 i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 900 milioni (100 milioni per le vendite di immobili delle amministrazioni centrali, 500 milioni per le vendite effettuate dalle amministrazioni locali e 300 milioni per le vendite degli enti di previdenza). Relativamente ai fondi immobiliari diretti gestiti INVIMIT, al 30 giugno 2017, gli immobili pubblici apportati nei fondi hanno un valore pari a circa 891,1 milioni, a fronte del quale sono state emesse quote che verranno successivamente collocate sul mercato. I proventi generati dal collocamento delle quote dei fondi INVIMIT sul mercato potranno essere contabilizzati a riduzione dell’indebitamento netto negli anni in cui tali vendite saranno realizzate, contribuendo indirettamente al contenimento del debito pubblico.

Nel dettaglio il valore degli immobili apportati ai fondi gestiti da INVIMIT risulta pari a: 105,774 milioni per il fondo i3-INAIL; 178,835 milioni per il fondo i3-Regione Lazio; 71,09 milioni per il fondo i3- Università; 78,612 milioni per il Comparto 8-quater e 49,798 milioni per il Comparto 8-ter del fondo i3-Sviluppo Italia; 101 milioni per il fondo i3-Inps e 306 milioni per il fondo i3-Patrimonio Italia. Sono in corso le procedure di ulteriori apporti.

La consistenza del patrimonio immobiliare statale, al 31 dicembre 2016, è pari a 62,5 miliardi (in aumento di circa 806 milioni rispetto al 2015), come riportato nella Relazione della Corte dei conti sul Rendiconto 2016.

Al riguardo la Corte – pur consapevole della complessità normativa relativa alla valorizzazione degli immobili pubblici - segnala l’esigenza di un recupero di efficienza nella fruizione dei beni pubblici da rendere maggiormente funzionali alle strategie di riqualificazione urbana, con interventi diretti alla loro valorizzazione,. Un ulteriore aspetto evidenziato dalla Corte riguarda la capacità di rendere effettivi gli strumenti di collaborazione istituzionale per la valorizzazione degli immobili pubblici, che in un quadro profondamente mutato negli anni, devono trovare una coerenza con gli istituti “tipici” di decisione consensuale tra le Amministrazioni, come gli accordi di programma e le altre forme previste dalla legislazione in materia.

 

Per quanto concerne le privatizzazioni, nel DEF 2017 il Governo ha dichiarato che nel 2016 i proventi realizzati dalle privatizzazioni di partecipazioni dirette e indirette sono stati pari a circa 0,1 punti percentuali del PIL. Per il periodo 2017-2020, le stime considerano proventi da privatizzazioni e ulteriori risparmi destinati al Fondo ammortamento pari allo 0,3 per cento del PIL annuo.

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2017 il MEF rivede a 0,2 punti percentuali di PIL l’obiettivo di proventi per il 2017 e conferma il perseguimento negli anni successivi dell’obiettivo annunciato di introiti annui da privatizzazioni nell’ordine di 0,3 punti percentuali di PIL.

Sono in corso alcuni aggiornamenti di vari piani industriali per effetto dell’imminente incorporazione di Anas nel gruppo Ferrovie dello Stato nonché dell’insediamento del nuovo vertice di Poste Italiane. Tali elementi hanno portato ad un temporaneo slittamento ma non hanno compromesso la validità del piano di azione.

 

In materia di locazione passiva di immobili adibiti a uso istituzionale, nella richiamata Relazione la Corte evidenzia come la riduzione delle locazioni passive, che si accompagna necessariamente ad una riorganizzazione degli spazi, comporti benefici tangibili che si estendono anche alle altre spese di funzionamento, generando una stabile riduzione del fabbisogno finanziario. Secondo i dati forniti dall’Agenzia del demanio, nel corso del 2015 sono stati realizzati risparmi pari a 17,7 milioni, mentre nel 2016 i risparmi ammontano a 11,8 milioni. Sulla base dei dati trasmessi direttamente dalle singole Amministrazioni, risulta che la spesa totale per locazioni passive in termini di costo (dato dall’ammontare dei fitti, degli oneri condominiali, delle indennità di occupazione e dei canoni ed oneri FIP) ammonta nel 2016 a circa 670 milioni, contro gli oltre 711 milioni del 2014 e gli oltre 682 milioni del 2015, con una riduzione del 4 per cento rispetto al 2014 e dell’1,9 per cento rispetto al 2015. Inoltre, la Corte segnala una diffusa difficoltà nel reperire immobili idonei a soddisfare le esigenze pubbliche, con la conseguenza che anche nell’esercizio 2016 si è constatato il fenomeno della permanenza di amministrazioni pubbliche in immobili di terzi sine titulo, con contratti di locazione scaduti.

In conclusione, la Corte rileva come nonostante lo sforzo compiuto per ridurre le locazioni passive sia stato rilevante, l’obiettivo imposto dalla legge di riduzione del 50 per cento, calcolato in termini di costi complessivamente sostenuti per locazioni passive nel 2014, sia difficilmente raggiungibile. Dai dati esaminati risulta evidente che la riduzione delle spese di funzionamento dei Ministeri e di quella per locazioni in particolare, non può più rappresentare la quota più significativa dei risparmi che le Amministrazioni debbono conseguire e che le riduzioni di spesa devono, ormai, puntare anche (e forse soprattutto) su altri settori.

 


 

3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo

 

Nella riunione del 11 luglio il Consiglio economia e finanza ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese e i pareri sulle politiche economiche, occupazionali e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni)[29], chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato nell'autunno 2016.

In generale, si osserva una riduzione del numero delle raccomandazioni rivolte a ciascun paese e una maggiore focalizzazione sulle priorità identificate nell'analisi annuale della crescita e connesse ai tre pilastri strategici, ribaditi nel marzo 2017 dal Consiglio europeo:

§  promozione degli investimenti

§  prosecuzione delle riforme strutturali

§  gestione responsabile delle politiche di bilancio.

Questo nell'ottica di promuovere le politiche in grado di rafforzare la ripresa e rendere meno dipendente la crescita europea dalle esogene internazionali.

Tale tendenza è particolarmente evidente nel caso dell'Italia dove si è passati dalle 8 raccomandazioni del 2014 alle sole 4 raccomandazioni di quest'anno. Nel testo approvato dal Consiglio vengono confermate le quattro proposte di raccomandazioni delle Commissione indirizzate all'Italia e riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I), la pubblica amministrazione, la concorrenza, il contrasto alla corruzione e la giustizia civile e penale (II), i crediti deteriorati e il settore bancario (III), il mercato del lavoro e la spesa sociale (IV).

A ben vedere si tratta tuttavia di un'operazione di accorpamento in gruppi di omogenei delle singole raccomandazioni.

 

Nelle pagine seguenti vengono analizzate le risposte del Governo italiano a ciascuna delle raccomandazioni formulate dalle Istituzioni europee.

 


 

3.I Gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità

 

 

Raccomandazione n. 1: Perseguire un consistente sforzo di bilancio nel 2018, in linea con i requisiti del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita, tenendo conto della necessità di rafforzare la ripresa in corso e di assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche dell’Italia. Provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Trasferire il carico fiscale gravante sui fattori produttivi verso imposte meno penalizzanti per la crescita, con esiti neutri per il bilancio, con un’azione decisa per ridurre il numero e l’entità delle agevolazioni fiscali, con la riforma dell’obsoleto sistema catastale e con la reintroduzione dell’imposta sulla prima casa a carico delle famiglie con reddito elevato. Ampliare l’uso obbligatorio dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento.

 

È questa la raccomandazione in cui più significativo è stato l'intervento del Consiglio sullo schema presentato dalla Commissione.

 

A riguardo si evidenzia come la Nota di aggiornamento riporti il testo come formulato dalla Commissione e non quello definitivo del Consiglio.

Oltre ad alcune modifiche di cui si dirà in seguito quest'ultimo testo reca una esplicita raccomandazione in merito a «Provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL».

 

Tra le altre differenze il Consiglio sottolinea la necessità di realizzare nel 2018 uno sforzo di bilancio consistente e, al contempo, ha ribadito che tali misure dovrebbero tradursi in una posizione di bilancio capace di rafforzare la ripresa e assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.

 

La risposta del Governo alla prima raccomandazione in materia di aggiustamenti di bilancio è illustrata in maniera diffusa all'interno della Nota di aggiornamento; pertanto, anche al fine di evitare un'inutile duplicazione di contenuti tra le parti del presente documento si rinvia ai paragrafi relativi alla relazione ex art. 6 e al quadro programmatico di finanza pubblica.

 

La revisione della spesa

Come già previsto nei precedenti documenti programmatici di finanza pubblica, la revisione della spesa continua anche nel nuovo quadro programmatico a costituire uno strumento importante per il risanamento dei conti pubblici, anche con funzione di ottimizzazione dell’uso delle risorse pubbliche, cui è affidata anche al funzione di ridurre la spesa improduttiva, superando progressivamente la logica della allocazione incrementale delle risorse di bilancio.

Nel quadro programmatico dei conti pubblici esposto nella Nota di aggiornamento in esame viene confermata l’importanza di tale strumento, segnalandosi che nell’ambito della manovra prefigurata per il 2018, la cui dimensione viene stimata prossima allo 0,5 del Pil[30], un ammontare consistente, pari a circa 0,15 punti percentuali di Pil, verrà reperito a valere sulla spesa pubblica. Il Governo introdurrà pertanto nella legge di bilancio 2018 misure di riduzione strutturale della spesa corrente, operate principalmente mediante l’integrazione del processo di revisione della spesa nel ciclo di bilancio.

Tale integrazione – a cui consegue l’affidamento di un carattere di strutturalità della spending review nell’ambito delle ordinarie procedure di bilancio - deriva dalle modifiche apportate alla legge di contabilità n. 196 del 2009 con la legge 4 agosto 2016, n. 163, che, come è noto, ha unificato la ex legge di stabilità e la ex legge di bilancio in un unico provvedimento, costituito ora esclusivamente dalla (nuova) legge di bilancio.

L’elemento che viene in rilievo a tale fine è che la nuova strutturazione del sistema di bilancio comporta che il processo di revisione della spesa sia incorporato nel ciclo di programmazione finanziaria così articolato nella nuova legge di bilancio: entro il 31 maggio, con D.P.C.M. su proposta del Ministro dell'economia (previa deliberazione del CdM), sono definiti obiettivi di spesa per ciascun Ministero, riferiti al successivo triennio; ai fini del conseguimento dei suddetti obiettivi i Ministri propongono gli interventi da adottare con il disegno di legge di bilancio; dopo l'approvazione della legge di bilancio, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono entro il 1°marzo di ciascun anno in appositi accordi le modalità per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa, ed il relativo cronoprogramma degli interventi; sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia entro il 15 luglio, quest’ultimo informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli accordi; entro il 1° marzo ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze, una relazione – che verrà allegata al DEF - sul grado di raggiungimento dei risultati in riferimento agli accordi in essere nell'esercizio precedente. Tale nuova disciplina, affiancata da numerose altre modifiche che qui non si dettagliano, permetterà, come anticipato, una revisione sistematica e strutturale della spesa.

La nuova procedura in questione ha trovato attuazione per la prima volta nell’anno in corso, con riferimento al triennio di programmazione 2018-2020, nel corso del quale - in relazione alle misure di razionalizzazione della spesa previste nella legge di bilancio 2017 per un ammontare pari a complessivi 2,8 miliardi per il 2018 e 4,7 miliardi per il 2019 - l’obiettivo stabilito dal Documento di Economia e Finanza a carico delle Amministrazioni centrali dello Stato è stato cifrato in 1 miliardo per ciascun anno. In relazione a tale obiettivo è intervenuto il D.P.C.M. 28 giugno 2017, che ha ripartito il suddetto importo tra i vari Ministeri.

Al fine del conseguimento dell’obiettivo il D.P.C.M. suddetto ha individuato i seguenti strumenti:

§  la revisione di procedure amministrative o organizzative per il miglioramento dell'efficienza;

§  il definanziamento di interventi previsti da specifiche disposizioni normative, tenuto conto delle priorità dell'azione di Governo e dell'efficacia degli stessi interventi;

§  la revisione dei meccanismi o parametri che regolano l'evoluzione della spesa, determinati sia da leggi sia da altri atti normativi, ovvero la soppressione di disposizioni normative di spesa vigenti in relazione alla loro efficacia o priorità.

Il provvedimento ha invece espressamente escluso dall'ambito della spesa oggetto delle proposte di riduzione le spese relative a investimenti fissi lordi, a calamità naturali ed eventi sismici, nonché quelle concernenti l’immigrazione e il contrasto alla povertà.

In ordine all’attività in corso ed ai risultati finora conseguiti dalla spending review, la Nota di aggiornamento 2017 in esame, precisato che l’attività di revisione opera attraverso due distinti processi (tra loro ovviamente interconnessi), il primo volto alla creazione dei necessari spazi di bilancio eliminando o riducendo specifici capitoli di spesa, ed il secondo operante sull’efficientamento dell’organizzazione e dei processi delle Amministrazioni, deriva i relativi dati da quanto recentemente esposto dalla Relazione annuale presentata il 20 giugno 2017 dal Commissario straordinario sulla spending review, che esamina l'attività di razionalizzazione e revisione della spesa nell'ultimo triennio e i risultati ottenuti.

In proposito la relazione precisa che l'attività di revisione e razionalizzazione della spesa si è concentrata sulla spesa corrente aggredibile, di ammontare pari a 327,7 miliardi

Relativamente alla natura della spesa, la relazione afferma che oltre il 90% della spesa corrente aggredibile è composta da:

§  costo del personale (per 164,1 miliardi, ovvero il 50% della spesa corrente aggredibile);

§  acquisti di beni e servizi (per 153,6 miliardi, ovvero il 41,5% della spesa corrente aggredibile).

Con riferimento all'area di spesa, circa tre quarti della spesa corrente sono concentrati in cinque macro aree: sanità, comuni, sicurezza, istruzione e difesa. Le attività di revisione e razionalizzazione della spesa si sono concentrate sulle prime tre voci. Le ultime due macro aree sono state ritenute, secondo la relazione, meno prioritarie.

Analizzata la struttura della spesa corrente aggredibile, la Relazione passa ad illustrare i risultati derivanti dall'attività di spending review, che agisce attraverso i due processi generali di cui si è prima detto (creazione di spazi di bilancio ed efficientamento)

Riguardo al primo punto, i capitoli di spesa eliminati e/o ridotti nel periodo 2014-2017 ammontano nel 2017 a 29,9 miliardi di euro, riduzione che, al netto del costo del personale, rappresenta il 18% della spesa corrente. Questa riduzione ha interessato tutti i comparti della pubblica amministrazione, ma con effetti differenziati. La pubblica amministrazione centrale ha contribuito per il 24% della spesa complessiva al netto del costo del personale, mentre i comparti locali hanno contribuito per il 17%. 

In merito al secondo punto, ossia gli interventi di efficientamento, la Relazione presenta i risultati sia per natura che per area di spesa.

Gli interventi di efficientamento riguardano, oltre che il personale per il quale il blocco del turnover ha prodotto nel triennio 2013-2016 una riduzione degli organici delle P.A., al netto della scuola, di circa 84 mila unità (variazione pari al 3,8% degli organici (sempre al netto della scuola), l'acquisto di beni e servizi, il cui efficientamento è stato basato su due programmi: il rafforzamento del ruolo storico di Consip come centrale di acquisto nazionale della pubblica amministrazione, e la costituzione del Tavolo degli aggregatori come un nuovo sistema per l'aggregazione degli acquisti, soprattutto delle amministrazioni locali.

Sull’azione operata nel settore dei beni e servizi la Nota di aggiornamento precisa come nel 2016 la spesa “presidiata”(vale a dire quella effettuabile tramite la strumentazione Consip) sia risultata pari a 48,3 miliardi, il valore delle gare bandite pari a 16,9 miliardi e la spesa effettivamente intermediata (valore delle forniture erogate alle P.A, su contratti Consip) pari a 8,2 miliardi: risultati, questi, tutti in forte crescita rispetto agli anni precedenti. Significativo anche il ruolo svolto dal Tavolo dei soggetti aggregatori, che ha consentito un risparmio medio di circa il 23 per cento sulle gare aggiudicate.

In ordine alle risultanze dell’ azione di contenimento della spesa è opportuno richiamare i dati esposti nel Documento di Economia e Finanza 2017, nel quale viene rilevato, anche mediante una specifica tabella[31] come, complessivamente, finora i risparmi associati a interventi di razionalizzazione della spesa, ammontano (in termini di indebitamento netto) a circa 3,6 miliardi di euro nel 2014, 18 miliardi nel 2015, 25 miliardi nel 2016, 29,9 miliardi nel 2017, circa 31,5 miliardi nel 2018 e 26,8 miliardi nel 2019 e riguardano tutti i livelli di governo, come espone la tabella che segue.

La spending review nella relazione per l’Italia 2017

 

Va da ultimo rammentato come una specifica attenzione al processo di revisione della spesa incorso sia rinvenibile nella Relazione per paese 2017 relativa all’ Italia , prodotta dai Servizi della Commissione Europea, nella quale si evidenzia che per quanto concerne le riforme relative alle finanze pubbliche, il Governo ha adottato una riforma globale del processo di bilancio in cui le revisioni di spesa diventano un elemento permanente, anche se l'attuazione di tale riforma risulta di fatto operativa in sede di formazione delle previsioni di bilancio 2018.

La revisione in atto prevede infatti anche una revisione del processo di bilancio. Benché gli obiettivi di risparmio, osserva la Relazione, siano stati gradualmente ridotti, - in parte perché si sono rivelati troppo ambiziosi in assenza di interventi sulle grandi voci di spesa, quali le pensioni o il trasporto pubblico, e a causa della limitata influenza dello Stato sulla spesa regionale e locale - . nel 2016 sono però state adottate ulteriori misure volte a razionalizzare la spesa pubblica e si è conclusa la riforma del processo di bilancio, nel cui ambito: - vengono chiariti il contenuto e la funzione dei programmi all'interno del bilancio evidenziando gli obiettivi da raggiungere; - il rafforzamento del principio di cassa dovrebbe migliorare la gestione e il controllo; - le entrate programmate e gli stanziamenti di spesa sono integrati in un unico atto, insieme agli atti legislativi necessari per raggiungere l’obiettivo.

In futuro queste misure, se attuate in maniera coerente, potrebbero rendere la revisione della spesa un elemento ancor più strutturale del processo di bilancio, allineandolo maggiormente con una programmazione di bilancio basata sui risultati.

 


 

Le politiche fiscali

Nella Nota di aggiornamento al DEF il Governo chiarisce che, nell’ambito della manovra per il 2018, intende anzitutto evitare l’entrata in vigore nel 2018 degli aumenti IVA previsti dalla legislazione vigente, in parte già disattivati dalla manovra di aprile.

Con particolare riferimento agli investimenti, propone di mantenere alcuni incentivi fiscali per il settore privato già previsti da precedenti disposizioni normative, nonché allocare nuove risorse per gli investimenti pubblici e proporre nuove leve per la ripresa dell’accumulazione di capitale.

Il Governo riferisce inoltre l’intento di introdurre interventi per il rafforzamento delle misure per il sostegno delle famiglie, finanziati per due terzi da aumenti delle entrate e per un terzo da riduzioni di spesa. Dal lato delle entrate, il Governo intende introdurre misure volte ad accrescere la fedeltà fiscale e a ridurre i margini di evasione ed elusione, in particolare in ambito IVA, in linea con la strategia di bilancio attuata negli ultimi anni.

Le clausole di salvaguardia

Con riferimento alle clausole di salvaguardia, come anticipato in precedenza il Governo si impegna, in occasione della presentazione del disegno di legge di bilancio 2018, a disattivare interamente le clausole di salvaguardia per il medesimo anno 2018.

 

Più in dettaglio, l’articolo 9 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha rimodulato gli aumenti di imposta previsti, a decorrere dal 2018, dalla legge di stabilità per il 2015 (come successivamente modificata nel tempo), posticipandoli in parte agli anni successivi.

Il previsto aumento di 3 punti percentuali dell’aliquota agevolata Iva del 10% è stato diluito in tre anni: pertanto, l’aliquota viene incrementata di 1,5 punti percentuali dal 1° gennaio 2018 (fino all’11,5%), di ulteriori 0,5 punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2019 (fino al 12%), e di un altro punto percentuale a decorrere dal 1° gennaio 2020 (fino al 13%).

Rimane invariato l’aumento dell’aliquota ordinaria dal 22 al 25% nel 2018 e viene ridotto da 0,9 punti percentuali a 0,4 punti percentuali l’aumento previsto dal 1° gennaio 2019 (fino al 25,4%). L’aliquota viene quindi ridotta di 0,5 punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2020 (fino al 24,9%) per risalire al 25% a decorrere dal 1° gennaio 2021.

Il medesimo provvedimento ha rinviato al 2019 l’aumento dell’aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante per maggiori entrate pari a 350 milioni di euro.

Tabella 28 - Effetti finanziari della clausola di salvaguardia modificata dall’articolo 9 del D.L. n. 50 del 2017

 

 

2017

2018

2019

2020

Aliquota Iva 10% al 13%

0

(11,5%)

3.479

(12%)

4.638

(13%)

6.957

Aliquota Iva 22% al 25 %

0

(25%)

12.264

(25,4%)

13.899

(24,9%)

11.855

Incremento

accise

0

0

350

350

TOTALE CLAUSOLE

0

15.742,5

18.887

19.162

 

Rispetto alla Legge di Bilancio 2017, il decreto-legge n. 50 del 2017 ha ridotto le predette clausole di circa 3,8 miliardi nel 2018, di 4,4 miliardi nel 2019 e 4,1 nel 2020.

Le altre misure fiscali

La Raccomandazione n. 2 invita l’Italia a trasferire il carico fiscale gravante sui fattori produttivi verso imposte meno penalizzanti per la crescita, con esiti neutri per il bilancio.

La Commissione UE sollecita inoltre la riforma dell' “obsoletosistema catastale e la reintroduzione dell'imposta sulla prima casa a carico delle famiglie con reddito elevato. Infine, si invita l’Italia ad ampliare l'uso obbligatorio dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento.

 

Gli interventi enumerati dal Governo nella Nota sono principalmente contenuti nella cd. manovra di primavera (già citato decreto-legge n. 50 del 2017).

Detti interventi attengono, in sintesi, ai seguenti ambiti:

§  miglioramento della compliance e dell’efficacia della riscossione. Tra le misure adottate il Governo ricorda: l’estensione dell’ambito operativo dello split payment ai fini IVA; il contrasto alle indebite compensazioni d’imposta; le modifiche alla voluntary disclosure; l’introduzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale in graduale sostituzione di parametri e studi di settore). Si veda il focus relativo al Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva per ulteriori informazioni;

§  provvedimenti volti a reperire maggiori entrate, tra cui: l’aumento dal 1° ottobre 2017 del prelievo erariale unico su alcune tipologie di gioco lecito; l’ampliamento dei limiti di pignorabilità degli immobili da parte dell’agente della riscossione; la definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti in cui è parte l’Agenzia delle Entrate; la proroga dei termini per la cd. rottamazione delle cartelle esattoriali (detta misura è contenuta nel decreto-legge n. 8 del 2017; nella Nota viene riportato il decreto-legge n. 36 del 2017, nel quale era originariamente contenuto tale posticipo, poi non convertito);

§  crescita e incentivazione agli investimenti. Tra gli interventi principali si enumerano: le modifiche relative all’accesso ed all’uscita dal regime dell’IRI – Imposta sul Reddito d’Impresa; la cd. web tax, ossia una procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata per la definizione dei debiti tributari dovuti in relazione alla eventuale stabile organizzazione di società non residenti che appartengono a gruppi multinazionali. Si veda il capitolo relativo a Concorrenza e competitività per le ulteriori misure per la crescita;

§  efficientamento della riscossione dei tributi e del contezioso tributario. Sotto il primo profilo, si ricorda la norma (contenuta nel citato decreto-legge n. 50 del 2017) che consente all’Agenzia delle entrate-Riscossione di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali di tutte le amministrazioni locali e delle società da esse partecipate, con l’esclusione delle società di riscossione. Dall’altro lato, il Governo rammenta che con l’estensione alle Commissioni tributarie delle Regioni Marche e Val D’Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano, dal 15 luglio 2017 il processo tributario telematico è attivo su tutto il territorio nazionale.

 

Il Governo, nella Nota di Aggiornamento al DEF, riferisce anche in ordine alla riforma del catasto: viene chiarito che, nell’ambito del processo di revisione del sistema catastale di classificazione degli immobili, sono state implementate alcune attività finalizzate alla costruzione di un’Anagrafe Immobiliare Integrata, gestita con una piattaforma tecnologica, che integra le informazioni relative al territorio con quelle relative ai proprietari.

Si ricorda in merito che è all’esame della VI Commissione Finanze della Camera la proposta di legge A.C. 2999, recante una delega al Governo per l'istituzione del catasto del suolo, che intende rinominare e riformare il sistema del catasto terreni. Si rammenta inoltre che in materia di riforma del catasto la delega fiscale (legge n. 23 del 2014) è stata attuata solo con riferimento alla composizione, alle attribuzioni e al funzionamento delle Commissioni censuarie, mediante il Decreto Legislativo n. 198 del 2014.

 

Con riferimento alla fatturazione ed ai pagamenti elettronici, la Nota reca alcuni dati consuntivi sulla riduzione dei tempi medi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, a seguito dell’introduzione della fatturazione elettronica. Al riguardo il Governo riferisce che dette innovazioni hanno consentito di attestare il tempo medio per il pagamento a 58 giorni, con tempi medi di ritardo si intorno a 16 giorni, in diminuzione del 30 per cento rispetto al ritardo medio con cui le Pubbliche Amministrazioni hanno smaltito le fatture ricevute nell’anno 2015.

Alle carenze informative attualmente registrate, inoltre, il Governo intende porre rimedio con sviluppo del SIOPE+, un sistema che consente l’acquisizione automatica dei dati dei pagamenti di tutte le amministrazioni, sia centrali sia territoriali. La prima fase di sperimentazione del SIOPE+, riferita a un campione di enti, è stata avviata a luglio 2017, mentre a partire dal 2018 saranno progressivamente coinvolte tutte le Pubbliche Amministrazioni. La Nota riferisce infine che, sul versante dei pagamenti alle Pubbliche Amministrazioni, l’incremento nell’uso della piattaforma PagoPA da parte delle amministrazioni sta consentendo analoghi recuperi di efficienza, con eliminazione di code, tracciamento dei flussi di pagamento e maggiore trasparenza.


 

Investimenti pubblici

Nello scenario macroeconomico delineato dalla Nota, agli investimenti pubblici è affidata una funzione di impulso all’economia.

Nel prendere atto per il primo trimestre dell’anno di un decremento in termini nominali del 3,8 per cento degli investimenti fissi lordi rispetto al primo trimestre 2016,(parzialmente compensato da un aumento del 3,2 per cento dei trasferimenti pubblici in conto capitale) viene tuttavia ritenuto che a seguito delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 50/2017 per spese di investimento[32] (in materia di ricostruzione, trasporti, difesa del suolo ed edilizia pubblica) dovrebbe determinarsi, in corso d’anno un incremento dello 0,4 per cento della crescita nominale degli investimenti pubblici e, nel 2018, del 5,1 per cento. Ciò potrebbe dar luogo in tale anno, segnala la Nota, ad un aumento complessivo degli investimenti e dei contributi in conto capitale dello 0,12 del Pil (2,1 miliardi). Nello scenario programmatico si prevede in tal senso per il 2018 l’allocazione di nuove risorse per gli investimenti pubblici e per una ripresa dell’accumulazione di capitale colta ad accrescere il potenziale di crescita dell’economia.

Il principale strumento individuato dalla Nota per tali finalità è costituito dal Fondo investimenti istituito dall’articolo 1, comma 140, della legge di bilancio 2017, con una dotazione complessiva di 47,55 miliardi in 15 anni, così distribuita: di 1,9 miliardi per il 2017, 3,15 miliardi per il 2018, 3,5 miliardi per il 2019 e 3 miliardi per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032.

 A seguito di una prima ripartizione del Fondo (per 800 milioni nel triennio 2017-2019) operata con D.P.C.M. 29 maggio 2017, nonché di due assegnazioni (400 milioni alle regioni nel 2017 e 306 milioni al MIUR) effettuate dal D.L. n.50/2017 a valere sulle risorse del Fondo stesso, le restanti risorse – pari a poco più di 46 miliardi[33] sono state ripartite con un D.P.C.M. sul quale nel corso del mese di luglio 2017 si sono espresse positivamente, con osservazioni, le competenti commissioni delle due Camere (A.G. 421), ma che non risulta ancora pubblicato.

Come emerge dai dati riportati nella Nota di aggiornamento[34] gli interventi finanziati sul Fondo riguardano per oltre 19 miliardi il settore dei trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie. Tra questi interventi figurano quelli per investimenti nella rete ferroviaria (per oltre 10 miliardi).

 

Nell’ambito delle riforme adottate e in itinere, la Nota ricorda l’adozione del decreto legislativo n. 56 del 2017, che ha introdotto una serie di disposizioni integrative e correttive del nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, volte a innovare diversi ambiti della disciplina degli appalti pubblici, delle concessioni e del partenariato pubblico privato, nonché le modifiche ai poteri dell’ANAC nella fase di precontenzioso (nuovi commi da 1-bis a 1-quater dell’articolo 211 del Codice introdotti dall’articolo 52-ter del D.L. 50/2017). E’ in corso l’attuazione della nuova disciplina in materia di contratti pubblici in quanto sono stati adottati e sono in corso di adozione alcuni provvedimenti, per alcuni dei quali i termini risultano scaduti. Tra i provvedimenti in fase di avanzata predisposizione la Nota segnala lo schema tipo di disciplinare di gara per l’affidamento di servizi e forniture nei settori ordinari, di importo pari o superiore alla soglia europea, aggiudicati all’offerta economicamente più vantaggiosa (adottato dall’ANAC e la cui consultazione si è conclusa il 5 agosto scorso) e lo schema di decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (previsto dall’articolo 23, comma 13, del Codice), finalizzato a definire le modalità e i tempi di introduzione di metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (la cui consultazione si è chiusa il 4 luglio 2017). Tra i provvedimenti in corso di elaborazione la Nota ricorda quelli riguardanti i contenuti della progettazione e il dibattito pubblico. Si fa presente che il decreto correttivo ha introdotto numerose innovazioni rispetto alla normativa del Codice, che hanno reso necessario anche l’aggiornamento di alcune linee guida già adottate dall’ANAC. Ai fini della definizione delle nuove priorità infrastrutturali, assume rilevanza, inoltre, l’adozione delle Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche nei settori di competenza del MIT.

Con riferimento al settore del trasporto pubblico locale la nota di aggiornamento dà per imminente l’emanazione, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, commi 613-615 della legge di bilancio 2017, del Piano per la mobilità sostenibile che prevede un investimento complessivo, comprensivo del cofinanziamento, pari a 6.167 milioni per il periodo 2019-2033, e del decreto interministeriale che interverrà per aumentare la competitività delle imprese nella filiera del trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, per un finanziamento complessivo di circa 202 milioni.

Con riferimento al trasporto ferroviario la Nota di aggiornamento ricorda: a) le disposizioni per rafforzare la sicurezza ed individuare nuove forme di coinvolgimento di Rete Ferroviaria italiana (RFI) nella gestione del patrimonio infrastrutturale (articolo 47 del D.L. n. 50/2017) per mettere in sicurezza le linee regionali, tramite la stipula di apposite convenzioni con le Regioni interessate; b) la riprogrammazione, da parte del CIPE, del 50 per cento delle risorse disponibili in favore di Grandi Stazioni Rail, al fine di consentire il completamento del Programma Grandi Stazioni (o per il compimento di opere ulteriori);

Vengono altresì in rilievo le misure, di cui all’articolo 47, comma 11-quater del decreto-legge n. 50, per l’ incentivazione del traffico ferroviario delle merci in ambito portuale e l’ulteriore finanziamento (35 milioni per il 2018) di progetti volti a potenziare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, attraverso nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti nonché di servizi di trasporto ferroviario intermodale in arrivo e in partenza da nodi logistici e portuali in Italia (20 milioni per il 2018).

Con riferimento al trasporto stradale, la Nota di aggiornamento ricorda quanto disposto dall'articolo 49 del D.L. 50/2017, che prevede lo sviluppo delle opportune sinergie tra ANAS e il gruppo Ferrovie dello Stato - anche attraverso appositi contratti e convenzioni - al fine di realizzare, tra l'altro, un incremento degli investimenti nel 2017 di almeno il 10 per cento rispetto al 2016 ed un ulteriore incremento di almeno il 10 per cento nel 2018 attraverso la programmazione, la progettazione, la realizzazione e la gestione integrata delle reti ferroviarie e stradali di interesse nazionale. L'operazione si realizzerà mediante un trasferimento a Ferrovie dello Stato delle azioni di ANAS mediante un aumento di capitale di FS per un importo corrispondente al patrimonio netto di ANAS.

Quanto al settore degli investimenti nelle comunicazioni, con riferimento all’attuazione del Piano banda ultra larga del Governo e, in particolare, con riferimento all’obiettivo di assicurare la realizzazione dell’infrastruttura nelle aree a fallimento di mercato (cosiddette aree bianche), il documento dà conto dello stato delle gare, curate da Infratel, per la realizzazione della rete nelle aree bianche:

§  a giugno 2017 è stato firmato il contratto per la realizzazione di una rete a banda ultra larga nelle c.d. aree a fallimento di mercato in 6 Regioni (Abruzzo, Molise, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Veneto) con l’aggiudicatario, Open fiber S.p.A.;

§  è stata effettuata l’aggiudicazione provvisoria della seconda gara che riguarda le aree a fallimento di mercato delle Regioni Piemonte, Valle D’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia e della Provincia autonoma di Trento.

Si prevede entro la fine dell’anno la terza gara relativa alle regioni Puglia, Calabria e Sardegna.

Il Piano Banda Ultra Larga per le aree bianche ha richiesto l’assegnazione di 2,2 miliardi per gli interventi di immediata attivazione.

Il 7 agosto 2017 il CIPE ha inoltre assegnato al Ministero dello Sviluppo economico, per interventi a sostegno della domanda, 1,3 miliardi a valere sulle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione. Con lo stesso atto il CIPE ha approvato il finanziamento di 2,1 miliardi nelle ‘aree grigie’ che comprendono anche risparmi derivanti dai ribassi d’asta nelle due prime gare e dalla minore esigenza di risorse per le aree bianche, rispetto a quanto in precedenza previsto.

Nell’ambito delle misure volte, come gli investimenti di cui finora si è detto, ad accrescere il potenziale di crescita dell’economia, vanno altresì considerati gli interventi per il riequilibrio territoriale. Tra gli interventi a sostegno della crescita e lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali nelle regioni meno sviluppate del Paese, la NADEF ricorda le disposizioni che regolano l’istituzione di zone economiche speciali (ZES), contenute nel D.L. n. 91/2017.

Per le stesse finalità con tale provvedimento[35] - i cui interventi sono pressoché interamente destinati all’obiettivo del riequilibrio territoriale tra il Mezzogiorno ed il resto del Paese - è stata attivata, una nuova misura denominata ‘Resto al Sud’ che prevede, nell’ambito delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020, l’erogazione di finanziamenti in favore dei giovani imprenditori fino a un importo massimo di 50 mila euro. Sono stati inoltre valorizzati i Contratti Istituzionali di sviluppo, che consentono l’attuazione di programmi di particolare complessità finanziati con risorse nazionali e comunitarie, nonché stanziati 40 milioni per il biennio 2017-2018 per programmi di riqualificazione e ricollocazione di lavoratori coinvolti in crisi aziendali o settoriali nelle Regioni del Mezzogiorno.

Da segnalare infine che nel mese di aprile 2017 sono state destinati 200 milioni delle risorse del PON (Programma Operativo nazionale) “Imprese e competitività” 2014-2020 all’istituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le PMI, finalizzata a rafforzare gli ordinari interventi di garanzia del Fondo in favore dei professionisti e delle imprese del Mezzogiorno, in considerazione delle maggiori difficoltà di accesso al credito che si registrano in tale area.

 


 

3.II Giustizia, pubblico impiego, concorrenza

 

 

Raccomandazione n. 2: Ridurre la durata del processo civile mediante una gestione efficiente dei procedimenti e norme per assicurare la disciplina processuale. Potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l’istituto della prescrizione. Completare la riforma del pubblico impiego e migliorare l’efficienza delle imprese pubbliche. Adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso e rimuovere le rimanenti restrizioni alla concorrenza.

Lotta alla corruzione: la riforma della prescrizione

La raccomandazione n. 2 del Consiglio europeo ha invitato l’Italia a potenziare la lotta alla corruzione, in particolare attraverso la riforma dell’istituto della prescrizione; analoga raccomandazione era stata trasmessa lo scorso anno.

La Nota di aggiornamento al DEF richiama, quindi, la nuova disciplina della prescrizione del reato che, inizialmente oggetto di un autonomo disegno di legge (A.S. 1844), è confluita nella legge 23 giugno 2017, n. 103, volta a una complessiva riforma del processo penale.

L’elemento principale della riforma dell’istituto introdotta dalla legge n. 103/2017 consiste nella introduzione di nuove ipotesi di sospensione del termine necessario a prescrivere il reato.

In base alla riforma, la prescrizione è sospesa:

§  per richiesta di rogatoria all'estero (con un termine massimo di sospensione pari a sei mesi);

§  dopo la sentenza di condanna in primo grado, il termine di prescrizione resta sospeso fino al deposito della sentenza di appello, e comunque per un tempo non superiore a un anno e sei mesi;

§  dopo la sentenza di condanna in appello, anche se pronunciata in sede di rinvio, il termine di prescrizione resta sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva e comunque ancora una volta per un tempo non superiore a un anno e sei mesi.

Viene precisato, inoltre che, in caso di assoluzione dell'imputato in secondo grado o di annullamento della sentenza di condanna ovvero di dichiarazione di nullità della decisione con conseguente restituzione degli atti al giudice, i periodi di sospensione di un anno e sei mesi (per il giudizio d'appello) e di un anno e sei mesi (per il giudizio di Cassazione) vengano ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione.

La riforma della prescrizione è dunque ora parte di una complessa revisione che riguarda tanto il codice penale (possibile estinzione del reato per condotte riparatorie, riordino di alcuni settori del codice con inasprimento delle pene) quanto il codice di procedura penale (disciplina delle indagini preliminari e dell’archiviazione del reato, riti speciali, udienza preliminare, istruzione dibattimentale, riforma delle impugnazioni e del giudizio di cassazione, udienze a distanza) e che comprende anche alcune importanti deleghe al Governo, relative alla modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati, alla riforma delle intercettazioni, delle impugnazioni e dell’ordinamento penitenziario, alla revisione della disciplina del casellario giudiziale.

La riforma, oltre ad obiettivi di semplificazione e deflazione del carico penale nell’ottica di economia processuale, persegue l’obiettivo di assicurare la durata ragionevole del processo.

In relazione a provvedimenti di contrasto alla corruzione in corso d’esame parlamentare si segnala:

§  l’esame al Senato del disegno di legge sul cd. whistleblowing (A.S .2208). già approvato dalla Camera. Il provvedimento mira alla tutela dei lavoratori pubblici o privati che segnalino o denuncino reati o altre condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza nell'àmbito del proprio rapporto di lavoro;

§  nel disegno di legge di riforma del Codice antimafia approvato dalla Camera il 27 settembre 2017 in terza lettura (AC 1039 e abb-B), la previsione che anche gli indiziati di specifici delitti di corruzione, ove collegati al reato associativo, possano essere sottoposti a misure di prevenzione personali e patrimoniali.

Tra le azioni strategiche del PNR 2017 figura anche il contrasto alle mafie e all’accumulo dei patrimoni illeciti che viene, soprattutto, perseguito mediante la riforma del D.Lgs. 159/2011, cd. Codice antimafia (prevista dallo stesso Piano nazionale entro il 2017), riforma che interessa sotto molteplici aspetti l’azione di contrasto alla criminalità organizzata.

Tra i principali interventi del provvedimento di riforma appena approvato, si segnalano: un ampliamento del catalogo dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali; la trattazione prioritaria dei relativi procedimenti di sequestro e confisca da parte di istituende sezioni specializzate presso i distretti di corte d’appello; modifiche al procedimento sulle misure di prevenzione ispirate a criteri di semplificazione e celerità; forme di sostegno volte a consentire la ripresa delle aziende sequestrate, la loro continuità produttiva e le misure a tutela dei lavoratori; la delega al Governo per l'adozione di disposizioni per le imprese sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria; la riorganizzazione e il potenziamento dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati; l'estensione della cd. confisca allargata e la sua assimilazione alla disciplina della confisca di prevenzione antimafia.

Efficienza del processo civile e riforma delle procedure concorsuali

L’efficienza del processo civile rientra tra le azioni strategiche del Piano nazionale di riforma 2017. In tale ambito, il Consiglio europeo raccomanda all’Italia di ridurre la durata dei procedimenti civili dando attuazione alle riforme e assicurando una gestione efficiente delle cause. Anche tale raccomandazione riprende il contenuto di quella del 2016.

La Nota di aggiornamento al DEF, ribadendo il trend di riduzione della durata media dei procedimenti civili, richiama in particolare l’approvazione del decreto legge n. 50 del 2017 che ha stabilizzato nell’ordinamento l’istituto della mediazione obbligatoria, cui si deve ricorrere per specifiche controversie civili e commerciali che incidono pesantemente sui carichi di lavori dei tribunali civili (tra queste, in particolare, le cause condominiali e di risarcimento danni derivante da circolazione dei veicoli).

La mediazione obbligatoria si affianca nella prevenzione del contenzioso civile alle introdotte forme di negoziazione assistita e di arbitrato, nonché all'aumento degli importi del contributo unificato di iscrizione a ruolo e del tasso di interesse moratorio in pendenza di un giudizio civile.

 

Altra riforma approvata dal Parlamento volta a migliorare l’efficienza nel processo civile è quella della magistratura onoraria, indicata anche tra le azioni strategiche del PNR 2017. Come noto, infatti, i giudici non togati rivestono un ruolo fondamentale per lo smaltimento della gran parte delle cause civili. In attuazione della delega prevista dalla legge n. 57 del 2016, il decreto legislativo n. 116 del 2017 introduce uno statuto unico della magistratura onoraria, da applicare ai giudici di pace, ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari. La riforma stabilisce la temporaneità dell’incarico e una sua durata massima di 4 anni (rinnovabile una sola volta) nonchè un limite di età di 68 anni. Sono ampliate significativamente le competenze civili dei giudici di pace (che dal 2012 raddoppieranno l’organico, passando da 4.000 a 8.000 unità) e dei giudici onorari e vice procuratori onorari presso i tribunali cui, oltre che funzioni giudiziarie, vengono assegnati compiti di supporto all’attività dei magistrati professionali (ufficio per il processo). Sono poi regolamentati i compensi ed è introdotto uno specifico regime previdenziale della magistratura onoraria.

Con il precedente decreto legislativo n. 92 del 2016 il Governo – in attesa della riforma poi attuata con il d.lgs. n 116/2017 - aveva attuato la più urgente delle deleghe conferite dalla legge n. 57, consentendo il mantenimento in servizio, per un primo mandato quadriennale, dei giudici di pace, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari che esercitavano le funzioni alla data di entrata in vigore del decreto, a condizione che gli stessi fossero ritenuti idonei a svolgere le funzioni onorarie all'esito di una procedura di conferma straordinaria disciplinata appunto dal decreto legislativo.

 

La riduzione dei tempi del processo civile è il principale obiettivo del disegno di legge che delega il Governo all’adozione di disposizioni per l'efficienza del processo civile (A.S. 2284). Il provvedimento, all’esame del Senato dopo l’approvazione da parte dalla Camera, si muove lungo quattro fondamentali linee direttrici: a) specializzazione dell'offerta di giustizia, attraverso l'ampliamento delle competenze del tribunale dell'impresa e l'istituzione del tribunale della famiglia e della persona; b) accelerazione dei tempi del procedimento, attraverso la razionalizzazione dei termini processuali e la semplificazione dei riti; a tal fine è attribuito un ruolo centrale alla prima udienza, è potenziato il carattere impugnatorio dell'appello, sono accelerati i tempi del giudizio in Cassazione mediante un uso più diffuso del rito camerale; c) introduzione del principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice; d) adeguamento delle norme processuali al processo civile telematico.

Il 30 giugno 2017 segna il primo triennio dall’avvio del processo civile telematico a regime, con il quale si è previsto il deposito telematico di una serie di atti processuali fino ad allora depositati obbligatoriamente in forma cartacea. In particolare il DL 90/2014, modificando la data di avvio del PCT dettata dal DL 179/2012, ha rimodulato nel tempo l’obbligatorietà di tale deposito in relazione ad una serie specifica di atti che, altrimenti, sarebbe entrata in vigore il 30 giugno 2014 (così come disposto dal decreto legge n. 179/2012).

La Direzione generale di statistica del Ministero della giustizia ha reso note le statistiche più recenti sul PCT riferite all’ultimo anno di attuazione (maggio 2016-aprile 2017).

 

Figura 22 - Statistiche più recenti sul processo civile telematico

 

 

Nell’ottica di un miglioramento dell’efficienza degli uffici giudiziari si segnala che la legge di bilancio 2017 ha autorizzato il Ministero della giustizia, per il triennio 2017-2019, ad assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato un contingente di personale amministrativo non dirigenziale per un massimo di 1.000 unità da inquadrare nei ruoli dell'Amministrazione giudiziaria mediante procedure concorsuali pubbliche ed eventualmente anche mediante l'utilizzo di graduatorie ancora valide.

In attesa che si completino queste assunzioni, la stessa legge di bilancio 2017 ha prolungato di ulteriori 12 mesi (quindi fino a fine 2017) il periodo di perfezionamento che può essere svolto presso gli uffici giudiziari dai cd. precari della giustizia (lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e disoccupati); si tratta di 1.502 persone che hanno completato il tirocinio formativo presso i medesimi uffici, già previsto dalla legge di stabilità 2013.

 

Nel marzo 2017, il Ministero della giustizia ha reso noti i dati statistici sulla durata degli affari civili trattati in Tribunale e il dato sui procedimenti civili pendenti negli anni 2003-2016.

Tali dati confermano la progressiva diminuzione della durata del processo civile e delle pendenze.

 

Tabella 29 - Durata nazionale del civile di Tribunale - anni 2014 – 2016

Totale dei procedimenti civili di tribunale

Indice di durata complessiva

(formula Cepej[36])

2014

2015

2016

Affari civili contenziosi - Lavoro e Previdenza - Separazioni e Divorzi contenziosi - Contenziosi commerciali + affari a rapida lavorazione quali la volontaria giurisdizione, i decreti ingiuntivi, le separazioni e i divorzi consensuali, etc.

487

427

375

 

Tabella 30 - Numero di procedimenti civili pendenti a fine periodo. Dato nazionale comprensivo di tutti gli uffici. Anni 2003 - 2016

Anno

A
Pendenti finali - totale nazionale

delle esecuzioni e dei fallimenti

B
Pendenti finali - totale nazionale senza

Giudice tutelare, ATP[37],

esecuzioni e fallimenti

C
Pendenti finali - totale nazionale

senza Giudice tutelare e senza ATP

D
Variazione vs anno precedente (col. C)

2003

743.240

3.854.240

4.597.480

2004

722.539

4.026.076

4.748.615

3,3%

2005

700.907

4.160.608

4.861.515

2,4%

2006

675.517

4.421.333

5.096.850

4,8%

2007

650.229

4.644.332

5.294.561

3,9%

2008

613.039

4.834.623

5.447.662

2,9%

2009

618.195

5.081.910

5.700.105

4,6%

2010

643.945

4.751.157

5.395.102

-5,4%

2011

659.384

4.744.503

5.403.887

0,2%

2012

664.745

4.416.418

5.081.163

-6,0%

2013

636.978

4.044.120

4.681.098

-7,9%

2014

652.913

3.706.783

4.359.696

-6,9%

2015

591.026

3.354.836

3.945.862

-9,5%

2016

570.208

3.233.128

3.803.336

-3,6%

 

 


 

Nella Nota di aggiornamento al DEF, il Governo richiama gli interventi volti alla riforma delle crisi di impresa e dell’insolvenza.

Con il decreto legge n. 91 del 2017 è stata, intanto, ampliata la possibilità di accesso alla procedura speciale di ammissione all’amministrazione straordinaria. Le imprese cessionarie di complessi aziendali acquisiti da società sottoposte alla procedura di amministrazione straordinaria, ove destinatarie di domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento, ovvero di dichiarazione di avvalersi di clausola risolutiva espressa del contratto di cessione dei citati complessi aziendali, sono ammesse all'amministrazione straordinaria anche in deroga ai requisiti dimensionali dell’impresa previsti dalla legge.

Nella Nota di aggiornamento viene citato il disegno di legge delega per la riforma dell’amministrazione straordinaria (A.S. 2831) che, dopo la recente approvazione indicare quando da parte della Camera dei deputati è attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato. La riforma intende ricondurre tale istituto a un quadro di regole generali comuni, prevedendo una procedura unica di amministrazione straordinaria, con finalità conservative, finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese, ovvero di gruppi di imprese. Si vuole, quindi, salvaguardare - oltre che la coerenza sistematica alla disciplina concorsuale anche l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione di imprese che, per dimensione, appaiono di particolare rilievo economico sociale.

L’intervento sull’amministrazione straordinaria deriva da un stralcio dal disegno di legge di delega al Governo per la riforma complessiva delle disciplina delle procedure concorsuali, approvata dalla Camera, e tuttora in corso di esame in Commissione Giustizia del Senato (A.S. 2681). Anche tale riforma è, in particolare, volta ad adottare un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi o dello stato di insolvenza, anticipando l’emersione della crisi così da poter intervenire con piani di risanamento dell’impresa. La riforma prevede una semplificazione del procedimento, una riduzione dei costi e della durata delle procedure e, in particolare, una priorità per la trattazione delle proposte che assicurino la continuità aziendale, considerando il fallimento (ora denominato “liquidazione giudiziale”) come extrema ratio. In tale ottica, vengono incentivati tutti gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi.

 


 

Riforma della pubblica amministrazione

In risposta alla raccomandazione del Consiglio europeo, la Nota di aggiornamento illustra lo stato di attuazione della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124), il cui completamento rappresenta una delle azioni strategiche previste dal Programma nazionale di riforma 2017 (paragrafo III.4) allegato al DEF.

 

In proposito, si ricorda che nel DEF 2017 il Governo, alla sezione del PNR 2017 (pag. 7) afferma in generale che «il completamento e l’attuazione della riforma della Pubblica Amministrazione entro l’anno è un obiettivo chiave del Governo poiché da essa dipendono un migliore ambiente imprenditoriale, maggiori investimenti e la crescita della produttività. Un’attenzione particolare sarà data alla riforma delle società a partecipazione pubblica, con la tempestiva adozione delle norme volte a razionalizzare tali società al fine di limitare il numero solo a quelle che effettivamente gestiscono servizi di pubblica utilità».

 

La legge 7 agosto 2015, n. 124

 

La legge 7 agosto 2015, n. 124 ha disposto un'ampia riforma della pubblica amministrazione, prevalentemente, attraverso il conferimento al Governo di deleghe legislative volte in generale a riorganizzare l'amministrazione statale; proseguire e migliorare l'opera di digitalizzazione della pubblica amministrazione; riformare il pubblico impiego e la dirigenza pubblica; semplificare i procedimenti amministrativi; elaborare testi unici delle disposizioni in materie oggetto di stratificazioni normative.

Per quanto riguarda l’attuazione della legge delega di riforma della pubblica amministrazione, si segnala che la maggior parte dei provvedimenti è stata adottata nel 2016. Essi riguardano:

a)l’abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l’adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione (D.Lgs. 22 gennaio 2016, n. 10);

b) la revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza (D.Lgs. 25 maggio 2016, n. 97);

c) le modifiche in materia di licenziamento disciplinare, intervenendo in particolare sulla disciplina prevista per la fattispecie di falsa attestazione della presenza in servizio (D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116);

d) il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi (D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127);

e) l’introduzione di disposizioni generali applicabili ai procedimenti relativi alle attività private non assoggettate ad autorizzazione espressa (cd. SCIA 1 - D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 126). L’attuazione della delega è proseguita con il decreto legislativo 5 novembre 2016, n. 222 (cd. SCIA 2), che provvede alla mappatura e alla individuazione delle attività oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso. Inoltre il decreto alcune disposizioni volte alla semplificazione dei regimi amministrativi in materia edilizia;

f) norme per la semplificazione e l'accelerazione di procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o l'avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione (D.P.R. 12 settembre 2016, n. 194);

g) la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali (D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 169);

h) nuove disposizioni in materia di dirigenza sanitaria (D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 171);

i) il riordino e la ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti (D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174);

l) l’adozione di un testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175);

m) un complessivo riordino delle strutture della Forze di polizia che prevedono tra l'altro: la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia e la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato, con eventuale assorbimento dello stesso in altre Forze di polizia (D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 177);

n) modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale, tese a creare una Carta della cittadinanza digitale per garantire l’accesso in maniera digitale di cittadini e imprese ai dati e servizi delle pubbliche amministrazioni (D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 179);

o) la semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca (D.lgs. 25 novembre 2016, n. 218);

p) la razionalizzazione, nonché il riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di commercio (D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 219);

q) la riorganizzazione del Comitato italiano paralimpico (D.Lgs. 27 febbraio 2017, n. 43).

 

Dopo la presentazione del PNR 2017 (aprile), l’attuazione è proseguita con l’approvazione di ulteriori provvedimenti di riforma di cui il Governo dà conto nella Nota (si cfr. par. V.2, pp. 98-100).

In particolare, nel periodo che va da aprile ad oggi sono stati approvati in via definitiva ed entrati in vigore otto ulteriori decreti legislativi in attuazione della legge n. 124/2015. Di questi, cinque riguardano ambiti settoriali diversificati, oggetto di distinte deleghe ancora non attuate, mentre tre sono provvedimenti correttivi di riforme già approvate.

In materia di organizzazione del comparto sicurezza sono intervenuti:

§  la revisione della disciplina in materia di reclutamento, stato giuridico e progressione di carriera del personale delle Forze di Polizia (D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95);

§  il riordino dell’ordinamento del personale, delle funzioni e dei compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97).

Per quanto riguarda la riforma del lavoro pubblico (per il quale si rinvia al paragrafo dedicato, infra) è stata approvata:

§  la riforma delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici (D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 74);

§  la riforma del Testo unico sul pubblico impiego (D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75).

In tema di semplificazione amministrativa è stato definitivamente approvato il D.Lgs. 29 maggio 2017 n. 98, sulla razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, finalizzata al rilascio di un documento unico, che prevede che la carta di circolazione costituisca il documento unico di circolazione dei veicoli e che sia pertanto soppresso il certificato di proprietà.

 

Il Governo ha, inoltre, adottato tre decreti legislativi correttivi volti principalmente a dare seguito ai rilievi contenuti nella sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016, che ha censurato parzialmente la legge delega di riforma (v. infra, box).

 

La sentenza n. 251/2016 sulla legge di riforma della P.A.

Con la sentenza n. 251 del 2016 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di delega al Governo contenute nella L. n. 124/2015, con riguardo alla disciplina del pubblico impiego, delle società partecipate, dei servizi pubblici locali e della dirigenza, nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa, bensì quella del semplice parere.

I settori individuati, ad avviso della Corte, incidono su una pluralità di materie e di interessi, inscindibilmente connessi, riconducibili a competenze statali (ordinamento civile, tutela della concorrenza, principi di coordinamento della finanza pubblica) e regionali (organizzazione amministrativa regionale, servizi pubblici locali e trasporto pubblico locale).

La Corte costituzionale ne ha, pertanto, dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui, pur incidendo su materie di competenza sia statale sia regionale, prevedono che i decreti attuativi siano adottati sulla base di una forma di raccordo con le Regioni, che non è quella dell'intesa, ma quella del semplice parere, non idonea a realizzare un confronto autentico con le autonomie regionali.

La Corte ha precisato di aver circoscritto il proprio scrutinio solo alle disposizioni di delega specificamente impugnate, lasciando fuori le norme attuative.

I contenuti della sentenza della Corte sono stati richiamati nel parere reso dal Consiglio di Stato nell'adunanza del 9 gennaio 2017, che ha fornito alcuni chiarimenti sulle questioni interpretative poste dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Riguardo alla necessità o meno di un intervento sulla legge delega n. 124 del 2015 a seguito della sentenza n. 251, il Consiglio di Stato ha evidenziato come tale pronuncia debba essere intesa come sentenza manipolativa del tipo sostitutivo di procedura, che fornisce già una lettura adeguatrice della legge che, dopo l'intervento della Corte, prevede l'intesa e non il parere ed è, così, riscritta in conformità al dettato costituzionale.

Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto che, alla luce di quanto precisato nella sentenza medesima, i tre decreti legislativi già in vigore restano validi ed efficaci fino a una eventuale pronuncia della Corte che li riguardi direttamente, e salvi i possibili interventi correttivi che nelle more dovessero essere effettuati.

Riguardo agli interventi che il Governo può porre in essere, il Consiglio di Stato ha ricordato come dalla sentenza della Corte emerge una sorta di "invito" (non al legislatore in senso generale, ma) al «Governo» ad adottare «soluzioni correttive», che non vengono specificate ma che potrebbero essere di vario tipo. Ad avviso del Consiglio di Stato il percorso più ragionevole, compatibile con l'impianto della sentenza sembra essere quello che il Governo adotti decreti correttivi che intervengano direttamente sui decreti legislativi e che si risolvano nell'applicazione della disciplina della delega – come modificata dalla Corte costituzionale – al processo di riforma in corso. In assenza di un tempestivo intervento correttivo, la Corte potrebbe dichiarare l'illegittimità del decreto legislativo, perché adottato in assenza della previa intesa e pertanto in difformità dalla legge delega così come "corretta" dalla stessa sentenza costituzionale.

Quanto agli strumenti specifici cui il Governo può ricorrere per porre in essere i suddetti interventi correttivi, viene condivisa l'ipotesi avanzata nel quesito evidenziato come tali strumenti siano due, strettamente connessi fra loro: l'intesa di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997 – così come prefigurata, alla luce dei principi generali di leale cooperazione, dalla Corte costituzionale – da raggiungere, a seconda dei casi indicati nel dispositivo della sentenza, in sede di Conferenza Stato-regioni, ovvero di Conferenza unificata ex art. 9, comma 1, del decreto medesimo; i decreti legislativi integrativi e correttivi che, per ciascuna disposizione di delega, la stessa legge n. 124 del 2015 autorizza a emanare nel termine di dodici mesi dall'adozione dei singoli decreti legislativi da essa previsti. Tale strumento può rappresentare anche una modalità attraverso la quale eliminare o modificare norme ritenute in contrasto con la Costituzione, svolgendo così una funzione di sanatoria di un asserito vizio dell'atto legislativo già adottato.

Il vizio può essere sostanziale, formale o, anche, procedimentale. Nella fattispecie in esame, la Corte costituzionale ha individuato un vizio della legge delega che ha determinato, anche se il giudizio di costituzionalità non lo ha riguardato direttamente, un vizio procedimentale del decreto autorizzato costituito dalla mancata intesa con la Conferenza. In questa prospettiva, il decreto correttivo può svolgere una funzione di sanatoria di tale vizio procedimentale, facendo confluire nel decreto originario la portata dell'intesa di cui all'art. 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997: a tal fine, il Consiglio di Stato evidenzia come il decreto debba riportare integralmente l'intesa raggiunta. Il Consiglio di Stato definisce quindi, nel parere, alcuni profili attuativi del meccanismo correttivo con particolare riferimento all'oggetto dell'intesa, ai suoi possibili effetti temporali ed alle modalità di svolgimento della procedura di concertazione, nonché alla struttura ipotizzabile per i decreti correttivi.

Viene precisato, in particolare, che l'intesa "deve riferirsi al decreto nel suo complesso", e non solo a sue singole parti e che rientra nella disponibilità delle parti dell'intesa disciplinare anche degli effetti già dispiegati nel "periodo intercorso tra l'entrata in vigore del decreto legislativo originario e quella del decreto correttivo".

Il parere, infine, segnala l'importanza di intervenire anche per i settori per i quali la delega è scaduta (dirigenza e servizi pubblici). Un percorso possibile è quello di una nuova delega, ma non è l'unico (ad esempio, è ipotizzabile anche un disegno di legge governativo avente, almeno in parte, il contenuto del decreto delegato che andrebbe a sostituire).

 

In particolare, in seguito alla pronuncia della Corte il Governo ha scelto la strada dei decreti correttivi, che sono stati approvati in via definitiva in materia di licenziamento disciplinare (D.Lgs. 20 luglio 2017, n. 118) di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 100) e di dirigenza sanitaria (D.Lgs. 26 luglio 2017, n. 126).

Infine, l’Esecutivo ricorda che a settembre 2017 sono stati approvati in via preliminare dal Consiglio dei ministri gli schemi di tre ulteriori decreti legislativi, che prevedono disposizioni integrative e correttive di riforme già adottate in materia di: codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Atto n. 452); Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Atto n. 455); razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato (Atto n. 451). Gli schemi sono attualmente all’esame delle competenti commissioni parlamentari per il parere.

 

Il processo di attuazione delle deleghe contenute nella legge n. 124/2015 risulta pertanto concluso, fatta eccezione per la possibilità di adottare ulteriori decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, entro 12 mesi dalla entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di attuazione della riforma.

Rispetto al quadro definito dalla legge n. 124/2015, le deleghe non esercitate dal Governo sono, in particolare, quelle relative alla riorganizzazione dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato (Presidenza del Consiglio; ministeri, agenzie ed enti pubblici nonché prefetture-UTG), nonché alla definizione di norme comuni sul personale e sul finanziamento delle autorità indipendenti (art. 8, L. 124 del 2015).

Inoltre, non è giunto a compimento il procedimento di attuazione della riforma in materia di dirigenza pubblica e di servizi pubblici locali.

 

Si ricorda in proposito che entrambe le deleghe sono state esercitate dal Governo con la presentazione di due schemi di decreto alle competenti commissioni parlamentari che hanno espresso il prescritto parere. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 251 del 2016 (si v. supra) entrambi i provvedimenti non sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

La nuova disciplina delle società partecipate

 

In attuazione delle legge delega sulle amministrazioni pubbliche, con il decreto legislativo n.175 del 2016 è stato operato un riordino della disciplina delle società partecipate, ridisegnando in un quadro organico la complessa – e talvolta non sufficientemente coordinata - normativa mediante cui si era finora intervenuti in materia e dettando nuove regole finalizzate a ridurre e razionalizzare il fenomeno delle società a partecipazione pubblica, avendo anche riguardo ad una efficiente gestione delle partecipazioni medesime ed al contenimento della spesa pubblica. Il provvedimento, si rammenta, è entrato in vigore il 23 settembre 2016 ed è stato poi consistentemente modificato dal decreto correttivo n. 100 del 2017 ,sia al fine di risolverne talune criticità emerse in fase applicativa, sia, principalmente, per sanarne possibili vizi di legittimità conseguenti alla sentenza a n. 251 /2016  con cui la Corte costituzionale aveva censurato taluni profili della legge delega n. 124 del 2015.

Il decreto legislativo mira in primo luogo a delimitare le tipologie di società mediante cui possono detenersi partecipazioni, che ora vengono consentite esclusivamente in società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa. Per le c.d. società in house (società in controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici si dispone che le stesse per ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi non deve esservi, con talune eccezioni, partecipazione di capitali privati e che, inoltre gli statuti debbano prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società.

Per quanto riguarda le società a partecipazione mista pubblico-privata, nelle società miste costituite per la realizzazione e gestione di un'opera pubblica o di un servizio di interesse generale la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30%.

Quanto alle attività ammesse, viene fissato il divieto generale, per le amministrazioni pubbliche, di costituire, anche indirettamente, società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché di acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Nei limiti di tale principio le finalità perseguibili dalle amministrazioni mediante le società partecipate sono esclusivamente (salvo alcune eccezioni): la produzione di un servizio di interesse generale, la progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, la realizzazione e gestione di un'opera pubblica ovvero di un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore privato selezionato secondo specifiche procedure; sono altresì perseguibili l’autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente partecipante ed i servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.

In materia di gestione del personale delle società a controllo pubblico, il provvedimento stabilisce in via generale che i rapporti di lavoro siano disciplinati dalle medesime disposizioni che si applicano al settore privato, mentre al reclutamento si applichino i principi previsti per l'accesso alle pubbliche amministrazioni definendo nel contempo uno specifico meccanismo di gestione dei processi di mobilità. A tali regole si affiancano le necessarie disposizioni transitorie, mediante cui si stabilisce le società a effettuino entro il 30 settembre 2017 una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze, da trasmettere alle regioni di riferimento, ai fini della gestione dei lavoratori eccedenti.

Di immediato rilievo, infine, una procedura straordinaria da concludere entro il 30 settembre 2017, che impone alle amministrazioni interessate di predisporre un piano di riassetto per la razionalizzazione ovvero fusione o soppressione delle società le cui finalità non rientrino tra quelle sopra indicate ovvero di quelle per cui si rilevino: società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; società che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro (soglia ridotta a 500 mila euro in una prima fase transitoria); partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale (si pensi in particolare alle società strumentali) che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti; necessità di contenimento dei costi di funzionamento ovvero necessità di aggregazione. In ordine a tale procedura, di imminente conclusione, la Nota segnala che con decreto del Ministero dell’economia 16 maggio 2017 è stata individuata la struttura competente, presso il medesimo Ministero, per il controllo ed il monitoraggio sull’attuazione della riforma.


 

Pubblico impiego

In materia di pubblico impiego il Documento evidenzia, in primo luogo, che con la legge di bilancio per il 2018 saranno rifinanziate – come già programmato nel DEF 2017 – le c.d. politiche vigenti, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego[38].

Il Documento[39] ricorda, inoltre, che due dei sette decreti legislativi adottati in attuazione delle delega legislativa per la riforma delle pubbliche amministrazioni (legge n.124/2015) hanno riguardato il lavoro pubblico. In particolare, il decreto legislativo n.75/2017 ha innovato il sistema di reclutamento delle risorse umane attraverso una pianificazione triennale basata sui fabbisogni di competenze, introdotto misure per prevenire il precariato e previsto nuovi sistemi di premialità e misurazione della performance basati sul merito.

 

Il decreto legislativo n.75/2017 ha previsto, in particolare:

§  il progressivo superamento della dotazione organica come limite alle assunzioni (fermi restando i limiti di spesa) attraverso il nuovo strumento del cd. Piano triennale dei fabbisogni, con la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici e la previsione di un sistema informativo nazionale volto ad orientare la programmazione delle assunzioni;

§  l’accelerazione e la certezza dei tempi dell’azione disciplinare;

§  l’aggiornamento delle procedure, attraverso l’utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;

§  il miglioramento dei sistemi di reclutamento, con l’introduzione di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l’esperienza professionale acquisita dai soggetti che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le Pubbliche Amministrazioni, la facoltà di limitare nel bando il numero degli eventuali idonei, la possibilità di richiedere il possesso del titolo di dottore di ricerca, la previsione di prove di lingua straniera e informatica, la possibilità di svolgere procedure concorsuali centralizzate ed omogenee (anche per le Regioni) attraverso il Dipartimento della funzione pubblica;

§  la disciplina delle forme di lavoro flessibile, anche al fine di prevenire il precariato, unitamente ad una soluzione transitoria per superare la delimitazione dell’ambito delle collaborazioni ammesse;

§  l’integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità attraverso l’istituzione di una specifica Consulta nazionale, e la nomina, da parte delle Pubbliche Amministrazioni con più di 200 dipendenti, di un responsabile dei processi di inserimento;

§  la definizione delle materie escluse dalla contrattazione integrativa, anche al fine di accelerare le procedure negoziali;

§  la razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, lo sviluppo di sistemi di misurazione dei risultati raggiunti dall’organizzazione e dai singoli dipendenti;

§  l’attribuzione in via esclusiva all’INPS degli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia e l’armonizzazione con la disciplina dei controlli nel settore privato.

 

Il Documento ricorda, altresì, le disposizioni adottate per promuovere il lavoro agile nella pubblica amministrazione, le quali prevedono che entro 3 anni almeno il 10% dei lavoratori pubblici possa effettivamente avvalersi di modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, secondo nuove modalità di organizzazione del lavoro volte a favorire la qualità dei servizi resi al cittadino e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Tali disposizioni sono contenute all’articolo 14, commi 1-4, della legge n.125 del 2017; ad esse è stata data attuazione con la Direttiva del Presidente del consiglio dei ministri n.3 del 2017.

 


 

Concorrenza e competitività

Dando seguito alla Raccomandazione n. 2 del Consiglio dell’Unione Europea dell’11 luglio 2017 sul programma di stabilità 2017 dell’Italia, nella quale si evidenziava la necessità di “adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso e rimuovere le rimanenti restrizioni alla concorrenza”, il 2 agosto scorso è stata approvata la prima legge annuale per il mercato e la concorrenza. Nella Nota di aggiornamento al DEF si dà atto che i relativi decreti attuativi sono in corso di definizione da parte del Governo.

Nel PNR del DEF 2017, come peraltro già evidenziato nel DEF 2016, il Governo aveva sottolineato l’esigenza di “conseguire una maggiore competitività anche tramite una maggiore apertura dei mercati”, nonché mediante l’attuazione delle norme in materia di liberalizzazione delle attività economiche.

Il Cronoprogramma delle riforme incluso nella Nota di aggiornamento al DEF, confermando quanto riportato nel Cronoprogramma contenuto nel DEF, individua il termine 2017/2018 per la predisposizione della nuova legge annuale per il mercato e la concorrenza 2017.

A tale riguardo, si ricorda che la legge annuale per il mercato per la concorrenza 2015, approvata definitivamente nel mese di agosto 2017, è la risultante di un iter complesso e di un ampio e articolato dibattito, che ha interessato entrambi i rami del Parlamento, all’esito del quale il testo è stato profondamente modificato.

La legge, basata su tre direttrici fondamentali – eliminazione delle barriere all’ingresso sul mercato e/o all’esercizio dell’attività imprenditoriale; incentivazione della mobilità della domanda, anche attraverso una maggiore trasparenza; garanzia di adeguata protezione al consumatore –, introduce norme relative a:

§  Assicurazioni e fondi pensione. In materia di assicurazioni, l’obiettivo principale delle misure è il contrasto delle frodi. Si segnalano, in particolare in campo RC Auto, la previsione di un obbligo per le assicurazioni di garantire “sconti significativi” agli assicurati che sottoscrivano determinate clausole contrattuali; la previsione di norme stringenti per contrastare il fenomeno dei “testimoni di comodo”; la previsione di più efficaci obblighi di trasparenza per le compagnie di assicurazione. È inoltre previsto un tavolo tecnico per la riforma dei fondi pensione complementari.

§  Comunicazioni e poste. Con riferimento al settore delle comunicazioni, l’obiettivo è garantire i diritti dei consumatori e favorire la mobilità tramite misure di semplificazione. Riguardo ai servizi postali, si segnala l’estensione ai relativi utenti della disciplina del registro delle opposizioni.

§  Energia e ambiente In materia di energia, la principale innovazione consiste nel completamento della liberalizzazione dei mercati della vendita al dettaglio di energia elettrica e gas. In particolare, si dispone la cessazione del regime di “maggior tutela” nel settore del gas naturale e in quello dell'energia elettrica. È prevista inoltre la riforma dei bonus elettrico e gas e, nel caso di maxiconguagli, il diritto dei consumatori alla rateizzazione. Sono state introdotte, inoltre, semplificazioni in materia di fonti rinnovabili, efficienza energetica, sistemi autonomi di raccolta degli imballaggi, raccolta di metalli ferrosi e non ferrosi e raccolta di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).

§  Banche. Sono state introdotte misure in materia di contratti di mutuo ed è stata codificata la disciplina del leasing finanziario.

§  Professioni e farmacie. Sono state introdotte disposizioni in materia di professionisti (tra gli altri, avvocati, notai, ingegneri, odontoiatri). Con riferimento alle farmacie, si segnalano, tra l’altro, la liberalizzazione degli orari e dei turni di apertura e la facoltà di trasferimento delle farmacie c.d. ‘soprannumerarie’ nell’ambito della stessa Regione;

§  Turismo, cultura e servizi di trasporto.

 

Nell’ambito delle valutazioni di crescita degli investimenti e della produttività del tessuto imprenditoriale italiano, la politica della concorrenza, perseguita in primis dal Governo con la recente legge annuale approvata, costituisce una delle misure strutturali di riforma cui, nel medio lungo periodo, vengono ascritti effetti positivi in termini di miglioramento del prodotto interno lordo.

In particolare, nella Tavola ricostruttiva degli effetti macroeconomici delle riforme per aree di intervento, esposta nella Nota di Aggiornamento a tale politica viene ascritto un effetto migliorativo del PIL pari a 0,2 punti percentuali in un orizzonte quinquennale, a 0,5 punti percentuali nel medio periodo (dieci anni) e all’1 percento nel lungo periodo (cfr. infra, Tabella successiva).

Tabella 31 - Effetti macroeconomici delle riforme

(scostamenti percentuali del PIL rispetto allo scenario base)

Accanto alla politica della concorrenza, un ruolo determinante, in termini di effetti macroeconomici delle riforme, è ascritto all’insieme coordinato di misure di agevolazione fiscale e di rinnovamento tecnologico volte a supportare e rafforzare la competitività del tessuto produttivo imprenditoriale italiano, identificate nel Piano Industria 4.0.

In proposito alle misure del Piano, la Nota afferma come il sistema ‘Industria 4.0’ sia entrato nella sua seconda fase di attuazione, essendo stato esteso per includere interventi capaci di coinvolgere il sistema produttivo e i servizi, la formazione specifica dei lavoratori, il sistema duale scuola-lavoro.

Tali misure vengono infatti distinte sulla base delle loro diverse finalizzazioni:

§  investimenti innovativi, supportati in particolar modo dalla cd. “Nuova Sabatini” implementata per ambito di applicazione e risorse già con la legge di bilancio 2017, dal cd. “super ammortamento” e “iper ammortamento” dei beni strumentali ad alto contenuto tecnologico, implementati con la legge di bilancio 2017 e da ultimo con il D.L. n. 50/2017; dagli interventi di sostegno alle startup innovative, estesi dal D.L. n. 50/2017;

§  finanza per la crescita, tra le quali sono riconducibili le nuove disposizioni per l’operatività del Fondo di garanzia per le PMI, entrate in vigore a giungo 2017, con l’intervento di risorse a controgaranzia di Cassa depositi e prestiti nell’ambito del cd. Piano Junker. In seno a tali interventi, si ricorda la possibilità per i confidi di accedere alle risorse stanziate per la costituzione di un apposito e distinto fondo rischi finalizzato alla concessione di nuove garanzie pubbliche alle PMI associate. Si ricordano altresì i PIR (Piani individuali di risparmio a lungo termine), modificati nella loro operatività da ultimo con il D.L: n. 50/2017; la disciplina agevolativa degli investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese, già introdotta dalla legge di bilancio 2017, la disciplina del patent box da ultimo rivista dal D.L. n. 50/2017, il credito di imposta in ricerca e sviluppo.

Con riferimento ai confidi, si rileva in questa sede che i termini previsti dalla legge delega n. 150 del 2016, che impegnava il Governo a riformare il sistema dei confidi, sono decorsi senza che sia stata emanata la relativa disciplina delegata. In origine il termine per l’esercizio della delega era di sei mesi dall’entrata in vigore della medesima legge n. 150 del 2016 (pubblicata nella G.U. il 5 agosto 2016, n. 182) dunque entro il 20 febbraio 2017. Successivamente, per effetto dell’articolo 1, comma 3 della legge n. 19 del 2017 (che ha convertito in legge il cd. decreto “milleproroghe”, decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244) i termini della delega sono stati posticipati di sei mesi, al 20 agosto 2017. Il Governo, nella risposta (del 2 agosto 2017) all’interrogazione in Commissione VI (Finanze) n. 5-12021 ha riferito che l'istruttoria tecnica per la predisposizione dei decreti attuativi ha riscontrato e messo a fuoco complesse e sostanziali criticità, correlate all'impostazione stessa ed a talune previsioni della delega, che involgono anche problematiche di derivazione europea e che hanno comportato l’impossibilità di predisporre un articolato in ottemperanza alla legge delega;

§  competenze, tra le quali cui sono riconducibili i cd. Competence Center, per diffondere la conoscenza sui reali vantaggi derivanti da investimenti in tecnologie in ambito Industria 4.0., finanziati con la legge di Bilancio 2017 , ma il cui D.M. attuativo non risulta ancora approvato in via definitiva, ed il riconoscimento, ai sensi del D.L. n. 91/2017, dei cluster tecnologici nazionali (CTN) quali strutture di supporto e di efficientamento per il coordinamento delle politiche di ricerca industriale a livello nazionale e locale, e, con riferimento alle Regioni del Mezzogiorno, anche come strumento facilitatore per l'attuazione e l'impiego degli interventi sul territorio.

Le complessive misure del Piano Industria 4.0, se pienamente attuate, potrebbero, secondo le analisi del Governo, elevare il livello del PIL fino a 1,2 punti percentuali in un orizzonte quinquennale e a 4,1 punti percentuali nel lungo periodo.

A tali misure viene in particolare ascritto un importante contributo in termini di crescita degli investimenti (si rinvia, sul punto, al Capitolo concernente il quadro macroecnomico e nello specifico all’analisi dell’andamento degli investimenti fissi lordi).

La politica di sostegno alla competitività delle imprese trova poi la sua declinazione, al di là delle misure sopra indicate, in ulteriori interventi collocabili nell’ambito della riforma della giustizia civile ed, in particolare, nell’ambito della riforma dell’insolvenza. Accanto al disegno di legge delega per la riforma organica della disciplina delle crisi di impresa e dell’insolvenza (A.C. 3671-ter, approvato dall’Assemblea della Camera in prima lettura il 10 maggio 2017), ancora in itinere, si ricorda il D.L. n. 91/2017 che prevede l’ammissione alla procedura speciale di amministrazione straordinaria per le società cessionarie di complessi aziendali acquisiti da società già sottoposte ad amministrazione straordinaria, , anche in assenza dei requisiti dimensionali, ferma restando la sussistenza del presupposto dello stato di insolvenza di tali imprese.

 

Nel solco degli interventi già adottati volti a ridurre il carico fiscale sui fattori produttivi (cfr. Raccomandazione del Consiglio del 11 luglio 2017, 2017/C261/11, punto 13) e a sostenere la crescita, il Governo anticipa nella Nota di aggiornamento taluni interventi che saranno contenuti nel prossimo disegno di legge di bilancio 2018. Per quanto riguarda gli investimenti, saranno in particolare selettivamente mantenuti alcuni incentivi fiscali per il settore privato già previsti da precedenti disposizioni normative, allocate nuove risorse per gli investimenti pubblici e proposte nuove leve per la ripresa dell’accumulazione di capitale. Tra le misure per lo sviluppo vi saranno nuovi interventi di decontribuzione del lavoro.

Il Governo inoltre evidenzia che - come programmato nel DEF - sarà evitata l’entrata in vigore nel 2018 degli aumenti IVA previsti dalla legislazione vigente, in parte già disattivati dalla manovra di aprile.

Comunque, per ciò quanto concerne la competitività del sistema imprese, il “cronoprogramma delle riforme” (contenuto nella Tavola V.1) non prospetta specificamente le nuove iniziative in corso di adozione rispetto a quelle già avviate o definite e in via di attuazione e completamento.


 

3.III Sistema bancario e mercati finanziari

 

 

 

Raccomandazione n. 3: Accelerare la riduzione dello stock dei crediti deteriorati e rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale. Adottare la revisione complessiva del quadro normativo in materia di insolvenza e di escussione delle garanzie.

 

Negli ultimi anni gli utili delle banche italiane hanno risentito di una profonda crisi dovuta alle maggiori perdite su crediti e al calo dei ricavi. Per effetto delle crisi d’impresa, tra il 2008 e il 2016 le svalutazioni sui prestiti hanno assorbito l’80% del risultato di gestione[40].

Al riguardo, diverse sono state le iniziative poste in essere dal Governo nell'ultimo anno al fine di salvaguardare la stabilità del sistema bancario e la stabilità dei suoi operatori.

Nel dicembre 2016, con il decreto-legge n. 237/2016, il Governo ha provveduto all'istituzione di un Fondo ad hoc nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze a copertura degli eventuali interventi per il rafforzamento patrimoniale di taluni istituti di credito, e al fine di prevedere la concessione di garanzie pubbliche su passività di nuova emissione, nonché l’erogazione di liquidità di emergenza necessarie a ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine da parte degli istituti di credito in difficoltà.

La dotazione del Fondo prevista per il 2017 è stata di 20 miliardi. A tal fine, con la Relazione del 19 dicembre 2016, ai sensi della L. 243/2012, il Governo ha richiesto al Parlamento l’autorizzazione ad uno scostamento temporaneo dagli obiettivi programmatici di finanza pubblica incrementando, per un importo corrispondente alla dotazione del Fondo, il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, nonché il livello massimo per le emissioni di titoli pubblici[41]. Nella risoluzione, il Parlamento prendeva atto che l'eventuale adozione di provvedimenti finalizzati ad assicurare la stabilità economico-finanziaria del Paese e il rafforzamento patrimoniale del sistema bancario e la protezione del risparmio, sarebbe avvenuta solo "qualora necessario", autorizzando l'aggiornamento del quadro programmatico di finanza pubblica e del piano di rientro.

Il Fondo è stato successivamente ripartito, destinando 16 miliardi al finanziamento degli esborsi necessari a colmare il fabbisogno di capitale delle banche, anche attraverso l’acquisto di azioni di nuova emissione, e la restante parte a copertura dell’impatto finanziario derivante dalle garanzie sottoscritte.

Il documento in esame certifica che nel settore bancario il Governo si è impegnato nell’azione volta a ridurre il peso dei crediti deteriorati e migliorare la qualità degli operatori presenti sul mercato bancario, rendendo più trasparenti le attività e la governance degli istituti bancari. Al termine dell'esame di mozioni sulle responsabilità gestionali delle banche, il Parlamento ha approvato un ordine del giorno unitario, che impegna il Governo a favorire tempestivamente un'iniziativa normativa, sulla responsabilità di amministratori, organi di controllo e dirigenti contabili delle banche fallite, affinché sia più agevole attivare pene accessorie, con particolare riguardo all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, nonché a realizzare in tempi rapidi una ricognizione delle norme sanzionatorie, di rango penale e amministrativo, che tenga conto del quadro normativo dell'Unione europea ed ad attuare le misure per la promozione e la diffusione dell'educazione finanziaria per aumentare la conoscenza da parte dei cittadini di strumenti e servizi finanziari immessi sul mercato.

Nel corso del 2017, con il decreto-legge n. 50, sono state adottate misure tese al potenziamento del mercato dei crediti deteriorati di banche e intermediari finanziari. Ciò ha permesso alle società cessionarie di tali asset (società di cartolarizzazione) di acquistare azioni, quote o altri titoli e strumenti partecipativi derivanti dalla conversione di parte dei crediti del cedente e di concedere finanziamenti, volti a migliorare le prospettive di recupero degli stessi crediti deteriorati al fine di favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto.

Con il decreto-legge citato si sono escluse le forme di previdenza complementare dal bail-in, circostanza che avrebbe portato al coinvolgimento anche delle obbligazioni senior e, per la quota eccedente 100.000 euro, anche i depositi. Sono state inoltre previste modalità di ristoro per i detentori di obbligazioni subordinate diversi dagli investitori professionali. In particolare, sulla liquidità e sugli strumenti finanziari dei fondi pensione depositati presso un soggetto depositario, è stato previsto che non sono ammesse azioni dei creditori del soggetto depositario e del sub-depositario.

Poi, con il D.L. n. 89/2017 si è provveduto all'adozione di misure per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A..

Le due banche venivano dichiarate “in stato di dissesto o di rischio di dissesto” dalla BCE il 23 giugno scorso. Il Comitato di risoluzione unico, l’autorità europea per la gestione delle crisi bancarie, concordando con la valutazione della BCE, rilevava l’assenza di misure di mercato o di vigilanza che potessero permettere di superare la crisi. Il Comitato poi sottolineava espressamente che l’attivazione di una eventuale procedura di "risoluzione" – alternativa alla liquidazione –non sarebbe stata in linea con il perseguimento dell’interesse pubblico. Conseguentemente, per tali istituti è stato possibile ricorrere alla normativa del Testo Unico Bancario, che prevede l’avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa e non alla nuova procedura di risoluzione prevista dalla direttiva europea per i salvataggi bancari (BRRD).

Nel luglio 2017 la Commissione europea ha autorizzato la ricapitalizzazione precauzionale di MPS (4 luglio), giudicando il piano di ristrutturazione 2017-2021 assistito da aiuti di Stato compatibile con i requisiti della Direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD). Il piano ha previsto un aumento precauzionale di capitale pari a circa 8,1 miliardi (8,8 miliardi stimati inizialmente dalla BCE). I decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze di attuazione della ricapitalizzazione di MPS emanati il 27 luglio hanno disposto un aumento del capitale di qualità primaria pari a circa 8,3 miliardi, così ripartito: 3,9 miliardi di azioni di nuova emissione sottoscritti dallo Stato e i rimanenti 4,5 miliardi richiesti ad azionisti e creditori subordinati (detentori di titoli convertibili in azioni), nel rispetto del principio del burden sharing introdotto dalla normativa europea.

Nel decreto è stato stabilito che lo Stato potrà acquistare una quota di tali azioni, fino a un massimo di 1,5 miliardi, per prevenire o chiudere liti relative al collocamento di questi strumenti presso la clientela non qualificata, assegnando in cambio obbligazioni con basso livello di rischio (senior) emesse dalla banca. Qualora tutti i soggetti titolati ad esercitare il diritto al rimborso lo richiedessero, l’intervento dello Stato in MPS raggiungerebbe i 5,4 miliardi, incrementando fino al 70 per cento la partecipazione azionaria statale.

Nel piano di ristrutturazione, è stata prevista, inoltre, la cessione a condizioni di mercato di un portafoglio di crediti deteriorati, pari a 26,1 miliardi, ad una società veicolo (Special Purpose Vehicle, SPV) e la sua successiva cartolarizzazione. Il Fondo Atlante II si è già impegnato ad acquistare il 95 per cento delle tranche di media-elevata rischiosità della cartolarizzazione. Inoltre, per favorire la vendita della tranche dei titoli senior, è prevista l’applicazione dello schema di garanzie dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS), che è stato approvato dalla Commissione Europea nel febbraio 2016 e non costituisce un aiuto di Stato. L’ammontare massimo sottoscrivibile di garanzie è di quasi 3,3 miliardi.

Tra le altre iniziative, la NADEF segnala che è poi diventato operativo il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, istituito con decreto del MEF (di concerto con MIUR e MISE) con l’obiettivo di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione ed educazione dei risparmiatori.

Inoltre, il documento evidenzia che il Governo ha anche approvato in via definitiva un decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale relativa ai mercati degli strumenti finanziari, allo scopo di rispondere all’incremento delle tipologie di strumenti di pagamento e finanziari e alla sempre maggiore diffusione di sistemi di trading ad alta frequenza, impostando un sistema più completo di vigilanza e di applicazione delle regole e al fine di garantire una corretta informazione per gli investitori e di limitare i conflitti di interesse tra le parti nonché assicurare sempre un’adeguata profilatura del risparmiatore rispetto alle proprie esigenze di investimento.

In proposito, di assoluto rilievo sono state anche le novità legislative volte a tutelare il risparmiatore nei rapporti con gli istituti di credito.

Nell'anno in corso, in particolare, con il decreto legislativo n. 37/2017 è stato completato il recepimento della Direttiva 2014/92/UE, mediante l’introduzione nel Testo Unico Bancario di un nuovo Capo II?ter, recante disposizioni particolari relative ai conti di pagamento. Detto capo è articolato in tre sezioni, rispettivamente dedicate ai tre macro argomenti disciplinati dalla direttiva (trasparenza e comparabilità delle spese; trasferimento del conto; accesso a un conto di base).

In particolare, con la Sezione I del nuovo Capo II?ter si è provveduto a disciplinare l'informativa precontrattuale e in corso del rapporto sul conto di pagamento, nonché gli strumenti volti a favorire il confronto fra le offerte. Sono, in particolare, state recepite le norme che impongono l'uso di una determinata terminologia standardizzata europea per la designazione dei principali servizi collegati al conto di pagamento.

Le disposizioni della Sezione III recepiscono il Capo IV della direttiva, il quale prevede il diritto per tutti i consumatori legalmente soggiornanti di aprire un conto di pagamento con caratteristiche di base senza discriminazioni fondate sulla nazionalità o sul luogo di residenza. Viene recepita sostanzialmente la Convenzione stipulata dal 2012 (rinnovata sino al 2014) da MEF, Banca d'Italia e associazioni rappresentative dei prestatori di servizi di pagamento (PSP), con qualche modifica all'assetto attuale, derivante sia dalle norme UE (con particolare riferimento al diritto di recesso e al rifiuto legittimo all'apertura del conto di base) che dalla prassi instauratasi nel tempo.

Sono previste iniziative di educazione finanziaria in favore dei consumatori, con particolare riguardo a quelli più vulnerabili, per cui i relativi compiti di promozione delle iniziative sono riconosciuti alla Banca d'Italia.

È stata modificata poi la disciplina del Testo Unico Bancario relativa alla risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori, al fine di chiarire che alla Banca d'Italia possono essere presentati esposti in luogo di reclami.

Si sono rinnovate le disposizioni sanzionatorie del TUB al fine di inserirvi gli opportuni riferimenti alle nuove norme introdotte, sanzionando così anche l'inosservanza anche delle citate disposizioni di recepimento della Direttiva 2014/92/UE.

 

 


 

3.IV Mercato del lavoro, welfare, spesa sociale

 

 

Raccomandazione n. 4: Con il coinvolgimento delle parti sociali, rafforzare il quadro della contrattazione collettiva, al fine di permettere contratti collettivi che tengano maggiormente conto delle condizioni locali. Assicurare efficaci politiche attive del mercato del lavoro. Incentivare il lavoro dei secondi percettori di reddito. Razionalizzare la spesa sociale e migliorarne la composizione.

La riforma del mercato del lavoro

Riguardo al mercato del lavoro, la quarta raccomandazione formulata per l'Italia, nel 2017, dal Consiglio dell'Unione europea auspica efficaci politiche attive e, in particolare, l'incentivazione del lavoro dei secondi percettori di reddito e la ridefinizione, mediante il coinvolgimento delle parti sociali, del quadro della contrattazione collettiva, al fine di permettere accordi collettivi che tengano maggiormente conto delle condizioni locali.

 

Cosiddetto Jobs Act ed altri interventi adottati

 

La Nota di aggiornamento in esame rileva che, come "ultimo tassello", a completamento del percorso di riforma avviato con il cosiddetto Jobs Act, è stata adottata una legge (L. 22 maggio 2017, n. 81) articolata in due parti, intese, rispettivamente, a ridefinire i diritti e le tutele per i rapporti di lavoro autonomo (nonché a rendere permanente l'istituto, finora transitorio, dell'indennità di disoccupazione - DIS-COLL - per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa[42]) e a porre una disciplina specifica per il lavoro agile (ivi definito come una "modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato", in cui la prestazione è contraddistinta dall'esecuzione della stessa in parte all’interno di locali aziendali ed in parte all’esterno - entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro, giornaliero e settimanale, derivanti dalla disciplina legislativa e dalla contrattazione collettiva - nonché dall'assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno).

La suddetta disciplina sul lavoro agile - osserva la Nota - è intesa anche a favorire una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

In merito a tale finalità, la Nota menziona anche il D.P.C.M. 17 febbraio 2017, che, in attuazione di una specifica norma della Legge di bilancio per il 2017, riconosce, a partire dal 2017 e con riferimento ai nati a decorrere dal 1º gennaio 2016, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido, pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche, un "buono" fino ad un massimo di 1.000 euro su base annua.

La Nota rileva altresì che l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) ha avviato la sperimentazione dell'assegno individuale di ricollocazione e che, a conclusione della fase di sperimentazione, l'assegno potrà essere richiesto da tutti gli aventi diritto, costituiti dai soggetti disoccupati da almeno 4 mesi e beneficiari di trattamento di disoccupazione. Si ricorda che l'assegno di ricollocazione (introdotto dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150) consiste in un importo che può essere "speso" dal soggetto presso un centro per l'impiego o un soggetto accreditato, al fine di ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. L'assegno non viene erogato all’utente, ma all'operatore suddetto, e a condizione che venga firmato un contratto di lavoro[43]; la misura dell'assegno varia da 1.000 a 5.000 euro in caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato[44] (l'importo è graduato in funzione della maggiore o minore difficoltà - derivante dal profilo personale di occupabilità - del reinserimento lavorativo del disoccupato).

 

Si ricorda che nel complesso di interventi legislativi costituenti il cosiddetto Jobs Act rientrano i seguenti decreti legislativi:

§  il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, concernente una revisione della disciplina generale dei trattamenti di disoccupazione;

§  il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante la definizione di una disciplina, per i nuovi contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di tutele crescenti dal licenziamento in relazione all’anzianità di servizio;

§  il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, concernente la revisione e l’aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità delle lavoratrici ed a sostenere le cure parentali e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;

§  il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante la revisione della disciplina delle tipologie dei contratti di lavoro e di quella in materia di attribuzione di mansioni e di variazioni delle stesse;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante la revisione della disciplina degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, fondi di solidarietà bilaterali e contratti di solidarietà di tipo difensivo - la disciplina di questi ultimi è confluita, in base al medesimo decreto legislativo, nell'àmbito del trattamento straordinario di integrazione salariale e dei fondi suddetti -);

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, recante l'istituzione di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, recante il riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. Il decreto, tra l'altro, istituisce l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL); ad essa spettano, in via di sintesi, funzioni di coordinamento, a livello nazionale, dei servizi pubblici per l'impiego (e delle relative politiche attive per il lavoro) nonché delle politiche di attivazione dei disoccupati, di accreditamento dei servizi per l'impiego privati, di gestione diretta di alcuni programmi, di assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali, di determinazione delle modalità operative e dell'ammontare dell'assegno individuale di ricollocazione. Il medesimo decreto n. 150 ha istituito, inoltre, il patto di servizio personalizzato tra il lavoratore disoccupato ed il centro per l'impiego, patto obbligatorio ai fini del mantenimento del trattamento di disoccupazione e che è inteso alla finalità di assicurare una ricerca attiva del lavoro e la partecipazione a iniziative di carattere formativo o di riqualificazione;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, concernente la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti (relativi al rapporto di lavoro) a carico dei cittadini e delle imprese, nonché altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

Il successivo D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185, ha recato novelle integrative e correttive per alcuni dei suddetti decreti legislativi.

Si ricorda, inoltre, che l'art. 54-bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, ha introdotto il nuovo istituto del lavoro occasionale, in sostituzione dell'istituto del lavoro accessorio (abrogato, in precedenza, dal D.L. 17 marzo 2017, n. 25, convertito, senza modificazioni, dalla L. 20 aprile 2017, n. 49).

 

Incentivi finanziari per l'occupazione

 

Riguardo agli incentivi finanziari per l'occupazione, la Nota di aggiornamento ricorda - fornendo i dati ultimi inerenti all'attuazione - le misure di recente predisposte (e che si affiancano a quella prevista in via permanente dalla cosiddetta Legge Fornero[45] con riferimento alle assunzioni di lavoratori che abbiano almeno 50 anni di età e che si trovino in stato di disoccupazione da almeno 12 mesi nonché alle assunzioni di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in determinate aree, ovvero alle assunzioni di donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti). In particolare, le suddette misure recenti sono costituite da:

§  uno sgravio contributivo (cosiddetto "incentivo occupazione Sud") - di durata pari a 12 mesi e fino ad un massimo di 8.060 euro su base annua - per ogni soggetto assunto, nell'anno 2017, con contratto a tempo indeterminato e con sede di lavoro in una regione del Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia), a condizione che la persona assunta sia di età compresa tra i 16 anni e i 24 anni oppure un soggetto privo di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. L'incentivo è stato disposto dal decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 367 del 16 novembre 2016 (come modificato dal decreto direttoriale n. 18719 del 15 dicembre 2016) ed è riconosciuto nei limiti delle disponibilità stanziate;

§  uno sgravio contributivo - di durata pari a 12 mesi - per ogni soggetto assunto, nell'anno 2017, con contratto a tempo indeterminato o a termine (purché di durata pari ad almeno 6 mesi), a condizione che la persona assunta sia di età compresa tra i 16 anni e i 29 anni, sia disoccupata (e non inserita in un percorso di studi o formazione) e sia registrata al “Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani” (ovvero “Programma Garanzia Giovani”). L'incentivo è stato disposto dal decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 394 del 2 dicembre 2016 (come modificato dal decreto direttoriale n. 454 del 19 dicembre 2016) ed è riconosciuto nei limiti delle disponibilità stanziate;

§  uno sgravio contributivo - di durata pari a 36 mesi - in favore dei datori di lavoro che, negli anni 2017 e 2018, assumano a tempo indeterminato studenti che abbiano svolto attività di alternanza scuola-lavoro o periodi di apprendistato presso il medesimo datore di lavoro. L'incentivo è stato introdotto dall'art. 1, commi da 308 a 310, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, ed è riconosciuto nei limiti delle disponibilità stanziate.

In merito ai futuri interventi, la Nota di aggiornamento osserva, in generale, che, nell'ambito del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, la legge di bilancio per il 2018 "destinerà le limitate risorse a disposizione a pochi mirati obiettivi", costituiti dagli investimenti pubblici e privati, la lotta alla povertà e l'occupazione giovanile. In particolare, riguardo a quest'ultima, "le misure per lo sviluppo - afferma la Nota - contemplano (...) nuovi interventi di decontribuzione del lavoro. Tali misure saranno selettive e rivolte al sostegno delle assunzioni a tempo indeterminato dei giovani lavoratori".

 

Retribuzioni e contrattazione

 

La Nota di aggiornamento rileva che con la Legge di bilancio per il 2017 il Governo ha rafforzato l’azione intesa a favorire, nell'ambito della contrattazione collettiva, lo spazio per gli emolumenti retributivi collegati alla produttività o redditività aziendale. In merito, si ricorda che l'art. 1, comma 160, della Legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232 del 2016) ha posto alcune modifiche alla disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa - in particolare, elevando i limiti di importo dell'imponibile ed ampliando l'àmbito soggettivo dei lavoratori ammessi al regime in esame -. Lo stesso comma 160 ed i successivi commi 161 e 162 hanno modificato le norme tributarie su alcuni valori, somme o servizi, percepiti o goduti dal dipendente - cosiddetto welfare aziendale -. Si è tra l'altro chiarito, con una norma di interpretazione autentica (avente, quindi, effetto retroattivo), che l'esenzione dall'IRPEF concerne anche le opere ed i servizi[46] riconosciuti dal datore di lavoro in conformità a disposizioni di contratti di lavoro nazionali o territoriali (oltre che di contratti o regolamenti aziendali ovvero volontariamente).

La Nota di aggiornamento ricorda che (in base alla procedura di deposito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) risultano attualmente in vigore 10.459 contratti aziendali e 2.252 contratti territoriali. Nell'ambito di tali contratti di secondo livello - prosegue la Nota - circa 10.000 "si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 7.225 di redditività, 6.069 di qualità, mentre 1.709 prevedono un piano di partecipazione e 3.909 misure di welfare aziendale. La Regione con il maggior numero di contratti attivi è la Lombardia (3.714), seguita da Emilia Romagna (2.256) e Veneto (1.395)".

Previdenza

In materia di previdenza il Documento[47] rivede le previsioni relative alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico, osservando come le nuove proiezioni, basate su un imminente aggiornamento degli scenari demografici ed economici a livello europeo, evidenziano “rischi di salita della spesa pensionistica nei prossimi decenni”.

 

La revisione in senso peggiorativo delle proiezioni riguarda, in particolare, i parametri demografici (minore tasso di fecondità; maggiore speranza di vita; forte ridimensionamento del flusso migratorio netto), la produttività totale dei fattori (variazione prevista sostanzialmente nulla nel prossimo decennio) e il tasso di disoccupazione strutturale (stimato in crescita nel lungo periodo). Il Documento rileva, in particolare, come la “contrazione della dinamica strutturale della crescita economica del nostro Paese, che emerge dall’aggiornamento delle ipotesi di scenario, si traduce in un peggioramento della previsione delle principali componenti di spesa pubblica age-related in rapporto al PIL e, in particolare, della spesa pensionistica. Rispetto ai risultati del DEF 2017, il livello della spesa pensionistica in rapporto al PIL aumenta di circa 2 punti percentuali nel 2035, raggiunge un incremento massimo di 2,6 punti percentuali nel 2045, per poi ridursi a circa 1,2 punti percentuali nel 2060. L’incremento dell’incidenza sul PIL del complesso delle spese age-related determina un “sensibile deterioramento” degli indicatori di sostenibilità della finanza pubblica nel medio e lungo periodo, ciò che comporterebbe il passaggio del nostro Paese dalla categoria a basso rischio a quella a medio rischio

 

A tale riguardo il Documento osserva che tali proiezioni rappresentano “uno scenario avverso a fronte di quello sinora adottato, da tenere in considerazione nel formulare gli obiettivi di bilancio per i prossimi anni e nel valutare le diverse opzioni di politica economica e sociale”. Nel ricordare come la legge di bilancio 2017 includeva già varie misure di sostegno “ai pensionati con redditi bassi”, il Documento fa presente che “la legge di bilancio 2018 destinerà le limitate risorse a disposizione a pochi mirati obiettivi: investimenti pubblici e privati, occupazione giovanile e lotta alla povertà”.

 

Per quanto concerne le misure adottate nel recente passato, il Documento ricorda:

§  le misure introdotte con la scorsa legge di bilancio per il pensionamento anticipato di soggetti in possesso di determinati requisiti (APE volontaria e APE sociale);

§  l’estensione alle casse previdenziali e ai fondi pensione, nel limite del 5% dei loro asset, della detassazione dei redditi derivanti da investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese;

§  l’esclusione delle forme pensionistiche complementari dalle disposizioni sul cd. bail-in (per cui la liquidità e gli strumenti finanziari dei fondi pensione depositati presso un soggetto depositario non sono ammesse alle azioni dei creditori del depositario medesimo, analogamente a quanto in precedenza previsto per i Fondi comuni di investimento).


 

Lotta alla povertà e razionalizzazione della spesa sociale

In risposta alla raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea, la Nota di aggiornamento del DEF espone le misure adottate in tema di lotta alla povertà e di riforma del terzo settore.

 

Al fine di contrastare la povertà e l’esclusione sociale, il 29 agosto scorso il Governo ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che introduce, a decorrere dal 1° gennaio 2018, il reddito di inclusione (REI), quale misura unica nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale. Esso prevede un sostegno economico accompagnato da servizi personalizzati per l’inclusione sociale e lavorativa. Non si tratta di una misura meramente assistenzialistica, poiché al nucleo familiare beneficiario viene richiesto un impegno ad attivarsi, sulla base di un progetto personalizzato con i servizi territoriali, che accompagni il nucleo medesimo verso l’autonomia.

 

Fermo restando il possesso dei requisiti economici, il ReI è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa

Non è invece compatibile con la contemporanea fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo familiare, della NASpI o di altro ammortizzatore sociale per la disoccupazione involontaria.

Il ReI sarà concesso ai cittadini comunitari, ovvero a familiare di cittadino italiano o comunitario non avente la cittadinanza di uno Stato membro che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino straniero in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. Il richiedente deve essere residente in Italia per via continuativa da almeno due anni.

Il ReI è concesso per un periodo non superiore a 18 mesi e sarà necessario che trascorrano almeno 6 mesi dall’ultima erogazione prima di poterlo richiedere nuovamente.

È una misura condizionata alla prova dei mezzi e all’adesione a un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa ed è articolato in due componenti:

§  un beneficio economico erogato su dodici mensilità, con un importo che andrà da circa 190 euro mensili per una persona sola fino a quasi 490 euro per un nucleo con 5 o più componenti;

§  una componente di servizi alla persona identificata in esito ad una valutazione del bisogno del nucleo familiare che terrà conto, tra l’altro, della situazione lavorativa e del profilo di occupabilità, dell’educazione, istruzione e formazione, della condizione abitativa e delle reti familiari, di prossimità e sociali della persona. Ciò servirà a dar vita a un "progetto personalizzato" volto al superamento della condizione di povertà. Tale progetto indicherà gli obiettivi generali e i risultati specifici da raggiungere nel percorso diretto all’inserimento o reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale, nonché i sostegni, in termini di specifici interventi e servizi, di cui il nucleo necessita, e, infine, gli impegni a svolgere specifiche attività, a cui il beneficio economico è condizionato, da parte dei componenti il nucleo familiare.

Per quanto riguarda i requisiti di accesso, con riferimento alla condizione economica, il nucleo familiare del richiedente dovrà essere in possesso congiuntamente di:

§  un valore dell’ISEE non superiore ad euro 6.000;

§  un valore dell’ISRE[48] non superiore ad euro 3.000;.

§  un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore ad euro 20.000;

§  un valore del patrimonio mobiliare, non superiore ad una soglia di euro 6.000, accresciuta di euro 2.000 per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo componente, fino ad un massimo di euro 10.000;

 

In ogni caso il beneficio (comprensivo di eventuali altre prestazioni, tranne l’indennità di accompagnamento) per ogni nucleo familiare non potrà essere superiore all’assegno sociale (valore annuo 5.824 euro; circa 485 euro mensili)

 

Con riferimento al godimento di beni durevoli e ad altri indicatori del tenore di vita, il nucleo familiare dovrà trovarsi congiuntamente nelle seguenti condizioni:

§  nessun componente intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di autoveicoli, ovvero motoveicoli immatricolati per la prima volta nei ventiquattro mesi antecedenti la richiesta, fatti salvi gli autoveicoli ed i motoveicoli per i quali è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità;

§  nessun componente intestatario a qualunque titolo o avente piena disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto.

Oltre ai requisiti sopra elencati, sono richiesti una serie di requisiti transitori riferiti alla composizione del nucleo familiare, da tenere in considerazione in sede di prima applicazione.

È previsto un meccanismo di allargamento della platea fino al pieno universalismo e di incremento del beneficio economico mediante l’adozione di un Piano nazionale per la lotta contro la povertà e all’esclusione sociale , che disciplini l’utilizzo di eventuali ulteriori risorse che affluiscono al Fondo povertà con la legge di bilancio o altri provvedimenti legislativi.

Al ReI si accederà attraverso una dichiarazione a fini ISEE precompilata (disponibile dal 1° settembre 2018). È un’innovazione di sistema che caratterizzerà l’accesso a tutte le prestazioni sociali agevolate, migliorando la fedeltà delle dichiarazioni da un lato e semplificando gli adempimenti per i cittadini dall’altro.

 

Per quanto riguarda le risorse, Il ReI sarà finanziato dal Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione strutturale che l’ultima legge di bilancio ha portato a 1,7 miliardi dal 2018. A tali risorse si aggiungono quelle destinate a rafforzare i servizi (anche a carico del PON inclusione), per un totale di oltre 2 miliardi dal 2019.

 

In sede di prima applicazione la platea potenziale della misura, sulla base dei dati con sistema informativo ISEE, è di circa 500 mila nuclei familiari, di cui 420 mila con minori. Le persone potenzialmente coperte dal ReI sono complessivamente quasi 1,8 milioni, di cui 700 mila minori. La dimensione media del nucleo familiare è pari a poco più di 3,5 componenti.

Il Documento ricorda inoltre l’avvenuta istituzione della rete della protezione e dell’inclusione sociale, presieduta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e composta da rappresentanti dei diversi livelli di governo.

La nota ricorda inoltre che, in attesa dell’avvio del ReI, a fine aprile 2017 sono entrati in vigore i nuovi criteri per il SIA.

Si tratta di un sostegno economico condizionato all'attivazione di percorsi verso l'inclusione e l'autonomia (nota anche come Carta acquisti sperimentale). È stato introdotto nel 2012, in via sperimentale, per i comuni con più di 250.000 abitanti ed estesa dal 2016 a tutto il territorio nazionale. Permangono comunque rilevanti differenze nella platea, nei requisiti di accesso, nella presenza di una scala di valutazione del bisogno, nel beneficio economico, negli altri trattamenti consentiti. E’ riservato esclusivamente ai nuclei familiari con minori in situazione di difficoltà (ISEE inferiore a 3.000 euro; trattamenti di natura previdenziale e assistenziale non superiori a 600 euro mensili; vincoli riguardanti il possesso di autoveicoli). Il beneficio è concesso bimestralmente e viene erogato attraverso una Carta di pagamento elettronica (Carta SIA), con cui si possono effettuare acquisti in tutti i supermercati, negozi alimentari, farmacie e parafarmacie abilitati al circuito Mastercard. La Carta può essere anche utilizzata presso gli uffici postali per pagare le bollette elettriche e del gas e dà diritto a uno sconto del 5% sugli acquisti effettuati nei negozi e nelle farmacie convenzionate.

Le risorse per il 2016 sono state pari a 750 milioni di euro.

Per il 2017, i criteri di accesso al SIA sono stati ulteriormente ampliati.

Il nuovo decreto interministeriale interviene in particolare su 3 elementi:

§  la riduzione della soglia di valutazione multidimensionale del bisogno da 45 a 25 punti;

§  l’innalzamento della soglia di altri trattamenti consentiti, da 600 a 900 euro, per le famiglie con un componente non autosufficiente;

§  l’incremento del beneficio per i nuclei composti esclusivamente da genitore solo e figli minorenni (+ 80 euro), con un beneficio massimo quindi di 480 euro.

 

In questo modo si è potuto all’incirca raddoppiare la platea dei beneficiari riammettendo al beneficio coloro che ne erano stati esclusi solo per via della valutazione multidimensionale.

 

Il Documento ricorda inoltre la messa a punto della vasta opera di revisione della disciplina riguardante il Terzo settore che, avviata con l’emanazione della legge n. 106/2016, recante una Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, è stata portata a compimento con l’emanazione dei tre decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri il 28 giugno 2017.

 

Va ricordato, infatti, che, in attuazione della delega sopracitata sono stati emanati e pubblicati in Gazzetta ufficiale i seguenti decreti legislativi:

§  Decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, “Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma dell'articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106”;

§  Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, “Disciplina dell'istituto del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a norma dell'articolo 9, comma 1, lettere c) e d), della legge 6 giugno 2016, n. 106”;

§  Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106”;

§  Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, “Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”;

§  D.P.R. 28 luglio 2017, “Approvazione dello statuto della Fondazione Italia Sociale”.

 

L’opera di revisione citata è stata finalizzata alla promozione ed al sostegno del Terzo settore mediante:

§  l’introduzione di una definizione generale di enti del Terzo settore, delle attività di interesse generale da essi esercitate e della governance degli enti medesimi;

§  la semplificazione della procedura di acquisto della personalità giuridica e l’istituzione del Registro Unico Nazionale del terzo settore in modalità telematica, con una dotazione finanziaria di 15 milioni, al quale gli enti sono tenuti ad iscriversi per poter accedere ai benefici ad essi riservati;

§  l’istituzione del Consiglio nazionale del Terzo settore, organo consultivo e rappresentativo degli enti;

§  la riforma dei centri di servizio per il volontariato che, oltre sulle risorse garantite dalle Fondazioni bancarie potranno contare su un sostegno finanziario pubblico stabile e su 10 milioni annui per lo sviluppo dei centri stessi;

§  l’istituzione di un Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale per gli enti del Terzo settore con una dotazione annua di 40 milioni;

§  il rafforzamento dell’impresa sociale mediante l’estensione delle attività esercitabili dalla stessa;

§  l’introduzione, sia pur limitata, della possibilità di distribuzione degli utili, nonché l’introduzione di misure fiscali di sostegno volte a favorire gli investimenti nell’impresa sociale stessa e ad assicurare la detassazione degli utili e degli avanzi di gestione destinati al conseguimento dell’oggetto sociale.

 

Il Documento ricorda poi alcune delle misure di promozione e sostegno introdotte dal Codice del terzo settore tra le quali vengono ricordate:

§  l’introduzione di un nuovo ed articolato regime tributario di vantaggio, che tiene conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;

§  l’istituzione del social bonus, ossia di un credito d’imposta pari al 65 per cento per le persone fisiche e al 50 per cento per le persone giuridiche per le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore degli enti del terzo settore che abbiano presentato un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata , assegnati agli enti citati per essere utilizzati esclusivamente per lo svolgimento con modalità non commerciali di attività di interesse generale;

§  una serie di agevolazioni in materia di imposte indirette, nonché in materia di tributi locali;

§  la ridefinizione della disciplina delle detrazioni e deduzioni per le erogazioni liberali in denaro e in natura favore degli enti;

§  la nuova disciplina in materia di finanza sociale concernente i “tioli di solidarietà”;

§  un regime fiscale agevolato per le attività di social lending;

§  misure per favorire l’assegnazione in favore degli enti di immobili pubblici inutilizzati per fini istituzionali;

§  la disciplina dello specifico Fondo istituito per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale promossi dagli enti del Terzo settore.

 

Il Codice prevede infine la disciplina delle attività di monitoraggio, di vigilanza e di controllo, anche di natura fiscale, nonché quella di carattere sanzionatorio.

La dotazione finanziaria di cui dispone la legge, pari a 190 milioni, viene ripartita in 105 milioni circa a copertura delle misure fiscali e tributarie di maggior vantaggio e per la parte restante, per le misure illustrate.

 

 


4. Approfondimenti

4.1 Il rapporto programmatico sulle spese fiscali

Per la prima volta (alla precedente NADEF non fu allegato) alla NADEF è allegato il rapporto programmatico sulle spese fiscali (c.d. tax expenditures).

Il D.Lgs. n. 160/2015, comma 1, prevede infatti che la NADEF sia corredata da “un rapporto programmatico nel quale sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica".

L’art. 1 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 160 ha previsto altresì l'inserimento in allegato allo stato di previsione dell'entrata di un rapporto annuale sulle spese fiscali, che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso[49].

La procedura di monitoraggio delle spese fiscali disegnata dal d.lgs. 160/2015 prevede dunque due strumenti con caratteristiche ben distinte. Da una parte il rapporto programmatico, da allegare alla Nota di aggiornamento al DEF, che è redatto dal Governo. Dall’altra, il rapporto annuale di ricognizione delle spese fiscali, affidato alla Commissione sulle tax expenditures come organo tecnico. Si può ritenere che il rapporto annuale di ricognizione delle spese fiscali possa costituire la base informativa per la redazione del rapporto di natura programmatica.

Il rapporto illustra in primis il quadro normativo di riferimento, come dianzi illustrato.

Il rapporto dà poi conto dei lavori della predetta Commissione sulle tax expenditures, presieduta dal Prof. Mauro Maré.

Il quadro normativo dianzi delineato stabilisce infatti che il rapporto annuale individui le spese fiscali e ne valuti gli effetti finanziari “prendendo a riferimento modelli economici standard di tassazione”, ma lascia alla discrezionalità della Commissione la scelta di tale standard di riferimento.

In particolare, viene affrontata la problematica della individuazione, quantificazione e contabilizzazione nei bilanci pubblici delle tax expenditures. In proposito la Commissione dà conto della scelta di allinearsi alla scelta di quei paesi che sembrano oggi attuare le best practices nel campo della definizione delle spese fiscali, vale a dire il metodo del benchmark legale nel quale il sistema tributario di riferimento è identificato con quello vigente (current tax law).Esso consiste nel valutare, volta per volta, se una disposizione di natura agevolativa, rappresenti una caratteristica strutturale del tributo, riferita cioè al suo assetto “normale”, oppure rappresenti una deviazione dalla norma. Solo in questo secondo caso la disposizione sarà ritenuta spesa fiscale.[50]

Il rapporto dà altresì conto delle modalità di classificazione delle spese fiscali che è stata effettuata con riferimento a diversi parametri (norma di riferimento, misura, tipo di tributo, termine di vigenza, natura della misura di agevolazione, effetti finanziari, numero agevolazioni, importo medio dell’agevolazione, soggetti e categorie beneficiari, spese fiscali in vigore da più di 5 anni.)

Premesso che la disposizione legislativa prevede che le spese fiscali siano “raggruppate in categorie omogenee, contrassegnate da un codice che ne caratterizza la natura e le finalità”, per quanto riguarda le categorie omogenee, la Commissione ha deciso di fare riferimento alle missioni di spesa considerate nel bilancio dello stato. Questa scelta contabile agevola peraltro i confronti tra le spese fiscali e i programmi di spesa destinati alle medesime finalità, previsto dalla norma, che la Commissione ha in programma di sviluppare per i successivi studi e rapporti.

Delle 34 missioni del bilancio dello Stato, sono state escluse le voci non rilevanti. Come indicato nel “Rapporto annuale sulle spese fiscali 2016”, pubblicato sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze, l’elenco utilizzato è risultato composto di 20 voci che possono essere confrontate anche con la classificazione delle spese COFOG in sede UE.

Il terzo paragrafo illustra le linee programmatiche nel riordino delle agevolazioni fiscali e le prospettive di medio termine partendo dalla constatazione che nel recente passato il riordino delle agevolazioni fiscali è stato strettamente collegato a esigenze di consolidamento dei conti pubblici.

In particolare, viene affermato che: "il riordino delle tax expenditures deve avere il carattere di un intervento di riforma che si inserisce nel quadro delle riforme strutturali che il nostro paese ha avviato con successo nel corso degli ultimi anni" e che: "La riduzione delle agevolazioni deve perciò essere collocata nel più ampio ambito della riforma fiscale",

Viene anche prospettata l'eventualità di collegare la revisione delle agevolazioni fiscali e il conseguente ampliamento della base imponibile a "un potenziamento mirato di deduzioni e detrazioni a favore della famiglia e del lavoro".

Un altro approccio, illustrato nel Rapporto, nell’attesa di collegare l’azione di revisione delle spese fiscali a una riforma fiscale più strutturale, potrebbe invece essere quello di "operare interventi orizzontali", che permettano di razionalizzare l’intero complesso delle spese fiscali, ridurne la portata quantitativa ed eliminare comunque il loro impatto più evidente sull’efficienza e la trasparenza del sistema tributario.

Aldilà di tali prospettazioni di massima nel Rapporto non vengono però illustrati gli ambiti di intervento specifico.

 

Le tax expenditures nel rapporto 2016 sulle spese fiscali[51]

Per il Fondo monetario internazionale, le tax expenditures sono entrate a cui lo Stato rinuncia attraverso misure selettive in favore di alcune categorie. Per l’OCSE, sono una spesa pubblica attuata attraverso il sistema fiscale.

Per l'ordinamento nazionale si tratta di “qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore derivante dalle norme in vigore”.

Le spese fiscali in Italia, secondo il Rapporto 2016 della Commissione, sono 610: 468 misure relative a tributi erariali e 166 relative a tributi locali.

Tra queste misure, 24 sono arrivate a scadenza nel 2016, mentre 43 nuove spese fiscali erariali sono state introdotte tra il 1° gennaio 2015 e il 30 giugno 2016.

Sommando gli effetti finanziari delle varie misure individuate nel Rapporto, si registra un minor gettito per l’erario di 54.526 milioni di euro per l'anno 2017. L’importo sale a 76,5 miliardi considerando le agevolazioni per i tributi locali.

Le principali politiche pubbliche perseguite in Italia attraverso le spese fiscali sono:

·       politiche per il lavoro (missione 26), alle quali nel 2017 è stato destinato il 35% circa delle risorse, per 19.206 milioni di euro

·       casa e assetto urbanistico (missione 19), attestate a quota 29% circa, pari a 15.603 milioni

·       tutela della salute e politiche economico-finanziarie e di bilancio (missioni 20 e 29), alle quali è stato destinato circa l’8% (rispettivamente 4.118 milioni di euro e 4.221 milioni di euro)

·       diritti sociali e politiche sociali e famiglie (missione 24), che si sono divisi il 6% delle risorse (3.395 milioni).

 

Figura 23 - Effetti finanziari (%) per missione

Fonte: UVI. Elaborazione su dati del Rapporto 2016

 

A questi cinque settori sono state destinate, attraverso spese fiscali, risorse pari a 46.543 milioni di euro (85% circa del totale).

La nota integrativa per l'anno 2015 ha elencato 282 spese fiscali, che nel 2016 – l’anno della ricognizione effettuata dalla nuova Commissione di esperti - sono salite a 296 (contro 468 misure erariali censite nel Rapporto annuale). Minor gettito previsto: 175,1 miliardi per l'anno 2016 e 161 miliardi per il 2015.

Nel suo Rapporto sulle spese fiscali 2016, la Commissione non ha voluto fornire una valutazione del minor gettito complessivo, “ritenendo non superabili gli ostacoli e gli inconvenienti di una semplice aggregazione per somma”. Su 468 agevolazioni erariali esaminate, 316 (il 67,5%) sono prive di indicazioni su oneri, beneficiari e importi pro capite.

Per molte agevolazioni individuate dalla Commissione non sono resi noti i valori finanziari: solo 273 spese fiscali erariali su 468 sono state “quantificate” (il 58%).

Per il 42% delle misure non è stato possibile indicare i valori, o perché ritenute agevolazioni non quantificabili (148 misure, il 32%) o in quanto vi sono stati associati “effetti di trascurabile entità” senza fornire importi (47 misure, il 10%).

 

Figura 24 - Completezza dei dati finanziari

Fonte: UVI. Elaborazione su dati del Rapporto 2016

 

Per quanto attiene ai beneficiari, solo di 152 spese fiscali erariali (su 468) è stato possibile indicare sia gli effetti finanziari sia la platea dei beneficiari.

La distribuzione di queste 152 misure indica che:

·       il 23% si rivolge a una classe di beneficiari composta da meno di 1.000 persone

·       il 21% interessa un pubblico leggermente più vasto, da 10.000 a 30.000 soggetti

·       il 14% riguarda da 1.000 a 10.000 beneficiari

·       il 13% è in favore di un numero tra 30.000 e 100.000 contribuenti

Più della metà di queste 152 agevolazioni fiscali – sono 88, il 58% - è rivolta a meno di 30.000 soggetti. Il numero effettivo di fruitori, tuttavia, è bassissimo: circa 518 mila, lo 0,46% degli aventi diritto.

Tabella 32 - Spese fiscali divise per scaglioni di beneficiari, misure per scaglione, soggetti interessati e valori

 

 

 

Figura 25 - Distribuzione delle spese fiscali per classi (frequenze di beneficiari)

Fonte: UVI. Elaborazione su dati del Rapporto 2016.

 

Il 40% delle risorse associate alle 152 misure per cui si hanno informazioni è concentrato sulle classi da 3.000.000 di soggetti in su. Alle classi fino a 3.000.000 è destinato il 22% delle risorse (circa 11 milioni di euro). Sulle restanti 316 misure non è possibile l’analisi per mancanza di dati. Due sole misure fanno registrare frequenze superiori ai 10 milioni di beneficiari:

 

Figura 26 - Distribuzione degli importi delle spese fiscali per scaglioni di frequenza

Fonte: UVI. Elaborazioni su dati del Rapporto annuale sulle spese fiscali 2016

 


 

4.2 Il Rapporto sui risultati della lotta all'evasione fiscale

e contributiva e la Relazione sull'economia non osservata (2017)

 

Il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, oltre a indicare i dati relativi al recupero delle somme evase, fornisce le stime del cosiddetto tax gap (la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive. Sono riportati, inoltre, le maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale e gli indirizzi sulle strategie per il contrasto dell’evasione.

I dati si basano sulla Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione contributiva allegata alla Nota, predisposta dalla Commissione di esperti istituita con DM 28 aprile 2016. La Relazione 2017 contiene diverse novità metodologiche. In particolare sono fornite le stime del tax gap anche con riferimento ai tributi sulle locazioni e al canone RAI. L’ampliamento dello spettro dei tributi considerati ha consentito di elevare al 76 per cento la quota di entrate teoricamente soggette a evasione per le quali è stato valutato il tax gap. La misurazione riguarda le seguenti tipologie di imposte erariali e locali: l’IVA, l’IRAP, l’IRES, l’IRPEF (distinta da un lato per lavoratori autonomi e imprese e, dall’altro, per lavoratori dipendenti irregolari), l’IMU sui fabbricati diversi dall’abitazione principale, la cedolare secca sulle locazioni e il canone RAI.

Dalla Relazione emerge che, in media, nel triennio 2012 - 2014, il gap complessivo è pari a circa 107,7 miliardi di euro annui, di cui 97 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,7 miliardi di mancate entrate contributive (nella Relazione 2016 si calcolava che nel biennio 2012-2013 sarebbero stati evasi 217 miliardi euro, per un valore medio annuo di 108,7 miliardi). Si osserva, in particolare, una propensione media al gap IRPEF pari al 66,6% per i lavoratori autonomi e le imprese. Si evidenzia che nel 2015 il tax gap tende a diminuire rispetto ai valori stimati per il 2014, con la sola eccezione del canone RAI. Escludendo l’IRPEF sul lavoro dipendente irregolare, l’ammontare di imposte e contributi evasi passa da 105,6 miliardi a 101,1 miliardi, con una riduzione di 4,5 miliardi di euro (pari al 4,2%), di cui 3,9 miliardi circa per le entrate tributarie e 600 milioni per le entrate contributive; inoltre, il tax gap scende dal 33,5% al 32,9%. In particolare, emerge una riduzione del tax gap IVA di quasi 1,5 miliardi di euro, e del tax gap IRAP di 2,2 miliardi di euro. La propensione al gap si riduce sensibilmente per l’IRES (-1,6 punti percentuali), per l’IVA (-1,2 punti percentuali) e per l’IRAP (-0,8 punti percentuali).

Le stime relative al 2015 sono provvisorie, in attesa della pubblicazione dei dati più recenti sull’economia non osservata da parte dell’ISTAT.

 

Tabella 33 - Gap delle entrate tributarie e contributive

(dati in milioni di euro)

 

 

Tabella 34 - Propensione al Gap nell’imposta

Per quanto riguarda i risultati dell’attività di prevenzione e contrasto dell’evasione fiscale e contributiva, il Rapporto segnala che l’attività dell’Agenzia delle entrate ha reso possibile nel corso del 2016 il recupero di somme evase pari a 19 miliardi di euro (4,8 miliardi dalla riscossione coattiva, 13,7 dai versamenti diretti e 461 milioni dalle iniziative relative all’attività di promozione alla compliance), con un incremento del 28 per cento rispetto al 2015. Con una diversa scomposizione dei 19 miliardi si evince che 10,5 miliardi derivano dall’attività di accertamento e di controllo formale, 8 miliardi a seguito dell’attività di controllo automatizzato delle dichiarazioni e 0,5 miliardi derivano da versamenti spontanei.

Sul fronte della prevenzione, nel 2016 sono state inviate oltre 268 mila comunicazioni a cittadini che avevano omesso di riportare in dichiarazione una parte del loro reddito complessivo e che sono stati messi in condizione di rimediare con sanzioni più lievi agli errori compiuti nel passato. Inoltre, sono state inviate 156 mila lettere ad altrettanti cittadini che non avevano presentato la dichiarazione dei redditi: quasi la metà hanno potuto rimediare agli errori prima della scadenza dei termini.

Sono pervenute oltre 129 mila istanze per l’adesione alla voluntary disclosure: il valore complessivo degli investimenti e delle attività estere di natura finanziaria, oggetto della procedura di emersione, ammonta a circa 61,7 miliardi di euro.

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli nel 2016, attraverso le attività di verifica e di controllo sugli scambi, sulla produzione e sul consumo dei prodotti e delle risorse naturali soggetti ad accisa, ha riscosso circa 34 miliardi di euro. Nel comparto del gioco pubblico, esercitando una mirata azione di contrasto alle pratiche illegali, ha assicurato la riscossione di 10,5 miliardi di euro.

La Guardia di Finanza ha dichiarato di aver sequestrato del 2016 disponibilità patrimoniali e finanziarie per circa 781 milioni frutto di 1.663 casi di evasione fiscale internazionale e di duemila casi di frodi all'Iva scoperti. L’Iva evasa scoperta ammonta a 5,4 miliardi.

Sul fronte del contrasto all’evasione contributiva, a seguito del riordino delle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato istituito l'Ispettorato nazionale del lavoro (INL), che ha integrato in un'unica Agenzia i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, con lo scopo di razionalizzare e semplificare l'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale.

Dalla rilevazione annuale dei risultati dell’azione ispettiva svolta dall’INAIL emerge che, in occasione delle 132.942 verifiche ispettive definite nel corso del 2016 sono stati individuati 88.865 lavoratori irregolari (a fronte di 78.298 risultati irregolari nel 2015, con un conseguente incremento del 13,5%), di cui 43.048 risultati completamente “in nero” (con un lieve incremento rispetto ai 41.570 lavoratori “in nero” nel 2015: +3,6 per cento).

Per quanto riguarda l’attività di vigilanza ispettiva attuata dall’INPS, per l’anno 2016, le somme accertate a consuntivo risultano pari a 918 milioni di euro; con l’attività preventiva di vigilanza documentale, nell’anno 2016 sono state accertate irregolarità di natura contributiva pari complessivamente a 333,9 milioni di euro, con un incremento di oltre il 100,5 per cento rispetto all’anno precedente. A questi accertamenti si aggiunge, inoltre, il risparmio stimato in 403,7 milioni di euro in termini di maggiori entrate future (ad esempio, per l’annullamento di un sgravio contributivo in corso di fruizione) ovvero minori uscite (ad esempio, per l’accertamento di rapporti di lavoro simulato che avrebbero dato luogo a prestazioni previdenziali indebite).

 

Le maggiori entrate derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale sono state valutate in 370 milioni di euro.

Tale valutazione è stata effettuata, nel rispetto della normativa vigente (legge n. 147 del 2013, comma 431-434), sia confrontando gli incassi dell’anno 2017 con le previsioni iscritte in bilancio per l’esercizio in corso, sia confrontando gli incassi attesi per l’anno 2017 con le somme effettivamente incassate nell’esercizio precedente. Da tali confronti sono emerse maggiori entrate pari rispettivamente a 2.620 milioni di euro e a 450 milioni di euro. L’ammontare di risorse da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale è valutato, per ragioni prudenziali, al minore dei predetti importi (circa 450 milioni di euro). Tuttavia, soltanto una parte di queste risorse può essere considerata permanente; in particolare occorre tener conto degli effetti non permanenti ascrivibili alla definizione agevolata (c.d. rottamazione delle cartelle), prevista dall’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. n. 193 del 2016.

 

Con riferimento agli indirizzi sulle strategie per il contrasto dell’evasione, il documento prefigura i prossimi sviluppi in tema di fatturazione elettronica. Si sta valutando, infatti, l’introduzione del regime di fatturazione elettronica obbligatoria attraverso il Sistema di Interscambio anche tra soggetti IVA (B2B) e nei confronti dei consumatori (B2C). Il Governo potrebbe richiedere apposita deroga agli articoli 218 e 232 della direttiva Iva 2006/11/CE per l’introduzione di un sistema generalizzato di fatturazione elettronica obbligatoria, misura che consentirebbe un’ulteriore recupero di gettito e la soppressione dell’attuale obbligo di trasmissione telematica dei dati delle fatture, che rappresenta un onere aggiuntivo per le imprese.

Un eventuale regime obbligatorio e generalizzato di fatturazione elettronica potrebbe riguardare tutte le operazioni tra soggetti passivi IVA. Con riguardo invece alle operazioni nei confronti dei consumatori finali potrebbero essere mantenute le attuali regole relative alla non obbligatorietà della fattura per la maggior parte delle operazioni prevedendo, in caso di richiesta, che sia prodotta in formato elettronico e trasmessa attraverso il Sistema di interscambio, al fine di assicurarne la tracciabilità, pur potendo essere anche consegnata in formato cartaceo al consumatore.

 



[1]     Legge 4 agosto 2016, n.163, che è intervenuta su numerose disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica al fine di disciplinare il contenuto della legge di bilancio prevista dalla legge n.243/2012. In particolare, oltre a spostare dal 20 al 27 settembre il termine di presentazione della Nota di aggiornamento al DEF, l’articolo 1 di tale legge ha modificato l’articolo 10-bis della legge di contabilità, in ordine al contenuto della Nota medesima.

[2]     Nel testo i concetti di obiettivo di medio termine, medium term objective, e i corrispondenti acronimi OMT, MTO, nonché di obiettivo programmatico strutturale, vengono usati in maniera alternativa

[3]     Che, si ricorda in sintesi, mira ad assicurare attraverso apposite procedure di vigilanza ex ante dei parametri di riferimento delle politiche economiche, che gli Stati membri seguano politiche di bilancio sostenibili nel medio periodo. Le procedure in questione dovrebbero consentire che i limiti previsti dal Trattato dell’Unione Europea (TFUE), vale a dire il 3 per cento del Pil per il deficit ed il 60 per cento per il debito) non siano oltrepassati nel corso di un normale ciclo economico.

[4]     Il saldo negativo dello 0,2 per cento costituisce un livello di indebitamento che in base alle regole europee – che consentono un margine di tolleranza fino a 0,25 punti percentuali – assicura il conseguimento del pareggio di bilancio in termini strutturali.

[5]     Cfr. Comunicato EUROSTAT del 7 settembre 2017.

[6]     Cfr. Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel settembre 2017.

[7]     Cfr. più in dettaglio l’apposito riquadro riportato più avanti.

[8]     ISTAT, Comunicato “Conti economici trimestrali”, del 1 settembre 2017.

[9]     Articolo 18, comma 1, lettera a) della legge n. 243/2012.

[10]    Recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro.

[11]    Il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) è previsto dall’articolo 6 del Reg. (UE) n. 473/2013; ai sensi dell’art. 9, co. 1-bis, il DPB va presentato dal Governo alla Commissione europea entro il 15 ottobre dell’anno, ed è contestualmente trasmesso alle Camere.

[12]    WTO, ‘Trade Statistics and Outlook.’, 12 aprile 2017.

[13]    Si tratta di una clausola di salvaguardia sulle aliquote IVA ed altre imposte indirette che, come rimodulate dal decreto n. 50/2017, determinerebbero un gettito di circa 15,7 miliardi nel 2018, 18,9 miliardi nel 2019 e 19,2 miliardi a regime dal 2020.

[14]    Nel presente paragrafo si analizza la spesa corrente al netto della spesa per interessi. Per quest’ultima si rinvia all’apposito paragrafo di approfondimento.

[15]    Si rammenta che, con le risoluzioni del 27 aprile 2016, le Camere avevano autorizzato il Governo a rinviare l'obiettivo di pareggio strutturale al 2019.

[16]    Per una illustrazione delle regole di bilancio europee cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013.

[17]    Risoluzione (6-00236) n. 4 (testo 2), 26 aprile 2017.

[18]    Cfr. Servizi del bilancio e studi del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4-bis), Documentazione di finanza pubblica n. 14, pagg. 58-59.

[19]    Il dato è stato aggiornato dall'Istat con la pubblicazione dei Conti economici nazionali lo scorso 22 settembre.

[20]    Il prolungarsi della recessione ha contribuito a ridurre il tasso di crescita del PIL potenziale. In tale contesto un aumento sia pure contenuto del PIL effettivo consente la chiusura dell'output gap.

[21]    Si rammenta che ai sensi dell'articolo 9, comma 1?bis, della Legge 31 dicembre 2009, n. 196, come novellata dalla legge 4 agosto 2016, n. 163, il progetto di DPB è altresì inviato alle Camere entro il medesimo termine del 15 ottobre.

[22]    Cfr. il paragrafo sulla Relazione ex art. 6, c. 5, per l'illustrazione del nuovo percorso di avvicinamento all'OMT.

[23]    L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60% entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento.

[24]    Cfr. l'approfondimento sulla regola della spesa nell'ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013, per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).

[25]    Cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità, Nota breve n. 10, febbraio 2015.

[26]    Economic policy Committee.

[27]    Working Group of Ageing.

[28]    Long-term care.

[29]  Per maggiori dettagli sulla procedura, si vedano le Note del Servizio del bilancio del Senato della Repubblica: La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013, e L'avvio del Semestre europeo 2016, Nota breve n. 15, dicembre 2015.

[30]    La dimensione della manovra viene invece indicata – presumibilmente per ragioni riconducibili a processi di arrotondamento numerico, in 0,6 punti di Pil (per 0,2 punti percentuali affidata a riduzioni di spesa) nella parte della Nota relativa al percorso programmatico di finanza pubblica.

[31]    Cfr. DEF 2017, Sezione I, Programma di stabilità, Tav.V.14

[32]    Cfr. Tavola III.10 della Nota (pag.82).

[33]    Cfr. Tavola V.3 della Nota (pag.112).

[34]    Vedi nota che precede.

[35]    Per i cui effetti Cfr. la Tavola A.3 della Nota (pagina 149).

[36]    Indica la durata media presumibile di tutti gli affari trattati in Tribunale calcolata con la formula utilizzata dalla Cepej. Questo indicatore è più basso di quello che misura il solo contenzioso di Tribunale in quanto tiene conto anche di categorie di affari a rapida lavorazione quali la volontaria giurisdizione, i decreti ingiuntivi, le separazioni e i divorzi consensuali, etc..

[37]    L'Accertamento Tecnico Preventivo in materia di previdenza è stato introdotto a partire dal 1 gennaio 2012, ma la modifica al registro informatizzato è stata introdotta nei mesi successivi.

[38]    Sezione III.1 (pag.60).

[39]    Sezione V.2 (pagg.98-99).

[40]    In rapporto al totale delle attività, il margine di interesse è oggi inferiore di un terzo rispetto ai livelli prevalenti alla metà dello scorso decennio; anche gli altri ricavi hanno subito una contrazione. Cfr. Governatore della Banca d'Italia, intervento all'ABI del 12 luglio 2017.

[41]    Nella citata relazione si affermava che" nonostante una buona tenuta generale del sistema bancario italiano, anche a fronte della lunga e pesante fase recessiva attraversata dall'economia italiana e dalle ripetute tensioni cui gli intermediari sono stati sottoposti negli ultimi anni, la severità agli esercizi di stress evidenzi comunque dei casi di carenza di capitale in scenario avverso". Cfr. Senato della Repubblica, Doc. LVII-ter, n. 1.

[42]    In merito, inoltre, la legge estende l'àmbito dell'indennità (con riferimento agli eventi di disoccupazione che si verifichino dal 1° luglio 2017) agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio.

[43]    In caso contrario, l’importo dell’assegno è limitato ad una quota fissa, riconosciuta a condizione del superamento di una "soglia minima" di successi occupazionali nei 6 mesi precedenti.

[44]    L'importo si dimezza in caso di contratto di lavoro a termine (il quale, in ogni caso, ai fini del riconoscimento del beneficio in oggetto, deve avere una durata pari ad almeno 6 mesi).

[45]    Cfr l'art. 4, commi da 8 a 11, della L. 28 giugno 2012, n. 92.

[46]    La norma concerne le opere ed i servizi offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti ed ai familiari per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto.

[47]    Sezione I.4 (pag.9) e Focus su “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all’invecchiamento” (pagg.54-58).

[48]    L’ISRE è ottenuto dividendo l’ISR, ovvero l’indicatore della situazione reddituale, per il parametro della scala di equivalenza corrispondente alla specifica situazione familiare.

[49]    Ciascuna misura è accompagnata dalla sua descrizione e dall'individuazione della tipologia dei beneficiari e, ove possibile, dalla quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari. Le misure sono raggruppate in categorie omogenee, contrassegnate da un codice che ne caratterizza la natura e le finalità. Il rapporto individua le spese fiscali e ne valuta gli effetti finanziari prendendo a riferimento modelli economici standard di tassazione, rispetto ai quali considera anche le spese fiscali negative. Ove possibile e, comunque, per le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore, il rapporto effettua confronti tra le spese fiscali e i programmi di spesa destinati alle medesime finalità e analizza gli effetti microeconomici delle singole spese fiscali, comprese le ricadute sul contesto sociale”.

[50]    Le principali implicazioni di questa scelta metodologica per i tre maggiori tributi sono, a titolo esemplificativo, le seguenti:

§  nel campo dell’Irpef, non sono state qualificate come spese fiscali le detrazioni per spese di produzione del reddito (reddito da lavoro dipendente, pensioni e redditi assimilati), le detrazioni per familiari a carico e le imposte sostitutive sui redditi da capitale;

§  nel campo dell’Ires, non sono state qualificate come spese fiscali le disposizioni sull’ACE;

§   nel campo dell’Iva, non sono state qualificate come spese fiscali le aliquote ridotte e le disposizioni obbligatorie derivanti dall’armonizzazione dell’imposta a livello comunitario.

[51]    Senato della Repubblica, UVI, Spese fiscali. Agevolazioni, detrazioni, esenzioni: quante sono? Quanto ci costano? Chi ne beneficia?, settembre 2017.