Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2016 - Doc. LVII, n. 4-bis
Riferimenti:
DOC LVII, N. 4-BIS     
Serie: Documentazione di finanza pubblica    Numero: 14
Data: 03/10/2016
Descrittori:
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

ottobre 2016

NOTA DI AGGIORNAMENTO AL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2016

 

Doc. LVII, n. 4-bis

 

ottobre 2016

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 * studi1@senato.it -  @SR_Studi

 

Servizio del Bilancio

Tel. 06 6706-5790 * sbilanciocu@senato.it  -  @SR_Bilancio

 

 

 

 

 

Servizio Studi - Dipartimento Bilancio

Tel. 06 6760-2233 * st_bilancio@camera.it -  @CD_bilancio

 

Servizio Bilancio dello Stato

Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it

 

 

Documentazione di finanza pubblica n. 14

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


 

INDICE

Premessa.. 3

1. Il quadro macroeconomico.. 7

1.1. La congiuntura internazionale. 7

1.2. Lo scenario macroeconomico nazionale. 13

2. Indebitamento netto e debito pubblico.. 27

2.1 Dati di consuntivo e previsioni a legislazione vigente. 27

2.1.1 I saldi della p.a. 27

2.1.2 Le entrate. 35

2.1.3 Le spese. 40

§  La spesa per interessi 43

2.2 Percorso programmatico di finanza pubblica. 45

2.2.1 I saldi di finanza pubblica. 45

2.2.2 Percorso di avvicinamento al MTO: regole di flessibilità ed “eventi eccezionali”  52

2.2.3 Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa. 56

2.2.4 L’evoluzione del debito. 57

2.3 La relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012. 62

3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo   67

3.1 Gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità. 68

3.1.1 La revisione della spesa. 68

3.1.2 Privatizzazioni 70

3.1.2 Le politiche fiscali 72

3.2 Riforma della pubblica amministrazione e giustizia sociale. 76

3.2.1 La riforma della pubblica amministrazione. 76

3.2.2 Riforma dell’istituto della prescrizione e riduzione della durata dei processi civili 80

3.3 Il settore bancario e finanziario. 83

3.4 Riforma del mercato del lavoro e spesa sociale. 85

3.4.1 Riforma del mercato del lavoro. 85

3.4.2 Lotta alla povertà e razionalizzazione della spesa sociale. 88

3.5 La concorrenza. 91

Focus: Misure in materia previdenziale. 93

 


Premessa

 

Il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

 

L’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009, come modificato dalla legge n.163 del 2016[1] prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

§  l'eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il restante periodo di riferimento;

§  l'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

§  le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR;

§  l'obiettivo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

§  l'indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo, con una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra stessa in termini di entrata e di spesa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici;

Tale disposizione, inserita dall’articolo 1, comma 7, lettera b) della legge n.163/2016, costituisce una delle modifiche più significative apportate dalla legge medesima ai contenuti della Nota, finalizzata ad esporre nel Documento una prima informazione in ordine ai contenuti ed alla composizione della manovra che verrà poi operata con la legge di bilancio.

§  l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

 

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2016-2019 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile.

Con riferimento ai documenti all'esame, alla Nota di aggiornamento risultano allegati:

§  le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali (DOC. LVII, n. 4-bis – Allegato I) ai sensi dell'art. 10‑bis della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009;

§  il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, ai sensi dell’articolo 10-bis1, comma 1, della legge n. 196 del 2009 (non ancora presentato);

§  la Relazione al Parlamento redatta ai sensi dell'art. 6, co. 5, della L. 243/2012, (DOC. LVII, n. 4-bis – Annesso) che illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo programmatico strutturale (MTO[2]), già autorizzato con la Relazione al Parlamento contenuta nel DEF 2016, presentata alle Camere il 9 aprile 2016 come annesso al documento medesimo.

In tal senso si esprime l’articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità in cui si dispone che qualora nell'imminenza della presentazione della Nota di aggiornamento del DEF si verifichino gli eventi eccezionali di cui all’articolo 6 medesimo, la Relazione in questione  può essere presentata alle Camere come annesso alla Nota.

In riferimento a tale Relazione va rammentato che, come anche riportato nelle premesse delle Raccomandazioni per l’Italia sul programma di stabilità 2016 approvate dal Consiglio UE lo scorso 12 luglio (2016/C 299/01)[3] l'Italia è attualmente sottoposta al braccio preventivo del patto di stabilità e crescita[4], ed è soggetta alla regola del debito a partire dal 2016[5] mentre nel periodo 2013-2015 era soggetta alla regola del debito transitoria.

Nella Relazione il Governo rileva come, rispetto al Piano di rientro previsto dal DEF 2016[6] nello scorso mese di aprile:

§  il sostanziale peggioramento del ciclo economico, come espone la revisione dell’output gap[7], che passa al -1,7 per cento rispetto al -1,1 per cento stimato nel DEF 2016;

§  il ricorrere delle circostanze eccezionali costituite sia dal recente sisma del 24 agosto che dall’intensità del fenomeno migratorio;

costituiscano i presupposti richiesti dall’articolo 6, comma 5, sopracitato, in base ai quali può richiedersi l’autorizzazione a modificare il  piano di rientro in corso. In particolare il Governo, che nel quadro programmatico di finanza pubblica ha indicato per il 2017 un obiettivo di indebitamento del 2 per cento di Pil, chiede di poter utilizzare ove necessario ulteriori margini di bilancio sino ad un massimo di 0,4 punti di Pil (cfr. più diffusamente nella parte del presente dossier relativa al paragrafo 2.3 e all’analisi della raccomandazione n. 1). La ripresa del percorso previsto dall’attuale piano di rientro verrà assicurata dal 2018, al fine del raggiungimento del sostanziale pareggio strutturale di bilancio nel 2019, come già previsto nel DEF dello scorso aprile

Si rammenta che l’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede, ai commi da 1 a 3, che qualora il Governo al fine di fronteggiare eventi eccezionali ritenga indispensabile discostarsi temporaneamente dall'obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea, presenti alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari (da approvare a maggioranza assoluta dei propri componenti) componenti, una relazione con cui aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, nonché una specifica richiesta di autorizzazione che indichi la misura e la durata dello scostamento e definisca il piano di rientro verso l'obiettivo programmatico. Il successivo comma 5 dispone inoltre che il piano di rientro possa essere aggiornato al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora in relazione all’ andamento del ciclo economico il Governo intenda apportarvi modifiche.

 

Per quanto concerne infine gli eventuali disegni di legge collegati, nella Nota si fa rinvio ai disegni di legge già indicati nei precedenti documenti programmatici. Al momento tali provvedimenti risultano individuabili nei seguenti:

§  A.S. 2284 “Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile”;

§  A.S. 2085 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”;

§  A.S. 2287 “Disciplina del cinema, dell'audiovisivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali”.

 

La Nota non contiene invece il rapporto programmatico sulle spese fiscali (tax expenditures) previsto dal  decreto legislativo n. 160 del 24 settembre 2015 emanato in attuazione della delega fiscale. Al riguardo il Governo ritiene che nel 2016, in sede di prima applicazione, non si possa procedere alla predisposizione del rapporto programmatico, non essendo disponibile il rapporto annuale sulle spese fiscali, che sarà allegato allo stato di previsione dell’entrata, nel disegno di legge di bilancio. Tale rapporto contiene le informazioni che il Governo può utilizzare per la predisposizione del rapporto programmatico, valutando i possibili interventi.

Si segnala tuttavia che il Cronoprogramma per le riforme prevede che con il nuovo quadro regolatorio (D.Lgs .n. 160/2015), il Governo rivedrà annualmente le tax expenditures esistenti considerando il loro impatto economico e presenterà un rapporto al Parlamento insieme alla legge di bilancio.

 


1. Il quadro macroeconomico

 

La Nota 2016 presenta una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, in considerazione dei segnali di indebolimento della congiuntura europea ed internazionale emersi a partire dal secondo trimestre.

In relazione alle incertezze che caratterizzano lo scenario internazionale, anche le previsioni di crescita per il 2017 sono ridimensionate, in concomitanza con la revisione al ribasso della crescita attesa del commercio mondiale nel prossimo anno

1.1. La congiuntura internazionale

Lo scenario macroeconomico internazionale illustrato nella Nota evidenzia, nel suo complesso, prospettive di crescita più modeste rispetto alle attese, nonostante l’attenuazione delle tensioni sui mercati finanziari e la riduzione della volatilità sui prezzi delle materie prime, diseguali e caratterizzate da significativi rischi al ribasso.

La bassa crescita registrata nella prima parte di quest’anno appare, in particolare, connessa con la stagnazione del commercio mondiale, penalizzato, in particolare, dal calo in entrambi i trimestri della domanda di importazioni da parte dei paesi emergenti, soprattutto asiatici.

 

Gli indicatori congiunturali non evidenziano al momento segnali di superamento della fase di decelerazione, indicando quindi nel complesso una crescita lenta e disomogenea dell’attività economica mondiale anche nella seconda metà dell’anno.

Il quadro delle variabili esogene sottostanti la Nota di aggiornamento risulta dunque, nel complesso, meno favorevole rispetto a quanto ipotizzato in primavera. Si rileva, in particolare, un ribasso delle ipotesi di crescita del commercio mondiale di 0,9 punti percentuali di PIL per il 2016 e di 1,2 punti per il 2017. Le previsioni per il commercio mondiale sono riviste al ribasso anche per gli anni successivi, in linea con i principali previsori internazionali, mentre si segnala un graduale incremento del prezzo del petrolio. Si ipotizza, infine, un marginale apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro nel 2016 e nel 2017.

Tabella 1. Esogene internazionali

(variazioni percentuali)

 

2015

2016

2017

2018

2019

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

Commercio mondiale

2,5

3,0

2,1

3,8

2,6

4,6

3,5

4,8

4,1

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/Barile)

53,5

39,4

46,6

45,7

52,5

48,1

55,1

49,8

57,1

Cambio dollaro/euro

1,11

1,095

1,119

1,094

1,126

1,094

1,126

1,094

1,126

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2016 (settembre 2016).

Quanto al PIL mondiale, secondo le ultime proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse nel World Economic Outlook Update del 19 luglio 2016, si ipotizza una crescita del PIL mondiale al 3,1 per cento nel 2016 e al 3,4 per cento nel 2017, di 0,1 punti in meno per entrambi gli anni rispetto a quanto previsto in primavera.

Le più recenti previsioni dell’OCSE, diffuse nell’Interim Economic Outlook del 21 settembre, indicano un andamento ancora più debole della crescita globale.

Tabella 2. PIL mondiale

(variazioni percentuali)      

 

2015

2016

2017

FMI - luglio 2016

3,1

3,1

3,4

OCSE –settembre 2016

3,1

2,9

3,2

      Fonte: FMI, WEO Update (19 luglio 2016); OCSE, Interim Economic Outlook (21 settembre 2016).

Il FMI, nel WEO Update di luglio 2016, indica una crescita globale nel 2016 più rallentata e disomogenea rispetto alle attese, seguita da rialzo modesto nel 2017. La crescita nel 2016 è rimasta debole soprattutto nella maggior parte delle economie avanzate. Le prospettive sono diversificate nei paesi emergenti e in via di sviluppo, con un certo miglioramento per alcuni grandi mercati emergenti - in particolare Brasile e Russia – che consentono di prevedere una revisione al rialzo, sebbene modesta, della crescita globale nel 2017 rispetto alle previsioni di aprile.

Secondo l’FMI, inoltre, l'esito del voto nel Regno Unito costituisce, in prospettiva, un importante rischio al ribasso per l'economia mondiale. In attesa di maggiore chiarezza sul processo di uscita, nell’aggiornamento del quadro previsivo di luglio, il Fondo monetario corregge solo lievemente al ribasso le stime di crescita globale rispetto ad aprile, assumendo un impatto minimo della Brexit ed un graduale superamento delle tensioni finanziarie grazie anche all’azione delle banche centrali. Il FMI sottolinea, tuttavia, l’aumento dei rischi negativi che Brexit comporta per lo scenario europeo.

Tali considerazioni sono riprese anche dall’OCSE, nell’Interim Economic Outlook del 21 settembre 2016, che definisce un quadro dell’economia mondiale in cui le prospettive di crescita risultano indebolite, soprattutto nelle economie avanzate, anche in considerazione degli effetti futuri della Brexit, compensate tuttavia da un miglioramento delle condizioni dei principali mercati emergenti produttori di materie prime.

La crescita del PIL globale è prevista rallentare al 2,9% nel 2016, più debole rispetto al 2015. Per il 2017, la crescita dovrebbe migliorare solo lievemente al 3,2%, rimanendo comunque ben al di sotto degli standard storici. Il volume del commercio mondiale è caduto nel corso del primo trimestre del 2016 e, nonostante una certa ripresa nel secondo trimestre, è destinato a rimanere debole. Nella decelerazione della crescita del commercio tra il 2011 e il 2015 sembrano svolgere un ruolo significativo i fattori strutturali, in primis il rallentamento della Cina, aggravati da fattori ciclici, tra cui la profonda recessione di alcune economie emergenti. Soprattutto nelle principali economie avanzate la crescita rimane modesta. Il PIL degli Stati Uniti ha subito un rallentamento nel 2016, nonostante la crescita dei consumi e dei posti di lavoro. In Giappone, la crescita resta lenta e irregolare, con l'apprezzamento dello yen e la debolezza del commercio asiatico che pesa sulle esportazioni. Anche nelle principali economie emergenti (EME) la crescita ha subito un rallentamento rispetto agli ultimi anni e riprenderà solo lentamente nel 2017, spinta da un allentamento delle recessioni in Brasile, Russia e altri paesi produttori di materie prime.

Il grafico che segue evidenzia il ritmo moderato di espansione del commercio mondiale negli ultimi anni.

Figura 1. Andamento del commercio mondiale di beni

                   Fonte: BCE, Bollettino economico n. 6/2016 (17 settembre 2015)

Per ciò che concerne specificamente l’Area dell’Euro, la Nota riporta i più recenti dati congiunturali forniti da Eurostat[8], che registra una crescita del PIL dell’Area nel secondo trimestre dell’anno in corso dello 0,3 per cento – ad un ritmo più contenuto rispetto alla crescita dello 0,5 per cento del precedente trimestre – sostenuta dalle esportazioni nette e dal contributo ancora positivo della domanda interna, sebbene più modesto rispetto al trimestre precedente.

La crescita del prodotto interno lordo si è normalizzata nel secondo trimestre, dopo il forte rialzo del periodo precedente, con andamenti tuttavia differenziati tra i vari Paesi dell’Area. La crescita del PIL reale è aumentata sul trimestre precedente nei Paesi dell’Est e in Spagna (+0,8 in entrambi i trimestri), mentre è rimasta invariata in Francia e in Italia. In rallentamento la Germania (+0,4% dopo lo 0,7% del primo trimestre).

Figura 2. Incremento del PIL nel secondo trimestre del 2016

                   Fonte: Eurostat, Newsrelease Euroindicators – n. 168/2016 – 6 settembre 2016

Nel complesso, la fase di rallentamento registrata nel secondo trimestre delinea, in prospettiva, una crescita più contenuta dell’area rispetto alle attese.

La Banca Centrale Europea, nelle previsioni più recenti diffuse a inizio settembre[9], ha rivisto leggermente al ribasso le prospettive di crescita dell’aerea dell’euro (nell’ordine di 0,1 punti percentuali per il 2015 e di 0,2 punti per il 2016-2017), rispetto a quanto ipotizzato a giugno. I dati più recenti segnalano il protrarsi della crescita nel terzo trimestre dell’anno con un tasso all’incirca simile a quello del secondo trimestre. Tuttavia, secondo la valutazione del Consiglio direttivo, i rischi per le prospettive di crescita dell’area dell’euro rimangono orientati verso il basso e sono principalmente riconducibili al contesto esterno.

Le ultime proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE indicano un incremento annuo del PIL in termini reali dell’1,7 per cento nel 2016 e dell’1,6 nel 2017 e nel 2018.

 

La BCE (Bollettino Economico n. 6 del 7 settembre 2016) rileva che, secondo le ultime proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti, in prospettiva, la ripresa nell’area dell’euro dovrebbe procedere a un ritmo moderato ma costante. La tenuta della domanda interna dovrebbe continuare a fornire il principale sostegno alla crescita del PIL, sorretta in particolare dall’orientamento accomodante della politica monetaria della BCE e dall’intonazione favorevole delle politiche di bilancio nel 2016. Il livello ancora relativamente basso dei corsi petroliferi e il miglioramento delle condizioni nei mercati del lavoro e dovrebbero fornire un ulteriore sostegno al reddito disponibile reale delle famiglie e ai consumi privati. Le condizioni di finanziamento favorevoli, la riduzione della leva finanziaria e i miglioramenti della redditività delle imprese continuerebbero inoltre a sostenere la ripresa degli investimenti.

Tuttavia, ci si aspetta che la ripresa economica nell’area possa essere frenata dalla persistente debolezza della domanda estera, parzialmente connessa, secondo la BCE, all’incertezza in seguito all’esito del referendum nel Regno Unito (nonostante il voto sulla “Brexit” abbia finora esercitato un impatto modesto sugli indicatori del clima di fiducia e dell’incertezza nell’area, lasciando perlopiù invariate le prospettive per la ripresa) nonché dagli aggiustamenti di bilancio necessari in diversi settori e dalla lenta attuazione delle riforme strutturali.

Analoghe considerazioni sulle prospettive di crescita dell’Area dell’euro sono espresse dall’OCSE nell’Interim di settembre 2016, in cui si evidenzia come la crescita del PIL dell’area sia rallentata nel secondo trimestre, anche a causa dell’indebolimento della domanda interna connessa allo stallo della breve ripresa degli investimenti. Nonostante il miglioramento delle condizioni finanziarie nella zona euro, elevate sofferenze in alcuni paesi continuano –secondo l’OCSE - a trattenere le prospettive di crescita. Ricadute per la zona euro, e per l'economia globale, potrebbero infine derivare dalla Brexit, i cui effetti negativi, finora modesti, rischiano di diventare evidenti nel 2017.

 

La tabella che segue indica le stime di crescita più aggiornate elaborate dall’OCSE e dall’FMI per i principali paesi europei, nonché per USA e Giappone.

Tabella 3. OCSE ed FMI: Previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)            


 

Consuntivo

FMI -WEO Update
luglio 2016

OCSE - Interim
settembre 2016

2015

2016

2016

2017

2017

Italia

0,8

0,9

1,0

0,8

0,8

Francia

1,2

1,5

1,2

1,3

1,3

Germania

1,7

1,6

1,2

1,8

1,5

Spagna

3,2

2,6

2,1

   2,8*

   2,3*

Area euro

1,6

1,6

1,4

1,5

1,4

Regno Unito

2,3

1,7

1,3

1,8

1,0

USA

2,4

2,2

2,5

1,4

2,1

Giappone

0,5

0,3

-0,1

0,6

0,7

                         * Previsioni di giugno

Come esposto in premessa alla Nota, l’Eurozona appare esposta al rischio di prolungata bassa crescita più di altre regioni anche a causa del più avanzato invecchiamento demografico, del ridotto tasso di innovazione, di aspettative di bassi tassi d’inflazione più diffuse e radicate nei mercati. L’incertezza sulla governance dell’area, i persistenti squilibri macroeconomici, che riguardano anche paesi tradizionalmente in surplus, e i costi di avvio delle necessarie riforme del sistema finanziario, ostacolano l'auspicata accelerazione della crescita in tempi brevi.

 

Il relazione alle prospettive di crescita dell’Area dell’euro, il Governo osserva che la decelerazione prefigurata dai principali indicatori congiunturali potrebbe indurre ulteriori interventi espansivi di politica monetaria, che dovranno comunque essere soppesati rispetto al rischio di aumentare le distorsioni connesse ad un eccesso di liquidità nel sistema. A dicembre sono attese decisioni e chiarimenti rilevanti circa il comportamento della politica di Quantitative Easing (QE) in vista della scadenza di marzo 2017.

 

Come ribadito nel Bollettino economico di settembre, il Consiglio direttivo BCE ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE e continua ad attendersi che rimangano su livelli pari o inferiori a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo, ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività da parte dell’Eurosistema. Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo ha confermato l’intenzione di condurre gli acquisti mensili di attività per 80 miliardi di euro sino alla fine di marzo 2017, o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione.

 

Nel complesso, la Nota sottolinea che i rischi associati allo scenario internazionale sono ancora prevalentemente al ribasso: la ripresa economica fragile, i bassi tassi di inflazione nei paesi industrializzati e l’incerta dinamica dei mercati emergenti, nonostante una certa stabilizzazione della crescita cinese, continuano a rappresentare fattori di rischio. A questi si aggiungono le tensioni geopolitiche accentuate dagli eventi politici in Turchia e dalla nuova ondata di terrorismo in Europa e il rischio che, cessata la spinta propulsiva dei prezzi bassi delle commodity, la congiuntura internazionale registri nei prossimi mesi un’ulteriore decelerazione.

Pesano inoltre sulle aspettative anche l’incertezza dei risultati delle elezioni negli Stati Uniti e gli effetti di medio termine di difficile quantificazione della Brexit. Un’analisi degli effetti dell’uscita del Regno Unito dall’UE sono illustrati nel focus riportato nel Capitolo II.1 della Nota, relativo allo Scenario macroeconomico internazionale (cfr. pag. 25-27, del Doc. LVII, n. 4-bis).

Tra i rischi al rialzo vanno considerati – sottolinea la Nota – i possibili effetti espansivi, sull’import dei paesi emergenti, di una ripresa delle quotazioni delle commodity, la stabilizzazione dei mercati finanziari e l’allentamento delle condizioni del credito.

1.2. Lo scenario macroeconomico nazionale

Per quanto concerne l’Italia, la Nota di aggiornamento rivede il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico, evidenziando un peggioramento delle prospettive di crescita dell’economia italiana, in considerazione del nuovo contesto internazionale meno favorevole, nonché, per quanto concerne il quadro programmatico, della politica economica e fiscale che il Governo intende impostare per i prossimi anni con la legge di bilancio per il 2017.

 

Si ricorda che la Nota di aggiornamento presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali.

Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia del quadro normativo vigente che – precisa la Nota – include gli effetti sull’economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte indirette per il 2017 e 2018.

Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2017.

Le due previsioni, che coincidono dunque per l’anno in corso, si differenziano gradualmente negli anni successivi, in relazione alle future misure di politica fiscale.

 

Nel rispetto dei regolamenti europei, le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nella Nota sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012, di attuazione del principio del pareggio del bilancio.

Lo scenario macroeconomico tendenziale ha già ottenuto la validazione dell’UPB il 26 settembre 2016[10]. Il quadro programmatico otterrà la validazione entro il 15 di ottobre, in tempo utile per la presentazione alla Commissione europea del Documento Programmatico di bilancio 2017.

1.2.1. Lo scenario tendenziale

Relativamente all’anno in corso, la Nota ridimensiona le stime della crescita del PIL per il 2016, che scende dall’1,2 per cento del DEF di aprile allo 0,8 per cento, in relazione agli andamenti congiunturali della prima parte dell’anno, che denotano una fase di rallentamento della ripresa economica.

Nei primi due trimestri dell’anno, infatti, il PIL, dopo aver registrato un incremento dello 0,3 per cento, ha fermato la sua crescita registrando una variazione congiunturale nulla nel secondo trimestre.

Il rallentamento è da porre in relazione ad un indebolimento della domanda interna, ad una minore dinamica sia dei consumi che degli investimenti, nonostante il miglioramento della domanda estera netta.

Con riferimento alle componenti della domanda interna, la Nota afferma che i risultati sui consumi delle famiglie sono stati leggermente al di sotto delle attese e gli investimenti hanno deluso le aspettative di una accelerazione. Per contro, le esportazioni sono aumentate secondo le previsioni, pur in presenza di un contesto internazionale poco favorevole.

Nel secondo trimestre dell’anno, in particolare, i consumi privati sono stati frenati da una minore domanda di beni durevoli, in particolare di autovetture, compensata solo in parte da una maggiore domanda dei beni semidurevoli. Per contro, gli investimenti hanno mostrato un andamento ancora incerto, in diminuzione nel secondo trimestre, per la flessione della spesa per macchinari e attrezzature, parzialmente compensata da un aumento della spesa in mezzi di trasporto, mentre gli investimenti in costruzioni sono rimasti invariati

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT[11], nel II trimestre del 2016 il PIL, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente ed aumenta dello 0,8% nei confronti del II trimestre del 2015. La variazione acquisita per il 2016 è pari a 0,7%.

Dal lato della domanda interna, i consumi nazionali sono stazionari in termini congiunturali, sintesi di un aumento dello 0,1% dei consumi delle famiglie e di un calo dello 0,3% della spesa della PA, mentre gli investimenti fissi lordi hanno registrato una flessione dello 0,3%, ascrivibile ad una diminuzione della spesa per macchinari, attrezzature e altri prodotti, parzialmente compensata da un aumento della spesa in mezzi di trasporto. Gli investimenti in costruzioni sono rimasti invariati.

 

I segnali di indebolimento del ciclo economico emersi negli ultimi mesi, inducono la Nota a ritenere che anche nella seconda parte del 2016 la crescita sarà modesta, prospettandosi variazioni congiunturali oscillanti tra un decimo e due decimi di punto di PIL.

La crescita continuerà ad essere sostenuta dal contributo positivo della domanda interna, seppure con apporti più modesti rispetto alle aspettative, mentre le esportazioni nette peseranno negativamente sulla crescita del PIL del 2016, prevedendosi, secondo la Nota, un loro contributo negativo di circa 4 decimi di PIL, in ragione del rallentamento della domanda mondiale.

Tenuto conto di questi fattori, la Nota fissa la previsione di crescita del PIL reale per il 2016 allo 0,8 per cento rispetto all’1,2 ipotizzato ad aprile.

Segnali dell’indebolimento della domanda interna sono forniti – afferma la Nota - dalle indagini congiunturali disponibili, che mostrano un calo degli indicatori di fiducia delle famiglie rispetto ai valori molto alti di inizio anno, e un calo delle attese sulla produzione e sugli ordinativi. Per gli investimenti la Nota ipotizza pertanto per i prossimi trimestri tassi di crescita molto contenuti, in accelerazione solo a partire dal prossimo anno.

 

Relativamente ai citati indicatori, il Comunicato Istat del 28 settembre 2016 registra un peggioramento del clima di fiducia dei consumatori (il cui indice scende a settembre da 109,2 di luglio a 108,7) ed un aumento dell'indice composito del clima di fiducia delle imprese (che passa da 99,5 a 101,0 e attestandosi sui livelli dello scorso giugno, assorbendo il calo registrato a luglio). Il miglioramento si registra in tutti i settori, più marcato nel commercio al dettaglio (l'indice sale da 97,4 a 102,0) e più lieve nel settore della manifattura (indice da 101,1 a 101,9), delle costruzioni (da 123,5 a 125,3) e dei servizi di mercato (da 102,5 a 103,7).

Figura 3. Clima di fiducia delle imprese italiane (IESI)

       Fonte: ISTAT, Fiducia dei consumatori e delle imprese (28 settembre 2016).

L’indice destagionalizzato della produzione industriale (ISTAT, Comunicato del 13 settembre 2016) è aumentato a luglio dello 0,4% rispetto a giugno, mentre è diminuito dello 0,3%, in termini tendenziali, su base annua. Nella media dei primi sette mesi dell'anno la produzione è cresciuta dello 0,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. L’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni (ISTAT, Comunicato del 19 settembre 2016), in particolare, ha registrato a luglio una diminuzione dello 0,4%, che segue l'aumento dell'1,2% registrato il mese precedente rispetto al mese precedente. Su base annua, a luglio 2016 l'indice della produzione nelle costruzioni corretto per gli effetti di calendario diminuisce dell'1,3%.

Nell'industria si rileva altresì un incremento del 2,1% rispetto al mese precedente per il fatturato, mentre gli ordinativi segnano una flessione (-10,8%) dovuta al risultato eccezionalmente elevato registrato nel mese di giugno (+14,3% rispetto a maggio) positivamente influenzato dal settore della cantieristica[12].

Nel complesso, nella Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana di settembre 2016, l’ISTAT sottolinea come l'economia italiana abbia interrotto la fase di crescita, condizionata, dal lato della domanda, dal contributo negativo della componente interna e, dal lato dell'offerta, dalla caduta produttiva del settore industriale.

 

La Nota sottolinea, infine, come le condizioni del mercato del credito in Italia abbiano continuato a migliorare. In particolare, l’offerta di credito al settore privato è gradualmente aumentata nel corso del 2016.

I dati più recenti di fonte Banca d’Italia – riporta la Nota - indicano che la crescita del credito bancario è tornata in terreno positivo dopo quattro anni di contrazione. Trattasi tuttavia di lieve crescita, più evidente per i crediti alle famiglie che alle imprese. Le indagini sia presso le banche, sia presso le piccole e medie imprese (PMI) non finanziarie, indicano che nel periodo 2014-2016 la disponibilità di credito anche per le aziende italiane è gradualmente migliorata.

Figura 4. Prestiti bancari al settore privato

Fonte: Banca d’Italia – L’economia italiana in breve, n. 113 – settembre 2016

 

Si rinvia su tale punto a quanto illustrato nel focus relativo a “Sofferenze bancarie, disponibilità di credito e crescita economica”, riportato nel Capitolo II.2 della Nota (cfr. pag. 34-38, del Doc. LVII, n. 4-bis).

 

In considerazione del nuovo quadro internazionale, descritto nel paragrafo precedente, e delle nuove informazioni sull’andamento dell’economia italiana in atto, la Nota rivede al ribasso la previsione di crescita del PIL per il 2017, contenuta nello scenario tendenziale, allo 0,6 per cento rispetto all’1,2 per cento previsto nel DEF di aprile.

Tabella 4. Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF
sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

2015

2016

2017

2018

2019

Consuntivo

0,7

 

 

 

 

DEF 2016
Previsioni Tendenziali

 

1,2

1,2

1,2

1,3

Nota agg. DEF 2016
previsioni tendenziali

 

0,8

0,6

1,2

1,3

 

 

La revisione è legata, come detto, ad un minor trascinamento positivo dal 2016 e ad un profilo delle variabili esogene leggermente peggiore per il 2017. Restano immutate le prospettive di crescita per il biennio successivo, per le quali – afferma la Nota - assume meno rilevanza la variazione del quadro internazionale.

Il Governo osserva come, nonostante la crescita in Italia sia tornata in terreno positivo dal 2014, il recupero dei livelli di prodotto pre-crisi si sta rivelando più lento di quanto auspicabile. Sulla velocità della ripresa pesa, in larga parte, il peggioramento delle prospettive di crescita del prodotto a livello internazionale, che rispetto alle attese appaiono, come già detto,  modeste e caratterizzate da significativi rischi al ribasso, ivi inclusi i possibili effetti della Brexit, con riguardo in particolare al tasso di cambio della sterlina.

 

Come già anticipato, le nuove proiezioni tendenziali si basano sulla legislazione vigente e tengono conto degli effetti sull’economia degli aumenti di imposte indirette (c.d. clausole di salvaguardia) per il 2017 e 2018. Nel quadro tendenziale sono presenti, tuttavia - precisa ancora la Nota - anche il taglio dell’imposizione fiscale sulle imprese di capitali, operativo da gennaio 2017, e altre misure di stimolo alla crescita che sono state approvate con la legge di Stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) che la Nota afferma saranno confermate.

Rispetto a tali previsioni tendenziali, l’Ufficio Parlamentare di bilancio, nella lettera di validazione del quadro macroeconomico tendenziale, ha espresso alcune considerazioni sul quadro previsionale della Nota come di seguito si indica.

La validazione delle previsioni macroeconomiche

Com’è noto, la legge n. 243/2012, nell’istituire all’articolo 16 l’Ufficio parlamentare di bilancio(UPB), include tra i compiti dell’Ufficio quello di effettuare analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica[13].

In ottemperanza a tale norma - ed anche in riferimento al Regolamento UE n. 473/2013[14] in cui si richiede che le previsioni macroeconomiche siano validate da una istituzione nazionale indipendente – l’Ufficio in data 26 settembre 2015 ha comunicato al Ministro dell’economia e delle finanze l’esito positivo della validazione del quadro macroeconomico tendenziale contenuto nella Nota di aggiornamento in quanto, precisa espressamente la lettera in questione “le previsioni tendenziali per gli anni 2016-2017 (…) si collocano nell’intervallo accettabile sullo stato delle informazioni attualmente disponibili”.

La lettera segnala nel contempo la presenza di significativi fattori di rischio per gli anni successivi, vale a dire il 2018 ed il 2019, che si trovano però al di fuori del periodo previsivo considerato nel Documento programmatico di bilancio 2017[15].

Nella nota allegata alla lettera di validazione viene precisato che per gli anni 2016-2017 il quadro macroeconomico tendenziale MEF è nelle sue principali componenti sostanzialmente in linea con le stime dei previsori considerati dall’UPB, in quanto la crescita reale del PIL dello 0,8%  per il 2016 e quella dello 0,6% prevista per il 2017 è solo marginalmente più elevata della media delle stime medesime, collocandosi pertanto all’interno dell’intervallo considerato nelle stime stesse; un sostanziale allineamento con le ipotesi dell’Ufficio viene riscontrato anche per le dinamiche inflazionistiche assunte nello scenario tendenziale. Di conseguenza, l'incremento del PIL nominale tendenziale atteso dal MEF nel 2016-2017 (1,8% in ciascun anno) non è significativamente dissimile da quello stimato nei valori mediani dei previsori UPB (1,7% quest'anno e 1,8% nel 2017), collocandosi sotto il limite superiore di tali previsioni. Ciò pur in presenza di fattori di rischio, sia negativi che positivi - con una prevalenza, al momento dei primi - che gravano su tali previsioni.

I fattori di rischio negativo pesano invece in modo marcato, nel quadro MEF, sugli andamenti previsti per gli anni successivi al primo biennio di previsione, vale a dire per il periodo 2018-2019, nei quali la crescita reale del PIL si situa nel 2018 al di sopra del limite superiore del quadro previsivo UPB e, nel 2019, al di sopra del valore mediano previsivo.

Poiché un divario, pur più contenuto, si riscontra anche per l’inflazione attesa, ne deriva che per il biennio in questione l’evoluzione del PIL nominale risulta sensibilmente più elevata (0,5% punti di PIL nel 2018 e 0,2 punti nel 2019) rispetto ai valori mediani delle previsioni dell’Ufficio.

Circa i fattori alla base della revisione delle stime di crescita tendenziali del nuovo quadro macroeconomico rispetto al DEF e l’analisi di rischio, si rinvia all’apposito focus contenuto nella Nota, Capitolo II.2 (cfr. pag. 41-42, del Doc. LVII, n. 4-bis).

 

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2016.

Come si evince dalla tabella, rispetto alle previsioni contenute nel DEF, tutte le variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento per il 2016 e per gli anni successivi.

Tabella 5. Il quadro macroeconomico

 (variazioni percentuali)

 

Cons.

DEF 2016
previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2016
previsioni tendenziali

 

2015

2016

2017

2018

2019

2016

2017

2018

2019

PIL

0,7

1,2

1,2

1,2

1,3

0,8

0,6

1,2

1,3

Importazioni

6,0

2,5

3,2

4,3

4,0

2,3

2,2

3,2

3,8

Consumi finali nazionali

1,0

1,2

0,8

0,9

1,2

1,0

0,3

0,7

1,0

- spesa famiglie e I.S.P

1,5

1,4

1,0

1,3

1,4

1,2

0,4

1,0

1,2

- spesa P.A.

-0,6

0,4

-0,1

-0,4

0,8

0,4

0,0

-0,3

0,2

Investimenti fissi lordi

1,3

2,2

2,5

2,8

2,5

1,9

1,5

2,6

2,8

- macchinari, attrezzature, vari*

1,4

2,2

3,6

3,7

2,9

0,6

1,8

3,1

3,6

- costruzioni

-0,4

1,0

1,5

2,0

2,1

0,6

1,0

2,2

2,0

Esportazioni

4,3

1,6

3,8

3,7

3,5

1,3

2,5

3,3

3,5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Deflatore PIL

0,8

1,0

1,4

1,7

1,7

1,0

1,3

1,6

1,6

Inflazione programmata

0,2

0,2

1,5

-

-

0,5

1,0

1,2

1,4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIL nominale
(mld di euro)

1.642,4

1.671,6

1.715,8

1.764,8

1.818,4

1.672,2

1.703,0

1.751,6

1.803,7

* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, trasporti e beni immateriali.

 

 

Relativamente alla domanda interna, la Nota evidenzia un andamento positivo dei consumi privati che prosegue nel periodo a ritmi contenuti, mentre gli investimenti mostrano un andamento ancora incerto, pur in lieve miglioramento nell’anno terminale.

Le esportazioni si mantengono positive, in previsione di un miglioramento del contesto internazionale.

 

Per ciò che concerne, in particolare, gli scambi con l’estero, la Nota ne conferma l’andamento positivo, sebbene con un percorso più attenuato rispetto a quanto delineato nel DEF, in considerazione della debolezza del commercio internazionale, che ha continuato a rallentare nella prima metà del 2016, a causa del peggioramento del contesto economico nei paesi emergenti e in quelli produttori di beni energetici.

Per l’anno in corso, la Nota stima una crescita delle importazioni al 2,3 per cento (-0,2 punti percentuali rispetto al DEF), più elevata di quella delle esportazioni, che si situa all’1,3 per cento (-0,3 punti rispetto al DEF).

 

Relativamente al commercio estero (Comunicato Istat del 16 settembre 2016), a luglio 2016 i flussi commerciali mostrano andamenti congiunturali divergenti, con un calo delle esportazioni (-0,6%) e un aumento delle importazioni (+0,5%). Al netto degli effetti dovuti alla differenza dei giorni lavorativi, la flessione tendenziale dell'export dall'inizio dell'anno si attesta a -0,9%, sintesi di un calo dell'export per l'area extra Ue (-3,2%) e di un aumento per l’area Ue (+1,1%).

 

Il commercio estero e i conti con l’estero

La Nota evidenzia come, in termini di volumi, il comportamento delle esportazioni italiane è stato comunque soddisfacente nella prima fase dell’anno.

Come commentato nell’apposito focus contenuto nella Nota (cfr. pag. 28-31, del Doc. LVII, n. 4-bis), nella prima metà del 2016, i dati in valore delle esportazioni italiane sono risultati stabili rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, mentre le importazioni sono diminuite del 2,9 per cento. Nella prima metà del 2016, i dati in valore delle esportazioni italiane sono risultati stabili rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, mentre le importazioni sono diminuite del 2,9 per cento. Nel primo semestre del 2016, la quota è lievemente aumentata (3,2 per cento) rispetto allo stesso periodo del 2015 (+0,2 punti percentuali), principalmente in relazione ai cambiamenti della domanda mondiale.

Considerando i maggiori paesi europei, le quote di mercato in rapporto alle esportazioni mondiali, rispetto alla prima metà del 2015, sono aumentate per la Germania di 0,6 punti percentuali (al 9,4 per cento), mentre rimangono sostanzialmente stabili (+0,1 punti percentuali) per la Francia (3,5 per cento) e per la Spagna (2,0 per cento). 

Nel complesso, la Nota afferma che, come risultato, nei primi sette mesi del 2016 l’avanzo commerciale è salito a 31,1 miliardi; al netto dell’energia, il surplus è di circa 46 miliardi (in linea con il dato del 2015).

 

Il grafico seguente mostra l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Nota.

Figura 5. Conto economico delle risorse e degli impieghi 2008-2019

Per quanto concerne, infine, l’inflazione la Nota segnala come l’indice dei prezzi sia rimasta in territorio negativo fino ai mesi estivi; il calo sensibile dei prezzi energetici incide ancora in maniera rilevante sul dato tendenziale. La dinamica dei prezzi al consumo ha toccato un minimo in aprile per poi risalire lievemente e rimanere stabile al -0,1 per cento in termini tendenziali in luglio e agosto.

Le stime preliminari fornite dall’Istat sul dato di settembre (Comunicato sui prezzi al consumo del 30 settembre 2016), rileva che nel mese di settembre l'indice nazionale dei prezzi al consumo registra un aumento dello 0,1% rispetto a settembre 2015.

Dopo sette mesi consecutivi di diminuzioni tendenziali, i prezzi al consumo tornano a crescere seppur di poco. Questa inversione di tendenza è dovuta principalmente al marcato ridimensionamento della flessione dei prezzi dei beni energetici e, in misura minore, alla ripresa della crescita tendenziale dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti.

Secondo le stime preliminari, l'indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) aumenta dell'1,9% su base mensile e dello 0,1% su base annua, con un'inversione di tendenza dal -0,1% di agosto

 

La sostanziale stabilità dell’attuale andamento inflazionistico è stata segnalata nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia di luglio, in cui si osserva come l’inflazione al consumo è tornata negativa dallo scorso febbraio, frenata dalla contrazione dei prezzi dei prodotti energetici e dal permanere della componente di fondo su valori storicamente molto contenuti, in presenza di margini di capacità produttiva inutilizzata ancora ampi. Le famiglie e le imprese si attendono una dinamica dei prezzi modesta anche nei prossimi mesi. Secondo le stime degli analisti, l’inflazione al consumo si collocherebbe su valori appena positivi nella media di quest’anno.

In termini analoghi si presenta il quadro dell’area euro, alla luce dell’ultimo Bollettino economico della Banca centrale Europea di settembre. L’inflazione misurata sullo IAPC si è collocata allo 0,2 per cento in agosto, invariata rispetto a luglio. In prospettiva, sulla base delle quotazioni correnti dei contratti future sul petrolio, è probabile che i tassi di inflazione restino bassi nei prossimi mesi e che poi risalgano sul finire del 2016, riflettendo in ampia parte gli effetti base del tasso di variazione sui dodici mesi dei corsi dell’energia. Sostenuti dalle misure di politica monetaria della BCE e dall’atteso recupero dell’economia, i tassi di inflazione dovrebbero aumentare ulteriormente nel 2017 e nel 2018.

 

 

Figura 6. IAPC dell’area dell’euro

                                   Fonte: BCE, Bollettino Economico n. 6/2016 (17 settembre 2016).

 

Il mercato del lavoro

La Nota di aggiornamento espone un andamento positivo del processo di creazione di posti di lavoro, nonostante l’attenuazione della dinamica crescente verificatasi nei mesi più recenti. Le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza di aprile, che evidenziavano un tasso di occupazione in graduale aumento, vengono confermate e riviste in lieve rialzo sia per l’anno in corso che per quelli successivi, dal momento che il mercato del lavoro è migliorato più delle attese.

 

Viene confermato dalla Nota anche il trend in diminuzione del tasso di disoccupazione, sia pure con una velocità inferiore a quella prevista dal DEF, come risulta dalla tabella riepilogativa.

 

 

 

Tabella 6 - Mercato del lavoro

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

DEF 2016
Previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2016
Previsioni tendenziali

 

2015

2016

2017

2018

2019

2016

2017

2018

2019

Occupazione (ULA)

0,8

0,8

0,7

0,7

0,6

0,9

0,4

0,6

0,8

Tasso di disoccupazione

11,9

11,4

10,9

10,4

9,9

11,5

11,1

10,6

10,2

Tasso di occupazione (15-64 anni)

56,3

57,0

57,4

57,8

58,1

57,2

57,6

57,9

58,3

 

Gli ultimi dati Istat rilasciati il 12 settembre[16] riportano un aumento dell’assorbimento di lavoro da parte del sistema produttivo (le ore complessivamente lavorate crescono dello 0,5% sul trimestre precedente e del 2,1% su base annua), nonostante il contesto di generale rallentamento della crescita economica a livello internazionale e la battuta d’arresto dell’economia italiana nel secondo trimestre del 2016. Nel medesimo trimestre, l'occupazione complessiva cresce in modo sostenuto rispetto al trimestre precedente (+0,8%, 189 mila).

Dai dati di flusso, l’aumento delle transizioni degli scoraggiati verso l’occupazione riguarda gli uomini (dall’11,2% al 13,0%), i giovani 15-34enni (dal 10,6% al 13,6%) e i laureati (dall’8,5% all’11,6%); per le donne, invece, aumentano solo i flussi verso la disoccupazione (dal 13,3% al 14,2%).

Figura 7 - Occupati e tasso disoccupazione

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, n. 113 – settembre 2016.

Il quadro programmatico punta ad un’evoluzione più rapida delle tendenze in aumento per il tasso di occupazione e in discesa per quello di disoccupazione, già rilevate nei suesposti dati tendenziali, come espone la tabella che segue:

Tabella 7 - Mercato del lavoro - quadro programmatico

 (variazioni percentuali)

 

Previsioni Programmatiche

 

2016

2017

2018

2019

Occupazione (ULA)

0,9

0,6

0,8

0,8

Tasso di disoccupazione

11,5

10,8

10,3

9,9

Tasso di occupazione (15-64 anni)

57,2

57,8

58,2

58,6

 

All’analisi disaggregata delle recenti tendenze del mercato del lavoro, la Nota dedica uno specifico focus (pag. 31-32, del Doc. LVII, n. 4-bis).

La Nota esamina inoltre il mercato del lavoro di altri paesi. Quello statunitense è vicino al pieno impiego, con un tasso di disoccupazione al 4,9 per cento, mentre continuano la riduzione delle risorse inutilizzate e il graduale rialzo dei salari. Nel Regno Unito, la reazione dell’economia al referendum sulla Brexit è stata migliore delle attese e il mercato del lavoro si è mostrato resiliente: il tasso di disoccupazione si è stabilizzato al 4,9 per cento, il valore più basso da settembre 2005.

Nel grafico che segue viene illustrato l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia posto a raffronto con l’euro zona e con gli Stati Uniti.

Figura 8. Andamento del tasso di disoccupazione in Italia e in Europa

(variazione percentuale)                        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   Fonte: Per le previsioni 2016-2017, per i Paesi europei: dati Commissione UE. Per Usa: dati FMI.

 

1.2.2. Lo scenario programmatico

Il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2017 e successivi presentato nella Nota include l’impatto sull’economia delle misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2017.

Il profilo della attuale manovra indicata nella Nota avrebbe un impatto positivo sulla crescita del 2017 di 0,4 punti percentuali rispetto alla previsione tendenziale.

Nel nuovo quadro programmatico si evidenzia, infatti, una crescita del PIL per il 2017 all’1,0 per cento, superiore all’andamento indicato nel quadro tendenziale della Nota (0,6 per cento).

Il nuovo obiettivo di PIL si pone comunque al di sotto del PIL programmatico previsto dal DEF di aprile, dove l’obiettivo di crescita era fissato per il 2017 all’1,5 per cento.

Il tasso di crescita previsto i due anni successivi è di 1,3 per cento nel 2018 e 1,2 per cento nel 2019, in entrambi i casi 0,2 punti percentuali al di sotto della previsione programmatica del DEF, a causa di un abbassamento della crescita prevista dell’economia mondiale e del commercio internazionale.

L’impatto dei fattori internazionali sarebbe - chiarisce la Nota - solo in parte compensato dall’aspettativa e dall’auspicio che le politiche monetarie e fiscali dell’Area dell’Euro rispondano al mutato quadro internazionale tramite un’intonazione più espansiva.

Tabella 8. Confronto previsioni tendenziali e programmatiche di crescita del PIL

 (variazioni percentuali)

 

2017

2018

2019

previsioni tendenziali

0,6

1,2

1,3

previsioni programmatiche

1,0

1,3

1,2

 

La Nota sottolinea che la crescita programmatica dell’economia italiana nel 2017 e negli anni seguenti riportata nel documento ha carattere prudenziale, in quanto non considera la possibilità di innalzare l’indebitamento netto per il 2017 fino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL.

 

Dal punto di vista macroeconomico, le misure di maggiore impatto della manovra programmata, sono indicate nella disattivazione delle clausole di salvaguardia previste dalla precedente legge di stabilità per il 2016 e dei relativi aumenti di imposte[17].

Nella tavola che segue è riportato l’impatto macroeconomico delle misure di cui si compone la manovra programmata sull’andamento tendenziale del PIL. Rispetto allo scenario tendenziale, gli effetti delle misure adottate dal Governo per il rilancio dell’economa, volte ad accrescere la competitività e a sostenere la domanda interna, si tradurrebbero in un aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,2 per cento nel 2017 e allo 0,1 per cento nel 2018 e 2019.

Tabella 9. Impatto macroeconomico delle misure programmatiche sul tasso di crescita tendenziale del PIL

 (variazioni percentuali)

 

2017

2018

2019

Previsione PIL tendenziale

0,6

1,2

1,3

Disattivazione clausole di salvaguardia

0,3

0,1

-0,2

Misure con effetti espansivi

0,2

0,1

0,1

Politiche invariate

0,1

0,0

0,0

Coperture finanziarie

-0,2

-0,2

0,0

Previsione PIL programmatico

1,0

1,3

1,2

 

 


2. Indebitamento netto e debito pubblico

2.1 Dati di consuntivo e previsioni a legislazione vigente

2.1.1 I saldi della p.a.

La Nota in esame presenta un aggiornamento del quadro di finanza pubblica incorporando, per l’esercizio 2015, i dati di preconsuntivo diffusi dall’Istat con il Comunicato del 23 settembre scorso. Tali dati confermano la stima del deficit al 2,6 per cento del PIL già indicata nel DEF (aprile 2016), in riduzione rispetto al saldo registrato per il 2014 (3,0 per cento).

Contribuiscono al risultato del 2015 un avanzo primario pari all’1,5 per cento e una spesa per interessi pari al 4,2 per cento del PIL.

 

Sono quindi presentate le previsioni aggiornate, basate sulla legislazione vigente, relative al periodo 2016-2019 riviste – rispetto a quelle del precedente Documento – sulla base della revisione del quadro macroeconomico, dei risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica e degli effetti dei provvedimenti successivi alla presentazione del DEF 2016.

 

Per quanto riguarda, specificamente, quest’ultimo punto, la Nota di aggiornamento riporta gli effetti sul saldo di indebitamento netto dei principali provvedimenti approvati dopo il DEF 2016, di seguito elencati:

§  decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18 , recante misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio;

§  decreto legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione;

§  legge 22 giugno 2016, n. 112, recante disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare;

§  decreto legge 16 maggio 2016, n. 67, recante proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché misure urgenti per la sicurezza;

§  decreto legge 24 giugno 2016, n. 113, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio.

Come si evince dalla successiva tabella, complessivamente i provvedimenti adottati determinano effetti cumulati netti pressoché neutrali, mentre, sul lato delle entrate e delle spese, si segnalano gli effetti - di carattere compensativo tenuto conto delle regole di copertura finanziaria - prodotti dal DL n. 59/2016, che determina incrementi netti di spesa per 224 mln nel 2016, 102 mln nel 2017, 128 mln nel 2018 e 105 mln nel 2019, a fronte di corrispondenti incrementi netti di entrata.

Tabella 10. Effetti cumulati netti sull’indebitamento netto degli ultimi provvedimenti varati nel 2016

 

(segno “-“ = effetti negativi per la finanza pubblica).

                                                                                                                                           (milioni di euro)

 

2016

2017

2018

2019

D.L. 18/2016

 

 

 

 

Variazione netta entrate

0

0

-18

-18

Variazione netta spese

0

0

18

18

Effetto sull'indebitamento netto

0

0

0

0

 

 

 

 

 

D.L. 59/2016

 

 

 

 

Variazione netta entrate

224

102

128

105

Variazione netta spese

-224

-101

-128

-105

Effetto sull'indebitamento netto

0

1

0

0

 

 

 

 

 

LEGGE 112/2016

 

 

 

 

Variazione netta entrate

0

-52

-34

-34

Variazione netta spese

0

52

34

34

Effetto sull'indebitamento netto

0

0

0

0

 

 

 

 

 

DL 67/2016

 

 

 

 

Variazione netta entrate

67

0

0

0

Variazione netta spese

-47

0

0

0

Effetto sull'indebitamento netto

20

0

0

0

 

 

 

 

 

LEGGE 113/2016

 

 

 

 

Variazione netta entrate

-60

0

0

0

Variazione netta spese

+60

0

0

0

Effetto sull'indebitamento netto

0

0

0

0

 

 

 

 

 

EFFETTO SULL'INDEBITAMENTO NETTO (*)

21

0

0

0

Variazione netta entrate

231

50

76

53

Variazione netta spese

-211

-49

-76

-53

 

 

 

 

 

Fonte. Elaborazione su dati tavole III.8, III.9, A1, A2, A3 e A4 della Nota di aggiornamento DEF 2016

(*)  Per gli importi riferiti all’effetto complessivo sul saldo di indebitamento netto si è fatto riferimento ai dati riportati nella tavola III.8 di pagina 61, parzialmente difformi da quelli derivanti dalla somma algebrica dei dati parziali, per effetto degli arrotondamenti operati.

 

La revisione delle stime appare quindi essenzialmente riconducibile all’aggiornamento del quadro macroeconomico, caratterizzato dal rallentamento delle prospettive di crescita di breve periodo rispetto al Documento di aprile, nonché ai risultati dell’attività di monitoraggio della finanza pubblica.

 

Le nuove previsioni di finanza pubblica a legislazione vigente confermano l’andamento complessivo di miglioramento del saldo di indebitamento netto, che passa dal 2,4 per cento del PIL nel 2016 all’1,6 per cento nel 2017 e allo 0,8 per cento nel 2018, per attestarsi sostanzialmente sul pareggio nel 2019.

Rispetto al precedente quadro previsionale, si evidenziano marginali variazioni per l’esercizio in corso (dal 2,3 al 2,4 per cento del PIL), mentre  la revisione appare più consistente negli esercizi successivi con riduzioni del saldo di indebitamento – rispetto alle stime di aprile – di 0,2 punti percentuali nel 2017 e di 0,5 nel 2018. Per il 2019 la revisione determina l’annullamento dell’avanzo (0,4 per cento del PIL ), già indicato nel DEF.

Tale andamento è determinato essenzialmente da corrispondenti revisioni al ribasso dei valori dell’avanzo primario in percentuale del PIL, previsti comunque in costante miglioramento, dall’1,5 nel 2016 al 3,4 per cento nell’ultimo esercizio di previsione.

Questo andamento del saldo primario contribuisce in modo prevalente al percorso di riduzione dell’indebitamento netto tendenziale, mentre la spesa per interessi (su cui si rinvia al paragrafo 2.1.3) evidenzia miglioramenti più contenuti, con un’incidenza sul PIL che passa dal 4 per cento del 2016 al 3,4 per cento nel 2019; le nuove stime confermano essenzialmente le previsioni del Documento di aprile, fatte salve differenze dell’ordine dello 0,1 per cento annuo nel periodo 2017-2019.

L’indebitamento netto strutturale (calcolato al netto delle misure una tantum e depurato della componente ciclica del saldo) – che risulta pari a 0,8 per cento in rapporto al PIL nei dati di preconsuntivo riferiti al 2015 – registra un peggioramento nella previsione per il 2016 (attestandosi all’1,4 per cento), per poi evidenziare un graduale miglioramento negli esercizi successivi, raggiungendo valori prossimi al pareggio (-0,2) nell’ultimo anno di previsione, in coerenza con l’andamento previsto per il saldo nominale.

Nelle tabelle che seguono vengono riportati, nell’ordine, i dati relativi a:

§  le voci del conto economico della PA a legislazione vigente, espresse in valori assoluti e in percentuale del PIL;

§  le variazioni annuali, in valori assoluti e percentuali, delle medesime voci di entrata e di spesa.

Viene quindi offerto un raffronto tra le stime riportate nel DEF 2016 e quelle contenute nella Nota di aggiornamento in esame, con le relative differenze espresse in valore assoluto; per i soli dati riferiti ai saldi viene anche offerto un raffronto in termini di incidenza sul PIL.


Tabella 11. Conto economico della PA a legislazione vigente

                                                                                                                                                                                                                  (importi in milioni di euro)

30

                                            Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 12. Conto economico della PA a legislazione vigente

31

                                                                                                                                                                                                                     (% del PIL)

                                                   Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

Tabella 13. Conto economico della PA a legislazione vigente - Variazioni rispetto all'anno precedente

                                                                                                                                                                                        (importi in milioni di euro)

32

                                                   Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

          Tabella 14. Conto economico della PA a legislazione vigente - Variazioni rispetto all'anno precedente

33

                                                                                                                                                                                                                        (% del PIL)

                                                   Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti

 

  Tabella 15. Conto economico della PA a legislazione vigente - Raffronto tra DEF 2016 e Nota di aggiornamento

                                                                                                                                                                                                                                                                                               (importi in milioni di euro)

34

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti


2.1.2 Le entrate

La Nota di aggiornamento al DEF 2016 reca i dati relativi alle entrate registrate nel 2015, aggiornati sulla base dei dati di preconsuntivo diffusi dall’Istat con il comunicato del 23 settembre scorso. In particolare, rispetto alle stime contenute nel DEF, le entrate tributarie sono lievemente riviste al rialzo (da 492,7 miliardi a 493,5 miliardi), mentre le stime delle entrate contributive sono confermate al valore di 218,5 miliardi.

Rispetto al PIL, la cui stima è stata rivista lievemente al rialzo, le entrate tributarie confermano il peso percentuale già indicato nel DEF in 30,1 punti mentre per le entrate contributive si registra una riduzione del rapporto da 13,4 a 13,3 per cento.

 

Per quanto attiene al periodo di previsione, i dati della Nota risultano coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali e l’informazione di contabilità nazionale[18]. Pertanto, le nuove previsioni di gettito riflettono il rallentamento delle prospettive di crescita nel breve periodo rispetto alle attese formulate nel DEF 2016.

 

Confrontando le previsioni della Nota con quelle contenute nel DEF, si evidenzia, in riferimento al 2016, una riduzione, in valore assoluto, delle stime riguardanti le entrate tributarie per 2,1 miliardi. Tale differenza è determinata da una rilevante contrazione delle imposte indirette (-4,4 mld), parzialmente compensata da una revisione al rialzo delle stime delle imposte dirette (2,6 mld) nonché da una riduzione delle previsioni relative alle imposte in conto capitale (-0,3 mld).

 

In rapporto al PIL, la riduzione delle entrate tributarie (dal 29,6 al 29,5 per cento) è determinata da un incremento dell’incidenza delle imposte dirette (da 14,7 a 14,8 per cento) e da una contrazione delle imposte indirette (da 14,7 al 14,4 per cento).

La revisione delle stime delle entrate contributive registra una lieve variazione in valore assoluto (+213 milioni) che non modifica il corrispondente valore in rapporto al PIL (13,1 per cento).

Anche per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019 le stime aggiornate delle entrate tributarie, rispetto alle previsioni di aprile, registrano una revisione al ribasso, con riduzioni, in valore assoluto, di 4,3 miliardi nel 2017, 7,2 miliardi nel 2018 e 6,8 miliardi nel 2019. Analogamente al 2016, tale riduzione è imputabile prevalentemente alla contrazione delle imposte indirette che evidenziano, in ciascun anno del periodo considerato, una revisione al ribasso per oltre 6 miliardi di euro (quasi 7 miliardi nel 2019).

 

Nella Nota in esame rimane confermata la previsione di aprile 2016 relativa al rapporto entrate tributarie/PIL nell’anno 2017 (29,7 per cento). Tale previsione si riduce invece, rispetto al DEF, per il 2018 ed il 2019, di circa 0,2 punti percentuali annui, attestandosi, rispettivamente, al 29,6 per cento e al 29,4 per cento.

 

L’aggiornamento delle stime relative ai contributi sociali evidenzia una sostanziale conferma in valore assoluto per il 2017 ed una riduzione negli anni 2018 e 2019, pari, rispettivamente, a 1,7 miliardi e a 2,1 miliardi. In rapporto al PIL, le entrate contributive nel 2017 aumentano, rispetto al DEF, di 0,1 punti percentuali (da 13,0 per cento a 13,1 per cento) mentre confermano le previsioni del DEF negli anni 2018 e 2019 (rispettivamente 13,1 e 13,3 per cento).

 

La revisione delle stime è in parte attribuita dalla Nota anche agli effetti finanziari dei provvedimenti adottati successivamente al DEF 2016, come evidenziato nel paragrafo 2.1.

 

Si riportano, nella seguente tabella, i dati relativi al valore delle entrate finali indicati nel DEF 2016, cui vengono sommati algebricamente gli effetti finanziari (riportati nella Nota di aggiornamento in esame) - in termini di maggiori e minori entrate - attribuiti ai principali provvedimenti intervenuti dopo il DEF ed elencati nella Nota in esame.

Il totale ottenuto viene quindi posto a confronto con le previsioni di entrata evidenziate nella Nota al fine di individuare la quota di aggiornamento delle previsioni non imputabile ai medesimi provvedimenti.

Tabella 16. Aggiornamento delle previsioni di entrata a legislazione vigente

 

(importi in milioni di euro)

 

 

 

2016

2017

2018

2019

DEF 2016- Entrate totali

789.431

805.477

831.941

855.781

 

D.L. n. 18/2016

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate (voluntary disclousure)

220

0

0

0

 

 

Minori entrate

220

0

18

18

 

D.L. n. 59/2016

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate (opzione pagamento canone per attività imposte anticipate)

224

200

173

142

 

 

Minori entrate (opzione pagamento canone per attività imposte anticipate)

0

98

45

37

 

Legge n. 112/2016 (c.d. “dopo di noi”)

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

0

0

0

0

 

 

Minori entrate

0

52

34

34

 

D.L. n. 67/2016 (missioni internazionali)

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

217

0

0

0

 

 

Minori entrate

150

0

0

0

 

D.L. n. 113/2016

 

 

 

 

 

 

Maggiori entrate

3

8

8

8

 

 

Minori entrate

63

8

8

8

 

Variazione netta entrate

231

50

76

53

Entrate totali rettificate con provvedimenti

789.662

805.527

832.017

855.834

Nota di aggiornamento 2016 - Entrate totali

786.202

800.846

821.988

846.100

Aggiornamento previsioni di entrate non imputabile ai provvedimenti indicati

-3.460

-4.681

-10.029

-9.734

Fonte: elaborazione su dati del DEF 2016 e della Nota di aggiornamento al DEF 2016.

 

L’elaborazione dei dati illustrata nella precedente tabella evidenzia come l’impatto dei provvedimenti citati dalla Nota risulti marginale, soprattutto a decorrere dal 2017.

La quota residua dell’aggiornamento delle stime di gettito, indicata nella tabella, appare quindi imputabile al nuovo quadro macroeconomico e ai dati di monitoraggio della finanza pubblica.

In proposito sarebbero utili informazioni in merito all’incidenza sulle previsioni aggiornate di ciascuna di tali determinanti nonché di eventuali variazioni residuali indotte da ulteriori fattori normativi intervenuti dopo l’adozione del DEF 2016.

 

Passando all’analisi dell’andamento complessivo delle entrate evidenziato dalle nuove stime contenute nella Nota per il periodo 2016-2019, si rileva che le previsioni confermano il trend positivo già stimato in sede di DEF, sia pur con un profilo di crescita più contenuto.

In particolare, le entrate tributarie crescono su base annua del 2,6 per cento nel 2017, del 2,4 per cento nel 2018 e del 2,5 per cento nel 2019.

La Nota ricorda che le previsioni aggiornate includono gli effetti finanziari, già considerati in sede di DEF, relativi al maggior gettito attribuito all’incremento delle aliquote IVA e delle accise previste dalla normativa vigente (c.d. clausola di salvaguardia, v. infra). Tali effetti sono parzialmente compensati dal minor gettito determinato dalla riduzione dell’imposizione fiscale sulle imprese di capitali dal 2017 (l’aliquota IRES passa dal 27,5 per cento al 24 per cento) nonché dalle altre misure di stimolo alla crescita approvate dalla legge di stabilità 2016.

L’inclusione nelle previsioni, dal 2017, degli effetti della clausola di salvaguardia, che nella legge di stabilità era stata disattivata per l’anno 2016, sembrerebbe giustificare in gran parte l’incremento delle imposte indirette, che nel 2017 registrano un aumento del 7,2 per cento rispetto all’anno precedente. Le imposte dirette nel 2017 si riducono invece di 1 punto percentuale anche per effetto, come indicato dalla Nota, delle predette misure di fiscalità in favore di famiglie ed imprese previste dalla legge di stabilità. L’andamento delle due componenti determina comunque una complessiva crescita delle entrate tributarie nel prossimo anno del 2,6 per cento.

 

Le stime aggiornate delle entrate contributive, scontano, in base alla normativa vigente, il venir meno dal 2017 delle misure di decontribuzione per nuove assunzioni. Dal 2018 si determinano incrementi percentuali su base annua più evidenti, che riflettono, secondo la Nota, una crescita dei redditi da lavoro dipendente. L’incidenza complessiva sul PIL di tale voce di entrata, stabile negli esercizi 2017 e 2018 (13,1 per cento) aumenta a 13,3 punti percentuali nell’ultimo anno del periodo di previsione.

Clausole di salvaguardia

La Nota di aggiornamento afferma che le stime indicate riflettono l’aumento del gettito atteso dall’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia introdotte da precedenti disposizioni legislative che prevedono l’aumento delle aliquote IVA e delle accise sugli oli minerali – in relazione alle quali la Nota evidenzia l’impegno a bloccarne l’attivazione.

Nella seguente tabella si riportano gli effetti finanziari attribuiti ai predetti incrementi delle aliquote IVA e delle accise (che, a normativa vigente, decorrono, rispettivamente, dal 1° gennaio 2017 e dal 1° gennaio 2018).

In particolare, dal 2017, le aliquote IVA del 10 per cento e del 22 per cento passano, rispettivamente al 13 per cento e al 24 per cento. Dal 2018, l’aliquota IVA ordinaria viene ulteriormente incrementata al 25 per cento e le accise devono essere incrementate in misura tale da assicurare un maggior gettito pari a 350 milioni annui.

Tabella 17. Clausole di salvaguardia contenute nella legge di stabilità 2016

 (importi in milioni di euro)

 

2016

2017

2018

2019

Aumento aliquote IVA

0

15.133

19.221

19.221

Aumento delle accise carburanti

0

0

350

350

Totale

0

15.133

19.571

19.571

Articolo 1, comma 6, della legge di stabilità 2018 (n. 208/2015) che ha modificato l’articolo 1, comma 718, delle legge di stabilità 2015 (n. 190/2014).

Pressone fiscale

La Nota afferma che, nel 2015, la pressione fiscale si mantiene al livello del 2014 (43,4 per cento), mentre nel 2016 si riduce di 0,8 punti percentuali (42,6 per cento del PIL). La Nota precisa che il gettito tributario, nell’esercizio in corso, è atteso crescere ad un tasso inferiore a quello dell’economia. Pertanto, la pressione fiscale, stimata in aprile in 42,8 per cento del PIL, viene rideterminata nella predetta misura del 42,6 per cento del PIL.

 

Nel 2017 la pressione fiscale presenta un lieve rialzo (42,8 per cento) per poi stabilizzarsi intorno al valore del 42,7 per cento in rapporto al PIL nel 2018 e nel 2019.

La Nota evidenzia che, scontando da tale valore gli effetti del bonus di 80 euro, oggetto di diversa classificazione contabile, l’indicatore scende al 42,1 per cento nel 2016 per attestarsi intorno al 42,2 per cento negli esercizi successivi.

Valutazione degli incassi derivanti dall’attività di contrasto
dell’evasione fiscale

Per quanto concerne le entrate derivanti dall’attività di accertamento, la Nota di aggiornamento, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 434, della legge di stabilità 2014, contiene un focus nel quale sono illustrati i risultati ottenuti, le procedure adottate, i criteri applicati per la stima ed il monitoraggio dell’evasione fiscale. Il focus, inoltre, illustra i criteri adottati per la valutazione delle maggiori entrate da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale precisando che l’ammontare di risorse destinate al predetto Fondo è fissato, per l’anno 2017, in 380 milioni di euro

L’articolo 1, comma 431, della legge di stabilità 2014 dispone, tra l’altro, che siano destinate al predetto Fondo le risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell'esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell'esercizio precedente derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

Nel focus vengono specificate le procedure di calcolo adottate per ottenere l’ammontare di risorse da destinare al Fondo. In particolare, viene evidenziata, in primo luogo, la necessità che siano verificate le seguenti tre condizioni riferite alle entrate derivanti da attività di contrasto all’evasione fiscale:

1)   l’esistenza di maggiori entrate realizzate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell’esercizio 2016;

2)   l’esistenza di maggiori entrate 2016 rispetto a quelle realizzate nel 2015;

3)   le predette maggiori entrate devono essere permanenti.

A tal fine, sono forniti i seguenti dati:

a)    il gettito definitivo dell’anno 2015 risultante dal rendiconto generale dello Stato risulta pari a 12,42 miliardi di euro, la cui quota stimata di incassi permanenti risulta indicata in 11,76 miliardi;

b)   le previsioni assestate 2016 evidenziano un ammontare di entrate da attività di accertamento pari a 10,61 miliardi di euro;

c)    gli incassi realizzati nel periodo gennaio-agosto 2016 (determinati dall’attività di contrasto all’evasione fiscale) sono risultati pari a 7,6 miliardi, di cui 5,9 miliardi da entrate tributarie. La stima del valore su base annua è effettuata considerando gli incassi dei mesi settembre-dicembre 2015[19]. Complessivamente la stima degli incassi 2016 viene indicata in misura pari a 12,80 miliardi, di cui gli incassi permanenti attesi per il 2016 sono pari a 12,14 miliardi.

La Nota evidenzia che risultano pertanto realizzate le condizioni richieste dalla normativa in quanto:

1)   il gettito che si stima di realizzare nel 2016 (12,14 mld) è superiore a quello risultante dalle previsioni assestate di cassa 2016 (10,61 mld);

2)   le previsioni di incassi 2016 (pari a 12,80 mld, sulla base di elaborazione dei dati disponibili fino ad agosto 2016) sono superiori agli incassi registrati nel 2015 (12,42 mld);

3)   il gettito permanente che si stima di realizzare nel 2016 (12,14 mld) è superiore al gettito permanente realizzato nel 2015 (11,76 mld).

L’ammontare delle risorse da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (380 milioni) corrisponde al minor valore ottenuto dalla differenza tra i parametri utilizzati nelle singole condizioni.

2.1.3 Le spese

La revisione dei dati di preconsuntivo operata dall’Istat comporta, rispetto alle precedenti stime, un incremento marginale della spesa corrente del 2015 (per 140 milioni) e un più sostenuto incremento della spesa in conto capitale, che cresce di circa 1,2 miliardi.

Per quanto attiene al periodo di previsione 2016-2019, dalle tabelle riguardanti il conto economico a legislazione vigente, riportate al precedente paragrafo 2.1, si evince come nelle stime aggiornate della Nota in esame, le spese finali registrino, per il 2016, una riduzione di circa 1,8 miliardi rispetto alle previsioni del DEF. Anche in tal caso concorrono alla revisione della stima soprattutto le spese in conto capitale (per 2 miliardi circa, di cui 1,9 relativi ai trasferimenti in conto capitale), mentre la spesa corrente al netto degli interessi mostra un incremento di 773 milioni. Secondo quanto evidenziato dalla Nota, la riduzione dei trasferimenti in conto capitale prevista per il 2016 è correlata principalmente ai fattori che hanno caratterizzato il risultato per il 2015, su cui hanno inciso maggiori oneri connessi all’applicazione della sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale, che ha previsto la restituzione degli arretrati per le pensioni erogate a partire dal 2012, e i contributi destinati al salvataggio degli istituti di credito in difficoltà finanziaria.

 

Più in dettaglio, per quanto concerne il raffronto tra le previsioni, in valore assoluto, recate dal DEF e quelle contenute nella Nota di aggiornamento, si evidenzia quanto segue:

§  la spesa per redditi da lavoro dipendente registra nell’anno 2016 una riduzione pari a circa 1 miliardo rispetto a quella quantificata nel DEF. Negli anni successivi si registrano invece lievi scostamenti, in aumento di 274 milioni nel 2017 e in riduzione di 250 milioni annui negli anni 2018 e 2019;

§  nel 2016 la spesa per la voce “Pensioni” rimane invariata rispetto alle previsioni del DEF, per poi ridursi negli anni successivi in misura pari a 250 milioni nel 2017, 500 milioni nel 2018 e 750 milioni nel 2019. Anche la spesa attesa per il 2016 a titolo di “Altre prestazioni sociali” si riduce di circa 500 milioni. Tale previsione è confermata per gli anni successivi, per i quali la Nota di aggiornamento ipotizza livelli di spesa inferiori a quelli previsti nel DEF (per 300 milioni nel 2017 e 250 milioni annui negli esercizi successivi);

§  la spesa sostenuta per i “Consumi intermedi”, risulta invece incrementata di 1,7 miliardi nel 2016 nelle nuove stime. Tale incremento annuo si riflette in misura più contenuta anche nel triennio 2017-2019;

§  la voce “Altre uscite correnti” mostra un incremento rispetto alle stime del DEF in misura pari a 603 milioni nel 2016, 239 milioni nel 2017, 1 miliardo nel 2018 fino ad arrivare ad un incremento di circa 1,7 miliardi nel 2019;

§  la spesa in conto capitale, come già segnalato, registra una consistente riduzione nel 2016, imputabile soprattutto alla voce “Altri trasferimenti”. Negli anni successivi la riduzione complessiva dell’aggregato di spesa in conto capitale, in misura pari a 568 milioni di euro nel 2017, 1,5 miliardi nel 2018 e 1 miliardo nel 2019, appare legata sostanzialmente all’andamento dei contributi in conto capitale.

 

Per quanto attiene all’andamento della spesa nell’arco temporale considerato dalla Nota di aggiornamento, i dati relativi all’incidenza rispetto al PIL delle voci del conto economico (vedi tabelle riportate al paragrafo 2.1), evidenziano un’incidenza complessiva della spesa che, al netto degli interessi, si riduce dal 46,2 per cento del PIL (dato di preconsuntivo 2015) al 43,5 per cento nel 2019. Contribuiscono a tale andamento le spese primarie correnti, la cui incidenza sul PIL si riduce progressivamente nel periodo di previsione, attestandosi nel 2019 al 40,3 per cento rispetto al valore di 42,1 per cento del 2015 (-1,8 per cento). Per le spese in conto capitale, la corrispondente riduzione risulta pari allo 0,9 per cento (da 4,1 a 3,2 punti percentuali).

 

Per la spesa corrente si registra un percorso di costante riduzione dai valori del 2016 (46,0%) a quelli stimati nel 2019 (43,7%) con un profilo più marcato dal 2017 al 2019. In termini di incidenza sul PIL, sostengono tale tendenza soprattutto le spese per redditi da lavoro dipendente (-0,7 punti percentuali di PIL tra il 2016 e il 2019), i consumi intermedi (-0,4 punti percentuali) e gli interessi passivi (-0,6), mentre l’incidenza rispetto al PIL della spesa pensionistica evidenzia un profilo di riduzione più graduale (-0,2 per cento nel periodo considerato).

In valore assoluto si registra comunque nel 2016 un incremento rispetto al 2015 dei redditi da lavoro dipendente di circa 1,5 miliardi. La previsione,  come evidenziato dalla Nota, considera “gli effetti di spesa derivanti dall’attuazione del Fondo per la realizzazione del piano ‘La buona scuola’, l’attribuzione al personale del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco del contributo straordinario previsto dall’articolo 1, comma 972, della Legge di Stabilità 2016, le risultanze di monitoraggio, che indicano un andamento della spesa più contenuto, in particolare negli enti locali, nonché la presumibile incidenza della spesa per rinnovi contrattuali a decorrere dal 2017, comprensiva della quota di arretrati”.

 

Per la spesa in conto capitale, l’incidenza sul PIL mostra un percorso di flessione graduale dal 3,5 nel 2016 al 3,2 per cento nel 2019. A fronte di tale riduzione dell’aggregato rimane sostanzialmente costante la spesa rispetto al PIL per investimenti fissi lordi (2,3 per cento annuo in media nel periodo 2016-2019, come evidenziato dalla Nota). Si prevedono in flessione i contributi in conto capitale (-0,2 per cento in termini di PIL tra il 2016 e il 2019).

 

Nella tabella che segue sono riportati i valori relativi all’incidenza rispetto al PIL delle principali voci di spesa del conto economico nel primo e nell’ultimo esercizio del periodo considerato. Sono quindi effettuati raffronti con le precedenti stime riportate nel DEF 2016, riguardanti i medesimi esercizi.

Tabella 18. Variazioni delle previsioni di spesa nel periodo 2016-2019 - Incidenza rispetto al PIL e raffronto tra DEF 2016 e Nota di aggiornamento

 (in % del PIL)

 

Nota di

aggiornamento

DEF 2016

Variazione nel periodo

 

2016

2019

2016

2019

Nota

DEF

 

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

9,7

9,0

9,8

8,9

-0,7

-0,9

Consumi intermedi

8,0

7,6

7,9

7,5

-0,4

-0,4

Pensioni

15,6

15,4

15,7

15,4

-0,2

-0,3

Altre prestazioni

4,7

4,6

4,7

4,5

-0,1

-0,2

Altre spese correnti

4,0

3,6

3,9

3,5

-0,4

-0,4

Spese correnti al netto degli interessi

42,0

 40,3

42,0

 39,9

-1,7

-2,1

Investimenti fissi lordi

2,2

2,2

2,3

2,2

-0,0

-0,1

Contributi in conto capitale

0.9

0,7

0.9

0,8

-0,2

-0,1

Altri trasferimenti

0,4

0,3

0,5

0,3

-0,1

-0,2

Spese in conto capitale

3,5

3,2

3,6

3,3

-0,3

-0,3

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2016.

§  La spesa per interessi

Dagli ultimi dati di preconsuntivo per il 2015 diffusi dall’Istat, la spesa per interessi risulta pari a 68.216 milioni, con una riduzione rispetto al dato del 2014, di 6.124 milioni.

Dal confronto con le precedenti stime si osserva una riduzione di 224 milioni rispetto al valore indicato per il 2015 nel DEF 2016.

 

Negli anni 2016 e 2017 le previsioni a legislazione vigente mostrano una spesa per interessi pari, in valore assoluto, rispettivamente a 66.478 milioni e a 63.580 milioni. L’andamento decrescente è confermato dalle previsioni riferite al 2018 e al 2019, esercizio nel quale l’aggregato di spesa raggiunge il valore di 61.973 milioni.

In termini di incidenza sul PIL, la spesa si colloca, rispettivamente, al 4 e al 3,7 per cento nel 2016 e 2017, per passare al 3,6 per cento nel 2018 ed attestarsi ad un valore pari a 3,4 punti percentuali di PIL alla fine del periodo considerato (2019).

Rispetto alle precedenti stime, le nuove previsioni assumono, per tutto il periodo considerato, valori inferiori a quelli del DEF 2016: in particolare, la correzione dell’incidenza rispetto al PIL è sostanzialmente nulla nel 2016 per attestarsi su uno 0,1 per cento annuo negli esercizi successivi considerati nel quadro tendenziale.

Tabella 19. Spesa per interessi: confronto tra DEF 2016 e Nota di aggiornamento al DEF 2016

(importi in milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

Nota di aggiornamento al DEF 2016

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

68.216

66.478

63.580

62.579

61.973

Variazione assoluta annua

-6.124

-1.738

-2.898

-1.001

-606

Variazione %

-8,2

-2,5

-4,4

-1,6

-1,0

in % del PIL

4,2

4,0

3,7

3,6

3,4

PIL nominale

1.642,4

1.672,2

1.703,0

1.751,6

1.803,7

 

 

 

 

 

 

DEF 2016

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

68.440

66.911

65.186

64.075

64.002

Variazione assoluta annua

-5.900

-1.529

-1.725

-1.111

-73

Variazione %

-7,9

-2,2

-2,6

-1,7

-0,1

in % del PIL

4,2

4,0

3,8

3,6

3,5

PIL nominale

1.636,4

1.671,6

1.715,8

1.764,8

1.818,4

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2016.

Ulteriori elementi di rilievo riguardo all’andamento della spesa per interessi possono dedursi da altri documenti riferiti al mercato finanziario e dei titoli di Stato.

Con riferimento al mercato finanziario, la Banca d’Italia[20] evidenzia che i titoli pubblici italiani non hanno risentito in misura apprezzabile delle tensioni prodotte sul mercato dal risultato del referendum nel Regno Unito, beneficiando del programma di acquisto dell’Eurosistema; dalla fine di marzo i rendimenti dei titoli di Stato con scadenza tra tre e dieci anni sono rimasti sostanzialmente invariati, mentre sono diminuiti quelli sulle scadenze a più lungo termine.

Con riferimento al mercato dei titoli di Stato, si rileva che a fine giugno 2016 la vita residua media ponderata dei titoli di Stato si attestava ad un valore inferiore a sette anni (6,52 anni), confermando il dato dell’anno 2015 in cui si è registrato l’aumento di tale variabile dal 6,38 dell’anno 2014. In base ai dati aggiornati al 31 agosto 2016[21], nel 2016 scadranno titoli di Stato a medio-lungo termine (escludendo quindi i BOT) per 184,5 miliardi di euro, con un riduzione di circa 18 miliardi rispetto al 2015, che ha presentato scadenze di titoli a medio lungo termine oltre i 203 miliardi di euro.


2.2 Percorso programmatico di finanza pubblica

2.2.1 I saldi di finanza pubblica

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quinquennio 2015-2019 e, in particolare, il percorso di avvicinamento all'obiettivo medio periodo (cfr. il par. 2.3 sulla Relazione ex art. 6, c. 5)[22].

Si rammenta che l'analisi del quadro programmatico del DEF e della relativa Nota di aggiornamento si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio[23]. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum, riflette l’impegno del Paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico.

Preliminarmente si evidenzia che, in relazione ai contenuti obbligatori (ex art. 10‑bis della legge n. 196 del 2009), la Nota di Aggiornamento del DEF indica, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza e di saldo netto da finanziare in termini di cassa.

Il primo saldo è determinato nel limite massimo di:

§  -40,5 miliardi nel 2017 (indebitamento netto massimo del 2,4%);

§  -28,1 miliardi nel 2018;

§  -9,7 miliardi nel 2019.

Il corrispondente SNF in termini di cassa è determinato nel limite massimo di:

§  -103,9 miliardi nel 2017;

§  -78,3 miliardi nel 2018;

§  -58,1 miliardi nel 2019.

La Tabella 20 mette a confronto le stime dei principali indicatori di finanza pubblica contenute nella Nota in esame rispetto a quelle prospettate nel DEF dello scorso aprile.


 

La dinamica degli indicatori di finanza pubblica riflette le stime sia sui principali saldi che sul Pil nominale; a riguardo, con riferimento alle stime su Pil reale, deflatore e Pil nominale e alle differenze rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, si rinvia all'analisi della parte I "Il quadro macroeconomico", mentre per una valutazione dei profili di rischio si rimanda alle considerazioni svolte nel paragrafo sull'evoluzione del debito.

Tabella 20 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici

(in percentuale del PIL)

Fonti: NADEF 2016, tavole III.2 e III.3 e DEF 2016, tavola III.6

L’avanzo primario nominale continua, nell'orizzonte programmatico, a mostrare una dinamica con tassi di crescita a ritmi crescenti, sia pure meno robusta rispetto alle previsioni formulate lo scorso aprile. L'indicatore passa dall'1,5% del Pil (2015) al 3,2% del Pil (2019), la flessione rispetto alle stime di aprile oscilla da 0,1 punti percentuali (p.p.) di Pil per il 2015 fino ad un massimo di 0,4 p.p. di Pil per il 2019.

 

La dinamica degli interessi passivi prospettata dalla Nota di aggiornamento, si conferma su valori sensibilmente più bassi rispetto al picco del 2014 in cui si era registrato il 4,6 per cento. Le stime mostrano un ulteriore miglioramento rispetto ai dati del DEF (valori tra parentesi). In particolare, nel 2017 il rapporto scende al 3,7 per cento (3,8%), nel 2018 viene invece confermato il dato del DEF (3,6%), per poi registrare di nuovo un miglioramento con riferimento al 2019 in cui l'indicatore si attesta sul 3,4 per cento (3,5%).

A riguardo, per una più completa analisi dei profili di rischio si ritiene possa essere utile disporre di maggiori informazioni circa le stime dell'andamento della spesa per interessi anche alla luce delle prospettive di politica monetaria.

Nel 2016, si evidenzia un saldo dell'indebitamento netto programmatico al -2,4 per cento (-2,3%) rispetto al DEF (valori tra parentesi) in miglioramento di 0,2 p.p. di Pil rispetto al -2,6% del 2015, per poi evidenziarsi un ulteriore calo al -2,0 per cento (-1,8%) nel 2017 e al -1,2 per cento (-0,9%) nel 2018.

L'orizzonte 2016-2019 conferma il raggiungimento del sostanziale pareggio solo nel 2019, prevedendosi che l'indebitamento netto si attesterà in tale anno su di un valore solo lievemente di segno negativo (-0,2 per cento) rispetto alle previsioni del DEF che segnalavano addirittura un accreditamento (0,1%).

 

Dal confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e indebitamento netto programmatico ( Tabella 21 e Figura 9 ) si evidenzia come, nell'orizzonte previsionale 2017-2019 i vincoli posti dai saldi tendenziali vengano leggermente allentati al fine di incrementare i saldi programmatici.

Tabella 21 – Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico (2016-2019)

(in percentuale del PIL)

Fonti: elaborazioni su NADEF 2016 e Relazione al Parlamento 2016 (ai sensi dell'art. 6, co. 5, L. 243/2012)

In termini assoluti, con riferimento al PIL nominale stimato per le annualità, tali variazioni percentuali si sostanziano in un maggior indebitamento netto per circa 6,8 miliardi di euro nel 2017, 7 miliardi di euro nel 2018 e 3,6 miliardi di euro nel 2019. Si consideri a riguardo che il peggioramento dei tendenziali nel triennio 2017-2019 rispetto ai dati del DEF di aprile amplifica la portata di tali variazioni.

Figura 9. Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico
(2016-2019)

 

Fonti: elaborazioni su NADEF 2016 e Relazione al Parlamento 2016 (ai sensi dell'art. 6, co. 5, L. 243/2012)

 

La Tabella 22 , nel mettere a confronto gli indicatori tendenziali con quelli programmatici, evidenzia la correzione dell'indebitamento netto e del saldo primario. In particolare, nell'intero orizzonte temporale i dati tendenziali degli interessi coincidono con quelli programmatici, mentre con riferimento al saldo primario e all'indebitamento netto si registra una perfetta coincidenza degli indicatori solamente con riferimento al triennio 2014-2016. Nell'orizzonte 2017-2018 si registra invece uno scarto di 0,4 p.p. di Pil tra i dati del quadro tendenziale e del programmatico sia con riferimento all'indebitamento netto che al saldo primario, differenza che si riduce a 0,2 p.p. di Pil nel 2019.

 

Dall'esame complessivo di questi andamenti si deduce che il maggiore indebitamento netto non è riconducibile alla spesa per interessi.

Tabella 22 - Misura della correzione dell'indebitamento netto e
del saldo primario tendenziale

(in percentuale del PIL)

 

Fonte: NADEF 2016, tav. I.1

L'output gap, che misura il differenziale tra Pil effettivo e potenziale, evidenzia un profilo evolutivo in miglioramento, evidenziando una costante riduzione, atteso che il dato previsionale passa dal -3,5 per cento del 2015, al -2,5% del 2016, al -1,7% del 2017 e al -0,7% nel 2018, per poi annullarsi nel 2019 ultimo anno dell'orizzonte di previsione (cfr. Figura 10 )[24]. Analoga dinamica è seguita dalla componente ciclica che passa dal -1,3 per cento del 2016, al -0,9% nel 2017 e al -0,1% del 2018, per poi annullarsi nel 2019.

 

A riguardo si osserva che, rispetto alle previsioni dello scorso aprile, la dinamica dei due indicatori evidenzia un sensibile peggioramento con riferimento al triennio 2017-2019 (sulle implicazioni di tali nuove stime si vedano infra i paragrafi su gli aggiustamenti del saldo strutturale e la relazione ex art. 6, c.5).

 

La Figura 10 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap, cioè della misura del divario tra andamento economico effettivo e potenziale. Esso evidenzia che – in presenza di pareggio strutturale – l'entità dell’output gap determina la misura del disavanzo nominale consentito, cioè la misura della stabilizzazione consentita per far fronte alla posizione ciclica negativa. Gli obiettivi nominali si riducono di entità rispetto al 2015, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.

Figura 10 - Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap

(in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2016, tavole III.2 e III.3.

 

 

L'entità in rapporto al PIL delle misure una tantum indicata nel DEF registra alcune modifiche nella Nota di aggiornamento in esame per cui, se la stessa è confermata per il 2016 (0,1%), nel 2017 è indicata pari allo 0,1 per cento (0,0%), per poi attestarsi su di un valore negativo pari al -0,1 per cento (0,0%) nel 2018 e nel 2019 (0,0%). (cfr. Tabella 20 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici ).

 

Da ultimo si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10‑bis, comma 1, che la Nota di Aggiornamento del DEF contenga l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.

 

La Tabella 23 riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nella Nota di aggiornamento con quelli dei precedenti documenti programmatici.

 

Tabella 23 - Indicatori strutturali. Confronto documenti programmatici

 

 

2014

2015

2016

2017

2018

2019

Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti

NADEF 2016

0,1

0,7

0,8

1,0

1,3

1,2

DEF 2016

-0,3

0,8

1,2

1,4

1,5

1,4

NADEF 2015

-0,4

0,9

1,6

1,6

1,5

1,3

DEF 2015

-0,4

0,7

1,4

1,5

1,4

1,3

NADEF 2014

-0,3

0,6

1,0

1,3

1,4

n.d.

Tasso di crescita del PIL potenziale

NADEF 2016

-0,5

-0,3

-0,2

0,2

0,3

0,4

DEF 2016

-0,5

-0,2

-0,2

0,2

0,4

0,5

NADEF 2015

-0,4

0,0

0,1

0,3

0,4

0,6

DEF 2015

-0,4

-0,1

0,0

0,2

0,3

0,5

NADEF 2014

-0,3

-0,2

0,0

0,2

0,3

n.d.

Output gap

NADEF 2016

-4,4

-3,5

-2,5

-1,7

-0,7

0,0

DEF 2016

-4,5

-3,5

-2,3

-1,1

-0,1

0,7

NADEF 2015

-4,8

-4,0

-2,5

-1,3

-0,2

0,5

DEF 2015

-4,6

-3,8

-2,5

-1,3

-0,3

0,5

NADEF 2014

-4,3

-3,5

-2,6

-1,4

-0,4

n.d.

Componente ciclica del saldo di bilancio

NADEF 2016

-2,4

-1,9

-1,3

-0,9

-0,4

0,0

DEF 2016

-2,4

-1,9

-1,2

-0,6

-0,1

0,4

NADEF 2015

-2,6

-2,1

-1,4

-0,7

-0,1

0,3

DEF 2015

-2,5

-2,0

-1,4

-0,7

-0,1

0,3

NADEF 2014

-2,4

-1,9

-1,4

-0,8

-0,2

n.d.

Indebitamento netto

NADEF 2016

-3,0

-2,6

-2,4

-2,0

-1,2

-0,2

DEF 2016

-3,0

-2,6

-2,3

-1,8

-0,9

0,1

NADEF 2015

-3,0

-2,6

-2,2

-1,1

-0,2

0,3

DEF 2015

-3,0

-2,6

-1,8

-0,8

0,0

0,4

NADEF 2014

-3,0

-2,9

-1,8

-0,8

-0,2

n.d.

Saldo primario

NADEF 2016

1,6

1,5

1,5

1,7

2,4

3,2

DEF 2016

1,6

1,6

1,7

2,0

2,7

3,6

NADEF 2015

1,6

1,7

2,0

3,0

3,9

4,3

DEF 2015

1,6

1,6

2,4

3,2

3,8

4,0

NADEF 2014

1,7

2,3

2,7

3,1

3,4

n.d.

Misure una tantum

NADEF 2016

0,2

-0,1

0,1

0,1

-0,1

-0,1

DEF 2016

0,2

-0,1

0,1

0,0

0,0

0,0

NADEF 2015

0,2

-0,1

-0,1

0,0

-0,1

0,0

DEF 2015

0,2

-0,1

-0,1

0,0

0,0

0,0

NADEF 2014

0,3

-0,1

0,0

0,0

0,0

n.d.

Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2016

-0,8

-0,7

-1,2

-1,2

-0,7

-0,2

DEF 2016

-0,8

-0,6

-1,2

-1,1

-0,8

-0,2

NADEF 2015

-0,7

-0,3

-0,7

-0,3

0,0

0,0

DEF 2015

-0,7

-0,5

-0,4

0,0

0,1

0,2

NADEF 2014

-0,9

-0,9

-0,4

0,0

0,0

n.d.

Variazione saldo di bilancio corretto per ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2016

-0,5

0,2

-0,5

0,0

0,5

0,6

DEF 2016

-0,1

0,2

-0,7

0,1

0,3

0,6

NADEF 2015

0,0

0,3

-0,4

0,4

0,3

0,0

DEF 2015

0,0

0,2

0,1

0,3

0,2

0,0

NADEF 2014

-0,3

0,1

0,5

0,4

0,0

n.d.

Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2016

3,8

3,5

2,8

2,5

2,8

3,3

DEF 2016

3,8

3,6

2,8

2,7

2,8

3,3

NADEF 2015

4,0

4,0

3,5

3,8

4,1

4,1

DEF 2015

3,9

3,7

3,9

4,0

4,0

3,8

NADEF 2014

3,8

3,7

4,1

4,2

4,1

n.d.

Variazione avanzo primario corretto per ciclo e al netto delle una tantum

NADEF 2016

n.d.

-0,3

-0,7

-0,3

0,3

0,5

DEF 2016

n.d.

-0,2

-0,8

-0,1

0,1

0,5

NADEF 2015

-0,2

0,0

-0,5

0,3

0,3

0,0

DEF 2015

-0,3

-0,2

0,2

0,1

0,0

-0,2

NADEF 2014

-0,4

-0,1

0,4

0,1

-0,1

n.d.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: n.d. = dato non disponibile.

Fonti: Tavole "La finanza pubblica corretta per il ciclo" e "Indicatori di finanza pubblica" in: NADEF 2016, DEF 2016, NADEF 2015, DEF 2015 e NADEF 2014 ed elaborazioni sulle tavole citate.

L'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in relazione all'obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione europea e all'Eurogruppo il progetto di documento programmatico di bilancio contenente, tra l'altro, le informazioni circa l'obiettivo di saldo di bilancio per la PA ripartito per sottosettori, le proiezioni a politiche invariate nonché gli obiettivi dell'entrata e della spesa per la PA e le relative componenti principali[25].

2.2.2 Percorso di avvicinamento al MTO: regole di flessibilità ed “eventi eccezionali”

A norma del Patto di Stabilità e crescita (PSC), ciascuno Stato membro deve raggiungere e mantenere il proprio Obiettivo a medio termine (MTO, medium term objective) oppure attuare un percorso di avvicinamento verso l’MTO stesso.

L’MTO è definito in termini strutturali, non nominali: pertanto esso si calcola come il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche corretto per l’impatto previsto del ciclo economico (saldo corretto per il ciclo) e al netto delle misure una tantum.

Per l’Italia, l’MTO è il pareggio di bilancio.

Regole di flessibilità del Patto di stabilità

Con la Comunicazione del 13 gennaio 2015[26] la Commissione europea ha chiarito le modalità e le condizioni di utilizzo di margini di flessibilità, che consentono deviazioni temporanee dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento al medesimo, nell’ambito delle regole vigenti del Patto. Tale flessibilità è, in particolare, riconosciuta per l’adozione di riforme strutturali e per gli investimenti pubblici. L’aggiustamento di bilancio richiesto è inoltre modulato in relazione all’andamento del ciclo economico, secondo i criteri fissati nella Comunicazione.

La Posizione comune approvata dal Consiglio ECOFIN nel febbraio 2016[27] ha introdotto alcuni elementi di novità rispetto alla Comunicazione della Commissione in materia di flessibilità del gennaio 2015. In particolare:

§  è stata precisata l’applicabilità della clausola per gli investimenti a progetti di investimento cofinanziati dai diversi Fondi strutturali e di investimenti europei;

§  è stata indicata una misura massima dello 0,5 per cento del PIL alla deviazione dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine consentita per la clausola degli investimenti, in analogia a quanto previsto per la clausola delle riforme;

§  è stato previsto un limite massimo dello 0,75 per cento alla deviazione complessiva che si ottiene cumulando le due clausole.

Le deviazioni per “eventi eccezionali”

Il Patto di stabilità e crescita prevede un’ulteriore ipotesi di allontanamento temporaneo nel percorso di avvicinamento all’MTO (soggetto ad autorizzazione) in caso di “eventi eccezionali[28].

 

Il Vademecum della Commissione europea sul PSC[29] ricorda che questa ipotesi, definita di adeguamento del percorso di consolidamento di bilancio, è stata introdotta dal Six pack nel 2011 e chiarisce che l’attivazione di questa clausola non si traduce in una sospensione a tempo indefinito del consolidamento delle finanze pubbliche, bensì nella riprogettazione del percorso di avvicinamento, su basi specifiche per il singolo Paese, al fine di tener conto delle circostanze eccezionali di una grave crisi economica nell’area euro o nell’Unione, come pure di un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato.

In tali circostanze, dunque, le descritte deviazioni temporanee possono essere consentite ex ante (ai sensi dell’articolo 5 citato) oppure possono non essere prese in considerazione ex post (ai sensi dell’articolo 6 citato).

 

Nel DEF dello scorso aprile viene formulata, per il 2016, una richiesta di flessibilità - per tener conto di significative riforme strutturali - nella misura di 0,1 punti percentuali, che va ad aggiungersi a quella per 0,4 punti, già formulata, in ragione della medesima clausola delle riforme strutturali, nel DEF 2015.

Inoltre, nel DEF è richiesta un’ulteriore deviazione pari a 0,3 punti percentuali di PIL, per tenere conto della spesa nazionale per gli investimenti in progetti cofinanziati dall'UE (clausola degli investimenti).

La richiesta complessiva ammonta quindi a 0,8 punti percentuali, rimodulata nella misura dello 0,75 per cento per tener conto dei limiti imposti dalle decisioni europee.

Il DEF 2016 ha inoltre evidenziato l’esigenza di qualificare sia l'inconsueto afflusso dei rifugiati sia la gravità della minaccia terroristica come eventi eccezionali, al di fuori del controllo del Governo ai sensi dell'art. 5, par. 1, e dell'art. 6, par. 3, del Regolamento (CE) n. 1466/97, tali da giustificare una deviazione temporanea dal percorso di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine, in base alla normativa europea richiamata. È stato quindi richiesto che l’aggiustamento verso l’obiettivo a medio termine non tenesse conto dei costi supplementari legati alle misure di sicurezza e all’emergenza migranti, computati, rispettivamente, nella misura dello 0,06 e dello 0,04 per cento del PIL nel 2016, per un totale di 0,1 punti percentuali di prodotto.

La Raccomandazione del Consiglio UE del 12 luglio 2016 indica l’esigenza di limitare la deviazione temporanea dall'aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine all'importo pari complessivamente allo 0,75 % del PIL, concesso per gli investimenti e l'attuazione delle riforme strutturali, subordinando tale deviazione ad una serie di condizioni, tra cui la necessità di riprendere il percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine nel 2017 e di conseguire un aggiustamento annuo di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari allo 0,6 % del PIL o più nel 2017 (cfr. infra paragrafi successivi). Per quanto attiene alla qualificazione quali eventi eccezionali richiesta per le spese del 2016 connesse all’emergenza migranti e all’emergenza sicurezza, il Consiglio fa presente che la valutazione finale, anche per gli importi ammissibili, sarà effettuata nella primavera del 2017 sulla base dei rilevamenti di dati forniti dalle autorità̀ italiane.

 

La Nota di aggiornamento in esame e l’annessa Relazione al Parlamento[30] ai sensi della legge n. 243 del 2012, art. 6, comma 5, non prefigurano una specifica ulteriore richiesta di flessibilità, pur facendo riferimento all’esigenza di usufruire di eventuali margini consentiti dalla normativa europea.

In particolare, infatti:

a.    secondo la Nota di aggiornamento: “Il Governo intende … operare, ove necessario, ulteriori interventi per l’emergenza sisma, la messa in sicurezza del patrimonio abitativo e del territorio e la gestione del fenomeno migratorio. In considerazione delle pressanti necessità che il Paese deve fronteggiare, l’obiettivo di indebitamento potrebbe essere innalzato sino ad un massimo dello 0,4 per cento del PIL, secondo quanto indicato nella Relazione al Parlamento allegata”[31];

b.   la Relazione ex art. 6, citata, premette che “fatta salva la disciplina di bilancio il Governo, considerato il prolungamento della fase di debolezza dell’economia ed i segnali di ripresa ancora non pienamente consolidati, intende mettere in campo ulteriori misure di supporto al sistema economico, utilizzando pienamente i margini di flessibilità previsti dall’ordinamento europeo”. Di seguito, essa esplicita i presupposti dell’intervento, richiamando sia “la revisione delle stime dell’output gap, che … indica un sostanziale peggioramento delle condizioni cicliche rispetto a quanto previsto lo scorso aprile [e] … suggerirebbe il protrarsi di condizioni cicliche avverse anche nel prossimo anno…”, sia il ricorrere di “eventi eccezionali quali: i) il sisma del 24 agosto u.s. che, terzo evento di rilevante intensità negli ultimi anni, attesta l’esigenza di por mano a un piano organico di messa in sicurezza del territorio nazionale, oltre che di ricostruzione; ii) l’intensità del fenomeno migratorio e la necessità di impostare una politica di ampio respiro nella gestione dell’immigrazione.”

 

Quindi, nel prefigurare i contenuti del disegno di legge di bilancio 2017, la Relazione afferma che: “per fronteggiare la necessità di sostenere interventi straordinari per le finalità già illustrate – considerate le rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese – il Governo richiede al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare, ove necessario, ulteriori margini di bilancio sino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL per il prossimo anno.” [32]

Per i contenuti della relazione ex art. 6, co. 5, della legge n. 243/2012 si rinvia allo specifico paragrafo.

2.2.3 Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa

L'Italia è sottoposta al braccio preventivo del PSC: in tale quadro di regole il percorso di avvicinamento all'obiettivo programmatico (OMT)[33] è valutato in base alla variazione del saldo strutturale e alla regola di spesa.

 

In relazione alla variazione del saldo strutturale, in ciascun anno, il percorso verso l'OMT viene valutato sulla base della variazione del saldo strutturale e viene modulato in funzione delle condizioni cicliche dell'economia (sinteticamente indicata dal livello dell'output gap; del livello del saldo strutturale di partenza e del rapporto debito/PIL; nonché dell'esistenza di rischi di medio periodo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche valutati sulla base dell'indicatore S1[34]).

Le modifiche del Patto di stabilità e crescita del 2011 hanno introdotto un vincolo sull'evoluzione della spesa, esso è stato recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012. Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT (come l'Italia), l'aggregato della spesa di riferimento dovrebbe seguire un'evoluzione commisurata alla differenza tra il tasso crescita medio del PIL potenziale e il cosiddetto margine di convergenza, a sua volta calibrato in relazione alle condizioni cicliche dell'economia[35].

 

Con riferimento agli anni 2015 e 2016, le variazioni strutturali prospettate dal Governo sono, rispettivamente, in linea o non tali da configurarsi come deviazioni significative ai sensi delle regole europee.

 

In relazione all'anno 2017 si osserva quanto segue.

 

Il Governo precisa che la propria stima[36] dell'output gap per il 2017 è pari a -1,7% del PIL potenziale (programmatico), tale cioè da definire come avverse le condizioni cicliche dell'economia italiana e da indicare, in presenza di una crescita superiore al potenziale, una correzione del saldo strutturale pari a 0,5 p.p. di PIL. Di contro le stime dell'output gap della Commissione sono pari a -0,4%, lasciando intravedere condizioni cicliche "normali" a cui è stata associata  una richiesta di riduzione del saldo strutturale pari "allo 0,6% o più del Pil (Raccomandazioni paese 2016[37]).

Nel 2017, il Governo conferma il livello del saldo strutturale del 2016 (-1,2%), tale variazione nulla, se inserita nell'analisi del Governo, non costituirebbe una deviazione significativa, mentre darebbe luogo a una deviazione significativa nello scenario della Commissione.

 

Con riferimento al rispetto della regola della spesa il Governo dà conto che, con riferimento a ciascuno dei tre anni del periodo 2015-2017, l'evoluzione dell'aggregato spesa di riferimento è compatibile con il braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita. Più in dettaglio l’andamento dell’aggregato di spesa, per il 2015, pur registrando un aumento (0,65%), non si discosta in modo significativo dal benchmark richiesto; per il 2016 è coerente con l’obiettivo richiesto nell’anno in corso; infine per il 2017 è previsto ridursi in misura superiore a quanto richiesto (circa 1,4%).

2.2.4 L’evoluzione del debito

Le revisioni effettuate recentemente dall'ISTAT e dalla Banca d'Italia rispettivamente sul PIL e sullo stock del debito delle PP.AA. hanno indotto una riduzione del rapporto debito/PIL per il 2014 e il 2015 rispetto ai valori pubblicati nel DEF. Gli effetti del movimento in questione sono comunque interamente ascrivibili alla revisione al rialzo del PIL.

In particolare il rapporto si sarebbe attestato per il 2014 al 131,9% (-0,6% rispetto al DEF di aprile) e per il 2015 al 132,3 (-0,4% rispetto al DEF di aprile).

 

Per il 2016 si stima che il rapporto debito/PIL si attesti al 132,8% (+0,4% rispetto al DEF di aprile). Tale esito scaturisce da una più contenuta evoluzione del PIL nominale (+1,8% anziché 2,2%) e da una significativa contrazione delle entrate da privatizzazioni, solo parzialmente sterilizzate da numerosi collocamenti di titoli statali sopra la pari, in virtù dell'andamento decrescente dei tassi d'interesse. D'altronde, il fabbisogno del settore pubblico è stimato in linea rispetto al valore previsto ad aprile.

 

La nuova previsione sull'evoluzione del PIL nominale per il corrente anno sconta sostanzialmente un calo della crescita reale allo 0,8% rispetto all'1,2% stimato ad aprile e l'invarianza del valore del deflatore del PIL (1%). In relazione alla dinamica del Pil, le stime si inseriscono nel solco delle recenti previsioni di FMI e OCSE. Con riferimento all'ipotesi di invarianza del deflatore del PIL può essere utile muovere due ordini di considerazioni. Il primo attiene al livello del deflatore del 2015, rivisto al ribasso dallo 0,8% del DEF di aprile allo 0,6% della presente Nota, il secondo scaturisce dall'andamento sostanzialmente piatto dell'indice nazionale dei prezzi al consumo, che difficilmente migliorerà il valore raggiunto nel 2015 (sul 2014), pari allo 0,1%, al quale corrispose un deflatore del PIL pari, come detto, allo 0,6%.

 

In ordine al fabbisogno, la stima di aprile, che lo valutava in linea con il consuntivo del 2015 (circa 52 miliardi), confermata in questa sede, trova conforto nell'andamento dell'aggregato fino al 31 agosto 2016, che ha raggiunto il valore cumulato di 30,1 miliardi, migliorando di circa 2 miliardi il corrispondente dato del 2015[38].

Pertanto, considerando i valori assoluti degli aggregati e la recente revisione del livello del PIL per il 2015, che determina per innalzamento della base di calcolo un miglioramento anche del valore per il 2016[39], si evince che il peggioramento del rapporto per il 2016 rispetto alla stima di aprile dovrebbe essere riconducibile al più negativo andamento del processo di privatizzazione degli asset pubblici.

 

La Nota prosegue affermando che il rapporto debito/PIL inizia a ridursi dal 2017 (al 132,5%, rispetto al 130,9% previsto nel DEF di aprile), sulla base di stime più favorevoli del PIL nominale e del fabbisogno pubblico, rispetto alla situazione attuale e non già alle previsioni di primavera, per raggiungere nel 2019 il 126,6%, attraverso un percorso di rientro progressivamente più accelerato, in virtù di un ritorno a livelli di crescita più vicini alla stima primaverile.

 

Sul punto, si segnala che, per il 2017, la Nota sembra scontare un miglioramento marginale delle stime relative al PIL nominale rispetto agli andamenti per il presente anno (+32 miliardi rispetto al 2016 - la stima era di +41 miliardi ad aprile -, a fronte dei +30 miliardi del 2016 rispetto al 2015), per cui il miglioramento del rapporto dovrebbe essere sostanzialmente ascrivibile - come infatti afferma la stessa Nota - al più favorevole andamento del fabbisogno del settore pubblico, in corrispondenza di un indebitamento netto programmatico indicato pari a -2% nel 2017 (-2,4% nel 2016) e in conformità al trend decrescente del fabbisogno delle PP.AA. fra il 2014 e il 2015[40] e alla già citata solidità della previsione sull'aggregato per il corrente anno. Con riferimento a tale ricostruzione si ritiene possa essere utile disporre di più puntuali informazioni.

 

Il trend decrescente si rafforzerebbe significativamente a partire dal 2018, come d'altronde scontato anche nelle previsioni di aprile. Evidenziato che l'ulteriore indebolimento nell'ultimo biennio considerato dei tassi di decrescita del rapporto debito/PIL rispetto alle stime del DEF 2016 viene sostanzialmente ricondotto dalla Nota di aggiornamento al declino più contenuto del fabbisogno di cassa previsto per il 2018 rispetto alle stime del DEF, si ribadisce l'auspicio di più puntuali indicazioni su tale aggregato. Infatti, in assenza di rilevanti miglioramenti nel processo di privatizzazioni, esso dovrebbe continuare a svolgere un ruolo decisivo nel declino del rapporto debito/PIL.

Tabella 24. Andamento programmatico del rapporto debito/PIL delle amministrazioni pubbliche - Confronto tra NADEF 2016, DEF 2016, NADEF 2015 e DEF 2015

(in percentuale del PIL)

Note: * Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2015 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM.

Diff. = differenza tra i valori della NADEF 2016 e del DEF 2016

Fonti: NADEF 2016, pag. 46, tavola III.2 e NADEF 2015, pag. 39, Tavola III.2.

Nella seguente tabella è poi riportata la ripartizione per sottosettori del debito al lordo dei sostegni finanziari all’area dell’euro, con l'implicita precisazione che la quota relativa a tali sostegni è posta interamente a carico delle Amministrazioni centrali.

Tabella 25. Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore (1)

(in milioni e in percentuale del PIL)

1) Nota: Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2) Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2015 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 58,2 miliardi, di cui 43,9 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM. Le stime programmatiche considerano proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,1 per cento del PIL nel 2016, 0,5 per cento del PIL negli anni 2017-2018 e 0,3 per cento del PIL nel 2019, nonché ulteriori risparmi destinati al Fondo ammortamento titoli di Stato. Inoltre tali stime scontano l’ipotesi di un’uscita graduale dalla Tesoreria Unica a partire dal 2017 e una modesta riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per circa 0,28 per cento del PIL nel 2017 e per circa 0,14 per cento del PIL nel 2018. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente Documento.

3) Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

Fonte: NADEF 2016, Tavola III.5.

Prendendo in considerazione la variazione annua, i dati mostrano che l’andamento complessivo del debito della P.A. risulta determinato integralmente dalla componente delle Amministrazioni centrali. Quest’ultima registra una crescita annua in termini assoluti per l'intero periodo di previsione fino al 2018, per poi quasi stabilizzarsi sul medesimo livello nominale a partire dal 2019. La componente delle Amministrazioni locali è invece confermata come nelle precedenti previsioni in costante diminuzione nell'intero periodo. Irrilevante dal punto di vista strettamente contabile sul saldo in questione il ruolo degli enti previdenziali.

 

Si segnala che la somma dei debiti dei sottosettori risulta più elevata del debito complessivo della PA per tutto il periodo 2015-2019, per un importo costante, pari a quasi 52 mld di euro annui. Analogo scostamento, ma per un importo di 39,5 mld nel 2014 e di 24,8 mld nel 2013 era stato registrato rispettivamente nel DEF 2015 e nella precedente Nota di aggiornamento, ed era stato attribuito dal “Gruppo informazione debito pubblico” al fatto che mentre il debito complessivo della PA è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività che costituiscono al tempo stesso attività di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche – quali, ad esempio, i titoli di debito pubblico detenuti dagli Enti previdenziali -, il debito dei singoli sottosettori è espresso al lordo degli elementi di consolidamento.

 

La presente Nota di aggiornamento ripropone poi, sostanzialmente immodificato, il focus sulle Tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico, in merito al quale, unitamente al più ricognitivo focus su La riforma del sistema pensionistico, si rinvia pertanto al DEF di aprile (pagg. 39-40) e al relativo dossier parlamentare (pagg. 140-142). Si anticipa in questa sede che non emergono comunque questioni di particolare rilievo.

La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

Nel 2016, al termine di un periodo triennale di transizione (2013-2015) avviato con l’uscita dalla procedura per disavanzi eccessivi avvenuta nel 2012[41], per l’Italia la regola del debito è entrata a regime[42].

Il rispetto della regola è valutato, basandosi interamente su dati "storici" notificati dall’Istat, verificando il percorso di convergenza del rapporto "debito/Pil" verso il benchmark più favorevole che, nel caso del nostro paese, è quello forward-looking.

 

In concreto, affinché la regola sia rispettata, con riferimento all'anno 2016 la stima del livello dell'indicatore nell'anno t+2 (dunque 2018) deve essere pari o inferiore al benchmark, analogamente, in relazione al 2017, tale verifica viene condotta sul 2019.

Tabella 26 - Rispetto della regola del debito anni 2016 e 2017

(in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2016, Tavola III.6

Sia con riferimento al 2016 che al 2017 si osserva un gap nel raggiungimento del benchmark forward-looking per il rispetto della regola del debito che, dunque, risulta non rispettata.

 

Tuttavia il Governo ritiene che, anche in questa fase, continuino a persistere una serie di fattori rilevanti che giustificano la deviazione del rapporto debito/PIL rispetto alla dinamica prevista dalla regola. A supporto di tale valutazione, nella Nota vengono riportati due casi precedenti (2014 e 2015) di deviazioni eccessive rispetto al benchmark che, pur dando luogo all'elaborazione da parte della Commissione di un rapporto ex art. 126, par. 3, sono state valutate dalla Commissione, a seguito dell'analisi dei fattori rilevanti, come non significative e quindi non tali da determinare l'apertura di una procedura per deficit eccessivi.

2.3 La relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012

Il Governo presenta come annesso alla Nota in esame una relazione ex art. 6, c. 5, legge n. 243 del 2012[43].

Si tratta della relazione con cui il Governo chiede al Parlamento di approvare a maggioranza assoluta un aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo programmatico.

Difatti, il Governo non modifica l'obiettivo programmatico che resta quello fissato nel DEF 2016, ovvero l'obiettivo di conseguire nel 2019 il sostanziale pareggio di bilancio in termini strutturali (-0,2%).

 

Al fine di attestare i presupposti di tale richiesta, il Governo evidenzia quanto segue.

In primo luogo il verificarsi di ulteriori eventi eccezionali quali il sisma del 24 agosto u.s. e l’intensità del fenomeno migratorio e la necessità di impostare una politica di ampio respiro nella gestione dell’immigrazione.

In secondo luogo, la presenza di condizioni cicliche avverse.

 

Il recente sisma così come il fenomeno migratorio rientrano nella definizione di evento straordinario al di fuori del controllo dello Stato (cfr. in particolare, art. 6, c.2, lett. b), legge n. 243/2013.

In relazione alle condizioni cicliche avverse il Governo precisa che, per effetto della revisione delle stime dell'output gap (stimato a ‑1,7% nel 2017), il Paese si troverà in condizioni cicliche avverse (congiuntura sfavorevole) e, pertanto, il consolidamento fiscale richiesto si attesterebbe a 0,5 punti percentuali di PIL e non già allo 0,6% o più di Pil come previsto nelle raccomandazioni dal Consiglio UE[44].

Tale differenza è motivata dal fatto che, nelle stime della Commissione, l'output gap 2017 è pari a ‑0,4%, dunque meno ampio di quello prospettato dal Governo, e tale da collocarsi a un livello che porta a definire come "normali" le condizioni cicliche del Paese[45].

 

La relazione indica la misura dell'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo programmatico chiarendo che nel 2017, il ddl di Bilancio determinerà un aumento dell’obiettivo di indebitamento netto di 0,2 punti percentuali di PIL, tale saldo verrà portato al 2,0% (era all'1,8% nel DEF 2016).

 

A riguardo si evidenzia che il Governo ritiene che una correzione dell'indebitamento netto strutturale nel 2017 sarebbe controproducente e che un calo complessivo di 0,5 punti nel biennio 2017-2018 (da ‑1,2% nel 2017 a ‑0,7% nel 2018) e di circa 1,3 punti di PIL in termini di disavanzo nominale costituisca già uno sforzo fiscale straordinario.

 

La relazione elenca inoltre le finalità alle quali destinare le risorse. In particolare viene chiarito che le risorse verranno destinate alla riduzione della pressione fiscale sulle imprese, alla sterilizzazione per l’anno 2017 dell’incremento IVA previsto in virtù delle clausole di salvaguardia, al potenziamento degli investimenti pubblici, e a misure di rafforzamento del welfare quali ad esempio disposizioni in ambito previdenziale e per il rafforzamento del capitale umano.

 

Nella relazione “il Governo richiede al Parlamento l’autorizzazione a utilizzare, ove necessario, ulteriori margini di bilancio sino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL per il prossimo anno. In tal caso, l’indebitamento netto potrà pertanto ulteriormente aumentare nel 2017 per un importo massimo di 7,7 miliardi di euro (che include gli effetti degli interventi correlati alla messa in sicurezza del territorio e a gestire il fenomeno migratorio)”.

Conseguentemente il saldo netto da finanziare programmatico potrà collocarsi fino a 40,5 miliardi di euro nel 2017, in termini di competenza, e di 103,9 miliardi in termini di cassa.

 

La relazione illustra il nuovo percorso di avvicinamento all'OMT. A riguardo il Governo si impegna ad assicurare la ripresa del percorso di avvicinamento all'OMT dal 2018, prevedendo una riduzione del deficit strutturale di 0,5 punti percentuali di PIL.

 

Precedenti Relazioni ex art. 6

Si ricorda che, oltre che in occasione della presentazione del DEF 2016, nel quale la Relazione ex articolo 6 della legge n.243 suddetta è stata approvata da ciascuna Camera in data 27 aprile 2016, rispettivamente con risoluzione n. 6/00236 alla Camera e con risoluzione n. 6/00179 presso il Senato, la Relazione è stata altresì presentata:

§  in occasione del posticipo dell’obiettivo del pareggio di bilancio operato con il Documento di Economia e Finanza 2014, che recava la Relazione con la quale si posponeva il raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo (MTO) dal 2015 al 2016. Sulla base di tale relazione ciascuna delle due Camere, con propria risoluzione del 17 aprile 2014 (rispettivamente n. 6-00050 al Senato e n. 6-00064 alla Camera) ha autorizzato lo scostamento in questione, unitamente al piano di rientro;

§  in occasione della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014, con Relazione che aggiornava il piano di rientro verso il MTO, prevedendosi il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale nel 2017, anziché nel 2016 come previsto dal DEF 2014. La Relazione è stata approvata presso ciascuna Camera, con apposita risoluzione 6‑00062 al Senato e 6-00082 presso la Camera.

§  in occasione della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2015, in cui il raggiungimento del MTO era stato previsto per il 2018, con un allungamento di un anno rispetto a quanto previsto del DEF 2015. La Relazione è stata approvata presso entrambe le Camere, rispettivamente con risoluzione 6/00163 alla Camera e 6/00127 presso il Senato.

 

 

Figura 11 - Saldo strutturale programmatico (2013-2019)

Fonte: Tavole I.1 da: DEF 2013, DEF 2014, NADEF 2014, NADEF 2015, DEF 2016.

La Figura 11 illustra gli aggiornamenti del piano di aggiustamento verso l'obiettivo programmatico presentati dal Governo e approvati dalle Camere.

Con il DEF 2013 il Governo confermava il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013. Nel 2014 in sede di presentazione del DEF, il Governo chiedeva di posporre il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di tre anni - dal 2013 al 2016, e di due anni - dal 2014 al 2016 - rispetto alla raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013. La Nota 2014 presentava una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2015 che spingeva il Governo a chiedere di rinviare il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio dal 2016 al 2017. Nel settembre del 2015, il Governo accompagnava la presentazione della Nota di aggiornamento con una Relazione al fine di chiedere un aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio periodo e rinviare l'obiettivo di pareggio al 2018.

Infine, in sede di presentazione del DEF 2016, il Governo ha domandato di rinviare l'obiettivo programmatico portandolo ad un sostanziale pareggio di bilancio al 2019, dunque, entro l'ultimo anno dell'orizzonte di programmazione del DEF.

Come chiarito sopra la Nota in commento aggiorna il percorso di avvicinamento all'OMT senza modificare l'obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio al 2019.

 


3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo

Premessa

 

Nella riunione del 12 luglio il Consiglio economia e finanza ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese e i pareri sulle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni)[46], chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato il 26 novembre 2015.

In generale, si osserva una riduzione del numero delle raccomandazioni rivolte a ciascun paese e una maggiore focalizzazione sulle priorità identificate nell'analisi annuale della crescita e connesse ai tre pilastri strategici: rilancio degli investimenti, proseguimento delle riforme strutturali e gestione responsabile delle politiche di bilancio. Questo nell'ottica promuovere le politiche in grado di rafforzare la ripresa e rendere meno dipendente la crescita europea dalle esogene internazionali.

Tale tendenza è particolarmente evidente nel caso dell'Italia dove si è passati dalle 8 raccomandazioni del 2014 alle 6 del 2015 alle sole 5 raccomandazioni di quest'anno.

Nel testo approvato dal Consiglio vengono confermate le cinque proposte di raccomandazioni delle Commissione indirizzate all'Italia e riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I), la pubblica amministrazione, il contrasto alla corruzione e la giustizia civile (II), i crediti deteriorati e il settore bancario (III), il mercato del lavoro e la spesa sociale (IV), la concorrenza (V).

 

Nelle pagine seguenti vengono analizzate le risposte del Governo italiano a ciascuna delle raccomandazioni formulate dalle Istituzioni europee.


 

3.1 Gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità

 

 

 

Raccomandazione n. 1: limitare nel 2016 la deviazione temporanea dall'aggiustamento dello 0,5% del PIL richiesto verso l'obiettivo di bilancio a medio termine all'importo pari allo 0,75% del PIL concesso per gli investimenti e l'attuazione delle riforme strutturali, a condizione di riprendere il percorso di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine nel 2017; conseguire un aggiustamento annuo di bilancio verso l'obiettivo di bilancio a medio termine pari allo 0,6 % del PIL o più nel 2017; completare la riforma del processo di bilancio nel corso del 2016 e assicurare che la revisione della spesa ne costituisca parte integrante; assicurare l'attuazione puntuale del programma di privatizzazioni e usare le conseguenti entrate straordinarie per accelerare la riduzione del debito pubblico; trasferire il carico fiscale dai fattori di produzione al consumo e al patrimonio; ridurre numero e portata delle agevolazioni fiscali e completare la riforma del catasto entro il primo semestre 2017; attuare provvedimenti per migliorare il rispetto dell'obbligo tributario, anche mediante sistemi elettronici di fatturazione e pagamento.

 

La risposta del Governo alla prima raccomandazione in materia di aggiustamenti di bilancio è illustrata in maniera diffusa all'interno della Nota di aggiornamento; pertanto, anche al fine di evitare un'inutile duplicazione di contenuti tra le parti del presente documento si rinvia al paragrafo 2.2 sul "Percorso programmatico di finanza pubblica" per un maggiore approfondimento.

In questa sede si evidenzia che: con riferimento al 2016 la deviazione dall'aggiustamento richiesto è compatibile con le regole europee (rientrando tra le deviazioni non significative); in relazione al 2017 si registra una deviazione rispetto all'obiettivo di aggiustamento che, alla luce della stima dell'output gap formulata dal Governo rientrerebbe anch'essa tra le deviazioni non significative, diversamente qualora si utilizzasse il livello di output gap indicato dalla Commissione nelle previsioni di primavera 2016.

3.1.1 La revisione della spesa

Viene confermato quanto già riportato nel DEF dello scorso aprile, nel quale si prevede che nel 2016 le misure di controllo della spesa implementate negli anni 2014 e 2015[47] generino risorse per circa 25 miliardi di euro; e si precisa inoltre che la manovra per il 2017, indicata in circa 0,5 punti percentuali di Pil, si baserà in parte anche su nuove misure di riduzione di spesa.

L’elemento di novità rispetto a quanto già indicato nel DEF 2016 è costituito dall’avvenuto compimento del processo legislativo di modifica delle regole di contabilità e finanza pubblica recata dalla legge n.196 del 2009, che ha prodotto la  riforma del bilancio dello Stato, operata prima con il decreto legislativo 12 maggio 2016, n.90 per quanto riguarda la struttura del bilancio medesimo, e, con riferimento a numerose parti della legge di contabilità n.196 del 2009, con la legge 4 agosto 2016 n.163 , che ha unificato la ex legge di stabilità e la ex legge di bilancio in un unico provvedimento, costituito ora esclusivamente dalla (nuova) legge di bilancio. Questa, riferita ad un periodo triennale, è articolata in due sezioni, la prima delle quali, dedicata esclusivamente alle misure volte a realizzare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, svolge, essenzialmente, le funzioni dell’ex disegno di legge di stabilità; la seconda, dedicata invece alle previsioni di entrata e di spesa formate sulla base della legislazione vigente, assolve le funzione del disegno di legge di bilancio. Pur ricalcando il contenuto del bilancio di previsione prima vigente, tale sezione viene tuttavia ad assumere un contenuto sostanziale, potendo ora incidere direttamente sugli stanziamenti sia di parte corrente che di parte capitale previsti a legislazione vigente.

L’elemento che viene rilievo in questa sede è che la nuova strutturazione del sistema di bilancio comporta che il processo di revisione della spesa sia incorporato nel ciclo di programmazione finanziaria così articolato nella nuova legge di bilancio: entro il 31 maggio, con D.P.C.M. su proposta del Ministro dell'economia (previa deliberazione del CDM), sono definiti obiettivi di spesa per ciascun Ministero, riferiti al successivo triennio; ai fini del conseguimento dei suddetti obiettivi i Ministri propongono gli interventi da adottare con il disegno di legge di bilancio; dopo l'approvazione della legge di bilancio, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono entro il 1°marzo di ciascun anno in appositi accordi le modalità per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa, ed il relativo cronoprogramma degli interventi; sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia entro il 15 luglio, quest’ultimo informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli accordi; entro il 1° marzo ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia e delle finanze, una relazione – che verrà allegata al DEF - sul grado di raggiungimento dei risultati in riferimento agli accordi in essere nell'esercizio precedente.

Tale nuova disciplina, affiancata da numerose altre modifiche che qui non si dettagliano permetterà, come rileva la Nota di aggiornamento in esame, una revisione sistematica e strutturale della spesa.

Concorre a tale processo anche il decreto legislativo 12 maggio 2016, n.93 che, potenziando la funzione del bilancio di cassa, ha ridefinito la funzione dell’impegno di spesa, che mediante l’introduzione dello strumento del cronoprogramma, è stato più strettamente collegato alla fase del pagamento.

Va da ultimo segnalato il recente intervento di ridefinizione delle regole dell’equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali operato dalla legge 12 agosto 2016, n 164, con il quale sono ridefinite alcune norme della legge n.243 del 2012 di attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio.

Con lo scopo di superare, anche semplificandole, talune prescrizioni della legge n. 243 che presentano alcune difficoltà di applicazione, le nuove norme dettate dalla legge in questione individuano un unico saldo non negativo in termini di competenza tra entrate finali e spese finali sia nella fase di previsione che di rendiconto, con tre principali obiettivi: - assicurare gli equilibri di finanza pubblica;- semplificare i vincoli di finanza pubblica degli Enti territoriali locali, fermi restando gli equilibri già previsti atti ad assicurare gli equilibri di gestione e la riqualificazione della spesa nel medio-lungo periodo; - fornire un quadro certo per una programmazione di medio-lungo periodo volta, tra l’altro, a rilanciare gli investimenti sul territorio. È altresì prevista una semplificazione del rapporto Stato-Enti territoriali in caso di ciclo economico favorevole, ovvero nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali.

3.1.2 Privatizzazioni

Nel percorso di riduzione del debito esposto nel quadro programmatico, che nel quadriennio 2016-2019 è previsto decrescere di oltre 6 punti percentuali di Pil (dal 132,8 per cento al 126,6 per cento) è previsto un significativo concorso dei proventi da privatizzazioni pari, per ciascuno degli anni considerati, allo 0,1% di Pil nel 2016 e poi allo 0,5% annuo nel triennio 2017-2019. Le entrate previste per il 2016 sono state riviste al ribasso rispetto al DEF 2016, dallo 0,5 allo 0,1 per cento del PIL. Il Governo ha attuato la prevista dismissione del 46,6 per cento di ENAV e ulteriori entrate proverranno da dismissioni immobiliari.

Il programma per i prossimi anni prevede proventi da privatizzazioni pari allo 0,5 per cento del PIL l'anno nel 2017 e 2018, e allo 0,3 per cento nel 2019.

Tabella 27. Proventi da privatizzazione 2015 e 2016 a legislazione vigente

 

 

2015

2016

Importi

In %di PIL

Importi

In % di PIL

Partecipazioni dirette e altri proventi finanziari realizzati

6,9 MLD

0,4

0,9 MLD

0,1

Partecipazioni indirette

-

-

0,9 MLD

0,1

Totale proventi realizzati

6,9 MLD

0,4

1,7MDL

0,1

Obiettivo

 

0,4

 

0,5

 

A differenza di quanto riportato nella Nota di aggiornamento del DEF 2015, il sopra indicato prospetto non include i dati relativi ai proventi da dismissioni immobiliari.

 

La Nota ricorda che i proventi derivanti dalla cessione delle partecipazioni dirette dello Stato sono destinati alla riduzione del debito pubblico. I proventi derivanti dal collocamento delle partecipazioni detenute indirettamente dal MEF tramite società controllate, invece, possono essere distribuiti all’azionista pubblico sotto forma di pagamento di un dividendo straordinario e quindi essere destinati alla riduzione del debito pubblico, oppure contribuire al rafforzamento patrimoniale delle capogruppo. L’attuazione delle operazioni è in ogni caso condizionata alla presenza di condizioni di mercato favorevoli, che permettano di valorizzare al meglio tali asset.

Il Governo ha reso noto che a luglio 2016 è stato effettuato il collocamento sul mercato di ENAV S.p.A. con un introito lordo pari a circa 833 milioni, affluiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. A fine maggio 2016 il MEF ha conferito una quota del 35 per cento di Poste Italiane alla Cassa Depositi e Prestiti, tramite un aumento di capitale riservato da 2,9 miliardi. Sempre a maggio 2016, il Consiglio dei Ministri ha approvato la definizione dei criteri di privatizzazione e delle modalità di dismissione della partecipazione detenuta dal MEF nel capitale di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A.: tuttavia, la complessità degli aspetti regolatori dell’operazione, afferenti in particolar modo alla definizione della proprietà e della gestione della rete infrastrutturale, ha comportato una dilatazione dei tempi connessi alla sua realizzazione, con plausibile rinvio al 2017. A giugno si è conclusa l’operazione relativa a Grandi Stazioni, società partecipata da Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., attiva nel settore della gestione, valorizzazione e riqualificazione delle stazioni ferroviarie: i proventi realizzati, pari a circa 850 milioni, sono stati interamente destinati al rafforzamento patrimoniale della capogruppo.

Dismissione e valorizzazione del patrimonio pubblico

Per quanto riguarda la dismissione di immobili pubblici, le vendite di immobili nel 2015 hanno garantito introiti di 946 milioni, superando l'obiettivo di 500 milioni (rivisto al ribasso dalla Nota di aggiornamento al DEF 2015, rispetto all’originaria previsione di 1 miliardo). Il DEF 2016 ha previsto introiti per 1.150 milioni nel 2016, mentre per i successivi tre anni sono previsti introiti per 900 milioni annui.

La Nota di aggiornamento al DEF 2016 afferma che, alla data del 30 giugno 2016, i proventi derivanti da operazioni di alienazione del patrimonio immobiliare disponibile da parte degli Enti locali ammontano a circa 243 milioni; per il 2016, si stima che tali introiti raggiungano i 400 milioni. La stima per il 2016 relativa alle dismissioni di immobili di proprietà degli Enti di previdenza è pari a 300 milioni. Con riferimento alle vendite degli immobili di proprietà dello Stato effettuate nel corso del 2016, ad oggi, i proventi ammontano a circa 15,7 milioni. Si prevede di realizzare circa 50 milioni entro la fine del 2016.

Il totale di tali alienazioni, pertanto, dovrebbe raggiungere nel 2016 la cifra di 750 milioni di euro.

A ciò si devono aggiungere i proventi derivanti dal collocamento sul mercato delle quote dei fondi immobiliari gestiti da INVIMIT. Il valore degli immobili pubblici apportati complessivamente a tali fondi ammonta a circa 400 milioni. Tuttavia tali proventi potranno essere contabilizzati a riduzione dell’indebitamento netto negli anni in cui tali vendite saranno realizzate.

3.1.2 Le politiche fiscali

La Nota di aggiornamento al DEF affida all’abolizione dell’imposta patrimoniale sulla prima casa rilevanti effetti di redistribuzione, nonostante i rilievi della UE su tale misura che appare non coerente con politiche di tax design a favore del settore produttivo.

Nel medesimo solco di interventi, il Governo afferma che valuterà, con le prossime leggi di bilancio, la possibilità di agire sull'IRPEF in base agli spazi finanziari disponibili.

 

In relazione alla necessità di ridurre numero e portata delle agevolazioni fiscali, si ricorda che nel DEF 2016 il Governo aveva anticipato che il riordino delle spese fiscali (tax expenditures) sarebbe avvenuto nel quadro delle procedure di bilancio. La Nota in esame non contiene il rapporto programmatico sulle spese fiscali previsto dal  decreto legislativo n. 160 del 24 settembre 2015, emanato in attuazione della delega fiscale, in quanto il Governo ritiene che nel 2016, in sede di prima applicazione, non si possa procedere alla predisposizione del rapporto programmatico, non essendo disponibile il rapporto annuale sulle spese fiscali, che sarà allegato allo stato di previsione dell’entrata, nel disegno di legge di bilancio. Tale rapporto contiene le informazioni che il Governo può utilizzare per la predisposizione del rapporto programmatico, valutando i possibili interventi.

Si segnala tuttavia che il Cronoprogramma per le riforme prevede che con il nuovo quadro regolatorio (D.Lgs .n. 160/2015), il Governo rivedrà annualmente le tax expenditures esistenti considerando il loro impatto economico e presenterà un rapporto al Parlamento insieme alla legge di bilancio.

 

Con riferimento specifico alle aliquote IVA, con la manovra contenuta nel prossimo disegno di legge di bilancio il Governo conferma l’impegno a disattivare nel 2017 l’innalzamento delle aliquote dell’imposta previsto dalle precedenti leggi di stabilità, stimando che dalla disattivazione derivino ulteriori riduzioni della pressione fiscale.

Si rammenta che la legge di stabilità 2016 ha rinviato al 2017 gli aumenti disposti dalla legge di stabilità 2015. In sintesi si prevede l’incremento progressivo delle aliquote IVA ordinaria e ridotta (dal 22 al 24 per cento nel 2017 e al 25 per cento nel 2018 e dal 10 al 13 per cento nel 2017). La clausola prevede inoltre un innalzamento anche delle accise su benzina e gasolio dal 2018. Tali aumenti possono essere sostituiti da provvedimenti che assicurino gli stessi effetti positivi, con maggiori entrate o risparmi di spesa.

Si riportano nella seguente tabella gli effetti finanziari stimati come derivanti dal posticipo operato con la legge di stabilità 2016:

Tabella 28 – Clausole di salvaguardia

 

2016

2017

dal 2018

Variazioni aliquote e riduzioni agevolazioni e detrazioni fiscali (c. 430)

-

-

-

Aumento accisa carburanti (c.632)

-

-

-

Incremento aliquote IVA (c. 718)

-

15.133

19.571

- Incremento accise (c.718)

 

 

350

TOTALE CLAUSOLE

-

15.133

19.921

 

Il Governo riferisce l’impegno a disattivare l’innalzamento delle aliquote IVA nel 2017, non è invece esplicitato se l’intervento riguarderà anche gli innalzamenti IVA previsti per il 2018. Non vengono menzionati i previsti aumenti di accise, anch’essi decorrenti dal 2018.

 

Sempre in materia di IVA, il cronoprogramma del Governo menziona, tra le misure in avanzamento da completare entro il 2016, l’adozione di misure fiscali sul regime del gruppo IVA, oltre che sull’imposizione sui redditi d’impresa.

 

Relativamente alla riforma del catasto, rispetto al termine indicato dalla Raccomandazione (primo semestre 2017) per il completamento dell’intervento, il cronoprogramma del Governo stima che la revisione dei valori catastali sarà oggetto di interventi più generali e organici, previo allineamento delle basi dati necessari per valutare accuratamente gli effetti di gettito e distributivi sui contribuenti, e distribuisce detto intervento tra il 2016 e il 2018.

 

In ordine alle criticità evidenziate dall’UE sul basso livello di rispetto dell’obbligo tributario, il Governo afferma che la strategia di contrasto all’evasione (su cui si rinvia all’apposito paragrafo) privilegia attività in grado di incentivare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili rispetto ai tradizionali interventi di controllo e accertamento ex post.

 

Nel solco degli interventi volti a ridurre il carico fiscale sui fattori produttivi (cfr. Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 2016, 2016/C299/01, punto 13), il Governo anticipa nella Nota di aggiornamento taluni interventi fiscali di finanza per la crescita, di prossima definizione nel disegno di legge di bilancio 2017-2019, che fanno parte del Piano Industria 4.0 e sono finalizzati a far affluire capitali verso il sistema produttivo ed in particolare verso le PMI[48] .

Le misure oggetto di valutazione sono:

i) il rifinanziamento del ‘superammortamento’ (introdotto con la legge di Stabilità 2016) e la sua declinazione in base al tipo di investimento effettuato dalle imprese;

ii) la proroga e il potenziamento del credito d’imposta per la ricerca e sviluppo (D.L. n. 145/2013 e Legge di stabilità 2015);

iii) la modifica della detassazione dei premi di produttività;

iv) il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le PMI, con l’avvio di una sua riforma;

v) alcune misure a favore delle startup, quali i piani individuali di risparmio (PIR), ovvero un piano d’incentivo fiscale.

Si segnala che solo alcune delle misure predette compaiono nella Tabella del cronoprogramma delle riforme[49], che prevede entro il 2016:

§  il provvedimento di rilancio degli investimenti con sgravi fiscali per investimenti nel capitale delle PMI (Piano Industria 4.0);

§  rifinanziamento del Fondo di garanzia PMI, con l’avvio di una sua riforma;

§  il rafforzamento delle misure agevolative per start-up e PMI innovative.

Tra gli strumenti agevolativi per gli investimenti in beni strumentali è richiamata la c.d. Nuova Sabatini (disciplina poi integrata con l’art. 8 del D.L. n. 3/2015, cd. Sabatini-ter).

Incentivi fiscali

Il documento prevede altresì un rafforzamento generale degli incentivi fiscali per il settore privato già previsti da precedenti disposizioni normative. Tra tali misure si ricordano le detrazioni fiscali per il recupero edilizio e la riqualificazione energetica, la cui applicabilità è stata oggetto di varie proroghe nel corso degli anni e di interventi normativi che hanno modificato il novero delle spese agevolabili e la misura delle detrazioni medesime (il comma 74 della legge n. 208 del 2015 ha, da ultimo, prorogato al 31 dicembre 2016 le predette detrazioni rispettivamente nella misura del 50% e del 65% delle spese agevolabili).

Messa in sicurezza

Si prevede, inoltre, l’adozione di ulteriori misure volte alla messa in sicurezza del territorio e del patrimonio abitativo, anche  attraverso interventi urgenti di risanamento ambientale e idrogeologico. In tale ambito, assumono una rilevanza prioritaria gli interventi di messa in sicurezza per la prevenzione del rischio sismico, anche alla luce degli eventi che hanno colpito nel mese di agosto del 2016 alcuni territori del Centro Italia.

Per una disamina dei provvedimenti finora adottati per fronteggiare la recente emergenza si rinvia al relativo paragrafo nel tema web Terremoti. Nel tema si dà altresì conto delle principali misure vigenti finalizzate alla prevenzione del rischio sismico.


 

3.2 Riforma della pubblica amministrazione e giustizia sociale

 

 

 

Raccomandazione n. 2: attuare la riforma della pubblica amministrazione adottando e applicando tutti i decreti legislativi necessari, in particolare in materia di riforma delle imprese di proprietà pubblica, servizi pubblici locali e gestione delle risorse umane; potenziare la lotta contro la corruzione, anche riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016; ridurre la durata dei procedimenti civili dando attuazione alle riforme e assicurando una gestione efficiente delle cause.

3.2.1 La riforma della pubblica amministrazione

In risposta alla raccomandazione del Consiglio europeo, la Nota di aggiornamento illustra lo stato di attuazione della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge 7 agosto 2015, n. 124), che è proseguita, dopo la presentazione del PNR 2016 (aprile), con l’approvazione di ampi provvedimenti di riforma vertenti su diversi settori di cui il Governo dà conto nella Nota (si cfr. par. IV.2, pp. 73-77).

In particolare, in attuazione della legge n. 124/2015, oltre al decreto di “semplificazione del sistema normativo”[50], sono stati approvati in via definitiva ed entrati in vigore 10 decreti legislativi. È stato altresì approvato ed è in attesa di pubblicazione il regolamento che disciplina la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti per la realizzazione di rilevanti insediamenti produttivi e opere di interesse generale. Altri 6 schemi di decreto sono stati approvati in via preliminare dal Governo e presentati in Parlamento per il parere delle competenti Commissioni[51]. Il Governo afferma nel Cronoprogramma delle riforme che tali provvedimenti saranno approvati in via definitiva entro il 2016.

 

Rispetto al quadro di riforma complessiva definito dalla legge 124/2015 restano, allo stato, da attuare due deleghe, il cui termine scade il 28 febbraio 2017.

La riorganizzazione dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato (Presidenza del Consiglio; ministeri, agenzie ed enti pubblici nonché prefetture-UTG), il riordino delle funzioni di polizia[52] e della disciplina del relativo personale, la riforma del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la definizione di norme comuni sul personale e sul finanziamento delle autorità indipendenti (art. 8, L. 124 del 2015).

Il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa (art. 17, L. 124/2015).

 

In merito all’attuazione della L. 124/2015, la raccomandazione del Consiglio europeo pone particolare attenzione a tre settori: le società pubbliche, i servizi pubblici locali, la gestione delle risorse umane all’interno dell’amministrazione. In merito, lo stato di avanzamento della riforma è differente.

La nuova disciplina delle società a partecipazione pubblica

Per quanto riguarda le partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, la riforma è stata approvata definitivamente con la emanazione decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, che reca il Testo unico delle società a partecipazione pubblica, sopprimendo contestualmente le numerose disposizioni, talvolta tra loro eterogenee, che regolamentavano la materia.

Il provvedimento viene ad incidere su tutto l’universo delle partecipate, salvo alcune circoscritte categorie di società. Sulla base dei dati Istat gli operatori economici partecipati da almeno un ente della pubblica amministrazione assommano ad oltre 10 mila imprese.

Viene pertanto rigidamente delimitata la possibilità da parte delle amministrazioni pubbliche di costituire società ovvero di acquisirne partecipazioni, prescrivendo che le amministrazioni medesime non possano – direttamente o indirettamente – costituire società aventi ad oggetto attività di produzione di beni o servizi “non strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali”, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Ne consegue l’obbligo di alienare le partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche presso società che non hanno i requisiti suddetti, ovvero di attuare un processo di riassetto delle società medesime che potrà comportare anche la messa in liquidazione o cessione delle partecipate.

A tal fine, è prevista una revisione straordinaria delle partecipazioni direttamente o indirettamente detenute da ciascuna amministrazione, con adozione entro il mese di marzo 2017 di una delibera ricognitiva ed indicazione delle società e/o delle partecipazioni oggetto di alienazione.

Effettuato tale adempimento, a decorrere dal 2018, entro il 31 dicembre di ogni anno dovrà procedersi in via ordinaria all’adozione di piani di razionalizzazione per procedere, ricorrendone i presupposti, all’alienazione di alienazione e dismissione delle società ovvero delle partecipazioni societarie non consentite dalla nuova disciplina recata dal testo Unico.

La revisione dovrà interessare non solo le società non strettamente necessarie ai fini istituzionali dell’amministrazione partecipante, ovvero non coerenti con altri specifici requisiti contenuti nel D.Lgs. n.175/2016 in questione (che qui non si dettagliano), ma anche le situazioni in cui le amministrazioni interessate rilevino: a) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; b) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre partecipate o da enti pubblici strumentali; c) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; d) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d'interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti; e) necessità di contenimento dei costi di funzionamento ovvero necessità di aggregazione di società che rispondono ai nuovi requisiti.

La nuova disciplina dei servizi pubblici

In materia di servizi pubblici, il Governo ha presentato uno schema di decreto legislativo, attualmente all’esame delle Camere per il parere (A.G. n. 308) con l’obiettivo di dettare una disciplina generale organica del settore, attraverso un riordino dell’attuale quadro normativo.

L’ambito di applicazione del testo unico è esteso a tutti i servizi pubblici locali di interesse economico generale, con alcune limitazioni per i servizi disciplinati da normative di settore. Tra le questioni venute maggiormente in rilievo nel corso dell’esame parlamentare vi è quella della delimitazione dell’ambito di applicazione della nuova disciplina rispetto alle normative di settore, con particolare riguardo al servizio idrico integrato, e delle modalità di affidamento dei servizi.

In sintesi, lo schema di decreto stabilisce una definizione dei “servizi pubblici locali di interesse economico generale” ed una specifica definizione è fornita per i servizi a rete.

Sull’assunzione e gestione del servizio, lo schema di decreto qualifica come funzione fondamentale dei comuni e delle città metropolitane l’individuazione delle attività di produzione di beni e servizi di interesse economico generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni delle comunità locali in condizioni di paritaria accessibilità fisica ed economica, di continuità e non discriminazione e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale. L’individuazione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, diversi da quelli già previsti dalla legge, è effettuata previa verifica.

La gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziali può essere affidata, per favorire la tutela della concorrenza, separatamente dalla gestione del servizio, garantendone l’accesso equo e non discriminatorio. Tuttavia, gli enti competenti all’organizzazione del servizio possono stabilirne, per ragioni di efficienza, o, comunque, in funzione del maggior beneficio per gli utenti, la gestione unitaria.

Per quanto riguarda la riorganizzazione e allocazione dei poteri di regolazione, vigilanza e controllo, il decreto affida alle autorità indipendenti di regolazione settoriale, ovvero, ove non sia presente un’autorità indipendente di settore, all’Autorità nazionale anticorruzione, la predisposizione degli schemi di bandi di gara e contratti tipo.

 

Alla luce della complessità del provvedimento e considerato che il termine per l’esercizio della delega viene a scadenza il 26 novembre, la I Commissione Affari costituzionali della Camera ha acquisito la disponibilità del Governo a disporre di maggiore tempo per il relativo esame parlamentare (il cui termine è in ogni caso previsto nel mese di ottobre 2016) dello schema di decreto sui SPL (n. 308).

La riforma del lavoro alle dipendenze delle p.a.

Per quanto concerne la disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, in attuazione della L. 124/2015 sono state adottate in via definitiva alcune modifiche in materia di licenziamento disciplinare con il D.Lgs. 20 giugno 2016, n. 116.

Al contempo, è in discussione in sede parlamentare lo schema di decreto legislativo per la riforma della dirigenza (A.G. n. 328), in attuazione dell’art. 11 della L. 124/2015, che dispone, in primo luogo l'articolazione del "sistema della dirigenza pubblica" nei tre ruoli della dirigenza statale, regionale e locale, ai quali si accede tramite procedure di reclutamento e requisiti omogenei, cui si affianca il ruolo della dirigenza delle autorità indipendenti. E’ contestualmente sancito il principio in base al quale la qualifica dirigenziale è unica e ogni dirigente iscritto in uno dei tre ruoli, in possesso dei requisiti previsti dalla legge, può ricoprire qualsiasi incarico dirigenziale.

Al contempo, è disposta la realizzazione di una banca dati contenente l'elenco degli uffici dirigenziali, dei titolari di incarichi, del relativo curriculum vitae e percorso professionale.

Parallelamente è disposta l'istituzione delle Commissioni per la dirigenza statale, regionale e locale, cui sono attribuite funzioni che investono, tra le altre, le procedure per il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la definizione di criteri generali per l'assegnazione degli incarichi e la relativa valutazione.

Lo schema di decreto legislativo interviene quindi sull'assetto e sulle funzioni della Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), di cui è prevista la trasformazione in agenzia; specifiche disposizioni sono dettate relativamente alla formazione dei dirigenti ed al conferimento degli incarichi dirigenziali.

Il testo interviene inoltre sulla durata degli incarichi e sulla disciplina applicabile ai dirigenti privi di incarico.

Per quanto riguarda la dirigenza degli enti locali, è disposto il superamento della figura dei segretari comunali e provinciali che confluiscono nel ruolo della dirigenza locale con l’obbligo contestuale per l’ente locale di nominare un dirigente apicale.

 

Come anticipato, inoltre, entro il 28 febbraio 2017 il Governo è chiamato a dare attuazione alla delega per il complessivo riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa, di cui all’articolo 16 della L. n. 124/2015.

3.2.2 Riforma dell’istituto della prescrizione e riduzione della durata dei processi civili

La riforma della prescrizione

La raccomandazione del Consiglio europeo invita l’Italia a riformare l'istituto della prescrizione entro fine 2016; analoga raccomandazione, a provvedere entro metà 2015, era stata trasmessa lo scorso anno.

La Nota di aggiornamento richiama il disegno di legge in materia di prescrizione del reato (A.S. 1844), approvato dalla Camera nel marzo 2015 e attualmente all'esame del Senato, confermandone nel cronoprogramma l’approvazione entro il 2016.

 

L’elemento principale della riforma dell’istituto consiste nella introduzione di nuove ipotesi di sospensione del termine necessario a prescrivere il reato.

In base alla riforma, la prescrizione è sospesa:

§  per richiesta di rogatoria all'estero (con un termine massimo di sospensione pari a sei mesi);

§  dopo la sentenza di condanna in primo grado, il termine di prescrizione resta sospeso fino al deposito della sentenza di appello, e comunque per un tempo non superiore a un anno e sei mesi;

§  dopo la sentenza di condanna in appello, anche se pronunciata in sede di rinvio, il termine di prescrizione resta sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva e comunque ancora una volta per un tempo non superiore a un anno e sei mesi.

Viene precisato, inoltre che, in caso di assoluzione dell'imputato in secondo grado o di annullamento della sentenza di condanna ovvero di dichiarazione di nullità della decisione con conseguente restituzione degli atti al giudice, i periodi di sospensione di un anno e sei mesi (per il giudizio d'appello) e di un anno e sei mesi (per il giudizio di Cassazione) vengano ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione.

 

Si ricorda, peraltro, che la riforma della prescrizione approvata dalla Camera (A.S. 1844) è ora confluita al Senato nel più ampio disegno di legge del Governo di riforma del processo penale (A.S. 2067-A) ed è attualmente all’esame in Assemblea.

La riforma della prescrizione è dunque ora parte di una complessa revisione che riguarda tanto il codice penale (possibile estinzione del reato per condotte riparatorie, riordino di alcuni settori del codice, riforma della procedibilità di alcuni reati) quanto il codice di procedura penale (disciplina delle indagini preliminari e dell’archiviazione del reato, riti speciali, udienza preliminare, istruzione dibattimentale e semplificazione delle impugnazioni) e che comprende anche due importanti deleghe al Governo, relative alla riforma delle intercettazioni e dell’ordinamento penitenziario.

La riduzione della durata dei processi civili

Il Consiglio europeo raccomanda all’Italia di «ridurre la durata dei procedimenti civili dando attuazione alle riforme e assicurando una gestione efficiente delle cause».

La Nota di aggiornamento al DEF descrive le riforme poste in essere dal Governo in quest’ultimo periodo (cfr. par. IV.2, pp. 77-78) e prevede l’approvazione:

§  entro marzo 2017 della riforma del processo civile. L’A.S. 2284, già approvato dalla Camera a marzo di quest’anno, si muove lungo quattro fondamentali linee direttrici: a) specializzazione dell'offerta di giustizia, attraverso l'ampliamento delle competenze del tribunale dell'impresa e l'istituzione del tribunale della famiglia e della persona; b) accelerazione dei tempi del processo civile, attraverso la razionalizzazione dei termini processuali e la semplificazione dei riti; a tal fine è attribuito un ruolo centrale alla prima udienza, è potenziato il carattere impugnatorio dell'appello, sono accelerati i tempi del giudizio in Cassazione mediante un uso più diffuso del rito camerale; c) introduzione del principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice; d) adeguamento delle norme processuali al processo civile telematico. Attualmente il provvedimento è in corso di esame in Commissione al Senato;

§  entro giugno 2017 della riforma delle procedure di insolvenza. Il Governo richiama il disegno di legge A.C. 3671 dal quale è stata però stralciata la delega per la riforma dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (A.C. 3671-ter), che è stata assegnata in sede referente alla Commissione Attività produttive. Le restanti parti del disegno riformatore (A.C. 3671-bis), volte a ricondurre a unità le diverse procedure di insolvenza, anticipando l’emersione della crisi così da poter intervenire con piani di risanamento, sono tuttora in corso di esame in Commissione Giustizia.

 

Il Governo richiama inoltre gli interventi contenuti nel recente decreto-legge n. 168 del 2016, in corso di esame per la conversione in legge alla Camera (A.C. 4025).

Rispetto al provvedimento originario, richiamato nella Nota di aggiornamento, si segnala che la Commissione giustizia ha approvato una serie di modifiche al decreto-legge che ne hanno ampliato il contenuto. Con l’inserimento dell’art. 1-bis è infatti modificato il procedimento di cassazione con la finalità di ridurre il pesante arretrato presso la corte di legittimità. Anticipando quanto previsto per la Cassazione dall’A.S. 2284 (v. sopra), è generalizzato l’impiego della procedura in camera di consiglio per i ricorsi assegnati alle sezioni semplici della Corte, è riformato il procedimento filtro che consente alla Corte di non pronunciarsi su ricorsi che appaiano inammissibili o manifestamente infondati e sono incentivate forme sintetiche di motivazione. La Commissione ha anche, nell’ambito del processo amministrativo telematico, previsto un obbligo di sinteticità degli atti di parte.


 

3.3 Il settore bancario e finanziario

 

 

 

La Raccomandazione n. 3: accelerare il ridimensionamento dello stock dei crediti deteriorati, anche migliorando ulteriormente la disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti; completare rapidamente l'attuazione delle riforme in corso in materia di governo societario nel settore bancario

 

La Raccomandazione del Consiglio segnala per l'Italia l'adozione di misure volte alla soluzione del problema dei crediti deteriorati e la riforma del sistema bancario. Al riguardo, la Nota, nel ribadire che le banche si presentano al momento solide e i rischi di instabilità appaiono circoscritti, ricorda come il Governo si sia mostrato consapevole dei limiti del sistema del credito italiano, in particolare dell’eccessiva frammentazione dell’offerta, ma anche della limitatezza delle fonti finanziarie alternative al credito bancario, e dei ritardi nel recupero dei crediti deteriorati.

Nel 2015 e nel 2016 si sono introdotte importanti riforme nel settore bancario, quale quella delle banche popolari, delle fondazioni bancarie e delle banche di credito cooperativo (BCC). Al fine di consentire l'effettuazione di operazioni di cartolarizzazione dei crediti in sofferenza è stato introdotto il meccanismo di garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS), specificamente in favore degli operatori bancari. Tuttavia, la Nota rileva come l’elevata incidenza delle sofferenze sui prestiti all’economia delle banche italiane (17,8 per cento) rappresenti ancora un forte freno all’attività di erogazione di nuovo credito, in particolare per le banche di minori dimensioni, che negli anni della crisi hanno erogato credito principalmente alle piccole e medie imprese.

La Nota rileva poi che a fronte del dato riportato PNR di aprile 2016 sul tempo di recupero dei crediti - che rimane più alto rispetto ad altri Paesi - il differenziale con le migliori pratiche si va riducendo, anche grazie al processo telematico, che ha consentito di ridurre a 367 giorni il tempo medio per la conclusione del primo grado nelle cause civili, e al tribunale delle imprese, che copre l’80 per cento del contenzioso annuale.

Nei due anni passati, dette innovazioni sono state rafforzate da ulteriori misure, a partire da quelle tese alla semplificazione degli adempimenti e delle procedure per il recupero dei crediti grazie all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché degli istituti del pegno non possessorio e del patto marciano per l’assegnazione stragiudiziale degli immobili posti a garanzia di un finanziamento erogato ad un imprenditore. È stato infine istituito il fondo di investimento alternativo (FIA) denominato Fondo Atlante, sdoppiato in Atlante 1 e 2, costituito da una società di gestione del risparmio indipendente che raccoglie capitali di istituzioni finanziarie private (banche, assicurazioni e fondazioni che partecipano su base volontaria) con lo scopo di sostenere gli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità di Vigilanza a banche che oggi si trovano a fronteggiare oggettive difficoltà di mercato e, al contempo, far decollare il mercato delle sofferenze bancarie.

 


 

3.4 Riforma del mercato del lavoro e spesa sociale

 

 

 

Raccomandazione n. 4: attuare la riforma delle politiche attive del mercato del lavoro, in particolare rafforzando l'efficienza dei servizi per l'impiego; incentivare al lavoro le persone che costituirebbero la seconda fonte di reddito; adottare e attuare la strategia nazionale di lotta contro la povertà e rivedere e razionalizzare la spesa sociale.

3.4.1 Riforma del mercato del lavoro

Il Documento ricorda, in primo luogo, che, con riferimento ad alcuni dei decreti legislativi del 2015 costituenti, nel loro complesso, il cosiddetto jobs act (in particolare, con riferimento ai decreti nn. 81, 148, 149, 150 e 151), il Consiglio dei Ministri ha adottato di recente, in via definitiva, il 23 settembre 2016, un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive.

Le modifiche principali riguardano: la disciplina del lavoro accessorio[53], "al fine di consentire la piena tracciabilità" delle relative prestazioni "e di contrastare usi elusivi o fraudolenti dello strumento"; la possibilità di trasformare i contratti di solidarietà "difensivi" (che sono contraddistinti da una sospensione o riduzione dell'attività lavorativa) in contratti di solidarietà "espansivi" (nei quali una riduzione stabile dell'orario di lavoro è connessa alla contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale); "alcune misure integrative specifiche riguardanti gli ammortizzatori sociali e le politiche attive del lavoro; maggiori stanziamenti a sostegno dell’apprendistato".

 

Si ricorda che (a parte il suddetto decreto correttivo) i decreti legislativi costituenti, nel loro complesso, il cosiddetto jobs act sono i seguenti:

§  il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, concernente una revisione della disciplina generale dei trattamenti di disoccupazione;

§  il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante la definizione di una disciplina, per i nuovi contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di tutele crescenti dal licenziamento in relazione all’anzianità di servizio;

§  il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, concernente la revisione e l’aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità delle lavoratrici ed a sostenere le cure parentali e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori;

§  il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante la revisione della disciplina delle tipologie dei contratti di lavoro e di quella in materia di attribuzione di mansioni e di variazioni delle stesse;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante la revisione della disciplina degli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, fondi di solidarietà bilaterali e contratti di solidarietà di tipo difensivo - la disciplina di questi ultimi confluisce, in base al medesimo decreto legislativo, nell'àmbito del trattamento straordinario di integrazione salariale e dei fondi suddetti -);

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 149, recante l'istituzione di un'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL, assorbendone (a regime) le relative attività;

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, recante riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. Il decreto, tra l'altro, istituisce l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL);

§  il D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, concernente la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti (relativi al rapporto di lavoro) a carico dei cittadini e delle imprese, nonché altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità.

 

In merito all'attuazione dei suddetti decreti legislativi ed alla specifica parte della Raccomandazione relativa al rafforzamento dell’efficienza dei servizi per l’impiego, il Documento ricorda che:

§  sta proseguendo il processo di "entrata in attività" delle suddette Agenzie istituite dai decreti legislativi, l'ANPAL e l'Agenzia unica per le ispezioni del lavoro (per le quali sono stati adottati gli statuti, sono stati costituiti gli organi amministrativi "ed è stato avviato il trasferimento del personale dagli enti coinvolti nel riassetto");

§  entro la fine del corrente anno, è prevista l'attuazione dell'istituto summenzionato dell'assegno individuale di ricollocazione. Come accennato, tale assegno può essere "speso" dal soggetto (disoccupato da almeno 4 mesi e beneficiario di trattamento di disoccupazione) presso un centro per l'impiego o un soggetto accreditato, al fine di ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. L'istituto è attivato su domanda e nei limiti delle disponibilità finanziarie assegnate a tale finalità per la regione o per la provincia autonoma di residenza. L'assegno è graduato in funzione del profilo personale di occupabilità (la parte "prevalente" dell'assegno può essere riconosciuta solo a risultato occupazionale ottenuto).

Il Documento ricorda altresì che sono attualmente all'esame delle Camere:

§  un disegno di legge articolato in due parti, intese, rispettivamente, a porre un compiuto sistema di diritti e di tutele per i rapporti di lavoro autonomo e per il lavoro agile; tale disegno di legge è stato approvato, con modifiche e integrazioni, in prima lettura, in sede referente, dall'11a Commissione del Senato (A.S. n. 2233-A);

§  un disegno di legge per il contrasto al caporalato e al lavoro nero in agricoltura, approvato, con modifiche ed integrazioni, dal Senato in prima lettura ed attualmente all’esame della Camera (A.C. n. 4008).

Sempre nell'àmbito delle discipline legislative in corso di adozione, il Documento annuncia che, tra le misure della legge di bilancio per il 2017, vi sarà un "rafforzamento della detassazione" dei premi di risultato.

 

In merito, si ricorda che il D.M. 25 marzo 2016 ha attuato le norme della citata legge di stabilità per il 2016 concernenti il regime tributario sostitutivo (con aliquota IRPEF pari al 10%) per le seguenti due tipologie di emolumenti, se previsti dai contratti collettivi di lavoro, territoriali o aziendali (stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, limitatamente a quelli aziendali, stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria): i premi di risultato di ammontare variabile e le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.

 

Il Documento afferma inoltre che il Governo ha investito notevoli risorse finanziarie e organizzative per "una via italiana al Sistema Duale", basata sul rafforzamento delle esperienze lavorative durante il percorso scolastico e su un maggiore coinvolgimento delle imprese nella crescita professionale degli studenti degli ultimi anni della scuola secondaria superiore.

 

Si ricorda, in merito, che la disciplina per la promozione dell'alternanza scuola-lavoro è stata ridefinita dall'art. 1, commi 33 e seguenti, della L. 13 luglio 2015, n. 107.

 

Sempre con riguardo all'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, il Documento segnala che, in base ai dati disponibili per il 2016 (fino al 9 settembre), si riscontra un incremento pari al 50,9%, rispetto al 2015, del numero di soggetti che hanno ricevuto una delle misure del programma Garanzia per i Giovani (Youth Guarantee)[54].

Con riguardo alla specifica parte della Raccomandazione relativa all'incentivazione al lavoro delle persone come seconda fonte di reddito familiare, il Governo - afferma il Documento - "intende proseguire la sua azione a sostegno della famiglia attraverso misure volte a facilitare l’accesso alla childcare per la prima infanzia e la successiva crescita dei figli, allo scopo anche di non penalizzare il tasso di occupazione femminile e di assicurare la conciliabilità famiglia-lavoro".

3.4.2 Lotta alla povertà e razionalizzazione della spesa sociale

In risposta alla raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea, la Nota di aggiornamento del DEF espone le misure dedicate dalla legge di stabilità 2016 al Piano nazionale per la lotta alla povertà e alla delega legislativa per l'avvio di una misura nazionale di contrasto alla povertà, intesa come rafforzamento, estensione e consolidamento della Carta acquisti sperimentale – SIA.

Il Piano, di natura triennale, è finanziato attraverso il Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale con una dotazione di 600 milioni per il 2016 e di 1 miliardo a decorrere dal 2017.

L’utilizzo del Fondo e le misure oggetto del Piano saranno disciplinati, presumibilmente a decorrere dal 2017, con l’approvazione del disegno di legge delega A.C. 3594, in tema di norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali, collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2016, di cui la Camera dei deputati ha concluso l'esame nella seduta del 14 luglio (al Senato l’A.S. 2494 è stato assegnato alla Commissione 11ª). La delega prevede l’introduzione del Reddito d’inclusione, una misura universale di contrasto alla povertà basata su un sostegno economico condizionato all’attivazione di percorsi verso l’inclusione e l’autonomia.

Nelle more della definizione del Piano nazionale triennale per la lotta alla povertà e all'esclusione, il SIA è stato esteso a tutto il territorio nazionale secondo le modalità attuative indicate dal decreto del 26 maggio 2016 Avvio del Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA), che anticipano la configurazione del Reddito di inclusione.

Delega per la Riforma del Terzo settore

La legge delega n. 106/2016 per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, secondo il Cronoprogramma sarà pienamente attuata nel giugno 2017, termine fissato per l’esercizio della delega, quando saranno emanati i decreti legislativi previsti in materia di revisione della disciplina del servizio civile nazionale e dell’impresa sociale e sarà completato il riordino e la revisione organica della disciplina speciale, e delle altre disposizioni vigenti, relative agli enti del Terzo settore (Codice del Terzo Settore).

Dopo di noi

In materia di interventi dedicati ai servizi sociosanitari, la Nota di aggiornamento segnala l’istituzione, operata dalla Stabilità 2016, del Fondo ‘Dopo di noi’, con una dotazione di 90 milioni annui a partire dal 2016, a cui è seguita l’emanazione della legge 112/2016, Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. La legge riveste particolare importanza perché prevede interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. La legge prevede inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.

La norma non è ancora attuata; entro la fine di dicembre 2016 devono infatti essere definiti gli obiettivi di servizio per le prestazioni da erogare nonché i criteri per l’accesso alle misure a carico del Fondo in base ai quali le Regioni adotteranno indirizzi di programmazione e definiranno le modalità per l’erogazione dei finanziamenti. Inoltre, non è stato ancora emanato il decreto ministeriale, atteso alla fine di agosto, che disciplina le previsioni in tema di imposte sulle successioni e donazioni, registro ed ipocatastali.

Donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi

La Nota di aggiornamento cita nel Cronoprogramma anche la recentissima legge n. 166/2016 contro gli sprechi alimentari e la donazione di prodotti farmaceutici. La legge, entrata in vigore il 14 settembre 2016, definisce le eccedenze e gli sprechi alimentari e ha come intento principale la valorizzazione delle buone pratiche sulla donazione e distribuzione del cibo attraverso le reti solidali del Terzo settore. Per quanto riguarda il settore alimentare, la legge è operativa; risulta mancante soltanto una Intesa sulle linee di indirizzo rivolte agli enti gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, per prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti.

Rimangono invece da definire le modalità di raccolta e donazione dei medicinali non utilizzati o scaduti.

Sanità - Aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza

La Nota segnala l’Intesa del 7 settembre 2016 raggiunta in Conferenza Stato-regioni sullo schema di DPCM che, in attuazione del Patto per la Salute 2014-2016, prevede l’aggiornamento del decreto del 2001 riguardante i livelli essenziali di assistenza garantiti dal sistema sanitario nazionale. Allo scopo, la Legge di stabilità 2016 (art. 1, co. 555) ha autorizzato una spesa di 800 milioni di euro annui a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale. Peraltro, la stessa Legge di stabilità (art. 1, co. 325) ha previsto una rideterminazione in riduzione del fabbisogno sanitario nazionale standard per il 2016, fissandolo in 111.000 milioni di euro (da un precedente livello di 113.097 milioni di euro).

Sulla sostenibilità economico-finanziaria dell’aggiornamento dei LEA, pertanto, la Conferenza Stato-regioni ha sottolineato la necessità che nella prossima legge di bilancio siano confermate le risorse quantificate in 113.063 milioni di euro per il 2017 e in 114.998 milioni di euro per il 2018, come quantificate nell’Intesa dell’11 febbraio 2016.

Altri interventi in materia sanitaria

La Nota richiama alcuni importanti interventi operati nel campo della salute, a partire dal Piano nazionale della Cronicità, approvato in Conferenza Stato-regioni lo scorso 15 settembre, volto a rafforzare le reti assistenziali e ridurre i ricoveri ospedalieri. In linea con questo intervento, si richiama il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione con i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta, incardinata nelle nuove forme organizzative delle aggregazioni funzionali territoriali (AFT) e delle Unità complesse di cure primarie (UCCP) e l’integrazione all’atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione con le farmacie, per adeguarne l’attività ai programmi del SSN per la prevenzione e la cura delle patologie croniche.

Inoltre, si sottolinea l’Intesa raggiunta sul “Patto per la Sanità Digitale che ha lo scopo di attuare celermente il programma di informatizzazione del Servizio sanitario.


 

3.5 La concorrenza

 

 

 

Raccomandazione n. 5: adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni.

 

La Nota ricorda che il disegno di legge annuale per la concorrenza 2015 risulta attualmente all'esame del Parlamento. Nel documento si indica, come termine temporale per l'approvazione del disegno di legge, la fine dell'anno. Come indicato nella Nota, la seconda legge annuale sulla concorrenza dovrebbe essere varata nel 2017, sulla base della segnalazione che dovrà essere inviata da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Si ricorda che nel DEF 2016 (Sezione III - Programma Nazionale Riforma) l’approvazione definitiva della prima legge annuale sulla concorrenza era prevista entro giugno 2016. Quanto alla seconda legge annuale, se ne prevedeva il varo nel 2016 con interventi riguardanti vari settori: comunicazioni, sanità, trasporti e servizi pubblici locali, in raccordo con la riforma della Pubblica Amministrazione.

Attualmente, il provvedimento dovrà essere esaminato dall’Aula del Senato dopo che lo stesso è stato già approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati e dopo che la Commissione Industria del Senato ha licenziato il testo, lo scorso luglio, inserendo diverse modifiche.

Si ricorda, inoltre, che il disegno di legge annuale per la concorrenza rientra in un pacchetto di riforme che sono state oggetto di raccomandazioni anche nel recente documento adottato dal Consiglio europeo nei confronti dell'Italia, il 12 luglio 2016.

Per quanto concerne i settori individuati nelle raccomandazioni, si ricorda che, per quanto concerne le professioni regolamentate, il disegno di legge, nel testo attualmente all’esame delle Camere, prevede una serie di misure per favorire la concorrenza nella professione  forense e in quella notarile. Il provvedimento interviene, inoltre, con una serie di norme sull’esercizio di attività professionali forensi in forma associata. Altre disposizioni sono contenute con riguardo all’esercizio dell’attività odontoiatrica.

In materia sanitaria il disegno di legge contiene alcune misure per incrementare la concorrenza nel settore della distribuzione farmaceutica e in merito agli orari e ai turni delle farmacie convenzionate con il servizio sanitario nazionale. Per quanto riguarda, invece il trasporto pubblico locale non di linea, il provvedimento contiene una specifica delega a favore del Governo per una revisione organica del settore. Diverse altre norme riguardano, inoltre, il mercato dell’energia elettrica, dei carburanti, quello delle telecomunicazioni, il settore postale e quello dei servizi bancari.

Numerose disposizioni, infine, disciplinano il settore assicurativo e hanno l’obiettivo di giungere ad una progressiva riduzione dei premi della RC auto.

In merito a quanto contenuto nelle raccomandazioni, il disegno di legge attualmente all’esame del Parlamento interviene, complessivamente, in quasi tutti i settori individuati dalle raccomandazioni ad eccezione del comparto portuale ed aeroportuale e delle concessioni demaniali.

Settore portuale

Con riferimento al settore dei trasporti e delle comunicazioni non sono presenti nella nota di aggiornamento raccomandazioni europee.

In attuazione del Piano strategico della portualità e della logistica (la cui adozione, avvenuta, era richiesta dalla Raccomandazione n. 2 del 2015, che, pertanto non viene più riproposta), si è concluso, con l’emanazione del decreto legislativo n. 169 del 2016, il percorso legislativo di riforma delle autorità portuali. In merito si segnala che è stato già avviato l’iter che porterà alla nomina degli organi di governo delle nuove Autorità di sistema portuale e alla loro piena operatività. Il 23 settembre 2016 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha firmato le prime proposte di nomina a presidente delle Autorità di sistema portuale (AdSp Mare Adriatico Orientale, AdSP del Mare Adriatico Centrale, AdSP del Mar Ionio) che saranno sottoposte al parere parlamentare.

 


Focus: Misure in materia previdenziale

 

Il Documento prevede l’adozione di misure per il rafforzamento delle pensioni più basse, per favorire la flessibilità pensionistica (anche con riferimento alla previdenza complementare) e in materia di lavori usuranti.

 

Con riferimento al rafforzamento delle pensioni più basse, nel quadro delle politiche di welfare il Documento preannuncia, in particolare, interventi a sostegno dei pensionati a rischio povertà.

 

Per quanto riguarda la flessibilità pensionistica, il Documento riporta che nella prossima legge di bilancio vi saranno interventi (come l’assegno pensionistico anticipato – cd. APE[55]) “per favorire la flessibilità d’ingresso nel sistema previdenziale, senza tuttavia modificarne i parametri fondamentali e senza metterne a repentaglio la sostenibilità di lungo termine, che rappresenta uno dei punti di forza delle finanze pubbliche del Paese”.

 

Merita in via preliminare segnalare che oltre di quanto contenuto nel Documento, occorre tenere conto anche dell’intesa raggiunta il 28 settembre 2016 tra Governo, CGIL, CISL e UIL sulle problematiche aperte in campo previdenziale (a conclusione del confronto avviato il 24 maggio 2016).

Il verbale dell’intesa prevede, in particolare:

§  la riduzione delle imposte sulle persone fisiche per i redditi da pensione. Completando il percorso avviato con la scorsa Legge di Stabilità, partendo dai pensionati con più di 74 anni, si prevede l’aumento della detrazione d’imposta (riconosciuta fino a 55.000 euro) per tutti i pensionati al fine di uniformare la loro no tax area a quella dei lavoratori dipendenti (8.125 euro);

§  l’aumento dei trattamenti pensionistici di importo basso. Al riguardo si prevede un intervento sulla somma aggiuntiva (la cosiddetta “quattordicesima mensilità”) teso sia ad aumentare gli importi corrisposti, sia ad estendere la platea dei beneficiari di circa 1,2 milioni di pensionati. Ciò sarà realizzato sia attraverso un aumento dell’importo per gli attuali beneficiari (circa 2,1 milioni di pensionati con redditi fino a 1,5 volte il trattamento minimo annuo INPS), sia attraverso l’erogazione della quattordicesima anche ai pensionati con redditi fino a 2 volte il trattamento annuo minimo INPS (circa 1.000 euro mensili nel 2016) nella misura prevista oggi;

§  il cumulo gratuito dei periodi contributivi. Al riguardo si conviene sull’obiettivo di consentire la possibilità di cumulare tutti i contributi previdenziali non coincidenti maturati in gestioni pensionistiche diverse, ivi inclusi i periodi di riscatto della laurea, ai fini sia delle pensioni di vecchiaia sia di quelle anticipate. Tale possibilità potrà essere esercitata, senza oneri da tutti gli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti, autonomi e degli iscritti alla gestione separata e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, in modo che possano conseguire un’unica pensione, anche nelle ipotesi in cui sia stato già maturato un autonomo diritto alla pensione presso una singola gestione. L’assegno pensionistico sarà calcolato pro rata con le regole di ciascuna gestione;

§  misure per i lavoratori precoci, con l’obiettivo di favorire le carriere lavorative lunghe e iniziate in età molto giovane (cioè, per tutti i soggetti con 12 mesi di contributi legati a lavoro effettivo anche non continuativo prima del compimento del diciannovesimo anno d’età). In particolare, si prevede un intervento diretto a eliminare le penalizzazioni sul trattamento pensionistico previste dall’articolo 24, comma 10, del DL. 201/2011 in caso di accesso al pensionamento anticipato prima di 62 anni d’ età e, per i lavoratori precoci (così come definiti sopra), consentire l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi per disoccupati senza ammortizzatori sociali, persone in condizioni di salute che determinano una disabilità e lavoratori occupati in alcune attività particolarmente gravose;

§  misure per i lavori usuranti. Al riguardo si conviene sull’obiettivo di introdurre nuove e migliori condizioni di accesso al pensionamento per le lavoratrici e i lavoratori occupati in mansioni usuranti ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67. In particolare, si concorda di: consentire l’anticipo del pensionamento di 12 o 18 mesi anche rispetto all’attuale normativa agevolata, attraverso l’eliminazione delle finestre di accesso previste dall’art. 24, comma 17-bis del DL. 201/2011; prevedere che l’accesso al beneficio possa avvenire, a partire dal 2017, avendo svolto una o più attività lavorative usuranti, sia per un periodo di tempo almeno pari a sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa (senza il vincolo di impiego in attività usurante nell’anno di raggiungimento del requisito), sia avendo effettuato l’attività particolarmente usurante per un numero di anni almeno pari alla metà dell’ intera vita lavorativa; eliminare l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita a decorrere dal 2019; valutare la fattibilità amministrativa di semplificazioni relative alla documentazione necessaria per la certificazione del diritto di accesso al beneficio;

§  l’introduzione di una nuova forma di sostegno all’uscita flessibile dal mercato del lavoro (APE). Per effetto di tali misure le lavoratrici e i lavoratori con età anagrafica pari o superiore ai 63 anni e che maturano entro 3 anni e 7 mesi il diritto a una pensione di vecchiaia d’importo (certificato dall’INPS) non inferiore a un certo limite, potranno accedere su base volontaria a un nuovo strumento finanziario, denominato Anticipo Pensionistico (APE). L’APE rappresenta un “flusso finanziario ponte” di ammontare commisurato alla pensione di vecchiaia attesa al raggiungimento dei requisiti anagrafici e certificata dall’INPS, erogato fino alla maturazione degli ordinari requisiti pensionistici di età per la pensione di vecchiaia. Per l’APE è previsto un periodo di sperimentazione della durata di due anni. L’APE è richiesta presso l’INPS ed è finanziata da un prestito corrisposto da un istituto di credito. Contestualmente al prestito, il richiedente accende un’assicurazione contro il rischio di premorienza con una compagnia assicuratrice. L’APE è esente da imposte ed è erogata mensilmente per 12 mensilità. La restituzione del prestito (comprensiva degli interessi bancari e degli oneri relativi alla polizza assicurativa) avviene a partire della data di pensionamento con rate di ammortamento constanti per una durata di 20 anni. In caso di decesso del soggetto che ha avuto accesso all’APE, il capitale residuo sarà rimborsato dall’assicurazione con la quale è stata stipulata la polizza contro il rischio premorienza, e quindi non si rifletterà sulla eventuale pensione di reversibilità o sugli eredi. Il lavoratore o la lavoratrice interessati scelgono l’istituto di credito e la società assicuratrice fra quelli aderenti a un’apposita convenzione stipulata con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nella quale saranno definite le condizioni standard di miglior favore. Ferma restando la non piena condivisione da parte delle organizzazioni sindacali sul meccanismo dell’APE, Governo e OO.SS. convengono sull’obiettivo, socialmente qualificato, di prevedere un’APE agevolata per alcune categorie, tramite la definizione di bonus fiscali aggiuntivi o di trasferimenti monetari diretti, volti a garantire un “reddito ponte” interamente a carico dello Stato per un ammontare prefissato (ferma restando la facoltà dell’individuo di richiedere una somma maggiore). Tale intervento agevolativo riguarderà alcune categorie di lavoratrici e lavoratori ritenuti in condizioni di maggior bisogno, sulla base di requisiti quali: lo stato di disoccupazione (e assenza di reddito); la gravosità del lavoro (pesante o rischioso) per la quale la permanenza al lavoro in età più elevata aumenta il rischio di infortunio o di malattia professionale; le condizioni di  salute; i carichi di lavoro di cura legato alla presenza di parenti di primo grado conviventi con disabilità grave. Nel caso di accordo tra le parti, al fine di agevolare la scelta del lavoratore, il datore di lavoro può sostenere i costi dell’APE attraverso il versamento all’INPS di una contribuzione correlata alla retribuzione percepita prima della cessazione del rapporto di lavoro, in presenza di accordi collettivi anche attraverso appositi fondi bilaterali in essere o appositamente creati, in modo da produrre un aumento della pensione tale da compensare gli oneri relativi alla concessione dell’APE. Allo stesso fine, il Governo si impegna a definire interventi di agevolazione fiscale per favorire quote di contribuzione aggiuntiva non ordinaria da parte del datore di lavoro alla previdenza complementare, al fine di potenziare la rendita temporanea erogata dalla previdenza complementare o la pensione integrativa per compensare gli oneri dell’APE. Tali soluzioni permetteranno di rafforzare la strumentazione per governare i processi di turnover aziendali anche attraverso l’individuazione di opportune forme di bilateralità;

§  uscite anticipate e flessibilità della previdenza complementare (RITA). Il Governo si impegna a realizzare un cambiamento normativo e fiscale della previdenza complementare per accrescere la flessibilità di utilizzo di tale strumento, al fine di adeguare le prestazioni della previdenza complementare anche alle necessità della gestione flessibile dell’uscita dal mercato del lavoro. In particolare, si definirà una modalità che consenta al lavoratore che ha maturato un montante in un fondo integrativo di attingere prima dell’età di pensionamento a tale montante, volontariamente e nella misura scelta, per poter usufruire di una rendita temporanea per il periodo che manca alla maturazione del diritto alla pensione (età del pensionamento di vecchiaia). Tale nuova opportunità (denominata “Rendita Integrativa Temporanea Anticipata”, RITA) sarà agevolata fiscalmente con una tassazione inferiore a quella attualmente prevista per le anticipazioni, e pari a quella prevista sulla pensione complementare erogata in rendita. Il Governo si impegna altresì a definire strumenti di incentivazione fiscale finalizzati ad agevolare l’utilizzo volontario del TFR accantonato presso l’impresa o di contributi aggiuntivi per accedere alle prestazione anticipate di previdenza complementare.



[1]     Legge 4 agosto 2016, n.163, che è intervenuta su numerose disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica al fine di disciplinare il contenuto della legge di bilancio prevista dalla legge n.243/2012. In particolare l’articolo 1, comma 7, di tale legge ha modificato l’articolo 10-bis, in ordine al contenuto della Nota di aggiornamento al DEF.

[2]     Nel testo i concetti di obiettivo di medio termine, medium term objective, e i corrispondenti acronimi OMT, MTO, nonché di obiettivo programmatico strutturale, vengono usati in maniera alternativa

[3]     http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:32016H0818(01)

[4]     Che, si ricorda in sintesi, mira ad assicurare attraverso apposite procedure di vigilanza ex ante dei parametri di riferimento delle politiche economiche, che gli Stati membri seguano politiche di bilancio sostenibili nel medio periodo. Le procedure in questione dovrebbero consentire che i limiti previsti dal Trattato dell’Unione Europea (TFUE), vale a dire il 3 per cento del Pil per il deficit ed il 60 per cento per il debito) non siano oltrepassati nel corso di un normale ciclo economico.

[5]     Essa inoltre, come esposto nelle premesse delle Raccomandazioni, presenta squilibri macroeconomici eccessivi in ordine ai quali, viene sottolineato,  la crescita modesta della produttività ostacola il recupero di competitività e complica la riduzione dell’elevato rapporto debito pubblico/Pil, e che, considerate le dimensioni del Paese, eventuali ripercussioni sulla sua economia potrebbero avere ricadute negative sulla UEM nel suo complesso.

[6]     Nella quale veniva richiesto di posporre di un anno, dal 2018 al 2019, il conseguimento dell’obiettivo di medio periodo del pareggio di bilancio in termini strutturali (Medium Term Objective, MTO).

[7]     Differenza tra Pil effettivo e Pil potenziale.

[8]     Cfr. Comunicato EUROSTAT del 6 settembre 2016.

[9]     Cfr. Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel settembre 2016.

[10]    Cfr. più in dettaglio l’apposito riquadro riportato più avanti.

[11]    ISTAT, Comunicato “Conti economici trimestrali”, del 2 settembre 2016.

[12]    ISTAT, Comunicato del 27 settembre 2016.

[13]    Articolo 18, comma 1, lettera a) della legge n. 243/2012.

[14]    Recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro.

[15]    Il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) è previsto dall’articolo 6 del Reg. (UE) n. 473/2013; ai sensi dell’art. 9, co. 1-bis, il DPB va presentato dal Governo alla Commissione europea entro il 15 ottobre dell’anno, ed è contestualmente trasmesso alle Camere.

[16]    Comunicato trimestrale “Il mercato del lavoro”, 12 settembre 2016.

[17]    Si tratta di una di clausola di salvaguardia sulle aliquote IVA ed altre imposte indirette per un ammontare di circa 15,1 miliardi nel 2017, e poco meno di 19,6 miliardi negli anni successivi.

[18]    Si tratta dei dati di contabilità trimestrali disponibili fino al secondo trimestre del 2016 e dei dati annuali rivisti dall’Istat per gli anni 2014 e 2015.

[19]    Più in particolare, per ciascun tributo interessato, è stato applicato all’incasso realizzato negli ultimi quattro mesi del 2015 un andamento simile a quello osservato nei primi otto mesi del 2016, applicando una riduzione di 1/3 se positivo ed un incremento di 1/3 se negativo.

[20]    Bollettino economico n. 3 di luglio 2016

[21]    Gli ammontari sono desunti dal sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Titoli in scadenza nei prossimi 12 mesi e Scadenze titoli suddivise per anno, dati aggiornati al 31 agosto 2016.

[22]    Si rammenta che, con le risoluzioni del 27 aprile 2016, le Camere avevano autorizzato il Governo a rinviare l'obiettivo di pareggio strutturale al 2019.

[23]    Per una illustrazione delle regole di bilancio europee cfr. Servizio del Bilancio del Senato della Repubblica, La governance economica europea, Elementi di documentazione n.3, giugno 2013.

[24]    Il prolungarsi della recessione ha contribuito a ridurre il tasso di crescita del PIL potenziale. In tale contesto un aumento sia pure contenuto del PIL effettivo consente la chiusura dell'output gap.

[25]    Si rammenta che ai sensi dell'articolo 9, comma 1‑bis, della Legge 31 dicembre 2009, n. 196, come novellata dalla legge 4 agosto 2016, n. 163, il progetto di DPB è altresì inviato alle Camere entro il medesimo termine del 15 ottobre.

[26]   La comunicazione del 13 gennaio 2015 riguarda l’utilizzo di margini di flessibilità nel perseguimento dell’Obiettivo di medio termine per “tenere conto in modo ottimale di tre dimensioni politiche specifiche, concernenti rispettivamente: i) gli investimenti, in particolare riguardo all’istituzione del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici nel quadro del piano di investimenti per l’Europa; ii) le riforme strutturali e iii) la situazione congiunturale”.

[27]   Cfr. Documento del Consiglio 14345/15.

[28]    L’art. 5, par. 1, del Reg. (CE) n. 1466/97 dispone che: “Qualora si produca un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale di detto Stato o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all'obiettivo di bilancio a medio termine […], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.” Corrispondentemente, l’art. 6, par. 3, del medesimo Regolamento, nel disciplinare la valutazione delle deviazioni dall'MTO o dal relativo percorso di avvicinamento, e le circostanze in presenza delle quali tali deviazioni risultino “significative” dispone che: “… la deviazione può non essere considerata significativa qualora sia determinata da un evento inconsueto che non sia soggetto al controllo dello Stato membro interessato e che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale dello Stato membro o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.”

[29]    Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2016 edition, paragrafo 1.3.2.5, http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/eeip/pdf/ip021_en.pdf

[30]    Relazione ai sensi dell'art. 6, c. 5, della L. n. 243/2012 (Doc. LVII, n. 4-bis - Annesso).

[31]    Pag. 46, Caratteri corsivi aggiunti.

[32]    I caratteri corsivi sono stati aggiunti

[33]    Cfr. par. 2.3 (relazione ex art. 6, c. 5), per l'illustrazione del nuovo percorso di avvicinamento.

[34]    L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60 per cento entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento, cfr. DFP n. 12, DEF 2016 (Doc. LVII, n. 4), aprile 2016.

[35]    Cfr. l'approfondimento sulla regola della spesa nell'ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013, per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).

[36]    Per la modalità con cui è stata condotta la stima cfr. ultima nota del paragrafo 2.3.

[37]    Cfr. Servizio Bilancio Senato, NB18 e NB19 sulle Raccomandazioni paese 2016.

[38]    Cfr. DEF 2016, pp. 45 e 62 e MEF-RGS, fabbisogno del settore statale, comunicato e sezione del sito web.

[39]    Il PIL nominale è comunque previsto attestarsi al medesimo livello programmato nel DEF di aprile, nonostante il rallentamento della sua crescita nel frattempo intervenuta.

[40]    Quasi 15 miliardi di euro secondo i dati riportati nell'ultimo bollettino "Finanza pubblica, fabbisogno e debito di settembre u.s.

[41]    Si ricorderà infatti che, durante il cosiddetto periodo di transitorio, al fine di garantire il rispetto della regola era necessario prevedere un aggiustamento fiscale strutturale “minimo” (Minimum linear structural adjustment - MLSA), cioè una correzione del saldo di bilancio che garantisca un progresso continuo e realistico verso il benchmark del debito, considerando la regola meno stringente.

[42]    Per un maggior approfondimento si veda il Box "La regola del debito" nel dossier DFP n. 12, Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4), aprile 2016, e il dossier ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013.

[43]    La novità è rappresentata dal fatto che la relazione in commento è presentata come annesso alla Nota. Cfr., in particolare, il comma 6, dell'art. 10-bis della legge n.196 del 2009 che, come recentemente modificato dalla legge n.163 del 2016, prevede che, qualora nell’imminenza della presentazione della Nota di aggiornamento si verifichino gli eventi eccezionali di cui all’art. 6 della legge n. 243 del 2012, la relazione di cui al comma 3 [o quella di cui al comma 5 NdA] dell’articolo medesimo possa essere presentata alle Camere come annesso alla Nota.

[44]    Cfr. la cd. Matrice relativa all'aggiustamento di bilancio previsto nell'ambito del braccio preventivo del PSC in relazione alle condizioni cicliche in cui versa il paese. Per un maggior approfondimento si veda Servizio del bilancio del Senato, La comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità, NB 10, febbraio 2015, e Commissione europea, Vademecum on the Stability and Growth Pact, IP 21, marzo 2016.

[45]    Le stime del Mef divergono unicamente nella previsione macroeconomica sottostante con particolare riferimento all'orizzonte temporale utilizzato (4 anni Mef, ovvero fino al 2019, limitato a 2 anni per la Commissione i.e. fino al 2017) e nella determinazione dei livelli superiori e inferiori (intervalli di variazione) delle varianze per il calcolo del NAWRU, il Mef impiega in questo caso una procedura di grid search per la loro selezione ottimale, (cfr. per un maggiore dettaglio il Focus contenuto nel DEF 2015). Tali differenze sono alla base degli scostamenti nelle stime degli indicatori strutturali tra le due istituzioni.

[46]    Per maggiori dettagli sulla procedura, si vedano le Note del Servizio del bilancio del Senato della Repubblica: La governance economica europea, Elementi di documentazione n. 3, giugno 2013, e L'avvio del Semestre europeo 2016, Nota breve n. 15, dicembre 2015.

[47]    Cfr. DEF 2016, Sezione I – programma di stabilità – pag.119 – Tav.V.11.

[48]    Il Piano Nazionale Industria 4.0 sostanzialmente sviluppa le conclusioni dell’indagine conoscitiva parlamentare su Industria 4.0, condotta dalla Commissione Attività produttive della Camera. Sulle proposte contenute nel documento conclusivo, approvato all’unanimità il 30 giugno 2016, si è registrata la sostanziale condivisione da parte del Governo.

[49]    Il governo sottolinea che sono allo studio interventi specifici di finanziamento tramite la Cassa Depositi e Prestiti, il cui nuovo Piano industriale 2016-2020 mobilita di risorse (117 miliardi nel periodo) da destinare al venture capital, all'innovazione, allo sviluppo e all’internazionalizzazione delle imprese.

[50]    Con il D.Lgs. 22 gennaio 2016, n. 10, sempre con finalità di semplificazione e certezza normativa, è stata disposta la modifica e l’abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l’adozione di provvedimenti non legislativi di attuazione.

[51]    Gli schemi di riforma approvati in via preliminare dal Consiglio dei ministri e attualmente all’esame delle Camere per il parere sono in particolare: la riforma della dirigenza pubblica; la disciplina dei servizi pubblici locali; il completamento della riforma volta a semplificare le attività private soggette a regime amministrativo (c.d. SCIA 2); la semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca, il riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di commercio. Lo schema sulla nuova disciplina del Comitato italiano paralimpico è stato esaminato dal Consiglio dei Ministri del 25 agosto 2016 ma non è ancora stato trasmesso alle Camere.

[52]    Con il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 177 - che ha previsto l’assorbimento del personale del Corpo forestale dello Stato e delle relative funzioni in via principale nell’Arma dei Carabinieri ed ha introdotto disposizioni volte alla razionalizzazione delle funzioni di polizia - è stata data una prima attuazione alla previsione di delega dell’art. 8 L. 124/2015.

[53]    Si ricorda che tale istituto riguarda prestazioni retribuite mediante buoni orari dal valore unitario prefissato, il cui importo complessivo annuo non può superare determinati limiti, relativi sia a ciascun lavoratore sia alle sole prestazioni rese dal lavoratore in favore di un singolo committente (imprenditore o professionista).

[54]    Tale programma prevede che ogni giovane, entro quattro mesi dalla conclusione del suo ciclo di scuola o di università (o entro quattro mesi dalla perdita di un posto di lavoro), riceva l'offerta di un lavoro, di un tirocinio, di un modulo di formazione o di un nuovo percorso d'istruzione. Per tale programma, vi è uno stanziamento globale comunitario, destinato ai Paesi che, come l'Italia, hanno un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25 per cento. Dati sullo stato di attuazione del programma sono reperibili all’indirizzo http://www.lavoro.gov.it/ProgettiAzioni/GaranziaGiovani .

[55]    Sull’APE, espressamente richiamata nel Documento, si rinvia (v. supra) a quanto convenuto tra Governo e parti sociali con l’intesa del 28 settembre 2016.