Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | (D.1 - DOC. LVII, n. 1) Documento di economia e finanza 2013 | ||
Riferimenti: |
| ||
Serie: | Documentazione di finanza pubblica Numero: 1 | ||
Data: | 22/04/2013 | ||
Descrittori: |
| ||
Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
XVII legislatura
Documento di economia e finanza 2013
(Doc. LVII, n. 1)
Aprile 2013
n. 1
DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA
SENATO DELLA REPUBBLICA:
Servizio del bilancio
Tel. 066706-5790
sbilanciocu@senato.it
CAMERA DEI DEPUTATI:
Servizio Bilancio dello Stato
Tel. 066760-2174 – 066760-9455
bs_segreteria@camera.it
Servizio Studi – Dipartimento bilancio e politica economica
Tel. 066760-9932 – 066760-2233
st_bilancio@camera.it
I dati del Documento di economia e finanza commentati nel presente dossier si riferiscono alla versione corretta dall’”Elenco delle modifiche e degli errata corrige” trasmesso alle Camere il 22 aprile 2013.
Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per l’eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
INDICE
1.1 La congiuntura internazionale
1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale
2. Gli andamenti tendenziali di finanza pubblica
2.2. Le previsioni tendenziali per il periodo 2013-2017
2.3. L'analisi degli andamenti tendenziali per sottosettori
4. Spesa per interessi, fabbisogno e debito
5.1. Analisi di sensitività della finanza pubblica
5.1.1. Analisi di sensitività alla crescita
5.1.2. Analisi di sensitività ai tassi di interesse
5.2 L’analisi di sostenibilità di lungo periodo
5.2.1 L’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica
5.2.2 La sostenibilità del debito
Approfondimenti:
1. Il Programma nazionale di Riforma................................................................... 21
2. Il semestre europeo.......................................................................................... 34
3. Un esame di alcune voci di spesa...................................................................... 53
4 Avanzo primario strutturale e ciclo economico: l’analisi della fiscal stance... 117
5. Le misure una tantum...................................................................................... 122
6. La regola sulla spesa....................................................................................... 128
7. La regola del debito......................................................................................... 131
Ai sensi della legge di contabilità, il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020. Il DEF enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l’Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell’ambito dell’Unione europea.
Il documento, che s’inquadra al centro del nuovo processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il cd. Semestre europeo – è presentato alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR) contenuti, rispettivamente, nella prima e nella terza sezione del Documento.
Quanto alla struttura, il DEF si compone di tre sezioni e di una serie di allegati. In particolare, la prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta[1] sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.
La sezione contiene gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo; l’indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. La sezione deve, inoltre, contenere le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità, nonché le diverse ipotesi di evoluzione dell'indebitamento netto e del debito rispetto a scenari di previsione alternativi riferiti al tasso di crescita del prodotto interno lordo, della struttura dei tassi di interesse e del saldo primario.
Nella seconda sezione sono indicate le regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica.
La sezione reca, tra l’altro, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente e degli eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi programmatici indicati nel DEF e nella Nota di aggiornamento; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'individuazione, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica, di regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio. All’interno della sezione deve inoltre essere dato conto anche delle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali. In allegato alla sezione è riportata una nota metodologica che espone analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali.
La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuova Strategia “Europa 2020” (cfr. Approfondimento n. 1). In tale ambito sono indicati:
§ lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
§ gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;
§ le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;
§ i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.
Come sarà più diffusamente illustrato in seguito, si segnala che il PNR 2013, essendo stato presentato dal Governo in concomitanza con lo svolgimento delle procedure per la formazione di un nuovo Esecutivo, non contiene quest’anno un’agenda di priorità per il futuro, limitandosi invece a riportare un’analisi dettagliata delle riforme adottate e dei relativi primi risultati, nonché a indicare le aree di policy dove è maggiormente necessario intervenire per il futuro.
In allegato al DEF – ovvero alla Nota di aggiornamento del medesimo da presentare ogni anno entro il 20 settembre – sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentarsi alle Camere entro il mese di gennaio.
In base alla legge di contabilità nazionale, in allegato al DEF devono essere riportate una serie d’informazioni supplementari:
a) una relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui risultati conseguiti, in cui è evidenziato il contributo dei fondi nazionali addizionali, con particolare riguardo alla coesione sociale, alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi;
b) il Programma delle infrastrutture strategiche, previsto dalla “Legge obiettivo”, nonché lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo all'anno precedente, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
c) un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente, relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi;
d) un documento recante l’esposizione, con riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili, delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali e alle province autonome di Trento e di Bolzano;
e) il rapporto sullo stato di attuazione della legge di contabilità e finanza pubblica e sullo stato di attuazione delle norme finalizzate all’armonizzazione delle regole contabili degli enti territoriali, prevista dalla legge di attuazione del federalismo fiscale.
Il DEF, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come nel 2012 l’economia mondiale abbia registrato un rallentamento rispetto al 2011, risultato più accentuato nel quarto trimestre dell’anno.
Il PIL mondiale, secondo i dati del Fondo Monetario internazionale, risulterebbe cresciuto nel 2012 ad un tasso del 3,2 per cento e il commercio del 2,5 per cento, a livelli nettamente inferiori rispetto al 2011.
Tabella 1.1
Il recupero del commercio mondiale (variazioni percentuali)
FMI |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Commercio internazionale |
6,0 |
2,5 |
3,6 |
5,3 |
6,1 |
6,2 |
6,4 |
PIL mondiale |
4,0 |
3,2 |
3,3 |
4,0 |
4,4 |
4,5 |
4,5 |
Fonte: FMI, World Economic Outlook, aprile 2013, Database.
Nel complesso, si confermano le tendenze già emerse negli ultimi anni relativamente al differenziale dei tassi di crescita tra i paesi avanzati e quelli emergenti e di più recente industrializzazione, che manifestano una maggiore reazione nella fase attuale di congiuntura, con una crescita sensibilmente più elevata. Permane, inoltre, un certo grado di asimmetria tra le aree più industrializzate.
In questo scenario, il DEF evidenzia come nell’area dell’euro la graduale attenuazione delle turbolenze sui mercati finanziari non si sia ancora pienamente trasmessa all’economia reale, soprattutto nei paesi cosiddetti “periferici”, e come ciò abbia determinato nel 2012 una contrazione del PIL dello 0,6 per cento e un incremento del tasso di disoccupazione all’11,4 per cento. A tale deterioramento delle prospettive macroeconomiche ha in parte contribuito la debolezza della domanda interna, registrata in particolare nei paesi che hanno adottato politiche di aggiustamento fiscale; nell’ultimo trimestre dell’anno il rallentamento ha interessato anche la Germania[2].
Il Bollettino Economico di Banca d’Italia dell’aprile 2013, evidenzia, con riferimento ai risultati dell’Area dell’euro, come il deterioramento delle attività economiche verificatosi nel quarto trimestre del 2012 abbia riflesso il temporaneo venir meno del sostegno delle esportazioni, atteso che le vendite all’estero hanno segnato il primo calo congiunturale dopo tre anni di espansione, nonché l’andamento debole della domanda interna. Nonostante il lieve recente recupero degli indicatori di fiducia di famiglie e imprese rispetto ai valori minimi dell’autunno scorso, le informazioni congiunturali confermano il prolungarsi della debolezza della domanda interna, cui contribuiscono l’incertezza sulle prospettive cicliche, il permanere, in alcuni paesi, delle difficoltà di accesso al credito e, nel caso dei consumi delle famiglie, il calo del reddito disponibile in termini reali.
Di converso, negli Stati Uniti l’andamento del ciclo economico è stato favorevole, essendosi registrata una crescita del PIL del 2,2 per cento e una diminuzione del tasso di disoccupazione all’8,1 per cento. Anche in Giappone il PIL è cresciuto del 2 per cento, mentre tassi di crescita nettamente superiori a quelli dei paesi avanzati hanno continuato a registrarsi nei paesi emergenti e di più recente industrializzazione: la Cina è cresciuta del 7,8 e l’India del 4,9 per cento e anche le prospettive per l’anno in corso sono favorevoli.
Le previsioni per il 2013
I segnali di rallentamento emersi nell’ultima fase del 2012 si sono riflessi, in parte, anche nei primi mesi dell’anno in corso, inducendo una revisione al ribasso delle previsioni di crescita dell’economia globale per il 2013. Secondo le indicazioni contenute nel DEF 2013, le stime di espansione del prodotto si attesterebbero, per l’anno in corso, al 3,2 per cento e quelle del commercio mondiale al 3,6 per cento.
In questo scenario, nell’Area dell’euro è attesa per il 2013 una contrazione del prodotto dello 0,3 per cento e un aumento del tasso di disoccupazione al 12,2 per cento.
Negli Stati Uniti è invece prevista una crescita dell’1,9 per cento, mentre la disoccupazione dovrebbe ridursi al 7,6 per cento; il Giappone dovrebbe crescere dell’1,0 per cento e la Cina a tassi prossimi all’8 per cento. I paesi emergenti continuerebbero a reagire meglio all’attuale congiuntura, con tassi di crescita più intensi rispetto alle economie avanzate che forniscono un rilevante contributo all’andamento dell’economia globale.
Nel Bollettino di aprile 2013, la Banca Centrale Europea conferma che tra le economie avanzate la ripresa resterà probabilmente difforme e l’attività dovrebbe accelerare solo gradualmente per l’azione di freno esercitata dal processo di aggiustamento dei bilanci, dall’inasprimento fiscale e dalle condizioni di credito tuttora restrittive. Al tempo stesso, la BCE rileva che nelle economie emergenti l’attività si sta già intensificando e dovrebbe mantenersi più robusta che nei paesi avanzati. In particolare, in Cina gli indicatori delle indagini congiunturali segnalano che l’economia ha continuato a espandersi a ritmi robusti; il settore manifatturiero è sospinto da nuovi ordinativi, mentre gli indicatori relativi agli investimenti hanno evidenziato una forte accelerazione; anche le esportazioni sono notevolmente aumentate e ciò ha determinato l’avanzo commerciale cumulato su dodici mesi più ampio da giugno 2009.
Più robusti segnali di stabilizzazione del contesto internazionale comincerebbero a manifestarsi nel 2014, con una previsione della crescita del PIL mondiale stimata nel DEF al 3,9 per cento (rispetto al 4 per cento indicato dal FMI ed esposto nella Tabella 1.1.).
Le previsioni di graduale recupero dell’economia mondiale espresse nel DEF risultano sostanzialmente in linea con quanto previsto dal FMI nel recente World Economic Outlook di aprile 2013, il quale rileva come nell’anno in corso l’economia mondiale stia iniziando a mostrare una ripresa dopo l’indebolimento manifestatosi nel corso del 2012. In particolare, l’attività economica nelle economie avanzate ha raggiunto una stabilizzazione, mentre nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo è migliorata. Le severe misure adottate in sede europea hanno contribuito a migliorare la fiducia e le condizioni finanziarie. I policy makers americani hanno evitato l’inasprimento fiscale, ma non sono riusciti a trovare una soluzione duratura agli altri rischi finanziari di breve termine. Le indicazioni dell’FMI trovano conferma anche nell’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia, nel quale si rileva come nel primo trimestre del 2013 siano emersi segnali di rafforzamento congiunturale negli Stati Uniti e in alcune economie emergenti, dopo l’accentuata a fase di debolezza nell’ultimo trimestre del 2012. Anche il commercio mondiale si è rafforzato, sospinto dall’espansione dei flussi fra i paesi emergenti dell’Asia. Nel complesso la crescita mondiale nell'anno in corso, secondo l’Istituto, dovrebbe rimanere modesta, per rafforzarsi dal 2014. Sono comunque evidenziate le incertezze in ordine a possibili sviluppi della politica di bilancio negli Stati Uniti e all’evoluzione della crisi del debito sovrano in Europa.
Le prime indicazioni provenienti dal contesto internazionale inducono, secondo il Governo, ad un moderato ottimismo.
In particolare, il DEF sottolinea come gli elevati tassi di crescita dei paesi emergenti possano fungere da volano per la ripresa dei paesi sviluppati, analogamente alla prevista diminuzione dei prezzi delle materie prime – energetiche, alimentari e industriali –, che dovrebbe comportare riflessi positivi anche sull’inflazione.
Pur in presenza di segnali di stabilizzazione del contesto internazionale, continuano tuttavia a persistere elementi di incertezza per il futuro.
Nei paesi sviluppati gli elementi di criticità che influiscono sulla ripresa economica continuano a essere connessi agli effetti delle politiche fiscali restrittive che sono state adottate per contenere gli ampi livelli d’indebitamento raggiunti a seguito della crisi finanziaria.
In particolare, nell’area dell’euro gli elementi d’incertezza sono connessi a una possibile recrudescenza delle tensioni sui mercati finanziari, che ancora permangono, come dimostra la recente crisi bancaria di Cipro.
Negli Stati Uniti, nonostante la politica monetaria accomodante finora adottata dalla Federal Reserve, si registrano i rischi connessi al possibile combinarsi di tagli alla spesa e maggiori tasse, derivanti dalle misure decise alla fine dello scorso anno per evitare il c.d. “fiscal cliff” e dai tagli automatici ai programmi di spesa pubblica disposti per i prossimi dieci anni (il c.d. sequester); ulteriori incertezze sono connesse all’approvazione di un piano di consolidamento fiscale a medio termine e al raggiungimento del tetto al debito pubblico previsto, in mancanza di un accordo tra l’Amministrazione e il Congresso per la sua elevazione, nella seconda metà di maggio. In Giappone, invece, le recenti innovative azioni di politica monetaria riflettono l’esigenza di tornare a crescere a ritmi sostenuti.
La politica monetaria
Secondo quanto riportato nel Bollettino Economico di Banca d’Italia dell’aprile 2013, le banche centrali delle maggiori economie avanzate hanno reso ancora più accomodante l’intonazione delle rispettive politiche monetarie. Negli Stati Uniti la Riserva Federale ha lasciato invariato l’intervallo obiettivo per il tasso d’interesse sui federal funds tra 0 e 0,25 per cento, riaffermando che il tasso sarà mantenuto su valori eccezionalmente bassi fino a quando permarranno elevati tassi di disoccupazione (superiori al 6,5 per cento) e basse aspettative di inflazione. Ha, inoltre, deciso di proseguire con il piano di acquisti a titolo definitivo di mutui cartolarizzati per 40 miliardi di dollari al mese e di obbligazioni del Tesoro a lungo termine per ulteriori 45 miliardi.
La Banca del Giappone, dopo aver introdotto in gennaio un obiettivo esplicito per la stabilità dei prezzi pari al 2 per cento - in sostituzione del precedente tasso di inflazione di riferimento nel breve termine (1 per cento) - ha varato, in aprile, un nuovo ampio programma di espansione quantitativa, finalizzato al raggiungimento del target di inflazione entro due anni. Il nuovo regime determinerà un raddoppio della base monetaria nel corso del prossimo biennio, diventando il nuovo obiettivo operativo della politica monetaria; nel medesimo arco temporale verrà raddoppiata la quantità di attività finanziarie detenute nel portafoglio della Banca centrale e più che raddoppiata la vita media residua degli acquisti di obbligazioni pubbliche.
La Banca d’Inghilterra ha invece lasciato invariato lo stock di attività finanziarie nel proprio portafoglio a 375 miliardi di sterline.
La Banca centrale europea (BCE) ha mantenuto un orientamento di politica monetaria accomodante, lasciando allo 0,75 per cento il tasso di riferimento per le operazioni di rifinanziamento principali. La liquidità in eccesso si è mantenuta ampia, anche se sono diminuiti di circa 220 miliardi di euro i finanziamenti complessivi forniti dall’Eurosistema alle banche operanti nell’area mediante le operazioni di rifinanziamento in ragione della restituzione anticipata di una parte dei fondi ottenuti nelle due operazioni di rifinanziamento con durata triennale (LTRO) condotte a dicembre del 2011 e a febbraio del 2012. Il Consiglio direttivo della BCE ha confermato che l’orientamento di politica monetaria rimarrà accomodante con piena aggiudicazione della liquidità richiesta dalle banche fino a quando necessario; ha inoltre chiarito di essere pronto a ulteriori azioni sulla base della valutazione delle informazioni in arrivo nel prossimo futuro.
Con riferimento al cambio, si ricorda infine che all’inizio dell’anno in corso l’euro si è deprezzato dell’1,1 per cento rispetto al dollaro, ma si è rafforzato nei confronti dello yen del 14 per cento, in seguito all’ulteriore allentamento delle condizioni monetarie in Giappone; è comunque proseguito il trend di apprezzamento avviatosi nel 2012 in termini effettivi nominali. Analogamente a quanto avvenuto in Francia e in Germania, il guadagno di competitività accumulato dall’Italia a partire dal 2010, che ha favorito il miglioramento del saldo delle partite correnti, è stato in parte ridotto, dallo scorso agosto, dalla rivalutazione nominale dell’euro.
Il DEF espone l’analisi del quadro macroeconomico italiano nel 2012 e le previsioni per l’anno in corso e per il periodo 2014-2017, che riflettono gli elementi d’incertezza che ancora caratterizzano le prospettive di crescita globali.
I risultati nel 2012
Con riferimento all’anno 2012[3], il DEF evidenzia come la recessione, manifestatasi nuovamente nella seconda metà del 2011 - dopo i moderati segnali di ripresa di inizio anno[4] – si sia protratta, in Italia, per tutto il 2012.
Nel complesso, nel 2012 il PIL ha registrato una contrazione del 2,4 per cento, a fronte della crescita dello 0,4 per cento del 2011 (dato, quest’ultimo, in netto rallentamento rispetto alla crescita dell’1,7 per cento manifestatasi nel 2010).
La contrazione del prodotto registrata nel 2012 è risultata in linea con le previsioni formulate nella Nota di aggiornamento del DEF, presentata a settembre 2012[5]. In merito il Documento sottolinea che la fase recessiva dell’economia italiana, che ha attraversato l’intero arco dell’anno 2012, si è inasprita nella fase finale dell’anno, segnando nell’ultimo trimestre una variazione negativa superiore alle attese. Nel quarto trimestre del 2012 si è, infatti, registrato un brusco peggioramento dell’andamento dell’economia italiana, con una contrazione del PIL dello 0,9 per cento sul trimestre precedente.
Secondo quanto rilevato nel Comunicato ISTAT dell’11 marzo 2013, nel IV trimestre 2012 tutti i principali aggregati della domanda interna hanno segnato diminuzioni significative. In particolare, rispetto il trimestre precedente, i consumi finali nazionali hanno registrato un calo dello 0,5 per cento e gli investimenti fissi lordi si sono contratti dell’1,2 per cento. Le importazioni sono diminuite dello 0,9 per cento, a fronte di un lieve aumento dello 0,3 per cento delle esportazioni. La contrazione dell’attività economica dell’Italia nell’ultimo trimestre dell’anno è risultata, inoltre, più accentuata di quella verificatasi nell’Area dell’euro nello stesso periodo (-0,6 per cento) e più marcata di quella registrata nei principali paesi europei, quali Germania (-0,6 per cento), Francia (-0,3 per cento), Regno Unito (-0,3 per cento) e Spagna (-0,8 per cento).
La caduta del PIL registrata nell’anno 2012 ha quasi annullato la risalita verificatasi nei due anni precedenti, facendo scendere il prodotto, in volume, leggermente al di sotto del livello registrato nel 2009.
Tabella 1.2
Andamento del PIL in volume (valori concatenati – anno di riferimento 2005 – mld di euro)
o |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
PIL |
1.394,3 |
1.418,4 |
1.423,7 |
1.389,9 |
Variazione % |
-5,5 |
1,7 |
0,4 |
-2,4 |
Sul risultato complessivo ha inciso, in maniera rilevante, il debole andamento della domanda interna, il cui contributo negativo alla variazione del PIL è stato particolarmente ampio, pari a -4,8 punti percentuali.
La contrazione del PIL nel 2012 è stata, inoltre, accompagnata da una diminuzione delle importazioni di beni e servizi del 7,7 per cento, che ha accentuato la contrazione delle risorse disponibili (-3,6 per cento). Un apporto positivo è, invece, disceso dalla domanda estera (3 punti percentuali).
Sul punto il DEF evidenzia come mentre il precedente episodio di caduta del PIL, culminato nel 2010, era stato caratterizzato da un vistoso calo delle esportazioni, nel corso del 2012 il principale impulso recessivo è venuto dalle ripercussioni negative sull’economia dovute alla crisi finanziaria. L’apertura di un differenziale molto elevato tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi e le tensioni sul mercato interbancario europeo si sono infatti trasmesse sul finanziamento al settore privato sia in termini di tassi di interesse più elevati, sia in termini di contrazione del credito totale all’economia[6].Al contempo, l’ampio sforzo di consolidamento fiscale resosi necessario per stabilizzare le aspettative dei mercati e per ottemperare agli impegni interni e internazionali di anticipo del pareggio strutturale di bilancio al 2013, ha fornito ulteriore impulso negativo all’economia, cui si aggiunta una drastica caduta di fiducia di famiglie e imprese che ha contribuito alla congiuntura sfavorevole. Da tali fattori è discesa una nuova rilevante flessione del PIL generata dalla contrazione di tutte le componenti della domanda interna.
In particolare, nel 2012, si è verificata nuovamente una flessione degli investimenti fissi lordi dell’8 per cento, risultata più intensa nel comparto delle macchine e attrezzature (-10,6 per cento) a seguito delle incertezze della domanda, che ha fatto registrare un sensibile calo della produzione industriale. Il settore delle costruzioni registra nel 2012, per il quinto anno consecutivo, un valore negativo, con una riduzione del 6,2 per cento.
La diminuzione della spesa delle famiglie residenti è stata intensa (-4,3 per cento), risentendo della compressione del reddito disponibile e dell’accelerazione dell’inflazione.
La spesa pubblica, per effetto delle misure di correzione fiscale, si è anch’essa ridotta del 2,9 per cento.
Come già ricordato, la dinamica delle esportazioni si è invece mantenuta positiva, evidenziando una crescita del 2,3 per cento, mentre il rallentamento della domanda interna ha inciso fortemente sull’andamento delle importazioni, ridotte del 7,7 per cento, a fronte del +0,5 per cento registrato nell’anno precedente.
Per quanto concerne, in particolare, il commercio con l’estero, il DEF evidenzia che nell’anno 2012 l’interscambio ha mostrato un rallentamento. Nel complesso il saldo commerciale è risultato negativo per circa 11 miliardi (0,8 per cento del PIL), in miglioramento rispetto al disavanzo di oltre 25 miliardi dell’anno precedente. Il contributo al miglioramento del saldo è stato fornito, in particolare, dai flussi verso l’area extra-europea. In particolare, le esportazioni sono cresciute soprattutto verso i paesi dell’area dell’Opec, il Giappone e gli Stati Uniti, mentre le importazioni, che hanno subito in via generale una riduzione, hanno registrato un lieve incremento solo dai paesi dell’area dell’Opec.
L’andamento degli investimenti diretti esteri in entrata in Italia è stato pari, nel 2012, a 6,8 miliardi, in netta diminuzione rispetto al 2011 di 17,8 miliardi. Tale andamento è confermato anche negli altri paesi dell’Area euro, salvo la Francia e il Regno Unito, che hanno, invece, registrato un incremento dei flussi in entrata.
Quanto al mercato del lavoro, il DEF rileva come la recessione abbia avuto riflessi significativi sull’occupazione, la quale, misurata in ULA (unità di lavoro standard) ha registrato nel 2012 una riduzione dell’1,1 per cento. Il calo degli occupati, in termini di rilevazione di forze di lavoro è stato più contenuto a seguito del maggior ricorso alla Cassa Integrazione (CIG) e dell’aumento dei lavoratori a tempo parziale. In particolare, le ore autorizzate di CIG sono risultate superiori al miliardo, avvicinandosi al massimo storico del 2010. Contrariamente a quanto accaduto in altri episodi di recessione, il 2012 si è caratterizzato per un aumento del tasso di partecipazione legato a una maggiore offerta di lavoro non solo da parte di donne e giovani, ma in particolare di persone della classe d’età compresa tra i 55 e i 64 anni a seguito delle riforme pensionistiche più recenti.
Con riferimento al deterioramento della condizione del mercato del lavoro in Italia, il recente comunicato ISTAT dell’11 aprile 2013, che ha fornito gli indicatori complementari al tasso di disoccupazione aggiornati al 2012, in coordinamento con Eurostat, ha evidenziato che nel 2012 gli inattivi disponibili a lavorare sono circa 3 milioni, in aumento rispetto al 2011. La quota di questi inattivi sulle forze di lavoro, pari all’11,6 per cento, è oltre tre volte superiore a quella media europea (3,6 per cento).
Inoltre, gli inattivi disponibili a lavorare risultano più numerosi dei disoccupati in senso stretto, mentre nella media europea si verifica l’opposto: i disoccupati (circa 25 milioni) sono più del doppio di questo segmento di inattivi (8 milioni e 800 mila). All’interno di questo gruppo di inattivi, gli scoraggiati, cioè quelli che dichiarano di non aver cercato lavoro perché convinti di non trovarlo, sono il 43 per cento del totale.
Con riferimento all’evoluzione dei prezzi, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è aumentato al 3,3 per cento, riflettendo anche i rialzi delle aliquote IVA e di altre accise introdotti nella seconda metà del 2011.
Le prospettive dell’economia italiana
Il DEF 2013 sottolinea come le prospettive di recupero dell’economia italiana siano fortemente influenzate dagli sviluppi della crisi in Europa e, al contempo, dall’evoluzione dello scenario economico globale.
A tale ultimo riguardo, il Documento ipotizza una progressiva ripresa della domanda internazionale già a partire dal 2013, dopo il rallentamento della seconda metà del 2012, che dovrebbe riflettersi positivamente sulla crescita delle esportazioni italiane.
Nel PNR, presentato nella terza sezione del DEF, il Governo mette tuttavia in luce, con riferimento alle prospettive di crescita economica del Paese, i problemi strutturali che, sul piano interno, sono alla base di un progressivo indebolimento della capacità di crescita dell’economia italiana, tra i quali vi è soprattutto la scarsa dinamica della produttività, il cui andamento in Italia è comparativamente più debole rispetto a quello registrato nell’area dell’euro ed è entrato in territorio negativo nell’ultimo decennio. A causa dell’andamento stagnante della produttività, la graduale riduzione della dinamica salariale non si è tradotta in un miglioramento della competitività di prezzo.
In linea con quanto già indicato nella Relazione al Parlamento 2013, presentata nel marzo scorso, il DEF conferma la revisione al ribasso delle prospettive di crescita dell’economia italiana, stimando per il 2013 una contrazione del PIL pari a -1,3 per cento, rispetto al -0,2 per cento indicato nella Nota di aggiornamento del DEF del settembre scorso[7].
Tabella 1.3
Confronto sulle previsioni di crescita del PIL (variazioni percentuali)
|
Nota di agg. DEF 2012 |
DEF
2013 |
||||||
|
2013 |
2014 |
2015 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
PIL |
-0,2 |
1,1 |
1,3 |
-1,3 |
1,3 |
1,5 |
1,3 |
1,4 |
Tale revisione delle stime di crescita per l’anno in corso riflette, oltre agli effetti di trascinamento negativo (pari a circa un punto percentuale) ereditati dall’ultima parte del 2012, anche i segnali ancora poco confortanti dell’andamento congiunturale dei primi mesi dell’anno, in cui si prefigura, secondo i dati attualmente disponibili, un' ulteriore contrazione del PIL nel primo trimestre 2013.
Il livello delle attività economiche è atteso permanere debole nella prima metà dell’anno, in ragione della debolezza della domanda interna; a una sostanziale stabilizzazione del prodotto nel secondo trimestre dovrebbe seguire una crescita nella seconda parte dell’anno, favorita anche dall’immissione di liquidità nel sistema economico derivante dal recente provvedimento d’urgenza adottato in tema di pagamento dei debiti pregressi della PA e di rimborsi fiscali, attualmente all’esame della Commissione speciale della Camera dei deputati.
Come rilevato anche da Banca d’Italia nel Bollettino economico n. 72 di aprile 2013, la debolezza ciclica dell’attività economica in Italia è proseguita, pur attenuandosi all’inizio del 2013. L’andamento del prodotto risente soprattutto della flessione del reddito disponibile delle famiglie e dell’incertezza che grava sulle scelte d’investimento delle imprese, mentre le esportazioni avrebbero ripreso a crescere dopo il forte rallentamento degli ultimi tre mesi del 2012. Nelle più recenti valutazioni degli imprenditori non emergerebbero ancora, tuttavia, segnali d’immediato miglioramento delle condizioni per investire. Secondo i dati mensili recentemente diffusi da ISTAT, l’indice del clima di fiducia dei consumatori italiani è diminuito –a marzo 2013 - di quasi un punto rispetto a quanto registrato a febbraio (85,2 a fronte dell’86 di febbraio), attestandosi su valori più bassi di quelli rilevati a dicembre 2012. Anche il clima di fiducia delle imprese risulta diminuito, attestandosi a febbraio a 77,4 a fronte dell’80 del mese precedente.
Per l’anno 2014, il DEF, confermando quanto previsto nella Relazione di marzo, stima una più decisa ripresa delle attività economiche, con un livello di crescita del PIL che dovrebbe attestarsi all’1,3 per cento, ossia superiore di due decimi di punto percentuale rispetto alle previsioni indicate nella Nota di aggiornamento al DEF 2012 .
Tale previsione, come quella per l’anno in corso, sconta gli effetti positivi sulla domanda interna derivanti dal D.L. n. 35/2013 in tema di accelerazione del pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni. Sul punto, il DEF precisa che in mancanza delle misure adottate con il citato decreto-legge la crescita del PIL nel 2014 sarebbe stata all’incirca dello 0,6 per cento.
Gli effetti positivi delle misure di accelerazione dei pagamenti dei debiti della PA influenzeranno l’andamento del prodotto anche negli anni successivi. In particolare, il PIL è previsto crescere dell’1,5 per cento nel 2015, dell’1,3 per cento nel 2016 e dell’1,4 per cento nel 2017.
Analisi delle componenti del quadro macroeconomico italiano
La tabella che segue riporta le previsioni per gli anni 2013-2017 dei principali indicatori del quadro macroeconomico complessivo esposto nel DEF 2013, posti a raffronto con i dati di consuntivo degli ultimi due anni.
Tabella 1.4
Il quadro macroeconomico (variazioni percentuali)
|
Consuntivi |
Previsioni |
|||||
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
PIL |
0,4 |
-2,4 |
-1,3 |
1,3 |
1,5 |
1,3 |
1,4 |
Importazioni |
0,5 |
-7,7 |
-0,3 |
4,7 |
4,4 |
4,1 |
3,8 |
Consumi finali nazionali |
-0,2 |
-3,9 |
-1,7 |
0,9 |
1,0 |
0,9 |
1,0 |
- spesa delle famiglie |
0,1 |
-4,3 |
-1,7 |
1,4 |
1,1 |
1,1 |
1,2 |
- spesa delle P.A. e I.S.P. |
-1,2 |
-2,9 |
-1,7 |
-0,4 |
0,7 |
0,3 |
0,1 |
Investimenti fissi lordi |
-1,8 |
-8,0 |
-2,6 |
4,1 |
3,2 |
2,6 |
2,4 |
- macchinari, attrezzature e vari* |
-1,0 |
-9,9 |
-3,0 |
5,1 |
4,4 |
3,8 |
3,4 |
- costruzioni |
-2,6 |
-6,2 |
-2,2 |
3,1 |
2,0 |
1,5 |
1,4 |
Esportazioni |
5,9 |
2,3 |
2,2 |
3,3 |
4,1 |
4,0 |
3,9 |
|
|||||||
Occupazione (ULA) |
0,1 |
-1,1 |
-0,3 |
0,6 |
0,8 |
0,7 |
0,8 |
Tasso di disoccupazione |
8,4 |
10,7 |
11,6 |
11,8 |
11,6 |
11,4 |
10,9 |
|
|||||||
Deflatore PIL |
1,3 |
1,6 |
1,8 |
1,9 |
1,8 |
1,8 |
1,8 |
Inflazione programmata |
2,0 |
1,5 |
1,5 |
1,5 |
1,5 |
|
|
* Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature, in trasporti e in beni immateriali.
Fonte: DEF 2013, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab. I.1-1.
Come si evince dalla tabella, tutti i principali indicatori macroeconomici manifestano nell’anno 2013 un valore negativo rispetto al 2012, salvo l’andamento positivo indicato per le esportazioni (+2,2 per cento).
In particolare, i consumi privati sono attesi mantenersi nel 2013 ancora su livelli deboli (-1,7 per cento), quale riflesso delle persistenti difficoltà di recupero dell’economia. L’andamento dei consumi privati torna positivo nel 2014 (+0,9 per cento), anche grazie agli effetti di trascinamento del provvedimento di accelerazione del pagamento dei debiti della P.A.
In particolare, i consumi delle famiglie, previsti ancora in calo nel 2013, recuperano circa 3 punti percentuali nel 2014, anno in cui tornano a crescere dell’1,4 per cento.
Il dato positivo della previsione dei consumi delle famiglie indicato per il 2014 (+1,4 per cento) e per gli anni successivi (in media +1,1 per cento) riflette in maniera più evidente l’effetto positivo che dovrebbe derivare sulla domanda interna dall’immissione di liquidità nel sistema economico connessa alle misure prospettate in tema di accelerazione dei pagamenti dei debiti della PA..
Al netto delle suddette misure, infatti, secondo le indicazioni fornite nel DEF, i consumi delle famiglie registrerebbero nel 2013 una contrazione superiore, pari a -2,1 per cento, mentre il recupero dei consumi nel 2014 non andrebbe al di là di un modesto +0,5 per cento.
Per quanto concerne gli altri indicatori, le importazioni manifesterebbero ancora nel 2013 una contrazione (-0,3 per cento) rispetto al 2012, tornando su valori positivi, tuttavia, già nel 2014 (+4,7 per cento) e mantenendosi su una crescita media del 4 per cento nel triennio successivo.
Gli investimenti fissi lordi sono previsti in calo per il terzo anno consecutivo, in riduzione nel 2013 del ‑2,6 per cento rispetto al 2012, anno in cui la contrazione era stata pari al ‑8 per cento sul 2011.
Ad avviso del Governo l’iniezione di liquidità derivante dal provvedimento di liquidazione dei debiti della PA dovrebbe avere un impatto positivo su tale voce già dal 2013, e stimato in crescita negli anni successivi, favorendo la revisione dei piani di investimento delle imprese. Il DEF evidenzia, infatti, che nel 2013 la contrazione degli investimenti fissi avrebbe raggiunto il -3,3 per cento senza l’intervento delle suddette misure.
Nel 2014 è prevista una netta ripresa degli investimenti fissi lordi, con una crescita del 4,1 per cento, di circa 2,8 punti percentuali superiore a quanto si sarebbe realizzato in mancanza del provvedimento di sblocco dei pagamenti dei debiti della P.A. L’andamento degli investimenti si mantiene su livelli positivi anche negli anni successivi, anche se ad un ritmo inferiore di quello previsto nel 2014.
Le esportazioni – che hanno trainato la crescita economica nel 2010 e nel 2011 ed hanno costituito l’unico apporto positivo alla crescita del PIL nel 2012 – continuerebbero a manifestare un andamento positivo anche nell’anno 2013 (+2,2 per cento). Le esportazioni sono attese in crescita anche nel 2014 (+3,3 per cento) e nel triennio successivo, a un livello medio del 4 per cento.
Per quanto concerne la bilancia dei pagamenti, il saldo corrente è stimato migliorare nel 2013, passando da -0,6 per cento nel 2012 a +0,1 per cento. Negli anni successivi, tuttavia, il saldo tornerebbe su valori negativi, mediamente pari a -0,1 per cento.
Il grafico seguente indica l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico a partire dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato del DEF 2013.
Grafico 1.1
![]() |
|
||||
![]() |
||||
Quanto all’andamento dei prezzi, il deflatore del PIL è stimato in crescita nell’anno in corso all’1,8 per cento (rispetto all’1,6 del 2012).
Esso si manterrebbe stabile intorno all’1,8 per cento nel restante periodo.
L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), valutato al netto dei prodotti energetici, è stimato attestarsi al 2 per cento nel 2013, in netta discesa rispetto al 2012, in cui l’indice ha raggiunto il 3,0 per cento.
Mercato del lavoro
Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF, confermando quanto già esposto nella Relazione al Parlamento presentata a marzo scorso, stima per l’anno 2013 una contrazione dell’occupazione, in termini di ULA, dello 0,3 per cento rispetto al 2012, anno in cui l’occupazione si è ridotta dell’1,1 per cento.
Una ripresa occupazionale è attesa realizzarsi soltanto a partire dal 2014, anno in cui l’occupazione segnerebbe una evoluzione positiva (+0,6 per cento), fino a giungere allo 0,8 per cento nel 2017.
Il grafico seguente mostra l’andamento dell’occupazione in Italia a partire dal 2008, con le previsioni 2013-2017 contenute nel DEF.
Grafico 1.2
![]() |
Il tasso di disoccupazione si manterrebbe al di sopra del livello registrato nel 2012 (10,7 per cento) per tutto il periodo di previsione, attestandosi all’11,6 per cento nel 2013 e all’11,8 per cento nel 2014.
Il DEF ipotizza che soltanto alla fine del periodo di previsione il tasso possa tornare, scontando comunque un progressivo aumento del tasso di partecipazione, al di sotto della soglia dell’11 per cento, atteso che con la ripresa dell’economia gli aumenti dell’occupazione saranno probabilmente meno che proporzionali rispetto alle variazioni del PIL.
Per ciò che concerne l’andamento del mercato del lavoro, nel Bollettino economico di aprile, la Banca d’Italia rileva che gli andamenti osservati nei primi mesi del 2013 indicherebbero il protrarsi della debolezza del quadro occupazionale. Secondo i dati provvisori della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’ISTAT, nel primo bimestre del 2013 l’occupazione avrebbe continuato a diminuire e il tasso di disoccupazione sarebbe cresciuto ancora, sebbene a febbraio si siano registrati andamenti di segno opposto. Le ore di CIG autorizzate tra gennaio e marzo sono aumentate del 12,0 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, nonostante il blocco amministrativo dei pagamenti della componente in deroga. Le aspettative delle imprese desunte dalle inchieste congiunturali condotte a marzo prefigurano un’ulteriore perdita di posti di lavoro nei mesi primaverili. Il deterioramento della situazione occupazionale italiana è evidenzato anche dal Fondo Monetario Internazionale nelle nuove previsioni per il 2013-2014, che stimano per l’Italia una crescita del tasso di disoccupazione intorno al 12 per cento nel 2013 e al 12,4 per cento nel 2014.
Il grafico che segue mostra l’andamento del tasso di disoccupazione a partire dal 2008 per i principali paesi della UE e per gli Stati Uniti, tratte dal recente rapporto del Fondo monetario internazionale (Word Economic Outlook, aprile 2013).
Grafico 1.3
Andamento del tasso di disoccupazione (variazione percentuale)
Fonte: Per
i consuntivi 2008-2012, per i paesi della UE, dati della Commissione Europea,
per USA, dati FMI. Per le previsioni 2013-2014, FMI, Word Economic Outlook (aprile
2013)
Con riferimento al costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), misurato in termini di rapporto sul PIL, esso è previsto crescere ancora nell’anno 2013 del 2 per cento del PIL, registrando un ulteriore deterioramento della produttività. Per gli anni 2014-2017 e successivi la crescita del CLUP si attesterebbe su livelli più moderati, pari in media allo 0,8 per cento nel periodo considerato.
Nel rapporto del Fondo Monetario Internazionale (Word economic outlook – aprile 2013), le previsioni per l’economia dell’area dell’euro risultano riviste al ribasso.
In tale ambito, con riferimento all’area dell’euro, le revisioni più significative rispetto alle precedenti stime hanno riguardato l’Italia e la Francia, paesi per i quali l’FMI ha indicato una contrazione del PIL nel 2013 pari a -1,5 per cento per l’Italia (superiore di mezzo punto percentuale rispetto a quanto previsto a gennaio) e a -0,1 per cento per la Francia (a fronte di una previsione di crescita dello 0,3 per cento).
Nel complesso, nell’Area euro si prevede una flessione del prodotto nel 2013 pari allo 0,3 per cento.
Nel 2014, l’espansione del PIL in Italia è prevista a un ritmo più modesto di quanto indicato dal Governo nel DEF, pari allo +0,5 per cento. Tale previsione non include, tuttavia, l’impatto economico derivante dal provvedimento sull’accelerazione dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, di cui al D.L. n. 35/2013. Ciò considerato, la previsione dell’FMI si pone sostanzialmente in linea con quanto indicato nel DEF, il quale stima, in assenza del citato intervento, una crescita dell’Italia nel 2014 di poco superiore allo 0,5 per cento.
Tabella 1.5
Prodotto interno lordo – Confronti internazionali (variazioni %)
|
DEF 2013 |
WEO Update |
WEO |
|||
|
2013 |
2014 |
2013 |
2014 |
2013 |
2014 |
Economie avanzate |
||||||
Italia |
-1,3 |
1,3 |
-1,0 |
0,5 |
-1,5 |
0,5 |
Francia |
|
|
0,3 |
0,9 |
-0,1 |
0,9 |
Germania |
|
|
0,6 |
1,4 |
0,6 |
1,5 |
Spagna |
|
|
-1,5 |
0,8 |
-1,6 |
0,7 |
area euro |
|
|
-0,2 |
1,0 |
-0,3 |
1,1 |
Regno Unito |
|
|
1,0 |
1,9 |
0,7 |
1,5 |
Usa |
|
|
2,0 |
3,0 |
1,9 |
3,0 |
Giappone |
|
|
1,2 |
0,7 |
1,6 |
1,4 |
Economie emergenti |
||||||
cina |
|
|
8,1 |
8,5 |
8,0 |
8,2 |
india |
|
|
5,9 |
6,3 |
5,7 |
6,2 |
brasile |
|
|
3,5 |
3,9 |
3,0 |
4,0 |
russia |
|
|
3,1 |
3,8 |
3,4 |
3,8 |
Secondo quanto riportato nel World Economic Outlook, le revisioni alle stime di crescita operate nel mese in corso si basano sulla considerazione di fondo per cui ciò che appariva una ripresa a due velocità, si configura ora in modo più netto come una ripresa a tre velocità, che vede da un lato i mercati emergenti - i quali continuano a procedere su ritmi sostenuti di crescita-, e dall’altro le economie avanzate, le quali, però mostrano una biforcazione: gli Stati Uniti da una parte, stimati crescere sui livelli sostanzialmente già prospettati nel precedente Outlook di gennaio, e l’Area euro dall’altra, i cui tassi di crescita economica sono invece più deboli.
La crescita nei paesi emergenti è, infatti, prevista raggiungere nel 2013 il 5,3 per cento ed il 5,7 per cento nel 2014.
Negli Stati Uniti la stima per il 2013 si attesta intorno all’1,9 per cento e al 3 per cento nel 2014.
Al contrario, l’Area euro decrescerebbe dello 0,3 per cento nel 2013 per riprendere debolmente a crescere dell’1,1 per cento nel 2014.
In particolare, per ciò che concerne l’Area Euro, la crescita negativa riflette – secondo le valutazioni dell’FMI - non solo la debolezza dei paesi periferici, ma anche una qualche debolezza nel nucleo stesso dell’Area, atteso che anche la Germania, pur confermando una espansione del prodotto, manifesterebbe una crescita ben al di sotto dell’1 per cento. Le previsioni per la Francia sono, invece, più negative nel 2013, così come quelle per l’Italia e la Spagna.
Il grafico che segue mostra l’andamento del PIL dei maggiori Stati dell’Unione europea e degli Stati Uniti per gli anni 2008-2012 (a consuntivo) e 2013-2014 (dati previsionali FMI).
Grafico 1.4
Prodotto interno lordo - Confronti internazionali (variazioni percentuali)
![]() |
1. Il Programma nazionale di Riforma
Il Programma Nazionale di Riforma (PNR), contenuto nella Sezione III del DEF, ha, da un lato, la funzione di verificare – in termini di effetti, portata e conformità con gli obiettivi europei - le riforme intraprese dopo l’approvazione del PNR dello scorso anno, e, dall’altro, dovrebbe prospettare un’agenda di interventi per il futuro funzionali al conseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020 e all’attuazione degli indirizzi di policy che le istituzioni comunitarie, nel quadro della nuova governance economica europea, hanno diretto all’Italia.
La presentazione del PNR 2013 viene tuttavia a cadere, come afferma la premessa al DEF, in un momento particolare della vita politica e istituzionale del Paese, che vede in via di svolgimento le procedure per la formazione di un nuovo Esecutivo e induce il Governo dimissionario, in carica per il disbrigo degli affari correnti, a rilevare l’impossibilità di formulare orientamenti per il futuro che presuppongano scelte d’indirizzo politico-legislativo o l’avvio di nuove politiche di vasto respiro che non siano già state condivise dal Parlamento. Per tali ragioni, il PNR 2013 non contiene quest’anno un'agenda di priorità per il futuro, limitandosi invece a riportare un’analisi dettagliata delle riforme adottate e dei relativi primi risultati, nonché a indicare le aree di policy dove è maggiormente necessario intervenire per il futuro. Spetterà al nuovo Governo la facoltà d’integrare il quadro prospettato, presentando un’agenda di riforme, con le relative compatibilità finanziarie, volta a proseguire il percorso di avvicinamento agli obiettivi della Strategia Europa 2020.
Quadro di sintesi del contenuto del PNR
Dal punto di vista dei contenuti, la struttura del PNR 2013, ampiamente rivista rispetto a quella dello scorso anno, è articolata in sei capitoli più un’appendice.
Nel primo capitolo si descrivono sinteticamente le riforme introdotte nel periodo di riferimento previsto dal Semestre Europeo, evidenziandone la coerenza con:
a) gli impegni presi dal Paese nell’ambito del Patto Euro Plus, con il quale gli Stati membri hanno convenuto un coordinamento rafforzato delle politiche economiche volto a conseguire quattro obiettivi prioritari: 1) stimolare la competitività; 2) favorire l’occupazione; 3) migliorare la sostenibilità delle finanze pubbliche; 4): rafforzare la stabilità finanziaria;
b) gli indirizzi indicati dalla Commissione europea nell’ambito dell’analisi annuale delle crescita 2013 con cui si avvia il Semestre Europeo, che ha ribadito, con l’avallo del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013, le seguenti priorità: 1) risanare il bilancio in modo differenziato e favorevole alla crescita; 2) ripristinare la normale erogazione di prestiti all’economia; 3) promuovere la crescita e la competitività nel breve e nel lungo periodo; 4) lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi; 5) modernizzare la Pubblica Amministrazione;
c) gli obiettivi della Strategia Europa 2020 espressi in termini di target europei declinati a livello nazionale;
d) le sette iniziative prioritarie (Flagship Initiatives) sulla base delle quali l'UE e i governi nazionali sostengono i loro sforzi per realizzare la predetta Strategia: 1) agenda digitale europea;.2) unione dell’innovazione; 3) giovani in movimento; 4) un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse; 5) una politica industriale per l’era della globalizzazione; 6) agenda per nuove competenze e lavoro; 7) piattaforma europea contro la povertà.
Nell’ambito di questa cornice il PNR 2013 illustra il percorso compiuto sulla strada delle riforme sollecitate dalle istituzioni europee, sottolineando come gli sforzi compiuti abbiano affrontato sia i problemi urgenti di breve periodo causati dalla crisi, sia le questioni strutturali dalla cui soluzione dipende il benessere economico di lungo periodo del Paese. In questa prospettiva, il documento annovera tra le principali misure adottate:
· il piano per il conseguimento del pareggio strutturale del bilancio anticipato al 2013 e l’inserimento nella Costituzione del principio dell’equilibrio delle entrate e delle spese e della sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni;
· la strategia di riduzione del debito pubblico da attuarsi con la dismissione e la valorizzazione dei beni pubblici;
· la profonda riforma delle pensioni, che ha reso il sistema previdenziale italiano uno dei più sostenibili in Europa;
· le misure per il contenimento della spesa pubblica (c.d. spending review), la riduzione del carico amministrativo per le imprese e il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale;
· la riforma del mercato del lavoro, volta ad aumentare la flessibilità e a ridurre la segmentazione;
· la politica di sviluppo nazionale per l’imprenditoria a favore dell’innovazione e dell’internazionalizzazione;
· le misure di razionalizzazione ed efficientamento del sistema sanitario;
· il migliore utilizzo delle risorse comunitarie.
Il Governo sottolinea, inoltre, come le riforme strutturali volte a stimolare la competitività e la crescita siano state adottate senza mai perdere di vista l’obiettivo della stabilità finanziaria e come ciò abbia accresciuto la credibilità internazionale e favorito il riconoscimento, da parte del Consiglio Europeo del 14-15 marzo 2013, della necessità di un risanamento di bilancio differenziato che permetta all'Italia di utilizzare spazi di flessibilità controllata per azioni di sostegno volte a rilanciare, nel rispetto della stabilità finanziaria, la crescita e l’occupazione, azioni nel cui ambito s’innesta il provvedimento d’urgenza recentemente adottato per la liquidazione dei debiti pregressi della pubblica amministrazione.
Si ricorda, in particolare, che nelle conclusioni del Consiglio europeo:
- si invitano gli Stati membri ad intervenire contestualmente sul versante delle spese e delle entrate adottando misure “mirate a breve termine per promuovere la crescita e sostenere la creazione di posti di lavoro, in particolare dei giovani”, dando la priorità agli investimenti favorevoli alla crescita;
- si ribadisce l’esigenza di proseguire riforme strutturali, nonché di assicurare un equilibrato riparto del carico fiscale attraverso il recupero dell’evasione (anche mediante accordi sulla tassazione dei redditi da risparmio con Paesi terzi), di avviare politiche attive per l’occupazione, l’istruzione e la formazione, di sfruttare il potenziale dell’economia verde, di completare l’unione bancaria e di portare a compimento la riforma della governance economica attraverso la piena operatività del c.d. Two pack e del c.d. Fiscal compact;
- si riafferma la necessità di realizzare la Strategia Europa 2020 mediante il completamento del mercato interno dell’energia, le politiche per l’innovazione, il completamento della cosiddetta agenda digitale, l’integrazione dell’industria europea della difesa e la competitività dell’industria europea, mentre non è prevista alcuna azione specifica per quanto concerne l’eventuale revisione delle regole e degli obiettivi connessi al Patto di stabilità e crescita.
Il secondo capitolo del PNR contiene la valutazione degli impatti macroeconomici connessi alle riforme attuate con:
a) i decreti legge n.83/2012 e n. 179/2012, recanti un insieme eterogeneo di misure volte a rilanciare la crescita e l’efficienza del sistema economico, dai quali dovrebbe discendere un aumento del prodotto interno lordo dello 0,3 e dello 0,5 per cento rispettivamente al 2015 e al 2020, e dello 0,7 per cento nel lungo periodo;
b) la riforma del mercato del lavoro di cui alla legge n.92/2012, la quale determinerebbe mediamente, in base ai diversi esercizi di simulazione elaborati, un impatto positivo sul PIL pari allo 0,4 per cento nel 2015 (mentre l’occupazione rimarrebbe sostanzialmente invariata nello stesso periodo) e destinato a crescere al 2020, quando l’aumento del prodotto, rispetto allo scenario base, raggiungerebbe mediamente l’1 per cento, a fronte di un’occupazione in crescita dello 0,9 per cento. Nel lungo periodo lo scostamento rispetto allo scenario base per il prodotto e l’occupazione risulterebbe, rispettivamente, dell’1,4 e 1,2 per cento.
L’impatto macroeconomico dell’insieme delle riforme strutturali varate dal Governo nel 2012 – comprendenti gli interventi per la crescita, la riforma del mercato del lavoro, nonché le misure in tema di liberalizzazioni e semplificazioni già oggetto di stima nel precedente PNR – determina, rispetto allo scenario di base, un incremento del PIL pari a 1,6 punti percentuali al 2015 e a 3,9 punti nel 2020, sino a raggiungere i 6,9 punti percentuali nel lungo periodo.
Il PNR reca altresì l’analisi dell’impatto finanziario delle misure in esso indicate, articolate in dieci aree di politiche pubbliche in cui sono aggregate le nuove misure d’intervento tratte dai provvedimenti vigenti dall’aprile 2012, che includono anche disposizioni afferenti a misure già poste in essere negli anni precedenti, riportate quale aggiornamento normativo e finanziario dei PNR 2012 e 2011. Gli effetti finanziari sono valutati in termini di maggiori/minori entrate e maggiori/minori spese e quantificati con riferimento ai relativi saldi. Per il 2013 si riportano i risultati dell’analisi d’impatto sul bilancio dello Stato. Le predette aree di policy, cui sono associate le relative misure di intervento, sono le seguenti:
§ contenimento ed efficientamento della spesa pubblica;
§ federalismo;
§ efficienza amministrativa;
§ mercato dei prodotti e concorrenza;
§ lavoro e pensioni;
§ innovazione e capitale umano;
§ sostegno alle imprese;
§ sostegno al sistema finanziario;
§ energia e ambiente;
§ infrastrutture e sviluppo.
Il terzo capitolo del PNR illustra le misure che il Paese ha adottato in risposta alle Raccomandazioni del Consiglio Europeo, nonché le iniziative più rilevanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali della Strategia Europa 2020 (in materia di tasso di disoccupazione, investimenti in ricerca e sviluppo, fonti rinnovabili, efficienza energetica, abbandoni scolastici, istruzione universitaria, contrasto alla povertà). Alla fine del capitolo è altresì riportata una sintesi dei risultati dell’utilizzo dei Fondi comunitari e indicazioni in ordine alla nuova fase di programmazione 2014-2020.
Limitando la presente sintesi alle indicazioni fornite nel PNR con riferimento ai “prossimi passi” da compiere in risposta alle predette raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea, si segnalano le seguenti questioni:
a) riduzione del debito pubblico: ferma restando la strategia di riduzione della spesa pubblica e di consolidamento fiscale, che consentirà di raggiungere nell’anno in corso il pareggio di bilancio in termini strutturali e di mantenere un avanzo primario di bilancio di oltre il 4 per cento del PIL a partire dal 2015, occorre completare il censimento del patrimonio pubblico, nonché costituire la prevista Società di Gestione del Risparmio per la relativa valorizzazione e dismissione. Sarà, inoltre, esteso all’intero territorio nazionale il Progetto “Valore Paese” per la valorizzazione d’immobili non utilizzati appartenenti al patrimonio dello Stato e degli enti pubblici e proseguita la dismissione di alloggi di servizio delle Forze Armate;
b) efficienza e qualità della spesa pubblica e uso dei fondi strutturali: nel 2013 proseguirà il processo di contenimento e riqualificazione della spesa (avvio della terza fase della spending review), indirizzata in particolare all’articolazione periferica delle amministrazioni statali; in linea con la legge di stabilità 2013, saranno inoltre adottati i provvedimenti legislativi di riordino delle Province e d’istituzione delle città metropolitane. Proseguirà, inoltre, l’attuazione del Piano di Azione e Coesione è sarà necessario accelerare l’attuazione dei Programmi operativi, aumentando i target nazionali intermedi di spesa per evitare la concentrazione delle spese negli anni 2014-2015, in coincidenza con l’avvio del nuovo ciclo di programmazione dei fondi strutturali; in relazione a tale nuovo ciclo saranno definiti, sulla base del confronto istituzionale e con il partenariato economico- sociale e del negoziato con la Commissione europea, gli strumenti d’intervento, nonché le più appropriate condizionalità ex ante volte ad assicurare la piena operatività dei requisiti di efficacia degli interventi;
c) disoccupazione giovanile, percorsi formativi e abbandoni scolastici: nel corso del 2013 proseguiranno, in accordo con le Regioni, le azioni di diffusione e incentivazione del contratto di apprendistato. Sarà rafforzata la semplificazione degli oneri amministrativi e dei servizi alle imprese, nonché l’erogazione di un’offerta formativa adeguata. Specifiche misure saranno adottate per rafforzare la capacità di collocamento dei servizi per l'impiego pubblici e privati, dando priorità all’interoperabilità di tutte le componenti del sistema formativo e al monitoraggio delle azioni svolte dai servizi per l'impiego. Proseguirà inoltre il monitoraggio degli effetti della riforma del lavoro, al fine di raccogliere una base informativa e registrare eventuali criticità che potrebbero suggerire ulteriori interventi di revisione; in tale ambito una particolare attenzione sarà dedicata agli aspetti della flessibilità d’ingresso nel mercato del lavoro. Sarà poi rafforzata l’azione di contrasto agli abbandoni scolastici, anche mediante la promozione dell’apprendimento permanente e il potenziamento del rapporto tra scuola ed esigenze del mercato del lavoro. Il migliore utilizzo dei fondi strutturali contribuirà a contrastare l’insuccesso formativo, soprattutto nelle Regioni del Sud. Infine, nel corso dell’anno saranno adottate misure per rafforzare la formazione continua degli insegnanti e promuovere un loro ricambio generazionale;
d) mercato del lavoro e competitività: in tali ambiti occorrerà, in primo luogo, rafforzare e monitorare l’attuale sistema di tutele relativo all’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), istituto entrato in vigore dal 1° gennaio 2013 e consiste nell'erogazione di un'indennità mensile ai lavoratori dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti e i soci di cooperative di lavoro e i lavoratori a termine della PA, che hanno perso involontariamente il lavoro. Devono inoltre essere integrati gli strumenti di conciliazione tra lavoro e famiglia già introdotti o rafforzati dal Governo al fine di favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Per la tutela di donne e giovani è necessario esaminare modalità per un intervento di abolizione dei ricongiungimenti previdenziali onerosi, che penalizzano coloro che sono costretti a cambiare lavoro. In via generale, si sottolinea, inoltre, la necessità di accompagnare il percorso di ripresa con politiche attente all’investimento sociale, evidenziando come il nuovo Governo dovrà affrontare la questione del finanziamento della spesa per la rete degli interventi e servizi sociali territoriali, al fine, in particolare, di favorire i servizi socio-educativi per la prima infanzia, i servizi di cura per le persone con disabilità e gli anziani non autosufficienti, i servizi residenziali per le fragilità e gli strumenti locali di contrasto alla povertà, valutando a tale ultimo proposito l’estensione, dal punto di vista territoriale e dei beneficiari, della sperimentazione della nuova social card, anche tramite con il sostegno dei fondi strutturali;
e) lotta all’evasione e riforma fiscale: nell’ambito di una strategia di politica fiscale incentrata sulla lotta all’evasione e all’elusione fiscale e sullo spostamento della tassazione dal lavoro e dal reddito al patrimonio e al consumo, si segnala per il futuro l’esigenza di riprendere i principi contenuti nel disegno di legge di delega fiscale, il cui iter parlamentare non si è completato nella scorsa legislatura, e di portare a termine la riforma del catasto e il processo di semplificazione fiscale. Per quanto concerne il carico fiscale, andranno introdotti interventi correttivi soprattutto a tutela delle fasce più deboli e delle famiglie numerose, mentre sul versante delle attività produttive è segnalato l’apporto che potrà derivare dalla graduale eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’IRAP, in particolare per le piccole e medie imprese, nonché l’esigenza di continuare a favorire l’occupazione incentivando le imprese e favorendo l’investimento degli utili in azienda. Specifico rilievo viene inoltre dato alla necessità di rinforzare gli incentivi occupazionali per giovani e donne tenendo conto delle peculiarità territoriali;
f) concorrenza, infrastrutture e ambiente imprenditoriale: in tali settori d’intervento, viene in primo luogo segnalata l’esigenza di potenziare le infrastrutture critiche legate all’ambiente e all’energia (quali, ad esempio, gli impianti per il trattamento dei rifiuti, le reti idriche, le smart grids) e l’azione di messa in sicurezza del territorio. Sarà inoltre riesaminato Il credito d’imposta per le infrastrutture realizzate in project financing al fine di superare la logica delle “grandi opere” estendendo l’agevolazione alle opere d’importo inferiore ai 500 milioni di euro. Specifico rilievo, nell’ottica della velocizzazione dell’attuazione dei progetti di dotazione infrastrutturale viene attribuito alla prosecuzione del programma di semplificazione delle procedure e, in particolare, alla semplificazione dei livelli decisionali tra Stato, Regioni ed Enti locali, cui potrebbe contribuire la proposta di legge costituzionale di revisione del Titolo V della Costituzione presentata nel 2012 e non ancora approvata. Tra le opere infrastrutturali di rilievo sono richiamati il Piano contro il dissesto idrogeologico, quello sui depuratori e il Piano per le scuole.
Oltre all’impegno della PA di fornire liquidità al tessuto imprenditoriale attraverso l’accelerazione dei pagamenti dei debiti pregressi, è poi segnalata l’esigenza di potenziare l’accesso delle imprese agli strumenti finanziari, agendo a tal fine sul funzionamento del Fondo di Garanzia per le PMI e sulla relazione tra banche e imprese. Con riferimento al miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, si sottolinea la necessità di potenziare l’opera di semplificazione amministrativa con una cospicua riduzione delle procedure inutili, adottando a tal fine, previa consultazione telematica e su intesa con Regioni ed Enti Locali, un nuovo programma per la misurazione e la riduzione degli oneri regolatori e dei tempi. Le semplificazioni in materia di attività produttive e di autorizzazioni ambientali, l’utilizzo sempre più esteso di procedure telematiche, lo snellimento delle procedure autorizzative e la completa operatività dello Statuto delle imprese, sono qualificati come impegni imprescindibili. Per quanto concerne la competitività sarà in primo luogo data attuazione all’apposito fondo per finanziare la ricerca e l’innovazione costituito con la Legge di stabilità 2013 e sarà esaminata la possibilità di rendere strutturale il credito d’imposta per le imprese che investono. Dovranno inoltre essere portate avanti le azioni di sostegno alle start up innovative e per i giovani imprenditori.
Con riferimento al processo di liberalizzazione del mercato e rafforzamento della concorrenza, specifico rilievo è dato all’esigenza di non rinviare ulteriormente la riforma dei servizi pubblici locali, eliminando l’attuale incertezza normativa che costituisce il principale ostacolo allo sviluppo e agli investimenti nel settore. Viene poi sottolineata la necessità di completare e monitorare l’attuazione degli interventi disposti con il decreto legge sulle liberalizzazioni, con particolare riguardo all’operatività dell’Autorità dei Trasporti, alle assicurazioni RC-Auto e al settore dei taxi, valutando al contempo l’impatto delle nuove norme nel settore delle farmacie. Per estendere progressivamente il perimetro delle liberalizzazioni e perfezionare quelle già in atto sarà, inoltre, necessario vigilare sull’elaborazione e implementazione della legge annuale sulla concorrenza.
Infine, occorrerà proseguire l’opera di razionalizzazione della macchina giudiziaria, assicurando una maggiore deflazione della domanda di giustizia, attraverso una revisione della normativa sulla mediazione, e una maggiore efficienza ed efficacia degli uffici giudiziari, attraverso: il completamento della riforma della geografia giudiziaria; la prosecuzione del processo d’informatizzazione degli uffici; la diffusione delle buone prassi organizzative; il monitoraggio del funzionamento dei Tribunali delle Imprese, anche per verificare l’utilità di possibili successivi ampliamenti delle materie di specializzazione. Per quanto attiene alla deflazione del contenzioso, andranno considerate misure, anche di carattere straordinario, per affrontare le cause pendenti, specie nelle Corti d’Appello. Va inoltre istituito un osservatorio per l’analisi degli effetti delle riforme e completata la creazione di una banca dati automatizzata, con lo scopo di monitorare l’impatto delle riforme, identificarne le criticità e raccogliere le buone pratiche.
Nel quarto capitolo del PNR è contenuta l’analisi degli squilibri macroeconomici che incidono sulla competitività del paese. Il processo di sorveglianza degli squilibri macroeconomici dei Paesi dell’Area dell’Euro, che rientra nel ciclo annuale del Semestre europeo, prevede una valutazione periodica da parte della Commissione europea dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro, effettuata sulla base di un quadro di riferimento costituito da dieci indicatori economici (scoreboard).
Gli indicatori sono distinti tra quelli che monitorano gli squilibri esterni e quelli riferiti agli squilibri interni, come evidenzia la seguente tabella. Per ciascuno di essi sono stabilite delle soglie di allerta, che possono individuare sia livelli eccessivamente alti, sia eccessivamente bassi della variabile.
Squilibri esterni |
|||||||||||
indicatore |
Saldo
del conto corrente |
Posizione
netta degli investimenti |
Tasso di cambio effettivo reale |
Quote di mercato delle esportazioni Variazione in % (su 5 anni) |
Costo nominale del lavoro per unità di prodotto (CLUP) Variazione in % (su tre anni) |
||||||
Squilibri interni |
|||||||||||
indicatore |
Indice delle quotazioni
reali immobiliari |
Flussi di credito al
settore privato |
Debito del settore
privato |
Debito pubblico in % del PIL |
Tasso di disoccupazione Media su tre anni |
Passività totali del settore finanziario Variazione % su base annua |
|||||
Il riscontro di “gravi squilibri” tali da mettere in rischio il funzionamento dell’Unione economica e monetaria può determinare l’attivazione di una procedura correttiva, comprendente anche elementi sanzionatori, volta a condurre lo Stato interessato ad adottare le misure correttive necessarie.
La valutazione in questione è stata per la prima volta attivata nel 2012, quando la Commissione ha pubblicato il primo Rapporto di Allerta (COM (2012)68), in cui s’indicava che 12 Paesi, tra cui l’Italia, necessitavano di una “analisi approfondita” per valutare possibili squilibri eccessivi. Nel Rapporto si evidenziava, in particolare, come l’Italia, con riferimento ai risultati 2010, abbia superato i valori soglia di due indicatori, costituiti dalla perdita di competitività - desumibile dalla contrazione delle quote di mercato delle esportazioni - e dal livello elevato del debito pubblico. Nelle analisi approfondite pubblicate nel successivo mese di maggio del 2012, tali squilibri sono stati giudicati “seri”, ma non eccessivi e l'Italia è stata pertanto inclusa nella procedura preventiva.
Anche il successivo Rapporto di Allerta include l’Italia tra i Paesi che, presentando “seri” squilibri, necessitano di un’analisi approfondita, che è stata pubblicata il 10 aprile scorso.
La relazione approfondita sugli squilibri macroeconomici in alcuni Stati membri dell’area euro presentata dalla Commissione europea il 10 aprile scorso (COM(2013)199) – che si colloca nell’ambito della procedura di sorveglianza macroeconomica disciplinata da due appositi regolamenti del cd. six pack - rileva l’esistenza di squilibri macroeconomici in tredici Stati membri dell’UE: Belgio, Bulgaria, Danimarca, Spagna, Francia, Italia, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Finlandia, Svezia e Regno Unito. Per ciascuno di questi Paesi la Commissione ha predisposto un documento di lavoro recante un’analisi specifica. Soltanto nel caso della Spagna e della Slovenia la Commissione ritiene che gli squilibri macroeconomici rilevati siano eccessivi e richiedano, pertanto, un piano correttivo.
La Commissione osserva, in via generale, che in tutti i Paesi dell’UE, inclusi i 13 sopra richiamati, è già in atto un aggiustamento macroeconomico, anche se con differenze nella natura e nel ritmo di attuazione, evidenziando al contempo la necessità di ulteriori e più decisi interventi in vari ambiti. Per quanto concerne specificamente l’Italia, l’esame approfondito della Commissione, nel rilevare l’esistenza di squilibri macroeconomici che richiedono un attento monitoraggio e misure di correzione in coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese che saranno adottate dal Consiglio in esito al semestre europeo 2013, evidenzia, in particolare che:
· in un contesto di modesta crescita, la perdita di quote nel mercato nelle esportazioni e la sottostante perdita di competitività, unitamente al livello elevato di indebitamento pubblico, devono essere oggetto di un'attenzione costante in un più ampio programma di riforme, al fine di ridurre il rischio di effetti negativi sul funzionamento dell'economia italiana e dell’Unione economica e monetaria nel suo complesso;
· in un contesto di elevata avversione al rischio da parte dei mercati finanziari, l’alto debito pubblico si riverbera negativamente sulle prospettive di crescita del Paese, generando una serie di effetti negativi: l’aumento della pressione fiscale necessaria per pagare gli interessi sul debito, la difficoltà del sistema bancario e – di riflesso – di imprese e famiglie a finanziarsi a costi contenuti; un margine molto limitato per le politiche fiscali anticicliche e di stimolo alla crescita. La Commissione riconosce che il Governo italiano, al fine di mettere l'elevato rapporto debito-PIL pubblico su un percorso di discesa costante, ha perseguito una rilevante strategia di consolidamento fiscale, ma le prospettive negative in termini di crescita rendono ancora più essenziale raggiungere e mantenere un avanzo primario (differenza tra entrate e uscite dello Stato al netto degli interessi sul debito) consistente;
· la produttività stagnante ha comportato un aumento dei costi per unità di lavoro rispetto agli altri Paesi e, unitamente all'apprezzamento considerevole del tasso di cambio effettivo nominale in Italia tra il 2003 e il 2009, ha ulteriormente minato la competitività di costo dei prodotti italiani;
· la pressione fiscale si mantiene elevata, soprattutto sul lavoro e capitale;
· il mercato delle esportazioni continua a soffrire di una specializzazione di prodotto sfavorevole, e la debole dotazione di capitale umano ostacola il passaggio a un modello di specializzazione tecnologicamente più avanzato;
· la complessità del quadro istituzionale e normativo, nonché la struttura proprietaria e gestionale delle imprese, ostacolano la capacità delle aziende italiane di crescere, limitando gli incrementi di produttività e l’espansione su scala internazionale. Questi fattori limitano anche l'afflusso d’investimenti diretti esteri;
· la recessione ha seriamente indebolito la capacità del settore bancario italiano di sostenere l'aggiustamento necessario per affrontare gli squilibri.
Il DEF rileva, quindi, che analogamente allo scorso anno anche nel 2013 il meccanismo di sorveglianza degli squilibri evidenzia, per l’Italia, valori sopra la soglia di allerta per il debito pubblico e per le quote di mercato delle esportazioni, la cui contrazione sarebbe legata alla perdita di competitività verificatasi a partire dall’introduzione dell’euro.
Nell’analisi degli squilibri macroeconomici riportata nel PNR si rileva come tra il 2000 e il 2011 la quota dell’Italia sul totale del commercio mondiale sia scesa dal 3,8 al 3,3 per cento. Salvo una fase di recupero realizzatasi nel 2001-2014, si è registrata una tendenza negativa durata sino al 2010; i dati più recenti segnalano, peraltro, una decisa attenuazione della velocità di caduta della quota, con una sua sostanziale stabilizzazione a partire dal 2011. La contrazione delle quote di mercato italiane presenta un profilo simile a quello di altri Paesi dell’area dell’euro, anche se in termini di variazione percentuale i risultati sono peggiori rispetto a quelli della media dei Paesi dell’area; su tale media pesa, tuttavia, in misura rilevante il livello elevato delle esportazioni delle Germania, al netto delle quali la dinamica registrata in Italia non appare sostanzialmente difforme da quella di altri principali paesi europei.
In questo quadro, il principale ostacolo per riguadagnare competitività e migliorare le prospettive di crescita economica è costituito dalla bassa produttività. Secondo le valutazioni della Commissione, un fattore di debolezza è costituito, in particolare, dal livello elevato, rispetto alla media dell’Area dell’euro, del costo unitario del lavoro, imputabile anche a una dinamica salariale non allineata a quella della produttività.
Si ricorda che già il PNR dello scorso anno identificava una serie di debolezze di fondo del sistema economico nazionale, segnalando nella progressiva riduzione della produttività totale dei fattori, accompagnata da un alto costo unitario del lavoro rispetto agli altri paesi UE, una delle principali ragioni della bassa crescita italiana. In particolare, il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), incidendo in modo rilevante sulla competitività di prezzo, costituisce è uno degli indicatori preso a riferimento per la valutazione degli squilibri esterni. Pur non oltrepassando, al momento della valutazione, il valore soglia individuato dalla Commissione, il PNR 2013 rileva come l’aumento del CLUP sia strettamente connesso con la perdita di competitività e di quote di mercato dell’Italia e sia legato principalmente all’andamento stagnante della produttività. Nel quadro di una crescita pressoché nulla della produttività del lavoro iniziata dalla fine degli anni ’90, il costo unitario del lavoro per l’intera economia ha continuato ad aumentare nel periodo successivo alla crisi anche in termini reali, poiché la dinamica del reddito pro-capite, seppure in moderazione nei trimestri più recenti, è risultata maggiore di quella della produttività. Una causa dell’andamento ancora insoddisfacente dell’indicatore è attribuibile, ad avviso del Governo, ad aspetti ciclici e a un diverso comportamento del mercato del lavoro rispetto a quello dei beni. La contrazione dell’occupazione è stata molto meno marcata rispetto alla caduta del prodotto interno lordo. In prospettiva, è atteso invece un ribilanciamento di queste due componenti, posto che con la ripresa dell’economia gli aumenti dell’occupazione saranno probabilmente meno che proporzionali rispetto alle variazioni del PIL. Resta tuttavia cruciale, prosegue il Governo, ottenere maggiori incrementi di produttività che non vadano a scapito di aumenti di occupazione. In proposito, già il PNR dello scorso anno includeva, tra le principali cause della riduzione della produttività italiana, la minore qualificazione del capitale umano, un modello di sviluppo basato sulle piccole e medie imprese che mostrano una minore capacità di assorbimento delle nuove tecnologie e di penetrazione sui mercati internazionali. Per quanto concerne l’altra componente che determina il CLUP, ossia la variazione dei salari nominali, essa è risultata sostanzialmente in linea con la media europea e si ritiene pertanto che questa variabile non abbia giocato, al contrario della bassa produttività, un ruolo rilevante nella perdita di competitività. Il Governa ricorda, inoltre, come alla necessità di perseguire un maggiore allineamento tra il comportamento dei salari e le variazioni della produttività sia stata data una risposta rafforzando la negoziazione salariale di secondo livello tramite il recente accordo sulla produttività. Si rileva, infine, come alla necessità di far recuperare competitività di prezzo all’economia italiana si contrapponga l’esigenza di non deprimere ulteriormente la domanda interna, particolarmente rilevante in una fase congiunturale ancora molto delicata come quella attuale.
Per quanto concerne le variabili finanziarie, salvo il livello del debito pubblico, l’Italia non presenta valori critici: i flussi di credito sono considerati dal DEF nella norma e il livello dell’indebitamento del settore privato presenta dimensioni molto contenute rispetto alla media europea. Non si rilevano, inoltre, variazioni eccessive nelle passività del settore finanziario.
In particolare, la situazione complessiva della ricchezza delle famiglie, reale e finanziaria, è da considerarsi tra le più solide in Europa. Il settore delle imprese non finanziarie risulta, come in tutte le economie avanzate, strutturalmente in una posizione debitoria, con un livello d’indebitamento sostanzialmente in linea con la media europea, anche se i prestiti contratti nei confronti delle banche rappresentano una percentuale più alta rispetto al benchmark europeo, anche in ragione della composizione del tessuto produttivo, composto da imprese di piccole e medie dimensioni che trovano difficoltà ad accedere in maniera diretta al mercato dei capitali e risultano più vulnerabili a situazioni di restrizione del credito. Le imprese finanziarie hanno riqualificato le attività patrimoniali a favore di crediti meno rischiosi e le principali banche, dando seguito alla raccomandazione della European Banking Authority del dicembre 2011, hanno provveduto ad effettuare ricapitalizzazioni e rilevanti operazioni di deleveraging. Nel complesso, il settore bancario italiano è considerato solido perché presenta un’esposizione contenuta verso attività rischiose e un valore ridotto della leva finanziaria rispetto alla media europea. La solidità strutturale del sistema finanziario, comprovata dalle analisi effettuate dall’autorità di vigilanza e confermata dal FMI al termine della missione svoltasi nel marzo del 2013, implica, ad avviso del Governo, che non appena se ne verificassero le condizioni il settore bancario potrebbe tornare ad espandere il credito all’economia.
Un elemento di preoccupazione, in base alle valutazioni della Commissione riportate nel PNR, attiene all’elevato costo dei finanziamenti alle imprese, il cui divario rispetto ai principali paesi dell’Area dell’euro rifletterebbe le tensioni sui debiti sovrani e la conseguente difformità di trasmissione della politica monetaria nelle varie economie dell’Area. Analogamente a quanto affermato lo scorso anno, la Commissione rileva, tuttavia, che l’indebitamento del settore privato è inferiore alla media dell’Area dell’euro.
In via generale, il PNR evidenzia, infine, come le politiche di aggiustamento fiscale e le riforme attuate abbiano condotto ad un miglioramento strutturale complessivo dal punto di vista degli squilibri macroeconomici, anche se la fase congiunturale, ancora sfavorevole, ha reso più difficile il pieno palesarsi dei risultati conseguiti. Segnali positivi sono riscontrabili sia dal lato della competitività – ove gli scambi con l’estero sono caratterizzati da un deciso miglioramento del saldo delle partite correnti, da un buon andamento delle esportazioni e da una sostanziale stabilizzazione delle quote di prodotti italiani nei mercati internazionali – sia sotto il profilo dei mercati finanziari, ove si è registrato un deciso calo del differenziale di rendimento tra i BTP e i Bund tedeschi rispetto ai picchi registrati nei momenti più acuti della crisi, il quale contribuirà al graduale venire meno delle tensioni sul mercato del credito e, in generale, su tutti gli indicatori finanziari monitorati a livello europeo.
Il quinto capitolo del PNR illustra, nel dettaglio, il complesso delle riforme nazionali adottate nel 2012 – che qui per brevità non è possibile richiamare- anche attraverso specifichi approfondimenti tecnici e l’indicazione delle “azioni in itinere’” per le iniziative governative che non sono riuscite ad arrivare alla fine del processo parlamentare ancorché deliberate dal Consiglio dei Ministri. Nel capitolo sono altresì riportate informazioni sullo stato di attuazione dei provvedimenti adottati.
Il sesto capitolo del PNR indica le principali azioni intraprese dalle amministrazioni locali nell’ambito del processo del Semestre europeo.
In allegato al PNR è, infine, riportata appendice con quattro griglie di dettaglio recanti una disaggregazione degli impatti macroeconomici delle riforme, la sintesi di tutte le nuove misure introdotte nel periodo 2012-2013 e l’aggiornamento attuativo delle misure del precedente PNR, nonché il dettaglio delle misure introdotte a livello regionale.
Approfondimento
2. Il semestre europeo
La procedura del semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche è volta a garantire la coerenza delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri, da approvare nella seconda metà dell'anno, con le raccomandazioni approvate dalle istituzioni dell'UE nella prima metà dell’anno.
A questo scopo, il semestre europeo prevede le seguenti fasi secondo una serrata scansione temporale:
· gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’analisi annuale sulla crescita (la presentazione dell’analisi relativa al 2013 è stata anticipata al 28 novembre 2012, in considerazione della necessità di prospettare misure condivise ed urgenti alla crisi economica);
· febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri (per il 2013 vedi paragrafo successivo);
· metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;
· fine maggio-inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri (la presentazione delle raccomandazioni per il 2013 è attesa per il 29 maggio);
· giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;
· seconda metà dell’anno (c.d. semestre nazionale): gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute nonché dei vincoli procedurali prospettati dal c.d. two pack, in corso di adozione;
· nell’indagine annuale sulla crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.
Priorità del Consiglio europeo di primavera
Il Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013 ha stabilito le seguenti priorità per il semestre europeo 2013, avallando le indicazioni contenute enunciate nell'analisi annuale della crescita 2013 (che peraltro confermano quelle già definite per il 2012):
· portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita;
· ripristinare la normale erogazione di prestiti all'economia;
· promuovere la crescita e la competitività;
· lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi;
· modernizzare la pubblica amministrazione.
Nelle conclusioni del Consiglio europeo, inoltre:
- si invitano gli Stati membri ad intervenire contestualmente sul versante delle spese e delle entrate adottando misure “mirate a breve termine per promuovere la crescita e sostenere la creazione di posti di lavoro, in particolare dei giovani”, dando la priorità agli investimenti favorevoli alla crescita;
- si ribadisce l’esigenza di proseguire riforme strutturali nonché di assicurare un equilibrato riparto del carico fiscale attraverso il recupero dell’evasione (anche mediante accordi sulla tassazione dei redditi da risparmio con Paesi terzi), di avviare politiche attive per l’occupazione, l’istruzione e la formazione, di sfruttare il potenziale dell’economia verde, di completare l’unione bancaria e di portare a compimento la riforma della governance economica attraverso la piena operatività del cosiddetto Two pack e del cosiddetto Fiscal compact;
- si riafferma la necessità di realizzare la cosiddetta Strategia 2020 mediante completamento del mercato interno dell’energia, le politiche per l’innovazione, il completamento della cosiddetta agenda digitale, all’integrazione dell’industria europea della difesa, alla competitività dell’industria europea, mentre non è prevista alcuna azione specifica per quanto concerne l’eventuale revisione delle regole e degli obiettivi connessi al Patto di stabilità e crescita.
L’indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni
I dati di consuntivo Istat attestano un indebitamento netto della PA per il 2012 pari a 47.633 milioni[8] (3 per cento del PIL), in riduzione di 0,8 punti rispetto all’esercizio precedente.
Rispetto alle stime oggetto della Nota di aggiornamento del DEF 2012 presentata dal Governo nel settembre scorso (‑2,6 per cento), il deficit é risultato più elevato per effetto di una dinamica sfavorevole delle entrate (‑0,8 punti percentuali rispetto alla Nota) solo parzialmente compensata da una minore spesa primaria (‑0,4 punti), a fronte di un aumento contenuto della spesa per interessi.
Tali variazioni si riflettono sull’avanzo primario, pari al 2,5 per cento del PIL (1,2 per cento nel 2011) e inferiore di 0,4 punti alle previsioni, mentre la spesa per interessi si attesta al 5,5 per cento del prodotto, in aumento di mezzo punto rispetto al precedente esercizio.
Nonostante il peggioramento delle previsioni, il valore del deficit complessivo delle pubbliche amministrazioni si attesta come si è detto al 3 per cento, coincidente con la soglia di riferimento prevista dal Trattato di Maastricht: ciò dovrebbe, pertanto, consentire la chiusura della procedura per disavanzi eccessivi avviata nel 2009.
La procedura per deficit eccessivo
Il superamento della soglia del 3 per cento del rapporto indebitamento netto/PIL nel 2009 ha comportato per l’Italia, così come per la maggior parte dei paesi europei colpiti dalla crisi economico-finanziario, l’attivazione della procedura per disavanzi eccessivi prevista dai regolamenti europei[9] ed il conseguente impegno del nostro Paese a rientrare sotto tale soglia nel 2012.
Nel giugno 2012 il Consiglio Europeo ha approvato le raccomandazioni sul Programma nazionale di riforma 2012 dell'Italia ed il parere sul Programma di stabilità per gli anni 2012-2015[10]. Con riferimento a quest’ultimo, il Consiglio raccomandava di attuare la strategia di bilancio prevista dai documenti di finanza pubblica presentati dal Governo italiano e di garantire che il disavanzo eccessivo fosse corretto nel 2012. Il Consiglio rilevava che il programma di stabilità confermava l’obiettivo di medio termine (OMT) relativo ad una posizione di bilancio di sostanziale equilibrio in termini strutturali da raggiungere nel 2013, a fronte di uno sforzo medio annuo superiore allo 0,5 per cento e di una evoluzione della spesa in linea con il parametro di riferimento. Tale percorso, contraddistinto da avanzi primari strutturali positivi, consentiva di riportare il rapporto debito/Pil su un trend decrescente già dal 2013.
Il dati di consuntivo Istat (marzo 2013), con riferimento all’esercizio appena trascorso, indicano un indebitamento netto più elevato rispetto a quello stimato nel PdS - DEF 2012 (-1,7 per cento) e nella successiva Nota di aggiornamento (-2,6 per cento) e pari al 3 per cento: tale valore coincide con la soglia di riferimento prevista dal Trattato.
Le entrate nel conto consolidato della P.A.
Le entrate complessive delle Amministrazioni Pubbliche realizzate nel 2012 hanno risentito di due fattori rilevanti che hanno determinato effetti di segno opposto: da un lato, la fase ciclica negativa ha comportato una riduzione della base imponibile tributaria e contributiva con conseguente contrazione del gettito; dall’altro lato, le manovre approvate nella seconda metà del 2011 hanno determinato un incremento del carico fiscale a carico dei contribuenti.
Nel complesso – anche in considerazione della contestuale contrazione del PIL nel 2012 rispetto al 2011 – le entrate totali sono risultate superiori, in rapporto al PIL, a quelle del 2011 e la pressione fiscale è aumentata di 1,4 punti percentuali passando dal 42,6 per cento al 44 per cento.
Rispetto alle stime contenute nella Nota di aggiornamento al DEF 2012 (settembre 2012), i risultati registrano una contrazione delle entrate complessive di 11.049 milioni, cui contribuisce la riduzione delle entrate tributarie per 9.203 milioni e dei contributi sociali per 1.548 milioni.
Con riferimento al comparto Stato (che registra uno scostamento tra stime e consuntivo pari a -8.092), la riduzione delle imposte dirette è attribuibile alle maggiori compensazioni – rispetto a quelle stimate - per circa 2.600 milioni di euro dovuti al credito d’imposta a favore degli enti creditizi e finanziari delle imposte anticipate iscritte a bilancio, in presenza di perdita di esercizio[11], mentre la contrazione delle imposte indirette (pari a circa 10.200 milioni) è attribuibile principalmente ad una dinamica dei consumi meno favorevole rispetto a quanto stimato, che ha comportato una contrazione dell’IVA di circa 5.300 milioni, delle accise per circa 1.000 milioni e altre imposte indirette per circa 3.900: tale importo include, tra l’altro, il risultato dell’imposta di bollo sui titoli risultato inferiore di circa 1.900 milioni rispetto alle previsioni[12].
Il comparto degli enti territoriali, invece, presenta un saldo positivo tra consuntivo e stime per 1.175 milioni, attribuibile in via prevalente alle maggiori entrate IMU per la quota di spettanza degli enti locali pari a circa 1.700 milioni di euro, per effetto degli aumenti delle aliquote IMU sulle abitazioni principali e sugli immobili. Tali maggiori entrate, insieme a quelle registrate anche per l’addizionale comunale IRPEF, hanno compensato la perdita di gettito IRAP realizzata pari a circa 1.500 milioni.
L’analisi per componenti economiche delle minori entrate tributarie della PA evidenzia una riduzione delle imposte indirette pari a 3.432 milioni e delle imposte dirette pari a 5.961 milioni: tali effetti sono in parte giustificati dalla riclassificazione operata dall’ISTAT della quota IMU di spettanza erariale dalle imposte sul reddito alle imposte indirette.
Le spese
Le spese finali nel 2012 mostrano un incremento contenuto rispetto al precedente esercizio (+0,6 per cento), passando da 796.080 milioni del 2011 a 801.082 milioni del 2011. Tale risultato si determina a fronte di una riduzione della spesa primaria (-3,4 miliardi, -0,5 per cento) e di un aumento della spesa per interessi (+8,4 miliardi, +10,7 per cento).
Nonostante tale dinamica contenuta, in presenza di una contrazione anche in termini nominali del prodotto, le spese totali aumentano la loro incidenza sul PIL, passando dal 50,4 per cento del 2011 al 51,2 del 2012. Sull’aumento complessivo pesa per 5 punti la maggiore spesa per interessi (da 5 a 5,5 per cento) e, rispettivamente, di 2 punti e 1 punto la spesa corrente (da 42,4 a 42,6 per cento) e quella in conto capitale (dal 3 al 3,1 per cento).
Al netto delle maggiori entrate derivanti dall’asta delle frequenze registrate nel 2011 (3.827 milioni, pari a 0,24 punti percentuali di PIL) che, in base alle regole di contabilità nazionale sono portate in riduzione della spesa in conto capitale, quest’ultima registrerebbe invece una diminuzione nel 2012 di circa 0,1 punti.
Alla dinamica mostrata dalla spesa primaria corrente contribuisce una variazione positiva (+2,4 per cento rispetto al 2011) delle prestazioni in denaro, a fronte di una riduzione dei redditi da lavoro dipendente (-2,3 per cento), dei consumi intermedi (-2,6 per cento) e delle altre spese correnti (-4,6 per cento). Evidenzia una variazione negativa anche la spesa in conto capitale (-0,6 per cento), che risulterebbe più accentuata ove si scomputasse dall’aggregato 2011 l’importo dell’asta delle frequenze.
Rispetto alla Nota di aggiornamento dello scorso settembre, si evidenzia una riduzione di 1,7 miliardi per i redditi da lavoro dipendente. A tale differenza contribuisce la rilevazione a consuntivo degli effetti di minor spesa conseguenti all’applicazione delle misure recate dal decreto legge 78/2010[13]: in occasione dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge, non erano stati ascritti effetti finanziari in relazione all’introduzione di alcune norme di risparmio, rilevabili prudenzialmente ex-post.
Tale variazione, insieme a quella relativa ai consumi intermedi (-2,5 miliardi) si riflette su un andamento migliore del previsto della spesa sanitaria (-2,7 miliardi), che a sua volta incorpora anche il consolidamento del risultato 2011, in riduzione di 500 milioni rispetto alle precedenti stime di contabilità nazionale.
Sostanzialmente in linea con le precedenti previsioni la spesa per pensioni e altre prestazioni (-307 milioni).
L’aumento rilevato nella spesa in conto capitale (+ 1 miliardo) è da attribuire ai contributi in conto capitale (+1,7 miliardi) a fronte di una riduzione degli investimenti fissi lordi della voce “altri trasferimenti”.
Il DEF presenta le stime relative al periodo 2013-2015 aggiornate - rispetto a quelle presentate nel settembre scorso - sulla base delle informazioni di consuntivo del 2012, della revisione del quadro macroeconomico e dell'impatto delle normative introdotte successivamente: in particolare, la legge di stabilità 2013, i provvedimenti adottati entro il mese di marzo e il D.L. 35/2012 sull’accelerazione del rimborso dei debiti della PA presentato il 6 aprile e attualmente all’esame del Parlamento.
Viene, inoltre, presentata per la prima volta la stima relativa agli esercizi 2016 e 2017.
L’indebitamento netto della PA
Il conto economico esposto dal DEF evidenzia un indebitamento netto pari a -2,9 per cento del PIL nel 2013, superiore di 1,1 punti rispetto alle previsioni (-1,8 per cento) contenute nel quadro programmatico della Nota illustrativa della legge di stabilità (v. tabella 2.2).
Tale variazione, secondo il documento, è ascrivibile ai seguenti fattori:
· + 0,5 punti agli effetti dei più elevati pagamenti della PA autorizzati dal D.L. 35/2013[14];
· + 0,9 punti alla revisione delle stime di crescita per il 2013
· - 0,3 punti a minori spese per interessi, in relazione ad un andamento dei tassi più favorevole rispetto a quello previsto nel mese di settembre.
L’aggiornamento delle stime per l’esercizio in corso comporta una revisione anche nel successivo biennio di 0,3 punti l’anno:
· ‑1,8 per cento nel 2014 rispetto a ‑1,5 per cento della Nota
· ‑1,7 per cento nel 2015 rispetto a -1,4 per cento.
Per gli anni successivi, le stime contenute nel Documento evidenziano un deficit pari all’1,3 per cento nel 2016 e all’1 per cento nel 2017.
Con riferimento al periodo 2015-2017 si rileva, tuttavia, come le previsioni contenute nel conto economico esposto nel DEF - II sezione (Tavola II.2.1 e ss) scontino la conferma degli effetti del regime sperimentale IMU, dei coefficienti catastali maggiorati e di altre voci di maggiori entrate. Tali entrate, invece, vengono meno alla fine del 2014.
Il quadro di finanza pubblica, redatto in base al criterio della legislazione vigente, non dovrebbe invece scontare gli effetti di tali misure, per la cui conferma è necessario un provvedimento normativo.
Il venir meno di tali entrate determina, (v. nota alla Tavola I.1 del PdS) un indebitamento netto più elevato e pari a -2,5 per cento nel 2015, a -2,1 per cento nel 2016 e a -1,8 per cento nel 2017.
Le entrate
Il Documento in esame chiarisce che le previsioni sono costruite considerando gli effetti finanziari associati sia ai provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2013 sia al decreto legge n. 35 del 2013 recante disposizioni in materia di accelerazione dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni.
Nel 2013 le entrate totali presentano un incremento rispetto al PIL di 0,5 punti percentuali rispetto all’esercizio precedente, per effetto principalmente delle misure previste dal DL n. 201/2011 e della legge di stabilità 2013.
Le entrate tributarie, che passano dal 30,2 per cento del PIL del 2012 al 30,1 per cento del 2017, considerano oltre alle variazioni del quadro macroeconomico e agli effetti dei provvedimenti legislativi anche l’effetto di trascinamento dei risultati 2012, che hanno fatto registrare una riduzione di 9.203 milioni rispetto alle stime della Nota di aggiornamento al DEF 2012.
In particolare, le previsioni per il 2013 (+5.677 milioni rispetto al 2012) rappresentano un impatto differenziale netto sul 2013 delle misure fiscali adottate; negli anni successivi rilevano le variazioni in aumento dell’IRPEF e dell’IVA correlate al miglioramento del quadro macroeconomico nonché la dinamica delle entrate territoriali. Rispetto a queste ultime, il Documento afferma che le previsioni riflettono l’effetto delle disposizioni in materia di IMU introdotte dalla legge di stabilità 2013, che hanno attribuito l’intero gettito direttamente ai comuni con l’eccezione di quello relativo agli immobili iscritti al catasto nella categoria D.
Le disposizioni in materia di IMU introdotte dalla legge di stabilità 2013 hanno modificato le modalità di attribuzione del gettito, lasciando tuttavia invariato l’ammontare delle risorse complessivamente spettanti ai comuni. Infatti, a fronte di un incremento del gettito IMU riscosso direttamente dai comuni è stata ridotta la dotazione del fondo di solidarietà comunale. Si segnala, pertanto, che a fronte dell’incremento delle entrate tributarie indicate dal Documento in esame le previsioni dovrebbero scontare una contestuale riduzione dei trasferimenti erariali operati mediante l’utilizzo del fondo di solidarietà comunale richiamato, ma tale riduzione non si evince dalle tabelle del Conto economico dei sottosettori.
Si osserva, inoltre, che le disposizioni contenute nella richiamata legge di stabilità 2013 hanno un carattere transitorio per gli anni 2013 e 2014. A decorrere dal 2015, in base alla normativa vigente, si applicheranno le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 23 del 2011 il quale, tra l’altro, esclude l’imposizione dell’abitazione principale e relative pertinenze e considera, per la determinazione della base imponibile, i coefficienti previgenti ai fini ICI. Tali entrate dovrebbero, pertanto, non essere considerate dal quadro tendenziale a legislazione vigente[15].
I valori in base alla normativa vigente, che scontano quindi il minor gettito IMU a decorrere dal 2015, sembrano altresì essere presi in considerazione nella valutazione della “regola della spesa”.
Le previsioni dei contributi sociali registrano una rapporto sostanzialmente stabile rispetto al PIL e sono costruite anche tenendo conto dell’aumento delle aliquote contributive disposto dal D.L. 201/2011.
La pressione fiscale passa dal 44 per cento del 2012 al 43,8 per cento del 2017; la variazione appare imputabile in via prevalente alle componente tributaria.
Le spese
Al miglioramento dei saldi nel periodo 2013-2017 contribuisce una dinamica contenuta della spesa corrente al netto degli interessi (+0,7 per cento nell’anno in corso, +1,2 per cento nel 2014 e +1,9 nella media nel successivo triennio), che consente una riduzione dell’incidenza sul prodotto di 2,5 punti percentuali: il peso sul PIL passa, infatti, dal 42,7 per cento del 2013 al 40,2 per cento nel 2017.
Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, continua il trend decrescente osservato negli anni precedenti, prevedendosi una riduzione in valore assoluto della spesa nel 2013 e nel 2014 in conseguenza del blocco della contrattazione collettiva, della limitazione del turn over e del blocco delle progressioni di carriera. Nel 2015, la cessazione di alcune di queste misure e la considerazione della vacanza contrattuale comportano una variazione positiva dell’1 per cento della spesa, che si stabilizza negli anni 2016 e 2017. L’aggregato riduce pertanto il suo peso sul prodotto, passando dal 10,4 per cento del 2013 (10,6 per cento nel 2012) al 9,2 per cento del 2017.
Anche i consumi intermedi si riducono nel 2013 (-2,8 per cento) per effetto delle manovre di contenimento della spesa degli anni precedenti, per poi aumentare dello 0,8 per cento nel 2014 e, più sensibilmente (+2,3 per cento in media annua) negli anni successivi. Tale dinamica comporta una riduzione dell’incidenza sul PIL dall’8,2 per cento dell’esercizio in corso (8,4 per cento nel 2012) al 7,8 per cento del 2017.
Con riferimento alla quota di questa voce di spesa di competenza delle Amministrazioni centrali, si ricorda quanto già osservato in occasione dell’esame del D.L. 35/2013, con riferimento alle disposizioni[16] che autorizzano un finanziamento di 500 milioni per il 2013 per il pagamento dei debiti delle Amministrazioni statali[17]. Tali risorse sono dirette a consentire il pagamento di debiti “fuori bilancio” dei Ministeri, a fronte dei quali non sussistono residui passivi, anche perenti. Le obbligazioni sono state, pertanto, assunte senza il corrispondente impegno dei capitoli iscritti negli stati di previsione, presumibilmente per una loro insufficienza.
Tale fenomeno, di cui non si conosce ancora la dimensione definitiva, avviene dopo numerose manovre aventi per oggetto tagli lineari degli stanziamenti di bilancio ed in particolare delle spese c.d. rimodulabili. Di queste, una voce rilevante è appunto costituita dalle spese per consumi intermedi, in cui rientrano gli acquisti di beni e servizi che hanno generato i debiti in esame.
Il D.L. 35/2013 introduce disposizioni dirette ad assicurare la ricognizione delle somme dovute dalle Amministrazioni e dovrebbe consentire una rimozione delle cause della loro continua formazione, anche mediante le operazioni di spending review.
Problematiche ulteriori si pongono poi per le Amministrazioni locali, per le quali il provvedimento citato autorizza per il ripiano di debiti verso fornitori, tramite anticipazioni di credito, l’erogazione di apposite risorse in favore degli enti che non dispongano di liquidità adeguata.
In questo caso il provvedimento, pur consentendo il pagamento di quota parte dei debiti accumulati, non rimuove le cause della loro continua formazione, insite da un lato nei vincoli del patto di stabilità interno, che impongono in molti casi l’accumulo di posizioni di avanzo, dall’altro nei tagli delle risorse attribuite alle amministrazioni locali.
L’evoluzione descritta dei redditi da lavoro dipendente e dei consumi intermedi si riflette sulla spesa sanitaria che, dopo la riduzione in valore assoluto nel 2011 e nel 2012, cresce dello 0,2 per cento nel 2013 e dell’1,7 nel 2014, a fronte di una variazione positiva media dell’1,9 per cento nel successivo triennio. In percentuale del PIL, l’aggregato riduce la sua incidenza dal 7,1 per cento del 2013 al 6,7 per cento del 2017.
Anche in tale comparto si è verificato un ritardo nel pagamento di debiti verso fornitori, che ha reso necessario una iniezione di liquidità per complessivi 14 miliardi nel biennio 2013-2014[18]. Secondo quanto rilevato nella relazione tecnica allegata al provvedimento citato, tali difficoltà sono state causate non da una insufficienza di fondi destinati alla sanità, ma dal mancato conferimento delle risorse di cassa da parte delle regioni agli enti del SSN, a fronte di risorse conferite dallo Stato o destinate dalle medesime regioni al finanziamento della sanità.
Ribadita l’opportunità che il Governo fornisca una stima dei suddetti importi, suddivisi per regione, si rileva che considerato che i Tavoli di verifica e il Comitato LEA svolgono, secondo procedure ormai consolidate, un monitoraggio attento dei costi e ricavi sanitari e quindi dell’equilibrio economico del settore, così come della quantità e qualità delle prestazioni rese, dovrebbe essere chiarito quali sono i meccanismi di controllo – anche al di fuori delle suddette procedure di verifica e/o di competenza di altri soggetti - che non hanno, invece, permesso di rilevare tempestivamente l’utilizzo da parte delle regioni delle risorse per finalità extra-sanitarie ed i conseguenti squilibri di cassa degli enti del SSN.
Per quanto riguarda la spesa per prestazioni sociali, essa evidenzia una dinamica in linea con le precedenti previsioni: a fronte di una crescita del 2,7 per cento nel 2013 e del 3,1 per cento nel 2014, nel periodo successivo cresce in media annua al 2,3 per cento medio. L’incidenza sul PIL si attesta a fine periodo sul 20 per cento, in lieve riduzione rispetto al dato relativo al 2013 (20,3 per cento).
Le previsioni tendenziali mostrano un andamento complessivamente decrescente per la spesa in conto capitale, che a fine periodo si attesta su un valore pari a 42,8 miliardi, inferiore di circa 5 miliardi rispetto al valore registrato nel 2012. Fa eccezione il 2013, in cui si prevede un aumento della spesa per circa 7,5 miliardi rispetto all’anno precedente: nell’esercizio in corso si esplicano, infatti, gli effetti, in termini di indebitamento netto, dei maggiori pagamenti di parte capitale previsti dal D.L. 35/2013 e quantificati dal prospetto riepilogativo allegato al provvedimento in 7 miliardi[19].
L’andamento descritto viene confermato dalla dinamica della spesa in termini di PIL, che dopo l’aumento dal 3,1 per cento del 2012 al 3,5 per cento del 2013 scende al 2,4 per cento a fine periodo.
Al riguardo, si rileva che l’incremento della spesa conseguente all’accelerazione dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni risulta contabilizzato (anche alla luce delle variazioni delle stime evidenziate dal confronto tra il dato contenuto nel DEF rispetto a quello risultante dalla Nota illustrativa della Legge di stabilità) alla voce “contributi capitale”. Atteso che sembrerebbe trattarsi, almeno in prevalenza, di maggiori spese per investimento degli enti locali, non è chiaro perché esse non siano state contabilizzate alla voce relativa agli investimenti fissi lordi.
Tabella 2.1
Conto economico della P.A. a legislazione vigente (mln di euro)
|
DEF 2013 |
|
|
||||||
S P E S E |
|
|
|
|
|
|
|
||
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
||
Redditi da lavoro dipendente |
169.209 |
165.366 |
163.587 |
161.910 |
163.612 |
163.849 |
163.871 |
||
Consumi intermedi |
135.879 |
132.279 |
128.561 |
129.608 |
132.306 |
135.808 |
138.711 |
||
Pensioni e altre prestazioni |
304.262 |
311.413 |
319.920 |
329.790 |
338.680 |
347.440 |
356.350 |
||
Pensioni |
243.608 |
249.471 |
255.200 |
262.520 |
269.600 |
276.980 |
284.700 |
||
Altre prestazioni |
60.654 |
61.942 |
64.720 |
67.270 |
69.080 |
70.460 |
71.650 |
||
Altre spese correnti |
60.263 |
57.480 |
59.309 |
58.065 |
58.632 |
58.739 |
59.341 |
||
Totale spese correnti netto interessi |
669.613 |
666.538 |
671.377 |
679.373 |
693.230 |
705.836 |
718.273 |
||
Interessi passivi |
78.351 |
86.717 |
83.892 |
90.377 |
97.465 |
104.387 |
109.289 |
||
Totale spese correnti |
747.964 |
753.255 |
755.269 |
769.750 |
790.695 |
810.223 |
827.562 |
||
Investimenti fissi |
31.097 |
29.224 |
28.257 |
28.156 |
28.289 |
28.669 |
28.761 |
||
Contributi c/capitale |
18.507 |
17.487 |
25.666 |
15.453 |
16.043 |
12.762 |
13.003 |
||
Altri trasferimenti |
-1.488 |
1.116 |
1.374 |
1.771 |
1.656 |
1.069 |
1.078 |
||
Totale spese in conto capitale |
48.116 |
47.827 |
55.297 |
45.380 |
45.988 |
42.500 |
42.842 |
||
Totale spese al netto interessi |
717.729 |
714.365 |
726.674 |
724.753 |
739.218 |
748.336 |
761.115 |
||
Totale spese complessive |
796.080 |
801.082 |
810.566 |
815.130 |
836.683 |
852.723 |
870.404 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
di cui spesa sanitaria |
111.593 |
110.842 |
111.108 |
113.029 |
115.424 |
117.616 |
119.789 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
E N T R A T E |
|
|
|
|
|
|
|
||
Imposte indirette |
222.080 |
233.554 |
241.181 |
250.113 |
260.472 |
267.070 |
273.858 |
||
Imposte dirette |
225.926 |
237.235 |
235.836 |
243.454 |
247.024 |
255.016 |
263.642 |
||
Contributi sociali |
216.963 |
216.669 |
220.420 |
225.251 |
231.630 |
237.655 |
243.301 |
||
Altre entrate correnti non tributarie |
59.761 |
59.649 |
60.418 |
61.408 |
62.896 |
64.204 |
65.550 |
||
Totale entrate correnti |
724.730 |
747.107 |
757.855 |
780.226 |
802.022 |
823.945 |
846.351 |
||
Imposte in conto capitale |
6.981 |
1.375 |
824 |
932 |
741 |
749 |
758 |
||
Entrate in c/capitale non tributarie |
4.353 |
4.967 |
6.479 |
5.498 |
5.189 |
5.068 |
5.097 |
||
Totale entrate in conto capitale |
11.334 |
6.342 |
7.303 |
6.430 |
5.930 |
5.817 |
5.855 |
||
Totale entrate |
736.064 |
753.449 |
765.158 |
786.656 |
807.952 |
829.762 |
852.206 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
Saldo corrente |
-23.234 |
-6.148 |
2.586 |
10.476 |
11.327 |
13.722 |
18.789 |
||
Indebitamento netto |
-60.016 |
-47.633 |
-45.408 |
-28.474 |
-28.731 |
-22.961 |
-18.198 |
||
Saldo primario |
18.335 |
39.084 |
38.484 |
61.903 |
68.734 |
81.426 |
91.091 |
||
PIL |
1.578.497 |
1.565.916 |
1.573.233 |
1.624.012 |
1.677.735 |
1.731.311 |
1.785.918 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
Tabella 2.2
Conto economico della P.A. in % del PIL
|
DEF 2013 |
|
|
||||||
S P E S E |
|
|
|
|
|
|
|
||
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
||
Redditi da lavoro dipendente |
10,7 |
10,6 |
10,4 |
10,0 |
9,8 |
9,5 |
9,2 |
||
Consumi intermedi |
8,6 |
8,4 |
8,2 |
8,0 |
7,9 |
7,8 |
7,8 |
||
Pensioni e altre prestazioni |
19,3 |
19,9 |
20,3 |
20,3 |
20,2 |
20,1 |
20,0 |
||
Pensioni |
15,4 |
15,9 |
16,2 |
16,2 |
16,1 |
16,0 |
15,9 |
||
Altre prestazioni |
3,8 |
4,0 |
4,1 |
4,1 |
4,1 |
4,1 |
4,0 |
||
Altre spese correnti |
3,8 |
3,7 |
3,8 |
3,6 |
3,5 |
3,4 |
3,3 |
||
Totale spese correnti netto interessi |
42,4 |
42,6 |
42,7 |
41,8 |
41,3 |
40,8 |
40,2 |
||
Interessi passivi |
5,0 |
5,5 |
5,3 |
5,6 |
5,8 |
6,0 |
6,1 |
||
Totale spese correnti |
47,4 |
48,1 |
48,0 |
47,4 |
47,1 |
46,8 |
46,3 |
||
Investimenti fissi |
2,0 |
1,9 |
1,8 |
1,7 |
1,7 |
1,7 |
1,6 |
||
Contributi c/capitale |
1,2 |
1,1 |
1,6 |
1,0 |
1,0 |
0,7 |
0,7 |
||
Altri trasferimenti |
-0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
||
Totale spese in conto capitale |
3,0 |
3,1 |
3,5 |
2,8 |
2,7 |
2,5 |
2,4 |
||
Totale spese al netto interessi |
45,5 |
45,6 |
46,2 |
44,6 |
44,1 |
43,2 |
42,6 |
||
Totale spese complessive |
50,4 |
51,2 |
51,5 |
50,2 |
49,9 |
49,3 |
48,7 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
di cui spesa sanitaria |
7,1 |
7,1 |
7,1 |
7,0 |
6,9 |
6,8 |
6,7 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
E N T R A T E |
|
|
|
|
|
|
|
||
Imposte indirette |
14,1 |
14,9 |
15,3 |
15,4 |
15,5 |
15,4 |
15,3 |
||
Imposte dirette |
14,3 |
15,1 |
15,0 |
15,0 |
14,7 |
14,7 |
14,8 |
||
Contributi sociali |
13,7 |
13,8 |
14,0 |
13,9 |
13,8 |
13,7 |
13,6 |
||
Altre entrate correnti non tributarie |
3,8 |
3,8 |
3,8 |
3,8 |
3,7 |
3,7 |
3,7 |
||
Totale entrate correnti |
45,9 |
47,7 |
48,2 |
48,0 |
47,8 |
47,6 |
47,4 |
||
Imposte in conto capitale |
0,4 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
||
Entrate in c/capitale non tributarie |
0,3 |
0,3 |
0,4 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
||
Totale entrate in conto capitale |
0,7 |
0,4 |
0,5 |
0,4 |
0,4 |
0,3 |
0,3 |
||
Totale entrate |
46,6 |
48,1 |
48,6 |
48,4 |
48,2 |
47,9 |
47,7 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
Saldo corrente |
-1,5 |
-0,4 |
0,2 |
0,6 |
0,7 |
0,8 |
1,1 |
||
Indebitamento netto |
-3,8 |
-3,0 |
-2,9 |
-1,8 |
-1,7 |
-1,3 |
-1,0 |
||
Saldo primario |
1,2 |
2,5 |
2,4 |
3,8 |
4,1 |
4,7 |
5,1 |
||
PIL |
1.578.497 |
1.565.916 |
1.573.233 |
1.624.012 |
1.677.735 |
1.731.311 |
1.785.918 |
||
|
|
|
|
|
|
|
|
||
Tabella 2.3
Conto economico della P.A. - variazione % annua
|
DEF |
|
|
|||
S P E S E |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Redditi da lavoro dipendente |
-2,3 |
-1,1 |
-1,0 |
1,1 |
0,1 |
0,0 |
Consumi intermedi |
-2,6 |
-2,8 |
0,8 |
2,1 |
2,6 |
2,1 |
Pensioni e altre prestazioni |
2,4 |
2,7 |
3,1 |
2,7 |
2,6 |
2,6 |
Pensioni |
2,4 |
2,3 |
2,9 |
2,7 |
2,7 |
2,8 |
Altre prestazioni |
2,1 |
4,5 |
3,9 |
2,7 |
2,0 |
1,7 |
Altre spese correnti |
-4,6 |
3,2 |
-2,1 |
1,0 |
0,2 |
1,0 |
Totale spese correnti al netto interessi |
-0,5 |
0,7 |
1,2 |
2,0 |
1,8 |
1,8 |
Interessi passivi |
10,7 |
-3,3 |
7,7 |
7,8 |
7,1 |
4,7 |
Totale spese correnti |
0,7 |
0,3 |
1,9 |
2,7 |
2,5 |
2,1 |
Investimenti fissi |
-6,0 |
-3,3 |
-0,4 |
0,5 |
1,3 |
0,3 |
Contributi c/capitale |
-5,5 |
46,8 |
-39,8 |
3,8 |
-20,5 |
1,9 |
Altri trasferimenti |
-175,0 |
23,1 |
28,9 |
-6,5 |
-35,4 |
0,8 |
Totale spese in conto capitale |
-0,6 |
15,6 |
-17,9 |
1,3 |
-7,6 |
0,8 |
Totale spese al netto interessi |
-0,5 |
1,7 |
-0,3 |
2,0 |
1,2 |
1,7 |
Totale spese complessive |
0,6 |
1,2 |
0,6 |
2,6 |
1,9 |
2,1 |
|
|
|
|
|
|
|
di cui spesa sanitaria |
-0,7 |
0,2 |
1,7 |
2,1 |
1,9 |
1,8 |
|
|
|
|
|
|
|
E N T R A T E |
|
|
|
|
|
|
Imposte indirette |
5,2 |
3,3 |
3,7 |
4,1 |
2,5 |
2,5 |
Imposte dirette |
5,0 |
-0,6 |
3,2 |
1,5 |
3,2 |
3,4 |
Contributi sociali |
-0,1 |
1,7 |
2,2 |
2,8 |
2,6 |
2,4 |
Altre entrate correnti non tributarie |
-0,2 |
1,3 |
1,6 |
2,4 |
2,1 |
2,1 |
Totale entrate correnti |
3,1 |
1,4 |
3,0 |
2,8 |
2,7 |
2,7 |
Imposte in conto capitale |
-80,3 |
-40,1 |
13,1 |
-20,5 |
1,1 |
1,2 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
14,1 |
30,4 |
-15,1 |
-5,6 |
-2,3 |
0,6 |
Totale entrate in conto capitale |
-44,0 |
15,2 |
-12,0 |
-7,8 |
-1,9 |
0,7 |
Totale entrate |
2,4 |
1,6 |
2,8 |
2,7 |
2,7 |
2,7 |
|
|
|
|
|
|
|
PIL nominale |
-0,8 |
0,5 |
3,2 |
3,3 |
3,2 |
3,2 |
|
|
|
|
|
|
|
Tabella 2.4
Conto della PA - differenze tra DEF e Nota illustrativa (milioni di euro)
Tabella 2.5
Conto della P.A. – differenze tra DEF e Nota illustrativa in % PIL
|
Nota illustrativa LS 2013 |
|
DEF 2013 |
||||||
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
S P E S E |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Redditi da lavoro dipendente |
10,7 |
10,5 |
10,1 |
9,9 |
|
10,6 |
10,4 |
10,0 |
9,8 |
Consumi intermedi |
8,6 |
8,2 |
7,9 |
7,7 |
|
8,4 |
8,2 |
8,0 |
7,9 |
Pensioni e altre prestazioni |
19,9 |
20,2 |
20,2 |
20,2 |
|
19,9 |
20,3 |
20,3 |
20,2 |
Pensioni |
16,0 |
16,1 |
16,1 |
16,0 |
|
15,9 |
16,2 |
16,2 |
16,1 |
Altre prestazioni |
3,9 |
4,1 |
4,1 |
4,1 |
|
4,0 |
4,1 |
4,1 |
4,1 |
Altre spese correnti |
3,8 |
3,7 |
3,5 |
3,5 |
|
3,7 |
3,8 |
3,6 |
3,5 |
Totale spese correnti netto interessi |
43,0 |
42,6 |
41,8 |
41,2 |
|
42,6 |
42,7 |
41,8 |
41,3 |
Interessi passivi |
5,5 |
5,6 |
6,0 |
6,3 |
|
5,5 |
5,3 |
5,6 |
5,8 |
Totale spese correnti |
48,5 |
48,2 |
47,7 |
47,5 |
|
48,1 |
48,0 |
47,4 |
47,1 |
Investimenti fissi |
1,9 |
1,8 |
1,8 |
1,8 |
|
1,9 |
1,8 |
1,7 |
1,7 |
Contributi c/capitale |
1,0 |
1,1 |
0,9 |
0,9 |
|
1,1 |
1,6 |
1,0 |
1,0 |
Altri trasferimenti |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
|
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,1 |
Totale spese in conto capitale |
3,0 |
3,0 |
2,8 |
2,8 |
|
3,1 |
3,5 |
2,8 |
2,7 |
Totale spese al netto interessi |
46,0 |
45,5 |
44,6 |
44,0 |
|
45,6 |
46,2 |
44,6 |
44,1 |
Totale spese complessive |
51,5 |
51,2 |
50,6 |
50,3 |
|
51,2 |
51,5 |
50,2 |
49,9 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
di cui spesa sanitaria |
7,3 |
7,1 |
6,9 |
6,9 |
|
7,1 |
7,1 |
7,0 |
6,9 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
E N T R A T E |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Imposte indirette |
15,1 |
15,9 |
15,7 |
15,6 |
|
14,9 |
15,3 |
15,4 |
15,5 |
Imposte dirette |
15,5 |
15,2 |
15,1 |
15,0 |
|
15,1 |
15,0 |
15,0 |
14,7 |
Contributi sociali |
13,9 |
14,0 |
13,9 |
13,9 |
|
13,8 |
14,0 |
13,9 |
13,8 |
Altre entrate correnti non tributarie |
3,9 |
4,0 |
3,9 |
3,9 |
|
3,8 |
3,8 |
3,8 |
3,7 |
Totale entrate correnti |
48,5 |
49,1 |
48,7 |
48,4 |
|
47,7 |
48,2 |
48,0 |
47,8 |
Imposte in conto capitale |
0,1 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
|
0,1 |
0,1 |
0,1 |
0,0 |
Entrate c/capitale non tributarie |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,4 |
|
0,3 |
0,4 |
0,3 |
0,3 |
Totale entrate in conto capitale |
0,3 |
0,4 |
0,4 |
0,4 |
|
0,4 |
0,5 |
0,4 |
0,4 |
Totale entrate |
48,9 |
49,4 |
49,0 |
48,8 |
|
48,1 |
48,6 |
48,4 |
48,2 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Saldo corrente |
0,0 |
0,8 |
0,9 |
0,9 |
|
-0,4 |
0,2 |
0,6 |
0,7 |
Indebitamento |
-2,6 |
-1,8 |
-1,5 |
-1,4 |
|
-3,0 |
-2,9 |
-1,8 |
-1,7 |
Saldo primario |
2,9 |
3,9 |
4,4 |
4,8 |
|
2,5 |
2,4 |
3,8 |
4,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Tabella 2.6
Conto della P.A. – differenze tra DEF e Nota illustrativa - variazione % annua
|
Nota illustrativa LS 2013 |
|
DEF 2013 |
||||||
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
S P E S E |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Redditi da lavoro dipendente |
-1,4 |
-0,5 |
-0,6 |
0,4 |
|
-2,3 |
-1,1 |
-1,0 |
1,1 |
Consumi intermedi |
-0,8 |
-4,0 |
-0,7 |
1,3 |
|
-2,6 |
-2,8 |
0,8 |
2,1 |
Pensioni e altre prestazioni |
2,2 |
2,6 |
3,1 |
2,7 |
|
2,4 |
2,7 |
3,1 |
2,7 |
Pensioni |
2,3 |
2,1 |
2,9 |
2,7 |
|
2,4 |
2,3 |
2,9 |
2,7 |
Altre prestazioni |
1,5 |
4,7 |
4,0 |
2,7 |
|
2,1 |
4,5 |
3,9 |
2,7 |
Altre spese correnti |
-3,3 |
-1,3 |
-1,8 |
1,3 |
|
-4,6 |
3,2 |
-2,1 |
1,0 |
Totale spese correnti al netto interessi |
0,2 |
0,2 |
1,0 |
1,8 |
|
-0,5 |
0,7 |
1,2 |
2,0 |
Interessi passivi |
10,1 |
3,6 |
8,7 |
8,7 |
|
10,7 |
-3,3 |
7,7 |
7,8 |
Totale spese correnti |
1,2 |
0,6 |
1,9 |
2,6 |
|
0,7 |
0,3 |
1,9 |
2,7 |
Investimenti fissi |
-7,4 |
-5,0 |
1,6 |
2,8 |
|
-6,0 |
-3,3 |
-0,4 |
0,5 |
Contributi c/capitale |
-11,8 |
5,3 |
-8,3 |
0,1 |
|
-5,5 |
46,8 |
-39,8 |
3,8 |
Altri trasferimenti |
-171,9 |
36,4 |
3,9 |
-10,4 |
|
n.s. |
23,1 |
28,9 |
-6,5 |
Totale spese in conto capitale |
-2,5 |
-0,3 |
-1,9 |
1,3 |
|
-0,6 |
15,6 |
-17,9 |
1,3 |
Totale spese al netto interessi |
0,0 |
0,2 |
0,8 |
1,7 |
|
-0,5 |
1,7 |
-0,3 |
2,0 |
Totale spese complessive |
1,0 |
0,5 |
1,7 |
2,6 |
|
0,6 |
1,2 |
0,6 |
2,6 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
di cui spesa sanitaria |
1,4 |
-1,1 |
0,1 |
2,6 |
|
-0,7 |
0,2 |
1,7 |
2,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
E N T R A T E |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Imposte indirette |
6,4 |
6,1 |
1,8 |
2,4 |
|
5,2 |
3,3 |
3,7 |
4,1 |
Imposte dirette |
7,5 |
-0,9 |
2,1 |
2,7 |
|
5,0 |
-0,6 |
3,2 |
1,5 |
Contributi sociali |
0,9 |
1,5 |
2,4 |
3,0 |
|
-0,1 |
1,7 |
2,2 |
2,8 |
Altre entrate correnti non tributarie |
1,3 |
3,2 |
2,3 |
2,6 |
|
-0,2 |
1,3 |
1,6 |
2,4 |
Totale entrate correnti |
4,7 |
2,3 |
2,1 |
2,7 |
|
3,1 |
1,4 |
3,0 |
2,8 |
Imposte in conto capitale |
n.s |
n.s |
0,9 |
1,0 |
|
n.s |
n.s |
13,1 |
-20,5 |
Entrate in conto capitale non tributarie |
1,8 |
25,6 |
5,5 |
11,7 |
|
14,1 |
30,4 |
-15,1 |
-5,6 |
Totale entrate in conto capitale |
n.s |
8,2 |
5,1 |
10,7 |
|
n.s |
15,2 |
-12,0 |
-7,8 |
Totale entrate |
3,8 |
2,3 |
2,1 |
2,8 |
|
2,4 |
1,6 |
2,8 |
2,7 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Saldo corrente |
-101,5 |
3381,9 |
3802,4 |
19,7 |
|
-73,5 |
-142,1 |
-270,4 |
338,0 |
Indebitamento |
-33,3 |
-32,7 |
-39,4 |
-13,7 |
|
-20,6 |
-4,7 |
-40,2 |
-36,7 |
Saldo primario |
172,7 |
36,9 |
60,3 |
32,4 |
|
113,2 |
-1,5 |
58,4 |
78,6 |
PIL nominale |
-1,0 |
1,2 |
4,1 |
3,2 |
|
-0,8 |
0,5 |
3,2 |
3,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Approfondimento
3. Un esame di alcune voci di spesa
I redditi da lavoro dipendente
Il DEF fornisce una nuova previsione dei dati di consuntivo 2012 e tendenziali per quinquennio 2013-2017 relativi alla spesa per redditi da lavoro dipendente. Tali dati sono raffrontati, limitatamente al quadriennio 2012-2015 con quelli recati, da ultimo, nella nota tecnico-illustrativa allegata al disegno di legge di stabilità 2013.
Tabella
Spesa per redditi da lavoro dipendente (milioni di euro)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
|
|
|
|
|
Nota tecnico-illustrativa L.S. |
167.080 |
166.295 |
165.345 |
166.008 |
n.d. |
n.d. |
DEF 2013 |
165.366 |
163.587 |
161.910 |
163.612 |
163.849 |
163.871 |
Differenze tra le due previsioni |
-1.714 |
-2.708 |
-3.435 |
-2.396 |
n.d. |
n.d. |
Variazione annua degli importi prevista in: |
|
|
|
|
|
|
-Nota |
|
-785 |
-950 |
663 |
n.d. |
n.d. |
-DEF |
|
-1.779 |
-1.677 |
1.702 |
237 |
22 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: DEF 2013 |
|
|
|
|
|
|
Rispetto a quanto rilevato nello scorso mese di settembre si assume che il dato di consuntivo 2012 possa evidenziare un miglioramento di 1,7 miliardi. Dato questo miglioramento di partenza, la diminuzione che si presume di riscontrare per il 2013 passa da 785 a 1.779 milioni e quella per il 2014 da 950 a 1.677 milioni. La differenza cumulata tra le due previsioni comporta una riduzione della spesa complessiva pari a 3.435 milioni nel 2014. Nel 2015 entrambi i documenti ipotizzano una crescita della spesa, per 663 milioni secondo la Nota tecnico-illustrativa mentre è di 1.702 milioni nel DEF con una differenza di circa un miliardo. La revisione delle stime sembra doversi ricondurre anche alla contabilizzazione dei risparmi connessi all’entrata in vigore di alcune norme contenute nel decreto legge n. 78/2010 i cui effetti, secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione, sarebbero stati registrati a consuntivo. La recente pubblicazione dei dati del Conto annuale 2011 ha, verosimilmente, consentito di effettuare una prima quantificazione di tali risparmi e determinato, in conseguenza, la revisione delle stime. Tale ricostruzione sembra asseverata anche dal testo DEF che con riguardo ai risultati relativi all’anno 2012 afferma che hanno inciso sull’ammontare della spesa i seguenti interventi:
In particolare le misure indicate nei punti da 3 a 5 sono, appunto, quelle per le quali si prevedeva di quantificare a consuntivo gli effetti finanziari. L’efficacia di tale misure è destinata, tuttavia, come anche specificato nel DEF, a cessare a decorrere dall’anno 2015 e, pertanto, se la revisione delle stime fosse unicamente ad esse correlata, l’incremento di spesa ipotizzato nel 2015 avrebbe dovuto corrispondere all’intera misura delle minori spese valutata con riferimento al triennio 2012-2014: viceversa a fronte di una riduzione in diminuzione del dato 2014 per circa 3,4 miliardi, il dato 2015 è incrementato di solo 1 miliardo di euro. Ne consegue che la variazione delle stime potrebbe registrare e trascinare negli anni 2013 e 2014 anche una tendenza alla diminuzione delle spese di personale riscontrata dalla Ragioneria generale dello Stato a fronte dell’esame dei dati di preconsutivo 2012.
Il DEF precisa anche che la previsione per l’anno 2015 sconta anche l’indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2015-2017, la cui spesa è stata stimata sulla base di un tasso di inflazione programmato dell’1,5 per cento.
Negli anni 2016 e 2017, a legislazione vigente,la spesa per redditi è sostanzialmente allineata alla stima relativa al 2015.
Appare pertanto, necessario, che siano forniti elementi di maggior dettaglio circa i singoli elementi che hanno determinato la revisione delle stime di spesa. Con riferimento a ciascun elemento dovrebbe essere separatamente indicata la variazione di spesa ipotizzata e la natura permanente e temporanea di tale variazione.
Il DEF chiarisce, infine, che gli effetti di slittamento salariale sono stimati prudenzialmente sulla base delle risultanze statistiche dell’ultimo quinquennio.
Con slittamento salariale si indica la differenza tra i salari effettivamente percepiti dai lavoratori e quelli stabiliti dalla contrattazione collettiva; può derivare da pagamenti di lavoro straordinario, da premi di operosità o da altro tipo di elargizioni.
Prestazioni sociali in denaro
Il DEF espone i dati relativi alla spesa per prestazioni sociali in denaro 2012 e aggiorna[20] le previsioni relative al triennio 2013-2015. Per la prima volta sono presentate le stime relative agli anni 2016 e 2017.
Tabella
Prestazioni sociali in denaro (milioni di euro –% )
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
(milioni di euro) |
||||||
Prestazioni sociali in denaro |
304.262 |
311.413 |
319.920 |
329.790 |
338.380 |
347.440 |
356.350 |
Pensioni |
243.608 |
249.471 |
255.200 |
262.520 |
269.600 |
276.980 |
284.700 |
Altre prestazioni sociali |
60.654 |
61.942 |
64.720 |
67.270 |
69.080 |
70.460 |
71.650 |
|
(tasso di variazione annua) |
||||||
Prestazioni sociali in denaro |
2,0 |
2,4 |
2,7 |
3,1 |
2,7 |
2,6 |
2,6 |
Pensioni |
2,6 |
2,4 |
2,3 |
2,9 |
2,7 |
2,7 |
2,8 |
Altre prestazioni sociali |
-0,7 |
2,1 |
4,5 |
3,9 |
2,7 |
2,0 |
1,7 |
|
(% PIL) |
||||||
Prestazioni sociali in denaro |
19,3 |
19,9 |
20,3 |
20,3 |
20,2 |
20,1 |
20,0 |
Pensioni |
15,4 |
15,9 |
16,2 |
16,4 |
16,1 |
16,0 |
15,9 |
Altre prestazioni sociali |
3,8 |
4,0 |
4,1 |
4,1 |
4,1 |
4,1 |
4,0 |
Per memoria: var % PIL |
1,7 |
-0,8 |
0,5 |
3,2 |
3,3 |
3,2 |
3,2 |
Fonte: DEF 2013 |
Il consuntivo 2012
La spesa per prestazioni sociali in denaro per l’anno 2012 è stata pari a 311.413 milioni registrando, in rapporto al PIL, un'incidenza pari al 19,9 per cento ed un tasso di incremento rispetto all'anno 2011 pari a 2,4 per cento. Tali risultati sono sostanzialmente in linea con le precedenti previsioni.
Con riferimento alla spesa pensionistica, l’incremento del 2,4 per cento si verifica in conseguenza dell’indicizzazione ai prezzi applicata al 1°gennaio 2012[21], dell’incremento del numero delle pensioni in liquidazione, sia in termini numerici che di importo, nonché delle ricostituzioni di importo delle pensioni in essere e della liquidazione di arretrati.
La spesa per le altre prestazioni sociali in denaro è cresciuta del 2,1 per cento: tale risultato è frutto della riduzione della spesa per liquidazioni di fine rapporto (in particolare nel settore del pubblico impiego), dell’incremento della spesa per ammortizzatori sociali (da ascrivere all’incremento sia della spesa per indennità di disoccupazione e indennità di mobilità sia della spesa per integrazioni salariali) a fronte di un incremento significativamente più contenuto di altre componenti di spesa.
Nel DEF si evidenzia che la spesa per prestazioni sociali in denaro, a livello complessivo, ha rallentato la dinamica di crescita nel corso dell’ultimo periodo. Tale rallentamento risulta evidente sia confrontando i dati 2010-2012 (tasso di variazione medio annuo pari a circa il 2,2 per cento) con quelli del triennio 2007-2009 (+ 5 per cento), sia prendendo in considerazione l’intero decennio 1999-2009 (+4,4 per cento, prendendo come base l’anno 1999). In considerazione della dimensione dell’aggregato in esame, tale riduzione della dinamica registrata nel periodo più recente ha contribuito in modo significativo al contenimento della dinamica della complessiva spesa delle pubbliche amministrazioni e, conseguentemente, al processo di progressiva stabilizzazione della finanza pubblica dal 2009 al 2012.
Le previsioni a legislazioni vigente per il 2013 e per il periodo 2014 -2017
Le previsioni della spesa per prestazioni sociali in denaro, elaborate sulla base della normativa vigente e del quadro macroeconomico di riferimento, evidenziano per il 2013 una spesa pari a 319,9 miliardi, sostanzialmente in linea con le precedenti previsioni.
Contribuiscono a determinare un aumento del 2,7 per cento circa rispetto al precedente esercizio:
· una crescita della spesa pensionistica del 2,3 per cento. Tale crescita tiene conto del numero di pensioni di nuova liquidazione, dei tassi di cessazione, della rivalutazione delle pensioni in essere ai prezzi, delle ricostituzioni degli importi delle pensioni in essere, nonché degli effetti conseguenti anche alle disposizioni contenute nel Decreto-legge n. 201/2011, che limita la rivalutazione delle pensioni ai prezzi per l’anno 2013. Le previsioni relative agli anni 2013 e successivi tengono anche conto degli interventi normativi diretti ad incrementare il numero di lavoratori salvaguardati dall’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento stabilito dalla legge n. 214/2011 e a prevedere misure di agevolazione in materia di cumulo di periodi assicurativi presso differenti gestioni previdenziali. La previsione tiene altresì conto degli elementi emersi nell’ambito dell’attività di monitoraggio ai fini della stima dei risultati per l’anno 2012 e dei primi elementi disponibili per l’anno 2013;
· una crescita della spesa per altre prestazioni sociali in denaro del 4,5 per cento. Tale previsione tiene conto delle misure connesse ai complessivi strumenti di ammortizzatori sociali previste dalla legge n. 92/2012 di riforma del mercato del lavoro e dalla legge n. 228/2012, tra le quali l’incremento del rifinanziamento dei c.d. ammortizzatori sociali in deroga, nonché degli elementi emersi nell’ambito dell’attività di monitoraggio ai fini della stima dei risultati per l’anno 2012 e dei primi elementi disponibili per l’anno 2013.
Per il periodo 2014-2017 si ipotizza che la spesa complessiva per prestazioni sociali in denaro evidenzi un tasso di variazione medio del 2,7 per cento, a fronte di una crescita della spesa pensionistica del 2,8 per cento e della spesa per altre prestazioni sociali in denaro del 2,6 per cento.
Per quanto riguarda la spesa pensionistica gli andamenti tengono conto, fra l’altro, delle disposizioni di cui al D.L. 201/2011 prima ricordate, comprese quelle relative ai lavoratori c.d. esodati e al cumulo di periodi assicurativi; mentre per le altre prestazioni sociali in denaro, i relativi tassi di variazione risentono delle specifiche basi tecniche riferite alle diverse tipologie di prestazione e degli aspetti normativo-istituzionali che le caratterizzano.
Il DEF espone i dati relativi alla spesa sanitaria 2012 e aggiorna le previsioni per il triennio 2013-2015. Per la prima volta sono presentate le previsioni relative al 2016-2017.
I risultati 2012 e le previsioni per il 2013
Tabella
La spesa sanitaria nel conto della P.A. (milioni di euro - %)
DEF 2013 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
valore assoluto |
112.526 |
111.593 |
110.842 |
111.108 |
var % su anno precedente |
1,86 |
-0,83 |
-0,67 |
0,24 |
incidenza % su spesa netto interessi |
15,59 |
15,55 |
15,52 |
15,29 |
incidenza % su Pil |
7,25 |
7,07 |
7,08 |
7,06 |
Nota illustrativa L.S. 2013 |
|
|
|
|
valore assoluto |
112.742 |
112.039 |
113.597 |
112.327 |
var % su anno precedente |
2,05 |
-0,62 |
1,39 |
-1,12 |
incidenza % su spesa netto interessi |
15,57 |
15,57 |
15,79 |
15,58 |
incidenza % su Pil |
7,26 |
7,09 |
7,26 |
7,10 |
Fonte: DEF 2013 e Nota illustrativa LS 2013 |
Sulla base dei dati acquisiti al IV trimestre, nel 2012 la spesa è risultata pari a 110.842 milioni, segnando una riduzione dello 0,7 per cento rispetto all’anno precedente. Si conferma al 15,5 l’incidenza sulla spesa al netto degli interessi, mentre si riduce di un decimo di punto il peso in quota PIL (7,1 per cento).
Tale risultato é inferiore di oltre 2,7 miliardi rispetto al pre-consuntivo indicato nella Nota tecnico-illustrativa della legge di stabilità 2013: la revisione incorpora anche la variazione delle stime relative al 2011, riviste in riduzione per circa 500 milioni.
Tabella
Spesa sanitaria: risultato 2012 e previsioni 2013 (milioni di euro - %)
|
2012 |
2013 |
2012 |
2013 |
|
(milioni) |
(var %) |
||
Spesa sanitaria |
110.842 |
111.108 |
|
0,2 |
Beni e servizi da produttori non market |
66.586 |
66.104 |
n.d. |
-0,7 |
di cui |
|
|
|
|
Redditi da lavoro dipendente |
36.708 |
36.758 |
-1,5 |
0,1 |
Consumi intermedi |
29.685 |
29.346 |
+2,4 |
-1,1 |
Beni e servizi da produttori market |
39.578 |
39.792 |
-2,0 |
0,5 |
Farmaci |
9.145 |
8.725 |
-7,3 |
-4,6 |
medicina di base |
6.736 |
6.748 |
+0,2 |
0,2 |
altre prestazioni (ospedaliera , specialistica, riabilitative, integrative, altra assistenza) |
23.697 |
24.319 |
-0,5 |
2,6 |
Altre componenti di spesa |
4.871 |
5.211 |
-1,3 |
7,0 |
Fonte: DEF 2013 |
|
|
|
|
All’interno delle prestazioni relative a produttori non market (assistenza ospedaliera e altri servizi sanitari offerti direttamente dagli operatori pubblici), la spesa per il personale dipendente è diminuita dell’1,5 per cento.
Su tale evoluzione incide il blocco del turnover nelle regioni in piano di rientro e le politiche di contenimento delle assunzioni per le regioni non in piano. Incidono inoltre favorevolmente gli effetti di contenimento della spesa conseguenti all’obbligo per le regioni di garantire con appositi accantonamenti la copertura integrale degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali. Ciò ha comportato una maggiore congruità nella valutazione dei relativi costi e una riduzione delle sopravvenienze passive di rilevante entità negli esercizi finanziari successivi a quello della sottoscrizione del contratto.
Aumentano del 2,4 per cento i consumi intermedi. Tale dinamica sconta le misure di contenimento previste dal D.L. 95/2012, che comportano una riduzione del 5 per cento dei corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi e dei corrispondenti volumi di acquisto per tutta la durata residua dei contratti, nonché l’obbligo per le aziende sanitarie di rinegoziare i contratti (ed eventualmente recedere) qualora i prezzi unitari siano superiori del 20 per cento rispetto ai prezzi di riferimento[22]
La variazione osservata riflette inoltre la conferma della scelta di molte regioni di ricorrere alla distribuzione diretta dei farmaci ai fini del controllo della spesa farmaceutica complessiva: ciò determina tuttavia un aumento della componente riferita alla farmaceutica ospedaliera e quindi del complessivo aggregato relativo ai produttori non market.
Il documento non fornisce indicazioni circa la spesa farmaceutica ospedaliera, che negli esercizi precedenti ha costantemente superato il tetto previsto (2,4 per cento del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato).
Per quanto riguarda la spesa dei produttori market, al risultato complessivo (-2 per cento rispetto all’esercizio precedente) contribuisce, in primo luogo la riduzione della farmaceutica (-7,3 per cento), sulla quale influiscono l’aumento della compartecipazione a carico dei cittadini(+6 per cento rispetto al 2011), sia nelle regioni in piano di rientro che nelle restanti realtà territoriali[23], la riduzione del prezzo medio dei farmaci (-8 per cento nel 2012 rispetto ad una riduzione media del 3 per cento nel triennio precedente) e le misure di contenimento varate negli anni precedenti.
Il documento precisa che sulla riduzione della farmaceutica convenzionata influisce il contenimento dei consumi, favorito a sua volta da un numero di ricette nell’anno 2012 sostanzialmente stabile rispetto al 2011 (aumentate invece del 2,2 per cento nella media del precedente triennio), grazie anche al monitoraggio delle prescrizioni attraverso la tessera sanitaria
Tra gli interventi normativi più recenti vi é la rideterminazione del tetto della spesa farmaceutica territoriale (voce in cui confluisce la spesa farmaceutica convenzionale) dal 13,3 per cento del finanziamento cui concorre lo Stato del 2011 al 13,1 per cento per il 2012 (11,35 per cento dal 2013) e la modifica del meccanismo di ripiano dell’eventuale sforamento della spesa[24].
Si rileva, inoltre, un aumento della spesa sia per l’assistenza medico-generica (+0,2 per cento) a fronte di una riduzione che per le altre prestazioni (che comprendono la specialistica, l’ospedaliera convenzionata, la riabilitativa ed altra assistenza) (-0,5 per cento).
Al risultato di queste ultime contribuisce la riduzione in misura percentuale fissa (0,5 per cento rispetto al valore registrato consuntivo nel 2011) degli importi e dei volumi degli acquisti da erogatori privati prevista dal D.L. 95/2012[25] e, più in generale, la migliore regolazione, anche nelle regioni in disavanzo, dell’accreditamento degli operatori privati con l’assegnazione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, e la tendenza a trasferire gli oneri di carattere socio-sanitario al di fuori della sanità. Per quanto riguarda la specialistica, un effetto di contenimento della spesa è ascrivibile anche alla reintroduzione dei ticket.
Le altre componenti di spesa evidenziano, infine, una riduzione dell’1,3 per cento.
Con riferimento al 2013, come precisato dal DEF, le previsioni sono elaborate sulla base del quadro macroeconomico e dei dati ufficiali Istat concernenti il conto consolidato della Sanità 2009-2012 aggiornato al IV trimestre 2012, delle rettifiche operate sul 2010 e dell’acquisizione dei dati di consuntivo 2011.
La spesa prevista, pari a 111.108 milioni (+0,2 per cento rispetto al precedente esercizio) evidenzia una riduzione di oltre 1,2 miliardi rispetto alle stime contenute nella Nota illustrativa della legge di stabilità 2013, che sconta l’effetto di trascinamento del miglior risultato 2012.
All’interno della spesa dei produttori non market, il complesso dei redditi da lavoro dipendente aumenta dello 0,1 per cento. Tale variazione sconta i dati sul costo del personale rilevati al IV trimestre del 2012 e il limite al riconoscimento di incrementi retributivi stabilito dalla legislazione vigente[26].
Per quanto riguarda i consumi intermedi, sono previsti ridursi dell’1,1 per cento rispetto al 2012. Su tale riduzione incidono le misure di contenimento della spesa adottate nell’ultimo biennio[27]
In particolare:
- La riduzione del 10 per cento dei corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi (con esclusione dei farmaci ospedalieri) e dei corrispondenti volumi d’acquisto per tutta la durata residua dei contratti in essere, con la possibilità per le regioni di adottare misure alternative di contenimento della spesa, nel rispetto degli obiettivi programmati e dell’equilibrio finanziario[28];
- l’obbligo, per le aziende sanitarie di rinegoziare con i fornitori i contratti per l’acquisto di beni e servizi (con possibilità di recesso dagli stessi) qualora i prezzi unitari in essi previsti risultino superiori al 20,0 per cento rispetto ai prezzi di riferimento individuati dall’Osservatorio per i contratti pubblici[29];
- la fissazione di un tetto alla spesa per l’acquisto di dispositivi medici, in misura pari al 4,8 per cento del fabbisogno sanitario standard[30];
- la rideterminazione del tetto sulla spesa farmaceutica ospedaliera al 3,5 per cento[31] con fissazione al 50 per cento della quota di ripiano dello sfondamento del tetto a carico delle aziende farmaceutiche, attraverso il meccanismo del pay-back.
All’interno della spesa dei produttori market, che aumenta complessivamente dello 0,5 per cento, la farmaceutica è attesa ridursi del 4,6 per cento. La previsione sconta le misure prima ricordate e l’abbassamento del tetto stabilito per la farmaceutica territoriale all’11,35 per cento.
A fronte di un aumento dello 0,2 per cento della medicina di base, le altre prestazioni in convenzione presentano una variazione positiva del 2,6 per cento.
Il documento precisa che tale stima incorpora la riduzione dell’1 per cento rispetto al valore 2011 degli importi e dei volumi degli acquisti da erogatori privati (ai sensi dell’articolo 15 del D.L. 95/2012), nonché i maggiori costi (pari a 65 milioni per il solo anno in corso) connessi al finanziamento a carico dello Stato delle attività dei Policlinici universitari e degli ospedali non statali[32].
Le altre componenti di spesa (pari a 5,1 miliardi nel 2013) sono previste in aumento del 7 per cento.
Le previsioni per gli anni 2014-2017
Tabella
La spesa sanitaria nel conto della P.A. (milioni di euro - %)
Previsioni DEF (aprile 2013) |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
valore assoluto |
111.108 |
113.029 |
115.424 |
117616 |
119.789 |
var % su anno precedente |
0,2 |
1,7 |
2,1 |
1,9 |
1,8 |
incidenza % su spesa netto interessi |
15,29 |
15,60 |
15,61 |
15,72 |
15,74 |
incidenza % su Pil |
7,1 |
7,0 |
6,9 |
6,8 |
6,7 |
Nota illustrativa L.S. 2013 |
|
|
|
|
|
valore assoluto |
112.327 |
112.421 |
115.397 |
n.d. |
n.d. |
var % su anno precedente |
-1,1 |
0,1 |
2,6 |
n.d. |
n.d. |
incidenza % su spesa netto interessi |
15,58 |
15,47 |
15,61 |
n.d. |
n.d. |
incidenza % su Pil |
7,1 |
6,9 |
6,9 |
n.d. |
n.d. |
Nel periodo 2014-2017, la spesa sanitaria cresce ad un ritmo dell’1,9 per cento medio annuo, inferiore alla variazione attesa del PIL nominale (+3,2 per cento annuo): l’incidenza della spesa sul prodotto pertanto si riduce, passando dal 7,1 per cento del 2013 al 6,7 per cento del 2015. Aumenta invece di 0,4 punti l’incidenza sulla spesa corrente al netto degli interessi per la quale si prevede una variazione più contenuta.
Come precisato dal DEF, la dinamica osservata sconta gli effetti della non applicabilità - a seguito della sentenza n. 187/2012 della Corte costituzionale[33] - di quanto disposto dall’articolo 17, comma 1, lett. d, del D.L. 98/2011 che prevedeva , attraverso un regolamento ai sensi della legge 400/1988, l’introduzione di misure di compartecipazione alla spesa per un importo pari a 2 miliardi a decorrere dal 2014. I tendenziali di spesa sono stati pertanto rivisti in aumento per tale importo.
La misura suddetta era diretta ad aumentare le risorse da compartecipazione destinate al finanziamento della sanità, a fronte delle quali veniva corrispondentemente disposta una riduzione del livello di finanziamento del SSN cui contribuisce lo Stato. Stante il vincolo per le regioni di coprire eventuali disavanzi, il venir meno della disposizione citata comporta pertanto, a parità di spesa, la necessità di reperire ulteriori risorse.
Le previsioni scontano inoltre il quadro macroeconomico previsto per il periodo di riferimento, i risultati per il 2012 del conto della sanità, nonché l’efficacia nel 2014 delle misure di contenimento della spesa adottate negli anni precedenti[34].
Come previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica, la Sezione II del DEF (Analisi e tendenze della finanza pubblica) riporta le previsioni tendenziali dei conti economici delle pubbliche amministrazioni (PA) e dei suoi sottosettori: amministrazioni centrali (AC), amministrazioni locali (AL) ed enti di previdenza (EP).
La presente analisi si concentra sulle previsioni relative alle spese, articolate per sottosettore. Le tabelle 2.7, 2.8 e 2.9 riportano, rispettivamente in milioni di euro, in percentuale del PIL e in tassi di variazione percentuale, la spesa delle PA ottenuta dal consolidamento delle spese tendenziali dei sottosettori istituzionali[35].
La figura 2.1 mostra l'andamento delle spese correnti primarie, delle spese in conto capitale e delle spese finali primarie per le PA e i sottosettori istituzionali. Con riferimento alla spesa corrente, l'articolazione per sottosettori evidenzia che il moderato aumento della spesa al netto degli interessi delle PA nel periodo di programmazione (1 per cento) è riferibile agli EP, la cui spesa primaria aumenta in media del 2,53 per cento annuo, compensando la riduzione negli altri sottosettori. Se considerata in percentuale del PIL, d'altra parte, la spesa primaria (sia corrente che capitale) risulta contrarsi nelle AC e nelle AL. Tali andamenti riescono a compensare il previsto aumento della spesa per interessi consentendo al totale delle spese finali di risultare in diminuzione in entrambi i sottosettori.
Tabella 2.7
Spesa consolidata della PA (milioni di euro)
Fonte:
elaborazioni su DEF 2013
Tabella 2.8
Spesa consolidata della PA (in percentuale del PIL)
Tabella 2.9
Spesa consolidata della PA (variazioni percentuali)
Grafico 2.1
Spesa consolidata della PA (milioni di euro)
Nota: le scale dei grafici sono tra loro diverse.
Il Documento di economia e finanza per il 2013 indica saldi programmatici coerenti con quanto prescritto a livello europeo dal rinnovato quadro di regole di bilancio.
I saldi programmatici strutturali (al netto del ciclo e delle misure una tantum) confermano il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, l'emersione di un lieve surplus nel 2014 e il ritorno al pareggio strutturale a partire dall'esercizio successivo. Il miglioramento strutturale del saldo in ciascun esercizio rispetto al precedente, già molto significativo nel 2012 (-2,3 rispetto al 2011), è pari a -1,1 per il 2013 e -0,4 nel 2014. Tale quadro programmatico appare in linea con le Raccomandazioni del Consiglio[36], nelle quali l'Italia veniva sollecitata a operare per perseguire la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo entro il 2012, nonché realizzare progressi adeguati verso il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine. Gli obiettivi strutturali definiti nel DEF 2013 risultano più ambiziosi di quelli evidenziati nell'ultimo documento programmatico (grafico 3.1).
Sulla base della stima aggiornata della componente ciclica (rivista nel presente documento sulla base delle nuove previsioni macroeconomiche)[37], gli obiettivi di indebitamento netto del conto economico della pubblica amministrazione sono pari a -2,9 per cento nel 2013, -1,8 per cento nel 2014, -1,5 per cento nel 2015, -0,9 per cento nel 2016 e -0,4 per cento nel 2017. I valori programmatici, pur rimanendo negativi, evidenziano una rapida discesa nell'arco di programmazione, posizionandosi in modo deciso al di sotto della soglia limite dell'ordinamento europeo, pari al 3 per cento di disavanzo sul PIL[38]. Rispetto alla Nota di aggiornamento, il peggioramento della posizione economica del paese implica una correzione ciclica maggiore e quindi un disavanzo ciclico consentito più ampio (grafico 3.2).
Grafico 3.1
Saldo strutturale programmatico: confronto tra DEF 2012, Nota di aggiornamento 2012 e DEF 2013
Fonti: DEF 2013, Nota di aggiornamento del DEF 2013 e DEF 2012
Grafico 3.2
Indebitamento netto programmatico: confronto tra DEF 2012, Nota di aggiornamento 2012 e DEF 2013
Fonti: DEF 2013, Nota di aggiornamento del DEF 2013 e DEF 2012
Il grafico 3.3 mostra l’evoluzione dell'indebitamento netto programmatico in relazione agli obiettivi strutturali e all’andamento stimato dell’output gap, cioè della misura del divario tra andamento economico effettivo e potenziale. Esso evidenzia che - in presenza di pareggio strutturale - l'entità dell’output gap determina la misura del disavanzo consentito, cioè la misura della stabilizzazione consentita per far fronte alla posizione ciclica negativa. Gli obiettivi nominali - dopo un picco nel 2013 riflesso dell'ampliamento dell'output gap nel 2013 - si riducono di entità, in conseguenza della progressiva chiusura attesa dell'output gap.
L’avanzo primario viene mantenuto su livelli significativi, crescenti in tutto il periodo di programmazione, passando dal 2,4 per cento del PIL nel 2012 al 5,7 nel 2017. Gli interessi sono moderatamente crescenti, passando da 5,5 nel 2012 a poco più di 6 punti di PIL nel 2017.
La tabella 3.1 espone le stime per gli anni 2012-2015 dei principali saldi programmatici di finanza pubblica in rapporto al PIL, come rappresentati nel DEF 2013 (aprile 2013), nella Nota di aggiornamento al DEF 2012 (settembre 2012) e nel DEF 2012 (aprile 2012).
Si segnala che il DEF 2013 non presenta i valori programmatici per entrata e spesa, i quali sembrerebbero, invece, richiesti dal Codice di condotta. L'evoluzione dei principali aggregati delle amministrazioni pubbliche viene infatti rappresentata a legislazione vigente, nell'ipotesi della prosecuzione del regime di tassazione degli immobili vigente ad oggi.
Tabella 3.1
Obiettivi programmatici della P.A. Rapporti sul PIL
Fonti: DEF 2013, Nota di aggiornamento del DEF 2012 e DEF 2012
Grafico 3.3
Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap
Nota: il grafico presenta i valori del saldo nominale, strutturale e output gap a segni invertiti
Fonte: elaborazione su DEF 2013
Il confronto tra saldi programmatici e stime tendenziali evidenzia che, per gli esercizi 2013 e 2014, non vi è necessità di operare una correzione netta dei saldi, coincidendo i saldi programmatici con la dinamica tendenziale dei conti. Il raggiungimento degli obiettivi programmatici richiederà invece una azione di correzione a partire dal 2015.
Il DEF 2013 espone un quadro di previsione tendenziale che include la prosecuzione del vigente regime di prelievo sugli immobili, in base al quale sarebbero necessarie esigenze di correzione netta pari a 0,2 per cento, 0,4 e 0,6 punti di PIL rispettivamente in ciascuno degli esercizi 2015-2017.
La nota alla Tavola I.1 indica che, in assenza di prosecuzione, la misura della correzione richiesta per raggiungere gli obiettivi programmatici sarebbe pari a 0,9 per cento del PIL nel 2015 e a 1,2 e 1,4 rispettivamente per il 2016 e il 2017.
Si ricorda che la legge di contabilità richiede che le previsioni tendenziali siano costruite sulla base della legislazione vigente. Una ricognizione della seppur complessa legislazione relativa al prelievo degli immobili (caratterizzato da una normativa transitoria e a una a regime) sembrerebbe suggerire che, a decorrere dal 2015, dovrebbe venir meno le misure adottate alla fine del 2011.
Si ricorda inoltre che la legge di contabilità richiede che la sezione I del DEF indichi l'articolazione della manovra necessaria per il conseguimento degli obiettivi almeno per un triennio, nonché un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere i predetti obiettivi (art. 10, comma 2, lett. f)).
Il DEF 2013 espone l’obiettivo di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche; viene altresì indicato il saldo a legislazione vigente dei sottosettori della PA: amministrazioni centrali, amministrazioni locali ed enti di previdenza (tabella 3.2).
Il DEF 2013 evidenzia che gli enti di previdenza registrerebbero un saldo tendenziale stabile nell'intero periodo di programmazione (pari a 0,2 punti di PIL), il disavanzo delle amministrazioni locali registrerebbe un disavanzo più marcato nel 2013 (-0,7 per cento), verosimilmente riconducibile alle misure per l'accelerazione del pagamento dei debiti della PA e disavanzi in media pari allo 0,3 per cento nel corso del periodo di previsione. Il percorso di contenimento dell’indebitamento netto della PA viene riflesso nell'obiettivo delle amministrazioni centrali, per le quali il saldo passa dal -1,7 per cento del Pil nel 2013 al -0,9 per cento nel 2017.
Si rileva che - poiché il DEF 2013 non indica la ripartizione per sottosettore delle azioni di correzione richieste a partire dal 2015 - non è possibile desumere i saldi programmatici per sottosettore. Si ricorda che la legge di contabilità richiede che i saldi programmatici siano articolati per sottosettore (art. 10, comma 2, lett. e)).
Si segnala, inoltre, che l’analisi per sottosettore (così come quella del conto tendenziale dell’intera PA) si basa sull’ipotesi che in futuro venga confermato il vigente regime di tassazione degli immobili, quindi prefigurando l'esigenza di correzione ridotta negli anni 2015-2017. Tenuto conto che il gettito che verrebbe a mancare nell'altra ipotesi (mancata conferma del vigente regime di prelievo degli immobili) è di competenza sia dello Stato che delle amministrazioni locali, sarebbe utile acquisire elementi informativi sui saldi tendenziali per sottosettore (e sulle connesse esigenze di correzione) che emergerebbero qualora non fosse confermato il regime del prelievo vigente.
Tabella 3.2
Indebitamento netto per sottosettore (in percentuale del PIL)
Fonte: DEF 2013
Nota: eventuali incongruenze tra le cifre sono dovute agli arrotondamenti
Una migliore comprensione del contesto di finanza pubblica nell'ambito del quale si muove il documento di programmazione in esame richiede l'analisi delle previsioni tendenziali a politiche invariate. Il quadro programmatico e la misura della correzione netta necessaria per il raggiungimento di tali obiettivi non sarebbero infatti sufficienti ad indicare le esigenze di correzione lorda, cioè di reperimento di risorse destinate a consentire la prosecuzione delle politiche pubbliche. Lo stesso Codice di condotta raccomanda agli stati membri di presentare nei propri programmi di stabilità il quadro tendenziale dei conti a politiche invariate.
Il DEF - in coerenza con le norme di contabilità - illustra lo scenario a politiche invariate nel quale presenta le entrate e le spese a politiche invariate in rapporto al PIL per gli anni 2015-2017, indicando anche il dettagli delle voci di spesa. L'analisi evidenzia somme aggiuntive rispetto ai tendenziali pari a circa 2 mld per il 2015, 4,5 mld per il 2016 e 7 mld per il 2017 (tabella 3.3); tali somme sono anche utilizzate nell'ambito della verifica del rispetto della regola sulla spesa, nell'ambito della Sezione I.
Il DEF-Sezione II spiega che non sviluppa le previsioni a politiche invariate per gli esercizi precedenti, "... in quanto gli anni 2013-2014 sono ancora interessati dalle manovre correttive di finanza pubblica". Inoltre il documento in esame chiarisce che le previsioni a politiche invariate non rappresentano un peggioramento dei saldi di finanza pubblica rispetto ad uno scenario definito sulla base dell’applicazione del criterio della legislazione vigente in quanto, ai sensi dell’art 81, quarto comma della Costituzione, ogni nuova o maggiore spesa e/o minore entrata rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente dovrà trovare apposita copertura con misure compensative di pari importo e durata.
Occorrerebbe chiarire se lo scenario a politiche invariate presentato nel DEF sia coerente con le stime presentate nella Sezione I per i principali aggregati delle amministrazioni pubbliche nella Tavola III.2. Una nota alla tavola stessa ricorda che i dati relativi al totale delle entrate e delle spese differiscono da quelli del conto delle amministrazioni pubbliche esposto nella Sezione II del DEF per una diversa metodologia di rappresentazione del conto: secondo il Regolamento CE n. 1500/2000 nella Sezione I e secondo la versione tradizionale nella Sezione II.
Una nota alla Tavola III.5 della I Sezione, Scenario a politiche invariate evidenzia che le previsioni a politiche invariate sono coerenti con il Conto delle amministrazioni pubbliche esposto nella Sezione II del DEF 2013.
Sarebbe utile la predisposizione di uno schema di raccordo tra le informazioni contenute nella I e nella II Sezione del DEF.
Tabella 3.3
Conto economico delle amministrazioni pubbliche nello scenario a politiche invariate (milioni di euro)
Fonte: DEF 2013
Le recenti modifiche alla governance economica europea (cd. six pack) rafforzano le procedure di sorveglianza e sanzione vigenti a livello sovranazionale. Come noto, la nuova governance economica europea, consolidata poi con il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (cd. Fiscal Compact), prevede che gli obiettivi in termini di saldo strutturale (gli OMT, specifici da paese a paese e rappresentati, per l’Italia, dal pareggio di bilancio), siano integrati da due ulteriori regole: una regola di evoluzione della spesa e - per i paesi con un rapporto debito/PIL superiore al 60 per cento - una regola di evoluzione del rapporto debito/PIL.
I nuovi regolamenti europei introducono nell'ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita, un vincolo sulla evoluzione della spesa[39]. Il DEF 2013 evidenzia che il limite massimo per la crescita dell’aggregato di spesa consentito all'Italia nel biennio 2012-2013 è pari a -0,8 per cento l'anno. Nel triennio successivo, 2014-2016, il limite massimo è stato aggiornato a -1,1 per cento nel caso di non conseguimento dell'MTO e 0,0 per cento nel caso contrario[40].
La tabella 3.4 riporta le spese da escludere nel calcolo dell'aggregato di spesa di riferimento che deve rispettare la regola, mentre la tabella 3.5 indica i passaggi e gli importi necessari per calcolare il tasso di crescita dell'aggregato stesso nonché il relativo limite massimo consentito dalla regola (benchmark).
Tabella 3.4
Spese da escludere dalla regola della spesa
|
|
|
|
|
|
|
|
|
2012 |
|
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
Livello (1) |
In % del PIL |
In % del PIL |
||||
Spese per programmi UE pienamente coperte da fondi UE |
4.499 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
Componente ciclica della spesa per sussidi di disoccupazione (2) |
3.777 |
0,2 |
0,3 |
0,3 |
0,2 |
0,2 |
0,2 |
Entrate discrezionali varate nel 2012 (3) |
20.380 |
1,3 |
1,8 |
1,6 |
0,9 |
0,9 |
0,8 |
Incrementi di entrata già individuati per legge |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
1) milioni di euro
2) In prima applicazione, sull'orizzonte di previsione (2013-2017) la componente ciclica è stata identificata nello scostamento fra il valore previsto ed il valore medio della spesa negli anni 2008-2012 incrementata del 2 per cento per ciascuno degli anni di previsione. Per l'anno 2012 lo scostamento è stato calcolato con riferimento al valore medio sul periodo 2007-2011 incrementato del 2 per cento. La variabile di spesa considerata è la 'spesa per prestazioni in denaro di ammortizzatori sociali', che costituisce un sottoinsieme della categoria D62 del SEC95.
3) Le entrate discrezionali includono gli effetti netti, di riduzione delle entrate, derivanti dalle misure previste nella manovra di bilancio (D.L n.95/2012 e Legge di Stabilità 2013-2015) e gli incrementi di entrate disposti da provvedimenti precedenti (D.L. n.201/2011; D.L. n.70/2011; D.L. n.98/2011; D.L. n.138/2011 al netto clausola di salvaguardia su tax expenditures).
Fonte: DEF 2013
Tabella 3.5
Applicazione della regola della spesa (milioni di euro)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
1. Totale spesa |
788.894 |
794.512 |
804.087 |
808.264 |
829.391 |
845.137 |
862.595 |
2. Maggiori spese a politica invariata |
0 |
0 |
0 |
0 |
2.061 |
4.441 |
7.073 |
3. Spese finanziate da UE |
3.508 |
4.499 |
4.499 |
4.499 |
4.499 |
4.499 |
4.499 |
4. Componente ciclica dei sussidi di disoccupazione |
2.828 |
3.777 |
3.961 |
4.493 |
3.811 |
3.560 |
3.335 |
5. Interessi |
78.351 |
86.717 |
83.892 |
90.377 |
97.465 |
104.387 |
109.289 |
6. Investimenti fissi lordi |
31.097 |
29.224 |
28.257 |
28.156 |
28.289 |
28.669 |
28.761 |
7. Investimenti fissi lordi - media sugli ultimi 4 anni |
34.260 |
32.760 |
30.240 |
29.184 |
28.482 |
28.343 |
28.469 |
8. Step 1: Aggregato di spesa di riferimento (1+2-3-4-5-6+7) |
707.370 |
703.054 |
713.717 |
709.923 |
725.869 |
736.806 |
752.252 |
9. Entrate discrezionali (2) |
5.036 |
20.380 |
27.624 |
26.784 |
27.668 |
27.722 |
27.188 |
10.Step 2: Aggregato di spesa di riferimento (8-9) |
702.334 |
682.675 |
686.093 |
683.138 |
699.201 |
709.084 |
725.064 |
11.Step 3: Tasso di crescita dell'aggregato di spesa in termini nominali |
-1,3 |
-2,8 |
0,5 |
-0,4 |
2,2 |
1,6 |
2,3 |
12.Step 4: Tasso di crescita dell'aggregato di spesa in termini reali |
-3,2 |
-4,7 |
-1,4 |
-2,3 |
0,4 |
-0,2 |
0,5 |
13.Benchmark (limite massimo alla crescita dell’aggregato di spesa) |
-0,8 |
-0,8 |
-0,8 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
0,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
1) Il benchmark di riferimento è coerente con il raggiungimento dell’MTO nel 2013 e il mantenimento dello stesso negli anni successivi. L'aggregato di spesa di riferimento è coerente con i valori presentati nel conto della P.A (Tavola III.2), sottraendo al totale delle spese a politiche invariate l’ammontare della spesa per interessi, delle spese finanziate con fondi UE, la componente ciclica delle indennità di disoccupazione e considerando la spesa media per investimenti (calcolata sugli anni da t a t-3). Sono inoltre sottratte le misure discrezionali sulle entrate (Tavola III.5). Il tasso di crescita della spesa di riferimento è stato deflazionato per mezzo dei tassi forniti dalla Commissione negli anni 2011-2013, mentre negli anni successivi è stato utilizzato il tasso di crescita del deflatore del PIL esposto nella Tavola II.2b.
2) In linea con la definizione concordata nell’Output Gap Working Group, le misure discrezionali sulle entrate corrispondono a misure già adottate e a quelle programmate con un margine di certezza (European Commission, Methodological requirements for the reporting of discretionary revenues measures, Note for the OGWG, 3 October 2012). Si veda anche (European Commission, Complementary information on the functioning of the expenditure and debt benchmarks, Note for the Alternates of the Economic and Financial Committee, 27 June 2012). Per il 2011 il dato indica l’incremento atteso nelle entrate tributarie totali, rispetto ai dati di consuntivo del 2010, derivante dai principali provvedimenti varati nel corso del biennio 2010-2011.
Fonte: DEF 2013
Il DEF 2013 evidenzia che la regola sulla spesa risulta rispettata per tutto il periodo di riferimento ad eccezione del 2015 e del 2017.
Con riferimento all'importo delle entrate discrezionali, la regola della spesa richiede che venga riportato l'impatto netto delle misure discrezionali adottate e che si intendono adottare che comportino variazioni delle entrate in ciascuno degli anni interessati dalla regola[41]. Pertanto, sarebbe opportuno che il Governo fornisse ulteriori elementi per la determinazione degli importi indicati nella riga 9 della tabella 3.4, i quali sembrano far riferimento ai livelli delle entrate discrezionali anziché alla loro variazione rispetto all'anno precedente richiesta dalla regola. Tale procedura si potrebbe ritenere fondata soltanto nel caso in cui le proiezioni di base ("baseline") delle entrate non incorporassero gli effetti delle misure discrezionali negli anni successivi alla loro introduzione.
Si osserva, inoltre, che gli importi degli investimenti fissi lordi riportati nella Tavola II.2-1 della Sezione II del DEF per gli anni 2012 e 2013 non risultano significativamente diversi rispetto a quelli riportati nella Tavola 2 della Relazione al Parlamento 2013, mentre si evidenziano differenze rilevanti per i Contributi in c/capitale. Questo potrebbe essere dovuto alla contabilizzazione della quota in conto capitale dei pagamenti dei debiti della PA disposti con il DL n. 35 del 2013, pari a 7.850 milioni di euro. A tal proposito sarebbe opportuno avere dal Governo ulteriori chiarimenti anche in merito alle motivazioni di tale scelta di contabilizzazione.
Con riferimento alle spese a politiche invariate, il fatto che la seconda riga della tabella 3.5 riporti il valore zero in corrispondenza del 2013 e del 2014 sembra far ritenere che il Governo ritenga le risorse stanziate per tali anni (con i provvedimenti adottati nel 2012 e in particolare con la legge di stabilità 2013, il cui orizzonte temporale copre il periodo 2013-2015) sufficienti a consentire la prosecuzione delle politiche vigenti; o in alternativa che eventuali spese ulteriori (rispetto a quelle preventivate) dovranno essere compensate con riduzioni di altre spese. Nel caso in cui, invece, si intendesse provvedere al finanziamento di tale eventuali ulteriori spese con un incremento di entrate discrezionali, lo schema applicativo della regola sulla spesa (indicato a livello europeo) sembrerebbe richiedere di evidenziare tale opzione sin da ora, nella stessa tabella 3.5.
Si rileva che - nel caso in cui nella riga relativa alle Entrate discrezionali vengano inserite le variazioni tra ciascun anno e il precedente, anziché i livelli delle entrate stesse - la regola potrebbe non essere rispettata anche nel 2013, esercizio nel quale incidono le maggiori spese in conto capitale derivanti dallo sblocco dei pagamenti della PA verso i propri fornitori (DL n. 35 del 2013).
Il DEF 2013 evidenzia una crescita del rapporto debito/PIL, al lordo dei contributi italiani a sostegno dell'area dell'euro, dal 127 per cento del 2012 al 130,4 per cento del 2013, mentre negli esercizi successivi è prevista una progressiva riduzione dal 129 per cento del 2014 al 117,3 per cento del 2017. Tale dinamica è realizzata scontando - sin dal 2013 - introiti da privatizzazioni pari 1 punto percentuale di PIL.
Rispetto all'andamento programmatico riportato nella Nota di aggiornamento al DEF 2012, le stime del DEF 2013 risultano mediamente maggiori di circa 5 punti percentuali di PIL nel periodo 2013-2015. Inoltre, l'inizio della riduzione del rapporto debito/PIL è stato posticipato dal 2013 (Nota di aggiornamento al DEF 2012) al 2014 (DEF 2013).
La conformità da parte dell'Italia alla regola del debito - introdotta dalla nuova governance economica europea - verrà valutata dalla Commissione e dal Consiglio europeo nel 2015, cioè al termine del periodo di transizione previsto dopo la chiusura della procedura per deficit eccessivo a cui è sottoposto il paese. Si ricorda che tale regola richiede di verificare se la riduzione del rapporto debito/PIL è pari a 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi (limite massimo retrospettivo); in caso negativo, viene chiesto di valutare se il mancato rispetto è riconducibile alla posizione dell'economia (limite massimo prospettico); se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cd. fattori rilevanti[42].
La serie del rapporto debito/PIL impiegata nell'applicazione è calcolata al lordo dei contributi EFSF/ESM, dei prestiti bilaterali alla Grecia e di altri fattori di aggiustamento stock-flusso relativi al periodo 2012-2014[43].
Il debito programmatico lordo per il 2015 è stimato pari al 125,5 per cento del PIL. Tale valore non rispetterebbe il limite massimo retrospettivo (cosiddetto backward-looking benchmark) del 122,2 per cento. Applicando la correzione per la componente ciclica del rapporto, il limite sarebbe invece rispettato. Analogamente, il profilo temporale del rapporto debito/PIL risulterebbe conforme alla regola del debito applicata con riferimento agli anni successivi al 2015 (cosiddetto forward-looking benchmark) che fissa un limite massimo del debito per il 2017 pari al 118,86 per cento del PIL.
Per cercare di comprendere meglio i fattori alla base dell'aggiustamento del rapporto debito/PIL verso il benchmark è utile far riferimento all'analisi convenzionale della sostenibilità del debito, la quale si fonda su una semplice relazione contabile secondo cui la variazione del rapporto debito/PIL si scompone in tre elementi:
· L'avanzo primario riflette la politica di bilancio. A parità di altre condizioni, un avanzo primario riduce il rapporto debito/PIL.
· Il cosiddetto effetto snow-ball riflette l'effetto combinato dei tassi di interesse e del tasso di crescita del PIL. A parità di altre condizioni, un aumento dei tassi di interesse produce un aumento del rapporto debito/PIL, mentre un aumento del tasso di crescita del PIL agisce in direzione contraria.
· Il cosiddetto aggiustamento stock-flusso fa riferimento alle variazioni del rapporto debito/PIL riconducibili a: 1) differenza tra la contabilizzazione per cassa e quella per competenza; 2) acquisizione netta di attività finanziarie; 3) variazioni del valore del debito pubblico denominato in valuta estera dovute a fluttuazioni del tasso di cambio; 2) transazioni finanziarie relative al sostegno pubblico a favore di istituzioni finanziarie nazionali (ad es. banche) o internazionali (ad es. EFSF).
Assumendo un aggiustamento stock-flusso nullo e un effetto snow-ball (cioè un eccesso del tasso di interesse rispetto al tasso di crescita del PIL reale), è necessario conseguire elevati avanzi primari per ridurre o stabilizzare il rapporto debito/PIL. Analogamente, in presenza di un aggiustamento stock-flusso positivo (ad esempio a causa di interventi di sostegno alle istituzioni finanziarie), l'esigenza di stabilizzazione del debito richiederà un ancor maggiore avanzo primario.
Sulla scorta di questo schema di analisi, la tabella 3.6 riporta i dati forniti dal DEF 2013[44]. Valori negativi delle tre componenti suddette (Avanzo Primario, Effetto snow-ball, Aggiustamento Stock-Flussi) e delle relative sotto-componenti della Tabella implicano un contributo alla riduzione del debito.
Tabella 3.6
Determinanti della variazione del debito pubblico
(in percentuale del PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Livello (al netto sostegni) (2) |
120,0 |
124,3 |
126,9 |
125,2 |
121,8 |
117,8 |
113,8 |
Impatto di sostegni (3) |
0,8 |
2,7 |
3,5 |
3,8 |
3,7 |
3,6 |
3,5 |
Livello (al lordo sostegni) (2) |
120,8 |
127,0 |
130,4 |
129,0 |
125,5 |
121,4 |
117,3 |
Variazioni rispetto all’anno precedente |
1,5 |
6,2 |
3,4 |
-1,4 |
-3,5 |
-4,1 |
-4,1 |
Fattori che determinano le variazioni del debito pubblico (in percentuale del PIL) |
|||||||
Avanzo Primario (Competenza Economica) |
-1,2 |
-2,5 |
-2,4 |
-3,8 |
-4,3 |
-5,1 |
-5,7 |
Effetto snow-ball |
3,0 |
6,5 |
4,7 |
1,5 |
1,7 |
2,1 |
2,4 |
di cui: Interessi (competenza economica) |
5,0 |
5,5 |
5,3 |
5,6 |
5,8 |
6,0 |
6,1 |
Aggiustamento Stock-Flussi |
-0,3 |
2,2 |
1,1 |
0,9 |
-0,9 |
-1,1 |
-0,8 |
di cui: Differenza tra cassa e competenza |
-0,4 |
0,0 |
-0,3 |
-0,1 |
-0,8 |
-0,8 |
-0,4 |
Accumulazione netta di asset finanziari (4) |
0,6 |
-0,4 |
-0,2 |
-0,6 |
-0,5 |
-0,7 |
-0,8 |
di cui: Introiti da Privatizzazioni |
0,0 |
-0,5 |
-1,0 |
-1,0 |
-1,0 |
-1,0 |
-1,0 |
Effetti di valutazione del Debito |
0,5 |
0,5 |
0,3 |
0,3 |
0,4 |
0,3 |
0,3 |
Altro (5) |
-1,0 |
2,1 |
1,3 |
1,4 |
0,0 |
0,1 |
0,1 |
p. m. : Tasso di interesse implicito sul Debito |
4,2 |
4,5 |
4,2 |
4,4 |
4,7 |
4,9 |
5,2 |
Valori negativi delle tre componenti suddette (Avanzo Primario, Effetto snow-ball, Aggiustamento Stock-Flussi) e delle relative sotto-componenti della Tavola implicano un contributo alla riduzione del debito.
1) Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori presentati nella tavola.
2) Al netto e al lordo della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM. Per gli anni 2011 2012 l’ammontare di tali prestiti agli Stati membri dell'UEM (bilaterali o attraverso EFSF) è pari rispettivamente a 13.118 e 36.932 miliardi. Le stime per gli anno 2013-2017 includono i proventi da privatizzazioni per un ammontare pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno
3) Include gli effetti del contributo italiano a sostegno dell'Area Euro: contributi programma Greek Loan Facility (GLF), EFSF e ESM.
4) Include gli effetti dei contributi per GLF e programma ESM.
5) La voce altro, residuale rispetto alle precedenti, comprende: variazioni dei depositi attivi del MEF presso la Banca d'Italia; discrepanze statistiche; contributi a sostegno dell'Area Euro previsti dal programma EFSF; effetti del D.L. n.35/2013.
Fonte: DEF 2013
Nel 2013 l'avanzo primario del 2,4 per cento rispetto al PIL non riesce a controbilanciare il contributo negativo alla variazione del debito prodotto dall'effetto snow-ball (4,7 per cento), principalmente riconducibile alla spesa per interessi, e dall'aggiustamento stock-flussi (1,1 per cento) riferibile quasi interamente all'impatto del DL n. 35 del 2013 riguardante il pagamento dei debiti pregressi della PA (incluso nella voce Altro della tabella 3.6). Dalla combinazione di tali fattori il rapporto debito/PIL programmatico del 2013 risulta in aumento di 3,4 punti percentuali rispetto al 2012.
Negli anni 2014 e 2015, invece, lo stesso rapporto risulta in diminuzione di 1,4 e 3,5 punti percentuali rispettivamente. Nel 2014 tale risultato è dovuto all'avanzo primario programmato (3,8 per cento del PIL) e alla ripresa della crescita economica, mentre l'aggiustamento stock-flusso agisce in direzione contraria (cioè verso un aumento del debito/PIL) soprattutto a causa delle misure previste per il pagamento dei debiti pregressi della PA. Nel 2015 l'impatto di tale misura si esaurisce e anche l'aggiustamento stock-flusso contribuisce alla riduzione del rapporto debito/PIL seppur in grado minore rispetto all'elevato avanzo primario e alla ripresa economica.
La tabella evidenzia come, su tutto l'orizzonte programmatico, incidano sul rapporto gli introiti da privatizzazioni pari 1 punto percentuale di PIL, in grado di più che compensare gli effetti del contributo italiano a sostegno dell'area dell'euro (contributi al programma Greek Loan Facility, EFSF e ESM).
Il ruolo dei fattori rilevanti nella valutazione del debito
Nel caso di mancato rispetto della regola del debito, sia retrospettiva che prospettica, prima di aprire una procedura per debito eccessivo, la Commissione europea è tenuta a prendere in considerazione eventuali "fattori rilevanti" che possano influire sull'evoluzione programmatica del debito[45]. Particolare rilevanza assumono i contributi finanziari di sostegno alla stabilità finanziaria dell'area dell'euro (EFSF, ESM e contributi bilaterali alla Grecia) nonché la composizione degli aggiustamenti stock-flusso.
Il Programma di stabilità evidenzia che per l'Italia i principali fattori rilevanti aventi effetti sul livello programmatico del debito tra il 2012 e il 2014 sono i contributi in conto capitale all'ESM, le erogazioni all'EFSF, i prestiti bilaterali alla Grecia e la liquidazione dei debiti pregressi della PA disposti dal DL n. 35 del 2013. Tali fattori ammontavano complessivamente all'1,9 per cento del PIL nel 2012, mentre sono stimati pari al 2,1 per cento nel 2013 e all'1,6 per cento nel 2014.
La spesa per interessi
Nelle nuove stime del Documento di economia e finanza 2013[46], la spesa per interessi nel 2012 risulta pari a 86.717 milioni, con un incremento rispetto al dato del 2011 di 8.366 milioni.
Dal confronto con i dati contenuti nella Nota di aggiornamento 2012 e nella Relazione al Parlamento di marzo 2013, si osserva che la stima attuale per l’anno 2012 conferma sostanzialmente le ipotesi adottate in precedenza: la revisione delle stime mostra una correzione in aumento della spesa, rispetto al valore stimato nel DEF 2012, pari a 2.500 milioni e di 598 milioni rispetto alla Nota di aggiornamento.
Negli anni 2013 e 2014 le previsioni mostrano una spesa per interessi pari rispettivamente a 83.892 milioni (con una riduzione rispetto al 2012 di 2.825 milioni) e a 90.377 milioni. Rispetto alle stime della Nota di aggiornamento al DEF 2012 che prevedeva per il 2013 un valore pari a 89.243 e, per il 2014, un valore pari a 96.971, si osserva una netta correzione al ribasso, dovuta, in base a quanto affermato dal documento in esame, ad un livello dei tassi di interesse più favorevole di quello previsto in sede di Nota di Aggiornamento di settembre 2012.
In termini di incidenza sul PIL, la spesa passa dal 5,5 per cento del 2012 al 5,8 per cento del 2015, con una riduzione di mezzo punto rispetto alla Nota. Alla fine del 2017 la spesa per interessi si dovrebbe attestare al 6,1 per cento di Pil.
Si rileva che con decreto legge n. 35 del 2013[47], il Governo ha autorizzato l’emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014. A tale ammontare, così come affermato dalla RT allegata al citato DL, (sulla base dei tassi di mercato attesi e tenendo conto dell’ordinaria gestione dei flussi di cassa che il MEF normalmente adotta per la conduzione del debito pubblico) corrisponde una spesa per interessi pari, per il bilancio dello Stato, a 922,5 milioni di euro nel 2014 e a 1.599 milioni di euro per gli anni dal 2015 al 2017. L’aumento della spesa per interessi per emissione di nuovi titoli di Stato è in parte compensato dagli interessi attivi che dovranno essere corrisposti dagli enti territoriali sulle anticipazioni di liquidità. Dagli effetti scontati nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato al DL 35/2013 deriva un effetto netto di maggiore spesa per interessi, sul solo SNF, pari a 559,5 milioni di euro nel 2014 e 570,4 milioni di euro a decorrere dal 2015. Con riferimento agli effetti sui saldi di fabbisogno e indebitamento, la Relazione presentata dal Governo al Parlamento il 21 marzo scorso, ai sensi dell’art. 10-bis, comma 6, della legge di contabilità e di finanza pubblica (legge n 196/2009) precisava che di essi si era tenuto conto nell’effettuazione delle nuove stime[48]. Tuttavia, né la Relazione di marzo 2013, né il successivo decreto, né il Documento in esame hanno specificato quale importo risulti effettivamente incorporato nelle previsioni tendenziali riferite ai suddetti saldi. In particolare non appare chiaro se gli importi incorporati nei tendenziali riferiti al fabbisogno e all’indebitamento netto tengano conto anche della posta riferita agli interessi attivi, parzialmente compensativa della maggiore spesa per interessi passivi a carico del bilancio dello Stato a fronte delle emissioni di titoli[49].
Con riferimento all’anno 2012, il DEF - PdS precisa che l’incremento della spesa per interessi, di circa 8 miliardi rispetto al 2011 è imputabile in larga parte alle Amministrazioni Centrali ed in particolare alle principali categorie di titoli di Stato domestici, degli incrementi, quelli più rilevanti sono stati quelli relativi ai BOT e ai BTP/BTP€i. Il Documento precisa che, per i BOT, ciò è spiegabile con il maggior quantitativo emesso rispetto all’anno precedente e con tassi storicamente elevati a cui sono stati piazzati tali titoli a fine 2011 e nel periodo giugno-luglio 2012; per i BTP/BTP€i, ciò è dovuto principalmente all’effetto dei tassi all’emissione, storicamente alti (in particolare quelli di fine 2011 e del periodo marzo-luglio 2012), oltre che, sebbene in misura più modesta, all’incremento in valore assoluto dello stock rispetto al 2011. Il Documento precisa, inoltre, che il costo medio ponderato sulle nuove emissioni è tornato a scendere nel 2012 rispetto al 2011, arrivando al 3,11 per cento contro il 3,61 per cento.
Con riferimento alle stime della spesa per interessi relativa agli anni 2013-2017, il DEF precisa che esse sono state formulate utilizzando i tassi impliciti nella curva dei rendimenti italiana rilevata a metà marzo 2013: da essi deriva un livello di spesa rispetto al PIL, nel 2013, pari al 5,3 per cento, in lieve riduzione rispetto al 2012 e incrementi annui modesti fino al 6,1 per cento nel 2017. In particolare il Documento afferma che, sebbene l’attuale conformazione della curva dei rendimenti faccia prevedere tassi in rialzo soprattutto sulle scadenze a breve e medio termine, e nonostante una ridotta velocità di discesa del rapporto debito/PIL, la dinamica piuttosto lenta di incremento degli interessi è da ricondurre principalmente alla struttura del debito e ai volumi assoluti da emettere nei prossimi anni che risultano stabili sui livelli del 2013.
Tabella 4.1
Spesa per interessi: confronto tra Documento di economia e finanza 2012, Nota di aggiornamento del DEF 2012, e Documento di economia e finanza 2013
(milioni di euro - % PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
|
|
|
|
|
DEF 2012 |
|
|
|
|
|
|
Spesa per interessi |
84.217 |
88.456 |
93.832 |
99.249 |
- |
- |
Variazione assoluta |
6.196 |
4.239 |
5.376 |
5.417 |
- |
- |
Variazione percentuale |
7,9 |
5,0 |
6,1 |
5,8 |
- |
- |
in % del PIL |
5,3 |
5,4 |
5,6 |
5,8 |
- |
- |
PIL nominale |
1.588,7 |
1.626,9 |
1.672,8 |
1.725,5 |
- |
- |
|
|
|
|
|
|
|
Nota di aggiornamento al DEF 2012 |
|
|
|
|
|
|
Spesa per interessi |
86.119 |
89.243 |
96.971 |
105.394 |
- |
- |
Variazione assoluta |
7.894 |
3.124 |
7.728 |
8.423 |
- |
- |
Variazione percentuale |
10,1 |
3,6 |
8,7 |
8,7 |
- |
- |
in % del PIL |
5,5 |
5,6 |
6,0 |
6,3 |
- |
- |
PIL nominale |
1.564,4 |
1.582,4 |
1.629,6 |
1.680,4 |
- |
- |
|
|
|
|
|
|
|
DEF 2013 |
|
|
|
|
|
|
Spesa per interessi |
86.717 |
83.892 |
90.377 |
97.465 |
104.387 |
109.289 |
Variazione assoluta |
8.366 |
-2.825 |
6.485 |
7.088 |
6.922 |
4.902 |
Variazione percentuale |
10,7 |
-3,3 |
7,7 |
7,8 |
7,1 |
4,7 |
in % del PIL |
5,5 |
5,3 |
5,6 |
5,8 |
6,0 |
6,1 |
PIL nominale |
1.565,9 |
1.573,2 |
1.624,1 |
1.677,7 |
1.731,3 |
1.785,9 |
|
Fonte: Elaborazioni su dati MEF
Il Documento sottolinea, inoltre, che le previsioni effettuate nel mese di aprile dell’anno in corso, indicano che ad un aumento istantaneo e permanente di un punto percentuale delle curve dei rendimenti sui titoli di Stato corrisponde un impatto sul’onere del debito di 0,15 punti di Pil nel primo anno, 0,33 punti di Pil nel secondo e 0,46 punti nel terzo. Tale incremento si trasferisce interamente sul costo del debito dopo 5,51 anni. Il DEF ritiene che questi valori, inferiori per i primi due anni rispetto a quelli del DEF 2012, trovano giustificazione nella stima di un minor ricorso all’emissione della componente del debito legata alle fluttuazioni dei tassi (BOT e CCTeu), nonché nella riduzione delle attività di indebitamento annuale complessiva, che risulta stabilizzarsi per via o delle minori scadenze o del ridotto livello atteso del fabbisogno del Settore statale da coprire.
Tabella 4.2
Ipotesi utilizzate per i tassi di interesse
(% PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
|
|
|
|
|
Tasso di interesse a breve termine |
0,8 |
1,2 |
2,7 |
3,7 |
4,4 |
4,9 |
Tasso di interesse a lungo termine |
5,7 |
4,8 |
5,3 |
5,7 |
6,0 |
6,2 |
|
|
|
|
|
|
|
N.B. per tasso di interesse a breve termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 3 mesi in emissione durante l’anno. Per tasso di interesse a lungo termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 10 anni in emissione durante l’anno |
||||||
|
Fonte: PdS-DEF 2013
Con riferimento ai rendimenti dei titoli di Stato, in base a quanto rilevato dalla Banca d’Italia[50], tra la fine di settembre 2012 e la metà di gennaio 2013 il differenziale di rendimento fra il BTP decennale e il corrispondente titolo tedesco è sceso da 365 a 271 punti base; diminuzioni significative si sono registrate anche sulle scadenze più brevi. Vi hanno inciso soprattutto gli effetti dell’introduzione delle Outright Monetary Transactions (OMT) da parte della BCE e le nuove decisioni prese in ambito europeo riguardo agli aiuti alla Grecia[51].
Lo spread ha subito un nuovo incremento dopo la seconda metà di gennaio, a causa dell’incertezza relativa all’esito delle elezioni politiche italiane ed alla crisi cipriota, acuitasi nella prima metà di marzo. Nel periodo successivo, il differenziale di rendimento fra il BTP decennale e il corrispondente titolo tedesco ha confermato tuttavia una tendenza alla riduzione (in data 15 aprile 2013 risultava pari a 308 punti base).
Si segnala infine che, con decorrenza dall’11 luglio 2012, il Consiglio direttivo della BCE ha deliberato una riduzione di 25 punti base del tasso minimo sulle operazioni di rifinanziamento principali, portandolo allo 0,75 per cento.
Grafico 4.1
Differenziale di rendimento BTP-BUND-BENCHMARK10 anni
550 500 450 400 350 300 250 200 |
|
gen-12 feb-12 mar-12 apr-12 mag-12 giu-12 lug-12 ago-12 set-12 ott-12 nov-12 dic-12 gen-13 feb-13
Nota : grafico tratto dal Pds-DEF 2013
Il fabbisogno del settore pubblico
I risultati del 2012
Il fabbisogno, corrispondente alla differenza (negativa) tra il totale degli incassi e il totale dei pagamenti (correnti, in conto capitale e finanziari), è un indicatore utilizzato per il monitoraggio e la gestione della finanza pubblica secondo il profilo di cassa.
Per il calcolo del fabbisogno il MEF effettua la somma algebrica fra il saldo del conto economico e quello delle attività finanziarie, al netto dell’accensione e del rimborso di prestiti. Non incidono sulla determinazione del fabbisogno le garanzie fornite dallo Stato sulle emissioni di titoli effettuate dallo European Financial Stability Fund (EFSF); ciò in quanto tali garanzie sono attivate solo nel caso in cui l’EFSF non adempia i propri obblighi nei confronti dei creditori. Sono esclusi, inoltre, dalla determinazione del fabbisogno, i proventi delle dismissioni di azioni e partecipazioni in quanto destinati al fondo ammortamento del debito pubblico.
Pertanto, il fabbisogno rappresenta l’ammontare di liquidità necessaria per finanziare l’attività pubblica. Poichè tale liquidità è reperita sul mercato con l’emissione di titoli del debito pubblico, il fabbisogno rappresenta la principale componente della variazione annuale dello stock di debito pubblico.
Nel 2012 il settore pubblico[52] ha registrato incassi totali per 771.190 milioni e pagamenti totali per 821.421 milioni da cui risulta un fabbisogno pari a - 50.231 milioni di euro. Considerando i pagamenti al netto della voce interessi passivi (pari, nel 2012, a 82.841 milioni) si ottiene un saldo primario pari a + 32.610 milioni.
La tabella 4.3 consente un confronto del dato relativo al fabbisogno pubblico del 2012 con quello degli anni precedenti.
Tabella 4.3
|
milioni di euro |
percentuale del PIL |
||||
|
2010 |
2011 |
2012 |
2010 |
2011 |
2012 |
Incassi correnti |
717.131 |
736.680 |
752.400 |
45,8 |
46,7 |
48,0 |
Incassi in conto capitale |
6.325 |
9.516 |
6.900 |
0,4 |
0,6 |
0,4 |
Incassi partite finanziarie |
4.057 |
2.675 |
11.890 |
0,3 |
0,2 |
0,8 |
TOTALE INCASSI |
727.513 |
748.871 |
771.190 |
46,5 |
47,4 |
49,2 |
Pagamenti correnti |
729.630 |
745.937 |
755.331 |
46,6 |
47,3 |
48,2 |
di cui interessi passivi |
71.802 |
77.605 |
82.841 |
4,6 |
4,9 |
5,3 |
Pagamenti in conto capitale |
56.773 |
54.274 |
52.239 |
3,6 |
3,4 |
3,3 |
Pagamenti partite finanziarie |
9.330 |
12.025 |
13.851 |
0,6 |
0,8 |
0,9 |
TOTALE PAGAMENTI |
795.733 |
812.235 |
821.421 |
50,8 |
51,5 |
52,5 |
Saldo di parte corrente |
-12.499 |
-9.257 |
-2.931 |
-0,8 |
-0,6 |
-0,2 |
Saldo primario |
3.582 |
14.241 |
32.610 |
0,2 |
0,9 |
2,1 |
Fabbisogno |
-68.220 |
-63.364 |
-50.231 |
-4,4 |
-4,0 |
-3,2 |
L’andamento positivo registrato, nel triennio considerato, dal fabbisogno risulta più attenuato di quello relativo al saldo primario in quanto la voce degli interessi passivi presenta un andamento crescente.
Rispetto al 2011, il 2012 evidenzia un incremento degli incassi correnti (in gran parte imputabili alle entrate tributarie passate da 467.830 milioni a 481.551 milioni) e delle operazioni di carattere finanziario (include la quota della vendita a Cassa Depositi e Presiti S.p.A delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato in Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A.). Anche sul lato dei pagamenti si registra un incremento di quelli di natura corrente e quelli relativi ad operazioni finanziarie (questi ultimi includono le erogazioni relative alla quota di sottoscrizione del capitale al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) pari a circa 5.700 milioni di euro).
La tabella 4.4 riporta l’analisi distinta del fabbisogno pubblico riferito ai settori delle Amministrazioni centrali e delle Amministrazioni locali[53]. I dati evidenziano un’evoluzione favorevole nel comparto delle Amministrazioni centrali, che ha registrato un miglioramento pari a 13.986 milioni (passando da 62.712 milioni del 2011 a 48.726 milioni nel 2012) e un lieve deterioramento nel comparto delle Amministrazioni locali il cui fabbisogno cresce da 651 mln del 2011 a 1.505 mln nel 2012.
Tabella 4.4
(milioni di euro)
|
2010 |
2011 |
2012 |
Amministrazioni centrali |
|||
Incassi correnti |
404.431 |
409.706 |
416.454 |
Incassi in conto capitale |
3.389 |
4.003 |
2.401 |
Incassi partite finanziarie |
3.419 |
3.780 |
3.877 |
TOTALE INCASSI |
411.239 |
417.489 |
422.732 |
Pagamenti correnti |
438.584 |
439.429 |
430.263 |
Pagamenti in conto capitale |
34.427 |
32.394 |
33.017 |
Pagamenti partite finanziarie |
5.612 |
8.379 |
8.179 |
TOTALE PAGAMENTI |
478.623 |
480.202 |
471.459 |
Fabbisogno Amministrazioni centrali |
-67.384 |
-62.713 |
-48.727 |
in percentuale del PIL |
-4,3 |
-4,0 |
-3,1 |
Amministrazioni locali |
|||
Incassi correnti |
229.174 |
227.536 |
219.860 |
Incassi in conto capitale |
15.464 |
13.746 |
12.982 |
Incassi partite finanziarie |
2.649 |
2.587 |
9.419 |
TOTALE INCASSI |
247.287 |
243.869 |
242.261 |
Pagamenti correnti |
210.110 |
211.100 |
212.627 |
Pagamenti in conto capitale |
34.778 |
29.922 |
27.799 |
Pagamenti partite finanziarie |
3.233 |
3.498 |
3.340 |
TOTALE PAGAMENTI |
248.121 |
244.520 |
243.766 |
Fabbisogno Amministrazioni locali |
-834 |
-651 |
-1.505 |
in percentuale del PIL |
-0,1 |
0,0 |
-0,1 |
Con riferimento al comparto delle Amministrazioni centrali, gli incassi tributari correnti registrano un incremento di 5.032 milioni rispetto al 2011 imputabile, in via prevalente, alla riserva erariale del gettito IMU[54]. Gli incassi in conto capitale registrano, invece, un decremento rispetto al 2011 dovuto in via prevalente alle assegnazioni di diritti d’uso delle frequenze radio elettriche che hanno comportato un introito nel 2011 di 2.855 milioni di euro. L’andamento dei pagamenti correnti è stato influenzato dalla sospensione per un triennio del sistema della “tesoreria mista” – con il ripristino della tesoreria unica tradizionale, che ha comportato l’afflusso sui conti della tesoreria statale delle disponibilità detenute presso le banche dagli enti territoriali, dalle università, e dagli altri enti pubblici; sono state incluse nel sistema della tesoreria unica anche le istituzioni scolastiche ed educative statali. I pagamenti in conto capitale includono i maggiori trasferimenti alle famiglie per la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo (714 milioni).
Il comparto delle Amministrazioni locali[55] evidenzia un lieve peggioramento ascrivibile, in larga parte, al deterioramento dei conti della Sanità che incrementa il proprio fabbisogno da 386 milioni nel 2011 a 1.517 milioni nel 2012.
Sul lato delle entrate, a fronte di una riduzione dei trasferimenti derivanti da altre amministrazioni pubbliche (-17.240 mln rispetto al 2011) si registra un incremento delle entrate tributarie (+8.689 mln, imputabile all’andamento positivo dell’addizionale IRPEF e dell’IMU) e degli introiti di natura finanziaria (+ 6.832 mln) dovuti in larga misura allo smobilizzo dei depositi bancari a seguito delle disposizioni transitorie sulla tesoreria unica (fino al 31 dicembre 2014).
Sul lato dei pagamenti, la contrazione evidenziata nel 2012 rispetto al 2011 è il risultato netto tra la riduzione delle spese di personale e degli investimenti fissi lordi da un lato e dell’incremento delle spese per beni e servizi, dall’altro lato.
Più in dettaglio, per quanto concerne le Regioni:
- il finanziamento del settore statale è diminuito da 90,9 mld del 2011 a 86,6 mld del 2012;
- gli incassi tributari hanno registrato un incremento con riferimento sia alle imposte dirette che alle imposte indirette;
- i depositi bancari sono diminuiti, principalmente per la sospensione del regime di tesoreria mista, di circa 821 milioni;
- sono stati assunti nuovi prestiti (per esigenze legate al fabbisogno e al rimborso dei prestiti in corso) per un totale di 7.478 milioni di cui 5.456 milioni rappresentati da anticipazioni di tesoreria;
- i pagamenti, al netto di quelli relativi alla spesa sanitaria e alle partite finanziarie, registrano una riduzione di 1.456 milioni imputabile sia alla riduzione di spese correnti (spese del personale e spese per acquisti di beni e servizi) sia alla riduzione di spese in conto capitale;
- le disponibilità presso le contabilità speciali di tesoreria unica intestate a tutte le regioni presentano un aumento di 2.283 milioni passando da 11.902 milioni del 1° gennaio 2012 a 14.185 milioni. Le giacenze dei conti correnti intestati a tutte le Regioni, presso la Tesoreria Statale, relativi all’IRAP e all’addizionale IRPEF hanno registrato un lieve aumento complessivo pari a 147 milioni.
Per quanto concerne, invece, i Comuni e le Province:
- i pagamenti per rimborso di prestiti agli istituti di credito sono stati pari a 11.568 milioni, di cui 6.322 milioni per restituzione di anticipazioni di tesoreria;
- sono stati assunti nuovi prestiti per 11.252 milioni, di cui 3.396 milioni dalla Cassa Depositi e Prestiti, 31 milioni dal collocamento sul mercato di prestiti obbligazionari e 6.206 milioni per anticipazioni di tesoreria;
- gli incassi registrano una contrazione dovuta in via prevalente alla riduzione dei trasferimenti correnti dal settore statale (- 71,9 per cento). Tale riduzione appare imputabile anche all’anticipo del regime IMU e alla contestuale soppressione dei trasferimenti erariali;
- le entrate tributarie registrano un rilevante incremento sia per le imposte dirette (+ 21,3 per cento) che per le imposte indirette (+ 20,3 per cento);
- gli incassi relativi alle partite finanziarie registrano un incremento di 3.832 milioni dovuto, prevalentemente, alla riduzione dei depositi bancari in conseguenza della normativa sulla tesoreria unica.
Nel seguente prospetto sono evidenziate le voci che consentono il raccordo tra il fabbisogno del settore pubblico e l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche riferito all’anno 2011[56].
L’indebitamento netto della PA è l’indicatore determinato in base a criteri economici con riferimento alle pubbliche amministrazioni. Le voci che consentono il raccordo tra fabbisogno e indebitamento sono: le partite finanziarie (che rilevano ai fini del fabbisogno ma non dell’indebitamento), le differenze di valutazioni di singole operazioni per competenza e per cassa e la riclassificazione di operazioni.
Tra queste ultime sono stati inseriti i debiti commerciali legati alle operazioni di factoring con la clausola pro-soluto i quali – a seguito della decisione Eurostat del 31 luglio 2012 – sono stati riclassificati come strumenti di debito pubblico.
Tabella 4.5
Raccordo tra fabbisogno del settore pubblico e indebitamento netto delle PA.[57]
(milioni di euro)
|
2011 |
Fabbisogno del settore pubblico |
-61.932 |
|
|
Partite finanziarie attive comprese nel Fabbisogno (variazioni) |
8.956 |
Concessione di prestiti (+) |
8.370 |
Riscossione di prestiti (-) |
-2.355 |
Acquisizione di partecipazioni azionarie (+) |
803 |
Vendite di azioni (-) |
-278 |
Aumenti/Riduzioni di altre attività finanziarie (+/-) |
2.416 |
|
|
Differenza tra valutazioni per competenza e per cassa |
-6.488 |
Entrate (+) |
478 |
Uscite al netto degli interessi passivi (-) |
-4.424 |
Interessi passivi (EDP) (-) |
-2.542 |
|
|
Riclassificazioni di operazioni |
-2.007 |
Cancellazioni di debiti dei Paesi in via di sviluppo |
-567 |
Riclassificazioni di altre partite finanziarie (crediti e partecipazioni) |
-216 |
Riclassificazioni dei superdividendi (da incassi di capitali a vendita di partecipazioni) |
-50 |
Riclassificazioni degli introiti derivanti dalle somme confiscate |
-30 |
Riclassificazioni degli introiti derivanti dai conti dormienti |
-175 |
Riclassificazioni per investimenti realizzati mediante contratti di partenariato pubblico privato (ppp) |
-461 |
Riclassificazioni degli introiti derivanti da operazioni di cartolarizzazioni di crediti contributivi INPS a seguito delle decisioni Eurostat |
265 |
Decisione Eurostat del 31 luglio 2012 – Riclassificazione dei debiti commerciali legati alle operazioni di factoring prosoluto co società di factoring e con banche in strumenti di debito pubblico (prestiti) |
-773 |
Discrepanza statistica |
-288 |
|
|
Indebitamento netto |
-61.758 |
Tabella 4.6 (milioni di euro)
|
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Fabbisogno settore pubblico |
|||||
Incassi correnti |
774.006 |
793.830 |
815.807 |
836.163 |
857.395 |
Incassi in conto capitale |
6.954 |
6.861 |
6.312 |
6.146 |
5.829 |
Incassi partite finanziarie |
2.091 |
2.038 |
1.929 |
1.872 |
1.274 |
TOTALE INCASSI |
783.051 |
802.729 |
824.048 |
844.181 |
864.498 |
Pagamenti correnti |
769.899 |
776.560 |
791.428 |
808.930 |
829.709 |
Pagamenti in conto capitale |
52.643 |
50.035 |
47.062 |
44.364 |
44.114 |
Pagamenti partite finanziarie |
15.143 |
7.905 |
9.917 |
6.986 |
5.306 |
TOTALE PAGAMENTI |
837.685 |
834.500 |
848.407 |
860.280 |
879.129 |
Fabbisogno ante DL 35/2013 |
-54.635 |
-31.770 |
-24.359 |
-16.099 |
-14.631 |
in percentuale del PIL |
-3,5% |
-2,0% |
-1,5% |
-0,9% |
-0,8% |
Effetti DL n. 35/2013 |
-20.000 |
-20.000 |
0 |
0 |
0 |
Fabbisogno post DL 35/2013 |
-74.635 |
-51.770 |
-24.359 |
-16.099 |
-14.631 |
in percentuale del PIL |
-4,7% |
-3,2% |
-1,5% |
-0,9% |
-0,8% |
Comparto amministrazioni centrali |
|||||
Incassi correnti |
434.830 |
447.041 |
457.022 |
468.964 |
481.353 |
Incassi in conto capitale |
2.250 |
2.153 |
1.604 |
1.556 |
1.206 |
Incassi partite finanziarie |
2.752 |
3.070 |
3.053 |
2.990 |
2.389 |
TOTALE INCASSI |
439.832 |
452.264 |
461.679 |
473.510 |
484.948 |
Pagamenti correnti |
447.277 |
447.152 |
454.675 |
461.142 |
471.597 |
Pagamenti in conto capitale |
35.224 |
32.614 |
30.102 |
27.479 |
27.130 |
Pagamenti partite finanziarie |
10.736 |
3.290 |
532 |
556 |
558 |
TOTALE PAGAMENTI |
493.237 |
483.056 |
485.309 |
489.177 |
499.285 |
Fabbisogno ante DL 35/2013 |
-53.404 |
-30.791 |
-23.630 |
-15.667 |
-14.338 |
in percentuale del PIL |
-3,4% |
-1,9% |
-1,4% |
-0,9% |
-0,8% |
Effetti DL n. 35/2013 |
-20.000 |
-20.000 |
0 |
0 |
0 |
Fabbisogno post DL 35/2013 |
-73.404 |
-50.791 |
-23.630 |
-15.667 |
-14.338 |
in percentuale del PIL |
-4,7% |
-3,1% |
-1,4% |
-0,9% |
-0,8% |
Comparto amministrazioni locali |
|||||
Incassi correnti |
218.417 |
216.528 |
221.356 |
219.665 |
219.098 |
Incassi in conto capitale |
12.453 |
12.450 |
12.419 |
12.452 |
12.487 |
Incassi partite finanziarie |
1.565 |
1.248 |
1.089 |
1.091 |
1.094 |
TOTALE INCASSI |
232.435 |
230.226 |
234.864 |
233.208 |
232.679 |
Pagamenti correnti |
206.137 |
203.660 |
203.813 |
204.637 |
205.489 |
Pagamenti in conto capitale |
24.825 |
24.815 |
24.375 |
24.446 |
24.541 |
Pagamenti partite finanziarie |
2.704 |
2.730 |
7.404 |
4.554 |
2.942 |
TOTALE PAGAMENTI |
233.666 |
231.205 |
235.592 |
233.637 |
232.972 |
Fabbisogno ante DL 35/2013 |
-1.229 |
-979 |
-729 |
-430 |
-292 |
in percentuale del PIL |
-0,1% |
-0,1% |
0,0% |
0,0% |
0,0% |
Fabbisogno di cassa del settore pubblico: previsioni tendenziali 2013‑2017
Le previsioni del fabbisogno del settore pubblico, e della sua analisi per comparti, è riportata nella seguente tabella 4.6.
Negli anni dal 2013 al 2017 è stimato nel Documento in esame un fabbisogno del settore pubblico in costante miglioramento fino a raggiungere, nel 2017, il valore di – 14.631 milioni (-0,8 per cento rispetto al PIL).
Le previsioni indicate non considerano tutti gli effetti del decreto sui pagamenti dei debiti commerciali (decreto legge n. 35 del 2013). In particolare, precisa il Documento, le stime non tengono conto degli esborsi per 20.000 euro negli anni 2013 e 2014, mentre sono coerenti con il nuovo quadro macroeconomico. Tuttavia, nelle tabelle è esposta un’informativa sugli esiti complessivi del provvedimento.
Il fabbisogno del 2013 registra un incremento rispetto a quello registrato nel 2012 (da -50.231 milioni a -54.635 milioni); tale andamento è in larga parte imputabile al deterioramento del saldo delle partite finanziarie che nel 2012 ha risentito del riversamento nella tesoreria statale delle giacenze detenute sul sistema bancario. La stima degli anni 2013 e 2014 tiene conto del perdurare del regime di tesoreria unica tradizionale mentre, a partire dal 2015, si prevede un progressivo ritorno al regime di tesoreria mista.
Il regime transitorio (2012-2014) del ritorno alla tesoreria unica in luogo della tesoreria mista è stato disposto dall’art. 35, commi da 8 a 10, del decreto legge n. 1 del 2012. L’ammontare delle giacenze stimato, iscritto come effetto positivo ai fini del fabbisogno in quanto riversato nella Tesoreria unica, è pari a 8,6 miliardi nel 2012. Tale riversamento non produce effetti fino al 2014 (termine del periodo transitorio).
In merito alle stime riferite alle annualità successive al 2015 andrebbero forniti dei chiarimenti sulla valutazione “progressiva” del ritorno al regime di tesoreria mista.
La stima per l’anno 2013, rispetto a quella contenuta nella Nota di aggiornamento al DEF 2012 come integrata degli effetti della legge di stabilità per il 2013, sconta un peggioramento per effetto dei pagamenti relativi alla sottoscrizione del capitale BEI e degli interventi di sostegno al Monte dei Paschi di Siena.
La partecipazione dell’Italia all’aumento di capitale della Banca europea per gli investimenti (BEI) è stata disposta dalla legge di stabilità per il 2013 (art. 1, c.172). Il contributo complessivo ammonta a 1.617 milioni di euro da versare in un’unica soluzione nell’anno 2013.
Gli articoli da 23-sexies a 23-duodecies del DL n. 95 del 2012 hanno previsto la sottoscrizione, da parte del MEF, di strumenti finanziari emessi da Banca Monte dei Paschi di Siena[58]. Le risorse necessarie per la sottoscrizione sono state individuate con DPCM 28/12/2012 per un importo di circa 2.000 milioni attraverso l’emissione di titoli del debito pubblico a medio-lungo termine.
Nel 2014 il fabbisogno registra una importante contrazione (quasi 23 miliardi di euro) conseguente al significativo aumento del gettito tributario e dei contributi sociali, legato alla prevista ripresa economica, nonché ai maggiori incassi IVA[59] derivanti dall’accelerazione dei pagamenti dei debiti commerciali.
Appaiono necessari dei chiarimenti in merito all’inclusione degli effetti positivi relativi al gettito IVA derivante dall’accelerazione dei pagamenti dei debiti commerciali. In particolare, andrebbe in primo luogo precisato se gli effetti richiamati nel Documento siano quelli considerati nel prospetto riepilogativo allegato al decreto legge n. 35 del 2013 (600 milioni nel 2014) ovvero se si tratta di ulteriori effetti – tenuto conto che il pagamento dei debiti di fornitura ammonta a 20 miliardi in ciascuno dei due anni 2013 e 2014. In ogni caso, si segnala che l’inclusione di effetti positivi non appare in linea con la mancata iscrizione degli effetti negativi conseguenti al pagamento dei medesimi debiti.
Il fabbisogno 2013 e 2014 include i versamenti relativi alla quota di sottoscrizione del capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)[60]: complessivamente, l’impegno per l’Italia ammonta a circa 14.300 milioni da versare in cinque tranches, delle quali due già versate nel 2012 e le altre tre da pagare nel 2013 e nel 2014 per un ammontare, rispettivamente, di circa 5.700 e 2.800 milioni.
Per quanto concerne gli anni successivi, il Documento si limita, per l’anno 2015, a riportare il dato stimato; per gli anni 2016 e 2017 viene precisato che il miglioramento del saldo è attribuibile alla ripresa di gettito tributario.
L’andamento della stima degli incassi tributari presenta, nel periodo considerato, un andamento crescente (da 481 mld del 2013 a 547 mld del 2013) che rispecchia, sostanzialmente, la crescita del prodotto interno lordo: infatti, il valore in rapporto dal PIL passa dal 30,6 per cento del 2013 al 30,7 per cento del PIL del 2017.
La stima degli incassi dei contributi sociali, invece, presenta una crescita più contenuta rispetto al PIL: in rapporto al PIL si passa dal 13,6 per cento del 2013 al 13,2 per cento del 2017. Tale circostanza dipende dalla presenza di previsioni di moderata crescita nel 2013 e di una graduale ripresa nell’orizzonte di previsione che riflette la dinamica dell’attività economica e dell’occupazione nel periodo considerato.
La spesa per il personale presenta una flessione nel 2013 e nel 2014 ed un incremento nel 2015, per il venir meno degli effetti di alcune delle misure contenitive della spesa per il personale attualmente vigenti, in particolare in relazione alle limitazioni ai trattamenti economici individuali, al blocco della contrattazione collettiva nazionale ed alle progressioni di carriera. Per il biennio successivo si prevede una sostanziale invarianza.
La spesa per l’acquisto di beni e servizi evidenzia una contrazione negli anni 2013 e 2014 (rispettivamente -5.926 milioni e -2.113 milioni) per poi stabilizzarsi nel biennio successivo. Nel 2017 è prevista una ripresa significativa )+4.895 milioni).
I trasferimenti correnti presentano un andamento crescente in tutto il periodo considerato, anche se l’incremento è più contenuto rispetto a quello del PIL (si passa dal 23,2 per cento del 2013 al 22,6 per cento del PIL). La stima sulla spesa per prestazioni sociali sconta gli effetti contenitivi del decreto legge n. 201 del 2011 nonché quelli, di segno opposto, derivanti dalla normativa diretta alla salvaguardia dei lavoratori rispetto all’innalzamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico e all’introduzione di misure agevolative in materia di ricongiunzioni e di totalizzazione di periodi pensionistici.
Il debito pubblico
In base ai dati recentemente pubblicati dalla Banca d’Italia[61] la consistenza del debito delle amministrazioni pubbliche a fine 2011 è stata pari a 1.988.658 milioni con un incremento di 81.266 milioni di euro rispetto allo stock registrato a fine 2011. La variazione del debito è ascrivibile, in parte al fabbisogno delle amministrazioni pubbliche, pari a 65.713 milioni. Hanno influito negativamente sullo stock di debito, inoltre, l’incremento delle attività del Tesoro presso la Banca d’Italia per unvalore pari a 10.138 milioni e gli scarti di emissione per un importo pari a 5.792 milioni. Solo marginalmente ha compensato il controvalore in euro delle passività in valuta per un valore pari a 377 milioni.
La Banca d’Italia precisa che le disponibilità del Tesoro sono state accresciute da 24,3 a 34,4 miliardi, di contro, sono state cedute alla Cassa depositi e prestiti le partecipazioni del Tesoro in SACE, Simest e Fintecna (con un provento di quasi 8 miliardi) e sono diminuiti i depositi bancari delle Amministrazioni pubbliche (di 9,1 miliardi, a 26,3) principalmente per effetto dell’assoggettamento di molti enti pubblici a un più stringente regime di tesoreria.
Con riguardo al debito delle amministrazioni pubbliche, il documento in esame fornisce, nella Sezione I - Programma di stabilità, il profilo del rapporto debito/PIL per il periodo 2011-2017. I dati sono, rispettivamente, al netto ed al lordo degli effetti delle misure di sostegno adottate nell’area euro ai fini della stabilizzazione finanziaria.
Negli anni 2011 e 2012, il valore del debito al lordo delle misure di sostegno tiene conto della quota di pertinenza dell’Italia dei prestiti EFSF diretti alla Grecia e del programma ESM, per un valore pari rispettivamente a 13.118 e a 36.932 milioni di euro.
Tabella 4.7
Debito delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL
(% PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Debito/PIL netto misure sostegno |
120,0 |
124,3 |
126,9 |
125,2 |
121,8 |
117,8 |
113,8 |
Impatto misure sostegno |
0,8 |
2,7 |
3,5 |
3,8 |
3,7 |
3,6 |
3,5 |
Debito/PIL lordo misure sostegno |
120,8 |
127,0 |
130,4 |
129,0 |
125,5 |
121,4 |
117,3 |
Variazione |
1,5 |
6,2 |
3,4 |
-1,4 |
-3,5 |
-4,1 |
-4,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Nota: le stime per gli anni 2013 -2017 includono i proventi da privatizzazioni per un ammontare pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno |
|||||||
|
Fonte: PdS-DEF 2013
In merito agli strumenti finanziari contratti, il debito rappresentato da titoli negoziabili sia dell’Amministrazione centrale che degli Enti locali rappresentava, a fine 2012, l’83,2 per cento del debito consolidato complessivo, in calo rispetto all’84,2 per cento del 2011. Circa il 99 per cento di queste obbligazioni è rappresentato da titoli di Stato. Il DEF precisa che il 90,8 per cento del totale dei titoli negoziabili è stato emesso in forma di obbligazioni a medio e lungo termine, in leggero calo rispetto al 91,8 per cento del 2011, a causa di un moderato aumento delle emissioni sulle scadenze a breve, dovuto alla necessità di fronteggiare un eccezionale volume di rimborsi a medio-lungo termine in un contesto di mercato particolarmente difficile. Il debito non negoziabile contratto nella forma di prestiti è pari all’8,7 per cento del debito complessivo[62].
Nella tabella che segue è riportata la ripartizione del debito al lordo e al netto dei sostegni finanziari all’area dell’euro per sottosettori, con la precisazione che la quota relativa a tali sostegni è posta interamente a carico delle Amministrazioni centrali.
Tabella 4.8
Debito delle Amministrazioni pubbliche per sottosettori
(Milioni di euro- %PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Debito netto sostegni UEM |
|
|
|
|
|
|
|
P.A. |
1.894.275 |
1.945.993 |
1.995.916 |
2.032.816 |
2.043.870 |
2.040.114 |
2.032.295 |
%PIL |
120,0 |
124,3 |
126,9 |
125,2 |
121,8 |
117,8 |
113,8 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Amm.C. |
1.785.363 |
1.838.855 |
1.887.547 |
1.923.468 |
1.933.793 |
1.929.606 |
1.921.854 |
%PIL |
113,1 |
117,4 |
120,0 |
118,4 |
115,3 |
111,5 |
107,6 |
variazione |
|
4,3 |
2,5 |
-1,5 |
-3,2 |
-3,8 |
-3,8 |
Amm.L. |
135.159 |
131.810 |
133.039 |
134.018 |
134.747 |
135.177 |
135.469 |
%PIL |
8,6 |
8,4 |
8,5 |
8,3 |
8,0 |
7,8 |
7,6 |
variazione |
|
-0,1 |
0,0 |
-0,2 |
-0,2 |
-0,2 |
-0,2 |
Enti prev. |
135 |
149 |
149 |
149 |
149 |
149 |
149 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Debito lordo sostegni UEM |
|
|
|
|
|
|
|
P.A. |
1.907.392 |
1.988.658 |
2.051.352 |
2.094.275 |
2.105.502 |
2.101.937 |
2.094.348 |
%PIL |
120,8 |
127,0 |
130,4 |
129,0 |
125,5 |
121,4 |
117,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Amm.C. |
1.798.480 |
1.881.520 |
1.942.983 |
1.984.927 |
1.995.425 |
1.991.429 |
1.983.908 |
%PIL |
113,9 |
120,2 |
123,5 |
122,2 |
118,9 |
115,0 |
111,1 |
variazione |
|
6,2 |
3,3 |
-1,3 |
-3,3 |
-3,9 |
-3,9 |
Amm.L. |
135.159 |
131.810 |
133.039 |
134.018 |
134.747 |
135.177 |
135.469 |
%PIL |
8,6 |
8,4 |
8,5 |
8,3 |
8,0 |
7,8 |
7,6 |
variazione |
|
-0,1 |
0,0 |
-0,2 |
-0,2 |
-0,2 |
-0,2 |
Enti prev. |
135 |
149 |
149 |
149 |
149 |
149 |
149 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nota: il debito delle amministrazioni centrali, locali e degli enti di previdenza è da considerarsi al lordo degli interessi non consolidati |
|||||||
|
Fonte: PdS-DEF 2013
Il debito delle Amministrazioni centrali mostra un andamento crescente fino al 2013 per poi invertire la tendenza a decorrere dal 2014, con un contributo alla riduzione del debito in termini di PIL pari a 1,5 per cento, tale tendenza appare accentuarsi anche per gli anni 2015 e 2016 con una riduzione annua media pari al 3,5 per cento. Si può osservare inoltre che il debito delle Amministrazioni locali presenta un andamento decrescente in termini di PIL per tutto il periodo in esame, pari in media a circa 0,2 punti percentuali.
Nel confronto con le previsioni contenute nel Programma di stabilità 2012 e nella Nota di aggiornamento 2012, per il periodo temporale di coincidenza delle stime, le nuove previsioni mostrano un profilo costantemente superiore del rapporto debito/PIL, come riportato nella tabella che segue.
Tabella 4.9
Debito delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL: confronto tra PdS-DEF 2012, Nota di Aggiornamento 2012 e Pds-DEF 2013 (% PIL)
|
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
|
|
|
|
|
|
|
|
PdS-DEF 2012 (aprile 2012) |
120,1 |
123,4 |
121,5 |
118,2 |
114,4 |
|
|
Nota agg. DEF 2012 (sett. 2012): |
|||||||
legislazione vigente |
120,7 |
126,4 |
127,1 |
125,1 |
122,9 |
|
|
quadro programmatico |
120,7 |
126,4 |
126,1 |
123,1 |
119,9 |
|
|
PdS-DEF 2013 (aprile 2013) |
120,8 |
127,0 |
130,4 |
129,0 |
125,5 |
121,4 |
117,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
N.B. il quadro programmatico indicato nella Nota di aggiornamento al DEF 2012 sconta un ammontare di proventi pari a circa 1 punto percentuale di PIL all’anno derivanti dalla valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili sia delle partecipazioni pubbliche. Tali effetti sono presi in considerazione anche nel DEF 2013, per tutto il periodo 2013-2017. |
|||||||
|
Fonte: PdS-DEF 2013
Nel 2011, il rapporto è stato marginalmente rivisto al rialzo, passando dal 120,7 per cento riportato nella Nota di Aggiornamento al DEF al 120,8 per cento. Nel 2012, invece, il rapporto aumenta di 0,5 punti percentuali passando al 126,5 per cento nelle previsioni della Nota, ad un livello del 127 per cento. Il Documento in esame, precisa al riguardo che, mentre nel primo caso si tratta di ordinarie revisioni statistiche relative sia allo stock aggregato del debito pubblico (da parte della Banca d’Italia) sia al PIL (da parte dell’ISTAT), a determinare l’incremento rispetto alle previsioni per l’anno 2012 è stato principalmente l’andamento del volume del debito, risultato superiore di circa 12 miliardi di euro rispetto alle stime di settembre 2012[63]. Secondo il DEF questa evoluzione è stata in parte una dinamica del fabbisogno del settore pubblico superiore alle attese e in parte un più accentuato ritmo delle emissioni di titoli, che ha contribuito a consolidare la posizione di cassa del Tesoro di fine anno.
Il Documento precisa che nei mesi maggiormente favorevoli del 2012, il Tesoro è riuscito a garantire il rifinanziamento dei titoli in scadenza accelerando il ritmo delle emissioni su tutte le scadenze fino a 10 anni e in particolare sui BOT. Le migliori condizioni rispetto agli ultimi mesi del 2011 hanno reso, inoltre, possibile il lancio, nel mese di marzo, del BTP Italia, titolo quadriennale indicizzato all’indice di inflazione FOI (Indice delle famiglie italiane di operai ed impiegati) indirizzato agli investitori retail e quotato sul MOT (Mercato Telematico delle Obbligazioni). Inoltre, il Documento afferma che, nelle fasi di maggiori turbolenza, si è fatto ricorso ad una graduale rimodulazione delle emissioni sulle scadenze 2-10 anni privilegiando la parte a 3 e a 10 anni, a fronte di una riduzione del carico sulle scadenze a 15-30 anni, sulla componente a tasso variabile (CCTeu) o indicizzata all’inflazione dell’area euro (BTP€i). Di converso in queste fasi è stata intensificata l’offerta dei titoli non più in corso di emissione (titoli off-the-run) mentre in un caso si è proceduto a svolgere un’operazione di concambio, con l’obiettivo di fornire un supporto ai BTP indicizzati all’inflazione dell’area euro, che in alcune fasi di mercato hanno presentato una performance molto negativa anche in termini di liquidità del mercato secondario.
Per l’anno 2013 il rapporto debito/PIL è previsto ancora in crescita di oltre 3 punti percentuali di PIL rispetto al 2012, arrivando al 130,4 per cento, un dato di circa 4,3 punti percentuali di PIL superiore alla stima programmatica contenuta nella Nota di Aggiornamento del 2012. Il DEF afferma che tale evoluzione è determinata, in parte, dall’effetto di ‘trascinamento’ dal 2012 (per circa 0,7 punti di PIL) e da un livello del PIL stimato per l’anno lievemente inferiore (per circa 0,5 punti percentuali); tuttavia, il fattore maggiormente significativo è da ricondurre a una sostanziale revisione al rialzo del fabbisogno del settore pubblico (per quasi 3,3 punti di PIL), anche per effetto del provvedimento di sblocco dei pagamenti dei debiti commerciali delle Pubbliche Amministrazioni verso i propri fornitori (D.L. n. 35 del 2013).
Nel 2014 si assiste ad una riduzione del livello del rapporto/PIL che dovrebbe portarsi al 129 per cento, poco meno di 6 punti percentuali di PIL al di sopra della previsione dello scorso settembre. Sulla base di quanto affermato nel Documento, questo risultato deriva da un livello del fabbisogno del Settore pubblico ben più elevato di quello contenuto nelle stime della Nota (per quasi due punti di PIL), anch’esso in larga parte dovuto agli effetti del decreto legge sopra citato.
Dal 2015 in poi si assiste ad un percorso di riduzione del rapporto piuttosto sostenuto, per circa 4 punti percentuali di PIL all’anno, dovuto, secondo il DEF, al venir meno degli effetti finanziari del D.L. n. 35 del 2013, ad una dinamica del fabbisogno particolarmente virtuosa dal 2016 in poi ed al mantenimento dell’ipotesi di entrate da dismissioni immobiliari costanti, per importi pari circa a un punto percentuale di PIL all’anno per tutto il periodo 2013-2017.
Al riguardo, tenuto conto che il Documento in esame nell’effettuare le stime del rapporto debito/PIL estende a tutto il periodo di previsione considerato (2013-2017) l’ipotesi di entrate da dismissioni immobiliari costanti per importi pari a circa 1 punto di Pil all’anno, determinando una riduzione del suddetto rapporto pari a fine periodo (2017) a cinque punti percentuali, appare opportuno che il Governo fornisca maggiori elementi informativi in merito al programma di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, indicato nella Nota di aggiornamento al DEF 2012.
Gli “altri fattori rilevanti”
La nuova regola per la riduzione del debito pubblico (v. approfondimento 7. La regola del debito) prevede che, anche nel caso in cui il rapporto debito/PIL risulti più elevato del benchmark, si tengano comunque in considerazione un certo insieme di “altri fattori rilevanti”. L’analisi di tali fattori rappresenta, quindi, un passo importante nell'ambito delle procedure europee.
Il sistema bancario
Con riferimento alla situazione del sistema bancario, il DEF sottolinea che le imprese finanziarie, seguendo anche le indicazioni delle autorità di vigilanza, hanno proceduto ad una riqualificazione delle attività patrimoniali a favore di crediti meno rischiosi. Allo stesso tempo le principali banche hanno provveduto ad effettuare una ricapitalizzazione dando seguito alla raccomandazione dell’EBA del dicembre 2011. Il Documento rileva che i valori della leva finanziaria che risultano dagli ultimi dati di confronto con i principali sistemi bancari europei mostrano che l’Italia si trova in una situazione più rassicurante di altri Paesi. Sulla base di quanto affermato dal DEF, il sistema bancario italiano ha mostrato maggiori segni di tenuta durante la crisi rispetto agli altri Paesi avanzati. Gli aiuti pubblici alle banche in Italia sono stati pari allo 0,3 per cento del PIL, di entità minore rispetto a quanto registrato in altri Paesi europei, quali la Germania (1,8 per cento), la Spagna ( 2 per cento), il Belgio (4,3 per cento), i Paesi Bassi (5,2 per cento) e l’Irlanda (40 per cento).
Con riferimento agli aiuti pubblici alle banche, si rileva che il DL n. 95 del 2012, articoli da 23-sexies a 23-duodecies, ha previsto la sottoscrizione da parte del MEF di strumenti finanziari emessi da Banca Monte dei Paschi di Siena. Successivamente lo schema di decreto del presidente del Consiglio, presentato alle Camere per il parere (Atto del Governo n. 525) e a tutt’oggi non ancora definitivamente pubblicato, ha previsto l’emissione di titoli di debito pubblico in misura pari a 2 miliardi ai fini del finanziamento della suddetta sottoscrizione. La relazione tecnica allegata al provvedimento precisava che la sottoscrizione, configurandosi come operazione di carattere finanziario, non incide sul saldo di indebitamento netto, fatti salvi gli effetti in termini di interessi, ma incide oltre che sul fabbisogno e sul debito, anche “sulle spese finali del SNF”, senza tuttavia iscrivere effetti ai fini di tale ultimo saldo[64].
Con riferimento alla diposizione richiamata, il DEF afferma che, anche incorporando gli interventi già decisi per MPS , il sostegno pubblico complessivo alle banche italiane rimane molto contenuto nel confronto internazionale.
Il Documento sottolinea, pertanto, la solidità complessiva del sistema bancario italiano, dovuta ad un’esposizione contenuta verso attività rischiose e a un valore ridotto della leva finanziaria rispetto alla media europea.
Al riguardo, la Banca d’Italia[65] rileva come la congiuntura sfavorevole si è ripercossa sulla redditività degli intermediari italiani, ma il loro assetto patrimoniale è rimasto solido. La raccolta al dettaglio delle banche italiane si conferma robusta; si sono attenuate, ancorché non completamente riassorbite, le difficoltà per la raccolta sui mercati internazionali. È proseguita, tuttavia, la flessione dei prestiti bancari al settore privato non finanziario: nei tre mesi terminanti in febbraio sono diminuiti dell’1,4 per cento (in ragione d’anno, al netto dei fattori stagionali e dell’effetto contabile delle cartolarizzazioni). Si sono contratti dell’1,8 per cento i prestiti alle imprese, dell’1,0 quelli alle famiglie.
Secondo quanto affermato dall’Istituto, l’elevata incertezza sulle prospettive economiche continua a influenzare sia la domanda sia l’offerta di credito. Le richieste di finanziamenti da parte di imprese e famiglie risentono in particolare del calo degli investimenti e del pessimismo sulle prospettive del mercato immobiliare. L’indagine sul credito bancario (Bank Lending Survey) relativa al quarto trimestre del 2012 indicava il permanere di tensioni dal lato dell’offerta, seppur in lieve attenuazione rispetto al trimestre precedente; le inchieste presso le imprese segnalano che nei primi mesi del 2013 le difficoltà di accesso al credito si sono mantenute elevate.
Il debito privato
Con riferimento all’indebitamento del settore privato, il DEF afferma che livelli eccessivi di tale indicatore potrebbero dar luogo ad instabilità macroeconomica nel caso in cui il settore si trovasse costretto a ridurre rapidamente l’indebitamento. Tuttavia, l’Italia non presenta valori critici; i flussi di credito sono ampiamente nella norma e il livello dell’indebitamento del settore presenta dimensioni molto contenute rispetto alla media europea.
Il Documento precisa, inoltre, che il portafoglio delle famiglie italiane presenta una struttura equilibrata in quanto caratterizzata da un elevato livello di attività (rispetto al reddito disponibile) di cui quelle ad alto rischio rappresentano una quota contenuta.
Il DEF precisa che le attività finanziarie delle famiglie sono costituite per il 50 per cento da depositi e riserve assicurative e previdenziali e per il 20 per cento da obbligazioni principalmente bancarie e pubbliche. La quota restante è quasi interamente investita in azioni, partecipazioni e fondi comuni.
Secondo i dati diffusi da Banca d’Italia[66], nel quarto trimestre del 2012 il debito delle famiglie è rimasto pressoché invariato; l’incidenza sul reddito disponibile è tuttavia cresciuta di 0,5 punti percentuali, al 65,7 per cento, a causa del calo di quest’ultimo. Gli oneri sostenuti per il servizio del debito (pagamento di interessi e restituzione del capitale) sono diminuiti di tre decimi di punto, al 9,8 per cento del reddito disponibile. Nella media del trimestre è proseguita la flessione, avviatasi nel marzo del 2012, dei tassi sui nuovi prestiti per l’acquisto di abitazioni e di quelli sul credito al consumo; la riduzione si è tuttavia arrestata a gennaio del 2013.
L’Istituto[67] evidenzia, peraltro, che a fronte del livello relativamente contenuto dell’indebitamento e del basso costo del denaro, il principale rischio per le condizioni finanziarie delle famiglie è tuttora rappresentato dalla debole dinamica del reddito, che potrebbe rendere gravoso il servizio del debito, in particolare per le famiglie vulnerabili. In prospettiva, tensioni potranno derivare da un aumento dei tassi di mercato, qualora esso non fosse associato a una sostenuta ripresa dell’attività economica.
Con riferimento alle imprese non finanziarie, il DEF afferma che il livello di indebitamento risulta sostanzialmente in linea con la media europea, tuttavia i prestiti contratti nei confronti delle banche rappresentano una percentuale più alta rispetto al benchmark europeo. L’accentuata esposizione crea in alcuni csi problemi di redditività e nella fase attuale della congiuntura rende le imprese più vulnerabili verso situazioni di restrizione del credito.
Peraltro la Banca d’Italia[68] rileva una contrazione dei prestiti bancari alle imprese non finanziarie, con particolare riferimento a quelle di piccole dimensioni. L’Istituto indica che lo stock di debito complessivo delle imprese è rimasto di poco sotto l’80 per cento del PIL, un valore inferiore di circa 20 punti percentuali rispetto a quello medio dell’area dell’euro.
Garanzie concesse dallo Stato
Con particolare riferimento alle garanzie concesse dallo Stato sia su attività finanziarie che non finanziarie (grandi opere, imprenditoria, etc.), il DEF[69] indica che, al 31 dicembre 2012, esse sono ammontate a circa 100 miliardi, pari al 6,4 per cento del PIL, di cui quelle concesse ad istituti di credito in seguito alla recente crisi finanziaria hanno raggiunto 85,7 miliardi, pari al 5,5 per cento del PIL.
Garanzie pubbliche (in milioni di euro) - 2012 |
||
|
Livello |
in % di PIL |
Stock garanzie |
100.025 |
6,4 |
di cui: settore finanziario |
85.679 |
5,5 |
Fonte: PdS 2013 |
All’ammontare complessivo hanno contribuito le seguenti componenti:
- Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese. E’ uno strumento di politica industriale del Ministero dello Sviluppo Economico che opera attraverso tre distinte modalità di intervento: garanzia diretta, concessa alle banche e agli intermediari finanziari; controgaranzia su operazioni di garanzia concesse da Confidi e altri fondi di garanzia; cogaranzia concessa direttamente a favore dei soggetti finanziatori e congiuntamente ai Confidi e altri fondi di garanzia ovvero a fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’UE o da essa cofinanziati. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo complessivo garantito risulta pari a 8.318 milioni di euro.
- TAV S.p.A.. Il Ministero del Tesoro garantisce l’adempimento degli obblighi derivanti alle Ferrovie dello Stato S.p.a. nei confronti della TAV S.p.a., in relazione alla concessione, realizzazione e gestione del sistema Alta Velocità. Si tratta di una garanzia fideiussoria di diritto finalizzata a rendere possibile il reperimento sul mercato delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione della rete ad alta velocità. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta pari a circa 2.278 milioni.
- Aiuti al salvataggio delle imprese. Tali aiuti comprendono le garanzie concesse dallo Stato alle imprese a fronte di debiti contratti con istituzioni creditizie per il finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione e il completamento di impianti, immobili ed attrezzature industriali. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta pari a circa 64,7 milioni
- Garanzie assunte dalle amministrazioni locali. I dati relativi alle garanzie prestate dagli Enti Locali sono forniti dalla Banca d’Italia, che li rileva attraverso le informazioni trasmesse, per mezzo delle segnalazioni di vigilanza, direttamente dagli istituti finanziari che ne beneficiano. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta pari a 3.687 milioni.
- Banche italiane. Tali garanzie sono concesse dallo Stato sulle passività delle banche italiane relativamente ai titoli obbligazionari emessi dagli istituti di credito. Al 31 dicembre 2012, il debito residuo garantito risulta pari a 85.679 milioni.
Il Documento di economia e finanza 2013 fornisce un'analisi di sensitività delle previsioni programmatiche dei principali indicatori di finanza pubblica (scenario di base) rispetto ad ipotesi alternative circa la dinamica futura della crescita economica e dei tassi di interesse considerate come fattori determinati esogenamente rispetto al quadro di finanza pubblica.
Per analizzare la sensitività della finanza pubblica alla crescita economica nel periodo 2013-2017 sono stati considerati due scenari macroeconomici alternativi, uno ottimistico - di alta crescita - e l'altro pessimistico - di bassa crescita. In entrambi i casi lo scostamento annuo del tasso di crescita del PIL reale rispetto a quello dello scenario di base è di 0,5 punti percentuali.
Le alternative ipotesi di crescita influenzano la dinamica del PIL potenziale e dell'output gap. Conseguentemente ne risulta modificato l’avanzo primario sia nella parte strutturale che nella componente ciclica. A sua volta il diverso andamento degli avanzi primari si riflette sull'andamento del debito, conseguentemente, della spesa per interessi. Nella derivazione del rapporto debito/PIL, si assume che il tasso di interesse implicito e lo stockflow adjustment negli scenari alternativi non cambino rispetto allo scenario base.
La tabella 5.1 riporta l'andamento del tasso di crescita reale nei tre scenari (base, ottimistico e pessimistico). Le tabelle 5.2 e 5.4, invece, mostrano i risultati delle simulazioni rispettivamente per l'indebitamento netto e per il rapporto debito/PIL. Le tabelle 5.3 e 5.5, infine, mostrano le differenze dei valori simulati rispetto a quelli dello scenario base.
Tabella 5.1
Ipotesi alternative di crescita del PIL reale (in % del PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Scenario di maggiore crescita |
-2,4 |
-0,8 |
1,8 |
2,0 |
1,8 |
1,9 |
Scenario di base |
-2,4 |
-1,3 |
1,3 |
1,5 |
1,3 |
1,4 |
Scenario di minore crescita |
-2,4 |
-1,8 |
0,8 |
1,0 |
0,8 |
0,9 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: DEF 2013.
Tabella 5.2
Sensitività dell'indebitamento netto alla crescita. Anni 2012-2017 (in % del PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Scenario di maggiore crescita |
-3,0 |
-2,6 |
-1,3 |
-0,9 |
0,1 |
0,8 |
Scenario di base |
-3,0 |
-2,9 |
-1,8 |
-1,5 |
-0,9 |
-0,4 |
Scenario di minore crescita |
-3,0 |
-3,1 |
-2,2 |
-2,3 |
-1,7 |
-1,5 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: DEF 2013.
Tabella 5.3
Variazioni dell'indebitamento netto tra gli scenari alternativi e quello di base (in % del PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Scenario di maggiore crescita |
0,0 |
0,3 |
0,5 |
0,6 |
1,0 |
1,2 |
Scenario di minore crescita |
0,0 |
-0,2 |
-0,4 |
-0,8 |
-0,8 |
-1,1 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: elaborazioni su DEF 2013.
Nello scenario di minore crescita si avrebbe un aumento medio annuo di 0,7 punti percentuali di PIL, mentre nello scenario di maggiore crescita la simulazione mostra una riduzione media dell'indebitamento pari ancora a 0,7 punti percentuali.
La corrispondenza - in valore assoluto ma con segno opposto - della variazione media dell'indebitamento netto nei due scenari alternativi rispetto a quello di base è spiegabile con la simmetria della variazione del tasso di crescita del PIL reale ipotizzata nei due scenari e con le caratteristiche di calcolo dei valori simulati (invariato rispetto alle condizioni del ciclo economico). Un meccanismo di simulazione più realistico, ma indubbiamente più complicato da applicare, potrebbe utilmente differenziarsi in fasi di espansione dell'economia rispetto alle fasi di contrazione.
La differenza massima delle simulazioni rispetto allo scenario di base si avrebbe in entrambi gli scenari nel 2017 allorché l'indebitamento netto migliorerebbe di 1,2 punti percentuali di PIL nello scenario di crescita più favorevole mentre peggiorerebbe di 1,1 punti in quello sfavorevole. Nello scenario di maggiore crescita si raggiungerebbe un saldo positivo - accreditamento netto - a partire dal 2016.
Tabella 5.4
Sensitività del rapporto debito/PIL alla crescita. Anni 2012-2017 (in % del PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Scenario di maggiore crescita |
127,0 |
129,5 |
126,9 |
122,1 |
116,5 |
110,5 |
Scenario di base |
127,0 |
130,4 |
129,0 |
125,5 |
121,4 |
117,3 |
Scenario di minore crescita |
127,0 |
131,3 |
131,0 |
129,0 |
126,5 |
124,0 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: DEF 2013.
Tabella 5.5
Variazioni del rapporto debito/PIL tra gli scenari alternativi e quello di base (in % del PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Scenario di maggiore crescita |
0,0 |
-0,9 |
-2,1 |
-3,4 |
-4,9 |
-6,8 |
Scenario di minore crescita |
0,0 |
0,9 |
2,0 |
3,5 |
5,1 |
6,7 |
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: elaborazioni su DEF 2013.
Per quanto riguarda il rapporto debito/PIL, le tabelle 5.4 e 5.5 mostrano che la differenza media delle simulazioni rispetto allo scenario base equivale nei due scenari alternativi ed è pari a 3,6 punti percentuali in valore assoluto. In particolare, nello scenario di maggiore crescita la diminuzione del rapporto va da 0,9 punti percentuali nel 2009 a 6,8 punti nel 2017. La simulazione nel caso di crescita ridotta mostra una dinamica quasi identica per le stesse motivazioni rappresentate sopra in riferimento all'indebitamento netto.
E' bene ricordare che tali esercizi di simulazione mostrano una serie di limitazioni che inducono cautela nella valutazione dei risultati[70]. L'elemento più problematico, in particolare, riguarda l'ipotesi di invarianza dei tassi di interesse impliciti che risulta poco realistica in presenza di variazioni del tasso di crescita del PIL reale che può influenzare i tassi di interesse attraverso una diversa percezione del rischio legato ai titoli del debito pubblico da parte dei mercati finanziari.
Sarebbe, inoltre, utile ottenere dal Governo una valutazione circa il rispetto delle regole della spesa e del debito nei due scenari macroeconomici alternativi.
L'analisi di sensitività del debito pubblico all'andamento dei tassi di interesse viene condotta nel DEF stimando l’impatto di potenziali variazioni della curva dei rendimenti che influenzino il costo all’emissione dei titoli del debito pubblico sul mercato primario.
I risultati si basano sull'attuale e futura composizione dello stock dei titoli di Stato negoziabili che a fine dicembre 2012 si componeva di titoli domestici, ossia emessi sul mercato interno, per il 96,32 per cento, e di titoli esteri, ossia emessi sui mercati esteri, sia in euro che in valuta, per il 3,68 per cento.
L'analisi indica che a un aumento istantaneo e permanente di un punto percentuale della curva dei rendimenti sui titoli di Stato comporta un aumento dell'onere del debito di 0,15 punti percentuali di PIL nel primo anno, 0,33 nel secondo e 0,46 nel terzo. La trasmissione di questa variazione dell'onere sul costo del debito avviene interamente dopo 5,51 anni. Tali valori sono inferiori per i primi due anni rispetto a quelli stimati nel DEF del 2012 a causa di un minor ricorso all'emissione della componente del debito legata alle fluttuazioni dei tassi (BOT e CCTeu) nonché di un minore attività di indebitamento complessiva dovuta a minori scadenze e un ridotto fabbisogno del Settore statale.
L’aggiornamento del Programma di stabilità 2013 reca un’analisi della sostenibilità delle finanze pubbliche[71] nel lungo periodo: essa tiene conto degli effetti sulla spesa e sulla dinamica del debito del progressivo invecchiamento della popolazione, alla luce di diverse ipotesi circa il quadro macroeconomico e di finanza pubblica di riferimento.
Il PdS presenta, quindi, una proiezione della spesa pubblica in Italia, per pensioni, sanità, assistenza agli anziani, istruzione e indennità di disoccupazione, nonché il dettaglio delle ipotesi demografiche e macroeconomiche di riferimento.
Da tali analisi emerge come, grazie alle riforme implementate negli ultimi venti anni, le spese legate all’invecchiamento risultino essere sotto controllo.
Sono poi presentate delle simulazioni sulla dinamica del debito, basate su ipotesi alternative, rispetto allo scenario di riferimento, riguardanti sia le principali variabili macroeconomiche, che il livello di avanzo primario strutturale.
Con riguardo a tale saldo, i risultati delle simulazioni evidenziano come la dinamica del debito si modifichi significativamente a seguito della variazione dell’avanzo primario rispetto al valore programmatico inglobato nello scenario di base (+5,7 nel 2017 in termini nominali[72]). Per un livello inferiore, pari al 3,7 per cento, il debito continua a diminuire ma varca la soglia del 60 per cento del PIL solo nel 2035. Un avanzo primario pari al 2,7 per cento nel 2017 non stabilizzerebbe il debito al 60 per cento nel lungo periodo.
Le proiezioni della spesa pubblica contenute nella Tabella V.1 del Programma di stabilità (PdS), recepiscono – secondo quanto specificato dal documento - le ipotesi dello scenario baseline concordato in sede europea, con alcune modifiche[73]. Queste sono dirette ad aggiornare i dati iniziali per tener conto dei risultati 2011-2012 e del quadro normativo in vigore ad aprile 2013[74]. Per il periodo 2013-2017 le previsioni recepiscono il quadro di finanza pubblica e le ipotesi di crescita previste nel DEF.
Come evidenziato dalla Tabella V.1 del PdS, negli anni successivi al 2010 le spese legate all’invecchiamento della popolazione in rapporto al PIL si riducono, per poi aumentare nuovamente a partire dal 2035 fino al 2050, riflettendo l’andamento della spesa previdenziale in corrispondenza del pensionamento della generazione del c.d. baby boom. Alla fine dell’orizzonte di previsione, la spesa age-related tende a ridursi e a convergere (in termini di rapporto con il PIL) sui livelli del 2010 (28,2 per cento).
Sulla base delle ipotesi relative all’evoluzione delle variabili demografiche e macroeconomiche[75] e delle proiezioni delle spese legate all’invecchiamento, l’analisi di sostenibilità della finanza pubblica è condotta nel documento attraverso la proiezione del rapporto debito/PIL nel periodo compreso tra il 2018 ed il 2060 ed attraverso il calcolo di indicatori sintetici di sostenibilità (i sustainability gaps indicati con S1 e S2 ed il required primary bilance indicato con RPB).
La simulazione si basa, inoltre, sui seguenti parametri:
· livelli del rapporto debito/PIL e dell’avanzo primario strutturale corrispondenti a quelli indicati dal Governo per l’anno 2017 pari, rispettivamente, al 117,3 ed al 6,1 per cento del PIL;
· tasso di interesse reale costante per tutto il periodo di riferimento e pari al 3 per cento. Ipotizzando che il deflatore PIL converga al 2 per cento nel triennio successivo al 2017, il tasso di interesse nominale si colloca al 5 per cento dal 2020 ;
· variazione dell’avanzo primario strutturale per effetto delle (sole) variazioni delle spese correlate all’invecchiamento della popolazione e dei redditi proprietari[76]
I risultati della simulazione mostrano un andamento del rapporto debito/PIL costantemente decrescente nel periodo di riferimento. Nonostante un livello iniziale del rapporto debito/PIL più elevato rispetto alla precedente simulazione[77], grazie ad un avanzo primario strutturale consistente il rapporto si colloca sotto la soglia del 60 per cento del prodotto nel 2027, con (solo) due anni in ritardo rispetto al risultato dell’analoga simulazione condotta nell’aggiornamento 2012 del Programma di stabilità (v. grafico V.1, tratto dal PdS).
Come si è detto, una indicazione della dimensione degli squilibri eventualmente presenti nei conti pubblici, è fornita dagli indicatori S1 e S2, i quali misurano l'ampiezza dell'aggiustamento fiscale permanente, in termini di saldo primario strutturale, necessario per raggiungere:
1. l'obiettivo debito/PIL del 60 per cento nel 2030 (S1);
2. l'obiettivo del vincolo intertemporale su un orizzonte infinito (S2).
La metodologia di calcolo dell’indicatore S1 è stata recentemente modificata dalla Commissione europea[78]: l’obiettivo del debito al 60 per cento del PIL è stato anticipato al 2030 (rispetto al precedente termine del 2060); dato il maggiore sforzo richiesto per conseguire prima il raggiungimento di tale soglia, si prevede la possibilità di non compiere l’intero aggiustamento fiscale immediatamente, ma di procedere gradualmente (in modo lineare) tra il 2018 e il 2020, per poi mantenere il livello di avanzo primario raggiunto nei successivi 10 anni.
E' possibile scomporre gli indicatori S1 ed S2 nelle loro rispettive componenti, al fine di valutare se i rischi alla sostenibilità provengono dalla posizione fiscale corrente (saldo primario strutturale e stock di debito) e/o anche dal progressivo invecchiamento della popolazione.
La posizione fiscale iniziale (initial budget position) misura la distanza tra l'avanzo primario strutturale alla fine del periodo coperto dal Programma di stabilità (6,1 per cento del PIL) e quello in grado di mantenere costante il rapporto debito/PIL al livello iniziale, coeteris paribus.[79] Esso indica, quindi, se le finanze sono sostenibili, considerando esclusivamente la posizione fiscale corrente.
Questa componente, per quanto riguarda S1, include il “costo” del ritardo dell’aggiustamento, in quanto si ipotizza che l’avanzo primario aumenti in modo graduale fino al 2020, per poi stabilizzarsi al livello raggiunto.
La seconda componente, la condizione sul debito (debt requirement) al 2030, è specifica dell'indicatore S1 ed evidenzia l'aggiustamento necessario per portare il debito dal livello iniziale al 60 per cento nel PIL entro tale anno.
La terza componente, l'impatto di lungo periodo sul saldo primario (long-term changes in the primary balance), quantifica l'impatto dell'invecchiamento della popolazione sul bilancio, prevedendo un ulteriore aggiustamento per fare fronte all'aumento delle spese connesse con tale fenomeno.
S1 e S2 sono dati dalla somma algebrica delle rispettive componenti. Valori positivi di S1 e S2 indicano la necessità di uno sforzo di aggiustamento permanente per soddisfare l’una o l'altra delle condizioni, tanto maggiore quanto maggiore è la grandezza assunta dagli indicatori. Valori negativi indicano, invece, che la sostenibilità di lungo periodo non richiede sforzi addizionali permanenti (ulteriori, cioè, rispetto a quelli richiesti dal raggiungimento degli obiettivi programmatici contenuti nel documento presentato dal Governo).
Un terzo indicatore utilizzato in tali analisi è l'avanzo primario necessario (required primary balance, RPB), che indica l'avanzo primario strutturale medio nei primi 5 anni del periodo di proiezione[80] coerente con l'aggiustamento suggerito da S2.
Come si evince dalla Tavola 1, tratta dall'aggiornamento 2013 del Programma di Stabilità, il consolidamento previsto è sufficiente ad assicurare finanze pubbliche sostenibili nel lungo periodo, tenuto conto dell'invecchiamento della popolazione. Gli indicatori sintetici S1 ed S2 assumono, infatti, valori negativi.
Tale conclusione è confermata osservando l'avanzo primario necessario (RPB) che, con un valore pari a +2,3 per cento è sensibilmente inferiore all'avanzo primario strutturale previsto alla fine del periodo coperto dal Programma di stabilità (+6,1 per cento nel 2017).
Tabella 5.6
Indicatori di sostenibilità di lungo periodo
|
S1 |
S2 |
RPB |
Valore |
-1,7 |
-4,5 |
2,3 |
di cui |
|
|
|
Posizione fiscale iniziale |
-4,9 |
-4,8 |
|
Condizione sul debito nel 2030 |
4,1 |
|
|
Impatto di lungo periodo sul saldo primario |
0,9 |
0,3 |
|
N.B. L’impatto di lungo periodo sul saldo primario riflette il cost of ageing: esso entra nella formula dell’indicatore S1 con segno negativo, mentre in S2 con segno positivo (Per la metodologia, v. Fiscal Sustainibility Report 2012, European economy n. 8/2012)
Fonte: Aggiornamento 2013 del Programma di stabilità |
I risultati ottenuti dall’analisi di sostenibilità delle finanze pubbliche in termini di dinamica di lungo periodo del rapporto debito/PIL e di indicatori sintetici mostrano come la tenuta degli obiettivi programmatici indicati a tutto il 2017 sia in grado di garantire contestualmente, nello scenario macroeconomico ipotizzato, la copertura delle spese connesse all’invecchiamento della popolazione ed il raggiungimento del valore obiettivo del rapporto debito/PIL nel periodo di riferimento.
Nel documento in esame tali esiti sono sottoposti ad un test di sensitività, che consiste nell’introdurre modifiche permanenti delle ipotesi assunte nello scenario di base, riguardanti la variazione di parametri sia di natura macroeconomica (dinamica dei flussi migratori e di altre variabili demografiche, andamento della produttività del lavoro, dell’occupazione e del tasso attività degli anziani e delle donne), sia di finanza pubblica (saldo primario). Rispetto alle precedenti simulazioni, si verifica anche l’effetto sul baseline di una diversa dinamica della spesa per sanità e assistenza agli anziani e ai disabili a lungo termine (LTC).
Tali analisi hanno la finalità di verificare l’affidabilità dei risultati dello scenario di riferimento a fronte dell’incertezza che caratterizza proiezioni macroeconomiche e demografiche di lungo periodo e di indicare in quale misura eventuali interventi di riforma, ovvero l’adozione di misure strutturali di bilancio, possano agire sulla sostenibilità del debito.
Con riferimento al primo gruppo di variabili, si rileva in premessa come l’Italia sia il paese europeo con il più elevato tasso di invecchiamento della popolazione, e con un indice di dipendenza degli anziani destinato a raddoppiare nel lungo periodo (da un valore del 33,3 per cento nel 2010 al 61,6 per cento nel 2060).
Si sono pertanto valutati gli effetti di una diminuzione del 10 per cento medio annuo dei flussi migratori (-31.000 unità rispetto al flusso scontato nello scenario di base), mantenendo tuttavia la stessa composizione per età e genere dello scenario di riferimento. Le conseguenze sul debito di tali variazioni, così come quelle relative all’allungamento di 1 anno nella speranza di vita alla nascita appaiono trascurabili. In tutti gli scenari, il rapporto debito/PIL si riduce velocemente e scende sotto la soglia del 60 per cento intorno al 2030.
Riguardo alla produttività del lavoro, la simulazione prevede uno scenario alternativo nel quale, a partire dal 2025, tale variabile sia permanentemente superiore (o inferiore), rispetto allo scenario di base, di 0,1 punti percentuali: anche in questo caso gli effetti sulla dinamica del debito appaiono trascurabili sia nel medio che nel lungo periodo.
Un graduale aumento del tasso di occupazione della popolazione 15-64 anni, fino a raggiungere 1 punto più elevato al 2060, ha effetti marginali. Determina, invece, effetti più significativi sulle proiezioni del rapporto debito/PIL, già a partire dal 2020, un aumento del tasso di attività dei lavoratori anziani tale da raggiungere nel 2060 un incremento di 5 punti rispetto allo scenario di base. Effetti solo nel medio-lungo periodo derivano da un aumento della partecipazione femminile di 5 punti rispetto all’ipotesi base.
Tali risultati mostrano come l’adozione di riforme strutturali suscettibili di determinare nel medio periodo aumenti del tasso di partecipazione al mercato del lavoro di soggetti attualmente esclusi, potrebbero migliorare, a parità di altre condizioni, la sostenibilità di lungo periodo delle finanze pubbliche.
Il PdS 2013 introduce una nuova analisi di sensitività relativa alle spese sanitarie legate all’invecchiamento della popolazione, in cui si testano gli effetti sull’evoluzione del debito di una dinamica della spesa sanitaria e per assistenza agli anziani e disabili di lungo periodo (LTC), derivanti da ipotesi (relative a fattori non demografici) più stringenti rispetto allo scenario di base. Anche in questo caso gli scostamenti (che peggiorano l’evoluzione del rapporto debito/PIL) hanno una rilevanza limitata: il rapporto scende al di sotto della soglia del 60 per cento nel 2027.
Per quanto riguarda le variabili di finanza pubblica, si ipotizzano variazioni del livello dell’avanzo primario nominale in termini di PIL rispetto al valore assunto nello scenario base nel 2017 e mantenuto per tutto il periodo di previsione, coincidente con il 5,7 per cento indicato dal Governo. I valori del saldo sono ridotti via via di 1 punto percentuale scendendo fino ad un saldo pari +2,7 per cento.
I risultati mostrano (v. grafico V.6 tratto dal PdS) che per un livello iniziale pari al 3,7 per cento il rapporto debito/PIL decresce, ma raggiunge la soglia obiettivo solo nel 2035 (rispetto al 2027 dello scenario base). Per valori dell’avanzo primario pari al 2,7 per cento, nel lungo periodo il debito si stabilizzerebbe al 60 per cento del PIL.
Il Documento reca, infine, una specifica analisi riguarda l’impatto delle riforme pensionistiche sulla sostenibilità del debito. Come evidenziato grafico V.7, tratto dal PdS, la serie di riforme previdenziali che si sono susseguite dal 2004 ad oggi hanno reso compatibile la dinamica di lungo periodo delle spese age-related con la sostenibilità del debito pubblico italiano.
I risultati mostrano che nello scenario che sconta l’assenza delle riforme adottate da 2004, il rapporto debito/PIL continuerebbe a ridursi, ma si attesterebbe su livelli permanentemente più alti rispetto a quelli dello scenario di riferimento, che invece incorpora gli effetti finanziari della riforma adottata con la legge 214/2011.
Approfondimento
4 Avanzo primario strutturale e ciclo economico: l’analisi della fiscal stance
Il confronto tra l’andamento dell’avanzo primario strutturale (cioè il saldo primario corretto per il ciclo e al netto delle una tantum) e l’output gap, che evidenzia la distanza tra il PIL effettivo ed il potenziale di crescita dell’economia, consente un’analisi della fiscal stance: questa misura l’indirizzo espansivo o restrittivo della politica fiscale a fronte dell’andamento macroeconomico.
Le variabili utilizzate per l’analisi della finanza pubblica corretta per il ciclo: alcuni elementi definitori
Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche. Esso esprime, pertanto, i fondamentali dell’economia e la componente strutturale della crescita, cui si confronta l’andamento registrato in un determinato momento del ciclo economico. Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma risulta, secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri per il calcolo degli indicatori strutturali richiesti dal Programmi di stabilità, dalla stima statistica prodotta utilizzando sia i valori effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore del PIL atteso nel periodo di previsione. Da ciò derivano due conseguenze: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili) determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap, anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa). A parità di parametro relativo alla sensibilità del bilancio al ciclo e di valore nominale dell’indebitamento netto o del saldo primario effettivo (o atteso), si verifica pertanto una variazione nel saldo strutturale.
La deviazione del PIL effettivo rispetto al valore potenziale è rappresentato dall’output gap (pari alla differenza in livello tra PIL effettivo e PIL potenziale, rapportata al PIL potenziale).
Il prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo delle entrate e delle spese correnti costituisce la componente ciclica del saldo di bilancio. La sensibilità del saldo di bilancio all’andamento del PIL è un parametro, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato in sede europea; esso è attualmente pari per l’Italia a 0,55, quale somma delle elasticità delle entrate e delle spese[81].
Per ottenere il saldo strutturale (l’indebitamento netto o il saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente migliora il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.
Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure una tantum (cfr infra), sottraendo sia le entrate che le spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate.
Le variabili utilizzate nell’analisi grafica sono riportate nella Tavola 1.
Tabella 1
Output gap e avanzo primario programmatico, corretto per il ciclo al netto delle una tantum
(% PIL)
|
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Output gap |
-3,6 |
-4,8 |
-3,8 |
-2,6 |
-1,7 |
-0,8 |
variazioni output gap |
-1,8 |
-1,2 |
1,0 |
1,2 |
0,9 |
0,9 |
|
|
|
|
|
|
|
Avanzo primario strutturale |
4,4 |
5,3 |
6,0 |
5,8 |
6,0 |
6,1 |
Variazioni avanzo primario strutturale |
2,9 |
0,9 |
0,7 |
-0,2 |
0,2 |
0,1 |
N.B. La variabile relativa all’avanzo primario fa riferimento al quadro programmatico Fonte: PdS 2013, Tavola III.8 |
Il Grafico 1 confronta la variazione dell’avanzo primario strutturale con l’output gap nel periodo 2012-2017. Esso si compone di quattro quadranti. Quello in alto a sinistra contiene i punti che rappresentano situazioni di restrizione fiscale e di ciclo economico negativo. In basso a sinistra, si posizionano le combinazioni di manovre espansive e ciclo economico negativo. I due quadranti a destra, corrispondenti a situazioni economiche favorevoli, illustrano, quello in alto, una politica fiscale restrittiva, quello in basso, una politica fiscale espansiva.
Secondo la teoria economica, la politica fiscale dovrebbe svolgere una funzione di stabilizzazione e avere pertanto un carattere anticiclico, attraverso l’adozione di misure di consolidamento fiscale nella fasi positive del ciclo e viceversa nelle fasi recessive.
In base alle regole europee[82], invece, solo gli Stati membri che abbiano già raggiunto l’obiettivo di medio termine e che presentino pertanto un bilancio pubblico in pareggio strutturale possono lasciare operare liberamente gli stabilizzatori automatici (in termini del Grafico 1, ciò implica che tali Paesi si trovino sull’asse orizzontale che rappresenta una stance neutrale), o eventualmente adottare misure discrezionali per contenere le fluttuazioni cicliche, nei limiti del rispetto del loro obiettivo di medio termine (OMT).
Ai Paesi che non abbiano raggiunto il pareggio di bilancio sono richiesti, invece, aggiustamenti annui in termini di aumento dell’avanzo primario strutturale pari o superiori allo 0,5 per cento. Essi dovrebbero pertanto trovarsi in punti situati nei due quadranti superiori del Grafico, corrispondenti a politiche fiscali restrittive.
Per l’Italia, l’obiettivo di medio termine (OMT) è fissato nel pareggio di bilancio in termini strutturali, da raggiungere entro il 2013.
Grafico 1
Fiscal stance e output gap, DEF- PdS 2013
Il Grafico 1 evidenzia come, nel 2012 e 2013, la politica fiscale abbia un’impronta restrittiva: in presenza di un output gap che accentua la sua connotazione negativa, l’avanzo primario aumenta, sia pure con ritmi annui diversi (rispettivamente, + 2,9 punti di PIL nel primo anno e +0,9 punti nel secondo), consentendo di raggiungere il pareggio di bilancio in termini strutturali nell’esercizio in corso. Dopo un’ulteriore variazione positiva (+0,7) nel 2014, l’avanzo tende a stabilizzarsi nel triennio successivo intorno ad una valore del 6 per cento.
Un secondo metodo per valutare la fiscal stance mette in relazione le variazioni dell'output gap, con le variazioni dell'avanzo primario strutturale. Un simile approccio permette di porre maggiore enfasi sulla dinamica del ciclo economico e di cogliere in modo più puntuale i cambiamenti della politica fiscale.
Grafico 2
Fiscal stance e variazione dell’output gap, DEF - PdS 2013
Nel Grafico 2 si nota come, all’inizio del periodo in esame (2012 e 2013), la restrizione fiscale si collochi in una fase di forte peggioramento del ciclo (l’output gap aumenta il proprio valore negativo di 1,8 punti di PIL nel primo anno e di 1,2 punti nel secondo). Nel 2014 il consolidamento fiscale (indicato da variazioni positive, anche se più contenute, dell’avanzo primario) prosegue in presenza di un output gap ancora negativo ma che tende a chiudersi[83]. Nel triennio successivo, a fronte di un output gap che si riduce ulteriormente e di un livello elevato di avanzo primario (intorno al 6 per cento del PIL), la politica fiscale tende ad essere neutrale.
La Tavola 2 riporta gli indicatori strutturali utilizzati ai fini della presente analisi contenuti nel PdS - DEF 2013 confrontandoli con quelli contenuti nei precedenti Documenti programmatici.
5. Le misure una tantum
Il DEF riporta il quadro delle misure una tantum[84] che hanno inciso sul saldo dell’indebitamento netto nel periodo 2010-2012 e formula le corrispondenti previsioni per il periodo 2013-2017.
Rispetto all’analisi contenuta nella Nota di aggiornamento al DEF 2012[85], l’incidenza complessiva sul PIL di tali misure, prevista sia per il 2013 che per il 2014, risulta rivista al ribasso di due decimi di punto. In particolare, nei due citati esercizi, il Documento prevede che le misure una tantum concorrano a migliorare il saldo dell’indebitamento netto strutturale (in misura pari a circa 2 decimi di punto di PIL per il 2013 e a 1 decimo di punto per l’anno successivo). Ciò in quanto le misure di carattere una tantum previste sul lato della spesa risultano superiori rispetto a quelle considerate sul lato dell’entrata. Sulle prime incide in particolare la revisione al rialzo delle spese per gli interventi a sostegno delle aree colpite da calamità naturali; sulle seconde incide invece una revisione al ribasso del gettito atteso dall’imposta sostitutiva per l’allineamento dei valori di bilancio ai principi IAS.
Si segnala in via preliminare che le misure una tantum non includono l’effetto derivante dal DL n. 35/2013, riguardante il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, i cui effetti, pari a circa 0,5 punti di PIL, peggiorano pertanto l’indebitamento netto strutturale. Tale saldo non si discosta, peraltro, dall’obiettivo del pareggio precedentemente fissato, in quanto il predetto provvedimento sfrutta gli spazi resisi disponibili dall’ampliamento della componente ciclica del bilancio, dovuta all’approfondimento della crisi congiunturale rispetto alle precedenti previsioni di finanza pubblica.
Si segnala inoltre che, come di consueto, la tavola ricognitiva delle misure una tantum riportata dal DEF 2013, di seguito riprodotta, non è corredata di un’analisi illustrativa delle singole misure e dei fattori alla base delle variazioni riscontrate a consuntivo o apportate alle previsioni rispetto ai precedenti documenti di finanza pubblica. L’analisi di seguito operata necessiterebbe pertanto di conferma da parte del Governo.
Tabella
Le misure una tantum nel DEF 2013
(mln di euro)
|
Consuntivo |
Previsioni |
||||||
|
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Totale One-Offs |
3.129 |
10.698 |
1.512 |
-2.900 |
-960 |
-1.178 |
702 |
536 |
In % del Pil |
0,2 |
0,7 |
0,1 |
-0,18 |
-0,1 |
-0,1 |
0,0 |
0,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
- a ) Entrate |
4.103 |
6.755 |
2.122 |
430 |
375 |
120 |
0 |
0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Imposte sostitutive varie |
1.271 |
1.595 |
770 |
360 |
255 |
110 |
0 |
0 |
Rientro dei capitali/scudo fiscale ter |
656 |
4 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
Allineamento bilancio ai principi IAS |
2117 |
5115 |
643 |
70 |
100 |
0 |
0 |
0 |
Contributo U.E. per sisma Emilia |
0 |
0 |
670 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
- b) Spese |
-2.207 |
2.801 |
-1.819 |
-4.830 |
-2.785 |
-2.748 |
-348 |
-364 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
- IVA auto aziendali |
-77 |
-37 |
0 |
-100 |
0 |
0 |
0 |
0 |
Interventi per calamità naturali |
-1.953 |
-841 |
-1.584 |
-4.490 |
-2.715 |
-2.748 |
-348 |
-364 |
- Dividendi in uscita |
-176 |
-149 |
-133 |
-140 |
-70 |
0 |
0 |
0 |
- Asta frequenze |
0 |
3.827 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
- Compensazioni emittenti |
0 |
0 |
-103 |
-100 |
0 |
0 |
0 |
0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
- c ) Dismissioni immobiliari |
1.233 |
1.142 |
1.210 |
1.500 |
1.450 |
1.450 |
1.050 |
900 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Ripartizione per Sottosettori |
|
|
|
|
|
|
|
|
- Amministrazioni Centrali |
1.660 |
9.501 |
-425 |
-4.460 |
-2.280 |
-2.328 |
-198 |
-264 |
- Amministrazione Locali |
1.316 |
1.023 |
1.565 |
450 |
450 |
450 |
300 |
300 |
- Enti di previdenza |
153 |
174 |
372 |
1.110 |
870 |
700 |
600 |
500 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pil (x 1.000) |
1.552 |
1.578 |
1.566 |
1.573 |
1.624 |
1.678 |
1.731 |
1.786 |
Fonte: DEF 2013 - Sez. II - Tavola II.2.9[86]
Si segnala in primo luogo che la tavola sopra riportata sembra presentare alcune incongruenze:
- la somma delle voci indicate sul lato delle entrate non corrisponde al totale delle entrate stesse. Dal confronto con le tavole contenute nei precedenti documenti di finanza pubblica, sembrerebbe omessa un’unica riga: quella riguardante il condono edilizio, che dovrebbe ancora presentare una coda nei versamenti. Peraltro, aggiungendo i corrispondenti importi[87], si perviene ai totali indicati nella tavola attualmente in esame per tutti gli esercizi salvo il solo 2013, per il quale sembrerebbe invece iscritto un importo nullo a titolo di condono edilizio a fronte della precedente previsione di 20 mln. Non è chiaro a quali fattori vada ascritta la variazione relativa all’esercizio 2013;
- inoltre, con riferimento agli esercizi 2013-2017, sembrerebbero invertiti gli importi attribuiti ai due comparti degli Enti previdenziali e delle Amministrazioni locali.
Analizzando le variazioni apportate dal DEF 2013 rispetto alla Nota di aggiornamento al DEF 2012, emerge che le principali variazioni sul lato dell’entrata riguardano il gettito delle imposte sostitutive[88], tra cui in particolare l’imposta sui maggiori valori iscritti in bilancio nel caso di riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS, il cui gettito risulta separatamente evidenziato nel documento in esame. Da tali dati emerge che i risultati di gettito conseguiti nel 2012 appaiono contenuti rispetto alle attese; le previsioni di gettito per gli esercizi 2013 e 2014 (precedentemente prossime, rispettivamente, a 1 e a 2 mld) sono state conseguentemente ridotte.
Le previsioni inerenti la citata imposta sostitutiva erano state riviste al rialzo nel DEF 2012, a seguito dei risultati migliori delle attese conseguiti nel 2011. Nel corso di tale esercizio era stato previsto un ampliamento della base applicativa del tributo, senza peraltro modificarne le date di scadenza (cfr. art, 23, commi da 15 a 17 del DL n. 98/2011). Si rinvia in proposito a quanto osservato nel Dossier di verifica n. 17/XVI Leg., relativo al DEF 2012, in cui si evidenziava che il tributo in questione avrebbe dovuto comunque esaurire la maggior parte dei propri effetti nel corso dell’esercizio 2011, salvo marginali code dei versamenti negli esercizi successivi. Pertanto si osservava che la citata disposizione non appariva suscettibile di determinare effetti di gettito per un importo complessivo di 4,5 mld circa sul triennio 2012-2014. Tali effetti vengono ora ridotti a circa 800 mln nel medesimo arco temporale.
Si ricorda inoltre il principio di corrispondenza tra le revisioni del gettito delle imposte sostitutive, rilevanti ai fini delle una tantum, e il gettito ordinario delle imposte dirette, al fine di tenere conto del gettito IRES e IRAP sugli ammortamenti e le plusvalenze tassabili inerenti i beni oggetto di riallineamento. Nel caso specifico, una rettifica al rialzo delle imposte ordinarie risulterebbe opportuna solo ove queste ultime fossero state precedentemente riviste al ribasso in occasione dei precedenti incrementi delle stime dell’imposta sostitutiva in esame.
Con riferimento alle altre imposte sostitutive, delle quali non è fornito il dettaglio, si segnala che incide presumibilmente sul periodo di previsione, in particolare per il 2013 e il 2014 il gettito derivante dalla riapertura dei termini dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni, disposta dalla legge di stabilità per il 2013[89], cui la relazione tecnica ascriveva effetti di maggior gettito pari a 200 mln nel 2013 e 100 mln annui nel 2014 e nel 2015.
A fronte di tale previsione di gettito, le stime in esame sono riviste al rialzo di 226 mln nel 2013 e di 135 mln nel 2014, mentre sono riviste al ribasso di 10 mln nel 2015. Non è chiaro pertanto quale fattore compensativo del maggior gettito dell’imposta sulla rivalutazione di terreni e partecipazioni incida in particolare sull’esercizio 2015.
Più in generale, ai fini di una migliore trasparenza e completezza delle informazioni fornite, risulterebbe opportuno che il dato delle imposte sostitutive fosse corredato dall’indicazione delle sottovoci che concorrono a determinare il risultato complessivo.
In particolare un chiarimento risulterebbe opportuno con riferimento ai risultati di gettito conseguiti nel 2012 dai diversi cespiti tributari che concorrono a comporre le imposte sostitutive. Si segnala infatti che per tale esercizio il gettito delle imposte sostitutive, comprensivo di quello relativo al riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS, risulta immutato rispetto alle precedenti previsioni, nonostante la revisione al ribasso del citato tributo.
Incide inoltre sul lato dell’entrata l’acquisizione del contributo U.E. per il sisma dell’Emilia, pari a 670 mln per il 2013, considerato tra le una tantum - analogamente a quanto operato per il contributo U.E. per il sisma in Abruzzo acquisito nel 2009 (pari a 494 mln) - per ragioni di simmetria rispetto alle spese erogate per la medesima finalità.
Sul lato della spesa risultano apportate significative modifiche alle spese inerenti gli interventi per calamità naturali.
Si segnala preliminarmente che il documento in esame, a differenza dei precedenti, non fornisce il dato disaggregato delle spese inerenti i due sismi dell’Abruzzo e dell’Emilia. Al fine di una puntuale ricognizione delle revisioni operate nelle stime, risulterebbe pertanto opportuno acquisire tali dati.
Dai dati complessivi forniti, risulta operata una revisione al rialzo delle spese per il periodo 2012-2015, per complessivi 3,6 mld, di cui circa 2,4 nel 2013 (0,15 punti di PIL). Di seguito si riporta la disaggregazione del dato complessivo delle spese per calamità naturali in “interventi vari” e “mutui erogati”, fornita per le vie brevi dalla Ragioneria generale dello Stato.
Tabella
(mln di euro)
|
Consuntivo |
Previsioni |
||||||
|
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
2014 |
2015 |
|
|
Interventi per calamità naturali |
-1.953 |
-841 |
-1.584 |
-4.490 |
-2.715 |
-2.748 |
-348 |
-364 |
di cui: - interventi vari |
-1.458 |
-468 |
-458 |
-2.154 |
-1.400 |
-400 |
-348 |
-364 |
- mutui erogati |
-496 |
-372 |
-1.126 |
-2.337 |
-1.315 |
-2.348 |
0 |
0 |
Dal dato relativo ai mutui erogati, nell’assunto che quelli erogati nel triennio 2010-2012 si riferiscano all’Abruzzo e quelli da erogarsi nel triennio 2013-2015 si riferiscano all’Emilia, emergerebbe che i primi ammontino a circa 2 mld (1994 mln), mentre i secondi esattamente a 6 mln. Tali importi coinciderebbero sostanzialmente con quelli autorizzati dalle corrispondenti leggi.
Non è invece chiaro invece come si ripartiscano le spese per “interventi vari” tra le aree interessate e a quali tipologie di intervento esse siano destinate. Andrebbe in particolare chiarito se le spese per interessi a carico dello Stato (sia quelli inerenti i mutui attivati per la ricostruzione, sia quelli inerenti il differimento dei termini per il pagamento degli oneri fiscali e contributivi dei soggetti colpiti dal sisma) siano o meno considerate una tantum.
Ulteriori variazioni, di portata più contenuta, riguardano:
- le spese per dividendi in uscita, che risultano incrementate sia per l’esercizio di consuntivo (+ 33 mln) che per il 2013 e il 2014 (rispettivamente +140 e + 70);
- le erogazioni per compensazioni alle emittenti locali, rispetto alle quali risultano maggiori spese rispetto alle previsioni per +72 mln nel 2012, parzialmente compensati da un contenimento della spesa nell’esercizio successivo (-35 mln).
Al riguardo, andrebbero acquisiti gli elementi informativi sottostanti le variazioni sopra indicate.
Il Documento in esame, analogamente alla precedente Nota di aggiornamento al DEF 2012, non imputa variazioni di importo alla voce riguardante gli incassi per l’assegnazione di diritti d’uso di frequenze radioelettriche, presumibilmente nel presupposto che le entrate derivanti dalla revoca del cd. “beauty contest” [90], non incluse nelle previsioni, saranno comunque registrate tra le una tantum nel momento in cui si verificheranno.
In merito alle dismissioni immobiliari si segnala che il DEF evidenzia per il 2012 entrate da dismissioni lievemente inferiori alle attese (-230 mln), mentre rivede lievemente al rialzo le entrate previste per il triennio 2013-2015 (rispettivamente di 50, 150 e 150 mln). Non sembrano pertanto iscritti effetti in relazione al piano pluriennale di valorizzazione del patrimonio pubblico, dal quale sono attesi effetti di riduzione del debito, pari a 1 punto percentuale di PIL all’anno, che si cumula nell’arco del triennio 2013-2017. Andrebbe quindi chiarito se la mancata previsione a tale titolo di maggiori entrate da dismissione immobiliari, incluse per loro natura tra le una tantum, sconti l’ipotesi che il processo di valorizzazione riguardi esclusivamente partite di carattere finanziario e non dia luogo, invece, a maggiori dismissioni di cespiti immobiliari.
In merito ai criteri di riparto delle misure una tantum tra i diversi livelli di governo, ferma restando la necessità di un chiarimento in merito all’apparente refuso sopra segnalato - riguardante la presumibile inversione degli importi tra i comparti degli Enti previdenziali e delle Amministrazioni locali per gli esercizi 2013-2017 - andrebbero acquisite informazioni sui fattori alla base del riparto. Non è chiaro, in particolare, quali siano le componenti positive che incidono sul comparto degli enti locali e degli enti di previdenza: la somma di tali due comparti, entrambi di segno positivo, risulta infatti superiore, per gli esercizi dal 2010 al 2013 rispetto al valore complessivo delle dismissioni immobiliari. Tale eccedenza risulta particolarmente significativa per l’esercizio 2012 (+727 mln) e non è chiaro a quale fattore essa vada ascritta.
Approfondimento
6. La regola sulla spesa
I nuovi regolamenti europei, il c.d. six pack[91], introducono nell'ambito del braccio preventivo del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) un vincolo alla crescita della spesa (expenditure benchmark), diretto a rafforzare il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine, parametrato al tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale.
Il Codice di condotta stabilisce in proposito che questo è calcolato come media delle stime dei precedenti 5 esercizi, della stima per l'esercizio corrente e delle proiezioni per i 4 esercizi successivi. Ai fini del calcolo del benchmark, esso viene aggiornato periodicamente e comunicato agli Stati membri: per quanto riguarda l’Italia, il valore relativo al biennio 2012-2013 é pari +0,3 per cento, mentre per il triennio 2014-2016 il valore è pari a zero[92].
L'aggregato di spesa pubblica sottoposto a valutazione è individuato nel totale della spesa delle Amministrazioni Pubbliche[93] diminuito della spesa per interessi, della spesa nei programmi europei per la quota coperta da fondi comunitari e della componente legata al ciclo delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione[94]. L'aggregato deve essere depurato dalla volatilità intrinseca della spesa per investimenti, prevedendo che il valore iscritto in ciascun esercizio sia sostituito da un valore medio calcolato sulla base della spesa per l'esercizio in corso e quella relativa ai tre esercizi precedenti.
Al valore della spesa così ottenuto devono essere sottratte le entrate derivanti da misure discrezionali, considerando l’incremento rilevato (o atteso) nell’anno t rispetto all’esercizio precedente (t-1). A queste si aggiungono (purché non ricomprese nella precedente voce) le eventuali maggiori entrate derivanti da innalzamenti automatici di imposte e/o tasse previsti dalla legislazione a copertura di poste specifiche di spesa[95].
Poiché il PIL potenziale è stimato in termini reali, la spesa così determinata è deflazionata con il deflatore del PIL quale risulta dalle previsioni della Commissione[96]. Per l’Italia, per la valutazione del rispetto della regola nel biennio 2012-2013, tali valori sono rispettivamente l’1,87 e 1,88 per cento[97]. Per gli esercizi successivi, il valore utilizzato nel PdS è quello indicato dal Governo nel quadro macroeconomico (Tavola II.2b del DEF).
Il limite massimo per la variazione della spesa è diverso a seconda della posizione di ciascuno Stato rispetto all'OMT, in quanto è diretto a garantire la coerenza con il percorso di convergenza concordato. Per gli Stati membri che hanno già raggiunto l'OMT, la crescita della spesa pubblica non deve essere più elevata del parametro medio relativo al PIL potenziale. Eventuali dinamiche di crescita superiori possono essere consentite soltanto se compensate da misure discrezionali dal lato delle entrate di pari ammontare. Per gli Stati che non hanno ancora raggiunto l'OMT il tasso di crescita della spesa deve essere inferiore a quello del PIL potenziale e coerente con un miglioramento del saldo strutturale di almeno 0,5 punti in termini di PIL.
Per l’Italia, secondo le stime della Commissione, il c.d. shortfall risulta pari a -1,1 punti[98]: a fronte di una crescita del potenziale pari +0,3 per cento, il benchmark prevede infatti una variazione negativa dell’aggregato pari a -0,8 per cento sia per il 2012 che per il 2013, esercizio in cui è previsto il raggiungimento dell’OMT[99]. Nel periodo successivo, il benchmark é pari a zero, coincidendo con la nuova stima del PIL potenziale[100].
Il rispetto del benchmark viene valutato ex post nell’ambito del giudizio sull’avvicinamento o raggiungimento dell’OMT. Uno scostamento nella dinamica della spesa dal valore di riferimento non ha conseguenze se il Paese ha già raggiunto l’OMT e questo non sia pregiudicato.
Per un Paese che non abbia raggiunto l’OMT e che presenti una deviazione del saldo di bilancio rispetto al percorso di avvicinamento pari o superiore allo 0,5 per cento del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni), lo scostamento viene considerato significativo se la spesa al netto delle misure discrezionali sulle entrate ha un impatto sul saldo pari ad almeno allo 0,5 per cento del PIL in un anno (o cumulativamente in due anni).
Approfondimento
7. La regola del debito
Il nuovo quadro di riforma della governance economica dell'UE, adottato nel novembre 2011(six pack) e richiamato nel fiscal compact, rafforza il controllo della disciplina di bilancio attraverso l'introduzione di una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del PIL[101].
In particolare, il nuovo articolo 2 del regolamento 1467/97 stabilisce che, per la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all'anno nella media dei tre precedenti esercizi[102].
Nel caso in cui il valore del rapporto debito/PIL nell’esercizio di riferimento sia superiore al benchmark, la Commissione deve verificare se il mancato rispetto della regola possa essere attribuibile a effetti ciclici o se, sulla base delle previsioni a politiche invariate, è prevista una correzione entro i due anni successivi al primo anno di valutazione (t+2)[103].
Per quanto riguarda il primo aspetto, occorre considerare che una regola sul debito che non tenga in considerazione gli andamenti ciclici potrebbe portare a risultati incoerenti con la fissazione di obiettivi di saldo in termini strutturali, depurato cioè dagli effetti degli stabilizzatori automatici. Essa, inoltre, rischierebbe di essere fortemente pro-ciclica, penalizzando un deterioramento delle finanze pubbliche non imputabile a fattori strutturali. Per tale ragione la regola di benchmark del debito é affiancata da un'altra formula che misura il debito aggiustato per l'andamento ciclico[104]. In fasi negative del ciclo, il rapporto debito/PIL aggiustato risulterà inferiore rispetto a quello effettivo, in quanto il debito verrà depurato per l'effetto degli stabilizzatori automatici e il PIL nei tre anni precedenti viene fatto variare al tasso di crescita del PIL potenziale. E' da notare che tale formula non viene utilizzata dalla Commissione nelle fasi positive del ciclo, nelle quali il debito aggiustato risulterebbe superiore rispetto a quello effettivo (una componente ciclica positiva farebbe aumentare il numeratore e quindi il valore del rapporto). In altre parole, ai paesi non é chiesto, in relazione al debito, uno sforzo aggiuntivo nei "tempi buoni".
In conclusione, la prima formula fornisce il livello di debito in percentuale sul PIL da perseguire che, qualora raggiunto, esime il paese da ulteriori sforzi; la seconda formula serve, invece, a valutare - qualora l'applicazione del primo algoritmo evidenziasse un mancato rispetto del benchmark - se la regola possa essere considerata comunque effettivamente rispettata, tenuto conto della possibilità di scontare gli andamenti ciclici.
Qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del benchmark anche dopo l’aggiustamento per il ciclo e rimanesse più elevato anche in prospettiva (nei due anni successivi all’anno di riferimento), la Commissione sarà chiamata a redigere un rapporto ex art. 126(3) TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni “qualitative” relative a un certo insieme di “altri fattori rilevanti”. L’analisi di tali fattori rappresenta, quindi, un passo obbligato nelle valutazioni che inducono ad avviare una procedura per disavanzi eccessivi a causa di una mancata riduzione del debito ad un “ritmo adeguato”. Questi fattori sono :
- le operazioni di aggiustamento stock-flow del debito;
- le riserve accantonate e le altre voci dell’attivo del bilancio pubblico;
- le garanzie, specie quelle legate al settore finanziario;le passività, sia esplicite che implicite, connesse all’invecchiamento della popolazione;
- il livello del debito privato, nella misura in cui rappresenti una passività implicita potenziale per il settore pubblico.
Particolare attenzione meritano, infine, gli interventi di sostegno tra Stati membri o nei confronti dell’EFSF/MES nel contesto della salvaguardia della stabilità finanziaria: qualora la regola non fosse rispettata, la Commissione dovrà valutare in quale misura tali interventi incidano sul debito e verificare se, al netto di essi, la regola risulti rispettata.
E’ da rilevare che, nel caso di Stati membri correntemente sottoposti alla procedura di deficit eccessivo, è previsto un periodo di transizione di tre anni per l’applicazione della regola. In tale periodo, gli Stati devono prevedere un aggiustamento fiscale (cioè una correzione del saldo di bilancio) strutturale minimo tale da garantire un progresso continuo e realistico verso il benchmark del debito[105]. L’aggiustamento deve essere tale da rispettare le seguenti condizioni:
- l’aggiustamento strutturale annuo non deve scostarsi più dello 0,25 per cento del PIL dell’aggiustamento richiesto per assicurare la regola del debito a fine periodo;
- in qualsiasi momento del periodo di transizione, il restante aggiustamento strutturale annuo non deve superare lo 0,75 per cento del PIL.
Tale percorso di aggiustamento è evidenziato dalle seguenti figure (tratte dalla Nota Ecofin/ C1-C4 (2011):
[1] Le linee guida aggiornate sono consultabili sul sito della Commissione, al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/pdf/coc/code_of_conduct_en.pdf.
[2] Cfr. Comunicato EUROSTAT del 14 febbraio 2013.
[3] Per quanto concerne i risultati del 2012, si veda il Comunicato ISTAT, Comunicato “PIL E INDEBITAMENTO AP – Anni 2010-2012”, del 1 marzo 2013.
[4] Al riguardo si ricorda che, a fronte della moderata ripresa dell’economia italiana che si era registrata nella prima parte del 2011, fattori esterni - quali il rallentamento del ciclo economico mondiale e il contestuale inasprimento delle tensioni sui debiti sovrani dell’area dell’euro - e interni - quali la debolezza della domanda interna, che ha risentito del clima d’incertezza e del peso dell’aggiustamento fiscale, e la restrizione del credito all’economia – hanno indotto un’inversione del ciclo a partire dagli ultimi due trimestri del 2011.
[5] La Nota di aggiornamento del DEF 2012, evidenziando un andamento dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nel DEF presentato ad aprile 2012, conteneva, infatti, una revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL, prevedendo, per il 2012, una contrazione del PIL al 2,4 per cento rispetto all’1,2 per cento indicato nel DEF.
[6] La riduzione del differenziale dei rendimenti dei titoli di stato italiani nei confronti di quelli tedeschi, registrata nella parte finale del 2012, non ha ancora trasmesso i suoi effetti positivi sul sistema creditizio, mantenendo inalterate le differenze sul costo di finanziamento delle imprese italiane rispetto a quelle dei principali paesi europei. Il divario rispetto ai paesi core dell’Area Euro riflette le tensioni sui debiti sovrani e la conseguente difformità di trasmissione della politica monetaria nelle varie economie dell’Area. Secondo quanto esposto nel DEF 2013, a gennaio 2013 il differenziale tra il costo medio dei nuovi finanziamenti alle imprese italiane e a quelle tedesche è pari a 1,5 punti percentuali.
[7] Stima, quest’ultima, peraltro già rivista al ribasso dalla medesima Nota di aggiornamento del DEF rispetto alle previsioni formulate ad aprile nel DEF 2012, che ipotizzava, allora, una crescita del PIL nel 2013 dello 0,5 per cento.
[8] Con riferimento al 2012, si rileva che i dati del conto economico della P.A. riportati dal Documento in esame si discostano per alcune voci dal pre-consuntivo Istat del 1° marzo scorso, ripreso nella Relazione al Parlamento del 21 marzo (Doc. LVII-bis, n. 1). Complessivamente tali variazioni (minori entrate per 199 milioni e minori spese per 12 milioni) determinano una rideterminazione in aumento dell’indebitamento netto per 187 milioni (da -47.446 della Relazione a -47.633 milioni del DEF).
[9] Raccomandazione della Commissione al Consiglio SEC (2009) 1525 e decisione del Consiglio del 2 dicembre 2012 (2010/286/UE). Al seguente link v. la pagina web in cui sono riassunte tutte le fasi della procedura per disavanzo eccessivo aperta nei confronti dell'Italia:
http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/deficit/countries/italy_en.htm
[10] I due documenti costituiscono, rispettivamente, la III e la I parte del Documento di economia e finanza (DEF), presentato dal Governo nell’aprile 2012.
[11] L’art.1, c. da 502 a 505 della legge di stabilità 2013 è intervenuta sulla disciplina del rivalutazione agevolata delle attività immateriali incluse nel valore delle partecipazioni risultante nei bilanci societari introdotta dal DL n. 201/2011. In tale sede, tenuto conto che la norma originaria aveva avuto maggiori adesioni rispetto a quelle stimate, erano stati scontati maggiori effetti legati al versamento dell’imposta sostitutiva mentre non figuravano quantificati gli effetti di incremento della deducibilità fiscale dei maggiori oneri riconosciuti. Il Servizio bilancio dello Stato aveva chiesto chiarimenti in proposito (cfr dossier Servizio bilancio dello Stato n. 28 del 14 feb 2012, vol II).
[12] Il conguaglio per l’anno 2012 potrebbe slittare ad aprile 2013 ai sensi di quanto disposto dal DPCM 21 gennaio 2012 pubblicato in GU del 31 gennaio 2013.
[13] L’articolo 9, comma 1, del decreto legge n. 78/2010 ha previsto che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva. Dalla norma si supponeva dovessero derivare effetti di risparmio quantificabili, però, solo a consuntivo.
[14] Dell’ammontare complessivo di 40 miliardi autorizzati, incidono sull’indebitamento netto i pagamenti delle Amministrazioni locali relativi alla spesa di parte capitale e il riconoscimento e pagamento di debiti fuori bilancio delle Amministrazioni statali. Indicati dalla Relazione al Parlamento in 7,8 miliardi per il solo 2013, risultano quantificati in 7,5 miliardi dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato al provvedimento. Per un approfondimento, v. dossier predisposto sul D.L. 35/2013 (A.C. 676) dal Servizio Studi e Servizio Bilancio della Camera, sezione Profili finanziari, n. 1, 10 aprile 2013.
[15] Sul punto, infatti, si evidenzia che la Tavola I.1 riportata nella Sezione I del DEF stima i tendenziali distinguendo quelli ottenuti in base alla normativa vigente e quelli ottenuti ipotizzando la prosecuzione del regime IMU oltre il 2014.
[16] Articolo 5, commi 1-6.
[17] V. dossier predisposto dai Servizi della Camera per l’esame del decreto legge.
[18] Articolo 3 del D.L. 35/2013.
[19] L’ulteriore effetto di 500 milioni sull’indebitamento netto 2013 è ascritto al riconoscimento e pagamento di debiti di parte corrente delle Amministrazioni statali, che dovrebbero essere contabilizzati alla voce consumi intermedi.
[20] A tale aggregato di spesa sono riconducibili la spesa per pensioni, le rendite infortunistiche, le liquidazioni per fine rapporto a carico di istituzioni pubbliche, le prestazioni di maternità, malattia ed infortuni, la cassa integrazione ordinaria, straordinaria ed in deroga, l’indennità di disoccupazione, l’indennità di mobilità, i trattamenti di famiglia, le pensioni di guerra, le prestazioni per invalidi civili, ciechi e sordomuti, ed altri assegni a carattere previdenziale ed assistenziale.
[21] L’indicizzazione è stata pari a +2,8 per cento (2,6 per cento + 0,2 per cento di recupero di indicizzazione non concessa nel 2011) con deindicizzazione totale per la quota relativa al 2,6 per cento per i trattamenti superiori tre volte al minimo.
[22] D.L. 95/2012, articolo 15, comma 13, lett. a e lett. b.
[23] Le entrate da pay back e i ticket sono portati in riduzione della spesa.
[24] L’articolo 15 del D.L. 95/2012 ha previsto che, fermo restante il vigente meccanismo di cui all’articolo 5 del D.L. 159/2007, a decorrere dal 2013, gli eventuali importi derivanti dalla procedura di ripiano siano assegnati alle regioni, per il 25 per cento, in proporzione allo sforamento del tetto registrato nelle singole regioni e, per il residuo 75 per cento, in base alla quota di accesso delle singole regioni al riparto della quota indistinta del finanziamento del SSN. La norma ha inoltre disposto l’incremento dall’1,82 al 2,25 per cento dello sconto a carico dei farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali erogati in regime di SSN e (per il secondo 2012) l’incremento dall’1,83 al 4,1 per cento della quota che le aziende farmaceutiche corrispondono alle. regioni sul prezzo di vendita al pubblico dei medicinali erogati in regime di convenzione
[25] D.L. 95/2012, articolo 15, comma 14. Per gli anni successivi, la riduzione della spesa, rispetto al valore registrato nel 2011, è fissata in misura pari all’1 per cento nel 2013 e al 2 per cento a decorrere dal 2014.
[26] Articolo 9, comma 1, del D.L. 78/2010.
[27] Articolo 17 del D.L. 98/2011, articolo 15 del D.L. 95/2012, articolo 1, comma 131, della legge 228/2012 (Legge stabilità 2013).
[28] Articolo 1, comma 131, lettera a) della legge 228/2012 (Legge di Stabilità 2013; tale riduzione era originariamente fissata al 5 per cento dall’articolo 15, comma 13, lettera a) del D.L. 95/2012.
[29] Articolo 15, comma 13, lettera b), del Decreto Legge 95/2012.
[30] Tale tetto, originariamente introdotto dall’articolo 17, comma 2 del D.L. 98/2011 è stato fissato al 4,8 per cento dall’articolo 1, comma 131, lettera b) della legge 228/2012 (Legge di Stabilità 2013).
[31] Articolo 15, comma 4, del D.L. 95/2012.
[32] Art. 1, comma 275, della legge 228/2012 (Legge di stabilità 2013).
[33] La Corte costituzionale con sentenza della 187/2012 ha dichiarato illegittimo l’esercizio da parte dello Stato della potestà regolamentare in materie su cui non detiene una competenza esclusiva.
[34] D.L. 78/2010, D.L. 98/2011, D.L. 95/2012, legge 228/2012 (Legge di stabilità 2010). In particolare:
- la spesa per il personale sconta il limite al riconoscimento di incrementi retributivi fino al 31 dicembre 2014 e il riconoscimento dell’indennità di vacanza contrattuale per il triennio 2015-2017;
- la spesa per consumi intermedi sconta la riduzione del 10 per cento degli importi dei contratti per acquisti di beni e servizi, la rideterminazione del tetto per i dispositivi medici al 4,4 per cento dal 2014 e il tetto al 3,5 per cento della farmaceutica ospedaliera;
- la farmaceutica convenzionata sconta le misure dello sconto a carico dei farmacisti e il rispetto del tetto sulla spesa territoriale pari all’11,35 per cento;
- la spesa per prestazioni convenzionate con operatori privati sconta la riduzione del 2 per cento (dal 2014) rispetto al valore 2011 degli importi e dei volumi acquistati e il tetto alla remunerazione delle funzioni svolte.
[35] Per consentire il consolidamento, alla spesa di ciascun sottosettore vengono sottratte le spese per trasferimenti ad altre amministrazioni pubbliche (in quanto si tratta di flussi interni al perimetro della PA) e la quota di interessi passivi pagata ad altre amministrazioni pubbliche. Quest'ultimo dato è stato fornito per le vie brevi dalla Ragioneria generale dello Stato.
[36] Raccomandazione del Consiglio del 10 luglio 2012. Si segnala che il consuntivo dell'indebitamento netto della PA per l'esercizio 2012 si attesta a -3 per cento, lasciando prefigurare la possibilità di una chiusura della procedura per disavanzo eccessivo (tuttora aperta nei confronti dell'Italia).
[37] Si veda l'approfondimento 4.
[38] Si ricorda che l'obiettivo del 2013 incorpora gli effetti delle misure di accelerazione del pagamento dei debiti commerciali della PA (pari a 0,5 punti di PIL) disposti con il DL n. 35 del 2013.
[39] Cfr. l'approfondimento 6 sulla regola della spesa.
[40] Il deflatore del PIL da utilizzare per il calcolo del tasso di crescita reale dell'aggregato di spesa comunicato dalla Commissione europea è pari all'1,90, 1,87 e 1,88 per cento rispettivamente negli anni 2011, 2012 e 2013. Per gli anni successivi si utilizza il deflatore indicato nella Tavola II.2b del DEF.
[41] Cfr. European Commission, Complementary information on the functioning of the expenditure and debt benchmarks, ECFIN-C1, Brussels, 27 June 2012.
[42] Cfr. l'approfondimento 7 sulla regola del debito, in particolare per i dettagli di calcolo dei limiti massimi previsti dalla regola.
[43] Cfr. Ministero dell'economia e delle finanze, Documento di economia e finanza 2013, Sezione I Programma di stabilità dell'Italia, pag. 35.
[44] Cfr. Ministero dell'economia e delle finanze, Documento di economia e finanza 2013, Sezione I Programma di stabilità dell'Italia, pag. 31.
[45]
Per un approfondimento Cfr. capitolo4.
[46] I dati utilizzati sono tratti dalla Sezione II, Analisi e tendenze della Finanza pubblica.
[47] “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.”
[48] Nella Nota di risposta alle osservazioni formulate sul DL 35/2013, pervenuta in data 15 aprile 2013, il Governo ha confermato che gli effetti del provvedimento sulla spesa per interessi sono già considerati nei tendenziali di spesa in termini di fabbisogno e di indebitamento netto.
[49] Si tratta infatti di un flusso di risorse che, pur non determinando variazioni per il comparto degli enti locali, per effetto dell’applicazione dei vincoli del patto di stabilità interno, appare suscettibile di determinare effetti positivi per il saldo del bilancio dello Stato e, indirettamente, per l’intero comparto della p.a..
[50] Bollettino economico - gennaio 2013 e aprile 2013.
[51] Cfr. par. 2.3 del Bollettino economico della Banca d’Italia - gennaio 2013.
[52] Tale comparto rappresenta in termini soggettivi un universo quasi coincidente con quello delle amministrazioni pubbliche contenute nell’elenco (lista S13) elaborato dall’ISTAT per la costruzione del conto economico della pubblica amministrazione secondo le regole contabili europee.
[53] La tavola non riporta i dati relativi al comparto degli Enti di previdenza e assistenza sociale.
[54] Il documento afferma che la quota IMU erariale per l’anno 2012 è pari a 7.941 mln (cfr pag. 73, Sezione II). In base ai dati non definitivi del Dipartimento delle finanze (IMU: analisi dei versamenti 2012 disponibile sul sito del Ministero dell’economia e finanze http://www.mef.gov.it/primopiano/documenti/Bozza_documento_IMU_rev.pdf) la quota erariale del gettito IMU era pari a 8,25 mld a fronte degli 8,8 mld stimati nelle relazioni tecniche.
[55] Comprende Regioni, Sanità, Comuni e Province.
[56] Il prospetto, riportato nel DEF 2013, è di fonte ISTAT, “Notifica su indebitamento netto e PIL”, 1° ottobre 2012.
[57] Fonte: ISTAT “Notifica su indebitamento netto e PIL” Tav 2, 1° ottobre 2012.
[58] Tali operazioni, configurandosi come operazioni carattere finanziario, non determinano effetti diretti sul saldo di indebitamento netto (fatta salva la spesa per interessi), ma, in relazione alle modalità prescelte di reperimento delle necessarie risorse, determinano effetti sul fabbisogno e sullo stock di debito lordo.
[59] Il prospetto riepilogativo allegato al decreto legge n. 35 del 2013 ascrive maggiori entrate pari a 600 milioni nell’anno 2014.
[60] Il Trattato istitutivo del MES è stato sottoscritto da 17 Paesi dell’eurozona il 2 febbraio 2012. Il MES, in una fase iniziale, è destinato prima ad affiancare poi a sostituire gli altri due stumenti attivati nel 2010 per prestare assistenza l’EFSF
[61] Banca d’Italia, Bollettino economico n. 68 del 17 aprile 2013.
[62] Il debito in strumenti finanziari non negoziabili comprende, oltre ai prestiti, ai depositi ed al circolante, la parte di risparmio postale (buoni postali ordinari e a termine) che, dopo la trasformazione nel 2003 di Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni e la conseguente classificazione nel settore delle istituzioni finanziarie, è rimasta nel bilancio dello stato centrale quale sua passività fino al rimborso.
[63] Il DEF - Programma di stabilità afferma che, in linea con le previsioni, lo stock di debito del 2012 ha risentito dell’operazione di privatizzazione delle società Fintecna, Sace e Siemest, per un importo pari a 7,8 miliardi di euro, operazione che si completerà nell’anno in corso per altri 0,9 miliardi.
[64] Tali effetti avrebbero peraltro dovuto registrarsi, tenuto conto che le entrate del bilancio dello Stato derivanti dall’emissione di titoli obbligazionari non sono computate ai fini del saldo netto da finanziare, mentre l’acquisizione di attività finanziarie è inserita nella categoria 31 del Titolo II della spesa.
[65] Bollettino economico n. 72, Aprile 2013.
[66] Bollettino economico n. 72, Aprile 2013.
[67] Rapporto sulla stabilità finanziaria – Novembre 2012.
[68] Bollettino economico n. 72, Aprile 2013.
[69] Sezione I- PdS.
[70] Per una discussione dei problemi degli esercizi di simulazione deterministica si veda, ad es., Celasun, C., X. Debrun e J. D. Ostry, Primary Surplus Behavior and Risks to Fiscal Sustainability in Emerging Market Countries: A "Fan-Chart" Approach, IMF Staff Papers, vol. 53, n. 3, 2007.
[71] L'esame della sostenibilità delle finanze pubbliche di un paese implica valutare se le politiche fiscali correnti condurranno, nel lungo periodo, ad una accumulazione "eccessiva" del debito.
Le finanze pubbliche si definiscono sostenibili se il valore attuale delle passività pubbliche, dato dallo stock di debito di oggi e dal valore delle spese future, è non superiore al valore attuale delle entrate su un orizzonte temporale infinito (vincolo di bilancio inter-temporale). Ciò implica che l'avanzo primario deve essere in grado di coprire le spese crescenti relative all'invecchiamento della popolazione e servire il debito esistente. Se le politiche fiscali correnti sono tali da soddisfare il vincolo intertemporale, allora le finanze si possono definire sostenibili.
Il soddisfacimento del vincolo intertemporale non fornisce, di per sé, indicazioni sul profilo temporale dell'aggiustamento eventualmente necessario, né sulle caratteristiche della manovra (dal lato delle entrate o dal lato delle spese), né su un eventuale specifico valore verso cui il debito dovrebbe convergere. Confermato come valore obiettivo cui il rapporto debito/PIL dovrebbe tendere quello fissato dal Trattato di Maastricht (60 per cento), dal 2013, in base alla nuova metodologia indicata dalla Commissione europea ai fini dell’analisi di sostenibilità, l’anno di riferimento è il 2030 (rispetto al 2060 preso in considerazione dai precedenti Programmi di stabilità)
[72] Corrispondente a + 6,1 per cento in termini strutturali.
[73] Le proiezioni della spesa legata all’invecchiamento sono effettuate utilizzando i modelli di previsione della RGS e sono elaborate sulla base delle indicazioni concordate nell’ambito del gruppo di lavoro sull’invecchiamento, istituito presso il Comitato di politica economica del Consiglio europeo (Economic and Policy Committee-Ageing Working Group (EPC-AWG). Tali ipotesi sono alla base delle proiezioni di spesa age-related dello scenario EPC-AWG baseline, oggetto del 2012 Ageing Report:
http://ec.europa.eu/economy finance/publications/european economy/2012/pdf/ee-2012-2 en.pdf.
Per quanto riguarda le ipotesi demografiche, esse sono tratte dallo scenario centrale Eurostat con base 2010. Tale scenario prevede, per l’Italia: i) un flusso netto annuo di immigrati pari, mediamente, a circa 310 mila unità, con un profilo decrescente; ii) un livello della speranza di vita al 2060 pari a 85,5 anni per gli uomini e a 89,7 anni per le donne; iii) un tasso di fecondità totale al 2060 pari a 1,57.
Quanto alle ipotesi macroeconomiche, sono accolte quelle dello scenario baseline contenute nell’Ageing Report 2012. Le proiezioni sono tuttavia aggiornate per incorporare i dati di contabilità nazionale per gli anni 2011-2012. Per il periodo 2013-2017, esse riprendono quelle utilizzate per il quadro macroeconomico contenuto nel DEF 2013. Per il medio-lungo periodo le proiezioni recepiscono completamente le ipotesi del EPC-AWG baseline, salvo un riallineamento limitatamente alle variabili occupazionali per il raccordo tra dinamiche di breve e lungo periodo.
[74] La previsione della spesa pensionistica incorpora gli effetti finanziari degli interventi di riforma adottati nel corso del 2011 (le misure previste dai D.L. n. 98, n. 138 e n. 201), il D.L. 95/2012 e la Legge di stabilità 2013.
La previsione della spesa sanitaria per gli anni 2012-2017 sconta gli interventi di contenimento già previsti dalla normativa vigente (in particolare i D.L. 112/2008, D.L. 78/2010, D.L. 98/2011, D.L. 95/2012 e Legge di stabilità 2013). A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 187/2012, non sono inclusi gli effetti (pari a 2 miliardi di maggiori entrate) derivanti dalle misure di compartecipazione all’assistenza farmaceutica e alle altre prestazioni sanitarie previste dall’articolo 17, co.1, lett. d), del D.L. 98/2011.
La previsione degli ammortizzatori sociali sconta le misure previste dalla riforma del mercato del lavoro (legge 92/2012) e dalla legge di stabilità 2013, compreso il rifinanziamento delle proroghe per ammortizzatori sociali in deroga.
La previsione delle spese per l’istruzione ingloba i risparmi derivanti dal processo di razionalizzazione del personale della scuola pubblica, volto a conseguire una riduzione nel rapporto alunni/docenti in linea con gli altri paesi europei (D.L. 112/2008), nonché gli effetti, fra l’altro, del blocco delle procedure contrattuali e del meccanismo automatico delle progressioni stipendiali (D.L. 78/2010, D.L. 98/2011, Legge stabilità 2012, D.L. 95/2012 e Legge di stabilità per il 2013).
[75] Tra queste si ricordano il tasso di crescita del PIL in termini reali, pari nella media del periodo 2013-2060 al +1,4 per cento, e il tasso di inflazione, pari al 2 per cento a decorrere dal 2018 (v. tavola V.1 del PdS).
[76] In particolare, viene ipotizzato che il PIL effettivo si allinei al potenziale, e conseguentemente si chiuda l’output gap, entro il 2020: ciò fa sì che nel medio-lungo periodo, in assenza di misure una tantum, non vi sia differenza tra saldi nominali e strutturali, se non per la variazione delle spese correlate all’invecchiamento della popolazione e dei redditi proprietari.
Con questi ultimi si intendono i redditi da capitale (titoli azionari ed obbligazionari) e le rendite da proprietà di risorse naturali. La loro dinamica di lungo periodo viene stimata in base alla metodologia concordata in sede EPC-WGA.
[77] Secondo il documento, l’aumento è attribuibile principalmente ai contributi alla Grecia e alle quote di partecipazione all’EFSF e all’ESM che, nel 2017, pesano per circa 3,5 punti percentuali di PIL, nonché al’incremento dovuto all’accelerazione del pagamento dei debiti della PA disposto dal D.L. 35/2013.
[78] V. Fiscal Sustainibility Report 2012, European economy n. 8/2012, consultabile a:
http://ec.europa.eu/economy finance/publications/european economy/2012/pdf/ee-2012-8 en.pdf.
[79] Ossia mantenendo costanti, per tutto il periodo previsivo, le spese legate all'invecchiamento della popolazione (in percentuale del PIL) al livello del 2017.
[80] Ossia dal 2018 al 2022.
[81] La metodologia concordata in sede europea per il calcolo della componente ciclica è recentemente cambiata. A decorrere dal 2013, invece di misurare l’impatto di variazioni della crescita del PIL sul livello assoluto del saldo di bilancio, si prende in considerazione la variazione del saldo (in percentuale del PIL) rispetto a variazioni della crescita. A livello aggregato il parametro, pari a 0,55 per l’Italia, non è significativamente diverso rispetto a quello fino ad ora applicato (0,5) mutano tuttavia le semi-elasticità che si posizionano ora su valori, rispettivamente, prossimi a zero per le entrate e a 0,5 per le spese
[82] Regolamento (CE) n. 1466/97 come modificato dal regolamento (UE) n. 1175/2011 del 16 novembre 2011 e Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governante nell’Unione economica e monetaria (c.d. Fiscal compact).
[83] Secondo il PdS-DEF, nel triennio 2015-2017 il PIL potenziale è previsto crescere di tre decimi di punto nel biennio 2015-2016 e dello 0,5 per cento a fine periodo. Rispetto a tale evoluzione, aumenti compresi tra l’1,3-1,5 per cento annuo del PIL effettivo consentono una tendenziale chiusura dell’output gap, collocando l’economia in una posizione ciclica relativamente più favorevole.
[84] Con riferimento alla definizione e al trattamento contabile delle misure in esame si rinvia a quanto riportato nel Dossier di inizio legislatura del Servizio bilancio dello Stato del marzo 2013. Cfr. in particolare il paragrafo 2.2 della Prima Parte in cui è inoltre riportato il quadro complessivo delle misure una tantum attuate nel corso della XVI Legislatura e una sintetica descrizione delle singole misure considerate.
[85] Cfr. in proposito il Dossier n. 18 del settembre 2012.
[86] La tavola sopra riportata corrisponde a quella che risulta pubblicata sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze alla data del 19 aprile 2012.
[87] Come indicati nella tavola delle una tantum contenuta nella Nota di aggiornamento al DEF 2012, pari a 59 mln per il 2010, 41 mln per il 2011, 39 mln per il 2012, 20 mln per il 2013, 20 mln nel 2014 e 10 mln nel 2015.
[88] Sono classificabili tra tali misure le imposte connesse all’esercizio di opzioni da parte dei contribuenti, quali la rivalutazione volontaria dei cespiti dell’attivo patrimoniale (immobili, terreni e beni d’impresa), e il riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS (Cfr. l’art. 15 del DL n. 185/2008), nonché i tributi richiesti per singoli esercizi (come l’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale sui contratti di locazione finanziaria di immobili in essere al 1° gennaio 2011, di cui all’art. 1, co. 15 e 16 della L. n. 220/2010).
[89] Cfr. l’art. 1, comma 473 della Legge n. 228/2012. In particolare viene prorogata dal 1° luglio 2011 al 1° gennaio 2013 la data di possesso dei beni e fissata al 30 giugno 2013 la decorrenza del termine di versamento della prima rata dell’imposta, che deve essere versata in tre rate annuali di pari importo.
[90] Cfr. il DL n. 16/2012, nel testo risultante dalla legge di conversione, riguardante la valorizzazione economica dello spettro radio. Si ricorda che è previsto che il relativo gettito sia destinato a finalità non incluse tra le una tantum (Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica).
[91] Articoli 5 e 6 del Regolamento (CE) 1466/1997 come modificato dal Regolamento (UE) 1175/2011.
[92] V. COM UE, Nota del 4 marzo 2013, Updated reference rates for the assesssement against expenditure benchmark
[93] Il dato relativo alla spesa delle amministrazioni pubbliche, redatto ai sensi del Regolamento CE 1500/2000, differisce da quello contenuto nel Conto Economico delle Amministrazioni redatto in base alle regole di Contabilità Nazionale. Il raccordo tra le due versioni viene diffuso annualmente dall'Istat a distanza di alcuni mesi.
[94] Fino al 2012, con riferimento alle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione si prendevano in considerazione le variazioni rispetto all’anno precedente. Secondo quanto stabilito dal Codice di condotta aggiornato al 3 settembre 2012, si fa ora riferimento al livello di spesa, per la quota attribuibile alla componente ciclica.
Come specificato dal DEF-PdS (v. nota 2 alla Tavola III.4), in prima applicazione della nuova metodologia, la componente ciclica è stata identificata nello scostamento tra valore previsto e valore medio della spesa registrato nel quinquennio precedente, incrementato del 2 per cento per ciascuno degli anni di previsione. In particolare, per il 2012 lo scostamento è stato calcolato rispetto al valore medio 2007-2011 + 2 per cento.
[95] V. Commissione, Documento del 27 giugno 2012, Complementary information on the functioning of the expenditure and debt benchmarks; v. anche Codice di condotta, Tavola 2c.
[96] Per l’anno t si utilizza la media dei valori del deflatore del PIL indicati per tale anno, rispettivamente, dalle Previsioni di Primavera e di Autunno della Commissione pubblicate nell’anno t-1; per gli anni successivi a quelli per i quali si dispongono le previsioni della Commissione, si utilizzano i valori del deflatore indicati dai Governi nell’aggiornamento annuale dei Programmi di stabilità.
[97] V. COM UE, Nota del 4 marzo 2013.
[98] Il calcolo del benchmark (L=lower rate) per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT si base sulla seguente formula, in cui R è il tasso di riferimento pari al tasso di crescita del PIL potenziale, P la quota (in percentuale del PIL) della spesa al netto degli interessi e -50/P il c.d. shortfall:
L = R - 50/P
Tenuto conto che in Italia la spesa primaria è intorno al 45,1 – 45,5 per cento del PIL, lo shortfall risulta pari a -1,1 per cento.
[99] Il documento del 27 giugno 2012 specifica che il limite massimo consentito per la crescita della spesa è inferiore a quello derivante dalla crescita di medio termine del PIL potenziale anche nel primo anno in cui l'MTO viene raggiunto allo scopo di supportare lo sforzo finale per il conseguimento dell'obiettivo.
[100] Qualora l’OMT non fosse raggiunto ci si dovrebbe invece attestare su un tasso di crescita più basso e pari a -1,1 per cento.
[101] Nella prima versione del Patto di Stabilità e Crescita si specificava che i paesi con un debito pubblico superiore al 60 per cento avrebbero dovuto avvicinarsi a tale soglia ad un ritmo adeguato, ma senza specificarlo in modo concreto.
[102] Come specificato in ECFIN/C1-C4(2011), Operationalizing the debt criterion in Excessive Deficit Procedure. Clarifications of open issues, la regola numerica che ciascun Stato membro si impegna a rispettare è la seguente:
dove dt-i indica il livello del debito in percentuale del PIL nell'anno t-i, con i compreso tra 0 e 3. La formula è scomponibile in due parti: da un lato, il livello di debito di lungo periodo, ossia il 60 per cento del PIL; dall'altro, la quota in eccesso rispetto a tale soglia, definita da una media geometrica sul triennio precedente. Tale formula tende a dare un maggiore peso al debito registrato negli anni più recenti, per via dell'esponente i incorporato nel peso 0,95i, che diminuisce all'aumentare della distanza temporale rispetto all'anno di riferimento
[103] Conseguentemente, pur basandosi la chiusura della EDP sulla notifica di dati ex-post, la Commissione prenderà in considerazione non soltanto l’avvenuto rispetto della regola del debito al tempo t, ma anche all’evoluzione in prospettiva del rapporto debito/PIL.
[104] Tenuto conto che il ciclo influenza la dinamica del debito sia attraverso l'andamento del saldo di bilancio (che incide sul numeratore) sia attraverso l'andamento del PIL (effetto denominatore), la formula utilizzata è la seguente:
dove B indica il debito nominale, Y il PIL nominale, C la componente ciclica, p il deflatore del PIL e ypot il tasso di crescita del PIL potenziale. Al numeratore, il debito effettivo Bt, viene aggiustato per l'andamento del ciclo degli ultimi tre anni; mentre al denominatore, il PIL dei tre esercizi precedenti, Yt-3, viene proiettato sull'anno t, per l'intero triennio considerato, al tasso di crescita nominale del PIL potenziale [(1+ytpot)(1+pt)].
[105] Ciò, indipendentemente dalle correzioni del saldo richieste per raggiungere l’obiettivo di medio termine. Tuttavia, in base agli esercizi di simulazione compiuti dalla Commissione, la correzione del saldo richiesta dalla regola del debito sarebbe inferiore o al massimo uguale a quella necessaria per raggiungere l’OMT.