Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno
Serie: Progetti di legge   Numero: 597/1
Data: 24/07/2017
Organi della Camera: V Bilancio

 


Conversione in legge del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno

 

Dossier per l'Aula

 

Edizione provvisoria

 

 

Schede di lettura

 

A.S. n. 2860

 

 

 

luglio 2017

 

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png @SR_Studi

Dossier n. 513/1

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Bilancio

Tel. 06 6760-2233 - st_bilancio@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_bilancio

Progetti di legge n. 597/1

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

 


I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 7

Articolo 1   (Misura a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno,  denominata «Resto al Sud») 9

Articolo 2 (Misure e interventi finanziari a favore dell’imprenditoria giovanile in agricoltura e di promozione delle filiere del Mezzogiorno) 17

Articolo 2-bis (Interventi urgenti a favore della ricerca per contrastare la diffusione del coleottero Xylosandrus compactus) 19

Articolo 3 (Banca delle terre abbandonate o incolte e misure per la valorizzazione dei beni non utilizzati) 21

Articolo 3-bis (Cluster Tecnologici Nazionali per l'accelerazione e la qualificazione della programmazione nel campo della ricerca e innovazione a favore delle aree del Mezzogiorno) 27

Articolo 3-bis (Interventi di integrazione salariale straordinaria nelle aree di crisi industriale complessa) 31

Articolo 4 (Istituzioni di zone economiche speciali) 33

Articolo 5 (ZES: benefici fiscali e semplificazioni) 37

Articolo 6 (Disposizioni di semplificazione per la valorizzazione dei  Patti  per lo sviluppo) 41

Articolo 6-bis (Disposizioni per agevolare le intese regionali a favore degli investimenti) 45

Articolo 6-bis (Misure per il completamento delle infrastrutture) 47

Articolo 7 (Valorizzazione dei contratti istituzionali di sviluppo – CIS) 479

Articolo 8 (Disposizioni di semplificazione in materia di amministrazione straordinaria e in materia di armonizzazione dei sistemi contabili) 53

Articolo 9 (Misure urgenti ambientali in materia di classificazione dei rifiuti) 57

Articolo 9-bis (Disposizioni per l'utilizzo delle disponibilità residue alla chiusura delle contabilità speciali in materia di protezione civile e trasferite alle Regioni) 61

Articolo 9-bis (Modifiche in materia di trasporto pubblico locale) 63

Articolo 9-bis (Disposizioni in materia di contratti di lavoro nel settore dei trasporti) 65

 

Articolo 9-bis (Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Procedura d'infrazione n. 2017/0127) 67

Articolo 9-bis (Misure per il contrasto degli incendi dolosi) 85

Articolo 10 (Ulteriori misure in favore dell'occupazione nel Mezzogiorno e Lavoratori nel settore della pesca marittima) 87

Articolo 10-bis (Cantieri comunali e cantieri verdi in Sardegna) 89

Articolo 10-bis (Disposizioni in materia di sviluppo di unità produttive del Ministero della difesa nel Mezzogiorno) 91

Articolo 11 (Interventi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile e della dispersione scolastica nel Mezzogiorno) 93

Articolo 11-bis (Misure urgenti per garantire lo svolgimento dell'anno scolastico 2017/2018 nelle aree colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017) 99

Articolo 11-bis (Misure per interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici) 101

Articolo 11-bis (Interventi urgenti in materia di edilizia giudiziaria nelle Regioni del Mezzogiorno) 105

Articolo 12 (Disciplina del costo standard per studente universitario) 107

Articolo 12-bis (Ulteriori disposizioni per le Università) 119

Articolo 13 (Disposizioni in materia di risanamento ambientale da parte dell’Amministrazione straordinaria di ILVA) 121

Articolo 13-bis (Disposizioni in materia di bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale - comprensorio Bagnoli Coroglio) 127

Articolo 13-bis (Lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata) 129

Articolo 14 (Proroga dei termini per l'effettuazione degli investimenti di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) 131

Articolo 15 (Assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali nelle regioni del Mezzogiorno) 133

Articolo 15-bis (Modifiche all'articolo 52 della legge 10 febbraio 1953, n. 62) 135

Articolo 15-bis (Sanzioni ISTAT per i comuni di minori dimensioni demografiche) 137

Articolo 15-bis (Deroga alle sanzioni patto di stabilità per i comuni colpiti dal sisma) 139

Articolo 15-bis (Contenzioso relativo al programma di risanamento e sviluppo di Reggio Calabria) 141

Articolo 15-bis (Misure urgenti per lo svolgimento dell'anno scolastico 2016/2017 nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 e servizi nelle scuole) 143

Articoli 15-bis e 15-ter (Contributo Province e Città metropolitane - Intese regionali per la cessione di spazi finanziari agli enti locali) 147

Articolo 16 (Immigrazione: marginalità sociale e integrazione) 153

Articolo 16-bis (Sistema automatico per la detenzione dei flussi di merce in entrata nei centri storici delle Città metropolitane) 159

Articolo 16-bis (Tavolo per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale) 161

Articolo 16-bis (Disposizioni urgenti per il proseguimento delle attività emergenziali nelle aree colpite dal sisma del centro Italia e per l’efficacia delle attività di protezione civile) 163

Articolo 16-bis (Assegnazione di spazi finanziari agli enti locali colpiti da eventi sismici) 169

Articolo 16-bis (Modifiche all'articolo 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014) 171

Articolo 16-bis (Celebrazione degli 80 anni dalla morte di Antonio Gramsci) 173

Articolo 16-bis (Tonni) 175

Articolo 16-bis (Ripristino e messa in sicurezza Strada dei parchi) 177

Articolo 16-bis (Interventi per il miglioramento infrastrutturale della Salerno-Reggio Calabria) 179

 


Schede di lettura


Articolo 1
 
(Misura a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno,  denominata «Resto al Sud»)

 

L’articolo - come risultante dagli emendamenti 1.19, 1.20 (testo 2), 1.25 (testo 2)-1.26 (testo 2)- 1.27 (testo 2) - 1.28 (testo 2), 1.43 (testo 2), 1.58, 1.60 (testo 2), 1.90, 1.94 (testo 2) ed 1.54 (nuovo testo) proposti dalla Commissione - contempla forme di incentivazione per i giovani del Mezzogiorno, per promuovere la costituzione di nuove imprese nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La misura, denominata “Resto al Sud”, è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza nei termini di legge, e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento, che consiste per il 35 per cento in erogazioni a fondo perduto e per il 65 per cento è un prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni di cui i primi due di preammortamento.

Al finanziamento della misura di cui all’articolo in esame si provvede, ai sensi del comma 16, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione - programmazione 2014-2020 per un importo complessivo fino a 1.250 milioni.

 

Il comma 1 attiva una nuova misura di incentivazione per i giovani del Mezzogiorno, per promuovere la costituzione di nuove imprese nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La misura, denominata “Resto al Sud”, è uno strumento per realizzare strategie imprenditoriali mediante apposita delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE): esse, secondo la relazione di accompagnamento del disegno di legge di conversione, saranno "in grado di fronteggiare il problema dell’abbandono dei territori di origine e di rilanciare l’economia, ponendo così le basi per il radicamento di condizioni favorevoli allo sviluppo di una nuova cultura d’impresa".

Il comma 2 specifica che la misura è rivolta ai giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, residenti, al momento della presentazione della domanda, nelle regioni citate, ovvero che ivi trasferiscano la residenza entro sessanta giorni dalla comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria, e che mantengano nelle stesse regioni la residenza per tutta la durata del finanziamento. La Commissione in sede referente ha aggiunto la possibilità che il termine di trasferimento, in caso di residenza all'estero, decorra entro centoventi giorni dalla comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria. È requisito indispensabile non aver fruito di incentivi pubblici nazionali, rivolti all’autoimprenditorialità, nel triennio antecedente la domanda di finanziamento; la Commissione in sede referente ha aggiunto il divieto di essere stati titolari di attività di impresa in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto legge; inoltre, con l'introduzione di un comma 12-bis, la medesima Commissione ha prescritto che al momento dell'accettazione del finanziamento e per tutta la durata del rimborso dello stesso, il beneficiario, pena decadenza, non risulti titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato presso un altro soggetto.

 

La relazione alle Camere[1] di cui all'articolo 26 del decreto legislativo n. 185/2000 riferita al 2015 (come quelle relative agli anni dal 2007 al 2014) reca una parte prima (Autoimprenditorialità), in cui si dà conto delle attività svolte e degli esiti conseguiti nel periodo considerato per quanto attiene all'applicazione delle misure di cui al Titolo I del decreto n. 185. Vi si rende noto che al 31 dicembre 2015 le "imprese out" (erogazioni complete, vincoli di legge in corso e mutui in fase di rimborso) "sono pari a n. 352 e presentano i seguenti risultati: investimenti realizzati per euro 389.841.000; agevolazioni ricevute per euro 424.081.000; addetti pari a 4.282 unità". Tali risultati sono illustrati sulla base delle sei macro-fasi del processo operativo “Autoimprenditorialità” di seguito elencate: informazione e comunicazione; valutazione istruttoria; esecuzione del contratto di concessione delle agevolazioni; gestione amministrativa e finanziaria del contratto di concessione delle agevolazioni; controllo del rispetto dei vincoli legislativi; valutazione degli effetti delle misure. La relazione 2015 dà conto degli avanzamenti nelle erogazioni, rispetto alla situazione al 31 dicembre 2014 e fornisce dati numerici sul rispetto dei vincoli legislativi. In merito alla valutazione delle performance, nel 2015 è stato selezionato un campione di 207 imprese, per le quali sono stati rilevati fatturato e risultato lordo dell'esercizio 2014 ed i dati attuali di patrimonio netto, soci ed addetti.

 

Il comma 3 individua, quale amministrazione titolare, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, come soggetto gestore, l’Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti - Invitalia, che - all'uopo firmataria di una convenzione ai cui oneri si provvede nel limite massimo dell'uno per cento delle risorse destinate alla misura - esaminerà[2] le istanze pervenute, attraverso una piattaforma dedicata, entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, salvo i tempi necessari per un’unica richiesta di integrazione documentale durante la fase di istruttoria (comma 5).

 

Invitalia (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A.) è una società per azioni interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze che esercita i diritti di azionista, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, che svolge le funzioni di indirizzo e controllo sulla società medesima. Quest'ultima è stata istituita come società per azioni Sviluppo Italia ai sensi del comma 1 dell’articolo 1 del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, con lo scopo, attraverso l'erogazione di servizi e l'acquisizione di partecipazioni, di promuovere attività produttive, attrarre investimenti, promuovere iniziative occupazionali e nuova imprenditorialità, con particolare riferimento al Mezzogiorno e alle altre aree depresse, come definite ai sensi della normativa comunitaria. La società ha assunto la denominazione di Invitalia dal mese di luglio 2008, ai sensi dell’articolo 1, comma 460, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”[3]

 

Il comma 4 prevede che gli enti pubblici e le università, previa comunicazione ad Invitalia, possano fornire, a titolo gratuito, servizi di consulenza e assistenza nelle varie fasi di sviluppo del progetto imprenditoriale. Lo stesso regime si applica alle associazioni e gli enti del terzo settore di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2016, n. 106, a seguito della modifica apportata dalla Commissione in sede referente, che ha eliminato il requisito del previo accreditamento presso il soggetto gestore contenuto nel testo originario del decreto-legge. Le pubbliche amministrazioni, però, prestano i servizi nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

In effetti, l'articolo 55 dello Schema di decreto legislativo recante codice del Terzo settore (Atto del Governo n. 417) richiede alle Amministrazioni pubbliche nell'ambito dello svolgimento dei propri compiti istituzionali di programmazione e progettazione di interventi e servizi, di coinvolgere attivamente gli enti del terzo settore, individuati secondo principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento.

 

Le istanze di agevolazioni (comma 6) possono essere presentate, fino ad esaurimento delle risorse[4], dai giovani destinatari della misura già costituiti o da costituire, in forma di impresa individuale o società, quest’ultima anche in forma cooperativa; ciò dovrà avvenire al più tardi entro sessanta giorni dalla data di comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria. La Commissione in sede referente ha aggiunto la possibilità che il termine di trasferimento, in caso di residenza all'estero, decorra entro centoventi giorni dalla comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria.

Ulteriore condizione è che le imprese e le società sono tenute a mantenere, per tutta la durata del finanziamento, la propria sede legale ed operativa nelle regioni individuate al comma 1; i soggetti beneficiari della misura, parimenti, devono mantenere la residenza nelle regioni di cui al comma 1 per l’intera durata del finanziamento. Le società possono essere costituite anche da soci che non abbiano un’età compresa fra i 18 ed i 35 anni, a condizione che la loro presenza non sia maggiore di un terzo dei componenti e non presentino rapporti di parentela fino al quarto grado con nessuno degli altri soci: questi sono, in ogni caso, esclusi dall’accesso ai finanziamenti (comma 12).

Qualora l’istanza, presentata dai richiedenti, abbia ricevuto un giudizio positivo, il comma 7 prevede l’erogazione di un finanziamento nella misura massima di 50 mila euro (soglia elevata dalla Commissione in sede referente) per singolo richiedente già costituito o da costituire in forma di impresa individuale o di società; la misura può arrivare fino ad un massimo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti della disciplina unionale degli aiuti de minimis - Regolamento (UE) n. 1407/2013 e, su precisazione della Commissione in sede referente, Regolamento (UE) n. 717/2014 - per le domande presentate da più richiedenti che si costituiscono o sono già costituiti in società, ivi comprese le società cooperative.

I finanziamenti sono erogati per il 35 per cento a fondo perduto e per il 65 per cento sotto forma di prestito a tasso zero da rimborsare, complessivamente, in otto anni di cui i primi due di preammortamento (comma 8). In virtù di un emendamento della Commissione in sede referente, si aggiunge la possibilità per i beneficiari di costituirsi in società cooperative: in tal caso, alle citate provvidenze (e fermo restando il rispetto della citata normativa europea, si aggiunge la possibilità di attingere anche alle agevolazioni che l'articolo 17 della legge n. 49 del 1985 conferisce sotto forma di contributi a fondo perduto (erogate alle società finanziarie dalla la Sezione speciale per il credito alla cooperazione, per la durata di quattro anni (comma 8-bis). Il medesimo emendamento introduce anche un comma 8-ter, che restringe la definizione di imprenditore agricolo recata dall'articolo 1 comma 2 del D.Lgs. 18/05/2001, n. 228: ai fini dell'orientamento e modernizzazione del settore agricolo, sono così considerate anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, ma solo a condizione che utilizzino prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. L'ulteriore elemento teleologico, finora previsto, era che esse operassero per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile: l'emendamento accolto, invece, restringe tale previsione alle sole attività connesse (tali essendo, per il terzo comma del citato articolo 2135: "le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge").

 

Il comma 9 specifica che la quota del prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto dal soggetto gestore della misura agli istituti di credito, che di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito (precisazione, quest'ultima, apportata dalla Commissione in sede referente). A tal fine, con decreto MEF, di concerto con il MiSE, è istituita una sezione specializzata presso il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI[5], a cui è trasferita una quota parte delle risorse stanziate. Con il medesimo decreto, inoltre, sono definite le modalità di accesso alla predetta sezione specializzata del Fondo di Garanzia.

Ad essere così finanziate sono, per il comma 10 come risultante dall'emendamento accolto dalla Commissione in sede referente, le attività imprenditoriali relative a produzione di beni nei settori dell'artigianato e dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, ivi compresi i servizi turistici. Sono escluse dal finanziamento le attività libero-professionali e del commercio ad eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa. I finanziamenti per il comma 11 non possono essere utilizzati per spese relative alla progettazione, alle consulenze e all'erogazione degli emolumenti ai dipendenti delle imprese individuali e delle società, nonché agli organi di gestione e di controllo delle società stesse. Le imprese e le società possono aderire al programma Garanzia Giovani per il reclutamento del personale dipendente.

Il comma 13 stabilisce che l’erogazione dei finanziamenti è condizionata alla costituzione in una delle figure giuridiche predetta ed al conferimento in garanzia dei beni aziendali oggetto dell’investimento in favore del soggetto che eroga il finanziamento. I soggetti beneficiari sono tenuti ad impiegare il contributo a fondo perduto esclusivamente ai fini dell’attività di impresa. In caso di società, le quote versate e le azioni sottoscritte dai beneficiari della misura non possono essere riscattate se non dopo la completa restituzione del finanziamento e, in ogni caso, non prima di cinque anni da quando versate e sottoscritte.

Invitalia è autorizzata a stipulare una convenzione con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) per definire le condizioni dei mutui (comma 14): lo prevederanno le modalità definite da un decreto, che, ai sensi del comma 15, sarà adottato dal Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. In esso sono definite anche le modalità di corresponsione della quota parte a fondo perduto e degli interessi, nonché i casi e le modalità per l’escussione della garanzia, i criteri di dettaglio per l’ammissibilità alla misura, le modalità di attuazione della stessa, nonché le modalità di accreditamento dei soggetti di cui al comma 4 e le modalità di controllo e monitoraggio della misura incentivante, prevedendo altresì le modalità di revoca del beneficio e di recupero delle somme. La Commissione in sede referente ha aggiunto la disposizione secondo cui ciascuna Regione di cui al comma 1, nell'ambito delle proprie risorse disponibili, sulla base di una graduatoria regionale, può finanziare gli eventuali progetti imprenditoriali di cui al presente articolo, approvati ma rimasti esclusi dal finanziamento in ragione dell'esaurimento delle risorse disponibili.

 

Al finanziamento della misura di cui all’articolo in esame si provvede, ai sensi del comma 16, mediante utilizzo delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione - programmazione 2014-2020 per un importo complessivo fino a 1.250 milioni, da ripartire in importi annuali massimi, fino a:

·       36 milioni di euro per l’anno 2017;

·       280 milioni di euro per l’anno 2018;

·       462 milioni di euro per l’anno 2019;

·       308,5 milioni di euro per l’anno 2020;

·       92 milioni di euro per l’anno 2021;

·       22,5 milioni di euro per l’anno 2022;

·       18 milioni di euro per l’anno 2023;

·       14 milioni di euro per l’anno 2024;

·       17 milioni di euro per l’anno 2025.

 

A tal fine, il comma precisa che le risorse del Fondo da destinare al finanziamento della misura agevolativa sono imputate alla quota del Fondo già destinata alle regioni indicate al comma 1 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), previa rimodulazione delle assegnazioni già disposte dal CIPE con apposita delibera, nonché eventuale riprogrammazione delle annualità del Fondo medesimo in sede di disegno di legge di bilancio, ai sensi dell’articolo 23, comma 3, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Si ricorda, che le citate disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009) – che disciplinano la formazione delle previsioni di spesa del bilancio dello Stato, come riformulate a seguito della riforma della legge di bilancio attuata con la legge n. 163/2016 - consentono che in sede di disegno di legge di bilancio, con la seconda sezione, si possa procedere direttamente a riprogrammare, nonché rifinanziare e definanziare, gli stanziamenti di spesa di parte corrente e in conto capitale previsti a legislazione vigente, relativi ai fattori legislativi, per un periodo temporale anche pluriennale.

Poiché la norma imputa le risorse da destinare alla misura agevolativa “alla quota delle risorse destinata a sostenere interventi nelle regioni di cui al comma 1”, sembrerebbe da ritenere che si tratti delle risorse destinate ai c.d. Patti per il Sud, sottoscritti con le singole regioni del Mezzogiorno, di cui alla delibera 10 agosto 2016, n. 26. Con tale delibera, si ricorda, il CIPE ha assegnato, a valere sulle risorse FSC 2014-2020, oltre 13,4 miliardi alle regioni e alle città metropolitane del Mezzogiorno per l'attuazione di interventi da realizzarsi mediante appositi Accordi interistituzionali denominati «Patti per il sud», di cui 11,6 miliardi relativi ai Patti con le regioni.

 

Si rileva, inoltre, che il comma 16, nello stabilire l’importo da destinare alla misura di cui all’articolo in esame, mantiene fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

La norma richiamata prevede l’utilizzo delle risorse disponibili del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2014-2020 (senza indicarne l’importo) per il completo finanziamento dei progetti selezionati nell’ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia (già previsto e finanziato dall’art. 1, commi 974-978, della legge n. 208/2015), ad integrazione delle risorse già assegnate a tale Programma dalla suddetta norma istitutiva (500 milioni) e dal Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui al comma 140 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 (800 milioni[6]).

In attuazione del comma 141, il CIPE con delibera 3 marzo 2017, n. 2 ha assegnato al suddetto Programma 798,17 milioni di risorse dal Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, destinate a garantire il completo finanziamento di tutti i progetti inseriti nella graduatoria del Programma straordinario approvata con il D.P.C.M. 6 dicembre 2016[7].

 

Al fine di meglio chiarire il contenuto del primo periodo di cui al comma 16, andrebbe chiarito se il richiamo ivi fatto al comma 141 della legge n. 232/2016 sia volto - come sembrerebbe presumibile - ad escludere che le assegnazioni disposte dal CIPE con la delibera n. 2/2017 in favore del Programma per le periferie possano essere incise dalla rimodulazione prevista ai fini della destinazione dei 1.250 milioni di euro al finanziamento della misura “Resto al Sud” prevista dall’articolo 1 in esame.

Tale chiarimento apparirebbe opportuno anche alla luce di quanto indicato nella Relazione tecnica, nella quale si prevede che l’assegnazione di risorse prevista dal comma 16 in commento “assicurerà, preliminarmente, la copertura dei fabbisogni annuali necessari a soddisfare i progetti inseriti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, individuati con il D.P.C.M. 6 dicembre 2016 e non risultati finanziati”, il cui onere è già stato definito con la delibera CIPE 3 marzo 2017, n. 2, a valere sul FSC 2014-2020 ai sensi del comma 141 della legge n. 232/2016.

 

Il comma 17 stabilisce che all’assegnazione delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2014-2020 si provvede con apposita delibera del CIPE, nei limiti degli importi indicati dal comma 16, individuando altresì la ripartizione in annualità e gli importi da assegnare distintamente al contributo a fondo perduto, al contributo in conto interessi, e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale di garanzia.

Le risorse destinate alla concessione dei contributi a fondo perduto e in conto interessi sono accreditate su un conto corrente infruttifero intestato a Invitalia, aperto presso la Tesoreria Centrale dello Stato, dedicato all’attuazione delle disposizioni di cui ai commi precedenti, la cui gestione ha natura di gestione fuori bilancio, assoggettata al controllo della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 1041/1971[8].

La Commissione in sede referente ha aggiunto la disposizione del comma aggiuntivo 17-bis, secondo cui sul sito internet di Invitalia sono pubblicati gli elenchi dei beneficiari, suddivisi per provincia, con l'indicazione degli importi concessi, sia a fondo perduto sia come prestito, e degli istituti di credito concedenti. Gli elenchi sono aggiornati periodicamente, con cadenza minima annuale.


Articolo 2
(Misure e interventi finanziari a favore dell’imprenditoria giovanile in agricoltura e di promozione delle filiere del Mezzogiorno)

 

 

L’articolo - come risultante dall'emendamento 2.2000 proposto dalla Commissione - mira a favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura nelle regioni del Mezzogiorno. Ciò avviene estendendo la misura “Resto al Sud” alle imprese agricole, mediante una specifica destinazione di 50 milioni di euro del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e creando così le condizioni per erogare un novero più ampio di servizi a favore dei consorziati, anche di natura creditizia.

 

Al comma 1, al fine di estendere la misura “Resto al Sud” alle imprese agricole, si dispone la modifica dell’art. 10, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, che già oggi prevede che- ai soggetti ammessi alle agevolazioni in favore dello sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale - possano essere concessi mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni comprensiva del periodo di preammortamento, e di importo non superiore al 75 per cento della spesa ammissibile. La novella aggiunge ora la possibilità di concedere, solo alle imprese localizzate nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, in alternativa ai mutui agevolati previsti dallo stesso articolo, un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile, nonché mutui agevolati a tasso zero di importo non superiore al sessanta per cento della spesa ammissibile.

 

Resta previsto che, per le iniziative nel settore della produzione agricola, il mutuo agevolato abbia una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni. A tutte queste agevolazioni si applicano i massimali previsti dalla normativa europea e le agevolazioni medesime sono concesse nel rispetto di quanto previsto in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

 

 

Il comma 2 individua le risorse per l’intervento previsto mediante una specifica destinazione di 50 milioni di euro del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e la sua ripartizione annuale in quote di 5 milioni di euro nel 2017 e di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2020. Il comma precisa, inoltre, il capitolo di assegnazione delle risorse nel bilancio del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

 

Si ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, commi 703-706, legge n. 190/2014) ha introdotto disposizioni che hanno profondamente innovato i principali elementi di governance e di procedura per la programmazione delle risorse per il ciclo 2014-2020, prevedendone l'impiego per obiettivi strategici relativi ad aree tematiche nazionali, in linea con le attività di programmazione dei Fondi strutturali e di Investimento europei, da ripartire tra gli interventi con delibere CIPE sulla base di specifici Piani operativi (nelle more dell'individuazione dei piani operativi, il CIPE ha provveduto alle assegnazioni mediante l'approvazione di piani stralcio, su proposta dall'Autorità politica per la coesione, per la realizzazione di interventi di immediato avvio dei lavori). È nell'occasione stata inoltre modificata la procedura contabile di trasferimento delle risorse del FSC: le risorse - allocate nello stato di previsione del MEF (cap. 8000) - assegnate al piano stralcio e ai piani operativi approvati sono trasferite in apposita contabilità speciale presso il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche nazionali, che si aggiunge alle altre contabilità speciali attraverso le quali il Fondo gestisce le risorse nazionali e dell'Unione europea dei fondi strutturali.

 

Il comma 3, infine, prescrive l’aggiunta del comma 2-bis all’articolo 2 della legge 28 ottobre 1999, n. 410, disponendo che le attività di competenza dei consorzi agrari[9] possono essere svolte anche mediante la partecipazione a società di capitali in cui i consorzi dispongano della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. La Commissione in sede referente ha accolto l'emendamento secondo cui le attività esercitate dalle predette società, a favore dei soci dei consorzi agrari che ne detengono la partecipazione, sono svolte nel rispetto degli scopi e delle finalità mutualistiche dei consorzi: il  "rispetto della causa consortile e del sistema di controlli che il legislatore ha predisposto per i consorzi", del resto, era un'esigenza evocata dalla relazione illustrativa del governo al disegno di legge di conversione, anche in riferimento al testo del periodo contenuto nella versione originaria del decreto-legge.


Articolo 2-bis
(Interventi urgenti a favore della ricerca per contrastare la diffusione del coleottero Xylosandrus compactus)

L'articolo aggiuntivo è stato proposto dalla Commissione in sede referente accogliendo l'emendamento 2.0.13 (testo 2), allo scopo di fronteggiare i danni causati dal coleottero Xylosandrus compactus, dal batterio della Xylella Fastidiosa e quelli derivanti dalla diffusione della Botrytis Cinerea.

Il comma 1 enuncia la finalità dell'intervento, che tende ad assegnare risorse finanziarie per la difesa dei carrubi nella regione Siciliana dal coleottero in titolo, nonché per la tutela del settore olivicolo-oleario dalla Xylella e del settore vitivinicolo dalla Botrytis. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sarà perciò dotato di un fondo per la ricerca, con assegnazione di 200 mila euro, al fine di promuovere interventi volti al contrasto alla diffusione del coleottero, allo studio della bioetologia del medesimo e alla configurazione di strategie ecocompatibili di profilassi e terapia per il contenimento delle infestazioni. Il termine "infestazioni" è abbastanza vasto da coprire le ultime due emergenze, mentre il riferimento al coleottero - uno scolitide di origine asiatica che vive a spese di molte piante legnose di interesse agrario e forestale, risultando particolarmente dannoso a colture da reddito come caffè, tè, mango, avocado e cacao - è più puntuale nelle prime due finalizzazioni; si rammenta che esso (segnalato per la prima volta in Italia dal Servizio fitosanitario della Campania nel 2011) aggredisce il lauroceraso e varie altre piante ornamentali (fra le quali magnolia, olmo betulla, catalpa, salice, tiglio etc.) e coltivate (fra le quali rientra anche l’olivo), interessando con i suoi attacchi piante in giardini pubblici e privati sulle quali causa diffusi disseccamenti dei rametti apicali.

Il comma 2 prevede che il MiPAAF, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, stabilisca le modalità e i criteri per l'assegnazione delle risorse, ai cui oneri per l'anno 2017 - secondo il comma 3 - si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 


Articolo 3
(Banca delle terre abbandonate o incolte e misure
per la valorizzazione dei beni non utilizzati)

 

 

L’articolo 3 - come risultante dagli emendamenti 3.4 (testo 2), 3.7-3.12 (testo 2), 3.18-3.19, 3.29, 3.37 (testo 2), 3.64-3.65-3.66-3.67-3.68, 3.78 (testo 2) 3.35 (testo 2), 3.80 (testo 2) e 3.81, proposti dalla Commissione in sede referente - opera al fine di promuovere la costituzione di nuove imprese, dettando disposizioni per consentire ai comuni delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia di dare in concessione o in affitto ai soggetti in età compresa tra i 18 e i 40 anni terreni e aree in stato di abbandono.

 

A tal fine viene definita in via sperimentale una procedura finalizzata all’assegnazione dei terreni in esame così articolata.

Entro sei mesi (raddoppiamento del termine inserito con emendamento dalla Commissione in sede referente) dalla data di entrata in vigore del decreto-legge i comuni provvedono ad una ricognizione dei terreni e delle aree di cui sono titolari (comma 3) che rientrano nelle seguenti categorie:

§  terreni agricoli sui quali non è esercitata l’attività agricola da almeno 10 anni;

§  terreni oggetto di rimboschimento artificiale o in cui si sono sviluppate formazioni arbustive ed arboree, ad esclusione dei boschi, nei quali non siano stati attuati interventi di sfollo o diradamento negli ultimi quindici anni;

§  le aree edificate ad uso industriale, artigianale, commerciale, turistico-ricettivo (e la Commissione in sede referente ha accolto un emendamento volto ad aggiungere le relative unità immobiliari), che risultino in stato di abbandono da almeno quindici anni (e la Commissione in sede referente ha accolto un emendamento volto ad aggiungere il requisito alternativo, secondo cui può trattarsi di aree o unità sulle quali non risultino più operative aziende o società da almeno 15 anni) (comma 2);

I comuni pubblicano, quindi, sul proprio sito istituzionale l’elenco dei beni oggetto di ricognizione (comma 4, come risultante dall'emendamento accolto dalla Commissione in sede referente, secondo cui l'adempimento ha luogo entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la ricognizione) e danno gli stessi in concessione, previa presentazione di un bando, per un periodo non superiore a nove anni, a soggetti con un’età compresa tra i 18 e i 40 anni che presentino un progetto per la valorizzazione del bene. Priorità viene assegnata ai progetti di riuso di immobili dismessi che escludano ulteriore consumo di suolo non edificato e ai progetti con elevati standard di qualità architettonica e paesaggistica (comma 5 come risultante dall'emendamento accolto dalla Commissione in sede referente, che ha specificato anche che per i terreni di cui alle prime due tipologie, sono ammessi a valutazione anche i progetti che prevedano i cambi di destinazione d'uso o consumo di suolo non edificato purché siano conformi alle procedure di legge sugli strumenti urbanistici).

Entro 60 giorni dall’approvazione della graduatoria viene assegnato il bene, consentendo al beneficiario l’immissione nel possesso con l’obbligo di eseguire le attività indicate nel progetto presentato (comma 6). Il testo specifica che deve trattarsi di attività agricola, artigianale, commerciale e turistico-recettiva.

Nel caso di terreni e aree appartenenti a privati rientranti nelle categorie prima indicate, i richiedenti devono presentare una manifestazione di interesse, indicando i dati di identificazione del fondo e del proprietario, eventuali diritti di terzi o trascrizioni sui beni in oggetto (comma 7); la Commissione in sede referente con apposito emendamento li onera altresì a dichiarare la conformità alle norme in materia urbanistica per le aree edificate, nella terza fattispecie di cui al comma 2.

 Il Comune pubblica in una apposita sezione il progetto ricevuto ed informa il proprietario dell’interesse manifestato (comma 8), proponendo lui una proposta irrevocabile di contratto di affitto (comma 9). In caso di assenso, il Comune dà il via libera all’esecuzione del progetto che non deve oltrepassare la durata del contratto di affitto. Un emendamento accolto dalla Commissione in sede referente prevede che la mancata presentazione del consenso dell'avente diritto, nei modi e nelle forme previste, determina la nullità del progetto e del contratto di affitto.

Il beneficiario ha il divieto assoluto (comma 10) di cedere a terzi in tutto o in parte il terreno o l’azienda costituita per l’esecuzione del progetto presentato. A tal fine è consentita la costituzione di società agricole e di società artigiane nelle quali l’assegnatario ha la maggioranza del capitale e il potere di amministrare la società, nonché di società familiari (comma 11). Il contratto di affitto è trascritto nei registri immobiliari; la trascrizione interrompe l’usucapione (comma 12).

Il comma 13 prevede che nel caso il progetto riguardi la realizzazione di attività terziarie di carattere non profit o artigianali (con emendamenti della Commissione accolti in sede referente, sono incluse anche quelle turistico-ricettive), il comune è tenuto ad adottare le connesse modificazioni in variante degli strumenti urbanistici vigenti entro un termine (180 giorni dall’assegnazione) nelle more del quale possono essere iniziate le attività di trasformazione (il testo fa riferimento anche agli atti di assegnazione che, però, sono il presupposto della decorrenza del termine ed in quanto tali devono necessariamente già essere posti in essere).

Il beneficiario deve corrispondere al comune un canone d’uso indicizzato, determinato sulla base di un’apposita perizia tecnica di stima, in caso di proprietà dei privati, il canone è versato al proprietario (comma 14). Qualora il proprietario, nei cinque anni successivi alla scadenza del periodo contrattuale, voglia trasferire il bene a titolo oneroso, è tenuto a notificare la proposta all’assegnatario il quale vanta un diritto di prelazione sul bene. In caso di mancata notifica o di trasferimento del bene ad un prezzo inferiore a quello indicato nella notifica, l’assegnatario ha diritto a riscattare il bene dall’acquirente e dai successivi aventi causa. Ai rapporti tra privati si applicano le norme relative al contratto di affitto (non è specificato e sembra, quindi, intendersi per implicito che si applichi la normativa sull’affitto anche nel caso di addizioni e migliorie apportate al bene, che, in tal caso, dovrebbero coincidere con la realizzazione del progetto presentato). Comunque, la difformità tra quanto realizzato e quanto progettato costituisce causa di risoluzione del contratto di affitto relativo ai beni privati, fermo restando il potere di revoca degli eventuali atti adottati (comma 15).

Il comma 16 obbliga i Comuni a trasmettere alle regioni l’elenco dei beni censiti ed assegnati (un emendamento accolto dalla Commissione in sede referente prevede che la trasmissione avvenga entro novanta giorni dal termine di cui al comma 3) anche ai fini dell’inserimento nella Banca delle terre agricole.

Il comma 17, poi, prevede coloro che intendono realizzare attività artigianali, commerciali e turistico-ricettive possono usufruire dell’incentivo denominato “resto al Sud” di cui all’articolo 1; coloro che intendono realizzare attività agricole possono utilizzare le misure di incentivo previste dall’articolo 2.

 

Si ricorda in merito che la legge 4 agosto 1978, n. 440 ha introdotto norme per l'utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, demandando alle regioni la competenza ad emanare, secondo principi e i criteri stabiliti nella stessa legge, norme per il recupero produttivo delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, anche al fine della salvaguardia degli equilibri idrogeologici e della protezione dell'ambiente.

La legge in oggetto ha definito incolte o abbandonate le terre, suscettibili di coltivazione, che non siano state destinate ad utilizzazione agraria da almeno due annate agrarie e provvede altresì a definire le terre insufficientemente coltivate.

A tal fine, la legge ha demandato alle regioni:

§  il compito di determinare le singole zone del territorio di loro competenza che risultino caratterizzate da estesi fenomeni di abbandono di terre suscettibili di utilizzazione;

§  di provvedere, per ognuna delle zone così determinate, in coerenza con i programmi regionali e comprensoriali o zonali di sviluppo agricolo, ove esistenti, a definire i criteri per l'utilizzazione agraria o forestale, nonché i criteri per la formazione dei relativi piani aziendali o interaziendali;

§  di assegnare per la coltivazione le terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, anche appartenenti ad enti pubblici e morali, compresi i terreni demaniali, ai richiedenti che si obbligano a coltivarli in forma singola o associata.

La medesima legge esclude dal suo ambito applicativo:

a)   le terre la cui messa a coltura agraria pregiudichi la stabilità del suolo o la regimazione delle acque o comprometta la conservazione dell'ambiente;

b)   le dipendenze e pertinenze di case effettivamente adibite ad abitazione rurale o civile, ivi compresi i giardini e i parchi boscati;

c)   i boschi, nonché i terreni destinati a rimboschimento da piani, programmi e progetti di intervento già approvati dagli enti ed organi pubblici competenti;

d)   le cave;

e)   i terreni necessari per attività industriali, commerciali, turistiche e ricreative, i terreni adibiti a specifiche comprovate destinazioni economicamente rilevanti e le aree considerate fabbricabili o destinate a servizi di pubblica utilità da piani urbanistici vigenti o adottati.

La legge ha poi previsto che le leggi regionali possano disporre deroghe agli obblighi dalla stessa previsti a favore dei piccoli proprietari con un reddito annuo minimo.

Talvolta operando un richiamo alla legge in questione, varie regioni, nel corso degli ultimi anni, hanno previsto l’istituzione delle cd. “Banche della terra”, cioè banche dati dei terreni abbandonati o incolti al fine di destinarli alla coltivazione da parte di soggetti che fanno richiesta.

Per quanto attiene al più complessivo processo di privatizzazioni e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, si ricorda che il programma di razionalizzazione, valorizzazione e alienazione dei beni pubblici include - ai sensi dell'articolo 66 del D.L. n. 1/2012 – anche la dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola.

Un decreto del Mipaaf – D.M. 20 maggio 2014 – adottato concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze - consente la messa in vendita o in locazione di terreni agricoli pubblici (secondo notizie MIPAAF si tratta di circa 5.550 ettari), con diritto di prelazione per la giovane imprenditoria agricola, che secondo la disciplina europea sono i giovani under 40.

In particolare, il D.M. individua i terreni coinvolti che appartengono nello specifico al Demanio (per 2480 ettari), al Corpo forestale dello Stato (2148), all’ex CRA (ora, a seguito della fusione con INEA, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria).

Ai terreni alienati o locati non potrà essere attribuita una destinazione urbanistica diversa da quella agricola prima di 20 anni dalla trascrizione dei contratti nei pubblici registri immobiliari.

Il decreto in commento si inserisce peraltro nel quadro delle misure di sostegno ai giovani in agricoltura, contenute nel D.L. n. 91/2014 come la detrazione del 19% per affitto di terreni da parte degli under 35 e la riforma delle agevolazioni a favore dei giovani agricoltori di cui al Capo III, titolo I, D.Lgs. n. 185/2000

Infine, il c.d. collegato agricolo (legge 28 luglio 2016, n. 154) ha previsto all’articolo 16 l’Istituzione della Banca delle terre agricole presso l'ISMEA, con l’obiettivo di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni e delle aziende agricoli, che si rendono disponibili anche a seguito di abbandono delle attività produttive e di prepensionamenti, raccogliendo, organizzando e dando pubblicità alle informazioni  necessarie sulle caratteristiche naturali, strutturali  ed infrastrutturali  dei medesimi, sulle modalità e condizioni  di cessione e di  acquisto degli stessi nonché sulle procedure di accesso alle agevolazioni . L'ISMEA può anche presentare uno o più programmi o progetti di ricomposizione fondiaria, con l'obiettivo di individuare comprensori territoriali nei quali promuovere aziende dimostrative o aziende pilota.

 

Due emendamenti accolti dalla Commissione in sede referente introducono, infine, commi aggiuntivi dopo il comma 17. Il primo reca alcune modifiche all'articolo 15 del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, il quale autorizzava la spesa di 20.942.3000 di euro, per il 2017, in favore del comparto bovino, ovino e suino delle regioni colpite dagli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016; vi si prevedeva, sempre per il 2017, la spesa di 2 milioni di euro per il settore equino nelle medesime zone. Le novelle impattano anzitutto sul comma 4, includendovi le imprese agricole che hanno subito danni anche a causa della eccezionale siccità prolungata delle stagioni primaverile ed estiva del 2017; vi si precisa anche che, nel caso in cui le agevolazioni eccedano le risorse stanziate eo tempore, si provvede mediante riparto proporzionale delle risorse disponibili. Inoltre, al comma 5 di quella stessa disposizione, si rimettono in termini le regioni, consentendo loro di esercitare il potere di proposta - ai fini della declaratoria della eccezionalità dell’evento, ivi prevista - entro il 31 dicembre 2017, per le imprese agricole che hanno subito danni dalla eccezionale siccità prolungata delle stagioni primaverile ed estiva del 2017.

Il secondo comma aggiuntivo attiene agli atti di disposizione intervenuti in data anteriore al settembre 1985, aventi ad oggetto terreni gravati da uso civico, adattati in assenza del rispetto delle disposizioni in materia di alienazione di cui alla legge 16 giugno 1927, n. 1766. Per tale proposta della Commissione, gli atti sono da considerarsi validi ed efficaci ove siano stati destinati al perseguimento dell'interesse generale di sviluppo economico della Sardegna, con inclusione nei piani territoriali di sviluppo, industriale approvati in attuazione del Testo unico delle leggi sul Mezzogiorno, di cui al D.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, sostituito con il D.P.R 6 marzo 1978, n. 218. Gli stessi terreni sono sottratti, a tutti gli effetti dal regime dei terreni ad uso civico con decorrenza dalla data di approvazione dei piani o loro atti di variante, adottati ai sensi delle citate disposizioni od in attuazione della legge 6 ottobre 1971, n. 853.


Articolo 3-bis
(Cluster Tecnologici Nazionali per l'accelerazione e la qualificazione della programmazione nel campo della ricerca e innovazione a favore delle aree del Mezzogiorno)

L'articolo 3-bis contiene disposizioni riguardanti il riconoscimento dei Cluster Tecnologici Nazionali, la redazione da parte loro, la valutazione e l'approvazione del Piano di azione triennale nonché l'assegnazione di risorse agli stessi.

 

Con l'approvazione dell'emendamento 3.0.6 (testo 2), la Commissione propone l'inserimento dell'articolo 3-bis.

Il comma 1 dispone che i Cluster Tecnologici Nazionali (CTN), quali strutture di supporto e di efficientamento per il coordinamento delle politiche di ricerca industriale a livello nazionale e locale, nonché di raccordo tra le misure promosse a livello centrale e regionale e, con riferimento alle Regioni del Mezzogiorno, anche come strumento facilitatore per l'attuazione e l'impiego degli interventi sul territorio, costituiti in seguito agli avvisi emanati dal MIUR, riconducibili ai poli di innovazione di cui al Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, presentano, entro il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, istanza per il riconoscimento nella forma di associazione riconosciuta o fondazione, secondo le norme del codice civile, ove già non costituiti in altra persona giuridica senza scopo di lucro.

 

Ai sensi dell'articolo 2, n. 92), del citato Regolamento (UE) n. 651/2014, i «poli di innovazione» sono strutture o raggruppamenti organizzati di parti indipendenti (quali start-up innovative, piccole, medie e grandi imprese, organismi di ricerca e di diffusione della conoscenza, organizzazioni senza scopo di lucro e altri pertinenti operatori economici) volti a incentivare le attività innovative mediante la promozione, la condivisione di strutture e lo scambio di conoscenze e competenze e contribuendo efficacemente al trasferimento di conoscenze, alla creazione di reti, alla diffusione di informazioni e alla collaborazione tra imprese e altri organismi che costituiscono il polo.

 

In base al comma 2, ciascun CTN elabora un Piano di azione triennale, aggiornato annualmente, nel quale descrive le attività che programma di svolgere, anche in chiave strategica, per il raggiungimento delle finalità, gli obiettivi, i risultati attesi, le tempistiche, gli aspetti organizzativi, le risorse necessarie, nonché il contesto territoriale degli interventi. All'interno del Piano è inserita un'apposita sezione riferita al Mezzogiorno che, tenendo conto delle vocazioni produttive delle aree del Mezzogiorno, esplicita le azioni per la ricerca industriale, l'innovazione e il trasferimento tecnologico in favore delle suddette aree, oltre che le collaborazioni con i soggetti pubblici e privati, anche di altre Regioni, finalizzate al pieno coinvolgimento degli stessi per la concreta attuazione del Piano. Il Piano è redatto secondo indirizzi definiti con linee guida adottate con decreto del MIUR, sentito, per la sezione riferita al Mezzogiorno, il Ministero per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto ed aggiornate periodicamente.

 

Per quanto riguarda l'adozione del DM contenente le linee guida per la redazione del Piano di azione triennale, occorre valutare l'opportunità di fare riferimento al "Ministro" anziché al "Ministero" per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno. Inoltre occorre valutare l'opportunità di specificare la tempistica per l'aggiornamento delle predette linee guida.

 

Secondo il comma 3, entro 60 giorni dal riconoscimento come associazioni riconosciute o fondazioni, i CTN presentano al MIUR il Piano di azione, ai fini della valutazione, anche avvalendosi di esperti, e della successiva approvazione. La sezione riferita al Mezzogiorno costituisce oggetto di specifica valutazione e approvazione. Entro il mese di febbraio di ciascun anno i CTN presentano al MIUR l'aggiornamento annuale del Piano di azione unitamente alle relazioni annuali sull'attività svolta e alla rendicontazione amministrativo-contabile ai fini della valutazione, anche avvalendosi di esperti, e della successiva approvazione.

Allo scopo di assicurare una adeguata attività di valutazione dei piani di azione, della relazione annuale sull'attività svolta e della rendicontazione amministrati-contabile, nonché di rendere più efficace l'attività di valutazione dei programmi e dei progetti di ricerca, innalza dall'1 al 5 per cento l'importo massimo dei fondi riguardanti il finanziamento di progetti o programmi di ricerca entro il quale è compresa la spesa relativa alla corresponsione di compensi nelle procedure di selezione e di valutazione di tali programmi e progetti successive alla data di entrata in vigore del D.L. 212/2002 (L. 268/2002), ossia dopo il 26 settembre 2002. A tal fine novella l'articolo 5, comma 2, secondo periodo, del citato D.L. 212/2002.

Il comma 4 prevede che all'esito dell'approvazione della sezione del Piano riferita al Mezzogiorno a favore di ciascun CTN può essere disposta una assegnazione annuale di risorse, nella misura massima di un dodicesimo per ciascun Cluster, con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca adottato per il riparto del FIRST (istituito, nello stato di previsione del MIUR, dall'art. 1, comma 870, della L. 296/2006). A tal fine è destinata una quota annuale non superiore al 5 per cento, inclusi gli oneri per le attività di valutazione, delle disponibilità complessive del Fondo. Non possono accedere all'assegnazione annuale di risorse i CTN che non abbiano ottenuto l'approvazione della sezione del Piano riferita al Mezzogiorno. Eventuali somme residue, facenti parte della quota annuale, potranno essere assegnate ad uno o più CTN, in relazione agli esiti della approvazione della relazione annuale sulla attività svolta, superando la quota di finanziamento individuale pari a un dodicesimo.

Il comma 5 assegna a ciascun CTN riconosciuto un contributo forfettario di € 242.500 per consentire l'avvio delle attività previste in capo agli stessi, nonché per la presentazione del Piano di azione.

Al relativo onere si provvede, nel limite di € 3 mln per il 2017, a valere sul FIRST.

In base al comma 6, con riferimento ai 4 Cluster di cui all'avviso n. 1610 del 3 agosto 2016, i termini di cui ai precedenti commi decorrono dalla data di registrazione del decreto di approvazione della graduatoria.

 

I 4 Cluster individuati sono:

Tecnologie per il patrimonio culturale,

Design, creatività e Made in Italy,

Economia del Mare,

Energia.

 

Il comma 7 contiene la clausola di invarianza finanziaria e dispone che le assegnazioni annuali di risorse previste dal comma 4 e il contributo forfettario di cui al comma 5 sono concessi nel rispetto del già citato Regolamento (UE) n. 651/2014.


Articolo 3-bis
(Interventi di integrazione salariale straordinaria nelle aree di crisi industriale complessa)

 

L'articolo in esame - di cui la 5a Commissione del Senato propone l'inserimento con l'emendamento approvato 3.0.13 - prevede una modifica dei limiti di durata degli interventi di integrazione salariale straordinaria relativi alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa.

Le norme vigenti, oggetto della presente novella, consentono che, entro un limite di spesa pari a 216 milioni di euro per il 2016 e a 117 milioni per il 2017, sia concesso, previo accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza del Ministero dello sviluppo economico e della regione interessata, un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria, fino al limite di 12 mesi, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa riconosciuta, in deroga ai limiti di durata generali stabiliti per la suddetta tipologia di intervento[10].

La novella in oggetto prevede che il limite di 12 mesi si applichi distintamente per ciascun anno di riferimento.

Si ricorda che le condizioni per la deroga - oltre all'accordo ed al limite di spesa summenzionato - sono le seguenti:

-        l'area di crisi industriale complessa deve essere riconosciuta dal Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'art. 27 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, e successive modificazioni (la crisi può riguardare anche una sola impresa, se di grande o media dimensione e con effetti sull'indotto);

-        l'impresa deve presentare (oltre alla dichiarazione di non poter ricorrere al trattamento di integrazione salariale straordinaria in base alla normativa vigente) un piano di recupero occupazionale, che preveda appositi percorsi di politiche attive del lavoro, concordati con la regione ed intesi alla rioccupazione dei lavoratori.

Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le risorse annue in oggetto sono proporzionalmente ripartite tra le regioni in base alle richieste e l'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa (trasmettendo altresì relazioni semestrali al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze).

 


Articolo 4
(Istituzioni di zone economiche speciali)

 

 

L’articolo 4 disciplina le procedure e le condizioni per l’istituzione in alcune aree del Paese, comprendenti almeno un’area portuale, di zone economiche speciali caratterizzate dall’attribuzione di benefici, indicati all’articolo 5, alle imprese ivi insediate o che vi si insedieranno.

 

Lo scopo delle Zone economiche speciali (ZES) è infatti quello di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese. Tali imprese sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES e beneficiano di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa.

 

Andrebbe maggiormente definita l’effettiva portata normativa del riferimento all’obbligo per le imprese operanti nelle ZES di rispettare le norme nazionali ed europee posto che non sembrano essere previste deroghe generali rispetto a tali disposizioni.

Andrebbe valutata l’opportunità di indicare le conseguenze derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni normative o delle prescrizioni adottate per il funzionamento della ZES, con riferimento al godimento dei benefici connessi all’operare nell’ambito di una ZES.

 

La zona economica speciale è definita come un’area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purché presentino un nesso economico funzionale, e comprendente almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo (come precisato dalla Commissione) della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).

 

Il Regolamento (UE) 1315 del 2013 prevede che le aree portuali per rientrare nella rete globale europea devono soddisfare almeno uno dei seguenti criteri:

a)   il volume totale annuo del traffico passeggeri supera lo 0,1% del volume totale annuo del traffico passeggeri di tutti i porti marittimi dell'Unione;

b)   il volume totale annuo delle merci, per le operazioni di carico di merci sia sfuse che non sfuse, supera lo 0,1% del corrispondente volume totale annuo del carico di merci movimentate in tutti i porti marittimi dell'Unione;

c)   il porto marittimo è situato su un'isola e costituisce il solo punto di accesso ad una regione NUTS 3 (ossia il terzo livello dimensionale nella nomenclatura europea delle unità territoriali statistiche, con abitanti compresi tra un limite minimo di 150 mila abitanti e un limite massimo di ottocentomila abitanti, in Italia corrispondente alla dimensione provinciale) nella rete globale;

d)   il porto marittimo è situato in una regione ultraperiferica o periferica, fuori da un raggio di 200 km dal porto più vicino nella rete globale.

Inoltre gli Stati membri sono tenuti a garantire che i porti marittimi siano connessi con linee ferroviarie o strade e, ove possibile, le vie navigabili interne della rete globale, salvo il caso nel quale limitazioni fisiche impediscano tali connessioni; se sono porti destinati al traffico merci devono offrire almeno un terminale che sia aperto agli utenti in modo non discriminatorio e applicare tariffe trasparenti. E’ altresì stabilito che i canali marittimi, i tratti navigabili dei porti e gli estuari colleghino due mari o permettano di accedere a porti marittimi dal mare e corrispondano almeno alle vie navigabili interne di classe VI.

I porti devono disporre delle attrezzature necessarie a contribuire alle prestazioni ambientali delle navi nei porti ed assicurare l’operatività degli strumenti di controllo del traffico marittimo operativi a livello europeo (sistema SafeSeaNet e VTIMS - Vessel Traffic Management and Information System).

 

 

Le modalità generali per l'istituzione di una ZES, la sua durata, i criteri che ne disciplinano l'accesso e le condizioni speciali di beneficio per i soggetti economici ivi operanti o che vi si insedieranno definite all'articolo 5 sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge saranno definite (comma 3).

 

La formulazione del comma, proposta dalla Commissione, prevede che siano definiti con il medesimo decreto anche i criteri generali, l'identificazione e la delimitazione dell'area nonché il coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo.

 

La Commissione ha proposto poi l'introduzione di un nuovo comma 4-bis, il quale prevede che ognuna delle regioni meno sviluppate e in transizione (vedi infra) può presentare una proposta di istituzione di ZES nel proprio territorio, o al massimo due proposte ove siano presenti più aree portuali che abbiano le caratteristiche stabilite dal regolamento europeo. Le regioni che non posseggono aree portuali aventi tali caratteristiche, possono presentare istanza di istituzione di ZES solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un'area portuale avente le caratteristiche stabilite dal regolamento.

 

Quanto alla richiesta di istituzione delle singole Zone economiche speciali si prevede che siano le regioni meno sviluppate e in transizione, così come individuate dalla normativa europea, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a presentare domanda per l’istituzione. La proposta deve essere accompagnata da un piano di sviluppo strategico, nel rispetto delle modalità e dei criteri individuati dal decreto di cui al comma 3. La regione o le regioni nel caso di ZES interregionali (si tratta di una modifica proposta dalla Commissione conseguentemente alla introduzione del nuovo comma 4-bis) formulano la proposta specificando le caratteristiche dell'area identificata.

 

In Italia sono regioni meno sviluppate (con PIL pro capite inferiore al 75% della media europea) le regioni Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania. Sono regioni in transizione (con PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media europea) le regioni Sardegna, Abruzzo e Molise.

 

La Zona economica speciale è istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, se nominato, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Quanto alla gestione dell'area ZES si prevede che essa sia affidata ad un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell'Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione o delle regioni, nel caso di ZES interregionale (inciso proposto dalla Commissione conseguentemente alla introduzione del nuovo comma 4-bis), da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Ai sensi della riforma della legge n. 84 del 1994, effettuata con il D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 169 le autorità portuali sono state sostituite dalle Autorità di sistema portuale. Gli organi delle soppresse Autorità portuali restano in carica sino all'insediamento dei nuovi organi delle Autorità di sistema portuale. Il decreto legislativo prevede una disciplina transitoria che consente, su richiesta motivata del Presidente della Regione il mantenimento, per un periodo non superiore a trentasei mesi, dell'autonomia finanziaria e amministrativa di Autorità Portuali già costituite ai sensi della citata legge n. 84 del 1994. Con il medesimo decreto è disciplinata la nomina e la composizione degli organi di governo per la fase transitoria.

 

La Commissione ha proposto la sostituzione della dizione Autorità portuale con la più corretta “Autorità di sistema portuale”.

 

Sotto il profilo dell’amministrazione della Zona si prevede che ai membri del Comitato non spetti alcun compenso, indennità di carica, corresponsione di gettoni di presenza o rimborsi per spese di missione e che il Comitato di indirizzo si avvalga del Segretario generale dell'Autorità portuale per l'esercizio delle funzioni amministrative e gestionali. Lo stesso segretario generale può anche stipulare, previa autorizzazione del Comitato di indirizzo, accordi o convenzioni quadro con banche ed intermediari finanziari. Si prevede infine che agli oneri di funzionamento del Comitato si provveda con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il Comitato ha il compito di assicurare gli strumenti che garantiscano la piena operatività delle aziende presenti nella ZES; l'utilizzo di servizi sia economici che tecnologici nell'ambito ZES e l'accesso alle prestazioni di servizi da parte di terzi.

 

Il testo proposto dalla Commissione attribuisce al Comitato anche il compito di promozione sistematica dell'area verso i potenziali investitori internazionali.

 


Articolo 5
(ZES: benefici fiscali e semplificazioni)

 

 

L’articolo 5 prevede i benefici fiscali e le altre agevolazioni che sono riconosciute alle imprese già esistenti e alle nuove che si insediano e che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti nella Zona Economica Speciale - ZES.

In particolare le imprese che effettuano investimenti all’interno delle ZES possono utilizzare il credito d’imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi nel Mezzogiorno nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro. Inoltre l’agevolazione per tali zone è estesa fino al 31 dicembre 2020.

Le agevolazioni sono revocate se le imprese non mantengono la loro attività nella ZES per almeno sette anni (termine elevato dalla Commissione in sede referente rispetto ai cinque anni originari) dopo il completamento dell’investimento.

 

Il comma 1 prevede che le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale nella ZES, possono usufruire di procedure semplificate e regimi procedimentali speciali, che riducono i termini procedimentali e semplificano gli adempimenti rispetto alla normativa vigente.

Le procedure semplificate possono essere individuate anche a mezzo di protocolli e convenzioni tra le amministrazioni locali e statali interessate mentre i regimi procedimentali speciali sono individuati sulla base di criteri derogatori e di modalità definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno (se nominato), previa delibera del Consiglio dei ministri;

Si prevede inoltre che le imprese possano avere accesso alle infrastrutture esistenti e previste nel Piano disviluppo strategico della ZES alle condizioni definite dal soggetto per l'amministrazione (ossia dal Comitato, di cui all’articolo 4), ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84 e successive modificazioni, nel rispetto della normativa europea e delle norme vigenti in materia di sicurezza, nonché delle disposizioni vigenti in materia di semplificazione previste dagli articoli 18 e 20 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169.

 

La legge n. 84 del 1994 concerne il riordino della legislazione portuale ed è stata oggetto di una recente riforma a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 169 del 2016. Tale ultima norma è intervenuta, novellando diverse disposizioni, rinnovando complessivamente la governance del sistema portuale attraverso l’istituzione delle Autorità di sistema portuale (che hanno sostituito le vecchie autorità portuali) nonché ridefinendo composizione, struttura e funzioni degli organi operanti nell’ambito portuale. Accanto a tali norme, la legge contiene importanti disposizioni che regolano la programmazione delle opere portuali (art. 5), la disciplina dei dragaggi (art. 5-bis), lo sportello unico amministrativo (introdotto dall’articolo 18 del decreto legislativo sopra ricordato), le operazioni portuali (art. 16), la concessione di aree e banchine (art. 18), e diverse disposizioni concernenti i lavoratori portuali. L’articolo 20 del decreto legislativo n. 169 del 2016 ha attribuito allo Sportello unico doganale la competenza nonché i controlli relativi a tutti gli adempimenti connessi all'entrata e uscita delle merci nel o dal territorio nazionale, ridenominando lo stesso “Sportello unico doganale e dei controlli”. La norma ha anche previsto tempi certi per il completamento delle procedure di controllo doganale sia documentale che fisico.

 

Andrebbe valutata l’opportunità di precisare a quali disposizioni della legge n.84 del 1994 si faccia riferimento.

Andrebbe altresì valutata la congruità del riferimento all’articolo 18 del decreto legislativo n. 169 del 2016 che, contenendo una novella alla legge n. 84 del 1994, potrebbe essere già ricompreso nel riferimento alla legge n. 84 del 1994 “e successive modificazioni”.

Andrebbe infine chiarita l’effettiva portata normativa dell’obbligo, riferito al Comitato di indirizzo, di rispettare la normativa europea, le norme vigenti in materia di sicurezza, nonché le disposizioni di semplificazione del decreto legislativo n. 169 del 2016, posto che non sembrano essere previste specifiche deroghe rispetto a tali disposizioni.

 

Il comma 2 amplia, in relazione agli investimenti effettuati nella ZES, la portata del credito d’imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno, previsto dalla legge di stabilità 2016. In primo luogo per gli investimenti nella ZES è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2020, la possibilità di usufruire di tale agevolazione. In secondo luogo, è elevato a 50 milioni di euro l’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento al quale è commisurato il credito d’imposta.

 

Si ricorda che la legge di stabilità 2016 (articolo 1, commi da 98 a 108 della legge n. 208 del 2015) ha introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle zone assistite ubicate nelle regioni del Mezzogiorno (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo) dal 1° gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2019.

Il decreto-legge n. 243 del 2016 (articolo 7-quater) ha modificato la disciplina del credito d’imposta, prevedendo: l’estensione dell’agevolazione all’intero territorio della regione Sardegna; l’innalzamento delle aliquote del credito d’imposta che sono stabilite nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 (approvata dalla Commissione europea); l’aumento dell’ammontare massimo agevolabile per ciascun progetto di investimento; la cumulabilità del credito d’imposta con altri aiuti di Stato e con gli aiuti de minimis, nei limiti dell’intensità o dell’importo di aiuti più elevati consentiti dalla normativa europea.

A seguito delle modifiche, in particolare, la misura del credito d'imposta è pari al 45 per cento per le piccole imprese, al 35 per cento per le medie imprese e al 25 per cento per le grandi imprese nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna; mentre in determinate zone delle regioni Abruzzo e Molise la misura è pari al 30 per cento per le piccole imprese, al 20 per cento per le medie imprese e al 10 per cento per le grandi imprese.

L’ammontare massimo di ciascun progetto di investimento, al quale è commisurato il credito d’imposta, è stato elevato da 1,5 a 3 milioni di euro per le piccole imprese e da 5 a 10 milioni per le medie imprese, mentre è rimasto a 15 milioni per le grandi imprese.

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 14 aprile 2017 è stato approvato il modello, con le relative istruzioni, della comunicazione per la fruizione del credito d'imposta. La comunicazione deve essere presentata all'Agenzia esclusivamente in via telematica, fino al 31 dicembre 2019. Con la circolare n. 34/E del 3 agosto 2016 l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito a soggetti beneficiari, ambito territoriale, investimenti agevolabili, determinazione dell'agevolazione, valorizzazione degli investimenti ed efficacia temporale dell'agevolazione, procedura, utilizzo e rilevanza del credito di imposta, cumulo, rideterminazione del credito e controlli.

 

Il comma 3 individua le condizioni per il riconoscimento delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 2.

In particolare le imprese devono mantenere le attività nella ZES per almeno sette anni (termine così elevato dalla Commissione in sede referente, rispetto ai cinque anni originari) successivi al completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti; inoltre le imprese stesse non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento.

 

Il comma 4 prevede che l’agevolazione concernente il credito d’imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi è concessa nel rispetto di tutte le condizioni previste dal Regolamento (UE) della Commissione n. 651/2014 del 17 giugno 2014 e, in particolare, di quanto disposto dall’articolo 14. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno devono trasmettere alla Commissione le informazioni sintetiche sulla misura di aiuto introdotta entro venti giorni lavorativi dalla sua entrata in vigore, oltre ad una relazione annuale (ai sensi dell’articolo 11 del Regolamento).

Il Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. In particolare l’articolo 14 individua le condizioni che rendono le misure di aiuto agli investimenti a finalità regionale compatibili con il mercato interno.

 

Il comma 5 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 2, 3 e 4, valutati in 25 milioni di euro nel 2018, 31,25 milioni di euro nel 2019 e 150,2 milioni di euro nel 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione – programmazione 2014/2020, per gli importi annuali massimi di: 25 milioni di euro nel 2018; 31,25 milioni di euro nel 2019; 150,2 milioni di euro nel 2020.

Tali importi sono imputati alla quota delle risorse destinata a sostenere interventi nelle regioni di cui all’articolo 4, comma 4.

In proposito, si rinvia a quanto già indicato in merito comma 16 dell’articolo 1, relativamente all’imputazione della quota delle risorse del Fondo sviluppo e coesione destinate a sostenere interventi nelle regioni del Mezzogiorno (Patti per il Sud).

 

L’articolo 4, comma 4, richiamato, fa riferimento, ai fini dell’istituzione delle ZES, alle regioni meno sviluppate e in transizione, così come individuate dalla normativa europea, ammissibili alle deroghe previste dall'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato.

In Italia, si ricorda, sono regioni meno sviluppate (con PIL pro capite inferiore al 75% della media europea) le regioni Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania. Sono regioni in transizione (con PIL pro capite tra il 75% e il 90% della media europea) le regioni Sardegna, Abruzzo e Molise.

 

Il comma 6, infine, affida all’Agenzia per la coesione territoriale il monitoraggio degli interventi e degli incentivi concessi, da assicurare con cadenza almeno semestrale. L’Agenzia riferisce al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno sull’andamento delle attività e sull’efficacia delle misure di incentivazione concesse, avvalendosi di un apposito piano, che deve essere concordato con il soggetto per l’amministrazione, di cui all’articolo 4 comma 6, sulla base di indicatori di avanzamento fisico, finanziario e procedurale definiti con il decreto previsto dall’articolo 4, comma 3.

 


Articolo 6
 (Disposizioni di semplificazione per la valorizzazione dei  Patti  per lo sviluppo)

 

La disposizione è finalizzata a semplificare ed accelerare le procedure adottate per la realizzazione degli interventi previsti nell’ambito dei Patti per lo sviluppo: ne discende un più agevole rimborso delle spese effettivamente sostenute, a valere sulle risorse FSC 2014-2020 assegnate dalle Amministrazioni titolari degli interventi, nonché l'applicazione della conferenza di servizi simultanea.

 

 

Il comma 1 si propone di semplificare la procedura per il rimborso delle spese effettivamente sostenute, a valere sulle risorse FSC 2014-2020 assegnate ai Patti per lo sviluppo, dalle Amministrazioni titolari degli interventi.

 

La realizzazione delle iniziative di investimento - che il Governo, di concerto con le Amministrazioni regionali e locali, sta definendo per garantire la certezza della realizzazione di interventi nel Mezzogiorno e nel resto del Paese - passa per i Patti per lo sviluppo: con questi strumenti il Governo, le Regioni e le Città metropolitane si impegnano su alcuni obiettivi prioritari fissando tempi certi di realizzazione. La firma dei Patti per lo sviluppo, nella definizione degli strumenti di governance e quindi l’istituzione dei relativi Comitati di indirizzo, aggiunge all’attuale impianto normativo una gestione paritetica, da esercitarsi congiuntamente con le Regioni e gli enti locali firmatari per l’attuazione dei progetti ed il relativo monitoraggio e controllo. In questo ambito, è stata affidata all’Agenzia per la coesione territoriale la presidenza dei Comitati dei Patti per lo sviluppo, organi di indirizzo e controllo di cui si avvalgono l’Autorità Politica per la Coesione e le Regioni e le Città metropolitane interessate per la gestione dei Patti.

 

Il rimborso delle spese è disposto - su richiesta presentata dall’Amministrazione titolare degli interventi - alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche di coesione, che la inoltra al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. La procedura prevede il pagamento del 50 per cento del costo realizzato all’atto del ricevimento della richiesta stessa, corredata dell’autocertificazione del rappresentante legale dell’Amministrazione richiedente, attestante il costo effettivo dell’intervento e la regolarità delle spese.

Il pagamento del restante 50 per cento del costo realizzato avviene entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, previa attestazione da parte dell’Agenzia per la coesione territoriale della coerenza dell’importo con i dati relativi all’avanzamento della spesa inseriti e validati nella Banca Dati Unitaria (BDU) degli interventi della politica regionale.

 

Il comma 2 persegue l’obiettivo di assicurare, nell’attuazione dei Patti per lo sviluppo, lo snellimento dei procedimenti di decisione sugli interventi contenuti nei Patti stessi, prevedendo, da una parte, il ricorso alla Conferenza di servizi simultanea, a cui partecipa, in base a quanto previsto dalla legge sul procedimento amministrativo, un unico rappresentante per ciascun livello di governo e, dall’altra, l’individuazione, per ciascun intervento finanziato, dell’Amministrazione che deve gestire la Conferenza di servizi e assumere la decisione finale in ordine alla realizzazione dell’intervento stesso.

 

In base alla disciplina generale contenuta nella legge sul procedimento amministrativo, l’indizione della conferenza di servizi è obbligatoria quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta (art. 14, comma 2, L. 241/1990). Fuori dell'assenso incondizionato o del dissenso insuperabile raccolti in conferenza semplificata, che fungono da presupposto per la conclusione dei lavori in conferenza nonché del procedimento, l'amministrazione procedente deve procedere alla convocazione di una conferenza simultanea (oggetto della disciplina del novello articolo 14-ter della citata legge n. 241, su cui ha inciso uno dei principi e criteri direttivi della legge delega n. 124 del 2015): secondo il principio di "proporzionalità", si danno riunioni in presenza solo per i procedimenti complessi (la 'presenza' peraltro può svolgersi anche in via telematica, già a partire da una legge del 2005, che ha previsto la convocazione e svolgimento avvalendosi degli strumenti informatici disponibili, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte; una legge del 2009 ha ulteriormente novellato la legge n. 241, prevedendo che lo svolgimento possa avvenire per via telematica, cioé cd. teleconferenza). I lavori della conferenza "simultanea" debbono concludersi entro quarantacinque giorni dalla data di riunione; la partecipazione di ciascuna amministrazione alla conferenza avviene mediante un unico rappresentante e, qualora la partecipazione coinvolga amministrazioni sia statali sia non statali, le prime sono rappresentate da un unico soggetto, abilitato ad esprimere l'univoca definitiva posizione del complesso delle amministrazioni statali, che ne rimangono vincolate. Le amministrazioni preposte alla tutela degli interessi 'sensibili' (beni culturali, ambiente, sanità, pubblica incolumità) rendono a tale rappresentante unico l'eventuale proprio dissenso.

 

I Patti per il Sud

Le risorse finanziarie destinate ai Patti per il Sud a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2014-2020 sono state assegnate dal CIPE con la delibera n. 26 del 10 agosto 2016, per un totale di 13,412 miliardi di euro.

Il singolo patto considera il complesso delle risorse disponibili, provenienti dai PON e POR dei Fondi strutturali (FESR e FSE) 2007-2013, dal Fondo Sviluppo e Coesione per la programmazione 2007-2013, nonché dai PON e POR dei Fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-2020, dai fondi di cofinanziamento regionale e dal Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020, oltre a eventuali finanziamenti specifici. In ogni patto devono essere indicati: le linee strategiche; gli strumenti e le risorse a disposizione; gli interventi prioritari da realizzare; il costo e le risorse ad esso destinate; la governance del processo.

I 15 Patti per il Sud - uno per ognuna delle 8 Regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) e uno per ognuna delle 7 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari e Messina) – sono stati sottoscritti nel periodo aprile-novembre 2016:

Patto

Sottoscrizione

Risorse FSC 2014-2020

Regioni

 

 

24 aprile 2016

2.780.000.000

30 aprile 2016

1.198.700.000

2 maggio 2016

565.200.000

17 maggio 2016

753.100.000

26 luglio 2016

378.000.000

29 luglio 2016

1.509.600.000

10 settembre 2016

2.071.500.000

10 settembre 2016

2.320.000.000

Città metropolitane

 

 

30 aprile 2016

133.000.000

30 aprile 2016

332.000.000

30 aprile 2016

332.000.000

17 maggio 2016

230.000.000

26 ottobre 2016

308.000.000

22 ottobre 2016

332.000.000

17 novembre 2016

168.000.000

Per le Regioni Abruzzo, Molise e Puglia l'assegnazione finanziaria sopra indicata comprende rispettivamente, per 0,674 milioni di euro (Regione Abruzzo), 9,55 milioni di euro (Regione Molise) e 57,728 milioni di euro (Regione Puglia) la copertura del fabbisogno finanziario degli interventi ancora da completare alla data del 31 dicembre 2015, relativi alla programmazione 2007-2013, interventi che sono conseguentemente inseriti nell'ambito del patto per il sud relativo a ciascuna regione.

 

Ai fini della ricognizione e dell'aggiornamento sull'andamento dei patti per il sud stipulati dal governo con le regioni del mezzogiorno e con le città metropolitane, si veda il Primo Rapporto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, aggiornato al 13 dicembre 2016.

 

Per un quadro complessivo dell’applicazione dell’istituto si veda, inoltre, il seguente link:

http://www.agenziacoesione.gov.it/it/Notizie_e_documenti/news/2017/maggio/PattiSud_confstampaDeVincenti

 


Articolo 6-bis
(Disposizioni per agevolare le intese regionali a favore degli investimenti)

 

L'emendamento 6.0.9 (testo 2 corretto), accolto in sede referente, recante un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 6, è volto ad incentivare le intese regionali, già previste nell'ordinamento, con cui sono messi a disposizione degli enti locali spazi finanziari per investimenti.

 

Il primo periodo dell'articolo aggiuntivo stabilisce per le regioni che rendono disponibili spazi finanziari per gli enti locali del proprio territorio nell'ambito delle intese territoriali (di cui all'articolo 10 della legge n. 243 del 2012) è autorizzato lo svincolo di destinazione delle somme alle stesse spettanti dallo Stato nel limite del doppio degli spazi finanziari resi disponibili. Ciò, purché non esistano obbligazioni sottostanti già contratte ovvero non si tratti di somme relative ai livelli essenziali delle prestazioni, per le quali la regione è tenuta a farvi fronte. Tale facoltà è prevista per gli anni 2017-2019.

La finalità della disposizione, esplicitata nell'articolo aggiuntivo, è quella di favorire gli investimenti da parte degli enti locali.

 

L'articolo 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, disciplina il ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali. Esso è consentito esclusivamente per finanziare spese di investimento con le modalità e nei limiti stabiliti dal medesimo articolo e dalla legge dello Stato.

Le intese a cui si riferisce l'articolo aggiuntivo sono quelle disciplinate all'art.10, comma 3, della legge n.243 del 2012. Queste sono concluse in ambito regionale in modo da garantire il rispetto del saldo di bilancio (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) del complesso degli enti territoriali della regione interessata in ciascun anno di riferimento. Nell'ambito di tali intese è consentito agli enti territoriali che le sottoscrivono di poter finanziare operazioni di investimento attraverso indebitamento o utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

Il D.P.C.M. 21 febbraio 2017, n. 21, ha dato attuazione al citato articolo 10 e stabilito, al comma 2, la procedura per la definizione delle richiamate intese regionali. Il relativo iter si avvia con alcuni adempimenti da parte delle Regioni e delle Province autonome, fra cui la definizione delle modalità di presentazione delle domande di cessione e acquisizione degli spazi finanziari da parte degli enti territoriali. Successivamente, entro il 31 marzo (termine da intendersi come perentorio), le medesime Regioni e le Province autonome comunicano agli enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e alla Ragioneria generale dello Stato (attraverso il sistema web dedicato al pareggio di bilancio) gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento del rispetto del saldo di bilancio. Tali elementi informativi devono far riferimento a ciascun ente locale e alla stessa regione o provincia autonoma nel suo complesso.

 

La disposizione in commento trova applicazione anche per il 2017, sebbene i termini per la stipula delle richiamate intese sia già scaduto. Infatti, l'emendamento 15.0.1000, presentato dal Governo e risultante dall'approvazione di due subemendamenti (15.0.1000/4 e 15.0.1000/8) nel corso dell'esame in sede referente, dispone, al comma 4, l'attivazione, per il solo 2017, di una seconda procedura, dopo quella già conclusa, per giungere alle richiamate intese (Cfr scheda relativa all'art 15-bis).

 

Il secondo periodo dell'articolo aggiuntivo stabilisce che le risorse svincolate sono destinate dalle regioni prevalentemente alla riduzione del debito e agli investimenti nel rispetto del saldo di bilancio (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali).

 

I commi da 463 a 482 dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) hanno introdotto le nuove regole del pareggio di bilancio per gli enti territoriali ai fini del loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica. L’intervento consegue alle modifiche operate sulla disciplina dell’equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali contenuta nella legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio del pareggio di bilancio. In sostanza, mediante i richiamati commi sono state messe a regime, con alcune significative modifiche, le regole sul pareggio già introdotte, alcune per il solo 2016, con la legge di stabilità 2016. Sono stati inoltre disciplinati gli obblighi in capo ai predetti enti al fine del monitoraggio degli adempimenti e un articolato sistema sanzionatorio/premiale da applicare, rispettivamente, in caso di mancato conseguimento del saldo non negativo tra entrate finali e spese finali e in caso di rispetto del saldo a determinate condizioni.

In particolare, il comma 466 (dell'art. 1 della legge di bilancio 2017) stabilisce che a decorrere dall'anno 2017 gli enti territoriali devono conseguire il saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali Le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio. Per gli anni 2017-2019, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento. A decorrere dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali è incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali. Non rileva la quota del fondo pluriennale vincolato di entrata che finanzia gli impegni cancellati definitivamente dopo l'approvazione del rendiconto dell'anno precedente.

 


Articolo 6-bis
(Misure per il completamento delle infrastrutture)

 

L'emendamento 6.0.14 (testo 3), accolto in sede referente, recante un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 6, novella il punto 5.4 dell'allegato 4.2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, con riguardo alle modalità di utilizzo dei ribassi d'asta per il finanziamento delle infrastrutture.

 

L'articolo aggiuntivo interviene sul punto 5.4 dell'allegato 4.2:

§  confermando la disposizione vigente che consente, successivamente all'aggiudicazione definitiva della gara, di finanziare le spese contenute nel quadro economico dell'opera prenotate, ma non ancora impegnate, attraverso il fondo pluriennale vincolato;

§  stabilendo che gli eventuali ribassi di asta rappresentano economie di bilancio, e confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione, se entro il secondo esercizio successivo all'aggiudicazione non sia intervenuta la rideterminazione del quadro economico progettuale con cui si opera un incremento delle spese del quadro economico dell'opera stessa (da finanziare con i medesimi ribassi) e sempre che l'ente interessato rispetti i vincoli di bilancio.

La formulazione vigente, che l'emendamento in esame intende superare, stabilisce invece che gli eventuali ribassi di asta confluiscono direttamente nella quota vincolata del risultato di amministrazione "a meno che, nel frattempo, sia intervenuta formale rideterminazione del quadro economico progettuale".

L'emendamento consente di poter disporre di una maggiore tempistica (coincidente con il secondo esercizio successivo all'aggiudicazione) per poter rideterminare il quadro economico dell'opera al fine di poter utilizzare, nell'ambito della stessa, eventuali ribassi d'asta, prima che dette risorse diventino economie di bilancio, e quindi non siano più utilizzabili per finanziare l'opera.


Articolo 7
(Valorizzazione dei contratti istituzionali di sviluppo – CIS)

 

 

L’articolo 7, modificato durante l'esame in sedere referente con l'approvazione dell'em. 7.2000 (testo 2), è volto a promuovere, favorendo l’utilizzo dei Contratti istituzionali di sviluppo, la realizzazione di interventi di particolare complessità finanziati a valere sulle risorse nazionali ed europee; a tal fine la norma affida al Presidente del Consiglio ovvero al Ministro per la coesione territoriale l’individuazione degli interventi per i quali deve procedersi alla sottoscrizione dei Contratti medesimi, su richiesta delle amministrazioni interessate.

 

Il Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) è un istituto previsto nell’ordinamento dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011[11], sul quale sono poi successivamente intervenute ulteriori disposizioni, sia allo scopo di integrarne la disciplina che per rafforzarne l’utilizzo.

Introdotto in sostituzione del previgente istituto dell’intesa istituzionale di programma, il CIS costituisce uno strumento che le amministrazioni competenti possono stipulare sia per accelerare l’utilizzo dei fondi strutturali europei, sia per accelerare la realizzazione di nuovi progetti strategici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, tra loro funzionalmente connessi in relazione a obiettivi e risultati, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

In particolare, i CIS sono finalizzati all’accelerazione della realizzazione degli interventi speciali che prevedono la realizzazione di opere infrastrutturali, funzionali alla coesione territoriale e a uno sviluppo equilibrato del Paese. Con i CIS, in sostanza, le risorse sono concentrate per la realizzazione di un'unica grande infrastruttura a valenza nazionale o interregionale (salve eccezioni dettate da specificità territoriali), superando i tradizionali limiti regionali verso una logica per macroaree. Nel contratto vengono definiti i tempi di attuazione (cronoprogramma), le responsabilità dei contraenti, i criteri di valutazione e monitoraggio e le sanzioni per eventuali inadempimenti. Il contratto istituzionale di sviluppo viene stipulato dal Ministro per la coesione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e dalle amministrazioni competenti.

Successivamente l’articolo 9-bis del decreto-legge n. 69/2013 ha previsto (anche ai fini della più rapida utilizzazione dei fondi strutturali europei oggetto dell’articolo 9 dello stesso D.L.), specifiche disposizioni per accelerare la realizzazione degli interventi strategici ed ha integrato la disciplina del Contratto Istituzionale di Sviluppo, prevedendo, tra l’altro, che le Amministrazioni responsabili degli interventi possano avvalersi dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. per tutte le attività economiche, finanziarie e tecniche - comprese quelle di progettazione di cui all’art. 90 del codice di cui al Decreto Legislativo n. 163/2006[12] – nonché in qualità di Centrale di committenza, ad esclusione di quanto demandato all’attuazione da parte dei concessionari di servizi pubblici.

Con una ulteriore norma, prevista dal D.L. n. 101/2013 (articolo 10, comma 2, lettera f-ter), è stato poi stabilito che la Presidenza del Consiglio del Ministri promuove il ricorso alle modalità di attuazione rafforzata previste dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 818 2011 e dagli articoli 9 e 9-bis del decreto legge n. 69 del 2013 sopra citati.

In materia è da ultimo intervenuto l’art. 1, comma 703, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), che reca le nuove procedure per la programmazione delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la coesione per il ciclo 2014-2020, nel quale si prevede, alla lettera g), che successivamente all’approvazione del piano stralcio e dei piani operativi di ripartizione da parte del CIPE, l’Autorità politica per la coesione[13] coordini l’attuazione dei suddetti piani a livello nazionale e regionale,  individuando i casi nei quali, per gli interventi infrastrutturali di notevole complessità, si debba procedere alla stipulazione del contratto istituzionale di sviluppo ai sensi dei medesimi articoli 6 del D.lgs.88/2011  e 9-bis del D.L. 69/2013 di cui sopra.

L’articolo 7 in esame non modifica il descritto quadro normativo, che viene confermato mediante il richiamo, contenuto nell’articolo, al decreto legge n.101 del 2013 ed al comma 703 della legge di stabilità 2015, dettando disposizioni che appaiono volte principalmente a determinarne una migliore implementazione ed  una più efficace operatività.

A tal fine viene previsto che per accelerare l'attuazione di interventi complessi, definiti dalla norma come “aventi natura di grandi progetti” ovvero di “investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi, che richiedano un approccio integrato e l'impiego di fondi strutturali di investimento europei e di fondi nazionali inseriti in piani e programmi operativi finanziati a valere sulle risorse nazionali e europee”, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, individua gli interventi per i quali si procede alla sottoscrizione di appositi Contratti istituzionali di sviluppo, su richiesta delle amministrazioni interessate.

L’articolo precisa inoltre che quanto dallo stesso previsto risulta disposto anche in coerenza con quanto previsto dall'articolo 36 del regolamento(UE) n. 1303/2013[14].

Tale articolo dispone che qualora una strategia di sviluppo urbano o un'altra strategia o patto territoriale richieda un approccio integrato che comporti investimenti del Fondo sociale europeo, del Fondo europeo sviluppo regionale o del Fondo di coesione nell'ambito di più assi prioritari di uno o più programmi operativi, le azioni possono essere eseguite sotto forma di investimento territoriale integrato ("ITI") e possono a tal fine essere integrate da un sostegno finanziario dal FEASR(Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) o dal FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca).

Secondo quanto risulta dal sito relativo ai Contratti istituzionali di sviluppo   I CIS attualmente attivati – cui dovrebbe aggiungersi quello recentemente intervenuto per l’area di Taranto - sono i seguenti:

§  CIS: Napoli-Bari-Lecce/Taranto;

§  CIS: Messina-Catania-Palermo;

§  CIS: Salerno-Reggio Calabria;

§  CIS: Adeguamento itinerario SS Sassari-Olbia.

 

L'emendamento 7.2000 (testo 2) stabilisce che per la realizzazione di interventi urgenti previsti per la città di Matera designata ''Capitale europea della cultura 2019'', su richiesta del comune di Matera, si proceda, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, alla sottoscrizione di un apposito Contratto istituzionale di sviluppo, che prevede come soggetto attuatore l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.a.

Le risorse finanziarie destinate alla realizzazione degli interventi ricompresi nel Contratto sono trasferite annualmente, sulla base dello stato di avanzamento dei lavori e previo nulla osta del soggetto coordinatore degli interventi individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 giugno 2017, ad una contabilità speciale intestata al soggetto attuatore. Il soggetto attuatore presenta il rendiconto della contabilità speciale di cui è titolare al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ufficio centrale del bilancio, presso il Ministero dei beni e delle attività culturali, secondo le modalità di cui agli articoli 11 e seguenti del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

 

Il D.Lgs. 30/06/2011, n. 123 citato concerne la disciplina dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell'articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. In particolare, il capo II disciplina gli atti sottoposti al controllo successivo di regolarità amministrativa e contabile ed i relativi soggetti obbligati

 


Articolo 8
(Disposizioni di semplificazione in materia di amministrazione straordinaria e in materia di armonizzazione dei sistemi contabili)

 

L’articolo 8 prevede l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.L. n. 347/2003, per le società cessionarie di complessi aziendali acquisiti da società sottoposte ad amministrazione straordinaria, anche in assenza dei requisiti dimensionali previsti dall’articolo 1, co. 1 dello stesso decreto legge 347/2003, ferma restando la sussistenza del presupposto dello stato di insolvenza. La deroga è prevista nel caso in cui le predette società siano destinatarie di domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento del contratto di cessione o di dichiarazione, da parte della società cedente, di avvalersi di clausola risolutiva espressa del contratto di cessione dei complessi aziendali acquisiti.

 

Con riguardo ai requisiti per l’ammissione alla procedura speciale (rispetto alla procedura ordinaria di ammissione all’amministrazione straordinaria delineata nel D.Lgs. n. 270/1999) di amministrazione straordinaria “delle grandi imprese in stato di insolvenza”, l’art. 1 del D.L. n. 347/2003, fa riferimento al possesso, da parte delle imprese, considerate sia singolarmente sia come gruppo di imprese, di entrambi i seguenti requisiti:

§  un numero minimo, da almeno un anno, di 500 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni;

§  debiti per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro.

Come è noto la procedura ordinaria di ammissione all’amministrazione straordinaria è contenuta nel D.Lgs. n. 270/1999, che definisce l'amministrazione straordinaria delle imprese in stato d'insolvenza come la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, diretta alla conservazione del patrimonio produttivo, tramite la prosecuzione, la riattivazione ovvero la riconversione dell'attività imprenditoriale (art. 1).  L'ambito dei soggetti ammessi alla procedura viene circoscritto alle imprese, anche individuali, soggette alla legge fallimentare e in possesso dei seguenti requisiti:

§  un numero di lavoratori subordinati non inferiore alle 200 unità (inclusi quelli che eventualmente fruiscono del trattamento di integrazione guadagni);

§  debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale, che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio (art. 2);

§  presenza di concrete prospettive di recupero (art. 27) da realizzarsi, alternativamente, mediante "la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno" ("programma di cessione dei complessi aziendali”) ovvero "tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni" ("programma di ristrutturazione").

Su tale disciplina generale si è innestato il decreto-legge n. 347/2003, che prevede  misure volte a semplificare l'ammissione alla procedura concorsuale e a rafforzare i poteri riconosciuti all'autorità amministrativa, per imprese con almeno 500 lavoratori subordinati e debiti per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro[15]. Presupposto per l’ammissione all’amministrazione straordinaria è dunque l’esistenza di concrete prospettive di recupero, che può avvenire  attraverso:

§  un programma di cessione dei complessi aziendali (con il passaggio dunque dell’esercizio dell’attività ad un soggetto giuridico diverso);

§  un programma di ristrutturazione (che presuppone la prosecuzione dell’attività senza trasferimento a terzi).

 

Si ricorda al riguardo che l'Assemblea della Camera ha approvato, in data 10 maggio 2017, il disegno di legge A.C. 3671-ter-A, derivante dallo stralcio dell'originario disegno di legge A.C. 3671, concernente la "Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza"[16]. L'oggetto del disegno di legge è la riforma organica della disciplina della amministrazione straordinaria di cui al D. Lgs. n. 270/1999 e al D.L. n. 347/2003, al fine di ricondurre tale istituto a un quadro di regole generali comuni, come derivazione particolare della procedura generale concorsuale. Obiettivo della riforma è dunque quello di assicurare coerenza sistematica, nonché di contemperare le esigenze dei creditori e l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione di imprese in stato di insolvenza che, per dimensione, appaiono di particolare rilievo economico sociale[17]. I numerosi principi e criteri direttivi della delega riguardano dunque, innanzitutto, una procedura unica di amministrazione straordinaria, con finalità conservative, finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese, ovvero di gruppi di imprese. Si segnala che, tra gli altri profili, il disegno di legge modifica i presupposti di accesso alla procedura. Con riferimento ai profili dimensionali dell'impresa o dei gruppi di imprese, nelle imprese singole il numero minimo di dipendenti è stabilito in 250 e in complessivi 800 in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese del gruppo. Inoltre, il requisito dimensionale, dunque il concetto di "grande impresa", non è più ancorato ai soli occupati, ma anche alla media del volume di affari degli ultimi tre esercizi. Infine, accanto alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, si prevede la salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta e indiretta.

 

Le misure di cui alla norma in commento si applicano, anche su istanza del commissario straordinario[18] della società cedente, nei confronti delle società alle quali siano stati ceduti complessi aziendali, facenti capo a società sottoposte ad amministrazione straordinaria, nei casi in cui le stesse si rendano gravemente inadempienti rispetto alle obbligazioni contrattualmente assunte all’atto della cessione. Ciò nei casi in cui tali società siano destinatarie di:

§  domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento del contratto di cessione;

§  dichiarazione, da parte della società cedente, di avvalersi di clausola risolutiva espressa del contratto di cessione dei complessi aziendali acquisiti.

Si ricorda, in proposito, che l’art. 63 del D.lgs. n. 270/99, che disciplina la vendita di aziende in esercizio, pone in capo all’acquirente, per almeno due anni dalla stipula, l’obbligo di proseguire le attività imprenditoriali, nonché di mantenere i livelli occupazionali stabiliti all'atto della vendita, sulla base di quanto previsto nel piano industriale. A tal fine, la scelta dell'acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell'ammontare del prezzo offerto, dell'affidabilità dell'offerente e del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali.

La relazione illustrativa rileva che, per finalità di salvaguardia dell’occupazione, nell’ambito della procedura di consultazione tesa a raggiungere l’accordo di cui all’art. 47, co. 2, della L. n. 428/90, le società cedente e acquirente definiscano con le organizzazioni sindacali le condizioni per il trasferimento anche parziale dei lavoratori, sempre in coerenza con le previsioni del piano industriale presentato dall’acquirente. Come altresì evidenziato dalla relazione illustrativa, l’assunzione, da parte dell’acquirente, dell’obbligo di prosecuzione dell’attività imprenditoriale, nonché di mantenimento dei livelli occupazionali stabiliti all’atto della vendita, costituisce un presupposto indefettibile ai fini dell’aggiudicazione dei complessi aziendali relativi alle procedure di amministrazione straordinaria[19].

 

L'emendamento 8.2 recante un comma 1-bis, accolto dalla Commissione in sede referente prevede - sotto forma di interpretazione autentica dell'articolo 3, comma 1-ter del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, introdotto dall'articolo 1, comma 2-bis del decreto legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito dall'articolo 1, comma 1, della legge 4 marzo 2015, n. 20 - che nella categoria dei crediti prededucibili (ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare) rientrano quelli delle imprese di autotrasporto che consentono le attività ivi previste e la funzionalità degli impianti produttivi dell'ILVA.

 

Ancora la Commissione in sede referente propone un secondo comma aggiuntivo (con l'approvazione dell'em. 8.3), che impatta sulla normativa di remunerazione della disponibilità di capacità produttiva di energia elettrica, volta ad assicurare il raggiungimento e il mantenimento dell'adeguatezza della capacità produttiva, con la copertura della domanda nazionale con i necessari margini di riserva. In particolare, ci si sofferma sulle garanzie a copertura delle obbligazioni assunte dai soggetti partecipanti al sistema di remunerazione della capacità di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo del 19 dicembre 2003 n. 379, in qualunque forma prestate: esse non potranno essere distratte dalla destinazione prevista, né essere soggette ad azioni ordinarie, cautelari o conservative da parte dei creditori dei singoli soggetti partecipanti ovvero del Gestore della rete di trasmissione nazionale ovvero del soggetto cui potrà essere affidata la gestione delle garanzie stesse, anche in caso di apertura di procedure concorsuali. Durante il periodo di partecipazione al mercato della capacità e per l'intera durata degli impegni contrattuali - inoltre - non opera, nei confronti dell'ammontare garantito, la compensazione legale e giudiziale e non può essere pattuita la compensazione volontaria.

 

L'emendamento 8.0.5 (testo 3) aggiunge un comma all'articolo 11?ter (Enti strumentali) del D.Lgs. 23/06/2011, n. 118 recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

La novella stabilisce che l'articolo 11?ter del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, inserito dall'art. 1, comma 1, lett. n), D.Lgs. 10 agosto 2014, n. 126, non si applica ai Corpi volontari dei vigili del fuoco, nonché alle relative unioni.

L'articolo 11-ter in parola contiene le definizioni di ente strumentale controllato di una regione o di un ente locale di cui all'art. 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

 


Articolo 9
(Misure urgenti ambientali in materia di classificazione dei rifiuti)

 

 

L’articolo 9 interviene sulla disciplina concernente la classificazione dei rifiuti contenuta nella premessa dell’allegato D alla parte quarta del cd. Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006), al fine di sopprimere la gran parte delle disposizioni in essa contenute (ed introdotte dal D.L. 91/2014). Il nuovo testo della premessa, risultante dalla modifica, si limita infatti a chiarire che, ai fini della classificazione dei rifiuti da parte del produttore (mediante l’assegnazione del codice CER appropriato), devono essere applicate le nuove regole previste dalla decisione 2014/955/UE e dal regolamento (UE) n. 1357/2014.

Nel corso dell’esame in sede referente, con l'approvazione dell'em. 9.2, è stato precisato che devono altresì essere applicate le regole previste dal Regolamento (UE) n. 2017/997, che modifica l'allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la caratteristica di pericolo HP 14 “Ecotossico”.

 

Sono, pertanto, soppressi i numeri da 1 a 7 della parte premessa all'introduzione del citato allegato D, che sono stati inseriti dal D.L. 91/2014 e che elencavano i principi di classificazione dei rifiuti e le modalità per stabilire la pericolosità del rifiuto.  Tali numeri sono sostituiti dal richiamo alle predette regole europee.

 

In sintesi, i numeri da 1 a 7, che sono soppressi dalla norma in esame, prevedevano:

1.   la classificazione dei rifiuti da parte del produttore attraverso l’assegnazione  ad essi del competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE;

2.   la qualificazione di un rifiuto come pericoloso senza alcuna ulteriore specificazione, qualora fosse classificato con codice CER pericoloso 'assoluto';

3.   la qualificazione di un rifiuto come non pericoloso senza ulteriore specificazione, qualora un rifiuto fosse classificato con codice CER non pericoloso 'assoluto';

4.   lo svolgimento di una serie di indagini al fine di determinare le proprietà di pericolo, qualora un rifiuto fosse classificato con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso;

5.   l’individuazione delle caratteristiche di pericolo del rifiuto prendendo come riferimento i composti peggiori, qualora i componenti di un rifiuto fossero rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico;

6.   la classificazione di un rifiuto come pericoloso qualora le sostanze presenti in un rifiuto non fossero note o non fossero determinate con le predette modalità, ovvero le caratteristiche di pericolo non potessero essere determinate;

7.   la classificazione in ogni caso prima che il rifiuto si fosse allontanato dal luogo di produzione.

 

Ai fini di una valutazione della ratio dell’intervento normativo, è necessaria una ricostruzione della recente evoluzione delle normative nazionale ed europea, nonché della portata delle disposizioni contenute nella premessa dell’Allegato D.

 

L’evoluzione della normativa

Per quanto riguarda la disciplina europea, il 18 dicembre 2014 la Commissione europea ha adottato:

§  il regolamento (UE) n. 1357/2014 che ha sostituito l’allegato III della direttiva 2008/98/CE (recepito nell’ordinamento nazionale dall’allegato I alla parte IV del D.Lgs. 152/2006). Tale allegato, limitatamente alla caratteristica di pericolo HP 14 “Ecotossico”, è stato modificato dal recente regolamento (UE) n. 2017/997;

§  e la decisione 2014/955/UE, la quale ha modificato la decisione 2000/532/CE relativa all’elenco europeo dei rifiuti (recepito nell’ordinamento nazionale dall’allegato D alla parte IV del D.Lgs. 152/2006) provvedendo, in particolare, alla riscrittura di tale elenco.

In estrema sintesi, il regolamento (UE) n. 1357/2014 contiene le nuove indicazioni europee necessarie all’attribuzione delle caratteristiche di pericolo ai rifiuti e sostituisce le precedenti caratteristiche di pericolo da H1 a H15 con le nuove caratteristiche da HP1 a HP15. Con il regolamento (UE) n. 2017/997 sono state riscritte le disposizioni relative alla caratteristica di pericolo HP 14 “Ecotossico”.

La decisione 2014/955/UE, invece, modifica l’elenco europeo dei rifiuti, introducendo alcuni nuovi codici, sopprimendo gli articoli 2 e 3 della decisione 2000/532/CE e intervenendo sull’introduzione dell’allegato.

Tali disposizioni europee, essendo contenute in atti che hanno diretta applicazione nell’ordinamento nazionale, sono entrate in vigore alla data prevista negli atti citati, vale a dire il 1° giugno 2015. Le modifiche operate dal regolamento (UE) n. 2017/997 invece, per quanto disposto dall’art. 2 del medesimo provvedimento, saranno applicate a decorrere dal 5 luglio 2018.

Prima dell’entrata in vigore delle predette disposizioni europee, con il D.L. 91/2014 (lettera b-bis) del comma 5 dell’art. 13) è stata inserita, all’inizio dell’allegato D alla parte IV del cd. Codice dell’ambiente, una premessa (articolata in sette paragrafi, numerati da 1) a 7)) che ha introdotto ulteriori disposizioni sulla classificazione dei rifiuti, entrate in vigore (per espressa previsione del comma 5-bis dell’art. 13 del medesimo decreto-legge) decorsi centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ossia a far data dal 18 febbraio 2015.

L’introduzione di tali disposizioni ha però suscitato una serie di problemi interpretativi (v. infra). “In ragione delle perplessità sulla novella introdotta alla normativa nazionale manifestate” - come ricorda la relazione illustrativa – “da parte degli operatori del settore, degli enti di controllo, degli istituti tecnici, delle associazioni di categoria e delle autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni”, il Ministero dell’ambiente – come sottolineato dal Ministro in risposta all’interrogazione 4-13894 – ha emanato “due circolari[20] indirizzate alle regioni e alle province autonome, con le quali è stato specificato che il regolamento e la decisione sopra menzionati trovano piena ed integrale applicazione nell’ordinamento giuridico a decorrere dal 1° giugno 2015, ed inoltre che gli allegati D ed I del decreto legislativo n. 152 del 2006, contenenti le indicazioni per la classificazione dei rifiuti, non sono applicabili laddove risultino in contrasto con le nuove disposizioni dell'Unione europea” ed ha predisposto uno schema di decreto[21] al fine di adeguare gli allegati D e I alla parte quarta del d.lgs. 152/2006 (di recepimento, rispettivamente, dell’elenco dei rifiuti allegato ala decisione 2000/532/CE e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti elencate nell’allegato III della direttiva 2008/98/CE).

Una delle principali finalità dello schema (mai adottato, v. infra) era proprio la soppressione della premessa dell’allegato D alla parte IV del cd. Codice dell’ambiente che, come sottolineato dallo stesso Ministero dell’ambiente nella relazione illustrativa trasmessa al Consiglio di Stato, sarebbe “in alcune sue parti in contrasto con la intervenuta norma comunitaria”.

Nel proprio parere (n. 1480 del 15 maggio 2015) il Consiglio di Stato ha osservato che “l’immediata applicabilità nel nostro ordinamento del regolamento n. 1357/2014 della Commissione del 18 dicembre 2014 e della Decisione n. 2014/955/UE, avente pari data, determina automaticamente, per il principio della lex posterior derogat priori, l’abrogazione delle norme dei suddetti allegati D e I in contrasto con i predetti atti dell’U.E., anche se introdotte con il D.L. n. 91 del 2014, che risale appunto ad epoca precedente, e cioè al 24 giugno 2014”. Con riferimento alle norme dello schema finalizzate a sopprimere la premessa all’allegato D, lo stesso Consiglio ha giudicato la disposizione opportuna in quanto tale premessa non trova riscontro nella normativa europea e “anche perché si tratterebbe di norme introdotte con il più volte citato D.L. n. 91 del 2014, che sono da ritenersi interamente abrogate dai recenti provvedimenti adottati in sede europea”.

Essendo però intervenuta una norma di rango primario sull’allegato D del decreto legislativo n. 152/2006 (vale a dire quella recata dal D.L. 91/2014), il Consiglio di Stato, nel proprio parere, ha rilevato che “occorre, però, tener conto del fatto che, con la lett. b-bis) del co. 5 dell’art. 13 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, è stato di nuovo riportato alla fonte di rango primario l’intero preambolo, intitolato “Classificazione dei rifiuti”, dall’all. D alla parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006, sicché risulta assai dubbio che tale evento consenta, poi, di ricondurre alla materia delegificata quanto è stato introdotto con la suddetta lett. b-bis) dell’art. 13, co. 5, d.lgs. n. 91 del 2014, che si configura, cioè, come una disposizione introdotta con legge (o atto equiparato) successiva ad una precedente delegificazione”. Lo schema di decreto predisposto dal Ministero dell'ambiente, pertanto, non è stato definitivamente adottato.

 

Le disposizioni contenute nella premessa dell’allegato D

Con riferimento alla non conformità della premessa dell’allegato D in questione con la normativa dell’UE, nonché alla non necessità di alcune disposizioni contenute nella medesima premessa, nella relazione illustrativa viene ricordato, a titolo esemplificativo, che “il fatto che la classificazione dei rifiuti sia effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente Codice CER, prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione, ed applicando le disposizioni contenute nella decisione comunitaria 2000/532/CE (punti 1 e 7 della Premessa sulla classificazione introdotta dal decreto competitività), è un concetto che emerge già dalla lettura della norma nazionale e dagli ulteriori atti comunitari che non richiedono tra l’altro diretto recepimento”.

Viene altresì affermato che “le ulteriori disposizioni in tema di classificazione dei rifiuti (punti da 2 a 6 della citata premessa) introducono modalità applicative di fatto difficilmente attuabili a fronte di interpretazioni fortemente restrittive della norma”. Ciò vale, ad esempio, per la disposizione dettata dal numero 6) della premessa, secondo la quale quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalità stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso”. Al contrario, la relazione illustrativa ricorda che “la decisione 955/2014/UE della Commissione Europea, nel paragrafo «Valutazione e classificazione», Punto 2 «Classificazione di un rifiuto come pericoloso», specifica che la classificazione di un rifiuto come pericoloso deve essere effettuata ricercando, non tutte le sostanze che possono conferire le caratteristiche di pericolosità al rifiuto, ma solo quelle pericolose «pertinenti»”.

 

La relazione illustrativa sottolinea inoltre che “dalla lettura della premessa dell’Allegato D sembrerebbe altresì che per individuare i composti presenti nel rifiuto si debba necessariamente procedere attraverso tutte e tre le fasi indicate (la scheda informativa del produttore; la conoscenza del processo chimico; il campionamento e l’analisi del rifiuto)”.

E ancora che la premessa in questione “fa riferimento alle «frasi di rischio» specifiche dei componenti presenti nei rifiuti al fine di definire la modalità di classificazione dei rifiuti; di contro la decisione non fa più riferimento a tali «frasi di rischio», ma la metodologia ivi stabilita si basa esclusivamente sui «codici di classe e categorie di pericolo», nonché sui «codici di indicazione di pericolo». Oltre ad essere in contrasto con la norma europea, la premessa dell’allegato D risulta di fatto inapplicabile nella pratica. Infatti, una interpretazione restrittiva, relativamente ai composti da ricercare nei rifiuti, intesa come conoscenza integrale di ciò che è contenuto nel rifiuto e non di cosa è ragionevole ricercare nello stesso, comporta l’impossibilità di dimostrare e quindi di classificare il rifiuto come non pericoloso anche quando lo stesso non possiede alcuna delle caratteristiche di pericolo di cui all’allegato III della direttiva 2008/98/CE. La classificazione di tutti i rifiuti, per i quali non è nota la composizione integrale, come pericolosi (rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento dei rifiuti urbani), determinerebbe la paralisi dell’intero sistema di gestione dei rifiuti nazionale”.


Articolo 9-bis
(Disposizioni per l'utilizzo delle disponibilità residue alla chiusura delle contabilità speciali in materia di protezione civile e trasferite alle Regioni)

 

L'emendamento 9.0.3 (testo 2) inserisce un articolo aggiuntivo 9?bis. con il quale si stabilisce che le Regioni sono tenute a conseguire un valore positivo del saldo previsto dall'articolo 1, comma 466, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, di importo pari alla differenza tra le risorse accertate nel 2017 per le risorse riversaste alle Regioni a seguito della chiusura delle contabilità speciali in materia di Protezione civile, ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 12 maggio 2016, n. 90, e i correlati impegni dell'esercizio 2017.

Conseguentemente, negli esercizi dal 2018 al 2020, il predetto obiettivo di saldo è ridotto di un importo pari agli impegni correlati alle risorse accertate di cui al periodo precedente, fermo restando il conseguimento di un saldo non negativo.».

La norma è volta a favorire l'utilizzo delle risorse derivanti alla chiusura delle contabilità speciali di cui all'articolo 5, commi 4?ter e 4?quater, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, secondo le procedure ordinarie di spesa.

 

I commi citati della Legge. 24/02/1992, n. 225, concernente l'istituzione del Servizio nazionale della protezione civile hanno affidato al Capo del Dipartimento della protezione civile l'emanazione di apposita ordinanza volta a favorire e regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in via ordinaria a coordinare gli interventi, conseguenti all'evento, che si rendono necessari successivamente alla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza. Con tale ordinanza poteva essere individuato, nell'ambito dell'amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui viene intestata la contabilità speciale appositamente aperta per l'emergenza in questione, per la prosecuzione della gestione operativa della stessa, per un periodo di tempo determinato ai fini del completamento degli interventi previsti dalle ordinanze già adottate. Per gli ulteriori interventi da realizzare secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti sono trasferite alla regione o all'ente locale ordinariamente competente ovvero, ove si tratti di altra amministrazione, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione. Le risorse di cui al periodo precedente, e le relative spese, non rilevano ai fini dei vincoli finanziari a cui sono soggetti le regioni e gli enti locali.

 


Articolo 9-bis

(Modifiche in materia di trasporto pubblico locale)

 

 

La disposizione proposta dalla Commissione con l'emendamento 9.0.9, apporta modifiche all'articolo 48 del decreto-legge n. 50 del 2017 (conv. L. n. 96 del 2017), recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo.

 

L’articolo 48 del DL n. 50 del 2017, come modificato in sede di conversione, reca, da un lato, disposizioni (commi da 1 a 8) relative all’organizzazione del trasporto pubblico locale e regionale, specificando le procedure per la determinazione dei bacini di mobilità riferibili a tale servizio e, dall'altro, misure (commi da 9 a 13) volte a contrastare l'evasione tariffaria e a migliorare la qualità del servizio.

 

L'articolo in esame modifica in primo luogo il comma 7, lettera e) dell'articolo 48, del suddetto decreto-legge.

 

Tale lettera nella sua formulazione vigente attribuisce all’Autorità di regolazione dei trasporti, in tema di procedure per l’affidamento di servizi di trasporto pubblico locale e regionale, il potere di intervenire, con attività di regolazione generale, richiedendo che nei bandi di gara sia previsto il trasferimento del personale dipendente non dirigenziale dal gestore uscente al subentrante e la conservazione, fino alla stipula di un nuovo contratto integrativo aziendale, del trattamento economico e normativo derivante esclusivamente dal contratto collettivo nazionale di settore. Il trattamento di fine rapporto relativo ai dipendenti del gestore uscente che transitano alle dipendenze del soggetto subentrante sono versati all’INPS dal gestore uscente.

 

La disposizione, come riscritta nel testo proposto dalla Commissione prevede che nei bandi di gara sia previsto il trasferimento senza soluzione di continuità di tutto il personale dipendente non dirigenziale dal gestore uscente al subentrante e che sia applicato in ogni caso al personale il contratto collettivo nazionale di settore e il contratto di secondo livello o territoriale applicato dal gestore uscente, nel rispetto delle garanzie minime disciplinate all'articolo 3, paragrafo 3, secondo periodo, della Direttiva 2001/23/CE.

 

L'articolo in secondo e ultimo luogo modifica il comma 12 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 50 prevedendo che i gestori del trasporto pubblico possano avvalersi di agenti accertatori solo previa verifica della possibilità di reimpiegare efficacemente con tali mansioni il personale dipendente dichiarato non idoneo.

 

Il comma 12 dell'articolo 48, nella sua formulazione vigente, dispone - in funzione di contrasto al fenomeno dell'evasione tariffaria - che i gestori del trasporto pubblico possano avvalersi di agenti accertatori, anche non appartenenti ai propri organici, ai quali sono riconosciuti, tra l'altro, i poteri di identificazione dei trasgressori e gli atti di accertamento delle violazioni previsti dalla normativa vigente (art. 13 della legge n. 689 del 1981).

 


Articolo 9-bis
(Disposizioni in materia di contratti di lavoro nel settore dei trasporti)

 

L'articolo in esame, introdotto durante l'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 9.0.25, interviene sull'art. 27 del decreto-legge n. 50 del 2017 in materia di trasporto pubblico locale. Esso propone l'abrogazione del comma 12-quinquies del suddetto art. 27. Tale comma, a sua volta, reca l'abrogazione, a far data dal primo rinnovo del contratto di lavoro del settore del trasporto locale (e comunque non oltre un anno dall’entrata in vigore del decreto-legge), del R.D. n. 148/1931, della L. n. 628/1952 e della L. n.1054/1960 aventi ad oggetto il trattamento giuridico ed economico del personale di ferrovie, tranvie e servizi di navigazione, del personale delle filovie urbane ed extra urbane e delle autolinee urbane e del personale degli autoservizi extraurbani.

 


Articolo 9-bis
(Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Procedura d'infrazione n. 2017/0127)

 

L’articolo 9-bis, introdotto nel corso dell’esame in Commissione con l'approvazione dell'em. 9.0.1000, reca una disciplina volta alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, allo scopo di attuare la direttiva (UE) 2015/720. Le disposizioni riproducono quelle contenute nello schema di decreto legislativo (Atto del Governo n. 357), che non è stato definitivamente adottato.

Si ricorda che la delega per l’emanazione del citato schema di decreto è stata conferita dall’art. 4 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (legge di delegazione europea 2015), che ha disciplinato le modalità e i termini per l'attuazione della direttiva (UE) 2015/720, inclusa nell’allegato B della medesima legge, e dettato princìpi e criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega per il suo recepimento, che si aggiungono ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'art. 1, comma 1, della legge medesima, in quanto compatibili.

Lo schema di decreto legislativo, sul quale le competenti Commissioni parlamentari hanno espresso il parere, è stato notificato alla Commissione europea (v. infra). Essendo nel frattempo scaduti i termini per l’esercizio della delega e in considerazione del mancato recepimento della direttiva, è stata aperta la procedura di infrazione 2017/0127.

Si segnala altresì che una nuova delega per il recepimento della direttiva (UE) 2015/720 è contenuta nell’art. 12 del disegno di legge di delegazione europea 2016 (Atto Senato n. 2834). Si segnala altresì che disposizioni identiche a quelle dell'articolo in esame erano contenute nell’art. 11-bis del disegno di legge europea 2017 (A.C. 4505-A), ma sono state soppresse nel corso dell’esame in Assemblea.

 

L’articolo 9-bis integra le finalità della disciplina degli imballaggi, al fine di favorire livelli sostenuti di riduzione dell’utilizzo di borse di plastica, introduce nuove definizioni relative agli imballaggi in plastica, necessarie per l’applicazione della nuova disciplina, in cui rientrano quelle riguardanti le borse di plastica in materiale leggero e ultraleggero, nonché le borse di plastica biodegradabili e compostabili. Ulteriori disposizioni riguardano: le informazioni che devono essere rese ai consumatori; l’apposizione di diciture identificative delle borse commercializzabili da parte dei produttori; gli obblighi di relazione alla Commissione europea circa l’utilizzo di borse di plastica; l’organizzazione di campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sull’impatto delle borse di plastica sull’ambiente; l’introduzione di una serie di misure restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica e di sanzioni per chi viola tali disposizioni. Sono infine abrogate le norme vigenti per finalità di coordinamento con l’introduzione della nuova disciplina.

Di seguito si dà conto delle disposizioni previste dall’articolo in esame, che si configurano, in gran parte, come modifiche e integrazioni alla disciplina sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio contenuta all’interno del titolo II (Gestione degli imballaggi), costituito dagli articoli 217-226, della parte IV del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente).

Per una ricostruzione articolata della normativa vigente si rinvia invece alle premessa “Le norme nazionali sulla commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabile” contenuta nel dossier relativo all’Atto del Governo n. 357.

Comma 1, lettera a) (Nuove finalità della disciplina relativa agli imballaggi)

La lettera a) aggiunge, alle finalità sottese alla disciplina degli imballaggi (contenuta nel titolo II della parte IV del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente) quella di favorire livelli sostenuti di riduzione dell'utilizzo di borse di plastica, che integra più specificamente l’obiettivo collegato alla prevenzione e alla riduzione dell’impatto sull'ambiente degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio.

Tale precisazione viene introdotta mediante una modifica integrativa all’art. 217, che contempla ulteriori finalità cui deve tendere la disciplina della gestione degli imballaggi, vale a dire: assicurare un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato, nonché per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti importati, prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi e distorsioni della concorrenza e garantire il massimo rendimento possibile di imballaggi e rifiuti di imballaggio.

La modifica recata dalla lettera in esame corrisponde all’obiettivo, previsto dalla direttiva 2015/720/UE, in base al quale gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (paragrafo 1-bis dell’art. 4 della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’art. 1, punto 2), della direttiva 2015/720/UE).

A differenza della direttiva, la norma in esame fa riferimento alla finalità della riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in generale, e non solo a quelle in materiale leggero.

 

Un’ulteriore modifica recata dalla lettera in esame (sempre riferita all’art. 217 del D.lgs. 152/2006), di carattere formale, integra il riferimento alla direttiva 2015/720/UE tra le modificazioni apportate alla direttiva 94/62/CE.

Comma 1, lettera b) (Nuove definizioni relative agli imballaggi in plastica)

La lettera b) aggiunge nuove definizioni, relative agli imballaggi in plastica, a quelle contemplate dall’art. 218 del D.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), che si rendono necessarie ai fini dell’applicazione della nuova disciplina sulla gestione degli imballaggi (nuove lettere da dd-bis) a dd-octies) del comma 1 dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006).

Tali definizioni corrispondono per lo più a quelle recate dai punti 1-bis), 1-ter), 1-quater), 1-quinquies) e 1-sexies) dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE (introdotti dall’art. 1, punto 1), della direttiva 2015/720/UE).

 

Definizione di “plastica”

La nuova lettera dd-bis) dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006, inserita dalla lettera in esame, introduce la definizione di plastica, intesa come un polimero a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale delle borse.

Tale definizione è identica a quella prevista dal punto 1-bis) dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE (introdotto dall’art. 1, punto 1), della direttiva 2015/720/UE).

Per la definizione di polimero la norma rinvia a quella contenuta nell’art. 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006 (concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, c.d. regolamento REACH), di carattere prettamente chimico: in base a tale definizione, infatti, un polimero è una sostanza le cui molecole sono caratterizzate dalla sequenza di uno o più tipi di unità monomeriche. Tali molecole devono essere distribuite su una gamma di pesi molecolari in cui le differenze di peso molecolare siano principalmente attribuibili a differenze nel numero di unità monomeriche.

Borse di plastica e borse di plastica in materiale leggero e ultraleggero e commercializzazione delle stesse

Le successive lettere dd-ter), dd-quater e dd-quinquies) dell’art. 218 del D.Lgs. 152/2006, introdotte dalla lettera in esame, definiscono le borse di plastica, nonché le sottocategorie delle borse di plastica in materiale leggero (con spessore inferiore a 50 micron, pari a 0,05 millimetri) e ultraleggero (con spessore inferiore a 15 micron, pari a 0,015 millimetri) riproducendo le analoghe definizioni recate dai punti 1-ter), 1-quater e 1-quinquies) dell’art. 3 della direttiva 94/62/CE (introdotte dall’art. 1, punto 1), della direttiva 2015/720/UE).

Per quanto riguarda la definizione di “borse di plastica”, si fa notare che la norma in esame fa riferimento a borse “fornite ai consumatori per il trasporto di merci o prodotti”, mentre la definizione della direttiva riguarda le borse “fornite ai consumatori nei punti vendita di merci e di prodotti”. Si segnala, in proposito, che tale riferimento ai punti vendita è presente nella lettera dd-octies). Tale lettera infatti, nel definire la commercializzazione delle borse di plastica (attività su cui poi incideranno le misure introdotte dai nuovi articoli 226-bis e 226-ter del d.lgs. 152/2006), riguarda la fornitura di borse di plastica (contro pagamento o a titolo gratuito) da parte di produttori e distributori, nonché da parte dei commercianti nei punti vendita di merci e prodotti.

 

In merito alla definizione di borse di plastica in materiale ultraleggero si fa notare che essa, in linea con la direttiva, restringe il proprio ambito a quelle “richieste a fini di igiene o fornite come imballaggio primario per alimenti sfusi” (la direttiva precisa inoltre “se ciò contribuisce a prevenire la produzione di rifiuti alimentari”; tale parte della norma europea non è riprodotta nella definizione in esame).

La norma sembra far riferimento, in particolare, ai sacchetti di plastica che nei supermercati vengono utilizzati per la frutta e la verdura e ai guanti di plastica usati per riporre tali prodotti nei sacchetti.

Si ricorda che, in base alla disciplina degli imballaggi dettata dal D.lgs 152/2006, con il termine di “imballaggio” si intende il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo.

L’espressione “imballaggio primario” (o imballaggio per la vendita) fa invece riferimento ad un imballaggio concepito in modo da costituire, nel punto di vendita, un'unità di vendita per l'utente finale o per il consumatore.

Il punto 2) dell'allegato E alla parte quarta del D.lgs. 152/2006 riporta i criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della direttiva 2004/12/CE ed una serie di esempi illustrativi di quali materiali debbano intendersi imballaggi in base a tali criteri.

Borse di plastica oxo-degradabili

La successiva lettera dd-sexies) riguarda invece le borse di plastica oxo-degradabili, definite come quelle borse di plastica composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti.

Nel 18° considerando della direttiva 2015/720/UE viene sottolineato che “alcune borse di plastica sono indicate dai produttori come «oxo-biodegradabili» o «oxo-degradabili». In tali borse, nella plastica convenzionale sono incorporati degli additivi. Per effetto della presenza di detti additivi, col tempo la plastica si scompone in particelle minute che permangono nell'ambiente. È quindi fuorviante definire «biodegradabili» borse di questo tipo dal momento che potrebbero non essere una soluzione alla dispersione dei rifiuti ma potrebbero al contrario aumentare l'inquinamento”.

Si tratta di una posizione che sembra confermare quanto già in precedenza affermato dalla Commissione europea in risposta all’interrogazione parlamentare E-004217/2011.

Borse di plastica biodegradabili e compostabili

La nuova lettera dd-septies) dell’art. 218, inserita dalla lettera in esame, introduce la definizione di borse di plastica biodegradabili e compostabili, la cui commercializzazione è sempre consentita. Tale definizione fa riferimento alle borse di plastica certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, così come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma tecnica UNI EN 13432:2002. Si tratta di una definizione che non trova corrispondenza nella direttiva 2015/720/UE e che è riferita alle borse di plastica di qualsiasi spessore.

Nella relazione illustrativa allo schema di decreto n. 357 si sottolinea che tale definizione, benché “non esplicitamente enunciata all'articolo l, paragrafo l, della direttiva”, è “indispensabile per una corretta attuazione della nuova disciplina europea”. In proposito, la relazione richiama, in primo luogo, il 16° considerando della direttiva stessa, secondo cui  “la norma europea EN 13432 relativa ai «Requisiti per imballaggi recuperabili attraverso compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi» stabilisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per essere considerato «compostabile»: poter essere riciclato attraverso un processo di recupero organico comprendente il compostaggio e la digestione anaerobica” e “la Commissione dovrebbe chiedere al Comitato europeo di normazione di definire una norma distinta per gli imballaggi da compostaggio domestico”. E’, altresì, richiamato il 17° considerando in base al quale “è importante che a livello di Unione vi sia un riconoscimento delle etichette o dei marchi per le borse di plastica biodegradabili e compostabili”.

La direttiva 2015/720/UE fa riferimento ai concetti di biodegradabilità e compostabilità in due punti, peraltro richiamati nella relazione illustrativa dello schema al fine di giustificare l’inserimento della definizione di “borse di plastica biodegradabili e compostabili”.  L’articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’articolo 1, numero 2), a proposito delle misure che gli Stati membri adottano per conseguire una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, ossia delle borse di plastica con uno spessore inferiore a 50 micron, specifica, tra l’altro, che tali misure possono variare in funzione delle loro proprietà di compostabilità. L’articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE, introdotto dall’articolo 1, numero 3), prevede che, entro il 27 maggio 2017, la Commissione adotta un atto di esecuzione che stabilisce il disciplinare delle etichette o dei marchi per garantire il riconoscimento a livello di Unione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili e per fornire ai consumatori le informazioni corrette sulle proprietà di compostaggio di tali borse. Al più tardi 18 mesi dopo l'adozione di tale atto di esecuzione, gli Stati membri assicurano che le borse di plastica biodegradabili e compostabili siano etichettate conformemente al disciplinare di cui a tale atto di esecuzione.

Si ricorda che l’art. 2 del D.L. 2/2012 ha escluso dal divieto di commercializzazione i “sacchi monouso per l'asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002”. La norma tecnica UNI EN 13432:2002 (intitolata “Imballaggi - Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi”) è la versione ufficiale in lingua italiana della norma tecnica europea EN 13432 (del settembre 2000) che specifica i requisiti e i procedimenti per determinare le possibilità di compostaggio e di trattamento anaerobico degli imballaggi e dei materiali di imballaggio.

L’Allegato II della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, recante i requisiti essenziali concernenti la composizione, la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità degli imballaggi), alle lettere c) e d) del punto 3 reca rispettivamente i seguenti requisiti per la recuperabilità degli imballaggi:

-   imballaggi recuperabili sotto forma di composti: si tratta dei rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost, che devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti;

-   imballaggi "biodegradabili": si tratta dei rifiuti di imballaggio biodegradabili di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua.

In base a quanto previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 9 della citata direttiva, dalla data indicata nell'articolo 22, paragrafo 1, gli Stati membri presumono che siano soddisfatti tutti i requisiti essenziali in essa definiti, compreso l'Allegato II, quando gli imballaggi sono conformi:

a) alle pertinenti norme armonizzate, i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, prevedendo inoltre che gli Stati membri pubblicano i numeri di riferimento delle norme nazionali che recepiscono le norme armonizzate;

b) alle pertinenti norme nazionali di cui al paragrafo 3, se, per i settori cui si riferiscono tali norme, non esistono norme armonizzate.

Il paragrafo 3 del medesimo articolo 9 prevede che gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle norme nazionali che considerano conformi ai requisiti di cui all’articolo 9.

Si segnala che, con decisione della Commissione europea del 28 giugno 2001, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 12 luglio 2001, n. L 190, il riferimento alla norma armonizzata EN 13432:2000 dal titolo “Imballaggi – requisiti per imballaggi recuperabili attraverso compostaggio e biodegradazione – schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi”. Si tratta di una norma tecnica che nasce da un mandato specifico della Commissione europea al CEN (Comitato europeo di normalizzazione)  , che rientra tra gli organismi europei di normalizzazione di cui all’allegato I della direttiva 22 giugno 1998, n. 98/34/CE, relativa alla procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione.

Sui contenuti della norma tecnica citata, in risposta all’interrogazione 4/07537, pubblicata nell’allegato della seduta del 24 settembre 2015, il Ministro dell’ambiente ha richiamato un parere in merito alla nozione di «biodegradabilità» dei sacchi per asporto merci e alla valenza della norma UNI EN 13432:2002 emesso dall’ISPRA. Detto parere ha evidenziato che la norma armonizzata UNI EN 13432:2002, cui si riferisce il decreto ministeriale 18 marzo 2013 (attuativo dell’art. 2 del D.L. 2/2012) per individuare le sole tipologie di sacchetti monouso commercializzabili, «fornisce indicazioni sulla verifica della biodegradabilità dell'imballaggio, nonché della sua capacità di andare incontro a disintegrazione, solo in termini di biodegradazione controllata, di tipo aerobico o anaerobico, presso impianti di trattamento».

Altresì «la capacità di subire una degradazione per effetto di un processo di compostaggio rappresenta un elemento di valutazione della sua biodegradabilità in determinate condizioni, ma non può essere inteso come un criterio di valutazione assoluta. Una plastica può essere infatti biodegradabile ma non compostabile, ovvero potrebbe richiedere tempi di disintegrazione e degradazione più lunghi rispetto a quelli previsti dal processo di compostaggio (...). La norma UNI EN 13432:2002 individua quindi la biodegradabilità del materiale in riferimento ad una specifica modalità di trattamento dello stesso e non nei termini più generali di degradazione in qualsiasi condizione ambientale, quale ad esempio lo smaltimento incontrollato».

Lo stesso Ministro ha ricordato che ISPRA conclude il proprio parere affermando che «quanto riportato nella norma UNI EN 13432.2002, pur rappresentando un criterio di valutazione della biodegradabilità in determinate condizioni e non un criterio assoluto di valutazione della stessa, può comunque costituire un valido approccio di verifica, tenuto conto che l'imballaggio monouso biodegradabile e compostabile è tipicamente destinato, al termine del suo ciclo di vita, agli impianti di trattamento biologico o meccanico-biologico dei rifiuti» e precisando che «gli unici criteri di verifica della biodegradabilità dei sacchi monouso per l'asporto di merci risultano essere quelli stabiliti alla norma UNIEN 13432:2002».

Comma 1, lettera c) (Informazione ai consumatori)

La lettera c) modifica il comma 3 dell'articolo 219 del D.Lgs. 152/2006, introducendovi nuove disposizioni.

La norma novellata mira a responsabilizzare gli operatori economici - in omaggio ai principi generali "chi inquina paga" e di responsabilità condivisa - facendo sì che essi forniscano agli utenti degli imballaggi, ed in particolare ai consumatori, informazioni: sui sistemi di restituzione, raccolta e recupero disponibili; sul ruolo degli utenti medesimi nel processo di riutilizzazione, recupero e riciclaggio; sul significato dei marchi apposti sugli imballaggi; sugli elementi significativi dei programmi di gestione per imballaggi e rifiuti.

La proposta in esame intende integrare le informazioni che devono essere rese, introducendo i seguenti ulteriori elementi:

1)    l'impatto delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del loro utilizzo (nuova lettera d-bis);

2)    la sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili (nuova lettera d-ter);

3)    l'impatto delle borse "oxo-degradabili" (nuova lettera d-quater).

L'articolo 3, par. 1-sexies, della direttiva 94/62/CE definisce le borse di plastica oxo-degradabili come quelle "composte da materie plastiche contenenti additivi che catalizzano la scomposizione della materia plastica in microframmenti". La medesima definizione è inserita nel D.Lgs. 152/2006, ad opera del comma 1, lett. b), dell'articolo in esame (nuova lettera dd-sexies) dell'art. 218, comma 1).

L'art. 20-bis, par. 2, della direttiva 94/62/CE rinvia a una relazione della Commissione UE, da elaborare entro il 27 maggio 2017, l’esame dell'impatto dell'uso delle borse di plastica oxo-degradabili sull'ambiente. Il medesimo articolo autorizza anche la Commissione, ove opportuno, a presentare una proposta legislativa in materia. Nel par. 18 delle premesse alla direttiva 2015/720, si specifica che la relazione della Commissione potrebbe comprendere una serie di misure volte a limitare l'utilizzo, o a ridurre l'impatto nocivo, delle borse medesime.

Si ricorda in proposito che il Parlamento europeo, nella propria risoluzione del 14 gennaio 2014 su una strategia europea per i rifiuti di plastica nell'ambiente (2013/2113(INI), par. 7) ha chiesto la proibizione o il graduale ritiro dal mercato, entro il 2020, delle plastiche oxo-biodegradabili in virtù del pericolo che esse costituiscono sia per la salute umana che per l'ambiente.

Comma 1, lettera d) (Identificazione dei produttori)

La lettera d) aggiunge un ulteriore comma 3-bis all'articolo 219 del D.Lgs. 152/2006, ai sensi del quale i produttori delle borse di plastica ammesse alla commercializzazione devono apporre su di esse i propri elementi identificativi.

I produttori di  borse di plastica - di cui ai nuovi articoli 226-bis e 226-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, inseriti dall’articolo in esame – dovranno altresì apporvi "diciture idonee ad attestare che le borse prodotte rientrino in una delle tipologie commercializzabili", fatte salve le certificazioni previste nei predetti articoli.

In particolare, si prevede l'applicazione del disciplinare delle etichette o dei marchi - previsto dall'articolo 8-bis della direttiva 94/62/CE - alle borse biodegradabili e compostabili.

Di tale disciplinare è prevista l'adozione da parte della Commissione europea entro il 27 maggio 2017 tramite un atto di esecuzione.

Il documento in questione avrà la finalità di garantire il riconoscimento a livello di Unione delle borse di plastica biodegradabili e compostabili e di fornire ai consumatori le informazioni corrette sulle loro proprietà di compostaggio.

L'articolo 8-bis, par. 2, della medesima direttiva 94/62/UE  incarica gli Stati membri di assicurare che al più tardi 18 mesi dopo l'adozione del disciplinare le borse di plastica biodegradabili e compostabili siano etichettate conformemente ad esso.

Comma 1, lettera e) (Obbligo di relazione sull'utilizzo delle borse di plastica)

La lettera e) aggiunge un nuovo articolo 220-bis al D.Lgs. 152/2006, al fine di far fronte all'obbligo, che grava sugli Stati membri ai sensi dell'articolo 4, par. 1-bis, comma 5 della direttiva 94/62/CE, di riferire alla Commissione europea sull'utilizzo annuale di borse di plastica di materiale leggero.

La metodologia per il calcolo dell'utilizzo annuale avrebbe dovuto essere adottata tramite un atto di esecuzione della Commissione europea entro il 27 maggio 2016, che non sembrerebbe essere stato adottato come risulta dal sito della Commissione europea.

 

Il comma 1 della nuova norma incarica il Consorzio nazionale degli imballaggi (CONAI) di acquisire dai produttori e dai distributori di borse di plastica i dati necessari ad elaborare una relazione annuale.

Si evidenzia che il testo dell'articolo 220-bis fa riferimento ad una "relazione annuale", mentre l’articolo 4, paragrafo 1-bis della direttiva 94/62/CE prevede che si riferisca "sull'utilizzo annuale di borse di plastica di materiale leggero".

In realtà, l'articolo 4, paragrafo 1-bis, comma 5, della direttiva 94/62/CE specifica che i dati sull'utilizzo annuale di buste di plastica vanno forniti alla Commissione europea contestualmente a quelli sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio ex articolo 12 della medesima direttiva. Quest'ultimo specifica -  al paragrafo 5 - che i dati "sono forniti con le relazioni nazionali" relative all'attuazione della direttiva 94/62/CE[22].

 

Il Consorzio nazionale degli imballaggi è stato istituito dall'art. 224 del D.Lgs. 152/2006, con la finalità di raggiungere gli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio e di garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata. Al consorzio - che ha personalità giuridica di diritto privato senza fine di lucro - partecipano in forma paritaria i produttori assieme agli utilizzatori.

 

Il Consorzio dovrà quindi comunicare i dati in questione alla Sezione nazionale del Catasto rifiuti per via telematica, utilizzando il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) istituito dalla L. 70/1994. Del modello medesimo, peraltro, la norma in esame prevede un'ulteriore modifica, al fine di inserirvi i dati relativi alle borse di plastica.

Si ricorda che la procedura espressamente prevista dall'articolo 6, comma 2-bis, della citata legge n. 70 del 1994, prevede che modifiche ed integrazioni al modello unico di dichiarazione ambientale siano disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Al riguardo, si rileva che, sul piano della formulazione, può essere opportuno prevedere esplicitamente l'adozione di un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri finalizzato alla modifica in parola ai sensi della previsione normativa in materia.

 

Il Catasto dei rifiuti è disciplinato dall'art. 189 del D.Lgs. 152/2006. E' articolato in una Sezione nazionale, che ha sede a Roma presso l'ISPRA, e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento o Bolzano presso le corrispondenti Agenzie per la protezione dell'ambiente. E' incaricato di assicurare un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato dei dati acquisiti tramite il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI, v. art. 188-bis del medesimo decreto) in maniera tale che la tracciabilità dei rifiuti sia garantita dalla loro produzione sino alla destinazione finale.

 

In relazione all'ambito applicativo della norma, si prevede che le informazioni raccolte riguardano le buste di plastica la cui definizione è contenuta nel comma 1, lettera b) dell'articolo in esame (a cui si rinvia): borse di plastica (articolo 218, comma 1, lettera dd-ter);  borse di plastica in materiale leggero (articolo 218, comma 1, lettera dd-quater); borse di plastica in materiale ultraleggero (articolo 218, comma1, lettera dd-quinquies); borse di plastica oxo-degradabili (articolo 218, comma 1, lettera dd-sexies); borse di plastica biodegradabili e compostabili (articolo 218, comma 1, lettera dd-septies).

 

Il comma 2 specifica che i dati così forniti saranno elaborati dall'ISPRA in attuazione della metodologia di calcolo dell'utilizzo annuale pro capite di borse di plastica e dei modelli di segnalazione adeguati dalla Commissione europea ai sensi del citato articolo 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE.

Dal 27 maggio 2018 i dati relativi all'utilizzo annuale di borse di plastica in materiale leggero saranno comunicati alla Commissione europea con la relazione sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio in conformità all'articolo 12 della medesima direttiva.

Si ricorda che l'articolo 12 incarica gli Stati membri di costituire, laddove non esistano ancora, basi di dati armonizzate sugli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio (par. 1), da allegare alle relazioni nazionali (par. 5).


 

Comma 1, lettera f) (Campagne informative del CONAI sull'utilizzo delle borse di plastica)

La lettera f) integra le funzioni del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI), al fine di aggiungere alla tipologia delle campagne di informazione che tale organismo è chiamato a organizzare in accordo con le pubbliche amministrazioni (articolo 224, comma 3, lett. g), specifiche campagne di educazione ambientale e di sensibilizzazione dei consumatori sull'impatto delle borse di plastica sull'ambiente.

In particolare, si prevede la diffusione di informazioni riguardanti: l'impatto delle borse di plastica sull'ambiente e le misure necessarie al raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del loro utilizzo; la sostenibilità dell'utilizzo di borse di plastica biodegradabili e compostabili; l'impatto delle borse "oxo-degradabili".

Al riguardo, si fa infatti riferimento al novellato articolo 219 del codice dell'ambiente, per effetto del comma 1, lettera c), dell'articolo in esame.

Comma 1, lettera g) (Misure restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica)

La lettera g) introduce una serie di misure restrittive per la commercializzazione delle borse di plastica (nuovi articoli 226-bis) e 226-ter) del D.Lgs. 152/2006, c.d. Codice dell’ambiente).

Divieti di commercializzazione delle borse di plastica (nuovo art. 226-bis del D.Lgs. 152/2006)

Il comma 1 dell’art. 226-bis riprende i divieti di commercializzazione già previsti (ma di fatto mai applicati), per alcuni tipi di borse di plastica, dalla legislazione nazionale vigente (art. 2, comma 2, del D.L. 2/2012).

Si ricorda che il criterio di delega contemplato dalla lettera a) del comma 2 dell’art. 4 della L. 170/2016 prevedeva che venisse garantito il medesimo livello di tutela ambientale assicurato dalla legislazione già adottata in materia, prevedendo il divieto di commercializzazione, le tipologie delle borse di plastica commercializzabili e gli spessori già stabiliti.

L’art. 1, punto 2), della direttiva 2015/720/UE, che introduce il paragrafo 1-bis dell’art. 4 nella direttiva 94/62/CE, nel prevedere l’adozione da parte degli Stati membri delle misure necessarie per una riduzione sostenuta dell'uso di borse di plastica in materiale leggero (cioè con uno spessore inferiore a 50 micron), dispone che tali misure possono comprendere il mantenimento o l'introduzione di strumenti economici, nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all'art. 18 (il quale vieta agli Stati membri di ostacolare l'immissione sul mercato, nel loro territorio, di imballaggi conformi alle norme dell’UE), purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie.

Secondo la relazione illustrativa allo schema n. 357, tale possibilità di introdurre restrizioni alla commercializzazione deve ritenersi consentita per qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore, in base a quanto stabilito dall'articolo 4, paragrafo 1-ter, della direttiva 94/62/CE” (introdotto dal punto 2) dell’art. 1 della direttiva 2015/720/UE). Tale paragrafo prevede che gli Stati membri possono adottare misure tra cui (such as nella versione inglese della direttiva, telles ques nella versione francese della direttiva) strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore, fatto salvo quanto prevede l’articolo 15 della direttiva 94/62/CE che consente l’adozione di misure per la promozione degli obiettivi della direttiva da parte del Consiglio o degli Stati membri. La medesima relazione illustrativa precisa che “l'esclusione prevista nel testo originario della direttiva, per cui, sempre rispetto ai sacchi sopra i 50 micron, potevano adottarsi misure di riduzione, ma "with the exception of marketing restrictions", è stata successivamente eliminata e non compare nella versione finale della direttiva europea. A seguito delle modifiche concordate è stata consolidata la versione finale dell'articolo l-ter della direttiva, successivamente validata in sede di trilogo, con la eliminazione della eccezione che escludeva la possibilità per gli Stati Membri di mantenere o introdurre divieti di commercializzazione (ovvero marketing restrictions nella versione inglese) per le borse di plastica con spessore superiore ai 50 micron”. Si fa presente, peraltro, che nel testo della proposta di direttiva approvato dalla Commissione (COM(2013)0761) la disposizione di cui al comma 1-ter non era presente.

 

Dai divieti introdotti restano escluse le borse di plastica biodegradabili e compostabili, cioè – in base alla definizione recata dalla lettera b) dell’articolo in esame – le borse di plastica certificate da organismi accreditati e conformi ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità stabiliti dal Comitato europeo di normazione, ed in particolare  dalla norma tecnica UNI EN 13432:2002, in linea con quanto già previsto dalla normativa vigente.

Si ricorda che l’art. 2, comma 1, del D.L. 2/2012 esclude dal divieto di commercializzazione i sacchi monouso per l'asporto merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati.


 

La seguente tabella schematizza i differenti regimi di commercializzazione delineati dalla norma in esame, che riprendono nella sostanza quelli previsti (seppur mai applicati) dalla legislazione vigente:


Borse di plastica

Spessore (della singola parete)
e caratteristiche

Commercializzazione consentita?

? Borse biodegradabili e compostabili

qualunque spessore, certificate da organismi accreditati e rispondenti ai requisiti di biodegradabilità e di compostabilità, così come stabiliti dal Comitato europeo di normazione ed in particolare dalla norma EN 13432 recepita con la norma nazionale UNI EN 13432:2002

? Borse in materiale leggero

spessore < 50 micron e fornite per il trasporto (lett. b) dell'articolo in esame, capoverso art. 218, comma 1, lett. dd-quater)

? Borse riutilizzabili con maniglia esterna alla dimensione utile del sacco

? spessore > 200 micron e con almeno 30% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

? spessore > 100 micron e con almeno 10% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

? Borse riutilizzabili con maniglia interna alla dimensione utile del sacco

? spessore > 100 micron e con almeno 30% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano generi alimentari;

? spessore > 60 micron e con almeno 10% di plastica riciclata, fornite, come imballaggio per il trasporto, in esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

? Altre borse di plastica non rispondenti alle caratteristiche
           indicate ai punti 3) e 4) della presente tabella

 

A differenza della normativa vigente la norma in esame non fa riferimento all’uso (alimentare o meno) delle borse di plastica, ma al tipo di esercizio che le fornisce come imballaggio per il trasporto, distinguendo tra esercizi che commercializzano (anche) generi alimentari (come ad esempio i supermercati) ed esercizi che commercializzano esclusivamente merci e prodotti diversi dai generi alimentari.

 

Il successivo comma 2 del nuovo art. 226-bis dispone che le borse di plastica commercializzabili, sulla base dei criteri dettati dal comma 1, non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o dalla fattura d'acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite.

Si consideri che il paragrafo 1-bis dell’art. 4 della direttiva 94/62/CE (introdotto dall’art. 1, punto 2) della direttiva 2015/720/UE), prevede, tra l’altro, che le misure adottate dagli Stati membri (per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'uso di borse di plastica in materiale leggero) includono, tra le opzioni, l’adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia.

Riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero (nuovo art. 226-ter del D.Lgs. 152/2006)

I commi 1 e 2 dell’art. 226-ter perseguono la riduzione della commercializzazione delle borse di plastica in materiale ultraleggero, prevedendo che siano commercializzabili solo le borse di plastica “biodegradabili e compostabili” e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile.

Tale obiettivo viene perseguito in maniera progressiva fissando un contenuto di minimo di materia prima rinnovabile (MPR) sempre più elevato al passare del tempo, secondo quanto previsto dal comma 2:

·   dal 1° gennaio 2018, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di MPR non inferiore al 40%;

·   dal 1° gennaio 2020, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di MPR non inferiore al 50%;

·   dal 1° gennaio 2021, possono essere commercializzate esclusivamente le borse biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di MPR non inferiore al 60%.

 

Si ricorda, anche in relazione a tale disposizione, il disposto dell’art. 4, paragrafo 1-bis, della direttiva 94/62/CE (introdotto dall’art. 1, punto 2) della direttiva 2015/720/UE) in base al quale gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, che possono comprendere, tra l’altro, restrizioni alla commercializzazione (purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie). Il successivo paragrafo 1-ter consente agli Stati membri di adottare misure, tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali, in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore.

 

Il comma 3 contempera i vincoli alla commercializzazione introdotti dai commi precedenti con gli obblighi derivanti dalla normativa a tutela della salute dei consumatori relativa all'utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti.

A tal fine vengono fatti comunque salvi:

·     l’obbligo di conformità alla normativa sull’utilizzo dei materiali destinati al contatto con gli alimenti (c.d. MOCA), adottata in attuazione dei regolamenti (UE) 10/2011 (con specifico riferimento alle materie plastiche), (CE) 1935/04 (relativo alla disciplina generale) e (CE) 2023/06 (relativo alle buone pratiche di fabbricazione);

·     nonché il divieto di utilizzare la plastica riciclata per le borse destinate al contatto alimentare (previsto dall’art. 13 del D.M. 21 marzo 1973).

Il D.M. Sanità 21 marzo 1973 (recante “Disciplina igienica degli imballaggi, recipienti, utensili, destinati a venire in contatto con le sostanze alimentari o con sostanze d'uso personale” e pubblicato nella G.U. 20 aprile 1973, n. 104, S.O.) vieta l’impiego, per la preparazione di oggetti in materia plastica destinati a venire in contatto con alimenti, di materie plastiche di scarto e di oggetti di materiale plastico già utilizzati.

 

Il comma 4 disciplina le modalità per la determinazione, da parte degli organismi accreditati, del contenuto minimo di materia prima rinnovabile che le borse di plastica in materiale ultraleggero devono possedere per poter essere commerciabili.

La norma prevede che tale contenuto sia calcolato come rapporto tra la percentuale del carbonio di origine biologica presente nella borsa ed il carbonio totale presente nella stessa, utilizzando lo standard internazionale vigente in materia di determinazione del contenuto di carbonio a base biologica nella plastica ovvero lo standard UNI CEN/TS 16640.

 

Il comma 5, in analogia con quanto previsto dal comma 2 dell’art. 226-bis per le borse di plastica, introduce il divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica ultraleggere.

Il paragrafo 1-bis dell’art. 4 della direttiva 94/62/CE consente agli Stati membri di escludere le borse di plastica in materiale ultraleggero dalle misure volte ad assicurare i target annuali di utilizzo delle borse di plastica e dagli strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti.

Comma 1, lettera h) (Sanzioni)

La lettera h), novellando l'articolo 261 del d.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell'ambiente), stabilisce le sanzioni comminate a chi violi le disposizioni contenute negli articoli 226-bis e 226-ter di nuova introduzione. In particolare, si prevede l'aggiunta di tre commi all'art. 216 del Codice[23]:

1)    il nuovo comma 4-bis, che prevede l'introduzione di una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di violazione delle disposizioni in materia di commercializzazione delle borse di plastica (articolo 226-bis) o di riduzione della commercializzazione delle borse in materiale ultraleggero (articolo 226-ter). In particolare, si prevede il pagamento di una somma da 2.500 a 25.000 euro, sulla scorta di quanto prevede il comma 4 dell’art. 2 del D.L. 2/2012, che viene abrogato dal comma 3 dell’articolo in esame;

2)    il nuovo comma 4-ter, ai sensi del quale la sanzione amministrativa è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda:

Ø ingenti quantitativi di buste di plastica;

Ø oppure un valore di queste ultime superiore al dieci per cento del fatturato del trasgressore;

Ø nonché qualora i produttori usino diciture o altri mezzi finalizzati ad eludere gli obblighi posti dagli articoli 226-bis e 226-ter.

Anche la disciplina vigente (recata dall’art. 2 del D.L. 2/2012) dispone che le predette sanzioni si applichino nel caso in cui la violazione dei divieti riguardi quantità ingenti di sacchetti per l’asporto, mentre – a differenza della norma in esame – la fattispecie relativa al superamento del valore della merce rispetto al fatturato del trasgressore è riferita a una percentuale del 20%.

Al riguardo si evidenzia come la prima delle fattispecie aggravanti citate, faccia riferimento ad un paramento – come il riferimento a 'ingenti quantitativi' di buste di plastica – che assume carattere generico.

La relazione illustrativa dell'Atto del Governo n. 357 specifica che si è fatto ricorso all'espressione "ingenti quantitativi" in analogia al vigente art. 260 del D.Lgs. 152/2006, ai sensi del quale: "Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni".

La relazione rileva che una formula analogamente "aperta" è, inoltre, altresì utilizzata in alcuni articoli del codice penale: la "rilevante gravità" del danno patrimoniale (articolo 61, comma 7) o la "speciale tenuità" del danno o del lucro (articolo 62, comma 4).

3)    il comma 4-quater specifica che le sanzioni introdotte nei due commi precedenti sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 e che gli organi di polizia amministrativa, d'ufficio o previa denunzia, provvedono all'accertamento delle violazioni. Viene esplicitamente fatto salvo il disposto dell'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981.

Il capo I (articoli 1-43) della L. 698/1981 ("Modifiche al sistema penale") è dedicato alle Sanzioni amministrative e vi viene dettato il quadro di riferimento entro cui inquadrare le sanzioni medesime. In particolare l'art. 13 autorizza gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle norme per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro a:

- assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica (comma 1);

- procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti in cui il codice di procedura penale consente il sequestro della polizia giudiziaria (comma 2).

Ai sensi del comma 4 gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria - oltre a poter anch'essi accertare violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro - possono altresì procedere a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo in cui le perquisizioni dovranno essere effettuate. Tale possibilità è prevista "quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova. Sono fatti comunque salvi gli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti (comma 5).

Comma 2 (Disposizioni finanziarie)

La norma reca la clausola di invarianza finanziaria delle disposizioni dettate dall'articolo in esame.

Comma 3 (Disposizioni finali)

La norma dispone l'abrogazione, a decorrere dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, della disciplina vigente relativa al divieto di commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci (che tuttavia non ha mai trovato una concreta applicazione), contenuta nelle seguenti disposizioni:

·     commi 1129, 1130 e 1131 dell'art. 1 della legge n. 296 del 2006.

·     art. 2 del decreto-legge n. 2 del 2012.

Per un esame dei contenuti delle disposizioni abrogate, si rinvia alla disamina contenuta nella premessa “Le norme nazionali sulla commercializzazione dei sacchetti di plastica non biodegradabile” al dossier relativo allo schema n. 357.

 

Procedure di contenzioso

Con riferimento alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, l'articolo 4 della legge di delegazione europea 2015 (n. 170 del 2016) ha conferito la delega il Governo ad adottare, entro sessanta giorni dalla sua entrata in vigore (avvenuta il 16/09/2016), uno o più decreti legislativi per l'attuazione della direttiva (UE) 2015/720, che modifica la direttiva 94/62/CE.

Lo schema di decreto legislativo relativo alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 9 novembre 2016 e notificato alla Commissione europea, ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535, che impone agli Stati membri di informare la Commissione di ogni progetto di regolamentazione tecnica, prima della sua adozione.

Dalla data di notifica, decorre il termine di tre mesi – prorogabile di ulteriori tre mesi - per l'esame del testo notificato e l'eventuale emanazione di pareri circostanziati, durante il quale lo Stato membro notificante non può adottare la regolamentazione tecnica in questione (stand still).

Il termine di stand still ha comportato l'infruttuosa decorrenza del termine per l'esercizio della delega di cui all’articolo 4 della legge di delegazione 2015. Il rinnovo di tale delega al 31 dicembre 2017 è contenuto nel disegno di legge di delegazione 2016, all’esame del Senato.

Risulterebbe che la Commissione europea ha notificato al Governo un parere circostanziato con il quale verrebbero illustrate le ragioni per le quali le misure di restrizione alla commercializzazione delle borse di plastica con spessore superiore ai 50 micron, contemplate nello schema di decreto legislativo notificato, si porrebbero in contrasto con quanto consentito dalla direttiva sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio. L’adozione del parere circostanziato, oltre a prorogare di tre mesi il termine di astensione obbligatoria (dal 20 febbraio al 18 maggio 2017), comporta  anche l’obbligo di riferire alla Commissione europea sul seguito che il Governo intende dare al parere prima dell’adozione del provvedimento.

Risulterebbe che il Ministero dell’Ambiente, al fin di evitare l’aggravamento della procedura d’infrazione (vedi di seguito), avrebbe valutato due ipotesi: la riproposizione della delega legislativa (come avvenuto con il disegno di legge di delegazione 2016) ovvero l’introduzione in un atto di normazione primaria dei contenuti dello schema di decreto legislativo approvato nel novembre 2016 (come avvenuto con l’articolo aggiuntivo in esame dell’VIII Commissione).

Nel frattempo, per il mancato recepimento della direttiva 2015/720 nei termini previsti (27 novembre 2016), è stato comunicato l'avvio di una procedura di infrazione, con lettera di costituzione in mora, ai sensi dell'articolo 258 del TFUE, in data 23 gennaio 2017. L'Italia è stata quindi invitata a trasmettere le proprie risposte nel termine di due mesi, entro il 24 marzo 2017, alla Commissione europea, in ordine al recepimento della direttiva 2015/720.

Il 14 giugno 2017 la Commissione europea ha emesso un parere motivato ex art. 258 TFUE.


Articolo 9-bis
(Misure per il contrasto degli incendi dolosi)

 

L'articolo, proposto dalla  Commissione con l'emendamento 9.0.1100, reca misure volte a rafforzare gli interventi per il contrasto del fenomeno degli incendi boschivi dolosi impedendo lo sfruttamento successivo dei terreni incendiati.

 

Più nel dettaglio il comma 1 interviene sull'articolo 423-bis del codice penale (incendio boschivo) prevedendo che nel caso in cui l'incendio doloso sia commesso su beni propri del reo, in caso di condanna o di sentenza di patteggiamento è disposta la confisca dei beni e l'assegnazione, su richiesta, al Comune dove sono ubicati. Resta comunque fermo l'obbligo per il responsabile del reato di provvedere alla bonifica dei luoghi.

 

L'articolo 423-bis (Incendio boschivo) sanziona con la pena della reclusione da quattro a dieci anni chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui. Nel caso di incendio colposo la pena è della reclusione da uno a cinque anni. L'articolo codicistico prevede inoltre delle circostanze aggravanti speciali che si applicano all'incendio boschivo sia doloso che colposo.

Più nel dettaglio è previsto un aumento di pena:

 

Il comma 2, modificando il comma 1 dell'articolo 10 della legge n. 353 del 2000, prevede che i contratti costituenti diritti reali di godimento, o i contratti di affitto e di locazione di aree e immobili situati nelle zone incendiate, stipulati nei due anni successivi al rogo, siano trasmessi, a cura dell'Agenzia delle entrate entro trenta giorni dalla registrazione, al prefetto e al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente.

 

Infine il comma 3, inserisce un ulteriore comma nell'articolo 10 della legge n. 353, il quale esclude l' applicazione della disposizione che prevede l'impossibilità per 15 anni di dare una diversa destinazione ai terreni interessati da incendi, qualora il proprietario del fondo sia stato vittima del reato, anche tentato, di estorsione, accertato con sentenza definitiva, quando la violenza o la minaccia è consistita nella commissione di uno dei reati di cui agli articoli 423-bis (incendio boschivo) e 424 ( danneggiamento seguito da incendio) c.p. e a condizione che la richiesta estorsiva sia stata riferita all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria dalla vittima.

 

Il comma 1 dell'articolo 10 della Legge n. 353/2000 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi):

·       fissa in 10 anni dalla data dell'incendio la durata del divieto di realizzare edifici nonché interventi finalizzati ad insediamenti civili e produttivi, con la precisazione che è sempre possibile la realizzazione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente, o di interventi realizzati in base ad una concessione rilasciata precedentemente all'incendio e nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti a tale data;

·        vieta per 5 anni le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con finanziamenti pubblici, tranne nel caso in cui siano autorizzate dal Ministero dell'ambiente;

·       prevede che negli atti di compravendita di aree ed immobili situati nelle zone interessate dagli incendi e stipulati entro 15 anni dall'evento, deve essere espressamente richiamato il vincolo quindicennale al divieto di modifica alla destinazione d'uso dell'area a pena di nullità dell'atto stesso.

 


Articolo 10

 (Ulteriori misure in favore dell'occupazione nel Mezzogiorno e Lavoratori nel settore della pesca marittima)

 

 

L'articolo 10 reca uno stanziamento al fine dello svolgimento di programmi per la riqualificazione e la ricollocazione di lavoratori coinvolti in situazioni di crisi aziendale o settoriale nelle regioni del Mezzogiorno. Un emendamento approvato dalla 5a Commissione del Senato - 10.21 (testo 3) - propone di inserire una norma in favore dei lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima.

 

L'articolo 10 prevede che i summenzionati programmi siano attuati dall'ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro)[24], in raccordo con le regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia) e con i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua[25].

Lo stanziamento - che viene disposto in favore della medesima ANPAL - è pari a 15 milioni di euro per il 2017 e a 25 milioni per il 2018.

Ai fini della copertura dell'onere finanziario in oggetto, si provvede mediante impiego, nelle misure corrispondenti, di quota delle disponibilità in  conto residui del Fondo sociale per occupazione e formazione nonché, ai fini  della compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di  indebitamento netto, mediante riduzione, nelle misure corrispondenti, del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

 

Un emendamento approvato dalla 5a Commissione del Senato - 10.21 (testo 3) - propone di inserire una norma in favore dei lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima (ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative della piccola pesca). La novella in esame estende l'indennità giornaliera onnicomprensiva, pari a 30 euro - già prevista per il 2017, per i suddetti lavoratori, in relazione ai periodi di sospensione dell'attività lavorativa derivante da misure di arresto temporaneo obbligatorio - ai periodi interessati da misure di arresto temporaneo non obbligatorio; l'estensione è disposta per il medesimo anno 2017 e fino ad un periodo complessivo (per ciascun lavoratore) di 40 giorni (di sospensione per arresto temporaneo non obbligatorio), nonché nel rispetto di un limite di spesa pari a 7 milioni di euro[26].

Ai fini della copertura dell'onere finanziario derivante dall'estensione in oggetto, l'emendamento riduce, nella suddetta misura di 7 milioni di euro per il 2017, il fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili (fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze).

L'ultimo capoverso dell'emendamento reca una novella di mero coordinamento letterale, in relazione all'estensione in oggetto.


Articolo 10-bis
(
Cantieri comunali e cantieri verdi in Sardegna)

 

 

Con la proposta 10.0.29 (testo 2) come riformulata, approvata in sede referente, viene disposta la proroga al 31 dicembre 2019 della norma di cui all'articolo 8, comma 10-bis, del decreto-legge n. 66 del 2014 in materia di Cantieri comunali e cantieri verdi in Sardegna.

 

Si ricorda che il suddetto articolo 8, comma 10-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 ha disposto che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l’occupazione e ai cantieri verdi, previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell’ambiente, non si applichi il limite di spesa posto dalla normativa vigente alle assunzioni di personale a tempo determinato, o con convenzioni, o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, stante il carattere temporaneo dei cantieri stessi. La norma indica la finalità di prevenire gli incendi, il dissesto idrogeologico e il diffondersi di discariche abusive.

In particolare, nella norma in questione si dispone che, per il prossimo triennio, ai cantieri comunali per l’occupazione e ai cantieri verdi previsti dalla normativa della regione Sardegna in materia di lavoro e difesa dell’ambiente - in quanto a carattere temporaneo e da considerarsi a tutti gli effetti progetti speciali di prevenzione danni in attuazione di competenze e di politiche regionali – non si applichi il limite di spesa previsto dall’articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 per le amministrazioni pubbliche che si avvalgono di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Il citato articolo 9, comma 28, del D.L. 78/2010 ha disposto che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato e ulteriori enti pubblici indicati possano avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per il 2014, per gli enti locali in sperimentazione il limite è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. Sulla base di una novella introdotta dall’articolo 1, comma 1, della L. 44/2012, gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Il predetto limite non si applica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), nei limiti di 50 unità di personale ed esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale. Come precisato dallo stesso comma, la deroga si giustifica al fine di assicurare la continuità della citata attività di vigilanza, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del D.L. 216/2011, che ha trasferito al MIT tale attività in seguito alla soppressione dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.

La disposizione, di cui si dispone qui la proroga, prevede che alla relativa attuazione si provveda nell’ambito delle risorse assegnate per la realizzazione dei citati cantieri dal bilancio regionale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


Articolo 10-bis
(Disposizioni in materia di sviluppo di unità produttive del Ministero della difesa nel Mezzogiorno)

 

L'articolo 10-bis - introdotto in Commissione con l'emendamento 10.0.2000 - reca disposizioni relative all'Agenzia Industrie Difesa, mediante novella di alcune disposizioni del Codice dell'Ordinamento militare.

In particolare il comma 1, lett. a) reca novelle all'art. 48, comma 1, del Codice dell'Ordinamento militare relativamente all'organizzazione dell'Agenzia Industrie Difesa, tali per cui l'organizzazione stessa dovrà rispondere non solo al conseguimento dei suoi specifici obiettivi - come attualmente - ma anche delle sue missioni, nonché dei suoi compiti permanenti.

Come afferma il successivo periodo del comma 1 dell'art. 48, scopo dell'Agenzia è quello di gestire unitariamente le attività delle unità produttive e industriali della difesa, indicate con uno o più decreti del Ministro della difesa.

 

Si ricorda che l'Agenzia opera secondo criteri industriali, in autonomia, sotto la vigilanza del Ministero della Difesa, con la missione di portare all'economica gestione gli stabilimenti industriali assegnati, in una logica di creazione di valore sociale ed economico. Pertanto l'obiettivo primario di AID è quello del pareggio di bilancio delle singole unità produttive. Il compito istituzionale di AID è quello di gestire in maniera coordinata e unitaria le unità produttive.

Con i decreti ministeriali in data 24 aprile 2001, 24 ottobre 2001, 29 dicembre 2016 è stata trasferita all'AID la gestione dei seguenti stabilimenti:

Stabilimento militare Ripristini e Recuperi di Noceto (PR)

Stabilimento militare Munizionamento Terrestre di Baiano (PG)

Stabilimento militare Propellenti di Fontana Liri (FR)

Stabilimento militare Pirotecnico di Capua (NA)

Stabilimento militare Chimico farmaceutico di Firenze (FI)

Stabilimento militare Produzione Cordami di Castellammare di Stabia (NA)

Stabilimento grafico militare di Gaeta (LT)

Arsenale Militare di Messina (ME)

Arsenale Militare di La Maddalena (SS) - revocata.

 

La successiva lettera b) reca novelle all'art. 2190 del richiamato Codice sopprimendo - al punto 1 - la previsione che consentiva di procedere alla liquidazione coatta di quelle unità produttive che non avessero conseguito con il bilancio 2014 (termine più volte prorogato, da ultimo dalla legge di stabilità per il 2015, art.1, comma 379, che aveva prorogato il termine al bilancio 2017) la capacità di operare secondo criteri di economica gestione, sostituendola - punto 2 - con la predisposizione entro il 2017 da parte dell'Agenzia di un piano industriale triennale, subordinando all'esito della verifica triennale del sistema industriale dell'Agenzia e di approvazione del nuovo piano triennale l'individuazione delle unità i cui risultati compromettano la stabilità del sistema ed il conseguimento dell'economica gestione dell'Agenzia per le quali procedere alla liquidazione coatta amministrativa.

La verifica triennale verterebbe sulla complessiva economica gestione dell'Agenzia, a tal fine consentendo l'eventuale compensazione tra gli stabilimenti.

La ratio della nuova disciplina viene individuata nel consentire il raggiungimento dell'economica gestione delle unità di Fontana Liri, Messina, Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Capua.

 

Nella relazione tecnica si afferma che l'intervento proposto potrebbe evitare il verificarsi della circostanza che stabilimenti che operano anche da diverso tempo con continuità secondo criteri di economica gestione si vengano a trovare, per cause impreviste e imprevedibili, in una temporanea situazione economica non positiva che ne determinerebbe la messa in liquidazione, indipendentemente dalle concrete potenzialità industriali possedute, che garantirebbero la piena ripresa all'esito della risoluzione delle cause determinanti la momentanea flessione di produttività.


Articolo 11
(Interventi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile e della dispersione scolastica nel Mezzogiorno)

 

L’articolo 11 consente di attivare interventi rivolti a reti di scuole, in convenzione con enti locali, soggetti del terzo settore, strutture territoriali del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva o servizi educativi pubblici per l’infanzia, operanti nel territorio interessato, al fine di progettare e attuare, nelle aree di esclusione sociale, interventi educativi biennali in favore dei minori, finalizzati al contrasto del rischio di fallimento formativo precoce, della povertà educativa, nonché per la prevenzione delle situazioni di fragilità nei confronti della capacità attrattiva della criminalità.

Inoltre, a seguito delle modifiche approvate in sede referente, assegna un contributo agli istituti per sordomuti di Roma, Milano e Palermo.

 

 

Il comma 1 demanda a un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministri dell'interno e della giustizia - da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge - l'individuazione delle aree di esclusione sociale, caratterizzate da povertà educativa minorile e dispersione scolastica, nonché da un elevato tasso di fenomeni di criminalità organizzata, al fine di realizzare specifici interventi educativi urgenti nelle regioni del Mezzogiorno volti al contrasto della povertà educativa minorile e della dispersione scolastica.

In base al comma 2, entro i successivi 30 giorni dall'adozione del predetto DM, il MIUR indice una procedura selettiva per la presentazione di progetti recanti la realizzazione di interventi educativi di durata biennale, volti al contrasto del rischio di fallimento formativo precoce e di povertà educativa, nonché per la prevenzione delle situazioni di fragilità nei confronti della capacità attrattiva della criminalità.

Alla procedura selettiva possono partecipare - in base al comma 3 - le reti di istituzioni scolastiche presenti nelle aree di esclusione sociale individuate con il DM previsto dal comma 1, che abbiano attivato, per la realizzazione degli interventi educativi di durata biennale, partenariati con enti locali, soggetti del terzo settore, strutture territoriali del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva o servizi educativi pubblici per l'infanzia, operanti nel territorio interessato.

 

In relazione al CONI, alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate e agli Enti di promozione sportiva si veda il Dossier del Servizio Studi della Camera n. 563 del 10 aprile 2017, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 3960.

 

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 11.18, la Commissione propone di aggiungere il comma 3-bis, in base al quale il MIUR, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica e sulla base delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili, provvede a monitorare l'efficacia e la validità dei progetti e delle relative finalità di cui al comma 2, nonché a valutare ex-post la qualità dei risultati conseguiti.

Secondo il comma 4, la procedura selettiva è finanziata nell'ambito delle risorse del «PON Per la scuola - competenze e ambienti per l'apprendimento» 2014/2020, alcuni elementi del quale sono stati approvati con la decisione della Commissione europea C(2014) 9952 del 17 dicembre 2014 (modificata dalla decisione della Commissione europea C(2016) 5246 del 9 agosto 2016), in coerenza con quanto previsto dalla stessa programmazione.

 

Il citato Programma affronta la sfida di migliorare le condizioni per la partecipazione al mercato del lavoro, promuovere l’inclusione sociale e migliorare la qualità del capitale umano anche attraverso il miglioramento dell’efficienza e della qualità degli edifici scolastici, delle dotazioni tecnologiche e digitali (laboratori, digitalizzazione, smart school).

Il nuovo PON 2014/2020 si colloca nella cornice del Position Paper della Commissione europea e dell’Accordo di Partenariato 2014-2020 focalizzandosi in via prioritaria nell’“Investire nelle competenze, nell’istruzione e nell’apprendimento permanente” (Obiettivo tematico 10) e nel favorire la qualità, l'efficacia e l'efficienza della Pubblica amministrazione migliorando il sistema di governance del sistema scolastico inclusa la valutazione dello stesso – in coerenza con il “Rafforzamento la capacità istituzionale e promuovere un’amministrazione pubblica efficiente” (Obiettivo tematico 11).

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 11.26 (testo 3), la Commissione propone di aggiungere i commi 4-bis e 4-ter, il primo dei quali assegna agli istituti per sordomuti di Roma, Milano e Palermo (di cui all'articolo 67, comma 1, del d.lgs. 297/1994) un contributo pari a € 500.000 per ciascuno degli anni 2017 e 2018, al fine di realizzare specifici interventi educativi urgenti nelle regioni del Mezzogiorno, volti a favorire il corretto sviluppo dei processi cognitivi e comunicativi dei bambini sordi e la loro inclusione sociale, nelle more dell'entrata in vigore delle disposizioni di riordino dei predetti istituti, nonché al fine di consentire il loro funzionamento fino all'insediamento dei nuovi organi direttivi.

In base al comma 4-ter, all'onere derivante dalla precedente disposizione, pari a € 500.000 per ciascuno degli anni 2017 e 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione del «Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (articolo 1, comma 202, L. 107/2015).

 

Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile istituito dalla legge di stabilità 2016

 

L'art. 1, commi da 392 a 395, della legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), ha istituito un Fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa  minorile alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie. Alle fondazioni è riconosciuto un credito d’imposta, pari al 75 per cento di quanto versato, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Le relative modalità di intervento sono rinviate ad un protocollo d’intesa tra le fondazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

In particolare, il comma 392 ha istituito in via sperimentale, per gli anni 2016, 2017 e 2018, il “Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile”, alimentato mediante riassegnazione dei versamenti effettuati su un apposito conto corrente postale, dalle fondazioni di origine bancaria, nell’ambito della propria attività istituzionale.

Le modalità di gestione del conto corrente sono state definite mediante il protocollo d’intesa previsto dal comma 393 e stipulato il 27 aprile 2016 tra le fondazioni bancarie, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il protocollo avrebbe dovuto prevedere:

ü  le modalità di intervento per il contrasto alla povertà educativa minorile;

ü  le caratteristiche dei progetti da finanziare;

ü  le modalità di valutazione, selezione (anche con il ricorso a valutatori indipendenti) e monitoraggio dei progetti, al fine di assicurare la trasparenza, il migliore utilizzo delle risorse e l’efficacia degli interventi;

ü  le modalità di organizzazione e governo del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.

 

Il Protocollo d'intesa (art. 1) specifica lo scopo del Fondo "destinato al sostegno di interventi sperimentali finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori". L'art. 2 reca le disposizioni relative all'alimentazione e alla durata del Fondo. In particolare, Il Fondo, istituito dall'Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio S.p.a. (ACRI) mediante accensione di apposito conto corrente postale vincolato alle finalità previste dalla legge, è alimentato dai versamenti effettuati annualmente dalle fondazioni bancarie, per il triennio 2016-2018. L'ACRI comunica senza indugio la costituzione del Fondo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al MEF, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al MIUR, al Forum nazionale del terzo settore ed all'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori - ISFOL (ora INAPP, Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche, in seguito a quanto disposto dal d.lgs n. 185 del 2016). Entro il 31 gennaio di ciascun anno, le fondazioni trasmettono all'ACRI e, per conoscenza, al Comitato di indirizzo strategico del Fondo, le delibere di impegno irrevocabile al versamento al Fondo delle somme da ciascuna stanziate per il sostegno finanziario dei progetti di cui all'articolo 1. Entro il successivo 20 febbraio, l'ACRI trasmette all'Agenzia delle entrate e, per conoscenza, al Comitato di indirizzo strategico del Fondo, l'elenco delle fondazioni finanziatrici, per le quali sia stata riscontrata la corretta delibera d'impegno, in ordine cronologico di presentazione. Il riconoscimento del credito d'imposta viene comunicato ad ogni fondazione finanziatrice e per conoscenza all'ACRI, dal Direttore dell'Agenzia delle entrate entro il successivo 31 marzo. Il versamento al Fondo delle somme stanziate viene effettuato dalle fondazioni finanziatrici entro i successivi tre mesi dalla comunicazione dell'Agenzia. Le fondazioni trasmettono contestualmente all'ACRI copia della relativa documentazione bancaria. Ove una fondazione non provveda al versamento dell'importo stanziato, l'ACRI ripartisce la somma tra le fondazioni finanziatrici e ne dà comunicazione al Direttore dell'Agenzia delle entrate e al Comitato per conoscenza. Le somme così ripartite sono versate dalle fondazioni interessate, ognuna per la quota spettante, nei successivi dieci giorni dalla richiesta da parte dell'ACRI. Dell'avvenuto versamento l'ACRI dà comunicazione al Direttore dell'Agenzia delle entrate che provvede ad annullare il riconoscimento del credito di imposta nei confronti della fondazione inadempiente e lo assegna alle altre Fondazioni in relazione ai versamenti da ciascuna di esse effettuati. Annualmente il Comitato di indirizzo strategico del Fondo predispone un resoconto circa le attività svolte nell'anno, da pubblicare sul sito dell'ACRI.

L'art. 3 affida ad apposito Comitato l'indirizzo strategico del Fondo. Il Comitato è composto da 15 membri: un rappresentante della Presidenza del Consiglio; un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca; 4 rappresentanti delle fondazioni designati dall'ACRI; 4 rappresentanti del Forum nazionale del Terzo Settore; 2 esperti in materie statistiche designati dall'ISFOL (ora INAPP) e uno dall'EIEF (Istituto Einaudi per l'economia e la finanza). Gli esperti di materie statistiche non hanno diritto di voto. Sono quindi dettate le disposizioni circa la costituzione e il funzionamento del Comitato.

L'art. 4 affida all'ACRI la gestione del Fondo, in particolare la gestione delle entrate e delle uscite, l'elaborazione e l'approvazione del budget di funzionamento e del bilancio annuale. L'ACRI individua un Soggetto attuatore per la gestione operativa del Fondo, dandone comunicazione al Comitato. Il Soggetto è incaricato di svolgere tutte le attività operative, in particolare curando la fase istruttoria delle iniziative e la loro valutazione e monitoraggio. L'art. 5 prevede che l'utilizzo delle risorse potrà essere effettuato solamente tramite lo strumento del bando valido su tutto il territorio nazionale. Possono essere previsti più bandi in relazione a diverse aree tematiche e di norma dovranno essere previste quote minime di destinazione per Regione o per macro area. L'art. 6 individua i soggetti abilitati a presentare le domande. Ai bandi promossi dal Fondo partecipano partnership costituite da almeno due soggetti pubblici e privati. Il soggetto responsabile della presentazione del progetto e della sua realizzazione può assumere una delle seguenti forme: associazione (riconosciuta e non); cooperativa o consorzio sociale; ente religioso; fondazione; impresa sociale; scuole del sistema nazionale di istruzione e loro reti.

L'art. 7 demanda al Comitato l'individuazione delle misure per la trasparenza; infine l'art. 8 detta una specifica disciplina per il 2016, primo anno di operatività del Fondo.

 

L’attuazione dei programmi relativi al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, previsti dal protocollo d’intesa è stata affidata all’impresa sociale “Con i Bambini”, costituita il 15 giugno 2016, con sede in Roma. Il bando dedicato alla prima infanzia - pubblicato il 15 ottobre 2016 - si propone di ampliare e potenziare i servizi educativi e di cura dei bambini di età compresa tra 0 e 6 anni, con un focus specifico rivolto ai bambini, alle famiglie vulnerabili o che vivono in contesti territoriali disagiati. In pari data è stato pubblicato il bando dedicato all'adolescenza, il quale si propone di promuovere e stimolare la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di dispersione e abbandono scolastici di adolescenti nella fascia di età compresa tra 11 e 17 anni.

Qui la pagina dedicata.

Con comunicato stampa del 3 febbraio 2017, l'ACRI ha reso noto che le fondazioni di origine bancaria hanno deliberato - per il finanziamento dei bandi per il 2017 - l’importo di oltre 120 milioni di euro, "che si aggiungono all’analoga cifra messa a disposizione l’anno passato".

 

Il citato articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha inoltre previsto, al comma 394, a favore delle fondazioni che abbiano effettuato versamenti nel Fondo, il riconoscimento di un credito d’imposta, pari al 75 per cento di quanto versato, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, pari a 100 milioni di euro per gli anni 2016, 2017 e 2018, secondo l’ordine temporale in cui le fondazioni comunicano l’impegno a finanziare i progetti individuati con il protocollo d’intesa citato.

Il credito è riconosciuto dall'Agenzia delle entrate con apposita comunicazione che dà atto della trasmissione della delibera di impegno irrevocabile al versamento al Fondo delle somme da ciascuna stanziate, nei termini e secondo le modalità previsti nel protocollo d'intesa. Dell'eventuale mancato versamento al Fondo delle somme indicate nella delibera di impegno rispondono solidalmente tutte le fondazioni aderenti allo stesso.

 

Con risoluzione n. 102/E del 4 novembre 2016, l'Agenzia delle entrate ha provveduto a all'istituzione del codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del predetto credito d’imposta.

 

Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di riconoscimento e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione (ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241), a decorrere dal periodo di imposta nel quale lo stesso è stato riconosciuto. Esso non è soggetto al limite di utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta da indicare nel quadro RU dei modelli di dichiarazione dei redditi, vale a dire dei crediti nascenti da agevolazioni concesse alle imprese (articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007, che pone un tetto massimo annuale di 250.000 euro, con eventuale riporto in avanti dell’ammontare eccedente), né è soggetto ai limiti massimi di compensazione di debiti e crediti fiscali, previsti dall’articolo 34 della legge n. 388 del 2000, da ultimo elevati a 700.000 euro per ciascun anno solare (per effetto dell’articolo 9, comma 2 del decreto-legge n. 35 del 2013).

La norma stabilisce inoltre la cedibilità del credito d’imposta da parte delle fondazioni di origine bancaria a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile, e previa adeguata dimostrazione dell'effettività del diritto al credito medesimo.

Si ricorda che un’altra ipotesi di cedibilità del credito d’imposta è stata prevista dall’articolo 51 del decreto-legge n. 83 del 2012, per le imprese di esercizio cinematografico per l’acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale (tax credit digitale), in favore di banche, assicurazioni oppure del soggetto che ha fornito l'impianto di digitalizzazione. In quel caso si è inteso venire incontro alle aziende medio-piccole del comparto le quali, per la dimensione della loro economia, per l'assenza o limitatezza di dipendenti, nonché per la compresenza di altri crediti d'imposta, di fatto non erano nella condizione di avvantaggiarsi del beneficio.

Il comma 395 ha infine previsto l’emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per l’attuazione del credito d’imposta, incluse le procedure per la concessione del contributo nel rispetto del limite di spesa di 100 milioni per gli anni 2016, 2017 e 2018.

 

Con DM del 1° giugno 2016 sono state disciplinate le modalità applicative del contributo riconosciuto sotto forma di credito di imposta, in favore delle fondazioni bancarie.

 

Il suddetto decreto specifica che il credito di imposta è riconosciuto a favore delle fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo n. 153 del 1999. Ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, le fondazioni trasmettono all'ACRI le delibere di impegno irrevocabile al versamento delle somme al Fondo; l'ACRI trasmette l'elenco delle fondazioni finanziatrici, in ordine cronologico di presentazione, all'Agenzia delle entrate. L'Agenzia comunica l'ammontare del credito d'imposta riconosciuto ed entro tre mesi da tale comunicazione le fondazioni provvedono ad effettuare il versamento. Ove una fondazione non provveda al versamento, l'ACRI ripartisce la somma tra le altre fondazioni dandone comunicazione all'Agenzia delle entrate che provvede ad annullare il beneficio fiscale a favore della fondazione inadempiente e ad assegnarlo alle altre fondazioni.

 

 


Articolo 11-bis
(Misure urgenti per garantire lo svolgimento dell'anno scolastico 2017/2018 nelle aree colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017)

 

Per consentire il regolare inizio del nuovo anno scolastico in Abruzzo e nelle altre Regioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017, l'articolo 11-bis estende all'a.s. 2017/2018 la possibilità (attualmente prevista per il solo a.s. 2016/2017), per i dirigenti degli Uffici scolastici regionali, di derogare alla normativa in materia di parametri minimi e massimi per la formazione delle classi.

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 11.0.10, la Commissione propone l'inserimento dell'articolo 11-bis, il quale novella l'articolo 18-bis, comma 1, del D.L. 189/2016 (L. 229/2016), al fine di estendere all'a.s. 2017/2018 la facoltà - per i dirigenti degli Uffici scolastici regionali - di derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto dal DPR 81/2009. Tale disposizione è volta a consentire il regolare inizio del nuovo anno scolastico in Abruzzo e nelle altre Regioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

 

L’articolo 18-bis è finalizzato a consentire la regolare prosecuzione delle attività didattiche e amministrative nell’anno scolastico 2016/2017 con riferimento alle istituzioni scolastiche ed educative i cui edifici, siti nelle aree di cui all’art. 1 del D.L. 189/2016, sono stati dichiarati parzialmente o totalmente inagibili a seguito degli eventi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016, a quelle ospitate in strutture temporanee di emergenza e a quelle che ospitano alunni sfollati. A tal fine, esso prevede deroghe alla normativa vigente in materia di parametri minimi e massimi per la formazione delle classi, istituzione di ulteriori posti nell’organico del personale docente e ATA, spostamento di docenti tra le sedi scolastiche, conferimento di supplenze.

 

Si veda, più approfonditamente, il dossier n. 506/2 del novembre 2016, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 4158.

 

Con ulteriori modificazioni ai commi 2 e 5 dell'art. 18-bis del D.L. 189/2016, si riduce da 15 a 10 milioni di euro per il 2017 il limite di spesa per l'adozione della predetta misura e si autorizza per il 2018 la spesa di 5 milioni di euro.

 

La copertura degli oneri è quindi modificata nel modo seguente:

 

§ quanto ad € 5 milioni nel 2016 ed € 5 milioni nel 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (art. 1, co. 601, L. 296/2006);

§ quanto ad € 10 milioni nel 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione del «Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (art. 1, co. 202, L. 107/2015).


Articolo 11-bis
(Misure per interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici)

 

L’articolo 11-bis prevede che le risorse - revocate oppure già disponibili a seguito di definanziamenti - relative a interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici previsti da disposizioni legislative (non avviati e per i quali non siano stati assunti obblighi giuridicamente vincolanti) sono destinate agli stessi interventi nell'ambito delle medesime regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti.

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 11.0.2000 (nonché del relativo subemendamento 11.0.2000/1), la Commissione propone l'inserimento dell'articolo 11-bis.

 

Il comma 1 novella l'articolo 1, co. 165, della L. 107/2015, al fine di agevolare la redistribuzione delle somme "definanziate", relative alla L. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e alle delibere CIPE 32/2010  e 6/2012, nell'ambito delle stesse regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti.

 

Il citato comma 165 reca disposizioni finalizzate a consentire la prosecuzione ed il completamento dei c.d. piani straordinari di messa in sicurezza degli edifici scolastici avviati nel corso delle legislature precedenti, sia attraverso il riutilizzo delle risorse non impiegate, sia mediante l’accelerazione delle procedure.

 In particolare, i primi quattro periodi riguardano il Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici istituito dall’art. 80, co. 21, della L. 289/2002.

Il Piano risulta articolato in due stralci (approvati con le delibere CIPE 102/2004 e 143/2006 e oggetto di definanziamenti e riprogrammazioni con la delibera CIPE 17/2008) per complessivi 489,083 milioni di euro (delibera ricognitiva del CIPE n. 10/2009 sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture strategiche) riferiti a 1.593 interventi.

Al fine di assicurare la prosecuzione ed il completamento degli interventi del Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici relativi al primo e al secondo stralcio, il comma 165 consente agli enti beneficiari l’utilizzo delle economie derivanti dai ribassi d’asta per la realizzazione di altri interventi finalizzati alla sicurezza delle scuole anche sugli stessi edifici e nel rispetto del limite complessivo del finanziamento già autorizzato.

L’utilizzo delle economie è consentito previa rendicontazione dei lavori eseguiti da presentare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 107/2015, sulla base della pubblicazione sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge, delle modalità di rendicontazione.

In caso di mancata rendicontazione nel termine indicato, è precluso l’utilizzo delle eventuali risorse residue ancora nella disponibilità dell’ente, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Inoltre, il comma 165 dispone che le somme relative a interventi non avviati e per i quali non siano stati assunti obblighi giuridicamente vincolanti, anche giacenti presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., sono destinate dal CIPE, secondo modalità individuate dallo stesso, alla programmazione nazionale 2015-2017 nonché agli interventi che si rendano necessari all'esito delle indagini diagnostiche sugli edifici scolastici di cui ai commi da 177 a 179 ovvero sulla base dei dati risultanti dall’Anagrafe dell’edilizia scolastica.

 I successivi periodi del comma 165 - a partire dal quinto - riguardano il Programma straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico di cui all’art. 18, co. 1, lett. b), del D.L. 185/2008 (L. 2/2009) e alla delibera CIPE 6/2012.

 L’art. 18 del D.L. 185/2008 ha previsto, al co. 1, lett. b), che il CIPE provveda all’assegnazione, per la messa in sicurezza delle scuole, di una quota delle risorse nazionali del Fondo aree sottoutilizzate (oggi Fondo sviluppo e coesione - FSC) destinate al Fondo infrastrutture di cui all’art. 6-quinquies del D.L. 112/2008.

Al fine di garantire la sollecita attuazione dei programmi di interventi riconducibili al Piano straordinario stralcio di cui si è detto e dei programmi di intervento finanziati ai sensi dell’art. 33, co. 3, della L. 183/2011 con la sopracitata delibera CIPE n. 6/2012, il quinto periodo del comma 165 prevede il silenzio-assenso in relazione al parere richiesto ai Provveditorati per le opere pubbliche sui progetti definitivi presentati dagli enti beneficiari. Viene infatti stabilito che il parere si intende positivamente reso entro 30 giorni dalla richiesta, ovvero 30 giorni dalla data di entrata in vigore della L. 107/2015 per quelli presentati precedentemente.

Il sesto periodo dispone che gli enti beneficiari devono provvedere alla trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle aggiudicazioni provvisorie dei lavori entro 180 giorni dall’entrata in vigore della L. 107/2015, quindi entro il 12 gennaio 2016 (successivamente prorogato al 30 aprile 2016 dall'art. 7, comma 10, D.L. 210/2015 - L. 21/2016), pena la revoca dei finanziamenti. Il successivo periodo stabilisce che le risorse oggetto di revoca sono destinate dal CIPE alle medesime finalità di edilizia scolastica in favore di interventi compresi nella programmazione nazionale triennale 2015-2017, secondo modalità individuate dal medesimo Comitato.

 

Si vedano anche l’approfondimento sugli interventi per l'edilizia scolastica e i servizi negli edifici scolastici nonché il dossier n. 386/3 del 2 maggio 2016, p. 115.

 

Il comma 1 in esame modifica il quarto periodo del comma 165, prevedendo che le somme già disponibili o che si rendano disponibili a seguito dei definanziamenti, relative a interventi non avviati e per i quali non siano stati assunti obblighi giuridicamente vincolanti, anche giacenti presso la società Cassa depositi e prestiti S.p.A., sono destinate dal CIPE alle medesime finalità di edilizia scolastica in favore di interventi compresi nella programmazione delle medesime regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti. Viene, quindi, eliminato il riferimento - attualmente previsto - alla programmazione nazionale triennale 2015-2017. Le modalità in base alle quali procedere alla redistribuzione delle risorse disponibili sono individuate dal CIPE entro il termine del il 31 dicembre 2017.

La destinazione di tali risorse diviene peraltro esclusiva giacché si prevede anche di eliminare il riferimento agli interventi che si rendono necessari all'esito delle indagini diagnostiche sugli edifici scolastici oppure sulla base dei dati risultanti dall'Anagrafe dell'edilizia scolastica.

 

Per quanto concerne le modificazioni al settimo periodo del comma 165, si dispone che le risorse oggetto di revoca già disponibili o che si rendano disponibili sono destinate dal CIPE alle medesime finalità di edilizia scolastica in favore di interventi compresi nella programmazione delle medesime regioni i cui territori sono oggetto dei definanziamenti, secondo modalità individuate dal medesimo Comitato.

 

La Commissione propone infine di inserire nel comma 165 anche la previsione secondo cui le erogazioni sono effettuate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti secondo modalità operative da definire a stato di avanzamento dei lavori.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame prevede che gli enti locali beneficiari sono tenuti a trasmettere le informazioni relative agli investimenti effettuati al sistema di monitoraggio opere pubbliche della Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP-MOP) della Ragioneria generale dello Stato, ai sensi del d.lgs. 229/2011.

 

Il comma 3 espunge dall'art. 20-bis, co. 1, primo periodo, del D.L. 8/2017 (L. 45/2017), il riferimento alle risorse previste dall'art. 1, co. 165, L. 107/2015.

 

L'articolo 20-bis ha destinato alle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici pubblici scolastici situati nelle zone sismiche a maggiore pericolosità (zone sismiche 1 e 2), nonché alla progettazione dei relativi, eventuali, interventi di adeguamento antisismico, le risorse di cui all'art. 1, commi 161 e 165, della L. 107/2015, come accertate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Almeno il 20% di tali risorse deve essere destinato agli enti locali che si trovano nelle quattro regioni interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

 

Si veda in particolare il dossier n. 447/2 del marzo 2017, predisposto in occasione dell'esame dell'AS 2756.


Articolo 11-bis
(Interventi urgenti in materia di edilizia giudiziaria nelle Regioni del Mezzogiorno)

 

L'articolo in esame, inserito durante l'esame in sede referente con l'approvazione dell'em. 11.0.2100, reca stanziamenti per la progettazione, ristrutturazione, messa in sicurezza, ampliamento di strutture giudiziarie nelle regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

 

Il comma 1 determina la misura dello stanziamento in 20 milioni per il 2017, 30 milioni per il 2018 e 40 milioni per il 2019. A tali oneri si provvede, secondo il comma 2, mediante corrispondenti riduzioni del fondo speciale di parte capitale presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze, recato, per gli anni 2017-2019, dalla Tabella B della legge di bilancio n. 232/2016.

Il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Articolo 12
(Disciplina del costo standard per studente universitario)

 

L’articolo 12 ridefinisce a livello legislativo, a decorrere dal 2018, la disciplina per il calcolo del costo standard per studente universitario – sulla cui base è annualmente ripartita una percentuale del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) delle università statali – facendo comunque salve le assegnazioni già disposte, nell’ambito del riparto del FFO, per gli anni 2014, 2015 e 2016, e prevedendo una disciplina specifica per l’anno 2017.

A seguito delle modificazioni apportate in sede referente, introduce una contribuzione in favore dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

 

L’intervento fa seguito alla sentenza 104/2017, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni del d.lgs. 49/2012 in attuazione delle quali la disciplina in questione era stata definita con decreti ministeriali.

Si tratta di un intervento che riguarda tutte le università statali.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 5, co. 4, lett. f), della L. 240/2010 ha indicato fra i criteri direttivi per l’esercizio della delega prevista dallo stesso art. 5, co. 1, lett. b) – riguardante la revisione della disciplina concernente la contabilità universitaria – l’introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso[27]. In particolare, ha disposto che:

§  il costo standard deve essere calcolato secondo indici – da individuare sentita l’ANVUR – commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l’Università;

§  al costo standard deve essere collegata l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di Fondo per il finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell’art. 2 del D.L. 180/2008 (L. 133/2008), cioè non destinata a finalità premiali.

Su tale base, l’art. 8 del D.Lgs. 49/2012, stabilendo che il costo standard unitario di formazione per studente in corso è il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio[28], determinato tenuto conto della tipologia di corso di studi, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università, ha a sua volta rimesso la determinazione dello stesso a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze[29], sentita l'ANVUR, indicando la necessità di considerare le voci di costo relative a:

a)   attività didattiche e di ricerca, in termini di dotazione di personale docente e ricercatore destinato alla formazione dello studente;

b)   servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo, finalizzati ad assicurare adeguati servizi di supporto alla formazione dello studente;

c)   dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari;

d)   ulteriori voci di costo finalizzate a qualificare gli standard di riferimento e commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari[30].

L’art. 10, co. 1, dello stesso d.lgs. 49/2012 ha disposto che, nell'ambito dell'attività di indirizzo e programmazione del sistema universitario, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca individua con proprio decreto, avente validità almeno triennale, le percentuali del FFO da ripartire in relazione al costo standard per studente, nonché ai risultati della didattica, della ricerca, delle politiche di reclutamento e agli interventi perequativi ai sensi della L. 240/2010.

 

In relazione alle previsioni recate dall’art. 8 del d.lgs. 49/2012, è dunque intervenuto il D.I. 9 dicembre 2014, n. 893, che ha definito la disciplina per il calcolo del costo standard, disponendo che le disposizioni da esso recate si intendevano riferite al triennio 2014-2016 ed erano comunque confermate anche per gli anni successivi, fino all'emanazione di un decreto di modifica delle medesime.

In relazione alle previsioni di cui all’art. 10, co. 1, del d.lgs. 49/2012, il range di valori della quota percentuale di FFO da attribuire in relazione al costo standard per studente è stato definito, per il triennio 2013-2015, con DM 827/2013[31] e, per il triennio 2016-2019, con il DM 635/2016.

 

Con sentenza 104/2017, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 8 e 10, co. 1 – limitatamente, per quest’ultimo, alle parole “al costo standard per studente” –, del d.lgs. 49/2012.

In particolare, con riferimento all’art. 8, la Corte ha evidenziato che “il Governo, nell’esercitare la delega, non ha aggiunto pressoché nulla ai contenuti dei principi e criteri direttivi già stabiliti nell’art. 5, co. 4, lettera f), della legge n. 240 del 2010. Limitandosi a riportare testualmente i suggerimenti enunciati a titolo meramente esemplificativo nel parere della VII Commissione del Senato in merito alle voci di costo da tenere in considerazione, il Governo non ha fatto altro che esplicitare contenuti intrinseci alla nozione di costo standard, limitandosi a stabilire che ‘il costo standard unitario di formazione per studente in corso’, previsto dalla delega, deve ricomprendere le spese per la remunerazione dei docenti e del personale amministrativo, nonché per l’allestimento di servizi, spazi e strumenti per la didattica. Fatta salva questa enunciazione, manca una più precisa individuazione delle spese da includere nel computo del costo standard, nonché i criteri per la ponderazione di ciascuna voce”.

A conclusioni analoghe la Corte è giunta con riguardo all’art. 10, co. 1, in relazione al quale ha evidenziato che alla “reiterazione pressoché letterale della delega, il decreto legislativo non aggiunge altre precisazioni in merito alla quota del FFO da distribuire in base al costo standard, nemmeno nella forma dell’indicazione di un minimo o un massimo, o nella rappresentazione di una sua incidenza dinamica, anche solo tendenziale, sul complesso del finanziamento da distribuire fra gli atenei”.

Ciò premesso, la Corte ha evidenziato che, nel caso di specie, il decreto legislativo non si è limitato ad affidare ad atti amministrativi l’esecuzione di scelte già delineate nelle loro linee fondamentali negli atti con forza di legge. “Esso ha invece lasciato indeterminati aspetti essenziali della nuova disciplina, dislocando di fatto l’esercizio della funzione normativa dal Governo, nella sua collegialità, ai singoli Ministri competenti, e declassando la relativa disciplina a livello di fonti sub-legislative, con tutte le conseguenze, anche di natura giurisdizionale, che una tale ricollocazione comporta sul piano ordinamentale”.

La Corte ha, infine, concluso che “Tale declaratoria di illegittimità costituzionale, determinata esclusivamente da vizi dell’esercizio del poter legislativo delegato, non impedisce ulteriori interventi in merito del Parlamento e del Governo, sui quali comunque incombe la responsabilità di assicurare, con modalità conformi alla Costituzione, la continuità e l’integrale distribuzione dei finanziamenti per le università statali, indispensabili per l’effettività dei principi e dei diritti consacrati negli artt. 33 e 34 Cost”.

 

1) Assegnazioni 2014-2016 e disciplina applicabile per il 2017

 

Il comma 4 dispone, anzitutto, che sono confermate le assegnazioni già disposte per le università statali, nell’ambito del riparto del FFO, per gli anni 2014, 2015 e 2016.

Il FFO è stato ripartito:

§  per il 2014, con DM 4 novembre 2014, n. 815, che ha assegnato il 20% della parte di quota base da assegnare a ciascuna università in base al suo peso, in proporzione al costo standard di formazione per studente in corso della stessa università (a tal fine, come si evince dalla tabella presente sul sito del MIUR, è stato preso a riferimento per ogni ateneo il numero di studenti in corso dell'a.a. 2012/13);

§  per il 2015, con DM 8 giugno 2015, n. 335, che ha aumentato la percentuale al 25% (a tal fine, come si evince dalla tabella presente sul sito del MIUR, è stato preso a riferimento per ogni ateneo il numero di studenti in corso dell'a.a. 2013/14);

§  per il 2016, con DM 6 luglio 2016, n. 552, che ha aumentato la percentuale al 28%, prendendo a riferimento per ogni ateneo il numero di studenti in corso dell'a.a. 2014/15 e comunque entro un intervallo massimo e minimo del +/-2% rispetto a quelli considerati per il riparto del FFO 2015.

Si segnala che, alla luce delle parziali differenze presenti nei commi 2 e 3 con la disciplina recata dal D.I. 893/2014 – come infra esplicitate – non appare chiaro, al comma 4, l’inciso “in coerenza con quanto definito ai commi 2 e 3”.

 

A sua volta, il comma 5 dispone che, per l’anno 2017, per assicurare il tempestivo riparto degli stanziamenti, sono utilizzati gli stessi importi del costo standard e i dati sugli studenti utilizzati per il riparto del FFO 2016. Per la quota del FFO da ripartire in base al criterio del costo standard per studente, stabilisce che questa è fissata, con il decreto ministeriale che ripartisce lo stesso FFO, entro l’intervallo compreso fra il 19% e il 22% del relativo stanziamento, al netto, comunque, degli interventi con vincolo di destinazione.

 

Con riferimento alle disposizioni di cui ai commi 4 e 5, nel comunicato stampa del MIUR del 20 giugno 2017 si evidenzia che le stesse assicurano agli atenei “il mantenimento delle risorse ricevute nell'ultimo triennio, visto che, peraltro, proprio sulla base della disponibilità di questi fondi, hanno già approvato i loro bilanci e preso impegni, fra cui anche quelli relativi all'assunzione di personale”. Inoltre, si afferma che lo sblocco delle risorse per il 2017 "mette in sicurezza anche l'attuazione della 'no tax area' (…) che consentirà a ragazze e ragazzi con famiglie con ISEE inferiori a 13.000 euro di non pagare le tasse per l'ingresso all'università[32]”.

 

2) Disciplina applicabile dal 2018

 

I commi 1-3 recano la definizione di costo standard e la disciplina per la determinazione del modello di calcolo del costo standard di ateneo –parzialmente differente da quella prevista dal D.I. 893/2014 – che si applicherà a decorrere dal 2018.

In particolare, il comma 1 – riprendendo sostanzialmente il contenuto dell’art. 8, co. 1, del d.lgs. 49/2012, nonché i principi recati dall’art. 5, co. 4, lett. f), della L. 240/2010 – stabilisce che per costo standard per studente delle università statali si intende il costo di riferimento attribuito al singolo studente iscritto entro la durata normale del corso di studio, determinato tenuto conto della tipologia di corso, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università, e che lo stesso costituisce parametro di riferimento per la ripartizione annuale di una quota del FFO.

L’art. 1 del D.I. 893/2014 stabiliva anche che gli studenti iscritti part-time sono considerati in relazione alla maggiore durata normale del loro percorso e con peso pari a 0,5.

 

Il comma 2 individua i criteri e le voci di costo sulla base dei quali – ai sensi del comma 6, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, emanato, acquisiti i pareri di CRUI e ANVUR, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (non del decreto-legge), come prevedono gli emendamenti 12.19 e 12.20, approvati in sede referente – è determinato (ed eventualmente aggiornato) il modello di calcolo del costo standard per studente.

 

I criteri attengono ai costi del personale docente, dei docenti a contratto, del personale tecnico-amministrativo, nonché ai costi di funzionamento e gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio.

 

 

2.1. Criterio del costo del personale docente

 

Per quanto concerne il criterio del costo del personale docente, si considera, anzitutto la dotazione standard di docenza prevista per l’accreditamento iniziale dei corsi di studio.

 

In base al comma 2-bis - inserito mediante l'approvazione dell'emendamento 12.8 (testo 3) - a decorrere dal 2018 la dotazione standard di docenza di cui al comma 2, lettera a), è determinata in modo che rimanga costante quando il numero di studenti è compreso tra le numerosità minime e massime per ogni classe di corso di studio stabilite con il decreto di cui al comma 6.

 

Al riguardo si ricorda che il DM 987/2016 ha ridefinito – a decorrere dall'a.a. 2017/2018 – il sistema di autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio, confermando, ai fini dell’accreditamento iniziale, la necessità di requisiti minimi di docenza[33].

In particolare, le disposizioni da esso recate sostituiscono quelle del DM 47/2013 – modificato dal DM 1059/2013 – fatte salve, per quanto qui interessa, le deroghe sui requisiti di docenza fino all'a.a. 2017/2018 disposte dal DM 194/2015, che ha previsto un temporaneo alleggerimento dei relativi indicatori, in considerazione del fatto che le limitazioni in maniera di turn over rischiavano di pregiudicare l’offerta formativa.

Nello specifico, il DM 987/2016 ha fissato una numerosità minima complessiva (ossia, inclusiva di professori di I e II fascia e ricercatori) del personale docente – specificando (solo) il numero minimo di professori a tempo indeterminato – e di eventuali figure aggiuntive (tutor[34] o figure specialistiche aggiuntive[35]), necessaria per l'accreditamento iniziale e periodico dei corsi di studio, a seconda della tipologia di corso di studi[36].

 

Il D.I. 893/2014 prevedeva, invece, che il costo del personale docente fosse riferito alla numerosità standard indicata dalla Tab. 2 allegata al medesimo D.I., che, in particolare, specificava separatamente la numerosità minima di professori di prima fascia, di professori di seconda fascia e di ricercatori.

 

Si riscontra, dunque, una prima differenza rispetto al sistema applicato nel triennio 2014-2016.

 

Inoltre, si considerano:

 

§  come costo medio di riferimento, cui parametrare la dotazione standard di docenza, il costo caratteristico di ateneo del professore di prima fascia.

In base al DM 5 agosto 2016, che ha definito criteri e contingente assunzionale delle università statali per l’anno 2016, il costo medio nazionale di un professore di prima fascia, cui corrisponde il coefficiente stipendiale di 1 Punto Organico (P.O.), è pari, per lo stesso anno, a € 114.610.

 

La relazione tecnica evidenzia che il costo di un professore di seconda fascia e quello di un ricercatore sono pari, rispettivamente, al 70% e al 50% di quello di un professore di prima fascia.

Anche il D.I. 893/2014 prevedeva che il costo del personale docente avesse come parametro stipendiale di riferimento il costo medio caratteristico di ateneo del professore di I fascia, specificando che la parametrazione del personale docente in termini di punti organico era la seguente: I fascia = 1 P.O.; II fascia = 0,7 P.O.; RU = 0,5 P.O;

 

§  come numero standard di riferimento degli studenti “il valore compreso nell’intervallo fra il 60% e il 100% del numero di riferimento previsto per l’accreditamento” per le tre classi delle aree medico-sanitaria, scientifico-tecnologica e umanistico-sociale.

Al riguardo, la relazione illustrativa precisa che il valore percentuale sarà determinato dal decreto ministeriale di cui al comma 6.

Sempre in base alla relazione illustrativa, la previsione di valori di riferimento più bassi di quelli utilizzati per l’accreditamento è finalizzata a tenere conto della presenza di costi fissi di docenza nelle classi di corso (principalmente degli atenei di piccole dimensioni) con numerosità bassa di iscritti.

Per completezza, si evidenzia che la relazione tecnica, presentando un esempio per descrivere il funzionamento del costo standard, ha assunto come numero standard di riferimento degli studenti il 100% del numero di riferimento previsto per l’accreditamento.

 

Al riguardo, si evidenzia che la docenza minima necessaria indicata nell’allegato A del DM 987/2016 è relativa alle numerosità standard di riferimento degli studenti previste per ogni classe afferente alle 3 aree disciplinari individuate dal DI 893/2014 (Medico-sanitaria, scientifico-tecnologica e umanistica-sociale).

Rispetto a tali numerosità di riferimento, è tuttavia consentito, prima dell’incremento della docenza minima necessaria, l’iscrizione di un maggior numero di studenti entro il limite delle numerosità massime indicate dall’Allegato D al DM[37].

 

Il D.I. 893/2014 rimandava, invece, alle numerosità di riferimento degli studenti per area disciplinare indicate dalla Tab. 1 allegata al medesimo D.I..

 

2.2. Criterio del costo della docenza a contratto

 

Il criterio del costo della docenza a contratto è riferito al monte ore di didattica integrativa aggiuntiva, stabilito in misura pari al 30% del monte ore di didattica standard dei docenti (non a contratto), ossia – come evidenzia anche la relazione tecnica – al valore medio di 120 ore per i professori e di 60 ore per i ricercatori.

Si tratta della stessa previsione recata dall’art. 2 del D.I. 893/2014 che, tuttavia, specifica anche che le ore di didattica integrativa a contratto sono parametrate rispetto ad un costo orario di riferimento uniforme a livello nazionale.

Tale costo, in base allo stesso D.I., era stato fissato per il triennio 2014-2016 in € 100 lordo dipendente, pari a un costo orario standard di € 132,7 comprensivo degli oneri a carico dell’ateneo.

 

Il medesimo costo orario standard di € 132,7 è utilizzato, nell’esempio già ricordato, ora anche dalla relazione tecnica.

 

2.3 Criterio del costo del personale tecnico-amministrativo

 

Con riferimento al criterio del costo del personale tecnico-amministrativo, si attribuisce, anzitutto, una dotazione standard pari ad una unità di personale per ogni docente (non a contratto). In aggiunta, si attribuisce un numero di figure di supporto tecnico parametrato a quelle eventualmente richieste in sede di accreditamento dei corsi di studio (v. ante) e un numero di collaboratori ed esperti linguistici pari a quelli in servizio presso l’ateneo.

 

Il D.I. 893/2014 considera – come previsto dall’art. 8 del d.lgs. 49/2012 – i servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo, e dispone che il costo standard di tali servizi è fissato al 37,5% del costo medio caratteristico di ateneo del professore di I fascia moltiplicato per la dotazione standard complessiva di docenza (professori di I fascia, professori di II fascia e ricercatori), calcolata in base alla già citata Tab. 2 allegata al D.I.

Inoltre, tra le ulteriori voci di costo, considera le figure specialistiche (nelle classi di laurea magistrale a ciclo unico di Scienze della formazione primaria e di Conservazione e restauro dei beni culturali), i tutor (per i corsi di studio a distanza), e i collaboratori ed esperti linguistici a tempo determinato o indeterminato.

Le figure specialistiche e i tutor sono considerati in numero pari a quanto ha poi stabilito, successivamente, il DM 987/2016.

Per tutte le figure, ad ogni unità di personale in servizio è attribuito un costo medio pari al 10% del costo medio caratteristico di un professore di I fascia.

 

La relazione tecnica, nell’esempio già ricordato, utilizza per il costo medio del personale tecnico amministrativo di un ateneo la medesima percentuale del 37,5% del costo medio caratteristico di ateneo del professore di prima I fascia.

Evidenzia, inoltre, che l’incidenza percentuale dei costi relativi a figure specialistiche sui costi totali è generalmente inferiore al 3% per ogni ateneo.

 

2.4 Criterio dei costi di funzionamento

 

Relativamente al criterio dei costi di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari, si specifica che il costo è stimato sulla base degli oneri medi rilevati dai bilanci degli atenei, tenendo conto anche dei costi fissi della sede universitaria, non dipendenti dalla numerosità degli iscritti.

 

Il D.I. 893/2014 prevedeva, invece, che la quantificazione del corrispondente costo standard fosse ottenuta attraverso una formula che teneva conto della dimensione dell’ateneo, della numerosità di studenti in corso e della tipologia di corsi cui erano iscritti[38].

 

Si tratta, dunque, di una ulteriore differenza rispetto alla disciplina finora applicata.

 

La relazione tecnica, nell’esempio già ricordato, evidenzia che, in media, tale voce di costo incide per circa un terzo delle voci di costo precedenti.

 

 

 

2.5 Meccanismi perequativi

 

Il comma 3 - nel testo comprendente le modificazioni previste dagli emendamenti 12.10 (testo 2), 12.11 e 12.13, approvati in sede referente - riguarda la perequazione del costo standard di ateneo. Nello specifico, si stabilisce che, al fine di tenere conto dei differenti contesti economici e territoriali in cui l’università si trova ad operare, al costo standard di ateneo è aggiunto un importo di natura perequativa parametrato rispetto al costo standard medio nazionale fino ad un massimo del 10%, in base alla diversa capacità contributiva degli studenti iscritti all’università, determinata tenendo conto del reddito medio familiare della ripartizione territoriale, di norma a livello regionale, dove ha sede l’ateneo.

 

 

Il D.I. 893/2014 disponeva che l’importo di natura perequativa era parametrato alla diversa capacità contributiva per studente della regione dove ha sede l’ateneo, sulla base del reddito familiare medio (al netto di fitti imputati) rilevato dall’ISTAT, ed era ottenuto applicando una formula che teneva conto della differenza tra la contribuzione della regione con reddito familiare medio più elevato e la contribuzione della regione in cui aveva sede l’ateneo.

 

Anche in questo caso, dunque, si riscontrano alcune differenze con la disciplina finora applicata.

 

Si valuti l’opportunità di specificare già in questa sede il livello di ripartizione territoriale (macroaree, regioni, ecc.).

 

Il già citato comma 6 prevede un ulteriore importo di natura perequativa, che tiene conto della diversa accessibilità ad ogni università in relazione alla rete dei trasporti e dei collegamenti. Anche tale importo perequativo è parametrato rispetto al costo standard medio nazionale fino ad un massimo del 10%.

 

Si valuti l’opportunità di unificare in un unico comma le disposizioni riguardanti le quote di natura perequativa.

 

2.6 Percentuale FFO collegata al costo standard

 

Il comma 7 stabilisce che il decreto ministeriale con il quale si provvede alla rideterminazione del modello di calcolo del costo standard per studente – che ha validità triennale – determina anche la percentuale del FFO, al netto degli interventi con vincolo di destinazione, da ripartire tra gli atenei in base al criterio del costo standard per studente. A tal fine, il comma 8 - sostituito dalla Commissione con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 12.25 (testo 2) - il costo standard per studente di ateneo è moltiplicato per il numero di studenti regolarmente iscritti al corso di studio da un numero di anni accademici non superiore alla sua durata normale, cui si aggiungono gli studenti iscritti al primo anno fuori corso.

 

Sempre in base al comma 7, la percentuale stabilita con il decreto non può essere inferiore “a quella del comma 5”, ed è incrementata tra il 2% e il 5% all’anno, fino ad un massimo del 70%, in modo da sostituire gradualmente il criterio dell’assegnazione storica del Fondo.

Occorre chiarire se si intenda fare riferimento al valore minimo o a quello massimo fissato dal comma 5, ovvero al valore che sarà effettivamente definito per il 2017. In quest’ultimo caso, occorrerebbe esplicitarlo nel testo.

Al riguardo, si evidenzia che la percentuale massima sopra indicata è coerente con la percentuale della quota del FFO attribuita per finalità premiali (ex art. 2, D.L. 180/2008-L. 1/2009), che, in base all’art. 60, co. 01, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), può raggiungere (a seguito di successivi incrementi annuali non inferiori al 2%) il 30%.

L'emendamento 12.27 (approvato in sede referente) aggiunge un ulteriore comma, secondo cui il criterio del costo standard per studente è altresì utilizzato per definire il fabbisogno del sistema universitario da considerare nella quantificazione delle risorse a carico del bilancio dello Stato che, in aggiunta ai fondi attribuiti con finalità premiali, assicurino la copertura delle spese fisse e di funzionamento a valere sul FFO.

 

Gli emendamenti 12.29 (testo 2) e 12.30 (testo 2) - approvati in sede referente - aggiungono un ulteriore comma che concede all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia un contributo straordinario di € 4 mln per il 2017 e, a decorrere dal 2018, un contributo ordinario di € 250.000 annui.

Detti contributi sono concessi a copertura degli oneri riferibili al pagamento degli emolumenti dei docenti dei corsi di perfezionamento nelle varie discipline musicali (l'istituzione di tali corsi è stata prevista dall'articolo 1 del R.D. 1076/1939, ora abrogato dal d.lgs. 212/2010) e relativi agli insegnamenti di perfezionamento in composizione, direzione di orchestra, pianoforte, violino, violoncello, arpa, e musica d'insieme.

Al relativo onere si provvede:

§ quanto a € 4 mln per il 2017, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al «Fondo "La Buona Scuola" per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica» (articolo 1, comma 202, L. 107/2015),

§ quanto a € 250.000 a decorrere dal 2018, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo unico per lo spettacolo (FUS) di cui all'articolo 2 della L. 163/1985.

Si valuti l'opportunità di integrare la rubrica dell'articolo.

 

Si veda l'apposito approfondimento sulle fondazioni lirico-sinfoniche.


Articolo 12-bis
(Ulteriori disposizioni per le Università)

 

L'articolo 12-bis detta disposizioni riguardanti l'assegnazione dei fondi statali di incentivazione in favore dell'Università degli studi di Trento.

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 12.0.3 (testo 3), la Commissione propone l'inserimento dell'articolo 12-bis, il quale, ricomprende - con riguardo all'Università degli studi di Trento, istituita dall'art. 40, primo comma, della L. 590/1982 - tra i fondi statali di incentivazione le quote destinate agli atenei diverse da quelle di seguito elencate: la quota base, la quota premiale e l'intervento perequativo del FFO, il fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario, il fondo per l'edilizia universitaria e per le grandi attrezzature scientifiche e il fondo per le borse di studio universitarie post lauream, in quanto già ricomprese nella quota relativa alla citata L. 590/1982.

L'articolo in esame richiama a tal fine l'articolo 5, comma 2, del d.lgs. 142/2011, secondo cui i docenti e i ricercatori dell'Università degli studi di Trento partecipano, in condizioni di parità, con i docenti e i ricercatori degli altri Atenei italiani alle procedure concorsuali bandite da enti/organi statali ed europei per l'assegnazione di fondi per la realizzazione di progetti didattici e di ricerca. Alle medesime condizioni di parità con gli altri Atenei italiani, l'Università degli studi di Trento può concorrere all'assegnazione dei fondi statali di incentivazione, ivi compresi quelli relativi alla mobilità dei docenti.


Articolo 13
(Disposizioni in materia di risanamento ambientale da parte dell’Amministrazione straordinaria di ILVA)

 

L’articolo 13 contiene disposizioni volte ad attuare le misure previste dall’articolo 1 comma 6-undecies del D.L. n. 191/2015, il quale interviene sulla destinazione delle somme che, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del Gruppo ILVA, sono confiscate o che comunque pervengono allo Stato in via definitiva all'esito di procedimenti penali pendenti nei confronti di azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA per fatti anteriori al suo commissariamento.

La disposizione in esame prevede che - qualora la confisca abbia ad oggetto le obbligazioni (emesse a valere sulle somme già oggetto di sequestro nell’ambito dei procedimenti penali nei confronti dei predetti soggetti) - ferma la destinazione delle somme rivenienti dalla sottoscrizione delle medesime obbligazioni per le finalità di risanamento e bonifica ambientale, il finanziamento statale concesso ad ILVA è estinto mediante utilizzo delle risorse finanziarie derivanti dalla sottoscrizione delle suddette obbligazioni.

 

Nello specifico, il vigente comma 6-undecies del D.L. n. 191/2015, dispone che - salvo quanto dovuto per spese di giustizia – le somme in questione siano versate all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di restituzione del finanziamento statale ad ILVA autorizzato fino a 800 milioni (dal comma 6-bis del medesimo articolo 1 del D.L. n. 191/2015), fino a concorrenza dell’importo finanziato e, per la parte eccedente, sulla contabilità speciale dell'amministrazione straordinaria per essere destinate al finanziamento di interventi per il risanamento e la bonifica ambientale e, in via subordinata, alla riqualificazione e riconversione produttiva dei siti contaminati, nei comuni di Taranto e di Statte.

Il comma 6-undecies interviene dunque sulle somme pervenute in via definitiva all’esito dei procedimenti penali nei confronti della famiglia Riva e degli amministratori del gruppo.

Peraltro, con un intervento contenuto nel D.L. n. 1/2015, il legislatore aveva già disposto in ordine all’utilizzo delle somme sottoposte a sequestro penale nell'ambito dei procedimenti penali pendenti nei confronti degli azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA (dunque, nell’ambito di procedimenti non ancora conclusi) destinando le somme stesse, sulla base di un particolare meccanismo delineato nell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 alle attività di risanamento ambientale.

Ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015, l'organo commissariale di ILVA S.p.A. è stato infatti autorizzato a richiedere il trasferimento (in Italia) delle somme sottoposte a sequestro penale nell'ambito dei procedimenti pendenti nei confronti degli azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA e a richiedere che l'autorità giudiziaria procedente disponesse l'impiego delle somme sequestrate per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria (in luogo dell'aumento di capitale) e intestate al Fondo Unico di Giustizia e, per esso, al gestore ex lege Equitalia Giustizia S.p.A. Il sequestro penale sulle somme si sarebbe convertito in sequestro delle obbligazioni.

Il medesimo articolo 3, comma 1 ha poi disposto che le somme rivenienti dalla sottoscrizione delle obbligazioni dovessero essere versate in un patrimonio dell'emittente destinato in via esclusiva alla realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in A.S. e, nei limiti delle disponibilità residue, a interventi volti alla tutela della sicurezza e della salute, nonché di ripristino e di bonifica ambientale secondo le modalità previste dall'ordinamento vigente.

La legge di bilancio 2017 ha poi modificato la norma in questione disponendo che la destinazione delle somme alle predette finalità avvenga previa restituzione del finanziamento statale autorizzato (fino ad 800 milioni, di cui 600 milioni di euro per il 2016 e 200 milioni per il 2017) ai sensi del già citato articolo 1, comma 6-bis, del D.L. n. 191/2015 per la realizzazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria ed effettivamente erogato[39].

 

Per quanto riguarda le somme in questione, i Commissari Straordinari di Ilva - ai sensi del citato articolo 3, co. 1 del D.L. n. 1/2015, con istanza di marzo 2015 - hanno dunque iterato richiesta di trasferimento in Italia delle somme sottoposte a sequestro penale dal GIP del Tribunale di Milano, o di altri procedimenti penali pendenti nei confronti di azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA.

Nel procedimento milanese, l'11 maggio 2015 il GIP ha dunque disposto l'utilizzo dei valori patrimoniali dei trust sequestrati rogatorialmente per la sottoscrizione di obbligazioni, ordinando la conversione del sequestro dei valori in un sequestro delle obbligazioni emesse (ai sensi del sopra commentato articolo 3, comma 1, del D.L. n. 1/2015).

Equitalia Giustizia S.p.A. ha ordinato a UBS Fiduciaria di impartire a UBS Switzerland un ordine di pagamento. UBS Fiduciaria ha quindi impartito alla banca svizzera l'ordine di trasferire in Italia i valori patrimoniali. Il 19 giugno 2015, la Procura del Canton Zurigo (Staatsanwaltschaft I des Kantons Zürich) ha dato l'autorizzazione alla banca svizzera per consegnare i beni dei trust all'Italia, ma, con sentenza del 18 novembre 2015, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale di Bellinzona ha annullato la decisione della Procura del Canton Zurigo.

Il rientro delle somme in Italia si è concluso solo a seguito dell’accordo transattivo stipulato a maggio 2017 tra i commissari straordinari di ILVA S.p.A. e la Partecipazioni Industriali S.p.A. (già RIVA FIRE, società Capogruppo facente capo alla famiglia Riva), con contestuale accoglimento da parte del GUP di Milano della richiesta da parte dei difensori dei soggetti imputati di patteggiamento (applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.), con sentenza depositata il 26 maggio 2017.

In virtù dell’accordo transattivo[40], le somme sono state dunque materialmente trasferite al Fondo unico giustizia (FUG) [41] perché il FUG, e, per esso Equitalia Giustizia S.p.a., quale gestore ex lege del Fondo, le impieghi per la sottoscrizione di obbligazioni emesse da ILVA in amministrazione straordinaria.

 

L’articolo 13 qui in esame dispone che - qualora la confisca abbia ad oggetto le obbligazioni (emesse a valere sulle somme già oggetto di sequestro nell’ambito dei procedimenti penali nei confronti di azionisti e amministratori di società del gruppo ILVA per fatti anteriori al suo commissariamento) - ferma la destinazione delle somme rivenienti dalla sottoscrizione delle medesime obbligazioni per le finalità di risanamento e bonifica ambientale di cui all'articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015, il finanziamento statale concesso ad ILVA (ai sensi dell'articolo 1, comma 6-bis, del D.L. n. 191/2015) è estinto mediante utilizzo delle risorse finanziarie derivanti dalla sottoscrizione delle suddette obbligazioni.

I crediti derivanti dalla sottoscrizione delle suddette obbligazioni sono dunque estinti fino a concorrenza dell'ammontare delle spese e dei costi sostenuti, a valere sul patrimonio destinato dell'emittente costituito ai sensi del citato articolo 3, comma 1, del D.L. n. 1/2015, per l'attuazione e la realizzazione di interventi di risanamento e bonifica ambientale, compresi gli interventi già autorizzati a valere sui finanziamenti statali concessi.

 

La relazione illustrativa afferma che, in tal modo, viene chiarita la destinazione finale delle somme oggetto di sequestro nell’ambito dei procedimenti giudiziari in questione.

Nella relazione è evidenziato che la disciplina del loro utilizzo in corso di sequestro aveva correttamente previsto, stante il carattere non definitivo del provvedimento, un obbligo di rimborso: in caso di caducazione del sequestro, infatti, le obbligazioni sarebbero state retrocesse ai titolari che avrebbero avuto diritto al rimborso dei fondi impiegati per la loro sottoscrizione.

Nel caso di definitiva confisca è invece possibile destinare stabilmente, nei limiti già previsti dalla previgente norma, le somme in questione, permettendo di realizzare le finalità di tutela ambientale mediante estinzione del credito nei confronti dell’amministrazione straordinaria dell’ILVA derivante dalla sottoscrizione delle obbligazioni, che ne costituisce la modalità concreta di finanziamento.

 

Per ciò che concerne il Piano ambientale, si ricorda che la realizzazione delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e sono state oggetto di ripetuti interventi, da ultimo con il D.L. n. 244/2016 ed esse sono state strettamente correlate con la cessione dei beni aziendali del gruppo ILVA.

Quanto a tale cessione, un comunicato del Ministero dello sviluppo economico del 5 giugno 2017 informa che il Ministro, in pari data, ha firmato il decreto che autorizza i Commissari straordinari del Gruppo Ilva a procedere alla aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo Ilva S.p.A. ad Am Investco Italy S.r.l, il cui capitale sociale risulta detenuto da ArcelorMittal Italy Holding S.r.l. (51%), ArcelorMittal S.A. (34%) e Marcegaglia Carbon Steel S.p.A. (15%).

L’offerta di  Am Investco Italy S.r.l. prevede, tra l’altro un prezzo di acquisto di €1.800 milioni; previo affitto dell’azienda il cui canone annuo è €180 milioni.

 

L’offerta di Am Investco Italy S.r.l. prevede, tra l’altro, per ciò che concerne il piano ambientale, l’esecuzione entro il 2023 del piano stesso, con l’effettuazione di investimenti per €1.137 milioni, tra i quali €301 milioni destinati alla copertura dei parchi minerari a tutela del territorio che insiste sulla centrale; €196 milioni alle cokerie e €179 milioni al piano acque.

Il termine del programma dei Commissari coinciderà con il termine di ultimazione del Piano ambientale di ILVA (2023).

Quanto alla produzione, il mantenimento della stessa previsto dall’accordo con gli offerenti è fissato a 6Mt, sostanzialmente in linea con l’attuale, fino al completamento del Piano ambientale, e il successivo ripristino dei volumi nel 2024 ai livelli ante sequestro nei limiti dell’AIA vigente (8Mt) mediante 3 altoforni.

Quanto agli investimenti complessivi, l’offerta prevede investimenti per circa €2.400 milioni di cui €1.250 milioni di investimenti tecnologici e €1.150 milioni di investimenti ambientali.

Con riferimento ai livelli occupazionali il piano Am Investco Italy S.r.l. prevede un organico pari a 9.407 occupati (FTE) nel 2018, destinati a ridursi nell’arco del Piano a 8.480 occupati costanti. Il costo del lavoro per FTE è indicato in 50mila euro nel 2018 (in linea con i livelli attuali di ILVA S.p.A.) e in 52mila euro a partire dal 2021.

Il comunicato afferma che oggi l’organico delle società ILVA oggetto del trasferimento è composto da 14.220 lavoratori ed il ricorso alla cig straordinaria  riguarda complessivamente un massimo di  4.100 addetti.

Disponibilità ad ulteriori impegni. AM ha comunicato la propria disponibilità alla assunzione di ulteriori impegni da definire nella sede negoziale successiva alla aggiudicazione:

§  riduzione dei tempi per la realizzazione degli investimenti ambientali con particolare riferimento alla copertura dei parchi;

§  valutazione dell’impiego della tecnologia DRI e le condizioni della sua sostenibilità economica;

§  impegno a non modificare il piano industriale e i connessi livelli occupazionali, anche a fronte di eventuali richieste di impegni di dismissione di asset o vincoli di produzione imposti dall’Antitrust europeo e a rinunciare alla possibilità di ritirare la propria offerta qualora l’autorizzazione antitrust sia subordinata al rispetto di prescrizioni tali da alterare le motivazioni strategiche a base dell’offerta;

§  maggiori impegni sul piano occupazionale nel quadro di una occupazione complessiva di circa 10.000 occupati nel gruppo ILVA, per tutta la durata del Piano.

 

Il comunicato del MISE informa inoltre che il decreto ministeriale adottato prevede che i Commissari straordinari, nell’ambito della negoziazione in esclusiva con l’aggiudicatario, indirizzeranno prioritariamente l’attività sui seguenti obiettivi:

§  miglioramento dell’offerta sotto il profilo della tutela occupazionale, prevedendosi che il livello occupazionale riferibile complessivamente al gruppo Ilva sia costituito da almeno 10.000 unità per l’intero periodo di riferimento del piano industriale tenendo conto che l’accordo sindacale potrà ulteriormente precisare e incrementare tale obbligo;

§  massima compressione, per quanto nella disponibilità delle parti, dei tempi delle procedure da espletare a seguito dell’aggiudicazione, con particolare riferimento alla presentazione dell’istanza di modifica del piano ambientale di cui all’art  1, comma 8.1D.L. n. 191/2015 e  all’espletamento della procedura antitrust;

§  definizione di clausole contrattuali idonee a garantire la piena esecuzione delle obbligazioni contrattuali, comprese quelle relative all’attuazione del piano industriale e del piano ambientale e ai correlati livelli occupazionali, anche nell’ipotesi di imposizione di vincoli e limitazioni da parte della competente autorità antitrust;

§  rafforzamento e specificazione delle iniziative sul territorio previste nell’offerta, con particolare riferimento alla realizzazione di un centro di ricerca nel sito di Taranto;

§  adeguata finalizzazione dell’impegno offerto da AM ad individuare e perseguire le soluzioni tecnologiche più sostenibili ed efficienti e con il minor impatto ambientale, anche valutando l’impiego della tecnologia DRI e le condizioni della sua sostenibilità economica;

§  riduzione dei tempi previsti in offerta per la realizzazione degli interventi di copertura dei parchi primari.

 

Per quanto riguarda i contenuti del nuovo programma della procedura, si legge nel Comunicato che i Commissari straordinari dovranno integrare il programma della procedura, come previsto dall’art 1, commi 8.4 e 8.5 del decreto legge 191/2015, prevedendo:

 

§  l'esecuzione di interventi di ambientalizzazione e di ulteriori interventi di decontaminazione e risanamento ambientale non previsti nel Piano, ma ad esso connessi, anche mediante formazione e impiego del personale della società rimasto alla amministrazione straordinaria;

§  la definizione ed esecuzione di attività di sostegno assistenziale e sociale per le famiglie disagiate nei comuni di Taranto, Statte, Crispiano, Massafra, e Montemesola, per la durata di 3 anni, con risorse pari a complessivi 30 milioni di euro.

Il termine del programma dei Commissari coinciderà con il termine di ultimazione del Piano ambientale di ILVA (2023).

 

La Commissione in sede referente ha accolto l'emendamento del Governo 13.1000 (con due subemendamenti parlamentari) volto ad introdurre due commi aggiuntivi. Il comma 1-bis reca una novella che è volta a specificare le modalità operative attraverso cui, a seguito dell'integrale restituzione del prestito statale di cui al citato comma 6-bis dell'articolo 1, le residue risorse potranno riguardare le ulteriori finalità previste dalla norma.

 

Ci si riferisce alle somme e relative obbligazioni che sono state, in virtù dell’accordo transattivo, oggetto di rinuncia da parte di Partecipazioni Industriali S.P.A e, successivamente - in virtù della sentenza del GUP di Milano - oggetto di confisca mantenendo la destinazione (bonifica e risanamento ambientale, previa restituzione del prestito erogato ad ILVA) indicata dal D.L. n. 1/2015.

In particolare si prevede che l'utilizzo delle somme oggetto di confisca alla realizzazione degli interventi ambientali avvenga attraverso lo strumento della sottoscrizione delle obbligazioni, che potranno essere emesse dall'Ilva S,p,A, in amministrazione straordinaria, ai sensi dell'articolo 3, comma 1 del decreto legge n. 1 del 2015. Si chiarisce altresì che i predetti interventi possono riguardare tutti i siti produttivi facenti capo ad ILVA; inoltre, si richiamano le modalità di estinzione (di cui al comma 1) anche per i crediti derivanti dalla sottoscrizione delle citate obbligazioni.

La norma di cui al comma 1-ter offre un chiarimento sulla destinazione delle risorse: l'articolo 3 comma 1 del citato decreto n. 1/2015 si dovrà attuare operando affinché, a seguito del trasferimento dei complessi aziendali del gruppo Ilva, le somme derivanti dalla sottoscrizione delle obbligazioni siano destinate al piano delle misure ed attività di tutela aziendale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria. Ciò, però, nei limiti di quanto necessario tenuto conto degli investimenti ambientali previsti nell'ambito dell'offerta vincolante definitiva dell'aggiudicatario della procedura di trasferimento; per la restante parte, la destinazione sarà indirizzata alle ulteriori finalità previste dal medesimo articolo 3, comma 1 per le società del gruppo Ilva in amministrazione straordinaria.


Articolo 13-bis
(Disposizioni in materia di bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale - comprensorio Bagnoli Coroglio)

La Commissione in sede referente ha accolto un articolo aggiuntivo (emendamento 13.0.1000), con cui si intende conferire certezza ai termini dì versamento alla curatela fallimentare della società Bagnoli futura S.p.A, in liquidazione, in stato di fallimento, dell'importo del valore determinato dall'Agenzia del demanio della proprietà degli immobili e delle aree del sito di rilevante interesse nazionale di Bagnoli-Coroglio, la cui proprietà è trasferita ex lege al Soggetto Attuatore, disciplinando anche le forme, modalità e i termini di eventuali contestazioni in sede giurisdizionale della stima effettuata dalla predetta Agenzia.

Contestualmente, si è previsto che il Soggetto attuatore possa acquisire la necessaria provvista finanziaria per il versamento dell'importo determinato dall'Agenzia del Demanio mediante l'emissione, su mercati regolamentati, di strumenti finanziari di durata non superiore a quindici anni non condizionando il versamento dell'importo del valore della proprietà dei predetti immobili e aree alla curatela fallimentare alla predetta emissione.

La proposta emendativa mira a superare le eccezioni di incostituzionalità, sollevate nel corso di un giudizio innanzi il Consiglio di Stato, in merito, in particolare, al comma 12 dell'articolo 33 del decreto legge n. 133 del 2014, ove si prevede che il Soggetto Attuatore corrisponda alla procedura fallimentare di Bagnoli Futura SpA il corrispettivo per il trasferimento delle aree e degli immobili, operata ope legis, mediante il versamento di strumenti finanziari emessi dal Soggetto Attuatore stesso.

Tale modalità, di pagamento è sotto vaglio di costituzionalità in quanto le modalità di indennizzo prospettate non darebbero certezza del ristoro, in violazione, in primis, dell'articolo 42 della Costituzione. La modifica proposta al comma 12 del predetto articolo 33 del DL n. 133 del 2014 differenzia il ristoro diretto alla Curatela fallimentare dallo strumento con cui questo viene effettuato, cioè gli strumenti finanziari; ciò secondo il Governo implica il superamento dei profili di incostituzionalità sollevati nel corso del giudizio innanzi il Consiglio di Stato.

 


Articolo 13-bis
(Lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata)

 

L'articolo in esame - di cui la 5a Commissione del Senato propone l'inserimento con l'emendamento approvato 13.0.2000 (testo 2) - prevede benefici pensionistici o sussidi di accompagnamento alla quiescenza per lavoratori affetti da patologia asbesto-correlata e provvede alla copertura finanziaria dei relativi oneri.

Il comma 1 amplia i termini temporali per l'applicazione di un requisito pensionistico più favorevole per alcuni lavoratori, affetti da patologia asbesto-correlata. Nella disciplina finora vigente, il beneficio si applica ai fini del conseguimento del trattamento pensionistico con decorrenza nel corso degli anni 2015-2018. La novella prevede l'estensione agli anni 2019 e 2020.

Si ricorda che il beneficio consiste[42] nel diritto al pensionamento sulla base del requisito di 35 anni di anzianità contributiva, requisito che si intende raggiunto (purché in possesso di almeno 30 anni di anzianità assicurativa e contributiva) anche con una maggiorazione, non superiore a 5 anni, della medesima anzianità[43], e dei requisiti inerenti sia alla somma di età anagrafica e anzianità contributiva sia all'età anagrafica minima, previgenti rispetto all'art. 24 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni.

Nell'àmbito di applicazione del beneficio rientrano i lavoratori affetti dalla suddetta patologia (accertata e riconosciuta) a causa dell'esposizione all'amianto, occupati nelle imprese che abbiano svolto attività di scoibentazione e bonifica, qualora essi abbiano cessato il rapporto di lavoro per effetto della chiusura, dismissione o fallimento dell'impresa e a condizione che il sito dell'impresa sia interessato da piano di bonifica da parte dell'ente territoriale.

Resta fermo il divieto di corresponsione di arretrati.

Il comma 2 amplia i termini temporali di applicazione del sussidio di accompagnamento alla quiescenza, previsto, in via transitoria, per i lavoratori interessati dalle norme summenzionate (oggetto della novella di cui al precedente comma 1) e ai quali le stesse non siano applicabili per l'impossibilità di maturazione del requisito contributivo ivi stabilito.

Nella normativa finora vigente[44], il sussidio può essere riconosciuto fino al 31 dicembre 2018. La novella di cui al presente comma 2 pone uno stanziamento pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 (di importo annuo, quindi, identico a quello previsto per ciascuno degli anni 2016-2018).

Il comma 3, ai fini della copertura finanziaria degli oneri di cui al presente articolo (quantificati nel medesimo comma 3), riduce:

-        nella misura di 2,5 milioni di euro per il 2019, il "fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili" (fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze);

-        nella misura di 3,6 milioni per il 2020, di 2,1 milioni per il 2021, di 1,8 milioni per il 2022, di 1,1 milioni per il 2023, di 0,4 milioni per il 2024 e di 0,2 milioni annui a decorrere dal 2025, il "fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione" (anche tale fondo è iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze).

Il comma 4 richiama l'applicazione delle clausole finanziarie di monitoraggio e salvaguardia.


Articolo 14

(Proroga dei termini per l'effettuazione degli investimenti di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232)

 

L'emendamento 14.1000 modifica l'articolo 14 con l'effetto di prorogare di ulteriori due mesi (dal 31 luglio al 30 settembre 2018) il termine temporale entro il quale vanno effettuati gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico per trasformare l'impresa in chiave tecnologica e digitale secondo il modello Industria 4.0, per poter beneficiare della misura agevolativa cd. "iper-ammortamento" introdotta dalla legge di bilancio 2016 (articolo 1, comma 9, L. 232/2016).

L'intervento è finalizzato a garantire alle imprese destinatarie del beneficio in parola, alle stesse condizioni di effettiva possibilità, di fruire dei benefici fiscali in questione

La relazione illustrativa giustifica l'intervento alla luce della confermata complessità di realizzazione dei beni ammessi a godere delle agevolazioni, cui si associano lunghi tempi di consegna che, nel caso specifico, possono risultare ulteriormente aggravati dai possibili rallentamenti legati al normale calo della produzione nel periodo estivo, il che rende necessario un ulteriore ampliamento del lasso temporale a disposizione delle imprese.

Rimangono invariati tutti gli altri requisiti e condizioni cui è subordinata la fruizione della misura.

Alla relativa copertura si provvede mediante riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Inoltre, è previsto, al comma 2, l'incremento del predetto Fondo per interventi strutturali di politica economica di 12 milioni di euro per l'anno 2025, mediante l'utilizzo delle maggiori entrate derivanti dall'emendamento in esame.

 

 

 

 


Articolo 15
(Assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali nelle regioni del Mezzogiorno)

 

 

L'articolo conferisce agli enti locali delle regioni del Sud, in via sperimentale e per la durata di tre anni, la facoltà di ottenere supporto tecnico e amministrativo da parte delle prefetture.

 

Il comma 1 attribuisce agli enti locali appartenenti alle regioni meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) la facoltà di attivare forme di assistenza tecnica e amministrativa da parte delle Prefetture-Uffici territoriali del Governo operanti nel medesimo territorio.

Tale supporto è diretto a favorire la qualità, il buon andamento, l’imparzialità e l’efficienza dell’azione amministrativa degli stessi enti locali che lo richiedono, nonché a diffondere le buone prassi volte a rafforzare la coesione sociale e migliorare i servizi affidati alle amministrazioni territoriali.

 

            Ai sensi della normativa vigente (art.11 del D.lgs. n.300/1999 e D.P.R. n.180/2006) le Prefetture-Uffici territoriali di Governo coordinano l'attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e garantiscono la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali. Risulta a tal fine centrale l'attività della conferenza provinciale permanente, presieduta dal prefetto e composta dai responsabili delle strutture amministrative periferiche dello Stato che svolgono la loro attività nel territorio provinciale e da rappresentanti degli enti locali.

L'art. 9 del DPR n.180/2006 demanda al Prefetto il compito di promuovere "tutte le possibili forme di collaborazione interistituzionale tra lo Stato e le autonomie territoriali".

La richiamata normativa in materia fa salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome (art.11, comma 2, del D.lgs. n.300 del 1999 e art. 10 del DPR n.180/2006).

 

Il comma 2 specifica che:

 

1) il richiamato supporto tecnico e amministrativo è aggiuntivo rispetto all'attività di assistenza che le legge n.56 del 2014 affida alle province e alle città metropolitane.

 

Il comma in esame richiama il comma 85, lett.d), e il comma 88 dell'articolo 1 della legge n.56 del 2014 (cosiddetta legge Delrio), con cui è stato operato il riordino delle province e sono state istituite le città metropolitane. Le province hanno, nell'ambito delle funzioni fondamentali ad esse attribuite dalla legge stessa, i seguenti compiti:

§  raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali (commi 85, lett d));

§  esercizio, d'intesa con i comuni eventualmente interessati, delle funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive (comma 88).

 

La richiamata funzione di assistenza in capo alle province deve intendersi estesa anche alle città metropolitane, in virtù dell'art.1, comma 44, della legge n.56 del 2014, secondo cui a quest'ultima sono attribuite le funzioni fondamentali delle province.

 

Il medesimo comma 44, lett. c), non richiamato dal comma 2 in esame, attribuisce esplicitamente alle città metropolitane tali funzioni di assistenza ("funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive").

Al fine di assicurare un miglior coordinamento con la normativa vigente e di rendere inequivoco che sono fatte salve anche le funzioni di assistenza esercitate dalle città metropolitane, potrebbe essere richiamato, al comma 2, anche l'art. 1, comma 44, lettera c), della legge n.56 del 2014. Ciò anche tenuto conto che nella relazione illustrativa si fanno salve solo le funzioni di assistenza svolte dalle province, senza alcun riferimento alle analoghe funzioni assegnate alle città metropolitane.

 

2) che il supporto tecnico e amministrativo è esercitato:

§  nel rispetto delle competenze e responsabilità dei soggetti coinvolti (enti locali e prefetture);

§  con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

Il comma 3 stabilisce che le disposizioni relative alla collaborazione fra prefetture ed enti locali hanno carattere sperimentale e si applicano per una durata di tre anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Il secondo periodo del comma 3 contiene una clausola valutativa, secondo cui, terminato il periodo di sperimentazione, il Ministero dell’interno effettua un monitoraggio sugli esiti dell'attività di supporto svolta e riferisce in merito in sede di Conferenza Stato – Città ed autonomie locali.

 


Articolo 15-bis
(Modifiche all'articolo 52 della legge 10 febbraio 1953, n. 62)

 

 

L'emendamento 15.0.25, recante un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 15, attribuisce alla Commissione parlamentare per le questioni regionali la facoltà di svolgere attività conoscitiva e di procedere alla consultazione di rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e delle associazioni di enti locali, nonché di rappresentanti dei singoli enti territoriali.

 

L'emendamento, accolto in sede referente, novella l'articolo 52 della legge n.62 del 1953, che reca disposizioni sulla composizione e sul funzionamento della Commissione parlamentare per le questioni regionali. In particolare, viene sostituito il comma terzo dell'art.52, con una disposizione che attribuisce alla Commissione un potere generalizzato di svolgere attività conoscitiva nelle materie di propria competenza e la facoltà di procedere, secondo modalità definite da un regolamento interno, alla consultazione di rappresentanti della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e delle associazioni di enti locali, nonché di rappresentanti dei singoli enti territoriali.

La disposizione intende rafforzare la partecipazione delle autonomie territoriali al procedimento parlamentare, attraverso la previsione di una più stretta interlocuzione con la Commissione per le questioni regionali.

Tale emendamento pare recepire, almeno in parte, le indicazioni contenute nella relazione all’Assemblea sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali e sull'attuazione degli Statuti speciali (Doc. XVI-bis, n. 11), approvata nella seduta della Commissione del 10 maggio scorso.

Tale relazione è stata discussa, nel corso della seduta n. 834 del 31 maggio scorso, dall'Aula del Senato, che ha approvato la risoluzione n.1 diretta a fare propri i contenuti della relazione e impegnare il Governo, per quanto di propria competenza, a dare corso alle indicazioni in essa contenute. La medesima relazione è attualmente in corso di esame presso l’Assemblea della Camera dei deputati.

 

La relazione della Commissione parlamentare è il risultato di un'intensa attività istruttoria, che ha fatto tesoro di due indagini conoscitive (oltre alla breve indagine svolta per la definizione della relazione stessa), autorizzate dai Presidenti delle due Camere, nelle quali sono intervenuti rappresentati del Governo, rappresentanti degli enti territoriali, delle loro forme associative, rappresentanti di altre istituzioni (fra cui Consiglio di Stato e Corte dei conti), professori universitari ed esperti del settore. Si tratta dell'indagine sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riguardo al «sistema delle conferenze», e dell'indagine sulle problematiche concernenti l'attuazione degli Statuti delle regioni ad autonomia speciale.

Nella relazione, fra l'altro, si auspica un rafforzamento dell'attività di raccordo fra lo Stato e le autonomie territoriali nei procedimenti parlamentari. Nel documento si conviene sull'esigenza di riconoscere una sede parlamentare di dibattito e confronto sulle questioni relative agli enti territoriali, in cui questi ultimi possano rappresentare le proprie esigenze e avanzare specifiche proposte, al fine di elaborare soluzioni il più possibile condivise a beneficio della qualità della legislazione e di ridurre l'elevato contenzioso costituzionale fra Stato e regioni.

La relazione auspica suggerisce l'attuazione all'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, che prevede l’integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali con i rappresentanti delle autonomie territoriali. Tale soluzione richiede una riforma dei regolamenti sia della Camera che del Senato (l’articolo 11 rimette infatti l’attuazione ai regolamenti parlamentari), con tempi di esame che potrebbero essere lunghi.

L'emendamento in esame, senza incidere sugli ambiti che la citata disposizione costituzionale riserva ai regolamenti parlamentari, e nelle more di tale (eventuale) integrazione, intende consentire l’attivazione fin da subito di sinergie tra la Commissione parlamentare per le questioni regionali e i rappresentanti di Regioni ed enti locali.

 

L'articolo aggiuntivo, nel riformulare il terzo comma dell'art.52, sopprime la disposizione, di cui non risulta alcuna applicazione nelle ultime legislature, in base alla quale i membri della Commissione non possono partecipare alle sedute in cui siano discusse questioni della Regione nei cui collegi siano stati eletti.


Articolo 15-bis
(Sanzioni ISTAT per i comuni di minori dimensioni demografiche)

 

L'emendamento 15.0.29, approvato in Commissione, ha inserito nel testo un articolo aggiuntivo 15-bis, il quale sospende, a beneficio dei comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti, le sanzioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.

 

L'articolo 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 ("Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400") stabilisce le sanzioni comminabili alle Amministrazioni che non forniscano tutti i dati richiesti per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale.

L'ammontare delle sanzioni (comma 1) è differenziato per le persone fisiche (l'equivalente in euro di una somma compresa tra 400.000 e quattro milioni di lire del vecchio conio) e per gli enti o società (tra un milione ed i dieci milioni di lre). L'accertamento delle violazioni è effettuato dagli uffici di statistica, facenti parte del Sistema statistico nazionale, i quali redigono motivato rapporto in ordine alla violazione e, previa contestazione degli addebiti agli interessati, lo trasmettono al Prefetto della provincia.

 

La sospensione, motivata in relazione alla "gravosità degli adempimenti richiesti, in particolare, ai comuni di minori dimensioni demografiche", è relativa ad eventuali inadempienze nella trasmissione delle rilevazioni statistiche di cui al Programma statistico nazionale per il triennio 2014-2016 e relativi aggiornamenti. In caso di avvenuta irrogazione di una sanzione, ne sono sospesi gli effetti fino al 30 novembre 2017, data entro la quale è previsto che i comuni completino ed inviino le rilevazioni.

E' espressamente specificato che le somme eventualmente versate a titolo di sanzione non siano restituite.

 

 


Articolo 15-bis
(Deroga alle sanzioni patto di stabilità per i comuni colpiti dal sisma)

 

L'emendamento 15.0.30 (id. 16.0.37), recante un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 15, disapplica talune sanzioni previste per il mancato rispetto del patto di stabilità interno nei confronti dei comuni colpiti da recenti eventi sismici.

 

L'emendamento, accolto in sede referente, è volto ad integrare l'art. 1, comma 462-ter, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), con l'inserimento, tra i soggetti beneficiari della medesima disposizione, dei comuni colpiti dal sisma di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del decreto-legge n. 189 del 2016.

 

Negli allegati al DL 189 del 2016 rientrano 140 comuni appartenenti alle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.

Sono elencati:

-        nell'all'allegato 1 i 62 comuni colpiti dagli eventi sismici del 24 agosto 2016;

-        nell'allegato 2 i 69 comuni colpiti dagli eventi sismici dal 26 e del 30 ottobre 2016;

-        nell''allegato 2-bis (introdotto dal DL n.8 del 2017) i 9 comuni (tutti appartenenti alla regione Abruzzo) colpiti dagli eventi sismici del 18 gennaio 2017.

 

Il comma 462-ter stabilisce che la sanzione, consistente nella riduzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori delle Province delle Regioni a statuto ordinario (e a seguito dell'emendamento in commento anche degli amministratori dei comuni colpiti dagli eventi sismici), conseguente al mancato rispetto del patto di stabilità non si applichi, o qualora applicata ne vengono meno gli effetti, in presenza delle seguenti condizioni:

-        il mancato rispetto del Patto di stabilità sia avvenuto nell'esercizio finanziario riferito al 2012 o ad anni precedenti;

-        le violazioni siano accertate successivamente al 31 dicembre 2014.

 

Il comma 462-ter è stato introdotto nell'ordinamento tramite una disposizione inserita nel decreto-legge n. 50 del 2017, nel corso dell'esame parlamentare dello stesso.

 

La normativa vigente (legge n.183 del 2011, art. 31, comma 26, richiamata dal comma 462-ter) prevede una serie di sanzioni qualora l'ente locale sia incorso nel mancato rispetto del Patto di stabilità.

Fra queste, il comma 26, lettera e), specificamente richiamato, prevede la riduzione del 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti ai sensi dell'art 82 del TUEL.

 

L'indennità di funzione e i gettoni di presenza negli enti locali sono regolati dal combinato disposto dell'art.82 del TUEL e della legge n.56 del 2014 (in particolare cfr. art.1, commi 24, 84 e 108). A partire dall'entrata in vigore della legge n.56, gli incarichi presso gli enti di area vasta (Province e Città metropolitane) e le unioni di comuni sono svolti a titolo gratuito. Pertanto l'indennità spetta ora al sindaco, ai presidenti dei consigli comunali, ai presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, nonché ai componenti degli organi esecutivi dei comuni.

I gettoni di presenza sono riconosciuti invece per la partecipazione a consigli e commissioni comunali (con il vincolo che l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere non superi l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il sindaco), nonché ai consiglieri circoscrizionali dei comuni metropolitani (con il vincolo che l’ammontare non superi l’importo pari ad un quarto dell’indennità prevista per il rispettivo presidente).

La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è determinata con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto di determinati criteri (fra cui il rapporto con la dimensione demografica degli enti).

 

Sul tema in esame, è di recente intervenuto l'articolo 9-bis del DL n.8 del 2017. Tale disposizione attribuisce al sindaco e agli assessori dei comuni colpiti dagli eventi sismici con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, in cui sia stata individuata da una ordinanza sindacale una zona rossa, la facoltà di applicare un'indennità di funzione più elevata di quella spettante sulla base della classe demografica di appartenenza dell'ente territoriale. Nello specifico, le indennità possono essere accresciute sino a renderle pari a quelle spettanti alla classe di comuni con popolazione compresa tra i 10.001 e 30.000 abitanti. Gli oneri relativi sono posti a carico del bilancio comunale Tale deroga alla normativa vigente ha durata di un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione del dl n.8 (11 aprile 2017).

 


Articolo 15-bis
(Contenzioso relativo al programma di risanamento e sviluppo di Reggio Calabria)

 

L'articolo in esame, introdotto durante l'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 15.0.33 (testo 2), interviene sulla disciplina relativa alle misure per il risanamento e lo sviluppo dell'area urbana di Reggio Calabria recate dal decreto-legge n. 166 del 1989. Il decreto-legge citato prevede la definizione di un programma di interventi e istituisce un apposito fondo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. La norma in esame pone in capo ai soggetti competenti alla realizzazione degli interventi previsti nel programma la gestione dei contenziosi connessi a tali interventi e ogni onere derivante dagli stessi contenziosi a valere sulle risorse del fondo istituito dal decreto-legge n. 166/1989 assegnate al programma di interventi. La disposizione a tal fine prevede ciò avvenga  nel "limite di una percentuale compatibile con la tipologia di interventi".

 

L'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 166/1989 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per gli interventi di risanamento e sviluppo dell'area urbana di Reggio Calabria. Inoltre, l'art. 1, comma 2, della legge n. 295 del 1998 (Disposizioni per il finanziamento di interventi e opere di interesse pubblico) ha concesso al comune di Reggio Calabria un contributo straordinario quindicennale di circa 3,6 milioni di euro annui a decorrere dal 1999 per la contrazione di mutui o altre operazioni finanzia, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi previsti dal citato decreto-legge n. 166.

L'art. 3 prevede l'approvazione di un programma di interventi (secondo una procedura ivi disciplinata) ad integrazione di quelli di immediata realizzazione previsti dall'art. 2. Tale art. 2 stabilisce che gli interventi di immediata realizzazione sono diretti al risanamento del patrimonio edilizio comunale, al completamento ed alla riqualificazione delle reti idriche e fognarie, alla valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e monumentale, all'ammodernamento ed alla realizzazione di impianti sportivi, nonché' di aree attrezzate a verde pubblico e per il tempo libero.

Gli ulteriori interventi sono inseriti nel programma di cui all'art. 3. Il programma contiene l'elenco degli interventi da realizzare ed indica la ripartizione delle disponibilità finanziarie, le ulteriori disponibilità di finanziamento accertate, nonché i tempi di realizzazione degli interventi, ivi compresi quelli eventualmente in corso. I soggetti competenti alla realizzazione degli interventi previsti dal programma sono tenuti ad adottare gli atti necessari alla loro realizzazione nei tempi indicati nel programma medesimo. Essi, inoltre, provvedono, nell'ambito delle proprie attribuzioni, all'affidamento, per lotti funzionali, degli interventi stessi in appalto, ovvero in concessione unitaria di progettazione e costruzione.

 

 


Articolo 15-bis
(Misure urgenti per lo svolgimento dell'anno scolastico 2016/2017 nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 e servizi nelle scuole)

L'articolo 15-bis detta disposizioni riguardanti lo svolgimento dell'a.s. 2016/2017 nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016 nonché la prosecuzione, nelle regioni ove sia stata risolta la convenzione-quadro Consip, dell'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari.

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 15.0.38 (testo 2), la Commissione propone l'inserimento dell'articolo 15-bis.

Il comma 1 reca un'interpretazione dell'articolo 18-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 189/2016 (L. 229/2016), volta a definire la nozione di "necessità aggiuntive", la cui previa verifica è richiesta per l'eventuale istituzione di ulteriori posti di personale docente, da attivare sino al termine dell'attività didattica dell'a.s. 2016/2017, nonché di personale ATA.

In particolare, esso stabilisce che per necessità aggiuntive si intendono sia quelle derivanti dall'esigenza di garantire la regolare prosecuzione delle attività didattiche per gli alunni delle istituzioni scolastiche di cui al medesimo articolo 18-bis, comma 1, che quelle derivanti dalla necessità di garantire una nuova sede di servizio al personale docente ed ATA coinvolto negli eventi sismici, come disciplinata con i contratti collettivi regionali integrativi di cui al medesimo articolo 18-bis, comma 1, lettera b).

 

Le istituzioni scolastiche di cui articolo 18-bis, comma 1, sono:

quelle i cui edifici, siti nelle aree colpite dagli eventi sismici di cui all'articolo 1 del D.L. 189/2016[45], sono stati dichiarati parzialmente o totalmente inagibili a seguito di tali eventi sismici;

quelle ospitate in strutture temporanee di emergenza;

quelle che ospitano alunni sfollati.

La richiamata lettera a) del predetto comma 1 ha previsto che i dirigenti degli Uffici scolastici regionali possono istituire con loro decreti, previa verifica delle necessità aggiuntive, ulteriori posti di personale docente, da attivare sino al termine dell'attività didattica dell'anno scolastico 2016/2017, nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA).

La lettera b) del comma 1 dell'articolo 18-bis ha previsto che i dirigenti degli Uffici scolastici regionali possono assegnare alle cattedre i docenti, il personale ATA e gli educatori o, per il personale in servizio presso edifici dichiarati parzialmente o totalmente inagibili, modificare le assegnazioni effettuate, in deroga alle procedure e ai termini previsti dalle disposizioni legislative ivi richiamate. Tali assegnazioni sono regolate con contratto collettivo integrativo regionale di lavoro, da sottoscrivere entro sette giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, al fine di salvaguardare, ove possibile, la continuità didattica.

 

Il comma 2 novella l'articolo 64 del D.L. 50/2017 (L. 144/2017).

In particolare, modificandone il comma 1, estende l'arco temporale entro il quale le istituzioni scolastiche ed educative statali - nelle regioni ove sia stata risolta la convenzione-quadro Consip - proseguono l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché degli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede delle istituzioni medesime, con piena salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali esistenti, con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali attuativi e degli ordinativi di fornitura. Infatti l'attuale riferimento al 31 agosto 2017 viene sostituito con quello alla data di effettiva attivazione del contratto-quadro[46] mediante il quale le predette istituzioni procedono all'acquisizione dei servizi esternalizzati; si prevede comunque che tale prosecuzione abbia luogo entro e non oltre il 31 dicembre 2017.

A tal fine si specifica che l'acquisizione dei predetti servizi prosegue al fine di consentire (non solo la regolare conclusione delle attività didattiche nell'a.s. 2016/2017) ma anche il regolare avvio delle stesse nell'a.s. 2017/2018.

 

Al comma 3 dell'articolo 64 del D.L. 50/2017 si inserisce il riferimento al regolare "svolgimento" (non più avvio) delle attività didattiche nell'a.s. 2017/2018.

 

In base all'attuale formulazione del comma 3, al fine di consentire il regolare avvio delle attività didattiche nell'a.s. 2017/2018 in ambienti in cui siano garantite idonee condizioni igienico-sanitarie, nonché di assicurare la tutela sociale dei livelli occupazionali dei lavoratori, la Consip - nelle more dell'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari prima indicati (da completarsi entro l'inizio dell'a.s. 2018/2019) e nel contesto del Programma di razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione - svolge, per conto del MIUR, la procedura di aggiudicazione dell'appalto avente ad oggetto i servizi di cui all'articolo 58, comma 5, D.L. 69/2013, anche utilizzando lo strumento previsto dall'articolo 55, comma 14, del Nuovo codice degli appalti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (d.lgs. 50/2016), e prevedendo una suddivisione in lotti per aree geografiche.

A tal fine, il MIUR, nell'ambito delle risorse disponibili nei pertinenti capitoli di bilancio del proprio stato di previsione, comunica alla Consip i fabbisogni, tenendo conto anche delle finalità occupazionali, con il relativo livello di aggregazione, delle istituzioni scolastiche ed educative interessate e stipula il relativo contratto-quadro mediante il quale le predette istituzioni procedono all'acquisizione dei servizi mediante la stipula di appositi contratti attuativi. Gli aggiudicatari della procedura, al fine di garantire il livello occupazionale esistente, si impegnano ad assumere il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.

 

Per effetto delle modifiche all'articolo 64, comma 4, del D.L. 50/2017, si specifica che l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari nelle regioni ove vi sia stata la prosecuzione di tali servizi a seguito della risoluzione della convenzione-quadro Consip, nonché la prosecuzione dei servizi di pulizia e degli interventi di piccola manutenzione e decoro previsti sino alla scadenza dei contratti attuativi della Convenzione Consip nei lotti in cui questi ultimi siano ancora vigenti, avvenga nei limiti di spesa previsti dalla disposizione oggetto di modifica.

 

Si veda anche il dossier n. 484/1 del giugno 2017, predisposto in occasione dell'esame dell'AS 2853.


Articoli 15-bis e 15-ter
(Contributo Province e Città metropolitane - Intese regionali per la cessione di spazi finanziari agli enti locali)

 

 

L'emendamento 15.0.1000:

§  destina 112 milioni, di cui 12 già previsti nel decreto legge n.50 del 2017, alle Province e alle Città metropolitane (art.15-bis);

§  attribuisce alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di avviare un ulteriore iter per la stipula di intese regionali per la cessione di spazi di patto con cui finanziarie gli investimenti degli enti territoriali (art.15-ter)

 

L'emendamento, presentato dal Governo e risultante dall'approvazione di due subemendamenti (15.0.1000/4 e 15.0.1000/8) in sede referente, reca due articoli aggiuntivi dopo l'articolo 15.

 

Il comma 1 dell'art. 15-bis attribuisce alla Città metropolitana di Milano 12 milioni di euro per il 2017. Tale importo è stato previsto nel decreto-legge n.50 del 2017 a titolo di contributo per l'esercizio di funzioni fondamentali delle Città metropolitane per gli anni 2017 e 2018.

Per il corrente l'anno Milano è l'unica Città metropolitana a beneficiare del contributo.

 

            L'art.1-bis dell'articolo 20 del decreto legge n.50 del 2017 ha attribuito alle Città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, per l'esercizio delle funzioni fondamentali, un contributo complessivo di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Il riparto di tale contributo fra i beneficiari è demandato ad un decreto del Ministero dell'interno. Quest'ultimo è adottato, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in modo tale da tener conto dell'esigenza di "garantire il mantenimento della situazione finanziaria corrente".

            L'intesa in sede di Conferenza Stato-città è stata raggiunta lo scorso 12 luglio. Essa prevede che il contributo sia destinato unicamente alla Città metropolitana di Milano.

 

            Raggiunta l'intesa, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia, potrebbe procedere al riparto del contributo, secondo quanto deciso in sede di Conferenza Stato-città.

Con l'emendamento in esame si è invece ritenuto di recepire in un testo legislativo i contenuti dell'intesa.

 

Il comma 2 destina 100 milioni di euro per l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti di area vasta appartenenti alle Regioni a statuto speciale. Di tale contributo complessivo, 72 milioni di euro sono destinati alle Province e 28 milioni alle Città metropolitane.

I criteri del riparto e il riparto stesso saranno determinati sulla base di un decreto del Ministro dell'interno entro il prossimo 10 settembre. Il decreto è adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali e sulla base di una proposta di Anci e Upi.

L'intesa deve giungere entro dieci giorni dalla data prevista per l'avvio del relativo esame da parte della Conferenza Stato-città e a tal fine si considera la data della prima iscrizione all'ordine del giorno della proposta di riparto. Trascorso tale termine, il Ministro dell'interno può adottare il decreto senza attendere l'intesa. In questo caso, occorre che il riparto sia definito avendo riguardo anche alla stima dell'equilibrio corrente riferito al 2016, senza considerare gli effetti dell'utilizzo dell'avanzo di bilancio. La stima deve essere elaborata tenendo conto degli ultimi dati disponibili relativi all'anno 2016.

 

In vista della proposta dell'UPI (come prevede il terzo periodo del comma 2 dell'emendamento a seguito dell'approvazione del subemendamento 15.0.1000/4):

§  ciascun Presidente di Provincia attesta la necessità di risorse per il perseguimento dell'equilibrio di parte corrente con riguardo alle funzioni fondamentali;

§  lo squilibrio di parte corrente deve risultare dal prospetto, riservato agli enti locali, denominato "Bilancio di previsione -equilibri di bilancio" (contenuto nell'allegato 9 del decreto legislativo n. 118 del 2011);

§  il prospetto è formulato in coerenza con lo schema di bilancio di previsione secondo quanto previsto dal Testo unico degli enti locali (art. 174, comma 1, D.lgs. n. 267 del 2000); è asseverato dall'organo di revisione; deve evidenziare uno squilibrio di parte corrente per funzioni fondamentali al netto dell'integrale utilizzo dell'avanzo di bilancio (il riferimento è all'avanzo libero e a quello destinato - Cfr. infra).

 

L'art. 174, comma 1, del D.lgs. n.267 del 2000 attribuisce all'organo esecutivo degli enti locali il compito di predisporre lo schema di bilancio di previsione, finanziario e il Documento unico di programmazione e di presentarlo all'organo consiliare entro il 15 novembre di ogni anno.

 

A seguito del riordino delle Province effettuato con la legge n.56 del 2014:

i)                il Presidente della Provincia è rimasto il solo organo esecutivo essendo venute meno le Giunte provinciali;

ii)              l'organo consigliare è costituito dal Consiglio provinciale, composto dal Presidente della Provincia e da un numero di consiglieri compreso fra 10 e 16, eletti in via indiretta, con voto ponderato, dai sindaci e dai consiglieri comunali.

 

L'art. 18, comma 1, lett. a), del DL n.50 del 2017 prevede che le Province e le Città metropolitane, possano - ai fini del mantenimento degli equilibri finanziari - applicare al bilancio di previsione l’avanzo libero e quello destinato per l'esercizio finanziario 2017.

L’avanzo libero e quello destinato costituiscono due quote dell’avanzo di amministrazione annuale (le altre due sono l’avanzo vincolato e quello accantonato, che non rilevano ai fini della disposizione in esame);

 

§  l'attestazione del Presidente della Provincia è sottoposta a verifica della Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti.

Al riguardo, non si prevede alcun termine per la trasmissione dell'attestazione alla Corte dei Conti, né alcuna conseguenza in ordine agli esiti della menzionata verifica.

 

     

Il comma 3 individua la modalità di copertura degli oneri previsti al comma 2, pari a 100 milio di euro. Di questi:

 

·       90 milioni sono coperti attraverso l'utilizzo delle risorse impegnate per il 2016, e tuttavia non più dovute, a favore della cosiddetta carta elettronica (di cui all'art.1, comma 979, della legge n.208 del 2015).

 

     La richiamata carta elettronica, con un valore di 500 euro, è concessa ai residenti nel territorio nazionale al compimento del diciottesimo anno di età nel 2016 al fine di promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio culturale. La Carta è utilizzabile "per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'acquisto di libri nonché per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali e spettacoli dal vivo" e il relativo importo non costituisce reddito imponibile del beneficiario e non rileva ai fini del computo del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (art.1, comma 979, della legge n.208 del 2015).

Il D.P.C.M. n. 187 del 2016 ha dettato i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta.

 

·       10 milioni sono coperti mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili di cui all'art.1, comma 199, della legge n.190 del 2014.

 

Il citato comma 199 disciplina il fondo per il finanziamento di esigenze indifferibili prevedendone una dotazione iniziale pari a 110 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e di 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2018. Il fondo è diretto a finanziare determinate finalità (elencate in un allegato alla legge) e la quantificazione dell'importo destinato a ciascuna finalità, è determinato con D.P.C.M., adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Quanto alle risorse per il 2016, il D.P.C.M.  11 aprile 2016 ha destinato 90 milioni per l'erogazione di contributi straordinari alla Città metropolitana e al Comune di Napoli e al Comune di Palermo, per l'attuazione di politiche attive finalizzate alla stabilizzazione occupazionale dei lavoratori impiegati in attività socialmente utili.

 

L'art.15-ter (introdotto dal subemendamento 15.0.1000/8) consente, in via straordinaria e per il solo anno 2017, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di poter concludere nuove intese con cui rendere disponibili ulteriori spazi finanziari per gli enti locali appartenenti al proprio territorio.

L'obiettivo è di favorire gli investimenti degli enti territoriali, consentendo loro di avvantaggiarsi di spazi di patto messi a disposizioni da altri enti territoriali, appartenenti alla stessa Regione, che non li utilizzerebbero comunque.

 

Le intese a cui si riferisce l'emendamento sono quelle disciplinate all'art.10, comma 3, della legge n.243 del 2012. Queste sono concluse in ambito regionale in modo da garantire il rispetto del saldo di bilancio (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) del complesso degli enti territoriali della regione interessata in ciascun anno di riferimento. Nell'ambito di tali intese è consentito agli enti territoriali che le sottoscrivono di poter finanziare operazioni di investimento attraverso indebitamento o utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

Il D.P.C.M. 21 febbraio 2017, n. 21, ha dato attuazione al citato articolo 10 e stabilito, al comma 2, la procedura per la definizione delle richiamate intese regionali. Il relativo iter si avvia con alcuni adempimenti da parte delle Regioni e delle Province autonome, fra cui la definizione delle modalità di presentazione delle domande di cessione e acquisizione degli spazi finanziari da parte degli enti territoriali. Successivamente, entro il 31 marzo (termine da intendersi come perentorio), le medesime Regioni e le Province autonome comunicano agli enti locali interessati i saldi obiettivo rideterminati e alla Ragioneria generale dello Stato (attraverso il sistema web dedicato al pareggio di bilancio) gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento del rispetto del saldo di bilancio. Tali elementi informativi devono far riferimento a ciascun ente locale e alla stessa Regione o Provincia autonoma nel suo complesso.

 

Per il solo 2017, il comma 4 prevede l'attivazione di una seconda procedura, oltre a quella già conclusa, per giungere alle richiamate intese.

A tal fine dispone che la comunicazione dei saldi obiettivo agli enti locali e degli elementi informativi alla Ragioneria generale dello Stato debba avvenire entro il 30 settembre.

 

Il comma 4 va interpretato alla luce di quanto disposto dall'emendamenti 6.0.9 (testo 2 corretto), anch'essi adottati in sede referente, volti ad introdurre l'art.6-bis, che prevedono, per il corrente anno e per i successivi sino al 2019, misure volte ad agevolare le richiamate intese regionali (Cfr. la scheda relativa all'art.6-bis).

Si segnala infine che l'emendamento del Governo è corredato da due relazioni tecniche, asseverate dalla Ragioneria generale dello Stato: una prima per l'emendamento governativo nella formulazione originaria; una seconda per il subemendamento15.0.1000/8, poi confluito nel comma 4 dell'emendamento in commento.


Articolo 16
(Immigrazione: marginalità sociale e integrazione)

 

L'articolo 16 reca un duplice ordine di previsioni, relative a:

ü  misure (adottate da appositi Commissari straordinari) volte ad arginare degrado e marginalità sociali in alcune aree del Mezzogiorno, connotate da una elevata concentrazione di migranti (commi 1-3);

ü  misure 'premiali' per i Comuni impegnati nell'accoglienza e nell'integrazione (commi 4 e 5). 

 

I commi 1, 2 e 3 fanno specifico riferimento a tre aree del Mezzogiorno:

Manfredonia (Foggia);

San Ferdinando (Reggio Calabria);

Castel Volturno (Caserta).

Posto che - rileva il comma 1 - in tali aree si hanno una "massiva concentrazione" di cittadini stranieri e situazioni di "particolare degrado", la disposizione dà facoltà al Presidente del Consiglio di nominare con proprio decreto (su proposta del Ministro dell'interno) Commissari straordinari.

Essi sono nominati tra i prefetti - anche in quiescenza - e non ricevono compensi di sorta (solo i rimborsi spese, a carico dei bilanci delle amministrazioni "competenti").

I compiti dei Commissari straordinari sono delineati dal comma 2.

Essi adottano (d'intesa con il Ministro dell'interno e con il prefetto competente) un piano di risanamento delle aree; coordinano la realizzazione del piano. 

Tra le finalità del piano di risanamento figura la graduale integrazione dei migranti regolari, con particolare riguardo all'accesso ai servizi sociali e sanitari, alle misure di integrazione previste nel territorio, alla scuola.

La dotazione di mezzi e di personale dei Commissari straordinari è demandata al decreto del Presidente del Consiglio sopra ricordato. Si attinge alle risorse disponibili nei bilanci delle amministrazioni "interessate".

Parte del compito del Commissario straordinario consiste nel raccordo con gli uffici periferici delle amministrazioni statali e nella collaborazione con gli enti territoriali.

Così come consiste nel raccordo con le iniziative promosse dalla cabina di regia della rete del lavoro agricolo di qualità (v. infra).

Il comma 3 pone per le attività commissariali una clausola di invarianza rispetto alle risorse disponibili a legislazione vigente.

E prevede che gli enti territoriali possano predisporre progetti da finanziare con fondi europei, anche in collaborazione con le organizzazioni del Terzo settore.

 

La Rete del lavoro di qualità è stata istituita dal decreto-legge n. 91 del 2014 (articolo 6) presso l'INPS. Vi possono partecipare le imprese agricole in possesso dei seguenti requisiti: a) non avere riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; b) non essere stati destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative per le violazioni sopra dette; c) essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.

La cabina di regia della Rete è composta da un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle politiche agricole e forestali, del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’INPS e della Conferenza regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da tre rappresentanti dei lavoratori subordinati e tre rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi dell'agricoltura nominati con decreto ministeriale, su designazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.

I compiti della cabina di regia sono, in particolare: a) deliberare sulle istanze di partecipazione alla Rete; b) escludere dalla Rete le imprese agricole che perdono i requisiti; c) redigere e aggiornare l’elenco delle imprese agricole che partecipano alla Rete e curarne la pubblicazione sul sito internet dell’INPS; d) formulare proposte al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero delle politiche agricole e forestali in materia di lavoro e di legislazione sociale nel settore agricolo.

 

Hanno diverso oggetto i restanti due commi dell'articolo in esame (i quali non paiono circoscrivere il proprio ambito di applicazione ai Comuni delle tre aree di disagio sopra ricordate).

 

Il comma 4 incrementa di 150 milioni annui per il 2018 il Fondo istituito (con 100 milioni per il solo 2016, sullo stato di previsione del Ministero dell'interno) dal decreto-legge n. 193 del 2016 (all'articolo 12, che al contempo incrementava di 600 milioni per il 2016 le risorse per l'attivazione, locazione, gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri).

Quel Fondo è stato istituito nel 2016 affinché lo Stato concorresse agli oneri sostenuti dai Comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale.

L'incremento del Fondo è ora dato (ai sensi del comma in esame) affinché lo Stato concorra agli oneri sostenuti dai Comuni "per i servizi e le attività strettamente funzionali all'accoglienza ed integrazione dei migranti".

Peraltro emendamento approvato in sede referente (lì em. 16.2000) sopprime il passaggio sopra riportato virgolettato, onde prevedere che le risorse del Fondo vadano ai Comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale, senza dunque il vincolo di destinazione posto in quel passaggio.

Le modalità di ripartizione tra i Comuni interessati sono demandate a decreto del Ministro dell'interno (di concerto con quello dell'economia). Esso è da assumere entro venti giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, recita la disposizione - entro venti giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, invece prevede l'emendamento sopra citato approvato in sede referente.

La comunicazione ai Comuni delle risorse loro spettanti (rectius "la definizione" delle risorse, prospetta l'emendamento sopra citato approvato in sede referente) si prevede venga effettuata entro il 30 novembre 2017 dal Ministero dell'interno, sulla base di uno "specifico monitoraggio trimestrale" (ma il medesimo emendamento sopprime la trimestralità del monitoraggio).

La norma dispone una soglia massima di erogazione, pari a 700 euro per ogni richiedente accolto nei centri del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati o a 500 euro per ogni migrante presente in altre strutture.

Le disponibilità del Fondo sono comunque la complessiva soglia non valicabile, ai fini della ripartizione. 

La copertura finanziaria dell'incremento del Fondo qui disposta è a valere del Fondo per le esigenze indifferibili palesatesi in corso di gestione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze.

 

L'accoglienza dei migranti richiedenti protezione internazionale, dopo le fasi del primo soccorso e accoglienza, si instaura ad opera del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).

Il sistema è costituito da una rete di enti locali, su base volontaria. Essi accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo e realizzano, in raccordo con i soggetti del terzo settore, interventi di accoglienza 'integrata', non limitati alla distribuzione di vitto e alloggio ma estesi a misure di formazione, assistenza e orientamento.

 

 

Composizione di base della Rete SPRAR

 

(al 1° aprile 2017)

 

 

 

 

 

Il comma 5 prevede che, per gli anni 2018 e 2019, i Comuni possano innalzare del 10 per cento il limite di spesa che vale quale loro soglia massima assunzionale ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010 (articolo 9, comma 28).

Tale elevamento del limite assunzionale è consentito per i rapporti di lavoro flessibile esclusivamente finalizzati a garantire i servizi e le attività strettamente funzionali all'accoglienza e all'integrazione dei migranti.

La disposizione consente siffatto elevamento del limite assunzionale solo ai Comuni "di cui al comma 4". Parrebbe suscettibile di approfondimento se tale formulazione-rinvio delimiti in modo inequivoco la platea degli enti locali destinatari. E qualora debba intendersi che destinatari siano i Comuni percettori del contributo a valere sul comma 4, potrebbe rilevarsi come l'atto di loro individuazione sia una "comunicazione" del Ministero dell'interno, non maggiormente definita quanto a qualificazione formale dell'atto.

Infine il comma 5 esclude che le risorse previste per l'attivazione dei contratti flessibili sopra ricordati, possano essere utilizzate per le procedure volte alla stabilizzazione del precariato nelle pubbliche amministrazioni.

 

La richiamata stabilizzazione del precariato nelle pubbliche amministrazioni è oggetto dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, che ha previsto che le pubbliche amministrazioni (al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato) possa nel triennio 2018-2020 (con l'indicazione della relativa copertura finanziaria) assumere a tempo indeterminato personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti in servizio successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015 con contratti a tempo determinato presso l'amministrazione che procede all'assunzione; b) sia stato reclutato a tempo determinato, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure concorsuali anche espletate presso amministrazioni pubbliche diverse da quella che procede all'assunzione; c) abbia maturato, al 31 dicembre 2017, alle dipendenze dell'amministrazione che procede all'assunzione almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto anni. Nello stesso triennio 2018-2020, le amministrazioni possono bandire (ferma restando la garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno e previa indicazione della copertura finanziaria) procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possegga tutti i seguenti requisiti: a) risulti titolare, successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso; b) abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

 


Articolo 16-bis
(Sistema automatico per la detenzione dei flussi di merce in entrata nei centri storici delle Città metropolitane)

Proposta emendativa approvata in sede referente (emendamenti 16.0.2 (testo 3), 16.0.3 (testo 3), 16.0.4 (testo 2), 16.0.5 (testo 2) aventi identico testo) reca autorizzazione di spesa onde realizzare un sistema automatico di detenzione dei flussi di merce in entrata nei centri storici delle Città metropolitane.

È a tal fine prevista la realizzazione di un modulo ulteriore della Piattaforma logistica nazionale digitale.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti stipula (sentito il Ministero dell'interno) una specifica convenzione con il soggetto attuatore unico per la realizzazione e gestione della Piattaforma logistica citata. Quel soggetto è la società UIRNet Spa, secondo la previsione dell'articolo 61-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 (si tratta di società per azioni costituita in data 9 settembre 2005, per la progettazione, la realizzazione e l'esercizio di un sistema, definito nel decreto ministeriale infrastrutture 18T del 20 giugno 2005, volto alla interconnessione dei nodi di interscambio modale - interporti - e per le attività nell'ambito della Sicurezza, da svolgere all'interno delle strutture logistiche intermodali di I livello; indi la Piattaforma è stata estesa ai centri merci, ai porti ed alle piastre logistiche).

Onde approntare siffatta nuova realizzazione entro la Piattaforma logistica nazionale digitale, la disposizione incrementa - per 3 milioni nel 2017; 2 milioni nel 2018; 1 milioni nel 2019 - il contributo che fu istituito (dalla legge n. 244 del 2007, al suo articolo 2, comma 244) per il completamento e l'implementazione della rete immateriale degli interporti per potenziare il livello di servizio sulla rete logistica nazionale, e fu in seguito ripristinato (dal citato articolo 61-bis del decreto-legge n. 1 del 2012) con specifica destinazione al miglioramento delle condizioni operative dell'autotrasporto e all'inserimento dei porti nella sperimentazione della piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale, nell'ambito del progetto UIRNet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

A fronte dell'incremento così disposto, si prevede non vi sia obbligo di cofinanziamento da parte del soggetto attuatore unico.

La finalità della disposizione recata dall'emendamento in esame è quella di diminuire la compressione sui flussi turistici dovuta alla necessità di garantire la sicurezza - "con particolare riferimento" a Palermo capitale della cultura italiana 2018 e a Matera capitale della cultura europea 2019.

 

 


Articolo 16-bis
(Tavolo per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici
interregionali di competenza statale)

L'articolo, proposto dalla Commissione con gli emendamenti 16.0.21 (testo 2), 16.0.22 (testo 2), 16.0.23(testo 2), 16.0.24(testo 2), 16.0.25(testo 2), modifica i commi 12 e 12-bis dell'articolo 27, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni dalla legge 21 giugno 2011, n. 96 in materia di servizi automobilistici interregionali.

 

Il comma 12 come riscritto dalla Commissione:

·       conferma il termine del 31 gennaio 2018, per l'emanazione del decreto del Ministro dello Sviluppo economico - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - per la disciplina degli interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e di servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto;

·       prevede che per i servizi di linea di competenza statale, gli accertamenti sulla sussistenza delle condizioni di sicurezza e regolarità dei servizi, relativamente all'ubicazione delle aree di fermata, sono validi fin quando non sia accertato il venir meno delle condizioni di sicurezza.

 

 

Il comma 12 dell'articolo 27 del decreto-legge, n. 50 del 2017 riscrive il comma 2-bis dell'articolo 9 del D.L. n. 244 del 2016 ("Proroga termini"). Tale comma 2-bis, novellando l'art. 1, co. 615, della legge di bilancio per il 2017 (L. 232/2016), operava principalmente due modifiche: la prima consisteva in una proroga - al 31 gennaio 2018 - del termine per l’emanazione del decreto ministeriale relativo alle misure per la competitività delle imprese della filiera del trasporto pubblico su gomma; la seconda modifica chiariva la nozione di “riunione di imprese”, applicabile ai soggetti autorizzati allo svolgimento di servizi automobilistici interregionali di linea con autobus.

Il comma 12, oltre a confermare il termine del 31 gennaio 2018, per l'emanazione del decreto del Ministro dello Sviluppo economico - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - per la disciplina degli interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e di servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, impone ai soggetti autorizzati allo svolgimento di servizi automobilistici regionali di competenza statale di adeguarsi alle previsioni del comma 2-bis richiamato entro il 30 ottobre 2017, dandone comunicazione al MIT. Il Ministero effettua le opportune verifiche entro 90 giorni dalla comunicazione. In caso di mancato adeguamento, il Ministero dichiara la decadenza delle autorizzazioni.

 

Il comma12-bis, come riformulato, prevede che entro il 30 ottobre 2017, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti istituisce, con decreto da emanarsi di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico un tavolo di lavoro finalizzato a individuare i principi e i criteri per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, anche avendo specifico riguardo alla tutela dei viaggiatori e garantendo agli stessi adeguati livelli di sicurezza del trasporto.

 

Al tavolo di lavoro partecipano:

·       i rappresentanti, nel numero massimo di due ciascuno:

o   del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,

o    del Ministero dello Sviluppo economico,

o   delle associazioni di categoria del settore maggiormente rappresentative

o    del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU),

·       un rappresentante di ciascun operatore privato che opera in almeno quattro regioni e che non aderisca alle suddette associazioni.

Ai componenti del tavolo di lavoro non sono corrisposti compensi di alcun tipo, gettoni né rimborsi spese.

 

Il comma 12-bis del decreto legge n. 50 modifica l'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 285 del 2005 sui servizi automobilistici interregionali di competenza statale. Con la citata novella al decreto legislativo n. 285 si chiarisce che con la dicitura “riunione di imprese” si intende il raggruppamento verticale o orizzontale.

Per raggruppamento di tipo verticale si intende un raggruppamento di operatori economici il cui mandatario esegue le attività principali di trasporto di passeggeri su strada, i mandanti quelle indicate come secondarie. Per raggruppamento orizzontale quello in cui gli operatori economici eseguono il medesimo tipo di prestazione. La disposizione precisa inoltre che gli accertamenti sulla sussistenza delle condizioni di sicurezza e regolarità dei servizi relativamente all'ubicazione delle aree di fermata, sono validi fino a quando non sia accertato il venire meno delle condizioni di sicurezza

 

 

 


Articolo 16-bis
(Disposizioni urgenti per il proseguimento delle attività emergenziali nelle aree colpite dal sisma del centro Italia e per l’efficacia delle attività di protezione civile)

 

Con la proposta 16.0.26 testo 2, approvata in sede referente, sono state apportate una serie di novelle in materia di legislazione relativa agli eventi sismici del centro Italia a far data dal 24 agosto 2016.

 

Il comma 1 reca una novella all'articolo 8 del decreto-legge n. 189 del 2016, materia di interventi di immediata esecuzione, a favore degli edifici che hanno riportato danni lievi, al fine di favorire il rientro nelle unità immobiliari e il ritorno alle normali condizioni di vita e di lavoro. Si posticipa, con una novella al comma 4, al 31 dicembre 2017, anziché al 31 luglio 2017, il termine ivi previsto in materia di procedura specifica per l’avvio di interventi di immediata riparazione in questione.

Si ricorda che la norma novellata prevede che entro sessanta giorni dalla data di comunicazione dell'avvio dei lavori e comunque - a seguito della novella-  non oltre la data del 31 dicembre 2017, gli interessati devono presentare agli Uffici speciali per la ricostruzione la documentazione richiesta secondo le modalità stabilite negli appositi provvedimenti commissariali di disciplina dei contributi. Si stabilisce che il mancato rispetto del termine e delle modalità di cui alla disposizione determina l'inammissibilità della domanda di contributo.

 

Il comma 2 proroga fino al 28 febbraio 2018 la durata dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 25 agosto 2016, successivamente esteso in relazione ai successivi eventi, con deliberazioni, rispettivamente, del 27 e del 31 ottobre 2016 e del 20 gennaio 2017.

La norma fa riferimento alla complessità della situazione determinatasi a seguito del susseguirsi di eventi sismici di forte intensità, prevede una espressa deroga a quanto previsto dall’art. 5, comma 1-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Tale comma prevede, infatti, che la durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni prorogabile per non più di ulteriori 180 giorni

Si prevede poi che lo stato di emergenza di cui al primo periodo possa essere ulteriormente prorogato con deliberazione del Consiglio dei ministri per un periodo massimo di 180 giorni.

Vengono quindi novellate, con un aumento dei limiti di risorse da 500 a 700 milioni di euro, le disposizioni che - al fine di assicurare la tempestiva attivazione degli interventi a favore delle aree del centro Italia colpite dagli eventi sismici verificatisi dal 24 agosto 2016 - sono volte a consentire l’anticipazione di risorse, a valere sulle disponibilità finanziarie del Fondo di rotazione di cui alla legge n. 181/87, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), nelle more dell'accredito dei contributi dell'Unione europea a carico del Fondo di solidarietà dell’UE (FSUE). In particolare, l'emendamento reca una modifica all’art. 46-octies, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, Tale disposizione, che a sua volta recava modifiche all'articolo 20-ter del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, aveva già previsto, alla lettera a), l'innalzamento delle risorse finanziarie previste a titolo di anticipazione, innalzando per le stesse il limite di 300 milioni di euro in limite di 500 milioni di euro, che ora - con la novella qui in esame - vengono ulteriormente innalzate al limite di 700 milioni di euro.

Nel dettaglio, si ricorda che, secondo quanto previsto dal decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, al fine di assicurare la tempestiva attivazione degli interventi a favore delle aree del centro Italia colpite dal sisma, nelle more dell'accredito dei contributi dell'Unione europea a carico del Fondo di solidarietà di cui al regolamento (CE) n. 2012/2002, il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, attestante le esigenze di cassa derivanti dalle spese conseguenti all'effettivo avanzamento degli interventi ammissibili al contributo del Fondo di solidarietà europeo, dispone le occorrenti anticipazioni di risorse, fino a 500 milioni di euro  (che divengono 700 milioni, con la novella in esame), a valere sulle disponibilità finanziarie del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183.

La proposta emendativa fa riferimento alla finalità di:

·       fronteggiare gli oneri derivanti dal proseguimento delle attività di assistenza nel prolungamento della fase di prima emergenza, assicurando le necessarie attività senza soluzione di continuità;

·       nonché all'esigenza di far fronte all’anticipazione disposta ai sensi di quanto previsto dal comma 13 dell’art. 28 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189. Tale norma richiamata interviene in materia di trattamento e trasporto del materiale derivante dal crollo parziale o totale degli edifici e risulta novellata dal successivo comma 3 della proposta emendativa qui in esame.

In particolare essa ha previsto che agli oneri derivanti dall'attuazione della previsione stessa in materia di gestione dei materiali e in materia di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti, provvede il Commissario straordinario con proprio provvedimento nel limite delle risorse disponibili sul Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate. Le amministrazioni coinvolte operano con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 3 novella l’articolo 28 del decreto legge 17 ottobre 2016, n. 189, sostituendone integralmente il comma 13 in materia di trattamento e trasporto del materiale derivante dal crollo parziale o totale degli edifici e intervenendo in materia di gestione dei rifiuti.

Rispetto al testo vigente, la nuova disposizione prevede le seguenti modifiche:

-        vengono esclusi dall'ambito applicativo della norma gli interventi che sono ricompresi e finanziati nell’ambito del procedimento di concessione dei contributi per la ricostruzione; l'attuale testo vigente non prevede invece tale esclusione, facendo riferimento tout court agli oneri derivanti dall'attuazione della disposizione stessa ed a quelli relativi alla raccolta, al trasporto, al recupero e allo smaltimento dei rifiuti.

-        Si prevede che agli oneri in questione si provveda nel limite delle risorse disponibili sul Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate, mentre viene espunta la previsione che a provvedervi sia il Commissario straordinario con proprio provvedimento (nel limite del Fondo per la ricostruzione).

-        Viene aggiunto un nuovo periodo al comma novellato, ove si prevede che, allo scopo di assicurare il proseguimento, senza soluzione di continuità,  delle attività di gestione dei materiali derivanti dal crollo di edifici, in anticipazione rispetto a quanto previsto dall’art. 4, comma 3, con Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, adottata d’intesa con il Commissario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016, è assegnata la somma di 100 milioni di euro a valere sulle risorse rivenienti dal Fondo di solidarietà dell'Unione Europea di cui al regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11 novembre 2002.

Si ricorda che il comma 4 dell'articolo 28 qui in parola prevede che in deroga all'articolo 184 del c.d. Codice dell'ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), i materiali derivanti dal crollo parziale o totale degli edifici pubblici e privati causati dagli eventi sismici nonché quelli derivanti dalle attività di demolizione e abbattimento degli edifici pericolanti disposte dai Comuni interessati dagli eventi sismici nonché da altri soggetti competenti o comunque svolti su incarico dei medesimi, sono classificati rifiuti urbani non pericolosi con codice CER 20.03.99, limitatamente alle fasi di raccolta e trasporto da effettuarsi verso i centri di raccolta comunali e i siti di deposito temporaneo, fatte salve le situazioni in cui è possibile segnalare i materiali pericolosi ed effettuare, in condizioni di sicurezza, le raccolte selettive. Ai fini dei conseguenti adempimenti amministrativi, il produttore dei materiali di cui al presente articolo è il Comune di origine dei materiali stessi, in deroga all'articolo 183, comma 1, lettera f), del Codice dell'ambiente.

Si ricorda, poi, che in base all'articolo 4, comma 3, al Commissario straordinario è intestata apposita contabilità speciale aperta presso la tesoreria statale su cui sono assegnate le risorse provenienti dal fondo per la ricostruzione, destinate al finanziamento degli interventi di riparazione, ripristino o ricostruzione di opere pubbliche e beni culturali, realizzazione di strutture temporanee nonché alle spese di funzionamento e alle spese per l'assistenza alla popolazione. Sulla contabilità speciale confluiscono anche le risorse derivanti dalle erogazioni liberali ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici. Sulla contabilità speciale possono confluire inoltre le risorse finanziarie a qualsiasi titolo destinate o da destinare alla ricostruzione dei territori colpiti dagli eventi sismici in questione, ivi incluse quelle rivenienti dal Fondo di solidarietà dell'Unione Europea di cui al regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell'11 novembre 2002, ad esclusione di quelle finalizzate al rimborso delle spese sostenute nella fase di prima emergenza.

 

Si segnala che il nuovo ultimo periodo introdotto dalla novella in esame fa riferimento ai territori interessati dal sisma 'del' 24 agosto 2016.

Resta poi ferma la clausola di invarianza, già prevista dalla norma vigente, in base alla quale le amministrazioni coinvolte operano con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 4 proroga al 28 febbraio 2019 l'autorizzazione per l'assunzione di personale, fino ad un massimo di 20 unità, da parte del Dipartimento della protezione civile, con contratti di lavoro a tempo determinato della durata di un anno, con professionalità di tipo tecnico o amministrativo, per lo svolgimento delle attività connesse alla situazione di emergenza, al fine di far fronte all'eccezionalità dell'impegno conseguente al reiterarsi delle situazioni di emergenza derivanti dagli eventi sismici. Tale autorizzazione è prevista dall'art. 50-bis, comma 4, D.L. n. 189/2016. La proroga è finalizzata a garantire l’omogeneità operativa delle attività funzionali al monitoraggio e al coordinamento delle attività di rendicontazione delle risorse finanziarie provenienti dall’Unione Europea nonché assicurare il completamento dei procedimenti amministrativo contabili di cui all'art. 42, comma 2, del medesimo D.L. n. 189/2016. In base a tale comma, il Dipartimento della protezione civile assicura, ove necessario, il completamento dei procedimenti amministrativo-contabili relativi alle attività ed agli interventi attivati nel quadro di quanto previsto dall’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 388 del 2016.

 

Si ricorda in sintesi, che, in base all'articolo 1 della citata ordinanza, il Capo del Dipartimento della Protezione civile assicura il coordinamento degli interventi necessari a fronteggiare la situazione emergenziale, anche avvalendosi del Dipartimento della Protezione Civile medesimo e con i soggetti ivi indicati, provvedendone ad indicarne le attività secondo il modello operativo indicato al successivo art. 2. Ai sensi dell'articolo 2, il Capo del Dipartimento della Protezione Civile assicura poi il coordinamento degli interventi di cui all'art. 1 mediante l'istituzione, con proprio provvedimento, di una direzione di comando e controllo (Dicomac). Nella Dicomac, articolata in Funzioni di supporto, sono rappresentate, con adeguato livello decisionale, le componenti e le strutture operative nonché le Regioni interessate. Essa promuove l'attuazione degli indirizzi e delle indicazioni operative del Capo del Dipartimento della Protezione Civile ed opera in raccordo con i centri operativi e di coordinamento attivati sul territorio.

 

Si ricorda, inoltre, che per le assunzioni previste dall'articolo 50-bis, co. 4, D.L. 189/2016, è prevista la facoltà di attingere alle graduatorie vigenti, della medesima o di altra amministrazione. Qualora le graduatorie non presentino professionalità quali quelle richieste, è autorizzata un'assunzione diretta tramite selezione pubblica, anche per soli titoli, secondo criteri di pubblicità e trasparenza.

 

Il comma 4 in esame reca, quindi, le coperture per gli oneri, quantificati in 1,1 milioni di euro per il 2018 e 190.000 euro per il 2019. Si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate, previsto dall'art. 4, comma 1, D.L. 189/2016, come rideterminata dall'art. 42, comma 1, D.L. n. 50 del 2017

 

Il comma 5 interviene sull'articolo 41 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, in materia di Fondo da ripartire per l'accelerazione delle attività di ricostruzione a seguito di eventi sismici, in particolare novellandone comma 4. La norma - nel teso vigente - prevede che una quota delle risorse del Fondo in questione, fino a 50 milioni di euro per l’anno 2017 e 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, possa essere destinata, su richiesta delle amministrazioni interessate, all’acquisto e alla manutenzione dei mezzi occorrenti per le operazioni di concorso al soccorso alla popolazione civile. Rispetto alla vigente previsione, con il nuovo testo si sopprime il riferimento al requisito delle medesime modalità, nonché il riferimento a che ciò avvenga "su richiesta delle amministrazioni interessate".

Inoltre, nella norma viene aggiunto, infine, un nuovo periodo, in base al quale con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato previa intesa della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le modalità di impiego e la ripartizione delle risorse.

Il comma 6 novella in più punti l’articolo 48 del decreto legge 17 ottobre 2016, n. 189.

Si recano novelle in materia di proroga e sospensione di termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi, nonché sospensione di termini amministrativi.

In particolare, la lett. a) del comma in esame modifica il comma 7 dell'art. 48 citato reca l'esenzione dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro per le istanze, i contratti ed i documenti presentati alla pubblica amministrazione "esclusivamente per quelli" in esecuzione di quanto stabilito dalle ordinanze del Commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dall'evento sismico del 24 agosto 2016 per l'esercizio delle sue funzioni, da parte delle persone fisiche residenti o domiciliate e delle persone giuridiche aventi sede legale nei comuni colpiti dal sisma (articolo 48, comma 7, del decreto-legge n. 189 del 2016, modificato dall’articolo 11 del decreto-legge n. 8 del 2017). Con la novella proposta si intende sopprimere l'espressione "esclusivamente per quelli".

La lett. b) introduce i commi aggiuntivi da 7-bis a 7-quinquies.

Il nuovo comma 7-bis dell'art. 48, esenta dall'imposta di successione, dalle imposte e tasse ipotecarie e catastali, dall’imposta di registro o di bollo, gli immobili demoliti o dichiarati inagibili a seguito degli eventi sismici nei territori colpiti delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria a far data dal 24 agosto 2016. È fatto salvo l’adempimento degli obblighi dichiarativi di legge.

Riguardo alle successioni di persone fisiche, tali esenzioni (comma 7-ter) sono riconosciute se, alla data degli eventi sismici, le persone fisiche interessate:

a)     risultavano proprietarie o titolari di diritti reali di godimento in relazione agli immobili ubicati in Comuni ricompresi negli Allegati 1, 2 e 2- bis D.L. n. 189 del 2016

b)    risultavano proprietarie o titolari di diritti reali di godimento relativi ad immobili dichiarati inagibili e ubicati nei territori dei Comuni di Teramo, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata, Fabriano e Spoleto

c)     risultavano proprietarie o titolari di diritti reali di godimento relativi ad immobili distrutti o dichiarati inagibili ubicati in Comuni delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, diversi da quelli indicati negli allegati 1, 2 e 2- bis del decreto legge n. 189 del 2016; in tale caso apposita perizia asseverata deve comprovare il nesso di causalità diretto tra i danni ivi verificatisi e gli eventi sismici occorsi a far data dal 24 agosto 2016.

Ai sensi del comma 7-quater, le esenzioni non si applicano se al momento dell'apertura della successione l'immobile sia stato già riparato o ricostruito in tutto o in parte.

Il comma 7-quinquies demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, adottato entro 60 giorni dall'entrata in vigore delle presenti disposizioni, la disciplina delle modalità di rimborso delle imposte già versate che rispettano i requisiti stabiliti dai commi   7-bis e 7-ter e aperte precedentemente all'entrata in vigore della presente disposizione. Non sono dovuti interessi riguardo a tali somme rimborsate.

 

Il comma 7 reca la copertura finanziaria degli oneri, mediante riduzione dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'economia e finanze.

 

 


Articolo 16-bis
(
Assegnazione di spazi finanziari agli enti locali
colpiti da eventi sismici)

 

L'articolo in esame, introdotto durante l'esame in sede referente con l'approvazione dell'emendamento 16.0.28 riformulato, modifica l'art. 43-bis, comma 1, del decreto-legge n. 50 del 2017.

 

L’articolo 43-bis citato reca disposizioni volte a favorire l’effettuazione di investimenti connessi alla ricostruzione da parte degli enti locali colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 e, a tale scopo, assegna agli enti locali interessati – vale a dire quelli colpiti dai sismi dell’agosto 2016, dell’ottobre 2016 e del gennaio 2017 – spazi finanziari nell’ambito dei patti nazionali previsti dall’articolo 10 della legge n. 243 del 2012, in misura pari alle spese sostenute per tali investimenti.

In particolare il comma 1 fa riferimento agli enti interessati dai sismi considerati agli allegati da 1 a 2-bis del decreto-legge n.189 del 2016, che fanno rispettivamente riferimento agli eventi sismici del 24 agosto 2016, del 216 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, prevedendo che ai comuni medesimi siano assegnati gli spazi suddetti.

La novella in esame amplia la finalità della norma: oltre all'effettuazione degli investimenti connessi alla ricostruzione, la modifica intende favorire il miglioramento della dotazione infrastrutturale e il recupero degli immobili e delle strutture destinati ai servizi per la popolazione.

 

Si rammenta in estrema sintesi che i patti di solidarietà nazionale costituiscono uno strumento di flessibilità per l’utilizzo delle risorse di bilancio, previsto – unitamente alle intese regionali – dall’articolo 10 della legge di attuazione del principio del pareggio di bilancio n. 243 del 2012, che ha introdotto tali due istituti al fine di consentire agli enti locali di poter procedere all’effettuazione di investimenti mediante indebitamento ovvero con l’utilizzo di precedenti avanzi di amministrazione, pur non conseguendo il rispetto del proprio equilibrio di bilancio, qualora tale equilibrio sia conseguito su base regionale dal complesso degli enti della regione interessata (regione compresa). Analogamente questo meccanismo può operare, per le quote non soddisfatte dalle intese regionali, a livello nazionale, con l’istituto del patto di solidarietà nazionale, mediante richieste da un lato di acquisizione e dall’altro di cessione di spazi finanziari, secondo quanto previsto dall’articolo 10 della legge 243 in commento e dal DPCM 21 febbraio 2017 n.21, attuativo dell’articolo.

 

Il comma 2 dell'art. 43-bis stabilisce che gli enti che effettuano gli investimenti ai sensi della suddetta disciplina, come richiamata dal comma 1, provvedono alla certificazione degli stessi ai fini della verifica del rispetto del saldi di equilibrio di bilancio ai sensi del comma 470 della legge n.232/2016 (legge di stabilità 2017).

Tale comma stabilisce che ciascun ente, ai fini della verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, debba inviare alla Ragioneria generale dello Stato, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, una certificazione dei risultati conseguiti. La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio, cui si accompagnano alcune sanzioni previste nel comma medesimo.

In conseguenza dell’assegnazione degli spazi finanziari effettuata dall’articolo in esame nei confronti dei comuni colpiti dagli eventi sismici indicati al comma 1, il comma 3 elimina il riferimento ai comuni medesimi contenuto nel comma 492 della richiamata legge n.232/2016, ove tali comuni erano ricompresi, per primi (lettera 0a), nell’ordine di priorità dell’assegnazione degli spazi finanziari previsti dai commi 485-492 della legge stessa.

 

 

 

 


Articolo 16-bis
(Modifiche all'articolo 1, comma 665, della legge n. 190 del 2014)

 

L'emendamento 16.0.38 (testo 2) apporta una serie di modifiche all'articolo 1, comma 665, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 inerente.

 

Il comma 665 della legge aveva attribuito ai soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990 (che interessò le province di Catania, Ragusa e Siracusa) che avevano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al dovuto del 10 per cento, il diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, purché avessero presentato apposita istanza.

A seguito del terremoto in Sicilia del 1990 è stata disposta in un primo momento la sospensione e il differimento del versamento delle imposte, dei contributi sociali e dei premi assicurativi obbligatori o la possibilità di effettuare tale pagamento a rate. In un secondo momento, con l’’articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002 è stata introdotta la possibilità, per coloro che non avessero ancora versato le imposte per gli anni 1990-1991-1992, di regolarizzare automaticamente la loro posizione entro il 16 marzo 2003 versando soltanto il 10% dell’ammontare ancora dovuto. Il termine per il versamento è stato successivamente prorogato più volte. L’articolo 3?quater del D.L. n. 300 del 2006 ha prorogato al 31 dicembre 2007 i termini per il pagamento, chiedendo però il versamento del 30% dell’ammontare ancora dovuto per le imposte. L’articolo 36?bis del D.L. n. 248 del 2007 ha prorogato al 30 giugno 2008 i termini per il pagamento, ristabilendo il versamento del 10% dell’ammontare dovuto per le imposte.

Con la sentenza n. 20641, del 1° ottobre 2007, la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile la norma di favore (articolo 9, comma 17, della legge n. 289 del 2002) anche a chi aveva comunque assolto regolarmente ai propri debiti tributari: “deve ritenersi spettante a tutti il beneficio della riduzione del carico fiscale de quo ad un decimo. Beneficio che si attua concretamente, secondo due simmetriche possibilità di definizione in favore di chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003; in favore di chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo, ancorché risultato parzialmente non dovuto ex post, per effetto dell'intervento normativo, cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, nel contesto di un indebito sorto ex lege”.

Con riferimento al fatto che tale norma di favore interessava anche le imprese localizzate nei territori colpiti dal sisma, nel 2012 la Commissione europea ha comunicato l'avvenuta registrazione degli aiuti connessi al terremoto 1990 quali «aiuti di Stato non notificati».

Sulla vicenda sono successivamente intervenuti ulteriori pronunciamenti della Corte di cassazione. In particolare, la sentenza n. 10241 del 2 maggio 2013 che ha confermato che il rimborso del 90 per cento spetta a tutti i contribuenti colpiti dal sisma del 1990 che hanno instaurato il contenzioso entro il 31 marzo 2012, in ottemperanza a quanto stabilito in precedenza dall'ordinanza n. 9577 del 12 giugno 2012 e in controtendenza con la sentenza n. 23589 del 20 dicembre 2012 della suprema Corte che, invece, aveva previsto che i termini per presentare l'istanza per il rimborso scadessero il 1° gennaio 2005. Anche la sentenza n. 471-1-13 della Commissione tributaria provinciale di Siracusa riconosce il beneficio a tutti i contribuenti che hanno instaurato il contenzioso con l'Agenzia delle entrate entro il 31 marzo 2012.

 

La novella, in primis, ricomprende nel novero delle misure anche i titolari di redditi di lavoro dipendente, nonché i titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente in relazione alle ritenute subite.

Con la seconda modifica è stabilito che il rimborso di quanto indebitamente versato è effettuato nei limiti della spesa autorizzata.

Inoltre, si stabilisce che il contribuente che abbia tempestivamente presentato un'istanza di rimborso generica ovvero priva di documentazione e per gli anni d'imposta 1990, 1991 e 1992 non abbia presentato le dichiarazioni dei redditi, entro il 30 ottobre 2017 può integrare l'istanza già presentata con i dati necessari per il calcolo del rimborso. Successivamente al 30 ottobre 2017, gli uffici dell'Agenzia delle entrate richiedono i dati necessari per il calcolo del rimborso, che devono essere forniti entro sessanta giorni dalla richiesta, ai contribuenti che abbiano tempestivamente presentato un'istanza di rimborso generica ovvero priva di documentazione e per gli anni d'imposta 1990, 1991 e 1992 non abbiano presentato le dichiarazioni dei redditi e non abbiano provveduto all'integrazione. Per i contribuenti titolari di redditi di lavoro dipendente nonché titolari di redditi equiparati e assimilati a quelli di lavoro dipendente che hanno presentato la dichiarazione dei redditi modello 740 per le stesse annualità, l'importo oggetto di rimborso viene calcolato direttamente dall'Agenzia delle entrate in funzione delle ritenute subite a titolo di lavoro dipendente in essa indicate. In relazione alle istanze di rimborso presentate, qualora l'ammontare delle stesse ecceda le complessive risorse di cui al successivo periodo, i rimborsi sono eseguiti applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute; al raggiungimento della somma stanziata non si procede all'esecuzione di ulteriori rimborsi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro il 30 settembre 2017, sono stabilite le modalità e procedure finalizzate ad assicurare il rispetto dei limiti di spesa entro le somme autorizzate dal presente comma".

Infine, è soppresso il quarto periodo con il quale era stabilito, come dianzi riferito, che con apposito DM del Ministro dell'economia e delle finanze venissero stabiliti i criteri di assegnazione dei predetti fondi.

 

 


Articolo 16-bis
(Celebrazione degli 80 anni dalla morte di Antonio Gramsci)

 

L'articolo 16-bis dispone un'autorizzazione di spesa per il 2017 al fine di consentire lo svolgimento, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, delle celebrazioni della figura di Antonio Gramsci, in occasione dell'ottantesimo anno dalla sua scomparsa.

 

Con l'approvazione in sede referente dell'emendamento 16.0.56 (testo 2), la Commissione propone l'inserimento dell'articolo 16-bis il quale autorizza per il 2017 la spesa di € 350.000, al fine di consentire lo svolgimento, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, delle celebrazioni della figura di Antonio Gramsci, in occasione dell'ottantesimo anno dalla sua scomparsa.

Agli oneri derivanti dalla predetta disposizione si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, istituito, nello stato di previsione del MEF, dall'articolo 1, comma 200, della L. 190/2014 (legge di stabilità 2015).

 

Con riferimento alla figura di Antonio Gramsci si ricorda che nel corso dell'attuale legislatura la legge 207/2016 ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Gramsci in Ghilarza, nella provincia di Oristano.

Si veda al riguardo la Nota breve n. 115 del maggio 2016, predisposta in occasione dell'esame dell'AS 2342.

 


Articolo 16-bis
(Tonni)

 

L’articolo aggiuntivo - introdotto dall'emendamento 16.0.60 (nuovo testo) proposto dalla Commissione - attiene alle tonnare fisse, includendole per il 2018 nelle quote aggiuntive di riparto rispetto alle altre modalità di pesa che, in Italia, riguardano il tonno rosso. Esso viene pescato con diversi sistemi di pesca (circuizione, palangaro, tonnara fissa): la quota italiana è stata assegnata all'Italia con riferimento alle catture effettuate prevalentemente con il metodo della circuizione ed in base a criteri consolidati nel tempo.

 

Con riferimento alla pesca del tonno rosso e al piano europeo pluriennale di ricostituzione dello stock nel Mediterraneo, la risoluzione in XIII Commissione della Camera dei deputati 7-01186 (approvata il 17 febbraio 2017) sottolineò i sostanziali miglioramenti conseguiti sotto il profilo biologico, come indicato dagli esperti scientifici della Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici (ICCAT).

A seguito dell'azione svolta dalla Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, e prendendo atto degli esiti positivi del piano pluriennale di ricostituzione degli stock di tonno nell'Atlantico e nel Mediterraneo, l'organismo di gestione internazionale della pesca dei tonnidi Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici – International Commission for the Conservation of Tunas) ha deciso di rideterminare, aumentandola, la quota pescabile di tonno rosso nel triennio 2015-2017 per tutti i Paesi aderenti alla Convenzione internazionale per la conservazione dei Tonnidi dell'Atlantico, tra cui l'Unione europea.

Il comma 1 attiene alle tonnare fisse elencate all'allegato C del decreto 17 aprile 2015, in cui il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali aveva ripartito le quote di tonno rosso per il triennio 2015-2017, assegnando per l'anno in corso il 74,451 per cento al sistema della circuizione (2.460,23 tonnellate), il 13,595 per cento ai palangari (449,25 tonnellate), l'8,465 per cento alle tonnare fisse (279,73 tonnellate), lo 0,454 per cento alla pesca sportiva/ricreativa (15,00 tonnellate) e il 3,035 per cento alla quota non divisa (100,29 tonnellate).

A decorrere dal 2018, un nuovo decreto del MiPAAF dovrà includerle, a richiesta, nel riparto delle quote aggiuntive assegnate all'Italia dopo che, nel corso degli anni, dal momento dell'introduzione del Totale ammissibile di cattura (Tac), è emersa un'inaccettabile sproporzione nella distribuzione delle quote tra i diversi sistemi di cattura che ha indotto pesanti squilibri tra imprese grandi e piccole e tra marinerie. Come ricordato dalla citata risoluzione 7-01186, "le ultime campagne di pesca del tonno rosso in Italia hanno evidenziato, relativamente alle catture accessorie, l'insufficienza delle quantità assegnate alla «quota non divisa» che ogni anno viene rapidamente azzerata a causa dello sforamento delle imbarcazioni autorizzate".

Si tratta dell'assegnazione derivante dal regolamento (UE) 2017/127 del Consiglio, del 20 gennaio 2017, che ha stabilito, per l'anno in corso, le possibilità di pesca per alcuni stock ittici e gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque dell'Unione europea e, per i pescherecci dell'Unione, in determinate acque non dell'Unione, confermando per il tonno rosso quanto già indicato nella raccomandazione della Commissione internazionale per la conservazione dei Tonni atlantici (I.c.c.a.t.) relativamente al quantitativo di pesca per il triennio 2015-2017. Sulla base della citata raccomandazione, il Consiglio dei ministri dell'Unione europea «Agricoltura e pesca» del 13 dicembre 2016 ha assegnato all'Italia una quota di pescato di tonno rosso pari a 3.304,82 tonnellate, il 20 per cento in più (552,26 tonnellate) rispetto alle 2.752,56 tonnellate concesse nel 2016, mantenendo l'assetto dell'attuale flotta di pesca al tonno rosso, comprensivo di dodici pescherecci a circuizione, trenta palangari e sei tonnare fisse. Pertanto, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali dovrà essere ripartita la quota aggiuntiva di 552 tonnellate di pescato tra i diversi sistemi di pesca utilizzati in Italia.


Articolo 16-bis
(Ripristino e messa in sicurezza Strada dei parchi)

La Commissione in sede referente ha accolto un articolo aggiuntivo (emendamento 16.0.1000), con cui si intende finanziare, con un contributo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A, gli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 in conseguenza dei danni provocati dagli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017.

        In particolare, il comma 1 prevede che, per lo sviluppo dei territori delle regioni Abruzzo e Lazio ed al fine di consentire l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza sulla tratta autostradale A24 e A25 resisi necessari in conseguenza degli eventi sismici del 2009, del 2016 e del 2017 sia autorizzato il contributo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 a favore della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A.

        Il comma 2 reca a copertura finanziaria della norma, ai cui oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC), programmazione 2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

        Il comma 3 stabilisce che il valore degli interventi di ripristino e messa in sicurezza autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nonché il contributo di cui al presente articolo siano riportati nell'aggiornamento del piano economico finanziario della società concessionaria Strada dei Parchi S.p.A.

In tale materia, si ricorda che è già recentemente intervenuto l'art. 52-quinquies, recante Sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25, del decreto-legge n. 50 del 2017 (c.d. manovrina), norma inserita dalla legge di conversione del decreto medesimo ed in vigore dal 24 giugno 2017; in  base a tale disposizione, al fine dell’immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25, si è prevista la sospensione del versamento delle rate relative agli anni 2015 e 2016 del corrispettivo della concessione - previsto dalla vigente Convenzione - da parte della società concessionaria Strada dei Parchi. 

In particolare, in base all'art. 52-bis citato e attualmente in vigore, nel rispetto delle previsioni di cui all'articolo 1, comma 183, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 -  che in conseguenza degli eventi sismici del 2009 in Abruzzo ha disposto specifiche misure, per consentire la messa in sicurezza dei viadotti, l’adeguamento degli impianti di sicurezza in galleria e le ulteriori opere di adeguamento delle autostrade A24 e A25, in quanto opere strategiche per le finalità di protezione civile -, e tenuto conto della necessità e urgenza di mettere in sicurezza antisismica le autostrade A24 e A25, nonché nelle more della definizione degli strumenti di pianificazione tecnica ed economica dell'intero impianto infrastrutturale, si è sospeso l'obbligo del concessionario di versare le rate del corrispettivo della concessione di cui all'articolo 3, lettera c), della vigente convenzione stipulata il 18 novembre 2009, relative agli anni 2015 e 2016, ciascuna dell'importo di euro 55.860.000, comprendente gli interessi di dilazione. Tale sospensione opera previa presentazione di un piano di convalida per interventi urgenti, presentato dal concessionario entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione (24 giugno 2017), da approvare entro il 31 agosto 2017, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nel medesimo decreto la norma stabilisce siano altresì definite le modalità di attuazione della disposizione, nonché la regolazione del periodo transitorio. Si stabilisce che l'importo sia destinato all'immediato avvio dei lavori di messa in sicurezza antisismica delle autostrade A24 e A25 e che il concessionario effettui il versamento all'ANAS S.p.A. delle rate sospese del corrispettivo della concessione, tutte di spettanza dell'ANAS S.p.A., per complessivi euro 111.720.000, in tre rate che scadono il 31 marzo di ciascuno degli anni 2028, 2029 e 2030, ognuna delle quali dell'importo di euro 37.240.000 con maggiorazione degli interessi maturati calcolati al tasso legale. La norma in questione prevede poi restino ferme le scadenze di tutte le restanti rate del corrispettivo spettante all'ANAS S.p.A.

Per ulteriori approfondimenti, si veda il Tema web ANAS e concessioni autostradali nonché la relativa scheda del dossier relativo alla disposizione  recata dal decreto-legge n. 50 del 2017.

 

 

 


Articolo 16-bis

(Interventi per il miglioramento infrastrutturale della Salerno-Reggio Calabria)

 

 

L'articolo, proposto dalla Commissione con l'emendamento 16.0.1100 (come modificato dal subemendamento 16.0.1100/1), prevede la rifinalizzazione di parte delle risorse non utilizzate in eseguito all'attività di project review svolta sulla Salerno Reggio Calabria.

 

L'attività di project review ha consentito di individuare soluzioni progettuali alternative agli interventi di ammodernamento e adeguamento già previsti, con una sensibile riduzione di tempi e costi di realizzazione. Il precedente programma di ammodernamento dell'autostrada prevedeva l'integrale demolizione dell'esistente e ricostruzione in altra sede, conservando solo limitati tratti della vecchia infrastruttura; al fine di contenere i costi di realizzazione, senza tuttavia compromettere la funzionalità dell'opera si è ritenuto preferibile procedere all'ammodernamento dell'esistente senza escludere rifacimenti comunque limitati.

 

Come si precisa nella relazione tecnica tali risorse ammontano a complessivi 735 milioni di euro, di cui 316 autorizzati dall'articolo 1, comma 69 della legge n. 147 del 2013 (al netto delle riduzioni applicate allo stanziamento originario, di complessivi 340 milioni) e 419 milioni assegnati con decreto interministeriale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera c) del decreto-legge n. 133 del 2014.

 

Il comma 69 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 ha autorizzato per la realizzazione del secondo stralcio del macrolotto 4 dell'asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, tratto fra il viadotto Stupino escluso e lo svincolo di Altilia incluso, la spesa di:

 

L'articolo 3 del decreto legge n. 133 del 2014 (come convertito dalla legge n. 164 del 2014) ha previsto in primo luogo un rifinanziamento di 3.851 milioni di euro del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal (cd. “sblocca cantieri”) per consentire nell'anno 2014 la continuità dei cantieri in corso o il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori. In sede di conversione è stato introdotto (comma 1-bis) un ulteriore finanziamento del Fondo pari a 39 milioni di euro. Gli specifici interventi da finanziare sono puntualmente individuati dalla disposizione. In particolare il comma 2, lettera c) elenca i seguenti interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015: metropolitana di Torino; tramvia di Firenze; Lavori di ammodernamento ed adeguamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, dallo svincolo di Rogliano allo svincolo di Atilia; Autostrada Salerno-Reggio Calabria svincolo Laureana di Borrello; Adeguamento della strada statale n. 372 "Telesina" tra lo svincolo di Caianello della Strada statale n. 372 e lo svincolo di Benevento sulla strada statale n. 88; Completamento della S.S. 291 in Sardegna; Variante della "Tremezzina" sulla strada statale internazionale 340 "Regina"; Collegamento stradale Masserano-Ghemme; Ponte stradale di collegamento tra l'autostrada per Fiumicino e l'EUR; Asse viario Gamberale-Civitaluparella in Abruzzo; Primo lotto Asse viario S.S. 212 Fortorina; Continuità interventi nuovo tunnel del Brennero; Quadruplicamento della linea ferroviaria Lucca Pistoia; aeroporti di Firenze e Salerno; Completamento sistema idrico integrato della Regione Abruzzo; opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 o richieste inviate nell’ambito del programma “Seimila Campanili”.

 

 Le risorse non utilizzate devono essere destinate dall'ANAS s.p.a. a interventi di miglioramento infrastrutturale della rete stradale calabrese inserite nel contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società ANAS s.p.a. e connessa con l'itinerario Salerno – Reggio Calabria.

 



[1]     Doc. CCLIII, n. 1. Si tratta di relazioni, inviate dal Ministro dell'economia e delle finanze, sull'attuazione delle misure incentivanti, previste dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, in favore dell'imprenditorialità e dell'autoimpiego, riferite agli anni dal 2007 al 2015, delegate ex lege all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa SpA. Vi si dà conto delle attività a favore dell'autoimprenditorialità e dell'autoimpiego, con valutazione degli effetti.

[2]     Valutando anche la sostenibilità tecnico-economica del progetto.

[3]     Dal 2008 Invitalia ha attraversato un profondo processo di ristrutturazione: il piano di riordino e dismissioni previsto dal comma 461 dell'articolo 1 della legge n. 296 si è praticamente concluso nel 2012. Nel corso degli anni 2012 e 2013 il ruolo di Invitalia quale soggetto preposto all'attuazione delle politiche di sviluppo nazionale è stato rafforzato. In particolare, all'Agenzia è stato attribuito il compito di accelerare la realizzazione degli investimenti strategici, anche agendo direttamente quale centrale di committenza per la gestione degli appalti pubblici (comma 2 e comma 2-bis dell'articolo 55-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, aggiunto dall'articolo 29-bis, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134) e come soggetto responsabile per l'attuazione dei contratti istituzionali di sviluppo (articolo 9-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98). Inoltre, il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che all'articolo 10, comma 1, istituisce l'Agenzia per la coesione territoriale, al comma 2, lett. f-bis, prevede che la Presidenza del Consiglio possa avvalersi del contributo di Invitalia per rafforzare l'attuazione della politica di coesione.

      [4] Pari a 1,25 miliardi di euro del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) – Programmazione 2014-2020.

[5]     Il DEF 2016 riporta che le richieste di accesso al Fondo sono cresciute nel 2015 del 17% rispetto al 2014. Per quanto riguarda gli interventi in materia garanzie a sostegno degli investimenti delle imprese, il Governo in quel testo evidenziava – sulla scorta di quanto rilevato dalla Commissione UE nel Country Report di febbraio 2016 - che il Fondo centrale di Garanzia per le PMI ha svolto un ruolo rilevante, prevedendone un rafforzamento con interventi correttivi, migliorativi. Il PNR richiama in proposito gli interventi già adottati nel D.L. n. 3/2015 (articolo 8-comma 2-bis e 8-bis) e con la legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 886) che è intervenuta per ampliare le garanzie che possono essere concesse a valere su di esso, destinando almeno il 20 per cento delle risorse disponibili del Fondo alle imprese e agli investimenti localizzati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

[6]     Con la ripartizione del Fondo investimenti di cui al comma 140 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016, operata con lo schema di D.P.C.M. (A.G. 409) - sul quale è stato espresso parere favorevole dalla Commissione Bilancio della Camera in data 9 maggio 2017, in corso di pubblicazione – stati destinati al Programma straordinario di riqualificazione delle periferie 800 milioni di euro per il triennio 2017-2019 (270 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e 260 milioni di euro per l'anno 2019).

[7]     In sostanza, dunque, lo stanziamento complessivamente richiesto per la realizzazione di tutti i 120 progetti inseriti nella graduatoria del Programma straordinario approvata con il D.P.C.M. 6 dicembre 2016 è pari a 2.061,3 milioni di euro, cui si provvede:

§  per 500 milioni, ai sensi della legge n. 208/2015;

§  per 800 milioni, con le risorse derivanti da riparto del Fondo investimenti, di cui al comma 140 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017;

§  per 798,17 milioni, ai sensi della deliberazione del CIPE del 3 marzo 2017, in corso di pubblicazione, a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020, in attuazione del comma 141 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017, ripartite per 603,9 milioni di euro in favore delle città e dei comuni del Mezzogiorno e per 194,27 milioni di euro in favore delle città e dei comuni del Centro Nord.

[8]     La norma citata prevede che per le gestioni fuori bilancio il bilancio consuntivo o il rendiconto annuale è soggetto al controllo della competente ragioneria centrale e della Corte dei conti.

[9]    I consorzi agrari hanno lo scopo di contribuire all'innovazione ed al miglioramento della produzione agricola, nonché alla predisposizione e gestione di servizi utili all'agricoltura. I consorzi possono inoltre compiere operazioni di credito agrario di esercizio in natura, ai sensi dell'articolo 153 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché di anticipazione ai produttori in caso di conferimento di prodotti agricoli all'ammasso volontario, e possono partecipare a società i cui scopi interessino l'attività consortile o promuoverne la costituzione.

 

[10]    In base a tali limiti, la durata massima complessiva è pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (o 36 mesi qualora il trattamento si basi su un contratto di solidarietà, mentre il limite è pari a 30 mesi per le imprese - industriali o artigiane - dell'edilizia e del settore lapideo). Inoltre, qualora il trattamento si basi su una causale di crisi aziendale, la durata massima è di 12 mesi ed una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione.

[11]   Decreto legislativo 31 maggio 2011, n.88, recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge delega sul federalismo fiscale n.42 del 2009.

[12]   Riferimento che ora va fatto al nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n.50 del 2016.

[13]   Costituita dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un suo delegato, ai sensi di quanto dispone l’articolo 12 del decreto-legge n.133 del 2014.

[14]   Recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca,.

[15]   Il decreto legge n. 134/2008 (cd. Alitalia) ha ampliato l'ambito dei destinatari della disciplina del decreto legge n. 347, consentendone l'applicazione anche alle imprese in stato di insolvenza che intendano ricorrere alle procedure di cessione di complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno.

[16]   Il provvedimento è attualmente all'esame del Senato (A.S. 2831).

[17]   A tal fine il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge, un decreto legislativo su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro della giustizia, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

[18]    La legittimazione attiva del commissario straordinario della società cedente, come evidenziato nella relazione illustrativa, è prevista al fine di assicurare la vigilanza sul rispetto degli impegni contrattualmente assunti, sotto il profilo sia del pagamento del prezzo, sia del mantenimento dell’occupazione e della realizzazione del piano industriale.

[19]   La medesima relazione individua la ratio di tale intervento normativo nella necessità di consentire il perseguimento del tentativo conservativo, proprio della procedura di amministrazione straordinaria, nell’ipotesi in cui la società cessionaria, resasi inadempiente, divenga insolvente, nelle more del relativo contenzioso, e non possa accedere ad una nuova procedura per mancanza dei requisiti in precedenza posseduti. Ciò sia in riferimento al requisito dimensionale, per il caso in cui i dipendenti vengano resi oggetto di procedure di licenziamento collettivo, sia in riferimento al requisito relativo all’ammontare complessivo dei debiti, considerato che le operazioni di acquisizione avvengono di norma per il tramite di una newco.

[20]   In particolare la relazione illustrativa ricorda la circolare 28 settembre 2015, n. 11845.

[21]   In virtù del disposto dell’art. 264, comma 2-bis, in base al quale le integrazioni e le modifiche degli allegati alle norme in materia di gestione dei rifiuti dettate dal cd. Codice dell’ambiente sono adottate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere dell'ISPRA, sentita la Conferenza unificata.

[22]            Più in dettaglio l'obbligo di relazione sull'attuazione della direttiva 94/62/CE è stabilito dall'articolo 17 della direttiva medesima, in base al quale gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione sulla sua attuazione, con inizio a partire dal triennio 1995-1997.

[23]            Inserito all'interno del Capo I ("Sanzioni") del Titolo VI ("Sistema sanzionatorio e disposizioni transitorie e finali"), l'articolo 261 è rubricato "Imballaggi".

[24]   Si ricorda che l'ANPAL è stata istituita dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150. Ad essa spettano, in via di sintesi, funzioni di coordinamento, a livello nazionale, dei servizi pubblici per l'impiego (e delle relative politiche attive per il lavoro) nonché delle politiche di attivazione dei disoccupati, di accreditamento dei servizi per l'impiego privati, di gestione diretta di alcuni programmi, di assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali, di determinazione delle modalità operative e dell'ammontare dell'assegno individuale di ricollocazione.

[25]            Di cui all'art. 118 della L. 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni.

[26]    Si ricorda che, sempre per l'anno 2017, per i periodi interessati da misure di arresto temporaneo obbligatorio l'indennità è ammessa nel rispetto di un limite di spesa pari a 11 milioni di euro.

[27]   Già l’art. 5, co. 3, della L. 537/1993, nell’istituire il Fondo per il finanziamento ordinario aveva disposto che nello stesso sono comprese una quota base, da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993, e una quota di riequilibrio, da ripartire sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentito il Consiglio universitario nazionale e la Conferenza permanente dei rettori, relativi a standard dei costi di produzione per studente, al minore valore percentuale della quota relativa alla spesa per il personale di ruolo sul fondo per il finanziamento ordinario e agli obiettivi di qualificazione della ricerca, tenuto conto delle dimensioni e condizioni ambientali e strutturali.

[28]   L’art. 8 del DM 270/2004 prevede che per ogni corso di studio è definita di norma una durata in anni proporzionale al numero di crediti formativi universitari, tenendo conto che ad un anno corrispondono 60 crediti. In particolare, fissa la durata normale dei corsi di laurea in tre anni (180 crediti) e la durata normale dei corsi di laurea magistrale in ulteriori due anni dopo la laurea (ulteriori 120 crediti).

      Con riferimento ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico, il DM 16 marzo 2007 ricorda che essi hanno durata normale di 5 o 6 anni.

[29]   Al riguardo, si veda quanto segnalato nel dossier del Servizio Studi della Camera n. 389 del 6 marzo 2012 (relativo allo schema di decreto legislativo Atto n. 437 della XVI legislatura)

[30]   Si tratta delle voci di costo indicate tra le condizioni presenti nel parere reso dalla 7^ Commissione del Senato sullo schema di decreto legislativo (Atto n. 437) il 21 marzo 2012.

[31]   L’art. 5 del DM 827/2013 aveva disposto che, per l’anno 2013, qualora non fosse stato definito in tempo utile il costo standard, si sarebbe utilizzata la quota base FFO 2012.

[32]   Si tratta della disciplina recata dall’art. 1, co. 252-267, della L. 232/2016.

[33]   Nell'ambito dei docenti di riferimento sono conteggiati: professori a tempo indeterminato, ricercatori e assistenti del ruolo ad esaurimento, ricercatori a tempo determinato di cui all'art.  24, co. 3, lett. a) e b) della L. 240/2010; docenti in convenzione ai sensi dell'art. 6, co. 11, della stessa L. 240/2010; professori a tempo determinato di cui all'art. 1, co. 12, della L. 230/2005.

[34]   I Tutor sono previsti per i corsi di studio da erogare prevalentemente o integralmente a distanza.

[35]   Le figure specialistiche di settore sono previste per i corsi di Scienze della formazione primaria e per la laurea magistrale a ciclo unico per il Restauro. Il riferimento è alla docenza di ruolo o a contratto affidata a figure con specifica professionalità e competenza secondo quanto definito dall’ANVUR e impiegate prevalentemente nelle attività formative caratterizzanti il corso di studi.

[36]   Il numero minimo complessivo di docenti di riferimento, di professori a tempo indeterminato, e di eventuali figure aggiuntive  è definito dall’Allegato A al DM in base a:

-          laurea;

-          laurea magistrale;

-          laurea magistrale a ciclo unico di 5 anni;

-          laurea magistrale a ciclo unico di 6 anni;

-          corsi di studio convenzionali (erogati interamente in presenza, ovvero che prevedono - per le attività diverse dalle attività pratiche e di laboratorio - una limitata attività didattica erogata con modalità telematiche, in misura non superiore a 1/10 del totale);

-  corsi di studio con modalità mista (che prevedono la erogazione con modalità telematiche di una quota significativa delle attività formative, comunque non superiore ai 2/3);

-  corsi di studio prevalentemente a distanza (erogati prevalentemente con modalità telematiche, in misura superiore ai 2/3 delle attività formative);

-  corsi di studio integralmente a distanza (in cui le attività formative sono svolte con modalità telematiche, fermo restando lo svolgimento in presenza delle prove di esame di profitto e di discussione delle prove finali);

-  corsi di laurea e laurea magistrale in Professioni sanitarie, Scienze motorie, Servizio Sociale, Mediazione linguistica e traduzione e interpretariato;

-  corsi di laurea sperimentali ad orientamento professionale;

-  corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria e in Restauro.

[37]   Nel caso in cui il numero di studenti superi le numerosità massime indicate dall’Allegato D, il numero di docenti di riferimento necessari si ottiene incrementando il numero di docenti di riferimento di cui all’Allegato A (Dr) in misura proporzionale al superamento di tali soglie secondo la seguente formula:

      Dtot (numero di docenti di riferimento necessari) = Dr x (1+ W)

      dove W = 0, se il numero degli studenti è inferiore o uguale alla numerosità massima, e          W = (numero studenti/numerosità massima) – 1, se il numero degli studenti è superiore alla numerosità massima.

[38]   Alcuni dei parametri utilizzati dalla formula sono ottenuti facendo riferimento ai dati di bilancio degli atenei.

[39]   Sulla base di quanto risulta dal comunicato del MISE del 5 giugno 2017 la quota già erogata a valere sul finanziamento fino a 800 milioni previsto dall’articolo 1, comma 6-bis per l’esecuzione del Piano ambientale è pari a 266 milioni di euro.

      Si consideri che l’articolo 1, comma 609 della stessa legge di bilancio 2017 ha altresì disposto che i finanziamenti statali sopra indicati concessi e non erogati nei confronti di ILVA cessino di avere efficacia a decorrere dalla data di sottoscrizione delle obbligazioni che - ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 1/2015 - l’organo commissariale di ILVA è autorizzato ad emettere a valere sulle somme sottoposte a sequestro (nell’ambito dei procedimenti penali a carico dei principali azionisti ed ex dirigenti dell’ILVA) all’atto del trasferimento delle medesime somme in Italia.

[40]   E della decisione della Royal Court del Jersey ove quota parte delle somme era fisicamente depositata. Le somme erano infatti depositate presso UBS AG Zurigo e UBS AG Jersey, nonché presso la banca popolare di Bergamo – Saronno.

[41]   Sono state inoltre messe a disposizione ulteriori somme rispetto a quelle già oggetto dei decreti di sequestro, per 230 milioni. L’importo complessivo, tra le somme oggetto di sequestro messe a disposizione dai Riva e le ulteriori sopra citate messe a disposizione, è di circa 1.300 milioni di euro (cfr. comunicato del MISE del 5 giugno 2017).

[42]    Cfr. la circolare INPS n. 80 del 21 aprile 2015.

[43]    Tale maggiorazione vale, entro alcuni limiti, anche ai fini della misura della pensione (cfr., in merito, la citata circolare INPS n. 80 del 2015).

[44]    I criteri e le modalità di attribuzione del sussidio sono stati definiti, in attuazione della presente disciplina, dal D.M. 29 aprile 2016.

[45] In base all'articolo citato, sono i territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.

[46]            Il contratto-quadro è quello previsto dall'articolo 64, comma 3, del D.L. 50/2017 (L. 144/2017): mediante tale contratto le istituzioni scolastiche ed educative statali sopra indicate procedono all'acquisizione dei servizi mediante la stipula di appositi contratti attuativi.