Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Interventi urgenti per assicurare la parità di trattamento dei creditori nel contesto di una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio - D.L. 89/2017 - A.C. 4554
Riferimenti:
AC N. 4554/XVII     
Serie: Progetti di legge    Numero: 596
Data: 26/06/2017
Organi della Camera: VI-Finanze
Altri riferimenti:
DL N. 89 DEL 26-GIU-17     


+ maggiori informazioni sul dossier
+ maggiori informazioni sugli atti di riferimento

Interventi urgenti per assicurare la parità di trattamento dei creditori nel contesto di una ricapitalizzazione precauzionale nel settore creditizio

26 giugno 2017
Progetti di legge


Indice

Contenuto|


Contenuto

Sintesi

Le disposizioni in esame modificano la disciplina dell'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari contenuta nel decreto-legge n. 237 del 2016.

Viene novellata la normativa riguardante il riparto degli oneri di risanamento delle banche tra azionisti e creditori subordinati (cd. burden sharing), che consiste nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni.

Si prevede dunque che, ove la banca abbia presentato o formalmente comunicato l'intenzione di presentare richiesta di intervento dello Stato, sia prorogato di sei mesi il termine di scadenza delle passività oggetto delle predette misure di burden sharing, se tale termine di scadenza ricade nei sei mesi successivi alla presentazione dell'istanza o della formale comunicazione dell'intenzione di presentarla.

Le norme in esame intervengono inoltre sulle misure di ricapitalizzazione degli istituti bancari da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, effettuata mediante l'acquisto di azioni o altri strumenti rappresentativi del capitale: in particolare, si allunga (di 60 giorni, da 60 a 120) il periodo concesso per il completamento, da parte del MEF, delle operazioni di acquisto delle azioni delle banche interessate al risanamento, ove tali azioni derivino dalle predette misure di burden sharing.

 

In estrema sintesi, si ricorda che il richiamato decreto-legge n. 237 del 2016 ha autorizzato il Ministero dell'Economia e delle Finanze – MEF a sottoscrivere o acquistare azioni di banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o società italiane capigruppo di gruppi bancari, aventi l'esigenza di rafforzare il proprio patrimonio, ad esito di una prova di stress basata su uno scenario avverso, condotta a livello nazionale, dell'Unione Europea o del Meccanismo di Vigilanza Unico, in presenza di specifiche condizioni di legge.
Previa valutazione positiva della Commissione UE, il provvedimento consente di adottare in primo luogo misure di cd. burden sharing, ovvero di riparto degli oneri del risanamento tra obbligazionisti ed azionisti, nonché di provvedere all'aumento di capitale degli istituti interessati e alla sottoscrizione o all'acquisto delle azioni da parte del MEF.
Le misure di burden sharing consistono nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni.
L'adozione dei predetti provvedimenti è subordinata all'assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti, nonché all'assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale.
L'intervento di ricapitalizzazione è realizzato mediante la sottoscrizione, da parte del MEF, di azioni ordinarie di nuova emissione, oltre che azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di burden sharing, in tal caso a specifiche condizioni e nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti, e purché tali soggetti non siano controparti qualificate.

 

Si ricorda che il Consiglio dei Ministri del 25 giugno 2017 ha approvato il decreto legge n. 99 del 2017, che introduce disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

 

Il contenuto del provvedimento

Più in dettaglio, come anticipato nel paragrafo precedente, le norme in esame intervengono sul meccanismo di compensazione per i detentori di obbligazioni coinvolte nelle misure di burden sharing, che non siano controparti qualificate o investitori professionali (articolo 1, comma 1, lettera a), che novella l'articolo 19, comma 2 del decreto-legge n. 237 del 2016). In particolare, si allunga da 60 a 120 giorni – decorrenti dalla data di pubblicazione del decreto che dispone le misure di burden sharing - il periodo concesso per il completamento dell'operazione di acquisto, da parte del MEF, delle azioni derivanti dall'applicazione dei predetti strumenti di riparto degli oneri.

 

L'articolo 19 richiamato disciplina la procedura che consente al MEF di ricapitalizzare gli istituti bancari, mediante la sottoscrizione di azioni ordinarie fornite di diritto di voto pieno, computabili come Common Equity Tier 1.
Il MEF può sottoscrivere non solo azioni di nuova emissione, ma anche azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di riparto degli oneri (cd. burden sharing, per cui si veda ai paragrafi successivi) nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti divenuti tali a seguito dell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, purché tali soggetti non siano controparti qualificate, al fine di prevenire o comporre una controversia legata al collocamento o alla negoziazione da parte dell'emittente degli strumenti finanziari a cui siano state applicate le predette misure di burden sharing. La banca interessata propone agli investitori al dettaglio una transazione, limitatamente agli strumenti per la cui offerta sussisteva obbligo di pubblicare un prospetto, e salvo che siano stati acquistati da una controparte qualificata o da un investitore professionale diverso dalla banca o società del suo gruppo e senza avvalersi di servizi o attività d'investimento prestate dalla banca o società del suo gruppo.

 

La relazione illustrativa chiarisce che tale allungamento intende consentire un'adeguata valutazione da parte degli investitori coinvolti.

 

Con un secondo gruppo di  modifiche, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b) del provvedimento in esame (che interviene sull'articolo 22 del decreto-legge n. 237 aggiungendovi un comma 2-ter) si dispone che, ove l'istituto emittente abbia presentato o abbia formalmente comunicato l'intenzione di presentare, a seguito dell'accertamento dei requisiti di accesso, la richiesta di intervento dello Stato, sia automaticamente prorogato di sei mesi il termine di scadenza delle passività oggetto di burden sharing, se tale termine di scadenza ricade nei sei mesi successivi alla presentazione dell'istanza o della formale comunicazione dell'intenzione di presentarla.

Scopo dichiarato della norma è quello di assicurare la parità di trattamento nella ripartizione degli oneri.

Tale proroga, per espressa previsione normativa, non comporta inadempimento ai sensi di legge o di clausole contrattuali, ivi incluse quelle relative ad altri rapporti di cui è parte l'Emittente o una componente del gruppo bancario di cui esso è parte.

 

Il richiamato articolo 22 disciplina le misure di partecipazione, da parte di azionisti e creditori subordinati, agli oneri di ricapitalizzazione della banca, chiarendo che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.
Le norme richiamate stabiliscono tra l'altro: le regole relative all'inefficacia delle garanzie rilasciate sugli strumenti oggetto di conversione e i principi applicabili alla conversione medesima. Si illustrano i casi in cui, previo parere negativo della Commissione UE, non si dà luogo in tutto o in parte alla conversione. Viene disciplinata la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione, nonché l'insieme degli effetti del burden sharing e dell'erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Le norme in esame vengono poi qualificate come disposizioni di applicazione necessaria.
 
In proposito occorre preliminarmente ricordare che il Tier 1 capital, chiamato anche patrimonio di base o di qualità primaria, è costituito dal capitale versato, dalle riserve e dagli utili non distribuiti. Sono esclusi dal Tier 1: le azioni proprie, l'avviamento, le immobilizzazioni immateriali e le perdite dei vari esercizi (compreso quello in corso). Dal Tier 1 capital rimangono escluse anche le rettifiche di valore operate sul portafoglio di negoziazione.
Il Tier 1 Capital risulta, a sua volta, costituito dal c.d. Common Equity Tier 1 Capital ("CET1"), ossia il capitale di qualità primaria costituito dagli strumenti con la più spiccata capacità di assorbimento delle perdite e dall'Additional Tier 1 Capital ("AT1"), costituto da "nuovi" strumenti ibridi la cui principale caratteristica qualitativa è una più spiccata capacità di assorbimento delle perdite. Si tratta, tra l'altro, di strumenti innovativi di capitale che, in caso di necessità, interrompono la distribuzione delle cedole per andare a rimpinguare il capitale primario della banca. Tali ibridi appartengono alla categoria in evoluzione dei titoli "quasi-equity", ossia dei titoli posti nella zona di confine tra il patrimonio e i debiti. I cosiddetti ibridi sono invece parte fondamentale del cosiddetto Tier 2 capital (o patrimonio supplementare), composto da riserve di valutazioni e da un'ampia schiera di strumenti innovativi di capitale (oltre che ibridi). Vi è anche un Tier 3 capital (prestiti subordinati di terzo livello) in cui confluiscono strumenti di capitale non riconducibili alle prime due categorie.
 
Oggetto della conversione in azioni ordinarie di nuova emissione, ai sensi della disciplina del burden sharing, sono (articolo 22, comma 2):
  • gli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier1), aventi le caratteristiche indicate nell'articolo 19, comma 1 (azioni ordinarie con diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite). Sono inclusi negli strumenti convertibili quelli qualificati come strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi della cd. "clausola di grandfathering" del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché le altre passività dell'Emittente aventi un grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale uguale o superiore. In sintesi, la clausola di grandfathering consente di computare nell'Additional Tier 1 alcuni strumenti che secondo le regole ordinarie ne sarebbero esclusi, per un periodo limitato di tempo e a specifiche condizioni;
  • gli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi delle citate norme UE (strumenti subordinati, Tier 2), ivi inclusi gli strumenti coperti dalla clausola di grandfathering, nonché gli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale (lettera b));
  • gli strumenti e i prestiti diversi a quelli indicati dalle lettere a) e b), il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell'Emittente (altri strumenti subordinati).

 

La Relazione illustrativa del provvedimento rileva come il decreto-legge n. 237 non contenga una norma (cd. freezing) che cristallizzi a una certa data la situazione delle passività suscettibili di burden sharing. Intento del Governo è ovviare a tale mancanza; "in considerazione della non prevista durata delle negoziazioni con le istituzioni dell'Unione Europea" competenti a valutare la conformità della misura di intervento pubblico con il quadro normativo comunitario. A parere dell'esecutivo, l'assenza di una norma di freezing può rivelarsi pregiudizievole per la parità di trattamento dei creditori, ove vengano a scadenza, nelle more della procedura di autorizzazione, alcune delle passività coinvolte.

 

Alla proroga si applica, in quanto compatibile, il comma 10 dell'articolo 22, che disciplina gli effetti dell'azione delle misure di burden sharing e di erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Tale comma dispone, tra l'altro, l'inefficacia delle pattuizioni contrattuali che ricollegano a tali misure conseguenze negative per l'intermediario o per altro componente del gruppo bancario di appartenenza (clausole risolutive espresse, clausole di event of default; di cross-default o di acceleration event). In secondo luogo, viene chiarito che le misure disposte dal MEF non costituiscono di per sé inadempimento contrattuale e pertanto non consentono ai creditori di attivare i rimedi previsti in tali casi (ad esempio risoluzione, decadenza dal beneficio del termine, escussione delle garanzie e altro).

Le norme in commento chiariscono infine che, durante la proroga, le passività producono interessi secondo le previsioni contrattuali applicabili.

 La citata relazione illustrativa chiarisce che la proroga della scadenza non avrebbe effetti retroattivi; essa riguarda infatti solo le passività che verranno a scadenza dopo l'entrata in vigore del decreto legge.

 

Si segnala che la normativa europea in materia di sostegno al settore bancario, con particolare riferimento alla direttiva BRRD ed alla Comunicazione della Commissione del luglio 2013, non sembra specificamente contemplare lo strumento della sospensione prevista dalle norme in esame, sebbene dette fonti normative non vietino espressamente il ricorso al cd. freezing.

 

Come più diffusamente chiarito in seguito, il punto 41 della Comunicazione del luglio 2013 dispone che un'adeguata condivisione degli oneri deve comportare di norma contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato, i quali devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile.

 

In tale ambito la Comunicazione precisa che, in ogni caso, i deflussi di liquidità dal beneficiario ai detentori di tali titoli devono essere evitati, nella misura in cui ciò sia giuridicamente possibile.

 

Occorrerebbe dunque chiarire il fondamento della proroga di cui alla lettera b) nel quadro della disciplina europea, atteso che la misura in esame consente al legislatore di intervenire direttamente sull'autonomia delle parti contraenti (emittente e sottoscrittore di strumenti finanziari).

 

Le procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari

Come anticipato, il decreto legge 23 dicembre 2016, n. 237, regola l'intervento statale nelle procedure di risanamento e ricapitalizzazione degli istituti bancari.

Più in dettaglio il Capo II del citato provvedimento (articoli 13-23-bis), autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a sottoscrivere o acquistare azioni di banche italiane, appartenenti o meno a un gruppo bancario, o di società italiane capogruppo di gruppi bancari che presentano esigenze di rafforzamento del proprio patrimonio, in relazione a una prova di stress basata su uno scenario avverso e condotta a livello nazionale, dell'Unione europea o del Meccanismo Unico di Risoluzione. Le banche o le società capogruppo interessate possono chiedere l'intervento dello Stato per il rafforzamento patrimoniale.
La richiesta di ricapitalizzazione precauzionale deve essere preceduta dalla sottoposizione, all'autorità competente, di un programma di rafforzamento patrimoniale. Ove l'attuazione del programma sia ritenuta insufficiente a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale, è possibile avanzare la richiesta di intervento dello Stato.
La banca interessata dalle misure di intervento statale presenta, con la richiesta di aiuti di Stato, un'attestazione con cui assume alcuni impegni previsti dalla Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato alle banche, fino al perfezionamento della sottoscrizione delle azioni da parte del MEF, e cioè una serie di obblighi volti a evitare la fuoriuscita di risorse. Il MEF può inoltre condizionare la sottoscrizione del capitale dell'emittente alla revoca o alla sostituzione dei consiglieri esecutivi o del direttore generale degli istituti interessati alle misure nonché alla limitazione delle retribuzioni degli organi apicali.
Il piano di ristrutturazione e le sue eventuali successive variazioni sono notificati alla Commissione europea, ai fini di una decisione sulla compatibilità delle misure con le norme in tema di aiuti di Stato. Ad esito positivo della valutazione della Commissione UE, con provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze sono adottate le misure di burden sharing, ovvero di riparto degli oneri del risanamento tra obbligazionisti ed azionisti, nonché l'aumento di capitale degli istituti interessati e la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni da parte del MEF.
L'adozione dei predetti provvedimenti è subordinata all'assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti, nonché all'assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale.
Come anticipato, l'intervento di ricapitalizzazione è realizzato mediante la sottoscrizione, da parte del MEF, di azioni ordinarie di nuova emissione, oltre che azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di burden sharing, in tal caso a specifiche condizioni e nell'ambito di transazioni tra l'emittente e gli azionisti, e purché tali soggetti non siano controparti qualificate.

 

L'intervento pubblico è possibile nei casi previsti dall'articolo 32, par.4, lettera d), n. iii) della direttiva 2014/59/UE, che ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

 Detta direttiva (direttiva BRRD - Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di "risoluzione" della crisi.
Si rammenta sinteticamente in questa sede che l'articolo 32 della direttiva (par. 4, lettera d)), per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, consente di erogare un sostegno finanziario pubblico straordinario a una banca, senza che ciò comporti il dissesto e la conseguente risoluzione della medesima, purché ciò avvenga a specifiche condizioni (contenute anche all'articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del Regolamento n. 806/2014 e recepite dall'articolo 18 del d.lgs. n. 180 del 2015, per cui si veda infra). In particolare, il sostegno pubblico può essere erogato anche (articolo 32, par. 4, lettera d), n. iii) della direttiva) mediante la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto non ricorrono  i presupposti per il dissesto o per la riduzione o la conversione degli strumenti finanziari. La sottoscrizione deve essere effettuata unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress test.
Il citato D.lgs. n. 180 del 2015 - che ha attuato la BRRD nell'ordinamento italiano per la parte relativa alle procedure di risoluzione degli istituti bancari - all'articolo 18, comma 1, lettera b)), precisa che il sostegno finanziario pubblico straordinario deve essere erogato previa approvazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato ed è riservato a banche con patrimonio netto positivo; è adottato su base cautelativa e temporanea, in misura proporzionale alla perturbazione dell'economia, e non deve essere utilizzato per coprire perdite che la banca ha registrato o verosimilmente registrerà nel prossimo futuro.

La misura pubblica deve dunque essere conforme al quadro normativo dell'Unione Europea in materia di aiuti di Stato, e, in particolare, alla Comunicazione della Commissione UE del luglio 2013 (cd. Banking Communication).

 Per quanto riguarda la disciplina europea in materia di aiuti di Stato, si ricorda che il 10 luglio 2013 la Commissione europea ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato in favore delle banche nel contesto della crisi finanziaria. La comunicazione, che modifica, a partire dal 1° agosto 2013, il quadro regolamentare introdotto con la comunicazione del 6 dicembre 2011, introduce le seguenti novità: prima di ricevere il sostegno pubblico, la banca dovrà presentare un piano di ristrutturazione; il sostegno pubblico dovrà essere preceduto dal contributo di azionisti e creditori junior; nella fase di ristrutturazione, la banca dovrà applicare rigorose politiche di remunerazione dei dirigenti.
In particolare, si prevede che:
a) quanto alle misure di ricapitalizzazione,
  1. in caso di carenza di capitale, (anche accertata mediante stress test o asset quality review) la banca che voglia beneficiare del sostegno pubblico attui, in primo luogo, un piano di rafforzamento patrimoniale mediante misure di mercato (approvato dall'autorità di vigilanza) della durata massima di sei mesi;
  2. a fronte di un eventuale fabbisogno residuo di capitale siano imposte ad azionisti e creditori subordinati misure di condivisione delle perdite (c.d. burden sharing) consistenti nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni; in ogni caso, è fatto salvo il principio secondo cui a nessun creditore subordinato possono essere imposte perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbe subito in caso di liquidazione (cd. principio del no creditor worse off);
  3. si può evitare l'imposizione di tali misure qualora esse mettano in pericolo la stabilità finanziaria o determinino risultati sproporzionati;
  4. la banca possa ricevere sostegno pubblico per far fronte a eventuali esigenze di capitale residue solo dopo l'attuazione delle misure sopra descritte;
 
b) quanto alle misure di liquidità,
  1. è possibile prevedere un regime applicabile a tutte le banche che ne facciano richiesta, purché l'accesso sia limitato alle banche che non presentino carenze di capitale, o in alternativa misure su base individuale aperte anche a banche che presentino una carenza di capitale, con l'obbligo di presentare un piano di ristrutturazione entro due mesi dalla concessione della garanzia;
  2. le garanzie possono essere concesse solo su passività non subordinate di nuova emissione, con scadenze non superiori a cinque anni e con limiti quantitativi quanto a quelle con scadenze superiori a tre anni;
  3. la remunerazione deve essere in linea con quanto previsto dalla cd Comunicazione di proroga, Comunicazione della Commissione relativa all'applicazione, dal 1° gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (2011/C 356/02).

 La Banking Communication dispone che, prima dell'intervento pubblico, siano imposte ad azionisti e creditori subordinati misure di condivisione delle perdite (citate misure di burden sharing) consistenti nella riduzione forzosa del capitale o del debito subordinato e/o nella conversione di quest'ultimo in azioni, salvo il principio secondo cui a nessun creditore subordinato possono essere imposte perdite maggiori rispetto a quelle che avrebbe subito in caso di liquidazione (cd. principio del no creditor worse off).

Il punto 41 della Comunicazione del 2013 dispone che un'adeguata condivisione degli oneri deve comportare di norma, una volta che le perdite siano state in primo luogo assorbite dal capitale, contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato. I detentori di capitale ibrido e di debito subordinato devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile. Tali contributi possono assumere la forma di una conversione in capitale di base di classe 1 o di una riduzione di valore del capitale degli strumenti. La Comunicazione della Commissione precisa tuttavia che, in ogni caso, i deflussi di liquidità dal beneficiario ai detentori di tali titoli devono essere evitati nella misura in cui ciò sia giuridicamente possibile.

 

L'articolo 22 del richiamato decreto-legge n. 237 del 2016, modificato dalle norme in esame,  disciplina le misure di partecipazione, da parte di azionisti e creditori subordinati, agli oneri di ricapitalizzazione della banca, chiarendo che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.

Le norme richiamate stabiliscono tra l'altro: le regole relative all'inefficacia delle garanzie rilasciate sugli strumenti oggetto di conversione e i principi applicabili alla conversione medesima. Si illustrano i casi in cui, previo parere negativo della Commissione UE, non si dà luogo in tutto o in parte alla conversione. Viene disciplinata la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione, nonché l'insieme degli effetti del burden sharing e dell'erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. Le norme in esame vengono poi qualificate come disposizioni di applicazione necessaria.

 

Poiché l'intervento pubblico è limitato ai casi in cui la carenza di capitale derivi dagli esiti di stress test in scenario avverso, ai sensi della Banking Communication il burden sharing può assumere solo la forma della conversione in azioni di nuova emissione degli strumenti ibridi (Additional Tier 1) e subordinati (Tier 2), nonché degli altri strumenti subordinati.

Non può essere quindi disposta la riduzione del valore degli strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza: come chiarito dal Governo nella relazione illustrativa al provvedimento, questa infatti può essere disposta in quanto è necessaria ad assorbire perdite che impattano anche in bilancio e che eccedano il patrimonio netto contabile dell'Emittente, mentre lo scenario avverso di uno stress test è solo una rappresentazione ipotetica.

Le proposte di modifica della disciplina di risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento

Sulla base della tabella di marcia per il completamento dell'Unione bancaria, concordata il 17 giugno 2016 in sede di Consiglio ECOFIN, la Commissione europea ha presentato, il 23 novembre 2016:

  • modifiche al quadro legislativo vigente relativo ai requisiti di capacità aggiuntiva di assorbimento di eventuali perdite bancarie (total loss absorbing capacity, TLAC) e ai requisiti minimi in materia di fondi propri e passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL);
  • una proposta su un approccio comune alla gerarchia dei creditori delle banche, al fine di rafforzare la certezza del diritto in caso di risoluzione.

Al riguardo, si segnala che il Consiglio ECOFIN del 16 giugno 2017 ha raggiunto sulla proposta un accordo politico che costituirà la base dei negoziati con il Parlamento europeo.

In particolare, la proposta di modifica della direttiva 2014/59/UE imporrebbe agli Stati membri di creare una nuova classe di debito di primo rango "non privilegiato" (attualmente non prevista dalla direttiva 2014/59/UE), al fine di fornire maggiore chiarezza agli investitori di una determinata banca riguardo ai rischi che correrebbero nel caso in cui sottoscrivessero un bond della banca stessa e nel caso in cui si trovassero poi a dover condividere le perdite nell'ambito di un ipotetico bail-in: l'investitore che decidesse di acquistare tali bond vedrebbe azzerato il proprio investimento solo dopo il contributo di tutti gli azionisti e obbligazionisti junior non privilegiati, ma prima di altri obbligazionisti privilegiati e dei depositanti;

  • modifiche alla disciplina dei requisiti patrimoniali delle banche, al fine di armonizzare o ulteriormente specificare le opzioni e discrezionalità concesse agli Stati membri, da un lato, e di introdurre un coefficiente di leva finanziaria, possibilmente fissato sopra al 3%, per le banche di importanza sistemica.

Anche in questo caso, il Consiglio ECOFIN del 15 giugno ha raggiunto un accordo politico, in vista dell'avvio dei negoziati con il PE.

L'accordo mira a mitigare il potenziale impatto negativo sulle banche derivante dall'introduzione dei nuovi standard contabili IFRS 9 (prevista dal 1° gennaio 2018), che prevedono che la svalutazione dei crediti non avvenga soltanto sulla base delle perdite emerse, ma anche di quelle attese.  Una rapida implementazione dell'IFRS 9 potrebbe portare infatti a una crescita immediata degli accantonamenti per perdite attese sui crediti, con un deterioramento dei ratio patrimoniali. L'ECOFIN ha dunque  introdotto un periodo transitorio di cinque anni che consentirebbe alle  banche di riportare al proprio capitale equity Tier 1 una parte degli accantonamenti di cui sopra;

  • un proposta legislativa di armonizzazione minima relativamente alla normativa sull'insolvenza.

 

Riguardo al trattamento dell'esposizione delle banche ai titoli di stato, il Consiglio ECOFIN ha convenuto di attendere i risultati del Comitato di Basilea, dove la discussione è ancora in corso.

Tale soluzione corrisponde agli orientamenti dell'Italia, espressi anche nel documento finale approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera in esito all'esame della proposta di regolamento sull'EDIS: nel documento si sottolinea che la questione debba essere affrontata nella sede propria della Banca per i regolamenti internazionali, evitando di introdurre a livello europeo una disciplina più stringente di quella che verrebbe applicata altrove. Nell'ambito del Comitato di Basilea prevale l'atteggiamento di chi, come gli Stati Uniti, è assolutamente contrario a introdurre regole più rigorose sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio delle banche. L'obiettivo ultimo di chi propone norme stringenti al riguardo è quello di indurre i Paesi più indebitati a ridurre il debito pubblico e quindi il volume dei titoli di Stato in circolazione.

Lo stato di salute del sistema bancario nazionale: la crisi delle banche venete e il decreto-legge n. 99 del 2017

Il Consiglio dei Ministri del 25 giugno 2017 ha approvato il decreto legge n. 99 del 2017 (A.C. 4565), che introduce disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.a. e di Veneto Banca S.p.a. e per garantire la continuità del sostegno del credito alle famiglie e alle imprese del territorio.

 

Il 23 giugno scorso, la Banca Centrale Europea ha dichiarato le due banche in condizione di dissesto (failing or likely to fail). Successivamente il Comitato di risoluzione unico (SRB – Single Resolution Board) ha valutato se vi fossero tutti i tre requisiti per una risoluzione secondo la direttiva europea per i salvataggi bancari (BRRD), giungendo alla conclusione che non è possibile dichiarare la risoluzione in quanto non sussiste il requisito dell'interesse pubblico.

 

Si ricorda in proposito che la BRRD (articolo 32, par.1, lettera c) della direttiva 2014/59/UE) e, più in particolare, il decreto legislativo di recepimento (D.Lgs. n. 180 del 2015, articolo 20, comma 2) prevedono che la risoluzione è disposta quando la relativa autorità ha accertato la sussistenza dell'interesse pubblico.
La normativa italiana di recepimento riconosce sussistente detto interesse pubblico ove la risoluzione è necessaria e proporzionata per conseguire uno o più obiettivi indicati all'articolo 21 del D.lgs. n. 180/2015 (continuità delle funzioni essenziali dei soggetti in crisi, stabilità finanziaria, contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela) e la sottoposizione della banca a liquidazione coatta amministrativa non consentirebbe di realizzare questi obiettivi nella stessa misura.
 Con nota tecnica del 15 aprile 2016, la Banca d'Italia ha fornito alcuni chiarimenti relativi agli intermediari Banca Popolare di Vicenza (BPV) e Veneto Banca (VB). Le predette banche sono state investite da due tipologie di problematiche, legate alla loro originaria natura di banche popolari non quotate: la modalità di determinazione del prezzo delle azioni e i finanziamenti concessi dalle banche alla clientela per la sottoscrizione delle azioni della banca medesima. Relativamente al prezzo delle azioni, per le banche popolari non quotate il codice civile (articolo 2528) attribuisce la responsabilità di fissare il prezzo all'assemblea dei soci, su proposta degli amministratori. Riguardo alla raccolta di capitale (ed emissione di azioni) a fronte di finanziamenti erogati dalle stesse banche emittenti ai sottoscrittori delle azioni (cosiddette 5 "azioni finanziate"), la normativa di settore prevede che le azioni acquistate grazie a un finanziamento della banca emittente non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Tale patrimonio è considerato dalla normativa di settore come il primo cuscinetto di sicurezza per assorbire eventuali perdite; deve essere quindi costituito da risorse sicure, non da elementi a elevato rischio di essere vanificate da un finanziamento non restituito.
Per quanto concerne la Banca Popolare di Vicenza, le controversie hanno riguardato principalmente l'operatività in azioni proprie che, dal gennaio del 2014 (a seguito dell'entrata in vigore del regolamento europeo n. 575 del 26 giugno 2013), richiede in ogni caso un'autorizzazione della Vigilanza, la quale subordina la decisione ad una valutazione prudenziale, poiché nel momento in cui la banca riacquista le proprie azioni dai suoi soci riduce il patrimonio.
Nel corso del 2014, come rileva la Banca d'Italia, è emerso che la Banca Popolare di Vicenza acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l'autorizzazione alla Vigilanza. Le ispezioni del 2015 hanno rilevato, oltre ai riacquisti di azioni proprie effettuati senza la necessaria autorizzazione, anche il problema delle "azioni finanziate" non dedotte per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza. La Banca d'Italia ha rilevato come ciò abbia comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale di circa 1 miliardo di euro, registrato dalla banca nella relazione semestrale al 30 giugno e nel bilancio d'esercizio 2015. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di 1,3 miliardi di euro di rettifiche di valore nel bilancio 2015 (+54% rispetto all'anno precedente). Come riferito dalla Banca d'Italia, l'alta dirigenza di BPV è stata rinnovata e la banca, in coerenza con il nuovo piano industriale, ha poi deliberato un piano complessivo di rafforzamento patrimoniale o di modifica radicale della corporate governance che comprende la trasformazione in S.p.A. (approvata dall'Assemblea il 3 marzo 2016), un aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro e la quotazione in Borsa delle azioni (tramite un'operazione di Initial Public Offering, IPO). Il cambio di forma giuridica e l'obbligo di trasformazione in società quotata hanno comportato una significativa svalutazione delle azioni, il cui valore è passato dai 62,50 euro nel 2014 (approvazione bilancio 2013) ai 6,3 euro di febbraio 2016.
Con l'intervento del fondo Atlante nell'aprile del 2016 è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con l'ulteriore abbassamento del prezzo di ciascuna azione a 10 centesimi di euro.
Con comunicato stampa del 9 gennaio 2017 l'istituto ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva rivolta agli azionisti che hanno investito in azioni BPVi negli ultimi 10 anni. L'offerta pubblica di transazione prevede un riconoscimento economico pari a 9 euro per ogni azione acquistata tramite una banca del Gruppo Banca Popolare di Vicenza a partire dal 1° gennaio 2007 e sino al 31 dicembre 2016, al netto delle vendite; il riconoscimento sarà erogato a fronte della rinuncia dell'azionista a qualsiasi pretesa in relazione all'investimento in (o mancato disinvestimento di) titoli azionari Banca Popolare di Vicenza, titoli che rimarranno comunque di proprietà dell'azionista. La platea è stata stimata in circa 94.000 azionisti, individuati secondo criteri oggettivi, che comprendono principalmente persone fisiche, società di persone, fondazioni, ONLUS ed enti senza fine di lucro. Contestualmente BPVI ha costituto un fondo, per complessivi 30 milioni di euro, a sostegno degli azionisti che versano in condizioni disagiate.
L'iniziativa si basa sulla consapevolezza della presenza di situazioni di impoverimento e grave disagio sociale che coinvolgono alcuni azionisti risparmiatori di BPVi, oltreché sulla volontà di ricostruire un rapporto di fiducia tra la Banca e i suoi soci risparmiatori. Il fondo è riservato esclusivamente agli azionisti che rientrano nel perimetro dell'Offerta di Transazione e che rinunciano ad azioni risarcitorie, l'attivazione del fondo è subordinata all'esito positivo della stessa Offerta di Transazione. Il termine di adesione all'Offerta di Transazione, in origine fissato al 22 marzo 2017, è stato prorogato al 28 marzo 2017.
Il 9 aprile 2017 l'istituto ha reso noto che a tale offerta hanno aderito 66.770 azionisti (71,9%), portatori del 68,7% delle azioni comprese nell'Offerta di Transazione .
L'istituto, il 1° febbraio 2017, ha comunicato di aver ricevuto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze il decreto con il provvedimento di concessione della garanzia dello Stato su nuove emissioni obbligazionarie ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016 e di aver contestualmente avviato l'operatività necessaria per l'emissione di titoli garantiti.
Il 17 marzo 2017 BPVI ha reso noto che è in fase di finalizzazione il nuovo Piano industriale 2017-2021 - già sottoposto alle Autorità di Vigilanza - nel quale è previsto un progetto di fusione con il Gruppo Veneto Banca unitamente ad un intervento di rafforzamento patrimoniale da realizzarsi nel 2017. Nella medesima occasione la Banca Popolare di Vicenza, nell'ambito delle modalità di reperimento dei capitali necessari ad implementare la citata ricapitalizzazione, ha comunicato al MEF, Banca d'Italia e BCE l'intenzione di accedere alle già citate misure di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016.
Il 1° giugno 2017 l'istituto ha effettuato una seconda emissione obbligazionaria con garanzia dello Stato, ai sensi del decreto-legge n. 237 del 2016, per un importo complessivo di 2,2 miliardi di euro nominali, tasso nominale annuo lordo 0,50% e scadenza 1 giugno 2020 (ISIN: IT0005247645). Il titolo è stato sottoscritto interamente dall'emittente e verrà utilizzato per incrementare i buffer di liquidità del Gruppo. Con questa emissione le obbligazioni in essere con garanzia statale emesse dalla Banca ammontano a 5,2 miliardi di euro nominali (di cui 3,0 miliardi di euro emessi nel febbraio 2017).
 
Con riferimento a Veneto Banca, la problematica illustrata dalla Banca d'Italia concerne in particolare il fenomeno delle "azioni finanziate" non dedotte, reiterato nel tempo nonostante i solleciti delle Autorità di vigilanza e le sanzioni irrogate. Nella richiamata nota tecnica, la Banca d'Italia rileva che detta prassi ha comportato un impatto negativo sotto il profilo patrimoniale per circa 300 milioni di euro, registrato dalla banca nella relazione trimestrale al 30 settembre 2015 e nel bilancio d'esercizio 2015; ulteriori 56 milioni di euro sono emersi dal completamento delle analisi svolte dalla funzione di revisione interna della banca su richiesta della Vigilanza. La situazione patrimoniale ha inoltre risentito anche del deterioramento del portafoglio creditizio, che ha comportato la contabilizzazione di oltre 700 milioni di euro di rettifiche di valore su crediti nel bilancio 2015. La necessità di "squalificare" le "azioni finanziate" e di recepire le ulteriori perdite emerse ha imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. Ai cambiamenti di governance del 2015 sono seguiti la definizione di un piano di rafforzamento patrimoniale, per 1 miliardo di euro, nonché la trasformazione in società per azioni, ai sensi delle nuove norme sulle banche popolari (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con legge 24 marzo 2015, n. 33) e la quotazione in borsa. Nel corso del 2016 la governance aziendale ha avuto un sostanziale rinnovo, conclusosi con l'avvio dell'azione di responsabilità il 16 novembre 2016 nei confronti degli ex componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale nonché dell'ex Direttore Generale di Veneto Banca S.p.A. Analogamente a quanto disposto da BPVi, Veneto Banca ha annunciato l'avvio di un'iniziativa di conciliazione transattiva, mediante un'Offerta di Transazione con un indennizzo forfettario ed onnicomprensivo pari al 15% della perdita teorica sofferta in conseguenza degli acquisti di Azioni Veneto Banca (al netto delle vendite effettuate e dei dividendi percepiti) avvenuti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2016, a fronte della rinuncia dell'azionista a promuovere azioni legali. L'iniziativa si rivolge a circa 75.000 azionisti, pari a circa l'85% del totale. Il Consiglio di Amministrazione di Veneto Banca ha deliberato inoltre la costituzione di un Fondo di solidarietà di 30 milioni di euro per sostenere i Soci che versano in comprovate situazioni di particolare disagio socio-economico, rivolto ai medesimi destinatari dell'Offerta Pubblica di Transazione; anche in questo caso i beneficiari dovranno rinunciare ad azioni risarcitorie nei confronti della Banca. Il fondo diventa effettivo a seguito dell'esito positivo dell'Offerta stessa. L'Offerta si è conclusa il 28 marzo, a seguito della proroga dei termini.
Si ricorda che la Banca ha effettuato nel febbraio 2017 due emissioni garantite dallo Stato ai sensi del D.L. n. 237 del 2016.
A seguito della richiesta presentata nella medesima data di BPVi (17 marzo 2017) di ricapitalizzazione precauzionale di cui al decreto-legge n. 237 del 2016, anche Veneto Banca ha manifestato l'intenzione di accedere al sostegno finanziario straordinario e temporaneo da parte dello Stato italiano ("ricapitalizzazione precauzionale"), ai sensi del D.L 237/2016.

 

Il Governo ha dunque ritenuto necessario applicare la normativa del Testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993), che prevede l'avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa. Sono contestualmente adottate con il citato decreto-legge n.99 del 2017 misure pubbliche volte a sostenere una gestione ordinata della crisi delle due banche, nel contesto di una speciale procedura d'insolvenza.

 

Le misure adottate intendono contemplare aiuti compatibili con il mercato interno, ritenuti ammissibili dalle regole europee in quanto volti a evitare danni economici più ampi; essi (articolo 1) sono subordinati all'approvazione da parte della Commissione europea.

 

Il 25 giugno 2017 la Commissione europea ha approvato le misure contenute nel decreto legge, a seguito di preventiva notifica (effettuata il giorno precedente) da parte del Governo italiano.

Come riferito dalla Commissione, le misure consistono anzitutto nella vendita di parte delle attività delle due banche a Intesa Sanpaolo, ivi incluso il trasferimento di personale. A parere della Commissione, il soggetto acquirente (Intesa) è stato scelto in una procedura aperta, equa e trasparente. La Commissione europea reputa inoltre che detta vendita consentirà di abbassare l'ammontare della rimanente massa liquidatoria, finanziata da crediti forniti da Intesa.

Sotto il profilo finanziario, le misure adottate dal Governo per garantire la continuità dell'accesso al credito da parte delle famiglie e delle imprese, nonché per la gestione dei processi di ristrutturazione delle banche in liquidazione consistono in iniezioni di liquidità pari a 4,8 miliardi di euro.

A questa cifra si aggiungono circa 400 milioni, quale fair value delle garanzie prestate dallo Stato sugli impegni delle banche in liquidazione, per un ammontare massimo di circa 12 miliardi di euro.

Il Governo riferisce che detti aiuti di Stato sono adeguatamente coperti dai crediti delle due banche.

Gli organi UE hanno valutato tali misure compatibili con la normative europea in tema di aiuti di Stato e, in particolare con la Banking Communication del 2013; a parere della Commissione, infatti, gli azionisti e i debitori subordinati hanno pienamente contribuito ai costi del risanamento, riducendo i costi dell'intervento statale. Inoltre, a parere della Commissione il costo netto dell'operazione per lo Stato sarà molto inferiore al predetto ammontare nominale.

 

Più in dettaglio, il decreto legge 99 del 2017 consente al Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, di:

  1. sottoporre le due banche a liquidazione coatta amministrativa, disponendo altresì la continuazione dell'esercizio dell'impresa (articolo 2, comma 1, lettere a) e b));
  2. prevedere la cessione dell'azienda bancaria o di rami di essa ad un acquirente (articolo 2, comma 1, lettera c)).
  3. effettuare misure di sostegno pubblico per la predetta cessione.

Su indicazione del Ministro, i commissari liquidatori nominati dalla Banca d'Italia (articolo 3, comma1) possono cedere l'azienda bancaria a un soggetto selezionato sulla base di una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione dell'offerta di acquisto più conveniente.

Tale soggetto è stato in particolare individuato in Intesa Sanpaolo, come annunciato dalla banca in un comunicato stampa del 26 giugno.

Nel medesimo comunicato, la banca ricorda che il contratto di acquisto delle attività delle banche venete include una clausola risolutiva, che prevede l'inefficacia del contratto e la retrocessione alle banche in liquidazione coatta amministrativa del perimetro oggetto di acquisizione, in particolare nel caso in cui il decreto-legge non fosse convertito in legge, ovvero fosse convertito con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo l'operazione, e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge

 

Il decreto, per assicurare la continuità dell'esercizio dell'impresa, contiene misure speciali – anche in deroga alle disposizioni civilistiche - per garantire l'immediata efficacia della cessione nei confronti dei terzi (articolo 3, comma 2).

Il Ministro è autorizzato a effettuare i seguenti interventi pubblici a sostegno dell'operazione (articolo 4):

  1. concessione della garanzia dello Stato a copertura dello sbilancio di cessione;
  2. erogazione di un supporto finanziario per ricostituire i fondi propri del cessionario per un ammontare idoneo a fronteggiare l'assorbimento patrimoniale derivante dalle attività ponderate per il rischio acquisito;
  3. concessione della garanzia dello Stato sull'adempimento di obblighi assunti dalle due banche in relazione a impegni, dichiarazioni e garanzie da esse assunti;
  4. erogazione al cessionario di fondi a sostegno di misure di ristrutturazione aziendale.

Inoltre (articolo 5) il provvedimento abilita il Ministero a cedere questi ultimi alla Società per la Gestione di Attività S.p.a., il cui capitale è da esso interamente posseduto. Il corrispettivo della cessione è rappresentato da un credito verso le banche in liquidazione: i proventi della gestione del portafoglio trasferito sono destinati interamente alle banche in liquidazione e sono, dunque, disponibili per i creditori di quest'ultime.

 

Inoltre (articolo 6) per i creditori subordinati delle banche che siano investitori al dettaglio è previsto un meccanismo di ristoro analogo a quello previsto dal decreto legge n. 59 del 2016 per gli istituti posti in risoluzione nel novembre 2015. Come in quel caso, le prestazioni sono a carico del "Fondo interbancario di tutela dei depositanti".

Con le disposizioni in materia fiscale (articolo 7) si intende rendere fiscalmente neutre le operazioni di cessione e gli interventi pubblici che le possono accompagnare. Si intende inoltre consentire il trasferimento dei crediti per le imposte differite delle banche in liquidazione al cessionario dell'azienda bancaria.

 

Le risorse necessarie (articolo 9)  per il sostegno pubblico sono prelevate dal Fondo costituito con il decreto legge n. 237 del 23 dicembre 2016, incrementate di 300 milioni di euro per l'anno 2018.

Lo stato di salute del sistema bancario nazionale: Monte dei Paschi di Siena

Nonostante sia essenzialmente orientato verso la tradizionale attività di intermediazione creditizia, il sistema bancario italiano ha retto, nel complesso, all'urto della crisi, pur con difficoltà, anche gravi, di singoli istituti. Il sistema si è adeguato al marcato inasprimento della regolamentazione internazionale, adattandosi al nuovo regime di vigilanza europeo. Le banche hanno fatto fronte alla diminuzione dei ricavi in larga parte attraverso riduzioni dei costi operativi, soprattutto quelli per il personale.

Il 29 luglio 2016 l'European Banking Authority - EBA ha pubblicato i risultati degli stress test per 51 banche in paesi della UE e dello Spazio Economico Europeo, che copre circa il 70 per cento degli asset bancari in ciascuna giurisdizione e in Europa. I test hanno coinvolto anche le principali cinque banche italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca). L'esercizio è stato coordinato dall'Autorità Bancaria Europea (EBA), in collaborazione con la BCE e le autorità di vigilanza nazionali. Si tratta di un esercizio che valuta la capacità di tenuta delle grandi banche europee in condizioni economiche e finanziarie avverse, con bassa probabilità di realizzarsi.

Lo stress test ipotizzava per ciascun paese due scenari: uno di base (baseline), ripreso dalle previsioni della Commissione europea formulate nell'autunno 2015, e uno avverso (adverse). La simulazione è stata condotta a partire dai dati di bilancio delle banche di fine 2015.

In particolare, nello scenario avverso è stata ipotizzata per l'Italia una caduta del PIL reale nel triennio 2016-18 di quasi sei punti percentuali rispetto alle previsioni dello scenario di base. Lo scenario avverso ipotizzava inoltre un aumento nel triennio del rendimento dei titoli di Stato italiani a lungo termine di circa 100 punti base, tale da comportare una svalutazione del 12 per cento di tali titoli. Allo scenario macroeconomico avverso sono state aggiunte una serie di assunzioni metodologiche, sostenibili per il complesso degli intermediari, che possono avere effetti particolarmente negativi per le banche ancora in ristrutturazione o già caratterizzate da condizioni di debolezza.

La Banca d'Italia ha spiegato nel dettaglio la metodologia utilizzata in una Nota del 29 luglio 2016.

Per quanto riguarda le banche italiane, quattro delle cinque prese in considerazioni hanno mostrato una buona tenuta.

Per queste banche (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e UBI Banca) l'impatto ponderato sul capitale (CET1) derivante dallo scenario avverso è pari a 3,2 punti percentuali a fronte del 3,8 per cento della media del campione EBA. Comprendendo anche il Monte dei Paschi, l'impatto sarebbe, in termini ponderati, di 4,1 punti percentuali.

 

Monte dei Paschi di Siena, che ha superato il test nello scenario di base, mostra nello scenario avverso un risultato negativo.

Dal novembre del 2013 il gruppo è sottoposto a un piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione europea. Circa la metà della complessiva riduzione di capitale registrata dal Monte dei Paschi è attribuibile alla diminuzione del margine di interesse; la restante parte è dovuta all'incremento delle deduzioni patrimoniali e delle perdite su crediti e alle svalutazioni sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio AFS.  Il Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi ha deliberato a fine luglio 2016 un piano, che prevede la cessione dell'intero portafoglio di crediti in sofferenza e un aumento di capitale fino a 5 miliardi, che consente di incrementare significativamente gli accantonamenti sui restanti crediti deteriorati. Per effetto di tale operazione, la banca intende detenere prestiti deteriorati – ma non in sofferenza – in linea con quelli medi del sistema bancario italiano.  La Banca ha dunque comunicato al mercato la volontà di procedere al rafforzamento di capitale, per complessivi 5 miliardi, il 25 ottobre 2016 (operazione autorizzata il 23 novembre dalla Banca Centrale Europea e da Banca d'Italia per quanto di competenza).

Stante l'impossibilità di reperire sul mercato tale cifra, il 23 dicembre 2016 MPS ha inviato alla BCE un'istanza di sostegno finanziario straordinario e temporaneo per l'accesso alla misura della ricapitalizzazione precauzionale.

In pari data la Banca ha inviato alla Banca d'Italia e al Ministero dell'Economia e delle Finanze un'istanza per ammissione alla garanzia dello Stato di cui all'articolo 7 del sopra illustrato decreto-legge n. 237 del 2016, per ottenere la possibilità di emettere ulteriori passività garantite dallo Stato. Lunedì 26 dicembre 2016 Monte dei Paschi di Siena ha reso noto di aver ricevuto una comunicazione della BCE che richiede di raccogliere 8,8 miliardi di nuovo capitale, quasi 4 miliardi di euro in più rispetto alla cifra pianificata dal luglio 2016.

In seguito all'insuccesso del piano di rafforzamento basato su capitali privati, MPS il 30 dicembre 2016 ha presentato istanza per la ricapitalizzazione precauzionale, trasmettendo le prime linee guida di un piano di ristrutturazione

In seguito all'insuccesso del piano di rafforzamento patrimoniale basato su capitali privati, precondizione per poter accedere alle misure di sostegno pubblico, lo scorso 30 dicembre MPS ha presentato richiesta di ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. In quella sede sono state trasmesse le prime sintetiche linee guida di un piano di ristrutturazione, basate sul piano industriale preparato ai fini dell'aumento di capitale non andato a buon fine.

I vertici di MPS sono stati auditi il 19 gennaio 2017 presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato in ordine all'applicazione all'istituto delle misure del citato decreto-legge n. 237 del 2016.

Il 25 gennaio 2017, Monte dei Paschi ha rilasciato un comunicato stampa in cui comunica di aver effettuato nella medesima data due emissioni di titoli con garanzia dello Stato, ai sensi del provvedimento in esame, per un importo complessivo di Euro 7 miliardi di euro, così suddivisi:

  1. scadenza 20/1/2018, cedola 0,5%, nominale Eur 3 mld. (ISIN: IT0005240491);
  2. scadenza 25/1/2020, cedola 0,75%, nominale Eur 4 mld. (ISIN: IT0005240509).

I titoli, assistiti da garanzia dello Stato ai sensi del Decreto Legge n. 237/2016, sono stati sottoscritti interamente dall'emittente e verranno venduti sul mercato, o utilizzati come collaterale a garanzia di operazioni di finanziamento, nel corso del 2017.

Il 1° giugno 2017 la Commissaria Margrethe Vestager ha concluso un accordo di principio con il Ministro Padoan in merito al piano di ristrutturazione di Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS), al fine di consentire la ricapitalizzazione precauzionale della banca in linea con le norme dell'UE. L'accordo di principio è subordinato alla conferma parallela, da parte della Banca centrale europea nelle sue funzioni di vigilanza, del fatto che MPS è solvibile e soddisfa i requisiti di capitale, nonché all'ottenimento da parte dell'Italia di una conferma formale dagli investitori privati che acquisteranno il portafoglio di crediti in sofferenza.

La Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario

Si rammenta in questa sede che la Camera dei Deputati, il 21 giugno 2017,  ha approvato in via definitiva la proposta di legge, già approvata dal Senato (A.S. 624 e connessi) recante l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario (A.C. 4410).

La proposta prevede che la Commissione d'inchiesta sia costituita da venti senatori e venti deputati, nominati dai Presidenti delle Camere in proporzione al numero dei componenti dei gruppi. Essa deve concludere i propri lavori entro un anno dalla sua costituzione e comunque entro la fine della XVII legislatura (articoli 1 e 2).

La Commissione è chiamata a verificare (articolo 3) gli effetti sul sistema bancario italiano della crisi finanziaria globale e le conseguenze dell'aggravamento del debito sovrano; la gestione degli Istituti bancari coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto, destinatari anche in forma indiretta di risorse pubbliche o posti in risoluzione; l'efficacia delle attività di vigilanza sul sistema bancario e sui  mercati finanziari; l'adeguatezza della disciplina legislativa e regolamentare nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario, nonché sul sistema di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e gestione delle crisi bancarie. Il provvedimento disciplina (articolo 4) l'attività di indagine della Commissione e la richiesta di atti e documenti da parte della stessa (articolo 5).

I componenti della Commissione, i funzionari e il personale addetti alla Commissione stessa, nonché ogni altra persona che collabora con essa o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta, oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono vincolati al segreto (articolo 6).

L'articolo 7 disciplina il funzionamento dell'organo e in particolare pone il limite alle spese per suo il funzionamento in 150.000 euro. Gli oneri sono posti per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. Può essere autorizzato, su richiesta della Commissione e con determinazione dei Presidenti delle due Camere, un incremento delle predette spese in misura non superiore al 30 per cento, per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

Â