Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili D.L. 193/2016 - A.S. 2595
Riferimenti:
AC N. 4110-A-R/XVII   AC N. 4110-A/XVII
AC N. 4110/XVII   DL N. 193 DEL 22-OTT-16
Serie: Progetti di legge    Numero: 508    Progressivo: 5
Data: 22/11/2016
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze
Altri riferimenti:
AS N. 2595/XVII     

DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E PER IL FINANZIAMENTO DI ESIGENZE INDIFFERIBILI

 

A.S. 2595 – D.L. 193/2016

 

 

Novembre 2016

 

 

 

 

 

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Dossier n. 394/5

 

 

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Progetti di legge n. 508/5

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

Schede di lettura

Schede di lettura. 3

Articolo 1 (Equitalia). 5

Articolo 1-bis (Proroga di termine in materia di delega di funzioni dirigenziali nelle Agenzie fiscali). 13

Articolo 2 (Disposizioni in materia di riscossione locale). 15

Articolo 2-bis (Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell'ingiunzione di pagamento ai fini dell'avvio della riscossione coattiva). 21

Articolo 3 (Potenziamento della riscossione). 25

Articolo 4 (Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione). 27

Articolo 4-bis (Emissione elettronica delle fatture per il tax free shopping). 41

Articolo 4-ter (Modifiche al Testo Unico Accise). 45

Articolo 5 (Dichiarazione integrativa a favore e ravvedimento). 53

Articolo 5-bis (Definizione delle controversie in materia di accise e di IVA afferente)  59

Articolo 6  (Definizione agevolata). 61

Articolo 6-bis (Rappresentanza e assistenza dei contribuenti). 71

Articolo 6-ter (Definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali). 73

Articolo 7  (Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e norme collegate)  77

Articolo 7-bis  (Introduzione di indici sintetici di affidabilità per la promozione dell'osservanza degli obblighi fiscali, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale soppressione della disciplina degli studi di settore). 95

Articolo 7-ter  (Autorità nazionale anticorruzione). 99

Articolo 7-quater (Disposizioni in materia di semplificazione fiscale). 101

Articolo 7-quinquies  (Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti). 111

Articolo 7-sexies (Semplificazioni per i contribuenti che adottano il regime cosiddetto dei “minimi”). 113

Articolo 7-septies (Accesso al fondo di garanzia per le imprese operanti nel settore della geotermia). 115

Articolo 8 (Finanziamento Fondo occupazione). 117

Articolo 9 (Partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL). 121

Articolo 10 (Finanziamento di investimenti per la rete ferroviaria). 123

Articolo 10-bis  (Finanziamento dell’attraversamento ferroviario della linea Milano-Saronno)  125

Articolo 11 (Misure urgenti per il trasporto regionale). 127

Articolo 12 (Misure urgenti a favore dei comuni in materia di accoglienza). 131

Articolo 12-bis  (Interventi a favore delle popolazioni rom e sinti). 137

Articolo 13, comma 1 (Rifinanziamento Fondo PMI). 141

Articolo 13, comma 1-bis e 1-ter (Elenco degli operatori di assistenza e monitoraggio per il microcredito). 145

Articolo 13, commi 2-4-sexies (Misure per la promozione e lo sviluppo dell’agroalimentare nonché in materia di contratti dell’ISMEA). 151

Articolo 14, commi 1, 1-bis e 1-ter (Potenziamento del tax credit per il cinema e l’audiovisivo e disposizioni sui diritti audiovisivi sportivi e sui proventi dei biglietti di ingresso ai luoghi della cultura). 157

Articolo 15 (Disposizioni finanziarie). 161

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(
Equitalia)

 

 

L’articolo 1 dispone - a decorrere dal 1° luglio 2017 - lo scioglimento di Equitalia (ad eccezione di Equitalia Giustizia) e l’istituzione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Il personale è trasferito al nuovo ente senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica ed economica. Entro il 30 aprile 2017, l’Amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per l’adozione dello statuto e la gestione della fase transitoria.

 

Si ricorda che fino al 2006 la riscossione era affidata in concessione a società private, in prevalenza banche, che operavano in diversi ambiti territoriali. Con il decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, la riscossione è stata ricondotta in mano pubblica. A tal fine è stata costituita Riscossione S.P.A., ora Equitalia S.p.A., alla quale – in data 1° ottobre 2006 – è stato affidato il servizio pubblico della riscossione in tutto il territorio nazionale, a eccezione della Sicilia.

Il gruppo Equitalia è organizzata in Holding Equitalia S.p.A., Equitalia Servizi di riscossione S.p.A., Equitalia Giustizia S.p.A..

Equitalia S.p.A., istituita nel 2005, è una società a totale capitale pubblico (51% Agenzia delle entrate e 49% Inps) e svolge il suo ruolo istituzionale tramite Equitalia Servizi di riscossione S.p.A. che dal primo luglio 2016 è Agente unico della riscossione e assorbe tutte le attività dei precedenti agenti della riscossione, attraverso la fusione per incorporazione di Equitalia Nord S.p.A., Equitalia Centro S.p.A. e Equitalia Sud S.p.A..

Equitalia Giustizia S.p.A., istituita nel 2008, è il gestore del FUG (Fondo Unico di Giustizia), dove confluiscono le somme sequestrate nell'ambito di procedimenti penali e in applicazione delle misure di prevenzione antimafia, nonché i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata. Effettua le attività esecutive funzionali alla riscossione delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie conseguenti a provvedimenti giudiziari passati in giudicato o diventati definitivi, gestisce provvisoriamente i libretti di risparmio e i titoli di credito sequestrati. Le somme sono destinate al ministero dell'Interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, nonché al ministero della Giustizia per il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali ed al bilancio dello Stato.

Dal 1° ottobre 2006 ad oggi le riscossioni sono sensibilmente aumentate: nel periodo 2000- 2005 le società concessionarie private avevano incassato in media ogni anno circa 2,9 miliardi di euro. Nel 2015 sono stati riscossi 8,2 miliardi, in aumento dell’11 per cento rispetto ai 7,4 miliardi del 2014 (media degli anni precedenti: 7,7 miliardi).

La soppressione di Equitalia a decorrere dal 1° gennaio 2015 era già prevista dalla proposta di legge A.C. 2299, presentata dal Movimento 5 Stelle. Il 10 luglio 2014 l'Assemblea della Camera ha approvato un emendamento soppressivo di tutti gli articoli del testo, il quale pertanto è stato respinto nel suo complesso.

La proposte intendeva trasferire le funzioni di Equitalia all'Agenzia delle entrate, che a tal fine avrebbe dovuto istituire una Direzione centrale per la riscossione. Gli interessi, le more, gli aggi e le sanzioni per il ritardato o mancato pagamento delle cartelle esattoriali maturati si sarebbero estinti e sarebbero stati sostituiti dal pagamento di un interesse pari alla misura del tasso Euribor. Si prevedeva una riserva pari al 50 per cento delle assunzioni presso l'Agenzia delle entrate – Direzione centrale per la riscossione per il personale impiegato presso Equitalia e le società ad essa collegate.

Successivamente, nel giugno 2016, il Governo, rispondendo alla interrogazione n. 5/09023 presso la Commissione Finanze della Camera, ha annunciato il riordino delle Agenzie fiscali e la riforma del sistema di riscossione anche attraverso la soppressione di Equitalia S.p.A..

In particolare il rappresentante del Governo ha affermato che era allo studio l'esigenza di riformare la gestione della riscossione coattiva delle entrate pubbliche, con l’obiettivo – in coerenza con la linea intrapresa con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157 e con le rinnovate convenzioni con le agenzie fiscali – di reindirizzare l'attività dell'amministrazione finanziaria complessivamente intesa in direzione di un sistema più equo, trasparente e orientato alla crescita, affermando la necessità di un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale e imprese e cittadini.

Il Decreto Legislativo n. 159 del 2015 (semplificazione e razionalizzazione della riscossione) ha semplificato gli adempimenti del contribuente: si prevede che ritardi di breve durata ovvero errori di limitata entità nel versamento delle rate non comportino l'automatica decadenza dal beneficio della rateizzazione; si introduce l'ipotesi di lieve inadempimento in cui non si ha la decadenza dal beneficio della dilazione; viene esplicitata la possibilità del contribuente di avvalersi del ravvedimento operoso evitando l'iscrizione a ruolo degli importi residui dovuti; in caso di accertamento esecutivo, si consente al contribuente di attivare meccanismi per la concessione della dilazione del pagamento prima dell'affidamento in carico all'agente della riscossione, al ricorrere di evidenze specifiche che dimostrino una temporanea situazione di obiettiva difficoltà; si riducono gli oneri del servizio nazionale della riscossione (cd. aggio), riconoscendo il solo costo di funzionamento del servizio; si riduce la misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo.

 

Ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° luglio 2017 le società del Gruppo Equitalia sono sciolte, cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione.

Per effetto delle modifiche apportate nel corso dell'esame parlamentare, Equitalia Giustizia è esclusa dallo scioglimento delle società del gruppo Equitalia. Essa continua a occuparsi della gestione del Fondo unico giustizia (comma 1 e comma 11, lettera b).

Contestualmente, è introdotto il divieto di effettuare assunzioni con contratti di lavoro subordinato (comma 1).

 

L’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale è attribuito all’Agenzia delle entrate (comma 2) e viene svolto dall’Agenzia delle entrate-Riscossione, ente pubblico economico strumentale dell’Agenzia delle entrate - istituito a far data dal 1° luglio 2017 - sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze e al monitoraggio dell’Agenzia stessa (comma 3).

Il nuovo ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia e assume la qualifica di agente della riscossione, abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 sulla riscossione). Si consente al nuovo ente di svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate (comma 3).

 

L’ente ha autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Ne costituiscono organi il presidente il comitato di gestione e il collegio dei revisori dei conti, il cui presidente è scelto tra i magistrati della Corte dei conti.

Il comitato di gestione è composto dal direttore dell’agenzia delle entrate, che è il presidente dell’ente e da due componenti nominati dall’agenzia medesima tra i propri dirigenti, ai quali non spettano compensi aggiuntivi (comma 4).

Il comma 5 reca i contenuti dello statuto (approvato con D.P.C.M., su proposta del MEF), che dovrà essere elaborato anche nell'ottica di un nuovo modello di remunerazione dell'agente della riscossione. Sono previste, tra l’altro, procedure, anche telematiche, di consultazione pubblica sugli atti di rilevanza generale e la partecipazione dei soggetti interessati.

Al comitato di gestione sono affidate le modifiche allo statuto e agli atti di carattere generale che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente, inclusi i bilanci preventivi e consuntivi, nonché il piano triennale per la razionalizzazione delle attività di riscossione. Viene precisato che nel rapporto coi contribuenti il nuovo ente deve conformarsi ai principi dello Statuto del contribuente, tra cui quelli della trasparenza, della leale collaborazione e della tutela di affidamento e buona fede, nonché agli obiettivi di cooperazione rafforzata tra fisco e contribuente individuati dalla legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014).

Si prevede che gli atti a carattere generale indicati nell’atto aggiuntivo (di cui al comma 13) e il piano triennale per la razionalizzazione delle attività di riscossione siano trasmessi, per l'approvazione, al Ministro dell'economia e delle finanze (ai sensi dell’articolo 60 del decreto legislativo n. 300 del 1999, in materia di controllo sulle agenzie fiscali).

I bilanci dell'ente sono sottoposti alla disciplina UE in tema di bilanci societari (D.Lgs. n. 139 del 2015, che ha recepito la Direttiva 2013/34/UE). Essi sono trasmessi al MEF per l'approvazione (comma 5-bis).

Il nuovo ente è inoltre sottoposto alle disposizioni del codice civile e delle altre leggi relative alle persone giuridiche private (comma 6).

L’ente concorre alle norme in materia di riduzioni di spesa per le amministrazioni inserite nel conto economico della P.A. nei limiti del risultato d'esercizio (comma 6-bis).

In relazione agli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione, il comma 7 rinvia al meccanismo di remunerazione degli agenti della riscossione introdotto dall’articolo 9 del citato decreto legislativo n. 159 del 2015.

Tale norma ha previsto che agli agenti sia riconosciuto il ristoro degli oneri di riscossione e di esecuzione commisurati al costo di funzionamento del servizio, riducendo l'onere di riscossione dall'8 per cento sulle somme iscritte a ruolo riscosse e sui relativi interessi di mora al 6 per cento (misura abbattuta del 50 per cento, in caso di pagamento effettuato entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella). I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all'effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione. Si prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema.

In particolare la nuova disciplina (con la quale è stato riscritto l'articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999) prevede che entro il 31 gennaio di ciascun anno Equitalia, previa verifica da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, deve individuare e rendere pubblici, sul proprio sito web, i costi da sostenere per il servizio nazionale di riscossione, cui devono essere commisurati gli oneri. Il primo decreto ministeriale di fissazione degli oneri afferenti alle spese di procedura, notifica e lavorazione degli sgravi per indebito, nonché la tipizzazione delle suddette spese avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 ottobre 2015 (il decreto non è stato emanato). In via transitoria è stato mantenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015.

 

Con una nuova disposizione transitoria, per l’anno 2017, si prevede che siano validi i costi determinati, approvati e pubblicati da Equitalia secondo la procedura sopra illustrata.

Si segnala che sul sito di Equitalia, è pubblicato il predetto elenco dei costi per il servizio di riscossione per l’anno 2016, per un totale pari a 883.127.726 euro. http://www.gruppoequitalia.it/equitalia/opencms/it/il-gruppo/amministrazione
trasparente/bilanci/

 

Ai sensi del comma 8 l’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, nonché – a specifiche condizioni – degli avvocati del libero foro, mentre può stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti davanti al tribunale e al giudice di pace.

In ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l'Avvocatura dello Stato, sentito l'ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio nei giudizi davanti alle commissioni tributarie l'ufficio  o agente della riscossione nei cui confronti è proposto il ricorso sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata (ai sensi dell’articolo 11 comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992).

Nel corso dell’esame parlamentare, il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato è stato esteso agli enti vigilati dal Ministero della salute (comma 8-bis).

 

Per il personale trasferito al nuovo ente - incluso quello a tempo determinato fino a scadenza - e tenuto conto della specificità delle funzioni e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, si prevede la ricognizione delle competenze possedute, ai fini di una collocazione organizzativa coerente e funzionale alle esigenze dell'ente stesso (comma 9).

Si ricorda che gli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 201/2011 hanno stabilito che il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione costituisce parametro massimo di riferimento per la definizione del trattamento economico annuo onnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche, emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo (inclusi i componenti degli organi di amministrazione, direzione e controllo) con pubbliche amministrazioni statali e con società dalle stesse partecipate, ad esclusione delle società emittenti strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati e loro controllate.

A sua volta, l’art. 13 del D.L. n. 66/2014 (conv. L. n. 89/2014) ha previsto che, a decorrere dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo riferito al Primo presidente della Corte di cassazione è fissato in 240.000 euro annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente. Sono inclusi nel computo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato dalle amministrazioni pubbliche e le somme erogate dalle società da esse partecipate in via diretta o indiretta. Il comma 2 del medesimo art. 13 ha esteso la platea di destinatari del “tetto” retributivo, ricomprendendo espressamente, tra gli altri, gli enti pubblici economici tra le amministrazioni pubbliche con cui, se intercorrono rapporti di lavoro subordinato o autonomo, si applica il 'tetto' sopra ricordato.

 

Al personale trasferito si applicano le norme sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda previste dall’articolo 2112, primo e terzo comma, del codice civile.

I richiamati commi 1 e 3 dell’articolo 2112 del codice civile prevedono che in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Inoltre, il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

 

Per tale personale si garantisce la continuità dell'accesso al Fondo di previdenza dei lavoratori esattoriali (di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 377) (comma 9-bis).

Nel corso dell’esame parlamentare, è stata soppressa la norma (comma 10) che prevedeva la ricollocazione del personale proveniente da altre amministrazioni pubbliche nell'amministrazione di provenienza.

 

Il comma 11 autorizza l’Agenzia delle entrate ad acquistare, al valore nominale, le azioni di Equitalia detenute dall’Inps (lettera a)), mentre le azioni di Equitalia Giustizia sono cedute a titolo gratuito al Ministero dell’economia e delle finanze. Essa continua a occuparsi della gestione del Fondo unico giustizia (lettera b)).

I bilanci finali di chiusura del gruppo sono trasmessi per l’approvazione al Ministero dell’economia e delle finanze. Ai componenti degli organi delle società soppresse sono corrisposti compensi, indennità ed altri emolumenti solo fino alla data di soppressione. Per gli adempimenti successivi si prevede il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dal rispettivo ordinamento (lettera c)).

Sono chiarite le procedure che seguono allo scioglimento di Equitalia e delle società partecipate; viene tra l'altro prevista la trasmissione al MEF dei bilanci finali delle società in scioglimento, da redigersi anch'essi secondo le norme sui bilanci societari (D.Lgs. n. 139 del 2015) (commi 11-bis e 11-ter).

 

Ai sensi del comma 12 le operazioni inerenti al trasferimento di azioni sono esenti da imposizione fiscale.

 

Il comma 13 demanda ad un atto aggiuntivo alla convenzione triennale tra il Ministro dell’economia e delle finanze e il direttore dell’agenzia delle entrate, da stipulare annualmente, la definizione dei servizi dovuti, delle risorse disponibili, nonché delle strategie per la riscossione, che devono privilegiare il risultato piuttosto che il processo.

L’atto definisce inoltre gli obiettivi quantitativi da raggiungere, gli indicatori e le modalità di verifica del conseguimento degli obiettivi, le modalità di vigilanza sull’operato dell’ente, la gestione della riscossione con modalità organizzative flessibili, le comunicazioni e informazioni preventive volte ad evitare aggravi moratori per i contribuenti ed a migliorarne il rapporto con l’amministrazione fiscale.

Si chiarisce che l'atto aggiuntivo nell'individuare le modalità di miglioramento del rapporto tra fisco e contribuente, deve altresì seguire criteri di trasparenza, che consentano di risalire con certezza al debito originario. A tal fine è possibile istituire uno sportello unico telematico per l'assistenza e l'erogazione di servizi ai contribuenti (comma 13, lettera h)).

Sull’atto aggiuntivo è previsto il parere parlamentare (comma 13-bis).

 

Il comma 14 definisce risultato particolarmente negativo della gestione -  e quindi motivo per la  nomina di un commissario straordinario (ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 300 del 1999) il mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’atto aggiuntivo non attribuibile a fattori eccezionali o comunque non tempestivamente segnalato al Ministero dell’economia e delle finanze.

Il nuovo ente è tenuto a redigere una relazione annuale sui risultati conseguiti in materia di riscossione da trasmettere all'Agenzia e al MEF al fine di migliorare le procedure di riscossione (comma 14-bis).

 

Fino al 1° luglio 2017 l’attività di riscossione prosegue nel regime giuridico vigente, mentre entro il 30 aprile 2017, con D.P.C.M., l’Amministratore delegato di Equitalia è nominato commissario straordinario per gli adempimenti propedeutici all'istituzione del nuovo ente, per l’elaborazione dello statuto e per la vigilanza e la gestione della fase transitoria (comma 15).

 

Tutti i riferimenti contenuti in norme vigenti agli ex concessionari del servizio nazionale della riscossione e agli agenti della riscossione sono riferiti al nuovo ente (comma 16).

 

Si precisa che l'idoneità professionale per gestire alcuni servizi della P.A. (vale a dire, i magazzini di vendita di generi di monopolio, attualmente in capo alla Agenzia delle dogane e dei monopoli) può essere conseguita – oltre che dopo la prima assegnazione – anche entro sei mesi dal rinnovo dell'assegnazione. Viene chiarito che i corsi di formazione che permettono di conseguire tale idoneità professionale possono essere svolti anche a distanza (comma 16-bis).

 


Articolo 1-bis
(Proroga di termine in materia di delega di funzioni dirigenziali nelle Agenzie fiscali)

 

L'articolo proroga al 30 settembre 2017 (superando la precedente data del 31 dicembre 2016) il termine di scadenza delle deleghe di funzioni dirigenziali attribuibili ai funzionari delle Agenzie fiscali con specifiche qualifiche ed anni di esperienza, per garantire la continuità operativa degli uffici nelle more dell'espletamento delle relative procedure concorsuali.

 

La norma prorogata prevede la possibilità per i dirigenti delle Agenzie fiscali, in relazione all'esigenza di garantire il buon andamento e la continuità dell'azione amministrativa e per esigenze di funzionalità operativa, di delegare a funzionari della terza area con un'esperienza professionale di almeno cinque anni nell'area stessa, in numero non superiore a quello dei posti oggetto delle procedure concorsuali indette ai sensi della medesima norma e di quelle già bandite e non annullate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, previa procedura selettiva con criteri oggettivi e trasparenti, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti.

Sono escluse dalla delega le attribuzioni riservate ai dirigenti per legge, tenendo conto della specificità della preparazione, dell'esperienza professionale e delle capacità richieste a seconda delle diverse tipologie di compiti, nonché della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati, per una durata non eccedente l'espletamento dei concorsi di cui al comma 1 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2016.

A fronte delle responsabilità gestionali connesse all'esercizio delle deleghe affidate ai sensi della norma prorogata, ai funzionari delegati sono state attribuite, temporaneamente e al solo scopo di fronteggiare l'eccezionalità della situazione in essere, nuove posizioni organizzative ai sensi dell'articolo 23-quinquies, comma 1, lettera a), numero 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.

 


Articolo 2
(Disposizioni in materia di riscossione locale)

 

 

L’articolo 2 proroga al 30 giugno 2017 la possibilità per gli enti locali di avvalersi di Equitalia per la riscossione delle proprie entrate. Gli enti locali possono deliberare, dal 1° luglio 2017 l'affidamento al nuovo ente delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle proprie entrate tributarie o patrimoniali; si precisa che detta attività è riferita anche alle entrate delle società partecipate dagli enti locali.

 

A tal fine il comma 1 modifica l’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013, così posticipando al 1° luglio 2017:

§  il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;

§  il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l’attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 

Si evidenzia che il termine originario era stato fissato dalla legge di conversione del decreto-legge n. 70 del 2011 nel 1° gennaio 2012. L’articolo 7, lettera gg-ter), del citato decreto-legge, con riferimento all’attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa), consentiva fino a tale termine ad Equitalia e alle società per azioni dalla stessa partecipata di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012.

Successivamente il comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 (nella sua formulazione originaria) consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. Sul comma 2-ter dell’articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 è intervenuto l’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l’operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni. Tale diverso termine, inizialmente fissato al 1° gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall’articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali. Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio dell’attività di riscossione.

Il nuovo termine è stato rinviato dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) al 31 dicembre 2014, dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642 della legge n. 190 del 2014) al 30 giugno 2015 e dal decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7) al 31 dicembre 2015. Da ultimo, il decreto-legge n. 210 del 2015 (articolo 10, comma 1) ha differito il termine al 30 giugno 2016.

 

Si ricorda che la delega fiscale (legge n. 23 del 2014) dedicava specifica attenzione al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell’ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intendeva procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei concessionari, all’emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Tuttavia, il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega, senza che tale norma sia stata attuata.

 

Il comma 2 prevede che gli enti locali possono deliberare, dal 1° luglio 2017 l'affidamento al nuovo ente delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle proprie entrate tributarie o patrimoniali; si precisa che detta attività è riferita anche alle entrate delle società partecipate dagli enti locali.

 

Viene quindi abrogato il comma 3 del testo originario del decreto-legge che consentiva in ogni caso, entro il 30 settembre di ogni anno, agli enti locali di deliberare l'affidamento della riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale.

 

La norma sembra pertanto escludere a regime, per tale affidamento, la procedura ad evidenza pubblica.

 

Ricordato che, in base alla legislazione vigente (art. 13, comma 25-bis, DL n. 145 del 2013), ora confluita nello schema di decreto legislativo, adottato in attuazione della delega di cui alla legge n. 124 del 2015, recante Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, su cui hanno espresso il prescritto parere le competenti Commissioni parlamentari (A.G. 308), è stabilito, in via generale, che l'assunzione della titolarità di servizi pubblici locali di interesse economico generale costituisce funzione fondamentale degli enti locali, i quali, nel procedimento di individuazione di detti servizi, sono tenuti a verificare preliminarmente l'inidoneità del mercato a fornirli a condizioni compatibili con l'interesse pubblico. Le attività individuate come servizio pubblico possono essere gestite dall'ente locale competente all'organizzazione del servizio in una delle seguenti modalità: affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica, anche a società a capitale misto pubblico-privato, ovvero gestione diretta mediante affidamento in house, o - limitatamente ai servizi diversi da quelli di rete - mediante azienda speciale o gestione in economia.

La scelta delle modalità di gestione è effettuata con provvedimento motivato dell’ente competente, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento dal diritto europeo per la forma di gestione prescelta. Il provvedimento definisce, in relazione alle caratteristiche del mercato, i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e la loro durata, la natura dei diritti speciali o esclusivi eventualmente conferiti e descrive il sistema di compensazione, se previsto, indicando i parametri per il calcolo, il controllo e l’eventuale revisione della compensazione, nonché le modalità per evitare ed eventualmente recuperare le sovracompensazioni. Il provvedimento deve, altresì, dare specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato (per i servizi a rete è richiesto anche un piano economico-finanziario). Inoltre, laddove non sussistano i presupposti della concorrenza nel mercato, il provvedimento deve motivare anche in ordine all’eventuale impossibilità di procedere mediante suddivisione in lotti del servizio da affidare, al fine di consentire, ove possibile, l’attività di più imprese nella prestazione del servizio e favorire forme di concorrenza comparativa.

Appare dunque opportuno valutare l’esigenza di prevedere un richiamo alla normativa vigente in materia di affidamento dei servizi, che richiede, in particolare, un provvedimento motivato dell’ente sulla forma di gestione prescelta, tenuto conto degli orientamenti dell’Unione europea sul punto.

 

Si ricorda inoltre che il nuovo Codice degli appalti e delle concessioni (D.Lgs. n. 50 del 2016) detta, all’art. 5, i principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell'ambito del settore pubblico.

In particolare, si prevede che la concessione o un appalto pubblico aggiudicati da un'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o privato, non rientra nell'ambito di applicazione del codice quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati.

Ai sensi del comma 2, un'amministrazione esercita su una persona giuridica il controllo analogo qualora essa eserciti un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore.

La disciplina del Codice si applica agli appalti pubblici di servizi definiti come i contratti tra una o più stazioni appaltanti e uno o più soggetti economici, aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi dagli appalti di lavori (art. 3, comma 1, lettera ss). Alle concessioni di servizi si applicano le norme della parte III del Codice, considerato che, a differenza della previgente disciplina, in recepimento della direttiva 2014/23/UE, sono dettate regole generali unitarie per le concessioni di lavori e di servizi; l’articolo 166, nello specifico, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici sono libere di decidere il modo migliore per gestire la prestazione dei servizi per garantire un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici. Si applicava, invece, alle concessioni di servizi l’articolo 30 dell’abrogato decreto legislativo n. 163 del 2006 il quale prevedeva, tra l’altro, che la scelta del concessionario dovesse avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui invitare almeno cinque concorrenti, se sussistevano in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi.

Si ricorda che la natura giuridica dell’attività di riscossione è stata oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali, anche al fine della sua configurazione alla stregua di una concessione di servizi (Consiglio di Stato sent. n. 5566 e 4510 del 2010), a cui applicare il citato articolo 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006, o di un appalto pubblico di servizi (Cons. Stato n. 1878 del 2006, nel caso ad esempio di attività strumentali). È stato, altresì, precisato che la riscossione dei tributi locali costituisce svolgimento di un'attività di servizio pubblico (Cons. Stato n. 3672 del 2005 e n. 5284 del 2014).

 

Conclusivamente, appare utile un chiarimento in merito alla coerenza dell’esclusione introdotta dalla norma in commento con la normativa in materia- anche europea - di affidamento dei contratti pubblici illustrata.

 

La riscossione delle entrate dei comuni nel quadro del D.L. n. 70/2011

Il richiamato articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies), del decreto-legge n. 70/2011 stabilisce che a partire da una specifica data – come si è visto, da ultimo il 30 giugno 2016 - Equitalia S.p.A. e le società da essa partecipate cessino di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione - spontanea e coattiva – delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate.

Dal momento di tale cessazione spetterà dunque ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l’affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall’esercizio diretto o dall’affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:

§  la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;

§  le disposizioni del titolo II (Riscossione coattiva) del D.P.R. n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del R.D. n. 639/1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.

Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati questi ultimi debbano aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l’obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse - al netto dell’aggio e delle spese anticipate dall’agente della riscossione - entro la prima decade del mese.

 

Il vigente sistema di riscossione delle entrate locali

A seguito della riforma della riscossione operata dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 – con passaggio da un sistema di affidamento in concessione all’attribuzione delle competenze all’Agenzia delle entrate, operante attraverso l’agente unico Equitalia S.p.A. – la legge ha recato una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il transito di funzioni e di carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare, ai sensi del comma 24 dell'articolo 3 del D.L. n. 203 del 2005, alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.A. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale).

In alternativa, ai concessionari è stato consentito di scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi, nonché alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati ad effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Nel caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme hanno consentito ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione di entrate locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l’affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, etc.), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione al citato albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali. Ai sensi del successivo comma 25, nel caso di mancato trasferimento del ramo d’azienda e ove non vi sia diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sono affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Infine, il comma 25-bis sancisce che l'attività di riscossione spontanea e coattiva degli enti pubblici territoriali può essere svolta dalle società cessionarie del ramo d'azienda, da Equitalia S.p.A. e dalle partecipate soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

 


Articolo 2-bis
(
Interventi a tutela del pubblico denaro e generalizzazione dell'ingiunzione di pagamento ai fini dell'avvio della riscossione coattiva)

 

L’articolo 2-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispone che il pagamento spontaneo delle entrate degli enti locali sia effettuato sul conto corrente di tesoreria dei medesimi enti locali ovvero mediante F24, o attraverso strumenti di pagamento elettronici che gli enti impositori rendano disponibili. Restano ferme le modalità di versamento previste per l'IMU e la TASI. Per le entrate diverse da quelle tributarie il versamento è effettuato esclusivamente sul conto corrente di tesoreria o tramite strumenti di pagamento elettronici (mentre non è possibile l’utilizzo dell’F24).

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo aggiuntivo impone l’obbligo di versamento diretto sul conto corrente della tesoreria comunale degli importi riscossi, a qualsiasi titolo, dall’ente locale tramite i concessionari privati, in deroga alle disposizioni vigenti in materia di potestà regolamentare degli enti locali.

 

La disposizione in esame risulta in linea con una specifica richiesta avanzata dalla rappresentanza dell’Anci intervenuta in audizione presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera dei deputati, nel corso dell’esame del decreto-legge in prima lettura. L’Anci, nello specifico, ritiene che siffatto intervento normativo si renda necessario al fine di superare “definitivamente una delle principali cause degli episodi di cattiva gestione – e in diversi casi di malversazione – che hanno caratterizzato il regime degli affidamenti”, rendendo indisponibile ai soggetti affidatari il flusso delle somme riscosse.

 

Il versamento spontaneo delle entrate tributarie dei comuni e degli altri enti locali, ai sensi del comma 1, primo periodo, è effettuato direttamente sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore in deroga all’articolo 52 del decreto legislativo n. 446/1997.

 

L’articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997 disciplina la potestà regolamentare generale delle province e dei comuni, con esclusione della individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi. Oltre alla previsione di procedure e termini per l’adozione dei regolamenti stessi, della facoltà del Ministro dell’economia di impugnativa, il comma 5 contempla forme di autonomia degli enti locali in materia di gestione dell'accertamento e della riscossione dei tributi e delle altre entrate, stabilendo che: a) l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche in forma associata; b) qualora sia deliberato di non gestire in via diretta le attività di accertamento e riscossione, queste ultime possono essere affidate, anche disgiuntamente, a: 1) soggetti iscritti nell'albo tenuto dal Ministero dell’economia (ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del medesimo decreto legislativo); 2) operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le menzionate attività (in presenza di certificazioni che attestino la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore); 3) società inhouse a capitale interamente pubblico, mediante convenzione, a condizione che la medesima società realizzi la parte più rilevante della propria attività con l'ente che la controlla, svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente impositore e che quest’ultimo eserciti sulla stessa controllo analogo; 4) le società miste, comunque iscritte nell'albo presso il Ministero dell’economia, a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica; c) l’affidamento a terzi non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente; d) il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

 

Sebbene la disposizione in commento disponga una deroga al citato articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, quest’ultimo pare tuttavia non disporre in materia di modalità di versamento spontaneo[1]. Sarebbe pertanto opportuno valutare l’opportunità di mantenere il richiamo al citato articolo 52.

 

La disposizione in esame pare piuttosto incidere sull’articolo 7, comma 2, lettera gg-septies, del decreto-legge n. 70 del 2011.

 

Quest’ultimo stabilisce che nel caso di affidamento ai soggetti terzi (ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo n. 446/1997), la riscossione delle entrate viene effettuata mediante l'apertura di uno o più conti correnti dedicati, intestati al soggetto affidatario, sui quali devono affluire tutte le somme riscosse. Il riversamento di tali importi, al netto dell'aggio e delle spese anticipate, sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore deve avvenire entro la prima decade di ogni mese con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti nel mese precedente.

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo aggiuntivo, impone che il versamento spontaneo delle entrate tributarie degli enti locali – in alternativa al versamento diretto sul conto corrente di tesoreria – debba essere effettuato mediante il sistema dei versamenti unitari di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori.

 

Ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241/1997, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto. I versamenti unitari (o le compensazioni), mediante il modello F24, riguardano i debiti (o i crediti) relativi: a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e ad alcune tipologie di ritenute alla fonte; b) all'imposta sul valore aggiunto; c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; d) all'imposta regionale sulle attività produttive; e) a (talune tipologie di) contributi previdenziali; g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; h) agli interessi previsti per le somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall'INPS; i) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro dell’economia, di concerto con i Ministri competenti per settore; l) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.

 

Il comma 1, secondo periodo, dell’articolo aggiuntivo fa salve le disposizioni di cui al comma 12 dell'articolo 13 del decreto-legge n.201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 214/2011,  relative al versamento dell'imposta municipale propria (IMU), e al comma 688 dell'articolo 1 della legge n.147/2013, relative al tributo per i servizi indivisibili (TASI). In entrambi i casi si prevede che il versamento debba essere effettuato mediante il modello F24 ovvero tramite apposito bollettino di conto corrente postale.

 

L’articolo 13, comma 12, del decreto-legge n. 201/2011 stabilisce che il versamento dell’IMU è effettuato: i) secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (riguardante il principio di versamenti unitari e la disciplina delle compensazioni), con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate. Detto provvedimento (adottato in data 12 aprile 2012) stabilisce che i versamenti dell’IMU - inclusivi dei relativi interessi e sanzioni - sono eseguiti esclusivamente utilizzando il modello F24, con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e che i soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad effettuare i versamenti esclusivamente con modalità telematiche (ai sensi dell'articolo 37, comma 49, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248); ii) a decorrere dal 1° dicembre 2012, tramite apposito bollettino postale al quale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in quanto compatibili.

Quanto al versamento della TASI, il comma 688 della legge n.147/2013 dispone che il versamento della TASI sia effettuato: i) secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241(pertanto secondo il modello F24); ii) ovvero tramite apposito bollettino di conto corrente postale (al quale si applicano le disposizioni del citato articolo 17, in quanto compatibili).

 

Il comma 1, terzo periodo, dispone che per le entrate non tributarie, il versamento spontaneo debba essere effettuato esclusivamente sul conto corrente di tesoreria dell'ente impositore o attraverso gli strumenti di pagamento elettronici resi disponibili dagli enti impositori. Per tali tipologie di entrate non è dunque richiamata la possibilità di ricorrere al modello F24.

 


Articolo 3
(Potenziamento della riscossione)

 

 

L’articolo 3 consente all’Agenzia delle entrate di utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale. Si consente inoltre all’Agenzia di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego presenti nelle banche dati dell'Inps, per l’attivazione mirata delle norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità. Si consente poi al nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.

 

Più in dettaglio, il comma 1 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'Agenzia delle entrate può utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali è autorizzata ad accedere sulla base di specifiche disposizioni di legge, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale.

 

Il comma 2 interviene sull’articolo 72-ter del D.P.R. n. 602 del 1973, inserendo il nuovo comma 2-ter, al fine di consentire all'Agenzia delle entrate di acquisire le informazioni relative ai rapporti di lavoro o di impiego, accedendo direttamente, in via telematica, alle specifiche banche dati dell'Istituto nazionale della previdenza sociale. Tale accesso è autorizzato allo scopo di attivare puntualmente le norme relative al pignoramento di stipendi, salari o altre indennità.

 

Si ricorda al riguardo che l'art. 3, comma 5, lett. b), del decreto-legge n. 16 del 2012 ha introdotto l’articolo 72-ter al D.P.R. n. 602 del 1973 in materia di riscossione al fine di stabilire la pignorabilità, da parte dell’agente della riscossione, delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.500 euro; in misura pari ad un settimo per importi da 2.501 a 5.000 euro. Ove le suddette somme superino tale soglia, esse rimangono pignorabili secondo le norme generali, ovvero nella misura di un quinto. Non si procede al pignoramento dell’ultimo stipendio.

 

Il comma 3, infine, consente al nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione di accedere alle medesime informazioni per le attività di riscossione.


Articolo 4
(Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione)

 

 

L’articolo 4 stabilisce, a decorrere dal 1° gennaio 2017, per i soggetti passivi IVA l’abrogazione della comunicazione dell’elenco clienti e fornitori (spesometro) e l’introduzione di due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi:

§  la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute;

§  la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA.

Il mese successivo l’Agenzia delle entrate, mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati. In tal caso il contribuente può fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso.

A favore dei soggetti in attività nel 2017 con un volume d’affari non superiore a euro 50.000 è riconosciuto un credito d’imposta di 100 euro per l’adeguamento tecnologico finalizzato all’effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni IVA periodiche. Nel corso dell’esame parlamentare la possibilità di usufruire tale credito d'imposta è stata estesa anche a coloro che esercitano l'opzione per la fatturazione elettronica tra privati. A favore dei soggetti che esercitano l’attività di commercio al minuto (o attività simili) che optano entro il 2017 per la memorizzazione elettronica e per la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri il credito è incrementato di 50 euro per un solo anno (commi 1 e 2).

Sono previste specifiche sanzioni amministrative (ridotte nel corso dell’esame parlamentare) in caso di omessa, incompleta o infedele comunicazione delle fatture e dei dati delle liquidazioni (comma 3).

Dal 1° gennaio 2017 sono eliminati alcuni adempimenti:

§  lo spesometro;

§  la comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing;

§  la comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi c.d. black list.

 

Sono poi semplificati gli adempimenti connessi alla presentazione all’Agenzia delle dogane degli elenchi riepilogativi degli acquisti e delle prestazioni di servizi intracomunitari. La dichiarazione annuale IVA, a decorrere dall’anno d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, deve essere presentata nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 aprile (commi 4 e 5).

La memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, obbligatorie dal 1° gennaio 2017 per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici, sono rese obbligatorie anche per i soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi tramite distributori automatici. Inoltre è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2017, la disciplina relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, a favore delle imprese che abbiano esercitato l’opzione entro il 31 dicembre 2016 (comma 6).

Nel corso dell’esame parlamentare è stata modificata la modalità di calcolo dell'aggio a favore dei rivenditori di valori bollati, includendo nel calcolo, dal 1° gennaio 2017, anche i valori bollati riscossi con modalità telematiche (comma 6, lettera a-bis).

Inoltre i termini di decadenza per gli accertamenti in tema di imposta sui redditi e di IVA sono ridotti di due anni, in luogo di un anno, in caso di trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e dei corrispettivi. (comma 6, lettera a-ter).

Sono state ampliate le fattispecie di introduzione nel deposito IVA che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta; sono state modificate inoltre le modalità di assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione dei beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, compresi quelli di provenienza extracomunitaria. Tali modifiche decorrono a partire dal 1° aprile 2017.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato differenziato il regime dell'IVA dovuta nel caso di estrazione di beni da un deposito fiscale: ove il bene sia stato introdotto in deposito previa prestazione di garanzia, l'imposta è dovuta dal soggetto che procede all'estrazione, sempre dietro prestazione di garanzia. Sono state apportate le conseguenti modifiche alla disciplina delle comunicazioni al gestore del deposito IVA.

La violazione degli obblighi di legge sull'estrazione dei beni dal deposito è valutata ai fini della revoca dell'autorizzazione all'esercizio del deposito fiscale ovvero dell'abilitazione del gestore del deposito IVA (commi 7 e 8).

Infine è stato esteso agli anni 2018 e 2019 l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso (comma 8-bis).

 

Più in dettaglio, l’articolo 4, ai commi 1 e 2, stabilisce per i soggetti passivi IVA l’abrogazione della comunicazione dell’elenco clienti e fornitori (c.d. “spesometro”) e l’introduzione di due nuovi adempimenti da effettuare telematicamente ogni tre mesi:

§  la comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute (articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010);

§  la comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (nuovo articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010).

L’Agenzia delle entrate, dopo un mese, mette a disposizione dei contribuenti le informazioni relative ai dati comunicati, segnalando eventuali incoerenze anche con riferimento ai versamenti effettuati.

Tale nuova procedura consente di anticipare le tempistiche relative ai controlli automatizzati e l’incasso dei versamenti dovuti. Infatti, qualora dai controlli eseguiti dovesse emergere un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione del contribuente, quest’ultimo è informato dall'Agenzia delle entrate (c.d. alert): in tal caso il contribuente può fornire chiarimenti, segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi del ravvedimento operoso. La tempistica del recupero di tale somme è velocizzata in quanto l’Agenzia effettua tali controlli anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

 

Tale nuova disciplina sostituisce l’adempimento previsto dal previgente articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, il cd. “spesometro, inizialmente strutturato come obbligo di comunicare per via telematica all'Agenzia delle entrate tutte le operazioni rilevanti ai fini IVA svolte dagli operatori, purché aventi importo pari o superiore a 3.000 euro. L'eccessiva onerosità di tale adempimento ha poi indotto il legislatore a limitarne la portata (articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012): dal 1° gennaio 2012, con riguardo alle sole operazioni rilevanti a fini IVA soggette all'obbligo di fatturazione, è prevista la comunicazione telematica dell'importo complessivo delle operazioni attive e passive effettuate nei confronti di ciascun cliente o fornitore. Per le operazioni per cui non è previsto l'obbligo di emissione della fattura, la comunicazione deve essere effettuata solo per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, IVA inclusa.

Si evidenzia che sono esentati dalle norme sullo spesometro (art. 21 del D.L. n. 78 del 2010) i soggetti che optano per la trasmissione telematica delle fatture e dei corrispettivi (articolo 3 del D.Lgs. n. 127 del 2015). Con le modifiche in commento tale esenzione si tradurrà nell’esonero dal nuovo adempimento trimestrale.

 

Il nuovo articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che i soggetti passivi IVA trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate, ogni tre mesi (scadenze: 31 maggio, 16 settembre, 30 novembre e ultimo giorno di febbraio), i dati di tutte le fatture emesse e ricevute nel trimestre di riferimento, incluse le bollette doganali, nonché i dati delle relative variazioni.

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati esonerati dalla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute i produttori agricoli esentati dal versamento dell'IVA e dagli obblighi documentali connessi situati nelle zone montane. Si fa riferimento ai produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli e ittici soggetti ad aliquota ridotta (articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972). Per la definizione dei territori montani occorre far riferimento a quanto previsto dall’articolo 9 del D.P.R. n. 601 del 1973: terreni situati ad una altitudine non inferiore a 700 metri sul livello del mare; terreni compresi nell'elenco dei territori montani compilato dalla commissione censuaria centrale; terreni facenti parte di comprensori di bonifica montana.

Inoltre sono stati corretti i termini per la trasmissione delle comunicazioni dei dati delle fatture: quella relativa al secondo trimestre è effettuata entro il 16 settembre (in luogo del 31 agosto) e quella relativa all'ultimo trimestre entro il mese di febbraio (e non 28 febbraio). Per il primo anno di applicazione si prevede una comunicazione semestrale iniziale da effettuare entro il 25 luglio 2017 (comma 4).

La comunicazione, che deve essere effettuata in forma analitica secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, deve comprendere almeno i seguenti dati:

a)   i dati identificativi dei soggetti coinvolti nelle operazioni;

b)  la data ed il numero della fattura;

c)   la base imponibile;

d)  l’aliquota applicata (4, 5, 10, 22);

e)   l’imposta;

f)    la tipologia dell’operazione.

Per tali operazioni gli obblighi di conservazione (previsti dall’articolo 3 del D.M. del 17 giugno 2014) si intendono soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonché per tutti i documenti informatici trasmessi attraverso il sistema di interscambio e memorizzati dall'Agenzia delle entrate.

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate dovranno essere definiti i tempi e le modalità di applicative, anche in relazione agli obblighi di comunicazione e di esibizione delle scritture e dei documenti rilevanti ai fini tributari, stabiliti dall'articolo 5 del D.M. 17 giugno 2014.

Si ricorda che la legge finanziaria 2008 ha introdotto l'obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione con l'invio online delle fatture destinate alla PA mediante il cd. Sistema di interscambio (SdI): una piattaforma informatica che serve a trasmettere e a ricevere la fattura elettronica, gestendo i dati di fatturazione. Il Sistema di interscambio è gestito direttamente dall'Agenzia delle entrate che ha il compito di vigilare sul trattamento dei dati e delle informazioni e di gestire flussi informativi, monitorando così anche i conti della Pubblica Amministrazione. Il D.Lgs. n. 127 del 2015 ha previsto la possibilità di utilizzare il Sistema di interscambio anche per la trasmissione all’Agenzia delle entrate delle fatture emesse e ricevute nei confronti di privati (si veda il box più avanti).

Nell'ambito della nuova disciplina in tema di conservazione delle fatture, si demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di stabilire le modalità di conservazione degli scontrini delle giocate dei giochi pubblici autorizzati, secondo criteri di semplificazione e attenuazione degli oneri di gestione, anche con ricorso ad adeguati strumenti tecnologici (articolo 21, comma 3).

 

Il nuovo articolo 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010 stabilisce che, con gli stessi termini e le stesse modalità previste dall’articolo 21, i soggetti passivi IVA devono comunicare i dati delle liquidazioni periodiche IVA. Sono richiamate le norme che disciplinano le modalità per il calcolo e il versamento dell’imposta. Rimangono fermi i termini ordinari di versamento dell’IVA dovuta in base alle liquidazioni periodiche effettuate.

In particolare sono richiamate le norme che disciplinano le dichiarazioni IVA e i versamenti periodici, compresi quelli dei contribuenti minori (art. 1, commi 1 e 1-bis, del D.P.R. n. 100 del 1998), quelli relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili e all'esercizio di impianti di lampade votive (art. 73, comma 1, lett. e), del D.P.R. n. 633 del 1972) e quelli eseguiti dagli enti e dalle imprese che prestano servizi al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e diffusione tali da comportare l'addebito dei corrispettivi per periodi superiori al mese, nonché dagli esercenti impianti di distribuzione di carburante per uso di autotrazione e dagli autotrasportatori di cose per conto terzi (art. 74, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972).

Le modalità e le informazioni da trasmettere con la comunicazione in esame saranno definite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Tale comunicazione dovrà essere presentata anche nell’ipotesi di liquidazione con eccedenza a credito. Sono invece esonerati dall’adempimento i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, a meno che nel corso dell’anno le condizioni di esonero vengano meno (art. 21-bis, comma 3).

La relazione governativa afferma che, pertanto, sono esonerati dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni, ad es., i contribuenti forfetari e i produttori agricoli esentati dal versamento dell'IVA e dagli obblighi documentali connessi; ovvero i soggetti che nel periodo di riferimento non hanno effettuato alcuna operazione, né attiva né passiva, e che non hanno crediti d’imposta da riportare e i soggetti che hanno effettuato esclusivamente operazioni esenti e hanno optato per la dispensa dagli adempimenti ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

Ciascun soggetto passivo presenta un’unica comunicazione per periodo, anche in caso di determinazione separata dell’imposta in presenza di più attività.

L’Agenzia delle entrate deve mettere a disposizione del contribuente, ovvero del suo intermediario:

§  le risultanze dell’esame dei dati trasmessi relativi alle fatture (controllo incrociato con le corrispondenti fatture registrate dai rispettivi clienti e fornitori);

§  le valutazioni concernenti la coerenza tra i dati delle fatture e le corrispettive liquidazioni calcolate e comunicate;

§  la coerenza dei versamenti dell’imposta rispetto a quanto indicato nella comunicazione.

Le modalità con cui l’Agenzia mette a disposizione tali dati sono quelle disciplinate dai commi 634 e 635 della legge di stabilità 2015 i quali prevedono che l’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso, con possibilità del contribuente di segnalare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti. Sono messi a disposizione anche gli elementi e le informazioni utili per una valutazione in ordine ai ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, valore della produzione e stima dei medesimi. Le modalità di attuazione di tali norme sono state disciplinate da diversi provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate.

Quando dai controlli eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione, il contribuente è informato dell’esito con modalità previste con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. A questo punto il contribuente può:

§  fornire i chiarimenti necessari;

§  segnalare eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente;

§  versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, il quale consente la riduzione delle sanzioni.

Si prevede infine l’applicazione della norma che consente all’Agenzia delle entrate di verificare l’effettivo versamento dell’imposta anche prima della presentazione della dichiarazione annuale (articolo 54-bis, comma 2-bis, del D.P.R. n. 633 del 1972), indipendentemente dalla condizione ivi prevista (pericolo per la riscossione).

Al riguardo la relazione tecnica afferma che l’introduzione della comunicazione trimestrale dei dati delle liquidazioni periodiche IVA (art. 21-bis) comporterà, nel breve periodo, un incremento di gettito ascrivibile all’incremento delle somme riscosse tramite i controlli automatizzati, grazie all’anticipazione delle procedure.

Il Governo ritiene, inoltre, che l’introduzione della comunicazione dei dati e delle fatture (art. 21) indurrà i contribuenti ad una maggiore fedeltà fiscale, riducendo, anche grazie alla strategia consistente in una più efficiente e tempestiva trasmissione ai contribuenti delle informazioni relative alle operazioni effettuate, il fenomeno degli omessi versamenti, l’evasione senza consenso e le frodi. Complessivamente la RT stima che dalle norme sopra illustrate dovrebbe derivare un aumento del gettito di 2,1 miliardi nel 2017, 4,2 miliardi nel 2018 e 2,77 miliardi nel 2019.

Si ricorda che il Rapporto sui risultati della lotta all’evasione fiscale stima un tax gap dell'IVA di circa 40 miliardi con riferimento al 2014. Tale dato è maggiore rispetto a quello ipotizzato dalla Commissione europea nel rapporto 2016 sul tax gap dell'Iva nei Paesi dell'Unione europea nel quale è evidenziato che, con riferimento al 2014, il divario più alto in cifre assolute tra l'IVA dovuta e quella riscossa è stato registrato in Italia (36,9 miliardi di euro).

 

 

Fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati

Si ricorda che in attuazione della delega fiscale che ha previsto di incentivare l'utilizzo della fatturazione elettronica (legge n. 23 del 2014, articolo 9), è stato emanato il Decreto Legislativo n. 127 del 2015, in materia di fatturazione elettronica, trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici, il quale ha previsto disposizioni premiali a favore dell'uso della fattura elettronica.

In particolare, è stata introdotta la possibilità per i contribuenti di utilizzare gratuitamente il servizio per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione a decorrere dal 1° luglio 2016. A decorrere dal 1° gennaio 2017, i soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto possono optare per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di tutte le fatture, emesse e ricevute, e delle relative variazioni, effettuata anche mediante il Sistema di interscambio con regole procedurali di fatto identiche a quelle oggi attive per la veicolazione delle fatture elettroniche destinate alle Pubbliche amministrazioni; infatti il formato in uso è stato integrato per rappresentare anche le fatture destinate ai privati (articolo 1).

Dal 1° gennaio 2017 i soggetti che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi (imprese, artigiani e professionisti) hanno la facoltà di trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione. L'opzione ha effetto per cinque anni e si estende, ove non revocata, di quinquennio in quinquennio. In sostanza ciò consente il superamento dell’obbligo di emissione dello scontrino ai fini fiscali. Resta comunque fermo l'obbligo di emissione della fattura su richiesta del cliente, necessaria ad esempio per attivare una garanzia, o per dimostrare un avvenuto acquisto. A favore dei soggetti che effettuano l'opzione per la trasmissione telematica delle fatture e, sussistendone i presupposti, per coloro che effettuano sia la predetta opzione che quella relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, vengono meno determinati obblighi di comunicazione (spesometro, black list); i rimborsi IVA sono eseguiti in via prioritaria; i termini di accertamento in materia di IVA ed imposte dirette sono ridotti di un anno per quei contribuenti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati.

In attuazione del D.Lgs. n. 127 del 2015 il D.M. 4 agosto 2016 ha introdotto dal 1° gennaio 2017 nuove modalità di controlli a distanza della trasmissione telematica delle operazioni IVA da parte dell'Agenzia delle entrate al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili, disciplinando inoltre gli effetti premiali. L'Agenzia delle entrate, infatti, può effettuare controlli incrociati con i dati contenuti in altre banche dati conservate dalla stessa Agenzia o da altra Pa. In ogni caso tali nuovi poteri non fanno venir meno in capo agli organi dell'Amministrazione finanziaria i classici poteri di accesso, ispezione e verifica. Per usufruire delle agevolazioni concernenti la riduzione dei termini di decadenza per la notifica degli avvisi di accertamento, previste per chi trasmette telematicamente le operazioni IVA, occorre che i pagamenti siano effettuati mediante bonifico bancario o postale, carta di debito, carta di credito, o assegno bancario, circolare o postale recante la clausola di non trasferibilità. E' ammessa, tuttavia, la possibilità di effettuare e ricevere in contanti i pagamenti di ammontare non superiore a 30 euro. La riduzione dei termini di decadenza si applica soltanto in relazione ai redditi d'impresa o di lavoro autonomo dichiarati dai soggetti passivi. I contribuenti che intendono usufruire della misura premiale della riduzione dei termini di decadenza devono comunicare, con riguardo a ciascun periodo d'imposta, la sussistenza dei relativi presupposti.

 

Il nuovo articolo 21-ter del decreto-legge n. 78 del 2010 attribuisce a favore dei soggetti in attività nel 2017 un credito d’imposta per il sostenimento dei costi dovuti all’adeguamento tecnologico finalizzato all’effettuazione delle comunicazioni dei dati delle fatture e delle comunicazioni IVA periodiche, previste dagli articoli 21 e 21-bis. Il credito d’imposta, pari a 100 euro, è riconosciuto ai soggetti che nell’anno precedente a quello in cui il costo per l’adeguamento tecnologico è stato sostenuto, hanno realizzato un volume d’affari non superiore a euro 50.000.

Nel corso dell’esame parlamentare la possibilità di usufruire tale credito d'imposta è stata estesa anche a coloro che esercitano l'opzione per la fatturazione elettronica tra privati.

Ai soggetti che esercitano l’attività di commercio al minuto (o attività simili) che entro il 31 dicembre 2017 esercitano l’opzione per la memorizzazione elettronica e per la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri (articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 127 del 2015), oltre al predetto credito d’imposta, è attribuito un ulteriore credito d’imposta di 50 euro per un solo anno (art. 21-ter, comma 3).

I menzionati crediti d'imposta sono concessi nei limiti stabiliti dalla disciplina degli aiuti de minimis.

Si ricorda che, ai sensi del regolamento (UE) n. 1407/2013 l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’IRAP, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2018 (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui è stato sostenuto il costo per l’adeguamento tecnologico e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.

 

Il comma 3 dell’articolo 4 contiene la disciplina sanzionatoria applicabile in caso di violazione di quanto stabilito nei sopra descritti articoli 21 e 21-bis del decreto-legge n. 78 del 2010. Tali sanzioni sono previste con l’aggiunta di due commi all’articolo 11 del D.Lgs. n. 471 del 1997, il quale contiene la disciplina delle sanzioni tributarie non penali.

Per l’omissione o per l’errata trasmissione dei dati delle fatture emesse e ricevute si applica la sanzione amministrativa di 2 euro, con un massimo di 1.000 euro per ciascun trimestre. Tali importi sono stati ridotti nel corso dell’esame parlamentare (gli importi originari erano di 25 euro per ogni fattura omessa o errata, con un massimo di 25.000 euro). Inoltre è stato previsto che la sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di euro 500, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Rimane fermo che non si applica la disciplina prevista dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 472 del 1997, n. 472 (c.d. cumulo giuridico), in caso di concorso e continuazione della violazione di norme tributarie: pertanto le sanzioni per le singole fatture omesse o errate si devono sommare singolarmente (nuovo comma 2-bis dell’articolo 11, del D.Lgs. n. 471 del 1997).

Per l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche, prevista dall’articolo 21-bis, si applica una sanzione amministrativa da 500 a 2.000 euro. Anche tali importi sono stati ridotti nel corso dell’esame parlamentare (la sanzione originaria era da 5.000 a 50.000 euro). Inoltre è stato previsto che la sanzione è ridotta alla metà, se la trasmissione è effettuata entro i quindici giorni successivi alla scadenza, ovvero se, nel medesimo termine, è effettuata la trasmissione corretta dei dati (nuovo comma 2-ter dell’articolo 11, del D.Lgs. n. 471 del 1997).

 

Il comma 4, oltre a prevedere, come anticipato, che per il primo anno di applicazione la comunicazione dei dati delle fatture relativa al primo semestre deve essere effettuata entro il 25 luglio 2017, stabilisce la decorrenza dal 1° gennaio 2017 della disciplina sopra descritta. Dalla medesima data sono eliminati i seguenti adempimenti:

§  comunicazione all’Anagrafe tributaria dei dati relativi ai contratti stipulati dalle società di leasing (art. 7, comma 12, del D.P.R. n. 605 del 1973);

§  presentazione all’Agenzia delle dogane e dei monopoli degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari rese nei confronti di soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro e quelle da questi ultimi ricevute (art. 50, comma 6, del decreto-legge n. 331 del 1993.

§  comunicazione delle operazioni intercorse con operatori economici situati in Paesi c.d. black list (art. 1, commi da 1 a 3, del decreto-legge n. 40 del 2010). Tale adempimento è soppresso a decorrere dalle comunicazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 (comma 5, termine anticipato di un anno nel corso dell’esame parlamentare).

La dichiarazione annuale IVA, a decorrere dal 2017, deve essere presentata nel periodo tra il 1° febbraio e il 30 aprile, e non più entro il mese di febbraio; tale termine continua ad applicarsi solo per l’IVA dovuta per il 2016 (modifica all’articolo 8, comma 1, del D.P.R. n. 322 del 1998).

 

Il comma 6 contiene alcune modifiche al citato D.Lgs. n. 127 del 2015.

In primo luogo (lett. a)) la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, obbligatorie a decorrere dal 1° gennaio 2017 per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici, sono rese obbligatorie anche per i soggetti passivi che effettuano prestazioni di servizi tramite distributori automatici.

Si prevede, inoltre, che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere stabiliti termini differiti, rispetto al 1° aprile 2017, di entrata in vigore dell’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in relazione alle specifiche variabili tecniche di peculiari distributori automatici (art. 2, comma 2, del D.Lgs. n. 127 del 2015).

Nel corso dell’esame in sede parlamentare è stata modificata la modalità di calcolo dell’aggio a favore dei rivenditori di valori bollati, includendo nel calcolo, dal 1° gennaio 2017, anche i valori bollati riscossi con modalità telematiche da parte degli intermediari convenzionati con l’Agenzia delle entrate (lett. a-bis).

Sempre nel corso dell’esame parlamentare i termini di decadenza per gli accertamenti in tema di imposta sui redditi e di IVA sono stati ridotti di due anni, in luogo di un anno, in caso di esercizio dell’opzione per la trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e dei corrispettivi (lett. a-ter: modifica all’articolo 3, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 127 del 2015). Si ricorda, al riguardo, che la norma citata stabilisce che la riduzione dei termini per gli accertamenti si applica solo per i soggetti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti dagli stessi ricevuti ed effettuati nei modi stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Il D.M. 4 agosto 2016 ha stabilito che per fruire della riduzione dei termini di decadenza i soggetti passivi effettuano e ricevono tutti i loro pagamenti mediante bonifico bancario o postale, carta di debito o carta di credito, ovvero assegno bancario, circolare o postale recante la clausola di non trasferibilità. È prevista una deroga per i pagamenti in contanti di ammontare non superiore a 30 euro.

Infine (lett. b)) è prorogata di un anno, fino al 31 dicembre 2017, la disciplina relativa alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri per le imprese che operano nel settore della grande distribuzione, a favore delle imprese che abbiano esercitato l’opzione entro il 31 dicembre 2016.

Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 429 a 432, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 regolano la possibilità, per le aziende della grande distribuzione commerciale, di trasmettere giornalmente all’Agenzia delle entrate i corrispettivi in via telematica, sostituendo in tal modo gli obblighi di certificazione fiscale dei corrispettivi stessi. In base al comma 430, si tratta sia delle imprese che operano con esercizi commerciali con superficie superiore a 150 metri quadri nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, o superficie superiore a 250 metri quadri nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000, sia di quelle facenti parte di un gruppo che sia definibile societario ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, che operi con più punti di vendita sul territorio nazionale e che realizzi un volume d'affari annuo aggregato superiore a 10 milioni di euro.

L’articolo 7 del D.Lgs. n. 127 del 2015 aveva abrogato tale regime a decorrere dal 1° gennaio 2017.

 

Si evidenzia che la disciplina introdotta dai commi 1 a 6 in commento attua in buona parte quanto richiesto dalla Risoluzione n. 8/00205 approvata dalla Commissione Finanze della Camera il 12 ottobre 2016, in tema di introduzione dell'obbligo di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate delle operazioni IVA.

In particolare appaiono recepiti i seguenti impegni contenuti nella risoluzione:

a) introdurre l'obbligo della trasmissione in forma telematica all'Agenzia delle entrate dei dati di fatturazione, in coincidenza con i termini della liquidazione periodica IVA, in luogo degli attuali adempimenti, in quanto tale misura potrebbe soddisfare sia l'esigenza di contrastare l'evasione di tale tributo, sia le esigenze di semplificazione contabile e di riduzione dei costi di gestione degli adempimenti IVA attraverso l'eliminazione di una serie molto ampia di adempimenti gravosi per i contribuenti;

b) prevedere nuove modalità semplificate di controlli a distanza degli elementi acquisiti dall'Agenzia delle entrate, basate sul riscontro tra i dati comunicati dai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto e le transazioni effettuate, tali da ridurre gli adempimenti di tali soggetti, non ostacolare il normale svolgimento dell'attività economica degli stessi ed escludere la duplicazione di attività conoscitiva;

c) introdurre detrazioni fiscali, anche sotto la forma di credito d'imposta, per le spese sostenute dai contribuenti in relazione alla memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, al fine di incentivare maggiormente i contribuenti ad optare per tale strumento, che avrà ricadute positive sia sotto il profilo della semplificazione degli adempimenti sia sotto il profilo del rafforzamento del contrasto all'evasione, evitando il disorientamento per i contribuenti che provocherebbe un'adesione non generalizzata ai nuovi meccanismi di trasmissione;

i) stabilire l'applicabilità dell'istituto del ravvedimento operoso nei casi di omessa, tardiva o incompleta trasmissione dei dati, onde consentire al contribuente di correggere gli errori commessi in buona fede e sanare eventuali ritardi.

 

Il comma 7 amplia le fattispecie di introduzione nel deposito IVA che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta; inoltre interviene sulle modalità di assolvimento dell’IVA all’atto dell’estrazione dei beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, compresi quelli di provenienza extracomunitaria. Tali modifiche decorrono a partire dal 1° aprile 2017.

In particolare sono eliminate (comma 7, lettera a)) le distinzioni attualmente previste in relazione alle operazioni che possono essere effettuate senza il pagamento dell’imposta e ai soggetti che possono effettuare tali operazioni. In tal modo si realizza la detassazione di tutte le operazioni di introduzione dei beni nei depositi IVA, incluse quelle realizzate da cedenti nazionali, rafforzando la finalità propria del deposito di differire il presupposto impositivo (modifiche al comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993).

Con riferimento ai beni diversi da quelli introdotti in forza di un acquisto intracomunitario, la nuova formulazione del comma 6 dell’articolo 50-bis, che riguarda anche i beni introdotti in virtù di una cessione realizzata da cedenti nazionali, dispone che l’imposta dovuta all’atto dell’estrazione dal deposito IVA, ai fini della loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione nello Stato, sia assolta mediante versamento diretto, senza possibilità di compensazione.

La relazione governativa afferma che in tal modo il passaggio di un deposito IVA di beni di provenienza comunitaria non comporta più una modalità di assolvimento dell’imposta sostanzialmente differente rispetto a quella prevista per i beni oggetto di importazione senza l’introduzione di un deposito IVA, nel rispetto della reale finalità del regime sospensivo accordato a tale istituto.

Il soggetto responsabile dell’imposta dovuta all’atto dell’estrazione del deposito IVA di un bene di provenienza extracomunitaria è individuato nel gestore del deposito – un soggetto che in virtù delle procedure autorizzatorie attualmente previste presenta caratteri di affidabilità – il quale dovrà effettuare il relativo versamento in nome e per conto del soggetto estrattore. Quest’ultimo recupera l’imposta con le ordinarie modalità legate all’esercizio del diritto alla detrazione. Per effetto di tali modifiche si punta a contrastare più efficacemente i fenomeni di frode legati ad un utilizzo indebito dei depositi IVA.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato differenziato il regime dell'IVA dovuta nel caso di estrazione di beni da un deposito fiscale: ove il bene sia stato introdotto in deposito previa prestazione di garanzia, l'imposta è dovuta dal soggetto che procede all'estrazione, sempre dietro prestazione di garanzia. Sono state apportate le conseguenti modifiche alla disciplina delle comunicazioni al gestore del deposito IVA (nuovo comma 6 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993, modificato dal comma 7, lettera b)).

Sono previsti obblighi di comunicazione da parte del gestore del deposito al momento dell’estrazione.

Viene previsto, infine, che la violazione da parte del gestore del deposito IVA degli obblighi di versamento e comunicazione sia valutata ai fini della revoca dell’autorizzazione ovvero dell'abilitazione del gestore del deposito IVA (modifica al comma 8 dell’articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993; comma 7, lettera c)).

 

Infine il comma 8-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, estende agli anni 2018 e 2019 l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso.

Si ricorda che, in applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all’evasione fiscale, il legislatore ha complessivamente previsto un maggior coinvolgimento degli Enti territoriali nell’attività di accertamento e riscossione.

Per quanto concerne i comuni, l’articolo 1, comma 1 del D.L. n. 203/2005 disponeva in origine l’attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi.

Tale ammontare è stato poi elevato al 50 per cento dall'articolo 2, comma 10, lettera b), del D.Lgs. n. 23 del 2011 e, successivamente, dall’articolo 1, comma 12-bis, del D.L. 138 del 2011 che ha assegnato ai comuni, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

Con la legge di stabilità 2015 (comma 702 della legge n. 190 del 2014) per il triennio 2015-2017 la predetta quota era stata fissata nella misura del 55 per cento; secondo tale assetto normativo, ai Comini sarebbe spettato un ammontare inferiore a quello temporaneamente attribuito nel triennio precedente (2012-2014), ancorché in misura più elevata (55 per cento anziché 50 per cento) di quanto stabilito, in via ordinaria, dalla legge (D.Lgs. n. 23 del 2011).

L’articolo 10, comma 12-duodecies, del decreto-legge n. 192 del 2014, modificando il D.L. n. 138 del 2011 ha disposto che fino al 2017 venga riconosciuto ai comuni il 100 per cento delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione dei comuni stessi all'azione di contrasto all'evasione.

La norma in esame, intervenendo sempre sul D.L. N. 138 del 2011 (art. 1 comma 12- bis) ha esteso tale periodo agli anni 2018 e 2019.


Articolo 4-bis
(
Emissione elettronica delle fatture per il tax free shopping)

 

L'articolo 4-bis disciplina l'emissione elettronica delle fatture per il tax free shopping. A partire dal 1° gennaio 2018, per gli acquisti di beni del valore complessivo, al lordo dell'IVA, superiore a 155 euro destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale dell'Unione europea (in sgravio IVA), l'emissione delle relative fatture deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica.

 

Il comma 1 prevede che, a partire dal 1o gennaio 2018, con riferimento alle cessioni di beni del valore complessivo, al lordo dell'IVA, superiore a 155 euro destinati all'uso personale o familiare, da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio doganale dell'Unione europea (ex art. 38-quater del dPR n. 633 del 1972[2]), l'emissione delle relative fatture deve essere effettuata dal cedente in modalità elettronica.

 

Il sistema tax free permette, agli acquirenti domiciliati e residenti fuori dall'Unione europea, di ottenere lo sgravio dell’Iva pagata sui beni acquistati dal venditore italiano o il rimborso successivo dell’Iva stessa, laddove si realizzino i presupposti previsti dal citato art. 38-quater. Il beneficio può essere riconosciuto se si tratta di prodotti ceduti da commercianti al dettaglio, acquistati per uso personale o familiare e non destinati alla successiva commercializzazione. Il valore complessivo dei beni ceduti deve essere superiore a 154,94 euro (Iva inclusa).

 

A riguardo si segnala che la soglia indicata nell'art. 38-quater è pari a 300.000 lire che, in considerazione del cambio lira-euro, corrispondono a 154,94 euro.

 

Il comma 2 stabilisce che, per assicurare l'interoperabilità tra il sistema di fatturazione elettronica e il sistema OTELLO e per permettere la piena operatività di tale sistema in tutto il territorio nazionale, le modalità e i contenuti semplificati della fatturazione di cui al comma precedente sono stabiliti con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate, in deroga a quanto previsto dall'art. 21, c. 2, del dPR IVA.  Tale comma reca gli elementi essenziali che devono essere indicati in fattura (art. 21 in materia di Fatturazione delle operazioni").

 

A riguardo si osserva che tale formulazione opera una delegificazione dei contenuti essenziali da indicare in fattura.

Si suggerisce di valutare la possibilità di prevedere, anziché una deroga all'art. 21, c. 2, un richiamo esplicito agli elementi essenziali contenuti in quest'ultimo comma, prevedendo, nel caso in cui questi non siano sufficienti, l'indicazione per norma dei contenuti necessari per la definizione della fattura in formato elettronico. Alle determinazioni delle Agenzie potrebbero essere quindi lasciati le specifiche tecniche e gli aspetti amministrativi.

 

O.T.E.L.L.O., acronimo di Online Tax Refund at Exit: Light Lane Optimization, è un progetto finalizzato alla digitalizzazione del processo per ottenere il “visto doganale” da apporre sulla fattura per avere diritto allo sgravio diretto o al rimborso successivo dell’IVA gravante sui beni acquistati sul territorio nazionale da soggetti domiciliati o residenti fuori dall’UE.

O.T.E.L.L.O. colloquiando attraverso messaggi XML scambiati via Web Service in tempo reale con gli attori del processo favorisce, oltre alla riduzione delle code per ottenere il visto doganale, l’efficacia e l’efficienza dei controlli basandoli sull’analisi del rischio che tiene conto delle caratteristiche oggettive e soggettive delle richieste di rimborso/sgravio[3].

 

Il comma 3 sopprime, al comma 1 dell'articolo 38-quater sopra citato, le parole: «a norma dell'articolo 21».

Tale modifica è diretta conseguenza della deroga (art. 21, c. 2) di cui al comma precedente, in pratica la fattura elettronica potrà essere emessa, non già per legge "a norma dell'articolo 21 del dPR IVA", ma secondo le modalità e i contenuti stabiliti con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

A riguardo valgono le considerazioni di cui al comma precedente.

 

Il comma 4 sopprime il secondo periodo del comma 368, articolo 1, legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Il citato comma 368 prevede che i rimborsi Iva a cittadini extra Ue (cd. Tax free shopping) di cui all’art. 38-quater del DPR n. 633/72 possono essere effettuati dagli intermediari iscritti all’Albo degli istituti di pagamento.

 

In tal modo viene a cadere la previsione che stabilisce che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da emanare entro 180 giorni dal 1° gennaio 2016, sono determinate in forma tabellare le percentuali minime di rimborso, suddivise per scaglioni con valori percentuali incrementali rispetto all'aumento dell'importo delle cessioni (cfr. limite di cui all'art. 38-quater, c. 1), che gli intermediari del servizio devono applicare.

 

Il comma 5 stabilisce che le maggiori risorse finanziarie derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo in esame sono destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato istituito presso il MEF per la riduzione del debito pubblico.

 

In termini di drafting legislativo, si suggerisce di richiamare il Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato facendo riferimento anche all'articolo 44 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, e successive modificazioni.

 


Articolo 4-ter
(Modifiche al Testo Unico Accise)

 

 

L'articolo 4-ter, unico comma, introduce numerose novità in tema di accise, tra le quali:

§  la possibilità di rateizzare l'accisa dovuta dal gestore del deposito fiscale, ove questi si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica (modifiche all'articolo 3 TUA) (lettera a));

§  l’estensione dei rimborsi d'accisa (articolo 14 TUA) anche alle richieste concernenti le agevolazioni accordate sotto forma di restituzione di quanto versato, ovvero con altra modalità;

§   l’aumento da 10,32 a 30 euro dell'importo al di sotto del quale non si procede a rimborso (lettera b));

§  l’istituzione di forme di contraddittorio con il contribuente (lettera d));

§  l’introduzione di una specifica misura di accisa per il gasolio commerciale usato come carburante, assoggettato a imposta con aliquota paria a 403,22 euro per mille litri (lettera o));

§  la modifica al regime di deposito e sulla circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa (lettera g));

§  l’esenzione dall’accisa di alcol e sostanze alcoliche utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante lettera h).

Viene sostanzialmente innovato il regime di deposito fiscale di alcol e di bevande alcoliche (articolo 28 TUA), chiarendo che la produzione e la fabbricazione degli alcolici sono effettuate in regime di deposito fiscale.

Sono modificate le disposizioni in tema di accertamento dell'accisa sulla birra (articolo 35 TUA). Viene ampliato il novero dei piccoli birrifici che possono stipulare convenzioni di abbonamento con l'Amministrazione finanziaria, valevoli per un anno, con corresponsione dell'accisa convenuta in due rate semestrali anticipate (lettera l)).

Per quanto riguarda invece il vino (che, si ricorda, in Italia si produce ad accisa zero), sono chiariti gli obblighi documentali, di tracciamento e di contabilità che si applicano (articolo 37 TUA) in vigenza di aliquota zero (lettere m) e n)).

 

Più in dettaglio, il comma 1, lettera a) modifica l’articolo 3 del TUA, al fine di consentire la rateizzazione dell'accisa dovuta dal gestore del deposito fiscale, ove questi si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica.

Viene inserito all’articolo 3 TUA un comma 4-bis, ai sensi del quale il titolare di deposito fiscale, se si trova in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica, può presentare all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, entro la scadenza fissata per il pagamento delle accise, una istanza di rateizzazione del debito d'imposta relativo alle immissioni in consumo effettuate nel mese precedente alla predetta scadenza.

Inoltre, alle medesime condizioni, possono essere presentate istanze di rateizzazione relative ad un massimo di altre due scadenze di pagamento successive a quella per cui si è chiesta la rateizzazione in prima istanza; tuttavia non sono ammesse ulteriori istanze prima dell'avvenuto integrale pagamento dell'importo già sottoposto a rateizzazione.

L'Agenzia adotta il provvedimento di accoglimento o di diniego entro quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza di rateizzazione e, in caso di accoglimento, autorizza il pagamento dell'accisa dovuta mediante versamento in un minimo di 6 e un massimo di 24 rate mensili. Sulle somme rateizzate sono dovuti gli interessi nella misura del 2,2 per cento (interessi legali ai sensi dell'articolo 1284 del codice civile e del D.M. 11 dicembre 2015, ossia 0,2 per cento; più 2 punti come prescrive l’introdotta norma).

Il mancato versamento, anche di una sola rata, entro la scadenza fissata comporta la decadenza dalla rateizzazione e il conseguente obbligo dell'integrale pagamento degli importi residui, oltre agli interessi e all'indennità di mora, nonché della sanzione prevista per il ritardato pagamento delle accise. La predetta decadenza non trova applicazione nel caso in cui si verifichino errori di limitata entità nel versamento delle rate. Si demanda a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze l’individuazione delle condizioni e delle modalità di applicazione del comma in esame.

 

Con la lettera b) del comma 1 la disciplina dei rimborsi d'accisa (di cui all’articolo 14 TUA, che viene del tutto sostituito) è estesa anche alle richieste concernenti le agevolazioni accordate sotto forma di restituzione totale o parziale, dell'accisa versata, ovvero mediante altra modalità prevista dalla disciplina relativa alla singola agevolazione.

Con le modifiche introdotte, si chiariscono i termini di rimborso per i prodotti per cui è prevista una dichiarazione da parte del soggetto obbligato al pagamento delle accise: in tal caso il rimborso è richiesto dal predetto soggetto obbligato, a pena di decadenza, entro due anni dalla data di presentazione della dichiarazione ovvero, ove previsto dalla specifica disciplina di settore, all'atto della dichiarazione che contiene gli elementi per la determinazione del debito o del credito d'imposta.

Viene innalzato da 10,32 a 30 euro l'importo al di sotto del quale non si procede a rimborso.

 

Per quanto concerne il recupero dell'accisa e la prescrizione del diritto all'imposta (modifiche all’articolo 15 TUA; comma 1, lettera c)), si chiarisce che le somme dovute a titolo di imposta o indebitamente abbuonate o restituite si esigono con la procedura di riscossione coattiva, previa notifica di un avviso di pagamento.

Il termine per la notifica dell'avviso di pagamento è di cinque anni, aumentato a dieci nei casi di violazioni per cui vi è obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria.

Si dispone la conservazione dei documenti prescritti dalla legge per i cinque anni successivi a quello di imposta ovvero, per i tabacchi lavorati, per dieci anni, purché non siano iniziate attività amministrative di accertamento delle quali i soggetti alle stesse sottoposti abbiano avuto formale conoscenza.

Viene chiarito che non si provvede alla riscossione di somme inferiori o pari a 30 euro.

 

Le norme in esame (comma 1, lettera d)) modificano inoltre le disposizioni sull'accertamento delle violazioni in materia di accisa (articolo 19 del TUA).

Oltre ad aggiornare i riferimenti normativi alle attuali articolazioni dell'Amministrazione finanziaria, viene maggiormente dettagliata la disciplina della constatazione di violazioni per cui sussiste obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria, differenziandola da quella prevista per le altre violazioni.

In particolare, nella prima ipotesi i verbali di constatazione sono trasmessi sia alla competente autorità giudiziaria, sia all'ufficio dell'Agenzia competente all'accertamento dell'imposta e alla sua liquidazione. Quest'ultimo provvede alla tempestiva trasmissione degli atti emessi alla predetta autorità giudiziaria e alla comunicazione a quest'ultima, anche successivamente, di ulteriori elementi e valutazioni utili.  Per le altre violazioni, i verbali di constatazione sono trasmessi dagli agenti verbalizzanti all'ufficio dell'Agenzia competente.

Sono infine istituite forme di contraddittorio con il contribuente: nel rispetto del principio di cooperazione, anche per le ipotesi in cui sono esaminati in ufficio atti e dichiarazioni, entro sessanta giorni dalla notifica del verbale di constatazione al destinatario, questi può comunicare all'ufficio dell'Agenzia procedente osservazioni e richieste che, salvi i casi di particolare e motivata urgenza, sono valutate dallo stesso ufficio prima della notificazione dell'avviso di pagamento o dell'atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni.

 

Viene regolato l'uso della posta elettronica certificata per l'invio di tutti gli atti e le comunicazioni previsti dalle norme in tema di accisa (introdotto articolo 19-bis TUA: comma 1, lettera e) dell’articolo in esame).

 

Le norme in commento (comma 1, lettera f) e o)) introducono una specifica misura di accisa per il gasolio commerciale usato come carburante (mediante l’introduzione di un articolo 24-ter TUA), che viene assoggettato a imposta con aliquota pari a 403,22 euro per mille litri (introdotto numero 4-bis, tabella A allegata al Testo Unico Accise).

Si chiarisce che per "gasolio commerciale usato come carburante" si intende il gasolio impiegato da veicoli, ad eccezione di quelli di categoria euro 2 o inferiore, utilizzati dal proprietario o in virtù di altro titolo che ne garantisca l'esclusiva disponibilità, per i seguenti scopi:

§  trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate, esercitato da persone fisiche o giuridiche qualificate come autotrasportatori (iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi; munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e iscritte nell'elenco appositamente istituito; imprese stabilite in altri Stati membri UE, in possesso dei requisiti stabiliti dalla disciplina UE per l'esercizio della professione di trasportatore di merci su strada);

§  trasporto di persone svolto da enti pubblici, imprese pubbliche locali; trasporto svolto da imprese esercenti autoservizi interregionali di competenza statale, autoservizi di competenza regionale e locale, autoservizi in ambito comunitario.

È considerato altresì gasolio commerciale il gasolio impiegato per attività di trasporto di persone svolta da enti pubblici o imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico.

Viene dunque introdotta nel Testo Unico Accise la disciplina del rimborso dell'onere conseguente alla maggiore accisa applicata al gasolio commerciale, determinato in misura pari alla differenza tra l'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante e l'aliquota di 403, 22 euro per mille litri.

Il credito è riconosciuto mediante compensazione entro il 31 dicembre dell'anno solare successivo a quello in cui il medesimo credito è sorto. In alternativa, detto credito può essere riconosciuto in denaro.

 

 

La disciplina delle accise sul gasolio per autotrasporto

 

Nel corso del tempo numerose disposizioni di legge hanno previsto il rimborso, ai soggetti esercenti attività di autotrasporto, del maggior onere derivante da specifici incrementi di accise sul gasolio.

L’articolo 61, comma 4 del D.L. n. 1 del 2012 prevede che, in tutti i casi in cui disposizioni di legge determinano aumenti dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante, il maggior onere conseguente all'aumento dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante deve essere sempre rimborsato nei confronti di alcuni soggetti che esercitano le attività di trasporto, più precisamente quelle indicate all'articolo 5, comma 1 (limitatamente agli esercenti le attività di trasporto merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate), e comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452.

I soggetti di cui all'articolo 5, comma 1 e comma 2, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452 sono:

-       gli esercenti le attività di trasporto merci (l’agevolazione si applica, in tal caso, ai veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate ai sensi del combinato disposto con il richiamato articolo 61);

-       gli enti pubblici e le imprese pubbliche locali esercenti l'attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, le imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale e gli enti pubblici e le imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

La platea dei destinatari dell’agevolazione è stata progressivamente ridotta nel corso degli anni. Fino al 31 dicembre 2014 essa è stata applicata a tutti gli esercenti le attività individuate dalle norme di legge, indipendentemente dalla categoria di emissioni prodotte dai relativi veicoli.

 La legge di stabilità 2015 (articolo 1,  comma 233 della legge n. 190 del 2014) ha disposto che dal 1° gennaio 2015 il credito di imposta relativo alle accise sul gasolio per autotrazione non si applichi ai veicoli di categoria euro 0 o inferiore. Successivamente, la legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 645 della legge n. 208 del 2015) ha escluso dall’agevolazione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i veicoli di categoria euro 2 o inferiore.

 

Si osserva che sembrerebbe opportuno, alla luce delle introdotte norme dell’articolo 24-ter TUA e delle specifiche misure di accisa per il gasolio per autotrazione a scopi commerciali, introdurre disposizioni di raccordo tra la nuova disciplina e la suesposta normativa sui rimborsi.

 

La lettera g) del comma 1 modifica le norme sul deposito e sulla circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa (innovando l’articolo 25 del TUA).

Si chiarisce anzitutto che sono muniti di licenza fiscale, valida fino a revoca, e sono obbligati a contabilizzare i prodotti in apposito registro di carico e scarico, gli esercenti impianti e depositi soggetti all'obbligo della denuncia in possesso di apposita autorizzazione, rilasciata ai sensi delle disposizioni in materia di installazione ed esercizio di impianti di stoccaggio e di distribuzione di oli minerali.

Inoltre, per gli impianti di distribuzione stradale di gas naturale impiegato come carburante, non vigono gli obblighi di contabilizzazione intestati agli esercenti impianti e depositi soggetti all'obbligo della denuncia.

Salvo quanto previsto per il gas naturale, sono posti specifici obblighi di contabilizzazione, tracciamento dei prodotti e comunicazione all'Amministrazione fiscale a carico degli altri soggetti esercenti impianti di distribuzione stradale di carburanti.

Essi annotano nel registro di carico e scarico rispettivamente i quantitativi di prodotti ricevuti, distintamente per qualità, e il numero risultante dalla lettura del contatore totalizzatore delle singole colonnine di distribuzione installate, effettuata alla fine di ogni giornata, per ciascun tipo di carburante erogato. Alla chiusura annuale, entro trenta giorni dalla data dell'ultima registrazione, i medesimi esercenti trasmettono all'ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli un prospetto riepilogativo dei dati relativi alla movimentazione di ogni prodotto nell'intero anno, con evidenziazione delle rimanenze contabili ed effettive e delle loro differenze. Si affida a una determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli l’individuazione dei tempi e delle modalità per la presentazione dei predetti dati, nonché dei dati relativi ai livelli e alle temperature dei serbatoi installati, esclusivamente in forma telematica, in sostituzione del registro di carico e scarico, funzionanti in modalità di self-service.

I medesimi esercenti garantiscono, anche tramite soggetti appositamente delegati, l'accesso presso l'impianto per l'esercizio dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, entro ventiquattro ore dalla relativa comunicazione. In fase di accesso, presso l'impianto sottoposto a verifica è resa disponibile la relativa documentazione contabile.

 

Viene chiarito poi (comma 1, lettera h)) che alcol e bevande alcoliche sono esenti dall'accisa - una volta denaturati con prodotti approvati dall'amministrazione finanziaria - non solo quando sono impiegati nella fabbricazione di prodotti non destinati al consumo umano alimentare, ma anche se sono utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante (modifiche all’articolo 27 TUA).

 

Si prevedono poi (comma 1, lettera i)) sostanziali innovazioni al regime di deposito fiscale di alcol e di bevande alcoliche (articolo 28 TUA).

In primo luogo, si chiarisce che la produzione e la fabbricazione degli alcolici (alcol etilico, prodotti alcolici intermedi, vino, birra e bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra) sono effettuate in regime di deposito fiscale.

Si chiarisce quali sono gli impianti in cui è consentita la fabbricazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, subordinatamente al rilascio della licenza di esercizio.

Si tratta dei seguenti impianti:

a) nel settore dell'alcole etilico:

1) le distillerie;

2) gli opifici di rettificazione;

b) nel settore dei prodotti alcolici intermedi: gli stabilimenti di produzione;

c) nel settore della birra: le fabbriche e gli annessi opifici di condizionamento;

d) nel settore del vino e nel settore delle bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra, salve le prescrizioni specifiche sul vino: le cantine e gli stabilimenti di produzione.

 

Sono poi indicati i casi in cui il deposito fiscale può essere autorizzato in quanto funzionale a soddisfare oggettive condizioni di operatività dell'impianto.

Si tratta delle seguenti ipotesi:

a) opifici promiscui di trasformazione e di condizionamento nel settore dell'alcole etilico;

b) impianti e opifici di solo condizionamento dei prodotti soggetti ad accisa;

c) magazzini di invecchiamento degli spiriti;

d) magazzini delle distillerie e degli opifici di rettificazione ubicati fuori dei predetti impianti;

e) magazzini delle fabbriche e degli opifici di condizionamento di birra ubicati fuori dei predetti impianti;

f) impianti di condizionamento e depositi di vino e di bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra che effettuano movimentazioni intracomunitarie;

g) fabbriche di birra con produzione annua non superiore a 10.000 ettolitri;

h) depositi doganali autorizzati a custodire prodotti sottoposti ad accisa.

 

Inoltre, si chiarisce che il deposito fiscale può essere autorizzato anche per i magazzini di commercianti all'ingrosso di prodotti soggetti ad accisa, ove - oltre al requisito della funzionalità agli impianti - la detenzione di prodotti in regime sospensivo risponde ad adeguate esigenze economiche.

In tali ultime due ipotesi viene previsto il rilascio di apposita licenza.

 

È rimodulata la misura della cauzione dovuta in relazione alla gestione della merce in deposito fiscale.

 

Con riferimento alle accise sulla birra, sono modificate le disposizioni in tema di accertamento dell’imposta (comma 1, lettera l), che modifica l’articolo 35 TUA) al fine, tra l'altro, di affidare la determinazione dei metodi di rilevazione del grado Plato (misura cui è commisurata l'accisa) ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, nonché di modificare la disciplina relativa all'installazione di misuratori fiscali negli stabilimenti di produzione.

Si precisa che il condizionamento della birra può essere effettuato anche in appositi opifici di imbottigliamento, gestiti in regime di deposito fiscale, presso cui sono installati i contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni.

Viene ampliato il novero dei piccoli birrifici che possono stipulare convenzioni di abbonamento con l'Amministrazione finanziaria, valevoli per un anno, con corresponsione dell'accisa convenuta in due rate semestrali anticipate. Tale possibilità viene consentita alle fabbriche che hanno una potenzialità di produzione mensile non superiore a venti ettolitri (in luogo degli attuali due). Sono inoltre elevate le soglie di tolleranza per la gradazione saccarometrica media effettiva del prodotto finito).

 

La lettera m) e la lettera n) del comma 1 recano disposizioni in materia di vino (che, si ricorda, in Italia si produce ad accisa zero): in particolare sono chiariti gli obblighi documentali, di tracciamento e di contabilità che si applicano (articolo 37 TUA) in vigenza di aliquota zero (lettere m) e n)).

Con l’aggiunta del comma 1-bis al predetto articolo 37 TUA, si chiarisce che la circolazione del vino nel territorio dello Stato avviene con la scorta dei documenti di accompagnamento previsti dalle disposizioni relative al settore vitivinicolo per i trasporti che iniziano e si concludono nel territorio nazionale. Gli obblighi di contabilizzazione annuale dei dati di produzione e di redazione dell'inventario fisico delle materie prime, dei prodotti semilavorati e dei prodotti finiti sono assolti dagli esercenti i depositi fiscali di vino mediante le dichiarazioni obbligatorie e la tenuta dei registri, compresa la rilevazione delle giacenze effettive in occasione della chiusura annua dei conti, disciplinati dalle norme UE (regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione, del 26 maggio 2009).

 

La lettera o) del comma 1, come visto supra, modifica la Tabella A annessa al Testo Unico Accise per introdurre la nuova accisa sul gasolio commerciale usato come carburante (403,22 euro per mille litri).

Viene altresì sostituito il n. 9 della Tabella, che fissa una misura ridotta di accisa, pari al 30 per cento della normale aliquota per specifici utilizzi di prodotti energetici.

Con le modifiche in esame, la riduzione al 30 per cento opera con riferimento alla produzione di forza motrice con motori fissi, azionati con prodotti energetici diversi dal gas naturale e utilizzati all'interno di delimitati stabilimenti industriali, agricolo-industriali, laboratori, cantieri di ricerche di idrocarburi e di forze endogene e cantieri di costruzione.

Inoltre, si estende la misura agevolata anche al carburante usato per azionare macchine impiegate nei porti, non ammesse alla circolazione su strada, destinate alla movimentazione di merci per operazioni di trasbordo.


Articolo 5
(Dichiarazione integrativa a favore e ravvedimento)

 

 

L’articolo 5 estende la possibilità per il contribuente di presentare la dichiarazione integrativa a favore (Irpef, Irap, sostituti d'imposta) anche oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, entro il termine per l’accertamento fiscale. Se la dichiarazione integrativa è presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni ridotte.

Una disciplina analoga è prevista per la dichiarazione integrativa riguardante l’IVA. Nel corso dell’esame parlamentare è stata estesa alla dichiarazione integrativa IVA la disciplina sopra prevista da applicare in caso di dichiarazione presentata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successiva, ma sempre entro il termine per l’accertamento fiscale. In tal caso il credito d’imposta derivante dalla dichiarazione integrativa può essere chiesto a rimborso ove ricorrano, per l'anno per cui è presentata la dichiarazione integrativa, i requisiti di legge, ovvero può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata soppressa la disposizione che richiedeva l'indicazione dell'eventuale utilizzo del credito già effettuato in compensazione nella dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa, salvo il diritto di far valere in sede di accertamento o di giudizio eventuali errori. Tra i soggetti ammessi all'utilizzo in compensazione, in caso di dichiarazione integrativa IVA, sono stati inclusi i produttori agricoli (comma 1).

La riduzione della sanzione in caso di ravvedimento e di regolarizzazione degli errori e delle omissioni, per determinate ipotesi, è stata estesa anche ai tributi doganali ed alle accise amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Per gli stessi tributi non si applica la generale preclusione al ravvedimento consistente nel fatto che la violazione sia stata già constatata e comunque sia iniziato l'accertamento, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento. (comma 1-bis).

Infine è stata modificata la disciplina relativa allo scomputo delle ritenute a titolo d'acconto per i lavoratori autonomi e per gli agenti e i rappresentanti di commercio. In particolare, per le ritenute operate nell'anno successivo a quello di competenza dei redditi, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione, i contribuenti possono scegliere di scomputarle dall'imposta relativa al periodo di competenza dei redditi ovvero dall'imposta dovuta nel periodo di imposta nel quale le ritenute sono state operate (commi 2-bis e 2-ter).

 

Il comma 1 modifica la disciplina relativa alla presentazione delle dichiarazioni integrative relative alle imposte sui redditi, dell’IRAP, dei sostituti di imposta e dell’IVA, contenuta nel D.P.R. n. 322 del 1998.

In particolare la lettera a) modifica l’articolo 2 prevedendo che  le dichiarazioni dei redditi, dell’IRAP e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare entro i termini per l’accertamento. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni, eventualmente in misura ridotta in caso di ravvedimento operoso (comma 8).

Si ricorda che l’articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 prescrive che in caso di dichiarazione errata il termine per l’accertamento corrisponde al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. In caso di dichiarazione omessa il termine è il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Nel caso in cui la presentazione della dichiarazione integrativa avviene entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, il credito d’imposta risultante può essere utilizzato in compensazione (comma 8-bis, primo periodo).

Nel corso dell’esame parlamentare è stato previsto che anche nel caso di correzione di errori contabili di competenza si applica la disposizione del primo periodo. Pertanto, i crediti d’imposta risultanti dalle dichiarazioni integrative a favore presentate oltre il termine per la dichiarazione relativa al periodo successivo, ma entro il termine per l’accertamento, relative a correzioni di errori contabili di competenza, possono essere utilizzati in compensazione.

Si segnala che in passato un orientamento in tal senso è stato adottato dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 31/E del 2013 nella quale sono state illustrate le modalità in base a cui, in presenza di un errore nella contabilizzazione di un costo e/o di un ricavo nel corretto esercizio di competenza, sia possibile recuperare la mancata deduzione e/o tassazione fiscale del componente reddituale.

Nel caso in cui la dichiarazione integrativa viene presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ma entro i termini per l’accertamento, il credito d’imposta risultante può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. In tal caso,  nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa è indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa (in sede referente è stato soppresso l’obbligo di indicare anche l’ammontare eventualmente già utilizzato in compensazione).

Nel corso dell’esame parlamentare è stato previsto, inoltre, che resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull'obbligazione tributaria, determinando l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o, comunque, di un minore credito.

La lettera b) modifica l’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998 con riferimento alla dichiarazione annuale IVA. Il nuovo comma 6-bis introduce la possibilità di integrare la dichiarazione, anche in senso favorevole al contribuente, entro i termini previsti per l’accertamento (ovvero, in caso di presentazione della dichiarazione Iva, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, in caso di omessa presentazione o di nullità della dichiarazione Iva, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata – art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972). Resta ferma l’applicazione delle sanzioni, eventualmente in misura ridotta in caso di ravvedimento operoso.

L’eventuale credito derivante da un minor debito o da un maggior credito, emergente dalla dichiarazione integrativa presentata entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, può essere:

§  portato in detrazione in sede di liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale;

§  utilizzato in compensazione;

§  chiesto a rimborso se ricorrono i presupposti di cui agli articoli 30 e 34, comma 9 (aggiunto in sede referente) del D.P.R. n. 633 del 1972 (comma 6-ter).

L’articolo 30 citato disciplina i presupposti del rimborso IVA: cessazione dell’attività; oppure, se il rimborso è superiore a 2.582 euro, quando sussiste una delle seguenti ipotesi: quando si esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni; quando si effettuano operazioni non imponibili per un ammontare superiore al 25 per cento dell'ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate; limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche; quando si effettuano prevalentemente operazioni non soggette all’imposta; quando si tratta di soggetto non residente. Il contribuente, anche fuori dai suddetti casi, può chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili.

L’articolo 34, comma 9, disciplina i casi in cui ai produttori agricoli che esportano prodotti agricoli e ittici ad aliquota ridotta compete la detrazione o il rimborso IVA.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata estesa alla dichiarazione integrativa IVA la disciplina sopra prevista da applicare in caso di dichiarazione presentata oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ma sempre entro il termine per l’accertamento fiscale. In tal caso il credito d’imposta derivante dalla dichiarazione integrativa può essere chiesto a rimborso ove ricorrano, per l'anno per cui è presentata la dichiarazione integrativa, i requisiti di cui agli articoli 30 e 34, comma 9, del D.P.R. n. 633 del 1972, ovvero può essere utilizzato in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa. Nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa è indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa (comma 6-quater).

Anche in tal caso resta ferma per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull'obbligazione tributaria, determinando l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o, comunque, di una minore eccedenza detraibile (comma 6-quinquies).

 

La relazione governativa sottolinea che le norme sopra descritte, nel recepire l’orientamento consolidato della giurisprudenza espresso nella sentenza n. 13378 del 2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, disciplinano con sistematicità la possibilità per il contribuente di presentare una dichiarazione integrativa a lui favorevole anche oltre il termine di un anno.

Infatti il quadro normativo che emerge dalla sentenza della Cassazione determina uno squilibrio in favore dell’amministrazione finanziaria rispetto al contribuente, dal momento che mentre la prima ha facoltà di procedere alle rettifiche d’ufficio entro i generali termini di accertamento, a quest’ultimo è data facoltà di rettificare in proprio favore la dichiarazione, con conseguente possibilità di godere immediatamente dei benefìci della rettifica mediante compensazione, unicamente entro il ben più ristretto termine di un anno. Il contribuente potrebbe solamente presentare istanza di rimborso per le imposte versate in eccesso entro quarantotto mesi dal versamento (art. 38 del D.P.R. n. 602 del 1973), potendo però incorrere in un rifiuto da parte del fisco contro il quale rimane unicamente la strada del contenzioso giurisdizionale.

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, estende anche ai tributi doganali ed alle accise amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, per determinate ipotesi, la riduzione della sanzione prevista in caso di ravvedimento operoso e di regolarizzazione degli errori e delle omissioni. Per gli stessi tributi non si applica la generale preclusione al ravvedimento consistente nel fatto che la violazione sia stata già constatata e comunque sia iniziato l'accertamento, salva la notifica di avvisi di pagamento e atti di accertamento (articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997).

 

Il comma 2 aggiorna i riferimenti normativi della disciplina del termine dell’accertamento in caso di presentazione di dichiarazione integrativa. Infatti la normativa vigente (comma 640 della legge di stabilità 2015) già prevede che ove sia presentata una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998) e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per l’accertamento e per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni. La norma in esame aggiunge il riferimento al nuovo comma 6-bis dell’art. 8 (integrazione della dichiarazione IVA).

Infine, la norma interviene al fine di meglio precisare che la riapertura dei termini di accertamento opera limitatamente ai “soli” elementi oggetto dell’integrazione, dovendosi per tali ultimi intendere unicamente gli specifici elementi non contenuti o indicati in maniera scorretta nella dichiarazione originariamente presentata dal contribuente e aggiunti o rettificati in sede di dichiarazione integrativa.

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, modifica la disciplina relativa allo scomputo dall'imposta delle ritenute alla fonte a titolo d'acconto e sui redditi sottoposti a tassazione separata per i lavoratori autonomi (modifica all’articolo 22, comma 1, lett. c), del TUIR). In particolare, per le ritenute operate nell'anno successivo a quello di competenza dei redditi, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione, si attribuisce al contribuente la facoltà di scegliere se scomputarle dall'imposta relativa al periodo di competenza dei redditi, ovvero dall'imposta dovuta nel periodo di imposta nel quale le ritenute sono state operate.

Si segnala l’opportunità di correggere il riferimento al testo della norma da sostituire: dalla lettera c) fino alla fine del comma.

Il comma 2-ter prevede una identica disposizione con riferimento gli agenti e i rappresentanti di commercio (articolo 25-bis del D.P.R. n. 600 del 1973). Anche in tale caso le ritenute alla fonte operate a titolo di acconto nell'anno successivo a quello di competenza dei redditi, ma anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi possono essere scomputate dall'imposta relativa al periodo d'imposta di competenza dei redditi o, alternativamente, dall'imposta relativa al periodo d'imposta nel quale sono state operate (ovvero con la dichiarazione successiva).

Si segnala che tale normativa riprende quanto previsto dall’articolo 1 della proposta di legge A.C. 3813, a prima firma Pisano. Nella relativa relazione si legge che lo scomputo della ritenuta operata nell'anno successivo a quello di competenza, se eseguito nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta precedente, comporta notevoli complicazioni di carattere contabile e dichiarativo in conseguenza dello sfasamento temporale delle relative annotazioni. Inoltre il carattere precettivo della disposizione vigente, che impone al contribuente di riportare la detrazione nella prima dichiarazione utile, comporta la perdita del diritto alla detrazione in caso di omessa indicazione, salva la possibilità di effettuare una dichiarazione correttiva con conseguente aggravio di oneri.


Articolo 5-bis
(Definizione delle controversie in materia di accise e di IVA afferente)

 

L'articolo autorizza l'Agenzia delle Dogane a definire con transazioni, entro il 30 settembre 2017, le liti fiscali pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, aventi ad oggetto il recupero dell'accisa su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche riferite a fatti verificatisi anteriormente al 1° aprile 2010.

 

L'articolo è finalizzato ad agevolare la soluzione del contenzioso pendente in materia di accise e di IVA afferente.

L'Agenzia delle dogane e dei monopoli è pertanto autorizzata a definire con transazioni, entro il 30 settembre 2017, le liti fiscali pendenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, aventi ad oggetto il recupero dell'accisa su prodotti energetici, alcol e bevande alcoliche. Le imposte oggetto del contenzioso devono riferirsi a fatti verificatisi anteriormente al 1° aprile 2010.

Il soggetto passivo può estinguere la pretesa tributaria pagando, entro sessanta giorni dalla transazione, almeno il venti per cento dell'accisa e della relativa imposta sul valore aggiunto in contestazione.

Sono esclusi interessi, indennità di mora e sanzioni.

Il pagamento può essere effettuato in un massimo di sette rate annuali. In tal caso il tasso degli interessi legali è maggiorato di due punti. Resta fermo il recupero delle imposte nei confronti del responsabile del reato.

I giudizi in corso sono sospesi, a richiesta del soggetto obbligato. Il pagamento di quanto previsto determina l'estinzione delle liti fiscali pendenti a tale titolo, in ogni stato e grado di giudizio.

Tale nuova disciplina si applica solo se il procedimento penale, eventualmente instauratosi, non abbia riconosciuto il dolo o la colpa grave per gli stessi fatti. 

 


Articolo 6
(Definizione agevolata)

 

 

L’articolo 6, modificato durante l’esame parlamentare, prevede la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016 (termine così fissato in sede di esame alla Camera, in luogo dell’originaria scadenza al 2015).

Aderendo alla procedura il contribuente può pagare solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione. Non sono dovute dunque le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e somme aggiuntive gravanti su crediti previdenziali. Il pagamento è comunque dilazionato in rate nel corso del 2017 e nel corso del 2018 (comma 1).

A tal fine dovrà essere presentata un’apposita dichiarazione, entro il 31 marzo 2017 (in luogo dell’originario termine del 22 gennaio 2017, per effetto di una modifica apportata alla Camera), con la quale si manifesta la volontà di avvalersi della definizione agevolata (comma 2). L’agente della riscossione comunica gli importi dovuti a ciascun contribuente che presenti la relativa istanza (comma 3) e fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili (comma 3-bis). L’agente della riscossione inoltre avvisa il debitore dei carichi affidati nell'anno 2016 per i quali, alla data del 31 dicembre 2016, risulta non ancora notificata la cartella di pagamento ovvero l’avviso di presa in carico degli accertamenti esecutivi (comma 3-ter).

La procedura - disciplinata ai commi 4-7 - si estende, a specifiche condizioni, ai debitori che abbiano già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione (comma 8).

Durante l’esame parlamentare (comma 4-bis) è stato chiarito che resta comunque rateizzabile, in deroga alla disciplina generale, il carico per cui il debitore è decaduto dalla definizione agevolata nel caso di mancato inesatto pagamento: tale deroga opera se si tratta di carichi non precedentemente rateizzati, e a condizione che siano trascorsi meno di sessanta giorni tra la notifica dell’atto esecutivo e la dichiarazione di volersi avvalere della rateizzazione.

Il comma 9 regola l’ipotesi in cui il pregresso pagamento parziale consente, alla luce delle nuove disposizioni, di beneficiare della definizione agevolata.

Il comma 9-bis, inserito durante l’esame parlamentare, include nella definizione agevolata i carichi che rientrano nei procedimenti instauratisi a seguito di istanza presentata dai debitori nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Il successivo comma 9-ter chiarisce che, nel corso di proposte di accordo o piano del consumatore, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e le sanzioni e le somme aggiuntive, provvedendo al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e nei tempi eventualmente previsti nei provvedimenti giurisdizionali relativi alle suddette procedure.

Oltre alle risorse proprie tradizionali UE, alle somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ed ai crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti, sono escluse dalla definizione agevolata le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna, nonché le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali (comma 10).

Con riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, la definizione agevolata può tuttavia riguardare (comma 11) i soli interessi sulle sanzioni amministrative.

Il comma 12 disciplina il discarico automatico dell’agente della riscossione a seguito della definizione agevolata.

Il nuovo comma 12-bis modifica, coerentemente alle innovazioni della struttura ed della governance dell’agente della riscossione, nonché alle norme in esame sulla definizione agevolata, la disciplina delle comunicazioni di inesigibilità dei carichi.

Ai sensi del comma 13, per i debitori soggetti a procedure concorsuali e nel caso di composizione negoziale della crisi d'impresa, le somme impiegate nella definizione agevolata sono considerate crediti prededucibili.

Infine il comma 13-bis, chiarisce che la definizione agevolata prevista dal presente articolo può riguardare il singolo carico iscritto a ruolo o affidato.

 

Per effetto delle disposizioni in esame (comma 1) il debitore estingue il debito contenuto nei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni dal 2000 al 2016 pagando solo le somme iscritte nel ruolo a titolo di capitale e gli interessi legali, nonché le somme dovute a titolo di remunerazione del servizio di riscossione.

Le modifiche apportate in sede parlamentare hanno anzitutto prolungato dal 2015 al 2016 il lasso di tempo nel quale devono essere stati affidati all’agente della riscossione i crediti definibili con modalità agevolate. Espungendo il riferimento ai ruoli, dal nuovo tenore letterale della norma sembra evincersi che la definizione agevolata si applica anche ai cd. accertamenti esecutivi (di cui agli articoli 29 e 30 del decreto-legge n. 78 del 2010).

Si ricorda che il predetto decreto-legge, con l’intento di concentrare la riscossione dei crediti tributari e contributivi nella fase dell’accertamento, ha conferito efficacia di titolo esecutivo già all’atto di accertamento (articolo 29) ed all’avviso di addebito inviato dall’INPS (articolo 30).

Sempre durante l’esame parlamentare è stato chiarito che il pagamento agevolato è comunque dilazionato in rate, su cui decorrono gli interessi dal 1° agosto 2017.

E’ stato inoltre chiarito che, fermo restando che il 70 per cento delle somme complessivamente dovute deve essere versato nell'anno 2017 e il restante 30 per cento nell'anno 2018, il pagamento è effettuato, per l'importo da versare distintamente in ciascuno dei due anni, in rate di pari ammontare, nel numero massimo di tre nel 2017 e di due nel 2018.

Resta fermo che, ove si aderisca a tale procedura, non sono corrisposte le somme dovute a titolo di:

§  sanzioni;

§  interessi di mora (ai sensi dell’articolo 30, comma 1 del DPR n. 602 del 1973). Gli interessi di mora sono oneri aggiuntivi, previsti dalla legge, che si applicano alle somme da pagare in caso di scadenza dei termini previsti. Gli interessi di mora, decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della cartella/avviso, si applicano giornalmente sulle somme richieste a partire dalla data della notifica e fino alla data del pagamento. A partire dai ruoli consegnati dal 13 luglio 2011, gli interessi di mora non sono più calcolati sulle sanzioni pecuniarie tributarie e sugli altri interessi;

§  sanzioni e somme aggiuntive dovute sui crediti previdenziali (di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46).

 

Si ricorda brevemente che nella cartella di pagamento (e per i debiti tributari nell’accertamento esecutivo) viene indicato l’importo totale da saldare e gli enti che ne hanno fatto richiesta tramite l’agente della riscossione. Sono inoltre indicati il dettaglio dei singoli tributi / somme non pagati, gli interessi, le sanzioni, l’aggio e le altre spese.

Se il pagamento avviene oltre i termini di scadenza indicati nella cartella/avviso, all'importo si aggiungeranno:

§  ulteriori interessi di mora e sanzioni, previsti dalla legge e versati interamente agli enti creditori;

§  la remunerazione del servizio di riscossione (aggio);

§  le eventuali spese per le azioni cautelari/esecutive (ipoteche, fermi, pignoramenti).

 

La “rottamazione” delle cartelle di modesta entità

 

Si ricorda in questa sede che la legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 527 della legge n. 228 del 2012) aveva introdotto una sanatoria per le cartelle di importo non superiore a 2.000 euro (comprensivi di quota capitale e interessi), applicabile ai ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999. Più in dettaglio, se ne prevedeva l’annullamento automatico, decorsi 6 mesi dall’entrata in vigore della norma (1° luglio 2013). Si trattava in sostanza di una sanatoria per debiti fiscali di modesta entità.

L’importo massimo di 2.000 euro si calcola considerando il capitale, gli interessi per ritardata iscrizione al ruolo e le sanzioni. Con il D.M. 15 giugno 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, si dispone che l’elenco delle quote riferite ai suddetti crediti annullati venga trasmesso dall’agente della riscossione all’ente creditore.

I crediti arretrati non riscossi

 

Nel corso di un’audizione al Senato il 9 febbraio 2016, l'amministratore delegato di Equitalia, avv. Ruffini, ha diffuso i dati relativi al carico di crediti non riscossi affidati ad Equitalia negli ultimi 15 anni. Il carico totale lordo ammonta a circa 1.000 miliardi. Il 20 per cento di tale ammontare è stato annullato dagli stessi enti creditori, in quanto indebito. Dei restanti 841 miliardi di euro, oltre un terzo sono difficilmente recuperabili, in quanto si riferiscono a debitori falliti, deceduti o nullatententi. Residuano 506 miliardi di euro, di cui oltre il 60% (314 miliardi) corrispondono a posizioni per cui si sono tentate invano azioni esecutive. Considerando infine le rateazioni e le citate norme a favore dei contribuenti, le posizioni effettivamente lavorabili si riducono quindi a 51 miliardi di euro, il 5 per cento del carico totale lordo iniziale.

Nell'audizione citata sono descritte le cause del fenomeno, il meccanismo dell'inesigibilità e i possibili rimedi. La normativa vigente dal 1999 prevede, in via ordinaria, che l'Agente della riscossione effettui le comunicazioni di inesigibilità entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo. Tuttavia, l'esistenza di una consistente mole di arretrati ha indotto a disporre, con norme emanate a più riprese, il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni, rimodulando, in parallelo, quelli per il controllo da parte degli enti creditori. La soluzione è stata così rinviata di anno in anno, con il risultato di aggravare il problema facendo lievitare la massa di quote inesigibili. Esse sono per circa un terzo riconducibili alle società concessionarie private che fino al 2006 hanno gestito il servizio nazionale della riscossione. Con la legge di stabilità 2015 è stato introdotto un particolare calendario per le comunicazioni di inesigibilità degli arretrati, al fine di permettere ad Equitalia di concentrarsi sulle partite più recenti.

L'a.d. Ruffini suggerisce di valutare l'opportunità di concordare almeno con i principali enti creditori (Agenzia delle entrate ed INPS) la possibilità di presentare le comunicazioni di inesigibilità delle quote di importo rilevante – per le quali l'inesigibilità sia già stata definitivamente accertata – secondo una progressione diversa da quella attualmente prevista dalla norma.

 

Per accedere all’agevolazione si deve provvedere al pagamento delle seguenti somme:

a)   somme affidate all’agente della riscossione a titolo di capitale e interessi legali;

b)  somme maturate a favore dell’agente della riscossione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive, nonché di rimborso delle spese di notifica della cartella di pagamento.

 

Con riferimento alla lettera b), si rammenta che il D.lgs. n. 159 del 2015, in attuazione della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) ha apportato numerose modifiche alla normativa della riscossione dei tributi e delle altre somme iscritte a ruolo.

In primo luogo (articolo 9 del decreto) è stata ridisciplinata la remunerazione del servizio nazionale della riscossione.

A partire dai carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2016, infatti, l’aggio è sostituito dagli “oneri di riscossione”, dovuti per il funzionamento del servizio nazionale di riscossione, con una riduzione dei costi per il cittadino. Infatti, in caso di pagamento effettuato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, tali oneri sono pari al 3 per cento delle somme riscosse (in luogo del 4,65 per cento). In caso di pagamento effettuato dopo 60 giorni dalla data di notifica della cartella, gli oneri di riscossione, interamente a carico del debitore, sono pari al 6 per cento dell’importo dovuto (rispetto all’8 per cento del cd. aggio).

I debitori iscritti a ruolo sopportano, altresì, gli oneri legati all’effettuazione delle procedure esecutive e quelli necessari per la notifica della cartella di pagamento o degli altri atti di riscossione; la riforma prevede che anche gli enti creditori contribuiscano alla remunerazione del sistema. Gli oneri della riscossione ed esecuzione sono commisurati ai costi da sostenere per il servizio nazionale della riscossione e non più al costo di funzionamento del servizio.

Tuttavia, il richiamato D.lgs. n. 159 del 2015 ha tenuto fermo il precedente regime per i carichi affidati sino al 31 dicembre 2015, ovvero quelli interessati dalla definizione agevolata in commento.

Di conseguenza, per detti carichi rimane vigente il precedente sistema di remunerazione mediante aggio (pari all’8 per cento dal 1° gennaio 2013, 9 per cento dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2012) ripartito tra ente creditore e debitore iscritto a ruolo.

Per quanto invece riguarda gli interessi di mora,  si ricorda che l’articolo 13 del medesimo D.Lgs. n. 159 del 2015 ha introdotto una complessiva revisione della misura dei tassi degli interessi per il versamento, la riscossione e i rimborsi di ogni tributo. Il tasso di interesse viene determinato preferibilmente in una misura unica, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, compresa nell’intervallo tra lo 0,5 per cento e il 4,5 per cento, determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Fino all'emanazione del suddetto decreto continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alle norme primarie e secondarie vigenti per gli interessi di mora: si applica il tasso individuato annualmente con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. I provvedimenti attuativi dell’articolo 13 non risultano ancora emanati; di conseguenza, ai sensi dell’articolo 30 del DPR n. 602 del 1973 è stato emanato il provvedimento Agenzia delle entrate  n. 60535 del 27.04.2016.

 

Il comma 2 disciplina gli adempimenti a carico del debitore per accedere alla definizione agevolata: egli deve rendere un’apposita dichiarazione all’agente della riscossione entro il 31 marzo 2017 (termine così prorogato durante l’esame parlamentare, dall’originario 22 gennaio 2017).

La dichiarazione è redatta con le modalità e in conformità alla modulistica che lo stesso agente della riscossione ha pubblicato sul proprio sito internet.

In tale dichiarazione il debitore deve indicare il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo di quattro (come previsto dal comma 1), nonché la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione. Con la dichiarazione il debitore si assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.

Ai sensi del comma 3, entro il 31 maggio 2017 (termine così prorogato dal 22 aprile 2017, per effetto delle modifiche parlamentari), l’agente della riscossione comunica ai debitori l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse.

Nel corso dell’esame alla Camera sono stati specificati i criteri cui deve attenersi l’agente della riscossione:

a) per l'anno 2017, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di luglio, settembre e novembre;

b) per l'anno 2018, la scadenza delle singole rate è fissata nei mesi di aprile e settembre.

Nella formulazione originaria della norma, si disponeva che la scadenza della terza rata non potesse superare il 15 dicembre 2017 e la scadenza della quarta rata non potesse superare il 15 marzo 2018.

 

Durante l’esame alla Camera sono stati inseriti i commi 3-bis e 3-ter ai sensi dei quali, rispettivamente:

-   l'agente della riscossione fornisce ai debitori i dati necessari a individuare i carichi definibili con modalità agevolate, sia presso i propri sportelli, sia nell'area riservata del sito internet istituzionale;

-   entro il 28 febbraio 2017 l'agente della riscossione, con posta ordinaria, avvisa il debitore dei carichi affidati nell'anno 2016 per i quali, alla data del 31 dicembre 2016, gli risulta non ancora notificata la cartella di pagamento, ovvero non inviata l'informazione di presa in carico da parte dell’agente della riscossione, ovvero notificato l'avviso di addebito di crediti contributivi.

Il comma 4 disciplina le conseguenze del mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute (integralmente o delle singole rate) con definizione agevolata.

In tali casi la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere gli ordinari termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione.

I versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico; essi non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attività di recupero e il cui pagamento non può essere rateizzato (ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973, che reca la disciplina della rateizzazione delle somme iscritte a ruolo).

 

Il comma 4-bis, introdotto alla Camera, consente – a specifiche condizioni - di rateizzare i carichi per cui vi sia stato il mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute a titolo di definizione agevolata.

Se detti carichi non sono stati inclusi in precedenti piani di dilazione (piani in essere all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame), essi possono rateizzarsi anche se vi è stato un adempimento inesatto. Ciò avviene a condizione che, alla data di presentazione della richiesta per l’accesso alla definizione agevolata siano trascorsi meno di sessanta giorni dalla data di notifica della cartella di pagamento, ovvero dell'avviso di accertamento esecutivo o dell'avviso di addebito di somme dovute a titolo contributivo.

Il comma 5 disciplina gli effetti della presentazione della dichiarazione, che sospende i termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi oggetto della dichiarazione stessa.

Con una modifica approvata durante l’esame parlamentare è stato chiarito sono altresì sospesi, per i carichi oggetto della domanda di definizione agevolata, fino alla scadenza della prima o unica rata delle somme dovute, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti dilazioni in essere, con riferimento alle rate in scadenza dopo il 31 dicembre 2016.

L’agente della riscossione non può avviare nuove azioni esecutive o iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche già iscritti alla data di presentazione della dichiarazione, e non può altresì proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate, purché non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.

Si chiarisce che (comma 6) ai pagamenti dilazionati delle somme oggetto di definizione agevolata non si applicano le ordinarie disposizioni per la dilazione delle somme iscritte a ruolo, contenute nel citato articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

In sintesi l’articolo 19, da ultimo modificato dal già richiamato D.lgs n. 159 del 2015, consente al contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà di accedere alla dilazione delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Se le somme iscritte a ruolo sono superiori a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta una temporanea situazione di obiettiva difficoltà.

In caso di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà, la dilazione concessa può essere prorogata una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.  Il piano di rateazione può prevedere, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. Sono previsti specifici limiti all’iscrizione di fermo e ipoteca nel caso di rateazione. Se il debitore si trova, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può vedere aumentata la propria rateazione fino a centoventi rate mensili.

Si decade dal beneficio nel caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive; in tal caso l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. Il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

Ai sensi del comma 7, il pagamento delle somme dovute per la definizione può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente (indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 2) ovvero con bollettini precompilati, che l’agente della riscossione è tenuto ad allegare alla comunicazione delle somme da pagare, se il debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con domiciliazione bancaria o, in alternativa, presso gli sportelli dell’agente della riscossione.

 

Il comma 8 estende l’applicazione della definizione agevolata anche ai debitori che hanno già pagato parzialmente, anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente della riscossione, a condizione che risultino adempiuti tutti i versamenti con scadenza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2016. In tal caso, le norme pongono le seguenti condizioni:

a)   per determinare le somme oggetto di definizione agevolata, si tiene conto solo degli importi già versati a titolo di capitale e interessi inclusi nei carichi affidati, nonché di aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e delle spese di notifica della cartella di pagamento;

b)  restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme versate, anche anteriormente alla definizione, a titolo di sanzioni incluse nei carichi affidati, di interessi di dilazione, di interessi di mora e di sanzioni e somme aggiuntive previdenziali;

c)   il pagamento della prima o unica rata delle somme dovute ai fini della definizione determina, limitatamente ai carichi definibili, la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere precedentemente accordata dall’agente della riscossione.

Il comma 9 chiarisce gli adempimenti dovuti nel caso in cui il debitore, per effetto dei pagamenti parziali già effettuati - computati secondo le modalità già illustrate secondo il comma 8 - ha già integralmente corrisposto quanto dovuto: in tal caso non può beneficiare automaticamente degli effetti della definizione agevolata, ma deve comunque manifestare la sua volontà di aderirvi con l’apposita dichiarazione ai sensi del comma 2.

 

Il comma 9-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, estende la definizione agevolata anche ai carichi affidati agli agenti della riscossione che rientrano nei procedimenti instauratisi a seguito di istanza presentata dai debitori nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio (capo II, sezione prima della legge n. 3 del 2012).

L’introdotto comma 9-ter dispone che, nelle proposte di accordo o del piano del consumatore presentate in seno alla disciplina del sovraindebitamento (ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge 27 gennaio 2012, n. 3), i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive per i crediti previdenziali provvedendo al pagamento del debito, anche falcidiato, nelle modalità e nei tempi eventualmente previsti nel decreto di omologazione dell'accordo o del piano del consumatore.

Il comma 10 reca le esclusioni dalla procedura di definizione agevolata.

In particolare, sono esclusi dalla definizione agevolata i carichi affidati agli agenti della riscossione relativi:

a)   le risorse proprie tradizionali UE: si tratta dei dazi doganali, dei contributi provenienti dall’imposizione di diritti alla produzione dello zucchero (articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007 e 2014/335/UE/Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014) e l’IVA riscossa all'importazione;

b)  le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato (articolo 16 del regolamento UE n. 2015/1589 del Consiglio);

c)   i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;

d)  le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stata espunto dalle esclusioni il riferimento alle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, disciplinate dal successivo comma 11.

E’ stato tuttavia precisato (lettera e-bis) che sono escluse dalla definizione agevolata le altre sanzioni, diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali.

 

La definizione agevolata può tuttavia (comma 11) riguardare gli interessi sulle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada, compresi gli interessi per ritardato pagamento delle somme dovute (ai sensi dell’articolo 27, sesto comma, delle legge 24 novembre 1981, n. 689).

L’articolo 27 sopra richiamato prevede che, in caso di ritardo nel pagamento, la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all'esattore. La maggiorazione assorbe gli interessi eventualmente previsti dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 12 dispone che, in caso di definizione agevolata ai sensi delle norme in esame, l’agente della riscossione sia automaticamente discaricato dell’importo residuo.

Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 30 giugno 2019 (in luogo del 31 dicembre 2018, come previsto dalla formulazione originaria del decreto-legge), l’elenco dei debitori che hanno esercitato la facoltà di definizione e dei codici tributo per i quali è stato effettuato il versamento.

Il comma 12-bis conseguentemente modifica la disciplina delle comunicazioni di inesigibilità dei carichi (sostituendo il primo periodo dell’articolo 1, comma 684 della legge di stabilità 2015, legge n. 190 del 2014).

In particolare, si dispone che le comunicazioni di inesigibilità relative a quote affidate agli agenti della riscossione dal 1 gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 - anche da soggetti creditori che hanno cessato o cessano di avvalersi delle società del Gruppo Equitalia Spa - sono presentate, per i ruoli consegnati negli anni 2014 e 2015, entro il 31 dicembre 2019 e, per quelli consegnati fino al 31 dicembre 2013, per singole annualità di consegna partendo dalla più recente, entro il 31 dicembre di ciascun anno successivo al 2019.

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Il comma 13, riferibile ai debitori soggetti a procedure concorsuali e – per effetto delle modifiche alla Camera - anche a quelli sottoposti a tutte le procedure di composizione negoziale della crisi d'impresa previste dalla legge, qualifica come crediti prededucibili le somme che saranno impiegate nella definizione agevolata.

Attraverso il richiamo degli articoli 111 e 111-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942) il decreto-legge prevede dunque che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo siano destinate, con priorità, alla definizione agevolata, conseguentemente modificando l’ordine di ripartizione dell’attivo.

 

Infine il comma 13-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, chiarisce che la definizione agevolata prevista dal presente articolo può riguardare il singolo carico iscritto a ruolo o affidato.

 

 


Articolo 6-bis
(
Rappresentanza e assistenza dei contribuenti)

 

L'articolo consente anche ai tributaristi o consulenti tributari (di cui alla norma UNI 11511) certificati e qualificati ai sensi della legge sulle professioni non organizzate (legge 14 gennaio 2013, n. 4) di autenticare la sottoscrizione della procura alla rappresentanza e assistenza dei contribuenti presso gli uffici finanziari.

 

L'articolo 63 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 individua i soggetti dai quali i contribuenti può farsi rappresentare presso gli uffici finanziari a mezzo procura speciale che deve essere conferita per iscritto con firma autenticata.

Il secondo comma in cui si inserisce la novella stabilisce che la procura speciale in commento deve essere conferita per iscritto con firma autenticata. L'autenticazione non è necessaria quando la procura è conferita al coniuge o a parenti e affini entro il quarto grado o a propri dipendenti da persone giuridiche. Quando la procura è conferita a persone iscritte in albi professionali o nell'elenco previsto dal terzo comma, a soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria ovvero ai soggetti indicati nell'articolo 4, comma 1, lettere e), f) ed i), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 è data facoltà agli stessi rappresentanti di autenticare la sottoscrizione.

La novella inserisce la categoria dei tributaristi o consulenti tributari (di cui alla norma UNI 11511) certificati e qualificati ai sensi della legge sulle professioni non organizzate (legge 14 gennaio 2013, n. 4) nel novero dei soggetti abilitati ad autenticare la sottoscrizione della procura alla rappresentanza e assistenza dei contribuenti presso gli uffici finanziari.

La professione del "tributarista" rientra tra le professioni non regolamentate afferenti alla citata legge 4/2013 e al D.lgs 13/2013, le quali definiscono che un professionista può certificarsi, ove presente una norma, attraverso un Ente di Certificazione accreditato ISO 17024 sulla specifica norma.

La norma UNI 11511 definisce i requisiti relativi all’attività professionale del tributarista o consulente tributario, quale prestatore d' opera.

 

Atteso che l'articolo 63 novellato non è numerato per commi potrebbe valutarsi l'opportunità di riferire la novella al "quarto periodo" del medesimo articolo 63.

 

 


Articolo 6-ter
(
Definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali)

 

 

Con l'articolo 6-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, si estende la possibilità di introdurre la definizione agevolata (consistente nell’esclusione delle sanzioni) delle entrate regionali e degli enti locali, demandando ai relativi enti la disciplina di attuazione. Gli enti territoriali devono darne notizia mediante pubblicazione sul proprio sito istituzionale. Anche in tale caso è ammessa la rateizzazione del pagamento, che non può superare il 30 settembre 2018.

 

L’articolo disciplina la facoltà delle regioni e degli enti locali di definizione agevolata delle proprie entrate non riscosse, che siano state oggetto di provvedimenti di ingiunzione fiscale. A tal fine, ai sensi del comma 1, occorre che i richiamati provvedimenti siano stati notificati, nel periodo compreso fra il 2000 ed il 2016, dall’ente territoriale ovvero da un concessionario incaricato della riscossione, iscritto nell’albo previsto dalla legislazione vigente (si tratta dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, rubricato: “Albo per l’accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali”).

Nello specifico, l’eventuale definizione agevolata consiste nell’esclusione delle sanzioni relative alle entrate e deve essere disposta – entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento –  con i medesimi atti e le procedure con cui gli enti territoriali disciplinano (per gli aspetti di propria competenza) le medesime entrate. Dell’avvenuta adozione dell’atto con cui si dispone la definizione agevolata delle entrate gli enti impositori sono tenuti a dare notizia mediante pubblicazione nei rispettivi siti internet istituzionali, entro i successivi trenta giorni.

Ai sensi del comma 2, il provvedimento con cui è disposta la definizione agevolata deve contemplare i seguenti aspetti: a) il numero di rate e la relativa scadenza, fermo restando che in ogni caso il pagamento deve essere completato entro il 30 settembre 2018; b) le modalità attraverso le quali il debitore può avanzare l’istanza di avvalersi della definizione agevolata; c) il termine entro cui l’interessato è tenuto ad avanzare detta istanza, nonché stabilire che detta istanza debba contenere: il riferimento al numero di rate con cui si intende articolare il pagamento; la sussistenza di eventuali giudizi riguardanti i debiti interessati dalla definizione agevolata; la dichiarazione con cui il debitore assume impegno di rinuncia ai giudizi in essere; d) il termine entro cui l’ente impositore o il concessionario della riscossione sono tenuti a fornire riscontro all’istanza del debitore, comunicando a quest’ultimo l’ammontare complessivo delle entrate non riscosse al netto dei benefici riconosciuti dall’articolo in esame (cioè al netto delle sanzioni precedentemente applicate), l’ammontare di ciascuna rata e la scadenza delle stesse.

Il comma 3 disciplina gli effetti della presentazione dell’istanza di attivazione della definizione agevolata delle entrate da parte dell’interessato, che consistono nell’immediata sospensione dei termini di prescrizione e decadenza per il recupero delle somme oggetto dell’istanza  stessa.

Ai sensi del comma 4, in presenza del mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme dovute (con riferimento sia al pagamento integrale nel caso di soluzione unica, sia al pagamento di una singola rata nel caso di ricorso alla rateizzazione), la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere gli ordinari termini di prescrizione e decadenza per il recupero delle somme oggetto dell’istanza. I versamenti eventualmente già effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.

 Il comma 5 dispone l’applicabilità dei commi 10 e 11 dell’articolo 6 del decreto-legge in esame riguardanti i casi in cui non è possibile il ricorso alla definizione agevolata (per l’illustrazione di detti commi si rinvia alla relativa scheda di lettura). 

Il comma 6 prevede espressamente l’applicazione delle disposizioni del dell’articolo in esame alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità e compatibilmente con le forme e le condizioni speciali dei rispettivi statuti.

Tale disposizione si fonda sulla circostanza che la disciplina in materia di definizione agevolata delle entrate incide sul quadro delle competenze, definite dagli statuti (e, anche se non è esplicitato, si deve intendere dalle relative norme di attuazione), in quanto gli statuti stessi sono adottati con legge costituzionale. Si tratta peraltro di una clausola di salvaguardia che è costantemente inserita in tutti i provvedimenti riguardanti discipline idonee ad incidere sulle competenze delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome, la cui assenza potrebbe essere oggetto di censura da parte della Corte costituzionale, eventualmente adita. 

 

Si segnala che l’articolo in esame appare in linea con le richieste avanzate dall’ANCI nel corso delle audizioni sul decreto-legge in esame presso le Commissioni bilancio e finanze della Camera dei deputati dello scorso 3 novembre. In quell’occasione, i rappresentati dell’Associazione hanno proposto:

i)                    l’estensione della disciplina della definizione agevolata dei debiti derivanti dalla mancata riscossione di entrate tramite provvedimenti di ingiunzione di pagamento, al fine di non sfavorire gli enti locali che hanno fatto ricorso a tale modalità di riscossione rispetto agli enti che hanno invece fatto ricorso al servizio della riscossione  nazionale;

ii)                  di prevedere tale estensione come facoltativa per gli enti locali, al fine di garantire il rispetto della loro autonomia. In questo modo sarebbero garantiti gli enti che ritengano inopportuno il ricorso a tale istituto “considerato il grado di compliance normalmente registrato e l’efficacia delle azioni di recupero dell’evasione condotte sul territorio”.

 

Si ricorda che l’art. 13 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva già consentito alle regioni, alle province e ai comuni il ricorso a forme di definizione agevolata dei propri crediti.

 

Nello specifico, con riferimento ai tributi propri, il citato articolo disponeva la possibilità per gli enti territoriali di stabilire, “con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell'ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l'esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente […] i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”.

Nonostante la formulazione si sia prestata ad interpretazioni non univoche, si tratta di una disposizione la cui applicabilità deve considerarsi limitata ai periodi di imposta anteriori al 2003. L’agevolazione non è pertanto applicabile ai successivi periodi di imposta come invece ritenuto da taluni enti territoriali che avevano deliberato procedure agevolate per i periodi di imposta successivi. Per questo motivo si rende necessario un intervento normativo. La Corte di Cassazione, adita per dirimere una serie di controversie riguardanti condoni fiscali disposti successivamente al 2003, ha chiarito che il riferimento recato nella norma ad obblighi tributari “precedentemente non adempiuti” deve essere inteso nel senso di obblighi non adempiuti precedentemente all’entrata in vigore della legge stessa, e quindi non della deliberazione dell’ente territoriale diretta a prevedere la definizione agevolata. Ha quindi escluso che gli enti territoriali possano disporre di un potere esercitabile sine die[4].

 

Rispetto alle disposizioni di cui all’articolo 13 della legge n. 289 del 2002, l’articolo 6-ter in esame estende la definizione agevolata anche alle entrate non tributarie, mentre circoscrive l’agevolazione all’esclusione delle sanzioni relative alle predette entrate (senza prevedere anche la riduzione dell’ammontare delle tasse e delle imposte dovute, nonché l’esclusione o la riduzione degli interessi).

 

 

 


Articolo 7
(Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e norme collegate)

 

 

L’articolo 7, modificato durante l’esame alla Camera, riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.

Viene a tale scopo introdotto l’articolo 5-octies al decreto-legge n. 167 del 1990.

Essa trova applicazione, sia per l’emersione di attività estere, sia per le violazioni dichiarative relative a imposte erariali.

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, è possibile presentare l’istanza, limitatamente alle violazioni dichiarative per le attività detenute all'estero, anche se in precedenza è stata presentata domanda, entro il 30 novembre 2015, per le attività detenute in Italia. Specularmente si prevede la possibilità di presentare istanza per la collaborazione volontaria nazionale, anche se in precedenza ci si è avvalsi della voluntary disclosure limitatamente ai profili internazionali.

Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016 (comma 1, lettera a), del nuovo articolo 5-octies del decreto-legge n. 167 del 1990). Analogamente alle norme varate nel 2014, le disposizioni prevedono lo slittamento dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, nonché di contestazione delle sanzioni (comma 1, lettera b), del nuovo articolo 5-octies).

Per le attività e gli investimenti esteri oggetto della nuova procedura è possibile usufruire di un esonero dagli obblighi dichiarativi, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria, purché tali informazioni siano analiticamente illustrate nella relazione di accompagnamento all’istanza di voluntary disclosure e purché si versi in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e sanzioni (comma 1, lettera c), del nuovo articolo 5-octies).

Si chiarisce la non punibilità delle condotte di autoriciclaggio se commesse in relazione a specifici delitti tributari fino al versamento delle somme dovute per accedere alla procedura (comma 1, lettera d), del nuovo articolo 5-octies).

Rispetto alla voluntary disclosure disciplinata nel 2014, si prevede una diversa procedura: il contribuente provvede spontaneamente a versare in unica soluzione (entro il 30 settembre 2017) o in un massimo di tre rate (di cui la prima entro il 30 settembre 2017), il quantum dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni.

La procedura antecedente contemplava, invece, la presentazione di una apposita richiesta all’Amministrazione finanziaria e la fornitura della relativa documentazione; l’Agenzia delle entrate avrebbe poi provveduto ad emettere avviso di accertamento, ovvero ad invitare il contribuente all’adesione spontanea.

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente voluntary disclosure, sia sotto il profilo penale, sia con riferimento al versante sanzionatorio amministrativo (non punibilità per alcuni reati e riduzione delle sanzioni).

Gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento in unica soluzione o della terza rata. L’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria (comma 1, lettera e), del nuovo articolo 5-octies).

Le norme disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro i termini di legge: in tal caso, l’Agenzia può esperire le procedure dell’adesione all’invito a comparire, secondo le norme vigenti prima del 31 dicembre 2015, poi abrogate dalla legge di stabilità 2015 nell’alveo della complessiva riforma del ravvedimento operoso (comma 1, lettera f), del nuovo articolo 5-octies).

Con riferimento alle conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo, le norme differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento, sono previste conseguenze diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto (comma 1, lettera g), del nuovo articolo 5-octies).

Sono poi previste agevolazioni sanzionatorie e procedurali (eliminazione del raddoppio dei termini di accertamento) in specifiche ipotesi di stipula o di entrata in vigore di trattati internazionali volti all’effettivo scambio di informazioni fiscali (comma 1, lettera h) e comma 2, del nuovo articolo 5-octies). 

Si disciplina una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali o contanti provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (comma 1, lettera i), del nuovo articolo 5-octies).

Analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, la procedura si estende ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta. Disposizioni specifiche sono previste nel caso in cui la collaborazione volontaria sia esperita con riferimento a contanti o valori al portatore (comma 3 del nuovo articolo 5-octies).

Per effetto delle modifiche apportate alla Camera, ove la collaborazione volontaria riguardi i contanti o valori al portatore si presume, salvo prova contraria, che essi siano derivati da redditi conseguiti, in quote costanti, a seguito di violazione degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché di violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti di imposta, commesse nell'anno 2015 e nei quattro periodi d'imposta precedenti.

Il comma 2 dell’articolo 7 dispone che le norme attuative siano adottate entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.

Sono infine introdotte (comma 3 dell’articolo 7) disposizioni in tema di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali: in particolare si pongono a carico dei comuni specifici obblighi informativi nei confronti dell’Agenzia delle entrate, con riferimento alle richieste di iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all'estero, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati.

 

 

La voluntary disclosure varata nel 2014

 

In sintesi, le norme in materia di voluntary disclosure contenute nella alla legge 15 dicembre 2014, n. 186 hanno disciplinato una procedura di collaborazione volontaria (voluntary disclosure) del contribuente con l'Amministrazione fiscale per l'emersione e il rientro in Italia di capitali detenuti all'estero. Essa ha trovato applicazione anche per le irregolarità riguardanti attività detenute in Italia.

Si tratta degli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, che si occupa di monitoraggio fiscale. Si è così consentito, ai soggetti che detenevano attività e beni all'estero e avevano omesso di dichiararli, di sanare la propria posizione nei confronti dell'erario pagando, in un'unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l'intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta). Per effetto della collaborazione volontaria sono stati garantiti la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi e il pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. La procedura non poteva essere utilizzata se la richiesta di accesso era presentata dopo che l'autore avesse avuto conoscenza dell'inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie. Le norme hanno introdotto anche un nuovo reato fiscale che punisce coloro i quali, nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibiscano o trasmettano documentazione e dati non rispondenti al vero.

Come anticipato, la medesima legge ha esteso (articolo 1, commi da 2 a 4) la procedura di collaborazione volontaria - con modalità analoghe - ai contribuenti autori di violazioni riguardanti obblighi di dichiarazione per attività detenute in Italia (cd. collaborazione volontaria nazionale) in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta.

La legge (articolo 3, che ha inserito un articolo 648-ter.1 al codice penale) ha inoltre attribuito rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa (cd. reato di autoriciclaggio).

Si ricorda che (in virtù dell'articolo 10 del decreto-legge n. 192 del 2014 che, al comma 12-quaterdecies, ha novellato l'articolo 5-quater, comma 4, del D.L. n. 167/1990) è stato eliminato il raddoppio dei termini per l’emanazione dell’atto di contestazione delle violazioni da monitoraggio fiscale, nella procedura di voluntary disclosure prevista dalla legge n. 186/2014, con riferimento ai Paesi c.d. black list che stipulassero tempestivamente accordi con l'Italia volti a consentire un effettivo scambio di informazioni fiscali.

Con le circolari n.10/E del 13 marzo 2015 e n. 27/E del 16 luglio 2015 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulle novità introdotte dalla legge n. 186/2014. Si segnalano, inoltre, le circolari n. 30/E dell'11 agosto 2015 e n. 31/E del 28 agosto 2015 con risposte a quesiti.

Per quanto riguarda il termine finale per l'adesione alla procedura, la legge istitutiva l’aveva originariamente fissato al 30 settembre 2015. Il decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153 ha prorogato il termine dal 30 settembre al 30 novembre 2015, fissando al 30 dicembre 2015 il termine entro il quale è stato possibile integrare l'istanza e la documentazione a corredo dell’istanza di adesione.

Con riferimento alle procedure di collaborazione volontaria, il decreto-legge n. 153 del 2015 ha apportato alcune modifiche alla disciplina della voluntary, tra cui: la citata proroga del termine per l'accesso alla procedura al 30 novembre 2015, l’attribuzione ad una specifica articolazione dell'Agenzia delle entrate della competenza a ricevere le istanze; nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, l’estensione dell'esonero dagli obblighi dichiarativi, previsto in favore dei lavoratori frontalieri per il conto corrente estero su cui sono accreditati lo stipendio e gli altri emolumenti, anche agli eventuali cointestatari o beneficiari di procure e deleghe su tale conto. La legge di stabilità 2016 ha tra l’altro previsto che gli atti da porre a conoscenza del contribuente nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria possono essere trasmessi all'indirizzo di posta elettronica certificata del professionista che assiste il contribuente nella procedura, qualora il contribuente abbia manifestato la propria volontà in tal senso. 

 

L’articolo 7 riapre i termini per aderire alla procedura di collaborazione volontaria fiscale (voluntary disclosure) in una finestra temporale che va dal 24 ottobre 2016 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame) al 31 luglio 2017.  

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 introduce l’articolo 5-octies nel citato D.L. n. 167 del 1990, che riapre i termini per esperire la procedura di voluntary disclosure

L’applicazione della procedura è riservata solo ai soggetti che non l’abbiano già esperita in precedenza, anche per interposta persona. Durante l’esame alla Camera è stato reso possibile tuttavia presentare l’istanza, limitatamente alle violazioni dichiarative per le attività detenute all'estero, anche se in precedenza è stata presentata domanda entro il 30 novembre 2015 con riferimento alle attività detenute in Italia.

Resta fermo che la voluntary non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l'autore della violazione degli obblighi di dichiarazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie connesse alla procedura (cause ostative previste dall'articolo 5-quater, comma 2 del decreto-legge n. 167 del 1990).

Si chiarisce inoltre che l’integrazione dell’istanza, i documenti e le informazioni rilevanti possono essere presentati entro il 30 settembre 2017.

 

Per esplicita previsione del comma 1 del nuovo articolo 5-octies, alle istanze della nuova voluntary si applicano:

§  le norme generali sulla voluntary disclosure internazionale: si tratta degli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 sulla collaborazione volontaria internazionale, come introdotti dalla legge n. 186 del 2014;

§  l’articolo 1, commi 2-5 della medesima legge n. 186, così confermando la possibilità di avvalersi della riapertura della collaborazione volontaria anche per le violazioni “nazionali”, ossia le violazioni dichiarative relative alle imposte erariali (imposte sui redditi e addizionali, imposte sostitutive, IRAP, IVA) e dei sostituti d'imposta;

§  l’articolo 2, comma 2, lettere b) e b-bis) del D.L. n. 153 del 2015, dunque l’assoggettamento ad aliquota del 5 per cento per le prestazioni previdenziali provenienti dalla Svizzera e, nell’ambito delle procedure di collaborazione volontaria, l’estensione dell'esonero dagli obblighi dichiarativi - previsto in favore dei lavoratori frontalieri per il conto corrente estero su cui sono accreditati lo stipendio e gli altri emolumenti anche agli eventuali cointestatari o beneficiari di procure e deleghe su tale conto.

 

Le richiamate disposizioni si applicano in quanto compatibili e con alcune modifiche apportate dalle norme in esame.

Si precisa che le istanze sono presentate con modalità che verranno stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

In particolare, le disposizioni in commento chiariscono (comma 1, lettera a) dell’articolo 5-octies) che le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016.

In deroga al principio dell’irretroattività delle norme tributarie, di cui all’articolo 3 dello Statuto del contribuente, legge n. 212 del 2000, la disposizione in esame prevede lo slittamento al 31 dicembre 2018 dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, nonché per la contestazione delle sanzioni tributarie (rispettivamente, di cui all’articolo 43 del DPR n. 600 del 1973, all’articolo 57 del DPR n. 633 del 1972 e all’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 472 del 1997), ove essi scadano a decorrere dal 1° gennaio 2015, per le sole attività oggetto di collaborazione volontaria ai sensi delle norme in esame.

La proroga dei termini di accertamento è limitata agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura di collaborazione volontaria, per tutte le annualità e le violazioni oggetto della procedura stessa.

Le norme in esame prorogano anche i termini di decadenza per l’accertamento e di contestazione delle sanzioni con riferimento alle istanze presentate per la prima volta ai sensi della precedente disciplina della voluntary disclosure, i cui termini sono scaduti il 30 novembre 2015 (articolo 5-quater, comma 5 del D.L. n. 167 del 1990).

La relazione illustrativa chiarisce che tale slittamento si riferisce alle istanze presentate a decorrere dal 1° ottobre 2015, in relazione alla riapertura dei termini per la voluntary disclosure prevista dal decreto-legge n. 153 del 2015.

Per tali istanze i termini che scadono dal 1° gennaio 2015 sono prorogati dal 31 dicembre 2016 al 30 giugno 2017.

Già la precedente voluntary disclosure disponeva, infatti, lo slittamento dei termini di decadenza per l’accertamento delle imposte e di contestazione delle sanzioni tributarie (ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5-quater del D.L. n. 167 del 1990).

 

L’articolo 5-quater, comma 1, lettera c) esonera, per le sole attività oggetto della nuova apertura della collaborazione volontaria (cd. nuova voluntary) i soggetti interessati dalla presentazione delle dichiarazioni sugli investimenti all'estero e sulle attività estere di natura finanziaria, limitatamente al 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza, a specifiche condizioni.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge n. 167 del 1990, le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i titolari effettivi dell'investimento.

 

Analogamente, con riferimento alle attività estere suscettibili di generare redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, nonché per i redditi derivanti dall’investimento in azioni o quote di fondi comuni di investimento non conformi alla normativa UE sugli organismi di investimento collettivo (direttiva 2009/65/CE), per i quali è versata l’Irpef con l’aliquota massima oltre alla addizionale regionale e comunale, è previsto l’esonero dalla indicazione dei redditi nella relativa dichiarazione.

 

Una prima condizione per gli esoneri dichiarativi è l’indicazione analitica di tali informazioni nella relazione di accompagnamento all’istanza di voluntary disclosure.

Inoltre per essere esonerati dall’obbligo dichiarativo occorre spontaneamente versare in unica soluzione, entro il 30 settembre 2017, quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e, ove applicabili, sanzioni ridotte nei termini previsti dalle norme sul ravvedimento operoso (di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 472 del 1997), per il 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera d) esclude la punibilità per il reato di autoriciclaggio, limitatamente alle attività oggetto della riapertura della collaborazione volontaria, ove le condotte penalmente rilevanti sono commesse in relazione ad alcuni delitti (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA; sono i reati enumerati dall’articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 167 del 1990), fino alla data del versamento della prima o unica rata delle somme dovute per accedere alla collaborazione volontaria.

Tale disposizione ricalca parzialmente quanto già previsto dalla precedente versione della voluntary disclosure (articolo 5-quinquies, comma 3 del decreto-legge n. 167 del 1990).

Si ricorda che l'articolo 3 della legge n. 186 del 2014 ha introdotto, attraverso l'aggiunta del nuovo articolo 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio, attribuendo rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della provenienza delittuosa.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera e) introduce sostanziali novità con riferimento alle procedure per l’adesione alla collaborazione volontaria.

In particolare, gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento, in unica soluzione, di quanto dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni entro il 30 settembre 2017 senza possibilità di compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Il versamento può essere ripartito in tre rate mensili di pari importo; in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2017. 

 

Per aderire alla voluntary varata nel 2014, il contribuente doveva invece indicare spontaneamente all'amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all'estero, anche indirettamente o per interposta persona. Doveva fornire documenti e informazioni utili alla ricostruzione dei redditi che erano serviti per costituirli, acquistarli o che derivavano dalla loro dismissione o utilizzo a qualunque titolo; il contribuente doveva produrre i documenti e le informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili.

L’amministrazione finanziaria procedeva dunque ad accertare il quantum dovuto, emettendo un avviso di accertamento ovvero invitando il contribuente all’adesione spontanea.

 

Il versamento delle somme dovute comporta i medesimi effetti previsti dalla precedente versione della voluntary (di cui agli articoli 5-quater e 5-quinquies del decreto-legge n. 167).

 

In estrema sintesi, si ricorda che l’articolo 5-quater individua gli elementi principali e l’iter procedurale della collaborazione volontaria.

L’articolo 5-quinquies dispone che, per effetto della collaborazione volontaria, sia garantita la non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi e il pagamento in misura ridotta delle summenzionate sanzioni tributarie. Nei confronti di colui che presta la collaborazione volontaria è esclusa la punibilità per i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA (di cui, rispettivamente, agli articoli 2, 3, 4 e 5, 10-bis e 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 2000).

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 1, comma 5 della legge 186/2014, l'esclusione della punibilità e la diminuzione della pena previste dall'articolo 5-quinquies, comma 1, operano nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti ivi indicati.

La lettera b) del comma 1 esclude la punibilità per il reato di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove commesse in relazione alle summenzionate fattispecie delittuose tributarie (di cui alla già commentata lettera a).

Per quanto riguarda le conseguenze sanzionatorie amministrative derivanti dalla voluntary disclosure, in primo luogo le sanzioni per le violazioni dichiarative relative al quadro RW della dichiarazione sono determinate in misura pari alla metà del minimo edittale al ricorrere di specifiche condizioni; nei casi diversi, la sanzione è determinata nella misura del minimo edittale, ridotto di un quarto. Analogamente sono rideterminate nel minimo edittale, ridotto di un quarto, le sanzioni erogate nei confronti del contribuente che si avvale della procedura di collaborazione volontaria per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute. Sono previste anche specifiche deroghe al procedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW. Specifiche agevolazioni sanzionatorie operano anche nel caso di tempestiva stipula di accordi internazionali volti a migliorare gli scambi informativi fiscali transfrontalieri.

 

Il versamento tempestivo del dovuto comporta che le riduzioni sanzionatorie si applicano alle violazioni degli obblighi dichiarativi relativi agli investimenti all'estero e alle attività estere di natura finanziaria, nonché per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, IRAP, imposta sul valore degli immobili all’estero- IVIE, imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero – IVAFE e IVA, anche in deroga al principio di legalità in materia di sanzioni tributarie, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

 

Per equiparare il trattamento sanzionatorio alla procedura di voluntary disclosure avviata nel 2014, le norme in esame chiariscono che:

§   per le violazioni di obblighi dichiarativi relativi agli investimenti all'estero e alle attività estere di natura finanziaria, si applicano le disposizioni dell’articolo 12, commi 1 e 5 del D.lgs. n. 472 del 1997 (rispettivamente concernenti il concorso di violazioni e l’ipotesi di continuazione).

§  Per quanto riguarda il concorso di violazioni, è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione. Quando più violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo;

§   per le violazioni in materia di imposte, operano le disposizioni dell’articolo 12, comma 8, del medesimo decreto legislativo, ai sensi del quale nei casi di accertamento con adesione, di mediazione tributaria e di conciliazione giudiziale, le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d'imposta;

§   in genere, si applica la riduzione delle misure sanzionatorie prevista dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014, ossia antecedente all’abrogazione da parte della legge di stabilità 2015) per l’adesione ai contenuti dell'invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria;

§  si applica la riduzione di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997, che consente di definire con modalità agevolate i procedimenti di irrogazione delle sanzioni tributarie col pagamento, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di un importo pari ad un terzo della sanzione, e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

 

Si chiarisce che gli effetti favorevoli penali e sanzionatori decorrono dal versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della terza rata; in tali casi l’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria mediante posta elettronica certificata.

 

Le norme in commento disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento delle somme dovute entro il 30 settembre 2017 (comma 1, lettera f) dell’articolo 5-octies).

Si rammenta che il comma 10 dell’articolo 5-quinquies reca le conseguenze del mancato versamento tempestivo delle somme dovute per effetto della collaborazione volontaria varata nel 2014: in tale ipotesi, la procedura di collaborazione volontaria non si perfeziona e non si producono gli effetti penali e tributari. In tal caso l'Agenzia delle entrate notifica, anche in deroga ai termini ordinari di decadenza dal potere di accertamento e di irrogazione della sanzione un nuovo avviso di accertamento e un nuovo atto di contestazione, con la rideterminazione della sanzione entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello di notifica dell’invito a comparire, o a quello di redazione dell'atto di adesione o di notifica dell'atto di contestazione.

 

Stante la diversità della procedura -  che, come si è visto in precedenza -  per la “nuova” voluntary prevede un computo spontaneo del quantum dovuto da parte del contribuente, in linea generale si consente all’Agenzia delle entrate, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria e limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura e per tutte le annualità e le violazioni oggetto della stessa di procedere -  fino al 31 dicembre 2018 – mediante le procedure previste dalle norme in tema di definizione dell’accertamento con adesione all’invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria, di cui all'articolo 5, commi da 1-bis a 1-quinquies del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nel testo vigente alla data del 30 dicembre 2014.

 

Al riguardo si rammenta che la legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 637 a 640 della legge n. 190 del 2014) ha modificato sostanzialmente le modalità, i termini e le agevolazioni connesse all’istituto del ravvedimento operoso, al fine di consentirne l’accesso anche oltre i termini previsti dalle norme previgenti; si consente così usufruire senza limiti di tempo dell’istituto del ravvedimento operoso, con una riduzione automatica delle sanzioni che tanto sarà più vantaggiosa, quanto più vicino il “ravvedimento” sarà al momento in cui sorge l’adempimento tributario. Con finalità di rendere coerente il nuovo “ravvedimento” con l’attuale impianto normativo sono stati eliminati gli istituti della definizione dell’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio e dell’adesione ai processi verbali di constatazione, con efficacia differita agli atti notificati o consegnati dal 31 dicembre 2016.

In particolare la lettera c), punto 1) del comma 637 della legge di stabilità 2015 ha in particolare eliminato l’istituto che consentiva di definire l’accertamento mediante adesione ai contenuti dell’invito al contraddittorio, di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai commi da 1-bis a 1-quinquies. In estrema sintesi, il contribuente poteva definire l’accertamento anche mediante adesione a specifico invito a comparire presso l’Amministrazione finanziaria, mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione. Nel caso di adesione le sanzioni applicabili (un terzo del minimo edittale) erano ridotte alla metà (un sesto del minimo).

 

In tale ipotesi, l’autore della violazione può versare le somme dovute in base all’invito a comparire innanzi all’amministrazione finanziaria (di cui all'articolo 5, comma 1, del menzionato decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218) entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, secondo le modalità indicate per l’adesione ai contenuti dell'invito, ovvero le somme dovute in base all'accertamento con adesione, entro venti giorni dalla redazione dell'atto, oltre alle somme dovute in base all'atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi entro il termine per la proposizione del ricorso (ai sensi del già richiamato articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472) senza avvalersi della compensazione.

Nel caso si sia scelto un pagamento rateale, il mancato pagamento anche di una delle rate comporta il venir meno degli effetti della procedura.

Inoltre, nella nuova procedura di collaborazione volontaria, per tutti gli atti che per legge devono essere notificati al contribuente si applicano, in deroga ad ogni altra disposizione di legge, le modalità di notifica tramite posta elettronica certificata; nel caso di notifica tramite posta elettronica certificata effettuata ai sensi del periodo precedente, non è possibile ripetere le spese di notifica nei confronti del destinatari.

 

L’articolo 5-octies, comma 1, lettera g) disciplina le conseguenze sanzionatorie del mancato o insufficiente versamento spontaneo delle somme dovute. In particolare, le norme in commento differenziano il trattamento riservato al mancato versamento da quello previsto per il versamento insufficiente; inoltre, per il caso di insufficiente versamento sono previste conseguenze sanzionatorie diverse secondo lo scostamento dal quantum dovuto.

In particolare, se gli autori delle violazioni non provvedono spontaneamente al versamento delle somme dovute entro il 30 settembre 2017, in deroga all’articolo 5-quinquies, comma 4, le sanzioni per la violazione degli obblighi dichiarativi (di cui all'articolo 5, comma 2 del D.L. 167 del 1990), sono determinate in misura pari al 60 per cento del minimo edittale (dunque 1,8 per cento dell’ammontare non dichiarato ovvero 3,6 per cento delle medesime somme, per le attività in Paesi black list) qualora ricorrano le seguenti ipotesi:

a) trasferimento delle attività in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l'Italia, inclusi nella cd. white list;

b) detenzione delle attività in Italia o nei predetti Stati

c) rilascio all'intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute l'autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria. Negli altri casi, le sanzioni sono determinate in misura pari all’85 per cento del minimo edittale (2,55 per cento dell’ammontare non dichiarato ovvero 5,1 per cento per attività in Paesi black list).

La medesima misura dell’85 per cento del minimo edittale si applica anche alle violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle attività produttive, di imposta sul valore degli immobili all’estero, di imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute.

 

Nel caso di versamento insufficiente, fermo restando quanto versato l’Agenzia provvede a recuperare le somme ancora dovute, calcolate secondo quanto previsto per il mancato versamento, con una maggiorazione del 10 per cento:

§  se il versamento è insufficiente per una frazione superiore al 10 per cento delle somme da versare, ove le relative somme siano afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attività suscettibili di generare tali redditi;

§  ovvero se il versamento è insufficiente per una frazione superiore al 30 per cento delle somme da versare, negli altri casi.

 

Analoga procedura di recupero da parte dell’Agenzia delle entrate è prevista, con una maggiorazione del 3 per cento ove gli autori delle violazioni provvedano ad un versamento insufficiente:

§  per una frazione inferiore o uguale al 10 per cento delle somme da versare, se tali somme sono afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attività suscettibili di generare tali redditi;

§   per una frazione inferiore o uguale al 30 per cento delle somme da versare negli altri casi.

 

Si prevede infine che, se il versamento spontaneo eccede il quantum dovuto, gli autori delle violazioni possono chiedere che l’eccedenza sia versata a rimborso o richiederne la compensazione.

 

Ai sensi della lettera h), la misura agevolata delle sanzione al 3 per cento dell’ammontare non dichiarato, prevista dall'articolo 5-quinquies, comma 7 del decreto-legge n. 167 del 1990 ai soli fini della collaborazione volontaria, in relazione alle violazioni dichiarative in tema di monitoraggio fiscale, per attività e investimenti detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, trova applicazione anche:

§  nel caso di entrata in vigore, prima del 24 ottobre 2016, di un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali, ai sensi di quanto richiesto dal modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE,

§  prima della medesima data, nel caso di entrata in vigore di un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni, elaborato nel 2002 dall'OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA).

 

La lettera i) del comma 1 introduce una nuova ipotesi di reato, attribuendo rilevanza penale alle condotte di chiunque, fraudolentemente, si avvalga della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attività finanziarie e patrimoniali o denaro contante  provenienti da reati diversi da quelli per cui la voluntary preclude la punibilità (ai sensi dell'articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 167 del 1990), prevedendo che a tali ipotesi si applichi la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Si tratta della medesima pena prevista per il delitto (articolo 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990) di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria.

 

Resta ferma l'applicabilità dei reati di riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di autoriciclaggio ove ne ricorrano i presupposti di legge (articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 del codice penale), nonché del reato di trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306).

 

Con una norma analoga a quanto previsto per la voluntary varata nel 2014, il comma 2 dell’articolo 5-octies prevede che, ove sia entrato in vigore prima del 24 ottobre 2016 un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni fiscali, ai sensi di quanto richiesto dal modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’OCSE, ovvero un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni, elaborato nel 2002 dall'OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA), non si applica il raddoppio delle sanzioni previsto dall'articolo 12, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 nel caso di attività detenute all’estero.

 

L’articolo 12, comma 2 del richiamato D.L. 78/2009 ha introdotto, in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, una presunzione legale iuris tantum, secondo cui gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati da decreti ministeriali, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione relativi al quadro RW, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.

In tale caso le sanzioni previste per le violazioni dichiarative dall'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 sono raddoppiate; sono raddoppiati altresì (comma 2-bis) i termini di accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA e per la contestazione delle sanzioni (comma 2-ter).

 

Il citato raddoppio dei termini di accertamento e contestazione non opera se ricorrono congiuntamente, anche le seguenti condizioni (previste dall'articolo 5-quinquies, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 167 del 1990):

a)            le attività vengono trasferite in Italia o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l'Italia, inclusi nella cd. white list;

b)            le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute;

c)            l'autore delle violazioni dichiarative rilascia all'intermediario finanziario estero, presso cui le attività sono detenute, l'autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria;

d)            nelle predette ipotesi, l'autore della violazione trasferisce, successivamente alla presentazione della richiesta, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dell'Italia o di uno degli Stati white list rilasciando tempestivamente l’autorizzazione a trasmettere le informazioni rilevanti alle autorità finanziarie italiane.

 

Il comma 3 dell’articolo 5-octies,  analogamente a quanto disposto dalla legge n. 186 del 2014, estende la procedura di collaborazione volontaria ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale (ad es. enti e società di capitali, soggetti a IRES ai sensi dell'articolo 73 del TUIR) autori di violazioni dichiarative per attività detenute in Italia, ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP e dell'IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta (articolo 1, commi 2-4 della legge 186 del 2014).

Analogamente alle modifiche apportate al comma 1, durante l’esame parlamentare del decreto è stato chiarito che resta impregiudicata la facoltà di presentare l'istanza per la voluntary nazionale se, in precedenza, ci si è avvalsi - entro il 30 novembre 2015 – della collaborazione volontaria limitatamente ai profili internazionali.

Come chiarito dalle Entrate in occasione dei chiarimenti forniti per la voluntary disclosure varata nel 2014, con l’estensione della procedura di collaborazione volontaria viene riconosciuta la possibilità a chi ha commesso violazioni, negli ambiti impositivi indicati dalla norma, di regolarizzare la propria posizione fiscale, indipendentemente dalla circostanza che questa riguardi anche consistenze illecitamente detenute all’ estero, fermo restando il pagamento delle imposte dovute nonché delle relative sanzioni, per quanto, queste ultime, siano dovute in misura ridotta.

 

La procedura di collaborazione volontaria può essere utilizzata per sanare violazioni degli obblighi di dichiarazione relativi ad attività detenute in Italia, purché commesse fino al 30 settembre 2016. A tali violazioni si applicano - sostanzialmente - le procedure sopra descritte per la riapertura della voluntary internazionale.

Il comma 3 inoltre, in seno alle procedure di voluntary “nazionale” contiene specifiche indicazioni nel caso in cui la collaborazione volontaria abbia ad oggetto contanti o valori al portatore.

In tale ipotesi, come specificato durante l’esame parlamentare del provvedimento, si presume -  salva prova contraria - che essi siano derivati da redditi conseguiti, in quote costanti, a seguito di violazione degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti di imposta, commesse nell'anno 2015 e nei quattro periodi d'imposta precedenti.

In tal caso i contribuenti:

-       rilasciano, unitamente alla presentazione dell'istanza, una dichiarazione in cui attestano che l'origine di tali valori non deriva da reati diversi da quelli previsti dall'articolo 5-quinquies, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione, di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento IVA, di cui rispettivamente agli articoli 2, 3, 4 e 5, 10-bis e 10-ter del D.lgs. n. 74 del 2000; riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove commesse in relazione alle citate fattispecie delittuose tributarie);

-       provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati, all'apertura e all'inventario in presenza di un notaio, che ne accerti il contenuto all'interno di un apposito verbale, di eventuali cassette di sicurezza presso le quali i valori oggetto di collaborazione volontaria sono custoditi;

-       provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati al versamento dei contanti e al deposito valori al portatore presso intermediari finanziari, a ciò abilitati, su un rapporto vincolato fino alla conclusione della procedura.

Per i professionisti e intermediari che assistono i contribuenti nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, restano fermi gli obblighi antiriciclaggio (di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modificazioni). A tal fine, in occasione degli adempimenti previsti per l'adeguata verifica della clientela, i contribuenti dichiarano modalità e circostanze di acquisizione dei contanti e valori al portatore oggetto della procedura

 

La legge n. 186 del 2014 non recava specifiche indicazioni al riguardo, che sono state fornite tuttavia dall’Agenzia delle entrate con la Circolare n. 27/E del 16 luglio 2015, con la quale sono stati dati chiarimenti in ordine all’emersione di contante o altri valori depositati in cassette di sicurezza nell’ambito delle procedure di voluntary disclosure.

In particolare, l’Agenzia ha risposto ad un quesito avente ad oggetto la possibilità, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria disciplinata dalla legge 186 del 2014, di far emergere valori ubicati in Italia in cassette di sicurezza o in altri luoghi (ad esempio, contante conservato nella propria abitazione).

L’Agenzia in merito rilevava che la procedura di collaborazione volontaria internazionale del 2014 consentiva ai contribuenti di far emergere le disponibilità detenute all’estero, nonché i redditi connessi a queste stesse ed i maggiori imponibili frutto di evasione nazionale non connessi con suddette attività all’estero. Nella sua accezione nazionale, invece, la procedura consentiva a tutti i contribuenti di definire le violazioni degli obblighi dichiarativi ai fini delle imposte indicate all’articolo 1, comma, 2 del decreto legge. Secondo l’Agenzia, la procedura nazionale è dunque finalizzata a denunciare in modo spontaneo e completo tutte le violazioni fiscali commesse nelle annualità d’imposta accertabili e non può in alcun modo essere utilizzata per ottenere una certificazione circa l’irrilevanza fiscale della disponibilità di valori in Italia fuori dal circuito degli intermediari finanziari (ad esempio denaro contante).

Il contribuente che intendesse avvalersi di tale procedura era dunque tenuto a far emergere esclusivamente i valori a sua disposizione in Italia frutto di evasione fiscale in periodi d’imposta ancora aperti, fornendo ogni utile informazione e documento relativo alle violazioni dichiarative commesse, indicando, altresì, la disponibilità dei valori frutto di evasione fiscale come prova della stessa. La disponibilità di valori fuori dal circuito finanziario e frutto di evasione fiscale nei periodi d’imposta per i quali non fosse decaduta la potestà di accertamento poteva, a propria volta, essere provata unicamente col versamento di tali valori presso un intermediario abilitato su un conto corrente intestato al beneficiario economico delle somme, appositamente acceso a seguito dell’attivazione della procedura. Risultava evidente come i valori detenuti in Italia, sia nel circuito degli intermediari finanziari che fuori dallo stesso, che non fossero oggetto di evasione fiscale in periodi d’imposta ancora aperti e che non fossero detenuti all’estero in violazione degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale, fossero irrilevanti ai fini del perfezionamento della procedura. Si chiariva che restava salva la possibilità per l’Agenzia, nel caso tali somme dovessero emergere in un momento successivo, di effettuare le opportune valutazioni per le eventuali iniziative di competenza.

 

Il comma 2 dell’articolo 7 in esame dispone che le disposizioni attuative della disciplina modificativa della voluntary disclosure sono adottate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in commento.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta una disposizione in favore dei contribuenti che si sono avvalsi delle disposizioni sulla voluntary internazionale disciplinata dalla legge n. 186 del 2014.

Nei loro confronti non si applicano le sanzioni per l’omissione di adempimenti dichiarativi riferiti alle attività detenute all’estero, per i periodi d'imposta successivi a quelli per i quali si sono perfezionati gli adempimenti connessi alle disposizioni di cui alla legge n. 186 del 2014, a condizione che gli adempimenti dichiarativi siano eseguiti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

In sostanza, con le disposizioni introdotte in sede parlamentare viene introdotta una forma di sanatoria per i soggetti che hanno già esperito la voluntary internazionale e, negli anni successivi, hanno omesso di dichiarare attività e investimenti esteri, purché adempiano entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni in esame (legge di conversione del decreto.

 

Il comma 3 introduce due commi all’articolo 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in tema di potenziamento dell’attività di accertamento fiscale da parte degli enti locali.

In particolare (introdotto comma 17-bis) si richiede che i comuni debbano inviare, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, i dati dei richiedenti all’Agenzia delle entrate, al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati. Le modalità effettive di comunicazione e i criteri per la creazione delle liste sono disciplinati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione (24 gennaio 2017). 

Restano fermi gli obblighi di comunicazione all'Agenzia delle entrate di cui al comma 16 del medesimo articolo 83, ai sensi del quale i comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, confermano all'Ufficio dell'Agenzia delle entrate competente per l'ultimo domicilio fiscale che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale.

Ai sensi dell’introdotto comma 17-ter, in fase di prima attuazione delle predette disposizioni, le attività dei comuni e dell'Agenzia delle entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l'iscrizione nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero a decorrere dal 1° gennaio 2010. Ai fini della formazione delle liste selettive si tiene conto della eventuale mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria.

 


Articolo 7-bis
(Introduzione di indici sintetici di affidabilità per la promozione dell'osservanza degli obblighi fiscali, per la semplificazione degli adempimenti e per la contestuale soppressione della disciplina degli studi di settore)

 

L'articolo 7-bis abolisce gli studi di settore, in sostituzione dei quali sono introdotti, dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, con D.M., indici sintetici di affidabilità fiscale, cui sono collegati livelli di premialità per i contribuenti più affidabili, anche in termini di esclusione o riduzione dei termini per gli accertamenti, al fine di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e il rafforzamento della collaborazione tra l'Amministrazione finanziaria e contribuenti.

 

Il comma 1 prevede che, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, il Ministro dell'economia e delle finanze individua con decreto indici sintetici di affidabilità fiscale cui collegare livelli di premialità per i contribuenti più affidabili. La premialità può configurarsi "anche" nell'esclusione o nella riduzione dei termini per gli accertamenti. Tale previsione è volta a promuovere l'adempimento degli obblighi tributari e il rafforzamento della collaborazione tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti.

 

A riguardo si osserva che l'utilizzo del termine "anche" connesso alle "ipotesi di premialità definibili con decreto ministeriale" potrebbe tradursi in un eccesso di discrezionalità amministrativa con riferimento a un profilo particolarmente sensibile per i suoi riflessi in termini di probabilità di assoggettare ad accertamento i contribuenti.

Da ultimo, andrebbero opportunamente valutate e motivate, in particolare in ottica di gettito fiscale, le due tendenze contrastanti tra la maggiore propensione all'adempimento riferibile alla percezione di un'amministrazione fiscale più collaborativa e la minore propensione all'adempimento riferibile alla percezione di una minore probabilità di incappare nelle maglie dell'attività accertativa.

 

 

Il comma 2 prevede che, contestualmente all'adozione degli indici di cui al comma precedente, cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore previsti dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e ai parametri previsti dall'articolo 3, commi da 181 a 189, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

 

Il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331 su "Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei Centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie" reca all'articolo 62-bis la disciplina degli studi di settore in base alla quale gli uffici del Dipartimento delle Finanze del MEF sentite le associazioni professionali e di categoria elaborano, in relazione ai vari settori economici, studi al fine di rendere più efficace l'azione accertatrice e di consentire una più articolata determinazione dei coefficienti presuntivi di compensi e di ricavi.

La legge 28 dicembre 1995, n. 549 recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" disciplina ai commi da 181 a 189 dell'articolo 3 in estrema sintesi le fattispecie individuate nelle more della determinazione degli studi di settore. In particolare, il comma in esame si riferisce ai parametri che l'allora Ministero delle finanze-Dipartimento delle entrate elaborava e in base ai quali poteva determinare i ricavi, i compensi ed il volume d'affari attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della attività svolta dal medesimo. Il sistema prevedeva l'identificazione, in riferimento a settori omogenei di attività, di campioni di contribuenti che avevano presentato dichiarazioni dalle quali si rilevavano coerenti indici di natura economica e contabile. Sulla base degli stessi venivano poi determinati parametri che tenessero conto delle specifiche caratteristiche della attività esercitata.

 

A riguardo valgono le osservazioni di cui al comma precedente.

 

Box - Il passaggio dal modello "Studi di Settore" a quello " indici di affidabilità/compliance"

Al fine di comprendere al meglio le novità che, potenzialmente, potrebbero essere introdotte con il nuovo approccio che vede il passaggio dal sistema degli studi di settore a quello degli indici di affidabilità/compliance, può essere utile riproporre quanto illustrato dalla Sose in una presentazione su "STUDI DI SETTORE - E(ri)voluzione dell’istituto sperimentazione di innovazioni metodologiche".

Lo scorso 7 settembre, presso la sede della SOSE, si è tenuta infatti una riunione della Commissione degli Esperti per gli studi di settore durante la quale sono state presentate ad Associazioni di Categoria ed Ordini Professionali proposte di innovazione metodologica nell'ambito del rapporto fisco-contribuente.

Nel comunicato si legge che il nuovo strumento, che consentirà il superamento degli studi di settore e l’abbandono del loro utilizzo come strumento di accertamento presuntivo, verrà messo a punto con gradualità. Intanto l’ampliamento della sperimentazione assume priorità già da oggi.

L’indicatore di compliance è un dato sintetico che fornisce, su scala da uno a dieci, il grado di affidabilità del contribuente. Se il contribuente raggiunge un grado elevato avrà accesso al sistema premiale che prevede oggi, l’esclusione da alcuni tipi di accertamento e una riduzione del periodo di accertabilità.

Il nuovo indicatore sarà articolato in base all’attività economica svolta in maniera prevalente, con la previsione di specificità per ogni attività o gruppo di attività. Verrà costruito sulla base di una metodologia statistico-economica innovativa che prende in considerazione molteplici elementi:

- gli indicatori di normalità economica (finora utilizzati per la stima dei ricavi) diventeranno indicatori per il calcolo del livello di affidabilità;

- invece dei soli ricavi saranno stimati anche il valore aggiunto e il reddito d’impresa;

- il modello di regressione sarà basato su dati panel (8 anni invece di 1) con più informazioni e stime più efficienti;

- il modello di stima coglierà l’andamento ciclico senza la necessità di predisporre ex-post specifici correttivi congiunturali (cd correttivi crisi);

- una nuova metodologia di individuazione dei modelli organizzativi consentirà la tendenziale riduzione del numero, una maggiore stabilità nel tempo e assegnazione più robusta al cluster.

Al singolo contribuente saranno comunicati, attraverso l’Agenzia delle Entrate, il risultato dell’indicatore sintetico e le sue diverse componenti, comprese quelle che appaiono incoerenti. In questo modo il contribuente sarà stimolato ad incrementare l’adempimento spontaneo e incentivato a interloquire con l’Agenzia delle Entrate per migliorare la sua posizione sul piano dell’affidabilità.

In estrema sintesi le 10 principali novità saranno:

 

 


Articolo 7-ter
(Autorità nazionale anticorruzione)

L'articolo reca una esenzione dell'Autorità nazionale anticorruzione dal vincolo di riduzione delle spese di funzionamento.

 

L'esenzione qui disposta è di: 1 milione di euro per l'anno 2016; 10 milioni annui, a decorrere dall'anno 2017.

È esenzione rispetto al vincolo di riduzione delle spese di funzionamento, prescritto dal decreto-legge n. 90 del 2014 (suo articolo 19, comma 3, lettera c)).

Quel decreto-legge infatti - nel disporre la soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) e il trasferimento dei suoi compiti e funzioni all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), nonché ridefinire le attribuzioni spettanti all’ANAC e trasferire al Dipartimento della funzione pubblica le funzioni, fino ad allora svolte dall’ANAC, in materia di misurazione e valutazione della performance - venne a prevedere che il Presidente dell'ANAC presentasse (al Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 31 dicembre 2014) un piano per il riordino della Autorità. Tale piano doveva prevedere: il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali, necessarie per lo svolgimento delle funzioni innanzi dell’AVCP, con confluenza del personale in servizio presso l'ANAC e presso la soppressa AVPC in un unico ruolo (articolo 19, comma 3, lettera a)); la riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti (lettera b)); la riduzione delle spese di funzionamento in misura non inferiore al venti per cento (lettera c)).

Dunque rispetto alla riduzione delle spese di funzionamento dell'ANAC in misura non inferiore al venti per cento (disposta dal citato articolo 19, comma 3, lettera c) del decreto-legge n. 90 del 2014) si viene ora a prevedere una esenzione, nella misura di 1 milione per il 2016 e 10 milioni a decorrere dal 2017.

La compensazione degli effetti finanziari (in termini di fabbisogno e di indebitamento netto) di tale previsione è a valere sul Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

 

Il Fondo sopra rammentato è posto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. Esso è finalizzato alla compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del comma 177-bis dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (come introdotto dal comma 512 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007), ed ha una dotazione in termini di sola cassa.

Il fondo – già istituito, limitatamente all’anno 2007, dall’articolo 1, comma 511, della legge finanziaria per il 2007 – è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative.

Per un più dettagliato excursus storico, si ricorda che i commi 511 e 512 dell'articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) sono intervenuti ad integrazione della disciplina dei contributi pluriennali, contenuta nella legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003), articolo 4, comma 177, con il fine di garantire che dall'utilizzo delle risorse relative ad autorizzazioni legislative riguardanti limiti di impegno o contributi pluriennali derivino effetti sui conti pubblici compatibili con gli obiettivi programmati.

Si ricorda in proposito che la legge finanziaria per il 2004, al citato articolo 4, comma 177, ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, la trasformazione dei limiti di impegno - cioè degli stanziamenti pluriennali di importo costante che corrispondono a contributi da erogarsi a carico del bilancio dello Stato in favore di soggetti non statali, finalizzati a permettere l’accensione di mutui per la realizzazione di investimenti – in contributi pluriennali dello Stato.

Lo scopo principale della trasformazione dei limiti di impegno in contributi pluriennali con la previsione di un concorso parziale da parte dello Stato (ai sensi del richiamato comma 177) è stato, in sostanza, di evitare che lo Stato, a seguito dell’autorizzazione di limiti di impegno, potesse di fatto configurarsi come contraente diretto di mutui, con conseguente imputazione – secondo le regole contabili europee del SEC95 - nel primo esercizio di attivazione dei relativi effetti sull’indebitamento netto del conto delle amministrazioni pubbliche e sul livello del debito. Con lo strumento del contributo pluriennale, avrebbe dovuto essere computata ai fini dell’indebitamento netto soltanto la quota iscritta in bilancio e corrispondente alla rispettiva annualità.

Si è posto tuttavia un problema in relazione agli interventi da finanziare comunque mediante l’attivazione di specifici mutui, per i quali i soggetti attuatori non possono concorrere con proprie risorse al pagamento della relativa rata di ammortamento.

In questi casi, poiché la loro attivazione sarebbe stata produttiva di impatto non previsto sui saldi di contabilità nazionale, l’articolo 1, comma 511 della legge finanziaria per il 2007 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, nonché l’utilizzo del predetto fondo secondo una procedura, la cui disciplina –contenuta nel successivo comma 512 – è andata ad integrare quella della dell’articolo 4, comma 177 (essa è stata infatti inserita quale comma 177-bis dell’articolo 4 della legge n. 350/2003).

La procedura prevista dal citato comma 512 ha poi disposto l’utilizzo dei contributi pluriennali subordinato ad un apposito decreto emanato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli già previsti dalla legislazione vigente.


Articolo 7-quater
(
Disposizioni in materia di semplificazione fiscale)

 

 

L’articolo 7-quater reca disposizioni eterogenee di semplificazione fiscale.

 

Il comma 1 elimina la presunzione legale di evasione relativa ai compensi dei professionisti in riferimento ai rapporti bancari.

La norma in esame prevede che i dati bancari sono posti a base degli accertamenti da parte dell’amministrazione finanziaria, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine. Alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni (articolo 32, comma 1, n. 2, del D.P.R. n. 600 del 1973, in materia di accertamento delle imposte dirette).

La lettera a) del comma 1, espungendo le parole “o compensi”, elimina il riferimento ai soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo. In tal modo la norma viene adeguata alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della disposizione citata limitatamente alle parole “o compensi” con riferimento alla presunzione relativa ai prelievi da parte dei professionisti.

In particolare la Corte Costituzionale con la sentenza n. 228 del 2014 ha ritenuto arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito. Si ricorda che l’estensione ai “compensi” dei professionisti è stata disposta dall'articolo 1, comma 402, della legge n. 311 del 2004.

 

La lettera b), con riferimento ai titolari di reddito di impresa (i quali percepiscono “ricavi”: articoli 57 e 85 del TUIR), indica un parametro quantitativo oltre il quale scatta la presunzione di evasione per i prelievi o i versamenti di importo superiore a 1000 euro giornalieri e a 5.000 euro mensili.

 

Il comma 2 modifica la disciplina per la conversione in euro dei bilanci delle stabili organizzazioni all’estero di imprese italiane (articolo 110, comma 2, del TUIR). Si prevede che la conversione in euro si effettua secondo il cambio utilizzato in bilancio in base ai corretti principi contabili (in luogo dell’attuale cambio alla data di chiusura dell'esercizio), a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (comma 3).

 

Il comma 4, in tema di bilancio consolidato, prevede che l'importo della riserva di traduzione, risultante dal bilancio relativo al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016, che abbia concorso alla formazione del reddito imponibile, è riassorbito in cinque quote costanti a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 5 include tra le spese deducibili dal reddito di lavoro autonomo quelle relative alle prestazioni di viaggio e di trasporto, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 (modifica all’art. 54, comma 5, del TUIR).

 

I commi 6, 7 e 8 disciplinano la notifica mediante posta certificata degli avvisi di accertamento e degli altri atti che devono essere notificati alle imprese individuali, alle società o ai professionisti a decorrere dal 1 luglio 2017. Per l’attuazione di tale disciplina è previsto un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.

In particolare il comma 6, integrando l’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 (in tema di accertamento), prevede che, in deroga alle modalità di notificazione previste dalla normativa vigente (e in particolare in deroga all’articolo 149-bis c.p.c.: notificazione a mezzo posta elettronica) la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi può essere effettuata direttamente dal competente ufficio a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). È quindi disciplinato il caso della casella satura, prevedendosi un secondo invio e quindi il deposito telematico. Si definisce il momento in cui la notificazione si intende comunque perfezionata.

 

I commi 9-13 aggiornano la disciplina della notifica mediante posta certificata della cartella di pagamento, con il riferimento all’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata.

In particolare il comma 9, modificando l’articolo 26 del D.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di riscossione), specifica che la notifica della cartella di pagamento avviene all'indirizzo del destinatario risultante dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell'INI-PEC, all'indirizzo dichiarato all'atto della richiesta. Viene quindi richiamata la normativa introdotta dal comma 6 all’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973.

Si ricorda che la notifica della cartella di pagamento tramite posta certificata è stata prevista inizialmente dall’articolo 14 del D.Lgs. n. 159 del 2015 (semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione, in attuazione della delega fiscale).

Il comma 10 dispone che per soddisfare l'esigenza di massima tutela giurisdizionale del debitore iscritto a ruolo, le notificazioni delle cartelle e degli altri atti della riscossione relative alle imprese individuali, alle società, ai professionisti iscritti in albi o elenchi e agli altri soggetti che hanno richiesto la notificazione all'indirizzo di posta elettronica certificata, eventualmente eseguite nel periodo dal 1° giugno 2016 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto con modalità diverse dalla posta elettronica certificata, sono rinnovate mediante invio all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario e i termini di impugnazione degli stessi atti decorrono, in via esclusiva, dalla data di rinnovazione della notificazione.

Il comma 11 prevede che la notificazione degli atti relativi alle operazioni catastali e alle correlate sanzioni, che per legge devono essere notificate ai soggetti obbligati alle dichiarazioni di aggiornamento, può essere eseguita direttamente dal competente ufficio, oltre che con le modalità già previste dalle disposizioni vigenti, anche a mezzo di posta elettronica certificata, con le modalità previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, all'indirizzo risultante dagli elenchi istituiti a tale fine dalla legge. Il comma 12 stabilisce che per tali notifiche si applicano le sopraddette disposizioni introdotte all’articolo 60 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il comma 13 prevede la decorrenza dal 1° luglio 2017 delle norme previste dai commi 11 e 12.

 

Il comma 14 posticipa dal 28 febbraio al 31 marzo di ciascun anno il termine per la consegna, ai soggetti interessati, della certificazione unica dei sostituti d’imposta (articolo 4, comma 6-quater del D.P.R. n. 322 del 1998), a decorrere dal 2017 con riferimento alle certificazioni relative al 2016 (comma 15).

 

Il comma 16 prevede la sospensione dei termini, dal 1° agosto al 4 settembre, per la trasmissione di documenti e informazioni richiesti ai contribuenti dall'Agenzia delle entrate o da altri enti impositori, esclusi quelli relativi alle richieste effettuate nel corso delle attività di accesso, ispezione e verifica, nonché delle procedure di rimborso ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (articolo 37, comma 11-bis, del decreto-legge n. 223 del 2006).

 

Il comma 17 prevede la sospensione, dal 1° agosto al 4 settembre, dei termini di 30 giorni previsti per il pagamento delle somme dovute, rispettivamente, a seguito dei controlli automatici, dei controlli formali e della liquidazione delle imposte sui redditi assoggettati a tassazione separata.

L’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462 del 1997 prevede che l'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione relativa ai controlli automatici sulle liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni (imposta sui redditi e IVA), ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tal caso, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione (Riscossione delle somme dovute a seguito dei controlli automatici).

Il comma 1 dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 462 del 1997 prevede che le somme che, a seguito dei controlli formali effettuati ai sensi dell'articolo 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973, risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni, possono essere pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione relativa all’esito del controllo. In tal caso l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ai due terzi e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.

L’articolo 1, comma 412, della legge n. 311 del 2004 prevede che l'Agenzia delle entrate comunica mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai contribuenti l'esito dell'attività di liquidazione, effettuata ai sensi dell'articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata. La relativa imposta o la maggiore imposta dovuta è versata mediante modello di pagamento precompilato dall'Agenzia. In caso di mancato pagamento entro il termine di 30 giorni dal ricevimento dell'apposita comunicazione si procede all'iscrizione a ruolo, con l'applicazione della sanzione e degli interessi previsti dalla legge.

 

Il comma 18 consente la cumulabilità dei termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione al periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale.

Si ricorda che l’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 218 del 1997, prevede che il termine per l’impugnazione davanti alla commissione tributaria provinciale è sospeso per un periodo di 90 giorni dalla data di presentazione dell'istanza di adesione all’accertamento da parte del contribuente.

 

Il comma 19 posticipa dal 16 al 30 giugno il termine per il versamento a saldo dell’IRPEF e dell’IRAP. Anche il termine per i versamenti IRES e IRAP è dal giorno 16 all’ultimo giorno del mese di riferimento. Dalle predette disposizioni in materia di versamenti è soppresso il riferimento alle dichiarazioni unificate (articolo 17, comma 1, del D.P.R. n. 435 del 2001). Tali disposizioni decorrono dal 1° gennaio 2017.

Il comma 20, con finalità di coordinamento, interviene sulle disposizioni in tema di termini per i versamenti IVA, al fine di raccordarsi alle modifiche di cui al comma 19 il quale ha eliminato il riferimento alla dichiarazione unificata annuale (modifica agli articoli 6 e 7 del D.P.R. n. 542 del 1999).

 

Il comma 21 sopprime la comunicazione degli acquisti senza addebito di IVA effettuati nella Repubblica di San Marino da parte degli operatori economici italiani, soggetti passivi IVA (articolo 16, lettera c), del D.M. 24/12/93). Il comma 22 ne prevede l’applicazione a decorrere dalle comunicazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2017.

 

Il comma 23 prevede che non debbano essere indicati nella dichiarazione dei redditi gli immobili situati all'estero per i quali non siano intervenute variazioni nel corso del periodo d'imposta. Rimane fermo l’obbligo di indicazione in dichiarazione dei versamenti relativi all’imposta sul valore degli immobili situati all'estero (IVIE) (modifica all’articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 167 del 1990).

 

Il comma 24 apporta modifiche alla disciplina della cedolare secca sugli affitti (di cui all’articolo 3, comma 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011) stabilendo che la mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga del contratto di locazione non comporta la revoca dell'opzione esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione, qualora il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca, effettuando i relativi versamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione dei redditi.

E’ modificata la disciplina della sanzione per la mancata presentazione delle comunicazioni in ordine ai contratti per cui è stata esercitata l’opzione: oltre al caso di mancata comunicazione della risoluzione del contratto di locazione, si prevede che siano comminate sanzioni anche per la mancata comunicazione della proroga, anche tacita, dei medesimi contratti.

Viene inoltre elevata da 67 a 100 euro la misura di tale sanzione, ridotta a 50 euro (in luogo degli attuali 32 euro) se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.

 

Il comma 25 consente ai soggetti tenuti al pagamento dell'imposta di bollo per gli assegni circolari (di cui all'articolo 10 della tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 642 del 1972) in alternativa alle ordinarie modalità di dichiarazione e versamento, di esercitare apposita opzione per utilizzare le modalità previste dalla legge per il pagamento del bollo in modo virtuale.

Si demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la determinazione delle modalità dell'esercizio dell'opzione. Le disposizioni così introdotte (comma 26) si applicano a decorrere dal 2017.

 

Il comma 27 modifica in più parti le norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986).

In primo luogo (lettera a)), la locuzione "mancato rinnovo", utilizzata dal TUIR con riferimento all'esercizio di opzioni per i regimi fiscali ivi disciplinati, viene sostituita con "revoca". Di conseguenza, con le modifiche proposte, le opzioni esercitabili ai sensi del TUIR si intendono tacitamente prorogate oltre il limite naturale, a meno che non intervenga l'espressa revoca da parte del soggetto interessato.

Si chiarisce che la tacita prosecuzione opera con riferimento all'opzione per il regime di tassazione per trasparenza di cui all'articolo 115 TUIR (lettera b)) e per il consolidato nazionale, di cui all'articolo 117 TUIR (lettera c)); in tale ultimo caso l'ente controllante può scegliere per l'eventuale attribuzione delle perdite residue in caso di interruzione anticipata della tassazione di gruppo, o di revoca dell'opzione.

La lettera d) modifica l'articolo 124 TUIR, concernente la disciplina dell'interruzione della tassazione di gruppo prima del compimento del triennio. Si consente in tale caso, in alternativa all'ordinario criterio di riparto delle perdite – che le pone in capo alla consolidante – di attribuire tali componenti negativi alle società che le hanno prodotte, al netto di quelle utilizzate, e nei cui confronti viene meno il requisito del controllo.

L'utilizzo di tale criterio deve essere comunicato all'Agenzia delle entrate. Entro trenta giorni dal venir meno del requisito del controllo, la società o ente controllante è tenuta a comunicare all'Agenzia delle entrate l'importo delle perdite residue attribuito a ciascun soggetto.

Le modifiche della lettera e) intendono coordinare la disciplina della tassazione di gruppo con le introdotte modifiche sul rinnovo tacito delle opzioni, nonché sulla comunicazione all'erario della distribuzione delle perdite tra i soggetti partecipanti al consolidato (a tal fine modificando l'articolo 125 TUIR).

La lettera f) del comma 27 apporta modifiche alla disciplina del consolidato mondiale (articolo 132, comma 1, TUIR) al fine di consentire anche in tale ipotesi il tacito rinnovo dell'opzione allo scadere del periodo di riferimento.

La lettera g) infine modifica le norme sulla speciale determinazione dell'imponibile delle imprese marittime (cd. tonnage tax), chiarendo che anch'essa è tacitamente rinnovata, salvo revoca, al termine di ciascun decennio (termine di operatività di tale opzione).

Il comma 28 demanda a un decreto ministeriale l'adeguamento delle vigenti norme secondarie alle modifiche in tema di rinnovo tacito delle opzioni.

 

Il comma 29 chiarisce che, per le opzioni da comunicare con dichiarazione dei redditi, ove l'adempimento non sia tempestivamente eseguito, è comunque possibile accedere all'opzione, purché non vi sia stato un inizio di attività di accertamento o di contestazione di sanzioni da parte dell'Amministrazione e in presenza di specifiche condizioni di legge (presenza dei requisiti richiesti dalla normativa di riferimento; comunicazione effettuata entro il termine della prima dichiarazione utile; pagamento delle sanzioni nella misura minima, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012).

Ai sensi del comma 30, le disposizioni sul rinnovo tacito delle opzioni del TUIR e le relative norme di coordinamento (commi 27-29) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

 

Il comma 31 sopprime l'obbligo dell'F24 telematico per i pagamenti superiori a 1000 euro (articolo 11, comma 2, lettera c) del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66).

 

Il comma 32 innalza da 15.000 a 30.000 euro l'ammontare dei rimborsi IVA subordinati a prestazione di apposita garanzia da parte del beneficiario (a tal fine modificando l'articolo 38-bis del D.P.R. n. 633 del 1972).

 

Il comma 33 modifica la disciplina delle comunicazioni e dei versamenti dell'imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio e lungo termine (di cui all'articolo 20 del D.P.R. n. 601 del 1973). In particolare, in luogo della liquidazione da parte degli uffici finanziari, con le modifiche in commento sono gli enti che applicano l'imposta sostitutiva ad effettuarne l'autoliquidazione, previa presentazione di apposita dichiarazione sulle operazioni effettuate entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio (in luogo degli attuali tre).

Sono poi stabilite nuove modalità di versamento dell'imposta, in acconto e a saldo.

In particolare, i soggetti passivi effettuano, entro il termine di presentazione della dichiarazione, il versamento a saldo dell'imposta liquidata. Gli stessi enti provvedono a versare, a titolo di acconto, una somma pari al 95 per cento dell'imposta sostitutiva che risulta dovuta sulle operazioni effettuate nell'esercizio precedente. L'acconto è versato in due rate, la prima nella misura del 45 per cento e la seconda per il restante importo, rispettivamente entro il termine di presentazione della dichiarazione ed entro il sesto mese successivo a detto termine. L’eventuale eccedenza può essere scomputata dal versamento a saldo o in acconto, ovvero rimborsata.

Per quanto riguarda i controlli, l'Agenzia delle entrate si avvale di procedure automatizzate per verificare la regolarità dell'autoliquidazione e dei versamenti dell'imposta. Ove risultino una maggiore imposta dovuta, versamenti in tutto o in parte non eseguiti o versamenti tardivi, si notifica, entro tre anni dalla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, un apposito avviso di liquidazione, con applicazione di interessi e sanzioni previsti per il ravvedimento operoso (articolo 13, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997).

Il comma 34 di conseguenza abroga i vigenti obblighi dichiarativi connessi all'opzione per l'imposta sostitutiva sui finanziamenti (di cui all'articolo 8, comma 4 del decreto-legge n. 90 del 1990) e le vigenti modalità di versamento (articolo 3, commi 3 e 3-bis del decreto-legge n. 151 del 1991).

Il comma 35 chiarisce che le disposizioni su dichiarazioni e versamenti sull'imposta sostitutiva sui finanziamenti (di cui ai commi 33 e 34) si applicano a decorrere dalle operazioni effettuate nell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

 

I commi 36 e 37 ridisciplinano le modalità di riscossione delle tasse ipotecarie e dei tributi speciali (a tal fine sostituendo l'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 237 del 1997).

In particolare, si aggiorna il riferimento agli uffici competenti a tale riscossione: in luogo degli uffici periferici dell'ex Dipartimento territorio del Ministero dell'economia, si chiarisce che la riscossione di dette forme di prelievo è effettuata agli Uffici Provinciali - Territorio dell'Agenzia delle entrate, mediante F24, contrassegni sostitutivi, carte di debito o prepagate, modalità telematiche o altri strumenti di pagamento elettronico. Si affida l'attuazione di tali norme ad uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

Il comma 38 modifica le disposizioni sull'apertura delle conservatorie immobiliari (a tal fine sostituendo l'articolo 24 della legge n. 52 del 1985). Con una prima modifica si allunga l'orario di apertura per il pubblico delle conservatorie, che viene fissato dalle 8.30 alle ore 13 (in luogo delle 12,30) nei giorni feriali, con esclusione del sabato. Si precisa che le ispezioni nei registri immobiliari e il rilascio di copie di formalità e di certificazioni possono essere effettuati, oltre che nell'orario di apertura al pubblico, anche negli orari pubblicati nel sito internet dell'Agenzia delle entrate e del territorio. Si conferma la vigente limitazione dei servizi al pubblico fino alle ore 11, nell'ultimo giorno lavorativo del mese, precisando che tale limitazione opera fino alla soppressione dei servizi di cassa degli uffici. Ai sensi del comma 39, le disposizioni di modifica degli orari delle conservatorie, di cui al precedente comma 38, entrano in vigore il 1o febbraio 2017.

 

Il comma 40 demanda, dal 1o luglio 2017, a un provvedimento dell'Agenzia delle entrate l'istituzione di sezioni stralcio delle conservatorie dei registri immobiliari, da ubicare anche in luogo diverso da quello in cui è situato l'ufficio territorialmente competente, ferme restando le circoscrizioni stabilite dalla legge. Il comma 41 affida a uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministero della giustizia, di concerto con l'Agenzia delle entrate, il compito di fissare, nel rispetto della normativa speciale e dei principi del codice civile:

a) le categorie di registri e documenti da conservare presso le sezioni stralcio, con individuazione dei rispettivi periodi temporali di riferimento;

b) le modalità di conservazione e accesso ai registri e ai documenti tenuti nella sezione stralcio, anche in relazione agli obblighi del conservatore previsti dal codice civile.

 

Il comma 42, modificando il Testo Unico in materia di spese di giustizia, dispone che nel processo civile e amministrativo la registrazione delle sentenze di condanna al risarcimento del danno prodotto da reato deve essere richiesta entro 30 giorni dalla data in cui sono divenute definitive. Le parti in causa possono segnalare all'ufficio giudiziario la sussistenza dei presupposti previsti per la registrazione, con prenotazione a debito (ovvero senza pagamento) degli atti giudiziari suddetti. La mancata ammissione del provvedimento alla prenotazione a debito deve essere motivata dall'ufficio giudiziario con apposito atto da trasmettere all'ufficio finanziario unitamente alla richiesta di registrazione. Nel processo penale la registrazione della sentenza di condanna al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato deve essere richiesta entro 30 giorni (in luogo dei vigenti 5 giorni) dal passaggio in giudicato. Anche in tal caso si applica la norma sopra descritta.

 

Il comma 43, modificando il Testo Unico in materia di imposta di registro, modifica i termini entro i quali i cancellieri devono richiedere la registrazione per le sentenze, i decreti e gli altri atti degli organi giurisdizionali alla cui formazione hanno partecipato nell'esercizio delle loro funzioni: decorsi 10 giorni ed entro 30 giorni (in luogo dei vigenti 5 giorni) dal giorno in cui il provvedimento è stato pubblicato o emanato quando dagli atti del procedimento sono desumibili gli elementi riguardanti il domicilio o la residenza anagrafica delle parti e, in mancanza di tali elementi, entro 30 giorni (in luogo di 5) dalla data di acquisizione degli stessi. Sono inoltre modificate le modalità per la registrazione a debito, ovvero senza contemporaneo pagamento delle imposte dovute.

 

Il comma 44 interviene sulla disciplina IVA della cessazione di attività, modificando la procedura per la chiusura delle partite IVA inattive (sostituendo l'articolo 35, comma 15-quinquies, del D.P.R. n. 633 del 1972). In luogo della vigente procedura, che prevede esplicitamente un contraddittorio tra l'Agenzia e il contribuente (con preventiva comunicazione della chiusura della partita IVA ai soggetti che non abbiano presentato la dichiarazione di cessazione di attività e possibilità, da parte di questi ultimi, di fornire rilievi e chiarimenti all'erario), la modifica in esame prevede la chiusura d'ufficio delle partite IVA dei soggetti che non risultano aver esercitato, nelle tre annualità precedenti, attività d'impresa ovvero attività artistiche o professionali. Sono fatti salvi gli ordinari poteri di controllo e accertamento dell'Amministrazione finanziaria; si demanda a un provvedimento dell'Agenzia delle entrate l'individuazione dei criteri e delle modalità di applicazione delle nuove norme, mantenendo forme di comunicazione preventiva al contribuente.

 

Il comma 45 elimina le sanzioni previste per la mancata presentazione della dichiarazione di cessazione di attività a fini IVA (espungendo dall'articolo 5, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 il riferimento alla fattispecie della cessazione di attività, tra quelle sanzionate).

 

Il comma 46 modifica la disciplina dei CAF e dei professionisti abilitati alla trasmissione delle dichiarazioni dei contribuenti (di cui al Decreto ministeriale del 31 maggio 1999, n. 164, al cui articolo 16 viene aggiunto il comma 1-bis). In particolare, si consente ai CAF-dipendenti e ai professionisti abilitati, fermo restando il termine del 10 novembre per la trasmissione delle dichiarazioni integrative, di completare entro il 23 luglio di ciascun anno le seguenti attività:

a) comunicazione all'Agenzia delle entrate, in via telematica, del risultato finale delle dichiarazioni;

b) consegna al contribuente di copia della dichiarazione dei redditi elaborata e del relativo prospetto di liquidazione;

c) trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni predisposte.

Tale facoltà è consentita a condizione che entro il 7 luglio dello stesso anno i predetti intermediari abbiano effettuato la trasmissione di almeno l'80 per cento delle dichiarazioni.

 

Il comma 47 modifica la disciplina della dichiarazione precompilata, di fatto posticipando al 23 luglio di ciascun anno la possibilità dei contribuenti di inviare all'Agenzia delle entrate direttamente, in via telematica, la dichiarazione precompilata senza che questo determini la tardività della presentazione (a tal fine è aggiunto il comma 3-bis all'articolo 4 del D.Lgs. n. 175 del 2014).

 

Il comma 48 prevede che in caso di infedeltà del visto sulle dichiarazioni elaborate dai CAF e dai professionisti questi ultimi possono produrre una dichiarazione rettificativa o una comunicazione rettificata, anche dopo il termine del 10 novembre previsto dalla legislazione vigente, sempre che l'infedeltà del visto non sia già stata contestata. In tal caso è dovuta la sola sanzione, riducibile ai sensi delle norme previste per il ravvedimento operoso (art. 39, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 241 del 1997).

 


Articolo 7-quinquies
(Interpretazione autentica in materia di determinazione del reddito di lavoratori in trasferta e trasfertisti)

 

 

L'articolo 7-quinquies introduce una norma interpretativa sulle agevolazioni IRPEF applicabili ai lavoratori trasfertisti (abbattimento al 50% del reddito imponibile percepito a titolo di indennità e premi). In particolare, gli stessi devono soddisfare contestualmente 3 condizioni: 1. mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro; 2. svolgimento di una attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente; 3. corresponsione al dipendente di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta. Ove non ricorra tale presupposto viene riconosciuto il diverso trattamento previsto per le indennità di trasferta (concorrenza parziale delle indennità alla formazione dell'imponibile IRPEF nei limiti e alle condizioni di legge).

 

Il comma 1 introduce una norma interpretativa sulle agevolazioni IRPEF applicabili ai lavoratori trasfertisti (cfr. comma 6 dell'articolo 51 del dPR n. 917 del 1986). Stabilendo che questo comma si interpreta nel senso che tali lavoratori possono accedere ai benefici previsti dal citato comma 6 in termini di abbattimento al 50% del reddito imponibile percepito a titolo di indennità e premi, laddove dimostrino di soddisfare contestualmente le tre condizioni seguenti:

1.      la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro;

2.      lo svolgimento di un'attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente;

3.      la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell'attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un'indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.

 

Il comma 2 prevede che, laddove tali condizioni non siano tutte contestualmente dimostrate, non sia applicabile il beneficio di cui comma 6 dell'articolo 51 del TUIR ma venga in ogni caso riconosciuto il trattamento previsto, al comma 5 del medesimo articolo 51, per le indennità di trasferta le quali concorrono parzialmente alla formazione dell'imponibile IRPEF nei limiti e alle condizioni di legge.


Articolo 7-sexies
(Semplificazioni per i contribuenti che adottano il regime cosiddetto dei “minimi”)

 

 

L'articolo 7­-sexies aggiunge un periodo al comma 58 della legge di stabilità 2015 che disciplina l'applicazione dell'Iva alle operazioni attive e passive poste in essere dai contribuenti "minimi". In particolare, si prevede che le cessioni all'esportazione non imponibili, individuate dal dPR Iva, siano ammesse nel regime dei minimi, ma nei limiti e secondo le modalità stabiliti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 1 aggiunge un periodo alla lettera e), comma 58, articolo 1, legge 23 dicembre 2014, n. 190 (che disciplina l'applicazione dell'Iva alle operazioni attive e passive poste in essere dai contribuenti "minimi"), per effetto del quale si prevede che le cessioni all'esportazione non imponibili, individuate dal dPR Iva (artt. 8, 8-bis, 9, 71 e 72), siano ammesse nel regime dei minimi, ma nei limiti e secondo le modalità stabiliti con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze. Il comma 58 disciplina l'applicazione dell'Iva alle operazioni attive e passive poste in essere dai contribuenti "minimi".

Il comma 2 prevede che il DM di cui al comma precedente venga emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in oggetto.

 


Articolo 7-septies
(
Accesso al fondo di garanzia per le imprese operanti nel settore della geotermia)

 

 

Sono introdotte norme sull’accesso al Fondo di garanzia per le PMI da parte delle imprese operanti nel settore della geotermia.

 

L’articolo 7-septies contiene norme sull’accesso al Fondo di garanzia per le PMI da parte delle imprese operanti nel settore della geotermia. Vi si dispone che la concessione della garanzia del Fondo - su operazioni finanziarie di medio lungo termine (durata non inferiore a trentasei mesi, come da DM 26 giugno 2012, articolo 5) comunque finalizzate all’attività di impresa di ricerca e sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale (di cui all’art. 1, comma 3-bis del D. Lgs. n. 22/2010) - copra fino al 70 per cento dell’ammontare dell’esposizione per capitale, interessi contrattuali e di mora.

 

Si tratta degli impianti pilota che procedono alla sperimentazione, su tutto il territorio nazionale, della reiniezione dei fluidi geotermici a media ed alta entalpia, nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo autorizzabile non superiore ai 50 MW. Per ogni soggetto proponente non possono in ogni caso essere autorizzati più di tre impianti, ciascuno di potenza nominale non superiore a 5 MW. Gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale. Per quegli impianti che - per il migliore sfruttamento ai fini sperimentali del fluido geotermico - necessitano di una maggiore potenza nominale installata al fine di mantenere il fluido geotermico allo stato liquido, il successivo comma 3-bis.1 prescrive che il limite di 5 MW è determinato in funzione dell'energia immessa nel sistema elettrico, che non può in nessun caso essere superiore a 40.000 MWh elettrici annui.

 

Per tale finalità, la disposizione -  crea una riserva fino a 100 milioni di euro delle risorse disponibili sul Fondo. In relazione a tale riserva, non trova applicazione il limite previsto dal comma 3 dell’articolo 39 del D.L. n. 201/2011 (come novellato dal comma 4, dell’articolo 1 del D.L. 69/2013), che destina una quota non inferiore al 50% delle disponibilità finanziarie del Fondo ad interventi non superiori a 500.000 euro. Per l’accesso alla riserva, le imprese devono comprovare di essere piccole o medie ed il rilascio del titolo concessorio (nuovo comma 2-bis dell’articolo 1 del D.L. n. 69/2013).


Articolo 8
(Finanziamento Fondo occupazione)

 

Il comma 1 dispone l'incremento, per l'anno 2016, del Fondo sociale per occupazione e formazione nella misura di 592,6 milioni di euro, anche ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga.

Il comma 1-bis stabilisce che le risorse del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, destinate in via sperimentale per il triennio 2016-2018 alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata, non utilizzate nel 2016, sono conservate nel conto dei residui al fine di un loro utilizzo negli esercizi successivi, nella misura di 19 milioni di euro annui per il biennio 2017-2018.

Il comma 1-ter incrementa il Fondo sociale per occupazione e formazione di 4 milioni di euro per il 2016 per sostenere gli accordi governativi (conclusi e sottoscritti entro il 31 luglio 2015), concernenti casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, e il cui piano industriale abbia previsto l'utilizzo della C.I.G.S. o dei contratti di solidarietà.

 

Il comma 1 dispone l'incremento, per l'anno 2016, del Fondo sociale per occupazione e formazione[5] nella misura di 592,6 milioni di euro, anche ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all'articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni[6]. Ai suddetti oneri, pari a 592,6 milioni di euro per l'anno 2016, si provvede mediante utilizzo delle accertate economie relative al medesimo anno 2016, a seguito dell’attività di monitoraggio e verifica concernente le complessive misure di salvaguardia dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico stabilito dall'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e per le quali la certificazione del diritto al beneficio è da ritenersi conclusa.

 

Le risorse a copertura individuate nel presente articolo sono rappresentate dalle risorse stanziate e non utilizzate per garantire il pensionamento con i requisiti precedenti a quelli stabiliti con l'articolo 24 (c.d. riforma pensionistica "Fornero") del decreto-legge n. 201 del 2011 a quote progressivamente crescenti (cd. "salvaguardati") dei lavoratori che, rientranti in determinate categorie puntualmente individuate, in conseguenza del posticipo de facto della loro età di pensionamento disposto dalla riforma e già inseriti in un percorso di "scivolo" verso la pensione calibrato sulla base della tempistica precedente alla citata riforma, sarebbero rimasti privi di fonti di reddito lavorativo o pensionistico (cd. esodati). Per il 2016 lo stanziamento in bilancio per tale finalità, correlato ad una serie di provvedimenti di salvaguardia intervenuti a partire dal 2011 e iscritto nello stato di previsione del ministero del lavoro al capitolo 4236, ammonta a 1,160 mld di euro (nessuna variazione è intervenuta con il ddl di assestamento del bilancio dello Stato).

 

Il comma 1-bis dispone che le risorse relative al 2016 del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello, destinate in via sperimentale per il triennio 2016-2018 alla promozione della conciliazione tra lavoro e vita privata (ai sensi del comma 1 dell'articolo 25 del D.Lgs. 81/2015) e non utilizzate al termine dell'esercizio finanziario 2016, nelle more del decreto ministeriale che, sulla base di apposite linee guida, definisca appunto criteri e modalità di utilizzo di tali risorse (commi 2 e 3 del medesimo articolo 25), vengano conservate nel conto dei residui al fine di un loro utilizzo negli esercizi successivi, nella misura di 19 milioni di euro annui per il biennio 2017-2018[7]. Alla compensazione dei relativi effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto nella misura di 19 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008.

 

Si ricorda che il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, ai sensi del comma 177-bis dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (come introdotto dal comma 512 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007), ha una dotazione in termini di sola cassa.

Il fondo – già istituito, limitatamente all’anno 2007, dall’articolo 1, comma 511, della legge finanziaria per il 2007 – è finalizzato a compensare gli effetti negativi scaturenti in termini di cassa da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato (cd. limiti di impegno), concessi in virtù di autorizzazioni legislative.

Al suo utilizzo si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da trasmettere al Parlamento, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, nonché alla Corte dei conti.

I commi 511 e 512 dell'articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) sono intervenuti ad integrazione della disciplina dei contributi pluriennali, contenuta nella legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003), articolo 4, comma 177, con il fine di garantire che dall'utilizzo delle risorse relative ad autorizzazioni legislative riguardanti limiti di impegno o contributi pluriennali derivino effetti sui conti pubblici compatibili con gli obiettivi programmati.

Si ricorda in proposito che la legge finanziaria per il 2004, all'articolo 4, comma 177, ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2004, la trasformazione dei limiti di impegno - cioè degli stanziamenti pluriennali di importo costante che corrispondono a contributi da erogarsi a carico del bilancio dello Stato in favore di soggetti non statali, finalizzati a permettere l’accensione di mutui per la realizzazione di investimenti – in contributi pluriennali dello Stato.

Lo scopo principale della trasformazione dei limiti di impegno in contributi pluriennali con la previsione di un concorso parziale da parte dello Stato (ai sensi del richiamato comma 177) è stato, in sostanza, di evitare che lo Stato, a seguito dell’autorizzazione di limiti di impegno, potesse di fatto configurarsi come contraente diretto di mutui, con conseguente imputazione – secondo le regole contabili europee del SEC95 - nel primo esercizio di attivazione dei relativi effetti sull’indebitamento netto del conto delle amministrazioni pubbliche e sul livello del debito. Con lo strumento del contributo pluriennale, avrebbe dovuto essere computata ai fini dell’indebitamento netto soltanto la quota iscritta in bilancio e corrispondente alla rispettiva annualità.

Si è posto tuttavia un problema in relazione agli interventi da finanziare comunque mediante l’attivazione di specifici mutui, per i quali i soggetti attuatori non possono concorrere con proprie risorse al pagamento della relativa rata di ammortamento.

In questi casi, poiché la loro attivazione sarebbe stata produttiva di impatto non previsto sui saldi di contabilità nazionale, l’articolo 1, comma 511 della legge finanziaria per il 2007 ha previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, nonché l’utilizzo del predetto fondo secondo una procedura, la cui disciplina –contenuta nel successivo comma 512 – è andata ad integrare quella della dell’articolo 4, comma 177 (essa è stata infatti inserita quale comma 177-bis dell’articolo 4 della legge n. 350 del 2003).

Il Fondo ha la caratteristica di una posta di bilancio unicamente finalizzata a compensare gli effetti finanziari derivanti dalle operazioni di mutuo attivate con onere a carico dello Stato.

La procedura prevista dal citato comma 512 ha poi disposto l’utilizzo dei contributi pluriennali subordinato ad un apposito decreto emanato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli già previsti dalla legislazione vigente.

 

Il comma 1-ter incrementa il Fondo sociale per occupazione e formazione di 4 milioni di euro per il 2016 per sostenere gli accordi governativi (conclusi e sottoscritti entro il 31 luglio 2015, di cui ai commi 3 e 4-bis dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 148 del 2015), concernenti casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, e il cui piano industriale abbia previsto l'utilizzo della C.I.G.S. o dei contratti di solidarietà.


Articolo 9
(Partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL)

 

 

L’articolo 9 autorizza dal 14 settembre 2016 fino al 31 dicembre 2016 la somma di euro 17.388.000 per la partecipazione di personale militare all’operazione di supporto sanitario in Libia – operazione “Ippocrate”-.

La richiamata autorizzazione di spesa si applica, altresì, sempre fino al 31 dicembre 2016, al personale militare impegnato nell’operazione delle Nazioni Unite United Nations Support mission in Lybia (Unsmil).

L’articolo 9 disciplina, altresì, i profili normativi connessi alle missioni e prevede per specifici aspetti (quali il trattamento giuridico, economico e previdenziale, la disciplina contabile e penale) una normativa strumentale al loro svolgimento individuata essenzialmente mediante un rinvio all'ordinamento vigente.

 

In relazione alla missione “Ippocrate” si ricorda che i Ministri della difesa e degli affari esteri hanno riferito alle Commissioni riunite III e IV della Camera e del Senato nel corso della seduta congiunta dello scorso 13 settembre 2016.

In quella sede la Ministra Pinotti ha illustrato le principali caratteristiche della missione con particolare riferimento allo “schieramento, presso l'aeroporto di Misurata, di una struttura ospedaliera da campo completa di personale medico e infermieristico, comprensiva della necessaria protezione e supporto logistico, per un totale di circa trecento unità”. Nello specifico la Ministra ha precisato che “un'aliquota per la funzione sanitaria vera e propria sarà composta da sessantacinque medici e infermieri. Una seconda aliquota sarà composta da centotrentacinque unità per la funzione di supporto logistico generale, che serve alla manutenzione dei mezzi e delle apparecchiature, alle comunicazioni, alla gestione amministrativa, all'organizzazione e direzione delle attività e a tutti quei servizi, compresi mensa e vestiario, necessari alla vita quotidiana del personale. Una terza aliquota, invece, composta da cento unità, sarà la vera e propria force protection (…). Prevediamo anche lo schieramento, nello stesso aeroporto di Misurata, di un C-27J, un velivolo con funzioni di evacuazione strategica, se ce ne fosse la necessità – speriamo di no – e lo stazionamento di una nave della missione Mare sicuro al largo delle coste libiche con compiti di supporto e di protezione aggiuntiva. Non è una nave in più, ma una di quelle già presenti in questo momento nel dispositivo Mare sicuro nel Mediterraneo”.

Al termine delle Comunicazioni, le Commissioni III e IV della Camera hanno approvato la risoluzione (8-00200) con la quale si impegna il governo a dare  piena attuazione agli indirizzi oggetto delle comunicazioni rese alle Commissioni  in relazione alla Libia; a provvedere, in particolare, alla costruzione di strutture ospedaliere campali militari, prevedendo anche l'impiego di militari in grado di garantire la sicurezza del personale sanitario operante; a tenere costantemente informato il Parlamento sugli sviluppi della situazione.

Analoga Risoluzione è stata approvata dalle Commissioni riunite III e IV del Senato.

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id=988170

 

L’articolo 9, infine, secondo un procedimento consueto nei decreti-legge in materia, nell’autorizzare la spesa relativa alla partecipazione italiana alle richiamate missioni internazionali,  reca numerosi rinvii alla legislazione vigente al fine di individuare la normativa applicabile al personale impiegato nelle missioni internazionali disciplinate dal decreto in esame, con particolare riferimento alla disciplina penalistica.

Al riguardo, si ricorda che la legge n. 145 del 2016 reca una normativa di carattere generale riguardante le missioni internazionali, con particolare riferimento ai profili concernenti il trattamento economico e normativo del personale impegnato in tali missioni e i ai molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse. La legge entrerà in vigore il 31 dicembre 2016.

 

 


Articolo 10
(Finanziamento di investimenti per la rete ferroviaria)

 

L’articolo 10, riformulato durante l'esame in sede referente, autorizza la spesa di 320 milioni per l'anno 2016 e 400 milioni per il 2018 per le infrastrutture ferroviarie. Le risorse per il 2016 sono in particolare destinate al contratto di programma - Parte servizi con la RFI S.p.A. 2016-2021, in corso di perfezionamento.

 

Si ricorda preliminarmente che il Contratto di programma con RFI ha ricevuto il parere favorevole del CIPE il 10 agosto 2016, sia per l'aggiornamento 2016 della Parte investimenti, sia per la Parte servizi 2016-2021.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 10, nella formulazione proposta in sede referente, conferma la spesa di 320 milioni per l'anno 2016 e 400 milioni per il 2018 destinate alle infrastrutture ferroviarie, precisandone, in aggiunta, la finalizzazione. Si stabilisce, infatti, che le risorse per il 2016 siano utilizzate anche per la sicurezza e l'efficientamento della rete ferroviaria e quelle assegnate per il 2018 finanzino gli interventi relativi a "Sicurezza e adeguamento a obblighi di legge", ivi inclusi quelli indicati nella parte programmatica del contratto di programma aggiornamento 2016 - Parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete Ferroviaria Italiana (RFI) S.p.A.. Si prevede contestualmente anche l'approvazione al medesimo aggiornamento 2016 al contratto di programma. L’autorizzazione di spesa è immediatamente efficace per l’ulteriore corso dei relativi interventi che saranno tuttavia recepiti nel Contratto di programma parte Investimenti 2017-2021 (e non nell’Aggiornamento 2016 al vigente contratto di programma, a differenza di quanto stabilito nell’iniziale formulazione della disposizione).

Nel comma 2 si prevede che le risorse stanziate per l'anno 2016 per il Contratto di programma - Parte servizi, con la società RFI, sono destinate al contratto 2016-2021, in corso di perfezionamento, con il parere favorevole del CIPE nella seduta del 10 agosto 2016.

 

Ai sensi dell'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 2015 (recante attuazione della direttiva n. 2012/34/UE) "i rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e lo Stato sono disciplinati da un atto di concessione e da uno o più contratti di programma"; il Contratto di programma è articolato in una Parte investimenti e in una Parte servizi con contenuti e scadenze autonome. Inoltre, l'articolo 7, comma 9 del D.L. n. 201 del 2015, modificando il medesimo comma 1 dell'articolo 15, ha disposto la proroga del Contratto di programma 2012-2014, Parte Servizi, nelle more della stipula dei nuovi contratti di programma per il periodo 2016-2020, per il periodo necessario alla stipula del nuovo contratto e comunque non oltre il 31 dicembre 2016, ai medesimi patti e condizioni già previsti, con l'aggiornamento delle relative Tabelle.

Si ricorda, a tale proposito, che l'assetto del sistema ferroviario italiano è stato ridisciplinato dal decreto legislativo n. 112 del 15 luglio 2015, in attuazione della direttiva 2012/34/UE (c.d. "Recast") che ha istituito lo spazio ferroviario unico europeo, provvedendo alla rifusione delle precedenti direttive CE in materia ferroviaria. A seguito dell'emanazione di tale decreto sono state abrogate e sostituite integralmente le disposizioni contenute nel previgente decreto legislativo n. 188 del 2003, che aveva dato attuazione alle direttive del c.d. primo pacchetto ferroviario, n. 12, n. 13 e n. 14 del 2001, che aveva avviato l'apertura del mercato ferroviario alla concorrenza.

 

Secondo gli esiti della seduta del 10 agosto 2016, il CIPE ha espresso parere favorevole all’aggiornamento 2016 del Contratto di Programma RFI (Rete ferroviaria italiana) - Parte investimenti, il quale include rispetto al 2015, nuove risorse nette per un totale di 8.935 milioni di euro, di cui 4,25 miliardi per la rete convenzionale/alta capacità, 2,7 miliardi per i valichi e l’alta velocità e un miliardo per la sicurezza e l’efficientamento della rete ferroviaria. Ha quindi espresso parere favorevole sulla Parte servizi (relativa alla manutenzione ordinaria e straordinaria, sicurezza e collegamenti via mare) del Contratto di Programma RFI 2016-2021.

Il Contratto 2012-2016 - parte Investimenti è stato siglato tra MIT e RFI in data 8 agosto 2014. L'art. 3, comma 2 del Contratto prevede che a decorrere dall'anno successivo alla sottoscrizione, su richiesta di ciascuna Parte ed a seguito di interventi legislativi che abbiano un impatto modificativo e/o integrativo sui contenuti sostanziali del Contratto, le Parti, d'intesa con il MEF, tengano conto opportunamente delle eventuali novità intervenute e provvedano alla stipula di uno specifico Atto di aggiornamento al Contratto. L'aggiornamento 2015 del Contratto di programma 2012-2016 - Parte investimenti è stato approvato con Delibera CIPE n. 112 del 23 dicembre 2015. Sullo schema di aggiornamento 2015 (A.G. n. 299) hanno espresso parere le competenti commissioni parlamentari (8ª Commissione del Senato in data 21 giugno 2016; IX Commissione della Camera in stessa data 21 giugno 2016). Sui contenuti dell'aggiornamento 2015 si veda il relativo dossier.

Si ricorda, inoltre, che con l'atto di concessione sessantennale di cui al decreto ministeriale 31 ottobre 2000 n. 138-T, la gestione dell'infrastruttura ferroviaria è stata affidata a Ferrovie dello Stato Spa, alla quale è subentrata, a decorrere dal 2001, la controllata Rete Ferroviaria Italiana Spa. La Delibera n. 96 del 13 novembre 2015, l'Autorità di Regolazione dei Trasporti ha reso operativi i principi della direttiva Recast, definendo i criteri per la determinazione, da parte del Gestore RFI, dei canoni di accesso e di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, per un periodo regolatorio di cinque anni. La delibera, in particolare, assicura al Gestore della rete (RFI), piena indipendenza gestionale dalle imprese ferroviarie e dallo Stato concedente, alle Imprese ferroviarie la certezza che i corrispettivi siano orientati all'efficienza, anche attraverso nuove regole sull'allocazione dei costi e la separazione contabile (vengono rafforzati gli obblighi di separazione contabile) ed al Gestore della rete (RFI) la flessibilità tariffaria, mediante strumenti di modulazione, per stimolare la crescita del traffico, specie nelle tratte meno utilizzate.

Per ulteriori approfondimenti si veda il tema "Il Trasporto ferroviario" sul sito della Camera dei deputati.


Articolo 10-bis
(
Finanziamento dell’attraversamento ferroviario della linea Milano-Saronno)

 

L’articolo 10-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, autorizza una spesa di 16 milioni per l'anno 2016 per il finanziamento dell'intervento riguardante la riqualificazione con caratteristiche autostradali della strada provinciale 46 Rho-Monza – lotto 2: Variante di attraversamento ferroviario in sotterraneo della linea Milano-Saronno.

 

Tale intervento si inserisce nel più ampio progetto della viabilità di adduzione al sistema autostradale esistente A8-A 52 Rho-Monza. L'intera opera Rho Monza ha una lunghezza di 9 km (articolata in 3 lotti) e consente il completamento dell'anello delle tangenziali di Milano, collegando l'attuale termine della Tangenziale Nord (A52) con l'Autostrada Milano-Laghi (A8).

 

Per la copertura finanziaria della disposizione, è corrispondentemente ridotto lo stanziamento del Fondo speciale di conto capitale, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, utilizzando l'accantonamento del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016.

 

La delibera Cipe n. 60/2013, richiamata nella norma in esame, ha assegnato 55 milioni di euro (20 milioni per il 2015 e 35 milioni per il 2016) per il finanziamento del predetto intervento, a valere sulle risorse del fondo per consentire la continuità dei cantieri in corso ovvero il  perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all'avvio dei lavori (di cui al comma 1 dell'articolo 18 del decreto legge n. 69 del 2013).

 

 

 

 

 

 

 


Articolo 11
(Misure urgenti per il trasporto regionale)

 

Attribuisce  un  contributo  straordinario,  nel  limite  di  600  milioni  di  euro  per  l'anno  2016,  alla  Regione Campania   per  far  fronte  ai  propri  debiti  nei  confronti  della  società  di  trasporto  regionale  ferroviario  Ente Autonomo  Volturno  -  EAV  s.r.l.  La  società  EAV  è  inoltre  chiamata  a  definire  un  piano  di  accordo  generale per la definizione delle partite debitorie. Assegna inoltre un contributo straordinario di 90 milioni per il 2016 al Molise  a copertura dei debiti del servizio di trasporto pubblico regionale nei confronti di Trenitalia S.p.A..

Più in dettaglio, il contributo di cui al comma 1 dell’articolo 11, nel limite di 600 milioni di euro per l'anno 2016, è trasferito alla Regione Campania, su sua richiesta, entro il 31 dicembre 2016, per poi essere immediatamente versato alla società di gestione Ente Autonomo Volturno - EAV s.r.l. su conto vincolato, entro lo stesso termine. Le finalità del contributo sono enunciate dal comma 2.Vi si prevede che le misure necessarie al raggiungimento dell'equilibrio economico della società EAV, già approvate dalla delibera della Giunta regionale della Campania n, 143 del 5 aprile 2016, sono "attuate" (secondo l'espressione introdotta in sede referente) in regime di ordinarietà da EAV, sotto la vigilanza della stessa Regione e, secondo una modifica introdotta dalla Commissione, del Ministero dell'economia e delle finanze, alla data di scadenza del Commissario ad acta di cui all'articolo 16, comma 5, del D.L. n. 83 del 2012.

L’art. 16, comma 5, del decreto-legge n. 83 del 2012 ha disposto che il Commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge n. 78 del 2010 effettui una ricognizione della consistenza dei debiti e dei crediti delle società esercenti il trasporto regionale ferroviario e che, sulla base delle risultanze dello stato dei debiti e dei crediti, elabori un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate conseguenti all'applicazione di ulteriori disposizioni del medesimo articolo 16, comma 9. Il piano dovrà individuare gli interventi necessari al perseguimento delle finalità sopra indicate e all'equilibrio economico delle suddette società, nonché le necessarie azioni di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro. Successivamente, l’Accordo tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ministero dell’Economia e delle Finanze - Presidente della Regione Campania è stato siglato per l'approvazione dei piani di cui all'articolo 16, comma 5, sopra richiamato. CIon la Delibera n. 143 del 5 aprile 2016 (pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania numero 26 del 26 aprile 2016) la Giunta Regionale della Campania ha approvato lo schema di Atto aggiuntivo previsto dall'articolo 2 dell'Accordo citato e il documento "Trasporto pubblico locale su rete ferroviaria regionale"; ha preso atto, altresì, delle note del Presidente del C.A. di EAV s.r.l. sull'andamento dei servizi resi e sulle criticità finanziarie. In particolare l'Atto aggiuntivo approvato con la delibera prevede azioni di efficientamento aziendali (art. 4) e per l'incremento dei ricavi derivanti dalle tariffe applicate al servizio (art. 5). In subordine a tali azioni, la Regione si impegna ad integrare eventualmente il corrispettivo a proprio carico.

Si ricorda, infine, che l'articolo 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, dispone che il Presidente della Regione Campania, nella qualità di Commissario ad acta, predispone un piano di stabilizzazione finanziaria. Il piano è sottoposto all'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze, che, d'intesa con la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel piano. Con decreto del 9 novembre 2012 il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha nominato il dott. Pietro Voci Commissario ad acta con la funzione di provvedere all’attuazione delle misure relative alla razionalizzazione ed al riordino delle società partecipate regionali, misure previste dal piano di stabilizzazione finanziaria, ai sensi del già citato art. 16, comma 5, del decreto legge n. 83 del 2013.

 Ai sensi del medesimo comma 2 in esame, la società EAV è inoltre chiamata a definire un piano di accordo generale per la definizione delle partite debitorie. La piena esecuzione del piano di accordo generale non dovrà superare il termine di tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame. In particolare, il piano prevede il pagamento delle somme dovute ai creditori nonché la rinuncia, in tutto o in parte, delle spese legali, degli interessi ed altri accessori, ad una quota parte della sorte capitale. L'adesione al piano comporta la sospensione delle esecuzioni e comunque la rinuncia all'inizio o alla prosecuzione delle azioni esecutiva.

Si stabilisce, infine, che, fino alla conclusione del piano di risanamento, continua ad applicarsi quanto previsto dall'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012.

Il comma 7 qui richiamato dispone che, per un periodo di 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale ed i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle stesse società. Si prevede anche che i relativi debiti insoluti producano, sempre nel periodo di dodici mesi, esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile, fatti salvi gli accordi tra le parti che prevedano tassi di interesse inferiori. La finalità del comma 7 è quella di assicurare lo svolgimento delle attività di cui al comma 5 del medesimo articolo 16 (cfr. sopra) e l'efficienza e continuità del servizio di trasporto, secondo le modalità stabilite dal medesimo articolo 16, al comma 6. L'articolo 1, comma 177, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228 del 2012) prevede poi che al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività di competenza del Commissario ad acta, le disposizioni di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 83, si applicano fino al 31 dicembre 2013. Successivamente, l'articolo 17, comma 5, del decreto-legge n. 16 del 2014 ha previsto il blocco, fino al 30 giugno 2014, delle azioni esecutive anche concorsuali, in relazione alla situazione del trasporto ferroviario regionale campano. In particolare il blocco vale anche nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale, già considerate dall’articolo 16, comma 7.

 Il comma 3 dispone l'attribuzione al Molise di un contributo straordinario di 90 milioni per il 2016 a copertura dei debiti del servizio di trasporto pubblico regionale dovuti dalla regione a Trenitalia S.p.A.

 Il nuovo comma 3-bis introduce l’obbligo del Ministero delle infrastrutture e trasporti, su indicazione delle regioni, di presentare alle Camere una relazione annuale, entro il primo settembre, sulle criticità finanziarie delle società esercenti il trasporto pubblico locale.

Al comma 4, si specifica che per le risorse del Fondo di sviluppo e coesione che saranno rese disponibili, ove necessario, previa rimodulazione degli interventi già programmati, si debba anche tenere conto della localizzazione territoriale delle misure di cui ai commi 1 e 3.

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è stato istituito dal D.Lgs. n. 88 del 2011 che ha così ridenominato il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS). Nel Fondo sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Nel bilancio di previsione per il triennio 2016-2018 (legge n. 209/2015 e relativo D.M. Economia di ripartizione delle dotazioni dei singoli programmi di spesa in capitoli), a seguito delle disposizioni da ultimo recate dalla legge di stabilità per il 2016, il capitolo 8000 dello stato di previsione del Ministero dell'economia - su cui sono iscritte le risorse del FSC - presenta una dotazione complessiva pari a 2.833 milioni di euro per il 2016, 3.018 milioni per il 2017 e di 3.118 milioni per il 2018, di cui la gran parte destinate agli interventi rientranti nel nuovo ciclo di programmazione 2014-2020.

Per ulteriori approfondimenti sul Fondo si veda il tema Le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per la programmazione 2014-2020.

 

 

 


Articolo 12
(Misure urgenti a favore dei comuni in materia di accoglienza)

 

L’articolo in esame incrementa di 600 milioni di euro per l'anno 2016 le spese inerenti all'attivazione, alla locazione e alla gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri e destina 100 milioni di euro agli oneri che sostengono i Comuni per l’accoglienza di persone richiedenti la protezione internazionale.

Il comma 2-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, integrando la disciplina dei c.d. patti di solidarietà fra enti territoriali, inserisce i comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale tra quelli beneficiari in via prioritaria degli spazi finanziari ceduti dalla regione in favore degli enti locali del proprio territorio.

 

 

Il comma 1 incrementa di 600 milioni di euro le spese per l'attivazione, la locazione e la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri per l’anno 2016.

 

Il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, nel dare attuazione alla direttiva 2013/33/UE, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché alla direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, ha ridefinito il sistema di accoglienza dei cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e degli apolidi richiedenti protezione internazionale, nonché le procedure di esame delle domande di protezione internazionale.

Quanto in particolare al nuovo sistema di accoglienza, basato sulla leale collaborazione tra i livelli di governo interessati (ai sensi dell’art.8 del citato decreto legislativo), esso si articola:

1.        In misure di prima assistenza nei confronti dei migranti, anche al fine di consentire lo svolgimento delle operazioni necessarie alla loro identificazione, che si effettuano soprattutto nei luoghi di sbarco. Tali funzioni vengono svolte in centri governativi (salvo che questi ultimi non abbiano disponibilità, nel qual caso il Prefetto individua strutture temporanee), la cui gestione può essere affidata ad enti locali, anche associati, alle unioni o consorzi di comuni, ad enti pubblici o privati che operano nel settore dell'assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore dell'assistenza sociale, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. In breve, si tratta: i) delle strutture precedentemente denominate centri per i richiedenti asilo (CARA), a suo tempo istituiti dall’art. 20 del decreto legislativo n. 25/2008 (abrogato dal decreto legislativo n. 142/2015); ii) dei Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA) - istituiti ai sensi del decreto-legge n. 451/1995 per contrastare l’emergenza sbarchi in Puglia - che siano individuati, a tal fine, con decreto del Ministro dell’interno.

Solo in casi tassativamente indicati dall’art. 6 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (ad esempio quando costituiscono un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica) i richiedenti asilo sono trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) allestiti per gli immigrati clandestini, ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998.

2.        In ulteriori misure di accoglienza, destinate a coloro che, avendo  avanzato richiesta del riconoscimento dello status di rifugiato, non dispongono di mezzi sufficienti, fino all’eventuale decisone di rigetto di tale richiesta (una volta che la stessa è divenuta definitiva).

Tale tipologia di accoglienza è demandata al Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). A tal fine, gli enti locali (ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge n. 416/1989) predispongono appositi progetti, finanziati dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo (di cui all'articolo 1-septies del medesimo decreto-legge, introdotto dall’art. 32, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189).

In detto Fondo confluiscono sia risorse nazionali, provenienti dallo stato di previsione del Ministero dell’interno, sia assegnazioni annuali del Fondo europeo per i rifugiati. Si prevede che i progetti di accoglienza vengano finanziati coprendo i costi complessivi dei vari servizi forniti dai territori anche in deroga al limite dell’80%. Tuttavia, per l’attuazione di ulteriori posti, tali fondi sono integrati con risorse del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI).

L’individuazione delle linee di indirizzo e la predisposizione della programmazione degli interventi, compresi i criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare all’accoglienza, sono demandati al Tavolo di coordinamento nazionale, insediato presso il Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione (di cui all'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251). I criteri di ripartizione regionale sono fissati d'intesa con la Conferenza unificata. Al Tavolo spetta altresì la predisposizione di un Piano nazionale per l'accoglienza che, sulla base delle previsioni di arrivo per il periodo considerato, individua il fabbisogno dei posti da destinare alle finalità di accoglienza. Le richiamate linee di indirizzo e la programmazione predisposti dal Tavolo sono attuati a livello territoriale attraverso Tavoli di coordinamento regionale insediati presso le singole prefetture dei capoluoghi di Regione.

Con specifico riferimento alle modalità di accesso ai finanziamenti del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo, la disciplina è stata recentemente oggetto di ridefinizione da parte del decreto del Ministro dell’interno 10 agosto 2016, con cui si prevede che: i) gli enti locali presentino entro il 31 dicembre di ogni anno domanda di contributo per proposte progettuali relative all'attivazione dei servizi di accoglienza al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione; ii) le proposte progettuali abbiano  durata triennale; iii) le stesse siano valutate da una commissione; iv) siano inserite in apposite graduatorie predisposte periodicamente, secondo le linee guida allegate al medesimo decreto.

La richiamata disciplina consente di superare una delle principali criticità del sistema precedente in essere, costituito dalla rigidità imposta dalla periodicità di pubblicazione dei bandi di adesione, attraverso il ricorso ad un sistema che consente agli Enti locali di formulare le loro richieste in ogni momento, senza attendere la pubblicazione di un bando, con il solo vincolo della disponibilità delle risorse.

La capacità di accoglienza SPRAR è stata progressivamente incrementata nel tempo, passando dai 3.000 posti nel 2012, ai 9.400 nel 2013, ai 19.600 nel 2014, fino ai 22.000 nel 2015. Il bando SPRAR del 7 agosto 2015, con scadenza il 14 gennaio 2015 – prorogata al 14 febbraio 2016 – dispone altresì l’ampliamento della disponibilità di ulteriori 10.000 posti[8].

3.        Ulteriore modalità di accoglienza è prevista nel caso di arrivi consistenti e ravvicinati di stranieri che giungono in Italia e che non possono essere assorbiti esclusivamente dal sistema di prima o seconda accoglienza. Molti richiedenti asilo sono stati quindi sistemati in appartamenti o in altre strutture disponibili (denominate Centri di Accoglienza Straordinaria – CAS). Al 31 dicembre 2015, il sistema composto dalle strutture CAS è quello che assorbe la maggior parte dei migranti (82.010 su un totale di 111.689 presenze nei centri sul suolo italiano)[9].

 

Oltre a queste strutture, sul territorio nazionale sono presenti diversi circuiti di «carattere misto» (centri istituiti ai sensi degli Accordi tra il Ministero dell’interno e le aree metropolitane di Roma, Milano, Torino e Firenze,  circuiti di accoglienza istituiti dagli enti locali).

L'accoglienza dei migranti richiedenti protezione internazionale, dopo le fasi dei primo soccorso e accoglienza, si instaura ad opera dello SPRAR.

Il sistema è costituito da una rete di enti locali (345 Comuni, 30 Province e 7 unioni di Comuni, secondo dati della Composizione di base della rete SPRAR per il triennio 2014-2016) su base volontaria. Essi accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo e realizzano, in raccordo con i soggetti del terzo settore, interventi di accoglienza 'integrata', non limitati alla distribuzione di vitto e alloggio ma estesi a misure di formazione, assistenza e orientamento.

Per il triennio 2014-2016, risultano finanziati 20.744 posti (di questi 729 sono per minori non accompagnati e 295 per persone con disagio mentale o con disabilità).

 

 

Il comma 2 autorizza la spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2016 a titolo di concorso dello Stato agli oneri che sostengono i Comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale. A tal fine, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, è istituito un apposito Fondo iscritto nella missione «Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti», programma «Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose».

Quanto alle modalità di ripartizione del Fondo, esse sono demandate ad un decreto del Ministro dell'interno, da adottare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame. Il riparto tra i comuni interessati dovrà essere effettuato tenendo conto del limite massimo di 500 euro per richiedente protezione ospitato e comunque nei limiti della disponibilità del Fondo.

Si potrebbe al riguardo valutare la possibilità di assicurare un coinvolgimento della Conferenza unificata, attraverso la previsione di un’intesa  sullo schema di decreto ministeriale di riparto appena citato, nell’ottica di una leale collaborazione tra gli enti coinvolti.

Al riguardo, si rammenta che la Corte Costituzionale ha in più occasioni rilevato che l’ambito dell’assistenza sociale agli immigrati deve essere ascritto alla competenza concorrente e residuale delle Regioni (ex multiplis sentt. Corte Cost. n. 61 del 2011[10] e n. 50 del 2008[11]).

 

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato introdotto il comma 2-bis, volto ad accordare priorità ai comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale in sede di distribuzione degli spazi finanziari ceduti dalle regioni di appartenenza (attraverso una modifica in tal senso dell’art.1, comma 729, della legge n. 208 del 2015).

 

Nell’ambito della disciplina dei cd. patti di solidarietà fra enti territoriali, l’articolo 1, commi 728-731, della citata legge di stabilità per il 2016, ha confermato gli istituti già previsti negli scorsi anni mediante i quali le città metropolitane, le province e i comuni possono beneficiare dei maggiori spazi finanziari ceduti, rispettivamente, dalla regione di appartenenza (commi 728-730) e dagli altri enti locali della stessa regione (commi 731).

Il comma 729 introduce criteri di priorità di cui occorre tener conto nell’assegnazione degli spazi finanziari messi a disposizione dalle singole regioni agli enti locali. A tal fine, a seguito dell’intervento normativo in commento, la priorità sarà accordata, oltre che alle richieste avanzate dai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti e dai comuni istituiti per fusione a partire dall'anno 2011, anche a quelle avanzate dai comuni che accolgono richiedenti protezione internazionale.

Il comma 728 prevede che le Regioni possano autorizzare gli enti locali del proprio territorio a peggiorare il saldo per consentire esclusivamente un aumento degli impegni di spesa in conto capitale, a condizione che sia garantito l'obiettivo complessivo, a livello regionale, mediante un contestuale miglioramento, di pari importo, del medesimo saldo dei restanti enti locali della regione e della regione stessa.

Il comma 730 prevede che i criteri redistributivi degli spazi finanziari adottati a livello regionale sono definiti previo confronto in sede di Consiglio delle autonomie locali (CAL), ovvero, se il CAL non è istituito, con i rappresentanti regionali degli enti locali. Gli enti locali comunicano all’ANCI, all'UPI e alle regioni, entro il 15 aprile ed entro il 15 settembre, gli spazi finanziari di cui necessitano per effettuare, come detto, esclusivamente impegni in conto capitale, ovvero gli spazi finanziari che sono disposti a cedere. Entro i termini perentori del 30 aprile e del 30 settembre, le regioni comunicano agli enti locali interessati i nuovi saldi obiettivo e al Ministero dell'economia e delle finanze gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica, con riferimento agli enti locali e alla regione stessa.

 


Articolo 12-bis
(Interventi a favore delle popolazioni rom e sinti)

 

L'articolo reca previsioni circa la destinazione di risorse che siano tuttora disponibili a valere sul 'pacchetto sicurezza' del 2008-2009 per l'emergenza nomadi (v. infra).

 

Il comma 1 reca previsioni circa le risorse "non utilizzate" tra quelle che furono assegnate dal 'pacchetto sicurezza' ai commissari delegati per l’emergenza nomadi (commissari nominati a seguire lo stato di emergenza dichiarato in alcune Regioni con il decreto del Presidente del Consiglio del 21 maggio 2008, poi giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato con sentenza n. 6050 del 2011).

Ebbene la previsione in commento dispone in ordine alla destinazione delle risorse economiche tuttora presenti nelle contabilità speciali dei commissari e non ancora "utilizzate" (non figura l'espressione: "impegnate").

Si prevede che tali risorse siano destinate alla realizzazioni di "specifiche iniziative" volte a dare completamento agli interventi a favore delle popolazioni rom e sinti.

Di tali iniziative, gli enti locali interessati presentano il progetto al prefetto territorialmente competente.

Le risorse sono assegnate - "nei limiti dei versamenti effettuati" - con decreto del ministero dell'interno (di concerto con il ministero dell'economia e delle finanze).

L'assegnazione delle risorse è alle prefetture sedi degli ex commissari delegati per l'emergenza nomadi.

 

Il comma 2 aggiunge che le risorse eventualmente "giacenti" sulle contabilità speciali a favore degli ex commissari siano mantenute nelle medesime contabilità, con destinazione alle finalità previste da questo articolo, sopra ricordate.

 

Per intendere gli 'antefatti' normativi delle disposizioni innanzi rammentate - lungo una traiettoria che va dal 'pacchetto sicurezza' alla chiusura degli interventi di protezione civile per quelle finalità - deve risalirsi alla serie di misure legislative in materia di sicurezza (il cosiddetto 'pacchetto sicurezza', appunto) degli anni 2008-2009, in avvio della XVI legislatura.

Risalto avevano, in quei provvedimenti, disposizioni volte a contrastare l’immigrazione clandestina e a fare fronte a questioni di ordine e sicurezza pubblica connesse con il fenomeno migratorio. Si trattò di un insieme di provvedimenti, tra cui un decreto-legge (n. 92 del 2008), due disegni di legge entrambi poi approvati (legge n. 94 del 2009 e legge n. 85 del 2009), alcuni schemi di decreto legislativo e un decreto del Presidente del Consiglio (d.P.C.m. 21 maggio 2008) recante una dichiarazione di stato di emergenza volta a fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati.

Secondo tale provvedimento, lo stato di emergenza era originato dalla “situazione di estrema criticità determinatasi” […] “a causa della presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi” insediatisi nelle aree urbane. Tali “insediamenti, a causa della loro estrema precarietà, hanno determinato una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali”.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, può deliberare lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi, al verificarsi di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari.

Lo stato di emergenza, la cui scadenza era inizialmente fissata al 31 maggio 2009, fu prima prorogato fino al dicembre 2010 ed esteso anche a Piemonte e Veneto (con d.P.C.m. 28 maggio 2009), poi prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2011 (con d.P.C.m. 17 dicembre 2010).

La dichiarazione dello stato di emergenza in Campania, in Lombardia e nel Lazio consentì di nominare i prefetti di Napoli, Milano e Roma commissari delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza (con ordinanze di protezione civile n. 3676, 3677 e 3678 del 30 maggio 2008 del Presidente del Consiglio dei Ministri)[12]. A seguito dell’estensione dell’emergenza anche a Piemonte e Vento, i prefetti di Torino e Venezia furono nominati commissari delegati per le rispettive regioni (ordinanze n. 3776 e 3777 del 1° giugno 2009).

Nel 2011 il Consiglio di Stato dichiarò l’illegittimità della dichiarazione dello stato di emergenza in mancanza dell’effettiva esistenza di una situazione straordinaria. Furono altresì dichiarati illegittimi i provvedimenti attuativi, in primo luogo le ordinanze del Presidente del Consiglio del 30 maggio 2008 di nomina dei commissari delegati per l’emergenza (Consiglio di Stato, sez. IV, sen. 16 novembre 2011, n. 6050). In particolare, il giudice amministrativo ritenne che né dal testo del d.P.C.m. 28 maggio 2008 né dai suoi atti prodromici e preparatori era dato ricavare elementi certi e obiettivi nel senso dell’effettiva esistenza di una situazione straordinaria, quanto meno nei termini e nelle dimensioni che ne giustificassero un inquadramento nella previsione di cui alla legge n. 225 del 1992. In ogni caso, affermava il giudice amministrativo che non si evincevano precisi dati fattuali che autorizzassero ad affermare l’esistenza di un “rapporto di causa-effetto fra la presenza sul territorio di insediamenti nomadi e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate".

Infine, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 22 aprile 2013, n. 9687, rigettò il ricorso del Governo avverso la sentenza del Consiglio di Stato, pertanto passata in giudicato.

Venuto meno lo stato di emergenza, il Governo dispose (ancora pendente il suo ricorso in Cassazione) con provvedimento di urgenza il completamento degli interventi dei commissari per l’emergenza nomadi.

Si tratta dell’articolo 3, comma 3 del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile.

Il comma 3 previde la riassegnazione delle somme non ancora impegnate dai commissari delegati per l'emergenza nomadi, nominati in virtù dello stato di emergenza dichiarato con il decreto del Presidente del Consiglio del 21 maggio 2008. Le risorse economiche ancora presenti nelle contabilità speciali dei commissari e non ancora impegnate alla data di notificazione della sentenza del Consiglio di Stato erano riassegnate al ministero dell'interno e destinate al “necessario completamento funzionale degli interventi già programmati”.

Il 28 febbraio 2012 (ossia poche settimane prima dell’emanazione del decreto-legge 59) la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha presentò la Strategia nazionale d’inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti.

Il piano attuava la comunicazione della Commissione europea del 5 aprile 2011 “Quadro dell'UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020” (si veda il paragrafo Attività delle istituzioni dell’Unione europea) nella quale si sollecitavano gli Stati membri, in proporzione all'entità della popolazione Rom vivente sui rispettivi territori e tenendo conto dei loro diversi punti di partenza, ad adottare o sviluppare un'impostazione globale per l'integrazione dei Rom.

La Strategia nazionale prevedeva, tra l’altro, l’attivazione (mediante la riprogrammazione e l’utilizzo delle risorse provenienti dalla emergenza commissariale connessa agli insediamenti delle comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto), di appositi Piani locali per l’inclusione sociale delle comunità Rom Sinti e Camminanti, che individuassero nuovi interventi di inclusione da programmare e realizzare sperimentalmente, concorrendo così al conseguimento degli obiettivi e all’applicazione di contenuti, modelli e strumenti di governance e capacity building della Strategia stessa, da estendere e replicare in altre aree di prioritario intervento nelle successive annualità (2014-2020).

 


Articolo 13, comma 1
(Rifinanziamento Fondo PMI)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 13 dispone l’incremento della dotazione del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nella misura di 895 milioni di euro per l’anno 2016.

Il comma prevede, inoltre, che ulteriori 100 milioni di euro potranno essere individuati a valere sugli stanziamenti del programma operativo nazionaleImprese e competitività 2014-2010”, a titolarità del Ministero dello Sviluppo economico.

 

L’art. 2, co. 100, lett. a) della legge finanziaria per il 1997 (legge n. 662 del  1996), recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, ha istituito un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa, allo scopo di garantire una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese[13]. Con l’intervento del fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive (e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative) sugli importi garantiti dal Fondo stesso.

Dal punto di vista operativo, il Fondo rilascia garanzie alle banche (garanzia diretta) e a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi (controgaranzia) o altro fondo di garanzia allo scopo di agevolare l’accesso al credito delle PMI.

L’articolo 15 della legge n. 266/1997 ha disciplinato - contestualmente ad una razionalizzazione dei fondi pubblici di garanzia al tempo esistenti le cui risorse sono confluite in quelle originarie del Fondo di garanzia PMI - le modalità operative di quest’ultimo Fondo, disponendo che la relativa garanzia possa essere concessa: alle banche; agli intermediari finanziari di cui all'articolo 107 del TUB; alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo iscritte all'apposito albo; a fronte di finanziamenti a PMI, compresa la locazione finanziaria, e di partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale delle piccole e medie imprese. La garanzia del fondo è estesa a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del TUB[14].

L'articolo 39[15] del D.L. n. 201/2011 ha operato una sostanziale riforma dello strumento, disponendo che con D.M. non regolamentare venisse fissata: la misura della copertura degli interventi di garanzia e controgaranzia, nonché la misura della copertura massima delle perdite in relazione alle tipologie di operazioni finanziarie, categorie di imprese beneficiarie finali, settori economici di appartenenza e aree geografiche (comma 1); per ogni operazione finanziaria ammessa all'intervento del Fondo, la misura dell'accantonamento minimo, a titolo di coefficiente di rischio (comma 2). Inoltre, è stato elevato l'importo massimo garantito per singola impresa dal Fondo a 2,5 milioni di euro per le tipologie di operazioni finanziarie, le categorie di imprese beneficiarie finali, le aree geografiche e i settori economici di appartenenza individuati con D.M. non regolamentare, disponendo che una quota non inferiore al 50 per cento delle disponibilità finanziarie del Fondo sia riservata ad interventi non superiori a cinquecentomila euro d'importo massimo garantito per singola impresa[16].

Inoltre, è stata consentita la possibilità con D.M. non regolamentare di modificare la misura delle commissioni per l'accesso alla garanzia dovute dai soggetti richiedenti, a pena di decadenza, in relazione alle diverse tipologie di intervento del Fondo (comma 5).

Il comma 7-bis dell’articolo 39 riserva una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia ad interventi di garanzia in favore del microcredito di cui all’articolo 111 del TUB, da destinare alla micro imprenditorialità.

Si ricorda, inoltre, che la legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015) ha disposto una riserva di almeno il 20 per cento delle risorse disponibili del Fondo alle imprese e agli investimenti localizzati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2016, il Governo informa di una complessiva riforma delle modalità operative del Fondo in questione, in base alle quali, seguendo un modello di rating, le imprese verranno divise in 5 classi di merito, graduando le coperture in funzione della probabilità di inadempimento. Inoltre, le garanzie verranno focalizzate principalmente sui finanziamenti connessi a investimenti. Verrà dunque abbandonato – come peraltro preannunciato dalla Corte dei Conti nel giudizio di parificazione sul rendiconto per il 2015[17] - il pregresso modello di credit scoring.

Le risorse del Fondo di garanzia per le PMI sono iscritte al bilancio dello Stato (capitolo 7342/pg.20/MISE) per essere successivamente riassegnate alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

Secondo le previsioni assestate 2016, le risorse iscritte sul capitolo 7342/pg20/MISE ammontano a 718,3 milioni di euro per l'anno 2016 e 3 milioni per ciascun anno del triennio 2017 e 2018.

 

Il Programma Operativo Nazionale (PON) Imprese e Competitività 2014-2020, approvato dalla Commissione europea il 23 giugno 2015 e successivamente modificato il 24 novembre 2015, intende sostenere un processo di riposizionamento competitivo del sistema produttivo del Mezzogiorno, nell’ottica di una politica industriale sul riequilibrio territoriale e sulla convergenza Mezzogiorno-Centro-Nord[18].  Il PON Imprese e Competitività 2014-2020 intende accrescere gli investimenti nei settori chiave nelle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) e in quelle in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna).

Il Programma articola gli interventi su 4 obiettivi tematici, in linea con quelli indicati, ai sensi dell’articolo 9 del Regolamento UE n. 1303/2013[19], nell’Accordo di partenariato dell’Italia per il periodo 2014-2020:

§  OT 1 (rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione);

§  OT 2 (migliorare l’accesso e l’utilizzo del ICT, nonché l'impiego e la qualità delle medesime);

§  OT 3 (promuovere la competitività delle piccole e medie imprese);

§  OT 4 (sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori).

Con riferimento, più in dettaglio, alla dotazione finanziaria del PON Imprese e Competitività, si segnala che il PON, presenta un budget complessivo pari a 2.316,5 milioni di euro, di cui 1.676 milioni provenienti dal FESR e 640,5 milioni di cofinanziamento nazionale[20].

 

Si segnala che l’azione 3.6.1 del Programma (Potenziamento del sistema delle garanzie pubbliche per l’espansione del credito in sinergia tra sistema nazionale e sistemi regionali di garanzia, favorendo forme di razionalizzazione che valorizzino anche il ruolo dei confidi più efficienti ed efficaci), nell’ambito della relativa priorità di investimento, prevede facilitazioni nell’accesso al credito attraverso un’integrazione di risorse a favore del Fondo centrale di garanzia per le PMI, in continuità con quanto già avvenuto nell’ambito della precedente programmazione (PON Ricerca e competitività 2007-2013).

Il meccanismo di attuazione di tale intervento consiste nella costituzione - con le risorse del Programma, nell’ambito del Fondo centrale di garanzia - di una sezione speciale o riserva, destinata ad operare, in aggiunta alle risorse ordinarie, nei territori obiettivo del PON[21].

Si evidenzia, in via generale, che il Fondo di garanzia per le PMI rientra tra gli strumenti finanziari, che il citato Regolamento UE n. 1303/2013 definisce come “sempre più importanti dato il loro effetto moltiplicatore sui fondi strutturali e di investimento europei - fondi SIE”.

 


Articolo 13, comma 1-bis e 1-ter
(Elenco degli operatori di assistenza e monitoraggio per il
microcredito)

 

 

Il comma 1-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, istituisce presso l'Ente nazionale per il microcredito - che ne cura la tenuta e l'aggiornamento - l'elenco nazionale obbligatorio degli operatori in servizi non finanziari ausiliari di assistenza e monitoraggio per il microcredito.

 

Scopo della disposizione è quello di garantire un'adeguata qualità dei servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio del microcredito, favorendo tra l'altro l'accesso all'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata al microcredito (di cui all’articolo 39, comma 7-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201, che attribuisce una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo PMI per interventi di garanzia in favore del microcredito, da destinare alla microimprenditorialità). Si persegue inoltre lo scopo di garantire la verifica qualitativa e quantitativa dei servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati effettivamente prestati (previsti dall'articolo 111, comma 1, lettera c), del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 – TUB).

 

Le disposizioni prevedono che siano iscritti nell'elenco i soggetti che possiedono i requisiti minimi che sono stabiliti dall'Ente nazionale per il microcredito, sulla base delle linee guida redatte dall'ente stesso, sentito il parere della Banca d'Italia.

Tale elenco è pubblicato nel sito internet istituzionale dell'Ente nazionale per il microcredito ed è accessibile all'utenza.

L'iscrizione nell'elenco avviene di diritto per i soggetti che prestano servizi ausiliari per finanziamenti di microcredito già concessi e in via di ammortamento, fatta salva la successiva verifica del possesso dei requisiti minimi stabiliti ai sensi del secondo periodo.

Per tali interventi viene autorizzata una spesa annua di 300.000 euro a decorrere dal 2016.

 

Il successivo comma 1-ter prescrive che l'Ente nazionale per il microcredito trasmetta semestralmente alla Banca d'Italia un rapporto contenente informazioni qualitative e quantitative sull'erogazione dei servizi ausiliari obbligatori da parte degli operatori iscritti nel predetto elenco, nonché sui servizi di assistenza e monitoraggio prestati dagli stessi operatori, anche a fini di supporto dell'attività di vigilanza esercitata in materia dalla Banca d'Italia, che si avvale delle valutazioni effettuate dall'Ente nazionale per il microcredito.

Inoltre l’ente svolge, nell'ambito dei suoi compiti istituzionali e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, periodica attività di formazione, supporto nell'attuazione di modelli operativi e monitoraggio in favore degli operatori iscritti nell'elenco.

 

Si affidano infine le modalità attuative delle norme così introdotte ad un protocollo d'intesa, sottoscritto dalla Banca d'Italia e dall'Ente nazionale per il microcredito, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 

Il Microcredito

Il microcredito consiste nell'attività di concessione di finanziamenti di limitato ammontare.

Esso si rivolge a persone fisiche o microimprese che hanno difficoltà ad ottenere credito da parte delle banche, con la finalità di favorirne l'inclusione sociale e finanziaria.

L’offerta di microcredito, storicamente, si è diffusa nei Paesi in via di sviluppo quale soluzione per contrastare la povertà estrema.

In Europa, l’interesse per il microcredito è stato favorito dalla crisi economica, che ha posto come emergenza il tema della povertà relativa, della esclusione finanziaria e della disoccupazione.

In Italia tale attività è stata recentemente disciplinata nell’ambito del Testo Unico Bancario (TUB - D.Lgs. n. 385 del 1993) ad opera del D. Lgs. n. 141 del 13 agosto 2010. La riforma ha inteso assoggettare questi intermediari a forme di controllo meno stringenti.

Sono previste due tipologie di microcredito:

- il microcredito per la microimprenditorialità: destinato all’avvio e allo sviluppo di lavoro autonomo e di microimpresa, per importi non superiori a 25 mila euro. Possono chiedere tali finanziamenti persone fisiche, società di persone, società a responsabilità limitata semplificata, associazioni o società cooperative. I finanziamenti sono accompagnati da servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio;

- il microcredito sociale: in favore di persone fisiche “vulnerabili”; non può essere concesso per importi superiori a 10 mila euro, può avere una durata massima pari a cinque anni e può essere destianto a soddisfare bisogni primari, quali spese mediche, canoni di locazione e tariffe per l’accesso ai servizi pubblici essenziali.

Anche il Fondo centrale di garanzia a favore delle PMI può concedere la garanzia statale a favore del microcredito, con criteri di accesso molto semplificati e la possibilità per l'impresa di effettuare la prenotazione on line.

Al fine di evitare abusi, il sostantivo "microcredito" può essere utilizzato soltanto in relazione alla concessione di finanziamenti che rispondano alle caratteristiche evidenziate (in termini di destinazione, di importo massimo, di garanzie richieste e di servizi ausiliari di accompagnamento).

 La vigilanza

I soggetti operanti nel microcredito si rivolgono a operatori economici non in grado di ottenere finanziamenti dai canali bancari tradizionali. Pertanto, rispetto agli altri intermediari e operatori finanziari, sono sottoposti ad un regime meno severo di vigilanza: essi devono iscriversi in un apposito elenco tenuto da un organismo di diritto privato, istituito in forma di associazione e vigilato da Banca d'Italia.

Ai fini dell'iscrizione nell'elenco degli operatori del microcredito, le forme giuridiche richieste agli enti sono: società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e cooperativa. Alla data dell’11 ottobre 2016 risultano iscritti nell’elenco tenuto dalla Banca d’Italia 6 operatori di microcredito. L'organismo per il microcredito sarà istituito in presenza di un numero di iscritti sufficiente. Si segnala, tuttavia, che anche i grandi istituti di credito – sottoposti a forme diverse di vigilanza e quindi non iscritti all’albo – hanno iniziato negli ultimi anni a erogare microcredito.

Gli enti no profit, senza necessità di essere iscritti nell'elenco, possono erogare finanziamenti alle persone fisiche che si trovino in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché siano in possesso dei requisiti di onorabilità e degli altri requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge (tra cui forma giuridica, ammontare di capitale versato, oggetto sociale e presentazione di un programma di attività). I tassi ai quali i finanziamenti possono essere concessi devono essere tali da consentire il mero recupero delle spese sostenute dal creditore e non, dunque, a remunerare l'attività di finanziamento svolta.

Per i soggetti diversi dalle banche che, costituiti prima della vigenza del D.Lgs. 141/2010, senza fine di lucro raccolgono tradizionalmente in ambito locale somme di modesto ammontare ed erogano piccoli prestiti (cd. "casse peota") è eliminato l'obbligo di iscrizione nell'apposita sezione dell'elenco degli esercenti il microcredito. Tali soggetti possono dunque continuare a svolgere la propria attività, in considerazione del carattere marginale della stessa, nel rispetto delle modalità operative e dei limiti quantitativi previsti. La stessa impostazione si applica agli organismi costituiti tra i dipendenti di una medesima P.A. (articolo 112, comma 7, TUB).

L'Ente nazionale per il microcredito

Il decreto legge n. 70 del 2011 ha costituito l'Ente nazionale per il microcredito, soggetto di diritto pubblico, il quale svolge le seguenti funzioni, a livello nazionale ed internazionale:

- promozione, indirizzo, agevolazione, valutazione e monitoraggio degli strumenti microfinanziari promossi dall’Unione Europea e delle attività microfinanziarie realizzate a valere sui fondi comunitari;

- monitoraggio e valutazione delle iniziative italiane di microcredito e microfinanza;

- promozione e sostegno dei programmi di microcredito e microfinanza destinati allo sviluppo economico e sociale del Paese, nonché ai Paesi in via di sviluppo e alle economie in transizione.

I precedenti storici

L'inclusione finanziaria di soggetti economicamente e socialmente deboli è ora tema condiviso anche nei paesi economicamente più avanzati per facilitare l'accesso al credito a soggetti meno capaci di fornire garanzie tradizionali, agevolare la concessione di piccoli prestiti e il finanziamento di microattività produttive e ridurre, anche per tale via, il campo d'azione dell'usura. Tale esigenza si è ulteriormente accentuata a seguito dell'insorgere della crisi finanziaria e dell'ampliarsi di fasce di povertà e marginalità economica.

Nell'esperienza italiana, l'attività di inclusione finanziaria e di microcredito di fatto eredita la tradizione solidaristica che ha ispirato nel corso del tempo la nascita di soggetti con obiettivi di sostegno delle fasce di popolazione marginale. Offrire credito a fronte della garanzia di beni di modesto valore costituiva l'originale intento dei Monti di credito su pegno. Finalità di educazione al risparmio e facilitazione dell'accesso ai finanziamenti di limitato ammontare da parte dei ceti meno abbienti hanno ispirato la nascita delle citate  "casse peota", associazioni senza obiettivo di lucro di antichissima origine.

Anche la nascita delle Casse Rurali, ora Banche di Credito Cooperativo (BCC), che risale a oltre 120 anni fa, si colloca nel solco della storia della finanza solidale italiana. Nel nostro Paese, le BCC hanno sin dalla loro origine rappresentato un'efficace risposta alle esigenze di comunità decentrate e marginali, spesso afflitte dal fenomeno dell'usura e da scarsità di capitali. La loro nascita ha preso le mosse dalla necessità di dare risposta a situazioni di marginalità, dall'esigenza di consentire l'ingresso nel circuito finanziario legale di soggetti ai quali tale accesso era negato o risultava particolarmente difficile.

La struttura cooperativo-mutualistica rappresenta d'altro canto un modello "privilegiato" per l'esercizio dell'attività di microcredito che coinvolge nella gestione gli stessi destinatari dell'attività finanziaria favorendone, attraverso la compartecipazione, lo sviluppo della conoscenza finanziaria e il peer monitoring.

L'attività parlamentare

Nel corso della XVII Legislatura sono state presentate diverse proposte di legge in tema di microcredito. Si segnalano, di seguito, quelle assegnate (VI Commissione Finanze): Boccia "Modifica all'articolo 8 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, concernente la competenza per la vigilanza sull'Ente nazionale per il microcredito" (A.C. 1600); Nastri "Individuazione dell'Ente nazionale per il microcredito quale centro nazionale di coordinamento delle attività degli enti locali per la promozione dello sviluppo economico mediante progetti di microcredito" (A.C. 2286); Preziosi ed altri "Delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte alla promozione e alla diffusione del microcredito" (A.C. 2474); De Poli "Delega al Governo e altre disposizioni concernenti l'esercizio del microcredito e misure per la sua promozione e diffusione" (A.S. 518).

 

Il 21 luglio 2015 si è svolto alla Camera il convegno dal titolo: "Il Microcredito per sfidare la crisi - Istituzioni, operatori ed esperienze concrete a confronto". In questa occasione l'Ente nazionale per il microcredito ha reso noti alcuni dati.

Nel 2014, in Italia, l'insieme delle 115 iniziative di microcredito monitorate dall'Ente ha concesso circa 11.500 microcrediti, per un ammontare complessivo di oltre 147 milioni di euro di crediti erogati, riuscendo a soddisfare meno della metà (44,4%) delle richieste sottoposte a valutazione. I microcrediti accordati nel 2014 hanno avuto nella metà dei casi (5.734) una finalità sociale, intervenendo per l'inclusione di persone in condizione di particolare vulnerabilità, e nell'altra metà dei casi (5.694) una finalità produttiva, sostenendo l'avvio o l'esercizio di un'attività di lavoro autonomo o di microimpresa. In tale anno, quindi, le due tipologie di microcredito tendono a pareggiarsi in termini di numero di microcrediti concessi, a differenza degli anni precedenti quando si registrava una netta prevalenza dei microcrediti sociali rispetto a quelli produttivi. Le risorse erogate nel 2014 hanno importi medi molto diversi tra prestiti sociali (4.500 euro) e produttivi (21.300 euro) e sono state in buona parte destinate a questi ultimi per oltre 121 milioni di euro (83%), mentre alla componente sociale vanno meno di 26 milioni di euro (17%).

 

Da ultimo è stato evidenziato che il microcredito con finalità produttiva costituisce uno strumento nella creazione di lavoro che non si circoscrive ai soli beneficiari: ciascun utente di microcredito produttivo sviluppa infatti un effetto leva di 2,43 occupati, vale a dire che per ogni microcredito concesso vengono creati 2,43 posti di lavoro, compresi i percettori. Si segnalano la presentazione dell'Ente nazionale per il microcredito e uno studio del Prof. La Torre.

 


Articolo 13, commi 2-4-sexies
(Misure per la promozione e lo sviluppo dell’agroalimentare nonché in materia di contratti dell’ISMEA)

 

Il comma 2 autorizza la spesa di 30 milioni di euro per il 2016 a favore dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) per la concessione delle garanzie previste dall’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n.102.

 

Si ricorda, in proposito, che con il D.Lgs. n. 419/1999 si è provveduto all’istituzione di ISMEA - Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ente pubblico economico creato dall'accorpamento dell'Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo (già ISMEA) e della Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina.

ISMEA, ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. n. 287/2000 :

a) svolge, sulla base degli indirizzi del MIPAAF e di specifiche convenzioni, funzioni riguardanti la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati e delle informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari, tali attività sono finalizzate al monitoraggio dei prezzi in tutta la filiera;

b) svolge i compiti di organismo fondiario, in particolare, attraverso l’acquisto di aziende e la contestuale rivendita con patto di riservato dominio l’Istituto incentiva l’insediamento di giovani nella conduzione di imprese agricole;

c) costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria per strumenti e/o servizi informativi, assicurativi e finanziari alle imprese agricole, volte a ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a contribuire alla trasparenza e alla mobilità del mercato fondiario rurale sulla base di programmi con le regioni e ai sensi della normativa europea.

In particolare, per quanto attiene all’attività creditizia e finanziaria, l’articolo 1, comma 45 della legge n. 350/2003 ha autorizzato ISMEA ad effettuare - anche attraverso la costituzione di forme associative e consortili con banche ed altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario- le seguenti operazioni:

§  prestare garanzie finanziare per l'emissione di obbligazioni da parte di PMI operanti nel settore agricolo agroalimentare. Tale attività è stata specificata nella legge di stabilità 2015, che all’articolo 1, comma 209 che consente ad ISMEA di concedere garanzie sui debiti contratti dalle imprese agricole, agroalimentari e della pesca mediante emissioni di titoli di debito (cd. mini bond);

§  acquistare crediti bancari (a breve, a medio e a lungo termine), sempre in favore di piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare e provvedere alla loro successiva cartolarizzazione;

§  anticipare crediti vantati dagli imprenditori agricoli nei confronti dell’Agea o degli altri organismi pagatori regionali, individuati in base alla disciplina europea sulla liquidazione annuale dei conti finanziari relativi alla gestione della PAC. La legge di stabilità 2015, articolo 1, comma 208 consente, in particolare, l'erogazione di anticipazioni finanziare agli agricoltori da parte di ISMEA, a fronte della cessione da parte degli agricoltori stessi al medesimo Istituto, di crediti certificati inerenti gli aiuti PAC (si tratta dei pagamenti diretti).

I servizi finanziari sono in particolare relativi alle garanzie sussidiarie e garanzie dirette. Con l’articolo 17 del D.Lgs. n. 102/2004 l’Istituto ha assunto la gestione della sezione speciale dell’ex Fondo Interbancario di garanzia, nonché l’autorizzazione a concedere:

§  la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari, nonché dagli altri soggetti autorizzati al credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni (comma 2) e a fronte di titoli di debito emessi dalle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca, acquistati da organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) le cui quote o azioni siano collocate esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente (comma 2-bis).

§  la propria garanzia diretta a banche e agli intermediari finanziari, a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese, assunte da banche, da intermediari finanziari, nonché da fondi chiusi di investimento mobiliari (comma 3). ISMEA potrà intervenire anche mediante rilascio di controgaranzia e cogaranzia in collaborazione con confidi, altri fondi di garanzia pubblici e privati, anche a carattere regionale nonché mediante finanziamenti erogati, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, a valere sul Fondo credito di cui alla decisione della Commissione Europea C(2011) 2929/2011 e ss. mod. (comma 4).

 

L’autorizzazione di spesa è finalizzata a far sì che la concessione di tali garanzie possa avvenire a titolo gratuito, senza alcun onere a carico dell’impresa richiedente. L’importo massimo di costo non deve comunque superare 15.000 euro, limite di intervento previsto perché l’intervento possa essere configurato come aiuto de minimis in agricoltura.

 

Gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo sono regolati dal Reg. (UE) 18 dicembre 2013, n. 1408/2013.

Si tratta di quegli aiuti di importo complessivo non superiore a 15.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari che per la loro esiguità e nel rispetto di date condizioni soggettive ed oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e dunque non suscettibili di provocare un’alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici. Tale importo è di gran lunga inferiore a quello fissato (200.000 euro) nel regolamento UE n. 1407/2013, sugli aiuti de minimis (nel periodo di programmazione 2014-2020) alla generalità delle imprese esercenti attività diverse da:

a)    pesca e acquacoltura;

b)   produzione primaria dei prodotti agricoli;

c)    trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:

i) qualora l'importo dell'aiuto sia fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate;

ii) qualora l'aiuto sia subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;

d)   aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

e)    aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione.

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, dispone che, al fine di favorire la copertura dei rischi climatici e di mercato da parte delle imprese agricole, a valere sulle risorse finanziarie previste per i contributi di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 102 del 2004, e con le modalità ivi previste, una quota fino a 10 milioni di euro per l’anno 2017 è destinata ai contributi sui premi assicurativi per polizze innovative a copertura del rischio inerente alla variabilità del ricavo aziendale nel settore del grano.

 

L’art. 2 del suddetto decreto legislativo n. 102 del 2004 prevede – in particolare - che, a valere sul Fondo di solidarietà nazionale, al fine di promuovere interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi ed alle infrastrutture agricole, nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, lo Stato concede contributi sui premi assicurativi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, agli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese o nell'anagrafe delle imprese agricole istituita presso le Province autonome. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento qualora il danno sia superiore al 30 per cento della produzione. Qualora contratti assicurativi coprano anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. A decorrere dal 1° gennaio 2005, il contributo pubblico è concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della produzione complessiva aziendale all'interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi. La sottoscrizione delle polizze assicurative è volontaria e può avvenire in forma collettiva o individuale.

 

Il comma 3 modifica il comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662/1996 (sostituito, da ultimo, dall’articolo 20, comma 1 della legge n. 154 del 2016, c.d. collegato agricolo) prevedendo che l’Ismea possa intervenire finanziariamente, sia a condizioni agevolate che a condizioni di mercato, anche in società e cooperative economicamente e finanziariamente sane che operano nel campo della produzione (attualmente l’intervento è limitato alle imprese che operano nel campo della trasformazione e commercializzazione) dei prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura, nonché dei beni prodotti nell’ambito delle attività agricole individuate dall’art. 32, comma 2, lettera c) del Testo unico delle imposte sui redditi (rectius: le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai beni individuati, ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali).

 

Il suddetto comma 132 dell’art. 2 della legge n. 662/1996 prosegue stabilendo che l’ISMEA effettui interventi finanziari, a condizioni agevolate o a condizioni di mercato, in società il cui capitale sia posseduto almeno al 51 per cento da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente, o in cooperative i cui soci siano in maggioranza imprenditori agricoli, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella distribuzione e nella logistica, anche su piattaforma informatica, dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, compresi nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Nel caso di interventi a condizioni di mercato, l'ISMEA opera esclusivamente come socio di minoranza sottoscrivendo aumenti di capitale ovvero prestiti obbligazionari o strumenti finanziari partecipativi. Nell'ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni, l'ISMEA stipula accordi con i quali gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le partecipazioni acquisite. Nel caso di interventi a condizioni agevolate, l'ISMEA interviene tramite l'erogazione di mutui di durata massima di quindici anni. L'intervento a condizioni agevolate da parte dell'ISMEA è subordinato alla preventiva approvazione di apposito regime di aiuti da parte della Commissione europea.

 

Il comma 4 aggiunge un comma 1-bis all’articolo 20 della legge n. 154/2016 (c.d. collegato agricolo) prevedendo che per gli interventi previsti dal comma 1 (trattasi degli interventi contenuti nel citato comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662/1996) l’ISMEA possa utilizzare le risorse che residuano dal regime di aiuti previsti dall’art. 66, comma 3, della legge n. 289/2002.

 

La norma in esame ha previsto che, per facilitare l'accesso al mercato dei capitali da parte delle imprese agricole e agroalimentari, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, potesse venire istituito un regime di aiuti conformemente a quanto disposto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura.

Il decreto ministeriale 22 giugno 2004, n. 182 ha dato attuazione al disposto normativo in esame prevedendo che l’ISMEA possa istituire un apposito Fondo denominato «Fondo di investimento nel capitale di rischio»; successivamente, è intervenuto il decreto ministeriale 11 marzo 2011, n. 206, che ha confermato l’operatività del «Fondo di investimento nel capitale di rischio», finalizzato a supportare i programmi di investimento di piccole e medie imprese operanti nei settore agricolo, agroalimentare e nel settore della pesca e dell'acquacoltura, con l'obiettivo di promuovere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese e di favorire la creazione di nuova occupazione, attraverso operazioni finanziarie finalizzate all'espansione dei mercati di capitale di rischio. Il Fondo effettua operazioni finanziarie in imprese che presentano un quadro finanziario sano, un business plan con potenzialità di crescita, adeguati profili di rischio/rendimento, management e personale impegnato con provata esperienza e capacità operative. Il Fondo non può effettuare operazioni finanziarie finalizzate al consolidamento di passività onerose, nonché quelle a favore di imprese in difficoltà finanziaria, come definite dalla Commissione europea (Comunicazione 2004/C 244/02).

Si ricorda che, originariamente, in base al comma 3 dell’art. 66 della legge n. 289 del 2002, per le finalità ivi previste, erano stati stanziati 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, e che l’articolo 1, comma 86 della legge n. 311 del 2004 ha incrementato la dotazione del suddetto Fondo di investimento nel capitale di rischio (che è un fondo rotativo) di 50 milioni di euro per l’anno 2005.

Successivamente, l’art. 1, comma 914 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), ha disposto che l’ISMEA versasse, per l’anno 2016, all’entrata del bilancio dello Stato, 45 milioni di euro a valere sulle suddette risorse.

 

Si rileva, al riguardo, che il riferimento all’articolo 20 della legge n. 154/2016 (c.d. collegato agricolo) non appare corretto limitandosi tale disposizione a modificare il comma 132 dell’articolo 2 della legge n. 662 del 1996 al quale andrebbe correttamente rapportata la modifica introdotta.

 

Durante l’esame presso la Camera, sono stati introdotti i commi 4-bis, 4-ter, 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies.

Il comma 4-bis prevede, con riferimento ai contratti stipulati dall’ISMEA ai sensi dell’articolo 1523 del codice civile - ossia per mezzo di contratti di vendita a rate con riserva della proprietà – che questo Istituto, nella persona di un suo rappresentante autorizzato ex lege, possa rilasciare dinnanzi ad un notaio, in base alle risultanze delle scritture contabili, l’attestazione dell’inadempimento del compratore relativo al pagamento delle rate, tale da integrare gli estremi della risoluzione di diritto dei contratti medesimi. Il processo verbale notarile, nel quale è recepita tale attestazione, costituisce titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile oggetto del contratto, ai sensi dell’articolo 608 del codice di procedura civile – che disciplina appunto la procedura esecutiva per il rilascio di beni immobili - nonché titolo per ottenere l’annotazione, ai sensi dell’articolo 2655 del codice civile, dell’intervenuta risoluzione a margine della trascrizione della compravendita ai sensi del citato articolo 1523. L’imposta di registro per il predetto processo verbale notarile è dovuta in misura fissa.

 

Il citato art. 2655 del codice civile prevede che, qualora un atto trascritto o iscritto sia dichiarato nullo o sia annullato, risoluto, rescisso o revocato, o sia soggetto a condizione risolutiva, la dichiarazione di nullità e, rispettivamente, l'annullamento, la risoluzione, la rescissione, la revocazione, l'avveramento della condizione devono annotarsi in margine alla trascrizione o all'iscrizione dell'atto. Si deve del pari annotare, in margine alla trascrizione della relativa domanda, la sentenza di devoluzione del fondo enfiteutico. Se tali annotazioni non sono eseguite, non producono effetto le successive trascrizioni o iscrizioni a carico di colui che ha ottenuto la dichiarazione di nullità o l'annullamento, la risoluzione, la rescissione, la revoca o la devoluzione o a favore del quale si è avverata la condizione. Eseguita l'annotazione, le trascrizioni o iscrizioni già compiute hanno il loro effetto secondo l'ordine rispettivo. L'annotazione si opera in base alla sentenza o alla convenzione da cui risulta uno dei fatti sopra indicati; se si tratta di condizione, può eseguirsi in virtù della dichiarazione unilaterale del contraente in danno del quale la condizione stessa si è verificata.

 

Secondo il comma 4-ter – che novella l’art. 14 della legge n. 590 del 1965 - l’ISMEA non è vincolata a rispettare il diritto di prelazione agraria per la vendita di terreni acquistati o venduti dal medesimo Istituto (ex Cassa per la formazione della proprietà contadina).

 

Il comma 4-quater dispone che la vendita dei terreni da parte dell’ISMEA sia effettuata tramite procedura competitiva ad evidenza pubblica tra coloro che hanno presentato una manifestazione di interesse all’acquisto a seguito di avviso pubblico, anche mediante il ricorso agli strumenti di cui all’articolo 16 della legge n. 154 del 2016 (ossia attraverso la cosiddetta Banca delle terre agricole, che ha l’obiettivo di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni e delle aziende agricoli che si rendono disponibili) ovvero, in caso di esito infruttuoso della predetta procedura, tramite trattativa privata. In caso di aggiudicazione da parte di giovani imprenditori agricoli è consentito il pagamento rateale del prezzo, apponendo ipoteca legale, ai sensi dell’articolo 2817 del codice civile. L’Istituto utilizza le risorse derivanti dalle vendite di cui al presente comma esclusivamente per interventi a favore dei giovani imprenditori agricoli.

 

L’art. 2817 del codice civile dispone che hanno ipoteca legale: 1) l'alienante sopra gli immobili alienati per l'adempimento degli obblighi che derivano dall'atto di alienazione; 2) i coeredi, i soci e altri condividenti per il pagamento dei conguagli sopra gli immobili assegnati ai condividenti ai quali incombe tale obbligo; 3) lo Stato sopra i beni dell'imputato e della persona civilmente responsabile, secondo le disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale.

 

Il comma 4-quinquies prevede che le iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sui terreni di proprietà dell’ISMEA in favore dei creditori del compratore ai sensi del citato articolo 1523 del codice civile sono da considerarsi nulle e sono cancellate dalla competente conservatoria dei registri immobiliari su semplice richiesta dell’Istituto e senza oneri per lo stesso.

 

Al riguardo, andrebbe valutato, se la citata nullità ex lege riguardi anche le garanzie eventualmente costituite sul terreno anteriormente alla vendita con riserva di riscatto. In tal caso, andrebbe valutata alla luce del principio di affidamento del terzo creditore di buona fede.

Il comma 4-sexies, infine, dispone che gli oneri a qualsiasi titolo dovuti ai consorzi di bonifica, con riferimento alle proprietà vendute dall’ISMEA, ai sensi del medesimo articolo 1523 del codice civile, non possono essere richiesti all’Istituto, neanche a titolo solidale, intendendosi obbligato al pagamento esclusivamente il compratore di cui al medesimo articolo.

 


Articolo 14, commi 1, 1-bis e 1-ter
(Potenziamento del
tax credit per il cinema e l’audiovisivo e disposizioni sui diritti audiovisivi sportivi e sui proventi dei biglietti di ingresso ai luoghi della cultura)

 

L’articolo 14 incrementa di 60 milioni per l’anno 2016 l’importo, attualmente pari a 140 milioni di euro, stabilito come limite massimo di spesa per il credito di imposta a favore delle imprese di produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico previsto dalla legge finanziaria per il 2008 (comma 1).

 

Si ricorda che i meccanismi di incentivazione fiscale a favore degli investimenti nel settore cinematografico sono stati introdotti inizialmente dalla legge finanziaria 2008 (L. 244/2007, co. 325-343) per tre anni. Tali agevolazioni (co. da 325 a 328 e da 330 a 337) sono state successivamente prorogate e rese quindi permanenti ad opera dell’art. 8 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), che le ha anche estese ai produttori indipendenti di opere audiovisive. La legge di stabilità 2016 (L. 208/2015, art. 1, 331-334) ha poi apportato numerose modifiche alla disciplina di tali crediti d’imposta, con particolare riferimento alla modulabilità delle relative aliquote.

Per tali interventi, l’articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2013 - come modificato, da ultimo, proprio dalla legge di stabilità 2016 - ha autorizzato un limite massimo di spesa di 110 milioni di euro per l'anno 2014, di 115 milioni di euro per l’anno 2015 (poi elevati a 140 milioni di euro dall'art. 16 del D.L. 185/2015 -L. 9/2016) e di 140 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016.

 

Si segnala che il disegno di legge A.C. 4080, presentato dal Governo e collegato alla manovra di bilancio 2015-2017, già esaminato dal Senato, è ora all’esame della VII Commissione della Camera. L’intervento normativo è finalizzato, da un lato, a definire i principi fondamentali dell’intervento pubblico a sostegno del cinema e dell’audiovisivo, in quanto attività di rilevante interesse generale, dall’altro a disciplinarne le modalità. In particolare, con gli articoli da 15 a 21 si intende ridisegnare, riconducendola ad unità sistematica, la disciplina del tax credit.

In particolare, gli artt. da 13 a 19 ridisegnano la disciplina del cd. tax credit, di cui possono beneficiare le imprese di produzione, distribuzione, post-produzione, esercizio cinematografico, le industrie tecniche, le imprese italiane che lavorano per produzioni straniere, le imprese esterne al settore che investono nel cinema italiano. In linea generale, le aliquote sono rese modulabili e, in alcuni casi, ne viene elevato l'ammontare. In particolare, il tax credit aumenta fino al 40% per i produttori indipendenti che distribuiscono il film in proprio e per le imprese esterne che investono in film che accedono ai contributi selettivi. Ulteriori agevolazioni fiscali e finanziarie sono previste dall'art. 20.

 

Il comma 1-bis, inserito durante l’esame parlamentare, modifica la disciplina - recata dal d.lgs. 9/2008 - in materia di destinazione di quota parte delle risorse assicurate dal mercato dei diritti audiovisivi sportivi[22] alla mutualità generale.

In particolare, si abolisce la Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre, che ha tra i suoi compiti quello di determinare le modalità per l’individuazione delle iniziative da finanziare attraverso tali risorse, affidando il ruolo di tramite alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), prima destinataria della quota, che ha anche il compito di determinare criteri e modalità di erogazione delle risorse ad altri soggetti, previa rendicontazione certificata da parte dei destinatari.

Nello specifico, si stabilisce che l’organizzatore delle competizioni in capo alla Lega Nazionale professionisti Serie A deve destinare non più “almeno il 4%”, ma una quota pari al 10% delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti, esclusivamente per lo sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e l’utilizzo di calciatori convocabili per le nazionali giovanili italiane maschili e femminili, per il sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e per lo sviluppo dei Centri federali territoriali e delle attività giovanili della stessa FIGC.

 

Nell’ambito della valorizzazione e dello sviluppo del calcio giovanile, la FIGC, attraverso il proprio settore giovanile e scolastico ha avviato il programma relativo ai Centri Federali Territoriali, che intendono rappresentare il polo territoriale di eccellenza per la formazione tecnico-sportiva di giovani calciatori e calciatrici di età compresa tra i 12 e i 14 anni. Qui maggiori informazioni.

 

I fondi devono essere destinati per l’1% alla stessa FIGC, per il 6% alla Lega Nazionale professionisti serie B, per il 2% alla Lega Pro, per l’1% alla Lega Nazionale dilettanti.

Entro il 31 gennaio di ogni anno, la FIGC presenta al Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, se nominato, al Sottosegretario di Stato con delega per lo sport, una relazione sull’attività svolta nell’anno precedente.

 

Rispetto alla legislazione vigente, tra le finalità per l’utilizzo dei fondi non è più ricompreso il finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche e, con riferimento agli investimenti per gli impianti sportivi, non c’è più un riferimento esplicito alla sicurezza, anche infrastrutturale, degli stessi.

Inoltre, è soppressa la previsione che stabilisce che l’organizzatore del campionato di calcio di serie A destina almeno il 6% del totale delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi del medesimo campionato per valorizzare e incentivare l’attività delle categorie professionistiche di calcio inferiori.

Resta, invece, fermo che la ripartizione delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti tra tutti i soggetti partecipanti alla competizione – da effettuare sempre in base a quanto dispongono gli artt. 25 e 26 del d.lgs. – avviene previa deduzione delle quote destinate alla mutualità generale e che le risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi di natura secondaria[23] oggetto di autonome iniziative commerciali spettano agli organizzatori degli eventi.

Ai fini indicati, si novellano gli artt. 21 e 22 del d.lgs. 9/2008 e si abrogano gli artt. 23 e 24 del medesimo d.lgs.

 

Il comma 1-ter, inserito durante l’esame parlamentare, dispone che i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso agli istituti e ai luoghi della cultura appartenenti o in consegna allo Stato sono destinati anche alla valorizzazione degli istituti e luoghi della cultura appartenenti o in consegna allo Stato.

A tal fine, modifica l’art. 110, co. 3, del d.lgs. 42/2004, in base al quale tali proventi sono destinati alla realizzazione di interventi per la sicurezza e la conservazione e al funzionamento degli istituti e luoghi della cultura appartenenti o in consegna allo Stato, nonché all’espropriazione e all’acquisto di beni culturali, anche mediante l’esercizio della prelazione.

 

In base al co. 4 dello stesso art. 110, la destinazione dei proventi dei biglietti di ingresso alla valorizzazione del patrimonio culturale è già prevista per quelli relativi a istituti e luoghi della cultura appartenenti o in consegna ad altri soggetti pubblici (diversi, cioè, dallo Stato).


Articolo 15
(Disposizioni finanziarie)

 

Il comma 1 incrementa il Fondo per interventi strutturati di politica economica (F.I.S.P.E.).

Il comma 1-bis rifinanzia di 300 milioni di euro per l'anno 2017 e di 1.100 milioni di euro per l'anno 2018 il Fondo istituito per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione.

Il comma 2 provvede alla copertura degli oneri derivanti dal presente decreto-legge.

Il comma 3 reca disposizioni di natura contabile per l'immediata attuazione del presente decreto. 

Il comma 3-bis puntualizza la natura risarcitoria della rendita per inabilità permanente erogata dall'I.N.A.I.L 

 

Il comma 1 incrementa il Fondo per interventi strutturali di politica economica (cd. FISPE), di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, in misura pari a 4.260 milioni di euro per l'anno 2017, 4.185,5 milioni di euro per l'anno 2018, 3.270 milioni di euro per l'anno 2019 e 2.970 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020.

 

Si tratta delle risorse che, si ricorda, vengono poi sterilizzate con il disegno di legge di bilancio attualmente all'esame della Camera dei deputati, in quanto, tale ammontare di risorse rivenienti dal decreto legge concorre alla copertura della manovra di bilancio.

 

Il comma 1-bis incrementa la dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in misura pari a 300 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1.100 milioni di euro per l'anno 2018.

 

Si tratta del Fondo istituito per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione.

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento.

In particolare, agli oneri derivanti dagli articoli 2-bis, 4, comma 2, 8, comma 1-ter, 9, 10, 12, 13, 14 e dai commi 1 e 1-bis del presente articolo, pari a 2.026,39 milioni di euro per l'anno 2016, a 4.575 milioni di euro per l'anno 2017, a 5.945 milioni di euro per l'anno 2018, a 3.285 milioni di euro per l'anno 2019 e a 2.985 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, che aumentano a 2.036,1 milioni di euro per l'anno 2016 ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto derivante dalla lettera a) del presente comma, si provvede:

a)     quanto a 451,83 milioni di euro per l'anno 2016, mediante riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell'elenco allegato al presente decreto;

 

A tale proposito occorre segnalare che l'elenco allegato, formulato per missioni e programmi, non consente di individuare nel dettaglio i capitoli di spesa incisi e quindi le singole autorizzazioni di spesa che vengono così ridotte essendo indicata solo la quota che è riconducibile a fattori predeterminati per legge. Rispetto alla  versione iniziale del decreto-legge si registra una maggiore riduzione delle dotazioni finanziarie relative alle missioni di spesa dei Ministeri (in particolare, poste a carico del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo). È stato, inoltre, modificato l'elenco relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riducendo da 99,964 a 94,238 milioni la quota di taglio a valere sulle spese predeterminate per legge, e quello relativo al Ministero della salute, aumentando la quota di taglio a valere sulle spese predeterminate per legge da 1,9 a 2,2 milioni di euro.

 

b)     quanto a 1.600 milioni di euro per l'anno 2016, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

 

Il comma 200 della legge di stabilità per il 2015 ha istituto nello stato di previsione del MEF il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, con la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Il Fondo viene ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Da ultimo, la legge di assestamento del bilancio dello Stato per il 2016 ha incrementato il predetto fondo di 955.069.060 euro per l'anno 2016.

 

b-bis) quanto a 15 milioni di euro annui a decorrere dal 2017, fermo restando l'incremento del Fondo previsto dal comma 1 del presente articolo,  mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica (cd. FISPE), di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

c)     quanto a 2,3 milioni di euro per l'anno 2016, a 4.560 milioni di euro per l'anno 2017, a 5.930 milioni di euro per l'anno 2018, a 3.270 milioni di euro per l'anno 2019 e a 2.970 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle misure previste dagli articoli 3, 4, 6 e 9.

 

Anche per tali poste si registra un maggior utilizzo con finalità di copertura rispetto alla versione iniziale del decreto-legge, ovviamente connesso ai maggiori oneri derivanti dalle modifiche apportate al provvedimento nel corso dell'esame parlamentare.

 

Il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Ove necessario, previa richiesta dell’amministrazione competente, il Ministero dell’economia e delle finanze può altresì disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa

 

Il comma 3-bis puntualizza che la rendita per inabilità permanente erogata dall'I.N.A.I.L., ai sensi dell'articolo 66, numero 2), del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ha natura risarcitoria del danno subito dall'assicurato per effetto dell'evento invalidante. Ciò è finalizzato ad assicurare la piena tutela dei titolari di indennizzi per infortunio o malattia professionale. La medesima rendita non concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini tributari.

 

Si rappresenta che evidentemente l'asserita natura risarcitoria della rendita in esame è volta proprio ad escludere il suo assoggettamento all'imposizione tributaria. 


 



[1] Invero, il comma 6 del citato decreto legislativo, non più vigente a seguito di abrogazione disposta dall'art. 1, comma 224, lett. b), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, a decorrere dal 1° gennaio 2008, recava un esplicito riferimento, quanto alle modalità di riscossione, delle entrate di spettanza degli enti locali, al DPR 29 settembre 1973, n.602, che effettivamente preveda, fra l’altro, i casi in cui le imposte dovevano essere riscosse mediante versamenti diretti del contribuente al concessionario.

[2] Articolo 38-quater rubricato "Sgravio dell'imposta per i soggetti domiciliati e residenti fuori dell'Unione Europea" del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante "Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto" (di seguito anche: decreto IVA).

[3] Per un maggior approfondimento si veda Audizione presso la Comm. finanze della Camera dei deputati del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Giuseppe Peleggi, sulle tematiche relative all'operatività dell'Agenzia (20 luglio 2016).

[4] In una sentenza (la n. 12679 del 20 luglio 2012 – Sezione Tributaria), ha osservato che “le potestà concesse dalla legge alle amministrazioni locali in materia di tributi […] non possono che essere esercitate nei limiti, anche temporali, imposti dalla norma primaria alle amministrazioni medesime. Le esigenze di omogeneità di funzionamento dell'intero sistema tributario, evidenziate dal disposto dell'art. 3 (uguaglianza di trattamento dei debitori di tributi diversi da quelli locali), art. 23 (riserva di legge in materia di prestazioni obbligatorie) e art. 119 Cost., comma 2 (coordinamento della finanza pubblica locale con quella nazionale), comportano, invero, la necessità che il legislatore nazionale intervenga a fissare le grandi linee di detto sistema, definendo gli spazi ed i limiti entro i quali possono essere esercitate le potestà attribuite, in materia fiscale, anche agli enti locali territoriali”.

[5] Il Fondo sociale per occupazione e formazione è stato previsto dall’articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. n. 185 del 2008, il quale ha disposto che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi (gli altri sono il Fondo infrastrutture e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale). Il Fondo sociale per occupazione e formazione è iscritto nello stato di previsione del ministero del lavoro (tabella 4) al capitolo 2230 e presenta per il presente anno uno stanziamento assestato pari a quasi 933 mln di euro e disponibilità in conto competenza, sulla base di un'interrogazione effettuata alla banca dati della RGS in data 21 ottobre 2016, pari a circa 519 mln di euro.

[6] Si ricorda che i criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga sono stati ridefiniti dal D.M. 1 agosto 2014, n. 83473.

[7] La quota complessiva dello stanziamento per il 2016 ammonta a 38,3 milioni di euro.

[8] Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI, Commissione Parlamentare di inchiesta sul  sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, Doc. XXII-bis N. 6, pag. 52.

[9] Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI, Commissione Parlamentare di inchiesta sul  sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, Doc. XXII-bis N. 6, pag. 57.

[10] Nella citata sentenza si legge quanto segue: «deve essere riconosciuta la possibilità di interventi legislativi delle Regioni con riguardo al fenomeno dell’immigrazione, per come previsto dall’art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998, fermo restando che tale potestà legislativa non può riguardare aspetti che attengono alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale, ma altri ámbiti, come il diritto allo studio o all’assistenza sociale, attribuiti alla competenza concorrente e residuale delle Regioni (sentenze n. 299 e n. 134 del 2010). E ciò, in quanto l’intervento pubblico concernente gli stranieri non può limitarsi al mero controllo dell’ingresso e del soggiorno degli stessi sul territorio nazionale, ma deve necessariamente considerare altri ámbiti – dall’assistenza sociale all’istruzione, dalla salute all’abitazione – che coinvolgono molteplici competenze normative, alcune attribuite allo Stato, altre alle Regioni (sentenze n. 156 del 2006, n. 300 del 2005). Tanto più che lo straniero è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona (sentenza n. 148 del 2008)».

[11] In detta sentenza, la Corte ha censurato talune disposizioni recate nella legge finanziaria per il 2007, fra cui la norma (art.1, comma 1267) istitutivo di un Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati. La Corte nell’occasione asserì, fra l’altro, che « la norma in esame, non prevedendo un intervento pubblico connesso alla programmazione dei flussi di ingresso ovvero al soggiorno degli stranieri nel territorio nazionale, non rientra nella competenza legislativa esclusiva statale in materia di immigrazione, ma inerisce ad ambiti materiali regionali, quali quelli dei servizi sociali e dell'istruzione (sentenza n. 300 del 2005, nonché, sia pure con riferimento ad una fattispecie diversa, sentenza n. 156 del 2006). Del resto, lo stesso legislatore statale ha attribuito alle Regioni il compito di adottare misure di «integrazione sociale» nell'ambito «delle proprie competenze» secondo quanto previsto dall'art. 42 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”».

[12] Tra gli interventi previsti dalle ordinanze di protezione civile del 2008-2009, vi erano: il monitoraggio dei campi autorizzati in cui fossero presenti comunità nomadi; l’individuazione e sgombero degli insediamenti abusivi; l’identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi attraverso rilievi segnaletici. A tali fini ciascuna ordinanza assegnava alle contabilità speciali di ogni commissario la somma di 1 milione di euro. Come stabilito dalla ordinanza del Presidente del Consiglio 1 aprile 2009, n. 3751, alle contabilità speciali dei commissari affluivano inoltre le risorse finanziarie rese disponibili da Regioni ed enti locali e parte di quelle del Fondo sicurezza urbana istituito dal decreto legge n. 112 del 2008 (articolo 61, comma 18).

Sulla base delle suddette ordinanze si procedette all’identificazione delle persone residenti nei campi attraverso un censimento che, per Roma, Milano e Napoli, portò, nell’ottobre del 2008, all’individuazione complessiva di 167 accampamenti, di cui 124 abusivi e 43 autorizzati, ed è stata registrata la presenza di 12.346 persone, tra le quali 5.436 minori ((dati contenuti nel rapporto del 22 ottobre 2008 dei Prefetti delle tre città al Ministro dell’interno, fonte sito del Ministero dell’interno, dal quale risultava che almeno altrettanti nomadi rispetto a quelli censiti, circa 12.000, si fossero allontanati dai campi dall'inizio di giugno 2008). Successivamente (come chiarito dal Ministro dell’interno in sede di sindacato ispettivo presso la Camera dei deputati il 22 settembre 2010), il censimento portò all'individuazione di 361 campi abusivi abitati da 16.355 persone, per 2.657 delle quali, prive dei requisiti di permanenza in Italia, furono adottati provvedimenti di allontanamento.

 

[13]             Ai sensi della Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003 si definisce piccola impresa quella con meno di 50 dipendenti e un fatturato o bilancio annuo inferiore a 10 milioni di euro e media impresa quella con meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro o un bilancio inferiore a 43 milioni di euro.

[14]             Con l’introduzione della riforma dello strumento e la possibilità di intervento del Fondo anche per operazioni sul capitale di rischio, la presentazione della domanda di garanzia può essere fatta anche da una Società di Gestione del Risparmio (SGR) o da una Società di gestione Armonizzata (SGA).

[15]             L’ articolo 39, comma 4 come modificato dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 7 e 8 legge n. 190/2014), ha disposto che la garanzia del Fondo può essere concessa, a titolo oneroso, su portafogli di finanziamenti erogati da banche e intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 106 del TUB alle imprese – non più solo PMI – ma anche cd. MID CAP con un numero di dipendenti non superiore a 499. L’efficacia della modifica operata dalla legge di stabilità 2015 - che consente la garanzia del Fondo non solo alle PMI ma anche ad imprese con numero di dipendenti fino a 499 era stata sospesa - fino al 31 dicembre 2015 - dal D.L. n. 192/2014 (articolo 3-bis). Una circolare del Mediocredito centrale del 23 maggio 2016 informa che la Commissione europea ha approvato il metodo di calcolo dell’aiuto a favore delle imprese MID CAP.

[16]             In attuazione delle previsioni suddette, è stato adottato il D.M. 26 giugno 2012, successivamente modificato dal D.M. 27 dicembre 2013. Il D.M. 24 aprile 2013 ha fissato le modalità di concessione della garanzia del Fondo su portafogli di finanziamenti erogati a PMI.

[17]             Relazione della Corte dei Conti sul Rendiconto generale dello Stato (per l’esercizio finanziario 2015), trasmessa alla Camera il 23 giugno 2016 (DOC XIV, n. 4).

[18]             Il Programma e i relativi allegati sono disponibili nella seguente sezione del sito del MISE: http://www.mise.gov.it/index.php/it/incentivi/impresa/pon-imprese-e-competitivita/documentazione-e-risorse. L’Autorità di gestione del Programma è il Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale per gli Incentivi alle Imprese (DGIAI) – Divisione IV.

[19]             Il regolamento contiene disposizioni comuni sui "fondi strutturali e di investimento europei - fondi SIE".

[20]             Si specifica che inizialmente il budget del PON Imprese e competitività era pari a 2.419 milioni di euro (di cui 1.700 milioni provenienti dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale - FESR e 643 milioni di cofinanziamento nazionale). Il PON è stato successivamente riprogrammato, nel novembre 2015, a seguito dell’approvazione da parte della Commissione europea, di un nuovo Programma Operativo Nazionale  “Iniziativa PMI” 2014 – 2020” volto a migliorare l’accesso al credito delle PMI del Mezzogiorno.

[21]             Nell’ambito del Programma, si ricorda inoltre l’azione 3.3.6 (Modernizzazione del sistema della logistica merci in supporto alla competitività delle PMI, anche favorendo l’aggregazione di imprese) che prevede azioni di facilitazione all’accesso al credito in collegamento con le azioni supportate dal Fondo centrale di garanzia nell’ambito della relativa priorità di investimento.

[22]             In base all’art. 1 del d.lgs. 9/2008, si tratta, più specificamente, del mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive, organizzati a livello nazionale.

In base all’art. 3, l'organizzatore della competizione (ossia, il soggetto cui è demandata o delegata l'organizzazione della competizione da parte della federazione sportiva riconosciuta dal CONI, competente per la rispettiva disciplina sportiva) e l’organizzatore dell’evento (ossia, la società sportiva che assume la responsabilità e gli oneri dell'organizzazione dell'evento disputato nell'impianto sportivo di cui essa ha la disponibilità) sono contitolari dei diritti audiovisivi relativi agli eventi della competizione, salvo che per la titolarità del diritto di archivio relativo a ciascun evento della competizione, che è riconosciuta in esclusiva all'organizzatore dell'evento medesimo.

[23]             In base all’art. 2, co. 1, lett. r), del D.Lgs. 9/2008, si tratta dei diritti di trasmissione della replica, della sintesi e delle immagini salienti.