Camera dei deputati - XVII Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione - D.L. 59/2016 - A.S. 2362 - Schede di lettura
Riferimenti:
DL N. 59 DEL 03-MAG-16     
Serie: Progetti di legge    Numero: 442
Data: 10/05/2016
Organi della Camera: II-Giustizia
VI-Finanze

 

Disposizioni in materia di procedure esecutive e per investitori in banche in liquidazione

Schede di lettura

D.L. 59/2016 – A.S. 2362

 

Maggio 2016

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 442

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 5

Articolo 1 (Pegno mobiliare non possessorio) 7

Articolo 2 (Finanziamento alle imprese) 11

Articolo 3 (Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi) 17

Articolo 4  (Disposizioni in materia di espropriazione forzata) 23

Articolo 5 (Accesso degli organi delle procedure concorsuali alle informazioni contenute nelle banche dati ) 47

Articolo 6 (Modifiche alla legge fallimentare) 51

Articolo 7 (Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.a.) 53

Articolo 8 (Definizioni) 59

Articolo 9 (Accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta) 61

Articolo 10 (Disposizioni transitorie ed abrogazione di norme) 65

Articolo 11 (Attività per imposte anticipate) 67

Articolo 12 (Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito) 77

Articolo 13 (Copertura finanziaria) 79

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Pegno mobiliare non possessorio)

 

 

L’articolo 1, che apre il capo dedicato alle misure a sostegno delle imprese e di accelerazione del recupero crediti, disciplina una nuova garanzia reale mobiliare, di natura non possessoria, denominata “pegno mobiliare non possessorio”. Si tratta di una garanzia del credito in cui il debitore - diversamente che nel pegno (possessorio) – non si spossessa del bene mobile che ne è oggetto; la mancata disponibilità del bene da parte del creditore garantito è compensata da adeguate forme di pubblicità che, nello specifico, consistono nell’iscrizione della garanzia in un apposito registro informatizzato.

 

Si ricorda che il pegno è un diritto reale mobiliare - costituito a garanzia dell’obbligazione dal debitore o da un terzo per il debitore (art. 2784 c.c.) - che si costituisce con la consegna del bene al creditore, cui viene conferita l’esclusiva disponibilità della cosa (art. 2786 c.c.). Proprio lo spossessamento del bene in favore del creditore costituisce nel pegno l’elemento di garanzia inerente l’adempimento dell’obbligazione.

Sono oggetto di pegno i beni mobili, le universalità di mobili, i crediti ed altri diritti aventi per oggetto beni mobili; può essere oggetto della garanzia anche un documento da cui si ricava la sua costituzione (art. 2801 c.c.). In tal caso il documento deve essere consegnato dal debitore al creditore; sia il bene che il documento possono anche essere consegnati a un terzo designato dalle parti o essere dati in custodia ad entrambi (il debitore tuttavia non deve poterne disporre senza la cooperazione del creditore).

Caratteristiche del pegno sono: l’accessorietà, la specialità (elementi comuni anche all’ipoteca) nonché il carattere spiccatamente possessorio. L’accessorietà deriva dal fatto che la garanzia si estingue in conseguenza dell’estinzione dell’obbligazione così come per l’inesistenza del credito o per la nullità o inefficacia del contratto costitutivo della garanzia. La specialità del pegno concerne il suo oggetto, potendo riguardare sempre un singolo, specifico bene; non vi sono pegni collettivi ma tanti singoli diritti di pegno (al contrario del privilegio, che può essere generale).

Il carattere reale del pegno deriva dalla forma di costituzione della garanzia ovvero la materiale consegna della cosa nelle mani del creditore, cui è trasferita l’esclusiva disponibilità della cosa (art. 2786 c.c.). Tale disponibilità da parte del creditore caratterizza a sua volta il profilo possessorio della garanzia pignoratizia, collegato allo spossessamento del bene da parte del debitore in favore del creditore.

Non a caso, alla perdita della diretta disponibilità del bene oggetto del pegno consegue l’impossibilità di far valere il diritto di prelazione (art. 2787 c.c.); in caso di perdita del possesso del bene in garanzia, il creditore, oltre all’azione di reintegra, può esercitare l’azione di rivendicazione (art. 2789 c.c.).

 

Il decreto-legge introduce nell’ordinamento la garanzia del pegno, senza spossessamento del bene.

 

In particolare, il comma 1 prevede che gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possano garantire i crediti che gli vengono concessi per l’esercizio dell’impresa costituendo un pegno non possessorio.

I crediti garantiti potranno essere presenti o futuri, determinati o determinabili, salva la necessaria indicazione dell’ammontare massimo garantito.

 

Il comma 2 individua l’oggetto del pegno non possessorio nei beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa. Sono espressamente esclusi i beni mobili registrati. Il pegno non possessorio potrà avere ad oggetto beni mobili:

§  esistenti o futuri;

§  determinati o determinabili, anche facendo riferimento a una categoria merceologica o a un valore complessivo.

Il debitore che costituisce il pegno non possessorio – salvo diversi accordi con il creditore - potrà continuare ad avere la disponibilità del bene mobile dato in pegno, utilizzandolo anche nell’esercizio della sua attività economica, senza tuttavia mutarne la destinazione economica.

Il debitore (o il terzo concedente il pegno) potrà anche trasformare o alienare il bene mobile; in tal caso la garanzia si trasferisce al prodotto che risulta dalla trasformazione o al corrispettivo della vendita o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che questo comporti la costituzione di una nuova garanzia.

 

Il modello su cui si basa questa previsione sembra essere quello del pegno rotativo, largamente diffuso nella prassi bancaria e il cui modello contrattuale è il pegno su titoli. Si tratta di un contratto costitutivo di garanzia reale con il quale un soggetto, per ottenere un'anticipazione dalla banca o per costituirsi una garanzia per i propri debiti (anche futuri), offre in pegno strumenti finanziari; una volta scaduto il titolo, la banca con il ricavato può acquistare altri e nuovi titoli o strumenti finanziari da sottoporre all'originario vincolo di garanzia reale. La caratteristica del pegno rotativo consiste nella clausola di rotatività, con la quale le parti convengono sulla possibilità di sostituire il bene originariamente costituito in garanzia, senza che questa sostituzione comporti novazione del rapporto di garanzia, e sempre che il bene offerto in sostituzione abbia identico valore.

 

Il comma 3 disciplina la forma del contratto che costituisce il pegno mobiliare non possessorio, richiedendo – analogamente al pegno possessorio - la forma scritta a pena di nullità. Quanto al contenuto del contratto, questo dovrà indicare il debitore (o il terzo concedente il pegno), la descrizione del bene dato in garanzia, il credito garantito e l’importo massimo garantito.

Il contratto così redatto dovrà essere iscritto in un registro informatizzato (“registro dei pegni non possessori”) tenuto dall’Agenzia delle entrate: l’iscrizione determina il grado della garanzia e consente l’opposizione del pegno ai terzi e nelle procedure concorsuali (comma 4).

 

Le modalità e gli effetti dell’iscrizione sono disciplinati dal comma 6, che prevede:

§  che debbano essere indicati anche sul registro il creditore, il debitore (e eventualmente il terzo datore del pegno), la descrizione del bene e del credito garantito;

§  in caso di pegno mobiliare non possessorio a garanzia del finanziamento per l'acquisto di un bene determinato, la specifica individuazione del bene. Il comma 5 disciplina poi l’ipotesi specifica della opponibilità del pegno possessorio a fronte del finanziamento dell’acquisto di un bene determinato, destinato all’esercizio dell’impresa e garantito da riserva della proprietà sul bene medesimo o da pegno anche non possessorio; ebbene, il pegno non possessorio, anche se anteriormente costituito e iscritto, non è opponibile a chi abbia effettuato tale finanziamento; la non opponibilità opera a una duplice condizione: che il pegno non possessorio sia iscritto nel registro e che al momento dell’iscrizione il creditore informi i titolari di pegno non possessorio iscritto anteriormente; si chiarisca quale sia il pegno non possessorio richiamato nella prima condizione;

§  che l’iscrizione ha una durata di dieci anni, rinnovabile per mezzo di un'iscrizione nel registro effettuata prima della scadenza del decimo anno;

§  che la cancellazione dell’iscrizione può essere domandata giudizialmente o chiesta, di comune accordo, da creditore e debitore;

§  che spetterà ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro della giustizia disciplinare, entro 30 giorni dalla conversione del decreto-legge, le modalità rigorosamente informatiche di iscrizione, consultazione e cancellazione di contratti presso il registro, nonché gli obblighi di chi effettua tali operazioni e gli oneri per la copertura dei costi di tenuta del registro;

§  un’autorizzazione di spesa di 200 mila euro per il 2016 e di 100 mila euro per il 2017 per consentire l'avvio del registro informatico.

 

Il comma 7 disciplina la riscossione del credito oggetto della garanzia, al verificarsi dell’evento che consente al creditore di escutere il pegno.

Il creditore, dopo averne dato avviso al debitore o al terzo nonché agli eventuali titolari di pegni non possessori trascritti successivamente potrà:

a) procedere alla vendita del bene oggetto del pegno, trattenendo il corrispettivo fino a concorrenza della somma garantita. La riforma prevede anche per questa vendita procedure competitive, stime di esperti indipendenti, pubblicità sul portale delle vendite pubbliche (art. 490 c.p.c.) a garanzia degli interessati;

b) procedere all’escussione dei crediti fino a concorrenza con la somma garantita, quando oggetto del pegno mobiliare non possessorio siano crediti;

c) procedere alla locazione del bene oggetto di pegno, imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito, ma solo se questa modalità è prevista dal contratto e iscritta nel registro delle imprese;

d) all’appropriazione dei beni oggetto del pegno, ma solo se questa modalità è prevista dal contratto e iscritta nel registro delle imprese e a condizione che il contratto di pegno abbia previsto in anticipo i criteri e le modalità per la determinazione del valore del bene ai fini dell’appropriazione.

 

Si valuti se il riferimento corretto sia al registro delle imprese o al registro dei pegni non possessori.

 

Se l’escussione della garanzia avviene con vendita, locazione o appropriazione dei beni (lettere a), c) e d) il debitore può, entro 3 mesi dalla comunicazione del creditore, agire in sede di risarcimento del danno se sono state violate le modalità previste dal decreto-legge sotto il profilo del valore attribuito al bene in sede di appropriazione, vendita e canone di locazione (comma 9).

 

In caso di fallimento del debitore, in base al comma 8 il creditore potrà procedere solo dopo che il suo credito è stato ammesso al passivo con prelazione. Agli effetti della revocatoria fallimentare, peraltro, il pegno mobiliare non possessorio è equiparato al pegno (comma 10).

 

Si ricorda, infine, che principi e criteri direttivi per la revisione del sistema delle garanzie reali mobiliari, volti tra l’altro ad introdurre il pegno mobiliare non possessorio, sono previsti dall’art. 11 del disegno di legge delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza (A.C. 3671), attualmente in corso d’esame in sede referente alla Camera dei deputati.

 

 


Articolo 2
(Finanziamento alle imprese)

 

 

L’articolo 2 reca la disciplina del finanziamento alle imprese garantito dal trasferimento di proprietà immobiliari o altri diritti reali immobiliari sospensivamente condizionato.

In caso di inadempimento al pagamento, il creditore può attivare la procedura per rivalersi sul diritto immobiliare posto a garanzia, notificando la volontà al debitore o al titolare del diritto reale immobiliare, di avvalersi degli effetti del patto di trasferimento, chiedendo al presidente del tribunale del luogo dove si trova l’immobile la nomina di un perito per la stima del diritto immobiliare reale oggetto del patto. Il trasferimento può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare è sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione.

 

A tal fine al Testo unico bancario (TUB, decreto legislativo n. 385 del 1993) è introdotto il nuovo articolo 48-bis.

 

Ai sensi del comma 1 del nuovo articolo 48-bis, il contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca - o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico - può essere garantito dal trasferimento della proprietà di un immobile, o di un altro diritto immobiliare, dell'imprenditore o di un terzo, in favore del creditore o di una società controllata o collegata che sia autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari. Tale trasferimento si verifica in caso di inadempimento del debitore.

 

In tale caso, al proprietario deve essere corrisposta l'eventuale differenza tra il valore di stima del diritto e l'ammontare del debito inadempiuto e delle spese di trasferimento (comma 2).

 

Da tale contratto sono esclusi gli immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado (comma 3).

 

Il comma 4 consente che il patto possa essere stipulato non solo al momento della conclusione del contratto di finanziamento, ma anche successivamente. La modifica deve avvenire per atto notarile.

Qualora il finanziamento sia già garantito da ipoteca, il trasferimento in esame, una volta trascritto, prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite successivamente all'iscrizione ipotecaria.

 

Ai sensi del comma 5, per il configurarsi dell’inadempimento devono sussistere le seguenti condizioni:

§  il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili;

§  il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza di una sola rata, in caso di termini di scadenza delle rate superiori al periodo mensile;

§  il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento, nel caso in cui non sia previsto il pagamento rateale.

 

In tali circostanze, il creditore deve notificare al debitore e, se diverso, al titolare del diritto reale immobiliare, una dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto.

La medesima dichiarazione deve essere notificata a coloro che hanno diritti derivanti da titolo iscritto o trascritto sull'immobile successivamente alla trascrizione del patto in commento.

 

Sessanta giorni dopo tale notifica (comma 6), il creditore chiede al presidente del tribunale del luogo nel quale si trova l'immobile la nomina di un perito per la stima, con relazione giurata, del diritto reale immobiliare oggetto del patto.

Per l’effettuazione della stima si applicano i criteri previsti dall'articolo 1349, primo comma, del codice civile. Il perito comunica il valore di stima ai soggetti interessati.

 

Il citato comma 1 dell’articolo 1349 c.c. stabilisce i criteri con cui il terzo può procedere alla determinazione dell'oggetto del contratto: se non risulta che le parti si sono rimesse al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con equo apprezzamento. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice.

 

In caso di contestazione della stima da parte del debitore, ai sensi del comma 7 il creditore ha comunque diritto di avvalersi degli effetti del patto; pertanto, l'eventuale fondatezza della contestazione incide esclusivamente sulla differenza da versare al titolare del diritto reale immobiliare.

 

Il comma 8 chiarisce che la condizione sospensiva di inadempimento si considera avverata:

§  al momento della comunicazione al creditore del valore di stima, ovvero

§  al momento dell'avvenuto versamento all'imprenditore della differenza, nel caso in cui il valore sia superiore all'ammontare del debito inadempiuto, compresi le spese ed i costi del trasferimento.

Si stabilisce inoltre che il contratto di finanziamento deve contenere l'espressa previsione di un conto corrente bancario, intestato al titolare del diritto reale immobiliare, sul quale il creditore deve accreditare la predetta differenza.

 

Il comma 9 pone in capo al creditore, a fini pubblicitari connessi all’annotazione di cancellazione della condizione sospensiva, l’obbligo di provvedere con atto notarile a dichiarare l'inadempimento del debitore mediante dichiarazione sostitutiva (art. 47 del D.P.R. n. 445 del 2000), nonché l’obbligo di produrre l’estratto autentico delle scritture contabili previste dall’articolo 2214 c.c..

L’articolo 2214 c.c. prescrive per l'imprenditore che esercita un'attività commerciale l’obbligo di tenere il libro giornale e il libro degli inventari. Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite. Tali disposizioni non si applicano ai piccoli imprenditori.

 

Il trasferimento può avvenire anche quando il diritto reale immobiliare già oggetto del patto in commento è successivamente sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione (comma 10).

In questo caso l'accertamento dell'inadempimento è compiuto, su istanza del creditore, dal giudice dell'esecuzione e il valore di stima è determinato dall'esperto nominato dallo stesso giudice.

Il giudice fissa il termine entro il quale il creditore deve versare una somma non inferiore alle spese di esecuzione e, ove vi siano, ai crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello dell'istante ovvero pari all'eventuale differenza tra il valore di stima del bene e l'ammontare del debito inadempiuto.

A seguito del versamento, il giudice dà atto dell'avveramento della condizione, con decreto annotato ai fini della cancellazione della condizione. La distribuzione del ricavato avviene secondo le procedure dell’espropriazione immobiliare (libro terzo, titolo II, capo IV del codice di procedura civile).

 

La medesima procedura si applica, in quanto compatibile, anche quando il diritto reale immobiliare è sottoposto ad esecuzione a seguito di riscossione di somme non pagate, secondo le modalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (comma 11), ovvero, su istanza del creditore ammesso al passivo, in caso di fallimento del debitore dopo la trascrizione del patto (comma 12).

 

Il comma 13 stabilisce che il creditore - mediante atto notarile -provvede, entro trenta giorni dall'estinzione dell'obbligazione garantita, a dare pubblicità nei registri immobiliari del mancato definitivo avveramento della condizione sospensiva.

 

Si ricorda, con riferimento ai contratti di credito garantiti da beni immobili, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/17/UE (cd. Mortgage Credit Directive), in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali (A.G.256). In particolare, introducendo un nuovo articolo 120-quinquiesdecies nel TUB, lo schema prevede che le parti del contratto di credito possono convenire espressamente, al momento della conclusione del contratto o successivamente, che in caso di inadempimento del consumatore, la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia reale o dei proventi della vendita del medesimo bene comporta l'estinzione del debito, fermo restando il diritto del consumatore all'eccedenza. Il valore della garanzia è stimato con una perizia successivamente all'inadempimento, da parte di un perito scelto dalle parti di comune accordo.

In sede di espressione del parere parlamentare sullo schema di decreto, è emersa la necessità di specificare meglio la portata della norma in questione, al fine di assicurarne la piena applicabilità, garantendo un adeguato bilanciamento tra gli interessi delle parti. Pertanto le Commissioni Finanze di Camera e Senato hanno approvato alcune condizioni, impegnando il governo a:

§  recepire in norma di rango primario quanto già sostanzialmente sancito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (Cassazione civile, Sezione II, del 9 maggio 2013, n. 10986), la quale considera lecito in materia il ricorso al cosiddetto «patto marciano», in quanto, a differenza del patto commissorio, vietato dall'articolo 2744 del codice civile, in tale patto non sussiste sproporzione tra l'entità del debito e il valore del bene dato in garanzia, si procede alla stima del bene oggetto di garanzia e si prevede l'obbligo per il creditore di restituire al debitore l'importo eccedente l'entità del credito;

§  chiarire che la disposizione non costituisce deroga al divieto di patto commissorio di cui al già richiamato articolo 2744 del codice civile, il quale dispone la nullità del patto col quale si conviene che «in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore», e di specificare la nozione e l'entità quantitativa e temporale dell'inadempimento (comunque per una morosità non inferiore a 18 rate), al ricorrere del quale si prevede la restituzione o il trasferimento del bene oggetto di garanzia reale ovvero dei proventi della vendita del medesimo bene;

§  chiarire come la norma comporti che la restituzione o il trasferimento del bene immobile oggetto di garanzia o dei proventi della vendita del bene stesso determina comunque l'estinzione del debito, anche nel caso in cui il valore del bene trasferito o l'ammontare dei proventi della vendita sia inferiore all'ammontare del debito;

§  specificare che il trasferimento dell'immobile oggetto della garanzia avviene mediante separato atto di disposizione del bene stesso da parte del debitore e che, in ogni caso, la banca si impegna a valorizzare l'immobile al miglior prezzo di realizzo possibile, indipendentemente dall'ammontare del debito residuo;

§  escludere espressamente la retroattività della norma, anche nell'ipotesi di surroga;

§  specificare che il finanziatore non può condizionare l'erogazione del mutuo all'inserimento nel contratto di credito della clausola in commento;

§  prevedere che il consumatore debba essere assistito da un consulente;

§  prevedere che il perito scelto dalle parti per stimare il valore dell'immobile deve possedere requisiti che ne assicurino l'indipendenza, prevedendo a tal fine che il potere di nomina del perito stesso sia attribuita al Presidente del Tribunale territorialmente competente.

Il decreto non è ancora stato emanato.

 

Si ricorda inoltre che la vigente disciplina in materia di prestito vitalizio ipotecario prevede strumenti molto incisivi a favore del creditore in caso di inadempimento del debitore, consentendo in tal caso al creditore stesso di porre in vendita direttamente l’immobile gravato da ipoteca a garanzia del finanziamento. Infatti il comma 12-quater dell'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge n. 203 del 2005, stabilisce che “qualora il finanziamento non sia integralmente rimborsato entro dodici mesi dal verificarsi degli eventi di cui al citato comma 12, il finanziatore vende l'immobile ad un valore pari a quello di mercato, determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore, utilizzando le somme ricavate dalla vendita per estinguere il credito vantato in dipendenza del finanziamento stesso.”


Articolo 3
(Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi)

 

 

L’articolo 3, comma 1, istituisce presso il Ministero della giustizia un registro elettronico delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure d'insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi. Il registro è accessibile dalla Banca d'Italia, che utilizza i dati e le informazioni in esso contenuti nello svolgimento delle funzioni di vigilanza, a tutela della sana e prudente gestione degli intermediari vigilati e della stabilità complessiva.

 

Il comma 2 dispone in merito alle informazioni e ai documenti pubblicati nel registro. Essi riguardano:

a) le procedure di espropriazione forzata immobiliare;

b) le procedure di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ("Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa");

c) i procedimenti di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché i piani di risanamento di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, quando vengano fatti oggetto di pubblicazione nel registro delle imprese;

 

L'articolo 182-bis della legge fallimentare reca la disciplina relativa all'omologazione degli accordi di ristrutturazione del debito. Si ricorda a tale proposito che, a partire dal decreto-legge n. 35/2005 (convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2005), è stata introdotta la possibilità del debitore, nell’ambito del concordato preventivo, di concludere con i creditori un accordo stragiudiziale di ristrutturazione dei debiti che gli permetta di fare fronte alla crisi dell’impresa tramite un piano concordato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti. L’accordo è poi omologato dal tribunale. L'articolo 182-bis citato stabilisce i termini temporali per la presentazione della domanda di omologazione, la documentazione da produrre a tal fine (richiamando l'articolo 161 della medesima legge fallimentare), unitamente ad una relazione redatta da un professionista designato dal debitore, i termini per l'opposizione (entro 30 giorni dalla pubblicazione) da parte dei creditori e di ogni altro interessato. Sono inoltre disciplinate le modalità per la fissazione della data dell'udienza da parte del tribunale.

 

L'articolo 67 della legge fallimentare, terzo comma, elenca gli atti non soggetti a revocatoria fallimentare. La lettera d) di tale comma richiama gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia determinati requisiti.

 

d) le procedure di amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999 n. 270 (recante "Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza") e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 ("Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza");

 

Il decreto legge n. 347 del 2003, come modificato ed integrato da successivi interventi normativi, ha introdotto nell'ordinamento italiano una nuova disciplina relativa alla procedura concorsuale di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in stato di insolvenza, finalizzata alla ristrutturazione industriale delle stesse sotto la supervisione del Ministro competente. Precedentemente, il citato decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 ("Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza"), aveva ribadito la finalità della procedura di amministrazione straordinaria (introdotta per la prima volta nell'ordinamento con il decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 29) di conservazione del patrimonio produttivo della grande impresa commerciale insolvente mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione dell'attività imprenditoriale, come recita testualmente l'articolo 1. Il decreto legislativo n. 270 prevede l'ammissione all'amministrazione straordinaria delle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento, in presenza determinati requisiti.

 

e) le procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti, di piano del consumatore e di liquidazione dei beni di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3 ("Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento").

 

Il Capo II della citata legge n. 3 del 2012 ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova tipologia di concordato volto a comporre le cc.dd. crisi da sovraindebitamento, ovvero le crisi di liquidità del singolo debitore, vale a dire di famiglie o imprese, non assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali. Il “sovraindebitamento” viene definito come “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente” (articolo 6 della legge).

 

 

Il comma 3 prevede che il registro si compone di una sezione ad accesso pubblico e gratuito e di una sezione ad accesso limitato, con il seguente contenuto:

a) relativamente alle procedure di cui al comma 2, nella sezione del registro ad accesso pubblico sono rese disponibili in forma elettronica, in relazione alla tipologia di procedura o di strumento di cui al comma 2, le informazioni e i documenti di cui all'articolo 24, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2015/848 e le altre informazioni rilevanti in merito ai tempi e all'andamento di ciascuna procedura o strumento; all'interno di questa sezione possono essere altresì collocate le informazioni e i provvedimenti di cui all'articolo 28, quinto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

 

Il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle procedure di insolvenza (rifusione) n. 848 richiamato stabilisce che gli Stati membri creino e tengano, nel loro territorio uno o più "registri fallimentari" ove sono pubblicate informazioni relative alle procedure d'insolvenza. Ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 24 devono comunque essere rese pubbliche le seguenti informazioni ("informazioni obbligatorie"):

a) la data di apertura della procedura d'insolvenza;

b) il giudice che ha aperto la procedura d'insolvenza e numero di causa, se del caso;

c) il tipo di procedura d'insolvenza aperta e, se del caso, eventuali pertinenti sottotipi di tale procedura aperti a norma del diritto nazionale;

d) la specificazione del fondamento normativo della competenza per l'apertura della procedura (secondo quanto previsto dall'articolo 3 del regolamento);

e) se il debitore è una società o una persona giuridica, il nome del debitore, il relativo numero di iscrizione, la sede legale o, se diverso, il recapito postale;

f) se il debitore è una persona fisica che esercita o non esercita un'attività imprenditoriale o professionale indipendente, il nome del debitore, il relativo numero di iscrizione, se del caso, e il recapito postale o, laddove il recapito sia riservato, il luogo e la data di nascita;

g) il nome, il recapito postale o l'indirizzo di posta elettronica dell'amministratore, se del caso, nominato nella procedura;

h) il termine per l'insinuazione dei crediti, se del caso, o il riferimento ai criteri per il calcolo di tale termine;

i) la data di chiusura della procedura principale di insolvenza, se del caso;

j) il giudice dinanzi al quale e, se del caso, il termine entro il quale presentare richiesta di impugnazione della decisione di apertura della procedura d'insolvenza (disciplinata dall'articolo 5 del regolamento), o un riferimento ai criteri per il calcolo di tale termine.

 

L'articolo 28 del regio decreto n. 267 del 1942 reca disposizioni sui requisiti per la nomina a curatore. Vi si prevede, all'ultimo comma, l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, di un registro nazionale nel quale confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali. Nel registro vengono altresì annotati i provvedimenti di chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del passivo delle procedure chiuse. Il registro è tenuto con modalità informatiche ed è accessibile al pubblico.

 

b) relativamente alle procedure di espropriazione forzata immobiliare, nella sezione del registro ad accesso pubblico sono rese disponibili in forma elettronica le informazioni e i documenti individuati con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame. Nella individuazione delle informazioni il decreto tiene conto, a fini di tutela della stabilità finanziaria, anche della loro rilevanza per una migliore gestione dei crediti deteriorati da parte degli intermediari creditizi e finanziari;

c) nella sezione del registro ad accesso limitato sono resi disponibili in forma elettronica le informazioni e i documenti relativi a ciascuna procedura o strumento di cui al comma 2, individuate con il decreto dirigenziale di cui alla lettera b).

 

Secondo il comma 4, con il decreto di cui al comma 3, lettera b), sentita la Banca d'Italia per gli aspetti rilevanti a fini di tutela della stabilità finanziaria, sono altresì previste disposizioni per l'attuazione del registro, prevedendo:

a) le modalità di pubblicazione, rettifica, aggiornamento e consultazione dei dati e dei documenti da inserire nel registro, nonché i tempi massimi della loro conservazione;

b) i soggetti tenuti ad effettuare, in relazione a ciascuna tipologia di procedura o strumento, la pubblicazione delle informazioni e dei documenti;

c) le categorie di soggetti che sono legittimati, in presenza di un legittimo interesse, ad accedere alla sezione del registro ad accesso limitato, il contributo dovuto per l'accesso da determinare in misura tale da assicurare almeno la copertura dei costi del servizio e i casi di esenzione; è sempre consentito l'accesso gratuito all'autorità giudiziaria;

d) le eventuali limitate eccezioni alla pubblicazione di documenti con riferimento alle esigenze di riservatezza delle informazioni ivi contenute o all'assenza di valore informativo di tali documenti per i terzi.

 

Il comma 5 prevede che il registro deve consentire la ricerca dei dati secondo ciascuna tipologia di informazione e di documento in esso contenuti. Le disposizioni contenute nel regolamento assicurano che il registro sia conforme alle disposizioni del Regolamento (UE) 2015/848, relativo alle procedure di insolvenza.

 

Il comma 6 ammette che su richiesta del debitore, del curatore, del commissario giudiziale, di un creditore, di chiunque vi abbia interesse o d'ufficio, il giudice delegato o il tribunale competenti possono limitare la pubblicazione di un documento o di una o più sue parti, quando sia dimostrata l'esistenza di uno specifico e meritevole interesse alla riservatezza dell'informazione in esso contenuta. La richiesta sospende gli obblighi di pubblicazione dei documenti, o della parte di essi, oggetto della richiesta di esenzione e, qualora la pubblicazione sia già avvenuta, sospende temporaneamente l'accesso ad essi da parte degli interessati. Nelle more della decisione, il giudice può imporre una cauzione al creditore o terzo richiedente.

 

Il comma 7 dispone che, in attuazione degli obiettivi di cui all’articolo in esame, il Ministero della giustizia, per la progressiva implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della Giustizia, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, commi 513 e 515, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), può avvalersi della Società di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge 24 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Ai fini della realizzazione dei predetti servizi di interesse generale, la Società provvederà, tramite Consip S.p.A., all'acquisizione dei beni e servizi occorrenti.

 

Si ricorda che i commi da 512 a 520 dell’articolo 1 della L. n. 208/2015 puntano a rafforzare l’acquisizione centralizzata di beni e servizi in materia informatica e di connettività, prevedendo, con la finalità di conseguire specifici obiettivi di risparmio indicati nei commi medesimi, che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto consolidato della PA debbano approvvigionarsi tramite Consip o soggetti aggregatori. Le Regioni sono state autorizzate ad assumere personale per assicurare la funzionalità di tali soggetti aggregatori, in deroga ai vincoli previsti dalla normativa vigente.

In particolare, il comma 513 richiamato prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) predisponga il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che è approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato. Il Piano recherà, per ciascuna amministrazione o categoria di amministrazioni, l'elenco dei beni e servizi informatici e di connettività e dei relativi costi e individuerà beni e servizi la cui acquisizione riveste particolare rilevanza strategica.

Il comma 515 - anch’esso specificamente richiamato - definisce l’obiettivo di risparmio di spesa annuale posto in relazione ai precedenti commi. Tale obiettivo, pari al 50%, rispetto alla spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico, relativa al triennio 2013-2015 - al netto dei canoni per servizi di connettività e della spesa effettuata tramite Consip o i soggetti aggregatori documentata nel Piano triennale predisposto dall'Agid - è posto per la fine del triennio 2016-2018.

Sono operate alcune esclusioni dal raggiungimento di detto obiettivo:

§  l’INPS e l’INAIL;

§  le società di gestione del sistema informativo dell'amministrazione finanziaria, e la società che elabora gli studi di settore, nonché ogni altra attività di studio e ricerca in materia tributaria, per le prestazioni e i servizi erogati alle amministrazioni committenti;

§  Consip S.p.A.;

§  l'amministrazione della giustizia in relazione al completamento dell'informatizzazione del processo civile e penale negli uffici giudiziari.

Si prevede che i risparmi derivanti dall'attuazione del comma in esame siano utilizzati dalle amministrazioni prioritariamente per investimenti in materia di innovazione tecnologica.

 

La Società di cui all'articolo 83, comma 15, del D.L. n. 112/2008 è la società di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria.

 

In base al comma 8, per l'istituzione del registro è autorizzata la spesa di 3,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018. Il Ministero della giustizia, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia disciplinano con apposita convenzione, da stipularsi entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, i rispettivi compiti rispetto alla realizzazione, al funzionamento e al monitoraggio del registro, nonché l'eventuale entità della contribuzione finanziaria da parte della Banca d'Italia.


Articolo 4
(Disposizioni in materia di espropriazione forzata)

 

 

L'articolo 4 del decreto-legge reca misure acceleratorie della procedura di espropriazione forzata, anche attraverso modifiche al codice di procedura civile.

 

In particolare la lettera a) del comma 1 dell'articolo modifica il terzo comma dell'articolo 492 c.p.c. relativo alla forma del pignoramento.

 

La disposizione in esame (integralmente riscritta dalla legge n. 52 del 2006), nel recare la normativa generale sulla forma del pignoramento, oggetto di disciplina più specifica ad opera degli articoli 518 (espropriazione mobiliare), 543 (espropriazione presso terzi) e 555 (espropriazione immobiliare) relativi ai diversi tipi di espropriazione, evidenzia il ruolo centrale dell'ingiunzione dell'ufficiale giudiziario al debitore con il quale si determina il vincolo di indisponibilità e di finalizzazione dell'espropriazione. In base all'articolo in esame il pignoramento deve contenere l'invito al debitore ad eleggere domicilio o a dichiarare la propria residenza in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice dell'esecuzione, onde evitare che le successive comunicazioni e notificazioni vengano effettuate presso la cancelleria. Ai sensi del terzo comma dell'articolo 492 c.p.c. contestualmente al pignoramento il debitore deve essere avvertito della possibilità di convertire lo stesso (ex articolo 495) trasferendo il vincolo su una somma di denaro. Tale disposizione traspone di fatto il contenuto dei primi due commi dell'articolo 495 (conversione del pignoramento), consentendo così al debitore di evitare la vendita attraverso il meccanismo della conversione del pignoramento. L'avvertimento è formalmente atto dell'ufficiale giudiziario, la cui mancanza costituisce- come per ogni carenza relativa all'ingiunzione e all'invito di cui al comma 2- vizio del pignoramento.

 

Il decreto-legge integra l'articolo 492 del codice di rito, stabilendo che il pignoramento debba contenere l'avvertimento che l'opposizione all'esecuzione, a norma dell'articolo 615, secondo comma, terzo periodo (vedi lettera l) è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene pignorato a norma degli articoli 530 (provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita), 552 (assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) e 569 (provvedimento per l'autorizzazione della vendita). L'opposizione può essere invece proposta oltre il termine nel caso in cui sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero se l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. La disposizione si applica ai procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 3).

 

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 492

Forma del pignoramento

Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi .

Identico

Il pignoramento deve altresì contenere l'invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice.

 

Identico

Il pignoramento deve anche contenere l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'articolo 495, può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale.

Il pignoramento deve anche contenere l'avvertimento che il debitore, ai sensi dell'articolo 495, può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione, sempre che, a pena di inammissibilità, sia da lui depositata in cancelleria, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, la relativa istanza unitamente ad una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. Il pignoramento deve contenere l’avvertimento che, a norma dell’articolo 615, secondo comma, terzo periodo, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.

Quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti ovvero per essi appare manifesta la lunga durata della liquidazione l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l'omessa o falsa dichiarazione.

Identico

Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicate cose mobili queste, dal momento della dichiarazione, sono considerate pignorate anche agli effetti dell'articolo 388, terzo comma, del codice penale e l'ufficiale giudiziario provvede ad accedere al luogo in cui si trovano per gli adempimenti di cui all'articolo 520 oppure, quando tale luogo è compreso in altro circondario, trasmette copia del verbale all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Se sono indicati crediti o cose mobili che sono in possesso di terzi il pignoramento si considera perfezionato nei confronti del debitore esecutato dal momento della dichiarazione e questi è costituito custode della somma o della cosa anche agli effetti dell'articolo 388, quarto comma, del codice penale quando il terzo, prima che gli sia notificato l'atto di cui all'articolo 543, effettua il pagamento o restituisce il bene. Se sono indicati beni immobili il creditore procede ai sensi degli articoli 555 e seguenti.

Identico

Qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente, il creditore procedente può richiedere all'ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi ai fini dell'esercizio delle facoltà di cui all'articolo 499, quarto comma.

Identico

[In ogni caso l'ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione, quando non individua beni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati o indicati dal debitore appaiono insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti, su richiesta del creditore procedente, rivolge richiesta ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. La richiesta, eventualmente riguardante più soggetti nei cui confronti procedere a pignoramento, deve indicare distintamente le complete generalità di ciascuno, nonchè quelle dei creditori istanti. L'ufficiale giudiziario ha altresì facoltà di richiedere l'assistenza della forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario]

 

Se il debitore è un imprenditore commerciale l'ufficiale giudiziario, previa istanza del creditore procedente, con spese a carico di questi, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista o un avvocato ovvero un notaio iscritto nell'elenco di cui all'articolo 179-ter delle disposizioni per l'attuazione del presente codice per il loro esame al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili. Il professionista nominato può richiedere informazioni agli uffici finanziari sul luogo di tenuta nonchè sulle modalità di conservazione, anche informatiche o telematiche, delle scritture contabili indicati nelle dichiarazioni fiscali del debitore e vi accede ovunque si trovi, richiedendo quando occorre l'assistenza dell'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Il professionista trasmette apposita relazione con i risultati della verifica al creditore istante e all'ufficiale giudiziario che lo ha nominato, che provvede alla liquidazione delle spese e del compenso. Se dalla relazione risultano cose o crediti non oggetto della dichiarazione del debitore, le spese dell'accesso alle scritture contabili e della relazione sono liquidate con provvedimento che costituisce titolo esecutivo contro il debitore.

Identico

Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale competente per l'esecuzione può concedere al creditore l'autorizzazione prevista dall'articolo 488, secondo comma

Identico

 

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame integra il secondo comma dell’articolo 503 c.p.c, inserendo con riguardo alla vendita all'incanto nel caso di espropriazione mobiliare il richiamo agli articoli 518 sulla forma del pignoramento e 540-bis sull’integrazione del pignoramento c.p.c. Più nel dettaglio il secondo comma dall’articolo 503, introdotto dal decreto legge n. 132 del 2014 (convertito nella legge n. 162 del 2014), nella formulazione vigente prima del decreto legge in esame, si limitava a prevedere la possibilità di utilizzare le modalità della vendita con incanto, stabilendo che l’incanto potesse essere disposto solo quando il giudice ritenesse probabile che la vendita con tale modalità avesse luogo ad un prezzo superiore alla metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell’articolo 568. A ben vedere la disposizione oggetto di modifica pur attenendo alla disciplina generale dell’espropriazione faceva rinvio solo all’articolo 568 il quale riguarda esclusivamente l’espropriazione immobiliare.

 

E' opportuno ricordare, in generale, che l'articolo 503 disciplina i modi della vendita forzata, la quale costituisce il penultimo atto dell'espropriazione forzata. Tale vendita può essere effettuata all'incanto, cioè in una pubblica gara con offerte in aumento, finalizzata alla scelta dell'aggiudicatario; o senza incanto nel qual caso le offerte vengono semplicemente depositate dai singoli offerenti e sarà il giudice a valutarle.

 

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 503

Modi della vendita forzata

La vendita forzata può farsi con incanto o senza, secondo le forme previste nei capi seguenti.

Identico

L'incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568.

L'incanto può essere disposto solo quando il giudice ritiene probabile che la vendita con tale modalità abbia luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568, nonché, nel caso di beni mobili, degli articoli 518 e 540-bis.

 

 

La lettera c) interviene sull’articolo 532 c.p.c. (già recentemente modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015), che nell’ambito dell’esecuzione mobiliare presso il debitore disciplina la vendita a mezzo di commissionario. In base alla disposizione codicistica tale modalità di vendita costituisce la regola, dovendo il giudice procedere in tal senso quando la vendita può essere effettuata senza incanto.

La riforma conferma la competenza del giudice in ordine:

§  alla fissazione del prezzo minimo della vendita e dell'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, potendo, fra l'altro, imporre al commissionario una cauzione;

§  alla definizione delle modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e del termine finale alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Il decreto-legge interviene su tale termine finale prevedendo che il soggetto incaricato della vendita non possa protrarre le attività di vendita oltre i sei mesi. Nella formulazione previgente il soggetto non poteva restituire gli atti in cancelleria prima di 6 mesi, ma non poteva protrarre le suddette attività oltre l’anno;

§  alla fissazione del numero complessivo degli esperimenti di vendita. Il decreto-legge limita tali esperimenti ad un massimo di tre (nella formulazione previgente non "inferiori a tre").

In caso di rinuncia, il giudice, a meno che non intervengano istanze di integrazione del pignoramento, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche se non ricorrono i presupposti per dichiarare l’infruttuosità dell’espropriazione forzata a norma dell’art. 164-bis delle disposizioni di attuazione.

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 532

Vendita a mezzo commissionario

Il giudice dell'esecuzione dispone la vendita senza incanto o tramite commissionario dei beni pignorati. Le cose pignorate devono essere affidate all'istituto vendite giudiziarie, ovvero, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza iscritto nell'elenco di cui all'articolo 169-sexies delle disposizioni per l'attuazione del presente codice, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario .

Identico

Nello stesso provvedimento di cui al primo comma il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Il giudice fissa altresì il numero complessivo, non inferiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non inferiore a sei mesi e non superiore a un anno alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice.

Nello stesso provvedimento di cui al primo comma il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. Il giudice fissa altresì il numero complessivo, non superiore a tre, degli esperimenti di vendita, i criteri per determinare i relativi ribassi, le modalità di deposito della somma ricavata dalla vendita e il termine finale non superiore a sei mesi alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria. Quando gli atti sono restituiti a norma del periodo precedente, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell'articolo 540-bis, dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche quando non sussistono i presupposti di cui all'articolo 164-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice.

Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato

Identico

 

La lettera d) interviene sull'articolo 560 c.p.c. il quale prevede che il giudice dell'esecuzione, al fine di facilitare la visita dell'immobile in vista dell'imminente vendita, nonché per rendere maggiormente fruttuosa la stessa (proponendo un immobile già libero) può disporre la liberazione dell'immobile con provvedimento non impugnabile. In primo luogo, al fine di semplificare l'iter di liberazione dell'immobile pignorato la riforma- modificando il quarto comma dell'articolo 560 c.p.c.- nel confermare la competenza del custode, anche dopo la pronuncia del decreto di trasferimento (articolo 586 c.p.c.), in ordine all'attuazione del provvedimento di liberazione, precisa che il custode deve agire secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, ma senza essere tenuto all'osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti (dell'esecuzione per consegna o rilascio). Il decreto-legge precisa, inoltre, che per l’attuazione dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell’articolo 68. Ai sensi del comma 4 dell’articolo 4 la disposizione si applica agli ordini di liberazione disposti, nei procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione iniziati successivamente al decorso del termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.

Ancora, il decreto-legge, modificando il quinto comma dell'articolo 560 c.p.c. riconosce agli interessati a presentare l'offerta d'acquisto il diritto di esaminare i beni in vendita entro 7 giorni dalla richiesta, effettuata tramite il portale delle vendite pubbliche. La disamina dei beni inoltre, deve essere svolta con modalità idonee a garantire la riservatezza dell’identità degli interessati e ad impedire che essi abbiano contatti tra loro.

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 560

Modo della custodia

Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593.

Identico

Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione.

Identico

Il giudice dell'esecuzione dispone, con provvedimento non impugnabile, la liberazione dell'immobile pignorato, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca la detta autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all'aggiudicazione o all'assegnazione dell'immobile.

Identico

Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per il rilascio ed è eseguito a cura del custode anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell'interesse dell'aggiudicatario o dell'assegnatario se questi non lo esentano

Il provvedimento è attuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare, senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti, anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario se questi non lo esentano. Per l’attuazione dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell’articolo 68.

Il giudice, con l'ordinanza di cui al terzo comma dell'articolo 569, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi affinché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita. Il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, all'amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità

Il giudice, con l'ordinanza di cui al terzo comma dell'articolo 569, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi affinché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita. Il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione, all'amministrazione e alla gestione dell'immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità. Gli interessati a presentare l’offerta di acquisto hanno diritto di esaminare i beni in vendita entro sette giorni dalla richiesta. La richiesta è formulata mediante il portale delle vendite pubbliche e non può essere resa nota a persona diversa dal custode. La disamina dei beni si svolge con modalità idonee a garantire la riservatezza dell’identità degli interessati e ad impedire che essi abbiano contatti tra loro.

 

 

La lettera e), al fine di migliorare il tasso di efficienza e di trasparenza del mercato delle vendite forzate, modifica l'articolo 569, prevedendo che le vendite dei beni immobili pignorati abbiano luogo obbligatoriamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare (DM 32 del 2015) adottato in attuazione dell'articolo 161-ter delle disposizioni per l'attuazione del c.p.c. Attraverso tale modifica si estende anche al settore delle vendite immobiliari la regola introdotta nell'articolo 530 c.p.c. dal decreto-legge n. 90 del 2014 per la quale la vendita dei beni mobili pignorati deve avere luogo con modalità telematiche. Come si rileva nella relazione a norma del predetto decreto ministeriale, il giudice dell'esecuzione può disporre che la vendita abbia luogo con modalità mista e cioè contestualmente con modalità sia telematiche che tradizionali. La disposizione si applica alle vendite forzate di beni immobili disposte dopo il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 5).

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 569

Provvedimento per l’autorizzazione della vendita

A seguito dell'istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione, entro quindici giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell'articolo 567, nomina l'esperto che presta giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione e fissa l'udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l'udienza non possono decorrere più di novanta giorni

Identico

All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle.

Identico

Nel caso in cui il giudice disponga con ordinanza la vendita forzata, fissa un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza stabilisce le modalità con cui deve essere prestata la cauzione, se la vendita è fatta in uno o più lotti, il prezzo base determinato a norma dell'articolo 568, l'offerta minima, il termine, non superiore a centoventi giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo dev'essere depositato, con le modalità del deposito e fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l'udienza per la deliberazione sull'offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all'articolo 573. Quando ricorrono giustificati motivi, il giudice dell'esecuzione può disporre che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente ed entro un termine non superiore a dodici mesi. Il giudice provvede ai sensi dell'articolo 576 solo quando ritiene probabile che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 5.

Identico

Con la stessa ordinanza, il giudice può stabilire che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l'incanto, nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche.

Con la stessa ordinanza, il giudice stabilisce, salvo che sia pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura, che il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara tra gli offerenti e, nei casi previsti, l’incanto, nonché il pagamento del prezzo, siano effettuati con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare di cui all’articolo 161-ter delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.

Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione dispone la vendita con ordinanza.

Identico

Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all'articolo 498 che non sono comparsi.

Identico

 

 

La lettera f) modifica l'articolo 588 c.p.c ., prevedendo la possibilità che il bene pignorato venga assegnato a favore di un terzo da nominare. La disposizione si applica alle istanze di assegnazione presentate, nei procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare, dopo trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 6).

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 588

Termine per l’istanza di assegnazione

Ogni creditore, nel termine di dieci giorni prima della data dell'udienza fissata per la vendita, può presentare istanza di assegnazione a norma dell'articolo 589 per il caso in cui la vendita non abbia luogo.

Ogni creditore, nel termine di dieci giorni prima della data dell'udienza fissata per la vendita, può presentare istanza di assegnazione, per sé o a favore di un terzo, a norma dell'articolo 589 per il caso in cui la vendita non abbia luogo.

 

 

Strettamente collegata alla modifica di cui alla lettera f) è l'introduzione nel codice di rito una nuova disposizione, l'articolo 590-bis (lettera g). Tale disposizione, rubricata assegnazione in favore di un terzo, prevede che il creditore assegnatario di un bene a favore di un terzo deve dichiarare in cancelleria, nei cinque giorni dalla pronuncia in udienza del provvedimento di assegnazione ovvero dalla comunicazione, il nome del soggetto a favore del quale deve essere trasferito l'immobile, depositando la dichiarazione dello stesso. In mancanza, il trasferimento si considera fatto a favore del creditore.

La successiva lettera h) interviene sull'articolo 591 c.p.c. , che disciplina il provvedimento di amministrazione giudiziaria o il nuovo incanto. L'articolo 591 c.p.c., già modificato dal decreto-legge n. 83 del 2015, prevede che ove non si sia concretizzata la vendita al miglior offerente, il giudice può autorizzare l'incanto solo in assenza di istanze di assegnazione e se ritiene di poter ricavare con tale modalità un prezzo superiore di almeno la metà del valore del bene determinato a norma dell’articolo 568 c.p.c.. Nella versione previgente il giudice poteva decidere di ribassare il prezzo di vendita solo fino a un quarto, mentre, in seguito all'intervento del decreto-legge in esame, il giudice, dopo il terzo tentativo di vendita andato deserto, può decidere di ribassare il prezzo fino al limite della metà. Il comma 7 dell'articolo 4 precisa, con riguardo a tale modifica, che si debba tenere conto, per il computo del numero degli esperimenti di vendita, anche di quelli svolti prima dell'entrata in vigore del decreto stesso.

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 591

Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di incanto

Se non vi sono domande di assegnazione o se decide di non accoglierle, il giudice dell'esecuzione dispone l'amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell'articolo 576 perché si proceda a incanto, sempre che ritenga che la vendita con tale modalità possa aver luogo ad un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene, determinato a norma dell'articolo 568.

Identico

Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571.

Il giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto e, dopo il terzo tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa un nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d'acquisto ai sensi dell'articolo 571.

Se al secondo tentativo la vendita non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione, il giudice assegna il bene al creditore o ai creditori richiedenti, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio. Si applica il secondo comma dell'articolo 590.

Identico

 

 

La lettera i) interviene sull'articolo 596 c.p.c. chiarendo che i giudici dell'esecuzione e i professionisti delegati possono effettuare distribuzioni anche parziali delle somme ricavate dall'esecuzione immobiliare. Tale misura, si precisa nella relazione, è volta a superare le divergenze esistenti nella prassi applicativa e ad assicurare una riduzione dei tempi di recupero del credito.

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 596

Formazione del progetto di distribuzione

Se non si può provvedere a norma dell'articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la loro audizione.

Se non si può provvedere a norma dell'articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione anche parziale contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la loro audizione. Il progetto di distribuzione parziale non può superare il novanta per cento delle somme da ripartire.

Tra la comunicazione dell'invito e l'udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni.

Identico

 

 

La lettera l) modifica l'articolo 615 c.p.c., sulla forma dell’opposizione all’esecuzione, con la previsione che l'opposizione, nell'esecuzione per espropriazione, è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione del bene pignorato a norma degli articoli 530 (provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita), 552 (assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo) e 569 (provvedimento per l'autorizzazione della vendita). Può essere proposta opposizione, invece, nel caso in cui essa sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile. La nuova disposizione si applica ai procedimenti di esecuzione forzata per espropriazione iniziati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento (comma 3).

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 615

Forma dell’opposizione

Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo. Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata.

Identico

Quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto.

Quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.

 

Da ultimo la lettera m) modifica l'articolo 648, primo comma, c.p.c., esplicitando che, nel caso in cui il debitore contesti un credito solo parzialmente, il giudice sia obbligato a concedere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto sulla parte non contestata, garantendo in tal modo la provvisoria esecutività del credito avente prova certa.

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

Codice di procedura civile
Art. 648

Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione

Il giudice istruttore, se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa a norma dell'articolo 642. Il giudice concede l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia proposta per i vizi procedurali.

Il giudice istruttore, se l'opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere, provvedendo in prima udienza, con ordinanza non impugnabile, l'esecuzione provvisoria del decreto, qualora non sia già stata concessa a norma dell'articolo 642. Il giudice deve concedere l'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l'opposizione sia proposta per i vizi procedurali.

Deve in ogni caso concederla, se la parte che l'ha chiesta offre cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni.

Identico

 

 

Il comma 2 dell’articolo 4 modifica i commi 9-sexies e 9-septies dell’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012, che disciplina il deposito telematico degli atti processuali,

Le disposizioni oggetto di modifica da parte del decreto-legge in esame sono state introdotte nel provvedimento originario dal decreto-legge n. 132 del 2014 (recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile). Più nel dettaglio il decreto- legge n. 132, inserendo i commi 9-quater (sulla chiusura del fallimento), 9-quinquies (sul concordato preventivo con cessione dei beni e con continuità̀ aziendale), 9-sexies (sulla vendita nell’espropriazione immobiliare), ha stabilito per la procedura fallimentare, di concordato preventivo e per le procedure esecutive individuali su beni immobili l’obbligo - a cura del curatore, del liquidatore o del commissario giudiziale, del delegato alla vendita dell’immobile - di elaborazione e di deposito del rapporto riepilogativo finale, da redigere in conformità a quanto già previsto dalla legge fallimentare (R.D. 267/1942, art. 33). In base alla previgente formulazione del comma 9-sexies il professionista delegato alle operazioni di vendita era tenuto a depositare un rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte, entro dieci giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita.

Il decreto-legge, modificando il comma 9-sexies, prevede che il professionista delegato alle operazioni di vendita sia tenuto a depositare oltre che il rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte entro dieci giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita, anche rapporti periodici con cadenza semestrale. Per coordinamento il comma 2 dell'articolo 4 in esame modifica il comma 9-septies, relativo l'obbligo di deposito con modalità telematiche di tali rapporti.

 

 

Normativa pre DL

Normativa vigente (post DL)

D.L. 18/10/2012, n. 179 (l. conv. 17/12/2012, n. 221)

Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese.

Art. 16-bis.

Obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali

1. Salvo quanto previsto dal comma 5, a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Per difensori non si intendono i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente. In ogni caso, i medesimi dipendenti possono depositare, con le modalità previste dal presente comma, gli atti e i documenti di cui al medesimo comma.

1. Identico

1-bis. Nell'ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai tribunali e, a decorrere dal 30 giugno 2015, innanzi alle corti di appello è sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e dei documenti che si offrono in comunicazione, da parte del difensore o del dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, con le modalità previste dalla normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.

1-bis. Identico

2. Nei processi esecutivi di cui al libro III del codice di procedura civile la disposizione di cui al comma 1 si applica successivamente al deposito dell'atto con cui inizia l'esecuzione. A decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Unitamente alla nota di iscrizione a ruolo sono depositati, con le medesime modalità, le copie conformi degli atti indicati dagli articoli 518, sesto comma, 543, quarto comma e 557, secondo comma, del codice di procedura civile. Ai fini del presente comma, il difensore attesta la conformità delle copie agli originali, anche fuori dai casi previsti dal comma 9-bis e dall'articolo 16-decies.

2. Identico

3. Nelle procedure concorsuali la disposizione di cui al comma 1 si applica esclusivamente al deposito degli atti e dei documenti da parte del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario.

3. Identico

4. A decorrere dal 30 giugno 2014, per il procedimento davanti al tribunale di cui al libro IV, titolo I, capo I del codice di procedura civile, escluso il giudizio di opposizione, il deposito dei provvedimenti, degli atti di parte e dei documenti ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Il presidente del tribunale può autorizzare il deposito di cui al periodo precedente con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste una indifferibile urgenza. Resta ferma l'applicazione della disposizione di cui al comma 1 al giudizio di opposizione al decreto d'ingiunzione.

4. Identico

5. Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione, può individuare i tribunali nei quali viene anticipato, nei procedimenti civili iniziati prima del 30 giugno 2014 ed anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine fissato dalla legge per l'obbligatorietà del deposito telematico.

5. Identico

6. Negli uffici giudiziari diversi dai tribunali le disposizioni di cui ai commi 1 e 4 si applicano a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dei decreti, aventi natura non regolamentare, con i quali il Ministro della giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione. I decreti previsti dal presente comma sono adottati sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati.

6. Identico

7. Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all'articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile. Quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza.

7. Identico

8. Fermo quanto disposto al comma 4, secondo periodo, il giudice può autorizzare il deposito degli atti processuali e dei documenti di cui ai commi che precedono con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti.

8. Identico

9. Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche. Fatto salvo quanto previsto dal periodo precedente, con decreto non avente natura regolamentare il Ministro della giustizia stabilisce misure organizzative per l'acquisizione anche di copia cartacea degli atti depositati con modalità telematiche nonché per la riproduzione su supporto analogico degli atti depositati con le predette modalità, nonché per la gestione e la conservazione delle predette copie cartacee. Con il medesimo decreto sono altresì stabilite le misure organizzative per la gestione e la conservazione degli atti depositati su supporto cartaceo a norma dei commi 4 e 8, nonché ai sensi del periodo precedente.

9. Identico

9-bis. Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità a norma del presente comma, equivalgono all'originale. Il duplicato informatico di un documento informatico deve essere prodotto mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione o su un sistema diverso contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all'ordine del giudice.

9-bis. Identico

9-ter. A decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla corte di appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria. Le parti provvedono, con le modalità di cui al presente comma, a depositare gli atti e i documenti provenienti dai soggetti da esse nominati. Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine, degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione, può individuare le corti di appello nelle quali viene anticipato, nei procedimenti civili iniziati prima del 30 giugno 2015 ed anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine fissato dalla legge per l'obbligatorietà del deposito telematico.

9-ter. Identico

9-quater. Unitamente all'istanza di cui all'articolo 119, primo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il curatore deposita un rapporto riepilogativo finale redatto in conformità a quanto previsto dall'articolo 33, quinto comma, del medesimo regio decreto. Conclusa l'esecuzione del concordato preventivo con cessione dei beni, si procede a norma del periodo precedente, sostituendo il liquidatore al curatore.

9-quater. Identico

9-quinquies. Il commissario giudiziale della procedura di concordato preventivo di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui all'articolo 172, primo comma, del predetto regio decreto redige un rapporto riepilogativo secondo quanto previsto dall'articolo 33, quinto comma, dello stesso regio decreto e lo trasmette ai creditori a norma dell'articolo 171, secondo comma, del predetto regio decreto. Conclusa l'esecuzione del concordato si applica il comma 9-quater, sostituendo il commissario al curatore.

9-quinquies.

9-sexies. Entro dieci giorni dall'approvazione del progetto di distribuzione, il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis del codice di procedura civile deposita un rapporto riepilogativo finale delle attività svolte.

9-sexies. Il professionista delegato a norma dell'articolo 591-bis del codice di procedura civile, entro dieci giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di vendita, deposita un rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte. A decorrere dal deposito del rapporto riepilogativo iniziale, il professionista deposita, con cadenza semestrale, un rapporto riepilogativo periodico delle attività svolte. Entro dieci giorni dall'approvazione del progetto di distribuzione, il professionista delegato deposita un rapporto riepilogativo finale delle attività svolte successivamente al deposito del rapporto di cui al periodo precedente;

9-septies. Il rapporto riepilogativi periodici e finali previsti per le procedure concorsuali e il rapporto riepilogativo finale previsto per i procedimenti di esecuzione forzata devono essere depositati con modalità telematiche nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, nonché delle apposite specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. I relativi dati sono estratti ed elaborati, a cura del Ministero della giustizia, anche nell'ambito di rilevazioni statistiche nazionali. I rapporti riepilogativi di cui al presente comma devono contenere i dati identificativi dell'esperto che ha effettuato la stima. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai prospetti riepilogativi delle stime e delle vendite di cui all'articolo 169-quinquies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie. Il prospetto riepilogativo deve contenere anche i dati identificativi dell'ufficiale giudiziario che ha attribuito il valore ai beni pignorati a norma dell'articolo 518 del codice di procedura civile.

9-septies. I rapporti riepilogativi periodici e finali previsti per le procedure concorsuali e i rapporti riepilogativi previsti per i procedimenti di esecuzione forzata devono essere depositati con modalità telematiche nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, nonché delle apposite specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia. I relativi dati sono estratti ed elaborati, a cura del Ministero della giustizia, anche nell'ambito di rilevazioni statistiche nazionali. I rapporti riepilogativi di cui al presente comma devono contenere i dati identificativi dell'esperto che ha effettuato la stima. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai prospetti riepilogativi delle stime e delle vendite di cui all'articolo 169-quinquies delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie. Il prospetto riepilogativo deve contenere anche i dati identificativi dell'ufficiale giudiziario che ha attribuito il valore ai beni pignorati a norma dell'articolo 518 del codice di procedura civile.

9-octies. Gli atti di parte e i provvedimenti del giudice depositati con modalità telematiche sono redatti in maniera sintetica.

 

 

 

 


Articolo 5
(Accesso degli organi delle procedure concorsuali alle informazioni contenute nelle banche dati )

 

 

L'articolo in esame interviene sulla disciplina già prevista dall'articolo 155-sexies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare; in tale disposizione, vengono inseriti due ulteriori periodi, in base ai quali:

§  Ai fini del recupero o della cessione dei crediti, il curatore, il commissario e il liquidatore giudiziale possono avvalersi delle medesime disposizioni recate dalla norma in materia di ricerca dei beni con modalità telematiche, anche per accedere ai dati relativi ai soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti.

§  Quando di tali disposizioni ci si avvale nell'ambito di procedure concorsuali e di procedimenti in materia di famiglia, l'autorizzazione spetta al giudice del procedimento.

 

L'articolo 155-sexies, su cui la norma in esame interviene, estendendone la portata, è stato originariamente introdotto dal decreto-legge n. 132 del 2014[1], in particolare in sede di conversione in legge dello stesso, che ha introdotto nell'ordinamento italiano la disciplina relativa alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.

 

In particolare, l'articolo 155-sexies in parola - nel testo vigente prima della novella qui in esame - ha previsto che le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare si applichino anche per l'esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui.

 

Ora, con la novella recata dall'articolo 5 del decreto-legge in esame, si estende, dunque, ad ulteriori fattispecie, vale a dire al curatore, al commissario e al liquidatore giudiziale la facoltà di accesso con modalità telematiche ai dati relativi a soggetti che risultano debitori di procedure concorsuali.

 

La disposizione provvede quindi a rafforzare i poteri di indagine patrimoniale del curatore fallimentare, del commissario e del liquidatore giudiziale, estendendo a questi al potere di accesso alle banche dati contenenti informazioni patrimoniali, con la finalità, esplicitata dalla norma, di agevolare il recupero o la cessione dei crediti.

 

All'estensione operata dalla norma del decreto-legge rispetto all'ambito soggettivo di applicazione delle modalità di ricerca telematica dei beni, si aggiunge la specificazione che in tali ulteriori fattispecie tale modalità di ricerca possa avvenire, da parte dei soggetti citati, anche in mancanza del titolo esecutivo (articolo 155-sexies, nuovo secondo periodo).

 

Infine, la norma in esame specifica che, ove ci si avvalga delle disposizioni in materia di accesso con modalità telematiche dei beni da pignorare nell'ambito di procedure concorsuali e di procedimenti in materia di famiglia, l'autorizzazione spetta al giudice del procedimento (articolo 155-sexies, nuovo terzo periodo).

 

La disciplina di riferimento, in materia di ricerca in via telematica, è recata dagli articoli da 155-bis a 155-sexies delle disposizione di attuazione al codice di procedura civile, oggetto di successive novelle, che in estrema sintesi si richiamano.

 

L'articolo 155-bis definisce l'archivio dei rapporti finanziari, rinviando alla normativa del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 in materia di anagrafe tributaria, mentre l'articolo 155- ter ha previsto la partecipazione del creditore alla ricerca dei beni da pignorare.

La norma di cui all'articolo 155-quater, nel testo originariamente introdotto, poi successivamente modificato[2], demandava ad un emanando decreto ministeriale l'individuazione di casi, limiti e modalità di esercizio della facoltà di accesso alle banche dati; decreto in assenza del quale si era determinata una incertezza giurisprudenziale circa la autorizzazione al ricorso alle modalità di ricerca telematiche astrattamente previste dal quadro normativo. Di seguito, la disciplina è stata quindi oggetto di intervento modificativo, prevedendo così l'attuale testo dell'articolo, in materia di modalità di accesso alle banche dati, che le pubbliche amministrazioni che gestiscono banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca mettono a disposizione degli ufficiali giudiziari gli accessi, con le modalità di cui all'articolo 58 del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82) su richiesta del Ministero della giustizia.

 

In estrema sintesi, il c.d. codice per l'amministrazione digitale, di cui decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ha previsto, al citato articolo 58, come modificato e nel testo in vigore dal 21 agosto 2015, una disciplina in materia di modalità della fruibilità dei dati; si specifica, al riguardo: che il trasferimento di un dato da un sistema informativo ad un altro non modifica la titolarità del dato; che le pubbliche amministrazioni comunicano tra loro attraverso la messa a disposizione a titolo gratuito degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni mediante la cooperazione applicativa di cui medesimo codice; che l'Agenzia per l'Italia digitale, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e le amministrazioni interessate alla comunicazione telematica, ivi incluso il Ministero della giustizia, definisce entro novanta giorni gli standard di comunicazione e le regole tecniche a cui le pubbliche amministrazioni devono conformarsi. L'Agenzia per l'Italia digitale provvede altresì al monitoraggio dell'attuazione della norma in tema di modalità di fruizione, riferendo annualmente con apposita relazione al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delegato, restando ferma, su altro piano, la speciale disciplina dettata in materia di dati territoriali. Si prevede poi che il Ministero della giustizia pubblichi sul portale dei servizi telematici l'elenco delle banche dati per le quali è operativo l'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario per le finalità di ricerca in via telematica. Inoltre, si prevede l'istituzione, presso ogni ufficio notifiche, esecuzioni e protesti, del registro cronologico denominato «Modello ricerca beni», prevedendosi infine la gratuità di tale accesso da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati.

 

In materia di accesso ai dati contenuti nelle banche dati, si ricorda, inoltre, che è stato adottato dal Garante per la protezione dei dati personali il Provvedimento 2 luglio 2015, n. 393[3], recante Misure in materia di sicurezza e modalità di scambio dei dati personali tra amministrazioni pubbliche, ove si prevedono obblighi comunicativi in capo alle amministrazioni detentrici di dati.

 

In base all'articolo 155-quinquies[4] delle disposizioni attuative c.p.c, in materia di accesso alle banche dati tramite i gestori, si prevede poi che, quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati individuate ai sensi della normativa in materia, non sono funzionanti, il creditore, previa autorizzazione per legge, può ottenere dai gestori delle banche dati previste le informazioni nelle stesse contenute. La disposizione si applica, limitatamente a ciascuna delle banche dati comprese nell'anagrafe tributaria, ivi incluso l'archivio dei rapporti finanziari, nonché a quelle degli enti previdenziali. Si segnala che, con le modifiche apportate a tale disposizioni, rispetto al testo originario, si è inteso quindi rendere operativa la normativa in materia di ricerca in via telematica, anche nelle more dell'adozione dei decreti attuativi previsti dall'originaria disciplina citata.

 

Nell'ambito del codice di procedura civile, l'articolo 492-bis, in materia della ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, introdotto con il medesimo decreto-legge n. 132 del 2014, ha previsto che, su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. La norma indica i requisiti dell'istanza, prevedendo che con tale autorizzazione, il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato dispone che l'ufficiale giudiziario acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. Si disciplina l'iter successivo all'individuazione dei beni, a seguito di ricerca telematica, prevedendo che, terminate le operazioni, l'ufficiale giudiziario rediga un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze e proceda poi a pignoramento munito del titolo esecutivo e del precetto, anche acquisendone copia dal fascicolo informatico. Si specifica, poi, sul piano della procedura esecutiva, che l'ufficiale giudiziario, quando non rinviene una cosa individuata mediante l'accesso nelle banche dati, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui la stessa si trovi; se l'accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio al debitore e al terzo il verbale, che dovrà anche contenere l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, nonché degli altri elementi previsti dalla legge. Si prevede la scelta del creditore circa i beni da sottoporre a esecuzione, quando l'accesso ha consentito di individuare più crediti del debitore o più cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi.

 

In materia di ricerca dei beni del debitore per via telematica, si ricorda come, in relazione alla originaria disciplina introduttiva della disciplina, qui oggetto di ulteriore estensione ai sensi della norma in esame, veniva rilevato il c.d. 'deficit informativo' che caratterizza la ricerca dei beni su cui soddisfare il credito, da controbilanciare, mediante l'introduzione della disciplina in parola sulle modalità di ricerca in via telematica, consentendo l'accesso diretto alle banche dati pubbliche contenenti informazioni rilevanti ai fini dell'esecuzione. In tal senso, l'accesso alle banche dati su autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato, al fine di soddisfare le esigenze di tutela della riservatezza connesse a tale operazione di ricerca dei beni da pignorare, e con competenza radicata nel tribunale del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore, prescinde anche dalla localizzazione territoriale dell'asset da aggredire.

 

Inoltre, si ricorda che in relazione alla originaria introduzione nell'ordinamento italiano del sistema della ricerca mediante accesso alle banche dati telematiche dei beni da pignorare si sottolineava, anche in chiave comparatistica, l'obiettivo di migliorare l'efficienza dei procedimenti di esecuzione mobiliare presso il debitore e presso terzi, in linea con i sistemi ordinamentali di altri Paesi europei, quali i Paesi scandinavi, dove i compiti di ricerca dei beni da pignorare sono demandati ad un'agenzia pubblica appositamente costituita e, con riferimento ad altri Paesi europei, nei quali il creditore ha diritto di interrogare le banche dati pubbliche tramite l'ufficiale giudiziario anche prima di promuovere l'esecuzione.

 

 

 


Articolo 6
(Modifiche alla legge fallimentare)

 

 

L’articolo 6 del decreto-legge apporta modifiche puntuali alla legge fallimentare (R.D. n. 267 del 1942), con la dichiarata finalità di velocizzare le procedure.

 

In particolare, la lettera a) interviene sull’articolo 40 della legge fallimentare, relativo alla nomina del comitato dei creditori.

 

Si ricorda che, in base all’art. 41 L.F., il comitato dei creditori è tenuto a vigilare sull’operato del curatore, ad autorizzarne gli atti e ad esprimere pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale. Il comitato ed ogni suo componente, inoltre, possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e gli atti della procedura, avendo diritto di chiedere notizie e chiarimenti sia al curatore che al fallito.

Il comitato è composto di tre o cinque membri scelti tra i creditori “in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi”; è nominato dal giudice delegato entro trenta giorni dalla sentenza di fallimento, sulla base delle risultanze documentali, sentiti il curatore e i creditori che, con la domanda di ammissione al passivo o precedentemente, hanno dato la disponibilità ad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nominativi. Gli stessi membri del comitato, entro dieci giorni dalla nomina, provvedono a nominare, a maggioranza e su convocazione del curatore, il proprio presidente.

 

La riforma precisa che il comitato dei creditori si considera costituito, anche prima della designazione del presidente, con l'accettazione, anche per via telematica, della nomina da parte dei suoi componenti. Non serve dunque alla costituzione del comitato la convocazione davanti al curatore.

 

Le lettere b), d) ed e) attengono tutte alla possibilità di svolgere in via telematica le udienze che richiedono la presenza di un elevato numero di creditori.

In particolare, la lettera b) modifica l’art. 95 della legge fallimentare, consentendo al giudice delegato di prevedere che, in considerazione del numero dei creditori e dell’entità del passivo, l’udienza per l’esame dello stato passivo sia svolta in via telematica. Le modalità telematiche – realizzate con strutture informatiche che possono essere messe a disposizione della procedura da soggetti terzi – dovranno comunque assicurare il rispetto del contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei creditori.

Analogamente dispone la lettera d), che interviene sull’art. 163 LF, in relazione allo svolgimento in via telematica dell’adunanza dei creditori nella disciplina dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

La lettera e) precisa, con particolare riferimento alla discussione della proposta di concordato di cui all’art. 175 LF, che se il tribunale ha disposto l’adunanza in via telematica, le modalità di svolgimento della discussione sulla proposta di concordato e delle proposte concorrenti sono disciplinate con decreto, non soggetto a reclamo, del giudice delegato, da emanarsi almeno dieci giorni prima dell'adunanza.

 

La lettera c) modifica l’art. 104-ter LF, in tema di programma di liquidazione, per inserire tra le giuste cause di revoca del curatore anche il mancato rispetto dell’obbligo di presentare un progetto di ripartizione delle somme, quando somme da distribuire ai creditori siano disponibili.

 

In base all’art. 110 LF il curatore, ogni quattro mesi dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura. La violazione di questa disposizione in presenza di somme da ripartire è ora causa di revoca del curatore.


Articolo 7
(Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.a.)

 

 

L’articolo 7 dispone l’acquisizione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A., la società costituita in occasione del salvataggio del Banco di Napoli nel 1997 allo scopo di recuperare i crediti in sofferenza. A fronte del trasferimento delle azioni della Società è riconosciuto un corrispettivo non superiore a 600.000 euro, pari al loro valore nominale.

Successivamente all’acquisizione la Società potrà estendere la sua operatività, acquistando e gestendo crediti e altre attività finanziarie anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli.

 

La Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. è stata utilizzata nel 1997 nell’ambito dell’operazione di salvataggio e risanamento del Banco di Napoli: in sostanza si tratta di una sorta di bad bank alla quale sono state trasferite le sofferenze bancarie dell’istituto con lo scopo di recuperare i crediti in sofferenza. Il Banco di Napoli spa ha ceduto alla SGA crediti incagliati a titolo oneroso e pro soluto che, al netto della svalutazione per le perdite previste, ammontavano a circa 12.378 miliardi di lire (circa 6,4 miliardi di euro). Tale operazione è stata in gran parte attuata: infatti la SGA è riuscita a rientrare di circa il 90 per cento delle esposizioni cedute dal Banco di Napoli (fonte Borsa Italiana). La S.G.A. ha altresì acquistato crediti e attivi dall'ISVEIMER S.p.A. (Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale) in liquidazione.

Si ricorda che tramite il decreto-legge n. 497 del 1996 lo Stato ha provveduto alla ricapitalizzazione del Banco di Napoli per 2.000 miliardi di lire; sono state inoltre fornite anticipazioni di cassa da parte della Banca d’Italia. Tale operazione è stata sottoposta al vaglio della Commissione europea la quale, con la decisione del 29 luglio 1998 ha approvato, con alcune condizioni, l’aiuto concesso dall’Italia al Banco di Napoli.

La Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A., con sede a Napoli, risulta attualmente iscritta, in quanto intermediario finanziario di credito, nell’Albo unico degli intermediari finanziari (art. 106 del TUB). Precedentemente all’attuazione della riforma del TUB (ad opera del D.Lgs. n. 141 del 2010), la SGA era iscritta sia nell'elenco generale di cui all'articolo 106 sia nell'elenco speciale di cui all'articolo 107. Essa, pertanto, è sempre stata sottoposta a controlli di vigilanza prudenziale da parte della Banca d'Italia.

Il capitale sociale, interamente versato, ammonta a 600.000 euro.

Da notizie informali si apprende che la Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. al 31 dicembre 2014 aveva 484 milioni tra cassa e disponibilità liquide, più altri 238 milioni alla voce crediti, secondo la più recente visura camerale disponibile. Gran parte delle attività finanziarie disponibili per la vendita sono costituite da titoli di stato.

 

Il comma 1 dispone il trasferimento delle azioni rappresentative dell’intero capitale sociale della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A. al Ministero dell’economia e delle finanze. A fronte del trasferimento si prevede un corrispettivo non superiore a 600.000 euro, pari al valore nominale delle azioni trasferite, determinato sulla base di una relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

La stessa norma ricorda che sulle azioni della SGA è attribuito al Ministero dell’economia e delle finanze il diritto di pegno (articolo 3, comma 6-bis, del decreto-legge n. 497 del 1996, recante disposizioni urgenti per il risanamento, la ristrutturazione e la privatizzazione del Banco di Napoli). Conseguentemente all’acquisizione della SGA da parte del MEF la norma citata è abrogata dal successivo comma 2.

La relazione illustrativa al riguardo afferma che il trasferimento delle azioni al valore nominale non superiore a 600.000 euro è giustificato dalla norma del citato decreto-legge che attribuisce al Tesoro gli eventuali utili di bilancio realizzati dalle società cessionarie dei crediti del Banco di Napoli (ovvero la SGA), nell’ambito della determinazione del corrispettivo pagato dal Tesoro per la ricapitalizzazione del Banco di Napoli operata, tra l’altro, mediante l’acquisto di azioni e dei diritti di opzione sulle stessa (articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 497 del 1996).

Il citato articolo 2, comma 1, dispone infatti che, a fronte dell'immediato trasferimento delle azioni e dei diritti di opzione del Banco di Napoli, acquistati dal Tesoro a trattativa diretta o a seguito di offerta pubblica, il corrispettivo che il Tesoro paga per tali acquisti è determinato successivamente, sulla base del prezzo realizzato all'esito dell'operazione di dismissione della partecipazione detenuta del Tesoro, disposta dall'articolo 5 del decreto-legge e da attuarsi entro la fine del 1997. Tale prezzo è aumentato degli eventuali utili di bilancio complessivamente realizzati dalle società cessionarie, “che sono attribuiti al Tesoro”, ed è ridotto degli oneri per la copertura delle perdite del Banco nei cinque esercizi successivi conseguenti agli interventi a favore delle stesse società cessionarie nonché dell'ammontare del capitale conferito dal Tesoro aumentato degli interessi.

La dismissione della partecipazione del Tesoro nel Banco di Napoli si è realizzata in due tanche, nel giugno 1997 (circa 32 milioni di euro) e nel novembre 2000 (circa 493 milioni di euro). L’importo della vendita del pacchetto azionario del Banco di Napoli è stato in parte destinato alla copertura delle perdite del Banco per gli interventi a favore della società cessionaria dei crediti anomali (ovvero SGA).

Infatti tale società nei primi anni di attività ha registrato perdite imputabili agli oneri finanziari assunti per acquistare i crediti del Banco di Napoli. Tale perdite sono state ripianate per cassa dallo stesso Banco di Napoli il quale ha utilizzato le anticipazioni fornite dalla Banca d’Italia con le modalità stabilite dal D.M. del 27 settembre 1974 (c.d. “decreto Sindona”), ai sensi dell’articolo 3, comma 6, del decreto 497 del 1996 (tale ultima norma è abrogata dal comma 2 dell’articolo in esame).

Dai dati desunti dall’ultimo bilancio approvato, attualmente la SGA dispone di circa 500 milioni di euro di liquidità. Con riferimento alla sua attività di recupero dei crediti ceduti, rimangono aperte circa 4 mila posizioni (rispetto alle originarie 38 mila), corrispondenti a circa il 10 per cento.

La relazione governativa afferma infine che il principio di neutralità, proprio della disciplina degli aiuti di Stato, impedisce che eventuali surplus patrimoniali possano essere attribuiti al Banco di Napoli (ora inclusa nel gruppo Intesa Sanpaolo), una volta rimborsato il finanziamento.

 

Il comma 2 estende l’ambito di operatività della SGA. Si prevede, infatti, che successivamente alla sua acquisizione da parte del MEF, la SGA potrà acquistare sul mercato crediti, partecipazioni e altre attività finanziarie, nonché compiere le ulteriori attività previste dallo statuto, nel rispetto dei requisiti e degli obblighi previsti dalla normativa applicabile allo svolgimento di determinate tipologie di servizi nei confronti del pubblico.

Si prevede inoltre l’abrogazione, a decorrere dal 4 maggio 2016 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame), dei commi 6 e 6-bis dell’articolo 3 del decreto-legge n. 497 del 1996.

Il comma 6, come anticipato, consente alla Banca d'Italia di concedere al Banco di Napoli S.p.A. anticipazioni a fronte delle perdite derivanti da finanziamenti e di altri interventi dallo stesso Banco effettuati verso società del gruppo poste in liquidazione, nell'interesse dei creditori delle stesse società, ovvero a favore di società del gruppo a cui siano stati ceduti, previa autorizzazione della Banca d'Italia, crediti ed altre attività del Banco. Tali anticipazioni sono concesse con le modalità di cui al decreto del Ministro del tesoro 27 settembre 1974 (c.d. decreto Sindona), in base al quale, ferma la misura dell'interesse sulle anticipazioni presso la Banca d'Italia, sono consentite anticipazioni a ventiquattro mesi, sui buoni del Tesoro a lunga scadenza, all'interesse dell'1 per cento, a favore di aziende di credito che si siano surrogate ai depositanti di altre aziende in liquidazione coatta e che si trovino a dover ammortizzare, perché parzialmente o totalmente inesigibile, la conseguente perdita nella loro esposizione. In tal modo sono stati eliminati dal bilancio del Banco crediti e altre attività rischiose con la cessione alla SGA, società controllata dal Banco, le cui perdite sono state coperte con la procedura di cui al richiamato D.M. del 1974. Alle cessioni di cui al medesimo comma e a quelle poste in essere dalle società cessionarie si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 dell'articolo 58 del TUB. Si tratta in particolare delle disposizioni che impongono alla banca cessionaria di dare notizia dell'avvenuta cessione mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che mantengono validi i privilegi e le garanzie a favore della banca cessionaria.

Il comma 6-bis, introdotto nel corso della conversione del decreto, stabilisce che l'autorizzazione della Banca d'Italia di cui al comma 6 è subordinata alla concessione in favore del Tesoro del pegno, con diritto di voto, delle azioni delle società cessionarie di proprietà del Banco di Napoli, ovvero anche alla concessione, in favore del Tesoro, di mandato irrevocabile, anche per più assemblee e senza indicazione di istruzioni, ad esercitare il diritto di voto, al fine di consentire al Tesoro di disporre della maggioranza dei diritti di voto.

 

La norma, infine, demanda alla SGA di adeguare lo statuto alle disposizioni previste dall’articolo in esame.

L’estensione dell’ambito di operatività della SGA determina, quindi, che essa possa acquistare e gestire crediti e altre attività non immobiliari anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli. In tal modo, pertanto, una S.p.A. interamente posseduta dallo Stato sarà attiva nel mercato dei crediti deteriorati.

Il Ministro dell’economia e delle finanze Padoan, nel corso di un’audizione in Senato il 4 maggio 2016, ha dichiarato che l’operazione in esame non costituisce una vendita, ma una restituzione, in quanto il Ministero aveva in pegno le azioni della SGA e aveva diritto a riscuotere gli utili. Si tratterebbe quindi di un'operazione che permette di mobilitare risorse che altrimenti non sarebbero state utilizzate.

 

Non è da esclude, inoltre, sebbene la relazione governativa non dica nulla al riguardo, che la SGA possa partecipare all’operazione del Fondo Atlante, recentemente costituito.

Il Fondo Atlante è un fondo di investimento alternativo chiuso riservato gestito da una società privata, la Quaestio SGR. Si tratta di un’operazione che coinvolge il settore privato, ma che è stata coordinata in parallelo alle misure definite con il decreto in esame volte ad accelerare le procedure fallimentari e concorsuali. Il MEF e il Governo hanno svolto un ruolo da facilitatore in rapporto a tale fondo: esso è finanziato da capitali privati su base esclusivamente volontaria. L’attuale dimensione del Fondo è di 4,249 miliardi. Gli investitori sono 67 istituzioni italiane ed estere, che includono banche, società di assicurazioni, Fondazioni bancarie e Cassa Depositi e Prestiti. Il fondo ha due obiettivi principali: contribuire ad alcune ricapitalizzazioni bancarie, con funzioni di backstop, vale a dire di rete di protezione di ultima istanza, e avviare un meccanismo di acquisto e gestione dei crediti in sofferenza che, come fanno gli operatori di mercato, utilizzi anche l’effetto-leva ampliando il raggio d’azione rispetto ai capitali versati.

Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha recentemente affermato, in relazione al Fondo Atlante, che anche se le risorse finora disponibili sono limitate, la costituzione del fondo può aiutare a sbloccare il mercato delle sofferenze, contribuendo così - fin dal suo inizio - alla soluzione del problema dei crediti deteriorati (npl, non performing loans). Tuttavia, essendo un'operazione che coinvolge privati e mercato, dovrà essere conforme alla normativa europea attuale e coerente con il quadro della concorrenza. Secondo Visco, inoltre, non dovrebbe essere proibita la possibilità di un temporaneo supporto pubblico nei casi di crisi di banche sistemiche.

 

Si ricorda, infine, che con il decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 è stata introdotta una specifica disciplina per la concessione di garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze bancarie.

In particolare gli articoli dal 3 al 13-bis (Capo II) recano misure volte a definire un meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).

In estrema sintesi, oggetto della garanzia dello Stato sono solo le cartolarizzazioni cd. senior, ossia quelle considerate più sicure, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Non si procede al rimborso dei titoli più rischiosi se prima non sono integralmente rimborsate le tranches di titoli coperto dalla garanzie di Stato. Le garanzie possono essere chieste dalle banche che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione europea al fine di non dar vita ad aiuti di Stato. Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di introdurre nel meccanismo un incentivo a recuperare velocemente i crediti. Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare. Con la presenza della garanzia pubblica si intende facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione delle sofferenze senza impatti sui saldi di finanza pubblica.


Articolo 8
(Definizioni)

 

 

L'articolo 8 definisce le nozioni di: investitore; Banca in liquidazione; Nuova Banca; Fondo di solidarietà; Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi; prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati; Mercato telematico all'ingrosso dei titoli di Stato (MTS).

Per investitore si intende la persona fisica, l'imprenditore individuale, anche agricolo, e il coltivatore diretto, o il suo successore mortis causa, che ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati (di cui al comma 855 dell'articolo unico Legge di stabilità per il 2016[5]), nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con una delle seguenti banche emittenti: Banca delle Marche S.p.A., la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa, la Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A. e la Cassa di risparmio della provincia di Chieti S.p.A..

 

Uno strumento finanziario subordinato è un contratto che prevede che il rimborso, in caso di liquidazione, sia subordinato al soddisfacimento delle altre passività della banca. In sostanza, sono strumenti finanziari prossimi ai titoli azionari quanto al rischio potenziale di sopportare perdite in caso di liquidazione e che, pertanto, offre rendimenti solitamente superiori rispetto a quelli delle obbligazioni ordinarie.

 

Per Banca in liquidazione (anche indicata come Banca nel provvedimento in esame) si intende: la Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, la Banca delle Marche S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa, la Cassa di risparmio di Chieti S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa.

Con il termine "Nuova Banca" ci si riferisce a: la Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara S.p.A., la Nuova Banca delle Marche S.p.A., la Nuova Banca popolare dell'Etruria e del Lazio S.p.A., la Nuova Cassa di risparmio di Chieti S.p.A., istituite dall'articolo 1 del D.L. 22 novembre 2015, n. 183, in materia di "Disposizioni urgenti per il settore creditizio".

Il "Fondo di solidarietà" è il fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori istituito dall'art. 1, c. 855, della citata legge di stabilità per il 2016. Si rammenta che tale Fondo è destinato ai soggetti che, alla data di entrata in vigore del D.L. 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dai cinque istituti sottoposti a risoluzione.

Per "Fondo" si intende il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi quale gestore del Fondo di solidarietà poc'anzi citato.

Con la nozione di "prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati" si fa riferimento alla prestazione di ciascuno dei servizi ed attività (ex art. 1, c. 5[6], e all'art. 25‑bis[7] del TUIF), con particolare riferimento a quelle che hanno riguardato l'acquisto o la sottoscrizione dall'investitore di strumenti finanziari subordinati, nell'ambito di un rapporto negoziale con la Banca in liquidazione.

Infine il significato dell'acronimo "MTS" è Mercato telematico all'ingrosso dei titoli di Stato (MTS) gestito dalla Società per il Mercato dei Titoli di Stato - MTS S.p.A..

 

L'MTS è stato istituito con decreto del Ministero del Tesoro dell’8 febbraio 1988. Inizialmente regolamentato da un organismo consortile (Comitato di Gestione) è stato successivamente privatizzato nel 1997, a seguito del Decreto Eurosim, e si è costituita la società MTS S.p.A., i cui soci sono le più importanti istituzioni finanziarie italiane ed estere, ciascuna delle quali può detenere una quota massima di capitale pari al 5%. Vi si negoziano, sulla base di importi minimi, Titoli di Stato (emessi dallo Stato italiano e da Stati esteri) e titoli garantiti dallo Stato. Si tratta di un mercato secondario all’ingrosso regolamentato (l’ammontare minimo di negoziazione è fissato a 2,5 milioni di euro) in cui possono operare solo operatori specializzati, ossia gli investitori istituzionali (il mercato al dettaglio dei Titoli di Stato è, invece, il MOT, in cui possono operare anche i singoli risparmiatori); in particolare, il regolamento del mercato stabilisce che possono essere ammessi alle negoziazioni le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie, le imprese d’investimento italiane, comunitarie ed extracomunitarie, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d’Italia. È un mercato cd. Quote Driven basato su quotazioni esposte da operatori che operano in conto proprio e che sono tenuti a esporre quotazioni in acquisto e in vendita per quantitativi minimi determinati.

 

 


Articolo 9
(Accesso al Fondo di solidarietà con erogazione diretta)

 

 

L'articolo 9 in materia di accesso diretto al Fondo di solidarietà al fine del riconoscimento dell'indennizzo forfetario stabilisce che gli investitori - in possesso di un patrimonio mobiliare di proprietà inferiore a 100.000 euro o con un reddito lordo ai fini dell'IRPEF nell'anno 2015 inferiore a 35.000 euro - che abbiano acquistato gli strumenti finanziari (di cui all'art. 8, c. 1, lett. a)), entro la data del 12 giugno 2014 e che li detenevano alla data della risoluzione delle Banche in liquidazione [di seguito anche: Strumenti Finanziari] possono chiedere al Fondo l'erogazione di un indennizzo forfetario pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri (meglio dettagliati di seguito).

Viene inoltre precisato che la presentazione dell'istanza di indennizzo forfettario preclude la possibilità di esperire la procedura arbitrale (ex commi da 857 a 860, legge stabilità 2016). Parimenti l'attivazione della procedura arbitrale preclude la possibilità di esperire la procedura di cui al presente articolo 9 e laddove la predetta procedura sia stata già attivata, la relativa istanza è improcedibile. Limitatamente agli strumenti finanziari acquistati oltre il 12 giugno 2014 gli investitori possono accedere alla procedura arbitrale, anche laddove abbiamo fatto istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario in relazione agli strumenti acquistati in data anteriore al 12 giugno 2014.

 

Il comma 1 individua le condizioni patrimoniali e reddituali che gli investitori, come definiti dal precedente art. 8, c. 1, lett. a), devono possedere per poter chiedere al Fondo l'erogazione di un indennizzo forfettario dell'ammontare determinato ai sensi del successivo comma 3. Le condizioni sono il possesso di un patrimonio mobiliare di valore inferiore a 100.000 euro (lett. a)) o di un reddito lordo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nell'anno 2015 inferiore a 35.000 euro (lett. b)).

 

Il comma 2 stabilisce i criteri di determinazione del valore del patrimonio mobiliare di cui al comma precedente, prevedendo che esso sia calcolato quale somma delle seguenti voci.

§  Patrimonio mobiliare posseduto al 31 dicembre 2015, esclusi gli Strumenti Finanziari. Tale patrimonio è a sua volta determinato secondo i criteri e le istruzioni approvati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali di concerto con il MEF, Dipartimento delle finanze 29 dicembre 2015, n. 363, recante approvazione del modello tipo di dichiarazione sostitutiva unica (DSU), nonché delle relative istruzioni per la compilazione, ai sensi dell'art. 10, c. 3, del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 in materia di "Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)".

§  Corrispettivo pagato per l'acquisto degli Strumenti Finanziari, al netto degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.

 

Il comma 3 definisce l'entità dell'indennizzo forfettario. Tale importo è pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli Strumenti Finanziari al netto degli oneri e delle spese direttamente connessi all'acquisto (lett. a) del comma) e della differenza, se positiva, tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato di un BTP in corso di emissione di durata finanziaria equivalente oppure il rendimento ricavato tramite interpolazione lineare di BTP in corso di emissione aventi durata finanziaria più vicina (lett. b) del comma). In pratica, laddove non sia possibile far riferimento al rendimento di un BTP con durata equivalente si ricorre a un procedimento matematico che a partire da valori osservabili (BTP con durata più vicina) ricava il rendimento di un "teorico" BTP con durata equivalente.

 

Il comma 4 qualifica i termini della differenza di cui al precedente comma 3, lettera b) stabilendo che il rendimento degli strumenti finanziari subordinati è rilevato alla data di acquisto o di sottoscrizione, mentre il rendimento dei BTP è determinato sulla base della loro quotazione di chiusura, alla medesima data, nel mercato regolamentato dei titoli di Stato MTS.

 

Il comma 5 precisa che l'importo di cui al comma 3, lettera b), è calcolato moltiplicando tra loro la differenza tra i rendimenti di cui al comma precedente, gli anni e la frazione d'anno trascorsi dalla data di acquisto o di sottoscrizione degli strumenti finanziari subordinati e la data del provvedimento di risoluzione delle Banche in liquidazione, il corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati al netto di oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto.

 

Il comma 6 stabilisce che l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario deve essere presentata, a pena di decadenza, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e che la stessa non consente il ricorso alla procedura arbitrale prevista dai commi da 857 a 860, dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

 

Il comma 7 definisce i contenuti dell'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario, da indirizzarsi al Fondo. L'istanza deve contenere: il nome, l'indirizzo e l'elezione di un domicilio, anche digitale; la Banca in liquidazione presso la quale l'investitore ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati; gli strumenti finanziari subordinati acquistati, con indicazione della quantità, del controvalore, della data di acquisto, del corrispettivo pagato, degli oneri e spese direttamente connessi all'operazione di acquisto e, ove disponibile, del codice ISIN.

 

Il comma 8 indica la documentazione che l'investitore deve allegare all'istanza: il contratto di acquisto degli strumenti finanziari subordinati; i moduli di sottoscrizione o d'ordine di acquisto; l'attestazione degli ordini eseguiti; la copia della richiesta di pagamento, alla Banca in liquidazione, del credito relativo agli strumenti finanziari subordinati; una dichiarazione sulla consistenza del patrimonio mobiliare (calcolato ai sensi del comma 2), ovvero sull'ammontare del reddito (ex comma 1, lett. b)), resa ai sensi degli articoli 46 (dichiarazione sostitutiva di certificazione) e 47 (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà) del D.P.R. 445/2000, n. 445, contenente espressa dichiarazione di consapevolezza delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni non veritiere e falsità negli atti a norma dell'articolo 76 (Norme penali) del citato D.P.R.

 

Il comma 9 stabilisce che il Fondo: verifica la completezza della documentazione al fine di verificare la sussistenza delle condizioni di cui al precedente comma 1; calcola l'importo dell'indennizzo (comma 3) e procede alla liquidazione entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta.

 

Il comma 10 chiarisce che gli investitori che intendono accedere alle risorse del Fondo di solidarietà e che non hanno presentato l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario di cui ai commi precedenti, possono esperire, in via alternativa a tale istanza, la procedura arbitrale (ex art. 1, commi da 857 a 860 della legge di stabilità 2016). L'attivazione di quest'ultima procedura preclude la possibilità di esperire l'istanza di indennizzo forfettario e, laddove, questa sia stata già attivata la relativa istanza è improcedibile. Il comma precisa inoltre che l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario in relazione a strumenti finanziari acquistati entro la data del 12 giugno 2014 non preclude l'accesso, da parte dei medesimi investitori, alla procedura arbitrale in relazione a strumenti finanziari acquistati oltre la suddetta data.


Articolo 10
(Disposizioni transitorie ed abrogazione di norme)

 

 

L'articolo 10 interviene sostituendo il comma 856 (dotazione e limiti del Fondo di solidarietà) e modificando il comma 857 (modalità e termini di operatività del Fondo di solidarietà) dell'articolo 1 della Legge di Stabilità per il 2016.

 

Si ricorda che il comma 856 prevedeva che il Fondo di solidarietà (di cui al comma 855) fosse alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi – FIDT, disciplinato dall’articolo 96 del Testo Unico Bancario, con una dotazione sino a un massimo di 100 milioni di euro, in conformità con le norme europee sugli aiuti di Stato e da questo gestito con risorse proprie. Come previsto dal comma 4 del TUB, infatti, i sistemi di garanzia dei depositanti istituiti e riconosciuti in Italia cui aderiscono le banche hanno natura di diritto privato e le risorse finanziarie per il perseguimento delle loro finalità sono fornite dalle banche aderenti in conformità di quanto previsto dalla Sezione IV del TUB, rubricata "sistemi di garanzia dei depositanti".

 

In particolare per effetto della sostituzione operata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame viene eliminato il limite di 100 milioni alla dotazione del Fondo di solidarietà. La modifica di cui alla successiva lettera b) porta al 30 giugno p.v. il termine per l'emanazione dei decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro della giustizia, previsti dal comma 857 della Legge di stabilità citata.

 

Si rammenta che, ai sensi del citato comma 857, tali decreti andranno a definire: le modalità di gestione del Fondo di solidarietà e le relative modalità e condizioni di accesso, ivi inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni; i criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo; le procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale; le ulteriori disposizioni di attuazione delle norme in esame.


Articolo 11
(Attività per imposte anticipate)

 

 

L’articolo 11 del provvedimento reca modifiche alla vigente disciplina delle DTA – Deferred Tax Assets (imposte differite attive o attività per imposte anticipate) per superare i rilievi formulati dalla Commissione UE in merito alla compatibilità di tale istituto con la disciplina degli aiuti di Stato.

In sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d’imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010, modificato nel tempo) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge. L'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (salva la fissazione di diversi termini per gli enti coinvolti in operazioni straordinarie o che optano per il consolidato), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029.

Le norme in commento individuano le regole per il calcolo del canone e la sua corresponsione (commi da 2 a 5), nonché la specifica disciplina applicabile alle società coinvolte in operazioni straordinarie ovvero quelle che optano per il regime del consolidato fiscale (commi da 6 a 9).

Il comma 10 stabilisce le conseguenze del mancato esercizio dell’opzione; il comma 11 dispone in ordine all'accertamento, alle sanzioni e alla riscossione del predetto canone. Il comma 12 demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le disposizioni attuative delle norme in commento.

Il comma 13 quantifica le maggiori entrate derivanti dalle norme in esame, destinandole al Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, al Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione, ed al Fondo per interventi strutturali di politica economica.

Infine il comma 14 autorizza il MEF ad apportare le necessarie variazioni di bilancio.

 

La disciplina in tema di attività per imposte anticipate

 

La disciplina delle Deferred Tax AssetsDTA (imposte differite attive) consente di qualificare come crediti d'imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio.

La disciplina delle DTA è stata introdotta nell’ottica di migliorare il trattamento fiscale degli enti creditizi e finanziari, in sostanza per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei.

L’impossibilità di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. Pertanto, l’entrata in vigore dell’accordo di Basilea 3 ha implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane.

Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, la norma ha previsto un meccanismo di conversione automatica in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997; in tal modo, le DTA sono “smobilizzabili” e, pertanto, concorrerebbero all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo per tale via pienamente riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali effettuato ai sensi dell’art. 15 del D.L. n. 185 del 2008.

 

La disciplina è stata introdotta dall'articolo 2, commi da 55 a 57, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, al fine di consentire la trasformazione in credito di imposta delle attività per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell' articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.

Sul punto è intervenuto successivamente l’articolo 9 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’articolo 84 del TUIR, e l’articolo 1, commi da 167 a 171, della L. 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina sulle DTA a quelle relative all’IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal D.L. n. 83 del 2015; specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), come si vedrà in seguito.

Le richiamate disposizioni del decreto-legge n. 225 del 2010 differenziano la disciplina delle diverse fattispecie di trasformazione delle imposte anticipate in crediti d'imposta.

La prima fattispecie è prevista dal comma 55 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010, ai sensi del quale le imposte differite attive che possono essere trasformate in credito verso l’Erario sono quelle che originano dal differimento della deduzione dei componenti negativi relativi:

§  alla svalutazione dei crediti degli enti finanziari e creditizi, nonché alle perdite su crediti, non ancora dedotte ai fini delle imposte sui redditi;

§  alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti, non ancora dedotte dalla base imponibile IRAP;

§  al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.

La trasformazione è possibile solo qualora nel bilancio individuale della società sia rilevata una perdita d’esercizio.

Il successivo comma 56 ha fissato la decorrenza della predetta trasformazione dalla data di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci o dell’organo competente per legge (anche nel caso di patologia dell’andamento aziendale), operando per un importo pari al prodotto - da effettuarsi sulla base dei dati del medesimo bilancio approvato - tra:

§  la perdita d’esercizio;

§  il rapporto fra le attività per imposte anticipate e la somma del capitale sociale e delle riserve.

I commi 55 e 56 disciplinano dunque la trasformazione delle DTA qualificate in credito di imposta in presenza di perdita civilistica.

 

La seconda fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta è prevista dal comma 56-bis (inserito dal decreto-legge n. 201 del 2011), che consente la trasformazione in crediti d’imposta delle DTA da perdite fiscali, per la quota dovuta alla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55. La trasformazione riguarda le DTA da perdite fiscali “generate” dai componenti negativi di reddito di cui al comma 55 per l’intero ammontare delle stesse che trova capienza nella perdita fiscale dell’esercizio. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita fiscale.

Rientra nelle ipotesi di trasformazione in crediti d’imposta di DTA da perdita fiscale anche la fattispecie (introdotta dalla legge di stabilità 2014) individuata dal comma 56-bis1, che riguarda le DTA generate dalle componenti negative IRAP: si può trasformare in crediti d’imposta - in caso di base imponibile IRAP, ovvero valore della produzione netta, negativa - la quota delle attività per imposte anticipate di cui al comma 55, riferita ai componenti negativi di cui al medesimo comma (perdite e svalutazioni; rettifiche di valore per deterioramento) che hanno concorso alla formazione del valore della produzione netta negativo. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive in cui viene rilevato il valore della produzione netta negativo di cui al presente comma.

La disciplina di cui al comma 56-bis1 è applicabile ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.

 

La terza fattispecie di trasformazione di imposte anticipate in crediti d’imposta è prevista dal comma 56-ter, con riferimento ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia.

Si tratta dunque di trasformazione delle DTA in credito d’imposta nel caso di liquidazione volontaria, assoggettamento a procedure concorsuali o gestione delle crisi.

 

Il comma 57 chiarisce che il credito d’imposta non è rimborsabile né produttivo di interessi, potendo essere ceduto ovvero utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, senza limiti di importo. Tale credito, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell'IRAP. Il credito d’imposta può essere ceduto al valore nominale nell’ambito dello stesso gruppo, secondo le modalità previste dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). L’eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni è rimborsabile. Dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta.

 

L'articolo 17 del decreto-legge n. 83 del 2015 ha parzialmente bloccato l'applicazione delle disposizioni sulle DTA, prevedendo che esse non trovino applicazione per le attività per imposte anticipate, relative al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all'esercizio in corso al 27 giugno 2015 (data di entrata in vigore del provvedimento). Le altre ipotesi di trasformazione in crediti di imposta delle DTA continuano invece a trovare applicazione secondo le regole ordinarie.

Da ultimo, si ricorda che il comma 850 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ha disciplinato il trattamento tributario delle DTA – Deferred Tax Assets per gli istituti nei confronti dei quali sono adottate azioni di risoluzione.

 

Si ricorda che la risoluzione n. 94/E del 2011 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la disciplina sulla trasformazione DTA può essere applicata anche dalle società che svolgono attività diverse da quella bancaria, limitatamente alla sola fattispecie relativa al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.

 

Le disposizioni in commento

 

Come riferito dalla relazione illustrativa, la Commissione UE ha chiesto all’Italia che la trasformabilità in credito di imposta delle DTA qualificate, ove ad esse non corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (cd. DTA “di tipo 2”), sia subordinata al pagamento di un canone, al fine di rendere tale disciplina compatibile con la normativa UE in tema di aiuti di Stato.

Resta ferma la ordinaria trasformabilità delle DTA qualificate in credito di imposta, ove a ciò corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (DTA “di tipo 1”).

 

Ai sensi del comma 1 dell’articolo 11, le imprese interessate dalle norme sulla trasformazione di DTA in crediti d’imposta (contenuta, come si è visto, nel già illustrato articolo 1, commi da 55 a 57, del D.L. n. 225 del 2010) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate (quantificate ai sensi del successivo comma 2), di mantenere l'applicazione della predetta normativa mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge.

L'opzione è esercitata entro il 4 giugno 2016 (un mese dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame), è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento di un canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029. Detto canone è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP.

 

Ai sensi del comma 2, il canone è determinato annualmente applicando l'aliquota dell'1,5 per cento alla differenza tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate.

 

I commi 3 e 4 chiariscono le modalità di determinazione, rispettivamente, di ciascuno degli elementi della sottrazione di cui al comma 2.

 

In particolare, l'ammontare delle attività per imposte anticipate, che costituisce il minuendo dell’operazione di cui al comma 2, è determinato (comma 3) annualmente, effettuando la somma algebrica tra:

- la differenza, positiva o negativa, tra le attività per imposte anticipate (cui si applica la citata normativa del 2010) iscritte in bilancio alla fine dell'esercizio e quelle iscritte alla fine dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007;

- le attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta, ai sensi delle disposizioni del 2010 già richiamate.

 

La relazione illustrativa chiarisce che, se i crediti d’imposta derivanti da DTA sono stati ceduti, le DTA trasformate continuano a rilevare in capo al cedente e non in capo al cessionario.

 

Al fini del calcolo del secondo termine della sottrazione di cui al comma 2, e cioè le imposte effettivamente versate, si tiene conto:

§   dell'IRES e delle relative addizionali versate con riferimento al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi;

§  dell'IRAP versata con riferimento ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2013 e ai successivi;

§  dell'imposta sostitutiva per il riallineamento e la rivalutazione volontari di valori contabili (di cui all'articolo 15, commi 10, 10-bis e 10-ter del decreto-legge n. 185 del 2010) e dell'imposta sostitutiva sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali nel caso di conferimento d’azienda (di cui all'articolo 176, comma 2-ter, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986), versate con riferimento al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 e successivi, fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014.

 

Il comma 5 chiarisce che, se le imposte versate superano le attività per imposte anticipate (si è dunque in presenza di DTA di tipo 1), il canone non è dovuto.

 

Il comma 6 chiarisce il regime applicabile all’ipotesi di partecipazione delle imprese al consolidato nazionale ovvero a operazioni straordinarie (fusioni, scissioni etc.).

Il criterio adottato dal legislatore prevede che per i soggetti aderenti al consolidato la base imponibile su cui calcolare il canone sia effettuata “per massa”, ovvero tenendo conto della somma delle DTA qualificate delle singole imprese e della somma delle imposte versate dalla consolidante (IRES) e dalle singole imprese (per quanto riguarda le altre imposte).

Il pagamento del canone è effettuato dalla consolidante; in caso di mancato esercizio dell’opzione, le DTA di tipo 2 sono attribuite alle società partecipanti secondo un criterio di proporzionalità rispetto alle DTA qualificate detenute da ciascuna di esse.

 

Con la riforma del TUIR operata dal D.Lgs. 344/2003 sono stati introdotti nel nostro ordinamento il regime opzionale del consolidato fiscale nazionale (articoli da 117 a 129 del Testo Unico) e del consolidato fiscale mondiale. In estrema sintesi, l’adesione a tali regimi consente di determinare l’IRES in modo unitario, con riferimento al gruppo societario cui appartengono i soggetti interessati, effettuando la somma algebrica dei redditi complessivi netti, opportunamente rettificati, di ciascuno dei soggetti aderenti. I vantaggi offerti da tale meccanismo consistono, in generale, nella possibilità di compensare infragruppo, tra l’altro, gli utili e le perdite. In sostanza, con il consolidato l’ordinamento consente di far sorgere un'unica obbligazione tributaria, a fronte di una moltitudine di soggetti passivi (società o enti commerciali che siano) legati tra di loro da un rapporto di controllo. Ai fini del consolidato fiscale il controllo è individuato come detenzione in un'altra società di capitali di azioni che permettono l'ottenimento della maggioranza dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria (art. 2359, comma 1, paragrafo 1, del codice civile) o la cui partecipazione agli utili è superiore al 50%. Per il calcolo di tali soglie si computa anche il controllo indiretto per la quota demoltiplicata. L'adesione al consolidamento si effettua per mezzo di un'opzione, le cui modalità di esercizio sono state modificate dall’articolo 16 del D.Lgs. n. 175 del 2014, emanato in attuazione della legge delega n. 23 del 2014 per la parte relativa alle semplificazioni fiscali. Ove, nel periodo di validità dell’opzione, venga meno il rapporto di controllo, il regime fiscale si scioglie con effetti anche per il periodo pregresso. Con l'adesione al consolidato fiscale l'obbligazione tributaria in capo al gruppo è determinata con l'applicazione dell'aliquota di tassazione ad una base imponibile data come somma algebrica del reddito netto dell'ente controllante e di quello degli enti controllati.

L’articolo 6 del D.Lgs. n.147 del 2015, emanato in attuazione della delega fiscale con riferimento alla disciplina dell’internazionalizzazione delle imprese, ha eliminato i vincoli normativi che non consentivano alle società "sorelle", residenti in Italia o stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società residenti in Stati UE (ovvero aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo) con cui l'Italia avesse stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, di consolidare le proprie basi imponibili, previa indicazione, da parte del soggetto non residente, della controllata designata ad esercitare l'opzione, che assume la qualità di consolidante.

 

In tal caso, ai fini della determinazione della differenza tra attività per imposte anticipate ed imposte effettivamente versate:

§   per imposte versate (di cui al comma 2) si intendono l'IRES versata dalla consolidante nonché le addizionali all'IRES, l'IRAP e le imposte sostitutive (di cui al citato comma 4) versate dai soggetti partecipanti al consolidato che rientrano tra le imprese cui si applica la disciplina della trasformazione di DTA;

§  l’ammontare delle attività per imposte anticipate (di cui al comma 3) è dato dalla somma dell'ammontare delle attività per imposte anticipate delle singole imprese partecipanti al consolidato.

 

Come anticipato, il comma 7 disciplina le modalità di versamento del canone, da effettuarsi annualmente entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi, a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015.

Per l’ipotesi di consolidato nazionale, il versamento è effettuato dalla consolidante.

 

Il comma 8 disciplina il caso in cui siano state effettuate operazioni straordinarie a partire dall'esercizio in corso al 31 dicembre 2008 e, dunque, l’ipotesi in cui le imprese coinvolte nella disciplina della trasformabilità di DTA abbiano incrementato le attività per imposte anticipate, in qualità di società incorporante o risultante da una o più fusioni o in qualità di beneficiaria di una o più scissioni.

In tali ipotesi, per determinare l'ammontare delle attività per imposte anticipate (di cui al comma 3) si tiene conto anche delle attività per imposte anticipate iscritte alla fine dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2007 nei bilanci delle società incorporate, fuse o scisse, e delle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta dalle società incorporate, fuse o scisse.

 

Per determinare le imposte versate (di cui al comma 4 dell’articolo in esame) si tiene conto anche delle imposte versate dalle società incorporate, fuse o scisse.

 

La relazione illustrativa al riguardo rileva che la disposizione di cui al comma 8 non si applica all’ente-ponte sottoposto a risoluzione, ai sensi dell’articolo 43 del D.lgs. n. 180 del 2015 relativo alla crisi degli enti creditizi. Come anticipato, per tali enti la già richiamata legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 850 e 851 della legge n. 208 del 2015) chiarisce che la trasformazione in credito d'imposta delle DTA iscritte nella situazione contabile di riferimento dell'ente sottoposto a risoluzione decorre dalla data di avvio della risoluzione. Essa opera sulla base dei dati della medesima situazione contabile.

A decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di avvio della risoluzione, cessano di essere deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d'imposta. Tale disposizione (comma 851) si applica a decorrere dal 23 novembre 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.

 

Gli articoli da 42 a 44 del D.Lgs. n. 180 del 2015 disciplinano la cessione dei beni di una banca in risoluzione ad un cd. ente-ponte (bridge bank). Per tale si intende (articolo 42) l'ente costituito per gestire beni e rapporti giuridici acquistati ai sensi delle procedure di risoluzione, per mantenere la continuità delle funzioni essenziali precedentemente svolte dall'ente sottoposto a risoluzione e, quando le condizioni di mercato sono adeguate, cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le attività o le passività acquistate. Il capitale dell'ente-ponte è interamente o parzialmente detenuto dal fondo di risoluzione o da autorità pubbliche; la Banca d'Italia ne approva l'atto costitutivo e lo statuto, nonché la strategia e il profilo di rischio; approva la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo dell'ente-ponte, l'attribuzione di deleghe e le remunerazioni; stabilisce restrizioni all'attività dell'ente-ponte, ove necessario per assicurare il rispetto delia disciplina degli aiuti di Stato. Una peculiarità di tale ente è che può essere autorizzato allo svolgimento delle attività bancaria e di investimento in via provvisoria, ancorché non soddisfi inizialmente i requisiti di legge. L'articolo 43 disciplina oggetto, modalità, effetti della cessione all'ente-ponte di azioni, partecipazioni, attività e passività dell'ente sottoposto a risoluzione. All'ente ponte sono cedute tutte le azioni o le altre partecipazioni emesse da uno o più enti sottoposti a risoluzione, o parte di esse; tutti i diritti, le attività o le passività, anche individuabili in blocco, di uno o più enti sottoposti a risoluzione, o parte di essi. Il valore complessivo delle passività cedute all'ente-ponte non supera il valore totale dei diritti e delle attività ceduti o provenienti da altre fonti. La Banca d'Italia, su istanza dell'ente-ponte, può disporre la cessione a un terzo delle azioni o delle altre partecipazioni o dei diritti, delle attività o delle passività da esso acquisiti, secondo una procedura aperta, trasparente, non discriminatoria nei confronti dei potenziali acquirenti, assicurando che la cessione avvenga a condizioni di mercato. L'ente-ponte succede all'ente sottoposto a risoluzione nei diritti, nelle attività o nelle passività ceduti, salvo che la Banca d'Italia disponga diversamente ove necessario per conseguire gli obiettivi della risoluzione. L'ente ponte (articolo 44) cessa ove non sussistano più le condizioni per la sua esistenza, ossia nel caso si fonda con un altro soggetto, oppure ove le autorità pubbliche o il fondo di risoluzione ne ritrasferiscano a terzi le attività; ove i diritti, le attività e le passività dell'ente siano ceduti a un terzo; sono completati la liquidazione delle attività e il pagamento delle passività. Esso comunque cessa quando è accertato che nessuna delle situazioni precedentemente elencate ha ragionevoli probabilità di verificarsi e, comunque, ove siano trascorsi due anni dall'ultima cessione dell'ente ponte. Il termine di due anni può essere prorogato in presenza di specifiche condizioni di legge.

 

Il comma 9 riapre i termini per l’esercizio dell’opzione per i soggetti interessati da operazioni straordinarie dopo il 31 dicembre 2015.

Si chiarisce che, a partire dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, le imprese interessate dalle disposizioni in tema di trasformazione di DTA in credito d’imposta, ove non abbiano esercitato l'opzione per il mantenimento del regime e che incorporino o risultino da una o più fusioni di altre imprese, oppure siano beneficiarie di una o più scissioni, godono della possibilità di esercitare l'opzione predetta entro un mese dalla chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la fusione o la scissione.

 

Il comma 10 disciplina le conseguenze del mancato esercizio dell’opzione.

In tale ipotesi, le disposizioni del decreto-legge n. 225 del 2010 si applicano limitatamente all'ammontare delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, diminuite della differenza, se positiva, tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate (di cui al comma 2).

Nel caso di partecipazione al consolidato fiscale, la predetta differenza viene attribuita alle società partecipanti in proporzione alle attività per imposte anticipate di cui al citato decreto-legge n. 225 del 2010 detenute da ciascuna di esse.

 

Il comma 11 rinvia alle disposizioni in materia di imposte sui redditi per l'accertamento, le sanzioni e la riscossione del canone di cui al comma 1, nonché per il relativo contenzioso.

Il comma 12 demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le disposizioni attuative delle norme in commento.

 

Il comma 13 quantifica le maggiori entrate derivanti dal presente articolo valutate in 224,3 milioni di euro per l'anno 2016, in 101,7 milioni per l'anno 2017, 128 milioni di euro per l'anno 2018, in 104,8 milioni per l'anno 2019, in 80,7 milioni per il 2020, in 58,6 milioni per l'anno 2021, in 39,1 milioni per l'anno 2022, in 32,2 milioni per l'anno 2023, in 22 milioni per l'anno 2024, in 17,6 milioni per l'anno 2025, in 15,8 milioni per l'anno 2026, in 14,8 milioni per l'anno 2027 e in 3,8 milioni per l'anno 2028.

 

Esse sono così destinate:

a)            quanto a 124,3 milioni di euro per l'anno 2016, al Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, (articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni);

b)           quanto a 100 milioni di euro per l'anno 2016, al Fondo istituito per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione, istituto dall’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014), e rifinanziato ai sensi dell'articolo 1, comma 639, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Nella legge di bilancio per il 2016-2018 (legge n. 209/2015), la dotazione del Fondo è pari a 781,5 milioni per il 2016, 985,5 milioni per il 2017 e a 519,2 milioni per il 2018;

c)            quanto a 101,7 milioni di euro per l'anno 2017, 128 milioni di euro per l'anno 2018, 104,8 milioni di euro per l'anno 2019, 80,7 milioni di euro per l'anno 2020, 58,6 milioni di euro per l'anno 2021, 39,1 milioni di euro per l'anno 2022, 32,2 milioni di euro per l'anno 2023, 22 milioni di euro per l'anno 2024, 17,6 milioni di euro per l'anno 2025, 15,8 milioni di euro per l'anno 2026, in 14,8 milioni di euro per l'anno 2027 e 3,8 milioni di euro per l'anno 2028, al Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282.

 

Il comma 14 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


Articolo 12
(Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito)

 

 

L'articolo 12 introduce una deroga, per gli anni 2016 e 2017, con riferimento al personale del credito, alla disciplina dei fondi di solidarietà bilaterali. La deroga concerne i requisiti di anzianità anagrafica e/o contributiva per l'accesso all'assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo.

La norma generale, relativa ai fondi di solidarietà bilaterali, limita la possibilità di applicazione di tale istituto - eventualmente contemplato in un fondo - ai dipendenti che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni. La deroga temporanea in oggetto amplia il limite massimo da cinque a sette anni.

Viene esplicitamente fatto salvo il principio posto dalla disciplina generale, in base al quale per l'assegno straordinario in oggetto (di un fondo bilaterale) è dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura dell'assegno erogabile e della contribuzione previdenziale correlata.

L'applicazione della deroga temporanea è subordinata all'emanazione del regolamento di relativo adeguamento del Fondo (Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale, per il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale dipendente dalle imprese del credito); si prevede che tale regolamento sia emanato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Dall'applicazione dell'articolo 12 in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

In base alla disciplina legislativa di cui al titolo II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, i fondi bilaterali sono istituiti presso l'INPS con decreti ministeriali, emanati sulla base di accordi o contratti collettivi, anche intersettoriali, tra le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, per i settori che non rientrano nell'àmbito di applicazione dei trattamenti ordinari e straordinari di integrazione salariale (di cui al titolo I dello stesso D.Lgs. n. 148). Tali fondi hanno, in via obbligatoria, la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro (nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa per le cause previste per gli istituti generali dei trattamenti ordinari e straordinari di integrazione salariale) e,


 

in via facoltativa, altre finalità, tra cui quella sottesa all'assegno straordinario summenzionato[8].


Articolo 13
(Copertura finanziaria)

 

 

Il comma 1 prevede che gli oneri (11,4 milioni di euro nel triennio 2016-18) derivanti dalle disposizioni contenute nel provvedimento siano coperti mediante il ricorso al fondo specificamente destinato alla copertura degli oneri di parte corrente derivanti dalle norme legislative che si prevede possano essere approvate nel triennio finanziario di riferimento.

In particolare, gli oneri connessi agli articoli 1, comma 6; 3, comma 8 e 7 ammontano a 4,3 milioni di euro per l'anno 2016, a 3,6 milioni di euro per l'anno 2017 e a 3,5 milioni di euro per l'anno 2018, alla loro copertura si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente[9] allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 3,7 milioni di euro per l'anno 2016, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia e, quanto a 0,6 milioni di euro per l'anno 2016, a 3,6 milioni di euro per l'anno 2017 e a 3,5 milioni di euro per l'anno 2018, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 2 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.

 

 



[1]     Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile, in particolare dall'articolo 19, comma 2, lett. a), D.L. 12 settembre2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162.

[2]     Si tratta dell'originario articolo 155-quater, comma 1, poi modificato, con disposizione sostitutiva, dall'art. 14, comma 1, lett. 0a), del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni dalla L. 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal 21 agosto 2015.

[3]     Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 agosto 2015, n. 179

[4]     Come modificato, a decorrere dal 27 giugno 2015, dall'art. 14, comma 1, lett. a), n. 1), D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni dalla L. 6 agosto 2015, n. 132.

[5]     Si tratta degli investitori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche Spa, dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio - Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa.

[6]     Vale a dire i "servizi e attività di investimento" quelli aventi a oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) esecuzione di ordini per conto dei clienti; c) sottoscrizione e/o collocamento con assunzione a fermo ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; c‑bis) collocamento senza assunzione a fermo né assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente; d) gestione di portafogli; e) ricezione e trasmissione di ordini; f) consulenza in materia di investimenti; g) gestione di sistemi multilaterali di negoziazione.

[7]     Ovvero i prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione.

[8]     Oltre alla suddetta, le finalità facoltative sono: "assicurare ai lavoratori prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, rispetto a trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente; (...) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell'Unione europea".

[9]     Nel bilancio triennale 2016-2018, il fondo è iscritto nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione «Fondi da ripartire», programma «Fondi di riserva e speciali».